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RASSEGNA STAMPA  gennaio - giugno 2007

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 30 giugno 2007

 

 

La Lucchini: Ferriera, 3 anni per dimezzare le polveri - «Era già stata dissequestrata dalla Cassazione». Cosolini: l’attività continui se c’è il risanamento

 

La proprietà dello stabilimento di Servola ribadisce l’impegno assunto con la procura con una precisa tempistica: il luglio 2010

Confermati fino al 2015 gli aiuti finanziari alle aziende che producano energia con fonti rinnovabili

«Stiamo ottemperando e ottempereremo alle prescrizioni del pm Federico Frezza sia in termini di interventi che di tempistica. In una logica di prospettiva». Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Lucchini, commenta così l’impegno assunto dalla società per migliorare la situazione ambientale dello stabilimento.
Ed è un impegno che sottende due aspetti. In primo luogo il gruppo Lucchini agisce «in prospettiva», appunto, confermando la propria volontà di proseguire l’attività a Trieste oltre il 2009 con interventi che richiederanno fino a una decina di milioni di euro. Il secondo aspetto sta nella «tempistica»: la Lucchini conta di possedere di qui a 36 mesi - ossia entro il luglio 2010 - uno stabilimento che produca la metà delle polveri che oggi da Servola finiscono nell’atmosfera. Ammonta a tre anni infatti il termine massimo fissato dal magistrato per concludere alcuni dei più cospicui interventi, mentre altri lavori andranno eseguiti entro otto o sedici mesi. In tutti i casi, a far data dal primo luglio. Da domani.
Le prescrizioni sono quelle contenute nel provvedimento di dissequestro dello stabilimento notificato alla Lucchini Piombino spa, e indicate nello studio che Marco Boscolo aveva compiuto come consulente della Procura.
Ma c’è un altro aspetto che da Servola si fa notare, e che oggi l’azienda sottolinea anche in una pagina a pagamento acquistata su questo quotidiano scrivendo di avere voluto «sottoporsi spontaneamente all’attuazione del piano» proposto dal pm. La spiegazione arriva da Giovanni Borgna, l’avvocato che difende la Ferriera assieme allo studio Frigo di Brescia: «La società, con senso di responsabilità, ha deciso» così «malgrado la vittoria nel merito ottenuta in Cassazione, vittoria che avrebbe consentito altre scelte, meno impegnative». La Lucchini - viene ribadito - avrebbe potuto decidere di non effettuare interventi, giacché la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza del Riesame che aveva confermato il sequestro disposto dal gip.
Si rafforza dunque la prospettiva di un proseguimento dell’attività a Servola. Semino non dice di più, ma è possibile che l’obiettivo del gruppo sia quello di tenere aperta la Ferriera almeno per altri sette o otto anni. Resta infatti in vigore la deliberazione Cip 6, che prevede aiuti finanziari per le aziende che producano energia con fonti rinnovabili: il beneficio permarrà fino al 2015, anche se dal 2009 verrà ridotto di circa un terzo.
Cauti, intanto, i commenti che arrivano dalle istituzioni. Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente, sottolinea che «le prescrizioni» della Procura «sono molto puntuali. Che la società investa su Servola è comunque un bene: la Provincia controllerà che gli interventi vengano realizzati e soprattutto che portino risultati».
L’assessore regionale Roberto Cosolini la mette così: «Abbiamo sempre detto, anche se qualcuno si è ostinato ad attribuire alla Regione posizioni diverse, che per noi l’attività a Servola poteva continuare solo in presenza di significativi miglioramenti nell’impatto esterno dello stabilimento. Se ora si passa a misure concrete, e se queste porteranno a un miglioramento importante della situazione, penso che potranno essere tutti contenti. Perché in questa vicenda - chiude Cosolini - da più parti si sono consumate troppe parole in cambio di fatti concreti. Ben vengano i fatti, allora».
p.b.

 

 

FERRIERA - Il sindaco: sono pronto a chiuderla  - «Situazione grave da anni, aspetterò solo qualche mese»

 vedi tabella delle emissioni

Il Comune non si ferma all’ordinanza che intima alla proprietà di ridurre le emissioni

«L’azione inquinante è grave e inequivocabile. Ho ordinato alla Servola spa di attivarsi immediatamente per riportare i parametri entro i limiti di legge. Se non lo farà, a tutela della salute pubblica, emetterò l’ordinanza di chiusura dello stabilimento». Il sindaco Roberto Dipiazza ribadisce la sua posizione sulla Ferriera e dà anche alcuni tempi d’azione: «Anche se gli sforamenti che si sono già verificati nei primi quattro mesi andranno poi conteggiati nell’arco di tutto il 2007, vista la situazione già grave negli anni scorsi, se non vi sarà un immediato abbattimento delle immissioni non dovrò attendere dicembre per emettere l’ordinanza di chiusura, ma lo farò nel giro di qualche mese».
Il Comune sta agendo sulla base della relazione sull’inquinamento ambientale a Servola chiesta all’Azienda sanitaria. «E lo fa perché la Provincia si sta sottraendo ai propri obblighi di legge - sostiene l’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci - Spettava alla Provincia emettere perlomeno la diffida con contestuale sospensione dell’attività per un periodo determinato. Non lo ha fatto ed è dovuto scendere in campo il sindaco deputato a intervenire in situazioni quali epidemie e disastri ambientali. Ma c’è da prevedere che dovrà rifarlo tra qualche mese per l’ordinanza di chiusura e a quel punto la giunta provinciale sarà perseguibile per omissione di atti d’ufficio».
«È ridicolo che l’assessore Barduzzi affermi che le emissioni diffuse di sostanze inquinanti in quell’area non possono essere attribuite con certezza alla Ferriera - commenta Dipiazza - sarebbe come dire che l’acqua non bagna». Nell’ordinanza del sindaco si riprendono alcuni alcuni passaggi della relazione dell’Azienda sanitaria, basata sui rilevamenti fatti dall’Arpa. «Per quanto riguarda le Pm 10 - si legge - il valore limite relativo al superamento nelle 24 ore della concentrazione di 50 milligrammi per metrocubo per non più di 35 volte all’anno, è stato superato nel 2006 e tale tendenza sembra ripetersi nel 2007. Pertanto si ritiene che la componente delle Pm 10 attribuibile alla Lucchini rappresenti la principale fonte di inquinamento nella zona limitrofa allo stabilimento e che possa rappresentare rischi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso. Preoccupante appare anche l’inquinamento da benzene rilevato dalle centraline di via Pitacco e di via San Lorenzo in Selva».
«Va doverosamente fatto rilevare - prosegue però l’Ass - che l’inquinamento da benzene può derivare anche da altre fonti quali il traffico veicolare». E infatti sull’argomento è in atto anche una sorta di guerra delle cifre. Secondo la relazione annuale effttuata dall’Arpa per il 2006, i valori ad esempio del biossido di azoto rilevano valore medi più bassi nelle vicinanze della Ferriera (38 microgrammi per metrocubo in via Pitacco e 32 in via Carpineto) che in piazza Libertà (83) e in piazza Vico (76). L’Arpa segnala anche che «chi fuma venti sigarette inala una quantità di benzene pari a circa cinque volte quella assorbita con l’aria».
Le considerazioni conclusive dell’Arpa per il 2006 evidenziano che «la componente traffico incide in maniera sicuramente non esclusiva ma decisamente significativa sulla matrice aria», e evidenzia anche «un generale peggioramento della qualità dell’aria urbana che emerge dalla valutazione comparativa con i dati acquisiti nel 2005».
Sul tema Ferriera, infine, lunedì si terrà una manifestazione di protesta con un corteo da campo Marzio al Municipio promossa dal Circolo Miani, Servola respira e il Coordinamento dei comitati di quartiere.

Silvio Maranzana

 

 

Cuperlo e Budin: impegno sulle bonifiche - Nell’incontro all’Ezit annunciata la visita della commissione ambiente della Camera

 

Intervenire nell’attuale fase di riesamina parlamentare del decreto 152 sulle bonifiche affinché venga rispettato il principio «paga solo chi inquina» e vengano inserite le «analisi di rischio» prima di procedere alla bonifica delle aree inquinate. Sono le due richieste che il presidente dell’Ezit, Mauro Azzarita, ha avanzato al deputato Gianni Cuperlo e al sottosegretario Milos Budin in un incontro con il cda dell’ente.
Lo scopo era sensibilizzare i due sulle bonifiche del sito inquinato di competenza dell’Ezit, chiedendo di intercedere nel riesame del decreto 152 dell’ex ministro Matteoli ora in atto al Parlamento affinché ci siano maggiori garanzie su due punti fondamentali: «In primo luogo - così Azzarita – si deve distinguere tra chi ha inquinato e deve pagare e chi invece non ha alcuna responsabilità e non deve accollarsi i costi per le bonifiche». Il secondo punto riguarda le «analisi di zona», tecnica che consente di vedere se la concentrazione inquinante presente sul territorio è in effetti rischiosa per la salute o no, prima di bonificare. Sarebbe così possibile far uscire dal sito inquinato le aziende che si trovano in zone non ritenute dannose, anziché procedere con dispendiose bonifiche a tappeto anche dove non necessario.
La richiesta dell’Ezit è di velocizzare il più possibile la caratterizzazione del sito: il rischio di ulteriori ritardi – è stato sottolineato – è di perdere le molte aziende che si sono dette interessate a insediarsi nella zona e che potrebbero essere attratte da aree meno «problematiche» come la Slovenia.
Cuperlo ha garantito il suo impegno e la volontà di portare a Trieste il presidente della commissione ambiente della Camera, Ermete Realacci, per fargli visitare il sito prima che la bozza vada in aula. Budin interesserà il ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, il ministro allo sviluppo economico Pierluigi Bersani e il sottosegretario Enrico Letta.

 

 

San Dorligo: comincia da lunedì la raccolta differenziata dei rifiuti - Sono già stati distribuiti i contenitori alle famiglie dopo alcuni incontri pubblici

 

Le prime zone coinvolte saranno Prebenico, Dolina, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Crogole, Mattonaia e l’area del comprensorio industriale

SAN DORLIGO DELLA VALLE Da lunedì a San Dorligo inizia la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta. Il progetto è stato presentato nei giorni scorsi nelle varie frazioni, dove sono emerse perplessità ma soprattutto apprezzamenti per l’iniziativa. Scopo principale del progetto di raccolta differenziata a domicilio (annunciato già l’anno scorso, e che ha avuto una lunga gestazione) è la riduzione della quantità di rifiuti da trasferire all’inceneritore e quindi ridurre le spese per il Comune e di conseguenza per le famiglie. Attualmente, da San Dorligo vanno all’inceneritore quasi 2500 tonnellate di rifiuti non riciclabili all’anno. Una media di 150 tonnellate ogni mese. L’aumento dei rifiuti riciclabili abbasserà, inevitabilmente, tale quota. La raccolta avverrà in giornate prestabilite, a seconda delle zone del comune. I rifiuti non differenziati saranno raccolti due volte la settimana. Quelli diversificati (carta, vetro, plastica e lattine, in particolare) ogni due settimane.
Per permettere la divisione delle immondizie, il Comune ha provveduto, nei mesi scorsi, a fornire alle famiglie tre contenitori. Uno blu da 40 litri per la carta. Uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattine. Uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I cassonetti vanno tenuti in casa, e portati all’esterno della proprietà nei giorni stabiliti per la raccolta. Sul contenitore verde è applicato un microchip, che identifica il proprietario e quindi permette il calcolo di quanto dovuto. Infatti, nel computo finale, la tariffa si calcolerà solo su ciò che non è differenziato. Per questioni pratiche, il consiglio è di portare fuori il contenitore verde solo quando è pieno, anche perché (per ora) il calcolo viene fatto sulle volte in cui viene svuotato, non sul peso di ciò che è stato smaltito.
Nei giorni scorsi, l’argomento è stato affrontato con gli abitanti delle singole frazioni. Sono emerse, come già riportato da alcuni consiglieri di opposizione, delle perplessità sull’effettivo risparmio per i cittadini e anche dubbi pratici, sulla scomodità del sistema, ovvero del fatto di tenersi in casa i cassonetti. Dai consiglieri di minoranza era stata avanzata persino l’ipotesi che tale sistema non farà altro che favorire la «migrazione» delle immondizie (senza differenziazione) in altri comuni. L’assessore Igor Tull non la vede così: «Una sorta di “migrazione” c’è già ora, soprattutto nella zona industriale. Ma non credo che cambierà poi molto. Del resto la quantità nostra di rifiuti annua è pari a quanto Trieste produce in una settimana». Tull si dichiara soddisfatto degli incontri con la popolazione, ammettendo qualche voce contraria. Il successo dell’iniziativa ora dipenderà dai cittadini. «Credo si tratti di una forma di cultura. Gli stessi problemi che abbiamo noi con le immondizie ce li hanno anche altri», dice Tull. Si tratterà, per ora, di una fase sperimentale, di un anno, durante il quale si potranno apportare le eventuali migliorie. In base al calendario, i primi ad essere interessati dallo svuotamento dei rifiuti non differenziati (lunedì) saranno gli abitanti di Prebenico, Caresana, Crociata, Monte d’Oro, Dolina, Crogole, Mattonaia e la zona industriale. Per i rifiuti riciclabili saranno svuotati i cassonetti a Francovez e Aquilinia.
s.re.

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 29 giugno 200

 

 

Ferriera dissequestrata: tagliamo le polveri  - La proprietà si impegna in procura: investirà fino a 10 milioni per ridurre del 50% le emissioni

 

Il pm Frezza firma lo sblocco dell’impianto dopo un anno e fissa una serie di prescrizioni che dovranno venir rispettate

Già entro sei mesi dovrebbero entrare a regime i primi accorgimenti

La società «Lucchini Piombino spa» da ieri ha nuovamente la piena disponibilità della Ferriera di Servola. Si è impegnata infatti davanti al pm Federico Frezza a spendere a breve scadenza una cifra fino a 10 milioni di euro per dimezzare la quantità di polveri che dallo stabilimento finiscono nell’atmosfera. Di fronte a questo impegno il magistrato ha restituito alla proprietà gli impianti sequestrati il 29 maggio 2006. L’atto formale che ha innnescato questa significativa svolta, è rappresentato da una serie di prescrizioni tecniche molto precise inserite dalla Procura nel provvedimento di dissequestro notificato ieri.

Queste prescrizioni per contenere la diffusione nell’atmosfera delle polveri, sono direttamente indicate nello studio e nelle analisi che il professor Marco Boscolo ha compiuto come consulente della Procura. La spesa prevista per metterle in pratica è ingentissima e se il gruppo Lucchini l’ha fatta propria, la decisione ha un preciso significato: la chiusura dell’impianto di Servola prevista per il 2009 si allontana. Del resto già un anno fa il gruppo siderurgico aveva manifestato questa intenzione con una lettera inviata alla Regione. Ieri però Francesco Semino responsabile delle relazioni esterne ha affermato che «è ancora presto per compiere una valutazione. Nei prossimi giorni avremo gli elementi per ragionare. La Procura ha dato delle prescrizioni a cui ci stiamo attenendo...».
Il provvedimento notificato ieri era stato sollecitato fin dal 21 giugno scorso dai legali della società. Gli avvocati Giovanni Borgna e Giuseppe Frigo avevano presentato una richiesta di dissequestro che il pm Frezza ha accolto ponendo però molte condizioni per dimezzare la quantità di polveri che finiscono nell’atmosfera da numerosi punti critici dello stabilimento: ad esempio dal piano di colata, dove l’attuale sistema di aspirazione riesce a intercettare solo il 10 per cento delle polveri prodotte. Coinvolti nel progetto di ristrutturazione targato Procura, anche la macchina a colare, i piazzali e i parchi in cui vengono stoccati i minerali e le batterie del sistema di distillazione del carbon fossile.
Il provvedimento di dissequestro non prende invece in esame le emissioni di fumi e polveri dei camini della Ferriera, emissioni autorizzate dalla Regione e fissate con grande precisione nei loro valori massimi con un apposito decreto, oltrechè costantemente monitorate per verificare che i livelli non vengano superati. Una volta attuato quanto il professor Boscolo ha segnalato nel suo studio per la Procura e sostanzialmente condiviso nei contenuti anche della proprietà, le emissioni diffuse dalle attuali 380 tonnellate di polveri che di media finiscono in un anno nell’atmosfera cittadina, dovrebbero ridursi a 176 tonnellate.
Nel suo provvedimento il pm Frezza dà atto che fin dall’agosto 2006 «il management dello stabilimento ha assunto degli impegni e li sta portando avanti: infatti la maggior parte dei rimedi sottolineati nella relazione del professor Boscolo, sono stati pensati e proposti dalla proprietà e dai dirigenti della Ferriera». Gli interventi proposti congiuntamente per la salvaguardia ambientale prevedono la realizzazione di una cappa di aspirazione totalmente nuova per il piano di colata: intercetterà il 90 per cento delle attuali polveri prodotte da questo impianto e costerà 850 mila euro. Dovrebbe essere pronta entro sei mesi anche perchè la proprietà l’ha già ordinata.
La seconda realizzazione - un impianto di aspirazione nei pressi della macchina a colare - dovrebbe abbattere del 75 per cento le polveri prodotte dallo spillamento della ghisa. «Attualmente questo punto non è presidiato - scrive il professor Boscolo - e l’abbattimento delle polveri è affidato al parziale confinamento offerto dal padiglione industriale e a un’aspirazione effettuata in prossimità della copertura. I limiti dell’attuale soluzione sono evidenti, soprattutto se considerati alla luce della ampie aperture ricavate nelle pareti perimetrali che, facilitando l’ingresso dell’aria, impediscono di mantenere i locali in depressione».
Sarà coinvolta nei lavori anche la cokeria e in particolare le 132 porte della batteria di distillazione del coke. «In dettaglio - scrive il professor Boscolo - si prevede di intervenire su sei porte alla settimana, sostituendo le molle deteriorate, riparando i refrattari, asportando i depositi carboniosi, ripristinando la carpenteria metallica. L’impatto sull’emissione delle polveri è poco incisivo ma l’intervento può risultare positivo per la prevenzione degli sforamenti prematuri e dei violenti fenomeni emissivi a essi collegati».
Il magistrato inquirente nelle 20 pagine del dissequestro si è sentito in dovere di spiegare, in particolare modo ai cittadini di Servola, i motivi della sua decisione. «Questo provvedimento è connotato da una visione non meramente repressiva dei poteri dell’autorità giudiziaria, bensì da una visione attenta al contemperamento della pluralità di interessi coinvolti: il diritto alla salute e all'ambiente salubre, primari e intangibili; ma pure, un gradino al di sotto, il diritto all’esercizio dell’iniziativa economica che è libera, purché non in contrasto con l’utilità sociale e purché non rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana come prevede l’articolo 41 della Costituzione».

Claudio Ernè

 

 

FERRIERA - Frezza: «Benzopirene, controlli trascurati» - Il magistrato: «Le analisi le abbiamo chieste noi, nessuno degli enti preposti si è mosso»

 

Il pm Federico Frezza ha aperto da tempo un’inchiesta sulla presenza nell’aria di Servola di benzopirene. Nel dissequestro notificato ieri il magistrato afferma «che gli interventi sulla cokeria della Ferriera previsti dal piano del professor Boscolo, dovrebbero avere un effetto benefico nel limitarne le fuoriuscite».
Le misure sulla presenza di benzopirene vengono effettuate da pochi mesi da due docenti universitari, i professori Pierluigi Barbieri e Ranieri Urbani riuniti sotto la sigla «Cigra». L’11 giugno l’Azienda sanitaria ha scritto al sindaco Roberto Dipiazza che i «dati finora raccolti dal Cigra non consentono, visto l’esiguo numero di campionamenti effettuati, di poter valutare correttamente il rischio igienico sanitario per la popolazione. I valori riscontrati nella relazione, sono sicuramente preoccupanti, per cui si rende necessario una adeguato approfondimento della campagna di rilevazione».
Il pm Federico Frezza si toglie un sassolino dalla scarpa è sostiene nell’ordinanza di dissequestro che «suona alquanto singolare qualora si tenga a mente che la misurazione del benzopirene a Servola è avvenuta su esclusiva iniziativa e a esclusive spese della Procura, mentre nessuno degli enti istituzionalmente preposti in via amministrativa al controllo della qualità dell’aria, ha fatto alcunchè del genere. Se questa campagna è così utile, se consente di far emergere dati preoccupanti, perché nessuno- Comune, Provincia, Regione, Arpa e Azienda sanitaria.- l’ha posta in essere? Perché l’unico soggetto ad aver assunto l’iniziativa è la Procura? Solo molto di recente l’Arpa si è accodata all’iniziativa sul monitoraggio del benzopirene a Servola, mentre fino a un mese fa nessuno aveva stanziato i circa 15 mila euro necessari all’Arpa per acquistare un campionatore adatto a eseguire questo tipo di controlli»,
c.e.

 

 

FERRIERA - Dipiazza, ultiatum allo stabilimento Provincia: nessuno pensa alla chiusura

 

Ordinanza di intimazione dal sindaco all’azienda dopo gli ultimi dati dell’Arpa e dell’AssIl sindaco Roberto Dipiazza intima alla Servola spa di «attivarsi immediatamente per riportare, nei limiti di legge, le emissioni inquinanti della Ferriera». L’ordinanza firmata ieri mattina dal primo cittadino (con riferimento in particolare alle polveri sottili pm10 e al benzene) segue il pronunciamento dell’Azienda sanitaria in merito alla relazione dell’Arpa sullo sforamento dei valori di legge registrati nel corso del 2006 e 2007.
Un’analisi sanitaria consegnata in piazza Unità l’altro ieri, dopo quella scientifica, che sottolinea gli effetti dannosi sulla salute delle polveri sottili (sull’apparato respiratorio e cardiovascolare) e del benzene (patologie di tipo leucemico). Sulle pm10 si ritiene, scrive il direttore generale Franco Rotelli, che la «componente attribuibile alla Lucchini rappresenti la principale fonte di inquinamento, nella zona limitrofa allo stabilimento e che possa rappresentare rischi per la salute e l’ambiente». Secondo l’Ass anche l’inquinamento da benzene risulta «estremamente allarmante», ma si rileva che «può derivare anche da altre fonti quali il traffico veicolare».
«Prima si parlava solo di imbrattamento, venivano multati con poche migliaia di euro. Adesso abbiamo la certificazione dell’Azienda sanitaria», dice Dipiazza. Al suo fianco l’assessore Maurizio Bucci e l’ingegner Gianfranco Caputi, responsabile del servizio ambiente in Comune, spalleggiano il sindaco nell’esposizione di un provvedimento giudicato una sorta di «spartiacque» per l’amministrazione comunale. «Adesso non si gioca più», dice Bucci dando anche una stoccata a chi «in piazza usa il megafono prendendo in giro la gente».
Ma cosa significa quel non si gioca più? Davanti ai dati dell’Arpa e l’analisi dell’Ass, secondo il Comune, la Provincia (nell’ambito delle attribuzioni demandate dall’articolo 9 della legge regionale 24 del 2006 e degli articoli 278 e 279 del decreto legislativo 152 del 2006) «in qualità di soggetto preposto all’attività di controllo sulle emissioni in atmosfera dell’impianto» alla semplice diffida deve far seguire, se gli sforamenti proseguiranno, la sospensione dell’attività oppure la revoca. I tre provvedimenti indicati dalla legge.
Tutto chiaro? Mica tanto, almeno ascoltando l’altra campana, quella di palazzo Galatti. «Dallo scorso gennaio come Provincia dobbiamo controllare - replica Ondina Barduzzi, assessore con delega all’Ambiente - che la Ferriera stia dentro alle autorizzazioni ricevute in merito ai camini. A me risulta che non hanno sforato quel tipo di limiti, i dati dell’Arpa si riferiscono alle emissioni diffuse e prima di attribuirle alla Ferriera bisogna provarlo».
La Provincia, insomma, non è intenzionata a prendere alcun provvedimento. «Non saremo di certo noi a poter fare un’ordinanza, basti pensare alla vicenda dell’inceneritore: è stata la Procura a metterlo sotto sequestro», ribadisce Barduzzi. E aggiunge, bacchettando il primo cittadino: «Se effettivamente c’è, come dice il sindaco, un problema di salute pubblica allora chiuda la Ferriera. È l’unico titolato a farlo, assieme alla Procura, mentre la nostra ordinanza - sostiene - sarebbe annullata dopo un paio di giorni dal Tar».

Pietro Comelli

 

 

FERRIERA - IL FUTURO DELL’IMPIANTO DI SERVOLA  - IL BALLETTO DEI RINVII

 

La campagna per le elezioni regionali del 2003 si giocò, a Trieste, sul tema della chiusura della Ferriera. Lo stesso fu alle europee dell'anno successivo e alle comunali del 2006. Lo stesso sarà alle regionali dell'anno prossimo e forse, chissà, alle comunali del 2011.

Se il tema dello stabilimento di Servola occupa l'agenda cittadina da più di sei anni, e per altri ancora l'occuperà, non è solo per l'inveterata tendenza dei politici di ogni colore a parlare a vanvera; ma anche e soprattutto per la dimensione del problema, che nessuno - proprio nessuno - è in grado di risolvere con un colpo di bacchetta magica. La Ferriera è un carico più ingombrante della sua mole: impossibile giustificarne la permanenza a queste condizioni, viste le mutate sensibilità ambientali della nostra epoca e lo sviluppo auspicabile per il golfo di Trieste; irrealistico trasformarla in un impianto pulito, per i costi dell'operazione e la scontata indisponibilità dell'imprenditore; illusorio immaginarne la dismissione in un paio di mesi, per i costi sia sociali che pecuniari di uno smantellamento onerosissimo: ci troveremmo dall'oggi al domani con i lavoratori a casa e quell'obbrobrio non più funzionante a deturpare il golfo per decenni. I residenti a Servola obietteranno che l'obbrobrio spento sarebbe pur meglio che acceso, ma accorderanno che non si tratterebbe di una prospettiva fausta. E allora?
Converrà sintetizzare senza infingimenti i termini del problema, che nelle maglie del dibattito spesso sfuggono ai più. La Ferriera è un impianto vetusto. La proprietà (Lucchini prima, i russi di Severstal poi) ha investito molti quattrini per circoscriverne l'impatto ambientale (più Lucchini di Severstal), ma si è trattato di palliativi: per diventare veramente pulito, ammesso che un'attività siderurgica possa mai esser tale, lo stabilimento andrebbero disfatto e rifatto. E' quel che l'imprenditore non farà mai, per due motivi. Primo, perché Servola è un'industria ormai inefficiente, i cui conti si reggono solo grazie all'energia elettrica prodotta di risulta, che l'Enel è tenuta per legge ad acquistare (fino a una scadenza che volge al termine) a un prezzo superiore al mercato; il che rappresenta di per sé una scandalosa stortura di principio che i cittadini pagano nelle bollette, ma questa è un'altra storia. Secondo, perché nessun imprenditore al mondo andrebbe a gettare decine se non centinaia di milioni in un impianto di cui da anni si recita il de profundis, ancor più quando - come in questo caso - l'impianto è uno scarabocchio in un impero internazionale che si attrezza a contrastare la concorrenza cinese. Come stupirsi che il piano d'investimenti dei russi non faccia cenno di Trieste? In una situazione così ingarbugliata, lo stallo della politica ha fatto il resto, con il centrodestra a guardare principalmente alle ragioni dei residenti che vivono (come gli operai, peraltro) in mezzo ai fumi e alle polveri, e il centrosinistra a quelle dei dipendenti per i quali a tutt'oggi non s'è profilata una realistica soluzione alternativa. In mezzo la proprietà è forte della sua stessa debolezza, e in attesa di sviluppi inesistenti fa il meno possibile e gioca sulle divisioni territoriali; o meglio lo farebbe se ad incalzarla non vi fosse la magistratura, che da tempo ormai supplisce alla politica, forzando l'azienda a ridurre le emissioni e addirittura proponendo essa stessa le possibili soluzioni tecniche, il che suona a onore suo e a disonore della politica.
Che fare, dunque? Non la voce grossa, ma una voce sola. La soluzione non può che venire da una decisione sofferta fin che si vuole, ma definitiva, concertata tra gli enti in gioco: Comune, Regione e Autorità portuale, proprietaria di gran parte dell'area. Finché continua il balletto dei "tavoli", dei rinvii e delle interdizioni reciproche, l'azienda non avrà motivo di fare alcunché. E poiché pare finalmente condivisa la convinzione che, a breve o a medio termine, lo stabilimento cessi la produzione (e a fargliela cessare sarà comunque il mercato, quando verranno meno i prezzi di favore), si fissino una data e un percorso chiaro. Ne hanno diritto i residenti e i lavoratori, illusi e rispettivamente minacciati a ogni scadenza elettorale, come pure l'azienda, oggettivamente impedita a programmare alcunché, per quanto comodo le torni la paralisi attuale. Ne ha diritto la città intera, per la quale l'ex acciaieria, benché radicata nella sua storia, è diventata incompatibile con un livello decente di sviluppo del golfo e di qualità dell'ambiente. Molti segnali lasciano intendere che la stessa Severstal (o altri dopo di lei) guardi per quell'area a un futuro nella movimentazione logistica e di servizio al porto, attività in cui si sta cimentando dedicandovi anche una parte del personale. La si spinga avanti, dunque, parlandole con una voce sola, e non con tre o quattro dissonanti. Una voce sola è il presupposto per riuscire. Altrimenti ci si trascinerà così per molti altri anni, perpetuandosi il paradosso dello stabilimento: impossibile da mantenere in vita, impossibile da chiudere.
Roberto Morelli

 

 

Beni all’asta, il Municipio stralcia le aree verdi. Entra via dell’Ospitale

 

La decisione presa dopo un sopralluogo del sindaco Dipiazza e dell’assessore Tononi. Verso una modifica della destinazione d’uso per le ex Officine Hölt Prima il sopralluogo, poi lo stralcio. Nel prossimo bando di beni immobili messi all’asta dal Comune non compariranno cinque lotti. Terreni edificabili che il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore Piero Tononi, con delega al Patrimonio, hanno deciso di togliere dal piano di cartolarizzazione dopo una verifica sul posto.
Sono stati così stralciati i lotti di via dei Narcisi (prezzo base 600mila euro, 4019 mq) e quello in prossimità di vicolo dei Roveri, laterale di via San Cilino (155mila euro, 660 mq), assieme ad altre aree verdi in via Verga (101mila euro, 430 mq), via delle Viole (890mila euro, 5073 mq) e via Berchet (293mila euro, 2350 mq). Tutti terreni appetibili ai costruttori, che avrebbero garantito alle casse comunali almeno 2 milioni di euro.
«Durante il sopralluogo abbiamo riscontrato alcune problematiche nella viabilità in via Verga e via Berchet - racconta Tononi - assieme al particolare pregio ambientale di via dei Narcisi e via delle Viola, nonostante siano presenti già alcuni insediamento». E aggiunge: «Abbiamo così deciso di stralciare questi lotti - spiega - dalla delibera e quindi, a breve, concorderò con il presidente Lorenzo Giorgi una riunione della quarta commissione (competente sul Patrimonio immobiliare, ndr) per definire il piano di vendita».
Accanto alla conferma di tredici lotti pronti ad essere messi in vendita, infatti, il Comune andrà a coprire il mancato guadagno inserendo nei beni da alienare anche l’immobile di via dell’Ospitale 12. Quest’ultimo rientrava nel project financing (bocciato dalla giunta Dipiazza) dell’impresa di costruzioni Maltauro spa di Vicenza. Una prima stima non ufficiale dell’area sotto San Giusto, che domina l’intera città, parla proprio di 2 milioni di euro. La stessa cifra venuta meno dopo lo stralcio dei cinque terreni.
La prossima gara d’asta comprenderà così i seguenti lotti: terreno nei pressi di via dell’Eremo e alla fine di via Felluga (240.500 euro, 1370 mq), terreno in strada di Rozzol (50.500 euro, 460 mq), locale commerciale in piazza Vecchia 2 e 2/a (65.340 euro, 28 mq), locale commerciale in piazza Vecchia 2/b e 2/c (51.300 euro, 22 mq), locale commerciale in corso Saba 24 e via Carducci 41 (301.600 euro, 130 mq), area in via Capitelli (291.600 euro, 417 mq), edificio in via delle Beccherie 5 e via Androna del Pane 3 (359.700 euro, 275 mq), terreno in via Risorta (14.980 euro), edificio e terreno in via Balbo e via Settembrini (155.015, 46 e 1235 mq), edificio in via Costalunga 246 e terreno (97.660 euro, 108,50 e 157 mq), terreno in via Barbariga (24.672 euro, 192 mq), terreno in via San Martino (21.000 euro).
Ma il piano di vendita del Comune non si ferma qui. Altri due lotti importanti saranno alienati per «fare cassa» e finanziarie il piano delle opere. L’amministrazione di piazza Unità punta di incassare almeno 2.370.000 euro (il prezzo base) per la vendita dell’ex macello in via Flavia di Stramare a Muggia (area edificabile), mentre le ex Officine Hölt di via Gambini 8/1, 10 e 12 saranno messe all’asta solo dopo aver modificato la destinazione d’uso dell’immobile. Il bene è classificato dal Piano regolatore come zona U1 (servizi ed attrezzature pubbliche), ma una volta modificata la destinazione d’uso (attività residenziali, commerciali...) il valore di acquisto andrebbe a superare l’attuale stima di 1,4 milioni di euro.
p.c.

 

 

Metropolitana leggera, 14 milioni di investimenti per collegare Muggia a Opicina - I fondi saranno chiesti al governo, alla Regione e alle Ferrovie

 

Accordo tra enti per il recupero dei binari Da Campo Marzio fino a Opicina in un quarto d’ora e fino a Muggia in venti minuti, salendo a bordo della metropolitana leggera: un progetto fino a ieri relegato alla sfera delle ipotesi, ma che ora sembra a un passo dal diventare realtà.
Ieri, a Palazzo Galatti, Provincia, Autorità portuale ed Ezit hanno firmato il protocollo d’intesa per il recupero degli impianti ferroviari del nodo di Trieste, che collegano Muggia a Opicina, passando per la zona industriale. E potrebbero volerci solo due o tre anni per calpestare le vecchie rotaie che abbracciano il Golfo, inutilizzate da mezzo secolo. Investimento ipotizzato, secondo le prime stime: 14 milioni di euro. La metropolitana leggera sarebbe una parte della metropolitana regionale Ronchi-Trieste-Capodistria (servirebbero altri 70 milioni di euro per il collegamento costiero tra Trieste e la città slovena), sia per le merci che per il trasporto pubblico locale.
Sarà solo a luglio, con l’illustrazione dei risultati del secondo studio di fattibilità affidato dalla Provincia all’Università e a Rfi, che si potranno definire i dettagli del progetto, i tempi e i costi. Ma ieri è stato segnato un primo passo verso la rinascita delle linee e delle stazioni ferroviarie che oggi appartengono perlopiù alla storia e ai gitanti del treno d’epoca Rondò. I finanziamenti, come confermato dall’assessore ai Trasporti Ondina Barduzzi, verranno chiesti al ministero delle Infrastrutture, Regione e Ferrovie dello Stato per la realizzazione dell’opera, mentre si punterà a una gestione pubblico-privato. E i responsabili dell’area Trasporti della Regione, presenti ieri a Palazzo Galatti, hanno sottolineato la fattibilità dell’intervento. «Una volta reperiti i finanziamanti - ha assicurato Ondina Barduzzi - realizzeremo il progetto».
La struttura portante di questa nuova rete sarà composta da quattro linee: stazione centrale di Trieste-Muggia; stazione centrale-Campo Marzio; Muggia-Campo Marzio e Opicina-Campo Marzio. In buona sostanza, come garantito dai tre enti, «bisogna solo adattare le infrastrutture già esistenti su tutto il territorio provinciale. Per il tratto che collegherà Trieste alla Slovenia si dovrà invece lavorare per trovare un accordo anche politico».
Il progetto della metropolitana leggera è stato fortemente promosso dall’amministrazione di Palazzo Galatti. Ieri la presidente Maria Teresa Bassa Poropat lo ha definito «una soluzione importante per la città, frutto di una sinergia finalmente raggiunta tra i diversi enti coinvolti, che permetterà di scampare il pericolo che un grande patrimonio infrastrutturale vengo dismesso». Sulla «necessità di espandersi verso Est» si è espresso il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli. «La metropolitana regionale Monfalcone-Capodistria riguarda l’area in cui vogliamo sviluppare le attività portuali - ha affermato Boniciolli -. Questa rete creerà le premesse per l’aumento dei traffici verso il Sudest dell’Unione europea, in cui Trieste deve e può svolgere un ruolo fondamentale».
Concorde il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita: «Tutta la zona industriale sarà interessata da questo progetto. Contribuirà allo sviluppo economico delle 580 aziende presenti, perchè diminuiranno i costi del trasporto merci. Ma sarà importante anche per i 9.700 dipendenti, che potranno scegliere la metropolitana per raggiungere il posto di lavoro».

Elisa Coloni

 

 

Tav, Roma finanzia la Trieste-Divaccia - Il Consiglio approva la mozione sul commissario per l’A4. Forza Italia: «È solo un alibi»

 

Il ministro per le Infrastrutture Antonio Di Pietro annuncia l’inserimento del progetto nel piano delle opere prioritarie del Corridoio 5

TRIESTE Il governo accelera per la realizzazione della Tav del Corridoio 5. Anche il progetto della Trieste-Divaccia è stato inserito nel piano delle Infrastrutture da cofinanziare con l’Ue. La notizia è stata data dal ministro Antonio Di Pietro al termine del Consiglio dei ministri sul Dpef. Intanto ieri il Consiglio regionale ha approvato la mozione della maggioranza sul commissario per l’A4.

Nel dispositivo si sollecita il ministro Di Pietro per la nomina del commissario che acceleri i tempi della realizzazione della terza corsia. Non è stata invece approvata la mozione presentata dall’opposizione con la quale la Cdl ha chiesto di alla Giunta con cui si voleva impegnare la Giunta regionale ad agire nei confronti del governo per recuperare i ritardi nell'allargamento dell'autostrada e nella costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità. Intanto domenica partiranno i nuovi limiti di velocità sul tratto da Quarto d’Altino alla tangenziale di Mestre per innalzare i livelli di sicurezza (ieri in un altro tamponamento hanno perso la vita due persone di nazionalità rumena).
LA MOZIONE È stata approvata a maggioranza la mozione presentata da Travanut (Ds), Degano (Margherita), Paselli (Cittadini), Zorzini (Comunisti italiani), De Angelis (Prc) che condivide la decisione della Giunta regionale - assieme al Veneto - di chiedere la nomina in tempi brevi di un commissario governativo che semplifichi il rilascio delle autorizzazioni e delle approvazioni per la terza corsia. La mozione, sottoscritta da Ds, Margherita, Cittadini e Prc, ha ottenuto i voti favorevoli della maggioranza di Centrosinistra e il «no» di Forza Italia, Lega Nord, An e Udc; astenuto il consigliere Paolo Panontin (Misto). Il testo auspica inoltre il proseguimento della collaborazione con la Regione Veneto per tale scopo.
L’OPPOSIZIONE L'Aula ha invece respinto a maggioranza un'altra mozione, presentata dai capigruppo del Centrodestra, e l'ordine del giorno da essi allegato, con cui si voleva impegnare la Giunta regionale ad agire nei confronti del Governo per recuperare i ritardi nell'allargamento dell'autostrada e nella costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità.
LA POLEMICA Il dibatto in Aula è stato acceso con l’opposizione a rimarcare il ritardo nell’avvio dei cantieri per un opera di vitale importanza per la Regione e la corresponsabilità della giunta regionale. La Cdl ha anche sottolineato come non sembra esserci condivisione tra la posizione del presidente di Autovie Giorgio Santuz, che sostiene che la terza corsia solo sul tratto Quarto d’Altino-San Donà sarà operativa dal 2014 e le dichiarazioni dell’assessore Sonego che conferma la partenza dei lavori entro 15 mesi. «La nomina di un Commissario governativo - ha detto il capogruppo forzista Isidoro Gottardo -, perchè non diventi puramente un alibi deve essere accompagnata dalla definizione delle competenze, che devono essere sostanziali e non formali. La maggioranza di centrosinistra ha votato un ordine del giorno a sostegno della richiesta di un Commissario, ma si è guardata dall'entrare nel merito delle competenze.Se qualcosa di nuovo comincia a muoversi a favore dell'allargamento dell'autostrada A4 e della Tav, questo lo si deve certamente al caos in cui è sprofondata la situazione, ma anche all'azione incessante e continuativa che l'opposizione di centrodestra ha svolto per costringere la Giunta regionale ad uscire dall'inerzia».
Ma Sonego resta sulle posizioni già espresse. «L'obiettivo della Regione Friuli Venezia Giulia e di Autovie - ha detto l’assessore - è di arrivare in 15 mesi all'assegnazione dei lavori del primo lotto della terza corsia da Quarto d'Altino a San Donà di Piave».
I LIMITI Entreranno intanto in vigore domenica 1 luglio i limiti di velocità. Da Quarto a Marcon le auto non dovranno superare i 70 km all’ora e i Tir i 50, mentre da Marcon le automobili doovranno ridurre la velocità di altri 10 km orari.

Ciro Esposito

 

 

Vetreria, esposto dei Comitati alla procura - Settimo: area già a rischio per le emissioni della centrale a turbogas priva dei filtri catalitici

 

Si profila un altro braccio di ferro tra i cittadini della Bassa friulana e la Regione sul progetto dello stabilimento della Sangalli

TRIESTE I Comitati dei cittadini della Bassa friulana continuano la loro battaglia a salvaguardia della salute degli abitanti e dell’ambiente dell’area di Torviscosa e dell’Aussa Corno. Dopo aver incassato una vittoria sudata con il no della giunta al cementificio ora incalzano la Regione sulla vetreria. E lo fanno con il loro leader, il consigliere comunale di Torviscosa Mareno Settimo, che ha predisposto una relazione approfondita sull’impatto ambientale e sulle emissioni dell’impianto dell’azienda Sangalli. E il consigliere annuncia che nei prossimi giorni presenterà un esposto al Ministero dell’Ambiente e alla Procura della Repubblica di Udine.
Si profila dunque un ulteriore braccio di ferro tra i cittadini e la giunta che è chiamata a valutare il progetto sulla base dei pareri dell’Azienda sanitaria (già favorevole), dell’Arpa e delle valutazioni fatte dalla Commissione di valutazione di impatto ambientale.
«La questione centrale - dice Settimo - e che è escluso che si possa autorizzare il progetto della vetreria prima che siano state ridotte le emissioni della centrale a turbogas Edison di Torviscosa. Nel Friuli Venezia Giulia, così come nel resto d’Italia, viene autorizzate la costruzione di centrali che inquinano mediamente otto volte di più rispetto a quelle in funzione negli ultimi anni ad esempio in California».
Secondo il ragionamento sviluppato da Settimo con l’attività a regime della centrale sarebbe inevitabile un innalzamento nell’area della quantità di Pm10 e di ossido d’azoto. «È necessario, prima ancora di affrontare la questione della vetreria - continua il consigliere comunale - apllicare all’impianto i filtri catalitici che abbattono in modo sensibile le emissioni. Non è del resto una novità che nella zona dell’Aussa Corno la situazione sia già critica. Non è una nostra opinione ma la situazione è stata evidenziata dalle rilevazioni fatte dall’Arpa in tutta l’area della Bassa Friulana. Non è un caso che nei primi 5 mesi dell’anno gli sforamenti dei limiti massimi consentiti per le polveri sottili si siano moltiplicati. L’Agenzia ha identificato nella situazione meteo negativa la causa principale della crescita dell’inquinamento atmosferico ma proprio da dicembre ha cominciato a funzionare, anche se appena nella fase di collaudo, la centrale a turbogas. La situazione nei prossimi mesi, anche senza la vetreria non farà che aumentare la criticità».
La relazione evidenzia infine come anche i valori al suolo rilevati a Torviscosa e ancora di più a San Giorgio di Nogaro degli ossidi di azoto e del materiale particolato presentano siano sopra la norma. «Pertanto - conclude Mareno Settimo nel documento - non sussistono al momento attuale gli elementi necessari per poter esprimere parere favorevole all’insediamento, nella zona del Feraul, della vetreria proposta dall’azienda Sangalli Vetroitalia».

 

 

Pericolosi troppi semafori in città- L’annuncio del sindaco di mettere nuovi impianti agli incroci

 

Con sgomento, apprendo dall’intervento del sindaco su una televisione privata, che prossimamente verranno installate delle postazioni semaforiche agli incroci Giulia-Margherita e largo Giardino-Cologna. Ormai da una vita esercito la professione di esperto in infortunistica stradale, che, come noto ricerca pure i lati negativi della circolazione e quindi si sa che tutti gli autoveicoli nuovi, da diversi anni sono muniti della marmitta catalitica.
Marmitta catalitica che, per raggiungere la temperatura di esercizio non inferiore a 400 gradi, il veicolo munito della stessa impiega almeno vari chilometri in regime di libera corsa.
Ormai la città risulta essere soffocata da impianti semaforici che in ogni caso producono inquinamento e precisamente il largo Barriera, piazza Garibaldi, via Roma e sotto Servola, D’Alviano, Baiamonti. Da quasi 40 anni abito nel rione di San Giovanni, e percorro quasi quotidianamente uno degli assi principali della circolazione in Trieste, e cioè viale Sanzio, Rotonda del Boschetto, via Giulia, p. V. Giuliani e via Battisti; e non ho mai assistito a gare di velocità ivi, ma bensì su detto asse, qualche teppista su due ruote durante le ore notturne. Piuttosto non è stato regolamentato il flusso della circolazione – in diverse ore del giorno a passo d’uomo – per le percorrenze Scoglio-Guardiella e ne viene che i due impianti semaforici che, categoricamente non devono essere installati, produrrebbero praticamente la quasi paralisi della circolazione. A titolo di cronaca, esiste la cosiddetta commissione traffico dell’Aci in Trieste, che brilla per la sua assenza?
Augusto Doria

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 28 giugno 2007

 

Goletta Verde approda a Monfalcone: un salvataggio e un saluto ai delfini

Approdiamo oggi in Friuli Venezia Giulia, dopo una traversata molto movimentata, soprattutto per le condizioni meteorologiche. Goletta Verde nell'Adriatico quest'anno è partita da Rovigno, in Croazia, dove abbiamo incontrato anche gli amici dell'associazione ambientalista Zelena Istra, che insieme a Legambiente partecipa al network per la tutela naturale dell'alto Adritico, l'Adriatic Greenet. I risultati dei dodici campionamenti nella penisola di Istria sono risultati complessivamente buoni ad eccezione di Villas Rubin a Rovigno dove uno dei parametri indagati ha superato due volte il limite di legge.
Durante il viaggio abbiamo effettuato anche un salvataggio speciale: quello di un uccello caduto in mare che non riusciva più a riprendere il volo. Un saluto ai primi delfini che hanno incrociato la nostra rotta e via, verso Monfalcone.
Primo impegno italiano, la conferenza stampa di presentazione dei dati sull'inquinamento e il convegno sui problemi energetici del Friuli Venezia Giulia: abbiamo informato i cittadini e le amministrazioni locali sullo stato di salute del mare fotografato dai primi campionamenti fatti dai tecnici del laboratorio mobile, che a ogni tappa precedono di qualche giorno l'arrivo della nostra barca. Il mare tutto sommato è pulito ma la situazione va tenuta d'occhio soprattutto nei pressi delle foci dei fiumi Isonzo e Tagliamento.
A Monfalcone, abbiamo rilevato un dato di molto superiore ai limiti di legge. Fuori dai parametri anche Duino Aurisina - in località Baia Sistiana - e Lignano, molto meglio Muggia, Trieste e Grado. I fiumi in Italia continuano a essere un problema costante per il mare, arrivando quasi ad annullare gli sforzi fatti dalle amministrazioni costiere, che devono farsi carico dell'inquinamento che arriva anche dall'interno. Troppo spesso infatti i fiumi sono trasformati in condotti fognari dagli scarichi fuori controllo provenienti dai centri abitati e dalle aziende.
Goletta Verde si fermerà a Monfalcone ancora un giorno. Domani si riparte, per continuare il nostro lungo viaggio verso sud. Prossima tappa nell'Adriatico, Porto Barricata, in provincia di Rovigo. Intanto a bordo si continua a lavorare, ricevendo i visitatori, grandi e bambini, e cercando di tanto in tanto anche di pranzare. Mare mosso permettendo.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 28 giugno 2007

 

 

GOLETTA VERDE - Mare pulito a Trieste e Grado. Lignano in bilico  - Promossa Riviera, allerta per Sabbiadoro. Bocciata Marina Julia. Rimandata la Baia di Sistiana

 vedi tabella

Bilancio di luci e ombre per Goletta Verde: cinque prelievi su dodici registrano sforamenti dei limiti di legge. «Un dato che non può tranquillizzare»

MONFALCONE Il mare del Friuli Venezia Giulia tra luci e ombre per Goletta Verde. Promosse Trieste, Muggia, Grado e Lignano Riviera. Bocciata Marina Julia. Rimandate a settembre Duino Aurisina, Sabbiadoro e le foci dei fiumi Isonzo e Tagliamento. Così Legambiente ieri a Marina Lepanto, a Monfalcone, ha consegnato lo «stato di salute» delle coste in regione. L’«istantanea», l’ha definita il portavoce Massimo Becchi, consegna un quadro che induce a riflettere. Lo si evince dai 12 prelievi effettuati dalla campagna nell’Alto Adriatico, partita da Rovigno in Istria. Il risultato, dunque, per il Friuli Venezia Giulia è una sorta di «scacchiera». Quasi la metà dei prelievi non superano la prova-balneabilità. La «mappatura» s’articola sostanzialmente tra due «poli» opposti di giudizio. Passando dalle conferme di «buona salute» per Grado (punti di prelievo, Tenuta Primero e Città Giardino, spiaggia libera), Trieste Barcola e Grignano, Muggia con Porto San Rocco e Punta Sottile. Per questi il mare non è inquinato, a quota 1 stella. Culminando, dall’altro, con consolidati sforamenti dei parametri. È il caso di Marina Julia, che con il giudizio di «inquinato» s’è portata a casa 3 stelle. La campionatura, effettuata di fronte alla piazzetta principale, ha registrato uno sforamento di uno o più parametri di legge (Dpr 470/’82) oltre 5 volte superiore rispetto al limite fissato. In mezzo le «zone grigie», «leggermente inquinate», 2 stelle: Duino Aurisina-Baia di Sistiana e le foci dell’Isonzo e del Tagliamento. Fuori dai parametri anche Lignano, all’altezza della Terrazza a mare. Positivo invece il dato di Riviera. Tra i parametri presi in considerazione ci sono i coliformi fecali e gli enterococchi intestinali. I tecnici di Legambiente hanno inserito anche gli escherichia coli, batteri che vivono esclusivamente nell’intestino umano, già previsti dalla direttiva europea e che l’Italia introdurrà nel 2008.
Sono dati, tuttavia, ai quali fanno da contraltare le cifre fornite dall’Arpa: sulla base delle analisi effettuate nel 2006 (prelievi quindicinali, su 55 punti, 28 in provincia di Trieste, 18 di Gorizia, 9 di Udine), ha spiegato la responsabile Luisella Milani, tutte le acque marino costiere e di transizione, sono state giudicate idonee alla balneazione per la stagione 2007. Lo ha sancito la delibera di Giunta regionale del 26 gennaio. Entro i parametri anche i prelievi effettuati da aprile a giugno di quest’anno. Attualmente tutti i 55 punti di monitoraggio sono balneabili, ha sostenuto Milani, pur assicurando un’ulteriore attenzione nel raccogliere il suggerimento di Legambiente. Resta un quadro «che non può tranquillizzare», ha detto Becchi. Che precisando come i pur puntuali campionamenti siano «istantanee» rispetto alla continuità delle analisi garantite dagli enti preposti, ha lanciato un messaggio: approfondire la situazione e ripetere i controlli. Con un’ulteriore avvertenza: i dati relativi alle foci dei fiumi vanno considerati in virtù dell’entroterra. «I fiumi - ha spiegato Becchi - continuano ad essere un problema per il mare arrivando quasi ad annullare gli sforzi fatti dalle amministrazioni costiere che devono farsi carico dell’inquinamento che arriva dall’interno. Bisogna quindi ragionare in termini di bacino nell’affrontare il problema». Il presidente di Legambiente di Monfalcone, Michele Tonzar ha osservato: «Non volevamo dare un nuovo dato negativo per Marina Julia. A Monfalcone sono stati realizzati gli interventi necessari. Le utenze sono collegate alla rete fognaria. Per questo il dato negativo ci sorprende». Bandiera nera anche quest’anno? Risposta: «Non abbiamo individuato un particolare elemento negativo, se non l’atteggiamento, reiterato, della Regione e dell’assessore Sonego, nell’affrontare problematiche come i rigassificatori, la Tav, il cementificio. La bandiera nera consegnata lo scorso anno a Sonego è ancora valida».

Laura Borsani

 

  

Ma per l’Arpa le acque del Fvg sono tutte balneabili

 

MONFALCONE Mare balneabile in Friuli-Venezia Giulia. Lo dice l’Arpa, dopo aver controllato nel 2006 la qualità delle acque attraverso la campionatura, a cadenza quindicinale, di 55 punti di prelievo. Tutte le acque marino costiere e di transizione sono state giudicate idonee per la stagione. Con delibera di Giunta regionale del 26 gennaio. Non solo. Nel 2007, i dati riguardanti i prelievi da aprile a giugno nei 28 punti della provincia di Trieste, sono risultati entro i limiti di legge. Anche quelli effettuati nei punti di Duino-scogliera e Duino-castello nel periodo di chiusura prudenziale, dal 21 al 31 maggio, con ordinanza sindacale del Comune, per lavori di manutenzione al depuratore. Tutto okay in provincia di Gorizia, per le analisi del primo prelievo d’aprile. Il punto Grado-Isola Volpera fa eccezione, ma i valori non sono stati confermati nelle analisi suppletive: l’area è stata aperta alla balneazione. Regolari, infine, gli esiti in provincia di Udine, per tutti i prelievi da aprile a giugno. Ieri l’assessore di Monfalcone, Massimo Schiavo, a proposito di Marina Julia, ha osservato: «Il dato fornito da Goletta Verde va colto come elemento su cui riflettere. Ho tuttavia controllato gli esiti dell’Arpa, risultati molto inferiori ai limiti di legge, eccetto che per una punta negativa per i coliformi totali, pur sempre sotto il limite, registrato a giugno. Non vogliamo chiudere gli occhi: intendiamo capire le cause per porvi rimedio».

 

 

Goletta Verde, riserve sul mare di Sistiana  - «Non inquinate» invece risultano le acque di Muggia, Barcola e Grignano

 vedi tabella

Il golfo testato dalla nave ambientalista: la presenza del depuratore incrina la situazione in una parte della Baia

Ret: «Sono sorpreso perché i dati dell’Arpa sono sempre stati rassicuranti». Perplesso anche l’assessore provinciale Barduzzi: «Chiederemo ulteriori esami»

Goletta Verde rimanda a settembre la Baia di Sistiana e promuove il resto del golfo di Trieste. Il mare che si affaccia alle nostre coste risulta, in base a una serie di analisi chimico-fisiche effettuate lo scorso 22 giugno, non inquinato e perfettamente in regola con le più recenti normative comunitarie in tema di sicurezza della balneazione.
Ma non si tratta, appunto, di una promozione a pieni voti. Se nel complesso le acque della Provincia sono «a prova di bagnante», dai rilievi della «nave ecologica» emerge infatti che esiste uno spicchio di mare in cui si verifica uno sforamento dei limiti consentiti per legge: è quello situato sotto la scogliera della Baia di Sistiana, di fronte al depuratore.
In questo punto dell’Alto Adriatico, in base ai dati resi noti ieri durante una conferenza stampa, la concentrazione di coliformi fecali è pari a 180 Ufc (Unità formanti colonia) per 100 millilitri, quando il limite previsto per legge è di 100 Ufc per 100 millilitri. «È l’Arpa che garantisce i dati ufficiali sull’inquinamento delle acque - ha spiegato il portavoce di Goletta Verde, Massimo Becchi - ma noi, attraverso analisi periodiche, abbiamo come obiettivo allertare le istituzioni e spronarle a prendere provvedimenti in casi di pericolo per la salute dei cittadini». E una fetta di mare antistante la Baia di Sistiana sembrerebbe quindi rientrare, secondo i dati illustrati ieri, nella lista dei punti «leggermente inquinati».
Quattro i parametri utilizzati da Goletta Verde per classificare la qualità del nostro mare: i livelli di concentrazione di coliformi fecali, streptococchi fecali, escherichia coli (tutti di origine fognaria) e ossigeno disciolto. All’aumentare della concentrazione di queste sostanze cresce il livello di inquinamento del mare e scattano le «stelline nere». In una scala da una e cinque, lo specchio di mare sotto la scogliera di Sistiana, di fronte al depuratore, ne colleziona due. Lontana da altri tratti di mare italiano che crollano sotto il peso di cinque «stelline» e anche da Marina Julia, che ne colleziona tre e detiene, in Regione, la maglia nera. Ma lontana anche dai buoni risultati incassati invece da altre località: San Rocco e Punta Sottile (a Muggia), Barcola e Grignano si fermano infatti a una sola «stellina», che indica un mare «non inquinato».
«In base alle normative comunitarie più recenti - ha spiegato ancora Massimo Becchi - negli specchi di mare inquinati i sindaci dovrebbero impedire la balneazione. Due stelline, come nel caso di Sistiana, non dipingono una situazione drammatica, ma comunque poco sicura. È risaputo - ha aggiunto - che ingerendo i coliformi fecali contenuti nell’acqua, possono insorgere patologie di natura gastrointestinale».
Ma il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret, pur mostrandosi aperto a «ogni indicazione utile a migliorare la qualità delle acque», difende a spada tratta il «suo» mare, che «non è mai stato così pulito come quest’anno». «I dati resi noti da Goletta Verde mi sorprendono - ha affermato Ret - perchè io ricevo periodicamente le analisi dell’Arpa, che garantiscono che il mare di Sistiana non è assolutamente inquinato». Poi il primo cittadino tenta di analizzare il problema e individuarne le causa: «Non credo ci sia il depuratore alla base di questi sforamenti - continua Ret - perchè il depuratore scarica a 1860 metri dalla costa. Per far sì che quegli scarichi tornino indietro, dovrebbero esserci delle correnti fortissime, che non credo si verifichino in quel tratto di mare. Penso che il problema sia riconducibile a qualche scarico fognario abusivo di barche e navi nell’area in questione - afferma ancora il sindaco di Duino Aurisina -. Probabilmente si tratta di un caso isolato, ma mi impegnerò affinchè l’Arpa verifichi la situazione e, in caso i dati rivelassero una criticità, farò il possibile per porvi rimedio».
D’accordo l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi, soddisfatta dei buoni risultati incassati complessivamente dal golfo di Trieste. E sul caso Sistiana commenta: «Credo anch’io si tratti di un caso isolato, dovuto agli scarichi di qualche nave di passaggio. Ma chiederò all’Arpa che effettui le necessarie verifiche in tempi brevi».

Elisa Coloni

 

 

Inceneritore dissequestrato: torna a pieno regime - Il blocco dell’impianto è durato 4 mesi e mezzo e secondo Acegas-Aps è costato 5 milioni di euro alla città

 

Il gip Tomassini accoglie l’istanza dell’ex municipalizzata: dopo gli sforamenti della diossina nello scorso gennaio tutto è rientrato nella norma

L’inceneritore di via Errera può ricominciare a lavorare. Lo ha deciso ieri il giudice Massimo Tomassini che ha dissequestrato le linee 2 e 3 dell’impianto di smaltimento rifiuti dell’Acegas-Aps. L’attività delle due linee era stata bloccata dalla magistratura il 14 febbraio scorso.

Lo stop era stato disposto perché le misure effettuate dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale alla sommità della ciminiera avevano segnalato ripetute emissioni di diossina nell’atmosfera. Le emissioni delle linea 1, al contrario, sono sempre rimaste al di sotto dei valori-limite fissati dalla legge.
Subito dopo il sequestro l’impianto di via Errera è stato costantemente monitorato dai tecnici nominati dalla Procura, ma anche da quelli della multiutility triestino-padovana.
Nessun sforamento si è più verificato nelle emissioni di diossine, tant’è che il giudice Massimo Tomassini già il 7 maggio scorso aveva dissequestrato parzialmente la linea 3, consentendo successivamente anche l’esercizio provvisorio della 2 per verificare eventuali carenze costruttive o di gestione.
Ieri i dissequestri, a cui si è opposto il pm Maddalena Chercia, il magistrato che ha gestito questa indagine. L’inchiesta comunque continua.
Ora le linee 2 e 3 possono ricominciare a incenerire, senza limitazioni di sorta, i rifiuti solidi urbani. Unica prescrizione imposta dal magistrato, è quella di non inserire nei forni rifiuti provenienti dagli ospedali. Peraltro la stessa Acegas-Aps nell’atto con cui i suoi legali - gli avvocati Tiziana Benussi e Giovanni Borgna - avevano chiesto il dissequestro delle due linee, si era impegnata a non smaltire questo tipo di rifiuti.
Il blocco delle due linee dell’inceneritore è costato all’ex municipalizzata, al Comune e indirettamente ai triestini, una somma ingentissima, prossima ai cinque milioni di euro. Senza citare i costi per il rinnovo dei filtri a carboni attivi effettuato prudenzialmente nel corso dell’inchiesta. Parte dei rifiuti cittadini sono stati dirottati in discariche poste fuori provincia mentre il termovalorizzatore dell’impianto di via Errera, vista il blocco delle due linee, ha lavorato a ritmi ridotti, dimezzando al normale produzione di energia termoelettrica.
Va aggiunto che le indagini tecniche svoltesi in questi mesi sotto il controllo diretto dei consulenti della Procura della Repubblica, non sono riuscite a individuare con precisione i motivi dei ripetuti sforamenti dei valori di diossina che stavano alla base del provvedimento di sequestro emesso a febbraio.
Non si sa ancora, secondo gli avvocati dell’ex municipalizzata, perché il 20 dicembre 2006 siano finiti nell’atmosfera 0,970 nanogrammi di diossine per metro cubo d’aria, dieci volte in più del valore ammesso per legge. Le misure erano state effettuate dall’Arpa che aveva informato degli sforamenti i carabinieri del Noe e la Procura della Repubblica. Anche nelle successive misure effettuate il 21 dicembre, e l’11 e 12 gennaio 2007 sulle linee 2 e 3 dell’inceneritore, erano stati trovati valori inquietanti: il 21 dicembre 0,189 nanogrammi; l’11 gennaio 0,300, il giorno successivo 0,200. L’assessore provinciale all’ambiente l’ingegner Ondina Barduzzi, aveva sostenuto che la presenza anomala di diossina fosse collegata ad un accumulo di plastiche dovuto alle lamelle dei filtri «demister».
Fin qui tutto chiaro o quasi. Nelle misure effettuate successivamente, a impianto già posto sotto sequestro ma autorizzato alla sperimentazione per individuare le cause delle precedenti anomalie, i valori di diossina erano sempre rimasti al di sotto dei limiti previsti dalle autorizzazioni.
«Nel periodo dal 21 al 30 aprile - aveva spiegato Acegas-Aps in una nota- il collegio dei periti ha effettuato dieci rilevazioni dei livelli di diossina presenti nei fumi, misurando valori compresi fra i 6 e i 13 picogrammi- miliardesimi di milligrammo- per metro cubo. L’esito delle analisi ha dimostrato che l’impianto di via Errera è in grado di assicurare lo smaltimento dei rifiuti con impatti minimi sull’ambiente e sulla vita dei cittadini».
c.e.

 

 

Pecoraro a Trieste per Ferriera, bonifiche e Siot - Vertice con i sindacati dell’impianto siderurgico, assessori e il sindaco

 

Gli uffici del ministro dell’Ambiente annunciano una visita a fine luglio per risolvere alcune questioni ormai annose

Al centro delle discussioni su Servola il problema del lavoro. Per le aree inquinate l’ipotesi è l’uso di barriere leggere, efficaci ed economiche

Futuro della Ferriera di Servola, Bonifiche e Siot rispetto alla collocazione nel sito inquinato: luglio sarà un mese decisivo per dare una risposta a questi tre nodi. A occuparsene sarà personalmente il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, che ieri ha annunciato la sua visita a Trieste il 25. Sarà una giornata lunga e soprattutto caldissima viste le novità che annuncia la segreteria del ministro da Roma. Gli incontri sulla Ferriera infatti verteranno soprattutto sulla questione del lavoro. Pecoraro Scanio ha già fatto sapere che incontrerà «per primi i sindacati» e poi subito dopo i due assessori al lavoro, quello regionale Roberto Cosolini (coordinatore per la Regione tra l’altro del tavolo sulla Ferriera) e quello provinciale Adele Pino. Ma il ministro ha anche prevvisato che intende vedere il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e con lui parlerà in particolare della salute dei cittadini rispetto al problema della Ferriera. Non è previsto alcun incontro con i vertici dell’azienda anche se c’è massima disponibilità a un vertice locale (a Roma sono in corso da tempo i carteggi con il dicastero dell’Ambiente).
Piuttosto critica la posizione che trapela dal ministero sugli impianti siderurgici di Servola che vengono ritenuti obsoleti: un’eventuale ristrutturazione, con massicci investimenti, potrebbe infatti essere considerata insufficiente per la soluzione dei problemi ambientali. Un nodo, secondo quanto trapela dal ministero, irrimediabile. La soluzione? Il totale rinnovo degli impianti, una strada che appare (quasi certamente) impercorribile dal punto di vista industriale ed economico. Pecoraro Scanio comunque punta molto sulla «questione lavoro» e dell’occupazione e ha fatto sapere, tramite i suoi uffici, che intende approfondire la questione dello sviluppo industriale della Ferriera sul fronte della «portualità e della logistica».
Sono oltre 500 i lavoratori diretti della Ferriera, ma raggiungono quasi quota 1500 considerando l’indotto (tutte le ditte di servizi) e in particolare l’altra azienda che lavora strettamente connessa a Servola, la Sertubi (utilizza la ghiasa liquida per fabbricare i tubi) che dà lavoro ad almeno 300 persone. Per non parlare poi dei conti: Servola da quando è in mano ai russi della Severstal (che hanno rilevato il gruppo Lucchini) fattura 180 milioni di euro all’anno, garantisce utili di oltre 12 milioni e produce 600 mila tonnellate di materiale siderurgico. L’azienda ha iniziato a diversificare puntando anche sulla logistica ma è impensabile, in caso di riconversioni, pensare di salvaguardare la stessa quantità di posti di lavoro.
Altro fronte bollente, quello delle Bonifiche. Il territorio industriale inserito nel sito inquinato di interesse nazionale è paralizzato e non ci sono margini di sviluppo e per nuovi insediamenti. Il ministero dell’Ambiente ora pensa a un concorso di idee per la messa in sicurezza con la partecipazione di molte società (non un unico general contractor) e all’utilizzo non più di sistemi fissi con pesanti barriere a mare, ma di strutture più leggere, più efficaci ed economiche.
Ultimo nodo, ma non certo per importanza, la Siot. Il problema è scoppiato soprattutto dopo i famosi «spandimenti» del 2006. L’area (apparentemente un paradosso e non era così noto) non è ricompresa nel sito inquinato di interesse nazionale. Il ministero ha fatto sapere che per il momento non si ritiene di inserire l’area tra quelle inquinate, ma sarà necessario un supplemento di indagini, anche approfondite, per capire se l’evento del 2006 è stato occasionale o se si tratta di un danno permanente. La giornata del ministro, che sarà piuttosto intensa, non prevede vertici sul tema dei rigassificatori visto che c’è già una precisa calendarizzazione di incontri a livello romano.

Giulio Garau

 

 

Ambiente e grandi opere, i Verdi attaccano Sonego: «Crea più conflitti di tutti»

 

TRIESTE «L’assenza di Lodovico Sonego al vertice su ambiente e grandi opere? Speriamo diventi stabile...». È una frecciata velenosa quella di Gianni Pizzati. Ma non è il passaggio più feroce dedicato all’assessore regionale ai Trasporti che diventa, nelle parole del segretario regionale dei Verdi, «l’uomo che riesce a gestire male anche le cose su cui si va d’accordo» e ancora «che raggiunge il minimo di risultati di partecipazione con il massimo di carte in mano» e, in sintesi, «la persona che riesce a creare conflitti in misura da record». Il giorno dopo il vertice di maggioranza i Verdi confermano di essere se non più vicini almeno non più lontani di prima dalla maggioranza. Ma si aggiungono a Bruna Zorzini nel criticare Sonego. L’esponente del Pdci, già martedì, aveva detto: «È necessario trovare un minimo comun denominatore e far sì che la partecipazione sia reale. Come? Facendo in modo che la procedura di Agenda 21 venga attuata e non sia addomesticata da Sonego. Peccato la sua assenza al vertice». I Verdi vanno oltre ma non chiedono la testa dell’assessore. «È l’ultimo anno di legislatura e non avrebbe senso – afferma Pizzati –. Rileviamo solo che sulla Tav si sarebbe potuto agire un po’ meglio, che si sarebbe potuto essere meno drastici su questioni non definite e che, in questo modo, anche su altri nodi, si sarebbe evitato di essere sempre tutti contro tutti. Aggiungiamo – prosegue il segretario dei Verdi – che saremo anche stati manchevoli in qualche fase ma abbiamo fatto un grande piacere alla giunta. Decisioni come quelle su rigassificatori e cementificio hanno portato indubbi vantaggi nel riconoscimento verso la giunta da parte della gente che, mi pare, sia quella che va a votare». Quanto ai passi avanti del vertice «è stato un incontro utile a chiarire che sia Illy che i Verdi perseguono la strada della soluzione dei problemi. E non è irrilevante che il presidente ci abbia chiesto di mettere nero su bianco le priorità. Non sarà, il nostro, un ultimatum, ma un tentativo di accordo di fine legislatura che faccia da anticamera a un programma per le elezioni in cui noi possiamo stare a nostro agio in coalizione e gli alleati si riconoscano. La sostenibilità – conclude Pizzati – deve diventare parametro dello sviluppo, non una sorta di palla al piede dei progetti economici». Il banco di prova chiave sarà il piano territoriale: «Le ferrovie, che condividiamo, non possono essere elemento di devastazione ambientale».
m.b.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 27 giugno 2007

 

 

Metropolitana leggera, protocollo tra gli enti - Domani alleanza tra Provincia, Ezit e Autorità portuale per rilancio del trasporto pubblico e delle merci

 

Un protocollo di intesa tra Provincia, Autorità portuale e l’Ezit per riutilizzare gli impianti ferroviari del nodo di Trieste, per il rilancio dell’attività portuale e contestualmente per realizzare il progetto della metropolitana leggera. I tre enti fanno sinergia per rivitalizzare il trasporto integrato che riguarda non solo le merci ma anche i passeggeri con il trasporto pubblico locale connesso al sistema su gomma dei bus. «Unendo le forze avremo ancor più possibilità di realizzare i nostri progetti di sviluppo – spiega l’assessore provinciale ai Trasporti Ondina Barduzzi che sarà accanto alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat – e soprattutto ci sarà più forza per chiedere a Regione e ministero fondi e finanziamenti per concretizzare le opere. Non serve molto, si tratta solo di riadattare una rete ferroviaria che esiste già». L’obiettivo della Barduzzi è ambizioso. «Dopo tanti progetti la Provincia è riuscita a realizzare il primo studio organico sulla rivitalizzazione della rete ferroviaria provinciale che creerà la metropolitana leggera, un disegno che sta all’interno del progetto regionale che sta preparando l’assessore regionale ai Trasporti Lodovico Sonego che punta all’integrazione tra gomma e rotaia nel trasporto in Friuli Venezia Giulia».
La Provincia si occupa dei collegamenti provinciali da Monfalcone sino a Muggia, ma anche da Trieste a Sesana, la Regione punta a continuare poi da Ronchi sino a Capodistria collegando pure i dure porti.
«Noi integreremo il sistema su rotaia con quello su gomma dei bus – continua la Barduzzi – ma avremo anche il trasporto marittimo dei traghetti. Un sistema completo». La fase del progetto di metropolitana leggera in realtà è in fase molto avanzata. La provincia si è già accordata con le Ferrovie (Rfi), che hanno accolto con convinzione l’idea e assieme al Dipiartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Università è stato concluso mesi fa già un primo studio di fattibilità che ha dato un parere più che favorevole al progetto. È subito partito un secondo studio, promosso dalla Provincia, che riguarda la fattibilità economic e che analizza in dettaglio, pezzo per pezzo, tutti i tratti della metropolitana leggera e si attendono anche i responsi sull’autobus a chiamata. Le conclusioni arriveranno ai primi di luglio.

 

 

FERRIERA - I servolani: «Dieci anni di promesse»

 

I residenti di Servola non demordono: la Ferriera deve smetterla di cospargere fumi e polveri sul quartiere. Circa 400 persone hanno manifestato in Piazza dell’Unità contro l’inquinamnto. La posizione di Giuseppe Castellan, 61enne che abita con la moglie in via del Ponticello 54, è netta: «Da persona semplice dico questo: sono 10 anni che ci promettono interventi risolutivi ma in definitiva è stato fatto poco o niente. Assistiamo a una situazione di costante peggioramento: io non sono un tecnico, ma quando sento che abbatteranno le emissioni del 48% mi viene da ridere. Non ho più fiducia e la mia paura è che comunque non si cambi nulla. Per carità - aggiunge - io stesso ho provato la cassa integrazione e posso capire lo stato d’animo dei lavoratori, ma non è giusto continuare a sopportare tutto questo per via del ricatto occupazionale: da un lato ci sono 500 lavoratori ma dall’altro 20 mila persone che respirano fumi e polveri dalla mattina alla sera. Magari i tecnici ne sanno più di me e hanno ragione, ma resto scettico». «Da 7 anni viviamo barricati in casa e consumiamo litri d’acqua per pulire via il pulviscolo».
ti. c.

 

 

Ambiente e grandi opere, disgelo Illy-sinistra  - Restano i dubbi dei Verdi. Il governatore: elencate le criticità. Moretton: modifiche alle procedure di Via

 

Vertice di maggioranza, rientrano le tensioni. Zvech: ok al dialogo ma decisioni rapide. Festa a Torviscosa, il presidente bacchetta Antonaz, Travanut e Metz

I partiti della sinistra radicale, alle prese con le tensioni passate su cementifici e rigassificatori e i timori futuri su Tav, vetrerie e casse di espansione, si confrontano per tre ore nell’invocato summit con il presidente e gli alleati di Intesa democratica. Ma, sebbene affrontino le questioni che più mettono alla prova la convivenza sotto il comune tetto, non divorziano. Al contrario, si (ri)avvicinano.
Concordano tutti, a fine riunione, seppur con sfumature diverse. Rifondazione - che più si adopera affinché si trovi una sintesi su grandi opere e ambiente - esprime soddisfazione: «Abbiamo discusso nel merito e le posizioni si sono sensibilmente avvicinate» afferma Giulio Lauri. I Comunisti italiani - che pur procedono d’intesa con i «cugini» - usano toni più soft: «Ci sono ancora divergenze marcate, soprattutto in materia di partecipazione, ma almeno abbiamo avviato un percorso comune» dice Bruna Zorzini. E i Verdi - che peraltro animano un acceso botta e risposta con Illy, al solito, indisponibile a fare sconti - prendono tempo: «Il presidente ci ha invitato a presentare un documento in cui avanziamo richieste e punti di vista. Lo faremo senz’altro. Poi, Illy valuterà se quel documento è accoglibile o meno. A quel punto, e comunque entro luglio, si saprà se la nostra strada si divide oppure no» dichiara Gianni Pizzati.
Di sicuro, però, sebbene non sciolga l’incognita dei Verdi che lamentano ancora una volta «l’insufficiente attenzione all’ambiente», il vertice di ieri pomeriggio «rasserena» i rapporti con Rifondazione e Pdci. E lo fa, nell’attesa che a ottobre si apra il «cantiere» decisivo sul programma del 2008, sulla base delle proposte di Lauri. E delle risposte in tempo reale che Illy fornisce, pur non risparmiando una bacchettata iniziale a chi come Mauro Travanut, Roberto Antonaz e Sandro Metz è sceso in piazza a festeggiare il no al cementificio.
Rifondazione avanza proposte «concordate con il Pdci» su tre versanti. Il primo: «Il ritardo accumulato dal centrodestra nella passata legislatura sul versante della pianificazione regionale va colmato con maggior celerità. I piani dei trasporti, delle attività estrattive, della qualità dell’aria... - cita Lauri - sono fondamentali per avere un quadro ambientale chiaro della situazione di partenza. Eppoi è sbagliato separare le deleghe alla Pianificazione e all’Ambiente». Il secondo: «Già allo stato attuale, e senza modificare le leggi in vigore, si può migliorare l’azione ambientale. Un esempio? Le procedure di Via possono svolgersi con maggior rigore, la comunità scientifica regionale può essere coinvolta maggiormente, i sistemi di controllo possono essere potenziati, l’applicazione di Agenda 21 può essere codificata...». Il terzo: «Ci sono una serie di interventi legislativi, regolamentari e politici che vanno portati avanti. Chiediamo che la Regione non applichi la legge obiettivo nazionale né quella regionale approvate dal centrodestra che consentono di aggirare la valutazione d’impatto ambientale così come chiediamo che adotti i regolamenti attuativi della Valutazione ambientale strategica e modifichi la composizione della commissione Via».
Le proposte della sinistra radicale non cadono nel vuoto. Illy, come racconta lo stesso Lauri, dice ad esempio sì al «codice» per Agenda 21 e soprattutto all’accorpamento di Pianificazione e Ambiente: «Ha assicurato che, se nel 2008 tornerà, affiderà le due deleghe a un solo assessore». E Gianfranco Moretton non solo anticipa l’imminente presentazione del piano sulle attività estrattive e dà garanzie sulla Vas ma, come spiega Lauri, annuncia «di aver già messo in cantiere un disegno di legge che rivede le procedure di Via e quelle di incidenza» e aggiunge «di poter valutare, in quella sede, una modifica della composizione della commissione di Via». Non basta. Illy e Intesa democratica decidono di ritrovarsi prima della fine di luglio in un nuovo vertice di maggioranza, «speriamo alla presenza di Lodovico Sonego» annota Zorzini, in cui confrontarsi su trasporti e Tav.
Conclusione? «Incontro utile e proficuo. Ci siamo spiegati, parlando di tutto, dal cementificio alla vetreria alla Tav, e ci siamo dati un nuovo appuntamento» risponde, sintetico, il diellino Cristiano Degano. E il diessino Bruno Zvech, al termine della «maratona» in cui capita persino che Travanut difenda Sonego, conferma e rilancia : «È iniziato il percorso d’avvicinamento al lavoro sul programma della prossima legislatura». Ma avverte, ancora una volta, gli alleati: «Il confronto su temi di grande impatto nell’opinione pubblica ci deve essere e ci sarà. Ma le decisioni vanno prese e in tempi certi: e quindi, sulle infrastrutture, non sono possibili tentennamenti o indugi».

 

 

Gas, business per la Croazia da 250 milioni  - Zagabria sollecita il pagamento in dollari dei diritti di transito per oleodotti e metanodotti

 

Dell’attraversamento delle grandi infrastrutture hanno discusso Mesic e Sanader con Putin a margine del summit energetico FIUME La Croazia punta ad incassare 250 milioni di dollari l'anno per «diritti di transito» sul suo territorio nazionale di gas e petrolio. E' una delle cifre emerse al termine del summit energetico svoltosi a Zagabria e al quale ha partecipato anche il presidente russo Putin. Putin ha avuto in merito un incontro separato con Mesic e con il premier croato Sanader.

Il presidente della Federazione russa i è dimostrato molto interessato e informato sugli obiettivi di politica energetica della Croazia. Tre gli argomenti ecco quelli si è maggiormente focalizzata la sua attenzione: il progetto Druzba Adria (ovvero il trasporto del metano dall'area caspico-caucasica fino alle utenze Ue), l'annesso terminal Lng (rigassificatore che si vorrebbe apprestare sull'isola di Veglia, nel Quarnero, contestato tenacemente dagli ambientalisti) e il progetto già avviato dell'oleodotto transeuropeo Peop, da Costanza a Trieste le cui condutture "taglierebbero" tutta la Croazia continentale da est a ovest, ossia dal confine con la Serbia fino a quello sloveno, per proseguire fino al capoluogo giuliano.
Il punto più delicato è probabilmente il terminal Lng (rigassificatore e impianti di stoccaggio), per il quale sembra preferita la zona di Veglia, e precisamente quella di Castelmuschio (Omisalj), unanimemente ritenuta dagli esperti come ottimale per farvi arrivare il gas caspico-caucasico, e farlo proseguire quindi via mare fino ai centri di consumo europei.
Il terminal di Castelmuschio sarebbe quindi una sorta di mega-distributore che comporterebbe un intenso viavai di metaniere in un fazzoletto di mare come il Quarnero, dove attività industriali e turistico-alberghiere già da tempo si guardano in cagnesco. Da qui la fiera opposizione degli ambientalisti locali di Eko Kvarner, che ultimamente sembrano comunque avere un po' ammorbidito i loro atteggiamenti.
Per la Croazia sono infatti in gioco, come detto, «diritti di transito» per non meno di 250 milioni di dollari l'anno. Comprensibili, pertanto, le esitazioni del governo di Zagabria, che si arrovella fra i proclami che privilegiano le attività turistiche, la resistenza degli ambientalisti e le riserve degli amministratori locali, da una parte, e il miraggio di cospicui incassi dall'altra. Senza considerare, poi, il «peso» economico-politico che il tutto comporterebbe per il Paese in una prospettiva eurocomunitaria.
Le esitazioni del governo croato sono ancor più accentuate dal fatto che in novembre si andrà alle elezioni politiche, alle quali il governo Sanader si avvicina con prospettive per ora incerte, gravate pesantemente dall'ombra dell'ultimo scandalo legato alle privatizzazioni pilotate. Uno scandalo che ha avuto ampia risalto sui media e che ha portato in cella quasi l'intero staff a capo del preposto ente statale.
A proposito di Druzba Adria, cioé del progetto di trasporto del metano dall'area caspico-caucasica fino alle utenze Ue) e del connesso (ma non necessariamente) terminal Lng di Castelmuschio, da segnalare infine una «sollecitazione» rivolta a Zagabria da Arkadij Dvorkovic, uno dei principali consulenti economici di Putin.
Le sorti di Druzba Adria - come aveva dichiarato Dvorkovic, sabato, ossia alla vigilia del vertice - dipendono ora solo dalle scelte della dirigenza croata. Il Cremlino è tuttora vivamente interessato al progetto, anche se - ha aggiunto - per i petrolieri russi Druzba Adria non è un imperativo. I percorsi alternativi non mancano.
f.r.

 

 

L’inquinamento della Ferriera

 

Dire che la Ferriera anni addietro inquinava più di adesso è una bugia. Chiunque abbia lavorato in Ferriera venti o trent’anni fa e sia ancora vivo può smentire, specialmente abitando nelle vicinanze dello stabilimento. Una delle cause di questo degrado è lo sfruttamento massimo degli impianti abbinato ad una manutenzione quasi inesistente. Si è passati dalla manutenzione preventiva alla riparazione di rottura e con un numero di manutentori e addetti agli impianti sempre più esiguo.
L’accusa poi di sputare nel piatto da dove ho mangiato proprio non regge, dato che non è più lo stesso piatto. Dichiarare poi che la quantità di polveri emesse sia la stessa è non tener conto delle misurazioni ufficiali dell’ARPA (non certamente di sensazioni fobiche degli abitanti). Della loro pericolosità ritengo sia superfluo parlarne, ed è proprio questo il motivo che ci porta a combattere per la salute nostra, quella dei nostri figli e nipoti.
Vorrei informare il sig. Tommasi (che forse non ne è a conoscenza) che il suo genitore ha usufruito del prepensionamento per essere stato esposto alle polveri di amianto (uno dei pochi elementi riconosciuti cancerogeni). Spero per lui (e per tutti) che siano riconosciute pericolose anche le decine di altre sostanze che sta e stiamo respirando ora. Noi siamo consci di quello che abbiamo respirato e di quello che ci tocca, nostro malgrado, respirare e di tutte le conseguenze che ne derivano e ci battiamo perché finiscano. Ci sono state troppe morti di operai della Ferriera (anche nelle case abitate dal sig. Tommasi). Nel 1967 ho sposato la Ferriera. Mi ha dato tanto. Poi ho scoperto che adesso fa la «donna di facili costumi»: voglio il divorzio per sua colpa.
Giuseppe Sindici

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 26 giugno 2007

 

 

Sospeso il voto sulle case di Cedassamare

 

Resta ancora sospeso il voto del consiglio comunale sulla variante al piano regolatore per il complesso edilizio di Cedassamare. Ieri sera, dopo una lunghissima riunione di maggioranza, la Cdl ha ritenuto di mantenere all’ordine del giorno la delibera, ma di «chiedere all’avvocatura del Comune - ha dichiarato il capogruppo forzista Piero Camber - un parere scritto in merito ad alcune osservazioni aggiuntive formulate dal Wwf», che in un documento inviato al Comune ha sostenuto che la documentazione del progetto sarebbe carente sulla valutazione di incidenza, sulla valutazione di impatto ambientale e sulla valutazione strategica.

 

 

I Verdi: vetreria, sì dell’Ass per i venti a favore  - Metz: bizzarro il parere dell’Azienda sanitaria. Oggi il vertice sull’ambiente con Illy

 

Nel pomeriggio il confronto di maggioranza. Rifondazione: «Sarà un chiarimento importante per il futuro di Intesa»

TRIESTE Il parere favorevole dell’Azienda sanitaria della Bassa friulana sull’impatto sulla salute della vetreria di San Giorgio di Nogaro non convince i Verdi. In particolare suscita perplessità un passaggio della relazione che riguarda l’influsso del vento sulla presenza di fattori atmosferici inquinanti sulle aree ad alta concentrazione di abitanti. «L’ubicazione dello stabilimento - si legge nella relazione - è stata individuata nell’area Fearul in prossimità della laguna di Grado e Marano a notevole distanza dai centri abitati e considerato che i venti dominanti nella zona vengono da Nord-est a velocità alta in particolare nel periodo invernale, la stagione nella quale si registrano le maggiori concentrazioni al suolo di polveri sottili e ossido d’azoto». «In pratica - sottolinea il consigliere regionale Alessandro Metz - tra le varie argomentazioni che portano al parere favorevole, l’Ass evidenzia come il vento sposti l’inquinamento verso la laguna di Grado e Marano. Mi sembra un’argomentazione quantomeno bizzarra». Ma anche il responsabile dei comitati dei cittadini Mareno Settimo sta approfondendo la relazione dell’azienda sanitaria: «Il vento che spira prevalentemente da Nord-est - dice - può anche accrescere la concentrazione di emissioni sommando quelle della vetreria a quelle della centrale a turbo-gas che si trova sulla stessa direttrice. Il tutto poi rischia di riversarsi nell’area lagunare. Prima di tutto comunuque è necessario ridurre le emissioni della centrale». E proprio sull’impatto inquinante dell’impianto di produzione di energia elettrica il comitato sta preparando un esposto.
Intanto la questione ambientale, seppur sotto il profilo del metodo, sarà affrontata questo pomeriggio dal vertice di maggioranza presieduto dal presidente Riccardo Illy. Nell’occasione la maggioranza deciderà anche la data del summit ristretto con l’assessore Gianfranco Moretton per discutere della vetreria. Segretari, capigruppo e alcuni assessori competenti di Intesa democratica si confronteranno sul tema «Metodologia e gestione dei procedimenti relativi a opere di rilevante impatto ambientale».
«La riunione - spiega il capogruppo dei Ds, Mauro Travanut - fa seguito a quella del mese scorso nella quale si era deciso di completare la discussione sulle materie di carattere ambientale. Un metodo lo stiamo già sperimentando da qualche anno per quanto riguarda il progetto della Tav da Venezia a Ronchi con il convolgimento sui progetti dei sindaci e della cittadinanza attraverso iniziative pubbliche».
«Ascolteremo innanzitutto il presidente e gli altri, per quanto riguarda le grandi infrastrutture - dichiara il capogruppo Dl Cristiano Degano - non siamo fra quelli che sono per un ”no” o un ”sì” a prescindere. Vanno poi distinte le opere che hanno una loro strategicità generale, come Tav o elettrodotti, da quelle che hanno un'importanza produttiva per lo sviluppo industriale ma che non hanno la stessa valenza strategica».
Ma la sinistra radicale rivendica, al di là delle questioni tecniche, l’importanza politica del confronto. Per Metz «sull'argomento è importante la metodologia ma ci sono anche questioni politiche che noi abbiamo posto. L'ambiente è stato un tema rimosso per tre anni e mezzo ed è esploso negli ultimi mesi». «Le tecniche e le procedure non sono neutre - spiega il segretario regionale di Rifondazione Giulio Lauri -. Dobbiamo condividere un percorso. Credo sia anche nell’interesse della sinistra riformista trovare un punto d’incontro». «Non possiamo andare avanti come sta succedendo all’Unione sul piano nazionale - aggiunge il capogruppo di Rifondazione Igor Kocijancic - a colpi di interpretazione del programma. Serve un metodo chiaro e definito anche per il futuro della coalizione». «Quello che chiediamo - dice Bruna Zorzini Spetic dei Comunisti italiani - è che si rispetti il programma».
ci.es.

 

 

La variante 96 salvaguarda le aree verdi della città

 

Il 12 giugno 2007 il Consiglio comunale ha approvato la variante n. 96 al Piano regolatore generale comunale. Si conclude così una vicenda iniziata nel 1978 con i piani di edilizia economica e popolare (Peep) che destinavano varie aree della città (denominate C1) a un’espansione ad alta densità edilizia. Con la delibera approvata l’altra sera la destinazione di tali aree è stata modificata per una miglior salvaguardia dell’ambiente e una più limitata edificabilità. Ma se è doveroso dare ai politici quello che è dei politici va dato ai cittadini quello che è dei cittadini. Senza l’interessamento costante di questi ultimi le cose sarebbero probabilmente andate in modo diverso. Parlo in particolar modo per quelli di Timignano che con il sostegno della circoscrizione retta da presidenti di vari orientamenti politici come Sulli, Tam e Pesarino, hanno costantemente portato all’attenzione dell’amministrazione comunale la necessità di intervenire per salvaguardare una zona paesaggisticamente significativa come quella della valle di Timignano dove, a pochi metri dal centro cittadino, troviamo un ambiente simile ai paesetti di mezza montagna.
Si poteva fare meglio, ma anche peggio per cui il traguardo raggiunto è molto importante.
Si doveva fare sicuramente prima in modo da evitare le ultime costruzioni realizzate che contrastano fortemente con il costruito preesistente e restituire ai proprietari la disponibilità delle loro proprietà per le quali da trent’anni pagano regolarmente le imposte senza poterne disporre.
Debbo inoltre riconoscere l’importante ruolo avuto dal sindaco Dipiazza che, con la sua determinazione, ha contribuito, unitamente a tutti quei consiglieri di maggioranza e opposizione che compatti hanno votato assieme a lui, a scrivere la parola fine su questa annosa vicenda. Voglio chiudere facendo un appello alla giunta affinché si appresti ad affrontare la modifica dell’attuale Piano regolatore: la giunta regionale sta per varare il Piano territoriale regionale al quale auspico che segua in tempi brevi la predisposizione del Piano strutturale comunale, il nuovo strumento pianificatorio che sostituirà l’attuale Piano regolatore.
Bruna Tam - consigliere comunale Dl La Margherita

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 25 giugno 2007

 

 

Cedassamare, progetto in bilico - I consiglieri rischiano di dover risarcire l’impresa

 

Arriva oggi nell’aula municipale l’intervento edilizio di Barcola: Cdl incerta, Ds e Dl verso il no

La maggioranza valuterà la possibilità di votare contro la variante sulla base di una carenza di documentazione segnalata dagli ambientalisti

Cedassamare, ultimo appello. Dopo anni di polemiche, minacce di ricorsi e proteste di cittadini e ambientalisti, torna stasera in consiglio comunale la delibera valida per l’approvazione definitiva di una variante al piano particolareggiato comunale. Variante che in salita di Cedassamare, a Barcola, prevede la costruzione di cinque villette in un’area boschiva di pregio, destinate ad aggiungersi alle due già realizzate dalla stessa impresa proprietaria dei fondi, la Costruzioni Meranesi srl.
La partita non è di poco conto. Tanto che l’esito a ieri sera era aperto. Perché se Ds e Margherita annunciano un orientamento contrario, la maggioranza farà il punto in una riunione convocata oggi stesso. Qualche settimana fa infatti l’impresa ha inoltrato al Comune una diffida nella quale in sostanza ricorda come l’iter amministrativo sia fin qui proseguito del tutto in regola. Di qui la richiesta di pronunciamento sulla variante, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato il «ricorso alla Magistratura competente». Chi dunque votasse no si accollerebbe il rischio di essere chiamato a far fronte a richieste di risarcimenti milionari. Mentre un sì equivale al via libera a un progetto che - rimarca il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco (Udc) desta comunque «generale assoluta perplessità».
Già dopo una prima bocciatura del consiglio e un annuncio di azione legale da parte dell’impresa, la variante era stata adottata con due soli voti a favore e un’astensione di massa. Stavolta Forza Italia aveva pensato a un meccanismo simile: astensione di tutti, tranne due sì - magari quelli del sindaco e del presidente del consiglio comunale, si ipotizzava - utili a far passare la delibera traendo d’impaccio il consiglio. Wwf e Italia Nostra hanno però consegnato al Comune ulteriori documenti con osservazioni «che merita approfondire», dice il capogruppo forzista Piero Camber: l’una eccepisce su un via libera dato con due soli voti; l’altra addita una carenza di documentazione nei progetti. Su questa supposta carenza Fi sta conducendo nuovi approfondimenti. Perché «per bocciare una delibera servono buone motivazioni tecniche», dice Camber: motivazioni da esibire eventualmente davanti a un giudice.
Anche An, con Claudio Giacomelli, rimanda a stasera una presa di posizione definita, dopo che saranno state valutate nella Cdl le «possibilità» di azione.
E mentre Sasco ricorda come sia difficile stoppare solo a fine iter una variante sin qui riconosciuta in regola, auspicando che «la vicenda non sia utilizzata strumentalmente nel consiglio», il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri, pure riservandosi per oggi una parola definitiva, ritiene che «ci siano degli estremi per dire no alla delibera con motivazioni forti di tipo tecnico che crediamo di avere individuato».
Diversa invece la posizione del capogruppo diessino Fabio Omero, orientato assieme agli altri esponenti della Quercia verso il no: «Il mio ruolo in consiglio è politico, e proprio l’urbanistica è uno dei settori-chiave in cui il consiglio esprime i propri giudizi e orientamenti. La questione dunque non è di tipo tecnico ma politico: e politicamente io dico no al progetto». Una posizione che secondo Omero metterebbe al riparo i consiglieri da eventuali strascichi anche di fronte alla Magistratura. Il problema della variante però resta aperto. A stasera la soluzione.
p.b.

 

  

SCIENZA Studio del gruppo coordinato da Filippo Giorgi pubblicato in America  - Anche dal Centro di fisica di Trieste un allarme per il clima della Terra

 

TRIESTE Nuovo scoop internazionale per il mondo scientifico triestino. Grazie a una ricerca sul clima, Trieste - conosciuta come «città italiana della scienza»- si trova un'altra volta al centro dell’attenzione della stampa estera ed è entrata nelle rassegne dei potenti del mondo, che negli ultimi tempi si mostrano più preoccupati che mai del costante peggioramento delle condizioni climatiche.
Questa volta in primo piano sono un gruppo con base al Centro Internazionale di Fisica Teorica «Abdus Salam» di Miramare e l'Università di Purdue negli Stati Uniti, che ogni giorno ricostruisce con cura il puzzle climatico, per capire il perché della «Terra che scotta» e il ruolo delle temperature, delle piogge, delle correnti marine, dei venti. Un loro studio sul Mediterraneo è stato pubblicato nel numero di giugno della rivista americana «Geophysical Research Letters».
Il lavoro è stato coordinato a Trieste da un giovane abruzzese, Filippo Giorgi, 48 anni, responsabile del settore di Fisica del clima all’Ictp, famoso all’estero soprattutto per le varie nomine nei board Ipcc (Intergovernmanetal Panel for Climate Change), l'istituzione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare i cambiamenti climatici. Lo studio prende in considerazione «una simulazione a scala ad alta precisione sul Mediterraneo, con una risoluzione di circa 20 km». È un traguardo mai raggiunto finora anche perchè «non si tratta di previsioni meteorologiche – spiega Giorgi -, ma di previsioni del clima, che fondamentalmente cambiano da decade a decade, da stagione a stagione, da anno ad anno, fino a variazioni su periodi molto più lunghi, come nel caso delle ere glaciali».
Dalla ricerca «made in Trieste» emerge un quadro preoccupante per il futuro, visto i profondi mutamenti che anche il clima della zona ha subito nel corso degli ultimi anni in sintonia con quanto avvenuto sul resto del pianeta. Secondo gli studi, nel futuro ci confronteremo con meno piogge in media d’estate, ma più intense, riscaldamento accentuato e aumento della frequenza di eventi siccitosi. In altre parole, secondo gli scienziati di Trieste, entro fine secolo le ondate di calore del Mediterraneo (come quelle che si sono verificate nel 2003) potrebbero diventare la norma, fino ad aumentare di cinque volte il numero di giorni con temperature massime superiori ai 35 gradi.
«Per la ricerca abbiamo preso in considerazione un modello matematico del clima e due possibili scenari di come in futuro si evolverà la società, scelti tra quelli sviluppati dal Intergovernmanetal Panel for Climate Change» spiega Filippo Giorgi. Il futuro ipotizzato è uno dove le emissioni di gas serra aumenteranno per tutto il secolo. «Il primo scenario chiamato “B2” prevede un livello più moderato di gas serra, mentre l’altro denominato “A2” è un livello quasi catastrofico perché esclude l’esistenza del protocollo di Kyoto, con cui anche l'Italia si impegna a ridurre le emissioni di anidride carbonica. In entrambi i casi le ondate di calore crescono, in una misura che varia da un minimo del 200 per cento a un massimo del 500. La mappa dei 21 Paesi esaminati vede tra le zona più a rischio la Francia occidentale, seguita dalle aree costiere di Spagna e Libia».
«Anche l'Italia sarà colpita duramente, e a soffrire saranno soprattutto le coste - spiega Filippo Giorgi - perchè al caldo si sommerà l'umidità». Nelle nostre previsioni, in alcune aree si potrebbe arrivare addirittura a 40 giorni torridi per ogni estate, rispetto agli 8-10 registrati adesso. Quindi entro qualche decina d'anni le temperature che al momento registriamo nelle due settimane più calde dell'estate diventeranno quelle delle due più fredde».
La ricerca conferma, inoltre, alcuni studi che indicano il Mediterraneo come la zona che sarà più colpita dai cambiamenti climatici nei prossimi anni. Il tutto «perché è una regione che risponde più di altre ai cambiamenti climatici - spiega Giorgi -. Qui siamo anche più vulnerabili perché è una zona di transizione, non si sa se vuole essere un clima temperato oppure un clima arido e non basta molto per farlo modificare notevolmente. Oltre all'aumento della temperatura nel Sud Europa si ha anche una riduzione di precipitazioni fino al 40 per cento che peggiora la situazione».
E per quanto riguarda le cause dei cambiamenti? Secondo il coordinatore triestino del gruppo che ha curato lo studio pubblicato da «Geophysical Research Letters», le cause sono in parte comuni a quelli a scala planetaria ma anche legate ad una modifica della circolazione atmosferica, specie a livello euro-atlantico, e a un surriscaldamento delle acque del Mediterraneo. Sembrano però, avere la stessa matrice: il forte incremento dell’effetto serra avvenuto negli ultimi 20-30 anni.
Ma che fare? L'unico rimedio, anche se parziale - una drastica diminuzione delle emissioni di gas serra, che secondo lo studio potrebbe diminuire del 50 per cento gli effetti del riscaldamento. «Il problema dei nostri anni è l'eccessiva presenza di gas serra nell'atmosfera», afferma Giorgi, secondo il quale lo scopo dello studio è infatti anche quello di risvegliare l’interesse sul costante peggioramento delle condizioni climatiche a causa delle emissioni di gas ad effetto serra da parte dei politici e degli economisti, solitamente piuttosto miopi nei confronti dei fenomeni di lungo periodo. «È un nostro dovere morale verso le generazioni future», aggiunge lo scienziato.
L’idea è, quindi, innanzitutto di elaborare dei modelli informatici in grado di ottenere previsioni sempre più precise e dettagliate dei cambiamenti climatici. Poi tradurre queste informazioni in dati utili ed in piani di battaglia con l’aiuto delle autorità e dei politici per rispondere agli stati di emergenza in ogni regione del mondo, quindi anche nel Mediterraneo, in Italia o nel golfo di Trieste. «Finora ci sono state molte incertezze in generale sulle previsioni climatiche specialmente a scala regionale – conclude il coordinatore della ricerca -. Questo perché tutti i modelli sviluppati al mondo confermano che la terra si scalderà ma tendono a dare diagnostiche differenti in varie regioni».
Secondo il gruppo di ricerca di Giorgi, il Mediterraneo invece è una di quelle poche zone dove quasi tutti modelli danno una risposta che praticamente è molto simile alla loro simulazione, secondo la quale la regione vedrà una grossa diminuzione di precipitazioni e di conseguenza un aumento d’ inaridimento.
«L’attendibilità è quindi molto alta nel Mediterraneo – conclude lo scienziato - anche perché sembra che gli eventi degli ultimi 25 anni siano molto simili alle previsioni».
Gabriela Preda

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 24 giugno 2007

 

 

Ferriera, i residenti: non crediamo più a nessuno - Servola: abitanti scettici sulle promesse di comitati, politici e amministratori

 

Mentre gli operai dello stabilimento difendono l’accordo e chiedono certezze su riqualificazione e occupazione

Non ci credono più, i residenti di Servola, negli interventi straordinari. Nemmeno quando, secondo i periti, potrebbero servire a dimezzare l’«emorragia» di fumi e polveri proveniente dalla Ferriera. Perchè, di interventi straordinari, ne hanno sentito parlare troppo e inutilmente. E perchè, snocciolati di volta in volta dal politico, amministratore delegato o comitato di turno, non sono serviti a cambiare le loro condizioni di vita. Così, nemmeno l'annunciato piano teso ad abbattere le emissioni di polveri sembra l’ideale pancea per porre fine al calvario dei residenti e operai. Che, in questi giorni, temono la chiusura tout court dello stabilimento, senza una riqualificazione della forza lavoro.
Tra i residenti - in particolare i proprietari di immobili a ridosso degli impianti - prevale dunque lo scetticismo e domani sera scenderanno in piazza Unità, assieme ai cittadini, per chiedere la sospensione dell’attività produttiva. Testimone della sfiducia collettiva, Bruno Vascotto, 76 anni, nato a Isola, ex profugo e residente in via Pitacco dal ’66: «Non faccio parte di alcun comitato e non mi mescolo coi partiti: sarei contento se questi interventi risolvessero la situazione ma sono dubbioso, perchè tante parole sono state pronunciate in questi anni. La situazione è grave, specie quando il vento solleva le polveri, trasportandole in giro. Nessuno è immune e chi abita qui si ritrova col pulviscolo a tavola». Il signor Vascotto è stato operato al cuore e ha quattro bypass: «Quando sono stato visitato da un dottore ha riscontrato che ho i polmoni fibrosi, come se avessi trattato l'amianto. Ma io non ho mai impiegato quel minerale, perché ho sempre operato all'interno della Manifattura tabacco. E non sono nemmeno un fumatore».
Dall’altra parte del muro, dentro la Ferriera, c’è però chi accoglie con rinnovata speranza la possibilità di abbattere le emissioni. «Perchè ci permetterà di capire quali sono le intenzioni dell'azienda e, soprattutto, se intende o meno investire». È quanto afferma Vincenzo Timeo, 47 anni, segretario della Uilm ma dipendente della Ferriera, dove è entrato il 13 agosto del ’90 per trovare impiego all'acciaieria. Oggi ricopre il mandato sindacale, ma coi colleghi ha mantenuto un rapporto quotidiano saldissimo, raccogliendone le ansie. Un rapporto simboleggiato da un portachiavi d’acciaio, che ha forgiato assieme agli ex compagni di reparto: «C'è parecchia irritazione - esordisce - perché si sente parlare con estrema facilità della chiusura dell'impianto, mentre con altrettanta prontezza non si spendono riflessioni sulla riqualificazione degli operai. Che, per la maggior parte, possiedono una professionalità specifica, non facilmente rispendibile. Si sente, poi, discutere di ammortizzatori sociali: ma i politici e la gente che fuori protesta sanno cosa vuol dire vivere con 700 euro al mese? Come si manda avanti una famiglia con tali disponibilità? E non scordiamo che in ballo ci sono 520 dipendenti più l'indotto, le cui ricadute saranno tutte a Trieste: solo il 4%, infatti, è rappresentato da extracomunitari». Raccontando della Ferriera, Timeo si sofferma più volte sul termine «strumentalizzazione»: «È dai tempi della chiusura dell'acciaieria, che la produzione è diminuita del 50%: come può essere che l’inquinamento sia superiore al passato? Gli ex dipendenti che giorni fa si sono eretti a paladini dell'ambiente, poco hanno fatto per risolvere la situazione». Nel rione, però, l’opinione è decisamente discorde: «È sempre peggio - afferma Anita Marsich, 74 anni - e chi non ci crede dovrebbe provare a stare qui per una settimana. Vivo in via Giardini, sono praticamente tappata in casa e quando posso scappo con le amiche a San Luigi per respirare un po' d'aria pulita. Le folate di puzza, certe vole, irritano perfino la gola. Con lo straccio non faccio che pulire la veranda, dalla mattina alla sera».
«Sono amareggiata - conclude Adriana Castellarin, 59 anni, da 11 in via Ponticello - le emissioni andrebbero dimiuite 25 volte, non dimezzate. E, come a suo tempo, magistratura e Ass, sequestrarono la linea dell’inceneritore così potrebbero fare qui. Bisogna chiudere, poichè si sta avvelenando tutto. Mare, terra e aria».

Tiziana Carpinelli

 

 

FERRIERA: ridurre le polveri costa 850mila euro - Le soluzioni possibili per il gruppo Lucchini secondo la perizia tecnica

 

Il piano di colata è l’impianto più critico della Ferriera di Servola per quanto riguarda le emissioni nell’atmosfera delle polveri. L’attuale sistema di aspirazione non è infatti in grado di garantire una soddisfacente captazione. Le «cappe» esistenti sono contrassegnate da diverse inadeguatezze che ne limitano l’efficienza: troppo piccole, troppo lontane, poca capacità di aspirazione.
Queste parole le scrive a chiare lettere il professor Marco Boscolo nello studio redatto per la Procura della Repubblica. Nelle stesse pagine il docente universitario propone al gruppo Lucchini una soluzione che dovrebbe garantire l'intercettazione del 90 per cento delle polveri emesse oggi dall’impianto. Su questa soluzione del costo di 850 mila euro si stanno confrontando la proprietà della Ferriera e la Procura della Repubblica - in dettaglio il pm Federico Frezza - nell’ambito di un accordo complessivo in discussione da mesi e giunto ormai a poche battute dal traguardo.
La proposta per captare il 90 per cento delle polveri emesse dal piano di colata, prevede la realizzazione di una cappa di aspirazione completamente nuova, chiusa posteriormente e lateralmente, di dimensioni quintuplicate rispetto alla attuale e dotata di una parte finale mobile per consentire l’operatività del sovrastante carroponte.
Il professor Marco Boscolo propone inoltre per risolvere il problema delle polveri collegate al piano di colata, lo sdoppiamento del canale di aspirazione della cappa per aumentare la porta d’aria dagli attuali 60 mila metri cubi all’ora a trecentomila.
La captazione del 90 per cento delle polveri emesse durante la colata della ghisa, comporta una riduzione di circa il 23 per cento del particolato complessivamente emesso dallo stabilimento. Va aggiunto che il gruppo Lucchini Servestal ha già provveduto alla definizione degli aspetti operativi della proposta, affidandone la progettazione e la realizzazione a una ditta del settore che ha già redatto il progetto esecutivo.
I tempi necessari alla realizzazione sono contenuti: circa sei mesi dal giorno dell’ordine di costruzione. I lavori dovrebbero essere realizzati usufruendo delle periodiche fermate dell’impianto per manutenzione.
c.e.

 

  

No alla vetreria: cittadini pronti alla protesta - «Aumenterà il flusso dei camion». Ma il sindaco di San Giorgio dice sì: impianto lontano dalle case

 

L’INCHIESTA I Comitati si mobilitano dopo il parere positivo dell’Azienda sanitaria. De Toni: faremo ricorso al Tar, temiamo ci siano pressioni degli industriali

SAN GIORGIO DI NOGARO C’è un campo di mais dove dovrebbe sorgere la vetreria Sangalli.
Nel suo ufficio Pietro Del Frate, il sindaco di San Giorgio di Nogaro, srotola il progetto sul tavolo e indica che le case sono lontane: «E’ una situazione diversa dal cementificio». Non è solo per questo che il suo consiglio comunale, già a gennaio, ha espresso parere positivo all’insediamento: «Eravamo supportati da una relazione favorevole di un gruppo di lavoro dell'Università di Trieste e dalla convinzione che la vetreria può essere utile all’economia di tutta la regione».
PREOCCUPAZIONE Del Frate non ha dubbi: «E’ stato un parere all’unanimità, motivato, convinto». I posti di lavoro che verrebbero creati sarebbero circa 200: una cifra non trascurabile. Ma, a poche decine di metri dal suo ufficio, la gente non condivide. A bassa voce, ma non condivide. «Siamo preoccupati sia per la vetreria che per l’inceneritore – dice Daniele Minazzoli, gestore del Caffè Sport – e non è per il fatto che stiamo zitti che si debba pensare che questi insediamenti siano meno pericolosi del cementificio. Pretendiamo chiarezza, quella che per ora è mancata».
SVILUPPO Tiziana Collavin confeziona bomboniere. Guarda verso il municipio e trattiene il veleno nelle parole. Ma osserva: «Abbiamo la laguna e il porto, non sarebbe preferibile pensare a un tipo di sviluppo del territorio diverso da quello che prospettano fabbriche di cemento e di vetro?». Il cementificio è bocciato, la vetreria no stando al parere favorevole dell’Azienda sanitaria: «Forse perché è meno impattante dell’impianto di Torviscosa. Forse. Ma il problema è un altro e riguarda il traffico: ci saranno altri camion e non ne abbiamo certo bisogno».
CAMION Luisa Iacuzzo, commessa, vede i sangiorgini «rilassati, troppo rilassati. La vittoria sul cementificio non deve far pensare che tutti i rischi siano superati. La vetreria sarà anche meno pericolosa ma non ci lascia tranquilli. Quando c’è un incidente in autostrada e la viabilità viene deviata verso il paese non si riesce neppure ad attraversare la strada. Con lo stabilimento della Sangalli ci saranno nuovi tir. E a ogni passaggio di tir, già adesso, le case tremano».
STRISCIONI A Torviscosa, da mesi, hanno srotolato striscioni. Uno dopo l’altro contro il cementificio. A San Giorgio non ce n’è uno contro la vetreria, nemmeno contro l’inceneritore di “fluff”: guarnizioni e profili di gomma, tessuti, plastiche, frammenti di pneumatici provenienti dalla macinazione dei veicoli rottamati. «Non siamo gente da striscioni», dicono al bar. E un po’ si autoaccusano: «Sembra ancora una questione che ci tocca solo di riflesso, siamo un po’ amorfi». E citano il loro paladino: «Se non ci fosse De Toni...».
CAMINO E FUMI Paolo De Toni è l’ambientalista che sabato scorso, quando in piazza si festeggiava lo stop al cementificio, rilanciava la prossima partita, quella della vetreria: «Se guardiamo alle emissioni siamo sullo stesso piano del cementificio quantitativamente ma dobbiamo pure tener conto che una vetreria lavora 24 ore su 24, senza soste. Insomma, l’impatto ambientale è fortissimo».
Le case, però, sono lontane, dice il sindaco. Ma De Toni non ci sta: «Si tratta di emissioni di area vasta e la gente fuori San Giorgio, fino a Marano, fino a Lignano, non sarà contenta né di vedere un camino alto 80 metri e neppure del fumo che tira dalla sua parte».
RICORSO AL TAR A San Giorgio, prosegue De Toni, «nessuno sa ancora cos’è una vetreria. Ma un impianto del genere ha un camino, brucia sabbia, è inquinante. L’unica differenza in positivo rispetto al cementificio è che non avrebbe un impatto devastante pure sulla viabilità». Pronti alle barricate? «Credo si muoverà il Comune di Marano, c’è il parere circostanziato della Provincia di Gorizia – e sono curioso di vedere come si comporterà di fronte a quel “no” la commissione Via – e noi agiremo, nel caso, anche da soli». Fino al Tar? «Se necessario fino al Tar. Non è ammissibile che l’Ass abbia dato un parere opposto tra cementificio e vetreria. Sin d’ora chiedo all’Azienda se, prima di dare il via libera, ha subito pressioni dall’ambiente degli industriali».
Marco Ballico

 

 

Grado e Marano in allarme: i fumi finiranno nella laguna - I primi cittadini delle due località temono che gran parte dell’impatto finisca sull’area marina protetta

 

UDINE «I tecnici del progetto vetreria ci hanno detto che hanno studiato il percorso dei fumi e ci hanno quindi assicurato che andranno tutti in laguna, non in paese. Pensavano di farci un favore...».
Graziano Pizzimenti, il sindaco di Marano, è sul piede di guerra. Come del resto sta facendo a Grado la neoeletta Silvana Olivotto, Pizzimenti difende la laguna, «secondo il buon senso». La laguna, appunto, «rischia troppo con la vetreria. L’insediamento – spiega il sindaco maranese – verrebbe collocato a circa 150 metri dall'acqua, con i fumi di scarico che andrebbero a danneggiarne pesantemente l’ambiente e le attività che vi si snodano». A rimetterci sarebbero soprattutto i pescatori, «quelli che vengono regolarmente considerati l’ultimo anello della catena ma che rappresentano un valore fondamentale dell’economia locale». Pizzimenti sottolinea anche una contraddizione: «Da un lato si nomina un commissario con l’obiettivo di disinquinare la laguna, dall’altro si regala ai lagunari, oltre all’impatto visivo di un camino di 80 metri, 50 in più del nostro campanile, un’industria pesante che inevitabilmente scaricherà le scorie del silicio bruciato in mare. Il nostro consiglio comunale, lo ha detto chiaramente, auspica uno sviluppo diverso per il territorio, che non contempli la presenza di industrie pesanti». Si è parlato di ricorso al Tar. Pizzimenti non lo esclude ma aspetta di capire: «Vogliamo vedere le carte, approfondire se c’è qualcosa che non va. Fosse così, siamo pronti a tutelare gli interessi di cittadini e ambiente, fino al ricorso”.
m.b.

 

 

Corridoio 5, da Fiume a Budapest in 2 ore  - Il governo della Croazia spinge per realizzare una nuova tratta ferroviaria nel 2013

 

L’Istituto nazionale per l’edilizia fornirà la documentazione tecnica. Costo previsto di 1 miliardo e 90 milioni di euro: prestito europeo con moratoria

FIUME L’affare del secolo, il progetto infrastrutturale destinato a mutare – in meglio – il destino del porto di Fiume e con esso quelli della città quarnerina e dell’economia nazionale. La futura ferrovia di pianura Fiume–Ungheria è un progetto che definire ambizioso sarebbe eufemistico tanto è importante e grandioso per questo fazzoletto d’Europa.
Un paio di settimane fa è stato firmato a Zagabria il contratto fra le Ferrovie statali croate e l’Istituto nazionale per l’ edilizia che consentirà di redigere la documentazione tecnica relativa all’approntamento della linea a doppio binario Fiume–Karlovac, il rifacimento della tratta Karlovac–Zagabria–Botovo (località al confine con il Paese magiaro) e l’edificazione del secondo binario fra le citate Karlovac e Botovo.
Secondo gli esperti che hanno calcolato le spese, si tratta di un investimento da 8 miliardi di kune, circa un miliardo e 90 milioni di euro. Voglia di scappare via per l’importo pazzesco?
Niente paura perché a farsi avanti è già stata la Banca europea per gli investimenti che ha mandato chiari segnali alla capitale croata: questa istituzione finanziaria è pronta a concedere un credito in grado di coprire il 75% delle spese. E si tratterebbe di un prestito a condizioni agevolate: estinzione in 35–40 anni, con una moratoria di 10–15 anni per il versamento della prima rata. Ecco dunque Zagabria pronta a gettarsi nella mischia, ben sapendo che la ferrovia Fiume–Ungheria potrebbe assorbire parte dei traffici che si fiondano verso Trieste e Capodistria. A detta di fonti ufficiali, entro la fine del 2007 le ruspe entreranno in azione sul futuro allacciamento Fiume–Karlovac, un segmento di 121 chilometri che costerà circa 950 milioni di euro. Sarà più corto di 54 chilometri rispetto all’attuale segmento, il che sarà permesso da un tracciato maggiormente pianeggiante, dotato da un buon numero di ponti, viadotti e tunnel. La Fiume–Ungheria a doppio binario, se non ci saranno grossi intoppi, dovrebbe diventare realtà nel 2013: lunga 269 chilometri, avrà tempi di percorrenza sui 120 minuti, mentre per raggiungere Zagabria dalla città dell’aquila bicipite s’impiegheranno non più di 100 minuti. Ora invece il viaggio da Fiume alla capitale dura all’incirca tre ore e mezza.
Molto ottimista il ministro del Mare, trasporti, turismo e sviluppo Bozidar Kalmeta: «Fiume aumenterà la propria concorrenzialità nei riguardi degli empori capodistriano e triestino. Eh sì, perché le tariffe dei trasporti in direzione dell’Ungheria e dei Paesi mitteleuropei costeranno tre volte di meno. A ciò si dovrebbe aggiungere quanto da tempo sostengono gli esperti e cioè che fino al 2015–2017 i carichi potrebbero aumentare del 50%, per l’ allargamento dei mercati russi e asiatici». Soddisfatto per il progetto ferroviario Fiume–Ungheria anche il direttore dell’Autorità portuale fiumana Nenad Hlaca: «Quest’ anno il nostro terminal container dovrebbe movimentare sui 150 mila Teu. Ma nel 2016, grazie all’aggiunta del secondo scalo contenitori di Riva Zagabria, arriveremo a toccare i 750 mila Teu. La nuova strada ferrata ci darà una mano a sbaragliare tutti i record».
Ancora un paio di dati indicativi: il traffico merci da Fiume a Botovo ha un tempo di percorrenza di 10 ore, alla velocità media di 30 chilometri orari e con una capacità di trasporto annuo di 5 milioni di tonnellate. Con la nuova tratta di pianura, i treni viaggeranno a 120 chilometri orari, trasportando annualmente fino a 25 milioni di tonnellate. Grosso pure il potenziamento del traffico passeggeri da Fiume a Zagabria, che dagli attuali 65 passerà a 160 chilometri l’ora.
Andrea Marsanich

 

 

Sonego: «Positivo il sì di Lubiana per la Trieste-Divaccia» - Riconosciuta la valenza del progetto. L’assessore: «Lotteremo anche per collegare Capodistria»

 

TRIESTE La Slovenia cambia idea e lavora insieme al Friuli Venezia Giulia per la realizzazione della ferrovia Trieste-Divaccia, asse fondamentale nell’ambito del Corridoio V.
Un cambio di rotta che segna «un risultato importante per la politica del Friuli Venezia Giulia – dice l’assessore alle Infrastrutture Lodovico Sonego – visto che la Slovenia era partita dicendo che il collegamento non era una sua priorità. La nostra forza è stata ed è quella di promuovere la politica voluta dall’Europa, in primo luogo dalla Commissione».
E se la Slovenia è venuta a miti consigli riconoscendo la valenza europea del progetto – entro il 20 luglio i due Stati presenteranno il quadro di fattibilità e l’accordo bilaterale necessari a richiedere i finanziamenti per la costruzione dell’opera – la Regione intende proseguire in questa direzione. Una direzione che ha valenza per entrambi gli Stati vicini che si affacciamo sull’alto Adriatico.
Sulla questione abbiamo sentito l’assessore Sonego. «Dopo questa positiva vicenda torneremo alla carica anche sui 6 chilometri di collegamento tra Trieste e Capodistria – dice Sonego - La Slovenia è addirittura contraria ma riproporremo il problema nell’ambito della cooperazione nordadriatica».

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 23 giugno 2007

 

 

Ferriera, progetto per dimezzare le polveri  - Stabilimento a un bivio: per riportarne le emissioni entro limiti accettabili servono dai 5 ai 10 milioni di euro

 

Lo ha realizzato il professor Boscolo su incarico diretto della procura

La prima indagine della procura di Trieste sulle emissioni di polveri e fumi della Ferriera di Servola, porta la data dell’8 agosto 1999. Il fascicolo era stato aperto dal pm Federico Frezza, il magistrato che ancora oggi è in prima linea nella gestione di queste inchieste.
Da quel giorno di otto anni fa, tra la magistratura triestina e il gruppo proprietario dello stabilimento, è stata lotta aperta. Quattro sequestri, tre dei quali revocati o superati dagli eventi, innumerevoli fascicoli di indagine, condanne dei dirigenti poi prescritte, archiviazioni, un’oblazione, pronunciamenti del Tribunale ordinario, di quello del Riesame e della Corte di Cassazione.
Ora siamo a una svolta, a un punto di non ritorno. O le emissioni vengono abbattute significativamente nel giro di pochi mesi, o il mondo della politica che sulle polemiche attorno alla Ferriera ha costruito alcune campagne elettorali, cercherà di agire sull’onda dell’emozione e della richiesta popolare. Non passa infatti giorno che qualche voce non proponga la chiusura dello stabilimento, aggrappandosi a dati parziali e talvolta a interpolazioni al di fuori di quanto stabilito dalle leggi.
Chi agita la chiusura dello stabilimento, oggi ha facile ascolto. Chi invece cerca di ricondurre il problema Ferriera nell’ambito delle leggi del nostro Paese, in questo momento ha una certa difficoltà a farsi ascoltare. I dati, le cifre, le misure, sono a disposizione di tutti. Su questi dati, su queste misure raccolte direttamente sul campo, il professor Marco Boscolo ha redatto un piano specifico di intervento su incarico della Procura. Se questo piano fosse attuato, dimezzerebbe le emissioni di polveri dello stabilimento. L’intervento coinvolge l’altoforno, la macchina a colare, il traffico interno allo stabilimento, i parchi in cui vengono stoccati il carbone e il minerale di ferro e altri impianti. Il costo stimato degli interventi si attesta tra i cinque e i dieci milioni di euro che la proprietà da mesi si è detta pronta a finanziare nell’ambito di un accordo con la procura della Repubblica. Di questo accordo le parti discutono da tempo, ancor prima che la Corte di cassazione revocasse l’ultimo sequestro chiesto dal pm Federico Frezza, concesso dall’allora presidente aggiunto del Gip Nunzio Sarpietro e ratificato dal Tribunale del riesame. I giudici di legittimità poche settimane fa ne hanno ribaltato l’esito: niente sequestro.
I dati, le cifre, le statistiche, però restano, e fanno impressione. Il professor Boscolo ha determinato la quantità di polveri che escono oggi dalla Ferriera. In un anno le emissioni convogliate nei camini- regolate per legge- ma anche le emissioni diffuse da impianti non proprio ’perfetti’, immettono nell’atmosfera mediamente 380 tonnellate di polveri che si depositano all’interno della Ferriera ma anche sulle case e sulle strade dei rioni adiacenti. Se gli interventi prospettati dal piano ’Boscolo’ fossero attuati, le emissioni di polveri verrebbero dimezzate: da 380 a 176 tonnellate, nelle stime medie. Vi sono anche stime più favorevoli e più pessimiste, ma la media illustra bene la situazione.
Gli interventi più significativi sul piano dei risultati sono quelli che prevedono il rifacimento del piano di colata, quello delle macchina a colare e della torre di spegnimento. Il primo intervento- costo 850 mila euro- diminuirebbe del 23 per cento le emissioni complessive; il secondo del 16, il terzo dell’otto. Ulteriori abbattimenti del 6-7 per cento verrebbero ottenuti intervenendo sulle strade dello stabilimento e sul parco dei minerali.
Fin qui tutto chiaro. Va aggiunto però che, secondo il piano del professor Marco Boscolo, il 46 per cento delle emissioni della Ferriera non è in alcun modo eliminabile. L’intervento, come abbiamo detto deve coinvolgere principalmente le emissioni diffuse perché quelle convogliare nei camini sono già sottoposte a controlli periodici i così come previsti nelle autorizzazioni regionali.
Sulle presenza di polveri sottili la ricerca del professor Boscolo ha preso in considerazione non solo le aree adiacenti alla Ferriera. Sono state effettuate misure in centrocittà, ben lontano dallo stabilimento. Per le pm 10 la legge fissa, a tutela della salute umana, un limite massimo di 40 milligrammi per metro cubo d’aria misurati nelle 24 ore. Nessuna «stazione» ha superato questo valore nel 2006: in piazza Libertà è stata raggiunta quota 26, in via Tor Bandena 23, in via del Carpineto 30, in via Pitacco 29, in via Svevo 33, a Muggia 29, in via von Bruck 23, così come in via Tacco.
Per le stesse pm 10 la legge prevede che il limite di 50 milligrammi per metro cubo d’aria non debba essere superato più di 35 molte in un anno in una singola stazione di rilevamento. Solo in via Carpineto, non distante dalla Ferriera questo limite è stato superato nel 2006 mentre nelle altre stazioni è sempre rimasto al di sotto della soglia prevista. In piazza Libertà gli sforamenti annuali sono stati 19, cinque in via Tor Bandena, 27 in via Pitacco, 47 in via Svevo, 20 a Muggia, 24 in via von Bruck e 26 in via Tacco.
Il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sta intanto preparando un dossier sulla Ferriera di Servola. «I dati ufficializzati nei giorni scorsi sui livelli di inquinamento – ha detto l’esponente dei Verdi – non fanno che confermare la necessità di chiudere la stagione delle negazioni per passare a quella delle scelte. Siamo di fronte a una emergenza ambientale, sanitaria e occupazionale che non consente sottovalutazioni».

Claudio Ernè

 

 

Piano regolatore, la variante sarà fatta in Comune - Bucci: dopo le piazze Goldoni e Vittorio Veneto non diamo a nessuno carta bianca

 

Lunedì riunione con i consiglieri di maggioranza per illustrare le linee guida. Rosolen (An): non voglio un documento preconfezionato

De Gavardo: «Un lavoro che chiude il cerchio delle belle opere fatte da Dipiazza». Omero: «Si sbarra il recinto quando i buoi sono scappati»

Niente incarichi esterni su «carta bianca», perché «vogliamo avere il controllo politico diretto, mantenere dritta la barra ed evitare casi come piazza Goldoni o piazza Vittorio Veneto». E dunque «certo, affideremo piccole consulenze su necessità ad hoc perché la macchina comunale non può gestire tutta la complessità, ma nella nuova variante al piano regolatore per la prima volta il lavoro di sgrossatura verrà fatto dagli uffici del Comune». Risparmiando su una consulenza «chiavi in mano» che «vale suppergiù una milionata di euro».
Dice così l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci, all’indomani della seduta di giunta che ha visto dare l’ok alla delibera sugli indirizzi per la variante. Un passo che fa partire il lungo iter destinato a concludersi - tra due anni, ipotizza Bucci - con l’adozione del nuovo strumento urbanistico.
Sarà una variante «costruita in casa» sul concetto del «meno cemento e più regole» dettato dal sindaco Dipiazza che ha già annunciato lo stop all’edificabilità in aree di pregio. Nel merito del documento però Bucci non scende limitandosi ad annotare che tra le novità vi saranno maggiori spazi per insediamenti turistici (alberghi, insomma). Il riserbo punta a evitare di irritare ulteriormente An, che in giunta ha detto no alla delibera denunciando di esserne rimasta all’oscuro. La riunione che Bucci annuncia per lunedì con i «consiglieri di maggioranza» dovrà essere dunque l’occasione per illustrare loro gli indirizzi del prg e ricompattarli attorno all’iter. Del resto, la posizione che la capogruppo di An Alessia Rosolen ribadisce è chiara: «Apprendo dalla stampa le linee-guida della delibera che in gran parte sono condivisibili perché rispondono a una domanda che arriva dai comitati. Mi auguro però - ne sono anzi certa - che il documento non arriverà già preconfezionato in consiglio. E magari, prima di andare a divulgarlo, sarebbe stato corretto da parte di Bucci e del sindaco presentare la delibera agli altri assessori e forse al consiglio comunale, che deve avere dignità di ruolo su progetti che esulino dall’amministrazione quotidiana».
E mentre Rosolen invita a riflettere sulle «modalità» ma anche sulla «tempistica» (ricordando ad esempio che «il piano del traffico sarebbe dovuto approdare in consiglio entro fine giugno, ma finora non se ne ha notizia»), il presidente della Lista Dipiazza Paolo De Gavardo saluta «la risposta a tutte le critiche piovute in cinque anni sul sindaco dalle opposizioni che, dimenticandosi di avere votato il prg precedente (firmato dalla giunta Illy, ndr), imputavano a Dipiazza la non volontà di modificarlo. Questa variante - prosegue De Gavardo - chiude il cerchio su quanto il primo cittadino ha fatto negli anni, rendendo bella la città nel centro ma anche nelle periferie». Quanto ad An, «le critiche sono più di forma che di sostanza - annota De Gavardo, osservando che anche sugli alleati «si rifletterà sul piano elettorale quanto fatto in questi anni».
Dall’opposizione il Cittadino Roberto Decarli, definendo «abbastanza grave» la posizione di An in giunta, sottolinea che il «no alla cementificazione è un titolo su cui siamo tutti d’accordo, ma ora dovremo vedere insieme i fatti». Di «un momento positivo, perché finalmente si avvia un percorso che ci consentirà di discutere su dati di fatto» parla il capogruppo della Margherita Sergio Lupieri, sperando si possa portare avanti un lavoro «condiviso e concordato». Duro il Ds Fabio Omero: «Si chiude il recinto quando i buoi sono scappati». Già qualche anno fa, prosegue, «avevamo chiesto di recepire il piano paesaggistico regionale che avrebbe bloccato alcune nuove costruzioni sulla Costiera, e anche che fossero messe in salvaguardia alcune zone. Nessuna delle due cose è stata fatta. Così come oggi nella nuova delibera non figura il regime di salvaguardia: questo vuol dire che per almeno ancora un anno si potrà costruire senza impedimenti», dice Omero sottolineando come «in realtà nessuno si vuol prendere la responsabilità di bloccare cantieri». «La messa in salvaguardia non è obbligatoria nella delibera, ma se il consiglio lo vorrà la potrà inserire», replica Bucci.
E intanto il presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco, vista la posizione di An, invita a «non partire col piede sbagliato» e a «cercare convergenze, anche con l’opposizione», perché «la conclusione del mandato Dipiazza si giudicherà in buona parte su questo nuovo prg», il cui dibattito coinciderà con «la campagna per le regionali 2008».
p.b.

 

 

Ambiente e infrastrutture, un’unica Ass per i rilevamenti - La proposta dei Cittadini. Ds e Margherita: trovare equilibrio fra sviluppo e salute dei cittadini

 

In vista del vertice di maggioranza di martedì i partiti del centrosinistra sembrano ancora divisi. Metz: speriamo che Illy cambi atteggiamento

«La battaglia vinta del cementificio - aggiunge l’ambientalista - non è sufficiente a garantirci che l’approccio alle problematiche ambientali della giunta sia davvero destinato a cambiare».
SVOLTA Lo scorso 31 maggio, all’ultimo vertice di maggioranza, la sinistra radicale aveva chiesto di voltare pagina su ambiente e infrastrutture. E adesso, con il “no” al cementificio che è già un primo segnale, spera nella svolta. «Ascolteremo – prosegue Metz – e cercheremo di capire se c’è la chiara volontà di un cambio di gestione netto su queste tematiche o se, invece, il caso di Torviscosa resterà isolato senza aver insegnato niente a nessuno. Nel primo caso discuteremo nel merito, nel secondo la nostra coesistenza in questa situazione diventerebbe ancora più critica. Se usciremo dalla maggioranza? Speriamo ci sia una modifica sostanziale di atteggiamento da parte di Illy e della sua giunta».
METODO E’ necessario individuare «un metodo condiviso sulle modalità di partecipazione dei cittadini alle decisioni», aggiunge il segretario regionale di Rc Giulio Lauri. «Si tratta di decidere come ci si deve comportare di volta in volta sulle questioni che riguardano lo sviluppo del territorio ma che comportano un elevato impatto sull'ambiente e sul sistema socio-economico della regione. Non fosse così, già la vetreria di San Giorgio rischia di diventare un nuovo cementificio viste le perplessità che riguardano le emissioni in atmosfera, pari se non peggiori di quelle dell’impianto di Torviscosa, e l’assenza di dati certi sulla situazione inquinamento dell’area industriale sangiorgina». Bruna Zorzini, del Pdci, invita soprattutto «al rispetto del programma elettorale». «Lo sviluppo è una priorità ma deve essere sostenibile e condiviso – sottolinea –. Il territorio e i comitati che ne sono espressione, del resto, esprimono disagi reali che non possono essere distrattamente trascurati».
LA PROPOSTA Dai Cittadini per il presidente, intanto, arriva una proposta. «Le rilevazioni degli aspetti sanitari spettano alle sei Ass, ognuna per il proprio territorio di competenza, con sei uffici preposti – si legge in una nota del movimento –: troppa frammentazione. In vista della razionalizzazione del sistema sanitario che potrà portare a un'unica azienda sanitaria regionale, proponiamo dunque un unico organismo preposto a questo tipo di istruttoria, al fine di rafforzare tecnicamente ogni valutazione».
EQUILIBRIO Dai due partiti maggiori, infine, arriva l’urgenza di equilibrare le esigenze del mondo delle imprese e quelle di un’opportuna tutela ambientale. «Al vertice di martedì – anticipa Renzo Travanut, capogruppo diessino – ricorderemo i passaggi positivi dell’introduzione per legge della Vas e le pratiche di Agenda 21 e ribadiremo che l’intelaiatura di fondo del ragionamento di Intesa è quello di un’attenzione estrema sia alla produttività che alla compatibilità». «Porteremo al vertice la posizione di coerenza della Margherita – dice il segretario diellino Antonio Ius –: non si può tergiversare su infrastrutture e investimenti produttivi che giudichiamo indispensabili per il territorio. Modalità rigorose e osservanza delle norme, certo, ma non possiamo perdere l’occasione di sviluppo che ci è stata consegnata dall’allargamento a est dell’Europa».
m.b.

 

 

Corridoio 5, Italia e Slovenia battono cassa all’Ue - Sonego: «L’approccio con i nostri vicini è cambiato». Costa: «Non si torna più indietro»

 

Rush finale nella corsa verso Bruxelles per la richiesta dei finanziamenti. La presentazione del libro di Migliorino rivela le ultime novità

TRIESTE Rush finale nella corsa verso Bruxelles per la richiesta dei co-finanziamenti per la realizzazione del Corridoio 5. A «batter cassa» all’Ue ci sono anche Italia e Slovenia, che entro il 20 luglio - scadenza del bando europeo - dovranno presentare il progetto per la Trieste-Divaccia, uno dei nodi più difficili da sciogliere nella costruzione di quell’immensa rete ferroviaria e autostradale che, da Lisbona a Kiev, dovrebbe collegare, nel giro di una ventina d’anni, la pancia del Vecchio Continente. «Ormai è fatta. Il Corridoio 5 diventerà realtà - ha assicurato ieri l’assessore regionale alle Infrastrutture Lodovico Sonego -. Il Friuli Venezia Giulia negli ultimi tre anni ha fatto passi da gigante: se fino a due anni fa per la Slovenia il Corridoio 5 non era una priorità, oggi l’approccio dei nostri vicini è cambiato. Anche loro sono pronti a presentare la domanda di co-finanziamento all’Ue».
Ieri al Caffè Tommaseo si è tenuto un incontro dal titolo «Alta velocità, ultima chiamata». Il dibattito, moderato dal direttore de Il Piccolo Sergio Baraldi, e a cui hanno preso parte il presidente della commissione Trasporti dell’Europarlamento Paolo Costa, il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli e l’assessore Sonego, ha fatto da cornice alla presentazione di un libro. Un testo di Franco Migliorini, edito da Marsilio, dal titolo più che attuale: «Un corridoio tutto da inventare. L’alta velocità per far crescere città e distretti».
Tempi lunghi (anzi, lunghissimi), ma fiducia e certezza che il Corridio 5 si farà: ieri è emerso questo, nelle parole di Sonego e in quelle di Paolo Costa. «Ormai non si torna più indietro. L’opera si farà e passerà al di qua delle Alpi. L’Italia non perderà nessun treno». Pur restando ancora incerti i tempi (Sonego ha previsto il termine dei lavori nel 2025, Costa invece nel 2020) e i costi del corridoio paneuropeo («Impossibile quantificare la cifra totale - ha spiegato il deputato europeo - anche se si sa che i 30 progetti che i vari Paesi presenteranno entro il 20 luglio, tra cui la Trieste-Divaccia, la Torino-Lione e il Brennero, prevedono una spesa di 330 miliardi di euro), nessuno dei presenti ha voluto ipotizzare un’Italia senza alta velocità e, in particolare, un Nordest tra vent’anni ancora in coda sul passante di Mestre, ben lontano dai cugini d’oltralpe che si scambiano merce alla velocità della luce.
«Tutti i cantieri devono essere aperti entro il 2010 e chiusi entro il 2020 - ha commentato Costa -. Il dialogo con le comunità locali serve, ma le istituzioni devono essere capaci di decidere. I problemi ci sono in tutta Europa, ma la differenza è che da noi si è abituati a rimandare le scelte». Per la Trieste-Divaccia, invece, almeno a detta di Sonego, i giochi sembrano fatti: «Stiamo discutendo con successo con la Slovenia sul punto di contatto tra la Capodistria-Divaccia e la Trieste-Divaccia - ha affermato - all’interno del progetto Interreg 3, promosso dall’attuale giunta regionale. Il Fvg non è la Val di Susa. Noi abbiamo gestito bene la situazione e il rapporto con i Comuni coinvolti».
E il Corridoio 17, quello che collegherà Strasburgo a Bratislava? Rappresenta un concorrente per il Corridoio 5? Netta la risposta di Migliorini: «Il 17 è già fatto nella mente dei franco-tedeschi - ha spiegato - mentre il nostro è ancora tutto da inventare». E anche quella di Boniciolli: «Il 17 si sta realizzando già, perchè al di là delle Alpi sono capaci di organizzarsi e non aspetteranno che lo facciamo anche noi. Il traffico di merci va dove trova le vie adatte. Quando ci decideremo a costruire l’autostrada Trieste-Fiume? I porti da soli non bastano, non sopravvivono senza collegamenti con il retroterra. E il Corridoio 5 è un’opera indispensabile per collegare l’alto Adriatico con il resto del mondo».
Ma l’incontro di ieri è stato anche occasione per «bacchettare» il «laborioso» Nordest che, come spiega Migliorini nel suo libro, «ormai è al collasso». «È un territorio saturo - ha affermato -. Non si riesce a reinventare lo spazio. Non sappiamo gestire la mobilità di questa fetta d’Italia, e il passante di Mestre è l’emblema di questo caos. Bisogerebbe creare collegamenti veloci tra le città, consentendo ai centri del Nord di fare massa critica. Solo così si diffonde la conoscenza, si spostano i cervelli, marcia l’economia».

 Elisa Coloni

 

 

Mare pulito in tutta l’Istria e la Dalmazia - Le autorità sanitarie slovene e croate hanno reso noti i dati relativi alla qualità delle acque

 

Osservati parametri più severi di quelli dettati dalle normative europee. Fanno eccezione soltanto le aree portuali. Situazione migliorata rispetto al 2006

CAPODISTRIA Gli operatori turistici del Litorale sloveno, ma anche la popolazione locale, sono soddisfatti: il mare sloveno è pulito e perfettamente adatto per fare il bagno. I risultati del monitoraggio di tutti i punti di balneazione nel 2006, ottenuti usando la metodologia europea, sono stati eccellenti: la qualità del mare è conforme agli standard comunitari in tutti e 19 punti presi in esame, e in 16 di questi punti sono rispettati anche gli standard auspicabili, ossia quelli più severi.
Le tre spiagge che sono state promosse, non prettamente con il massimo dei voti, sono quella tra il torrente Ricorovo e il bagno di San Simone, la zona tra San Simone e Strugnano e parte della costa tra Fiesso e Pirano. Tutte le altre spiagge dei comuni di Pirano, Isola e Capodistria, compresa la spiaggia cittadina a Capodistria, che si trova a poche centinaia di metri dal porto, sono in regola. I risultati sono stati presentati dall'Istituto sloveno per la tutela della salute. Il miglioramento rispetto agli anni precedenti è netto: nel 2004 il 10,5 per cento dei campioni prelevati non aveva raggiunto la sufficienza, nel 2005 questa percentuale è scesa a 5,3, mentre l'anno scorso tutte le spiagge sono risultate del tutto idonee alla balneazione. Possono fare il bagno dunque anche i bambini piccoli e non sono necessarie particolari precauzioni, almeno per quanto riguarda la qualità del mare.
Meno buoni invece i risultati per quanto riguarda le acque interne, anche se pure la situazione è drasticamente migliorata rispetto agli anni passati. Se nel 2005 erano sotto il limite la metà dei siti per la balneazione, nel 2006 questa percentuale è stata ridotta al 16 per cento. E' importante rilevare, comunque, che questi dati sono perfettamente attendibili, in quanto il campionamento è stato effettuato tutti gli anni negli stessi punti. In alcuni Paesi europei, invece, i siti cambiano di anno in anno, per cui è difficile fare dei confronti. Il settore in cui invece la Slovenia può e dovrà fare altri progressi, sono invece le piscine: l'acqua non è sempre pulita come dovrebbe essere, e questo crea qualche rischio per la salute. Su ogni sito di balneazione, è bene ricordarlo, vengono effettuate rilevazioni chimico-fisiche dell'acqua (trasparenza, temperatura, salinità, ossigeno discioolto e pH), ispezioni di natura visiva e olfattiva (colorazione, sostanze tensioattive, oli minerali e fenoli) nonchè prelievi di campioni per l'analisi microbiologica.
FIUME Anche la Croazia ha reso noti i dati relativi alla balneazione lungo le coste istriane e dalmate. Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato i risultati della terza azione di monitoraggio delle acque costiere. Le rilevazioni sono state effettuate lungo varie spiagge dall’Istria all’estremo sud della Dalmazia onde accertarne la balneabilità. In tutto l’azione di monitoraggio ha comportato prelievi di campioni di acqua marina in 873 zone costiere, effettuati nell’arco di due settimane, ovvero dal 30 maggio al 15 giugno. Il punto più inquinato (colibatteri) è risultato la spiaggetta dell’hotel Park nel rione di Pecine, a Fiume, dove ormai da tempo sono affissi i cartelli con il divieto di balneazione. Si tratta di un segmento di costa molto limitato. Il cartello di divieto era comparso per la prima volta nel 2005. A parte la spiaggetta “off limits” dell’hotel “Park”, sempre nell’area di Fiume la balneazione è poco raccomandabile pure nelle adiacenze del cantiere navale Tre Maggio. Acque non proprio pulite, ma comuque “agibili”, anche in un punto della costa abbaziana (località di Ika), in una spiaggia all’altezza dell’autocampeggio di Medolino (poco fuori Pola), in un breve tratto di costa a Crikvenica (in prossimità dell’ hotel “Thalassoterapija”), in una frazione presso Sebenico e, sempre in Dalmazia, anche nella zona di Ploce. Nell’elenco dei siti poco adatti alla balneazione – ma dove questa non è comunque espressamente vietata - non compare stavolta il golfo dei Castelli spalatini, probabilmente per il fatto che qui è ormai cessata ogni attività industriale. Non vengono menzionati “punti neri” nemmeno nell’area di Ragusa (Dubrovnik) dove in passato qualche perdita fognaria era stata segnalata in concomitanza di alcuni alberghi a ridosso delle spiagge.
Nell’elenco non sono ovviamente comprese neppure le zone operative nei porti o altri tratti di mare dove comunque la balneazione è impensabile per il viavai di navi o battelli.
Nel resoconto del ministero dell’Ambiente si rileva inoltre che nel 95 per cento dei campionamenti effettuati l’acqua è risultata perfettamente pulita anche secondo le normative croate, che – sottolinea il dicastero – sono di gran lunga più rigide di quelle comunemente in vigore nei paesi europei.
L’azione di monitoraggio, come precisa ancora il ministero anzidetto, proseguirà negli 873 siti prescelti fino a tutto settembre. I campioni d’acqua da avviare alle analisi di laboratorio verranno prelevati ogni 15 giorni.
f.r.

 

 

L’inquinamento della Ferriera

 

Sto leggendo l'articolo sulla ferriera pubblicato sabato 16 giugno, fra le varie interviste da voi fatte, ce n’è una di un certo Nicola Vallefuoco vi espongo le ultime righe del suo commento: È ovvio che l'inquinamento c'e, ma la faccenda non mi sembra così tragica! Mi chiedo cos'è tragico per questa persona? Non gli bastano i dati forniti sul gravissimo inquinamento prodotto dalla ferriera? Sforamenti a livello di terzo mondo? Neanche quello, tanto che dei tecnici Vietnamiti per sostituire dei filtri (10 anni fa) avevano detto che nemmeno ad Hanoi avevano visto macchine così vetuste! Comunque il vero problema della ferriera, e che ormai anche i bambini l'hanno capito, è che di metterla a norma non ci pensano proprio, e la cosa che dovrebbe offendere di più, gli operai per primi, e servolani per secondi, è che il Lucchini da anni vi sta prendendo in giro e se non fate un’autentica rivolta, per altri anni andrà avanti così, è come se vi dicesse, siete dei poveretti, e faccio di voi quello che mi pare.
Concludo prendendo spunto da un articolo scritto dal bravo giornalista Bruno Tellia, siccome l'impresa per sopravvivere deve fare profitti, non si riuscirà ad ottenerne l'adesione ai valori ambientali con le raccomandazioni. Nè bastano le norme e le imposizioni. É indispensabile che l'imprenditore si convinca che l'ambiente non costituisce un costo ma un investimento redditizio, come lo sono la formazione e la sicurezza. Per dirla come un famoso comico... Lucchini ci sei? Sei connesso?
Franco Castiglione

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 22 giugno 200

 

 

Dipiazza: così cambierò il piano regolatore - Meno cemento e più regole le linee guida: «Basta con i maxi-obbrobri in mezzo al verde»

 

Il sindaco anticipa gli indirizzi della variante al prg appena passata in giunta: Capofonte, Pendice Scoglietto e Costiera le zone da tutelare

An vota contro L’assessore Tononi: «Nessuno ci aveva informato della delibera»

«La Trieste che voglio non deve avere maxi-obbrobri in mezzo al verde, o palazzi enormi uno attaccato all’altro. Meno cemento e più regole. Cominciamo ora, prima che sia troppo tardi, a mettere mano a quella variante del ’97 che conteneva errori evidenti, poiché prevedeva per alcune zone di pregio indici volumetrici spaventosi». Il sindaco Roberto Dipiazza è su di giri: ieri ha preso il via l’iter dell’attesa variante al piano regolatore, che stopperà l’edificabilità in zone periferiche come Capofonte, Pendice Scoglietto e la strada Costiera e riqualificherà aree oggi degradate in nuovi quartieri residenziali. La giunta, infatti, ha approvato gli indirizzi della variante, usciti soltanto 48 ore prima dagli uffici dell’assessore forzista Maurizio Bucci: il documento reca una trentina di punti-base, per ora molto generici e in larga misura top-secret, su cui sarà costruito e varato, in non meno di un paio d’anni, il nuovo strumento urbanistico del Comune. Quello che andrà a integrare o, meglio, a superare la precedente variante del ’97 nata sotto l’amministrazione Illy.
Anche in questa circostanza, però, è andata in scena una nuova frattura fra An e i suoi alleati, Bucci in testa. Dei quattro assessori finiani, l’unico presente ieri alla seduta di giunta - Piero Tononi, che di An è anche vicepresidente provinciale - ha votato contro il documento, lamentando che il partito non ne era a conoscenza. «Non è stato - ha spiegato poi Tononi - un no sul merito, nel quale peraltro non sono neanche sceso, bensì sul metodo. Ritengo che una delle più importanti delibere del Dipiazza-bis andasse condivisa per tempo fra gli assessori e soprattutto fra i capigruppo di maggioranza, visto che niente più del piano regolatore è di competenza del Consiglio comunale. E invece la delibera è stata messa al primo punto dell’ordine del giorno questa mattina (ieri, ndr)».
Immediata la replica di Bucci, che ieri pomeriggio ha potuto illustrare la delibera al cinema Ariston: «Lo spirito di questi indirizzi è una raccolta sistematica di varie mozioni presentate già in aula da quando il centrodestra è maggioranza. In realtà, ho seguito la volontà del Consiglio. Consiglio che, dopo il parere delle circoscrizioni, avrà tempo e opportunità di discutere e migliorare il contenuto della delibera. Partiti e cittadini stanno sollecitando il varo di una nuova variante. E noi abbiamo portato in giunta il documento non appena è stato finito dagli uffici. Il fine giustifica il metodo».
Dipiazza, intanto, non fa una piega: «Siamo molto felici - così il sindaco - perché abbiamo finalmente consegnato alla città l’inizio della variante al piano regolatore. Comincia un iter entusiasmante. Ho fiducia che entro il 31 luglio il Consiglio comunale possa votare gli indirizzi, avviando il confronto con le categorie e i cittadini».
Le procedure per l’entrata in vigore della variante prevedono quindi, dopo un periodo di concertazione e lavoro degli uffici che Dipiazza quantifica in «un anno», l’esame della Regione e l’invio delle sue osservazioni al Comune e a tutti gli enti coinvolti, dall’Ezit all’Autorità portuale. Osservazioni che impongono, di fatto, un altalena di correzioni e verifiche. «L’obiettivo - ha aggiunto Bucci - è quello di riuscire a chiudere entro il mandato amministrativo».
«Oggi (ieri, ndr) - ha sintetizzato il capogruppo di Forza Italia Piero Camber - abbiamo tolto la macchina dal garage. Sta in noi ora portarla il più lontano possibile e nella direzione più giusta per Trieste».

Piero Rauber

 

 

I comitati cittadini compatti contro la «cementificazione» - Riunione con Wwf e Italia nostra. Bucci spiazza tutti: variante in lavoro

 

La cementificazione «selvaggia» sulla Costiera, il distributore Tamoil di Barcola, la «valanga» di malta sulle Rive, le palazzine Ater di via Flavia: sono questi alcuni degli spauracchi contro cui combattono i comitati della città. Comitati da tempo in guerra contro il Comune, e che ieri sera, al cinema Ariston, si sono presentati al gran completo, per il primo faccia a faccia con l’assessore alla Pianificazione territoriale Maurizio Bucci.
Un incontro che, contrariamente alle aspettative, non si è trasformato in un match «Bucci contro tutti», anche grazie alla notizia, servita dall’assessore forzista su un piatto d’argento ai presenti in sala, della delibera sugli indirizzi della variante al piano regolatore approvata ieri dalla giunta. Una carta che Bucci si è giocato alla fine del dibattito, che ha spiazzato i rappresentanti dei comitati (riuniti per chiedere al Comune, appunto, una revisione del piano regolatore) e che gli ha fatto guadagnare pure un applauso. Sono arrivati in tanti ieri all’incontro organizzato da Wwf e Italia nostra, per ribadire ancora una volta, davanti a una platea composta anche da alcuni esponenti politici di maggioranza e opposizione, il loro «no» alla cementificazione «senza regole» e agli «scempi» che l’attuale piano regolatore, così come redatto nel 1997, «non impedisce in molte zone della città».
In totale si sono presentati 14 comitati: Comitato Campo Marzio, di via Belpoggio, per la difesa delle Rive, androna Santa Tecle e Sant’Eufemia, Cedassammare, Salviamo via del Pucino e via Plinio, per la difesa di Barcola, in difesa di Gretta e Roiano. E ancora: il comitato viale XX Settembre, di via Timignano, per la tutela del giardino di via Flavia, per la difesa di via Verga e via Berchet, e infine l’associazione Capofonte e quella per la difesa di Opicina.
Uno per uno, i rappresentanti dei sodalizi hanno snocciolato i problemi ancora irrisolti in molte zone della città e i successi raggiunti in anni di battaglia, durante i quali «le amministrazioni comunali ci hanno sempre trattato come un ostacolo da azzittire», questa l’opinione più diffusa. «Se venisse costruito il distributore della Tamoil davanti alla pineta di Barcola - ha spiegato ad esempio il rappresentante del comitato per la salvaguardia dell’omonimo quartiere - i residenti si troverebbero sotto casa una bomba da 100 mila litri di carburante». «Temiamo che la giunta, contrariamente alle promesse del sindaco, riempia di cemento il waterfront, costruendo mostri pluripiano al posto dell’ex piscina Bianchi», ha spiegato il comitato per la difesa delle Rive.

Elisa Coloni

 

 

Wwf: «Urbanistica nel caos»

 

«La variante 93 per Porto Vecchio, approvata negli scorsi giorni dal Consiglio comunale, non prevede uno sfruttamento intelligente ed ecosostenibile dell’area. Quella è una zona strategica per Trieste, il cui riutilizzo potrebbe rappresentare un punto di svolta per la città, che gli amministratori locali rischiano di perdere». Così si è espresso il responsabile sezione Wwf di Trieste Carlo Dellabella, ieri durante l’incontro al cinema Ariston. «È il risultato di una gestione delle strategie urbanistiche miope, che da anni ha caratterizzato le amministrazioni comunali, e che manca di un reale coordinamento», hanno aggiunto Dario Predonzan, responsabile del settore territorio Wwf regionale e Giulia Giacomich, presidente di Italia nostra.
e.c.

 

FERRIERA - I residenti di Servola chiedono test medici: vogliamo sapere le cause dei nostri malesseri

 

Dopo petizioni, striscioni e reclami alla Polizia municipale i cittadini si rivolgono all’Ass

Non mollano la presa né depongono gli striscioni di protesta, i residenti del rione Servola. Anzi, dopo la Polizia municipale - che con cadenza regolare contattano per segnalare imbrattamenti o rilevare la concentrazione di pm10 - iniziano a chiamare pure l'Azienda sanitaria. Perché, questo ormai è chiaro, non sono più disposti a chiudersi in casa alla prima, inconfondibile, zaffata della cosidetta «puzza di Ferriera», trasportata dallo scirocco verso l'abitato, né a patire ulteriori disagi dai siti industriali presenti nell'area.
Soprattutto, reclamano una cosa: che siano eseguiti dei test medici. Per capire se le bronchiti, le lacrimazioni agli occhi, i bruciori di gola - da parecchi residenti riferite - possano essere, in qualche modo, connessi alle emissioni oppure no.
Una signora, in particolare, si è rivolta al Dipartimento di Igiene pubblica per discutere il problema con i responsabili del servizio, i quali consigliano sempre, in caso di malore, di rivolgersi alle strutture sanitarie, così da essere visitati da un medico. Una prassi che, in queste ore, viene sollecitata tramite il passa parola. La signora si chiama Dajla Jakin, ha 36 anni, vive col marito e le due figlie Ambra e Antonella, rispettivamente di 13 mesi e 9 anni, in una casetta di via Ponticello, al civico 26. Risiede lì dal 2003 e ha già avuto modo di pentirsi di quella scelta, nonostante i numerosi sacrifici che una famiglia affronta per l’acquisto di un’abitazione. «Non posso nemmeno godere del mio giardino - afferma - come arriva l’estate, prendo le bimbe e le porto fuori città, perchè hanno diritto a godersi il sole senza respirare gli imbrattamenti. L’altr’anno ho optato per il campeggio, quest’anno ho noleggiato una cabina a Sistiana. Ha idea, la gente, di cosa significhi vivere, durante la bella stagione, tappati in casa, con le finestre sigillate? Sì, quando sono venuta a vivere qui, avevo sentito che c’erano dei problemi, ma non immaginavo certo questo scenario. Due anni fa era ancora possibile, almeno di notte, dormire con le finestre aperte per lenire la calura. Oggi, assolutamente no. E poi, lo dico fracamente, contavo molto sul fatto che la Ferriera, entro il 2009, sarebbe stata chiusa. Quindi pensavo che i disagi potessero essere circoscritti nel tempo». «Non prevedevo, all’epoca, una tale situazione esasperata - ricorda - non avrei fatto, altrimenti, una tale scelta. Ora, soprattutto, per le bambine, voglio andare fino in fondo. Ho parlato con le dottoresse Brana e Mazzoleni, del Dipartimento di Prevezione, le quali mi hanno consigliato di contattare l’ospedale, in caso di malore, per ricevere la visita di un medico. Io l’ho fatto, l’altro giorno, quando ho accusato delle difficoltà respiratorie mentre stendevo il bucato ad asciugare fuori. E il dottore ha poi constatato la situazione. Anche gli altri lo possono fare». «È importante - prosegue la signora Dajla - che vengano compiuti degli studi epidemiologici sulla popolazione residente, per dissipare i nostri timori, visto che mancano dati inconfutabili. C’è sempre stata, infatti, una certa ritrosia, anche in passato, a rivolgersi ai sanitari».
Ma a creare disagi, non sono solo i fumi della Ferriera. La signora Danila Petronio, 55 anni, che vive al civico 54 di via Ponticello, se la prende anche coi rumori della centrale elettrica: «Sono nata a Servola e abito nella casa dei miei bisnonni. Fino a qualche anno fa si stava tranquilli, poi le cose sono notevolmente peggiorate. Nessuno ne parla, perchè tutti si concentrano sulla Ferriera, ma chi risiede, come me, in questa zona, ha il "piacere" di sussultare per gli improvvisi sfiati dell’impianto. Per non parlare poi dei rumori continui, 24 ore su 24, o delle vibrazioni: perfino le porte tremano!». «Ogni tanto - conclude - vedo delle grosse nubi che si levano e oscurano il paesaggio. Mi chiedo chi abbia dato le autorizzazioni a questi insediamenti e come abbia consentito la costruzione, successiva, di altre case».
C’è, infine, chi se la prende per le dichiarazioni rese l’altro giorno da alcuni giovani operai della Ferriera. «Non è vero che in passato la situazione era peggiore - riferisce un ex dipendente oggi in pensione, il quale desidera restare anonimo - ci sono studi che lo possono affermare. Sono stati condotti da istituti ed esperti già a partire dagli anni ’50. Quando ci lavoravo io, l’aria e l’ambiente era pulito, al punto che si poteva addirittura mangiare in cokeria».
ti.ca.

 

 

Bonifiche: «La barriera a mare non è tassativa» - Azzarita (Ezit): «Prima le caratterizzazioni e poi si sceglierà la soluzione tecnica»

 

Gli enti locali hanno discusso assieme la bozza dell’accordo di programma inviata dal ministero dell’Ambiente

Un importante passo in avanti, nel senso che la barriera a mare non è più un obbligo tassativo, anche se il testo va migliorato in punti non certo secondari. La bozza dell’accordo di programma sulla messa in sicurezza della falda inquinata, discussa ieri dagli enti locali in una riunione all’assessorato regionale all’Ambiente, ha suscitato commenti sostanzialmente positivi da parte dei rappresentanti di Provincia, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Ezit e Autorità portuale.
«Ho notato una posizione compatta dei vari enti – osserva il presidente dell’Ezit, Azzarita –. Tutti hanno riconosciuto che nella bozza non si parla più del muro di dodici chilometri, ma di progetti da valutare per contenere la falda nei tratti in cui sarà necessario. E questo è un punto cruciale. Non è invece cambiato – prosegue – l’atteggiamento del ministero verso i privati che non intendono partecipare al futuro progetto: il principio ”chi non ha inquinato non paga” non è ancora nero su bianco».
Azzarita annota poi che dalla bozza non risulta alcuna partecipazione «forzata» all’accordo per le aziende del comprensorio Ezit, anche se «c’è sempre il tentativo di far partecipare i titolari delle imprese. Ma prima di scegliere il progetto di contenimento – aggiunge – si devono effettuare le caratterizzazioni, e su questo punto ho insistito sul ruolo dell’Ezit come soggetto unico deputato a gestirle».
«Condividiamo quanto segnalato dall’Ezit – osserva la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat –. Bisogna partire con le caratterizzazioni, e poi vedere chi ha inquinato e chi no. Puntiamo molto sulle caratterizzazioni, per sbloccare le aree che risulteranno non inquinate».
La presidente della Provincia sottolinea poi che va inserito il sostegno agli imprenditori privati: «Nella caratterizzazione vanno supportati finanziariamente anche i privati – spiega –. Nella bozza si parla solo di enti pubblici e aree pubbliche. C’è il rischio che, se gli oneri delle bonifiche fossero eccessivi, che qualche privato sia costretto a chiudere».
«E’ stato condiviso da tutti – concorda l’assessore all’Ambiente del Comune di Trieste, Maurizio Bucci – che dalla bozza non si capisce che fine facciano i privati. Abbiamo presentato – aggiunge – un documento con la proposta di individuare a livello locale un ente che identifichi le aziende in base al ciclo produttivo, ente che potrebbe essere la Provincia visto che ha già competenze per i siti inquinati non di importanza nazionale».
Parla di passi in avanti il sindaco di Muggia Nesladek, ma rileva che vanno chiariti punti come le caratterizzazioni, l’uso dell’analisi del rischio e il principio secondo cui chi non ha inquinato non paga. «Fra i miglioramenti – precisa il sindaco – anche quello sulle priorità nelle caratterizzazioni: si parta subito per il tratto di costa del nostro comune fra Punta Olmi e Porto San Rocco, zona dove storicamente non ci sono state attività industriali e la cui uscita dal sito inquinato è essenziale per lo sviluppo turistico».

Giuseppe Palladini

 

  

Intesa, vertice su ambiente e infrastrutture - Malattia: non parleremo di vetreria. Travanut: mi rimetto al sì dell’Ass. Metz: parere contraddittorio

 

Martedì il chiarimento politico della maggioranza regionale invocato dalla sinistra radicale: lo annuncia il capogruppo dei Cittadini

Moretton: «Attendiamo il parere dell’Arpa e quello delle Foreste, poi toccherà alla Via»

TRIESTE «Il tema della vetreria non è all’ordine del giorno. E non siamo disposti a discuterne». Riccardo Illy non ha ancora inviato la convocazione ufficiale, ma Bruno Malattia gioca d’anticipo: martedì pomeriggio, a meno di sorprese, il presidente della Regione riunisce segretari e capigruppo di Intesa democratica per il chiarimento politico promesso il 31 maggio, all’ultimo vertice di maggioranza, quando aveva raccolto l’invito della sinistra radicale, profondamente a disagio per il metodo decisionale adottato in materia di ambiente e infrastrutture.
Eppure, nonostante quel chiarimento nasca sulla scia delle minacce d’abbandono dei Verdi, dell’iter burrascoso del cementificio, dei voti bipartisan, delle scelte future su Tav e dintorni e, alla fin fine, del timore di un taglio delle ali estreme della coalizione in prospettiva 2008, il capogruppo dei Cittadini mette le mani avanti. E avverte che la vetreria di San Giorgio di Nogaro, ultimo «tormentone» che rischia di dividere la maggioranza, non deve entrare nella riunione di martedì. Nemmeno di straforo. «E perché mai deve entrarci? La riunione con il presidente serve a discutere di politica» afferma il diessino Mauro Travanut. «Ed è molto importante» aggiunge il rifondatore Giulio Lauri.
Di sicuro, però, nonostante la riunione tra Illy e la maggioranza abbia un respiro politico diverso e più ampio, la vetreria occupa ancora la scena. E il parere favorevole dell’Azienda sanitaria della Bassa, seppur condizionato al trasporto via mare delle materie prime e al monitoraggio della qualità dell’aria, non fuga paure e perplessità. Piuttosto, sembra incrinare il «fronte del no» costituitosi attorno al cementificio: Verdi, sinistra radicale e comitati confermano la contrarietà ma Travanut, dopo la battaglia all’ultimo sangue contro il «mostro di Torviscosa», cambia registro. Più esattamente, accetta il verdetto dell’Ass: «Non ho dubbi che sia valido e non mi sogno di metterlo in discussione. L’Azienda della Bassa, peraltro, ha più volte dimostrato di non inchinarsi alle pressioni esterne». Nessuno stupore, quindi, se il parere sulla vetreria è diverso da quello sul cementificio: «Ci sono differenze abissali, il secondo è in zona Seveso e la prima no, il secondo prevede il trasporto via terra e la prima via mare, e così via...» afferma il diessino. I comitati possono non gradire? «Rispondo alla politica, al mio partito e alla mia logica». Sia chiaro, però: Travanut non intende defilarsi. E, anzi, ricorda d’aver sollecitato una riunione con il vicepresidente Gianfranco Moretton, quella sì dedicata alla vetreria, «da tenersi la prossima settimana».
Come dimenticare, d’altronde, che l’impianto della Sangalli rimane un tema caldo per la maggioranza? I Verdi non intendono permetterlo: «Il parere dell’Ass lascia molto perplessi perché è in contraddizione con quello sul cementificio, in cui si evidenziava che l’area della Bassa è satura di emissioni. Cos’è cambiato? Come si può bonificare autorizzando impianti inquinanti? Dove sono le centraline per misurare le ricadute sull’ecosistema?» afferma Sandro Metz. E ancora: «La vetreria è a ridosso della laguna di Grado e Marano e quindi di un sito di interesse comunitario tanto da richiedere la valutazione d’incidenza che va inviata alla commissione europea, pena la procedura d’infrazione». Nemmeno i comitati intendono abbassare la guardia: «Aspettiamo di leggere il parere dell’Ass per coglierne le sfumature e comprendere il peso delle prescrizioni. Comunque - spiega il portavoce Mareno Settimo - noi riteniamo sin d’ora che si debbano innanzitutto imporre i catalizzatori alla centrale a turbogas e solo in seguito valutare l’impatto della vetreria». Nell’attesa, i comitati annunciano l’invio di osservazioni alla commissione Via e riunioni a Marano e Lignano «per sensibilizzare le popolazioni locali».
La strada della vetreria, d’altronde, è ancora lunga. Lo ribadisce Moretton: ci vogliono il parere dell’Arpa e quello della direzione alle Foreste «in quanto la vetreria confina con un sito di interesse comunitario e richiede la valutazione d’incidenza», poi si apre l’istruttoria del servizio di Via, quindi si riunisce la commissione, e solo alla fine si delibera in giunta. Come finirà? «Decideremo, come sempre, nel rispetto delle norme» risponde il vicepresidente. Ma sin d’ora, al fine di evitare i pasticci del passato, Malattia chiede un rafforzamento del livello tecnico: «Quello politico, per decidere, ha bisogno di risultati chiari e univoci».

Roberta Giani

 

 

LA SFIDA DEL CORRIDOIO 5 - TRIESTE E IL PASSAGGIO A NORD EST

 

Oggi alle 18 al caffè Tommaseo viene presentato il libro di Franco Migliorini «Un corridoio tutto da inventare». Sul tema pubblichiamo questa riflessione.
Agli antichi romani, gente pratica, non sarebbe mai venuto in mente di chiamarlo corridoio. Eppure, quello che oggi indichiamo come «Corridoio 5», destinato a collegare il Sud della casa comune europea da Ovest a Est traversando la pianura padana, loro l'avevano già fatto.

 Era il grande asse della Postumia, che da Genova raggiungeva Vicenza e da qui Aquileia, per poi affacciarsi ad est, oltre confine, fino a Iulia Aemona, l'odierna Lubiana. Il tracciato, attraversando la parte meridionale delle Alpi Giulie e i rilievi del Carso, aveva il pregio di unire la pianura padana, attraverso la X Regio Venetia et Histria (praticamente l'odierno Nordest), e il mar Adriatico, con i territori bagnati dalla Sava e dal corso del basso Danubio. Un itinerario che a sua volta correva lungo le tracce della grande Via dell'Ocra (esistente dai tempi preistorici), nome con cui Strabone indica il collegamento tra il bacino adriatico e l'est del continente. L'arteria venne realizzata in due tranches, tra gli inizi del primo secolo avanti Cristo e la seconda metà; quest'ultima, in particolare, in soli due anni, tra il 35 e il 33, a supporto della campagna di Ottaviano in Pannonia, autentico granaio imperiale.
Duemila anni dopo, ormai da parecchio tempo e chissà ancora per quanto (rischiando di farlo finire in un vicolo cieco), noi stiamo ancora discutendo di "Un corridoio tutto da inventare", come lo sintetizza efficacemente il titolo del libro appena proposto da Franco Migliorini per la collana promossa dalla rivista "nordesteuropa.it". Migliorini, docente di Storia e cultura del territorio, è uno dei più autorevoli esperti in pianificazione urbanistica e territoriale, e ha il raro pregio di saper trasmettere in maniera semplice quanto incisiva le nitide idee che ha in testa, nutrite da una solida competenza: virtù che fa difetto a troppi di coloro che a vario titolo (e a volte senza nessun titolo) disquisiscono della materia.
Il libro, in realtà, affronta un tema molto più ampio del corridoio 5: la risposta da dare all'interrogativo strategico "dove potrebbe andare il Nordest". Una sua proposta l'autore la fa: riuscire a passare, grazie alle dinamiche che ruotano attorno al corridoio, da oggetto di trasformazioni profonde a soggetto di un cambiamento condiviso, "un luogo dove riconoscersi e lavorare, guardando avanti". Che detta così sembra l'uovo di Colombo, se non fosse che di frittate, nel frattempo, l'inconcludente Nordest ne ha sfornate fin troppe. Accumulando nel contempo due pesanti ritardi, come segnala nell'introduzione Paolo Costa, presidente della commissione trasporti dell'Europarlamento: quello di attuare il corridoio 5 specie sul fronte orientale, da Milano a Trieste e oltre in Slovenia; e quello di dar vita a un asse forte metropolitano tra Venezia e Padova che faccia da volano all'intera area.
Naturalmente, le cose non sono così semplici come ai tempi dei romani (i quali peraltro stenterebbero assai a identificarsi nei loro odierni discendenti). I dieci corridoi paneuropei in cui rientra quello oggetto del libro riguardano 25mila km di reti ferroviarie, 23mila di reti stradali, 38 aeroporti, 13 porti marittimi e 49 porti fluviali. Inoltre, ciascuno di essi è organizzato in un sistema a tre livelli che include trasporti, energia e telecomunicazioni. Peccato che il famigerato numero 5 versi in ritardi e incertezze tali da comprometterne la stessa realizzazione; mentre a non molta distanza da noi, di là delle Alpi, galoppa l'alternativa del cosiddetto "progetto Magistrale" per collegare Parigi con Budapest incrociando tutte le direttrici nord-sud del Centro Europa ma raccordandole a nord dell'arco alpino. Cioè un diretto quanto temibile concorrente, come giustamente segnala Migliorini.
Il fatto è che in casa nostra il dibattito rimane prevalentemente ancorato al tracciato e all'impatto ambientale, anziché cogliere l'occasione di ragionare su una diversa visione del Nordest. Lasciamolo dire all'autore, che sa farlo molto meglio: "E' questo il passaggio che manca, non una questione di infrastrutture ma di come il Nordest si attrezza per stare in Europa, usando gli strumenti che l'Europa offre, ma che non può imporre a nessuno che non lo voglia, o che non sappia raccordare i problemi locali, come il traffico, al dato più generale: un sistema di relazioni in crescita esponenziale che richiede risposte strategiche e generali, e non solo rimedi empirici e locali, a ridosso della cadenza elettorale. Qui si percepisce l'esistenza di una governance, se c'è".

Se c'è, appunto. Ma se per governance s'intende "una condivisione di obiettivi strategici alla quale una pluralità di decisori convintamente si riferisce, sulla base di un'intesa sia esplicita che implicita, ma comunque stabile nel tempo" (come la definisce Migliorini), allora è proprio di là da venire. Rimane la realtà di un'area piena di potenzialità, che da Verona a Trieste misura appena 250 km di distanza; peccato che quei chilometri, come fa notare l'autore, oggi si percorrano in almeno (almeno…) 150 minuti di auto e 200 di treno: fatte le debite proporzioni tecnologiche, più di quel che ci mettevano duemila anni fa i convogli romani. Ma quella, con tutta evidenza, era decisamente un'altra Roma.
Francesco Jori

 

 

Incontro su Corridoio 5 e Alta velocità

 

TRIESTE Stringono i tempi per non perdere l'ultimo treno per il corridoio 5, Lisbona-Kiev, che attraversa la pianura padana. A proporre una riflessione a più voci sull'argomento, oggi alle 18 a Trieste, al caffè Tommaseo nell'omonima piazza, viene presentato il libro di Franco Migliorini «Un corridoio tutto da inventare (L'alta velocità per far crescere città e distretti)», edito da Marsilio, e che rientra nella serie proposta dalla rivista «Nordesteuropa.it», con la collaborazione della Fondazione Nordest. Stimolante il tema scelto per l'incontro: «Alta velocità, ultima chiamata (il corridoio 5 come strumento per aprire nuove relazioni a livello europeo e locale)». A discuterne, con la regia del direttore de «Il Piccolo» Sergio Baraldi, sono Paolo Costa, presidente della commissione trasporti dell'Europarlamento, Claudio Boniciolli, presidente dell'Autorità portuale di Trieste, ed Enrico Marchi, presidente di Save spa. Presenta Caterina Della Torre, presidente di Aidda Friuli-Venezia Giulia

 

 

IL CASO SERVOLA - UN PROGETTO PER LA FERRIERA

 

Non credo, francamente, che il sindacato possa essere annoverato tra i «peggiori nemici» del benessere della città.

E tantomeno dei lavoratori della Ferriera. Né ci si può accusare di opporre il "ricatto occupazionale" ad ogni ipotesi di chiusura. La posizione di Cgil, Cisl, Uil è stata chiara fin dall'inizio: non sottoscrivemmo il protocollo condiviso nel 2002 dalle istituzioni, dalle categorie economiche e dalla proprietà di allora sulla chiusura dello stabilimento entro il 2009, perché non veniva garantita la ricollocazione dei dipendenti della fabbrica e dell'indotto. Questa condizione non si è modificata da allora ad oggi, anzi, si è aggravata: il mercato del lavoro fa fatica a riassorbire un numero significativo di lavoratori espulsi dalle aziende entrate nel frattempo in crisi. Ciò deriva da un complesso di motivazioni, delle quali la principale è costituita dal fatto che non si riesce a venire a capo del problema delle procedure, dei costi e delle modalità della bonifica del sito inquinato di interesse nazionale, precondizione per garantire nuovi insediamenti mirati ad assorbire i più di mille dipendenti dello stabilimento e dell'indotto.
Va ricordato che questa valutazione fu condivisa, capovolgendo l'impostazione iniziale, da quasi tutti i firmatari del protocollo del 2002 (tranne Comune e Provincia) in un documento sottoscritto in Camera di commercio nel novembre 2004, nel quale si chiedeva all'azienda di effettuare gli investimenti necessari a continuare la produzione, riducendo entro limiti accettabili l'impatto ambientale. Col cambio di proprietà e l'avvento di Severstal fu l'Azienda stessa a manifestare - un anno dopo - l'intenzione di proseguire l'attività produttiva, impegnandosi ad effettuare gli investimenti ambientali necessari. La Regione pose tre condizioni, da noi condivise: riduzione verificabile dell'impatto ambientale, garanzie sulla sicurezza nello stabilimento, mantenimento dei livelli occupazionali. Le ultime due sono state sostanzialmente rispettate: sul fronte della sicurezza attraverso un protocollo sottoscritto nell'aprile 2006 tra proprietà, Asl, Inail e sindacati di categoria maggiormente rappresentativi. Su quello occupazionale con un leggero ma percepibile incremento degli addetti.
Siamo invece ancora a livello istruttorio per quanto riguarda la certificazione ambientale. Proprio per questo siamo fortemente preoccupati per i dati emersi in questi giorni, che non si limitano peraltro al fronte mare della Ferriera: ci deve essere un chiarimento tra istituzioni e azienda e quest'ultima deve operare per mantenere le emissioni nei limiti di legge e proseguire col piano di investimenti che ci è stato illustrato dal nuovo Amministratore delegato solo poche settimane fa. Peraltro nell'ultima riunione del tavolo istituzionale era emersa per la prima volta una sintonia nelle posizioni delle amministrazioni pubbliche (Regione, Comune, Provincia), dell'azienda e del sindacato su tre punti condivisi: continuazione della produzione in sicurezza, diversificazione degli investimenti, graduale riconversione in vista di un diverso assetto produttivo capace di fornire quelle garanzie occupazionali che non costituiscono un "ricatto", ma un diritto per i lavoratori che per anni hanno contribuito a sostenere l'economia triestina con rischio e fatica.
Crediamo che questa rimanga la strada da percorrere con realismo e senso di responsabilità. Essa richiede tuttavia un'accelerazione nella progettazione, che deve coinvolgere Comune, Provincia, Regione e Governo nei rispettivi ruoli. Ma crediamo anche che non vi sia spazio per scorciatoie né per fantasie anche suggestive, facili da scrivere, ma molto più difficili da perseguire. Continueremo perciò ad insistere perché l'Azienda metta in campo quegli interventi ambientali che consentano di proseguire la produzione finchè non matureranno le condizioni per un vero e proprio accordo di programma costruito su singoli passaggi verificabili e su tempi certi, che preveda con precisione soggetti contraenti, competenze, impegni di ciascuno, caratteristiche delle iniziative industriali capaci di garantire e sviluppare l'occupazione, qualità e natura degli investimenti. Solo allora, quando tutti gli operai e i tecnici della Ferriera potranno contare su un nuovo posto di lavoro, potremo dire di aver svolto il nostro compito. La nostra posizione è chiara. Chiediamo all'Azienda e alle Istituzioni altrettanta chiarezza.
Franco Belci - segretario generale Cgil Trieste

 

 

Libro sull’alta velocità al Caffè Tommaseo

 

Stringono i tempi per non perdere l’ultimo treno per il corridoio 5, Lisbona-Kiev, attraverso la pianura Padana. A proporre una riflessione sull’argomento, oggi alle 18 al Caffè Tommaseo viene presentato il libro di Franco Migliorini «Un corridoio tutto da inventare - L’alta velocità per far crescere città e distretti» (ed. Marsilio), e che rientra nella serie proposta dalla rivista «Nordesteuropa.it», con la collaborazione della Fondazione Nordest. Il tema scelto per l’incontro è: «Alta velocità, ultima chiamata (il corridoio 5 come strumento per aprire nuove relazioni a livello europeo e locale)». A discuterne, con la regia del direttore de «Il Piccolo» Sergio Baraldi, sono Paolo Costa, presidente della commissione trasporti dell’Europarlamento, Claudio Boniciolli, presidente dell’Autorità portuale, ed Enrico Marchi, presidente di Save spa. Presenta Caterina Della Torre, presidente di Aidda regionale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 21 giugno 2007

 

 

Ferriera, i residenti: «Polveri, ora la verità» - «Controllate anche il ricreatorio Gentilli». Dipiazza: andrò a Roma con Illy

 

Le testimonianze di un gruppo di servolani che ha fatto controllare le emissioni dall’Arpa e chiede verifiche più accurate

Vogliono sapere se nel posto in cui vivono l’aria è pulita. Se il pulviscolo nerastro che si deposita su davanzali, giardini e automobili possa in qualche modo rappresentare un rischio per la loro salute. E per questo, in via autonoma, hanno già fatto intervenire diverse volte i tecnici dell’Arpa. Ora chiedono di più: che i periti effettuino dei rilevamenti a campione sulle concentrazioni delle polveri sottili pm10 anche all’interno delle case e non soltanto all’esterno, ovvero tramite le centraline presenti sulle pubbliche vie. Chiudere o non chiudere lo stabilimento, per i residenti delle vie immediatamente prospicenti alla Ferriera, è un aspetto della vicenda che passa in secondo piano rispetto a quello primario dell’integrità fisica. Ed è il motivo per cui diverse famiglie, deluse dal fatto di veder diventare lettera morta le proprie proteste, si sono attivate da sole, sollecitando interventi o raccolte firme, e chiamando con frequenza i vigili urbani del Comune di Trieste per ottenere un riscontro ufficiale dei disagi patiti. Così sono arrivati ad apprendere che, in taluni casi, i livelli di concentrazioni delle polveri sottili hanno superato i limiti fissati per legge.
Il sindaco Roberto Dipiazza, ieri sera, è intervenuto sulla Ferriera: «L’impianto siderurgico, come testimoniano i dati Arpa, non può più convivere con l’abitato. Noi siamo riusciti a creare un movimento comune, ora l’obiettivo è trovare un modo per riconvertire la struttura e ricollocare 500 lavoratori. I tempi sono maturi: chiederò a Illy di venire con me a Roma per rintracciare assieme gli ammortizzatori sociali, così la chiusura non avrà un costo sociale».
Ma intanto, da qualche giorno, una nuova battaglia si è aperta e riguarda il ricreatorio Gentilli, un polo aggregativo assai frequentato. Il signor Nevio Tul, che ha 67 anni e risiede al civico 15 di via Pitacco, si è deciso a prendere carta e penna per inoltrare un reclamo al Servizio ambiente del Comune, nel quale ha richiesto, venerdì scorso, la misurazione costante delle polveri sottili all’interno del centro, da parte dei tecnici Arpa. Questo perché, come ha rimarcato Tul allegando documenti relativi agli sforamenti registrati in più occasioni dalla centralina di via Carpineto, il ricreatorio si trova distante poche decine di metri dalla stessa centralina. Una circostanza, questa, che evidentemente lo spinge a supporre che anche lì ci potrebbero essere significativi superamenti dei valori. «Vivo da dieci anni nella casa ch’era di mia madre - spiega Nevio Tul - e mi sono deciso a inoltrare il reclamo al direttore del Servizio ambiente, l’ingegner Caputi, perché è mio dovere, giunto a quest’età, preoccuparmi per le future generazioni. Il ricreatorio, infatti, è meta quotidiana di tanti ragazzi, tra cui pure mio nipote Pietro, di 7 anni. E non scordiamo che il quartiere di Servola, vessato da fumi e imbrattamenti, ospita un asilo in via Pane bianco e uno in via Svevo, dove ci sono anche una scuola elementare e una media. E poi abbiamo l’elementare di via Marco Praga e la saletta della scuola De Marchi. Vale quindi la pena ricordare che le polveri, una volta penetrate nei locali, non sono di così facile rimozione». Una domenica pomeriggio, lo scorso 18 marzo, Tul ha chiamato la Polizia municipale a causa del rinvenimento di pulviscolo nero sul pavimento del proprio terrazzo. La sera stessa, alle 20.30, un tecnico dell’Arpa ha misurato, all’interno della casa, una concentrazione di pm10 pari a 68 microgrammi per metro cubo. Il limite, solo per l’ambiente esterno, è fissato a quota 50. Anche a seguito di ciò, duecento abitanti della zona prospicente lo stabilimento della Ferriera (vie Pitacco, San Lorenzo in Selva, dei Giardini, Ponticello) hanno sottoscritto una petizione nella quale, per via delle «continue e abbondanti emissioni di polveri e gas irritanti che creano problemi alle vie respiratorie e non solo», chiedono «che i rilevamenti delle concentrazioni delle polveri sottili pm10 eseguiti dall’Arpa siano effettuati a campione anche all’interno delle case e non soltanto all’esterno». «È dal ’97 - conclude Tul - che le lamentele vanno avanti senza che la situazione migliori davvero. E lo scenario non cambia nonostante i recenti proclami fatti dall’azienda o le passate delibere dell’amministrazione, la quale già nel ’99 annunciava tavoli di concertazione per "permettere nel tempo un generale miglioramento, dal punto di vista ambientale, del sito industriale con conseguente positiva ripercussione sulla qualità della vita circostante" (delibera 28 giugno 1999, ndr). Ora siamo veramente stufi».
Che la situazione, negli ultimi tempi, sia diventata insostenibile lo conferma anche chi nel rione ci abita da sempre. «Sono nata a Servola e ci vivo da 59 anni - racconta la signora Luciana Suman, residente in via Ponticello 24 - da bambina giocavo all’aperto senza accusare alcun tipo di problema: oggi, quando vengono a trovarmi i nipoti di 11 mesi e 6 anni, non li posso nemmeno portare in cortile. Già questo indica che qualcosa è cambiato. Viviamo barricati in casa e non siamo liberi di tenere aperte le finestre quando ci pare. Possiedo un ciliegio, ma non ne mangerei mai i frutti. Due anni fa, dopo una giornata trascorsa tra puzze e fumi, nella mia via sono stati rilevati 660 microgrammi per metro cubo di pm10. Posso credere che ciò faccia bene alla nostra salute? Si vive male: da due anni ho la bronchite, come altre persone nel quartiere, e non sono neppure una fumatrice. E nella via Ponticello, ci sono bambini che soffrono di gravi patologie: certo non si può dire nulla ma la situazione preoccupa». Il marito della signora Luciana,
Giuseppe Sindici, ha lavorato a lungo nella Ferriera: «Prima non c’erano queste condizioni - conclude - e lo so bene perchè tutti gli ambienti venivano controllati e manutenuti con costanza e assiduità. L’ultimo anno di lavoro l’ho fatto sotto la direzione Lucchini: ebbene, da 8 manutentori, in quei mesi, si passò a 4 e pure la manutenzione preventiva non veniva più compiuta ma si assicurava solo quella di rottura. La progressiva privatizzazione dell’impianto ha generato le attuali condizioni. Oggi, a ogni protesta, vengono promessi interventi per contenere o azzerare le emissioni, ma io dico che se questi lavori fossero stati eseguiti, non ci troveremmo oggi in queste condizioni».

Tiziana Carpinelli

 

  

BONIFICHE - «Sito inquinato, la Provincia non ha competenza» - Caratterizzazioni e bonifiche spettano all’Ezit in base a una legge regionale

 

La presidente dell’ente Bassa Poropat replica alla proposta del senatore Camber sul «censimento» delle aziende

Per superare la paralisi dello sviluppo economico, Assindustria afferma che vanno trasferite all’Ente zona industriale le risorse previste dal piano nazionale

La già intricata questione delle bonifiche si «arricchisce» della polemica politica. Replicando indirettamente alla proposta del sen. Camber al consiglio di amministrazione dell’Ezit (censimento dell’attività delle singole aziende da assegnare alla Provincia, ndr), e a quanti l’hanno sostenuta, la presidente dell’ente, Bassa Poropat, afferma che «una disinformazione, forse strumentale, è alla base di quanti sostengono che la Provincia abbia competenze dirette nella bonifica del Sito inquinato di interesse nazionale».
La Bassa Poropat ricorda poi che è stata la Regione, con la legge 15/2004, ad affidare all’Ezit il compito di predisporre il piano di caratterizzazione dell’area, e aggiunge che «questa attribuzione fu polemicamente contestata dalla passata amministrazione provinciale, che la definì illegittima, e sulla base di questa convinzione la Provincia fu l’unico ente a non sottoscrivere l’accordo di programma».
Entrando nel merito della proposta di una verifica azienda per azienda del tipo di attività, per individuare quelle inquinanti, la presidente della Provincia precisa poi che «il primo obiettivo del piano di caratterizzazione consiste nel descrivere tutte le attività che si sono svolte e che si svolgono sul sito inquinato. Il piano – aggiunge – deve inoltre individuare le correlazioni tra le attività che si sono svolte storicamente nell’area e la contaminazione ipotizzata».
La Bassa Poropat conclude affermando che «anche volendo la Provincia non potrebbe occuparsi di un compito che una legge regionale ha affidato all’Ezit, ente con il quale, a differenza della passata amministrazione, condividiamo modalità e finalità dell’operato».
La Regione intanto va avanti sul fronte della bozza dell’accordo di programma per la messa in sicurezza della falda inquinata (la contestata barriera a mare), bozza che il ministero dell’Ambiente ha inviato agli enti locali qualche settimana fa.
Nella sede dell’assessorato all’Ambiente stamane si riuniranno quindi, oltre ai funzionari della Regione, la presidente della Provincia, il sindaco di Muggia, il presidente dell’Ezit, il Comune di Trieste e l’Autorità portuale. Al centro della discussione, come detto, i contenuti della bozza di accordo, in vista della risposta che il ministero attende entro il 30 giugno.
Sul nodo del sito inquinato e delle bonifiche interviene anche l’Associazione industriali, ricordando che sono trascorsi più di quattro anni dal decreto di perimetrazione del sito. «I criteri di definizione delle aree da porre sotto indagine – rileva Assindustria – in quanto non originati da logiche scientifiche hanno introdotto ulteriori complicazioni giungendo al risultato attuale: la totale paralisi dello sviluppo economico della provincia». Paralisi dovuta al fatto che non ci sono aree per nuovi insediamenti produttivi ma non si possono neanche ampliare le attività esistenti.
Per superare l’impasse Assindustria ribadisce che «è necessario trasferire all’Ezit le risorse destinate al piano nazionale di bonifica, per effettuare le investigazioni delle matrici ambientali e quindi intervenire sui punti di reale criticità».
Con le norme attuali, secondo gli industriali, i costi per le bonifiche sono insostenibili. «Per il sito di Trieste, la stima delle risorse necessarie ammonta a oltre 500 milioni di euro. E se da un lato – osserva Assindustria – non è ancora chiarito come si garantirà la copertura economica, dall’altro non c’è l’esplicita garanzia di tutela per chi è estraneo a ogni responsabilità di inquinamento, in armonia con il principio comunitario ”chi non ha inquinato non paga”». Si devono quindi focalizzare gli sforzi, concludono gli industriali, per il recupero ambientale delle situazioni di provata criticità, prevedendo gli interventi e i costi in relazione all’accertamento delle responsabilità.
gi. pa.

 

 

Cattinara, dagli scarichi spunta il toluene  - Tre i nomi degli indagati finora emersi, sull’identità degli altri due massimo riserbo in Procura

 

Una nota dell’azienda ospedaliera precisa le modalità di eliminazione dei prelievi organici e aggiunge particolari inquietanti alla vicenda

Non c’è solo l’indagine del sostituto procuratore Maddalena Chergia sulla presunta violazione delle norme ambientali nel laboratorio analisi di Cattinara, ma ora spunta anche il caso del toluene.

A denunciarlo pubblicamente sono gli stessi vertici dell’Azienda ospedaliera triestina (e non l’azienda per i servizi sanitari come erroneamente indicato ieri). In una nota si legge che l’idrocarburo altamente cancerogeno usato solitamente come solvente di vernici è stato «rinvenuto nei reflui dell’ospedale» dai carabinieri dei Nas. «Appare quantomeno sorprendente - continua il documento - che tale sostanza possa essere stata rinvenuta se non per effetto di possibili comportamenti dolosi di soggetti interessati a danneggiare l’immagine dell’ospedale di Trieste».
Intanto si è appreso che nei prossimi giorni il magistrato che dirige l’indagine inizierà gli interrogatori degli indagati. Si tratta del direttore di presidio Lucia Pelusi, del responsabile del laboratorio Bruno Biasioli e del tecnico del dipartimento Maurizio Canaletti. Indagati anche altri due dirigenti sulla cui identità viene mantenuto il massimo riserbo. Per tutti i cinque è ipotizzata a vario titolo l’accusa di concorso nella violazione dell’articolo 256 del decreto legislativo 152 del 2006 riguardante la gestione dei rifiuti speciali.
L’altra mattina i carabinieri dei Nas hanno posto sotto sequestro preventivo - come ordinato dal gip Raffaele Morvay - sei apparecchiature per le analisi concedendo «la facoltà d’uso condizionata - si legge nel provvedimento - alla regolarità dello smaltimento dei rifiuti prodotti». In pratica il provvedimento giudiziario riguarda esclusivamente i raccordi di collegamento delle apparecchiature alla rete fognaria cittadina. Tant’è che anche ieri sono state eseguite regolarmente le analisi. In tutto come ogni giorno in numero di circa 400.
Sulla vicenda si registra una precisazione dell’Azienda ospedaliera. «In nessun caso sostanze organiche potenzialmente infette, quali sangue, urine ed altro o reagenti concentrati sono stati sversati nella rete fognaria cittadina - si legge -. Ciò che invece è oggetto di verifica, a seguito dell’ispezione dei Nas, è la liceità dello smaltimento attraverso la rete fognaria delle acque di lavaggio delle apparecchiature oggetto di sequestro che possono rientrare nella tipologia degli scarichi industriali la cui eliminazione attraverso la rete fognaria risulta, tra l’altro, debitamente autorizzata dal Comune».

Corrado Barbacini

 

 

Timignano resta zona verde - Importante decisione della giunta anche per i borghi carsici

 

Opicina, Timignano e Poggi Sant’Anna non diventeranno agglomerati di cemento, ma conserveranno la fisionomia attuale, più equilibrata e a misura d’uomo. L’annuncio è stato dato ieri dall’assessore Maurizio Bucci, che ha parlato di «correzione di tiro rispetto al precedente progetto di urbanizzazione. Il piano partiva dal presupposto di una crescita esponenziale della popolazione residente in queste aree, fenomeno che non si è avverato. Abbiamo perciò pensato di rivedere stime e progettazione, adottando la variante che permette ai residenti, che più volte avevano chiesto quale sarebbe stato il loro futuro, di dormire sonni più tranquilli».
I volumi di edificabilità di Poggi Sant’Anna e Timignano scendono del 50 per cento, quelli di Opicina del 30 per cento. Calano anche le altezze massime: le altezze delle costruzioni C3 non potranno superare i 6 metri e mezzo a Timignano e Sant’Anna e i 7 e mezzo a Opicina. Quindici metri invece la soglia per gli edifici ex C1. «Siamo soddisfatti di poter fare questo annuncio – ha proseguito Bucci – perché così si salvaguarderanno le aree verdi esistenti, che altrimenti avrebbero dovuto essere sacrificate a un processo di cementificazione».
In particolare i nuovi limiti delle altezze sono stati giudicati dall’assessore comunale «un concreto segnale di risposta alle esigenze della popolazione residente, che temeva di veder modificato il proprio spazio e di perdere, nei casi nei quali esiste – ha aggiunto – la possibilità di godere del panorama». Nell’occasione, Bucci ha commentato anche altre scelte della giunta: «Un ulteriore primo importante passo è stato fatto anche per Basovizza, Trebiciano e Longera – ha specificato - tre borghi carsici che, sentiti i residenti, abbiamo voluto mantenere e rispettare nei loro equilibri e nella tipologia abitativa che è propria di queste specifiche e caratteristiche zone». Bucci ha concluso: «Intervenire in questa materia è molto delicato, si va a incidere direttamente su interessi economici evidenti».
u. s.

 

 

L’Azienda sanitaria dice sì alla vetreria - Ma l’ok è vincolato a due prescrizioni: trasporti via mare e monitoraggio delle emissioni

 

In Regione è arrivato il parere bis sulle ricadute per la salute umana dell’impianto Sangalli a San Giorgio di Nogaro

Ora si attende il verdetto dell’Arpa. Poi si riunirà la commissione Via - I comitati del «no» sono già pronti a ricorrere alle vie giudiziarie

TRIESTE Un parere favorevole con prescrizioni. Due in particolare: l’obbligo del trasporto di materia prima via mare e un monitoraggio continuo al camino. L’Azienda sanitaria della Bassa friulana dà il via libera, seppur condizionato, alla vetreria di San Giorgio di Nogaro: un primo importante passo verso l’insediamento in Friuli dello stabilimento voluto dall’azienda Sangalli. Il documento, firmato dal responsabile del servizio igiene-tecnica Carlo Piani, è arrivato ieri mattina negli uffici della direzione regionale dell’Ambiente.
SÌ VINCOLATO Parere favorevole con prescrizioni, sintetizza l’Ass numero 5. Innanzitutto si chiede alla Sangalli di provvedere via nave all’approvvigionamento di materia prima, con movimentazione dal porto allo stabilimento per mezzo di nastri trasportatori chiusi, in modo da non superare i 4 viaggi di camion per ora. E, altra condizione per un via libero definitivo, l’Azienda sanitaria impone l’installazione di una centralina di monitoraggio delle emissioni inquinanti, in modo da verificare costantemente il rispetto dei parametri di legge. In particolare, si controlleranno le emissioni di polveri sottili, biossido di zolfo, ossido e biossido di azoto. L’installazione, si precisa ulteriormente, dovrà avvenire prima della messa a regime della vetreria e dovrà essere concordata con la stessa Azienda sanitaria della Bassa.
PARERE BIS Il documento consegnato alla direzione dell’Ambiente è la risposta alla richiesta della Regione che, di fronte a una prima espressione dell’Ass che si prestava a interpretazioni difformi, aveva rispedito le carte al mittente sollecitando un parere inequivocabile. Parere che adesso è arrivato e che si aggiunge a quelli favorevoli di San Giorgio di Nogaro, Torviscosa e Carlino, mentre a dire «no» al nuovo insediamento industriale nella Bassa sono stati la Provincia di Gorizia, Marano e Porpetto.
L’OK DI SAN GIORGIO A inizio gennaio, con la premessa di una relazione di un gruppo di lavoro dell'Università di Trieste che aveva individuato varie prescrizioni, il consiglio comunale di San Giorgio aveva dato il suo ok allo studio di impatto ambientale e alla relazione di incidenza presentati dalla Sangalli su un progetto che ipotizza 220 occupati e una produzione di 600 tonnellate al giorno di vetro float. Ma, da subito, non erano mancate le perplessità di ambientalisti e cittadini, preoccupati in particolare per le emissioni in atmosfera, soprattutto perché sommate a quelle della centrale a turbo-gas di Torviscosa e, in prospettiva, pure a quelle del cementificio.
LE POLEMICHE Il comitato di difesa ambientale parlò di «attentato alla salute pubblica». Paolo De Toni, in particolare, segnalò le concentrazioni di ossido di azoto «oltre i limiti di legge», denunciò la riduzione del camino progettato da 80 a 60 metri, il non rispetto del protocollo di Kyoto, la mancata realizzazione di una barriera di mascheramento a protezione della laguna e l’assenza di una comparazione quantitativa con gli impatti ambientali dello stabilimento che la Sangalli ha già in Puglia.
IL NO DI GORIZIA Molto chiaro anche il «no» tecnico della Provincia di Gorizia. Nel documento firmato dal responsabile della gestione ambientale territoriale Fabrizio Mores si argomenta la bocciatura del progetto Sangalli con la mancata notifica della valutazione ambientale, con conseguente richiesta di parere alla commissione europea (necessaria per un insediamento che impatta su un Sic, quello della laguna di Grado e Marano) e con problemi relativi agli aspetti paesaggistici, al rumore e alle emissioni in atmosfera.
LE EMISSIONI A questo punto la partita, una volta raccolto pure il parere dell’Arpa, atteso a breve, si sposterà in commissione Via. Mentre, inevitabilmente, i comitati torneranno a protestare. L’ambientalista sangiorgino Paolo De Toni, sin d’ora, non esclude il ricorso al Tar. E pure Mareno Settimo, portavoce del comitato «No al cementificio», si è già detto pronto a replicare la battaglia vinta la scorsa settimana con lo stop della giunta all’insediamento di Torviscosa (il cui consiglio comunale, questa sera, discuterà dell’inceneritore di «fluff», bocciato martedì a San Giorgio). Secondo Settimo le emissioni di ossido di azoto sono più rilevanti nel progetto del cementificio (1700 contro 1400 tonnellate annue) ma la vetreria creerebbe maggiori problemi con il biossido di zolfo (750 contro 300-350).
Marco Ballico

 

 

Maxi-incentivi alle aziende non inquinanti - Li chiede Fortuna Drossi: «Servono 50 milioni di euro per favorire una svolta nelle politiche di sviluppo»

 

TRIESTE Chiusa la vicenda cementificio, ma con il caso-vetreria ancora in piena bagarre, Uberto Fortuna Drossi lancia una proposta che coniughi le esigenze di sviluppo dei territori «inquinati» con la compatibilità ambientale. Il consigliere regionale dei Cittadini è pronto a presentare in consiglio un ordine del giorno con il quale chiede alla Regione di stanziare dei contributi importanti, ovvero 50 milioni di euro in 10 anni, alle aziende non inquinanti che si insediano su territori da bonificare.
«Il problema che dobbiamo affrontare - spiega Fortuna Drossi - è che le aziende che si insediano nei siti inquinati, come ad esempio la zona di Torviscosa e dell’Aussa Corno, a loro volta nella maggior parte dei casi producono inquinamento. Quindi, pur essendoci l’obbligo di bonificare l’area, le popolazioni si ritrovano dopo qualche decennio a dover convivere in una zona inquinata. Al tempo stesso la Regione ha un limite di intervento sotto forma di contributi determinato dalla normativa europea sugli aiuti di Stato che ammonta a 200 mila euro per azienda». La proposta di legge che Fortuna Drossi intende depositare ha l’intento di incentivare lo sviluppo nei siti inquinati di aziende innovative. In questo modo si verrebbe incontro alle esigenze, più volte sottolineate negli ultimi giorni dai sindaci della Bassa, di alimentare il tessuto economico della zona con conseguenti importante ricadute sui livelli occupazionali ma senza incidere sulla salute degli abitanti e sull’equilibrio dell’ecosistema.
«Per superare il ”de minimis” imposto dalla legge europea - spiega Drossi Fortuna - sarebbe ammissibile il contributo della Regione alle imprese che dimostrano di produrre a emissioni zero. E queste non possono che essere aziende che operano nel campo dell’hi-tech, in quanto anche le imprese ”pesanti” che hanno adottato i sistemi più avanzati di filtraggio delle emissioni, comunque inquinano l’atmosfera e il territorio. Nel bilancio della giunta, visti gli importi degli incentivi erogati negli ultimi anni alle imprese del Friuli Venezia Giulia, non è difficile trovare una posta di 50 milioni di euro da spalmare su dieci anni. Diventerebbe molto conveniente dunque per le aziende accollarsi l’onere della bonifica per poi insediare le loro strutture. Non dimentichiamo che il costo di un terreno industriale da bonificare costa al metro quadro, oltre il triplo di un’altra area edificabile destinata a uso industriale».
Ma quale potrebbe essere l’iter istituzionale e quali i tempi per rendere operativa la proposta? «Io ho intenzione, come avevo già accennato in aula durante il dibattito sul cementificio - conclude il consigliere dei Cittadini - di depositare un ordine del giorno che preferirei fosse concordato con la giunta regionale. Per rendere operativa l’iniziativa sarebbe sufficiente apportare una modifica alla Finanziaria. Tutto diventa facile se la maggioranza e l’esecutivo appoggeranno l’operazione che comporta una scelta netta di una politica industriale volta a incentivare attività produttive non tradizionali».
ci.es.

 

 

Caldo africano, consumi record di elettricità - Allerta nel Centrosud: domani previste temperature oltre i 37 gradi. Protezione civile mobilitata

 

ROMA L’allarme arriva dai meteorologi: da ieri e fino a sabato le colonnine di mercurio continueranno a salire, specie nelle regioni centromeridionali. Un avvertimento subito rilanciato dalla Protezione civile che ha fatto scattare l’allarme rosso a Catania, Palermo, Campobasso, Bari e Pescara, le cinque città in cui viene segnalato il «livello 3» d’allerta, ossia il più alto.
Il momento più difficile, segnala sempre la Protezione civile, è atteso per domani, quando le temperature supereranno abbondantemente i 30 gradi arrivando a toccare i 37 gradi a Catania e i 35 a Bari e Palermo. E parallelamente al gran caldo incalza la possibilità che possano crearsi situazioni di pericolo per i più anziani, specie quelli che vivono soli, ma anche la massima attenzione per i consumi di elettricità, volati in queste ore verso i picchi storici in seguito all’utilizzo massiccio di condizionatori d’aria e refrigeratori. Proprio ieri è stato toccato il record del 2007, segnando intorno a mezzogiorno i 54 mila megawatt consumati. Attesa oltre ogni limite, alla fine l’estate è arrivata portandosi appresso un caldo afoso e umido.
Ma nonostante le già alte temperature di questi giorni siano destinate ad aumentare ancora, non dovremmo arrivare ai picchi di calura toccata negli anni scorsi. Per Gianfranco Maracchi, direttore dell’istituto di biometeorologia Ibimet-Cnr di Firenze, «questa sarà un’estate con ondate successive di calore ma non sarà come quella del 2003». In attesa di vedere cosa accadrà nelle prossime settimane, il caldo comunque si fa sentire. Il Centrosud continua a essere la parte d’Italia più presa dalla morsa del caldo. Già ieri si boccheggiava nelle cinque città considerate più a rischio. A Catania i 37 gradi attesi per domani si sono già sfiorati (36,8 gradi), contro i 35 di Palermo, 30 di Campobasso, 33,6 di Pescara e 34,6 di Bari. Ieri consumati 54 mila megawatt, cifra non distante dal record del 2006: 55.600 megawatt. Nonostante la forte richiesta non dovrebbero sussistere però pericoli di black-out.
Carlo Rosso

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 20 giugno 2007

 

 

Ferriera, polveri 40 volte oltre i limiti - Cinquanta sforamenti in un anno. Il 65% delle pm10 è costituito da carbone (vedi tabella)

 

Il Comune ha diffuso i dati delle rilevazioni dell’Arpa nell’ambito della convenzione per il monitoraggio dello stabilimento

L’inquinamento (grave) del suolo e del mare prodotto dall’attività della Ferriera è stato quantificato qualche giorno fa attraverso i dati del ministero dell’Ambiente diffusi dai Verdi. Ma anche le misurazioni degli inquinanti nell’aria, attorno allo stabilimento di Servola, non sono meno preoccupanti. E sono cifre pesanti, che in alcuni casi fotografano uno sforamento delle polveri sottili di 40 volte il valore consentito. In questo caso le rilevazioni sono dell’Arpa, effettuate nell’ambito della convenzione triennale sottoscritta con il Comune, che ieri ha fatto un primo bilancio del complesso dei monitoraggi sulle polveri sottili (pm10).
«Lo scorso anno le centraline attorno alla Ferriera, in via Svevo e via Carpineto – ha spiegato l’assessore all’ambiente Bucci – hanno sforato il limite di legge delle pm10 rispettivamente per 50 e 47 giornate, a fronte di 19 sforamenti rilevati in piazza Libertà».
Il limite attuale per le polveri sottili è di 50 microgrammi per metro cubo, che non possono essere superati per più di 35 giorni l’anno. Ma dal 2010 il numero massimo di sforamenti sarà di soli sette giorni annui. Nei primi quattro mesi del 2007, poi, le emissioni di polveri sottili si sono mantenute sui livelli dello scorso anno.
«La Ferriera emette polveri sottili in periodi di tempo molto brevi – ha precisato l’assessore – per cui in pochi minuti si diffondono nell’aria quantità incredibili di inquinanti. E’ un problema che sfugge alle misurazioni medie giornaliere, che per forza di cose danno livelli molto più bassi».
Il Comune ha quindi incaricato l’Arpa di effettuare interventi con misuratori portatili, nei momenti in cui si verificano consistenti emissioni. «Nell’ottobre scorso – ha sottolineato Bucci – l’Arpa ha misurato picchi delle polveri sottili fino a 2200 microgrammi per metro cubo, valore rilevato in via San Lorenzo in Selva, presso la stazione ferroviaria».
Per la prima volta, inoltre, l’Arpa ha collegato la presenza di elevate concentrazioni di polveri sottili alle percezione di forti odori da parte degli abitanti. «L’azienda ha sempre sostenuto – ha ricordato l’assessore – che non c’era relazione tra odori e sforamenti delle polveri sottili. Ora è provato che quando si sente odore si respirano le pm10, con tutti i relativi disagi».
L’Arpa ha misurato anche la composizione delle polveri sottili. Dai rilievi fatti fra il novembre 2006 e l’aprile scorso, risulta che il 65% delle pm10 è costituito da una componente carboniosa, il 25% è fatto di minerali di ferro e il restante 10% da materiali inerti.
Nei primi quattro mesi di quest’anno sono state effettuate ben 2414 rilevazioni orarie, nel corso delle quali l’Arpa ha misurato anche il benzene. La concentrazione media oraria di questo pericoloso inquinante è risultata di 12,8 microgrammi per metro cubo, a fronte di un limite di 8. «In pratica – ha commentato Bucci – uno sforamento costante».
Il Comune ha già trasmesso la documentazione ricevuta dall’Arpa all’Azienda sanitaria e alla magistratura. «Attendiamo di sapere dall’Azienda sanitaria – ha spiegato l’assessore – se questi livelli di inquinamento nuociono gravemente alla salute. In caso affermativo serve un provvedimento deciso, che spetta al sindaco in quanto responsabile della salute dei cittadini».
«La situazione complessiva è preoccupante – ha proseguito Bucci –. Basta quindi col pensare che la Ferriera possa mettersi in regola. Sono troppi anni che lo promettono. Il rispetto dell’ambiente impone l’applicazione delle regole».
Concordando con quanto affermato dal segretario generale della Uil di Trieste, Luca Visentini, Bucci ha poi sostenuto che, nella prospettiva di una chiusura della Ferriera, «bisogna fare i tavoli per studiare la ricollocazione dei lavoratori. La Regione invece continua a fare tavoli per salvare lo stabilimento, cercando di dare l’autorizzaione integrata ambientale a un’azienda che continua a inquinare aria, suolo e mare».
Il problema dell’inquinamento della Ferriera riguarda, secondo l’amministrazione comunale, l’intera provincia. «Tutti i sindaci e le altre istituzioni – ha concluso l’assessore – devono mettersi attorno a un tavolo e studiare come ricollocare i lavoratori dello stabilimento. A nessuno interessa più il business della Lucchini e dei russi. La gente ha diritto a risposte e a chiare prese di posizione».
Intervenendo sul futuro economico della provincia, intanto, l’Associazione industriali afferma in una nota di «non poter immaginare che lo sviluppo industriale dei prossimi anni passi esclusivamente attraverso industrie ad alta tecnologia e con forte tasso di conoscenza».
«E’ un auspicio di tanti – prosegue Assindustria – ma è irrealistico sostenerlo. L’industria di base rimane ancora fondamentale, e sa competere sui mercati proprio perchè ricca di contenuti tecnologici, anche di alto profilo. Si rafforza quindi la necessità – conclude l’associazione – di adottare le più appropriate tecnologie, anche per rendere sostenibile la presenza di queste realtà produttive in termini di impatto ambientale e tutela della salute».

Giuseppe Palladini

 

  

Cattinara, sotto sequestro il laboratorio analisi - Si sospetta che i prelievi venissero scaricati nelle fogne. Indagati cinque dirigenti dell’Asl

 

Blitz nell’ospedale cittadino ordinato dal gip Raffaele Morvay dopo un esposto presentato da una dipendente dell’Azienda sanitaria

I carabinieri del Nas hanno messo sotto sequestro i macchinari delle analisi del laboratorio di Cattinara per violazione delle norme ambientali. I nomi di cinque dirigenti dell’Asl sono iscritti nel registro degli indagati.

Il provvedimento del Gip Raffaele Morvay è stato emesso su richiesta del pm Maddalena Chergia. Per tutti i cinque indagati è ipotizzata a vario titolo l’accusa di concorso nella violazione dell’articolo 256 del decreto legislativo 152 del 2006 riguardante la gestione dei rifiuti speciali.
Il provvedimento di sequestro preventivo è stato notificato ieri mattina ai responsabili del laboratorio e riguarda sostanzialmente i raccordi di collegamento delle apparecchiature alla rete fognaria cittadina.
I carabinieri del Nas si sono presentati alle 8 e hanno controllato tutte le macchine e le strumentazioni incollando copia del provvedimento su ognuna. Sotto sequestro parziale sono finite sei apparecchiature, quattro fanno riferimento al laboratorio che gestisce le urgenze del pronto soccorso, due effettuano esami sierologici.
Le apparecchiature finite nel mirino eseguono ogni giorno non meno di 400 test ematici e altri controlli. In pratica gli esami effettuati ai pazienti del pronto soccorso e ai degenti dell’intero ospedale di Cattinara.
L’ipotesi degli investigatori è che per un lungo periodo da quel laboratorio siano usciti un fiume di sangue e altri liquidi organici. Dopo le analisi i residui sono stati scaricati direttamente nelle fognature della città e non trattati come invece si sarebbe dovuto fare. Un sistema di smaltimento definito alla buona che - sostengono i carabinieri - sarebbe andato avanti per molti anni.
Nel laboratorio analisi diretto dal dottor Bruno Biasioli lavorano quindici tecnici specializzati. Vengono effettuate tutte le analisi riguardanti il sangue ma anche l’urina e le feci.
Da ieri pomeriggio gli scarichi delle apparecchiature incriminate sono stati staccati dalle fognature e in via temporanea sono stati collegati a particolari taniche che verranno di volta in volta prelevate e smaltite da una ditta specializzata. Nessuno dei pazienti dell’ospedale o del pronto soccorso ha subito disagi. Ma è chiaro che il sistema delle taniche è un escamotage provvisorio in attesa che venga realizzata una struttura adeguata di smaltimento.
L’indagine del pm Maddalena Chergia è stata avviata qualche tempo fa dopo la presentazione di un esposto da parte di una dipendente. Nella denuncia erano state riportate con dovizia di particolari svariate presunte manchevolezze e inadempienze della struttura sanitaria di Cattinara riguardanti non solo il laboratorio analisi. Subito dopo la segnalazione è stato effettuato un sopralluogo che ha confermato quanto esposto dalla dipendente. Il 15 giugno il gip Morvay ha firmato il decreto. Ieri mattina è scattato il blitz con il sequestro.
Ieri è stato impossibile avere una dichiarazione riguardo la vicenda da parte della direzione dell’ospedale. I telefonini dei responsabili suonavano a vuoto o erano staccati.

 Corrado Barbacini

 

 

Via Foscolo: 50 firme contro il chiasso notturno

 

Petizione di protesta degli abitanti di via Foscolo contro il chiasso notturno in strada. Continua infatti in centro città la battaglia di chi vuole dormire la notte, contro chi si trattiene fino a tarda ora fuori dai locali. Si tratta di un problema che più volte ha coinvolto la zona di piazza della Borsa, così come quella di Barriera Vecchia. La quinta circoscrizione presieduta da Silvio Pahor (Forza Italia) ha appena consegnato in Municipio una raccolta di 50 firme dei residenti, che si scagliano contro l’eccessiva rumorosità notturna, registrata davanti ad un pub, collocato nella parte alta di via Foscolo, nei pressi della via Vecellio. I residenti due giorni fa avevano consegnato la petizione al consigliere Marcello Corso (Cittadini), perché la inoltrasse alla circoscrizione il prima possibile. «Il problema non è il pub in sé stesso - spiega un residente che chiede l’anonimato - in quanto non fa musica. Piuttosto la rumorosità, che continua ininterrotta sino alle 4-5 del mattino, è dovuta alla clientela che staziona in strada, bevendo, chiacchierando ad alto volume, come si trovassero nel salotto di casa»
d.c.

 

 

Spiagge deserte per paura del mare sporco - Il sindaco Ret, tempestato di telefonate, assicura: «L’acqua è pulita»

 

Dopo le denunce di Doz e il temporaneo divieto di balneazione per i lavori al depuratore

DUINO AURISINA Scogli e zone balneari di Duino deserte, e municipio tempestato di telefonate. Questo l'effetto della denuncia del giorni scorsi da parte di Guido Doz, esponente della lista Un futuro per Trieste e di Agci pesca, che in una conferenza stampa aveva denunciato il pessimo stato di salute del Golfo di Trieste, collegando la mancata efficienza dei depuratori con lo stato del mare, e con il divieto di balneazione temporaneo imposto alcune settimane fa a Duino. Tutto ciò ha causato da parte dei bagnanti la scelta di trascurare la zona degli scogli e i piccoli spazi a disposizione dei bagnanti, e numerose proteste e richieste di informazioni sono state indirizzate al sindaco, che ieri è corso ai ripari: «E' necessario informare le persone che non vige alcun divieto di balneazione a Duino. Lo dico perché mi stanno tempestando di telefonate di protesta, e la zona in questi giorni è deserta. Ma non c'è divieto, e il temporaneo divieto di balneazione dei giorni scorsi non era affatto causato dall'inquinamento».
Ironia della sorte, proprio a Duino - dove negli anni scorsi si erano rilevati alti tassi di inquinanti appunto a causa del non corretto funzionamento del depuratore - si sono concentrati i principali lavori effettuati dall'amministrazione comunale per risolvere il problema della fognatura. Ed era proprio la conclusione dei lavori - ha precisato il sindaco - con la sostituzione di alcuni componenti, ad aver causato per soli motivi tecnici e precauzionali, il temporaneo divieto di balneazione, durato non più di due settimane.
I lavori alle fognature al porticciolo e nella zona a mare di Duino sono stati effettuati negli ultimi mesi, e sono costati oltre 70mila euro: un intervento che ha permesso da un lato di migliorare il sistema di smaltimento, rendendo cioè più «pure» le acque che si riversano in mare, e dall'altro ha previsto un sistema di «riserva», che entra in funzione nel caso in cui quello principale abbia qualche problema: anche in questo caso i liquami non finiscono in mare, ma una in una serie di casse di sicurezza.
«L'acqua a Duino è a posto - ha detto ancora il sindaco -. tanto che la zona di balneazione, addirittura, quest'anno è stata estesa». Il problema fognature a Duino Aurisina resta però tra i punti centrali: si attende la realizzazione del nuovo depuratore che dovrà sostituire quello della Baia di Sistiana, e anche si attendono ulteriori interventi al Villaggio del Pescatore, dove la situazione è sempre stata particolarmente difficile, con tracimazioni, in occasione di grandi piogge e alte maree.
Tornando alle dichiarazioni del sindaco Ret, il primo cittadino ha detto di «non voler entrare nel merito delle affermazioni di Guido Doz per quanto riguarda il generale stato di salute del mare: quello che è certo è che a Duino Aurisina abbiamo investito molto e ci siamo impegnati non poco per diminuire l'impatto della fognatura sull'ambiente circostante. Duino, che in passato aveva sempre evidenziato problemi, quest'anno e anche l'anno scorso aveva garantito un mare pulito. La gente può stare tranquilla, perché gli investimenti hanno avuto ricadute positive».
fr.c.

 

 

SAN DORLIGO Critiche al sindaco dopo la scoperta di grave inquinamento - Gombac: «Siot, allarme tardivo»

 

Curioso apprezzamento, ma anche vibrante polemica con il Comune di San Dorligo da parte della lista civica Uniti nelle tradizioni per l’inserimento della Siot nel sito inquinato di interesse nazionale. Il capogruppo Boris Gombac dice: «Esprimiamo viva soddisfazione per la decisione di inserire la Siot nel sito inquinato presa dalla conferenza dei servizi il 18 maggio. Una richiesta in tal senso era già stata formulata a gennaio dalla nostra lista civica: mozione bollata però col voto contrario della maggioranza e l’astensione dell’opposizione. Era stata presentata dopo due perdite di greggio tra l'agosto del 2006 e il gennaio 2007». Gombac ricorda che la stessa mozione faceva seguito a due interpellanze relative proprio alle perdite di greggio e al sostegno dato alla Siot nella sua contrarietà a essere inserita nel sito di interesse nazionale. «Ma il sindaco – racconta Gombac -, ha risposto che la fuoriuscita di greggio non aveva provocato alcun inquinamento delle risorse d'acqua, e che ’’l’opinione pubblica non è stata informata in quanto non si è trattato di incidente rilevante’’».
Gombac rileva infine che, «al sindaco era stato dato mandato di appoggiare in conferenza il non inserimento dell’azienda nel sito, non essendoci alcun inquinamento delle falde. Su questo abbiamo chiesto chiarezza. Ma – aggiunge - la giunta comunale ha nascosto la verità, e ha fatto approvare le varianti al piano regolatore che consentono la costruzione di tre pozzi all'interno della Siot per le opere irrigue destinate agli ulivi della ’’bonifica agraria’’ a Monte d'Oro». Il consigliere giudica «estremamente grave» tale situazione, visto che il benzene nelle acqua di falda supera di 100 volte i limiti.
s.re.

 

 

Wwf e Italia nostra: «Piano regolatore da rifare»- Domani all’Ariston assemblea pubblica con comitati e consiglieri comunali sul rischio cementificazione

 

Guardare la Costiera e le colline che sovrastano Barcola e vederci sopra solo ville e villette, appiccicate l’una all’altra come funghi spuntati in ogni metro quadro disponibile. Oppure camminare a Basovizza e imbattersi, invece che nei prati che circondano il Sincrotrone, in un mega centro commerciale. Uno scenario che oggi sembra paradossale. Ma Trieste potrebbe essere così tra una decina d’anni? «Forse sì - giurano Wwf e Italia nostra - se le amministrazioni locali non si decideranno a rivedere profondamente il piano regolatore che, così come è stato redatto nel 1997, non impedisce che in certe zone della città avvengano scempi irreparabili».
Ed è proprio per dire no alla cementificazione selvaggia e all’urbanistica «miope e poco trasparente», che le sezioni triestine della due associazioni hanno chiamato a raccolta 14 comitati cittadini, per dare vita a un’assemblea pubblica che si terrà domani alle 18.30 al cinema Ariston in viale Gessi. Un incontro «che speriamo sia caratterizzato da una partecipazione plebiscitaria», hanno spiegato gli organizzatori ieri, nel corso di una conferenza nella sede del Wwf. L’incontro di domani sarà un faccia a faccia tra cittadini e amministratori locali: tra i presenti ci saranno infatti l’assessore all’Urbanistica Maurizio Bucci e i consiglieri comunali Roberto Sasco (Udc), Maurizio Ferrara (Lista Dipiazza), Fabio Omero (Ds) e Alfredo Racovelli (Verdi).
In attesa che l’assessore Bucci, così come annunciato da tempo, tiri fuori dal cilindro la variante al piano regolatore «che - assicura Bucci - punterà a ridurre gli indici di edificabilità e a valorizzare spazi verdi e aree pedonali», Wwf e Italia nostra continuano la loro battaglia in nome di una profonda revisione dello strumento urbanistico. «Le voci delle associazioni ambientaliste e dei cittadini sono rimaste sempre inascoltate - ha affermato Dario Predonzan, responsabile del settore territorio del Wwf regionale -, abbiamo lanciato una raccolta di firme e siamo a quota 3 mila. Però ora serve un’urbanistica partecipata, per arrivare a un piano rispettoso dell’ambiente, in cui lo spauracchio delle speculazioni immobiliari venga allontanato una volta per tutte». Di «urbanistica fatta a casaccio, senza una visione globale della città» hanno parlato Carlo Dellabella, responsabile sezione Wwf di Trieste, e Giulia Giacomich, presidente di Italia nostra.

e.c.

 

 

Scienziati triestini annunciano aumenti di ondate di calore - Saranno 5 volte di più entro il 2100

 

Se l’attuale tendenza all’aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera dovesse continuare, le ondate di calore simili a quelle che nel 2003 provocarono migliaia di morti nel Mediterraneo cresceranno fino a cinque volte entro la fine del secolo.
È questo il preoccupante risultato di uno studio condotto da alcuni ricercatori del Centro internazionale Abdus Salam di Fisica Teorica di Trieste e della Purdue University di West Lafayette, in Indiana, pubblicato sull’ultimo numero dalla rivista scientifica «Geophysical research letters».
Gli studiosi hanno concentrato le proprie analisi su 21 paesi del Mediterraneo, applicando modelli matematici estremamente precisi ai dati sul riscaldamento globale. Le loro deduzioni hanno portato a concludere che le ondate di calore aumenteranno di una percentuale compresa tra il 200 e il 500%. In un tale scenario, sarà la Francia, secondo le proiezioni della ricerca, il paese più colpito dal fenomeno, ma anche l’Italia accuserà il contraccolpo determinato dai mutamenti climatici: «A soffrire saranno soprattutto le coste - spiega Filippo Giorgi, direttore della sezione di fisica della Terra dell’Ictp e coordinatore, per la parte triestina, della ricerca - perchè al caldo si sommerà l’umidità. Nelle nostre proiezioni abbiamo concentrato l’attenzione sulle giornate con più di 35 gradi di massima e più di 20 di minima, così abbiamo visto che, se non si interverrà con decisione sulle emissioni di gas serra, nelle zone più colpite si arriverà a registrare 40 gradi per ogni estate».
L’ondata di calore che colpì l’Europa nel 2003, provocò in Italia un eccesso di morti rispetto all’anno precedente pari a circa 3 mila unità, e addirittura di 15 mila in Francia. Lo studio ha mostrato, infine, come una riduzione nelle emissioni potrebbe ridurre del 50% l’intensificazione del numero di giornate estremamente calde.
ti. c.

 

 

AMBIENTE, È L’ORA DELLE SCELTE

 

Da quando esiste il dibattito sulla Ferriera di Servola le posizioni sono sempre le stesse: da una parte chi chiede la chiusura per l'insopportabile livello di inquinamento e dall'altra chi, con varietà di accenti, vuole che l'azienda continui a produrre a qualsiasi costo.
Se la questione, posta in questi termini, non si è risolta in questi ultimi 15 anni pensiamo sia ora di cambiare alcuni fattori, pena il medesimo risultato.

I fatti degli ultimi anni dicono che: le denunce in merito alla situazione ambientale non erano follie di pochi visionari e così le valutazioni sui rischi della salute dei lavoratori e dei cittadini; le politiche di ricollocazione non hanno funzionato; le promesse di piani di ristrutturazione degli impianti in funzione di una produzione non nociva sono rimasti lettera morta; i passaggi di mano della proprietà hanno portato solo al peggioramento delle condizioni di lavoro e allo sfruttamento degli impianti oltre il limite di sicurezza; gli utili si realizzano soprattutto nella cogenerazione di energia e nei relativi incentivi: finiti quelli l'azienda non ha più interesse a continuare la produzione; si è acclarato che nei piani strategici della Severstal-Lucchini Trieste non c'è.
Proponiamo di rivedere alcuni passaggi dei ragionamenti che si fanno da molti anni: le attività portuali che possono essere sviluppate sulla linea di costa prospiciente la ferriera sono, in prospettiva altamente remunerative e strategiche per l'azienda, se concordate in un piano generale di sviluppo del porto Gli 800.000 mq prospicienti al mare che costituiscono il terreno della Servola spa sono un patrimonio di grande rilievo se bonificato, la logistica portuale e molte altre attività si potrebbero insediare in quel sito.
I costi delle bonifiche per una attività altamente inquinante come quella sono costi certi, cioè la Ferriera dovrà affrontarli comunque per la vastità dell'area, per la collocazione centrale nel complesso del porto, per l'invadenza dell'impatto delle attività presenti, mantenere la ferriera costituisce il più grosso tappo allo sviluppo economico della città Non conviene far conto su aziende decotte per mantenere una percentuale di attività cittadine nell'industria, conviene individuare come attrarre industrie strategiche e innovative.
A nostro giudizio si tratta di dichiarare in modo irreversibile lo stato di emergenza occupazionale/ambientale. I mezzi convenzionali non hanno funzionato per troppo tempo e non sono in grado di costruire passaggi credibili di soluzione. Tutti coloro che con varia intenzione e responsabilità stanno cercando di mettere "una pezza" sull'emergenza sono i peggiori nemici del benessere della città e dei suoi cittadini, anche di quelli che lavorano nello stabilimento.
La Ferriera va chiusa perchè sono i conti economici che lo sanciscono. La questione ambientale è impostata (non risolta) in modo adeguato, il sito di interesse nazionale esiste e pur dopo molte difficoltà le emergenze, una ad una, verranno affrontate. La questione del lavoro necessita di una soluzione che veda lo stato direttamente coinvolto nella ricerca di soluzione straordinaria.
Nulla vieta di immaginare un accordo generale da costruire e perseguire attraverso il concorso positivo di tutti gli attori locali e i ministeri competenti: Lavoro, Ambiente, Sviluppo. La mole dei problemi e la vastità della progettualità da mettere in atto prevedono uno sforzo di queste dimensioni, se la città, compatta, lo chiedesse, si potrebbe finalmente iniziare un percorso che potrebbe riscattare tutti da quel fallimento collettivo che alcuni giorni fa veniva ammesso.
Non è il più il tempo della negazione o della testa sotto alla sabbia, non è mai controproducente informare i cittadini e i lavoratori nascondendo i dati, anche se allarmanti, ma è il tempo della decisione e delle scelte. Noi faremo la nostra parte, speriamo che ognuno si assuma la responsabilità della propria.
Alessandro Metz - consigliere regionale dei Verdi

 

 

Vetreria, no della Provincia di Gorizia - Gherghetta: bocciatura tecnica, non politica. Pronto il parere dell’Azienda sanitaria

 

L’amministrazione isontina chiamata in causa per la laguna di Grado e Marano. Metz: dopo il cementificio non va abbassata la guardia

Un parere, prosegue il leader verde «che contiene tra l’altro la segnalazione di un grave vizio di forma: la mancata notifica della valutazione di incidenza, con conseguente richiesta di parere alla Commissione europea, necessaria su un insediamento che impatta su un Sic, quello della laguna di Grado e Marano».
IL NO DI GORIZIA Quello firmato dal responsabile della gestione tecnico ambientale territoriale della Provincia di Gorizia Fabrizio Mores, e invitato alla direzione regionale dell'Ambiente servizio Via, è un parere “non favorevole”, a ribadire quello già espresso il 22 dicembre dell’anno scorso da parte di un’amministrazione chiamata a esprimersi sulla vetreria Sangalli di San Giorgio viste le possibili conseguenze ambientali sulla laguna di Grado. Le integrazioni al primo parere non sono bastate: non solo, si legge, «non risulta essere stato richiesto il parere alla Commissione europea», ma ci sono pure problemi relativi agli aspetti paesaggistici, «acuiti dalle modifiche progettuali proposte» (aumento delle altezze dei capannoni e del camino), al rumore e alle emissioni in atmosfera: i tecnici della Provincia rilevano una generale carenza di dati.
PARERE TECNICO Il presidente Gherghetta, tuttavia, non boccia la vetreria. «Si tratta di un parere tecnico, non politico – precisa –. Sui pareri di Via decidono infatti i tecnici, nel rispetto delle leggi. Se dunque l’imprenditore che vuole quell'insediamento rispetterà le prescrizioni citate nel documento non ci sarà alcun problema a procedere secondo le normative vigenti. Altra cosa è stato il “no” politico al rigassificatore davanti a Grado che contrastava lo sviluppo economico-turistico del territorio».
ALTRI ENTI Nei giorni scorsi, si era registrata una frattura nel fronte dei Comuni interessati, con Marano e Porpetto fermamente contrari, San Giorgio, Torviscosa e Carlino favorevoli all’insediamento industriale e Terzo che ha preferito, per il momento, sospendere il giudizio in attesa di dati precisi e attendibili. Il sindaco Fulvio Tomasin, in particolare, ha smentito in modo perentorio la tesi secondo cui la Bassa Friulana rifiuterebbe qualunque progetto in modo aprioristico. Ha anzi sottolineato l’esigenza di dotare il territorio, e in particolare la vasta area industriale di San Giorgio, di un sistema di centraline che valutino il livello di emissioni nell’atmosfera.
VERTICE INTESA Anche la politica, prima di esprimersi, attende dati certi. A partire dal parere dell’Azienda sanitaria numero 5, atteso a giorni, che altre fonti confermano essere favorevole. Anzi, secondo indiscrezioni, sarebbe già stato firmato, e porrebbe un sì condizionato, con prescrizioni, alla vetreria. Circostanza non confermata dall’assessore Ezio Beltrame: «E’ di competenza dei tecnici, e non ho anticipazioni» sottolinea.
Intanto, Intesa democratica, su richiesta di Mauro Travanut, si riunirà alla fine di questa, più probabilmente la prossima settimana per discutere del nuovo caso ambientale nella Bassa friulana ed evitare preventivamente altre pericolose spaccature in maggioranza. «E’ un incontro assolutamente necessario – commenta Metz – perché non vorrei ci fossero appagamenti da parte delle forze politiche o di singoli consiglieri dopo la vittoria del cementificio. Sarebbe sbagliatissimo avallare la vetreria».
SOSPETTI Secondo il consigliere verde la mancata richiesta alla Commissione europea «è già motivo sufficiente per impugnare un eventuale parere positivo della giunta da parte di un cittadino, di un’associazione o di un Comune».
Marco Ballico

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 19 giugno 2007

 

 

Bonifiche, la Cdl: no alla muraglia a mare  - All’Ezit i parlamentari del centrodestra bocciano la proposta del ministero dell’Ambiente

 

Al cda straordinario hanno potuto partecipare solo i senatori Antonione e Camber e l’on. Menia. Rosato, Budin e Cuperlo trattenuti a Roma

Una condanna decisa della «muraglia» a mare prevista dal ministero dell’Ambiente per contenere le acque inquinate. Ma anche un invito alla Regione e alle istituzioni locali a far sentire la propria voce a Roma, assieme alla proposta che vedrebbe la Provincia realizzare un censimento delle attività produttive per capire quali effettivamente inquinano.

Si sono snodati su questi punti gli interventi dei tre parlamentari – i senatori forzisti Antonione e Camber, e l’on. Menia (An) – che ieri hanno partecipato al consiglio di amministrazione straordinario dell’Ezit, dedicato alla scottante questione delle bonifiche. Gli altri parlamentari invitati – i sottosegretari Budin e Rosato, e l’on. Cuperlo – sono stati trattenuti a Roma da vari impegni. «Mi hanno chiamato personalmente – ha spiegato il presidente dell’Ezit Azzarita al cda – scusandosi per l’assenza. Con loro vedremo di fare un altro incontro già la prossima settimana».
L’incontro è stato aperto dal sen. Camber, che ha ricordato come il ministero abbia più volte detto di non voler ricercare il soggetto inquinatore, considerando tutte le imprese operanti nel Sito inquinato nazionale (Sin) in posizione di pari responsabilità e proponendo, per la messa in sicurezza dell’estesa area. la costruzione lungo la costa di una barriera di 12 chilometri.
«In questa fase la soluzione – ha rilevato Camber – compete alla Provincia, organo deputato alla vigilanza in materia ambientale, che dovrà farsi promotore di una ricerca, se del caso con il supporto dell’Ezit e dalla Camera di commercio, sul ciclo produttivo di ciascuna azienda operante nel Sin. Così – ha aggiunto – si individueranno i nomi dei soggetti inquinatori, che con ogni probabilità risulteranno circoscritti alle sole aziende non artigianali. Si disporrà in tal modo di un elenco mirato e non equivoco, tale da consentire far gravare tutti i costi delle opere di messa in sicurezza del sito solo sui veri responsabili».
Affermando che la barriera proposta dal ministero è «demenziale sotto tutti i punti di vista», il sen. Antonione ha sostenuto che, nel caso questa barriera divenisse una minaccia concreta per le 350 aziende insediate, i primi a dover porre attenzione a ciò sarebbero le istituzioni locali, con in testa il peresidente della Regione.
«Illy vada a parlare con il ministro Pecoraro Scanio – ha proseguito Antonione – vada dal presidente Prodi, faccia presente che queste proposte non solo non sono irrealizzabili ma creano un danno irreversibile all’attività economica della provincia e della regione. E le istituzioni locali accompagnino il presidente in questa missione».
«Si sa che il progetto del ministero è oggettivamente irrealizzabile», gli ha fatto eco l’on. Menia, che ha parlato di «un’interpretazione talebana della vicenda ambiente, la cui tutela dev’essere un’opportunità e non un ostacolo allo sviluppo».
Rilevando che realizzare la barriera per bloccare le acque di falda vorrebbe dire creare a monte una palude, Menia ha poi precisato che «l’intepretazione corretta della legge è che paga chi ha inquinato e non chi ha avuto la ventura di trovarsi in un terreno già inquinato da altri» e che va verificato il rischio reale a seconda delle attività che si vogliono insediare. «Rilancio – ha concluso – una proposta che avevo già fatto: l’Ezit faccia sì che il ministro Pecoraro Scanio venga a Trieste assieme al direttore generale e ai suoi tecnici, in maniera che possa rendersi conto di persona della situazione».

Giuseppe Palladini

 

  

FERRIERA SENZA RISPOSTE

 

I dati diffusi dai Verdi e dall'Arpa sull'inquinamento a Trieste sono molto allarmanti: sapevamo che la zona industriale è inquinata, ora sappiamo quanto. Sapevamo anche che questa situazione affonda le radici in più di un secolo di attività industriali. E che l'inquinamento tuttora continua, a opera soprattutto della Ferriera e della Siot. Nessuno si sogna di chiedere la chiusura della Siot, l'approvvigionamento di petrolio è un interesse nazionale. E i traffici complessivi del nostro porto ne verrebbero più che dimezzati. E dunque si dovrà chiudere la Ferriera, prima o poi. Il sindacato è d'accordo, ma vorremmo sapere quando e come. Una domanda a cui nessuno di quelli che chiedono la chiusura ha mai provato a rispondere. Non risponde il sindaco Dipiazza, non rispondono le associazioni ambientaliste, non rispondono i Verdi, non rispondono le forze politiche.
La Regione, la Severstal-Lucchini e i sindacati si stanno arrabattando da anni per trovare una soluzione. Avevamo 21 tavoli di confronto, adesso ne abbiamo uno solo, in queste settimane con il nuovo amministratore delegato della Ferriera si è ipotizzata una data: il 2015. Da quell'anno finiranno i vantaggi del riutilizzo a fini energetici dei gas della produzione, da quell'anno si potrà chiudere. Ma dove metteremo i lavoratori?
La zona industriale di Trieste, proprio perché è inquinata, non può ospitare nuove iniziative. Quindi i posti di lavoro non ci sono e, nonostante tutti i suoi sforzi, lo Sportello Lavoro della Provincia non può inventarli. Anche dell'inquinamento della zona industriale e delle centinaia di milioni di euro che servirebbero per bonificarla si parla troppo poco. Se si eccettua l'azione meritoria di alcune istituzioni, le pressioni politiche sul governo da parte del territorio sono assolutamente insufficienti. Anzi, molti si adoperano per rafforzare o ampliare il perimetro del sito inquinato, salvo non spiegare come faremo a pulirlo. Inoltre, la chiusura della Ferriera diminuirà le emissioni nell'aria ma non le eliminerà, visto che esistono altri impianti industriali, ma anche le caldaie per il riscaldamento delle case e il traffico mostruoso che stringe la città in una morsa. Anche di questo quasi nessuno parla.
Allora che fare? Azienda e sindacati stanno discutendo di alcune soluzioni da proporre alla Regione. L'attività siderurgica potrà gradualmente essere riconvertita puntando sulla logistica e sull'energia. Questo però significa due cose: costruire la piattaforma logistica e impiantarvi attività industriali; costruire il rigassificatore a terra e abbinare ad esso un'altra centrale a turbo gas. Senza queste attività la Ferriera non chiuderà, l'area su cui oggi si trova lo stabilimento non si potrà bonificare, le oltre 500 persone che vi lavorano non potranno essere ricollocate.
Al di là dei vantaggi fiscali o tariffari che può portare il rigassificatore, si pone quindi un problema di scelte strategiche. Chiudere la Ferriera e bonificare le aree inquinate è possibile solo se si trovano investimenti alternativi. Oggi gli unici investimenti possibili sono quelli nei campi dell'energia, della logistica e delle attività industriali ad esse collegate. Sono attività pulite, molto più pulite di quelle che abbiamo oggi.
Il Comune di Trieste e gli altri Comuni, le forze politiche e le associazioni ambientaliste, sono disponibili ad un patto serio? Sono disponibili ad una assunzione di responsabilità per assicurare ai cittadini una riduzione dell'inquinamento che sia compatibile con lo sviluppo economico e occupazionale? Vorremmo sentire un sì o un no come risposta a questa domanda, non arrampicature sugli specchi o i soliti "scarica barile". E se la risposta sarà no, pretendiamo che venga fornita ai lavoratori e ai cittadini una seria alternativa, che non è certo il turismo o la pesca.
Nel frattempo, ovviamente, dovranno continuare le pressioni sull'azienda perché riduca le emissioni inquinanti. Anche su questo, però, non vorremmo più ritrovarci completamente soli, sindacati e Regione. Ci piacerebbe sentire un contributo costruttivo anche da quelli che sanno solo inneggiare alla chiusura.
Luca Visentini - (segretario generale Uil Trieste)

 

 

Ferriera, slitta l’accordo sulla ristrutturazione  - L’avvocato della Lucchini-Severstal: «La proprietà sta ancora discutendo con il pm»

 

Servono dieci milioni di euro per dimezzare le emissioni diffuse dello stabilimento. La Cassazione aveva annullato l’ultimo sequestroLa procura della Repubblica e i vertici dell’impianto cercano un’intesa sugli interventi necessari a ridurre l’inquinamento Dieci milioni di euro per dimezzare le emissioni diffuse della Ferriera di Servola.
Ne stanno discutendo da un paio di mesi la procura della Repubblica e i vertici dello stabilimento siderurgico. Ma l’accordo sulla ristrutturazione non è stato ancora raggiunto. «È tutto ancora prematuro anche se il discorso è ben avviato e sviluppato» ha affermato ieri in serata l’avvocato Giovanni Borgna, da anni storico legale del gruppo Lucchini-Severstal nelle infinite battaglie e scaramucce con la magistratura triestina. «Non voglio dire nulla, la proprietà sta ancora discutendo con il pm Federico Frezza, ma l’accordo non c’è ancora e parlandone come se fosse già fatto, si rischiano fughe in avanti e illusioni».
Diversa la posizione del pm che da anni sta combattendo una difficile battaglia per ridurre le emissioni diffuse dello stabilimento.
La legge che il nostro Paese si è data, non gli offre strumenti molto persuasivi. Anzi, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice sull’ambiente, la procura si è vista annullare dalla Corte di Cassazione l’ultimo sequestro. Ma formalmente è ancora in atto perché i giudici di legittimità hanno «rinviato» il provvedimento al Tribunale del riesame di Trieste, suggerendo autorevolmente i motivi della revoca.
L’udienza non è stata ancora fissata ma proprio attorno ad essa si sta tessendo la trama dell’accordo, che se raggiunto e firmato, porterebbe alla rinuncia all’udienza e al relativo dissequestro.
«Sto combattendo questa battaglia con una spada di latta» ha affermato più volte nel corso degli anni il pm Federico Frezza. Ed ora, dopo la pronuncia della Cassazione, la spada di latta è ancora più corta e spuntata.
L’accordo potrebbe giovare a entrambe le parti. La procura potrebbe fregiarsi di un risultato storico dopo tanti anni di inchieste e sequestri: il dimezzamento delle emissioni diffuse. E la proprietà non si troverebbe ogni giorno con i propri dirigenti sul banco degli «indagati» a causa dei fumi, dei vapori e delle polveri che fuoriescono dallo stabilimento.
Ma non basta. Alla conclusione dei lavori la qualità dell’aria dovrebbe essere di gran lunga migliore a Servola come a Valmaura e allo stesso tempo la città non perderebbe l’ultimo stabilimento industriale di queste dimensioni. Vi lavorano direttamente o indirettamente quasi 1500 persone, senza citare la quantità di energia elettrica che viene prodotta con i gas di risulta dello stabilimento.
Ma sulla conclusione della trattativa e sulla ratifica dell’accordo, pesano il clima di ostilità e di contrapposizione di queste settimane. In altri termini un ripensamento è probabilmente in atto, perché pur non ammettendolo mai, qualche dirigente della Ferriera e del gruppo siderurgico si sta chiedendo: «Chi ce lo fa fare a spendere tanto denaro di fronte a una contrapposizione che mette in forse il futuro stesso dello stabilimento?».
In altri termini la protesta generalizzata rischia di far rimandare e persino sospendere la stipula dell’accordo tra procura e proprietà sull'abbattimento del 48 per cento delle emissioni diffuse.
All’accordo non giovano nemmeno i non lontani appuntamenti elettorali della prossima primavera e la diffusione - ad essi collegata - di dati sull’inquinamento del mare nel vallone di Muggia e della zona industriale di Zaule recentemente rilevati.
Discernere fra i vari dati e capire le origini delle diverse forme di inquinamento, non è facile nemmeno per i tecnici più esperti.
c.e.

 

 

Vetreria, verso il sì dell’Azienda sanitaria - Allarme dei Comitati: è peggio del cementificio. Convocato un vertice di maggioranza

 

Una nuova questione ambientale sul tavolo della giunta. Moretton: finché non vedo le carte non posso commentare. Predonzan (Wwf) critica il governatore

TRIESTE Un'altra questione ambientale all'orizzonte. Secondo indiscrezioni, infatti, l’Azienda sanitaria della Bassa friulana potrebbe dare il via libera alla vetreria Sangalli e scatenare così una nuova reazione dei comitati, convinti che l’insediamento previsto a San Giorgio di Nogaro possa essere potenzialmente più pericoloso di quello di Torviscosa appena bocciato dalla giunta regionale. Impianto, quest’ultimo, che alimenta ancora polemiche: Dario Predonzan, esponente del Wwf-Fvg ed ex funzionario del servizio Via attacca duramente Riccardo Illy in una lettera aperta.
IL PARERE DELL’ASS All’indiscrezione manca il crisma dell’ufficialità ma, secondo quanto riferito da fonti autorevoli, l’Ass 5 sarebbe orientata a esprimere un parere favorevole all’insediamento di San Giorgio. Il motivo che potrebbe portare l’Azienda ad assumere una posizione diametralmente opposta rispetto a quella presa sul cementificio sta nella differenza delle emissioni prodotte nell’atmosfera: una fabbrica di cemento avrebbe comportato un’impennata insostenibile di emissioni di Nox, gli ossidi di azoto, mentre la vetreria produrrebbe SO2, biossido di zolfo, che il territorio sarebbe in grado di sostenere.
LA REPLICA DEL COMITATO Di parere diverso è però Mareno Settimo, portavoce del comitato “No al cementificio”, pronto a replicare la battaglia vinta la scorsa settimana con lo stop della giunta all’insediamento di Torviscosa (il cui consiglio comunale, giovedì sera, discuterà pure dell’inceneritore di “fluff"). Secondo Settimo, infatti, le emissioni di ossido di azoto sono più rilevanti nel progetto del cementificio (1700 contro 1400 tonnellate annue) ma la vetreria creerebbe maggiori problemi con il biossido di zolfo (750 contro 300-350). «Nella sommatoria degli inquinanti – spiega – la situazione risulterebbe peggiore con la vetreria». Né si deve dimenticare, aggiunge Settimo, «che San Giorgio presenta una situazione di inquinamento peggiore di quella di Torviscosa». In ogni caso «anche noi dobbiamo studiare le carte prima di assumere eventuali forme di protesta».
TAVOLO INTESA Sul fronte politico si registra prudenza. «Finché non vedo le carte non posso commentare alcunché», precisa l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton. Già ieri, tuttavia, a margine dell’incontro dei capigruppo sui costi della politica, Mauro Travanut ha chiesto e ottenuto un tavolo di confronto in maggioranza sulla vetreria, da riunirsi alla fine di questa o all’inizio della prossima settimana. Respingendo le voci che lo vorrebbero in difficoltà perché a favore dell’insediamento di San Giorgio, il capogruppo diessino sottolinea: «Non sono né a favore né contro. Mi aspetto solo che la vicenda venga risolta senza difficoltà seconde le procedure di legge. Per questo ho sollecitato il tavolo».
PREDONZAN ATTACCA Infine, la polemica di Predonzan.
L’esponente del Wwf si toglie i sassolini e scrive a Illy: «La giunta ha dovuto prendere atto, a malincuore, dell’impossibilità di esprimere un giudizio favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto Grigolin a Torviscosa. Il giudizio negativo è esattamente la stessa conclusione alla quale era arrivata l’istruttoria del servizio Via alla quale avevo collaborato ai primi di febbraio. La giunta ha quindi fatto in questi giorni ciò che avrebbe potuto fare quattro mesi fa, se solo si fossero lasciati lavorare in pace gli uffici competenti, non si fosse fatta saltare con pretesti la commissione Via convocata il 7 febbraio, non si fosse innescato un polverone politico».
ATTO DOVUTO Predonzan attacca ancora sempre rivolto al presidente della Regione: «Lei ha affermato che la Via deve solo verificare se il progetto di un impianto industriale rispetta i limiti di legge, dopo di che l’autorizzazione all’impianto è “un atto dovuto”, ma si rilegga l’articolo 2 della legge regionale 43/1990 e scoprirà che la Via è ben altro». Contestando altre dichiarazioni di Illy, Predonzan conclude: «Il dietrofront sul cementificio e il mezzo passo indietro sui rigassificatori non bastano certo a prefigurare scelte consapevoli, meditate ed organiche, sulla base di quell'approccio "olistico" all'ambiente da Lei tanto propugnato a parole in interviste e libri, quanto disatteso nei fatti».
Marco Ballico
Giovanni Stocco

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 18 giugno 2007

 

 

La Ferriera che divide: «Diamo un futuro a Servola» - I residenti vorrebbero la chiusura, i lavoratori si sentono strumentalizzati

 

Il quartiere continua a interrogarsi sullo stabilimento. Un esercente: sono rassegnato. Un sindacalista: non è peggio di una volta

«Ci avvelenano con fumi, polveri ed emissioni, ma la gente non lo sa, oppure non se ne cura. E nulla mai cambia veramente». È disilluso Daniele Ricatti, il titolare della pizzeria «Bella Trieste», che dal 1974 si trova in via del Pane Bianco, al civico 96. Perchè Servola, lui, la ama per davvero. Ne vede le potenzialità enormi, il fascino di quelle strette, lunghe, vie - striscioline di cemento che s’arrampicano sfidando la gravità - e il fascino della gente rimasta sospesa in una dimesione antica, fatta di piccole botteghe, cordialità, rapporti umani. Fascino svilito dalla polvere che la Ferriera produce, senza posa. E così, anno dopo anno, la «cittadella dentro la città» si consuma, si perde. «I davanzali si anneriscono, chi può fugge via, le serrande si abbassano», spiega Ricatti, come prima di lui avevano fatto, ieri, altri residenti, vedi la signora Liliana Davanzo, di via San Lorenzo in Selva. «Certo, Servola non è mai stata un ”Eden” ma il paesino è molto bello - prosegue Ricatti - e se solo non ci fosse lo stabilimento, noi tutti staremmo molto meglio. Quando mi capita di stendere una tovaglia bianca all’aperto, nel giro di un paio d’ore annerisce. Sono costretto a preparare i tavoli in terrazza all’ultimo minuto per evitare che ciò accada. A casa, mia moglie è costretta a pulire più e più volte i pavimenti per impedire che il pulviscolo si depositi. La gente non capisce...Qui, bisogna viverci».
Una parte di Servola vuole la chiusura dello stabilimento e Ricatti rientra in questa parte. «Si dice che 500 persone, se la Ferriera chiudesse baracca e burattini, resterebbero a spasso - commenta - ma non penso sia così: il lavoro si troverebbe di sicuro. Un centinaio di operai, per esempio, beneficerebbero del pre-pensionamento, mentre gli altri potrebbero trovare impiego, negli anni successivi, attraverso la riconversione del complesso siderurgico. E poi, diciamolo pure, quanti sono, realmente, i triestini investiti dalla perdita del posto? Io vedo tanti croati, sloveni, serbi, africani...Per carità, non mi ritengo una persona razzista, io stesso sono nato in Svezia, però si dovrebbe aprire gli occhi sulla realtà della Ferriera e vedere cosa lascia al territorio. Risiedo a Servola da quando avevo solo otto anni e conosco bene il quartiere o la sua storia. I disagi ci sono e si vedono, basta prendere il ”Delfino verde” e passare davanti all’impianto: è il punto nero di Trieste». Trentanove anni, Daniele Ricatti riconosce la complessità della situazione: «Comprendo il punto di vista di chi ha un parente collocato entro l’impianto siderurgico, tuttavia mi sento in dovere di dire che l’economia di Servola non può essere rappresentata solo dalla Ferriera, né sono i sessanta caffè o le quaranta brioches al giorno a salvare i negozi di qui».
Ma il punto di vista è ben diverso per chi, invece, vive grazie allo stabilimento: «Sono nato a Servola, mia madre era di Servola e mio nonno pure - esordisce Marco Relli, 38 anni, assistente tecnico di manutenzione e componente Cgil della Rsu - e per giunta lui, come me, lavorava alla Ferriera. Questa realtà, dunque, la conosco fino in fondo. È un falso storico dire che le condizioni sono peggiorate: la Ferriera ha ovviamente un suo impatto sull’ambiente, ma non scordiamo che prima c’erano anche una fonderia e un’acciaieria, quindi non si stava tanto meglio. Certo, quando si alza lo scirocco, l’odore si fa sentire e la polvere cade sulle case, ma è anche per questo che noi lavoratori, per primi, sosteniamo che le cose possano essere migliorate. Perchè, non dimentichiamolo, se la gente fuori sopporta l’odore e la polvere, per gli operai le cose non stanno meglio. Ma questi sono i risvolti comportati da qualsiasi realtà siderurgica. È inevitabile: per non avere nemmeno un filo di fumo bisognerebbe chiudere tutto. E allora, che ne facciamo dei 500 operai? Indubbiamente, su tutta la questione, c’è stata una evidente strumentalizzazione, anche politica: il sindaco ha mandato avanti due campagne elettorali con la Ferriera, non scordiamolo. Anni addietro, erano impiegate più persone e questi problemi non venivano mica sollevati: ci si turava il naso e si andava avanti. Ora i governi sono diversi e si parla di bonifiche: chi le dovrebbe fare? Con quali soldi? Poniamoci queste domande prima di dire "Chiudiamo tutto"».
William Gombas
, un residente, concorda: «Sono a Servola da sempre, abito in via Pitacco: tutto sommato, non si sta così male: è una zona tranquilla. Certo, i problemi sono noti. Ma non credo che serrare la Ferriera sia utile».

Tiziana Carpinelli

 

 

Assemblea al cinema Ariston sul rischio cementificazione

 

WWF E ITALIA NOSTRA

Un’assemblea pubblica per discutere del piano regolatore comunale, raccogliere impressioni, opinioni, critiche e poi parlarne insieme. Si tratta dell’iniziativa congiunta di Wwf, Italia Nostra, quindici comitati e due associazioni, che hanno organizzato un incontro aperto alla gente su ciò che, secondo i promotori, non funziona del piano regolatore. All’incontro è stato invitato l’assessore all’urbanistica Maurizio Bucci, che avrebbe confermato la presenza. Alla riunione si è giunti dopo una raccolta firme, che finora ha toccato le tremila adesioni, volta a modificare numerosi aspetti del piano, che vengono considerati dannosi per il territorio, per i cittadini e per la qualità della vita.
«Sarà l’occasione di avviare un dibattito su moltissimi temi – racconta Dario Predonzan, responsabile del settore territorio del Wwf Regionale – nel quale si parlerà di tutte le zone messe in pericolo dall’espansione residenziale, della tutela di alcune aree centrali della città, del territorio periferico, con un occhio di riguardo al verde e alle zone boschive, e di futuri progetti molto impattanti per il territorio sui quali vorremmo che il piano regolatore cambiasse indirizzo». Nel dettaglio non piace l’idea della costruzione di abitazioni in alcune parti della città, palazzine che, in qualche caso, sono già state parzialmente edificate. Indice puntato, racconta Predonzan, su determinati complessi di case sulla costiera, altre previste al Cedas e analoghe strutture residenziali in via del Pucino o salita di Contovello.
Per il centro invece si chiede una maggior attenzione alla salvaguardia del panorama storico dell’urbanistica, affinchè, accanto a palazzi antichi o case singorili, non vengano eretti grattacieli o costruzioni a forte impatto visivo e non solo. Parte dell’incontro verterà anche su possibili rischi dovuti a previsioni del piano regolatore che Wwf, Italia Nostra e gli altri promotori dell’iniziativa temono si possano realizzare. Per citare alcuni esempi Predonzan ricorda il mega centro commerciale previsto a pochi passi dal Sincrotrone, o l’urbanizzazione annunciata nell’area vicino alla Sissa: «Dopo che la Sissa ha deciso di cambiare sede, non ha avuto più bisogno dei metri quadrati in più richiesti prima. Abbiamo scoperto però che quell’intervento è ancora inserito nel piano regolatore». Domani l’incontro verrà ufficialmente presentato nel corso di una conferenza stampa, mentre l’assemblea pubblica si terrà giovedì al cinema Ariston alle 18.30. La riunione è aperta a tutti i cittadini.
Micol Brusaferro

 

 

Allarme Comitati: sulla vetreria il no dell’Ass non è scontato - Beltrame: stiamo attendendo il nuovo parere, era meno sfavorevole rispetto al cementificio

 

Polemica interna ai Ds, il vicecapogruppo Petris a Travanut: parli chiaro su Tav e industria. La replica: Tav ok, ma sugli insediamenti vedremo

TRIESTE Dopo il cementificio Grigolin, anche sulla vetreria Sangalli è scontato il parere negativo dell'Ass? No di certo, perchè le caratteristiche ambientali della zona dove andrebbe ad insediarsi la vetreria sono diverse rispetto a Torviscosa. Lo sottolinea Mareno Settimo, portavoce del Comitato contro la costruzione dell’impianto. E, come ricorda l'assessore Ezio Beltrame, il parere dell'Azienda Sanitaria (su cui era stata richiesta un'integrazione dalla giunta Fvg) «era meno sfavorevole rispetto a quello per il cementificio».

Mentre ancora si attendono i pareri di Ass e Arpa, è arrivata l'integrazione chiesta all'azienda che prende come riferimento un lavoro di Laguna 21 (l'Agenda 21 locale): «Le controdeduzioni della Sangalli presentano alcuni elementi criticabili – sostiene Settimo – in quanto si rifanno all'analisi di Laguna 21 che di fatto sostiene che la qualità dell'ambiente della zona sia buona quando invece è certificato il contrario». Secondo gli oppositori della vetreria, i presupposti per ricalcare i no al cementificio ci sono tutti: «Il parere dell'Azienda Sanitaria sul cementificio parte dall'assunto che l'area è già satura in fatto di emissioni inquinanti – sostiene il consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz – senza contare che la vetreria andrebbe a sorgere in un'area da bonificare. E poi la vetreria è come un cementificio e mezzo, le emissioni inquinanti sono decisamente superiori». Inoltre, come aggiunge Settimo, le cinque centraline che hanno certificato le criticità di Torviscosa sono più che sufficienti per dare la stessa sentenza anche per San Giorgio di Nogaro.
Intanto, botta e risposta tutto diessino sulla questione ambientale. Il vicecapogruppo della Quercia, Renzo Petris, chiama in causa il capogruppo Mauro Travanut chiedendo di esprimere «a gran voce la posizione del partito e del gruppo regionale su Tav e insediamenti industriali. Travanut non può aspettare caso per caso per esprimersi, - continua Petris – deve invece da subito rimarcare quella che è oggi la posizione dei Democratici di Sinistra e del Partito Democratico domani: un sì alla TAV e agli insediamenti industriali. Per la coerenza con ambiente e salute saranno gli organi terzi a esprimersi, caso per caso». Secondo il consigliere diessino, inoltre, “l’aver sovraccaricato di significato la partita rappresenta una precisa scelta di contrapposizione nei confronti di quanti vogliono le infrastrutture (TAV per esempio) e gli insediamenti industriali compatibili con la pianificazione dei Comuni; per intenderci l’Aussa Corno non l’ha inventato Illy, o Sonego, o Moretton, e nemmeno, l’hanno inventata loro la zona industriale di Torviscosa». La sollecitazione di Petris viene colta al volo da Travanut: «Il gruppo regionale dei Ds – precisa il capogruppo – ha sempre portato avanti la politica dell'ammodernamento della regione. É indispensabile dire sì alle infrastrutture e mantenere la prua dritta verso questa direzione». Travanut scomoda Heidegger («il linguaggio è la casa dell'essere») e, «pur non essendo heideggeriano – puntualizza non senza ironia – ritengo che nel linguaggio ci voglia precisione». Questo per dire che una cosa sono le infrastrutture, e quindi Tav e Corridoio V, un'altra le strutture come il cementificio o la vetreria, su cui ora si sposta l'attenzione: «Siamo sempre stati favorevoli, senza una minima sbavatura, alle opere di ammodernamento del Friuli Venezia Giulia e sarà mia cura mantenere chiara e cristallina la nostra posizione» aggiunge Travanut. Il suo no al cementificio dunque si sposta anche al progetto della vetreria Sangalli? «Questa è una cosa che nulla ha a che vedere con le infrastrutture. In questo caso la giunta agirà come ha saggiamente fatto per il cementificio, valutando se le norme saranno rispettate. In tal caso la vetreria potrà essere realizzata, altrimenti no».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 17 giugno 2007

 

 

Siot inquinata: benzene 100 volte oltre i limiti  - Il comprensorio inserito dai ministeri dell’Ambiente e della Salute nel sito nazionale da risanare

 

L’Arpa ha riscontrato nei terreni del parco serbatoi e nella falda acquifera la presenza di idrocarburi pesanti, manganese e altre sostanze

Il comprensorio della Siot, la società che gestisce la tratta italiana e il terminal dell’oleodotto transalpino, è stato incluso nel Sito inquinato di interesse nazionale (Sin), dopo che l’Arpa ha riscontrato la presenza di pericolosi inquinanti nei terreni del parco serbatoi e nelle acque di falda. Lo ha deciso la conferenza dei servizi svoltasi il 18 maggio (ma lo si è appreso solo ieri) al ministero dell’Ambiente, con la partecipazione del ministero della Salute. Assenti, nonostante siano stati convocati, il ministero dello Sviluppo economico e la Regione Friuli Venezia Giulia.
Il perimetro del Sin viene dunque esteso a tre aree: il parco serbatoi della Siot (ad eccezione delle zone agricole di proprietà dell’azienda), la fascia di passaggio delle condotte sotterranee che collegano il terminal a mare al parco serbatoi, e un tratto del torrente Rosandra fino a 300 metri a monte del parco serbatoi.
Le decisioni della conferenza dei servizi prevedono inoltre la richiesta alla Siot per la messa in sicurezza di emergenza delle diverse aree del comprensorio risultate contaminate.
La prima di queste aree è quella interessata dall’incendio causato dall’attentato del 1972, in cui quattro campioni di terreno hanno evidenziato la presenza di idrocarburi pesanti con un valore massimo di 2401 milligrammi per chilogrammo, rispetto al limite di 750.
Sempre il suolo del parco serbatoi è stato poi contaminato da due perdite di greggio, tra l’agosto 2006 e il gennaio 2007, da tubazioni poste sotto terra. In una delle due perdite, avvenuta il 16 agosto 2006, 75 metri cubi di petrolio sono finiti nelle profondità del terreno contaminando così la falda acquifera, in cui è stata rilevata la presenza di benzene (che le norme Ue dichiarano cancerogeno), con una concentrazione cento volte superiore al limite di legge, ma anche di etilbenzene, tricloroetilene e manganese.
Le amministrazioni locali, ma in qualche misura anche l’Autorità portuale, hanno però dato parere contrario all’inclusione del complesso Siot nel sito inquinato, già nella conferenza dei servizi del 30 novembre 2006.
Regione, Provincia, e i Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo si sono detti contrari con motivazioni diverse, mentre l’Arpa non ha dato alcun parere riservandosi di fornire ogni informazione tecnica in suo possesso.
Nella stessa conferenza dei servizi la Regione ha consegnato la delibera di giunta con il parere negativo, in cui si prende atto che la Siot «ha evidenziato che le verifiche sinora effettuate sullo stato di contaminazione delle matrici ambientali hanno evidenziato locali presenze di idrocarburi nel suolo».
La vicenda è proseguita il 7 febbraio scorso, quando il ministero dell’Ambiente ha chiesto a Regione, Provincia, Comune di San Dorligo e Arpa di ricevere tutte le comunicazioni in tema di bonifiche inviate dalla Siot alle amministrazioni ma non indirizzate al ministero stesso.
Dall’esame di questa documentazione è emersa la contaminazione delle acque di falda nei pressi dell’area interessata dallo sversamento di greggio del 16 agosto 2006. I superamenti dei limiti degli inquinanti sono stati rilevati dall’Arpa attraverso i piezometri posti a valle dell’area.
Non solo. Nel verbale della conferenza dei servizi del 18 maggio scorso si legge che «i certificati analitici trasmessi dalla società Siot non hanno mai evidenziato superamenti dei limiti per le concentrazioni degli inquinanti ricercati nelle acque di falda, neanche nei campioni prelevati dagli stessi piezometri e nelle stesse date dei campionamenti effettuati dall’Arpa-Dipartimento di Trieste».

Giuseppe Palladini

 

 

Bovenzi: «Metalli e veleni in mare, così sono entrati anche nella catena alimentare»

 

«È una situazione di grave degrado ambientale, al provato inquinamento dell’aria si sommano adesso questi nuovi impressionanti dati sul suolo e sull’acqua alla Ferriera: il che significa che benzene e metalli e le altre sostanze ormai entrano anche nella catena alimentare, perché si diffondono nelle acque del golfo, si concentrano in pesci e molluschi, vi è esposta tutta la popolazione».
Massimo Bovenzi, direttore dell’Istituto di Medicina del lavoro e docente della materia, conferma che le sostanze tossiche e i metalli trovati in così alta concentrazione a Servola, e il benzene rinvenuto adesso anche ai serbatoi della Siot che è scivolato fin dentro il torrente Rosandra tanto da far includere pure questa zona nel sito inquinato di rilevanza nazionale, destano preoccupazione per la salute pubblica.
«L’esposizione più importante - prosegue - è ovviamente quella dei lavoratori, che è diretta e prolungata, per questo motivo il benzene è stato escluso dalle produzioni industriali. Ai cittadini non è stato evitato, perché fuoriesce come si sa dalla benzina verde, dove è andato a sostituire il piombo, ed è notorio che è una delle più potenti cause di leucemia. Gli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) sono cancerogeni soprattutto per il polmone e per la cute. Dei metalli sono già ben note le conseguenze. Certo fuori dalla fabbrica l’assorbimento è minore, in compenso però riguarda una larga fascia di popolazione».
Bovenzi suggerisce che, per avere certezza sul fatto che i pesci e i molluschi siano o meno intrisi di sostanze nocive (che non trasformano con la digestione, ma trattengono e accumulano) bisognerebbe fare delle analisi sanitarie specifiche: «Esistono agenzie specializzate e servizi sia del ministero dell’Ambiente sia dell’assessorato alla Sanità in grado di fare queste verifiche, questi test a campione, e se c’è una preoccupazione importante per la salute dei cittadini sono test da fare».
In più alcune di queste sostanze, a seconda dello stato chimico-fisico in cui si trovano, hanno una alta capacità di evaporare, e quindi di entrare in circolo anche nell’aria.
Non è ingegnere, Bovenzi, e quindi si esime dal dare una risposta sulla reale possibilità di rendere «pulita» una fabbrica siderurgica come la Ferriera: «Ci vorrebbero - dice solo - molti, molti soldi, e forti competenze». Il problema, conclude, «è che a Servola ci sono i controlli sanitari, si susseguono i provvedimenti, si stabiliscono azioni, ma tutto poi si allunga terribilmente nel tempo, e alla fine si arriva, come sostenuto l’altro giorno dai Verdi, al ”ricatto occupazionale”, del resto come ignorare che l’azienda significa stipendi e pane quotidiano? Poi ci sono i periodi elettorali, poi tutto riprende di nuovo come fosse nuovo... È da 20 anni che sono a Trieste - afferma il professore - e sento continuamente oggi come il primo giorno parlare del problema della Ferriera. Qui c’è bisogno di serietà nelle azioni: bisogna darsi degli obiettivi, delle scadenze, e saperle mantenere».

Gabriella Ziani

 

 

Ezit: consiglio straordinario con i parlamentari - Senatori e deputati triestini invitati a discutere domani con il Cda sulle bonifiche

 

Le bonifiche ambientali nella nostra provincia sono al centro della riunione del consiglio di amministrazione dell’Ezit, convocato per domani pomeriggio. E non si tratterà di una seduta come le altre, a prescindere dalle scottanti questioni emerse negli ultimi giorni, bensì di una riunione straordinaria.
Il presidente Azzarita ha infatti invitato al tavolo del cda i parlamentari triestini, indipendentemente dal collegio in cui sono stati eletti. L’elenco dei destinatari dell’invito include infatti i senatori Roberto Antonione, Willer Bordon e Giulio Camber, e i deputati Giovanni Cuperlo, Roberto Menia, Milos Budin ed Ettore Rosato (questi ultimi due rispettivamente sottosegretari al Commercio estero e agli Interni).
Lo scopo della riunione, decisa dallo stesso cda nell’ultima seduta, è specificata nell’invito spedito da Azzarita: informare i parlamentari sull’attività svolta dall’Ezit in tema di bonifiche, «ma soprattutto individuare proposte alternative e più convenienti per il settore imprenditoriale».
Quali possano essere queste proposte più convenienti è lo stesso Azzarita a precisarlo: «L’accordo di programma di cui il ministero ci ha inviato la bozza – spiega – deve prendere in considerazione il più possibile le nostre richieste, fra cui quella di verificare se la situazione si può risolvere con il metodo dell’analisi del rischio». E con riguardo alla «progettazione partecipata» per la messa in sicurezza della falda acquifera, che sta alla base della bozza dell’accordo, il presidente dell’Ezit osserva: «Possiamo iniziare a progettare subito, ma dobbiamo anche arrivare quanto prima ad accertare se le diverse aree sono inquinate o meno».
Ricordando che l’Ezit, dal 2004 soggetto unico per le bonifiche in base alle legge regionale 15, sta realizzando i primi interventi di bonifica sui terreni di sua proprietà nella Valle delle Noghere, e che ha già acquisito l’autorizzazione del ministero dell’Ambiente per le analisi del suolo e della falda acquifera per l’intero Sito inquinato di interesse nazionale, nella stessa lettera ai parlamentari Azzarita sottolinea poi che «la complessità delle problematiche ambientali si ripercuote sullo sviluppo del territorio e impedisce la crescita economica delle oltre 300 aziende insediate nella provincia di Trieste».
L’invito ha quindi lo scopo, si legge sempre nella lettera firmata dal presidente dell’Ezit, di «individuare un iter amministrativo diverso da quello ipotizzato dagli uffici ministeriali», e per questo il coinvolgimento dei parlamentari viene ritenuto dallo stesso Azzarita «quanto mai opportuno a sostegno delle azioni già intraprese sia dalla componente pubblica sia da quella privata».
gi. pa.

 

 

FERRIERA - L’azienda: «Dati dell’aria affissi all’albo» - Saranno consegnati ai sindacati i risultati delle periodiche rilevazioni condotte dall’Arpa per il Comune

 

La Ferriera ha dato in questi giorni comunicazione ai sindacati che verranno affissi all’albo, quindi a disposizione di tutti, i dati sulle emissioni nell’aria che l’Arpa verifica costantemente su incarico e per convenzione con il Comune. Una convenzione in scadenza a giorni, ma che l’amministrazione ha affermato di voler rinnovare. Nei giorni scorsi si sarebbe rilevato uno sforamento significativo rispetto ai limiti, ma - sostiene l’azienda stessa - non sono mai i singoli episodi a essere significativi, quanto la media dell’andamento generale.
La stessa considerazione ha fatto il gruppo di studio universitario incaricato di monitorare l’aria della Ferriera dalla magistratura: anche qui si sa che sono stati rilevati alcuni parametri «preoccupanti», ma non definitivi, proprio per il fatto che le analisi per essere probanti vanno ripetute in un certo periodo di tempo.
Resta il fatto che tra le analisi ordinate dalla magistratura, quelle fatte eseguire dal ministero dell’Ambiente, e le osservazioni dell’Arpa, oltre ai periodici controlli di cui si occupa all’interno della fabbrica il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria, non c’è luogo più sotto controllo di questa industria.
Se fino a ieri la massima preoccupazione riguardava però l’inquinamento all’interno e nell’aria, dopo l’esito del piano di caratterizzazione ordinato dal ministero in quanto anche la Ferriera rientra nel sito di rilevanza nazionale si ha certezza del grave inquinamento anche del suolo e del mare antistante.

 

  

An e Rc: «Azienda da chiudere» - Mentre i Verdi contestano l’avvio della messa in sicurezza

 

I Verdi, che hanno diffuso i dati sull’inquinamento del suolo e dell’acqua alla Ferriera, contestano la risposta dell’azienda che afferma di aver dato avvio alla messa in sicurezza d’emergenza con quattro pompe per il trattamento delle acque di lavorazione: «Le quattro ’’pompette’’ tardivamente messe in funzione non possono sicuramente bloccare il deflusso delle acque gravissimamente inquinate verso il mare, inoltre dove va a finire l’acqua prelevata? Trattandosi di rifiuto deve andare a smaltimento, o se reimpiegata necessita di una deroga: a chi è stata fatta la richiesta visto che nessun ufficio ne ha notizia?».
«Presenterò una mozione che impegni la giunta regionale a chiudere in tempi certi, con un accordo di programma, la questione, la Ferriera va chiusa entro il 2009». Lo afferma Sergio Dressi, consigliere regionale di An, che con la prima e seconda commissione ha ricevuto in audizione i comitati dei cittadini di Servola. «Il prudente e responsabile atteggiamento della magistratura - prosegue Dressi - non può essere preso a pretesto per procrastinare le soluzioni». Dressi afferma che tutti gli enti coinvolti non si sono mai seduti a un tavolo comune, che è «stato messo nel cassetto» lo studio Gambardella che doveva cercare soluzioni per la prosecuzione dell’attività, «la Regione - dice - rifiuta il coinvolgimento di Sviluppo Italia, società del ministero delle Attività produttive che ha tutte le competenze per fare un piano di riconversione». Dressi afferma che nel piano industriale 2007-2010 di Severstal «non c’è traccia di investimenti per Servola», né si sa «se spenderà 60 milioni per la copertura dei cumuli di carbone, e ulteriori 8 per nuove linee di caricamento dell’altoforno».
«La Severstal-Lucchini chiuderà la Ferriera - scrive Igor Kocijancic di Rifondazione -, lo avevamo già detto dopo il piano industriale 2006-2008 dove le previsioni di spesa riguardavano solo il minimo necessario a ottemperare alle prescrizioni della magistratura». Kocijancic aggiunge: «Da qui può ripartire la mobilitazione per affrontare chiusura, garanzia del reddito, ricollocazione dei lavoratori, bonifiche, risanamento ambientale: alla fine usciamo tutti sconfitti dal confronto con chi è riuscito per anni a sfruttare impianti, lavoratori e territorio».

 

 

«Cementificio battuto, ma resta il rischio-vetreria»  - I Comitati: ora è quello l’impianto da bloccare. Travanut: evitato uno sfregio al territorio

 

Alcune centinaia di cittadini di Torviscosa hanno festeggiato il no da parte della Regione. La Guerra: è stato un successo trasversale TORVISCOSA Il mostro-cementificio è battuto, ma ora una nuova battaglia si profila all’orizzonte, la vetreria, che «rischia di essere ancora più pericolosa». Questo è quanto emerso ieri sera a Torviscosa, dove trecento persone hanno preso parte alla festa organizzata dai comitati ambientalisti per celebrare la bocciatura da parte della giunta regionale del cementificio. La manifestazione è iniziata verso le sette, quando l’intervento di Settimo Mareno ha di fatto avviato un comizio durato poco più di un’ora; sono intervenuti l’assessore Roberto Antonaz e i consiglieri Mauro Travanut, Alessandro Metz, Alessandra Guerra e Giorgio Venier Romano. Hanno inoltre preso la parola alcuni referenti dei comitati e delle associazioni ambientaliste, tra cui Paolo De Toni, il cui discorso è stato sottolineato dagli applausi dei presenti. I cittadini hanno applaudito ogni singolo intervento, ma gli interventi più apprezzati sono stati senza dubbio quelli di Settimo Mareno e Paolo De Toni per i comitati, e quelli di Mauro Travanut e Alessandro Metz tra i politici. Mareno Settimo ha ribadito come «ci siamo battuti per difendere due diritti fondamentali: il diritto al lavoro e alla salute. La Bassa Friulana non chiede un ritorno al Medioevo industriale, ma industrie ad alto valore aggiunto con posti di lavoro qualificati; chiede un uso corretto delle risorse agricole, industriali e turistiche, un progresso economico e sociale cosciente e condiviso dalla popolazione».
Quanto alla posizione di Travanut sulla vetreria, che ad alcuni era apparsa incerta ma che lui stesso ha precisato voler essere di attesa del responso dell’Ass, Settimo ha aggiunto: «Il capogruppo diessino mi ha spiegato che, seguendo il mio suggerimento, studierà le carte e solo dopo prenderà posizione. Ma, sin d’ora, la nostra denuncia è che la vetreria è un insediamento peggiore del cementificio visto che, solo fermandoci all’ossido di azoto, le emissioni sarebbero doppie di quelle del progetto Grigolin. Il vetro sembra più pulito del cemento, in realtà è necessario, per produrlo, bruciare sabbia».
Travanut, capogruppo regionale diessino e alfiere della crociata anti cementificio, ha raccolto gli applausi dei presenti: «Archiviata positivamente la pratica cementificio - ha sottolineato - ora è necessario pianificare le linee guida per lo sviluppo futuro. E’ quindi importante ricordare come questo territorio presenti delle preziosità assolutamente uniche dal punto di vista naturalistico, e catalizzi per cinque mesi l’anno un numero massiccio di turisti grazie a delle colonne portanti del settore quali Lignano, Grado, Palmanova e Aquileia». «In un contesto in cui - ha aggiunto - il turismo, l’agroalimentare, l’ambiente e la cultura sono gli assi portanti del futuro sviluppo del territorio della Bassa Friulana, verrà potenziato un settore industriale che sia compatibile con le vocazioni principali, e che garantisca al contempo la massima tutela per la salute dei cittadini. Il cementificio avrebbe rappresentato un sfregio per il territorio».
L’assessore Antonaz ha invece evidenziato come la libertà di impresa trovi un limite preciso quando mette in discussione il benessere dei cittadini e ha sottolineato il peso di una grande vittoria, che lui stesso aveva sempre auspicato.
Alessandra Guerra, consigliere regionale della Lega Nord, è intervenuta indossando la maglietta “no cementificio”, celebrando quella che ritiene essere stata una vittoria trasversale: «La vicenda si è conclusa positivamente grazie al sostegno della gente. C’è stata una battaglia politica vera in cui al termine hanno prevalso i consiglieri che davvero avevano a cuore l’interesse del territorio. Si tratta di un successo trasversale, ottenuto da chi come noi della Lega tiene alti i valori della democrazia, della rappresentanza del territorio e dello sviluppo industriale compatibile con la salute dei cittadini e l’ambiente». Venier Romano, consigliere dell’Udc, ha enfatizzato l’aspetto politico: «E’ la serata del buonsenso trasversale. Gli insediamenti industriali vanno operati con buon senso, dove la logistica consente di non impattare contro l’ambiente e contro la popolazione. Questo progetto sancisce una bocciatura per la giunta regionale; è opinione condivisa che dal prossimo anno non sarà più Illy il governatore».
Molto informale Alessandro Metz: «Intendo ringraziare i residenti di un territorio che ha saputo accogliermi e farmi sentire a casa. Ci aspettano nuove battaglie sui fronti vetreria, termovalorizzatori e Tav, ma oggi è giusto festeggiare».
Giovanni Stocco
Marco Ballico

 

 

Treni veloci da Trieste a Vienna: i nodi aperti  - Tempi lunghi per il nuovo tracciato tra Klagenfurt e Graz e il tunnel del Semmering

 

Il piano di sviluppo delle infrastrutture del governo austriaco che punta sui porti dell’Adriatico per rilanciare i traffici marittimi VIENNA Non ci sono dubbi: l'Austria punta sui porti dell'Adriatico per il suoi traffici marittimi. E in questa prospettiva ha inserito il potenziamento della linea ferroviaria Vienna-Trieste (parte dell'asse Baltico-Adriatico) tra le priorità del programma di investimenti infrastrutturali del governo. Non è un caso che proprio nel giorno in cui Rudolf Köller, responsabile della gestione traffico delle Ferrovie austriache, interveniva a Trieste all'annuale convegno dell'Istituto per lo studio dei trasporti nell'integrazione economica europea, annunciando collegamenti su rotaia più rapidi tra la capitale austriaca e Trieste (ne abbiamo riferito in questa pagina), in quello stesso giorno il governatore della Carinzia Jörg Haider ricevesse una lettera del cancelliere federale Alfred Gusenbauer, che gli confermava ufficialmente l'intenzione di voler rispettare l'accordo (stipulato dal precedente governo, di differente colore politico) per la realizzazione della ferrovia della Koralm.
Il progetto della Koralm si aggiunge a quello del tunnel di base del Semmering: sono i due "nodi" della linea ferroviaria Vienna-Trieste. Nel primo caso si tratta di realizzare un tracciato ex novo tra Klagenfurt e Graz, sottopassando con un tunnel di 32,8 chilometri la Koralpe, ossia quell'allineamento di montagne che segna il confine tra Carinzia e Stiria. Attualmente il treno è costretto ad aggirare a nord quei rilievi, con un viaggio Klagenfurt-Graz di 2.40 ore: con il nuovo tracciato e il tunnel basterà un'ora.
Il secondo nodo è dato dal collo di bottiglia del Semmering, dove la ferrovia sale fino a 1000 metri di quota. Il tracciato fu costruito 150 anni fa e da allora è sempre lo stesso. Un'opera di ingegneria ferroviaria molto ardita per quell'epoca, con 16 viadotti e 15 gallerie, che nel 1998 l'Unesco ha dichiarato "patrimonio dell'umanità", ma del tutto inadeguata alle esigenze di oggi. Sugli storici viadotti la velocità massima consentita è di 40 chilometri all'ora, perché altrimenti le spinte centrifughe potrebbero determinare cedimenti strutturali, e le gallerie hanno una luce insufficiente per le sagome di container caricati su carri merci.
Se, dunque, sulla cosiddetta "volontà politica" di accorciare le distanze tra il Danubio e l'Adriatico non ci piove, sorgono seri dubbi sui tempi richiesti. Quelli indicati da Köller al convegno di Trieste (entro 10 anni) appaiono eccessivamente ottimisti. Per entrambi i progetti si stanno appena scavando i tunnel di sondaggio, che potrebbe riservare sorprese. Una volta avviati i lavori veri e propri, i tempi tecnici di esecuzione delle opere indicano una scadenza tra il 2018 e il 2020.
Ma non è detto che sia così. Sul Semmering pesa l'incognita del comportamento del governatore della Bassa Austria, Joseph Pröll, da sempre ostile all'opera per ragioni ambientali. Il progetto del Semmering era già pronto 17 anni fa ed erano già stati spesi 93 milioni di allora per un tunnel di sondaggio. Poi il Land Bassa Austria aveva bloccato tutto, sollevando un contenzioso sulle competenze decisionali in uno Stato federale qual è l'Austria che aveva coinvolto persino la Corte costituzionale. Ora si lavora su un nuovo progetto con un tunnel di 29 chilometri e la storia potrebbe ripetersi.
Accanto ai problemi tecnici, quelli finanziari. La spesa prevista per il Semmering era due anni fa di 1,25 miliardi di euro, quella per la Koralpe di 4,2 miliardi: soldi di cui lo Stato austriaco al momento non dispone. Il che significa che i tempi si allungheranno per trovare le risorse.
A meno che non intervenga l'Unione Europea con un contributo al 20% previsto per i tracciati transeuropei (Ten). La linea Vienna-Trieste non è tra questi, ma potrebbe beneficiare lo stesso dell'aiuto europeo. Se un tracciato Ten incontra difficoltà nella sua realizzazione, ecco che il finanziamento riservatogli dall'Ue potrebbe essere distolto e trasferito a Vienna. Gli austriaci pensano, per esempio, alla Lione-Torino-Venezia: se i comitati anti-Tav della val di Susa insistono ancora un po', il finanziamento alla Vienna-Trieste è assicurato.
J.T.

 

 

I progetti dei rigassificatori

 

Sul Piccolo di domenica 3 giugno nella pagina Regione ho letto l’articolo inerente i progettati rigassificatori dove l’assessore Lodovico Sonego sembrava che implorasse le Società proponenti a «fare chiarezza e dare delle risposte ai quesiti posti, in modo esauriente. Tutto questo già noto da anni, e chiesto più volte da chi si batte per la non relizzazione dei sopraccitati rigassificatori.
A proposito di chiarezza seguo da principio questa vicenda e non mi è mai capitato di vedere un progetto né sentito parlare del tracciato e del collegamento alla rete gas dell’impianto previsto in città; si potrebbe sapere qualcosa in proposito?
Leggo sul mensile Conrad di questo mese una bella intervista fatta al presidente Illy il quale afferma che... «È intenzione della Regione richiedere l’obbligo del prelievo e scarico delle acque al di fuori delle dighe, questa è nuova, comunque per chi non lo sapesse fondali sempre di 18/20 metri.
Queste condotte sottomarine, minimo 2, sicuramente di notevole diametro visto la portata d’acqua di cui ha bisogno l’impianto, non credo proprio che si possa solo adagiarle sul fondale ma si dovrà eseguire degli scavi. Allora come la mettiamo riguardo il sito inquinato di interesse nazionale che ci è stato propinato, che abbraccia la zona industriale fino alle dighe? (però non oltre la via Flavia). In detto sito le imprese insediate non possono effettuare neanche un foro nel terreno per piantare un paletto.
Come può la regione esprimersi in modo imparziale quando già nel 2005 tramite la controllata Friulia detiene delle quote di Gas Natural? Ancora una volta ci si chiede come mai non sono state interpellate la varie Istituzioni tecnico/scientifiche cittadine vanto della nostra Regione per quanto riguarda il fattore ambientale e non una società anonima di diritto Lussemburghese con sede a Lugano? (Scritto sempre su Conrad). Mi associo alla frase detta dal dott. Italico Stener su segnalazioni d.d. 5 giugno: «Vogliamo finirla di farci prendere in giro?».
Sergio Burlin

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 16 giugno 2007

 

 

FERRIERA - Il Comune: Arpa continui i controlli sull’aria  - Prosegue in Regione l’esame dei documenti dell’azienda per l’autorizzazione ambientale

 

I Verdi chiedono al ministero se sono rispettati da parte della Servola Spa i tempi per la messa in sicurezza e per la bonifica dell’area

Il Comune prorogherà la convenzione in corso con l’Arpa per il monitoraggio delle emissioni della Ferriera nell’aria. L’operazione, partita lo scorso gennaio per disporre di «dati certi e aggiornati» sulle polveri sottili e sugli idrocarburi policiclici aromatici (ipa), ha la durata di sei mesi. Avvicinandosi la scadenza, l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci annuncia l’intenzione dell’amministrazione comunale di rinnovare la convenzione.
«In questi mesi – commenta – le rilevazioni certificate dall’Arpa ci hanno permesso, tutte le volte che si sono rilevate situazioni critiche per l’inquinamento atmosferico – di segnalare gli sforamenti alla magistratura e all’Azienda sanitaria».
I dati resi noti dai Verdi giovedì scorso, sull’inquinamento misurato nel terreno della Ferriera e nelle acque davanti allo stabilimento, con superamenti dei limiti anche di centinaia di volte, fanno rilevare a Bucci che «adesso bisogna porsi anche il problema dell’inquinamento del golfo. Cosa si aspetta a intervenire? Nei mesi scorsi l’inceneritore è stato chiuso per molto meno. Il danno ambientale procurato al golfo è gravissimo – aggiunge – e può essere paragonato a una grossa perdita di petrolio. E’ ora che si apra un tavolo istituzionale per ricollocare i dipendenti della Ferriera e poi si chiuda quello che è un vero cancro per la città. Non si può continuare a pensare che un domani l’azienda metta a posto gli impianti».
Gli uffici dell’assessorato regionale all’Ambiente proseguono intanto l’esame della documentazione fornita dalla Severstal-Lucchini per ottenere l’ «autorizzazione integrata ambientale», necessaria per legge al proseguimento dell’attività.
E mentre il termine di fine giugno per la conclusione della procedura pare essere slitato di qualche mese, una decina di giorni fa, nella prima conferenza dei servizi relativa all’autorizzazione stessa, il Comune ha posto il problema della titolarità della Regione a rilasciarla. «L’area della Ferriera – sottolinea Bucci – rientra nel Sito inquinato di interesse nazionale, per il quale le ordinanze e le prescrizioni le dà il ministero dell’Ambiente. Nella conferenza dei servizi, il sindaco ed io abbiamo chiesto se la Regione è legittimata a rilasciarla, essendoci la competenza diretta del ministero. Siamo molto critici su questo punto. Alla nostra richiesta formale, il funzionario regionale presente alla conferenza dapprima è andato negli uffici per approfondire la questione, ma quando è rientrato ha sospeso e rinviato la riunione».
Dell’autorizzazione integrata ambientale si sta occupando anche il Wwf, che ha inviato le sue osservazioni alla Regione. «L’autorizzazione integrata – spiega Fabio Gemiti, chimico ed esperto dell’associazione ambientalista – è una condizione mecessaria ma non sufficiente per permettere l’attività dello stabilimento. Dipende dal contesto. La vicinanza della Ferriera alla città – osserva – è tale che forse neanche con le migliori tecnologie anti-inquinamento le emissioni degli impianti soddisferebbero ai criteri per la qualità dell’aria all’esterno dello stabilimento. Nella richiesta per l’autorizzazione – conclude – l’azienda sostiene di essere in buona parte allineata alle migliori tecnologie, ma noi dubitiamo che, anche se l’autorizzazione verrà data, le cose cambieranno».
Intanto gli esponenti dei Verdi Alessandro Metz, Carla Melli e Alfredo Racovelli, che giovedì hanno comunicato pubblicamente i dati sull’inquinamento della Ferriera, replicano, con una nota, alle dichiarazioni dell’azienda. «La Servola spa – si legge – da sempre ha tenuto un comportamento sfuggente, disattendendo ogni impegno con le amministrazioni locali e nazionali. A tale riguardo – annunciano – abbiamo inoltrato formale richiesta al ministero per sapere se le modalità e i tempi, previsti per le opere di messa in sicurezza e di bonifica concordate, siano stati rispettati».

Giuseppe Palladini

 

 

Metalli, benzene e idrocarburi: tutti causano danni alla salute

 

Tra le sostanze di cui sono stati ritrovati sforamenti eccezionali alla Ferriera rispetto ai limiti sul suolo e nell’acqua, quali sono in modo accertato pericolosi per la salute? Secondo la letteratura scientifica, è già ben noto che il benzene (che si produce anche col traffico, o col fumo di sigaretta) è cancerogeno di fronte a esposizioni di lunga durata. La sua dannosità è provata. Tra le malattie che provoca c’è la leucemia. Sul suolo nel perimetro dell’azienda sono stati trovati sforamenti fino a 2000 volte superiori ai limiti.
Notoriamente molto tossici sono gli Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). Si producono nel corso di combustioni incomplete di prodotti organici (petrolio, carbone, gas, rifiuti urbani). Ne esistono più di cento tipi, tutti quelli più pericolosi per la salute umana sono stati riscontrati a Servola: Benzo(a)antracene (819 milligrammi per chilo contro un tetto di 10), Dibenzo(a,h)antracene (223 contro 10), Crisene (876 contro 50), Pirene (1622 contro un limite di 50), Benzo(a)pirene (559 contro 10), Indenopirene (468 contro 5), Benzo(b)fluorantene (712 contro 10), Benzo(k)fluorantene (140 contro 10), Benzo(g,h,i)perilene (619 contro 10). L’effetto è cancerogeno, specie in presenza di Benzo(a)pirene.
Tossici sono anche i metalli pesanti. Trovati sopra i limiti a Servola: Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo, Piombo, Antimonio, Selenio, Vanadio, Zinco. In particolare, Cadmio, Mercurio e Piombo dono i più tossici, si accumulano nell’organismo, possono causare danni ai reni, al sistema nervoso, al sistema immunitario, e avere effetti cancerogeni. Anche se l’uomo può sopportare concentrazioni elevate di zinco, troppo zinco può causare spasmi allo stomaco, irritazioni cutanee, vomito, nausea e anemia. I livelli molto elevati di zinco possono causare danni al pancreas, disturbare il metabolismo delle proteine e portare arteriosclerosi.
Quanto al manganese, che è stato ritrovato in quantità eccedenti rispetto alla norma nell’acqua antistante la Ferriera, i suoi effetti nocivi si scaricano gravemente sul sistema nervoso, possono verificarsi disturbi nello sviluppo cognitivo e nella coordinazione dei movimenti, si possono avere malattie simili al morbo di Parkinson.

 

 

In 25mila soffrono di malattie respiratorie - Si muore ancora per broncopneumopatie croniche o asma bronchiale

 

A Trieste si muore ancora di malattie respiratorie come broncopneumopatia cronica o asma bronchiale. Il tutto a causa dell’inquinamento, del tabagismo o di altri fattori ancora in fase di studio nei laboratori di ricerca. Lo hanno ribadito ieri, nel corso di una conferenza stampa, gli organizzatori del convegno «Scienza e tecnologia in pneumologia - RespiroTrieste 2007», che da lunedì a mercoledì riunirà alla Marittima oltre 450 esperti italiani e stranieri nel settore.
«Parliamo di oltre 25 mila persone affette in città» ha spiegato Marco Confalonieri, direttore della Struttura complessa Pneumologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria. «Sono patologie che portano con sé numerose ripercussioni sia sociali che sull’attività lavorativa, in quanto tendono progressivamente alla cronicizzazione». Confalonieri ha espresso inoltre le sue preoccupazioni di quanti pazienti ed i loro familiari a Trieste, in regione e complessivamente in Italia, sono costretti a vivere quotidianamente con queste patologie e i disagi ad esse correlate. «Tanto più - ha sottolineato - che ultimamente la gravità è ulteriormente sottostimata, sempre più spesso diagnosticata tardivamente».
Secondo Confalonieri il problema è che «purtroppo, queste malattie non sono ben percepite nella loro importanza, pur causando morte e disabilità nella popolazione generale». Sono affezioni croniche del sistema respiratorio che progrediscono lentamente nel tempo e limitano il flusso aereo in modo non completamente reversibile e compromettono bronchi e polmoni. Confalonieri ha ricordato inoltre anche oltre alla broncopneumopatia, il tumore polmonare colpisce sempre più spesso anche i non fumatori. Complessivamente, l’ultimo rapporto sui tumori in Italia realizzato dall’Associazione registri tumori pone infatti in luce il fatto che l’incidenza dei tumori è in crescita in tutto il paese sia tra gli uomini sia tra le donne, mentre la mortalità è in calo. «In provincia di Trieste, alcuni dati parlano di circa 200 decessi dovuti al tumore polmonare» ha notato Confalonieri.
g.p.

 

  

Il Fai: «No al distributore di Barcola»  - Lettera aperta del direttore del Fondo per l’ambiente italiano al sindaco: salvaguardate gli alberi

 

I surfisti ricavano la loro sede al posto di una vecchia stazione di servizio

«Non va realizzato il nuovo grande distributore Tamoil in viale Miramare». Diventa un caso nazionale il nuovo impianto di Barcola: a sollevarlo è il direttore generale culturale del Fai (Fondo per l’ambiente italiano), Marco Magnifico. Ha scritto una lettera aperta al sindaco Roberto Dipiazza: «Barcola è la porta d’ingresso nobile a Trieste – scrive – il viale Miramare è un luogo di grande identità per la città, per i suoi abitanti, per la sua storia e per quanti amino Trieste; uno spazio che evoca una sensazione di serenità e senso d'appartenenza. Ebbene proprio qui il Comune ha autorizzato la costruzione di un nuovo, grande distributore di carburante Tamoil. Per fargli posto, non solo saranno abbattuti molti alberi secolari, ma verranno modificate pesantemente le caratteristiche di una zona che a noi risulta essere un bene vincolato in quanto di alto valore paesaggistico e ambientale».
Si legge ancora nella lettera: «Quello che è stato presentato ed approvato come un progetto di ampliamento di un distributore esistente è in realtà un enorme complesso completamente nuovo: infatti il vecchio distributore copriva 110 mq (di cui solo 30 mq verranno riutilizzati) mentre questo occuperà ben 1500 mq, andando a distruggere, con nuove costruzioni e corsie asfaltate, i giardini alberati e i marciapiedi verso Miramare. Ci chiediamo se davvero non vi sia altra localizzazione possibile e come mai la Soprintendenza non contrasti e non si opponga con forza a questo intervento».
Intanto cambia volto, oggi, l’ex stazione di servizio in viale Miramare: diventa sede dei surfisti triestini. In tanti avevano puntato a ottenere in affitto gli spazi dell'ultimo distributore rimasto attivo sul lungomare, ma il Comune, proprietario del sito, ha deciso di affittarlo a un’associazione sportiva. «Nel precedente piano delle opere - ha spiegato l'assessore Franco Bandelli - quella struttura doveva diventare un punto di appoggio, d’estate, per i vigili urbani. Ora, con la realizzazione della nuova caserma, tutto questo non sarà più necessario. Abbiamo deciso di dare spazio allo sport e, quindi, a un’associazione in grado di proporre qualcosa di nuovo». Negli ultimi mesi, infatti, la comunità dei surfisti - o meglio, dei windsurfisti - è andata aumentando: complice l'inverno mite, ma con giornate di bora, nel Golfo si è contato anche un centinaio di windsurfisti, la maggior parte dei quali provenienti da Slovenia e Croazia. L'associazione sportiva ha realizzato a proprie spese il restauro dell'ex distributore e ora vedrà l'affitto abbassato grazie ai lavori svolti: «Con il gruppo - ha spiegato l'assessore al Patrimonio Piero Tononi - abbiamo stipulato un contratto di affitto agevolato, proprio in virtù del fatto che si tratta di un’associazione sportiva e che l'attività da svolgere non sarà commerciale». «La comunità dei windsurfisti - ha spiegato Alberto Salvi, direttore della nuova sede del Surf team Trieste - a Trieste sta decisamente crescendo. Sul lungomare di Barcola si notano molti nuovi appassionati, parecchi sloveni e croati, per non parlare dei monfalconesi e goriziani. Ora, grazie a questa sede puntiamo ad aumentare anche i servizi a disposizione, con un rimessaggio di tavole e vele accessibile ai soci». L'ex distributore avrà anche un piccolo bar, dedicato ai soci del Surf team. Oggi alle 18 l'inaugurazione della struttura, e poi, la settimana prossima, corsi gratuiti di avvicinamento al winsfurf con tavole e vele di nuova generazione.
fr.c.

 

 

Gli esperti: pulite le acque del golfo ma la temperatura è sempre più alta  - Il monitoraggio dell’Osservatorio Alto Adriatico. Ci sono meduse ma non urticanti

 

Mare al momento pulito e sotto controllo ma sempre più caldo. Lo ribadiscono gli esperti dell’Osservatorio Alto Adriatico–Osmer Arpa Fvg, che monitorizzano periodicamente il golfo, per controllare la qualità delle acque di balneazione ed altri possibili rischi. Al momento, gli esperimenti sono in pieno svolgimento ed i risultati dettagliati delle osservazioni che riguardano i primi di giugno saranno disponibili la settimana prossima.
Sulla base dei dati parziali, al momento si può affermare però che in generale si nota una buona situazione delle condizioni ambientali del golfo. «Il tutto rientra nei canoni classici di normalità» spiega Giorgio Mattassi dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia (Arpa), sottolineando inoltre che i campionamenti dipendono dalle condizioni meteo, poichè la valutazione sulla qualità delle acque dovrebbe rispecchiare le condizioni medie non quelle istantanee.
Per il momento però, dagli esperti nessuna segnalazione sulle presenza di meduse urticanti o di mucillagini in quantità preoccupante.
Rimane però un fatto certo: un periodo lungo di sole, alte temperature e poco vento potrebbe effettivamente favorire l'aggregazione delle mucillagini. Gli scienziati del Dipartimento Oceanografia Biologica dell’ Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale OGS ricordano comunque che le mucillagini non sono dannose per l'uomo, anche se la sensazione, dopo il bagno, è sgradevole.
Il monitoraggio delle acque marino-costiere ha registrato un incremento della temperatura media di 5.6°C alla fine dello scorso mese. Conseguenza peraltro inevitabile: la media della temperatura dell’aria è stata di circa 2 gradi superiore a quella del mese di maggio relativo alla serie storica (2002-2006) e ha presentato valori massimi di circa 24-25°C.
ed alcune variazioni della salinità media. L’Arpa ha notato inoltre che nelle scorse settimane la concentrazione media di clorofilla da fluorescenza indotta è risultata costante e che la colorazione dell’acqua è apparsa normale all’inizio del mese ed anomala (giallastra) a fine maggio in alcune zone, a causa delle acque provenienti dai fiumi Isonzo e Tagliamento.
Per quanto riguarda la presenza delle meduse in generale, si rileva un decremento degli avvistamenti di una specie non tossica, la «Aurelia aurita», che si presenta però di grandi dimensioni (diametro 15 cm).
Gabriela Preda

 

  

«Liberi dal mostro-cementificio, ma senza rancori»  - Oggi la festa in piazza. I Comitati: niente fischi, ma applausi. Duz: non parteciperò

 

I cittadini della Bassa celebreranno a Torviscosa la vittoria sancita dal «no» della giunta. Il gruppo Grigolin: «Ricorso? Prima vediamo la delibera»

TRIESTE «Non vogliamo polemiche. Ci interessa solo festeggiare». Mareno Settimo, il portavoce del comitato «No al cementificio», ci ha sempre creduto. E, adesso che la Bassa friulana si è liberata dal pericolo «mostro», non ha rancori da portare in piazza. Questa sera, a Torviscosa, nel giorno della manifestazione che segue il «no» unanime della giunta Illy al cementificio, «non vogliamo fischi ma applausi: è una festa di popolo».
IN PIAZZA Il programma è appunto molto “popolare”. Ritrovo in piazza del Popolo a partire dalle 18: «A seconda degli arrivi ci saranno gli interventi – spiega Settimo –, non è prevista una scaletta». La gente, che era scesa in piazza il 25 aprile e il primo maggio per contestare e stendere striscioni contro il cementificio, potrà finalmente esultare: «Il “no” finale della giunta ci consegna una vittoria netta, favorita anche dai clamorosi errori di chi, in primis i vari Illy, Moretton, Sonego, Duz e Del Frate, ha sostenuto un progetto sbagliato contro la volontà dei cittadini. Se la ricorderanno per un pezzo questa sconfitta».
OBIETTIVI Oggi, si legge nel volantino che annuncia la manifestazione di Torviscosa, si scende in piazza «per il diritto alla salute dei nostri figli e dei nostri nipoti, per un lavoro che tuteli i diritti fondamentali della persona sia all'interno che all'esterno della fabbrica, per un uso corretto delle risorse agricole, industriali e turistiche della Bassa friulana, per uno sviluppo che consenta di tutelare le conquiste sociali raggiunte, per un progresso economico e sociale cosciente e condiviso dalla popolazione».
PRESENZE A partecipare alla serata di festa il comitato ha invitato pure i consiglieri regionali Settimo cita Travanut (Ds), Metz (Verdi), Franzil (Rc), Violino (Ln), Molinaro e Venier Romano (Udc), «ma sono invitati tutti», precisa Settimo. Anche Illy? «Tutti – ribadisce –. Ma non vogliamo che un invito personale possa sembrare una presa in giro e alimenti polemiche». Tra i presenti sicuramente Travanut: «Sono invitato e ci vado. Del resto, se mi chiamano, vado anche dove penso di ricevere critiche e l’altra sera, non a caso, ero a un convegno “No Tav”, mentre io sono favorevole». Il capogruppo diessino, che si è battuto fin dall’inizio della vicenda contro il cementificio, parla di “vittoria del territorio con tutte le sue componenti. “Il risultato finale si deve alla gente ma anche a chi si occupa di politica”.
ASSENZE Tra gli assenti, invece, il sindaco (del sì) di Torviscosa Roberto Duz e quello (del no) di Cervignano Pietro Paviotti. «Non ci sarò – spiega Duz – perché ho sempre cercato di separare le funzioni istituzionali dalla piazza. Quello della giunta è un parere tecnico, nulla di straordinario, di cui prendiamo atto e che accettiamo». Ma il cementificio sarebbe servito? «Sì, con la premessa che avrebbe dovuto dare garanzie di sicurezza per persone e ambiente». Niente piazza neppure per Paviotti: «Il messaggio è che in futuro si dovranno condividere le scelte a livello territoriale e non mettere in difficoltà i Comuni chiedendo loro pareri frettolosi. Ma non cambio idea: il metodo utilizzato dai comitati, per quanto avessero la mia stessa opinione, non mi è piaciuto. Quella del 1. maggio è stata una giornata triste, con violenze verbali e psicologiche nei confronti di sindaci che, con l’espressione dei consigli comunali, avevano seguito le regole delle democrazia».
RISCHIO RICORSO La collega di Porpetto Cecilia Schiff non nasconde invece la soddisfazione: «Finalmente si è guardato alla base e alle sue richieste. Con il cementificio non si sarebbero certo risolti problemi occupazionali, che in questo momento non colpiscono quest’area, ma si sarebbero al contrario aggravate questioni ambientali che gravano pesantemente sulla Bassa. Per una volta si è tenuto conto delle esigenze della gente». Ma la partita è davvero chiusa? Il gruppo Grigolin accetterà il verdetto della giunta o ricorrerà? Dall’azienda veneta non giungono ancora prese di posizione: «Dobbiamo prima esaminare la delibera di giunta».
Arrivasse il ricorso, Settimo è però pronto: «Risponderemo anche in quel caso colpo su colpo».
Marco Ballico

 

 

Lauri: la giunta riveda la politica sull’ambiente - Cdl: costretti al dietrofront

 

TRIESTE Dopo lo stop della giunta Illy al cementificio continuano i commenti della politica. Parla l’opposizione di centrodestra come anche la sinistra, con Rifondazione comunista che interviene con una nota del suo segretario regionale. «Il no della Regione alla realizzazione del cementificio – scrive Giulio Lauri – è innanzitutto una vittoria della popolazione. Contrariamente a quanto si dice, il conflitto sociale paga. Se è giustamente motivato, pacifico e determinato, può produrre risultati anche quando è esercitato dalla minoranza della popolazione: come la storia insegna, le maggioranze, soprattutto quelle silenziose, non interpretano necessariamente l’interesse generale». Lauri estende la questione: «La mobilitazione sul cementificio è importante anche per la maggioranza di centrosinistra». Due gli insegnamenti per il futuro: «Il primo è che l’ambiente non può più essere considerato un freno alla crescita economica ma una risorsa su cui fare leva per ripensare un nuovo e diverso modello di sviluppo. Il secondo è che la democrazia senza partecipazione è uno strumento monco, che può allontanarsi drammaticamente dall’interesse generale della popolazione, e che la partecipazione va promossa e le richieste ascoltate». «Il no unanime della giunta – attacca invece il capogruppo di An Luca Ciriani – contraddice clamorosamente quanto detto da Illy solo un mese fa, quando affermava che l’autorizzazione era «un atto dovuto. Questa retromarcia va ad aggiungersi a quella di poche settimane fa sui rigassificatori, due chiari segnali di un governatore che naviga a vista cercando in ogni modo di recuperare sul territorio i consensi perduti». Marzio Strassoldo, presidente della provincia di Udine, sottolinea la posizione «sempre contraria» dell'ente friulano. Una posizione «motivata dallo studio realizzato dagli uffici provinciali, che hanno messo in evidenza i rischio ambientali e infrastrutturali di un cementificio. In particolare è stato rilevato come l’impianto sarebbe stato collocato in un territorio già in forte sofferenza ambientale, soprattutto per quanto riguarda la qualità dell’aria, e viaria, con una previsione di 356 nuovi transiti giornalieri da e per l’impianto». «La giunta regionale - continua Strassoldo - ha fatto bene a tornare sui suoi passi dopo aver dichiarato pubblicamente di voler autorizzare il cementificio: è stata costretta a rimangiarsi quanto detto».
m.b.

 

 

Ma sulla vetreria i comuni si dividono  - Il sindaco di Marano: «A rischio la laguna e l’attività dei pescatori»

 

Solo San Giorgio, Carlino e Torviscosa favorevoli al nuovo insediamento. «No» anche dalla Provincia di Gorizia

SAN GIORGIO Vetreria, si spacca il fronte dei Comuni interessati. I consigli comunali di Marano, Porpetto, Carlino, Terzo di Aquileia, San Giorgio e Torviscosa si sono pronunciati in merito all’eventualità di realizzare l’impianto, e il verdetto ha sancito una frattura netta tra le realtà territoriali coinvolte: Marano e Porpetto hanno esternato la propria, assoluta, contrarietà al progetto, mentre Carlino, Torviscosa e San Giorgio si sono espressi favorevolmente. Terzo di Aquileia ha invece assunto un atteggiamento prudente, e fa sapere tramite il primo cittadino Fulvio Tomasin di non avere dei dati precisi. Tomasin smentisce in modo perentorio la tesi secondo cui la Bassa Friulana rifiuta qualunque progetto in modo aprioristico, ma sottolinea l’esigenza di dotare il territorio, e in particolare la vasta area industriale di San Giorgio, di un sistema di centraline che valutino esattamente il livello di emissioni nell’atmosfera.
Emblematico il caso di San Giorgio, dove il consiglio comunale all’unanimità garantisce l’appoggio alla vetreria. Risulta quindi evidente che ci sia un chiaro cambiamento di indirizzo da parte dei Comuni rispetto alla vicenda cementificio. Quando era stato prospettato tale insediamento, si era immediatamente registrata una levata di scudi da parte di tutti i comuni del territorio, ad eccezione di Torviscosa e San Giorgio. La coesione e la compattezza emersa precedentemente sembra dunque venir meno, e i referenti dei comitati si sono già mossi per capire quali siano le motivazioni. A rinforzare lo schieramento del «no» è arrivata la posizione della provincia di Gorizia, direttamente coinvolta a causa delle ripercussioni che subirebbe Grado a causa della vetreria. Graziano Pizzimenti, sindaco di Marano, esprime senza esitazione il proprio punto di vista, e si fa portavoce di un consiglio che ha bocciato all’unanimità il progetto: «L’aspetto forse più significativo sta proprio nel fatto che anche la minoranza (composta da Ds, Forza Italia e Margherita; la maggioranza è formata dalla Lega Nord e da indipendenti) abbia espresso un parere negativo. L’insediamento verrebbe collocato nei pressi della laguna, con i fumi di scarico che andrebbero a danneggiarne pesantemente l’ambiente e le attività che vi si snodano. Ci rimetterebbero soprattutto i pescatori, che vengono regolarmente considerati l’ultimo anello della catena. Il nostro consiglio comunale auspica uno sviluppo diverso per il territorio, che non contempli la presenza di industrie pesanti». Pizzzimenti prosegue: «Per dare un’idea, la ciminiera della vetreria sarebbe alta circa 80 metri, quando il nostro campanile raggiunge a malapena i 30 metri. È quindi perfettamente evidente come l’impianto risulterebbe impattante anche a livello visivo, oltre che dal punto di vista ambientale. Il nostro indirizzo deve essere interpretato come un chiaro segnale dato dal territorio». Roberto Duz e Pietro Del Frate, pur confermando la propria posizione, non intendono, al momento, esporsi apertamente. Nei giorni scorsi i comitati avevano rivolto un esplicito appello a Mauro Travanut, affinché li sostenesse ancora come fatto con il cementificio. Il consigliere diessino, da parte sua, ha reso noto che asseconderà le direttive dell’Azienda Sanitaria come ha sempre fatto. Secondo i comitati, l’attuazione della vetreria sarebbe un passaggio deleterio per il territorio, con ripercussioni addirittura più gravi rispetto a quelle derivanti dalla costruzione di un cementificio.
Giovanni Stocco

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 15 giugno 2007

 

 

Ferriera: benzene 2mila volte oltre i limiti  - In mare accertato un inquinamento da record. Nel sottosuolo enormi sforamenti di zinco e piombo

 

Diffusi dai Verdi i dati delle analisi disposte dal ministero dell’Ambiente. Metz e Pizzati: «Lo stabilimento va chiuso anche prima del 2009»

C’è benzene in quantità quasi 2000 volte superiore ai limiti di legge nel mare antistante la Ferriera di Servola. Di manganese ne navigano 1931 microgrammi per litro contro un limite di 50.
Nel suolo dello stabilimento servolano è stato trovato piombo per oltre 10 mila milligrammi per chilo dove la soglia è fissata a 1000. Così per lo zinco: in certi punti la concentrazione è di 20.300 milligrammi per chilo a fronte di un massimo consentito di 1500. Cifre esorbitanti per gli idrocarburi pesanti: non si dovrebbero oltrepassare i 750 milligrammi per chilo, se ne sono trovati 30 mila e passa.
Si tratta dei picchi di sforamento accertati nel corso di una indagine che ha previsto 76 carotaggi fino a 10 metri di profondità e dieci riverifiche con piezometro, da cui sono scaturiti questi dati ufficiali sull’inquinamento dell’azienda siderurgica relativi a suolo e acque. Le analisi sono state ordinate nell’ambito del piano di caratterizzazione imposto dal ministero dell’Ambiente per il sito inquinato di rilevanza nazionale, nel cui perimetro entra anche la Ferriera. Dati presentati a febbraio alla conferenza dei servizi ministeriale, e ufficiali da metà maggio.
Le cifre sono state rese pubbliche per la prima volta ieri dai Verdi di ogni ordine e grado (il presidente regionale Gianni Pizzati, il consigliere regionale Alessandro Metz, la consigliera provinciale Carla Melli, il consigliere comunale Alfredo Racovelli, accompagnati dal medico del Lavoro Maurizio Cannarozzo). Inaugurando un nuovo fronte oltre a quello già caldissimo sulle emissioni nell’aria, hanno confermato che la Ferriera va chiusa «anche prima del 2009», e nello stesso tempo chiamato a raccolta tutta la città e i suoi amministratori affinché si pensi per prima cosa al reddito dei lavoratori: «Il sindaco Dipiazza ha fatto la sua fortuna elettorale promettendo la chiusura della fabbrica - ha detto Metz -, ma poi la sorte dei dipendenti è sempre diventata materia di ricatto collettivo, perciò è da qui che bisogna partire».
Trovare nuova occupazione, garantire uscite agevolate, usare il reddito di cittadinanza di cui proprio la Regione sta per approvare il regolamento? «Una di queste soluzioni o altre exit strategy, ma da individuare in un tempo certo, ragionevolmente entro un anno». I dati sull’inquinamento sono stati definiti gravissimi: «Chi ora non agisce sul serio - ha concluso Metz - diventa complice del colpevole, cioé della Ferriera, che nonostante iniziative della Procura, dei cittadini, dell’Azienda sanitaria, mai ha risposto adeguatamente».
Pizzati ha sottolineato che la Teseco, che sta bonificando in area Ezit, lava le ruote dei camion con cui porta via la terra sporca: «A Servola non si fa, né si sono messi teli protettivi al suolo per proteggere i lavoratori, e inoltre manca ancora l’analisi dell’area antistante il mare, probabilmente costituita da materiale di riporto con cui nell’arco di 40 anni la Ferriera ha modificato la linea di costa, il ministero ha imposto 60 giorni di tempo per presentare le analisi».
«Sforamenti impressionanti - ha commentato Cannarozzo, come medico - ci sono sostanze tossiche e anche cancerogene, tutti gli inquinanti trovati a mare entrano nella catena alimentare attraverso il pesce: all’azienda è stato imposto di avviare la messa in sicurezza d’emergenza entro 20 giorni dalla conferenza dei servizi, ma lo ha fatto?».
Melli, consigliere provinciale, ha annunciato nuove strategie in collaborazione con Muggia su cui volano le emissioni d’aria, e un consiglio straordinario per il 9 luglio deciso concordemente da maggioranza e opposizione. Racovelli ricordando le richieste di chiusura della Ferriera da parte del sindaco ha ammonito: «Esca dalla fase mediatica, indichi un percorso di dismissione, e noi lo sosterremo apertamente». I Verdi temono che la proprietà possa vendere l’azienda per sfuggire a chiusure e bonifiche «senza pagare il pegno».
Ma se Pizzati segnala che «la zona di Servola ha il più alto indice di malattie polmonari d’Italia», il direttore dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli, che aveva promesso e ha realizzato indagini sullo stato di salute della popolazione residente nel quartiere certifica risultati diversi, ottenuti scrutando nella banca dati per scoprire per che cosa, quanto e quando si sono curati gli abitanti di Servola: «Le nostre analisi non hanno dato per ora segnali che vi sia un’incidenza di malattie superiore al resto della città, neanche per le malattie polmonari, e lo stesso si rileva per i lavoratori, ma purtroppo non è detto che una rilevazione datata oggi dia certezza per sempre, certe malattie compaiono a distanza anche di molti anni».

Gabriella Ziani

 

 

FERRIERA - L’azienda: «Bonifica d’emergenza avviata già da giorni» - L’acqua di lavorazione viene trattata

 

Quattro pompe che trattano l’acqua di lavorazione prima che entri in mare. È la risposta della Ferriera alle imposizioni del ministero dell’Ambiente sulla scorta dei pesanti dati d’inquinamento usciti dal piano di caratterizzazione. Scadrà intanto questo mese il tempo che le amministrazioni, dalla Regione al Comune e all’Autorità portuale, hanno dato all’azienda nell’ambito della cosiddetta autorizzazione ambientale integrata che prefigura una prosecuzione dell’attività anche oltre il 2009 ma con una parziale ricoversione dell’attività, e comunque non senza un miglioramento dell’impatto ambientale.
Nel frattempo sono arrivate le prescrizioni ministeriali. «Il ministero - risponde Francesco Semino, responsabile delle relazioni esterne della Ferriera - ci ha dato due possibilità: o una bonifica consortile, cioé a condominio con le altre aziende, o una messa in sicurezza d’emergenza da realizzare da soli. L’azienda ha scelto l’ultima soluzione. Ma se ci fossimo messi nel gruppo saremmo stati al riparo da ogni controllo e domanda, sarebbe stato più da furbi, basta immaginarsi i tempi lunghi di una bonifica collettiva, magari 10 anni, in Italia ci sono ben 54 siti inquinati di rilievo nazionale».
Dunque la Ferriera «si pulirà» da sola. Il ministero le ha dato 20 giorni dalla data di ricevimento del verbale della conferenza dei servizi (10 maggio), per comunicare l’avviata messa in sicurezza. «E infatti - assicura Semino - è stata avviata: un sistema di pompe che trattano l’acqua prima che il sedimento arrivi a contatto con la falda, sistemate nei punti dove sono state localizzate le aree problematiche». Sul lato mare sono 4 i punti, distanziati di 100 metri, dove sono state installate le pompe. Ma per il suolo che si fa? «Non ci sono profili di emergenza - risponde Semino -, comunque sono fasi diverse».
Dalla Provincia commenta l’assessore all’Ambiente Ondina Barduzzi: «Dipiazza non era d’accordo sull’autorizzazione ambientale per 5 anni poiché c’è un protocollo firmato a Roma che prevede la chiusura della Ferriera nel 2009, ma penso che se l’azienda chiede l’autorizzazione significa che intende bonificare ed è ciò che conta».
g. z.

 

 

FERRIERA - Presenti anche i cancerogeni idrocarburi policiclici aromatici

 

Per chi non s’intende di chimica i numeri allarmanti si accompagnano a parole misteriose, ma gli stessi documenti ufficiali che riferiscono delle analisi nell’area della Ferriera per il ministero dell’Ambiente ne danno una schematica descrizione. Così nel suolo della fabbrica sono stati trovati per prima cosa i seguenti metalli: Arsenico, Berillio, Cadmio, Cromo totale, piombo, Antimonio, Selenio, Vanadio, Zinco, Benzene. Ci sono poi i pericolosi Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), molto dannosi per la salute, di cui è dimostrata la cancerogenità sia in laboratorio sia nelle popolazioni, e che sono derivati dalla combustione (anche dei motori delle macchine): alla Ferriera si sono trovati valori eccedenti di Pirene (1622 a fronte di un limite di 50, Benzo(a)antracene (819 contro un limite di 10), Crisene (876 anziché 10), Benzo(a)fluorantene (140 anziché 10), Benzo(a)pirene (559 anziché 10), Dibenzo(a,h)antracene (223 anziché 10), Benzo(g,h,i)perilene (619 anziché 10), Indenopirene (468 anziché 5), per una sommatoria di «Ipa» pari a 6069 milligrammi per chilo a fronte di un limite di 100. Nell’acqua: Manganese, Cromo esavalente, Nitriti, Cianuri, Toluene, Para-xilene, Triclorometano, Dicloroetano, Triclorofenolo.

 

 

Rigassificatori, Gas Natural presenterà nuovi studi

 

TRIESTE Gas Natural non molla la presa sul Golfo di Trieste e rilancia la sua battaglia per l’insediamento del rigassificatore nell’area ex Esso a Zaule. Dopo la fumata nera dell’esecutivo regionale, che il 1.o giugno ha dato parere negativo ai due progetti per la realizzazione di impianti Gnl (quello di Gas Natural e quello di Endesa, off-shore), la società ha infatti annunciato di essere pronta a presentare «tutte le documentazioni necessarie a chiarire e sciogliere i dubbi residui sui temi sollevati dalla Regione».
Nessun passo indietro dunque da parte di Gas Natural, pronta all’«avanzata» verso Roma, carte alla mano. La parola fine a una delle questioni più discusse degli ultimi mesi, infatti, sarà solo il Ministero dell’ambiente a poterla mettere, fornendo la valutazione d’impatto ambientale. Qualche giorno fa la giunta Illy aveva detto no ai due rigassificatori a Trieste. Pur esprimendo giudizio favorevole sotto il profilo socio-economico, la Regione aveva sollevato obiezioni legate ai rischi potenziali sull’ambiente e la salute.

 

 

Gas Natural non molla: Trieste ci interessa - La società pronta a presentare ulteriori documentazioni sul progetto del rigassificatore

 

La reazione degli spagnoli al parere negativo espresso dalla Regione. Sonego e Dipiazza: «Adesso ci pensi Roma»

Gas Natural non molla la presa sul Golfo di Trieste e rilancia la sua battaglia per l’insediamento del rigassificatore nell’area ex Esso a Zaule. Dopo la fumata nera dell’esecutivo regionale, che il primo giugno ha dato parere negativo ai due progetti per la realizzazione di impianti Gnl (quello di Gas Natural e quello di Endesa, off-shore), la società ha infatti annunciato di essere pronta a presentare «tutte le documentazioni necessarie a chiarire e sciogliere i dubbi residui sui temi sollevati dalla Regione».
Nessun passo indietro, dunque, da parte di Gas Natural, pronta all’«avanzata» verso Roma, carte alla mano. La parola fine a una delle questioni più discusse degli ultimi mesi, infatti, sarà solo il ministero dell’Ambiente a poterla mettere, fornendo la valutazione di impatto ambientale.
Non più tardi di qualche giorno fa la giunta Illy aveva detto no ai due rigassificatori a Trieste. Pur esprimendo un giudizio favorevole sotto il profilo socio-economico, da piazza Oberdan erano state sollevate obiezioni legate ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, evidenziando che nella documentazione presentata da Gas Nautral e Endesa, permanevano «carenze documentali e progettuali, che non dimostravano l’assenza di pericoli». La Regione aveva però sottolineato la disponibilità a ospitare un rigassificatore in Fvg, ma «solo a determinate condizioni», chiedendo che le società fornissero al ministero un quadro documentale che consentisse di superare le perplessità. Tra le condizioni indicate dall’esecutivo rientrava ad esempio, per il progetto nell’area di Zaule, un prolungamento della condotta di scarico delle acque fredde oltre la diga foranea.
Gas Natural ha risposto all’appello: «Vogliamo investire a Trieste e realizzare il rigassificatore, che rappresenta un’importante infrastruttura - spiega la società attraverso il suo portavoce - necessaria non solo per il sistema energetico nazionale, ma anche per lo sviluppo economico del territorio. La Regione ha richiesto maggiore chiarezza documentale e noi stiamo preparando le carte da presentare al ministero, con cui risponderemo a tutte le obiezioni sollevate. Il rigassificatore di Zaule sarebbe simile a molti altri in esercizio a livello mondiale: impianti sicuri, puliti, con una tecnologia consolidata in oltre 50 anni di esperienza - spiega ancora Gas Natural -. Nella sola Spagna ce ne sono 6 in funzione e altri 3 in fase di progettazione».
Sull’annuncio di Gas Natural, secco il commento di Lodovico Sonego, assessore regionale a Infrastrutture ed energia: «La questione dei rigassificatori non è più di dominio della Regione - spiega Sonego - ma ora è di esclusiva competenza del ministero. In ogni caso prendo atto della volontà di Gas Natural di non abbandonare il progetto. Se vogliono fare sul serio non hanno che da rimboccarsi le maniche».
In attesa di «vedere quel che succede a Roma» resta il sindaco Dipiazza, che ad oggi dichiara di non essersi spostato di un centimetro dalla posizione iniziale: «Ribadisco ancora una volta che sono convinto che il rigassificatore a Zaule potrebbe essere una grande opportunità economica per Trieste - afferma Dipiazza -. Il piano dell’energia è un piano strategico per il Paese. La Regione ha detto no, e credo che c’entri la questione del cementificio. Non ho intenzione di fare le guerre puniche per i rigassificarori. Vedremo cosa decide Roma».

 Elisa Coloni

 

 

Il biologo Roberto Odorico: «È una zona ricca di biodiversità dove esiste anche un molo romano che testimonia dell’antica linea di costa»

 

«Eco parco» transfrontaliero a Muggia - Dovrebbe interessare l’area compresa tra Punta Sottile e Punta Grossa

Il sindaco Nesladek tiene i contatti con la riserva di Miramare e con Capodistria per verificarne la fattibilità

MUGGIA A Muggia si torna a parlare di realizzare un parco marino transfrontaliero tra Punta Sottile e Punta Grossa, alquanto rivisitato rispetto le iniziali intenzioni, e considerato in un’ottica didattica, inserita nel contesto del Parco del mare, di cui si discute invece a Trieste.
L’argomento è stato affrontato già tra il Comune di Muggia e quello di Capodistria, e contatti tecnico-organizzativi ci sono stati anche con la Riserva naturale marina di Miramare. Il sindaco Nesladek spiega: «Un parco in cui conservare i pregi ambientali esistenti, sviluppando attività scientifiche e didattiche legate al mare, potendo quindi attirare anche quella parte di turismo dedicata al mondo subacqueo. Il parco, in questa visione transfrontaliera, potrebbe anche godere di finanziamenti europei, mentre potrebbe legarsi al Parco del mare di cui si parla a Trieste, diventandone una sede distaccata ma ben collegata, magari con traghetti o barche scuola. L’iniziativa dell’Aula blu, ad esempio, ben si inserirebbe in questo progetto, mentre a Muggia potrebbero nascere le sedi logistiche, ostelli, laboratori e centri visite, in edifici esistenti, come la scuola di San Rocco, o in altri».
Nesladek preferisce non paragonare questo progetto di parco acquatico con quello abbozzato negli anni scorsa dalla Provincia. «Le cose sono cambiate – dice -. C’è una maggiore sensibilità ambientale, anche dall’altra parte del confine. È anche migliorato il rapporto con Capodistria e la Slovenia, con la quale stanno per cadere i confini. E si pensa ad un approccio molto più didattico, una sorta di laboratorio dell’immaginario scientifico incentrato sulle attività marine e costiere».
Non un parco chiuso, ben inteso, ma una zona di ricerca, in cui apprezzare e valorizzare le specificità ambientali, di ampia fruizione da parte di turisti, scuole, o cittadini. Da inserire in un «pacchetto» turistico-ambientale che coinvolga tutto il golfo, e magari anche la parte a terra, fino alla Val Rosandra.
Ma quali sono i pregi naturalistici di quell’area? Lo spiega Roberto Odorico, biologo della Riserva di Miramare, che ha già affrontato l’argomento con il sindaco Nesladek: «È una zona ricca di biodiversità. Un’area fertile, dalla quale proviene ciò che poi popola o ripopola il resto della costa. Il fondale è sabbioso o roccioso. È l’unica zona di flysch sottomarino da queste parti, e c’è anche un molo romano che testimonia dell’antica linea di costa. Il fondale è riccamente popolato, un serbatoio di specie».
La nascita del parco naturale (denominato ora Eco parco) porterebbe anche a rinsaldare o far nascere collaborazioni didattiche transfrontaliere, ad esempio con il laboratorio marino di Pirano. Dopo anni che se ne parla, ora in quanto tempo potrebbe sorgere questo Eco parco? Nesladek dice: «Fare il parco non è difficile. Poi però bisogna gestirlo. L’ipotesi più percorribile è di chiedere fondi Interreg assieme a Capodistria. Ma è necessaria anche la compartecipazione con il Parco del mare di Trieste. Ne parlerò a breve nelle sedi appropriate con i vicini colleghi».
Sergio Rebelli

 

 

RIFIUTI: POLEMICA A SAN DORLIGO

SAN DORLIGO Si continua a polemizzare a San Dorligo in merito alla progettata raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, il cui avvio è stato annunciato nei giorni scorsi.
Mercoledì c’è stato un primo incontro con la cittadinanza a Prebenico, per illustrare il progetto che partirà a luglio. Forti dubbi sull’efficacia e sul risparmio che deriverà ai cittadini da tale sistema sono stati avanzati già ieri dai consiglieri di opposizione in consiglio.
Oggi, alla luce del primo incontro pubblico illustrativo, interviene il consigliere Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni): «È un modello di raccolta “tutto casereccio”, visto che nessun’altra amministrazione della provincia ha voluto aderire».
«All’assemblea pubblica – incalza Gombac – non ha partecipato moltissima gente, e l’incontro si è concluso in quaranta minuti, senza alcun beneficio per i partecipanti».
Gombac afferma anche che in sala, ai consiglieri di opposizione presenti non è stato permesso di intervenire, e il dibattito è proseguito all’esterno dopo la riunione.
«Lì i presenti hanno dialogato con noi – dice Gombac - per avere informazioni in merito ad un sistema di raccolta differenziata che, come imposto, si preannuncia di breve durata, ma con sperequazioni nel servizio di raccolta rifiuti che andranno a colpire indistintamente i concittadini che si sono visti aumentare negli ultimi anni le bollette del 60 per cento».
Ieri sera, c’è stato un incontro a Sant’Antonio. Oggi il medesimo appuntamento si ripeterà a Caresana, alla casa comunale, a partire dalle 20.
s.re.

 

 

Rifiuti, Ue multa l’Italia per Fvg, Lazio e Puglia - La condanna perché Roma non ha varato i piani di gestione e smaltimento delle 3 regioni

 

Il provvedimento può implicare sanzioni salatissime e riguarda le scorie sia ordinarie sia speciali. E in Irpinia Bertolaso viene aggredito

BRUXELLES Al termine di un procedimento durato cinque anni, l’Italia e’ stata condannata ieri dalla Corte di giustizia europea di Lussemburgo per avere violato le direttive dell’Unione sui rifiuti comuni (75/442/Cee) e sui rifiuti pericolosi (91/689/Cee) non avendo presentato alla Commissione europea i piani di gestione e smaltimento delle regioni Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e delle province di Bolzano Alto Adige e di Rimini.
La Corte ha condannato l’Italia dopo che le inadempienze erano state rilevate dalla Commissione europea che ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti del nostro Paese nel 2002, procedura che dopo varie tappe è approdata nelle aule di giustizia di Lussemburgo.
Nel corso del lungo braccio di ferro tra Roma e Bruxelles, la Corte ha rilevato, l’Italia non ha mai colmato le proprie inadempienze.
Nel motivare la sentenza di condanna dell’Italia, i giudici di Lussemburgo hanno confermato che i piani di gestione e smaltimento dei rifiuti comuni sono obbligatori nell’Ue dal 1975 e dal 1991 sono obbligatori anche i piani per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. I piani, una volta elaborati, devono essere comunicati alla Commissione europea che ha il compito di esaminarli, approvarli o respingerli.
Nell’elaborare le procedure di gestione e di smaltimento, le autorità competenti devono indicare tipi, quantità e origine dei rifiuti da recuperare o da smaltire, requisiti tecnici generali, tutte le disposizioni per i rifiuti di tipo particolare, i luoghi o gli impianti adatti al loro smaltimento. Nei piani devono anche essere indicate le persone fisiche o giuridiche responsabili della gestione dei rifiuti, contenere la stima dei costi di smaltimento e di recupero e prevedere le misure d’incoraggiamento alla razionalizzazione della raccolta, della cernita e del trattamento della spazzatura.
L’Italia è stata condannata a pagare anche le spese processuali e ora la Commissione può intimare al governo italiano di dare immediata applicazione alla sentenza. In caso contrario l’Italia corre il serio rischio di essere condannata una seconda volta e allora l’esecutivo comunitario potrebbe costringerla a pagare ingenti multe quotidiane per ogni giorno di permanenza nello stato d’infrazione della legislazione comunitaria. Le multe potrebbero essere detratte anche dai versamenti che Bruxelles annualmente assegna al nostro Paese dai fondi strutturali, come quelli agricolo, regionale o sociale.
L’Italia è, tra i Ventisette, il Paese con il più alto numero d’infrazioni e condanne per violazione delle leggi comunitarie.
Intanto ieri è stata una nuova giornata difficile per il commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania Guido Bertolaso, destinatario delle proteste delle comunità che non vogliono ospitare le discariche. Ma ieri ad Ariano Irpino (Avellino), la protesta si è trasformata in aggressione: contro la sua auto calci, pugni, sputi. E c'è stata poi la fuga precipitosa dal paese. Immediata e corale la solidarietà del mondo politico e delle istituzioni a Bertolaso. Il commissario, dunque, non ha potuto incontrare gli amministratori della comunità irpina, per discutere la possibilità di riaprire la discarica di Difesa Grande. Ieri mattina l'auto su cui viaggiava Bertolaso è stata circondata da centinaia di persone e bloccata dai manifestanti, i quali hanno colpito la vettura con calci e pugni. Ci sono stati momenti di altissima tensione. «Solidarietà personale» è stata espressa dal presidente del Consiglio Romano Prodi al commissario Bertolaso, «per l'incivile aggressione subita». Il presidente del Consiglio ha telefonato a Bertolaso ribadendo l'impegno del governo per affrontare l'emergenza rifiuti in Campania.

 

 

I cambiamenti del clima preoccupano più del terrorismo

 

ROMA I problemi ambientali? Preoccupano più di terrorismo e droga. Il clima sta cambiando, la natura a volte si comporta in modo inaspettato e così, anche grazie all'interesse dei media, la percezione che i cittadini hanno del problema è diventata molto alta. Dopo la disoccupazione, al secondo posto tra le paure degli italiani (prima ancora di terrorismo e droga) compare l'inquinamento, seguito a non molta distanza dall'effetto serra. A rivelarlo è la ricerca "Effetto ambiente: come cambia il nostro stile di vita?" condotta da Lorien Consulting in collaborazione con la rivista "Nuova ecologia", il quotidiano di Legambiente, e presentata a Roma. Il dato principale della ricerca è che tre cittadini su quattro ritengono "fondamentale" il rispetto delle norme ai fini della tutela climatico-ambientale. Molto critica la valutazione, in particolare, "verso l'inattività di enti locali e governo centrale, sia globalmente che nel dettaglio dei singoli interventi a tutela dell’ambiente in generale”.

 

 

A4, ecco perché la terza corsia non si fa - Gli ostacoli che bloccano il progetto: burocrazia infinita, leggi che cambiano, il nodo Tav

 

L’INCHIESTA La tormentata vicenda dell’ampliamento dell’autostrada Trieste-Venezia dura ormai da 10 anni: ma prima del 2014 non sarà pronta

TRIESTE Il «pacco», nella miglior tradizione italiana, arriva a ridosso del Natale. Ma, quando la Regione e Autovie venete «scartano» la Finanziaria che Romano Prodi e il suo governo portano in dono, non gioiscono: scoprono che le commissioni di gara, ai tempi di Antonio Di Pietro, devono essere nominate dal ministero alle Infrastrutture. E non più dalle concessionarie autostradali.
Non è un dramma, ma in Italia lo diventa. Quella manciata di righe allunga per legge i tempi già biblici della grande incompiuta nordestina: la terza corsia che deve ridare un po’ di fiato all’ormai strozzata A4 Venezia-Trieste. «Perderemo, se va bene, 5 o 6 mesi» quantifica, sotto l’albero, chi è del mestiere.
Non sbaglia, almeno non per eccesso. Autovie, già pronta ad affidare i progetti di opere specialistiche collegate all’allargamento dell’A4 come i sovrappassi o il ponte sul Tagliamento, inizia ai primi dell’anno il pressing sul ministero. Ma solo il 24 aprile, dopo una calata in massa nella capitale, con il presidente Riccardo Illy e l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego a incalzare il ministro «amico», la spa di Palmanova ottiene l’agognato risultato: Roma nomina quattro commissioni di gara per la terza corsia. «Le prime in tutta Italia» ricorda Sonego. Un merito e una consolazione, seppur magra. Ma, adesso, quanto ci metteranno a giudicare le commissioni esterne che sfuggono a ogni controllo periferico?
Non è il primo «pacco» di Roma, quello contenuto nella Finanziaria 2007, e nemmeno l’ultimo. Ma aiuta a spiegare l’inspiegabile: perché mai - mentre l’A4 si ingolfa anno dopo anno, con più di 3.500 ore di coda e poco meno di 40 milioni di auto e camion contati nel solo 2006 - la terza corsia rimane un fantasma. Il fantasma che nemmeno le promesse solenni, le volontà condivise e gli sforzi reiterati riescono a materializzare. Sia chiaro, pur in un Nordest che spara costantemente sullo Stato centrale e sulle sue lungaggini burocratiche, i ritardi non vanno messi unicamente sul conto di Roma. Non aiutano le beghe o le esitazioni periferiche, presenti o passate, incluse quelle recentissime sul tracciato parallelo oppure no tra terza corsia e Tav. Ma quanto possono alla fin fine incidere se, fatti due conti e accertato che servono circa 24 mesi per mettere a gara il progetto integrato della tratta Quarto d’Altino-San Donà, la più avanzata, Autovie ne può governare appena 3 o 4?
LA STORIA Di sicuro, la spa autostradale controllata all’86% dal Friuli Venezia Giulia inizia a ragionare sulla terza corsia almeno una decina di anni fa. Nel ’99, sotto la presidenza dell’attuale amministratore delegato Pietro Del Fabbro, raccoglie il primo significativo passo avanti: l’Anas e il governo, approvando il piano finanziario della concessionaria che non può realizzare l’opera senza l’assenso dei «proprietario», autorizzano l’allargamento dell’A4. Non di tutta l’A4, come chiedeva Autovie, bensì della tratta Quarto d’Altino-San Donà.
IL PIANO BIS Meglio di niente. Ma il Friuli Venezia Giulia non si accontenta e, con rinnovato slancio a partire dal 2003, quando si apre l’era illyana, reclama l’allargamento sino a Villesse. «Abbiamo trovato i cassetti vuoti, quando siamo entrati in carica, ma ci siamo rimboccati le maniche. E abbiamo comunque, nella complessità del caso, fatto passi da gigante» rivendica, punzecchiando la precedente giunta, Sonego. Serve un miliardo, o giù di lì, per l’intera opera: Autovie si impegna ad autofinanziarla. Non basta. Serve un nuovo piano finanziario approvato da Anas e ministero. Ma, nonostante il «vecchio» sia scaduto già nel 2004, quel nuovo piano che dovrebbe valere 1,6 miliardi ancora non c’è: Autovie stende la bozza, la manda a Roma, ma le regole cambiano in corso d’opera, e allora deve ricominciare. «Adesso, però, il nuovo piano è in dirittura d’arrivo. E sarà pronto entro l’estate» assicura l’assessore ai Trasporti.
I PROGETTI Autovie, però, nonostante il piano sia la «condicio sine qua non» per estendere la terza corsia da San Donà a Villesse, gioca d’anticipo. E, assumendosi i suoi rischi, si porta avanti con i progetti: realizza in casa il preliminare dell’intera tratta, strappa l’assenso ancora ai tempi di Silvio Berlusconi, ma con una prescrizione. Quella che, nelle scorse settimane, è ritornata prepotentemente d’attualità: la terza corsia, sancisce il Cipe, deve affiancarsi alla futura Tav. Facile a dirsi, assai meno a farsi: far correre «guancia a guancia» automobili, camion e treni impone cavalcavia più alti e imponenti, con un costo aggiuntivo di almeno 310 milioni di euro. Ma chi li paga? Non c’è ancora risposta. E quella risposta non è nemmeno la più urgente: come fa la terza corsia a rendersi parallela alla Tav e cioé a qualcosa che non c’è, non ha ancora un progetto «sicuro» e chissà quando ce l’avrà?
IL PARELLISMO Il Veneto risolve l’enigma a modo suo: stabilisce, con due delibere successive, che sul suo territorio l’affiancamento non si farà e la Tav devierà verso il litorale. Un’eresia? «L’alta velocità non ha né i progetti né i soldi. Intanto, visto che è un’emergenza assoluta, facciamo la terza corsia» spiega il presidente Giancarlo Galan. Il Friuli Venezia Giulia non gradisce né accetta quella logica da «carpe diem», «perché fare i cavalcavia ignorando la Tav e poi rifarli comporterebbe una spesa ben superiore ai 310 milioni», e perciò sollecita Roma affinché risolva la querelle. Non tanto sulla tratta iniziale, dove l’addio al parallelismo appare acquisito (nonostante la delibera del Cipe ancora valida), quanto almeno su quella da San Donà al Tagliamento.
I TEMPI In attesa della risposta capitolina, l’ennesima, Autovie porta avanti il progetto definitivo della tratta da Quarto d’Altino a San Donà, la sola già autorizzata, e conta di chiuderlo entro dicembre, allegandovi quelle opere specialistiche ormai in mano alle commissioni esterne. E dopo? Anas e Cipe devono dare l’ok. Quindi Autovie può fare la gara per il progetto integrato che include l’esecutivo e i lavori. Risultato: «Apertura dei cantieri entro la fine del 2010. E, da quel momento, tre anni di lavori» quantifica, in un’intervista, Giorgio Santuz. Ben che vada, il 2014. E il resto della tratta? Nemmeno il presidente della spa, che da tempo grida all’emergenza, non azzarda pronostici sui tempi.
IL COMMISSARIO
Troppe le incognite. Troppi i lacci e i lacciuoli romani. Non a caso, nell’ultimo tentativo in ordine di tempo, il Nordest invoca una terapia d’urto e chiede con voce sola, da Illy a Galan agli industriali, un commissario straordinario «modello Passante di Mestre»: uno che abbia i poteri necessari per tagliare i tempi della burocrazia e sveltire l’ampliamento della «A4». Di Pietro non fa i salti di gioia, ma il Nordest non molla. E la saga dell’«A4» continua.

Roberta Giani

 

 

Cementificio, no unanime della giunta Illy - Moretton: ha pesato il parere dell’Ass 5. Antonaz soddisfatto, dubbi di Bertossi e Sonego

 

L’esecutivo ha votato la delibera che mette fine alla vicenda dell’impianto di Torviscosa. Ma non vengono esclusi ricorsi da parte della Grigolin

TRIESTE Il cementificio di Torviscosa non si farà. Dopo mesi di dibattito acceso in tutte le sedi politiche e istituzionali è arrivata la delibera della giunta che boccia, in quanto incompatibile dal punto di vista ambientale e dell’impatto sulla salute dei cittadini, l’insediamento il cui progetto è stato presentato dalla Cementi Nord-est del gruppo veneto Grigolin. La delibera è stata portata in giunta dall'assessore all'Ambiente e Protezione civile, Gianfranco Moretton. Nei giorni scorsi il progetto di cementificio era stato «bocciato» anche dall'Ass numero 5 che aveva messo in risalto gli aspetti negativi per la salute della popolazione. L'Arpa, invece, aveva dato parere favorevole, anche se il documento non era stato sottoscritto dal direttore scientifico ma dal direttore generale.
«La giunta regionale ha deliberato all'unanimità di non autorizzare l'impianto del cementificio di Torviscosa per il parere negativo espresso dall'Azienda sanitaria Bassa friulana e per il motivo di precauzione» dice il vicepresidente della giunta Gianfranco Moretton. «Abbiamo tenuto conto del parere che avevamo chiesto all'Azienda sanitaria - precisa - il quale conferma che l'impianto non può essere autorizzato per ragioni di carattere ambientale connesse alle emissioni di atmosfera. L'esecutivo ha deciso in piena autonomia pur tenendo in considerazione i pareri delle amministrazioni locali interessate e anche quelli espressi da numerosi cittadini in modo diretto».
La giunta ha dunque seguito il metodo che si era data anche in base alle ultime indicazioni del presidente Illy: l’autorizzazione doveva passare attraverso un approfondito esame degli ulteriori pareri tecnici richiesti dalla giunta dopo il parere favorevole del Via.
«La valutazione di impatto dell’impianto sulla salute della popolazione - sottolinea Moretton - è stato negativo anche alla luce dei parametri europei, più rigidi rispetto a quelli attuali, che saranno in vigore dal 2010. Inoltre abbiamo ritenuto che l’insediamento non è compatibile anche sulla base del principio di precauzione».
Ma ora la delibera potrebbe essere impugnata con un ricorso dalla Grigolin. «Le azioni legali sono sempre possibili su qualunque delibera. Ma il nostro lavoro e quello dei nostri uffici è stato approfondito anche su questo aspetto» dice Moretton.
Ma in giunta, secondo indiscrezioni, nonostante la delibera sia stata approvata all’unanimità, gli assessori Lodovico Sonego e Enrico Bertossi, che hanno sempre espresso il loro favore alla costruzione dell’insediamento industriale, non hanno nascosto i loro dubbi sulla bocciatura. Ma anche loro hanno convenuto sull’impossibilità di procedere all’autorizzazione di fronte a relazioni tecniche non equivocabili. «Davanti a un parere così chiaro espresso dall'Azienda sanitaria - sottolinea Lodovico Sonego -, la giunta non ha potuto che conformarsi ad esso».
Su eventuali timori di ricorso alla magistratura da parte della ditta Grigolin, che ha presentato il progetto dell'impianto, Sonego ha commentato: «qualsiasi nostra delibera può essere impugnata».
«Una decisione esclusivamente tecnica, che non ha alcun rapporto con altri insediamenti» dice Enrico Bertossi. «La giunta ha preso la decisione - aggiunge - basandosi esclusivamente sulle relazioni pervenute da Arpa e Azienda Sanitaria della Bassa Friulana. La salvaguardia della salute dei cittadini deve sempre prevalere».
Bertossi ha poi escluso che la giunta possa essere stata influenzata dalla piazza. «Non è stato così - ha detto - perchè noi non possiamo farci influenzare nelle scelte dai comitati che sorgono un pò ovunque». La conclusione del caso-Torviscosa infine è accolto con soddisfazione da Roberto Antonaz, unico assessore in giunta di Rifondazione comunista. «Il no della giunta regionale al cementificio di Torviscosa - spiega Antonaz - è innanzitutto una vittoria del territorio. È vero che la giunta ha deciso sulla base di giudizi tecnici dell'Azienda sanitaria e dell'Arpa, ma è anche vero che questi giudizi sono stati richiesti una seconda volta per la pressione ricevuta dal territorio della Bassa friulana che non voleva questo impianto».
Sulla questione di un possibile ricorso del gruppo Grigolin Antonaz ribadisce di non ritenere possibile un’azione legale da parte della società proponente.
«Certo - conclude - tutti possono ricorrere alla magistratura, ma nel decidere per il no abbiamo valutato ogni possibile conseguenza».

Ciro Esposito

 

 

CEMENTIFICIO - Travanut: «Vittoria della gente della Bassa»  - Gottardo: «Illy non può fare il sovrano». La Guerra: «Successo della politica»

 

Soddisfazione dei politici che si sono da sempre opposti alla costruzione dell’impianto. I Comitati: «Sabato festa in piazza»

Il presidente di Assindustria Valduga: «È difficile esprimere un giudizio senza informazioni ma non ci sembra una scelta molto brillante»

TRIESTE Il gusto della vittoria sul caso-cementificio ha un sapore bipartisan. Da una parte ci sono quelli che si sono opposti alla sua costruzione dentro la maggioranza, nei consigli comunali e in piazza. Dall’altra chi, nel centrodestra, ha condotto un’opposizione politica e istituzionale.
Il primo a essersi speso, rischiando il suo presente e futuro politico dentro i Ds, è stato Mauro Travanut. «A tutte le vicende c’è sempre una fine, ma non è il sì o il no che conta - spiega il capogruppo diessino -. Quello che conta è la vicenda umana che si consuma prima della decisione finale. È stato decisivo l’aiuto dei cittadini e degli amministratori della Bassa, oltre all’impregno della Margherita locale e di tutta Intesa. È stata una bella pagina per il territorio e anche per la giunta regionale». « È stata una vittoria della gente della Bassa friulana - sostiene il responsbile del comitato dei cittadini Mareno Settimo -. Chi ha perso se lo ricorderà per un pezzo. Sabato a Torviscosa faremo una grande festa in piazza.». E mentre per il sindaco di San Giorgio Pietro Del Frate «ora è importante non dimenticare l’importanza della riqualificazione dell’area» il Verde Alessandro Metz «la decisione della giunta conferma quanto abbiamo affermato negli ultimi mesi, nonostante qualche assessore abbia contestato le nostre perplessità». Chi invece non ci sta, e non l’ha mai nascosto, è l’assindustria regionale. «È difficile esprimere un giudizio senza disporre di tutte le informazioni necessarie ma non ci sembra la scelta particolarmente brillante - sostiene il presidente Adalberto Valduga -. Avremmo voluto un approfondimento tecnico sui risultati di rilevazioni ambientali aggiornate effettuate dall'Azienda sanitaria della Bassa friulana e dall'Arpa. Siamo convinti da sempre - ha aggiunto - che le scelte di ogni amministrazione debbano osservare le regole in modo trasparente ma in questo caso le indicazioni non ci sembra siano state sempre coerenti».
Il centrodestra invece rivendica il ripristino del ruolo, grazie alla sua azione, del Consiglio regionale e in generale della politica. «La decisione della giunta - sostiene il coordinatore di Fi Isidoro Gottardo - ripristina regole essenziali di democrazia, che stavano per essere gravemente violate. Al dovere di governare del presidente della Giunta, costruito su certezze che evidentemente non avevano fondamento, si è opposto il dovere di controllo che l'opposizione ha esercitato, innanzitutto con una seduta straordinaria del Consiglio». «Nulla è più come prima - conclude Gottardo - Un presidente come Illy, che si sentiva un sovrano dovrà ora riconoscere che i cittadini non sono sudditi». Per il capogruppo della Lega Nord Alessandra Guerra invece «la maggior soddisfazione è data dal fatto che quando si ascoltano le persone e si tengono in giusta considerazione i pareri tecnici la politica funziona ancora. Da questa vicenda tutti devono ripartire, indipendentemente dagli schieramenti, per dare alla nostra regione uno sviluppo economico compatibile con il territorio».
«Il no al cementificio di Torviscosa - sottolinea il capogruppo di An Luca Ciriani - contraddice clamorosamente quanto detto dal governatore Illy solo un mese fa, quando affermava che l'autorizzazione era un atto dovuto. È il segnale di un governatore che naviga a vista cercando in ogni modo di recuperare sul territorio i consensi perduti».
ci.es.

 

 

Energia solare, 2,5 mln alle imprese - Sostegno della giunta alle fonti rinnovabili. Benzina meno cara dal 21 giugno

 

TRIESTE Continua il sostegno della giunta regionale all’utilizzo di fonti energetiche alternative e meno costose per chi fa impresa. La Giunta regionale ha approvato ieri, su proposta del vicepresidente e assessore all'Ambiente Gianfranco Moretton, il regolamento per la concessione alle imprese del Friuli Venezia Giulia di contributi in conto capitale per l'installazione di impianti solari fotovoltaici. Si tratta di un finaziamento complessivo di 2,5 milioni di euro e ciascun progetto presentato avrà risorse per un tetto massimo di 200 mila euro.
Le domande di contributo, che potrà arrivare fino all'80 per cento della spesa ammissibile, dovranno essere inoltrate al Servizio disciplina tecnica edilizia e strutture a supporto residenza della direzione centrale Ambiente e Lavori Pubblici della Regione. Potranno ottenere il finanziamento gli impianti fotovoltaici connessi alla rete elettrica, la cui potenza nominale risulti non inferiore a 10 kilowatt.
Scende il prezzo della benzina regionale. La giunta infatti ha deliberato un aumento dello sconto, a partire dal 21 giugno, mentre resta invariato quello sul gasolio per autotrazione. In relazione alla variazione della differenze di prezzo in Italia e Slovenia, lo sconto al litro sulla benzina aumenterà (e quindi il prezzo diminuirà in modo corrispondente), a seconda delle fasce in cui è suddiviso il territorio regionale, tra 0,032 euro a 0,020 euro.
Infine su proposta dell’assessore alla cultura Roberto Antonaz ha dato il via libera alla riduzione dall'1 gennaio 2007 del 10 per cento dei compensi dei componenti di «organi collegiali» (comitati, commissioni, ecc.) istituti nell'ambito delle attività della direzione centrale Istruzione, Cultura, Sport e Politiche della Pace della Regione.

 

 

Jakovcic: «Sì al rigassificatore a Fianona»  - Agli attacchi degli ambientalisti replica: «I Verdi operano nell’interesse di qualche lobby»

 

Per il presidente della Regione Istria Zagabria non può decidere da sola la privatizzazione del cantiere navale polesano di «Scoglio Olivi»

POLA Alla consueta conferenza stampa mensile di ieri il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic ha ribadito il suo desiderio che il terminale di gas naturale liquido sull'Alto Adriatico venga collocato nel Golfo di Fianona, tra l'altro sacrificato all'altare dell'industria visto che già vi sorgono due centrali termoelettriche a carbone mentre una terza è in fase di progettazione.
E poi, sempre secondo il ragionamento di Jakovcic, un nuovo importante impianto industriale darebbe un notevole impulso al rilancio economico della zona, tra le più depresse dell'Istria.
A proposito delle aspre contestazioni che arrivano soprattutto dai Verdi, Jakovcic si è detto non del tutto convinto della loro buona fede. «Mi sembra di capire - ha detto - che gli ambientalisti vogliano portare l'acqua a qualche altro mulino, ovvero che stiano operando per gli interessi di determinate lobby del comparto, che si battono per portare altrove il terminale».
Altro tema trattato all'incontro con i giornalisti, la privatizzazione del cantiere navalmeccanico «Scoglio Olivi». Per Jakovcic il governo non può decidere da solo in quanto il cantiere è la maggiore azienda istriana al quale da sempre è legata l'esistenza di tante e tante famiglie.
«Pertanto - ha sostenuto il prsidente della Regione Istria - si può procedere alla privatizzazione ma solo di comune accordo con la Regione e la Municipalità alle quali lo «Scoglio olivi» è unito da infiniti legami».
Cambiando ancora argomento Jakovcic ha parlato del progetto Brioni Riviera che ancora non riesce a decollare causa intoppi di varia natura, senza contare le feroci contestazioni dell' opposizione politica che parla apertamente di svendita della costa istriana. «Ebbene - ha annunciato - a fine mese verrà bandito il concorso internazionale per il progetto preliminare di sviluppo di 4 segmenti del progetto: la Pineta di Fasana, la penisola di Musi, la zona di Santa Caterina e l'ex idrobase di Pontisella».
Infine Jakovcic ha lanciato frecciate all'ufficio istriano dell'amministrazione statale causa gli inspiegabili ritardi nel rilascio delle licenze di costruzione. «Non ci rimane che batterci per trasferire queste competenze - ha detto - alle amministrazioni della regione, delle città e dei comuni, che saranno sicuramente più veloci».
p. r.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 14 giugno 2007

 

 

Il clima in testa alle paure degli italiani - Preoccupa più di terrorismo e droga

 

Presentato il rapporto di Legambiente sulla percezione dei problemi climatici - Tutti pronti a risparmiare, ma solo se non s'intaccano le comodità quotidiane

ROMA - I problemi ambientali? Preoccupano più di terrorismo e droga. Finalmente, soprattutto nell'ultimo anno, si registra una forte attenzione dell'opinione pubblica nei confronti dei cambiamenti climatici causati dal surriscaldamento del Pianeta e della situazione, grave, in cui esso si trova. Una situazione che, se non si mettono in atto politiche atte a contrastare l'inquinamento e l'emissione di sostanze nocive nell'ambiente, potrebbe in un futuro non troppo lontano diventare irreparabile. Il clima sta cambiando, la natura a volte si comporta in modo inaspettato e così, anche grazie all'interesse dei media, la percezione che i cittadini hanno del problema è diventata molto alta.
Dopo la disoccupazione, al secondo posto tra le paure degli italiani (prima ancora di terrorismo e droga) compare l'inquinamento, seguito a non molta distanza dall'effetto serra. Problemi temuti da quasi il sessanta per cento della popolazione (che, però, come vedremo, spesso si tira indietro quando il risparmio energetico intacca le comodità personali).
A rivelarlo è la ricerca "Effetto ambiente: come cambia il nostro stile di vita?" condotta da Lorien Consulting in collaborazione con la rivista "Nuova ecologia", il quotidiano di Legambiente, e presentata questa mattina a Roma all'interno del forum "Qualenergia?", una giornata di dibattito per dare una risposta agli interrogativi legati ai problemi energetici. Un rapporto che punta l'attenzione sulla percezione che i cittadini hanno riguardo agli equilibri climatico-ambientali, l'utilizzo di risorse naturali critiche (come ad esempio l'acqua) e l'impegno di privati e istituzioni per preservare macroequilibri ad oggi in serio rischio.

"È coscienza diffusa - spiegano i ricercatori - che la risoluzione delle problematiche ambientali chiami in causa un insieme di attori, come privati cittadini, istituzioni, agenzie di formazione, che sono corresponsabili nel cercare di evitare ulteriori amplificazioni del problema. Questo si accompagna, tuttavia, a un giudizio di bocciatura trasversale per l'operato insufficiente di tali soggetti". La valutazione, in particolare, è critica soprattutto "verso l'inattività di enti locali e governo centrale, sia globalmente che nel dettaglio dei singoli interventi".
Il dato principale della ricerca è che tre cittadini su quattro ritengono "fondamentale" il rispetto delle norme ai fini della tutela climatico-ambientale. Tra questi, la metà crede che il livello di rispetto sia rimasto inalterato rispetto al passato; l'altro cinquanta per cento, invece, è diviso in parti uguali tra chi denuncia un minor rispetto della normativa e chi, invece, considera tale livello aumentato. La metà degli italiani ritiene di possedere un livello di conoscenza elevato della problematica ambientale (solo un venti per cento ammette una conoscenza limitata del problema) e sono quasi tutti d'accordo che la responsabilità della situazione attuale è da attribuire a fattori umani, tra cui principalmente traffico, impianti industriali, riscaldamento domestico.
Secondo lo studio, gli italiani sarebbero "molto disposti" a mettere in pratica alcune regole elementari per il risparmio energetico, a cominciare dalla raccolta differenziata dei rifiuti, da un comportamento responsabile nei consumi domestici e dall'installazione di lampadine a basso consumo. Alta, inoltre, la disponibilità all'adozione di pratiche quotidiane volte a ridurre gli sprechi d'acqua (la cui scarsità è un problema percepito dalla quasi totalità del Belpaese).
La propensione a risparmiare, però, inizia a calare quando si deve mettere mano al portamonete o si devono limitare le proprie comodità giornaliere: scende, ad esempio, se si inizia a parlare di spostamenti con i mezzi pubblici, di utilizzo di capi d'abbigliamento realizzati con fibre naturali e di abbassare la temperatura del riscaldamento nelle abitazioni. Crollo di consensi, poi, nei confronti della limitazione dell'uso dell'auto privata, la tassazione dei parcheggi auto in proporzione alle emissioni inquinanti e, soprattutto, verso il pagamento di un ticket per circolare nei centri cittadini.
In un momento di crisi della politica, anche la soddisfazione nei confronti dell'operato dei governi in tema di ecologia non è molto alta, e si attesta intorno al cinquanta per cento (rappresentando, in piccolo, la spaccatura politica italiana). Pareri positivi si riscontrano soprattutto per l'uso di fonti rinnovabili e verso gli incentivi e le detrazioni per l'acquisto di elettrodomestici più efficienti, auto Euro 4 o Euro 5 e carburanti "verdi". Più scetticismo, lo dicevamo, per un'elevata tassazione dei veicoli che inquinano di più (come i Suv) e dei voli aerei.
DANIELE SEMERARO

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 14 giugno 2007

 

 

Alta velocità, prima intesa con i Comuni Fondi Ue anche per la Trieste-Divaccia

 

Dopo due anni di rinvii s’ipotizza il potenziamento del tracciato esistente: è una vittoria degli Enti locali

ROMA Il governo manterrà la scadenza del 23 luglio entro la quale dovrà presentare all’Unione europea un nuovo tracciato per la Tav Torino-Lione, ottenendo così parte dei finanziamenti (un miliardo di euro) necessari alla realizzazione dell’Alta velocità. L'esecutivo presenterà analoga richiesta anche per il Brennero e per la linea Trieste-Divaccia.
Nel frattempo l’Osservatorio lavorerà a un nuovo schema di tracciato basato su alcuni punti: l’abolizione del tunnel di Venaus, l’attestamento della linea a Orbassano, fuori Torino, e l’utilizzo della linea esistente con un suo parziale interramento.
La decisione è stata presa ieri al termine del tavolo tecnico convocato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta e che ha riunito a palazzo Chigi, oltre al premier Romano Prodi, i ministri interessati insieme ai sindaci della Val di Susa e Sangone, della cosiddetta gronda di Torino e al presidente dell’Osservatorio Mario Virano. «La deadline verrà rispettata» ha spiegato il sottosegretario al termine della riunione: «L’Osservatorio lavorerà in questo senso nei tempi più rapidi possibili per presentare alle parti il progetto per il confronto».
«Sono molto soddisfatto per l’esito» ha commentato alla fine Prodi. All’inizio della riunione aveva sottolineato l’importanza di raggiungere un accordo, per quanto piccolo. Il governo sembra dunque essere riuscito a compiere un passo in vanti nella ricerca di una soluzione alla vicenda Tav. Una possibile mediazione dovrebbe essere stata raggiunta con la decisione di eliminare dal tracciato il mega-tunnel di Venaus ampliando notevolmente, fino al triplo di quella attuale, la capacità di utilizzo della linea ferroviaria già esistente. Una soluzione che, se confermata, potrebbe venire incontro alle richieste avanzate fino a oggi dai comitati No Tav della Val di Susa. Un risultato frutto anche del lavoro svolto fino a oggi dall’Osservatorio guidato da Virano.
E proprio sulla vecchia linea ferroviaria, del resto, si era puntato fin dall’inizio da parte dei sindaci della Val di Susa, convinti delle sue potenzialità. Gli studi condotti con l’Osservatorio hanno infatti permesso di stabilire che con pochi accorgimenti sull’attuale linea potrebbero passare fino a 226 convogli al giorno contro gli attuali 76, con una capacità di trasporto merci fino i 32 milioni di tonnellate l’anno contro gli attuali 6,4 milioni. Dati che certo hanno avuto il loro peso nell’incontro di ieri, tanto da risultare alla fine decisivi, fino a portare il governo alla decisione di cancellare definitivamente il progetto esistente. «Siamo moderatamente soddisfatti» commenta Antonio Ferrentino, presidente della Comunità montana Bassa Val di Susa, da sempre tra i protagonisti della battaglia No Tav: «Adesso il nuovo progetto verrà discusso all’interno dell’Osservatorio, dove sono presenti le comunità locali, e verrà accettato se soddisferà le esigenze dei territori». «Dopo tanti anni le prime conclusioni danno ragione ai sindaci e agli Enti locali che hanno detto che l’ipotesi Venaus era sbagliata» è stato il commento del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, soddisfatto per il buon esito dell’incontro.
E per una volta soddisfatto si è detto anche Antonio Di Pietro. «In primo luogo dialogando con le popolazioni locali si possono fare le grandi opere, si può evitare di creare danno al territorio e ai cittadini - ha detto il ministro delle Infrastrutture -. In secondo luogo, assumendo gli impegni internazionali, si possono mantenere con la collaborazione di tutti».
Carlo Rosso

 

 

TAV - UN BUON PASSO AVANTI

IL SINDACO CHIAMPARINO

ROMA Mandato all'Osservatorio tecnico di presentare, entro i tempi indicati dall’Unione europea, «uno schema di progetto di tracciato» con cinque punti fermi: no al tunnel a Venaus, attestamento della linea a Orbassano, corso Marche, a Torino, parte integrante del progetto e utilizzo della linea storica con un parziale interramento. Sono questi i punti dell'accordo presi a Palazzo Chigi dal tavolo politico sulla Torino-Lione.
A riassumerli è il Comune di Torino. «È stato fatto un buon passo avanti» è il commento del sindaco Chiamparino. «Finora non era mai stato discusso uno schema di tracciato» aggiunge il primo cittadino. «Sono soddisfatta di come sono andate le cose e della decisione di dare mandato all'Osservatorio per la definizione di un progetto di tracciato che ci consenta di rispettare le scadenze Ue» ha affermato il ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino: «Mi auguro che questo si traduca positivamente nel lavoro delle prossime settimane».

 

  

Cementificio, oggi la delibera. No più vicino

 

Moretton: visto il parere dell’Ass l’orientamento è negativo. Antonaz: è il momento di dire stop

La giunta in seduta a Udine. Il verde Metz teme un verdetto che lasci spazio ai ricorsi: «Serve un pronunciamento netto per bloccare l’operazione»

TRIESTE «Penso che, visto il parere contrario dell’Azienda sanitaria, l’orientamento sarà negativo». Gianfranco Moretton, fino a sera, non conferma se la delibera sul cementificio sarà discussa oggi nella riunione di giunta a Udine. Ma, sollecitato sulla linea che presumibilmente terrà l’esecutivo, conferma le dichiarazioni seguite al verdetto dell’Ass numero 5: il progetto del gruppo Grigolin si avvia verso lo stop proprio per quanto scritto nella relazione dell’Azienda sanitaria della Bassa friulana.
DELIBERA L’orientamento, dunque, è negativo. Resta il giallo su una delibera che Moretton ha tenuto in sospeso per tutto il giorno – «Non so se andrà in giunta già questa settimana oppure no» – ma che, stando ad alcune indiscrezioni, dovrebbe far parte dei lavori odierni nella sede della Regione a Udine. Chi non aveva dubbi, già ieri pomeriggio, è Roberto Antonaz: la delibera andrà fuori sacco. «Ci sono tutte le condizioni per un voto sfavorevole perché l’Ass ha già espresso parere contrario al cementificio mentre l’Arpa ha confermato di non avere la possibilità di misurare le ricadute per l’ambiente – sostiene l’assessore di Rifondazione comunista –. Credo che, nel caso in cui ci sarà il no, come mi sembra ovvio, questo sarà un successo del metodo partecipativo. E una dimostrazione che bisogna sempre sentire popolazioni, enti locali, territorio».
RISCHIO RICORSO Più prudente, invece, il verde Alessandro Metz: «La delibera potrebbe essere approvata con un “no” non adeguatamente motivato e, dunque, diventare poi oggetto di un ricorso vincente da parte della ditta che propone il progetto. L’auspicio, invece, è quello di uno stop secco e ben argomentato. Ci sono tutti gli estremi per darlo». Metz ieri ha nuovamente richiesto agli uffici il parere dell’Arpa ma si è visto rinviare a oggi: «I dirigenti non c’erano perché impegnati a Paluzza con il direttore generale – precisa il consigliere dei Verdi –, ma mi è stato assicurato che quel documento mi sarà consegnato in mattinata».
IN PIAZZA Ieri è stato anche il giorno dell’annuncio da parte del comitato “No al cementificio” di una nuova manifestazione in piazza che, a seconda dell’esito dei lavori di giunta, diventerà motivo di festeggiamenti o protesta. «Per la salute, per il lavoro e lo sviluppo della Bassa friulana – si legge nel volantino di lancio della serata contro il cementificio in programma sabato 16 giugno in piazza del Popolo a Torviscosa a partire dalle 18 –, per il diritto alla salute dei nostri figli e dei nostri nipoti, per evitare un peggioramento della già critica situazione ambientale esistente, per un lavoro che tuteli i diritti fondamentali della persona sia all'interno che all'esterno della fabbrica, per un uso corretto delle risorse agricole, industriali e turistiche della Bassa friulana, per uno sviluppo che consenta di tutelare le conquiste sociali raggiunte, per un progresso economico e sociale cosciente e condiviso dalla popolazione». E ancora «contro l'arroganza politico-economica e il ritorno al medioevo industriale e per sollecitare la giunta regionale a deliberare in tempi brevi un esplicito e definitivo no al cementificio».
BONIFICA In un comunicato il comitato ripercorre i motivi della sua contestazione al cementificio. In particolare quello della bonifica: «Si sostiene che uno dei benefici di questo progetto è il disinquinamento del canale Banduzzi, peraltro solo in parte a carico del gruppo Grigolin. Ma siamo sicuri che questo avvenga? L’argomento era già stato utilizzato per la realizzazione della centrale Edison, ma il canale è ancora nelle stesse condizioni di allora. Riteniamo che se il canale deve essere bonificato, la Regione o lo Stato devono trovare le risorse per farlo, senza ricorrere a strani papocchi».
Marco Ballico

 

 

CEMENTIFICIO - Lettera di Duz e Del Frate. Nuovi appelli di Lauri e Strizzolo contro l’impianto di Torviscosa  - I sindaci a Illy: «Serve un tavolo sulla Bassa»

 

UDINE I due sindaci del «sì», Roberto Duz di Torviscosa e Pietro Del Frate di San Giorgio di Nogaro, scrivono una lettera aperta a Riccardo Illy e alla giunta regionale e lanciano un appello «affinché siano affrontate in modo organico tutte le problematiche che, se adeguatamente risolte, permetteranno non solo la sopravvivenza ma anche un nuovo sviluppo di un area industriale strategica per la nostra regione». Duz e Del Frate pensano al futuro della zona industriale Aussa-Corno (4 mila occupati). E lanciano la proposta: «Proprio per garantire uno sviluppo sostenibile che rispetti l’ambiente e la salute, in un’area dotata di numerosi insediamenti industriali, è necessario un progetto di monitoraggio dell'aria e dell'acqua esteso a tutta la Bassa per avere dati certi sulle fonti di emissione e sulla loro evoluzione, con lo scopo di tutelare i cittadini, in sintonia con le richieste formulate nelle delibere dei nostri consigli comunali». I due sindaci chiedono la risoluzione del nodo viabilità «in un'area fortemente penalizzata da infrastrutture di trasporto realizzate negli anni Sessanta, con i canali che attendono di essere dragati e bonificati» e avanzano la richiesta di un tavolo di confronto – Regione, Provincia, Comuni, Consorzio industriale – sulle proposte degli assessori regionali alla Viabilità e all’Ambiente. E ancora sottolineano «la necessità di affrontare il problema occupazionale e, con la crescita delle attività industriali, quello della casa, che non può essere delegato solo ai Comuni». Sul caso cementificio interviene anche Giulio Lauri chiedendo alla giunta un «no chiaro senza ambiguità»: «La previsione dell’impatto del cementificio sull’ambiente non può dare luogo a un parere favorevole per molti motivi come gli attuali livelli di inquinamento degli aereodispersi, che già ora superano i livelli necessari a garantire la salute della popolazione. A questo si aggiungono altre considerazioni di natura socioeconomica: la presenza di un cementificio colliderebbe con il modello di sviluppo economico e territoriale su cui stanno lavorando le amministrazioni della Bassa e l’Università». Lauri, infine, avverte: «Il procedimento è unico, fatto che renderebbe inaccettabile oltre che illegittima una eventuale decisione di spezzettare il parere sul cementificio in diversi sub-pareri che ne autorizzerebbero alcune parti respingendone altre».
Anche Ivano Strizzolo, vicecoordinatore regionale della Margherita, insiste per una «decisione chiara»: «È auspicabile che la giunta possa decidere responsabilmente, tenendo prioritariamente in considerazione la salute dei cittadini e la salvaguardia dell'ambiente».
m.b.

 

 

A4, limiti velocità più bassi e Tir su due corsie  - Da Quarto d’Altino a Venezia Est le auto non dovranno superare i 100 km

 

Dal 1° luglio parte la sperimentazione sulla tangenziale di Mestre: 60 all’ora per tutti i veicoli

Approvato il piano sicurezza di Autovie. Santuz soddisfatto: un primo risultato per ridurre le code chilometriche e il rischio di incidenti

TRIESTE L’autostrada A4 Trieste-Venezia diventa un po’ più lenta, almeno nel tratto finale, ma un po’ più sicura. Lo annuncia Autovie venete che, ieri a Mestre, raggiunge un primo obiettivo nell’ambito dell’operazione che punta a ridurre gli incidenti: a partire da luglio, lungo la tangenziale, i camion viaggeranno su due corsie. E a cascata, nel segno della sicurezza, tutti i veicoli ridurranno la velocità: le automobili non dovranno superare i 100 chilometri orari da Quarto d’Altino a Venezia Est per poi scendere sino a 60 in tangenziale, mentre i tir non dovranno superare i 70, per poi scendere sino a 50 chilometri.
IL VERTICE La decisione viene presa negli uffici del comando provinciale dei Vigili del fuoco di Mestre dove si riuniscono, attorno a un tavolo, anche i vertici della Polizia stradale, i tecnici di Autovie venete, Venezia-Padova e Autostrade per l’Italia. All’ordine del giorno c’è il «piano sicurezza» che proprio la spa di Palmanova ha varato con l’obiettivo di ridurre i punti critici di un’autostrada messa a durissima prova dall’aumento costante del traffico, soprattutto pesante.
LA DECISIONE Ebbene, il vertice di Mestre non solo approva la sperimentazione dei camion su due corsie in tangenziale, suggerita appunto da Autovie ma accolta con favore dagli autotrasportatori del Friuli Venezia Giulia, ma stabilisce che debba partire senza ulteriori indugi. Pertando, dopo l’ok della Prefettura di Venezia, la sperimentazione - con annesso il monitoraggio - partirà dal 1. luglio. E interesserà un tratto di 4 chilometri di tangenziale, a partire da alcune centinaia di metri dall’innesto dell’A27 sulla Trieste-Venezia fino all’uscita del Terraglio, in direzione ovest, e cioé verso Milano. Lungo questo tratto sarà eliminato il divieto di sorpasso e i mezzi pesanti potranno viaggiare sia sulla corsia di destra sia su quella centrale.
I LIMITI Per mantenere il livello di sicurezza, però, Autovie chiede di abbassare i limiti di velocità sul tratto interessato dalla sperimentazione. Come? In carreggiata ovest, da Quarto d’Altino a Venezia Est, le autovetture non dovranno superare i 100 chilometri orari e i camion i 70 chilometri; da Quarto d’Altino a Marcon le autovetture non dovranno superare gli 80 chilometri e i camion i 50 chilometri; da Marcon al Terraglio, infine, le autovetture non dovranno superare i 60 chilometri e i camion i 50 chilometri. Dall’innesto dell’A27 al Terraglio, infine, tanto le autovetture quanto i camion non dovranno superare i 60 chilometri all’ora sulla corsia di sorpasso e i 50 chilometri all’ora sulle corsie di marcia veloce e di marcia lenta.
IL COMMENTO «Siamo soddisfatti di questo primo risultato – commenta il presidente di Autovie Giorgio Santuz – perché, sebbene consapevoli che non si tratta di un intervento risolutivo, siamo altrettanto certi che contribuirà a ridurre le code chilometriche che ormai sono all’ordine del giorno, nonché a rendere più scorrevole il traffico».

 

 

Metz (Verdi): «Vogliamo la Ferriera chiusa nel 2009» - Nuova campagna

 

I Verdi aprono oggi una battaglia riguardo la Ferriera di Servola, con l’obiettivo di arrivare alla sua chisura dentro il 2009.
Ad affermarlo il consigliere regionale, Alessandro Metz: «Batteremo ogni strada perseguibile per ottenere questa auspicata soluzione della vicenda. La battaglia della Ferriera non sarà "una" battaglia: sarà "la" nostra battaglia a Trieste. La nostra mobilitazione sarà, infatti, totale».
Dopo il cementificio di Torviscosa e lapolemica sui due progetti di rigassificatori in provincia, i Verdi dunque si preparano a un braccio di ferro sull’impianto di Servola.
«Dopo quanto rilevato nelle scorse settimane dai tecnici dell’Arpa - ha proseguito Metz - e anche a seguito della Conferenza dei servizi della scorsa settimana che ha confermato i dati preoccupanti sulle emissioni dallo stabilimento la nostra posizione è irrevocabile. Abbiamo raccolto in un dossier tutti i dati della situazione ambientale e dell’inquinamento, con questo ci faremo ascoltare in ogni sede per ottenere la chiusura definitiva, entro il 2009, dell’impianto».
Il consigliere regionale dei Verdi annuncia che la battaglia di Trieste sarà per il suo schieramento «la madre delle battaglie». «Pigieremo tutti i tasti necessari - conclude Metz - d’ora in poi sul fronte della Ferriera non siamo internzionati a cedere».

 

 

Prosecco-Barcola - Torrente Marinella: lavori fino a settembre

 

Proseguono a tappe forzate i lavori di risanamento del torrente Marinella, il progetto che si propone di rinnovare totalmente il collegamento fognario dell'abitato di Prosecco e che consentirà di allacciare alla fognatura anche zone precedentemente non servite.
Lo rende noto AcegasAps, precisando che la realizzazione del progetto si articola in due direttrici distinte e concomitanti: la posa di un nuovo collettore nella Pineta di Barcola e la realizzazione della nuova condotta fognaria lungo la Strada del Friuli.
Nell'ambito del cantiere allestito nella Pineta di Barcola sono state utilizzate tecnologie di avanguardia che hanno consentito di effettuare la perforazione del sottosuolo senza imponenti opere di scavo: ciò ha permesso di limitare al minimo gli impatti per la posa del nuovo collettore fognario che consentirà di collegare due stazioni di sollevamento a gravità e non piu' in pompaggio. Tutte le lavorazioni sono state eseguite nel periodo inverno-primavera e sospese lo scorso 18 maggio, come concordato con il Comune di Trieste, per consentire di liberare l'area per la stagione balneare prossima; tutti i vialetti e le aree manomesse sono stati ripristinati in maniera provvisoria con la realizzazione di idrosemina e le aiuole interessate ai lavori sono state ricostruite come da indicazione del Servizio Verde Pubblico del Comune.
Nella seconda decade di settembre i lavori riprenderanno nelle zone immediatamente circostanti le due stazioni di sollevamento, con la realizzazione dei collegamenti elettrici, i rifacimenti degli impianti tecnologici, il ripristino definitivo delle aree (vialetti in porfido, posa terreno vegetale,idrosemina, piantumazione arbusti etc.)
Per quanto attiene alla posa della condotta in Strada del Friuli, è' stato posato e collaudato un collettore fognario in pvc da 250 mm lungo tutta la Strada del Friuli per una lunghezza di 920 metri; il percorso della tubazione è successivamente proseguito lungo il sentiero CAI che collega Strada del Friuli con la Salita di Contovello per una lunghezza 80 metri; in quest'ultima è stato necessario interdire il passaggio al traffico veicolare, concordando il provvedimento con il Comune di Trieste. Sono state inoltre realizzate 10 predisposizioni per l'allacciamento per abitazioni che non erano ancora allacciate alla fognatura; dall'analisi del progresso dei lavori risulta che l'impresa ha uno stato di avanzamento medio giornaliero considerato «finito» di 8 metri. Pertanto si prevede che i lavori di posa della condotta e allacciamento alla rete esistente in prossimità del civico 47, si concluderanno nella seconda decade di agosto.

 

 

San Dorligo, la differenziata dei rifiuti parte tra le polemiche

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Parte con le polemiche la raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti a San Dorligo della Valle. Le opposizioni contestano il metodo scelto, temono disservizi e persino disagi, non si convincono degli annunciati vantaggi per la cittadinanza, e propongono un referendum. La raccolta dei rifiuti porta a porta partirà a luglio, e per il primo anno sarà pressoché sperimentale. Lo scopo dell’iniziativa, pionieristica in provincia, è di abbattere i costi dei rifiuti per i cittadini.
A tal fine, il Comune aveva già adottato anni fa la tariffa, e non più la tassa sull’asporto, anticipando (rispetto altri centri urbani) le scadenze dettate dal decreto Ronchi. La raccolta differenziata prevede l’uso di tre cassonetti personali, di cui uno, in particolare, riservato alla raccolta di tutto ciò che non è riciclabile, dotato di microchip, per il riconoscimento e quindi il preciso addebito del dovuto. In questi giorni, il Comune sta organizzando degli incontri pubblici con la popolazione delle varie frazioni, per illustrare il nuovo servizio. Oggi a Sant’Antonio, alla casa comunale. Domani a Caresana, alla casa comunale. Martedì 19 a Domio al centro culturale Anton Ukmar-Miro. Mercoledì 20 a San Giuseppe alla «Babna hiša». Giovedì 21 a Bagnoli al teatro Prešeren. Venerdì 22 a Grozzana alla casa comunale. Lunedì 25 a Dolina nella sala del circolo Kd Vodnik. Sempre a partire dalle ore 20.
Nel frattempo è partita la gara d’appalto per l’assegnazione della parte di servizio relativa alla raccolta dei rifiuti indifferenziati. Gli altri saranno asportati da addetti comunali, come ora. Ma fin da ora si levano polemiche. Giorgio Jercog (capogruppo di Oltre il Polo) invita i cittadini a partecipare alle assemblee pubbliche: «Siano i cittadini a decidere il miglior sistema da adottare anche mediante la partecipazione ad un referendum popolare».
Il consigliere precisa che tutti sono favorevoli alla raccolta differenziata ma quella proposta dall’amministrazione non risulta adatta alla conformazione del territorio. «Il sistema di riferimento preso dal Comune è quello del Consorzio Priula composto da ben 26 comuni in un’area molto vasta del Veneto. Non è paragonabile al nostro territorio dove si potrebbe partire con una sperimentazione in una o più frazioni», dice Jercog. Secondo il consigliere di opposizione, il nuovo sistema potrà solo creare maggiori disagi e costi: «Il solo appalto esterno costerà 210 mila euro a fronte di un costo annuo dell’inceneritore di 250 mila, che potrà forse essere ridotto del 10%. Ma i costi alla fine saranno scaricati direttamente sull’utenza. Qui si prevede di pagare circa due euro a svuotamento, ma in Veneto si arriva già alla tariffa del 2006 di 9,87».
s. re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 13 giugno 2007

 

 

Trieste, la ricerca al servizio delle imprese: 350 milioni per migliorare i trasporti

 

Il presidente dell’Area Science Park Michellone illustra il progetto per la «mobilità sostenibile»

Gli industriali invitati a segnalare idee e soluzioni su un sito internet

Nicola Pangher: «Ora nuove sinergie tra imprese locali e laboratori dell’Area»

TRIESTE Entra nel vivo anche in Friuli Venezia Giulia il «Progetto d’innovazione industriale per la mobilità sostenibile» lanciato recentemente dal governo, che punta sulla creazione di un legame stabile tra il mondo della ricerca e dell’imprenditoria.
Ieri la prima presentazione agli industriali di Trieste, con il presidente del parco scientifico triestino Area Science Park, Giancarlo Michellone, nominato recentemente a guidare lo staff di coordinamento del progetto dal ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani.
«Questo programma – ha spiegato Michellone - si inserisce nel quadro delineato dal documento programmatico “Industria 2015” sulle linee strategiche del governo per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro».
«L’iniziativa – ha aggiunto il presidente di Area Science Park - ha l’obiettivo di creare un sistema in grado di muovere persone e merci in modo ecologico e sicuro, economico e tempestivo» .
Il pacchetto di incentivi, che può contare su una dotazione di 350 milioni di euro, punta a finanziare il «lavoro di squadra» che valorizzi lo sviluppo della ricerca a favore del tessuto imprenditoriale e grandi progetti tecnologici per trasporti ecocompatibili, sistemi di intermodalità e piattaforme logistiche, tecnologie per la mobilità urbana, per la sicurezza di merci e persone, per decongestionare i trasporti marittimi e terrestri. Secondo Michellone, si tratta quindi di «un’azione volta a decongestionare i traffici, a favorire intermodalità e reti logistiche, a promuovere una mobilità urbana sostenibile, a migliorare la sicurezza nei trasporti di persone e merci, a rendere competitivi i sistemi di trasporto di superficie e i relativi processi».
Terminato il lavoro di preparazione, le aziende saranno presto chiamate a partecipare al bando, presentando proposte in grado di sviluppare nuovi prodotti o servizi, che siano caratterizzati da un elevato livello di innovazione tecnologica e da un impatto di sistema tra varie imprese o enti. Entro l'estate sarà avviata la fase «call» con la possibilità per le aziende di segnalare idee progettuali sul sito internet «www.industria2015.ipi.it».
Per il vicepresidente dell’Associazione industriali di Trieste, Nicola Pangher, il progetto prevede un quadro d’incentivazione attraente per l’attuazione di progetti innovativi, soprattutto in materia di mobilità sostenibile, per i settori della logistica, dei trasporti terrestri e navali. In più, secondo Pangher, «è proprio questo il momento di dimostrare la validità degli investimenti pubblici nel settore della ricerca sul territorio e di vedere come il sistema AREA, in sinergia con quello industriale, sarà in grado di avviare un ciclo virtuoso in cui le imprese locali potranno finanziare le attività dei laboratori e dei centri di ricerca».
«In questo contesto, i dati del parco parlano da soli» ha commentato Michellone che ha illustrato una panoramica delle attività dell’Area negli ultimi cinque anni: 84 centri, società o istituti di ricerca ospitati attualmente, 1.860 addetti impegnati in attività di ricerca, trasferimento tecnologico e servizi qualificati, 1.039 interventi di «Business intelligence» realizzati, 87 brevetti imprenditoriali e universitari sostenuti, 1.194 interventi di innovazione aziendale effettuati, 40 spin-off e start up avviati.
Per quanto riguarda le attività «new entry» sulla tabella di marcia Area, secondo Michellone, si sta consolidando l’iniziativa «Domotica», lanciata all’inizio dell’anno con l’obiettivo di trasformare la regione in un polo d’eccellenza internazionale per quanto riguarda componenti e sistemi nel settore (disciplina che si occupa di studiare le tecnologie, atte a migliorare la qualità della vita in vari ambienti come la casa o il la lavoro).
Al momento, «Domotica» sta procedendo con l’analisi della domanda del mercato, la verifica della disponibilità e dei bisogni degli imprenditori, l’attivazione delle connessioni con i centri di ricerca e le università.
Gabriela Preda

 

 

Quercia verso il secondo round sul cementificio. I comitati: «Si annulli la Via» - Ds friulani in difesa di Travanut

 

Dopo la richiesta di dimissioni del capogruppo diplomazie al lavoro per ricucire la frattura in attesa della delibera della giunta

TRIESTE Nel primo round del faccia a faccia sul caso Travanut tra tutti i consiglieri diessini (assieme agli assessori), i pordenonesi hanno scoperto le carte peraltro fino a quel momento neppure troppo nascoste. Hanno chiesto a Mauro Travanut di fare un passo indietro dopo la sua gestione «politica» del gruppo consigliare della vicenda del cementificio di Torviscosa. L’assessore Lodovico Sonego e i consiglieri Paolo Pupulin sono stati espliciti nella richiesta di dimissioni. I friulani invece sono rimasti alla finestra, anzi sembrano i più impegnati a difendere l’incarico dell’ex sindaco di Cervignano. E Bruno Zvech, consigliere ma soprattutto segretario regionale, sta nel mezzo a garantire gli equilibri, nella consapevolezza che sarebbe comunque opportuno evitare un terremoto a pochi mesi dalla fine della legislatura. Ma sarà probabilmente il secondo round quello decisivo. I diessini si sono dati infatti appuntamento per un ulteriore vertice quando sarà approvata la delibera della giunta sul cementificio.
L’ACCUSA I diessini di Pordenone sono i più «sensibili» al fatto che Travanut abbia «forzato» l’interpretazione del suo ruolo in Consiglio. Nella riunione di lunedì infatti, è stato lo stesso Sonego, una volta ultimata la discussione sul primo punto all’ordine del giorno, a chiedere che ci si occupasse del caso-cementificio. Da qui la richiesta a Travanut di fare un passo indietro. Richiesta rimasta tale perchè né il diretto interessato, né gli altri hanno fatto ancora alcuna mossa.
I FRIULANI Pur non mancando le perplessità anche tra i colleghi dell’Udinese sul comportamento di Travanut, sono proprio loro i suoi primi difensori. O quantomeno i friulani possono essere i protagonisti della mediazione. Il presidente del consiglio regionale Alessandro Tesini è stato l’ispiratore della scelta dei diessini di nominare Travanut capogruppo all’indomani dell’elezione di Zvech alla carica di segretario regionale. Ma non è trascurabile anche l’importanza per Tesini di evitare perturbazioni in Consiglio proprio nel suo partito. L’altra personalità di spicco vicina a Travanut è il senatore ed ex segretario regionale Carlo Pegorer. Lui afferma che «il gruppo consiliare ha la sua autonomia» ma un suo contributo alla ricucitura della frattura potrebbe essere decisivo.
LA DELIBERA Il pronunciamento sulla delibera di autorizzazione al progetto della Grigolin sarà decisivo. Travanut ha più volte ribadito che deciderà di lasciare la carica «solo se il cementificio passerà con il voto dei Ds» mentre «per il principio di simmetria qualcuno (Sonego ndr) in caso di non autorizzazione al progetto dovrà mettere in discussione il suo ruolo di capodelegazione dei Ds in giunta». Intanto il fatto che la delibera approdi in giunta venerdì è ancora in forse. Gli uffici tecnici e legali della Regione stanno analizzando a fondo i pareri e hanno la disposizione di articolare una delibera inappuntabile, essendo questa l’unico atto impugnabile. Quindi, nonostante tutti abbiano fretta di mettere la parola fine al caso, un approfondimento di indagine anche sotto il profilo giuridico potrebbe ritardare i tempi del pronunciamento da parte dell’esecutivo.
I COMITATI Nonostante l’intenzione della giunta sul cementificio sia orientata sempre più verso il «no», il comitato dei cittadini chiede l’annullamento della procedura di Valutazione di impatto ambientale per l’impianto di produzione di clinker proposto dalla Cementi Nord-Est. E lo fa con un documento inviato a al presidente Illy, all’assessore Moretton, al ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, alla procura della Repubblica e al prefetto di Udine, nonché a tutti i sindaci. L’esposto riguarda l’attuazione della direttiva 96/82/Ce relativa al controllo dei pericoli derivanti da incidenti connessi con determinate sostanze pericolose. Si tratta della «legge Seveso» che va applicata in aree ad elevato sviluppo industriale con possibilità di contaminazione per le persone e l’ecosistema. Questo dispositivo riguarda l’area interessata alla costruzione del cementificio «tenuto conto - si legge nel documento - che la produzione e la macinazione del cemento avverrebbe in un impianto adiacente agli stabilimenti impiegati per lo stoccaggio del cloro e per la produzione di cloroparaffine». La legge, scrive il comitato contrario al cementificio, prevede che la popolazione deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere e che la partecipazione dei cittadini alle procedure di Via costituisce un requisito essenziale delle procedure. «Poichè la maggioranza della popolazione della Bassa ha espresso in modo palese la sua contrarietà all’insediamento, così come la stragrande maggioranza delle amministrazioni comunali interessate - continua la lettera - si chiede l’annullamento della procedura di Via relativa all’impianto o, in via subordinata, di prendere atto che le popolazioni interessate sono contrarie all’industria il cui progetto è stato proposto dal Gruppo Grigolin».

Ciro Esposito

 

 

Risparmi energetici con le acque termali - Il progetto comunitario Innoref invita a puntare sugli impianti geotermici. Marsilio: avanti tutta con il sistema a biomasse

 

UDINE La zona costiera, da Lignano a Grado a Monfalcone, è una miniera di energia geotermica, utile per riscaldare abitazioni private e edifici pubblici, attraverso impianti che costano 10-12 mila euro in più rispetto alla norma, ma sono ammortizzabili nell’arco di un quadriennio grazie a un risparmio energetico fino al 60%. È la novità emersa ieri al convegno «L’autonomia energetica dei territori rurali, i finanziamenti del programma Energia Intelligente Europa», svoltosi a Udine Fiere per la presentazione dei risultati prodotti nel campo delle energie rinnovabili dal progetto comunitario Innoref, «che ha interessato 116 comuni, 4 comunità montane e una comunità collinare della regione – ha spiegato la project manager Lavinia Clarotto – per un investimento di 860 mila euro». L’esperto di geotermia Bruno Della Vedova dell’università di Trieste, ha sottolineato come gli studi geologici e geofisici abbiano confermato «che la regione è ricca di risorse idrotermali a bassa temperatura, 50-60 gradi, a circa un chilometro di profondità, specie lungo la fascia costiera tra Lignano a Monfalcone, la zona più promettente per realizzare pozzi e impianti per lo scambio geotermico». In pratica, dopo una perforazione, si preleva calore dal sottosuolo per riscaldare gli ambienti durante l’inverno, mentre d’estate si trasferisce l’eccesso di calore sotto terra, producendo un effetto raffrescamento. Le pompe di calore sono applicabili ovunque, sia nella zona costiera, sia nella zona montana dove le temperature sono inferiori, con un investimento iniziale per la costruzione dei pozzi, riassorbibile in quattro anni, dopodiché sono in grado di risparmiare energia fino al 60%. Gli impianti a geoscambio possono essere utilizzati anche per centri commerciali ed edifici pubblici. Un progetto pilota sarà realizzato a Malborghetto per Palazzo Veneziano. Al convegno è intervenuto l’assessore Enzo Marsilio che ha fatto il punto sull’uso delle energie rinnovabili. «Siamo a buon punto, visto che in Carnia sono quasi operativi gli impianti a biomasse legnose di Sauris, Forni di Sopra e Arta Terme, e altri progetti sono al via nel Tarcentino e nel Pordenonese. Entro il 2008 dovremmo andare a regime con un numero congruo di impianti».
Alberto Rochira

 

 

Cattinara, la rotatoria sulla Grande viabilità: un chilometro con tornanti e seconda uscita

 

Secondo il progetto di fattibilità che dettaglia anche il nuovo parco urbano di Montebello

Una grande rotatoria, il riuso di un sovrappasso esistente che attraversa la Grande viabilità in costruzione, un chilometro e cento metri circa di strada a forma di doppia «U», cioé con due grandi tornanti studiati per superare il dislivello, una uscita secondaria su via Alpi Giulie che servirà anche da secondo ingresso, più cittadino, agli ospedali: così sarà la nuova viabilità nella parte relativa al più importante intervento previsto per incanalare l’aumento di traffico quando la cittadella sanitaria conterrà anche il Burlo, nuovi spazi universitari, Medicina molecolare e servizi.. Su via Forlanini-Marchesetti basterà una rotatoria più capace di gestire il congestionato incrocio.
Il corposo intervento sulla Grande viabilità sarà pagato dalla Regione che ha da tempo stanziato cinque milioni di euro. Via Forlanini sarà a carico del Comune (500 mila euro). Se il progetto di fattibilità, l’unico ora esistente (realizzato dallo studio dell’architetto Pietro Cordara) resterà come ora previsto, saranno necessari espropri, ai quali per parte sua l’Azienda ospedaliera ha già provveduto.
Tra le idee che il progetto ha inserito ci sono anche un «check point» come punto informativo e l’istituzione di un bus navetta che i cittadini potrebbero utilizzare per raggiungere la loro destinazione dopo aver lasciato la macchina in uno dei tanti nuovi parcheggi.
Ma, già presentata pubblicamente anche dal Comune, la novità imprevista di questo polo sanitario sarà nella riqualificazione del parco di Montebello (o «Montbeau»), a soli 300 metri da Cattinara, di cui sono stati calcolati una riqualificazione possibile con soli 370 mila euro e un costo di manutenzione annuale di 30 mila.
L’idea, suggerita da Cordara all’Azienda ospedaliera come «regalo compensatorio» alla città per il tanto nuovo cemento, è stata perfezionata col biologo dell’Università di Trieste Fabrizio Martini, con Nicola Bressi, conservatore del Museo di storia naturale, con un agronomo, Luigi Pravisani, e un tecnico forestale, Giovanni Francois. «Il vantaggio - spiega Cordara - sta nel fatto che questo bosco è di proprietà comunale, nel piano regolatore è indicato come ’’parco urbano’’, il Cai già vi gestisce un campo di sci d’erba e potrebbe così occuparsi anche del ristoro». Ci sono prati, terrazzamenti, arriveranno due stagni: 20 ettari da godere in un prossimo futuro.
g. z.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 12 giugno 2007

 

 

Inquinamento - Terrapieno di Barcola, i risultati a fine mese

 

Il reale inquinamento del terrapieno di Barcola dovrebbe essere chiaro entro la fine del mese. Da una decina di giorni, infatti, l’Arpa sta procedendo alle verifiche sulla nuova serie di dati che la società isontina Multiproject, che ha effettuato i test per conto dell’Autorità portuale, ha consegnato all’inizio di giugno. Le contro-analisi, svolte anche con l’ausilio dei vecchi campioni di terreno, riguardano pure i dati relativi ai prelievi di acqua e del fondale marino prospicente il terrapieno.
A fine mese l’esito delle nuove analisi dovrebbe quindi essere comunicato dall’Arpa all’Autorità portuale e alla Regione, la quale a quel punto potrà convocare la conferenza dei servizi che sarà chiamata a varare il piano di caratterizzazione, ponendo così le basi per la bonifica.
I costi della bonifica si preannunciano molto elevati: tempo fa si era parlato di 9 milioni di euro. Finanziamenti di cui l’Authority e il Comune, la prima in quanto proprietaria dell’area e il secondo per aver gestito una discarica sul terrapieno negli anni Settanta-Ottanta, devono appena andare alla ricerca.
L’Autorità portuale ha intanto concluso la messa in sicurezza del terrapieno, costata all’incirca 150 mila euro. La fascia che corre lungo il mare è stata recintata, per impedire l’accesso. Alcune parti del tratto più vicino alle società sportive sono state ricoperte con ghiaia e altre asfaltate. Assieme all’Arpa, l’Ap ha inoltre verificato la «tenuta» degli strati sottostanti delle zone a verde, per evitare dispersioni di eventuali inquinanti. E nei punti in cui si è riscontrata la mancanza di una barriera naturale, si è intervenuti deponendo strati di ghiaia.
gi. pa.

 

 

Piano delle antenne, disco verde da Valmaura - Sono 35 gli impianti presenti nel territorio della circoscrizione

 

Sedici consiglieri su 18 votano a favore del nuovo documento comunale che regola i criteri

E' stato votato pressoché all'unanimità dai consiglieri della Settima circoscrizione, 16 su 18 presenti, lo scorso giovedì in sede di consiglio il nuovo piano messo a punto dal Comune per regolamentare l'installazione delle antenne per la telefonia mobile dei gestori telefonici.
Nella Settima circoscrizione, che comprende i rioni di Valmaura, Chiarbola, Servola e Borgo San Sergio, le antenne per la telefonia mobile sono ad oggi 35, la concentrazione più alta dopo la Quarta circoscrizione, anche se tutta la città vedrà fiorire in tempi non lontani - si parla di duecento installazioni - le nuove antenne per coprire il traffico della videofonia. «La telefonia mobile è un fenomeno inarrestabile - dice Andrea Vatta, presidente della Settima circoscrizione - e nessuno è disposto per primo a farne a meno, però tutti vorrebbero che le antenne stessero da un'altra parte, come se quest'altra parte non fosse a sua volta l'habitat di qualcun altro».
Le linee guida del piano antenne comunale tendono alla protezione dei siti sensibili, vale a dire asili, scuole, ospedali, ricreatori e zone densamente popolate, così come dei luoghi a tutela paesaggistica. Il piano c'era già nel 2004, ma era stato bocciato dal Tar su istanza delle compagnie telefoniche; ora l'iter per la nuova versione, sostanzialmente simile alla precedente, prevede ancora il passaggio in commissione urbanistica e poi in consiglio comunale. Oltre all'impatto ambientale si cerca di scegliere luoghi a distanza di sicurezza per l'uomo.
Il cimitero cittadino, che ricade territorialmente sotto la Settima circoscrizione, è stato inserito tra i luoghi sottoposti a vincolo per rispetto verso i defunti, anche se in linea di principio, dentro ai 200 mila mq, le antenne presenterebbero il vantaggio di avere un basso impatto visivo e di essere indubbiamente innocue. «Può sembrare una soluzione dissacratoria - aggiunge Vatta - però pur ammettendo che emotivamente può creare disagio, in cimitero non disturberebbero nessuno, mentre l'idea che stiano vicino ad una scuola o a un asilo, dove i nostri figli trascorrono buona parte della giornata, è sicuramente peggio».
Patrizia Piccione

 

 

Telefonia mobile, ok anche dall’Altipiano Ovest

 

«Antenne e stazioni radio base? Se proprio si devono costruire, utilizzate dei terreni pubblici, in modo da favorire le casse degli enti locali per la riscossione di affitti e noli dovuti alla loro collocazione». L’indicazione arriva dal consiglio circoscrizionale di Altipiano Ovest, chiamato a esprimersi sul nuovo Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti radio base di telefonia mobile. A tale riguardo, maggioranza di centrosinistra e opposizione si sono trovate d’accordo. L’assenso al Piano Comunale è stato unanime, a testimonianza della necessità di favorire la rapida adozione di un corpo di normative utile a regolamentare l’erezione di tralicci e antenne. «Accanto all’indicazione positiva – spiega il presidente del parlamentino Bruno Rupel – abbiamo aggiunto alcuni suggerimenti. A cominciare dall’utilizzo di terreni pubblici per la costruzione dei nuovi impianti. Se le antenne devono sorgere – spiega il presidente - sia il Comune o un altro ente pubblico a incassare i proventi di tale esercizio, piuttosto che favorire le proprietà private». Per evitare il proliferare dei tralicci in una stessa zona, va seguita la modalità del «co siting», in modo da utilizzare un unico sito per più impianti. Anche Rupel approva il fatto che nessuna stazione radio base possa essere eretta nelle immediate vicinanze di scuole, case di cura, ospedali e anche cimiteri. Attualmente sono circa sette i tralicci ospitati nelle contrade territorialmente competenti al primo parlamentino: tre nell’area di Borgo S. Nazario – Prosecco, tre nella frazione di S. Croce, una in un’area situata a cavallo tra l’area di quest’ultima borgata e quella di Grignano. Nessun impianto, al momento, risulterebbe collocato nel cuore del pittoresco borgo di Contovello. «Una cura particolare – insiste il presidente – deve essere riservata alla tutela del paesaggio. Anche per questo, ci vuole particolare cura nel rilascio di concezioni edilizie».
m.l.

 

 

Grizon: «Rigassificatori, assemblea tardiva»

 

MUGGIA «Ormai l’assemblea sui rigassificatori a Muggia se si farà, sarà troppo tardi: ormai Illy ha deciso, pur di non rimanere impantanato nell’opposizione interna dei Verdi e dei Rifondatori e di non perdere ulteriori consensi, ha demandato la decisione a Prodi & Co». Il consigliere di Forza Italia, Claudio Grizon, torna sul tema dei rigassificatori e in particolare sulla lettera che i partiti di maggioranza hanno inviato al sindaco Nesladek per chiedere la convocazione di un’assemblea per spiegare i motivi del «no» muggesano ai rigassificatori.
«È incredibile – commenta Grizon –. Si incontrano in osteria, al bar, negli agriturismi e nelle riunioni di maggioranza, ma per chiedere al sindaco un’assemblea sul Gnl gli scrivono una lettera». «Prendiamo atto – conclude – che la maggioranza ha “suonato la sveglia” al suo sindaco, e un altro segnale al primo cittadino che dopo la politica degli annunci, una maggioranza sfaldata, consigli saltati e delibere fatte male forse lo vuole ricondurre ad un atteggiamento meno guascone».
s.re.

 

 

San Dorligo, raccolta differenziata da luglio - Previsti tre tipi di contenitori: su quello verde ci sarà un microchip che identificherà il proprietario

 

SAN DORLIGO Partirà a luglio nel comune di San Dorligo la raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta. Un progetto che sarà presentato nelle varie frazioni, ed è finalizzato ad una riduzione delle spese alle famiglie, e ad un aumento della quantità di rifiuti riciclabili.
Per il progetto, la gestazione è stata lunga. Nei mesi scorsi, alle famiglie, sono stati consegnati tre contenitori. Uno blu da 40 litri per la carta. Uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattina. Uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il resto. I cassonetti vanno tenuti in casa, e portati all’esterno della proprietà nei giorni che saranno stabiliti per la raccolta. I contenitori blu e gialli saranno svuotati ogni due settimane. Quello verde due volte la settimana. Su quest’ultimo sarà applicato un microchip, che identifica il proprietario e quindi permette il calcolo di quanto dovuto.
Infatti, nel computo finale, la tariffa si calcolerà solo su ciò che non è differenziato. Per questioni pratiche, il consiglio è di portare fuori il contenitore verde solo quando è pieno, anche perché (per ora) il calcolo viene fatto sulle volte in cui viene svuotato, non sul peso di ciò che è stato smaltito. Così il sindaco Fulvia Premolin: «Al momento, con la raccolta stradale, raggiungiamo già il 20 per cento di rifiuti differenziati. Con questo nuovo sistema speriamo di raggiungere gli obiettivi in pochi anni. In altri comuni, questo sistema ha portato anche a superare il 50 per cento di rifiuti riciclabili».
Intanto è partita la gara d'appalto per il servizio. Nello specifico, la raccolta dei rifiuti indifferenziati sarà data ad una ditta esterna, mentre gli addetti del Comune raccoglieranno i rifiuti riciclabili. Da domani inizieranno gli incontri pubblici di presentazione del progetto, nelle varie frazioni. Domani a Prebenico alla casa comunale. Il 14 giugno a Sant’Antonio, sempre alla casa comunale. Venerdì 16 a Caresana, alla casa comunale. Martedì 19 a Domio al centro culturale Anton.Ukmar-Miro.
Mercoledì 20 a San Giuseppe alla «Babna hiša». Giovedì 21 a Bagnoli al teatro Prešeren. Venerdì 22 a Grozzana alla casa comunale. Lunedì 25 a Dolina nella sala del circolo Kd Vodnik Sempre a partire dalle 20.
s.re.

 

 

Ronchi-Trieste, manca ancora il progetto - La Regione dovrà siglare un nuovo accordo coi comuni del Monfalconese

 

Il ministro Di Pietro ha definito prioritaria la tratta ferroviaria: adesso in tempi stretti va redatto un elaborato

Incerte rimangono le prospettive del collegamento verso Divaccia: in corso contatti tra i governi di Italia e Slovenia

Per il ministero delle Infrastrutture e la Regione la linea ferroviaria alta velocità/alta capacità Ronchi-Trieste è un’opera prioritaria. Le risorse sono state previste, ora serve il progetto. Ma non è l’elemento più semplice.
«Esiste un progetto preliminare – spiega l’assessore regionale alle Infrastrutture, Lodovico Sonego – di Rete Ferroviaria Italiana, al quale la Regione ha dato parere favorevole per quel che riguarda la localizzazione delle opere, prescrivendo però l’accoglimento di tutte le indicazioni previste dall’accordo siglato da Regione e comuni del monfalconese nel 2004».
Sonego aggiunge che esiste già «un pronunciamento della commissione Via del ministero dell’Ambiente sulle quali sta lavorando Rfi per integrare il progetto» e che la Regione «è prossima a siglare una seconda edizione dell’accordo con i Comuni del Monfalconese».
Gli stessi Comuni non hanno ancora ricevuto un progetto vero e proprio da esaminare, ma si sono confrontati con la Regione su dei
tracciati e sono in attesa di ricevere risposte ad alcuni quesiti. Per capire meglio la storia di questo tratto – 32 chilometri che costeranno (stando alle stime iniziali) 1.930 milioni di euro – bisogna fare un passo indietro. La precedente giunta regionale aveva commissionato un progetto alle Ferrovie, presentato nel 2003, che però ha ricevuto pesanti prescrizioni dal ministero dei Beni culturali e dalla Commissione Via del ministero dell’Ambiente. Per questa ragione l’attuale giunta, a fine 2005, ha deciso di accantonare quella ipotesi e di cercare nuove soluzioni.
Il problema maggiore, su cui oggi i Comuni attendono risposte concrete, riguarda il tratto (24 chilometri) che dovrebbe attraversare il Carso con un sistema di doppia galleria. L’escavazione comporterebbe l’estrazione di quasi 8 milioni di metri cubi di roccia (roccia peraltro «protetta») e soprattutto ad oggi non ci sarebbero garanzie sulla tenuta delle pareti dei tunnel, proprio per la conformazione naturale del Carso.
Una delle proposte del primo progetto – ritenuta troppo impattante dai tecnici ministeriali – era di creare un cunicolo esplorativo, una sorta di «galleria di prova», per testare la fattibilità degli scavi. Vista la delicatezza del problema e le troppe incognite, i progettisti di Rfi avrebbero ricevuto indicazioni di cercare soluzioni alternative.
Un’ipotesi secondo alcuni potrebbe essere di far passare il «corridoio» per Gorizia e la valle del Vipacco. L’altra alternativa – e proprio su questa alcuni Comuni avrebbero chiesto maggiori delucidazioni – sarebbe di potenziare l’attuale rete ferroviaria agendo quindi su un tracciato già disponibile. I Comuni condividono comunque la necessità di arrivare a un progetto quanto prima.
Ancora più incerte le prospettive della linea da Trieste verso Est. Per il tratto che dovrebbe collegare la città al nodo ferroviario sloveno di Divaccia, sono in corso contatti fra i governi di Italia e Slovenia, cui partecipa anche la Regione, che dovrebbero portare alla definizione del tracciato. Ma sui contenuti, come sui tempi di questo progetto, non c’è ancora nulla di preciso.
Tornando al tratto Ronchi-Trieste, sulle possibilità di potenziare il tracciato ferroviario esistente insiste il Wwf, che ricorda come il sistema Tav non sia «una linea per far circolare le merci, bensì i passeggeri. Nei paesi in cui l’alta velocità esiste, si pensi alla Francia o alla Spagna – rileva l’associazione – le merci viaggiano su linee tradizionali».
m. mi.

 

 

Vertice Ds, Sonego chiede le dimissioni di Travanut  - Acceso confronto sul caso Torviscosa. I pordenonesi invitano il capogruppo a lasciare la carica

 

Riunione a porte chiuse e consegna del silenzio per i consiglieri regionali della Quercia. In una nota espresso il pieno sostegno al governo Illy

TRIESTE Nessuna decisione finale all’interno dei Ds sul caso Travanut. Ma nella riunione di gruppo di ieri, a margine degli altri punti all’ordine del giorno, la discussione sul comportamento del capogruppo sulla vicenda del cementificio c’è stata. Anzi, alcuni consiglieri hanno chiesto al capogruppo regionale di fare un passo indietro. Ovvero di riflettere sull’opportunità di dare le dimissioni dall’incarico. Ed è probabile che a farlo siano stati i pordenonesi guidati dall’assessore Lodovico Sonego. Voci, soltanto voci, perché nessuno dei diessini ha violato la consegna del silenzio evidentemente decisa collegialmente. Ma di atti formali sul ruolo presente e futuro di Travanut nemmeno l’ombra. «Anche perché sulla questione non c’era niente da decidere», come sottolinea ormai da giorni il segretario Bruno Zvech. Già, perché se mai fosse necessaria una decisione, è verosimile che venga lasciata proprio a Travanut stesso. Il partito è unito sulle cose da fare da qui alla fine della legislatura, ripetono i vertici che affidano il resoconto delle tre ore e passa di discussione a un comunicato stampa. E proprio dietro a quel comunicato stampa si trincerano tutti i diessini, anche quelli di solito meno abbottonati, dal pordenonese Pupulin al triestino sloveno Dolenc, dai parlamentari allo stesso Travanut.
LA DISCUSSIONE «Dirò quello che devo dire nella riunione di gruppo» era stata l’unica affermazione strappata alla vigilia dell’incontro al consigliere Paolo Pupulin. E un ragionamento anche vivace è stato fatto attorno alla vicenda cementificio sulla quale Travanut, secondo i compagni di partito, ha «forzato» il suo ruolo istituzionale. La maggioranza dei consiglieri diessini la pensa così, e nemmeno il diretto interessato ha mai negato di aver messo in parte tra parentesi il suo ruolo in consiglio, ma solo «per una causa giusta». Ma non è un mistero che i pordenonesi (Pupulin, Alzetta e l’assessore Sonego) abbiano finora manifestato con maggior forza e determinazione la loro opposizione al metodo utilizzato dall’ex sindaco di Cervignano. «Nel nostro partito si discute, ci si confronta e poi si trova sempre una sintesi unitaria, non vedo cosa ci sia di tanto strano» ripete Zvech. Solo nelle prossime settimane forse si paleserà dunque la soluzione dell’enigma.
L’AMBIENTE La sintesi alla quale si riferisce Zvech si coglie nella seconda parte del comunicato: sostegno dei Ds a Illy nell’accelerazione sulle infrastrutture, fatte salve le verifiche di sostenibilità ambientale delle opere. Nessun ripensamento dunque sull’operato della giunta e quindi dell’assessore Sonego. «I Democratici di Sinistra - si legge nel documento - intendono sostenere e valorizzare lo sviluppo produttivo e industriale, in particolare iniziando dalla velocizzazione degli interventi indicati dal Presidente Illy in ordine alle infrastrutture viarie, ferroviarie, portuali, energetiche, informatiche, indispensabili per la nostra Regione. Percorso che va sostenuto, come dalle dichiarazioni del Presidente in Aula, perseguendo le condizioni di sostenibilità ambientale secondo quanto già predisposto nel programma e attivato dalla Giunta, anche con il concorso di Agenda 21, elemento di grande novità e interesse per tutta la Regione».
LA STRATEGIA Pieno appoggio anche al metodo politico utilizzato finora dal governatore Riccardo Illy. «Il gruppo dei Democratici di sinistra ritiene positiva la fase di confronto avviata dal Presidente Illy in maggioranza - si legge nella nota -, sia per quanto riguarda la metodologia operativa per l'assunzione delle decisioni, sia per quanto riguarda il lavoro attorno al prossimo programma elettorale che inizierà ad ottobre, dopo il voto per la costituente del Partito democratico».
IL BILANCIO Via libera infine su lavoro fatto dalla giunta sulla nuova legge del bilancio pur nella distinzione dei ruoli tra Giunta e Consiglio. «Piena condivisione del lavoro condotto per la costruzione della nuova legge di bilancio che verrà discussa dal Consiglio regionale nella sedute del 27, 28, 29 giugno - conclude il documento. Il Gruppo valuta infine positivamente anche la manovra perché corrispondente all'impostazione del programma e alle necessità di sviluppo economico e sociale del Friuli Venezia Giulia».

Ciro Esposito

 

 

Cementificio, delibera forse venerdì in giunta  - Si va verso la decisione finale sull’impianto della Bassa. Nella relazione integrativa dati aggiornati sulla qualità dell’aria

 

In corso l’esame tecnico-legale. Il parere Arpa non scioglie i dubbi sull’ecosistema

L’Agenzia conferma l’impossibilità di misurare l’impatto sulla vegetazione e il rispetto dei parametri a tutela della salute umana certificato dal ministero

TRIESTE La delibera più scottante, quella che deve esprimere il verdetto definitivo sul cementificio di Torviscosa diventato ormai un «tormentone» politico, potrebbe arrivare venerdì mattina in giunta. Gli uffici della Regione, dopo aver acquisito i pareri integrativi dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa, stanno completando l’istruttoria: un’istruttoria tecnica e legale che passa dalla direzione all’Ambiente all’Avvocatura.
E così, in assenza di intoppi tecnico-legali, la delibera potrebbe essere licenziata nell’arco di pochi giorni. La Regione, d’altronde, dispone ormai di tutti i pareri. Incluso quello dell’Arpa, l’ultimo arrivato, il più atteso. Ebbene, citando gli esiti della verifica ministeriale di fine 2006 sulla centrale Edison, l’Arpa ribadisce le garanzie per la tutela della salute umana. Ma conferma l’inidoneità delle centraline a misurare le ricadute sull’ecosistema e sulla vegetazione. Ratifica le «perplessità» sull’impatto ambientale dovuto all’aumento di traffico su gomma. Ma non boccia - come non ha fatto nel primo parere del 31 gennaio e nemmeno nella commissione di Via del 28 marzo - l’impianto di clincker e calcestruzzo che l’Azienda sanitaria della Bassa, invece, non approva.
LA FIRMA Il parere «bis» dell’Arpa è datato 8 giugno: il direttore generale Giuliana Spogliarich firma e invia una lettera accompagnatoria di poche righe a cui allega «la relazione integrativa qui trasmessa dal direttore tecnico-scientifico» Gianni Menchini. Una relazione «trasmessa» ma non firmata dal dirigente, in ferie, autore già del primo parere.
LA VIABILITÀ Da quanto trapela, la relazione sul cementificio evidenzia l’assenza di novità su rumore e rischi di incidente, per poi approfondire la questione viabilità. E se già a gennaio l’Arpa affermava le sue perplessità «non risolvibili con le infrastrutture esistenti» sull’impatto ambientale dell’aumento di traffico su gomma, adesso le rilancia. E sottolinea come da trent’anni non si costruiscono nuove strade nell’area del cementificio.
QUALITÀ DELL’ARIA Ma il parere integrativo si sofferma soprattutto sulla qualità dell’aria, il tema più delicato, oggetto di mille polemiche. Ebbene, se già a gennaio l’Agenzia segnalava sforamenti degli ossidi di azoto (Nox) e delle polveri sottili (Pm10), ricordando i nuovi limiti comunitari in vigore dal 2010, adesso aggiorna il suo «responso» con dati più freschi. Prima, però, mette in evidenza le conclusioni cui è giunto il ministero dell’Ambiente che, nella verifica sulla centrale Edison, ha certificato il rispetto di tutti i limiti di legge per la tutela della salute umane mentre ha riscontrato la violazione di quelli per il rispetto della vegetazione, dichiarando tuttavia non significativa quella violazione, a fronte del posizionamento non conforme al decreto ministeriale delle centraline di raccolta dati.
CENTRALINE E in effetti, nella relazione integrativa, l’Arpa ritorna sul posizionamento «inidoneo» che ha scatenato l’offensiva degli avversari del cementificio. Ma, ribadendo quanto messo a verbale già nella commissione di Via del 28 marzo, evidenzia l’impossibilità di rispettare il decreto ministeriale approvato nel 2002, laddove impone punti di campionamento ubicati a più di 20 chilometri dagli agglomerati e a più di 5 chilometri da aree edificate diverse da quegli agglomerati o da impianti industriali o da autostrade. Un’impossibilità, conclude l’Agenzia, che non riguarda solo Torviscosa o il Friuli Venezia Giulia, ma molte regioni italiane.
POLVERI SOTTILI Ancora, soffermandosi sulla qualità dell’aria e ricordando che la centrale termoelettrica è a regime ormai da dicembre, l’Arpa inserisce nel parere «bis» i dati più freschi che arrivano sino a maggio: il quadro è sostanzialmente omogeneo a quello degli ultimi quattro anni, sentenzia l’Agenzia, con una sola eccezione. Quella delle polveri sottili (Pm10) il cui valore medio è aumentato nel 2007, anche se un trend analogo si registra nell’intera provincia di Udine, complici le condizioni meteo. L’Arpa ricorda ancora una volta che, nel 2010, i valori limite delle Pm10 saranno oggetto di revisione ma aggiunge che l’orientamento politico di Bruxelles è quello di confermare gli attuali valori.
CONCLUSIONI Infine, dopo aver affermato nel primo parere che il cementificio si poteva realizzare e gestire previo rispetto di prescrizioni, l’Arpa adesso si limita ad alcune puntualizzazioni. Ricorda, ad esempio, che l’impianto è soggetto all’autorizzazione integrata ambientale e si sofferma sulla bonifica. Un «sì» vincolato, come aveva anticipato già giovedì scorso Moretton, che non sembra tuttavia in grado di risollevare i destini del cementificio, ormai appeso a un filo.
IL PRESSING Nel frattempo, come annunciato, il verde Sandro Metz formalizza con un’interrogazione la richiesta di una riconvocazione della commissione di Via, dopo i pareri integrativi di Arpa e Azienda sanitaria e prima della delibera di giunta, affinché «possa integrare o modificare il precedente parere, chiarendo i molti punti oscuri e contraddittori» e scongiurando così il rischio di pericolosi ricorsi al Tar.
r.g.

 

 

Progetto Innoref per lo sviluppo sostenibile: rapporto a Udine sulle energie rinnovabili

 

UDINE Il progetto Innoref per lo sviluppo sostenibile del territorio, che vede capofila la Regione Friuli Venezia Giulia ed è finanziato nell'ambito dell'Iniziativa Comunitaria Interreg IIIC, sarà illustrato oggi in un convegno a Udine. Si discuterà di autonomia energetica dei territori rurali in particolare per quanto riguarda i finanziamenti del programma Energia Intelligente Europa. La conferenza affronta il tema delle energie rinnovabili energie rinnovabili, a livello sia locale che europeo. L’uso della geotermia o la conversione energetica delle biomasse in palazzi e abitazioni è una delle possibili applicazioni. Saranno anche presentati ufficialmente i nuovi bandi del Programma Energia Intelligente Europa. Fra i relatori: gli assessore regionali Enzo Marsilio e Franco Iacop e Oliver Schafer, del European Renewable Energy Council, che illustrerà le strategie dell'unione Europea nel campo dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 11 giugno 2007

 

 

TAV -  Per la Ronchi-Trieste 1930 milioni  -Il ministro Di Pietro accelera sull’alta velocità e inserisce la tratta regionale nel pacchetto delle opere prioritarie 

 

Sonego: «Una svolta per sviluppare l’economia del Fvg sui mercati dell’Est»

TRIESTE Il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro accelera sull’alta velocità e inserisce nel pacchetto delle grandi opere prioritarie la tratta ferroviaria Ronchi-Trieste con un finanziamento previsto di 1.930 milioni. Con la Ronchi-Trieste ci sono anche la Brescia-Verona (3.218 milioni), la Treviglio-Brescia (2 miliardi) e la Bari-Napoli (2.153 milioni). Manca il pezzo forte, la Torino-Lione, ormai fuori dalla «legge obiettivo», che avrà però uno strumento finanziario ad hoc. Di Pietro considera la Ronchi-Trieste un pezzo strategico nel disegno progettuale della futura alta velocità.
A un anno dall’insediamento del governo Prodi arriva così il piano delle grandi opere infrastrutturali dell’Unione che Di Pietro ha trasmesso qualche settimana fa a Palazzo Chigi con una lettera formale destinata a essere inserita nell’apposito allegato Infrastrutture del Dpef.
Il pacchetto delle grandi opere presentato dal ministro, e anticipato ieri dal Sole 24 Ore, destina le risorse più importanti all’alta velocità, accelerando i tempi sulla realizzazione di una tratta ferroviaria strategica per il Fvg e il Nordest.
Le grandi opere e l’intervento sulla Ronchi-Trieste attualmente sono al vaglio del Cipe che dovrà approvarlo perché diventi un piano di tutto il governo. Di Pietro ha scelto di selezionare cinquanta opere ”di serie A” rispetto alle 125 del primo piano Berlusconi-Lunardi. Le ”priorità di Di Pietro mettono in campo 29.175 milioni da finanziare nel periodo 2007-2011.
«La proposta del ministro Di Pietro coincide perfettamente con le necessità del Paese e con le indicazioni della Giunta regionale del Friui Venezia Giulia»: ha detto l'assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, commentando il piano del ministro per le grandi opere infrastrutturali, fra le quali è stata inserita la linea ferroviaria Av/Ac fra Ronchi Sud (Gorizia) e Trieste.
«È molto positivo - ha detto l’assessore regionale Sonego- che il ministro abbia scelto di finanziare completamente la tratta ferroviaria Ronchi Sud-Trieste perchè serve a sbottigliare il porto di Trieste e a garantire l'accesso dell'Italia nei mercati dell'Est. Tutto ciò - ha aggiunto - nel quadro di un lavoro molto positivo che la Regione, il Governo e la Repubblica di Slovenia stanno facendo per portare a termine l'individuazione del punto di contatto fra la direttrice Trieste-Divaccia e Capodistria-Divaccia (Slovenia). Le relazioni bilaterali Italia-Slovenia - ha ricordato Sonego - avvengono nell'ambito del programma Interreg III proposto e guidato dalla Regione».
Fra l’altro Slovenia, Governo Italiano e Regione Friuli Venezia Giulia si incontreranno nei prossimi giorni per definire il punto di contatto tra i tracciati della linea ad alta velocità tra Venezia, Trieste e Divaccia, su cui entro il 20 luglio dovrà venire presentata la domanda per ottenere il cofinanziamento europeo La riunione - ha spiegato Sonego - rientra nella progettazione delle tratte transfrontaliere del Corridoio 5-progetto prioritario 6 dell'Ue, per le quali all'Italia è stato assegnato un miliardo di euro degli otto complessivi. Sarà «un'ultima spinta - ha sottolineato l'assessore - che finirà per influenzare l'atteggiamento di chi, in questo momento, non considera prioritario il progetto, grazie all'accelerazione che la Slovenia sta imprimendo alla realizzazione della tratta di competenza».

 

 

Padoa Schioppa: presto decisione sulla TAV

 

ROMA «Sono convinto che la decisione sulla Tav sarà presa a giugno e passerà al di qua delle Alpi». Lo ha detto il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, nel corso di un'intervista a Speciale Tg1. Sulla questione è intervenuto anche il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, parlando a Lussemburgo del tavolo istituzionale sull'alta velocità in programma il 13 giugno.
«A febbraio, al momento della crisi poi rientrata del governo, - ha ricordato il ministro - è stato stilato un dodecalogo dei punti programmatici, uno di questi era la realizzazione della Torino-Lione. Giorni fa - ha aggiunto Bianchi - ho partecipato a un convegno di un gruppo dei Verdi in cui il ministro Pecoraro Scanio ha fatto affermazioni abbastanza precise su questo aspetto, dicendo che è cambiata sostanzialmente la situazione locale nei rapporti con le popolazioni e le amministrazioni». Il ministro, parlando in una pausa dei lavori del Consiglio Trasporti Ue, ha aggiunto: «Avendo noi accettato l'idea che vada rispettata in maniera sacra la procedura rispetto agli impatti, compresa la Vas (valutazione ambientale strategica), qualunque progetto può essere portato avanti». Sulla scadenza del 30 luglio per ottenere i fondi comunitari, il ministro ha osservato: «Per quella data dovremo sia ribadire l'impegno, sia presentare elaborati di carattere finanziario e programmatico che ci consentono di accedere a quei fondi».

 

 

I Verdi: cementificio, si riapra la procedura di Via  - Metz: «Non devono esserci appigli per il ricorso di Grigolin». Caso Travanut: oggi la riunione dei Ds

 

Il partito ecologista chiede di riconvocare la commissione tenica. Gottardo: «Non vorrei che la giunta esprimesse più pareri sul progetto»

TRIESTE I Verdi, a sorpresa, riaprono tecnicamente il «caso Torviscosa». O, almeno, ci provano: Alessandro Metz, adesso che i pareri bis dell’Azienda sanitaria e dell’Arpa sono arrivati, chiede la riconvocazione della commissione regionale di Via che ha espresso un sì al cementificio, pur vincolato al rispetto di 37 prescrizioni. E la chiede, quella riconvocazione, con un atto formale: «Domani presenterò l’interrogazione consiliare».
L’obiettivo? Blindare la procedura amministrativa, chiudendo ogni possibile falla, e scongiurare «pericolosi» ricorsi del gruppo Grigolin, proponente dell’impianto di clincker e calcestruzzo, ormai appeso a un filo. «Perché è evidente - afferma Metz - che, dopo il tempo speso in approfondimenti, pareri legali, supplementi di istruttoria, la procedura dev’essere inattaccabile. Ed è altrettanto evidente che, se la delibera finale dovesse essere impugnata e l’esito del ricorso favorevole all’impresa, la giunta dovrebbe dimettersi».
Meglio, molto meglio prevenire: Metz non ha dubbi. E allora, sebbene in Regione ci sia chi ribadisca che il parere della commissione è consultivo e che l’unico atto impugnabile è la delibera (non ancora pronta), insiste: «La giunta, a fronte dei nuovi pareri di Azienda sanitaria e Arpa, non potrà che dire no al cementificio. Ma a quel punto rimarrà il parere favorevole della commissione di Via: un appiglio per un eventuale ricorso». Pertanto, incalza il verde, la commissione tecnico-consultiva deve poter esaminare le «nuove e rilevanti integrazioni» e, magari, aggiornare il suo verdetto. Quanto al «mezzo sì» dell’Arpa, dopo aver definito «curiosa» l’assenza «causa ferie» della firma del direttore scientifico Gianni Menchini sull’ultimo parere, Metz attende di vedere le carte: «Ma, da quanto mi hanno detto, l’Agenzia conferma il passaggio chiave del primo parere, ovvero l’inidoneità delle centraline a misurare le ricadute del cementificio su ecosistema e vegetazione». Tanto basta, conclude il verde, perché la giunta voti il niet al cementificio.
L’«affaire Torviscosa», però, rimane aperto non solo tecnicamente, ma anche politicamente: oggi alle 11 si riunisce il gruppo consigliare della Quercia. Quello che, stando ai boatos interni, potrebbe riservare contestazioni al capogruppo Mauro Travanut, artefice di una battaglia feroce contro il cementificio. Non a caso, alla vigilia, Isidoro Gottardo ridacchia: «Siamo riusciti a penetrare, per la prima volta, non solo in maggioranza ma tra le guardie svizzere del presidente, i Ds». Lo smaliziato forzista, tuttavia, non crede in un epilogo traumatico, men che meno in un cambio in corsa del capogruppo diessino: «Non vorranno mica suicidarsi?».
Non è il solo a pensarlo, anzi: i più, a poche ore da una riunione che vede iscritte all’ordine del giorno la relazione sull’incontro di maggioranza con Riccardo Illy, la manovra estiva e la legge sul friulano, escludono conte o sfiducie. «Non ci credo nemmeno un po’» sussurra un diessino di peso. Un altro, però, avverte: «Dirò quello che penso, poi vedremo». E il diretto interessato? Travanut si conferma «sereno» e si rimette alle «decisioni del gruppo».
Comunque vada, l’opposizione canta sin d’ora vittoria: «Questa vicenda, oltre ad aver aperto una crepa in maggioranza, sta dimostrando che il presidente non è un orologio svizzero, puntuale e infallibile, come si tenta di far credere. Ma questa vicenda - aggiunge Gottardo - sta confermando anche che il nostro comportamento in aula, criticato da qualcuno, è stata corretto perché il nostro ordine del giorno ha imposto alla giunta verifiche e controlli a tutela dei cittadini». Sia chiaro, però: «Vigileremo sino in fondo anche perché - conclude il forzista - non mi sento di escludere più pareri non necessariamente omogenei della giunta sul progetto Grigolin che, come detto, prevede tre impianti diversi a Torviscosa».

Roberta Giani

 

 

I sindaci chiedono più poteri sulle scelte di sviluppo: «Ma la bonifica è prioritaria»

 

TRIESTE Le procedure di partecipazione vanno cambiate affinché i Comuni abbiano potere decisionale sulla scelta degli insediamenti industriali. Lo chiedono i sindaci della Bassa friulana. E lo chiedono indipendentemente da come finirà la vicenda cementificio perché, dopo l’impianto di clinker, sarà la volta di vetreria, inceneritore, e così via. In ballo c’è il futuro dell’area che, affermano i sindaci, «non può non essere industriale». «Ma oggi non abbiamo le strutture tecniche per dare pareri adeguati – dice il sindaco di Cervignano Pietro Paviotti – per cui il rischio è adottare un approccio emotivo». Paviotti riconosce al contempo che, per l’affaire Torviscosa, «i Comuni avrebbero dovuto raggiungere prima una posizione concertata». E aggiunge che «sicuramente bisogna lavorare in questa direzione anche per il futuro perché non possiamo prescindere da uno sviluppo industriale del nostro territorio». Sia chiaro, peraltro, che «seguire la piazza o i comitati è un errore».
Ma volere uno sviluppo industriale non basta, perché le aziende non fanno la fila per insediarsi. Nonostante la posizione strategica c’è il problema di bonificare un’area pesantemente segnata proprio da un certo tipo di sviluppo industriale. «Sono stato eletto nel 2003 – dice Pietro Del Frate, sindaco di San Giorgio di Nogaro – e non ho mai firmato una concessione edilizia per un grande impianto industriale. In due anni sono uscite 160 persone dal ciclo produttivo, persone che difficilmente si ricollocano e che chiedono aiuto al sindaco, con grande dignità». Ecco perché i Comuni devono contare di più. «Con la vicenda cementificio – dice Del Frate – è emersa la necessità di dare maggior peso a Comuni e cittadini. Il percorso di Agenda 21 è interessante ma da sperimentare e non può dare esiti a breve. Oggi i Comuni si esprimono sulla base di una legge del ’90 che concede un parere consultivo. Vanno dati loro strumenti e risorse per una vera partecipazione». Il primo passo di questa nuova fase, propone Del Frate, deve essere «l’installazione di centraline di monitoraggio lungo il perimetro dell’area industriale che diano certezze sui dati raccolti». Nel futuro industriale della Bassa, «che può diventare appetibile anche per aziende dell’est Europa», crede pure il sindaco di Fiumicello Paolo Dean: «Serve, però, una logica di recupero. I Comuni sono il primo baluardo per la tutela della legge e quindi dobbiamo diventare parte attiva nelle scelte. Gli strumenti di partecipazione vanno rivisti anche perché i cittadini si rivolgono sempre, in prima istanza, ai Comuni». Sul coinvolgimento dei sindaci concorda Mario Pischedda, sindaco di Villa Vicentina, in prima linea sulla Tav: «Dobbiamo però ricordare che l’inquinamento della Bassa è di tipo industriale per cui bisogna ripartire da qua, con la bonifica, e imparando dal passato».
m.mi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 10 giugno 2007

 

Bonifiche, il ministero cambia rotta e chiama la città  - La contestata barriera a mare di 11 chilometri diventa ora solo una delle possibili soluzioni

 

Gianni Pizzati, referente di Pecoraro Scanio: «Si sceglierà fra una rosa di progetti elaborati assieme da enti e privati»

La barriera a mare di 11 chilometri, ipotizzata a suo tempo dal ministero dell’Ambiente per arginare il Sito inquinato e che tante opposizioni ha trovato in città, è solo una delle ipotesi per arrivare alla messa in sicurezza e alla bonifica della falda freatica del sito stesso. Le altre possibilità devono individuarle, studiandone la realizzazione, le parti direttamente interessate, gli enti ma anche i privati. Solo alla fine, davanti a una rosa di alternative, si deciderà di progettare e realizzare l’intervento risultato maggiormente vantaggioso.
Assieme alla bozza dell’accordo di programma fra gli enti coinvolti nel Sito inquinato, giunta qualche giorno fa sui tavoli di sindaci e presidenti, è arrivato dal ministero dell’Ambiente anche un cambio di approccio alla complessa questione, delineato in qualche modo nel vertice in prefettura il 21 maggio scorso.
Ed è per questo che qualche giorno fa si è riunito per la prima volta un gruppo che dovrà elaborare uno studio di fattibilità della messa in sicurezza della falda, composto per ora da tecnici della Provincia, dell’Ezit e dell’Autorità portuale, ma allargabile a privati ed enti di ricerca.
«Il ministro – spiega Gianni Pizzati, presidente regionale dei Verdi e braccio destro di Pecoraro Scanio per l’operazione triestina – chiede alla città una rinnovata capacità di essere produttiva e concorrenziale, dando un sostanziale aiuto, assieme al ministero, ai piccoli imprenditori e agli artigiani in modo che non debbano sopportare ulteriori appesantimenti dall’iter che verrà scelto per le bonifiche».
Non solo. Si vuole invertire la filosofia, finora percepita in città, secondo cui chi ha acquistato senza colpa un terreno inquinato deve partecipare lo stesso alle spese di messa in sicurezza e di bonifica. «Il ministro vuole combattere questa filosofia — sottolinea Pizzati – e quindi il principio, secondo cui chi non ha inquinato non paga, non si tocca. Le bonifiche – aggiunge – devono essere un’occasione per la città. L’opera di bonifica assieme alla realizzazione di nuovi spazi portuali dev’essere oggetto di un progetto comune».
Il principio cardine della bozza di accordo di programma (ora allo studio degli enti, che poi la rispediranno al ministero con le rispettive osservazioni) sta appunto nel concordare la fase progettuale: tutte le parti interessate alla questione hanno diritto, allo stesso titolo, di far valere le loro idee sul progetto per la messa in sicurezza e la bonifica della falda.
In sostanza, da adesso la progettazione spetta al territorio, mentre il ministero avrà il compito di armonizzare questa progettazione con le norme ambientali (e non solo). «L’università, ad esempio, deve entrare subito nella progettazione – sottolinea Pizzati – con tutte le sue potenzialità e competenze». Nella bozza di accordo, infatti, si parla anche di «supporto all’introduzione di processi innovativi ed ecocompatibili».
Le novità dell’approccio alla «questione bonifiche» non si limitano però all’aspetto tecnico e procedurale. Per permettere un’ampia discussione fra soggetti istituzionali e imprenditori privati, in cui si chiariscano i rispettivi diritti e doveri, entro luglio si terrà in città un convegno sui diritti nelle bonifiche, patrocinato dal ministero dell’Ambiente e al quale dovrebbe partecipare anche Percoraro Scanio. «Sarà l’occasione – osserva Pizzati – per analizzare anche il testo unico sull’ambiente. Serve un’approfondita discussione fra i vari attori per imboccare la strada migliore che porti alla soluzione del problema».

Giuseppe Palladini

 

 

Il «sì» Arpa senza la firma del direttore scientifico  - I vertici Ds si preparano a «processare» il capogruppo Travanut: domani la resa dei conti

 

Caso cementificio. Perplessità sul parere: manca il visto di Menchini , in ferie, ma è stato siglato dal direttore generale Spogliarich

TRIESTE La sua campagna è cominciata il 14 aprile, primo giorno del congresso regionale dei Ds. Ed è cominciata con un attacco al governatore Riccardo Illy chiamando in causa la logica e le sue radici aristoteliche. «Per il governatore quello di Torviscosa non è ”un” cementificio, ma ”il” cementificio» gridò dal palco della sala congressi della Fiera di Udine Mauro Travanut, capogruppo della Quercia in Consiglio regionale. Come a dire che il «mostro» da un milione e passa di tonnellate di clinker all’anno non si può fare se non nell’area, già contaminata, della Bassa friulana. Aristotele e soprattutto il suo territorio: queste sono le radici del due volte sindaco di Cervignano. E da queste caratteristiche è nata la sua battaglia.
Una battaglia quasi vinta nel merito. L’ipotesi al momento più probabile infatti è che il cementificio non si farà. Nonostante il parere non sfavorevole dell’Arpa, quello negativo espresso dall’Ass non può non avere un peso maggiore nella valutazione della giunta, tanto più che sul parere bis dell’Arpa non mancano perplessità. La firma sul parere non è infatti quella del direttore scientifico Gianni Menchini ma del direttore generale Giuliana Spogliarich. Menchini era in ferie. Data l’importanza del parere, un fatto che pare anomalo. E lo sottolinea lo stesso Travanut. «È strano che, dopo mia sollecitazione, la relazione dell’Agenzia per l’ambiente - afferma Travanut - non sia stata firmata dal direttore tecnico-scientifico Menchini, in ferie fino al 14, ma dal direttore generale Spogliarich. Comunque, aspetto di vedere l’atto». «Gli uffici devono analizzare a fondo le relazioni e costruire una delibera tecnicamente ineccepibile - conferma, intanto, il vicepresidente Moretton - e si prenderanno il tempo necessario».
Nell’attesa, però, Travanut deve vedersela con i colleghi di partito: in questa vicenda, nel metodo, ha di fatto messo tra parentesi il ruolo istituzionale di capogruppo. E questo non è stato digerito. Domani nella riunione di gruppo Ds ci si aspetta la resa dei conti. La conflittualità con l’assessore Sonego e con i pordenonesi Paolo Pupulin e Nevio Alzetta rischia di fondersi con l’insoddisfazione degli altri per come Travanut ha gestito, in modo poco omogeneo, il gruppo dei Ds. «So che sul cementificio, ma solo in questo caso, posso essere mancato in parte nelle mie funzioni di capogruppo» ha lasciato intendere in più occasioni l’ex sindaco di Cervignano. Un fatto quantomeno irrituale per chi milita in un partito cresciuto a pane e «centralismo democratico». E così domani in molti potrebbero chiedere la testa di Travanut: «Sono sereno, dal punto di vista morale non ho nulla da rimproverarmi. Accetterò tutte le decisioni che saranno prese dai miei colleghi». Del resto è probabile che il capogruppo abbia fatto i suoi calcoli: senza forzature non avrebbe vinto.
In mezzo alla frizione si collocano il presidente Alesandro Tesini e il segretario regionale Bruno Zvech. Il primo ha sponsorizzato la nomina di Travanut, nell’autunno scorso, a capogruppo. Il secondo, in quanto segretario, ha il compito di garantire l’equilibrio del partito. Sullo sfondo c’è il senso di responsabilità del partner più forte della maggioranza che deve peraltro affrontare nel programma del 2008 in modo chiaro il tema ambientale. E poi quali conseguenze potrebbe avere un’eventuale rimozione del capogruppo a meno di un anno dalla fine della legislatura? «All’ordine del giorno della riunione di gruppo non c’è la questione Travanut» minimizza Bruno Zvech. Ma domani qualcosa succederà. Perché nessuno intende sorvolare sul comportamento di Travanut, il «capogruppo-aristotelico» che viene dal popolo.

 

 

I comitati: il capogruppo ds ci aiuti a bloccare la vetreria - «Qualità dell’aria compromessa. No a nuovi impianti»

 

SAN GIORGIO DI NOGARO Un appello ai politici che li hanno sostenuti, a partire da Mauro Travanut, perché la realizzazione della vetreria sarebbe un passaggio deleterio per il territorio, con ripercussioni più gravi rispetto a quelle derivanti dalla costruzione di un cementificio. Paolo De Toni, referente dei comitati anti-cementificio, non ha dubbi. E, durante l’affollata assemblea di venerdì con gli abitanti della Bassa, ricorda che «le emissioni di biossido di zolfo di una vetreria sono quasi doppie rispetto a quelle di un cementificio (750 tonnellate annue contro 450)». Nell’incontro di San Giorgio di Nogaro, «cui hanno presenziato 300 persone» ci tiene a sottolineare De Toni, tiene banco la criticità dell’atmosfera della Bassa friulana, «area che necessita di un’urgente opera di bonifica e non può certo rischiare di divenire un’autentica camera a gas». L’esponente dei comitati prosegue: «Le nuove acquisizioni scientifiche impongono l’installazione di centraline più sofisticate e precise, tali da rilevare la presenza delle emissione di polveri ultrafini, dai PM2,5 in giù. Per dare un’idea, una particella di materiale particolato PM10 equivale a 64 di PM2,5 o 1000 di PM1, ed è immediato intuire quanto queste siano più pericolose. Gli standard europei impongono la presenza di centraline che monitorino la presenza di polveri ultrafini, e Roberto Bertolli, direttore del reperto salute e ambiente dell’Oms, ha confermato questa necessità. È nostra intenzione opporci a qualunque impianto comporti un impatto ambientale per la nostra area»».
De Toni focalizza poi la sua attenzione sulla posizione assunta dai politici, e rivolge un preciso invito al consigliere regionale Mauro Travanut: «La Regione deve seguire le direttive dell’Azienda Sanitaria, che ha chiaramente lasciato intendere che questo territorio necessita di un piano di bonifica. Ci aspettiamo che Travanut, in linea con l’Asl, prenda posizione in modo forte e chiaro sulla vetreria e sugli altri impianti, come ha fatto sul cementificio. Da parte nostra chiediamo che la Regione pianifichi le strategie future, utilizzando il buon senso e rispettando l’ambiente, e avviando un processo di sviluppo sostenibile, come ha reiteratamente richiesto Alessandra Guerra. È chiaro a tutti che il parere espresso dall’Azienda Sanitaria sia notevolmente più vincolante rispetto a quello dell’Arpa, in quanto la prevenzione e la difesa della salute pubblica spetta unicamente all’Asl». Venerdì sera, alla manifestazione, intanto, nuovi striscioni di protesta: «No a una II Marghera», “No Illy, No Cementificio”, «Torviscosa: i nobel Illy, Moretton e Duz inventano il cementificio ecologico».
Giovanni Stocco

 

 

Gli enti locali possono risparmiare energia utilizzando il biogas  - I piani formativi dell’Ape

 

UDINE Un risparmio dal 10 al 20% sui prezzi della fornitura energetica per gli enti locali sarebbe possibile grazie all’impiego del biogas prodotto da piccoli impianti realizzati su scala consortile e gestiti da cooperative di produttori agricoli e allevatori. È questa l’idea emersa dall’incontro formativo svoltosi a Udine sui temi del trasferimento di funzioni in materia di energia agli enti locali e sull’utilizzo dell’energia da biomasse, promosso dall’Ape, Agenzia provinciale per l’Energia, associazione no-profit nata da un progetto dell’Assessorato all’ambiente della Provincia di Udine, nel quadro del programma «Intelligent energy for Europe», cofinanziato dalla Commissione europea. Presieduta da Loreto Mestroni, l’agenzia opera come interlocutore d’area in campo energetico su scala regionale, sviluppando partnership a livello locale, nazionale ed europeo, per veicolare sul territorio gli orientamenti europei e promuovere l’uso di fonti energetiche rinnovabili.
Rivolto a enti locali, associazioni di categoria, imprese, l’incontro è stato proposto in collaborazione con la Provincia e la Federazione regionale delle Banche di Credito cooperativo. «L’uso delle fonti rinnovabili è un elemento decisivo per lo sviluppo della regione – ha detto il responsabile marketing Bcc Lorenzo Kasperkovitz –, tanto che le Bcc hanno studiato linee di finanziamento dedicate a interventi in questo settore, a condizioni di favore». Matteo Mazzolini, direttore Ape, ha spiegato i vantaggi dell’utilizzo del biogas soprattutto nei territori rurali dove sono disponibili le materie prime, «cioè i liquami degli allevamenti zootecnici e i sottoprodotti agricoli».
Dalla produzione del biogas, ottenuto tramite un processo di «digestione» degli scarti, possono derivare il metano per il riscaldamento e l’energia elettrica, o fanghi da utilizzare per i terreni agricoli, «che rilasciano nel terreno meno azoto – ha detto Mazzolini –, diminuendo il rischio d'inquinamento da nitrati». Affiancando gli impianti di produzione del biogas ai complessi «energivori» come ospedali, impianti sportivi, sedi delle amministrazioni comunali, scuole, «queste strutture si potrebbero approvvigionare con energia pulita – ha proseguito Mazzolini –, tenendo conto che con il biogas si guadagna il triplo dell’energia che si spende per far funzionare l’impianto». Gestori degli impianti, a livello comunale, potrebbero essere le cooperative dei produttori agricoli e degli allevatori, «che producendo energia con i propri scarti – ha sottolineato il direttore Ape – trarrebbero sicuri vantaggi in termini di reddito».
Da affrontare il problema delle autorizzazioni, «anche se per gli impianti piccoli, sotto i 3 megawatt – ha detto Mazzolini –, il processo autorizzativo per le emissioni in atmosfera non è necessario».

Alberto Rochira

 

 

Spiagge da premio: ora le bandiere blu sventolano a Umago Cittanova e Alberi - In Istria ce ne sono 53

 

POLA Ancora un riconoscimento per le località balneari istriane. Da ieri sulle spiagge del litorale sventolano altre tre bandiere blu, simbolo internazionale del mare pulito e della sicurezza degli impianti balneari.
Per la precisione sono state collocate al Residence Skipper ad Alberi, nonchè sulle spiagge di Umago e Cittanova. Ma non basta: nei prossimi giorni, come è stato anticipato, il numero complessivo delle bandiere blu che sventoleranno nelle varie località istriane salirà a 53.
L’Istria si conferma così la regione adriatica con il maggior numero di bandiere azzurre. Rimanendo nel campo turistico, va detto che i campeggi istriani stanno registrando ottimi risultati. Infatti rispetto all'analogo periodo di un anno fa il numero dei pernottamenti è aumentato in media del 25 percento. Hanno contribuito maggiormente all'incremento i vacanzieri tedeschi. Intanto nonostante i capricci del tempo, non si assiste a grossi esodi dai campeggi.
p.r.

 

 

Piano del traffico

 

Sento dal giornale che c’è una continua conflittualità tra destra e sinistra e destra con destra circa il nuovo piano del traffico cittadino. Secondo me questi sono argomenti pretestuosi e nullafacenti. La sinistra che non sa quali migliorie apportare, soffia sul fuoco delle discordie e la destra si presta a questi colpi bassi per pura minchioneria! Ma lasciamo parlare questi bla bla bla! Quale che sia il lavoro svolto dal prof. Camus e quali che siano le idee avverse in circolazione resta comunque il fatto che ben poco si riuscirà a fare dato il numero di auto e moto ora circolanti in città. Corsie preferenziali? Non faranno che aumentare l’ingorgo di auto e bus. Sbarrare certe strade? Certo, ma quelle vicine come saranno se il traffico viene deviato?
La soluzione per me sarebbe di vietare il traffico privato in certe ore del giorno (9-12 e 14-18). Ma va a sentire gli strilli degli autisti che sono poi quelli che danno il voto a lorsignori della giunta! Però una cosa che vorrei far notare a tutti è che si ignora completamente l’utilizzo delle ferrovie cittadine da parte dei più. Fortunatamente non dalla Provincia e in specie dall’assessore al traffico ing. Barduzzi, che si dà da fare per un riutilizzo razionale della ferrovia metropolitana. L’uso di questa non può farsi senza una rivoluzione (epocale) del traffico dei bus urbani.
Che dal centro verranno dirottati per lo più in periferia liberando così tanto spazio al movimento privato in città. Senza tale riorganizzazione le cose diventano allora peggio di prima. Perciò dico, lasciamo lavorare la Barduzzi, che a questo ci pensa, e al piano del traffico complessivo baderemo quando avremo un quadro completo del possibile utilizzo di strada e rotaia. Ma un miglioramento immediato potrebbe venire dalla decisione or ora presa di non lasciare passare il traffico urbano per il porto vecchio, una volta ricostruito. Ecco allora che starebbe bene un cavalcavia ferroviario con rampa d’inizio dall’attuale bagno ferroviario e con termine al fianco del Silos, in piazza Santos. Eviteremmo che gran parte dei veicoli in entrata vadano a fare slalom per la Centrale, liberando così il posto ai pedoni, visto che ora è assai pericoloso! Perché poi dovremmo avere anche tanti parcheggi per liberare le strade dalle macchine. Ma siccome questo costa tanto e i soldi che noi spendiamo per le tasse auto/moto sono dirottati su altri casi ( cultura... mostre... festivals... concerti..?) non pensiamoci su e lasciamo litigare i perditempo di destra e sinistra. Che altro avrebbero a dirsi se non avessero queste banalità per scontrarsi?
Sergio Callegari

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 9 giugno 2007

 

 

Dalle Rive ai rioni, tutti i nuovi parcheggi  - Dove sorgeranno le strutture, quasi tutte interrate, previste dal piano approvato dalla giunta

 

I dati relativi ai diciotto contenitori che ospiteranno in totale 5310 posti auto: altri due potranno sorgere a Barcola e nelle ex Officine Holt

Una ventina di strutture in tutto, dislocate tanto in pieno centro cittadino quanto in zone periferiche da Roiano a Largo Sonnino. Un totale di 5310 posti auto già previsti ai quali se ne aggiungerà qualche centinaio ancora grazie a due impianti ulteriori: sono quello di piazzale Vittime dell’11 settembre a Barcola, e quello da ricavare nelle ex officine Holt in via Gambini. Non rientrano a oggi nel piano, ma vi verranno inseriti al termine dell’iter al quale la giunta ha dato avvio.
Sono questi i numeri del piano parcheggi che la giunta comunale ha approvato nell’ultima seduta, e che ora andrà all’esame delle circoscrizioni alle quali sarà illustrato - annuncia l’assessore Maurizio Bucci - nel corso di una riunione da convocare a breve nella sede del Mib. Infine, il passaggio al consiglio comunale che dovrà votare il via libera definitivo al documento. L’iter, secondo Bucci, potrebbe dunque essere concluso «prima della pausa estiva» portando così in vigore il documento che sancisce la possibilità di costruire nelle localizzazioni previste.
Le diciotto strutture contemplate risultano per la quasi totalità sotterranee, tranne in tre casi: i nuovi 150 posti auto del centro commerciale Il Giulia (con entrata e uscita su via Pindemonte) saranno situati a quota lastrico solare; previsti poi i tre piani fuori terra su pastini nella struttura in via Tigor-via Cereria (ex carceri femminili) e i sei fuori terra del parking programmato in via del Teatro Romano, tra il teatro stesso e il palazzo Inail. Quanto ai posti auto, la struttura più capiente risulta essere quella nel colle di San Giusto, con i suoi 724 posti dislocati su cinque livelli interrati. I contenitori di dimensioni più ridotte saranno quelli di via Tigor-Cereria (75 posti), di largo Sonnino (84 posti) e di largo Canal (91 posti).
Di particolare rilievo in vista dell’obiettivo già sottolineato da Bucci - quello cioè di arrivare a liberare completamente le Rive dalle auto in sosta - sono i tre parcheggi sotterranei previsti nell’area ex piscina Bianchi, nell’area compresa tra Palazzo Carciotti e il teatro Verdi, e davanti alla Stazione marittima. Proprio quello della Marittima è il cantiere sulle Rive che dovrebbe partire per primo: la Saba Italia sta lavorando infatti al progetto esecutivo del parking, il cui cantiere - secondo Bucci - potrebbe essere aperto nel 2008.
I tempi. Quanto agli altri parcheggi, la loro realizzazione effettiva dipenderà dagli esiti dei bandi di gara che, una volta entrato in vigore il piano, il Comune lancerà in regime di project financing, strumento in base al quale l’impresa si accolla l’onere della costruzione ottenendone in cambio la gestione per un certo periodo. Di certo dunque ci vorrà qualche anno per vedere diventare realtà almeno una prima parte del piano.
Barcola. Come si diceva, alle strutture già contemplate vanno aggiunte quelle di Barcola e delle ex Officine Holt, proposte entrambe da An: la giunta ha varato una delibera a parte per avviarne l’iter, perché un’eventuale modifica del piano - ha ricordato il sindaco D

 

 

PARCHEGGI - Una decina gli impianti cassati - Dalle ipotesi originarie alle polemiche più recenti, il lungo iter del documento

 

Un iter complesso, lungo anni e fatto di mille polemiche, scontri politici, autorizzazioni mancate e progetti stracciati. Questo il cammino del piano parcheggi, licenziato l’altro giorno dalla giunta comunale, e che ora si prepara ad approdare nelle circoscrizioni e poi in Consiglio comunale. Sono 18 i megaimpianti che andranno a dare sollievo, in centro e in periferia, agli automobilisti in lotta da tempo per il bramato posto auto. Ma altri 10, invece, sono quelli che negli ultimi anni sono stati prima inseriti, e poi cancellati dall’ossatura del piano.
Già nel 2005, infatti, l’allora assessore all’Urbanistica Giorgio Rossi, predecessore di Maurizio Bucci, aveva presentato uno studio preliminare per la realizzazione di 28 park, cui la giunta aveva dato l’ok. Molte delle strutture previste allora corrispondono a quelle contenute nel piano attuale. Altre, invece, sono state stralciate dal documento. I due parcheggi previsti in Porto Vecchio, ad esempio, eliminati perchè l’area rientra nella piena competenza dell’Autorità portuale, e quello in piazzale De Gasperi, che non si giustificherebbe più se la Fiera cambiasse sede. L’impianto tra le vie Rigutti e Salem (zona Sonnino-D’Annunzio), e quello di piazza Sansovino, scartato perchè non era stato possibile localizzare accessi compatibili con l’assetto viario esistente.
E poi ancora: la struttura in prossimità del ricreatorio di via Padovan, nella congestionata zona di via Conti-viale D’Annunzio, bocciata per il timore che un garage e uno spazio che ospita giovani impegnati in attività ludiche e sportive non fossero compatibili; quella nel mercato ortofrutticolo e, ancora, quella tra le vie Ginnastica e Nordio, che si sarebbe dovuta costruire in un edificio privato poi considerato troppo piccolo. E infine i due park, rispettivamente in via Veronese (San Giacomo), abbandonato perchè situato in un’area troppo «inflazionata» (con la costruzione del parcheggio in campo San Giacomo) e tra le via Revoltella e D’Angeli: un impianto considerato, in secondo momento, meno necessario del previsto.
Queste, dunque, le ipotesi prese inizialmente in considerazione dalla scorsa giunta Dipiazza, ma che non compaiono nel piano parcheggi oggi in corsa verso il sì dei parlamentini e dei consiglieri comunali. Un progetto, quello «partorito» da Bucci e dalla sua squadra di tecnici, che ha dovuto farsi strada tra mille polemiche, scatenate in particolare dagli alleati di An e Lista Dipiazza, che di recente non hanno perso occasione per tacciare l’assessore all’Urbanistica di «immobilismo» ed «egocentrismo». Un braccio di ferro poi risolto con l’intervento del «paciere» Dipiazza, che aveva avuto origine con la richiesta dell’assessore Piero Tononi, inizialmente messa in cassetto da Bucci, di aggiungere altri due siti (a Barcola e nelle ex officine Holt in via Gambini) nel piano parcheggi. Uno scontro dai toni più che accesi, culminato con la decisione di non far rientrare da subito i due siti nel documento (per non bloccare l’iter del piano), ma di inserirli - per certo - in un secondo momento.

Elisa Coloni

 

 

Chiasso in Cittavecchia, raccolta di firme

 

Cittadini sempre più esasperati per l’alto volume della musica fino a ora tarda: aumenta nelle farmacie la vendita di sonniferi

Ma intanto qualcuno si difende da sé buttando secchiate di acqua sulla testa dei giovani

Stanchi di non poter dormire la notte e di dover fare i conti quasi quotidianamente con confusione e schiamazzi notturni, ora un gruppo di cittadini della zona di Cavana, Cittavecchia e piazza Unità organizzano una raccolta firme, che partirà la prossima settimana, da consegnare poi al sindaco Roberto Dipiazza.
L’obiettivo è di sensibilizzare ulteriormente il Comune, e di conseguenza le forze dell’ordine, sulla necessità di avviare maggiori controlli, nei confronti dei locali della zona che trasmettono musica, e nei confronti delle persone che, a fine serata, stazionano nelle vie, spesso fino alla prime ore del mattino. A manifestare preoccupazione, a fronte di numerose segnalazioni dei residenti, anche la stessa circoscrizione, che qualche settimana fa, sia da parte del centrodestra che da parte del centrosinistra, aveva evidenziato come il problema, alle porte dell’estate, non avesse trovato ancora una soluzione definitiva.
A conferma dello stato di «emergenza-sonno» della zona, alcuni consiglieri circoscrizionali dell’opposizione avevano riportato un’indagine sulla salute dei cittadini, che dimostrava come, nelle vie e nelle strade caratterizzate dalla musica ad alto volume e dagli schiamazzi, fosse maggiore la richiesta di medicinali e rimedi, per cercare di dormire serenamente, nelle farmacie della zona. Se l’intervento di pulizia delle vie è costante e sul fronte delle deiezioni si parla di nuovi servizi pubblici in arrivo, sul problema della confusione la questione resta per ora aperta.
A partire dalla prossima settimana alcuni cittadini si faranno promotori della raccolta, partendo dalla zona di Cavana, per dirigersi poi anche nei palazzi fino a piazza Unità, dove le lamentele delle serate insonni sono numerose. Gli organizzatori delle adesioni distribuiranno una lettera, nella quale spiegano problematiche e conseguenti richieste, che i cittadini intendono presentare al sindaco. Alla campagna di firme di protesta possono aderire tutti, residenti, cittadini, lavoratori della zona, e in genere chi sente l’esigenza di metter al più presto la parola fine agli schiamazzi e al caos nelle ore serali e notturne, potenziando i controlli e le ronde delle forze dell’ordine.
Negli ultimi giorni i residenti raccontano che alcuni locali continuano a trasmettere musica ad alto volume anche oltre l’orario consentito. In particolare i cittadini segnalano il problema ripetuto in via Punta del forno e tra le vie Pescheria e Boccardi. Alla musica si aggiungono le soste notturne dei tanti giovani che, abbandonati i locali dopo le bevute o dopo la chiusura, si riversano nelle vie di Cittavecchia e Cavana, chiacchierando fino a tarda ora sotto le finestre delle abitazioni.
Nella zona si racconta che, esasperati e distrutti dalle notti senza sonno, alcuni cittadini abbiamo messo in atto già rimedi «fai da te», riversando secchiate di acqua gelate sulla testa dei ragazzi fermi durante la notte a bivaccare vicino alle palazzine.
Micol Brusaferro

 

 

Sui bus in città 72 milioni di passeggeri all’anno - Relazione di Uberto Fortuna Drossi al Circolo ufficiali sul futuro del trasporto in regione

 

Con la riforma del Tpl, il trasporto pubblico locale, il governo trasferisce alle regioni le competenze in materia di trasporto, sia ferroviario sia gomma, ossia autobus e altri servizi pubblici su ruota.
La relazione di Uberto Fortuna Drossi - consigliere regionale e presidente della IV Commissione della Regione - alla conviviale del Rotary Club Trieste Nord al Circolo Ufficiali, ha tracciato il quadro della situazione dei trasporti pubblici in regione, e le prospettive future in vista della globale presa in carico nel 2008 del Tpl da parte della Regione. Nel 2005 le aziende di trasporto locale del Fvg hanno ripartito il territorio a quattro gestori: Saf Udine, Apt Gorizia, Trieste Trasporti e Atap Pordenone, che tradotto in cifre significa 50 milioni di km e 108 milioni di passeggeri, per un fatturato annuo pari a 154,2 milioni di euro, dei quali, 61,4 milioni di euro sono gli introiti dell'azienda triestina, che trasporta all'anno circa 72 milioni di passeggeri. Il Tpl su ferrovia in regione, invece, è coperto quasi totalmente dalla rete di 442 km per 4,1 milioni di treni/km l'anno di Trenitalia. «Gli standard qualitativi del servizio su rotaia sono mediocri, anzi, tendenti al basso - ha detto Fortuna Drossi - e tenuto conto che nel giro di tre anni è prevista la riorganizzazione del sistema ferroviario e l'affidamento del servizio tramite bando di gara europeo, un adeguamento agli standard europei». Un esempio per tutti, l'assenza di vagoni passeggeri per il trasporto dei disabili, a cui però è consentito viaggiare nello scompartimento per le biciclette. In regione si registra un calo di passeggeri trasportati negli ultimi 5 anni dell'1,5%, nonostante il prezzo dei biglietti sia basso.
pat.p.

 

 

Il Wwf: «Sui rigassificatori Regione ipocrita»  - Gli ambientalisti chiedono la definitiva archiviazione dei progetti sul Gnl

 

Gemiti: «Il non parere sull’impatto ambientale ci dà ragione»

Dopo il pilatesco «non parere» della giunta regionale sull'impatto ambientale dei rigassificatori, l'unica conclusione ragionevole è l'archiviazione dei progetti. Ne è persuaso il Wwf che ieri, alla conferenza stampa indetta nella sede di via Rittmeyer, lo ha dichiarato senza mezzi termini. E, soprattutto, senza lesinare critiche al presidente del Fvg, Riccardo Illy, e ai suoi assessori. Annunciando l'intenzione di scrivere al Ministero dell'Ambiente per chiedere l’ultimo giudizio negativo, con cui porre la parola fine alla «telenovela dei rigassificatori». «Le gravi carenze degli studi di impatto ambientale - ha esordito Fabio Gemiti, esperto del settore inquinamenti per il Wwf - puntigliosamente elencate nelle delibere regionali, coincidono con le critiche da noi avanzate fin dal marzo 2006». Stando al Wwf, infatti, anche gli uffici regionali, tra le varie osservazioni, hanno riconosciuto il mancato approfondimento degli impatti legati allo scarico di ingenti quantità di acque fredde in bacini con scarso ricambio idrico, quali appunto l'Alto Adriatico e la Baia di Muggia. «Va rimarcato - ha proseguito - che queste carenze vengono evidenziate dopo la consegna a dicembre, da parte delle due società spagnole, di voluminose integrazioni degli studi e dei progetti presentati a suo tempo. Le stesse integrazioni che oggi la Regione definisce del tutto inadeguate». Secondo il Wwf, la «giunta regionale non se l'è sentita di trarre logiche conseguenze». «Forse - ha aggiunto Gemiti - per non smentire clamorosamente i suoi esponenti. Che, fino a ieri, negavano l'impatto ambientale dei rigassificatori (Illy), additando i critici come i fautori di un futuro di "freddo e miseria" per il Paese (Sonego)». «Ecco, quindi - ha commentato Dario Predonzan, responsabile territoriale del Wwf - che la giunta dichiara ipocritamente di non poter esprimere parere di compatibilità ambientale sugli impianti, rinviando la palla al ministero dell'Ambiente e suggerendo "eventuali integrazioni" ai proponenti. Si tratta di un patetico escamotage: le integrazioni erano già state valutate. Altri prolungamenti della procedura di Via non hanno alcun senso. È poi clamoroso considerare quali "imprescindibili prescrizioni", studi e ricerche che invece dovrebbero essere preliminari al giudizio stesso. Sulla stampa, Illy e Sonego favoleggiano sullo spostamento fuori delle dighe foranee dello scarico delle acque per il terminale di Zaule, nonostante nella delibera del 1° giugno non vi sia traccia alcuna di ciò».
t. c.

 

 

Cementificio: mezzo sì dall’Arpa dopo il no Ass  - Ora tocca alla giunta: Moretton non si sbilancia. Lunedì riunione dei Ds: si apre il «caso Travanut»

 

Arrivati i due giudizi necessari per la delibera ma l’assessore è prudente sui tempi. La Cdl: «Esecutivo inaffidabile». Intanto Illy rassicura i sindaci sulla Tav

Il verdetto finale, il solo che conti davvero, ancora non c’è: lo deve esprimere, con delibera, la giunta. Ma chi ha sempre contrastato il cementificio confida ormai in una bocciatura, nonostante il parere dell’Arpa sia favorevole. «L’Agenzia ha confermato ciò che aveva illustrato in commissione Via – precisa l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton - quando aveva espresso parere favorevole. Ha però arricchito questa relazione, inviata agli uffici della direzione Ambiente, con ulteriori periodi, citando dati che evidenziano il rispetto dei parametri di legge». Ora la giunta ha tutto ciò che serve per prendere la decisione, ma Moretton non si sbilancia ancora. «La delibera sarà discussa quando gli uffici della direzione regionale all’Ambiente termineranno il loro lavoro. La tempistica - aggiunge l’assessore - non è ancora quantificabile».
I temi dell’ambiente sono di stretta attualità per la giunta. Tra questi c’è anche la Tav, sul cui tracciato la giunta intende «coinvolgere tutti i sindaci interessati», come ha garantito ieri a Ruda Riccardo Illy, aggiungendo che l’obiettivo è «giungere a percorso che renda minimo l’impatto sul territorio di un’opera indispensabile». Ma, almeno per ora, incombe il caso cementificio. Che non è chiuso neanche all’interno della maggioranza, al punto che c’è chi non esclude che la riunione di gruppo di lunedì dei Ds si trasformi in un «processo» al capogruppo Mauro Travanut, tenace oppositore del progetto, o addirittura in una messa in discussione del suo ruolo. Di sicuro, Travanut continua la sua battaglia: «Non è vero, come detto da Moretton, che il primo parere dell’Ass non era chiaro. Gli uffici regionali, in atti resi pubblici il 2 febbraio, avevano interpretato come negativo il primo parere dell’Ass, salvo poi modificare quelle affermazioni dopo la commissione Via del 28 marzo. Lo dico perché l’Ass ha sempre mantenuto una linea». Una linea che però alla giunta non bastava perché nel primo parere la contrarietà non era esplicita come nel documento di giovedì. «Detto questo, e atteso di capire su quali elementi l’Arpa possa aver dato parere favorevole, la giunta - afferma Travanut - ha gli elementi per decidere. Mi auguro che non ricorra a una formula di parere favorevole condizionato a prescrizioni, perché sarebbe una violenza. La contrarietà dell’Ass vuol dire che la salute dei cittadini non è garantita dal progetto». Il cittadino Uberto Fortuna Drossi, invita tutti a lasciarsi alle spalle le polemiche e ragionare su come sviluppare quell’area, «dando incentivi alle imprese ad emissione tendente a zero affinché bonifichino la zona e si insedino». I Verdi, invece, guardano già a una nuova battaglia per impedire l'insediamento della Vetreria Sangalli. Non perde occasione per attaccare la Cdl: «La vicenda cementificio – punge Isidoro Gottardo (Fi) - diventa ogni giorno di più la dimostrazione della inaffidabilità di questa giunta regionale e anche del suo presidente». Per Luca Ciriani (An), il caso Torviscosa «promuove il Consiglio e boccia l’arroganza della giunta che, attraverso Illy, aveva parlato dell’autorizzazione al cementificio come di un atto dovuto». Anche Alessandra Guerra (Ln), guarda con favore all’evolversi della situazione «che dimostra come esista ancora una strada istituzionale corretta e un’indipendenza della politica. È un successo anche per la Lega che, seppur non da sola, ha portato avanti con coerenza la contrarietà a questo progetto. Ora serve uno sviluppo industriale della Bassa portato avanti con la testa».
Martina Milia

 

 

Il comitato non molla: «La vittoria è vicina ma dobbiamo ancora fermare la vetreria» - In duecento si sono ritrovati ieri sera a San Giorgio. Nuova manifestazione il 16

 

SAN GIORGIO DI NOGARO Piena soddisfazione sul fronte cementificio, massima allerta su vetreria e inceneritore.
Il comitato della Bassa si riunisce a San Giorgio di Nogaro e, presenti duecento cittadini e il consigliere regionale verde Sandro Metz, tra striscioni e volantini, incassa con sollievo gli ultimi sviluppi che sembrano portare alla definitiva archiviazione della pratica cementificio: «Cominciamo a cantare vittoria, ma con cautela» annuncia Paolo De Toni, attendendo la delibera ufficiale di giunta. Al contempo, non lesinando frecciatine all’Arpa, mantengono alta la guardia anche in attesa di capire l’orientamento regionale su altri due impianti ad alto impatto ambientale, la vetreria e l’inceneritore.
I portavoce del comitato sottolineano come l’Azienda sanitaria si sia pronunciata in modo eloquente sull’«esplicita criticità dell’atmosfera dell’intero territorio» e, alla luce dei dati forniti dall’Ass, ritengono assolutamente improponibile la realizzazione di impianti che possano comportare un peggioramento delle emissioni atmosferiche. A questo proposito, Mareno Settimo ammonisce circa i pericoli che la realizzazione di una vetreria può implicare: «L’opinione pubblica percepisce la vetreria come una struttura pulita, evidentemente meno dannosa di un cementificio.
Tengo a precisare come la realtà sia completamente diversa: infatti, le emissioni di biossido di zolfo di una vetreria sono quasi doppie rispetto a quelle di un cementificio (750 tonnellate annue contro 450). È quindi evidente come sia necessario monitorare attentamente la situazione e seguire i prossimi sviluppi». Secondo i dati ufficiali dell’Epa, l’agenzia di protezione ambientale degli Stati Uniti, «il 53% delle emissioni di una vetreria - afferma Mareno - sono costituite da polveri ultrasottili (Pm2,5), che si insinuano direttamente nei polmoni e che costituiscono una minaccia addirittura più nociva dei Pm10».
Alcuni Comuni del territorio, come Marano e Porpetto, hanno preventivamente espresso contrarietà alla vetreria. Contemporaneamente, un secco «no» è stato deliberato anche dalla provincia di Gorizia, il cui parere è reso vincolante dalle conseguenze deleterie che l’impianto apporterebbe a Grado in ottica turismo. «L’assessore Gianfranco Moretton - conclude Mareno - è perfettamente consapevole del fatto che il parere dell’Arpa sè molto meno rilevante rispetto quello dell’Azienda Sanitaria.
Il nostro ottimismo trae origine dalla considerazione che la giunta non vorrà suicidarsi a meno di un anno dalle elezioni». Sul cementificio è meno prudente di De Toni: «Siamo sicuri della vittoria. Il 16 indiremo una nuova manifestazione a Torviscosa in cui auspichiamo di poter finalmente festeggiare».
Giovanni Stocco

 

 

Valduga: «Pareri schizofrenici» Adesso gli industriali temono per l’intero sviluppo della Bassa - Assindustria di Udine contesta la relazione dell’Ass

 

TRIESTE Le possibilità di insediare un cementificio a Torviscosa si riducono, ma non i malumori. Anzi: il futuro dell’impianto di clincker condiziona infatti il futuro dell’industria nella Bassa friulana. Ne è convinta l’Assindustria guidata da Giovanni Fantoni, che, rispetto al parere dell’azienda sanitaria, «si augura che si possa procedere a più appropriate valutazioni senza dimenticare che il progetto del cementificio è anche finalizzato ai necessari interventi di bonifica e di risanamento senza i quali la qualità dell’ambiente dell’area non è destinata comunque a migliorare». Forti perplessità arrivano anche dal presidente regionale di Confindustria, Adalberto Valduga, che parla di «schizofrenia dei pareri». E spiega: «L’Azienda per i servizi sanitari dice di no, l’Arpa emette parere favorevole. Mi sembra che prima di tutto manchi una regia che gestisca le informazioni e aiuti le persone a comprenderle. L’assessorato all’Ambiente deve fare questo, non deve lasciare uscire voci che creano disorientamento».
La posta in gioco è alta. Perché, secondo gli industriali, dire oggi no al cementificio ipoteca il futuro sviluppo della Bassa. «Tutte le industrie hanno un impatto ambientale – dice Valduga –. Quando si parla di emissioni non si può guardare solo alle fabbriche. Sappiamo che è sufficiente rilevare i livelli di Pm 10 in strade trafficate per riscontrare notevoli sforamenti».
E proprio le considerazioni fatte dall’Ass, sulla qualità dell’aria lasciano più perplessi gli industriali. Stando al parere, scrive l’Assindustria di Udine, «solo misure di risanamento dell’aria potrebbero consentire di modificare l’impostazione negativa dell’azienda. Con la conclusione paradossale e devastante che non solo non sarebbero possibili nuovi investimenti industriali anche da parte di imprese insediate ma dovrebbe essere impedita qualsiasi nuova attività antropica». Ad aumentare le riserve della categoria, il fatto che la relazione dell’Ass non terrebbe conto della mutata condizione ambientale dell’area: «La centrale a carbone di Torviscosa è stata fermata il 14 maggio di quest’anno mentre la centrale a turbogas della Edison opera a regime dalla fine di novembre dell’anno scorso. I dati della stazione di Torviscosa dell’Arpa evidenziano come a partire dal 3 aprile di quest’anno non si siano registrati sforamenti dei limiti di soglia per le particelle sottili mentre le emissioni di ozono per l’intero 2007 risultano mantenute all’interno dei limiti previsti. La valutazione della qualità dell’aria andrebbe considerata, quindi, non solo in termini storici».
m.mi

 

 

ISTRIA: È STATO REVOCATO IL DIVIETO DI RACCOLTA DEI FRUTTI DI MARE

 

POLA Ieri è stato revocato il divieto, imposto dieci giorni fa, della raccolta e vendita dei frutti di mare lungo la costa occidentale dell'Istria. Lo ha reso noto l'ispettrice veterinaria di Stato Rajka Lesic. «Gli ultimi monitoraggi - ha precisato - indicano che nel mare si è notevolmente abbassata la presenza del fitoplancton tossico per cui è cessato il pericolo dell'assorbimento di biotossine nelle conchiglie bivalvi e altri organismi simili. Da notare che per la durata del divieto non si è registrato alun caso di intossicazione tra le persone.

 

 

«Contro il traffico ferrovia subito»

 

Un lettore lamenta lentezza decisionale sulle scelte per la città

Sento dal giornale che c’è una continua conflittualità tra destra e sinistra e destra con destra circa il nuovo piano del traffico cittadino. Secondo me questi sono argomenti pretestuosi e nullafacenti. Quale che sia il lavoro svolto dal prof. Camus e quali che siano le idee avverse in circolazione resta comunque il fatto che ben poco si riuscirà a fare dato il numero di auto e moto ora circolanti in città. Corsie preferenziali? Non faranno che aumentare l’ingorgo di auto e bus. Sbarrare certe strade? Certo ma quelle vicine come saranno se il traffico viene deviato? La soluzione per me sarebbe di vietare il traffico privato in certe ore del giorno ( 9-12 e 14-18). Ma va a sentire gli strilli degli autisti che sono poi quelli che danno il voto a lorsignori della giunta! Però una cosa che vorrei far notare a tutti è che si ignora completamente l’utilizzo delle ferrovie cittadine da parte dei più. Fortunatamente non dalla Provincia e in specie dall’Assessore al traffico ing. Barduzzi, che si dà da fare per un riutilizzo razionale della ferrovia metropolitana. L’uso di questa non può farsi senza una rivoluzione (epocale) del traffico dei bus urbani. Che dal centro verranno dirottati per lo più in periferia liberando così tanto spazio al movimento privato in città. Senza tale riorganizzazione le cose diventano allora peggio di prima. Perciò dico, lasciamo lavorare la Barduzzi, che a questo ci pensa, e al piano del traffico complessivo baderemo quando avremo un quadro completo del possibile utilizzo di strada e rotaia.
Sergio Callegari

 

 

Rigassificatori in Golfo

 

Ringrazio l’assessore regionale Sonego per aver precisato che il presidente Illy aveva paragonato la baia di Tokyo a «quella di Trieste» (intendendo golfo di Trieste).
Ciò non mi tranquillizza per due motivi: 1) perché la baia di Tokyo sfocia su un mare aperto come l’oceano Pacifico che raggiunge rapidamente la profondità di 8000 metri, mentre il golfo di Trieste si apre sull’Adriatico, mare chiuso, la cui profondità è enormemente inferiore. 2) Perché scegliendo la parte più interna della baia di Muggia, si è scelta la zona più sfavorevole circa il ricircolo dell’acqua.
Ma per quanto riguarda questo aspetto inviterei la Regione a tener conto delle osservazioni delle strutture scientifiche della nostra città che, almeno da quanto risulta dai media, non sono mai state coinvolte (non riesco a capire perché).
Per quanto riguarda l’affermazione dell’assessore secondo il quale nella baia di Tokyo «il gas liquefatto arriva nella baia giapponese dal 1969, senza che ci sia mai stato alcun serio incidente», vorrei ricordare che anche prima del Vajont, prima di Seveso o prima di Chernobyl non ci furono mai stati seri incidenti a impianti simili. Anche allora, come oggi, gli amministratori pubblici assecondarono le imprese (nel caso del Vajont la Soc. Sade), mentre i geologi, gli scienziati e i giornalisti che denunciavano i pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati per diffusione di notizie false e tendenziose. Poi ci furono le catastrofi.
È bene ricordare che i vari studi commissionati a società indipendenti, soprattutto negli Usa, sono concordi nel ritenere che un qualsiasi incidente, causato da errore umano o atto terroristico, produrrebbe la distruzione completa in un raggio che potrebbe andare fino a 1600 metri circa, cioè sparirebbero Muggia e mezza Trieste. Proprio per il pericolo di incidenti va ricordato che, negli Usa, le navi gasiere in avvicinamento sono scortate dalla guardia costiera e il traffico marittimo viene bloccato in una fascia di navigazione molto ampia. Per Trieste queste precauzioni sembra non essere previste.
Se queste sono le prospettive non vedo perché dobbiamo sacrificare la sicurezza e la salute dei cittadini a favore di benefici economici che, come al solito, andrebbero ai soliti noti.
Ancora un inciso: come leggo sul «Piccolo» del 1.o giugno scorso, il presidente Illy ha precisato «che quando il parere della giunta sarà trasmesso al governo conterrà anche i rilievi di ordine paesaggistico avanzati dal Comune di Grado...». Come si vede c’è grande attenzione agli aspetti economici derivati dal turismo di Grado ma la sicurezza e la salute dei cittadini di Trieste sembrano non esser degni di attenzione.
Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 8 giugno 2007

 

 

Via al Piano parcheggi, c’è anche Barcola  - La giunta approva la variante per Porto Vecchio e la nuova viabilità di San Vito

 

Licenziata la versione definitiva del documento con 22 strutture sicure e due proposte: piazzale 11 Settembre e via Gambini

Dal via libera al piano parcheggi fino all’ok per la nuova biblioteca nell’ambito del Peep Ponzanino, passando per quella che ha definito «la cosa più importante che ho realizzato per lo sviluppo della città»: la variante del piano regolatore comunale per Porto Vecchio. La quantità e la portata delle delibere che la giunta comunale ha approvato ieri hanno indotto il sindaco Roberto Dipiazza a convocare una conferenza stampa per illustrare i provvedimenti, presenti gli assessori Sandra Savino, Franco Bandelli, Maurizio Bucci, Carlo Grilli e Paolo Rovis. Parte delle delibere (in più casi oggetto di feroci polemiche interne alla maggioranza, e in primo luogo tra il titolare dell’urbanistica Bucci da una parte e An e Lista Dipiazza dall’altra) vengono analizzate in queste stesse ore dalla commissione urbanistica per approdare la settimana prossima al consiglio comunale che le dovrà varare a tappe forzate: l’entrata in vigore della nuova legge regionale sull’urbanistica impone infatti la data-limite del 14 giugno, pena la decadenza degli iter.
PORTO VECCHIO La giunta ha detto sì alla «variante 93», quella che crea le nuove possibilità di intervento sui 65 ettari dell’area che va dal molo Quarto al terrapieno di Barcola. Alla base del via libera, quell’intesa raggiunta tra il sindaco e l’Autorità portuale che elimina la possibilità di iniziative residenziali ma apre le porte a marine, cantieri nautici, sedi direzionali, foresterie. Il «sì» della Soprintendenza, ha detto Dipiazza, è arrivato, sebbene «condizionato». Si tratta di prescrizioni sulla tutela degli edifici storici, ha spiegato Bucci, ma anche sulla viabilità centrale di scorrimento che resta contemplata nella variante «perché prevista sia nel prg del Comune che in quello del Porto». La prossima settimana, l’ok dell’aula. E «in futuro - ha aggiunto il sindaco - si potrà fare di tutto e di più in quell'area perché a questa variante ne seguiranno delle altre in corso d'opera».
PIANO PARCHEGGI Ecco la versione definitiva del piano cui la giunta ha detto sì. Alle 22 strutture già previste per un totale di poco meno di 6500 posti auto, se ne aggiungeranno altre due che era stata An a proporre: un parcheggio sotterraneo in piazzale Vittime dell’11 settembre, a Barcola, e uno nelle ex officine Holt di via Gambini. Le due strutture però non rientrano nel documento licenziato dalla giunta, che ha varato una delibera ad hoc avviando l’iter per i progetti aggiunti. Inserire subito i due ulteriori parcheggi nel piano, ha precisato Dipiazza, avrebbe comportato un ritardo di altri mesi nell’approvazione definitiva del documento, che ha già ottenuto anche l’approvazione della Regione. Dopo il via libera al piano, il Comune potrà indire le gare per la realizzazione dei parcheggi in project financing: «Ma per l’80% delle strutture previste - ha riportato Bucci - c’è già un interesse del mercato».
SAN VITO Via libera al piano del traffico per il rione: contempla una cospicua serie di sensi unici che «consentiranno uno scorrimento e dunque una vivibilità migliore» della zona, ha detto Dipiazza. Quanto alle polemiche tra alleati sugli ipotizzati sensi unici in via San Michele e sulle inversioni dei sensi di marcia in via Diaz e Cadorna, le si è superate decidendo di non cambiare nulla: la viabilità delle tre arterie resta per ora la medesima. Novità invece per tutta una serie di altre vie: salita Promontorio e via Belpoggio diverranno a senso unico, e non sarà più permesso parcheggiarvi le auto. I motorini avranno nuovi stalli in via dei Burlo, dove le auto non potranno più sostare: per le 4 ruote nuovi parcheggi regolari saranno ricavati in via degli Argento. Bandelli ha annunciato intanto il raggiunto accordo con la Soprintendenza su un aspetto di rilievo del recupero di piazza Venezia: tanto l’area pedonale centrale quanto le due corsie laterali saranno in masegno, costituendo così un corpo unico.
BORGATE CARSICHE La giunta ha cassato i piani particolareggiati che prevedevano per Longera «una nuova Rozzol Melara a Timignano», pensando «a una città da 450 mila abitanti», ha additato Dipiazza, ma anche riassetti urbanistici a Basovizza e Trebiciano. I piani sono stati eliminati «nel rispetto della volontà dei residenti», ha precisato il primo cittadino.
PEEP PONZANINO La delibera prevede una spesa di un milione 521 mila euro per la realizzazione di una nuova biblioteca multimediale in un edificio di proprietà del Comune nell’ambito del Peep Ponzanino. C’è un altro aspetto dell’operazione: «Al Ponzanino - ha sottolineato Bandelli - verrà trasferita la Biblioteca Quarantotti Gambini» di via del Rosario, cosa che libererà parte del palazzo di via del Teatro Romano ex sede del Carli che l’amministrazione intende ristrutturare.
MERCATI Proposte dall’assessore Paolo Rovis, la giunta ha approvato le delibere che prevedono novità sul fronte dei mercati rionali. Ne verrà istituito uno nell’area di via Pagano-via Costalunga; verrà ampliato il mercato di Opicina; e sarà infine ricollocato in piazza tra i Rivi il mercato di Roiano.
ACCORDI Sì infine allo schema di accordo di programma che porterà al trasferimento dell’International School, oggi ubicata a Opicina, nell’area del Sincrotrone. Un altro accordo di programma riguarda il nuovo polo ospedaliero di Cattinara.

Paola Bolis

 

 

Bucci: «Isola pedonale tra le piazze Goldoni, Borsa e Sant’Antonio» - L’assessore risponde agli alleati che lo accusano di «immobilismo»

 

Niente polemiche, «vorrei solo spiegare cosa sto facendo». E allora via a snocciolare piani e delibere: «pronto», «fatta», «licenziato». «Alla faccia dell’immobilismo», ripete. Maurizio Bucci, l’assessore più attaccato di piazza Unità, risponde così agli alleati - Lista Dipiazza e An su tutti - pronti a tacciarlo di «ego smisuratissimo» dai risultati nulli o quasi.
Partiamo dall’«immobilismo» di cui l’accusano?
Fare pianificazione territoriale significa valutare con equilibrio e attenzione quale sarà il futuro della città: non lo si può fare con superficialità solo per la voglia di buttare lì documenti alla cieca.
Dall’Udc ad An, insomma, sbagliano tutti?
Mi spiace che talune persone attacchino gli uffici, che non sono né di destra né di sinistra e lavorano come possono, con grande professionalità: farli oggetto di un attacco politico - si è detto che i progetti sono fermi nei cassetti - mi pare di cattivo gusto.
Esercenti e commercianti lamentano lo stallo sul piano déhors. Dicono che dal Comune nessuno si è fatto vivo.
Quand’ero assessore allo sviluppo economico ho condiviso sempre le scelte con le categorie. I nostri referenti però oggi sono gli Ordini - ingegneri, architetti, geologi, geometri e periti - con i quali, alla faccia della mancata concertazione, abbiamo ricostruito un rapporto di collaborazione. Abbiamo già licenziato quattro dei 25 punti del nuovo regolamento edilizio che spero di chiudere entro l’anno: nessuno l’aveva fatto, alla faccia del Bucci immobile.
Torniamo ai déhors?
La prima proposta di piano, elaborata da un professionista non triestino, era inaccettabile sotto il profilo urbanistico e realizzativo: ve le vedete le anfore pompeiane in via San Nicolò? Qui parliamo di verande che invaderanno marciapiedi e zone pedonali. Se inidonee, potrebbero devastare l’aspetto architettonico del centro storico. Per questo ho tirato fuori le unghie. Avevo peraltro chiesto alle categorie suggerimenti che non ho avuto.
E il piano del traffico?
La proposta Camus è stata modificata dopo una lunga analisi effettuata con tutti i tecnici, sulla base di una sensibilità mia condivisa con il mio gruppo politico. È una proposta molto coraggiosa e innovativa, come tale può creare preoccupazioni che diventano di carattere elettorale. Carattere che bisognerebbe distinguere dal principio del rinnovo della città. Comunque il piano è pronto: attendo di interfacciarmi, quanto la politica lo riterrà.
Ma i suoi alleati proprio questo chiedono, da tempo: di tirare fuori le carte.
Chiedano formalmente al sindaco, cui io rispondo.
Cosa prevede il piano?
Una estrema pedonalizzazione del centro che garantisce però assi di scorrimento preferenziali per i bus - non c’è modifica delle linee e i servizi vengono mantenuti, cosa essenziale per una città con molti anziani - senza incidere sulla circolazione delle auto.
Corso Italia pedonale?
Ogni anticipazione viene vista come narcisismo. Preferisco la condivisione.
Ma quale sarebbe l’isola pedonale?
Un triangolo tra le piazze della Borsa, Sant’Antonio nuovo e Goldoni. Di più non dico.
Verrà tutto bloccato fino a dopo le regionali del 2008, come accadde in vista delle comunali 2006?
Non lo so. Io credo che qualsiasi persona di buon senso troverebbe questo un bel piano, se illustrato per bene senza polemiche né tensioni. Sono convinto anzi che anche sotto il profilo elettorale potrebbe essere un valore aggiunto. Anche se alla fine penso che non verrà accettato, per tante motivazioni.
Altro nodo: il nuovo piano regolatore che non c’è. Qui l’accusa anche l’opposizione.
Posto che il tempo medio di maturazione di un piano è di dieci anni, la prossima settimana partiremo con la variante sui vincoli decaduti - lo sono da cinque anni, Bucci in dieci mesi lancia la variante - per poi dare le direttive sulla variante in questione. E sto parlando di cose concrete, come quelle già realizzate...
Cioè?
Gli ultimi lavori: l’iter per il canile municipale, il parco degli animali, il regolamento della pubblicità su strada, il piano parcheggi approvato con un’altra decina di delibere di mia competenza. E la variante per Porto Vecchio, ferma per almeno due anni e poi licenziata in cinque giorni dopo che l’ultimo ok ci è giunto mercoledì? Ci vuol coraggio a parlare di immobilismo. Mi sto muovendo anche sul piano logistico, per lasciare a fine mandato una struttura riorganizzata in maniera dignitosa dopo che nel tempo è stata dimenticata e umiliata lasciando spazio ad altri. E dire che ai tempi della Prima repubblica l’urbanistica, Cencelli alla mano, di assessorati ne valeva tre...
Anche lei punta al 2008, come dicono?
Non cerco visibilità, lavoro: e chi lavora ottiene consensi e critiche. Per me le regionali sono lontanissime.
p.b.

 

 

Lettera a Nesladek: assemblea sui rigassificatori  - Muggia: proposta al sindaco l’organizzazione di un confronto pubblico per illustrare le ragioni del no ai progetti

 

A chiederla sono i rappresentanti della maggioranza. L’invito esteso a sloveni e croati

MUGGIA Il centrosinistra muggesano chiede al sindaco Nerio Nesladek di convocare un’assemblea pubblica per chiarire i motivi del «no» muggesano ai rigassificatori, ampliando il dibattito anche alle amministrazioni di oltreconfine, recentemente citate come possibili sedi per tali impianti.
In una lettera inviata al sindaco, gli esponenti della maggioranza di Ds, Margherita, Cittadini per Muggia, Verdi, Comunisti italiani, Unione slovena e Rifondazione comunista, fanno riferimento al dibattito politico sui grandi insediamenti industriali, la tutela ambientale e la salute della popolazione. Ma dicono: «A seguito del recente parere non favorevole per mancanza di documentazione rilasciato dalla Giunta Regionale, alle richieste delle aziende Endesa e Gas Natural, per la costruzione di due rigassificatori, (comunque però disponibile ad accettarne uno) riteniamo opportuno e necessario che il sindaco chiarisca, in un pubblico incontro, che la sua decisione di avversare questi progetti è la logica conseguenza di una valutazione complessiva sullo sviluppo economico ed ecosostenibile del territorio e non una conseguenza della mancanza di documentazione sulle scelte tecniche previste o di carenza di informazione sulla sicurezza ambientale».
I partiti del centrosinistra ritengono inoltre che con la caduta dei confini ed in un’ottica di Euroregione, anche la gestione del territorio deve diventare una scelta da condividere con i Paesi limitrofi. «In considerazione del fatto che di insediamenti di rigassificatori si parla sia a Capodistria che nell’Istria croata – così gli esponenti del centrosinistra -, chiediamo al sindaco che all’incontro pubblico sul tema energetico siano invitati come relatori gli amministratori interessati ai progetti dei Comuni costieri limitrofi».
E nel dibattito politico muggesano, a seguito del «no» regionale agli impianti, nei giorni scorsi c’è stato un battibecco a distanza tra sindaco e forze di opposizioni (in particolare Forza Italia). Ora le forze di centrosinistra rispondono: «Le affermazioni dei consiglieri di minoranza sono strumentali e non corrispondenti alla verità. Come si accorgeranno a loro spese le speranze dell’opposizione di uno sfaldamento della maggioranza risulteranno vane. Per la maggioranza vale il voto del Consiglio che stato unanimemente contrario ai rigassificatori».
s.re.

 

Tondo e Popovic: «No ai rigassificatori»  - Impianti incompatibili, sia quello previsto a Trieste, sia quello progettato sul Litorale sloveno

 

Serve un maggiore scambio di informazioni a livello locale. «Non dimenticare il passato ma le divisioni vanno superate»

CAPODISTRIA Sì allo sviluppo del territorio, no ai rigassificatori. Il sindaco di Capodistria Boris Popovic e il parlamentare di Forza Italia in corsa per la candidatura a presidente del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, hanno espresso ieri identità di vedute.

Soprattutto sulla questione che ormai da mesi sta surriscaldando gli animi in Regione e nel Litorale sloveno. Tondo, accompagnato da Claudio Grizon, capogruppo di Forza italia in Provincia di Trieste, ha incontrato a Capodistria il sindaco Popovic e il vicesindaco italiano Alberto Scheriani nell'ambito di una serie di incontri promossi dallo stesso Tondo – anche nella veste di componente della commissione per gli Affari europei – per approfondire la conoscenza su temi di particolare attualità.
Per quanto riguarda i progetti dei due terminal gas nel golfo di Trieste - ma lo stesso discorso vale pure per un eventuale progetto analogo nel porto di Capodistria – sono stati commessi errori, secondo Tondo, sia nella sostanza che nel metodo, perché si tratta di impianti incompatibili con un certo tipo di sviluppo e perché non è stata consultata la parte slovena.
«Si possono fare anche delle scelte non condivise dal territorio – ha spiegato il parlamentare di Forza Italia – ma non si può non sentire il parere del territorio prima di decidere».
In questo contesto, Tondo e Popovic hanno sottolineato l'importanza di mantenere un dialogo costante su temi che interessano la realtà locale intesa in senso più ampio, dialogo che i due, del resto, avevano già avviato in passato, quando Tondo era ancora presidente della Regione Friuli Venezia Giulia.
È stato proprio grazie a questo scambio di informazioni a livello locale, ha spiegato Popovic, che è stato possibile, per esempio, raggiungere un'intesa tra Lubiana e Roma sul Corridoio 5, formulata all'epoca dai ministri dei Traporti Lunardi e Bozic.
Nel corso dei colloqui è stato affrontato pure il problema della storia, che in queste terre continua ancora ad alimentare divisioni e spaccature. Il passato non va dimenticato, così Tondo e Popovic, ma le divisioni vanno superate, a beneficio delle nuove generazioni.
Nel corso della conferenza stampa, a fine incontro, i due hanno parlato anche delle loro prospettive elettorali. Tondo ha ribadito di voler ricandidarsi alla presidenza della Regione, aggiungendo che il suo partito non ha ancora preso una decisione in merito, mentre Popovic ha annunciato che quasi sicuramente si candiderà alle prossime politiche.
Il sindaco di Capodistria non ha escluso nemmeno la candidatura alla presidenza della futura regione del Litorale, una volta che sarà completato il processo di regionalizzazione della Slovenia.
Il parlamentare di Forza Italia ha invitato infine il sindaco di Capodistria a intervenire come ospite a una delle prossime sedute della Commissione Affari europei.

 

 

L’Ass dà parere negativo: stop al cementificio  - Nel mirino i rischi per la qualità dell’aria. Moretton: credo che ci atterremo al verdetto

 

In arrivo anche la relazione dell’Arpa sul contestato impianto di Torviscosa. Emissioni nocive nell’area, in forse il progetto della vetreria

UDINE «Il parere di questo dipartimento di prevenzione non può essere favorevole». La terz’ultima riga della relazione dell’Azienda sanitaria numero 5 Bassa friulana è, con ogni probabilità, il funerale del cementificio. Parere in mano ma ancora in attesa di quello dell’Arpa – come anticipato arriverà oggi negli uffici della Regione –, Gianfranco Moretton non può dare certezze. Non prima che la giunta regionale deliberi. Ma, sin d’ora, l’assessore all’Ambiente afferma: «Credo che ci atterremo al verdetto dell’Ass».
LA RELAZIONE Questa volta, visto il «non favorevole», non ci sono dubbi: il parere è negativo. Va però rilevato che il documento dell’Azienda della Bassa, firmato dal direttore del dipartimento di prevenzione Clara Pinna e dal responsabile del servizio igiene-tecnica Carlo Piani, non è sostenuto da una bocciatura complessiva dell’insediamento. Non almeno sul fronte della salute umana. Con riferimento ai documenti presentati dall’Arpa, il dipartimento evidenzia infatti che «le centraline, così come ubicate, rispondono a quanto previsto per il monitoraggio destinato alla valutazione della qualità dell’aria per la protezione della salute umana e confermano i dati pubblicati sul sito Internet dell’Arpa utilizzati per il precedente parere».
EMISSIONI Se la salute umana non è in pericolo, polveri sottili ed emissioni inquinanti, tenendo pure conto dei limiti più restrittivi previsti a partire dal 2010, non sono tuttavia compatibili con l’obiettivo di una migliore qualità dell’aria.
Su questa materia la relazione, in merito alle precisazioni e raccomandazioni proposte dalla commissione Via nella seduta del 28 marzo, aggiunge: «Esse risultano accettabili in termini generali ma generiche e non puntuali sulle misure concrete che la ditta deve effettivamente porre in essere».
IL PARERE E dunque «allo stato attuale, il parere del dipartimento non può essere favorevole».
Tuttavia, «potrà essere rivalutato alla luce degli strumenti previsti dalla vigente normativa di competenza della Regione, finalizzati al miglioramento della qualità dell’aria del sito». In sostanza l’Ass indirizza la Regione a predisporre il piano di risanamento dell’aria. Inoltre, dal arpporto, emergerebbe l’esigenza di vietare gli insediamenti industriali con emissioni per almeno due anni. Il che significa che anche la vetreria, l’altro grande progetto ipotizzato, non potrebbe essere realizzata.
VERSO IL NO Moretton rileva che è la prima volta che il parere è chiaramente non favorevole. E dichiara: «La Regione si atterrà scrupolosamente al rispetto delle normative vigenti in materia. Diremo dunque “sì” o “no” sulla base dei pareri di Ass e Arpa». Il cementificio non si farà? «A questo punto – prosegue l’assessore all’Ambiente –, visto il parere dell’Ass che, a differenza dei precedenti due, dice in maniera chiara che non è favorevole all’impianto, penso che ci atterremo a questa decisione. Fosse stato formulato un verdetto in questi termini anche in precedenza, si sarebbero evitate tutte le situazioni emerse nell’ultimo periodo».
ARPA Oggi è attesa la relazione dell’Arpa. Moretton conferma che arriverà negli uffici della Regione, non in tempo però per predisporre una delibera da inserire tra quelle discusse oggi nella seduta di giunta a Ruda. Dopo il “niet” dell’Ass, però, quella dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente potrebbe risultare una relazione ininfluente. O almeno non in grado di ribaltare eventualmente il verdetto finale della giunta. Anche perché l’Arpa non potrà non riprodurre le perplessità emerse in sede di commissione Via sull’ubicazione delle centraline a Torviscosa e, dunque, sull’inquinamento ambientale con problemi, se non per la salute umana, sicuramente per la vegetazione. La questione formale – il primo parere dell’Arpa porta la firma del direttore tecnico-scientifico Gianni Menchini, il secondo, denuncia Mauro Travanut dei Ds, a quanto pare del direttore generale Giuliana Spogliarich – dovrebbe perciò passare in secondo piano.
Marco Ballico

 

 

CEMENTIFICIO: Travanut: «Vicenda gestita male dalla giunta»  - Metz: «Ora la questione ambientale diventa centrale per il futuro di Intesa democratica»

 

La soddisfazione di chi si è sempre schierato contro la realizzazione della struttura. I Comitati: «Faremo una grande festa in piazza»

TRIESTE Lo stop, ormai quasi certo, al cementificio di Torviscosa rappresenta una vittoria per il diessino Mauro Travanut, per i Verdi che hanno contestato da sempre la realizzazione della struttura e per i comitati dei cittadini della Bassa che hanno manifestato la loro contrarietà più volte in piazza e nell’aula del Consiglio regionale.
«Il parere non favorevole da parte dell’Azienda sanitaria - sottolinea il capogruppo della Quercia Mauro Travanut - era già chiaro da almeno tre mesi. La giunta avrebbe potuto quindi deliberare già il 10 maggio. La gestione della vicenda è stata condotta malissimo soprattutto nel metodo. Non si capisce infatti come i 12 punti negativi nell’arco di poco più di un mese si siano trasformati in positivi. Già nella relazione del 2 febbraio l’azienda sanitaria aveva espresso un orientamento contrario sulla base di dati scientifici. Eppure si è tentato di scavalcare la scienza e di calpestare la verità. Ora sembra che tutti siano d’accordo sull’inopportunità di dare il via libera al progetto dell’azienda del Gruppo Grigolin ma non era così fino a due settimane fa. È stata una pagina brutta. Spero che ci siamo liberati da un mostro, soprattutto per la salute dei cittadini. Anche se è meglio aspettare la delibera della giunta». Ma ci potranno essere delle conseguenze politiche? «Nella maggioranza - conclude Travanut - non ci saranno ripercussioni. È certo che i Verdi hanno vinto e anche in parte la sinistra. Ma hanno vinto soprattutto i cittadini che si sono mobilitati con forza e determinazione. È evidente poi che alcuni assessori dovrebbero riflettere sulle posizioni espresse».
E a proposito dei comitati Mareno Settimo è prudente. «Se è vero che, dopo il parere dell’Azienda sanitaria - sostiene il rappresentante dei cittadini -, arriverà lo stop dalla giunta per gli abitanti della Bassa friulana sarà un trionfo. Noi ci auguriamo che la delibera arrivi venerdì prossimo così organizzeremo una grande festa in piazza».
Il consigliere dei Verdi Alessandro Metz punta il dito sulla cattiva gestione della vicenda di parte della giunta. «L’incompatibilità dell’impianto con l’ambiente era talmente evidente - dice il consigliere regionale - che la delibera di contrarietà si poteva fare molto prima. Il punto è che si sono giocate molte cose sopra e sotto al cemetificio e gli unici a essere penalizzati sarebbero stati gli abitanti di quel territorio già fortemente compromesso. Sono stati misurati dei rapporti di forza all’interno della giunta, tra la giunta e il Consiglio, all’interno della maggioranza. Finché a protestare erano soltanto i Verdi le indicazioni di fare il cementificio erano decise. Poi quando il problema ha contaminato altre forze, più pesanti di noi, si è pensato a una exit-strategy. Per quanto riguarda il documento dell’Azienda sanitaria non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto è stato esposto in commissione e poi nella seduta straordinaria del Consiglio. La vera novità è che per la prima volta è emerso come le tematiche ambientali siano una priorità nelle richieste che i cittadini fanno alla politica. Il problema deve essere affrontato con serietà dalla maggioranza e anche Illy, se intende ricandidarsi a presidente della Regione nel 2008, dovrà fare i conti con questo scenario».

Ciro Esposito

 

 

G8: sul clima un compromesso tra i Grandi - Vince la linea europea. Tagli sostanziali delle emissioni di gas serra. Bush evita impegni vincolanti

 

Previsto un meccanismo volontario per una riduzione del 50% entro il 2050 degli inquinanti. Prodi soddisfatto dell’accordo raggiunto

Ambientalisti delusi. Greenpeace: «È stato un fallimento». I Verdi criticano la Merkel

NEW YORK Sul clima vince la linea europea e passa in secondo piano invece quella tedesca. Al G8 di Heiligendamm i leader delle otto principali economie al mondo hanno raggiunto un compromesso sul bisogno di tagliare le emissioni di gas «in modo sostanziale» al fine di arginare le conseguenze disastrose dell’effetto serra.
Il governo di Berlino avrebbe voluto che si arrivasse a obiettivi vincolanti, ma su questo c’è stata l’opposizione degli Stati Uniti che hanno detto no a un impegno preciso di non fare aumentare oltre due gradi la temperatura media in questo secolo. Era la proposta del cancelliere tedesco Angela Merkel ma l’Europa insieme a Giappone e Canada ha preferito puntare su un meccanismo volontario che porti entro il 2050 a ridurre del 50 per cento i gas nocivi rispetto ai valori attuali.
L’accordo degli otto è diventato un documento che coinvolge anche i paesi emergenti. I governi del G8 infatti hanno lanciato un appello affinchè anche le economia in via di sviluppo si impegnino per ridurre in modo sostanziale le emissioni di anidride carbonica.
L’incontro di Heiligendamm è stata anche un’occasione per definire l’impegno che è necessario che emerga in sede Onu per definire quale sarà la strategia attraverso cui combattere i cambiamenti climatici dopo che nel 2012 verrà a decadere il protocollo di Kyoto. C’è convergenza di veduta sulla necessità che la lotta all’effetto serra venga definita non più tardi del 2009 per avere poi il tempo necessario per preparare il «dopo-Kyoto». La reazione degli ambientalisti era prevedibile. Parlano di un fallimento e puntano il dito contro lo stretto rapporto fra politica e industria perchè «evidentemente si trae poco profitto a prevenire pericolosi cambiamenti climatici».
È Greenpeace International in particolare che spara a zero sul documento del G8 accusando i governi di avere fallito «nel non riconoscere quello che la scienza ci indica come necessario». Anche i Verdi tedeschi si dicono delusi accusando la cancelliera Merkel di «un volgare scambio di etichette» per poter poi parlare di «un grande successo».
Più moderata la reazione del Wwf che guarda invece in avanti e spera che le basi gettate a Heiligendamm servano per portare avanti negoziati positivi sul clima il prossimo dicembre quando si terrà un’importante riunione su questo tema a Bali. Ma il Wwf non fa mistero che sperava il G8 facesse di più. «La forza dell’opinione pubblica, dei cittadini del mondo deve farsi sentire ancora e più forte», si legge in un comunicato di Hans Verolme, direttore della campagna per il clima del Wwf, lamentando la mancanza di un target preciso come quello che proponeva la tedesca Merkel.
Il rischio che l’accordo del G8 rimanga a livello pratico lettera morta è reale. Usa e Russia infatti si sono limitate a «prendere in considerazione» un taglio del 50 per cento alle proprie emissioni di CO2 entro il 2050. Un’adesione cauta dunque quella di Washington e Mosca che non si sbilanciano ad abbracciare iniziative quali diversificare le fonti di energia, migliorare l’efficienza energetica e impegnarsi per una politica che rallenti la deforestazione.
Eppure George W. Bush ha parlato di «ruolo guida degli Stati Uniti», sostenendo che il suo governo si può fare portavoce con paesi come l’India e la Cina della necessità di portare avanti una politica per la protezione del clima.
Romano Prodi invece saluta il documento sui cambiamenti climatici del G8 come un «buon compromesso» che consente di agganciare anche gli Stati Uniti, e in prospettiva anche Cina ed India, alla lotta per la riduzione delle emissioni di gas inquinanti. È quindi «soddisfatto» il presidente del Consiglio per come gli otto grandi siano riusciti a trovare, nell'arco di 24 ore, una soluzione accettabile per avviare una «azione più rapida e fortè, con l'obiettivo di contrastare i cambiamenti climatici e «stabilizzare le concentrazioni di gas serra ad un livello tale da prevenire interferenze pericolose per la salute dell'uomo e, naturalmente, del clima».

Andrea Visconti

 

 

L’effetto serra

 

Caro Direttore, si discute molto sul problema dell’effetto serra, che coinvolge tutto il nostro pianeta, enfatizzando l’aumento progressivo dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Questo aumento è da attribuire in buona parte alla combustione del petrolio, dei suoi derivati e del metano. Una quantità enorme di metano viene oggi bruciata, senza ricavarne nessun vantaggio economico. Mi riferisco al metano bruciato all’uscita dei pozzi petroliferi quando si estrae il petrolio (vedi, un esempio tipico, la Nigeria).
Concludo dicendo che, l’opposizione delle lobby delle imprese petrolifere permettendolo, si dovrebbe arrivare a una legislazione mondiale che obblighi, nel giro, diciamo, di cinque anni, a non bruciare più metano ai pozzi ma a utilizzarlo, trasportandolo, dove possibile, via metanodotti o con navi metaniere, oppure producendo energia elettrica con turbine a gas. La mia idea è solo un’utpia? Lo sarà, ma il problema andrebbe comunque posto, cercando di suscitare una partecipazione dell’opinione pubblica mondiale per la sua risoluzione.
Alberto Savarè

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 7 giugno 2007

 

 

G8, stop di Bush a un accordo sul clima  - Prove di disgelo con Mosca sullo scudo spaziale. Il presidente Usa: «La Russia non è una minaccia»

 

Il presidente del Consiglio Prodi incontra il cancelliere tedesco Angela Merkel. Il Professore promette 260 milioni di euro al fondo per la lotta contro l’Aids

NEW YORK La riunione annuale del G8 ha preso il via ufficialmente ieri a Heiligendamm, in Germania, e nella cittadina lungo il Baltico sono arrivati sia i leader delle otto economie più importanti al mondo che diecimila manifestanti. Una cena di lavoro al castello di Hohen Luckow - padrona di casa il cancelliere tedesco Angela Merkel - è iniziata puntualmente nonostante le proteste, ma a risentire del blocco delle strade sono state le rispettive delegazioni i cui spostamenti sono stati rallentati dai No global.
Molti i temi in discussione. Dall’Iraq allo scudo missilistico Usa in Europa; dall’Aids agli aiuti all’Africa; dal nucleare nella Corea del Nord al riscaldamento globale.
Ma a margine dei temi in programma tutti gli occhi ieri erano puntati su Bush e Putin dopo il duro scambio di dichiarazioni del giorno precedente.
«Non c’è bisogno di una risposta militare perchè la Russia non è il nemico, né la difesa missilistica di cui parliamo è una minaccia per la Russia», ha detto George W. Bush cercando di smorzare i toni del giorno prima che avevano portato a una serie di attacchi verbali da parte del Cremlino.
Mosca non aveva accolto con leggerezza le parole del presidente americano che accusava la Russia di avere fatto passi indietro nel processo verso la democrazia. Un portavoce di Putin aveva reagito suggerendo che Mosca non apprezza l’imperialismo americano e che ai missili Usa in Europa la Russia avrebbe risposto con suoi missili puntati verso il continente europeo.
È stato uno scambio di battute che sembrava gettare le basi per una mancanza di dialogo da clima di Guerra Fredda.
Ma ieri sia Washington che Mosca hanno fatto marcia indietro ribadendo che l’amicizia fra Bush e Putin è solida. Il capo del Cremlino intende parlare chiaramente a Bush del suo controverso progetto di uno scudo spaziale ma l’impressione è che ci siano i presupposti per un dialogo. Quanto sia reale questa cordialità si potrà vedere solo oggi quando i due leader si incontreranno per un colloquio privato a due.
Un meeting che a sua volta getta le basi per un summit previsto per i primi di luglio nella villa del presidente americano nel Maine. In Germania a smussare gli angoli fra Bush e Putin ci sarà anche Tony Blair che avrà un incontro privato con il leader del Cremlino nel corso del quale parlerà di «una serie di valori condivisi» spingendo con un dialogo diretto non soltanto fra Gran Bretagna e Russia ma anche «fra Russia e Europa».
Tema principale in discussione in questa prima giornata di G8 è stato il clima. Se il principale obiettivo del vertice era quello di arrivare ad accordi concreti sul clima e sul taglio delle emissioni dei gas (contenere a due gradi entro il 2050 il riscaldamento medio globale come deciso dalla Ue e dall'Onu), questo target sembra ormai del tutto svaporato. I più ottimisti restano aggrappati alle dichiarazioni della cancelliera Angela Merkel rilasciate dopo il pranzo di lavoro con Bush, un'ora e mezzo di faccia a faccia prima dell'apertura ufficiale del vertice. Bush ha espresso il «forte desiderio» di lavorare insieme alla Germania, che ha la presidenza di turno della Ue, «a un accordo post-Kyoto». «Ho il forte desiderio di lavorare con lei - ha detto Bush - a un accordo post-Kyoto e su come raggiungere i principali obiettivi. Uno di questo è la riduzione dei gas da effetto serra».
Non può che mostrarsi sorridente Angela Merkel: «Abbiamo ottime chance di raggiungere posizioni comuni, siamo d'accordo su moltissime questioni» anche se, ha ammesso, «su alcuni punti dovremo ancora lavorare». Nel complesso, comunque, «il colloquio è stato piuttosto buono. Spero che dal vertice si avrà un segnale comune». In realtà, i due leader hanno voluto fare buon viso a cattivo gioco. Da Heiligendamm non arriverà alcuna intesa concreta sul clima. L'esito del vertice, al capitolo clima, lo aveva anticipato in mattinata Jim Connaughton, responsabile per il clima nell'amministrazione Bush: «Il documento finale non farà alcun riferimento a un obiettivo concreto», e cioè all'impegno di contenere a due gradi entro il 2050 il riscaldamento medio globale.
Un po' meglio è andato l'incontro Roma-Berlino. Il Professore e la Cancelliera si sono impegnati per cercare, proprio in questi giorni di vertice, di avvicinare le posizioni degli Usa e della Russia a quelle della Ue. «Ammorbidire le posizioni degli Usa» è la parola d'ordine. «Ce la dobbiamo fare perchè ne va della salute dei nostri figli» dice il premier Prodi.
Se l'accordo sul clima resta congelato, va meglio sul fronte aiuti all'Africa, il secondo capitolo chiave di questo G8 e in cui favore era intervenuto in mattinata anche il Papa che alla fine dell'udienza generale si è rivolto «ai leader riuniti a Heiligendamm, affinchè non vengano meno alle promesse di aiuto in favore delle popolazioni più bisognose, soprattutto quelle africane». Prodi ha incontrato nel pomeriggio Bob Geldof e ha promesso che l'Italia, «già dal prossimo assestamento di bilancio», garantirà 260 milioni di euro al fondo globale per la lotta all'Aids, alla tubercolosi e alla malaria.
la mappa delle emissioni

Andrea Visconti

 

 

Travanut: cementificio, parere Arpa in ritardo  - Il capogruppo diessino: «Attendiamo da un mese». Moretton: «Arriverà domani»

 

Dopo l’accordo in aula riprendono le fibrillazioni dentro Intesa democratica. In arrivo il verdetto dell’Azienda sanitaria

L’assessore all’Ambiente esclude che la delibera venga adottata venerdì: gli uffici tecnico-legali dovranno esaminare gli atti integrativi richiesti

TRIESTE Mauro Travanut denuncia «il ritardo del parere dell’Arpa». Gianfranco Moretton ribatte: «Giungerà venerdì negli uffici della Regione». I pareri di Ass e Arpa non arrivano, non ancora. E la vicenda del cementificio ritorna a creare attrito dentro Intesa. Ma, se il parere dell’Azienda sanitaria della Bassa sembrerebbe essere definitivo – e contrario –, su quello dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente ecco la polemica. «Se fossi in Moretton prenderei la bicicletta e andrei di corsa a chiedere un documento che attendiamo da un mese», attacca Travanut. A provocare il capogruppo diessino è anche la notizia che Gianni Menchini, direttore tecnico-scientifico dell’Arpa, è in ferie. «Mi sono recato negli uffici dell’Agenzia – racconta Mareno Settimo, portavoce del comitato “No al cementificio” – e non ho trovato né il direttore generale Giuliana Spogliarich né Menchini, che mi dicono essere in ferie. Sorprendente che lo sia mentre si aspetta un parere così importante». E Travanut rincara la dose: «Esiste il diritto sacrosanto di sapere che cosa l’Arpa pensa di questo progetto di Torviscosa, non credo sia accettabile che, dopo aver allungato il termine ultimo dal 2 al 5 giugno, si sia andati oltre. Menchini in ferie? Mi risulta che il direttore scientifico abbia redatto e depositato la documentazione, solo Dio sa perché non sia ancora stata consegnata in Regione».
Travanut fissa l’ultimatum: «Quel parere deve arrivare entro la mattinata di domani (oggi per chi legge), lo vuole la gente. È già passato fin troppo tempo – insiste il capogruppo diessino –, soprattutto tenendo conto del fatto che l’Arpa non era chiamata a nuove indagini, ma doveva solo esplicitare quanto era già diventato molto chiaro in commissione. Si possono cambiare gli aggettivi, non la sostanza».
L’assessore all’Ambiente Moretton, confermando che la delibera sul cementificio non andrà in giunta neppure questa settimana, spiega però che si dovrà attendere ancora un giorno: «L’Arpa invierà il suo verdetto venerdì. Che cosa mi aspetto? Nulla. Gli uffici prenderanno atto di quello che l’Agenzia scriverà e poi faranno le valutazioni tecnico-scientifiche e giuridiche necessarie a predisporre la delibera da sottoporre poi alla giunta. Tutto ciò, come già detto, nel rispetto delle normative giventi». E il parere dell’Ass, quello che pare essere contrario al cementificio? «Non l’ho visto. Anche in questo caso lo esamineranno i tecnici», risponde Moretton.
Travanut, dal canto suo, assolve l’Azienda sanitaria: «In questo caso il lavoro sembra essere stato portato a termine, non vi sono ritardi». Le indiscrezioni, oltre a dare per certo che il parere dell’Ass è negativo, anticipano che questa mattina la documentazione partirà in direzione Trieste.
m.b.

 

 

«Lo sconto benzina frena l’utilizzo di metano e gpl»

 

TRIESTE Tremila cittadini del Friuli Venezia Giulia hanno sottoscritto una petizione a favore della diffusione dei punti di rifornimento per i carburanti a basso impatto ambientale, metano e gpl in particolare. Ieri la quarta commissione consiliare ha sentito i rappresentanti di Assopetroli, Consorzio Grandi Reti (rappresentata da Distrigas), Unione petrolifera e Federmetano. In regione sono solo quattro i distributori di metano (due a Udine e due a Pordenone), pochi rispetto ad altre realtà che, come nel caso della Provincia di Bolzano, si sono mosse anche a livello legislativo in questo senso. Le categorie ascoltate ieri temono che la situazione rimanga immutata e puntano il dito contro gli sconti sui prezzi di benzina e gasolio che hanno portato nel corso di quest’anno all’acquisto di sole 57 vetture a metano contro 29 mila sul territorio nazionale e di sole 42 a gas contro 35 mila. Il suggerimento arrivato dai rappresentanti delle categorie è quello di obbligare i nuovi distributori a dotarsi di almeno una colonna di erogazione di gpl o metano, auspicando inoltre la creazione ragionata di una rete distributiva di questi combustibili, l'adozione di politiche d'incentivazione alla costruzione di pompe presso i distributori già esistenti, all'acquisto di vetture a metano o gpl e una maggiore informazione. Secondo il presidente della commissione, Uberto, Fortuna Drossi, quella dei combustibili alternativi «è una strada obbligata».
r.u.

 

 

Area protetta per i delfini nel mare di Lussinpiccolo

 

LUSSINPICCOLO La notizia è ora ufficiale: il ministero croato dell’Ambiente ha proclamato una parte del Quarnerolo quale riserva dei delfini, decisione che sta alimentando polemiche a non finire tra la popolazione di Lussino, Cherso, Arbe e Pago. L’area in regime di tutela è incastonata fra le citate isole altoadriatiche, uno specchio di mare che bagna dieci località, per un totale di 11 mila abitanti.
Subito dopo la proclamazione, l’Assopescatori lussignana ha rivolto un appello all’opinione pubblica, rilevando che la riserva mette a rischio l’esistenza della categoria, degli operatori turistici e della popolazione locale, in quanto destinata a limitare le principali attività economiche. Ossia pesca e turismo. A sentirsi maggiormente minacciati sono gli abitanti di Neresine, a Lussino, località che dista poche miglia dalla riserva. Gli isolani temono quelle che potrebbero essere le conseguenze dell’entrata in vigore della disposizione poiché finora da Zagabria non è giunta alcuna precisazione sulle misure da adottare. La legge sulla Salvaguardia ambientale è comunque chiara e contempla la proclamazione di una riserva naturale nel suo articolo 12.
In esso scrive che non sono consentite attività in grado di minacciare quelle specie animali per le quali la riserva è stata istituita.
Inoltre è possibile limitare o vietare, se ciò fosse necessario, il transito in quest’area speciale. Insomma, teoricamente è possibile che parte del Quarnerolo venga vietata alla pesca, alle traversate dei diportisti, alla costruzione di immobili lungo la fascia costiera.
Secondo i pescatori lussignani, la riserva è null’altro che una mossa sbagliata in quanto per tutelare i mammiferi marini si mette a repentaglio l’esistenza di migliaia di isolani. Sì, nel Quarnerolo esiste una colonia di delfini che comprende circa 200–250 esemplari, ma finora non ha incontrato grossi problemi (tipo decessi per reti o eliche d’imbarcazioni) e la sua coesistenza con l’uomo può dirsi normale. Si è dunque in attesa di precise disposizioni da Zagabria per poi capire quale sarà l’impatto sulla popolazione isolana e sulle sue attività economiche. Ricordiamo che i mammiferi marini sono tutelati in special modo dall’ organizzazione ambientalista Plavi cvijet (Fiore blu) di Lussinpiccolo, i cui programmi di salvaguardia dei «Flipper» altoadriatici sono molto apprezzati e ritenuti estremamente utili.
a. m.

 

 

Fiume, inquinato il mare a Pecine

 

FIUME Le acque dell’ex albergo Park a Fiume non si smentiscono: in base ai test effettuati dai competenti organismi, questo specchio di mare antistante il rione di Pecine continua ad essere fortemente inquinato. È noto che i problemi sono legati al cattivo funzionamento della rete fognaria, per cui è dal 2005 che nello stabilimento è presente una tabella che indica il divieto di balneazione. Da rilevare che lungo le coste croate dell’Adriatico i punti di prelievo sono 873 e i rilevamenti nella seconda metà di maggio hanno constatato un moderato tasso di inquinamento in altri tre stabilimenti balneari: Fortica a Portoré, Malinska (Veglia) e Stikovica a Ragusa. Le restanti 869 spiagge presentano acque pulite o sufficientemente pulite.

 

 

Opicina, spunta un’antenna telefonica davanti al cimitero ed è subito polemica

 

L’impianto non realizzato in via dei Salici riproposto in un nuovo sito ma la Circoscrizione è contraria E’ bufera a Opicina sui lavori per la nuova stazione radio base nei pressi del cimitero. A riaccendere subito la polemica é Paolo Milic, presidente del Comitato per gli Usi civici. «La nuova costruzione – spiega in una lettera spedita al Comune, in quanto proprietario del terreno, al Prefetto, alla Corte dei Conti e alla Procura – è confinante col cimitero. Questa è una situazione espressamente vietata dalla legge regionale che disciplina la materia, perciò ho coinvolto le istituzioni competenti e la Magistratura, auspicando un loro intervento che interrompa i lavori del cantiere».
Il Comitato di cui Milic é il principale rappresentante è titolare dell’amministrazione del terreno. «Ho denunciato la violazione delle norme perché siamo noi a dover tutelare quel terreno – aggiunge Milic – e la costruzione di una stazione radio base addossata al muro del cimitero di Opicina mi sembra un obbrobrio».
Il terreno vicino al cimitero era sembrato in un primo momento la migliore alternativa, dopo che il sito scelto inizialmente, in via dei Salici, era stato pesantemente contestato dalla popolazione residente. Si era creato un gruppo di opinione, forte del sostegno della maggioranza del Consiglio circoscrizionale dell’Altipiano Est e del consenso della Comunella, che si era opposto alla costruzione dell’antenna in via dei Salici, giudicando il sito troppo pericoloso per la gente, pretendendo che la compagnia telefonica andasse altrove. Era così emersa la soluzione rappresentata dal terreno vicino al cimitero.
Milic però aveva subito chiesto al Comune di Trieste la revoca della concessione edilizia, rilasciata lo scorso 15 febbraio alla Vodafone-Omnitel, per la costruzione di un’antenna radio base nel nuovo sito. Non aveva però ottenuto il risultato sperato e così sono cominciati i lavori. Per ribadire le loro ragioni, i firmatari del documento del Comitato antenne, che si era opposto alla costruzione in via dei Salici, avevano ricordato che «è la Comunella la proprietaria dell’area individuata nei pressi del cimitero», aggiungendo che «il mandato di qualcuno dei componenti del Comitato per gli Usi civici è scaduto da anni», affermando anche che «al suo interno c’è una persona che, in merito alle antenne, risulta avere interessi economici individuali, in conflitto con quelli della collettività che rappresenta».
Milic aveva replicato, spiegando che «il Comitato per gli Usi civici opera in regime di ‘prorogatio’, pertanto non è scaduto». Sul merito aveva precisato che: «La richiesta di revoca della concessione edilizia per l’antenna della Vodafone è motivata dal fatto che il Comune ha stranamente rilasciato la stessa, senza possedere il necessario titolo di occupazione, dato che il terreno in questione risulta in propria pertinenza amministrativa degli Usi civici e la compagnia telefonica non ha formalizzato alcuna richiesta, né tanto meno ottenuto alcun titolo occupatorio, indispensabile, a norma di legge, per l’ottenimento della concessione edilizia e per la realizzazione dell’opera. Siamo stati perciò obbligati – aveva continuato Milic - a procedere in merito alle nostre competenze».
Milic aveva anche spiegato che «l’amministrazione separata dei Beni civici di Opicina non obietta l’installazione delle antenne telefoniche nelle zone già segnalate al sindaco del Comune di Trieste, con una lettera del settembre del 2006, ma non ritiene opportuna tale installazione – aveva proseguito – nei pressi del cimitero monumentale di Opicina, perché si andrebbe in netto contrasto con una legge regionale del 2004 che disciplina la materia».
Infine il presidente degli Usi civici aveva rilevato che «il terreno individuato per l’installazione risulta già parzialmente occupato da un’attività di vendita di piante e fiori, insediatisi da oltre un decennio e regolata da una concessione da noi emessa».
u. s.

 

 

Pista ciclabile, ripresi i lavori a Ponziana - A breve sarà riqualificata anche la porzione dell’ex linea ferroviaria di proprietà del Burlo Garofolo

 

Sono partiti i lavori di completamento della pista ciclabile che collegherà San Giacomo con Draga Sant’Elia. In questi giorni il primo tratto del percorso è stato ripulito dalle sterpaglie, cresciute dopo il blocco dei lavori, e alcuni materiali da costruzione sono stati depositati accanto all’Infopoint.
A breve sarà quindi riqualificata e resa agibile per i ciclisti anche la porzione dell’ex linea ferroviaria di proprietà dell’ospedale infantile «Burlo Garofolo». Subito dopo inizieranno i lavori per la realizzazione della passerella sopraelevata per l’attraversamento di via dell’Istria. Una volta ultimata, la struttura sarà lunga quasi 160 metri e andrà a sostituire l’attuale ponte metallico.
Terminati i primi 400 metri della pista, i lavori si concentreranno nel rione di Sant’Anna, dove saranno collegati tra loro i vari tratti del percorso realizzati fino ad ora. Il tutto, secondo la Provincia, sarà completato nell’arco di sei o sette mesi.
I lavori sono iniziati nel 2000, con la costruzione della prima parte del tracciato, tra San Giuseppe della Chiusa ed il confine. Due anni fa, poi, sono stati costruiti il sottopassaggio della strada provinciale 11 «di Prebenico» e il parcheggio, con annesso Infopoint, in via Gramsci.
A maggio del 2005 è stato infine sistemato il tratto urbano della pista, ma subito dopo i lavori sono stati interrotti. Secondo il progetto, infatti, una parte del percorso ciclabile si snoda attraverso il terreno di proprietà del Burlo e due depositi privati.
L’interruzione dei lavori ha però preoccupato i residenti della zona, in particolare di via Orlandini e via Ponziana, che hanno chiesto a gran voce il completamento dell’opera.
Per sbloccare la situazione, la Provincia ha trasferito uno dei depositi in un’altra sede e la scorsa settimana ha siglato una convenzione con l’ospedale infantile per usufruire del suo tratto di pista.
«Poter riaprire il cantiere dopo lo stop è una grande soddisfazione - dichiara Mauro Tommasini, assessore provinciale ai Lavori pubblici -. Spero di poter presto superare l’ultimo ostacolo per il completamento del progetto».
L’amministrazione provinciale deve, infatti, risolvere la questione legata al deposito privato sul tracciato della pista, per il quale potrebbe essere trovato un accordo entro luglio.
Soddisfatto dell’avvio dei lavori anche Francesco Battaglia, coordinatore urbanistico della Quinta circoscrizione, che auspica però una maggiore collaborazione tra il parlamentino e la Provincia: «La pista ciclabile è un opera prevista da molto tempo, che speriamo sia completata prima possibile - spiega -. Mi auguro che in futuro il coinvolgimento delle realtà territoriali sia maggiore, soprattutto in caso di allungamenti dei tempi dei lavori».
Mattia Assandri

 

 

Incontro su parchi naturali e aree di pregio ambientale

 

TRIESTE E’ in programma domani (in via Filzi 14, inizio alle 10) un dibattito nell’ambito del ciclo intitolato «Incontro sulla proprietà collettiva». Il tema affrontato domani sarà quello della gestione dei parchi naturali e dell’individuazione di aree di particolare pregio ambientale secondo le Direttive europee. In tale contesto si parlerà anche della Rete europea Natura 2000.
L’incontro è organizzato dalla Comunanza, in collaborazione con la Consulta nazionale della proprietà collettiva, il Centro studi e documentazioni sui demani civici e le proprietà collettive dell’Università di Trento, le Regole d’Ampezzo e la Regione.
Interverranno, tra gli altri, Marco Leghissa, presidente della Comunanza; Cinzia Ghedina, presidente delle Regole d’Ampezzo e del Parco naturale delle Dolomiti d’Ampezzo; Rolando Della Vedova, direttore del servizio tutela ambienti naturali del Fvg; Irena Kodela Krasna, dell’Istituto sloveno per la protezione della natura; Peter Mocnik, avvocato ed esperto di diritti collettivi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 6 giugno 2007

 

 

Grande viabilità a Cattinara, l’Anas darà i 9 milioni di euro che mancavano - Annuncio del sottosegretario: sarà evitato il temuto blocco dei lavori sulla superstrada

 

Il temuto blocco dei lavori nell’ultimo tratto della Grande viabilità triestina (il collegamento Cattinara-Padriciano) è definitivamente scampato.
«I 9 milioni di euro, che si dovevano reperire per l’adeguamento dell’infrastruttura alle normative comunitarie in materia di sicurezza, sono stati stanziati dal Governo, tramite l’Anas - ha affermato ieri il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato, durante un sopralluogo alla bretella autostradale Lacotisce-Rabuiese -. Considerato il ruolo chiave di quest’opera, non solo per Trieste, ma per tutto il Paese e per la vicina Slovenia - ha aggiunto Rosato - era fondamentale trovare le risorse necessarie in tempi brevi, per evitare interruzioni e rallentamenti dei lavori».
L’allarme sul possibile stop ai lavori della Grande viabilità triestina era stato lanciato alcuni giorni fa da Sergio Collini, titolare dell’omonima impresa capofila nella realizzazione dell’infrastruttura, nel corso di un sopralluogo congiunto del presidente della Regione Riccardo Illy e del sindaco Roberto Dipiazza.
«Servono 9 milioni di euro per costruire gli impianti di ventilazione e illuminazione, i sistemi di telecontrollo e rilevamento incendi - aveva spiegato Collini -. Sono interventi necessari per adeguare l’opera alla più recente normativa in materia approvata dall’Unione europea. Se non arriveranno a breve - questo il monito di Collini - saremo costretti a fermare operai e ruspe, con un ulteriore allungamento dei tempi».
Ora i fondi, a detta di Rosato, sono stati stanziati, scongiurando quindi l’arresto dei lavori.
«La Grande viabilità è un’opera che il governo Prodi considera importante - ha affermato il sottosegretario agli Interni - e quindi non avremmo mai premesso che i cantieri subissero uno stop. È per questo motivo - ha aggiunto - che non appena saputo del problema, ci siamo attivati per risolverlo, senza lasciar passare troppo tempo. Sarà l’Anas a stanziare i 9 milioni di euro, quindi saranno finanziamenti pubblici».
e.c.

 

 

Mare Adriatico sempre più caldo: a luglio l’invasione delle meduse - In 120 anni la temperatura del Mediterraneo è salita di 1,5 gradi

 

Gli esperti prevedono temperature in rialzo nel giro di una settimana. In agguato anche le mucillagini

ROMA La pioggia è caduta abbondante e l’insolita ondata di freddo dei giorni scorsi ha mitigato il quadro. Ma il Mare Nostrum continua ad avere la febbre. Nel giro di una settimana, il mar Ligure e il bacino Adriatico torneranno infatti a essere più caldi della media stagionale. Tra uno e due gradi in più, dicono le previsioni al 12 giugno, realizzate dai ricercatori del gruppo di oceanografia dell’Istituto nazionale di geofisica. Ma non solo: la presenza delle mucilaggini e l’attesa invasione delle meduse a luglio sono tutti campanelli d’allarme per l’ambiente. A Bologna, nella sede operativa del gruppo, i dati rilevati in mare confluiscono con frequenza costante dando vita a cartine che variano dal giallo al blu. «Dati che riguardano la temperatura della superficie, ma anche le acque profonde», spiega la dottoressa Nadia Pinardi, coordinatrice del piano di ricerca. Dati in base ai quali è possibile monitorare il fenomeno nel tempo e stendere una vera e propria previsione per i dieci giorni a venire.
Al momento, stando alle mappe, la situazione anomala riguarda in particolare le acque liguri e quelle adriatiche, le sole in rialzo rispetto ai dati climatologici. Il resto del Mediterrano ha invece risentito delle abbondanti precipitazioni dei giorni scorsi e dell’insolito freddo che ha investito il continente europeo. Non a caso, la temperatura sarà inferiore a quella delle medie stagionali: un calo compreso fra uno e due gradi.
Le collezioni di dati in mano agli esperti dicono però che sul lungo termine la temperatura del mare è salita costantemente. Abbastanza per parlare, in termini scientifici, di un vero e proprio trend di surriscaldamento delle acque. «Negli ultimi cinquant’anni - spiega ancora Nadia Pinardi - abbiamo registrato un rialzo medio di mezzo grado sull’intera colonna d’acqua, dal fondale alla superficie. Ma, al tempo stesso, dobbiamo ammettere che non abbiamo una base di dati sufficientemente ampia da consentirci di parlare di un fenomeno non naturale. Le serie temporali di dati a disposizione sulla temperatura del mare vanno indietro di cinque decenni al massimo. Poi dobbiamo affidarci alle ricostruzioni».
La ricerca che il gruppo sta portando avanti per contro della Eea (agenzia europea per l’ambiente) dice per esempio che negli ultimi 25 anni la temperatura delle acque superficiali del Mediterraneo è passata da 18,6 a 19,2 gradi, vale a dire che c’è stato un aumento costante di 0,02 gradi l’anno. Un trend confermato anche dalle ricostruzioni realizzate dagli esperti e secondo le quali tra il 1880 e il 2000 la temperatura di superficie è aumentata di 1,5 gradi: con maggiore incidenza sul Mediterraneo orientale e, per quanto riguarda la penisola italiana, sul bacino adriatico (per ragioni prevalentemente legate a venti e correnti).
Gli esperti, ovviamente, non escludono che il fenomeno abbia anche delle concause di origine antropica. «Parliamo delle stesse cause che determinano il riscaldamento dell’atmosfera, una situazione che determina temperature più alte e venti più intensi», aggiunge la dottoressa Pinardi senza spingersi a indagare le possibili conseguenze primarie di questo stato.
A collegare il riscaldamento dei mari con altri fenomeni sempre più visibili - la fioritura anticipata di alghe, l’invasione invernale delle mucillagini e la comparsa di enormi banchi di meduse - è invece il dottor Silvio Greco, coordinatore di ricerca all’Icram (Istituto di ricerca sul mare). «Sono tutti segnali di sofferenza, segnali di alterazione dei primi livelli delle reti trofiche», spiega imputando il fenomeno anche ad altre cause come il ripetersi della siccità e il diminuito apporto di acqua dolce nel Mediterraneo da parte di fiumi come il Rodano e il Po.
Il nuovo boom di meduse nelle acque italiane, avvisano gli esperti, è atteso per l’inizio di luglio. Quanto alle mucillagini, le segnalazioni dei pescatori si sprecano già da gennaio mentre sul fronte alghe la più temuta resta la Ostreopsis ovata.
Natalia Andreani

 

 

Un italiano su 5 muore per cause ambientali

 

ROMA Secondo l'Oms, il 20% della mortalità in Italia è imputabile a cause ambientali prevenibili. Nella pianura Padana, invece, è molto forte la concentrazione di polveri sottili (in particolare di Pm 2,5) mentre in 13 grandi città italiane, tra il 2002 e il 2004, a causa del Pm 10 è stata stimata una media di 8.220 morti l'anno. Sono inoltre tra i 6,4 e gli 8,6 milioni gli italiani (a seconda che si escludano o si includano i comuni di Milano e Torino) che abitano nei 311 comuni di aree altamente inquinate, quelle dei 54 siti di bonifica nazionale.
Questo il quadro emerso ieri nel corso della presentazione del Cnr sulla sintesi delle attività svolte nelle aree a elevato rischio ambientale e sanitario, nell'ambito dell'indagine conoscitiva della Commissione Ambiente della Camera sulla valutazione delle conseguenze ambientali provocate da inquinamento urbano, smaltimento dei rifiuti e aree ad alto rischio.
Oltre ai 54 siti di bonifica di interesse nazionale sono migliaia i siti inquinati in Italia: circa 6mila di interesse regionale per le bonifiche, 58 siti con elevata contaminazione da amianto, 1.550 siti minerari quasi tutti dismessi e 1.120 stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

vedi tabella

 

 

Porti, Austria divisa tra Trieste e Capodistria  - Il responsabile delle ferrovie d’Oltralpe Koeller: «Sceglieremo in base alle nostre esigenze»

 

Le indicazioni strategiche di Vienna al convegno annuale dell’Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea

«È in fase di progettazione il tunnel del Semmering, che ridurrà di oltre mezz’ora il tratto tra Graz e Vienna»

TRIESTE «L’Austria vuole avvicinarsi all’Adriatico e utilizzare pressoché esclusivamente i suoi porti. Poi però Trieste e Capodistria dovranno vedersela tra di loro». È quanto ha affermato ieri a Trieste Rudolf Koeller, responsabile della gestione traffico delle Ferrovie austriache, all’annuale convegno dell’Istituto per lo studio dei trasporti nell’integrazione economica europea. Gli obiettivi dell’Austria sono supportati da piani già delineati. «È in fase di progettazione - ha annunciato Koeller - il tunnel del Semmering, una galleria che sarà lunga 25 chilometri e consentirà tra dieci anni di ridurre di mezz’ora il tempo necessario a percorrere il tratto ferroviario tra Vienna e Graz. Un’altra mezz’ora potrà essere recuperata con un’altra galleria che verrà realizzata nel tratto tra Graz e Villaco e che sarà transitabile tra nove anni». Per andare da Villaco a Vienna le merci impiegheranno dunque un’ora di meno.
E la Slovenia farà partire contemporaneamente ai lavori del tratto tra Divaccia e Capodistria anche quelli del tratto tra Divaccia e Trieste. E ciò avverrà esattamente nel 2012. Quest’altro annuncio importante è stato fatto ieri pomeriggio nell’ambito dello stesso convegno da Boris Zivec, sottosegretario ai Trasporti della Repubblica di Slovenia. Di fronte al boom dei traffici dell’Estremo Oriente, presto, secondo quanto ha affermato ieri Koeller, all’Austria non converrà più servirsi dei porti del Nord Europa.
E a quel punto Vienna e gli operatori austriaci punteranno tutto su Trieste o su Capodistria? Ha sorriso a lungo dopo questa domanda il responsabile del traffico ferroviario austriaco. «Per noi Trieste è un porto e Capodistria è un porto. Sta a voi competere o collaborare, noi sceglieremo in base alle nostre esigenze».
Questione insidiosa e di scottante attualità dal momento che proprio lunedì il ministro dei Trasporti austriaco Werner Faymann aveva visitato lo scalo di Capodistria assieme al suo omologo sloveno Janez Bosic. E il presidente di Luka Koper, Robert Casar, gli ha ribadito che l’Austria è il Paese più importante per il porto di Capodistria che vorrebbe essere il primo porto per la nazione transalpina, ruolo che oggi spetta a Rotterdam.
Il primo a denunciare qualche mese fa la clamorosa perdita di ruolo dello scalo triestino era stato il console onorario dell’Austria a Trieste, nonché spedizioniere di professione, Franco Gropaiz, ieri presente in sala e nel frattempo chiamato a guidare Adriafer, la società che si occupa del movimento dei carri merci in porto. Era così divenuto di dominio pubblico il fatto che dopo 250 anni non solo Trieste non è più il porto dell’Austria, ma è stata superata appunto anche da Capodistria, oltre che da Rotterdam e da Amburgo.
«Il governo sloveno - ha dichiarato ieri Zivec - considera parimenti importanti la Divaccia-Capodistria e la Divaccia-Trieste». E se i tempi annunciati e cioè il 2012 per l’avvio dei lavori saranno rispettati, la Slovenia che sta per ottenere dalla Deutsche Ban un cofinanziamento per il raddoppio della Capodistria-Divaccia, rischia di far prima dell’Italia. «La linea Alta velocità propriamente detta - ha annunciato Franco Marzioli, direttore commerciale di Ferrovie italiane - non toccherà il Friuli Venezia Giulia, ma con il sistema di rete anche questa regione avrà i suoi benefici». In sostanza dunque i treni, ma in questo caso si parla di treni passeggeri, viaggeranno a 250 chilometri all’ora soltanto fino a Mestre.
Le ferrovie hanno un ruolo decisivo nel rilancio dell’intero sistema logistico adriatico, come ha rilevato nella prolusione al convegno, Giacomo Borruso, presidente dell’Istituto. «Ma i traffici stanno privilegiando il Tirreno e l’Adriatico è meno reattivo - ha affermato - per carenze strutturali dei suoi porti e in particolare di Trieste». «Il ruolo delle ferrovie per far ripartire lo scalo triestino è cruciale», ha recentemente affermato il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli, insistendo anche sulla necessità che le Ferrovie italiane spingano per il collegamento ferroviario tra i porti di Trieste e di Capodistria. «Confermo che le ferrovie italiane intendono svolgere in futuro anche il ruolo di operatore logistico all’interno del porto di Trieste», ha concluso Marzioli.

Silvio Maranzana

 

 

La politica e l’ambiente

 

L’accavallarsi di vecchie e nuove questioni sui temi ambientali, sulle quali si confrontano in modi anche aspri, nel Fvg i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese, merita una riflessione di carattere generale, che travalichi i singoli casi ormai noti alle cronache giornalistiche. Ma insomma, quali sono i motivi profondi di un simile stato di crisi che propone, quale soluzione dei problemi, non un regolare e fisiologico rapporto dialettico fra i vari soggetti ma delle vere e proprie esibizioni di forza a sostegno delle diverse tesi?
Non c'è dubbio che alla base di tutto quello che sta accadendo vi sia la sostanziale assenza di una politica ambientale regionale, che da almeno quindici anni sarebbe dovuta entrare nei primi punti di ogni serio programma di governo della Regione.
Da quando cioè le tematiche ambientali non sono più riassumibili e risolvibili in termini localistici e non è più accettata né a livello statale né tantomeno a livello comunitario qualunque interpretazione delle norme e dei procedimenti sostenuta da speciali situazioni regionali.
Nell'Unione Europea, cui il Friuli Venezia Giulia appartiene, alla tutela dell'ambiente in tutte le sue forme è attribuita fortissima importanza, nella consapevolezza che i beni naturali possiedono un valore incommensurabile e che il loro sacrificio deve essere sempre giustificato da analisi costi-benefici condotte con serietà e rigore. Le risorse naturali hanno infatti assunto per i cittadini e per tutta la società civile, un grande valore. Superata la logica dei beni pubblici come beni di tutti ma in fondo di nessuno, oggi si chiede agli amministratori di valutare bene, nell'amministrare, cioè nel contemperare i vari interessi, la perdita che deriva alla collettività dal sacrificio di tali risorse.
Consapevoli che "ciò che non costa non vale" , i cittadini chiedono alla politica di tener conto dei costi, appunto, ambientali, che ricadono comunque sulla collettività, di farsi carico di gestire responsabilmente anche nell'interesse delle generazioni future il territorio con le sue necessità di sviluppo.
A livello comunitario, la tutela dell'ambiente trova sostegno indiretto nella rigorosa normativa in materia di concorrenza, emanata anche allo scopo di impedire ingiusti vantaggi a favore di imprese che potrebbero conseguirli proprio con il mancato o insufficiente rispetto delle norme di tutela ambientale.
A ben guardare, il tratto costante della azione di governo regionale di fronte all'entrata in vigore di importanti, numerose e talvolta complesse normative comunitarie quali Direttive e Regolamenti che introducono negli ordinamenti principi cardine come "elevato livello di tutela", "sviluppo sostenibile", "integrazione dell'ambiente nelle politiche di settore" (industria, agricoltura, turismo), è stato quello di optare per soluzioni low profile , piuttosto che affrontare in modo organico e complessivo tutta la materia.
Questo atteggiamento, che possiamo definire tradizionale, rappresenta l'idea che una risposta debole alle esigenze dell'ambiente e delle norme che lo tutelano, possa tradursi in un maggiore grado di libertà per le imprese che decidano di operare sul territorio, nel nome di uno sviluppo e di una crescita continua.
Se tale impostazione poteva ancora reggere, entro certi limiti, ancora fino agli anni '80, oggi si dimostra ovunque perdente non solamente di fronte al nuovo sistema di rapporti fra le istituzioni pubbliche, ma anche per effetto dell'irruzione sulla scena di nuovi attori in qualità di portatori di interessi legittimi come i singoli cittadini, le associazioni, i comitati, tutti soggetti che hanno messo in luce il profondo divario, soprattutto culturale, fra il mondo della politica e le tematiche ambientali.
Occorre riflettere sul fatto che la carenza di una seria politica ambientale si traduce in uno svantaggio competitivo anche e, forse soprattutto, per le imprese.
Si badi bene che una politica ambientale non è limitata al cosiddetto "ambientalismo", quello per intendersi tacciato, pur spesso ingiustamente, come l'opposizione a qualsiasi progetto e iniziativa.
Una politica ambientale si compone infatti di una visione della società e dello sviluppo equilibrati, che tenga conto dell'esauribilità di alcune risorse, che valuti la molteplicità degli interessi in gioco ed abbia il necessario rispetto per tutti, non solo per quelli "forti", che proponga modelli di crescita e di valorizzazione delle peculiarità locali.
Sul piano giuridico ciò si traduce in un sistema organico e integrato, in cui leggi e regolamenti, piani e programmi sono funzionali a dare risposte il più possibile chiare e in tempi ragionevoli, sia ai cittadini che hanno a cuore la propria salute e quella del proprio territorio, ma anche agli imprenditori che intendono avviare iniziative produttive in questa regione.
La debolezza del quadro legislativo, l'eccessivo rimando a ulteriori atti normativi e interpretativi, la mancanza di una valutazione completa delle esigenze che giustificano le norme, i ritardi nel recepimento degli atti comunitari, rappresentano fattori che inducono il mondo imprenditoriale a rapportarsi con motivata diffidenza.
Se infatti la proposta di una nuova iniziativa imprenditoriale è ancora solo potenzialmente dannosa per l'ambiente e la salute , l'impresa proponente costretta ad operare in un quadro normativo e istituzionale incerto, soggetto ad eccessiva discrezionalità, senza una netta separazione fra il livello politico e quello amministrativo, può incontrare in breve danni economici anche ingenti a causa di procedimenti interminabili, consulenze continue, progettazioni successive, assistenza legale, e via dicendo.
Un'impresa seria e corretta, dunque, ha tutto l'interesse ad interloquire con istituzioni e cittadini sulla base di normative chiare, semplificate e basate sulla trasparenza di tutti gli atti e procedimenti.
Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, allora, si pone il problema assolutamente urgente di dotarsi nel campo ambientale di strutture capaci di dare risposte prima di tutto basate sulla competenza tecnica, scientifica e giuridica, obiettivo per il cui raggiungimento serve inequivocabilmente una riforma dell'attuale assetto istituzionale. E' quindi sperabile che, proprio nel nome di un interesse convergente dei cittadini e delle imprese a dialogare sulla base di una condivisa e moderna politica ambientale della nostra Regione, si possa conseguire il necessario effetto di spingere la classe politica a riguadagnare al più presto quelle posizioni di avanguardia che il Friuli Venezia Giulia vantava negli anni '70 proprio per l'illuminata visione dei propri problemi territoriali.
Franco Musi - ex direttore regionale Parchi e foreste

 

 

Rigassificatori: sono tanti i «no» che contano

 

Sulla pagina 7 del Piccolo del 28 maggio scorso, viene riportata l’opinione del capogruppo della Margherita, Cristiano Degano e del capogruppo dei Cittadini, Bruno Malattia, che ritengono «essere inutile un referendum, quando la competenza spetta agli altri» (al Governo di Roma, secondo Malattia). Molto più esaustivo il contributo del capogruppo Degano che, rispondendo al senatore Antonione, gli ricorda che il problema è di natura tecnico-scientifica e che occorre cioè verificare se c’è la compatibilità ambientale che, allo stato: «sulla base della documentazione presentata, compresa quella supplementare, non ci sono le condizioni per dare un parere, e non vengono fugati i dubbi per una valutazione completa».
Precisazione: completamente condivisibile quanto è stato detto dal capogruppo Degano, ma bisogna anche tenere conto che gli uffici della Regione preposti alla valutazione di Via sono stati artatamente «saccheggiati», eliminando coloro che verso i rigassificatori si erano espressi per il «no». E non dobbiamo dimenticare a tal proposito, il voltafaccia avvenuto in quegli uffici dove, per l’intervento «collaborativo» dell’assessore Moretton, il «no» espresso precedentemente sul cementificio si è miracolosamente trasformato in «sì». Quale e quanta affidabilità possono meritare? Il capogruppo dei Cittadino per il Presidente, Bruno Malattia, è rimasto inadeguatamente vincolato «agli ordini di scuderia» e, senza nemmeno immaginare che il Governo di Roma, dovrà essere il semplice notaio di una situazione ambientale e legale che, nello specifico esiste, perché è stata valutata scientificamente da chi, a Trieste, ha le conoscenza scientifiche per poterlo fare, ritiene, clamorosamente sbagliando, che il Governo di Roma (in particolare il ministro Bersani), possa viceversa passare sopra la testa dei cittadini di Trieste, disconoscere tutti i «no» che contano: dei comuni coinvolti, delle circoscrizioni cittadine, dei comitati autonomi, delle associazioni ambientaliste, delle molteplici relazioni pubbliche presentate dagli scienziati e, infine, dai cittadini della Slovenia. E non è tutto: il capogruppo Malattia sicuramente non si è preso cura di leggersi i contenuti di tutti i protocolli internazionali, né la legge Seveso, né la Costituzione italiana: vi troverebbe che, prima, ripeto prima e non dopo le regole del profitto, devono essere esercitati il diritto alla salute, all’incolumità fisica, alla compatibilità ambientale del territorio in cui le popolazioni vivono. Devono escludersi decisioni che siano in conflitto con bene essenziale della cittadinanza, quando tali decisioni potrebbero svilupparsi in territori ambientalmente più adatti a subire totalmente la mutazione della destinazione d’uso. Non può quindi esserci una totale, estesa, capillare disinformazione dei «grilli» industriali. Deve esserci, oltre l’informazione capillare dei cittadini, non pochi confronti rappresentativi (quindi la prevista partecipazione popolare) e, infine l’esplicita partecipazione decisionale. Le regole non bastano per sconvolgere una città. Le regole hanno molteplici significati, soprattutto di natura morale che non possono, tuttavia, prevaricare le leggi o tentare di sottomettere a un’interpretazione di comodo che non ha alcun valore giuridico (oltre al traguardo del profitto).
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste

 

 

Ferriera: problemi irrisolti

 

Care Segnalazioni mi chiedo se esistono ancora i rappresentanti delle istituzioni, visto che nella zona prospicente lo stabilimento della Ferriera di Servola: via Pitacco, via dei Giardini, via San Lorenzo in Selva, via Ponticello ecc., giornalmente la Ferriera continua a emettere polveri e odori nauseabondi, tanto da costringere la popolazione a tenere chiuse le imposte per la maggior parte della giornata, e ciò anche quando fa caldo. La gente è obbligata a pulire gli ambienti interni ed esterni. Non esiste nessun rispetto per il prossimo; se questa non è violenza!
Per quanto riguarda la via Pitacco, le aree verdi sono in completo abbandono. Fronte al numero civico 37 gli abitanti che aspettano l’autobus sono costretti a stare in mezzo alla strada perché non esiste un marciapiede. Per tutti quelli che non credono a quello che ho scritto invito a farsi un giretto con la linea 8 che transita vicino la Ferriera, via Pitacco, via dei Giardini, via di Servola e via Carpineto.
Nevio Tul

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 5 giugno 2007

 
Rozzol Melara, il 60% dei rifiuti sono differenziati - I risultati della raccolta
 
Grazie all’iniziativa «differenzi-azione», il progetto sperimentale di raccolta differenziata porta a porta, avviato dal 2004 ad oggi nel comprensorio Ater di Rozzol-Melara, i residenti hanno raggiunto il 60% dei rifiuti gettati negli appositi contenitori per carta, plastica, vetro-lattine. È il risultato presentato ieri dal consorzio Interland, che ha realizzato l’iniziativa nel comprensorio, insieme all’Ater, nell’ambito del progetto europeo «equal-progetto nexus», per testare la percezione dei cittadini sulla qualità del servizio fornito, ieri il consorzio e la propria associata Querciambiente Società Cooperativa, ha illustrato il sondaggio commissionato all’SWG tra gli abitanti delle case Ater di Melara. 160 i residenti intervistati, che hanno raccontato impressioni e commenti sulla raccolta. Dall’indagine emerge che la scelta di riciclare i rifiuti da parte dei cittadini è partita proprio con il progetto di Interland, che ha creato dei punti raccolta da hoc alla base degli edifici del comprensorio. I dati evidenziano inoltre come la soddisfazione, riguardo al servizio, da parte dei cittadini, raggiunge il voto di 8 punti, in una scala da 1 a 10. La convinzione degli abitanti degli stabili è che la raccolta differenziata sia effettivamente utile e fondamentale in primis per l’ambiente.
Sollecitato però, da parte della maggioranza degli intervistati, il desiderio che, a fronte di un nuova abitudine in materia di riciclo, sia possibile in futuro giungere ad una riduzione delle tasse, per i cittadini che concretamente dividono in modo corretto i rifiuti da smaltire. «Vista l’esperienza positiva di Melara – sottolinea il presidente del Consorzio Dario Parigini – vorremmo estendere il progetto anche ad altre zone. Fondamentale però che i costi vengano coperti dai contributi Conai, realizzati per la vendita del materiale, e i risparmi ottenuti dal mancato incenerimento del materiale raccolto. Per questo speriamo che il Comune possa intervenire per rendere possibile l’incremento del servizio, che potrebbe toccare anche gli abitati di San Giovanni, Valmaura, Borgo San Sergio, Ponziana e Giarizzole». In merito a questi obiettivi nel 2006 e nei primi mesi del 2007 il consorzio, in collaborazione con il Comune, l’Acegas-Aps, la Provincia e l’Ater, ha avviato un tavolo di discussione, per valutare la realizzazione di uno specifico studio di fattibilità.
mi.b.

 

 

Grizon: «Gnl, Nesladek ci ha preso in giro»

 

Forza Italia replica alle critiche del sindaco: «La maggioranza ha perso pezzi e non è in grado di garantirgli il numero legale»

MUGGIA «Nesladek pensi a se stesso e alla sua maggioranza che ha già perso pezzi e non è in grado di garantirgli il numero legale». Con queste parole Claudio Grizon, consigliere di Forza Italia a Muggia, ribatte alle ironie del sindaco a proposito di un possibile imbarazzo per i consiglieri di Forza Italia, dopo il parere contrario della Regione sui progetti di Gnl, secondo lui sostenuti ormai solo da Dipiazza.
«Imbarazzato e paonazzo per la vergogna dovrebbe essere proprio Nesladek - commenta Grizon - in quanto ha preso in giro il consiglio comunale, che sul Gnl si è espresso contrario all’unanimità, e tutti i cittadini di Muggia, in quanto gli impegni per promuovere un'adeguata informazione e lo svolgimento di approfondimenti tecnici con l'ausilio delle istituzioni scientifiche triestine li ha tutti disattesi».
«Per quanto ci riguarda - sottolineano Grizon, Santorelli, Carboni e Tarlao - Forza Italia sul Gnl, e prima ancora sul Gpl, a Muggia, ha sempre manifestato la sua contrarietà con chiarezza, assumendosi precisi impegni con gli elettori anche con il programma elettorale».
«La sinistra in Regione invece - commentano i consiglieri di Forza Italia - per non esplodere anzitempo, ha costretto il governatore Illy a rinunciare, dopo mesi di liti interne, al Gnl e ai benefici economici di cui sperava di beneficiare, lasciando in mano il cerino al traballante governo Prodi».
«Il sindaco ha perso un'occasione per tacere - rileva Grizon - invece di farsi forte dell'unanimità che è riuscito a raccogliere su questo tema, ironizza con noi». «Imbarazzato in realtà dovrebbe essere lui - conclude il consigliere forzista - per le multe inutili, per le pulizie fatte sulle strade anche se non serve, per l'erba alta lungo i marciapiedi della periferia, per il ritorno dell'acqua alta in centro storico, per un centro sinistra che ha perso a Duino e in gran parte d'Italia, per la paralisi dell'attività amministrativa, per l'incapacità di trovare risorse, per le delibere consiliari fatte male e per il suo populismo di periferia tanto indisponente quanto inconcludente che sta riportando indietro Muggia di dieci anni».

 

 È scontro Legambiente-Wwf sui rigassificatori - Moretton: cementificio, attendiamo il parere Ass

 

Lettera di Sonego agli industriali: Endesa e Gas Natural, persa un’occasione. Lupieri: sicurezza prioritaria

TRIESTE «La delibera sul Cementificio di Torviscosa non sarà discussa dalla giunta venerdì prossimo»: lo afferma l'assessore regionale all'Ambiente Gianfranco Moretton. L'assessore precisa che l'esecutivo «sta aspettando i pareri richiesti all'Azienda Servizi Sanitari 5». Il parere è previsto fra una decina di giorni. Intanto su di un altro nodo ambientale, i rigassificatori, si registra una disputa fra gli ecologisti: non più di un rigassificatore nel golfo secondo Legambiente, «neppure mezzo» secondo Wwf. Sul numero degli impianti che il golfo triestino potrebbe accogliere si spacca il fronte degli ambientalisti, felici della decisione della giunta di dare lo stop all’iter, decidendo per una sola eventuale autorizzazione e rimandando tutto al ministero dell’Ambiente. «Bravo Illy. Nell'area di Trieste, per motivi di sicurezza, non va autorizzato più di un rigassificatore - afferma Roberto Della Seta, presidente Nazionale di Legambiente - .È insensato, per l'ambiente e per la sicurezza dei cittadini, realizzare due rigassificatori nel raggio di poche decine di chilometri. Siamo soddisfatti che la Regione sia finalmente arrivata alle nostre stesse conclusioni». Ma sulle parole del responsabile di Legambiente insorge il Wwf, che ribatte: non solo nel golfo non vanno due rigassificatori, bensì non ce ne deve essere neanche uno. «Non si mettono ”bombe in un catino” – afferma il responsabile regionale Vinicio Collavino – quindi, con le premesse che abbiamo visto, nessuno dei due impianti è da realizzare. E la nostra è una posizione motivata da tanti fattori: il golfo triestino ha un basso fondale, senza ricambio d’acqua, porre anche un solo rigassificatore comporterebbe dei danni irreparabili alla flora e alla fauna nonché all’economia, andando a colpire ad esempio i pescatori di Grado e Marano». Intanto, sulla vicenda interviene anche il consigliere della Margherita Sergio Lupieri, che prevede comunque un esito negativo dell’iter di autorizzazione. «Le società non sono state in grado fino ad ora di fornire repliche sicure sulle criticità presentate – spiega - .e non sono state fornite risposte convincenti sul quadro programmatico, progettuale ed ambientale, per cui il “no” è inevitabile». E nella vicenda interviene anche l’assessore regionale ai Trasporti Lodovico Sonego, che in una lettera inviata al presidente della Confindustria regionale, Adalberto Valduga, definisce “giusta”, la posizione di Confindustria sui rigassificatori, e sottolinea come il governo del Fvg sia rammaricato del fatto che Endesa e Gas Natural abbiano sprecato l'occasione loro offerta con le integrazioni al progetto per ottenere un valutazione di impatto ambientale positiva già in sede regionale.
e.o.

 

 

Rigassificatori: non ce n’è bisogno
 
I cittadini italiani e, nel caso specifico dei rigassificatori triestini, vengono considerati dei poveri «pirla» (uso questo termine meno traumatizzante del nostro) a cui somministrare le notizie più contraddittorie. Negli incontri televisivi, i vari politici ed esperti, vedi «Porta a porta», «Ballarò» ecc., ci propinano le più svariate statistiche, indagini, opinioni, dati Istat, senza che la povera «gleba» possa avere la certezza della loro reale corrispondenza.
I nostri organi istituzionali romani costano ai cittadini quanto spendono Francia, Germania e Spagna messe assieme? Se è vero, allora bisogna cominciare a cambiare tutto, cominciando dall’alto. Il Presidente Napolitano ha provveduto a risolvere a Napoli il problema della spazzatura, ma anche questo, più che spreco «politico» è un prioritario dovere di pulizia morale, soprattutto nella situazione economica in cui si trova l’Italia.
Ritornando a Trieste, giorni fa su Raitre è stato fatto un interessante, coraggioso servizio sui rigassificatori in Italia. Invito «Il Piccolo» a riportare i dati emersi da questa indagine, che riassumo brevemente: in Europa molti Stati hanno richiesto di installare rigassificatori in numero di uno, o due al massimo; l’Italia ne ha richiesti sei! L’assurdo, per la buona pace del cervello dei triestini, è che l’Italia, da quanto emerso da questo servizio televisivo, non abbia alcun bisogno di rigassificatori, perché il gas che importiamo da Tunisia, Algeria e Russia basta e avanza. Vogliamo finirla di farci prendere in giro? Vogliamo la verità vera e non notizie che sembrano sovvenzionate da grossi interessi finanziari.
Italico Stener

 

 
Alta velocità, da oggi s’incontrano a Trieste i vertici delle ferrovie di Italia, Austria e Slovenia
 
TRIESTE Si incontreranno oggi a Trieste, in occasione della prima giornata di lavori del 48.o corso dell’Istiee - l'Istituto universitario di economia dei trasporti diretto dal prof. Giacomo Borruso - i vertici delle principali aziende del sistema ferroviario italiano, austriaco e sloveno. Assieme per discutere il futuro assetto delle linee ferroviarie europee, con particolare riferimento all'Alta velocità. A partire da questa mattina (la prima giornata del corso Istiee si tiene nell'aula magna della Scuola superiore interpeti di via Filzi, a partire dalle 9.30) sono infatti previste le relazioni dell'ing. Franco Marzioli, delle Ferrovie italiane, dell'ing. Rudolf Koeller, dirigente delle ferrovie austriache, un rappresentante - l'ing. Sonia Suadi - del Consorzio ferroviario "Lyon-Turin Ferroviarie", nonché il sottosegretario al ministero dei Trasporti sloveno, Boris Zivec, che tratteranno i temi generali dello sviluppo ferroviario nei territori di pertinenza. Il corso Istiee proseguirà fino a giovedì. L'8 giugno, invece, chiuderanno i lavori l'ing. Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia e l'assessore regionale ai Trasporti Sonego.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 4 giugno 2007

 

 

Antenne a Muggia, indaga la Trasparenza - Convocata la neonata commissione

 

Sarà la neonata commissione trasparenza ad occuparsi venerdì delle presunte illegittimità nell’iter di nomina dei membri della commissione che si occupa delle antenne per la telefonia a Muggia. A convocare la riunione (la prima dopo quella di insediamento) è il presidente della commissione Claudio Grizon (Fi). E proprio lui aveva sollevato in aula (mercoledì scorso) dubbi sul procedimento adottato. La commissione in questione è stata comunque nominata (col voto in aula solo della maggioranza) e prevede la presenza di un rappresentante dell’Azienda sanitaria, uno per i gestori di telefonia, uno per l’ordine degli ingegneri e uno di Legambiente.
In aula si era, tra l’altro, discusso molto in merito alla scelta del rappresentante ambientalista, sostituito a quello di «Ambiente e/è vita», designato nella commissione precedente. Ma Grizon aveva avanzato dubbi di legittimità dell’iter seguito, e aveva citato la legge regionale che delinea tale organismo comunale: «La norma prevede che la scelta sia fatta tra i membri designati da tutti i soggetti portatori di interessi (associazioni ambientaliste, ordini professionali). Qui invece si sono già decise le categorie da rappresentare». Da qui la volontà di Grizon di convocare la commissione trasparenza (che si occupa proprio, tra l’altro, della verifica degli atti amministrativi). L’ordine del giorno infatti prevede la verifica del rispetto della legge regionale 28/2004 e della legge 241/90.
s.re.

 

 

Carburanti alternativi: i rischi del biodiesel

 

Nell'ambito della ricerca di fonti alternative di energia, ciclicamente si torna a parlare di olio di semi per la trazione automobilistica. È un'avventura iniziata molti anni fa e che fino ad ora non ha dato i risultati sperati, anche se progressi sono stati fatti. Vi è anche una certa confusione tra gli automobilisti. In molti non hanno capito che il prodotto vegetale, in termine tecnico chiamato biodiesel, non è proprio identico a quello che si compra nei supermercati. Chi ha voluto provare l'olio del supermercato ha sicuramente passato dei guai. Al di là del rischio venale, perché si tratta di una vera e propria evasione fiscale, poichè non si paga la famosa accisa sui carburanti, l'olio di semi, in particolare quello di colza, può essere considerato una vera «frana» tecnica. Impiegato anche in quantità ridotte e mescolato al gasolio, trafilando nella coppa, diluisce l'olio lubrificante che non riesce più a svolgere il proprio compito di preservare le parti metalliche in reciproco movimento, con rischio di grippaggio, specie della turbina (nei motori sovralimentati), che ruotando a giri elevatissimi, è un organo particolarmente sensibile.
La formazione di lacche e residui carboniosi, poi, rende problematica la lubrificazione nel suo insieme, essendo i passaggi dell'olio costituiti da condotti e fori anche piccolissimi, e quindi facilmente ostruibili. Senza contare che soffrono anche le fasce elastiche, che, imbrattate dai depositi, non arrivano più svolgere la loro azione. Anche le caratteristiche dei motori degradano significativamente, salvo per la fumosità che in effetti diminuisce, perché contemporaneamente diminuiscono le prestazioni ed aumenta il consumo: un bilancio del tutto negativo, in definitiva, anche per l'ambiente e per l'effetto serra. Tutto questo per mettere in guardia il potenziale automobilista «fai da te» dal rischiare, per qualche manciata di euro, di compromettere seriamente il motore il cui ripristino costerebbe parecchie migliaio di euro.
Discorso diverso è per il biodiesel che, costituendo anch'esso una fonte rinnovabile, essendo certamente un olio di semi, può avere un futuro anche se vanno risolti ancora importanti problemi tecnici. Il più importante è l'estensione sul territorio delle coltivazioni necessarie per produrlo in quantità significative che secondo alcuni è incompatibile con l'ecosistema. E ci risiamo.

Giorgio Cappel

 

 

Rigassificatori: sì al referendum

 

Chiedere ai cittadini della Provincia di Triete se sono d’accordo sulla costruzione di due rigassificatori sul territorio è un dovere, oltre a una dimostrazione di civiltà, democrazia e giustizia e io plaudo il senatore Roberto Antonione, con il quale sono pienamente d’accordo, per la sua proposta di indire un referendum. Una scelta di tale impatto ambientale non può essere fatta dalle sole istituzioni senza che la popolazione possa esprimersi in merito.
È necessario fornire gli abitanti di una completa informazione sui pericoli che comporterebbero l’esistenza di un deposito a terra, una piattaforma off shore e un traffico sostenuto di navi per il trasporto del gas, perché sarebbe inconcepibile solo pensare di costringere le navi gestire a fare slalom tra le navi bianche e le petroliere. Autorizzare questo mostruoso progetto costituirebbe la fine del nostro porto. La popolazione deve decidere e se il risultato dei referendum sarà contrario di progetti, allora che tutto finisca qui e non se ne parli più.
Primo Rovis

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 3 giugno 2007

 

 

Sonego: Endesa e Gas Natural facciano chiarezza - L’assessore: rigassificatori, ora diano tutti i documenti a Roma oppure rinuncino

 

Polemiche dopo lo stop della Regione. Fortuna Drossi a Dipiazza: nessuna paura di decidere, piuttosto sia il Comune a pronunciarsi

Lauri (Rifondazione) deluso: era preferibile un no più deciso da parte dell’esecutivo

TRIESTE «Adesso la palla passa ai proponenti. Se saranno reticenti, dimostreranno che non intendono realizzare l’impianto». Lodovico Sonego, il giorno dopo la fumata nera sull’insediamento dei rigassificatori nel golfo di Trieste, si rivolge a Gas Natural e Endesa, le società che hanno presentato i progetti: «E’ del tutto evidente che è loro interesse, se vogliono davvero procedere, rispondere allo Stato in maniera più esauriente di quanto abbiano fatto rispetto alle richieste della Regione». «La nostra è stata una decisione molto netta – spiega l’assessore con delega all’energia rispondendo all’accusa di Isidoro Gottardo (Fi) su una “scelta pilatesca dell’esecutivo –: il governo regionale è apertamente favorevole alla realizzazione di un rigassificatore ma pone precise condizioni ambientali allo scopo di tutelare le persone e l’ambiente. In particolare, chiediamo che per il rigassificatore a terra lo Stato imponga di prolungare la condotta di scarico delle acque fredde oltre la diga foranea mentre, per quanto riguarda quello in mare, che si tenga conto delle osservazioni paesaggistiche del Comune di Grado. Chi ragiona in questo modo dimostra coi fatti di essere per la rigassificazione». Sonego, ribattendo in questo caso al sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, smentisce inoltre che la decisione della giunta dipenda in qualche modo «dall’effetto cementificio». «Dipiazza piuttosto – aggiunge l’assessore – precisi qual è la posizione dell’amministrazione comunale». Al sindaco replica anche Uberto Fortuna Drossi (Cittadini): «Da che pulpito: Dipiazza pensi prima a mantenere i suoi tanti impegni: Ferriera, parcheggi, piano del traffico, problema allagamenti, inquinamento. E, in tema di rigassificatori, si preoccupi del parere del suo consiglio che ha votato contro». Fortuna, ricordati i pro e i contro dei due impianti – «quello a mare risponde meglio agli aspetti della sicurezza, quello a terra prospetta vantaggi economici» - approva l’operato della giunta: «Non si è lavata le mani, ha solo seguito con puntualità una procedura che assegna la Via al governo sentito il parere della Regione. Un parere, il nostro, che non può essere definitivo». Se i Cittadini promuovono la giunta e pure i Ds, con il capogruppo Mauro Travanut, parlano di «decisione corretta», non altrettanto fa Rifondazione comunista. «La decisione di venerdì – commenta il segretario regionale Giulio Lauri – tiene conto di tutte le criticità evidenziate dal punto di vista tecnico-ambientale e anche del fatto che una consistente parte della popolazione di Trieste, Grado e del Monfalconese ha espresso grande preoccupazione e sostanziale contrarietà all’impianto. Ma – aggiunge Lauri – ho osservato anche una condivisibile non volontà di andare fino in fondo con il ragionamento. Sarebbe stata preferibile una presa di posizione netta che dicesse una parola definitiva sul “no” alla realizzazione dei due rigassificatori».
Un “no” che, secondo Lauri, avrebbe potuto già arrivare «perché il fatto che le due società proponenti non hanno risolto i nodi segnalati da mesi fa evidentemente ritenere che non sia possibile risolverli. E allora perché rilanciare la palla ancora al committente?».
Marco Ballico

 

 

Governa (An): «Provincia, silenzio sui rigassificatori»

 

I rigassificatori? Il dibattito ha imperversato, alla fine la Regione ha deciso lo stop. Ma la Provincia ha continuato a tacere. «Nonostante le svariate richieste che ripetutamente l’opposizione in Provincia ha presentato, tace la sua giunta. E non può esprimersi un consiglio a cui su questo argomento così delicato si continua a non dare voce».
Questa l’accusa che all’esecutivo di Palazzo Galatti presieduto da Maria Teresa Bassa Poropat lancia An con il suo consigliere Arturo Governa. Il quale però definisce la posizione della Provincia «comprensibile», giacché «su questo come su altri temi la già fragile maggioranza di centrosinistra in Provincia teme di sfaldarsi. È altresì comprensibile che su questo come su altri temi fondamentali questa amministrazione teme di dare un dispiacere alla Regione. Crediamo opportuno però - continua Governa - che l’opinione pubblica sia edotta sulla paralisi politica che colpisce per volontà di chi la governa l’ente provinciale, e sulla totale assenza d’iniziativa di una maggioranza che continua supinamente ad accettare questo status quo, che ha ridotto a zero il peso politico della Provincia».

 

 

Nesladek: «Sui rigassificatori condivise le nostre posizioni»

 

MUGGIA «Siamo sollevati e contenti che la Regione abbia condiviso le nostre posizioni in merito ai rigassificatori. La giunta ha tenuto giustamente in considerazione le nostre istanze e, soprattutto, le preoccupazioni dei cittadini. Si tratta di un comportamento responsabile e corretto». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek si dichiara contento e commenta così, a caldo, la notizia che la giunta regionale ha approvato una delibera contraria ai rigassificatori.
La delibera evidenzia infatti «carenze documentali, e non dimostra l’assenza di rischi ambientali» dei due impianti progettati, fermandone quindi l’iter. Anche se ora la palla passa comunque a Roma e l’ultima parola spetterà al ministero dell’Ambiente.
Una posizione analoga a quella espressa a Muggia nei mesi scorsi. Lo sottolinea il sindaco: «La delibera regionale dimostra il buon lavoro che abbiamo fatto: le motivazioni del no regionale sono le stesse che avevamo espresso a Muggia. Noi abbiamo sempre tenuto la barra al centro, e chi ha tuonato contro tutti ora dovrà ammettere che le persone ragionevoli sanno capire la ragione degli altri».
Nel merito politico muggesano, il sindaco si rivolge in particolare ai consiglieri di opposizione di Forza Italia: «Immagino l’imbarazzo della mia opposizione in consiglio comunale, che si trova dalla stessa parte politica dell’unica persona, ora (il sindaco di Trieste, ndr), che vuole quell’impianto, ma per motivi solamente economici. Mentre la Regione si è allineata con le preoccupazioni dei cittadini».
s.re.

 

 

Torviscosa: il cementificio unica proposta di sviluppo

 

Caro papà,
ti scrivo d’oltreoceano i miei pensieri riguardo all’argomento che mi hai proposto. Come sai bene, normalmente non mi interesso direttamente di politica e per non smentirmi non lo farò nemmeno questa volta. Il mio punto di vista resterà quello di una giovane donna educata dalla vita al buon senso e sia chiaro che non penso che si tratti di una formazione finita, ma semplicemente infinita quanto lo sono le sfaccettature dell’animo umano.
Sfruttando la reale distanza che si misura tra Torviscosa e New York mi sembra di riuscire a considerarti nella veste di uno degli abitanti di Cervignano del Friuli e a moderare la tua, a mioparere, «giovanilistica» interpretazione dei fatti.
Parliamo della forse prossima nascita di un cementificio a Torviscosa. Quella di Torviscosa è una realtà che io conosco abbastanza bene per una serie di circostanze che si sono avvicendate negli anni. Brevemente lo ricordo perché diventi un patrimonio comune.
Dapprima Torviscosa è stata per me il suo Bar Bianco. Mi ricordo infatti che da piccolina (non ero ancora intollerante al latte e ai suoi derivati) è capitato che durante le mie domeniche alterne a Cervignano si andasse in quel luogo un po’ speciale per mangiare un gelato «fresco». Poi Torviscosa è diventata un gruppo di sarcastici attori che producono spettacoli di riflessione sulla lingua friulana. Alludo al Teatrino del Rifo e al loro tentativo di coinvolgere il paese in attività potenzialmente produttive ma in un senso meno materiale rispetto alle abitudini locali. Nello stesso periodo (non ero ancora laureata) ho scoperto la fantastica piscina e il pub sulla tangenziale. Poco dopo, un caro amico e colto architetto mi ha presentato la Torviscosa utopica e fascista nella sua veste più romantica. Ho scoperto i magnifici mobili che compongono il bar della fabbrica (purtroppo il prezioso bancone originale è stato di recente sostituito con uno più moderno e pratico), il teatro, il viale di rappresentanza, la piazza, la zona residenziale, insomma, il progetto di vita insito nella fabbrica della «città».
Dopo la laurea mi sono ritrovata in possesso delle categorie necessarie a trattare l’argomento «paesaggio» e casualmente, ma si potrebbe anche trattare di destino, il mio primo lavoro come dottore è stato quello di creare l’Archivio Fotografico Storico del Consorzio di Bonifica della Bassa Friulana. In tale circostanza, la problematica geografica (spazio) ha trovato la sua spiegazione nell’ordine da imporre agli eventi storici (tempo) e la città-fabbrica si è trasformata in pura immagine demagogica. Infine, di recente ho conosciuto il Cid, la sua spettacolare finestra-occhio che controlla il parcheggio davanti all’entrata della fabbrica e il suo proposito di valorizzare la memoria del luogo.
Dopo questo breve excursus che non mi da alcun diritto né competenza particolare, ma mi presenta come la persona che sono, vorrei aggiungere che secondo me gli errori sono necessari alla crescita e all’evoluzione. Credo infatti che nessuna azione possa essere fruttuosa se non deriva da una sentita esigenza.
Inoltre devo aggiungere che l’idea di un cementificio a me non sarebbe mai venuta in mente e che invece di recente ho proposto al Cid di organizzare una mostra-concorso intitolata «Torviscosa al centro del mondo». Un concorso di idee pensato per essere rivolto a diverse categorie di persone (bambini, artisti, architetti, ingegneri, scrittori) come invito a immaginare le potenzialità del luogo.
Concludo dicendo che sinceramente penso che se il cementificio di Torviscosa troverà la forza di nascere è perché non ci sono altre proposte altrettanto forti e interessanti, né economicamente. Per lo stesso motivo mi sembra evidente che se qualcuno avesse considerato veramente importante lasciare il bancone originale del bar della fabbrica al suo posto si sarebbe trovato il modo di fare una raccolta di fondi per restaurarlo e renderlo efficiente rispetto alle esigenze della nostra epoca pur mantenendo l’antica facciata. Evidentemente non è una prerogativa del luogo quella di conservare una memoria così integra, e perché fargliene una colpa, forse è il suo genuino carattere!
Corinna Cadetto

 

 

Cinque rigassificatori nella baia di Tokyo

 

Il lettore Sergio Baldassi, in una lettera pubblicata sul «Piccolo» del 27 maggio («Troppa imprecisione sui rigassificatori»), critica il paragone tra la baia di Tokyo e il golfo di Trieste che il presidente della Regione Riccardo Illy ha più volte indicato nella discussione sui progetti di terminal di rigassificazione, che due diverse società hanno proposto di realizzare in Friuli Venezia Giulia.
Va innanzi tutto precisato che in questi confronti si è sempre parlato del golfo di Trieste, e non di quello di Muggia, di cui il lettore fornisce i dati nella sua lettera. La baia di Tokyo è di grandezza doppia rispetto al golfo di Trieste (1000 chilometri quadrati contro 550 circa, dalla laguna di Grado a punta Salvore), con la stessa profondità media (16 metri).
Tuttavia, attorno alla baia di Tokyo c’è una delle più alte concentrazioni urbane del mondo, dove vivono stabilmente 26 milioni di persone (la sola Tokyo ne ha 12) su una superficie di soli 7500 chilometri quadrati, pari a poco meno di quella dell’intera regione Friuli-Venezia Giulia, che ha un milione e 200 mila abitanti. Nella baia di Tokyo ci sono 5 terminal di rigassificazione, a cui attraccano 8 navi la settimana (oltre 400 all’anno). Il gas liquefatto arriva nella baia giapponese dal 1969, senza che ci sia mai stato alcun serio incidente. In questo senso, e solo in questo senso, si è sostenuto che il golfo di Trieste può ragionevolmente ospitare uno dei due impianti proposti.
Approfitto dell’occasione per ricordare che la decisione finale sui rigassificatori nel golfo di Trieste spetta al Governo centrale. All’interno di una procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) di carattere nazionale, alla Regione spetta un parere motivato. Nel formulare questo parere, saranno tenuti puntualmente in considerazione tutti gli aspetti dell’impatto ambientale dei due impianti.
Lodovico Sonego - assessore regionale alla Pianificazione territoriale e all’Energia

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 2 giugno 2007

 

Rigassificatori, stop della giunta ai due impianti - Approvata la delibera: «Carenze documentali, non è dimostrata l’assenza di rischi ambientali»

 

Ora tocca al governo decidere ma la Regione non esclude in futuro l’ok a un solo progetto. Antonaz vota contro: chiedevo un no più netto

TRIESTE Fumata nera sull’insediamento dei rigassificatori nel golfo di Trieste. Questa è la decisione uscita ieri mattina dall’esecutivo regionale. Non si tratta di un parere negativo tout court, ma di una valutazione tecnica che comunque assume un’importante sfumatura politica. Perché il Ministero dell’Ambiente, che ha la competenza di dire l’ultima parola fornendo la valutazione di impatto ambientale ma è probabile, non potrà non tenere conto dell’indicazione deliberata dalla giunta. Le «zone d’ombra», individuate nelle relazioni presentate dalle due società proponenti (Endesa e Gas Natural) con le relative integrazioni richieste, hanno suggerito all’esecutivo prudenza e quindi una frenata sul possibile insediamento degli impianti. Una deliberazione che non è stata approvata da tutti gli assessori con l’eccezione di Roberto Antonaz che si aspettava un’opzione negativa netta. La Giunta regionale infatti ha deciso di non esprimere parere di compatibilità ambientale sui progetti di due rigassificatori nel golfo di Trieste così come sono stati presentati da Gas natural, uno, e da Endesa, l'altro. «Secondo la Giunta regionale - ha spiegato l’assessore Michela Del Piero - non è dimostrata l'assenza di pericoli per la salute umana e per l'ambiente».
«La Regione - aggiunge la Del Piero - ha pertanto deciso di segnalare le carenze documentali e progettuali al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare cui compete la Valutazione di impatto ambientale che compete allo Stato. Qualora il Ministero superasse le difficoltà di ordine progettuale e ambientale abbiamo ritenuto, per il principio di precauzione, di essere disponibile a dare l'intesa per un solo impianto».
Una soluzione che non ha convinto Roberto Antonaz per il quale nella seduta di ieri sono stati evidenziati tutti gli elementi nella riunione di ieri per dare un parere negativo. «Ho votato contro - spiega Antonaz - perché la giunta regionale si è fermata un millimetro prima di dire esplicitamente e chiaramente «no» ai due impianti. Rilanciando la palla al Governo e ai ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali, la giunta non ha voluto assumersi fino in fondo le responsabilità del no».
Antonaz ha espresso una valutazione positiva sui «grandi passi in avanti - dice - di questa delibera rispetto ad alcune settimane fa. Essa - spiega Antonaz - è stata il frutto di un approfondimento tecnico che ha fatto pendere l'ago della bilancia nettamente a favore di un parere negativo ai due impianti. Oltre ai pareri politici quindi - ha detto Antonaz - si sono aggiunti questi pareri tecnici che dovevano far maturare una valutazione diversa»
La posizione dell’assessore di Rifondazione non è stata condivisa dagli altri membri di giunta. «Come sempre gli atti - spiega l’assessore Roberto Cosolini - sono la migliore risposta se rigorosi, motivati e rispettosi della norma. Questo è sempre stato il nostro metodo e lo abbiamo applicato anche in questa circostanza. La nostra competenza in questa fase si limitava a fornire a Roma un parere sull’incompatibilità ambientale».
La giunta e il presidente Riccardo Illy, che si erano sempre espressi in modo favorevole ai rigassificatori dal punto di vista socio-economico (scontrandosi con la sinistra radicale), si sono fermati davanti ai rischi potenziali sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. La Regione Friuli Venezia Giulia - che ha provveduto in questi mesi di istruttoria ad acquisire i pareri dei comuni interessati - già nel 2006 aveva chiesto al competente ministero di acquisire integrazioni progettuali sui due impianti «volte a risolvere le problematiche emerse».
«Pur tenendo conto di quanto fornito in aggiunta dalle due società - conclude l'assessore Del Piero - il quadro documentale che ne deriva non ha consentito di superare le perplessità sull'impatto ambientale degli impianti».
«La richiesta al ministero dell'Ambiente e al ministero per i Beni e le Attività culturali - ha aggiunto Del Piero - è stata avanzata anche in vista di eventuali integrazioni agli studi presentati, ritenendo comunque di dover prospettare al predetto ministero alcuni adempimenti e prescrizioni ritenute imprescindibili relativamente allo scarico delle acque fredde e clorate, in ordine agli indispensabili monitoraggi ambientali per ambedue gli impianti e l'attenzione visiva per quanto riguarda il centro del golfo di Trieste ai riflessi turistici soprattutto per la località di Grado».

Ciro Esposito

 

 

Igor Kocijancic assieme a Legambiente presenta una tecnologia studiata in Giappone

Il capogruppo: dibattito inutile, c’è una soluzione più sicura e economica

 

Rc: meno problemi con il gas-ghiaccio

TRIESTE «Esiste un’alternativa meno rischiosa e più economica all’utilizzo del Gnl. La nuova tecnica sarà adottata in tutti Paesi più avanzati del mondo entro 5 anni. Non si capisce dunque perché continuiamo a fare battaglie politiche senza prima affidare degli studi scientifici magari alle tante strutture presenti nell’area di Trieste».
Per il capogruppo di Rifondazione comunista Igor Kocijancic (prima di conoscere l’esito della riunione di giunta), il no ai rigassificatori non è pregiudiziale e ideologico. Il trasporto del metano in forma di cubetti di ghiaccio è l'alternativa «sicura» ed «economica» alla costruzione dei rigassificatori per l'approvvigionamento del gas in Italia.
La tecnologia illustrata da Kocjiancic e Santoro è stata sviluppata da un'azienda giapponese, e consiste nel miscelare metano e acqua e produrre «cubetti» (pellets) di idrato di metano, che possono essere trasportati via nave dal luogo di estrazione al Paese di utilizzo. «Si tratta - hanno spiegato Kocijancic e Santoro - di trasportare i pellets a una temperatura di 20 gradi sottozero, mentre il gas liquido viaggia a -160. Il volume occupato dai pellets è 3-4 volte superiore rispetto a quello del gas liquido, «quindi - ha specificato Kocjiancic - meno gas trasportabile, ma meno problemi di conservazione dei pellets e di sicurezza rispetto alle navi gasiere esistenti. Sarebbe oltremodo utile non attardarsi su un dibattito sui rigassificatori, che oltre ad aumentare il livello di conflittualità sociale in molti territori rischia - ha concluso - di essere vano perchè obsoleto».
«Il futuro quindi non è del Gnl ma del metano idrato, cioè dell’Ngh - ha sottolineato Santoro - è in tutto il mondo stanno studiando la soluzione da 10 anni. Solo in Italia c’è poca attenzione alla ricerca in questo settore. I costi di produzione dell’idrato sono circa il 25% inferiori a quelli del Gas liquefatto. Non sono necessari serbatoi per lo stoccaggio, serve solo un impianto che, per innalzamento termico decompone i pellets in metano gassoso e acqua».
Per Kocijancic infine «sarebbe meglio riflettere su questo aspetto piuttosto che continuare ad aggrovigliarci attorno a un dibattito forse inutile sul numero di rigassificatori da collocare da qualche in assenza di piani energetici».

 

 

Dalla vetreria alla Tav, tutti i nodi ambientali - I veti di associazioni, comitati e della sinistra frenano le grandi opere
 
Sulla questione infrastrutture e sugli insediamenti industriali la maggioranza sta incontrando le maggiori difficoltà
L’esecutivo regionale non si è ancora espresso sul cementificio e già affiorano problemi per un’industria del vetro nell’area di Torviscosa
TRIESTE Il caso del cementificio di Torviscosa (sul quale la giunta sembra orientata a dire no) ha fatto esplodere all’interno della maggioranza frizioni latenti da tempo sulla questione ambientale. Da una parte la giunta è impegnata a realizzare un modello di sviluppo economico del Friuli Venezia Giulia capace di produrre quelle risorse da utilizzare per il welfare e la «coesione sociale».
Dall’altra, sempre all’interno della maggioranza, la sinistra «alternativa», pur condividendo la linea inserita nel programma di Intesa democratica, chiede che le scelte non possano essere superficiali nelle valutazioni di impatto ambientale e soprattutto che le decisioni siano accompagnate da una maggior collegialità e da una condivisione con il territorio. Sullo sfondo c’è la difficoltà della politica di conciliare le esigenze della lobby economico-industriale con la necessità di garantire la salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.
ELETTRODOTTI La partita si gioca su due fronti. I più importanti gruppi industriali del Friuli Venezia Giulia hanno la necessità di garantirsi maggiori approvigionamenti di energia a costi ridotti rispetto a quelli attuali (con un risparmio di almeno il 30%). Pittini e Fantoni si sono mossi per importare energia dall’Austria attraverso un elettrodotto. Il progetto di collegamentoi Wurmlach-Somplago proposto dalle aziende Fantoni e Pittini è stato contestato per l'impatto ambientale da Comuni, comitati dei cittadini e ambientalisti). In fase più avanzata è il progetto di una altro impianto interrato proposto dalla Burgo di Tolmezzo ma una riunione che si è svolta un paio di settimane fa riunione a Roma tra Regione, Comuni e azienda si è conclusa con un nulla di fatto.
LA VETRERIA È stata avviata la procedura di istruttoria per la Valutazione di impatto ambientale per un impianto dell’impresa Veneta Sangalli sempre nell’area industriale dell’Aussa Corno. Secondo gli ambientalisti le emissioni della vetreria avrebbero un impatto superiore al famoso cementificio del gruppo Grigolin.
TERMOVALORIZZATORE Non si conosce ancora dove si farà, quando si farà e neppure se si farà. Si parla di un impianto di termovalorizzazione da insediare in provincia di Udine (forse a Osoppo), del tipo «a griglia raffreddato ad acqua» e alimentato da Cdr (frazione combustibile recuperata dal trattamento dei rifiuti solidi urbani) e in parte da rifiuti assimilabili agli urbani, per una portata complessiva di 120 mila tonnellate di rifiuti l’anno. L’impianto sarà pure in grado di produrre energia elettrica per una potenza pari a 110 mila megawatt all’anno, al netto degli autoconsumi, energia vendibile sul mercato.Il progetto è stato presentato dall’Ardea, il Consorzio di imprese friulane che si propone di investire tra gli 85 e i 100 milioni di euro per l’impianto.
CASSE DI ESPANSIONE Per evitare le eventuali esondazioni del Tagliamento nei pressi di Latisana la giunta regionale, su proposta dell’assessore Gianfranco Moretton, ha progettato la costruzione di 3 casse di espansione a sud della diga di Pinzano. Progetto contestato da Wwf e ambientalisti che propongono come alternativa la pulizia del letto del fiume che è l’unico in Europa a scorrere ancora nella sua sede naturale.
AUTOSTRADA Un altro nodo della discordia è la costruzione del raccordo autostradale Carnia-Cadore. Gli industriali del Veneto hanno già dato la disponibilità a finanziare l’impresa (54 km da Cavazzo a Cortina con 30 di gallerie). Anche gli industriali di Udine hanno manifestato un certo interesse alla costruzione dell’arteria che favorirebbe i collegamenti con il tessuto imprenditoriale dell’alto Veneto. Il progetto è fermo allo studio di fattibilità che è stato inserito nel Piano territoriale regionale.
TAV La giunta regionale sta cercando di accelerare sull’Alta velocità ferroviaria. Il primo progetto della tratta Ronchi Trieste è stato bocciato dal Cipe. Entro agosto dovrebbe essere ripresentato il progetto. Sul tratto Venezia-Ronchi alcune amministrazioni locali non hanno dato il via libera, mentre sulla Trieste-Divaccia ci sono ancora resistenze da parte della Slovenia.
ci.es.

Dipiazza: paura di decidere dopo il caso cementificio - Antonione: credo che Illy si sia basato più sui documenti che sulle pressioni dell’opinione pubblica
 
Le reazioni dopo la delibera della giunta sui rigassificatori. Freddo il commento del sindaco di Trieste. Il verde Metz: un’ottima notizia
TRIESTE «Ne prendo atto». La reazione del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, al doppio no della giunta regionale agli impianti di rigassificazione di Endesa e Gas Natural è dapprima sorpresa, quindi fredda. Il primo cittadino analizza i motivi che, a suo parere, sarebbero alle spalle di questa decisione dell'esecutivo regionale: «Si sono arenati sulla questione cementificio e hanno avuto paura di decidere – sostiene Dipiazza – scaricando il problema sul governo. Ora vedremo cosa decideranno a Roma, intanto prendiamo atto di questo gesto». Anche gli ambientalisti non intendono abbassare la guardia e, tramite il responsabile del Comitato per la salvaguardia del Golfo, Giorgio Jercog, parlano di una «scelta-non scelta» da parte della Regione: «Non festeggiamo anche se rispetto alle dichiarazioni rilasciate a suo tempo dal governatore si è fatto un passo avanti – afferma Jercog – ma manteniamo l'attenzione alta. La giunta regionale ha voluto smorzare la tensione sul tema ma la questione non è assolutamente finita».
La parola passa ora al ministero dell'Ambiente ma, sottolinea il capogruppo della Margherita in Consiglio regionale, Cristiano Degano, «è stato espresso chiaramente che senza i dovuti chiarimenti sulle questioni ambientali rimaste ancora senza risposta non ci sarà l'intesa su nessuno dei due progetti». Insomma, secondo Degano non si è voluto lasciare la patata bollente in mano al governo centrale. «A leggere la documentazione – aggiunge l'esponente diellino – non si vedeva un quadro completo, nemmeno dopo la richiesta di ulteriori chiarimenti: la giunta ha riconosciuto questa realtà e noi condividiamo questo atteggiamento». Si spinge più in là un altro rappresentante della Margherita, il consigliere regionale Sergio Lupieri, secondo cui «se le due società non sono state in grado di dare le necessarie risposte fino a questo punto, è difficile che cambi lo stato delle cose in futuro». Quindi, secondo Lupieri, quello che prima era un “sì condizionato”, ora è un «no condizionato da determinate prescrizioni. Ma il sì – è convinto – non arriverà». Esultano i Verdi, tra i più grandi oppositori dei rigassificatori; secondo il consigliere regionale Alessandro Metz quella della Giunta è «un'ottima decisione. C'era il sentore che gli uffici tecnici non avrebbero dato un avvallo in bianco. Questa scelta è un ottimo segnale». Anche per Metz, come ipotizza anche il sindaco Dipiazza, la decisione della giunta è in parte figlia delle ultime vicende che hanno creato non poche fibrillazioni nella cittadinanza e in Intesa Democratica: «E' evidente – sostiene il consigliere dei Verdi – che la questione cementificio ha portato ad operare in maniera più rigorosa e questa volta la Giunta si è comportata come tutti si aspettavano». Soddisfatto anche il senatore di Forza Italia, Roberto Antonione: «Fa molto piacere che ci sia stata questa scelta da parte della Regione. Ho sempre ritenuto che i rigassificatori potessero essere più dannosi che utili pur nella convinzione che ci sia bisogno di fonti di approvvigionamento alternative ma nelle localizzazioni più idonee». Secondo Antonione «le prese di posizione precise e forti dell'opinione pubblica hanno avuto il loro ruolo anche se, conoscendo il presidente Illy, credo si sia basato soprattutto sui dati formali. Ma quello che importa è che sia arrivato un risultato in linea con quello che speravo». Per il segretario regionale dei Comunisti Italiani, Stojan Spetic, la giunta «ha dimostrato rispetto per le procedure previste sulla tutela ambientale e sensibilità per le preoccupazioni espresse dagli amministratori e dalle popolazioni che si affacciano sul Golfo». Spetic sottolinea come questo atteggiamento «facilita sicuramente il dibattito aperto nella maggioranza di centro-sinistra sul metodo democratico da seguire di fronte ai progetti di forte impatto ambientale e sociale che le forze di sinistra hanno chiesto con forza anche nei recenti incontri». Positiva anche la reazione dell'Italia dei Valori attraverso il coordinatore regionale, Paolo Bassi: «Gli impianti proposti nel golfo di Trieste non erano in grado di garantire un adeguato livello di sicurezza per la popolazione. Ma – aggiunge Bassi - ora la Regione dovrebbe attivarsi per la costruzione di centrali alimentate da fonti rinnovabili».
Roberto Urizio
 

 

MUGGIA Contestata la rotazione  - Commissione antenne: entra Legambiente e si scatena la polemica

 

MUGGIA La surroga di un componente della commissione per il piano per gli impianti di telefonia mobile, ma anche alcuni timori di illegittimità nella procedura delle nomine, hanno diviso fortemente maggioranza e opposizione in consiglio comunale a Muggia.
Nella nuova commissione, all’esponente di «Ambiente e/è vita» è stato sostituito uno di Legambiente. Christian Gretti (An), già referente di «Ambiente e/è vita», si è lamentato (in modo pacato) per tale decisione, non condividendo l’addotta «maggiore rappresentatività» di Legambiente. Il sindaco ha proposto di modificare tale dicitura, spiegando che si tratta di rotazione fra associazioni. Ma l’opposizione ha parlato di possibili «preferenze» tra le associazioni ambientaliste, ricordando che il sindaco era presidente a Muggia di Legambiente. Il sindaco ha negato ogni addebito. Ma a scaldare gli animi è stata una richiesta di Claudio Grizon (Fi): «Perché in delibera c’è già il nome dell’associazione ambientalista e delle categorie professionali per la commissione, se la legge regionale prevede che si debbano dapprima vagliare le varie candidature? È stato avviato l’iter?». Alla conferma che non c’è stato alcun iter del genere, come del resto non c’era stato con la passata amministrazione (di centrodestra), Grizon è sbottato: «Se i miei “colleghi” hanno sbagliato non vuol dire che dobbiamo sbagliare ancora. Perché non ritirare la delibera?». Critiche anche da Andra Mariucci (Cittadini). Ma poi la delibera è stata approvata. Contrarie solo le opposizioni. La successiva uscita dall’aula della minoranza (già fuori Mariucci, Leiter e Valentich) ha fatto poi mancare il numero legale.
s. re.

 

 

Il consigliere di An contesta il ventilato uso nell’area della fitodepurazione - Gretti: Acquario, bonifica errata

 

MUGGIA L’ipotesi, allo studio, di usare la fitodepurazione per bonificare il terrapieno di Acquario desta già qualche perplessità a Muggia.
Ad esprimerla è il consigliere di An, Christian Gretti, dopo che il sindaco Nesladek, tempo fa, aveva accennato al possibile uso della pianta «vetyver», per assorbire metalli ed idrocarburi dal terrapieno inquinato.
Un’ipotesi che non era rimasta lettera morta o studio è stato commissionato all’ateneo triestino. Gretti non è convinto dell’efficacia, e riporta alcuni dubbi già espressi dall’Aipin (che si occupa di ingegneria naturalistica). «Si vogliono usare piante con radici tanto lunghe che raggiungeranno l’acqua di mare? – chiede Gretti - Si è pensato alle conseguenze? Sopporteranno una così marcata concentrazioni di sali?».
E aggiunge: «Si è valutato il possibile impatto infestante di una pianta originaria della Malesia sulla vegetazione al di fuori dall’ area da trattare? Ed esistono già in provincia o regione siti che utilizzano questo tipo di trattamento, e con che risultati?».
Secondo il consigliere, si tratta di tecnologie ad alto costo, di lunga durata e, in ultima analisi, ad alto rischio di insuccesso.
«La fitodepurazione – spiega – può essere vantaggiosa su estensioni limitate, e per acque reflue. Qui ci sono molte variabili, come fattori climatici e ambientali, che possono risultare importanti ai fini del risultato finale dell’operazione».
Gretti conclude con una punta d’ironia: «Sembra qualcosa di miracoloso… speriamo che sia vero, visto anche l’impegno di spesa previsto».
s.re.

 

 

La Provincia coinvolge i Comuni sulla raccolta differenziata Barduzzi: «Percentuali basse» - Per legge i volumi andrebbero raddoppiati

 

L’ASSESSORE: Attualmente viene riciclato solo il 16-19 per cento dei rifiutimentre la legge prescrive di arrivare almeno al 35 per cento entro il 2007

TRIESTE Sul territorio provinciale la raccolta differenziata registra percentuali inferiori a quelle previste dalla legge. Attualmente si riesce a differenziare appena il 16-19% del totale dei rifiuti contro il 35%, obiettivo che secondo l'attuale normativa è da raggiungere entro il 2007. Per affrontare il problema l'assessore provinciale Ondina Barduzzi con delega all'Ambiente ha incontrato ieri i rappresentanti di tutti i Comuni della provincia.
«Ho proposto la creazione di un tavolo tecnico tra esperti della Provincia e dei Comuni per affrontare operativamente il problema - ha detto Ondina Barduzzi - e dare attuazione al Piano provinciale sui rifiuti». «E' necessario agire con tempestività - ha aggiunto - anche perché una nuova legge, la 152/2006, impone un ulteriore innalzamento della percentuale di differenziata e obbliga gli enti locali a raggiungere il 65% di differenziata sul totale».
I sindaci e gli assessori presenti alla riunione hanno convenuto con l'assessore Barduzzi di operare in sinergia e con tempestività impegnandosi a dare vita a un tavolo tecnico per implementare in modo massiccio la raccolta differenziata.
«Ho proposto un modello di raccolta differenziata capace di adattarsi alle diverse caratteristiche del territorio - ha aggiunto Barduzzi -, dovremo studiare un sistema misto che comprenda in alcune zone la raccolta porta a porta e in altre più urbanizzate una raccolta con contenitori specifici, campane e multimateriali».
La Provincia di Trieste convocherà il tavolo tecnico entro il 15 giugno. «E' nostra intenzione premiare i Comuni virtuosi - afferma Barduzzi - finanziando i migliori progetti, quelli cioè che offriranno la migliore soluzione al problema». L'avvio del tavolo tecnico provinciale sulla raccolta differenziata è solo il primo tassello di un più ampio progetto che la Provincia di Trieste sta elaborando per migliorare il ciclo di raccolta di rifiuti e recuperarli con evidenti vantaggi ambientali.
«Abbiamo intenzione di svolgere un'attività di sensibilizzazione presso gli studenti delle scuole - ha concluso - e della cittadinanza, non trascurando neppure le imprese del territorio che intendiamo coinvolgere in questa operazione. Solo incentivando la raccolta differenziata di rifiuti - ha concluso - potremo migliorare l'utilizzo dell'inceneritore. Avremo infatti meno scorie da smaltire e più spazio per accogliere i rifiuti provenienti da altri Comuni e anche da oltreconfine».

 

 
Touring e Legambiente: in Toscana il mare migliore
 
ROMA La Toscana con Capalbio conquista il primato del mare migliore d’Italia, ma la Sardegna si aggiudica un premio speciale perché è la regione che concentra il maggior numero di spiagge e località marine d’alto livello. E mentre il Sud scala l’ambita classifica dove sventolano le cinque vele, le amministrazioni locali partono dall’attuazione di politiche ambientali per incrementare il turismo.
La Guida Blu, stilata dal Touring Club insieme a Legambiente, quest’anno sfonda il tetto della top ten e annovera tra le migliori dell’estate in arrivo ben undici città.
Il massimo delle vele, cioè cinque, sono state assegnate oltre a Capalbio (la provincia di Grosseto è in testa con un punteggio che assegna il massimo per ambiente, servizi, mare e spiaggia, servizi ai disabili e sostenibilità), anche alle Cinque Terre (la Liguria perde così la leadership dello scorso anno) e a Castiglione della Pescaia (ancora Grosseto). Dopo le prime tre, seguono Pollica Acciaroli e Pioppi (Salerno), Domus De Maria (Cagliari), Nardò (Lecce), e habitué della top ten come Villasimius e Bosa (in provincia, rispettivamente, di Cagliari e Nuoro). Negli ultimi tre posti, infine, Noto (Siracusa, premiata anche perché impegnata per contrastare le trivellazioni petrolifere), Isola del Giglio e Santa Maria Salina, nell’arcipelago delle Eolie.
E’ dunque il Tirreno ad avere nel complesso lo scettro di miglior mare, ma Legambiente e Touring sottolineano che, oltre alla qualità delle acque, l’assegnazione delle vele segue parametri precisi, come una corretta gestione del territorio, interventi e politiche che rispettino l’ambiente e buona funzionalità dei servizi.
«Puntare sulla qualità dell’ambiente contenendo un fenomeno grave come quello della cementificazione delle coste - afferma il presidente dell’associazione, Roberto Della Seta - paga in termini di turismo. Le amministrazioni locali finalmente lo hanno capito. Mentre coloro che non hanno fatto scelte a tutela del paesaggio faticano a reggere la concorrenza». Commentando la lista delle undici città marine, Della Seta evidenzia la «dominanza tirrenica» e la «presenza di ben sette località del Sud e insulari» tra le migliori. «Dall’elenco delle prime classificate - aggiunge il presidente - manca l’Adriatico, zone costiere dove il turismo balneare ha fatto altre scelte, come quella della quantità e quindi della cementificazione».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 1 giugno 2007

 

 

Antenne, spunta l’ipotesi cimitero  - Le circoscrizioni: sistemiamo gli impianti nei camposanti

 

Marco Milcovich, presidente Altipiano Est: «Camuffiamole da cipresso»

L’antenna dei telefonini? Piantiamola in cimitero. Magari, per salvare le apparenze, mascherata da cipresso. E’ questa la laica opinione dei presidenti di circoscrizione che l’altro giorno hanno partecipato (salvo talune assenze) alla pubblica presentazione del nuovo piano redatto dal Comune, che in larga parte ricalca quello già bocciato dal Tar su istanza delle compagnie telefoniche. Il documento che mappa l’intera città ha protetto dalle antenne non solo asili, scuole, ospedali, strutture per anziani, ricreatori, chiese, palazzi di pregio e vincolati, ciglioni panoramici e costa e siti a tutela ambientale, ma anche appunto i cimiteri: sacrale rispetto.
E invece no, «con rispetto parlando» le circoscrizioni dicono che è meglio tutelare i vivi. Marco Milcovich (Margherita), presidente di Altipiano Est, è vigoroso: «Errore madornale mettere un vincolo sui cimiteri». L’idea del travestimento da cipresso è sua. Del resto l’assessore Maurizio Bucci testimonia:tutta la città è piena di finti camini, sono dei copriantenna.
Ma in senso generale i presidenti di quartiere, tutti appartenenti alla maggioranza tranne Milkovich (che critica anche il mancato aggiornamento con il rispetto delle nuove zone di tutela speciale) e Bruno Rupel di Altipiano Ovest (Ds), accolgono con molto favore lo strumento normativo. San Giovanni-Chiadino-Rozzol ha già votato parere positivo. Ma con alcune richieste d’integrazione, come spiega Gianluigi Pesarino Bonazza (Fi): «Che si proteggano anche gli oratori, che si ottenga la sistemazione di più antenne su un palo solo offrendo minori oneri di concessione, che si obblighino le aziende a installare sistemi a microcella, e che si proceda con Slovenia e Croazia affinché adeguino il loro segnale, oggi troppo forte e invasivo, che le antenne portino, come da legge, cartelli identificativi». Da ultimo, che vadano appunto anche in cimitero.
Prima di questo piano i pareri sui nuovi impianti erano sempre negativi da parte delle circoscrizioni. «Ora i buoi sono già scappati - nota Andrea Vatta (Fi) di Servola-Chiarbola-Valmaura e Borgo San Sergio -, e comunque meglio mettere antenne in cimitero dove non disturbano nessuno, anche se emotivamente non è il massimo...». Per Alberto Polacco (An) che presiede Citta nuova-Barriera nuova-San Vito e Cittavecchia «è interessante che il piano documenti emissioni inferiori ai limiti di legge, che ci sia una regolamentazione e che le aziende di telefonia possano essere condizionate dal consiglio comunale». Sandro Menia (An) di Roiano-Gretta-Barcola e Cologna-Scorcola dice: «Il cimitero è un po’ come una chiesa, ma se devo scegliere tra questo e una civile abitazione...». E così afferma anche Silvio Pahor (Fi) di San Giacomo-Barriera vecchia: «Le antenne disturbano più i vivi che i morti». Del resto, apprezzamento per tutti i siti tutelati, speranza che si possano concentrare gli impianti su pali comuni. Bruno Rupel, invece, di Altipiano Ovest, si dispiace perché «i 192 impianti già installati restano dove sono». Nessuno, se non forse Vatta che parla di «sconsiderato uso di telefonini da parte della gente, e dei ragazzini», muove però una critica all’abuso generale di cellulari, che illogicamente poi va di pari passo con le proteste per le antenne. E il futuro ne porterà una foresta, con la diffusione dei videotelefoni. Criticata comunque la legge dell’ex ministro Gasparri: «Ha equiparato le telefonia mobile al servizio pubblico, come se fosse il 118».

Gabriella Ziani

 

 

ANTENNE - «Onde nocive? Non ci sono prove»

 

Fanno male o no le onde elettromagnetiche delle antenne per cellulari? «Non ci sono prove - risponde Massimo Bovenzi, direttore di Medicina del lavoro all’Azienda ospedaliero-universitaria e titolare della cattedra in materia -, dati sperimentali o epidemiologici che ne dimostrino la cancerogenità non esistono, in tutto il mondo si stanno facendo studi, una risposta è attesa per il 2010». Ma aggiunge Bovenzi: «Diversamente da quanto tutti pensano, è la normale corrente elettrica di casa a essere pericolosa in modo certo, perciò per precauzione gli elettrodotti vanno costruiti lontano dalle abitazioni e vanno evitate, specie per i bambini, le termocoperte, mentre prendiamo più radiazioni col normale phon per i capelli che non con le antenne, e viceversa possiamo rassicurare sui computer: non emettono radiazione alcuna, questo può tranquillizzare anche le donne in gravidanza».
Forti radiazioni emettono invece le Risonanze magnetiche in medicina, bisogna fare attenzione con le radiofrequenze (radio e tv) che agiscono sulla temperatura del corpo, e alle microonde (i noti fornetti). Vivendo in una somma di emissioni diverse, è meglio dunque essere prudenti.

 

 

Raccolta differenziata presto in tutti i rioni - Dopo l’esperienza positiva a Rozzol Melara torna in consiglio comunale la decisione di estendere la campagna

 

La decisione sull’avvio di una campagna per la raccolta differenziata di rifiuti nei rioni torna in consiglio comunale. Nata da una mozione presentata dal consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi per la pace), alla luce dell’esperienza positiva avviata dal consorzio Interland nel rione di Rozzol, la discussione sulla campagna era stata accolta positivamente dalla terza commissione consiliare, ma era stata al centro di un ampio dibattito all’interno del consiglio comunale.
Un vivace scontro d’opinioni che ha portato ad un nuovo esame della mozione, effettuato ieri mattina in commissione. «Abbiamo appena visto una fase di emergenza rifiuti con la chiusura di parte dell’inceneritore da poco riaperto a pieno regime - ricorda Racovelli – la differenziata a Trieste raggiunge appena il 18%, contro il 35% disposto dal decreto Ronchi. Credo che su questo fronte i cittadini si aspettano una risposta chiara. Ora si torna in aula per discuterne. Ulteriori modifiche non le ho apportate alla mozione, visto che il testo era già condiviso dalla commissione. Ricordo però – conclude – che da un sondaggio commissionato dall’Interland all’SWG, che sarà presentato a breve, emergono i dati positivi e le considerazioni favorevoli degli abitanti di Rozzol nella prima fase sperimentata in quel rione. Considerando i risultati bisogna proseguire su questa strada». Sulla possibile estensione del servizio di raccolta differenziata nelle altre zone di Trieste si esprime positivamente l’assessore comunale, competente in materia, Paolo Rovis.
«La mozione era condivisa nel suo spirito – precisa Rovis – all’interno però c’era un paragrafo in cui si chiedeva un impegno all’Acegas. Si può chiedere un impegno al sindaco o all’assessore però, non ad un’azienda, quindi c’era solo questo piccolo passaggio da correggere. L’esperienza di Rozzol ha evidenziato molti aspetti positivi e inevitabilmente qualche problema. Stiamo ora valutando, con gli uffici appositi, le modalità di sperimentazione della raccolta differenziata anche in altri rioni. Peccato ci sia stata una controversia a livello politico – conclude Rovis – si va a svilire un argomento importante, una mozione che comunque era condivisa dalla terza commissione consiliare».
mi.b.

 

 

Muggia: più vincoli per installare le antenne  - Il Comune vara il piano di settore in assenza di un progetto di localizzazione e dell’apposita commissione

 

Il nuovo indirizzo tiene conto anche dei valori architettonici e paesaggistici

Il Comune di Muggia aumenta i vincoli per le concessioni di installazione di impianti per la telefonia mobile. I nuovi indirizzi per il piano comunale di settore, ancora non predisposto, tiene conto anche dei valori architettonici e paesaggistici. È dal 2004 (nonostante il regolamento sia dell’anno dopo) che la Regione delega ai Comuni la disciplina della farraginosa materia. Tema caldo un po' ovunque, che contrappone gli interessi degli operatori di telefonia e le lamentele degli utenti quando «non c’è campo», e le preoccupazioni di cittadini che temono per la loro salute quando si ritrovano davanti casa un palo con le antenne.
Muggia - ma non è l’unico caso - non ha mai predisposto un piano per la localizzazione degli impianti, nonostante la legge regionale lo preveda e nonostante i primi indirizzi dati dal consiglio comunale per la sua preparazione risalgano al novembre 2005. Non è stata mai nominata nemmeno la relativa commissione consultiva, che ha il compito di vagliare le varie domande dei gestori e verificare il rispetto delle norme. A Muggia al momento ci sono nove impianti di telefonia, sparsi tra la zona industriale e San Bartolomeo. Una situazione alquanto statica da tempo, con l’unica novità dell’arrivo in città dei ripetitori per i videofonini, ma su pali già esistenti. Per frenare un aumento selvaggio di tali impianti, il Comune mette le mani avanti. Nel piano di settore saranno stabili, come da legge nazionale, i divieti di installazione su edifici scolastici, attrezzature e edifici per anziani, disabili, strutture di degenza. Ma ora si aggiungono nuove direttive e limitazioni, approvate mercoledì dal consiglio comunale.
Non si possono installare antenne nemmeno su edifici di valore storico, architettonico-ambientale e archeologico, ma neppure in aree di patrimonio paesaggistico e ambientale, a meno che non venga dimostrata una mancanza di alternative. In tal caso, l’impianto dovrà essere accuratamente mimetizzato, e dovrà sottostare alle valutazioni della commissione edilizia e della Soprintendenza.Un freno in più, dunque. Il regolamento e il piano potranno comunque subire variazioni nel tempo. Il possibile avvento di nuove tecnologie e metodologie di trasmissione (come le prospettate minori emissioni degli impianti sopperite però da un maggior numero di antenne, anche se di piccole dimensioni o l’avvento di altre reti di servizi senza fili) potrebbe far rivedere il regolamento.

 

 

Muggia: nomine nelle commissioni è polemica fra gli ambientalisti  - Proteste e critiche nel corso dell’ultimo consiglio comunale

 

La surroga di un componente della commissione per il piano per gli impianti di telefonia mobile, ma anche alcuni timori di illegittimità nella procedura delle nomine, hanno diviso fortemente maggioranza e opposizione, mercoledì in consiglio comunale a Muggia.
Nella nuova commissione, all’esponente di «Ambiente e/è vita» è stato sostituito uno di Legambiente. Il consigliere Christian Gretti (An), già referente di «Ambiente e/è vita», si è lamentato per tale decisione, non condividendo l’addotta «maggiore rappresentatività» di Legambiente. Il sindaco ha proposto di modificare tale dicitura, spiegando che si tratta di una volontà di rotazione fra le associazioni ambientaliste. Ne è nata però una discussione. I consiglieri di opposizione hanno, tra l’altro, parlato di possibili «preferenze» tra le associazioni ambientaliste, ricordando che il sindaco era presidente a Muggia di Legambiente. Il sindaco ha negato ogni addebito. Ma a scaldare gli animi è stata una richiesta del consigliere Claudio Grizon (Fi): «Perché in delibera c’è già il nome dell’associazione ambientalista e delle categorie professionali per la commissione, se la legge regionale prevede che si debbano dapprima vagliare le varie candidature? È stato avviato l’iter?». Alla conferma che non c’è stato alcun iter del genere, come del resto non c’era stato nemmeno alla precedente nomina della passata amministrazione (di centrodestra), Grizon ha sbottato: «Il fatto che i miei “colleghi” in passato abbiano sbagliato non vuol dire che dobbiamo sbagliare ancora.
Perché non ritirare la delibera e ridiscuterne?». Critica anche da Andra Mariucci (capogruppo dei Cittadini, in maggioranza): «Dire di voler rendere partecipi i cittadini delle decisioni non deve essere un alibi per presentare scelte già prese a priori. In questo caso, sarebbe stato meglio mettere tutte le associazioni ambientaliste attorno ad un tavolo». Appelli finiti nel vuoto. La delibera è stata approvata (anche da Mariucci). Contrarie solo le opposizioni che hanno promesso verifiche. La successiva uscita dall’aula della minoranza ha fatto mancare il numero legale.
L’assessore Edmondo Bussani, interrotto mentre illustrava la delibera sullo Sportello unico per le attività produttive, ha commentato: «Mi auguro che tale gesto non vanifichi gli sforzi di creare una struttura utile per lo sviluppo di Muggia».
s.re.

 

 

Lotta ai rumori e qualità dell’aria Passano le leggi antinquinamento

 

TRIESTE Il Consiglio regionale ha approvato il pacchetto di norme in tema di inquinamento. L’aula ha dapprima concluso l’esame della legge sull’inquinamento luminoso che ha diviso maggioranza ed opposizione. Il provvedimento indica l’obbligo, per i nuovi impianti di illuminazione, di rispondere alle norme antinquinamento e di garantire un ridotto consumo energetico, limitando dunque la potenza delle sorgenti luminose e la dispersione verso il cielo. Gli impianti non a norma dovranno essere adeguati in un arco di tempo che va dai cinque ai quindici anni a seconda della potenza della sorgente di luce in questione. «È una delle solite leggi che impone spese ai cittadini favorendo invece i produttori che rivendono gli impianti che, da oggi, sono gli unici consentiti in Friuli Venezia Giulia» affermano Roberto Asquini e Daniele Galasso. Forza Italia, Lega e Udc hanno dato voto contrario mentre An si è espressa favorevolmente. Fronte non comune anche nella maggioranza dove i Cittadini si sono astenuti: «La legge si è trasformata nella solita legge burocratica e farraginosa – sostiene Maurizio Paselli – e si è avventurata in una serie di autorizzazioni pratiche, piani e sanzioni». Secondo il relatore di maggioranza Giorgio Baiutti, al contrario, il testo «riduce gli sprechi e salvaguarda il cielo notturno». Larga approvazione (esclusa l’astensione del consigliere di An, Bruno Di Natale, e del forzista Roberto Asquini) per la legge sull’inquinamento atmosferico e acustico. Per quanto concerne le emissioni, oltre a indicare alcuni provvedimenti per gli insediamenti produttivi, il traffico e gli impianti termici che saranno oggetto dei piani di azione comunali, il provvedimento istituisce l’inventario regionale delle emissioni in atmosfera. Si tratta di uno strumento gestito dall’Arpa che ha il compito di rilevare le sorgenti più significative di emissioni inquinanti per fornire informazioni finalizzate alla riduzione delle stesse. Per quanto concerne l’inquinamento acustico, la legge indica l’obbligo di redazione di un documento di impatto acustico per opere quali aeroporti, ferrovie, strade, discoteche e impianti sportivi. Prevista inoltre la valutazione previsionale del clima acustico per nuovi insediamenti residenziali, scuole, asili, ospedali, case di riposo e di cura. La Regione, infine, si accollerà il 50% della spesa per quanto riguarda la riparazione dei danni e le opere di isolamento acustico degli edifici nei comuni di Aviano e Codroipo, interessati dal sorvolo di mezzi militari. «Un provvedimento importante – ha commentato l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Moretton – che dà corso ad un percorso di pianificazione per la salute e per l’ecosistema affidando ulteriori competenze ai sindaci che gestiscono il territorio da vicino e fornendo garanzie alle imprese ad ai cittadini».
Roberto Urizio

 

 

Energia: Zagabria pronta ad offrire all’Italia il progetto di un elettrodotto sottomarino

 

L’annuncio del vicepremier Polancec: inviata una lettera di intenti. Commercializzata l’elettricità prodotta in Ucraina FIUME Non solo collegamenti navali fra le coste croata ed italiana, ma anche un elettrodotto sottomarino che possa risolvere gran parte dei problemi dell’Italia riguardanti le forniture di corrente elettrica. E’ stato il vicepresidente del governo croato, Damir Polancec, ad annunciare l’altro giorno che i dirimpettai Paesi adriatici potrebbero essere collegati da un cavo sottomarino, con l’energia elettrica che dalla Croazia verrebbe erogata all’Italia. Polancec, presente a Zagabria alla presentazione delle 500 migliori imprese croate nel 2006, ha fatto presente che attualmente la Croazia importa il 10 per cento del suo fabbisogno di energia elettrica, ma che in capo ad un paio d’ anni potrebbe diventare un Paese esportatore in questo comparto. «Si tratta di un progetto serio, quello del cavo sottomarino che trasporterebbe corrente dal nostro Paese all’Italia – ha dichiarato Polancec – il progetto potrebbe essere realizzato entro il 2012 ed è già stata sottoscritta la relativa lettera d’intenti».
Ad avviare il discorso di collaborazione erano stati i gestori delle fonti di energia elettrica italiani in quanto la vicina Penisola deve importare circa un quarto delle sue necessità elettroenergetiche. Secondo Polancec, l’Italia potrebbe dirottare al suo sistema distributivo l’energia elettrica prodotta dall’Ucraina oppure dalla Bulgaria, risolvendo così gli intoppi legati agli elettrodotti che attraversano l’ Austria e la Slovenia. Si tratta di impianti di capacità inferiori rispetto al fabbisogno dell’Italia, i cui timori connessi ai rischi di black-out nella stagione estiva sono ormai proverbiali.
Intanto gli esperti dell’ Istituto energetico Hrvoje Pozar di Zagabria stanno formulando lo studio di fattibilità che dovrebbe essere pronto entro la fine dell’anno. Da quanto si apprende, le prime analisi hanno evidenziato che il progetto del cavo elettrico sottomarino sarebbe realizzabile, ovvero non costituirebbe un problema per il sistema distributivo croato. Il costo? Secondo stime alquanto attendibile, potrebbe aggirarsi sui 250 milioni di euro. Gli investitori sarebbero italiani, ma non è da escludere che si faccia avanti pure l’ Azienda elettrica di Stato, l’ Hep, che sarà comunque titolare dell’ infrastruttura posata sui fondali croati. Infatti, in base alle normative croate, agli stranieri non è permesso di essere proprietari di sistemi di trasporto energetici nell’ ex repubblica jugoslava. La soluzione sarebbe dunque rappresentata dalla concessione in affitto della condotta, che garantirebbe all’ Hep un guadagno annuo di svariati milioni di euro.
E il tracciato? Finora si è parlato di tre soluzioni: dalle coste istriane a Venezia, da Ploce (Dalmazia) in direzione delle regioni meridionali italiane e infine da Spalato verso l’ Italia centrale, percorso quest’ ultimo che avrebbe le maggiori chance.
A. M.

 

(Afv/Pe/Adnkronos) 01-GIU-07 13:06 - ENERGIA: FRIULI VENEZIA GIULIA BOCCIA PROGETTI DEI DUE RIGASSIFICATORI.

 

SE MINISTERO SUPERERA' DIFFICOLTA' SEGNALATE REGIONE DIRA' SI' A UNO SOLO
Trieste, 1 giu. - (Adnkronos) - La Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha bocciato i progetti per i due rigassificatori presentati da altrettante societa' spagnole, Endesa e Gas Natural, da realizzarsi in provincia di Trieste, uno offshore, in mezzo al Golfo, e l'altro sulla terraferma in comune di Muggia. Il governo regionale ha detto no ai progetti cosi' come presentati dalle societa', in quanto non consentirebbero di potersi esprimere sulla compatibilita' ambientale. In pratica, secondo l'esecutivo i progetti non dimostrerebbero che i rigassificatori non porterebbero pericoli per l'*ambiente* e per la salute dei cittadini. La Giunta ha quindi stabilito di segnalare le carenze dei progetti al ministero dell'*ambiente*. Attraverso un comunicato, l'esecutivo rende noto che qualora il ministero dell'*ambiente* superasse le difficolta' di ordine progettuale e ambientale, la Giunta ritiene, per il principio di precauzione, di essere disponibile a dare l'intesa comunque per un solo impianto.
 

 

Rigassificatori, la Regione richiederà lo scarico delle acque in mare aperto

 

Lo annuncia Illy agli ambientalisti di Konrad. I sindaci: «Elettrodotti, il ddl sull’energia va cambiato»

TRIESTE Nell’inviare il parere sui rigassificatori al governo, la Regione richiederà come prescrizione l’obbligo di prelievo e scarico delle acque al di fuori delle dighe e trasmetterà i rilievi di ordine paesaggistico del Comune di Grado. Lo assicura Riccardo Illy a «Konrad», rivista di riferimento per gli ambientalisti, rilasciando un’intervista in cui parla di rigassificatori e cementificio.
Sui rigassificatori, in particolare, a fronte delle obiezioni su utilizzo del cloro e processo di raffreddamento dell’acqua, Illy afferma che «il cloro è presente anche nell’acqua di rubinetto che tutti beviamo e non è una sostanza tossica». Poi, rispetto alla temperatura marina, il presidente aggiunge che «è intenzione della Regione richiedere l’obbligo di prelievo e scarico delle acque al di fuori delle dighe attraverso una condotta». E ricorda che «la decisione finale viene presa dal governo italiano, nell’ambito di una procedura di Via nazionale», che assegna potere solo consultivo alla Regione. Non solo: Illy aggiunge che quando il parere della giunta sarà trasmesso al governo conterrà anche «i rilievi di ordine paesaggistico avanzati dal Comune di Grado che hanno un loro fondamento, considerata la vocazione turistica gradese, una vocazione che ovviamente intendiamo consolidare». Nessuno spazio, invece, per il parere del Comune di Trieste che «non è sensato – si legge nell’intervista - o, meglio, è inconferente», in quanto doveva esprimersi «sull’impatto ambientale dell’insediamento e invece ha motivato il suo no con ragioni di tipo economico». Intanto, in attesa che la Regione completi il suo iter, Igor Kocijancic (Rc) e Lino Santoro (Legambiente) hanno indetto oggi una conferenza stampa per parlare delle innovazioni tecnologiche che supererebbero il bisogno di rigassificatori.
Anche l’iter sul cementificio di Torviscosa attende di essere completato. In un’intervista alla Rai lo stesso presidente aveva ricordato che sono state chieste integrazioni ai pareri dell’Ass e dell’Arpa e che dopo gli esiti, «gli uffici proporranno la loro decisione» e «l’assessore porterà la delibera in giunta e ritengo che la giunta l’approverà così come sarà proposta». Gli ambientalisti di «Konrad», nell’attesa, propongono una diversa composizione, tutta esterna, della commissione di Via per eliminare sospetti di interferenze politiche. «La composizione – risponde Illy - è regolata da norme europee e nazionali. Va anche sottolineato che già adesso tutti i membri della commissione, anche i dipendenti della Regione, sono responsabili personalmente del loro operato». E le accuse sulla stampa del componente del Wwf Fabio Gemiti? «Ho provveduto ad inviargli una lettera nella quale lo richiamo al suo dovere di denunciare alla magistratura eventuali comportamenti penalmente rilevanti, ove li avesse riscontrati in altri membri della commissione; oppure, se ciò non fosse, al suo obbligo di non esprimere opinioni all'esterno, data la sua qualifica di pubblico ufficiale quando opera come commissario. Altrimenti - conclude Illy - si corre il rischio di diffamare». Una diffida che Gemiti conferma di aver ricevuto e inteso. Contattato, assicura che d’ora in avanti si esprimerà solo nelle sedi competenti. La via della magistratura, almeno per ora, non sarà tra queste.
Intanto, un altro tema caldo tiene banco: quello degli elettrodotti. I sindaci del Friuli Venezia Giulia, riunitisi ieri in un’assemblea organizzata dell’Anci, chiedono di venire coinvolti nelle decisioni sulla progettazione degli elettrodotti e delle opere di compensazione. E pertando propongono una serie di modifiche al ddl sull’energia, che ha ricevuto parere negativo.

 

Rigassificatori: interrogativi

 

Ultimamente c’è stato un notevole calo di interesse da parte della cittadinanza riguardo i due impianti di rigassificazione, uno di questi da realizzare in città. Dico «in città», perché come la Ferriera, anche l’impianto di rigassificazione potrebbe comportare, come tutti sanno (ma taluni non vogliono toccare questo tema), disagi soprattutto alle famiglie che risiedono nelle vicinanze del sito proposto. Questo modo pacato e naturale con il quale la Regione e il Comune espongono al pubblico i loro pareri politici senza approfondire in campo tecnico, economico e della sicurezza, che invece il cittadino ha diritto di sapere, mi fa pensare che il programma comunque sta andando avanti come vogliono loro, proteggendo come al solito il particulare a scapito dell’interesse generale.
Voglio inoltre ricordare, a distanza di un anno dalla mia prima lettera pubblicata il 24 maggio 2006, che nessuno ha risposto ai miei sette quesiti tecnico-economici che riguardano in primo piano gli impianti in questione.
Erich Ferluga

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 31 maggio 2007

 

 
Basovizza, impianto ad energia solare per dare luce a Elettra - È stato realizzato da AcegasAps
 
BASOVIZZA Sfruttare l'energia solare per produrre energia elettrica. Da questo mese sarà possibile anche al Sincrotrone Elettra - il laboratorio insediato nell’Area Science park di Basovizza - dove è stato inaugurato ieri un nuovo impianto fotovoltaico realizzato da AcegasAps. La cerimonia - che chiude un lungo iter iniziato nel 2005, con un accordo tra i due enti sulle energie rinnovabili - ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti di Elettra e AcegasAps, tra i quali il presidente del Sincrotrone Carlo Rizzuto, l’amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon e il direttore generale dell’azienda Marina Monassi. L’impianto, che occupa la superficie del tetto di due edifici del comprensorio di Basovizza, è costituito da 114 pannelli fotovoltaici da 175 Watt di picco. Il progetto - creato nell’ambito del programma «tetti voltaici» del ministero dell’Ambiente - ha avuto un costo complessivo di 145 mila euro di cui 108 mila provenienti da un contributo della Regione. La produzione stimata si attesta sui 24 mila kWh annui.
L’impianto è costituito da un insieme di apparecchiature che consentono di trasformare direttamente l'energia solare in energia elettrica, e presenta diversi vantaggi, tra i quali l’assenza di qualsiasi tipo di emissioni inquinanti, il risparmio di combustibili fossili, affidabilità e costi minimi di manutenzione. L’impianto è inoltre dotato di un convertitore di segnale per sensori meteorologici installato sulla copertura, nei pressi di un modulo fotovoltaico, elemento essenziale dell'impianto, che capta la radiazione solare durante il giorno e la trasforma in corrente continua. In più, tutti i dati esterni e di funzionamento dell’impianto vengono trasferiti e registrati in un’attrezzatura speciale che, tramite un software specifico, consente poi la rilevazione, la visualizzazione e il trattamento dei dati.
Gabriela Preda

 

Antonione: Sonego teme il referendum sui rigassificatori - Lupieri: ma il Consiglio di Stato ha già bocciato l’ipotesi, gli enti locali non possono decidere

 

Si riapre la polemica sugli impianti da costruire nel golfo di Trieste. Predonzan (Wwf): deficit democratico della giunta

TRIESTE «La Commissione dei Garanti ha già dichiarato nel merito ‘inammissibile’ la proposta di referendum consultivo comunale sui rigassificatori, anche in seguito a quanto rilevato dal Consiglio di Stato». Sergio Lupieri, consigliere regionale della Margherita, si affianca all’assessore Lodovico Sonego contro l’ipotesi di referendum avanzata dai Verdi e dal senatore di Forza Italia Roberto Antonione.
«Le dichiarazioni del senatore Antonione – aggiunge Lupieri – appaiono quindi approssimative e tardive, se non riguardo alla necessità di fornire ai cittadini tutti il massimo di informazione con la più totale trasparenza». L’esponente azzurro, intanto, replica alle dichiarazioni rilasciate ieri dall’assessore regionale che lo aveva accusato di superficialità nell’affrontare la questione: «Non ho mai affermato che un rigassificatore provocherebbe il riscaldamento dell’acqua marina – precisa Antonione – né che un’alternativa per l’approvvigionamento energetico non sia necessaria. Ma fa specie che l’assessore Sonego consideri totalmente ininfluente il parere dei cittadini di Trieste sulla questione» aggiunge l’ex presidente della Regione riferendosi alla contrarietà del membro della giunta al referendum. «Sarebbe stato opportuno – aggiunge Antonione – che invece di essere io ad organizzare un incontro sul tema, lo avesse fatto la giunta regionale. Forse avrebbero scoperto che esiste una reale possibilità di attentati e avrebbero capito che non è il caso di realizzare un impianto di rigassificazione nelle vicinanze di un’area densamente abitata. Ma forse Sonego non vuole capire perché ha interessi che non coincidono con quelli dei cittadini e per questo teme il referendum». E sull’illazione di una ‘discesa in campo’ strumentale a preparare il terreno per una candidatura alle prossime regionali, Antonione taglia corto: «Faccio il mio lavoro al Senato e non sono candidato a nulla, fino a prova contraria». Chiamato in causa dalle parole dell’assessore anche il consigliere dei Verdi, Alessandro Metz, chiamato da Sonego ad essere “orgoglioso” per l’impostazione ambientalista e partecipativa dell’azione regionale in tema di pianificazione urbanistica ed energetica: «Sonego confonde i piani – replica Metz – perché è stata fatta un’azione di concertazione con le parti interessate e non quanto prevede Agenda 21, ovvero la partecipazione e l’informazione dei cittadini». «La realtà – aggiunge Metz – parla di un’indignazione e di proteste di comitati per scelte discutibili. Non lo dicono i Verdi ma il proliferare di cave, insediamenti produttivi e infrastrutture accelerate da leggi obiettivo». E la previsione di un percorso partecipato all’interno di queste leggi è, secondo il consigliere dei Verdi, «un atto di ignoranza o di malafede. Se questo è il metodo, dice molto su come viene concepita la democrazia». Non basta a Metz ed agli ambientalisti nemmeno il passo indietro del presidente Illy che ieri, rispetto al cementificio di Torviscosa, ha dichiarato che la giunta non ha deciso in attesa delle integrazioni ai pareri dell’Ass e dell’Arpa. «Illy ha chiaramente espresso il suo favore all’impianto – sostiene Dario Predonzan (Wwf) – indicandolo come fiore all’occhiello e come portatore di benefici economici per la Regione. E’ legittimo e positivo che il presidente cambi idea ma non faccia finta di non aver detto certe cose». Sulla stessa lunghezza d’onda la questione rigassificatori. «La giunta - spiega Predonzan - ha già dichiarato di essere favorevole ai due impianti su basi socio-economiche». E se per Lupieri «il sì della Regione ai rigassificatori, considerate le molte prescrizioni, equivale di fatto ad un no», il responsabile per il territorio dell’associazione ambientaliste vede «un atteggiamento ipocrita della giunta che, nonostante gli interrogativi non chiariti dalla documentazione delle due aziende, dice sì agli impianti per poi scaricare le responsabilità sul governo, senza tenere peraltro conto dei pareri degli enti locali. Un chiaro segno del deficit culturale e democratico di questa amministrazione».
r.u.

 

 

Illuminazione pubblica incentivi per i risparmi - La Regione concederà contributi anche ai privati per adeguare gli impianti energetici

 

Oggi l’approvazione della legge

TRIESTE Slitta a questa mattina l’approvazione della legge per il risparmio energetico ed il contenimento dell’inquinamento luminoso. Ieri infatti il Consiglio regionale ha approvato dodici dei quattordici articoli del provvedimento, accantonando le parti che riguardano la regolamentazione delle sorgenti di luce e dell’utilizzazione di energia elettrica da illuminazione esterna e le disposizioni sull’adeguamento degli impianti esistenti. Il testo finora approvato prevede nuovi impianti di illuminazione devono essere preceduti da un progetto illuminotecnica che deve essere approvato dai Comuni; non necessitano di questo passaggio gli impianti di modesta entità o temporanei come quelli di rifacimento di impianti esistenti, le insegne pubblicitarie non dotate di illuminazione propria e inferiori ai 6 metri quadrati, gli apparecchi di illuminazione esterna delle vetrine (per non più di tre apparecchi per vetrina), le installazioni per cantieri. La Regione concede contributi per la predisposizione dei piani comunali di illuminazione e per l’adeguamento degli impianti sia per enti pubblici che per i privati. La legge prevede inoltre la tutela degli osservatori astronomici (professionali e non) indicando una fascia di rispetto per le sorgenti luminose inquinanti che non potranno sorgere a meno di 25 chilometri dall’unico osservatorio professionale presente in Friuli Venezia Giulia (l’Osservatorio Astronomico di Trieste a Basovizza) e a meno di 10 chilometri da quelli non professionali che si trovano a Remanzacco, Montereale Valcellina, Talmassons, Farra d’Isonzo, Basovizza, Gorizia, Rovereto in Piano, Zuglio e Savogna. L’accensione di un impianto che violi le disposizioni contenute in questa legge comporta una sanzione che va da 200 a 600 euro per ognuno dei punti luce, oltre all’obbligo di mettere a norma gli impianti entro novanta giorni. La sanzione può raddoppiare nel caso gli impianti non a norma costituiscano una notevole fonte di inquinamento secondo le indicazioni dei piani di adeguamento redatti dalle Province.

 

 

Mosca vuole l’oleodotto Mar Caspio-Veglia  - Il progetto sarà rilanciato dallo stesso presidente Putin a giugno in visita a Zagabria

 

Il collegamento viene fortemente avversato dagli ambientalisti. Già due anni fa è stato bocciato lo studio di impatto ambientale dell’opera

Il progetto, fin quando era in vita, prevedeva l’arrivo al porto petroli vegliota di Castelmuschio (Omisalj) di circa 15 milioni di tonnellate di greggio russo all’ anno, provenienti – tramite oleodotto – dalle regioni caspico–caucasiche.
Il capo dello Stato russo sarà a Zagabria il mese prossimo per partecipare ad un summit energetico e, stando ai media nazionali, tornerà alla carica per perorare la carica di Druzba Adria, un progetto che sta molto a cuore a Mosca. Del resto le autorità russe – Putin in testa – non hanno mai digerito il brusco arresto nella realizzazione di Druzba Adria che sembrava ormai ad un passo dal venir concretato.
Ricordiamo che due anni fa, la competente commissione croata bocciò lo studio di impatto ambientale di Druzba, commissionato dalla Janaf, l’azienda statale che gestisce l’oleodotto croato. I componenti dell’organismo rilevarono che il documento era incompleto in quanto non forniva risposte esaurienti sui rischi ambientali dovuti al trasporto (via terra e via mare) di milioni di tonnellate di petrolio.
Lo studio parlava inoltre solo della prima fase del progetto, che comportava un aumento minimo dei quantitativi di greggio da far giungere a Castelmuschio, isola di Veglia, per poi imbarcarli su superpetroliere e venderli sui mercati occidentali.
In pratica, questo primo segmento del progetto prevedeva 5 milioni di tonnellate annue in più rispetto all’attuale movimentazione, che è pure di 5 milioni di tonnellate all’anno.
Inoltre il documento non trattava altre voci, come ad esempio la stima dei mancati guadagni per l’industria turistica quarnerina, oppure i danni che deriverebbero dall’eventuale fuoriuscita di greggio in mare o sulla terraferma.
Dopo il no a Druzba Adria, gli ecologisti quarnerini e istriani – spalleggiati da quelli italiani e sloveni – manifestarono la loro soddisfazione, dicendosi convinti che il piano non avrebbe più rivisto la luce del sole.
E invece pare che sarà Putin a farlo resuscitare, chiedendo al governo di centrodestra del premier Ivo Sanader di rimettere in moto l’iter di realizzazione. Una cosa per nulla facile in quanto il 2007 è l’anno delle elezioni politiche in Croazia e il primo ministro sa che il suo eventuale placet a Druzba Adria potrebbe togliergli vagonate di voti.
Per quest’anno si prevede dunque un niet al progetto, per l’anno prossimo si vedrà. Certo è che in questo momento Zagabria è più concentrata sul «caso rigassificatore» nell’Adriatico settentrionale.
È stato confermato che a fine giugno saranno presentati i risultati dello studio che definirà la località ospitante il terminal: in lizza Castelmuschio, Fianona, Canal d’Arsa, Buccari e un terminal off–shore.
Resta il fatto che l’intera area dell’Alto Adriatico sta diventando sempre più strategica per quanto riguarda le poltiche enrgetiche. Anche per la presenza a Trieste dell’oleodotto transalpino che rappresenta sicuramente una struttura «strategica» per il rifornimento di greggio per l’Europa centrale.
La stessa Slovenia, dopo molte ritroise, ha accettato di far passare sul suo teritorio un oleodotto che collegherà proprio il terminal treistino con i poxxi della russia caucasica.
Andrea Marsanich

 

 
Società rovignese costruirà in Cicceria una centrale eolica  - A regime produrrà 80 megawatt
 
LANISCHIE Il vento sarà imbrigliato sull’Altipiano dei Cicci, in Istria, per essere trasformato in corrente elettrica. Una fonte di energia rinnovabile che vedrà la rovignese Valalta investire in Cicceria, l’aspra ma fascinosa regione settentrionale della Penisola, qualcosa come ottanta milioni di euro. Dopo gli investimenti in Dalmazia, le centrali eoliche fanno capolino anche in istria, per un progetto che contempla l’edificazione di 34 aerogeneratori per una potenza di 80 megawatt. I lavori, che riguarderanno l’area da Terstenico a Racia, dovrebbero cominciare alla fine del 2007 o al più tardi nei primi mesi dell’anno prossimo. Davorin Flego, capo dell’ufficio sviluppo dell’azienda investitrice (la Valalta opera in collaborazione con la tedesca Wallenborn Projektentwicklung), ha reso noto alla stampa che in questo momento si sta redigendo lo studio di impatto ambientale. «La maggiore attenzione è dedicata ai movimenti dei volatili, in special modo dei grifoni o avvoltoi dalla testa bianca che vivono nell’Alto Adriatico – così Flego – crediamo che il documento sarà pronto il prossimo settembre, mentre la presenza di una centrale eolica in Cicceria è già contenuta nei piani regolatori di Lanischie e della Regione istriana. Dopo aver ottenuto il parere del ministero dell’Ambiente, depositeremo la richiesta per il rilascio dei permessi di costruzione ed edile».

 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - MERCOLEDI' , 30 maggio 2007

 

 

Milano - Ogni watt consumato da un PC si trasforma mediamente in 27 watt di consumi a livello di data center. Così IBM ieri ha voluto iniziare a raccontare quale sia il rapporto, spesso funesto, tra consumi energetici e Information TechnologyBig Blue è tra i grandi player del settore ad aver iniziato ad affrontare il problema dei "consumi informatici", che peraltro apre anche nuove opportunità di business per i costruttori, soprattutto per i maggiori, anche grazie al crescente interesse delle istituzioni internazionali. E per questo l'azienda ha ieri organizzato un evento (Business E3 - Energie, Efficienza, Economia) al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. Un appuntamento che, per rimanere in tema con lo spirito della giornata, è stato definito dagli organizzatori ad "impatto zero" sull'ambiente: IBM ha quantificato i consumi riferiti a illuminazione, utilizzo di apparecchiature informatiche e mezzi di trasporto utilizzati dai presenti e sostiene di averli compensati impegnandosi a tutelare 1.933 metri quadri di foresta in Costa Rica.
Il fronte italiano
"L'Italia contende al Messico il primato dei consumi energetici per macchina tecnologica - ha spiegato a Punto Informatico Fabrizio Renzi, technical director & Cita tech leader Stg-IBM - I nostri consumatori spendono, infatti, 0,15 dollari per ciascun chilowattora, una cifra enorme se moltiplicata per l'utilizzo che si fa dell'informatica in tutti i settori, da business al tempo libero".
Stime altrettanto preoccupanti sui costi dei consumi energetici erano state prodotte solo poche settimane fa da IDC, secondo la quale per ogni euro speso nell'acquisto di apparecchiature informatiche conseguono 50 centesimi di consumo energetico, che diventeranno 71 nel 2010. "La vera sfida per i prossimi anni è accrescere l'energia negativa, vale a dire la capacità di ridurre i consumi attraverso il miglioramento delle tecnologie e l'efficientamento delle infrastrutture", ha commentato a margine dell'evento Andrea Poggio, vice direttore di
Legambiente presente all'iniziativa. "Lo ha detto anche il presidente della Commissione Ue Manuel Barroso, che non è certo un radicale: serve una rivoluzione dei comportamenti che metta in cima alle priorità la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni inquinanti".
Cinque step per ridurre i consumi
"IBM destinerà al risparmio energetico un miliardo di dollari all'anno", ha dichiarato Francesco Stronati, vice president Stg-IBM. "Prendendo ad esempio un data center di 25mila metri quadri, prevediamo di abbattere del 42% i consumi energetici. La stima dice che nei soli Stati Uniti questo dovrebbe comportare un risparmio pari a 7,439 tonnellate di carbone all'anno. Inoltre, nei prossimi tre anni prevediamo di raddoppiare la capacità informatica dei nostri data center senza aumentare i consumi energetici, né il
carbon footprint".
L'iniziativa di IBM, denominata "Project Big Green", comprende un team di 850 professionisti in efficienza energetica. A spiegare i passaggi necessari per raggiungere l'obiettivo è stato Daniele Berardi, vice president-global technology services dell'azienda statunitense: "Il processo di miglioramento dell'efficienza passa per cinque punti: diagnosi, pianificazione, virtualizzazione, gestione e controllo".
La diagnosi, nelle intenzioni di IBM, consentirà a ciascun utilizzatore di comprendere le caratteristiche delle proprie macchine, le potenzialità, l'uso effettivo e i possibili fattori di criticità. In questo modo sarà possibile individuare le aree ad alta densità di energia che derivano da layout difettosi dei rack del server, da un'imperfetta progettazione delle superfici e da una mescolanza indesiderata di aria calda e fredda. Seguono la fase di pianificazione, che prevede la progettazione di una serie di interventi da attuare nel medio termine, e quella successiva della virtualizzazione: "Spesso il parco macchine è fatto di sistemi che sono stati acquistati nel tempo e che finiscono con il sovrapporsi, lavorando a meno della metà rispetto alle proprie potenzialità", ha aggiunto Berardi. "Per questo è fondamentale accorpare i server per incrementare l'efficienza e ridurre gli sprechi". Il processo si completa con la fase della gestione, vale a dire il monitoraggio continuo delle soluzioni adottate, per valutarne l'impatto, e il controllo delle attività di raffreddamento.
Aria nei microchip per ridurre il surriscaldamento
Detto dei processi, come si ottiene una riduzione dei consumi sul versante hardware? "I nostri ultimi prodotti contengono dei piccoli fori che consentono all'aria di passare", ha spiegato a Punto Informatico Rienzi. "In questo modo il sistema si raffredda da solo e si ottiene un risparmio dei consumi fino all'80%". Il riferimento è alle nuove versioni del
microprocessore Power6 lanciato pochi giorni fa: un sistema che supera di molto la velocità rispetto a Power 5 (da 3,5 a 4,7 Ghz), utilizzando la stessa quantità di energia elettrica.
È un primo passo, forse, che si aggiunge a quelli che
stanno realizzando altri colossi del settore, come Dell, e che, come accennato, trova nelle istituzioni un referente più attento di un tempo al problema dei consumi informatici. Un problema esploso da anni, soprattutto da quando in California hanno iniziato a verificarsi black out legati ai consumi dei data center, una situazione potenzialmente esplosiva per tutto il mondo ricco.
Luigi dell'Olio

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 30 maggio 2007

 

 

Piano delle antenne, ma senza mappa - Bucci: «Leggi e mercato la impediscono, faremo comunque scelte mirate»

 

L’assessore ha illustrato alle circoscrizioni la bozza che dovrà essere votata dal consiglio comunale

Il Comune ha pronto il nuovo piano per le antenne della telefonia mobile dopo che due anni fa le compagnie vinsero un ricorso al Tar contro un documento molto vincolante. E l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci avverte: «La gente resterà delusa, si aspetta una mappatura precisa: non è possibile, il libero mercato e le leggi ce lo impediscono, ma abbiamo inserito una serie di procedure dissuasive in modo da portare, discutendo e concordando, a una dislocazione degli impianti conforme a questo piano che comunque stabilisce regole precise». Il piano (che dovrà essere approvato dal consiglio comunale) non è retroattivo. I tecnici assicurano: «Le 192 antenne esistenti a Trieste non risultano comunque fuori norma». Solo cinque i casi «insopportabili». E sarà la giunta a contrattare uno spostamento coi gestori.
Ieri nella grande sala riunioni del Mib al Ferdinandeo il Comune ha chiamato tutte le circoscrizioni per la presentazione ufficiale e partecipata, «secondo Agenda 21» ha specificato Bucci, di questo nuovo e complesso documento. Ma preoccuparsi di affittare una sala grande si è rivelato inutile, perché - con sconcerto dello stesso assessore sul cui tavolo piovono le proteste del «territorio» - c’erano appena una trentina di persone.
Il fattore dissuasivo, rispetto al potere che i gestori di telefonia mobile si sono conquistati vista l’ingordigia di cellulari di quegli stessi che poi s’indignano per l’antenna, sta in questo: le aree protette avranno una «zona di rispetto» di 50 metri. Prima di riuscire a ottenere il permesso di installazione in quelle aree le aziende dovranno dimostrare di non avere scelta, e comunque l’eventuale permesso dovrà passare per tempi lunghi, fino a un «sì» del consiglio comunale. Nel dettaglio: vietato mettere antenne vicino ad asili nido, a tutte le scuole, a strutture dedicate a cure materno-infantili e ricreatori, ad anziani e disabili, a ospedali e degenze. Vietato su immobili che hanno vincolo monumentale, a cimiteri e sagrati di chiese, su cigli panoramici (Carso, Barcola) con un’area di rispetto di 200 metri, in zone a tutela ambientale e in zone archeologiche. Sono indicate nella mappa le zone «preferenziali», «pubbliche idonee» e «neutre». Nel disegnare i vincoli il Comune (lo ha spiegato l’ingegner Tosolini della Pianificazione) si è scontrato con la carenza di documentazione: non si sa esattamente quanti palazzi siano «protetti». Fa fede comunque la Soprintendenza.
Quanto alla principale questione, i volt diffusi nell’aria, nessun impianto a Trieste - lo ha certificato anche Marzio Viola dell’Arpa - supera il limite di 6 per metro, che è l’indice più basso esistente per la tutela della salute. Anzi, si viaggia sui 2 volt. Bucci ha sottolineato: «C’è un impatto percettivo, l’antenna davanti alla finestra sconvolge, anche se sappiamo che non fa male, ma la città è piena di antenne camuffate da camini e nessuno protesta». Proprio al Ferdinandeo ne è sorta una così. Il piano ne cita una travestita da albero.
«E’ svilente ammettere che non possiamo obbligare i gestori - ha concluso Bucci dopo alcune brevi osservazioni di Sasco (Udc), presidente della commissione Urbanistica, di Lesa dei Cittadini, di Pahor, presidente della quinta circoscrizione -, ma altresì sappiamo che in futuro, con la tv sul cellulare, arriveremo a 400 antenne, più piccole, più sofisticate, ma tante».

Gabriella Ziani

 

I gestori potranno spostarsi in aree migliori
In zona di vincolo ambientale risultano a tutt’oggi 49 antenne per cellulari, un quarto sul totale. Se il nuovo piano comunale diventerà vigente, quando i gestori chiederanno modifiche potranno essere «accompagnati» in zona migliore. In area residenziale ce ne sono 106 (oltre la metà), in centro storico 50 (il 26 per cento) e 44 in zone di pregio urbanistico (il 22,9 per cento). Quanto a tipologia, 119 sono proprio «antenne», 52 si configurano come pali metallici, 17 a traliccio, uno è un «finto pino», e solo uno è a microcelle: il più moderno e sicuro, ma quello che al gestore costa di più. Quanto all’ultima vibrante protesta, un’antenna nella scuola privata di Villa Geiringer («perché ci ingannano facendo addirittura i lavori di notte?»), la licenza edilizia è stata sospesa: «Tecnicamente non è in area scolastica - ammette Bucci - e il gestore ha ragione». Questioni di opportunità e scelte della scuola, certo. Ma il Comune non può dare il «foglio di via» definitivo.

 

 

Case di Cedassamare, l’impresa pone l’ultimatum al Comune

 

I consiglieri comunali hanno trenta giorni per valutare il via libera al progetto: se votassero no potrebbero essere chiamati a rispondere in solido

Votare sì, dando il via libera alla realizzazione di un progetto edilizio sul quale le dure critiche degli ambientalisti - ma anche dei residenti - si susseguono da anni. Oppure votare no, accollandosi però il rischio di essere chiamati dall’impresa costruttrice a far fronte a risarcimenti a sei zeri. In euro.
È il bivio di fronte al quale si trovano i consiglieri comunali che tra qualche settimana dovranno esprimersi in aula sulla variante al piano particolareggiato comunale di iniziativa privata che in salita di Cedassamare, a Barcola, prevede la costruzione di un complesso di villette in un’area boschiva, destinate ad aggiungersi ad altre due case già edificate. Il caso ormai si trascina da qualche anno. Ma nell’ultima seduta della commissione consiliare urbanistica, dedicata per l’ennesima volta a discutere di Cedassamare, il presidente della commissione stessa Roberto Sasco ha distribuito ai componenti le copie della diffida giunta dall’impresa proprietaria dei fondi, la Costruzioni Meranesi srl. Firmato dall’avvocato Daniela Paolini, il documento in buona sostanza ricorda come sinora l’iter amministrativo sia proseguito del tutto in regola, ottenendo tutta una serie di pareri positivi alla costruzione. Il Comune dunque dovrà pronunciarsi «entro i trenta giorni dalla notifica» dell’atto in questione, «con ogni riserva di richiesta risarcitoria in via solidale» e riservato comunque il «ricorso alla Magistratura competente».
Il consigliere comunale Verde Alfredo Racovelli non ci sta, e chiede di sapere in che modo tutti i «sì» dei tecnici si siano susseguiti, e domanda comunque «come si giustifichi la distruzione della costiera triestina». Ma intanto nei prossimi giorni i vari gruppi consiliari dovranno approfondire la faccenda e capire quali margini di intervento abbiano in direzione di un sì o di un no al progetto. Dalla commissione urbanistica Sasco ricorda come «eventuali perplessità sarebbero dovute emergere all’inizio, non alla fine di un lungo iter» che ha visto peraltro già l’impresa modificare una prima volta il progetto in base alle prescrizioni della Regione, vedendosi poi approvato il piano «con due voti a favore su 40», ricorda Racovelli.
Le opinioni comunque divergono. Sasco lo dice chiaro: in base al piano regolatore vigente, e con tutte le procedure esperite, «dare un voto contrario è estremamente difficile: bisogna motivarlo adeguatamente». E un domani tutti i consiglieri che votassero no potrebbero poi essere chiamati a rispondere in solido dei danni procurati così all’impresa. Ma dall’opposizione il diessino Fabio Omero rovescia la prospettiva: «Io ribadisco il mio no per un motivo politico, non tecnico. Perché in questo modo io contesto la politica urbanistica del Comune, che finora non ha fatto nulla per mettere in salvaguardia le zone di pregio come la costiera» e modificare peraltro il prg vigente, approvato ai tempi della giunta Illy «e sulla necessità di modificare il quale tutti concordiamo», chiude Omero. Ma il forzista Piero Camber ribatte: «Qui la politica non c’entra, la vicenda è tecnica. Siamo in uno Stato di diritto dove i diritti - anche quelli acquisiti da chi ha comprato un terreno come edificabile - vanno rispettati», se tutto è in regola naturalmente. E allora? Allora, Sasco - su mozione di Camber - ha dilazionato l’arrivo in aula di qualche settimana, così da dare a tutti il tempo di chiedere consiglio ai legali prima di votare.

 

 

Sonego: rigassificatori, il referendum non serve  - L’assessore boccia la proposta di Antonione: è un’infrastruttura terribilmente necessaria al Paese

 

Sviluppo e ambiente: i principali nodi in Friuli Venezia Giulia

Il diessino: il senatore forzista affronta l’argomento in modo improvvisato, forse vuole lanciare l’autocandidatura per le regionali 2008

TRIESTE Roberto Antonione da una parte e Alessandro Metz dall’altra chiedono il referendum sui rigassificatori nel Golfo di Trieste mentre ancora riecheggiano i clamori sulla vicenda cementificio e aleggia la questione legata alla Tav e al Corridoio V.
Ambiente e democrazia non hanno mai camminato così a braccetto e ad essere tirato in causa, oltre al presidente Illy, è stato spesso Lodovico Sonego. Ma il diretto interessato nega di avere tracciato un percorso decisionista e anti-democratico e rilancia la necessità di infrastrutture per il Friuli Venezia Giulia.
Assessore, il senatore Antonione ha riaperto il dibattito sulla possibilità di un referendum sui rigassificatori. Ipotesi realizzabile?
Quando si parla di referendum bisogna metterne in relazione l’oggetto e la platea di cittadini a cui si vuole chiedere di pronunciarsi. In questo caso siamo di fronte ad un’infrastruttura di valenza strategica nazionale. Occorre pensare se sia giusto e ragionevole chiamare a decidere una comunità locale su un tema di interesse regionale e nazionale. E chiedo alla leadership regionale di Forza Italia dove voglia portare il Friuli Venezia Giulia che ha un grande bisogno di modernizzazione infrastrutturale.
Lo stesso Antonione ha indicato la necessità di un’informazione puntuale verso i cittadini sulle grandi opere.
Condivido la necessità di fornire il massimo di informazione scientifica con la più totale trasparenza. E’ encomiabile che il senatore convochi riunioni pubbliche per una corretta informazione ma nel contempo mi ha colpito l’improvvisazione con cui Antonione affronta l’argomento, affermando, ad esempio, che i rigassificatori riscalderebbero l’acqua marina quando è vero il contrario. Se questa è l’informazione da dare ai cittadini stiamo freschi…
Come interpreta la ‘discesa in campo’ del senatore forzista su questo argomento?
Forza Italia sta attraversando un periodo di grandi tensioni ed è cominciata la corsa alla candidatura per la presidenza della Regione. Ambienti triestini del partito di Berlusconi dicono che l’uscita del senatore sia il primo passo per l’autocandidatura.
Intanto Metz propone un ‘referendum costiero’. Irrealizzabile anche questo?
Perché costiero? Il gas non è solo per la costa. Sarebbe come fare un referendum sul Corridoio V solo nei Comuni in cui passano i binari. Se negli anni ’60 fosse stato chiesto ai cittadini di Roncobilaccio di esprimersi sull’Autostrada del Sole, oggi andremo a Roma attraversando l’Appennino con una mulattiera.
Rimanendo all’interno di Intesa Democratica, la Margherita sostiene che la documentazione supplementare non fuga tutti i dubbi. E’ d’accordo?
Prima di pronunciarsi sull’istruttoria per la valutazione di impatto ambientale occorre aspettare che sia terminata. A quel punto, dopo un’attenta lettura di tutte le carte in nostro possesso, ci pronunceremo.
Ci sarà il coinvolgimento della Slovenia nel percorso decisionale?
Ognuno deve fare il proprio mestiere. La Regione deve fornire il suo parere e lo farà con tutta la diligenza del caso. Se lo Stato riterrà di dover ascoltare il governo sloveno, lo farà.
Il sindaco di Capodistria ha espresso perplessità sui progetti e i comitati anti-rigassificatori hanno raccolto 45 mila firme tra Trieste e Slovenia. Cosa si sente di dire loro?
Le autorità italiane stanno facendo il loro lavoro istruttorio con attenzione e scrupolo. Se verranno realizzati i rigassificatori sarà perché ci saranno tutte le garanzie di sicurezza possibili.
Perché l’Italia sostiene di avere bisogno di cinque rigassificatori e ci sono richieste per 13 impianti mentre gli altri paesi europei ne richiedono la massimo due?
C’è bisogno di diversificare l’approvvigionamento. La Spagna ha già cinque rigassificatori, Francia e Germania hanno le centrali nucleari. L’Italia non ha il nucleare ed i rigassificatori diventano terribilmente necessari per uscire dalla dipendenza dalla Russia e dall’Algeria.
Sui rigassificatori, ma anche sul cementificio e la Tav, è stata sollevata dall’opposizione, ma non solo, la ‘questione democratica’ chiamando spesso in causa anche il suo operato. Come replica?
Sono orgoglioso che il Friuli Venezia Giulia abbia formulato un piano territoriale ed un piano energetico con il percorso di Agenda 21.
Metz però sostiene che si tratta di un’Agenda 21 impoverita.
Anche Metz dovrebbe essere orgoglioso. I piani che ho citato sono l’esito di una cultura ambientalista nel governo regionale. Mi fa specie che proprio Metz, che da consigliere dei Verdi dovrebbe essere portatore di questa cultura, invece la svilisca.
Roberto Urizio

 

 

Voto bipartisan sulla Tav, sinistra isolata  - Accordo tra una parte del centrosinistra e la Cdl. Metz: «Intesa non esiste più»

 

Il consiglio ha approvato i documenti dell’opposizione e di Ds, Dl e Cittadini. Travanut: «Non c’erano differenze»

Molinaro: l’alta velocità conferma quanto emerso sul cementificio. Non c’è più maggioranza Kocijancic: indispensabile un chiarimento interno

Succede, ancora una volta, in consiglio regionale dove, nel pomeriggio di ieri, va in scena il confronto sull’alta velocità. A innescarlo è una mozione del centrodestra che, presentata a febbraio, impegna la giunta ad attivarsi nei confronti del governo affinché cofinanzi la mega-opera nella misura massima; apra un tavolo tecnico con la Regione e, infine, stanzi risorse adeguate già nella Finanziaria 2008 per la tratta Ronchi sud-Trieste. «La mozione non è affatto superata, anzi. E i punti interrogativi, a partire dalle risorse necessarie, non mancano» esordisce l’udc Roberto Molinaro.
La maggioranza, o meglio quella parte che si batte «da quindici anni» per la Tav e che include Ds, Margherita e Cittadini, concorda. E, con Degano, fa una cronistoria puntale, ricordando l’impegno di Riccardo Illy, citando la lettera a Romano Prodi del 19 febbraio, illustrando il proprio ordine del giorno e suggerendo infine il voto bipartisan: «La mozione del centrodestra, che riprende testualmente proprio alcuni passaggi di quella lettera, avrà il nostro consenso. Auspichiamo che il centrodestra faccia altrettanto sul nostro ordine del giorno che chiede di procedere celermente».
Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani ascoltano e non gradiscono: sono i firmatari di un ordine del giorno «autonomo» che, spiega Bruna Zorzini, «impegna la nostra maggioranza a ricercare un consenso a tutto tondo». I tre partiti, pertanto, contestano tecnicamente e politicamente l’intesa trasversale che si va profilando: Igor Kocijancic si sofferma sui costi italiani della Tav, di gran lunga superiori a quelli spagnoli o francesi, contesta la legge obiettivo come «strumento inservibile», invoca attenzione per ambiente e territorio. Sandro Metz, invece, segnala l’anomalia politica «che fa il paio con il voto sul cementificio» e definisce «non irrilevante che la Margherita chieda al centrodestra e non alla sinistra di Intesa di appoggiare il proprio ordine del giorno». Ma è inutile. La Quercia dà il via libera allo scambio di voti favorevoli: «Non c’è differenza tra la mozione e il nostro ordine del giorno» sentenzia Travanut. E la giunta, con Lodovico Sonego, ipotizza quasi un patto bipartisan sulle grandi opere: «È urgente realizzare le opere del Corridoio V. La Tav è necessaria, sul piano economico ed ambientale, in quanto serve a trasferire le merci dalla strada alla rotaia. Eppoi, come già dimostrato, la Tav consente di ampliare settori a basso impatto ambientale e sviluppare il trasporto via mare, che oggi sconta proprio i colli di bottiglia del trasporto locale». Non basta: l’assessore ai Trasporti, definendo «imprescindibile» la discussione con sindaci e autonomie locali, conferma che la giunta lavora alla terza corsia autostradale ma aggiunge che, senza i treni veloci, quella terza corsia nasce già satura.
Si va al voto. E l’accordo bipartisan viene sancito: la mozione del centrodestra passa con 27 sì e 5 no, i no della sinistra radicale, al pari dell’ordine del giorno di Ds, Margherita e Cittadini. Quello della sinistra radicale, invece, viene bocciato con 5 sì e 27 no: Intesa democratica, sulla Tav come sul cementificio, si divide. «È la conferma che, su questioni strategiche come le infrastrutture, Intesa democratica non c’è. La Tav certifica, dopo quanto avvenuto sul cementificio, che la coalizione non esiste. Non più» afferma, a voto consumato, Molinaro. Rincara e infierisce il forzista Isidoro Gottardo: «Sulle grandi questioni di interesse generale il centrodestra, anziché fermarsi a strumentalizzare le colpevoli divisioni di una maggioranza che è causa dei tanti ritardi, pensa alle necessità della comunità regionale e si assume piena responsabilità, pur dai banchi dell’opposizione».
Intanto, mentre c’è chi insinua che Illy e il nascente Partito democratico vogliano rompere con la sinistra radicale, Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani non lesinano critiche. E rilanciano la necessità di una verifica politica: «Abbiamo spedito la bozza del nostro ordine del giorno più di un mese fa a Travanut e Degano ma non abbiamo avuto risposte. Ci aspettavamo, quindi, un voto negativo. Ma quanto successo in aula - afferma Kocijancic - è una sorta di prova di larghe intese. E quindi chiediamo un immediato chiarimento in maggioranza». Metz è più drastico: «Le amministrative sanciscono la crisi della maggioranza e dimostrano che la sinistra è fondamentale per vincere. Ma la risposta del Partito democratico qual è? Quella di unirsi al centrodestra?». Le prime risposte, forse, nel vertice di giovedì.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 29 maggio 2007

 

 

Pista ciclabile, parte il secondo lotto - Sarà realizzato il collegamento lungo l’ex linea ferroviaria tra via Orlandini e Sant’Anna

 

VALMAURA Firmata la convenzione tra Provincia di Trieste e Burlo Garofolo che sblocca i cantieri del tratto urbano del percorso

L’Istituto Burlo Garofolo e la Provincia di Trieste hanno siglato ieri una convenzione che sblocca i lavori del secondo lotto del percorso, dando corso alla sistemazione del tratto urbano

della pista e quindi all’apertura dell’intero tracciato di 12 km. «Le opere che abbiamo previsto dovrebbero essere eseguite nell’arco di circa 7 mesi – ha affermato Mauro Tommasini, assessore provinciale ai Lavori pubblici – periodo di tempo nel quale verrà completato il tratto compreso tra il punto di inizio della pista, in via Orlandini, e il rione di Sant’Anna ad oggi eseguito solo a tratti proprio per la mancata realizzazione della passerella in questione».
Concretamente i lavori consistono nella sistemazione di un tratto di area dell’ex linea ferroviaria di proprietà del Burlo Garofolo, e nella costruzione di una passerella della lunghezza complessiva di quasi 160 metri destinata a consentire l’attraversamento in sopraelevazione del rimanente tratto di terreno sempre di proprietà dell’Istituto e della via dell’Istria. La passerella sostituirà l’attuale ponte metallico. Nella Convenzione siglata tra i due enti figura anche la realizzazione di una serie di opere di sistemazione dell’accesso e dei piazzali di sosta del comprensorio ospedaliero adiacenti alle aree interessate dai lavori della pista.
Queste attività saranno eseguite in occasione dell’esecuzione degli stessi lavori della pista per ridurre i possibili disagi per i pazienti del Burlo. Costo totale dell’opera 800 mila Euro (su un totale di 3,2 milioni. L’iter relativo alla realizzazione della pista ciclopedonale è iniziato nel 1997 con l’approvazione del progetto preliminare. La realizzazione del primo lotto (San Giuseppe della Chiusa - Confine di Stato) è avvenuta successivamente negli anni 2000-2001, con i finanziamenti del progetto europeo Interreg II. Negli anni 2004-2005 sono stati poi realizzati il sottopasso della Strada Provinciale n. 11 «di Prebenico» e completata la sistemazione a parcheggio e ad area servizi della futura «partenza» della pista in via Orlandini nel rione di San Giacomo (il cosiddetto terzo lotto della pista).
Infine, con la firma di ieri della Convenzione tra Provincia di Trieste ed il Burlo Garofolo si risolve uno degli ultimi ostacoli al completamento del secondo lotto di lavori, per il quale i tecnici stavano aspettando una risposta dal maggio 2005.
«Con la firma della convezione abbiamo finalmente risolto uno degli ultimi ostacoli che si frapponevano al completamento di questa sezione di lavori» ha commentato Tommasini, che sta già pensando a progetti collegati alla futura pista, come per esempio un raduno ciclistico.
«La firma della Convenzione è avvenuta in un giorno con un significato particolare per il Burlo Garofolo» ha commentato anche Mauro Delendi, direttore generale dell'istituto, ricordando anche l’accordo di programma sottoscritto ieri mattina dalla Regione, Comune e Provincia di Trieste, Azienda ospedaliero-universitaria Ospedali Riuniti di Trieste, Anas e dall’istituto. «Con questa intesa – ha aggiunto - tutte le parti si impegnano a realizzare le strade attorno al polo ospedaliero integrato di Cattinara, un progetto che prevede l'ampliamento delle strutture dell'attuale ospedale, con nuovi edifici da destinare ad attività didattiche e di ricerca, e il trasferimento nella stessa area del nostro istituto Burlo Garofolo». «In altre parole – ha aggiunto Delendi- abbiamo adesso tutte le carte in regola per poter dire che fra 7 anni circa avremo un polo sanitario integrato a Cattinara». La stima degli interventi per la costruzione del nuovo Burlo si aggira attorno a 36 milioni di euro, che saranno ricavati dal ministero e dalla vendita dell’attuale edificio in Via dell’Istria.
Gabriela Preda

 

 

Al via il Piano antenne - Oggi al Ferdinandeo il documento sarà illustrato ai responsabili rionali - I parlamentini hanno 20 giorni per fornire i pareri

 

Il testo definirà soprattutto le aree «sensibili» come scuole e ospedali dove non potranno più sorgere tralicci e indicherà quelli da dismettere

Il Far West della telefonia mobile, con il proliferare per tutta la città delle antenne cresciute ovunque come funghi, ha probabilmente i giorni contati. Infatti, quest’oggi, seppure con un ritardo di molti mesi e sull’onda della protesta dei comitati cittadini sorti in funzione «anti antenne», verrà illustrato al Ferdinandeo il Piano cittadino per la telefonia mobile, che dovrebbe riordinare la deregulation di un settore divenuto centrale nella vita di ognuno di noi.
L’incontro illustrativo sarà rivolto soprattutto alle circoscrizioni, le quali poi avranno al massimo 20 giorni per fornire i loro pareri. La palla poi passerà al consiglio comunale per l’approvazione definitiva. Il regolamento, che era già stato ultimato a dicembre e che a gennaio doveva essere portato nelle circoscrizioni, aveva subito degli slittamenti nel suo iter a causa di una serie di avvicendamenti negli uffici comunali, potrebbe essere così approvato entro una trentina di giorni.
Ecco che cosa dice la rappresentante unica per le circoscrizioni nella Commissione consultiva per le antenne, Elisabetta Sulli: «Il Piano, già esaminato dalla Commissione speciale di cui faccio parte viene illustrato purtroppo alle circoscrizioni con ben 5 mesi di ritardo, visto che mesi fa in consiglio comunale era stata spiegata solo la bozza del regolamento. Credo però che tutte le circoscrizioni intendano esprimersi sul regolamento a tamburo battente, proprio per evitare altri tempi morti e lungaggini. La sesta circoscrizione di cui sono vicepresidente, si esprimerà domani sera (ndr, oggi) in seduta speciale subito dopo l’incontro al Ferdinandeo».
Il Piano comunale delle antenne, che recepisce delle direttive regionali, definirà dal punto di vista normativo soprattutto le cosiddette aree «sensibili», come scuole ed ospedali, dove non si potranno più erigere nuove antenne. Il regolamento definirà anche quali saranno le strutture da dismettere perché poste in aree non congrue e soprattutto i tempi di dismissione che oggi risultano eterni, come anche rileva Enrico Lena, rappresentante unico dei Comitati cittadini «Anti antenna», all’interno della Commissione consultiva: «Il Piano predisposto non è male- dice- purtroppo il ritardo è enorme, visto che si sarebbe dovuto ultimare entro il 2005».
Dal canto suo il medico pediatra Ingrid Rudoi Mason, che fa parte del Comitato di Scorcola, rimarca: «Sono numerosi gli studi che dimostrano i danni biologici sugli organismi in via di accrescimento, dovuti ai campi elettromagnetici». Questo comitato ha anche redatto una sorta di osservazioni critiche sull’operato delle compagnie telefoniche, ma anche su chi dovrebbe svolgere i controlli.
Riguardano, ad esempio, la costruzione domenicale delle antenne per mettere il cittadino davanti al fatto compiuto, il fatto che le misurazioni del limite di emissione di onde elettromagnetiche per le pertinenze esterne delle case (giardini e terrazzi) non verrebbero fatte nelle ore di massima utenza , quando lo sforamento massimo dei valori previsti dalla legge, sarebbe assicurato.
Daria Camillucci

 

 

Ambientalisti: sui rigassificatori decida un referendum regionale Rc critica il no della Margherita

 

«Aldilà della proposta di referendum comunale che avevamo avanzato circa un anno fa – rilancia il consigliere dei Verdi, Alessandro Metz – la Regione potrebbe anche indire una consultazione per la fascia costiera, indicativamente da Muggia a Lignano». Metz si rifà al programma elettorale del 2003 per richiamare il centro-sinistra al «meccanismo della partecipazione nelle decisioni. C'è stato – incalza – un impoverimento dei percorsi partecipativi: non si può fare il referendum? Bene ma anche Agenda 21 è stata sostituita dal 'metodo Illy' che consiste nel mandare avanti i Moretton o i Sonego di turno e prendere le decisioni 'manu militari'».
E se Dl e Cittadini dicono no al referendum, il segretario regionale di Rifondazione, Giulio Lauri, si dice «stupito per la presa di posizione del Capogruppo della Margherita, Degano, e di quello dei Cittadini, Malattia. Si tratta di progetti controversi, e se non ci fosse unanimità di giudizio fra Regione ed enti locali la consultazione delle popolazioni interessate sarebbe lo strumento più democratico per decidere, oltre ad essere una scelta coerente con il programma di Intesa Democratica. Davvero non si comprende – prosegue Lauri – perché forme di consultazione diretta della popolazione, come le primarie, andrebbero bene per la scelta dei leader delle coalizioni, e non vanno invece bene per fare decidere democraticamente i cittadini e le cittadine su scelte che influiranno molto sulla qualità della loro vita. E se il referendum non fosse veramente fattibile, che siano le comunità ad attivare forme autorganizzate di consultazione della popolazione».
Gli ambientalisti, attraverso il Comitato per la Salvaguardia del Golfo di Trieste, incalzano nella loro contrarietà ai due progetti: «Illy continua a considerarci quattro gatti – sono le parole del responsabile del Comitato, Giorgio Jercog – ma tra Italia e Slovenia abbiamo raccolto 45 mila firme contro i rigassificatori e ci fa piacere che anche il sindaco di Capodistria si sia espresso contro gli impianti». Secondo Jercog «stanno facendo il 'giochetto' di prospettare due strutture per poi farci accettare una sola. Ma gli enti locali sono stati chiari nell'esprimersi e la Regione ne deve tenere conto». Intanto ieri sera il Circolo della Libertà presieduto dal senatore Antonione ha organizzato un incontro proprio su questa tematica. «In Europa solo la Spagna ha più di un rigassificatore – ha commentato l'esponente forzista – e in quanto a richieste di nuovi impianti la Francia ne vuole tre, Germani e Gran Bretagna uno, l'Italia tredici. Viene il sospetto che ci sia qualcosa di diverso da una semplice necessità energetica. Preoccupa – ha dichiarato Antonione – la superficialità con la quale si pensa di inserire degli impianti di questo tipo nel golfo di Trieste e la assoluta mancanza di una strategia».
Nell'incontro di ieri alla Stazione Marittima è emerso, secondo quanto detto dall'operatore portuale Franco Napp, che l'impianto di Zaule non comporterebbe intralci con gli attuali traffici del porto triestino, mentre il presidente dell'Ogs, Iginio Marson, ha affermato come i rischi per l'ambiente marino siano condizionati da molte variabili ancora non del tutto chiarite. C'è invece, secondo il docente di termofluidodinamica computazionale dell'Università di Trieste, Enrico Nobile, il rischio di attentati: «Un rigassificatore può essere un obiettivo credibile – ha dichiarato – soprattutto se posto nelle vicinanze di zone abitate. Non è comunque il caso di suscitare eccessivi allarmi anche perchè gli effetti di un'eventuale esplosione o di una fuoriuscita di gas non sono ancora del tutto noti». I modelli finora conosciuti, tuttavia, sostengono che un'esplosione di una nave gasiera comporta danni molto seri nel raggio di 1,6 chilometri.
Roberto Urizio

 

 

I Verdi contro la legge sugli Ogm  - Metz: no alla deroga all’utilizzo a fini agricoli delle specie transgeniche

 

TRIESTE Il consigliere regionale dei verdi Alessandro Metz in una nota critica l’articolato presentato dalla Giunta regionale con le disposizioni in materia di coltivazione e uso in agricoltura di organismi geneticamente modificati: «C'è un movimento crescente ed inarrestabile contro la coltivazione di organismi geneticamente modificati in Europa». Il dispositivo della regione -ricorda Metz- vieta l'utilizzo, ai fini agricoli, delle specie transgeniche almeno fino al 31 dicembre 2008; termine fissato per la presentazione e l'adozione del cosiddetto piano di coesistenza tra le colture transgeniche, appunto, e quelle convenzionali e biologiche. Metz sottolinea che invece «in Commissione è stata apportata una gravissima modifica che non solo antepone il termine di divieto di utilizzo di organismi geneticamente modificati, portandolo al 31 dicembre 2007, ma anche lo svincola dalla stesura del Piano di coesistenza, liberalizzando di fatto, già dal 1 gennaio 2008, l'uso in agricoltura delle sementi modificate». Per Metz «risulta di scarso valore l'istituzione di un Comitato tecnico scientifico con compiti di approfondimento tematico se nel frattempo vengono legittimate le pratiche di utilizzo Ogm sul nostro territorio». I Verdi annunciano voto contrario al progetto legislativo se non verrà accolto un emendamento che «ripristina i termini di pianificazione subordinandoli all'eventuale piano di coesistenza».

 

 
Fiume ribadisce: solo il tre per cento delle coste risulta non balneabile
 
Acque di mare pulite a Fiume e in tutta l’area del Quarnero. È quanto rilevato ieri in sede di conferenza stampa dal vicezupano della Contea litoraneo-montana Luka Denona e dal direttore dell’Istituto regionale per la salute pubblica sede a Fiume Vladimir Micovic. Reso noto che i campionamenti sono stati effettuati in 232 punti lungo la fascia costiera, dei quali solo il 3 per cento sono risultati inquinati e quindi a rischio per la salute dei bagnanti. Nel capoluogo quarnerino l’unico punto nero riguarda le acque prospicienti l’ex albergo Park nel rione di Pecine dove il tasso d’inquinamento è molto alto e la balneazione è vietata. È, invece, moderato il tasso di inquinamento nelle acque che bagnano la zona dallo stadio di Cantrida al centro ricreativo del cantiere navale Tre Maggio. Altrove a Fiume le analisi hanno dato risultati piu’ che soddisfacenti. Gli altri punti a rischio, sempre per quanto concerne la regione litoraneo-montana, hanno riguardato Ika, Icici e Abbazia nonchè Kraljevica, poco a Est di Fiume. Tutto a posto, invece, nei controlli effettuati nel resto dell’area alto-adriatica, dove sono numerose le bandiere blu (l’attestato internazionale) che sventolano nei principali stabilimenti balneari. Rilevato inoltre che l’amministrazione regionale stanzia 400 mila kune l’anno per i controlli della qualità del mare i cui risultati vengono pubblicati sul sito internet dell’Istituto conteale per la salute pubblica, i cui esperti analizzano da anni la qualità delle acque marine in quest’area dell’Adriatico settentrionale.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 28 maggio 2007

 

 

Degano: rigassificatori, il referendum non serve Il Wwf: preoccupa l’impatto sul sistema marino

 

Reazioni alla proposta del forzista Antonione che chiede l’avvio di una consultazione popolare

Malattia: «È un copione già visto. L’ultima parola spetta sempre al governo nazionale, non vedo quindi la necessità del referendum. E poi è già stato bocciato dal Comune di Trieste»

TRIESTE «Più che parlare di referendum è necessario seguire le leggi e le procedure». Il capogruppo della Margherita in Consiglio Regionale Cristiano Degano, guarda con perplessità all'ipotesi di referendum sui rigassificatori, lanciata dal senatore di Forza Italia, Roberto Antonione. «La Regione è chiamata a dare un parere sulla valutazione di impatto ambientale - ricorda Degano - e si tratta di un problema tecnico-scientifico più che una questione di opinioni o di coscienza. Occorre cioè verificare se c'è la compatibilità ambientale». Un dato, quest'ultimo, ancora incerto secondo l'esponente della Margherita: «Sulla base della documentazione presentata, compresa quella supplementare, non ci sono le condizioni per dare un parere, non vengono fugati i dubbi per una valutazione completa». Degano ricorda ad Antonione come l'ipotesi del referendum era già stata avanzata ma era stata l'apposita commissione del Comune di Trieste a bocciare il quesito presentato, tra gli altri, dal consigliere regionale dei Verdi, Alessandro Metz. E su questo aspetto si sofferma anche il capogruppo dei Cittadini per il Presidente, Bruno Malattia, secondo cui la proposta di Antonione «non è altro che la ripresa di un copione già recitato. L'ultima parola spetta al governo nazionale, non vedo onestamente a cosa possa servire un referendum quando la competenza spetta ad altri».
E pareri contrastanti in merito alla realizzazione del rigassificatore nel golfo di Trieste sono stati esposti ieri anche a Monfalcone, durante un dibattito dal titolo: "Rigassificatore: perché?" al quale hanno preso parte Christina Sponza, presidente di Tecnosophia e l'economista Walter Mendizza per il fronte del sì, e Dario Predonzan del Wwf e Giorgio Jercog del Comitato di Salvaguardia del golfo di Trieste per il fronte del no. L'incontro, moderato da Franco Delben, docente di chimica industriale dell'Università di Trieste, è entrato subito nel vivo cercando di mettere a fuoco le problematiche legate alla sicurezza dell'impianto energetico ed al suo impatto ambientale. «Il rischio si valuta in base all'entità del danno - ha spiegato Walter Mendizza - Non esiste nessun rigassificatore al mondo che finora sia scoppiato, c'è più possibilità di avere un incidente in auto. Gli impianti sono assicurati e quindi il rischio è calcolato. Sono un nuclearista convinto, importiamo energia da altri Paesi e in questo modo regaliamo dei soldi che potrebbero rimanere a casa nostra». Sempre per il fronte del sì è intervenuta Christina Sponza che si è definita una liberista convinta «quando un privato vuole insediare un'attività produttiva e rispetta la legge è giusto farglielo fare. Sono a favore del rigassificatore in quanto permette di differenziare il nostro approvvigionamento energetico, facendo in modo di non dipendere soltanto dai Paesi ai quali siamo collegati tramite gasodotti. Dobbiamo prendere atto che nel presente è meglio bruciare gas piuttosto che carbone o petrolio. Il rigassificatore consente il riutilizzo dell'acqua fredda in uscita dall'impianto da parte di altre realtà industriali con un notevole risparmio energetico». Giorgio Jercog, contrario al rigassificatore, ha posto l'attenzione sul problema della sicurezza dei cittadini «avere le gasiere in una città significa un costante pericolo per la gente e per la continua emissione di anidride carbonica. Non possediamo un piano energetico nazionale ed inoltre l'alto Adriatico non è una zona idonea ad inserire rigassificatori a causa dei bassi fondali. Dobbiamo prima di tutto fare gli interessi dei cittadini e pensare alla loro incolumità. Questo impianto potrebbe essere causa di una perdita di vite umane qualora succedesse qualsiasi tipo di incidente oppure un attentato terroristico. Seguiremo l'esempio adottato dai comitati sul cementificio e ci batteremo anche per vie legali». «Manca un quadro programmatico chiaro che spieghi di quanti rigassificatori ha effettivamente bisogno il Paese e quali sono le aree più adatte ad ospitarli - ha rimarcato Dario Predonzan del Wwf - L'analisi degli studi che abbiamo effettuato ha dimostrato carenze su elementi di grande importanza come l'impatto delle acque fredde e cariche di cloro scaricate in mare sull'ecosistema e sugli organismi marini. Tale impatto è decisamente preoccupante e non va sottovalutato neppure il fatto che l'impianto sorgerebbe in mezzo golfo, deturpando l'aspetto paesaggistico».
Roberto Urizio e Elisa Michellut

 

 

Nuova centrale termoelettrica: Albona protesta e minaccia un esodo di massa

 

Contestata anche la volontà della Regione Istria di costruire un rigassificatore nel golfo di Fianona

ALBONA Se i politici non tuteleranno la nostra salute saremo costretti a fare le valigie ed andarcene da queso territorio. Questa in sintesi la conclusione emersa alla tribuna pubblica, promossa alla Comunità degli italiani dall' Associazione civica Gong e dagli ambientalisti di Istria Verde. E la preoccupazione per la salute specie dei giovani e dei giovanissimi, sembrano fondate. «Stiamo assistendo impotenti ai preparativi per la costruzione di una terza centrale termoelettrica a carbone, della potenza pari ad addirittura 500 Megawatt - è stato detto - e nessuno dei politici muove un dito per fermare questo scempio ambientale. Inoltre il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic sta combattendo con il coltello tra i denti per portare i famosi rigassificatori nel Golfo di Fianona. E si continua cosi a concentrare l'industria sporca in un bacino di mare molto ristretto, con serie minacce per la nostra salute e per il turismo della vicina Rabaz che rappresenta la fonte di sostentamento di numerose famiglie albonesi».
Numerosi i cittadini, anche di altre località istriane, intervenuti alla tribuna. Gli assenti invece erano quelli della controparte, ossia i rappresentanti dei vari ministeri e gli specialisti del settore dai quali la gente voleva sentire spiegazioni. Si sono presentati solo il sindaco Bruno Hrvatin e l'assessore regionale con delega per lo Sviluppo sostenibile Tullio Demetlika. Il primo si è limitato a dire di non conoscere a fondo il problema, dando però ragione alla cittadinanza nel voler tutelare il diritto alla salute. Sulla stessa linea il discorso di Demetlika che ha invitato i politici a rispettare la volontà della gente, tenuto conto anche del fatto, ha detto, che il Piano di destinazione ambientale dell'Istria non prevede la costruzione di un'altra centrale termoelettrica.
La protesta degli albonesi si affianca, dunque, a quella dei contrari all’insediamento della Woolrock a Paderna. Anche qui sono scese in campo le asociazioni dei Verdi e degli ambientalisti per cercare di fermare un progetto industriale che viene considerato altamente inquinante.
p. r.

 

 

La scomoda verità di Gore  - Documentario da vedere sui rischi che corre il nostro pianeta

 

Siete pronti a conoscere la verità? La condizione del pianeta e i rischi che corre a causa dei gas serra è quella «scomoda» che Al Gore si è impegnato a diffondere di persona attraverso un tour che si è esteso ai quattro angoli della terra, avviato dopo aver perso (momentaneamente) la corsa alla Casa Bianca. Conscio di andare incontro allo scetticismo delle persone, ma forte delle sue ricerche nel campo e di vent'anni di esperienza, Gore espone una serie di dati scientifici inattaccabili.
Tabulati, previsioni sul nostro prossimo futuro e risposte alla domanda su come affrontare il riscaldamento globale del pianeta. «Una scomoda verità» è un documentario da vedere, scomodo (per i governi) come la verità del titolo. L'umanità è seduta su una bomba a orologeria - ci riferisce Al Gore. Se la maggior parte degli scienziati del mondo avesse ragione, ci resterebbero dieci anni per evitare una catastrofe che potrebbe innescare una spirale distruttiva nell'intero sistema climatico del pianeta, con condizioni meteorologiche estreme. Alluvioni, siccità, epidemie e ondate di caldo letali mai registrate prima: e saremo noi la causa della catastrofe.
Il protagonista è niente meno che il vice presidente degli Stati Uniti d'America - dipinto come un uomo senza pecche, dedito alla famiglia e alle sorti della terra; ed è l’unica «pecca» del documetnario, - il quale - in seguito alla sconfitta subita alle elezioni del 2000 - ha deciso di dedicarsi alla salvaguardia del pianeta. In questo illuminante e intenso ritratto, Gore e il suo «spettacolo itinerante sul surriscaldamento globale» divertono, coinvolgono e stimolano lo spettatore a riflettere sulla cosiddetta «emergenza planetaria» prima che sia troppo tardi.
Intelligente, stimolante e ricco di speranza, «Una scomoda verità» è un documento che va visto, e rivisto, perché riguarda proprio tutti, nessuno escluso.

 

 

Trasporti più puliti: una soluzione è l’idrogeno - E' l’elemento più diffuso in natura, ma la sua produzione è molto cara. La rivalutazione dei camion

 

Trasporti non inquinanti al centro delle relazioni dei Rotary triestini. «Idrogeno, utopia o realtà per il nostro futuro?» è il titolo della relazione alla conviviale del Rotary Club Trieste Nord, svolta da Jan Kašpar, professore straordinario di chimica generale nel nostro ateneo. Di positivo per l'utilizzo dell'idrogeno in campo energetico, c'è la grande disponibilità, infatti, è l'elemento più abbondante dell'Universo. È anche l'elemento più leggero e volatile, pertanto per disporne in quantità utili bisogna estrarlo dalle fonti che ne contengono in abbondanza, come l'acqua, e i combustibili fossili, utilizzando una fonte di energia esterna. Inoltre, ha un alto potere calorico rispetto ad altri combustibili, ma, cosa fondamentale, non è inquinante. «Tutte queste caratteristiche ne fanno in teoria il candidato ideale nella sfida al problema energetico - spiega Kašpar - purtroppo le attuali tecnologie non sono ancora in grado di superare né il fattore economico nè quello logistico». Produrre idrogeno è molto caro, infatti, costa fino a quindici volte di più che produrre combustibili tradizionali. Il sistema migliore è l'elettrolisi, ossia l'estrazione diretta dall'acqua, che però necessità di una notevole quantità di energia elettrica.
A conclusioni analoghe è giunto anche Oscar Zabai, presidente dell'Autamarocchi, nel corso della relazione del Rotary Club Trieste, sull'azienda di trasporti triestina, al quinto posto in Italia. «Il traffico merci è in costante aumento - ha detto - e non è pensabile risolvere le problematiche ambientali e di affollamento della rete stradale, solo aumentando il trasporto su rotaia». Il problema è dunque, conciliare le esigenze dei traffici con quelle dell'ambiente. «In attesa dell'idrogeno - ha aggiunto - dovremo utilizzare fonti energetiche alternative, come il biodiesel e il gas naturale liquefatto criogenico per abbassare le emissioni di CO2». In linea con il principio di rispetto per l'ambiente, il parco veicoli dell'azienda è composto da camion Iveco Euro 5, che inquinano in termini percentuali molto meno delle autovetture Euro 4. Nonostante l'immagine collettiva veda i camion come una fonte di inquinamento, di congestione delle strade e un fastidio per gli automobilisti, l'Agenzia Europea per l'Ambiente nel primo rapporto 2007 rivaluta infatti il ruolo del trasporto merci su strada come elemento chiave della crescita economica di un paese.
Patrizia Piccione

 

 

Zaule: i danni del rigassificatore

 

Una lettrice elenca i pericoli che comporta la realizzazione dell’impianto

In merito alla ventilata ipotesi dell’insediamento del prescelto rigassificatore di Gas Natural a Zaule, desidero esprimere, come la stragrande maggioranza dei cittadini, la più netta contrarietà. È già stato più volte ribadito in vari articoli pubblicati da questo giornale il devastante impatto ambientale che la realizzazione di detta struttura comporterebbe, suffragata di recente anche dal parere di un esperto della nostra comunità scientifica da cui emerge che, ogni giorno, verrebbero scaricati nel nostro golfo 200 kg di cloro e circa 500 kg di solfati che movimentandosi metterebbero in circolo altissime quantità di sostanze chimiche altamente pericolose. Da tali premesse è assicurata la distruzione di tutti i nostri prodotti ittici e il divieto permanente di balneazione per grave contaminazione del golfo. Le riviere Barcolana e Muggesana pullulano di gente che si reca quotidianamente al mare: bambini, adulti, anziani tutti traggono beneficio dalla balneazione. Purtroppo stiamo constatando, con rammarico, che parte di questa classe politica non ha consapevolezza di ambiente. Questi politici si potrebbero definire una sorta di «Mercanti di affari» pronti a svendere il territorio a favore degli interessi delle imprese e delle multinazionali. Come situazione ambientale siamo ridotti a livello di Terzo Mondo: fumi, diossina, discariche all’aperto, edilizia selvaggia, caos nel traffico, pedoni allo sbaraglio, antenne disseminate qua e là e gente nevrotica ed esasperata. Di questo passo tra qualche anno ci muoveremo con la maschera antigas. Per trovare un ambiente civile e vivibile basta oltrepassare i confini del Nord d’Italia e lì ci si rende conto di come gli amministratori coniugano bene sviluppo sostenibile e realtà ambientale. Il cittadino che viene eletto a governare lo Stato, la Regione o una unità territoriale più piccola, deve avere la consapevolezza, per la propria parte di competenza, di prendere in consegna la gestione di un territorio e della popolazione che vi risiede e ci si aspetta che lo stesso svolga il proprio mandato con intelligenza, coscienza e moralità ponendo attenzione alla salute e alla sicurezza degli abitanti nel rispetto dell’ambiente. Il mare è vita, è una risorsa che nessun governo centrale o regionale può permettersi di distruggere.
Licia Micheli
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 27 maggio 2007

 

 

Antonione: referendum sui rigassificatori - «Per infrastrutture di forte impatto come quelle nel Golfo è giusto che vengano consultati i cittadini»

 

Il senatore di Forza Italia interviene nel dibattito sull’ambiente. Domani alla Stazione Marittima incontro dei Circoli delle Libertà

TRIESTE «Sulle infrastrutture di forte impatto ambientale è necessario un coinvolgimento della popolazione prima attraverso l’informazione e poi con una consultazione popolare». Il senatore di Forza Italia Roberto Antonione promuove un’iniziativa per riaprire i riflettori sulla questione rigassificatori. Il tema ambientale, con gli sviluppi della vicenda Torviscosa, si è rivelato nell’ultimo mese un punto sensibile all’interno della maggioranza che governa il Friuli Venezia Giulia.
La gestione dell’autorizzazione al progetto del cementificio chiesta dalla Cementi Nord-Est del gruppo veneto Grigolin, ha creato frizioni profonde non solo con la sinistra ma anche un ulteriore distacco tra la politica e la società civile.
E il centrodestra non sta con le mani in mano. Domani il Circolo delle Libertà del Friuli Venezia Giulia organizza alla Stazione Marittima di Trieste un convegno aperto per illustrare ai cittadini, attraverso il contributo di esperti del settore, le possibili conseguenze sulla sicurezza, le ripercussioni in campo biologico-marino, l’impatto sul traffico marittimo. L’incontro dibattito, che avrà inizio alle ore 18, si intitola: «Rigassificatore: vale il rischio?».
Ma l’ex sottosegretario agli Esteri del governo Berlusconi non vuole dare una valenza politica all’evento.
«Il nostro primo obiettivo - spiega Roberto Antonione - è quello di fornire ai cittadini alcuni elementi di valutazione».
Sul palco della Marittima parleranno Pierpaolo Ferrante, che introdurrà il dibattito, i docenti dell’Università di Trieste Iginio Marson ed Enrico Nobile e l’esperto di traffico marittimo Franco Nap.
«Ho sempre manifestato le mie perplessità sull’opportunità di realizzare un rigassificatore nell’area di Zaule - sottolinea il senatore Roberto Antonione - ma non ho pregiudizi. Credo che le persone abbiano il diritto di essere informate in modo approfondito. Su queste questioni infatti ritengo che l’opinione pubblica vada coinvolta. Ricordo che dieci anni fa, quando l’Eni aveva manifestato l’intenzione di costruire un impianto a Monfalcone, i cittadini hanno espresso il loro parere attraverso un referendum anche se gli amministratori locali avevano dato il via libera al progetto. Ritengo che questa sia la procedura più corretta. E non dobbiamo dimenticare che la popolazione di Monfalcone si era espressa in maniera negativa».
Quindi anche a Trieste, prima di passare all’attuazione del progetto, sarebbe opportuno un referendum consultivo?
«Non è possibile fare una scelta così importante senza sentire cosa ne pensa la cittadinanza - continua Antonione -. Poco importa se il parere definitivo venga dagli enti locali, dalla Regione o dal governo nazionale. A chi dice che ci sono degli impedimenti giuridici per arrivare alla consultazione rispondo che è solo una questione di volontà politica. Se gli amministratori sono convinti delle loro scelte non vedo perché debbano temere il referendum». Ma talvolta chi governa deve anche prendere delle decisioni impopolari.
«I rigassificatori sono una risorsa importante - dice il senatore forzista - ma vanno fatte tutte le valutazioni tecniche necessarie. E dai dati emersi finora il nostro Golfo non è adatto a ospitare l’impianto. La scelta degli amministratori può essere forzata solo nel caso di infrastrutture indispensabili per la comunità. Penso ad esempio ai termovalorizzatori per lo smaltimento dei rifiuti. Ma se si è chiamati a dare un’autorizzazione alla costruzione di impianti come il cementificio o il rigassificatore, che possono essere costruiti ovunque, è necessario verificare il parere dei cittadini».
Ma quali sono dal punto di vista tecnico le principali preoccupazioni sull’insediamento del rigassificatore?
«Quello che non è stato messo in evidenza in modo chiaro è il problema di un possibile incidente - conclude Antonione -. Il riscaldamento dell’acqua marina e l’impatto degli agenti chimici utilizzati per il funzionamento dell’impianto sono degli elementi da non sottovalutare. Ma in caso di incendio di una gasiera il danno sarebbe irreversibile perché i fondali poco profondi del nostro Golfo non consentono l’affondamento di navi che sviluppano un’altezza di almeno 50 metri».

Ciro Esposito

 

 

Rifiuti industriali, il Fvg al top in Italia: 1835 chili pro capite - Nel 2003 c’era stata una forte diminuzione: poi l’incremento in 12 mesi pari al 55%

 

Gli ultimi dati sono del 2004 TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia conta la più alta produzione pro capite di rifiuti speciali pericolosi in Italia. Rifiuti speciali, nella classificazione nazionale, sono considerati i residui della produzione di attività agricole, da attività di demolizioni, di smaltimento rifiuti, ma anche a soprattutto da «lavorazioni industriali ed artigianali». Il dato esce dal report annuale 2006 svolto dall’Atap, l’Agenzia nazionale per la Protezione dell’ambiente e per i Servizi tecnici, che di anno in anno esamina la produzione e gestione dei rifiuti in Italia. Secondo la ricerca, nel 2004 (ultimo dato disponibile) il Friuli Venezia Giulia contava una produzione media di 1.835 chilogrammi di rifiuti speciali non pericolosi (quindi con apposito trattamento ma considerati di gestione rischiosa) ogni anno per ogni abitante. Al secondo posto veniva il Veneto, con 1.644 chili, e l’Emilia Romagna, con 1.589 chilogrammi. Come si vede, una differenza notevole rispetto al Fvg. La produzione media pro capite nazionale, nel 2004, è stata di 1.057 chilogrammi. Il Fvg si è quindi piazzato ampiamente sopra il livello nazionale. E, purtroppo, l’andamento registrato dall’Agenzia non è stato continuo: mentre tutte le altre regioni grossomodo si sono mantenute costanti, così non ha fatto il Fvg. Nel 2002 ha registrato valori molto alti, nel 2003 invece c’è stata un riduzione piuttosto importante che faceva ben sperare. Invece, nel 2004 il trend è tornato a crescere, e di molto: il report parla di un +55% rispetto al 2003. E quindi dall’anno prima, in cui si era rientrati nella media nazionale, il Fvg è tornato al top in Italia. E anche per quanto riguarda i rifiuti pericolosi (sempre derivanti da produzione industriali e altro ma che necessitano particolare cautele nel trattamento), il Fvg non se la passa bene. Per fortuna, comunque, questa volta almeno non finisce ai primi posti nella classifica. Si trova infatti al quinto posto in Italia, dopo Liguria, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.
Elena Orsi

 

 

I Comitati: cementificio, la Regione sapeva   - Slitta la protesta del 2 giugno. «Attendiamo la decisione della giunta»

 

Mareno: il primo esposto ai carabinieri lo abbiamo presentato ad agosto dell’anno scorso dopo il sì di Torviscosa

UDINE «La Regione sapeva tutto. Fin dal settembre 2006». Mareno Settimo, portavoce del comitato “No al cementificio”, il giorno dopo aver ufficializzato i tre esposti sull’insediamento di Torviscosa, ricostruisce i passaggi. E denuncia: «Nella seduta della commissione Via del 28 marzo di quest’anno il via libera al cementificio è stato motivato con il fatto che le centraline di rilevamento dell’inquinamento dell’aria risultano “inidonee” vista la loro ubicazione. Tutte cose che erano già scritte nel nostro primo esposto».
Nel testo presentato da Settimo il 26 agosto dell’anno scorso ai Carabinieri di Torviscosa, e per conoscenza al Comune (di cui, nell’esposto, veniva appunto contestata la delibera del 10 agosto che esprimeva parere favorevole al cementificio), si legge infatti che «la centralina dovrebbe essere posta alle distanze stabilite dall’allegato VIII del Dm 60/2002». Insomma, carte alla mano, il leader del comitato della Bassa segnalava già la scorsa estate la posizione non idonea degli strumenti di rilevamento. E aggiungeva, a rafforzare la tesi di un cementificio inquinante in un’area già tormentata da decenni, «che già allo stato attuale gli ossidi di azoto superano il valore limite per la protezione della vegetazione». Quell’esposto, oltre che in Procura, finiva pochi giorni dopo negli uffici della Regione, al direttore del servizio Via Paolo Cartagine. «Sollevando da subito il problema della qualità dell’aria – evidenzia Settimo –, consegnavamo all’amministrazione regionale ampio materiale che chiariva, da subito, che il cementificio non si sarebbe dovuto fare». Nel testo, si legge ancora, «le tonnellate/anno di ossidi di azoto emessi in atmosfera da centrale a turbo-gas e cementificio saranno di circa dieci volte superiori rispetto alla situazione esistente nel periodo di funzionamento della sola centrale a carbone». «Tutte cose, compresa la non adeguata posizione delle centraline – insiste Settimo –, che la Regione conosceva ben prima del 28 marzo». Le denunce del comitato vengono poi reiterate anche a gennaio e a febbraio 2007 con altri due esposti indirizzati entrambi al Prefetto e alla Procura di Udine «per chiedere di verificare per quale motivo, nonostante i numerosi e ripetuti superamenti dei limiti quotidiani dei Pm10 registrati dalla centralina dell'Arpa di Torviscosa, non era stato preso alcun provvedimento per limitare l'inquinamento atmosferico». Risposte? «Finora nessuna, siamo attesa», precisa il portavoce del Comitato. In attesa anche della decisione della giunta: «Appena la conosceremo decideremo la data della manifestazione in piazza a Torviscosa che avevamo pensato per il 2 giugno e che invece faremo slittare di una-due settimane». L’idea è quella di festeggiare in quell’occasione il definitivo stop al cementificio. Sempre che arrivi davvero.
m.b.

 

 

Balneabile il 98% dell’Adriatico croato Inquinate Portoré, Buccarizza e Ossero

 

Il ministero dell’Ambiente croato ha reso pubblici i dati del primo campionamento delle acque costiere

FIUME Migliorano le acque croate dell’Adriatico. Lo confermano i risultati del primo campionamento stagionale delle acque costiere, dati presenti sulla pagina web del ministero dell’Ambiente (www.mzopu.hr/more/) e che saranno aggiornati ogni quindici giorni, all’indomani cioè dei monitoraggi che dureranno fino al 30 settembre prossimo. Non tutto però fila per il verso giusto: in 7 degli 870 punti di prelievo sono stati riscontrati problemi legati all’inquinamento.
La situazione peggiore, ovvero un accentuato tasso di inquinamento, la si registra nelle acque antistanti la spiaggia Fortica a Portoré (Kraljevica), nelle vicinanze di Fiume. Sempre a Portoré, ma nel braccio di mare prospiciente lo stabilimento Carevo, l’inquinamento si presenta di natura moderata.
Identico quadro pure nelle acque che bagnano due spiagge a Buccarizza (Bakarac), nella baia di Buccari. Inquinamento moderato anche nello specchio di mare di fronte all’ albergo Millenium, ad Abbazia, nella spiaggia del faro di Ossero (dalla parte di Lussino) e nel nuovo stabilimento balneare comunale a Ploce, in Dalmazia. Tutto sommato, ben il 98 per cento delle acque controllate è idoneo alla balneazione, un risultato di cui al dicastero dell’Ambiente (e in quello del Turismo) vanno giustamente fieri. I maggiori problemi restano legati ad alcuni punti nel Quarnero, ossia nell’Alto Adriatico, bacini contrassegnati dal degrado provocato dagli scarichi urbani e industriali. Va rilevato che i controlli sulla qualità delle acque di mare sono cominciati il primo maggio e che avverranno ogni quindici giorni. In pratica dieci campionamenti, che diventano dodici per quelle spiagge su cui sarà issata la Bandiera blu, simbolo di un ambiente intatto e di servizi all’altezza. Quattro le categorie in cui le acque vengono suddivise a seconda della qualità: categoria acqua blu (mare d’alta qualità), categoria acqua verde (mare in cui è permessa la balneazione), categoria acqua gialla (mare moderatamente inquinato) e categoria acqua rossa (mare fortemente inquinato).
Ottime notizie insomma per le centinaia di migliaia di villeggianti stranieri – tra cui la posizione di preminenza spetta agli italiani – che vedono nelle acque del versante croato dell’Adriatico il luogo ideale per fare una nuotata sana e rinfrescante. Del resto, negli ultimi due decenni, le autorità dei comuni costieri della Croazia si sono impegnate a fondo per mettere in funzione nuove reti fognarie, canali di scolo di acque piovane e depuratori, spesso attingendo dai mezzi messi a disposizione dalle istituzioni finanziarie europee e mondiali.
Andrea Marsanich

 

 

Troppa imprecisione sui rigassificatori
 
Leggo su «Il Piccolo» dell’11 maggio scorso che il presidente Illy, sul tema dei rigassificatori, ha fatto queste dichiarazioni: «Negli Usa sono stati costruiti 50 terminal e non è stato alterato alcunché dell’ambiente; nella baia di Tokyo, un po’ più grande di quella di Trieste, ma simile per ordine di grandezza, ce ne sono cinque».
Questa affermazione, se non fosse legata a un impianto ad alta pericolosità (soggetto alla normativa Seveso) per noi cittadini, sarebbe insignificante se detta da una persona comune, ma detta dal presidente Illy, non tranquillizza affatto, anzi.
Difatti la baia di Tokyo è lunga 50 km e larga in media circa 20, contro quella di Muggia che dalla foce del rio Ospo a punta Olmi è lunga appena 4 km, mentre la larghezza è di circa 1400 metri. Come si vede non può essere «simile per ordine di grandezza» a quella di Tokyo.
In secondo luogo è bene ricordare che per arrivare a una profondità del mare di 200 metri dobbiamo arrivare sino all’altezza di Ancona e ancora saremmo in un mare chiuso, il Mediterraneo; mentre appena fuori della baia di Tokyo c’è l’oceano Pacifico con la fossa del Giappone profonda oltre 8000 metri.
Le parole del presidente Illy mi sembrano talmente lontane dal vero, e lui stesso probabilmente lo sa, in quanto non mi risulta che abbia mai voluto confrontarsi pubblicamente con gli scienziati, esperti in materia, della nostra comunità scientifica.
Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 26 maggio 2007

 

 

Bucci: «Park interrati, Rive senz’auto in 5 anni»  - Cassati dal piano quattro dei ventidue siti previsti. Una nuova struttura sotterranea anche a Barcola

 

Primo esame da parte della giunta del documento che definisce le localizzazioni dei nuovi contenitori per un totale di poco meno di 6500 posti

Sono diciotto i nuovi parcheggi ai quali la giunta potrebbe dare presto l’ok. L’esecutivo ha intanto espunto dal piano quattro dei ventidue impianti previsti. Potrebbero però inserirsi due ulteriori strutture, l’una in piazzale Vittime 11 settembre, a Barcola, l’altra nelle ex officine Holt in via Gambini. E l’assessore Maurizio Bucci ha un obiettivo: «Rive sgombre dalle auto in quattro-cinque anni».

Il sì formale della giunta non c’è ancora. Ma nell’ultima seduta, dopo una discussione che ha portato ad alcuni aggiustamenti della bozza, Bucci ha incassato un cosiddetto «verde di giunta», un via libera a redigere la nuova versione del piano e dunque la delibera definitiva sulla quale, se non ci saranno sorprese, l’accordo politico dovrebbe essere pieno. Non è detto naturalmente che i siti individuati siano quelli che effettivamente entreranno nel piano (peraltro già approvato dalla Regione): ulteriori modifiche potranno essere apportate dal consiglio comunale, cui spetterà l’approvazione e poi (dopo un secondo passaggio in Regione) l’adozione dello strumento urbanistico, che costituisce a tutti gli effetti una variante al piano regolatore.
Intanto, i quattro impianti che la giunta ha da ultimo cassato sono quelli già previsti in piazzale de Gasperi, in via Rigutti-via Salem (zona Sonnino-D’Annunzio), in via Veronese (San Giacomo) e in via Revoltella-via D’Angeli. Quanto al parcheggio sotterraneo di piazza Sant’Antonio, risulta mantenuto nel documento con la prescrizione però di farne una struttura di sola pertinenza (come quella di piazza Vittorio Veneto), così da non appesantire il traffico. Altre due strutture potrebbero profilarsi all’orizzonte, in base a proposte firmate An. È stato l’assessore Piero Tononi a proporre la zona di Barcola, con piazzale Vittime dell’11 settembre. Il sito - dice Bucci - verrà citato nel nuovo piano come «raccomandazione»: «Inserirlo vorrebbe dire riaprire l’intero iter e perdere altri cinque mesi, così invece su Barcola potrà essere fatta la prima variazione al nuovo piano». La struttura potrebbe essere destinata in parte a posti a rotazione e in parte a posti di pertinenza (da vendere o affitare, cioè). Quanto alle ex officine Holt, già entrate in un elenco di immobili che il Comune voleva mettere in vendita, la procedura è stata bloccata perché An ha già annunciato un emendamento che potrebbe portare a variare la loro destinazione urbanistica in parcheggi.
Dislocati tra centro e periferia, i diciotto impianti sin qui previsti sono quasi tutti completamente interrati e su più livelli. Quanto alla loro effettiva realizzazione, il Comune lancerà una gara di project financing (l’impresa interessata costruisce a proprie spese la struttura ottenendone in cambio la gestione) i cui risultati non sono scontati: se alcune localizzazioni risultano assai appetibili in termini di redditività, per altre il quadro economico di sostenibilità non si profila facile. Per alcuni impianti in ogni caso i giochi sono già fatti: l’ampliamento del parking di Foro Ulpiano è già previsto nel contratto di concessione che il Comune stilò anni fa con Saba Italia, azienda che sta lavorando anche al progetto del nuovo parcheggio situato davanti alla Stazione marittima.
Su questa base, e considerando che «per il sito dell’ex Bianchi ci sono forti interessamenti, mentre da tempo un grosso gruppo francese ha manifestato interesse per la struttura di Riva III Novrembre», Bucci punta a vedere «le Rive senza parcheggi di superficie nel giro di quattro o cinque anni. Un obiettivo politico che nessuno si è mai posto», aggiunge l’assessore. Ottimista? «Si può fare», risponde lui. Per il parking sotto la Marittima la costruzione potrebbe iniziare «l’estate prossima, perché siamo già alla progettazione esecutiva». Il cantiere - ricorda lo stesso Bucci - porterebbe certo disagi al business crocieristico, «ma ho ottenuto che costruiscano la copertura per poi lavorare al di sotto».
Tutta da giocare la partita per le altre due strutture: l’ipotesi progettuale contenuta nel piano parcheggi prevede che nell’area Capitaneria di Porto-teatro Verdi siano realizzati tre livelli interrati: l’entrata avverrebbe davanti alla Capitaneria, l’uscita obbligatoriamente nell’area del Verdi. Infine la struttura sotto l’ex Bianchi: l’impresa che fosse interessata dovrà peraltro demolire «una platea di cemento dello spessore di circa due metri», come scrivono i tecnici nelle loro relazioni, emersa con l’abbattimento del polo natatorio. In tutto, le tre strutture delle Rive conterebbero quasi 1400 posti auto. E allora, «ma solo a parking sotterranei ultimati», precisa l’assessore, il Comune potrà cancellare i posti auto di superficie.

Paola Bolis

 

 

La Provincia al Comune: «Raccolta rifiuti porta a porta anche in centro a Trieste»

 

Convocato un incontro per il primo giugno esteso anche alle altre amministrazioni locali

L’assessore municipale Rovis: «Intanto proseguiremo con gli esperimenti nei rioni dopo Melara e San Giacomo. Differenziata: siamo sotto alla media nazionale»

La Provincia spinge fino in fondo il tasto della differenziata in città e il Comune propone un sistema «misto» per gestire il problema dei rifiuti urbani a Trieste. Venerdì prossimo, l’assessore provinciale Ondina Barduzzi, convocherà a un tavolo le amministrazioni comunali per promuovere il nuovo sistema, grazie al cospicuo contributo regionale di un milione di euro.
«Bisogna aumentare la quantità di spazzatura destinata al riciclaggio così da porre Trieste in linea con i parametri fissati dal decreto Ronchi - spiega l'assessore Paolo Rovis, competente per materia - e noi lo faremo attraverso un sistema di raccolta basato sul work in progress. Mi spiego: attueremo il porta a porta laddove la geografia residenziale, unita a precise condizioni sulla densità abitativa, lo consente e invece potenziamento capillarmente i raccoglitori monotematici in quei rioni che presentano un maggior grado di difficoltà nell'attuazione del nuovo sistema». «Attualmente - chiarisce Rovis - il nostro territorio produce una percentuale di differenziata che si attesta sul 18% mentre la normativa prevede un tetto pari al 35. Ebbene io ritengo che predisponendo una raccolta dei rifiuti mista, cioè calibrata sulle esigenze dei quartieri, ci farà raggiungere un tale traguardo in 2, al massimo 3, anni».
Dopo Melara e il rione San Giacomo, dunque, l'esperimento del porta a porta potrebbe essere riproposto - coi dovuti correttivi e le doverose analisi di AcegasAps - in altre zone della città.
«Senza imposizioni, però - s'affretta ad aggiungere l’assessore Rovis - anzi confrontandoci direttamente coi cittadini e le circoscrizioni, che hanno il polso della situazione». Altro punto importante, secondo l’amministratore, aumentare le campagne informative per educare la popolazione - e i giovani in particolare - alla salvaguardia dell'ambiente, in modo da stimolare comportamenti coerenti. La Provincia - che ieri ha annunciato il dissequestro della linea 2 dell'impianto di via Errera per il riscontro, nelle concentrazioni di diossina, di valori al di sotto dei limiti fissati dalla legge - ha convocato il tavolo per valutare diverse questioni.
Uno degli scopi è appunto quello di approfondire il dibattito sulla raccolta dei rifiuti e fissare gli strumenti atti a rafforzare la differenziata sul territorio, sensibilizzando e coinvolgendo i cittadini con adeguati interventi. «L'obiettivo, ambizioso certo, è quello di estendere il porta a porta a tutta l'area di Trieste», commenta l'assessore provinciale al Territorio, Ondina Barduzzi. Anche in centro? «Perchè no? - replica - Chiaro che in quella zona il sistema di raccolta differenziata spinta possa risultare di più impegnativa attuazione, tuttavia non mi pare un obiettivo impossibile»,
E qui, l’assessore Barduzzi, cita l’esempio di un altro capoluogo provinciale del Friuli Venezia Giulia: Udine, che da tempo porta avanti la differenziata.
«Personalmente - continua Rovis - non penso che un sistema univocamente basato sul porta a porta possa essere realmente risolutivo per Trieste. Non dimentichiamo, infatti, che lo smaltimento dei rifiuti attraverso il termovalorizzatore garantisce il 15% del fabbisogno energetico della nostra città. E anche questa, mi pare, è una formula valida di riciclo. Non solo: avendo l’inceneritore, il nostro territorio è l’unico in Italia a non presentare delle discariche. Anche questo aspetto non è da sottovalutare».
La soluzione ottimale, secondo l’assessore della giunta Dipiazza, sarebbe dunque quella di rintracciare nuovi conferitori di rifiuti - oltre a Gorizia e Pordenone - per l’impianto di via Errera e, contemporaneamente, incrementare la quota di sostanze riciclate.
E intanto, proprio ieri, il ciclo del termovalorizzatore ha ripreso a funzionare a pieno regime. «La pm Maddlena Chergia - riferisce Ondina Barduzzi - ha inoltrato alla Provincia un fax nel quale si annuncia il dissequestro della linea 2, perchè la concentrazione di diossina è risultata inferiore al limite imposto dalla legge: circa un decimo rispetto al valore massimo consentito. Oggi (ieri, ndr) l’impianto ha ricominciato a bruciare la spazzatura urbana. Ancora sospeso, invece, il conferimento del rifiuto ospedaliero». Un paio di settimane fa, anche la linea 3 dell'inceneritore era tornata nuovamente in funzione, facendo rientrare l’«emergenza» rifiuti. Il gip Massimo Tomassini aveva disposto il dissequestro dell'impianto, dopo che i risultati delle ultime analisi avevano rilevato anche in questo caso una concentrazione di diossina inferiore al limite fissato per legge in 100 picogrammi per metro cubo.

Tiziana Carpinelli

 

 

Un confronto sulla viabilità
 
Un faccia a faccia con l’assessore comunale all’Urbanistica Maurizio Bucci, per affrontare i temi della viabilità, del corretto uso delle automobili, evitando parcheggi selvaggi, che penalizzano i diversamente abili e gli anziani con problemi di deambulazione: è di questo che si parlerà martedì prossimo, alle 10.30, in via Foscolo 7, sede di Coped Camminatrieste Camminacittà, che organizza l’incontro. L’incotro pubblico avrà l’obiettivo, come di legge in una nota, di «offrire idee per una Trieste più vivibile».

 

 

Bonifiche, fondi regionali per le imprese private
 
In arrivo fondi per gli imprenditori privati le cui aziende ricadono nel perimetro del Sito inquinato di interesse nazionale. Chi sceglierà di effettuare in proprio le operazioni di caratterizzazione e bonifica dell’area inquinata su cui sorge la propria impresa può ora chiedere alla Regione un finanziamento in conto capitale.
Lo ha deciso ieri la giunta regionale, su proposta dell’assessore all’Ambiente Moretton, approvando il regolamento che stabilisce i criteri con cui i privati possono ottenere i finanziamenti (oltre 12 milioni di euro) destinati ai siti inquinati dalla Finanziaria regionale 2007.
L’articolo 5 della Finanziaria prevede infatti che la Regione può assegnare ai titolari di attività produttive insediate nei siti inquinati di interesse nazionale (oltre a Trieste c’è quello della Laguna di Marano e Grado) contributi in conto capitale per interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale. I singoli contributi ammonteranno al massimo a 200 mila euro. Le domande per i fondi vanno presentate alla Direzione regionale Ambiente e lavori pubblici.
I contributi non possono essere assegnati a chi risulti responsabile dell’inquinamento o a chi abbia acquistato o preso in concessione le aree inquinate dopo l’entrata in vigore (nel 2001) dei decreti di perimetrazione del sito inquinato di interesse nazionale.
«Questa delibera della giunta regionale – commenta il presidente dell’Ezit, Azzarita – è il primo effetto di un ”pressing” che abbiamo affettuato nei confronti della Regione. Il secondo risultato, che dovrebbe arrivare fra una o due settimane, è l’autorizzazione all’Ezit ad operare sui 165 ettari del sito inquinato che non sono di proprietà dell’ente».
Di questi 165 ettari, 60 sono proprietà di enti pubblici, 50 risultano di proprietà privata ma sono stati inquinati nel passati dalla mano pubblica, e i restanti 50 sono sempre privati ma l’inquinamento non è da ascrivere ad enti pubblici. Si tratta di aree sparse nell’intero Sito inquinato: dalla valle delle Noghere al canale industriale, dalla foce del rio Ospo al Villaggio Valdadige.
Una volta che la giunta regionale avrà varato questo secondo provvedimento, l’Ezit potrà operare le caratterizzazioni e le bonifiche anche nelle aree non di sua proprietà, chiaramente dopo aver stipulato apposite convenzioni con le singole imprese. Il costo degli interventi verrà addebitatto alle imprese stesse, che potranno però ottenere contributi regionali.
gi. pa.

 

 

Lubiana «apre» sulla Trieste-Divaccia  - La Slovenia teme la concorrenza della Croazia sul tracciato Fiume-Zagabria-Budapest. Il bando Ue scade il 20 luglio

 

Costa: «Rispettare i patti». Sonego: «Risolvere il nodo dei finanziamenti»

TRIESTE Ora è solo una corsa contro il tempo. La realizzazione del Corridoio 5, soprattutto nella tratta Trieste-Capodistria-Divaccia-Lubiana-Budapest, sta diventando di ora in ora un fatto imprescindibile. Altrimenti sia Trieste, ma anche Capodistria, rischiano di perdere...il treno della concorrenzialità dei propri scali portuali verso i mercati dell’Europa centro-orientale. E il grido di allarme giunge proprio da Lubiana che sta trattando con la Deutsche Ban per ottenere un co-finanziamento per il raddoppio della tratta Capodistria-Divaccia e la realizzazione di alcuni tratti della Lubiana-Hodos (confine magiaro).
Le paure di Lubiana. La Slovenia, infatti, teme ora la concorrenzialità della Croazia dopo l’avvio della progettazione da parte di Zagabria della nuova ferrovia Fiume-Karlovac-Zagabria-Budapest. Nel 2013 per andare da Fiume a Zagabria si impiegheranno solo 59 minuti a fronte delle 4 ore odierne. «Dobbiamo svegliarci», è il grido d’allarme lanciato da Anton Hojnik, responsabile del settore dello sviluppo strategico dell’Agenzia statale per il traffico ferroviario.
Il punto di vista europeo. A questo punto Lubiana non può permettersi ritrosie nel collegamento Trieste-Divaccia. Visto che il bando europeo per ottenere i co-finanziamenti per le Ten (Trans european network) scade il possimo 20 luglio «sta ora la governo italiano - afferma il presidente della commissione Trasporti dell’Europarlamento, Paolo Costa - chiamare quello sloveno e sollecitarlo a rispettare i patti». «Se Lubiana ha trovato una soluzione finanziaria per una parte del progetto (vedi investimenti tedeschi ndr.) ben venga, l’importante - ribadisce Costa - è che l’intero progetto vada avanti». «Ora non si possono più sollevare i ”se” si realizza l’opera, adesso bisogna ragionare sul ”come” la stessa viene costruita. Io non ho motivi di dubitare che la Slovenia voglia tirarsi indietro. I budini (leggi finanziamenti europei) bisogna mangiarli entro il 20 luglio - spiega sorridendo Costa - e entro quella data serve che Roma e Lubiana formalizzino la domanda di realizzazione». «E poi - conclude con una vena di realpolitik - dal 1 gennaio 2008 la Slovenia presiederà l’Unione europea e non credo proprio che alla vigilia di un simile appuntamento Lubiana venga a Bruxelles per denunciare patti già sottoscritti il 30 aprile del 2004».
Il governo italiano. «Per avere speranze di poter accedere ai finanziamenti europei - ha scritto il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro al premier Romano Prodi - dobbiamo essere credibili nelle decisioni politiche, concreti nei progetti tecnici e certi nel calendario delle realizzazioni». Esigenze che si scontrano, a parere di Di Pietro, con il «nodo politico da risolvere a monte, che riguarda la condivisione del progetto da parte delle istituzioni e delle forze politiche e sociali coinvolte». Ricordando che uno dei dodici punti su cui il governo ha chiesto la fiducia alle Camere, riguarda espressamente la realizzazione delle reti Ten, Di Pietro ha chiesto che «nel prossimo Consiglio dei ministri, o in un altro tipo di riunione fissata ad hoc, ci sia una immediata e franca discussione sull'argomento».
Le «minacce» croate e austriache. E la Slovenia sembra aver capito che il Corridoio 5 è l’unica opportunità per inserire il proprio Paese nello scheletro infrastrutturale europeo. «Se la nuova rete ferroviaria croata da Fiume verso Budapest sarà ultimata prima della parte del Corridoio 5 che passa per la Slovenia - sostiene il direttore delle Ferrovie slovene Peter Puhan - rischiamo un vero e proprio tracollo nella gestione delle merci». «Fiume - gli fa eco il direttore del Porto di Capodistria, Robert Cesar - si avvantaggerebbe di molto e per Luka Koper sarebbe un brutto colpo». E a Lubiana non dimenticano che anche a Nord, l’Austria ha già stanziato 4,2 miliardi di euro per la linea che da Villaco via Klagenfurt arriva a Vienna e quindi a Budapest. Dunque, l’unico modo per rompere l’«accerchiamento» è realizzare quanto prima il Corriodio 5.
Il Friuli Venezia Giulia. L’assessore ai Trasporti, Lodovico Sonego si dice ottimista. «Tutto dipende da Roma e Roma è in grado di presentare la documentazione per la Trieste-Divaccia nei termini». Ma il problema è un altro. Resta il tema dell’ammontare dei finanziamenti comunitari che nel complesso ammontano a 8 miliardi di euro. All’Italia spetteranno circa 1,2 miliardi che serviranno per le opere del Monceniso, per la Torino-Lione, per il Brennero, per la Venezia-Trieste e per qualche altro «collo di bottiglia». «Soldi - spiega Sonego - insufficienti». «La Ronchi Sud-Trieste senza la parte confinaria - precisa - vale 1,5 miliardi. Questo significa che il Corridoio 5 si farà in parte minimale con i fondi comunitari, ma soprattutto con i fondi nazionali e quindi il problema è a Roma».
Per quanto riguarda i contatti della Slovenia con Deutsche Bahn Sonego li definisce del tutto leciti e in linea con lo spirito europeo della libera circolazione dei capitali e degli investimenti. Tant’è, annuncia, «che il Friuli Venezia Giulia ha a sua volta avviato contatti con la Deutsche Bahn per la gara per l’assegnazione della concessione del servizio passeggeri, gomma, rotaia e marittimi a un unico soggetto». «I tedeschi - spiega Sonego - si sono dimostrati molto interessati». Quindi la Germania non guarda solo a Capodistria, ma forse, pensa a un unico grande polo di investimenti con Trieste e l’intero Friuli Venezia Giulia.

Mauro Manzin

 

 

Cementificio, tre esposti a carabinieri e pm  -  Il comitato si è rivolto anche al prefetto: «Abbiamo chiesto verifiche sulla tutela della salute»

 

La battaglia contro l’impianto passa alle vie legali. Il portavoce Settimo: «Le rassicurazioni del consiglio regionale non sono sufficienti»

UDINE Non si sono sentiti rassicurati. Né prima né dopo la seduta in Consiglio regionale. E adesso, dopo che l’intervento in aula di Riccardo illy ha creato nuovi dubbi, i cittadini ufficializzano gli esposti sul cementificio. Ce ne sono tre, l’ultimo di pochi giorni fa. Ma il percorso giudiziario del comitato «No al cementificio» è iniziato già nove mesi fa, alla fine della scorsa estate, con una segnalazione ai carabinieri di Torviscosa.
IL PRIMO ESPOSTO Nella ricostruzione post-aula del portavoce del comitato, Mareno Settimo, ci sono infatti tre tappe. La prima risale all’alba del caso cementificio. Il 26 agosto 2006 è il giorno del primo esposto, presentato ai Carabinieri di Torviscosa – e, per conoscenza, a Paolo Cartagine, direttore del servizio Via della Regione – in cui viene sollevato il problema relativo alla qualità dell'aria. «In quell’occasione – spiega Mareno – si chiedeva all'autorità competente di verificare se, con l'approvazione della deliberazione comunale relativa al cementificio, erano stati tutelati i principi della Costituzione e in particolare il diritto alla salute».
IN PROCURA A gennaio e a febbraio 2007 è stato inoltre presentato un altro esposto indirizzato sia al Prefetto che alla Procura di Udine «per chiedere di verificare per quale motivo, nonostante i numerosi e ripetuti superamenti dei limiti quotidiani dei PM10 registrati dalla centralina dell'Arpa di Torviscosa, non era stato preso alcun provvedimento per limitare l'inquinamento atmosferico».
IL MINISTERO Quindi l’ultimo affondo, quello di maggio. Un nuovo esposto di cui Mareno riassume i passaggi finale: «Tenuto presente che la situazione critica della qualità dell'aria a Torviscosa era stata formalmente sollevata dal ministero dell'Ambiente con una lettera inviata il 21 luglio 2006 al servizio Via della Regione e tenuta presente la documentazione relativa alla procedura di impatto ambientale e in particolare quanto riportato nelle due relazioni istruttorie redatte dal servizio nei due verbali del 7 marzo e del 28 marzo, chiediamo venga verificato se, nella procedura di Via sono state rispettate le normative vigenti».
I DUBBI I cittadini ribadiscono dunque i dubbi sulle certezze di buona parte della politica. «A parole quasi tutti sono per il “no” al cementificio – afferma ancora Settimo –, ma gli esponenti politici ed economici favorevoli alla costruzione di quell’impianto dopo il consiglio regionale del 23 maggio non nascondono la loro soddisfazione. Soddisfazione che non è sicuramente la nostra». Non convincono, in particolare, gli ulteriori approfondimenti. «La Regione chiede alle proprie strutture “procedure rafforzate” e “interpretazioni autentiche” – insiste il portavoce del comitato – ma Arpa e Ass hanno già espresso i propri pareri e il servizio Via nella relazione del 2 febbraio li aveva fatti propri, assieme agli altri, riassumendoli in 12 valutazioni negative e solo 3 positive, con un parere complessivo sfavorevole al cementificio». Di qui la strada degli esposti: «Alle procedure rafforzate e alle richieste di interpretazioni autentiche noi rispondiamo chiedendo che anche altre autorità verifichino l’iter procedurale del progetto».
IL REGOLAMENTO Novità di ieri, la giunta regionale, su proposta di Gianfranco Moretton, ha approvato il regolamento che fissa i criteri con i quali i privati possono ottenere le risorse destinate ai siti inquinati, secondo quanto previsto dalla Finanziaria regionale. Con l'articolo 5 della manovra 2007, la Regione è autorizzata a concedere a soggetti privati, titolari di attività produttive insediate nei siti inquinati di interesse nazionale (Trieste, laguna di Marano e Grado), contributi in conto capitale per interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale.
NO ALLA CAVA Intanto, dopo il primo stop della Regione alla vetreria di San Giorgio – il parere è stato respinto all’Ass della Bassa –, c’è un altro ostacolo anche per il cementificio. «A Raveo non potrà essere rilasciata alcuna autorizzazione per la realizzazione di una cava di gesso», ha spiegato ieri Daniele Ariis, sindaco di Raveo in Carnia. Nell’ampliamento del territorio del «Parco intercomunale delle colline carniche» è stato infatti inclusa anche l’ex area di cava dove il gruppo Grigolin avrebbe dovuto realizzare una cava di gesso per il cementificio.
L’INDAGINE Intanto, ancora sul fronte giudiziario, emerge che l’inchiesta sugli appalti truccati nel settore delle costruzioni - aperta dalla procura di Treviso con 10 persone in carcere e 111 indagati - ha coinvolto anche alcuni responsabili di aziende del gruppo Grigolin. In particolare l’indagine riguarda Silvana Brisotto di Conegliano per la Brussi costruzioni e Alberto Santamaria dipendente della Superbeton. Un’altra azienda del gruppo, la CoGeFor, ha ricevuto martedì la visita della Finanza. Gli indagati sono sospettati di aver formato un cartello per aggiudicarsi gli appalti sotto soglia concordando il ribasso da praticare e predeterminando la media in base a cui veniva assegnata la gara.
Marco Ballico

 

 

Cava di Raveo non autorizzata Il sindaco: vittoria di popolo - Bloccato il progetto
 
TRIESTE «A Raveo non potrà essere rilasciata alcuna autorizzazione per la realizzazione di una cava di gesso». Lo afferma il sindaco del Comune carnico, Daniele Ariis, rendendo nota la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del decreto del presidente, Riccardo Illy, con il quale viene approvata la variante che amplia il territorio del «Parco intercomunale delle colline carniche».
Il Parco coinvolge i Comuni di Raveo, Villa Santina, Lauco ed Enemonzo, tutti in provincia di Udine, e la sua estensione ora raddoppia: «Passa da 1.000 a 2.000 ettari» afferma il sindaco. «Nell'ambito di questo ampliamento - aggiunge Ariis - abbiamo incluso anche la ex-area di cava dove il gruppo Grigolin avrebbe dovuto realizzare una cava di gesso per il loro cementifici. Per la legge regionale 42/1996 la variante diventa automaticamente anche variante del piano regolatore comunale e con l'inclusione nel Parco dell'area dell'ex-cava questa non è più zona estrattiva ma zona di ambito boschivo».
Risultato? La cava di Raveo, che secondo Verdi e comitati rappresentava con quella di Caneva parte integrante del «progetto cementificio» che tanto sta facendo discutere, non si può fare: «Siamo entusiasti - afferma il sindaco - è stata in questo modo confermata la libertà di scelta e di futuro di quattro Comuni. È una vittoria di popolo ottenuta con l'impegno di tantissime persone, dei nostri consiglieri regionali, dell'assessore regionale Enzo Marsilio e degli amministratori della Carnia». Il primo cittadino di Raveo ricorda infine che il progetto di ampliamento del Parco era stato trasmesso alla Regione dai Comuni proponenti nell'ottobre dello scorso anno.

 

 

Polveri a Servola
 
Viste le continue e abbondanti emissioni di polveri e gas irritanti che creano problemi alle vie respiratorie e non solo, i sottoscritti cittadini, residenti nella zona prospiciente lo stabilimento della Ferriera di Servola (via Pitacco, via S. Lorenzo in Selva, via dei Giardini, via Ponticello, ecc.) chiedono che i rilevamenti delle concentrazioni delle polveri sottili Pm10 eseguiti dall’Arpa siano effettuati a campione anche all’interno delle case e non soltanto all’esterno.
Il giorno 18 marzo 2007 alle ore 20.30 nell’abitazione di un abitante in via Pitacco l’Arpa ha rilevato la concentrazione di polveri sottili Pm 68mg/m3.
Chissà quante volte noi ignari cittadini abbiamo respirato queste sostanze pericolose per la nostra salute.
Inoltre si chiede che venga rilasciato all’interessato/a una copia del verbale.
Seguono 200 firme

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 25 maggio 2007

 

 

Fvg, ambiente e sviluppo non sono nemici

 

Ritengo altamente significativo che Sarkozy, nel suo primo discorso da Presidente eletto dei francesi, abbia voluto rimarcare l'importanza del Protocollo di Kyoto in relazione al rischio incombente del riscaldamento terrestre. Personalmente, oggi più che mai, non vedo contrapposizione tra sviluppo e tutela a patto che l'innovazione sia coraggiosa, intelligente e sensibile alle complesse esigenze della collettività. Il mio pensiero va al rigassificatore.
Il Piano energetico regionale e il recente Disegno di legge regionale in materia di energia puntano, sotto forme e con modalità differenti, a un'azione qualificante e di concreto impatto per il Friuli Venezia Giulia, mirando a coniugare innovazione e sviluppo ambientale sostenibile. La Regione può assicurare ampie disponibilità di sfruttamento energetico in materia di fonti rinnovabili nell'ambito delle biomasse, del geotermico e del solare.Sistemi che riducono l'inquinamento e la dipendenza dalle importazioni.
Leggo sull'inserto "Regione/guida" distribuito con Il Piccolo lo scorso marzo, che nel 2010 (ossia quando potrebbe esser pronto il rigassificatore di Trieste) la produzione di energia elettrica, con "scenario spontaneo proiettato", vale a dire in base all'attuale andamento del mercato e quindi immagino senza i "benefit" quantitativi dei rigassificatori, aumenterà del 73% rispetto al quadro attuale grazie alla nuova centrale di Torviscosa e alla ristrutturazione di quella di Monfalcone. Il consumo di energia crescerà del 18% ma comunque vi sarà un esubero teorico dell'offerta rispetto alla domanda di circa il 20%. Deduco, quindi, che il Friuli Venezia Giulia e le sue industrie saranno autosufficienti e lo saranno, comunque, anche grazie alle politiche di sostegno a favore delle nuove energie. Immagino che comunque continuerà a sussistere un problema di controllo dei costi. Ed è questo il tema che ha fatto guadagnare consensi ai progetti dei rigassificatori.
La Ue ha ribadito qualche mese fa che i costi dell'energia elettrica in Italia sono i più alti in Europa. Il ministro Bersani ha replicato ricordando che i processi di liberalizzazione riguarderanno anche questo settore ora gestito in forte monopolio proprio da Eni e da Enel, cui fanno capo le reti e la distribuzione. Con i rigassificatori si amplierà la concorrenza inducendo una riduzione dei costi di approvvigionamento. Ragionamento condivisibile, ma a patto che si sia certi che i Paesi produttori siano disposti a mantenere le attuali condizioni di mercato, che vi sia una disponibilità di gas sufficiente a garantire il continuo funzionamento degli impianti previsti in Italia (il cui numero potrà esser definito con chiarezza solo dal Piano energetico nazionale) e nel bacino mediterraneo e che, soprattutto, vi sia nei Paesi d'origine la capacità di liquefazione del prodotto. È così?
Su questo scenario mi permetto solo due osservazioni. La prima è che il governo dovrà mettere in campo azioni diverse anche prima del 2009, anno in cui potrebbero essere stati autorizzati (non avviati) i rigassificatori previsti, non potendo permettersi di puntare tutto solo su quella via, che quindi si presenta, per certi versi, già ritardataria. La seconda è che, sebbene la combustione del metano genera meno biossido di carbonio a parità di energia prodotta rispetto agli altri combustibili fossili, anch'esso rientra nel novero dei gas che causano l'effetto serra: non sarebbe dunque più opportuno continuare al momento a usare gasdotti - visto che Eni sta raddoppiando parte di quelli esistenti - e investire risorse nello sviluppo della ricerca energetica? Per centrare gli obiettivi europei in tema ambientale, l'Enea dichiara, nel rapporto energia e ambiente 2006, la necessità di ridurre del 27% le emissioni di anidride carbonica entro il 2020. E' possibile farlo promuovendo sinergie sempre più strette, chiare e durature tra ricerca e sistema produttivo. Abbiamo l'esempio del progetto Archimede nella centrale termoelettrica Enea di Priolo in Sicilia ideato da Carlo Rubbia.
Un altro aspetto che sembra, in una logica di valutazione dei pro e dei contro, a favore del rigassificatore a Trieste è l'ipotesi ventilata da Gas Natural di farsi carico dei costi - davvero elevati - delle bonifiche nell'area fortemente inquinata dell'Ezit. Naturalmente Gas Natural parla solo di recuperare gli ettari che interessano il suo progetto e non l'intero sito. Risulta tuttavia che anche il Governo nazionale stia dando assicurazioni in merito ad un suo intervento finanziario a favore dell'area e soprattutto credo vada valutata con estremo interesse la decisione di quelle imprese che hanno messo in sicurezza a loro spese il terreno su cui sono insediate. Esempi positivi di impegno produttivo cui si associa, con una sana concezione imprenditoriale, quello economico-sociale, che credo debbano far riflettere sulle potenzialità di sviluppo sostenibile delle nostre imprese cui gli enti locali dovrebbero dare supporto e credito.
Infine, la legge regionale n. 43 del 1990 "Ordinamento nella Regione Friuli Venezia Giulia della valutazione di impatto ambientale" vede nella partecipazione dei cittadini alle procedure di valutazione di impatto ambientale (cosiddetto VIA) un requisito essenziale in quanto finalizzata a informare i residenti, ad acquisire notizie e a definire ulteriori garanzie e misure di controllo. Nel caso dei rigassificatori mi chiedo dove sia stata questa informazione, e che rilievo abbiano avuto i responsi negativi degli enti locali interpellati. Il loro parere non era effettivamente vincolante, ma tuttavia di peso in un sistema politico come il nostro, in cui, almeno sulla carta i processi di consultazione e concertazione hanno un'importanza considerevole. Ritrovo con piacere nel programma del Presidente della Regione Riccardo Illy questa dichiarazione: "la tutela e la valorizzazione dell'ambiente dovranno stimolare una nuova idea di sviluppo che abbia come riferimento la salvaguardia del territorio e che sia in grado di creare nuova occupazione nel campo della promozione, della manutenzione e della riqualificazione ambientale" o, in altra parte, "ci impegneremo ad adottare un piano energetico regionale adeguato a una produzione più razionale, economica, attenta al riutilizzo delle fonti rinnovabili e proiettata verso la metanizzazione delle centrali elettriche". E' in queste ultime parole che dovrei leggere, sebbene non scritta, la parola rigassificatori? Forse. Ma allora mi aspetto comunque e in ogni caso risposte non solo sul fronte della sicurezza, ma anche sull'impatto ambientale, sulla strategia complessiva di sviluppo dell'area costiera e sugli effettivi risvolti economici.
Roberto Damiani

 

 

Arrivano i bus ecologici Trieste è la prima città in Europa ad usarli - Dotati di motori Euro 6

 

Trieste prima della classe in Europa nell’uso di autobus «ecologici». Da ieri sono infatti in circolazione in città 50 corriere Iveco/Irisbus dotate di motorizzazione Eev, ovvero a basso impatto ambientale. Degli autobus diesel «Euro 6», così innovativi da anticipare le normative europee che entreranno in vigore nel 2012. I primi in tutto il continente.
Nove dei nuovi gioielli tecnologici della Trieste Trasporti, presentati ieri mattina dai vertici dell’azienda e di Iveco, alla presenza dei rappresentati delle istituzioni cittadine, sono rimasti parcheggiati nel centro di piazza Unità per alcune ore, prima di partire alla volta delle strade cittadine. Undici milioni di euro: questo l’investimento necessario per dotare la flotta di Trieste trasporti dei più innovativi modelli esistenti sul mercato. Le corriere hanno una lunghezza che oscilla tra i 9 e i 10,8 metri (solo una, la «Citelis», la punta di diamante del parco bus, arriva a 12 metri). «Uno di questi bus inquina meno di un motorino a due tempi», ha affermato l’amministratore delegato di Trieste trasporti Cosimo Paparo. «Circa un centesimo di una corriera vecchia di 10 anni - ha aggiunto il direttore Piergiorgio Luccarini -. I nuovi modelli sono inoltre molto più maneggevoli per gli autisti e più comodi e spaziosi internamente per i passeggeri».
«Nel nostro parco vetture non esistono più corriere Euro 0 ed Euro 1 - ha commentato il presidente dell’azienda Dario Fischer - e pochissime Euro 3, che spariranno dalla circolazione nel corso del 2008. La nostra è una delle flotte più moderne d’Europa».
Parole confermate da Enrico Vassallo, direttore generale di Irisbus Italia (l’azienda del gruppo Iveco che produce autobus e che un anno e mezzo fa si è aggiudicata la commessa tramite una gara europea): «L’età media del parco corriere della Trieste trasporti è di cinque anni - ha puntualizzato -, contro una media nazionale di 11 anni ed europea di 7 anni. Trieste è stata la prima città a credere nel nostro progetto di veicoli a bassissimo impatto ambientale - ha aggiunto Vassallo - e i benefici si vedranno presto. Vetture di questo livello, pur utilizzando tecnologie molto diverse da quelle dei veicoli a metano, hanno praticamente lo stesso impatto sull’ambiente».
Soddisfazione è stata espressa anche dell’assessore all’Urbanistica Maurizio Bucci, che ha parlato della Trieste trasporti come di «una buona squadra, che ha dimostrato di saper collaborare bene con i tecnici comunali». Mentre Ondina Barduzzi, responsabile a palazzo Galatti del trasporto pubblico locale, ha affermato che «La società, a soli 8 anni dalla firma del contratto, ha saputo gestire le risorse in maniera responsabile». Sono infatti 43 i milioni di euro di fondi regionali che, attraverso la Provincia, vengono erogati annualmente all’azienda, e che servono anche a rinnovare il parco macchine.
e.c.

 

 

Trieste-Divaccia a rischio: Lubiana punta sulle ferrovie tedesche

 

Il ministro dei Trasporti Janez Bozic avvia contatti con la Deutsche Bahn. Di Pietro accelera: l’Italia presenti subito il suo progetto

TRIESTE Mentre il ministro delle Infrastrutture Antonio di Pietro informa il premier Romano Prodi confermando che tra i progetti che potrebbero godere del cofinanziamento Ue per l’Alta velocità nell’ambito delle reti transeuropee c’è anche la tratta ferroviaria Trieste-Divaccia e invita il governo a rispettare i 60 giorni previsti da Bruxelles per presentare i progetti («non voglio restare col cerino in mano», scrive), la Slovenia scatena una vera e propria offensiva economica sul fronte del raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia e del tratto del Corridoio 5 che unisce Lubiana a Hodos, paesino di 365 anime all’estremità del triangolo Nordorientale del Paese al confine con l’Ungheria.
Offensiva che ha già dato i suoi frutti. Rappresentanti del governo sloveno, con in testa il ministro dei Trasporti, Janez Bozic, stanno attivamente trattando con la Deutsche Bahn (le Ferrovie tedesche) per dare vita a una sorta di partenariato in base al quale la società tedesca finanzierebbe la realizzazione della seconda tratta della linea Capodistria-Diviccia più alcuni tratti strategici del tracciato del Corridoio 5 che da Lubiana porta al confine magiaro.
Già da marzo, infatti, è operativa una commissione progettuale composta da otto membri che sta delineando i particolari dell’accordo con la Deutsche Bahn. La commissione è guidata dal sottosegretario alle Finance, Andrej Sircelj, mentre il suo vice è il sottosegretario ai Trasporti, nonché primo ispettore delle Ferrovie slovene, Peter Verlic.
Negli ultimi giorni la commissione ha dato vita a ulteriori gruppi di lavoro incaricati di redigere i piani finanziari dell’accordo sloveno-tedesco e i risultati sono attesi per la fine di giugno. Accordo sloveno-tedesco che, secondo alcune fonti, potrebbe essere definitivamente sottoscritto il prossimo autunno.
In base alle prime indiscrezioni emerse da una trattativa che si svolge nel massimo riserbo delle parti, Lubiana, in cambio degli investimenti tedeschi nella realizzazione delle suddette tratte ferroviarie, ofrirebbe alla Deutsche Bahn l’ingresso nel capitale di due importanti società slovene.
La più accreditata è la Slovenske Zeleznice quella che gestisce proprio le ferrovie slovene e il partner tedesco si occuperebbe sia del trasporto passeggeri che della gestione di quello merci. La seconda società interessata dall’ingresso di capitale germanico sarebbe o l’Intereuropa, la principale azienda che gestisce l’autotrasporto e la logistica in Slovenia, o Luka Koper, ovvero il Porto di Capodistria. Da notare che Intereuropa possiede il 25 per cento proprio di «Luka Koper». Dunque la Germania guarda con interesse a una gestione diretta dello scalo del Litorale sloveno per indirizzare le merci verso i mercati dell’Europa centrale.
E la conferma che si tratti più che di indiscrezioni giunge dalla Borsa di Lubiana dove negli ultimi tempi sono partite diverse operazioni speculative proprio nei confronti delle azioni di Intereuropa e di Luka Koper.
È stato registrato, infatti, un elevato trend all’acquisto di azioni delle due società che, in caso di ingresso del capitale della Deutsche Bahn, al momento della rivendita, acquisterebbero una notevole plusvalenza.
Il ministero delle Finanze sloveno tace sull’intera operazione. Per le opere sulla Capodistria-Divaccia il governo di Lubiana stima un investimento di circa 700 milioni di euro.
Silenzio anche da parte della Deutsche Bahn, il cui portavoce afferma: «Non intendiamo commentare eventuali contatti in corso», mentre il direttore delle Ferrovie slovene, Peter Puhan si dice «favorevole alla collaborazione finanziaria e commerciale con partner solidi e strategici», ma finora sostiene di non sapere di alcuna operazione in atto. Di certo, invece, è trapelato che il grande sostenitore dell’iniziativa è il ministro delle Finanze sloveno, Andrej Bajuk.

Mauro Manzin

 

 

Vetreria, la Regione respinge il parere dell’Ass - Si ripete il caso Torviscosa: gli uffici chiedono all’Azienda sanitaria un pronunciamento esplicito

 

Confermata la linea della prudenza. Ma il comitato civico e il Pdci non abbassano la guardia: «Impianto Grigolin, la decisione non deve slittare»

TRIESTE Il cementificio, anche se i cittadini non si sentono rassicurati, sembra correre verso il «no». Un cambio di rotta che, adesso, riguarda anche la vetreria di San Giorgio di Nogaro, un altro «babau» nella Bassa friulana. A margine del dibattito consiliare di mercoledì è emerso il primo stop all’insediamento dell’azienda veneta Sangalli Vetro nell’area industriale dell’Aussa Corno: la Regione ha chiesto all’Azienda sanitaria un parere inequivocabile.
IL PARERE Una situazione non diversa da quella del cementificio. Ma, questa volta, non si vuole rischiare alcunché. E dunque, di fronte a un documento che si prestava a interpretazioni difformi, gli uffici hanno rispedito le carte all’Ass della Bassa. Serve un parere più netto per poter poi procedere in un senso o nell’altro.
L’ITER A inizio gennaio, con la premessa di una relazione di un gruppo di lavoro dell'Università di Trieste che aveva individuato varie prescrizioni, il consiglio comunale di San Giorgio ha dato il suo ok allo studio di impatto ambientale e alla relazione di incidenza presentati dalla Sangalli su un progetto che ipotizza 220 occupati e una produzione di 600 tonnellate al giorno di vetro float. Ma, da subito, non erano mancate le perplessità di ambientalisti e cittadini, preoccupati in particolare per le emissioni in atmosfera, soprattutto perché sommate a quelle della centrale a turbo-gas di Torviscosa e, in prospettiva, pure a quelle del cementificio.
GLI AMBIENTALISTI Il comitato di difesa ambientale parlò di «attentato alla salute pubblica». Paolo De Toni, in particolare, segnalò le concentrazioni di ossido di azoto «oltre i limiti di legge», denunciò la riduzione del camino progettato da 80 a 60 metri, il non rispetto del protocollo di Kyoto, la mancata realizzazione di una barriera di mascheramento a protezione della laguna e l’assenza di una comparazione quantitativa con gli impatti ambientali dello stabilimento che la Sangalli ha già in Puglia.
LE EMISSIONI Si va verso un doppio stop? Secondo Mareno Settimo, il portavoce di «No al cementificio», la situazione più difficile è quella della vetreria. «Del resto - spiega - i numeri sono chiari: 1.700 tonnellate annue di ossido di azoto e 800 di biossido di zolfo. E tutto questo a 300 metri dalla laguna». Il primo stop alla vetreria è arrivato, si attende ora quello definitivo al cementificio Grigolin, anche se Gianfranco Moretton, l’assessore all’Ambiente, conferma che il limite del 5 giugno potrebbe essere sforato: la Regione attende il parere univoco di Ass e Arpa. Uno slittamento eventuale cui si oppone in anticipo Bruna Zorzini (Pdci): «Non si faccia passare alla chetichella una decisione su cui tutto il Consiglio è contrario». Mentre Mauro Travanut (Ds), slittamento o no, non ha dubbi: «Il parere dell’Ass sarà contrario come è emerso in commissione».
VIA D’USCITA È proprio l’allungarsi dei tempi a preoccupare però il comitato. «Non siamo per nulla rassicurati dalla seduta del Consiglio di due giorni fa – spiega Settimo –. La Regione sta chiedendo troppe verifiche, sta facendo troppi richiami alle regole, sta ricorrendo a troppi bizantinismi politici. Può essere anche che la giunta Illy cerchi una via d’uscita per salvare l’immagine ma temiamo che sia in atto anche un tentativo per mettere in discussione il “no” al cementificio. Un “no” che dovrebbe invece essere solare, a tutela della qualità dell’aria di una zona che già deve sopportare le emissioni della centrale a turbo-gas di Torviscosa. Non a caso rilanceremo la richiesta che quell’impianto venga dotato di filtri catalitici che consentirebbero di abbassare il livello di ossido d’azoto di una decina di volte».
LE PREOCCUPAZIONI Le preoccupazioni tra i cittadini che hanno seguito la maratona consiliare a Trieste sono estese. «Prendiamo atto delle dichiarazioni favorevoli – commenta il giorno dopo Roberto Fasan – ma il nostro grado di attenzione resta molto elevato. Finché non ci sarà una presa di posizione ufficiale della giunta Illy non ci fidiamo di niente e di nessuno». «Non siamo per nulla rassicurati: sintesi brutale ma corretta – aggiunge Carlo Brunetti –. Quello di Illy è stato un discorso equilibrato ma non si può non pensare che sia rimasto sulle sue posizioni: dire che nella “new economy” deve sopravvivere anche una parte della “old” è un modo di mettere le mani avanti per una decisione favorevole all’insediamento».
Marco Ballico

 

 

Cementificio, polemiche nei poli sull’intesa bipartisan - La sinistra radicale denuncia le «larghe intese». Gottardo: «Nessun patto con Illy»

 

Zorzini: «Subito l’incontro di maggioranza». Guerra: «Vittoria del consiglio». Tondo: «Un’occasione perduta»

Travanut e Molinaro: «Convergenza positiva». Malattia: «Il presidente ne esce rafforzato». Ciriani: «Macché. È stato costretto al dietrofront»

TRIESTE Karl Popper, Theodor Adorno e i dotti alterchi di Tubinga? Macché. Meglio, molto meglio Samuel Beckett, Eugene Ionesco e il teatro dell’assurdo. All’indomani della maratona sul cementificio di Torviscosa, conclusasi con un accordo bipartisan rifiutato solo dalla sinistra radicale, Igor Kocjancic non ha dubbi.

L’ATTACCO Il rifondatore afferma che quello che è andato in scena, nonostante gli sforzi del diessino Mauro Travanut, «ci allontana dagli aulici livelli del dibattito tra massimi pensatori e ci consegna agli scenari del teatro dell’assurdo». Il motivo? «In questo momento non si può non pensare che all’assurdità dell’esistenza di una coalizione, Intesa democratica, che impiega due giorni per trovare un comune denominatore su un testo e che si impegna all’unanimità a non votare gli ordini del giorno del centrodestra, né a prestarsi a strumentalizzazioni che mettano in difficoltà presidente, giunta e maggioranza. Poi, tra le pieghe del dibattito, senza confronto, ecco l’accordo trasversale che - denuncia Kocijancic - non solo rischia di rimettere in discussione i rapporti tra partner della coalizione ma che, paradossalmente, riavvicina lo spettro del cementificio: l’ordine del giorno dell’opposizione consente alla giunta di esprimere un parere positivo».
LA VERIFICA
Non è il solo a condannare le «larghe intese», nel day after: «Esiste ancora Intesa? Riccardo Illy e il futuro Partito democratico vogliono continuare con l’attuale maggioranza? Crediamo che una risposta sia urgente, tanto più che non ci incontriamo con il presidente dal 17 gennaio, e quindi sollecitiamo un chiarimento» afferma, per il Pdci, Bruna Zorzini. L’epilogo consiliare, però, non convince appieno nemmeno il centrodestra: Renzo Tondo si fa interprete del malumore, scrivendo sul suo blog di «un’occasione persa per mettere in difficoltà Illy» e lamenta il rischio che i cittadini non comprendano accordi «tra due parti che fino al giorno prima si sono attaccate pesantemente».
I PROTAGONISTI Dentro il palazzo, però, prevale la soddisfazione. Soddisfazione che unisce innanzitutto Travanut e Roberto Molinaro, artefici materiali dello sbocco bipartisan, nonostante più d’uno ora vada a caccia dei «registi occulti». «La costruzione dell’accordo è stata immediata e non mediata. Il capogruppo dell’Udc mi si è avvicinato quando parlava Cristiano Degano e mi ha proposto l’astensione reciproca. Sono andato dal presidente, lui ci ha pensato, poi mi ha detto sì. A quel punto - ricorda Travanut - sono tornato dai capigruppo di Intesa, li ho informati, sono intervenuto». Conferma Molinaro: «Sono andato da Travanut, quando era chiaro che la maggioranza era autosufficiente, proponendo l’astensione incrociata. Tutto è maturato in aula». Non negano, il diessino e il centrista, che c’è stato chi ha manifestato dubbi più o meno forti, da una parte e dall’altra. Ma rivendicano la bontà della scelta: «C’è stata una convergenza positiva a corollario di una seduta in cui l’aula, a stragrande maggioranza, ha detto no al cementificio» dice Travanut. «Il consiglio si è riappropriato del suo ruolo e ha dato un indirizzo preciso a Illy che, se attuato, blocca l’impianto. E il centrodestra ha confermato che, a differenza della sinistra quando sta all’opposizione, non dice no per partito preso» aggiunge Molinaro. Ratifica l’assenza di «patti con la giunta o il centrosinistra» Isidoro Gottardo: «Ci siamo astenuti solo perché il presidente ha fatto un passo indietro e perché il consiglio tornerà a discutere della vicenda. E se qualcuno pensa che abbiamo consentito alla giunta una via d’uscita, si sbaglia di grosso».
L’OPPOSIZIONE Di sicuro, in piazza Oberdan, il centrodestra canta vittoria. «Grande risultato della politica e del consiglio. Come Lega - afferma Alessandra Guerra - siamo orgogliosi d’aver assunto ancora una volta, sin dall’inizio, una posizione limpida: siamo stati dalla parte della gente e abbiamo fatto approvare un ordine del giorno, il nostro, che rende impossibile un sì all’impianto». «Macché inciucio. Dopo aver denunciato l’arroganza di Illy, l’abbiamo costretto a innestare la retromarcia e garantire la trasparenza e l’imparzialità mancate. Non solo: il centrosinistra è più spaccato di prima e il presidente - aggiunge Luca Ciriani - è comunque incartato perché, quando deciderà, dovrà rispondere al consiglio o al mondo industriale».
LA MAGGIORANZA Ma canta vittoria, con argomenti opposti, anche il centrosinistra. «Il voto consiliare rafforza Illy e la linea della legalità e della responsabilità in quanto certifica la correttezza dell’istruttoria rafforzata attivata dagli uffici. Fa piazza pulita del tentativo di strumentalizzare il cementificio. E approva la decisione di Illy di approfondire gli aspetti di criticità» afferma Bruno Malattia. Canta vittoria, con un filo d’ironia, persino Sandro Metz: «L’accordo trasversale, impossibile senza il permesso o il favore di Illy, dimostra che il presidente rappresenta interessi che vanno dal centrodestra a una parte del centrosinistra. Gli va reso un grande merito: Illy, in aula, è riuscito a ricompattare la sinistra».

Roberta Giani

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 24 maggio 2007

 

 

Ventidue nuovi park per 6500 posti  - La bozza che sarà portata all’esame della giunta comunale lunedì prossimo fa già discutere

 

La struttura di piazza Sant’Antonio sarà riservata ai residenti

Lo dicono tutti, in maggioranza: nell’ambito del piano dei parcheggi che sarà discusso dalla giunta nei prossimi giorni e poi dal consiglio comunale, occorrerà fare molta attenzione a piazza Sant’Antonio, anche se l’ipotesi - punto importante - è quella di costruirci un parcheggio di pertinenza, riservato cioè ai residenti. An e Lista Dipiazza poi lanciano all’assessore Maurizio Bucci l’ennesimo messaggio: la discussione vada «di pari passo» con quella del piano del traffico. I due strumenti urbanistici sono infatti strettamente connessi tra di loro. Da tutti i partiti di maggioranza arrivano comunque parole caute, che sottolineano come il dibattito sia aperto.
Questi alcuni dei nodi che emergono all’indomani dell’annuncio, dato da Bucci, dell’approdo in giunta della delibera sul piano parcheggi. Un piano i cui contenuti iniziano a delinearsi nettamente. Le strutture che gli uffici hanno previsto sono in tutto ventidue, per poco meno di 6500 posti. In pressoché tutti i casi si tratta di parcheggi interrati a più piani, pensati in corrispondenza delle piazze «con l’obiettivo di arrivare a una riqualificazione delle piazze stesse», osserva il capogruppo forzista in Comune Piero Camber. Importante poi la suddivisione proposta tra parcheggi di pertinenza e a rotazione. Tra questi ultimi figurano - nel centro - quello sotto il colle di San Giusto e i tre sulle Rive, oltre al contenitore di Foro Ulpiano destinato a essere ampliato lungo via Giustiniano, fino a piazza Oberdan.
Tra i nodi da sciogliere, si diceva, piazza Sant’Antonio. «Se ne può discutere ma solo se le vie di accesso e uscita saranno collocate in via San Spiridione, non certo lungo strade minori. Comunque - dice dall’Udc Roberto Sasco - si andrebbe a caricare di traffico un’area in prospettiva destinata a pedonalizzazione: meglio puntare su aree circostanti a quella zona». Da An invece Rosolen ricorda le proteste accese che suscitò - ancora al governo la giunta Illy - l’ipotesi del parking sotterraneo di Ponterosso. Del resto, lo stesso documento che la giunta dovrà esaminare sottolinea come l’impianto presenti «diverse problematiche» in termini geologici, urbanistici e di accessibilità: potrebbe però risolvere buona parte della fame di parcheggi nella zona, evidenzia ancora il testo, ma occorrerà comunque una progettazione «particolarmente attenta». Bucci si sofferma però sulla caratteristica di parcheggio di pertinenza: «Come nel caso di piazza Vittorio Veneto, neanche il parking di piazza Sant’Antonio appesantirebbe il flusso di veicoli nell’area», il cui transito si limiterebbe all’entrata e all’uscita.
Altri argomenti, intanto, emergono dal centrodestra. Il più netto è il capogruppo della Lista Dipiazza in Comune Maurizio Ferrara: «Il documento? Non sono neanche molto interessato a leggerlo, perché potrei giudicarlo soltanto conoscendo il piano traffico: le due cose vanno discusse assieme». A spegnere la polemica arriva però il capogruppo forzista Piero Camber: «A redigere la bozza sono stati gli stessi uffici che hanno studiato il piano del traffico, cercando ovviamente una compatibilità», dice Camber sottolineando come la discussione comunque resti aperta, anche nelle circoscrizioni interessate che dopo il passaggio in giunta dovranno esaminare il documento. Ma «di tutti i contenitori emersi, l’unico che può dare adito a qualche dubbio - secondo Camber - è quello di piazza Sant’Antonio».
Resta da sottolineare che se anche tutti i ventidue impianti ottenessero il via libera, la loro realizzazione non è scontata. Il piano (già approvato dalla Regione) funge da variante al piano regolatore, ma nella maggior parte dei casi saranno i privati a potere intervenire con la formula del project financing, com’è nel caso dei progetti in fase più avanzata come quello sotto la Stazione marittima, quello sotto il colle di San Giusto o quello di Foro Ulpiano.
«Il documento? Non sono a priori né favorevole né contraria», commenta Rosolen, «registro però che non ci sono grosse modifiche rispetto a bozze precedenti, né sono state recepite una serie di prese di posizione emerse negli anni, come le perplessità su piazza Sant’Antonio o sul parking sotto la Marittima che lo stesso Bucci aveva espresso». Quanto al tandem parcheggi-traffico, «sono d’accordo con Ferrara: i due piani andrebbero discussi di pari passo, perché alla fine è il consiglio comunale - e non la giunta - che dà il voto». E senza avere un quadro generale «sarà difficile - dice Rosolen - esprimersi in modo organico e sicuro, anche se aldilà delle polemiche il piano prende in esame una serie di necessità e darà il via a interventi necessari». Rosolen comunque annuncia già che il suo partito chiederà, «se possibile», di utilizzare le ex officine Holt per costruirci un parcheggio nell’area di via Gambini.
Intanto, sull’opportunità di procedere in parallelo con i piani traffico e parcheggi, Bucci risponde: «Il ragionamento è giusto, io stesso all’inizio del mio mandato ho voluto provare subito a sovrapporre dei piani che quando sono arrivato marciavano ciascuno per conto proprio. Stiamo lavorando su più fronti, ma da qualcosa bisogna cominciare: iniziamo dunque dai parcheggi». La materia per il dibattito è già abbondante.

Paola Bolis

 

PARCHEGGI: sei le proposte eliminate tra cui via Ginnastica.

 

I ventidue parcheggi previsti a oggi nel piano in discussione sono il risultato di un lungo iter che ha compreso anche uno studio condotto dagli uffici comunali sul fabbisogno dei parcheggi in città. Considerando un’area il cui perimetro esclude le estreme periferie ma si estende tra Roiano, Università nuova, Ippodromo e Servola, il fabbisogno (la differenza tra domanda e offerta) è risultato così essere di di 11.972 posteggi: numero di notte più che dimezzato, con 4.455 stalli occorrenti per le auto. Ancora più sorprendente il dato relativo alle due ruote: servirebbero 20.732 posti moto in più nelle ore diurne, 13.816 in quelle notturne.
Di qui la mappatura redatta dai tecnici che hanno individuato le zone più «bisognose» di stalli e le relative soluzioni. In una prima fase è emerso così un elenco di ventotto localizzazioni possibili. A quelle tuttora incluse si aggiungevano infatti due parcheggi in Porto Vecchio, un contenitore in via Ginnastica, uno in piazza del Sansovino, uno nell’area del mercato ortofrutticolo e uno in via Padovan. Resta comunque aperta la possibilità dei parcheggi in Porto Vecchio, in area di competenza dell’Autorità portuale, dove tra i progetti figura quello di Greensisam. Partita aperta anche per il mercato ortofrutticolo, con il progetto del Parco del mare.

 

 
Terrapieno di Barcola, si allungano i tempi per l’esito dei nuovi test - Entro il 1° giugno i dati all’Arpa
 

Tempi lunghi per conoscere i livelli di inquinamento (diossine, idrocarburi e metalli pesanti) nel terrapieno di Barcola.
Martedì scorso la società isontina Multiproject, che ha svolto i carotaggi e le analisi per conto dell’Autorità portuale, e che a febbraio si è vista bocciare dall’Arpa il 70% dei risultati, ha iniziato a inviare alla stessa Arpa la nuova serie di dati, elaborati partendo dagli stessi campioni di terreno prelevati a suo tempo dal terrapieno ma secondo protocolli concordati con l’Arpa.
La consegna dell’intera nuova serie di analisi sarà completata, come deciso nella conferenza dei servizi, entro il primo giugno. A quel punto l’Arpa chiederà di avere anche i campioni di terreno usati per i nuovi test e inizierà le validazioni dei dati, che interesseranno almeno il 10% dei risultati.
I tempi necessari per le contro-analisi, che riguarderanno anche i dati relativi a campioni d’acqua e del fondale marino, non sono al momento definibili. Dipendono infatti dal carico di lavoro del laboratorio dell’Arpa. Qualche settimana sarà comunque necessaria, per cui è lecito supporre che il responso arriverà nel cuore dell’estate. Solo in quel momento la Regione potrà convocare la conferenza dei servizi in cui varare il definitivo piano di caratterizzazione e borre le basi per la bonifica.
Bonifica che si preannuncia molto costosa: a suo tempo si è parlato di oltre 9 milioni di euro. E dev’essere questo il motivo per cui, nell’incontro di lunedì scorso con il ministero dell’Ambiente, la Regione e gli altri enti, il presidente dell’Autorità portuale Boniciolli ha rinnovato la richiesta, già avanzata anche dal Comune, per l’inclusione del terrapieno di Barcola nel Sito inquinato di interesse nazionale.
L’Authority in qualità di «proprietaria» dell’area demaniale e il Comune in quanto gestore della discarica di Barcola, attiva fra gli anni Settanta e Ottanta, sono infatti i due enti per i quali la fase della bonifica dovrebbe pesare maggiormente sul piano finanziario.
Per intanto, lunedì scorso ministero e Regione hanno risposto a Boniciolli che per procedere a eventuali ampliamenti del Sito inquinato di interesse nazionale vi debbono «essere a monte condizioni di accertata contaminazione». Quelle che appunto dovrebbero emergere al termine delle contro-analisi che l’Arpa effettuerà sui nuovi dati dei test fatti sul terrapieno di Barcola.
Intanto, riguardo alla volontà di adesione all’accordo di programma sulla messa in sicurezza della falda del Sito inquinato, manifestata dal Comune di Muggia, il sindaco di Nesladek precisa che «un documento di adesione è stato firmato un anno e mezzo fa dalla precedente giunta».
La posizione attuale dell’amministrazione muggesana è diversa. «La costruzione della barriera a mare — afferma Nesladek – non è l’unica soluzione. Siamo a fianco di enti e istituzioni che cercano di risolvere il problema in maniera articolata. Si sblocchino i fondi – prosegue – si facciano le analisi, e sulla base dei risultati si rifaccia la mappatura del sito. Poi si veda caso per caso la soluzione migliore. E comunque – conclude – dev’essere salvo il principio che chi non ha inquinato non paga».

Giuseppe Palladini

 

 

Alga tossica nel Mediterraneo, nessun rischio per la balneazione

 

Anche nell’Adriatico aumentano le specie di origine tropicale, ma il golfo di Trieste è sicuro: l’annuncio a margine della presentazione di un meeting internazionale

Nessun rischio balneazione nel golfo di Trieste, anche se, a causa dell'effetto serra e dell'innalzamento globale della temperatura, sia il Mediterraneo sia l’Adriatico ospitano sempre più specie di origine tropicale, tra le quali anche l'alga tossica «Ostreopsis ovata». «La situazione è sotto controllo e monitorata continuamente dagli esperti che hanno notato concentrazioni minime e insignificanti di Ostreopsis ovata» ha annunciato ieri a Trieste Giorgio Mattassi dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente del Friuli Venezia Giulia Arpa, a margine della presentazione di un meeting internazionale sulle tossine algali, organizzato dall'Ateneo.
L'appuntamento - programmato dal 27 al 29 maggio - farà incontrare decine di esperti mondiali in tossine algali e tossicologia per chiarire proprio i pericoli rappresentati dalla presenza delle nuove tossine prodotte da microalghe recentemente rinvenute nell'Adriatico e in altre aree del Mediterraneo. Il convegno assume un significato particolare, a seguito dei divieti di balneazione del 2006 in numerose località balneari italiane per la presenza dell'alga tossica «Ostreopsis ovata», e ai ripetuti allarmi degli ultimi anni sui possibili problemi alla salute dei turisti. Una dozzina i Paesi rappresentati al meeting: Italia, Giappone, Cile, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Inghilterra, Svezia, Spagna, Grecia, Marocco, Belgio. Lo scopo di questa task force scientifica è di fare il punto della situazione, in particolare sul tipo di tossicità e sulla definizione del conseguente rischio.
In particolare, verranno discussi i problemi relativi alla presenza di Ostreopsis in Mediterraneo visto che la cosiddetta «alga killer» non è un'emergenza legata solo alla biologia marina, ma un problema più vasto che potrebbe investire operatori turistici, varie comunità costiere e l'imprenditoria. La microalga «Ostreopsis ovata» - tipica dei mari tropicali - è rinvenuta da una decina d'anni lungo le coste italiane.
Secondo gli esperti, l'inalazione dell'areosol dell'acqua di mare in cui era presente Ostreopsis (prodotto dall'infrangersi delle onde sulla riva) sembra causare una sindrome influenzale caratterizzata da tosse, febbre o congiuntivite. Non a caso, per l'anno in corso, il ministero della Salute ha già predisposto delle linee guida per fronteggiare il fenomeno, che saranno a breve trasmesse alle Regioni. Uno dei casi più eclatanti registrati nel 2005 è quello di Genova, quando più di 200 persone sono ricorse alle cure mediche, e nell'anno successivo la minaccia si è ripresentata sia nell’Adriatico sia in altre aree del Mediterraneo. Nel nostro golfo, secondo i ricercatori del Dipartimento di oceanografia biologica dell'Istituto di oceanografia e di geofisica Ogs, la specie è stata rinvenuta l'anno scorso per la prima volta, sul fondo e lungo la colonna d'acqua al largo di Miramare.
Contrariamente a quanto successo lungo le coste del Mar Tirreno, nelle acque del golfo di Trieste la stagione balneare si è conclusa senza registrare alcun problema alla salute umana.
Gabriela Preda

 

 

Muggia, Verdi e Ds cercano scelte comuni per l’ambiente

 

Dopo le dichiarazioni della sezione muggesana dei Ds sul suo impegno a favore dell’ambiente e del risparmio energetico, i Verdi (alleati di coalizione) si sentono chiamati in causa e vogliono precisare alcune posizioni. «Auspicando che il tutto non sia solamente frenesia dell’apparire - così Giorgio Millo portavoce muggesano e segretario provinciale dei Verdi -, plaudo all’invito rivolto dai referenti dei Ds locali al Comune, per una maggiore attenzione alle problematiche ambientali. Impegno che è giusto ricordare, il gruppo consiliare dei Verdi ha già fatto sottoscrivere alla giunta Nesladek in fase di votazione del bilancio 2007». Millo ricorda che l’accordo prevede la predisposizione di un progetto di gestione ambientale del territorio per il raggiungimento della certificazione Iso 14001, con interventi quali il potenziamento della raccolta differenziata, l’istituzione dello «sportello energia» per informare i cittadini sui sistemi di produzione di energia pulita e rinnovabile e sulle modalità per l’ottenimento dei contributi pubblici, e l’introduzione nel nuovo regolamento edilizio di norme atte a ottenere il massimo risparmio energetico nell’edificio. «Non ritengo importante la determinazione della paternità sugli obiettivi da perseguire – ancora Millo -, mi auguro però che, attraverso queste o altre proposte politiche, si raggiunga quella sostenibilità ambientale necessaria a migliorare la qualità della vita del territorio».
s.re.

 

 

Rupel: «Il laghetto di Contovello può sparire e non esiste un ente che possa salvarlo»

Il presidente della Circoscrizione lancia l’allarme sulla paradossale situazione dell’oasi verde

Né il Comune né la Comunella né la Forestale hanno competenza sull’area, che sta soffrendo per la prolungata siccità

«Chi ci può aiutare a salvare l’antico stagno di Contovello? A chi spetta la responsabilità di provvedere alla manutenzione di uno specchio d’acqua il cui livello sta scemando paurosamente di giorno in giorno?» L’accorato appello arriva da Bruno Rupel, presidente della prima circoscrizione decentrata, l’ennesimo rivolto agli enti locali e alle autorità preposte dall’inizio di quest’anno. A detta del presidente, c’è di che allarmarsi per la salute del vecchio stagno situato a valle del borgo di S. Stefano e della continuazione di Strada del Friuli. «Mai come in questo periodo – afferma Rupel – ci troviamo a constatare come sia sceso il livello dell’acqua nella storica conca, che si presenta d’un color marrone e d’un torbido che fa disperare per la sorte dei pesci e degli altri selvatici che vi fanno riferimento. La questione è grave, anche perché l’estate è ancora lontana e mi è difficile immaginare quale sarà il livello delle acque dello stagno tra qualche mese. L’anno scorso ci salvarono le piogge, ma qui non cade una goccia dallo scorso aprile».
La sorte del laghetto di Contovello appare segnata se a breve non vi saranno dei piovaschi a reintegrarlo. Di aiuti artificiali, ovvero di immissione di acqua fresca dall’acquedotto o per mezzo di cisterne, neanche a parlarne. «Non è di nostra competenza – spiega Franco Bandelli, assessore al Verde Pubblico – e dunque non è per negligenza che ci troviamo a non poter intervenire». «Lo stagno non appartiene più a noi – interviene Stefano Ukmar, presidente della Comunella di Contovello – e, per effetto di una recente transazione avvenuta tra noi e il Comune, spetta a quest’ultimo manutendere la pozza d’acqua di cui è divenuto proprietario». «La Forestale non ha pertinenza su questo tipo di stagno – afferma Aldo Cavani, direttore dell’Ispettorato dipartimentale foreste – e dunque non può intervenire in alcuna maniera in un’area che non ha valenza relativa alla gestione della fauna selvatica. Su segnalazione delle Riserve di Caccia – continua Cavani – noi provvediamo in caso di siccità a portare acqua alle piccole pozze disseminate lungo l’altopiano, utili a abbeverare gli animali del bosco». Nelle parole del direttore della Forestale si cela il grosso equivoco che da diversi anni sta condannando a morte il laghetto di Contovello. Uno stagno ibrido, più affine alle vasche d’acqua cittadine che ospitano tartarughe e pesce persico piuttosto che salamandre, rospi e altre specie legate agli sparuti specchi d’acqua carsici. Per la legge regionale 60, i civici Musei di Storia Naturale sono tenuti a segnalare gli habitat naturali in pericolo. Come è già stato fatto, per esempio, con il classico laghetto di Percedol. Ma lo stagno di Contovello non rientra tra gli eco sistemi in senso proprio, e dunque non tra gli habitat naturali che meritano di un pronto intervento. « Non entro nel merito di questioni tecniche e scientifiche che non mi appartengono – insiste il presidente Rupel – ma dico solo una cosa. Ditemi solo a quale porta devo bussare per salvare il nostro laghetto».
m.l.

 

 

Tav, l’Ue concede due mesi per i progetti - Corsa contro il tempo: il 20 luglio la scadenza. Sonego: Trieste-Divaccia a buon punto

 

Il Parlamento europeo ha varato il regolamento per distribuire gli otto miliardi di euro e detta le condizioni

TRIESTE Parte la corsa contro il tempo ai finanziamenti per Tav e Trieste-Divaccia. Il Parlamento europeo ha, infatti, approvato il regolamento per distribuire i fondi destinati alla costruzione delle reti transeuropee di trasporto, un regolamento che stabilisce le modalità con cui l’Europa co-finanzierà i progetti prioritari definiti ad Essen nel 1994.
Fra i progetti ben tre interessano direttamente l’Italia e, per quel che riguarda il Friuli Venezia Giulia, si parla anche della Trieste-Divaccia. Di recente anche la Slovenia ha presentato la domanda a Bruxelles per la realizzazione della tratta transfrontaliera della Tav, confermando l’interesse del neo stato europeo a rafforzare la rete infrastrutturale che guarda ad est.
Ma le buone intenzioni non bastano. Il regolamento finanziario approvato prevede lo stanziamento di circa 8 miliardi di euro per il co-finanziamento dei progetti previsti, ma le risorse saranno ripartite tra gli stati che presenteranno richiesta (come da bando) sulla base del rispetto di alcuni requisiti.
Nel caso specifico i parametri sono tre: l’esistenza di un progetto definito, un accordo intergovernativo fra i due o più Stati coinvolti dalla tratta ferroviaria, un serio impegno finanziario di ciascun stato membro. Ed è proprio quest’ultimo il punto più incerto della Trieste Divaccia.
Ma non basta: per rispettare questi parametri il tempo a disposizione è davvero poco. I progetti dovranno essere presentati entro il 20 luglio e, anche nel caso di una proroga, il tempo a disposizione è davvero poco. «Per quel che riguarda il progetto siamo a buon punto – rassicura l’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia, Lodovico Sonego – e anche per quel che riguarda l’accordo bilaterale con la Slovenia. Non è ancora stato formalizzato ma credo che il tempo a disposizione sia sufficiente per portarlo a termine. Stessa cosa vale per il progetto».
Altra partita è quella dei finanziamenti. Il governo italiano, infatti, non avrebbe previsto alcuno stanziamento per l’opera. «Non mi risulta – dice l’assessore – però è sicuramente una partita che dovremo giocarci nelle prossime settimane». E il sogno alta velocità ha dei costi che parlano da soli: per il tratto Mestre – Ronchi si parla di 4,2 miliardi di euro. Per il tratto Ronchi - Trieste di 1,9 miliardi. La progettazione preliminare va da Portogruaro a Trieste. Complessivamente il parlamento europeo ha previsto stanziamenti per il periodo 2007-2013.
«Finalmente partiranno le gare d'appalto per le Ten-T», ha commentato Paolo Costa, presidente della commissione trasporti del Parlamento europeo. «Si metteranno in campo otto miliardi per realizzare l'intera rete, che prevede investimenti non inferiori a 600 miliardi», una «goccia nel mare», una «goccia preziosa, che non può nè deve essere erosa da progetti diversi da quelli infrastrutturali».
Ma «si tratta pur sempre di una goccia», ha insistito Costa, secondo il quale «se non si affronta alla radice e in modo coordinato il problema del finanziamento complessivo almeno dei 30 progetti prioritari, l'intero programma Ten-T rischia di impantanarsi».
Il risultato di ieri, che ha visto l’accordo di Consiglio e Commissione, ha subito riaperto le polemiche in Italia e la pubblicazione dei bandi è destinata ad alimentare nuovamente lo scontro politico tra maggioranza e opposizione. E non solo a livello nazionale.

 

 

CEMENTIFICIO - IL CASO TORVISCOSA: LA VIA D’USCITA ONOREVOLE 

 

Il cementificio non si farà, per Illy è pronta una via sufficientemente onorevole per certificarlo senza doversi smentire, il cerino resta in mano ai tecnici dell'Ass. Salvo colpi di scena, questa sembra essere l'interpretazione attendibile della discussione.
E delle conclusioni della seduta straordinaria del Consiglio regionale dedicata appunto all'argomento cementificio. Una seduta che è stato un peccato perdersi, da archiviare come impareggiabile esempio di teatro surrealista. Con attoniti e sorpresi spettatori che hanno assistito ad una rappresentazione dall'apparenza esteriore decisamente irreale, arricchita dall'inserimento di monologhi solipsistici e conclusa con un finale inaspettato. Si sapeva con quasi assoluta certezza che, al di là delle inevitabili pretattiche dei giorni scorsi, la seduta del Consiglio doveva far conciliare gli opposti: rivendicare il ruolo di controllo del Consiglio stesso e non intaccare il decisionismo del presidente della Regione; dire no al cementificio e salvare Illy che aveva sempre detto sì; recuperare la funzione della politica e riaffermare la validità di un modo di governare anti-politico. Si sapeva anche che gli unici ad avere espresso posizioni chiare e non contraddittorie erano i soliti della sinistra estrema. Si potevano eventualmente prevedere duri scontri fra maggioranza ed opposizione, quest'ultima con un robusto argomento per condurre un affondo sul governatore, sulla sua giunta e sull'apparato amministrativo che gli fornisce i dati e le informazioni. Si potevano prevedere i tormenti e le crisi di coscienza di qualche consigliere della maggioranza. Nessuno aveva previsto invece, ad ulteriore conferma di quanto la politica sia capace di invenzione, che la quadratura del cerchio sarebbe stata ottenuta seguendo un percorso capace di sorprendere: l'opposizione di centro-destra che si astiene sul documento della maggioranza di centro-sinistra (contro cui hanno votato alcuni consiglieri della componente estrema della maggioranza), e che passa indipendentemente dall'astensione; la maggioranza (quasi tutta, salvo gli estremisti di sinistra piuttosto arrabbiati) che si astiene sul documento della minoranza, che passa grazie all'astensione; il documento del consigliere verde Metz, l'unico a dire un chiaro no al cementificio, senza se e senza ma, che riceve 15 voti equamente ripartiti fra maggioranza e minoranza. Il tutto al termine di un dibattito in cui meritano una segnalazione gli interventi dei due maggiori esponenti dei Ds: un intervento caratterizzato da sensibilità estrema fino a non nominare neppure di sfuggita l'oggetto su cui il Consiglio doveva deliberare, l'altro volto a descrivere la realtà esterna come semplice rappresentazione della propria coscienza soggettiva.
Seguendo il detto popolare che due è meglio di uno, ben vengano i due ordini del giorno approvati sullo stesso tema. E' un modo indiretto per dare più peso alla volontà del Consiglio e nello stesso tempo permetterne letture differenziate all'occorrenza. Nella sostanza, infatti, sono simili ma le forme non sono le stesse. Il clima complessivo, a parte le voci fuori coro di chi voleva un netto pronunciamento del Consiglio, è stato molto collaborativo. Lo stesso presidente Illy ha svolto un intervento che ha colpito per pacatezza e misuratezza e ha promesso che la decisione finale sarà meditata, autonoma, responsabile (anche sul piano politico) e legittima.
Si potrà discutere a lungo su eventuali motivazioni che hanno portato la quasi totalità del Consiglio e il presidente della Giunta a trovare questo strano accordo e la dietrologia potrà sfrenarsi. E' però tutto irrilevante. L'importante è che attraverso il passaggio in Consiglio regionale si sia sbloccata una situazione che rischiava di degenerare in una dura quanto sterile contrapposizione fra i vertici istituzionali della regione e fra la gente e il governo regionale e, soprattutto si è posto, anche se con ritardo, un punto fermo su come deve funzionare il processo decisorio: partecipato, condiviso, attento. E questo è utile anche per il futuro.
Bruno Tellia

 

 

Cementificio, spunta l’accordo Intesa-Cdl  - Il no all’impianto si rafforza. Illy: sarà una scelta meditata, autonoma e responsabile

 

Maggioranza e opposizione si astengono a vicenda sui rispettivi odg. La sinistra radicale protesta: serve subito una verifica

TRIESTE Quando guadagna il microfono e scomoda Karl Popper e Theodor Adorno, evocando «il dibattito folgorante di Tubinga da cui è emerso che c’è più di una logica», c’è chi si stupisce e chi non capisce: «Dove va a parare?». Ma Mauro Travanut, il capogruppo della Quercia che ha appena finito la spola (non casuale) tra banchi di giunta e consiglio, lo sa benissimo: se c’è più di una logica, perché non può esserci più di un ordine del giorno sul cementificio di Torviscosa?
È il segnale ufficiale. Quello che imprime la svolta inattesa: Riccardo Illy, quando il diessino più ostile al cementificio fa l’apertura bipartisan, ha già parlato. Non concedendo nulla a chi gli chiedeva, sin d’ora, un altolà all’impianto. Ma garantendo che la giunta assumerà «una decisione meditata, legittima, autonoma e responsabile».
Tanto basta. Roberto Molinaro e Isidoro Gottardo raccolgono l’assist diessino. E così, dopo cinque ore di confronto e una trentina d’interventi in aula, maggioranza e opposizione trovano un minimo comune denominatore sull’impianto di clinker e calcestruzzo. Lo sanciscono, con un gioco di astensioni reciproche, approvando due ordini del giorno in cui il consiglio non pronuncia un no palese al cementificio, ma chiede alla giunta una sfilza di garanzie, giudicate almeno dall’opposizione «più che sufficienti a stoppare l’impianto».
Intesa democratica paga un prezzo: perde la sinistra radicale che, dopo essersi sparpagliata al momento del voto, si infuria. Denunciando, con Stojan Spetic, l’«inciucio democratico». Chiedendo, con Igor Kocijancic, «un chiarimento urgente e ineludibile». E ironizzando, con Sandro Metz, su un centrodestra che «riconosce in Riccardo Illy, anziché in Renzo Tondo, il suo candidato ideale».
Al contempo, però, dopo settimane di fuoco, Intesa disinnesca una mina: evita strappi tra presidente, giunta e consiglio, scongiura la conta in aula, abbassa lo scontro con l’opposizione e consolida quell’«exit strategy» su cui, almeno in piazza Oberdan, quasi nessuno nutre più dubbi. «Il cementificio non sarà mai fatto» garantisce lo stesso Travanut. «Illy ha innestato la retromarcia» aggiunge, in una nota, Luca Ciriani.
IL DIBATTITO La maratona si apre alle 10 con Molinaro che illustra la mozione, poi ritirata, con cui l’opposizione ha strappato il confronto consiliare. Sul tavolo ci sono cinque ordini del giorno: quelli di maggioranza e opposizione, i soli che alla fine passano, uno di Alessandra Battellino e due dei Verdi. Intesa, nonostante l’ultimo tentativo, si presenta infatti divisa: Metz mette nero su bianco la contrarietà al cementificio, ed è l’unico a farlo. Illy, segnalando «che l’opposizione ha spesso detto ciò che non ha scritto», lo sottolineerà più tardi. Ma, intanto, i no verbali al cementificio fioccano numerosi. Quelli della sinistra radicale, scontati. Ma anche quelli del centrodestra. «Il buon senso dice che l’impianto non è compatibile» afferma, ad esempio, Daniele Galasso. «Non va fatto, lo dicono tutti, lo dica anche il presidente» incalza Roberto Asquini. «La Cementi Nord est ha tentato di insediarsi a Gorizia, ma gli abbiamo detto no. Perché a Torviscosa dovrebbe finire diversamente?» aggiunge Gaetano Valenti. «I cittadini sono stufi di vedersi calare mostri sul territorio» chiosa Claudio Violino.
LE ACCUSE In aula, però, non piovono solo i no. L’opposizione denuncia le lacune e le stranezze dell’iter autorizzativo: «Nessuno ha più il coraggio di dire che il cementificio s’ha da fare» osserva Ciriani. Invoca la retromarcia illyana: «Il presidente si alzi in piedi, si metta la mano sul cuore, e ammetta d’essersi sbagliato» chiede Alessandra Guerra. Rivendica il ruolo del consiglio: «Abbiamo il dovere di controllare e non ci sottrarremo. Dopo il caso cementificio, nulla sarà come prima» afferma Isidoro Gottardo.
LE REPLICHE E la maggioranza? La sinistra radicale, seppur con sfumature diverse, rilancia il tema della partecipazione perché il cementificio, dice Zorzini, «è solo la punta di un iceberg». E perché, aggiunge Kocijancic, «è la cifra del limite della democrazia e dei rischi di tenuta della coalizione». Quercia, Margherita e Cittadini, invece, tracciano la via d’uscita, respingono le critiche, rilanciano: Bruno Zvech nega un deficit di democrazia e sfida gli avversari a confrontarsi sul modello di sviluppo, Bruno Malattia garantisce «il rispetto dei diritti di tutti, imprenditori come cittadini», Cristiano Degano assicura scelte rapide sul cementificio e si rimette «al parere chiave dell’Ass».
MORETTON Poi, tocca alla giunta. Gianfranco Moretton, titolare del «dossier Torviscosa», sottolinea la legittimità della domanda avanzata dall’impresa. Invita il consiglio a evitare valutazioni sul parere di Via. Ma conferma «la procedura rafforzata che la giunta ha scelto a fronte delle preoccupazioni per la salute e l’ecosistema». E aggiunge che, quando arriverà il parere dell’Azienda sanitaria, «tutti potremo fare un passo indietro, in un senso o nell’altro, perché i cittadini si garantiscono osservando la legalità».
ILLY Il presidente, il più atteso, interviene successivamente. Subito dopo l’apertura di Travanut. Esamina innanzitutto gli aspetti economici, ambientali e politici del «caso Torviscosa», e respinge una dopo l’altra le critiche piovutegli addosso. Spiega che, nell’era della conoscenza, c’è ancora bisogno di cemento e tondini di ferro. Osserva che, in un’economia di mercato, nessuno può impedire a un’impresa di farsi avanti, se non viola le leggi, o i piani regolatori che un comune liberamente adotta. Aggiunge che, in uno stato di diritto, nessuno può dire no a un’impresa perché «non ci piace». Sottolinea che, in una democrazia partecipativa, il compito di autorizzare o meno il cementificio spetta comunque alla giunta, la sola che «ha responsabilità penale, contabile, amministrativa e civile».
I QUATTRO PILASTRI Subito dopo, però, Illy garantisce che la decisione finale sarà «meditata»: «Sappiamo che Torviscosa e San Giorgio di Nogaro sono favorevoli. Ma non ci sfugge che altri comuni sono contrari». Che sarà «legittima»: «Siamo perfettamente consapevoli dei rischi di ricorsi da una parte e dall’altra». Che sarà «autonoma»: «Ascoltiamo tutti, oggi come in passato, ma alla fine dobbiamo decidere in piena autonomia». E che sarà «responsabile»: «Sappiamo che sarà una decisione non solo giuridica, ma anche politica».
L’EPILOGO La maratona è agli sgoccioli. E l’«armistizio bipartisan», come lo chiama Metz, appare ormai alle porte: Molinaro e Gottardo danno il via libera. Rifondazione prova a ribellarsi, lamenta la violazione degli accordi di maggioranza, ma è troppo tardi. Pertanto, dopo essersi divisa sul documento di maggioranza passato con 30 sì e 21 astenuti, non può che seguire Metz e Zorzini fuori dall’aula, rifiutandosi di votare quello dell’opposizione approvato con 21 sì e 21 astenuti. E il cementificio? Non resta che attendere, ma non manca molto: il consiglio invita la giunta a esprimersi entro il 5 giugno giacché, come puntualizza Degano, il parere dell’Ass «arriverà entro 15 giorni e cioé entro il 4 giugno».

Roberta Giani

 

 

CEMENTIFICIO: Metz: ora è chiaro che i Verdi avevano ragione

 

La Cdl: il Consiglio ha vinto come istituzione. Rc e Pdci: su sviluppo e ambiente non sono possibili geometrie variabili

TRIESTE «Silvio Berlusconi, dicendo che Renzo Tondo è il candidato, ha spinto il centrodestra a cambiare atteggiamento dall’oggi al domani». Sandro Metz, a dibattito finito, azzarda un perché all’«armistizio» tra maggioranza e opposizione. Ma, al contempo, si dice soddisfatto. Soddisfatto per il risultato immediato: «Abbiamo registrato un no trasversale all’impianto: l’aula ha ratificato che i Verdi avevano ragione». Non per il futuro di Intesa: «Il nodo della governance resta irrisolto: Riccardo Illy, a chi gli rimproverava un deficit di democrazia, ha risposto che decide comunque lui. Questo ha rassicurato centrodestra e parte del centrosinistra».
L’opposizione, però, canta vittoria: «Il dibattito da noi chiesto segna una ripresa del primato della politica dopo anni di gestione personalistica di Illy» commenta Alessandra Guerra. «Ha vinto il consiglio come istituzione e il centrodestra che chiedeva trasparenza. Ora pare improbabile che la giunta autorizzi il cementificio» nota Luca Ciriani. «Illy ha fatto un passo indietro e fornito le assicurazioni che chiedevamo» chiosa Isidoro Gottardo. Nel dopo-dibattito, al contempo, esplode il malessere di Rc e Pdci. «Su sviluppo e ambiente non sono possibili geometrie variabili. Il Partito democratico ci dica da che parte vuole stare» afferma Giulio Lauri. E Bruna Zorzini: «In consiglio si è cementificata una certa trasversalità, si è prodotto un documento reticente, e il Pd ha manifestato una vocazione all’inciucio».

 

 

CEMENTIFICIO -  Un consigliere su quattro ha già detto no

 

TRIESTE Un consigliere regionale su quattro ha votato «no» al cementificio di Torviscosa. Ma non è bastato a far approvare l’unico ordine del giorno che esprimeva una netta contrarietà all’impianto: l’ordine del giorno a firma Alessandro Metz. Ed è proprio il consigliere dei Verdi a evidenziarlo: «Dovevamo essere emarginati e invece ne usciamo con un risultato superiore alle più rosee previsioni». Il documento ha raccolto 15 sì, 13 astensioni e 27 no (quelli di Ds, Travanut incluso, Margherita e Cittadini). I 15 consiglieri che hanno bocciato l’impianto, oltre a Metz, sono stati i forzisti Camber, Asquini, Pedicini, i leghisti Follegot, Violino, Franz e Guerra, il finiano Dressi, nonché i tre rifondatori, la Zorzini, la Battellino e De Gioia.

 

 

CEMENTIFICIO -  I cittadini in aula: il presidente ci ha deluso  - Il Comitato: ha sottolineato solo gli aspetti positivi e non i rischi per la popolazione

 

Il popolo del «no»: «Il governatore e i politici della giunta non ci hanno ascoltato. Eppure molti di noi li hanno votati nel 2003»

Nessun sit-in davanti al palazzo di piazza Oberdan ma una rappresentanza degli abitanti della Bassa ha seguito la seduta in tribuna

TRIESTE Tutti si aspettavano un sit-in con tanto di striscioni e fischi sotto il porticato di piazza Oberdan. E invece i poliziotti e gli agenti della Digos sono rimasti disoccupati. I cittadini della Bassa hanno scelto un altro modo per testimoniare il proprio «no» al cementificio. Un «no» stampato sulle magliette («no» Illy, «no» cementificio) nascoste sotto le camice e le giacche. Hanno scelto di assistere ai lavori del Consiglio dalla tribuna dell’Aula. Almeno una cinquantina di persone hanno esercitato con disciplina il loro diritto di cittadini. Si sono lasciati andare a un applauso solo al termine dell’intervento del Verde Alessandro Metz. Sono stati gentilmente richiamati all’ordine da Tesini. Donne e uomini, giovani e anziani, tutti delusi dal comportamento della giunta sul caso Torviscosa. Tutti o quasi, a quanto dichiarano, elettori del centrosinistra.
«Non capisco l’ostinazione di Illy su questo progetto - spiega Britta Costantini Scala di Castions Delle Mura, la cui abitazione dista meno di un chilometro dal sito prescelto per l’impianto - ma soprattutto il presidente ci ha deluso perché non ha voluto ascoltarci. E questo è l’atteggiamento che dimostra di avere anche in Aula. Legge il giornale, parla al telefonino, ma anche gli altri non scherzano. E meno male che Illy nel suo libro «la rana cinese» parla della capacità di ascolto come di una caratteristica fondamentale per fare politica. Hanno portato avanti questo progetto senza tenere in dovuta considerazione il parere dei sindaci che sono i nostri primi rappresentanti. Un bell’esempio di democrazia. E così io, per farmi ascoltare, a 65 anni per la prima volta nella mia vita ho dovuto scendere in piazza. Difficilmente lo rivoterò tra un anno». La delusione è il sintomo di quel distacco, che in questa vicenda emerge in modo evidente, tra la politica e i cittadini. «Bisognerebbe venire più spesso in Consiglio regionale - commenta Silvana Verbella -. È la prima volta che lo faccio ma dovrei venire più spesso. A vedere questo spettacolo dove si parla di problemi importanti per il nostro futuro e tutti i consiglieri leggono il giornale. A Torviscosa siamo in quattromila e nessuno ci ha interpellato. E non ci parlino di posti di lavoro: il cementificio ne darà meno di 100, la centrale a turbogas impiega 30 tecnici. E intanto noi dobbiamo convivere con gli odori degli scarichi delle acque e con l’inquinamento. Ho sempre votato per il centrosinistra e questo mi fa ancor più rabbia anche perché credo che, per come è stata gestita la questione, ci siano dietro degli interessi privati molto forti anche tra i politici».
«Non sono pregiudizialmente contrario all’installazione di industrie o alla Tav - aggiunge Alessandro Vidal di Torviscosa - ma sarebbe opportuno coinvolgere i cittadini. E invece niente, hanno fatto lo stesso errore commesso in Val Susa. Loro stanno qui a parlare per ore in Aula, quando già è stato tutto deciso dai vertici delle segreterie. Mi aspettavo che Rifondazione avesse più autonomia. E intanto quasi mai si ricorda che nella nostra zona l’incidenza dei tumori è tra le più alte d’Italia. Molti operai riescono a godersi ben pochi anni della pensione. Ci hanno dato dei no-global ma abbiamo dimostrato di comportarci in modo democratico».
E al termine della giornata d’Aula anche l’anima del Comitato, Settimo Mareno, esprime tutte le perplessità manifestate dalla «sua base». «Siamo molto delusi - commenta il portavoce del Comitato - il presidente ha sottolineato solo gli aspetti positivi a favore della società costruttrice e non i rischi per la popolazione». «Illy - aggiunge - non ha spiegato, rispetto alla bonifica del canale Banduzzi, quali saranno i costi e chi dovrà sostenerli; ha illustrato i vantaggi della bonifica del suolo, solo minimamente inquinato, e ha parlato della questione urbanistica della destinazione industriale dell'area interessata, per noi non chiara. È vero - ha concluso Mareno - che dal punto di vista tecnico è la giunta responsabile dell'atto, ma da quello politico i territori non sono stati ascoltati».

Ciro Esposito

 

 
Rigassificatori e cementificio
 
Il segretario regionale della Uil Luca Visentini, nel suo articoletto del 17 maggio scorso apparso su Il Piccolo di Trieste, si compiace di bacchettare il Presidente della Giunta regionale Illy e la Giunta medesima, che definisce "imprudente" per il modo sconcertante con cui è stato affrontato il problema "cementificio".
Il sindacalista, a cui rivolgo la mia bacchetta, può avere le sue brave ragioni nel dire quello che dice sul cementificio, ma non essendo io informato nello specifico, mi astengo dal parlarne per non incorrere in quelle asserzioni "scorrette" che solo un disinformato chiacchierone può pronunciare.
Altrettanto dovrebbe fare il segretario Visentini quando parla dei rigassificatori di cui, con estrema evidenza, non conosce nulla. Se tutti i comuni hanno detto "No" ; se quasi unanime per il "No" è stato il voto delle circoscrizioni triestine. Un "No" pieno è arrivato pure da tutti i Comitati e dalle associazioni ambientaliste, nonché da molteplici interventi dei tecnici-scienziati dell'Ogs e dell'Università di Trieste che, con la loro specifica conoscenza ci hanno aiutato a concepire il "No" razionale. Il "No" lo ha detto anche la Slovenia.
Ora capisce signor Visentini che il suo intervento a favore dei rigassificatori, che si contrappone al più vasto respiro della protesta regionale contro tutto il resto ( giustificato e giustificabile sotto l'aspetto ambientale ), non giustifica una sorta d'intrallazzo sindacal-industriale quasi a stabilire il poco degno risultato di barattare, tra di loro, tutte le varie utilitaristiche indecenti iniziative che le forze economiche e parte di quelle politiche vorrebbero sviluppare nel Friuli Venezia Giulia, sulla scorta di d'una levità improponibile anche sul piano morale.
Il rigassificatori ( 70 posti di lavoro su un impegno di seicento milioni di euro ) spiega i dati dell'incongruenza che si vorrebbe sviluppare a Trieste, a parte i c/c dei diretti interessati. Business ! Signor Visentini, altro che necessità generale, quando avremo una quantità di metano in arrivo tramite metanodotti ( informarsi sugli ultimi contratti di fornitura stipulati di recente da Eni, Enel, Edison ed altri ), che ci imporrà di vendere il surplus all'estero con buona pace dei "ballisti" professionali che, per quello sporco denaro, dimenticano che metaniere, rigassificatori e relativi depositi sono nel mirino del terrorismo internazionale. Concludo chiedendole di avere un po' più di rispetto per le lotte altrui.
Arnaldo Scrocco - Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 23 maggio 2007

 

 

Piano parcheggi, rispunta piazza Sant’Antonio

 

Il documento lunedì in giunta: previste oltre 20 strutture. In fase avanzata lo studio per i posti auto sotto la Marittima

Torna d’attualità l’ipotesi che la scorsa estate sembrava essere stata definitivamente accantonata. Contenitori interrati in quasi tutti i rioni

Entra nella sua fase più delicata l’iter che dovrà portare all’approvazione del nuovo piano parcheggi per un totale di oltre settemila posti. Il documento che prevede oltre venti nuove strutture, in gran parte interrate e localizzate sotto una serie di piazze, sarà discusso in giunta lunedì. E nel piano torna l’ipotesi del parcheggio sotto piazza Sant’Antonio.

Un’ipotesi, quella di Sant’Antonio, che il sindaco Roberto Dipiazza aveva cassato lo scorso luglio dicendo no a un progetto ambizioso: tre piani di stalli, negozi e ristoranti che i pedoni avrebbero potuto vedere sotto una copertura di vetro. La piazza viene però riproposta come ipotetica localizzazione per una struttura interrata. Ad ogni modo, precisa l’assessore alla pianificazione territoriale Maurizio Bucci, la partita è aperta: il piano contempla tutta una serie di strutture che ora andranno discusse «per valutarle nella loro logica d’insieme». A illustrare il concetto è l’assessore ai lavori pubblici Franco Bandelli: «Sant’Antonio? Personalmente dico che se venissero costruiti altri parcheggi così centrali, passerebbe in secondo piano; altrimenti possiamo valutarlo, soprattutto in un contesto di riqualificazione della piazza che ne ha bisogno».
In effetti quella citata non è l’unica localizzazione in pieno centro prevista. Nell’elenco figurano i tre contenitori delle Rive: sotto l’area antistante la Stazione marittima, sotto la zona compresa tra Palazzo Carciotti e il teatro Verdi (a poche centinaia di metri da piazza Sant’Antonio) e sotto l’ex Bianchi. Un totale di duemila posti non lontani dai 720 previsti nel Park San Giusto. E realizzare tutti i contenitori centrerebbe «l’obiettivo politico - dice Bucci - di liberare completamente le Rive dalle auto»: il numero totale di stalli supererebbe infatti quello ritenuto necessario in base a uno studio preliminare degli uffici comunali, che per l’area centrale e semiperiferica di Trieste (tra Roiano, Università, Ippodromo e Servola) individua un fabbisogno di 11.972 posteggi per auto nelle ore diurne.
Quanto alla periferia, si individuano una serie di piazze sotto le quali costruire strutture per liberare nel contempo le aree soprastanti: si va da largo Canal a piazza Foraggi, da largo Roiano a largo Pestalozzi a da piazzale De Gasperi...
Il piano - che costituisce variante al piano regolatore vigente - individua solo le localizzazioni possibili. Nella maggior parte dei casi saranno poi i privati a costruire, soprattutto in project financing. Dei tre contenitori delle Rive, quello il cui studio è in fase più avanzata - riporta Bucci - riguarda la Marittima: al progetto esecutivo lavora Saba Italia. Sull’area sotto la Capitaneria di Porto potrebbe investire un gruppo francese, mentre per lo spazio sotto l’ex Bianchi permane «l’interessamento della Fondazione CRTrieste», dice l’assessore, nell’ambito del progetto palacongressi nell’ex Pescheria.
La fase è delicata perché fa uscire allo scoperto uno dei nodi sinora più sensibili di dibattito - anche aspro - all’interno della maggioranza. Bucci aveva già portato la bozza di delibera sul piano all’attenzione dei colleghi alcuni giorni fa, ma sono stati gli assessori di An Piero Tononi e Franco Bandelli - («seguiti da altri», precisa quest’ultimo) a chiedere di analizzare la delibera prima di discuterne. E «vista la correttezza di Bucci che ci ha fornito il materiale, meglio parlarne prima tra di noi», dice Bandelli: l’assessore non vuole sbilanciarsi su eventuali controproposte che dal suo partito - da tempo in pressing su Bucci per fargli tirar fuori il piano parcheggi, ma anche quello del traffico - potrebbero giungere. Anche il capogruppo di Forza Italia Piero Camber è cauto: «Il documento va valutato analizzando i carichi in entrata e in uscita che i contenitori creerebbero sulle vie, anche alla luce del piano del traffico che si va definendo».
L’iter comunque è ancora lungo: dopo avere già ricevuto l’ok da parte della Regione, il piano - passato il vaglio della giunta - andrà ai consiglieri comunali e nel contempo alle circoscrizioni, per essere poi adottato dall’aula municipale. Intanto Bucci ne annuncia una «presentazione pubblica».

Paola Bolis

 

 
Pista ciclabile dalla stazione a via Orlandini - Il Comune chiederà un finanziamento regionale per sviluppare il nuovo progetto
 
IL PERCORSO LUNGO LE RIVE
Un nuovo percorso ciclabile che parte dalla stazione centrale e snodandosi lungo le Rive arriva sino a via Orlandini per congiungersi con la pista ciclabile provinciale che prosegue fino al confine e oltre. Questa l’idea progettuale che la giunta sarà chiamata a valutare nella seduta di domani su proposta dell’assessore alla pianificazione territoriale Maurizio Bucci: se il via libera arriverà, il piano verrà sviluppato in progetto definitivo ed esecutivo. Nel frattempo, partirà la richiesta di finanziamento alla Regione che a suo tempo aveva già stanziato un massimo di 258 mila euro, alla quale - se necessario - potranno essere aggiunti ulteriori 80 mila euro da parte del Comune.
Elaborato dal Servizio mobilità e traffico del Comune, questo - dice Bucci - vuole essere un progetto di «trasporto intermodale», che consenta di passare dal treno alla bici e magari - «in una seconda fase» - ai traghetti che collegano Trieste ad altre località costiere dell’Alto Adriatico. Per il momento il tracciato parte dalla Capitaneria di Porto, anche se l’idea è di prolungarlo fino alla stazione centrale utilizzando la bretella interna a corso Cavour: per questo - così come per altri tratti - andranno definiti accordi con l’Autorità portuale. Tornando in direzione Campo Marzio, dalla Capitaneria e fino a piazza Unità la «pista» verrà semplicemente tracciata a terra, essendo impossibile sottrarre spazio di manovra alle auto che in quel tratto parcheggiano a pettine. Dopo piazza Unità, invece, il percorso riservato alle bici dovrebbe essere fisicamente delimitato da un cordolo. Lo spazio verrà ricavato tra il marciapiede e i parcheggi delle auto, spostando questi di un paio di metri più indietro così che le bici passino tra lo spazio pedonale e le strisce blu. Oltrepassata la Sacchetta, in via Giulio Cesare le bici transiteranno in uno spazio riservato della carreggiata, in quel tratto molto ampia, annota Bucci. In Passeggio Sant’Andrea invece le bici correranno lungo il marciapiede che costeggia l’area verde pubblica, sulla sinistra in direzione D’Alviano.
Arrivate alla deviazione per il Molo Settimo, le due ruote prenderanno quella direzione per percorrere via von Bruck, nell’area in cui sostano i camper, e poi via San Marco fino a rientrare nella parte finale di viale Campi Elisi. Da lì si proseguirà lungo via D’Alviano fino a via Orlandini: qui è previsto l’unico tratto «bici a mano», un centinaio di metri che portano fino alla pista ciclabile provinciale.
«Non si tratta di una pista da corsa, ma di un percorso abbastanza dedicato», commenta Bucci, e peraltro già inserito come tracciato nel Piano regionale delle piste ciclabili. Quanto ai tempi, se tutto andrà bene potrebbe essere pronto nell’estate 2008.
p.b.

 

 
Dipiazza: Cattinara-Padriciano il cantiere non rischia lo stop
 
«La Cattinara-Padriciano non corre alcun rischio di stop, la ditta fa semplicemente il proprio gioco, tenta di portare acqua al proprio mulino perchè è logico che in situazioni del genere si apra una sorta di trattativa: una parte alza il prezzo e l’altra, in questo caso il Comune, tenta di contenerlo». Il sindaco Roberto Dipiazza ha replicato in questo modo ieri alle dichiarazioni dell’ingegner Sergio Collini, responsabile dell’omonima ditta capofila nei lavori della Grande viabilità triestina che ha sostenuto che: «Se non arrivano gli ultimi 9 milioni, i lavori si bloccano».
«Quei soldi saranno stanziati dall’Anas - conferma il sindaco - e serviranno ad adeguare l’opera alle ultime normative comunitarie in fatto di sicurezza. Per dirne soltanto una, i cavi dell’energia elettrica devono ora essere messi tutti sottoterra ed essere di un tipo più costoso rispetto a quello previsto in precedenza».
Il sindaco sembra invece intenzionato a cogliere al volo il suggerimento avanzato dal presidente della Regione Riccardo Illy nel corso del sopralluogo sullo stato di avanzamento dei lavori di lunedì. «Penso sia interessante l’idea di concentrare ora i lavori sulle corsie in salita per aprire almeno questa carreggiata prima dell’estate 2008 - ha affermato ieri Dipiazza - ritengo che non ci saranno ostacoli tecnici per adottare questa soluzione che consentirà di ridurre gli intasamenti al bivio ad H anche se per il verso in discesa anche per il prossimo anno dovrà continuare ad essere usata la 202».
L’ipotesi più probabile sui tempi di fine complessiva dei lavori è quella di dicembre 2008. «Rispetto a quanto previsto dal progetto iniziale - ha aggiunto il sindaco - i lavori sono stati già eseguiti al 93 per cento. L’aumento dei costi è stato innescato soprattutto dagli incidenti che si sono verificati nelle gallerie del Frejus e del Bianco. Per realizzare i nostri tunnel in base alle normative successivamente rese obbligatorie abbiamo dovuto spendere 80 miliardi di vecchie lire dei 100 che erano stati il ribasso delle imprese vincitrici sulla base d’asta».
s.m.

 

 

Bonifiche, gli artigiani chiamano il ministro  - La replica di Pizzati: «Barriera a mare, non è stato deciso alcun progetto»

 

«Venga a verificare i disagi delle piccole imprese». Lettere anche a Rosato e Budin

Giunta straordinaria dell’associazione di categoria dopo la conferenza dei servizi e l’obbligo di contribuire alla messa in sicurezza della falda

La Confartigianato ha scritto al ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, invitandolo a visitare il Sito inquinato per verificare la pesante situazione in cui si trovano decine di piccole aziende, che dovrebbero pagare ciascuna decine di migliaia di euro per contribuire alla messa in sicurezza della falda acquifera pur non essendo responsabili dell’inquinamento.

Due altre lettere sono state inviate, sempre dalla Confartigianato, ai sottosegretari Rosato e Budin, con l’invito ad adoperarsi per un incontro a Trieste con il ministro.
Dell’invio delle tre lettere ne ha parlato il vicepresidente di Confartigianato, Dario Bruni, nel corso della giunta straordinaria di ieri sera, allargata ai componenti del direttivo interessati al Sito inquinato.
Aggiornando l’esecutivo sui contenuti della conferenza dei servizi di lunedi, Bruni ha affermato che «in tema di inquinamento paragonare un’azienda siderurgica a una alimentare o a una tipografia, come fa il ministero dell’Ambiente, è ingiusto e lascia molte perplessità. Non accettiamo – ha aggiunto – che venga imposto di aderire al consorzio per la messa in sicurezza della falda acquifera anche alle aziende che non hanno inquinato. Un progetto del genere vorrebbe dire la morte certa di un comparto produttivo della città».
Di «passi indietro» ha parlato il vicedirettore di Confartigianato Enrico Eva. «Il ministero – ha rilevato – non ha interesse a ricercare chi ha inquinato. In base alla decisioni del ministero, oltre 330 imprese con 10 mila occupati non sono in regola». Eva ha poi spiegato che, oltre alla spesa per la costruzione della barriera a mare, quantificata in 20 euro al metro quadrato, successivamente le aziende dovranno pagare anche una quota annua per la depurazione delle acque inquinate. «E chi aderisce all’accordo – ha concluso – deve versare subito una fideiussione al ministero».
Il direttore Gianfranco Trebbi (anche consigliere comunale della Lista Dipiazza) ha rimarcato la necessità di coinvolgere i politici, ricordando che la giunta comunale ha fatto proprio un ordine del giorno con cui si impegna ad attivarsi perchè «non venga messa in atto un’ingiustizia: chi non ha inquinato deve pagare un mucchio di soldi».
Il sostegno del Comune «a chi lavora senza inquinare» è stato ribadito dall’assessore al Commercio Paolo Rovis, componente del direttivo di Confartigianato. «Bisogna tutelare l’economia della provincia – ha sottolineato –. Chiedere a un imprenditore di versare decine di migliaia di euro in poche settimane significa far chiudere le imprese». Rovis ha aggiunto che l’amministrazione comunale sostiene la norma europea secondo cui deve pagare solo chi ha inquinato con la propria produzione, e che tale posizione sarà portata in tutte le sedi necessarie. «La si smetta – ha concluso – di tenere sulla testa di chi lavora una spada di Damocle come questa».
Sui contenuti della riunione di lunedì fra il ministero e gli enti, che ha preceduto la conferenza dei servizi, interviene intanto il segretario regionale dei Verdi Gianni Pizzati, incaricato dal ministro Pecoraro Scanio di creare un collegamento fra il dicastero e gli enti triestini coinvolti nel problema del Sito inquinato.
Rilevando un ritardo nell’utilizzo dei finanziamenti, Pizzati ricorda che «ci sono 12,5milioni per gli interventi prioritari, nonchè altri fondi che la regione dovrà stanziare».
E in merito a quanto deciso nella riunione spiega che «si va appena a scrivere un accordo di programma. Al momento – prosegue – non c’è nessun progetto deciso. Né il ministero né il direttore Mascazzini sono orientati in maniera univoca verso la realizzazione della barriera a mare. Per questo gli enti locali devono partecipare a una progettazione efficace per arrivare a una soluzione».

Giuseppe Palladini

 

 
Geocapacity: l’Ogs vuole ridurre l’inquinamento confinando sottoterra l’anidride carbonica
 
Tre anni nelle viscere della Terra per combattere l'inquinamento e tracciare mappe regionali delle zone idonee alla cattura e al «confinamento» di anidride carbonica (Co2). È la durata prevista per la prima fase del progetto europeo di ricerca «Geocapacity» che vede in prima linea anche Trieste tramite la partecipazione dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale Ogs con sede in città.
L'iniziativa ha l'obiettivo iniziale di identificare i siti europei più adatti allo «sconfinamento» del Co2 negli strati più profondi del sottosuolo. Il progetto - avviato l'anno scorso- è sostenuto da 26 promotori da vari paesi, divisi per zone (Sud, Nord Est, Centro- Est). L'Italia, che fa parte del gruppo Sud, è rappresentata dall'Ogs. «Il nostro scopo è di concentrare gli studi nell'Alto Adriatico e nelle regioni transfrontaliere - ha spiegato il presidente Ogs Iginio Marson - assieme ai nostri partners - l'istituto sloveno Geoinzeniring e l'Università di Zagabria- focalizzandoci soprattutto sugli acquiferi profondi presenti sul territorio o al largo delle coste italiane slovene e croate».
Gli studi evidenzieranno quindi quali di questi bacini sedimentari situati tra i 900 e i 1500 metri di profondità potranno essere utilizzati in sicurezza per sviluppare metodi innovativi d'indagine. «Il progetto ha un significato particolare - ha commentato Sergio Persoglia dell'Ogs - poiché lo sconfinamento geologico dell'anidride carbonica permetterebbe all'Italia nei prossimi anni di ridurre le emissioni inquinanti anche a livello locale e di incentivare lo sviluppo economico delle regioni coinvolte». Secondo lo scienziato, questa anidride carbonica può essere convogliata negli strati più profondi del sottosuolo e confinata, e tale tecnica permetterebbe la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, contribuendo a mitigare le variazioni climatiche». La prima fase del progetto si chiuderà nel 2008 e prevede un budget di 120.000 euro per ciascun partner, finanziato dall'Ue.
Gabriela Preda

 

 

Sonego a Di Pietro: «Sulla Tav sbagli»  - Il problema dell’Alta velocità è europeo. Non può essere lasciato alle scelte locali»

 

L’assessore regionale ai Trasporti scrive una lettera al ministro delle Infrastrutture che aveva invitato la Regione ad accordarsi con il Veneto

La scelta del ministro Di Pietro, ribadita l’altro giorno a Gorizia nel corso di un incontro elettorale, di non prendere posizione nel dibattito, non sempre amichevole, tra Veneto e Friuli Venezia Giulia in merito al futuro tracciato del corridoio V, non è piaciuta a Sonego.
Non è piaciuta perché la questione va ben al di là di una litigata tra vicini di casa o di una mera discussione politica. In gioco c’è un «problema nazionale ed europeo di prima grandezza – scrive l’assessore - di cui il governo della Repubblica si deve assumere tutta la responsabilità. L’opera e il suo progetto sono di competenza del governo».
E quindi in ballo c’è anche la credibilità dell’istituzione Stato. «Il Corridoio V - è più esplicito l’assessore - si farà solo a condizione che lo Stato svolga una autorevole e affidabile funzione di programmazione assumendosi tutte le responsabilità del caso. Proprio per tale ragione è bene che il ministro delle Infrastrutture governi la vicenda del Corridoio V».
Il Friuli Venezia Giulia farà la sua parte, «coopererà lealmente con il Governo e la Regione Veneto». Il ruolo del governo diventa di primaria importanza perchè «lo Stato, attraverso una sua azienda che si chiama Rete Ferroviaria Italiana – ricorda Sonego - ha fatto uno studio di fattibilità che individua il tracciato della nuova ferrovia fra Venezia e Trieste e in conformità alla fattibilità ha pure fatto il progetto preliminare della tratta Portogruaro Trieste».
«Il governo - proeste l’assessore regionale ai Trasporti - ha anche chiesto alla Regione Friuli Venezia Giulia di esprimersi sul progetto preliminare ai sensi della legge obiettivo e in questo momento stiamo discutendo con le comunità locali le migliori soluzioni per minimizzare l’impatto sociale ed ambientale del tracciato».
Che ne sarebbe della concertazione in atto se la decisione fosse rimessa nelle mani degli enti locali? «È evidente – prosegue la lettera - che tale discussione non sarebbe seria se non si svolgesse su una proposta di cui lo Stato si assume la paternità allo scopo di garantire che il progetto sia coerente con la programmazione nazionale oltre che in sé e per sé».
Ma Sonego è ancora più esplicito: «Se, come hai fatto, il ministro delle Infrastrutture dice alle regioni “arrangiatevi” su una questione così rilevante significa che lo Stato rinuncia alla sua funzione di programmazione e di coordinamento. La Costituzione assegna tali funzioni allo Stato. Significa anche - aggiunge - che lo Stato disconosce gli atti formali con i quali ha avviato la progettazione della ferrovia e chiesto al Friuli Venezia Giulia di pronunciarsi sul progetto. A chi va prestata fede: agli atti del governo o alle dichiarazioni stampa del ministro?».
E la tirata d’orecchie al ministro, seppur «con affetto», non lascia adito ad interpretazioni. Non prendere posizione sul futuro del Tav «significa pure – conclude Sonego - delegittimare l’autorevolezza di tutte le istituzioni nei rapporti con le comunità locali interessate alla ferrovia e stimolare l’estensione di comportamenti sociali negativi di cui nel Nordest non si sente la necessità».

 

 

Cementificio, no più vicino. Ma Intesa resta divisa  - Ds, Dl e Cittadini favorevoli. Rc, Pdci e Verdi contrari. Stamane l’ultima mediazione sull’odg

 

Il Consiglio si riunisce in seduta straordinaria. La Cdl: chiediamo garanzie su almeno cinque questioni, vanno rispettati i parametri Ue

TRIESTE «Quello che potevamo fare, l’abbiamo fatto. Adesso dobbiamo aspettare». All’ora di cena, dopo un estenuante lavoro di «cucitura», Cristiano Degano non dispera. Ma ammette che il lieto fine non c’è, almeno non ancora: Intesa democratica, alla vigilia del confronto in aula sul cementificio di Torviscosa che ne mette a dura prova la tenuta, fa gli straordinari. Cerca la sintesi unitaria che tenga assieme tutti, Riccardo Illy e la sinistra radicale, stendendo una bozza di documento. Ma i Verdi non danno l’ok e, a cascata, non lo danno nemmeno Comunisti italiani e Rifondazione.
Come finirà? Stamattina, poco prima della seduta, l’ultimo tentativo. Il nodo da sciogliere, però, non è semplice: la bozza non boccia sin d’ora il cementificio, come invece i Verdi pretendono. E come l’intera sinistra radicale gradirebbe. «Tutti giurano in privato che alla fine quell’impianto non si farà, che la giunta dirà no, ma allora perché non ci lasciano scriverlo nero su bianco?» chiede, non rassegnandosi a una frattura, Bruna Zorzini.
LA RIUNIONE Di sicuro, alla vigilia del d-day, Intesa ce la mette tutta. Si parte alle 10 con una prima riunione dei capigruppo: Gianni Pecol Cominotto, come da accordi, presenta una bozza di documento. Subito dopo, però, si sfila: «D’ora in poi l’interlocutore della maggioranza, per quanto riguarda la giunta, è Gianfranco Moretton». I capigruppo prendono atto e iniziano il lavoro: sul tavolo ci sono, con la bozza «soft» di Pecol, quelle di Pdci e Rifondazione che esprimono la contrarietà al cementificio. Degano si assume l’ingrato compito di tentare la sintesi che non scontenti la sinistra radicale e nemmeno Illy e Moretton. «A un certo punto ci siamo persino chiesti che farà il presidente. Se gli andrà bene la bozza di documento...» ammette Igor Kocijancic.
LA SINTESI Il capogruppo della Margherita, tra telefonate e fax, porta intanto a termine il suo compito. Ne esce una bozza di ordine del giorno in cui la maggioranza, evidenziando «gli elementi di criticità» e «la contrarietà prevalente» emersi in sede di audizioni, registra «la necessità di approfondimenti tecnici attualmente in corso», giudica «necessario il dialogo» con il territorio e, infine, invita la giunta a decidere «entro il 2 giugno» e la impegna a riferire all’aula sull’epilogo dell’iter.
LE REAZIONI I capigruppo si prendono una breve pausa. Ma nel primo pomeriggio si ritrovano e, poco dopo le 16 e le ultime limature, sembrano vicini alla fumata bianca. Degano, dopo aver inviato la bozza a Illy e Moretton, lascia la riunione e ostenta un cauto ottimismo. Mauro Travanut concorda: «Il documento prodotto è il precipitato di quattro ore di discussione e confido che, alla fine, possa avere la firma di tutti». Non è così facile: Verdi, Pdci e Rifondazione prolungano la riunione e, quando ne escono, riconoscono che - nonostante gli sforzi - la strada unitaria è tutta in salita. Metz è il più duro, ancora una volta: «In teoria potrei anche votare il documento di maggioranza perché non dice nulla. Ma il mio no al cementificio non è negoziabile e, in aula, voglio poter esprimere la mia contrarietà». Come? Con una dichiarazione o un documento «alternativo»? Il verde non si sbilancia. Né lo fanno Zorzini e Kocijancic che, suggerendo «correttivi» a una bozza «reticente», cercano sino all’ultimo di tenere unite sia la sinistra radicale, sia la maggioranza. In serata, a complicare il quadro, emergono perplessità giuntali sul passaggio della bozza in cui Intesa chiede una decisione sul cementificio entro il 2 giugno.
LA CDL L’opposizione, dopo aver innescato il confronto in aula con la mozione e dopo aver sollecitato (come, del resto, la maggioranza) tutti i consiglieri a non marcare visita «perché i colpi di scena non si possono escludere», aspetta al varco. Al contempo, annuncia un ordine del giorno in cui, senza pronunciare un «no pregiudiziale» al cementificio, chiede garanzie e verifiche «su almeno cinque questioni». Isidoro Gottardo, Roberto Molinaro, Alessandra Guerra e Luca Ciriani, in particolare, vogliono incalzare giunta e maggioranza sull’inquinamento atmosferico e da traffico, sullo smaltimento dei rifiuti, sull’alimentazione a biomasse del cementificio, nonché sull’intera procedura che «non ha rispettato il principio dell’imparzialità amministrativa». Non basta: «Chiediamo che siano rispettati i parametri che la Ue applicherà nel 2010 per la tutela della salute e dell’ambiente» dice Guerra. «Chiediamo che il principio di precauzione non venga applicato all’incontrario, come in questo caso, quando a fronte di dati inesistenti si è detto sì all’impianto» aggiunge Molinaro. «Chiediamo che la giunta riferisca l’esito delle verifiche in commissione» incalza Ciriani. Nessuno, però, si espone su quello che potrebbe succedere in aula, nel caso in cui i voti dell’opposizione, sommandosi a quelli degli eventuali «dissidenti», si rivelassero decisivi per mettere in minoranza Intesa. E il suo presidente: «Vedremo al momento».

Roberta Giani

 

 
Tesini: in tanti hanno sbagliato Magari finisce che l’impianto adesso non lo vuole più nessuno
 
«Il consiglio ha fatto la sua parte perché non stiamo parlando di un chiosco di gelati»TRIESTE «Non è facile trovare una situazione in cui in tanti e così tanto hanno sbagliato. Tecnici, politici, amministratori. Per quello che hanno fatto e quello che non hanno fatto»: lo scrive il Presidente del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, Alessandro Tesini, sul suo sito internet (www.alessandrotesini.it) in una riflessione dal titolo «Il cementificio che nessuno voleva».
Secondo Tesini, in molti hanno sbagliato «per quello che hanno detto e per quello che hanno taciuto. Per come hanno assolto il loro ruolo e - afferma - per come hanno discusso, intralciato o cercato di intralciare il ruolo degli altri».
«Di una cosa - scrive Tesini - sono certo: il Consiglio regionale ha svolto bene e fino in fondo la propria parte. Tutto il Consiglio, che ha resistito e replicato a dovere, anche alla tesi, semplicistica e fuorviante, ma soprattutto riduttiva, riguardo all'esclusiva competenza amministrativa sulla materia.
«Come se - aggiunge Tesini - le localizzazioni industriali fortemente impattanti fossero assimilabili a una qualsiasi pratica di insediamento. Come se si trattasse di aprire un distributore di benzina o un chiosco di gelati».
«Comunque vada a finire - continua Tesini - il danno già prodotto non è poco. Soprattutto perchè adesso sarà difficile parlare delle cose serie, cioè del futuro di quella che resta sicuramente una delle realtà, se non proprio la maggiore, a vocazione industriale del Friuli. Scottati adesso staranno tutti fermi. Mentre - sottolinea Tesini - un pò di sana autocritica non guasterebbe per ripartire più sicuri e credibili».
«Sta a vedere - conclude Tesini con una domanda - che quel cementificio, che fino a una settimana fa in tanti davano per certo e del tutto compatibile, finisce che non lo vuole più nessuno?».

 

 
I sindaci della Bassa: troppi camion, ricorso al Tar  - Oggi la protesta del Comitato contro l’impianto davanti al palazzo della Regione
 
Reportage dai comuni della Bassa friulana. A Porpetto l’assemblea cittadina dice no anche all’inceneritore di rottami d’auto
Cecilia Schiff attacca: «Ogni giorno vediamo passare 8-10mila veicoli, metà dei quali sono Tir, siamo oltre il limite della sopportazione»
TORVISCOSA Se guarda dalle vetrate del municipio di Porpetto, il sindaco Cecilia Schiff vede passare in un’ora un migliaio di veicoli. Ogni giorno sono 8-10 mila, la metà camion. La gente che abita tra San Giorgio e Porpetto li vede andare su e giù dalla mattina alla sera.
«Siamo oltre il limite della sopportazione», raccontano in un bar. E i residenti scrivono davanti alle case, perché sia chiaro a tutti: «No ai tir», «Camion: pericolo, rumore, inquinamento».
LA PROTESTA Esempi dei lenzuoli che punteggiano la Bassa friulana e spiegano il clima di insofferenza della popolazione. Appena usciti dall’autostrada di Palmanova si legge “No Tav”, “Sì alla bretella” e un’infinita serie di “No al cementificio”. A Torviscosa quella scritta è quasi in ogni terrazza. Il cementificio, appunto, era l’ultimo “babau”. Lo combattono in tanti da settimane e sperano che oggi, in Consiglio regionale, qualcosa di positivo accada. «Dovranno dire di "no", che altro possono fare?» dice speranzosa una signora in bicicletta. Ma da qualche giorno l’attenzione si è spostata pure sull’impianto di recupero "fluff", l’inceneritore già bocciato, due sere fa, in consiglio comunale a Porpetto: «Non lo prenderemo in considerazione – spiega il sindaco – finché non ci risolveranno il problema della viabilità».
L’INCENERITORE La “Siderurgica” di San Giorgio separa il materiale ferroso dei veicoli dalla restante componentistica. Con l’inceneritore si brucerebbe la parte non ferrosa, il “fluff”, con il conseguente recupero di energia.
L’azienda, l’altra sera, ha spiegato il progetto al consiglio di Porpetto, ha consegnato i dettagli della superficie (8.000 mq), del costo (30 milioni di euro), del materiale da incenerire annualmente (60.000 tonnellate) e dell’energia prodotta (61.509 MWh), delle emissioni («Nella norma – commenta Schiff – ma al limite massimo») e ha quindi rassicurato sulla riduzione del traffico: attualmente per trasportare il “fluff” in discarica in provincia di Brescia servono 2.400 viaggi all’anno, con l’inceneritore i passaggi sarebbero 620, 1.780 in meno.
INQUINAMENTO Rassicurazioni? Il sindaco di Porpetto non ci sta. «Le emissioni riguardano macro – polveri sottili, ossido di zolfo e di azoto, acido cloridrico e fluoridrico – e microinquinanti – metalli pesanti e sostanze organiche – e, in un’area già tormentata, non sono notizie che ci possano far stare tranquilli. Quanto al minor numero di camion di passaggio è vero, ce ne sarebbero quasi duemila all’anno in meno, ma si tratta di una riduzione trascurabile: 6-7 tir in meno al giorno quando i passaggi giornalieri, all’ora di punta, toccano quota mille». E dunque, lunedì sera, è arrivato il primo “no” della Bassa all’inceneritore della “Siderurgica”: «Finché non si muove qualcosa per risolvere il nostro problema del traffico, non ci esprimeremo su nulla».
NO AL CEMENTIFICIO Se ne riparlerà. In primo piano resta ancora il cementificio. E non manca l’attesa per quanto accadrà oggi in Consiglio regionale. «Possiamo solo sperare che la politica si ravveda – dice ancora il sindaco Schiff –, che sia davvero federale, che tenga conto delle espressioni delle assemblee di tante amministrazioni locali». La stessa posizione che, con forza, continua a sostenere anche il collega di Bagnaria Arsa, Anselmo Bertossi: «Pur nel rispetto dei due sindaci di Torviscosa e San Giorgio che si sono espressi in modo diverso, la logica deve portare a conclusioni obbligatorie: quella del cementificio, dati alla mano, è un’operazione non praticabile. Sarebbe tra l’altro grave che non si considerassero le paure di un territorio che da decenni convive con insediamenti industriali a pesante impatto ambientale».
REGIONE PRO INDUSTRIA Bertossi sottolinea «la linea collaborativa e seria tenuta dagli amministratori nei confronti della Regione». Ma, dall’altra parte, ringrazia molto più i consiglieri che la giunta regionale. «I gruppi consiliari si sono mossi mostrando attenzione ai richiami del livello locale, il presidente della Regione, al contrario, ha continuato a tenere una linea particolarmente sensibile verso i grandi gruppi industriali e molto meno verso la microeconomia che resta comunque la spina dorsale dell’economia della Bassa e non solo. L’effetto è che, sul cementificio, la decisione che si è voluta sin qui prendere è non solo impopolare ma anche inopportuna per il nostro territorio».
RICORSO AL TAR Si dovesse tirare dritto in Regione, nessun dubbio, ci sarebbe il ricorso al Tar. «Abbiamo parlato con i legali – conferma Bertossi – ma abbiamo anche sensibilizzato vari comuni, non solo i quattro che hanno espresso parere negativo sull’impatto ambientale, anche quelli non limitrofi al cementificio. Marano, per fare un esempio, non si tirerebbe indietro».
COMITATO IN CONSIGLIO E non si tira indietro neppure il comitato “No al cementificio”. «Saremo una trentina – anticipa il portavoce Mareno Settimo – e ascolteremo con attenzione quello che si dirà in Consiglio regionale. Vogliamo capire dal vivo quando la politica ha un reale interesse a risolvere una questione che riguarda la salute delle persone».
Marco Ballico

 

 
Nuovi dubbi sulle operazioni di risanamento. La Cdl chiede spiegazioni sulle attività dell’impianto  - Nel mirino la bonifica dell’area e i rifiuti
 
TRIESTE Non ci sono garanzie sufficienti sulla bonifica dell’area in cui dovrebbe sorgere il cementificio di Torviscosa. I «nemici» dell’impianto di clinker, calcestruzzo e cemento lo affermano da tempo. Ma adesso, a dar loro man forte, ci pensa Edo Ronchi: l’ex ministro dell’Ambiente, nelle osservazioni già all’attenzione degli uffici regionali, ravviserebbe limiti anche nel modo in cui si prevede un’operazione obbligatoria per legge.
Il senatore ricorderebbe, al contempo, che la bonifica deve avvenire prima della costruzione del cementificio. Non solo: rammenterebbe che l’autorizzazione integrata ambientale, rilasciata dal ministero, deve a sua volta attendere la bonifica. Ronchi, insomma, non si accontenterebbe di quello che prevede la Via laddove subordina il parere favorevole al cementificio alla realizzazione di 37 prescrizioni, la seconda delle quali stabilisce testualmente che «prima dell’inizio dei lavori di costruzione l’area di sedime dello stabilimento dovrà essere bonificata in relazione al decreto legislativo 152/2006». «È evidente che quella prescrizione - dà man forte il verde Sandro Metz - non rassicura. C’è chi ha affermato che la Caffaro, grazie ai soldi ricavati dalla vendita del terreno su cui si realizzerà il cementificio, procederà alla bonifica. Ma chi può credere che un’area fortemente compromessa si risana inserendovi impianti ad alto impatto?». Mareno Settimo, il portavoce del comitato per il no, fa notare che il problema vero riguarda il canale Banduzzi, la cui bonifica è «pesantissima»: «Ma siamo certi che la Grigolin non se ne accollerà il costo, un costo di decine e decine di milioni di euro».
I dubbi sulla bonifica si sommano a quelli già emersi, e in parte registrati anche da Ronchi, su polveri sottili e ozono, ricadute per l’ecosistema, rischi di rilascio di sostanze tossiche, lacune procedurali. E si sommano anche a quelli, nuovi di zecca, che il capogruppo di Forza Italia Isidoro Gottardo solleva a poche ore dalla seduta consiliare: dubbi sulle attività che il cementificio - «che in realtà consta di tre impianti distinti» - svolgerà. Gottardo, sottolineando che l’insediamento sarà «alimentato per il 70% a metano e per il 30% a biomassa», osserva che «la tecnologia è la stessa che in Germania consente la termodistruzione dei rifiuti». E conclude: «Forse non tutto, di questo progetto, è stato ancora detto».

 

 
Perché non voterò alle regionali
 
Ho deciso: alle prossime elezioni regionali non andrò a votare. Non l’ho mai fatto fino ad ora, ho sempre difeso gelosamente quel diritto alla partecipazione democratica che è il voto, ma questa volta non ho scelta.
Ho sempre dato il mio voto a partiti o coalizioni della sinistra perché in teoria (purtroppo spesso più in teoria che in pratica) dovrebbero essere quelli più vicini al mio modo di pensare, ai miei principi e alla mia scala di valori e da costoro dovrei sentirmi rappresentato in una qualche misura.
La perfezione non è cosa di questo mondo, il più delle volte si fanno le cose per compromessi e si vota per quello che sembra sia il meno peggio senza troppo entusiasmo, ma questa volta siamo oltre ogni limite. La base della democrazia dovrebbe essere prendere in considerazione la volontà dei cittadini anche con strumenti come il referendum; in particolar modo quando si tratta di decidere su questioni che hanno un grandissimo impatto sull’ambiente e sulla vita della gente non si possono far piovere dall’alto decisioni gravi e impopolari che in un domani potrebbero rivelarsi essere state degli errori dalle conseguenze perfino catastrofiche!
Se quello a cui stiamo assistendo impotenti si chiama democrazia, che differenza c’è tra la democrazia e la dittatura? Questa domanda me la pongo sempre più spesso, ma non trovo risposta.
Sono allibito dalla politica della giunta regionale di fronte a temi come i rigassificatori, la Tav e il cementificio di Torviscosa, solo per citarne alcuni.
Io questa volta per protesta non andrò a votare e sono convinto che non sarò il solo ad agire così.
Diego Logar

 

 
Ma che cosa vuol dire sviluppo sostenibile?
 
«Ma che cos'è, insomma, questo sviluppo sostenibile?». Me lo ha chiesto un collega giornalista che aveva partecipato al World Forum organizzato a Trieste, un paio di settimane fa, dall'Unesco e dal Centro di fisica teorica proprio all'insegna dello sviluppo sostenibile. L'aveva domandato in un'intervista a uno degli organizzatori, senza riceverne però una vera risposta. Aveva sperato di capirlo assistendo alla sessione inaugurale del Forum, alla Stazione Marittima. Ma nessuno dei relatori (scienziati, politici, economisti) si era preoccupato di spiegarlo. Dimenticanza o ignoranza?
E allora vale la pena utilizzare questa rubrica per spendere qualche parola su un concetto di cui troppi hanno detto e scritto – qui a Trieste – senza conoscerne il reale significato. E senza sapere che il concetto di sviluppo sostenibile è nato giusto vent'anni fa e che dietro a questo slogan sta una delle donne più importanti della seconda metà del secolo scorso: la norvegese Gro Harlem Brundtland, medico, più volte primo ministro del suo paese, e che è stata anche (dal 1998 al 2003) direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Nel 1983 Gro Harlem Brundtland era stata nominata presidente della Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo. E quattro anni più tardi usciva quel «rapporto Brundtland» che portava il titolo «Our Common Future» e che conteneva per la prima volta il concetto di «sustainable development», di sviluppo sostenibile. Un concetto che indica uno sviluppo (economico, sociale, energetico...) compatibile con gli ecosistemi e tale da non compromettere la possibilità per le generazioni future di progredire allo stesso modo. Una sorta di patto tra generazioni.
Si tratta, è chiaro, di un obiettivo ideale, forse utopistico. Ma che ha informato tutti i successivi passi intrapresi dalle Nazioni Unite in materia ambientale, fino al Protocollo di Kyoto del 1997. Non è un caso che all'inizio di maggio il nuovo segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, abbia inserito la Brundtland tra i suoi «inviati speciali» che avranno il compito di sostenere la causa della riduzione dei gas serra presso i leader delle maggiori potenze mondiali.
Gro Harlem Brundtland (che ho avuto la fortuna di conoscere quasi vent'anni fa a Bergen, in Norvegia, a un vertice sui temi ambientali) sarebbe stata un testimonial ideale per il Forum triestino. Ed è davvero un peccato che gli organizzatori abbiano preferito blindare quell'evento sottraendolo di fatto alla cittadinanza. Fatte salve le ovvie misure di sicurezza, si sarebbe potuto creare un punto d'incontro almeno con gli scienziati partecipanti al vertice. Non per nulla la proiezione, nell'ambito di Fest, del documentario «Una scomoda verità» con Al Gore – dedicato proprio allo sviluppo sostenibile – ha riempito venerdì sera la sala dell'Ariston con 400 persone.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 22 maggio 2007

 

 

Grande viabilità, mancano altri 9 milioni  - La cifra promessa dall’Anas non è ancora stanziata. La fine dei cantieri potrebbe slittare a dicembre 2008

 

Il sopralluogo del presidente della Regione e del sindaco Dipiazza evidenzia lo stato di avanzamento dei lavori ma anche nuove necessità economiche

È un pozzo senza fondo la Grande viabilità triestina il cui ultimo tratto, tra Cattinara e Padriciano, è in fase di costruzione da quattro anni e mezzo, mentre i lavori sembrano destinati a continuare ancora per diciannove mesi. Non sono più sufficienti per il suo completamento nemmeno i 40 milioni che il Governo ha mandato al Comune attraverso la Regione per fare fronte al levitare dei costi dovuto in particolare al fatto che si deve operare nell’aspra e insidiosa roccia carsica che è stata sventrata anche a forza di cariche esplosive. Altri nove milioni sono ora indispensabili per adeguare l’infrastruttura, definita la porta italiana sull’Est, alle più recenti normative comunitarie in materia di sicurezza.
Il fatto è emerso ieri mattina nel corso del sopralluogo fatto congiuntamente dal presidente della Regione Riccardo Illy e dal sindaco Roberto Dipiazza che era accompagnato anche dall’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli. A molti è sembrata quasi una beffa perché appena dieci giorni fa la giunta comunale ha deliberato il trasferimento allo specifico capitolo di spesa della Grande viabilità triestina (Gvt) di quei 40 milioni, il che doveva essere lo sblocco definitivo della questione.
Ieri, quando le autorità dopo aver percorso per la prima volta anche con le auto di rappresentanza i 2 chilometri e 800 metri dalla galleria Carso, la più lunga del tracciato, che al grezzo è già stata completata, se n’erano andate, l’ingegner Sergio Collini responsabile dell’omonima ditta capofila nei lavori della Gvt ha palesato qualche timore: «Qui non è questione di finire qualche mese prima o qualche mese dopo. Se non arrivano anche questi 9 milioni, i lavori si bloccano. A stanziarli dovrebbe essere l’Anas, esistono delle rassicurazioni fatte al Comune e anche un carteggio specifico. Ma tutto questo non è ancora sufficiente».
Questi soldi dovrebbero servire agli impianti di ventilazione e illuminazione, ai sistemi lungo l’asse stradale di telecontrollo e di rilevamento incendi attraverso telecamere e centraline. Tutto ciò in base alla più recente normativa in materia approvata dall’Unione europea. «Non è che possiamo intanto andare avanti e fare tutto il resto - ha specificato Collini - abbiamo bisogno anche di quei 9 milioni molto presto per non dover bloccare tutto».
Ma lo stanziamento per Trieste farebbe parte di una convenzione per una serie di interventi molteplici che l’Anas deve firmare con il Ministero delle Infrastrutture, per cui i tempi potrebbero slittare. «Sono totalmente convinto che l’Anas rispetterà i propri impegni - ha dichiarato l’assessore Bandelli con l’intento di fugare i timori - Se anche così non fosse, ma solo nel senso che quello stanziamento richiederà tempi più lunghi, il presidente Illy mi ha assicurato che la Regione potrà trovare una soluzione ponte affinché nulla si blocchi».
Non è improbabile dunque che anche questo ostacolo, dopo un ennesimo patema, sarà superato, ma intanto i tempi per la realizzazione dell’opera sembrano destinati ad allungarsi ulteriormente. Il primo termine previsto, del 31 dicembre 2007, è definitivamente caduto già mesi fa.
«Se riusciremo ad approvare la perizia supplettiva di variante, il che equivale ad aver tutti i finanziamenti entro il 30 giugno - ha spiegato Bandelli - la Collini potrà consegnare l’opera finita nel giro di dodici mesi, cioé il 30 giugno 2008. Se così non sarà (soluzione che sembra purtroppo la più probabile, anche se pure in questo caso Bandelli è ottimista, ndr.) la perizia sarà approvata a ottobre e poi la dittà avrà 14 mesi di tempo per consegnare l’opera finita». Il che significa che la Grande viabilità triestina sarà percorribile in entrambi i sensi appena dal gennaio 2009.

Silvio Maranzana

 

 

Bonifiche, rispunta la barriera a mare  - Categorie in allarme: dovrebbero pagare anche le piccole aziende

 

Vertice in Prefettura tra ministero, Regione, Ezit e Authority: si va verso l’accordo di programma

L’intricato nodo del Sito inquinato di interesse nazionale potrebbe essere sbloccato con un accordo di programma. Una procedura in questo senso è stata concordata ieri mattina in Prefettura, in una riunione cui hanno preso parte il prefetto Balsamo, il direttore generale del ministero dell’Ambiente Mascazzini, l’assessore regionale all’Ambiente Moretton, il presidente dell’Ezit Azzarita e quello dell’Autorità portuale Boniciolli.
Nel pomeriggio, però, alla conferenza dei servizi, svoltasi sempre in prefettura, il direttore del ministero ha illustrato un documento in cui si ripropone la già contestata barriera a mare di 12 chilometri per la messa in sicurezza del sito (costo 125 milioni di euro). L’intervento verrebbe realizzato attraverso un consorzio al quale hanno già manifestato la volontà di aderire l’Ezit, il Comune di Muggia e diverse aziende che hanno impianti inclusi nel sito inquinato, fra cui AcegasAps, Frigomar, Cooperative operaie, Ortolan Mare, B. Pacorini, Steeltubi e Teseco.
Ma ciò che ha suscitato più allarme è il fatto che il ministero agirà, secondo quanto si legge nel documento, contro le aziende che non avranno provveduto alla messa in sicurezza della falda acquifera inquinata. Le possibilità sono solo due: o aderire al consorzio per la realizzazione della barriera o intervenire in proprio per confinare la falda.
Il fatto che dopo mesi di silenzio la contestata barriera sia ricomparsa in termini così perentori ha messo in allarme la Confartigianato, cui aderiscono circa cento delle 350 aziende che hanno sede nel sito, e la Camera di commercio, il cui presidente Paoletti ha annunciato al riguardo un’immediata convocazione del consiglio camerale.
Ma andiamo con ordine. Commentando la riunione di ieri mattina, l’assessore Moretton ha precisato: «Ci rivedremo nel giro di un mese qui a Trieste, per esaminare la bozza dell’accordo di programma tra il ministero, la Regione, l’Ezit e l’Autorità portuale, che il ministero stesso si è impegnato a presentare».
I contenuti della bozza sono tutti da discutere. «Non è detto che saremo favorevoli alla proposta del ministero – ha rilevato Moretton –. Si tratterà di vedere se le condizioni soddisferanno o meno le parti».
«Non si è definito nulla di cosa conterrà l’accordo – gli fa eco il presidente dell’Ezit, Azzarita –. C’era comunque bisogno di andare verso un’intesa, perchè finora enti e istituzioni andavano avanti ciascuno per conto proprio. Metteremo comunque i necessari paletti».
Ma la questione della barriera a mare come verrà risolta? «Per quanto mi riguarda – risponde Azzarita – non si farà nulla finchè non saranno state fatte le caratterizzazioni. Solo dopo che si avranno i risultati delle analisi – prosegue – si potrà stabilire le aree che sono inquinate e quelle che non lo sono. E le aree non inquinate dovranno subito uscire dal sito nazionale. Solo a quel punto si potrà iniziare a parlare dei rimedi, dalla barriera a mare all’analisi del rischio».
Il documento presentato alla conferenza dei servizi solleva invece molte preoccupazioni nel presidente della Camera di commercio, Paoletti: «E’ un aut aut – sottolinea – sul quale ci sono tanti punti di domanda. Rimango senza parole, visto che all’accordo hanno già aderito aziende ed enti pubblici ma non si tiene minimamente conto delle piccole imprese. Ho quindi il dovere di convocare quanto prima il consiglio camerale, perchè il problema delle piccole imprese è drammatico».
«Il ministero ripropone la barriera – rincara Enrico Eva, vicedirettore della Confartigianato – dicendo che è un’opportunità per le 350 aziende, nel senso che aderendo al consorzio pagherebbero molto meno rispetto a un intervento in proprio. Ci batteremo con tutti i ricorsi necessari – annuncia – perchè non si tiene conto del principio che chi non inquina non paga. Non c’è la volontà di cercare chi ha inquinato, né quella di verificare il tipo di produzione delle singole imprese».

Giuseppe Palladini

 

 

Cementificio, nuovi dubbi sulle polveri sottili  - Consultato l’ex ministro dell’Ambiente Ronchi che segnalerebbe tra l’altro carenze procedurali nella stesura della Via

 

Illy: «La delibera non c’è». Potrebbe slittare anche oltre il termine del 2 giugno

TRIESTE «La delibera non c’è». Riccardo Illy, ai giornalisti delle agenzie che lo incalzano sul cementificio di Torviscosa alla vigilia del confronto politico in aula, concede quattro parole. O poco più. Ma in Regione si spingono oltre e spiegano che quella delibera sempre più «calda» non solo non c’è, ma nemmeno deve arrivare entro una data prefissata. Non c’è una scadenza perentoria da rispettare, insomma: e quindi il presidente - chiamato a pronunciare assieme alla giunta il sì o il no decisivi all’impianto di calcestruzzo, clinker e cemento - può prendersi il tempo necessario. Il tempo, aggiungono ancora in via Carducci, per attendere i pareri autentici già richiesti all’Azienda sanitaria e all’Arpa. E per completare gli approfondimenti tecnici e legali sui dubbi vecchi e nuovi emersi durante e dopo la procedura di valutazione d’impatto ambientale.
I Verdi non sono d’accordo, nemmeno sui tempi. E bocciano il possibile slittamento: «La legge impone alla giunta di decidere entro 30 giorni dal parere di Via e quindi tassativamente entro il 2 giugno. In caso contrario, a fronte del silenzio della politica, l’impresa è legittimata a ricorrere al Tar e ha tutte le carte in regola per vincere» afferma, deciso, Sandro Metz. Ma gli uffici non concordano e, a chi li interpella, spiegano che quei 30 giorni sono un termine ordinatorio ma non perentorio, in quanto il solo atto che l’impresa può eventualmente impugnare è proprio la delibera. Ed è evidente, concludono, che la giunta - se ha bisogno di un supplemento di istruttoria prima di esprimersi - lo può e lo deve fare. Purché lo motivi.
I dubbi, d’altronde, non mancano. E non riguardano solo i «verdetti» che proprio gli uffici stanno attendendo dall’Azienda sanitaria della Bassa e dell’Arpa sul fronte delle ricadute per la salute e per l’ecosistema. In Regione, tra i banchi di Intesa democratica, confidano anzi che molti dubbi già emersi durante la procedura di Via e le audizioni consiliari vengono ripresi da Edo Ronchi, l’ex ministro all’Ambiente che oggi siede al Senato, artefice di un autorevole «consulto» sull’impianto di Torviscosa. Aggiungono, in maggioranza, che l’ex ministro artefice di molteplici studi sullo sviluppo ecosostenibile ha fornito una serie di osservazioni che, già all’esame di Illy e degli uffici, confermano l’utilità dell’approfondimento.
Ma qual è il contributo di Ronchi? In Regione sostengono che il senatore, in passato uno dei fondatori dei Verdi arcobaleno, ordinerebbe una serie di questioni e fornirebbe una serie di spunti. A partire dalle polveri sottili (Pm10) e dall’ozono: due indicatori della qualità dell’aria che, ritenuti decisivi per valutare le ricadute sulla salute, non sarebbero stati tenuti adeguatamente in considerazione.
Di sicuro, da tempo, Verdi e comitati per il «No al cementificio» sostengono che le garanzie fornite su polveri sottili e ozono non sono sufficienti, nonostante il parere favorevole di Via: «Quello che diciamo - spiega Metz - è che i dati presi in esame, peraltro già non rassicuranti, riguardano la situazione attuale ma non tengono conto della centrale a turbogas da poco entrata a regime e nemmeno del cementificio che, da solo, scaricherebbe in atmosfera 90 tonnellate di polveri all’anno. Com’è possibile? Perché nessuno ipotizza che succederà alla qualità dell’aria della Bassa con la centrale a turbogas, il cementificio e magari la vetreria e il termovalorizzatore in funzione? Perché nessuno immagina le eventuali misure di contenimento da assumere?». I numeri attuali, incalza Metz, lo impongono: «Prendiamo le polveri sottili. Tra gennaio e febbraio ci sono stati 23 sforamenti accertati dall’Arpa che diventano 29 tenendo conto dei giorni in cui la centralina era rotta. Passiamo all’ozono. Già oggi a Torviscosa si registrano 51 sforamenti nel 2005 e 48 nel 2006. Non dimentichiamo che la normativa europea prevede d’innalzare gli attuali limiti di legge nel 2010, recependo le indicazioni dell’Oms, ai fini della protezione della salute. Perché mai, di tutto questo, la procedura di Via non tiene conto? Perché mai si limita a fornire prescrizioni insufficienti in un’area già gravemente compromessa e oggetto di contenimento?».
Interrogativi, tanti interrogativi che - confermano, adesso, in Regione - Ronchi non sottovaluterebbe. Come non ignorerebbe il rischio di rilascio di sostanze tossiche, rischio evidenziato dai vigili del fuoco, in una zona dove opera la Caffaro. Né trascurerebbe le carenze di una procedura che, per dirla con l’ex dirigente regionale Franco Musi, non suggerisce nemmeno un sito alternativo per il cementificio e, per dirla ancora con i Verdi, non dà «garanzie sufficienti» neppure sulla bonifica dell’area. Senza dimenticare, infine, il passaggio successivo sul cementificio. Quello ministeriale cui compete l’autorizzazione integrativa ambientale sempre che la giunta, alla fine dell’approfondimento, dica sì.

Roberta Giani

 

 
CEMENTIFICIO - La Margherita: serve un parere chiaro dall’Ass  - Verdi e Pdci: no esplicito, o votiamo contro. Travanut: basta applicare le leggi
 
Domani la seduta straordinaria. Ieri i vertici di Ds e Margherita, oggi la riunione di Intesa per definire il documento
Il presidente Tesini: «Invito tutti ad abbassare i toni» L’assessore Pecol: la stesura dell’odg spetta ai politici
TRIESTE Grandi manovre all’interno di Intesa Democratica in vista del Consiglio straordinario di domani sul caso cementificio. Ieri si sono confrontati i gruppi regionali di Ds e Margherita. Oggi il vertice dei capigruppo dovrà invece valutare se la bozza elaborata dall’assessore Pecol Cominotto è in grado di coagulare le forze della maggioranza attorno a un ordine del giorno da votare in aula. Verdi e Comunisti confermano la loro voto contrario se nel documento non sarà esplicito il «no all’impianto». «Nessuna rottura - spiega la Zorzini - ma resta il mio odg».
L’ordine del giorno sarà ispirato al rispetto dell’autonomia della giunta ma chiederà all’esecutivo un impegno, prima di deliberare l’autorizzazione o meno alla costruzione del cementificio di Torviscosa, a seguire in modo scrupoloso le legge e le procedure previste. Nella riunione di ieri della Margherita tra i vari aspetti è emersa la necessità di avere un parere chiaro dall’azienda sanitaria della Bassa friulana. «Abbiamo analizzato le varie posizioni sugli ultimi passaggi della vicenda Torviscosa - dice il capogruppo della Margherita Cristiano Degano -. Chiederemo che la giunta si impegni ad applicare con rigore le normative in vigore. Uno degli snodi riguarda la salute dei cittadini. Il parere dell’azienda sanitaria sull’inquinamento deve essere chiaro. Ritengo che sul documento dell’assessore Pecol Cominotto ci possa essere la convergenza di tutta Intesa democratica o comunque una larga parte della coalizione. In ogni caso è certo che non possiamo impegnare l’esecutivo sul piano politico. Le scelte in ultima istanza restano di competenza della giunta».
Da parte sua l’assessore Gianni Pecol Cominotto ribadisce come la responsabilità della stesura dell’ordine del giorno spetta ai politici. «Il mio compito si limita alla consegna ai capigruppo di un canovaccio - spiega -, l’elaborazione spetta poi ai consiglieri. La giunta non avanza nessuna proposta ma vuole soltanto garantire un percorso di correttezza nell’applicabilità delle norme».
Un appello ad «Abbassare i toni» è stato lanciato ieri dal presidente del Consiglio Tesini. «Le prerogative del Consiglio regionale - ha detto Tesini - sono chiare. Il Consiglio non intende e non ha nessuna possibilità, quand'anche volesse farlo, di invadere il campo di competenza della giunta regionale. Ciò detto - ha aggiunto Tesini - il Consiglio regionale quando interviene per verificare e per dare segni di indirizzo approfondisce le questioni». Un invito che sembra essere stato accolto anche dai suoi compagni di partito che si sono riuniti ieri. «La situazione è lapalissiana. Tutti i dati sono sul tavolo - dice il capogruppo diessino Mauro Travanut - e quindi l’ordine del giorno non farà altro che spronare la giunta a lavorare con serenità. È sufficiente soltanto applicare le leggi vigenti».
Ma se, almeno per il momento, le acque sembrano apparentemente tranquille in casa Ulivo, gli alleati della sinistra radicale sono in allerta. «Nessuna sfida, nè tantomeno invasione del campo, come paventato dal presidente Illy per il dibattito sul cementificio di Torviscosa - sostiene il segretario regionale dei Comunisti italiani Stojan Spetic -. Le competenze della giunta e del Consiglio sono delimitate dallo statuto. In realtà è lo stesso Illy che, pur contraddicendosi, riconosce di essere legato alle decisioni del Consiglio quando minaccia di andarsene in caso di sfiducia. Va ricordato comunque che la fiducia della maggioranza si fonda sul programma elettorale. Programma che prevede un suo punto ineludibile lo sviluppo, la tutela dell’ambiente e la partecipazione democratica. Spetta alla giunta prendere atto di quanto emerso in commissione contribuendo così a ricreare un clima che non sia di polemica contrapposizione ma confermi la volontà di una collaborazione positiva dell’esecutivo con l’assemblea legislativa».
ci.es.

 

 
CEMENTIFICIO - Il centrodestra: «Nuovo ordine del giorno per la sicurezza dei cittadini»
 
La Cdl annuncia la presentazione in aula di un testo che chiede trasparenza all’esecutivo e denuncia le carenze emerse nella procedura
TRIESTE La Casa delle Libertà affila le armi in vista del Consiglio di domani. Non sarà la mozione, già presentata e in parte già superata dall’evoluzione della vicenda cementificio, ma un ordine del giorno a scatenare il dibattito.
«Il nostro documento entrerà nel merito della questione Torviscosa - spiega il capogruppo di Forza Italia Isidoro Gottardo -. Il Consiglio deve esprimere un sì o un no a quel progetto industriale articolato, ferme restando le competenze della giunta. Chiediamo che si faccia chiarezza su certi aspetti. Dalla discussione emergerà che la Cdl nè cavalca la protesta, nè si oppone alla costruzione perchè è minoranza. Siamo un’opposizione responsabile che vuole la competizione economica ma anche l’ecosostenibilità. Quello che è inaccettabile è il metodo utilizzato da Illy. Ora il governmatore cerca il modo di uscirne ma in ogni caso, dopo questa vicenda, la politica regionale non potrà più essere come prima. Comunque la convocazione determinata dal centrodestra ha già costretto tutti a prendere una posizione chiara».
«Illy snobbando il Consiglio - aggiunge l’Udc Roberto Molinaro - dimostra di non essere un presidente di Regione. Perché il Consiglio ha una responsabilità di indirizzo e deve esercitarla. Il parere della Via spetta alla giunta ma nel nostro ordine del giorno indicheremo quali devono essere i limiti per la sicurezza e la salute dei cittadini e sottolineeremo le manchevolezze, già emerse in commissione, della procedura. Poi l’esecutivo si assumerà le proprie responsabilità».
Sulla frase di Illy che ha definito una «signorile concessione» del centrosinistra la convocazione del consiglio punta il dito il capogruppo di Alleanza nazionale Luca Ciriani. «Il presidente - sotolinea l’aennino - ignora o finge di ignorare i regolamento. La concocazione è stata obbligatoria perchè richiesta dai consiglieri del centrodestra che rappresentanto oltre un quarto degli eletti. Illy, prima di parlare farebbe meglio a documentarsi».
Ma sul fronte dell’opposizione c’è anche chi, come la Lega, al di là del prossimo dibattito consiliare, solleva la scorrettezza nella procedura tecnica. E lo fa attraverso un’interrogazione firmata dai consiglieri Violino e Follegot.
Per il Carroccio, visto il proliferare di autorizzazioni per lo sfruttamento di nuove cave, evidentemente collegate al progetto del cementificio, era necessario che la Via facesse una valutazione complessiva degli impatti sulla salute umana. «Nell’agosto 2006 - scrivono Violino e Follegot - è stato dato parere favorevole alla Cava di Raveo e nello stesso mese è stato approvato lo screening del Monte Sei Busi a Fogliano, mentre a maggio era stato il via libera alla coltivazione e all’ampliamento della cava Val Longa di Caneva».
I consiglieri ricordano come nell’area Aussa-Corno sia in corsa il procedimento di autorizzazione a un cementeficio e a una vetreria e chiedono al presidente della Regione e all’assessore Gianfranco Moretton «se non si ritenga che i progetti indicati, siano parte di un unico processo produttivo e che per questo necessitino di una valutazione complessiva degli impatti sulla salute umana, aggiornando alla luce delle nuove problematiche la legge regionale che consente valoutazioni separate»¨

 

 

Di Pietro: «Sulla Tav Illy e Galan si mettano d’accordo»  - Il ministro: «Sbloccata la prima tranche del progetto per fare la terza corsia dell’autostrada»

 

Il responsabile delle Infrastrutture a Gorizia per una manifestazione elettorale a favore del candidato sindaco Andrea Bellavite

GORIZIA «Il Veneto chiede di spostare la linea ad alta velocità-alta capacità lungo la linea costiera e il Friuli Venezia Giulia non è d’accordo? Il problema lo devono risolvere le due regioni perché autonomia e federalismo significano responsabilità».
Concertare una decisione sul tracciato della Tav. Ovvero: Friuli Venezia Giulia e Veneto devono mettersi d’accordo. È l’invito forte e chiaro formulato dal ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro che - ieri pomeriggio - ha partecipato ad una manifestazione elettorale a Gorizia a sostegno della candidatura a sindaco di Andrea Bellavite. «Abbiamo incontrato più volte i rappresentanti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto e devo dire che, per il governo, le soluzioni sono valide entrambe - ha precisato il leader dell’Italia dei valori -. Ma devono essere le due Regioni a parlarsi e a risolvere la questione dei tracciati». Il ministro Di Pietro ha anche formulato un altro auspicio che, in realtà, è un suggerimento. «La cosa migliore - ha sottolineato - è condividere le scelte con la popolazione: i cittadini devono essere coinvolti in quella che sarà la decisione finale, devono avere la possibilità di dire la loro. Chiaramente, tutto ciò deve avvenire nei limiti in cui non ci siano ostacoli a realizzare le infrastrutture che servono a questo Paese». Le dichiarazioni di Di Pietro fannno seguito alle polemiche scoppiate dopo una delibera della Giunta veneta che chiedeva lo spostamento della Tav alla costa adriatica sul proprio territorio. Subito, si era registrata l’opposizione del Friuli Venezia Giulia.
Di Pietro è intervenuto anche sulla tempistica di realizzazione della terza corsia dell’A4 Venezia-Trieste. «L’iter va avanti. La tempistica è progressiva - ha assicurato -. C’è già un accordo di massima per realizzarla ed è stata sbloccata la parte che riguarda il primo tratto. Abbiamo fatto un contratto per il 2007-2011 con l’Anas e per la parte che compete allo Stato i fondi ci sono. Ma prima si risolve la questione dell’affiancamento alla ferrovia e prima si potrà realizzare l’opera».
E in attesa che la terza corsia diventi realtà, il problema maggiore dell’A 4 resta la sicurezza. Per questa ragione gli autotrasportatori, che ieri hanno nuovamente incontrato i vertici di Autovie Venete, hanno chiesto alla società di pensare già alla progettazione di una quarta corsia e di insistere per ottenere lo smistamento su due corsie del traffico pesante lungo il tratto più critico della tangenziale di Mestre. Almeno in via sperimentale. La proposta condivisa da Autovie, è stata già bocciata dal Prefetto di Venezia, ma potrebbe trovare uno spiraglio se avanzata come ipotesi da verificare in un breve periodo. «Se poi l’esperimento non dovesse funzionare – hanno assicurato gli autotrasportatori – saremo noi i primi a fare un passo indietro».
La domanda della categoria ha delle motivazioni più che valide se si considera, come spiegato anche dal direttore generale di Autovie, Riccardo Riccardi, che il 45% degli incidenti che vedono coinvolti mezzi pesanti accade nel tratto veneto dell’autostrada. Il traffico pesante lungo la Trieste – Venezia, inoltre, cresce mese dopo mese - nei primi tre mesi del 2007 sono transitati 341 mezzi pesanti in più rispetto allo stesso periodo del 2006 -, tanto che «la percentuale dei transiti di mezzi pesanti – ha ribadito l’amministratore delegato, Pietro Del Fabbro - incide più che in qualsiasi altro tratto d’Italia, visto che supera, ormai, il 30% del traffico complessivo». Gli autotrasportatori insistono anche sulla necessità di intensificare i controlli sui veicoli stranieri. Nel corso del 2006 la polizia stradale ha utilizzato 94 servizi di pattuglia in più rispetto all’anno precedente, registrando 2 mila e 85 infrazioni in più rispetto al 2005 e ha fermato 139 veicoli stranieri che non avevano rispettato il divieto di sorpasso. Proprio l’estensione di tale divieto dalle 6 del mattino alle 21 (attualmente la restrizione è in vigore dalle 7 alle 19) e la rimodulazione tariffaria per incentivare il trasporto notturno, sono alcune delle misure già contenute nel piano sicurezza di Autovie. «L’incontro di oggi – ha assicurato il presidente di Autovie Giorgio Santuz, - è propedeutico alla firma di un vero e proprio protocollo d’intesa che auspico potremo sottoscrivere in tempi brevissimi, finalizzato a migliorare, per quanto possibile, le condizioni di sicurezza in autostrada».

Francesco Fain  (ha collaborato Martina Milia)

 

 
La raccolta differenziata
 
Poco tempo fa, ho ricevuto dalla Acegas-Aps la rivista «Servizi -4.2066 Inverno» nella quale a pag. 27 si comunica il conseguimento del certificato di qualità del termovalorizzatore... di Padova, costruito ben prima di quello triestino, e che ha anche un sistema di teleriscaldamento. A Trieste, invece, la Magistratura ha fermato l’impianto perché le emissioni avevano superato i limiti di Legge. Sono dell’opinione che a Trieste non si è tenuto in debito conto che la tecnologia installata, negli anni trascorsi dalla messa in funzione dell’impianto, si è sviluppata e perfezionata. Sono certo che gli investimenti in questo campo sarebbero stati inferiori di molto alle perdite economiche lamentate, ma in più tutelando la salute delle persone...
Alcuni hanno proposto, per diminuire la quantità d’immondizie da conferire all’inceneritore, d’incentivare la raccolta differenziata. A questo punto sorgono alcune domande. S’intende provvedere affinché non ci siano altri episodi d’inquinamento come quello che ha generato il fermo dell’impianto? Se aumenta la raccolta differenziata delle immondizie, ci sarà materiale sufficiente per rendere remunerativo l’inceneritore?
È troppo difficile introdurre un sistema affinché il cittadino paghi in base alle immondizie effettivamente conferite nei cassonetti? Forse, senza un adeguato, «premio», avremmo ancora più immondizie nelle strade oltre a quelle che già ci sono!
Gianfranco Zanolla

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI' , 21 maggio 2007

 

 

Siviglia, l'ecocittà accesa dal sole - Al via la centrale che non inquina

 

Operativo il più grande progetto solare-termico d'Europa- Evitata l'emissione annua di 600 mila tonnellate di anidride carbonica
E' partito il primo dei nove impianti che entro il 2013 - Soddisferanno il fabbisogno elettrico di 600 mila abitanti

Sembra una vecchia copertina dei tempi gloriosi di "Urania", quando Karel Thole immaginava fantascientifiche porte per l'iperspazio. Oppure, a suggerire una simbologia più potente, il frontespizio di un opuscolo di qualche setta religiosa. Snella sui due suoi sottili pilastri, la torre si alza per più di 100 metri, quanto un grattacielo di 40 piani, sopra i filari di cotone, le siepi di fichi d'India, i radi olivi della campagna andalusa. La sommità è avvolta in una nuvola di luce quasi incandescente, dietro la quale si distingue un'apertura, quasi un balcone, un palco, dove la luminosità diventa, anche con gli occhiali scuri, insopportabile. Ma, se uno si sforza di guardar bene, riesce a distinguere i fasci di luce che, dal balcone, sembrano irradiarsi verso il grande, silenzioso anfiteatro di rettangoli di vetro e acciaio ai piedi della torre.
Naturalmente, è vero il contrario e sono i raggi del sole, riflessi dagli oltre 600 pannelli a specchio - ognuno di 120 metri quadri di superficie - che trasformano la torre in un accecante monumento di luce. L'impianto in funzione da un mese a Sanlùcar la Mayor, alle porte di Siviglia, è il primo pezzo del più grande progetto di energia solare d'Europa. Già oggi, la torre che sarebbe piaciuta a Karel Thole fornisce elettricità sufficiente per 6 mila case. Dopodomani, fra soli sei anni, nel 2013, quando saranno completati gli altri otto impianti previsti, la centrale di Sanlùcar sarà in grado di accendere i frigoriferi e i condizionatori di tutte le 180 mila case e i 600 mila abitanti di Siviglia. Senza un alito di anidride carbonica e di effetto serra.
La tecnologia in azione nella campagna a ovest della capitale andalusa non è nuova. Anzi, è vecchissima. Ad utilizzare la potenza del sole, concentrata dagli specchi, ci aveva già pensato, sia pure per incenerire navi, Archimede. E' anche piuttosto semplice. Dietro l'apertura in cima alla torre, c'è una caldaia, dove l'acqua, scaldata di raggi concentrati del sole, si trasforma in vapore. E, come nella maggior parte delle centrali elettriche - termosolari, nucleari, a gas o a carbone - il vapore aziona una turbina, che genera elettricità. Ma quello che rende inedito Sanlùcar è che, per la prima volta, la tecnologia a torre del solare termico viene sfruttata in forma non sperimentale, ma commerciale. Si traduce, cioè, alla fine, in bollette nelle cassette della posta delle famiglie.
Molto bello, in un mondo in crisi di energia, ma quanto costa? Il solare termico è una tecnologia relativamente semplice, ma questo non significa non sia cara. A costruire la centrale è Abengoa, un altro dei grandi dell'edilizia spagnola che, come l'Acciona partner di Enel in Endesa, ha saputo diversificarsi nel campo dell'energia, in particolare alternativa, diventando uno dei grandi mondiali del settore e ponendo la Spagna ai primi posti nelle classifiche delle nuove tecnologie ecologiche. Abengoa, con l'aiuto di generosi sussidi pubblici e statali, investirà a Sanlùcar 1,2 miliardi di euro. Una cifra cospicua, in relazione al volume finale di produzione, per impianti con una vita media di 25 anni, contro i 40 anni di una centrale tradizionale. Per dirla in altro modo, produrre la stessa quantità di energia con il gas, ad esempio, sarebbe costato (oggi) meno.
Gli uomini di Abengoa non dicono quanto costa il chilowattora di Sanlùcar. Gli esperti del dipartimento dell'Energia americano calcolano, però, che il chilowattora tradizionale (cioè generato da combustibili fossili) costi, per lo più, meno di 10 centesimi di dollaro. Mentre quello del solare termico - la tecnologia dell'impianto in funzione a Sanlùcar - sta, secondo la Schott, un'azienda tedesca che produce impianti solari, fra i 15 e i 17 centesimi di dollaro. Questa cifra può essere, però, abbassata, oltre che con innovazioni tecnologiche, anche con economie di scala. Ecco perché è importante che Sanlùcar sia grande.
Abengoa ha già cominciato già a costruire un altro impianto a torre, di potenza doppia rispetto agli 11 megawatt di quello già in funzione, giusto di fianco. Ha realizzato, subito dietro, una centrale fotovoltaica. Metterà in funzione altre piattaforme, in cui gli specchi sono posti a cilindro intorno alla caldaia, dove si riscalda l'acqua. Nove impianti, quasi un campionario delle varie tecnologie solari, che faranno davvero assomigliare la piana di Sanlùcar ad un astroporto delle copertine di Urania. Ciò che conta è che il risultato finale sarà una potenza complessiva di 300 megawatt. E' una potenza ragguardevole, metà della grande centrale a carbone Enel di Civitavecchia. Ma non è una cifra a caso: è la potenza che esperti americani, come Fred Morse, giudicano necessaria ad avviare economie di scala, nell'immagazzinamento e nel trasporto dell'elettricità, sufficienti a spingere il costo di produzione verso i 13 centesimi di dollaro a chilowattora e anche più vicino alla magica soglia competitiva dei 10 centesimi.
In realtà, questi conti potrebbero presto rivelarsi obsoleti. L'asso nella manica di Sanlùcar è che, a regime, la sua produzione consentirà di evitare l'emissione di 600 mila tonnellate l'anno di anidride carbonica, quanti ne sputerebbe un impianto equivalente a gas. Con le regole di Kyoto contro l'effetto serra e la possibilità di vendere sul mercato i propri risparmi di anidride carbonica, quelle tonnellate in meno possono diventare denaro sonante. Oggi, sul mercato, il diritto ad emettere una tonnellata di anidride carbonica nel dicembre 2008 vale circa 20 euro. A questi prezzi, le 600 mila tonnellate di Sanlùcar varrebbero 12 milioni di euro l'anno. Nei 25 anni di vita dell'impianto, un quarto dell'investimento iniziale. Quando questi conti saranno entrati nei bilanci delle aziende, quella di Abengoa apparirà meno una scommessa. Ma la surreale torre di Sanlùcar non sarà ugualmente la ricetta-miracolo della nuova energia, capace di risolvere tutti i problemi. Le principali fonti alternative, come sole e vento, rispondono bene, infatti, come dicono i tecnici, a necessità di picco. Ovvero, non sono in grado di fornire energia 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Quando c'è poco sole o poco vento, si produce anche poca elettricità. Ne serve altra, sottomano, per colmare il buco. La notte, a Siviglia, Sanlùcar non serve. I tecnici di Abengoa, per adesso, sono in grado di immagazzinare vapore e far girare la turbina per un'ora dopo il tramonto. Poi basta. Nel paese delle estati a 45 gradi e dei condizionatori a mille, comunque, è già molto.

MAURIZIO RICCI
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 21 maggio 2007

 

 
Rifondazione: «No a ogni rigassificatore» - Il partito conferma a Muggia la sua chiusura a qualsiasi ipotesi di impianto nell’area
 
MUGGIA La sezione di Muggia di Rifondazione comunista dice «no» ad ogni ipotesi di rigassificatore nel golfo, anche oltre confine.
Intanto, apre la sede ad incontri con la cittadinanza per raccogliere consigli, richieste o critiche. «Non è un “no” in senso generale ai rigassificatori, ma di sicuro non vogliamo tali impianti in quest’area», dice il segretario del Prc, Fulvio Zuppin. Lui stesso ricorda le battaglie in passato contro altri progetti che avrebbero dovuto interessare il territorio: la fabbrica di fertilizzanti a Noghere (costruita poi invece a Massa Carrara e chiusa dopo qualche anno), la centrale elettrica, il polo energetico coi depositi di petroli nella valle delle Noghere, il sito per lavaggio delle petroliere ai cantieri San Rocco, il deposito Gpl. «Progetti che avrebbero devastato il territorio – dice Zuppin -. Ci siamo opposti, la popolazione è scesa in piazza ed abbiamo sconfitto questi insediamenti inquinanti e pericolosi che non avrebbero portato alcun giovamento al territorio». Ed ora l’impegno del Prc si rinnova contro i rigassificatori: «Si è visto che sono orientati a costruirlo. Preoccupa però – dice Zuppin - che l’impianto possa sorgere anche a Capodistria, come si sente parlare. Ci attiveremo. Coinvolgeremo tutta la maggioranza in consiglio comunale per promuovere le azioni necessarie per dire di “no” a questi impianti. Interpelleremo anche la popolazione, con comizi, raccolte di firme forse anche referendum».
Intanto il partito si attiva anche su un altro fronte. Le riforme del Tfr. È in programma infatti una assemblea pubblica mercoledì 23 maggio (dalle 18.30 nella sede del partito, in via Roma), per far conoscere meglio la tematica. Relazionerà sul tema il presidente della commissione lavoro del Prc provinciale, Giorgio Vesnaver. E da martedì 22 maggio, invece, il partito si apre alla cittadinanza: «Ogni martedì, dalle 17 alle 18.30, nella nostra sede di via Roma il capogruppo consiliare Giorgio Kosic sarà a disposizione di tutti i cittadini per fornire chiarimenti e risposte ai muggesani. Vogliamo parlare di più alla gente – così Zuppin -. Era nel nostro programma. Siamo disposti anche ad accogliere le critiche».
s.re.

 

 

Bassa, spunta un inceneritore di rottami d’auto - Nuovo impianto a San Giorgio di Nogaro, servirà a produrre energia elettrica. I sindaci: non c’è pace

 

La Regione: già attivata la procedura di Via. Dopo l’allarme sui rischi industriali del cementificio, Comuni e comitati chiedono lo stop

UDINE «La speranza è che si ravvedano. Ma adesso abbiamo un altro problema...». Non solo il cementificio. Cecilia Schiff, sindaco di Porpetto, uno dei tanti comuni del “no” all’impianto di Torviscosa, racconta che «non c’è mai pace».
«Ci è appena arrivata dalla Regione una nuova richiesta di parere in materia di impatto ambientale – spiega –, questa volta su un impianto di recupero "fluff", una sorta di inceneritore».
Il “fluff” è l’ultimo scarto del processo di smaltimento dei rottami delle autovetture e rappresenta circa il 20-25% del peso di un veicolo. Il nuovo impianto progettato nella Bassa friulana rappresenterebbe un ampliamento dell’attività della “Siderurgica”, in comune di San Giorgio di Nogaro, una società che opera a livello mondiale dividendo il materiale ferroso dei veicoli dalla restante componentistica.
Con l’inceneritore si brucerebbe la parte non ferrosa, il “fluff” appunto (gomme, vetri, plastica), per recuperare energia elettrica da vendere poi all’Enel. Il motivo? Risparmiare. Fino a questo momento il “fluff” prende direzione Brescia con ovvi costi aggiuntivi. Bruciarlo in loco, con il ricavo di energia, sarebbe operazione evidentemente più redditizia.
«Abbiamo visto il progetto – spiega il sindaco Schiff – e domani (oggi per chi legge) ne discuteremo con chi lo ha elaborato. Ascolteremo le spiegazioni ma è evidente che nuove emissioni in atmosfera non ci possono lasciare tranquilli». La richiesta di esprimere un parere non è stata mandata solo a Porpetto ma, da prassi, anche ai comuni limitrofi. «E’ la procedura di rito – si limita a precisare l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton –, quella che si segue per la trasmissione della domanda alla commissione Via. L’iter è sempre lo stesso». Dopo la Via verrà trasmessa una relazione ai comuni interessati e all'Arpa per successive analisi sulla compatibilità o meno della richiesta.
Un problema futuro, forse. L’attenzione dei sindaci della Bassa rimane concentrata per adesso sul cementificio. «Sapere che si pensa di realizzarlo in un’area di rischio tossico crea ulteriori preoccupazioni», osserva il sindaco di Porpetto. Un altro motivo per stoppare l’impianto? Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria Arsa, ritiene che ce ne fossero già a sufficienza.
«Per questo – sostiene – la Regione dovrebbe ritirare la proposta. Ma da settimane, dimostrando poco buon senso, la giunta Illy sta invece facendo clamorose brutte figure. Il cementificio, per questioni di natura tecnica, giuridica, chimica, urbanistica e viabilistica va evidentemente archiviato. Ci aspettiamo che la logica prevalga».
Il comitato “No al cementificio” non è rimasto sorpreso dalle ombre legate alla direttiva Seveso, quella che si applica alle aree dove la concentrazione di grandi impianti industriali possono provocare, in caso di guasti o incidenti, uno scenario da rilascio tossico, e quindi da rischio industriale.
«Il cementificio – spiega il portavoce del comitato, Mareno Settimo – sorgerebbe a est dell’impianto clorosoda e a nord di quello cloro paraffine della Caffaro, 300 metri dal primo, 200 metri dal secondo. Soprattutto quello clorosoda ha già dato gravi problemi ambientali con gli scarichi di mercurio in laguna. Un nuovo elemento anti-cementificio? Solo la constatazione che questa struttura è stata pensata in un'area ad altissimo rischio e richiederebbe, tra l’altro, particolari sistemi di sicurezza».
Marco Ballico

 

 

Grigolin, un impero fondato sul cemento  - Decine di impianti disseminati fra l’Italia e la Germania. E forse lo sbarco a Piazza Affari

 

Il gruppo fattura 500 milioni. Guai giudiziari ma nessuna condanna

Ecco la carta d’identità dei veneti che intendono investire a Torviscosa. I tre fratelli finanziano anche la squadra di calcio del Treviso

TRIESTE Tre fratelli e un impero da oltre 500 milioni annui di fatturato fondato sul cemento. In più quarant’anni d’attività i Grigolin, partendo dalla fornace di Ponte della Priula (Treviso) del capostipite Giobatta, sono diventati un colosso nazionale del cemento e dei suoi derivati. Decine gli impianti disseminati sul territorio nazionale e anche in Germania e ora c’è l’obiettivo di costruire il contestatissimo impianto di Torviscosa. Ma la fortuna del cemento si costruisce partendo dalle cave di ghiaia.
Ed è proprio quel settore, da dove si ricava la materia prima, il core-business del gruppo. Da lì la storia del gruppo Grigolin si è intrecciata con le indagini della Finanza e delle procure. Procedimenti che peraltro non hanno portato a alcuna condanna. L’ultima vicenda, con il processo ancora in corso, ha coinvolto Roberto Grigolin (51 anni) che con il fratello Renato gestisce una delle aziende del gruppo, la Superbeton (mentre Maurizio è presidente e amministratore unico del gruppo).
Assieme ad altri tre «cavatori» veneti, «signori della ghiaia», Grigolin è accusato di aver versato denaro al funzionario regionale Michele Ginevra (deceduto nel mese di febbraio) per ottenere autorizzazioni per nuove escavazioni o per ampliare quelle esistenti. Il processo, davanti al tribunale di Treviso, è stato rinviato all’autunno di quest’anno per un vizio procedurale di notifica degli atti sollevato dalla difesa.
Non sono mancati peraltro in questi anni i contenziosi aperti nei confronti di aziende del gruppo da alcuni Comuni e da comitati di ambientalisti del Veneto.
Ma al di là delle vicende giudiziarie, l’ascesa del gruppo Grigolin, che in relazione allo sviluppo del cementificio di Torviscosa avrà il via libera dalla Regione anche per l’ampliamento della cava di Caneva, sembra inarrestabile.
Tanto che alla fine del 2005 la Grigolin ha annunciato di avere come obiettivo a medio termine lo sbarco a Piazza Affari per trovare sul mercato le risorse necessarie a svilupparsi ulteriormente in Italia e soprattutto in Germania. Intenzione che per il momento non si è ancora verificata anche se alla Galassia dei Grigolin fanno capo ben sei stabilimenti (Treviso, Limena a Padova, Bosco Marengo ad Alessandria, Codevilla a Pavia, oltre a Parma e Viareggio), una ventina di cave, 25 aziende affiliate e oltre 70 unità produttive.
Complessivamente nel gruppo Grigolin sono impegati 600 dipendenti. L’impresa rappresenta una delle più importanti realtà del mondo dell’edilizia attraverso Grigolin Evoluzioni costruttive, Superbeton (calcestruzzi e asfalti), Tesi System e Grigolin sistemi. A Ettlingen, vicino a Karlsruhe, nel 2002 è nata la prima sede all’estero, oggi gestita dalla giovane Francesca (26 anni), figlia di Maurizio.
I Grigolin si sono distinti anche per il contributo al territorio. Oltre a occuparsi delle bonifiche delle aree destinate alle loro escavazioni infatti, sono stati tra i più attivi e munifici «mecenati» nella cordata di privati, organizzata dall’ex sindaco leghista Gentilini, per la ristrutturazione delle mura di Treviso.
A settembre poi i Grigolin hanno legato il loro marchio come «main sponsor» al Treviso calcio, che milita in serie B assieme alla Triestina, e alle squadre giovanili, dalla primavera in giù, della società sportiva della Marca.

Ciro Esposito

 

Tre cave gli obiettivi in Friuli Venezia Giulia

 

TRIESTE Il gruppo Grigolin ha costruito il suo sviluppo partendo dal Veneto ma non sono pochi gli interessi nel Friuli Venezia Giulia. A partire dalla cava Val Longa di Caneva che il gruppo già possiede in parte e della quale ha chiesto la possibilità di ampliamento nel maggio scorso alla Regione. L’esecutivo ha vincolato l’autorizzazione, come si legge nelle delibere della giunta, all’impegno nella realizzazione del cementificio di Torviscosa vincolando peraltro il trasferimento del materiale nella Bassa all’utilizzo della linea ferroviaria. Ma la Grigolin tra i suoi obiettivi ha anche la cava di Raveo e punta (anche se non ci sono notizie ufficiali) all’acqusito delle ex centrali di Arzene (fornaci dismesse da tempo).

 

 
Domani il vertice di Intesa Travanut: il silenzio di Illy ha un forte significato
 
TRIESTE Settimana da resa dei conti per Intesa Democratica. La vicenda cementificio entra nella sua fase più delicata: domani la maggioranza cercherà di trovare una sintesi rispetto alle varie posizioni emerse nelle ultime settimane, prima di approdare in aula nella seduta di mercoledì. «Le posizioni sono chiare - sostiene alla vigilia del vertice di maggioranza il capogruppo dei Ds, Mauro Travanut - e anche i silenzi hanno il loro forte significato» aggiunge l'esponente della Quercia alludendo alla mancata presa di posizione del presidente Illy, a gran voce richiesta proprio da Travanut e ribadita anche dalla sinistra radicale. «Spero ancora in una presa di posizione da parte del presidente - ribadisce Bruna Zorzini (Comunisti Italiani) - per poter giungere ad un minimo comune denominatore». Non bastano all'ala sinistra di Intesa le ultime dichiarazioni di esponenti della giunta, in particolare del vicepresidente Moretton, che sembrano segnare un passo indietro rispetto all'intenzione di realizzare l'impianto a Torviscosa. «C'è stata una ponderazione da parte della giunta - sostiene la Zorzini - ma ci auguriamo in un ripensamento convinto».
Travanut guarda più in là e sostiene che «alla fine il cementificio non si farà. I dati sono quelli e vanno oltre i singoli desideri: nessuno sfugge a questa tagliola». Ma dal tavolo di domani e dal voto in aula di mercoledì ne deriva la tenuta della maggioranza e mentre il capogruppo diessino esprime «tranquillità olimpica» sul fatto che alla fine una sintesi si troverà, «non so se ci vorrà una o cinque ore ma sono convinto che riusciremo a soddisfare tutti».
Meno convinzione da parte della Zorzini: «In assenza di novità mi sembra difficile arrivare ad una convergenza anche se l'obiettivo è quello di trovarla. Spiace però sentire la rassegnazione di Travanut nel dire che non bisogna far prevalere gli interessi personali rispetto a quelli di coalizione». Nella mozione della consigliere dei Comunisti Italiani si richiamerà il programma di Intesa Democratica nel passaggio che richiama alla consultazione del territorio e alla condivisione nelle scelte impattanti. «Ma prima di capire cosa uscirà dal tavolo di domani - aggiunge il capogruppo della Margherita, Cristiano Degano - bisogna vedere cosà proporrà il documento presentato dall'assessore Pecol Cominotto. Da quella mozione e dalla reazione di Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani ne capiremo di più. Gli schieramenti sono chiari, dal documento della giunta vedremo quale possibilità di convergenza c'è».
Roberto Urizio

 

 
Wwf a Illy: rigassificatori, Tokyo e Trieste non sono paragonabili
 
TRIESTE La baia di Tokyo è di gran lunga più profonda del golfo di Trieste, e quindi i 5 rigassificatori che lì operano, non sono paragonabili ai progetti per la nostra area, dove i fondali sono profondi poche decine di metri, con un ricambio dell’acqua molto più limitato. È quanto sostiene Carlo Franzosini, biologo del Wwf, in risposta alle affermazione del presidente della Regione Riccardo Illy della scorsa settimana, in occasione del G8 a Trieste. «Come il Wwf ha documentato fin dal gennaio 2007 - aggiunge Franzosini - nelle proprie osservazioni integrative sul progetto Gas Natural, il paragone è però del tutto fuori luogo. La Baia di Tokyo si apre sull'Oceano Pacifico, con i suoi fondali profondi molte migliaia di metri (l'Alto Adriatico ha fondali di poche decine di metri), una semplice ricerca in internet permette di scoprire che il ricambio idrico giornaliero a Tokyo è pari a circa 120 milioni di metri cubi d'acqua su 960 milioni complessivi, mentre un rigassificatore "consuma" circa 600 mila metri cubi al giorno». «I cinque rigassificatori di Tokyo - prosegue - incidono quindi, complessivamente, per circa 1 quarantesimo del ricambio idrico giornaliero nella Baia (3 milioni di metri cubi su 120). Soprattutto, a Tokio c'è un ricambio garantito dalle correnti di marea di 1/8 dell'intera massa d'acqua della Baia ogni giorno. Da noi non è così: la forza di marea, molto più debole, fa sì che l'acqua ristagni nel Golfo di Trieste sino a 30 giorni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 20 maggio 2007

 

 

Cementificio, ok di Roma alle nuove verifiche  - Anche il ministero dell’Ambiente d’accordo sugli approfondimenti: positiva la scelta di Illy e Moretton

 

Il governo, per il momento, non entra nel merito della procedura: si attende la delibera. Il nodo delle cave: i Verdi accusano la Regione per lo spezzettamento

TRIESTE La querelle sulla costruzione del cementificio di Torviscosa arriva nei palazzi romani. Il Ministero dell’Ambiente comunque resta alla finestra anche se non è escluso che qualche messaggio sia già arrivato alla giunta regionale. In questa fase dell’istruttoria comunque, sottolineano fonti vicine al ministro Alfonso Pecoraro Scanio, il ministero non ha competenza. Il parere della commissione di Valutazione di impatto ambientale e l’eventuale delibera di autorizzazione al progetto chiesto dalla Cementi Nord-Est del gruppo Grigolin sono gestite in totale autonomia dalla Regione.
Nessuna ingerenza istituzionale dunque ma a Roma il monitoraggio sull’evoluzione della questione tecnico-politica è costante. Il ministero comunque ritiene positiva la scelta dell’assessore Moretton e del presidente Riccardo Illy di aver predisposto una serie di approfondimenti prima di prendere la decisione definitiva sulla realizzazione dell’impianto.
L’AUTORIZZAZIONE Il punto più delicato, sul quale anche Roma sarebbe particolarmente sensibile, è l’assenza di dati certi sull’impatto attuale delle industrie sull’ecosistema e sulla vegetazione. È evidente che la non idoneità del posizionamento delle centraline dell’Arpa, attualmente disposte nell’area, a fornire elementi sicuri inficia la possibilità di fare una simulazione sul tasso di inquinamento futuro, quando il cementificio (e anche la centrale a turbogas dell’Edison, attualmente in fase di collaudo) sarà operativa. E questo è un punto fermo, al di là delle emissioni previste dal progetto presentato dalla Cementi Nord-Est. Poi c’è la valutazione del rischio industriale in un’area nella quale, per effetto di un incidente in presenza dei depositi di cloro della Caffaro, si può prefigurare una scenario da rilascio tossico. Ma il Ministero avrà competenza solo dopo l’eventuale delibera della Regione, quando cioè dovrà rilasciare l’autorizzazione integrata ambientale.
LA PROCEDURA Al di là dei dubbi sui passaggi del Via relativi alle centraline dell’Arpa e alla relazione dell’Azienda sanitaria della Bassa friulana il fronte del ”no” solleva un’altra questione non formale ma di opportunità. Non sarebbe stato il caso che la Regione, una volta ricevuta la richiesta della Cementi Nord-Est, richiedesse al proponente di presentare più ipotesi di progetto prendendo in considerazione anche altre aree nel Friuli Venezia Giulia?
Come dire, se è legittimo recepire la richiesta di un imprenditore che vuole costruire sul territorio, sarebbe stato opportuno, come avviene in altri paesi europei, e in alcuni casi isolati anche in Italia, mettere a confronto diverse opzioni ciascuna delle quali da sottoporre alla commissione di Valutazione di impatto ambientale.
LO SPEZZETTAMENTO I Verdi insistono su un altro elemento poco chiaro della procedura e accusano la Regione, assieme ai Comitati, di avere fatto artificiosamente uno spezzatino del piano complessivo di realizzazione del cementificio per eleudere appunto una valutazione complessiva dell’operazione. «Negli ultimi anni c’è stata una proliferazione di cave - spiega il consigliere regionale Alessandro Metz -. Si va da quella sita nelle Valli del Natisone, all’ampliamento di quella di Devetaki nel Vallone di Gorizia, da quella di Raveo a quella di Caneva in assenza della pianificazione regolata dal Prae (Piano regionale di attività estrattiva). Quindi da una parte manca il Prae e dall’altro si assiste a un’accelerazione dell’attività dei ”cavatori” evidentemente finalizzata alla fornitura di materia prima per la produzione del mega-impianto di Torviscosa. Anzi in particolare sull’autorizzazione all’ampliamento della cava Val Longa nel comune di Caneva c’è la documentazione esplicita della Regione che quell’insediamento è subordinato alla realizzazione dell’impianto di Torviscosa. Noi sosteniamo che la valutazione di impatto ambientale deve riguardare anche la cava di Caneva e che essendo questa vincolata a Torviscosa non si tratta di due progetti distinti. Quindi serve una valutazione complessiva da parte della commissione Via».
IL PROGRAMMA Le «zone d’ombra» tecniche e la conseguente bagarre politica all’interno della maggioranza sul cementificio di Torviscosa è solo l’ultima tappa di una frizione mai risolta dentro Intesa sulle grandi opere infrastrutturali (elettrodotti, Tav, autostrade). Il problema sollevato dalla sinistra radicale, ma non solo, riguarda più il metodo che il merito. «Una parte centrale del programma di Intesa - dicono Verdi, Rifondazione e Comunisti - prevedeva sulle opere, una profonda valutazione tecnico-scientifica dell’impatto e soprattutto la condivisione delle decisioni con il territorio e le amministrazioni locali. Anche la vicenda Torviscosa dimostra che il decisionismo è controproducente perché poi, come dimostrano altri casi in Italia, le infrastrutture non vengono realizzate».

Ciro Esposito

 

 

CEMENTIFICIO - Travanut: non voterò contro la coalizione  - Pronta la mozione della sinistra. La Zorzini: chiediamo lo stop all’impianto

 

Dibattito nella maggioranza in vista del Consiglio straordinario di mercoledì. Il diessino: io determinante? Troveremo una soluzione

I Comunisti: «La Regione deve puntare di più sulla qualità della vita e sulla sostenibilità. Martedì i capigruppo cercheranno un’intesa»

TRIESTE «Si impegnano presidente e giunta regionale a esprimere parere contrario al cementificio di Torviscosa». Bruna Zorzini lo ha scritto e il resto della sinistra radicale lo sottoscriverà, a meno di sorprese, martedì alla vigilia dell’aula. Sarà la parte finale di un documento con cui Pdci, Rc e Verdi rischiano di sottrarre a Intesa i loro voti e di farla così scendere pericolosamente attorno a quota 30, lì dove potrebbe essere determinante, eventualmente, il voto di Mauro Travanut.
Ma il capogruppo diessino non alimenta sospetti: «La coalizione è più importante del singolo». Il testo della Zorzini, quello che la sinistra dovrebbe condividere respingendo il documento del centro di Intesa – alla cui stesura iniziale provvederà Gianni Pecol Cominotto –, è definitivo. «Verdi e Rc sono d’accordo – spiega la consigliere del Pdci –. La richiesta sarà senza “se” e senza “ma”: la giunta deve dire di “no” al cementificio». La premessa dell’ordine del giorno della sinistra riassume tutta la vicenda. Ricorda i numeri del progetto della società Cementi Nord-Est: 140.000 metri quadrati di superficie, quattro anni di lavoro per un costo di 90 milioni di euro, 120 nuovi posti di lavoro, tra interni e indotto. Nel documento predisposto dalla sinistra ci sono poi considerazioni economiche per una Regione «che deve puntare di più sulla qualità» senza dimenticare l’ambiente. «Va considerata prioritaria una politica di sostegno e di programmazione dello sviluppo fortemente correlata alla sostenibilità ambientale – si legge –, alla qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo, alla salute dei cittadini e alla sicurezza dei lavoratori. La tutela e la valorizzazione dell'ambiente possono diventare il motore di una nuova idea di sviluppo che abbia come punto di riferimento la salvaguardia del territorio, essendo in grado anche di creare nuova occupazione nel campo della promozione, della manutenzione e della riqualificazione ambientale». Quindi si entra nel merito. E, prima di impegnare Riccardo Illy e la sua giunta alla contrarietà al cementificio, si ricorda che «le audizioni avvenute in quarta commissione consiliare hanno evidenziato la quasi corale contrarietà delle associazioni ambientaliste e dei comuni della Bassa friulana». E ancora che l’Arpa «ha fotografato delle criticità, dove le prescrizioni da rispettare in un contesto di sovrapposizione di opere ad alto impatto ambientale, assommate ad autorevoli perplessità su passaggi procedurali decisivi per il sì, nella Commissione regionale Via, imporrebbero approfondimenti ulteriori». Né si dimentica che «il Piano regolatore vigente di Torviscosa per la zona industriale dove dovrebbe essere realizzato il cementificio dispone che vi si possono insediare solo le industrie provviste della valutazione igienico-sanitaria favorevole da parte dell’Azienda sanitaria e che sono comunque vietati insediamenti di attività industriali classificate di prima classe quale risulta il cementificio». A questo testo, a meno di un accordo martedì prossimo tra i capigruppo, il centrosinistra dovrebbe aggiungere quello siglato da Ds-Dl e Cittadini, su cui lavora l’assessore al Personale Pecol Cominotto. «O si trova un documento che possa tenere assieme il centrosinistra – dice però il verde Alessandro Metz – oppure saremo divisi. Ma è evidente che la nostra richiesta alla giunta non potrà che essere quella di un secco parere di contrarietà». Intesa rischia davvero di andare sotto? E il voto di Travanut potrebbe essere decisivo? E’ il diretto interessato a chiarire sin d’ora la sua posizione. «E’ il dilemma tra convinzione e responsabilità – premette il capogruppo diessino –. Io sono convinto che il cementificio non va fatto ma non è detto che quella verità debba essere considerata superiore alle verità di chi fa parte della mia compagine politica. Insomma, non cambio idea e difenderò quello che penso. Ma la dimensione in cui mi trovo è più ampia e ne devo tenere conto». «Quando mi sono messo in lista con Intesa – prosegue Travanut – ero animato dalla dimensione della pluralità che vale più della singolarità e le cose non sono oggi cambiate. In ogni caso non credo che il mio voto sarà determinante, riusciremo a trovare una mediazione prima della conta».
Marco Ballico

 

 

Muggia, i Ds: l’ambiente è una priorità  - La Quercia chiede di inserire i temi del risparmio energetico nel nuovo piano regolatore

 

Fedele Valentich: «Al termine dei dieci anni in cui ha amministrato la Casa delle Libertà ci ha lasciato una carriola al posto di una Ferrari»

Tomini: «Il centrodestra ha lasciato i problemi irrisolti»

MUGGIA Maggiore attenzione per le politiche del risparmio energetico. La chiedono, in un documento preparato e da consegnare al Comune, i Ds di Muggia che sollecitano a tenere in considerazione l’argomento nella futura elaborazione del nuovo piano regolatore.
Traendo spunto dal recente disegno di legge regionale, la Quercia propone che venga dato spazio ai temi del risparmio energetico anche nell’adeguamento degli strumenti urbanistici, ispirandosi ad analoghe regole adottate da tempo a Bolzano. Ad esempio, suggeriscono i diessini, promulgando norme di bioedilizia, con incentivi ai proprietari privati. Ma anche, in generale, promuovendo campagne di sensibilizzazione della cittadinanza su temi ambientali, quali raccolta differenziata e riutilizzo dei rifiuti.
E il segretario e consigliere comunale del partito, Fulvio Tomini, torna sulle critiche sollevate dall’opposizione centrodestra ad un anno dall’avvio della giunta Nesladek. E dice: «Il centrodestra sostiene di aver lasciato alla giunta Nesladek una Ferrari? Purtroppo, però, era diretta verso un burrone, con i freni rotti e senza i soldi per ripararli. Chi ci ha preceduto ha lasciato tanti problemi irrisolti, come “Acquario”, i parcheggi a pagamento in centro, i progetti di cementificazione sulla costa, le periferie abbandonate».
Tomini ricorda invece che la nuova giunta ha elaborato un progetto complessivo di sviluppo della città, per dare a Muggia un turismo sostenibile e farne la sede di importanti enti internazionali. «Per il problema Acquario ora s’intravede finalmente un’ipotesi di recupero. È avviato il bypass di Aquilinia che risolverà il problema del traffico riqualificando il borgo e rilanciandone le attività commerciali. È stata ridata centralità e dignità a Muggia».
Sulla stessa linea Fedele Valentich, della segreteria diessina: «Non c’è serietà da parte delle opposizioni. Non sono propositivi. E dopo dieci anni, più che una Ferrari, hanno consegnato una carriola. Finora si è lavorato per rimediare ai loro errori».
Intanto anche a Muggia si pongono le basi per il Partito democratico, e sono già stati avviati colloqui con la sezione locale della Margherita.
s.re.

 

 
La riserva Wwf di Miramare celebra i suoi primi 20 anni
 
TRIESTE Il Wwf dedica la giornata di oggi alle Oasi, con l’apertura di 100 aree, su un totale di 130, al pubblico. In occasione del ventennale della Riserva di Miramare, i festeggiamenti sono stati inseriti in Fest. Il percorso multimediale allestito nella sala Leonardo del palazzo Gopcevich ripercorre i vent'anni dall'istituzione della riserva attraverso i media che ne hanno raccontato la storia, ma non solo. Foto, film, articoli e racconti in una mostra antologica dedicata al mare. Oggi dalle 10 alle 15, nella riserva è previsto «Giocando con il mare», lettura animata di racconti e storie sul mare della durata di un’ora. Dalle 11 alle 16, «Tra cielo e mare»: un percorso ludico-creativo alla scoperta di storie raccontate dalla spiaggia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 19 maggio 2007

 

 

CEMENTIFICIO - LA «VIA»? SCORRETTA

 

Il richiamo al rispetto delle leggi, rivolto su Il Piccolo del 18 maggio da parte del presidente degli industriali Valduga, riferito alla questione cementificio di Torviscosa, è perfettamente condivisibile e, in uno stato di diritto, perfino ovvio.È però proprio l'analisi concreta dei fatti, sia relativamente alla questione del cementificio, ma anche ad altre grandi questioni ambientali regionali, a non convincere gran parte della pubblica opinione sul meticoloso rispetto di leggi e procedimenti.
Tanto per cominciare, l'affermazione che il cementificio rappresenta un valore aggiunto in quanto garantisce la bonifica dei siti inquinati è di per sé del tutto fuorviante: per le norme vigenti sia statali che comunitarie infatti il sito inquinato (di interesse nazionale) deve in ogni caso essere assolutamente bonificato secondo il principio stabilito e ormai consolidato del "chi inquina paga" e quindi a spese dei responsabili delle avvenute contaminazioni dei terreni e delle acque.
La questione tanto contestata della Valutazione di Impatto Ambientale merita invece qualche richiamo ai principi sanciti per quel procedimento. Una corretta applicazione delle normative in materia prevede infatti che si debbano sottoporre a rigorose analisi, e quindi porre a confronto fra loro, come minimo due ipotesi alternative delle opere proposte, oltre alla cosiddetta ipotesi zero, stabilendo alla fine dell'intero procedimento pubblico e trasparente, quale sia la soluzione vincente in base alla valutazione comparata delle diverse ipotesi progettuali poste a confronto.
E' invece prassi costante, per tutti i casi di opere fin qui emersi su scala regionale, di sottoporre a procedura di VIA una sola proposta progettuale, rispetto alla quale allora per l'Autorità si pone l'unico problema di una bocciatura, ovvero di un'approvazione magari con eventuali prescrizioni correttive, tese a mitigare aspetti negativi di impatto sull'ambiente e sulla salute umana. Insomma, anche nel caso del cementificio di Torviscosa la corretta applicazione delle norme in fatto di VIA è stata disattesa se non altro per la carenza delle analisi e non aver esaminato alcuna altra ipotesi di raffronto.
Altra fondamentale questione sollevata dal Presidente degli industriali è la sollecitazione rivolta al Governo regionale di decidere in base all'interesse superiore, nella fattispecie evidentemente quello della produzione, dichiarato preminente rispetto alle esigenze di tutela ambientale e alle rimostranze delle popolazioni locali.
Anche rispetto a questo tipo di considerazioni vengono fortunatamente in soccorso principi giuridici sanciti ai più alti livelli quali i trattati Comunitari e la stessa Costituzione della Repubblica Italiana. Tutta la recente giurisprudenza, pur nel continuo tentativo di bilanciare interessi talvolta contrapposti, afferma la preminenza del diritto ad un ambiente equilibrato e alla salute dei cittadini e dunque che la tutela dell'ambiente è un valore collettivo inalienabile.
Del resto, la stessa procedura di VIA riconosce la possibilità di approvare un progetto anche di fronte ad una valutazione parzialmente negativa solamente nel caso che l'opera in questione sia di preminente interesse pubblico e che la sua necessità sia tale da rendere inevitabile la compressione di una parte del diritto alla tutela ambientale.
Ma pare del tutto improponibile che, ad esempio, un cementificio possa essere dichiarato essenziale e indispensabile opera pubblica, quanto invece si configura più correttamente come opera di evidente interesse privato, nel qual caso una Valutazione di impatto ambientale anche solo parzialmente negativa non è emendabile con prescrizioni autoritative. Né potrebbe reggere il ragionamento che con il cemento ivi prodotto si costruiranno strutture e infrastrutture di interesse pubblico poiché in tal caso, per estensione, non esisterebbe in Italia una sola impresa privata produttrice di beni o servizi.
La sollecitazione al rispetto delle leggi potrebbe continuare a lungo su una serie molto complessa e variegata di norme ambientali, generali e di settore, ma almeno altri due riferimenti paiono quanto mai attuali.
Il primo riguarda la ormai inarrestabile serie di sollevazioni popolari che rende evidente l'impossibilità di agire in modo così pesante sul territorio senza coinvolgere e soprattutto convincere i diversi portatori di interesse, dai casi delle casse di espansione sul Tagliamento, ai dragaggi della Laguna, alle cave di Raveo, ai diversi elettrodotti, all'autostrada carnica, alla TAV, ai rigassificatori, per finire col cementificio. Ebbene, in tutti questi casi si sarebbe dovuto rispettare e sollecitamente applicare la Direttiva europea 35 del 2003, tesa a soddisfare gli obblighi derivanti dalla Convenzione di Arhus, che impongono il coinvolgimento delle popolazioni locali nel processo decisionale in materia ambientale.
Il secondo punto si riferisce a un indirizzo contenuto nel sesto Programma d'azione dell'Unione Europea per il 2001-2010, che invita decisamente ad utilizzare gli strumenti dell'Accordo volontario e dell'accordo negoziato fra Pubblica amministrazione e Impresa quali nuovi mezzi per raggiungere concordemente gli obiettivi di uno sviluppo ecosostenibile. L'inserimento di tale punto qualificante nel programma dell'attuale Giunta regionale aveva alimentato speranze sulla possibilità di contribuire alla costruzione di una nuova stagione basata sulla cooperazione anziché sul conflitto sociale, ma evidentemente a tuttoggi con inesistenti risultati pratici.
Franco Musi - ex direttore regionale Parchi e foreste

 

 

Cementificio in un’area di rischio tossico  - Ulteriori dubbi sull’impianto del gruppo Grigolin legati alla direttiva Seveso. In caso di sì regionale la pratica andrà a Roma

 

Segnalazione dei Vigili del fuoco: la Via ha fissato le prescrizioni. Metz: non bastano

TRIESTE Spunta una terza «zona d’ombra» nel parere favorevole al progetto del cementificio di Torviscosa espresso dalla commissione di Valutazione di impatto ambientale. Oltre ai dubbi dell’Avvocatura della Regione sulla non idoneità delle centraline dell’Arpa a rilevare l’impatto inquinante sull’ecosistema e sulla relazione dell’Azienda sanitaria sull’emissione nell’atmosfera, emergono perplessità sulla valutazione del rischio industriale. Si tratta dell’applicazione della direttiva europea recepita dal decreto legislativo 59/2005 denominata «direttiva Seveso». Una direttiva che viene applicata a quelle aree dove la concentrazione di grandi impianti industriali possono provocare, in caso di guasti o incidenti, uno scenario da rilascio tossico. E nell’area di Torviscosa il problema sono le vasche di cloro della Caffaro. Problema che è stato analizzato dalla Via e che in ultima analisi dovrà ottenere dal Ministero l’Aia (autorizzazione integrata amibientale) solo dopo l’eventuale delibera della giunta.
LA RELAZIONE DEL VIA «Quella di Torviscosa è considerata area ad alto rischio - spiega il consigliere regionale dei Verdi Alessandro Metz - perché si potrebbe verificare, in caso di incidente, un effetto domino che potrebbe avere effetti devastanti per la presenza dei depositi di cloro della Caffaro. Il problema è stato valutato solo nella parte finale del verbale del Via del 28 marzo. Certo la questione viene rimandata a una delle tante prescrizioni ma credo che un nodo così delicato andava affrontato in modo meno superficiale. Non escludo quindi che anche a livello ministeriale l’autorizzazione Aia, una procedura che per prassi è quasi automatica, possa non essere così scontata vista la complessità della vicenda». Ma come si è espressa la commissione regionale? «Gli stabilimenti limitrofi (al futuro cementificio ndr) - si legge nel verbale - sono stati esaminati dal comitato tecnico dei Vigili del fuoco che ha evidenziato il rischio di fuoriuscita di cloro presente negli stabilimenti della Caffaro. Il progettato cementificio - aveva sottolineato l’ingegner Barbara Ladini - è a questi adiacente e perciò rientra nell’area di rischio di tali stabilimenti: ciò non costituisce una preclusione all’attuazione del progetto ma si deve tener conto di questo quando saranno redatti i piani di sicurezza dell’impianto in esame».
LE PRESCRIZIONI E in effetti il Via interviene con le prescrizioni all’azienda proponente. Nel documento della commissione si legge che prima dell’inizio dei lavori di costruzione dovrà essere predisposto «un piano per la gestione degli incidenti e dei malfunzionamenti» mentre durante la fase di esercizio «in relazione al fatto che parte dell’area ricade all’interno delle aree di danno relative allo scenario di rilascio tossico (cloro e biossido di zolfo) con effetto irreversibile il progetto dovrà ottenere la concessione edilizia previo parere tecnico dell’Autorità competente». Una misura che quanti sono contrari alla costruzione dell’impianto ritengono insufficiente e che potrebbe non scongiurare una violazione della direttiva.
GLI ALTRI NODI Intanto la Regione è in attesa di ricevere l’interpretazione autentica del parere formulato dall’Azienda sanitaria il 20 dicembre. Il documento, nel quale si evidenzia le preoccupazione per i già numerosi sforamenti di Pm10 nella zona, è favorevole o sfavorevole alla realizzazione dell’impianto? Lo stesso problema di interpretazione riguarda l’approfondimento sul testo del Via datato 5 marzo 2007 che spiega come le centraline dell’Arpa non siano idonee a misuare i dati di inquinamento su ecosistema e vegetazione.
L’INTERROGAZIONE Un altro nodo riguarda il fatto che Verdi e i comitati sostengono che il cementificio fa parte di un piano unico del Gruppo Grigolin con l’apertura anche della cava di Raveo e l’apliamento di quella di Caneva. Quindi lo «spezzatino» di quel piano rischia di eludere una valutazione complessiva. E proprio il verde Alessandro Metz ha presentato un’interrogazione con la quale chiede a Riccardo Illy chiarimenti «sull’ampliamento della cava Val Longa in comune di Caneva il cui inizio dei lavori - secondo la Commissione Via - dovrà essere subordinato all’entrata in funzione della cementeria di Torviscosa». Il documento, ricorda l’interrogazione, è datato 10 maggio, mentre la Cementi Nord-Est ha presentato la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale per un nuovo impianto di produzione di cliker solo il 18 maggio. I Verdi chiedono che vengano portati a conoscenza del Consiglio «i criteri adottati dal Via nell’esprimere parer favorevole alla coltivazione della Cava di Caneva facendo preciso riferimento a un impianto, quello di Torviscosa, all’epoca inesistente e non prevista dal documeno ufficiale depositato alla direzione centrale dell’Ambiente». I Verdi chiedono infine «perché gli Uffici regionali non abbiano considerato l’eventualità di unificare i progetti con una formula di procedura Via integrata visto che le due attività, la cava di Caneva e il cementificio di Torviscosa sono collegate».

Ciro Esposito

 

 

Rigassificatore, sì ma a Fianona - Il premier Sanader cambia l’originaria idea e esclude la scelta di Veglia

 

Il premier croato pensa all’utilità di un approvvigionamento alle centrali elettriche e alle industrie locali

FIUME Anche se nulla appare deciso sulla dislocazione del futuro terminal Lng (Liquefied natural gas), un nuovo sviluppo è emerso dalla seduta congiunta dei governi croato e ungherese svoltasi a Zagabria. Si è trattato del secondo appuntamento del genere dopo quello del gennaio 2006 a Budapest.
Al termine della riunione una inattesa dichiarazione del premier Sanader sembrerebbe aver fatto pendere i favori del pronostico per una collocazione del terminal (rigassificatore più impianti di stoccaggio) nel canale di Fianona anziché nei pressi di Castelmuschio (Omisalj) sull’isola di Veglia.
La presa di posizione di Sanader – che però, come ha sottolineato, non può essere definitiva prima di avere sentito il parere dei tecnici – ha suscitato non poco stupore. Non più di qualche settimana addietro, a un convegno di operatori del settore ad Abbazia, la collocazione del terminal Lng sull’isola di Veglia (Krk) aveva avuto unanime assenso, anche da parte di esperti internazionali, che avevano indicato appunto Castelmuschio come scelta ottimale.
Intrattenendosi con i giornalisti al termine della seduta congiunta dei governi croato e magiaro, Sanader ha invece parlato di Fianona come «possibile ubicazione preferenziale». Il premier ha argomentato il suo giudizio richiamandosi alla presenza a Fianona delle due termocentrali a carbone, che potrebbero così essere convertite a gas, e alla «buona predisposizione» delle autorità regionali istriane nei riguardi del terminal, disposte ad accoglierlo sul territorio di loro competenza senza riserve di natura ambientalistica. Alternando un colpo al cerchio e un altro alla botte, comunque, Sanader ha poi anche aggiunto che, in ogni caso, la parola definitiva sull’ubicazione del terminal spetta ai tecnici.
Senza contraddire apertamente il collega croato, invece, il premier ungherese Ferenc Gyurcsany ha fatto intendere fra le righe che per Budapest la scelta di Castelmuschio sarebbe preferibile.
Il suo governo – ha dichiarato – sarebbe vivamente interessato allo stoccaggio del gas naturale a Veglia, dove verrebbe scaricato dalle metaniere in arrivo dall’area caspico-caucasica, dal Qatar e altre zone estrattive. Il trasporto sulla verticale da Castelmuschio fino al territorio magiaro sarebbe più semplice, diretto e meno costoso.
Trasporto che richiederebbe comunque l’apprestamento di un gasdotto di allacciamento di circa 340 km: opera che offrirebbe alle utenze ungheresi una fonte di alimentazione alternativa e di non dipendere esclusivamente dalle forniture russe.
Tornando però a quanto dichiarato da Sanader, la sua uscita appare più che altro un tentativo di scatenare una gara a chi offre di più fra le due regioni contermini, la Contea d’Istria e quella Litoraneo-montana che fa capo a Fiume, entrambe allettate dalla prospettiva dei benefici diretti o indiretti che il terminal Lng potrebbe arrecare. Ipotesi avvalorata peraltro dal fatto che anche nelle vicinanze del capoluogo quarnerino (e certo non lontana da Veglia) c’è una termocentrale a gasolio, che sarebbe opportuno convertire a metano. Senza contare una serie di altre industrie.
La dichiarazione di Sanader appare pertanto esclusivamente mirata a innescare una competizione con la quale spuntare dalle autorità locali le condizioni migliori e soprattutto indurle a ignorare le contestazioni ecologiste.
f.r.

 

 

Il governo sloveno vuole il terminal gas come alternativa al nucleare di Krsko - Nonostante la contrarietà del sindaco Popovic e del Consiglio comunale di Capodistria

 

TRIESTE Mentre nel Friuli Venezia Giulia la costruzione di un rigassificatore nel Golfo di Trieste sta attraversando una fase di empasse, nella vicina Capodistria qualcosa si sta muovendo. Se da una parte infatti (come peraltro accade anche in Italia) il Comune della cittadina rivierasca, con in testa il sindaco Popovic, è contrario all’impianto, il governo sloveno fa intravvedere qualche segnale di apertura. Pur restando attento a non creare un conflitto istituzionale con l’amministrazione territoriale. «La costruzione di un impianto di rigassificazione - spiega in una dichiarazione il ministero dell’Economia di Lubiana - non è un progetto del governo. Si tratta di iniziative private cui il governo è tenuto a prestare attenzione. Questo non implica il sostegno. Anche la concreta iniziativa della società Suez Group è stata degnata di attenzione un anno fa. Riteniamo che un terminal sulla costa slovena assicurerebbe una nuova via di trasporto del gas nel nostro paese e garantirebbe un maggior numero di fornitori di gas naturale».
Intanto affiorano alcuni nuovi dettagli sul possibile progetto di un’iniziativa franco-tedesca. Esponenti della Tge di Bonn il cui 25% è detenuto dalla Suez group hanno avuto nei mesi scorsi colloqui informali con il ministro dell’Economia Andrej Vizjak e con quello dell’ambiente Podobnik. La proposta ventilata - del valore stimato di un miliardo di euro - riguarderebbe l’abbinamento di un impianto di rigassificazione con una centrale elettrogena a gas da 200 Mw, la cui dispersione di calore verrebbe sfruttata per il processo di rigassificazione evitando in tal modo di utilizzare l’acqua marina e gli inconvenienti inquinanti da ciò derivanti.
Il ministero dell’ambiente e il sindaco di Capodistria finora si sono comunque limitati a negare l’avvenuto inizio di qualsiasi procedimento formale. Non è tuttavia stata mai nascosta la necessità di diversificare e incrementare gli approvigionamenti di gas (ora prevalentemente fornito da Russia e Algeria) anche per scongiurare l’ipotesi di un raddoppio dell’impianto nucleare di Krsko.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 18 maggio 2007

 

 

Moretton: sì al cementificio solo se è in regola  - «Non c’è ancora una delibera perché siamo in attesa di chiarimenti. I tempi? Quelli necessari»

 

Il vicepresidente della Regione interviene sul caso Torviscosa: «Dovremo discutere sul modello di sviluppo. C’è chi vuole solo insediamenti senza emissioni»

TRIESTE Afferma che «la delibera ancora non c’è». Ma assicura che il cementificio di Torviscosa si farà «solo se sarà conforme, in tutti i suoi aspetti, alle normative». Al contempo, ricorda che la posta in gioco va al di là di quell’impianto di clinker e cemento che tormenta Intesa democratica, perché il rischio vero è mettere in discussione tutti gli insediamenti che rilasciano emissioni. Gianfranco Moretton, il vicepresidente della Regione, interviene sul dossier cementificio, di cui è titolare. Lo fa a pochi giorni da un passaggio cruciale per la maggioranza: il confronto in aula.
Vicepresidente, domani si riunisce la giunta. Conferma che la delibera sul cementificio non è all’ordine del giorno?
Non c’è ancora alcuna delibera pronta. Perché, come è noto, siamo in attesa di ulteriori chiarimenti e assicurazioni da parte degli organi competenti.
L’Arpa e l’Azienda sanitaria. Sì.
Quanto tempo ci vorrà per chiarimenti e assicurazioni?
Il tempo necessario perché i pareri siano esaustivi e la valutazione degli organi tecnici approfondita.
La decisione della giunta, quindi, sarà determinata dai risultati delle verifiche tecniche? Ovvero, se l’Ass o l’Arpa esprimeranno pareri negativi, voterete contro il cementificio?
Ritengo che la giunta si esprimerà a favore solo se tutto sarà conforme alle normative in tutti gli aspetti.
Quindi, allo stato attuale, i dubbi tecnici ci sono.
Dopo le preoccupazioni emerse, preoccupazioni legate ai livelli di emissione in atmosfera che il cementificio potrebbe generare, è doveroso attenersi alle disposizioni in materia. Ed è per questo che spetta agli organi competenti dare risposte sicure.
Le critiche e le polemiche sull’iter autorizzativo sin qui seguito si sprecano. Lei, da assessore competente, si sente tranquillo?
L’iter è stato complesso e ha richiesto molti approfondimenti. Le valutazioni della commissione Via sono state attente e il percorso è stato totalmente codificato.
Durante le audizioni, l’esperto del Wwf ha denunciato «interferenze politiche» sulla commissione. E il collega del Cai «singolari coincidenze», come il trasferimento di Dario Predonzan e la seduta rinviata per assenza di numero legale.
Ho già fornito tutte le risposte in commissione di Via. E quelle risposte, che mi sembravano aver soddisfatto chi me le poneva, risultano chiaramente a verbale.
C’è chi afferma che lei voleva sin dall’inizio che il cementificio si facesse.
Questo insediamento e altri insediamenti che attendono ancora la valutazione d’impatto ambientale sono, a mio avviso, una valida opportunità di sviluppo. E gli operatori chiedono di insediarsi nelle zone urbanistiche vocate ad accogliere attività produttive.
Quindi è favorevole al cementificio?
Confermo di essere a favore degli insediamenti, nel rispetto delle normative sulla tutela della salute presente e futura dei cittadini, ma senza strumentalizzazioni di sorta.
Il «caso cementificio», al di là della decisione finale, le insegna qualcosa?
Credo che sarà necessario discutere se l’attuale pianificazione territoriale è ancora confacente oppure no alle azioni di sviluppo del nostro territorio.
In che senso?
Qualcuno, a volte, ritiene di accettare lo sviluppo solo se legato a determinate attività economiche, diciamo così «leggere», tali cioé da non rilasciare emissioni in atmosfera.
Durante l’incontro dei capigruppo di maggioranza, ipotizzando dissidi sul cementificio, c’è chi ha detto che lei e Riccardo Illy non vi parlate più.
Ci siamo sempre parlati. L’abbiamo fatto ancor di più sulle scelte di politica industriale del Friuli Venezia Giulia e continuiamo a farlo.
Politicamente, Intesa democratica rischia molto sul cementificio. I capigruppo chiedono a Illy una parola chiara. Se non arriva, come si evitano rotture in consiglio regionale?
In consiglio regionale, mercoledì, ci sarà una discussione su una questione che attiene al possibile sviluppo economico del territorio, sviluppo che sia ecosostenibile e che non faccia perdere opportunità sul piano occupazionale. Eppoi, ci sarà anche il completamento di un dibattito già iniziato con le audizioni in commissione che ritengo abbiano fornito ai consiglieri tutte le conoscenze e le informazioni necessarie.
Ma come finirà?
Ritengo che Intesa democratica possa presentarsi con una posizione che la veda sufficientemente coesa e le consenta di approfondire speditamente l’azione di governo.

Roberta Giani

 

 
La sinistra radicale: se Illy tace votiamo contro l’impianto Ora Intesa teme di finire sotto
 
TRIESTE «La maggioranza che cade sul cementificio? Non credo in un regalo di Natale fuori stagione...». Se il dono insperato arriva, sia chiaro, non intende rifiutarlo. Ma Luca Ciriani, il capogruppo di An, non ci fa troppo affidamento. Eppure, a pochi giorni dal confronto in aula sul cementificio, quello che l’opposizione ha preteso, la maggioranza sfoglia il pallottoliere. E non si tranquillizza, nemmeno un po’: Intesa ha 35 voti su 60, giacché Alessandro Tesini si astiene per prassi, mentre l’opposizione ne ha 24. Un margine amplissimo sulla carta.
Ma che succede se Riccardo Illy, il presidente cui i capigruppo hanno lanciato un accorato appello, non risponde in tempo? Rifondazione, Verdi e Pdci rispondono sin d’ora che presenteranno un ordine del giorno invitando la giunta a bloccare il cementificio: Bruna Zorzini un canovaccio l’ha già buttato giù. «Ci sentiremo in queste ore, come sinistra alternativa, o forse ci vedremo, ma sicuramente non staremo zitti. Non abbiamo nessun interesse a sfasciare la maggioranza e crediamo assurdo che questo avvenga su un fatto contingente. Ma ribadiamo che nessuno può chiederci di adottare uno sciopero del pensiero o un silenzio-stampa in aula» spiega Igor Kocijancic. Sandro Metz si spinge oltre e presenta sin d’ora interrogazioni sulle «interferenze politiche» più congeniali a un consigliere d’opposizione.
Di sicuro, se la sinistra radicale si stacca, Intesa rimane con 30 voti. Ancora sufficienti - giacché, per approvare mozioni e ordini del giorno, basta la maggioranza dei presenti - ma nient’affatto rassicuranti. Il centrodestra potrebbe decidere di «sostenere» Rifondazione, Verdi e Pdci: «Se un ordine del giorno è condivisibile, perché mai non dovremmo votarlo? Non abbiamo preconcetti sul cementificio ma riteniamo che il metodo adottato sia allucinante e le anomalie molteplici» afferma, ancora, Ciriani. Andasse così, a quel punto, sempre sulla carta, Intesa avrebbe 30 voti e l’inedito fronte sinistra antagonista-opposizione 29. Ma che farebbe a quel punto, ad esempio, Mauro Travanut? Assicurerebbe il voto decisivo alla maggioranza «ufficiale» che potrebbe presentare un ordine del giorno in cui vincola i destini del cementificio ai pareri tecnici? O lo darebbe alla sinistra radicale, nemica come lui di quell’impianto, al prezzo di innescare una crisi imprevedibile? Domande, tante domande che il silenzio di via Carducci alimenta. Ma, mentre più d’uno ricorda che le assenze «innanzitutto tra i banchi dell’opposizione» possono rivelarsi decisive, Intesa deve cercare le risposte: «I numeri dicono che la maggioranza rischia. Ed è per questo che insistiamo: il presidente si esprima, entro martedì, ha tutte le carte per farlo» insiste Kocijancic. L’ultimo a voler fare un regalo di Natale in piena estate.
r.g.

 

 
Metz interroga sul trasferimento di Predonzan
 
TRIESTE Il verde Alessandro Metz presenta due interrogazioni alla giunta legate al parere favorevole della commissione di valutazione d'impatto ambientale al cementificio. La prima fa riferimento alle dichiarazioni di Fabio Gemiti, membro della commissione, «che - riferisce Metz - ha espresso pesanti dubbi su quanto è accaduto per far sì che un chiaro no all'impianto sia diventato un inspiegabile sì». Pertanto Metz chiede alla giunta di verificare la correttezza di tutti i passaggi eseguiti nella procedura di Via. La seconda interrogazione riguarda invece le dichiarazioni di Dario Predonzan, dipendente regionale trasferito dall’ufficio Via dove prestava servizio dal 1998. Metz chiede «quali siano le reali motivazioni alla base del provvedimento».

 

 
CEMENTIFICIO: Valduga: la giunta non deve farsi condizionare  - «Rispettare le leggi, ma non si può dire no solo perché i comitati vanno in piazza»
 
Per il presidente degli industriali il progetto può dare un futuro alla zona della Bassa perché «si accompagna alla bonifica»
Il leader di Confindustria: «Su Torviscosa c’è stata una confusione di ruoli. Elettrodotti e rigassificatori rappresentano scelte di interesse generale»
UDINE «Le richieste, pure legittime, le sensibilità, le paure del territorio sono una cosa, le regole un’altra. E se le regole sono rispettate, un amministratore pubblico non può dire di no a una richiesta di insediamento solo perché i comitati vanno in piazza». Adalberto Valduga non ha dubbi. La giunta regionale, nel rispetto delle leggi, «ha il diritto-dovere di decidere» sul cementificio di Torviscosa. Un caso, quello che riguarda l’impianto della Bassa friulana, che il presidente degli industriali regionali considera «enfatizzato» e che, soprattutto, «ha visto una confusione di ruoli».
RUOLI Leggi e regolamenti «devono garantire cittadini e imprese». E spetta all’amministratore pubblico «darne una corretta applicazione». Altra cosa è la politica, «che ha invece il compito di rappresentare istanze e orientamenti delle diverse componenti della società civile e, democraticamente, di sostenerle nei luoghi a questo deputati, in cui i cittadini hanno nominato i propri rappresentanti». Questo «a tutela di tutti: della gente e delle imprese».
LEGGI La premessa serve a dire che sulla questione cementificio «la giunta regionale deve a mio avviso attenersi a regolamenti e leggi vigenti e non può essere condizionata da nessuno, compresi i comitati. Se le decisioni vengono assunte sull’onda delle emozioni senza passare attraverso una necessaria funzione legislativa, la scorciatoia mi sembra pericolosa». Nel caso specifico, prosegue Valduga, «c’è stata confusione di ruoli e non si è chiarita sufficientemente la diversità tra il momento amministrativo, delegato all’applicazione delle leggi, e quello politico che deve interpretare istanze e sensibilità dando comunque sempre, preventivamente, un’informazione chiara e mai demagogica».
BONIFICA Ineccepibile il comportamento di Riccardo Illy? «Il presidente della giunta guida un’amministrazione pubblica che deve attenersi a leggi e regolamenti. Torviscosa, certo, rappresenta un punto critico dal lato ambientale per la presenza da molti decenni dell’industria chimica di base – dice ancora il presidente di Confindustria Fvg – ma è un’area che va riutilizzata a fini industriali per lo sviluppo del territorio e in particolare della Bassa. E il fatto che il progetto del cementificio si accompagni a una prospettiva di bonifica è evidentemente un valore aggiunto».
INSEDIAMENTO Il cementificio, dunque, va fatto? «Per dare una risposta sarebbe necessario approfondire i diversi aspetti tecnici non sono in grado di farlo – spiega Valduga – ma, senza quindi entrare nel merito tecnico, mi sembra comunque che il progetto, se compatibile da un punto di vista ambientale, possa dare futuro a un’area che ha bisogno di trovare rapidamente una sua collocazione industriale».
AMBIENTE Che pensa il presidente degli industriali della politica ambientale della Regione? «Quello del cementificio mi sembra essere il primo caso fortemente controverso. Nessun dubbio, per esempio, che elettrodotti e rigassificatori rappresentino scelte di interesse generale prevalente su quello particolare. È però necessaria maggiore chiarezza tra le diverse competenze a livello nazionale, regionale e provinciale, sempre molto intersecate tra loro, che complicando non poco l’operare dell’impresa». Gli ambientalisti si oppongono sempre e comunque? «Mi sembra che le loro proteste in regione abbiano sempre evidenziato un equilibrio superiore a quanto accade altrove. Spero che le buone abitudini non vengano meno».
PRO E CONTRO Qualcuno ritiene che gli industriali abbiano il timore che l’eventuale «no» al cementificio sia il primo di una lunga serie di stop sull’ambiente. Valduga non è di questo avviso: «Ogni argomento va valutato secondo la sua specificità. Nessun impianto industriale può avere solo aspetti positivi ma, in ogni caso, le scelte vanno fatte. Pensiamo solo ai rigassificatori e al vantaggio competitivo certo che darebbero a questa regione». Anche il cementificio? «È un discorso diverso. Non c’è un interesse generale diretto ma un’azienda ha il diritto di insediarsi in un territorio se il suo progetto è compatibile con leggi e regolamenti in essere».
Marco Ballico

 

 
Capodistria: no ai rigassificatori  - Quasi all’unanimità il voto contrario del Consiglio comunale
 
Sessione straordinaria dell’assemblea cittadina sul tema degli impianti previsti anche nel golfo di Trieste
Il sindaco Popovic aveva più volte espresso la sua contrarietà alle iniziative per un terminal nelle acque portuali
CAPODISTRIA Il consiglio comunale di Capodistria è contrario alla costruzione di un impianto di rigassificazione nel porto di Capodistria e ribadisce il proprio deciso no anche ai terminal rigassificatori a Zaule e nelle acque del golfo di Trieste.
Riuniti in sessione straordinaria, i consiglieri hanno ieri respinto praticamente all'unanimità l'idea di un terminal nell'area del porto, ed hanno confermato la loro posizione contraria anche nei confronti dei due progetti per i terminal oltre confine. Il comune di Capodistria, ovviamente, non ha alcuna competenza in materia, ma ha voluto esprimere con chiarezza la propria posizione, dopo che alcune settimane fa si era saputo dell'esistenza di un progetto per un rigassificatore da costruire nel porto. Il primo a parlarne era stato proprio il direttore della «Luka Koper» Robert Casar, che in un intervista aveva dichiarato che un progetto concreto non esiste ma che il terminal sarebbe un buon affare dal punto di vista economico. Pochi giorni più tardi, però, il quotidiano lubianese Dnevnik ha rivelato che il progetto esiste, ed è anche molto concreto. La società tedesca TGE Gas Engineering, parte della multinazionale francese Suez, ha confermato infatti l'intenzione di presentare al ministero sloveno per l'economia, entro la fine di giugno, la richiesta di poter costruire un terminal rigassificatore nel porto di Capodistria, e che il progetto, sul quale si lavora ormai da due anni, è praticamente pronto. L'impianto sarebbe tecnologicamente tra i più avanzati del mondo, e il valore dell'affare si aggirerebbe intorno a 1 miliardo di euro.
Per la rigassificazione, ossia per il riscaldamento del gas liquido, non verrebbe usato il calore del mare, bensì il calore prodotto da una centrale elettrica che sarebbe costruita anch'essa nell'area del porto di Capodistria.
L'idea è stata respinta dai capodistriani fin dall'inizio. La settimana scorsa, il sindaco della città Boris Popovic, era stato chiaro: «Fino a quando io sarò sindaco, qui non ci sarà un terminal rigassificatore». Nel corso della stessa conferenza stampa erano intervenuti anche i sindaci di Muggia e di Pinguente, che a loro volta hanno ribadito l'importanza di una politica coordinata tra Italia, Slovenia e Croazia, quando si tratta di impianti energetici nelle aree di confine, con un forte impatto ambientale.
Ieri il consiglio comunale di Capodistria ha confermato la posizione del sindaco. Anche se tutti si sono detti contrari al rigassificatore, la seduta è stata comunque caratterizzata da forti polemiche, in quanto Popovic ha nuovamente approfittato dell'argomento in questione per attaccare i suoi principali oppositori, i socialdemocratici, e in particolare l'ex sindaco Aurelio Juri. La sinistra oggi si dice contraria ai rigassificatori, ma nel 1996 – così Popovic – lo stesso Juri caldeggiava la costruzione di un terminal gas nell'area di Bertocchi.
Per la presidente della Comunità locale di Bertocchi di quel periodo, Marija Stajber, che si era opposta al progetto del terminal presentando un ricorso alla Corte costituzionale, Popovic ha proposto che venga proclamata cittadino onorario di Capodistria.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 17 maggio 2007

 

 

TORVISCOSA E LE SCELTE DIFFICILI  - IL MECCANISMO INCEPPATO

 

Non è detto che, se si fosse seguito il percorso più trasparente e partecipato sul quale ci si è avviati ora, non sarebbero sorte polemiche e contestazioni contro la volontà manifestata da Illy di autorizzare la costruzione di un cementificio a Torviscosa.Sicuramente però avrebbero avuto un seguito minore e dimensioni meno dure; non avrebbero messo a nudo le profonde divisioni interne alla maggioranza che governa la regione; non avrebbero marcato in modo così evidente la distanza che esiste fra chi decide e la gente. Probabilmente, inoltre, non avrebbero portato a mettere sotto accusa un metodo ed uno stile di governo che ha assunto l'efficienza come modello guida, un modello che ha prodotto anche risultati positivi. Probabilmente non avrebbe creato grosse difficoltà ai partiti, in particolare i Ds, nei rapporti con la propria base e nell'interpretarne gli umori. Probabilmente non avrebbe costretto a consumare risorse per cercare una onorevole via di uscita da una situazione che si poteva evitare, contenendo al minimo i danni di immagine, di consenso, di credibilità.
Il copione iniziale adottato nella vicenda cementificio è stato quello collaudato. Il presidente studia le carte, decide, comunica la decisione che non può che essere giusta perché maturata attraverso un procedimento razionale: i dati, le norme, le costruzioni degli scenari futuri. La razionalità del processo garantisce che la soluzione adottata è la migliore possibile, come prontamente attestano alcuni che si sono segnalati in passato per la tempestiva adesione alle scelte più criticate del governatore. Purtroppo il meccanismo si è inceppato. La gente e i sindaci (tutti meno due) della zona interessata hanno cominciato a protestare. Hanno motivato l'opposizione all'insediamento del cementificio, come si fa sempre in questi casi, contestando i risultati delle commissioni e degli esperti che dovevano valutare l'impatto dell'opera sull'ecosistema e sulla salute delle persone. In effetti i dati e le conclusioni che erano stati ritenuti sufficienti per approvarla alimentano e giustificano qualche dubbio. A protestare, poi, non erano solo quelli che per principio debbono opporsi a tutto, ma anche molta gente. La quale, in quella zona, costituisce anche uno dei più rilevanti bacini elettorali dei Ds. E l'esponente locale di maggior spicco, Mauro Travanut, che pure si era impegnato a fondo per sostenere un'altra decisione non molto popolare (la Tav), non poteva restare insensibile. Per la giunta regionale si poneva un problema affatto nuovo e da non ignorare: il malumore di una parte dei Ds, cioè dei più fedeli sostenitori di Illy.
Era del tutto evidente che qualcosa non aveva funzionato nel processo decisorio, sia sul piano politico che su quello tecnico. Per quanto riguarda il piano politico è già stato detto tanto (partecipazione, consenso, ascolto, ecc.). La novità è che, seppure in modo indiretto, si sta ammettendo che forse qualcosa non ha funzionato a livello di comunicazione e di raccordi interni alla struttura apicale della Regione. Dove, forse, si era anche sottovalutata la capacità di reazione della gente e dei partiti di opposizione e della maggioranza, e invece sopravvalutata la propria capacità di gestire situazioni complesse.
E così si è corso ai ripari, facendo a ritroso il percorso che dovrebbe portare ad assumere una decisione. Il Consiglio regionale ha ripreso il suo ruolo politico, di controllo sulla Giunta e di attenzione per le dinamiche sociali; il direttore generale convoca Azienda sanitaria e Arpa per avere chiarimenti; i capigruppo della maggioranza discutono gli indirizzi e le azioni di governo.
Al momento tutta questo dinamismo ha evidenziato un dato politico (le divisioni fra i partiti della maggioranza e all'interno dei partiti stessi) ed uno tecnico (la circolazione di informazioni carenti e l'uso di procedure lacunose).
Prima della seduta straordinaria del Consiglio regionale qualcosa succederà, per chiarire l'intera vicenda e per individuare responsabilità. Perché ieri i capigruppo della maggioranza hanno chiesto a Illy di pronunciarsi in modo netto e, soprattutto, perché Illy deve recuperare una immagine uscita ammaccata da questa vicenda.
Bruno Tellia

 

 

Mare pulito, bandiere blu a Grado e Lignano - È il 17° vessillo consecutivo conquistato dall’Isola d’oro. Soddisfatto il sindaco Marin

 

Verificati tutti i parametri, la Fondazione associata alle analoghe società dell’Unione europea conferma l’eccellenza fra le spiagge lagunari

GRADO Per il diciottesimo anno l’Isola del Sole può far sventolare sui pennoni della spiaggia principale e degli stabilimenti balneari della cosidetta «Costa Azzurra» e di Pineta, ma anche della città, la Bandiera blu d’Europa, il vessillo con il quale la Fee Italia certifica, o meno, la «qualità» ecologica delle principali località marine italiane.
Per decretare il merito alla Bandiera blu deve essere verificata una lunga serie di parametri: dalla purezza delle acque al rispetto delle caratteristiche ambientali fino a tutto ciò che viene attuato per la difesa dell’ambiente.
Inoltre viene tenuto conto dell’arredo urbano, delle strutture balneari e ricettive e dell’impianto di depurazione.
Ed è indubbiamente proprio la già iniziata trasformazione dell’attuale impianto di depurazione di Grado, che ha una capienza per 80.000 persone, da chimico-fisico a biologico per rispettare le nuove normative europee (l’impianto attuale risale a 20 anni fa e la trasformazione viene a costare complessivamente circa 6 milioni di euro), che ha consentito di migliorare i parametri già più che buoni fatti registrare fino all’anno scorso anno.
Oltre a questo aspetto c’è un incremento della raccolta differenziata dei rifiuti e c’è pure la nuova pista ciclabile del litorale (Fossalon-Punta Sdobba) che, sotto l’aspetto ambientale, ha portato qualche ulteriore punto a favore così come hanno contribuito l’aumento e la progettazione di ulteriori aree pedonali.
Fra l’altro c’è da dire che i dati inseriti negli appositi questionari vengono, dopo una prima verifica fatta dai responsabili della Fee (Foundation for enviromental education), verificati con visite sul posto da parte delle autorità e dei tecnici preposti (quelli delle acque di balneazione raccolti e analizzati dalle Ass finiscono poi fra i dati ufficiali dei ministeri competenti).
«È il risultato del lavoro e degli sforzi di questi anni che viene premiato – afferma il sindaco di Grado Roberto Marin – con l’aggiunta della qualità dell’offerta turistica e dell’accoglienza che da noi sono elevate. Spero che tutti questi sforzi non vengano vanificati. Spero proprio che questa non sia l’ultima Bandiera Blu che Grado riceve».
Ovviamente soddisfatto anche il presidente della società d’area, la Git, che gestisce le strutture e la spiaggia. Mauro Bigot, da poco nominato, parla per la prima volta da presidente dell’ambito riconoscimento. Un attestato del quale i turisti, in particolar modo quelli austriaci e tedeschi, tengono sempre molto bene in considerazione.
«Chiaramente la mia - dice Bigot - è una grande soddisfazione e il compiacimento per noi tutti della Git, ma anche per le altre persone interessate. Tutti assieme siamo riusciti a migliorare ancora rispetto al passato: dalle acque di balneazione alle strutture».
Dunque diciottesima Bandiera Blu e per l’esattezza la diciassettesima consecutiva: è saltato solamente agli inizi, e unicamente per vizi burocratici, un solo anno tanto che Grado è considerata una delle veterane assieme a una località ligure.
Solo un paio di eccezioni in meno per Lignano. «Piena soddisfazione anche da parte mia – dice il presidente della Società d’Area Sergio Vacondio – perché si tratta del frutto del lavoro di tante persone. Un lavoro intenso che non ci è sempre stato riconosciuto. Questa assegnazione deve ad ogni modo essere di pungolo per continuare su questa strada che è quella giusta, quella di transito per altre ancora migliori».
Antonio Boemo

 

 

Cementificio, Intesa rischia di spaccarsi

 

I capigruppo: Illy tracci subito la rotta. Rc, Verdi, Pdci pronti a votare no

 In vista del dibattito consiliare la maggioranza chiede al presidente «un atto politico di chiarezza». Kocjiancic: altrimenti si va al disastro

TRIESTE «Riccardo Illy è il nostro nocchiero. E allora gli chiediamo di indicarci la rotta, entro martedì, per impedire che la barca di Intesa democratica navighi a vista e si infranga». Mauro Travanut, il capogruppo della Quercia, usa una metafora. Ma nessuno fraintende: il 23 maggio il cementificio di Torviscosa approda in aula, spintovi a forza da un’opposizione che cavalca le divisioni altrui. E i capigruppo di maggioranza, riunendosi all’ora di pranzo a Trieste, non nascondono che quel passaggio (tecnicamente irrilevante) è politicamente scabroso. Anzi, ammettono che Intesa rischia «il disastro politico» sull’impianto di clinker e calcestruzzo, se si presenta in aula «in ordine sparso», «senza numeri certi». Subito dopo, aggiungono che il presidente è il solo che può evitarlo, consentendo la ri-unificazione della coalizione e la presentazione di un ordine del giorno comune, pur in assenza di formale delibera di giunta. Come? Con un «atto politico», appunto.
E così, riconoscendo l’impossibilità di trovare sin d’ora una sintesi unitaria, i capigruppo di Intesa si aggiornano a martedì mattina: «Auspichiamo che, entro quella data, gli approfondimenti tecnici sul cementificio siano completati e la giunta esprima un orientamento» sintetizza Cristiano Degano, il capogruppo della Margherita. I colleghi della sinistra radicali, contrari all’impianto, concordano: «Confidiamo che il presidente dica una parola chiara. Una parola che non può che essere un no al cementificio» afferma Igor Kocijancic. «Sappiamo che la giunta ha difficoltà a esprimere una posizione. Ma speriamo la trovi entro il 23 perché, in caso contrario, non vedo come potremmo votare uniti in aula...» osserva Sandro Metz. «È importante che il presidente si esprima a fronte delle tante lacune ormai emerse» chiosa Bruna Zorzini. La sola che all’incontro si presenta già con una bozza di mozione «diventata il canovaccio» su cui Intesa cercherà la coesione.
All’incontro, cui non partecipa il capogruppo dei Cittadini Bruno Malattia, interviene Gianni Pecol Cominotto. L’«assessore delegato ai rapporti tra giunta e consiglio» ascolta, prende nota, si impegna a trasmettere la richiesta al presidente, ma non si sbilancia. Semmai, e con forza, ricorda che «la scelta sul cementificio non è discrezionale» ma tecnica: «L’amministrazione, a fronte di un procedimento innescato dalla domanda di un imprenditore per la realizzazione di un insediamento, deve rispettare le leggi. E quindi, se quell’insediamento risulta conforme a regole e prescrizioni rispettate sul piano procedimentale e sostanziale, l’amministrazione non può che rilasciare un parere favorevole. Ovvero, in caso contrario, a negarlo».
Ma tempi tecnici e tempi politici sono compatibili? Pecol non si sbilancia, dice solo che quel procedimento è in dirittura, mentre in via Carducci affermano che gli approndimenti sulla delibera, e in primo luogo le interpretazioni autentiche dei pareri di Ass e Arpa, potrebbero richiedere un paio di settimane. In questo caso, però, Illy - un Illy deciso ad attendere l’esito dell’istruttoria tecnica e legale - può (e vuole) «accontentare» la sua maggioranza? I capigruppo ritengono di sì, invitandolo durante la riunione «a parlarsi e chiarirsi con Gianfranco Moretton», e gli ricordano sin d’ora la posta in gioco. «Premesso che nessuno voterà mai un ordine del giorno del centrodestra, ciascuno di noi sarà libero di esprimersi, a parole e con ordini del giorno, se Illy non favorirà una posizione unitaria. Ma a quel punto, ad esempio, come potremmo impedire al centrodestra di votare con noi?» avverte Metz. Zorzini concorda: «Sarebbe durissima per la coalizione, perché andremmo a contarci e dividerci in aula, a un anno dal voto. Noi, Verdi, Rifondazione e Travanut saremmo contro il cementificio. Ds, Margherita e Cittadini chissà..». Kocijancic sintetizza: «Sarebbe un disastro politico». Ma Travanut dispensa ottimismo: «Illy si è fidato, forse è stato consigliato male, ma adesso ha tutte le carte. Le legga, senta i tecnici, ascolti l’Avvocatura, e si esprima. Se dirà che è tutto a posto, siccome è il leader e di lui mi fido, voterò come mi dice. Ma non ci lasci senza guida».

Roberta Giani

 

 
CEMENTIFICIO -  «Dicevo no, trasferito per motivi inspiegabili»  - Predonzan: pressioni politiche? Il governatore mi ha attaccato per il mio ruolo nel Wwf
 
Parla uno dei membri della Commissione sull’impianto di Torviscosa: distaccato dall’Ufficio Via alla direzione generale
«Mi hanno spostato da un lavoro che sapevo fare a uno che non so fare... Chiare le accuse di Gemiti: ma non ci sono prove, e forse non ci saranno mai»
TRIESTE «Il mio è un trasferimento strano. Mi hanno spostato da un lavoro che sapevo fare a uno che non so fare...». Nella vicenda cementificio Dario Predonzan sa di essere «un piccolo caso». E, come Fabio Gemiti, uno dei componenti la commissione di Via, non fatica a raccontare «i pesanti dubbi su quanto è accaduto per far sì che un chiaro "no" all’impianto di Torviscosa sia diventato un inspiegabile via libera». Predonzan, dipendente regionale e responsabile del settore territorio del Wwf del Friuli Venezia Giulia, ha firmato la prima istruttoria del servizio Via, quella nettamente sfavorevole al progetto. Ma non ha potuto firmare la seconda, perché distaccato dal servizio Via alla direzione generale.
Predonzan, partiamo dall’inizio. Ci ricostruisce le tappe del suo trasferimento?
La prima è quella del dicembre scorso, quando la direzione del Personale mi ha avvisato dell’avvio della procedura di trasferimento.
Si è opposto?
Sì, ma senza soddisfazione. Ho chiesto in particolare spiegazioni, senza averle, al direttore centrale del Personale Roberto Conte. E ho cercato, senza ottenerlo, un incontro con il direttore generale Andrea Viero.
Che cosa è successo dopo?
Il 7 febbraio, lo stesso giorno in cui si doveva riunire la commissione Via poi saltata per mancanza del numero legale, il trasferimento si è trasformato in un distacco temporaneo. Infine venerdì scorso, quando sono scaduti i tre mesi previsti di distacco, ecco il trasferimento definitivo.
Perché pensa l’abbiano trasferita?
Nessuna risposta chiara. Mi è stato detto inizialmente che era intenzione spostarmi all’ufficio Agenda 21, e poi, anche se solo verbalmente, che era necessità della direzione generale contare su di me per una specie di ricerca sugli indicatori ambientali.
E perché non è convinto?
Perché ho immediatamente segnalato che di indicatori ambientali non so nulla mentre, al contrario, so fare le istruttorie di valutazione di impatto ambientale. Non a caso, dal 1998, lavoravo al servizio Via. Ora sono completamente fuori ruolo.
La prima istruttoria sul cementificio l’ha vista protagonista. In che modo?
L’ho stesa assieme a una collega, Barbara Ladini. Le tre firme erano le nostre due e quella del direttore del servizio.
Un’istruttoria con 12 “no” su 15 parametri presi in esame. Valutazione sua?
E’ stata una valutazione realizzata assieme alla collega. Abbiamo lavorato a quattro mani, condividendo anche le conclusioni.
Inspiegabile dunque che quei “no” si siano trasformati in “sì”?
Certo. Basta confrontare la nostra relazione con quella poi servita per la commissione Via del 28 marzo per rendersi conto che non c’è un percorso logico che conduce a una seconda istruttoria che non ha una conclusione positiva ma si limita a un rinvio alle decisioni della commissione. Si è accantonato il nostro lavoro senza che fossero emersi fatti nuovi.
L’accusa di un membro di commissione Via, Gemiti, è pesante: ci sarebbero state interferenze politiche perché, alla fine, ci fosse il via libera al progetto. Condivide le parole del suo collega del Wwf?
Lui, dall’interno, sa come si sono svolte le cose. Per quel che mi riguarda invece, il 7 febbraio, per mancanza del numero legale, la riunione è slittata e non ho potuto parteciparvi. Ma quello che dice Gemiti è molto chiaro.
Ha sospetti precisi?
Non ci sono prove, forse non ci saranno mai. Ricordo solo un’intervista su un giornale friulano, che risale a poche settimane prima dell’avvio del procedimento di trasferimento, in cui il presidente della Regione mi attaccava per il ruolo che ho nel Wwf.
Alla fine pensa che il cementificio si farà?

Spero di no. Sarebbe un grave atto di prevaricazione nei confronti delle ragioni ambientali espresse nell’istruttoria del servizio Via. Mi auguro che la giunta regionale capisca che in un caso del genere non si può decidere contro il buon senso.
Marco Ballico

 

 
CEMENTIFICIO - La Uil: Regione imprudente, serve concertazione- Il segretario Visentini bacchetta l’amministrazione e ribadisce il no all’impianto contestato
 
TRIESTE «Le modalità che la Regione ha adottato per confrontarsi sui progetti dei rigassificatori a Trieste e del cementificio a Torviscosa sono risultate quantomeno imprudenti e a tratti autoreferenziali». Il segretario regionale della Uil Luca Visentini, in una nota, bacchetta l’amministrazione. «Meglio sarebbe stato - aggiunge - che si procedesse fin da subito all’attivazione di opportune sedi di concertazione e partecipazione, finalizzate a un approfondimento delle varie opzioni in campo».
Non manca un richiamo al presidente Riccardo Illy e alla sua giunta: «Trincerarsi dietro un freddo e formale richiamo alle procedure di legge non basta. A un’istituzione elettiva qual'è la Regione si richiede di indicare ai cittadini la strategia di politica economica e ambientale che intende perseguire».
Nella nota, il segretario della Uil precisa tuttavia che i due progetti «non hanno nulla a che fare l'uno con l'altro. Di cementifici, in Friuli Venezia Giulia, ne sono già molti e non ci sembra che la costruzione di un nuovo impianto possa offrire vantaggi sufficienti a compensare eventuali danni all’ambiente e alla qualità della vita. Viceversa - conclude Visentini - la costruzione di un rigassificatore nel golfo di Trieste comporterebbe grandi vantaggi sia per l'ambiente che per lo sviluppo industriale e occupazionale».

 

 
CEMENTIFICIO - La Cdl: «Pretendiamo che la verità emerga»
 
TRIESTE I capigruppo del centrodestra si ritroveranno con ogni probabilità lunedì e decideranno la strategia per la seduta del 23 maggio che dibatterà la loro mozione sul cementificio. Ma, sin d’ora, attaccano: «Riccardo Illy, sempre più, vorrebbe cancellare le certezze espresse pochi giorni fa sull’impianto», dice Isidoro Gottardo. E Roberto Molinaro: «L’operazione trasparenza in commissione ha costretto la maggioranza ad approfondire una situazione giuridica tutt’altro che chiara». Non fanno scommesse, i capigruppo di Fi e Ud, su come andrà a finire in aula. «A noi interessa la verità», dice Molinaro. «E non accetteremo che si discuta del niente. Intesa dovrà venire allo scoperto» chiosa Gottardo.
m.b.

 

 
La «Scomoda verità» detta da Al Gore sullo schermo del Cinema Ariston - Domani alle 21.30
 
TRIESTE Anteprima cinematografica d'eccezione domani sera a Fest: alle 21.30, al Cinema Ariston, verrà proiettato (con ingresso libero) «An inconvenient truth» (Una scomoda verità), il film-documentario interpretato dall'ex presidente americano Al Gore e dedicato alla «bomba a orologeria» del riscaldamento climatico globale.
Diretto da Davis Guggenheim, il film ha vinto due Oscar. La proiezione, organizzata dalla Cappella Underground, sarà introdotta e commentata da Filippo Giorgi, responsabile per la Fisica del clima del Centro di fisica teorica di Miramare.
Oggi, alle 17.30, al Cinema Fellini, film-documentario su «Ludwig Boltzmann: il genio del disordine», dedicato al grande fisico austriaco, «padre» della termodinamica, morto suicida a Duino nel 1906. Realizzato da Enrico Agapito con la consulenza scientifica di Giuseppe Mussardo della Sissa, il film verrà presentato dal giornalista scientifico Pietro Greco.
«Spaceman», ovvero la vita nello spazio vista dal National Geographic Channel, verrà proiettato venerdì, alle 19.30, al Teatro Miela, introdotto da Margherita Hack.

 

 

Rozzol: 121 tonnellate di rifiuti con la raccolta differenziata

 

Anche l’anno scorso la sperimentazione ha dato buoni risultati. Pronto a partire il piano provinciale in tutti i rioni

Dopo la positiva sperimentazione della campagna di raccolta differenziata di rifiuti nel rione di Rozzol Melara, ora si discuterà se poter estendere l’iniziativa anche agli altri rioni cittadini. La proposta sarà discussa questa mattina dalla Terza Commissione consiliare del Comune, per poi giungere in consiglio comunale. A richiedere in tempi brevi di attuare il Piano rifiuti provinciale il consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi per la pace), che ha presentato in merito una mozione. La raccolta differenziata è diventata obbligatoria con l’entrata in vigore del decreto legislativo del 15 febbraio 1997 che, con un’aggiunta anche nel 2006, prevedeva di raggiungere il minimo di riciclo del 35% entro dal 2003, almeno il 35% entro il 2006, almeno il 45% entro il 2008 e almeno il 65% entro il 2012. A Trieste attualmente i rifiuti della raccolta differenziata sono circa il 18-19% del totale.
«Il 5 febbraio 2005 è stato approvato dal presidente della Regione il Programma provinciale di attuazione del Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani della provincia di Trieste – racconta Racovelli - il quale prevedeva come obiettivo al 30 giugno 2005 l’aumento della raccolta differenziata dal 13,3 % del 2001 al 24,4 %, l’avvio della raccolta del verde e dell’umido con un primo obiettivo di raccolta del 7,4 % , l’attivazione e rilancio del compostaggio domestico nei piccoli centri e nella periferia triestina – prosegue -. Con l’aumento del 28% il Comune copre l’intero costo del servizio rifiuti e quindi dispone di maggiori risorse per migliorare la raccolta differenziata e aumentare le risorse umane e tecnologiche disposte sul territorio per la pulizia delle strade ed aree pubbliche, rispetto quanto già previsto con il contratto vigente». «Il frutto del progetto sperimentale di Rozzol Melara, iniziato nel 2005 e realizzato dal Consorzio Interland, sono stati comunicati dall’impresa in commissione consiliare con un’analisi positiva nel rapporto costi-benefici – precisa - lo stesso Consorzio ha raccolto 70 tonnellate di rifiuti differenziati nel 2005 e 121 nel 2006, raggiungendo la quota del 35% di differenziata (come prevede il Decreto), rispetto alla media di raccolta degli altri quartieri cittadini (che si stima attorno al 19%) – conclude - il citato progetto può essere propedeutico ad attivare metodologie innovative per la raccolta differenziata, tenuto conto della necessità di attuare il Piano Rifiuti Provinciale». Secondo il consigliere dei Verdi sarebbe utile non solo avviare la campagna di raccolta differenziata, ma attuare un ampio coinvolgimento dei cittadini, come fatto proprio dalla Interland a Rozzol Melara, con discussioni e incontri con la gente, per affrontare le problematiche legate al riciclo. La raccolta differenziata in Italia è sotto quota 25%, a comunicarlo l’Apat, l’agenzia Protezione ambiente e Servizi tecnici. Sempre secondo l’agenzia il Friuli Venezia Giulia (30,4%) occupa il settimo posto in Italia mentre il primo posto va al Veneto (47,7%).
m.b.

 

 
Servola, proteste per un’altra antenna nel centro storico - Comparsa sul tetto di un condominio vicino a un impianto preesistente
 
«Non è che il finto camino riuscisse a migliorare l’impatto visito determinato dalla presenza dei tralicci. Ma è certo che senza quel camuffamento, la visione del centro storico dell’antico borgo servolano appare ulteriormente depauperata dalla nuova antenna».
Sull’argomento antenne esce allo scoperto Susanna Rivolti, capogruppo diessino nella settima circoscrizione, a denunciare la rilevante presenza dell’ennesima stazione radio base per la telefonia cellulare realizzata nel cuore di Servola. Un’antenna che, secondo la consigliera e numerosi residenti, appare piuttosto ingombrante sotto il profilo estetico in un rione che risulterebbe tutelato da un Piano particolareggiato istituito proprio per cercare di proteggere le caratteristiche architettoniche della località.
«La nuova stazione radio base – afferma la consigliera – è stata eretta sul tetto di un condominio di via di Servola, insieme a un impianto preesistente. A suo tempo il traliccio era stato mascherato da un camino posticcio. Ma recentemente la copertura è stata rimossa, e oggi l’ impianto svetta tra le casette di Servola. L’impatto, dal punto di vista visivo, è francamente pessimo, come diversi cittadini hanno avuto modo di segnalarmi». Secondo la Rivolti, dal 2001 a oggi sono giunte in via Paisiello almeno una sessantina di richieste di concessione edilizia per nuove stazioni radio base. «Riguardo alle antenne di via di Servola, - continua - alla mia richiesta di ripristinare il camuffamento, il direttore dell’Area pianificazione territoriale ha evidenziato come per gli impianti di consistenti dimensioni sia preferibile evitare tali espedienti. Devo dedurre – rincara la consigliera - che il Piano particolareggiato di Servola non serva a nulla, e che l’amministrazione comunale tuteli il territorio solo nel centro storico». «Mi sembra ragionevole supporre che l’orientamento del funzionario nel caso descritto sia rivolto al meglio – osserva l’assessore Maurizio Bucci. Se al finto camino si è preferito l’antenna vera e propria significa che in questo modo si è ritenuto di produrre un minore impatto».
m.l.

 

 
Sgonico, presentato il piano aree protette
 
Presentato ieri lo studio per la gestione delle aree protette nell’ambito della mattinata di lavoro nella sala del consiglio del Comune di Sgonico e organizzata nell'ambito del progetto Interreg Distretto del Carso - Kraški okraj. A fare gli onori di casa il sindaco Mirko Sardoc accompagnato dai colleghi Fulvia Premolin (sindaco di San Dorligo -Dolina), Giorgio Ret (sindaco di Duino Aurisina - Devin Nabrežina) e Marko Pisani (vicesindaco di Monrupino - Repentabor). Alla base dell'incontro la presentazione dello «Studio per la predisposizione di indirizzi di gestione delle aree protette relativo ai Comuni del Pic Interreg IIIA Italia-Slovenia 2000-2006 Progetto Distretto del carso». Studio svolto dagli esperti della Cooprogetti, coordinati dall' architetto Massimo Fadel, con l'intento di offrire uno strumento agli amministratori e privati cittadini che operano nelle aree soggette a tutela comunitaria (i cosiddetti Sic e Zps). Lo studio è ricco di infomazioni utili sulle normative vigenti (da quelle comunitarie a quelle nazionali e regionali) e sulla attuale configurazione dei siti tutelati (che in alcuni comuni coprono oltre l' 80% del territorio). È stata inoltre tracciata una mappatura delle infrastrutture e dei vincoli presenti, delle specie faunistiche e floristiche da tutelare, degli habitat di interesse prioritario.

 

 

Bonifiche, Muggia aiuta gli industriali - Accordi con l’Ezit e l’Area di ricerca. Impegno a mantenere il collegamento ferroviario in zona ex Aquila (ora Teseco)

 

L’assessore Bussani: «Faremo pressioni per sbloccare l’iter»

Avviata una serie di incontri con artigiani e imprenditori per risolvere i problemi del comparto

MUGGIA L’assessore allo Sviluppo economico, Edmondo Bussani, organizzerà degli incontri nelle aziende artigiane ed industriali che operano a Muggia, per parlare delle singole problematiche. Ma ci saranno anche ulteriori incontri collettivi, per affrontare volta per volta le varie tematiche di interesse per il comparto.
La decisione è maturata l’altra sera, al termine di un lungo colloquio avuto alla sala Millo tra il Comune, l’Ezit, l’Area di ricerca e molti rappresentanti di categoria o delle singole aziende artigiane e industrie che operano a Muggia. Incontro durante il quale sono state illustrate le prospettive di sviluppo in vista delle novità in merito alla viabilità (dal bypass alla bretella autostradale). Lo stesso bypass di Aquilinia è stato giudicato molto positivamente dai rappresentanti delle aziende e di categoria, presenti all’incontro. Ma gran parte del dibattito ha riguardato la situazione delle bonifiche del sito inquinato. «Si è parlato soprattutto di costi – così Bussani -. Ci sono vari problemi. In area Ezit le bonifiche sono a suo carico, ma fuori di quel perimetro, sono le aziende stesse a dover pagare. Ed è stato chiesto di tenere in considerazione questo problema».
«È nostra intenzione, comunque - continua Bussani -, portare avanti iniziative, in aggiunta alle istituzioni preposte, affinché si riesca a fare le giuste pressioni per sbloccare lo stallo sulle bonifiche». Riguardo ai trasporti locali, il Comune ha evidenziato l’importanza del mantenimento del collegamento ferroviario che entra in area ex Aquila (ora Teseco), che potrebbe rivestire maggior valenza anche in funzione di uno sviluppo portuale della zona.
«Siamo rimasti a lungo a parlare – così Bussani -, ma non siamo riusciti ad affrontare tutte le questioni. Per questo fisserò degli appuntamenti nelle singole aziende, per conoscere i loro problemi pratici e capire dove il Comune potrebbe intervenire. Ma ci saranno anche altre assemblee collettive, tematiche, così da poter approfondire meglio i problemi comuni».
Intanto il Comune si attiverà per avviare una serie di iniziative utili a sbloccare la situazione per quanto riguarda le bonifiche e in appoggio ad artigiani e industriali.
s. re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 16 maggio 2007

 

 

Antenne vietate su scuole e uffici pubblici  - Avviato l’iter del nuovo piano comunale sulla telefonia mobile: gestori possibilisti

 

Dopo la precedente bocciatura al Tar, la giunta approva il documento che fissa i parametri per l’installazione dei tralicci

Sulla delicata questione degli impianti di telefonia il Comune ci riprova. Nell’ultima seduta la giunta Dipiazza, su proposta dell’assessore all’Urbanistica Maurizio Bucci, ha approvato all’unanimità il Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti per la telefonia mobile. Norme tecniche di attuazione e allo stesso tempo indirizzi politici che, dopo il passaggio nelle sette circoscrizioni e in sesta commissione, per entrare in vigore dovrà essere approvato dal Consiglio comunale.
«Entro la fine del mese il Piano sarà presentato ufficialmente ai rappresentanti dei parlamentini rionali nella sede del Mib al Ferdinandeo», racconta Bucci. Non nascondendo il documento, ma aspettando la conclusione dell’iter prima di cantare vittoria. «Ricordo come la precedente delibera, dopo aver riscosso parere favorevole, venne bocciata dal Tar - dice l’assessore all’Urbanistica - da un ricorso presentato dai gestori di telefonia mobile...».
Quello delle antenne per la ricezione dei telefonini, insomma, è una questione molto delicata: da una parte i gestori, dall’altra i residenti e in mezzo le amministrazioni locali chiamate a rilasciare i permessi. Nel rispetto della leggi, nazionali e regionali, ma un domani anche delle norme tecniche di attuazione indicate proprio dal Comune. Un regolamento chiamato a tutelare la salute del cittadino dagli effetti dei campi elettromagnetici, allo stesso tempo salvaguardando i beni di interesse storico-culturale, paesaggistico e ambientale cercando di minimizzare l’impatto delle antenne sul territorio.
«Il Comune rinuncerà a posizionare antenne radiomobili sulle aree di sua proprietà», mette le mani avanti Bucci. Le aree incompatibili, recependo la legge regionale 28 del 2004, sono quelle degli asili nido, delle scuole di ogni ordine e grado, degli ospedali e strutture adibite alla degenza nonché quelle che ospitano attrezzature destinate all’assistenza di disabili, anziani e l’infanzia.
«Sarà inoltre rispettata la norma nazionale, più restrittiva di quella europea, che rispetto ai 50 microvolt per metro - spiega l’assessore all’Urbanistica - stabilisce le limitazioni dei valori di campo in 6 microvolt per metro. Una garanzia per la salute dei cittadini». All’interno del piano è riportata la mappatura delle antenne sull’intero territorio - «dove non è emerso, dopo i controlli dell’Arpa, alcun sforamento», dice Bucci - destinate a proliferare nei prossimi anni per supportare le nuove tecnologia.
Accanto alle aree incompatibili, le limitazioni riguarderanno anche i cimiteri, le chiese, le zone archeologiche e le zone di tutela ambientale individuate dal piano regolatore. «Rispetto al passato, dove le strutture erano molto invadenti, sarà calcolato anche l’impatto visivo in un contesto paesaggistico», ricorda Bucci. Spetterà alle commissioni competenti prescrivere azioni di mitigazione, fino al diniego dell’autorizzazione. «È un lavoro portato avanti da una commissione amplissima, incluso il rappresentante dei numerosi Comitati sorti in città per contrastare il proliferare delle antenne per telefonia mobile», dice Bucci non mancando di sottolineare come il Piano sia stato sottoscritto da tutti i componenti tranne l’astensione dei gestori.
Un parere favorevole incassato anche dal piano precedente, da parte delle sette circoscrizioni, che andranno presto ad analizzare tutte le disposizioni in materia. Senza una perimetrazione della città, salvo in un caso: il sito di Conconello-Monte Belvedere. Un’area che presenta già numerosi superamenti dei limiti di legge per la presenza di impianti di telecomunicazione. Fino alla rimozione delle antenne radio e tv, infatti, in quella zona non potrà essere rilasciata alcuna autorizzazione per l’installazione di impianti per la telefonia mobile.

Pietro Comelli

 

 
San Dorligo, l’opposizione sulla bocciatura del Corridoio 5: «Voto contro l’interesse di tutti» - La mozione dei consiglieri di Oltre il Polo
 
 «La maggioranza di centrosinistra del Comune di San Dorligo della Valle, bocciando la nostra mozione contro il Corridoio 5 in questo territorio, ha perso un’occasione, votando contro gli interessi della popolazione, che non vuole altri scempi di queste terre». I consiglieri di opposizione di centrodestra traggono amare considerazioni dall’esito della seduta consiliare di venerdì scorso, convocata su richiesta proprio della minoranza. Al voto una mozione dei consiglieri di «Oltre il Polo» (condivisa dai colleghi) per «negare qualsiasi opera – così nella mozione - che venisse intrapresa per la realizzazione dell’alta velocità che porterebbe alla devastazione dei nostri territori». E il dibattito è stato lungo (cinque ore) ed acceso. La maggioranza aveva presentato un emendamento in cui si toglieva la contrarietà e si chiedeva, invece, che il progetto fosse sottoposto, preliminarmente, all’attenzione della popolazione.
Emendamento respinto, e alla fine, mozione bocciata. In una conferenza stampa, ieri gli esponenti delle opposizioni hanno sottolineato: «L’argomento non è chiuso - così Giorgio Jercog, capogruppo di «Oltre il Polo» - Come poter pensare di avere vent’anni di cantieri e un’opera faraonica in un territorio già provato da insediamenti e superstrade?».
Il collega di «Rinnovamento di centro», Franco Majcen, ha aggiunto: «In aula ci sono state tensioni in maggioranza. Ma alla fine, i rappresentanti del Prc, votando assieme ai colleghi e bocciando la mozione, non hanno rispettato le idee del loro stesso partito, che pochi giorni fa a Bagnoli aveva organizzato un convegno per dire “no” al Corridoio 5 a San Dorligo». Dal capogruppo di «Uniti nelle tradizioni», Boris Gombac, una considerazione: «Davanti ad un’opinione pubblica molto sensibile su questo argomento, la maggioranza è in difficoltà. L’opposizione invece si è dimostrata compatta».
s.re.

 

 

Regione: cementificio, nuovi dati da Ass e Arpa - Chiesti ulteriori approfondimenti su tutela della salute e ambiente. Moretton: slitta la delibera

 

Vertice con il direttore generale Viero. La bozza del documento che dovrà approvare l’esecutivo attende ancora il via libera dei funzionari

TRIESTE La Regione convoca l’Azienda sanitaria della Bassa friulana e l’Arpa. E chiede nuovi chiarimenti sul cementificio di Torviscosa che, da settimane, agita sindaci, comitati, ambientalisti e Intesa democratica. I chiarimenti riguardano i pareri già forniti, ma a più voci contestati, sulle eventuali ricadute per l’ambiente e per la salute umana. E possono rivelarsi decisivi per i destini dell’impianto del gruppo Grigolin.
La giunta, dopo il parere favorevole ma consultivo della commissione sulla valutazione d’impatto ambientale, deve infatti dire sì o no all’impianto del gruppo Grigolin. Ma, prima di farlo, attende che la bozza di delibera - quella contro cui si è scagliato il diessino Mauro Travanut o, eventualmente, una riveduta e corretta - superi l’esame tecnico e poi legale. L’istruttoria, però, è tutt’altro che chiusa: lo testimoniano le richieste all’Arpa e all’Azienda sanitaria. Lo conferma il vicepresidente Gianfranco Moretton, spiegando in serata che la direzione centrale all’Ambiente ha chiesto ulteriori approfondimenti, e aggiungendo che «con ogni probabilità» la delibera non andrà in giunta venerdì.
I PRESENTI L’incontro che sancisce la necessità di nuove verifiche tecniche si tiene nella mattinata di ieri a Trieste. La Regione interviene con il direttore generale Andrea Viero, il segretario generale Vittorio Zollia e il direttore centrale ai Lavori pubblici Franco Scubogna; l’Ass della Bassa con il direttore generale Roberto Ferri e l’Arpa con un alto dirigente.
I PARERI Sotto la lente finiscono i pareri che l’Azienda sanitaria e l’Agenzia per l’ambiente hanno già formulato sul cementificio e che sono serviti alla commissione Via per esprimersi a favore, il 28 marzo, con 7 sì e 2 no (quelli degli ambientalisti). Ma, giacché quei pareri vengono letti in maniera opposta, e le audizioni presiedute da Uberto Fortuna Drossi ne hanno dato pubblica riprova, la Regione adesso ne chiede agli estensori l’interpretazione autentica.
L’ASS Nel caso dell’Azienda sanitaria, in particolare, l’interrogativo da sciogliere è apparentemente semplice: il parere di fine dicembre 2006, quello a firma di Carlo Piani e Clara Pinna, è favorevole o sfavorevole al cementificio? Sandro Metz, Mauro Travanut, molti sindaci e il comitato, da giorni, sottolineano che la relazione istruttoria del servizio Via registra testualmente un «parere sfavorevole». Eppure, aggiungono, la commissione dà alla fine parere favorevole: perché? Dario Gasparo, l’esperto del Cai, sollecita un chiarimento già il 28 marzo, come emerge a verbale. E, in risposta, una dei firmatari della relazione del servizio Via osserva che «l’Ass pone delle condizioni per cui il suo parere non può essere considerato in senso sfavorevole», se il servizio recepisce quelle condizioni nelle prescrizioni, come ha fatto.
L’ARPA Nel caso dell’Arpa, invece, i dubbi si concentrano sui dati raccolti da due centraline: dati che registrano uno sforamento dei parametri di legge non per la salute umana, ma per la protezione dell’ecosistema e della vegetazione. L’Agenzia, in un chiarimento successivo fornito alla commissione Via, evidenzia che quei dati non sono scientificamente validi, in quanto le centraline si trovano in una posizione che non rispetta il decreto ministeriale: sono cioé troppo vicine all’area del futuro cementificio. Ancora una volta, però, esplodono le contestazioni, le proteste, gli interrogativi: «Se i dati scientifici sono insufficienti, inconcludenti o incerti, perché non si ricorre al principio di precauzione?» sintetizza, per tutti, Metz. Si arriva a ieri quando la Regione, con i suoi uffici, decide di risolvere la «querelle». Chiedendo risposte univoche tanto all’Arpa quanto all’Ass.

Roberta Giani

 

 

La Cdl: due sindaci del sì collaborano con Moretton  - La replica: decisione del governo. Duz: nominato dopo che avevo dato l’ok al cementificio

 

Interrogazione di Lega e An sulla bonifica della laguna di Grado e Marano. Gottardo: il governatore ora darà la colpa al suo vice

TRIESTE La querelle sul cementificio amplia i suoi confini e approda in laguna. Un complicato intreccio che, leggendo tra le righe un’interrogazione presentata da Alessandra Guerra (Ln) e Adriano Ritossa (An), ha come protagonisti l’assessore Gianfranco Moretton e i sindaci di Torviscosa, Roberto Duz, e di San Giorgio di Nogaro, Pietro Del Frate. I due sindaci, infatti, unici a votare a favore del progetto del cementificio, sono anche componenti del gruppo di lavoro che affianca il Commissario, l’assessore Moretton (come deciso da un’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri), per procedere alle operazioni di bonifica che interessano la laguna di Grado e Marano. Il sindaco di Torviscosa è uno dei quattro soggetti attuatori (compenso mensile circa 2500 euro il mese) e quello di San Giorgio fa parte del comitato tecnico scientifico (circa 20 mila euro l’anno più rimborso spese). L’interrogazione chiede di sapere, dal presidente della giunta «se sia vero o meno che il Commissario della Laguna ha nominato un vicepresidente e se sì, chi sia e a quando risalga la nomina; a quanto ammontino gli eventuali emolumenti percepiti da Commissario e Vicecommissario della Laguna; se sia vera la notizia secondo la quale commissario e vice commissario avrebbero costituito una sorta di organismo interno di supporto, in caso affermativo, quando sia stato costituito, da chi sia composto e se siano previsti compensi per gli appartenenti a detto organismo». Il collegamento a Torviscosa è solo sullo sfondo dell’interrogazione, ma è chiaro che i consiglieri ipotizzino un presunto condizionamento dei sindaci, nel voto al progetto di Torviscosa, dovuto all'incarico a fianco del commissario.
Non raccoglie provocazioni Moretton che, con serenità si limita a confermare i compensi e aggiunge: «Non c’è alcun vicecommissario. Tutti i ruoli e i compensi, il mio è di 2800 euro il mese, sono pubblici visto che la mia nomina – così come avvenuto per quella di Ciani (ex assessore regionale di An, ndr) prima di me – è stata determinata con ordinanza del Presidente del Consiglio. Il sindaco di Torviscosa è uno dei quattro soggetti attuatori del progetto di bonifica, in quanto grande conoscitore delle complesse problematiche della laguna. Il sindaco di San Giorgio fa parte del comitato tecnico scientifico (formato da otto persone tra cui due rappresentanti degli enti locali ed esperti in materie ambientali). Ci sono inoltre consulenti del ministero». Non se la prende nemmeno più neanche il sindaco di Torviscosa che evidenzia come «ormai siamo in campagna elettorale. Quello che posso dire – spiega Duz - è che questa nomina è avvenuta ben dopo il parere sul cementificio, e all’epoca della decisione non era nemmeno in prospettiva un mio coinvolgimento nella commissione. Mi occupo dei problemi della laguna da sempre. Il nostro ruolo sarà ora quello di provvedere agli interventi urgenti di bonifica e poi di programmare quelli di mantenimento».
E sul cementificio di Torviscosa non molla la presa nemmeno Forza Italia. Isidoro Gottardo attacca Illy: «Non ci meraviglierebbe affatto vedere che tutte le responsabilità vengano scaricate sull'assessore all'ambiente, Moretton, e magari sull'Arpa. Che Illy voglia salvarsi sulla questione è evidente, ma che ora finga che il suo operato è stato fin qui dettato dal principio di cautela e pervaso da un sostanziale metodo democratico, è inaccettabile».
m.mi.

 

 
Travanut: «Inutili altri controlli Basta usare la logica» - Il capogruppo diesse replica
 
TRIESTE «Non capisco perché si affannano tanto. Perché rincorrono nuovi pareri o interpretazioni autentiche. C’è già tutto ed è tutto così logico». Mauro Travanut, il capogruppo della Quercia, non condivide il supplemento d’istruttoria che la Regione ha appena chiesto all’Arpa e all’Azienda sanitaria della Bassa. Lo giudica superfluo.
E lo dice apertamente come, da un mese in qua, contrasta apertamente il cementificio, denunciando anomalie e stranezze, checché ne dicano amici e avversari: «Basta applicare il primo principio di Aristotele, quello della non contraddizione che è uno dei pilastri della cultura occidentale, e la conclusione è inevitabile. L’impianto di Torviscosa non si può fare» afferma il diessino. Non temendo smentite, non più.
Prendiamo l’Arpa: «L’Agenzia per l’ambiente - afferma Travanut - dice che non ha i dati utili per l’ecosistema, che non può rilevarli, perché non ha le centraline adatte. E qual è la conclusione? Siccome i dati non esistono, il parere è positivo. Ma scherziamo? Ma come si fa? Ma come si può trasformare il ni-ente, che è niente, in ente?».
Prendiamo l’Ass della Bassa: «In quarta commissione - spiega il diessino - ne abbiamo chiesto l’audizione proprio per evitare che qualcuno si arrampicasse sugli specchi e dicesse che il parere è interpretabile. Non è così, e i verbali di quella seduta già trasmessi alla giunta lo testimoniano: l’Ass ha chiarito che quel parere è sfavorevole, e l’ha fatto con uno degli estensori».
La conclusione? «Se già io ho rilevato grossolane mancanze, non ho dubbi che l’integerrimo e capace Avvocato della Regione, cui spetta il parere legale sulla bozza di delibera, ne troverà ben altre. Basta aspettare: ormai tutti i reagenti sono nella pentola e la reazione che ne scaturirà è già definita per scienza».

 

 
Caso Torviscosa, aumenta il rischio di esposti e ricorsi
 

TRIESTE Anselmo Bertossi, il sindaco di Bagnaria Arsa, ha già preannunciato un ricorso automatico al Tar. Paolo De Toni, a nome del comitato «No al cementificio», ha rilanciato, minacciando anche l’esposto in Procura. La battaglia sul cementificio, tecnica per alcuni, politica per altri, rischia di diventare anche legale: ne è consapevole la giunta regionale cui spetta l’ultimo e decisivo parere. I pericoli potenziali, sulla carta, non arrivano solo dal fronte del «no»: «Chi può impedire che i proponenti del cementificio, a loro volta, impugnino la decisione?» fa notare un assessore.

 

 

Legge Carnia, contestazione a Illy e Marsilio. Oggi vertice di maggioranza

 

I capigruppo dei partiti di Intesa democratica si riuniscono per affrontare la questione Torviscosa nella seduta straordinaria del 23 maggio

TRIESTE Erano stati i primi a lanciare il sasso sottolineando in termini chiari il problema tecnico ma soprattutto quello politico. I Verdi, dopo aver annunciato l’uscita dalla maggioranza nel caso di autorizzazione alla costruzione del cementificio, hanno una posizione che raccoglie sempre più alleati. Anche perché con l’impegno dei Comitati dei cittadini la questione si fa ancor più delicata a poche settimane dalle amministrative. E proprio i comitati della Carnia contrari all’elettrodotto, ai quali si sono uniti gli anti-Tav e cementificio ieri hanno contestato (una ventina di persone) Riccardo Illy e Enzo Marsilio giunti a Tolmezzo per presentare il piano di sviluppo della Carnia.
Sul fronte politico dunque il fronte del no al cementificio non viene solo da Rifondazione comunista e dai Comunisti ma anche da parti di Ds e Margherita. Anche se i due partiti maggiori tentano di tenere le posizioni la sensazione è che, indipendemente dal parere della giunta, si aprirà un capitolo nuovo nella maggioranza. Maggioranza che oggi si ritrova per una riunione dei capigruppo. Sul tavolo anche la questione-cementificio e l’atteggiamento da tenere nel prossimo Consiglio straordinario del 23 maggio. «Ho chiesto che sull’argomento si facesse un vertice di maggioranza ma i partiti maggiori erano contrari - dice Bruna Zorzini Spetic dei Comunisti italiani -. Sarebbe necessaria invece una riflessione a tutto tondo su una questione di democrazia. Comunque presenterò ai capigruppo una mozione nella quale faccio un forte richiamo al programma di Intesa su sviluppo e ambiente. Nella mozione chiedo al presidente di non procedere alla deliberazione ma di approfondire prima tutti gli aspetti». «Illy è sempre stato pragmatico - spiega il Verde Alessandro Metz - ci auguriamo lo sia anche in questa circostanza. Le criticità sono emerse nelle due audizioni. Il tema centrale, oltre a quello dell’ambiente, è il metodo utilizzato per prendere le decisioni. Dobbiamo lavorare con il territorio e non contro. Se il cementificio passa sarà un problema di tutti. Ma anche se la giunta dice no sulla vicenda dovremo aprire una profonda riflessione politica». «In Consiglio - sottolinea Kristian Franzil di Rifondazione - è emersa l’inadeguatezza della procedura del Via e la necessità di ridare credibilità all’Arpa. L’unica soluzione è che la giunta voti contro e si riveda la richiesta e il progetto dell’impresa attraverso la modalità europea del Vas (valutazione ambientale strategica) che prevede l’analisi di parametri più complessi».

 

 

RIGASSIFICATORI I PERCHE’ DEL NO

 

Ogni volta che sembra avvicinarsi un'eventuale decisione, o comunque l'annuncio di un orientamento che possa anticiparla, esplode e risorge il dibattito sui rigassificatori: si torna a discuterne sugli aspetti tecnici, sulla necessità di una loro maggiore chiarezza, sui possibili effetti del raffreddamento del mare, sulle prospettive economiche, sulle conseguenze ambientali, sui rischi per la sicurezza della gente. Molte persone ai vertici d'importanti enti politici o di amministrazioni pubbliche hanno preso posizione a favore della realizzazione di un rigassificatore a Trieste e più in particolare di quello di Gas Natural a Muggia.

Lo hanno fatto affermando che l'interesse generale e cioè le necessità energetiche della città e del Paese devono prevalere. Il fronte dei favorevoli è capeggiato da Riccardo Illy con il suo decisionismo senza remore che suscita una forte opposizione interna ed esterna, così da rischiare di renderlo impopolare tanto da compromettere il risultato della sua ricandidatura a presidente della Regione. Lo segue a ruota il sindaco Dipiazza, che con il suo pragmatismo non vede che "casette" in Porto Vecchio e guarda con favore al rigassificatore della Gas Natural soprattutto come contropartita per disinquinare gratis l'area ex Esso e fare aumentare le ricadute economiche per il Comune.
Ma anche il presidente degli industriali Corrado Antonini e quello dell'Ezit Mauro Azzarita si sono espressi a favore: quest'ultimo, anzi, ha affermato di essere una persona cosciente e, come tale, di avere portato il Cda dell'Ezit all'Ok nella ferma convinzione che costruire l'impianto di Zaule sia necessario, a dispetto della protesta che monta da parte dei comitati e dei cittadini di Trieste, i quali, come al solito, protestano per qualsiasi cosa, perché nulla può, né deve esser fatto, "nel mio cortile". Ha chiuso la serie di queste prese di posizione in cerca di coinvolgere e trascinare il consenso dell'opinione pubblica, niente meno che il presidente del Consiglio Romano Prodi, il quale, appena arrivato a Trieste per partecipare al G8, ha dichiarato alle Tv e alla stampa: "Mi auguro che si faccia a Trieste il rigassificatore"!
Ebbene, noi ci auguriamo, invece, che di rigassificatori a Trieste non se ne facciano proprio e siamo anzi certi che non se ne faranno! Perché? Per le seguenti ragioni. Abbiamo detto fin dal primo momento che il problema non può essere visto solo da un punto di vista tecnico o di convenienza economica, ma che è la politica - una volta analizzati gli aspetti tecnici e i rischi collettivi - a dover avviare una fase di consultazione democratica, perché nessuno può avere il diritto di sostituirsi ai cittadini nel calare dall'alto la scelta e la decisione su una questione tanto importante da compromettere l'avvenire del nostro porto e del territorio, la sicurezza dell'ambiente e di centinaia di migliaia di persone, nonchè l'intera "strategia globale" per lo sviluppo e per il futuro della città.
Riteniamo di essere anche noi "persone coscienti" e ci chiediamo francamente come altre persone che si definiscono tali possano immaginare che un impianto come il rigassificatore progettato dalla Gas Natural, possa essere concepito ed insediato nel golfo di Trieste, ma ancor meno nel ristretto e piccolissimo golfo di Muggia! Il nostro parere, al contrario, è che qualsiasi "persona ragionevole" non dovrebbe avere nemmeno bisogno di attendere i vari pareri del Via, dell'Arpa, del governo e del ministero dell'Ambiente sull'impatto ambientale, perché la drammaticità dell'impatto ambientale è insito nel progetto stesso: per come è stato concepito e per dove vorrebbe essere insediato. Riteniamo, pertanto, che nessun ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, ma nemmeno alcun funzionario di quel ministero che sia dotato di un minimo di sensibilità, potrà concedere il nulla osta ad un disastro ambientale annunciato quale sarebbe il rigassificatore della Gas Natural nella baia di Muggia. Fra i 13 progetti di rigassificatori al vaglio del governo in tutta Italia (dei quali sarebbe opportuno conoscere l'iter e saperne qualcosa di più), questo è sicuramente il primo a dover essere escluso.
Ho avuto occasione di partecipare alla battaglia combattuta e vinta nel 1996, quando ero consigliere regionale, contro il progetto della Snam di costruire un terminal di Gnl nel golfo di Monfalcone. A seguito della diffusa contrarietà delle popolazioni costiere, il 29 settembre 1996, fu indetto un referendum popolare che, nonostante la potenza della Snam e i grandi mezzi di propaganda pubblicitaria messi in atto, sconfisse definitivamente l'attuazione del progetto con ben il 62,1% di voti contrari. Non si dica, quindi, che indire un referendum contro il progetto della Gas Natural non sarebbe oggi possibile, perché ciò è già stato fatto ed è quanto "democraticamente" sarebbe alla fine inevitabile, qualora fosse stato esaurito inutilmente ogni altro metodo atto a dar voce alla volontà popolare.
I responsabili di oggi si rileggano, in proposito, la relazione di Stefano Asquini agli atti del Convegno promosso dal Comune di Monfalcone il 20 giugno 1997 per non disperdere i risultati dell'esperienza compiuta con il precedente referendum popolare contro il progetto della Snam. I contenuti del dibattito sul tema "Decidere con la città: le opere d'interesse nazionale fra Authority e Partecipazione", rappresentano una "lezione", giuridica, politica, morale e filosofica, anche di alto livello internazionale, proprio sullo "sviluppo sostenibile" e le "nuove modalità di formazione delle decisioni che tengano conto del pubblico, anche in maniera indiretta, attraverso la partecipazione".
Non si dica, dunque, che il referendum è impossibile. Si dica, piuttosto, che sarebbe inutile farlo, giacché tutti sanno benissimo quale sarebbe l'enorme percentuale dei voti di contrarietà che dallo stato d'animo espresso dalla popolazione già si possono presumere. Non ci si azzardi, perciò, neanche a dire che "l'interesse generale deve sempre prevalere", perché quando "nel mio cortile" si viene a proporre progetti e insediamenti così assurdi e inaccettabili come quello della Gas Natural, il cittadino acquisisce non solo il diritto, ma il vero e proprio dovere di difendere il proprio futuro e quello delle future generazioni.
Concludo sottolineando, d'altronde, una consultazione democratica c'è già stata e coloro che sono stati eletti proprio per essere i rappresentanti della volontà popolare si sono già espressi all'unanimità contro qualsiasi progetto di rigassificatori nel golfo di Trieste: così hanno fatto i Consigli circoscrizionali della città, così ha fatto - con buona pace del Sindaco Dipiazza - il Consiglio Comunale di Trieste, così hanno fatto quello di San Dorligo ed ancor più quello di Muggia.
Dunque, tutti coloro che continuano ad affannarsi nell'esprimere un'opinione favorevole, dev'essere chiaro che stanno assumendo un atteggiamento anti democratico e ciò - verdi, ambientalisti, "rete dello sviluppo insostenibile" a parte - non potrebbe rimanere senza serie conseguenze, perché la gran parte della popolazione è contraria e anche chi, come me, ha sempre avuto posizioni politiche diverse, questa volta è con loro.
Gianfranco Gambassini - ex consigliere regionale Fvg
 

 
Clima, l’Ue: «L’Italia tagli il tetto delle emissioni» - Pecoraro Scanio: «L’avevo previsto». A New York vertice sull’effetto serra
 
Bruxelles ha chiesto al governo Prodi di ridurre del 6,3% le quote di anidride carbonica per rispettare il protocollo di Kyoto
Cosa bisognerà fare? Il ministro: «Il sacrificio maggiore spetta al settore del carbone che è quello che contribuisce di più alla produzione di Co2»
Nel quadro degli accordi di Kyoto, per combattere i mutamenti climatici, l’Italia, come gli altri parter dell’Unione europea, è tenuta a fissare un piano in cui viene stabilita la quantità di anidride carbonica che ogni industria potrà scaricare annualmente nell’atmosfera nel quinquennio 2008-2012, è obbligata a calcolare un tetto massimo nazionale e a presentare il tutto a Bruxelles.
Nell’ambito degli accordi di Kyoto, è previsto anche lo scambio di emissioni tra le varie industrie, vale a dire che se un’impresa non arriva a produrre la quantità di gas serra che le viene assegnata può vendere sul mercato la differenza. Si profila quindi un pesante costo aggiuntivo per il mondo produttivo italiano. Tenendo conto che ogni tonnellata di anidride carbonica ha sul mercato un prezzo di 20 euro, se le imprese del nostro paese vorranno comparare la differenza di 13,2 milioni di tonnellate l’anno che vi è tra quanto stabilito dal piano nazionale e quanto concesso dalla commissione dovranno sborsare nell’arco del quinquennio 2008-2012 un miliardo e 320 milioni di euro. Un aggravio che per molte piccole e medie aziende italiane può tradursi in una vera e propria stangata.
Oltre alla riduzione, la commissione chiede all’Italia anche «maggiore chiarezza sul trattamento che riserverà alle nuove industrie che entreranno nel sistema di scambio di emissioni» per le quali il governo aveva accantonato 16 milioni di tonnellate di emissioni l’anno all’interno del tetto nazionale di 209 milioni. L’esecutivo comunitario chiede inoltre al nostro paese di inserire nel piano anche le emissioni degli impianti di combustione, come hanno fatto tutti gli altri stati.
La sforbiciata al piano dell’Italia, che è stato il 21.Mo paese a presentarlo a Bruxelles, non è comunque un’accezione perché fino ad ora solo le proposte di Francia, Gran Bretagna e Slovenia sono passate indenni dall’esame dell’eurogoverno. Il piano delle emissioni nazionale è stato presentato a Bruxelles dopo un lungo braccio di ferro tra il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che giocava al ribasso, e quello dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani, che giocava al rialzo. La Commissione, autorizzando un quantitativo di emissioni di 195,8 milioni di tonnellate annue ha in pratica dato ragione a Pecoraro Scanio che aveva proposto una cifra molto vicina.
Nessuna sorpresa quindi per il ministro dell’Ambiente secondo cui il suo staff «aveva fatto una proposta coerente con l’indirizzo dato dall’Unione europea». «Non sono un veggente - ha detto Pecoraro Scanio - ma solo previdente».
«Cosa bisogna fare? - si è chiesto il ministro - Ridurre il piano, lavorare affinché altri settori come trasporti ed edilizia contribuiscano facendo così capire agli industriali che non si chiede solo a loro. E comunque ovvio - ha aggiunto il titolare dell’Ambiente - che bisogna chiedere che il sacrificio maggiore lo faccia il settore del carbone che è quello che contribuisce di più alla produzione di anidride carbonica ed è quello che ha i maggiori profitti ai costi più bassi».
Ha preso il via ieri, intanto, a New York un summit sui cambiamenti climatici, chaimato C40 Large Cities Climate Summit, che si propone di prendere iniziative concrete sulla base di una verità indiscutibile: sono le città, soprattutto le grandi metropoli, a inquinare più di ogni altra parte del mondo ed è logico dunque che siano i sindaci dei più grandi centri urbani al mondo a proporre iniziative per contenere le emissioni di gas nocivi per l’ambiente. Sono arrivati da ogni angolo del mondo. C’è il sindaco di Sao Paulo e quello di Addis Abeba, c’è il primo cittadino di Tokyo e quello di Toronto. Sono ospiti di Michael Bloomberg, il sindaco di New York che si è riproposto di trasformare la Grande Mela nella città più verde d’America.

 

 

 

 

IL SOLE 24 ORE - MARTEDI' , 15 maggio 2007

 

 

Protocollo di Kyoto: sì della Ue (con taglio del 6,3%) al piano dell'Italia sui gas serra

P. F.

La Commissione europea, maertedì 15 maggio, ha accettato il Piano nazionale di allocazione delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) dell'Italia per il periodo 2008-2012 a patto di diminuire il totale delle emissioni consentite da 209 milioni di tonnellate a 195,8 per una riduzione totale del 6,3 per cento. Il piano si inserisce nel contesto del sistema di scambio di emissioni europeo che serve a rispettare il protocollo di Kyoto per la riduzione di emissioni di gas serra. L'approvazione della Commissione dovrà considerarsi automatica una volta che l'Italia abbia apportato gli opportuni cambiamenti.

«L'Europa è fermamente determinata a raggiungere il suo obiettivo del protocollo di Kyoto - ha dichiarato il commissario Ue all'Ambiente Stavros Dimas in una nota - e a fare del sistema di scambi di quote di emissioni uno strumento per permettere di lottare efficacemente contro il cambiamento climatico». La decisione - ha proseguito Dimas - «testimonia chiaramente questa determinazione. La Commissione valuta tutti i piani nazionali in maniera coerente al fine di garantire un trattamento equo tra tutti gli Stati membri. È in questo modo che è stato valutato il piano dell'Italia e gli stessi criteri saranno applicati ancora da esaminare». Oltre a una riduzione della quantità delle emissioni consentite la Commissione chiede all'Italia di modificare il suo piano con informazioni più ampie sul «il trattamento che l'Italia riserverà ai nuovi entranti nel sistema di scambio di quote di emissioni», di includere le installazione di combustione.
Pecoraro Scanio. Per il taglio delle emissioni chiesto dall'Ue «Chiederemo qualche sacrificio all'industria del carbone» ha detto il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, in merito ai tagli decisi a livello Ue per quanto riguarda il piano nazionale delle emissioni 2008-2012. «Se c'è un settore che deve dare una mano - ha detto Pecoraro Scanio - è quello del carbone. Il carbone costa poco, produce molta CO2 e consente i maggiori guadagni. Ne parlerò con il ministro Bersani».
Ci sono state «pressioni» e «si è tentato di fare una forzatura» sulle quote di emissione di gas serra contenute nel Piano nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea, haaggiunto il ministro dell'Ambiente, intervenendo alla presentazione del piano di efficienza energetica di Eni. Pecoraro Scanio, ha comunque sottolineato che «se evitiamo le furberie siamo un Paese che può fare molto» soprattutto sul piano dell'efficienza energetica che «conviene all'Italia perché se puntiamo sull'efficienza guadagniamo due volte»: attraverso di risparmi collegati ai minori consumi e con l'esportazione delle tecniche per migliorare l'efficienza.
Dodici criteri. I piani nazionali di assegnazione fissano per ciascuno Stato membro il limite dei quantitativi totali di CO2 che possono essere emessi dagli impianti che rientrano nel sistema Ue di scambio delle quote di emissione e specificano il numero di quote di emissione di CO2 spettanti a ciascun impianto. La Commissione è responsabile della valutazione dei piani nazionali proposti dagli Stati membri sulla base di 12 criteri di assegnazione indicati nella direttiva sullo scambio di quote di emissioni.
I criteri di valutazione sono finalizzati a garantire, tra l'altro, che i piani siano coerenti a) con il rispetto da parte della Ue e degli Stati membri degli obiettivi del protocollo di Kyoto, b) con il livello reale delle emissioni accertate indicato dalla Commissione nelle relazioni annuali sullo stato di avanzamento e c) con le potenzialità tecnologiche di riduzione delle emissioni. Su questa base la Commissione chiede all'Italia di ridurre il limite proposto di 13,2 milioni di tonnellate di CO2 equivalente anno, portandolo così a 195,8 milioni di tonnellate. Altri criteri di valutazione riguardano aspetti quali la non discriminazione, la concorrenza all'interno della Ue e le norme sugli aiuti di Stato, oltreché aspetti tecnici.
Le modifiche richieste. I cambiamenti. In questo senso la Commissione invita l'Italia a apportare altri cambiamenti al piano in relazione ai seguenti punti: l'Italia dovrebbe fornire maggiori informazioni sul trattamento che riserverà ai nuovi soggetti che entreranno nel sistema di scambio delle quote di emissione; l'Italia dovrebbe inserire nel piano gli impianti di combustione (ad esempio gli impianti di cracking), come fatto da tutti gli altri Stati membri. è necessario eliminare diversi adeguamenti ex-post previsti; il quantitativo massimo totale dei crediti di emissione concessi a titolo di progetti che rientrano nel protocollo di Kyoto, eseguiti in paesi terzi sulla base delle norme di detto protocollo e che gli operatori possono utilizzare per rispettare i propri impegni in materia di emissioni, non devono superare più del 15% circa del totale annuo.

 

     Informazioni sintetiche sui 21 piani fin qui valutati:

Quote di emissione approvate per il 2005-2007, emissioni accertate nel 2005, limiti proposti per il periodo 2005-2007, limiti approvati per il periodo 2008-2012, emissioni supplementari relative al periodo 2008-2012 e limiti imposti all’uso dei crediti derivanti da progetti di riduzione delle emissioni in paesi terzi.

 

Stato membro

Limite del 1° periodo

Emissioni accertate 2005

Limite proposto 2008-2012

Limite approvato 2008-2012

Emissioni supple-mentari 2008-2012[1]

 

Limite di crediti da progetti di attuazione congiunta (JI) , meccanismo di sviluppo pulito (CDM) in %[2]

Austria

33,0

33,4

32,8

30,7

0,35

10

Belgio

62,1

55,58[3]

63,3

58,5

5,0

8,4

Rep. ceca

97,6

82,5

101,9

86,8

n.a.

10

Estonia

19

12,62

24,38

12,72

0,31

0

Francia

156,5

131,3

132,8

132,8

5,1

13,5

Ungheria

31,3

26,0

30,7

26,9

1,43

10

Germania

499

474

482

453,1

11,0

12

Grecia

74,4

71,3

75,5

69,1

n.a.

9

Irlanda

22,3

22,4

22,6

21,15

n.a.

21,91

Italia

223,1

225,5

209

195,8

n.n. [4]

 

14,99

Lettonia

4,6

2,9

7,7

3,3

n.a.

5

Lituania

12,3

6,6

16,6

8,8

0,05

8,9

Lussemburgo

3,4

2,6

3,95

2,7

n.a.

10

Malta

2,9

1,98

2,96

2,1

n.a.

da determ.

Paesi Bassi

95,3

80,35

90,4

85,8

4,0

10

Polonia

239,1

203,1

284,6

208,5

6,3

10

Slovacchia

30,5

25,2

41,3

30,9

1,7

7

Slovenia

8,8

8,7

8,3

8,3

n.a.

15,76

Spagna

174,4

182,9

152,7

152,3

6,7[5]

ca. 20

Svezia

22,9

19,3

25,2

22,8

2,0

10

UK

245,3

242,4[6]

246,2

246,2

9,5

8

TOTALE

2057,8

1910,66[7]

2054,92

1859,27

53,44

-

 

[1]     I dati riportati nella presente colonna comprendono le emissioni di impianti che sono entrati nel sistema di scambio nel periodo 2008-2012 a seguito di un ampliamento del campo di applicazione deciso dagli Stati membri  ma non i nuovi impianti che hanno aderito al sistema in settori che erano già presenti nel primo periodo di scambio delle quote.

[2]     Il limite JI/CDM è espresso come percentuale del limite imposto allo Stato membro e indica in che misura le imprese, per compensare le proprie emissioni, possano restituire crediti JI o CDM anziché quote del sistema UE di scambio. I crediti in questione derivano da progetti di riduzione delle emissioni eseguiti in paesi terzi in applicazione dei meccanismi di flessibilità previsti dal protocollo di Kyoto e noti come attuazione congiunta e meccanismo di sviluppo pulito.

[3]     Inclusi gli impianti che il Belgio ha deciso di escludere provvisoriamente dal sistema nel 2005.

[4]     L’Italia deve inserire ulteriori impianti. Il quantitativo delle emissioni supplementari non è ancora noto 

      in questa fase.

[5]     Ulteriori impianti e emissioni per oltre 6 milioni di tonnellate sono già stati inseriti dal 2006.

[6]     Le emissioni accertate del 2005 non comprendono quelle di impianti che il Regno Unito ha deciso di escludere provvisoriamente dal sistema nel 2005 ma che saranno prese in conto nel periodo 2008 -2012 e che sono stimate in circa 30 milioni di tonnellate.

[7] Il totale delle emissioni accertate del 2005 non comprendono quelle di impianti che il Regno Unito

    ha deciso di escludere provvisoriamente dal sistema nel 2005 ma che saranno prese in conto nel periodo 2008 -2012 e che sono stimate in circa 30 milioni di tonnellate.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 15 maggio 2007

 

 

Sindaci e comitati in aula: «No al cementificio» - Strassoldo: rifiutiamo un modello di sviluppo inaccettabile. Fortuna Drossi: cambiare parere è da saggi

 

CASO TORVISCOSA Le audizioni in consiglio regionale. I primi cittadini e i leader della protesta popolare: dati inattendibili, l’intera procedura è ambigua

TRIESTE Ci ha messo un po’, complice i dubbi di diessini e diellini, a farsi ascoltare. Ma, alla fine, la voce del territorio - quella che il diessino Mauro Travanut chiedeva di raccogliere già in aprile - «conquista» il consiglio regionale. E, nel secondo e ultimo round di audizioni sul cementificio di Torviscosa assurto ormai a «caso politico», rinnova obiezioni, dubbi, sospetti. Persino minacce se il comitato «No al cementificio» preannuncia, nel caso in cui Riccardo Illy e la sua giunta dicessero sì, barricate legali: «Ricorreremo al Tar o presenteremo denuncia in Procura se arriverà il sì» dichiara, pubblicamente, Paolo De Toni.
Ma la voce del territorio, nell’audizione di quattro ore e più che il presidente della quarta commissione Uberto Fortuna Drossi governa, prova innanzitutto a spiegare i motivi del suo no all’impianto del gruppo Grigolin. Ed è una voce che parte dalla Provincia di Udine, passa per almeno dodici dei quattordici sindaci convocati, raggiunge Wwf, Cai e Fontanili, risparmiando solo il consorzio industriale dell’Aussa Corno e l’associazione Tecnosophia.
Ma perché tanta ostilità? Perché tanta contrarietà? I protagonisti dell’audizione, chiedendo pressoché all’unanimità una pausa di riflessione alla giunta, temono per la salute dei cittadini, per l’ambiente, per il turismo e per lo sviluppo della Bassa. Non si sentono rassicurati né dall’iter autorizzativo di cui denunciano stranezze, anomalie, incomprensioni né dalle «37 prescrizioni» che più d’uno giudica «impossibili da rispettare». Non capiscono nemmeno perché un cementificio sia così strategico.
Nel mirino, in particolare, finisce il famoso parere dell’Azienda sanitaria, quello che non ha impedito alla commissione Via di dire sì: «Come si fa a dire che non è sfavorevole? Basta leggerlo» dice Fulvio Tomasin, sindaco di Terzo d’Aquileia. «Certo, il parere dell’Ass è sfavorevole. Lo confermo anch’io e aggiungo che la nostra preoccupazione principale riguarda la salute» aggiunge Federico Cressati, sindaco di Palmanova.
Nel mirino, ancora, finisce l’altrettanto famoso parere dell’Arpam quello che sconfessa dati sull’inquinamento forniti da centraline mal posizionate: «Inattendibile» sentenzia il comitato. «Ma tutta la procedura è ambigua» rilancia il sindaco di Grado. «Mi auguro, infatti, che si rifaccia da capo» chiosa quello di Aiello. Intanto, denunciando livelli di ozono e polveri sottili «già oggi al limite», il comitato punta il dito contro un’altra «stranezza»: «Il cementificio fa parte di un piano unico del gruppo Grigolin che prevede anche l’apertura della cava di Raveo e l’ampliamento di quella di Caneva. Ma la Regione - attacca De Toni - ha artificiosamente fatto uno spezzatino di quel piano per eludere una valutazione complessiva».
Poi, e non sono meno pesanti, arrivano le critiche più politiche: «In 50 anni il territorio è stato assassinato» sentenzia Marano. «Il cementificio è una bestemmia per chi crede nel turismo. Un’idiozia» aggiunge Lignano. E Marzio Strassoldo, il presidente della Provincia di Udine, sintetizza: «I costi sono superiori ai benefici: 80-100 posti di lavoro non bastano a giustificare il peggioramento di un ambiente già compromesso e le ricadute negative sul turismo. Eppoi, il modello di sviluppo è inaccettabile, perché il cemento si fa in Turchia, e non certo a ridosso di Grado e Lignano».
Non a caso, incalza Strassoldo, «la Provincia di Udine conferma il no espresso già nell’agosto 2006. Quanto emerso successivamente non ci ha fatto cambiare idea». Nessuno pensi a scelte fatte a cuor leggero: «Abbiamo chiesto alla commissione tecnico-consultiva Via ben 53 chiarimenti. Dalle risposte, dagli approfondimenti e dalla successiva convocazione di alcuni sindaci della zona - ricorda l’assessore all’Ambiente Fabio Marchetti - è scaturito il parere negativo».
E i sì al cementificio? Sono pochi, davvero, almeno in audizione. Tullio Bratta, il presidente del Consorzio Aussa Corno, auspica che non si «ponga un no sullo sviluppo industriale della Bassa». Cristina Sponza, a nome dell’associazione Tecnosophia, conferma l’assenza di motivi validi per opporsi al cementificio. Ma alla fine persino Roberto Duz e Pietro Del Fabbro, i sindaci dei comuni di Torviscosa e San Giorgio che hanno votato a favore, ammettono dubbi. E si rimettono a chi deve dire l’ultima parola: Illy, appunto, con i suoi assessori.
Ma quali sono i tempi? La giunta deve pronunciare entro il 2 giugno il sì o il no decisivi al cementificio: una decisione tecnica ricca tuttavia di risvolti politici. Nell’attesa, e nella convinzione ormai diffusa che la giunta non si esprimerà prima del consiglio straordinario chiesto dall’opposizione e in programma il 23 maggio, gli appelli della maggioranza si rafforzano. Fortuna, annunciando che stenderà una relazione e la invierà a consiglieri e giunta, esce allo scoperto. E, citando Socrate, lancia un appello inequivocabile a Illy e alla giunta: «Il cambiar parere è dei saggi». Rifondatori, verdi e comunisti italiani reiterano il «no» al cementificio. E persino diessini e diellini non nascondono il disagio.

Roberta Giani

 

 
CEMENTIFICIO: dubbi anche dal fronte del «sì». Duz: più garanzie sulla salute
 
TRIESTE Li hanno bollati come i sindaci del sì. Roberto Duz e Pietro Del Frate, sindaci di Torviscosa e San Giorgio di Nogaro, rivendicano le scelte fatte: «Un no preventivo era impossibile». Al contempo, però, non nascondono i dubbi. Duz avverte anzi che quel sì diventerà un no, se la Regione non fornirà un chiarimento su salute dei cittadini e tutela dell’ambiente: «L’avevamo chiesto già nella delibera in cui davamo un parere favorevole condizionato al cementificio. Io, per primo, voglio quel chiarimento: voglio sapere se il mio comune è salvaguardato e se le valutazioni tecniche sono inappuntabili. Ci sono troppi malintesi, pochi sanno di cosa si sta parlando, ma ormai anche i bambini di Torviscosa discutono di polveri sottili, e questo è tragico». Concorda Del Frate: «Quando abbiamo deliberato avevamo solo il progetto dell’impresa, non conoscevamo i pareri di Ass, Arpa e Via. E quindi è evidente che, adesso, ci sorgano dei dubbi: spetta alla Regione risponderci e soprattutto assumere la decisione più corretta».

 

 

CEMENTIFICIO: Gasparo conferma le accuse di Gemiti: «Tra le anomalie anche il trasferimento di Predonzan»  - I dubbi dell’Avvocatura, chieste spiegazioni all’Ass

 

CASO TORVISCOSA Si attende il parere dell’ufficio legale della Regione. Travanut: ora Illy non potrà ignorare i vizi oggettivi. Decisione entro il 2 giugno

TRIESTE «Sono convinto che Riccardo Illy, alla luce dei dati già emersi e del parere legale che non potrà ignorare vizi oggettivi, non potrà avallare un parere favorevole al cementificio». Mauro Travanut è il solo a dirlo esplicitamente. Ma non è il solo a pensarlo, o a sussurrarlo, non più: «L’exit strategy è già in atto. Il presidente - confidano a palazzo - attende il parere legale dell’Avvocatura che ancora non c’è ma che, da quanto trapela, non dovrebbe essere positivo».

«L’Avvocatura - aggiungono, ancora, in maggioranza - ha chiesto all’Azienda sanitaria della Bassa un’interpretazione autentica del suo parere su Torviscosa e ha espresso perplessità su un passaggio decisivo per il sì finale della commissione Via, e cioé il passaggio in cui l’Arpa segnala l’assenza di dati veritieri causa il posizionamento sbagliato delle centraline, senza che ne segua la richiesta di nuove misurazioni».
Vero? Falso? Di sicuro c’è che, nel giorno in cui in piazza Oberdan si consuma il secondo atto delle audizioni sull’impianto del gruppo Grigolin e si celebra l’imponente sfilata di sindaci, comitati e associazioni ambientaliste in gran parte ostili, riecheggiano con forza e in pubblico non solo i dubbi del territorio, ma anche l’ultima e pesante denuncia. Quella di «interferenze politiche» sui lavori della commissione tecnica che, il 28 marzo, ha dato parere favorevole al cementificio.
Fabio Gemiti, il consulente del Wwf che siede in quella commissione, non torna indietro. Anzi, in audizione, argomenta, dettaglia, rilancia. Ma soprattutto non si trova da solo. Dario Gasparo, l’esperto del Cai che lo affianca in quella stessa commissione, usa toni più soft ma confida analogo «disagio»: «il disagio di un biologo» nei confronti di una decisione «che mi pare risponda più a logiche politico-economiche che tecniche». Al contempo, conferma «le coincidenze spiacevoli» che, in sede di valutazione d’impatto ambientale, si sono verificate.
I PASSAGGI L’iter autorizzativo su Torviscosa, come ricorda Gasparo, non è rapidissimo: il servizio regionale Via, ai primi di febbraio, formula una prima istruttoria in cui esprime parere negativo. La commissione tecnica Via, che su quell’istruttoria deve basarsi, viene convocata ma salta all’ultimo minuto per mancanza di numero legale. Nel frattempo interviene l’Arpa e fornisce un’integrazione in cui, di fatto, sconfessa i dati sull’inquinamento delle centraline. Successivamente arriva anche un supplemento di istruttoria del servizio regionale Via con un parere assai più morbido. Infine, il 28 marzo, la commissione Via presieduta per legge dall’assessore Gianfranco Moretton, si riunisce e dice sì. Finisce 7 a 2: Gemiti e Gasparo sono i soli contrari.
GLI ASSENTI Ma i due esperti di Wwf e Cai, adesso, sollevano dubbi. Innanzitutto sulla seduta della commissione che, in presenza di un’istruttoria nettamente sfavorevole, viene rinviata: «Abbiamo testimonianze che, in via Giulia, c’erano i componenti necessari a garantire il numero legale. E sappiamo che il docente universitario Francesco Marangon stava arrivando quando gli è stato detto che non serviva» afferma, in aula, Gemiti. Gasparo aggiunge: «Non ricordo sia mai successo in tre anni. Di solito, veniamo contattati il giorno prima, proprio per evitare problemi».
IL CASO PREDONZAN Non è l’unica «stranezza» che l’esperto del Cai segnala: «Ce n’è un’altra che ho segnalato e fatto mettere a verbale. La prima istruttoria del servizio Via, quella contraria, reca tre firme. La seconda solo due anche perché, e proprio nel giorno in cui ci doveva essere la riunione della commissione, uno dei funzionari è stato spostato d’ufficio». È Dario Predonzan, dipendente regionale nonché uomo di spicco del Wwf, spiega ancora Gasparo. «Devo aggiungere - continua - che l’assessore mi ha risposto subito, spiegando che la lettera di trasferimento era stata spedita ancora a dicembre, prima quindi del caso Torviscosa. Ne ho preso atto lamentando la spiacevole coincidenza».
LE PRESCRIZIONI Ma che dire della sostituzione in corsa del delegato dell’Arpa «che aveva detto no alla cava di Raveo» con il direttore dell’agenzia «sino a quel momento assente ai lavori della commissione Via»? E che dire, ancora, delle prescrizioni? Gemiti definisce singolari tempi e modi di presentazione, Gasparo concorda: «Di solito, il servizio Via ci presenta le prescrizioni prima che ci riuniamo per consentirci. Ma il 28 marzo, nella riunione decisiva, ce le siamo trovate davanti all’ultimo minuto. E io ho votato no perché, per me, l’istruttoria iniziale del servizio Via, con 13 no e 3 sì, resta corretta. E la documentazione integrativa dell’Arpa non basta».
LA REPLICA Moretton, da Roma, registra le accuse. Ma non si scompone. Ricorda che «la presidenza e la composizione della commissione sono stabilite per legge». E rimanda ai verbali ufficiali che già «chiariscono» tutto. Su Predonzan e sul suo trasferimento deciso in tempi non sospetti. E sulla seduta saltata all’ultimo minuto: non solo non c’era il numero legale, ma il direttore del servizio Via era malato. Impossibile, dunque, procedere...

 

 

An: commissari condizionati? Scatti la denuncia - Gottardo (Fi): se Moretton era presente, evidentemente riteneva utile un suo intervento

 

La Guerra (Lega): «Non bisogna avere troppa fretta nel chiudere la vicenda. Altrimenti sorge il sospetto che si nasconda qualcosa»

PORDENONE Le parole di Fabio Gemiti, rappresentante del Wwf nella commissione Via che ha sdoganato il progetto del cementificio, pesano come macigni. Anche tra i banchi dell’opposizione. «Se Gemiti sa di effettivi condizionamenti sui rappresentanti della commissione, li denunci». L’invito arriva dall’ex assessore all’Ambiente, Paolo Ciani, oggi consigliere di An. «Le affermazioni che fa Gemiti, che peraltro conosco perché sedeva in commissione anche nella precedente legislatura – aggiunge –, sono molto gravi. Di per sé la presenza dell’assessore Moretton in commissione non va vista come un fatto negativo. Potrebbe però diventarlo nel momento in cui le dichiarazioni di Gemiti avessero fondamento. Ecco perché questa presa di posizione non può finire con un’intervista sul giornale». Da ex assessore, Ciani spende una parola per i tecnici della Regione che «hanno un’ottima professionalità. Mi riesce difficile pensare che si facciano condizionare politicamente» chiarisce. Laconico ma esplicito, Isidoro Gottardo, coordinatore regionale di Forza Italia. «Ribadisco quello che ho già avuto modo di dire nei giorni scorsi: Moretton non è solito presidiare la commissione. Se era presente è evidente che riteneva ci fosse la necessità di un suo intervento…». L'impianto «inserito in un contesto già problematico – aggiunge Galasso (Fi) - sarebbe la classica goccia che fa traboccare il vaso. Quello che emerge con grande forza è che dire sì al cementificio non è un atto così dovuto come Illy fa credere: se fosse davvero così, non sarebbero servite 37 prescrizioni. Eppoi non potrebbe restare in esercizio: come farebbero a gestirlo con le emissioni?». E tra i banchi dell’opposizione c’è chi invita a uscire dalla singola vicenda del cementificio per guardare con maggior disincanto la politica ambientale della giunta Illy. «Quello che dichiara Fabio Gemiti non mi stupisce – spiega Maurizio Salvador (Udc) -. Resto, invece, sorpreso del fatto che gli ambientalisti si accorgano solo ora della politica ambientale di questa giunta». Salvador, che è stato uno dei primi a denunciare i problemi dello sghiaiamento in Valcellina, sottolinea l’importanza di rivedere sotto una luce nuova quello che è stato fatto dall’esecutivo Illy. «Non è possibile che al centrodestra si chieda di coniugare sviluppo economico e sostenibilità ambientale, mentre alla sinistra si permetta di fare ogni cosa in nome dell’economia – aggiunge Salvador -. Puntando i riflettori su ciò che è stato fatto per la gestione degli inerti e della ghiaia sicuramente scopriremmo cose interessanti….Mi auguro che la vicenda di Torviscosa aiuti a scoperchiare una pentola che bolle da troppo tempo». Forte preoccupazione anche nella Lega Nord, dove Alessandra Guerra continua ad insistere sulla necessità di rallentare l'iter. «Dal punto di vista procedurale c’è qualche passaggio che manca – spiega -. Non bisogna agire in maniera frettolosa, in questo modo si rinuncia alla politica intelligente. Più si cerca di chiudere questa vicenda in fretta – aggiunge Guerra – più serpeggia la sensazione che si voglia nascondere qualcosa, anche se magari è tutto in regola».
Martina Milia

 

 
Di Pietro: sull’A4 la priorità è costruire la terza corsia. Rosato: nessuna inerzia del Fvg
 
TRIESTE Il ministero dei Trasporti giudica «una forzatura» l’ipotesi (promossa dalla Regione Veneto) di spostare la linea ad alta velocità–alta capacità lungo la linea costiera. Prende invece tempo il ministero delle Infrastrutture, che in questa fase non esclude niente. Non esclude l'ipotesi per il semplice fatto che la priorità oggi «è la terza corsia». L’alta velocità diventa quindi secondaria rispetto alla realizzazione della terza corsia lungo la A4 e su questo punto i due ministeri sembrano procedere di pari passo. Il ministro Antonio Di Pietro, chiamato in causa dalla Regione, assicura che «per quanto possibile cercheremo di rispettare l’autonomia degli enti territoriali» e che il dialogo con le Regioni non si è mai interrotto. E se tra i governatori del Friuli Venezia Giulia e il Veneto l’armonia non sembra essere venuta meno, resta sul tavolo il nodo del parallelismo tra autostrada e linea ferroviaria, una questione che sarà affrontata nel prossimo incontro con lo Stato. Incontro che dovrà inevitabilmente interessare anche Rete ferroviaria italiana, fino ad oggi rimasta nell’ombra. L’ultima parola sul Tav spetta, infatti, agli organi centrali, le regioni possono solo dare indicazioni ed esprimere preferenze che il ministero può tenere in considerazione «per quanto possibile» aggiungono alle Infrastrutture. Il "quanto" ha anche a che fare con le risorse economiche. Ecco perché la linea ad alta velocità non rientra tra le priorità immediate. Il primo posto se lo è invece guadagnato la terza corsia, opera che costerà un miliardo di euro e che diventa indispensabile per evitare la paralisi del traffico che attraversa l’Italia da est a ovest. Un traffico rappresentato da camion – in constante aumento – ma anche dai flussi turistici. «Chi non è ancora convinto che la terza corsia sia una necessità – dice il sottosegretrario Ettore Rosato – faccia qualche viaggio lungo la Trieste Venezia». Da rappresentante del governo Rosato ci tiene anche a precisare che nella vicenda A4 «la Regione Friuli Venezia Giulia ha fatto di tutto per portare avanti la realizzazione dell'opera per cui dire che ci sono state delle inerzie è un’interpretazione di parte, non fondata su tutti gli elementi conoscitivi. La posizione della Regione è stata ineccepibile sotto il profilo formale e istituzionale». Un atteggiamento importante, secondo Rosato, non solo per la correttezza dimostrata, ma anche perché «la terza corsia non è necessaria solo al Friuli Venezia Giulia. E’ un’opera indispensabile al sistema paese. Ecco perché i campanilismi di piccola levatura sono fuori posto».
m.mi.

 

 
Patto di consultazione tra l’Italia e la Slovenia su energia e ambiente - Firmato a Bruxelles da D’Alema e Rupel
 
BRUXELLES Il ministro degli esteri Massimo D'Alema e il collega sloveno Dimitrij Rupel hanno firmato ieri, a margine dei lavori della riunione dei ministri degli esteri Ue, un memorandum di collaborazione, che istituisce anche una consultazione permanente fra ministri dei due paesi, che si riuniranno annualmente. Secondo D'Alema si tratta di una firma «importante» che consentirà, nell'ambito della collaborazione europea fra i due paesi, di sviluppare un'azione comune nell'area del Nord adriatico, nei campi dell'energia, dell'ambiente e delle infrastrutture. Il vicepremier ha anche segnalato la «dimensione politica» di questo accordo anche per quanto riguarda l'impegno comune per la stabilità e l'allargamento all'Ue dei balcani occidentali. Quest'ultimo, ha segnalato D'Alema, è «uno dei principali impegni europei per i prossimi anni». Ricordando l'ultimo incontro avvenuto a Gorizia, D'Alema ha spiegato che Italia e Slovenia sono due paesi «con una storia lunga e complicata alle spalle che si incontrano in spirito europeo e ora uniti nell'affrontare le sfide comuni». Anche Rupel si de detto «molto lieto» per la firma di ieri mattina che «apre un nuovo capitolo delle relazioni fra Italia e Slovenia», facendo riferimento anche al gruppo di ministri che di occuperà di questioni «essenziali» come energia, ambiente, collaborazione nell'Adriatico, trasporti. Sempre ieri, i ministri della Difesa di Italia, Slovenia e Ungheria si sono riuniti a margine della riunione del Cagre, per discutere gli ultimi accordi sulla messa a punto finale del «Battle Group» offerto dai tre Paesi all'Unione Europea. Il Battle Group, basato sulla «Multinational Land Force», è «la risposta della Ue alla necessità di una azione di risposta rapida in caso di una eventuale crisi nel campo della sicurezza». I tre Stati membri, si legge nella nota, «sono consapevoli che i Battle Group sono strumenti preziosi non solo per il rafforzamento delle capacità di gestione della crisi da parte dell'Ue per garantire sicurezza e stabilità, ma anche per accrescere la collaborazione degli Stati membri al fine di costituire un efficace strumento militare».

 

 
Per chi sono state rifatte le Rive?
 
Si sono rifatte le Rive, un nuovo fronte mare per le passeggiate della gente, e poi si vogliono creare «marine» con nuovi pontili per l’attracco di grosse barche, il tutto chiuso all’accesso della gente (in parte già chiuso: dietro l’ex pescheria). Ma che razza di abbellimento per la città è mai questo?
Fronte mare per i cittadini o per i proprietari di barche?
Speriamo che la gente non si adatti a questo nuovo sopruso. Se lo farà vuol dire che dovremo continuare ad accettare di tutto, da nuove costruzioni di tipo «goldoniano» a nuovi porti da diporto e magari a nuovi rigassificatori che non si sa ancora come funzionano (a proposito: non si può andare a controllare dove sono già in funzione, anziché combattere su contrapposte ipotesi teoriche?). Un po’ più di rispetto per i cittadini non guasterebbe. Non ci si lamenti dopo per le critiche.
Marco Pozar

 

 
Appello a bere l’acqua del rubinetto
 
Perché non bere l’acqua del rubinetto? La prossima volta che in un supermercato di fronte alle piramidi di bottiglie di acqua minerale sarete indecisi tra quella che depura e quella povera di sodio, provate a riflettere.
I nostri nonni dovevano procurarsi l’acqua andando alle fontane con pesanti recipienti, oggi la stessa fatica si compie per andare, naturalmente in automobile, al supermercato, riempire i carrelli di un peso non indifferente costituito dalle confezioni di acqua minerale, svuotare il carrello per la cassa, riempirlo di nuovo, svuotarlo per riempire a sua volta il bagagliaio, tornare a casa e carrettarlo fino a casa. Ma mentre i nostri nonni erano obbligati a queste fatiche, oggi no, è una libera scelta.
Il consumo delle acque minerali comporta un enorme spreco di energia, dai camion che le trasportano dai luoghi di imbottigliamento ai luoghi di smercio, ai tragitti percorsi per acquistare nei supermercati acque che provengono da centinaia di km di distanza. Un ulteriore spreco di risorse risulta dalla produzione delle bottiglie, il loro trasporto agli stabilimenti di imbottigliamento, il trasporto verso i supermercati, poi verso le abitazioni, e infine per il loro smaltimento.
Consumando meno acqua minerale si contribuirebbe quindi a ridurre la congestione del traffico stradale, con minor inquinamento, maggiore fluidità, meno incidenti, minori spese ospedaliere, minori spese assicurative.
Ultimo punto a favore del consumo di acqua del rubinetto è il risparmio economico, considerato il suo costo irrisorio rispetto a quello delle acque minerali. Quindi bevendo l’acqua del rubinetto al posto dell’acqua minerale in bottiglia si ottiene un risparmio economico, insieme ad una riduzione dell’inquinamento ambientale e un miglioramento della qualità della vita.
Mauro Luglio - Monfalcone

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 14 maggio 2007

 

 

«Cementificio, pressioni politiche sulla Via» - Denuncia di Gemiti, della commissione regionale impatto ambientale: forzati tempi e prescrizioni

 

Alla vigilia dell’audizione il consulente del Wwf mette in dubbio il parere favorevole e accusa: «Sedute saltate all’improvviso e poi i no diventavano sì»

TRIESTE «Sui lavori della commissione Via esiste un pesante condizionamento politico». Lo denuncia Fabio Gemiti, chimico triestino, per trent’anni direttore del laboratorio analisi e controllo dell’Acegas, e ora componente della commissione regionale che ha detto sì al cementificio di Torviscosa. Lui, assieme a Dario Gasparo, rappresentante del Cai, ha votato contro. Non è bastato perché altri 7 componenti hanno approvato, lo scorso 28 marzo, l’impianto del gruppo Grigolin. Ma, alla vigilia dell’audizione che lo vedrà oggi portare in quarta commissione la voce del Wwf di cui è consulente tecnico, Gemiti lancia l’accusa. Pesante.
Perché ha votato contro il cementificio?
Perché non sono state fornite garanzie né sul fronte della salute umana né su quello della tutela dell’ambiente.
Però è finita 7 a 2. Come mai?
I lavori della commissione sono condizionati dal potere politico. A dire il vero è sempre successo, anche prima della giunta Illy. È una prassi.
Che cosa accade di solito?
L’assessore di turno, quando si discute di progetti che interessano la giunta, incide sul voto in maniera determinante. Con la sua sola presenza. Del resto la commissione Via è composta da sei membri regionali e quattro esterni: due ambientalisti e due professori universitari. Insomma, ben che vada per chi non è d’accordo, finisce sei a quattro.
Come fu condizionato a fine marzo il voto sul cementificio?
L’episodio chiarificatore è lo slittamento della riunione del 7 febbraio per mancanza del numero legale. L’assessore Gianfranco Moretton sapeva del parere negativo del servizio Via e, d’un tratto, la riunione della commissione è saltata.
Afferma che l’assenza del numero legale potrebbe essere stata pilotata?
Non siamo in tribunale e sarà pure un’opinione personale. Ma mi sembra probabile. E c’è dell’altro...
Che cosa?
Prima ancora che venisse completata la discussione su tutte le problematiche relative al cementificio, Moretton ha tirato fuori l’esame delle prescrizioni. Di solito, invece, questo passaggio si fa dopo che è stata presa una decisione. Un’altra stranezza.
Che cosa è successo al momento del voto?
Che abbiamo votato contro solo io e Gasparo, mentre i funzionari della Regione non hanno aperto bocca e c’è stato chi ha affrontato solo problemi marginali.
Nel merito che valutazione dà del documento con cui l’Arpa giustifica l’ok arrivato nella seduta del 28 marzo?
È un documento in cui l’Arpa non è in grado di dare informazioni precise sui dati delle emissioni né sui modelli di dispersione degli inquinanti. E non si tiene neppure conto del fatto che i limiti massimi di tolleranza previsti con le nuove normative dopodomani, cioè nel 2010, saranno molto più restrittivi. Non c’è dunque nulla di confortante non solo per quanto riguarda l’ambiente ma pure per la salute della popolazione.
Le prescrizioni?
A mio avviso non risolvono il problema dell’aumento di inquinamento atmosferico prodotto sia dall’impianto che dall’incremento non indifferente del traffico pesante. Un impianto energivoro e quindi senza dubbio inquinante. E ancora, anche se l’Arpa dice erroneamente il contrario, si determinerà una proporzione diretta tra ossido d’azoto e produzione di ozono.
I favorevoli sostengono che il cementificio può servire all’economia.
Pure in questo caso le motivazioni non reggono. Il progetto non crea un numero esorbitante di posti di lavoro e si andrebbe ad aggiungere ai tre cementifici già esistenti in una regione che vanta una produzione pro capite di cemento superiore di due terzi alla media nazionale.
Ma perché si tira dritto?
Viene da pensare che ci sia una strategia di fondo: in questi anni sono stati approvati vari progetti di cave, evidentemente funzionali anche al cementificio.
Marco Ballico

 

 

Il fronte del no in commissione Strassoldo: scelta inaccettabile I sindaci: chiederemo un rinvio- Dopo il corteo il Pdci sollecita un chiarimento in maggioranza

 

Oggi la seconda tornata di consultazioni

TRIESTE Una pausa di riflessione. I sindaci contrari al cementificio, il comitato del «no» e le associazioni ambientaliste, con l’eccezione di Tecnosophia, la chiederanno questa mattina in quarta commissione, durante la seconda tornata di audizioni sull’impianto Grigolin di Torviscosa. Giornata chiave per alimentare dubbi nella giunta Illy? «Non credo – dice Mareno Settimo, portavoce di “No al cementificio” –: la politica fa passi troppo lenti rispetto alla determinazione di Riccardo Illy e Gianfranco Moretton.
I PRESENTI Invitati in audizione sono il presidente della Provincia di Udine Marzio Strassoldo con l'assessore all'Ambiente Fabio Marchetti, i sindaci di 14 comuni – Torviscosa, San Giorgio di Nogaro, Bagnaria Arsa, Cervignano, Porpetto, Terzo d'Aquileia, Carlino, Marano, Aquileia, Palmanova, Fiumicello, Lignano Sabbiadoro, Grado e Aiello – il presidente del Consorzio dell’Aussa-Corno Tullio Bratta, le associazioni ambientaliste, il gruppo «Fontanili» e il comitato «No al cementificio».
STRASSOLDO
Strassoldo conferma che parteciperà all’audizione «a ribadire la posizione della Provincia di Udine assolutamente contraria». «Questo è un modello di sviluppo regionale che non possiamo in alcun modo condividere» spiega il presidente. Sulla stessa posizione i sindaci di centrodestra di Bagnaria Arsa, Anselmo Bertossi, e Porpetto, Cecilia Schiff, «leader» del partito del Tar. Se la delibera con il via libera al cementificio sarà votata in giunta regionale - i due sindaci l’hanno già concordato sentito il parere dei legali - il ricorso sarà automatico.
LA PAUSA I sindaci del centrosinistra, pur contrari al cementificio, sperano invece che nelle audizioni odierne e più ancora nei prossimi giorni possa prevalere la strada della politica. «L’auspicio – afferma Paolo Dean, sindaco di Fiumicello e vicepresidente dell’Anci – è che la commissione colga la tensione popolare della Bassa che cercheremo di trasmettere a parole». Dean è convinto che qualcosa stia mutando: «Giunta e partiti stanno prendendo in mano la vicenda in maniera più puntuale, specie sul piano dell’informazione. Capiamo, insomma, e poi decidiamo». Serve «una pausa di riflessione», insiste il sindaco di Cervignano Pietro Paviotti: «La nostra proposta sarà di ascoltare i cittadini e sospendere il giudizio fino all’ultimo approfondimento possibile».
IL COMITATO Che dirà invece il comitato? «Porteremo sul tavolo dati inequivocabili e i limiti del passaggio in commissione Via – anticipa Settimo –. E poi diremo che la gente non vuole questo impianto e che, per questo, il problema va risolto dalla politica prima ancora che dalla piazza o dai tribunali». Dal fronte ambientalista arriva invece il sì di Tecnosophia che ritiene non vi siano «ragionevoli motivi per esprimere giudizi negativi sulla costruzione del manufatto». Condividendo la posizione di Illy, Tecnosophia definisce «anacronistica e fuori luogo la posizione manifestata dalle altre associazioni ambientaliste e da alcune forze politiche. Preteso, ovviamente, il rispetto delle norme vigenti su sicurezza e inquinamento ambientale non vi sono ragioni, se non ideologiche, per ostacolare la realizzazione di un impianto che peraltro consentirà la bonifica di una parte di territorio fortemente compromessa».
IL CHIARIMENTO Il Pdci, all’indomani del corteo, torna intanto alla carica. E insiste «per un chiarimento all’interno di Intesa democratica»: «I comunisti - afferma il segretario regionale Stojan Spetic - ritengono che al centro della battaglia politica vada posta la questione del deficit democratico nella partecipazione delle popolazioni dei territori interessati a scelte che avrebbero un senso solo se condivise».
m.b.

 

 

Sonego insiste: Tav, intervenga il governo - «La strategia del Veneto è discutibile». Valduga: «Terza corsia fondamentale»

 

L’assessore ai Trasporti: «Il progetto non è nostro ma dell’Italia». La Slovenia fa domanda a Bruxelles per la tratta Trieste-Divaccia

TRIESTE «Il progetto della ferrovia ad alta velocità e alta capacità è della Repubblica italiana. E pertanto è compito del governo sbrogliare la matassa». Lodovico Sonego non vuole polemizzare con Giancarlo Galan. Né tantomeno con Cesare De Piccoli. E non lo vuole fare anche perché sono giorni cruciali per la Tav: giorni in cui a Bruxelles si tratta proprio sui fondi destinati alla Ten, la rete transeuropea dei trasporti in cui ricade il Corridoio 5. Ma, al contempo, l’assessore ai Trasporti del Friuli Venezia Giulia non può (e non vuole) non rispondere.
Il Veneto, con una seconda delibera, si fa sempre più tentare sulla Tav lungo la costa e chiede di realizzare, intanto, la terza corsia alla faccia dell’affiancamento tra ferrovia e autostrada che costa circa 310 milioni di euro. Il viceministro ai Trasporti, a sua volta, boccia l’alta velocità con «vista mare» ma lamenta i ritardi nell’allargamento dell’A4, bacchettando le Regioni.
Ebbene, Sonego non cambia idea. Nemmeno di una virgola: aveva chiesto sin dall’inizio l’intervento di Roma, la sola che può risolvere la querelle fornendo ad esempio risposte su quei 310 milioni che non spetta ad Autovie venete scovare, e adesso lo richiede. Spiegando il perché: «Il Friuli Venezia Giulia è autonomo ma non anarchico. Gestiamo la questione della Tav in collegamento strettissimo con il governo italiano e con la commissione europea. La nostra politica è il gioco di squadra totale, con questo governo, con questa commissione, come con quelli precedenti».
Non può che essere così, continua Sonego: «Il progetto non è nostro, bensì della Repubblica italiana, che svolge l’attività tecnica per il tramite di Rfi». E allora, prosegue il titolare dei Trasporti, «l’unica cosa che ci si può attendere dal Friuli Venezia Giulia è il massimo della collaborazione e, su questo terreno, accettiamo sfide con chiunque».
Certo, Sonego non nasconde le sue perplessità sulla strategia proposta dal Veneto, quella di far subito la terza corsia e rinviare le scelte sulla Tav: «Mi limito a definirla discutibile». Ma, soprattutto, sollecita il governo: «È suo compito sbrogliare la matassa. Una matassa che, in Friuli Venezia Giulia, è ordinatissima». L’assessore non aggiunge altro ma, in Regione, c’è chi traduce: «L’affiancamento tra ferrovia e autostrada è stato previsto non da noi ma dal governo in quanto è la soluzione a minor impatto: lo prevedono lo studio di fattibilità Rfi e il preliminare Tagliamento-Ronchi dei Legionari. Partire con la terza corsia, ignorando l’affiancamento, significa far lievitare gli extra-costi da 310 milioni a 1,2 miliardi».
In attesa di risposte nazionali, però, Sonego incassa un risultato perseguito: il governo sloveno, infatti, presenta la domanda a Bruxelles per la tratta transfrontaliera della Tav (Trieste-Divaccia). Rafforzando l’analoga domanda del governo italiano.
Intanto, il presidente della commissione europea Trasporti Paolo Costa invita tutti, Veneto, Friuli Venezia Giulia e governo, «a risolvere in modo equo» il vero problema, quello cioé dei 310 milioni di euro necessari a far correre vicini treni e auto. Il presidente degli industriali Adalberto Valduga, infine, non si esprime sulla Tav costiera, ma ribadisce l’urgenza della terza corsia: «Posso dire che, come Confindustria, ci è stato spiegato che la delibera è stata approvata per accelerare la costruzione della terza corsia. Se così fosse, la motivazione sarebbe comprensibile, anche perché la terza corsia sarà pronta dieci anni prima della Tav».

 

 
Bonifica siti inquinati
 
In un dibattito trasmesso da una emittente locale, riferendosi alla bonifica dei siti inquinati, il sindaco Dipiazza si è chiesto come mai, se vale il «chi inquina paga», la Esso non debba pagare per lo stato in cui ha lasciato le aree su cui un tempo esisteva una sua raffineria e poi un suo deposito costiero. Mi permetto di dare la risposta a nome di «Ambiente e è Vita» che, nel lontano 1998, con un esposto alla Magistratura e poi con una pressante azione sulla «Commissione Parlamentare di Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sugli illeciti a esso connessi» ha sollevato il velo di omertà che per decenni nascondeva una autentica «bomba ecologica».
L’ordinanza del Sindaco llly con cui veniva imposto alla Esso di bonificare l’area, è stata formulata in modo così improrio per forma e contenuto, da rendere inevitabile che il Tar, accogliendo il ricorso presentato dalla multinazionale americana, annullasse l’atto. A pensar male non si fa peccato, ma qualche volta ci si azzecca...
In più la Magistratura triestina ha dichiato di non essere in grado di dimostrare le responsabilità della Esso, in quanto anche altri soggetti si sono resi responsabili di inquinamento sia prima che l’area diventasse pertinenza della compagnia petrolifera, sia dopo la chiusura del deposito costiero. Ciò è inconfutabile, come inconfutabile è la difficoltà di correlare nel tempo proprietà del sito, responsabilità e competenze degli organi di controllo territoriali e demaniali, normative di riferimento.
Possibille che non esista uno straccio di corrispondenza tra responsabili del deposito di Trieste e i manager della compagnia, in cui si affronti il problema delle morchie, dei fanghi inquinanti e dei rifiuti che venivano abbandonati sul sito? Possibile che nessuno se ne sia preoccupato? Possibile che questo elenco o qualcosa di simile non sia mai saltato fuori, nemmeno quanto la sede della Esso Italia di Roma è stata oggetto di una attenta ispezione da parte della «Commissione Parlamentare d’Inchiesta»? Viene da pensar male ancora una volta... passati a miglior vita i testimoni, potrebbero essere state fatte sparire anche le prove del misfatto.
Sergio Bisiani - segretario regionale Ambiente e è Vita

 

 
Via Timignano: colate di cemento
 
Nonostante le molte proteste da parte degli abitanti di via Timignano, le colate di cemento continuano. La via Timignano che attraversa la valle omonima è caratterizzata da molte sorgive ed anche ora, malgrado l’emergenza siccità chi vuole costruire intende cementificarle e in parte l’ha già fatto. Quest’amministrazione, come le precedenti, guarda solo ai propri interessi. Concludo dicendo che concordo pienamente con gli articoli riguardanti la cementificazione a San Giovanni apparsi su Il Piccolo 5 e domenica 6 maggio.
Pino Lenardon

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 13 maggio 2007

 

 

De Piccoli: il Fvg sblocchi la terza corsia  - Il viceministro: basta liti sulla Tav, Illy e Galan collaborino subito per l’A4

 

Il Veneto vuole spostare la linea Alta velocità. Il governo: «Sulla costa è una forzatura, ma ora la priorità è l’autostrada»

TRIESTE «Il progetto di far passare la Tav lungo i litorali sarebbe una forzatura. Ciò non toglie che le lungaggini burocratiche che si sono accumulate sul progetto della terza corsia sono imperdonabili». A zittire il battibecco veneto–friulano sul tracciato nordestino del Tav ci pensa Cesare De Piccoli, diessino come Lodovico Sonego, veneto come Renato Chisso, nonché viceministro dei Trasporti del governo Prodi. «Spero non si tratti di un vero scontro perché avrebbe effetti devastanti per il Nordest. Altro che Euroregione. Ci si faccia davvero carico di tutto il Corridoio V e non solo del tratto di propria competenza» aggiunge De Piccoli.
LA VICENDA La polemica è nata per la delibera del 17 aprile, nella quale la giunta Galan della Regione Veneto rinuncia al parallelismo tra A4 e Tav nel tratto tra San Donà e Portogruaro, dopo aver assunto analoga decisione nel tratto tra Quarto D’Altino e San Donà. Una delibera che il Veneto rivendica come indispensabile per sbloccare progettazione e costruzione della terza corsia, ma che cela anche l’ipotesi di spostare il corridoio V verso le spiagge di casa e di conseguenza del Friuli Venezia Giulia.
IL VENETO A ribadire la buona fede della delibera (comunque è un’indicazione politica non vincolante ai fini progettuali) è lo stesso governatore Giancarlo Galan. «Abbiamo bisogno come l’ossigeno della terza corsia – afferma - perché quando tra un anno sarà finito il Passante, avere solo due corsie da Mestre a Trieste sarà un problema grave». Il presidente risponde anche a Sonego che aveva chiesto aiuto a Roma: «Qui non deve intervenire il governo, quanto il buon senso». Ma Galan non vuole attaccare i vicini di casa, anzi rilancia il dialogo: «Siamo tutti per il Corridoio V, siamo in piena sintonia con Illy. Quello che diciamo è che se non ci sono i 300 milioni di euro per realizzare le opere necessarie ad attuare il parallelismo e non c’è nemmeno il progetto: è inutile ragionarci ora. Apriamo un confronto sereno, andiamo avanti con la terza corsia visto che le risorse almeno per questa ci sono, e quando sarà il momento discutiamo insieme di Tav».
IL GOVERNO A frenare l’ipotesi di una linea ferroviaria che attraversi le spiagge del Nordest ci pensa però lo stesso governo nazionale: De Piccoli, con estrema chiarezza, afferma che «il progetto non sta in piedi, sarebbe una forzatura. Se non si arrivasse subito a un chiarimento si potrebbe bloccare l’iter progettuale della Tav». Ma non è una posizione contro il Veneto quella di De Piccoli, che ne ha anche per i cugini friulani: «Credo che al di là delle ipotesi sulla ferrovia, la delibera voglia accelerare la realizzazione della terza corsia, che è un collegamento vitale anche per il Veneto. D’altro canto il Friuli Venezia Giulia deve riconoscere che su questa vicenda ha commesso ritardi imperdonabili. I nuovi vertici di Autovie stanno affrontando con serietà la questione, ma si è già perso troppo tempo». Per il viceministro «bisognerebbe davvero che i presidenti delle due Regioni prendessero in mano la situazione e, nel rispetto del federalismo, stabilissero un’intesa forte con lo Stato e i soggetti interessati (Anas e Rfi, ndr). Serve un tavolo permanente sui problemi concreti delle infrastrutture del Nordest. Non solo sulle ipotesi del futuro, come la Tav, ma sui problemi di tutti i giorni. Partendo dall’emergenza A 4 per poi discutere di Tav e rinnovo delle concessioni». E a Sonego che invoca l’intervento ministeriale per risolvere la diatriba, De Piccoli ricorda che «il ruolo del governo non deve essere riconosciuto a giorni alterni. Il governo è pronto a fare la sua parte ma serve un’intesa tra le due Regioni e una chiara volontà politica. Il problema oggi non è che le Regioni abbiano opinioni diverse ma che non abbiano un luogo per confrontarle. Se qualcosa di buono deve nascere da questa polemica, spero sia un passo avanti in questa direzione».
LA POLITICA E intanto sulla vicenda Tav anche la Cdl del Friuli Venezia Giulia pungola le due giunte a un maggior confronto. «Spero che al di là delle cene di gala e degli incontri per presentare il libro di Illy – dice il parlamentare Renzo Tondo – i presidenti affrontino i problemi concreti che stanno a cuore alla gente». Isidoro Gottardo chiama in causa Illy e l’Euroregione: «Meglio trovare le convergenze in casa nostra prima di fare voli pindarici. Visto che Illy dice che nel 2015 la Regione sarà tra le più avanzate d’Europa, mi chiedo: avremo almeno le strade?».
Martina Milia

 

 

Dl e Cittadini: cementificio, la giunta si fermi  - Le due forze politiche della maggioranza chiedono al governatore Fvg di non affrettare la decisione su Torviscosa

 

Degano: «È imprescindibile che le procedure tecniche siano inattaccabili» Zvech: «Nessun deficit di democrazia, ma l’esecutivo decida in autonomia»

Malattia: «È opportuno attendere gli indirizzi del Consiglio straordinario»

TRIESTE Lo slittamento della presentazione in giunta della delibera di autorizzazione alla Costruzioni Nord Est per la realizzazione del Cementificio di Torviscoa si fa più concreto. Infatti oltre a un possibile ritardo della valutazione tecnico-legale chiesto all’Avvocatura della Regione, una parte della maggioranza è convinta che la delibera in giunta non possa precedere i lavori del Consiglio straordinario convocato per il 23 giugno. Per il capogruppo della Margherita Cristiano Degano e per quello dei Cittadini Bruno Malattia, vista la delicatezza della questione, sarebbe più opportuno che la giunta attendesse la conclusione dell’iter consiliare. Il diessino Bruno Zvech invece si ferma al «riconoscimento delle prerogative tra esecutivo e Consiglio».
«La giunta farebbe bene - spiega Bruno Malattia - ad attendere prima di esaminare l’autorizzazione e anche a partecipare attivamente al prossimo Consiglio prendendo in considerazione i suoi indirizzi. L’importante è che, dopo tutte le polemiche, sia arrivata la fase di approfondimento e delle analisi tecniche. Sono da sempre contrario a interventi dirigistici della politica ma anche a non cedere alle pressioni della piazza. Il problema del cementificio non è ancora risolto ma c’è una maggiore attenzione ai livelli di trasparenza. Credo che anche il presidente Illy stia attraversando una fase di riflessione».
Se la questione politica scatenata dal caso Torviscosa ha solo sfiorato i Cittadini, nella Margherita ha generato alcune frizioni. «Non abbiamno dubbi sulla necessità di dare il via libera in regione a elettrodotti, Tav o alla terza corsia dell’A4 - spiega il capogruppo Cristiano Degano - anche perché, nonostante le problematiche ambientali, sono opere decisive per il futuro della nostra area. Non siamo quelli che dicono no a priori. Ma su tutte le infrastrutture, e quindi anche sul cementificio, è imprescindibile avere tutte le garanzie sull’impatto ambientale e le procedure devono essere inattaccabili dal punto di vista tecnico e giuridico. Posto che la mozione presentata dalla Cdl aveva da eccepire sul metodo e non sul merito, e i passaggi in commissione hanno chiarito la loro richiesta, ritengo che il passaggio in Aula il 23 maggio sia comunque importante. Auspico che la giunta, che ha piena autonomia sulle sue scelte di cui si assume le sue responsabilità, esamini la delibera al termine dell’iter consigliare».
Più defilata è invece la posizione del segretario regionale dei Ds Bruno Zvech. «L’attività leglislativa e quella amministrativa godono di una loro autonomia anche se in questi quattro anni le rispettive funzioni hanno sempre trovato una felice sintesi - dice il consigliere della Quercia -. Sono già state attivate le commissione affinché tutti possano avere a disposizione in modo chiaro la procedura. In Consiglio approfondiremo la discussione e penso che la maggioranza resterà compatta. Il deficit di democrazia, sottolineato da più parti, viene smentito dai fatti. Noi come Ulivo peraltro ci siamo confrontati in più occasioni con i sindaci e con i comitati territoriali avversi al progetto. Anche all’interno dei Ds, alla fine del percorso, troveremo una sintesi».
ci.es.

 

 

Ambientalisti in piazza: pacifica la marcia a Trieste contro rigassificatori, cementificio e Tav - «La giunta Fvg ci esclude»: mille in corteo

 

Molte le «anime» del serpentone: Cobas scuola, anarchici, Rifondazione, comitati ecologisti. Dario Antonaz: «In 4 anni nulla di positivo»

TRIESTE Adulti, bambini, cani, striscioni, bandiere, altoparlanti, parole, musica. Circa un migliaio di persone (ma sei-settecento per la Questura, oltre duemila per gli organizzatori) hanno sfilato ieri da piazza Libertà al palazzo del Consiglio regionale per dire no a rigassificatori, cementificio, Tav. E per rivendicare il proprio diritto a partecipare alle decisioni sul futuro del territorio. Cioè della popolazione.

La partita ambientale contro la giunta regionale di Riccardo Illy? Certo, ci sono tanti cittadini: il comitato anti-cementificio, quello anti-Tav, contro la cava di Raveo, quello spontaneo contro la Ferriera... Ambiente, ma non solo. «C’è una società - spiega per l’associazione Ya Basta Andrea Olivieri - che si rende conto che siamo già in mezzo alla catastrofe ecologica, ambientale e, aggiungo, sociale, perché produce precarietà del lavoro ed emarginazione: non progresso, ma devastazione per il profitto. Mentre l’unica risorsa che abbiamo sono i beni comuni che ci circondano: acqua, aria, terra e saperi». Per questo il serpentone vede saldarsi anime diverse: dai Cobas scuola alle Cub Rdb, dal gruppo «Ian Malcolm» di ricercatori della Sissa agli anarchici di Germinal. È la «Rete contro lo sviluppo insostenibile», che respinge l’etichetta di «quelli che non nel mio cortile»: perché «il nostro cortile è tutta la Regione» dice Carlo Visintini, portavoce dei centri sociali.
Al centro della protesta, non c’è affatto il Forum G8-Unesco (sebbene «non privo di contraddizioni e ambiguità»), bensì una Regione da cui il popolo della «Rete» si sente escluso, totalmente. «La giunta Illy deve dimettersi», aggiunge Visintini: «Chi ci governa, chi ci comanda, non ha in considerazione la vita». «Vergogna alla giunta Illy» sparano gli altoparlanti, ma anche «vergogna alla giunta Dipiazza» che sega le panchine e «a Prodi che manda le cariche di polizia contro i cittadini che manifestano», mentre dal G8 «dice sì a gassificatori e Tav».
Il serpentone si snoda in un dispiegamento di forze dell’ordine imponente, ma nessuna tensione si verifica. Infine l’arrivo in piazza Oberdan, davanti a un Palazzo transennato a separare la piazza dall’ingresso. Ecco Lorenzo Ferigutti, assessore all’Ambiente di Bagnaria Arsa: «Noi vogliamo essere con la gente, per la buona amministrazione che abbia un senso democratico in cui le scelte che si fanno a tutti i livelli hanno bisogno di essere concertate e non calate con violenza sul territorio».
E c’è frattura dentro Intesa democratica. Al corteo partecipano i Verdi con Gianni Pizzati e il consigliere regionale Alessandro Metz, il Pdci con Giuliana Zagabria. E ci sono le bandiere di Rifondazione comunista, presenti i due consiglieri regionali Pio De Angelis e Igor Kocijancic. Verdi e Pdci si sono dichiarati al fianco della manifestazione, sottolineando il «vulnus al programma di Intesa», come dice Pizzati, rappresentato dall’avere abdicato al metodo del confronto. Ma tra le bandiere di Rc - che a livello regionale non ha aderito alla manifestazione, e con l’assessore Roberto Antonaz l’ha tacciata di «ambiguità» - c’è disagio. «Lunedì - dice De Angelis guardando le transenne - rientreremo nel Palazzo per portare anche ai piani più alti le stesse istanze che oggi sono state tenute lontane». L’invito a Id, insomma, è «ad aprire un confronto». Ma Dario Antonaz, da «Sinistra critica», non ha dubbi: «La sinistra in Regione è al governo da quattro anni e nulla di veramente positivo su vari fronti è stato fatto. Personalmente sarei per uscire dalla maggioranza regionale», dice il figlio dell’assessore. Davanti al Palazzo, ecco depositati una decina di barattoli di caffè Illy. Pieni di cemento. «Que se vayan todos!», se ne vadano tutti, sparano gli altoparlanti.

Paola Bolis

 

 

Protestano i ricercatori della Sissa - I giovani precari e il Comitato Sos Muggia a fianco della Rete degli artisti contro il G8

 

TRIESTE Tra gli aderenti alla Rete ambientalista che ieri hanno dato vita alla manifestazione di protesta attraverso le vie del centro di Trieste, c’era anche un gruppo di giovani ricercatori della Sissa. Una ventina di ragazzi, peraltro tutti attualmente costretti a fare i conti con il precariato: hanno voluto dire ai vari comitati «siamo al vostro fianco», con la loro presenza e attraverso uno striscione eloquente «Per la ricerca meno parole, più numeri».
«Siamo qui per sottolineare il fatto che questa non è una società basata sulla conoscenza, come si sostiene al Forum G8 - spiega Luca Tornatore, portavoce del gruppo Ian Malcolm - ma imprigionata dalla stessa. Solo le persone che sono al potere sanno davvero come stanno le cose. La gente invece dovrebbe essere informata, messa in condizione di potere decidere cos’è giusto e cosa, invece, va modificato». Tornatore poi continua: «Avevamo invitato gli scienziati presenti al Forum a partecipare al corteo. Tuttavia, a qualcuno di loro è stato addirittura impedito di raggiungerci, per paura che forse potesse parlare davvero della conoscenza reale. Il quarto Report Onu sull’ambiente, pubblicato di recente, dice che il Pianeta si sta scaldando sempre più e il clima continua a cambiare. Sono dati inequivocabili, il guaio ormai è fatto: non è più possibile ritornare indietro. Però, a esempio sui rigassificatori, Prodi dice che non possiamo perdere il treno. E questa sarebbe una società basata sulla conoscenza? Di cosa hanno parlato dentro la Stazione marittima in questi tre giorni?».
La protesta ha abbracciato tutte le questioni di grande attualità in Friuli Venezia Giulia dal punto di vista dell’impatto ambientale. Dalla Tav ai rigassificatori, dal cementificio di Torviscosa alla cava di gesso di Raveo. «Oggi (ieri, ndr) assistiamo a un coro di no degli ambientalisti - spiega Giancarlo Pastoritti del Comitato No Tav Bagnaria - ma pure di chi vuole tutelare la finanza pubblica contro gli sprechi. Qui c’è chi ha il vero senso dello Stato. Noi abbiamo cercato il dialogo con Illy, Moretton e Sonego, ma nessuno di loro si è mai presentato a un appuntamento».
Mariella Colarich del Comitato Sos Muggia rincara la dose: «Sarebbe ora di essere ascoltati. I rigassificatori sono solo l’ultimo problema di una lista molto lunga». Ed esibisce un manifesto con due scritte: «Golfo de Trieste» abbinata a un pesce colorato e, subito sotto, «Golfo de Illy», con al fianco una lisca mal ridotta.
A metà del serpentone umano che si muove verso piazza Oberdan c’è Edvino Ugolini, in rappresentanza della Rete degli artisti contro il G8. «Siamo un movimento pacifista - dice - che vuole dimostrare la propria solidarietà agli altri comitati. Questa è una protesta che può servire perché è fatta dai cittadini».
Danilo Peric, arrivato in città da Monfalcone, sottolinea: «Nessuno ha consultato mai la gente prima di proporre questi progetti. Invece, per opere del genere, c’è la necessità di un referendum per dare voce alle persone. La protesta è trasversale dal punto di vista politico, non si tratta di destra o sinistra».

Matteo Unterweger

 

 

Mucillagini e inquinamento nel golfo a causa del mare sempre più caldo

 

Dalla Riserva di Miramare viene segnalato l’avvistamento ormai frequente di specie tipiche del Mediterraneo come il pesce balestra

Sale la preoccupazione per l’avanzare di mucillagini e meduse nell’assolato golfo di Trieste. Il fenomeno potrebbe infatti arrivare a pregiudicare, in caso di eccessiva proliferazione dei microorganismi, la stagione balneare 2007. Alla segnalazione dell’Istituto nazionale di Oceanografia, ieri, sono seguite le considerazioni del biologo marino Roberto Odorico, attivista del Wwf impiegato alla Riserva marina di Miramare. «È un dato di fatto - esordisce - che negli ultimi anni la temperatura dell’acqua si sia notevolmente innalzata, al punto da favorire l’avvistamento sempre più frequente, nel golfo triestino, di specie marine tipiche del Mediterraneo, come il pesce balestra. In assenza di mareggiate e clima rigido, quest’anno il mare è rimasto in pratica fermo, impedendo un’adeguata ossigenazione dei fondali». «E l’assenza di ricambio - aggiunge Odorico - non è mai un fattore positivo: nè per l’ambiente nè per la pesca. Altro aspetto da rilevare, quello della fauna marina, che ha popolato il litorale con grande anticipo rispetto al normale ciclo: il rischio - esattamente come per l’agricoltura - è di perdere il "raccolto" in caso di improvvisa inversione delle condizioni meteo». E le mucillagini? «Sono determinate da forme di stress dei microorganismi - replica Odorico - che emettono, in conseguenza di questo stato, polisaccaridi incapaci di sciogliersi nell’acqua. Difficile, allo stato attuale, prevedere come si evolverà il fenomeno».
Ma l'allerta non riguarda solo le mucillagini. Ieri, si sono infatti aggiunti nuovi timori da parte dei pescatori. «Come si prevedeva - esordisce Guido Doz, responsabile regionale dell'Agci Agrital - dopo le analisi microbiologiche sfavorevoli per la presenza di colifecali in golfo, è puntualmente arrivata l'ordinanza del Dipartimento di prevenzione dell'Ass, che ha disposto l'invio dei molluschi dalla zona di produzione di Lazzaretto alla depurazione, prima dell'immissione al consumo». Doz conviene sul fatto che sia «necessario intervenire immediatamente». «Ma i danni che subiamo da queste forme di inquinamento - aggiunge - sono rilevanti in termini di costi per le aziende. E, soprattutto, di immagine del prodotto. Il mondo della pesca e dell'acquacoltura non deve essere da solo a pagare tutte le conseguenze della malagestione in termini ambientali: ci vuole una severa sorveglianza a monte, anche da parte degli organi di polizia e della capitaneria di porto».
Doz riferisce che da molti anni il golfo viene utilizzato per lo scarico delle fogne di Trieste e di tutti i Comuni che vi si affacciano. «Le leggi - puntualizza - prevedono che i liquami debbano essere trattati prima di essere riversati in mare, affinché le acque, grazie ai batteri decompositori, li possano depurare». Ora il punto è che «le fogne stanno scaricando più liquami di quanto i batteri decompositori riescano a trasformare in innocui sali minerali. Lo si evince dalle ultime analisi microbiologiche effettuate dall'Arpa nella zona di Muggia. Si sta esagerando: è giunto il momento di essere inflessibili con chi non rispetta le regole e inquina». «Il golfo di Trieste sta diventando una pattumiera», conclude Doz.
ti.ca.

 

 

Rifiuti di giardini: «Si agevoli lo smaltimento ecologico»

 

A Barcola, Grignano e nella zona di via Bonomea sono molti i cittadini proprietari di una casetta con giardino, che chiedono un «riconoscimento» da parte del Comune perché utilizzano il composter come metodo di smaltimento dei rifiuti organici e in questo modo, di fatto, riciclano una parte significativa dei rifiuti domestici. «In sostanza vorrebbero degli incentivi- spiega Andrea Brandolisio, consigliere della Margherita della terza circoscrizione -, come ad esempio avviene nel comune di Pradamano, che non solo offre il composter a titolo gratuito a quanti lo richiedono, ma soprattutto pratica uno sconto del 15% sulla Tarsu ai cittadini volonterosi che usano questo differenziato di smaltimento. Anche il Comune di Duino Aurisina - aggiunge - ha attivato una campagna similare di sensibilizzazione, però senza concedere provvedimenti concreti. Il tema è molto sentito anche negli altri Comuni minori della nostra provincia».
In coerenza con quanto appena affermato Brandolisio ha presentato una mozione in circoscrizione, passata all’unanimità, nella quale, rispondendo alle sollecitazioni dei cittadini, chiede che il Municipio promuova delle azioni atte ad agevolare lo smaltimento dei rifiuti organici e la possibilità di fornire ai cittadini gratuitamente il composter con una eventuale tariffa agevolata per la Tarsu.
d.c.

 

 
San Dorligo, in Comune il nodo del Corridoio 5
 
Riunione fiume venerdì del consiglio comunale di San Dorligo della Valle. Nodo della discussione una mozione di Giorgio Jercog (Oltre il polo), contraria a un attraversamento del comune da parte del Corridoio 5. La maggioranza ha proposto un emendamento meno drastico, impegnandosi solo ad informare la popolazione. Ne sono seguite vivaci discussioni, anche in maggioranza. Emendamento alla fine respinto da Jercog, che poi si è però visto bocciare la mozione.Rinviata ad un’altra seduta una mozione di Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) che chiedeva verifiche sulle concessioni per i terrazzamenti artificiali a Monte d’Oro.

 

 
Trebiciano, la Snam «salverà» lo stagno - La Comunella: impianti da rimuovere
 
TREBICIANO I volontari della Comunella di Trebiciano hanno appena concluso l’annuale pulizia di un antico stagno situato nelle vicinanze della frazione. Un piccolo ecosistema al quale la comunità locale è molto legata, testimonianza di un passato rurale e di costumi e tradizioni ancora in uso dopo la seconda guerra mondiale.
I volontari della Comunella di Trebiciano continuano a assicurare la manutenzione del sito, provvedendo a falciare l’erba, a potare alberi e arbusti, a raccogliere carte e lattine. Il vecchio «kal» (che in sloveno sta per stagno) è situato in direzione Gropada, e nel passato era utilizzato per abbeverare il bestiame.
«In tempi più recenti – spiega David Malalan, presidente della Comunella –, circa trent’anni orsono, la Snam ha posizionato all’interno della pozza d’acqua alcune attrezzature necessarie alla dispersione galvanica, utili alla salvaguardia delle linee del vicino metanodotto. L’intervento – continua Malalan – ha previsto anche una serie di scavi profondi nello stagno. Rilevamenti che purtroppo hanno destabilizzato il delicato ecosistema, da quel momento incapace di trattenere l’acqua».
Il piccolo «disastro» ecologico non è stato digerito dalla comunità di Trebiciano. Così qualche anno fa la Comunella, in accordo con gli insegnanti e i piccoli alunni della scuola elementare Pinko Tomazic, ha iniziato a lavorare per tentare di ridare vita all’amato stagno. Accanto alla manutenzione del sito, la zona umida necessita di un intervento di riqualificazione più attento e approfondito.
Nella pianificazione del futuro del laghetto è stato coinvolto anche il Civico museo di storia naturale, che sta supportando alunni e volontari nel ripristino. Ma la rinascita e la stabilizzazione dello stagno risulterà possibile solo se il fondo della pozza verrà consolidato. Per tale ragione, nei prossimi giorni, la Comunella di Trebiciano si confronterà con la Snam, dichiaratasi disponibile a un confronto risolutivo per tentare di ridare stabilità al delicato ecosistema.
«I tecnici di quella azienda – afferma David Malalan – ci hanno detto di essere disponibili a trasferire i loro impianti in altra sede. Speriamo dunque di riuscire a trovare il modo di coniugare le esigenze della Snam e quelle della nostra comunità, intenzionata fortissimamente a ripristinare definitivamente il vecchio kal».
m.l.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 12 maggio 2007

 

 

Rubbia: ridurre i consumi entro 10 anni  - Il Premio Nobel: siamo al disastro ambientale ma per sostituire il petrolio servono tempi lunghi

 

L’innovazione il tema della seconda giornata del G8. Il vicepresidente Microsoft Paolucci: «È il principale fattore di crescita economica»

TRIESTE Clima, energia, salute, ricerca o sviluppo sostenibile: i temi principali della seconda giornata del Forum mondiale G8-Unesco che si chiude oggi a Trieste si sono accentrati attorno al contributo dell'innovazione, diventata «una delle religioni del 21.o secolo». Numerose le proposte concrete da parte di vari scienziati ma anche valutazioni teoretiche.
Sul versante del rapporto ricerca-industria-innovazione, i relatori hanno sottolineato l'importanza di lavorare anzitutto con i più giovani «per avere successo». «Si potrebbe trarre spunto magari da altri Paesi che insegnano fin dall'asilo materie legate alla cultura dell'imprenditorialità» ha notato il presidente dell'Area Science Park Giancarlo Michellone, coordinatore di una delle sessioni del Forum.
D'accordo anche il delegato della Banca Mondiale Bruno Lanvin, intervenuto anche sull'importanza della comunicazione attraverso Internet. Da parte sua anche il numero due della Microsoft Umberto Paolucci ha sottolineato che «l'innovazione tecnologica è uno dei principali fattori per lo sviluppo dell'economia e per l'incremento del benessere generale». «L'innovazione è il fulcro della società della conoscenza - ha aggiunto - che domina lo scenario del prossimo futuro e l'informatica è la base dell'innovazione». Secondo il presidente Microsoft Italia e vicepresidente Microsoft Corporation «per sostenere e consolidare l'innovazione occorre in seguito rimuovere le barriere che frenano lo sviluppo della società digitale». In questo contesto, la collaborazione tra pubblico e privato si presenta però fondamentale per garantire lo sviluppo tecnologico «in linea con le nuove frontiere dell'informatica e facendo tesoro dei risultati della ricerca, dello sviluppo e dell'esperienza di utilizzo dell'informatica a livello internazionale».
Per quanto riguarda l'energia, il Premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia ha ricordato che «siamo di fronte a una nuova dimensione, visto che le poche quantità di fotovaltaico o eolico non potranno rimpiazzare tutta l'enormità di consumi che vengono dai fossili». «Eppure - si è chiesto Rubbia - cosa sarà dell'umanità senza abbondanza di energia fossile e qual è il suo sostituto?. Con o senza rigassificatori, per esempio, non cambieremo la società, visto i miliardi di tonnellate di anidride carbonica che stiamo oggi emettendo».
Secondo il Premio Nobel nato a Gorizia, il problema ha un dimensione planetaria e un singolo Paese non è in grado di risolverlo, visto il legame stretto con i cambiamenti climatici. Per quanto riguarda il clima, la realtà è che «siamo già nel bel mezzo del disastro e i tempi tecnici per risolvere il probloema sono lunghi». Insomma, «il messaggio degli scienziati è molto semplice, se non avremo cambiato modo di vivere in circa 10-15 anni ci sarà la scomparsa di specie animali, deforestazione, calure straordinarie, l'Italia potrà non avere acqua».
Rubbia ha fatto inoltre l'esempio del deserto del Sahara, che 20 mila anni era una foresta. «Ora sappiamo - ha aggiunto - che negli ultimi 20-30 anni a causa dei cambiamenti climatici questa linea di separazione fra deserto e un posto vivibile si sta spostando verso Nord e quello che è vero oggi per la Tunisia sarà realtà fra 20-50 anni per la Sicilia». In questo contesto, secondo Rubbia, subentra il ruolo fondamentale dei governi che si dovrebbero mettere d'accordo al più presto e delineare una posizione globale per contrastare i cambiamenti climatici. Il tutto, accompagnato da un cambio di mentalità.
Gabriela Preda

 

 

Oggi la protesta della Rete ambientalista ma la marcia non entrerà nella Zona rossa

 

Il ritrovo alle 15 in piazza Oberdan. Gli organizzatori: «Siamo contro Regione e Comune, non l’Onu»

Il tam tam su Internet ha raccolto l’adesione di circa 20 sodalizi ma è incerto il numero dei partecipanti. De Toni: «Forti irregolarità nelle procedure seguite da Illy»

TRIESTE «I cittadini di Trieste si trovano di fronte a un bivio: o accettano passivamente un futuro fatto di rigassificatori, antenne ovunque, Tav sotto il Carso, cementificazione della costa e degli ultimi spazi verdi, oppure scendono in piazza e rivendicano spazi di democrazia».
È una chiamata a raccolta dell’intera popolazione quella lanciata dalla «Rete regionale contro lo sviluppo insostenibile». Un appello a fare sentire la propria voce e a ingrossare le fila del corteo che si snoderà per le vie del centro, per dire no alle scelte di politica ambientale calate dall’alto.
I manifestanti si ritroveranno questo pomeriggio alle 15 in piazza Oberdan e sfileranno lungo corso Cavour, via Valdirivo, via Roma, corso Italia, piazza Goldoni e via Carducci, per fermarsi simbolicamente poi sotto il Consiglio regionale. Gli organizzatori escludono fuori programma e tentativi d’invasione della «zona rossa» riservata ai delegati del Forum. Il vero bersaglio, infatti, non è il G8-Unesco, ma «il gioco sporco di chi governa Regione e Comune, pronto a barattare le esigenze del territorio e la salute delle popolazioni in nome di puri interessi economici».
Ancora incerto il numero dei partecipanti. Il tam tam lanciato su Internet ha portato all’adesione di una ventina di comitati, provenienti anche da altre regioni, non tradotta però in conferme ufficiali sulle presenze. Di sicuro c’è però l’interesse suscitato dalla mobilitazione: lo speciale sul Forum G8-Unesco creato sul sito globalproject.info un paio di settimane è stato visitato da oltre un migliaio di persone e, da mercoledì, si è registrata una media di oltre 100 contatti al giorno.
Le motivazioni dei partecipanti alla manifestazione di questo pomeriggio sono state illustrate già ieri nel corso di un’assemblea dal titolo: «Imprevedibili sviluppi contro lo sviluppo imprevedibile». Si è parlato di biopolitica, tema sviluppato da Andrea Fumagalli, docente di Economia politica all’Università di Pavia, e del cementificio di Torviscosa, che l’attivista Paolo de Toni, anima di tante lotte ambientaliste, ha definito in questo momento «la madre di tutte le battaglie». «Se vinceremo quella, riusciremo a fare il colpo grosso - ha affermato de Toni -. Le possibilità per un successo ci sono: le carte evidenziano forti irregolarità nelle procedure seguite dalla giunta Illy. Irregolarità che verranno presto portate davanti al Tar e in Procura».
Ma si è discusso anche di basi militari ed «effetti sul territorio della guerra permanente», grazie alla testimonianza di Stefano Raspa del Comitato unitario contro Aviano 2000, di gestore unico dei trasporti, tema sviluppato da Willy Puglia delle Rdb, e poi, ovviamente degli impianti di Gnl, e non solo di quelli previsti a Trieste. Seduta nell’aula magna della Facoltà di lettere, infatti, c’era anche Beatrice Bardelli, pisana, rappresentante del Comitato contro i rigassificatori di Pisa e Livorno. «Sono qui per portare la mia testimonianza e la mia solidarietà agli amici di Trieste - ha spiegato Bardelli, subito dopo avere donato una t-shirt con la scritta «No off-shore» al presidente del Comitato Monte d’Ora, Giorgio Jercog -. Tra noi è nato una sorta di patto di mutuo soccorso, che prende le mosse da un’identica situazione di negazione dei diritti».
Proprio quello dei diritti negati è il filo rosso che lega tutte le voci del coro contro lo sviluppo insostenibile. Ne parla Katarina del gruppo Autoassegnatari di case Ater («dobbiamo vigilare sui tanti esempi di speculazione che ci troviamo quotidianamente sotto gli occhi, nelle politiche ambientali come in quelle abitative). Ne parlano Egle Tarasich del Comitato per la difesa del litorale carsico e Liviana Andreossi dell’omologo gruppo di Monfalcone. «Le richieste di democrazia partecipata vengono continuamente disattese - commentano -. Casi come il cementificio di Torviscosa o la stessa Baia di Sistiana dimostrano come alla base di tutto ci sia sempre e solo il business. La gente dovrebbe essere consultata quando in gioco c’è il futuro del territorio in cui abita. Esiste anche Agenda 21, no? Eppure anche quello si sta rivelando fumo negli occhi. Chi gestisce in questo momento i progetti di sviluppo ambientale della nostra regione, sta ottenendo l’unico risultato di allontanare la gente».
«Io sono qui per capire come stanno davvero le cose, anche perchè di danni all’ambiente ne sò qualcosa - aggiunge Rosaria Marzi, residente a Duino, ma originaria di Francavalle a Mare in provincia di Rieti -. Il mio paese era una perla dell’Adriatico, oggi invece sembra una Milano sul mare. Colpa di una politica di cementificazione selvaggia».

Maddalena Rebecca

 

 

Dubbi sul cementificio, slitta la delibera  - Le perplessità dell’Avvocatura della Regione. Il nodo restano i rilevamenti Arpa

 

Gottardo: «Perché solo ora la giunta chiede un parere legale?». Confermata la seduta straordinaria del 23 maggio

Perché gli uffici dell’Avvocato della Regione Enzo Bevilacqua avrebbero sollevato dei dubbi su alcuni passaggi tecnici del documento. Era stato il presidente Riccardo Illy nella giornata di giovedì a comunicare che la giunta «attendeva il via libera dell’Avvocatura» per poi autorizzare la fase attuativa del progetto presentato dalla Cementi Nord-Est. Ma è evidente che la Regione non può permettersi di affrontare rischi sulla procedura in una vicenda che sta creando una forte tensione politica e tra gli abitanti della Bassa.
E invece, da quanto è emerso nell’audizione di giovedì in Consiglio, i dubbi non mancano. In particolare il passaggio più delicato è quello che riguarda il posizionamento delle centraline per la misurazione degli ossidi di azoto (NOx) evidenziato dalla relazione dell’Arpa. Un problema sollevato in Aula, con tanto di documentazione, anche dai consiglieri Alessandro Metz e Mauro Travanut.
IL NODO «A parere di Arpa Fvg - si legge nel verbale della commissione Via del 28 marzo - i punti di campionamento destinati alla protezione degli ecosistemi e della vegetazione devono essere rappresentativi di aree vaste. I siti di ubicazione attuale delle due centraline rispondono a quanto previsto per il monitoraggio della qualità dell’aria, ma non sono ritenuti idonei ai fini della verifica del rispetto del limite annuale per la protezione della vegetazione».
Il caso in cui i dati scientifici siano insufficienti o incerti è prevista l’applicazione del principio di precauzione (codificata dall’Onu e ratficato dall’Ue nel 2000) poichè non è possibile stabilire se gli effetti di interventi sul territorio superino i parametri di protezione Ue. Principio peraltro al quale aveva fatto riferimento il Via nella riunione del 7 marzo nel cui verbale si precisava «che al momento non si riteneva sussistessero i presupposti per poter ipotizzare la proposta di un parere favorevole». Nel verbale del 28 marzo il principio di precauzione sparisce. A seguito delle precisazioni fornite dall’Arpa infine, nel testo definitivo licenziato dal Via, si legge che i dati rilevati (dell’NOx) non possono essere utilizzati per la valutazione dei livelli di inquinamento e viene quindi a «cadere il principale motivo di contrarietà del Via». Ma non è questo l’unico punto. Anche il superamento dei parametri atmosferici, come riferito dall’Ass, sono fuori norma. «I dati tecnico-scientifici depositati in Commissione sono incontrovertibili - ha sottolineato a fine commissione il diessino Mauro Travanut».
IL CENTRODESTRA Ma sulla questione legale legata al cementificio prende posizione anche il coordinatore di Forza Italia Isidoro Gottardo. «Illy era così certo che tutto fosse a posto, al punto da affermare che se non avesse rilasciato quella autorizzazione i richiedenti avrebbero avuto diritto di chiedere i danni - dice il forzista -. Ma se era così adesso perché ricorre a pareri legali. Cioò che pensiamo è che i pareri legali più che a confortare sulla correttezza delle procedure, servano per mettere a posto ciò che non lo è. Ma così facendo - continua Gottardo - la giunta si comporta da soggetto autonomo ed indipendente oppure è organo di parte? Tuttavia, il duro confronto in atto, un risultato lo sta conseguendo: quello di aprire uno squarcio di trasparenza e di chiarezza su questa vicenda piena di arroganza e presunzione. Con l’autoconvocazione del Consiglio da parte delle opposizioni i consiglieri potranno non solo audire ma anche esprimersi».
LE TAPPE Detto del possibile slittamento dell’esame in giunta della delibera sul cementificio, che potrebbe tenersi, dopo il Consiglio straordinario del 23 maggio il prossimo appuntamento è per lunedì 14 con la seconda e definitiva audizione in Quarta commissione.
L’assemblea presieduta da Uberto Fortuna Drossi sentirà i sindaci dei comuni della Bassa, le associazioni e i comitati dei cittadini.

 

 
I sindaci del no: ricorso automatico al Tar  - Riunione tra i Comuni contrari allo stabilmento. Cervignano spera ancora in una «soluzione politica»
 
Bagnaria Arsa guida l’offensiva: «Se la giunta vota sì, andiamo dai giudici»
TRIESTE La politica invita Riccardo Illy a ripensarci. A non fare il «tecnico». A tener conto anche del fattore camion: 350 transiti al giorno fanno paura. Ma, preventivamente, i Comuni del «no» hanno già fatto la loro scelta: «Se la delibera del via libera al cementificio passa in giunta il ricorso al Tar diventerà automatico» dice Anselmo Bertossi, sindaco di Bagnaria Arsa. E aggiunge: «Speriamo si tratti solo di un’arma di dissuasione».
IL RICORSO Giovedì sera, mentre a Trivignano Udinese Ds e Dl dibattevano con gli amministratori locali, a Bagnaria Bertossi si è incontrato con Cecilia Schiff, sindaco di Porpetto, e Fulvio Tomasin, il collega di Terzo d’Aquileia che rappresentava anche Cervignano, e adesso, sentito il parere di alcuni legali, non ha dubbi: «Siamo pronti al Tar anche se, ovviamente, ci auguriamo che si possa evitare di arrivare fin lì». Con Bertossi c’è anche Porpetto, come Bagnaria a maggioranza centrodestra. «È una scelta che va ponderata – dice il sindaco Schiff – ma la volontà è quella di un ricorso a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini». Secondo Bertossi anche i Comuni di centrosinistra ci staranno ma Pietro Paviotti, sindaco di Cervignano, frena un po’: «La via della politica è sempre preferibile a quella giudiziaria».
IL VARCO Ma la via politica risolverà il caso? Mauro Travanut, dopo tanti giorni di «resistenza», vede un varco: «Credo che il presidente Illy, dopo quanto è emerso giovedì in audizione, inizi ad avere dei dubbi». Gli argomenti del capogruppo diessino non sono cambiati: «La contrarietà dell’Azienda sanitaria, l’inquinamento certificato della zona di Torviscosa, i 12 “no” della commissione Via di febbraio su 15 parametri, poi mutati con un atto apparentemente miracolistico, sono elementi di ostacolo oggettivo al cementificio. Vediamo che diranno i sindaci in audizione lunedì, dopo di che la quarta commissione darà un indirizzo politico forte su questa vicenda».
IL VERTICE Il vertice di maggioranza con Illy? «Inutile» secondo Travanut. «Che senso avrebbe riunire Intesa su una fabbrica di cemento che, tra l’altro, emerge con chiarezza che non va fatta? – prosegue il capogruppo della Quercia –. Illy dovrà invece riunire la maggioranza sulle grandi strategie della Regione, soprattutto in prospettiva elezioni 2008. Sarebbe ridicolo che ci ritrovassimo tutti assieme a parlare del cementificio».
I CAMION A sinistra i dubbi, dopo l’audizione di due giorni fa, sono aumentati. A preoccupare è anche quel dato dei 100 camion al giorno e di un numero di passaggi triplo. «Sentiti i tecnici dell’Arpa e soprattutto quelli dell’Azienda sanitaria – sostiene Bruna Zorzini (Pdci) – l’impressione è che davvero Intesa debba riflettere su un’operazione che andrebbe ad aggiungersi a una realtà in cui gli indici di inquinamento sono già oltre il limite di legge. Impensabile che con un cementificio in più e un traffico ingigantito la situazione possa migliorare, anzi».
LO SVILUPPO La Zorzini ce l’ha con l’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton: «Fa orecchie da mercante. Ma che potrà dire lunedì al cospetto dei sindaci che gli porranno sul tavolo il tema dello sviluppo del territorio e gli chiederanno a che serve un cementificio che per cinquant’anni emetterà sostanze inquinanti, riempirà strade di camion e alzerà il tasso di inquinamento? Che dire a Illy? Per l’ennesima volta lo invitiamo ad ascoltare la preoccupazione dei territori e a cercare di capire le ragioni di gente che non dice solo di no ma pensa a un tipo diverso di sviluppo».
Marco Ballico

 

 
«Sul gas Trieste imiti la Bassa» - L’appello di Wwf e Legambiente. Audizioni su Torviscosa, Metz insoddisfatto
 
TRIESTE «Bisognerebbe che i Comuni della provincia di Trieste esprimessero con forza la contrarietà ai rigassificatori di Trieste, come hanno fatto quelli della Bassa sul cementificio di Torviscosa». Lo affermano Wwf e Legambiente, ritenendo che una levata di scudi potrebbe rallentare le decisioni della giunta regionale: «L'espressione di un parere favorevole assumerebbe valenza di una drastica contrapposizione nei confronti dei Comuni e, quindi, di un’irrispettosa sottovalutazione delle loro ragioni».
Alessandro Metz, intanto, torna sul «caso cementificio». E sull’audizione di giovedì: «Non mi hanno risposto. Perché non c’era risposta. Per evitare che la questione fosse posta in maniera ideologica o preconcetta – spiega il consigliere dei Verdi –, ho chiesto chiarimenti precisi. Le risposte avute, e non avute, dai tecnici presenti hanno rafforzato le mie perplessità».
A una domanda in particolare, prosegue Metz, «nessuno è stato in grado di rispondere efficacemente: come sia stato possibile passare da un’istruttoria del servizio regionale Via, presentata il 7 febbraio, con parere assolutamente negativo a un parere positivo della commissione Via del 28 marzo». Il nodo è quello noto: come è stato possibile dare il via libera al progetto pur in presenza di dati non certi sull’inquinamento ambientale. «Siccome tutta la questione sembra modificarsi sulla spiegazione Arpa in merito al posizionamento delle centraline, inidonee a registrare i livelli di inquinamento verso gli ecosistemi e l'ambiente – spiega ancora l’esponente dei Verdi –, ho evidenziato che quanto affermato nella procedura rientra nel principio di precauzione: prima di nuocere si valuti con dati certi».
Altri aspetti senza risposte, insiste Metz, «sono i livelli di ozono già oggi oltre i livelli massimi di sforamento e la mancanza di uno "scenario" matematico che, a partire dai livelli di emissione di oggi, preveda la somma delle emissioni della centrale a turbogas (non ancora entrata a regime) e le emissioni previste dall'insieme del progetto cementificio (traffico veicolare più impianto)».
m.b.

 

 
Tav lungo la costa, è lite Veneto-Fvg  - La giunta Galan ipotizza un nuovo tracciato, con lo spostamento della linea ferroviaria ad alta velocità lontano dall’autostrada
 
Sonego: assurdo, Roma intervenga. La replica di Venezia: la Regione non può darci ordini
TRIESTE Costruire la linea ferroviaria ad alta velocità lungo il litorale del Friuli Venezia Giulia. È un’ipotesi che il Veneto accarezza e che il Friuli Venezia Giulia condanna. È un’ipotesi sulla cui fattibilità può nascere uno scontro politico. Di certo, c’è che il Veneto ha rinunciato al parallelismo tra Tav e A4 fino a Portogruaro, con un’apposita delibera di giunta. L’atto, che punta a semplificare la vita al progetto della terza corsia, si traduce però in una doccia fredda per il Friuli Venezia Giulia. Dietro la decisione, infatti, si legge il desiderio di favorire la costruzione della linea ferroviaria lungo la costiera, da Venezia a Trieste, passando per le località balneari friulane.
«È solo un’ipotesi, seppur bella, ma al momento non è una priorità per noi. Quello che ci interessa – taglia corto l’assessore veneto ai Trasporti Renato Chisso - è che la terza corsia sia realizzata quanto prima». Ma a mettere le mani avanti con pragmatismo ci pensa il collega friulano Lodovico Sonego che auspica un intervento rapido dei ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti: «Il federalismo dei treni va bene a patto che produca infrastrutture funzionanti e razionali. Stiamo parlando di un’infrastruttura strategica per l’Italia e l’Europa, è sbagliato dare segnali di confusione e mancanza di coordinamento proprio nel mentre il ministero sta negoziando con la Commissione europea il riparto delle dei fondi comunitari per i corridoi plurimodali». Il ministro Antonio Di Pietro, interpellato sulla vicenda, attende di valutare. Tutte le ipotesi sono allo studio per ora. In programma c’è una riunione con entrambe le regioni non ancora calendarizzata. Il desiderio del Veneto di lanciarsi in solitaria non è nuovo in materia di infrastrutture. E soprattutto di business. La prima frattura tra le due Regioni si è creata (e non ancora ricomposta) quando l’Anas ha escluso il Friuli Venezia Giulia dalla società che gestirà il passante di Mestre, indicando come unico partner il Veneto. La giunta di Giancarlo Galan, pur non avendo potere decisionale in merito, ha detto esplicitamente di non voler condividere la torta, né intende mollare la presa. Se questo in parte ha raffreddato i rapporti e il progetto di costruire il polo delle autostrade del Nord, esiste pur sempre un interesse comune per entrambe le Regioni. La realizzazione della terza corsia dell’A4. Ma anche su questo punto l’equilibrio sembra essere diventato precario. Il Veneto scalpita e chiede al Friuli Venezia Giulia di accelerare. Da qui la decisione di adottare la delibera del 17 aprile scorso con la quale l’esecutivo veneto rinuncia al parallelismo tra linea ferroviaria e autostrada A4 fino a Portogruaro. Questo consentirebbe di agevolare la realizzazione della terza corsia non solo tra Quarto D’Altino e San Donà ma anche tra San Donà e Portogruaro. Gentile e altruistica concessione? Non solo. La delibera - lo stesso Chisso riconosce l’ipotesi e la giudica «bella» – può essere letta anche in un altro modo: come la volontà di mettere la nuova infrastruttura a servizio del traffico turistico del litorale veneziano, da Jesolo a Bibione. E quindi inevitabilmente passando per il litorale del Friuli Venezia Giulia. Ma la giunta Illy non transige: «Il Friuli Venezia Giulia - evidenzia Sonego - sta discutendo con le comunità locali la migliore localizzazione della nuova ferrovia ferma restando la scelta del più stretto parallelismo con l’autostrada A4 nella tratta fra il Tagliamento e Gonars. La nostra scelta è coerente con gli studi di fattibilità fatti da Rfi e condivisi da Di Pietro e Lunardi». In serata la replica di Chisso: ««Fino a prova contraria, Lodovico Sonego è un ottimo assessore, non però in Veneto, bensì in Fvg. Per quanto riguarda l'alta capacità Ferroviaria quello che accade in Veneto deve certo essere ”sintonizzato” con quanto avviene in Friuli, ma questo non significa che può venire a darci ordini».
Martina Milia

 

 
TAV - Il diessino Travanut: «La proposta non è proponibile» - Nuove proteste dei primi cittadini
 
VILLA VICENTINA «Il parallelismo con l’autostrada A4 non è imprescindibile. Diversamente sarebbe devastato il territorio». Mauro Travanut, capogruppo regionale dei Ds, uno dei promotori del tavolo tecnico per la revisione del tracciato della Tav nella Bassa friulana, ritiene improponibile l’ipotesi veneta. E lo dice con una battuta: «Grazie ai cugini veneti del suggerimento, ma forse il nostro territorio lo conosciamo un po’ meglio noi».
Il fronte che si apre con il Veneto potrebbe invece giovare agli oppositori del progetto che anche in questi giorni stanno continuando a far sentire la loro voce: «Non è necessario creare nuove strutture, serve semplicemente un ammodernamento di quelle esistenti e un’implementazione della logistica. Lo dimostrerà presto anche uno studio edito dalla Presidenza del consiglio» afferma Mario Pischedda, sindaco di Villa Vicentina, tenacemente contrario all’alta velocità. «Notiamo una strana capacità di replica dei sostenitori del progetto che - continua Pischedda - forniscono in modo pressappochistico formule generiche buone per ogni stagione. Ci sentiamo dire che si deve procedere con la realizzazione della Tav perché l’opera è necessaria nell’ottica dello sviluppo dei trasporti, perché altrimenti stiamo fuori dall’Europa, oppure ci sentiamo dire che siamo retrogradi e contrari al progresso. E che i politici di Bruxelles, Roma e delle varie Regioni non possono aver preso tutti un abbaglio nel sostenere il Tav. Io - incalza il sindaco - non credo che il problema possa essere affrontato così, non accetto di delegare comodamente le scelte ai livelli superiori per non espormi in prima persona, e ribadisco il diritto mio e di tutti i cittadini interessati a conoscere approfonditamente tutte le informazioni a disposizione e, quindi, di esprimere un parere favorevole o contrario con la maggior competenza possibile». Un parere, quello delle amministrazioni coinvolte, che secondo Pischedda, «deve essere tenuto in considerazione da chi deve prendere la decisione finale». Lo stesso dovrebbe avvenire per il cementificio di Torviscosa, «vicenda triste perché ha reso evidente la mortificazione della politica, della rappresentanza che i cittadini hanno delegato agli eletti».
g.st.-m.mi.

 

 
L’esperta: «Le mucillagini stanno ritornando»  - Secondo Paola Del Negro solo l’arrivo della Bora può sconfiggere le fastidiose alghe
 
La ricercatrice dell’Istituto nazionale di Oceanografia (ex Lbm) pessimista sullo stato del mare, invaso anche dalle meduse
«È inutile nascondersi dietro un dito. Le mucillagini stanno iniziando ad aggregarsi anche nel golfo di Trieste. Non voglio essere allarmistica ma ci sono tutte le condizioni perché il fenomeno si estenda nei prossimi giorni. Speriamo che la Bora si metta a soffiare e scompagini queste formazioni».
Lo ha dichiarato ieri la dottoressa Paola del Negro, ricercatrice dell’Istituto nazionale di Oceanografia, il nuovo nome assunto dall’ex Istituto di Biologia marina di Aurisina.
Ieri altri ricercatori dello stesso istituto hanno «battuto» il braccio di mare che si estende da Barcola a Sistiana e all’altezza di Grignano si sono imbattuti nelle prime formazioni di mucillagini. Erano state spinte sottocosta dai cavalloni sollevati dai venti provenienti da Sud. Inoltre sul mare antistante i «Topolini» di Barcola si era aggregata una gran massa di pollini. Colore giallo sporco, galleggiavano sull’acqua invasa anche da un enorme numero di meduse della specie Aurelia aurita e da ctenofori. Una massa di gelatina compatta.
«La composizione del plancton si sta evolvendo: stiamo assistendo a una presenza di specie sempre più gelatinose. E’ un fenomeno già visto negli anni passati e potrebbe rappresentare la risposta del sistema alle nuove sollecitazioni: temperature in crescita mentre le precipitazioni e gli apporti di acque dolci sono in diminuzione» spiegano ancora i ricercatori dell’Istituto nazionale di Oceanografia di Aurisina.
Perchè si allenti l’assalto della mucillagini alla nostra costa, è necessario che inizi a soffiare con una certa intensità la Bora. Le formazioni verrebbero trascinate al largo. Utili ma non risolutivi anche i temporali annunciati in arrivo per le prossime 12-24 ore.
Per oggi sono previsti dai meteorologi sul golfo isolati e brevi rovesci nelle ore pomeridiane. I venti resteranno deboli, prevalentemente orientali. In aumento la temperatura con le massime che dovrebbero raggiungere i 26 gradi. Per domani temperatura in ulteriore crescita con il probabile superamento dei 27 gradi. Venti deboli di brezza.
Come si vede la Bora si fa desiderare e la sua assenza congiunta alle temperature in aumento dovrebbe favorire l’aggregarsi della mucillagini.
L’allarme è squillato da tempo anche perché le temperature notevolmente più alte della media, hanno contrassegnato tutto l’inverno e il primo segmento di questa primavera. L’aprile, da poco concluso, è stato per l’Alto Adriatico, Trieste e la regione, il più caldo degli ultimi 108 anni. Per gli anni antecedenti al 1900 i dati non sono completi. Inoltre nello stesso periodo di tempo sulla città non è mai piovuto. Precipitazioni pari allo zero.
Una limitata ondata di maltempo con temeprature in calo e pioggia è annunciata appena per giovedì e venerdì prossimi. Fino a quel giorno le mucillagini dovrebbero continuare ad aggregarsi.
c.e.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 11 maggio 2007

 

 
Prodi: Trieste ponte verso l’Africa  - «Al Fvg è necessaria l’alta velocità, è assurdo protestare contro la Tav»
 

Il capo del governo alla Marittima apre il Forum: «Città polo della scienza, in prima linea per lo sviluppo anche del Terzo mondo»

TRIESTE «Con Riccardo Illy abbiamo parlato di cravatte». L’autista già l’aspetta, la tappa triestina è agli sgoccioli, ma Romano Prodi indugia sotto il sole. E rifila la battuta. L’ultima in chiave triestina. Poi, però, precisa: «Ma no, scherzo, abbiamo avuto un colloquio sui rigassificatori e abbiamo parlato dei rapporti tra governo e Regione. Come sono? Buoni».
Non è nemmeno mezzogiorno. Il premier, dopo aver inaugurato il G8 Unesco world forum, sta scappando via. Se ne sta tornando a Roma dove lo attendono quelle «grane» nazionali, come le pensioni, gli statali e il Partito democratico, che non gli danno tregua (con giornalisti e telecamere) nemmeno alla Stazione Marittima.
Eppure, nell’infilarsi dentro l’auto blu, Prodi dedica l’ultima dichiarazione al Friuli Venezia Giulia. E al suo governatore con cui, mai come stavolta, si trova diviso solo dalle cravatte. Non certo dal rigassificatore nel Golfo che benedice: «Mi auguro si faccia». Non dai comitati contro la Tav che scomunica: «Ma come si fa? Si manifesta in favore della bassa velocità?». Men che meno da Trieste città della scienza che promuove a gran voce promettendo l’appoggio del governo affinché diventi sempre più un «ponte» verso l’Africa.
LA TRADIZIONE E in effetti, già quando arriva alla Marittima, dopo un dialogo fitto fitto con il governatore sulle scale e sin dentro la sala dove l’attendono centinaia di delegati, Prodi tributa a Trieste il primo elogio: «La città ha una tradizione antichissima come punto di eccellenza della scienza e come ponte tra il nord e il sud del mondo in campo scientifico. Questo forum ne è la consacrazione». Poi, il tempo di prendere posto al tavolo dei relatori tra gli anfitrioni Katepalli R. Sreenivasan e KoÏchiro Matsuura, il tempo di farsi strappare un appuntamento da Pasquale Pistorio e ascoltare le relazioni d’apertura, e il premier ritorna a Trieste. La incorona nientemeno come «modello» degli sforzi che l’Unesco persegue affinché nasca una società universale della conoscenza dove il gap tra paesi ricchi e poveri si colma: «Un modello da potenziare, ma senza accrescere strutture o burocrazie».
IL MODELLO Prodi parla pubblicamente della città che lo ospita, durante il suo intervento ufficiale un po’ in inglese e un po’ in italiano, come reclama il protocollo, e «sul protocollo, a differenza che sul terrorismo, non è possibile avere la meglio». Prima, certo, il Professore sollecita il forum a individuare le priorità e a stilare «due paginette di proposte concrete» con «indirizzi chiari e coerenti nel tempo». Prima, certo, segnala la necessità di «un legame molto forte tra scienza e conoscenza» e garantisce all’Unesco l’appoggio dell’Italia. Poi, però, passa a Trieste dove «c’è un polo scientifico cui tutta la città presta un’attenzione molto forte e ci sono punte di eccellenza come il centro di fisica teorica Abdus Salam che, da 40 anni, forma migliaia di scienziati e svolge un ruolo di raccordo con i paesi emergenti e le istituzioni scientifiche europee». Ma allora, nella consapevolezza che «con il risveglio dell’Africa il mondo sarebbe diverso», il premier si spinge oltre: «Trieste deve avere un ruolo rivolto soprattutto verso i paesi marginali o estranei al nuovo sviluppo mondiale in atto».
I RIGASSIFICATORI A quel punto arriva il coffee break, il primo, al G8-Unesco. Ma il premier non si ferma e si infila in un incontro riservato - cui partecipano il ministro Beppe Fioroni e i sottosegretari Ettore Rosato e Milos Budin - con il direttore generale dell’Unesco e il governatore del Friuli Venezia Giulia. Quando esce, però, si concede ai giornalisti e al contempo concede a Illy, nei giorni in cui le sue scelte di sviluppo economico scatenano proteste, cortei e dissidi in maggioranza, un doppio appoggio. Sui rigassificatori, innanzitutto: «Vogliamo che l’Italia abbia finalmente una politica energetica seria ed equilibrata. Abbiamo chiesto al Friuli Venezia Giulia di partecipare e la sua risposta è seria. La Regione - afferma Prodi - sta analizzando tutti gli aspetti tecnici ed ecologici, tutte le compatibilità, per poter realizzare un investimento nel modo più tranquillizzante, beneficiando delle ricadute economiche positive, ma tenendo lontani tutti i rischi per l’ambiente». Basta? Niente affatto: il premier, politicamente, benedice sin d’ora un terminal nel Golfo. «Mi auguro si faccia. Ripeto, è un lavoro comune che stiamo facendo, vedremo il risultato, ma mi auguro si faccia».
LA TAV E come ignorare l’alta velocità che il governatore difende a spada tratta nonostante i comitati sempre più numerosi e agguerriti? Prodi non ci pensa nemmeno, né perdona chi si oppone «senza se e senza ma», scendendo in piazza in Val di Susa come in Friuli Venezia Giulia: «Trieste, per me, è sempre stata una cerniera tra Est e Ovest. Ma, per esserlo, deve avere treni veloci e strade veloci tra Est e Ovest». Illy ascolta, annuisce, apprezza: la sintonia, almeno stavolta, è totale. Cravatta esclusa, s’intende.

Roberta Giani

 

 

Illy: puntiamo sul gas per tutelare l’ambiente  - «L’energia dà ricerca e risparmio, il Fvg è la regione dell’innovazione e investirà ancora»

 

Piena intesa con Prodi che ha garantito la volontà del governo di rafforzare il ruolo di Trieste nella cooperazione con i Paesi in via di sviluppo

TRIESTE Ai delegati della platea del Forum G8-Unesco, Riccardo Illy ricorda di essere arrivati nella «città della scienza» e nella «regione dell’innovazione». Una regione che secondo un rapporto dell’Emilia Romagna è «prima per capitale umano». Aggiunge, il presidente della Regione, che il Friuli Venezia Giulia sta «investendo molto in ricerca, educazione, trasferimento di conoscenza». E dopo avere citato uno sviluppo che passa «per l’innovazione», innovazione che non può essere senza attività di ricerca, il governatore punta sulla «sostenibilità che significa attenzione per l’ambiente, soprattutto in tema di energia».
E allora, il nuovo piano energetico regionale consiste delle «tre R»: risparmio energetico, ricerca di fonti alternative e rinnovabili. Ma se queste sono le scelte a lungo termine, per quello medio-breve bisogna guardare alle fonti fossili meno inquinanti. E il governatore lo ribadisce anche al Forum: se è il gas a produrre meno anidride carbonica, nel puntare sul gas «l’Italia ha fatto una scelta corretta». Scelta che significa gasdotti e rigassificatori, dice il governatore alludendo ai due impianti progettati nel Golfo di Trieste da Endesa e da Gas Natural. È questa - dirà a sessione conclusa Illy - la sua risposta ai comitati di protesta. Per intanto, ai delegati del G8-Unesco il presidente si dice «certo che il Friuli Venezia Giulia darà un piccolo contributo nel trovare le migliori forme per lo sviluppo sostenibile», da affiancarsi al «grande contributo» atteso dall’Unesco.
Questi alcuni dei passaggi con i quali il governatore è intervenuto ieri al Forum, nel cui ambito ha partecipato a un breve incontro riservato, presenti il direttore generale Unesco Koïchiro Matsuura, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni e i sottosegretari Milos Budin e Ettore Rosato. Di cosa si è parlato? «Dei decreti di attuazione del protocollo d’intesa» Stato-Regione e di rigassificatori, racconta Illy.
I DECRETI Sul tappeto «soprattutto - spiega Illy - la compartecipazione ai tributi pagati dai pensionati che oggi non c’è e che ritengo invece equo venga introdotta», facendo sì che parte delle tasse versate resti sul territorio.
RIGASSIFICATORE Illy commenta: «Contiamo di portare la nostra posizione» a Roma «nei prossimi giorni affinché il governo possa decidere, ritengo facendo ulteriori approfondimenti» giacché «la documentazione presentata» da entrambe le imprese «non ha corrisposto alle richieste totali della Regione». E se il governo «avrà bisogno di qualche mese», per ottenere la documentazione sinora assente, l’orientamento della Regione è quello di dare via libera ma con prescrizioni ai due progetti. La posizione del Friuli Venezia Giulia - conferma Illy quanto all’iter - sarà comunque di «ritenere fattibile un solo terminal», sempre che «vengano rispettate le nostre prescrizioni e superate alcune perplessità cui le imprese non hanno dato risposta».
ALL’ESTERO L’ambiente? «Negli Usa - dice Illy - sono stati costruiti 50 terminal e non è stato alterato alcunché dell’ambiente; nella Baia di Tokyo, un po’ più grande di quella di Trieste ma simile per ordine di grandezza, ce ne sono cinque. Credo che il nostro golfo possa tranquillamente ospitare un terminal». La diminuzione di temperatura dell’acqua? Sarebbe «impercettibile», dice Illy spiegando che «l’acqua viene riscaldata da molte altre fonti, come la Ferriera e la centrale termoelettrica di Monfalcone».
CIVIDALE «Ho segnalato al direttore Unesco che c’è il sito di Aquileia, protetto dall'Unesco in Friuli Venezia Giulia e che abbiamo fatto domanda per ottenere la stessa protezione per Cividale. Ho auspicato che questa decisione arrivi quanto prima» dice Illy.
PENSIONI Occorre «un po’ più di coraggio»: in Italia si discute di fare dello scalone uno «scalino», ma in Europa si finisce di lavorare attorno ai 65 anni, età in cui oggi «un uomo è ancora nel pieno dell’efficienza: non possiamo pensare di andare in pensione in età - mi vien da dire - così giovane», chiude il governatore.
TRIESTE Illy lo sottolinea: dalle parole di Prodi al Forum «esce con chiarezza la volontà del governo di rafforzare il ruolo di Trieste come centro non solo per la ricerca scientifica e tecnologica, ma anche per il trasferimento di conoscenza nei Paesi in Via di sviluppo». E il nuovo ponte da rafforzare è ora quello tra Trieste e Africa. Perché «la nuova direzione» porta al Sud. E «Prodi ha detto che negli ultimi anni abbiamo in qualche misura privilegiato l'Est, il Sudest asiatico, io aggiungerei il Sudamerica; e che questo è il momento di occuparci della zona più arretrata del pianeta».

Paola Bolis

 

 

Domani la protesta del fronte dei no  - Previste un migliaio di persone. Adesioni da centri sociali e movimenti del Nord-Est

 

Il mondo della contestazione politica ed economica si ritroverà a Trieste: da Padova, da Venezia e anche dalla Slovenia

Alcuni giovani ricercatori della Sissa tentano di trovare un filo comune alla protesta: «La conoscenza è top secret»

TRIESTE Si alza il tono della protesta e nuovi gruppi di manifestanti annunciano la loro presenza a Trieste per il corteo anti-G8 in programma domani pomeriggio in centrocittà. Con le ultime adesioni che stanno arrivando via Internet si stima che possano scendere in strada un migliaio di persone.

Da Padova si muoveranno i comitati che stanno gestendo l’occupazione di svariati edifici lasciati sfitti. Con loro manifesteranno gli «autoassegnatari» di Trieste, organizzati da tempo all’ombra dello «Sportello degli invisibili» di via Orlandini.
Da Venezia arriverà una delegazione del Comitato «No Moze», da anni in aperta contestazione con la realizzazione degli sbarramenti galleggianti che dovrebbero, secondo i progettisti, salvare la città lagunare dall’impatto con le maree più alte. Secondo gli ecologisti gli sbarramenti influiscono invece negativamente sul delicato equilibrio e sull’idrodinamismo della laguna.
Da Vicenza arriverà il comitato «dal Molin» che ha raccolto sempre un’adesione massiccia per le sue iniziative contro l’insediamento di una nuova base militare Usa a quasi al centro della città veneta.
Da Capodistria arriveranno i militanti che stanno dicendo «no» al rigassificatore che potrebbe essere costruito in Slovenia. Un altro rigassificatore ha buone possibilità di essere insediato nei pressi dell’isola di Veglia e un comitato croato si oppone a questa ubicazione. Anche questo comitato sarà a Trieste e sfilerà assieme a coloro che nel capoluogo regionale hanno detto «no» al rigassificatore il cui insediamento è previsto nell’area ex Esso, a poche centinaia di metri dagli impianti della Ferriera di Servola.
Sfilerà per le vie del centro di Trieste anche la protesta dei comitati sorti a Pordenone per richiamare l’attenzione sugli ordigni nucleari che l’esercito e l’aviazione degli Stati Uniti hanno depositato a decine nella base di Aviano. E’ un problema annoso, mai risolto, che di recente è assurto alla ribalta anche di un’aula di Giustizia del Tribunale di Pordenone.
Altra località, altra protesta: da Gradisca e dal Monfalconese si muoveranno gli attivisti che non hanno mai voluto accettare il Cpt e in alcune occasioni hanno organizzato manifestazioni piuttosto vivaci davanti alla mura di quel «carcere» per immigrati. L’attuale governo ha lasciato inalterato l’assetto giuridico del centro che molti definiscono «lager». La sua chiusura o un mutamento sostanziale del suo «status» sono ancora lontani. Da qui la protesta che partendo dai Cpt, arriva alle scelte di politica economica che, secondo i manifestanti, costringono milioni di uomini e donne ad abbandonare i loro Paesi per cercare lavoro altrove.
In sintesi il corteo che si avvierà domani da piazza Libertà, ha come obiettivo quello di schierare in piazza tutte le opposizioni, tutti i movimenti critici con l’attuale assetto mondiale, nazionale, regionale e comunale. Diverse proteste si accavallano le une sulle altre e coinvolgono cementifici, alta velocità ferroviaria, ripetitori della telefonia mobile, autostrade, scelte energetiche, problema della casa, centri di permanenza per ’clandestini’, procreazione assistita, alte maree a Venezia, anidride carbonica emessa dalle auto, Val di Susa, inquinamento da traffico, futuro del golfo di Trieste, polveri della ferriera.
Trovare un sintesi, una linea ideale che collega tutti questi temi è impresa ardua. Qualcosa però è stato tentato e messo «nero su bianco» da un piccolo gruppo di giovani ricercatori della Sissa. «Parteciperemo certamente al corteo» ha affermato ieri il loro portavoce Luca Tornatore. «Ma oggi nel pomeriggio saremo nell’aula magna di Androna Baciocchi per illustrare il nostro metodo di analisi».
Il documento uscito dalla Sissa affronta il problema partendo da molto lontano e lo fa con una domanda precisa. «Su quale basi di conoscenza si discute del problema energetico?» Nella stesso documento arriva la risposta.
«Evidentemente non siamo una società basta sulla conoscenza, bensì una società dominata dalla conoscenza che lungi dall’appartenere alla sfera pubblica, è concentrata, segregata e controllata, nei luoghi in cui viene prodotta. Un gruppo di circa duemila esperti raccolti dall’Onu ha dimostrato che l’impatto umano sull'ambiente sta velocemente portando il pianeta a cambiamenti climatici su scala globale».
«Eppure- scrivono i ricercatori- sia i governi transnazionali come il WTo e il g8, sia quelli nazionali o locali, continuano a proporre incessantemente un modello di sviluppo che consuma risorse e produce rifiuti. L’Europa ad esempio, ha stabilito un imponente piano di sviluppo dei trasporti che attraversa l’Italia e dalla Val di Susa arriva nel Friuli Venezia Giulia. L’impatto del processo costruttivo sugli equilibri del territorio e i milioni di tonnellate di anidride carbonica emessa dai veicoli, sono tra i maggiori fattori di incidenza secondo il rapporto dell’Onu».
«Per quale motivo i governi possono permettersi di ignorare la necessità di ripensare il senso e la direzione dello sviluppo? O di rimandare ingannevolmente la soluzione dei problemi a blande politiche globali, poi facilmente disattese come il protocollo di Kyoto?

Claudio Ernè

 

 
Electrolux studia il lancio della lavatrice a idrogeno  - Il gruppo svedese investirà 50 milioni in Italia
 
PORDENONE Electrolux, multinazionale dell’elettrodomestico, che occupa 8 mila persone in Italia, di cui la metà in Friuli Venezia Giulia «crede nell’Italia». Nel 2007 «saranno investiti 50 milioni di euro nell’elettrodomestico italiano», ma al Paese il gruppo chiede «uno sforzo nella produttività per farci vincere la sfida della competitività». Una sfida che deve essere vinta perchè nel 2008, anno in cui scade il piano triennale, daranno decise le strategie future. A chiedere un ulteriore impegno è il presidente di Electrolux, Hans Straberg, ieri a Porcia alla prima convention, promossa dall’azienda per mettere a confronto industria, distribuzione, consumatori e istituzioni, sul bisogno di creare un’alleanza per la sostenibilità.
In Italia Electrolux produce 7,2 milioni di unità, ovvero il 40% della produzione del gruppo in Europa; di questa produzione, l'80% viene esportato fuori dai confini nazionali, utilizzando principalmente il treno. In questo contesto l’attenzione alla sostenibilità ambientale del processo produttivo, ancor prima che del prodotto, è una costante.
Uno sforzo che però ha bisogno di interlocutori. Prima di tutto nella politica, «che deve passare dalle parole ai fatti» come ha evidenziato l’amministratore delegato Electrolux Zanussi Italia, Gianfranco Schiava. «Oggi ci sono 188 milioni di elettrodomestici che hanno più di 10 anni di vita, di cui 20 in Italia». Secondo le stime portate da Electrolux si tratta di un grave danno ambientale perché quei frigoriferi e quelle lavatrici producono 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno, pari a 6 milioni di automobili. Ecco allora che la politica deve «ampliare nel tempo gli incentivi fiscali per sostituire i frigoriferi e estendere questa misura agli altri elettrodomestici»; promuovere una filiera sostenibile; sanzionare le etichette infedeli; incentivare con una politica fiscale adeguata; favorire lo smaltimento dei prodotti di scarto istituendo punti di raccolta che oggi mancano. Electrolux la sua parte la fa: «Le fabbriche del gruppo sono tutte a emissione zero» ha specificato Schiava evidenziano che «tutte le fabbriche, indipendentemente dal paese di insediamento, sono certificate Iso 14000 e questo pone dei vincoli anche ai fornitori». Electrolux ha dei progetti che mirano a sviluppare prodotti all’avanguardia. È il caso della lavatrice ad idrogeno – progetto sulla carta che dovrebbe essere studiato a Porcia – o il rubinetto – tra un mese sul mercato - che rilascerà direttamente acqua minerale e naturale completamente depurata, risparmiando così milioni di bottiglie di plastica. La prima risposta dal mondo politico è arrivata – tramite videomessaggio – il Ministro all’Ambiente, Alfonso Pecoraio Scanio. «Ecologia è economia – ha detto il ministro – questo binomio è imprescindibile. Il presidente della Regione ha insistito sul potenziamento delle fonti rinnovabili e della ricerca. Le istituzioni devono proibire che si producano beni non ecosostenibili”. Lo scenario del futuro l’ha tracciato l’economista Jeremy Rifkin: una società che deve sostituire quanto prima le fonti fossili e puntare sull’idrogeno quale vettore universale di energia, energia che potrà essere distribuita in tutto il pianeta. «Siete fortunati – ha aggiunto lo studioso, consulente del premier Romano Prodi – ad avere un leader come Illy. E’ uno dei pochi in Europa che ha promosso politiche per lo sviluppo delle energie rinnovabili».

 

 

Cementificio, previsti 100 camion al giorno  - Verso una duplice delibera Torviscosa-rigassificatori. Moretton: tutta l’Aussa Corno bonificata

 

Audizione in Quarta commissione con tecnici Arpa e l’Ass della Bassa. Il 23 maggio Consiglio in seduta straordinaria

TRIESTE I dibattito sulla costruzione del cementificio di Torviscosa irrompe in Aula. Ieri con tre audizioni in Quarta commissione presieduta da Uberto Fortuna Drossi, che lavorerà anche lunedì mattina. Poi il 23 maggio toccherà al Consiglio straordinario convocato dal presidente Tesini su richiesta della Cdl. E l’atmosfera da «scollamento» tra i commissari consiliari, almeno quelli presenti ieri, e la giunta regionale sulla questione Torviscosa è stata palpabibile. Solo un assaggio dunque di quanto potrà accadere il 23 in Consiglio. L’assessore all’ambiente ha difeso l’operato della giunta, confermando lo slittamento della libera (ma prima del Consiglio straordinario) alla prossima seduta dell’esecutivo, quasi certamente assieme a quella sui rigassificatori. Quindi si va avanti. «In questo momento la bozza di delibera è all'attenzione della segreteria generale dell'Avvocatura - ha detto Illy a margine del G8 -, che abitualmente approfondisce quelle più importanti. Quando avranno finito il loro lavoro la approveremo. Il problema non è la condivisione del progetto ma l’approccio alla politica. Se tutte le norme sono rispettate un’azienda ha diritto a costruire il suo impianto».
«Una scelta quella di bypassare il Consiglio che non mi sorprende - commenta il Verde Metz -. Al di là della vicenda tecnica è evidente il deficit di democrazia e coinvolgimento di consiglieri e cittadini che caratterizza l’azione di Illy. Si rischia di far implodere il processo democratico».
LE RICHIESTE Verdi, Rifondazione, Ds assieme a Forza Italia, Lega e Forza Italia hanno bombardato di domande i tecnici dell’Arpa e i responsabili dell’Ass n.5, quella della Bassa Friulana. I consiglieri contestano il parere favorevole dato dalla commissione della Via e indubbiamente le risposte dei tecnici in tema di inquinamento danno adito alle perplessità sollevate dai richiedenti.
Sul problema del traffico, come ha spiegato Moretton, il traffico su strada previsto arriverà a regime a 178 camion (350 transiti) giornalieri, anche se l’obiettivo, oltre a quello di migliorare la viabilità è quello di utilizzare al meglio il canale Banduzzi dopo la bonifica e favorire il trasporto su rotaia. «La pianificazione è importante. Solo 100 tir - ha spiegato Moretton - andranno su strada smistati per il 50% verso Porpetto, gli altri verso Cervignano. I rimanenti saranno caricati via treno e via mare».
I NODI «C'è un problema con gli ossidi di azoto, però, perché i punti di campionamento non rispondono alle caratteristiche, soprattutto geografiche, indicate dalle legge, e c'è un problema con le polveri sottili: nel 2010, infatti, la normativa comunitaria su questi inquinanti diverrà più severa di conseguenza è facile prevedere che se non si interverrà in qualche modo i valori di Pm 10 verranno superati» hanno spiegato i tecnici dell’Arpa. E allora, hanno chiesto Metz e Travanut, perché è stato dato nella seconda riunione del Via parere favorevole in assenza di dati certi di partenza, per l’assenza di mezzi adatti, sui quali costruire una proiezione futura? «La situazione è preoccupante - hanno sottolineato i responsabili dell’Ass n.5 -. Negli ultimi anni nell’area è stata già registrata una concentrazione di ossido di azoto e di Pm 10 superiore alla norma. Area perlatro già da tempo definita di mantenimento dal piano regionale». Ergo, hanno sottolineato i consiglieri intervenuti, le emissioni del cementificio e la viabilità non possono migliorare la situazione. Anzi.
LA CAVA Come mai se la richiesta dell’azienda costruttrice è giunta alla Regione il 18 maggio 2006, già il 25 l’esecutivo ha varato una delibera per l’ampliamento della cava di Caneva vincolando l’utilizzo del materiale all’apertura del cementificio di Torviscosa, ha chiesto Travanut? Come dire, la Regione aveva già deciso di dare il via libera alla struttura prima di avere attivato le procedure.
«È stata un’inziativa di buon senso - ha replicato Moretton - perché non si poteva affidare la cava a un soggetto che non intedesse investire in un impianto nella nostra regione».
LE BONIFICHE L’assessore ha spiegato non solo come l’area di Torviscosa sia centrale ma come con gli investimenti in gran parte della Caffaro «si andrà a bonificare l’intera area inquinata, non solo quella sulla quale sorgerà l’impianto. La spesa complessiva ammonta a circa 50-60 milioni di euro in 5 anni». «La Regione ha deciso di fare scelte di sviluppo industriale ecosostenibile e pianificazione ambientale lungimiranti - detto Moretton, e una di queste riguarda l'Aussa-Corno e dunque il cementificio. Non tutte le amministrazioni locali hanno deciso di fare lo stesso -. La procedura tecnica è stata rispettata dalla Regione, accogliendo con le prescrizioni tutte le richieste. Ora l’ultima parola spetta alla giunta».

Ciro Esposito

 

 
Vertice Ds-Dl con i sindaci. Fuori la protesta  - L’assessore conferma: incontro utile. Ma i Comuni contrari sono in maggioranza
 
Degano: non è vero che vogliamo calare dall’alto le decisioni. Nuovo confronto con gli amministratori della Bassa
Il leader del Comitato: andiamo in Procura, questo è sicuro. Contestati i tecnici dell’Arpa giunti con un’auto di servizio
UDINE Gli gridano «vergognati« prima che la riunione inizi. Ma, dal vertice fiume Ds-Dl con gli amministratori locali a Trivignano Udinese, Gianfranco Moretton se ne esce tranquillo: «Un incontro utile per capire le problematiche della Bassa friulana». E il cementificio? L’assessore all’Ambiente parla di «procedura in atto». Non dice altro sul caso che spacca il centrosinistra e scatena da giorni la reazione dei comitati. Ma, per quanto le delibera autorizzativa dell’impianto di Torviscosa non sia tra quelle discusse oggi in giunta regionale, Moretton fa capire che non si cambia idea.
LA PROTESTA Insomma, contestazioni o no, non ci sono dietrofront. Nemmeno sull’altro fronte. «Il cementificio non va fatto», ripete Mauro Travanut. A Trivignano, l’assemblea sotto l’insegna del Partito democratico, si apre però con la protesta del comitato “No al cementificio”. Nessuno alza le mani, ma cori e striscioni sono pesanti. «Ci siamo trovati in una trentina di persone – racconta Mareno Settimo, il portavoce del comitato –, nonostante il cambio di sede (la riunione avrebbe dovuto tenersi a Torviscosa) e l’ora anticipata ad arte per evitare che ci potessimo radunare. Ma non hanno potuto fermarci e si sono ritrovati addosso una contestazione che ricorderanno a lungo».
I PRESENTI Nella Bassa, a incontrare gli amministratori locali del centrosinistra (un’ottantina di persone), arrivano, con Moretton, anche Antonio Ius, Cristiano Degano e Giancarlo Tonutti della Margherita, Bruno Zvech, Mauro Travanut e Lodovico Sonego dei Ds. Il comitato sa bene chi è favorevole al cementificio ma protesta con più forza con i tecnici dell’Arpa, nel mirino per quel verbale «che ha rovesciato, con spiegazioni ben poco plausibili, il primo “no” della commissione Via – dice ancora Settimo –. A darci fastidio, inoltre, è stato anche il fatto che gli esponenti dell’Agenzia dell’ambiente si siano presentati con le auto di servizio a una riunione di partito».
LE POSIZIONI All’interno, a porte chiuse, parlano in tanti. Per oltre quattro ore. Le posizioni sono quelle note. I Comuni di Torviscosa e San Giorgio di Nogaro sono favorevoli all’impianto del gruppo Grigolin. Gli altri, tutti gli altri, non lo vogliono. Più contro che pro, ammette lo stesso Moretton. Che però promuove l’incontro. «E’ servito ad arricchire i partecipanti di idee e valutazioni rispetto allo sviluppo di questa regione e di questo territorio in particolare – afferma il vicepresidente della giunta regionale –. E’ l’inizio di un percorso in una prospettiva che il governo del Friuli Venezia Giulia valuta da un punto di vista non solo economico ma anche sociale e culturale».
NESSUNA DECISIONE Anche Travanut, il “nemico”, parla di «buon incontro», di «bella discussione». «Abbiamo sentito le posizione favorevoli e quelle contrarie – spiega – ed è normale e democratico che sia così». Ma aggiunge: «Non si è deciso nulla, se non di ritrovarci». Non si è deciso nulla «perché le carte sono chiare e, a mio parere, spiegano in maniera evidente che l’impianto, in quella zona, con quelle caratteristiche, non si può fare».
PROSPETTIVA PD «Un confronto approfondito e utile», dice anche Degano, capogruppo diellino. «Tutto il contrario – prosegue – di chi ci accusa di voler far calare dall’alto le decisioni e, conseguentemente, di deficit di democrazia. E’ così che iniziamo a muoverci già nella prospettiva del Partito democratico: da un lato lavoriamo in Regione con le audizioni e l’acquisizione di tutti gli elementi che servono a chiarire che sia garantito il rispetto dell’ambiente e della salute, dall’altro ci incontriamo con gli amministratori che, eletti sul territorio, hanno una responsabilità diretta».
LA DELIBERA Ma adesso che succede? Quando andrà in giunta la delibera? La prossima settimana? «Vediamo se sarà pronta, non lo posso sapere in questo momento», dice Moretton. Mentre il comitato non ha dubbi. «Andiamo in procura – conferma Settimo –, questo è sicuro». E Degano annuncia che, probabilmente, un nuovo confronto con gli amministratori della Bassa si terrà la prossima settimana.
Marco Ballico

 

 
Travanut: i dati sono chiari. Il presidente ci ripensi - Il capogruppo diessino continua la sua battaglia. «Dimissioni? Ora vado fino in fondo, poi si vedrà»
 
TRIESTE Il capogruppo della Quercia Mauro Travanut è stato, assieme al Verde Alessandro Metz, il più battagliero in Aula. «I dati esposti dai tecnici ora sono sotto gli occhi di tutti - dice - in quel parere favorevole della commissione di valutazione di impatto ambientale c’è qualcosa che non funziona. Non mi si potrà più dare del visionario. Spero che anche il presidente Illy e altri assessori si rendano conto della situazione e che in giunta si possa giungere a uno stop o a un rinvio dell’operazione». I segnali dall’esecutivo finora però vanno in tutt’altra direzione nonostante le divergenze siano evidenti nell’Ulivo sia in casa Ds che in quella Margherita. Si profila un problema politico non da poco. Il leghista Claudio Violino, provocatoriamente ieri in Aula, ha chiesto a Travanut se non pensa di dare le dimissioni da capogruppo. Ma ci sta veramente pensando? «Per il momento vado avanti fino alla fine di questa vicenda - afferma -. Poi è evidente che se non dovessero esserci novità dovrò trarne le conclusioni. Ma lo farò assieme ai miei compagni». Travanut si gioca molto in questa partita. Deve rendere conto delle scelte della giunta sostenuta dal suo partito ai migliaia di elettori che lo sostengono nella Bassa. Per il momento intanto ha fatto sapere che nel prossimo consiglio straordinario «non ha nessuna intenzione di votare la mozione del centrodestra».

 

 
I Verdi: revocare Moretton commissario della laguna
 
TRIESTE Due i punti di maggior rilievo al termine di un summit, tenutosi mercoledì sera in Strassoldo, al quale hanno partecipato il presidente dei Verdi regionali, Gianni Pizzati, il consigliere regionale Alessandro Metz, e quello provinciale, Marco Marincic, nonché il consigliere nazionale Luciano Giorgi, ed esponenti dei vari Comitati. Oggetto le varie emergenze in atto in regione, in primo luogo cementificio e Tav. A seguire la richiesta inviata da esponenti di alcuni Comitati al Ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraio Scanio, volta ad ottenere la revoca del mandato di Commissario straordinario per la bonifica del bacino lagunare dell'Aussa Corno e del canale Banduzzi, già conferita al vice presidente della Giunta Regionale, Gianfranco Moretton.

 

 

Capodistria: società tedesca chiede l’ok per la realizzazione di un rigassificatore - Popovic: «Finché sarò sindaco qui non sorgerà nessun terminal»

 

La Tge Gas Engineering ha presentato la documentazione al ministero sloveno per l’Economia. Costo dell’opera: 1 miliardo di euro

CAPODISTRIA Non solo Trieste, anche Capodistria, tra qualche anno, potrebbe avere il suo terminal rigassificatore. La società tedesca Tge Gas Engineering, che fa parte della multinazionale francese Suez, ha annunciato che entro la fine di giugno presenterà ufficialmente, al Ministero sloveno per l'economia, la richiesta di poter costruire un terminal di questo tipo nel porto di Capodistria. L'annuncio e' stato fatto dallo stesso presidente della Tge, Vladimir Puklavec.
Dopo due anni di lavoro, ha dichiarato Puklavec, il progetto è pronto. Il suo valore, 1 miliardo di euro. La società tedesca intende proporre a Lubiana la costruzione di un impianto tecnologicamente tra i più avanzati del mondo. Per la rigassificasione, ossia per il riscaldamento del gas liquido, non verrebbe usato il calore del mare – come si propone invece per il terminal off shore nel golfo di Trieste - bensì il calore superfluo prodotto da una centrale elettrica che sarebbe anch'essa costruita nell'area del porto di Capodistria. Questo secondo impianto permetterebbe di soddisfare il fabbisogno energetico delle città della costa slovena anche in futuro. Della possibilità di costruire un terminal rigassificatore nel porto di Capodistria aveva parlato per primo il direttore di «Luka Koper» Robert Casar. «Un progetto concreto non esiste – aveva dichiarato Casar in un'intervista realizzata alla fine di aprile dal quotidiano lubianese Dnevnik – ma sarebbe un buon affare dal punto di vista economico».
Dopo le prime reazioni negative dell'opinione pubblica, lo stesso direttore del Porto capodistriano, pochi giorni più tardi, ha ribadito di aver parlato solo per ipotesi, e che non ci sono nè gli spazi adeguati nel porto, nè questa possibilità è prevista dal futuro Piano regolatore della zona del porto.
Il progetto però esiste, e anche se non è stato ancora ufficializzato, sembra essere molto concreto. Quale sarà la risposta del governo sloveno alla richiesta della Tge Gas è ancora troppo presto per dirlo: finora nessuno ha voluto sbilanciarsi.
Quello che è certo, è l'assoluto rifiuto di un simile progetto da parte delle autorità locali. Il sindaco di Capodistria Boris Popovic, che ha annunciato l'intenzione di sottoporre la questione all'esame del Consiglio comunale, è stato categorico: «Fino a quando io sarò sindaco, qui non ci sarà un terminal rigassificatore». Formalmente, però, i comuni sloveni non hanno alcuna possibilità di imporre il veto a un'eventuale «sì» del governo al progetto del terminal. Alla conferenza stampa convocata da Popovic erano presenti anche i sindaci dei comuni vicini, tra cui il muggesano Nerio Nesladek, il quale ha sottolineato l'importanza di avviare una collaborazione transfrontaliera, magari proprio sul modello dell'euroregione, quando si tratta di progettare e costruire impianti come i terminal rigassificatori.

 

 
Grande viabilità: fondi dello Stato chiuso l’ultimo atto burocratico
 
Si sblocca in via definitiva la situazione dei fondi necessari al completamento dei lavori della Grande Viabilità Triestina. La Giunta comunale, infatti, ha deliberato l'approvazione per l'indirizzo di trasferimento a questo capitolo di spesa dei 40 milioni in arrivo dal governo attraverso la Regione. Un accredito peraltro già previsto da tempo e annunciato nel febbraio scorso dall'assessore alle infrastrutture e ai trasporti del Friuli Venezia Giulia, Lodovico Sonego: il passaggio dell'amministrazione comunale, con la variazione di bilancio, è stato dunque una formalità, dopo l'accordo tra Governo e Regione. L’ulteriore spesa sui restanti 9 milioni e mezzo di euro verrà coperta direttamente dall'Anas. In questo modo, il tratto Lacotisce-Rabuiese sarà completato. Entro la metà del 2008, nelle previsioni dell'amministrazione comunale, dovrebbe essere aperta l’intera struttura. Sarà disposta una perizia suppletiva per la verifica dello stato dei lavori entro il 31 ottobre.

 

 

Piano del traffico, Bucci rinvia a Dipiazza  - «Ho avuto solo una delega operativa per seguire il lavoro degli uffici»
 
L’assessore rimette al sindaco la decisione sull’uso del documento particolareggiato per San Vito
Lupieri (Margherita): «La soluzione è partire dallo strumento generale». Intanto i capigruppo chiedono di nuovo di incontrare l’assessore
«C’è chi lavora e c’è chi parla». Maurizio Bucci non entra nel merito della frattura che il piano del traffico per San Vito sta causando nella maggioranza, con la dura presa di posizione della Lista Dipiazza e le precise richieste di Alleanza nazionale. «Gli uffici hanno lavorato in base al mandato ricevuto dal sindaco – dichiara l’assessore alla mobilità e traffico –. E’ un ottimo lavoro, già ultimato». E adesso, il piano andrà in giunta? «Le scelte spettano al sindaco e alla politica – taglia corto Bucci –. Io avevo solo una delega operativa».
Ieri intanto i capigruppo sono tornati alla carica sui contenuti del piano. Nella riunione preparatoria al consiglio di lunedì, Alessia Rosolen (An) ha ribadito la richiesta di un’audizione di Bucci alla conferenza dei capigruppo, richiesta che gli stessi capigruppo, di maggioranza e di opposizione, hanno già avanzato (senza esito) a metà febbraio. «Nessuno è contrario alle proposte per San Vito – precisa la Rosolen – anzi chiediamo che certe cose vengano fatte, ma nel contesto del piano del traffico».
E che si debba usare il piano Camus e passare in consiglio per modificare la viabilità lo ribadisce anche Roberto Sasco (Udc), che ricorda come «vige ancora il piano Honsell approvato nel ’99. Modifiche sostanziali e strategiche devono avvenire in consiglio attraverso il piano redatto dal prof. Camus».
Più in generale Sasco invita la maggioranza comunale a evitare tensioni e a ricompattare la Casa delle libertà attraverso un «ufficio politico, con il sindaco e i capigruppo, che sovraintenda alle varie iniziative nonchè all’attività politica e amministrativa. Serve una struttura di questo tipo – rileva – perchè diversamente, nell’anno che ci separa dalle elezioni regionali, si rischia di condurre solo una politica di piccolo cabotaggio».»
Sul fronte dell’opposizione, la vicenda del piano del traffico per San Vito viene vista come una manifestazione dei ritardi con cui la giunta affronta certe tematiche. «Il colmo – osserva il capogruppo dei Ds, Fabio Omero – è che stanno applicando il piano del traffico Honsell, approvato dalla giunta Illy, che conteneva appunto i piani di quartiere. Nel 2001 – aggiunge – la Casa delle libertà disse che il piano Honsell era sbagliato e affidò l’incarico a Camus. A sei anni di distanza siamo ancora al piano Honsell. Se questa è coerenza...».
Se sul metodo con cui procedere Omero concorda con la Rosolen – «Logica vorrebbe che si partisse dal piano generale per poi esaminare quelli particolareggiati» – sul piano politico il capogruppo dei Ds non esita a lanciare pesanti critiche a Bucci: «Un anno fa, quando si è insediato, ha chiesto un anno di tempo per esaminare i vari progetti. Finora non è successo nulla. Credo – conclude – che la sfiducia verso questo assessore sia legittima da parte della sua stessa maggioranza».
Della mancanza di condivisione parla il capogruppo della Margherita, Sergio Lupieri. «I risultati del questionario distribuito ai residenti di San Vito – afferma – poteva essere il punto di partenza per coinvolgere le categorie commerciali e le organizzazioni dei cittadini, individuando una strategia condivisa. Modifiche alla viabilità di quella zona – rimarca – possono infatti significare la chiusura di certe attività e cambiamenti significativi nella vita della gente. Con interventi parziali – conclude – non ne veniamo fuori: bisogna partire dal piano del traffico generale».
gi. pa.

 

 
Marini (Fi): «È indispensabile rivedere i progetti urbanistici»
 
«E’ assolutamente necessario dare avvio alle procedure per la revisione del piano regolatore generale di Trieste». Lo afferma il consigliere regionale e comunale di Forza Italia, Bruno Marini, che cita i motivi che a suo parere dimostrano la criticità in cui si muove il Comune in campo urbanistico: «Lo stop imposto al campus universitario, il rinvio in commissione votato da tutte le forze politiche del progetto di un cimitero per animali sito in un'area di alto pregio naturalistico, nonché la vicenda ben nota del complesso edilizio da costruirsi in Salita Cedassamare».
Secondo Marini un piano regolatore conserva validità per non oltre 15 anni, e quello di Trieste è stato approvato 10 anni fa. Essendo le procedure per l’adozione e approvazione estremamente lunghe e complesse, aggiunge, «solo iniziando immediatamente si può pensare di concluderne l'iter entro i quattro anni che mancano alla fine del mandato di Dipiazza».
Ma dal unto di vista politico Marini dice anche che «finora l'attuale giunta e il consiglio hanno addotto le prescrizioni del vecchio piano regolatore per giustificare scelte quanto meno discutibili, come in particolare tutte le nuove edificazioni sulla costiera: se fino adesso questa ’’linea di difesa’’ poteva considerarsi valida ora sta diventando sempre più debole giacché la ragione sta passando dalla parte di coloro che giustamente dicono: ’’Ma se questo piano regolatore non va, perché non lo cambiate?’’». Infine il consigliere di Forza Italia raccomanda anche di affidare quanto più possibile l’elaborazione del progetto agli uffici interni «al fine di evitare costosi e discutibili incarichi a professionisti esterni». Ma, dice, gli organici ora sono «fortemente sottodimensionati per affrontare un compito del genere». Da qui la richiesta: «La giunta comunale adotti in tempi brevissimi tutti gli atti organizzativi per assumere nuovo personale per il settore dell'urbanistica e della pianificazione territoriale».

 

 
Ville in costruzione a Barcola, il Comune vuole un parere legale
 
Ci sarà un’ulteriore seduta - la terza - che la commissione consiliare urbanistica dedicherà al piano particolareggiato che prevede a Barcola, nella salita di Cedassammare, la costruzione di cinque ville da affiancare alle due realizzate dalla stessa impresa poco tempo fa. Prima di decidere sull’indirizzo - favorevole o contrario - da portare al voto dell’aula municipale, i consiglieri della commissione hanno infatti deciso di attendere un parere legale per capire in quale posizione si verrebbero a trovare e a quali possibili conseguenze dal punto di vista giuridico si esporrebbero dicendo sì o no al piano particolareggiato. Per la prossima settimana è dunque in programma una nuova seduta, alla quale parteciperanno anche avvocati dell’ufficio legale del Comune.
Resta così aperta la delicata questione edilizia che gli ambientalisti, con Verdi e Wwf in prima fila, accanto ad alcuni residenti della zona, hanno riportato nei giorni scorsi di attualità parlando di «scempi» da bloccare in una zona dal già «delicatissimo contesto ambientale e paesaggistico». Dopo una prima riunione della commissione dedicata all’illustrazione del piano e dopo il sopralluogo effettuato di recente, l’ultima seduta - spiega il presidente della commissione Roberto Sasco - si è incentrata proprio sull’aspetto legale della vicenda. Avendo già alle spalle un ricorso al Tar proposto con successo, le Imprese Meranesi titolari del progetto potrebbero infatti ricorrere nuovamente contro un eventuale voto contrario, coinvolgendo a quel punto i consiglieri in una eventuale richiesta di risarcimento, visto che il piano regolatore vigente consente di costruire nella zona.
Dall’altro lato però il Wwf ha prospettato la possibilità di chiedere una pronuncia in sede di Unione europea: il progetto interessa infatti un’area a ridosso di due ambiti che una recente direttiva europea ha definito di tutela ambientale a livello comunitario. Di qui la posizione dei consiglieri della commissione, che prima di decidere attendono la parola degli avvocati.
E sullo sfondo della vicenda, intanto, resta il nodo della revisione dell’attuale piano regolatore licenziato dalla giunta Illy: piano regolatore che gli ambientalisti chiedono da anni all’amministrazione comunale di cambiare.

 

 

 

 

L'ESPRESSO - GIOVEDI' , 10 maggio 2007

 

 
Con l'acqua alla gola Troppe autorita' a decidere. Concessioni facili. Furti impuniti. Leggi inapplicate. Cosi' l'Italia vive una perenne emergenza idrica (L'Espresso   859KB)
Finanza verde La prossima manovra economica dovra' investire per risparmiare energia. Sara' una svolta a costo zero (L'Espresso   420KB)

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 10 maggio 2007

 

 

LA LEVA DELL’AMBIENTE di Romano Prodi

 

Pubblichiamo un articolo scritto per il Piccolo dal presidente del Consiglio che oggi aprirà a Trieste il Forum G8 Unesco su innovazione, ricerca e sviluppo sostenibile.

In un mondo che vuole continuare a svilupparsi, il rispetto dei beni ambientali comuni indispensabili alla vita ma sempre più scarsi - acqua, aria, fonti di energia - è una grande sfida.
Coglierne la portata è condizione necessaria per affrontarla e per offrire nuove risposte e nuove opportunità.
Noi crediamo che uno sviluppo improntato alla valorizzazione della qualità dei beni ambientali sia una leva fondamentale per il rilancio del Paese.
Crediamo che la loro tutela e la prevenzione dei danni siano ormai un cardine della civiltà contemporanea e un criterio generale per orientare lo sviluppo sociale ed economico.Una sfida che richiede profondi cambiamenti non solo nella politica degli investimenti in infrastrutture e in innovazione tecnologica ma anche un grande cambiamento nel modo di vivere dei cittadini come singoli e come comunità.
Una sfida certamente difficile perché ha a che fare con il modello culturale del nostro rapporto con la natura ma possibile se sono percepiti con chiarezza i costi da pagare a medio e lungo termine qualora non si voglia o riesca a vincerla. Nel nostro Programma di governo abbiamo scritto che «serve una nuova alleanza con la natura e non solo perché ciò alla natura è dovuto ma anche perché il rispetto dell'ambiente può essere un potente fattore di sviluppo».
Un’affermazione che, tra l’altro, sfata il preconcetto secondo il quale il rispetto dell’ambiente rappresenta un costo. Il rispetto dell’ambiente infatti, se correttamente interpretato, è un fattore di sviluppo.

Dalle misure a favore del risparmio energetico e della riduzione dei combustibili fossili previste in Finanziaria all'inserimento della mobilità sostenibile e dello sviluppo delle energie rinnovabili indicati tra i dodici punti prioritari per il rilancio dell'azione di governo, fino al nostro attivo sostegno alla svolta ecologica dell'Unione Europea nell'ultimo Consiglio a Bruxelles, l'impegno e la sensibilità del mio esecutivo nei confronti dell'ambiente non sono mai venuti meno.
Noi siamo stati tra i primi a capire che era necessario porre l'ambiente tra le priorità ma, per fortuna, non siamo più così soli in questo sforzo di persuasione.
Essere uniti in questo impegno è indispensabile perché i problemi che chiamano in causa il rispetto dell'ambiente sono globali e richiedono soluzioni globali e condivise. Percorrere la via dello sviluppo attraverso politiche per l'ambiente richiede investimenti da fare subito, e massicci, per ritorni non immediati e difficili da quantificare. Ciò lascia prevedere resistenze da superare, anche robuste.
Alle quali dovremo certamente saper rispondere con un grande sforzo di persuasione, ma anche con il coraggio di decisioni non sempre condivise da tutti perché, come scriveva Tito Livio, «non c'è legge che torni comoda a tutti». Prendiamo ad esempio il caso dell'energia elettrica e dello sforzo verso l'utilizzo di fonti rinnovabili. Quasi tutte sono oggi più costose di quelle che bruciano combustibili fossili. Ma la tecnologia sta correndo e con il prezzo del petrolio ai livelli attuali e probabilmente crescenti, il punto di parità per alcune soluzioni è all'orizzonte. Anche per questo dobbiamo accelerare il cammino della ricerca. E non ci dobbiamo accontentare di far crescere con incentivi la domanda di energia proveniente da fonti rinnovabili ma dobbiamo anche aiutare l'industria a offrire impianti e apparati, concentrandosi dove maggiore è la possibilità di grandi miglioramenti tecnologici come i pannelli fotovoltaici, che convertono direttamente l'energia solare in elettricità. Il loro costo è in rapido calo e il loro utilizzo è sempre più semplice anche con impianti domestici.
La gente comincia a volerle usare per casa propria e se i costi continueranno davvero a scendere potranno diffondersi dal basso dando un contributo sensibile al bilancio energetico. La loro diffusione potrà assumere aspetti che in termine tecnico si chiamano ”virali” perché avverrà in modo tale che una volta avviata procederà da sola senza più bisogno di alcuno stimolo. È il modo più efficace di far arrivare l'innovazione tra la gente.
Le tecnologie di frontiera hanno altre volte innescato ondate di ”nuovo”. È stato così quindici anni fa con i telefonini. È stato così con Internet. Per le rinnovabili potrà partire tra non molto un fenomeno analogo a condizione che si facciano le scelte giuste di politica energetica oggi. La rivoluzione industriale è solo all'inizio.
Pur avendo fin dall'inizio richiamato la rilevanza dell'aspetto culturale di tutta la tematica ambientale, il ruolo che la ricerca scientifica e l'innovazione stanno giocando è straordinario. Tra l'altro entrano in gioco intrecci nuovi tra discipline diverse dalle nanotecnologie alle scienze dell'informazione, alle biotecnologie. Si richiedono competenze individuali che superano quelle tradizionali e quindi la scuola deve adeguarsi e fornire momenti di formazione permanente che permettano un continuo adattamento delle competenze.
Servono però anche ambienti di progettazione e sviluppo industriale aperti allo scambio e alla integrazione delle conoscenze dove settori in apparenza lontani come quello dei trasporti, della produzione di energia o della edilizia possano scambiarsi soluzioni innovative.
La rivoluzione del nostro atteggiamento verso i problemi ambientali ha in sé gli stimoli e gli spunti intellettuali che possono davvero imprimere sia all'industria che ai modi di consumare la spinta necessaria a rimanere ai vertici della competitività nel mondo che si apre e che a volte parrebbe quasi travolgerci.
Romano Prodi

 

 

Prodi apre i lavori del G8 di Trieste  - Parte questa mattina alla Stazione Marittima il Forum dell’Unesco dedicato al tema dello sviluppo sostenibile

 

Transennato il piazzale del centro congressi. Il questore Mazzilli: «I disagi saranno minimi»

TRIESTE Riflettori puntati, da questa mattina, sul Forum G8-Unesco dedicato ai temi dell’educazione, della ricerca e dell’innovazione al servizio dello sviluppo sostenibile, in programma fino a sabato alla Stazione Marittima. Ad assistere alla sessione inaugurale ci sarà anche il premier Romano Prodi. L’arrivo del Professore, riferiscono dal suo ufficio stampa, è previsto attorno alle 9. L’aereo di stato che lo ricondurrà a Roma ripartirà invece in tarda mattinata. Per consentire il passaggio della scorta del presidente del consiglio dall’aeroporto di Ronchi fino al Palazzo dei congressi sulle Rive questa mattina verrà chiusa per un breve lasso di tempo la strada Costiera.
Oltre che su quella del premier le forze dell’ordine vigileranno sulla sicurezza di tutti gli altri delegati del Forum: economisti, scienziati e rappresentanti dei governi di 22 paesi del mondo. Complessivamente i partecipanti registrati hanno toccato quota 738. Un numero al di là delle previsioni, che ha spinto gli organizzatori a chiudere ieri pomeriggio le adesioni. Una delusione per quanti, studenti, professori o semplici curiosi, speravano di poter ascoltare gli interventi dei big della scienza: i lavori del Forum, infatti, non potranno essere seguiti da chi non si è registrato per tempo ed è quindi sprovvisto di pass.
Sul fronte sicurezza, ieri mattina in Questura si è svolta l’ultima riunione operativa prima dell’apertura del G8-Unesco. Un breefing che ha coinvolto i vertici di polizia, carabinieri, finanza, ma anche i rappresentanti della Capitaneria di porto, del 118, della Croce rossa e dell’Autorità portuale, che ha competenza sull’area della Stazione marittima, classificata come «zona rossa». Il piazzale antistante il Palazzo dei congressi è stato transennato già ieri sera e le auto parcheggiate in quel tratto di Rive sono state rimosse. Eseguite anche le operazioni di bonifica nella zona di piazza Unità: tombini sigillati, cestini e cassonetti delle immondizie spostati.
La volontà delle forze dell’ordine, tuttavia, è di limitare al massimo i disagi per i cittadini per evitare che, in questi tre gioni, si sentano «ospiti» in una città blindata. «Il concetto che abbiamo bene in mente è quello della sicurezza partecipata - ha referito al termine della riunione operativa il questore, Domenico Mazzilli -. Anche in presenza di vertici di rilievo internazionale come il G8-Unesco, le persone devono poter continuare a muoversi e a svolgere normalmente le loro attività. Per questo non ci saranno nè blocchi nè dispiegamenti esageratamente massicci di forze dell’ordine, Non è il numero degli uomini che assicura l’ordine pubblico, bensì la loro professionalità e la capacità di agire con discrezione, cosa che stiamo facendo già da diversi giorni».
Innegabile, tuttavia, il rafforzamento degli apparati di sicurezza in vista della tre giorni di lavori alla Marittima. Centinaia i poliziotti e i militari impegnati a presidiare la «zona rossa» e ad evitare tensioni, sabato pomeriggio, al passaggio dei partecipanti al corteo ambientalista promosso dalla «Rete regionale contro lo sviluppo insostenibile». I carabinieri potranno contare sul supporto dei colleghi del VII Reggimento di Bolzano, di quelli del IV Reggimento (Mestre), e del XIII Reggimento (Gorizia). Sempre l’Arma metterà in campo gli artificieri del nucleo di Udine, personale paramedico, dotato anche di ambulanza, i tiratori scelti e le unità cinofile con i cani antisabotaggio, specializzati nella ricerca di esplosivi. Impegnati infine gli uomini dell’unità subaquea e quelli del Nucleo radiomobile, che potranno contare per l’occasione su un numero raddoppiato di militari.
Rafforzato anche il numero dei finanzieri impegnati a vigilare sull’ordine e la sicurezza. In loro supporto arriveranno decine di baschi verdi, probabilmente in tenuta antisommossa. A dar man forte alla polizia, infine, arriveranno i reparti mobili di Padova e Gorizia.
La presenza delle centinaia di delegati al Forum, oltre allo sgombero delle auto dall’area della Marittima, ha imposto anche qualche altra limitazione. Oggi e domani, dalle 5 alle 20, e sabato dalle 5 fino alla conclusione dei lavori, rimarrà in vigore il divieto di transito per i mezzi pesanti lungo il percorso Campi Elisi, via Fiamme Gialle, largo Irneri, passeggio Sant’Andrea, Campo Marzio, Rive, corso Cavour, piazza Libertà e largo Santos. Deroghe verranno concesse solo ai camion diretti dall’uscita della Grande viabilità al terminal di Riva Traiana, e per quelli che si sposteranno tra piazza Libertà, via Milano e via Valdirivo. Interdetta anche la sosta e la navigazione negli spechi acquei dei bacini San Giusto e San Marco. Le motonavi della Trieste Trasporti che collegano la città con Muggia e Grignano partiranno quindi dal Molo Audace, anzichè dal Molo Pescheria.

Maddalena Rebecca

 

 

Settecento esperti, ministri e scienziati - I primi temi saranno università, ricerca, innovazione e ambiente

 

Varie sessioni plenarie dedicate alle interazioni fra governi, mondo economico e privati. Sessanta Paesi rappresentati

TRIESTE Settecento e più fra esperti mondiali, ministri, industriali, diplomatici, scienziati e accademici. provenienti da 60 paesi partecipano da oggi al Forum Mondiale G8- Unesco sull’educazione, innovazione e ricerca di Trieste - in programma fino al 12 maggio - per attirare l’attenzione verso alcuni dei temi più caldi del momento, quali l’energia, l’ambiente o le sfide della salute. Il forum sarà aperto alla Stazione Marittima al mattino dal primo ministro Romano Prodi e dal direttore generale dell’Unesco Koïchiro Matsuura, assieme al direttore del Centro Internazionale di Fisica teorica Katepalli Sreenivasan, organizzatore dell’evento assieme al ministero degli Esteri ed all’Unesco. Nel caso di impegni dell’ultimo minuto del premier Prodi, sarà il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ad aprire i lavori. Programmati in mattinata anche i messaggi del ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, del presidente del Friuli Venezia Giulia Riccardo Illy e di altri tre alti rappresentanti delle Nazioni Unite, quali il segretario generale dell'Unione internazionale per le Telecomunicazioni Hamadoun Touré, il Segretario generale della Conferenza Onu su Commercio e sviluppo Panitchpakdi Supachai ed infine il rappresentante del Gruppo G77 Lamya Ahmad Al-saqqaf. I lavori del Forum prevedono in seguito varie sessioni plenarie dedicate alle interazioni tra governi, mondo accademico e settore privato sui temi del rapporto tra accademia e industria, il ruolo dei governi nella ricerca e innovazione, e l’impatto della ricerca e innovazione sulla società. Altre sessioni consentiranno l’approfondimento di temi specifici quali l’istruzione di base, l’energia, l’ambiente, la salute, in relazione allo sviluppo sostenibile. Infine non mancheranno neanche gli incontri informali tra i delegati. Si tratta di un'occasione unica di dialogo- spiega Katepalli Sreenivasan uno degli organizzatori del Forum sul sito ufficiale http://g8forum.ictp.it/ - una ''piattaforma'' per esporre i diversi punti di vista degli scienziati, degli accademici, degli industriali, degli esperti governativi per cercare di capire in che modo, attraverso l'istruzione, la ricerca e l'innovazione, si potrebbe ridurre il gap tecnologico tra il nord e il sud del mondo, soprattutto in campi come le nanoscienze, la bioingegneria o le tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
La giornata di oggi sarà dedicata a quattro grandi temi – l’università, la ricerca, l’industria, l’innovazione e l’ambiente. Tra i relatori – numerosi scienziati, accademici e esperti in educazione come il presidente dell’Accademia russa delle scienze Yury Osipov, l’ex presidente dell’Accademia francese delle scienze Édouard Brezin, e Carlo Rizzuto presidente del Sincrotrone. Attesi anche gli interventi di vari rettori come Francesco Peroni dell’Università di Trieste, Pier Ugo Calzolari dell’ ateneo di Bologna o Dmitri Livanov dell’Università tecnologica statale russa Misis. La tavola rotonda del pomeriggio sarà dedicata poi ai “vari modelli d’istruzione” nella società della conoscenza e prevede anche interventi da parte di vari ministri, come quello dell’italiano Giuseppe Fioroni o del viceministro cinese Zhang Xinsheng. Ospite d’onore Mark Bray, direttore dall’Istituto internazionale di pianificazione dell’educazione Iipe. La giornata si chiuderà con una conferenza dedicata all’ambiente coordinata dal direttore Ics Unido Trieste Giusto Sciarabba, alla quale si sono annunciate personalità di rilievo nel settore come Jean-Jacques Dordain, direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea, Walter Erdelen, Assistant Director-General dell’Unesco o Michael Oborone, direttore del programma sulla scienza globale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico in Europa.
Gabriela Preda

 

 

In piazza la sfida di mille ambientalisti  - Militanti in arrivo dalla Slovenia. I sindacati e i partiti diserteranno la manifestazione

 

Il vertice dell’Unesco unisce la protesta per la Tav con quella per il cementificio di Torviscosa. Gli Amici della Terra si dissociano: «Corteo inutile»

TRIESTE L’obiettivo è quello di portare sabato in corteo lungo le strade di Trieste almeno mille manifestanti. Ma ieri nessuno degli organizzatori della manifestazione era pronto a scommettere un nichelino sul superamento di questa soglia di partecipazione.

I «giochi» sono comunque ancora aperti anche se resta un rebus il numero dei manifestanti si schiereranno sabato dietro le bandiere e gli striscioni dei numerosi comitati che hanno annunciato la loro partecipazione alla protesta di piazza contro la riunione del G8 ambiente.
Non è chiaro quanti si schiereranno perché spesso i militanti di un comitato sono presenti anche in un altro o persino in altri due comitati. Chi protesta per il ventilato passaggio sul territorio regionale e provinciale di una linea ferroviaria ad alta velocità, spesso protesta anche contro l’insediamento di un rigassificatore nel Golfo di Trieste o per la annunciata costruzione di un cementificio a Torviscosa, in provincia di Udine. Tre proteste, tre comitati, tre striscioni, ma un solo militante.
Ecco perché ieri Carlo Visintini, portavoce della Casa delle culture di Ponziana, il «primo motore» triestino della mobilitazione contro il G8 ambiente, ha lanciato una sorta di appello-proclama.
«La manifestazione di sabato deve vedere la grande partecipazione di tutti quegli abitanti di Trieste che esprimono da tempo il loro «no» alla devastazione del territorio e alla politica ambientale dalla giunta Illy ma anche del sindaco Dipiazza che non si preoccupa dell’inquinamento prodotto dalla ferriera, dall’inceneritore e dalle antenne della telefonia mobile».
Parole chiarissime che chiamano a raccolta gli abitanti di quei rioni che sotto varie sigle si stanno battendo da tempo contro questo o quel ripetitore telefonico, contro i fumi e le polveri che invadono strade e vie di Servola e Valmaura, contro le colate di cemento che stanno ricoprendo gli ultimi spazi dell’estrema periferia. Ad esempio a Barcola.
A questa mobilitazione con obiettivi squisitamente cittadini e regionali, hanno già risposto con un deciso «no», numerose realtà politiche e sindacali presenti sul territorio. In primo luogo Franco Belci, segretario della Cgil di Trieste. «Noi come organizzazione sindacale non parteciperemo al corteo. Se qualcuno vuole farlo a livello personale è comunque libero... non parteciperemo perché il dibattito a livello mondiale che si svolgerà alla Stazione marittima non può fornire il pretesto per una manifestazione concentrata su temi locali. Ogni problema va affrontato in sede propria, senza scorciatoie e senza pretesti. Certo, lo sviluppo industriale e la sua compatibilità con l’ambiente, costituiscono temi importantissimi che vanno sempre discussi discussi ma non vorrei che una discussione necessaria si trasformasse, come sta accadendo, in un «no» generico e totalizzante all’industria...».
«Noi non andremo in piazza» ha affermato anche Roberto Giurastante, consigliere nazionale del gruppo ambientalista Amici della Terra: «E’ un corteo inutile. Il vertice dell’Unesco, che si occupa notoriamente di problemi a livello planetario, non può rappresentare un’occasione per scendere in piazza su problemi locali».
La «conta» di chi invece sarà in piazza Libertà sabato alle 15, come dicevamo, non è ancore stata completata ma i tratti salienti sono noti. Parteciperanno alla manifestazione gli aderenti ai sindacati non confederali riuniti nella sigla Cobas-Rdb; non ci sarà Rifondazione comunista che ha già manifestato il suo «distinguo»; ma al contrario scenderà in piazza in forma non ufficiale la sua componente di minoranza «Sinistra critica». Dovrebbero arrivare sabato a Trieste alcune decine di militanti ecologisti dalla vicina Slovenia e altri che sotto la sigla «Pass Dolomiti» contestano la realizzazione di un’autostrada nel Cadore. Ci saranno i comitati che si oppongono alle ferrovie ad alta velocità, quelli che non vogliono l’insediamento di un cementificio a Torviscosa; chi si dice no alla costruzione di un rigassificatore nell’area ex Esso, a pochi centinaia di metri dalla ferriera di Servola; chi contesta l’insediamento di basi militari in Regione, ma anche in Veneto come il presidio permanente «No Dal Molin» di Vicenza. Dovrebbero scendere in piazza studenti e ricercatori ma la domanda sull’esito finale della mobilitazione resta attuale: «Quanti?».
Diverso invece l’appuntamento di domani alle 15 nell’aula magna di Androna Baciocchi, una traversale di via del Lazzaretto Vecchio. I relatori sveleranno nel corso di una serie di interventi il percorso che unisce le scelte della Regione- come la Tav, i cementifici, le autostrade, gli elettrodotti e i rigassificatori - alle linee di sviluppo europeo.
«Mentre gli organismi dell’Onu producono ricerca ad alto livello sui cambiamenti climatici e lanciano fondati allarmi, i governi locali continuano a raccontare che lo sviluppo dello sfruttamento, è l’unico meritorio e possibile» si legge sul volantino diffuso ieri. Sarà sufficiente per riempire la sala?

Claudio Ernè

 

 

La Cdl: il Consiglio voti sul cementificio di Torviscosa - Si profila un’escalation della tensione con la giunta. Molinaro: in gioco la democrazia

 

L’opposizione chiede una seduta urgente dell’assemblea per il caso Torviscosa. Il presidente Tesini ha 15 giorni di tempo per la convocazione

TRIESTE Sul caso del cementificio di Torviscosa il centrodestra chiede una convocazione straordinaria del Consiglio regionale. La richiesta è stata depositata ieri con la sottoscrizione di un quarto dei consiglieri regionali. Una volta ricevuto formalmente il documento il presidente Tesini avrà quindici giorni di tempo per convocare la seduta.

È la prima volta che una parte consistente del consiglio si avvale della procedura. A dimostrazione che il caso-Torviscosa ha scoperto i nervi della politica. Perché la Cdl, utlizzando l’arma della mozione con la quale la Cdl chiede di fare chiarezza sulla procedura della valutazione di impatto ambientale, vuole portare l’Aula a un voto. Un voto che, viste le tensioni anche dentro la maggioranza, non è scontato. E il risultato potrebbe diventare un freno posto dall’assemblea legislativa all’esecutivo. Con il rischio conseguente di originare un pericoloso corto circuito istituzionale.
Anche per questo motivo non sarà indifferente il doppio appuntamento di oggi che vedrà impegnato in prima persona il vicepresidente e assessore all’ambiente Gianfranco Moretton: prima l’esponente della Margherita sosterrà le ragioni della giunta nell’audizione prevista in commissione consigliare e poi, assieme all’assessore diessino Sonego, si incontrerà a Torviscosa con i candidati e i sindaci.
Ma a complicare ulteriormente il quadro dentro la maggioranza c’è la presa di posizione dell’assessore Enrico Bertossi sull’importanza dell’impianto per lo sviluppo della Regione contrastato dal capogruppo Ds Mauro Travanut che sottolinea l’incoerenza della linea della giunta sulla questione Torviscosa.
LA RICHIESTA «Abbiamo già depositato la richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio - sottolinea il capogruppo di Forza Italia Isidoro Gottardo - anche perché ci aspettavamo che la maggioranza si muovesse. Invece non c’è stata nemmeno una convocazione dei capigruppo. La Commissione farà il suo lavoro ma noi puntiamo ad arrivare, oltre a un dibattito democratico e aperto sulla nostra mozione, a un voto. Il prossimo consiglio è stato calendarizzato per il 29-30-31 maggio, troppo tardi per una questione così importante». Anche perché la voce sollevata da Mauro Travanut, e non confermata dall’esecutivo, su un possibile blitz già nella giunta di domani, ha suggerito al centrodestra un’accelerazione».
«Abbiamo utilizzato lo strumento della richiesta di convocazione del Consiglio che deve essere recepita se avanzata da almeno 15 consiglieri (1/4 dell’assemblea ndr) - spiega il capogruppo dell’Udc Roberto Molinaro -. L’assemblea dovrà essere convocata entro 15 giorni (il 23-24 maggio ndr). È la prima volta, a mia memoria, che viene intrapresa un’iniziativa simile perché c’è un grosso rischio per la democrazia rappresentativa. Ci deve essere un’assunzione di responsabilità anche da parte di Illy che deve riferire all’Aula. Il presidente motivi come l’impianto è compatibile con lo sviluppo turistico, ambientale e agricolo dell’area».
LA POLEMICA «I consiglieri hanno questa prerogativa di chiedere la convocazione - dice il capogruppo diessino Mauro Travanut - se il centrodestra l’ha usata ne prendo atto. Continuo a sostenere che la giunta sta commettendo un grave errore. I consigli comunali anche negli ultimi giorni hanno continuato a esprimere perplessità. Io ho fatto delle ricerche e i dati tecnici emersi dimostrano che quelli dell’impianto proposto superano tutti i limiti di impatto ambientale».
I PARTITI Anche i partiti continuano a prendere posizione. Il peso dei voti della popolazione della Bassa non è indifferente. «Ormai è innegabile: con Illy in Fvg è emergenza democratica» scrive in una nota la Lega Nord. «Adesso siamo ai rigassificatori che nessuno vuole ma lui approva, alle nuove centrali, e all'ultimo caso "esplosivo" quello del cementificio di Torviscosa - continua il Carroccio -. Tutto contro la volontà dei cittadini, dei sindaci, della Lega e della Cdl ma ormai anche di sempre più partiti e soprattutto elettori di Intesa, la sua coalizione. Ma dove vuole arrivare questo tentativo di super governatore? Si crede forse di essere Giulio Cesare o Napoleone? Non lo sappiamo».
Anche il coordinatore della Margherita Antonio Ius «non c’è dubbio che il clima politico vada rasserenato e che la collegialità debba essere recuperata anche dentro Intesa e nel governo regionale. Confrontiamoci con popolazione e amministratori locali, ma sottraiamoci a facili quanto angusti immobilismi che nulla determinerebbero se non nuova marginalità per la nostra regione»

Ciro Esposito

 

 

CEMENTIFICIO - Rifondazione ai Verdi: non basta votare no Lavorate con la base - La risposta del segretario Lauri

 

TRIESTE Per Giulio Lauri, segretario di Rifondazione «votare no non basta. Quando non si è d'accordo su una proposta, infatti, prima di arrivare al voto e votare «no» bisogna lavorare per fare cambiare idea a chi è favorevole, in modo che i «no» prevalgano sui «si».
Rispondendo a Alessandro Metz, dei Verdi, Lauri ha ribadito che «questo è quello che Rifondazione sta cercando di fare in questi giorni sulla vicenda del cementificio di Torviscosa (Udine), «e noi pensiamo che questo è ciò che dovrebbe fare, in modo serio, ogni partito della maggioranza che vuole davvero incidere per cambiare una decisione preannunciata - ha spiegato Lauri - che considera sbagliata».
«Di fronte ad un deficit di informazione e di coinvolgimento delle popolazioni nelle decisioni - ha aggiunto - l'altra cosa da fare è quella di contribuire alla costruzione dal basso di momenti di informazione, di partecipazione e anche di conflitto sociale». «Questo è quello che, insieme ad associazioni e comitati, Rifondazione ed i suoi attivisti hanno cercato di fare in questi anni e non solo sul cementificio. In queste lotte i comitati c'erano, Rifondazione con le proprie forze che non sono infinite anche. Carlo Visentini che oggi polemizza con noi, no».

 

 

Bertossi: «Impianto ok». Travanut: «Non capisco» - L’assessore spiega che la rivolta rappresenta «un tipico caso di un paese che non funziona». Il diessino replica

 

TRIESTE «La vicenda del cementificio di Torviscosa è allucinante, è un esempio di come anche sulle questioni ambientali il nostro sistema paese ancora non funzioni». L’assessore Enrico Bertossi lancia anatemi dalla tavola rotonda organizzata a Pordenone. Nel corso di un’analisi fatta «più da imprenditore che da uomo pubblico», Bertossi ricostruisce i passaggi di una vicenda a suo avviso emblematica del modo in cui «In Italia riusciamo a creare tutti i problemi del mondo». Ma il diessino Mauro Travanut replica a distanza. «Se Bertossi continua a difendere l’operazione Torviscosa - dice - mi sembra una posizione incomprensibile. La Regione e il suo assessorato hanno sempre sostenuto la ricerca, l’innovazione e il turismo come motori per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia - un cementificio di quelle dimensioni e in quell’area non mi sembra vada in questa direzione. Capisco l’importanza della Tav ma il cemento si può comprare e costa anche di meno che farlo».
«Un impresa (la Grigolin ndr) - ha spiegato Bertossi - ha presentato la richiesta di realizzare un grande investimento. Ci è stata chiesta una zona industriale servita da un porto. Abbiamo vagliato la possibilità di offrire un sito nella zona industriale di Trieste ma non era possibile per via delle bonfiche. Abbiamo poi valutato l’ipotesi Monfalcone ma non c’era posto». A quel punto si punta su Torviscosa. «L’area era inquinata per cui l’azienda l’ha comprata e bonificata». Ma si tratta di una zona dove c’è una sensibilità molto elevata «dove basta che ci sia solo un’aria di crisi industriale – dice senza mezzi termini Bertossi – e si solleva un’insurrezione». Quello che Bertossi ritiene inspiegabile, è l’utilizzo di barricate di fronte a carte che certificano la bontà dell’iniziativa imprenditoriale. L’azienda non ha ottenuto solamente le autorizzazioni, ma potrbbe anche partecipare anche al beneficio dei fondi previsti dal Frie che consente di ottenere finanziamenti agevolati a medio e lungo termine ad imprese operanti nei comparti industriali, artigianali, turistico-alberghiere ed alle iniziative economiche nell’ambito del Porto di Trieste. Lo stesso vale per Endesa e Gas Natural.

 

 

Gottardo: il ciclo di Illy sta per finire  - Il coordinatore di Forza Italia spiega gli errori commessi dalla maggioranza in tema di ambiente e infrastrutture

 

 Il forzista: «La commissione del Via ha subito pressioni? Di solito Moretton non c’è mai ma per quella decisione ha trovato il tempo. E poi Intesa ha sottovalutato il problema»

«Non siamo contro le grandi opere ma contro il metodo utilizzato»

TRIESTE «Riccardo Illy è sceso in politica quando si reclamava un passo indietro ai partiti. Oggi, al contrario, si chiede alla politica di fare un passo avanti. Un ciclo si è consumato». Isidoro Gottardo parte da lontano per affondare sul cementificio: «Una vicenda che ha reso evidente che la concezione di chi governa fuori dai partiti e al di sopra della politica crea, sul lungo periodo, un deficit reale di democrazia».
Gottardo, perché la giunta regionale vuole il cementificio?
Perché in modo poco trasparente ha assunto impegni con imprenditori che hanno fatto investimenti. E non di poco conto.
Quanto di questa volontà appartiene a Illy?
Il 98 per cento. Anche se quelli che stanno attorno a lui pensano di contare più del 2 per cento.
Venerdì (domani, ndr) la delibera passerà in giunta?
Accadesse, sarebbe stato coltivato un gusto della provocazione davvero preoccupante.
Il centrosinistra ha sottovalutato la questione?
Pensava fosse sufficiente convincere il sindaco di Torviscosa ma non è bastato. Ora si trova in mezzo al guado: da un lato le conseguenze politiche, dall’altro la necessità di non venire meno a impegni presi. E in mezzo l’idea sbagliata che contrapporsi agli ambientalisti avrebbe consentito a Illy di apparire come colui che prende sempre e comunque decisioni anche quando non piacciono a una parte della sua maggioranza.
Avete visto le carte: il cementificio è un pericolo?
Il collega Daniele Galasso, uno che studia le carte fino all’ultima virgola, mi ha convinto che nel merito è una follia e che le prescrizioni dell’Arpa non sono ottemperabili. E ha consigliato all’azienda di ritirare la domanda.
Dalle carte avete anche l’impressione che vi siano state pressioni politiche sulla commissione Via?
Moretton non trova mai il tempo di andare a presiedere le commissioni. Questa volta lo ha trovato.
I rigassificatori sono altra cosa?
L’approccio pragmatico della giunta, con l’ossessione di dimostrare che Illy e qualche assessore che lo scimmiotta bene hanno una capacita di governo fuori dal comune, è lo stesso. Si dimentica però che queste scelte non fanno parte dello spoils system ma riguardano una comunità. Un rigassificatore in mezzo al golfo di Trieste non lo farei nemmeno sotto tortura. Piuttosto mi dimetterei.
Che rischio corre il centrosinistra su una fabbrica di cemento a un anno dalle elezioni?
Fa i conti con il fatto che inganni e furbizie prima o poi si pagano. Ha messo assieme imprenditori e no global, comunisti e grande finanza ma, alla fine, il programma non è rispettato: dove sono il modello di sviluppo sostenibile, la concertazione strumento di democrazia, la valorizzazione delle autonomie?
La Cdl rischia invece di confondersi con gli ambientalisti?
Assolutamente no. Non siamo contro le grandi opere, contestiamo solo il metodo con cui si intende portarle avanti.
Travanut e Moretton che litigano?
E’ il segnale che il Pd, somma algebrica di culture diverse e diffidenti tra loro, è un flop già in partenza.
Antonaz dice che voterà no al cementificio. Metz sostiene che non basta. Si spacca anche la sinistra?
Antonaz ha già venduto l’anima alla poltrona. E’ un gattone che cerca di abbaiare ma non va oltre le fusa nell’ambiente del potere che gli è diventato domestico. Metz vuol far sapere ai suoi elettori che esiste ancora.
Il cementificio si farà? Mi auguro di no. Ma c’è dell’altro in gioco: la capacità del Consiglio di esercitare il dovere di controllo su Illy. Se si è stufato della democrazia, ritorni in azienda.
Marco Ballico

 

 

Tutela ambientale: domenica a Grado apertura della mostra Coinvolti 4mila studenti - Iniziativa della Regione

 

TRIESTE Quasi quattromila alunni delle elementari e delle medie si sono messi in caccia delle tracce, orme per lo più lasciate dai vari animali selvatici nell’ambiente naturale per poter partecipare a un concorso promosso dalla Regione. L’iniziativa rientra in un progetto di educazione ambientale, organizzato all’insegna del motto «Conoscere per crescere» dall’assessorato all’Agricoltura in collaborazione col Corpo forestale, il Laboratorio di educazione ambientale e l’Ufficio scolastico del Friuli Venezia Giulia.
La manifestazione conclusiva del progetto, giunto alla quarta edizione con sempre crescente partecipazione di alunni, si terrà domenica al Palazzo dei congressi di Grado, dove sarà allestita la mostra di tutti i lavori presentati al concorso e dove saranno a disposizione materiali illustrativi sulle aree naturali protette, sui parchi e sulle riserve naturali della regione.
Quest’anno la partecipazione ha abbondantemente superato le cifre della precedente edizione, passando da 48 a 92 scuole e da 105 a 190 classi per un totale di 3784 alunni coinvolti. I premi sono costituiti da 6 computer portatili, che saranno assegnati alle classi giudicate più meritevoli, mentre a tutti i ragazzi delle classi vincitrici saranno consegnati vari gadget.
g.p.

 

 
TRIESTE -  educazione ambientale: a un centinaio di ragazzi il premio «Julius Kugy» - Affollata manifestazione al Giardino pubblico: quattro scuole segnalate
 
Festoso epilogo ieri, nel cuore del Giardino pubblico, riempito da centinaia di bambini vocianti, dell’edizione 2007 del premio «Julius Kugy». L’iniziativa è organizzata dall’Assessorato provinciale all’Educazione ambientale ed è dedicata alla figura dello scalatore e scrittore triestino di lingua tedesca che, sin da giovane, manifestò interesse per la flora alpina ed effettuò varie ascensioni per trovare una pianta sconosciuta, la Scabiosa Trenta, che lo portò a conoscere bene il territorio alpino e a compiere una cinquantina di prime ascensioni e traversate. La gara ha riscosso ancora una volta un grande successo di partecipazione: un centinaio i premiati.
L’impegno dei ragazzi delle scuole locali era finalizzato alla diffusione del messaggio di promozione e sensibilizzazione ambientale rispetto al tema dell’energia e alla necessità di risparmio energetico. Il tema di quest’anno era: «Tutto ciò che accade sulla terra è frutto di energia. Che cos’è? Da dove deriva? E come si risparmia?». L’obiettivo era quello di stimolare l’interesse dei giovani e degli adulti, per un migliore uso dell’energia, senza sprechi, cercando di creare una coscienza sostenibile del nostro pianeta e delle fonti energetiche in esso contenute.
I giovanissimi delle scuole della città hanno dimostrato di aver colto il significato del messaggio, dedicandosi, grazie alla collaborazione dei loro insegnanti, a creare disegni, composizioni, scritti, tutti con lo scopo di catalizzare l’attenzione generale su argomenti di grande attualità. Quattro le categorie e i soggetti concorrenti: l’asilo nido e la scuola dell’infanzia; la scuola primaria; la scuola secondaria di primo grado; la scuola secondaria di secondo grado. Il concorso era aperto anche ai privati cittadini, ai singoli studenti e alle società e associazioni con sede o domicilio nella Provincia di Trieste, che hanno risposto anch’essi con grande entusiasmo.
Gli elaborati, come di consueto, sono stati esposti ieri nella sala dell’Arac, adiacente il bar del Giardino pubblico e il successo della mostra, che è stata visitabile per l’intera giornata, è stato considerevole. La consegna dei premi di partecipazione è stata allietata da intrattenimenti di tipo musicale e di gioco. Per rendere più piacevole la cerimonia delle premiazioni, che ha visto salire sul palco i rappresentanti di tutte le scuole e delle classi che hanno partecipato alla manifestazione, il programma è stato arricchito con la presenza di alcuni clown intrattenitori, che hanno fatto giocare i bambini e i ragazzi. A creare la cornice più adatta anche una giornata primaverile che ha reso la lunga sosta mattutina fra gli alberi del Giardino pubblico particolarmente gradevole.
La Provincia, nell’organizzazione dell’evento, ha ricevuto la collaborazione del Comune, della Croce rossa italiana, del Centro di informazione europea del Friuli Venezia Giulia dell’Associazione ricreativa degli addetti comunali (Arac).
Ugo Salvini

 

 

Trieste-Divaccia, il governo italiano a Lubiana: vogliamo uno studio ambientale congiunto

 

L’opera inserita nel Corridoio 5. Il ministro Pecoraro ha informato della richiesta il governatore Illy. A rischio la Valle delle Noghere

TRIESTE Anche l’Italia chiederà di venire interessata dalla procedura di via per il collegamento ferroviario Trieste-Divaccia. L’ha comunicato al presidente della Regione Riccardo Illy lo stesso ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, a seguito di una lettera dello stesso Illy che chiedeva appunto un coinvolgimento italiano nell’iter.
«Condividendo i contenuti della lettera del 30 marzo 2007 – scrive il ministro - informo che per quanto riguarda la procedura di valutazione d’impatto ambientale, essendo il progetto di carattere transfrontaliero, il ministero sta formalmente richiedendo alle autorità slovene l’attivazione degli adempimenti per consentire all’Italia la partecipazione alla procedura di via, ai sensi della Convenzione di Espoo, nonché in base a quanto disposto de direttive dell’Unione europea». La linea ferroviaria di collegamento Trieste-Lubiana interna al Corridoio 5 garantirebbe la possibilità di collegare il capoluogo triestino e la capitale slovena in meno di un’ora, ma era sorta anche l’esigenza di unire i due porti principali del Nord Adriatico: e in questa visione strategica d’insieme, la nuova ferrovia ad alta velocità Trieste-Lubiana dovrebbe essere affiancata anche da un nuovo collegamento ferroviario diretto tra il capoluogo giuliano e il terminale sloveno di Capodistria tramite Divaccia. C’era però in questo una differenza di vedute: mentre la Slovenia riteneva «non prioritario» il tratto Trieste-Capodistria, per l’Italia massima attenzione è stata posta al collegamento Trieste-Divaccia, posto a pari livello con il Trieste-Lione. Recentemente, in un incontro tra la Regione e la Commissione europea, anche il commissario europeo per i Trasporti aveva espresso grande interesse per la realizzazione del collegamento Trieste-Capodistria che per la sua modesta dimensione, solo pochi chilometri, avrebbe potuto consentire un consistente rafforzamento dei collegamenti italo-sloveni su ferro.
Essendo appunto un progetto che coinvolgeva due realtà, Italia e Slovenia, il Fvg aveva chiesto di essere inserito tra i responsabili della procedura. E non era stato il solo soggetto a farlo: analoga richiesta era stata inviata sempre al ministro Pecoraro Scanio (e al suo collega sloveno Podobnik) da parte del Wwf regionale, che aveva richiesto che «anche i cittadini e i Comuni italiani interessati siano coinvolti nella valutazione di impatto ambientale (Via) della nuova ferrovia Capodistria-Divaccia». A preoccupare il Wwf era il fatto che il progetto della ferrovia prevede, tra l’altro, la costruzione di un viadotto di notevoli dimensioni nella Valle delle Noghere, a poche decine di metri dal confine di Stato, con evidente notevole impatto sul paesaggio. «È un fatto positivo, visto che è una risposta a una richiesta dello stesso presidente Illy» commenta in merito l’assessore ai Trasporti Lodovico Sonego. Il ministero ha inoltre informato la Regione sui nominativi dei propri rappresentanti all’interno della Commissione intergovernativa italo-slovena, prevista in base all’accordo bilaterale del 28 febbraio 2006, composta da rappresentanti delle amministrazioni centrali e locali dei due Paesi, e con la partecipazione della Regione.
Elena Orsi

 

 
Pannelli solari: è arrivata la legge
 
Ci siamo o, quanto meno, è stato dato il calcio d'inizio. Sì, perché le varie leggi regionali emanate circa il contenimento e la riduzione dei consumi, sull'utilizzo delle fonti rinnovabili di energia e altre, erano leggi sconosciute ai più. E nemmeno la Finanziaria si era sprecata per incentivare l'energia rinnovabile.
Ora, con il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale che va a dare un assetto più preciso alle normative in fatto di energia, viene stabilito che i nuovi edifici e quelli da restaurare dovranno essere dotati di pannelli solari.
Alleluia: chi ben comincia è a metà dell'opera. La strada è ancora in salita perché siamo in grave arretrato rispetto ad altri Paesi se ci confrontiamo con la domanda mondiale per le fonti alternative con allacciamento a una rete che porti l'energia alle nostre case. Si sta pure prendendo coscienza che l'economia dell'autogenerazione può ridurre in modo sensibile l'impatto ambientale soprattutto nell'applicazione industriale e commerciale.
Si è ormai creato un vero business sia per il miglioramento dell'efficienza energetica, sia sul piano dell'anti-inquinamento nel settore residenziale.
Il Ministero per lo Sviluppo Economico con decreto ministeriale 19/2/07 pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 45 del 23/2/07 ha stabilito i nuovi criteri e le modalità per incentivare la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici. È un provvedimento che, oltre ad allineare l'Italia agli altri Paesi europei, elimina parte delle lungaggini burocratiche che gravavano sulle vecchie norme.
Ora, così si dice, per accedere al «Conto Energia», non ci saranno più graduatorie ma sarà sufficiente presentare un progetto preliminare e installare l'impianto fotovoltaico. Una volta installato e collaudato, si presenterà il progetto definitivo per chiedere l'attivazione delle tariffe incentivanti.
Ma vediamo con un esempio cosa significa l'iniziativa statale «Conto Energia». Con questo strumento lo Stato si impegna con un contratto di 20 anni ad acquistare le eccedenze dell'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici in modo che l'impianto non solo si paga in pochi anni, ma addirittura fa guadagnare mensilmente sul gettito della struttura stessa.
In pratica tutta l'energia elettrica defiscalizzata prodotta dagli impianti solari fotovoltaici - sarà remunerata con tariffe piuttosto interessanti (non ci impegnamo in cifre) e l'investimento per la struttura - così ci viene detto - dovrebbe assicurare rendimenti superiori a quelli dei Titoli di Stato.
Poi, come purtroppo ben si sa, «Regione che vai, usi e leggi che trovi...»
Ma intanto siamo a metà del guado.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 9 maggio 2007

 

 

I comitati si mobilitano per il corteo - Centinaia di adesioni al sito della manifestazione promossa da 22 gruppi popolari

 

 Sabato sfileranno anche i vicentini contrari alla caserma Nato

Adesioni ufficiali, adesioni personali, telefonate, mailing list, appuntamenti, manifesti e tanti tantissimi accessi al sito internet «Globalproject.info».
È in moto da giorni la macchina organizzativa dei numerosi gruppi ecologisti, ben ventidue, che sabato pomeriggio manifesteranno per le vie di Trieste per richiamare l’attenzione sui modelli di sviluppo proposti dal G8, in svolgimento da domani alla Stazione marittima.
«Il vostro sviluppo non è mai sostenibile» è lo slogan scelto dagli organizzatori della manifestazione che partendo da piazza Libertà di fronte alla Stazione, percorrerà in corteo un piccolo tratto delle rive, via Valdirivo, via Roma, Corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci e piazza Oberdan. Sono attese migliaia di persone, ma quante esattamente ancora non si sa perché molti dettagli sono in via di definizione.
«Ci ha assicurato la propria partecipazione ufficiale il comitato che si oppone alla realizzazione del cementificio di Torviscosa» spiega Carlo Visentini. portavoce delle Rete triestina che coordina l’iniziativa di protesta.
Continua Visentini: «Anche i Cobas del Friuli Venezia Giulia hanno annunciato la loro presenza al corteo; altrettanto ha fatto il Comitato vicentino che si oppone all’ampliamento della caserma dal Molin; arriveranno a Trieste a bordo di alcuni pullman. Molti altri arrivi sono annunciati ma fare oggi il punto su tutte le adesioni è prematuro. Certo è che saranno sabato in città i comitati che contestano il percorso scelto per l’alta velocità ferroviaria, i rigassificatori, gli elettrodotti, le antenne dei telefoni cellulari poste nei pressi di scuole, asili, case di riposo e ospedali, l’uso privatistico dell’acqua. Le varie sigle ambientaliste presenti in città al momento però non si sono fatte sentire...»
Molti dettagli delle manifestazioni di risposta alla due giorni organizzata dall’Unesco, verranno definiti nelle prossime ore ma un preciso «punto nave» non sarà disponibile fino a giovedì sera e forse venerdì mattina. Una conta precisa verrà dall’esito della convegno-assemblea in calendario venerdì alle 15 nell’aula di Androna Baciocchi con la partecipazione di ricercatori e docenti universitari. Tra i temi in discussione: «Stranamore:come imparare ad amare la devastione e vivere felice», «Ground Zero, la politica apocalittica»; «Prendi i soldi e scappa, lo scenario economico regionale».

Claudio Ernè

 

 
Decolla il centro per la formazione ambientale - Prima riunione del Consiglio di indirizzo della Fondazione Asia istituita a Trieste. Manca ancora la sede definitiva
 
La formazione internazionale ambientale per lo sviluppo sostenibile diventa ufficialmente «made in Trieste».
Lo ha annunciato ieri Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia, che ha presieduto la prima seduta del Consiglio di indirizzo della neonata Fondazione Asia (Agenzia per lo sviluppo internazionale dell'Ambiente). Presenti il presidente dell’ente, Alessandro Nardi e rappresentanti di vari partner dell’iniziativa, quali il ministero dell’Ambiente, l’Area di Ricerca o l’Ictp.
La fondazione è stata fondata come «passaggio intermedio» nella creazione dell'Istituto per una partnership a favore dello sviluppo ambientale - ha spiegato Bassa Poropat - e si presenta aperta anche ad altri enti».
Si stima che quest’iniziativa congiunta tra il governo italiano, l’amministrazione provinciale di Trieste e l’Unesco, potrà disporre di 2,5 milioni di euro l'anno per un periodo iniziale di 3 anni. L’obiettivo è l'avvio di progetti e percorsi di formazione ambientale per tecnici soprattutto dei Paesi in via di sviluppo in vari settori come la conservazione del suolo, la gestione integrata delle acque, la raccolta e trattamento dei rifiuti, la varie forme di inquinamento ambientale, ma anche la logica del rapporto ambiente–industria e la sua evoluzione.
«Abbiamo deciso di partire già con alcuni corsi già entro luglio nelle sedi già esistenti dei vari partner come al Centro di Fisica teorica Ictp o all’Area di Ricerca» ha aggiunto Gian Carlo Michellone, presidente dell’Area.
«In futuro tuttavia dovrà venir individuata anche una sede vera e propria per la fondazione che servirà in seguito all’ Istituto per l’Ambiente» ha sottolineato ancora Maria Teresa Bassa Poropat, senza confermare tuttavia le indiscrezioni che si erano diffuse all’inizio dell’anno e che davano per probabile la realizzazione della sede di Asia all’interno del comprensorio dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni nella sede dell’istituto Ima-Imo.
g.p.

 

 
AcegasAps, persi con l’inceneritore 3,6 milioni  - È la somma maturata dal 14 febbraio a causa del sequestro dell’impianto
 
L’azienda ha dovuto rinunciare a smaltire rifiuti del Goriziano e del Pordenonese e non ha potuto produrre energia elettrica
A influire sui costi anche il trasporto delle immondizie a Pecol dei lupi
Il funzionamento ridotto dell’inceneritore dal 14 febbraio, giorno del sequestro di due delle tre linee dell’impianto, a lunedì scorso, quando il gip Massimo Tomassini ha disposto il dissequestro della linea 3, si è trasformato per AcegasAps in una perdita di 3,6 milioni di euro, pari a 80-85 mila euro al giorno.
La notevole cifra, che avrà riflessi tutti da capire sull’andamento dei conti aziendali, è stata resa pubblica venerdì scorso dall’amministratore delegato uscente Francesco Giacomin, nel corso dell’assemblea che ha approvato il bilancio 2006 e rinnovato il consiglio di amministrazione.
I 3,6 milioni che non sono entrati nella casse di AcegasAps sono la risultante dell’effetto combinato di più fattori. Il fermo di due delle tre linee dell’impianto di via Errera ha infatti costretto la multiservizi a rinunciare all’incenerimento dei rifiuti dell’Isontino (120 tonnellate al giorno) e di alcuni comuni del Pordenonese.
Si è poi ridotta drasticamente la produzione di emergia elettrica, attraverso il recupero del calore ottenuto dalla combustione dei rifiuti, che viene immessa nella rete nazionale.
Queste, due fonti di mancato introito. Ad esse sono poi da aggiungere i costi, derivanti sempre dal fermo delle due linee, per il trasporto dei rifiuti nella discarica cormonese di Pecol dei lupi e per l’utilizzo della discarica stessa. Tirando le somme, 3,6 milioni di euro in poco meno di tre mesi.
Il dissequestro della terza linea, lunedì mattina, è stato deciso dal gip dopo che i risultati delle analisi effettuate alla fine di aprile hanno evidenziato nei fumi una concentrazione di diossina inferiore al limite fissato dalla legge.
Nel periodo dal 21 al 30 aprile, ha spiegato AcegasAps in una nota, il collegio dei periti ha effettuato dieci rilevazioni dei livelli di diossina presenti nei fumi, rilevando valori compresi fra i 6 e i 13 picogrammi (miliardesimi di milligrammo) per metro cubo, e quindi molto al di sotto del limite che la legge fissa in 100 picogrammi.
«L’esito delle analisi – ha precisato ancora AcegasAps – ha dimostrato che l’impianto è in grado di assicurare lo smaltimento dei rifiuti con impatti minimi sull’ambiente e la vita dei cittadini».
Da ieri, quindi, l’impianto via Errera è tornato a smaltire nuovamente attraverso la linea 3 circa 180 tonnellate al giorno di rifiuti, e altrettante con la linea 1 che non è mai stata fermata e anzi ha mostrato segnali del superlavoro di questi mesi (è stata riattivata a fine aprile dopo una fermata di undici giorni dovuta alla rottura e alla conseguente sostituzione di una tubatura).
Il via libera del magistrato per la ripresa della linea 3 non riguarda però tutti i tipi di rifiuto, ma solo i cosiddetti rifiuti solidi urbani. Per quelli ospedalieri la decisione è infatti ancora in sospeso.
Se la linea 3 è dunque tornata a funzionare a pieno ritmo, per la linea 2 bisognerà invece attendere ancora. Una serie di test analoga a quella effettuata sulla linea 3 è stata rinviata alla prossima settimana, in seguito a problemi di accensione dell’impianto. Solo dopo l’esame dei risultati di questi test, e nel caso che i valori di diossina rientrino nei limiti di legge, i legali di AcegasAps potranno avanzare l’istanza di dissequestro.
Come ha spiegato l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, la causa della presenza di diossina nei fumi sarebbe stata accertata: un accumulo di plastica dovuto alle lamelle di componenti dei filtri chiamati «demister». «La cosa importante – ha commentato l’assessore – è che non siamo più costretti a portare i nostri rifiuti alla discarica di Pecol dei lupi, e anzi ricominciamo ad accogliere quelli dell’Isontino».

 

 

Quando la maga Circe ammalia gli scienziati  - (Climate Change and Impact Research: the Mediterranean Environment)

 

«Dietro la nave dalla prora turchina, Circe dai bei capelli ci inviò ilvento propizio che gonfia la vela...». Odissea, Libro XII. Figlia del Sole e della ninfa Perseide, signora dell'isola di Eea, Circe si è invaghita di Ulisse e gli indica la rotta per tornare a Itaca, dopo averlo messo in guardia contro i pericoli che avrebbe incontrato: le sirene, le rupi erranti, Scilla e Cariddi...
Il mito della maga Circe riecheggia ora anche nella scienza. Perché c'è chi ha pensato di chiamare appunto Circe un nuovo progetto di studio del Mediterraneo, giocando su un acronimo alquanto acrobatico: Climate Change and Impact Research: the Mediterranean Environment. Ovvero «Ricerca sul cambiamento climatico e i suoi effetti: l'ambiente mediterraneo». Un progetto che coinvolge ben 62 centri di ricerca europei, nordafricani e mediorientali, finanziato con 10 milioni di euro dall'Unione Europea, coordinato dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e che è stato presentato la settimana scorsa a Bologna.
Obiettivo di Circe è quello di studiare l'impatto dei cambiamenticlimatici non solo dal punto di vista scientifico ma anche da quello economico e sociale, valutando le strategie di adattamento e di mitigazione capaci di fronteggiarlo. Insomma: in che modo l'aumento della temperatura influenzerà la regione euro-mediterranea dal punto di vista dell'agricoltura, degli ecosistemi, della salute?
Ne parliamo in questa rubrica perché nel progetto Circe figura anche l'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), con sede a Trieste. Spiega Alessandro Crise, direttore del Dipartimento di oceanografia, che agirà in collaborazione con l'Enea, l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente: «Studieremo l'impatto dei nutrienti portati dai grandi fiumi che sfociano nel Mediterraneo: il Rodano, il Po, il Nilo... Un impatto che dipende dall'antropizzazione delle coste, dalla loro industrializzazione, dal prelievo delle acque fluviali. Il problema del Mediterraneo è che l'eutrofizzazione resta confinata alle zone costiere. Quel suo bellissimo colore blu, in realtà, indica che le sue acque sono povere di vita».
Il lancio del progetto Circe è avvenuto in concomitanza con la conferenza che a Bangkok ha reso nota la terza parte del rapporto elaborato dagli scienziati dell'Ipcc, il Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici. E dell'Ipcc fa parte Filippo Giorgi, responsabile di Fisica del clima al Centro di Miramare: «La regione mediterranea è un ”hot spot”, vedrà nei prossimi decenni un forte aumento delle temperature. Qui all'Ictp abbiamo elaborato un modello climatico regionale per il Mediterraneo, che l'Enea cercherà ora di accoppiare con il suo modello di circolazione oceanica. Questo consentirà una migliore valutazione di come il clima di domani modificherà la nostra vita».

Fabio Pagan

 

 

Il Consiglio Fvg convoca sindaci e comitati  - Caso cementificio. Travanut: temo il blitz già venerdì. Domani l’audizione di Moretton

 

Fissata la commissione, polemica dentro Intesa. Quattro primi cittadini discutono sul ricorso al Tar. Gottardo: Illy è stufo della democrazia? Torni in azienda

TRIESTE Gianfranco Moretton, l’assessore all’Ambiente, garantisce il pieno rispetto delle regole: «La delibera sul cementificio? Nell’ambito dei tempi stabiliti dalla normativa». Ma Mauro Travanut, il capogruppo dei Ds, non si accontenta. Non può né vuole perché teme che ci sia in cantiere un «blitz», legalmente possibile, politicamente inaccettabile: «Forse la giunta intende deliberare già venerdì? Forse è pronta a fare uno sgarbo del genere al Consiglio regionale, decidendo prima che i sindaci siano sentiti in commissione?». E così, proprio nelle ore in cui fissa le audizioni in quarta commissione e apre formalmente in piazza Oberdan il «caso Torviscosa», Intesa democratica vede aprirsi un nuovo fronte. Un paradosso, o quasi, ma sono proprio le attese audizioni ad alimentare i «sospetti». E ad acuire la tensione, peraltro già alta, con la sinistra antagonista che mostra le prime crepe, l’opposizione che grida all’«emergenza democratica», i sindaci che studiano il ricorso al Tar.
L’ANTEFATTO Moretton gioca d’anticipo. E, dopo aver inviato un fax al presidente Uberto Fortuna Drossi, conferma di buona mattina che domani, alle 10, interverrà in commissione. Difendendo le ragioni del «sì»: «Il cementificio è assolutamente compatibile e sicuro dal punto di vista della salute umana e della salvaguardia della vegetazione. I pareri sfavorevoli iniziali? Tutti superati dalle prescrizioni. Ma è bene illustrare le procedure seguite in commissione Via prima di addivenire al ”sì”». Le ostilità non mancano? Moretton non si spaventa: «L’iter seguito è stato molto accurato e credo che l’audizione sia importante per spiegarlo, illustrando tutti i dati, rispondendo punto per punto ai consiglieri, fugando i dubbi dettati magari da insufficiente informazione». I sindaci e i comitati protestano? L’assessore non si nega: «Non dobbiamo sottovalutare nulla, ma dobbiamo capire qual è l’effettiva volontà di recepire gli elementi probanti, e qual è la contrarietà per partito preso».
IL CALENDARIO Poco più tardi, Fortuna Drossi dirama il calendario delle audizioni: si parte domani con Moretton, ma anche con Arpa e Aziende sanitarie. Si prosegue lunedì con Provincia di Udine, sindaci della Bassa, Consorzio Aussa Corno, ambientalisti e comitati. «Avevamo deliberato già il 4 aprile di indire le audizioni. Poi le abbiamo spostate perché Moretton era impegnato» ricorda il presidente. Non a caso, giacché poco dopo Travanut, il più tenace supporter delle audizioni, sbotta: «Non capisco l’improvviso precipitare della vicenda. La mia prima richiesta di audizione risale al 4 aprile. Ma Moretton, come altre volte in seguito, non poteva. Perché adesso insiste al punto da chiedere lunedì una convocazione per martedì? Perché Fortuna Drossi deve comunque fissare la commissione entro 48 ore?».
IL SOSPETTO Il dubbio è che la giunta voglia decidere già venerdì. Ma il capogruppo diessino avverte: «Fosse davvero così, si creerebbe un contenzioso fortissimo tra esecutivo e legislativo, tenendo conto che Intesa ha sempre seguito un iter prestabilito: incontri di partito, incontro della maggioranza di commissione, audizioni, nuovo incontro della maggioranza, e infine indirizzo politico alla giunta». Morale? «Se adesso si cambia, significa che Intesa non esiste più come unione tra maggioranza e giunta. Solo l’altra sera l’Ass della Bassa ha ribadito la gravità della situazione ambientale: serve una riflessione, allora, non la fretta». E quindi, conclude Travanut, «sarebbe sorprendente che la giunta si comportasse come una trottola che gira per conto suo senza sentire la maggioranza».
I SINDACI Sul territorio la protesta non rientra. E il rischio della via giudiziaria cresce. Il sindaco di Bagnaria Arsa Anselmo Bertossi convoca per stasera quelli di Porpetto, Cervignano e Terzo d’Aquileia per verificare la fattibilità del ricorso al Tar. Ma Bertossi e Cecilia Schiff, sindaci di centrodestra, sono favorevoli. Mentre Pietro Paviotti e Fulvio Tomasin, sindaci di centrosinistra contrari all’impianto, preferiscono evitare il Tar. «Mi incontrerò con Moretton nella convinzione che la situazione si possa ricucire» dice Paviotti.
L’OFFENSIVA CDL La Cdl, nella serata di ieri, riunisce intanto a San Giorgio di Nogaro i suoi amministratori. Ci sono i regionali Isidoro Gottardo, Alessandra Guerra, Roberto Molinaro, Giorgio Venier Romano, Claudio Violino e Daniele Galasso. Ci sono i provinciali Marzio Strassoldo e Paride Cargnelutti. C’è l’ex presidente della Regione Adriano Biasutti. Le condanne «a un cementificio che rischia di compromettere lo sviluppo del territorio per i prossimi cinquant’anni» non mancano, ma non mancano soprattutto le condanne «al metodo antidemocratico che Riccardo Illy porta avanti». «Più d’uno ha segnalato l’emergenza democratica» riassume Molinaro. Biasutti, ad esempio, picchia duro: dice che i cittadini non eleggono un monarca né vogliono essere sudditi; aggiunge che Illy non è invincibile. Gottardo picchia ancor più duro: «Se il governatore si è stufato della democrazia, torni in azienda». Oggi, infine, tocca a Ds e Margherita confrontarsi con gli amministratori locali. Appuntamento alle 18 a Torviscosa: si attendono i big diessini e diellini, da Sonego a Moretton.
r.g. - m.b.

 

 

La rete dei comitati: parole inaccettabili dall’assessore di Rc - Il Pdci: «Giusto il corteo del 12»

 

«Come può essere soddisfatto di una giunta che ignora i cittadini e umilia gli enti locali?»

TRIESTE «Ma in quale regione vive l’assessore Roberto Antonaz?». La rete contro lo sviluppo insostenibile, quella che raccoglie più di venti comitati e associazioni e si prepara al corteo triestino di sabato, contesta duramente l’assessore di Rifondazione, «reo» di dichiararsi pronto a bocciare rigassificatori e cementificio, ma non la giunta Illy. «Ci chiediamo - scrive la rete - come si possa essere soddisfatti di una giunta che, in questi anni, ha proposto un ventaglio incredibile di grandi opere ad altissimo impatto ambientale e non ha perso l’occasione di prendere in giro i cittadini e umiliare gli enti locali». Non basta: «Ci chiediamo come si possa dire che i problemi sono rigassificatori e cementificio, dimenticando Tav, casse di espansione, autostrada Carnia-Cadore, elettrodotti...: tutte queste opere vanno bene ad Antonaz?». La rete non digerisce nemmeno l’accusa di ambiguità al corteo di sabato: «I movimenti e i comitati che si battono per la difesa dei beni comuni hanno sempre agito alla luce del sole, lontani dai giochetti di potere, a differenza di chi si dichiara contrario a certi progetti ma condisce il suo dissenso di mille ”se e ma” che ne cancellano senso ed efficacia».
Si fa sentire anche il Pdci. Bruna Zorzini non cita Antonaz ma si schiera in difesa delle «ragioni di quanti, sabato, scenderanno in piazza» e spiega che il suo partito «ritiene fondamentale partecipare da protagonista ai dibattiti sul futuro del territorio cercando il dialogo con chiunque rivendichi innanzitutto il diritto alla partecipazione democratica».

 

 
Il Consiglio comunale non decide sull’impianto - Ieri durante la seduta sono intervenuti i rappresentanti dell’Arpa. Non sono mancate le contestazioni
 
TORVISCOSA Cementificio, fumata grigia. Il Consiglio comunale che si è tenuto ieri a Torviscosa non ha emesso alcun verdetto; l’assise ha tuttavia consentito alla cittadinanza di prendere coscienza di ogni dettaglio relativo all’eventuale costruzione dell’impianto nel centro della Bassa Friulana. Dopo un’estesa e particolareggiata introduzione ad opera degli esponenti dell’Arpa (il cui arrivo presso la sede municipale era stato accompagnato da proteste di alcuni residenti) si è svolto il dibattito; la minoranza ha più volte espresso la propria contrarietà al progetto, adducendo come argomento a sostegno della tesi una lettera del ministero dell’ambiente del 21 luglio 2006 in cui si diceva «la situazione dell’aria nell’area di Torviscosa presenta delle esplicite criticità»; il ministero aveva altresì esortato gli amministratori a non peggiorare una situazione ambientale già precaria. Ancora, la minoranza ha evidenziato le anomalie del verbale del comitato di Via (che ha espresso parere favorevole), e ha sollevato la questione della prevenzione, ricordando come il camino principale della Cementi Nordest provochi una quantità di emissioni di ossidi di azoto che la stessa azienda sanitaria avrebbe definito “preoccupante”. Una quarantina di persone hanno presenziato al meeting senza poter intervenire; l’unica forma di contestazione, peraltro pacata, si è consumata al di fuori dell’edificio, quando sono stati riproposti alcuni cartelloni già presentati a Cervignano il primo maggio.
Nella serata di lunedì si era tenuto il consiglio comunale a San Giorgio, l’unico altro comune ad essersi schierato pro cementificio; nell’occasione un pubblico numeroso aveva apertamente sostenuto la minoranza, sottolineando con applausi i passaggi più significativi della controversia. I comitati contrari al cementificio annunciano la propria presenza al vertice previsto a Trieste sabato 12 maggio.
Giovanni Stocco

 

 

Metz a Antonaz: non basta votare no  - Il capogruppo dei Verdi: cittadini bypassati, il bilancio non è positivo

 

Dopo l’intervista dell’esponente della giunta Illy: «In quattro anni grosso deficit di partecipazione»

«Ci stiamo confrontando sulla democrazia delle scelte: limitarsi a preannunciare un parere contrario non è una risposta adeguata alle attese dei cittadini»

TRIESTE «Votare contro in giunta non basta». Alessandro Metz, dopo aver letto, riletto ma non digerito l’intervista di Roberto Antonaz, si fa sentire. E, a riprova che il «caso cementificio» mette alla prova persino i rapporti a sinistra, non nasconde il disappunto. L’assessore di Rifondazione conferma il no a cementificio e rigassificatori. Che c’è che non va?
In questo momento la discussione non verte su chi voterà sì o no al cementificio, su chi uscirà o no dalla maggioranza, bensì sul metodo democratico (o no) di decidere. Sino a pochi mesi fa questa questione poteva anche riguardare solo i Verdi che si impuntavano sull’ambiente ma adesso, con comitati e cittadini in ogni angolo del Friuli Venezia Giulia che chiedono ascolto, non più. Tutti i partiti di Intesa, infatti, si stanno interrogando.
E quindi? Mi pare fuori tema affrontare una simile discussione annunciando un voto contrario e confermando la fedeltà alla maggioranza.
Che vuol dire? Che si deve rompere?
Votare in dissenso assolve al proprio ruolo. Ma che risposta dà ai cittadini che, segnalando l’assenza dei partiti e giudicando la rappresentanza politico-istituzionale inefficace, si muovono in prima persona per chiedere più democrazia?
Che risposta dà? Nessuna, a mio avviso.
Antonaz, però, rivendica quattro anni di buon governo e di scelte partecipate, se si eccettua l’ambiente.
Gli dò atto che sull’immigrazione il percorso ha coinvolto moltissime associazioni ma non dimentico che, su quella legge, grava un macigno enorme: la questione del Cpt che non può più essere imputata al solo ex governo di centrodestra. Mi spiego con un paragone ambientale: la legge ha istituito un prato bellissimo ma, in mezzo, c’è una discarica. Posso accontentarmi del prato o giudicarlo rovinato dalla discarica.
Non crede, quindi, che il bilancio sia positivo?
No, non lo credo perché i cittadini sono stati bypassati. Sul buon lavoro, ad esempio, i precari non sono stati sentiti. Sui piani territoriale ed energetico, Agenda 21 è stata snaturata: sono stati consultati i portatori di interessi particolari, ma non quelli di interessi diffusi come salute, qualità della vita, tutela dell’ambiente.
Se c’è il sì al cementificio, i Verdi escono. Ma crede ancora in un ripensamento?
Lo credo, certo, perché la discussione che si è aperta in maniera anche impensata evidenzia con chiarezza un punto: o Illy, la giunta e la maggioranza modificano completamente il rapporto con il territorio oppure sanciscono la chiusura di un’esperienza politico-amministrativa nel peggior modo possibile.
Illy e la giunta ribattono che i pareri tecnici sono favorevoli al cementificio.
Mi spiace che Illy abbia una visione meccanica del suo ruolo per cui, a parere tecnico favorevole, corrisponde parere politico favorevole.
Il Pdci richiede un vertice di maggioranza. Ci andrete? Parteciperemo agli incontri finché saremo in maggioranza.
E al corteo dei comitati di sabato? Ci saremo. Come Verdi non abbiamo intenzione di cavalcare quello che comitati e associazioni stanno facendo. Ma non vogliamo girare la testa e ignorare la sofferenza del territorio, limitandoci magari a preannunciare un voto contrario. Ed è per questo che mettiamo in discussione tutto, anche la nostra appartenenza a Intesa.
Antonaz, intanto, prende le distanze dal corteo.
I partiti di Intesa dovrebbero partire dall’autocritica anziché dalla critica di chi manifesta.
Ma i distinguo emergenti tra Verdi e Rifondazione possono pregiudicare l’aggregazione della sinistra post Partito democratico?
Non lo credo, e per un motivo semplice: la sinistra cos’è? I Metz, i Pizzati, gli Antonaz, le Zorzini? O è una sensibilità assai più forte dei singoli nomi che adesso critica l’attuale modello di sviluppo e decisione? Se la sinistra è questa, come ritengo, ha la capacità di produrre una sintesi che i singoli nomi possono facilitare ma che nessun personalismo, e ci metto anche il mio, può impedire. Nel 2008 Verdi e Rifondazione saranno ancora alleati? Chi vivrà, vedrà.

Roberta Giani
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 8 maggio 2007

 

 
Inceneritore, torna in funzione la linea 3  - L’emergenza rifiuti è rientrata. Le analisi hanno rilevato valori di diossina inferiori ai limiti
 
Barduzzi: «Non dobbiamo più portare i rifiuti a Gorizia»
Emergenza rifiuti rientrata: la linea 3 dell'inceneritore di via Errera è nuovamente il funzione. Il gip Massimo Tomassini ha disposto ieri il dissequestro dell'impianto, dopo che i risultati delle ultime analisi hanno rilevato una concentrazione di diossina inferiore al limite fissato per legge.
La levata definitiva dei sigilli consentirà di smaltire nuovamente le 180 tonnellate di rifiuti urbani quotidianamente conferite da AcegasAps; mentre per le sostanze di scarto ospedaliere l'iter è ancora in sospeso. «Nel periodo che va dal 21 al 30 aprile - informa la società - il collegio dei periti ha effettuato dieci rilevazioni dei livelli di diossina presenti nei fumi, riscontrando valori compresi fra i 6 e i 13 picogrammi per metro cubo, quindi abbondantemente al di sotto del limite di legge, fissato in 100 picogrammi per metro cubo. L'esito delle analisi ha dimostrato che l'impianto è in grado di assicurare lo smaltimento dei rifiuti con impatti minimi sull'ambiente e sulla vita dei cittadini».
Per quanto riguarda invece la linea 2, come riferisce l'assessore provinciale all'Ambiente Ondina Barduzzi, «non è stato ancora possibile fare l'analoga campagna di campionatura perché si sono avuti dei problemi d'accensione dell'impianto». «Il test - conclude - verrà quindi rimandato alla prossima settimana, dopodiché AcegasAps inoltrerà una seconda istanza di dissequestro. Sarebbe accertata la causa: un accumulo di plastica dovuto alle lamelle dei "demister", componenti dei filtri. Comunque, la cosa importante è che non siamo più costretti a portare i nostri rifiuti alla discarica di Pecol dei Lupi, anzi ricominciamo ad accogliere quelli dell’Isontino».
L’inceneritore di via Errera aveva ripreso a bruciare rifiuti con tutte e tre le linee una settimana fa. La scelta di riavviare completamente l’impianto era stata letta come un segnale estremamente positivo. La sensazione, infatti, era che i periti chiamati ad seguire le analisi previste dal dissequestro condizionato (tre nominati dal pm Maddalena Chergia e altrettanti indicati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’Acegas-Aps) fossero ormai vicini alla soluzione del rebus.
Durante l’ultima settimana di piena attività, l’ex municipalizzata, come ente gestore dell’impianto, e la Provincia, in qualità di titolare del piano locale dei rifiuti, sono state dispensate dall’obbligo di esportare quotidianamente 140 tonnellate di immondizie non smaltite dal termovalorizzatore presso la discarica cormonese di Pecol dei Lupi, la cui disponibilità si sarebbe altrimenti esaurita entro il 15 maggio. Non solo. Negli ultimi sette giorni in via Errera si è addirittura ripreso a bruciare 120 tonnellate giornaliere di rifiuti isontini. In questo periodo ha funzionato a regime ordinario la linea 1, l’unica esente dal sequestro avvenuto il 14 febbraio scorso, riattivata a fine aprile dopo uno stop di undici giorni dovuto alla rottura e alla conseguente sostituzione di una tubatura. Le altre due linee - la 2 e la 3 - hanno lavorato entrambe in esercizio provvisorio, per consentire le ultime analisi sulle emissioni da parte dei periti. Alla mezzanotte del 31 aprile era stata riattivata per la prima volta dal 14 febbraio la seconda linea, mentre per la terza il regime provvisorio è scattato il 21 aprile per una nuova «campagna di comapionamenti» dopo quella effettuato in precedenza, dal 19 al 23 marzo.

 

 
Depuratore di Servola, costa troppo eliminare i cattivi odori dei liquami - L’impianto va prima adeguato alle norme europee
 
«Per eliminare gli odori, anche forti, che provengono dal depuratore di Servola sarebbe necessaria una spesa faraonica. Ma prima dobbiamo adeguare l’impianto alle norme europee, realizzando altre costose vasche».
Ad affermarlo è l’assessore comunale all’Ambiente, Maurizio Bucci, a margine dell’audizione nella sede della settima Circoscrizione, in cui si è parlato anche della qualità dell’aria a seguito di una mozione del consigliere Massimo Codarin (Fi).
Bucci ha succesivamente effettuato un sopralluogo all’impianto, assieme ai sindaci degli altri Comuni della provincia, assente solo Duino Aurisina, per illustrare le nuove opere necessarie. «Il problema – spiega l’assessore – nasce da un’enorme vasca, qualche centinaio di metri quadri, in cui scarica il collettore fognario di gran parte della città, e nella quale viene separata la parte solida dei liquami. La parte acquosa passa poi in due vasche per la sedimentazione delle sabbie, prima di essere immessa nella tubatura che scarica al largo».
Le norme europee, in vigore da qualche anno, obbligano però a un ulteriore trattamento delle acque fognarie prima dello scarico a mare, con enzimi che eliminano qualsiasi componente organica. Ma per questo trattamento l’impianto di Servola non dispone di alcuna vasca e non ha neppure lo spazio per costruirla.
«Abbiamo già richiesto all’Autorità portuale – spiega Bucci – la concessione di un’area oltre la ferrovia, adiacente allo Scalo legnami, dove realizzare quattro nuove vasche, il cui costo ammonta a 50 milioni di euro, necessarie per adeguare l’impianto alle norme europee».
Il progetto preliminare delle nuove vasche è già stato approvato dal Comune. Quello esecutivo (del costo di 500 mila euro) sarà pronto entro ottobre. Ma intanto si riproprone il problema dei finanziamenti, che qualche mese fa ha già visto sorgere una polemica fra Comune e Regione. «Abbiamo in programma un incontro al ministero dell’Ambiente – annuncia Bucci – per chiedere parte dei finanziamenti. Parallelamente faremo una richiesta alla Regione, che dispone di fondi per queste infrastrutture pubbliche. Si tratta infatti di un’opera che interessa tutta la provincia e di cui ne beneficerà l’intero golfo».
gi. pa.

 

 
Muggia, incontro fra Comune e industriali sull’inquinamento dei terreni alle Noghere  - Oggi pomeriggio alla sala Millo
 
MUGGIA È l’inquinamento dei terreni e le sue conseguenze sul possibile sviluppo delle attività artigianali e industriali, l’argomento che tocca maggiormente le aziende che operano nella zona delle Noghere. Se ne parlerà oggi a Muggia, in un incontro organizzato dal Comune, per affrontare proprio questa ed altre tematiche inerenti la zona industriale locale.
L’incontro, che si svolgerà dalle 17 alle 19 alla sala Millo di piazza della Repubblica, servirà a conoscere lo stato del comparto, ed elaborare programmi settoriali di sviluppo economico condiviso, informando gli operatori su norme, iniziative, progetti. Dalla viabilità alle bonifiche, fino all’innovazione delle imprese. Per trattare i vari argomenti, saranno presenti anche alcuni ospiti. Di viabilità parlerà l’assessore Edmondo Bussani. Dello stato attuale, degli aspetti procedurali e degli interventi in merito alla bonifica del Sito di interesse nazionale di Trieste parlerà invece Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit. Servizi per lo sviluppo e innovazione delle imprese saranno invece i temi affrontati da Paolo Cattapan, dirigente del settore Trasferimento tecnologico dell’Area Science Park di Trieste. Il Comune ha recapitato gli inviti alle varie aziende nei giorni scorsi. Ed ha assicurato la sua presenza, tra gli altri, una delegazione del comitato di zona della Confartigianato nord-est. Il presidente provinciale Fulvio Bronzi dice: «Personalmente non sarò presente, per la concomitante assemblea della Confartigianato. Ma le tematiche che saranno affrontate sono di grande interesse per il comparto». E Bronzi spiega: «L’inquinamento dell’area è un tema fondamentale e grave per gli operatori, e blocca ogni possibile sviluppo. E di questo si sa poco. Sappiamo solo che ci sono aree che ricadono nel sito inquinato ed altre che sono esterne, e ci sono quindi anche zone in cui la bonifica avverrà con intervento pubblico e altre in cui dovrà essere il privato ad occuparsene e pagare di tasca sua».
s.re.

 

 
I Dl: ambiente, dialogo coi sindaci e niente strappi
 

Il parlamentare Strizzolo lancia l’allarme mentre i vertici regionali di Quercia e Margherita tentano di ricucire con Comuni e cittadini sul cementificio

Zvech: giovedì confronto a Torviscosa con il Pd. Il comitato del «no» studia l’esposto alla magistratura

TRIESTE Il comitato «No al cementificio» è vicino all’esposto alla magistratura. Intesa democratica vive invece, già adesso, una situazione di tensione. Anche tra chi, in autunno, dovrebbe stare sotto lo stesso tetto del Partito democratico. Renzo Travanut e Gianfranco Moretton non se le mandano a dire. Il capogruppo diessino, anzi, non ha dubbi: «Il cementificio non si farà». E anche Ivano Strizzolo, sottolineando la pericolosità della vicenda per il centrosinistra, avverte: «Alcune scelte suscitano riserve diffuse fra i cittadini e rischiano di determinare fratture all’interno della coalizione».
L’ESPOSTO La Procura indaga sul caso del cementificio? «Non risulta», dice la politica. Ma dal comitato che si oppone all’impianto di Torviscosa giungono mezze conferme sulla strada che porta dal magistrato. «Stiamo studiano le carte – spiega il portavoce Mareno Settimo –: risultano almeno dieci punti da chiarire». L’esposto? Settimo non si sbilancia ma da fonti interne al comitato l’ipotesi emerge in maniera sempre più probabile: «Ci siamo vicini».
LA POLEMICA Sul fronte politico la polemica riguarda la richiesta di Travanut a Moretton di una Valutazione ambientale strategica. L’assessore all’Ambiente ha spiegato che non si può fare perché la Vas «non è applicabile a progetti ma solo a strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica ancora da individuare». Questioni giuridiche dunque impediscono l’applicazione di una valutazione «superata dalla scelte urbanistiche di vent’anni anni fa».
BOTTA E RISPOSTA «Osservo che non si ascoltano i passaggi dettati dal buon senso», insiste però Travanut. Il “no” di Moretton? «Non ha colto l’occasione. È sempre meglio allargare che chiudere il ventaglio delle possibilità di chiarezza». La replica del vicepresidente della giunta è secca: «Quella della Vas è un’opportunità che anch’io, astrattamente, avrei colto. Ma non si può fare. Affermare il contrario ha il sapore della pura strumentalizzazione».
IL DIALOGO Chi fa il pompiere, invece, è Strizzolo: «Bene ha fatto Bruno Malattia a esortare tutti a non esasperare gli animi. Ma è anche condivisibile la sua sollecitazione a un’informazione trasparente – aggiunge il deputato della Margherita –, che riporta il caso cementificio nell’alveo di un corretto rapporto tra istituzioni e comunità». L’invito di Strizzolo è «a recuperare politicamente il rapporto dei partiti con il territorio e con i cittadini attraverso iniziative di coinvolgimento e di dialogo: compito per il nascente Pd».
GLI INCONTRI E la targa Pd Bruno Zvech la fissa già per l’incontro di giovedì a Torviscosa con gli amministratori locali. «Un’occasione di approfondimento e confronto – spiega il segretario regionale della Quercia –. Il Pd nasce proprio con l’obiettivo di avvicinare la politica ai cittadini, ma va anche detto che si tratta semplicemente di proseguire un percorso di dialogo con il territorio che Ds e Dl non hanno mai trascurato». Domani, a San Giorgio di Nogaro, anche i vertici della Cdl vanno nella Bassa friulana per confrontarsi con i sindaci sulle questioni ambientali.
IN COMMISSIONE Ancora da definire, al contrario, commissione e audizione sul cementificio. Uberto Fortuna Drossi, presidente della quarta, spiega che «il materiale è stato raccolto e ora viene esaminato». E ancora che «serve il tempo per inquadrarlo». Dopo di che, la prossima settimana, forse già lunedì, «ci sarà spazio per ogni tipo di domanda, nella massima trasparenza». Il vertice di maggioranza con Illy? Non ancora convocato.
IL VOTO Ma quanto peserà la vicenda in una zona controllata elettoralmente dal centrosinistra? La Margherita considera il caso cementificio «altra cosa» rispetto a Gorizia. «L’importante è informare amministratori e popolazione – dice Flavio Pertoldi – perché l’ignoranza delle cose favorisce le strumentalizzazioni». «Per quanto Verdi e Rc protestino – prosegue Giancarlo Tonutti – la vicenda rimane nell’ambito della dialettica politica. Del resto, su questi temi, la Bassa friulana è un nervo scoperto».
SPACCATURA Intesa a rischio spaccatura? «Sarebbe una farsa – dice Travanut –, cadremmo nel ridicolo. Impossibile affondare su una fabbrica di cemento che, tra l’altro, non si farà». Ma Alessandro Metz avverte: «Non esistono più bacini elettorali indiscutibili. La Bassa ha oggi l’esigenza di forme di partecipazione di fronte a una classe politica che non la rappresenta».
Marco Ballico

 

 

Antonaz: voto no, ma non lascio Intesa  - «Il bilancio di questi anni è largamente positivo. Il corteo anti-G8? Ambiguo»

 

L’assessore di Rifondazione invita nuovamente la giunta a non ignorare la volontà degli enti locali e delle popolazioni

«In politica è normale avere posizioni dissimili. Noi comunisti per primi abbiamo abbandonato il centralismo democratico: chi mai oggi lo rimpiange?»

TRIESTE Conferma il «no» ai rigassificatori e al cementificio. Sollecita un maggior confronto con il territorio, i suoi amministratori, i suoi cittadini. Ma, a differenza dei Verdi, non minaccia ritorsioni o rotture. Non contesta Riccardo Illy. Semmai, pur difendendo la «buona fede dei cittadini» pronti a sfilare, taccia di «ambiguità» il corteo che la «rete» dei comitati organizza sabato pomeriggio a Trieste.

Roberto Antonaz, l’assessore regionale di Rifondazione, non cede di un millimetro sulla «difesa» di Torviscosa e del golfo di Trieste. Ma, consapevole che la partita è dura, che i colpi proibiti non mancano, i nervi sono tesi e il centrosinistra può farsi male, non forza i toni.
Assessore, venerdì la giunta si appresta a dire un sì condizionato ai rigassificatori. E lei?
Non ci sto, com’è noto da tempo. Ricordo di essermi già battuto contro il rigassificatore di Monfalcone: fui tra i promotori del referendum che segnò la rinuncia della Snam.
Non teme che l’accusino di far parte del «partito del no»?
Il mio non è un no preconcetto: sono convinto che il golfo di Trieste non sia adatto per molti motivi, a partire dai fondali poco profondi, e sono altresì convinto che le relazioni, le pre-valutazioni, le prescrizioni ai progetti di Endesa e Gas natural siano tali da far propendere per un parere negativo, e non per un parere positivo condizionato.
Un no tecnico, quindi?
Non solo. Rilevo che tutti gli enti locali interessati sono contrari ai rigassificatori: la Regione, a mio avviso, deve tenerne conto e non adottare un parere che contrasti così nettamente con la volontà del territorio.
Che succede se Illy e la giunta, come sembra, votano a favore?
In politica ci possono essere pareri diversi all’interno di una stessa coalizione. Noi comunisti, per primi, abbiamo abbandonato il centralismo democratico. Sarebbe del tutto anacronistico che qualcuno ora lo rimpiangesse: ho già votato contro certi atti, probabilmente succederà ancora, non ci vedo nulla di strano. Ma continuo e continuerò a battermi, come prevede il programma, affinché la partecipazione sia più ampia possibile e le soluzioni più condivise possibili.
Illy, però, rivendica il diritto-dovere di decidere. Senza tentennamenti.
Non credo si possa chiedere all’elettorato di partecipare solo una volta ogni cinque anni al momento delle elezioni. Ritengo, anzi, che tutto quello che si muove, dai comitati alle associazioni, è vitale e positivo. Aggiungo che il centrosinistra, a differenza del centrodestra che ricerca la delega e la passività, ne ha particolare bisogno.
Ma i Verdi dicono che proprio il centrosinistra, sotto Illy, ha abdicato al metodo partecipativo.
In questi quattro anni di governo abbiamo avuto moltissimi momenti di partecipazione: ne cito solo due, la legge sull’immigrazione e quella sul buon lavoro, costruite entrambe dal basso. È la strada giusta su cui continuare.
Perché sull’ambiente stentate?
La questione di «quale sviluppo» perseguire è centrale e irrisolta. Ci sono diversità molto profonde, anche dentro la coalizione, ed è compito di tutti cercare un confronto e una mediazione.
Ma se passano il cementificio e i rigassificatori Rifondazione che fa? Resta in maggioranza o se ne va?
Non ho la delega a decidere per Rifondazione, partito dove le scelte si assumono collegialmente, ma la mia opinione personale è che il bilancio di questi quattro anni sia largamente positivo. Certo, i nodi ci sono, e riguardano prima il metodo che non il merito, e vanno affrontati.
I Verdi giudicano scaduto il tempo. Crede che lo strappo si possa ricucire?
Lo auspico. E insisto: serve il confronto. Ma se i Verdi lo rifiutassero, si metterebbero dalla parte del torto.
Illy, intanto, denuncia le intimidazioni di una minoranza antidemocratica.
Mi sono già espresso quando, fuori da un bar triestino, sono apparse certe scritte: gli imbecilli esistono dappertutto. Per il resto vale quello che ho detto prima: la partecipazione è ricchezza.
A proposito di partecipazione, in occasione del G8 Unesco, la «rete» dei comitati indice nuove mobilitazioni e, in particolare, un corteo regionale. Ci andrà?
Sottolineo la buona fede dei cittadini che vi parteciperanno, ma riscontro una certa ambiguità. Da un lato perché il G8 Unesco è un appuntamento al quale anche il mio partito ha dato un contributo, in quanto si propone di ragionare, coinvolgendo i paesi più poveri e le istituzioni scientifiche, sul modello più adatto di sviluppo. Dall’altro, perché la piattaforma delle mobilitazioni contesta tutta la giunta, tutte le sue politiche e non solo quelle ambientali. Questo non aiuta a fare chiarezza né a risolvere i problemi che sono, lo ricordo, il cementificio e i rigassificatori.
Ma nel 2008 Illy e Rifondazione saranno ancora alleati?

Roberta Giani

 

 
«Centrale di Arta, previsti 1500 camion all’anno» - La Expo investimenti di Padova contro l’insediamento a biomasse. Parte la raccolta di firme
 
UDINE Dopo la denuncia, la raccolta di firme. La Expo investimenti non molla sulla centrale a biomasse di Arta Terme. Non solo l’inquinamento, incalza la società padovana che ha acquistato l’antico albergo Poldo con un investimento di 5 milioni di euro, ma anche i camion, tanti camion, «oltre 1.500 all’anno» fa sapere Andrea Bano, deciso a costituire un comitato di protesta. Il progetto, insiste Bano, «prevede 4-5 camion al giorno durante l’estate, 6-7 d’inverno, traffico pesante che arriva da fuori Italia, dall’est soprattutto, visto che la materia prima andrà comprata all’estero». E la gente, adesso, «è preoccupata».
«Si tratta di un progetto devastante e sono gli stessi cittadini ad avermi chiesto di guidare la battaglia contro l’elettrodotto in Carnia e la centrale a biomasse ad Arta. A breve partirà la raccolta di firme». Nella denuncia della Expo, che ha scritto ai vertici della Regione e pure al sindaco della località carnica, Giovanni Battista Somma, si parla di un consumo di biomassa «di circa 6/7000 ton/anno che produrranno circa 30.000 tonnellate di anidride carbonica, oltre alle polveri sottili che non si disperderanno facilmente in un territorio a vallata». E ancora si spiega che «i cittadini che si sono resi disponibili a collegarsi alla rete di teleriscaldamento hanno autorizzato, ingenuamente, un contratto senza conoscere quanto costano l’allacciamento o l’eventuale recesso dal contratto».
L’assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton ribatte che la Regione, su un progetto della Comunità montana, non c’entra. E allora, a spiegare, è il presidente dell’ente Lino Not: «La centrale, il cui costo si aggira tra gli 8 e i 9 milioni di euro, l’80% dei quali finanziati con l’Obiettivo 2, brucerà solo legname e porterà l’acqua calda nel paese sia ai privati che agli enti pubblici. Servirà, insomma, anche al turismo. Non determinando poi problemi né gestionali né di inquinamento, dopo un sondaggio favorevole tra i cittadini, abbiamo deciso per la realizzazione. Il via ai lavori, della durata di un anno, tra un paio di settimane. Ad aggiudicarsi la gara con procedura europea è stata una ditta dell’Emilia Romagna. La Expo? Ho già fissato un appuntamento».
m.b.

 

 

Via libera al rigassificatore sull’isola di Veglia  - Gli esperti sono concordi sul progetto e anche gli ecologisti attenuano i toni delle polemiche

 

Prospettive di impiego in tutta la Dalmazia per l’utilizzo del terminal. Potrebbe essere realizzato a Castelmuschio. Costo 700 milioni di dollari

FIUME Preso atto degli studi e delle ricognizioni effettuate in loco, per gli esperti del settore non ci sono dubbi o incertezze: il terminal Lng (gas naturale liquefatto), o rigassificatore con annessi depositi di stoccaggio, deve essere collocato nel Quarnero, e precisamente nella zona industriale di Castelmuschio (Omisalj), sull'isola di Veglia. Il verdetto – inequivocabile messaggio indirizzato ai politici – è stato pronunciato all'unanimità dai partecipanti al convegno tecnico-scientifico che nei giorni scorsi ha riunito per la 22.esima volta ad Abbazia i rappresentanti delle industrie che si occupano di estrazione, produzione, distribuzione e utilizzo del gas a livello nazionale. Nutrita la presenza di esperti internazionali, tra i quali a calamitare l'interesse per il suo intervento è stato George Juraj Puhalovich, un fiumano da 40 anni in Usa e presidente della Intercontinental Technology & Commerce, impegnata in costosi progetti ad alta tecnologia con la Nasa.
A proposito del terminal Lng, pronunciandosi a nome dei partecipanti, il presidente dell'Associazione nazionale del settore, Miljenko Sunic, non avrebbe potuto essere più chiaro. Per il rigassificatore e relativi impianti di stoccaggio l'ubicazione ottimale è una sola: quella sull'isola di Veglia.
L'energia liberata dal gas naturale liquefatto, scaricato dalle metaniere e immagazzinato a -162 gradi centigradi, dovrebbe costituire l'input per tutta una serie di attività, industriali e non, che ne trarrebbero diretto beneficio dall'abbattimento dei costi. Per Sunic, insomma, tutte le altre possibili ubicazioni ventilate ultimamente dai vari esponenti politici, sempre più impegnati a coltivare l'elettorato in vista delle elezioni di novembre, non sarebbero altro che emanazioni inutili e prive di qualsiasi fondamento tecnico-scientifico. Tutti gli studi e le valutazioni fin qui effettuate hanno indicato la zona di Castelmuschio come l'ubicazione più adatta e razionale.
Una tesi esplicitamente avvalorata senza riserve anche da Christoph Lewisch, direttore esecutivo della Adria Lng Study Company, fondata una decina di anni fa dalla compagnia petrolifera croata Ina con i suoi partner stranieri proprio per occuparsi del progetto di un terminal Lng in alto Adriatico quando questo era ancora solo un'idea allo stadio embrionale.
Secondo Lewisch, anche negli ambienti finanziari europei che dovrebbero supportare l'apprestamento dell'impianto non sussistono dubbi sull'opportunità di collocarlo a Veglia. Si tratta di un progetto del costo approssimativo di 600-700 milioni di dollari, che vedrebbe miliardi di metri cubi di gas naturale approdare a Castelmuschio dall'area caucasico-caspica, dal Qatar e da altre aree estrattive tramite una flotta di navi metaniere per essere distribuiti nell'hinterland mitteleuropeo e altrove nel continente (due anni fa l'Europa ne consumava sui 502 miliardi di metri cubi, che dovrebbero diventare 816 fra poco più di un decennio). Lewisch ha inoltre anticipato che entro la fine dell'anno il consorzio Adria Lng, la cui sede attuale dovrebbe spostarsi da Malta a Zagabria, sarà in grado di contare su una decisione definitiva delle autorità croate sull'ubicazione del terminal e di stipulare l'accordo di partecipazione azionaria fra i vari partner. Come si è detto all'inizio, a destare grande interesse al convegno ab= baziano è stato pure l'intervento del presidente della Intercontinental Technology & Commerce, George Juraj Puhalovich, un ingegnere nativo di Fiume e da 40 anni negli Usa, a capo di costosi progetti realizzati con la Nasa. Per Puhalovich, il terminal Lng di Castelmuschio dovrebbe costituire l'anello forte e iniziale di una concatenazione di sinergie inglobate in una sorta di «Piano Apollo« (parole sue) capace di rigenerare l'intera anatomia economica croata.
Nel frattempo nella regione di Fiume c'è da registrare un inversione di atteggiamenti nei confronti del progetto Lng. Affievolitesi quasi del tutto le riserve degli ecologisti, a dare il loro assenso al terminal sembrano ora essere non solo le autorità regionali, ma anche quelle delle municipalità di Veglia.
f.r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 7 maggio 2007

 

 
Enti economici: «Rigassificatore solo a Zaule»  - Paoletti: vagliare costi e benefici, ma i vantaggi vadano anche alle piccole imprese
 
Trova consensi la linea che il governo starebbe per sposare dando il via libera all’impianto di terra ma non a quello off-shore
Bronzi (Confartigianato): servono certezze in tema di ambiente e sicurezza. Azzarita (Ezit): opera necessaria, falso problema il raffreddamento del mare
Sull’opportunità che un impianto venga realizzato le opinioni si diversificano. Ma un dato trova concordi Ezit, Camera di Commercio e Confartigianato: se rigassificatore dev’essere, che sia quello di Zaule. E non quello progettato da Endesa in mezzo al golfo.
Questa la linea che accomuna alcune categorie cittadine. La stessa linea che pare avere scelto Roma: mentre si attende che la Regione dia parere favorevole (ma con prescrizioni) a entrambi i progetti, il governo sarebbe infatti fortemente orientato a dire sì all’impianto progettato da Gas Natural nell’area Ex Esso.
Nel merito degli impianti, è Mauro Azzarita, presidente dell’Ezit (il cui cda ha già dato l’ok ambientale al progetto Zaule) a spendersi con più decisione per il sì. «Sono una persona cosciente che si rende conto delle necessità energetiche del Paese e della città: ho portato il cda di Ezit all’ok, siamo tutti fermamente convinti della necessità di costruire l’impianto di Zaule». La protesta che monta tra comitati e ambientalisti? «I cittadini di Trieste protestano per qualsiasi cosa: siamo fermi al ”not in my backyard” (non nel mio cortile, ndr)». Di più: secondo Azzarita sono infondati anche i timori sul raffreddamento delle acque dovuto alla lavorazione del gas. «Se usiamo l’acqua più fredda per creare frigorìe da utilizzare nell’industria alimentare, non ci sarà scarico a mare», chiude Azzarita.
Cauto invece il presidente dell’ente camerale Antonio Paoletti, che innanzitutto rimarca la necessità di «non calare dall’alto le decisioni ma cercare un’ottica di condivisione con la cittadinanza». E poi argomenta: «Se i benefici superano le negatività, bisogna chiedersi se i vantaggi economici andranno ai cittadini e a tutte le imprese, anche quelle più piccole, non solo alle grandi realtà. Non sono personalmente contrario ai rigassificatori, ma voglio capire bene quali saranno i benefici a fronte dei sacrifici», aggiunge Paoletti parlando di Zaule ed escludendo l’impianto off-shore, «in quanto impattante nel golfo di un territorio che sta investendo molto sul turismo».
E se Paoletti rimarca la necessità di dibattere di rigassificatori in un contesto più ampio, «chiedendoci quale sia la strategia globale da applicare per lo sviluppo della città», il presidente della Confartigianato Fulvio Bronzi - escludendo anch’egli l’impianto off-shore causa l’impatto ambientale - invoca innanzitutto «certezze in termini di ambiente e sicurezza, che devono essere date dagli esperti in modo scientifico dagli esperti». In secondo luogo, «il rigassificatore può essere una grossa opportunità per Trieste anche in quanto permetterebbe la bonifica di una parte del sito inquinato. Sempre che ci siano le giuste ricadute economiche».
p.b.

 

 

RIGASSIFICATORI: sempre acceso il dibattito politico sull’opportunità di proseguire con le iniziative  - Le ragioni dei pro e dei contro

 

 Il verde Racovelli ribadisce: partecipazione dei cittadini a garanzia della trasparenza - Grizon (Fi): «Referendum pagato dalle società»

Sul tema dei rigassificatori il dibattito continua forte anche a livello politico, caratterizzato da una forte trasversalità di opinioni. Da parte della Margherita il consigliere regionale Alessandro Carmi ribadisce la richiesta di «sentire l’opinione delle istituzioni scientifiche del territorio; inoltre - aggiunge Carmi - sarebbe bene sentire il parere dell’Autorità portuale, giacché l’arrivo delle navi gasiere nel golfo si ripercuoterebbe sui traffici dello scalo».
In casa Forza Italia, il consigliere comunale di Muggia e capogruppo in Provincia Claudio Grizon addita le amministrazioni di centrosinistra e chiede di indire «un referendum e una campagna informativa pagata da Endesa e Gas Natural». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek - scrive Grizon - «sul gnl ha assunto una posizione defilata e ambigua dimenticando il no unanime del consiglio comunale per non far emergere le divisioni interne alla sua coalizione. Sembra sia sparito per non disturbare il governatore Illy», dal cui «condizionamento il centrosinistra non riesce a liberarsi», dice il forzista. Inoltre «apprendiamo solo ora - aggiunge Grizon - che anche la muggesana presidente della Provincia Bassa Poropat è favorevole all’impianto di Zaule, ma si è ben guardata dal dirlo fino a oggi, negando la possibilità al consiglio provinciale di esprimersi per la seconda volta come gli altri enti».
Ancora da Forza Italia, il responsabile locale del Dipartimento Ambiente Giorgio Cecco sottolinea come il Dipartimento finora abbia rilevato «netta contrarietà al progetto Endesa» ma non a quello di Gas Natural, sul quale vengono chieste dai cittadini «informazioni più dettagliate». Per questo, annuncia Cecco, il Dipartimento organizzerà una serie di incontri con tutti gli eletti in Forza Italia ai vari livelli per fare il punto della situazione.
Infine, il consigliere comunale verde Alfredo Racovelli replica al segretario Ds Fabio Omero che ieri aveva additato una sinistra critica desiderosa di ricollocarsi nello schieramento politico dopo la formazione del Partito democratico, puntando sulle paure dei cittadini. Ma «non è un caso - scrive Racovelli - che pure le amministrazioni dove è possibile che sorgano questi impianti o dove i cantieri già esistono - e cioè Rovigo, Brindisi e Livorno - abbiano negato la possibilità referendaria». E poi «a oggi non si sa quale sia il fabbisogno energetico del Paese né della Regione». Racovelli elenca poi varie città coinvolte nella vicenda rigassifiatori, dove «emerge che attorno alle enormi pressioni finanziarie delle multinazionali che vogliono imporre impianti industriali di questo tipo si sposa una politica del malaffare», scrive il Verde citando come «a Brindisi l’ex sindaco dell’Unione sia stato arrestato per corruzione assieme a tre dirigenti della British Gas» o come a Rovigo «l’isola artificiale che deve ospitare un rigassificatore» nel sito individuato «al centro di un parco marino», sia stata posta «sotto sequestro dai carabinieri». «È contro questo sistema che pretendiamo una volta di più la partecipazione dei cittadini, unica vera garanzia di democrazia e trasparenza», chiude Racovelli.

 

 

G8, aspettando Prodi i comitati si organizzano  - Riunione ieri alla Casa delle culture: «Protesteremo pacificamente contro rigassificatori e Tav»

 

Conto alla rovescia per il summit mondiale che si apre giovedì su educazione, innovazione e ricerca alla Stazione Marittima: 600 i delegati

Si apre oggi la settimana che vedrà Trieste ospitare il Forum G8-Unesco su educazione, innovazione e ricerca. Da giovedì a sabato sono attesi alla Stazione Marittima oltre seicento delegati di ventidue governi del mondo. È previsto che ad aprire l’assise sia Romano Prodi: ieri sera il portavoce del premier, Silvio Sircana, ha confermato che nell’agenda di Prodi per giovedì «c’è Trieste». In caso di imprevisti del presidente, arriverebbe il ministro Massimo D’Alema.
Il Forum mondiale svilupperà gli argomenti discussi al summit di San Pietroburgo «nella prospettiva dello sviluppo sostenibile», recitano le note ufficiali. Ma intanto prendono forma le contromanifestazioni organizzate dalla «Rete contro lo sviluppo insostenibile» che riunisce oltre una ventina di comitati e associazioni del Fvg e non solo. Una Rete che salda temi di attualità ambientale del nostro territorio - dai rigassificatori al cementificio di Torviscosa - a un più generale dissenso sulle modalità e sull’efficacia con cui i governi internazionali affrontano l’emergenza ambientale del pianeta. Una Rete, anche, che intreccia pezzi di sinistra critica a comitati di cittadini impegnati su tematiche locali.
A precedere gli appuntamenti della protesta dei prossimi giorni è stato ieri un happening tenuto alla Casa delle culture di via Orlandini, in Ponziana, dove esponenti di vari comitati e associazioni si sono ritrovati per conoscersi meglio, o - per dirla con il portavoce dei centri sociali Carlo Visintini - «per creare una rete di relazioni umane, di mutuo soccorso in regione». E allora: ciotole d’acqua per i cani; bambini incuriositi al suono della batteria; giovani dei centri e signore arrivate da Ronchi per i Comitati per la salvaguardia del litorale carsico. Dentro, postazioni internet e un banchetto di libri, dall’ultimo «Manituana» del collettivo Wu Ming a una biografia di Tina Modotti. Fuori, le panchine - come quelle segate in piazza Venezia - pronte per essere posizionate nel quartiere, e l’artista grafico Daniel Zezelj arrivato da Seattle per la «presenza-esibizione» sulla facciata della casa.
A fare festa in Ponziana (alla fine del pomeriggio secondo il Verde Alfredo Racovelli si sono totalizzati «qualche centinaio di partecipanti») sono arrivati esponenti del Comitato Pas Dolomiti contro il collegamento autostradale Carnia-Cadore, dei Comitati No Tav isontino e di Bagnaria Arsa, del Comitato contro il cementificio e di quelli per la salvaguardia del litorale carsico di Gorizia e Trieste. Nel mirino comune, «la giunta regionale insieme ai poteri forti dell’economia e finanza» che «stanno trasformando questa regione in un corridoio di transito» - di «merci, energia, capitali...» - laddove «nei corridoi non dovrebbe abitare nessuno», recita il volantino che alla giunta guidata da Riccardo Illy accomuna quella del sindaco Roberto Dipiazza nel «più totale disinteresse» verso «i temi ambientali». La Rete chiarisce: nessuna intenzione di rovinare il G8, ma la volontà di far sentire la propria voce contro rigassificatori, Tav, cementificio, autostrade...
E mentre tra le adesioni arriva quella del Presidio No Dal Molin contro il raddoppio della base Usa di Vicenza e quella del Movimento No Tav Val di Susa, alla Casa delle culture da ieri si trovano anche alcune schede informative prodotte dal gruppo «Ian Malcolm» (dal nome dello scienziato che nel film Jurassic Park mette in guardia dallo stravolgere la natura) che riunisce una decina di dottorandi e ricercatori (italiani e non) della Sissa, e che si è formato in vista del G8 Unesco aderendo alla Rete «anche per sfatare l’idea di contrapposizione tra chi si occupa di scienza e di ambiente», racconta Daniele De Martino. I materiali prodotti dal «Malcolm» - rigorosi anche nei richiami bibliografici - esulano dai temi locali. Segnalano per esempio che al G8 ci sarà «la compagnia privata che ha tentato di brevettare pezzi del genoma umano». E denunciano che mentre «lo stesso G8 afferma che farmaci e vaccini devono diventare beni pubblici», «si continuano a difendere i brevetti e la proprietà intellettuale a prezzo della vita di molti».

Paola Bolis

 

 

Dipiazza: troppo cemento, Torviscosa non serve - Il ministro Pecoraro Scanio: sui rigassificatori il governo non ha ancora deciso

 

Il sindaco di Trieste e la querelle ambientale: «In arrivo anche dalla Turchia a metà prezzo, Italcementi ne risentirà»

Malattia avverte: chi cavalca la protesta potrebbe suscitare gesti irresponsabili

TRIESTE Il cementificio di Torviscosa rischia di creare ulteriore concorrenza alla Italcementi di Trieste, il cui futuro già viene messo in difficoltà dal prossimo arrivo nel porto giuliano del cemento turco a metà prezzo. Una nuova linea commerciale promossa da una società locale sta per essere attivata e avrà il suo deposito nei quattro silos in via di ultimazione nel Canale navigabile. E’ la preoccupazione che viene espressa dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza dopo le polemiche ambientali sull’impianto che dovrebbe sorgere nella Bassa friulana.

Un impianto di cui la giunta regionale è intenzionata a dare il via libera nonostante l’opposizione di un’ampia fascia di popolazione e ambientalisti. «Non voglio polemizzare con Illy - precisa Dipiazza - ma chiedo a tutti di fare una riflessione, sull’opportunità o meno di creare un nuovo impianto a Torviscosa. Rischiamo di perdere posti di lavoro alla Italcementi, che presto sarà in difficoltà per il cemento turco. Non dico che non si debbano aprire nuovi stabilimenti, ma stiamo attenti a non distruggere quello che c’è già».
RIGASSIFICATORI Intanto resta caldo anche il fronte rigassificatori. «E' assolutamente impossibile che il governo abbia espresso un orientamento sui rigassificatori». Alessandro Metz è categorico e porta la testimonianza del ministro Alfonso Pecoraro Scanio per affermare che non c'è alcun “via libera” dell'esecutivo nazionale sull'impianto di Zaule, come invece confermano fonti vicine all’esecutivo romano. Pecoraro Scanio era ieri a Genova ad un incontro a cui era presente anche Metz, e quando sono rimbalzate le voci su un possibile orientamento positivo del governo sul rigassificatore di Gas Natural, il consigliere regionale dei Verdi ha interpellato direttamente il ministro del suo stesso partito. E il responso è stato chiaro: «C'è in corso un processo di stesura del Piano energetico nazionale - spiega Metz - che darà la misura del fabbisogno del Paese e quindi anche degli impianti da realizzare». Tra questi anche i rigassificatori: attualmente sono 13 i progetti in Italia e sarà il piano a stabilire anche i luoghi idonei per la loro realizzazione. Inoltre, sostiene Metz, per quel che riguarda Trieste è necessario agire secondo il protocollo Expo che prevede una valutazione di impatto ambientale congiunta per impianti a forte impatto ambientale in zone di confine.
«Illy e Sonego sostengono che questa procedura non si necessaria ma Pecoraro Scanio dice il contrario. - affonda il consigliere regionale dei Verdi - Illy si fa promotore dell'Euroregione poi si trincera dietro atteggiamenti provincialistici senza considerare che ci sono progetti di rigassificatori anche a Capodistria e Veglia».
DS FAVOREVOLI Gli altri partiti della coalizione tengono le posizioni e non si spingono in avanti prima di capire le posizioni ufficiali del Governo. «Non credo ci sia altro da aggiungere rispetto a quanto già emerso in Giunta» dichiara l'assessore Roberto Antonaz, unico membro dell'esecutivo regionale ad esprimersi contro i progetti di Endesa e Gas Natural.
Guardinga la posizione della Margherita che proprio sulle prescrizioni emerse già nella relazione dell'assessore Moretton punta per fare in modo che il sì espresso dalla giunta sia condizionato. «Ci sono molti punti da chiarire. - afferma il capogruppo Cristiano Degano - Non siamo aprioristicamente per il no, ne per il sì: i rigassificatori vanno fatti per avere un approvvigionamento di gas alternativo a Russia e Libia ma prima bisogna valutare la compatibilità ambientale e anche le ricadute sull'economia e sui cittadini». «Il problema energetico è delicato - sostiene il capogruppo diessino Mauro Travanut - e non si può dire di no a qualcosa che serve al Friuli Venezia Giulia ed al Paese. Non stiamo parlando di un cementificio».
GLI ILLYANI E proprio sul cementificio di Torviscosa torna il capogruppo dei Cittadini, Bruno Malattia, che chiama alle proprie responsabilità «chi crede di acquisire vantaggi cavalcando la protesta e accentuando la personalizzazione del problema. Bisogna mettere in conto il rischio di suscitare iniziative e gesti irresponsabili. Alcune avvisaglie in questo senso si sono purtroppo già manifestate» aggiunge Malattia riferendosi ad alcune scritte minacciose nei confronti del presidente Illy. Secondo il capogruppo «le decisioni fino a oggi assunte hanno carattere interlocutorio, e sono state tutte collegiali. E se massima deve essere l'attenzione da parte di chi ha responsabilità decisionali, come mi pare stia avvenendo per la Giunta regionale, non va trascurata un'informazione completa e trasparente sia alla Commissione che al Consiglio regionale così come - ha concluso - alle popolazioni interessate».

Alessio Radossi - (ha collaborato Roberto Urizio)

 

 

«Governare per conto dei cittadini, come per Torviscosa, non basta. Si deve saper governare con i cittadini. Chi non rispetta la minoranza, non rispetta nemmeno Intesa»

 

Gottardo: voltafaccia di Illy verso i Comuni Prodi valuti bene l’incognita-rigassificatori - Il coordinatore azzurro bacchetta la giunta: disattese le promesse elettorali del centrosinistra

TRIESTE «Mi auguro che il governo centrale abbia un atteggiamento più responsabile e rispettoso di quello della giunta regionale rispetto a ciò che ha espresso il Comune di Trieste».
Il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Isidoro Gottardo, entra nel dibattito sui rigassificatori nel golfo giuliano e ribadisce le sue critiche all'atteggiamento della giunta Illy, a suo dire prevaricante rispetto a tutto e tutti, auspicando un diverso approccio da parte dell'esecutivo guidato da Romano Prodi: «Rimaniamo contrari ad una soluzione che ha un impatto compromettente nel tempo per Golfo di Trieste» aggiunge Gottardo che invoca un «atteggiamento responsabile per quanto riguarda il fabbisogno energetico e le infrastrutture ma ciò non significa essere disponibili ad accettare tutto. Le soluzioni vanno assunte ma non contro il sentire dei legittimi rappresentanti della cittadinanza di Trieste». Il coordinatore regionale azzurro batte ancora il ferro sui metodi decisionale del governo regionale, registrando un «preoccupante voltafaccia di Illy rispetto alle affermazioni fatte in campagna elettorale sul ruolo dei Comuni: una giravolta a 180 gradi».
Un cambio di rotta che, secondo Gottardo, si evidenzia in questa fase ma che è stato chiaro fin dalle prime mosse della giunta: «Non solo ai Comuni non è stata conferita l'indicazione dei direttori delle Aziende Sanitarie come promesso dal presidente ma le amministrazioni locali sono state espropriate anche del parere vincolante che avevano, per legge regionale, sulle grandi infrastrutture. Già da queste manovre si è capito che una cosa erano le promesse elettorali, un'altra cosa il metodo instaurato. Un metodo tipico dei sovrani, magari illuminati, ma con una concezione della democrazia tutta loro».
«Governare per conto dei cittadini - aveva ricordato ieri Gottardo in riferimento alla vicenda del cementificio di Torviscosa - non basta, si deve saper governare con i cittadini, e chi non ha rispetto per le minoranze non ha più rispetto neppure per la sua maggioranza».

 

 
Arta Terme, centrale vicino all’albergo - Società investe 5 milioni: ma spunta un complesso per biomasse e il rischio-traffico dei camion
 
UDINE La Expo investimenti immobiliari di Padova arriva ad Arta Terme, in Carnia, acquista un albergo da ristrutturare e investe, per questo, 5 milioni di euro. Business. Ma, a un certo punto, la notizia che non ti aspetti: a poche centinaia di metri dalle terme di Arta sorgerà una centrale a biomasse, che usa come combustibile, ad esempio, scarti dell’industria agricola. «Il via libera della Comunità montana c’è già – fa sapere Andrea Bano della Expo –. Abbiamo scritto a Riccardo Illy, Gianfranco Moretton, Enrico Bertossi: nessuna risposta». La lettera al presidente della Regione e ai due assessori è datata 23 aprile.
Racconta dell’acquisto dell’antico albergo Poldo, della ristrutturazione in atto e dell’amara novità della costruzione della centrale. Oltretutto, il trasporto con i camion del materiale delle biomasse farebbe aumentare in modo esponenziale il traffico pesante in una zona turistica e di alto valore ambientale La lettera alla Regione contiene la richiesta di «intervento urgente e sospensione lavori”. «Inizialmente – scrive Expo a Illy, Moretton e Bertossi – non volevamo credere a questa notizia essendo, nell’ottica del nostro investimento, assolutamente ridicola; ma ci siamo poi resi conto che non era fantasia ma una realtà drammatica per il futuro delle terme, del turismo e del paese». La società veneta spiega di aver chiesto agli appaltatori del progetto una copia dello studio di impatto ambientale ma di essersi sentita rispondere «che non era stato fatto perché non necessario per legge».
La lettera si conclude con una serie di domande: «Verreste per le cure termali ad Arta sapendo che a poche centinaia di metri c’è un camino che immette nell’ambiente migliaia di metri cubi e tonnellate di anidride carbonica e polveri sottili? Considerando anche i notevoli investimenti per il rinnovo degli impianti sciistici sullo Zoncolan e l’ampliamento delle terme, non pensate che questi sforzi verrebbero resi nulli da questa orribile iniziativa?”

 

 
Fiume, la raffineria non sarà smantellata  - Cresce la protesta degli abitanti per le esalazioni emanate dall’impianto. Il sindaco Obersnel: un brutto colpo per la città
 
Retromarcia dell’Ina-Mol: «Nessuna chiusura. Pronti investimenti per 600 milioni di dollari»
FIUME Viene infranto il sogno di numerose generazioni di fiumani e dell’attuale amministrazione cittadina. La raffineria dell’Ina in Mlaka (centro città) non sarà smantellata e trasferita altrove, bensì continuerà a operare in questo rione fiumano. E lo farà anche nei prossimi decenni. La conferma che gli stabilimenti della croata Ina sono destinati per un lungo periodo ad appestare gli abitanti di una vasta area quarnerina è di quelle eccellenti e arriva da Zoltan Aldott, vicepresidente esecutivo della società Mol, l’impresa ungherese detentrice del 25% del pacchetto azionario dell’Ina.
Secondo Aldott, il trasferimento della raffineria fiumana non è tra gli obiettivi prioritari del gruppo Ina-Mol, che invece punta ad una radicale modernizzazione degli impianti in Mlaka. «Gli investimenti che riguarderanno la raffineria in riva al Quarnero – così l’ esponente della Mol, che è altresì membro del consiglio d’ amministrazione dell’ Ina – dovrebbero toccare la cifra di 600 milioni di dollari. Intendiamo fare di questa raffineria una struttura in grado di soddisfare appieno gli standard in materia dell’ Europa comunitaria». Parlando dell’eventuale chiusura degli impianti in Mlaka, Aldott ha smentito quanto era stato detto l’anno scorso da Zalan Bacs, membro della direzione dell’Ina, che aveva accennato ad un possibile smantellamento per trasformare la raffineria in un museo industriale.
«A Fiume si producono oli lubrificanti, un settore che abbisogna di continui ammodernamenti per soddisfare un mercato in cui la concorrenza è spaventosa – parole di Aldott – è facile parlare di chiusura, ma bisogna vedere quanto costa una simile operazione e che fare dopo. Si debbono valutare pure gli impatti che un’eventuale chiusura potrebbe avere sull’ambiente. Dunque, adesso dobbiamo parlare di investimenti e ammodernamento, mentre più in là valuteremo l’ipotesi di un trasferimento». Tradotto significa che l’agognato sbocco al mare in Mlaka resterà in pio desiderio per i fiumani, per i turisti che sempre più numerosi fanno tappa a Fiume e per l’amministrazione comunale.
Quest’ultima, per bocca del sindaco Vojko Obersnel, ha già fatto sapere che la rimozione degli impianti in Mlaka sarebbe un gran colpo per la città, trasformando questa zona costiera in un’area di grosso interesse abitativo–turistico. Ricordiamo che nel febbraio 2006, il citato Bacs aveva dichiarato alla stampa che gli stabilimenti in Mlaka sono vecchi e che pertanto c’era da chiedersi quanto effettivamente convenisse puntare sulla modernizzazione tecnologica. «A metà del 2006, il gruppo Ina-Mol prenderà una decisione sul trasferimento della raffineria fiumana – aveva asserito Bacs – e inoltre sapremo il nuovo sito degli impianti». Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti della Fiumara, ma evidentemente a Zagabria e Budapest sono state prese decisioni a svantaggio della città dell’aquila bicipite.
Andrea Marsanich

 

 
Documento dei medici dell’Istria contro le fonti di inquinamento - Chiesti l’eliminazione dei combustibili e l’uso di fonti energetiche rinnovabili
 
POLA I medici istriani sono scesi in campo per dare battaglia contro l'inquinamento e stando alle conclusioni emerse alla riunione dell'Albo di categoria non dovrebbe trattarsi della solita retorica, ma di una grande volontà di impugnare tutti gli strumenti concessi per arrestare la devastazione dell'ambiente causata dall'industria sporca. Si tratta di conclusioni ancora allo stato di bozza che ora verranno ordinatamente messe sulla carta da un apposito gruppo di lavoro formato da esponenti della Società croata per l'ecologia sanitaria, dell'Istituto polese per la salute pubblica e della Cattedra per la medicina del lavoro di Zagabria.
Come spiegato ai giornalisti dal dottor Edoardo Giudici, connazionale a capo dell'Albo dei medici della regione, l'azione più importante riguarderà la richiesta di modifica delle disposizioni di legge sulla tutela dell'ambiente visto che quelle in vigore sono giudicate troppo permissive. Concretamente si chiederà di proibire la combustione dei rifiuti per l'alimentazione dei reparti industriali, il passaggio della Centrale termoelettrica Fianona II dal carbone al gas naturale di cui c'è grande disponibilità, l'arresto della costruzione della fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena, lo spostamento delle linee dell'alta tensione e dei ripetitori di telefonia mobile nei casi in cui tali impianti si trovino troppo vicino a istituzioni pubbliche come asili, scuole e ospedali. E naturalmente la collocazione di un sistema di monitoraggio delle emissioni tossiche nell'atmosfera.
I medici istriani hanno inoltre sposato la causa delle fonti energetiche rinnovabili: chiederanno a proposito la graduale eliminazione dei combustibili fossili per passare all'etanolo e al biodiesel con il conseguente recupero delle enormi superfici incolte, ovviamente grazie agli incentivi statali come avviene nell'Unione europea. Le conclusioni verranno quindi inviate ai comuni, città, alla regione, al governo, al Parlamento e soprattutto al ministero della Salute.
p. r.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 6 maggio 2007

 

 

RIGASSIFICATORI: comitati pronti alla battaglia legale  - Anche se Roma sembra favorevole al solo progetto di Zaule ipotizzati raccolta di firme e sondaggio

 

Non si ferma la protesta di cittadini e ambientalisti dopo che la Regione ha annunciato il via libera con prescrizioni a entrambe le proposte

Rigassificatori: nei palazzi romani ci sarebbe l’intenzione di dare l’ok a uno solo degli impianti, quello di Zaule. Intanto comitati e associazioni ambientaliste continuano la battaglia contro i progetti.

È una battaglia che viene condotta contro entrambi i rigassificatori, quello progettato da Gas Natural nell’area ex Esso a Zaule e quello proposto da Endesa in mezzo al golfo, precisamente a tredici chilometri di Punta Sdobba. L’ultima novità, si diceva, vorrebbe il ministero intenzionato a dire sì al solo impianto a terra: in questo modo la valutazione favorevole - ma con una serie di prescrizioni - preannunciata dalla Regione a entrambi gli impianti si restringerebbe nella prosecuzione dell’iter autorizzativo su un solo impianto. Dopo il parere che la Regione dovrà esprimere con una delibera di giunta attesa per la prossima settimana, spetterà infatti al governo pronunciare la parola definitiva in materia.
La notizia relativa agli orientamenti assunti nella Capitale, se confermata, non muterà l’entità della protesta che il Comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste sta conducendo assieme agli ambientalisti di Wwf e Legambiente, in una saldatura che - dice Giorgio Jercog per il Comitato - le tre realtà hanno intenzione di rafforzare. Il no si riconferma chiaro a entrambi gli impianti. Di più: nel giudizio di Lino Santoro, presidente del Circolo Verdeazzurro di Legambiente, la realizzabilità dell’impianto a terra cui Roma starebbe guardando con maggior favore va esclusa fin d’ora nella maniera più totale, mentre per quello off-shore «non esistono al momento dati su cui fondarsi». Ugualmente duro il Wwf con il responsabile regionale del territorio Dario Predonzan, secondo il quale se è vero che l’impatto di una enorme piattaforma eretta in mezzo al mare degraderebbe il paesaggio, risulta anche che la documentazione prodotta da Gas Natural sarebbe ancora più deficitaria e lacunosa di quella firmata da Endesa.
Dopo l’assemblea pubblica tenuta l’altro pomeriggio al liceo Oberdan, la protesta dunque continua. E si cercano nuovi modi per far sentire la propria voce. Senza escludere il ricorso alle vie legali: «Vogliamo mantenere alta l’attenzione e sollecitare i politici sia a livello locale che regionale. Per ora - spiega Jercog - attendiamo i documenti ufficiali che perverranno dalla Regione: non appena ne entreremo in possesso, li affideremo a un avvocato per valutare la possibilità di avviare atti legali. Sempre - va precisato - con la volontà di fare gli interessi della città».
L’ipotesi di un ricorso al Tar però - di cui pure si è parlato l’altra sera in assemblea - è ancora lontana: «Su progetti analoghi nel caso di Brindisi ci si è rivolti al Tribunale amministrativo - interviene Predonzan - ma occorre attendere il provvedimento definitivo di autorizzazione, che arriverà soltanto da Roma. Se la Regione in effetti darà l’ok - ribadisce l’esponente del Wwf - noi ci auguriamo intanto che, così come già successo per il progetto dell’alta velocità, il ministero abbia un atteggiamento molto più serio e faccia un’analisi precisa della documentazione, non condizionata da motivi politici ed economici».
Intanto si pensa anche ad altre iniziative, dice Santoro: per esempio ad allestire dei banchetti in città ai quali raccogliere firme contro gli impianti. Un’altra ipotesi, aggiunge l’esponente di Legambiente, è quella di condurre un sondaggio che a livello regionale indichi quale sia la percezione dei cittadini sulla materia. Il no di comitati e ambientalisti resta comunque fermo: troppi i nodi irrisolti sul piano della salvaguardia dell’ambiente, tra cui il raffreddamento del mare nel processo di trattamento del gas, aggravato dai fondali bassi dell’Alto Adriatico. E troppo sottovalutati - sostengono ancora i detrattori dei progetti - i rischi che alla popolazione deriverebbero da incidenti o da attacchi terroristici diretti alle navi gasiere o ai depositi.

Paola Bolis

 

 
RIGASSIFICATORI: Le istituzioni sono favorevoli alla realizzazione di un solo impianto. All’interno dei partiti posizioni trasversali
 
Ma il sindaco avverte: «Un grande affare»  - Bassa Poropat: ok all’area ex Esso. Marini (Fi): saremo ai banchetti con i contrari
L’appello di Nesladek: «Le amministrazioni si confrontino con i cittadini, importantissimo non consumare la rottura» 
«Ribadisco a cittadini e comitati di protesta come la costruzione di una sola struttura possa essere un grande affare per tutta Trieste». Roberto Dipiazza mantiene la propria posizione: il sindaco si è sempre dichiarato favorevole a un rigassificatore a Zaule, dicendo chiaro e tondo di avere indotto il consiglio comunale a esprimersi per il no al progetto solo perché la trattativa economica con Gas Natural era andata a monte: troppo scarsi i benefici che per il Comune si prospettavano. È stato poi lo stesso Dipiazza - accusato dai comitati di guardare solo al denaro - ad annunciare la riapertura della trattativa. E ora ribadisce: «Io non devo convincere nessuno, ma tra dieci anni non vorrei pentirmi per un'occasione gettata al vento. Sull’ipotesi di due impianti metaniferi invece non sono d'accordo. Si sta prospettando l'apertura di strutture simili a Veglia e Capodistria, un perché ci sarà pure», chiude il primo cittadino.
Ma la trasversalità di posizioni sul tema incrina entrambi gli schieramenti politici. Se la sinistra di Intesa accusa il presidente della Regione Riccardo Illy di decidere senza ascoltare, nella Cdl le opinioni divergono nettamente. Per un Dipiazza che a Gas Natural è favorevole, ecco il leader provinciale di Forza Italia Bruno Marini annunciare che «a parte i nostri rappresentanti in giunta, la gran parte del partito starà con coloro che raccolgono le firme contro i rigassificatori. Consiglio caldamente il sindaco di non continuare a considerare quella del rigassificatore a terra una sola questione mercantile, ma di tener conto di una diffusa contrarietà della popolazione a impianti che farebbero del golfo una pattumiera, non certo un’area da sviluppo turistico». E poi, chiude Marini, c’è un no del consiglio comunale «che va rispettato».
A livello istituzionale, intanto, la valutazione favorevole all’impianto di Zaule vede convergere il sindaco e la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Sebbene Palazzo Galatti, dopo avere chiesto ulteriori informazioni sui progetti, non si sia espresso («Non eravamo tenuti»), «fin da principio come giunta siamo stati più favorevoli all’ipotesi Zaule che a quella off-shore, che ci sembrava più impattante nel golfo: senza contare che l’impianto a terra comporterebbe la bonifica di parte del sito inquinato», dice Maria Teresa Bassa Poropat invocando «una campagna di informazione» anche da parte delle due società spagnole che finora è mancata.
E intanto, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek non commenta le voci che danno Roma favorevole a Zaule piuttosto che all’impianto off-shore, ma al montare della protesta di comitati e ambientalisti lancia «un appello preciso alle istituzioni: ci si confronti con i cittadini. Aldilà delle diverse opinioni, è importantissimo non consumare la frattura».

 

 
RIGASSIFICATORI: Lippi: servono risposte precise divisioni nella Lista Dipiazza
 
Se il centrosinistra accusa il sindaco Dipiazza di valutare i progetti dei rigassificatori solo in termini economici, per il centrodestra è facile sottolineare come la sinistra di Intesa additi Illy. Il governatore accusato di decidere senza ascoltare? «La sinistra sta scoprendo solo ora chi è Illy», ironizza il vicesindaco e presidente provinciale di An Paris Lippi, bene attento però a dare «ragione ai comitati» che stanno protestando contro i progetti. «Chiedono di avere informazioni, ed è giusto: per quanto riguarda gli aspetti tecnici e ambientali del problema andranno ottenute delle risposte precise. Quello delle royalty che il Comune chiedeva è solo l’ultimo dei tasselli da mandare a posto», dice Lippi. Che ancora in tema di sicurezza ambientale, osserva: «Mi sarebbe piaciuto che le proteste si fossero accese anche sul caso Krsko, cosa che invece non è accaduta».
E mentre il leader provinciale forzista Bruno Marini rileva che l’annunciato sì da parte della Regione ai rigassificatori costituisce «un errore tattico, che aggiunge al caso del cementificio di Torviscosa un’altra grana in materia di ambiente per la giunta Illy», il capogruppo in Comune della Lista Dipiazza Maurizio Ferrara - ben lontano dalle posizioni dello stesso primo cittadino - si dice «personalmente contrario a entrambi i rigassificatori» ribadendo come in consiglio comunale sull’argomento al gruppo dei «civici» del sindaco fosse stata lasciata libertà di voto. Quanto all’orientamento di Roma che sarebbe favorevole a Gas Natural, «credo che sulla base del parere della Regione il governo potrebbe dare il via libera a entrambi gli impianti», dice Ferrara sottolineando come la giunta Illy «non abbia dato corso ad alcun coinvolgimento del territorio, alla faccia delle procedure disposte da Agenda 21».
Infine, dall’Udc Roberto Sasco si aggancia al «no» decretato mesi fa dal consiglio comunale: «Tanto per gli elaborati non certo esaustivi, quanto per gli insufficienti benefici economici, non ci sono ancora oggi i presupposti per dare un via libera agli impianti», chiude.

 

 
RIGASSIFICATORI: Omero (Ds): «Sì allo sviluppo» La Margherita chiude la porta
 
Sui rigassificatori in entrambi gli schieramenti i partiti vanno in ordine sparso. Delineando una diversità di posizioni totale. Nel centrosinistra, il segretario provinciale Ds Fabio Omero ribadisce - «fatte salve le questioni ambientali» - il favore «al rigassificatore di terra». La mancanza di studi seri additata da comitati e associazioni? «Dagli uffici tecnici comunali abbiamo avuto valutazioni positive, sebbene con prescrizioni. E poi ricordo le ricadute economiche che un impianto come quello di Gas Natural può avere in una città per la quale credo in uno sviluppo diversificato», dice il diessino. Il rischio di attentati? «Da occidentale non posso farmi dettare le scelte di sviluppo dall’integralismo islamico», ribatte Omero. Che offre poi della critica aspra che la sinistra di Intesa avanza in Regione contro Illy una lettura precisa: «Si stanno cavalcando alcune paure dei cittadini in termini elettoralistici. La nascita del Partito democratico costringe certa sinistra a ricollocarsi», chiude Omero.
«Certo che è molto importante adesso compattare le anime della sinistra, ma questa dell’ambiente è un’occasione che ci viene regalata», replica la segretaria provinciale del Pdci Giuliana Zagabria sottolineando di «non volere arrivare a minacciare la rottura con Intesa in Regione, come i Verdi stanno facendo: ma dobbiamo riprendere il programma con cui Illy è stato eletto». I rigassificatori? «Siamo contrari a entrambi - aggiunge Zagabria - e per pericolosità temo maggiormente quello di terra, come additato da Legambiente. Ma il discorso è un altro: dobbiamo dibattere con partiti, movimenti, associazioni quale è il futuro che vogliamo tracciare per la città», chiude Zagabria.
Intanto, mentre in Regione mantiene una posizione cauta, a livello provinciale la Margherita si conferma «sempre contraria ai rigassificatori sia on che off shore», scrive il consigliere regionale e capogruppo in Comune Dl Sergio Lupieri additando il sindaco Dipiazza di avere detto no a Gas Natural «per esclusivi ragionamenti di carattere economico». Invece il no diellino deriva da più fattori, dal mancato coinvolgimento della popolazione alla «mancanza di un piano energetico nazionale». Quanto al sì «non vincolante» della Regione, predice Lupieri, «non influirà sulla decisione del ministero contraria a rigassificatori nella nostra provincia». E intanto il coordinatore provinciale diellino Matteo Apuzzo invoca «dialogo tra istituzioni e cittadini».

 

 

Rigassificatori, governo verso il sì a Zaule  - L’ultima parola spetta a Roma: in pole position il progetto presentato da Gas Natural

 

Spuntano le prime indiscrezioni sulla scelta. Ma il dossier ambiente conta altri sei nodi in Fvg, fra cui alta velocità, vetreria e elettrodotto

TRIESTE La giunta regionale non ha ancora emesso il suo parere definitivo sul tema delicato dei rigassificatori, anche se venerdì è arrivato un sostanziale via libera. Roma invece, secondo fonti vicine al governo, avrebbe già deciso. Se un rigassificatore si farà nel golfo di Trieste sarà quello che dovrebbe sorgere nell’area di Zaule. Quello progettato dalla società spagnola Gas Natural. L’impianto progettato invece da Endesa in mare aperto a tredici chilometri da Punta Sdobba sarebbe in una posizione ritenuta attualmente meno praticabile dal governo. Anche se il progetto del gasdotto che deve agganciare l’impianto di Zaule alla rete nazionale e internazionale nell’area di Monfalcone non è stato presentato alle autorità competenti.
Ma la questione rigassificatori si innesta nel piano di infrastrutture voluto dalla giunta regionale apertamente osteggiato dalla sinistra alternativa e anche da alcuni pezzi di Ds e Margherita. I punti della discordia sono almeno sette: i rigassificatori, la Tav, la terza corsia dell’autostrada A4, il cementificio di Torviscosa, il mega-impianto per la produzione del vetro nell’area industriale dell’Aussa-Corno, gli elettrodotti e le casse di espansione sul Tagliamento. Sul tavolo della maggioranza regionale viene sollevato dalla sinistra non solo il problema di impatto ambientale delle infrastrutture ma anche il processo decisionale utilizzato dalla giunta che non avrebbe tenuto conto nè dei problemi sollevati dal territorio attraverso i sindaci e i comitati, nè delle sollecitazioni provenienti dalla «sinistra alternativa» che fa parte di Intesa Democratica.
RIGASSIFICATORI Sarà Roma a prendere la decisione finale sugli impianti. Cioè a fornire l’autorizzazione ai progetti. Nella prossima seduta della giunta regionale o al massimo in quella successiva arriverà invece il parere dell’esecutivo. Venerdì infatti l’assessore Gianfranco Moretton ha soltanto illustrato una relazione conoscitiva che se da una parte fornisce elementi positivi in senso generale, dall’altra pone una serie di prescrizioni su alcuni dettagli a tutt’oggi poco chiari (il raffreddamento del mare, l’emissione del cloro). La Regione quindi non sceglierà uno dei due progetti. L’autorizzazione arriverà eventualmente dalla presidenza del Consiglio dopo un’analisi congiunta del ministero dell’Ambiente e di quello dell’Economia. E per il momento l’impianto progettato da Gas Natural sarebbe in pole position. Dopo il via libera del governo sarà comunque necessario ancora un passaggio nella Commissione nazionale di impatto ambientale e un’ultima analisi da parte dell’ente territoriale che amministra l’area prescelta.
ALTA VELOCITA’ Il tracciato nella Bassa friulana dell’infrastruttura necessaria a favorire il trasporto lungo l’asse del corridoio 5 è ancora oggetto di discussione tra la Regione e le amministrazioni locali. L’opera si intreccia peraltro con la realizzazione della terza corsia dell’autostrada A4 il cui primo tratto, in Veneto tra Quarto d’Altino e San Donà, sarà cantierato entro il prossimo anno.
CEMENTIFICIO La costruzione di un cementificio tra Cervignano e Torviscosa ha prodotto un frattura profonda tra il territorio e la giunta. Il progetto è stato licenziato con parere positivo dal Via e prevede una bonfica dell’area a carico del proponente (il gruppo veneto Grigolin).
LA VETRERIA Un impianto per la produzione del vetro dovrebbe insediarsi nell’area industriale dell’Aussa Corno. Il progetto è dell’azienda veneta Sangalli e l’investimento va nell’ordine dei 150 milioni di euro. Secondo le stime della Regione la vetreria assieme al cememtificio creerà almeno 400 posti di lavoro.
L’ELETTRODOTTO L’impianto proposto dalla Burgo è stato oggetto di un incontro a Roma mercoledì tra azienda, Comuni, Province e Regione. Non sono stati esaminati in modo soddisfacente gli atti dell’impianto che dovrebbe collegare la stazione austriaca di Wurmlach a quella di Somplago.

Ciro Esposito

 

 

Rc: il Consiglio vari un’authority sull’ambiente - Kocijancic: c’è un cortocircuito fra giunta e Comuni. Metz: non si possono fare infrastrutture «manu militari»

 

Antonaz: ho espresso parare contrario a entrambi i rigassificatori ma sono rimasto solo Fortuna Drossi: importante è fare delle scelte

Travanut: ognuno ammetta i propri errori. Degano: coinvolgere le commissioni

TRIESTE Ricucire il rapporto tra la politica e il territorio. Questa è la parola d’ordine in casa della maggioranza dopo l’esplosione del caso infrastrutture-ambiente. Un messaggio lanciato anche dal presidente Alessandro Tesini che ha voluto richiamare l’assemblea di piazza Oberdan al ruolo istituzionale di controllo dell’attività della giunta. «Il primo rilievo da fare - dice il capogruppo di Rifondazione Igor Kocijancic - è che c’è un cortocircuito della politica, in particolare tra la giunta e i Comuni, emerso in maniera evidente soprattutto sulla questione del cementificio di Torviscosa. Una proposta che si potrebbe concretizzare in Consiglio è quella di dare maggiore indipendenza e autonomia al Via, attualmente composto da dipendenti della Regione. Insomma, visto che la tutela dell’ambiente non è di parte, sarebbe opportuno costituire un organismo terzo, una sorta di Authority, che valuti l’impatto ambientale delle opere. In ogni caso la priorità è recuperare un confronto e un dialogo». «L’impostazione di Illy - commenta il verde Alessandro Metz - non parte da un principio di democrazia. È urgente ridare centralità alla politica. Non si possono fare infrastutture manu militari. L’unica cosa positiva comunque è che si è riaperto un dibattito». «Ogni infrastruttura va valutata con attenzione caso per caso - sostiene il capogruppo della Margherita Cristiano Degano -. Anche sui rigassificatori non abbiamo tutti i documenti per fare valutazioni chiare. Comunque è evidente che sull’analisi delle opere deve essere coinvolto il Consiglio e le commissioni competenti pur nel rispetto di quelle che sono le competenze dell’esecutivo». Per il capogruppo diessino Mauro Travanut «è necessario affrontare il dibattito con serenità e nel rispetto reciproco. Il ruolo del politico è la mediazione e con lo sforzo di tutti è bene che ci ricollochiamo su un tavolo di discussione e non solo di dibattito. Senza timore da parte di nessuno di dover ammettere i proprio sbagli». L’assessore di Rifondazione Roberto Antonaz rimarca invece la sua contrarietà alle scelte della giunta. «Esprimo rammarico per la posizione largamente maggioritaria emersa in Giunta regionale in favore dei rigassificatori - sottolinea Antonaz - Nonostante la notevole quantità di prescrizioni su ambedue i progetti che accompagnano questo parere e il fatto che la Giunta è contraria alla realizzazione di tutti e due, io ho manifestato l'opinione che si debba esprimere parere non favorevole a entrambi». Secondo l'assessore «in primo luogo le prescrizioni sono numerosissime e derivano da lacune dei progetti o da richieste di modifica radicale. Secondariamente, perché la totalità degli Enti locali coinvolti si è espressa negativamente e la logica conseguenza vorrebbe che anche il livello regionale fosse coerente con tali posizioni».
«Tutti parlano del parere del Via ma non si parla del Vas (valutazione di impatto socio-economico) - spiega il Cittadino Uberto Drossi Fortuna -. Il politico è chiamato a scelte complesse ma deve fornire una soluzione ai problemi. Fermo restando l’ecosostenibilità dei progetti dobbiamo scegliere la fonte energetica meno impattante ad esempio tra carbone e metano. Quello che non ci si può permettere è la non scelta».
ci.es.

 

 
Cementificio, pronto il ricorso al Tar - I Comitati: sarà battaglia legale. I sindaci favorevoli distribuiscono volantini
 
TORVISCOSA Cementificio, continua il braccio di ferro. I Comitati ambientalisti non si rassegnano, e anzi assicurano di essere pronti a intensificare la loro azione, spostando la contesa sul piano giuridico- legale. Paolo de Toni, da sempre tra i più convinti oppositori al progetto, incalza: «Annuncio fin d’ora che ricorreremo al Tar per l’impugnazione di un documento che consideriamo inaccettabile. La posizione dell’Arpa può assumere rilevanza penale; da quanto si evince dal verbale, infatti, la stessa azienda, pronunciandosi favorevolmente, ha delegittimato i dati forniti dalle centraline Edison, imposte dal Ministero per l’ambiente e gestite dalla stessa Arpa. Siamo di fronte a un atto di clamorosa gravità. E noto come l’area della pianura padana tra Milano e Trieste sia uno dei territori più inquinati d’Europa. Invece di risanare la situazione, si persegue una linea che dovrebbe portare a un aumento pari a quindici volte delle attuali emissioni di ossidi di azoto, i cosiddetti NOx. Dalle 323 tonnellate all’anno della vecchia centrale a carbone, che doveva essere dismessa il primo maggio ma è ancora in azione, si passerà alle 4500 tonnellate all’anno “garantite” dalla centrale turbogas, dal cementificio e dalla vetreria». De Toni prosegue: «Il parere favorevole espresso dall’Arpa a fonte di questa situazione non rappresenta l’unica incongruenza; il 7 febbraio il cementificio sembrava spacciato, allorché i responsabili della commissione Via avevano dato al cementificio 12 valutazioni negative e tre positive; il 28 marzo si è registrata l’approvazione all’unanimità. Cos’è successo? L’unica risposta plausibile è che Viero abbia imposto alla commissione di rovesciare i pareri espressi».
Giovanni Stocco

 

 

Gottardo: caso Torviscosa, Illy ha un atteggiamento dispotico

 

Il coordinatore forzista: non si può governare senza i cittadini. La Guerra (Lega): il centrosinistra andrà in pezzi

TRIESTE «Illy? Ha un atteggiamento dispotico. La sua coalizione se ne sta rendendo conto e prende le distanze». Le polemiche sorte internamente a Intesa sul cementificio di Torviscosa e sui rigassificatori sono solo un piccolo segnale di una crisi che sarà sempre più profonda. Questa, in estrema sintesi, l’analisi che fa la Cdl delle vicende ecologiche ormai tramutate in politiche che stanno creando non pochi sconquassi dentro la maggioranza. «Sotto le ceneri covano i contrasti molto gravi – afferma il capogruppo di Forza Italia, Isidoro Gottardo – ed è da tempo che esistevano. Che si fosse ormai raggiunto il limite nella sopportazione nella coalizione di Illy era noto agli addetti ai lavori». Secondo Gottardo «quello che è emerso, anche grazie al ruolo della Cdl, non può certo essere ignorato dalla maggioranza: quando un presidente ha un atteggiamento dispotico verso il consiglio regionale, e non accetta il dialogo, è inevitabile che chi presiede lo stesso consiglio, o perde la sua legittimazione oppure reagisce. E la reazione di Tesini è il minimo che poteva succedere». La funzione del Consiglio regionale, ricorda l’esponente forzista, non è solo legislativa, ma anche di controllo e coordinamento. «Da parte mia, in una lettera pubblica ho denunciato il deficit di democrazia che si è creato nella regione. L’elezione diretta del presidente è importante – conclude Gottardo - per assicurare governabilità e stabilità, ma non può autorizzare nessuno a sentirsi un re e a vedere i cittadini come i suoi sudditi. Governare per conto dei cittadini non basta, si deve saper governare con i cittadini, e chi non ha rispetto per le minoranze non ha più rispetto neppure per la sua maggioranza». Dello stesso parere, anzi con una posizione ancora più critica, è Alessandra Guerra (Lega Nord) . «Le questioni interne alla maggioranza sono molto gravi, per tre motivi ben precisi. Primo, per una questione programmatica: è grave che un presidente della giunta abbia creato una coalizione, e si sia fatto eleggere prendendo degli impegni precisi con i partiti che lo sostenevano, e poi in modo provocatorio prenda decisioni in totale solitudine». Il secondo motivo, secondo la Guerra, ha a che fare con la tenuta di Intesa. «Nel giro di qualche mese la coalizione ha perso numerosi pezzi: prima la Battellino sulla legge elettorale, poi i Verdi, ora si mette in contrasto con il capogruppo del suo principale partito, senza contare i contrasti con Rifondazione e Pdci. Il quadro non è davvero di serenità, credo che una riflessione Illy dovrebbe farla. Terzo elemento, il fatto che «ci troviamo con un presidente della giunta che non ha ancora capito cosa significhi avere un parlamento regionale, e quali siano le sue funzioni – afferma - .Credo che Illy pensi di essere ancora in consiglio comunale».
Elena Orsi

 

 

G8 con Prodi o D’Alema, sfida sull’ambiente  - Corteo ecologista l’11 maggio contro le scelte della Regione su gas, Tav e cementificio: già molte adesioni

 

Dal 10 al 12 maggio a Trieste. In caso di impegni del premier sarà il ministro a aprire il summit mondiale su innovazione e ricerca alla Stazione Marittima

Nel caso di impegni dell’ultimo minuto del premier Romano Prodi, sarà il ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ad aprire i lavori del Forum G8- Unesco su educazione, innovazione e ricerca in programma alla Stazione Marittima da giovedì a sabato prossimi. La responsabile dell’ufficio stampa del Professore, ancora ieri, confermava: «Prodi arriverà in aereo nella mattinata di giovedì e ripartià nel pomeriggio, come da programma». Nell’ambiente ministeriale, tuttavia, qualche dubbio resta e la tappa del premier in città viene considerata altamente improbabile.
Prende forma, intanto, la contromanifestazione prevista per sabato 12, voluta dalla «rete regionale contro lo sviluppo insostenibile». Gli organizzatori si attendono tra i 1.000 e i 5 mila partecipanti, provenienti non solo dalle città del Friuli Venezia Giulia. Hanno già confermato la loro presenza, per esempio, Cinzia Bettene del Presidio permanente No Dal Molin che si oppone al raddoppio della base americana di Vicenza, e alcuni rappresentanti del Comitato contro il rigassificatore off-shore di Livorno. Resta incerta, invece, la partecipazione dei rappresentanti del movimento No Tav della Val di Susa.
A livello regionale saranno più di venti le associazioni e i gruppi di cittadini pronti a sfilare per il centro di Trieste per denunciare le «contraddizioni del governo regionale in materia di ambiente e sviluppo del territorio». In piazza scenderanno i Comitati contro il cementificio di Torviscova e quelli contro i rigassificatori nel golfo di Trieste, gli oppositori dell’autostrada Carnia- Cadore e i contrari delle casse di espansione sul Tagliamento. E poi i ricercatori della Sissa, l’associazione Aria nostra di Spilimbergo, gli anarchici del gruppo Germinal, gli attivisti pordenonesi di «Via le bombe» , Sinistracritica, i Cobas del Friuli Venezia Giulia, il Coordinamento regionale campagna acqua bene comune, Carniainmovimento, l’«Enosteria Ai popoli» e i tanti comitati No Tav della regione.
Per loro il ritrovo è fissato sabato alle 15 in piazza Libertà, davanti alla stazione. Da lì il serpentone umano si snoderà lungo corso Cavour, via Valdirivo, via Roma, Corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci. Il corteo si concluderà in piazza Oberdan sotto quel consiglio regionale, si legge nel manifesto, considerato «il simbolo di un potere politico che, ignorando la voce delle popolazioni e la esigenze del territorio, segue una logica di progressiva e devastante e privatizzazione del beni comuni, in mome degli interessi del mercato».
Il percorso della manifestazione, in origine, avrebbe dovuto essere un altro. Gli organizzatori avrebbero voluto far partire il corteo da piazza Venezia, per ricordare la polemica sugli spazi negati, nata a seguito del taglio delle panchine dell’amministrazione comunale. «La Questura però ci ha negato il passaggio lungo le Rive, vista la vicinanza con la Stazione Maritttima dove si svolgeranno i lavori del Forum - spiega il portavoce dei centri sociali di Trieste, Carlo Visentini -. Abbiamo scelto quindi di modificare il percorso, senza intestardirci. Il bersaglio della nostra azione, infatti, non è il summit, del quale comunque contestiamo l’utilità visto che gli stessi delegati hanno fatto sapere che non vi si deciderà niente. È contro la politica dei governanti locali, invece, che vogliamo far sentire la nostra voce. Una voce contraria ai rigassificatori, alle gallerie in Carso e ai tanti altri disastrosi progetti che amministratori come Illy vorrebbero realizzare. Quanto a eventuali disordini durante la manifestazione, ci sentiamo di escluderli completamente. Non vogliamo «danneggiare» il Forum, ma solo usarne la visibilità per far arrivare ad un pubblico vasto le nostre ragioni».

Maddalena Rebecca

 

 
L’Unesco: è un’opportunità per lo sviluppo sostenibile
 
Il Forum mondiale G8 - Unesco non prevede risoluzioni finali, visto il carattere prettamente aperto impostato dai promotori, Ministero degli Esteri, Unesco e Ictp. Una scelta che, secondo i partecipanti, non riduce comunque l’importanza del summit. «È un’opportunità per combinare la prestazione scientifica di eccellenza dei centri italiani e le maggiori sfide ambientali della nostra società - precisa Engelbert Ruoss, direttore dell’Ufficio Regionale Unesco per la Scienza e la Cultura in Europa -. «La sostenibilità dello sviluppo sarà il problema centrale del XXI secolo - aggiunge Patrizia Tiberi Vipraio, professore di politica economica che rappresenterà l’Università di Udine al vertice. «Il Forum - conclude Mohamed Hassan, direttore esecutivo dell’Accademia delle scienze per il mondo in via di sviluppo - è un pretesto quindi per ricordare che la nostra società sta assistendo ad un momento importante di trasformazione dello sviluppo sostenibile, basato sulla scienza. Per coglierlo va sostenuta la cooperazione».
ga.pr.

 

 
San Giovanni: «No a nuovo cemento»  - Quasi unanime l’opinione dei residenti sui progetti per Timignano, via Chiesa e di fronte alla Scuola di polizia
 
«Ci sono tante case sfitte da utilizzare». «Salvare le aree verdi»
Tutti concordi per difendere il verde. I residenti del rione di San Giovanni non hanno dubbi: fra l’ipotesi di ulteriore cementificazione e quella della conservazione del verde pubblico esistente, scelgono espressamente la seconda soluzione. Meglio salvaguardare quest’ultimo. Quindi no ai nuovi edifici sul verde residuo di Timignano, in via Damiano Chiesa e di fronte alla Scuola di polizia, dove sono previste nuove costruzioni, fra cui uno stabile di cinque piani. Dai pareri espressi dalla gente che vive a San Giovanni appare dunque chiaro che la presenza e la salvaguardia del verde pubblico costituiscono una priorità assoluta. Garantire la possibilità ai bambini e agli anziani di poter disporre di spazi nel quali giocare e trascorrere il tempo libero arriva prima di qualsiasi altro bisogno. È ugualmente diffusa la consapevolezza che ci sono case ed edifici, sufficienti per assicurare a quanti ne hanno necessità, un’abitazione dignitosa. Emerge con chiarezza la responsabilità delle competenti autorità, chiamate a gestire nel modo più adeguato il patrimonio immobiliare esistente, senza dover ricorrere alla realizzazione di nuove costruzioni, che porterebbero a ridurre drasticamente i giardini esistenti, ritenuti comunque scarsi come superficie e troppo spesso preda di malintenzionati.
Renato Nemez sull’argomento è molto deciso: «Non vorrei si costruisse ancora – dice – anche perché il verde pubblico, nel nostro rione, scarseggia. Ci sono invece un’infinità di case vuote, di appartamenti sfitti, che possono essere messi a disposizione di chi non ha un’abitazione. Volendo procedere a nuove costruzioni – aggiunge – spazi a disposizione ce ne sono tanti in altri punti del territorio comunale, perciò non vedo la necessità di venire a realizzare nuovi edifici proprio a San Giovanni. Credo piuttosto che ogni albero sottratto alla comunità sia un delitto e nel nostro rione di questi tagli ce ne sono già stati a sufficienza. Non serve costruire a Timignano o in via Chiesa – sottolinea, riferendosi alle recenti iniziative in materia – basta essere più oculati nelle scelte».
Maurizio Conti, gelatiere del rione, che assicura di «spremere i limoni per garantire un prodotto artigianale naturale», è anch’egli risoluto: «Bisogna lasciare il verde che c’è, conservandolo. Piuttosto suggerisco alle competenti autorità di utilizzare gli edifici che già esistono e che sono in numero abbondante qui a San Giovanni. Le aree verdi pubbliche sono da preservare rispetto all’avanzata della cementificazione». Fiorenza Cocolo è dello stesso parere: «Le zone verdi a disposizione della gente sono già poche oggi – afferma –, perciò sarebbe meglio conservarle. Il problema consiste invece nell’utilizzare al meglio le case dell’Ater che già esistono e che sono sfitte e vuote».
Daniel Jankovic è un immigrato che vive a San Giovanni da sei anni: «Conosco a sufficienza questa zona per poter dire che il verde serve, è utile per la popolazione e non può essere cancellato per favorire la cementificazione con nuove costruzioni». Giorgio Paulini concorda: «Il verde va preservato – dichiara senza incertezze – anche perché il valore degli immobili di San Giovanni deriva proprio dal fatto che esistono zone nelle quali si può sostare col beneficio di alberi e piante. Dovessero scomparire queste aree, che sono autentici polmoni per la popolazione – prosegue – le quotazioni degli appartamenti del nostro rione scenderebbero sensibilmente e questo non è giusto. Piuttosto le competenti autorità – sostiene – dovrebbero preoccuparsi della presenza di tanti balordi e di gente poco raccomandabile. Quello è il vero problema di San Giovanni e di altre zone della città».
Gestisce un bar nel cuore del rione, Tatiana Sabba, e non ha dubbi: «Stanno costruendo troppe case in questa zona – esordisce –, invece di salvare il verde che c’è. I giardini qui sono pochi e sarebbe opportuno garantirne la conservazione. Credo che di appartamenti ed edifici a disposizione ce ne siano a sufficienza per le esigenze di una città che sta accusando, fra l’altro, un netto calo demografico. Non ha senso sottrarre aree verdi ai residenti, per fare posto a costruzioni che si rivelano inutili, stante la disponibilità di appartamenti». Per Sonia Furlan «il problema è comune a tutti i rioni di Trieste, dove manca il verde. C’è qualcuno che vuole costruire per interessi personali – evidenzia – mentre le aree di verde pubblico vanno conservate».
Boris Bartol ha un’opinione che si stacca dalle altre, almeno in parte: «Il verde è utile a tutti, ma va sottratto all’invasione di tossici e malintenzionati, che troppo spesso diventano padroni di queste zone aperte. Piuttosto che vedere i giardini del rione preda di persone poco raccomandabili – conclude – secondo me è meglio costruire».
u.s.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 5 maggio 2007

 

 

La Regione: sì a un solo rigassificatore - Comitati ambientalisti a Trieste: «Nessun impianto, giunta arrogante e senza studi seri» 

 

Tesini: «Illy non può censurare il Consiglio». Ecologisti, premio Attila al governatore

L’assessore Moretton: «Assenso da vincolare a delle prescrizioni, la prossima settimana la delibera». Ma cresce la protesta

TRIESTE Doppio sì con riserva dalla Regione ai due rigassificatori progettati nel golfo di Trieste: l’ente però ritiene che la soluzione migliore sia realizzarne uno solo. Questo l’orientamento emerso dalla comunicazione fatta alla giunta dall’assessore Moretton. Che precisa: «l’assenso è vincolato a delle precise prescrizioni; la deliberà verrà assunta la prossima settimana». Ma i comitati e le associazioni ambientaliste ribadiscono: «Nessun impianto deve sorgere in zona, la giunta agisce in modo arrogante e senza svolgere studi seri». E sul cementificio in progetto a Torviscosa il presidente del Consiglio regionale Tesini replica a Illy: «Non può censurare il Consiglio: è l’Assemblea che controlla la giunta, non viceversa».

 

 

I comitati: troppo anche un solo rigassificatore - Ma la Regione decide di dire sì a un impianto. Proposto il premio Attila a Illy

 

Toni accesi durante l’assemblea pubblica che ha fatto il punto sui due progetti: «Da trovare nuove forme di pressione per il no»

La Regione darà il nullaosta ai due rigassificatori progettati per Trieste ma farà sapere al governo che il golfo ne può sostenere uno solo. Toccherà al governo valutare quale e poi la questione tornerà all’esame della Regione. Questo, almeno, l’orientamento emerso ieri durante la riunione della giunta.
I comitati e associazioni ambientaliste invece ribadiscono: nessun impianto deve sorgere qui. E al no affiancano giudizi duri in tema di ambiente sugli amministratori pubblici. In testa sul governatore Riccardo Illy, al quale il Wwf nazionale - tuona dal Panda locale Fabio Gemiti - dovrebbe conferire «il premio Attila». Ma nel mirino finisce anche Roberto Dipiazza, il sindaco che al rigassificatore di Zaule ha detto no solo perché quelli di Gas Natural «pagavano poco», scrive Arnaldo Scrocco del Comitato per la salvaguardia del golfo (riferendosi alla trattativa in termini di royalty e altri benefici economici per il Comune andata a monte, anche se poi riaperta).
Questi i toni accesi dell’assemblea pubblica (un centinaio i presenti) organizzata ieri pomeriggio nell’aula magna del liceo Oberdan da Wwf, Legambiente e comitati Monte d’Oro e No Terminal, che hanno fatto il punto. Riaffermando il no agli impianti per questioni di sicurezza ma anche di sviluppo della città. E accusando la giunta regionale, Illy in testa, di «arroganza» e di «strapotere autocratico»: una critica che si è saldata a quella di esponenti della sinistra, come Giuliana Zagabria che dal Pdci ha alluso a chi in vista delle elezioni regionali 2008 «ha in testa di perdere o di cambiare alleanza». Il tutto davanti a tre sedie vuote su cui erano affissi dei cartelli con i nomi in bella vista di Dipiazza e degli assessori regionali Sonego e Moretton, «più volte sollecitati a intervenire», ha detto per il Wwf Dario Predonzan, ma ieri decisamente assenti.
I motivi del no, dunque. Di ordine tecnico e culturale. Sul primo versante, Lino Santoro di Legambiente ha additato una Regione che ha «compiuto la scelta politica di non volere affrontare il problema da un punto di vista tecnico-scientifico, su cui uno studio serio manca». Perché negli Stati Uniti per esempio ci sono «enti indipendenti dal potere politico» che valutano i possibili scenari derivanti da incidenti o attacchi terroristici ai serbatoi o alle navi: ne escono simulazioni, illustrate ieri da Santoro, di «nubi di gas naturale» a -108 gradi che possono muoversi a non più di trenta metri dal suolo anche per dieci o più chilometri, prima di incendiarsi. Le conclusioni? Per Santoro la realizzabilità dell’impianto a terra di Zaule va esclusa nella maniera più totale, mentre per il rigassificatore off-shore comunque al momento non esistono dati su cui fondarsi.
Ma aldilà degli aspetti tecnici è stato Giacomo Costa, professore emerito della Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, a porre l’accento su un problema culturale: la città vuole avere la forza per «inventare qualcosa di nuovo» su cui poggiare il suo futuro e il suo sviluppo, o vorrà limitarsi a «ospitare passivamente» un impianto che non si fonderà sulle sue potenzialità e sul sapere che essa può offrire? Federico Grim, biologo e presidente del Consorzio ittico, ha evidenziato come il raffreddamento del mare del golfo dovuto all’uscita di acqua raffreddata dagli impianti porterebbe al «collasso dell’intero ecosistema».
Nella seconda parte dell’assemblea, il Wwf Gemiti, componente della commissione tecnico-consultiva regionale sulla Via (valutazione di impatto ambientale), ha detto come «il potere politico influenza pesantissimamente i partecipanti alla commissione», sui quali «il peso politico è intollerabile», ha aggiunto invitando i presenti a «trovare ulteriori forme di pressione».

Paola Bolis

 

 

La protesta: «Guai a chi ci tocca il mare» - I cittadini temono la minaccia degli incidenti: «Troppi punti oscuri»

 

Tra i partecipanti alla riunione prevale l’esigenza di avere informazioni più precise sui rischi connessi al Gnl

«Guai a chi ci tocca il mare». È soprattutto la minaccia di un incidente sul Golfo di Trieste che induce i cittadini - almeno quelli presenti ieri pomeriggio all'assemblea pubblica - a negare il proprio appoggio a ogni ipotesi di rigassificatore, sia l'off di Endesa che l'on shore di Gas Natural. Troppo alto, a detta di alcune signore, il «rischio che i tuffi in acqua dei nostri bambini non siano più così sicuri: chi ci dà la certezza che un impianto di questo tipo non determini, a lungo termine, un danno piuttosto che un beneficio per la collettività?». Qualcun altro non manca di sottolineare la fragilità di un equilibrio compromesso da una «società che, in termini ambientali, ha già dato tanto, vedi il "mostro" della Ferriera». In parecchi ex marittimi, poi, è ancora vivo nella memoria il ricordo di incendi avvenuti al largo delle coste italiane e della conseguente impossibilità, da parte nei soccorritori, di spegnere le fiamme. «Se un tale evento si verificasse a Trieste - pronostica Claudio Dominese, 65 anni - saremmo tutti fritti. Ho lavorato a lungo sulle navi, imbarcato col Loyd triestino, e parlo così perché ho assistito a diversi incidenti: uno su tutti, quello accaduto a Brindisi, negli anni '80. Un petroliera si incendiò in porto e non vi fu verso di spegnere il fuoco. Dovettero traghettarla fuori, in mare aperto, dove bruciò per giorni e giorni. Lo rammento come fosse oggi».
«Ho partecipato alla precedente riunione indetta al Savoia - esordisce invece il pensionato Ferruccio Dominich, 68 anni - e avendo visto i filmati proiettati in quell'occasione mi sono convinto che il progetto non debba essere realizzato, innanzitutto per preservare la saluta pubblica. Sono stato per anni direttore di macchina, quindi provengo dal settore della navigazione, e ricordo ancora quanto mi raccontò un collega che assistette a un incidente verificatosi a Piombino. La valvola di un impianto non tenne e per il timore di un'esplosione, l'intera città venne evacuata». Ma lei pensa che queste assemblee possano davvero cambiare gli scenari prospettati dalla Regione? «Purtroppo a Trieste ci si rassegna subito - replica - e lo dico perché per anni ho fatto parte del comitato della Ferriera. Nel Meridione si protesta con le barricate, qui si desiste. Purtroppo il potere economico domina tutto e la gente si ritira nel proprio cortile». «Io ritengo che i rischi connessi a questi impianti siano superiori agli eventuali vantaggi», sostiene Paola Sist, 35 anni di San Luigi. C'è però chi teme anche per la zona in cui risiede: «Abito ad Aquilinia - afferma Margherita Maglione, 29 anni, dipendente di un'azienda - e sinceramente sono venuta all'assemblea per capire come stanno le cose, perché mi sento coinvolta da vicino. Mi oppongo a tutto ciò che possa in qualche modo inquinare il territorio. Ma si doveva pensare proprio a una zona già così sacrificata?». «Ho letto stamattina il ”Piccolo” - dice il 67enne Claudio Sidari - e mi sono precipitato all’incontro. Cosa penso? Che a Trieste abbiamo già dato, penso alla Ferriera». «Voglio sentire cosa pensano gli altri dei rigassificatori - aggiunge Bruno Giorgolo, 63 anni - perché io sono contrario. Non a priori, certo, però penso che si dovrebbe parlare invece di energia alternativa. Sistemi come i rigassificatori rappresentano solo dei ”tamponi”, ma tra 20-30 anni il problema si riproporrà in tutta la sua gravità». E le polemiche innescatesi tra Regione e Comuni? «Guardi - conclude il signor Giorgolo - le trovo delle perdite di tempo. Mi interessa di più sapere se queste problematiche sono inserite in una politica energetica europea oppure seguono meramente delle logiche di mercato».

Tiziana Carpinelli

 

 

Grande viabilità a Cattinara rumori, polveri e disagi: si fa una mappa di tutti i danni

 

Accordo grazie alla Commissione comunale trasparenza dopo un confronto con i residenti e la Collini

Tre gli argomenti caldi all’ordine del giorno: fogne, barriere antirumore e le crepe comparse sulle case

Rumori, polveri, danneggiamenti alle abitazioni e odori sgradevoli. La Grande Viabilità triestina, opera da 220 milioni di euro che dovrebbe vedere la luce nella sua interezza il prossimo anno, da un lato porterà una boccata d’ossigeno alla circolazione veicolare in città, ma dall’altro trova chi si sente una sua vittima: gli abitanti della zona di Cattinara.
Se molto è stato fatto per porre rimedio ai disagi arrecati ai residenti in questi anni di lavori, in tanti continuano infatti a lamentarsi e chiedono più certezze.
Lo hanno ribadito ieri mattina alcuni cittadini, nel cantiere di Cattinara, nel corso di un faccia a faccia con i responsabili dei lavori, per il Comune e la ditta Collini, con la mediazione della Terza Commissione permanente, presieduta da Alessandro Minisini (Margherita) e della Settima circoscizione.
Un incontro convocato per mettere nero su bianco le lagnanze degli abitanti che, su richiesta degli stessi consiglieri, nelle prossime settimane verranno «schedate» dalla Collini.
Una specie di mappa dei problemi, con nomi e cognomi di chi in questi mesi ha segnalato danneggimanti e difficoltà varie legate alla costruzione dell’opera stradale, che poi verrà consegnata ai componenti della Commissione.
La proposta del Cittadino Roberto Decarli, accolta dai presenti, servirà quindi per avere una «prova», a garanzia della corretta prosecuzione dei lavori e a tuttela dei diritti dei residenti.
Tre, nello specifico, gli argomenti all’ordine del giorno: sistema fognario, danneggiamenti alle abitazioni e barriere antirumore. «La rete fognaria a ridosso dello svincolo di uscita dalla superstrada per immettersi nella 202 sarà realizzata entro la fine dell’anno - ha spiegato Enrico Cortese, direttore dei lavori -. L’opera è già stata contrattualizzata. Noi costruiremo il collettore fognario generale e gli stacchi per le singole abitazioni, mentre l’allacciamento ai pozzetti spetterà ai privati coinvolti».
Tutto ancora da decidere sulle barriere antirumore: «Le realizzeremo - hanno assicurato Cortese e Umberto Avellino, geometra della Collini -, ma solo a cantiere finito e con un certo criterio. Ci sono arrivate segnalazioni da mezza città e anche da zone così lontane da essere poco credibili. Però verranno sicuramente posizionate dove si renderanno necessarie, presumibilmente entro la metà del 2008». Un capitolo a parte merita infine la questione dei danni alle abitazioni della zona. Continua infatti l’odissea degli inquilini della «Casa pompeiana», quella a ridosso della nuova galleria, che a forza di scavi ed esplosioni ha riportato i danni maggiori. «Non solo crepe sulle pareti, ma anche danneggiamenti strutturali - ha affermato Minisini -. Poche persone stanno pagando sulla loro pelle la creazione di un’opera a favore dell’intera cittadinanza. Dopo l’evacuazione, solo tre famiglie hanno accettato l’accordo con la Collini, mentre quattro sono ancora in causa. Non si fidano a tornare in casa, hanno paura, e dallo scorso giugno il Comune ha pure smesso di pagare l’affitto dell’alloggio in cui sono temporaneamente ospiti». «Siamo intervenuti con tutti i mezzi a nostra disposizione - ha replicato il portavoce della Collini -. Siamo pronti a un ulteriore confronto con i residenti».
Ma assicurazioni della ditta a parte, negli interventi dei cittadini ieri mattina regnava ancora la preoccupazione: «La convivenza con questa mega-opera è stata molto pesante - ha affermato uno dei rappresentanti dei residenti, Edoardo Sossa -. Sono stati anni di rumori, polveri e puzza, che ci hanno arrecato un grande disagio. Ma i problemi non finiscono qui. Forse gli incomodi dei lavori diminuiranno o spariranno quando tutto sarà finito, ma - ha aggiunto - ora la paura è legata al deprezzamento delle case: prima avevamo il verde davanti alle finestre. Ora abbiamo una colata di cemento».

Elisa Coloni

 

 

Galleria Foraggi, test con l’asfalto mangiasmog - Lunedì Giorgi e Frommel (Fi) presenteranno una mozione in Consiglio comunale per l’avvio della sperimentazione

 

TRIESTE Il problema dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili potrebbe essere parzialmente risolto anche a Trieste, grazie all'asfalto «mangiasmog». A breve dovrebbe essere dato l’ok per un test sul manto stradale all’interno della galleria di piazza Foraggi.
Questa soluzione, stando alle cifre rilevate dalla società Global Engineering in molte altre città italiane (tra le quali Milano e Parma) e anche all'estero, ad esempio a Londra e Singapore, comporterebbe una diminuzione degli agenti inquinanti in certi casi pari addirittura al 70 per cento. I prodotti proposti dall'azienda lombarda hanno la loro caratteristica fondamentale nella presenza del biossido di titanio, composto che reagisce a contatto con l'aria, compiendo un'azione disgregante nei confronti degli elementi inquinanti e formando dagli stessi dei residui innocui come calcare, gesso e sali minerali.
Prima dell'adozione di questo tipo di asfalto in sostituzione di quello tradizionale, sarà comunque necessario un test, su un'area di almeno 2000 metri quadrati. Probabilmente già lunedì prossimo, in Consiglio comunale, i consiglieri di Forza Italia, Lorenzo Giorgi e Claudio Frommel, presenteranno al sindaco Dipiazza, alla Giunta e di conseguenza all'assessorato competente (quello ai lavori pubblici) la mozione per avviare immediatamente l'iter per l'asfaltatura di un sito campione. «Un'ipotesi plausibile per questa prova potrebbe interessare il tratto di strada della galleria di piazza Foraggi», ha spiegato ieri Giorgi, al termine dell'audizione dei tecnici della Global Engineering, svoltasi nel corso della riunione della IV Commissione consiliare permanente. L'assenso al progetto, peraltro, è stato dato praticamente da tutti componenti della commissione, nel nome di una sempre maggiore tutela della salute dei cittadini. A destare qualche perplessità, tuttavia, sono stati i costi dell'operazione: per il solo test, infatti, saranno necessari 20mila euro, peraltro una tariffa promozionale. La spesa relativa alla posa dei materiali, in linea generale, ammonta infatti a 12-13 euro per metro quadrato. Un investimento che, a detta del direttore commerciale della Global Engineering Pierandrea Raviolo, verrebbe ammortizzato nel tempo: «Rispetto all'asfalto tradizionale, quello mangiasmog dura tre volte tanto - ha detto il dirigente milanese -. Si parla di sei anni contro due».
A Segrate, in provincia di Milano, grazie ad un'analisi effettuata nel 2003 con macchinari approvati dall'Arpa su un tratto di via Morandi, l'applicazione dell'ecorivestimento ha comportato una riduzione del 67 per cento di ossido di azoto, del 71% di biossido di azoto, del 64% di toluene e del 70% di benzene. Alla luce di questi dati, Giorgi ha aggiunto ancora alla fine dell'incontro: «Grazie a questa novità, i problemi di inquinamento e quelli conseguenti legati alle limitazioni sul traffico verrebbero considerevolmente ridotti».

Matteo Unterweger

 

 
G8 Unesco, il popolo della protesta arriva da tutto il Nord Italia
 
All’appello dei vari comitati, che in questi giorni stanno accendendo nella nostra Regione i riflettori sul tema «ambiente», non risponderanno solo cittadini triestini, friulani o isontini. L’SOS è stato infatti lanciato in tutto il Nord-Italia e, come confermato ieri dal portavoce dei centri sociali di Trieste, Carlo Visentini, saranno in tanti ad accorrere per sostenere la protesta contro i rigassificatori e l’Alta velocità. In città si attendono attivisti di varie associazioni ambientaliste e centri sociali anti-Mose, anti-base di Vicenza e pure gli anti-Tav della Val di Susa. Insomma, il popolo dei girotondi e delle barricate. «Il dato interessante che rilevo - esordisce Andrea Olivieri, leader dei No global triestini - è la capacità della società civile di legare assieme su obiettivi condivisi. Le iniziative che in questi giorni si stanno organizzando, dalle assemblee pubbliche alle scampagante in Val Rosandra, indicano una grossa volontà di fare qualcosa. E sono sicuro che anche Trieste darà il suo contributo, perchè vede minacciata la qualità della vita dei propri abitanti». «La mobilitazione sarà estesa il più possibile», annuncia Visentini.
Occhi puntati, quindi, anche sull’atteso G8. Intanto il volantino della Rete contro lo sviluppo insostenibile recita: «Il cosidetto ”sviluppo sostenibile” viene promosso in occasione di un summit internazionale che vede come principali organizzatori la giunta regionale di Riccardo Illy e quella comunale di Roberto Dipiazza. In realtà sotto il vestito ”buono” dell’egida dell’Unesco, dei centri di ricerca e delle università, il re è veramente nudo: entrambe queste amministrazioni locali si distinguono per il più totale disinteresse nei confronti dei temi ambientali e per la progressiva e devastante privatizzazione e monetizzazione dei beni comuni, in nome degli interessi di mercato».
ti.ca.

 

 

Moretton: «Criteri severi ma poi decida il governo»

 

La prossima settimana la delibera su proposta dell’assessore. «Faremo ulteriori accertamenti su ciò che allerta la gente»

Una semplice relazione conoscitiva terminata «né con assenso né con dissenso»: così l’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton ha portato ieri mattina in giunta il tema delicatissimo dei rigassificatori in golfo, l’impianto proposto da Gas Natural nell’area ex Esso e quello progettato da Endesa in mezzo al mare, tecnicamente a tredici chilometri da Punta Sdobba.
Alle già annunciate perplessità su entrambi i progetti, che la Regione si è detta comunque disposta ad accogliere in via generale senza direttamente scegliere fra l’uno e l’altro ma facendo sapere al governo che è compatibile un solo progetto per l’area triestina, ieri si è aggiunta una novità: «Ho detto alla giunta - afferma Moretton - che saranno previste prescrizioni, non erano previsti un dibattito o una votazione».
Prescrizioni significa che non basteranno le maggiori informazioni da ottenere su alcuni cruciali «dettagli» che risultano a tutt’oggi poco chiari (tra cui il raffreddamento del mare nel processo di trattamento del gas, la quantità e gli effetti del cloro necessario a ripulire le tubazioni) che la Regione ha messo in calce al suo nulla osta. Se a tutt’oggi le delucidazioni sollecitate a entrambe le aziende spagnole non sono risultate sufficienti, sembra difficile che l’accettazione di così imponenti impianti nel golfo possa comprimere a semplice supplemento d’informazione dei dati sull’ambiente di tanto peso.
Perciò Moretton ha specificato che già la prossima settimana porterà in giunta la delibera con l’espressione del parere: «Poi del resto le autorizzazioni - dice l’assessore - spettano al governo». E sarà il governo a pronunciarsi tra le due proposte.
Lo spazio che resta alla Regione, nell’esprimere il suo parere, è appunto quello di corredare l’eventuale assenso a «prescrizioni», cioè indicazioni correttive vincolanti, e di questa prerogativa la giunta si avvarrà. E’ stato infatti già deciso che a valutare l’impatto ambientale degli impianti di distribuzione del gas naturale liquefatto (Gnl) saranno, oltre al ministero e alla Direzione regionale per l’Ambiente e i lavori pubblici, anche l’Azienda sanitaria e l’Arpa, una posizione che l’assessore aveva confrontato anche a livello politico in seno alla Margherita, che comunque è favorevole a considerare gli effetti positivi di queste installazioni energetiche nel golfo di Trieste, e che si è limitata a voler «vedere meglio» ciò che sta allertando invece una ampia fascia di opinione pubblica, decisamente contraria al Gnl sul mare, o in mare.
g.z.

 

 
AMBIENTE E FVG  - IL PRESIDENTE DEVE ASCOLTARE
 
Sul nodo dei rigassificatori pubblichiamo questa riflessione del professor Costa, dell’Università di Trieste.
Caro presidente Illy, il suo intervento di ieri è un corretto richiamo allo spirito delle regole che dovrebbero garantire contro critiche e intromissioni irrituali e nelle decisioni che lei può e deve proporre su tutte le questioni per le quali la sua posizione era prevista in quanto esplicita nella sua campagna elettorale. Nel caso che ci interessa, si tratta della politica per l'ambiente. La questione è allora di sapere, con chiarezza, se quella sua visione dei problemi e quei suoi impegni hanno avuto applicazione in questi anni e rappresentano ancora la sua linea o, invece, la sua posizione è mutata tanto da portare ai termini che il Piccolo ha raccolto come: ”Illy-verdi: scontro sull'ambiente”.
Tutti ci rendiamo conto dell'aggravarsi delle preoccupazioni per il crescente impatto dell'uomo sull'ambiente a cominciare dal clima. La scienza va approfondendo le evidenze degli effetti dello sviluppo della civiltà tecnologica e della necessità di dare significato operativo e normativo all'espressione "sviluppo compatibile".

Cresce la consapevolezza della rilevanza che queste questioni hanno oggi non solo per Trieste e per la Regione. Ma che hanno anche per la Nazione, per l'Europa, per i Paesi sviluppati e per quelli emergenti, e infine, con guerre e stragi, per le popolazioni del quarto mondo, dunque per l'intero pianeta e per ogni politica.
Non vi è alcun dubbio che la rilevanza della questione ambientale sta crescendo drammaticamente. Per la crescente concorde documentazione scientifica. Per le difficoltà che incontrano i tentativi, a livello internazionale, di rallentare il danno ambientale (Kyoto e seguenti) e di difendere la società contro il degrado della qualità della vita. Ciò avviene particolarmente nei luoghi nei quali sono localizzate le fonti energetiche e nei luoghi in cui si concentra la loro utilizzazione industriale. Tutto ciò non può non influenzare profondamente le convinzioni di ognuno di noi, alimentando la formazione di due opposte scuole di pensiero.
È evidente perciò che in questa situazione l'atteggiamento della pubblica opinione non può approvare senza discutere il punto di vista del presidente Illy su una posizione culturale che non era evidente nelle sue dichiarazioni elettorali. Al contrario, deve chiedere l'aggiornamento e il confronto degli attuali punti di vista e dei relativi programmi. Nel caso specifico, sono convinto della pertinenza delle sue argomentazioni, favorevoli ai progetti dei rigassificatori e del cementificio. Mi manca il riferimento alla volontà di rispettare la indispensabile prudenza nella considerazione di tutti i possibili sviluppi dell'impatto ambientale.
Non si discute sulla legittimità degli atti che le spettano come presidente, ma non siamo informati come dovremmo sulla sua posizione culturale. Essa avrà certo rilievo, e speriamo positivo, nella storia della nostra città. Possiamo capire la sua coerente visione industrialista del progresso. Si tratta di conoscere la sua opinione sulle posizioni della scienza per quanto concerne l'esistenza, la natura e l'estensione di limiti di compatibilità dello sviluppo economico in considerazione dell'evoluzione e dell'infittirsi degli allarmi per la qualità dell'ambiente e delle future condizioni di vita in questa parte del mondo.
Si tratta infine di chiederle se non ritiene di valutare anche la necessità di garanzie per gli aspetti etici e sociali in un futuro di industria "dura" e spietata per i più deboli come quello che ci aspetterebbe con le nuove iniziative. Trieste ha mostrato in queste settimane una nuova volontà di mettere in discusione il suo avvenire. Questa volontà implica attenzione alle sfide che la situazione della città presenta e le sfide ambientali, etiche e sociali ne sono parte imprescindibile. Sono certo che la sua voce non sarà limitata al semplice ovvio richiamo al rispetto delle norme vigenti e sarà invece estesa al confronto sui punti in cui vi può essere diversità di opinioni.
Giacomo Costa - professore emerito di chimica all’Università di Trieste

 

 
Comitati ambientalisti, settimana di manifestazioni per il G8
 
TRIESTE Sale in Regione la protesta contro la politica ambientale della giunta Illy. Ieri, nel corso di una manifestazione che si è svolta sotto le colonne del palazzo del Consiglio regionale, la «Rete contro lo sviluppo insostenibile», che raccoglie comitati, associazioni, gruppi e singoli di tutto il Friuli Venezia Giulia, ha annunciato una serie di eventi che inizieranno oggi, per concludersi sabato prossimo. «Lo scopo – hanno spiegato i portavoce dei comitati – è quello di promuovere la difesa del territorio del Friuli Venezia Giulia, in concomitanza con il Forum Unesco-G8 in programma a Trieste».
L’iniziativa è stata ideata per protestare contro le scelte, definite “devastanti” sul piano ambientale, come la Tav, i rigassificatori e il cementificio di Torviscosa, compiute dall'amministrazione regionale guidata da Riccardo Illy e quelle locali operate dal sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza. Si comincerà oggi con una “Scampagnata No Tav”, che si svolgerà in Val Rosandra, area nella quale è previsto un traforo di decine di chilometri e contro il quale si sono già più volte pronunciati i residenti dei Comuni coinvolti, in particolare quello di San Dorligo della Valle. Per domani, nel pomeriggio, è previsto un happening dal titolo “Sviluppi imprevedibili”, che sarà organizzata alla Casa delle Culture di Ponziana, popolare rione di Trieste. L'11 maggio si terrà un’assemblea pubblica sul tema “Imprevedibili sviluppi contro lo sviluppo insostenibile”, nell'Aula Magna dell'Androna Baciocchi, sempre nel capoluogo regionale. Il 12 infine è stata indetta una manifestazione regionale a Trieste, in piazza Libertà, in concomitanza con il Forum G8. «Lottiamo soprattutto contro la politica di questa giunta regionale – ha affermato Carlo Visintini, della Casa delle Culture di Trieste – che tende a calare dall’alto qualsiasi decisione, senza mai preoccuparsi di coinvolgere la gente». Alderis Tibaldi, del Comitato Bassa friulana, ha definito «impraticabile il progetto della Tav in regione».
u. s.

 

 

«Caso cementificio, trasparenza utile a tutti. E’ l’assemblea che controlla la giunta e non viceversa» - Tesini a Illy: no alle censure al Consiglio

 

Sonego: aiutiamo i sindaci, serve uno sforzo di comunicazione. Molinaro: i primi cittadini si sono appiattiti politicamente sul centrosinistra

TRIESTE «Il Consiglio regionale si occupa di tutto ciò di cui ritiene opportuno occuparsi. Senza limiti. E senza possibilità di censura: è il Consiglio che controlla la giunta e non viceversa». Alessandro Tesini, mentre il «caso cementificio» non si placa, scende in campo. E difende, senza se e senza ma, i poteri del consiglio che presiede da più di quattro anni: poteri che il centrodestra, ai tempi di Riccardo Illy, vede in serio pericolo. Non basta. Il presidente del consiglio, nelle ore in cui l’opposizione deposita una mozione «concepita» per mettere a nudo le contraddizioni di Intesa democratica, si spinge oltre. E benedice il confronto trasparente in aula su un caso che, ormai, rischia di andare ben al di là di Torviscosa e di un impianto pur controverso: Illy non cede di un millimetro, i Verdi sono a un passo dalla rottura, Rifondazione non nasconde il malessere e Mauro Travanut neppure, mentre i sindaci (che, in gran parte, sono diessini o diellini) protestano e i comitati civici preparano nuove contestazioni di piazza.
IN GIUNTA Non a caso, pur difendendo il cementificio, Lodovico Sonego ne parla in giunta. Invocando uno sforzo di comunicazione e informazione in più: «È necessario mettere a disposizione dell’opinione pubblica e degli stessi sindaci - spiega, più tardi, l’assessore diessino - elementi oggettivi di conoscenza che consentano a ciascuno di maturare convincimenti tecnicamente fondati e non dettati da approcci emozionali privi di fondamento». Gli esempi, incalza Sonego, non mancano. L’ultimo è eclatante: «Si monta una polemica sul fatto che l’Arpa, definendo inattendibili i dati, segnala l’eccessiva vicinanza delle centraline al futuro cementificio. Ma la buona tecnica indica qual è la giusta distanza: perché mai, a Torviscosa, andrebbe ignorata? C’è dell’altro: i dati, nonostante l’eccessiva vicinanza delle centraline, sono comunque rassicuranti per la salute umana, in quanto lo sforamento riguarda la flora. Dunque, si fa tanto rumore per un glicine... Ecco perché dico che una corretta informazione è indispensabile».
IN CONSIGLIO Più o meno in contemporanea, dallo scranno di piazza Oberdan, Tesini «riceve» la mozione del centrodestra. E non si sottrae alle domande. Anzi, in un’indiretta risposta a Illy, rivendica al consiglio il diritto-dovere di occuparsi del cementificio, esercitando i compiti di indirizzo e controllo: «È sempre stato così e, a maggior ragione, lo è nella nuova forma di governo che tende alla semplificazione legislativa, alla delegificazione e, di conseguenza, alla valorizzazione delle funzioni di indirizzo e controllo del consiglio, ovviamente nel rispetto della distinzione dei ruoli con la giunta». Non c’è dubbio, insomma, sulla competenza di piazza Oberdan: «Ritengo che sulla procedura non ci sia alcunché da dire e sono convinto che nessuno abbia alcunché da dire».
LA REPLICA Illy, dopo aver invitato Travanut a fare il suo lavoro di consigliere e cioé le leggi, può non gradire? «Oggi come oggi fare le leggi è la competenza minore. Lo sanno tutti, lo dicono i costituzionalisti, ed è un bene che i consiglieri si rendano idonei al nuovo mestiere. Un mestiere - risponde il presidente diessino - che richiede competenza, attitudine e alto profilo». Ma Tesini va oltre, entra nel merito del «caso Torviscosa»: «Se mi posso permettere una considerazione da presidente del consiglio, ritengo che tutti abbiano da guadagnare da una forte trasparenza che fughi ogni eventuale dubbio e sospetto, consentendo la spiegazione di scelte che qualsiasi opinione pubblica, compresa quella dei territori coinvolti, è in grado di comprendere».
I SINDACI E che dire ai sindaci che accusano la Regione, con Gianfranco Pizzolitto e Paolo Dean, di scavalcarli? E denunciano, con Sergio Bolzonello e Sergio Cecotti, l’inutilità del Consiglio delle autonomie? Tesini, mentre l’opposizione con Roberto Molinaro accusa quei sindaci «di essersi appiattiti politicamente su Intesa democratica e perciò autodelegittimati», non si sottrae. Nemmeno stavolta: «Da tempo, e dappertutto, il rapporto con il Consiglio delle autonomie è tanto necessario quanto difficile. Ma in questa Regione, e i protagonisti se ne devono assumere la responsabilità, si è voluta l’intesa con la giunta. Non tutti erano d’accordo ma questa è la scelta che è stata fatta». E allora, posto che il regolamento si può rivedere e la struttura del Consiglio delle autonomie rafforzare «se qualcuno la ritiene debole», i sindaci non sbaglino bersaglio...

Roberta Giani

 

 
Cementificio - Travanut: «Mancano i dati per autorizzare l’impianto Mi appello al governatore»
 
TRIESTE Chiede l’«epifania della verità» sul cementificio di Torviscosa: «Può manifestarsi solo in quarta commissione con le audizioni pubbliche aperte a tutti i portatori di interessi». Al contempo, lette e rilette le carte, rilancia i dubbi sulla valutazione d’impatto ambientale: «Hanno concesso un parere positivo pur ammettendo di non avere tutti i dati necessari sulla qualità dell’aria. Come è possibile?». Subito dopo, lancia un appello a Riccardo Illy: «Il presidente della Regione è un uomo correttissimo. E quindi mi aspetto che, se c’è un solo fuscello fuori posto, ne prenda atto».
Mauro Travanut, il capogruppo regionale della Quercia, non vive ore facilissime. Il suo presidente l’ha bacchettato. La sua gente l’ha contestato. Eppure lui, il più votato del 2003, l’«hegeliano» che ama il pensiero filosofico, tiene dritta la barra. O, almeno, ci prova: non concede nulla a chi potrebbe strumentalizzare il «caso cementificio» - «La mozione Cdl? Leggermente in ritardo, direi... Chiede quello che noi chiediamo da tempo» - ma nemmeno arretra.
Anzi, con rinnovata energia, invoca e sollecita quelle audizioni «richieste già a fine marzo subito dopo il parere della commissione Via» ma, sinora, non ottenute: «Ne parlai con il presidente della quarta commissione, Uberto Fortuna Drossi, e le fissammo al 17 aprile. Ma l’assessore Gianfranco Moretton, quel giorno, era impegnato e quindi rinviammo l’appuntamento. Dopo di che l’ufficio di presidenza e la commissione stessa decisero di acquisire tutto il materiale necessario sul caso Torviscosa, prima di procedere, mentre Intesa democratica convenne di tenere un incontro tra commissari della quarta, capigruppo e assessore prima delle audizioni». Detto, fatto? Assolutamente no: «L’incontro dev’essere ancora fissato», come ammette il diessino. Travanut, però, non perde la fiducia e assicura che il doppio appuntamento, «come stabilito», «si terrà entro il 15 maggio».
Nel frattempo, dopo aver organizzato un mega-incontro con amministratori locali e segretari di partito della Bassa, il capogruppo della Quercia si rimette proprio a Illy. Al più tenace sostenitore del cementificio: «Mi fido della sua grande capacità di andare sino in fondo e di non chiudere gli occhi di fronte ad alcunché, men che meno a pareri rilasciati in assenza di dati indispensabili». Ma Travanut non dimentica nemmeno i sindaci della Bassa, un’area tradizionalmente «rossa», oggi in grande difficoltà: «In 24 hanno scritto una lettera sul cementificio e quindi devono essere ascoltati perché la politica, prima di tutto, è capacità di relazionarsi e dialogare».

 

 

Cementificio - la Cdl: il presidente riferisca in aula  - Presentata la mozione dell’opposizione che invita la maggioranza a un confronto pubblico

 

Gottardo: ci forniscano i documenti, ma prima di decidere

TRIESTE Chiedono che la commissione consiliare abbia «tutti i dati e i documenti dell’iter istruttorio e autorizzativo» e li valuti prima che la giunta deliberi sul cementificio. Chiedono, al contempo, che il presidente Riccardo Illy fornisca «tempestivamente» al consiglio, con «apposita comunicazione», «l’orientamento politico della sua giunta sulla realizzazione dell’impianto produttivo e sulla sua sostenibilità o meno nell’ambito delle azioni di sviluppo programmate per la Bassa friulana».
Isidoro Gottardo, Alessandra Guerra, Luca Ciriani e Roberto Molinaro, i quattro capigruppo dell’opposizione, non chiedono la luna. Piuttosto, presentando l’annunciata mozione che porta il «caso Torviscosa» dritto dritto nell’aula di piazza Oberdan, cavalcano (almeno ci provano) il disagio che trapela in maggioranza a fronte del decisionismo illyano. Costringendo Illy, la giunta e Intesa democratica a un confronto pubblico. Gottardo, poco dopo, lo evidenzia: «La pretesa di Illy e della giunta di mantenere estraneo il consiglio in merito alle scelte delle grandi opere che incidono in modo rilevante sull’assetto territoriale del Friuli Venezia Giulia è inaccettabile». Di più: «L’assenza di un adeguato e civile confronto esacerba gli animi dei cittadini preoccupati che, non sentendosi tutelati, non possono che protestare in piazza». Ed è per questo, incalza il forzista, «che il centrodestra chiede l’iscrizione della mozione all’ordine del giorno del prossimo consiglio del 29, 30 e 31 maggio, riservandosi nuove iniziative nel caso in cui la giunta assumesse nel frattempo decisioni tese a eludere le decisioni dell’aula».
Ma nella pagina e mezza della mozione, come sottolinea Molinaro, l’opposizione non si limita a condannare il metodo. Certo, non boccia il cementificio che gli industriali caldeggiano a gran voce, pur evidenziando i pareri contrari dei sindaci della Bassa, ma lamenta una procedura «quantomeno anomala». Rilevando i quattro punti di criticità segnalati dall’Arpa, e cioé il rischio di incidente, il rumore, l’inquinamento e il traffico, e segnalando sin d’ora il sì della commissione Via, «pur in presenza di un’istruttoria tecnica non favorevole».

 

 
«Energia, ridurre i costi per imprese e famiglie» - L'esecutivo ha dato il via libera al Piano energetico regionale: ok agli elettrodotti Pittini e Burgo
 
PORDENONE Ridurre i costi dell’energia sia per le utenze business (le imprese) che per quelle domestiche. Come? Favorendo un maggior dinamismo nel mercato dell’energia regionale, costruendo gli elettrodotti Pittini e Burgo e promuovendo gruppi d’acquisto dell’energia. È questo uno degli obiettivi del piano energetico regionale approvato ieri dalla giunta su proposta dell’assessore Lodovico Sonego.
Il Per punta – nel medio lungo termine – a garantire tutta l’energia necessaria alle famiglie e alle imprese e questo incrementando le fonti tradizionali (vedi elettrodotti), ma soprattutto quelle rinnovabili, così come già indicato nel decreto legge approvato sempre dalla giunta di recente. Il piano si prefigge inoltre di aumentare l’efficienza del sistema energetico del Friuli Venezia Giulia riducendo l'assorbimento per unità di servizio mediante l’incremento diffuso della innovazione tecnologica e gestionale e di ridurre l’impatto ambientale delle attività di produzione, trasporto, distribuzione e consumo di energia, nonché la sostenibilità ambientale e l’armonizzazione delle infrastrutture energetiche con il territorio.
Attenzione particolare è stata poi data alla promozione delle fonti alternative, con particolare riferimento alle centrali di biomasse che, insieme ad eolico e fotovoltaico, possono esprimere secondo la Regione le potenzialità ambientali del Friuli Venezia Giulia. Buone notizie dalla giunta arrivano anche per gli enti locali. Su proposta degli assessori alle autonomie locali, Franco Jacop, e alle Finanze, Michela Del Piero, la giunta ha rivisto i criteri per la definizione delle sanzioni da applicare agli Enti locali nel caso non venga rispettato il patto di stabilità interno stabilito dal decreto del presidente della Regione numero 91 del 28 marzo del 2006. La Regione, ha infatti ritenuto discriminante mantenere un sistema che nel caso di mancato conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno, prevede il blocco delle assunzioni di personale che comportino incrementi di spesa rispetto all’anno precedente ed frena il ricorso all’indebitamento per gli investimenti. In ambito di salute pubblica è stato deciso di estendere la profilassi contro gli effetti dei morsi delle zecche. Tutti i cittadini della Regione potranno vaccinarsi acquistando il farmaco ad un prezzo vantaggioso, pari al 25 per cento del prezzo della confezione. In ambito di agricoltura e ambiente, infine, è stata istituita la zona di protezione speciale dei Magredi di Pordenone: pari a circa 10 mila ettari di terreno contro i 22mila ipotizzati inizialmente dalla Regione.

 

 

Siccità: sì del governo allo stato d’emergenza  - Il ministro Bersani: «Pronti al piano anti blackout per recuperare 6600 megawatt di energia»

 

Nonostante le piogge di ieri gli esperti ritengono che non sarà possibile compensare il deficit idrico causato dalla siccità dei mesi invernali

ROMA Via libera da parte del governo allo stato d'emergenza per far fronte alla siccità: una misura ampiamente annunciata e richiesta dalle Regioni, che consentirà di predisporre tutti gli strumenti giuridici e operativi per approntare i piani d'intervento in caso di necessità. Ironia della sorte, la decisione del Consiglio dei ministri arriva proprio nel giorno in cui, dopo mesi di assenza, i temporali investono mezza Italia. Piogge che consentiranno sia al Po, il grande malato, sia agli altri fiumi e ai laghi del centro-Nord di avere un po’ d'ossigeno; ma che non potranno in ogni caso colmare il deficit idrico accumulato da settembre ad oggi. Ed è proprio sulla base di questa constatazione - confortata da mesi di analisi da parte dei tecnici - che il governo ha deciso di dichiarare lo stato di crisi. Una misura, dice il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio uscendo da palazzo Chigi, «cautelare» che darà alla presidenza del Consiglio «gli strumenti per affrontare le eventuali necessità». Si tratta di «un atto di prevenzione», conferma il sottosegretario alla presidenza Enrico Letta, sottolineando che il governo «metterà a punto tutti gli strumenti giuridici che daranno la possibilità di attivare ogni soluzione».
«C'è grande attenzione, ma non creiamo allarmismi - spiega il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro - quella dello stato di emergenza è una misura importante, che volevamo perchè ci consentirà di preparare» tutto quello che c'è da fare «per tempo, evitando poi di trovarsi in difficoltà».
Le misure sono state accolte positivamente dagli agricoltori - «faremo la nostra parte», dicono Cia e Coldiretti - e verranno definite in un'apposita ordinanza nei prossimi giorni dopo le valutazioni del dipartimento della Protezione civile sul reale apporto dato dalle piogge di questi giorni a fiumi e laghi. Serviranno soprattutto per l'agricoltura e l'energia: perchè sono questi i settori che potrebbero andare in sofferenza e perchè la priorità resta in ogni caso quella di garantire l'acqua potabile a tutti i cittadini. In sostanza, verranno costituite le cabine di regia a livello locale, che saranno coordinate da una cabina di regia nazionale. L'obiettivo è chiaro: individuare soluzioni condivise a tutti i soggetti interessati alla risorsa idrica. Perchè le polemiche potrebbero esplodere da un momento all'altro. E anzi, già affiorano: «Dal Po - accusa l'assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna Tiberio Rabboni - si prelevano ogni anno quasi 22 miliardi di metri cubi d'acqua, di cui solo 1,4 da parte nostra e il resto da Lombardia e Piemonte». Mi pare, aggiunge, «che non ci sia nulla che giustifichi questo squilibrio».
L'ordinanza consentirà anche di attribuire poteri speciali a presidenti delle regioni e prefetti «per gestire - dice De Castro - eventuali razionamenti». Che saranno comunque, aveva detto il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso al termine della riunione tecnica di lunedi scorso, «locali e isolati». Dal canto suo il ministro Bersani (Sviluppo economico), ha detto: «Niente allarmismi, stiamo attuando un piano». Nel Consiglio dei ministri che ha dichiarato lo stato di emergenza siccità, il ministro, di fronte ai rischi di blackout, assicura: «Stiamo mettendo in atto un piano che ci consente di stare in sicurezza». Bersani, durante il Consiglio dei ministri, ha distribuito, infatti, una nota informativa sulle «azioni che il ministero sta mettendo in atto in campo elettrico per recuperare i 6600 megawatt che occorre trovare, ipotizzando la situazione più acuta». Per «situazione più acuta» si intende un'estate con temperature record, come quella del 2003, con i consumi elettrici relativi ma soprattutto con la quantità d'acqua attuale. Questo quadro richiederebbe appunto di recuperare 6600 megawatt che servono non solo per soddisfare il fabbisogno giornaliero ma anche, si apprende in ambienti ministeriali, per mantenere un «adeguato margine di riserva».

 

 

Siccità - Bertolaso in Friuli: Protezione civile pronta a affrontare i casi di crisi

 

UDINE «Scongiurati nei prossimi mesi estivi i blackout di energia elettrica improvvisi e imprevisti, ma sono molto possibili i distacchi programmati». Parola del capo della Protezione civile nazionale Guido Bertolaso, intervenuto ieri a Udine a un seminario sul tema «Attività umane e sviluppo sostenibile», proposto agli studenti dalla facoltà di Economia dell’università friulana. «I distacchi – ha garantito Bertolaso – saranno attuati sulla base al piano del ministero dello Sviluppo economico, e sempre con un processo di informazione preventiva». Ieri, proprio mentre il Consiglio dei ministri adottava la dichiarazione sullo stato di emergenza siccità nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale, una pioggia benefica cadeva su ampie zone del Paese. «Mitigati gli effetti di una siccità perdurante che i previsori dicono verrà interrotta più volte nel corso di questo mese, ha commentato Bertolaso, aggiungendo che se maggio sarà bagnato, si riequilibrerà in qualche modo la situazione di giugno, che potrebbe essere la più difficile da gestire, anche se faremo in modo da garantire a tutti l’acqua potabile». «Assolutamente tempestiva» la dichiarazione d’emergenza del Cdm, secondo Bertolaso, che è soddisfatto del lavoro di squadra svolto con Regioni, Autorità di bacino, società Terna e ministeri competenti. «Ora disponiamo di tutti gli elementi necessari – ha commentato – per poter gestire quelle che possono essere le situazioni di difficoltà da affrontare nelle prossime settimane». Il provvedimento, ha sottolineato Bertolaso, «consente alla Protezione civile e ai ministeri interessati d’istituire una cabina di regia insieme a tutte le regioni coinvolte per valutare gli interventi da adottare».
Alla vigilia dell’anniversario del terremoto in Friuli, 6 maggio ‘76, agli studenti universitari incontrati nell’ambito di un seminario su «Etica ed economia» attivato dall’ateneo con l’Unione cristiana imprenditori e dirigenti, Bertolaso ha ricordato le tappe dell’evoluzione della Protezione civile italiana, che oggi conta 1 milione 200mila volontari in Italia e 10mila in regione.
Alberto Rochira

 

 

AcegasAps, varato il nuovo cda Dividendi: a Trieste 5 milioni  - L’assemblea approva il bilancio 2006. Paniccia presidente, Pillon ad. Caccia a un socio per il gas

 

TRIESTE AcegasAps rinnova il cda, conferma Massimo Paniccia alla presidenza, approva il bilancio 2006 e si proietta verso nuovi obiettivi. L’assemblea di ieri, che ha chiuso il primo triennio della multiservizi triestino-padovana, ha posto le basi per la gestione degli anni a venire.
Anche se le deleghe ai nuovi consiglieri saranno assegnate il 14 maggio, nella seduta del cda che esaminerà la relazione trimestrale, l’assise ha approvato a larghissima maggioranza i nomi proposti dai Comuni di Trieste e Padova e dai soci privati, accogliendo così la nomina di Cesare Pillon a nuovo amministratore delegato.
Del consiglio di amministrazione, che vede l’ingresso di nove nuovi componenti, oltre a Paniccia e Pillon fanno parte Giuseppe Contino (che però a breve dovrebbe essere sostituito da Massimo Malaguti), Adriano Del Prete, Massimiliano Fedriga, Franco Ferrarese, Aldo Fontana, Giuseppe Gomiero, Domenico Minasola, Manlio Romanelli, Giovanni Battista Ravidà, Fulvio Beltrame e Aldo Minucci. Gli ultimi tre sono espressione degli azionisti di minoranza (rispettivamente Fondazione CRTrieste, Fin.Opi e Assicurazioni Generali), mentre i primi dieci sono stati indicati dai due Comuni attraverso AcegasAps Holding.
L’assemblea ha anche rinnovato il collegio sindacale, eleggendo Luca Savino alla presidenza, affiancato da Francesco Giordano e Michele Nasti. Sindaci supplenti sono Franco Degrassi e Ruggero Pirolo.
Il risultato contabile del gruppo per il 2006, che i soci hanno approvato all’unanimità, presenta un utile di 17,7 milioni, in flessione del 2,9% rispetto al 2005, un margine operativo lordo di 88,3 milioni (-8,3%), e un risultato operativo netto di 44,3 milioni (-15,9%). Il fatturato è stato di 619,1 milioni, in crescita del 3,8% rispetto al 2005.
L’assemblea ha anche accolto la proposta del cda per la distribuzione di un dividendo di 0,30 euro. L’esborso complessivo sarà di 16,4 milioni, di cui quasi il 63% (pari a 10,3 milioni di euro) se lo divideranno in parti sostanzialmente uguali i Comuni di Trieste e Padova.
Introducendo la relazione al bilancio, che per il secondo anno è un bilancio integrato, Massimo Paniccia ha ricordato il ruolo trainante di AcegasAps nel Nord-Est, e sul tema sempre più attuale delle aggregazioni ha precisato che «la variabile dimensionale è al centro delle strategie di crescita, con un rinnovato impegno a favorire tutti gli accordi anche in una realtà frammentata come il Triveneto». Il presidente ha inoltre messo in luce la creazione della società NestEnergia per le energie alternative, la nascita di Naonis in relazione al termovalorizzatore di Pordenone, e lo sviluppo estero di AcegasAps con le iniziative per la metanizzazione di due aree in Bulgaria e in Serbia.
Piatto forte dell’assemblea è stata l’illustrazione del bilancio, che l’ad Francesco Giacomin ha svolto con dovizia di particolari, annunciando anche iniziative a breve. Fra queste, quella di maggior rilievo è la ricerca di un partner per l’attività di vendita nel settore gas.
La reddività del comparto, che si aggira attorno all’1%, ha indotto il cda a incaricare l’advisor Umb a verificare la possibilità di una partnership. «In questi giorni – ha spiegato Giacomin – l’advisor ha raggiunto le principali aziende italiane potenzialmente interessate. Con questa decisione si vuole significare che AcegasAps reagisce a una situazione di costrizioni a marginalità vicine allo zero nella vendita di gas, che però rappresenta 220 milioni di euro di ricavi, un terzo dei ricavi del gruppo».
Entrando nei dettagli del bilancio, Giacomin ha spiegato che la crescita dei ricavi è conseguenza dell’aumento dei prezzi di vendita, ma anche dell’ampliamento dell’operatività di Aps Sinergia. Nell’ultimo trimestre del 2006 i ricavi hanno però registrato un andamento negativo legato all’anomala situazione climatica. I ricavi netti presentano una sostanziale tenuta dei valori, con un leggero aumento per il gas e un incremento nel settore dei servizi.
Quanto al margine operativo lordo, la flessione dell’8,3% è la risultante delle revisioni delle tariffe del gas da parte dell’Autorità per l’energia (-1,1 milioni di euro), cui si aggiunge una perdita di 4 milioni per l’effetto combinato delle decisioni dell’Authority e delle vicende legate al contenzioso con le società di distribuzione e vendita. Ci sono poi da tenere in conto lo sfavorevole andamento della divisione ambiente a Trieste (-3,4 milioni) e i maggiori costi della struttura, mentre un valore positivo di 2,5 milioni arriva dalla divisione servizi in capo ad Aps Sinergia.
In tema di ambiente l’amministratore delegato ha tra l’altro aggiornato l’assemblea sulla vicenda del termovalorizzatore di Trieste, di cui due linee sono sotto sequestro. «La situazione fa ben sperare – ha affermato – per un ritorno alla piena attività entro questo mese. Al momento una linea è in funzione solo per il collaudo, la linea 1 opera a pieno ma non è in piena salute causa il sovralavoro, mentre per la linea 3 attendiamo le decisioni. Dall’inizio dell’anno – ha rilevato – tutto ciò ha causato una perdita di introiti per 3,6 milioni, pari a 80-85 mila euro al giorno».

Giuseppe Palladini

 

 
L’amministratore delegato uscente ribadisce anche l’interesse di AcegasAps per gli impianti di rigassificazione
 
Giacomin: «Il mercato chiede aggregazioni, segnali positivi nel Fvg e in tutto il Nord»
TRIESTE Approvato il bilancio, l’amministratore delegato Francesco Giacomin ha fatto un secondo consuntivo, più informale ma non meno ricco di contenuti, delineando problemi affrontati, iniziative avviate e scenari che AcegasAps si troverà a fronteggiare. Quasi un vademecum per il suo successore, Cesare Pillon, presente in sala.
«L’azienda sta bene – ha rilevato – ed è dentro un contesto che chiede aggregazioni, quasi un conto alla rovescia. Le elezioni di Verona e di Gorizia porteranno gli amministratori ad essere pienamente disponibili; una volontà positiva che avevano già dimostrato. Sono convinto – ha aggiunto – che le cose che ho sentito in questi giorni a Udine, a Venezia, a Vicenza siano tutte foriere di fatti positivi, così come non mancano interessi nei nostri confronti fuori regione, sia nell’asse del Nord sia in quello del Nord Adriatico».
Giacomin ha poi ribadito l’interesse di AcegasAps per uno dei rigassificatori progettati nel golfo di Trieste, non specificando quale: «Faccio voti affinchè diventi realtà. Sarà importantissimo sia per le prospettive di bilancio sia per le finalità aggregative».
Guardando ai primi tre anni dell’azienda, nata dalla fusione delle due ex municipalizzate, l’ad di AcegasAps ha parlato di «tentativo riuscito, ma non del tutto perfezionato, di portare le due aziende a essere una sola. Sono andato a rileggere le linee guida che tre anni fa spiegavano al mercato i benefici dell’integrazione. Lo scenario normativo - ha sottolineato – è totalmente cambiato, e ci ha in parte spiazzato: l’introduzione dell’in-house ha sottratto il settore idrico dal mercato aggregativo, il decreto «milleproroghe» ha stabilito certi termini per le gare del gas, e sopratttuto siamo rimasti impigliati nella singolare vicenda delle decisioni dell’Autorità del gas rispetto a un mercato con un importatore in situazione di monopolio».
Riferendosi all’attualità, Giacomin non ha mancato di soffermarsi sul sequestro di due delle tre linee del termovalorizzatore di Trieste: «Ci sono dentro questa vicenda anomalie che mi hanno sconcertato, come cittadino e come amministratore. Ho avuto modo di seguire, perchè richiesto da importanti cariche dello Stato, la vicenda dei rifiuti di Napoli: non so se viviamo in due Italie, divise sia per il modo di amministrare la cosa pubblica sia per il modo di amministrare la giustizia».
Guardando a questi tre anni di mandato, Giacomin si è quindi soffermato sui risultati interni all’azienda: «Abbiamo lavorato molto sull’integrazione. E’ stato fatto un buon lavoro sull’aspetto organizzativo: la squadra c’è, ci sono buoni potenziali».
Annotando poi come per le opere più importanti non basta il mandato di un consiglio di amministrazione, l’ad ha ricordato l’avvio di «un’avventura nei Balcani (Bulgaria e Serbia, ndr) nella distribuzione del gas, che potrebbe rafforzarsi e allargarsi all’ambiente. C’è un domanda enorme di ambiente, e noi abbiamo il know how che potremmo portare in quell’area».
Importanti infine le competenze di AcegasAps anche nel settore ambiente. «Dobbiamo crescere nello stoccaggio, nel trattamento e nello smaltimento – ha concluso l’ad –. Rimaniamo azienda leader negli impianti di smaltimento. Abbiamo già sviluppato rapporti con Pordenone e con Belluno; li possiamo sviluppare a Treviso, Udine e Vicenza».
gi. pa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 4 maggio 2007

 

 

Rigassificatori, oggi a Trieste comitati in assemblea

 

La Regione verso un sì con riserva, poi la delibera. I sindaci protestano: «Ambiente, la giunta Fvg ci ignora». Cementificio, così il no è diventato un ok

Saranno chiesti accertamenti sugli effetti del circuito di raffreddamento sull’ambiente marino e della movimentazione delle navi gasiere

Rigassificatori: oggi Moretton proporrà alla giunta Fvg un parere favorevole ma con nuove verifiche - Endesa e Gas Natural, la Regione dice sì con riserva

Sui progetti di Endesa e Gas Natural la Regione non darà un parere favorevole «tout court», ma esprimerà un sì condizionato e vincolato a tutta una serie di adempimenti successivi. Una sorta di promozione con riserva, insomma, dettata dall’esigenza di approfondire ancora alcuni essenziali aspetti, non chiariti in maniera sufficiente dalle integrazioni presentate nei mesi scorsi dalle due società spagnole.
È la linea che l’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, esporrà questa mattina ai colleghi di giunta e che, in caso di via libera da parte dell’esecutivo, verrà successivamente tradotta in una delibera formale. L’impostazione è stata però anticipata ieri pomeriggio nel direttivo della Margherita, dedicato alle due spinose questioni ambientali che interessano in questo momento il territorio del Friuli Venezia Giulia: i rigassificatori nel golfo di Trieste, appunto, e il cementificio di Torviscosa.
Ai colleghi di partito Moretton ha evidenziato le lacune contenute nelle documentazioni di Endesa, intenzionata a realizzare un impianto off-shore, e Gas Natural, interessata a realizzare il proprio rigassificatore nell’area ex Esso. Lacune che la giunta ritiene di non poter ignorare. Di qui la decisione di vincolare il parere favorevole ad una serie di prescrizioni, assegnando poi ad Azienda sanitaria, Arpa, Ministero e Direzione regionale per l’Ambiente e i lavori pubblici il compito di verificare l’esaustività dei chiarimenti richiesti.
Dalle società spagnole la Regione si aspetta, per esempio, di saper con maggior precisione quali effetti produrrà sull’ambiente marino del golfo il circuito di raffreddamento delle acque e l’immissione di cloro, o di altre sostanze, necessarie per la pulizia delle tubature. E poi, nel caso specifico di Gas Natural, che conseguenze avrà la movimentazione delle navi gasiere e quanto inciderà il fenomeno del sollevamento dei fanghi prodotto dagli stessi lavori di costruzione dell’impianto a terra.
«L’obbiettivo, in pratica, è quello di ottenere «a valle» gli elementi necessari per la valutazione di impatto ambientale che non sono arrivati «a monte» - spiega il presidente regionale della Margherita Cristiano Degano -. I chiarimenti che non sono stati presentati finora, dovranno pervenire in futuro e condizioneranno le autorizzazioni successive».
Ma perchè si è scelto di dare ugualmente parere favorevole, seppur condizionato, in presenza di tanti punti critici nelle documentazioni relative ai due progetti? «Perchè si sono tenuti in considerazione i benefici di carattere economico e le positive ricadute sul territorio prodotte da questo tipo di attività - chiarisce ancora Degano -. La linea, sulla quale dovrà esprimersi oggi la giunta, è in sostanza quella che vincola gli aspetti positivi legati alla presenza dei rigassificatori al superamento delle criticità rimaste in piedi finora, prevedendo anche un controllo da parte di soggetti come Azienda sanitaria e Arpa. L’assessorato all’Ambiente è arrivato alle stesse conclusioni che, come Margherita, avevamo già espresso a livello provinciale. In passato infatti - conclude Degano - avevamo evidenziato l’assenza nelle «carte» di alcuni elementi tecnici essenziali per valutare l’impatto ambientale dei progetti. Ora, con le nuove prescrizioni fissate, quelle carenze potranno essere colmate e il giudizio finale sarà quindi più esaustivo».

Maddalena Rebecca

 

 

Oggi assemblea dei Comitati contro il Gnl  - Alle 17 gli esponenti del fronte del no si riuniranno nell’aula magna del liceo Oberdan

 

Arriveranno a Trieste da Muggia, Duino, Monfalcone e Grado ambientalisti e cittadini contrari agli impianti

«La sicurezza e la salute dei cittadini vengono sacrificate in nome del business e degli interessi di pochi. Ormai i politici danno retta solo agli industriali, e la gente non conta assolutamente più nulla». È lo sfogo degli esponenti dei Comitati contrari alla realizzazione dei rigassificatori nel golfo che oggi si riuniranno a Trieste per gridare tutta la loro rabbia contro la decisione della Regione di dare parere favorevole ad entrambi i progetti proposti, quello dell’impianto a terra nell’area ex Esso, targato Gas Natural, e quello off-shore portato avanti da Endesa.
L’assemblea, in programma alle 17 nell’aula magna del liceo Oberdan, richiamerà decine di ambientalisti, provenienti un po’ da tutti i comuni costieri coinvolti nella battaglia contro il Gnl: da Muggia a Duino, da Monfalcone fino a Grado. Obbiettivo, ribadire i rischi legati alla presenza di simili impianti in un territorio particolare come quello di Trieste e, soprattutto, denunciare le responsabilità della politica. «Non c’è nessun elemento tecnico o scientifico che giustifichi la scelta dell’esecutivo regionale di dare parere positivo ai due rigassificatori - afferma con decisione Giorgio Jercog, esponente del Comitato Monte d’Oro -. Le integrazioni fornite da Gas Natural ed Endesa, infatti, non hanno aggiunto novità significative alle documentazioni iniziali. Le lacune che esistevano prima non sono state colmate e le perplessità permangono tuttora. È evidente quindi che a spingere la giunta ad agire in questo modo può essere stata solo un’imposizione dall’alto. Qualcuno, insomma, ha già deciso che l’iter dei rigassificatori deve andare avanti, anche se Comuni e circoscrizioni hanno espresso pareri negativi. Dietro a questo disegno - continua Jercog - c’è solo il profitto, per ottenere il quale si è disposti a barattare la salute della gente. Le uniche ragioni che vengono ascoltate, ormai, sono quelle degli speculatori, che spingono sui rigassificatori nella speranza di poter poi costruire centrali elettriche grazie alle quali produrre e vendere energia all’estero. I cittadini però cominciano ad essere esaperati e le tensioni iniziano a crescere. Non vorrei quindi che la situazione precipitasse, magari in occasione della manifestazione organizzata a margine della vicina riunione del G8».
Chiama in causa anche le responsabilità degli enti locali Georgina Ortiz, esponente del Comitato No Terminal di Monfalcone. «Non ci si può lamentare, come fa invece qualche amministratore locale, del fatto che Endesa e Gas Natural non abbiano adeguatamenete informato i cittadini sui rischi legati ai loro progetti. È ovvio che le aziende non renderanno mai noti i punti deboli delle loro iniziative. Toccava alle istituzioni attivarsi per spiegare tutti gli effetti negativi dell’attività dei rigassificatori. Invece - conclude Ortiz - gli enti locali retti dal centrosinistra, come la Provincia di Trieste, hanno preferito non sollevare la questione, obbedendo così alle istruzioni impartite da Riccardo Illy».
«Il problema rigassificatori va affrontato anche in prospettiva - aggiunge il docente emerito Giacomo Costa, che oggi interverrà all’assemblea dei Comitati -. Dobbiamo pensare al futuro di Trieste e l’unico modo corretto per farlo è dare avvio solo ai progetti che il territorio effettivamente può sopportare e che la gente è in grado di capire. E i rigassificatori non rientrano in questa categoria».
m.r.

 

 
Partiti divisi sull’ipotesi dei Verdi di lanciare un referendum popolare - Ds contrari, An possibilista
 
L’ipotesi del referedum sui rigassificatori divide il mondo politico. D’accordo con l’idea lanciata dai Verdi il consigliere regionale autonomista Roberto De Gioia. «Di fronte a questioni delicate come queste è doveroso coinvolgere i cittadini. Personalmente sono contrario ai due progetti, ma riconosco l’importanza di dare in ogni caso voce alla popolazione».
Di avviso opposto il segretario regionale dei Ds, Fabio Omero: «La città di Venezia in questo campo ha fatto scuola. Lì il referendum indetto dal sindaco Cacciari sul polo chimico di Marghera si è rivelato alla fine inutile, perchè è stato stabilito che industria ed energia sono materie di competenza nazionale. Si metta quindi il cuore in pace chi, come alcuni esponenti della sinistra radicale, vorrebbe farsi la campagna elettorale giocando su slogan catastrofistici e sulle paure della gente».
Sposta il discoscorso sulla necessità di far conoscere ai cittadini anhce le ricadute positive dei progetti, infine, l’esponente di An Sergio Dressi. «Va spiegato alle persone che un rigassificatore moderno e tecnologico non comporta rischi nè per l’ambiente nè per la salute umana e, al contrario, produce benefici sia alla collettività, grazie alle royalty che possono essere reivestite per opere di pubblica utilità, sia ai singoli che beneficiano di sconti sul prezzo del gas».

 

 
Rigassificatore di Zaule: maxi-dossier sul progetto ma i dubbi sulla sicurezza e l’ambiente rimangono
 
La documentazione di Gas Natural. I problemi: raffreddamento e inquinamento delle acque e le garanzie in caso di incidenti
Lo scarico all’interno del Vallone sarebbe giustificato col fatto che il sito è già compromesso. Ma le acque pian piano si mescolano
Le ultime dichiarazioni dell’assessore regionale all’Ambiente Gianfranco Moretton sui progetti per gli impianti di rigassificazione (di cui discuterà oggi la giunta regionale) hanno riaperto il dibattito sulla controversa questione. Ospitiamo di seguito un approfondimento del geologo Livio Sirovich sul progetto della società Gas Natural nell’area ex Esso.
Sì o no al rigassificatore a Zaule? Un vero dilemma, anche per la stessa mole degli studi ambientali. Si tratta infatti di una documentazione letteralmente sterminata. Ad esempio, quella integrativa fornita dalla Medea Engineering - la società cui la spagnola GasNatural si è affidata per inserirsi in Italia - ammonta ad una novantina fra relazioni ed allegati. Alcuni hanno centinaia di pagine e sono scritti in inglese e spagnolo (per semplicità, indicherò in parentesi solo il rispettivo numero di cartella elettronica).
Uno dei punti controversi è il raffreddamento-clorazione delle acque, perché la Baia di Zaule è già assai inquinata ed ha poco ricambio con l'Adriatico. Nella prima tornata di documenti il consulente spagnolo Alatec aveva scritto (in inglese) che «l'acqua fredda di scarico rimane nel bacino con il risultato di una sua generale diminuzione di temperatura (...) Ciò non sarebbe accettabile per l'operatività dell'impianto, perché si realizzerebbe un ricircolo di acqua progressivamente sempre più fredda. (...) In ogni caso, se lo scarico deve venire situato nella Baia di Muggia, dovrà venire spostato più in mare aperto»; conclusione che rischiava di far sfumare un affare colossale. Ma poi lo Studio di impatto ambientale aveva minimizzato queste apprensioni, ed il riassunto divulgativo distribuito ai politici le aveva quasi cancellate.
Nuovi dati di temperatura
Per la seconda tornata di studi, è stato chiamato un nuovo consulente: il DHI, un rinomato istituto internazionale. Un impianto del genere - spiega ora DHI - deve scaricare le acque fredde per semplice caduta, attraverso una condotta di un metro e mezzo di diametro e, per motivi tecnici, è necessario che lo scarico avvenga vicino all'impianto, ossia dentro la baia. Se invece si volesse uscirne, "un'estensione della condotta di scarico comporterebbe una perdita di carico che obbligherebbe ad elevare l'altezza del Terminale a valori inammissibili, o ad utilizzare diametri delle condotte poco economici. Un prolungamento delle condotte di scarico sottomarine fuori dalla Baia di Muggia comporterebbe inoltre interferenze importanti nella navigazione" (a causa delle dimensioni della condotta (115, 1-01).
Le condizioni più sfavorevoli, che avevano preoccupato il consulente precedente, erano quelle invernali in cui notoriamente, anche a causa della bora, capita che tutta la baia si raffreddi e sul fondo si raggiungano anche i 6 gradi (l'impianto deve sempre attingere acqua con più di 7 gradi e la restituisce con 5 gradi di meno). Fatto sta che, per i suoi calcoli in condizioni invernali, il nuovo consulente spagnolo è partito da un profilo di temperatura per la baia, che dice di aver tratto da un articolo scientifico dell'OGS (publicadas par el OGS de Trieste); e lo presenta. È profondo 50 metri (la baia non arriva a 20), ha 9 gradi abbondanti in superficie ed addirittura 11 e mezzo sul fondo; condizione ideale per avere un naturale rimescolamento delle acque. Conclusioni di DHI: non esiste nessun problema. Ma l'istituto premette una frase assai significativa per chi è del mestiere: «Todas ellas están intimamente relacionadas con los datos e hipótesis de partida que se indican en el epigrafe 2.1» . Ovvero: non ci sono problemi, ma solo se il profilo di temperatura (che sta proprio nel paragrafo 2.1) è valido. E purtroppo l'OGS ha smentito nel modo più netto di aver mai fornito a chicchessia misure simili di temperatura per la Baia di Zaule.
In realtà, quei dati di temperatura sono stati copiati dal sito dell'OGS http://doga.ogs.trieste.it/medar/climatologies/DJ1/temp_dj1_inv.htm ; ma si tratta solo di un profilo rappresentativo di condizioni invernali medie in Adriatico da Ancona in sù.
Non basta. Medea Engineering fa accompagnare la relazione DHI da una "traduzione accorciata" in italiano, che risulta completamente anonima. Sulla copertina figura infatti un logo ripulito dalle scritte identificative, e non compare il nome dell'autore. Dalle conclusioni contenute in questi veri e propri pezzi di carta , la frase che limitava la portata delle conclusioni ottimistiche di DHI è sparita ed anzi le nuove conclusioni rassicuranti sono divenute assolute (ed anche più estese che nell'originale spagnolo).
Ma perché i proponenti rischierebbero di fare il proprio danno scegliendo un luogo dove d'inverno l'impianto rischierebbe di non poter funzionare?
Probabilmente, perché adesso il punto fondamentale è superare lo scoglio dell'approvazione del sito. Poi, una soluzione si troverà. Ad esempio, sarà più facile far accettare i dragaggi degli inquinatissimi fanghi del fondo baia, necessari per posare la tubazione di scarico fin oltre le dighe.
La Medea Engineering si spinge a giustificare l'ubicazione dello scarico dentro la baia anche con questo ragionamento ecologico: "l'alternativa che fin dal principio era stata scartata era quella che prevedeva l'ubicazione dello scarico al di fuori delle dighe foranee (perchè) il posizionamento dello scarico al di fuori delle dighe foranee è quello che presenta il maggior impatto poichè si inserisce su un ambiente naturale di maggior pregio ecologico, rispetto al contesto portuale interno (…)In conclusione dunque si è ritenuto più opportuno inserire lo scarico delle acque dell'impianto in un contesto abituato agli stress antropici, dove è già vigente un divieto di pesca e balneazione, piuttosto che in un area di maggiore valore ecologico" (115).
È una conclusione "ambientale" sorprendente, per due motivi. Primo, perché nei tempi lunghi il nuovo inquinamento finirà comunque nell'Adriatico; e secondo perché da uno studio di impatto ambientale non ci saremmo aspettati una semplice giustificazione della scelta di peggiorare la situazione della baia.
Un attacco terroristico
Molti avevano protestato perché nello studio di impatto ambientale non erano state valutate le conseguenze di un attacco terroristico.
La documentazione integrativa di Medea Engineering ora annuncia che, oltre al serbatoio metallico, è previsto un «contenitore secondario in calcestruzzo pre-compresso dimensionato per contenere, indipendentemente da quello primario in acciaio criogenico, l'intero volume di GNL stoccato, ma anche - scrive la società - per resistere all'impatto di missili e/o altri oggetti volanti, ad esempio un piccolo aereo da turismo» e, due righe più sotto: «Nella fattispecie, ad esempio, già in fase di progettazione preliminare il contenitore esterno è stato dimensionato per resistere ad eventi incidentali esterni quali:
- l'impatto di un oggetto volante con massa pari a 110 Kg, velocità pari a 160 km/h e direzione ortogonale.
- l'esplosione esterna con sovrappressione pari a 0,15 bar sulla parete del serbatoio.» (106).
Come se un aereo pesasse un quintale e la carica anche solo di una granata anticarro esercitasse la pressione di 150 grammi per centimetro quadrato (la leggera pressione di un dito: 0.15 bar appunto). Il testo è scritto in modo suggestivo, perché cita il terrorismo, ma quelli indicati sono normali parametri di progetto, fatti per prevenire le conseguenze di normali incidenti. In altre parole, nonostante la frase che promette sicurezza dal terrorismo, questi documenti non affrontano la questione.
Livio Sirovich - (geologo dell'Osservatorio Geofisico Sperimentale)

 

 
Duecento chili di cloro al giorno in una baia bassa e stretta - Un impianto movimenta 20-40 mila metri cubi all’ora di acque trattate: servono analisi dettagliate
 
Le prime valutazioni di impatto ambientale sui trattamenti antivegetativi richiesti per il funzionamento del rigassificatore, presentate dai tecnici di GasNatural, dichiaravano impatti trascurabili sulle acque della Baia di Muggia, sostenendo che sarebbe stato applicato una specie di ciclo chiuso: il cloro richiesto per eliminare alghe e microorganismi dagli impianti verrebbe prelevato dal mare ed al mare sarebbe restituito nelle concentrazioni ammesse per legge. Ma ai non digiuni di chimica è subito balzato agli occhi che, in realtà, quel ciclo comportava un trattamento del sale marino e la conseguente immissione nella baia di quantità di cloro reattivo (un paio di quintali al giorno), dannose per gli organismi acquatici. Nelle attuali integrazioni, si ammette che, per evitare questi problemi, è anche necessario un trattamento di rimozione del cloro reattivo, da effettuarsi con bisolfito di sodio. In questo modo, oltre al cloro residuo, si immetterebbero di media nella baia circa cinque quintali di solfati al giorno (ritenuti innocui) e un quintale di sodio.
Tutta la trattazione di questo processo migliorativo, significativa negli intenti, è trattata, purtroppo, in maniera approssimativa e in alcuni punti addirittura scorretta. Basti dire, ad esempio, che le formule esposte finirebbero per ipotizzare una consistente immissione di soda caustica nel golfo; fatto che dovrebbe preoccupare, ma che probabilmente non è richiesto dal ciclo industriale. Nè, stranamente, si fa cenno a possibili risvolti - addirittura positivi - che la neutralizzazione del cloro potrebbe avere sul controllo dell'inquinamento preesistente del fondale marino, in particolare per quel che riguarda i metalli pesanti.
Alcuni composti derivati dal bisolfito (solfuri o solfati) potrebbero infatti legarsi ai metalli tossici, impedendo in parte il loro arrivo, attraverso il pesce, sulle nostre tavole. Lo studio dell'impatto ambientale di un rigassificatore, che scaricherebbe nel golfo dai 20 ai 40 mila metri cubi all'ora di acque trattate, movimentando quantitativi così rilevanti di sostanze chimiche, richiede attenzione e valutazioni credibili anche dal punto di vista ambientale. Il che, purtroppo, non si è ancora realizzato.
Pierluigi Barbieri - (ricercatore, docente di Valutazione del rischio chimico, corso di laurea in Scienze ambientali, Università di Trieste)

 

 
Trascurato l’Ateneo di Trieste per un parere sopra le parti
 
Viene detto molto spesso che la costruzione del rigassificatore costituisce l'occasione imperdibile per bonificare il sottosuolo delle aree ex-Esso e discarica di Via Errera (colpevolmente abbandonate in condizioni di terribile inquinamento).
Le integrazioni di GasNatural riportano analisi del 2004, che segnalano la presenza di valori decisamente abnormi di antimonio, arsenico, cobalto ecc.; il cromo totale supera i limiti di legge di 164 volte; 3840 volte gli idrocarburi totali; 1326 il manganese, 290 il nichel, 84 il piombo. I risultati peggiori provengono dal prelievo P9 (Documento 102).
A questo proposito, hanno scritto congiuntamente il 12 gennaio scorso i Gruppi «Ambiente e Territorio» e «Sviluppo economico» di un partito della maggioranza regionale: «In merito all'asserita bonifica totale del Sito inquinato di interesse nazionale dell'ex Esso-via Errera, in via preventiva rispetto alla realizzazione dell'impianto di rigassificazione, è da rilevare che solo una parte ridotta di tale Sito rientrerebbe nell'area di pertinenza del rigassificatore, venendo quindi risanata, mentre tutto il resto della zona rimarrebbe, con tutta probabilità, nelle condizioni attuali».
Le integrazioni di GasNatural lo confermano, e resterebbe fuori anche l'area del citato prelievo P9.
In Regione avrebbero potuto utilizzare valutatori di propria fiducia, indipendenti dalle società che propongono i rigassificatori, integrando il proprio staff con le competenze specialistiche che solo gli enti scientifici triestini, ed eventualmente qualche consulente esterno, potevano offrire.
Allora sì che non avremmo sentito alcuni nostri amministratori ripetere le storie del «ciclo chiuso del cloro» o della Baia di Tokyo, dove tutto fila liscio con cinque rigassificatori.
È vero che in quella baia vi sono cinque impianti, ma vanno osservati alcuni punti: 1) per motivi di sicurezza costruiscono depositi interrati; 2) raffreddamento e clorazione sono meno critici perché, grazie alle correnti oceaniche, il ricambio di tutto il volume d'acqua della Baia giapponese avviene in circa 8 giorni d'estate e 12-16 d'inverno, a seconda dei monsoni. E il Pacifico ha una capacità di assorbimento «leggermente» superiore al nostro Golfo. (Solo a titolo di esempio: Hirofumi e Hinata, 2004, sulla rivista Ocean Dynamics; Fujiwara e Yamada, 2002, sul Journal of Geophysical Research).
La Trieste scientifica conosce queste riviste, anche perché vi collabora. Per quale motivo la si finanzia, se poi non la si usa?
l.s.

 

 

Anche a Veglia ci sarà un rigassificatore  - Il viceministro dell’Economia croato, Tomcic: «A breve la lettera di intenti per la costruzione»

 

Individuata a Castelmuschio la zona ideale dove far sorgere il terminal metanifero, che garantirebbe diecimila posti di lavoro in più

VEGLIA Gli esperti la loro scelta l’ hanno già fatta: Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia, rappresenta il sito ideale dove far sorgere il nuovo rigassificatore, impianto definito d’importanza strategica per le sorti energetiche della Croazia e di quest’area d’Europa. Si profila dunque una concentrazione di terminal metaniferi nella zona dell’Alto Adriatico, alla luce dei progetti di costruzione oggetto di discussione sia a Trieste che pure a Capodistria.
La scelta di Castelmuschio – località ad una ventina di chilometri da Fiume – è stata ribadita al 22esimo Convegno internazionale dei produttori di gas, in corso di svolgimento ad Abbazia. Negli interventi avutisi nella Perla del Quarnero è stato rimarcato per l’ennesima volta che Veglia dispone già delle infrastrutture necessarie e dunque non servirebbero robusti investimenti in questo campo. «Nelle prossime due o tre settimane la Croazia firmerà la lettera d’intenti per la costruzione del terminal metanifero a Veglia – così ad Abbazia il viceministro dell’Economia croato, Zeljko Tomcic –, la speranza è che in questo lasso di tempo si riescano a fissare tutti i dettagli dell’accordo. Castelmuschio, come noto, rappresenta la località più adatta dove approntare un impianto Lng. E lo sostengono sia gli esperti croati che quelli internazionali. Non sono mancate altre proposte sull’ubicazione del rigassificatore, ma si tratta di giochetti politici e nulla più».
Molto chiaro pure Gorge Juraj Puhalovich, presidente della Intercontinental «Technology & Commerce», compagnia americana del ramo: «Castelmuschio, l’isola di Veglia e i dintorni dispongono del necessario, ossia scalo portuale, strade, ferrovia e aeroporto. Inoltre la profondità del mare è bastevole per l’attracco di grandi navi metaniere. Voglio inoltre ricordare che un rigassificatore – ha concluso Puhalovich – contribuisce direttamente ed indirettamente all’apertura di circa 10 mila posti di lavoro. Per l’isola e la regione quarnerina l’entrata in funzione del terminal rappresenterebbe un boom economico».
Secondo il dirigente statunitense, il rigassificatore trasformerebbe il porto di Fiume in un emporio d’eccezionale importanza per la regione altoadriatica e il resto del Paese. «Si potrebbero infatti aprire enormi impianti di refrigerazione dove sistemare prodotti alimentari per il mercato interno e per l’export. Con una movimentazione di soli quattro o cinque container al giorno, si possono avere utili fino a 100 milioni di dollari all’ anno».
Ad Abbazia è stato pure sottolineata la necessità di dare alla Croazia un’autonomia energetica che l’impianto vegliota potrebbe garantire. Fin qui tutto bene, ma è scontato che il progetto del rigassificatore incontrerà l’opposizione degli ecologisti quarnerini e istriani, i quali hanno già fatto sapere che non accetteranno un terminal che non fornisca le dovute garanzie in fatto di tutela dell’ambiente e della popolazione locale.
Va detto che il progetto del terminal metanifero non aveva incontrato da principio i favori delle autonomie locali e regionali, in quanto era stata data parecchia attenzione alle rimostranze degli ambientalisti. Ma poi, dopo le valutazioni degli esperti, c’è stato un cambio di opinioni che ha favorito il progetto del rigassificatore. Va detto che l’impianto costituirebbe pure un’ancora di salvezza per la cantieristica croata, perché permetterebbe la costruzione negli scali nazionali di metaniere.
Come già detto, gli ecologisti dell’area nord-adriatica sono sul piede di guerra per quanto riguarda il progetto: il timore è che, a Veglia, si concentri un alto numero di impianti dell’industria pesante. Ricordiamo che, sempre a Castelmuschio, opera da decenni una struttura petrolchimica, alla quale si aggiunge il locale porto petroli.
I timori sono dunque legati ad una futura accentuata circolazione nelle acque del golfo di Fiume sia di petroliere, che di metaniere. Intanto, è in fase di stallo il progetto denominato «Druzba Adria», che prevede l’arrivo al porto petroli di Castelmuschio - tramite oleodotto - di circa 15 milioni di tonnellate annue di greggio proveniente dalle regioni caspico-caucasiche, petrolio che sarebbe destinato ai mercati occidentali. «Druzba Adria» ha sin dall’inizio incontrato le critiche degli ambientalisti locali, delle municipalità quarnerine interessate e neanche le autorità statali croate hanno visto di buon occhio il progetto.
Tornando al citato Puhalovich, questi ha sottolineato che la Croazia dovrebbe esssere proprietaria di maggioranza del rigassificatore isolano e non solo del 25 per cento dello stesso, come annunciato in un primo momento. «Il terminal Lng è importantissimo per l’economia locale e statale e può essere considerato l’aorta del sistema energetico croato. Se il nostro paese vuole effettivamente avere una sovranità energetica e una maggiore influenza politica in questa area dell’Europa, allora deve avere anche la proprietà di maggioranza del terminal».
Nel contesto del progetto terminal, va inserito pure il piano che prevede la costruzione del secondo ponte che collegherebbe l’isola di Veglia alla terra ferma, dopo quello costruito nel 1980. La seconda struttura, per gli esperti, sorgerebbe a circa 800 metri a meridione dell’attuale ponte e, oltre al traffico stradale, sarebbe dotato pure di binari (i primi presenti sulle isole croate dell’Adriatico), che allaccerebbero la parte continentale del paese alla zona industriale di Castelmuschio. Il secondo ponte vegliota potrebbe diventare realtà in capo a 6-7 anni. La sua presenza sta per essere inserita anche nel piano regolatore della contea del Quarnero Gorski kotar. Tutto ciò, unitamente al progetto rigassificatore, sta ad indicare che Fiume si appresta a diventare il più importante polo industriale in Croazia.
Va ricordato che i diecimila posti di lavoro, annunciati in caso di entrata in funzione della struttura costituirebbero certamente un toccasana per la politica occupazionale nella regione che ha Fiume per capoluogo. In questo momento, infatti, i senza lavoro nella contea quarnerino-montana sono 16mila, cifra che diminuisce nel corso della stagione turistica, ma che poi tende inesorabilmente ad aumentare, non appena i vacanzieri se ne tornano a casa. Diecimila posti lavoro vengono dunque visti come un’ottima opportunità anche dalle forze politiche locali.
Andrea Marsanich

 

 

I sindaci: ignorati dalla Regione sull’ambiente  - Dean: consultati solo su funghi e tartufi. Cecotti e Bolzonello: Consiglio autonomie, ente inutile

 

Lo strappo fra i primi cittadini e l’amministrazione Fvg. Pizzolitto (Anci): non faremo un partito, ma nel 2008 indicheremo i nostri candidati

UDINE I sindaci si sentono «scavalcati». Rilevano la «frattura» tra Regione e sistema degli enti locali. Anticipano, con Gianfranco Pizzolitto, un appello al voto per i consiglieri regionali che cercheranno di risolvere la questione istituzionale. E, con chi in quel “parlamento” non ci va più da mesi, denunciano: «Il Consiglio delle Autonomie – dicono Sergio Cecotti e Sergio Bolzonello – è diventato un ente inutile». Il giorno dopo la presa di posizione del comitato esecutivo dell’Anci, quella che chiede a Riccardo Illy di «ricucire lo strappo Regione-Autonomie» i sindaci si compattano. «Stiamo assieme, altrimenti ci massacrano» riassume il vicepresidente dell’associazione dei Comuni Paolo Dean.
CONSIGLIO AUTONOMIE Sotto accusa, in particolare, la debolezza del Consiglio delle Autonomie, l’organismo che, troppo spesso, accusano i sindaci, «viene chiamato a discutere di funghi e tartufi». «Per volontà del Consiglio regionale non serve più a nulla», sentenzia a Udine Cecotti. E Bolzonello, il collega di Pordenone, sottoscrive: «Lo dico da un anno e, del resto, non ci vado più proprio per questo». Le colpe di questo svilimento istituzionale? «Di chi ha voluto depotenziare e di chi è stato depotenziato». Insomma, anche dei sindaci.
IL BLITZ La denuncia dell’Anci nasce da quello che i primi cittadini considerano il “blitz” sulla legge elettorale: l’emendamento per l’ineleggibilità. Ma, con Dean, non dimenticano la partita ambientale, che li tocca direttamente sul territorio. «E’ evidente – spiega il sindaco di Fiumicello – che occorre rivedere il rapporto fra istituzioni anche alla luce della protesta di Cervignano e di altre manifestazioni popolari, per ricomporre una concertazione tra livelli istituzionali che hanno ruoli e competenze diverse. Non possiamo essere lasciati soli nei percorsi che incidono sulla qualità della vita dei cittadini».
CORRETTORI DI BOZZE E invece, sempre più spesso, Dean vede che le amministrazioni comunali «vengono scavalcate», con la conseguenza, però, «che poi i cittadini se la prendono con noi, dato che siamo il loro principale punto di riferimento». Il Consiglio delle Autonomie? «Ci dovrebbero chiamare per compartecipare alle scelte fondamentali per il Friuli Venezia Giulia e invece, quando le cose contano davvero, le decisioni vengono prese altrove. Ma, se dobbiamo essere i correttori di bozze dell’attività legislativa del Consiglio regionale, meglio evitare di parlare di quella struttura come di un organismo strategico per il sistema degli enti locali».
APPELLO AL VOTO Può nascere il partito dei sindaci? No, questo no, assicura il presidente dell’Anci Pizzolitto. Ma i sindaci faranno comunque fronte comune: «L’Anci, associazione trasversale, non potrà suggerire il voto per una coalizione, ma certo potrà fare un appello perché venga premiato, al momento del rinnovo del Consiglio regionale, chi ha capito che oggi viviamo una situazione di rottura di rapporti tra Regione e Autonomie. E, dopo averlo capito, si è pure adoperato per ricucire lo strappo. In questi mesi vigileremo se, per esempio, qualcuno inserirà nel programma questo tipo di questione. Sia chiaro, per tutti, che siamo decisi a difenderci con le unghie».
DIALOGO Quanto al tema ambientale Pizzolitto invita al dialogo: «E’ servito nella sinistra Isonzo sul Corridoio 5, può servire per altre partite. Il cementificio? E’ un problema del territorio, giusto parlarne con la gente». La stessa considerazione che, dopo la riunione di gruppo di ieri pomeriggio, fa il capogruppo della Margherita in Consiglio regionale, Cristiano Degano: «Faremo un incontro con i nostri sindaci sul territorio e con i rappresentanti dei cittadini: discuteremo, ascolteremo, spiegheremo».
Ma, anche se la legislatura si sta concludendo e tirare dritto può creare contraccolpi, Degano non si discosta dalla posizione di Illy: «Se i progetti presentati sono in regola, non c’è motivo per bloccarli. Si proceda, insomma, dove è giusto procedere». I sindaci contestano ancora e non dimenticano il vulnus della legge elettorale? «Restiamo convinti di aver fatto bene, di essere rimasti nelle regole e nella logica. Disponibili, anche in questo caso, a spiegare».
Marco Ballico

 

 

Parere sul cementificio, così il no è diventato un sì  - Metz: spiegazioni poco convincenti, difficile pensare che la politica non sia intervenuta

 

Reso noto il verbale della commissione per la Valutazione d’impatto ambientale: su 15 parametri 12 erano risultati negativi

TRIESTE «Le spiegazioni tecniche non convincono. Difficile pensare che la politica non sia intervenuta». Alessandro Metz chiedeva da giorni all'assessore all'Ambiente Gianfranco Moretton il verbale dell’ok della commissione Via al progetto del cementificio di Torviscosa e, adesso che l’ha ottenuto, i suoi dubbi aumentano: «Da quanto si legge pare che il via libera del 28 marzo sia arrivato per mancanza di informazioni. Non proprio una spiegazione rassicurante per i cittadini di un’area già pesantemente inquinata».
INFORMAZIONI INCOMPLETE L’Arpa, si legge nel verbale che la commissione ha approvato mercoledì e che Moretton ha definitivamente vistato ieri pomeriggio, non rileva problematiche sulla qualità dell’aria per la protezione della salute umana. Nulla da dire, insomma, sul tema della salute. Così come su vari aspetti impattanti si ritiene possano essere risolutorie «opportune, dettagliate, prescrizioni».
IL PARERE Metz ne prende atto. Ma, sulla questione ambiente, non trova spiegazioni convincenti. L’istruttoria del 2 febbraio del servizio Via regionale, rileva il consigliere dei Verdi dopo aver letto il documento ora diventato pubblico – istruttoria che avrebbe dovuto essere valutata dalla commissione Via del 7 febbraio, saltata per mancanza del numero legale – presentava 12 considerazioni negative su 15 parametri presi in esame. In particolare, la valutazione del servizio Via boccia le componenti aria, rumore, fauna, salute, paesaggio e, in parte, pure flora e assetto territoriale. I 3 “positivo” si leggono solo riguardo alla prevista bonifica del cementificio, alla piantumazione e all’offerta di nuove opportunità occupazionali: il progetto del gruppo Grigolin ipotizza l’attivazione di 80-100 nuovi posti di lavoro.
LA SVOLTA Tanti, troppi “no”, osserva ancora Metz, diventati “sì” nella seduta della commissione del 28 marzo. Riferendosi all’istruttoria nel 2 febbraio, nel verbale reso disponibile ieri si legge che «i dati della qualità dell’aria esistenti nel sito rilevati dall’Arpa prospettavano un superamento dei limiti di legge fissati per la protezione degli ecosistemi e della vegetazione». Ma il 28 marzo Flavio Moimas, esperto tecnico dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente in materia di inquinamento atmosferico, spiega che le centraline di rilevamento dell’inquinamento dell’aria risultano “inidonee” per la loro ubicazione. «Una enorme stranezza – riassume Metz –: la mancanza di informazione causata dall’inidoneità delle centraline diventa l’unico motivo per cui la valutazione pesantemente negativa di febbraio si trasforma nel via libera di marzo. Ma l’assenza di dati non può certo essere alla base dell’approvazione di un progetto potenzialmente inquinante». E ancora, leggendo il verbale, il consigliere verde evidenzia come il visto della Commissione «tiene conto del progetto quasi fosse al di fuori del contesto, in una posizione ottimale, tutto il contrario di una realtà, quella di Torviscosa, in cui l’inquinamento è storia».
PRESSIONI Che cosa è insomma successo nelle settimane trascorse tra il primo stop e il successivo via libera? «Di certo ci sono elementi di forzatura del ragionamento. Evidentemente la politica ha deciso che il cementificio è indispensabile e accetta che la logica tecnica possa essere tirata al massimo. Nulla che rassicuri, però, né dal punto di vista dell’impatto ambientale né da quello della salute della gente della Bassa friulana». Materiale per un esposto alla magistratura, una carta che il comitato «No al cementificio» non ha escluso nei giorni scorsi? «Non compete a me – conclude Metz –, io agisco solo da un punto di vista politico. Immagino, tuttavia, che quel verbale verrà valutato attentamente secondo le competenze di ogni soggetto interessato alla vicenda».

 

 
Caso Torviscosa Slitta a oggi la mozione Cdl
 
TRIESTE «Problemi politici? Nessuno. Abbiamo già stilato la bozza, dobbiamo darle ancora un’occhiata, e poi siamo pronti». La mozione sul «caso cementificio», quella che il centrodestra s’è deciso a presentare, ancora non c’è. Ma Roberto Molinaro, il capogruppo dell’Udc, esclude difficoltà: «Stiamo semplicemente limando, correggendo, verificando. E, molto probabilmente, depositeremo la mozione già domani (oggi, ndr)». L’obiettivo principale? Costringere Riccardo Illy e la sua giunta a fare i conti con il consiglio regionale su un caso politicamente rilevante.

 

 

In seicento al G8 a Trieste sul progresso ecologico  - Il forum sarà aperto da Prodi: attesi esperti, studiosi e i rappresentanti di 22 governi di tutti i continenti

 

Alla Stazione Marittima dal 10 al 12 maggio il summit mondiale su educazione, innovazione e ricerca per lo sviluppo con il direttore dell’Unesco

TRIESTE Eccitante, importante, forse decisiva occasione di livello mondiale: questo sarà il Forum del G8 sui temi modernissimi e urgenti di Educazione, innovazione e ricerca che si terrà alla Stazione Marittima di Trieste dal 10 al 12 maggio, fra non pochi preoccupazioni per la sicurezza dei quasi 600 partecipanti fra cui vi sono 22 rappresentanti di governi di tutti i continenti, 11 esponenti di organizzazioni internazionali (Unesco in testa, poiché assieme al G8 organizza), 25 membri di università e centri di ricerca. In apertura il premier Romano Prodi e il direttore generale dell’Unesco Koichiro Matsuura.
Mentre sulla critica alle politiche di sviluppo sta confluendo l’imponente marcia di ben 22 comitati di protesta, ieri nella sede della Regione si è respirata l’aria di un piccolo trionfo durante l’affollatissima conferenza stampa di presentazione dell’evento. Nel cui cuore ci sono i 40 anni di lavoro del Centro internazionale di fisica teorica (Ictp), scuola di eccellenza per circa 100 mila ricercatori di 170 nazioni, che ancor oggi ospita circa 6000 scienziati ogni anno, vero diffusore di conoscenza e fattore di crescita per paesi che in certi casi dal terzo sono già passati al secondo o al primo mondo, come Cina, Sudafrica, Brasile, ormai partner dell’Ictp e non più allievi. Ma poi la Sissa, l’Icgb, l’Area di ricerca, tutta la scienza di Trieste immateriale ma ormai decisamente «globale».
Messi da parte cementifici e rigassificatori in golfo per molti «insostenibili», niente di più soddisfacente per l’assessore alla Ricerca e all’innovazione Roberto Cosolini che presentare un summit di così elevato e «sostenibile» tenore, che sembra premiare se non blandire il cuore della politica regionale intensamente virato proprio su innovazione e ricerca. Temi di assoluta attualità per l’intero pianeta, e dunque innegabile l’intenso piacere di poter raccontare che Trieste - solitamente incline a considerarsi priva o privata di tante cose - è stata espressamente scelta nel corso dell’ultimo G8 ufficiale di San Pietroburgo: «Città capitale mondiale su questi argomenti, con istituti scientifici di eccellenza, famosi e di grande credibilità - ha sottolineato Cosolini -, luogo da secoli pluriculturale e plurireligioso». Subito accolta la proposta del Governo e dell’Ictp: la fama di Trieste, si è lasciato intuire, è ora in questi capitoli di virtuale ma sostanziale eccellenza, densi di possibili sviluppi - e dunque pazienza, si potrebbe concludere, per le merci dell’Expo perduta.
Che cosa diranno questi governanti ed esperti, che «conoscenza» vogliono creare, scambiare e diffondere? I problemi sono seri: come usare ricerca scientifica e tecnologia per lo sviluppo e il benessere delle popolazioni, come salvaguardare nel contempo l’ambiente la cui salute è ormai già gravemente vacillante, come promuovere uno sviluppo non distruttivo ed elevare le condizioni di vita dei paesi in via di sviluppo trasferendo il miglior sapere. Essi rappresentano i due terzi della superficie del pianeta e l’80 per cento della popolazione mondiale, come ricorda il vicedirettore dell’Ictp, Claudio Tuniz.
Un lavoro pressante, pesante, «da giocoliere» si è detto, ha fatto per l’organizzazione del Forum Katepalli Sreenivasan, direttore dell’Itcp, che ieri ha tracciato il profilo dell’evento sottolineando come lo scopo sia di dare soprattutto aiuto ai paesi africani riunendo a un unico intento università, ricerca e industria, con particolare accento sui temi della salute e dell’energia. Dall’Africa - ha detto - verranno sei ministri. Scarsa la presenza dell’industria: si sarebbe voluto ascoltare Bill Gates...
«Questo Forum - ha spiegato Tuniz - è il punto di incontro tra settori che di solito non si parlano, e certo Trieste non lo avrebbe ospitato senza i suoi centri scientifici. L’Unesco da qui dirà come la conoscenza sia la chiave per sviluppare economia ma soprattutto libertà». Lo stesso Tuniz ha anticipato alcuni dati illuminanti: «Il Ruanda, teatro di così sanguinosa guerra civile, dedica adesso l’1,5 del suo Pil (come l’Italia) alla ricerca, e punta al 5 (livello Ue), il Pakistan su educazione e innovazione ormai insegna a noi, e la Cina è già impegnata in strategie di cooperazione ’’Sud-Sud’’ per cui sta per investire cinque miliardi di dollari in Africa». Dunque, temi di sfida, e sarà una sfida udirne lo svolgimento.

Gabriella Ziani

 

 

Nuove proteste in programma: dai no-Tav a Germinal 22 comitati e gruppi pronti a sfilare a Trieste

 

 La mobilitazione in occasione del G8: un corteo raggiungerà piazza Oberdan

TRIESTE Ci sono i ricercatori della Sissa e gli ecologisti, la sinistra critica a e i pacifisti in guerra con George Bush, i comunisti «dissidenti» e gli anarchici, i centri sociali e i Cobas. Eppoi, anzi soprattutto, ci sono i comitati di cittadini «comuni» che combattono chi il cementificio, chi il rigassificatore, chi la Tav, chi le casse di espansione sul Tagliamento e chi l’autostrada Carnia-Cadore, ma che contestano tutti la Regione. E le sue politiche (non solo) ambientali.
Sono già 22 i comitati, le associazioni, i gruppi, i movimenti che danno vita alla «rete regionale contro lo sviluppo insostenibile». E non mollano, anzi rilanciano: si preparano, dopo le manifestazioni di Torviscosa e Cervignano, a «marciare» su Trieste. Approfittando dei riflettori accesi sul «G8 Unesco» che, dal 10 al 12 riunirà premier, ministri, premi Nobel, vogliono portare il proprio dissenso sin sotto il palazzo del Consiglio regionale: e infatti organizzano, per il 12, un corteo cittadino, con meta piazza Oberdan. Ne parleranno oggi in una conferenza stampa. Ma, già alla vigilia, confermano una mobilitazione regionale in più giornate contro quello che Carlo Visintini, a nome della «rete», definisce «un modello di sviluppo basato unicamente sullo sfruttamento senza fine del territorio».
Dai no Tav di Porpetto e dell’Isontino a Carniainmovimento, dal comitato Aria nostra di Spilimbergo a quello per la salvaguardia del golfo di Trieste, da Ya Basta a Germinal, da Via le bombe a Sinistracritica, da Enosteria Ai popoli all’associazione A sud, gli aderenti della «rete» individuano sin d’ora i bersagli: le amministrazioni guidate da Riccardo Illy e Roberto Dipiazza che «si distinguono per il totale disinteresse nei confronti dei temi abientali e per la progressiva monetizzazione dei beni comuni in nome degli interessi di mercato».
La mobilitazione parte già sabato, con la scampagnata in Val Rosandra, contro la Tav. Prosegue domenica, in via Orlandini, a Ponziana, con un «happening» preparatorio in vista degli appuntamenti clou: l’assemblea pubblica dell’11 maggio e il corteo del 12 maggio. Entrambi in contemporanea con il «G8».

 

 
Wwf: Pian del Grisa non va bene - Segnalata la presenza di animali e una flora preziosa
 
«La collocazione degli insediamenti per i rom a Pian del Grisa appare quanto di più infelice si potesse immaginare, non soltanto dal punto di vista ambientale ma anche dal punto di vista sociale. Si tratta infatti di un'area del tutto isolata dall'abitato, lontana da tutti i servizi (scuole, negozi, ecc.), di difficile - e pericoloso - accesso (possibile unicamente dalla statale 202). Una vera e propria ’’ghettizzazione’’, tale da comportare lo sradicamento totale dei rom insediatisi a Trieste ormai da molti anni».
Nel dibattito, ormai senza respiro, suscitato dalla decisione del Comune di servirsi della zona boschiva di Pian del Grisa (classificata come 01, cioé campo per nomadi, dal piano regolatore varato nel ’97 dalla giunta Illy), interviene adesso anche il Wwf, con una chiarificazione di tipo naturalistico (e non solo) e dopo aver fatto un’ispezione all’area.
Nel documento, inviato al sindaco, all'assessore all'urbanistica, ai presidenti delle circoscrizioni Altipiano Est e Ovest, ai consiglieri comunali, il Wwf ricorda di essersi già pronunciato negativamente nel 1995 in sede di osservazioni alla variante 66 al piano regolatore, «in considerazione della valenza ambientale: si tratta infatti - dice la nota - di un'area inclusa all'interno di un vasto comprensorio interamente boscato, di elevato valore naturalistico, per la quale elementari ragioni di tutela omogenea del territorio imporrebbero di evitare qualsiasi insediamento e urbanizzazione».
Il Wwf precisa che l'area «è anche soggetta a vincolo paesaggistico, il che - ovviamente - fa risaltare ancor di più l'incongruità della attuale previsione urbanistica». Quanto agli aspetti naturalistici veri e propri, i circa 12.600 metri quadrati di Pian del Grisa «fanno parte del bosco Conti, impiantato ai tempi del governo austriaco e si presentano, come del resto l'intera zona omogenea ’’U2B’’ nella quale sono ’’incastonati’’ come bosco senescente a pino nero in corso di evoluzione verso la formazione della boscaglia carsica. Nel corso di un rapido sopralluogo nell'area - prosegue l’associazione -, effettuato con la consulenza delle Guardie ambientali volontarie del Wwf, si è potuto constatare come lo spazio venutosi via via a creare con la morte delle piante originarie venga rapidamente conquistato dalla tipica boscaglia carsica. Vi si trovano infatti carpino nero, orniello, ciliegio canino, sommaco, biancospino, roverella». Tutte piante sane, si osserva.
Oltre a esserci «notevoli fenomeni carsici di erosione superficiale quali doline/inghiottitoi e campi solcati», vivono a Pian del Grisa molti animali, che il Wwf elenca: «capriolo, probabilmente cinghiale, tasso, faina, volpe, riccio, scoiattolo; fra gli uccelli specie sia stanziali sia di passo, quali ghiandaia, gufo, assiolo, astore, poiana e sparviero, oltre che, indubbiamente, altre specie minori». Ma non basta, perché l’associazione naturalistica include nel patrimonio del bosco anche i rettili: tra i Sauri, il ramarro, e tra gli Ofidi la vipera e il biacco o carbone.
L’area, si ricorda, è inoltre adesso inserita nelle Zone a protezione speciale (Zps): «Appare evidente - scrive il Wwf - che l'insediamento di campi nomadi, al pari di qualsivoglia altro genere di urbanizzazione, comporterebbe l'inevitabile conseguenza di degradare e distruggere irreversibilmente l'area, dovrebbe essere abbattuta la maggior parte degli alberi, dovrebbe essere - verosimilmente - eliminato gran parte del sottobosco, per poi procedere al livellamento del terreno, allo scavo di trincee per la posa di acqua, elettricità e fognatura, quanto meno, alla ristrutturazione ed ampliamento della strada di accesso, con l'aggiunta altresì di una recinzione perimetrale, ecc.».
Ma nel bosco il Wwf ha notato anche aree trascurate, perimetrate, con quantità di ramaglie (che creano pericolo d’incendi), roulotte abbandonate: «terreni adibiti a uso ’’ricreativo’’ privato, con effetti negativi per il paesaggio carsico».
In conclusione, è evidente l’appello del Wwf: «Non ci si può esimere dal ribadire l'incongruità di una destinazione urbanistica quale quella prevista per l'insediamento di rom, per un'area la cui vocazione è ben diversa. Si raccomanda - scrive l’associazione al Comune - di provvedere quanto prima a un'opportuna revisione del vigente strumento urbanistico, che riclassifichi l'area quanto meno quale zona omogenea "U2B", al pari del comprensorio circostante».

 

 
Muggia: Acquario, 7 milioni per la bonifica - Il sindaco Nesladek ha illustrato ai cittadini le modalità e i costi degli interventi nell’area sul lungomare 
 
A Muggia speciali piante per ripulire il terrapieno inquinato
Il Comune di Muggia punta su una soluzione «naturale» dell’inquinamento del terrapieno di Acquario, sul lungomare, resistuendo entro tre anni l’area alla collettività, con un costo di 7 milioni di euro. Ne ha parlato ieri mattina in municipio il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ad un gruppo di cittadini che risiedono sul lungomare proprio davanti all’interramento e che negli anni hanno visto (e subìto) da vicino i lavori di imbonimento e da altrettanto tempo si trovano davanti a casa un’area recintata e inquinata. Il sindaco ha voluto tracciare dapprima una rapida cronistoria degli eventi, le cui ultime tappe sono la condanna in primo grado dei responsabili dell’inquinamento. Nel frattempo la Regione ha revocato la concessione preliminare dell’area (scaduta il 31 dicembre scorso), che ora è quindi nuovamente demaniale. La palla ora passa dunque al Comune. «Abbiamo già inviato lettere ai responsabili riconosciuti dal tribunale, avvisandoli che ogni spesa per la bonifica sarà addebitata a loro. La giustizia italiana però ha tre gradi di giudizio, e quindi non è ancora tutto stabilito», ha detto il sindaco.
La gente presente ieri in Comune, ha dimostrato la sua intolleranza nei confronti dell’interramento, esprimendo il desiderio di poter finalmente accedere a quel terrapieno, magari solo per passeggiare. Il sindaco ha aggiunto: «Da quando sono stato eletto, ho voluto prendere in mano la situazione, e restituire il terrapieno alla collettività». Sono stati fatti anche dei preventivi per diverse tipologie di bonifica. Uno smantellamento totale costerebbe sui 22 milioni di euro. Cementare il terrapieno, invece, 5 milioni. Per ripulire i terreni (con sistemi meccanici) si spenderebbero 15 milioni di euro. È allo studio invece una pulizia con metodi avveniristici e «naturali», grazie a delle piante che con lunghe radici assorbono e riportano in superficie (nel loro tronco) le sostanze inquinanti (e un analogo sistema anche nella parte sommersa, subito davanti al terrapieno). Costo stimato, dai 7 agli 8 milioni di euro, e realizzazione in tre anni, previa approvazione da parte del Ministero dell’ambiente. «Ancora prima di avere accesso all’area, abbiamo chiesto ad un gruppo di esperti dell’Università di studiare il sistema più economico e più efficace possibile per bonificare il terrapieno – così Nesladek -. Lo studio è già partito». La successiva bonifica potrebbe essere finanziata dalla Regione.
Sergio Rebelli

 

 
Radici di cinque metri assorbono e riciclano le sostanze inquinanti
 
MUGGIA È il «Vetiver zizanioides» la pianta che potrebbe essere usata (se non assieme ad altre) per la bonifica del sito di Acquario.
Una pianta con una radice che raggiunge anche i cinque metri, che ha la capacità di assorbire sostante inquinanti e persino metalli pesanti che vengono accumulati in foglie e rami, che possono essere poi asportati e stoccati in discariche appropriate. Su questo metodo, già analizzato e sperimentato in alcuni paesi del mondo, in primis in Australia, si basa lo studio svolto in questo periodo dall’Università di Trieste, su richiesta del Comune di Muggia. Il metodo è il cosiddetto phytoremediation (traducibile come fitorisanamento). Ed è in pratica, anche, una bonifica «in situ», meno impattante e anche meno costosa. Un sistema analogo viene usato anche nella bonifica di acqua inquinate e, per la sua caratteristica, lunga radice, il vetiver è usato anche per rinsaldare versanti franosi. Nello specifico muggesano, il vetiver potrebbe essere piantato su gran parte del terrapieno, lasciando libera solo la parte centrale, più inquinata, che il Comune pensa di coprire di cemento per farne un parcheggio. In questo modo, l’area sarebbe agibile fin da subito, come parcheggio, ma anche come luogo di studio dello sviluppo di queste piante «risananti».
s. re.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 3 maggio 2007

 

 

Rigassificatori, rivolta contro la Regione  - Ambientalisti e comitati convocano un incontro pubblico. Metz chiede un referendum

 

L’annuncio dato dall’assessore Moretton sui pareri favorevoli ai due impianti triestini infiamma nuovamente il dibattito

Il Comune di Muggia ribadisce il suo «no» La Provincia: vanno coinvolti i cittadini

L’assessore regionale Gianfranco Moretton ha annunciato che la giunta guidata da Riccardo Illy è pronta a dare parere positivo ai due rigassificatori proposti l’uno da Endesa l’altro da Gas Natural rispettivamente off-shore in mezzo al golfo e a terra, nella zona ex Esso. E così il dibattito si riaccende di botto. Il Verde Alessandro Metz, sottolineando come Illy non abbia sinora «minimamente coinvolto i cittadini», auspica che la Regione promuova un referendum. E le associazioni ambientaliste faranno il punto della situazione venerdì in un’assemblea pubblica.

Un referendum sui rigassificatori, dunque? Metz, componente lo scorso anno del comitato che lo propose al Comune vedendoselo bocciare in quanto argomento non di pertinenza dell’aula municipale, rilancia: sia adesso la Regione a organizzare quella consultazione popolare che peraltro «rimane uno dei metodi partecipativi democratici». Giacché se non lo facesse «la sua diventerebbe una posizione molto grave assunta su temi di forte impatto sul territorio. Nel programma elettorale di Intesa democratica quattro pagine sono dedicate al tema della partecipazione. Ma forse - graffia Metz - Illy intende una partecipazione alla De Coubertin...» Perché l’ok della Regione arriva «dopo che tutti i Comuni interessati a suo tempo avevano detto no agli impianti», ricorda Metz.
Mentre la questione apre un altro fronte del dibattito in corso dentro Intesa sulla politica ambientale regionale, ambientalisti e associazioni non attendono: Wwf, Legambiente e i Comitati Monte d’Oro e No Terminal organizzano per venerdì alle 17 al liceo Oberdan un incontro pubblico. È netto Lino Santoro, responsabile di Legambiente: «La Regione? Sono allibito. Ormai negli Usa gli impianti on shore, a terra iniziano a essere considerati non realizzabili, e per quelli off-shore si pensa a zone con fondali profondi e distanti dalla riva. Ho consultato molti documenti americani ufficiali che confermano il rischio notevole di questi impianti dal punto di vista della sicurezza e in caso di eventuali attacchi terroristici», aggiunge Santoro: «Nell’ambito di una procedura corretta, questi aspetti devono essere importanti».
Su un altro aspetto punta Dario Predonzan del Wwf: «Se il sì sarà confermato, sono curioso di vedere come la Regione avrà tenuto conto delle osservazioni che anche noi abbiamo presentato sui progetti e in particolare su quello di Gas Natural, nel quale c’erano affermazioni infondate». Esempi? «Il problema del sollevamento di fanghi inquinati dato dal passaggio delle navi. E poi lo studio sul raffreddamento delle acque: nei progetti si davano informazioni rassicuranti, ma erano basate su modelli di fondali da 50 metri che determinerebbero bacini di acqua vasti, come invece non sono i nostri dove i fondali sono di venti metri». La conclusione è dura: «Succede che la Regione si fa trascinare da ragioni non tecniche, non ambientali ma di altro genere e si fa fuorviare da altre questioni. Ma se il parere positivo sui rigassificatori fosse tecnicamente inadeguato, lo rimarcheremo al ministero. Del resto - chiude Predonzan - c’è il clamoroso precedente dell’ok all’alta velocità dato dalla giunta Illy nel 2004 e poi smentito da Roma per motivi ambientali».
Il dibattito, intanto, è anche politico. Sul tasto della necessità di informare al meglio la cittadinanza premono tanto la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat quanto il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, entrambi sorretti dal centrosinistra. La numero uno di palazzo Galatti premette che il sì in arrivo dalla Regione - dopo che le società hanno prodotto la documentazione integrativa richiesta sui progetti - lascia presupporre «che siano stati sciolti i nodi che permanevano». «Personalmente favorevole» ai rigassificatori, Bassa Poropat sottolinea come la Provincia guardi con favore «più che all’impianto di mare, a quello a terra, che peraltro consentirebbe la bonifica di un’area inquinata». E però «fin qui l’informazione pubblica è mancata: Gas Natural e Endesa hanno investito poco o nulla su questo aspetto, mentre in questo caso non si può assumere una scelta di tipo emotivo».
Per la presidente di Palazzo Galatti andrebbe «concertato un percorso di informazione a tappeto». E Nesladek ammonisce: «Temo le consultazioni fatte in fretta, anche le procedure di coinvolgimento della popolazione devono avere i loro tempi, senza fretta». Ad ogni modo, il sì della Regione «ci giunge di sorpresa, perché non abbiamo visto alcun tipo di ulteriori elementi di valutazione rispetto» a quelli sui quali mesi fa il Comune di Muggia ha detto no agli impianti, chiude il sindaco di Muggia.
Di fretta comunque non ce n’è. Quella cui la Regione si appresta a dare il via libera è la valutazione di impatto ambientale, su cui l’ultima parola spetterà al ministero dell’Ambiente. Si passerà poi alla consultazione con la vicina Slovenia prevista in casi simili dalla normativa europea. Infine l’eventuale autorizzazione agli impianti, per la quale si potrà organizzare una conferenza dei servizi che nel caso di Endesa sarà gestita da Roma, e in quello di Gas Natural dalla Regione.

Paola Bolis

 

 

Rifondazione, Verdi e comunisti all’attacco: «Decisione inaccettabile, salvate il golfo»

 

Le reazioni in piazza Oberdan: il forzista Gottardo contrario a Endesa, l’Udc Molinaro chiede garanzie

Gianfranco Moretton, con le sue anticipazioni sul doppio «sì» ai rigassificatori nel golfo, provoca la reazione della sinistra nel palazzo della Regione.
«Decisionismo inaccettabile», sintetizza il neosegretario del Pdci Stojan Spetic. «Non nel nostro golfo», aggiunge il collega dei Verdi Gianni Pizzati. E pure Giulio Lauri, segretario di Rc, ribadisce la contrarietà ai progetti: «Costi superiori ai benefici». Un coro di «no», insomma.
«Sui rigassificatori stiamo esagerando – sostiene Spetic ricordando anche l’impianto di Capodistria –. Manteniamo, pure dopo le anticipazioni di Moretton sul probabile via libera della giunta regionale, i dubbi sia di ordine sociale che sul fronte della sicurezza». Lo stop, in particolare al terminal off-shore, arriva anche dal segretario uscente del Pdci, Antonino Cuffaro: «Su quello siamo assolutamente contrari, sull’altro a terra attendiamo invece che gli accertamenti tecnici facciano chiarezza». L’annuncio del vicepresidente della giunta sul doppio via libera aumenta l’attrito politico? «Non credo – dice Pizzati –, non c’è nulla di nuovo nelle affermazioni di Moretton. Quella dei rigassificatori è una partita che rientra nel libro delle speranze. La realtà è che siamo inseriti nella valutazione generale nazionale che, fino a questo momento, non ha palesato la necessità urgente di rigassificatori. Mancano inoltre gli accordi internazionali con Slovenia e Crozia. Dopo di che ci vorrà il piano energetico nazionale e, in quell’ambito, la collocazione delle funzioni che può svolgere il Friuli Venezia Giulia. Nel merito, che la giunta Illy fosse d’accordo sull’utilità del gas è fatto noto. Così come è noto che anche il nostro partito concorda. Ma, per motivi ambientali, non vogliamo impianti del genere nel nostro golfo».
Lauri, infine, aspetta di conoscere i dettagli per valutare i sì della Regione: «Attendiamo di vedere su che cosa si basa il parere favorevole della giunta su una questione, comunque, fuori programma. Su quello che finora abbiamo visto, però, il nostro è un giudizio sicuramente negativo. La Regione, in ogni caso, non può non tener conto che il governo ha parlato di quattro rigassificatori e non di più e che altri progetti hanno un iter molto più avanzato».
Per quanto riguarda l’opposizione di centrodestra nel palazzo di piazza Oberdan «sono opere di interesse pubblico – dice Roberto Molinaro dell’Udc –, quello che noi chiediamo è che si provveda agli eventuali interventi di mitigazione di impatto ambientale per rassicurare le popolazioni». Isidoro Gottardo, di Fi, si dice invece contrario all’impianto off-shore. E sull’altro chiarisce: «La posizione è quella del Comune di Trieste. Attendiamo una risposta esaustiva sui rilievi tecnici. Resta il fatto – conclude il coordinatore forzista – che Moretton ha cambiato idea. Speriamo solo che emerga alla fine una Regione trasparente».
m.b.

 

 
Il Comune: «Apertura solo a Gas Natural» - Marini (Fi): «Giunta Illy, atto grave». Degano: «Oggi un confronto nel gruppo Dl»
 
Sui rigassificatori i giochi sono aperti e le posizioni trasversali. Se nel centrodestra il leader provinciale e consigliere regionale azzurro Bruno Marini definisce «politicamente molto grave il sì della Regione alla luce del no dei Comuni», il capogruppo diellino in Regione Cristiano Degano è cauto nel dire che «oggi ne parleremo nel gruppo Dl per capire come si prospetti la delibera della giunta: vedremo che tipo di proposte intende fare, perché a noi sembrava che la documentazione presentata» da Endesa e Gas Natural, «anche quella a integrazione dei progetti precedenti, non fosse esaustiva».
Ma la trasversalità è forte. E le posizioni non univoche. Così, il Comune ha detto fin dall’inizio no all’impianto off-shore, ma a quello progettato a Zaule da Gas Natural non ha chiuso la porta. Qualche mese fa il consiglio comunale ha votato il no all’impianto, ma solo perché il sindaco Dipiazza non aveva raggiunto un accordo economico con Gas Natural su royalty e altri benefici per la città. E così, «il sì della Regione dopo tutti i no del territorio è irrispettoso del lavoro del consiglio comunale, ma spero comunque che questo segnale di apertura si concentri sull’impianto di terra», dice l’assessore alla pianificazione Maurizio Bucci confermando che «la trattativa con Gas Natural è in corso». Inoltre, annuncia Bucci, si prospetta l’ipotesi - «tutta da costruire» - di affiancare a quello di Zaule un impianto che produrrebbe energia elettrica, anche questa utilizzabile «a prezzo agevolato» dalla cittadinanza».
«Se la Regione ha avuto dalle società risposte più chiare sull’impatto ambientale - interviene il vicesindaco Paris Lippi, di An - portiamo avanti quanto abbiamo sempre detto: l’impianto a terra è per Trieste un’opportunità finanziariamente importante. E poi, è di pochi giorni fa la notizia, non smentita, che un rigassificatore potrebbe sorgere a Capodistria. Ci pensino - chiude Lippi - quelli che chiedono che la Slovenia sia coinvolta nelle nostre decisioni. Cerchiamo di non farci del male da soli».

 

 

Il comitato per la difesa di Barcola: «Basta con Sardon day e cantieri infiniti»

 

Esplode la protesta dei residenti contro la festa estiva e i lavori di AcegasAps e Comune sul lungomare

I residenti di Barcola dicono basta al Sardon day, fiore all’occhiello dell’assessore Bucci, e in vista dell’estate non vogliono più puzza e sporcizia collegate alla tradizionale sagra che ogni anno si ripete nei pressi della pineta.
«L’odore di olio fritto lo sentiamo in tutto il rione – racconta Antonio Giust, del Comitato per la tutela di Barcola – per non parlare dei rifiuti che la gente lascia sulle automobili, nella pineta e lungo tutta la passeggiata. Speriamo davvero che si pensi ad una festa di tutt’altro tipo, soprattutto con cibi migliori e non solo quintali di calamari e pesce fritto. I residenti – aggiunge – non sopportano più la puzza di quelle giornate. Piatti e bicchieri di carta, vaschette sporche e olio che cola: lo scorso anno li abbiamo trovati sui cofani e sui tetti di moltissime auto. Un’indecenza».
Poco più in là intanto scoppia la rivolta dei bagnanti, sul piede di guerra per la permanenza di tre cantieri che interessano la zona, dalla pineta fino ai primi Topolini, nonostante il bel tempo e il lungomare affollato. Due i cantieri aperti da AcegasAps, uno sul lato Cedas e uno a lato della fontana, che fanno parte di un unico intervento necessario per sistemare le nuove condotte fognarie. Il terzo cantiere, invece, attivato dal Comune, riguarda la ristrutturazione dei Topolini.
Nonostante i lavori proseguano in modo rapido, sono ancora numerose le giornate che vedranno gli operai in azione nella zona; una situazione che per molti è difficile da sopportare. Il cantiere AcegasAps nella zona Cedas, precisa l’azienda, verrà chiuso entro il 15 maggio, mentre l’intervento nella pineta sarà ultimato nei primi giorni di giugno.
I lavori verranno poi interrotti tutta l’ estate, per riprendere dopo il 15 settembre con l’istallazione di nuovi collegamenti elettrici e con il rifacimento e l’adeguamento degli impianti. L’AcegasAps precisa che l’intervento è stato effettuato quasi interamente nel sottosuolo, con tecniche moderne e avanzate. La parte finale, con l’inserimento delle tubature, verrà conclusa parzialmente nei prossimi giorni. Già oggi, secondo l’azienda, nella zona del Cedas saranno chiusi alcuni lavori.
Per quanto riguarda invece i lavori dei Topolini, pur con un programma dilazionato gli operai continueranno ad operare tutta l’estate. «Entro il 31 maggio finiremo gli interventi che vanno dalla pineta fino al terzo Topolino – spiega l’ingegner Paolo Pocecco dell’Area Lavori Pubblici del Comune – saltando il primo bagno, il più danneggiato, che avrà bisogno di una demolizione completa e che per ora resta puntellato ma fruibile sulla terrazza. Poi a giugno si partirà con il quarto Topolino, proseguendo con i lavori un bagno alla volta per permettere alla gente di usufruire del lungomare».
Insomma, i lavori saranno effettuati un passo alla volta ma continueranno anche nei prossimi mesi, anche se la stagione estiva è iniziata ufficialmente il primo maggio.
A raccontare i malumori dei bagnanti anche il Comitato per la tutela di Barcola. «La gente segnala i disagi di trovarsi in mezzo ai cantieri quando ormai, ogni giorno, tantissime persone arrivano nella pineta – riferisce Antonio Giust del Comitato –. In più siamo preoccupati perché abbiamo notato come, ancora una volta, siano stati tagliati alberi sani, in salute, senza tenere conto del regolamento del Verde pubblico, che dispone che non si possano abbattere alberi con più di 30 centimetri di diametro».
AcegasAps precisa come siano stati tolti quattro fusti in prossimità della stazione di sollevamento, e di non aver avuto, per il momento, disposizioni da parte del Comune di piantarne di nuovi.
Micol Brusaferro

 

 

Ambiente, comitati uniti contro Illy  - I sindaci raccolgono la protesta: «Il rapporto con la Regione va rivisto profondamente»

 

Dai no-Tav ai no-autostrade: tutti in piazza. Verdi e Pdci in pressing sulla giunta. La commissione Via conferma il sì al cementificio

UDINE «I comitati stanno dando un segnale fortissimo di unità. Riccardo Illy fa male a snobbare la situazione». Alessandro Metz, nel giorno in cui la commissione regionale di Valutazione di impatto ambientale approva all’unanimità il verbale del 28 marzo, quello del via libera al cementificio di Torviscosa, rilancia la sfida. «A Cervignano non c’erano i Verdi, c’erano i cittadini. E invocavano un diritto primario, quello della salute». Ma non si agitano solo gli ambientalisti e i partiti della sinistra. Anche i sindaci, con il vicepresidente dell’Anci Paolo Dean, proprio alla luce della protesta di piazza del Primo maggio, chiedono «una revisione del rapporto Regione-autonomie».
LA COMMISSIONE Ieri, come previsto, la commissione Via ha siglato il verbale del «sì» al cementificio, quello con 7 voti a favore e 2 contrari. Sono serviti tre quarti d’ora di confronto ma, alla fine, l’ok è arrivato da tutti gli otto presenti di una commissione di dieci persone tra professori universitari, ambientalisti, tecnici regionali e dirigenti dell’Arpa. Il testo, cui manca l'ultimo visto odierno di Gianfranco Moretton, presidente della commissione, dovrebbe diventare pubblico oggi.
I COMITATI A Cervignano, con slogan e caricature anti-Illy, hanno protestato in tanti. C’erano i comitati anti-Tav, quelli contro le casse di espansione sul Tagliamento, il collegamento Carnia-Cadore, i rigassificatori, gli elettrodotti e il «babau» più recente, il cementificio di Torviscosa. Erano già una prova, forse, di quella rete che i prossimi 11 e 12 maggio, al «contro G8» di Trieste, potrebbe diventare l’anticamera di un movimento politico a difesa dell’ambiente. Con i Verdi «pronti a raccogliere il segnale», conferma Metz. «Non si tratta di quattro gatti come pensava Illy – afferma il consigliere verde –. Questo proliferare di comitati deve invece far riflettere la politica e i partiti, perché si tratta di manifestazioni trasversali di cittadini che rivendicano il diritto a partecipare su questioni che li riguardano direttamente».
ILLY IN CAMPO Il presidente della Regione, in un intervento sulla stampa, difende a sua volta «il diritto di governare». Sul caso del cementificio, Illy ricostruisce tra l’altro l’iter di un’azienda che presenta il progetto di uno stabilimento «nel rispetto delle normative, a quanto risulta» e che ha dunque «il diritto a insediarsi». E bacchetta il tentativo «di chi ha competenze di natura legislativa di influenzare chi riveste competenze in materia governativa». Reagisce, ancora, Metz: «Illy dimentica che la politica non ha meccanismi da fabbrica fordista. Quando sostiene che la giunta deve solo ratificare un passaggio tecnico o sbaglia o è in malafede. Ci sono tanti casi in cui altre Regioni hanno deciso in modo opposto alla Via perché le variabili non sono solo tecniche».
LA POLEMICA Anche Bruna Zorzini (Pdci) ribatte a Illy: «I governi, nazionali o locali, vengono chiamati anche “esecutivi”. Giocoforza pensare quindi che essi siano chiamati a eseguire quello che la maggioranza di un’assemblea eletta dal popolo determina». Zorzini chiede una verifica sui nodi ambientali: «Quando si va a decidere scelte importanti e impattanti per l’ambiente, servono percorsi condivisi all’interno della maggioranza che ha permesso a Intesa e al suo presidente di governare per quattro anni». Una verifica ancora da fissare ma che anche Cristiano Degano (Margherita) ritiene necessaria: «Si tratta di questioni critiche da affrontare con la dovuta cautela e nel modo più adeguato».
I SINDACI Infine, il richiamo del comitato esecutivo dell’Anci. «Dobbiamo riappropriarci di un ruolo forte in riferimento a scelte centrali come Tav e cementificio», dice il cooordinatore dei piccoli Comuni Giovanni Cumin. E, con Dean, anche il presidente Gianfranco Pizzolitto chiede un nuovo rapporto istituzionale con la Regione. E cita il caso del sindaco di Tolmezzo Sergio Cuzzi che, sul caso Burgo, «sulla base delle norme in vigore, sarebbe risultato colpevole sia che fosse intervenuto sia che non lo avesse fatto».
Marco Ballico

 

 
Dall’elettrodotto ai rigassificatori, i nodi sul tavolo
 
TRIESTE Non c’è solo il cementificio di Torviscosa a creare problemi alla Giunta nei rapporti con gli enti territoriali ma anche all’interno della stessa maggioranza. Non sono ancora stati sciolti infatti almeno altri tre nodi: i rigassificatori, l’elettrodotto Burgo, l’Alta velocità ferroviaria.
RIGASSIFICATORI Dopo le anticipazioni di Moretton sul probabile doppio «sì» della giunta ai rigassificatori nel golfo di Trieste ieri tutta la sinistra radicale ha criticato la posizione espressa dal vicepresidente. «Costi superiori ai sacrifici» dice Rifondazione. «Per motivi ambientali non vogliamo impianti del genere - sostengono i Verdi - Inoltre mancano peraltro gli accordi internazionali con Slovenia e Croazia». «Siamo assolutamente contrari» dicono i Comunisti italiani.
ELETTRODOTTO L’impianto proposto dalla Burgo è stato ieri oggetto di un incontro a Roma tra Comuni, Provincia, Regione e la direzione dell’azienda. L’incontro tuttavia non ha consentito di concludere in modo soddisfacente l’esame degli atti sull’impianto che dovrebbe collegare la stazione austriaca di Wurmlach a quella di Somplago. L’autorizzazione definitiva spetta comunque alla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia.
TAV Sull’Alta velocità ferroviaria, come conferma l’assessore Sonego, si sta ancora discutendo con i sindaci dei Comuni della Bassa friulana per trovare una linea alternativa al tracciato finora preso in considerazione.

 

 

In cinquemila al corteo: «Meno cemento più salute»

 

Il malcontento popolare in primo piano alla manifestazione del Primo Maggio di Cervignano. Attacchi al presidente e agli esponenti di centrosinistra

CERVIGNANO La «grana cementificio» irrompe nella Festa del lavoro di Cervignano. Nella tradizionale manifestazione del Primo Maggio - che, dicono Cgil, Cisl e Uil, 5 mila persone - a tenere banco sono state le contestazioni alle politiche ambientali di Riccardo Illy e della sua giunta, dal cementificio di Torviscosa alla Tav, dall’autostrada Carnia-Cadore alle casse di espansione sul Tagliamento. I temi di sicurezza, lavoro e prevenzione sono passati quasi in secondo piano, sommersi dai numerosi e fantasiosi slogan e cartelli con cui i comitati hanno esternato il proprio dissenso sui progetti perseguiti dalla Regione. Dal lapidario «Meno cemento, più salute» al folcloristico «Di chi no si passe», dal feroce «Illy, Moretton e Duz = regime» al minaccioso «Illy e Travanut non vi voteremo perché la Tav non la vogliamo», i manifestanti hanno alzato l’ennesimo coro di protesta, contestando platealmente il sindaco di Torviscosa Duz, accusato di essere un «venduto».
Bersaglio principale dei cori di scherno e degli striscioni il presidente della Regione che, ritratto persino con il naso di Pinocchio, è stato definito pubblicamente da Settimo Mareno, portavoce del comitato della Bassa, «un padrone che, con una voce sempre più arrogante, ha travolto come una clava i dissenzienti».
Il Primo Maggio di Cervignano si è aperto con il corteo da via Garibaldi, sede dell’ex casa del popolo, a piazza Indipendenza. In testa il consigliere regionale Mauro Travanut accompagnato dai sindaci della Bassa, tra cui Piero Paviotti, sindaco di Cervignano, e il fischiatissimo Duz. A seguire, tra bandiere del sindacato e dipendenti del commercio pure loro inferociti con la Regione, l’inedita «sfilata» dei comitati dell’intero Friuli Venezia Giulia che combattono contro i «mostri ambientali» che mettono a dura prova la tenuta di Intesa democratica.
A fare gli onori di casa è stato Paviotti che ha tentato di riportare la manifestazione sui binari originali: la sicurezza sul posto del lavoro e la lotta alle troppe morti bianche. Nell’affrontare le questioni legate a Tav e cementificio, il sindaco di Cervignano ha espresso l’auspicio di giungere a una decisione condivisa. Il solo accenno all’attualità ha scatenato la reazione dei manifestanti.
Paviotti non ha gradito: «Feste come quelle del 25 aprile e del primo maggio dovrebbero unire, non dividere. Le manifestazioni sono legittime, ma non è accettabile individuare due singoli colpevoli (Duz e il collega Del Frate di San Giorgio, ndr), in quanto i sindaci sostengono quanto espresso da un consiglio comunale democraticamente eletto. I veri temi del Primo Maggio sono stati fagocitati dal resto; ho già palesato il mio disappunto ai sindacati per quanto avvenuto».
A margine della manifestazione, cui hanno partecipato diversi politici, come i deputati Ivano Strizzolo e Grazia Francescato, Travanut ha dichiarato che «il territorio non può certo essere zittito in vicende delicate come questa. Da parte mia, continuerò ad adoperarmi nei modi più incisivi perché il messaggio venga recepito». Durissimo, per il comitato «No al cementificio», Mareno: «Siamo qui per difendere il diritto a lavoro e salute. La situazione dell’aria di questa zona presenta esplicite criticità ma, invece di risanare, la Regione ci regala un aumento di quindici volte delle attuali emissioni di ossidi di azoto. Quello che è successo in Regione è semplicemente scandaloso: il 7 febbraio il cementificio sembrava spacciato, allorché i responsabili della commissione Via avevano espresso 12 valutazioni negative e solo 3 positive; il 28 marzo, invece, è arrivata l’approvazione. Qualcuno dovrà spiegare cosa è successo tra queste due date».
Giovanni Stocco

 

 

La Cdl: «Caso Torviscosa, il Consiglio esegua i controlli»

 

Botta e risposta tra il governatore e il capogruppo forzista. L’opposizione prepara la mozione: «Oggi la presenteremo»

TRIESTE Nel pomeriggio Roberto Molinaro parla di «stesura non semplicissima». Ma in serata Isidoro Gottardo esclude problemi: «La mozione del centrodestra sul caso del cementiticio di Torviscosa sarà pronta per domani (oggi per chi legge)». Qualche anticipazione? «Chiederemo che il Consiglio regionale si veda riconosciuto il diritto-dovere di controllo. E che, in premessa, vengano rese note le carte per poter fare luce su tutta la vicenda». La Cdl appiattita sugli ambientalisti? No, Gottardo lo esclude. «Quello che respiriamo è solo un clima di grande perplessità di fronte alle scelte della giunta regionale in materia ambientale. Non vogliamo apparire – spiega il coordinatore regionale di Forza Italia – come coloro che hanno un’opinione contraria alle infrastrutture, dal cementificio ai rigassificatori, dalla Tav agli elettrodotti. Ma, di fronte alla linea di Riccardo Illy del “vado avanti comunque”, non possiamo condividere un atteggiamento che continua a far passare le decisioni sopra la testa di tutti». Una posizione, soprattutto sul tema del controllo da parte del Consiglio regionale, che Gottardo ribadisce in una nota in cui risponde all’intervento sulla stampa di Riccardo Illy sul cementificio.
«Secondo Illy – scrive Gottardo – il Consiglio regionale, e tantomeno di conseguenza l’opposizione, non si deve impicciare in questioni che non gli competono, visto oltretutto che, come afferma, “viviamo in una democrazia rappresentativa, nella quale i cittadini sono chiamati ogni cinque anni al voto”. Sembra non passare per la testa del presidente l’idea che, comunque, i cittadini hanno a loro volta eletto anche altri con il compito di esercitare il potere di controllo su chi governa. Non è una novità – prosegue il consigliere forzista – che Illy non abbia mai inteso riconoscere questo diritto che all’opposizione e alle minoranze; il problema è che pare non volerlo riconoscere neppure al Consiglio regionale. Il presidente sembra quindi dimenticare che l’assemblea, oltre al potere legislativo, ha anche quello di controllo e di coordinamento: la recente legge statutaria sulla forma-governo lo ribadisce in modo molto esplicito. Per legge, quindi – conclude Gottardo –, abbiamo “il dovere di controllare” così come il presidente ha quello di governare. Ed è questo dovere, nel rispetto delle leggi vigenti, che intendiamo esercitare in nome e per conto del popolo, anche se a Illy ciò non piace. La mozione sull’argomento, che unitariamente il centrodestra sta presentando, intende affermare per l’intero Consiglio regionale questo diritto–dovere. E’ un atto di trasparenza che può consentire ai cittadini di sentirsi meglio rappresentati e, comunque più tutelati».
m.b.

 

 
Croazia: acqua dolce per contrastare la presenza in mare dell’alga killer - Alle Incoronate verrà sperimentata una nuova tecnica contro l’infestante taxifolia
 
SPALATO Cresce la preoccupazione in Croazia per il rapido diffondersi delle alghe Caulerpa sui fondali adriatici. Un paio di settimane fa, una colonia di Caulerpa racemosa – definita anch’essa «alga assassina» – è stata individuata nelle acque dell’insenatura Sedlasti bok, nelle Incoronate, arcipelago in regime di tutela perché parco nazionale. La racemosa si estende su una superficie di due ettari e l’altro giorno la direzione del parco avrebbe voluto posare sulla colonia dei teloni color nero, allo scopo di eliminare l’alga, togliendole la luce di cui il vegetale ha bisogno per vivere. Ma dalla Direzione per la tutela della natura, che opera in seno al ministero della Cultura, è stata diffusa una circolare al Parco delle Incoronate in cui si vieta tale metodo di annientamento della racemosa. Ciò in quanto è allo studio un metodo alternativo per eliminare una delle due specie di alga killer (l’altra è la Caulerpa taxifolia), con sperimentazioni che avvengono in laboratorio. E’ stato infatti costruito un macchinario che impiega acqua dolce per la distruzione delle alghe e che prossimamente sarà sperimentato sui fondali di Sedlasti bok per capire se possa davvero funzionare nella lotta alla taxifolia e alla racemosa.
Come noto, le due alghe non sono nocive per la salute dell’ uomo, dei pesci o delle altre creature marine, bensì la loro presenza (trattandosi di specie invasive) impedisce la sopravvivenza agli altri vegetali. In pratica, l’area aggredita dai vegetali killer si trasforma in una zona deserta, senza la presenza di pesci, molluschi e crostacei in quanto le due alghe tropicali non sono comprese nella dieta della fauna marina mediterranea. Stando a quanto precisato dal dicastero della Cultura, il nuovo congegno ha un difetto, ovvero non riesce ad agire su dimensioni vaste. Può infatti operare efficacemente su una superficie di circa 10 metri quadrati e dunque a Sedlasti bok si vorrà solo capire se ci sia un futuro per un simile macchinario. Va ricordato che di alghe killer si parla in Croazia dall’ ormai lontano 1994, quando sui fondali antistanti Cittavecchia di Lesina si scoprì per la prima volta la presenza della taxifolia lungo il versante croato dell’ Adriatico.
Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 1 maggio 2007

 

 

Inceneritore a regime per una settimana  - Sostituiti i vecchi filtri, probabile causa della produzione di diossina

 

TUTTE E 3 LE LINEE TORNANO A BRUCIARE RIFIUTI - Il 7 maggio l’udienza davanti al gip con i nuovi dati dei test. Al momento Cormons non serve

 Da domani - per la prima volta dopo oltre due mesi e mezzo, cioè dal sequestro per diossina disposto dalla procura lo scorso 14 febbraio - l’inceneritore di via Errera tornerà, almeno per una settimana, a bruciare rifiuti con tutte e tre le linee. Tale concomitanza potrebbe essere il segnale che i periti chiamati a seguire le analisi previste dal dissequestro condizionato (tre nominati dal pm Maddalena Chergia e altrettanti indicati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’AcegasAps) si stanno avvicinando alla soluzione: la causa del superamento delle concentrazioni di diossina rispetto alla soglia imposta dalla legge, rilevato in quattro occasioni a dicembre, sarebbe infatti un accumulo di sostanze plastiche in prossimità dei «demister», componenti dei filtri sulle condotte dei fumi in uscita, che sono stati già sostituiti per consentire nuovi test. Già nei prossimi giorni sono attesi i primi risultati sulle emissioni, mentre il 7 maggio si profila come una giornata decisiva per il futuro dell’impianto gestito da AcegasAps: in presenza di dati rientrati nella normalità, il gip Massimo Tomassini potrebbe programmare la levata definitiva dei sigilli e il ritorno a un funzionamento ordinario del termovalorizzatore.
Nel frattempo, con tutte e tre le linee in azione, l’AcegasAps, come ente gestore dell’impianto, e la Provincia, come titolare del piano locale dei rifiuti, sono così dispensate - quanto meno nei prossimi sette giorni - dall’obbligo di esportare quotidianamente 140 tonnellate di immondizie non smaltite dal termovalorizzatore presso la discarica cormonese di Pecol dei Lupi, la cui disponibilità si sarebbe altrimenti esaurita entro il 15 maggio. Anzi, per questa settimana tornano anche a bruciare in via Errera 120 tonnellate al giorno di rifiuti isontini. Una linea funzionerà a regime ordinario, e si tratta della linea 1 - l’unica esente dal sequestro dello scorso 14 febbraio - che ieri è stata riattivata dopo uno stop di 11 giorni per la rottura e la conseguente sostituzione di una tubatura. Le altre due linee - la 2 e la 3 - lavoreranno entrambe in esercizio provvisorio, per consentire le ultime analisi sulle emissioni da parte dei periti. Alla mezzanotte di ieri è stata riattivata per la prima volta dal 14 febbraio la seconda linea, per la quale erano in programma delle verifiche già a metà aprile, mai partite per l’inattesa rottura di uno scambiatore di calore: le perizie, in questo caso, sono in programma fra il 4 e il 9 maggio. Per quanto riguarda infine la terza linea, il regime provvisorio attivo dal 21 aprile per una nuova «campagna di campionamenti», dopo quella effettuata dal 19 al 23 marzo, si sarebbe dovuto fermare il 25 aprile, ma grazie a due proroghe inviate da Palazzo di Giustizia alla Provincia drà avanti fino al 7 maggio, ovvero il giorno dell’udienza già, forse, decisiva. La seconda proroga, fino al 7, è arrivata ieri dal gip Tomassini. «I segnali di fumo sono buoni», commenta in proposito l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi.

Piero Rauber

 

 

Rigassificatori, Regione pronta a un doppio sì

 

Si riapre un’altra questione controversa in tema di sviluppo e ambiente. Travanut interviene sul caso Torviscosa: «Giusto il dibattito consiliare» Moretton: «Parametri rispettati. Assumeremo la decisione tra una quindicina di giorni»

TRIESTE «Il parere dovrebbe essere favorevole per entrambi gli impianti». Gianfranco Moretton, nei giorni in cui il cementificio di Torviscosa diventa un clamoroso caso politico, anticipa la riapertura della partita dei rigassificatori. Il vicepresidente della Regione non dice troppo, ma dice abbastanza. E cioè che «tra una quindicina di giorni» la giunta si esprimerà. Ma soprattutto che, dopo la richiesta di documentazione aggiuntiva sui due progetti nel golfo di Trieste, il parere positivo è altamente probabile. Sia per il terminal della zona di Zaule che per quello in mezzo al mare.
GIUNTA FAVOREVOLE La documentazione integrativa delle due società (Gas Natural e Endesa) avrebbe convinto gli uffici. Sarebbe in particolare rimediata la carenza di motivazioni sulle scelte tecniche adottate e le eventuali alternative. Moretton, senza entrare in dettagli, parla di «parametri rispettati». E lascia capire che, risolti gli aspetti tecnici, la linea politica è confermata: Riccardo Illy in testa, la giunta, convinta che simili impianti possano sopperire alle carenze nelle forniture di gas, è favorevole ai rigassificatori.
VALUTAZIONI AMBIENTALI I due pareri, tuttavia, hanno rilievo diverso. Se infatti le Valutazioni d’impatto ambientale dipendono in entrambi i casi da una commissione nazionale, sul rigassificatore a terra la giunta regionale ha potere di autorizzazione. «Non risulta che la commissione Via si sia espressa, quello della giunta dovrebbe essere, dunque, solo un parere – sostiene il verde Alessandro Metz –. Su tutti e due i rigassificatori, comunque, grava dal nostro punto di vista il mancato rispetto del protocollo Espoo, sottoscritto all’Onu pure dall’Italia, che prevede valutazioni congiunte su insediamenti ad alto impatto ambientale su stati confinanti. Questo, invece, non è stato fatto né con la Slovenia né con la Croazia».
ENTI LOCALI A lasciare perplesso Metz sono anche i ribaditi pareri negativi degli enti locali, «di tutti gli enti locali, compresa Trieste». Alla fine sarà Roma a decidere, ma il consigliere dei Verdi richiama la necessità del coinvolgimento della gente. «Il Comune di Trieste non ha voluto il referendum la scorsa estate – ricorda –, un “no” grave su una questione che riguarda i cittadini. Adesso, prima di esprimersi, la giunta regionale si faccia promotrice di percorsi di decisione partecipata. Dopo di che, a livello tecnico, valuteremo i documenti».
CEMENTIFICIO Proprio come sul cementificio. Domani si dovrebbe riunire la commissione di Via regionale e rendere ufficiale il verbale della seduta del 28 marzo, quella in cui fu modificato l’iniziale giudizio negativo sul progetto del gruppo Grigolin per l’impianto di Torviscosa. Quel verbale è atteso per chiarire i dubbi di ambientalisti, comitati, sindaci e pure della politica, con l’opposizione che chiede a gran voce la verifica in Consiglio regionale.
LA POLITICA Dubbi che, però, riguardano anche la maggioranza. Di più: il capogruppo del primo partito di Intesa, Mauro Travanut, che, a proposito del cambio di rotta della commissione, parla di «viraggio indelicato» e provoca pure la reazione, via comunicato, di Assindustria di Udine sul tema del «valore aggiunto» del cemento. Nervi tesi, insomma. «La posizione della Cdl? Nulla di diverso da quanto sostengo da settimane – dice Travanut –, tanto da aver chiesto e ottenuto un’audizione dei soggetti interessati in quarta commissione. Nella seconda metà di maggio cercheremo di far luce sul cono d’ombra che riguarda il cementificio». Sulla vicenda interviene anche il vicesegretario regionale della Margherita Ivano Strizzolo: «È inderogabile svolgere una sorta di valutazione di impatto politico per monitorare le possibili conseguenze di una decisione che trova contrarietà e perplessità che attraversano molte delle componenti di Intesa».
Marco Ballico

 

 
Rigassificatore a Capodistria: «Luka Koper» smentisce
 
CAPODISTRIA Un rigassificatore nel Porto di Capodistria? Sì, no, ni…Una dichiarazione del direttore della «Luka Koper» Robert Casar e una successiva smentita della direzione del porto apparse sui media sloveni hanno creato subbuglio negli ambienti ecologisti sloveni. La direzione della «Luka Koper» ha precisato che la costruzione di un terminal rigassificatore non è detto che faccia parte dei piani della società che gestisce lo scalo capodistriano.

 

 

Ventun sindaci in campo contro il cementificio  - «Troppi camion e troppe emissioni». E il comitato non esclude un esposto

 

Continua la protesta della Bassa. Dean: abbiamo scritto a Illy, non ci ha risposto. Paviotti: intervento incompatibile con il territorio

UDINE I sindaci della Bassa, pure loro, aspettano di vedere le carte. Ma, eccezion fatta per Torviscosa e San Giorgio di Nogaro, hanno pochi dubbi nel ribadire la loro contrarietà al cementificio in un paese a pochi chilometri dalla laguna, in una zona storicamente inquinata. «Siamo in 21 – ricorda Paolo Dean, sindaco di Fiumicello e vicepresidente dell’Anci –, pronti a ribadire il nostro “no” a un progetto che va contro ogni volontà di sviluppo del territorio». Solo in sei, per legge, si sono espressi sull’impatto ambientale. Torviscosa e San Giorgio hanno detto «sì», in quattro si sono opposti: Anselmo Bertossi di Bagnaria Arsa, Pietro Paviotti di Cervignano, Cecilia Schiff di Porpetto e Fulvio Tomasin di Terzo d’Aquiliea. Ma in molti di più, 21 appunto, hanno firmato la lettera contro il cementificio indirizzata ai vertici della Regione, «lettera che non ha avuto risposta», precisava Dean ieri mattina. Iniziativa trasversale? Meglio dire iniziativa del centrosinistra perché di quei Comuni pochi sono targati Cdl: Bagnaria, Marano Lagunare, Palmanova, Porpetto, San Vito al Torre, Villa Vicentina, Visco, gli altri sono tutti o quasi diessini o diellini.
Perché dicono di «no»? Per questioni innanzitutto viarie. Troppi camion, già adesso. Figuriamoci col cementificio. «Le nostre preoccupazioni dipendono sia dalle emissioni nell’aria dell’impianto sia dal prevedibile aumento del traffico pesante in un’area già in sofferenza da questo punto di vista – spiega Bertossi –: mancano caselli autostradali, mancano strade. Guardando poi alla “mostruosità” del progetto l’intenzione della giunta regionale ci pare davvero incomprensibile. Più in generale le opere ipotizzate dalla Regione nella Bassa friulana ci sembrano rispondere a esigenze particolari piuttosto che a un disegno complessivo di sviluppo del territorio». E Paviotti, sinteticamente: «Il nostro consiglio comunale ha dato parere contrario ritenendo l’impianto non in linea con un progetto di sviluppo del territorio e con un impatto sul traffico stradale non compatibile con l’attuale situazione infrastrutturale». Le stesse motivazioni della Schiff: «Dalla nostra zona industriale al casello dell’autostrada i mezzi pesanti sono tantissimi giorno dopo giorno. Basta questo problema, che col cementificio verrebbe ulteriormente ingigantito, per farci opporre a una simile iniziativa». «Vorremmo capire quali sono le strategie e le scelte della Regione sul territorio – aggiunge Dean –, perché tra Corridoio 5, rigassificatori, vetreria di San Giorgio e cementificio si rischia di compromettere il nostro lavoro».
Alcuni sindaci sono pronti ad andare al Tar in caso di autorizzazione della giunta. Un’arma che tiene pronta anche il comitato «No al cementificio». Che pensa pure all’esposto alla magistratura, «nel caso i documenti ci diano ragione», spiega il portavoce Mareno Settimo. Ma qualcuno, alla magistratura, ci ha già pensato? Magari tra i sindaci? «Non mi risulta – dice il sindaco Bertossi –, almeno non ancora».
m.b.

 

 
Confagricoltura alla Cementi nord: «Il vostro impianto può danneggiarci» - Chiesta una fideiussione
 
UDINE «La costruzione del cementificio proposto dalla ”Cementi Nord Est” del Gruppo Grigolin a Torviscosa potrebbe mettere a rischio gli interessi degli agricoltori della zona». Gli industriali lo appoggiano, gli agricoltori lo bocciano: il cementificio della Bassa friulana, quello che sta dividendo il centrosinistra, divide anche il mondo economico.
Confagricoltura regionale, con il presidente Giorgio Colutta, non nasconde le sue perplessità. Chiede di tenere conto della vocazione del territorio della Bassa friulana per un’agricoltura di qualità e per il turismo. E chiede sin d’ora, lanciando una sorta di sfida, garanzie economiche: «Senza entrare negli aspetti tecnici, probabilmente confutabili da una o dall’altra parte - afferma Colutta - vorrei proporre una fideiussione a favore del mondo agricolo secondo modalità da concordare, nel caso si verificassero danni per le imprese agricole a seguito dell'attività del cementificio». «Se sono sicuri che l'opera ha solo aspetti positivi e non inquinanti - prosegue il presidente di Confagricoltura - non sarà difficile ottenere la fideiussione. Se invece ci sono rischi reali occulti, questi verranno allo scoperto».
Colutta aggiunge che «Confagricoltura è aperta al confronto e non ha nulla contro il progresso e, tanto meno, si oppone alla crescita economica della Bassa friulana a patto che progresso e crescita economica siano compatibili con le nostre realtà di imprenditori agricoli di qualità, ovvero siano ecocompatibili».

 

 
Di Pietro annuncia un nuovo confronto sulla Torino-Lione
 
TORINO Venerdì verrà stilata l'agenda dei prossimi appuntamenti del tavolo politico istituzionale sulla Torino-Lione ferroviaria, che esaminerà anche lo studio per la valutazione di impatto ambientale concluso proprio oggi. Lo ha annunciato il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, oggi a Torino per la firma di un protocollo con il Comune per nuovi alloggi di edilizia sociale. «Alla luce degli ultimi studi acquisiti - ha detto Di Pietro, riferendosi al lavoro dell'Osservatorio tecnico sulla Torino-Lione - è necessario un nuovo confronto con le istituzioni a tutti livelli. C'è necessità di rispettare i tempi dettati dalla Commissione Europea e potremo riuscirci se prevarrà il senso di responsabilità da parte di tutti».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 30 aprile 2007

 
Baia, cartiera, rigassificatori: il Wwf boccia la giunta per le politiche ambientali - Tra i progetti più contestati l’autostrada Carnia-Cadore
 
TRIESTE Bocciata. Il Wwf ha passato al setaccio la politica ambientale del Friuli Venezia Giulia - studiando 10 campi di intervento e 23 casi specifici - e l’ha bocciata senza appello. Il cementificio di Torviscosa non era ancora compreso in questo corposo dossier stilato a inizio 2007 ma adesso va ad aggiungersi alla lunga lista di pareri negativi sull’operato di Riccardo Illy e della sua giunta. Il Wwf ha espresso un giudizio negativo su 19 casi, l’83% del campione, contestando scelte in campo energetico, urbanistico e industriale. Gli esempi più eclatanti di presunte «malefatte ambientali»? Ferriera di Servola, Cartiera Burgo, «speculazione edilizia nella Baia di Sistiana», alta velocità Venezia-Trieste, collegamento autostradale tra l’A23 e l’A27 per unire Carnia e Cadore, casse di espansione sul Tagliamento e rilancio del Pramollo. Vediamo alcuni di questi casi.
LA CARTIERA Il Wwf accusa Illy di aver firmato, come commissario e all’oscuro delle associazioni, un accordo separato con la Burgo che «prevede l’obbligo di un parziale concorso finanziario della Burgo alle spese statali per l’adeguamento del depuratore che serve la Cartiera». Ebbene, aggiunge il Wwf, non tenendo conto che «l’azienda era già stata ritenuta responsabile dalla magistratura ordinaria di un grave danno ambientale», il commissario ha portato la Regione a diventare «parte attiva nella compensazione del danno».
I RIGASSIFICATORI La Regione si è dichiarata favorevole alla realizzazione di due impianti, protesta il Wwf, «anche se deve essere ancora effettuata la Via». E questo è ancor più grave perché in ballo c’è «il secondo porto commerciale italiano, sito nella delicata situazione ambientale dell’Adriatico settentrionale”.
LA BAIA L’associazione ritiene grave che si continui a scavare nella cava di Sistiana «nonostante sia compresa in un Sito di Interesse Comunitario e rappresenti una delle aree costiere di maggiore interesse paesaggistico del Friuli Venezia Giulia».
L’AUTOSTRADA Il progetto di raccordo tra A23 e A27 è lungo 85 chilometri e costa 2,2 miliardi di euro. «Tale progetto, contrastato dalle popolazioni della Carnia, devasterebbe l’Alta Valle del Tagliamento. Ed è al di fuori di qualsiasi pianificazione di settore e analisi trasportistica».
PRAMOLLO È un intervento che, per il Wwf, rischia di essere «pura speculazione immobiliare» perché il progetto (una funivia di circa 8 km, 7 km di piste in quota, impianti di innevamento artificiale, parcheggi, villaggio turistico in quota) va ad interessare «un’area adiacente a due Sic, prossima a una zona archeologica, corrispondente a un biotopo regionale, interamente ricompressa in un’Important Bird Area». Il Wwf critica l’alto impiego di fondi pubblici e la bontà dell’opera visto che «ad oggi la percentuale di occupazione dei posti letto attualmente disponibili raggiunge il 42% nella stagione invernale e il 40% in quella estiva».
m.mi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 29 aprile 2007

 

 

Le nuove case a Barcola Verdi e Wwf: uno scempio da fermare, si cambi il Prg  - Si riaccende la polemica sulla costruzione di cinque villette in Salita Cedassammare

 

Predonzan: «L’intervento si inserisce in un ambito assai problematico dal punto di vista idrogeologico»

Torna a riaccendersi la polemica sulla costruzione di un complesso di villette a Barcola, in Salita Cedassamare, su un’area boschiva di circa ottomila metri quadrati. Un progetto che scatena le proteste degli ambientalisti, Verdi e Wwf in prima fila, ma anche di numerosi abitanti della zona.
Il piano prevede la creazione di una sorta di piccolo villaggio, composto da cinque villette, con annessi giardini, per un totale di 8.151 metri quadrati, che si aggiungerebbero alle due case edificate recentemente.
L’insediamento urbano interessa un’area che si trova nelle vicinanze di alcune zone a protezione speciale e a siti di interesse comunitario. «L’adozione del piano particolareggiato per questo progetto nella passata consigliatura è passato in Consiglio con voto favorevole di due consiglieri comunali su 41 – ricorda Alfredo Racovelli, consigliere comunale Verdi per la pace – dopo il ricorso al Tar vinto dalle Imprese Meranesi, titolari del progetto, e in seguito al precedente voto contrario allo stesso piano, paventando al Consiglio e ai consiglieri stessi un danno erariale di un milione e mezzo di euro».
Ciò che più preoccupa i Verdi, ma anche molti abitanti di Barcola, sono le conseguenze che l’insediamento avrà dal punto di vista naturalistico e paesaggistico su un’area boschiva in salute, con numerosi alberi e piante. «Per quanto riguarda il percorso dell’istruttoria – aggiunge Racovelli – non è stata prodotta una valutazione di incidenza, manca un parere su una valutazione di impatto ambientale e su una valutazione ambientale strategica. Inoltre – prosegue - la relazione paesaggistico-ambientale, composta da due pagine in tutto, fornita dalle Imprese Meranesi, appare del tutto insufficiente».
I Verdi per la pace sottolineano come la paura sia quella che, a breve, ruspe e camion distruggano, in poche ore, un prezioso ecosistema. Un intervento-simbolo della volontà dei costruttori edili a scapito della tutela dell’ambiente, tutela che, secondo Racovelli, l’attuale amministrazione a più riprese ha annunciato di voler garantire.
Giovedì scorso la Sesta commissione consiliare ha effettuato un sopralluogo nella zona, per esaminare nel dettaglio la situazione. «Se la costruzione rispetterà tutti i passi per un armonioso e non impattante inserimento nel contesto paesaggistico – aveva dichiarato il presidente Sasco – ne saremo tutti lieti».
Un parere simile è stato espresso anche dal presidente della Terza Circoscrizione, Sandro Menia. «Personalmente ho qualche dubbio in merito alle future costruzioni – precisa Menia – ma se le carte sono in regola e vengono rispettate le normative esistenti, credo che l’impresa possa continuare nel suo intervento».
Contro il progetto edilizio ribadisce la propria contrarietà anche il Wwf, presente al sopralluogo di giovedì. «I consiglieri sul posto – osserva Dario Predonzan, responsabile per il settore territorio del Wwf regionale – hanno potuto constatare di persona in quale delicatissimo contesto ambientale e paesaggistico andrebbe a collocarsi l’intervento edilizio previsto. Il tutto in un ambito assai problematico dal punto di vista idrogeologico – continua Predonzan – come anche la recente frana di Strada del Friuli ha dimostrato una volta di più. Abbiamo documentato da anni – conclude il rappresentante del Wwf – che è tuttavia possibile fermare scempi come quello di Salita Cedassammare, modificando il piano regolatore generale che li prevede. Ciò, anche in presenza di piani particolareggiati approvati; a maggior ragione, quindi, per piani solo adottati come quello di Salita Cedassammare. Occorre soltanto che la variazione del piano generale sia adeguatamente motivata: nei casi citati le motivazioni – di carattere naturalistico e paesaggistico - certo non mancano. Finora è mancata però la volontà politica di farlo».
Micol Brusaferro

 

 

È L’APRILE PIù CALDO DEGLI ULTIMI 108 ANNI

 

TRIESTE L’aprile 2007 entra prepotentemente nelle statistiche come il più caldo degli ultimi 108 anni. Lo dicono le analisi dei dati meteorologici effettuate dai tecnici dell’Osmer-Arpa, a partire dal quelle del 1900.
La temperatura media di Trieste, ma anche quelle degli altri capoluoghi di provincia, in questo mese si è attestata sui 16,5 gradi, superando il limite di 16,2 raggiunto nel 1961. La media degli ultimi vent’anni parla invece di 13,3 gradi.
Ma non basta. Non solo l’aprile che si sta concludendo è stato il più caldo degli ultimi 108 anni, ma anche il più secco. I pluviometri installati in città e sull’altipiano carsico non sono riusciti a rilevare tracce significative di pioggia, quando invece ne avrebbero dovuta segnalare almeno per 85 millimetri, il valore medio degli ultimi anni. Qualche goccia è caduta, ma in misura così esigua da rendere impossibile ogni valutazione quantitativa del fenomeno.
Difficile, se non impossibile, che precipitazioni di qualche consistenza si presentino sulla regione. Le previsioni meteo semmai annunciano pioggia nei primi giorni di maggio, accompagnate anche da un significativo abbassamento delle temperature, atteso a partire da martedì. Ecco perché in queste ore le statistiche sono state già redatte, con l’annuncio che l’aprile 2007 è stato il più caldo e secco degli ultimi 108 anni.
Anche il mare, oltre all’aria, si trova in questo aprile anomalo in una situazione del tutto particolare. La temperatura media dell’acqua è di almeno 3-4 gradi al di sopra le misure effettuate negli scorsi decenni.
c.e.

 

 
Tribunale: nome negato agli Amici della Terra
 
Il Tribunale di Trieste presieduto da Arrigo De Pauli, ha accolto il reclamo presentato dagli «Amici della Terra Italia» e ha inibito l’uso di questo nome e del simbolo collegato agli esponenti dell’ex club di Trieste che lo utilizzavano indebitamente, secondo il ricorso della presidente Rosa Filippini, fin dal giugno 2006.
Nella sentenza- come si legge nel comunicato diffuso dagli «Amici della Terra Italia»- «i giudici sottolineano che l’utilizzo indebito del nome altrui, può ledere in modo irrimediabile il diritto di un soggetto alla propria identità».
Rosa Filippini, presidente da anni e anni e legale rappresentante dell’associazione nazionale, ha inoltre scritto nello stesso comunicato «che lo statuto dell’associazione non prevede l’espulsione dei soci, confidando nella responsabilità e nella civiltà dei comportamenti individuali. In questo caso- limite abbiamo dovuto fronteggiare in Tribunale chi pretendeva di sostituire un club locale all’Associazione nazionale, appropriandosi del suo nome e del suo simbolo, nonché del nome e del simbolo della Federazione internazionale degli Amici della Terra. Si è tentato cioè di azzerare una storia e una identità molto precise, costruite in trent’anni su tutto il territorio italiano».

 

 

ISTRIA: siccità, agricoltura e pesca in crisi  - Colture a rischio e crescono le mucillagini nelle acque costiere

 

Richiesti al governo aiuti contro la calamità naturale. L’allarme della Camera di economia regionale

POLA Se nei prossimi 8–10 giorni non dovesse piovere l'agricoltura istriana si troverà in ginocchio e bisognerà proclamare lo stato di calamità naturale. Lo affermano gli esperti della Camera di economia regionale secondo i quali al momento le piante con le radici più profonde non sono in pericolo, a differenza delle piantagioni di ortaggi e dei campi di cereali che stanno boccheggiando. E già si parla di un raccolto del frumento inferiore del 30 percento rispetto alle annate medie.
L'assessore regionale all'agricoltura Milan Antolovic rende noto che l' evolversi della situazione nei campi viene seguita di giorno in giorno e , come afferma, «il graduale aumento della temperatura e delle ore di sole sicuramente non giocano a favore degli agricoltori».
E intanto il mese di aprile sta passando senza neanche una goccia di pioggia. La siccità sta mettendo a nudo un problema da anni presente in Istria. Ossia la mancanza di sistemi di irrigazioni per cui l’esito dei raccolti rimane nelle mani di Giove Pluvio. O meglio, solo l' 1,5 percento delle superifici coltivate è irrigato, quindi troppo poco per una regione che considera l'agricoltura uno dei suoi pilastri economici.
Qualcosa comunque si sta muovendo su questo fronte, però il passo è quello della lumaca. Lo stesso Antolovic afferma che si sta aggiornando il piano d'irrigazione definito nel 1998 e mai attuato causa la mancanza di fondi. NUn piano che deve venir anche armonizzato con quello a livello nazionale e con i piani di destinazione ambientale della regione. Queste sono delle tappe obbligatorie sul percorso che si vuole intraprendere per arrivare ai mezzi del bilancio di stato e a quelli dei fondi di preadesione all' Unione europea. Stando a varie proiezioni il sistema d'irrigazione istriana verrebbe a costare 400 milioni di euro ,per i soli territori rovignese e parentino di parla di di 81 milioni. Intanto le previsioni meteo per i prossimi 4 – 5 giorni annunciano precipitazioni piovose ,quindi la ciambella di salvezza agli agricoltori potrebbe arrivare proprio all' ultimo minuto. p.r.
Le mucillagini apparse quest'anno sulla costa istriana con largo anticipo rispetto agli anni precedenti rappresentano un duro colpo per i pescatori il cui pescato è ora inferiore dal 40 all'80%. E numerosi di essi, specie da Rovigno in su sulla costa nemmeno escono in mare in quanto a conti fatti conviene di più tenere l'imbarcazione all'ormeggio. Al dicorso del carburante sprecato va aggiunta la fatica per la pulizia delle reti sommerse dalle masse gelatinose. Nella loro ultima riunione a Parenzo i pescatori della costa occidentale dell'Istria hanno ribadito l'intenzione di chiedere al presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic la proclamazione dello stato di calamità naturale che farebbe quindi scattare il risarcimento danni.
La norma regionale sulla proclamazione della calamità naturale è stata varata esclusivamente a misura di agricoltura in quanto finora non ci sono state emergenze simili in campo marino. Pertanto il bilancio regionale subirebbe un grosso colpo al quale non è preparato e in quest'ottica bisogna tener conto anche della possibile calamità in campo agricolo dovuta o alla siccita' o alle grandinate estive. Poi c'è anche un ostacolo giuridico: lo stato di calamità naturale per legge deve venir richiesto da almeno 20 tra comuni e città della Regione. E in Istria il numero delle unità d'autogoverno locale sul mare è sicuramente minore.
p.r.

 

 
Torviscosa, la rivolta inattesa del paese-fabbrica  - Settant’anni di industrie e impianti inquinanti: dalla Snia alla centrale a carbone
 
Monta la protesta degli abitanti: «Pensavano fossimo quattro gatti, hanno sottovalutato il problema». E si profila il nodo-vetreria
Un ex operaio accusa: «Il canale Banduzzi? Qui con il mercurio c’è il pesce-termometro» - Il leader del Comitato: «Illy ci spieghi perché la commissione ha dato il via libera»
TORVISCOSA «Se peschi un pesce nel canale Banduzzi, poi lo usi come termometro». Qualcuno, a Torviscosa, ci scherza sopra. Quel canale, a est di un paese di poco più di tremila abitanti, è sotto sequestro dal 2005: troppo mercurio, 175 volte oltre il massimo di legge. L’acqua del Banduzzi scorre verso l’Aussa-Corno, direzione laguna, a cinque chilometri c’è pure un Sic. «Non scriva il mio nome ma solo che è uno scandalo – racconta un ex operaio della Caffaro –: sotto il Banduzzi, il canale utilizzato per il trasporto del carbone che alimentava la centrale, c’è una bomba a orologeria».
LA PROTESTA Non solo lì sotto: da gennaio a marzo gli sforamenti di polveri sottili sul territorio hanno toccato quota 29. Adesso che a Torviscosa non hanno più la centrale a carbone – la dismettono il primo maggio – e nemmeno le nevicate ad agosto (cadevano fiocchi di cenere fino a vent’anni fa), la gente si ritrova un nuovo «babau», il cementificio del gruppo veneto Grigolin, quello che 24 sindaci contestano e che la giunta Illy, invece, intende autorizzare. «Pensavano protestassimo in quattro gatti, hanno sottovaluto il problema» dice Mareno Settimo, il portavoce del comitato «No al cementificio».
L’AREA Lo hanno scritto in rosso sopra lenzuoli bianchi. Il cartello Torviscosa è incastrato tra due case con lenzuolo, ma i «No al cementificio» li trovi davanti ai bar, sopra la salumeria, sulle terrazze. «Ne spuntano tre al giorno» precisa Settimo, da 12 anni consigliere comunale di opposizione, area ambientalista, insegnante di arte e immagine alla media Divisione Julia in viale XX Settembre a Trieste. Ogni giorno prende la statale 14 e, a sud della linea ferroviaria Venezia-Trieste, di fronte ai vigneti, si lascia alla spalle l’area in cui dovrebbe sorgere il cementificio.
IL COMUNE In paese ce l’hanno con Riccardo Illy, Gianfranco Moretton «e compagnia». Il 25 aprile, mille persone in piazza, se la sono presa anche con Roberto Duz, il sindaco diessino favorevole all’impianto. «Qui la politica, di ogni colore, è sempre stata influenzata dai poteri forti – sostiene il portavoce del comitato –, cioè dall’industria. Per 25 anni c’è stata la Dc, per 17 il Psi, negli ultimi 12 i Ds. Nulla è cambiato, anche quello del centrosinistra è un governo padronale. Del resto Torviscosa non ha una storia. La sua storia è quella della Snia».
L’INIZIO La fabbrica di cellulosa di Torviscosa – Saici, consociata Snia – aprì nel 1938, senza regole. Nel 1941, i primi problemi con il prefetto di Udine, due anni dopo l’autorizzazione, nel 1949 l’inizio della guerra (persa legalmente) con una Marano inquinata dagli scarichi, nel 1953 una sanatoria. Una storia di inquinamento e pretori, di una Snia in difficoltà costretta a vendere le case agli operai, del famoso «Tubone» e, dai primi anni Sessanta, della centrale a carbone (Caffaro dal 1995).
LE CENTRALI «Non attivavano i filtri – ricordano in paese – ed ecco le nevicate di cenere in agosto». Martedì la dismissione, ma dall’anno scorso c’è la centrale a turbo-gas. «Ce ne tolgono una da 30 megawatt ed ecco un’altra da 800 Mw – spiega Settimo –. E ci aggiungono il cementificio e la vetreria della Sangalli, altro progetto all’attenzione della commissione Via regionale. Tre impianti da 1.500 tonnellate annue di ossido di azoto, 4.500 totali contro le 323 della vecchia centrale. E, mentre ci tolgono 1.200 tonnellate di ossido di zolfo con la dismissione del carbone, ce le sostituiscono con le 750 della vetreria».
SFORAMENTI I comitati, a Torviscosa, non sono una novità. Si opposero nel 1992 all’inceneritore progettato della Waste e nel 1996 a una fabbrica di Cvm, il cloruro di vinile monomero, cancerogeno riconosciuto. Oggi, chi vuole il cementificio dà la colpa dell’inquinamento al traffico, ai piccoli camini. Ma la centrale a turbo-gas, protesta il comitato, contribuisce a sforare il limite di legge dei 30 microgrammi di ossido di azoto. E Torviscosa, a causa della combinazione dei diversi inquinanti, non ha pace: d’estate l’ozono, d’inverno i Pm10, le polveri sottili.
I DUBBI «A metà degli anni ’90 – ricostruisce ancora Settimo, che parteciperà al “contro G8” triestino ma rifiuta una targa politica per il comitato – l’Istituto superiore di sanità segnalava incidenze molto alte di tumori alla laringe e ai polmoni. Difficile immaginare che le cose siano migliorate, anzi». Che dire a Illy? «Che non lo rivoto più. Ma intanto gli dico che guardi bene la documentazione: perché il primo “no” al cementificio, con 12 parametri su 15 bocciati dalla commissione, è diventato un “sì”?».
Marco Ballico

 

 

«La crisi non nasce all’improvviso e non siamo il partito del no. Spero ancora che la nostra linea prevalga» Pizzati: «Illy rifiuta di incontrarci da settembre»

 

TRIESTE «È da settembre che Riccardo Illy, nonostante i nostri ripetuti tentativi, ci rifiuta un incontro». Gianni Pizzati, il segretario dei Verdi, conferma l’ultimatum. Ma, rifiutando l’etichetta di «partito del no», ne spiega la genesi: una genesi che parte da lontano. Al contempo, però, spera ancora che il presidente bocci il cementificio di Torviscosa: la classica goccia.
Se il cementificio si fa, quindi, i Verdi escono.
L’abbiamo già detto. Il percorso di uscita, naturalmente, sarà partecipato.
Crede davvero che Illy possa cambiare idea?
Non deve cambiare idea. Ma essere coerente con quello che ha sempre detto: il cementificio si fa se è a impatto zero. Bene, non lo è.
Ma Illy dice che le autorizzazioni sono regolari.
Non è così. Perché i pareri negativi, in un mese, sono cambiati?
In maggioranza, intanto, nessuno si sbraccia troppo per trattenervi. Il Partito democratico non sembra accanirsi.
Vero. Nessun accanimento.
Rifondazione e Pdci non sembrano disposti a seguirvi.
Non mi stupisce.
Sollecitano, però, un incontro di maggioranza. Ci sarete?
Ovviamente, se si terrà, vi parteciperemo. È un onere e un onore cui non intendiamo sottrarci finché restiamo in maggioranza.
Sandro Metz, in verità, ha detto qualcos’altro...
Credo sia stato frainteso.
C’è chi sostiene che Metz vuole rompere e Pizzati restare.
Ogni tanto c’è chi tenta di mettersi in mezzo tra me e Sandro ma, alla fine, resta male. In questa vicenda, poi, c’è stata una personalizzazione eccessiva tesa a isolare Metz. E non sono emersi fatti importanti.
Quali?
La crisi non nasce all’improvviso. A settembre, dopo una riunione sulla Finanziaria, abbiamo manifestato una forte insofferenza. Da allora, non siamo più riusciti a parlare con Illy, se ci eccettua il contatto diplomatico per la visita di Alfonso Pecoraro Scanio.
Avete sollecitato un incontro?
Molte volte, invano. Mi è stato detto di spedire una mail.
Ha spedito, invece, un ultimatum. Ma, conoscendo Illy, la sua risposta non era ovvia?
Io sono un suo sostenitore della prima ora e lo rivendico. Sono persino un po’ imbarazzato. Ma l’ultimatum è stato fatto a ragion veduta. Non certo a caso. E tutti sono stati informati: non siamo contro Illy o il centrosinistra ma la nostra posizione è diventata insostenibile.
Perché?
I Verdi hanno deciso, da tempo, di non essere il partito del no. Ma il partito del come: io, ad esempio, pur attirandomi l’odio degli ambientalisti, non ho mai detto che il Corridoio 5 è impossibile o che i cementifici non si devono fare. Ma mi sono sempre battuto sul come si devono fare: e il come implica il rispetto di un metodo, quello partecipato che nel programma di Intesa c’è. L’abbiamo voluto noi, ritenendolo però condiviso in quanto attiene all’essenza della democrazia. E invece, in questi quattro anni, quel metodo è stato tradito: questo è il motivo vero della crisi.
Ma, uscendo da Intesa, dove andrete?
Stiamo facendo un grosso sacrificio. Ma se non riusciamo a spostare una virgola, perché restare al governo? Proveremo a fare un grande patto con il territorio, a dar vita a una nuova aggregazione, in cui riunire chiunque voglia uno sviluppo davvero sostenibile.
Verdi più comitati?
È riduttivo.
Illy non vi trattiene. Vi ricorda che, nel 2008, resterete fuori dal consiglio.
Se il capitale sociale della nuova aggregazione è il 4%, i Verdi ci hanno già messo il 51%. Il presidente, sul mercato, ha il 4-5% di valore aggiunto. Non sono valori così distanti. E al 2008 manca tempo.
Separati oggi e ricongiunti domani? Illy l’ha già escluso.
I politici fanno i conti con la realtà. Ma, lo ripeto, spero ancora che la nostra linea sul cementificio prevalga.

Roberta Giani

 

 

In Fvg l’aprile più caldo degli ultimi 107 anni  - La temperatura media è stata di 16 gradi. Temporali in arrivo martedì 1° maggio

 

Ancora un fine settimana all’insegna del secco. Prevista nei prossimi giorni una perturbazione che porterà piogge e aria più fresca

UDINE Aprile si sta confermando il mese più caldo degli ultimi 107 anni in Friuli Venezia Giulia. Lo ha reso noto ieri l'Osmer dell'Arpa precisando anche che il mese che si sta chiudendo è stato uno dei più siccitosi degli ultimi 100 anni.
In tutti i capoluoghi della regione la temperatura media, con oltre 16 gradi, ha raggiunto e superato il precedente record del 1961. Per avere un mese così secco occorre invece risalire al 1955 e al 1982 quando si registrarono solo pochi millimetri di pioggia in regione.
A meno di qualche rovescio nelle ultimissime ore dell'ultimo giorno del mese, aprile 2007 rimarrà dunque nella storia come un mese veramente eccezionale perchè, dalle analisi dei dati effettuate dall'Osservatorio meteo dell' Arpa fino al 1900, non era mai accaduto che queste due caratteristiche (caldo e siccità) si presentassero assieme.
Fine settimana estivo, dunque, poi però nuvole per il 1 maggio e nella seconda parte della settimana piogge anche al Nord. Queste le previsioni dei meteorologi per il prossimo ponte festivo.
Grazie all'alta pressione sarà un fine settimana dalle caratteristiche estive, con tanto sole ovunque ma anche nuvole e brevi temporali (classici acquazzoni estivi) che nelle ore centrali del giorno si formeranno sui rilievi della Penisola e le zone interne di Sicilia e Sardegna. Secondo le previsioni degli esperti le temperature pomeridiane saliranno ulteriormente, con massime praticamente inizio estate, quasi ovunque comprese tra 20 e 28 gradi: in particolare oggi a Milano si toccheranno 27 gradi, a Trento 28 gradi, a Venezia 25 gradi, a Bologna 26 gradi, a Firenze 27 gradi, a Roma 24 gradi, a Napoli 24 gradi, a Palermo 22 gradi, a Cagliari 24 gradi. Domani invece, secondo i meteorologi, su gran parte d'Italia il sole verrà sostituito dalle nuvole, a causa di un vortice di bassa pressione che, proveniente dalla Spagna, porterà anche qualche pioggia sulle regioni del versante tirrenico e le isole maggiori; le temperature massime caleranno quasi ovunque di un paio di gradi, per cui ci sarà anche un'attenuazione del caldo. Martedì 1 e mercoledì 2 su gran parte dell'Italia si alterneranno nuvole e momenti di bel tempo, con qualche acquazzone nelle ore centrali del giorno più che altro su Alpi e zone appenniniche; le temperature non subiranno grandi variazioni, sempre in generale al di sopra della norma.
Tra giovedì 3 e venerdì 4 una perturbazione atlantica raggiungerà l'Italia portando piogge diffuse, anche di forte intensità, al Centronord e poi, nella giornata di sabato 5, al Sud. Nella seconda parte della settimana - concludono gli esperti - anche le temperature caleranno di qualche grado, soprattutto al Nord, per cui ovunque finirà questa ondata di caldo e, soprattutto tra venerdì e sabato, nelle regioni settentrionali si farà sentire anche un po’ di fresco.

 

 
Dall’Everest allarme sui ghiacciai -  ll cambiamento climatico influisce sugli ecosistemi di alta montagna
 
MONTE EVEREST Arriva dai laghi himalayani l'ultimo allarme sul destino dei ghiacciai più alti del mondo. Lo hanno registrato gli strumenti installati nel Laboratorio Internazionale Piramide, sul versante nepalese dell'Everest, dai ricercatori del Comitato Ev-K2-Cnr e dell'Istituto di Ricerca sulle Acque (Irsa) del Cnr. Il cambiamento climatico globale sta avendo un forte impatto sugli ecosistemi dell'alta montagna, osservano i ricercatori, Gianni Tartari, dell'Irsa-Cnr e presidente del Consiglio scientifico del Comitato Ev-K2-Cnr, e Franco Salerno, dell'Irsa-Cnr. Si calcola che da circa un secolo i ghiacciai abbiano perso il 50-60% del loro volume e lo stesso sta avvenendo in Himalaya, l'ambiente che per concentrazione di ghiacciai è considerato il terzo Polo del mondo, dove si concentra la maggior parte dei ghiacciai non polari. Un fenomeno ancora più preoccupante, considerando che il 70% dell'acqua potabile è conservata nei ghiacciai: solo quelli himalayani forniscono approvvigionamento idrico a centinaia di milioni di persone e alimentano, inoltre, sette tra i più grandi fiumi asiatici. «Questi dati confermano come il nostro impegno nel monitoraggio climatico e ambientale di quest'area sia nodale», osserva il presidente del Comitato Ev-K2-Cnr, Agostino Da Polenza. «L'Asia, date anche le sue condizioni e le sue tendenze dal punto di vista demografico, socioeconomico e industriale, è un continente cruciale per le sorti del pianeta», rileva Da Polenza. A ridursi sono stati soprattutto i ghiacciai più piccoli, che si trovano a quote più basse e a latitudini inferiori. Un regresso che i ricercatori collegano in parte all'aumento delle concentrazioni di gas serra di origine prodotti dall'uomo.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 28 aprile 2007

 
Case, pannelli solari obbligatori in Fvg  - La norma prevista per le nuove costruzioni e per quelle in ristrutturazione
 
Via libera preliminare al disegno di legge sull’energia. Incentivi per gli impianti di riscaldamento che consumano meno
Sanità, riconfermata la Baccarin a Gorizia e Delli Quadri a Pordenone Fondi per la cooperazione
TRIESTE I nuovi edifici e quelli da restaurare dovranno essere dotati di pannelli solari. Lo stabilisce il disegno di legge approvato ieri dalla Giunta regionale, riunitasi a Trieste. Il documento, approvato in via preliminare prima dell'esame in Commissione e quindi in Consiglio regionale, va a ridisegnare la normativa sul tema dell'energia, datata 2002. «Pur essendo una legge abbastanza giovane – ha sottolineato l'assessore Lodovico Sonego – era necessario apportare una revisione alla questione energetica con uno strumento nuovo e organico che tenesse conto del rinnovato quadro normativo nazionale, nonché della legge regionale che delega nuove funzioni agli enti locali».
La principale novità del disegno di legge riguarda appunto l'obbligo di installare pannelli solari termici negli edifici di nuova costruzione ed in quelli in fase di restauro mentre non sono previsti obblighi né specifiche agevolazioni per i vecchi edifici non in rifacimento. Il testo prevede inoltre di predisporre, nelle costruzioni in cui dovranno essere installati i pannelli termici, l'impiantistica necessaria per la successiva installazione di pannelli solari fotovoltaici. Il ddl approvato ieri istituisce inoltre la possibilità di erogare incentivi, da parte dell'amministrazione regionale, per favorire l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, di impianti a risparmio energetico, di sistemi ad alta efficienza energetica e ridotto impatto ambientale e dell'idrogeno. Oltre a stabilire le competenze della Regione (che si occuperà di fornire le linee di indirizzo e programmazione energetica) e degli locali, il disegno di legge istituisce il catasto informatico comunale degli impianti termici e quello regionale degli elettrodotti.
Infine il ddl conferma la volontà della Regione di promuovere e favorire la formazione di organizzazioni societarie e forme associative per l'acquisto di energia sul libero mercato e la stipulazione di accordi con operatori del settore per la fornitura di energia al sistema produttivo ed all'utenza civile, come peraltro già indicato da un'apposita legge approvata nel novembre dello scorso anno. Sempre in tema di energia, l'esecutivo regionale ha espresso parere favorevole al raggiungimento dell'intesa con lo Stato per il progetto di potenziamento del metanodotto Flaibano-Gonars, per il quale la Snam Rete Gas aveva chiesto l'autorizzazione al Ministero per le Attività Produttive.
NOMINE L'Ass n.6 Friuli Occidentale ha un nuovo direttore generale. E' Nicola Delli Quadri, nominato ieri dalla Giunta regionale, che prende il posto di Fabrizio Oleari, ora investito di un nuovo incarico presso il Ministero della Salute. «La nomina di Delli Quadri – recita la nota della giunta – tiene conto dell'attività svolta finora dal nuovo direttore generale, che ha ampiamente dimostrato di possedere un profilo professionale caratterizzato e orientato verso problematiche organizzative, di pianificazione e programmazione, oltre che strettamente sanitarie, e quindi in grado di dirigere una situazione complessa come quella dell'Ass n. 6». Nominato anche il direttore generale dell'Azienda sanitaria Isontina ma in questo caso si tratta di una conferma: Manuela Baccarin ricoprirà nuovamente la carica per la quale era stata chiamata nell'aprile di tre anni fa.
OPERE PUBBLICHE Approvata la delibera che concede ai Comuni di Trieste e di San Daniele del Friuli contributi per complessivi 486.048 euro per progetti relativi all'introduzione di strumenti telematici per lo smistamento merci. Al capoluogo andranno oltre 441 mila euro per il progetto pilota di sviluppo tecnologico a banda larga per l'ottimizzazione del trasporto merci mentre al comune collinare 45 mila euro per la realizzazione dello studio di fattibilità e progettazione di una piattaforma logistica e delle opere correlate alla predisposizione di reti a banda larga. La Giunta ha inoltre approvato il programma triennale dei lavori pubblici 2007-2009 di competenza diretta della Regione e l'elenco annuale dei lavori pubblici relativo al 2007. Per quanto riguarda il 2007, l'Elenco contiene in larga misura opere idraulico-forestali e di sistemazione territoriale di competenza della direzione Risorse agricole naturali forestali e Montagna.
COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA Progetto italo-austriaco tra istituti scolastici finanziato con 32 mila euro di fondi Interreg. L'iniziativa riguarda istituti di istruzione primaria e secondaria italiani e austriaci. Il progetto prevede gruppi di lavoro (composti da dirigenti scolastici e amministrativi nonché insegnanti) e sarà anche l'occasione per diffondere i risultati conseguiti nell'attuale periodo di programmazione dai 15 progetti approvati nel bando di cooperazione transfrontaliera attraverso la circolazione di materiali didattici, pubblicazioni e l'organizzazione di un convegno finale.
Roberto Urizio

 

 
A4, ok ai sorpassometri per i Tir - Incontro fra il presidente Santuz e la polizia stradale. Il 7 maggio c’è il cda
 
PORDENONE Il “pacchetto” sicurezza della autostrada A4, attende solo l’approvazione del consiglio di amministrazione di Autovie Venete che si riunirà il 7 maggio per esaminarlo. In tale occasione, oltre al via libera definitivo alle misure, sarà definito anche l’investimento finanziario dell’intera operazione. Sorpassometri, ovvero telecamere per individuare i trasgressori del divieto di sorpasso, incentivazione del traffico notturno, corsie preferenziali per gli automobilisti in caso di ingorghi, sono alcuni degli interventi studiati da Autovie e Polizia stradale. Le parti, dopo l’incontro con le categorie dei trasportatori, si sono ritrovate per mettere a punto il piano definitivo. Nella riunione di ieri sono stati valutati poi i criteri per l’utilizzo dei sorpassometri, dispositivi che permetteranno di individuare, direttamente dalla centrale operativa, i mezzi pesanti che non rispetteranno il divieto di sorpasso. Il presidente di Autovie, Giorgio, Santuz e i rappresentanti della Polstrada (Pietro Luigi Saga per il Nordest e Giuseppe Stornello di Udine) si sono soffermati, inoltre, sugli aspetti tecnico-operativi relativi all’apertura della seconda corsia della tangenziale di Mestre per lo scorrimento del traffico pesante, soluzione sulla quale dovrà esprimersi la prefettura di Venezia, ente competente in materia.
L’ipotesi avanzata è, infatti, quella di rendere il traffico più scorrevole diluendo i mezzi pesanti – principali utilizzatori della tangenziale – su due corsie invece che su una, mantenendo una sola corsia per le automobili. La proposta trova per altro concordi gli autotrasportatori che restano imbottigliati dall’unica colonna che si crea solitamente da casello a casello. Nel corso dell’incontro, infine, è stata verificata la funzionalità del coordinamento tra le rispettive sale operative, sinergia fondamentale per fornire un’informazione tempestiva agli utenti in transito sulla rete autostradale.

 
Illy difende il cementificio, no di Antonaz  - Più vicina la rottura con i Verdi. Metz: si apre un nuovo spazio politico per le regionali
 

Il presidente incassa il primo sì della giunta. La sinistra radicale fa i conti con la paura di essere esclusa dai giochi politici del 2008

TRIESTE L’happy end, la riappacificazione tra Illy e i Verdi, si allontana sempre più. E il timore si diffonde: «Il passaggio è delicatissimo, serve la massima serietà, perché Torviscosa potrebbe avviare dolorose separazioni dentro Intesa democratica» sussurra un big della sinistra antagonista.
Chissà, forse esagera. Ma, di sicuro, conferma che il cementificio - e, ancor più, il duello tra il presidente decisionista e i Verdi stufi «di quattro anni fallimentari di politiche ambientali» - tocca i nervi più scoperti della coalizione. O, almeno, di una sua parte: la sinistra antagonista, nei giorni in cui a Roma vanno in scena le grandi manovre post-Partito democratico, si interroga sul rapporto con Illy. Sulla tenuta di un’alleanza «inclusiva» che, nel 2003 in Friuli Venezia Giulia e un anno fa a Roma, fu decisiva per vincere. Ma, ancor più, si interroga sulle intenzioni del presidente: «Illy la riterrà decisiva, quell’alleanza, nel 2008? Oppure si sentirà più forte, riterrà di poter fare a meno del nostro 10% e perciò, quando arriveremo alla stesura del programma, pretenderà di inserirvi la Tav, i rigassificatori, gli elettrodotti e chissà che altro, spingendoci alla rottura?».
Domande, tante domande. Che, almeno per ora, non trovano risposta: il programma per la futura legislatura, quello che più d’uno ritiene cruciale per i destini di Intesa democratica, si deve appena scrivere. Ma, mentre Rifondazione pur preoccupata è disposta ad attendere, i Verdi non lo sono affatto: «In ballo non c’è solo il cementificio che abbiamo preso quasi a pretesto, perché riassume su di sé tutta la politica che avversiamo, dall’insostenibilità alla partecipazione umiliata, dall’iter autorizzativo discutibile all’alto impatto ambientale. In ballo - tuona Metz - c’è la democrazia, il metodo con cui si assumono decisioni che ricadono su territorio, ambiente, salute dei cittadini: oggi il cementificio dà la misura di come si valuteranno domani la Tav, l’elettrodotto, i rigassificatori. E i Verdi non ci stanno più».
Le paure, come quella di non farcela a superare uno sbarramento del 4 per cento nel 2008, non fanno troppa presa. E non solo perché «i valori non si negoziano con una poltrona» ma anche perché, osserva Metz, «adesso si apre una situazione interessante. I Verdi credono infatti che, nel 2008, il Partito democratico non sia l’unica sperimentazione che valga la pena di fare in Friuli Venezia Giulia». Non aggiunge granché, il consigliere regionale, ma c’è chi scommette che i Verdi, quelli che da queste parti hanno un’anima più «disobbediente» che altrove, abbiano deciso a tavolino di rompere e puntino ad occupare la sinistra più a sinistra, coalizzandosi con i tanti comitati cittadini che si sono riuniti in una «rete regionale» e che annunciano in queste ore un «contro G8» triestino all’insegna di cortei e proteste.
Metz, tuttavia, non formalizza ancora il divorzio: «È chiaro che Illy dovrebbe fare autocritica perché la sua politica, fondata su un modello di sviluppo novecentesco fatto di cemento e infrastrutture devastanti, ha fallito. Ma aspettiamo la decisione formale della giunta che dovrebbe arrivare tra un mese».
Dopo il passaggio di ieri, però, quella decisione sembra scontata: il presidente, sulla «questione cementificio», incassa agevolmente un sostanziale via libera della giunta. Illy - pur sapendo che anche Rifondazione e Comunisti italiani sono contrari e che persino la Quercia, dove si oppone il capogruppo Mauro Travanut, ha qualche problemino - sostiene l’insediamento: fornisce argomenti tecnici, ricorda il rispetto delle leggi, cita le verifiche effettuate e il parere favorevole della commissione Via. Gianfranco Moretton dà man forte. Lodovico Sonego non è da meno. «Hanno ricordato il cementificio di Trieste, dove si producono 1.500-1.600 tonnellate al giorno, senza che nessuno insorga. Hanno citato quello di Fanna dove c’è un monitoraggio 24 ore su 24. Hanno anche detto - confida un assessore - che la Caffaro, proprietaria del terreno su cui dovrebbe sorgere il nuovo cementificio, si è impegnata a destinare i 5 milioni di euro della vendita alla bonifica del territorio. Hanno aggiunto che tutte le prescrizioni dell’Azienda sanitaria sono state recepite».
Risultato? Illy non trova oppositori. Se non Antonaz: «Ho manifestato le mie perplessità nel merito e nel metodo. Farò gli approfondimenti ma - conferma, più tardi, l’assessore di Rifondazione - credo che il cementificio vada a colpire un’area già degradata. E soprattutto ritengo che non si possa trascurare il rapporto con il territorio, con la popolazione, con gli enti locali».
Antonaz, tuttavia, non forza. E non forza nemmeno il suo partito. Certo, il segretario regionale Giulio Lauri incassa soddisfatto l’incontro di maggioranza, chiesto giovedì, in tandem con il Pdci: «Si terrà entro metà maggio, tra l’11 e il 14 credo, e sarà l’occasione per un chiarimento». Ma, al contempo, si smarca dai Verdi: «Quando dichiara di non voler partecipare al tavolo di maggioranza, Metz sbaglia. E ci preoccupa: dà l’impressione che il suo partito abbia già deciso di uscire. Spero non sia così perché noi stiamo lavorando affinché la maggioranza resti unita».
E il nascente Partito democratico, a fronte delle fibrillazioni dell’ala sinistra e delle resistenze crescenti al cementificio, che fa? Margherita e Quercia, provando a mediare, promettono valutazioni accurate, dicono sì a un incontro di maggioranza che, da quando trapela in via Carducci, non sarà dedicato solo a Torviscosa, ma non accettano l’ultimatum verde: «Le procedure vanno rispettate. Alla fine, però, le decisioni vanno prese. Non è accettabile che un partito abbia il diritto di veto su tutto» sintetizza Cristiano Degano.
Il centrodestra, sin d’ora, infierisce. «Intesa, alla prima ruspa, va in pezzi» afferma, per An, Luca Ciriani, An. Rincara la dose, per Forza Italia, Isidoro Gottardo: «Il cementificio crea profondo disagio in tutti quelli che s’aspettavano che Illy fosse attento all’ambiente e invece si accorgono che ignora sindaci, movimenti, cittadini, pretendendo di decidere in barba a pareri e sensibilità». Non basta: «Illy può fare l’arrogante anche perché i Ds glielo permettono. Bruno Zvech nemmeno difende il suo capogruppo maltrattato» dice Ciriani. E Gottardo: «Quando denuncio l’emergenza democratica, contesto innanzitutto il centrosinistra e, in particolare, i Ds. Sono totalmente sottomessi a Illy e, così facendo, indeboliscono il consiglio. L’ultimo caso? Il presidente manca di rispetto a Travanut, ma nessuno reagisce».
Assurdità, replica a distanza Zvech. Non esiste un caso Illy-Travanut, checché speri il centrodestra: «Affrontiamo passaggi delicati in un quadro generale di sviluppo regionale e, proprio per questo, rilanciamo con forza l’idea di una riflessione e di un confronto seri. Travanut fa il suo ragionamento e non ha certo bisogno di difese d’ufficio: siamo un partito che discute, si confronta e alla fine, fermo restando il diritto di ciascuno ad esprimere le sue posizioni, trova sintesi unitarie» assicura il segretario diessino. Ma nemmeno lui può impedire che la telenovela continui. E un nuovo tarlo dilaghi: come sarà la coalizione che, nel 2008, sosterrà Illy?
Roberta Giani

 

 
Travanut: in commissione la verità sull’impianto - Il capogruppo diessino ribadisce il suo voto contrario e annuncia la convocazione dell’organismo
 
CERVIGNANO Mauro Travanut, capogruppo della Quercia in consiglio regionale, ribadisce il suo no al cementificio di Torviscosa. Un no espresso anche ieri, nel corso di una conferenza stampa, dopo che il governatore Illy lo aveva invitato a pensare solo a fare le leggi. Non è sceso Travanut sul campo della polemica ma, solleticato dalle domande dei presenti, ha puntualizzato gli aspetti controversi che fanno della "vicenda cementificio" un caso da chiarire in tutti i suoi aspetti. «Se ci saranno punti per i quali le spiegazioni non saranno chiare, - ha affermato Travanut - ma si entra nel campo del puro volere, non potrò che seguire le sole cose comprensibili, prendendo come riferimento mia madre e mia figlia». Come dire che se «non mi convinceranno della razionalità del cementificio in Torviscosa... tutto sarà possibile». Ecco i punti ricordati da Travanut in risposta alle varie domande: "Direttiva Seveso" non applicata e della quale non si è tenuto conto; relazione di Valutazione impatto ambientale del 2 febbraio contenente 12 parametri su quindici negativi ma per la mancanza del numero legale, per la quale la commissione non ha potuto procedere. «Si riunì il 28 marzo - rende noto Travanut - ed i parametri risultarono cambiati in positivo. Credo che in sede di IV commissione, si dovrà portare alla luce il perché delle difformità tra le due relazioni. Dovrà emergere la verità e non la volontà».
Alberto Landi

 

 

La Trieste Trasporti: urge varare il Piano del traffico con le corsie preferenziali

 

Un milione di passeggeri in meno sui bus E ancora uno su dieci non paga il biglietto

Calano i passeggeri sugli autobus di Trieste: nel 2006 sono stati addirittura un milione in meno rispetto all’anno precedente. Quasi un passeggero su dieci inoltre continua a non pagare il biglietto. I dati sono stati stati resi noti ieri nel corso della presentazione alla stampa del bilancio 2006 della Trieste Trasporti.
Sono salite l’anno scorso sui bus 72 milioni di persone (molte persone prendono i mezzi pubblici centinaia di volte durante un anno e più volte nel corso della stessa giornata e ogni salita viene conteggiata), a fronte dei 73 milioni nel 2005. Le cifre sono comunque considerate buone rispetto alla media nazionale. Le cause del calo sono state individuate dall’azienda «nel leggero calo demografico registrato in provincia, negli incentivi in vigore per favorire la mobilità privata (carburanti a prezzi agevolati e rottamazioni), nella carenza di corsie privilegiate e nelle soste selvagge che rendono più lento e problematico il percorso dei nostri autobus», e che di conseguenza dissuadono alcuni potenziali passeggeri.
«Il Comune ci fa soffrire - ha commentato l’aministratore delegato Cosimo Paparo che era affiancato dal direttore generale Piergiorio Luccarini, dal direttore d’esercizio Roberto Gerin e dalla responsabile marketing Elena Colombo - perché è ancora in fase di analisi il nuovo Piano del traffico e delle soste nella cui bozza sono inserite numerose importanti innovazioni per il trasporto pubblico, che potrebbe vedere un significativo incremento delle corsie ad esso riservate. Purtroppo al momento nulla di concreto è all’orizzonte».
Non è rimasto allo stesso Paparo che appellarsi agli automobilisti invitandoli a non sostare sugli spazi per gli autobus (è stata sottolineata anche la necessità che intervenga più assiduamente la polizia municipale) e a dare la precedenza ai mezzi pubblici che escono dalle fermate. Perché, per tutti questi motivi, la velocità dei bus a Trieste resta molto bassa: vanno in media a 14,9 chilometri all’ora, mentre crescono i costi: 4 euro e mezzo per ogni chilometro il che, sottolinea la stessa azienda, «colloca Trieste Trasporti su una soglia di attenzione rispetto ad altre aree metropolitane». Come messo in rilievo dallo stesso bilancio dunque il rapporto tra ricavi e costi è pari al 28,18 per cento, «ben lontano - si sottolinea - dall’obiettivo del 35 per cento preso a riferimento nel Piano regionale del trasporto pubblico locale».
E in questo caso, Trieste Trasporti punta il dito, oltre che sulla bassa velocità cui i mezzi sono obbligati a viaggiare, sui ricavi delle vendite di biglietti e tessere che non aumentano in proporzione agli aumenti tariffari autorizzati dalla Regione, sui costi del gasolio aumentati del 6 per cento, quelli per la manutenzione del 17 per cento e quelli del personale del 5 per cento. E ancora sull’indice di mancata prestazione in azienda (per malattie, infortuni, permessi di vario tipo), che pur registrando un lieve miglioramente, rimane superiore al 10 per cento».

Silvio Maranzana

 

 

TT: in 4 anni arriveranno 128 nuovi mezzi

 

Ma il bilancio della società per il 2006 (40 nuovi assunti) si chiude in attivo con un utile netto di 919 mila euro

Non sono mancati anche alcuni dati positivi nel consuntivo fatto ieri da Trieste Trasporti. L’assemblea dei soci il 24 aprile ha approvato all’unanimità il bilancio di esercizio che chiude con un utile netto di 919 mila 741 euro. L’utile distribuibile, pari a 777 mila 426 euro, è stato ripartito con un dividendo di 20 euro per azione in base alle azioni possedute. Di conseguenza, 408 mila 420 euro sono andati a Amt Trieste, 203 mila e 500 a Sab Bergamo, 68 mila e 60 a Sia Brescia e 20 euro a Ratp Parigi. La differenza, 97 mila 426 euro, è stata portata a riserva straordinaria della società.
Nel 2006 sono stati assunti 40 dipendenti «confermando Trieste Trasporti con i suoi 839 dipendenti - si sottolinea - come una delle realtà economiche e produttive più importanti della provincia». È stato anche riscontrato un miglioramento grazie all’introduzione del biglietto pluricorse e a una maggiore efficacia dei controlli amministrativi nei confronti degli evasori, stimati ancora nell’ordine dell’8-10 per cento.
Nel 2006 sono stati anche ordinati 31 autobus e 70 filtri antiparticolato da montare sui mezzi con motorizzazione Euro 3 per un investimento complessivo di 6 milioni 752 mila euro. L’attuazione del piano pluriennale di rinnovo prevede tra il 2007 e il 2010 l’acquisto di 128 nuovi autobus. Quelli in esercizio sono complessivamente 274 (di cui oltre la metà Euro 3) e fanno 49 mila chilometri al giorno. È stato anche stipulato un contratto per l’acquisto dell’area denominata Broletto 2-San Marco da adibire a deposito e rifornimento del parco bus della Trieste Trasporti. I lavori di adattamento si concluderanno entro il 2008 con un investimento di 6 milioni di euro.
s.m.

 

 

Una larva infesta gli alberi  - Sul Carso e in città arbusti e piante ad alto fusto colpiti dal fenomeno  - Le grandi ragnatele della farfalla Yponomeuta

 

I bruchi avvolgono le piante con i loro nidi e si nutrono delle gemme. Il danno è però reversibile: in qualche settimana ritornano le foglie

TRIESTE Assomigliano a enormi ragnatele setose, quasi delle lenzuola argentee che avvolgono piante e arbusti in piena fioritura. Da qualche giorno in numerosi parchi pubblici, nelle aree verdi della città e del Carso, nei parchi comunali del Farneto e di Villa Giulia, non è difficile imbattersi nell’opera implacabile quanto minuziosa della Yponomeuta. Un insetto colpevole dell’imbiancamento precoce di tanti alberelli e piante che, per effetto della coltre vischiosa che li avviluppa, sembrano condannati a morte certa.
Non sono pochi i triestini che di fronte allo spettacolo insolito e poco attraente provocato dell’insetto, non hanno esitato a segnalare il fenomeno agli uffici comunali e ad altre istituzioni territoriali che si occupano di piante e alberi.
Escursionisti e frequentatori dei boschi suburbani e dell’altipiano non hanno tardato a notare come tante piante risultino coperte dalle grandi e ovattate ragnatele. L’Yponomeuta ha colpito ovviamente anche arbustin e alberelli in giardini e proprietà private.
La paura di tutti è che l’insolito flagello setoso danneggi in modo irreparabile le piante colpite, condannandole all’abbattimento. «Spesso lo sviluppo naturale delle piante è accompagnato da fenomeni parassitari dalle manifestazioni eclatanti – spiega Alfonso Tomè, dottore forestale – in grado di mettere in apprensione tutte le persone che amano il verde. E’ più che logico, dunque, che in molti abbiano chiamato il Comune e altre realtà che si occupano di problemi ambientali per segnalare questo particolare evento».
Secondo Tomè la situazione di disagio delle piante toccate dall’insetto è fortunatamente reversibile. Si tratterebbe di un evento per certi versi normale, causato dal pullulare delle larve di una farfalla del genere citato, l’Yponomeuta. «Le larve di questi micro lepidotteri – spiega il professionista – si aggregano all’interno di nidi sericei che avvolgono le piante. Sembra di trovarsi di fronte a un vero e proprio flagello che conferisce agli arbusti l’aspetto spettrale di questi giorni».
Questo lepidottero, protagonista delle coltri vischiose, è presente in ben nove specie diverse in tutta l’Europa. In primavera i suoi giovani bruchi abbandonano il guscio protettivo, nutrendosi inizialmente dell’interno delle gemme, mangiando successivamente le foglie e formando infine i nidi setosi e argentei.
In caso di sviluppo di consistenti popolazioni di tignola, le piante e i cespugli colpiti possono subire una defoliazione totale nella prima metà del ciclo vegetativo. «Tuttavia non bisogna preoccuparsi – sostiene sempre Tomè – perché le piante colpite emettono nuove foglie nel corso dell’estate, due o tre settimane dopo la caduta delle precedenti. In definitiva l’opera infestante della Yponomeuta viene considerata un fenomeno innocuo, anche se indubbiamente vistoso, e non giustifica di per se interventi di lotta a base di prodotti di sintesi. Solo nei frutteti – conclude – i forti attacchi di tignola possono provocare danni nella formazione di gemme a frutto».
m.l.

 

 

 

 

L'ESPRESSO - VENERDI' , 27 aprile 2007

 

Sommersi dai veleni radioattivi

di Primo Di Nicola

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 27 aprile 2007

 

 
Gruppo di studio promuoverà la metropolitana leggera - La Provincia dà ufficialmente ruolo agli esperti appassionati del progetto di trasporto su rotaia
 
Tutti innamorati del progetto della metropolitana leggera lanciata dalla Provincia utilizzando i binari che scorrono in città, tanto che ora nasce un Comitato di «promoter» che affiancherà il gruppo di studio dell’Università e delle Ferrovie incaricato ufficialmente di fare le analisi e le valutazioni del progetto.
Si chiama Gruppo di idee per la realizzazione della metropolitana leggera a Trieste ed è stato ufficializzato ieri con un atto della Provincia varato dall’assessore che si occupa del progetto, Ondina Barduzzi. Dentro ci sono ingegneri, professori universitari esperti di trasporti, ex dipendenti delle Ferrovie appassionati del trasporto su rotaia. Da quando è nata l’idea la Provincia è sommersa dalle lettere e dalle mail, ma anche dalle richieste di spiegazione di cittadini interessati o appassionati: «Ricevo lettere, telefonate, i cittadini mi fermano addirittura per strada – racconta positivamente colpita l’assessopre Barduzzi – la gente mi chiede quando parte realmente il progetto, ma soprattutto porta tanti suggerimenti. Talmente grande l’entusiasmo che ho pensato: perchè tutte queste persone non possono collaborare? Mi è venuta l’dea di dare concretezza a questo movimento positivo affidando un ruolo ufficiale in particolare a quelli più appassionati ed esperti. Ed è nato il Gruppo di idee che sta già portando parecchi contributi: alcuni pensano di sviluppare parcheggi di interscambio, nuove fermate in Slovenia. Riunirò il gruppo in Provincia per fare un po’ di sintesi al più presto». Nel frattempo il progetto della metropolitana leggera galoppa. È terminata la prima fase dello studio che doveva esaminare la fattibilità economica del progetto. È emerso che la linea sta in piedi benissimo anche con gli autobus che continuano a fare il servizio su gomma. Ora tocca alla seconda fase. «Si tratta dello studio che va a modificare il sistema attuale su gomma – spiega la Barduzzi – integrandolo con la rotaia. Se il servizio stava in piedi prima con gli autobus che facevano lo stesso tragitto adesso sarà ancora più solido». Sarà pronto entro giugno. «La Provincia crede nel trasporto pubblico integrato – conclude la Barduzzi– vogliamo puntare su gomma, mare, e rotaia. Crediamo che sia giusto che in regione il cittadino possa girare dappertutto con un solo biglietto».
g.g.

 

 
Barcola, cinque nuove case sul costone - Sopralluogo della Sesta commissione per verificare il rispetto delle norme sulla tutela dell’ambiente
 
Due palazzine ultimate, altre cinque da costruire. Con il rischio di provocare nuovi danni al paesaggio alle spalle di Barcola. È per vederci chiaro sulla costruzione in corso di un ampio complesso residenziale che ieri si è riunita la Sesta Commissione di Urbanistica e Ambiente del Comune, che raggiunta la parte alta della salita Cedassamare, ha effettuato un sopralluogo esplorativo nella zona a monte del costone boschivo di Barcola, per valutare, progetti alla mano, l'impatto ambientale che la ripresa della costruzione del complesso residenziale, iniziato nel 2003, avrà sul territorio. Al sopralluogo della commissione, presieduta da Roberto Sasco, erano presenti il dirigente dell'Area Pianificazione Territoriale del Comune, Carlo Tosolini, l'architetto che ha curato il progetto, Gaetano Ceschia, ed alcuni cittadini, che hanno sottoposto all'amministrazione comunale delle osservazioni scritte.
La variante 66 al Piano Regolatore, che risale a dieci anni fa, prevede che alcune zone del crinale siano edificabili, e, secondo il tipo di zona, soggette a limiti e prescrizioni paesaggistiche e di costruzione ben precisi. Mentre per le zone siglate B basta la concessione edilizia, i terreni delle zone C, così dette di espansione, hanno un iter più complesso a tutela dell'ambiente, che necessita di svariati passaggi. Inizialmente va presentato in Consiglio comunale un piano urbanistico particolareggiato, che passa poi alla Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio, che ne valuta l'impatto ambientale, dopodiché, il progetto approda in Regione, che pone precise prescrizioni per la realizzazione dell'opera. L'area interessata si sviluppa su 8mila mq, cui si accede sia da Cedassamare sia da salita Contovello, all'altezza della fontana di Barcola. Due palazzine sono quasi ultimate ed è per finalizzare l'iter delle rimanenti cinque, che la Commissione e l'ingegnere del Comune, si sono recati sul posto. Il progetto prevede 16 unità abitative con due posti macchina ciascuno, più 16 all'esterno. I tetti saranno trattati al verde, per risultare pressoché invisibili dall'alto, così come i pastini, i muri di contenimento e le scarpate. Le zone boschive attorno rimarranno invariate e gli sbancamenti effettuati solo nella misura necessaria al perimetro abitativo. Prescrizioni e deduzioni saranno ora studiate dalla Commissione, che dopo averle analizzate le porterà in Consiglio per l'approvazione definitiva.
«Se la costruzione rispetterà tutti i passi per un armonioso e non impattante inserimento nel contesto paesaggistico - spiega Sasco - ne saremo tutti lieti, il problema piuttosto è Barcola, che ha visto negli ultimi 15 anni una forte urbanizzazione non accompagnata da un'adeguata crescita di servizi e strutture, pertanto ora è un rione cittadino affollato, carente anche degli aspetti più basilari per i cittadini».
Patrizia Piccione

 

 
I Verdi: ambiente, Illy non ci zittirà  - La sinistra radicale: decisionismo intollerabile sulle grandi opere
 

Si inasprisce la polemica interna al centrosinistra sulla politica ecologica della giunta. Moretton: un incontro? Deciderà il presidente

Il capogruppo Ds: il mio ruolo non è solo fare leggi ma controllare l’esecutivo

Travanut: non capisco il governatore. Rc e Pdci chiedono un vertice di maggioranza

Al contrario, alzano un muro ancora più spesso con i Verdi e determinano, al contempo, la discesa in campo di tutta la sinistra radicale contro «l’intollerabile decisionismo» sulle grandi opere. Il presidente, in un’intervista, ha difeso la scelta del cementificio e ha precisato che l’uscita dei Verdi significherebbe l’esclusione automatica anche per il 2008. «Mi sembra - ha aggiunto Illy - che non abbiano i numeri per essere riconfermati in Consiglio». «È un ricatto che cade nel vuoto. Non ci passa nemmeno per la testa - replica il verde Alessandro Metz – di condizionare le nostre prese di posizione sulla tutela della salute e del territorio alla rielezione in Consiglio. Un’eventuale esclusione non ci spaventa». Ma la questione non si ferma alla contrapposizione Illy-Verdi anche perchè le contrarietà al cementificio sono diffuse nella maggioranza. Tra i contrari c'è il capogruppo diessino Mauro Travanut, «bacchettato» dal governatore che gli ha intimato di fare il suo compito di consigliere, ovvero «produrre leggi». «Solo mia madre che mi ha messo al mondo - ribatte, con una battuta, Travanut - ha il diritto di farmi stare zitto. Non capisco le parole di Illy e comunque credo che, dopo quattro anni, si può giudicare come ho svolto il mio ruolo di consigliere. Un ruolo che non comporta solo produrre leggi ma anche dare indirizzi, controllare l’esecutivo e raccogliere le istanze del territorio». Intanto Comunisti Italiani e Rifondazione cercano di ricucire lo strappo non nascondendo il forte scetticismo nei confronti del cementificio: «In una serie di contatti con le altre forze della sinistra – scrivono i Comunisti Italiani - il segretario regionale Stojan Spetic ha espresso la propria preoccupazione per i toni della polemica. C’è la necessità che si arrivi a un chiarimento sul problema del cementificio e, in genere, sulla ”questione democratica” scaturita dall'intollerabile decisionismo prevalso in merito ai progetti di grandi opere». Rifondazione, a sua volta, chiede una riunione urgente di maggioranza allargata ai capigruppo ed ai membri della commissione consiliare competente: «Ribadiamo la ferma contrarietà alla realizzazione di un nuovo cementificio a Torviscosa. Le popolazioni, e le amministrazioni che le rappresentano direttamente - affermano il segretario e il capogruppo regionali Giulio Lauri e Igor Kocijancic - esprimono una forte contrarietà alla realizzazione del cementificio. E quando 24 sindaci di orientamento politico differente esprimono una posizione di contrarietà, la Regione democraticamente non può non tenerne conto».
L'assessore Gianfranco Moretton non chiude alla possibilità di un incontro di maggioranza: «Ma sarà eventualmente il presidente Illy a convocarlo» - e non si sbottona sulla possibilità che il chiarimento possa cambiare gli indirizzi della giunta: «È presto per trarre delle conclusioni». Moretton, sin d’ora, ricorda tuttavia che «nel caso del cementificio, come per tutte le altre opere, sono state rispettate le procedure richieste». Travanut, di rimando, chiede a tutti di fare un passo indietro e mettere sul tavolo le proprie posizioni: «C'è sempre la possibilità di trovare la strada maestra, per questo ritengo sia utile un tavolo di confronto per argomentare e riflettere su effettivamente ha ragione». E Metz, a complicare il quadro, declina sin d’ora l’invito all’eventuale tavolo: «Un incontro di maggioranza? Facciano pure. Noi non abbiamo la forza per fare a braccio di ferro con Illy, la giunta e con la maggioranza. Prendiamo semplicemente atto e stiamo dall'altra parte». Il divorzio sembra davvero vicino. Illy-Verdi: i punti dello scontro sull'ambiente.
(ha collaborato Roberto Urizio)

 

 
Il sindaco di Torviscosa: il cementificio si può fare - Parla Duz, uno dei pochi amministratori della Bassa friulana favorevole all’impianto
 
TRIESTE «La questione ambientale non è in discussione. Se il progetto sarà attuato come abbiamo richiesto non ci sarà impatto negativo».
Roberto Duz, sindaco di Torviscosa è uno dei pochi amministratori a difendere il progetto del cementificio che dovrebbe sorgere nel suo territorio e nemmeno le feroci polemiche delle ultime settimane lo hanno portato a cambiare idea. C’è anche lui al centro della polemica, per aver accolto la richiesta della Regione, ma non per questo torna indietro. «Certo mi aspettavo qualche turbolenza ma non attacchi così violenti – dice -. Il problema è che sono state date informazioni non corrette ai cittadini e poi gestire la controinformazione è sempre difficile…».
Accetta il parere di chi come il capogruppo dei Ds, Travanut, si oppone all’opera, «anche se non lo condivido» e attende la decisione della Regione serenamente. «Quello che sto sentendo in questi giorni non ha senso – aggiunge -. Non è pensabile che il no sia divento un sì per far piacere a qualcuno. Nessun amministratore farebbe una cosa del genere. E’ chiaro che, se la giunta esprimerà parere positivo si assumerà anche una responsabilità. E certo non si assumerebbe la responsabilità se non avesse la certezza dei pareri tecnici». La questione ambientale, secondo Duz, è quindi sollevata a sproposito. «E’ la parola cementificio che trae in inganno – spiega -. Quando la si sente si è portati a pensare automaticamente a emissioni inquinanti. Le tecnologie moderne, invece, hanno permesso di superare totalmente questi disagi». Un problema però c’è per il primo cittadino e si chiama «viabilità. Non dobbiamo preoccuparci dell’impianto – aggiunge Duz – quanto della circolazione dei camion e del traffico pesante. Per questo è importante che siano recepite le prescrizioni che abbiamo presentato». E a chi gli fa notare che la costruzione di un impianto come quello progettato per Torviscosa significherebbe chiudere le porte a uno sviluppo turistico dell’area risponde: «E’ vero, ma allora bisogna avere il coraggio di dire che vogliamo fare a meno dell’industria – replica Duz -, che possiamo fare a meno di quel tipo di sviluppo. Non si può correre dietro ai fantasmi».

 

 
Traffico pesante cresciuto del 7% sull’A4 - Balzo in avanti nell’ultimo trimestre. In aumento anche gli incidenti. Santuz: «La terza corsia non può attendere»
 
PORDENONE In un trimestre il traffico pesante lungo la A4 è cresciuto del 7 per cento. Anche gli incidenti stradali, però, sono aumentati e i due dati hanno più di qualche correlazione.
Per questa ragione «la priorità è far partire la terza corsia», ha detto il presidente di Autovie venete, Giorgio Santuz, nel corso della tavola rotonda tenutasi ieri a Pordenone. Accanto a Santuz, l’assessore regionale Lodovico Sonego, il direttore compartimentale infrastrutture ferroviarie di Rfi, Mario Goliani, e presidente e amministratore delegato di Interporto, Silvano Pascolo e Gerardo Ciriani. «Bisogna fare in fretta: non riusciamo più a reggere il volume dei trasporti, eppure - ha detto Santuz - questa Regione ha possibilità di organizzarsi. Rimandare ancora la terza corsia creerà grossi guai. Ma i tempi sono legati anche ai rapporti con il ministro Di Pietro». Proprio Di Pietro, nell’incontro di martedì, ha prospettato la possibilità di avviare i lavori entro il 2008, ma le questioni in sospeso – non ultima quella economica – sono diverse. Sonego ha invitato a riflettere sull’incremento dei traffici est-ovest: «C'è un costo economico e ambientale che deriva dalla realizzazione delle nuove infrastrutture ma c’è anche un costo che deriva dalla non realizzazione. Uno strabismo che ci porta spesso fuori strada, facendoci considerare solo i costi economici della realizzazione. I numeri ci parlano di sempre maggiore inquinamento, che non subiscono altri, ma noi. Siamo tutti più affumicati». E c’è anche un altro costo: «Più feriti e morti. È inaccettabile e per questo è sbagliato opporsi, sulla base di una cultura vecchia e dannosa che non ha più nulla da dire né all'economia né all'ambiente alla realizzazione delle infrastrutture ferroviarie». E proprio di sicurezza, in ambito stradale, si occuperà oggi Autovie nel secondo vertice con la polizia stradale nel quale saranno analizzate le misure di emergenza da adottare lungo la A4.

 

 
Legge di tutela degli uccelli selvatici per superare i rilievi di Bruxelles
 
TRIESTE Troppo generiche, secondo l’Unione europea, le norme regionali varate nel 2003 per la conservazione dell’habitat naturale all’interno delle zone di protezione speciale degli uccelli selvatici; di qui il sollevamento di una procedura d’infrazione nei confronti del Friuli Venezia Giulia, sebbene sia la prima regione italiana ad adottare la disciplina comunitaria in tale campo. Perciò la Regione, abrogate le norme contestate, si appresta ora a colmare il vuoto legislativo con un provvedimento il cui esame è cominciato ieri in seno alla quinta commissione consiliare.
Il disegno di legge proposto dalla giunta individua i principali fattori di minaccia per la conservazione sia delle specie sia del loro habitat e quindi stabilisce una serie di limitazioni delle attività umane che comportino trasformazioni del territorio (cave, strade, elettrodotti), nonché delle produzioni agricole (con l’indicazione delle coltivazioni compatibili e no) e delle stesse attività venatorie. Ma alle norme generalmente applicabili vengono ora aggiunte una serie di disposizioni specifiche a seconda delle diverse tipologie delle singole aree protette (però ne viene demandata l’elencazione a un successivo regolamento).
Viene infine adeguata alle direttive europee anche la disciplina delle deroghe ai divieti di caccia e cattura degli uccelli e di danneggiamento e distruzione dei loro nidi. Deroghe che saranno le province, i parchi e le riserve naturali a dover proporre alla Regione dopo aver istruito le relative pratiche. E lo stesso regolamento dovrà essere varato dalla Regione d’intesa con i soggetti locali.
Da un lato da parte della giunta è stato ricordato ieri che il recepimento degli obblighi comunitari deve essere assolto entro il 30 giugno pena un taglio dei contributi. Dall’altro dalle opposizioni – e segnatamente dall’Udc – è stato chiesto e ottenuto che il 3 maggio siano consultati (dopo i rappresentanti degli industriali, delle piccole e medie imprese, degli artigiani e delle cooperative) anche gli agricoltori e i cacciatori.
Giorgio Pison

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 26 aprile 2007

 

 
È allarme-siccità: nella Bassa Padana si rischia un’estate coi rubinetti a secco

 

Negli ultimi otto mesi un deficit idrologico dal 20 al 50%. L’acqua manca più al Nord che al Sud

ROMA Dal 20 al 50%: ecco quanta acqua abbiamo «perso» negli ultimi otto mesi. Ne manca più al Nord che al Sud e a preoccupare è soprattutto il Po. L’ultimo allarme sul fronte siccità arriva dalla Protezione civile nell’Aggiornamento della situazione idrologica, dove si legge che da settembre 2006 a oggi si registra un significativo deficit idrologico stagionale, con valori dal 20% al 50% in meno rispetto alla media del periodo. Per quanto riguarda il Po le portate sono inferiori a quelle del 2003 e 2006, anni caratterizzati da notevoli criticità.
E per il Ministero dell’ambiente nella Bassa Padana c’è addirittura il rischio di rubinetti a secco quest’estate. Dopo un marzo nella norma, scrive la Protezione civile, la prima metà di aprile, con caldo torrido e assenza di piogge, ha visto il «riaccentuarsi delle condizioni di deficit idrologico stagionale»: insomma ha intaccato molto le nostre riserve d’acqua. Inoltre i modesti nevai alpini «sono ormai in fase di rapida e progressiva fusione per effetto delle alte temperature». Ma ecco la situazione zona per zona. Po e grandi laghi. A oggi le portate nel Po a Pontelagoscuro ammontano a 431 metri cubi al secondo, inferiori ai valori del 2003 e 2006 e pari a meno della metà del valore medio storico di 953 metri cubi in tutto il periodo di riferimento 1924-2006. Anche a Piacenza, Cremona, Boretto e Borgoforte sono inferiori a quelle del 2003 e 2006. Per l’Agenzia interregionale per il Po, inoltre, il livello del fiume continua a scendere ed è ai livelli più bassi degli ultimi 12 anni. La Protezione civile invita quindi a un’oculata gestione del fiume e il segretario generale dell’Autorità di bacino del Po Michele Presbitero fa sapere che «stiamo invasando, in pratica facendo riserva, nei laghi alpini e nei bacini idroelettrici, lasciando defluire il minimo possibile» fino al 1.o giugno per avere poi disponibilità nei due mesi successivi». Anche i livelli dei Laghi di Garda e Maggiore sono ben al di sotto della media stagionale e di quelli del 2003 e 2006. I Laghi di Iseo e Como sono ancora analoghi a quelli del 2003 e 2006.
Potabile a rischio? La Protezione civile scrive che «non sono state segnalate situazioni di particolare criticità per l’approvvigionamento idropotabile». Ma secondo il presidente del Coviri, il Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche dell’Ambiente, Roberto Passino, «il rischio c’è» per alcuni comuni della Bassa Padana perchè si prevede che d’estate «aumenterà la salinità delle acque».
Monica Viviani

 

 
I Verdi: giunta Illy disastrosa sull’ambiente, pronti a lasciare  - Metz: «Il cementificio di Torviscosa è solo l’ultimo atto». Critiche anche su Tav e rigassificatori
 

A un anno delle elezioni il centrosinistra è vicino alla prima defezione. Nel mirino anche la gestione delle discariche e il piano urbanistico

«Facciamo questa scelta ad un anno dalle elezioni – spiega – consapevoli di ciò che rischiamo. Senza coalizione dovremmo raggiungere il 4 per cento delle preferenze per avere un rappresentate in consiglio regionale. Potremmo non farcela ma non vogliamo stare a suonare il violino sul Titanic».
LA ROTTURA La presa di posizione sul cementificio non è isolata, ma è l’estrema conseguenza di una politica che non può trovare i Verdi concordi e che ha tradito un principio cardine: «il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte della politica». «Avremmo potuto uscire da Intesa il giorno dopo le elezioni – dice il consigliere – ma sarebbe stata una scelta ideologica e per questo inutile. La battaglia si fa sulle questioni concrete». La delusioni di Metz si chiama Riccardo Illy. «La sua anomalia iniziale rispetto ai partiti poteva stravolgere gli aspetti classici della ricerca e dell’innovazione portando la regione a diventare un modello in materia ambientale. Siamo invece di fronte a una forma di sviluppo novecentesca – aggiunge Metz -: un cementificio che ha bisogno di cave e da qui l’ampliamento della cava Devetachi, per fare un esempio. Il cementificio a sua volta serve per costruire la Tav. E’ un sistema, certo, ma sorpassato e che non considera l’ambiente». «Se il modello è quello di Illy, Moretton e Sonego, noi stiamo dall’altra parte».
LE RISORSE Sotto accusa anche le risorse «scippate» al capitolo ambiente. «Se tutti i capitoli sono cresciuti o si sono stabilizzati negli anni – dice Metz – le risorse destinate all’ambiente sono progressivamente calate. Direi che nell’ultima finanziaria sono scese del 50 per cento». Un passaggio dovuto ad un vizio iniziale secondo il consigliere: «La scelta di aver accorpato assessorato all’Ambiente con quello ai Lavori pubblici e alla Protezione civile – prosegue – si commenta da solo».
LA LEGISLAZIONE Il primo no è arrivato con la sanatoria sulle discariche. «Sono stato l’unico consigliere regionale ad opporsi» ricorda Metz. «L’unica cosa positiva era la previsione, di monitoraggi costanti da parte dell’Arpa sull’inquinamento delle falde da percolato. Non è stato fatto nulla». Piano territoriale e urbanistico: «E’ il caos. Si trasferiscono competenze ai comuni, e questo potrebbe andar bene, senza però mantenere funzioni di controllo e verifica». Quanto alla normativa sull’elettrosmog «i comuni dovevano coinvolgere i comitati e i cittadini nella redazione dei piani delle antenne ma, salvo rari casi, questo non è avvenuto».
IL FUTURO Essere contrari al modello rappresentato dal cementificio significa opporsi, per i Verdi, a un futuro «di scelte di questo tipo. La Tav, le casse di espansione – aggiunge Metz - i rigassificatori che non servono e sono solo espressione di una lobby industriale e il desiderio di Illy di mostrare a Prodi come riesce a governare la sinistra radicale e i Verdi». Un futuro in cui rientra anche il raccordo autostradale tra Carnia e Cadore. «Le nuove frontiere del turismo sono rappresentate da luoghi isolati dove si trovano prodotti tipici e natura, tutte caratteristiche che la Carnia ha – sottolinea Metz – e che il governo regionale vuole distruggere».
Martina Milia

 

 

Cementificio di Torviscosa - Travanut: quell’impianto è nocivo, il presidente cambi idea

 

Il capogruppo dei Democratici di sinistra critica la scelta della collocazione del cementificio contro il parere dei Comuni

TRIESTE «La Basilica di Aquileia testimonia la cultura delle popolazione che hanno abitato questi territori nel 400 dopo Cristo. Noi che monumento vogliamo lasciare, un cementificio?». Lancia una provocazione il capogruppo Ds, Mauro Travanut. Un impianto che produrrebbe giornalmente 3.600 tonnellate di clinker, 2.500 di cemento e 147 di calcestruzzo e che genererebbe un passaggio quotidiano di più di 350 camion, non può essere il futuro della bassa friulana. «Sono contrario da sempre – spiega – e lo rimarrò fino alla fine, fino a quando non mi si convincerà in modo logico e razionale della bontà di realizzare un’opera di questo tipo. Bisogna scegliere che modello di sviluppo si vuole. Non a caso anni fa abbiamo rifiutato l’insediamento di una ferriera». E ancora: «Come mai tanti altri comuni non l’hanno voluto? Perché non fare un referendum tra la popolazione? Se i vantaggi sono tali, la popolazione non potrà che essere favorevole al cementificio».
Ma alle provocazioni Travanut aggiunge fatti importanti: «Tutti i pareri tecnici iniziali sono stati negativi e, fatto ancor più rilevante, l’azienda sanitaria ha espresso parere negativo e forte preoccupazione. Il compito della politica deve essere quello di salvaguardare il benessere e la salute della popolazione prima di ogni altra cosa. Anche lasciando da parte la contrapposizione tra una visione di sviluppo culturale e turistico – il cementificio sventrerebbe un’area tra Aquileia e Grado – e una di tipo industriale, non possiamo ignorare la questione sanitaria». Il no di Travanut al cementificio di Torviscosa non è ideologico, «tanto è vero – sfida – che sono pronto a cambiare idea se qualcuno mi dimostra che è un’opera che porta grandi benefici a quest’area. Sono favorevole alla Tav, pur essendo un’opera di impatto ambientale, perché va a beneficio della collettività e di una logica europea che travalica il nostro territorio. Mi ritengo un modernista ma il cementificio non rientra in questa filosofia. Sarebbe devastante per questo territorio e non creerebbe vantaggi al pubblico, solo al privato. Come politici dobbiamo preoccuparci del bene della collettività, dobbiamo operare in un’ottica di lungo termine, pensare al futuro del territorio». Il diessino non è disposto a mollare la presa, ma nello stesso tempo si dice ottimista sulla decisione che prenderà la giunta regionale. Illy si è esposto a favore della realizzazione dell’impianto? Non è una ragione sufficiente perché non possa cambiare idea. «Non c’è persona più intelligente di chi, accorgendosi di aver preso una posizione sbagliata – esorta Travanut –, se ne discosti. Sono convinto che nulla sia perduto ancora».

m.mi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 25 aprile 2007

 

 
Legambiente, Santoro prende il posto di Privitera
 
TRIESTE Cambio della guardia al vertice del Circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste. Lino Santoro prende il posto di Paolo Privitera che aveva chiesto di essere sostituito dopo tre anni di presidenza. Santoro, professore di chimica e da anni impegnato nel campo dell'ambientalismo, fa parte del Comitato scientifico di Legambiente. Al nuovo presidente, eletto all'unanimità, il direttivo del Circolo augura le migliori fortune e ringrazia Paolo Privitera per il lavoro fin qui svolto «con passione e competenza».

 

 
Ferriera, 300 persone in corteo - Protesta davanti al Consiglio regionale contro l’inquinamento
 
Più di 300 persone, soprattutto famiglie residenti a Servola, hanno manifestato ieri davanti alla sede del Consiglio regionale, in segno di protesta per l'assenza di misure adeguate a contrastare l'inquinamento derivante dalla Ferriera. La protesta - promossa dal Circolo Miani, dall'associazione «Servola respira» e da un comitato di quartiere - ha avuto lo scopo di ottenere un incontro con tutti i capigruppo del Consiglio regionale, per esporre il problema delle famiglie che vivono in quell'area.

 

 
Amici della Terra, il giudice dà torto alla sezione triestina
 
Il Tribunale ha inibito l'uso del nome e del simbolo dell'associazione ambientalista Amici della Terra agli esponenti del club di Trieste: lo rende noto la presidente nazionale dell'organismo, Rosa Filippini, che aveva presentato ricorso dopo il provvedimento di revoca nei confronti del gruppo triestino, disposto nel giugno 2006. Rosa Filippini afferma che «lo statuto non prevede l'espulsione dei soci, confidando nella responsabilità e nella civiltà dei comportamenti individuali. In questo caso-limite abbiamo dovuto fronteggiare in Tribunale chi pretendeva di sostituire un club locale all'associazione nazionale, appropriandosi di nome e simbolo. Si è tentato cioè di azzerare una storia e un'identità molto precise, costruite in 30 anni su tutto il territorio nazionale».
Il gruppo triestino annuncia che, in attesa delle decisioni dell'associazione internazionale e del giudizio nel merito del Tribunale, continuerà l’attività modificando provvisoriamente la denominazione in quella di «Club autonomo di Trieste dei soci di Friends of the Earth-Amici della Terra».

 

 
Il delitto ambientale diventa materia del codice penale È previsto il carcere - Varato il disegno di legge sugli eco-reati
 
ROMA I crimini contro l’ambiente diventano reati di serie A. Con multe fino a 250 mila euro e pene detentive fino a dieci anni. Lo stabilisce il disegno di legge sugli eco-reati approvato ieri mattina dal Consiglio dei ministri. Un traguardo attesissimo che dopo anni di battaglie, condoni e cause perse vede introdurre il delitto ambientale nel codice penale italiano. Il ddl che passa ora all’esame del Parlamento porta le firme del ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e del Guardasigilli, Clemente Mastella. Un provvedimento che avvicina l’Italia all’Europa e che anzi la pone «in anticipo sulle direttive comunitarie. Finalmente le eco-mafie saranno punite», ha commentato Pecoraro Scanio augurandosi che le Camere possano dare il via libera al testo in tempi ragionevoli. «Un ddl di grande importanza - ha aggiunto Mastella sperando - nell’ampio sostegno» di tutte le forze politiche.
Di fatto il testo che contiene le nuove disposizioni in tema di danno ambientale e affida al governo il compito di riordinare la relativa disciplina si compone di soli cinque articoli; cinque punti che introducono nel codice il disastro ambientale, che estendono l’associazione per delinquere a chi commette reati contro l’ambiente, che puniscono, con le sanzioni e con il carcere, il traffico di rifiuti e l’inquinamento dei luoghi.
Per il traffico di rifiuti sono previste tre diverse fattispecie di reato: rifiuti ordinari, rifiuti tossici nocivi, materiale radioattivo o nucleare. Nel primo caso, il più lieve, la pena massima è di 5 anni di reclusione; nell’ultimo, il più grave, si va da 2 a 6 anni di carcere con multe da 50mila a 250mila euro dice l’articolo (il 452 octies) che punisce «chiunque illegittimamente cede, acquista, trasferisce, importa o esporta sorgenti radioattive o materiale nucleare» stabilendo analoghe pene per il detentore che si disfa del carico.
Nel caso di compromissione rilevante di acqua, suolo, aria, flora e fauna, la pena sale a 8 anni mentre se ci sono rischi concreti per l’incolumità o la vita delle persone, specifica il testo, la reclusione va da tre a 10 anni. L’associazione per delinquere finalizzata al crimine ambientale è invece sanzionata con le stesse pene previste dal codice penale (art.416) aumentate fino a un terzo. Il Ddl eco-reati prevede anche la possibilità per il giudice di condannare l’autore del delitto ambientale al ripristino dello stato dei luoghi. Ma le novità riguardano anche l’introduzione di sconti di pena in caso di «ravvedimento operoso», cioé quando il responsabile del reato collabori concretamente con l’autorità giudiziaria.
Infine viene previsto un meccanismo di non punibilità nell’ipotesi in cui l’autore del reato, prima di essere incriminato, elimini spontaneamente le conseguenze del misfatto. Non meno importante la definizione di danno ambientale e l’introduzione dei delitti di inquinamento, di frode e di impedimento al controllo. Il tutto mentre tra i puniti entreranno, d’ora in poi, anche i vandali sorpresi a distrugge il patrimonio faunistico e floreale: con multe da duemila a 20mila euro. Soddisfatte del provvedimento, che aumenta di un terzo ogni pena commessa a danno di aree protette o sottoposte a vincoli speciali, le associazioni ambientaliste. «Dopo vent’anni di lotte tenaci, finalmente ci sarà consentito di difendere in maniera sistematica la salute dei cittadini e di tutelare il vituperato patrimonio ambientale del nostro Paese», commenta Patrizia Fantilli, responsabile dell’Ufficio legale del Wwf. «Una svolta storica dopo l’assordante silenzio ascoltato sinora», fa eco Ermete Realacci, deputato della Margherita e per anni presidente di Legambiente.
Natalia Andreani

 

 

Siccità, in Fvg rischio acqua razionata per le colture.  - Se non arriverà la pioggia. Palazzo Chigi pensa allo stato di emergenza per il Paese

 

Il responsabile regionale della Protezione civile Berlasso: «Potrebbe rendersi necessaria una gestione oculata delle risorse idriche»

UDINE Per il momento non ci sono allarmi particolari, ma nell’agricoltura non sono da escludere misure di contenimento dell’uso idrico se i prossimi mesi saranno aridi come si prevede. La Protezione civile del Friuli Venezia Giulia quindi rassicura gli animi scaldati dall’allarme siccità lanciato a livello nazionale e concentrato nella zona del Nordest. «L’allarme al momento non tocca il Fvg – spiega Guglielmo Berlasso, responsabile regionale della Protezione Civile – per il semplice motivo che, sebbene la pioggia manchi da parecchio, nei primi mesi dell’anno le precipitazioni sono state abbondanti. Senza contare il fatto che anche la neve in montagna non è mancata». Non si esclude però che le cose potrebbero peggiorare, se la siccità dovesse persistere. Non per le utenze civili, ma per l’agricoltura. «Al momento i bacini, sia per la popolazione civile che per la coltivazione, sono pieni – specifica Berlasso – ma potrebbe, e sottolineo potrebbe, rendersi necessaria una gestione oculata in quest’ultimo settore nel caso in cui la mancanza di precipitazioni dovesse persistere. Per la popolazione civile invece al momento non prevediamo urgenze. In ogni caso, come sempre la Protezione civile è attrezzata per la fornitura urgente di acqua in bottiglia nei Comuni che dovessero averne bisogno». I cinque maggiori bacini regionali sono Sauris, Barcis, Ponte Racli nella valle di Meduna, Ca’ Selva, Ca’ Zul nella Val Tramontina. Ci sono poi una serie di piccoli invasi, il più grande dei quali è Ambiesta, vicino Tolmezzo: tutti si collocano attorno ad alte percentuali di riempimento.
Intanto il governo però non esclude lo stato di emergenza per la siccità e il provvedimento potrebbe arrivare con il prossimo consiglio dei ministri del 4 maggio. E mentre anche il ministero della Salute annuncia provvedimenti per affrontare l’emergenza caldo, intanto la Commissione europea invita il nostro Paese a ridurre gli sprechi idrici e fa presente che di fronte al rischio siccità l’Italia dovrà comunque cavarsela da sola. È stato il ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani a chiarire ieri che «non è da escludere lo stato di emergenza» aggiungendo però che «dichiararlo non cambia il latte in vino: se da un punto di vista delle procedure amministrative - ha spiegato - fosse suggerito nei prossimi giorni anche lo stato d’emergenza lo si farebbe. Però la sostanza del nostro intervento sull’energia è già stata impostata. Gli interventi sono già allestiti per massimizzare l’import, aumentare le procedure per gli interrompibili oltre ad interventi mirati su alcune centrali sul Po». Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, ha poi assicurato che «il governo è al lavoro sull’emergenza» spiegando che ieri c’è stata una riunione in Protezione Civile con le Regioni, nei prossimi giorni ci sarà un vertice dell’Unità di crisi con i ministri dell’Agricoltura, dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e che del problema si occuperà il Consiglio dei Ministri del 4 maggio dove verranno discusse «le procedure concrete da adottare, perchè su questo tema la prevenzione è fondamentale».

 

 

I Verdi: sul cementificio pronti a uscire da Intesa - Il consigliere Metz minaccia di non votare il possibile via libera della giunta all’impianto di Torviscosa

 

«In commissione è stato bocciato, ma temiamo che vi sia un ok della politica»

TRIESTE Se la giunta Illy darà via libera al megacementificio di Torviscosa, i Verdi – annunciano – usciranno dalla maggioranza di Intesa democratica. Tanto più che quel progetto è stato oggetto di un giudizio totalmente negativo, per quanto riguarda la compatibilità ambientale, della commissione insediata dalla stessa Direzione regionale ambiente e lavori pubblici.
Ebbene, tale giudizio verrebbe ora annacquato in sede politica – ritengono di sapere i Verdi – al fine della sottoscrizione, attesa per il 2 maggio da parte della commissione di Via, di un verbale che consentirebbe poi alla giunta di assumere entro 30 giorni una delibera positiva. Perciò, se in questo breve lasso di tempo non ci saranno ripensamenti, i Verdi – dichiarano fin d’ora – «saranno da un’altra parte».
Questa del cementificio è «la goccia che fa traboccare il vaso», hanno dichiarato ieri alla stampa il presidente regionale dei Verdi, Gianni Pizzati, e il consigliere regionale Alessandro Metz. Perché il progetto costituisce una «concentrazione di massima problematicità e di minima democrazia», stante la carenza di una qualsiasi strategia che «possa far immaginare il perseguimento di una politica partecipata da parte di questa giunta regionale: così lo “sviluppo sostenibile” resta un vuoto slogan, tutto diventa questione di fatturati e si riduce alla logica “maggiori profitti eguale maggiore benessere”; ma ora basta, non ci stiamo più».
Il cementificio di Torviscosa è dunque la linea oltre la quale i Verdi «non intendono arretrare», perché «non siamo noi a tradire i patti di Intesa democratica sullo sviluppo compatibile, ma chi impone modalità di valutazione politica al di là dei pareri tecnici, chi umilia la partecipazione snobbando la contrarietà di 24 sindaci e la mobilitazione dei cittadini, chi ignora i pareri negativi degli enti locali coinvolti e della competente Azienda sanitaria». E ciò diventa «indicativo delle modalità decisionali che riguarderanno anche le future scelte, dai rigassificatori alla Tav, dagli elettrodotti al raccordo Carnia-Cadore e alle casse d’espansione sul Tagliamento». In conclusione: «Non abbiamo la forza per ingaggiare un braccio di ferro con la giunta, allora ce ne andiamo».
Sullo stesso tema anche la Lega ha promosso ieri, alla vigilia dell’odierna manifestazione di cittadini a Torviscosa, un incontro con la stampa. Per polemizzare col presidente Illy, le cui dichiarazioni a sostegno dell’innovazione e dell’armonizzazione delle esigenze del territorio e della salute pubblica vengono «contraddette da innumerevoli esempi come quello di un cementificio il cui impatto sarà deleterio per un inquinamento che già ora presenta nell’area concentrazioni al limite, insidiando quella – ha detto Alessandra Guerra – che dovrebbe essere l’autentica “industria pesante” della zona: Aquileia».
Giorgio Pison

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 24 aprile 2007

 

 
Rosato: Ferriera, serve chiarezza - Iniziativa delle Rsu per ricordare i lavoratori vittime del nazifascismo
 
Ferriera in funzione anche dopo il 2009, ma con un progressivo e parallelo piano di riconversione legato alla logistica su cui investire? «Assolutamente sì».
Il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato dà credito alla linea della diversificazione produttiva emersa trasversalmente nell’ultimo incontro istituzionale tenutosi qualche settimana fa in Regione. Ma «su questo tema basta con le chiacchiere che si riapriranno puntuali» a breve, ammonisce: «Sulla Ferriera si sono costruite tante di quelle campagne elettorali che credo che ormai sia i lavoratori sia le persone che a Servola abitano siano esasperati dalle parole finora inutilmente spese. Se ci sono le condizioni per convertire, per trovare una soluzione che garantisca i posti di lavoro, è il caso che questa venga attuata in maniera concertata, rapida e chiara».
Rosato lo ha ribadito ieri, a margine della breve cerimonia che ogni anno in occasione del 25 aprile le Rsu organizzano all’interno dello stabilimento di Servola, nel punto in cui è posta la targa che ricorda i lavoratori morti per la liberazione dal nazifascismo.
Durante il suo intervento il sottosegretario, oltre che sul significato del 25 aprile «giornata che non ricorda solo il passato ma indica anche il futuro del Paese», ha additato per quanto riguarda Servola «il bisogno di sicurezza e di chiarezza» da parte «di chi qui lavora e di chi qui abita»: così, da parte del sottosegretario, l’invito rivolto «alle istituzioni locali a fare quadrato in difesa del lavoro e dell’ambiente, fattori che non sono in contraddizione».
A cerimonia conclusa, ancora all’interno dello stabilimento, «sono convinto che quest’area è in grado di assorbire questi lavoratori, se si faranno delle scelte intelligenti assieme all’azienda; penso alla banchina di Servola, penso al gruppo Sevesrtal che sta alle spalle dello stabilimento» ha detto Rosato a chi gli ricordava le parole del presidente della Regione Riccardo Illy, secondo il quale oggi a Trieste ci sarebbero le condizioni per potere ricollocare i 527 dipendenti diretti della Ferriera oltre che quelli dell’indotto. «Ci sono le modalità per prendere le decisioni che vanno assunte al tavolo regionale, dove ci sono le competenze e i poteri, e bisogna che gli enti locali - ha chiuso Rosato - siano tutti coesi su una strategia che non può essere che quella di pensare al futuro. Un futuro che passa per la sistemazione di chi qui lavora e per il futuro del rione, che malgrado gli impegni assunti da anni dall’amministrazione comunale continua a vivere in una situazione di degrado complessivo».

 

 
Inceneritore, il 3 maggio vertice a Gorizia per l’emergenza rifiuti
 
L’emergenza rifiuti dovuta al funzionamento parziale dell’inceneritore, soggetto al sequestro della Procura per superamento delle concentrazioni di diossina, sarà al centro del vertice del prossimo 3 maggio che si terrà probabilmente a Gorizia fra l’assessore all’ambiente della Provincia di Trieste Ondina Barduzzi, la sua «omologa» isontina Mara Cernic, i rappresentanti di AcegasAps e Iris più quelli della Regione. Per quella data, infatti, si dovrebbe conoscere il destino della terza linea del termovalorizzatore di via Errera, su cui i periti stanno effettuando in questi giorni dei test con dei nuovi filtri «demister» al posto di quelli vecchi, indicati come i probabili responsabili della produzione di diossina. Se la terza linea sarà definitivamente sbloccata, tornando a bruciare con continuità 200 tonnellate al giorno oltre alle 160 smaltite dalla linea 1 (ferma peraltro fino a lunedì prossimo per la rottura e la conseguente sostituzione di una tubatura), sarà possibile rispettare il limite di metà maggio per l’esportazione dei rifiuti non smaltiti dall’inceneritore alla discarica cormonese di Pecol dei Lupi. Altrimenti Palazzo Galatti dovrà ripiegare verso il Friuli, se non addirittura in Veneto o Austria.
In attesa della risoluzione dell’emergenza, però, l’asessore Barduzzi annuncia già lo studio di un futuro sistema a ciclo continuo per lo smaltimento dei rifiuti, che prevederebbe «l’aumento sul territorio provinciale di aziende specializzate per la differenziazione dei rifiuti riciclabili». «Questo - prosegue la Barduzzi - ci consentirebbe di valorizzare lo smaltimento dei rifiuti anche dal punto di vista economico: più materiale riciclabile vendibile e minori carichi di rifiuti triestini destinati all’inceneritore, che a quel punto potrebbe persino accogliere più rifiuti da fuori».
pi.ra.

 

 

Avvistato un delfino a Miramare

 

Un delfino ha fatto visita ieri mattina alle acque della Riserva Marina di Miramare. A notare il mammifero, appartenente alla specie «Stenella striata», è stata la Capitaneria di porto, che ha segnalato la sua presenza ai biologi dell’area protetta. Il delfino era intento a nuotare vicino alle boe che perimetrano l'area, probabilmente impegnato nel procurarsi pesce azzurro, il principale componente della sua dieta.

 

 
Differenziata a S. Giacomo, il parlamentino si divide  - Fa discutere l’ipotesi di avviare l’iniziativa
 
Pareri diversi in seno alla Quinta circoscrizione sulle metodiche da avanzare nel rione di san Giacomo per incentivare la raccolta differenziata e sull’uso dei benefici economici che potrebbero ricadere sulla comunità, grazie al business del riciclaggio dei rifiuti. Da un lato il presidente del parlamentino rionale, Silvio Pahor (FI) si è espresso condividendo il progetto dell’assessore Paolo Rovis, recentemente annunciato, dall’altro appare più cauta la posizione del diessino Silvio Dodini, che in un comunicato puntualizza di essere assolutamente a favore della raccolta differenziata, che però nel rione di San Giacomo non può essere fatta con dei contenitori nelle abitazioni stesse dei residenti, ma piuttosto va realizzata aumentando i bottini specifici nelle strade.
Rovis aveva annunciato che, dopo la sperimentazione a Rozzol Melara, il progetto sarebbe ripartito proprio da san Giacomo. Siccome il minore peso di spazzatura che arriverà all’inceneritore, grazie all’incentivo della raccolta differenziata, significherà anche in un risparmio di spesa per il Municipio, quest’ultimo ripagherà il cittadino con interventi di ordine locale, come rifacimenti di strade e marciapiedi. La restituzione al cittadino però, aveva specificato Rovis, non potrà avvenire sulla Tarsu, che essendo una tassa, non può essere tagliata. Ma è proprio su questo punto che è arrivata una delle obiezioni di Dodini per il quale la tassa sulla spazzatura dovrebbe invece essere ridotta se verrà introdotta la nuova metodologia di raccolta nel rione. d.c.

 

 
Diossina all’ex Opp, i residenti reclamano la bonifica - La gente è contraria alla proposta di copertura dell’area inquinata con il cemento avanzata da Rotelli (Ass)
 
I triestini non concordano con la proposta del direttore generale dell’Azienda sanitaria, Franco Rotelli, di ricoprire di cemento l’area inquinata nel comprensorio dell’ex Opp e di realizzarvi un parcheggio. Secondo i cittadini, le zone contaminate dovrebbero invece essere bonificate. I risultati delle analisi effettuate dall’amministrazione comunale hanno confermato la presenza di diossina e diversi metalli pesanti, come nichel, cadmio e piombo, nel suolo circostante il padiglione B dell’ex Gregoretti. Ad inquinare il terreno sono stati, con tutta probabilità, i rifiuti dell’ospedale psichiatrico che all’inizio dello scorso secolo venivano bruciati direttamente nell’inceneritore della struttura sanitaria, gettando , poi, i residui nelle scarpate della zona.
«A Trieste per risolvere qualsiasi problema si realizzano parcheggi – commenta Annamaria Frisolini -. Bisognerebbe, invece, analizzare più a fondo la situazione e, anche se il procedimento è costoso, bonificare l’area. La presenza di agenti inquinanti di questo tipo incide, infatti, sulla salute dei cittadini che vi sono esposti». Della stessa opinione sulla vicenda, anche Corrado Coslovich, che abita a poca distanza dal sito contaminato. «Ritengo che la situazione sia molto grave e realizzare un’area di sosta non è la soluzione adeguata. La diossina deve essere rimossa. D’altronde - conclude Coslovich – coprire il sito con uno strato di cemento non risolve il problema, ma lo rimanda semplicemente alle prossime generazioni».
Un parere simile è quello di Vito Grazioso, che ogni giorno studia nelle vicinanze del terreno inquinato. «Non sapevo della presenza di diossina nella zona, ma conosco gli effetti che questa sostanza ha sull’organismo - dice lo studente - Si tratta di una situazione molto difficile per gli amministratori pubblici, oltre che per i cittadini, dato che un intervento di bonifica richiede molti soldi». «È paradossale che un agente inquinante cancerogeno si trovi proprio all’interno del comprensorio dell’azienda sanitaria, alla quale spetta la tutela della salute dei cittadini - dichiara Andrea Valenti - A questo punto devono essere ridotti i tempi burocratici, per arrivare presto all’avvio dell’intervento di bonifica».
Scettico sulla possibilità di un’azione risolutiva per l’area, in tempi brevi, anche Roberto Cassone: «Ricoprire tutto con una colata di cemento mi sembra un provvedimento tipicamente italiano. Sono favorevole alla realizzazione del parcheggio, ma solo dopo che la questione della diossina sarà stata risolta». Convinta della necessità di un intervento di decontaminazione anche l’infermiera Jacqueline De Glanville. «Non conosco la provenienza o l’eventuale disponibilità dei fondi necessari - spiega - ma ritengo che la bonifica del suolo sia preferibile alla costruzione di un’area di sosta. All’ex Gregoretti, dove saranno ospitati anziani affetti dal morbo di Alzheimer, c’é già abbastanza cemento. Sarebbe meglio mantenere il verde esistente».
L’inquinamento del sito non preoccupa, però, tutti coloro che si recano ogni giorno all’ex Opp per lavoro. «Sono al corrente dell’attuale situazione e della presenza di diossina - dichiara Riccardo Tominz - Cementare la zona contaminata e fare un parcheggio può essere una soluzione adeguata, dato che permetterebbe di mettere in sicurezza l’area. La decontaminazione è una delle possibili alternative ma la sua realizzazione avrebbe costi sicuramente elevati».
Mattia Assandri

 

 
Amianto, parte il censimento delle discariche
 
La Provincia di Trieste censirà le discariche abusive di amianto presenti sul territorio triestino con la collaborazione dello «Sportello Amianto» dello Spi-Cgil. Il sodalizio è nato ieri nel corso di un incontro tra l'assessore provinciale all'ambiente Ondina Barduzzi e alcuni rappresentanti del sindacato, che si sono dichiarati disponibili a collaborare per ogni iniziativa finalizzata a limitare la dispersione di questo pericoloso materiale nel territorio.
Per ostacolare il feonomeno dell'abbandono «selvaggio» da parte dei cittadini di lastre di eternit o amianto nel territorio, l'assessore ha detto di avere l’intenzione di chiedere al Comune di Trieste l’attivazione di un servizio di raccolta porta a porta analogo a quello che AcegasAps sta svolgendo nel Comune di Padova. Grazie a un apposita convenzione siglata con l'amministrazione padovana, infatti, i tecnici di AcegasAps prelevano direttamente a casa i materiali contenenti amianto su segnalazione del cittadino, che fino a un certo numero di chili da smaltire non paga il servizio di asporto. Chi possiede un piccolo manufatto di amianto non ha in questo modo alcun motivo per disfarsene abusivamente, ma potrà invece smaltirlo gratuitamente e in tutta sicurezza.

 

 

Emergenza siccità: energia razionata in vista  - La Coldiretti Fvg: «Serve un tavolo con la Regione, siamo pronti a cogestire l’eccezionalità»

 

Il Consiglio dei ministri oggi dichiarerà lo stato di crisi. Poca neve d’inverno e previsioni di temperature sopra la media: sarà un’estate povera d’acqua

Il ministro Pecoraro Scanio: «Serve un piano anti-sprechi e ammodernare la rete idrica che ha troppe falle»

ROMA L’emergenza siccità non è più solo un rischio ma una realtà ormai alle porte. L’estate che sta arrivando sarà povera d’acqua e con temperature più alte di un grado rispetto alla media degli altri anni. L’allarme arriva dalla task force istituita al Ministero dello sviluppo economico che è orientata a chiedere al governo lo stato di crisi prevedendo anche il contingentamento, ma non per gli usi domestici, delle risorse idriche nei prossimi mesi. Stato di crisi su cui il Consiglio dei ministri deciderà oggi.
Il Po è a livelli che di solito raggiunge a fine giugno e mai così bassi ad aprile, il Lago Maggiore ha un livello d’invaso inferiore di 60 milioni di metri cubi rispetto al 2006 e quello di Garda ha un’altezza idrometrica di 55,9 centimetri rispetto a una media di aprile di 110 centimetri, dunque la metà. Non solo. I bacini alpini sono quasi a secco per le scarse nevicate invernali e le precipitazioni previste per i prossimi mesi non consentono di sperare in un recupero del deficit idrico accumulato in autunno e inverno. Infine ci si aspetta un’estate con temperature più alte rispetto gli altri anni.
Così, le strade da percorrere sono due: ottimizzare le poche risorse idriche a disposizione attraverso dei «rilasci controllati» in modo da evitare sprechi e varare misure operative per ridurre il rischio black-out che, per piccole imprese e cittadini, potrebbe presentarsi già a giugno. Questi gli obiettivi del tavolo tecnico anti-siccità per l’estate 2007, riunitosi ieri e aggiornato al 7 maggio, a cui hanno partecipato esponenti dei ministeri Sviluppo economico, Ambiente e Agricoltura, Terna, Protezione civile, Autorità per l’energia elettrica, Regioni interessate e Autorità bacino Po. Non c’è ancora la dichiarazione di stato d’emergenza ma di fatto il programma per la razionalizzazione della risorsa acqua è già partito. Produttori e gestori di energia, Authority e Regioni, autorità di Bacino e Protezione civile hanno convenuto sulla necessità di definire un piano da subito operativo in vista dei mesi più difficili di giugno e luglio, in cui servirà una grande quantità di acqua per usi irrigui e industriali. Prevede che da subito vengano effettuati dei rilasci controllati di acqua, da grandi laghi e invasi alpini, per consentire di ripristinare specie il livello del Po che ha, oggi, una portata di 431 metri cubi di acqua al secondo, meno della metà del valore medio storico, di 953 metri. Una carenza, quella del grande fiume, tale da rendere comunque impossibile il recupero dei livelli abituali e che avrà conseguenze per l’agricoltura ma, assicura l’Autorità di Bacino, non comporterà problemi per l’erogazione ai cittadini. Alla luce dell’allarme, il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio chiederà oggi in Consiglio dei ministri la dichiarazione dello stato di crisi: «Ma da sola non basta. E’ necessario varare un piano antisprechi e ammodernare la rete: disperde una quantità inaccettabile a causa della fatiscenza». Per il ministro delle Politiche agricole De Castro non c’è invece la necessità di dichiarare già oggi lo stato di crisi «ma dobbiamo tenere alta l’attenzione e puntare a un buon coordinamento. L’incognita è di capire se i bacini alpini riusciranno a mantenere i livelli del Po per tutta l’estate. Durante la crisi del 2003 ci riuscirono, ma quest’anno il quadro è più critico perchè abbiamo avuto un inverno con poca neve». Le associazioni agricole spingono per una cabina di regia e si dicono pronte a fare la loro parte. Legambiente accusa: «L’emergenza che scatta ogni anno con l’arrivo del caldo dimostra che le cause sono anche nella cattiva gestione delle nostre risorse idriche».
«Lo diciamo da settimane, non è certo una sorpresa» è la prima reazione del presidente regionale Coldiretti Dimitri Zbogar: «La nostra prima richiesta è alla Regione; serve un tavolo che affronti non solo l’emergenza ma anche la prospettiva, dato che i cambiamenti del clima stanno di fatto maturando una svolta epocale. Dunque, in questo auspicabile tavolo di lavoro con l’amministrazione regionale, si dovrà ragionare in particolare su che tipo di coltura serve al Friuli Venezia Giulia? Conta infatti produrre ciò che è realmente utile alla comunità». Quando all’emergenza irrigazione, Zbogar garantisce la «responsabilità» degli operatori: «L’acqua non si spreca, gli agricoltori s’impegnano per la gestione e il risparmio idrico, con utilizzo di sistemi d’irrigazione a basso impatto. Coldiretti si propone come soggetto attivo anche per la gestione dell’eventuale emergenza: pare che in regione ci siano riserve sufficienti».

 

 
Torviscosa, la Caffaro ora punta a 100mila tonnellate di biodiesel
 
UDINE Quindicimila tonnellate annue di biodiesel già in produzione che diventeranno 100mila nel 2008 e alle quali si affiancherà la produzione di 150mila tonnellate di bioetanolo. Sono questi i numeri delle produzioni di carburanti di origine vegetale annunciate ieri dalla Snia, per gli impianti della Controllata Caffaro di Torviscosa, durante un convegno all'Assindustria di Udine su «I nuovi obiettivi della ricerca chimica: nuove prospettive per i materiali da fonti rinnovabili». A queste produzioni l'azienda chimica italiana prevede di aggiungere, grazie ad un'azienda recentemente acquisita in Spagna, quella di monomeri di origine vegetale per la realizzazione di polimeri plastici. «Riparlare di prodotti chimici di origine vegetale – ha spiegato Andrea Mattiussi, ad della Snia e capogruppo aziende chimiche dell’Assindustria friulana – vuol dire tornare alle origini della chimica che li utilizzava ad inizio ‘900 per, poi, abbandonarli a favore dei prodotti di orgine petrolchimica, ma oggi la necessità di tutelare l’ambiente e gli alti costi del petrolio rendono di nuovo interessante l’impiego chimico di amidi, zuccheri e cellulosa». La Snia per le produzioni di Torviscosa conta di ottenere circa il 30% della materia prima dall'agricoltura regionale attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni degli agricoltori e delle cooperative.
c.t.p.

 

 
Trasporto pubblico locale, la Uil abbandona il tavolo: «Il gestore unico non ha senso»
 
TRIESTE La più dura, al punto da abbandonare il tavolo di concertazione è la Uil. La più morbida è la Cigl. In mezzo c’è la Cisl, critica con la «filosofia». «A spizzichi e bocconi non si va da nessuna parte», dice Giovanni Fania. Lodovico Sonego e i sindacati discutono per ore di Trasporto pubblico locale, competenze Anas e motorizzazione civile «senza andare per nulla d’accordo» riassume Gianpiero Fanigliulo, segretario generale della Uil Trasporti. Il fronte sindacale ribadisce in particolare la già nota contrarietà al gestore unico del Tpl, gomma e ferro, riforma su cui Sonego ha presentato ieri una bozza. «I quattro gestori provinciali – sottolinea Fanigliulo – stanno offrendo un servizio gradito dagli utenti, hanno buoni bilanci e dipendenti discretamente soddisfatti. La riforma che intende costruire, dunque, a noi sembra un’assurda stupidaggine». Ma la Uil attacca a più ampio raggio. «A precisa domanda – insiste Fanigliulo – Sonego, carente nell’atteggiamento concertativo da un punto di vista strettamente lessicale, non risponde e parla d’altro. Tra l’altro su questioni tecniche e non politiche. Come funzionerà il servizio? Chi lo farà? Con che modalità? A che costi? Non riusciamo a saperlo». La Uil difende inoltre gli enti locali. «Quello che emerge è lo scaricabarile della Regione: Comuni e Province, per ammissione di Sonego, dovranno gestire nuove competenze senza contare però sulle corrispondenti risorse». Su questo passaggio l’assessore ribatte: «Vedo che Fanigliulo vuole fare anche il sindacalista di Comuni e Province. Posso solo rammentare che la materia dei rapporti fra istituzioni è di stretta competenza di Regione, Comuni e Province». In mattinata si è discusso anche di Anas e motorizzazione civile. «In campo ci sono sempre troppe opzioni - dice Fania -. Ed è su questo che la Cisl non nasconde pesanti perplessità».
«Inutile discutere pezzo per pezzo, ci continuiamo a ritrovare con molte idee ma senza un indirizzo preciso. Si deve lavorare, invece, con l’obiettivo di un’intesa quadro su tutto il “pacchetto” trasporti. L’intenzione con cui ci siamo lasciati è appunto quella di convocare un tavolo generale e tavoli tecnici specifici. Vedremo». Quanto alla futura gestione dei lavoratori della motorizzazione civile, mentre la Regione pensa a Province o Cciaa, che si sono proposte, il sindacato ipotizza un ente regionale. «Il modello – afferma ancora Fania – è quello dell’Arpa”. Renato Kneipp, della segreteria regionale Cgil, sospende invece il giudizio. «E’ stato solo un incontro interlocutorio – rileva – ed è difficile fare commenti definitivi»
m.b.

 

 
La Lega: chiarezza sul progetto Tav nella zona di Portogruaro
 
TRIESTE La Lega Nord presenta un’interrogazione alla Giunta chiedendo di conoscere tutti i progetti per l’alta velocità tra Portogruaro e Divaga. Il gruppo del Carroccio in Consiglio regionale sollecita il presidente Illy e l’assessore Sonego ad attivarsi perché venga fornita all’aula l’illustrazione dei tracciati e delle soluzioni alternative correlate all’analisi costi-benefici e all’impatto ambientale. I cosngilieri Guerra, Violino, Follegot e Franz chiedono alla Giunta «se non si ritenga opportuno evitare le devastazioni e le turbative territoriali derivanti dalla nuova linea agendo unicamente su un sapiente ed organico ammodernamento e potenziamento delle linee ferroviarie esistenti attualmente sotto utilizzate ed inefficienti» premettendo come il progetto per la realizzazione dell’alta velocità stia sollevando critiche per la mancanza di trasparenza. Secondo la Lega la realizzazione dell’opera comporta una «grave pericolosità dei lunghi percorsi in galleria che verrebbero realizzati sotto il Carso e tra Trieste ed il confine di Stato».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 23 aprile 2007

 

 

Mucillagini, potenziati i controlli nel golfo dopo l’allarme in Croazia - Rete di contatti tra i ricercatori

 

Sono in agguato al largo dell’Istria da un paio di settimane. Stanno già creando i primi problemi ai pescatori croati intasando le maglie più sottili delle loro reti. Da Cittanova in giù le avanguardie delle mucillagini si stanno palesando anche in superficie e hanno fatto scattare l’allarme in tutto l’Alto Adriatico. E’ un allarme che coinvolge oltre ai pescatori e agli operatori turistici, vari istituti scientifici interessati a definire un fenomeno collegato alle condizioni climatiche. In primo luogo alle temperature notevolmente più alte della media che hanno contrassegnato lo scorso inverno e stanno condizionando l’attuale primavera.
«Usciamo in mare un paio di volte alla settimana e altrettanto fanno i colleghi di Rovigno » spiega la dottoressa Paola Del Negro, ricercatrice dell’Istituto nazionale di Oceanografia, il nuovo nome assunto dall’Istituto di Biologia marina di Aurisina. «Siamo anche in contatto con i colleghi della Romagna, con quelli sloveni di Pirano, con le Capitanerie di porto e con i tecnici dell’Arpa. Le mucillagini al momento sono posizionate al di sotto di Rovigno e di Pola. Il loro primo tentativo di risalire verso Trieste è stato vanificato dalla bora che ha soffiato la scorsa settimana. Al momento non ci sono problemi nel nostro golfo ma il monitoraggio continua...»
Secondo la ricercatrice, la Bora della scorsa settimana oltre ad aver tenute lontane le avanguardie delle mucillagini, ha spazzato via le meduse. Ma l’allarme resta acceso perché un inverno eccezionalmente mite come quello appena trascorso, rappresenta un fattore di rischio. «Avremo a disposizione nuovi dati entro 48 ore» spiega ancora la dottoressa Del Negro. «Al largo qualcosa c’è, ma è tutto da definire...»
Le 20 imbarcazioni da pesca triestine continuano intanto a lavorare con tranquillità con le loro saccaleve. «Nessun problema» spiega Guido Doz. «Le reti sono pulite». In effetti se qualche avvistamento fosse stato effettuato, la notizia sarebbe stata diffusa, anche perché il «mare sporco» ha il potere di far scattare specifiche provvidenze di legge.
In altre parole se le prossime settimane saranno contraddistinte da temporali, temperature in calo sensibile e turbolenze atmosferiche, l’assedio alla coste non si verificherà. Al contrario, se il vento si farà attendere, se le piogge continueranno a mancare e le temperature resteranno così alte, è molto alta la probabilità che il 2007 sarà ricordato come un anno di «mare sporco».

Claudio Ernè

 

 
Pola, finisce in tribunale la vicende della Rockwool
 
La battaglia degli ambientalisti contro la costruenda fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena si sposta ora sul piano giudiziario. Il presidente dell’associazione Ekop Istra Josip Anton Rupnik ha chiesto al tribunale di Pola, di avviare un’inchiesta contro il presidente della regione istriana Ivan Nino Jakovcic, il sindaco di Pedena Branko Ružiæ e il direttore dell’agenzia istriana di sviluppo Darko Lorencin. L’accusa nei loro confronti è di aver permesso la costruzione della fabbrica violando le leggi.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 22 aprile 2007

 

 

Bucci con An: piano traffico subito  - Sindaco isolato. L’assessore: «Non frena, vuole solo la serenità»

 

Il primo cittadino nei giorni scorsi aveva detto che non c’era necessità di discutere il progetto

Il vicesindaco Paris Lippi, alla vigilia della sua riconferma a presidente provinciale di An, rilancia il pressing sugli alleati con l’obiettivo di risolvere la partita del piano del traffico «in tempi non biblici»? Maurizio Bucci, l’assessore forzista delegato alla materia, non se lo fa ripetere: «Le parole di Lippi? Le condivido. Ci siamo parlati tante volte, anch’io sento la necessità di varare il piano. Credo sia giunto il momento di sederci attorno a un tavolo dove presenterò l’idea di un nuovo tipo di circolazione».
L’allineamento ad An da parte dell’assessore traccia un solco deciso con le parole pronunciate di recente dal sindaco Roberto Dipiazza: «Contesto chi mi dice che abbiamo immediato bisogno del piano del traffico», aveva tagliato corto pochi giorni fa il primo cittadino precisando come «dopo la risoluzione di alcuni nodi viari come Rive, Largo Barriera e via Timeus, la città funziona anche senza (il piano, ndr)».
Dipiazza isolato, dunque, nel voler fare ulteriormente slittare l’iter del nuovo strumento urbanistico la cui bozza giace nei cassetti del Comune da un paio d’anni? «Ma no, il sindaco non frena; è che vuole la serenità, e lo capisco», aggiunge Bucci. Parole che confermano però quanto ancora oggi l’argomento in questione rappresenti uno scoglio difficile da superare per la maggioranza. Fin dal primo momento infatti le divisioni sulle soluzioni da intraprendere in tema di pedonalizzazione e non solo - soprattutto per via Mazzini e corso Italia - erano emerse tanto nette da indurre la Casa delle libertà a riporre bozze (e relativo dibattito) nei cassetti, man mano che ci si avvicinava alle elezioni del 2006.
Comunque sia, pur senza fornire indicazioni precise sulle misure che a oggi sarebbero previste per corso Italia, per via Mazzini o per altre delle arterie sulle quali nei mesi è esploso di volta in volta il dibattito, «sarà un piano con una pedonalizzazione spinta - che però regge sotto il profilo tecnico - in base alla sensibilità che oggi emerge a Trieste», annuncia ancora l’assessore forzista precisando che lo strumento così come si presenta oggi «non prevede variazioni sostanziali nei sensi di marcia né nei percorsi riservati al trasporto pubblico».
Quanto alla bozza redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus, tuttora in attesa di realizzare la versione definitiva dello strumento urbanistico sulla base delle indicazioni che perverranno dal Comune, «Camus ha fatto un lavoro importante», riconosce Bucci precisando però che a esso sono state apportate modifiche «di rilievo». Tra le altre proposte, Camus aveva ipotizzato un senso unico in direzione Università nuova che scorreva in via Torrebianca proseguendo per via San Francesco; via Mazzini sarebbe stata riservata nella sola direzione Rive ai bus, che sarebbero risaliti verso piazza Goldoni transitando lungo corso Italia, quest’ultimo chiuso alle auto.
Quali le variazioni apportate alla bozza Camus? Bucci non lo esplicita. Ma ribadisce che quello oggi «modificato» è «un piano che può essere buono nel rispetto della qualità della vita». Il problema resta quello di discuterlo fra alleati, come la stessa Lista Dipiazza - con il suo capogruppo ed ex assessore al traffico Maurizio Ferrara - sollecitava già nei mesi scorsi. «Il prossimo passo è infatti quello di riunirci per condividere le idee con la maggioranza e anche con il sindaco: ma ci stiamo avvicinando», chiude Bucci.

Paola Bolis

 

 

Barcola, asfalto e strati di pietrisco sul terrapieno - A un anno e mezzo dalla scoperta della diossina messi in sicurezza gli spazi dei circoli nautici 

 

A fine maggio i risultati delle analisi-bis sui valori dell’inquinamento

Gli interventi partiti da qualche giorno proseguiranno ancora per due settimane. Li aveva disposti nei mesi scorsi l’Autorità portuale

Asfaltature in corso sul terrapieno di Barcola. Con un certo ritardo rispetto a tempi previsti, sono iniziati qualche giorno fa i lavori di messa in sicurezza del terrapieno, limitatamente alla parte occupata dalle società sportive Sirena, Club del gommone e Surf Team Trieste.
La scoperta di sostanze inquinanti nel terrapieno risale al novembre 2005, con le indagini avviate dai Carabinieri del Noe. Le successive analisi dei campioni di terreno hanno rilevato la presenza di ceneri del vecchio inceneritore di monte San Pantaleone, contenenti diossina oltre a metalli pesanti e idrocarburi.
Gran parte delle ceneri è presente nella zona recintata del terrapieno, già messa in sicurezza tempo fa dall’Autorità portuale con uno strato di pietrisco nei punti in cui le ceneri stesse affioravano.
I lavori nell’area delle società sportive, avviati in questi giorni con il livellamento del terreno, sono stati decisi oltre un anno fa, nel marzo 2006, da un’apposita conferenza dei servizi. A commissionare l’intervento è stata l’Authority, proprietaria del terrapieno.
«Nell’area occupata dalle tre società – spiega Fabio Rizzi, responsabile del servizio ambiente e sicurezza dell’Ap – c’è stato solo un punto in cui affioravano le ceneri. Visto che la zona è molto frequentata per diverse attività sportive, abbiamo presentato un piano che prevede una serie di asfaltature, la stesura di uno strato di pietrisco in certi punti e il mantenimento del manto erboso in altri. Abbiamo deciso di asfaltare – aggiunge – per evitare che quanto c’è in superificie venga inalato. Il monitoraggio fatto dall’Arpa e dall’Autorità portuale aveva comunque dimostrato che non c’è rischio per le persone».
In questa fase, che dovrebbe concludersi in due settimane, è dunque prevista l’asfaltatura dell’area del Club del gommone e del Surf Team Trieste, della strada di accesso, e la recinzione del tratto a mare fra il Club del gommone e il Ferroviario per evitare che la gente si spinga lungo la costa dell’area già interdetta.
«Un ditta incaricata dall’Autorità portuale – conferma Giorgio Franco, presidente del Club del gommone – sta sistemando materiale ghiaioso e terriccio nell’area delle società nautiche. Certe parti vengono anche asfaltate, come l’entrata del nostro club e un anello interno. Sulla situazione dell’inquinamento – prosegue – eravamo già tranqulli, dopo i rilievi fatti fare dalla magistratura a una società di Roma. In quell’occasione ho potuto verificare di persona che, in due dei cinque carotaggi effettuati, le ceneri si trovavano rispettivamente a 1,5 e 3 metri di profondità, mentre con gli altri tre fori si è arrivati fino al livello del mare senza trovare ceneri».
Diversa la situazione al Circolo Sirena. «Prima di vedere se stendere anche da noi uno strato di ghiaia di 30 centimetri – spiega il presidente Livio Pertot – l’Autorità portuale farà altre analisi in superficie. Non si parla inoltre di asfaltare aree interne al terreno del nostro circolo».
Sull’altro fronte, quello delle analisi dei campioni di sottosuolo del terrapieno, i nuovi risultati sono attesi fra una quarantina di giorni. I test effettuati lo scorso anno dall’isontina Multiproject per conto dell’Authority, a febbraio sono stati infatti annullati dalle controperizie dell’Arpa, che ha rilevato parametri di diossine, idrocarburi e metalli pesanti discordi da quelli registrati dalla Multiproject.
Il 70% delle analisi è risultato da rifare. La nuova serie di prove (su 160 dei vecchi campioni, e quindi senza effettuare nuovi carotaggi) da parte della stessa Multiproject, svolte secondo protocolli tecnici concordati con l’Arpa, è in corso e dovrebbe essere conclusa alla fine di maggio. L’Autorità portuale si è infatti impegnata a consegnare i risultati all’Arpa entro il primo giugno.
Da quel momento inizieranno le procedure di validazione, che dovrebbero concludersi entro l’estate. Una volta che i dati saranno ufficiali, si potrà disporre di una mappa precisa delle sostanze inquinanti e quindi definire il piano di caratterizzazione. Piano che a sua volta costituirà la base per la bonifica dell’area (il costo è stimato in 9 milioni di euro), la cui pianificazione sarà affrontata in una conferenza dei servizi che dovrà essere convocata dalla Regione.

Giuseppe Palladini

 

 
Caldo costantemente sopra la media l’Osmer avverte: «Durerà sino a fine mese»
 
Erano almeno cinquant’anni che Trieste non viveva un aprile così caldo e secco al tempo stesso. E per l’ultima settimana del mese, ad eccezione di una veloce perturbazione che potrà sfiorarci verso martedì, si preannunciano ancora giornate di sole e di caldo superiore alle medie del periodo. A dirlo sono le statistiche e le previsioni rese note dall’Osservatorio meteorologico regionale (Osmer). Le medie relative alla pioggia e alle temperature calcolate fra il primo e il 20 aprile di quest’anno. infatti, rivelano che finora, in questo mese, sul territorio provinciale non è caduto neanche un millimetro d’acqua, mentre la colonnina di mercurio si è attestata a 15,8 gradi (la più elevata del Friuli Venezia Giulia), circa tre gradi più del consueto. Per risalire all’aprile meno piovoso bisogna tornare al 1982, quando in 30 giorni caddero 15 millimetri d’acqua. E per trovare un aprile più caldo di questo, addirittura, si arriva al 1961: 16,2 gradi di media. Il fatto è che, in entrambe le annate, la poca piovosità e la temperatura elevata non si erano combinate fra loro. Ecco perché, alla luce anche delle previsioni a lunga scadenza, si preannuncia l’aprile più caldo e secco, al tempo stesso, da almeno cinquant’anni.
Anche questo fine settimana sull’Europa centrale e sull’Italia infatti staziona un vasto anticiclone. Dopo un modesto fronte atlantico che intorno a martedì interesserà l’area alpina, già da mercoledì l’anticiclone tornerà a rafforzarsi favorendo la stabilità anche nella seconda parte della prossima settimana. Sulla base di queste proiezioni, l’Osmer quindi prevede che al di là di qualche rovescio o temporale, intorno a martedì, sui monti e forse localmente anche in pianura, per il resto le condizioni di assenza di piogge significative e di temperature decisamente alte per la stagione proseguiranno probabilmente anche la prossima settimana.
Nelle prime due decadi di questo aprile - ricorda l’Osmer - le piogge in regione sono state praticamente nulle, mentre le temperature medie su pianura e costa si sono attestate tra i 15 e 16° e quindi circa 3° oltre la norma. Appare quindi quasi certo che questo mese di aprile avrà la particolarità di essere contemporaneamente secco e caldo come nessun altro almeno da 50 anni.

 

 

S. Giacomo, parte la raccolta differenziata  - Dopo Rozzol Melara si ripete l’esperimento. Rovis: «Con i soldi risparmiati interventi per il rione»

 

L’annuncio dopo la riunione della commissione consiliare. Tra i benefici viene però escluso un abbattimento della Tarsu

Saranno valutati i vantaggi e gli svantaggi a carico degli abitanti prima di proseguire con l’iniziativa in altre zone della città

Riparte da San Giacomo il progetto per la raccolta differenziata nei rioni della città. L’annuncio è stato fatto dall’assessore comunale competente per materia, Paolo Rovis, dopo la riunione della Commissione consiliare, che ha visto coinvolti tutti i soggetti dell’operazione.
«Siamo convinti della bontà dell’intervento – ha spiegato l’esponente della giunta – ma prima di partire con un nuovo esperimento, dopo quello effettuato a Rozzol Melara negli ultimi mesi, vogliamo verificare gli effettivi vantaggi per l’amministrazione e la gente».
Rovis è intenzionato a misurare la quantità di spazzatura che, in virtù della collaborazione che i residenti di San Giacomo vorranno fornire, si riuscirà e deviare dalla naturale destinazione dell’inceneritore, ottenendo così un risparmio per le casse del Comune e agire di conseguenza. «Paghiamo a tonnellata bruciata – ha precisato Rovis – perciò un calo, nella quantità di immondizie che manderemo all’inceneritore, si trasformerà automaticamente in una riduzione dei costi per l’amministrazione. Non siamo in grado di restituire alla gente queste risorse, sotto forma di abbattimento della Tarsu, in quanto si tratta di una tassa, e come tale non possiamo intervenire in sede locale».
«Ma pensiamo di ripagare il rione che si dimostrerà attivo nella raccolta differenziata – ha proseguito Rovis – con interventi in chiave locale, che potrebbero essere il rifacimento di giardini rionali, o il miglioramento delle strutture pubbliche, sempre in sede locale. Il risultato – ha continuato l’assessore – sarà comunque un ritorno sul territorio che si dimostrerà disponibile sul piano della raccolta differenziata».
Prima di ripartire con la sperimentazione in altri rioni, il Comune intende effettuare i necessari controlli, affinché si possa arrivare a una chiara valutazione dei vantaggi e dei carichi sulla popolazione residente. A Rozzol l’esito dei risultati era stato contrastante: a fronte di un generale «sì» all’avvio della nuova procedura di raccolta differenziata, c’era stata anche una generale insoddisfazione della gente, per il fatto che il ritiro delle immondizie separate non avveniva con regolarità.
«Proprio a causa delle lamentele registrate – ha continuato Rovis – abbiamo voluto essere sicuri, prima di proseguire, della qualità del lavoro svolto. Una delle finalità dell’iniziativa – ha concluso l’assessore comunale – è quella di educare la popolazione alla cultura dell’ambiente, in modo da stimolare comportamenti coerenti. I soldi impiegati per la raccolta differenziata sono ben spesi se, alla fine, il risultato è certo ed evidente».
u.s.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 21 aprile 2007

 

 

Inceneritore, linea inceppata ferma per 10 giorni  - Per evitare la paralisi la procura proroga sino a fine mese l’attività di un altro settore

 

Cede una tubatura dell’impianto di via Errera. La Provincia contatta il pm Chergia. Resta il problema della disponibilità a tempo di Pecol dei Lupi

Nelle ultime 24 ore il già sofferente sistema di smaltimento dei rifiuti urbani ha rischiato la paralisi. Giovedì scorso, infatti, si è inceppata improvvisamente la linea 1 dell’inceneritore di via Errera, l’unica delle tre linee rimasta esente dal sequestro dell’impianto gestito dall’AcegasAps, disposto dalla Procura il 14 febbraio per superamento di concentrazioni di diossina, avvenute in quattro occasioni a dicembre. A scongiurare tale scenario è giunta ieri sera una proroga, da parte del pm Maddalena Chergia, dei test attualmente in corso sulla linea 3, che si sarebbero dovuti concludere mercoledì 25 ma che invece proseguiranno fino a lunedì 30, bruciando circa 200 tonnellate di immondizie al giorno.
La linea 1, peraltro la più vecchia delle tre, dopo essere stata ininterrottamente «sotto sforzo» dal 14 febbraio, bruciando quotidianamente 160 tonnellate, ha dunque ceduto per la rottura di una tubatura che la lascerà inattiva fino al prossimo 29 aprile per le riparazioni del caso. Quel che più preoccupava ieri mattina la Provincia, titolare del piano provinciale di smaltimento dei rifiuti urbani, era proprio l’avvicinarsi di un eventuale «buco» di quattro giorni in cui l’inceneritore non avrebbe potuto bruciare nemmeno un grammo di immondizie.
«Ci eravamo già attivati - spiega in proposito l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi - chiedendo alla Provincia di Gorizia un incontro urgente, allo scopo di verificare la possibilità di aumentare eccezionalmente la disponibilità della discarica cormonese di Pecol dei Lupi ad accogliere più rifiuti triestini. Ci era stato risposto, però, che anche qualora si fosse reso possibile un superamento delle attuali 840 tonnellate alla settimana, il nostro termine ultimo per portare i rifiuti non smaltiti sarebbe arrivato prima della scadenza del 14 maggio».
«Così - prosegue l’assessore di palazzo Galatti - oggi (ieri, ndr) abbiamo scritto una lettera urgente pure al pm Chergia, facendogli presente il problema, e il pm in serata ci ha fortunatamente confermato la possibilità di una proroga delle analisi sulla linea 3 fino al 30 aprile».
Tali verifiche, nello specifico, servono a verificare la tesi sostenuta dai periti che seguono le procedure del dissequestro condizionato sull’impianto di via Errera, secondo i quali gli sforamenti di diossina potrebbero essere stati causati dall’acumulo di sostanze plastiche in prossimità dei «demister», cioè i componenti dei filtri lungo i sistemi di scarico dei fumi, già sostituiti proprio in questa prospettiva. Se ciò venisse confermato, la terza linea potrebbe così tornare a bruciare immondizie in via ordinaria, in attesa che i risultati degli stessi test giungano anche dalla linea 2, mai riattivata finora dal 14 febbraio e ferma ancora per qualche giorno dopo la rottura di uno scambiatore di calore, che è attualmente in fase di sostituzione.
La corsa contro il tempo, nonostante la proroga delle perizie sulla linea 3, però continua: entro il 14 maggio, giorno in cui la discarica di Pecol non potrà più incamerare rifiuti triestini, il termovalorizzatore dell’AcegasAps dovrà infatti funzionare con almeno due linee di smaltimento su tre. Altrimenti il ricorso ad altre discariche, tra Friuli, Veneto o Lombardia, sarà inevitabile.
pi.ra.

 

 
Muggia, ambientalisti al Comune: «Cambiate il piano regolatore»
 
Gli ambientalisti chiedono al Comune di Muggia di modificare il piano regolatore, per garantire una maggiore tutela del paesaggio. E’ questo il contenuto del forte appello congiunto lanciato ieri da Wwf, Italia nostra, Legambiente e Comitato Sos Muggia.
Carlo Della Bella e Dario Predonzan del Wwf, Giulia Giacomich di Italia nostra, June Cattonar della Legambiente muggesana e Fabio Longo, presidente del Comitato «Sos Muggia», hanno criticato «gli ecomostri già sorti nel territorio comunale di Muggia, ai quali non vorremmo se ne aggiungessero altri». In particolare, Carlo Della Bella ha manifestato «delusione nei confronti della giunta comunale guidata da Nerio Nesladek perché, a oramai un anno dal suo insediamento, questo esecutivo non ha ancora recepito le nostre proteste, pur avendo l’amministrazione comunale ufficializzato l’intenzione di voler utilizzare il metodo partecipativo, su tutte le questioni che riguardino la gente».
Predonzan ha incalzato su questo tema, spiegando che «i cinque anni di mandato dovrebbero essere sufficienti a un’amministrazione per correggere nella maniera più opportuna, cioè a favore della tutela del paesaggio, il Piano regolatore, perché esiste lo strumento della variante. Aspettiamo una decisa sterzata per il prossimo quadriennio – ha aggiunto – nel quale Nesladek e la sua giunta, se vorranno mantenere le promesse fatte nel corso della campagna elettorale, potranno dimostrare di avere a cuore le sorti del territorio, adottando le necessarie misure urbanistiche».
Longo ha ricordato che «fra le più preziose ricchezze della nostra cittadina, ci sono i laghetti delle Noghere e il litorale. Non vorremmo trovarci davanti a nuovi interramenti – ha proseguito il presidente del Comitato ‘Sos Muggia’ – perché è necessario garantire la balneazione libera e gratuita, accompagnata dalla creazione di una riserva marina transfrontaliera, da individuare sul confine con la Slovenia».
Giulia Giacomich ha fatto riferimento alle «notevoli ricchezze archeologiche scoperte, anche di recente, nel tratto di mare vicino alla costa, e che devono essere preservate da interventi invasivi che ne metterebbero a repentaglio la conservazione».
I rappresentanti di Wwf, Italia nostra, Legambiente e Comitato «Sos Muggia» hanno proposto di «incaricare della stesura di un nuovo piano un gruppo interdisciplinare, all’interno del quale siano rappresentante, con pari dignità, le competenze naturalistiche e quelle per la tutela dei beni culturali, utilizzando la grande mole di studi esistenti».
Molto secco il «no» degli ambientalisti a nuove edificazioni nelle aree agricole e di pregio ambientale.
u. s.

 

 

Ok in giunta al piano urbanistico, c’è anche la Tav  - Dopo trent’anni arriva il nuovo strumento di pianificazione del Fvg.

 

Sonego: «Grande salvaguardia per l’ambiente»  Via libera al disegno di legge sulla polizia locale: nessun obbligo di armi

Cresce il prezzo del gasolio regionale. Si apre il confronto sui fondi comunitari per la competitività: in ballo 303 milioni

TRIESTE Ritoccano all’ingiù lo sconto sul gasolio. Confermano 15,4 milioni di euro per l’operazione banda larga. Avviano il confronto sul Fondo europeo per lo sviluppo regionale che vale più di 303 milioni. Approvano il disegno di legge che punta a rafforzare la sicurezza dei cittadini, almeno in Friuli Venezia Giulia, ma non obbliga i vigili urbani ad armarsi.

SÌ ALLA TAV Eppoi, se non soprattutto, Riccardo Illy e la sua giunta, in trasferta a Forni Avoltri, adottano il maxi-piano più delicato: quello che diventa, dopo quasi trent’anni, la nuova «bibbia» della pianificazione in Friuli Venezia Giulia, accogliendo a braccia aperte l’alta velocità ferroviaria. È Lodovico Sonego a presentare il Piano territoriale regionale che gli ambientalisti attendono al varco per il sì alla Tav, ma non solo. L’assessore alla Pianificazione lo sa eppure, premettendo che quello di ieri è il primo passaggio perché adesso si apre il periodo delle osservazioni e del confronto, non nasconde la soddisfazione: «Completiamo il secondo pilastro della riforma urbanistica, dopo l’approvazione della legge di settore, introducendo un piano fortemente innovativo che si prefigge di governare tutti i grandi fenomeni territoriali, evitendo però di intervenire nelle questioni di dettaglio lasciate ai Comuni».
LE NOVITÀ
I criteri guida? «Contenimento dell’uso del territorio, salvaguardia delle risorse naturali, ambientali e culturali, e costruzione delle grandi infrastrutture a partire dal Corridoio 5» risponde Sonego. In attesa del primo banco di prova, l’esame in Consiglio delle autonomie, l’assessore insiste intanto sulla novità di un piano che manda in pensione il «vecchio» Purg del 1978: «È il primo in Italia che vede la luce sulla base delle procedure di valutazione ambientale strategica e di Agenda 21». Basterà a evitare critiche? Di sicuro, la giunta suggerisce subito qualche ritocco, precisando ad esempio le modalità operative con cui effettuare la valutazione ambientale strategica. «Confido che in due mesi e mezzo arriveremo all’approvazione definitiva» conclude Sonego.
I FONDI UE A Forni Avoltri, intanto, la giunta si concentra e si scalda sul maxi-riparto che destina le risorse 2007-2013 del Fondo europeo per competitività e occupazione: 303 milioni di euro in tutto. Raccontano che Enrico Bertossi, l’assessore alle Attività produttive, non gradisca troppo. Confidano che Roberto Antonaz, il collega alla Cultura, nutra a sua volta perplessità. Ma Franco Iacop, l’assessore agli Affari internazionali che suggerisce quel maxi-riparto, minimizza: ribadisce che il percorso è ancora lungo e che quelle proposte sono solo le macro-cifre riferite ai cinque assi in cui si struttura il Fondo. Ed ecco che sviluppo, competitività delle imprese, ricerca e innovazione si vedono assegnare 138 milioni di euro; ambiente ed energia ottengono 62,8 milioni; accessibilità e infrastrutture 40 milioni; sviluppo territoriale 50 milioni e, infine, assistenza tecnica 12,1 milioni («una quota obbligatoria»).
IL GASOLIO Michela Del Piero, a fronte dell’aumento dei prezzi in Slovenia, deve intanto abbassare lo sconto sul gasolio: il prezzo di un litro, pertanto, aumenta di 1,5 centesimi nella prima fascia, quella di Trieste e Gorizia, mentre nella quinta fascia, quella di Pordenone, cresce di 0,8 centesimi. Da quando? «Dal 27 aprile» annuncia l’assessore alla Benzina.
LA SICUREZZA La giunta, ancora, dopo aver incassato il voto favorevole di sindaci e presidenti di Provincia, approva il ddl sulla polizia locale. E conferma che i vigili urbani di Trieste, come chiedeva a gran voce Roberto Dipiazza, non sono obbligati ad armarsi. «È un testo importante perché, dopo vent’anni, riforma le regole sulla polizia locale, introducendo forme associative. Ed è un testo che, insieme al protocollo d’intesa con il ministro Giuliano Amato, si propone di rafforzare le strategie di rassicurazione civica in Friuli Venezia Giulia» spiega Iacop. Ben sapendo che, adesso, la parola passa all’aula.
r.g.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 19 aprile 2007

 

 
Diossina all’ex Opp, il procuratore Pace: «Stiamo valutando la rilevanza penale» - Oggi una riunione tra i quattro enti che hanno proprietà all’interno del comprensorio
 
«Al momento sul caso della diossina riscontrata nel terreno all’ex Opp non è stato aperto alcun fascicolo. Stiamo valutando la rilevanza penale del caso, e nei prossimi giorni convocherò una riunione con i sostituti che si occupano di reati ambientali. Dovremo capire...».
Lo ha detto ieri il procuratore capo Nicola Maria Pace, commentando i risultati delle analisi effettuate a suo tempo per conto del Comune nella discarica a fianco del padiglione B dell’ex «Gregoretti». «Sono inchieste lunghe che si articolano con situazioni normative spesso diverse, come è accaduto in quella relativa al terrapieno di Barcola», ha aggiunto il sostituto procuratore Cristina Bacer.
Oggi intanto è in programma una riunione fra i quattro enti che hanno proprietà nel comprensorio ex Opp: Provincia, Comune, Azienda sanitaria e Università. «E’ un incontro in calendario da tempo – precisa l’assessore provinciale ai Lavori pubblici Mauro Tommasini –. Tra i vari argomenti discuteremo anche dei due siti inquinati, ma per arrivare alla conferenza dei servizi che stabilisca il da farsi ci vorrà ancora del tempo».
L’assessore comunale ai Lavori pubblici Franco Bandelli conferma intanto al linea seguita da Comune in relazione all’area di sua proprietà a fianco del padiglione B dell’ex «Gregoretti»: «Non appena avuto notizia dell’esito delle analisi – precisa Bandelli – abbiamo subito avvisato l’Asl, l’Arpa e la Provincia, quest’ultima come ente proprietario dell’area. Con questo il Comune ritiene di aver attivato e ottemperato a tutte le procedure previste dalla legge. Il terreno è pieno di residui provocati dalla combustione di rifiuti ospedalieri. Ci sono tracce di metalli pesanti e probabilmente anche di diossina. Non si può nasconderlo. L’area va bonificata».
Ma da bonificare non è solo l’area di proprietà comunale, nella parte bassa del comprensorio dell’ex Opp. Nella parte alta, a iniziare dall’accesso su via Valerio e scendendo lungo via Weiss, una vasta zona inquinata è stata recintata dalla Provincia alcuni mesi fa.
Dai primi campionamenti effettuati dal Cigra dell’Università per conto della Provincia, è emerso che la maggiore concentrazione di sostanze inquinanti è localizzata nell’area dove sorgevano l’inceneritore e la centrale termica del complesso ospedaliero. Attorno a quella zona, per decenni, come ha confermato il direttore generale dell’Azienda sanitaria Franco Rotelli, sono state scaricate le ceneri dei rifiuti di tutti i generi che l’ospedale psichiatrico aveva la necssità di eliminare.
Il terreno in questione risulta contenere metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici, ma metalli pesanti sarebbero presenti (anche se in misura minore) in tutta l’area recintata dalla Provincia. La quantità delle sostanze inquinanti potrà però essere determinata solo dopo che un’apposita conferenza dei servizi (che non si sa ancora quando verrà convocata) avrà stabilito il piano di caratterizzazione, saranno stati effettuati i necessari carotaggi e le analisi dei campioni di terreno.

 

 

Arriva l’esame antirumore per discoteche, aeroporti e bar

 

Via libera in commissione al disegno di legge contro l’inquinamento. Previsto l’inventario delle emissioni in atmosfera

TRIESTE Ci vorrà una documentazione di impatto acustico per costruire strutture che prevedono impianti rumorosi. Lo stabilisce il ddl sulla tutela dall’inquinamento atmosferico e acustico, approvato ieri mattina in quarta commissione con il sì del centrosinistra e l’astensione del centrodestra. In sostanza, per i progetti di opere quali aeroporti, ferrovie e strade ma anche impianti sportivi, circoli o discoteche e disco-pub che necessitino l’installazioni di strumentazioni a forte impatto sonoro, la valutazione di impatto ambientale dovrà essere accompagnata da una documentazione di impatto acustico redatta da un tecnico competente in acustica ambientale.
Analogamente, per la realizzazione di scuole, asili, ospedali, case di riposo, parchi pubblici e insediamenti residenziali, dovrà venire considerata la valutazione del clima acustico delle aree in cui sorgeranno. «Con queste misure - assicura il vicepresidente Gianfranco Moretton – forniamo ai Comuni gli strumenti per combattere il fenomeno dell’inquinamento acustico. Finora le ordinanze dei sindaci hanno sempre avuto scarso potere in quanto i ricorsi al Tar spesso davano loro torto». Alcune novità vengono introdotte anche per quel che riguarda l’inquinamento atmosferico: in particolare verrà istituito l’Inventario regionale delle emissioni, strumento che sarà gestito dall’Arpa per stimare quantità, ripartizione territoriale ed evoluzione nel tempo delle emissioni di sostanze nell’atmosfera. Inoltre, in collaborazione con associazioni di categorie e con le aziende, l’Arpa eseguirà una mappatura delle sorgenti inquinanti più significative per consentire interventi più puntuali ai fini della riduzione delle emissioni. La Regione avrà a disposizione, per il 2008, 400 mila euro per azioni di prevenzione e riduzione dell'inquinamento atmosferico e altri 200 mila saranno destinati all’inventario delle emissioni in atmosfera. «È la prima volta che viene prevista l’inventariazione di tutti i luoghi sensibili per le emissioni inquinanti nell’aria - spiega Uberto Fortuna Drossi – ed è significativo che questa mappatura venga realizzata di concerto tra l’Arpa e le imprese. È una misura nuova e complessa che avrà bisogno di essere collaudata ma crediamo possa permettere di conciliare la difesa della salute dei cittadini senza appensantire le attività produttive».
r.u.

 

 
Vicenda Rockwool: denunciato Jakovcic dagli ambientalisti - Azienda contestata
 
POLA La battaglia degli ambientalisti contro la costruenda fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena si sposta ora sul piano giudiziario.Il presidente dell' associazione Ekop Istra Josip Anton Rupnik ha informato di aver richiesto al tribunale regionale di Pola, di avviare un'inchiesta contro il presidente della regione istriana Ivan Nino Jakovcic, il sindaco di Pedena Branko Ružic e il direttore dell'agenzia istriana di sviluppo Darko Lorencin. L' accusa nei loro confronti è di aver permesso la costruzione della fabbrica violando le leggi.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 18 aprile 2007

 

 

Anche diossina in un terreno all’ex Opp  - I test del Comune confermano i dati dell’Arpa. L’area si trova a fianco dell’ex Gregoretti

 

Valori sopra i limiti di legge sono stati riscontrati all’interno del comprensorio. Rotelli: «La Conferenza dei servizi deciderà come bonificare»

In un terreno dell’ex Opp c’è anche diossina. Le analisi che il Comune ha fatto fare per proprio conto, nella discarica a fianco del padiglione B dell’ex «Gregoretti»», hanno confermato le risultanze dei campionamenti svolti nel 2005 dall’Arpa. In quel terreno, si tratta di circa 6 mila metri quadri, ci sono diossina e metalli (cadmio, nichel piombo, rame e zinco) in misura superiore ai limiti di legge.
«Le risultanze delle analisi hanno confermato – si legge in una nota del Comune – la presenza nel sito comunale di alcuni elementi inquinanti in concentrazione superiore ai limiti legali». Ma quali sono questi elementi? «Non dispongo del dettaglio delle analisi – risponde l’assessore ai Lavori pubblici, Franco Bandelli – ma gli esami che abbiamo fatto fare a ditta specializzata hanno confermato i risultati dell’Arpa».
La nota del Comune ripercorre l’intera vicenda. Nel corso dell’intervento di ristrutturazione del padiglione B dell’ex «Gregoretti», di proprietà comunale, «nel cantiere e nell’area destinata a parcheggio esterno è stata appurata una situazione di probabile inquinamento dovuto a residui di incenerimento in un’area formata da terreno di riporto».
All’epoca il Comune ha attivato, d’intesa con Arpa, Azienda sanitaria e Provincia, le procedure di legge. Il 17 marzo 2005 un’apposita conferenza dei servizi ha assunto le decisioni per la messa in sicurezza temporanea del sito e ha dato alcune prescrizioni in merito al piano di caratterizzazione elaborato dall’ing. Fredi Lucesi su incarico del Comune.
In tempi successivi, il Comune ha affidato a una ditta specializzata l’attuazione del piano di caratterizzazione e le analisi dei campioni prelevati dal sito. Analisi che hanno fornito i risultati detti all’inizio.
Nel frattempo le norme in materia ambientale hanno subito un’evoluzione, con la pubblicazione del decreto 152/2006, in base al quale soggetto competente è la Direzione regionale dell’ambiente. A quest’ultima il Comune ha inviato lo studio su caratterizzazione e analisi, e si è visto chiedere un’integrazione prevista dal decreto, la cosiddetta analisi del rischio.
Dall’elaborato dell’analisi del rischio, spiega l’amministrazione comunale, «emergono circostanze incoraggianti sotto il profilo della pubblica salute, posto che la stessa verrebbe eventualmente ad essere pregiudicata soltanto a seguito di invasive manipolazioni ”in situ”, ovvero in caso di scavi di considerevole entità».
A questo punto il Comune si ferma, affermando che l’analisi del documento e le decisioni conclusive spettano alla Direzione regionale per l’ambiente, «che stabilirà d’intesa con gli altri enti competenti (Ass, Arpa, Comune e Provincia) i provvedimenti da adottare».
«Smaltire decenni di incuria è dura, ci stiamo provando». Il direttore generale dell’Azienda sanitaria, Franco Rotelli, non si nasconde le difficoltà per risanare i due siti inquinati individuati nel comprensorio dell’ex Opp.
«Si tratta di situazioni sviluppatesi nel tempo – precisa – perchè dal 1908, quando è stato aperto l’ospedale psichiatrico, e fino a quando non si sono avute la consapevolezza e le conoscenze scientifiche sulla pericolosità della diossina, tutto veniva bruciato lì. E nei decenni le ceneri dell’inceneritore venivano buttate nelle scarpate. I metalli trovati possono avere invece le origini più diverse».
Il problema principale è costituito da una zona a forte inquinamento attorno all’inceneritore, di cui rimane solo la ciminiera. «La bonifica – ammette Rotelli – sarà impegnativa. Per me, l’unica cosa da fare è una grande gettata in cemento, che potrebbe divenire un parcheggio. Per segnalare la necessità di adeguati fondi – aggiunge – un mese fa ho incontrato l’assessore regionale Moretton e l’assessore provinciale Tommasini. Alla conferenza dei servizi valuteremo le misure da adottare subito e quelle più a lungo termine».

Giuseppe Palladini

 

 
Inceneritore, la linea 3 riattivata per consentire nuovi campionamenti - Funzionalità provvisoria
 
Uno squarcio di ottimismo irrompe nella corsa contro il tempo per evitare alla città un’emergenza rifiuti, che reca la spada di damocle del 15 maggio, data entro la quale si esaurirà la disponibilità della discarica cormonese di Pecol dei Lupi ad accogliere le immondizie triestine che la sola linea 1 dell’inceneritore di via Errera non riesce a smaltire. Ieri a mezzanotte, infatti, la linea 3 dell’impianto gestito da AcegasAps è stata nuovamente riattivata in via provvisoria: brucerà rifiuti a regime ridotto e i suoi fumi saranno sottoposti fra sabato 21 e mercoledì 25 a una seconda «campagna di campionamenti» dopo quella eseguita dal 19 al 23 marzo nell’ambito del dissequestro condizionato disposto dal pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul superamento delle concentrazioni di diossina. Tale sblocco, pur non definitivo, indica che i tecnici della multiservizi hanno già provveduto a sostituire sulla terza linea i «de mister», ovvero i componenti dei filtri dei camini che dirottano i fumi in uscita. Proprio l’accumulo di sostanze plastiche vicino ai «de mister» - è stato ipotizzato dai periti che seguono il dissequestro condizionato - sarebbe la causa dei picchi di diossina registrati in quattro occasioni a dicembre. Alla fine delle campionature, presumibilmente il 26 aprile, verranno effettuate le nuove analisi presso i laboratori di Bruxelles della società di certificazione Sgr. Se i dati conclusivi rientrassero nelle soglie di legge, la linea 3 potrebbe a quel punto tornare a regime, bruciando circa duecento tonnellate al giorno di rifiuti, oltre alle 160 smaltite dalla linea 1, l’unica esente dai sigilli della Procura fin dal sequestro dello scorso 14 febbraio. Questo mentre la linea 2, che si sarebbe dovuta mettere in funzione in questi giorni per le verifiche dei periti ma che è «saltata» lunedì all’alba per la rottura di uno scambiatore di calore, sarà fuori uso per circa una settimana: potrà a sua volta tornare a bruciare immondizie per le perizie una volta sostituito lo scambiatore.
pi.ra.

 

 
Emergenza rifiuti al parco di villa Giulia e al bosco Farneto - COLOGNA-S. LUIGI Proteste
 
Nuovi cestini per la raccolta delle immondizie, dislocati in più punti nei principali parchi comunali. E, accanto, un asporto puntuale dei rifiuti, a evitare accumuli e dispersioni nel verde circostante.
La richiesta arriva direttamente dai cittadini, per la precisione dai numerosi escursionisti e frequentatori del Bosco Farneto e del Parco di Villa Giulia, i due principali polmoni di verde suburbani di cui i triestini fortunatamente dispongono. Al pari della riviera barcolana, i due comprensori verdi dell’immediato circondario cittadino sono stati in questi giorni letteralmente presi d’assalto dalla gente. Un approccio prevedibile, visto il concomitante bel tempo e i ponti delle recenti festività, a favorire le passeggiate all’aria aperta e le gite fuori porta. Sono numerosi i triestini che optano per un giretto nel Boschetto e in villa Giulia, raggiungibili dal centro in pochi minuti anche con i mezzi pubblici. Naturalmente il notevole passaggio di persone non può non aumentare il deposito di bottigliette, lattine e confezioni vuote di alimenti lungo i sentieri e le numerose piazzole di sosta dei parchi urbani.
A detta di molti escursionisti mancherebbero cestini e punti di raccolte del pattume. «Se ti trovi davanti un sacco già colmo di lattine e bottiglie, come mi capita spesso in questo bosco – dice Franco S., che frequenta il ben noto campetto rosso di calcio del parco di Villa Giulia – la tentazione è di scaraventare le tue nelle fronde. Non è un bel modo di comportarsi, lo ammetto, ma sono davvero in pochi quelli che si portano a presso i rifiuti per depositarli nel bottino collocato all’entrata del parco in via Monte S. Gabriele. E così basta un pomeriggio per ritrovarsi con i rifiuti disseminati attorno la scarpata che cinge il campetto di calcio». «La questione è nota – interviene per la sesta circoscrizione il presidente Gianluigi Pesarino Bonazza, interessato direttamente dal problema per la presenza nel suo territorio di competenza del Farneto – e si ripropone puntualmente con l’inizio della Primavera. Per quel che mi riguarda, è necessario che chi di competenza, (presumibilmente il Settore del Verde Pubblico) incrementi nel Boschetto i cestini e faciliti l’asporto del pattume. A suo tempo sembrava che l’ex municipalizzata avesse dei problemi a curare la raccolta delle immondizie perché in difficoltà nel muoversi all’interno del reticolo dei sentieri del bosco. Tuttavia – insiste Pesarino – non dovrebbe essere difficile muoversi con i pulmini o i mezzi più piccoli lungo i sentieri principali del Farneto, opportunamente lastricati e abbastanza larghi da permettere il passaggio di motoveicoli sul tipo delle classiche Api».
Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 17 aprile 2007

 

 

All’Ex Opp una discarica di scorie tossiche  - I primi accertamenti in seguito a un accordo Provincia-Università ma per proseguire serve un’intesa tra tutti gli enti

 

In una vasta area le ceneri dei materiali ospedalieri eliminati in molti decenni

«Provincia di Trieste. Area interdetta all’accesso ai sensi del d. lgs. 152/06». La scritta campeggia su alcune tabelle poste sulla recinzione di una vasta zona, nella parte alta del compresorio dell’ex Ospedale psichiatrico, che dall’accesso da via Valerio scende lungo via Weiss. La motivazione, decisamente misteriosa, diventa più chiara tenendo presente che il decreto in questione riguarda norme in materia ambientale.
La zona, insomma, è inquinata. Per ora, da una decina di campionamenti risulta che la maggiore concentrazione di inquinanti è localizzata dove sorgevano l’inceneritore e la centrale termica del complesso ospedaliero, di cui oggi rimane solo la ciminiera, trasformata peraltro in antenna di un impianto ripetitore per i telefonini.
Attorno alla zona dell’inceneritore, e nella vicina scarpata, per molti decenni sono state scaricate le ceneri dei rifiuti di tutti i generi che l’allora Ospedale psichiatrico, che negli anni Sessanta ospitava un migliaio di ricoverati, si trovava a dover smaltire.
Il terreno di quest’area, che si affaccia su via Weiss, risulta contenere metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici. E metalli pesanti sarebbero presenti in tutta la zona recintata dalla Provincia. Ma in che misura è tutto da chiarire. Sarà possibile farlo solo dopo che un’apposita conferenza dei servizi, in cui siederanno i quattro enti che hanno proprietà nell’ex Opp (Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Università), avrà definito il piano di caratterizzazione.
I tempi non saranno certo brevi, anche se l’assessore provinciale ai Lavori Pubblici, Mauro Tommasini, annuncia che «entro questo mese saranno disponibili gli elementi per un incontro tra le parti interessate, per poi arrivare ad accordi che portino alla redazione del piano di caratterizzazione».
Il tutto di inserisce in un’intesa, firmata lo scorso anno fra Provincia e Università, per l’esame dei terreni di tutto il comprensorio ex Opp, esame affidato al Cigra, il Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale.
I risultati dei campionamenti, in parte già effettuati, dovranno essere esaminati da un’apposita conferenza dei servizi (tutta da allestire) che sarà chiamata a definire il piano di caratterizzazione delle aree inquinate dell’ex complesso ospedaliero. Una proposta per questo piano è stata comunque già avanzata dal Cigra alla Provincia.
«Bisogna accelerare le procedure per arrivare alla caratterizzazione – sottolinea Tommasini – per la tranquillità di tutti. Il progetto generale di sistemazione del parco dell’ex Opp va infatti avanti, ma per rilanciare l’area si deve poterlo fare con i dovuti margini di sicurezza».
Ma non è solo la parte alta del complesso ex Opp ad essere inquinata. A poca distanza dall’ingresso principale, a fianco dell’ex ospedale per lungodegenti «Gregoretti», ora trasformato in centro per anziani non autosufficienti, c’è un’altro rebus ambientale. Agli inizi del 2005 le analisi dei tecnici dell’Arpa, in quella che venne definita una discarica a cielo aperto, evidenziarono concentrazioni di metalli (cadmio, nichel, piombo, rame e zinco), ma anche di diossina, superiori ai limiti di legge.
La superficie dell’area risultata inquinata era di circa 6 mila metri quadri. Per risanarla sarebbe stato necessario asportare il terreno fino a due metri di profondità, qualcosa come 12 mila metri cubi, per una spesa stimata in due milioni di euro.
Nell’ottobre 2005 la zona venne recintata, ma non protetta dall’azione dispersiva del vento. All’epoca un fascicolo sulla vicenda era stato aperto dai Carabinieri del Noe.
La discarica fu scoperta dal personale della ditta di costruzioni impegnata nella ristrutturazione dell’ex Gregoretti, che doveva realizzare il parcheggio di servizio previsto dai parametri urbanistici per il rinnovato edificio.
All’epoca la discarica non risultava consolidata. E anzi, dalle analisi di un geologo incaricato dal Comune, era emerso che il terreno si stava muovendo in direzione della sottostante via Verga. Durante i rilievo del tecnico erano stati trovati, oltre a diossima e metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, rifiuti ospedalieri, ceneri, ma pure fanghi da depuratore e rifiuti urbani.
A distanza di un anno e mezzo, la discarica appare come un terreno livellato, dal quale affiorano residui di materiali edili. Pare che la zona inquinata sia stata coperta con uno strato di terra inerte. Ma intanto la recinzione è scomparsa, e chiunque può camminarvi liberamente.

Giuseppe Palladini

 

 

La Provincia: emergenza rifiuti fra 3 settimane  - Guasto sulla linea 2 dell’inceneritore che era stata appena riattivata

 

L’impianto di via Errera attende ancora il via libera dalla magistratura e la discarica di Gorizia è vicina alla saturazione

Secondo i periti del Tribunale la diossina riscontrata nei mesi scorsi potrebbe essere stata determinata da un accumulo di sostanze plastiche vicino ai filtri

Tre settimane, non di più. Dopo questo termine a Trieste potrebbe ripresentarsi il rischio di una «congestione» di rifiuti urbani. Impossibili da smaltire in toto nell’inceneritore di via Errera, ancora sotto regime di dissequestro condizionato per sforamenti di diossina e soggetto nelle ultime ore ad alcuni imprevisti tecnici e interventi manutentivi. Impossibili da esportare ancora nella discarica di Pecol dei Lupi, il sito di stoccaggio cormonese che da oltre un mese e mezzo sta accogliendo le immondizie prodotte sul territorio giuliano non bruciate dal termovalorizzatore gestito da AcegasAps.
Si sta profilando, dunque, una nuova corsa contro il tempo. A sollevare la questione è l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi, che ha chiesto alla Procura della Repubblica la possibilità di convocare al più presto una riunione, alla presenza dei rappresentanti di AcegasAps, per capire esattamente se nell’arco di venti giorni al massimo l’inceneritore avrà nuovamente a disposizione almeno due linee di smaltimento su tre. Quelle cioè necessarie a bruciare ogni giorno un quantitativo di immondizie tale da scongiurare il ricorso a una nuova alternativa esterna. Che, a quel punto, non potrà più essere Pecol dei Lupi. Le 10mila tonnellate di rifiuti accoglibili nella discarica isontina, pattuite a inizio marzo da palazzo Galatti e dalla Provincia di Gorizia, stanno infatti per esaurirsi. Viaggiano a un ritmo concordato di 840 tonnellate alla settimana, circa 140 tonnellate al giorno per un massimo di sei sessioni quotidiane, mentre altre 160 tonnellate vengono bruciate ogni giorno in via Errera dalla linea 1, l’unica rimasta esente dai sigilli dei carabinieri del Noe e per questo costantemente «sotto sforzo» dallo scorso 14 febbraio, giorno in cui la Procura ha disposto il sequestro delle linee 2 e 3 nell’ambito dell’inchiesta del pm Maddalena Chergia sul superamento delle concentrazioni di diossina, avvenute in quattro occasioni a dicembre.
«L’incontro che abbiamo chiesto - fa sapere l’assessore Barduzzi - serve per poter programmare lo smaltimento dei rifiuti». Indispensabile per palazzo Galatti, titolare per legge del piano provinciale rifiuti, è sapere a stretto giro se entro tre settimane potrà essere riattivata almeno una fra le linee 2 e 3. Mancando tale sicurezza, la Barduzzi dovrà muoversi con anticipo per scovare un’altra discarica, appellandosi se necessario alla Regione per l’attivazione di una procedura d’emergenza. E questo sia per accertare la possibilità di un «aggancio» a qualche sito friulano - in lizza ci sono gli impianti Css ed Exé, che di norma accolgono solo immondizie della propria provincia - sia nel caso si rendesse inevitabile valicare i confini del Friuli Venezia Giulia.
In un simile quadro d’emergenza s’inseriscono, peraltro, alcuni contrattempi di natura tecnica che hanno interessato l’inceneritore di via Errera nelle ultime ore. All’alba di ieri, in particolare, si è guastato lo scambiatore di calore della linea 2, quella ferma dal 14 febbraio, che aveva appena ricominciato a bruciare gasolio dopo che venerdì scorso erano stati tolti i sigilli. Proprio in questi giorni, infatti, era in programma una serie di prelievi sui fumi emessi proprio dalla seconda linea da parte dei periti incaricati di seguire le fasi del dissequestro condizionato, tre nominati dal pm Chergia e altrettanti dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’AcegasAps. La sostituzione del pezzo porterà così via altro tempo prezioso.
Questo mentre la linea 3, quella già «testata» in via provvisoria fra il 19 e il 23 marzo è ferma in attesa dello sblocco. I dati delle analisi sui campioni dei fumi della terza linea, inviati già a inizio aprile ai periti dai laboratori di Bruxelles della società di certificazione Srg, rimangono sempre top-secret. Si sa però, tramite la Provincia che ha chiesto informazioni in merito, che i periti ipotizzano che gli sforamenti di diossina possano essere stati determinati da un accumulo di sostanze plastiche in prossimità dei filtri. Il passaggio decisivo, in questa circostanza, prevede così la sostituzione dei filtri del sistema di scarico delle emissioni, seguita da nuove misurazioni. La Procura, a tale proposito, ha autorizzato AcegasAps a procedere con una serie di sostituzioni e interventi manutentivi.

Piero Rauber

 

 

Imbrattato con vernice l’ex bar Illy in via delle Torri - In un foglio sulla vetrina accuse alla politica del presidente della Regione

 

Una decina di gusci d’uovo sono stati lanciati durante la notte contro la vetrina e il muro esterno dello stabile

Una decina di gusci d’uovo riempiti di vernice sono stati gettati la scorsa notte contro la facciata del bar in via delle Torri, ex bar Illy. La pittura ha lordato non solo la vetrina, ma anche il muro esterno dello stabile. Sulla vetrina è stato trovato un foglio scritto con un computer. Questo il testo: «Riccardo Illy continua a promuovere e sostenere i progetti devastanti del territorio con i rigassificatori e i treni ad alta velocità». Nessuna firma ma, secondo la Digos, la matrice del gesto è evidente. L’azione sarebbe riconducibile a uno dei gruppi che osteggiano in tutti i modi gli impianti di rigassificazione e le strutture di collegamento veloce.
A dare l’allarme è stato attorno alle 2 un passante che ha telefonato subito al 113. Gli agenti della squadra volante e della Digos sono arrivati dopo pochi minuti. La vernice di colore rosso e blu era ancora fresca. Segno che il raid era stato eseguito da poche decine di minuti. Il bar di via delle Torri realizzato dall’architetto Claudio Silvestrin era stato inaugurato nel settembre del 2000. Il primo dei locali innovativi di una catena che fa riferimento all’azienda illycaffè. Attualmente è in gestione a una società esterna.
L’episodio dell’altra notte ricorda per le modalità l’assalto avvenuto nell’ottobre del 2004 da parte dei Centri sociali al consolato britannico in via Dante dopo il fermo a Londra, da parte delle autorità inglesi in occasione del Social Forum del leader, di alcuni disobbedienti.
L’imbrattamento in via delle Torri prende di mira un’attività commerciale, dandone un significato politico. Un gesto stigmatizzato da Fabio Omero, segretario provinciale dei Ds: «Sovrapporre quelli che sono interessi di un’impresa familiare con la politica - dice - è un comportamento da condannare. Una sorta di integralismo culturale che richiama una parte delle aree radicali».
In passato sempre il simbolo della Illycaffè era finito su un’adesivo che invitava al boicottaggio dell’azienda. Questa volta i contestatori sono passati direttamente all’azione, in nome della battaglia contro i rigassificatori, l’alta velocità e il Corridoio 5. Tutte tematiche ambientaliste portate avanti, ad esempio, dai Verdi del Sole che ride che in Regione appoggiano il governo Illy. «Sono contrario ai rigassificatori e alla Tav e su questi temi - dice Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi vicino al movimento no global - le mie idee sono diverse da quelle di Illy. Rispetto al fatto accaduto in via delle Torri non ho molto da dire, ma indubbiamente nell’ultimo periodo sull’ambiente è salita la tensione. Bisogna confrontarsi e far partecipare i cittadini, altrimenti il conflitto rischia di aumentare».
Netta condanna al gesto vandalico, invece, arriva da Rifondazione comunista schierata contro la Tav e gli impianti di rigassificazione. «L’imbrattamento in via delle Torri non risolve nulla, la vernice e il volantino anonimo - dice Igor Kociancijc, consigliere regionale e segretario provinciale del partito - è un gesto sbagliato da condannare. Non giova personalizzare su Illy la battaglia ambientalista, la politica vera è fatta di mobilitazione popolare». Una ricerca di dialogo auspicata anche da Gian Matteo Apuzzo, segretario provinciale della Margherita: «Esiste un problema di condivisione nelle scelte che hanno una ricaduta locale e le amministrazioni devono tenere conto di tutte le sensibilità. Ma allo stesso tempo ci deve essere - sostiene - una condivisione delle regole. Qualsiasi azione anche di contrasto deve rientrare nel contesto democratico».

 

 
San Dorligo, al via l’iter del Parco della Val Rosandra - Disco verde in Comune
 
SAN DORLIGO Con l’approvazione ieri in consiglio comunale, il Comune di San Dorligo dà il via all’iter per la definizione del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra. Atto necessario per poter gestire il parco, come previsto dalla legge. Il Piano di conservazione e sviluppo detta, in sintesi, le regole su ciò che si può fare e ciò che non è concesso su tutto il territorio della riserva. Si guardano i vincoli e gli habitat, basandosi sulla normativa comunitaria in materia (la valle infatti è inserita nelle zone tutelate dall’Ue).
In merito allo sviluppo, invece, dà indicazioni su che cosa fare per valorizzare la zona, in vari ambiti, come l’agricoltura, la didattica, il turismo. Il consiglio comunale ieri si è espresso in particolare su tre punti inerenti questo iter. Ha approvato, infatti, una modifica all’accordo di programma, visto che, appunto, la stesura del Piano per la futura gestione del parco è passata dalla Regione al Comune. Ha dato il via alla nascita di un tavolo di lavoro tecnico e misto per elaborare il Piano, il quale si avvarrà delle procedure di Agenda 21 (aderendo ad un progetto provinciale, altro tema portato al voto e approvato) per una condivisione capillare delle scelte in merito alla Val Rosandra, alle quali saranno chiamati a partecipare anche gli abitanti.
La seduta è stata molto lunga, ma soprattutto a causa di critiche procedurali (con la presentazione, a tal riguardo, di numerose mozioni d’ordine) da parte del consigliere di opposizione Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni). Una tra esse ha però accolto l’unanimità dei voti: quella che chiede garanzie affinché i capigruppo consiliari possano ricevere le documentazioni inerenti gli argomenti da discutere in consiglio comunale, almeno quarantotto ore prima della conferenza dei capigruppo, che anticipa la seduta stessa. Ma intanto, i lavori del consiglio patiscono le conseguenze di alcune carenze di personale in Comune. Ieri infatti non si è potuto procedere, come avviene di solito, alle approvazioni dei verbali delle sedute precedenti. La presenza in organico di un solo traduttore (erano tre fino al 31 dicembre 2006, quando è scaduto il contratto a due di loro) rallenta di molto la verbalizzazione delle sedute consiliari, che deve essere in italiano e sloveno.
s. re.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI' , 16 aprile 2007

 

 

Piccole pale non crescono - il mini eolico frenato da troppe norme

Gli impianti a vento da 20KW potrebbero dare un importante contributo ambientale e occupazionale
Ogni regione ha però regole sue: molte sono complesse e di difficile applicazione

Eccezione positiva la Puglia: grazie alle nuove norme, moltiplicate le installazioni

Da Legambiente e imprese produttrici la proposta di un protocollo per semplificare le procedure
ROMA - Il vento c'è sempre stato, la tecnologia è da un bel po' che è matura e da circa un anno ci sono anche gli incentivi giusti. Eppure il mini eolico in Italia continua ad essere semiclandestino e ben pochi conoscono le opportunità di risparmio che questa forma di piccola produzione distribuita di energia è in grado di fornire. A frenarne il decollo è soprattutto la mancanza di una normativa unica, in grado di rendere le procedure semplici e uguali in tutto il territorio.
Così come avviene per il grande eolico, sono soprattutto il caos e le lungaggini burocratiche a ostacolare le potenzialità delle fonti rinnovabili. Rispetto agli impianti di taglia industriale, il mini ha infatti il vantaggio di non essere invasivo e di adattarsi bene a zone di scarso pregio paesaggistico, come aziende agricole e zone artigianali. Caratteristica che permette di aggirare anche le resistenze di spesso malintese esigenze di tutela ambientale. A costringere la diffusione del mini eolico a cifre da supernicchia sono però i bastoni normativi gettati tra le ruote di chi vorrebbe abbracciare un modello energetico più sostenibile, tanto per il proprio portafoglio che per la salute del Pianeta.
Parlare di eolico di piccola taglia significa riferirsi a torri alte non più di trenta metri, capaci di produrre una potenza fino a 20 kilowatt. Impianti che trovano la loro installazione ideale in aziende agricole, zone artigianali, piccoli distretti industriali, campeggi e agriturismi dove il vento soffia mediamente a una velocità di sei metri al secondo. Condizione piuttosto diffusa in molte zone appenniniche e del Mezzogiorno. Per una società o un piccolo imprenditore dotarsi di una di queste torri significa fare un investimento di circa 50 mila euro ripagabile nel giro di 5-6 anni, trasformandosi poi per un periodo altrettanto lungo in una fonte di risparmio (sulla bolletta energetica) e di guadagno (grazie al meccanismo dei certificati verdi).
Eppure si tratta di un passo che ancora in pochi fanno, con la significativa eccezione della Puglia. La forza e la costanza del vento che soffia sul tacco d'Italia ovviamente svolgono un ruolo importante, ma la discriminante rispetto al resto del Paese è un'altra. "La verità è che in nessuna altra regione installare una torre eolica è semplice come in Puglia", spiega Marcello Garavaglia, responsabile vendite della Blu Mini Power, una delle due aziende italiane leader nella produzione e commercializzazione di impianti di piccola taglia. "Solo la situazione toscana - osserva - è paragonabile a quella pugliese, con le procedure affidate ai comuni di appartenenza, ai quali è sufficiente la dichiarazione d'inizio lavori. Per il resto siamo di fronte a pratiche onerose, in continua evoluzione e di competenza delle regioni".
Nella speranza di sbloccare questa situazione gli imprenditori che operano nel settore delle fonti rinnovabili e gli ambientalisti che hanno a cuore lo sviluppo dell'energia pulita hanno stretto un'alleanza, stilando un protocollo rivolto alle regioni per l'adozione di una procedura unica semplificata. "In gran parte d'Italia - ricorda Edoardo Zanchini, responsabile per le politiche energetiche di Legambiente - anche per l'installazione di una singola torre in aree prive di vincoli ambientali la procedura è tale da obbligare a studi, verifiche e approfondimenti che rendono i progetti costosissimi e comunque inutili per interventi che hanno un limitatissimo impatto sul territorio". "Le prime risposte dagli enti locali alla nostra iniziativa - spiega Zanchini - sono state incoraggianti, ma di strada da fare ne rimane ancora molta. Il primo passo sarà probabilmente l'istituzione di un tavolo di livello governativo per fissare le linee guida delle rinnovabili".
Le potenzialità del piccolo eolico, per le sue stesse caratteristiche, sono difficilmente quantificabili, anche se parlare di un obiettivo di mille MW di potenza installata non appare del tutto campato in aria. Ma la preoccupazione di Legambiente non è solo di carattere ecologista. "Il nostro paese - dice ancora Zanchini - ha l'opportunità di sviluppare e diffondere brevetti, di far crescere un importante settore industriale che riguarda la meccanica, i materiali, l'elettronica e le vernici". Un meccanismo virtuoso che si è effettivamente messo in moto lì dove il mini eolico ha trovato le condizioni per svilupparsi.
In Puglia, ad esempio, è nata la Jonica Impianti, cooperativa pioniera del settore e oggi detentrice di diversi brevetti, così come ha preso corpo un piccolo ma significativo indotto del settore. "Fare delle cifre è difficile, ma sicuramente si è messo in moto un circolo virtuoso dal punto di vista occupazionale e tutto su base locale in zone altrimenti spesso svantaggiate", spiega Rosario Mineo, direttore commerciale della Eneric, una Srl di Bisceglie che distribuisce e installa mini impianti eolici e che per il prossimo anno ha in preventivo l'installazione di una ventina di torri nella sola zona della Daunia.
"In Puglia - dice - siamo tre o quattro imprese a svolgere questo tipo di lavoro e ognuna impiega una decina di persone. A queste vanno aggiunti poi tutti quei lavoratori che vengono coinvolti ogni qual volta si chiude un contratto: operai edili per le opere civili, geometri per i progetti, tecnici per le pratiche burocratiche, senza contare le possibilità di assunzione che si aprono per quelle aziende che grazie al mini eolico si trovano a migliorare i loro bilanci". Una dinamica che se assecondata da norme e incentivi adeguati secondo Legambiente su scala nazionale può coinvolgere qualche migliaio di persone.

VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 16 aprile 2007

 

 
Zara investe sul mare pulito: via libera al maxi-depuratore - Firmato l’accordo con Zagabria. L’impianto in funzione entro la fine del 2008
 
ZARA Sarà un maxi-depuratore a salvaguardare le acque di mare dell’area di Zara in cui vivono abitualmente oltre 100mila persone. L’impianto, secondo i progettisti, entrerà in funzione entro la fine del prossimo anno e costerà 70 milioni di kune (circa 9 milioni e mezzo di euro). Il contratto per la costruzione dell’opera è stato sottoscritto a Zagabria dai massimi esponenti del Demanio idrico nazionale, dell’azienda municipalizzata zaratina che gestisce la rete fognaria e dell’impresa tedesca Zueblin/Passavant Roediger, alla quale è stato affidato l’appalto dei lavori tramite concorso internazionale.
La realizzazione del depuratore nella città del maraschino fa parte del «Progetto adriatico», il piano ideato dal Demanio idrico nazionale in collaborazione con il governo croato e con il sostegno della Banca mondiale. Il progetto, che prevede stanziamenti per 280 milioni di euro in dieci anni, consentirà edificazione, modernizzazione e rifacimento dei sistemi di smaltimento delle acque di scarico. Riguarderà 480 località, per un totale di circa 300 mila abitanti delle coste croate dell’ Adriatico, Istria, Quarnero e Dalmazia compresi. «Il Progetto adriatico è d’interesse strategico per il Paese in quanto servirà a tutelare le acque marine che bagnano i 1700 chilometri del nostro litorale e le 1185 isole croate – ha affermato a Zagabria il ministro del Mare, Turismo, Trasporti e Sviluppo, Bozidar Kalmeta –; la realizzazione del progetto è già cominciata l’anno scorso a Fiume, Abbazia, Mattuglie, Laurana, Poschiane, nella stessa Zara. È un progetto di largo respiro che avrà bisogno di un decennio per essere completato. In particolare il depuratore zaratino servirà a rendere più pulite le acque del canale che divide la terraferma e le isole di Ugljan e Pasman». I costi del «Progetto adriatico» saranno così suddivisi: 20 per cento a carico delle municipalità interessate; un altro 20 per cento finanziato dall’esecutivo statale; il 10% di competenza del demanio idrico croato; il restante 50 pc finanziato con crediti dalla Banca mondiale. In riferimento a Fiume, il «Progetto adriatico» riguarda l’apprestamento delle fognature nel Grobniciano, zona alle spalle del capoluogo quarnerino. I lavori sono cominciati lo scorso settembre e dovrebbero essere portati a compimento entro la fine di quest’anno, per un investimento di 8 milioni di kune, circa un milione e 100 mila euro.
Andrea Marsanich

 

 

Cherso-Lussino, riserva marina più vicina. -  I pescatori: così perdiamo il nostro lavoro

 

Il ministero croato della Cultura ha deciso un vincolo di «tutela preventiva» per salvaguardare la colonia di delfini

CHERSO Sono i delfini lussignani il pomo della discordia tra ambientalisti e pescatori. E’ stata accolta con reazioni diametralmente opposte la delibera del ministero croato della Cultura di proclamare le coste orientali dell’arcipelago di Cherso e Lussino quale area in regime di tutela preventiva, primo passo per arrivare ad una vera e propria riserva marina. Il dicastero si è ispirato alle indicazioni giunte da «Mondo blu», l’organizzazione non governativa di Lussinpiccolo che da decenni si adopera, tra l’ altro, per la salvaguardia della colonia di delfini – circa 200 esemplari in tutto – che vive al largo delle coste delle due isole quarnerine. La mossa del ministero guidato da Bozo Biskupic ha fatto gioire gli ecologisti isolani, scatenando invece reazioni di dissenso da parte dell’ organizzazione dei pescatori di Cherso e Lussino, tra cui ci sono diversi connazionali. I pescatori temono che ora sarà più difficile calare reti, nasse e palamiti in questo braccio di mare altoadriatico: «Temiamo che le nuove disposizioni ci penalizzino, ma abbiamo soprattutto paura che fra tre anni, quando si dovrà decidere se istituire una riserva marina, le limitazioni risultino tali da bloccare o compromettere le nostre attività», dicono i rappresentanti della sezione isolana Pesca e Maricoltura. «Non siamo contrari alla salvaguardia dell’ambiente, bensì vogliamo fare presente che decine di generazioni di pescatori di Cherso e di Lussino hanno saputo nel tempo tutelare le zone in cui agiscono. Chiediamo pertanto che il ministero della Cultura torni sui suoi passi, annullando la contestata delibera». Va detto che la zona di tutela preventiva cherso-lussignana risulta estesa su 52.335 ettari di mare e 241 ettari di terra e, in base alla legge, costituisce il punto di partenza per arrivare eventualmente alla proclamazione di un’area con rigorose disposizioni restrittive in fatto di pesca, navigazione, costruzione di impianti sul demanio marittimo. Ossia la citata riserva marina. In base alle normative, sono le autonomie locali e i gruppi interessati (i pescatori ad esempio) ad avere l’ ultima parola prima che si arrivi ad istituire una simile area, con una fase di passaggio dalla zona di tutela preventiva alla riserva di tre anni.
Un periodo che nelle due isole altoadriatiche si preannuncia bollente in quanto i pescatori, e non solo loro, hanno promesso battaglia. A gettare un po’ d’ acqua sul fuoco della polemica è stato il sindaco di Lussinpiccolo, Gari Cappelli: «Non dobbiamo dimenticare che i delfini sono il simbolo della nostra isola, un marchio di garanzia dell’ambiente isolano per il quale ci dobbiamo battere. Sono per una zona di mare tutelata, ma che non vada a cozzare con gli interessi della popolazione locale. Salvaguardia sì, ma da attuare con saggezza».
a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 15 aprile 2007

 

 

Aria insalubre: Fiume detiene il primato  - Rilevate quantità di ammoniaca e solfuro d’idrogeno superiori alla norma

 

La relazione governativa sarà inviata al parlamento. Sotto accusa le raffinerie Ina e la termocentrale di Urinj ma il mare è pulito

FIUME La città dell’aquila bicipite detiene un primato negativo: è tra le località più inquinate nel Paese. Parliamo dell’inquinamento atmosferico, in cui a farla da padroni sono le particelle di ammoniaca e di solfuro d’idrogeno, presenti in quantità varie volte maggiori rispetto ai limiti tollerati.
È quanto si desume dal rapporto del governo del premier Sanader: analizza la situazione ambientale in Croazia nel periodo 1997-2005. Fiume capeggia la graduatoria che la vede in compagnia con Zagabria, Spalato, Sebenico, Makarska, Almissa, Sisak, Novska, Nasice e Kutina. Insomma, ce n’è per tutti: dalla Dalmazia al Quarnero, dalla Croazia Centrale alla Slavonia, un Paese intero alle prese con i grandi inquinatori. Per quanto attiene a Fiume, il dito accusatore viene puntato soprattutto sugli impianti delle raffineria dell’Ina an Mlacca e Urinj e sulla Termocentrale di Urinj. Nella relazione del governo sull’ambiente si legge che l’atmosfera è moderatamente inquinata a Umago, Pola, Fianona e Albona, dunque in alcune tra le maggiori località dell’Istria, come pure a Portoré, Zara e Osijek. Di gran lunga migliore la situazione riguardante le acque marine. I campionamenti hanno evidenziato che nel 98,5% dei casi l’acqua che bagna Istria, Dalmazia e Quarnero è pulita. Ottima notizia per bagnanti, ecologisti, operatori turistici, per tutti coloro che ritengono a ragione l’Adriatico un mare di straordinaria importanza per le sorti della Croazia. C’è qualche neo ed è rappresentato dalla fioritura del mare, fenomeno che non accenna a venire meno negli ultimi cinque anni. Le mucillaggini interessano soprattutto la Baia di Buccari e quelle dei Castelli spalatini e di Sebenico, come pure le coste orientali della Penisola istriana.
A Buccari e in Istria la massa gelatinosa – così nel rapporto – è dovuta a quanto riversato in mare dal fiume Po. Per ciò che concerne i porti marittimi, l’area più a rischio è quella di Fiume, dove le operazioni d’imbarco–sbarco riguardano il 90% dei carichi pericolosi in transito nel Paese. Nella relazione, che sarà sottoposta all’attenzione del Sabor (parlamento nazionale), si rileva inoltre che le aree boschive del Gorski Kotar, entroterra quarnerino, sono molto minacciate dalle cosiddette piogge acide. A rischio soprattutto l’esistenza degli abeti. Per finire: da quando in Croazia è cominciata la raccolta di vuoti a perdere (1.o gennaio 2006) i cittadini hanno consegnato ai vari centri qualcosa come un miliardo di bottiglie di plastica.
Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 14 aprile 2007

 
Barriera Vecchia: proposta: davanti alle scuole bottini per la raccolta differenziata
 
Raccolta differenziata dei rifiuti a portata di scolaro e studente. Infatti, visto che la raccolta differenziata di plastica, carta, vetro, non solo può rappresentare una risorsa economica da sfruttare, ma è soprattutto un modo per disfarsi correttamente dei rifiuti senza danneggiare l’ambiente, perché non abituare i più piccoli alla metodica? Il suggerimento parte dai consiglieri Igor Merkù e Luigi Franzil che ne hanno fatto una mozione, passata ieri all’unanimità nella quarta circoscrizione di Città e Barriera Nuova, Città Vecchia e san Vito.
Nella mozione, rifacendosi anche al concorso municipale «I rifiuti da problema a risorsa», si chiede così di sensibilizzare i più giovani alla raccolta differenziata attrezzando i siti posti nelle adiacenze delle scuole di ogni ordine e grado, con i raccoglitori adatti allo scopo. «Riteniamo – spiega Franzil- che soprattutto le scuole aderenti al concorso del Comune debbano essere per prime attrezzate con i contenitori specifici per la raccolta differenziata. È importante che il senso civico venga insegnato già in tenera età in modo da creare questa sensibilità ecologica per divenire degli adulti consapevoli sull’importanza di quanto hanno appreso sui banchi di scuola o addirittura su quelli della materna».
Dunque, come anche dice il titolo del concorso municipale, da un problema, o meglio da un falso problema, con il recupero di carta, stracci, vetro, si possono ottenere delle importanti risorse economiche, riuscendo anche a dare un impulso alla tutela dell’ambiente e dell’aria che respiriamo.
Daria Camillucci

 

 

Dalla Snia una miscela metano-idrogeno per i bus  - L’ad Mattiussi: «A Torviscosa produrremo il carburante ecologico per il trasporto regionale»

 

L’azienda volta pagina, dopo l’acquisizione della spagnola Undesa punta ai prodotti vegetali. Il bilancio 2006 ha chiuso con una perdita di 39,3 milioni

TRIESTE Una miscela metano/idrogeno per rendere più pulito il trasporto pubblico a Trieste e a Udine dove c’è il problema del particolato emesso dai gas di scarico. «Siamo gli unici produttori di idrogeno nell’alto Veneto e nel Friuli Venezia Giulia, anche in regione siamo disponibili a produrre la miscela per rendere il metano più efficiente e gli autobus ancora meno inquinanti» annuncia l’ammministratore delegato di Snia Spa Andrea Mattiussi che da Torviscosa, dove ha sede lo stabilimento, lancia a tutti i manager, riuniti in una «due giorni», le linee della nuova «mission» aziendale.
Snia volta pagina, con l’acquisizione del Gruppo spagnolo Undesa entra nel settore dei prodotti vegetali, rende meno preponderante la parte dedicata al cloro e al petrolio per dedicarsi a un nuovo business, chiude in questi giorni la centrale elettrica a carbone e punta alla ricerca spingendo sulla Serichim che deve crescere anche lavorando per altre aziende.
Una rivoluzione per il Gruppo proprietario dello stabilimento di Torviscosa, che quest’anno chiude il bilancio 2006 con una perdita di 39,3 milioni e un patrimonio negativo di 29,3 milioni. Nonostante ciò, il margine operativo lordo sale dagli 8,4 ai 12,6 milioni (+50%). In lieve flessione (0,7%) i ricavi netti del Gruppo pari a 124,7 milioni contro i 125,6 del 2005. In perdita ma fortemente ridotto anche il risultato operativo di Gruppo pari a -25,3 milioni (costi non ricorrenti per 20,6) rispetto ai -59,1 del 2005. «Con l’acquisizione di Undesa siamo entrati nel campo dei prodotti vegetali – continua Mattiussi – e dunque nel settore dei cosmetici, detergenti, lubrificanti e plastificanti. Questo ci permette di fare nuove esperienze in un mercato che sta decollando. È giunto il momento di cambiare posizionamento dell’azienda e creare una società nuova. Ho riunito in questi giorni tutto il management per rivedere il piano strategico, la visione, e la missione della Snia. Saremo la prima azienda chimica italiana ed europea ad utilizzare i prodotti vegetali derivati da olii e amidi». Non sarà del tutto ridotto il business legato a cloro e petrolio, ma non sarà più il «core business» e il fatturato si ridurrà al 20-30% rispetto a un 70-80% nel settore vegetale. Altra grande novità che inserisce lo stabilimento di Torviscosa tra le aziende attente all’ambiente è la chiusura della centrale a carbone in questi giorni. «Utilizzeremo l’energia della megacentrale a metano della Edison – spiega l’amministratore delegato – e nel futuro penseremo all’idrogeno o alle biomasse». Una chiave che spinge ora la Snia a dare una forte accelerata sul fronte della ricerca applicata. «A Brescia siamo operativi con la sperimentazione sulle fuel-cell a idrogeno – conferma Mattiussi – a Torviscosa puntiamo alle mega fuel-cell. E anche in questa regione siamo disponibili a produrre una miscela metano-idrogeno per ridurre l’inquinamento del trasporto pubblico».
Un accordo è stato siglato da altre regioni su questo fronte e la Snia vuole farlo anche in Friuli Venezia Giulia. Ma c’è un altro punto su cui punta la Snia, lo sviluppo del centro di ricerca della Serchim (dentro c’è Friulia e Sviluppo Italia). «Abbiamo individuato una nuova via per fare ricerca – conclude Mattiussi – che è la creazione di un’azienda che lo faccia sia per noi che per gli altri. È l’unica via per avere centri di ricerca grossi condividendo i costi senza tagliare per questo gli investimenti».

Giulio Garau

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 13 aprile 2007

 

 
Inceneritore, da lunedì i test alla linea 2 - Oggi sono attesi i risultati delle analisi dei fumi effettuate sull’altra linea sotto sequestro
 
Inizieranno lunedì, e proseguiranno per l’intera settimana, i controlli ai fumi della linea 2 dell’inceneritore, sotto sequestro dal 14 febbraio. Le operazioni preliminari per rimettere in funzione la linea sono iniziate ieri pomeriggio, con la rimozione dei sigilli e il progressivo riscaldamento dei forni. Da lunedì, poi, la linea brucerà 140 tonnellate al giorno di rifiuti per permettere le rilevazioni dei fumi.
Intanto i dati delle analisi sui fumi della linea 3, effettuate fra il 19 e il 23 marzo, dovrebbero essere resi noti oggi. Ieri scadeva infatti il termine entro il quale il programma delle perizie dispone la consegna dei risultati al pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul superamento dei livelli di diossina che ha portato al sequestro delle linee 2 e 3.
Tutto ciò mentre gli spazi disponibili nella discarica cormonese di Pecol dei Lupi, che da oltre un mese accoglie gran parte dei rifuti cittadini, si stanno via via assotigliando. Al ritmo di oltre 800 tonnellate la settimana, delle 10 mila tonnellate concesse dalla Provincia di Gorizia agli inizi di marzo ne restano infatti «disponibili» poco più di 3 mila.
«Abbiamo chiesto alla Procura di comunicarci i dati delle analisi – precisa l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi – e allo stesso tempo abbiamo fatto presente che nella discarica di Pecol dei Lupi si potranno portare rifiuti ancora per meno di quattro settimane. Se il sequestro di due delle tre linee dovesse proseguire, a un certo punto rischiamo di dover portare i rifiuti nel Veneto».
La linea 1 è l’unica che continua a funzionare senza interruzioni, smaltendo circa 160 tonnellate di rifuti al giorno. Anche questa linea, nonostante a dicembre non avesse fatto registrare sforamenti dei livelli di diossina, è stata sottoposta ai recenti campionamenti. «Se, in seguito ai controlli, il magistrato non ha preso provvedimenti per la linea 1 – osserva l’assessore Barduzzi – ritengo che i fumi sono risultati nella norma».
gi. pa.

 

 
Via Ovidio, rinasce il maxi-comitato contro le antenne - Dopo le ultime proteste
 
«Stiamo aspettando che il Comune ci dia una risposta sul futuro dell’antenna della Tim. Certo è che più che il tempo di passa, più siamo convinti di non voler convivere con una stazione radio base posta di fronte alle nostre finestre». Così si esprime Fulvia Tessaris, portavoce di quel comitato spontaneo di cittadini di via Ovidio e dintorni che ha chiesto al Comune di sospendere e far traslocare altrove una nuova stazione radio base per la telefonia cellulare in procinto di realizzazione in un terreno adiacente la proprietà dell’«European School of Trieste». Un traliccio che, oltre a essere posto nei paraggi di un edificio come la scuola citata, verrebbe eretto in una zona ricca di condomini e palazzine, densamente abitata. Dopo un sopralluogo della sesta commissione consigliare comunale e l’intervento dello stesso Comune, i lavori di costruzione del nuovo impianto della Tim sono stati sospesi.
Ma la protesta riprende fiato. L’altra sera si sono riuniti i rappresentanti dei comitati contro le antenne di Campanelle, Opicina, Cittavecchia e gli abitanti della zona: «Tema dell’incontro - dice Chiara Valenti che abita in via Ovidio - la costituzione di un nuovo maxi-comitato che possa sedersi a un tavolo di confronto con il Comune e i gestori per cercare, sulla base del piano delle antenne appena messo a punto dall’amministrazione municipale, una soluzione ai vari punti di crisi nei rioni cittadini».
Intanto nei giorni scorsi è stata approvata all’unanimità dal consiglio della Terza circoscrizione, presieduta da Sandro Menia, un documento del consigliere Walter Bastiani, che chiede al Comune di interrompere definitivamente la realizzazione del traliccio. «Di comune accordo tra le parti in causa – dice Bastiani – è necessario spostare la stazione radiobase in un sito ritenuto più idoneo per la salute e la sicurezza di bambini e adulti».
A poche ore dall’apertura di un ulteriore «fronte antenne» in un’altra zona cittadina, quella del Ferdinandeo, dove è prevista l’erezione di un altro traliccio, il consigliere cerca di ragionare in modo complessivo: «Questo problema è ormai troppo sentito, e è giusto che i comitati sorti diventino fonte di collaborazione per il Comune. Troppe volte la questione antenne è stata utilizzata per motivi di natura personale, ma in verità siamo di fronte a qualcosa che riguarda da vicino la salute dell’intera comunità cittadina. Perché sull’argomento delle emissioni elettromagnetiche e sui loro effetti sappiamo davvero troppo poco».
«Al momento esiste solo una sospensiva verbale riguardo la costruzione del traliccio – riprende la portavoce dei cittadini di via Ovidio – null’altro. Auspichiamo di poter consultare al più presto il piano antenne predisposto dall’Amministrazione Comunale e di riuscire a trovare al più presto un accordo col gestore. Ci sarà pure un sito dove il traliccio potrà sorgere senza minacciare residenti e scolari con le sue emissioni».
m.l.

 

 
Falesie di Duino, pronto il piano di tutela  - Sarà valorizzato il circuito turistico. Ma è già polemica sulla prevista costruzione di 20 bungalow
 
Terminato l’iter comunale del progetto che adesso passa al vaglio della Regione. Il via libera potrebbe arrivare entro la fine di maggio
Chiuso anche un contenzioso con il campeggio Mare Pineta
DUINO AURISINA Terminato l'iter comunale del Piano di sviluppo delle Falesie, il progetto della Regione che disciplina la fascia di territorio costiero, dal mare fino alla statale, lungo il sentiero Rilke. Un progetto che mira a tutelare il territorio, ma anche proporre uno sviluppo sostenibile. Nell'ultimo consiglio comunale dell'amministrazione Ret, mercoledì, le osservazioni e le opposizioni al Piano, realizzato dalla Regione, sono state votate una per una, e ora manca solo una delibera della Giunta regionale per rendere il progetto esecutivo.
Secondo il sindaco Ret, il completamento dell'iter amministrativo potrebbe avvenire anche prima della conclusione del suo mandato, entro quindi la fine di maggio: «Quella zona fino ad ora era letteralmente paralizzata, era stata definita parco, ma non c'era un progetto per la sua gestione. Ora, grazie alla Regione, abbiamo un progetto e anche i finanziamenti per realizzare le attività».
Ma non mancano, ovviamente, le polemiche, che arrivano dal Verde Maurizio Rozza: «Questa del parco delle falesie - dice Rozza - è una vicenda penosa che vede coinvolti anche gli uffici regionali. Qualcuno prima o poi dovrà spiegare perché mai il piano di gestione di una riserva naturale, cioè di una delle aree più protette che nasce con finalità didattiche e ambientali, doveva prevedere anche il permesso di costruzione di 20 bungalow proprio a ridosso del sentiero Rilke. Mi pare un prezzo troppo alto pagato al gestore del campeggio, prezzo che ha superato di molto i limiti delle finalità di una riserva».
Non tutto il centrosinistra risulta così accannito: il consigliere comunale Michele Moro ha ricordato che era stata chiesta la costruzione di ben 60 bungalow e che sarà «determinante il ruolo del Consorzio di gestione della Riserva, al quale spetterà creare una efficace sinergia con il campeggio».
Il piano vede infatti il Comune nel ruolo di «Soggetto attuatore»: oltre a permettere le attività di sviluppo del campeggio Mare Pineta, e una serie di azioni legate alla fruizione del Rilke, compresa la realizzazione di segnaletica e l'apposizione di strutture turistiche «leggere» oltre che l'apertura dell'ingresso da Duino del sentiero stesso.
Sarà la Regione a finanziare molte delle iniziative previste, che potranno avviarsi dopo l'approvazione del documento, e dopo la costituzione di un comitato tecnico che vedrà attorno allo stesso tavolo una serie di esperti scelti dalle amministrazioni per indirizzare la gestione del parco stesso. La chiusura dell'iter amministrativo chiude anche un contenzioso in piedi da anni tra il campeggio Mare Pineta e l'amministrazione comunale, dovuto proprio al blocco, e quindi all'impossibilità della struttura turistica di modificarsi nel tempo. Per quanto riguarda la segnaletica, la riparazione delle recinzioni, la pulizia del verde, la riapertura del sentiero anche dal lato di Duino, i tempi per la realizzazione - dice il sindaco Ret - dovrebbero essere abbastanza brevi, tanto da poter servire anche nella seconda parte della imminente stagione turistica. In particolare l'apertura dell'ingresso di Duino del Rilke permetterà di creare una sorta di «circuito turistico» che comprende il borgo e il Castello, e permette così una fruizione migliore del sito, senza obbligare le persone a passare nei pressi della statale. Dal lato di accesso di Sistiana, invece, si concentreranno le attività di presentazione naturalistica e turistica del sito, ed è allo studio la possibilità di realizzare un chiosco per la vendita di gadget e prodotti tipici del territorio.
f.c.

 

 

Emergenza clima

 

ROMA Italia alla sfida clima. Crescono le emissioni di CO2 e, senza interventi, al 2020 il nostro Paese si troverà fuori dagli obiettivi del 53%. Ma l'Italia può darci un taglio. Un incisivo intervento in senso di efficienza energetica e di applicazione dell'innovazione tecnologica possono portare realisticamente un abbattimento del 33% rispetto al 53% di sforamento. L'analisi e gli scenari per rispondere all'emergenza effetto serra sono contenuti nell'ultimo rapporto dell'Enea «Energia e Ambiente» presentato ieri alla presenza dei ministri dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani e dell'Università e Ricerca, Fabio Mussi.

 

 

L’«abuso» dell’automobile

L’italiano medio dedica ogni anno alla propria auto 1500 ore: ci sta seduto, in marcia e in sosta, la parcheggia, si guadagna i soldi per acquistarla, lavora per pagare la benzina, i pedaggi, l’assicurazione, il bollo, le multe. Ogni giorno passa quattro delle sue sedici ore di veglia o per la strada o occupato a procurarsi i mezzi che l’auto richiede, senza contare il tempo speso in altre occupazioni imposte dal trasporto: quello trascorso in ospedale, in tribunale o in garage, quello perso guardando in tv gli spot pubblicitari di automobili, scorrendo pubblicazioni specializzate: queste 1500 ore sono investite per percorrere 10.000 km, circa 6,5 km all’ora. Nei Paesi privi di una massiccia presenza dell’industria del trasporto, la gente ottiene lo stesso risultato andando a piedi dovunque voglia, e il traffico assorbe dal 3 all’8% del tempo sociale anziché il 28. Ciò che distingue il traffico dei Paesi poveri da quelli ricchi non è un maggior chilometraggio per ogni ora di vita ma l’obbligo di consumare in forti dosi l’energia disegualmente distribuita dall’industria del trasporto. L’automobile è diventata un ossimoro: impedisce all’individuo di spostarsi.
Mauro Luglio
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 12 aprile 2007

 

 
Ferdinandeo: protesta antenne mentre il Comune prepara il piano delle nuove installazioni
 
Un gruppo di abitanti delle vie Gridelli e Segrè contesta la costruzione di due tralicci
Bocciata dal Tar nel 2005, la mappa è stata rivista e messa a punto in accordo con i gestori
Dopo Cologna, Campanelle, Opicina, tocca al Ferdinandeo. Si apre un altro fronte nella guerra alle antenne per la telefonia mobile, e stavolta a protestare sono un gruppo di abitanti delle vie Gridelli e Segrè, a pochi passi dal Ferdinandeo. «Abbiamo scelto di abitare in questa zona - dicono - soprattutto per la lontananza dall’inquinamento, dallo smog, dal traffico e dal cemento, e per tutta risposta sono arrivate due antenne, per non parlare del progetto di nuove palazzine». E tutto nonostante i pareri sfavorevoli della Circoscrizione. E mentre la protesta per i tralicci si estende in vari rioni, il Comune si prepara a varare il «Piano del settore per le antenne», che prevede una divisione del territorio in zone, nella quali stabilire quali e quanti impianti collocare.
L’iter per l’approvazione del documento è stato sollecitata dal presidente della Sesta commissione consiliare Roberto Sasco, dopo le poteste recenti per un'altra antenna, quella prevista in via Ovidio, che ha scatenato vivaci proteste da parte dei residenti. «Il piano era già stato redatto nel 2005 ma successivamente bocciato – racconta Sasco – in seguito all’accoglimento, da parte del Tar, delle istanze presentate dai gestori di telefonia. Ora l’ingengere Tosolini del Comune ci ha assicurato che il nuovo piano è pronto, dopo la raggiunta intesa con le compagnie – prosegue - cercheremo di accellerare il percorso, per portarlo in commissione e poi in consiglio comunale, parlandone ovviamente anche con le cirscocrizioni».
«Il piano particolareggiato non risolve tutti i problemi – precisa Sasco – ma stabilisce criteri e posizionamenti delle antenne, in base alle legge 28, che individua precisi parametri da rispettare, e coinvolge gli stessi comitati di cittadini, in grado di visionare il documento presso le circoscrizioni ed effettuare osservazioni o segnalazioni».
La maggior parte delle antenne, necessarie a coprire tutto territorio di Trieste, sono state già posizionate nel corso degli anni passati, mancano ora circa cinque o sei impianti, la cui localizzazione è causa molto spesso di accese proteste dei residenti delle zone invididuate dai gestori. Problema causato proprio dalla mancanza del piano di zonizzazione dei siti. «I cittadini più agguerriti sono gli abitanti dei terreni vicini ai punti dove sorgono o sorgeranno i ripetitori – racconta Sasco, anche alla luce delle segnalazioni giunte al Comune – che si vedono costruire antenne a pochi metri dalle case, prendendosi le radiazioni e non guadagnandoci nulla, mentre chi affitta il terreno, paradossalmente, per l’effetto fungo non subisce nulla e in più ricava i soldi derivati dall’affitto, cifre spesso molto elevate. Per questo è necessario adivenire al più presto all’entrata in vigore del piano».
Numerose le problematiche portate alla luce dai cittadini nel corso degli ultimi anni, ultima in ordine di tempo quella per gli impianti, segnalati dai cittadini, delle vie Gridelli e Segrè, cittadini che raccontano, preoccupati, dell’istallazione di due impianti, non lontani tra loro, realizzati nel 2004 e a fine 2006. L’anno scorso una situazione di forte disagio era stata segnalata nella zona di Cattinara, situazione risolta poi grazie allo spostamento dell’impianto.
Restano ora in sospeso altre due antenne della telefonia, al centro di dibattiti e proteste, in via Ovidio e ad Opicina. «La compagnia telefonica in via Ovidio ha bloccato i lavori per permettere ulteriori verifiche del terreno, richieste anche dai cittadini, ma la fase di stallo non può durare ancora molto – conclude Sasco - mentre a Opicina, in via dei Salici, l’antenna non si farà, è stato individuato un sito alternativo, vicino al cimitero, ma anche in questo caso sono sorti alcuni problemi, che speriamo di risolvere a breve, trattandosi della soluzione migliore dove sistemare l’antenna».
Giornate decisive quindi le prossime, per attendere il via libera del Comune alla discussione del piano da parte della commissione consiliare, che poi prevede di poter valutare il posizionamento dei prossimi impianti previsti insieme ai cittadini, evitando quindi malumori e disagi.
m.b.

 

 
Treni per Divaccia, Fvg chiede garanzie  - Corridoio 5: problemi per la nuova struttura ferroviaria vicino alle Noghere. Sbloccata la tratta Trieste-Capodistria
 
Illy a Jansa: «Vogliamo partecipare allo studio per l’impatto ambientale»
Illy - informa una nota della Regione - scrive a Jansa di aver appreso «con vivo piacere» lo stato di avanzata realizzazione della nuova linea ferroviaria, e rileva che il viadotto, della lunghezza di 630 metri e dell'altezza di circa 70, è collocato a circa 50 metri dal confine italiano, a ridosso dei laghetti delle Noghere, vicino a Muggia (Trieste), e sarà molto visibile dal capoluogo giuliano.
Per tale motivo, Illy chiede a Janza e a Pecoraro Scanio che la Regione Friuli Venezia Giulia venga coinvolta nella valutazione del progetto, attraverso un accordo tra i governi di Roma e di Lubiana.
Lubiana che scommette molto sul raddoppio della tratta ferroviaria tra Capodistria e Divaccia, infrastruttura che lepermetterebbe di velocizzare il traffico merci dal suo unico e principale porto con i mercati dell’Europa centrale e orientale. Il raddoppio è stato a lungo, lo ricordiamo, al centro di aspre polemiche tra lo stesso presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Illy e il governo sloveno che, pur di privilegiare la tratta Capodistria-Divaccia, ha per anni snobbato la realizzazione del collegamento ferroviario tra Trieste e Capodistria.
Il nodo è stato definitivamente sciolto in sede europea quando la Comunità ha deciso di inserire il tratto Capodistria-Divaccia nel cosiddetto corridoio ionico-adriatico, un proseguimento terrestre, insomma, delle cosiddette «autostrade del mare». E, contemporanemaete Bruxelles ha deciso che il tracciato del Corridoio 5 da Venezia passasse per Trieste, Capodistria e Divaccia. Da qui lo sblocco dell’empasse diplomatico e l’avvio della fase progettuale da entrambi i Paesi interessati. Ora la richiesta di Illy per uno studio comune sull’impatto ambientale di un trattodella Capodistria-Divaccia. Una richiesta molto simile a quella avanzata da Lubiana di essere coinvolta nella realizzazione dei progetti di rassificatori del golfo di Trieste.
Intanto ci sono novità anche per la tratta Trieste-Capodistria. «Il sollecito della Regione è stato provvidenziale». Lo ha detto l'assessore regionale ai Trasporti, Lodovico Sonego, commentando l'avvenuta nomina del rappresentante del ministero dell'Ambiente in seno alla delegazione italiana della Conferenza Intergovernativa italo-slovena per la progettazione e costruzione della tratta transfrontaliera del Corridoio V. Il presidente della Regione Riccardo Illy era, infatti, intervenuto con una nota indirizzata al presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, per sollecitare la nomina del rappresentante del ministero dell'Ambiente visto che quest'ultimo non aveva ancora provveduto all'adempimento. La mancata designazione impediva il perfezionamento della delegazione italiana e pertanto il decollo della Conferenza intergovernativa. La delegazione slovena è stata costituita già da tempo. «Ora - ha concluso Sonego - si sono risolti i problemi preliminari e la Cig può iniziare ad operare per aprire la strada al trattato internazionale che disciplini i rapporti tra i due Paesi e consenta di realizzare le opere».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 11 aprile 2007

 

 
URBANISTICA DA MODIFICARE
 

Il sindaco Dipiazza è rammaricato (v. Il Piccolo del 5 aprile) per «i dodici piani particolareggiati da Barcola a Prosecco che non possiamo fermare», pur definendoli «una vergogna, qualcosa di spaventoso». La responsabilità delle cementificazioni sarebbe soltanto della precedente amministrazione Illy. È bene si sappia che non è così. Come abbiamo ripetutamente dimostrato, carte (pareri di illustri giuristi, sentenze di Tar e Consiglio di Stato) alla mano, un Comune può modificare - in tutto o in parte - il proprio piano regolatore in qualsiasi momento e in questo modo eliminare o ridurre previsioni edificatorie anche in presenza di piani particolareggiati approvati e convenzionati.

A maggior ragione, quindi, nel caso di piani particolareggiati solo adottati o neppure adottati (com'è il caso di alcuni di quelli che interessano la Costiera, per esempio in salita Cedassammare, salita Contovello e via del Pucino).
L'importante è che la modifica del piano generale sia adeguatamente motivata: nel caso della costiera triestina, in effetti, le motivazioni - di carattere ambientale, naturalistico, paesaggistico, viabilistico - abbondano. Basta volerle utilizzare.
Non esiste perciò, se si segue questa strada, il rischio paventato dal sindaco, di "cause milionarie" e di ricorsi al Tar che vedano soccombere il Comune di fronte agli speculatori.
Tutto ciò è stato detto e ripetuto da Wwf, Italia Nostra e dai comitati di cittadini a Dipiazza e ai suoi assessori dal 2001 a oggi.
Ma evidentemente il sindaco preferisce ascoltare le voci di "consulenti" non certo disinteressati o di alleati di Giunta fin troppo contigui al mondo dell'edilizia.
Alla luce di ciò, il tentativo, che non è solo di Dipiazza ma anche di Bucci, di scaricare soltanto sulle Giunte Illy la responsabilità degli scempi attuali e prossimi venturi, è puerile e mostra la corda.
Quanto accade sulla Costiera (e altrove) porta certo la firma di Illy e dei suoi assessori e consiglieri comunali, ma ormai anche quelle di Dipiazza e dei suoi alleati.

Molti triestini l'hanno già capito.
Lo dimostra il successo che sta incontrando la petizione per la modifica del piano regolatore, promossa da Wwf e Italia Nostra con l'adesione di 13 comitati di cittadini: quelli di Campo Marzio, via Belpoggio, androne S. Tecla e S. Eufemia, Cedassammare, via del Pucino e via Plinio, Barcola, Gretta e Roiano, viale XX Settembre, Rive, giardino di via Flavia, via Timignano, più le associazioni "Il Capofonte" e l'Associazione per la difesa di Opicina.
Dario Predonzan - responsabile settore Territorio Wwf Fvg

 

 
Monte San Pantaleone, ozono oltre i limiti - Lo sforamento a Pasquetta. Il Comune invita a stare poco all’aria aperta in quella zona e a mangiare cibi vitaminici
 
RILEVAMENTI DEL SERVIZIO AMBIENTE
Nella giornata di Pasquetta, lunedì 9 aprile, sono stati ancora sforati i valori dell’ozono nell’aria. Lo ha reso noto il servizio Ambiente del Comune informando che in quella giornata è stato rilevato dalla centralina ubicata sul Monte San Pantaleone un valore dell'Ozono pari a 185 microgrammi/metro cubo, superiore al valore di «Concentrazione oraria di informazione» fissato dalla normativa vigente in 180 mcg/mc.
Il Comune, anche tenendo conto delle previsioni metereologiche che segnalano una stazionarietà delle condizioni atmosferiche per i prossimi giorni, con conseguente presunto mantenimento delle alte concentrazioni di ozono nell'aria, ha dunque voluto richiamare la cittadinanza all’osservanza di alcune precauzioni per limitare l'esposizione a tale sostanza.
Si tratta di consigli che riguardano specialmente gli abitanti nell'area più direttamente interessata, con particolare riferimento alle fasce più sensibili della popolazione - bambini, anziani e coloro che svolgono intense attività fisiche all'aperto - nonché ai soggetti più a rischio quali gli asmatici e i sofferenti di patologie polmonari e cardiologiche.
In merito,l’amministrazione comunale segnala l'opportunità di limitare la permanenza all'aria aperta e lo svolgimento di attività fisiche affaticanti nelle ore più calde e assolate, specialmente tra le 12 e le 18, quando l'ozono raggiunge la massima concentrazione.
È particolarmente necessario e opportuno, quando si verificano queste condizioni ambientali, anche adottare un'alimentazione ricca di antiossidanti quali la vitamina C (agrumi, frutta, pomodori, peperoni, verdure verdi), la vitamina E (germogli di grano e di soia, olio crudo d'oliva, di soia, di mais, di girasole, fegato, uova, verdure fresche) e il selenio (pesce, tonno, molluschi, crusca, legumi). Queste indicazioni sono state specificatamente fornite dall'Azienda per i servizi sanitari.
Nell’ultimo periodo gli sforamenti avevano riguardato prevalentemente le polveri sottili, i cui valori erano andati oltre i limiti in maniera praticamente analoga sia nei rilevatori piazzati nelle zone semiperiferiche che in quelle centrali, con conseguente chiusura parziale del traffico.

 

 
Amianto a Borgo S. Mauro, indagine dell’Ater - L’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale valuterà il grado di pericolosità dei pannelli sugli edifici
 
DUINO AURISINA L'Ater avvierà a breve un intervento di tipo esplorativo per capire quanto l'amianto presente nei tre borghi istriani di Duino Aurisina, come rivestimento esterno delle pareti rivolte a Nord, sia potenzialmente dannoso per la salute dei residenti. Lo ha annunciato ieri la presidente dell'Ater di Trieste, Perla Lusa, che ha dato mandato ai propri uffici tecnici di preparare una prima «missione esplorativa». «L'intenzione dell'Ater - dice la presidente - è quella di comprendere in questa fase quale sia lo stato dei pannelli che contengono amianto, e sulla base di questo quali siano le iniziative da prendere e in che termini di tempo. Che l'amianto sia pericoloso per la salute è un dato di fatto, bisogna notare però che i pannelli di rivestimento delle abitazioni ancora in buone condizioni devono essere valutati». Nel caso in cui la situazione fosse pericolosa, la presidente è intenzionata «ad agire a stretto giro di tempo, per evitare che le cose peggiorino. Non è detto che l'intervento - ha concluso la presidente - consista nel togliere i pannelli e sostituirli con altro materiale isolante, ma possa consistere nell'applicazione di isolanti per evitare la dispersione dell'amianto stesso».
Insomma, prima di agire l'Ater valuterà la situazione «in tempi brevi», garantisce la presidente, anche per comprendere quale sia il livello di investimento necessario per agire. Ma l'argomento - così come i sopralluoghi - non è questione nuova nei tre borghi del Villaggio del Pescatore, di Borgo San Mauro e Aurisina Cave: sul tema ieri è intervenuto anche il sindaco Giorgio Ret: «La questione amianto nei borghi istriani è stata già affrontata - ha detto il sindaco - in questo contesto il ruolo del comune è di carattere quasi sanitario: come responsabile della salute nel comune, il sindaco infatti deve sollecitare i proprietari delle case, e quindi, in questo contesto, anche l'Ater, a intervenire nei casi in cui l'amianto rischi di disperdersi nell'aria. Abbiamo inviato documentazione all'Ater in passato, gli uffici tecnici del comune hanno fatto più relazioni, corredate anche dalla documentazione del Distretto sanitario che si occupa in parte di igiene pubblica».
Perla Lusa concorda sulla necessità di collaborare con il Comune, ma vuole avviare le proprie perizie per «rendersi conto dell'attuale situazione e per definire una strategia». E la questione amianto, proprio perché, oltre che sulla salute, rischia di incidere anche sulle tasche dei proprietari delle case, è particolarmente sentita: ieri pomeriggio se ne è parlato anche nella riunione pubblica svoltasi a Borgo San Mauro, dove sul tema è intervenuto il candidato sindaco Veronese. «Bisogna pensare a una soluzione - ha detto Veronese - che impegni anche l'amministrazione comunale e la coinvolga nel sostegno delle famiglie che si trovano alle prese con questo problema».
fr.c.

 

 

Materiali di scavo

Su una Segnalazione del primo aprile scorso concernente il Corridoio 5 viene espressa preoccupazione sul fatto che «nessuno abbia mai citato il problema di dove verranno depositati i materiali estratti durante lo scavo di decine di chilometri di gallerie». Condivido appieno tale preoccupazione soprattutto alla luce dell’esempio dato dal costruendo tunnel autostradale tra le località di Francovez e le Noghere. Sulla collina sovrastante enormi cumuli di materiale da scavo le hanno cambiato notevolmente i connotati, deturpato e sconvolto il paesaggio, giungendo con la loro mastodontica mole sino a ridosso delle case di Francovez.
Un’escursione compiuta lungo il perimetro del cantiere, delimitato da un’alta rete, mi ha portato a constatare la vastità della zona interessata da simile bruttura per deporvi quanto estratto dalle due gallerie parallele di circa 1300 metri: molto peggio di quelle ben più lunghe tra Cattinara e Padriciano. C’è da domandarsi come mai il Comune di San Dorligo abbia concesso questa enorme discarica su terreno di sua competenza, che somiglia alquanto alla ormai storica «collina delle scovazze» di Trebiciano. E come mai si è fatta una simile scelta mentre si parla tanto di piattaforme logistiche, prolungamento della pineta di Barcola, ampliamenti portuali, ecc. da realizzarsi mediante colmate a mare e che potrebbe appunto ricevere il materiale di scavo di questa necessaria autostrada che, girando attorno alla città, si collega direttamente con quella istriana sino a Pola il cui intreccio di svincoli e raccordi su viadotti a varie altezze sta già dando un negativo impatto ambientale tra Lacotisce e Mattonaia.
Il meno che si possa dire è che mancano sinergie per l’utilizzazione di quanto si sta facendo con quanto si avrà da fare.
Immaginarsi, col modo in cui si sta operando, cosa potrà esservi con il Corridoio 5 – se si farà – con anche l’incognita di grotte più o meno «impossibili».
Stelio Tenci
 

 

Ferdinandeo afflitto dalle antenne - Protesta di un gruppo di residenti nelle vie Gridelli e Segrè

Non passa settimana senza che sulla rubrica delle «Segnalazioni» non compaiano lettere di privati o di comitati che denunciano l’ennesimo «attentato» alla salute o all’ambiente. Vorremmo anche noi raccontare brevemente la nostra storia. Siamo un gruppo di cittadini residenti nelle vie Gridelli-Segrè, a pochi passi dal Ferdinandeo; premettiamo che abbiamo scelto di abitare in questa zona soprattutto per la lontananza dall’inquinamento, dallo smog, dal traffico e dal cemento.
Le nostre vicissitudini iniziano nel giugno 2004; nel giro di poche ore e a pochi metri dalle nostre case viene installata un’enorme antenna per telefonia mobile sul tetto della casa di un privato, col beneplacito di Arpa, Comune e Ass.
Secondo atto, fine anno 2006: sempre a pochi metri dalle nostre case, sul tetto dell’immobile di un altro privato, spunta un’altra enorme, inquietante antenna per cellulari, sempre col beneplacito di Arpa, Comune e Ass.
Terzo atto, gennaio 2007: sempre a pochi metri dalle nostre case viene aperto un cantiere poiché, al posto di alcune vecchie casette e un po’ d’erba, è prevista la realizzazione di palazzine di quattro piani più mansarde più box interrati, già denominate (e non da noi!) la Rozzol Melara dei ricchi.
A questo punto vorremmo sentire l’opinione del nostro sindaco che dovrebbe vigilare sul benessere della cittadinanza, vorremmo che si tenessero in considerazione i ripetuti pareri sfavorevoli espressi dalla nostra Circoscrizione (ma si sa, sono pareri obbligatori ma non vincolanti e pertanto inutili), vorremmo sentire la voce, troppo spesso inascoltata, delle associazioni ambientaliste che da sempre si battono per la nostra salute e il nostro ambiente. Rimaniamo, sconsolati e arrabbiati, in attesa di risposte.
Seguono 36 firme
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 10 aprile 2007

 

 

Slitta ancora il piano del traffico Dipiazza: «La città già funziona» An: «No, il documento è urgente» - Rinviato a dopo i test di via Mazzini con le auto

 

Prima l’esito della causa Stream con l’Ansaldo davanti al Consiglio di Stato, che il Comune attende non prima di giugno. Quindi la rimozione della rotaia magnetica e la riasfaltatura di via Mazzini, che porterà via un altro mese e mezzo. E poi gli «esperimenti» annunciati da Roberto Dipiazza, che prospetta una via Mazzini aperta alle auto, fra Riva Tre Novembre e via Roma, per pedonalizzare piazza Tommaseo e piazza della Borsa. Risultato: il varo del piano del traffico slitta ancora, presumibilmente all’autunno prossimo. Continua a restare nel cassetto, dunque, uno dei più grandi interrogativi della gestione cittadina targata centrodestra.
«Contesto chi mi dice che abbiamo immediato bisogno del piano del traffico», taglia corto il sindaco. «Dopo la risoluzione di alcuni nodi viari come Rive, Largo Barriera e via Timeus - assicura Dipiazza - la città funziona anche senza. Il piano è pronto, è vero, ma nel frattempo sono sopraggiunte delle variazioni sostanziali. Chi si sognava che le Rive fossero diventate così scorrevoli e decongestionate? Il piano del traffico servirà pertanto a definire qualche aggiunta quando avremo fatto questi esperimenti».
Ma Alleanza nazionale, contraria peraltro a una via Mazzini con le auto, non molla la presa, e conferma per voce della capogruppo in Consiglio comunale, Alessia Rosolen, che il piano del traffico resta «urgente». Perché «è il risultato di una visione prospettica». Perché per ora si continua soltanto «ad affrontare le emergenze». «Contesto - è la replica della Rosolen - chi mi dice che non abbiamo bisogno del piano del traffico, che si collega ai futuri piani trasporti e parcheggi e che dà una risposta alle moderne necessità di pedonalizzazione dei commercianti e più in generale dei cittadini. Bucci dichiara che il piano è bloccato dalla dialettica interna alla maggioranza? Nessuno ha neanche iniziato a parlarne. Non si vuole affrontare un piano nella sua completezza e apportare soltanto un paio di correzioni? Va bene, ce lo dicano, ma ritengo senza polemiche che questo non sia compatibile con le esigenze della città».
L’opposizione, intanto, gira il dito nella piaga. E, con Roberto Decarli dei Cittadini, sentenzia: «La vicenda dimostra che il centrodestra non è ancora pronto a uscire allo scoperto. Il piano serve per intervenire soprattutto sull’ambiente ma anche sulla velocità media del trasporto pubblico. Qui, invece, e lo testimonia il prossimo piano di San Vito, si intende andare avanti a francobolli».

Piero Rauber

 

 
Antenna, il cantiere di via Ovidio rimane chiuso - Dopo le proteste dei residenti
 
Sono ancora fermi i lavori per la collocazione di un’antenna della telefonia mobile in via Ovidio, sotto la European School di Trieste, ospitata nella villa Geiringer. La compagnia telefonica sembra quindi aver accolto la richiesta del Comune di un periodo di sospensione dei lavori, periodo utile alla polizia edilizia a completare tutte le verifiche, che riguardano alcuni smottamenti del terreno, segnalati sul muro di contenimento sotto la proprietà, scelta dal gestore per ospitare l’antenna, alta circa 18 metri.
Numerose le segnalazioni giunte la scorsa settimana all’amministrazione comunale, da parte dei residenti della zona e da parte dei genitori della scuola vicina, riuniti in segno di protesta qualche giorno fa davanti al terreno, durante un sopralluogo della Sesta commissione consiliare, che aveva condiviso con i cittadini preoccupazioni e perplessità, derivate dal possibile posizionamento dell’impianto a pochi metri dalla scuola e dalle case. Alle preoccupazioni si era aggiunta la rabbia di molti residenti, che avevano ricordato la rigorosità del vincolo paesaggistico della zona. Dopo un primo getto di cemento, segnalato dagli stessi residenti qualche settimana fa, probabilmente destinato ad ospitare la base dell’antenna, i lavori ora sono fermi, ma gli abitanti di via Ovidio sono pronti nuovamente a riunirsi e a organizzare un sit-in di protesta.
Un centinaio le persone organizzate per far sentire la propria voce durante il sopralluogo del Comune, persone che ora attendono le verifiche annunciate, con particolare attenzione al controllo sulle possibili radiazioni, che andrebbero a investire in primis in bambini che quotidianamente frequentano la scuola, ma anche le tante famiglie delle abitazioni presenti nei pressi del terreno. I residenti attendono una risposta dal Comune alla fine degli accertamenti predisposti, verifiche che dovrebbero venir portate a termine nei prossimi giorni. A conclusione dell’intervento della polizia edilizia verrà reso noto l’esito dei controlli, in base al quale si deciderà se bloccare definitivamente la costruzione dell’antenna o proseguire con l’intervento. Il presidente della Sesta commissione Roberto Sasco continua intanto nel sostenere l’idea di un confronto tra Comune e gestore telefonico, per riuscire a trovare una soluzione, anche attraverso un sito alternativo a quello di via Ovidio.
m.c.

 

 
Rischio amianto a Borgo San Mauro  - Si sgretolano i pannelli isolanti che ricoprono le case degli esuli
 
A Duino Aurisina i residenti chiedono interventi per la messa in sicurezza delle palazzine
Alcune abitazioni costruite 50 anni fa sono private, altre sono ancora amministrate dall’Ater. Soluzione proposta: usare sostanze colloidali
Rimozione dei pannelli, o loro «messa in sicurezza» spalmando appositi prodotti colloidali che evitino la dispersione delle polveri pericolose. Questo chiedono i residenti di Borgo San Mauro, Aurisina Cave e Villaggio del Pescatore, che da oltre trent'anni convivono con l'amianto. Le case popolari, realizzate per ospitare le famiglie esuli dall'Istria, infatti, sono state realizzate utilizzando pannelli contententi amianto, che a causa dell'usura stanno iniziando a sgretolarsi, liberando all'aria le polveri cancerogene e molto pericolose per la salute dei residenti. Il metodo costruttivo impiegato per la realizzazione delle abitazioni nei tre borghi istriani, infatti, ha previsto il posizionamento, sul lato Nord delle abitazioni, di pannelli contenente amianto, con l'obiettivo di isolare i singoli appartamenti dalle raffiche di bora, e quindi dal freddo. Una soluzione che allora sembrava ottimale - anche perché economicamente valida - ma che con il passare degli anni, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze mediche, si è rivelata micidiale, posto che l'amianto è riconosciuto come una potente e pericolosa sostanza cancerogena, che se inalata è in grado di causare tumori.
Tutte le aziende che nei propri capannoni utilizzavano l'amianto, hanno dovuto rapidamente e pena severe multe mettersi in regola, asportando l'amianto o «ingabbiandolo» all'interno di particolari pannelli che ne evitassero la dispersione, e quindi la possibilità per chi lavora di aspirarne le polveri: altrettanto non è stato fatto per le abitazioni private costruite cinquant'anni fa, almeno nei tre borghi istriani di Duino Aurisina. A complicare la situazione, lo status giuridico delle abitazioni: costruite come «case popolari», amministrate prima dallo Iacp, e attualmente dall'Ater, le case degli istriani, in passato, sono state in parte vendute dall'amministrazione pubblica ai residenti, spesso con formule che hanno permesso di trasformare l'affitto precedentemente pagato in mutuo a lungo termine. Come dire che molte famiglie hanno effettuato un grande sforzo economico per riuscire ad acquistarsi la casa, che in parte stanno ancora pagando. La situazione, quindi, nei borghi istriani, è mista: alcune famiglie - ormai la minoranza - risultano affittuarie, altre hanno acquistato la propria abitazione, ma in linea generale tutti chiedono l'assistenza dell'Ater per sostenere i costi di smaltimento dell'amianto, anche perché in alcuni stabili la condizione tra affittuari e proprietari è «mista».
«Il risanamento di queste situazioni ad alta pericolosità non solo per gli abitanti - scrive Paolo Salucci consigliere provinciale della Margherita e scienziato della Sissa - deve diventare una delle priorità della prossima amministrazione comunale. Dopo 30 anni di forti venti e piogge i quadroni che compongono queste pareti stanno cedendo a vista d'occhio e il materiale pericoloso è ormai esposto e può liberamente diffondersi nell'aria. È urgente e non dilazionabile la messa in sicurezza - conclude il consigliere provinciale - che è ottenibile anche spalmando appositi prodotti colloidali». Il centrosinistra ha inserito questo punto nel proprio programma, e invitato la presidente dell'Ater, Perla Lusa, a una serie di incontri pubblici nelle frazioni in cui il problema è presente: «Stiamo studiando una soluzione - ha dichiarato nei giorni scorsi la presidente dell'Ater - che valga per gli appartamenti di nostra proprietà ma anche per quelli acquistati dalle famiglie», una soluzione che, secondo il centrosinistra, dovrebbe coinvolgere anche l'amministrazione comunale. La presidente Ater, proprio su questo argomento, interverrà oggi in un incontro pubblico organizzato dal centrosinistra a Borgo San Mauro, nella pizzeria in piazza, alle 18.
f.c.

 

 
Lussinpiccolo: devastata dall’abusivismo edilizio l’insenatura di Studencic - Denuncia degli ambientalisti di Eko Kvarner
 
Le coste croate dell’Adriatico continuano a venir tormentate dal fenomeno dell’abusivismo edilizio. L’ultimo caso, peraltro segnalato anche dalla stampa nazionale, riguarda l’incantevole insenatura di Studencic nell’isola di Lussino, dove – senza alcun permesso delle competenti autorità – il solito «noto» di turno ha costruito una strada e un piccolo molo, devastando un ambiente fino ad ora intatto. L’insenatura di Studencic è raggiungibile dopo che si è svoltato dalla strada per l’aeroporto di Artatore. Gli interessati devono percorrere dapprima una strada sterrata e quindi una semimulattiera, raggiungendo l’area indicata come sito archeologico per la presenza dei resti di una chiesa paleocristiana.
Ebbene qui, sprovvisto delle necessarie licenze, il lussignano Dinko Kuvac ha edificato una strada che dalla sua casa raggiunge un piccolo approdo, anch’esso apprestato senza uno straccio di permesso. A reagire, denunciando l’obbrobrio, è stata ancora una volta Andrea Gregorina, coraggiosa attivista di Eko Kvarner, la mai doma organizzazione ambientalista che si sta battendo da anni contro l’abusivismo edile nella regione dell’Adriatico settentrionale. «Dopo la nostra denuncia – ha detto l’ecologista isolana alla stampa – l’ ispettrice edile Villana Zuza ha ordinato la chiusura del cantiere. A recarsi sul posto è stato pure il capitano portuale di Lussinpiccolo, Zoran Tomic, il quale ha appurato che è stata devastata parte del demanio marittimo». A Studencic le ruspe hanno cessato di rombare, c’è ancora in giro tanto materiale edile, ma sembra che l’investitore non abbia intenzione di demordere. Considerato che Kuvac ha inoltrato alla Giunta cittadina di Lussinpiccolo la richiesta per il risanamento del molo, alla Eko Kvarner sono convinti che l’investitore non voglia arrendersi, proseguendo la sua opera deleteria.
L’esecutivo ha comunque respinto la richiesta, con la proposta che la licenza venga eventualmente rilasciata dal competente organismo statale. La Gregorina, già adoperatasi in passato contro episodi analoghi, si è saggiamente rivolta all’Istituto regionale per la tutela dei monumenti, con sede a Fiume, chiedendo che il sito di Studencic venga registrato quale complesso archeologico, il che vieterebbe qualsiasi intervento edile. Intanto Dinko Kuvac ha annunciato che denuncerà la municipalità lussignana per non avergli accordato la predetta licenza, affermando inoltre di agire in modo legale e «investendo di tasca propria».

 

 

Alberi abbattuti

Era cominciata con l’abbattimento di centinaia di alberi secolari l’era Dipiazza. Ora prosegue su quella strada: i platani di tutta la città potati meticolosamente di ogni germoglio e ridotti a moncherini contorti, viale D’Annunzio ridotto ad una specie di allucinante via delle crocifissioni. Da incubo. Quanti platani sopravviveranno? Il viale XX Settembre nuovamente potato e ripotato di ogni germoglio tranne il ciuffo in alto. Il fronte mare, ribattezzato water closet, oh pardon, volevo dire front, ridotto ad un allucinante parcheggio affiancato da autostrada A1 a «n» corsie ed «m» semafori...
È l’inizio della nuova Trieste? Ora l’allarme Sacchetta. Gira voce che dovrà diventare una Manhattan: albergo di lusso a 5 stelle per magnati al posto del cantiere Cartubi, mega marine per mega yacht... E i triestini? Ah, stanno estinguendosi e nessuno ricorderà più cos’era Trieste.
Però la Natura ci riserva brutte sorprese: il petrolio sta finendo, il clima è impazzito. Ora danno la colpa... al sole!
Fabio Mosca
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 8 aprile 2007

 

 

Clima, Pecoraro sollecita l’intervento del governo  - Il Wwf: «Nel prossimo futuro l’Italia sarà assalita da continue ondate di calore»

 

L’allarme dopo le catastrofiche previsioni degli scienziati. Sulla Penisola il fantasma della grande siccità

ROMA Un terzo di specie viventi, animali e vegetali, rischia di scomparire definitivamente dalla faccia della Terra. Miliardi di persone in Asia sono a rischio della propria vita e lo sono milioni in tutto il mondo. I ghiacciai si ritirano, le acque si innalzano. Musei a cielo aperto come Venezia sono destinati a scomparire in pochi decenni sommersi dai flutti, come l'Olanda e come 4.500 chilometri quadrati di coste italiane. Ondate di calore si ripeteranno a ritmo incessante su tutta l'Europa e sulla nostra Penisola. Il turismo invernale alpino è in pericolo estinzione, quello estivo verrà privato delle sue spiagge cult come la riviera romagnola o la Versilia. Il deserto avanza nel Sud Italia. È allarme per la salute con il dilagare di malattie respiratorie, malnutrizione, vittime di catastrofi naturali. Intanto avanza il popolo dei rifugiati ambientali.
Le cifre sono da shock e il clima diventa emergenza per la sicurezza planetaria.
Il day after è già oggi e ora è corsa alle contromisure.
Dopo il via libera, l’altroieri, della seconda parte del Rapporto 2007 Ipcc (Panel intergovernativo sul cambiamento climatico) dell'Onu, sugli effetti dei cambiamenti climatici, il prossimo round si giocherà a Bangkok il 4 maggio quando sarà resa nota la 3/a parte del Rapporto Ipcc, quella sulle soluzioni e le strategie per fermare la febbre del Pianeta. E si preannuncia battaglia.
La prima parte, quella che faceva il punto sullo stato del clima, è stata approvata il 2 febbraio a Parigi. Ma tra Bruxelles e Bangkok, c'è un altro fondamentale appuntamento con il clima protagonista: il Consiglio Sicurezza dell'Onu, il 17 aprile, che per la prima volta si occuperà della febbre del Pianeta.
Un appuntamento che dimostra come «il rischio della catastrofe climatica è la vera emergenza che investe la sicurezza planetaria», ha detto il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, annunciando che chiederà un «Consiglio dei ministri straordinario prima del varo del Dpef».
Il ministro spinge anche perchè la manovra economica per il 2008 diventi «la prima Finanziaria ecologica, verde, della storia italiana». Ma secondo Pecoraro, l'Italia ha anche bisogno di investire sulla svolta per Kyoto. «Per l'Italia - ha detto - applicare Kyoto è sia una necessità che un'opportunità e abbiamo molto da perdere da un cambiamento traumatico del clima». In tal senso, nelle prossime settimane il ministro ha annunciato il varo del decreto sul fondo per Kyoto: 200 milioni di euro l'anno per tre anni.
A livello europeo, in campo anche la Spagna. La «lotta decisa» contro il cambio climatico «sarà la sola guerra» cui è disposta a partecipare la Spagna, ha detto il premier Jose Luis Rodriguez Zapatero. Un richiamo che il presidente della Commissione Ambiente del Senato, Tommaso Sodano, invita ad accogliere.
Per quanto riguarda l'Italia, infatti, il nostro Paese è tra i più vulnerabili. «Si verificheranno periodi prolungati di siccità con continuative ondate di calore e questo porterà ad una prima, grave conseguenza: un fenomeno di evaporazione delle acque dei fiumi e dei bacini idrici attuali», ha detto il direttore scientifico del Wwf-Italia.
Ecco perchè è necessario pensare anche a piani di mitigazione. Una partita che vedrà sfoderare le armi in vista delle prossime decisioni internazionali. Dal 12 al 16 novembre a Valencia, in Spagna, verrà presentata la sintesi finale del Rapporto Ipcc 2007, base per la Conferenza mondiale sul clima dal 3 al 14 dicembre a Bali. Qui 197 Paesi sono chiamati a decidere sul dopo-Kyoto e, secondo osservatori internazionali più ottimisti «ci sono le premesse per un mandato entro il 2008-2009 per un nuovo Protocollo».

 

 
Dannoso il distributore di Barcola
 
Il progetto per il grande deposito di carburante all’ingresso della città
Come già evidenziato in questa rubrica il Comune di Trieste ha autorizzato la costruzione di un nuovo grande distributore di carburanti nei giardini prospicienti la pineta di Barcola, a sette metri dalle case e a 10 metri da zona balneare e parco giochi. I relativi serbatoi conterranno 100.000 litri di carburante e la loro sistemazione, unitamente a quella di pompe e collegamenti, richiederà lo sventramento di tutta l’area. Verranno abbattuti o comunque irrimediabilmente danneggiati tutti gli alberi secolari di pregio modificando pesantemente l’aspetto della zona (definita da sempre come zona vincolata ad alto valore paesaggistico).
Verrà costruito un terrapieno davanti alle case, che si troveranno dunque in una trincea... La terza Circoscrizione si è espressa più volte all’unanimità contro questa follia, così come le associazioni ambientaliste. Pure il Sindaco Dipiazza ha più volte espresso in pubblico la sua contrarietà al progetto, affermando che comunque l’esito finale è nelle mani della magistratura che sta esaminando i ricorsi pendenti.
L’ingresso in Trieste provenendo dalla strada costiera è stato internazionalmente valutato tra i più belli a livello mondiale. Pensare di deturpare questa splendida fusione tra mare, pinete e restante vegetazione di pregio con l’insediamento di un magaimpianto carburanti, in un momento in cui la sensibilità al paesaggio, all’inquinamento e ai pericoli ambientali aumenta dovunque, appare irresponsabile. Tagliare alberi per far posto ad enormi depositi di carburante e a pompe di benzina tra le case e i bambini sembra proprio fuori moda e costituirebbe un esempio di cui vergognarci in Europa.
L’incompatibilità sito-impianto suddetta è ampiamente comprovata e documentata da ampio materiale quale foto, autorizzazioni, commenti e registrazioni raccolto nel sito http://www.distributorifuori.it/ realizzato ad hoc. Vi figurano tra l’altro alcuni autorevoli interventi in materia. Nel blog di Beppe Grillo www.beppegrillo.it, nella sezione di Trieste, sono superati i 1000 visitatori e vi sono parecchie osservazioni anche originali incluso il punto di vista dei non vedenti.
Si invitano i cittadini ad accedere ai siti suddetti e a verificare di persona l’assoluta fondatezza delle argomentazioni contrarie alla realizzazione dell’impianto, e eventualmente fare interventi che spingano il Comune a prendere finalmente posizione a favore dei cittadini e della città, senza limitarsi ad attendere passivamente le decisioni del Tar.
Luigi Collarin

 

 
Il pericolo degli inquinanti
L’ottimismo sfrenato del dott. Fabio Gemiti responsabile del settore inquinamento e rifiuti della sezione del Wwf di Trieste ed ex responsabile del laboratorio chimico dell’Acegas Spa, nel sostenere, con la nota apparsa nella pagina «Segnalazioni» del 18 e 26 marzo, che gli inquinanti, diossine comprese, non ricadono all’intorno del punto di emissione mi induce a evidenziare alcuni lavori riferiti alle emissioni diffuse.
In ogni modo anche se così non è il dott. Gemiti non tiene in considerazione quanto indicato nel protocollo di Kyoto e del principio di «sovrapposizione degli effetti». Nonostante ciò consiglierei al dott. Gemiti di leggersi alcune delle tante relazioni sulla diffusione dai camini industriali. Suggerisco, anche se datata, la relazione «The Offshore and Coastal Dispersion Model» o «Incenerimento e salute umana» edito da Greenpeace Research Laboratories, Università di Exeter, GB.
Alcuni passaggi della relazione Greenpeace. «Lo scopo di questo rapporto è stato quello di mettere insieme tutte le scoperte scientifiche sulle emissioni degli inceneritori e sul loro impatto sanitario. Sono stati osservati diversi effetti sulla salute, esaminando l’esposizione di soggetti residenti in prossimità degli impianti e di coloro che sono esposti sul luogo di lavoro. Alcuni effetti includono il cancro (sia nei bambini che negli adulti), impatti negativi sul sistema respiratorio, malattie del cuore, effetti sul sistema immunitario, allergie in aumento e anomalie congenite. Alcuni studi, specialmente quelli sul cancro, si riferiscono a inceneritori di vecchia generazione, anche se per quelli moderni, operanti negli ultimi anni, sono emerse associazioni con effetti avversi sulla salute» e «Gli studi hanno dimostrato che gli inceneritori, sia di vecchia che di nuova generazione, possono contribuire alla contaminazione del suolo e della vegetazione con diossine e metalli pesanti. Nello stesso tempo in diversi Paesi europei, è stato trovato latte vaccino proveniente da fattorie poste nelle vicinanze degli inceneritori con livelli elevati di diossine, in alcuni casi sopra i limiti consentiti. Le popolazioni residenti vicino agli impianti sono potenzialmente esposte ai composti chimici per inalazione di aria contaminata, consumo di prodotti agricoli inquinati (a esempio verdure, uova, latte) oppure per contatto della pelle con suolo contaminato. I livelli molto alti di diossine sono stati trovati nei tessuti di residenti».
Tutte fantasie. Solo la diffusa ignoranza in tema ambientale spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Possiamo stare tranquilli perché a detta del dott. Gemiti non corriamo alcun rischio. È tutto un polemizzare sul nulla. Dimenticavo... la versione italiana della relazione Greenpeace datata luglio 2003 è stata supportata e diffusa in Italia da Greenpeace Italia e Wwf Italia.
Luciano Emili

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 7 aprile 2007

 

 
Clima: l’Onu lancia l’allarme sull’effetto serra  - Il 30% delle specie è a rischio. In vent’anni centinaia di milioni di persone senz’acqua
 
Il rapporto di 2500 scienziati illustra le catastrofiche conseguenze del riscaldamento terrestre. Stati Uniti, Cina e Arabia frenano
Africa e Asia i continenti più a rischio ma anche in Europa la situazione è grave
BRUXELLES Ondate migratorie di milioni di persone che soffriranno sete e fame, estinzione del 30% delle specie animali e vegetali, riduzione di circa il 70% dei grandi ghiacciai, innalzamento di un metro e più del livello dei mari.
È impressionante l'elenco delle conseguenze che nei prossimi decenni avrà l'effetto serra, con un aumento della temperatura media globale da 2 a 3,5 gradi centigradi. Gli esperti climatologi dell'Onu - che hanno passato ai raggi X il pianeta nel Rapporto sui rischi dei cambiamenti climatici - non nascondono tutta la loro preoccupazione: nessun angolo della Terra, dal Polo Nord al Polo Sud, dai Paesi in via di sviluppo a quelli industrializzati, si salverà dal fenomeno del surriscaldamento della superficie terrestre. In tutti i continenti, infatti, sono già in atto processi degenerativi che, senza interventi immediati, diverranno irreversibili. La notte precedente la divulgazione del rapporto, tuttavia, alcuni Paesi (Stati Uniti, Russia, Cina e Arabia Saudita secondo fonti anonime) hanno esercitato pressioni per fare «annacquare» le conclusioni dei 2.500 esperti.
Europa, spariranno Venezia e l’Olanda. Per la prima volta si analizzano gli effetti dei cambiamenti climatici sul Vecchio Continente. Due gli esempi che rendono più che tangibile l'allarme: fra pochi decenni, per l'innalzamento del livello dei mari, potrebbero scomparire città come Venezia e interi Stati come i Paesi Bassi. Entro il 2080 si ritireranno molti dei ghiacciai, vedi le Alpi, e in alcune zone sparirà oltre il 60% delle specie animali e vegetali esistenti. Così come sparirà il turismo invernale con gravissime conseguenze economiche. I prossimi 50 anni faranno poi registrare nel Sud dell'Europa un costante aumento di temperature e siccità. Tutta l'area mediterranea viene considerata ad «alta vulnerabilità», con le popolazioni che dovranno fronteggiare scarsità d'acqua, recrudescenza degli incendi, ridotta disponibilità di aree per la coltivazione, aumento della domanda di energia in estate, riduzione del turismo estivo. Nell'Europa Centrale aumenteranno le «ondate di calore», con una netta diminuzione delle piogge estive che porterà anche in quei Paesi problemi di scarsità d'acqua - Africa, il grande esodo. È forse il continente più vulnerabile. Entro il 2020 si troveranno a combattere con la penuria d'acqua tra i 75 e i 250 milioni di persone. In moltissime zone sarà definitivamente compromessa la produzione agricola e popolazioni intere saranno costrette per il proprio sostentamento a un grande esodo, migrando verso regioni non ancora colpite dalla siccità. Verso la fine del secolo gran parte delle coste saranno aggredite dall'innalzamento del livello del mare e i costi per fronteggiare tale emergenza saranno proibitivi per i Paesi interessati, almeno il 5-10% del Pil. Spariranno le barriere coralline, e l'economia di molti Paesi - basata su turismo e pesca - sarà messa in ginocchio.
Asia, addio ghiacci Himalaya. Nei prossimi 30 anni il graduale scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya provocherà inondazioni e valanghe. Entro il 2050 più di un miliardo di persone soffriranno per problemi di acqua. Le regioni costiere del Sudest in particolare saranno flagellate da alluvioni, mentre nell'Asia Centrale i raccolti diminuiranno del 30%. A causa della siccità e delle inondazioni esploderanno epidemie mortali come il colera: colpiranno milioni di persone.
Sudamerica, Amazzonia sarà savana. A metà del secolo la foresta tropicale dell'Amazzonia si sarà trasformata in savana, e molte specie animali e vegetali si estingueranno. I terreni agricoli tenderanno a desertificarsi e l'economia di molti Paesi subirà un durissimo colpo, così come milioni di persone avranno problemi nel reperire acqua e cibo. Anche qui, gradualmente ma inesorabilmente, si scioglieranno i piccoli e medi ghiacciai e aumenteranno le inondazioni delle zone costiere e delle regioni attraversate dai grandi fiumi.
Nordamerica, allarme metropoli. Il problema principale sarà quello degli incendi boschivi, con un aumento notevole delle aree bruciate e rese improduttive dal fuoco. Ma l'allarme più inquietante è quello che riguarda le grandi metropoli: già nei prossimi anni nelle città aumenteranno le ondate di calore, così come l'inquinamento, con conseguenze sempre più critiche per la salute pubblica, speci per quella di milioni di persone anziane. Sulle coste, invece, sempre più cruenta sarà l'intensità delle tempeste tropicali.
Oceania, rischio barriera corallina. Entro il 2030 ci saranno problemi d'acqua per i consumi e per l'agricoltura anche nell'Australia del Sud e dell'Est e in Nuova Zelanda. La Grande barriera corallina subirà gravi e irreparabili danni, come le zone alpine della Nuova Zelanda. Aumenteranno le inondazioni per l'innalzamento del livello del mare, e le tempeste.

 

 
Con la siccità previste ondate migratorie di milioni di persone
 
BRUXELLES Il pianeta Terra non gode di buona salute e in futuro le sue condizioni sono destinate a peggiorare, insieme a quelle di miliardi di persone specie nelle aree più povere del globo, a causa delle conseguenze - peraltro già visibili - del cambiamento climatico in atto, per l’effetto serra, il surriscaldamento globale dovuto in gran parte all’inquinamento.
È la prognosi pronunciata ieri a Bruxelles dai 2.500 esperti di un apposito Panel intergovernativo formato nel 1988 dall'Organizzazione meteorologica mondiale e dall'Onu proprio per valutare l'impatto del cambiamento climatico sulla Terra. Lo scenario è allarmante e conferma la necessità di azioni decise. Le raccomandazioni su come affrontare questi problemi verranno indicate nel dettaglio nel prossimo documento a Bangkok il 4 maggio. Per il momento, gli scienziati si sono concentrati sui danni già fatti all'ambiente e quelli che verranno. Dopo una difficile maratona notturna rallentata dai paletti imposti da un gruppetto di Paesi (Russia, Usa, Cina e Arabia Saudita, secondo indiscrezioni), è stata pubblicata una sintesi di 23 pagine del rapporto (ne ha ben 1572). Sintesi tanto travagliata quanto impietosa: tra i rischi del pianeta e della popolazione «un incremento del rischio di mortalità collegata al caldo, soprattutto per gli anziani, i malati cronici, i bambini e gli esclusi socialmente. La riduzione di produttività agricola e risorse idriche in vaste aree potranno provocare migrazioni di massa in mancanza di misure adeguate. Coste sott'acqua, desertificazione che avanza da Sud, ghiacci che si sciolgono e si ritirano: l'emergenza clima cala anche sull'Italia. Ecco gli scenari che emergono da alcuni studi effettuati da esperti di diversi enti di ricerca nazionali.
Il «Mare Nostrum» è in media più caldo di 2 gradi rispetto al 1880 mentre al 2090 è destinato a salire di 18-30 centimetri (picchi di 70 nell'Alto Adriatico) spazzando via 4500 km2 di aree costiere e pianure. La mappa del rischio inondazione indica che il 62,6% di coste sono nell'Italia Meridionale (specie Golfo di Manfredonia e Golfo di Taranto), il 25,4% nel Nord Italia, soprattutto nell’Alto Adriatico: qui l'innalzamento del mare potrebbe raggiungere i 70 cm, con effetti disastrosi per città come Venezia, che sparirebbe, e rischio inondazione lungo tutta la costa compresa tra Monfalcone e Rimini. È anche emergenza desertificazione: in Sicilia, la superficie semi-arida regionale è aumentata dal 1921 a 2000 arrivando a superare il 20% mentre i territori classificati umidi sono diminuiti fino al 30%.
A livello nazionale, secondo uno studio Enea-Cnr-Apat, il 3,7% del territorio è molto vulnerabile alla desertificazione, il 32,15% è vulnerabile, il rimanente incrementerà la vulnerabilità. Oltre alla Sicilia, «bruciano» il Sud Sardegna e l'entroterra del Gargano. La più ampia distesa valliva delle Alpi italiane, il Ghiacciaio dei Forni in Alta Valtellina, ha subito una perdita del 40% della lunghezza in un secolo: 3,5 km attuali contro i 6 dell'inizio del 20.o secolo.

 

 
Verdi e Rc: «Sui rigassificatori l’esecutivo non informa»
 
TRIESTE L'inserto «Regione/guida», allegato ai quotidiani del Friuli Venezia Giulia e dedicato ai temi dell'energia e dei rigassificatori, è oggetto di un'interrogazione dei consiglieri Alessandro Metz (Verdi) e Kristian Franzil (Prc).
Dopo aver richiamato i contenuti di alcuni articoli dell'inserto, Metz e Franzil lamentano la «mancanza del benchè minimo accenno al fatto che i due progetti dei terminali Gnl sono tuttora in attesa dell'esito della procedura di Via statale, nell'ambito della quale la Regione - sottolineano - deve ancora esprimere il proprio parere». «L'informazione istituzionale su argomenti di tale rilevanza - si legge nell'interrogazione - non può essere gestita a spese dei contribuenti in modo così superficiale e palesemente sbilanciato a favore degli interessi di società private». Metz e Franzil chiedono quindi alla Giunta di «porre rimedio» a quella che definiscono «una grave manipolazione dei fatti», e di promuovere «adeguate occasioni di dibattito e confronto tecnico» sul tema dei rigassificatori.

 

 

Bicintreno inaugura la ciclovia di Alpe Adria  - Lunedì di Pasquetta la giornata nazionale dedicata al connubio fra turismo sui pedali e ferrovie

 

L’associazione Ulisse-Fiab organizza un’escursione da Tarvisio a Pontebba

Anche i cicloamatori triestini parteciperanno, dopodomani, lunedì di Pasquetta, alla giornata nazionale «Bicintreno», che prevede la possibilità di trasportare gratuitamente, su determinate tratte della rete italiana delle ferrovie, le biciclette al seguito. L’appello lanciato nei giorni scorsi ha trovato riscontro nell’entusiastica risposta dei cicloturisti triestini, che hanno rapidamente prenotato tutti i posti a disposizione. Per un accordo con Trenitalia, era stato fissato a quota cento il tetto dei posti a disposizione, equamente ripartito fra le quattro province. Da Tarvisio a Pontebba gli appassionati del pedale potranno manifestare sul primo tratto della ciclovia Alpe Adria. Allo scopo anche l’associazione Ulisse-Fiab organizza un’escursione.
Inaugurata lo scorso luglio, nel tratto che da Tarvisio Centrale conduce a Camporosso, la nuova pista ciclabile rappresenta la prima vera riconversione dei beni dismessi, portata a termine nella nostra regione. Si tratta di un’opera fortemente voluta dai cittadini e che consentirà, quando sarà completata per intero, di partire in bici da Coccau e per raggiungere Udine e poi scendere fino a Grado.
Per gli appassionati triestini, la partenza da Trieste con il treno è prevista alle 7.35 di Pasquetta, alla volta di Tarvisio, da dove, fra le ore 10.30 e le 11 si monterà in bici. Il percorso sarà di 30 chilometri complessivi su strada ciclabile, quasi del tutto asfaltato, di cui cinque sono sulla statale «13», da percorrere in gruppi separati. Il rientro a Trieste con il treno è fissato con il convoglio che partirà da Pontebba alle 17.14. Per informazioni, è possibile telefonare al cellulare 3283642222. Auspicando che la giornata sia favorevole, per quanto riguarda le condizioni atmosferiche, Giuseppe Pretto, rappresentante dei cicloamatori triestini, ha invitato quanti non hanno potuto prenotare in tempo a rinunciare «perché il numero dei posti è limitato e non potremo fare deroghe».

 

 
ISTRIA - Pisino: respinta la denuncia per inquinamento ambientale contro la danese Rockwool - Gli ambientalisti insorgono contro la sentenza
 
ALBONA La Procura comunale di Pisino ha respinto la denuncia contro i dirigenti della società investitrice danese Rockwool e dell'Istituto all'energetica e tutela dell'ambiente di Zagabria, inoltrata nel novembre scorso dai Verdi dell'Associazione Ekop Istra. Una denuncia per presunto inquinamento dell'ambiente, con riferimento all'articolo 250 del Codice penale. La vicenda si rifà lo ricordiamo, alla costruzione della contestata fabbrica di lana di roccia nella località di Sottopedena. Un investimento di 75 milioni di euro, stanziati dalla danese Rockwool. Ebbene, il sostituto procuratore comunale di Pisino Ksenija Prebjezic ha spiegato che nel corso delle verifiche e controlli non sono stati riscontrati elementi a supporto della denuncia penale.«La costruzione della fabbrica è appena agli inizi - ha spiegato - e i lavori vengono svolti nel rispetto delle licenze rilasciate. Non sono emerse violazioni delle leggi sulla tutela dell'ambiente né altri fattori che avrebbero alterato la qualità della vita della popolazione dell'area».
Sull' altro fronte gli ambientalisti di Ekop Istra non si dicono meravigliati della decisione della procura pisinese e annunciano altri passi per chiudere la fabbrica prima ancora che entri in funzione. L'architetto rovignese Bruno Poropat si dice pronto a difendere le sue tesi sull'inquinamento della fabbrica sia in sede di Corte costituzionale che di Tribunale per i diritti umani di Strasburgo. «Perché viene negato il diritto all'aria pura e all'esistenza in un ambiente pulito», dice puntando ancora una volta l'indice contro lo Studio d'impatto ambientale della fabbrica, secondo lui opportunamente alterato. Poropat insiste quindi su un'altra presunta irregolarità o violazione delle norme nella fase di progettazione della fabbrica. «Né l' investitore, né gli enti locali - afferma - hanno chiesto al ministero croato dell'Ambiente il nullaosta per il cambiamento della destinazione del terreno in questione, da agricolo in edificabile». L'altro agguerrito ambientalista Josip Antun Rupnik fa notare che sono trascorsi oltre tre mesi dalla richiesta inoltrata al prefetto di procedere all'indizione del referendum istriano sulla fabbrica, una richiesta supportata da oltre 6 mila firme.
p. r.

 

 
Pannelli solari alla Faccanoni
Senza nulla togliere alla bella pensata del Comune su una futura sistemazione arborea della Cava Faccanoni, gradirei molto che su codesta benemerita rubrica una voce tecnicamente autorevole rispondesse a queste mie domande: 1) sarebbe possibile rivestire il fronte della cava di pannelli di silicio, creando così un imponente impianto solare foltovoltaico? 2) Se si, quanta energia elettrica continua ne verrebbe generata? Ringraziando anticipatamente chi avrà la gentilezza di rispondere, porgo cordiali saluti.
Sergio Duda

 

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 6 aprile 2007

 

 

Antenna di Villa Geiringer, anche i residenti chiedono di sospendere i lavori - Pronti a bloccare l’impianto se il cantiere vicino alla scuola non dovesse chiudere

 

Manifestazione assieme ai genitori della scuola in occasione del sopralluogo della Sesta commissione

Un centinaio tra residenti e genitori della European School di Trieste, ospitata nella villa Geiringer, hanno protestato ieri mattina contro la prevista realizzazione di un’antenna per la telefonia mobile nella parte alta di via Ovidio, proprio nell’area verde sottostante la scuola. I cittadini hanno fatto sentire la loro voce nell’occasione del sopralluogo effettuato dalla Sesta commissione consiliare del comune, presieduta da Roberto Sasco, dalla circoscrizione e da alcuni consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione.
La sospensione dei lavori, annunciata ieri, in realtà non è assicurata. Il Comune per ora ha chiesto al gestore una fase di sospensione dei lavori, nella quale avviare un’ulteriore verifica del sito e un ragionamento più ponderato su tutta la zona. Non è detto però che la società, a questo punto, accetti di bloccare l’iter per la costruzione dell’antenna, alta circa 18 metri. «La sospensione è un invito fatto alla società in via di autotutela – racconta Carlo Tosolini, direttore dell’Area Pianificazione Territoriale del Comune, presente ieri al sopralluogo – finchè non saranno completati gli accertamenti di fattibilità che sono in atto, nella mani della polizia edilizia. Ora spetta alla società lasciare che si completino tutte le verifiche. Si tratta però, ricordiamolo, di una proprietà privata. Vediamo come deciderà di muoversi il gestore, che dalla sua parte per ora ha l’autorizzazione del Comune e della soprintendenza». Residenti sul piede di guerra quindi, pronti a bloccare l’impianto se i lavori andranno avanti, con tanto di striscioni di protesta già posizionati sulla strada. «Non vogliamo trovarci davanti al fatto compiuto – evidenzia una mamma – sappiamo che la prima colata di cemento per la base l’hanno gettata di domenica, quasi di nascosto. Non vorremmo arrivare al punto di controllare l’area e bloccare eventuali nuovi lavori». Alcuni residenti, carte alla mano, ricordano la legge 28 del 2004, che nell’articolo 8 mette in evidenza come non sia possibile costruire un’antenna in prossimità delle scuole. Altri cittadini invece sottolineano come l’area, scelta per l’impianto, sia già caratterizzata da alcuni problemi, come numerose crepe, evidenti nel miro di contenimento che sostiene il terreno sopra la strada. Molti poi sono perplessi dal via libera concesso, a fronte di un rigoroso vincolo paesaggistico vigente nella zona. «Abbiamo seguito precise regole per costruire camini, cambiare i serramenti o sistemare le parabole sui tetti – tuona un abitante della via – tutto proprio per rispettare il vincolo paesaggistico, ed ora ci vediamo costruire un antenna di 18 metri in mezzo alle case e sotto una scuola». La stessa commissione consiliare, insieme alla circoscrizione, ha espresso le proprie perplessità sul sito scelto e ha prospettato ora un’unica soluzione, per risolvere la situazione. «Auspichiamo che, come successo in altri casi simili – precisa Sasco – il sindaco riunisca in Comune le parti, per valutare una possibile soluzione o un sito alternativo». «E’ assurdo che non sia ancora predisposto un piano delle antenne – rincara infine un altro residente – non sappiamo se si rendono conto che nella zona ci sono altre tre antenne».
E proprio sul piano territoriale delle antenne sono in arrivo alcune novità. «Nella passata amministrazione era stato predisposto, ma successivamente – ha spiegato Sasco – dopo il ricorso di alcuni gestori, il Tar lo aveva bloccato. Ora è necessario agire con rapidità, viste anche le problematiche simili in altre zone della città».
L’ingegnere Tosolini ha dichiarato che il piano è pronto. Sasco ha quindi annunciato che al più presto chiederà al sindaco di poter discutere il documento all’interno della circoscrizione, nella stessa commissione consiliare e quindi in consiglio comunale.
Micol Brusaferro

 

 
I Ds: «Pannelli solari alla Slataper» - Il gruppo diessino della Quinta circoscrizione ha presentato una mozione
 
Il Ds chiedono l’applicazione di pannelli solari alla scuola elementare Slataper di via della Bastia, per la quale è previsto un intervento di ristrutturazione sulla base del Piano delle opere del Comune per il 2007, assieme a quelli di altri istituti scolastici cittadini. Proprio partendo dalla previsione di queste opere è intervenuto ieri il gruppo dei Ds della Quinta circoscrizione, suggerendo in una mozione l’adozione di fonti energetiche alternative per gli edifici prossimi alla ristrutturazione, come pannelli solari o altri sistemi ecologici atti a promuovere il risparmio dei consumi. Spiega la capogruppo Claudia Ponti: «Nell’occasione del restyling della Slataper chiediamo che si predispongano degli impianti di riscaldamento di tipo ecologico, che facciano risparmiare anche in ambito energetico. Inoltre, visto che dal Piano delle opere non si capisce quali siano le altre scuole interessate agli interventi, nella mozione chiediamo genericamente che tali provvedimenti vengano adottati per tutti gli edifici dove verrà rinnovata l’impiantistica di base».
d.c.

 

 
Muggia, gli ambientalisti preparano un documento sul nuovo piano regolatore
 
Una delegazione di Wwf, Legambiente Muggia e Comitato Sos Muggia ha incontrato il sindaco Nerio Nesladek per avere informazioni sulle iniziative del Comune in merito ad alcuni dei numerosi problemi ambientali locali.
Il confronto ha riguardato principalmente la futura revisione del piano regolatore comunale, con particolare attenzione per i progetti di Muja turistica 1 (Zindis) e Muja turistica 2 (Lazzaretto), le prospettive della bonifica dell’interramento Acquario, nonché i progetti futuri per l’area dei Laghetti delle Noghere. «Siamo rimasti soddisfatti dello studio predisposto con l ‘Università per la bonifica di Acquario. Siamo ancora scettici sull’esito delle trattative in corso con la società Muja turistica. Positiva però la valutazione dei progettati interventi ai laghetti delle Noghere, ma vigileremo sull’effettivi rispetto delle regole naturalistiche, trattandosi soprattutto di un biotopo», dice June Cattonar di Legambiente. Valutazioni positive, ma anche negative.
Ancora Cattonar: «Spiace, ad esempio, che non si sia potuto fare nulla per evitare la costruzione del Freetime». Le associazioni hanno quindi preso atto delle ipotesi e dei progetti descritti dal sindaco, riservandosi però di approfondire le notizie ricevute e di formulare proprie proposte e valutazioni sugli argomento trattati, con particolare priorità per la revisione del piano regolatore comunale. Un documento congiunto degli ambientalisti sarà prodotto dopo Pasqua, proprio per ribadire le posizioni e porre le basi per un dialogo nella fase di elaborazione del nuovo piano regolatore generale comunale, che dovrebbe avviarsi a breve per concludersi prima delle fina del mandato di questa amministrazione.
s.re.

 

 
DISTRETTO DEL CARSO- Zone protette, via al coordinamento
 
TRIESTE Diventa operativo il Tavolo permanente di coordinamento avviato dalla la Provincia in accordo con alcuni Comuni che fanno parte del Distretto del Carso (Duino-Aurisina, Monrupino, San Dorligo della Valle, Sgonico), allo scopo di contribuire allo studio dei Piani di gestione dei territori soggetti a tutela comunitaria. Il Comune di Sgonico e quello di Monrupino hanno già affidato all’Università di Trieste uno studio sugli habitat naturali del Carso.
«Abbiamo accolto l'istanza dei Comuni per gestire un'azione di coordinamento. Vogliamo perseguire assieme a loro a un obiettivo: giungere alla definizione degli interventi necessari a tutelare le aree di interesse comunitario denominate Natura 2000 seguendo un iter condiviso e concertato con i diretti interessati», dice Walter Godina, vicepresidnete e assessore alle politiche del Carso.
Il ritardo accumulato nella ricognizione del territorio, sta creando una serie di difficoltà agli operatori locali. L'assenza di chiari riferimenti normativi in merito alla possibilità o meno di intraprendere determinati progetti di sviluppo paralizza di fatto l'attività del comparto agricolo provinciale. «La mancanza di regole e normative specifiche rischiano di vanificare anni di lavoro comune degli amministratori comunali - nota il sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret - lasciandoci in balia di libere interpretazioni che rasentano spesso il ridicolo». Il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc, capofila del progetto Distretto del Carso, affermato che «la prima fase del lavoro sarà quella di stilare un'analisi dettagliata degli habitat naturali e capire di quali ricchezze disponiamo sul territorio». Il comune di Sgonico assieme a quello di Monrupino ha già commissionato all'Università di Trieste uno studio mirato alla mappatura del loro territorio.

 

 
Wwf contro la Regione: sui rigassificatori informazione parziale
 
TRIESTE Critiche del Wwf del Friuli Venezia Giulia all'inserto «Regione/guida» pubblicato dall'Amministrazione regionale sull'energia. «Nell'articolo introduttivo, a firma del presidente Illy, e - aggiunge il Wwf in una nota - in quello finale viene tralasciato qualsiasi riferimento alle problematiche ambientali sollevate dai due progetti». L'associazione sottolinea inoltre che «addirittura, non si fa il minimo cenno al fatto che i due impianti sono tuttora sottoposti alla procedura di Via (valutazione dell'impatto ambientale), nell'ambito della quale la Regione dovrà formulare il proprio parere, dopo di che, sentite le vicine Repubbliche di Slovenia e Croazia, il ministero dell'ambiente emetterà il giudizio finale». Sulla pubblicazione il Wwf ha predisposto una bozza di interrogazione, inviata ai consiglieri regionali e ai parlamentari.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 5 aprile 2007

 

 

Inceneritore, linea 3 ferma fino a dopo Pasqua Barduzzi: Gorizia può aiutarci per 5 settimane

 

Saranno diffusi solo giovedì i risultati dei test sulla diossina. I rifiuti finiscono a Pecol dei Lupi

I dati delle analisi effettuate fra il 19 e il 23 marzo sui fumi della linea 3 dell’inceneritore, da cui dipende il destino dell’impianto gestito dall’AcegasAps, non saranno resi pubblici fino al prossimo giovedì. Ciò significa che, anche se i valori di diossina risultassero al di sotto dei limiti di legge, ogni ipotesi di riattivazione della stessa linea 3 non sarà comunque possibile prima di una decina di giorni. Questo mentre la disponibilità della discarica cormonese di Pecol dei Lupi ad accogliere ancora immondizie triestine non supera, ad oggi, le cinque settimane.
I dati dovrebbero trovarsi già fra le mani dei sei periti (tre nominati dalla procura e altrettanti individuati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’AcegasAps), essendo usciti ieri dai laboratori di Bruxelles della società di certificazione Sgr. I due gruppi di esperti, tuttavia, continueranno in questi giorni a studiare le medie e a incrociare i vari parametri, tenendoli sotto chiave in vista del 12 aprile, che è la data entro la quale il verbale di programma delle perizie dispone un’udienza davanti al pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul superamento delle concentrazioni di diossina che ha portato al sequestro del 14 febbraio.
Se i dati fossero «buoni» e attestassero che gli sforamenti sono stati occasionali, la linea 3 potrebbe riprendere in breve tempo a bruciare le sue 200 tonnellate di immondizie al giorno e i test passerebbero alla linea 2; in caso contrario la linea 3 tornerebbe ad essere soggetta a un ciclo di esami sulle emissioni, paralizzando le verifiche sulla linea 2. Intanto la linea 1, esente dagli sforamenti di dicembre ma interessata comunque dalle recenti campionature, resta a regime per lo smaltimento di 160 tonnellate al giorno. «Sicuramente - rileva l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi - la linea 1 non ha sforato, altrimenti avrebbero chiuso pure quella. Ma adesso sta diventando urgente la gestione di Pecol, dove possiamo smaltire ancora 4mila delle 10mila tonnellate concesse dalla Provincia di Gorizia il 5 marzo. Evidentemente vi abbiamo trasferito più di quanto pensavamo». Un «residuo» di 4mila tonnellate, al ritmo pattuito di 840 tonnellate ogni sette giorni, riduce quindi a meno di cinque settimane la disponibilità della discarica cormonese a farsi carico dei rifiuti urbani che l’inceneritore di Trieste non riesce a bruciare mediante la sola linea 1.
pi.ra.

 

 
Dipiazza: «A Gas Natural ho dettato tre condizioni»
 
Roberto Dipiazza e i vertici di Gas Natural seduti attorno a un tavolo. Un pranzo di lavoro, parlando ovviamente del progetto sul rigassificatore nell’area ex Esso. Nulla di top secret, a rendere pubblico l’incontro ci ha pensato lo stesso sindaco battezzando il primo appuntamento del «Dipiazza day». Una giornata mensile dedicata alle esternazioni del primo cittadino.
«Assieme al mio vice Paris Lippi abbiamo incontrato gli emissari di Gas Natural mettendo i paletti per ospitare il rigassificatore», racconta Dipiazza. I «paletti» sono il 20 per cento della società di gestione all’Acegas, il 15 per cento del gas alla rete cittadina (con prezzo agevolato per i triestini) e una royalty di 4 milioni all’anno di durata ventennale. Oltre alla bonifica dell’area di Zaule, a carico della Gas Natural. La risposta? «Hanno riconfermato l’interesse di realizzarlo qui», dice il sindaco. Non fermandosi solo al terminal per il gas, ma a quello che potrebbe aggiungersi a un rigassificatore. «Il consumo di gelati è passato negli ultimi anni da 2 a 6 chilogrammi ciascuno, la stessa cosa sta accadendo con i prodotti surgelati. Cosa c’entra? Trieste potrebbe diventare una piattaforma del freddo - sostiene Dipiazza - per trasportare questi prodotti nei Paesi dell’Est». L’impianto di Gas Natural garantirebbe gratis il freddo per mantenere congelati i prodotti, oggi trasportati in camion frigoriferi. «Se poi la città non vorrà...», allarga le braccia Dipiazza toccando mille argomenti. Dai marciapiedi alle Rive, fino al Piano regolatore e la Tarsu. Tutto collegato, non nascondendo la soddisfazione per il proscioglimento dall’inchiesta sulle mense. «Ho la fedina pulita, sono vergine», dice Dipiazza. Prima di partire con la Tarsu: «L’abbiamo aumentata perché dobbiamo pensare ai nostri figli. Abbiamo investito 50 milioni di euro sulla linea tre dell’inceneritore - spiega - puntando sul termovalorizzare, mica seminando in giro una montagna di spazzatura».
Un Dipiazza versione ecologista che ricorda le fognature di Prosecco («prima i liquami erano scaricati a mare»), ribadisce la volontà di riconvertire la Ferriera di Servola («andiamo avanti senza scontri, ormai i ruoli in città sono chiari»). Poi arriva il momento del Piano regolatore e qui il sindaco alza le braccia dicendosi rammaricato per i «dodici piani particolareggiati da Barcola e Prosecco che non possiamo fermare». Nuove costruzioni che sono «una vergogna, qualcosa di spaventoso» ereditate dall’amministrazione Illy («sul quale l’opposizione ha fatto mea culpa») che «non si possono cambiare, pena il ricorso al Tar e le cause milionarie. Ma adesso andremo a salvaguardare quello che è rimasto, le varianti saranno fatte dai tecnici del Comune».
Ultimo atto del «Dipiazza day» le elezioni regionali del 2008 e la partecipazione di una lista civica, a sostegno del centrodestra, assieme ai colleghi Strassoldo e De Anna. «Sarà in funzione del candidato della Cdl. Se non ci sembrerà vincente, ci sarà un ragionamento, se invece verrà indicato un nome importante - spiega - sarà per noi un piacere e un valore aggiunto alla coalizione». E ancora: «A Gorizia il centrosinistra va incontro a una sconfitta certa».
p.c.

 

 

Niente antenna su Villa Geiringer  - Dopo la protesta dei genitori la scuola fa marcia indietro

 

TELEFONIA Primo round ai contrari. Oggi sopralluogo della IV commissione consiliare

Il Comune ha fatto sospendere i lavori per la realizzazione dell’antenna radio base che avrebbe dovuto essere costruita nei pressi dell’European school di Trieste, ospitata nella villa Geiringer, nel rione di Scorcola.
La decisione è stata comunicata all’improvviso ieri mattina alla presidente dell’Istituto, la dottoressa Ute Christiane Müller, con un fax. La vibrante protesta dei genitori dei ragazzi che frequentano l’Istituto comprensivo paritario–European school of Triest ha dunque colpito nel segno.
Negli ultimi giorni, non appena saputo del progetto che prevede la realizzazione di una stazione radio base, a pochi passi dall’edificio dove quotidianamente i loro figli vanno a far lezione, i genitori avevano minacciato di non iscriverli alla scuola. Nella tarda serata di martedì, appena saputo della ferma intenzione dei genitori di resistere alla costruzione dell’antenna, si era riunito il consiglio di amministrazione della Scuola del Castelletto srl. Il risultato della seduta era stato così riassunto, in un documento immediatamente inviato ai genitori rappresentanti di classe e ai genitori membri del Consiglio d’Istituto dell’European School of Trieste: «Gentili genitori – si legge nel testo - vi comunichiamo che in serata il consiglio di amministrazione della Scuola del Castelletto srl, riunitosi d’urgenza alle 21, dopo aver sentito la relazione del consigliere, professor Finetti, in merito alla riunione pomeridiana con i rappresentanti in indirizzo, ha deliberato unanimemente di chiedere immediatamente al Comune di Trieste la sospensione dei lavori per la costruzione dell’antenna. Stamane (ieri, ndr) – prosegue il documento - siamo stati preavvisati via fax del fatto che il Comune ha adottato il provvedimento di sospensione».
Tutto questo non significa che il problema sia definitivamente risolto, ma certamente è il primo round di quella che si presenta come l’ennesima battaglia di gruppi di residenti, contro il proliferare di antenne per la ripetizione del segnale dei telefoni cellulari in numerosi punti della città, può essere archiviato come un successo da parte di chi protesta. I genitori avevano chiesto anche l’aiuto e la collaborazione della terza Circoscrizione, competente per territorio. Aveva risposto Walter Bastiani, consigliere dei Ds, che ha preparato un documento sul tema in discussione e che sarà comunque discusso oggi, nel corso della seduta del parlamentino rionale.
Accanto ai genitori, sono preoccupati per l’eventuale sorgere dell’ennesima antenna in città anche i residenti di Scorcola. La zona è infatti densamente popolata e l’allarme per l’inquinamento elettromagnetico che può essere provocato da impianti di questa natura è diffuso fra la gente. Dopo la sospensione decisa dal Comune, la situazione si sta rasserenando, ma i residenti hanno comunicato di essere comunque pronti a organizzare una raccolta di firme, pur di ottenere un no definitivo all’installazione della stazione radio base, se la situazione non dovesse definirsi nelle modalità sperate. Oggi si svolgerà un sopralluogo nell’area di via Ovidio, alla quale parteciperanno i componenti della quarta Commissione consiliare comunale, guidata da Roberto Sasco, esponente dell’Udc, un esperto in materia di inquinamento elettromagnetico.
Ugo Salvini

 

 
Opicina, l’impianto di via dei Salici non rispettava i requisiti di legge - TELEFONIA Usi civici, Milic replica alle accuse del Comitato
 
Si fa sempre più aspra, a Opicina, la polemica sulle antenne radio base. L’ultimo capitolo in ordine di tempo è quello che vede protagonista il Comitato per gli Usi civici, che, attraverso una lettera del suo presidente, Paolo Milic, risponde in maniera secca e articolata alle accuse arrivate qualche giorno fa dal Comitato antenne.
Quest ultimo, forte del sostegno della maggioranza del Consiglio circoscrizionale dell’Altipiano Est e del consenso della Comunella, aveva criticato lo stesso Milic, che aveva chiesto al Comune di Trieste la revoca della concessione edilizia, rilasciata lo scorso 15 febbraio, alla Vodafone-Omnitel, per la costruzione di un’antenna radio base nei pressi del cimitero. Essa era destinata a sostituire quella, contestatissima dalla popolazione residente, che sarebbe dovuta sorgere in via dei Salici. Fra le altre argomentazioni, quelli del Comitato antenne avevano precisato che «è la Comunella la proprietaria dell’area individuata nei pressi del cimitero», ribadendo che «il mandato del Comitato per gli Usi civici è scaduto da anni». Partendo da quest ultimo elemento, Milic replica invece che «il Comitato per gli Usi civici opera in regime di prorogatio, pertanto non è scaduto».
Più articolato il ragionamento sul merito: «La richiesta di revoca della concessione edilizia per l’antenna della Vodafone – scrive il presidente degli Usi civici – è stata motivata dal fatto che il Comune ha stranamente rilasciato la stessa, senza possedere il necessario titolo di occupazione, dato che il terreno in questione risulta in propria pertinenza amministrativa degli Usi civici e la compagnia telefonica non ha formalizzato alcuna richiesta, né tanto meno ottenuto alcun titolo occupatorio, indispensabile, a norma di legge, per l’ottenimento della concessione edilizia e per la realizzazione dell’opera. Siamo stati perciò obbligati – continua Milic - a procedere in merito alle nostre competenze».
Milic spiega poi che «l’amministrazione separata dei Beni civici di Opicina non obietta l’installazione delle antenne telefoniche nelle zone già segnalate al sindaco del Comune di Trieste con una lettera del settembre del 2006, ma non ritiene opportuna tale installazione – prosegue – nei pressi del cimitero monumentale di Opicina, perché si andrebbe in netto contrasto con una legge regionale del 2004 che disciplina la materia».
Infine il presidente degli Usi civici rileva che «il terreno individuato per l’installazione risulta già parzialmente occupato da un’attività di vendita di piante e fiori, insediatisi da oltre un decennio e regolata da una concessione da noi emessa».
u. s.

 

 

Meduse a migliaia, è invasione nel golfo  - Le «Alghe quadrifoglio» non sono urticanti ma distruggono l’habitat marino

 

Improvvisa recrudescenza del fenomeno. Del Negro (Biologia marina): «Mangiano tutto, possono far danni all’ecosistema»

TRIESTE Allarme meduse nel golfo di Trieste. In migliaia, sono state osservate ieri non solo al largo, come succede di solito in questo periodo, ma anche sul lungomare triestino. «Denominate Aurelia aurita, queste meduse di tardo inverno non sono tossiche, sono di un tipo innocuo per l'uomo – spiega Paola Del Negro, primo ricercatore del Dipartimento Oceanografia Biologica Ogs di Trieste - ma comunque vista la loro presenza più numerosa che mai, ci fanno preoccupare per quello che ci aspetta in estate e nel resto dell’anno». Insomma, se ci sono tante meduse di questo tipo, comunemente chiamate «alghe quadrifoglio» per il disegno simile ad un quadrifoglio presente sul cappello, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona bene nel nostro mare e gli scienziati non escludono che nei torridi mesi estivi arrivino a Trieste anche altre specie dermo- tossiche. In più, i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale Ogs si dichiarano preoccupati degli effetti a lungo termine dell’«invasione» delle meduse sul lungomare triestino.
«Il fatto preoccupante è che, se arrivano in tante, queste meduse mangiano tutto, sottraggono energia e non lasciano più niente agli altri nel habitat marino» aggiunge Paola del Negro. In altre parole, anche se non sono pericolose per l’uomo, gli effetti della loro presenza si faranno sentire nel tempo sull’intero ecosistema. «In grandi numeri, le meduse possono incidere sulle larve, sulle uova di pesce e forse anche sui mitili» nota la ricercatrice. Non ci dobbiamo stupire quindi se a fine estate, avremo poco pesce oppure se gli allevamenti di molluschi avranno qualche difficoltà per le “raccolte”».
Ma a che cosa si deve e che cosa dobbiamo aspettarci esattamente da questo allarme meduse? «Non conosciamo con esattezza ne il perché ne quali saranno gli scenari futuri” rispondono gli scienziati del Dipartimento oceanografia biologica Ogs, secondo i quali il clima o il caldo non influisce più di tanto, poiché le meduse seguono le correnti marine. In questo contesto, gli scienziati lanciano un nuovo segnale d’allarme e chiedono fondi per studiare al meglio il nostro mare «Bisogna monitorarlo sistematicamente per poter prevenire con cognizione di causa i cambiamenti evidenti dell’ecosistema, non agire all’ultimo momento» dice ancora afferma Paola Del Negro.
La ricercatrice non nasconde le difficoltà del suo team di fare anche «uscite» periodiche in mare per poter osservare, campionare, studiare ed infine dare un giudizio il più accurato possibile. «Mancano i soldi e i progetti di ricerca mirati non ci sono - spiega - L’unica cosa che possiamo fare al momento per capire che cosa sta succedendo è controllare il mare».
Le meduse osservate ieri dai triestini sono tipiche per questo periodo dell’anno, molto diffuse specialmente nell' Adriatico centrale, e possono raggiungere anche notevoli dimensioni, fino a 30-40 centimetri.
Gabriela Preda

 

 
Val Rosandra, piano in aula il 16 - Prosegue a San Dorligo l’iter per definire la gestione del Parco naturale
 
CONSIGLIO COMUNALE
SAN DORLIGO Il consiglio comunale di San Dorligo sarà chiamato, già nella prossima seduta, il 16 aprile, ad esprimersi sull’avvio della stesura del Piano di conservazione e sviluppo della Val Rosandra, di cui il Comune è ente gestore. Una stesura che seguirà il metodo di Agenda 21, per una condivisione collettiva delle scelte. A piccoli passi, prosegue l’iter che renderà il Comune di San Dorligo pienamente in potere di gestire la Val Rosandra, da quando questa è stata definita Parco naturale. Un iter lungo, durante il quale sono anche cambiate alcune leggi. Come ad esempio la norma che stabilisce a chi spetta la preparazione del Piano di conservazione e sviluppo, tappa fondamentale per stabilire le regole sul futuro del parco.
Tale incarico, un tempo, era affidato alla Regione, ma poi invece è passato all’ente gestore, quindi il Comune. Da qui la necessità di reperire altri fondi, che ha comportato una modifica dell’accordo di programma già avviato con la Regione. Il Comune ha quindi ottenuto un finanziamento di ulteriori 58 mila euro, che serviranno ad attivare tutte le procedure per la redazione del piano. L’assessore Laura Stravisi spiega: «Nella prossima seduta consiliare approveremo la bozza dell’accordo di programma per regolare la nascita di un tavolo di lavoro tecnico e misto per elaborare il Piano di conservazione e sviluppo. Ma illustreremo anche il metodo di Agenda 21 scelto per raccogliere le idee della popolazione, che saranno poi unite a quelle del tavolo di lavoro, per mettere sulla carta il Piano vero e proprio».
Il Piano di conservazione e sviluppo detta, in sintesi, le regole su ciò che si può fare e ciò che non è concesso su tutto il territorio della riserva. Si guardano i vincoli e gli habitat, basandosi sulla normativa comunitaria in materia (la valle infatti è inserita nelle zone tutelate dall’Ue). In merito allo sviluppo, invece, dà indicazioni su che cosa fare per valorizzare la zona, in vari ambiti, come l’agricoltura, la didattica, il turismo. «Proprio per questo abbiamo deciso di avvalerci dei metodi di Agenda 21 – dice Stravisi -. Coinvolgendo associazioni, circoli, operatori, e rappresentanti dei singoli abitati, dunque, possiamo avere un quadro preciso di ciò che vuole la gente per tutelare il suo territorio». Ma intanto il Comune si attiva anche per altre vie nella valorizzazione della Val Rosandra. Sta infatti concludendo un accordo con l’Università per acquistare una guida interattiva sulla fauna locale: «È un catalogo di migliaia di piante della valle – dice Stravisi -. È stato già pubblicato un libro, ma ora la versione interattiva sarà più snella, ottima per attività didattiche. Sarà in italiano, sloveno e inglese, su cd-rom, su Internet e scaricabile su un palmare, per poter analizzare direttamente sul posto le piante presenti».
s.re.

 

 

Emissioni della Ferriera

Chiedo di essere tutelato dalle continue emissioni di polveri, fumi e odori nauseabondi provenienti dalla vicina Ferriera. Il giorno 18 marzo 2007, alle ore 15.50, ho telefonato alla polizia municipale perché i miei balconi sono stati imbrattati da una polvere nera grassa. In seguito alle ore 20.30 interveniva l’Arpa rilevando all’interno dell’abitazione la concentrazione di PM 10 68 g/mc, balcone sulla via Pitacco PM 10 58 g/mc, balcone sul cortile PM 10 52 g/mc.
Nevio Tul
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 4 aprile 2007

 

 

Depuratore di Servola, dai fanghi arriva energia elettrica

 

Inaugurato da AcegasAps l’impianto dissabbiatore-disoleatore: servirà a separare i reflui dagli olii e dalle sabbie

Monassi: «Ora dobbiamo pensare anche alla raccolta differenziata , dove mancano gli investimenti per le strutture. È una strada obbligata e di civiltà»

Il depuratore di Servola, centro nevralgico del sistema fognario cittadino, è stato profondamente rinnovato. L’AcegasAps investe in innovazione e tecnologia sul sistema ambiente, guarda ora ai nuovi sistemi della raccolta differenziata e con Nestenergia stringe accordi con l’Area di ricerca e l’Università di Ferrara per entrare nel settore delle fonti rinnovabili e in particolare del Fotovoltaico.
Nuovi sistemi di controllo e calibrazione, modernissimi gruppi elettronici e informatici di controllo, sistemi innovativi con vasche di cemento e l’impiego massiccio di acciaio. Una sistema di fitri che tratta liquame e lo depura ma che funziona come una piccola e complicatissima centrale regolata per dare il massimo rendimento. Ieri l’inaugurazione dell’ultima parte rinnovata a Servola con il sindaco e il direttore generale, Marina Monassi.
Un sistema moderno e autosufficiente: «Dai fanghi otteniamo dei biogas che ci serve per produrre l’energia elettrica necessaria a far funzionare l’intero impianto che così è completamente autonomo, ma stiamo mettendo a punto con appositi investimenti anche una stazione di produzione di energia elettrica pulita» spiega la Monassi illustrando le innovazioni del sistema assieme ai tecnici.
La parte nuova inaugurata ieri è l’impianto dissabbiatore-disoleatore, una vasca di trattamento che sostituisce quella vecchia (risaliva agli anni ’30) che era inadeguata alla portata dell’impianto attuale. Lunga 32 metri, larga 12 e profonda oltre cinque, servirà a separare i reflui dagli olii e dalle sabbie. Era prioritario potenziare questa struttura, hanno spiegato i tecnici perchè «un elevato grado di efficienza in questa fase del processo di depurazione è in grado di influenzare notevolmente tutti i trattamenti successivi e quindi la performance complessiva».
Da una parte la produzione di energia elettrica con il biogas, dall’altra la depurazione delle acque che sempre più «pulite» così vengono dirottate al mare attraverso una condotta dottomarina di oltre 7 chilometri di lunghezza e dotata nell’ultima parte di un sistema di diffusione composto da 600 torrini posti a un aprofondità di 14 metri.
«Ora dobbiamo pensare anche alla raccolta differenziata – aggiunge la Monassi – mancano gli investimenti per gli impianti, è una strada obbligata e di civiltà. E ci servirà anche per migliorare definitivamente la situazione all’inceneritore che è delicatissima. I rifiuti devono essere divisi prima».
Dall’ambiente all’energia pulita: «Stiamo lavorando assieme all’Università di Ferrara – conclude il direttore generale – per ridurre le dimensioni degli impianti fotovoltaici utilizzando le nanotecnologie. L’ energia rinnovabile è una scelta del futuro e l’Acegas vuole fare la sua parte»
g.g.

 

 
Scorcola, ultimatum dei genitori: «La scuola rimuova l’antenna o non iscriveremo i nostri figli»
 
Dopo una riunione viene presa in considerazione anche l’ipotesi della raccolta di firme
Domani è in programma il sopralluogo della commissione consiliare comunale. Sollecitato l’appoggio del parlamentino
Minacciano di non iscrivere i propri figli alla scuola se la direzione non provvederà a far traslocare uno scomodo traliccio per la telefonia cellulare. E accendono la miccia dell’ennesima sollevazione popolare contro l’ennesimo ripetitore per la telefonia cellulare in procinto di sorgere in una delle zone residenziali per eccellenza del comune triestino.
Ma questa volta, oltre ai residenti, il malcontento si fa sentire anche da parte delle famiglie di un congruo numero di alunni che frequentano un istituto scolastico che si trova nei pressi del futuro impianto tecnologico. Teatro della contesa il colle di Scorcola, in via Ovidio, ai margini dell’area verde che circonda l’European School of Trieste, istituto comprensivo paritario alloggiato nel vecchio maniero dei Geiringer. Un edificio storico che accoglie piccolini in età da nido, bimbi delle materne e delle elementari e del primo ciclo delle medie. La protesta contro la costruzione del nuovo traliccio si articola su due fronti.
Da una parte la mobilitazione delle famiglie degli scolari, preoccupate per la nuova fonte di onde elettromagnetiche che si svilupperanno dalla nuova stazione radio base, e che minacciano di subordinare l’iscrizione della prole all’istituto scolastico all’esito della vicenda. Dall’altra la preoccupazione dei residenti di via Ovidio, e zone limitrofe, immediatamente sottostanti a una antenna che, se sorgerà, coprirà con il suo raggio una zona densamente abitata, villette e palazzine abbarbicate negli immediati pressi di una via Commerciale edificata oltre ogni dire. Di fronte alle proteste, già la scorsa settimana il vicesindaco e l’assessore Bucci hanno avviato una serie di approfondimenti sulla questione, chiedendo una sospensiva alla costruzione dell’antenna.
A loro dire, è necessario approfondire se la stazione radiobase verrà costruita o meno su di un terreno di pertinenza della Direzione Scolastica. In caso affermativo vi saranno gli estremi per bloccare l’erezione di un traliccio che potrebbe alzarsi almeno per una ventina di metri sul panorama circostante, altrimenti non vi saranno ostacoli a una stazione radio base che ha già ottenuto la concessione edilizia e, di seguito, i pareri affermativi di Soprintendenza, Agenzia regionale per l’Ambiente e Azienda sanitaria.
Alla radice della protesta delle famiglie che portano i figli all’European School una considerazione di fondo: i vertici dell’istituto scolastico avrebbero concesso una parte del terreno della proprietà scolastica per erigere l’impianto senza consultare preventivamente l’assemblea dei rappresentanti di classe e della componente genitori del consiglio d’istituto.
Le altre valutazioni sono state oggetto di una riunione con i vertici scolastici che si è svolta martedì pomeriggio. Un gruppo di residenti della zona invece ha chiesto solidarietà e appoggio alla terza circoscrizione riunita in seduta. Le persone sono state accolte dal consigliere diessino Walter Bastiani, che sulla questione ha preparato un documento che verrà discusso domani dal parlamentino. «La gente è preoccupata per le emissioni e per il deprezzamento delle proprie abitazioni», afferma Bastiani. Che chiede al Comune di capire come sia possibile costruire un impianto così impattante nei pressi di una scuola e in un’area fortemente antropizzata. A loro dire i costruttori dell’impianto avrebbero disatteso la sospensiva del Comune, e avrebbero continuato a lavorare sulle fondamenta del traliccio. Nei prossimi giorni, informa Bastiani, i residenti potrebbero lanciare una raccolta di firme e una serie di contatti con altri comitati cittadini che si sono da tempo mobilitati in altre parti del capoluogo in analoghe situazioni.
Per la giornata di giovedì è previsto comunque un sopralluogo nell’area di via Ovidio da parte della VI Commissione consigliare comunale guidata dall’ing. Roberto Sasco.
m.l.

 

 

Muggia, aumentano le piste ciclabili  - L’assessore Rossi anticipa le linee del prossimo piano regolatore generale

 

Nell’ambito di «Agenda 21» chiesto un finanziamento di 40 mila euro. Tra le varie iniziative anche l’apertura di un ufficio apposito e la nascita di un forum

Saranno previsti anche percorsi protetti per bambini

Il prossimo piano regolatore generale del Comune di Muggia assicurerà largo spazio a piste ciclabili e percorsi protetti per bambini e ragazzi, e alla rivitalizzazione di alcune aree urbane. E per progettare il tutto nel dettaglio, il Comune si affida alle procedure di Agenda 21.
Subito l’adesione alla rete regionale di Agenda 21, formalizzata dal consiglio comunale una settimana fa, il Comune ha presentato la prima richiesta di finanziamento e di attuazione delle procedure per un suo progetto di «mobilità sostenibile». La richiesta riguarda un finanziamento (di 40 mila euro) e la successiva apertura di un ufficio locale, la nascita del forum e la sua gestione, l’avvio di tavoli tematici di lavoro, l’invito a vari portatori di interessi ad aderire al forum e quindi a partecipare alle scelte. Insomma, si vuole attivare tutte le componenti di un iter progettuale secondo i dettami di Agenda 21.
Lo spiega l’assessore alle Politiche giovanili, Loredana Rossi: «Con queste linee guida di progetto desideriamo mettere a fuoco gli obiettivi primari rispetto una visione del territorio in modo sostenibile, e soprattutto di sostenibilità della mobilità. E nel suo percorso in Agenda 21, intendiamo coinvolgere le realtà industriali, la scuola, i vari enti locali vicini, e in una fase successiva anche i genitori e i ragazzi e la popolazione in generale, affinché, in questo modo, conoscano e condividano le scelte riguardanti il territorio comunale». Il progetto di «mobilità sostenibile» dovrà tenere conto di alcuni aspetti imprescindibili: rendere maggiormente vivibile il territorio, con la creazione di piste ciclabili da collegare anche con percorsi esistenti o progettati in comuni vicini (anche in Slovenia), percorsi protetti per ragazzi e bambini che vanno a scuola (anche qui con la possibilità di avere piste ciclabili), riqualificare gli spazi urbani (come la stazione degli autobus), rivitalizzare aree pubbliche come Caliterna o i giardini Europa.
Queste per ora sono pure intenzioni e linee guida, perché solo dopo la fine del processo in Agenda 21 nasceranno i progetti e i vincoli per l’amministrazione. «Con Agenda 21 coinvolgeremo un ampio numero di collaborazioni nello studio delle varie possibilità. Ci sono già progetti di piste ciclabili, che saranno vagliati dal forum. Alla fine di questo percorso partecipativo – ancora Rossi -, il tema sarà affrontato dal consiglio comunale, che lo recepirà nella stesura del prossimo piano regolatore generale del Comune».
La direzione regionale di Agenda 21 si esprimerà entro un mese sull’ammissibilità della richiesta. In caso di bocciatura, il Comune non intende recedere: «Procederemo comunque, anche se in modo più ridotto. Le idee sono chiare, e saranno inserite comunque nel nuovo piano regolatore», dice Rossi.
Sergio Rebelli

 

 
Racovelli: «Tra Carso e mare ormai incombe Villettopoli» - Secondo il «verde» si continua a edificare in zone a rischio idrogeologico
 
TRIESTE «E’ ormai una corsa continua all’edificazione selvaggia che da qualche anno sta colonizzando i residui spazi verdi della nostra provincia. Dopo gli interventi che hanno appesantito, se non addirittura brutalizzato diverse zone di Barcola e del costone carsico, tocca oggi a una parte pregiata della costiera. La “vilettizzazione” o, se mi si passa il termine la “Villettopoli” delle aree pregiate triestine continua». Sono toni duri e preoccupati quelli che Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi per la Pace, utilizza per denunciare l’o.k. espresso dal consiglio comunale alla concessione edilizia per la realizzazione di una nuova villa in via Picard, a pochi passi dal mare e dalla sede del Laboratorio di Biologia Marina. A detta del consigliere, dopo le recenti cementificazioni che hanno interessato salita Cedassamare e via del Pucino, ora si continua a edificare pure in zone a rischio idrogeologico come quelle del costone carsico. La nuova villetta verrà infatti costruita quasi a ridosso della spiaggia dei filtri. «La cementificazione della Costiera – evidenzia Racovelli in un comunicato – continua a colpi di maggioranza. La Giunta Dipiazza, nonostante annunci a più riprese la volontà di mettere mano al Prg varato dalla Giunta Illy per le opportune revisioni, si guarda bene dal compiere una scelta politica che evidentemente metterebbe in discussione gli interessi dei costruttori e frenerebbe le speculazioni immobiliari. Eppure – sostiene il consigliere – la Regione aveva prodotto un Piano di tutela per la costiera nel 2004, ma il Comune non ha voluto adottare tale strumento di salvaguardia».
Sulla questione, anche la Circoscrizione di Altipiano Ovest, competente per questa zona, ha avuto modo di esprimere un parere consultivo con il quale si è opposta alla concessione edilizia. «L’ennesima villetta a ridosso del mare – dice il presidente Bruno Rupel – andrà a impattare pesantemente sul paesaggio. Non potevamo che dire no a questa costruzione, anche se il nostro parere, purtroppo, è meramente consultivo». «Ci accusano di non bloccare costruzioni e piani particolareggiati? Si rivolgano a coloro che due consigliature orsono ebbero modo di varare il Piano regolatore – risponde teso Maurizio Bucci, assessore con delega alla Pianificazione Territoriale – perché a quella giunta e ai suoi assessori competenti, Giovanni Cervesi e Ondina Barduzzi, per la precisione, vanno imputati gli sviluppi di un Piano regolatore che ha permesso di dare il la alla cementificazione delle parti più belle del capoluogo.
m.l.

 

 

Firmato a Zagabria l’accordo fra i Paesi Oleodotto dal mar Nero fino a Trieste per evitare possibili danni ecologici

 

Primo via libera dalla Slovenia che aveva osteggiato il tracciato

ZAGABRIA Una nuova rotta per il petrolio del Caspio convogliato verso l'Europa, con un'occhio all'economia e uno all'ecologia. È il progetto dell'oleodotto paneuropeo (Peop), destinato di qui a 5 anni - salvo intoppi - a snodarsi per 1300 chilometri dal porto romeno di Costanza, sul Mar Nero, fino a Trieste, secondo il memorandum d'intesa firmato oggi a Zagabria dai rappresentanti d'Italia, Slovenia, Romania, Serbia e Croazia e della Commissione europea.
Alla sigla dell'accordo - che prevede investimenti stimati fra i due e i tre miliardi di euro - è intervenuto per l'Italia il sottosegretario alle Attività Produttive Alfonso Gianni, mentre l'Ue ha apposto il suo sigillo attraverso il commissario all'Energia, il lettone Andris Piebalgs.
L'iniziativa, è stato spiegato, dovrebbe permettere a regime di pompare tra i 60 e i 90 milioni di tonnellate di petrolio all'anno. L'obiettivo è quello di facilitare il passaggio del greggio estratto soprattutto dai grandi giacimenti della repubblica ex sovietica del Kazakhstan, oltre che da Uzbekistan e Turkmenistan. Dando così vita a un'arteria aggiuntiva per il rifornimento dei mercati europei, al di là delle ciclopiche pipeline russe e dei timori di eccessiva dipendenza energetica da Mosca, e riducendo al contempo tanto i costi economici quanto i rischi ambientali legati al trasporto di idrocarburi a bordo delle navi-cisterna che tuttora solcano il Mar Nero e il Bosforo fino all'Egeo e all'Adriatico.
Il commissario Piebalgs ha osservato che il progetto Peop rappresenta «un eccellente esempio di una solida cooperazione all'interno della comunità energetica europea».
L'oleodotto avrà due snodi principali, a Sisak, in Croazia, dove è situata un'importante raffineria, e a Trieste, capolinea della condotta, ma anche punto di raccordo con il Tal (Trans Alpine Line): rete che tocca Austria, Germania e Repubblica Ceca, e ha pertanto rilievo strategico per l'Ue.
«Il Peop ha notato Piebalgs renderà possibile un migliore sfruttamento delle risorse energetiche provenienti dalla regione del Caspio e degli Urali e farà da bypass per evitare l'intasamento dei canali di rifornimento marittimi».
Qualche riserva è venuta dal ministro dell'economia sloveno, Andrej Vizjak, il cui Paese aveva già fatto slittare l'anno scorso la firma dell'intesa e che ora ha aderito per dare «un segnale di buona volontà politica». Ma senza ritenersi vincolato fino alla definizione di tutti i dettagli.
Il sottosegretario Gianni ha dal canto suo sottolineato gli aspetti multifunzionali del progetto, che sarà adibito al trasporto di diversi tipi di idrocarburi in modo da alimentare vari impianti di raffinazione lungo il percorso. E in prospettiva sarà potenzialmente in grado di collegarsi anche con Genova (e la Francia) a patto di «completare le tratte fra Mantova e Cremona e fra Monfalcone e Porto Marghera».
Se tutto andrà bene, il traguardo è fissato per il 2012.

 

 

La Ferriera continua a inquinare

Riguardo all’articolo apparso sul vostro giornale il 18 marzo 2007 «Basta con le sparate sulla Ferriera», non sono d’accordo e credo di non essere il solo, con la tesi esposta nell’articolo sopra citato dal consigliere Comunale Decarli, dove leggo: «Da quando la proprietà della Ferriera è passata alla Severstal l’inquinamento si è ridotto, soprattutto negli ultimi tempi».
Per chi vive in questa parte della città, specialmente in vicinanza dello stabilimento siderurgico, la verità è un’altra, negli ultimi tempi l’inquinamento è in costante e grave recrudescenza, più volte al giorno polveri e gas irritanti provocano bruciori agli occhi e alla gola, senza contare l’imbrattamento, costringendo gli abitanti a chiudersi in casa, sperando di non trovare anche all’interno lo stesso problema.
Per dare conferma del peggioramento ambientale basta leggere i dati delle centraline Arpa, in particolar modo quella di via del Carpineto che nell’anno passato ha sforato per ben 52 volte i valori massimi consentiti dalla legge, a fronte di un limite massimo annuale di 35. Inoltre dal primo gennaio 2007 al 17 marzo gli sforamenti sono già 23, credo non ci sia bisogno di nessun commento. Per ultimo aggiungo che alle ore 15 circa del 18 marzo un abitante di via Pitacco telefonava alla polizia municipale lamentando problemi, in seguito, alle ore 20.30 interveniva l’Arpa rilevando all’interno dell’abitazione una concentrazione di PM10 pari a 68 mcg/m.3 (con 50 mcg/m3 si blocca il traffico).
Quasi giornalmente, nei rioni di Servola, Valmaura e Chiarbola vengono fatte segnalazioni agli enti preposti, (vigili urbani, Arpa), riguardanti la problematica sopra esposta con conseguenti verbali e raccolta di campioni. È forse questo il miglioramento descritto dal signor Decarli?
Per quanto riguarda le esternazioni del Sindaco Dipiazza che avrebbero il solo scopo di stimolare quella parte di elettorato che ha votato per Lui, posso assicurare il signor Decarli, che i residenti in zona che denunciano il problema inquinamento Ferriera, coprono quasi tutti gli schieramenti politici costituzionali.
Per cui non c’è nessun aspetto politico nella mia contestazione alle dichiarazioni del consigliere Decarli.
Giuseppe Castellan
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 3 aprile 2007

 

 
Inceneritore, diossina sotto i limiti alla linea 1 Barduzzi: evitato il rischio di chiusura totale
 
Indiscrezioni da Bruxelles sui campioni di vapore prelevati dall’impianto tra il 19 e il 23 marzo
Cresce l’attesa attorno ai dati sui campioni di vapore prelevati dalla linea 3 dell’inceneritore fra il 19 e il 23 marzo, che domani i laboratori di Bruxelles della società di certificazione Sgr dovrebbero fornire ai periti della procura e dell’AcegasAps incaricati di seguire la procedura del dissequestro condizionato del termovalorizzatore di via Errera. Le prime indiscrezioni sui risultati dei test riguardano solo le misurazioni dei parametri di diossina effettuate proprio sulla linea 1, confermati al di sotto dei limiti di legge. «Questo - rileva l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi - consente di scongiurare quantomeno il rischio di una chiusura totale dell’impianto che, anche se temporanea, avrebbe paralizzato il sistema di smaltimento dei rifiuti sul nostro territorio».
Sistema di smaltimento che prevede, in base al protocollo fra le province di Trieste e Gorizia del 5 marzo scorso, il trasferimento straordinario di 840 tonnellate alla settimana di immondizie triestine verso la discarica di Pecol dei Lupi, per un massimo di diecimila tonnellate, pari a una disponibilità complessiva di circa tre mesi.
Cresce intanto l’entità dei mancati introiti di AcegasAps per il blocco delle linee 2 e 3 dell’impianto - soggetto al sequestro disposto il 14 febbraio dalla magistratura nell’ambito dell’inchiesta sul superamento delle concentrazioni di diossina - che ormai ha raggiunto i tre milioni e mezzo di euro, di cui un milione e 200mila euro di mancati utili del Comune come azionista di riferimento della multiservizi.
Lo stop dell’inceneritore, infatti, in base alle stime già fornite dal Municipio, costa ad AcegasAps 80mila euro al giorno come conseguenza dei maggiori costi di trasporto dei rifiuti verso altre discariche (in particolare quella citata di Pecol dei Lupi che riceve da Trieste 140 tonnellate di immondizie al giorno), dei minori ricavi dovuti alla non conversione di energia elettrica e del mancato arrivo di immondizie da fuori Trieste. Quest’emorragia, a conti fatti, prosegue da cinquanta giorni, dai quali devono essere sottratti soltanto i cinque della settimana fra lunedì 19 e venerdì 23 marzo, quando oltre alla linea 1 - l’unica libera dai sigilli, che brucia 160 tonnellate al giorno - è tornata temporaneamente in funzione la linea 3 per consentire lo svolgimento dei test sui suoi fumi.
pi.ra.

 

 
Proteste per un’altra villa in Costiera - La Circoscrizione: «Avevamo detto no». Bucci: «Siamo obbligati»
 
Racovelli (Verdi per la Pace) critica l’eccessiva edificazione anche in aree di interesse ambientale
Il cantiere verrà aperto in via Picard, vicino al mare e non lontano dalla sede del Laboratorio di biologia marina
«È ormai una corsa continua all’edificazione anche in una parte pregiata della costiera». Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi per la Pace, denuncia così il via libera espresso dal consiglio comunale alla concessione edilizia per la realizzazione di una nuova villa in via Picard, a pochi passi dal mare e dalla sede del Laboratorio di Biologia Marina. A detta del consigliere, dopo le recenti cementificazioni che hanno interessato salita Cedassamare e via del Pucino, ora si continua a edificare pure in zone a rischio idrogeologico come quelle del costone carsico. La nuova villetta verrà infatti costruita quasi a ridosso della spiaggia dei filtri. «La cementificazione della costiera – evidenzia Racovelli in un comunicato – continua a colpi di maggioranza. La Giunta Dipiazza, nonostante annunci a più riprese la volontà di mettere mano al Prg varato dalla Giunta Illy per le opportune revisioni, si guarda bene dal compiere una scelta politica che evidentemente metterebbe in discussione gli interessi dei costruttori e frenerebbe le speculazioni immobiliari. Eppure – sostiene il consigliere – la Regione aveva prodotto un Piano di tutela per la costiera nel 2004, ma il Comune non ha voluto adottare tale strumento di salvaguardia».
Sulla questione, anche la Circoscrizione di Altipiano Ovest, competente per questa zona, ha avuto modo di esprimere un parere consultivo con il quale si è opposta alla concessione edilizia. «L’ennesima villetta a ridosso del mare – dice il presidente Bruno Rupel – varà un impatto pesante sul paesaggio. Non potevamo che dire no a questa costruzione, anche se il nostro parere, purtroppo, è meramente consultivo».
«Ci accusano di non bloccare costruzioni e piani particolareggiati? Si rivolgano a coloro che due consigliature orsono ebbero modo di varare il Piano regolatore – risponde teso Maurizio Bucci, assessore con delega alla Pianificazione Territoriale – perché a quella Giunta e ai suoi assessori competenti, Giovanni Cervesi e Ondina Barduzzi, per la precisione, vanno imputati gli sviluppi di un Piano regolatore che ha permesso di dare il la alla cementificazione delle parti più belle del capoluogo. Vorrei capire – insiste Bucci – come avremmo potuto fermare uno strumento urbanistico e andare a un regime di salvaguardia, senza rischiare di paralizzare tutta la città?».
m.l.

 

 
Il Comune: «A Barcola alberi tagliati per volontà dei residenti»
 
Dopo le proteste di cittadini e circoscrizione, a fronte dell’abbattimento di numerosi alberi a Barcola, in via Cerreto e via Moncolano, arriva una nota dell’area Territorio e Patrimonio-servizio verde pubblico del Comune, che chiarisce il problema. «Preme puntualizzare alcune considerazioni che hanno portato a compiere dolorosamente, ma con cognizione di causa, questa scelta difficile – scrive in una nota l’architetto Angela Sello, direttore del servizio – ma frutto di un’attenta analisi del problema». Le piante presenti lungo le due vie sono alberi di Robinia di diverse età, viene spiegato, e nei decenni passati il Comune racconta di numerose lamentele da parte degli abitanti, per l’infoltirsi delle chiome, che ceravano disagi ad alcune case, rendendo necessari alcuni interventi ripetuti di potatura. «La necessità di frequenti potature ha di fatto determinato, oltre che elevatissimi oneri di gestione – evidenzia l’architetto – gravi danni ai rami e oggi si assiste alla comparsa sulle piante di fenomeni di carie, con decadimento del legno e conseguente pericolo di cadute». Perciò per la sicurezza degli stessi abitanti, considerato inoltre lo stato di salute delle piante, il Comune ha dovuto optare per una graduale sostituzione degli alberi. « Quindi - prosegue - è stata fatta la scelta di sostituire gli alberi con piante di Carpino bianco».
m.b.

 

 

Fs: si può fare la metropolitana alle Noghere  - Eventuali dismissioni solo per i raccordi tra la dorsale e le aree delle aziende

 

Il gruppo rassicura sul mantenimento della linea principale interessata dal progetto di trasporto pubblico lanciato dalla Provincia

Le Ferrovie dello Stato non intendono dismettere la dorsale principale che attraversa la zona industriale di Trieste: «Quel binario non viene toccato». Il progetto della metropolitana leggera lanciato mesi fa dalla Provincia, quindi, non verrà stoppato. Una eventuale dismissione - tutta comunque da valutare - potrebbe riguardare semmai in futuro i soli raccordi che si distaccano dal binario per raggiungere le singole aree e dunque le aziende che del trasporto su rotaia si servono.
La precisazione arriva direttamente dall’ufficio stampa regionale delle Ferrovie, che così intervengono sulla vicenda originata dalla lettera inviata a otto aziende della zona industriale cittadina. In quella lettera, firmata dalla Direzione compartimentale del movimento, Rfi - Rete ferroviaria italiana parla chiaro. In merito al «raccordo ferroviario Ezit, stazione Trieste Aquilinia», Rfi rileva come nel triennio 2004-2006 ci sia stata una «totale inattività» e - a fronte del limite minimo di 250 carri all’anno fissato in termini di economicità della tratta - chiede all’azienda interpellata se intenda incrementare i volumi di traffico, prospettando in caso di risposta negativa la possibilità di dismettere il raccordo in questione.
L’operazione - spiegano da Rfi - rientra in un piano di riorganizzazione dell’infrastruttura sulla base appunto dell’economicità: un piano che peraltro si sta portando avanti in più regioni. Ma in gioco ci sono appunto solo i binari che dalla dorsale principale si dipartono per raggiungere le diverse aziende «raccordate», che nella tratta suppergiù compresa tra la Ferriera e le Noghere sono dieci: a otto di queste, che non raggiungono il volume minimo di 250 carri all’anno, Rfi ha inviato appunto la lettera. Alcune società, si aggiunge peraltro dalle Ferrovie, hanno già risposto dicendosi interessate a incrementare il traffico.
Secondo le Ferrovie dunque il progetto di metropolitana leggera non corre rischi. Del resto, era stata ieri l’assessore provinciale Ondina Barduzzi a ricordare come l’amministratore delegato di Ferrovie Mauro Moretti pochi giorni fa, intervenendo all’inaugurazione della rinnovata stazione centrale, avesse confermato l’interesse del gruppo per il progetto del metrò leggero. Progetto per il quale proprio in queste ore è in partenza per Roma una lettera nella quale Barduzzi e la presidente di Palazzo Galatti Maria Teresa Bassa Poropat chiedono ai vertici delle Ferrovie nuovi incontri per discutere l’iter da portare avanti.

 

 
Parte l’oleodotto Costanza-Trieste - Sarà firmato oggi a Zagabria il Memorandum d'intesa fra i governi d'Italia, Slovenia, Croazia, Serbia e Romania
 
TRIESTE Sarà firmato oggi a Zagabria il Memorandum d'intesa fra i governi d'Italia, Slovenia, Croazia, Serbia e Romania per la realizzazione dell'oleodotto paneuropeo (Peop) per il trasporto di petrolio da Costanza (Romania) a Trieste. Il Memorandum, che è un primo accordo politico fra i cinque Paesi, prevede la costruzione di una pipeline di circa 1.300 chilometri con un costo - ha reso noto il sottosegretario alle attività produttive Alfonso Gianni, che oggi firmerà l'intesa per l'Italia - fra i due e i tre miliardi di euro. L'oleodotto avrà una capacità annua fra i 60 e i 90 milioni di tonnellate e trasferirà fino alle coste dell' Alto Adriatico il petrolio estratto nell' area del Caspio (soprattutto quello del Kazakistan, oltre che di Utzbekistan e Turkmenistan) utilizzando il porto di Costanza.
Gli snodi principali dell'oleodotto (che avrà la possibilità di trasportare diversi tipi di greggio e idrocarburi in modo da alimentare vari impianti di raffinazione lungo il percorso) dovrebbero essere Sisak (Croazia) e Trieste, dove la struttura potrebbe connettersi con l'oleodotto transalpino (Tal), che parte dal terminale marino di Trieste e giunge fino a Karlsruhe in Germania.
«Da Trieste - ha spiegato Gianni - il petrolio trasportato con il Peop potrebbe poi proseguire fino a Genova e da lì anche verso la Francia. In questo caso - ha aggiunto - bisognerebbe completare le tratte fra Mantova e Cremona e Monfalcone (Gorizia) con Porto Marghera (Venezia)».
«L'oleodotto paneuropeo - secondo Gianni - può inoltre portare benefici sia per la diminuzione dei costi di trasporto, sia per una riduzione dell'impatto ambientale. Gli esperti del ministero - ha spiegato - calcolano che quest'opera eviterebbe il passaggio, attraverso il Bosforo, di circa 200-250 petroliere all'anno, e di circa 100-200 navi in Adriatico. Il valore dell'opera - ha aggiunto - non è solo legato al trasporto del petrolio, ma anche da un decongestionamento del traffico navale». Gianni ha sottolineato la possibilità, nella costruzione dell'oleodotto, anche di un «ritorno interessante, in termini di commesse, per le aziende italiane».
Il Memorandum di domani arriva al termine di alcuni anni di lavoro, fra studi di fattibilità e negoziati fra i cinque Paesi. Il documento doveva essere firmato già nel marzo dello scorso anno a Trieste, ma l'appuntamento era slittato, in particolare per la contrarietà della Slovenia sui termini dell'intesa.
La firma del Memorandum avverrà in occasione di una conferenza internazionale sull'energia, che la Croazia ha organizzato nell'ambito della sua presidenza del Seecp (Processo di cooperazione del Sud Est Europa). Un appuntamento al quale è annunciata la presenza anche del commissario europeo per l'energia, Andris Piebalgs.

 

 
E.On rinuncia all’Opa Enel e Acciona verso il controllo di Endesa - La centrale di Monfalcone ai tedeschi
 
MILANO I tedeschi di E.On ritirano l'offerta avanzata per la produttrice di elettricità spagnola Endesa: la società tedesca ha già concluso un accordo con Enel e Acciona sulla sua uscita dal capitale di Endesa, in base al quale ha rinunciato all'Opa su Endesa in cambio di asset del gruppo spagnolo del valore di 10 miliardi di euro. È uno degli scenari meno graditi al governo spagnolo.
«Il coinvolgimento di Enel e Acciona ha reso impossibile il nostro obiettivo originario di acquisire una quota di maggioranza di Endesa», ha ammesso Wulf Bernotat numero uno di E.On, in un comunicato. «L'ottenimento di una quota di minoranza - prosegue il manager - avrebbe condotto a uno stallo tra gli azionisti e scatenato cause legali dall'esito imprevedibile. L'accordo che abbiamo raggiunto con Enel e Acciona stabilirà rapidamente chiarezza per tutti i soggetti coinvolti. Allo stesso tempo, con una sola mossa, E.On otterrà una posizione attraente in Spagna, Italia e Francia che desideriamo al più presto sviluppare».
Nel dettaglio, l'accordo prevede che alla società tedesca, in caso di successo di Opa delle società italiana e spagnola, vada Viesgo (la controllata spagnola di Enel) ed Endesa Italia (che in regione controlla la centrale di Monfalcone). Nel comunicato diramato da E.On, si legge che la società di Dusseldorf potrà contare su «significativi asset in Spagna, Italia e Francia, così pure in Polonia e Turchia per un valore di circa 10 miliardi di euro».
Con l'eventuale acquisizione di Endesa Italia, che da sola vale circa 5.000 megawatt, E.On diventerà «il quarto produttore di energia in Italia». L'accordo impegna la società tedesca a non accettare le azioni raccolte con l'Opa se esse ammontano a meno del 50% del capitale della società spagnola. Inoltre, il gruppo si impegna a rinunciare a nuove eventuali offerte per i prossimi 4 anni.
Tra i 10 miliardi di asset che E.On riceverà in cambio della rinuncia all'Opa e una volta che Enel ed Acciona assumeranno il controllo della utility spagnola, c'e l'iberica Viesgo (Enel), con una capacità installata di circa 2.400 megawatt. C'è poi Endesa Italia con 5 mila megawatt di potenza installata. E.On diventerà il quarto produttore di energia e andrà a complementare le «attuali operazioni di trading all'ingrosso di gas ed elettricità». In Francia, infine, il gruppo tedesco «diverrà il terzo operatore» con l'acquisizione di Endesa France/Snet, che ha capacità installata per 2.500 Mw.
Oggi scade l'offerta di E.On in Spagna mentre venerdì si conclude il periodo di adesione all'offerta negli Stati Uniti. Il gruppo guidato da Wulf Bernotat, dopo l'annuncio di un accordo tra Enel e Acciona, aveva deciso di rialzare la sua offerta su Endesa da 38,75 a 40 euro per azione.
La lunga contesa scatenatasi sul colosso energetico spagnolo Endesa è durata un anno e mezzo. Finito nelle mire della connazionale Gas Natural nel settembre 2005, da allora si è susseguita una serie di battaglie finanziarie e legali, con continui colpi di scena, rovesciamenti di fronte e l'ingresso di nuovi attori.

 

 

 

 

L'ESPRESSO - LUNEDI' , 2 aprile 2007

 

Com'è lenta l'Alta velocità

di Luca Piana

In Francia copre quasi duemila chilometri. In Germania 1.300. La Spagna arriva a 1.600. E l'Italia? E' ultima

 

 Che effetto fa andare in treno a 540 chilometri all'ora, pari a 150 metri al secondo, quasi il doppio di un aereo che atterra? Laurent Baron si massaggia la barba, poi dice: "Non fa paura ma si sentono accelerazioni che non ci si aspetta. Non in avanti, ma verso l'alto e verso il basso. è incredibile: anche su binari perfetti, adatti a un simile sforzo e controllati mille volte, si sentono avvallamenti e dossi che, mi creda, normalmente è impossibile percepire". Ingegnere, 46 anni, Baron è il responsabile della produzione del treno del futuro. La piattaforma per produrre l'Agv, una sigla che significa "Automotrice à grande vitesse" e che indica l'evoluzione dello storico Tgv, apripista dell'alta velocità in Europa, si trova a La Rochelle, sulla costa francese dell'Atlantico, in uno stabilimento dove lavorano 1.200 persone.
Da fuori sembra una fabbrica come tante, con capannoni venuti su un po' a casaccio, a seconda delle esigenze, a ridosso della ragion d'essere dell'insediamento: i binari della linea che corre fino a Parigi. All'interno, però, duecento tecnici qualificati lavorano allo sviluppo dei due progetti che serviranno all'Alstom, colosso transalpino dei treni e dell'energia, e all'intero sistema ferroviario francese per dare l'assalto all'Europa dell'alta velocità. Con l'obiettivo di succhiare via via passeggeri al traffico aereo e dare battaglia agli agguerriti concorrenti - la tedesca Siemens, la canadese Bombardier, il consorzio giapponese Shinkansen, il gruppo Ansaldo in Italia - che in tutto il mondo si contendono un mercato dalle prospettive sempre più ricche.
Il primo progetto è un duplex, un Tgv a due piani già utilizzato in Francia su tratte che ormai traboccano di passeggeri, come la Parigi-Lione, dove la frequenza delle partenze nelle ore di punta raggiunge i pochi minuti. Può filare a 320 chilometri orari, esattamente come il fratello a un piano, trasportando però il 40 per cento di passeggeri in più. Il secondo è l'Agv, il supertreno che, fra i primi possibili acquirenti, è stato proposto in Italia alla Ntv, la società partecipata da Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle che fra tre anni farà concorrenza alle Ferrovie dello Stato nei treni di lusso. La caratteristica principale? "La propulsione non arriva soltanto dai carrelli delle due motrici ma anche da altri dislocati lungo il treno. è un po' il concetto delle automobili a trazione integrale. Tra i vari vantaggi c'è la possibilità di mettere le poltrone anche nelle carrozze di testa e di coda, aumentando i posti a parità di lunghezza", spiega Baron.

Le diverse parti meccaniche dei due prodotti sono confluite ora nel prototipo sperimentale con cui l'Alstom vuole battere il record di velocità ferroviaria che già le appartiene. Il vecchio primato (515,3 chilometri all'ora, stabilito nel 1990) è già stato polverizzato nelle prove, quando il prototipo si è spinto a oltre 540 chilometri orari. Il tentativo ufficiale sarà però nei primi giorni di aprile, in una data che verrà scelta a seconda delle condizioni del vento. Dice Baron: "Sappiamo che possiamo superare i 555 all'ora, non fin dove possiamo spingerci; quello che ci importa è, arrivati a questa velocità, raccogliere il maggior numero di informazioni possibili". L'Agv, il treno destinato alle linee commerciali, per essere omologato dovrà infatti passare i 400 all'ora, per poi tenere i 350-360 nella vita di tutti i giorni (una trentina in più della velocità d'esercizio attuale del Tgv). Se nei toni risuona un po' di consueta grandeur, la verità è che dietro il tentativo ci sono opportunità e rischi commerciali di primissimo piano in un mercato come quello dell'intero trasporto ferroviario che, a livello mondiale, vale oltre 71 miliardi di euro. Con tutti i protagonisti scatenati.
La Bombardier, ad esempio, ha ottenuto di recente il primo grande contratto in Francia, finora territorio incontrastato di Alstom, per realizzare i nuovi treni regionali della provincia di Parigi. Nell'alta velocità, invece, il consorzio giapponese Shinkansen, promosso dalle autorità pubbliche con i maggiori gruppi industriali nazionali, ha ottenuto diversi contratti in Asia, da Taiwan alla Cina, dove è arrivata anche la Siemens, presente non solo in Germania ma anche in Spagna. A sua volta l'Alstom è sbarcata in forze in Corea e, oltre agli altri nuovi mercati, punta a sfruttare la propria tradizionale forza sul mercato europeo, dove Bruxelles ha promosso nuovi standard di sicurezza che dovrebbero permettere ai treni di muoversi senza confini.

A 'L'espresso' Guillaume Pépy, direttore generale della Sncf, le potenti ferrovie francesi, spiega così la nuova sfida: "Con l'alta velocità le abitudini dei cittadini europei sono destinate a cambiare, ancor più di quanto l'abbiano fatto finora. In Francia, dove la rete è già molto estesa, il treno è diventato un'alternativa vincente rispetto all'aereo. Oggi oltre la metà di coloro che si mettono in viaggio da Parigi verso Marsiglia preferiscono il treno; quando da giugno sarà aperta al pubblico la linea orientale, che permetterà di raggiungere il Lussemburgo in due ore e un quarto e Strasburgo con pochi minuti in più, riteniamo che tre quarti del traffico si sposterà in ferrovia". L'ulteriore sviluppo, a questo punto, è l'Europa e la francese Sncf, collocata geograficamente nel cuore di tutte le rotte continentali, si lecca i baffi: "Dovunque il Tgv possa arrivare in meno di 4-5 ore di viaggio, è più efficace e conveniente dell'aereo. Per questo sono essenziali i collegamenti internazionali, come quello in costruzione tra Figueres in Spagna e Perpignan in Francia, o in futuro quello che speriamo verrà realizzato tra Torino e Lione", dice Pepy.
In effetti, a ventisei anni dal debutto delle linee super-veloci, i governi europei non smettono di effettuare enormi investimenti per potenziare le infrastrutture. Attualmente sono in corso lavori per estendere di altri 2 mila chilometri la rete europea che, stando alla classificazione effettuata dall'Uci, arriva oggi a circa 4.600 chilometri. L'estensione, però, dovrebbe aumentare ulteriormente se si considerano le linee che verranno potenziate, al fine di permettere il passaggio di treni polivalenti, in grado comunque di sfrecciare a 220 all'ora.
Se la Francia, che da giugno arriverà a circa 1.900 chilometri di linee in uso, ha aperto la strada, gli altri non sono stati a guardare. Il 14 novembre a Londra verrà inaugurata la nuova stazione di St. Pancras, destinata ad accogliere tutti gli Eurostar che oggi si fermano a Waterloo. In Germania le linee dedicate coprono ormai i 1.300 chilometri, mentre in Spagna il primo ministro Zapatero sta imprimendo ulteriore impulso: se nel 2008, la rete iberica arriverà a 1.600 chilometri, balzerà ulteriormente agli occhi il sorpasso che la Spagna ha attuato ai danni dell'Italia. Dopo il completamento negli anni Novanta della Firenze-Roma, solo l'anno scorso la rete nazionale dell'alta velocità ha raggiunto i 562 chilometri, grazie all'inaugurazione delle tratte tra Napoli e la capitale e tra Torino e Novara. I lavori già avviati dovrebbero aggiungerne altri 320 entro fine 2009, quando è previsto il completamento della Milano-Firenze e della Novara-Milano. Tutto, invece, appare in alto mare per altri tragitti cruciali, a cominciare da quello tra Milano e Venezia. L'esplosione delle spese rispetto ai budget iniziali ha contribuito alla decisione del governo Prodi di revocare le concessioni sui tratti che dovrebbero essere realizzati tra Milano e Padova e tra Milano e Genova. Per non parlare delle difficoltà politiche legate al tunnel ad alta capacità tra Torino e Lione.
Anche se oggi le linee in uso appaiono dunque dei moncherini non collegati fra loro, e per questo poco sfruttati, alle Ferrovie dello Stato ritengono però che non manchino segnali incoraggianti. I passeggeri sulla tratta Roma-Napoli, ad esempio, in un anno di attività sono aumentati dai 990 al giorno dell'inizio ai 3.150 di oggi, mentre quelli sulla Torino-Milano sono passati da 780 a 2.200 al giorno. Molte poltrone restano vuote, ma il numero di passeggeri per treno è rimasto stabile o è cresciuto anche quando i convogli sono aumentati.
Al di fuori dell'Europa, poi, nuovi progetti sono allo studio o in corso di realizzazione in Russia, Cina, India, Argentina, Marocco, Algeria e Arabia Saudita. Per questo motivo, stando all'Uci, il business dell'alta velocità è destinato ad aumentare senza grandi intoppi. L'unità di misura utilizzata è quella dei chilometri percorsi da tutti i passeggeri trasportati. Oggi siamo attorno a 220 miliardi l'anno: se da qui al 2020 i prezzi del petrolio caleranno e si manterranno bassi, la previsione è di salire comunque a 258 miliardi; se invece i governi si daranno da fare per combattere l'inquinamento, puntando sulle ferrovie, il traffico attuale potrebbe quasi raddoppiare. Per spiegarne il motivo Philippe Mellier, presidente di Alstom Transport, utilizza una curiosa espressione: "L'alta velocità è una tecnologia 'gourmande', buongustaia, di energia. A 300 chilometri all'ora, per percorrere la stessa distanza il treno consuma l'equivalente di poco più di un litro di benzina, l'automobile sette e l'aereo dieci". n

 

Obiettivo: da Milano a Roma in tre ore

Tra opere dai costi esplosivi e lavori che sembrano non finire mai, l'Alta velocità in Italia ha una storia contrastata. L'avvio l'anno scorso del servizio da Torino a Novara e da Roma e Napoli, però, sta dando "segnali positivi", che confermano "le nostre enormi aspettative". Lo dice a 'L'espresso' Vincenzo Soprano, 50 anni, dal settembre scorso alla guida di Trenitalia, la società che organizza e gestisce il servizio ferroviario. Un dato su tutti: "Riteniamo che quando tutta la linea da Torino a Napoli, passando per Milano e Roma, sarà completata, il numero di viaggiatori che scelgono il treno per spostarsi lungo questo tragitto quasi raddoppierà", spiega Soprano.
In realtà, oggi, le tratte dedicate all'Alta velocità, costate moltissimo, sembrano poco utilizzate.
"Siamo solo all'inizio. Già da giugno i treni Eurostar da Firenze a Napoli, che oggi transitano lungo i binari tradizionali via Formia, verranno spostati sulla nuova linea veloce, riducendo di 18 minuti la durata del viaggio. Quando le nuove tratte verranno completate, saranno sempre più sfruttate".
I treni però hanno pochi passeggeri: si riempie circa una poltrona su tre.
"Man mano che le tratte saranno complete, i vantaggi saranno evidenti: nel 2010 si andrà da Roma a Milano in tre ore, un'ora e mezzo in meno rispetto all'attuale Eurostar. Questo beneficio renderà il treno più conveniente dell'aereo".
Aumenterà anche l'offerta? Oggi, per fare un esempio, tra Milano e Torino ci sono solo 10 partenze, cinque in andata e cinque al ritorno.
"Quando la linea sarà completa, il viaggio durerà 50 minuti. Se, come crediamo, i viaggiatori risponderanno positivamente, si potrà arrivare a circa 30 partenze al giorno. Tra Milano e Roma è plausibile ipotizzare che si salga a 100 treni al giorno, una frequenza simile alla Parigi-Lione".

Sui treni normali, si verificano intanto fatti incredibili, come il caso della persona morta su un regionale senza che nessuno se ne accorgesse.
"Purtroppo né il capotreno né gli altri viaggiatori si sono resi conto che quel signore non dormiva ma era privo di vita. Anche gli addetti alle pulizie, su quel convoglio molto veloci dati i tempi di sosta strettissimi, non si sono accorti dell'accaduto. Siamo molto dispiaciuti. Si è trattato di una fatalità da cui trarre insegnamento per il futuro. Occorre essere più vigili con chi si ha vicino. Per le Fs è un dovere istituzionale ma per tutti dovrebbe essere un obbligo morale. Solo così possiamo scongiurare il ripetersi di episodi così incresciosi".
E le linee dei pendolari? Vi rimarranno risorse per migliorarle?
"I maggiori benefici dell'Alta velocità vanno proprio ai pendolari. Togliendo i treni più rapidi, si decongestionano le linee normali e diventa possibile realizzare un servizio simile a quello delle metropolitane cittadine. Aumentare il numero di treni regionali è necessario per rispondere a una domanda che, intorno alle grandi città, prevediamo da boom, forse ancor più di quella dell'Alta velocità".

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 2 aprile 2007

 

 

Noghere, Fs tagliano il raccordo: metrò a rischio

 

Nel testo viene evidenziata la «totale inattività» del tratto

L’assessore Barduzzi: una contraddizione con l’interesse manifestato per il nostro progetto

Un documento della Rfi prospetta la possibilità di dismissione del tratto di binari che conduce nella zona industriale Nel triennio che va «dal 2004 all’ottobre del 2006 compreso» il binario di raccordo Ezit-stazione di Aquilinia è rimasto in «totale inattività». Se non ci sarà una ripresa del traffico merci «per l’immediato futuro», Rfi-Rete ferroviaria italiana potrà riservarsi di «avviare la procedura di dismissione del raccordo in oggetto». Questo si legge in un documento protocollato e firmato dall’ingegnere che guida la Direzione compartimentale del movimento. Un documento che potrebbe stoppare il progetto di metropolitana leggera, cui la Provincia lavora da tempo e che prevede l’utilizzo della tratta citata da Rfi.
Rfi nel testo, arrivato tra gli altri ad alcune aziende del canale navigabile, premette di essere al lavoro su una «generale riorganizzazione» di raccordi e linee allacciate, per arrivare a un «generale contenimento dei costi di gestione e di manutenzione di tali impianti a fronte di un determinato volume di traffico». In quest’ambito viene evidenziata la «inattività» sul raccordo, laddove «la Direzione centrale» di Rfi «ha indicato in 250 carri/anno il livello minimo di movimentazione merci» richiesto in termini di economicità. Di qui, nella lettera si chiede a una non identificata «società» se sia previsto un incremento dei traffici, e se la società stessa voglia rinnovare il «contratto» di gestione. In base alla risposta Rfi valuterà se «procedere alla stesura del nuovo contratto societario» o appunto «avviare la procedura di dismissione del raccordo».
Il documento pare cogliere di sorpresa l’assessore regionale ai trasporti Lodovico Sonego, quello provinciale Ondina Barduzzi e il presidente dell’Ezit Mauro Azzarita, che sostengono di non saperne nulla. Azzarita e Barduzzi però sono decisi: il riutilizzo del raccordo è importante e va perseguito. «Quel tipo di lettera - dice Barduzzi - viene inviato come ”atto dovuto” ogni volta che un certo raccordo non dà determinati risultati di volumi di traffico, ma in questo caso con Rfi dev’esserci un grosso malinteso che può essere risolto subito. Giorni fa, all’inaugurazione della rinnovata stazione centrale, l’ad di Ferrovie Mauro Moretti ha manifestato interesse per il nostro progetto di metropolitana leggera» da Opicina a Muggia: «Quel documento sarebbe in contraddizione con quanto ci siamo detti», aggiunge Barduzzi. E, va aggiunto, anche con gli importanti investimenti fatti nell’ultimo decennio.
Mauro Azzarita, presidente di Ezit entro il cui territorio passa il binario, conferma: «La nostra disponibilità a trovare un accordo per la metropolitana leggera c’è». E al binario sono interessati anche gli imprenditori locali: «Autamarocchi – aggiunge – mi ha appena scritto per assicurarsi che il binario parallelo a quello che sarà il nuovo by-pass di Aquilinia non verrà dismesso».
Ad ogni modo, interviene ancora Barduzzi, il progetto di metropolitana leggera sta andando avanti. E «nel bando di gara per il trasporto pubblico locale che la Regione sta predisponendo verrà inserito anche lo studio che stiamo portando avanti sull’integrazione tra trasporto pubblico e metropolitana, così da avere un gestore unico». Sonego, però, precisa: «Ci verrà presentato dalla Provincia un programma che valuteremo, e quindi verrà presa in considerazione la possibilità che il progetto di metropolitana leggera possa trovare posto nell’ambito del bando di gara per l’assegnazione della concessione del trasporto pubblico locale».

Paola Bolis

 

 
Le scuole di Duino presentano il codice di comportamento ecologico
 
DUINO AURISINA Con la presentazione di un codice di «comportamento ecologico» si è conclusa a Sistiana la giornata finale di «Im...patti ambientali», il progetto effettuato dalle scuole materne, elementari e medie di Duino Aurisina, italiane e slovene, per insegnare ai ragazzi (e alle rispettive famiglie) a risparmiare acqua, energia elettrica e realizzare la raccolta differenziata. Visto alla maniera di una gara, l'attività si è conclusa dopo due anni di progetti e risparmi, con la produzione di un «ecocodice dell'acqua, della carta e della luce» di comportamento a basso impatto ambientale dedicato alle scuole. Ma anche l'amministrazione comunale è stata coinvolta nel progetto: ora toccherà infatti ai dipendenti del comune a imparare a reciclare la carta, grazie alla presenza di tanti piccoli bidoni gialli sulle scrivanie. La festa conclusiva del progetto ha visto la presenza del sindaco Ret, dell'assessore all'Istruzione Tjasa Svara e dell'assessore all'ambiente Gabriella Raffin. Sono sono stati raccolti medicinali, indumenti e cancelleria per i bambini del Centro Minori di BeloHorizonte in Brasile. La raccolta è stata organizzata dalla Comunità Missionaria di Villaregia, ente no-profit.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 1 aprile 2007

 

 

I problemi del Corridoio 5
Si parla da tanto tempo e con preoccupazione del Corridoio 5, ma mi sembra che nessuno abbia mai citato il problema di dove verranno depositati i materiali estratti durante lo scavo di decine di chilometri di gallerie. Se da una parte sono felice perché così si potrà prolungare la pineta di Barcola fino al Bivio di Miramare facendola anche più larga, realizzare la strada a mare da Grignano a Sistiana attesa da 60 anni con anche un paio di isole artificiali al largo della costa, sono preoccupato perché ovviamente si dovranno scavare delle gallerie di servizio per permettere a decine di grossi camion di trasportare il pietrisco sulla strada costiera e poi fino ai punti dove buttarlo a mare o in qualche porticciolo dove caricarlo sulle maone. E questo mi sembra un notevole problema.
Claudio Pristavec

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 31 marzo 2007

 

 
Scorcola, fermati i lavori di una nuova antenna di 20 metri della Tim
 
Il Comune vuole approfondire la destinazione del terreno che dovrebbe accogliere il traliccio
Residenti di via Ovidio in fibrillazione, preoccupati anche per la svalutazione delle loro abitazioni
Il Comune blocca momentaneamente la costruzione di un nuovo traliccio sul colle di Scorcola, e intende approfondire la pertinenza del terreno che dovrà accogliere la nuova antenna. Per tentare di bloccare la realizzazione dell’ennesima antenna per la radiotelefonia mobile, è in corso una nuova mobilitazione da parte di un quartiere che non intende convivere con il prossimo silenzioso traliccio. Teatro dell’ennesima sfida tra cittadino, gestore e istituzioni un’area pregiata di Scorcola, in via Ovidio, poco distante da quel castelletto di villa Geiringer che ospita ogni giorno numerosi bambini in età scolare. Bimbetti e ragazzini che frequentano un istituto privato che in linea d’aria risulterà vicino a un traliccio la cui altezza sarà di una ventina di metri. “L’ansia dei residenti è comprensibile – afferma Walter Bastiani, capogruppo diessino nella terza circoscrizione – anche perché oltre alla scuola ci troviamo in una zona densamente popolata.
Il dilemma è sempre lo stesso, purtroppo: non vi sono dati che dicono che le emissioni di questi impianti facciano male, ma altrettanto non c’è alcuno, su questo pianeta, che possa predirci con sicurezza cosa succederà a chi rimane esposto ogni giorno, 24 ore su 24, alle invisibili vibrazioni delle stazioni radio base. Anche l’amianto, una trentina d’anni fa, sembrava solo un minerale utilizzato per l’impiantistica. Mentre oggi sappiamo purtroppo quanto esso sia nocivo.” “Che l’antenna sarebbe sorta, era nell’aria ormai da un paio d’anni – interviene Fulvia Tessaris, portavoce di alcuni cittadini della zona – ma ora sappiamo con certezza che l’impianto della Tim crescerà proprio qui, a due passi dalle case e dalla scuola privata.
Dire che siamo preoccupati è poco – prosegue la signora – e ovviamente diverse famiglie pensano all’inevitabile deprezzamento delle rispettive residenze. Lo sanno tutti infatti che prima di prendere casa vicino a un traliccio ci si pensa non una, ma mille volte. Ma al di la di questo, come è possibile che un impianto così impattante possa sorgere vicino a un istituto scolastico frequentato da bambini? “Da fastidio essersi accorti che l’antenna sta per essere alzata proprio qui mentre per parecchio tempo c’è stato una sorta di silenzio omertoso di fronte agli scavi prodotti. So per certo – continua la signora Chiara – che è stata chiamata la Polizia Edilizia comunale per verificare che si sta facendo e se l’informazione cantieristica sia stata effettuata a regola d’arte. Tutto quello che posso dire è che l’eventuale presenza del nuovo traliccio ci crea ansia e ci rende immensamente infelici”. “Sulla situazione – riprende Walter Bastiani – porterò immediata testimonianza in consiglio circoscrizionale. C’è necessità di fare chiarezza sia sulle modalità di installazione dell’impianto, sia sulle distanze dalla scuola e dalle abitazioni”. “La concessione edilizia per l’impianto è stata rilasciata più di un anno fa – afferma Maurizio Bucci, assessore comunale competente – e ha avuto pure parere affermativo da parte della Soprintendenza. Riguardo alla fattibilità di tale impianto, non si tratta di un problema di distanza, bensì di pertinenza. A fare l’accordo con il gestore telefonico è stata la scuola stessa – svela Bucci. Per avere la concessione, ci è stato dichiarato che l’area in cui sorgerà l’impianto non è di pertinenza scolastica. Se questo è vero, e a tale riguardo i nostri uffici e l’avvocatura comunale hanno avviato le verifiche, il traliccio avrà via libera”. In attesa di chiarire la questione, il Comune ha però richiesto con urgenza una sospensiva alla realizzazione dell’impianto, e ora si dovrà attendere il parere dell’avvocatura comunale sulla pertinenza del terreno in questione. Alla base della sospensiva, la necessità di appurare se l’area che dovrà accogliere il nuovo impianto non sia connessa in qualche modo con chi ha stipulato l’accordo con la Tim, ovvero con la vicina Scuola del Castelletto Geiringer.
m.l.

 

 
Muggia aderisce all’«Agenda 21» - Unanimità in Consiglio comunale
 
Con l’approvazione all’unanimità in consiglio comunale, il Comune di Muggia ha aderito ufficialmente al protocollo d’intesa e alla rete delle Agende 21 del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un passo formale necessario per l’inserimento del Comune nell’Agenda 21 locale, come del resto previsto dal programma elettorale dell’amministrazione Nesladek.
Ad illustrare il protocollo e il significato della rete, mercoledì in consiglio è intervenuto Gianni Lidiano Cavallini, direttore dell’Agenda 21 locale in Regione che ha detto: «La rete diventa un luogo di confronto su esperienze, agevola il dialogo, e porterà alla fine ad un tavolo di lavoro virtuale, interattivo, nel quale inserire e condividere idee e documenti tra enti locali. Uno strumento molto efficace, per un approccio diverso allo sviluppo. Agenda 21 è una delle forme più moderne di partecipazione, in modo strutturato».
Con questo sistema, il Comune può proporre un tema alla direzione di Agenda 21 che poi decide se ha i requisiti per essere trattato secondo questi criteri partecipativi. In caso positivo, sarà il Comune a scegliere i soggetti interlocutori nel forum di condivisione di scelte ed esperienze, per approdare poi alla stesura del progetto in sé. Un percorso che viene finanziato dalla Regione che ha stanziato 350 mila euro, contro i 370 mila dell’anno scorso, che sono serviti ad avviare 12 progetti Agenda 21 in regione.
E il Comune di Muggia ha già presentato una prima proposta di progetto in Agenda 21 nella mobilità locale. Ma anche il prossimo piano regolatore passerà attraverso questo sistema, come del resto previsto dalla nuova legge urbanistica regionale. «Con questa adesione iniziamo a ragionare in questi termini ancora prima che la legge ce lo imponga», ha detto il sindaco Nesladek. L’adesione alle rete delle Agende 21 è stata approvata all’unanimità.
Poco dopo è stata sottoscritta anche l’adesione del Comune al progetto «Città sane» promosso dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il consiglio comunale ha pure approvato il nuovo regolamento per l’istituzione della Commissione trasparenza. Le due parti hanno concordato su un emendamento sottoscritto dalla minoranza, che amplia le competenze della commissione rispetto al testo proposto inizialmente dalla maggioranza. Tra le prerogative della commissione, segnalare eventuali inadempienze dell’amministrazione, promuovere l’accesso e la trasparenza dei atti a favore dello sviluppo del rapporto coi cittadini, e verifica la qualità e l’efficienze dei servizi al cittadino e il rispetto dei loro diritti. Da entrambe le parti è stato infine apprezzato il «dialogo costruttivo» creatosi tra maggioranza e opposizione su questo tema.
s.re.

 

 
Sloveni e croati: inceneritore di Trieste «modello da evitare» - Convegno degli ambientalisti
 
POLA Il trattamento termico e gli inceneritori è stato il tema trattato ieri alla conferenza sulla gestione e smaltimento dei rifiuti promossa dagli ambientalisti di Slovenia e Croazia. L'appuntamento rientra nel quadro del progetto europeo Interreg 3 a. La sua finalità è quella di mobilitare e sensibilizzare l'opinione pubblica dei due Paesi e stimolare lo scambio di esperienze tra gli addetti ai lavori in merito a uno dei più gravi problemi della società contemporanea, vale a dire lo smaltimento dei rifiuti, il cui volume, è stato detto, cresce di giorno in giorno. A proposito della combustione negli inceneritori, gli ambientalisti croati e sloveni hanno espresso grandi riserve. Sì all'incerimento, hanno detto, però dopo la raccolta differenziata, il riciclaggio e la riduzione della mole dei rifiuti stessi.
I rappresentanti dell'industria invece si sono pronunciati a favore degli inceneritori a condizione che vengano rispettati i limiti sulle emissioni chimiche e polverose. Gli esempi da seguire in questo campo hanno detto, non sono quelli forniti dall'Inghilterra,Stati Uniti o dall'Italia, ma dalla Francia e dalla Germania. A proposito dell'Italia non sono mancate critiche all'inceneritore di Trieste, dove le emissioni superebbero notevolmente i limiti. Tra i vari dati emersi è stato ricordato che al momento in Croazia non c'è alcun inceneritore mentre sull'altro fronte la Slovenia si è già adeguata agli standard dell'Unione europea, con riferimento all'inceneritore di Celje.
p.r.

 

 

Risparmi energetici

Ho letto con interesse e apprezzamento le linee-guida del piano energetico regionale del Fvg. Da circa 30 anni ho l’abitudine, acquisita in paesi esteri più attenti al problema e più lungimiranti dell’Italia, di usare gli elettrodomestici di sera o di notte; posso permettermelo perché non infastidiscono nessun vicino ma credo che anche in appartamenti con le pareti di cartongesso ciò sia possibile dalle 18 alle 21. Viviamo però in una società dove è invalsa l’abitudine di «monetizzare» tutto e di chiedersi di continuo quali vantaggi personali ne conseguono adottando un comportamento piutto che un altro. Allora propongo all’Acegas-Aps e ai nostri amministratori del Comune,è socio di maggioranza, di cominciare a prendere in considerazione l’introduzione di contatori idonei a rilevare le fasce orarie dei consumi, applicando tariffe più basse ai consumi di energia elettrica in orari di minor richiesta (o «carico»).
Stesso discorso per i pannelli fotovoltaici: l’Acegas-Aps dovrebbe dotarsi, se già non lo ha fatto – e pubblicizzarne l’esistenza – di strumenti idonei affinché il surplus di produzione energetica con questi mezzi non vada «sprecata» ma acquistata dall’azienda stessa. Queste stesse modalità di incentivi andrebbero previsti anche per una vera raccolta differenziata: la effettuo da molti anni con grandi disagi personali perché nella zona in cui vivo non ci sono gli appositi contenitori; i miei sacchetti di rifiuti indifferenziati non superano le due unità alla settimana, ma perché devo pagare la stessa Tarsu di coloro che, meno sensibili, producono 5/6 sacchi a parità di superficie e di composizione familiare? Con l’aggravante che in questi ultimi sacchetti c’è tutto quanto di più inquinante.
Io continuerò per la mia strada con o senza incentivi perché dotata di senso civico, ma forse altri potrebbero convertirsi per convenienza, l’importante è raggiungere il risultato e che ciascuno faccia la sua parte.
Giuliana Giuliani Cesàro
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 30 marzo 2007

 

 

Veleni da ambiente e cibo: mamme e neonati sotto esame - Ricerca del Burlo: monitoraggio di tre anni per scoprire gli effetti della cattiva nutrizione

 

L’iniziativa viene effettuata in collaborazione con l’Università di Udine. Nei prossimi giorni la ricerca delle «volontarie» - Dalla dodicesima settimana di gestazione le «volontarie» che aderiranno saranno monitorate assieme ai figli. Sotto accusa soprattutto la concentrazione di mercurio nel pesce

Verificare se mangiando pesce si ingerisce troppo mercurio assieme ai buoni grassi Omega 3 invece consigliatissimi. Se col cibo i bambini assumono quantità pericolose di zinco, piombo, arsenico, selenio. Se questo ha delle conseguenze sul loro stato di salute futuro. Capire se l’alimentazione della mamma gestante, ma anche lo stato della sua placenta, hanno un influsso e quale sulla costituzione fisica del futuro bambino. Vedere in seguito se l’ambiente sociale determina variazioni o carenze nello sviluppo del figlio.
E’ questo l’importante obiettivo della prima ricerca «in prospettiva», della durata di tre anni, sulle radici profonde della salute varato dal Burlo Garofolo in collaborazione con l’Università di Udine, e in particolare con il prof. Fabio Barbone, direttore dell’Istituto di Igiene ed epidemiologia, il quale è il capofila per l’area mediterranea di un progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Ue che ha come compito un’analisi stringente sull’alimentazione, per migliorarne gli standard, e l’obiettivo di rendere più severi i limiti delle emissioni tossiche nell’ambiente. Di renderle cioé sopportabili anche ai bambini.
Dalla collaborazione fra l’ospedale infantile, dove nascono ogni anno 1700-1800 bimbi e dove partirà a giorni il reclutamento delle future mamme disposte a collaborare (dovranno solo fare qualche analisi in più e dar conto via via di che cosa il loro bambino mangia avendo in cambio una supervisione strettissima e tranquillizzante da parte dei medici) e il progetto europeo di verifica sulle sostanze nocive è nata dunque una ricerca a lungo termine e che produrrà anche una banca-dati inedita, spendibile in seguito su molte altre ricerche internazionali.
Così l’hanno presentata ieri il direttore scientifico del Burlo Garofolo, Giorgio Tamburlini, e lo stesso Fabio Barbone, che fra Udine e Trieste dirige anche le due facoltà interateneo di Medicina della prevenzione e di Scienze infermieristiche. Al lavoro contribuirà pure l’Università di Siena in riferimento allo studio placentare. «E’ dimostrato - ha detto Tamburlini - che malattie cardiovascolari, diabete, salute mentale, tumori hanno radice nei primissimi momenti di vita, per questo vogliamo indagare 3000 mamme e bambini, col loro pieno consenso e nel totale rispetto dei principi di bioetica, dando anche via via consigli utili se scopriremo comportamenti errati». Per verificare la presenza di metalli pesanti in eccesso le mamme dovranno consegnare, fra la dodicesima settimana di gestazione e i tre anni di vita dei bimbo, anche una ciocca di capelli e campioni del proprio latte

Gabriella Ziani

 

 

Cigl, Cisl e Uil: tre condizioni per il futuro della Ferriera - Invito alla Lucchini
 
Sulla Ferriera Cgil, Cisl e Uil prendono atto che, dopo il tavolo istituzionale di mercoledì sera, «le posizioni della Regione sul proseguimento dell’attività produttiva non sono mutate», mentre valutano «con attenzione la proposta del sindaco Dipiazza di porre all’azienda il problema di una diversificazione degli investimenti e di una possibile riconversione delle attività produttive». Lo scrivono in una nota congiunta i segretari provinciali della triplice, Franco Belci Luciano Bordin Luca Visentini, i quali confermano che la produzione «potrà proseguire dopo il 2009 a tre condizioni: accordo su sicurezza e prevenzione delle malattie professionali, garanzia dei livelli occupazionali e rispetto degli adempimenti per il contenimento dell’impatto ambientale. Le segreterie ritengono peraltro che le due strade, proseguimento produttivo e diversificazione delle attività, non debbano essere considerate alternative, ma complementari, e che la riconversione possa avvenire, in maniera graduale dopo il 2009 in un quadro occupazionale stabile, sottraendo il problema Ferriera alle strumentalizzazioni».
«Siamo sollevati - precisa infine Wally Trinca per l’Ugl - del ridimensionamento delle parole espresse recentemente dal presidente Illy. Avremmo gradito che fosse stato lui ad esporsi al tavolo dell’altra sera assieme all’assessore Cosolini, come anche l’amministratore delegato dell’azienda Gillerio. Invitiamo tutti in futuro a una maggior prudenza nelle affermazioni, perché queste finiscono per cadere addosso ai lavoratori come una mannaia».
pi. ra.

 

 

Più di un milione di euro per il teleriscaldamento
 
TRIESTE La Regione finanzierà con 1,125 milioni di euro due progetti di teleriscaldamento a biomasse nell'ambito dell’iniziative dell'Obiettivo 2 sulle fonti energetiche rinnovabili: lo ha deciso la giunta su proposta del vicepresidente Gianfranco Moretton. I contribuiti andranno al Comune di Forni di Sopra e a quello di Sauris per il completamento di un impianto di teleriscaldamento e della rete di teleriscaldamento e produzione di energia da biomassa a Velt.

 

 

ISTRIA: contestati i rigassificatori a Fianona  - Si costituisce un comitato cittadino contro i rischi ambientali

 

Nel mirino anche la fabbrica di lana di roccia: dieci operai polacchi trovati a lavorare in nero

ALBONA In Istria si apre un nuovo focolaio di malcontento ecologico dopo quello relativo alla fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool a Sottopedena. Stiamo parlando del Golfo di Fianona dove potrebbero venir collocati i famosi rigassificatori dell'alto Adriatico, come del resto chiaramente chiede il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic, secondo il quale il terminale del gas liquido offre un'ottima opportunità di rilancio economico di questa zona da sempre trascurata. Gli abitanti dell'area hanno costituito un comitato ad hoc, che intende essere un interlocutore certamente non di second'ordine nel progetto. L'organismo chiede innanzitutto che il progetto venga presentato pubblicamente alla popolazione con pro e contro. Si teme che l'acqua usata per il raffreddamento degli impianti possa far scendere la temperatura del mare nel golfo rompendo l'attuale equilibrio biologico con gravi pericoli per la flora, la fauna, per la pesca e indirettamente anche per l'agricoltura.
Il comitato intende altresi richiamare l'attenzione dei Comuni dell'Albonese che finora non hanno dimostrato interesse al problema e invitare sul posto esperti neutrali disposti a rispondere a tutte le domande sui rigassificatori.
Per quanto riguarda la costruenda fabbrica di lana di roccia della Rockwool a Sottopedena gli ambientalisti insistono affinché sul progetto venga indetto un referendum e denunciano presunte violazioni di legge nell'iter procedurale. Dieci 10 lavoratori in nero sono stati inoltre sorpresi dagli ispettori nel cantiere. Il tribunale per le trasgressioni di Albona ha già disposto la loro espulsione dal paese per il periodo di 6 mesi in quanto sprovvisti dei relativi permessi. Però il portavoce della fabbrica, l'italiano Paolo Guanzani ha annunciato ricorso contro il verdetto, poiché secondo lui i 10 lavoratori in questione sarebbero dei tecnici polacchi arrivati a Sottopedena solo per installare una camera rotante prodotta nel loro paese.
p.r.

 

 

 

 

dal BLOG di Beppe Grillo - GIOVEDI' , 29 marzo 2007

 

In Rete tutti possono avere una voce. Sto girando l’Italia con il mio spettacolo Reset! e ogni sera chiedo a una persona di parlare al pubblico del palazzetto e a tutti attraverso YouTube. E’ la voce del cittadino che finalmente ha trovato una via. Sono: “I messaggi al mondo” che pubblicherò sul blog. I dipendenti stiano in ascolto. Prendano appunti. Eseguano.
Un fùrlan della
Carnia ci spiega come ilcentrodestrasinistra sia un cosa sola, un’idra con una sola testa, con una bocca enorme e uno stomaco con il verme solitario incorporato.
In Carnia, bella e intatta, vogliono fare arrivare la civiltà. 85 km dentrofuorialposto delle montagne. Con 30.000 mezzi al giorno per riequilibrare l’aria, troppo pura e ricca di ossigeno, del posto.
I friulani, come i
valsusini, come i vicentini, come gli abitanti di Serre, sono solo un fastidioso effetto collaterale del business e dello sviluppo. In Carnia bisogna collegare i paesi con la Rete, con il WiMax. Potenziare i treni. E mandare gli amministratori a lavorare nelle discariche. Un po’ di ‘job rotation’ non può che fargli bene.

Link:

- guarda il video su YouTube
- Comitato Per Altre Strade
- Rassegna stampa del Comitato
- Blog dei comitati

Postato da Beppe Grillo alle 18:13 in

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 29 marzo 2007

 

 

«Troppo cemento sul lungomare» - Comitato, Italia Nostra e Wwf uniti: cambiare piano regolatore
 
La Fondazione CRTrieste ha rinunciato al progetto ma il Comitato per la difesa delle Rive non molla la presa, e temendo che la partita non sia definitivamente chiusa, «anche a sostegno della saggia decisione presa dal sindaco Dipiazza» continua a raccogliere firme contro il palacongressi al posto del Magazzino vini. Non solo: il Comitato tende la mano a Wwf e Italia Nostra, impegnati a chiedere al Comune di rivedere il piano regolatore del 1997 accusato di avere permesso troppi metri cubi di nuovo cemento. E così, il no al palacongressi si amplia in sollecito a redigere un nuovo strumento urbanistico che dovrà anche dare indicazioni sul futuro delle Rive, secondo «un piano organico - dice il Wwf - che non deve ridursi a mera sommatoria» di iniziative.
Se ne parlerà oggi in Comune, nella seduta della commissione consiliare urbanistica presieduta da Roberto Sasco. Alla riunione sulla «Riqualificazione del fronte mare triestino», sono stati invitati - oltre all’assessore Maurizio Bucci - il Comitato per le rive, Italia Nostra e Wwf. I tre sodalizi in un banchetto organizzato sabato scorso hanno aggiunto altre trecento e più firme alle duemilacento già raccolte in precedenza su due petizioni distinte: una è quella del Comitato contro il palacongressi («a firmare - precisa la responsabile del gruppo Giorgetta Dorfles - non sono solo residenti della zona, ma di tutti i quartieri»); l’altra è quella con cui Wwf e Italia Nostra chiedono una revisione del prg «che ne elimini le storture e ne colmi le lacune», dicono pensando ai cantieri aperti lungo la Costiera ma anche «all’utilizzo autostradale di gran parte dello spazio sulle Rive», o al pericolo di «abbandonare alla speculazione l’area della stazione di Campo Marzio».
Quanto alle firme che il Comitato raccoglie, «la questione palacongressi che sembrava risolta con la presa di posizione del sindaco - spiega Giorgetta Dorfles - è stata rimessa in gioco dalle divergenze tra i vari schieramenti politici, contesa che ha dato adito a una pressione da parte dei potentati economici e alla sospensione del consiglio comunale convocato per decidere il futuro delle Rive». E proprio sul futuro delle Rive si soffermeranno oggi Wwf e Italia Nostra. «Assieme - spiega per Italia Nostra Giulia Giacomich - chiederemo come premessa fondamentale che l’intera questione delle Rive sia trattata unitariamente dal consiglio comunale». Perché «l’aula municipale - aggiunge per dal Wwf Dario Predonzan - deve esaminare una pianificazione coerente di tutta la zona».
Quanto a singoli capitoli dell’area, Italia Nostra e Wwf chiedono che il Magazzino vini venga restaurato e che da piazza Venezia non venga spostata la fontana del Nettuno. Italia Nostra poi annuncerà di «avere chiesto alla Soprintendenza di mettere sotto tutela puntuale il magazzino 42», quello attiguo alla Marittima: «A noi interessa che non ne venga stravolta l’architettura con strane sopraelevazioni». «Quello sulle Rive - dice dalla commissione Roberto Sasco - sarà un ragionamento utile anche in vista della variante al prg che ora c’è la volontà politica di iniziare a redigere».
p.b.

 

 

SAN DORLIGO - Raccolta differenziata dei rifiuti, oggi il capitolato va in giunta
 
La giunta comunale di San Dorligo potrebbe approvare oggi il testo del capitolato d’appalto per l’assegnazione della raccolta differenziata dei rifiuti, porta a porta. Un progetto pionieristico nella nostra provincia, già attivo da tempo in altri centri, che ha tra gli scopi, ridurre le spese alle famiglie, e aumentare la quantità di rifiuti riciclabili. Il Comune ha già distribuito alle famiglie tre contenitori, per la carta, per vetro, plastica e lattine, ed uno per tutto il «non differenziato». Intanto è iniziata la stesura del capitolato d’appalto, che dovrebbe essere approvato oggi, con il quale il Comune aprirà la gara. L’assegnazione di parte del servizio ad una ditta esterna aveva indispettito i sindacati. Era partita una concertazione, che poi però si è risolta con un nulla di fatto, ed ognuno è rimasto sulle sue posizioni.

 

 

Aree protette, alleanza fra i sindaci  - Tavolo di coordinamento in Provincia per i piani di gestione
 
I territori dell’altopiano carsico soggetti a tutela comunitaria secondo il progetto Natura 2000
La Regione non ha ancora emanato le norme che permettono di delimitare le zone e quindi poter accedere ai finanziamenti europei
TRIESTE La Provincia di Trieste istituirà a breve un tavolo di coordinamento fra i Comuni e lo stesso ente provinciale per individuare tutte le azioni da metter in campo in Regione per portare alla stesura degli attesi piani di gestione dei territori soggetti a tutela comunitaria Natura 2000. Lo annuncia il vicepresidente provinciale Walter Godina, che ha anche la delega alle Politiche del Carso, all’indomani dell’incontro conoscitivo svolto alla Provincia di Bologna assieme ai sindaci di San Dorligo, Duino-Aurisina, Sgonico e Monrupino, per conoscere quanto è stato fatto dai «colleghi» nella gestione di aree tutelate di interesse europeo. «Un incontro interessante – dice -. Si è capito che l’instaurazione di aree protette non comporta solo vincoli, ma anche tante opportunità. Ma finora, da noi, le zone di Natura 2000 di tutela comunitaria (le aree Sic e Zps) rappresentano quasi un’imposizione da parte della Regione, senza nessuna concertazione e senza un’analisi puntuale delle varie aree e delle specifiche necessità di tutela, anche diversificata».
La mancanza di questi atti comporta l’impossibilità ad esempio, ad accedere a specifici fondi europei: «Mancano ancora i piani di gestione, e senza l’identificazione dei singoli habitat si rischiano regolamenti generalizzati che imbrigliano la situazione», così Godina. La Provincia dunque scende in campo in prima persona, mantenendo una promessa fatta fin dall’inizio, e volta a rendersi disponibile a collaborare per una politica del territorio condivisa. «Ci vuole unità di intenti fra tutte le amministrazioni, Comuni e Provincia, per analizzare in modo puntuale il territorio e giungere dunque ad una proposta congiunta da formulare alla Regione sui possibili piani di gestione, in collaborazione anche con l’Università e gli agricoltori che oprano sulle aree ora tutelate – ancora Godina -. Lavoreremo da subito proprio su questo».
Un tavolo di lavoro che, sulla carta, però, non sembra di rapida realizzazione. Godina invece assicura: «Non partiamo da zero, anzi. Ci sono già progetti di recupero e di analisi dei territori da tutelare portati avanti singolarmente dagli enti. Ora basta coordinare il tutto. Su questi temi, tuttavia, una volta insediatomi, non ho trovato nulla dalla passata amministrazione. Ma è nostra intenzione operare in questo senso. Anche per questo è stata istituita la delega alle Politiche del Carso, che mi è stata affidata».
s.re.

 

 

Sul piano del traffico la giunta non decide

Santo di nome e di fatto, il posteggio sotto San Giusto. Se sarà come quello di San Giacomo, ancora da completare dopo anni di trafori e di polvere, allora davvero ci vorrà una «santa» pazienza prima di poter assistere alla sua conclusione.
Questa dei parcheggi sbandierati con tanto di conferenze stampa e pannelli (quello di via del Teatro romano è divenuto la locandina di uno spettacolo mai messo in scena...) è l’ennesima telenovela della giunta Dipiazza. Tante promesse, ma poca concretezza. Che Trieste soffra di una carenza ormai insopportabile di posti auto, è una denuncia datata: a voler essere precisi, come peraltro pubblicato alcuni mesi fa proprio dal nostro quotidiano locale, in città mancano 12 mila posteggi e 21 mila parcheggi per le due ruote. Ed è un problema che investe tanto il centro quanto le periferie, se è vero che persino a Prosecco - e non è certo l’unico caso - i residenti si lamentano per la difficoltà di reperire spazi per le autovetture. Eppure la giunta di Centrodestra già cinque anni fa, con il primo mandato Dipiazza, partiva con il vento in poppa. Perché l’amministrazione Illy aveva lasciato in eredità ben dieci progetti: Ponterosso, le piazze Volontari Giuliani, Puecher e Vittorio Veneto (park allora già iniziato) per i residenti, mentre parcheggi pubblici, quindi a rotazione, erano previsti in Barriera, San Giacomo (in attesa tuttora di una fine), piazza Oberdan, zona Università, Rive e, appunto, colle di San Giusto, per il quale già nel 2001 erano belli e pronti bilancio economico e studio di fattibilità mentre la progettazione esecutiva avrebbe richiesto al massimo altre sei mesi. Invece questa giunta cos’ha fatto? L’ha messo a bilancio più volte e più volte l’ha tolto. Fino all’ultimissima notizia di pochi giorni fa: sottosuolo vincolato. Alt, fermi tutti. Ancora.
Eppure i progetti, quei progetti ereditati, avrebbero soddisfatto le necessità di quattro e due ruote (in totale 10 mila posti), distribuendo soprattutto gli spazi dal centro alle periferie. E invece, in quasi sei anni di governo del Centrodestra, tra i tanti tagli del nastro, non ce n’è stato uno dedicato a una delle emergenze cittadine, il parcheggio appunto. Mentre nel programma elettorale del secondo mandato del sindaco si legge che «l’amministrazione procederà alla realizzazione della struttura sotto il colle di San Giusto. Altri due parcheggi verranno realizzati sul fronte Rive, dal canale di Ponterosso alla Prefettura e davanti alla Marittima». Questo era ed è scritto nel programma, documento che dovrebbe impegnare chi ci amministra. Attendiamo - assai poco - fiduciosi. Attendiamo mica i posteggi, per carità, ci accontenteremmo innanzitutto del Piano dei parcheggi.
Dunque, sei anni non sono bastati a Dipiazza e ai suoi assessori per decidere dove costruire i posteggi. È dal 2002 che il sindaco cita il raddoppio di Foro Ulpiano e il park sulle Rive, mentre del parcheggio San Giusto loda la soluzione dell’ascensore sotto il colle, che tanto gli ricorda Salisburgo. Dove, a quest’ora, sarebbero ben che stufi di costruire spazi-auto. Intanto, però, nell’attesa di ammirare tutte queste opere pubbliche, oltre a pagare più Ici, Cosap e Irpef, mettiamo mano al portafoglio anche per i ritocchi sui posteggi a pagamento gestiti dall’Amt. Chissà che con tutte queste nuove tasse ed entrare, almeno uno dei 10 park ereditati e pronti non venga realizzato per davvero!
Sergio Lupieri - Consigliere regionale Dl-Margherita

 

 

Inceneritore e diossina

Luciano Emili in una Segnalazione del 7 marzo, fa delle considerazioni eccessivamente allarmistiche - ad avviso dello scrivente - sulla pericolosità della diossina prodotta dall’inceneritore di Trieste. Infatti egli mette in diretta correlazione il quantitativo di diossina, emessa giornalmente dall’impianto, con la dose massima che secondo l’Oms può essere assunta da una persona e trae la conclusione che 900.000 adulti ne potrebbero essere contaminati.
Fortunatamente le cose non stanno in questi termini, perché sia le diossine sia gli altri inquinanti emessi dagli stabilimenti industriali si disperdono nell’atmosfera, purché i camini siano sufficientemente alti e le temperature dei fumi elevate. Solo una piccola parte delle sostanze inquinanti ricade all’intorno del punto di emissione e si ritrova nell’aria che respiriamo, diluita almeno 10.000 volte.
Fatta questa precisazione, l’intervento è nel complesso condivisibile, per quanto concerne la critica nei confronti degli inceneritori, sia sotto l’aspetto dell’inquinamento dell’aria, sia di quello energetico.
Non capisco invece la polemica di Emili nei miei confronti quando rileva che il mio intervento sul Piccolo del 17 febbraio è paradossale e quando sostiene che io non sia stato particolarmente critico nei confronti di questo impianto. Qui di seguito cerco di sintetizzare la posizione della sezione di Trieste del Wwf, di cui faccio parte come responsabile del settore inquinamento e rfiuti, sul problema dello smaltimento dei rifiuti urbani.
Il Wwf ha da sempre sostenuto che la soluzione di questo problema passa attraverso una capillare ed efficiente raccolta differenziata (R.D.) che dovrebbe puntare idealmente al 100% (rifiuti zero). Nelle more per il raggiungimento di tale obiettivo è però giocoforza smaltire la parte residua non differenziata o con l’incenerimento - visto tra l’altro che l’inceneritore di Trieste esiste da una dozzina d’anni - o mediante discariche. Tra le due alternative l’incenerimento con recupero del calore prodotto (produzione di energia elettrica e teleriscaldamento) si presenterebbe indubbiamente come la soluzione preferibile. Purtroppo l’impianto Acegas produce soltanto elettricità, mentre il calore viene disperso nell’ambiente.
Coerentemente con questi indirizzi, la sezione di Trieste del Wwf si è opposta decisamente (nell’assordante silenzio di tutti gli altri) alla realizzazione della terza linea dell’inceneritore, considerando tale potenziamento inutile per la provincia di Trieste se la R.D. fosse stata portata almeno al 35%, come previsto per il 2003 dal «decreto Ronchi»; costoso per la cittadinanza; di ostacolo per la raccolta differenziata; causa di peggioramento della qualità dell’aria.
D’altra parte non posso non ribadire, in base ai dati in mio possesso (indagine sulla ricaduta delle diossine, fatta dall’Istituto Mario Negri per conto di Acegas-Aps, e dati sulle emissioni dell’inceneritore), in base alle rilevazioni visive dei fumi emessi e allo scambio di informazioni con i tecnici dell’Acegas che gestiscono l’inceneritore e di cui conosco personalmente le capacità, che la gestione dell’impianto - a mio avviso - è stata nel complesso accurata.
Evidentemente il Emili, già attivista di associazioni ambientaliste, per propri motivi personali è più interessato a polemizzare sul nulla che a risolvere i gravi problemi ambientali, rigassificatori in primis, che incombono sulla nostra provincia.
Fabio Gemiti - sezione WWF di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 28 marzo 2007

 

 

Il Comune vuole riempire la Cava Faccanoni  - Verrebbe ricoperta interamente con materiali inerti. Al suo posto un percorso naturalistico

 

La giunta approva una delibera di indirizzo: entro quattro mesi l’Ok dagli uffici tecnici. Già scaricato il materiale scavato per la Cattinara-Padriciano

Un’area potrebbe ospitare istituti che si occupano della flora e della fauna del Carso

Un percorso naturalistico che vada a costituire un’unica zona di verde collegandosi al soprastante parco del monte Globoiner. E magari, nella parte più a valle, un punto di ristoro-rifugio oppure la sede di qualche istituto o associazione dediti allo studio di flora e fauna carsiche.
Potrebbe essere questo il futuro dell’ormai ex cava Faccanoni. L’attività nel sito è ferma dal 1992, da quando cioè la società proprietaria - la Sicat spa che l’aveva rilevata nel 1971 - fu coinvolta come la baia di Sistiana nel crac miliardario dell’imprenditore Quirino Cardarelli. Da allora gli edifici sono abbandonati, l’ampia ferita nel cuore della roccia è parte del paesaggio della città.
Ripristinare lo scenario preesistente alla cava, dunque. Alla piena «rinaturalizzazione» dell’area punta infatti la giunta municipale, che di recente ha approvato una delibera di indirizzo: nel giro di quattro mesi gli uffici comunali dovranno verificare la possibilità di completare un intervento già iniziato con i lavori della Grande viabilità.
Il materiale - soprattutto flysch - scavato per realizzare la galleria Cattinara nei suoi circa 250 metri di lunghezza è stato infatti scaricato nella cava dismessa, in base alle prescrizioni ministeriali giunte assieme al via libera sulla valutazione d’impatto ambientale dell’opera.
Sono circa 400 mila i metri cubi di inerti sinora in via di trasporto alla Faccanoni a riempire parzialmente un vuoto stimato in due milioni di metri cubi di roccia. Serve dunque «almeno un ulteriore milione di metri cubi» di inerti - si legge nella delibera - per procedere con il «ripristino socio-ambientale» e con la «rinaturalizzazione» di parte dell’alveo della cava, alla quale appunto già si è iniziato a lavorare. Di qui il progetto che gli uffici dovranno ora redigere.
Come spiega l’assessore ai lavori pubblici Franco Bandelli, due sono gli aspetti dell’operazione. Il primo, e fondamentale, ha carattere economico e riguarda il comparto edilizio cittadino: «Il problema dei luoghi in cui scaricare gli inerti - non mi riferisco ovviamente a materiali inquinanti - è sentitissimo qui a Trieste. Le imprese edili», ricorda l’assessore, «devono sostenere costi altissimi per mettere provvisoriamente a dimora i materiali e trasportarli poi in altre località della regione e a volte in Veneto, visto che in città non ci sono luoghi dove farlo».
Il Comune vuole dunque studiare «una formula di coinvolgimento delle categorie» interessate, aggiunge Bandelli, che potrebbero intervenire nella gestione del sito quale punto di raccolta dei materiali di risulta, creando così - secondo l’amministrazione - «un fattore di contenimento dei costi del settore edilizio».
L’altro aspetto del progetto riguarda appunto la nuova destinazione d’uso della cava, cui pensare una volta ripristinata la situazione ambientale. L’idea, ribadisce Bandelli, è quella di creare «una sorta di percorso naturalistico con sentieri attrezzati» che dalla curva Faccanoni potrebbe raggiungere il soprastante parco Globoiner. Le costruzioni già esistenti nell’ambito della cava potrebbero essere adibite a sedi di istituti di studio o anche a punti di ristoro-rifugi.
Il Comune dovrà prima risolvere anche questioni legate alla proprietà dell’area, giacché nel 2001 l’amministrazione ha acquisito nell’asta indetta dalla curatela del fallimento Sicat la proprietà della cava e una quota parte della strada d’accesso, ma restano in mano a privati - dice Bandelli - alcuni piccoli edifici in zona. Anche di questi aspetti si occuperanno gli uffici che entro l’estate dovranno verificare le strade da percorrere per il recupero della vecchia Faccanoni.

Paola Bolis

 

 

Alberi tagliati in via del Cerreto a Barcola, protesta del Comitato

 

Sono state abbattute altre piante dopo quelle tolte alla fine della scorsa estate perché malate. Anche il parlamentino chiede chiarimenti

«Noi ci eravamo opposti al taglio delle piante quando si parlava del distribuotre Tamoil, ma anche sulle piante di via del Cerreto abbiamosempre chiesto più attenzione e soprattutto la loro sostituzione». Parla così Antonio Giust, del Comitato della Tutela di Barcola, facendosi interprete anche della protesta degli abitanti di via Moncolano e via del Cerreto, sul piede di guerra, dopo il taglio di gran parte degli alberi presenti nella zona.
Nei giorni scorsi il Comune ha avviato un intervento sulle alberature delle due vie, e di alcune limitrofe, che ha portato a recidere circa un’ottantina di piante, caratterizzate da tronchi in buona salute, che crescono ormai da anni senza aver mai causato disagi o segnalazioni da parte di chi abita nelle ville e nei condomini della zona. I residenti sono perplessi e preoccupati, alla luce delle problematiche sul verde già emerse a settembre. A fine estate alcuni degli alberi più vecchi erano stati eliminati, pur in assenza, secondo circoscrizione e cittadini, di evidenti segni di deperimento o indebolimento. Al loro posto erano stati piantati nuovi arbusti, a piccolo fusto, che però avevano ben presto mostrato chiari segnali di sofferenza, con un rapido rinsecchimento. Ripiantate dal Comune nuovamente, molte piantumazioni avevano evidenziato segni di cedimento, già qualche settimana dopo i lavori dei giardinieri, con un’ ulteriore sostituzione portata a termine per innestare fusti giovani e sani.
Ora la paura è che lo stesso destino si ripeta anche per gli alberi che in questi giorni vengono tagliati. «Abbiamo ricevuto segnalazioni da parte di molti cittadini – racconta il consigliere circoscrizionale Michele Babuder (An) – e abbiamo constatato che si sta provvedendo all’abbattimento di alberature vecchie, che però non presentano, nè all’esterno nè all’interno, la benchè minima evidenza di malattia. Non sono state nemmeno sostituite le piante tolte qualche mese fa. Abbiamo chiesto al Comune spiegazioni sugli attuali lavori di abbattimento degli alberi». Al Comune la circoscrizione ha anche inviato foto che documentano l’ottimo stato di salute degli alberi prima del taglio.
Il tema del verde a Barcola è particolarmente sentito e discusso quest’anno. Solo qualche settimana fa era stato il Comitato per la Tutela di Barcola ad intervenire per sollecitare maggiore attenzione verso alberi e piante. «Ci siamo mossi inizialmente affinchè non fossero abbattuti gli alberi per il distributore della Tamoil – racconta Giust del Comitato per la Tutela di Barcola – ma siamo contrari anche a interventi in via del Cerreto».
Micol Brusaferro

 

 

Sgonico, sperimentata nuova caldaia ecologica  - Funziona con i residui sminuzzati di tralci e rami difficili da smaltire

 

All’Azienda Milic provati i macchinari per il riciclo dei materiali derivanti dalla potatura di vigne e boschi

SGONICO Parte da Sgonico un progetto innovativo, e una sperimentazione, per la produzione di energia pulita dagli scarti del taglio della legna. Allo scopo è stato organizzato dall’Associazione agricoltori, nell’Azienda Milic di Sagrado di Sgonico, un incontro per apprendere l’utilizzo delle biomasse costituite da residui di potature e operazioni di taglio dei boschi.
I residui delle potature delle viti e dei tagli delle alberature sono stati raccolti e imballati con nuove macchine, appositamente progettate per comprimere e compattare un residuo che, specialmente sul Carso, dove non è possibile bruciare la legna, risulta difficile da smaltire.
«Grazie al contributo della Camera di commercio e alla collaborazione del Comune di Sgonico – spiega il segretario dell’Associazione agricoltori Edi Bukavec – abbiamo fatto giungere nell’Azienda Milic degli speciali macchinari per l’imballaggio e la successiva cippatura dei materiali legnosi».
Per «cippatura» s’intende quell’operazione che permette di trasformare il materiale legnoso di varia natura in frammenti minuti, della larghezza massima di due centimetri e dello spessore di qualche millimetro.
Tralci, arbusti e alberi, così sminuzzati, hanno alimentato la nuova caldaia aziendale capace di utilizzare tale materiale. Oltre a smaltire i residui del lavoro nelle vigne e nei boschi, il calore prodotto è servito per altri usi, aziendali e familiari.
Si tratta di una possibilità che interessa centinaia di persone che vivono sull’altopiano. «Sia lo Stato che la Regione – spiega Bukavec – incentivano questo tipo di smaltimento ecologico. L’ente regionale inoltre, attraverso la legge sull’innovazione e misure specifiche, prevede contributi per l’acquisto di macchine e attrezzi che preparano il legno nella forma più appropriata per l’alimentazione di moderne caldaie, che funzionano, per l’appunto, a biomassa legnosa».
I risultati della sperimentazione effettuata in questi giorni a Sagrado saranno comunicati in un convegno sui temi agricoli che si terrà tra la fine di maggio e i primi di giugno alla Mostra dei vini di Sgonico. In tale occasione saranno presentati alcuni progetti attivati nelle Valli del Natisone per ottenere, attraverso la combustione delle biomasse, il riscaldamento dell’acqua per edifici pubblici e scolastici.
«La produzione di energia pulita – aggiunge Bukavec – è in linea con quelle direttrici internazionali che chiedono metodi alternativi energetici per cercare di abbassare l’uso di tecnologie che favoriscono la produzione dei gas che riscaldano il pianeta. Con questi nuovi metodi, invece, gli agricoltori potranno produrre energia per uso proprio ma anche da porre in vendita, nuove soluzioni e sfide per utilizzare i materiali naturali in modo consono ed ecologico».
m.l.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI' , 27 marzo 2007

 

 

Energia dal vento, Italia in netto ritardo per ora è la burocrazia a soffiare più forte

Dal convegno Energetica la denuncia delle aziende impegnate sulle rinnovabili "Mesi e mesi per un'autorizzazione, serve una normativa unica per tutto il Paese"

La promessa del ministro Pecoraro: "Presto una conferenza per fissare gli obiettivi con le regioni"

ROMA - Non urla slogan, preferisce usare timbri e carta bollata. Non fa sit-in per bloccare strade e ferrovie, ma è in grado comunque di fermare colossi come l'Enel. Se le proteste dei piccoli comitati ambientalisti contro l'eolico conquistano spesso i titoli dei giornali, in realtà il loro ruolo nel rendere in salita il percorso verso una rivoluzione del sistema energetico italiano è tutto sommato limitato.
Il vero nemico, almeno in questa fase, è la burocrazia: da un lato soffoca le iniziative sotto il peso dei suoi mille cavilli e regolamenti diversi da regione a regione; dall'altro non si è invece ancora dotata di quelle poche regole in grado di snellire le procedure e far emergere i progetti migliori. E' questo il grido d'allarme emerso dagli addetti ai lavori che hanno preso parte a "Energetica 2007", il convegno organizzato da Somedia e Repubblica sul futuro delle fonti rinnovabili in Italia.
Se la sfida dello sviluppo sostenibile e l'urgenza della lotta ai cambiamenti climatici sono finalmente riusciti a scavalcare gli angusti confini del dibattito interno al mondo ambientalista, conquistando l'attenzione delle grandi istituzioni internazionali, economiche e finanziarie, quello che ancora rimane da fare, almeno nel caso italiano, è l'intervento su base locale, a livello di regolamenti e piani regionali. A partire dall'Onu, e scendendo via via all'Unione Europea e al governo italiano, è stato messo in campo nelle ultime settimane un pacchetto di interventi e obiettivi ambiziosi per ridurre i costi economici e ambientali del consumo di energia. Dove tutto rischia però di bloccarsi, come in un collo di bottiglia, è nell'ultimo e decisivo passaggio, quello dell'attuazione concreta degli interventi.
A detenere le chiavi di quest'ultima porta sono soprattutto le regioni, depositarie delle scelte strategiche in materia di energia. A sintetizzare il quadro drammatico della situazione basterebbe citare l'esempio portato a "Energetica" da Salvo Sciuto, il responsabile per l'Enel dello sviluppo delle energie rinnovabili. "Per ottenere l'autorizzazione a cambiare otto turbine in un impianto già funzionante di cui preferisco non fare il nome - ha denunciato il dirigente dell'azienda elettrica - sono stati necessari sedici mesi. E pensare che si trattava di sostituirle con pale identiche a quelle esistenti, sia per potenza che per altezza e dimensioni".
E per rinforzare l'assurdità della procedura Sciuto ha mostrato il foglio della richiesta formulata dall'Enel sul quale nel corso di questo lungo periodo è stato necessario far opporre la bellezza di ben undici timbri diversi. Attualmente Sciuto ha elencato ben nove regioni che tra mancanza di regolamenti, divieti (la Sardegna), moratorie in atto (la Sicilia) e cavilli vari rendono l'installazione dell'eolico una vera corsa ad ostacoli. "Il risultato - ha concluso - è che Enel nella metà del tempo ha realizzato in Spagna il doppio della potenza eolica realizzata in Italia, 633 MW contro 306".
Ma se il troppo storpia, anche il troppo poco può essere letale. Nicola De Sanctis, direttore fonti rinnovabili della Edison, nel corso del convegno ha puntato infatti il dito sulla mancanza di norme in grado di fare da filtro al proliferare di progetti presentati in fretta e furia "tanto per prendere il numeretto, così come ci si mette in fila dal panettiere". Scegliere i pochi progetti validi e davvero realizzabili tra i tanti sottoposti frettolosamente con intenzioni speculative e senza la preparazione adeguata ovviamente non fa che allungare i tempi, con un notevole dispendio di risorse. Un andazzo che in alcune regioni come la Calabria, ricordava giorni fa il membro della segretaria regionale della Cgil Sergio Genco, sta raggiungendo dimensioni paradossali con la presentazione di quattro o cinque nuove richieste di autorizzazione al giorno.
Del problema si è fatto interprete nel suo intervento anche il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio. "Diciamolo chiaramente - ha ammesso il leader dei Verdi - la maggior parte di questi progetti fa letteralmente schifo e nasce da motivazioni clientelari. Prima si presentano, poi si pensa a correggerli in corsa, ma è anche per questo che i tempi si dilatano terribilmente. Se i progetti fossero fatti a regola sarebbe possibile concedere le autorizzazioni di impatto ambientale entro i sessanta giorni previsti". Più in generale secondo il ministro è giunto comunque il momento di riunire le regioni attorno a un tavolo per stilare un piano energetico nazionale che sia condiviso e che stabilisca su base locale tanto i target di sviluppo delle rinnovabili quanto quelli di riduzione delle emissioni di gas serra indicati dalle nuove disposizione adottate da Bruxelles. Del resto si tratta di adeguare il vecchio adagio ambientalista: pensare globalmente, agire localmente.

VALERIO GUALERZI
 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 27 marzo 2007

 

 

La linea 3 dell’inceneritore di via Errera è di nuovo ferma in attesa dei dati sulla diossina - L’impianto torna sotto sequestro dopo le prove
 
Riprende dopo una settimana di smaltimento «autonomo» l’esodo quotidiano dei rifiuti urbani triestini verso la discarica cormonese di Pecol dei Lupi. Questo mentre nelle prossime 48 ore dovrebbero iniziare a conoscersi i primi dati sulle concentrazioni di diossina emessi dall’inceneritore di via Errera delineando progressivamente il futuro dell’impianto gestito dall’AcegasAps.
Da venerdì scorso, infatti, è tornata sotto sequestro «tecnico» la linea 3 del termovalorizzatore, alla quale erano stati tolti i sigilli della procura lo scorso 15 marzo, per consentire le misurazioni dei fumi in base al dissequestro condizionato stabilito dal pm Madalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul superamento dei limiti di diossina della seconda e della terza linea dell’inceneritore, rilevati in quattro occasioni, a dicembre, da parte dell’Arpa.
La linea 3 - che da lunedì 19 a venerdì 23 marzo aveva bruciato in via provvisoria circa duecento tonnellate al giorno di immondizie, permettendo l’interruzione delle «trasferte» isontine per i rifiuti urbani prodotti a Trieste - resterà quindi ferma in attesa di nuove disposizioni da parte della procura. Queste arriveranno presumibilmente ad inizio aprile, dopo che dai laboratori della società di certificazione Sgs saranno stati resi noti i dati sui parametri di diossine presenti nelle campionature dei fumi prelevate la scorsa settimana sia dalla terza linea che dalla linea 1, l’unica rimasta sempre in funzione dallo scorso 14 febbraio, data del sequestro, e che da allora ha bruciato circa 160 tonnellate di rifiuti al giorno. I dati sulle prime campionature analizzate, ad ogni modo, dovrebbero iniziare ad arrivare in via ufficiosa già nelle prossime 48 ore. Da quei responsi comincerà a prendere forma la successiva scaletta di monitoraggi sulle emissioni da parte dei periti incaricati di seguire la procedura del dissequestro condizionato (tre nominati dal pm Chergia e altrettanti individuati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’AcegaAps) con una probabile serie di test sulla linea 2, l’unica sempre inibita dal 14 febbraio.
Nell’attesa, resta valido il protocollo siglato a inizio marzo fra le province di Trieste e Gorizia, che consente di trasferire a Pecol 840 tonnellate di immondizie alla settimana per un massimo di 10mila tonnellate, pari a una disponibilità di circa tre mesi.
«Non appena si conosceranno i dati che stiamo attendendo - fa sapere l’avvocato Borgna - presumo saremo chiamati a valutarli dal pubblico ministero».
«Nel frattempo - spiega a sua volta Ondina Barduzzi, assessore provinciale all’ambiente - proseguirà a regime la prima linea dell’impianto, così come proseguirà normalmente il trasferimento presso la discarica di Pecol dei Lupi dei rifiuti in esubero».
pi.ra.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 26 marzo 2007

 

Verde pubblico distrutto
lCon questo mio intervento desidero porre all’attenzione dei miei concittadini un argomento che al primo impatto potrebbe apparire secondario, futile e di scarsa rilevanza, e che invece è uno dei variegati, esemplificativi effetti e aspetti del «degrado civile» della società contemporanea: il lugubre, aberrante rito, che si rinnova quasi annualmente nelle vie e piazze cittadine, della riduzione degli alberi a tristi e scheletrici simulacri di ciò che essi rappresentano e dovrebbero essere nella realtà: il simbolo della forza e l’energia della vita nel suo divenire!
Tralasciando l’eventuale giudizio relativo al risultato estetico nel contesto architettonico-urbano di tale pratica, chiedo gentilmente che qualcuno dei dirigenti responsabili del verde urbano del Comune di Trieste, o qualche esperto del settore che a questo servizio collabora, possa darmi e dare a tutti i cittadini sensibili a questo argomento (anche magari attraverso le pagine di questo quotidiano) delle delucidazioni in merito alle reali motivazioni di questa progressiva distruzione del patrimonio arboreo e delle spiegazioni scientificamente valide sulla necessità della trasformazione di una normale potatura degli alberi in una radicale e drastica riduzione degli stessi a semplici e nudi tronchi, in quanto, pur non potendo vantare le conoscenze precipue derivanti da un corso di laurea in scienze agrarie, è palese e chiaro a tutti che la potatura è volta a rinvigorire l’albero eliminando le parti secche e pericolose e non certo a indebolirlo lentamente eliminando la totalità del fogliame necessario per lo svolgersi della fotosintesi clorofilliana, processo base per il perpetuarsi della sua esistenza, e altresì necessario a tutti noi per ricevere l’incommensurabile dono di un attimo di frescura, ristoro e gioia nelle calde giornate estive!
Samantha Blank

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 25 marzo 2007

 

 

Il colosso tedesco E.On. rilancia la sua corsa per acquisire Endesa - Sfilerebbe il controllo a Enel e Acciona
 
ROMA La corsa di E.On per la conquista di Endesa «non è finita». Non usa giri di parole l'amministratore delegato del colosso tedesco per confermare la volontà della società di rimanere in gara fino all'ultimo per sfilare il controllo di Endesa a Enel e Acciona. Parlando con il settimanale tedesco «Der Spiegel», Wolf Bernotat torna a difendere la validità della propria offerta nei confronti di quella concorrente.
Prima di tutto «bisogna vedere quando, e se, verrà presentata questa offerta» spiega uno scettico Bernotat, sottolineando che gli azionisti spagnoli si trovano a fare i conti fra un'offerta certa e una che non può ancora definirsi tale. Se dovessero accettare la proposta dell'accoppiata italo-spagnola, «gli azionisti di Endesa vedranno il proprio denaro come minimo fra un anno» a causa dei tempi tecnici delle procedure d'offerta, «mentre con noi sanno cosa otterranno, e sanno che l’avranno subito».
In particolare, spiegando che «fino al termine del periodo di accettazione, manteniamo comunque tutte le opzioni aperte», Bernotat esclude la possibilità che E.On ritiri la propria offerta, aprendo quindi la porta a una possibile Opa congiunta totalitaria da parte di Enel e Acciona, altrimenti bloccate per sei mesi dalla decisione della Cnmv, la Consob spagnola, che venerdì ha stoppato fino a settembre un’offerta congiunta su Endesa e ha concesso al Gruppo tedesco di aumentare, per la quarta e ultima volta, la propria offerta su E.On.
E tutta la stampa spagnola scommette che questo ennesimo aumento arriverà. Secondo varie indiscrezioni, oggi E.On riunirà il proprio Cda per approvare una nuova offerta, attesa all'interno di un range compreso fra i 40 e i 42 euro ad azione, che verrebbe ufficializzata solo lunedì, ultimo giorno utile concesso dalla Cnmv. L'aumento dell'offerta potrebbe riuscire a convincere alcuni azionisti scettici, fra cui Caja Madrid che detiene il 9,9% e che più volte è stata al centro di voci di stampa per la sua «indecisione» sull'aderire o meno all'Opa di E.On.
A ben vedere, però, un aumento dell'offerta non è così scontato, soprattutto se si considera che più di un anno fa E.On aveva messo sul tavolo «solo» 27,5 euro ad azione e che già l'ultimo aumento a 38,75 euro ha fatto alzare più di un sopracciglio in seno al Cda tedesco. Dal canto loro, Enel ed Acciona sono al lavoro sui dettagli, con l'amministratore delegato Fulvio Conti che sarebbe da giorni a Madrid, per un accordo «alla pari», come definito dal presidente Piero Gnudi, i cui contenuti potrebbero venire delineati in parte già nelle prossime ore.

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 24 marzo 2007

 

 

Amianto, 10 mila tonnellate rimosse nel 2006

 

Se ne sono occupate 35 ditte autorizzate che hanno fatto 860 interventi con il controllo dell’Azienda sanitaria

Ha lavorato per decenni alla cartiera del Timavo: «La fibra era dappertutto e c’erano anche trielina e soda caustica. Ho visto morire tutti gli amici...»

E un ex operaio «esposto» racconta: «Sono malato, ma alla famiglia non lo dico»

Diecimila tonnellate e mezzo di amianto. E’ l’impressionante quantità di sostanza rimossa in provincia di Trieste lo scorso anno. Se ne sono occupate 35 ditte autorizzate (di cui solo 19 triestine) che hanno impiegato circa 150 lavoratori. Il totale degli interventi di bonifica: 860. In media più di due al giorno, feste comprese. Circa 8500 tonnellate erano di amianto compatto e 2100 di amianto friabile, quello già «killer». Si parla di polvere bianca, delle sue vittime, delle cause legali dei lavoratori esposti, ma quanto amianto c’è a Trieste, ancora oggi? Bastano questi numeri, forniti dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria che sta ultimando il report 2006, a suggerire la dimensione. Qualche dato è ancora da inserire, ma lo scostamento finale non sarà superiore al 5 per cento, dice Monica Minniti, il tecnico addetto alla materia.
La gente, però, che su tanti terrazzini conserva le vecchie protezioni in eternit (da anni proibito), sembra non preoccuparsene molto. Il peso del contatto con l’amianto grava con la sua minaccia su chi ha lavorato in porto, nell’industria pesante, alla cartiera.
Fra tante storie amare e nascoste, eccone una raccolta dalla viva voce di un operaio oggi in pensione. E’ malato di asbestosi. Lo chiameremo Fabio. A casa non l’ha mai raccontato, quando va a farsi le visite dice che è per il mal di gola. «Se lo immagina che travaglio, quanta preoccupazione? No, mi arrangio da solo, mia moglie e i miei figli non devono sapere che ho l’asbestosi». E’ una malattia causata dall’esposizione all’amianto. Le fibre di asbesto, in chi vi è rimasto esposto a lungo, entrano nel polmone e provocano cicatrici inguaribili. La respirazione è difficoltosa, si prova affanno, si tossisce.
Fabio era entrato in cartiera a soli 21 anni. E’ in pensione dal 2001. Malato dal 2002. Nel 2003 ha rifiutato l’operazione chirurgica: «Tutti i miei amici operati - dice al telefono con voce bassa e calma - oggi sono di là, dall’altra parte... sono a spingere il radicchio, come si dice, insomma sono tutti morti, e anche i miei colleghi di tanti reparti della cartiera, tutti morti, forse ne restano dieci sui quaranta di ogni turno». E lei, Fabio, ha paura? «No, aspetto... Anche a mio padre è andata così, lavorava alla Fincantieri, un giorno in ottobre si è scoperto un grumo sul petto, a dicembre era morto, il polmone era come esploso».
E la fabbrica? «Alla fine degli anni ’60 cominciarono a farci le visite, col furgone attrezzato, ma vedevano tante di quelle cose che alla fine smisero, avrebbero dovuto far chiudere tutto. La cartiera era piena di amianto. I soffitti avevano uno strato di 10 centimetri, per isolare dai forti vapori umidi, l’amianto era usato per la lucidatura, ma poi non c’era solo quello: si lavorava a contatto con la trielina, con l’acido solforico, l’acqua refrigerante volava come una nuvola ed era a base di soda caustica». Fabio è stato operato già tre volte per polipi in gola. Fa le visite annuali per l’asbestosi, di nascosto, e con stress, e una volta all’anno si sottopone (di nascosto) alla ventilazione polmonare. Ma dalla sala operatoria è scappato: «Chi si opera muore».

Gabriella Ziani

 

 

Wwf e Italia Nostra: «Solo lo Stato difende la baia di Sistiana»

 

Le due associazioni plaudono allo «stop» imposto dalla Soprintendenza alle concessioni edilizie, ma si prevede che Comune, Regione e proprietà ricorrano al Tar

DUINO AURISINA I rappresentanti delle sezioni triestine del Wwf e di Italia Nostra hanno pubblicamente manifestato ieri la loro soddisfazione per l’annullamento dell’autorizzazione alle opere edili nella baia di Sistiana, rilasciata dal Comune di Duino Aurisina, da parte della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia. «Lo Stato si conferma essere l’unico baluardo a difesa del paesaggio – hanno detto Giulia Giacomich di Italia Nostra e Dario Predonzan e Carlo Della Bella del Wwf – contro la subordinazione degli enti locali agli interessi speculativi».
Gli ambientalisti delle due organizzazioni spesso hanno denunciato l’atteggiamento dell’amministrazione guidata dal sindaco Giorgio Ret, da loro considerato «permissivo e lesivo degli interessi della gente, che ha diritto di godere dell’integrità del paesaggio».
Apprezzamento per la scelta operata dal soprintendente, l’architetto Stefano Rezzi, è stata fatta anche dal presidente nazionale del Wwf, Fulco Pratesi, che ha spedito una lettera al ministero per i Beni e le attività culturali, dal quale la Soprintendenza dipende, nella quale dice che «il progetto del Comune di Duino Aurisina comporta un pesante e ingiustificato stravolgimento dei luoghi e l’irrimediabile distruzione di importanti valenze paesaggistiche e naturalistiche».
Questo però non è altro che il primo round di uno scontro che si preannuncia lungo e difficile per gli ambientalisti triestini. «Contro il pronunciamento della Soprintendenza – ha spiegato Della Bella – è possibile ricorrere al Tar, ed è molto probabile che Comune e Regione, oltre che la proprietà, lo facciano».
Sul piano giuridico, la decisione del soprintendente ha il potere di congelare l’iter comunale per il rilascio delle licenze edilizie alla costruzione. Potrà invece continuare l’opera di modellazione della cava; si potrà cioè continuare a scavare. Ma per il momento Wwf e Italia nostra festeggiano. Anche se il Tar dovesse rimettere in corsa chi vuole costruire, ci sarebbe sempre spazio per un controricorso al Consiglio di Stato da parte delle due associazioni.
u.s.

 

 

Enel, congelata l’Opa su Endesa  - Doccia fredda il giorno dopo l’ufficializzazione dell’offerta italiana assieme ad Acciona

 

La Consob spagnola apre la strada al rilancio tedesco di E.On

Velez di Endesa Italia si aspetta lo sblocco in tempi rapidi per il degassificatore da realizzare nel golfo di Trieste

ROMA Clima sempre più acceso intorno ad Endesa. Nel giorno in cui Enel ed Acciona ufficializzano l'esistenza di trattative per il lancio di un'Opa totalitaria congiunta, a guastare la festa arrivano i paletti della Consob spagnola. La Cnmv blocca l'iniziativa italo-spagnola per almeno sei mesi e dà a E.On la possibilità di rivedere al rialzo la propria offerta per Endesa. Una chance che il colosso tedesco sembra ben determinato a sfruttare nel breve tempo concesso dall'Autorità, che scade già lunedì prossimo.
Una situazione sempre più intricata, in cui la Consob italiana vuole vederci chiaro. In questa direzione arriva la richiesta della Commissione di Lamberto Cardia, perchè l'Enel commenti prima della riapertura del mercato lunedì mattina le decisioni prese oggi dall'Autorità spagnola.
«Sono in corso negoziazioni in stato avanzato con Acciona, sebbene al momento esse non abbiano portato ancora alla conclusione di un accordo definitivo», recita un comunicato emesso da Enel in mattinata, a conferma delle indiscrezioni di stampa uscite nella giornata di giovedì che fissavano a 41 euro il prezzo d'offerta. Le trattative, si legge, «hanno a oggetto il possibile sviluppo di un progetto congiunto su Endesa» nel caso in cui l'offerta di E.On non dovesse raccogliere il 50% del capitale della società iberica. «È un accordo fra pari, fra un italiano e uno spagnolo che gestiranno insieme questa azienda», ha spiegato il presidente di Enel, Piero Gnudi, con la stampa che fornisce già i dettagli di un'intesa che affiderebbe la presidenza della nuova società a Josè Manuel Entrecanales, numero uno di Acciona, affiancato da un amministratore delegato italiano.
Con E.On ormai apparentemente fuorigioco, che annunciava di voler «esaminare le conseguenze legali degli ultimi sviluppi», per le ambizioni italo-spagnole è arrivata la doccia fredda della nota con cui la Cnmv bloccava di fatto l'offerta di Enel ed Acciona per i sei mesi successivi alla conclusione del periodo di offerta tedesca.
Il «semplice annuncio che Enel ed Acciona potranno presentare un'Opa a prezzo superiore di quello di E.On potrebbe disturbare lo sviluppo» dell'offerta del gruppo tedesco, spiega la Consob di Madrid, che ha concesso a E.On la quarta e ultima possibilità di rilanciare. Il 21 febbraio 2006 E.On aveva messo sul piatto 27,5 euro, per poi salire a 35 euro dopo l'ingresso di Acciona ed infine ufficializzare il prezzo d'Opa a 38,75 euro un mese fa, dopo il ritiro di Gas Natural dalla contesa.
L'unica possibilità per Enel ed Acciona per stringere i tempi sull'operazione è che E.On decida di rinunciare all'offerta prima della sua naturale conclusione.
Velez, di Endesa Italia, auspica in poche settimane l'ok della regione per il rigassificatore di Trieste. «Per quanto riguarda Livorno sono iniziati i lavori a inizio marzo e si prevede di finirli nel primo semestre del 2009». Velez, interpellato a margine di un convegno di Assocarboni, sullo stato dei lavori dei rigassificatori di Endesa in Italia, ha ribadito che il secondo progetto riguarda il golfo di Trieste».

 

 
Angela: «Energia, servono scelte»  - il giornalista: rigassificatori, alternativa al petrolio
 
Il divulgatore ha presentato il suo nuovo libro all’Università
Nel corso della serata il sindaco Dipiazza ha consegnato al «volto» televisivo il sigillo trecentesco della città
«La gente deve decidere cosa vuole fare. L’energia oggi è un bene prezioso e bisogna considerare i costi, non solo finanziari, ai quali si è disposti ad andare incontro, pur di averla». Questo, in sintesi, il pensiero del giornalista scientifico e noto personaggio televisivo, Piero Angela, in relazione al problema dei rigassificatori.
Interrogato su quale sia la soluzione migliore da adottare in materia nella città di Trieste, per la quale esiste un’ipotesi di insediamento di tali impianti, Angela è stato molto chiaro, passando il testimone alla popolazione: «E’ la gente che deve riflettere sui vari aspetti di questo tema – ha aggiunto – partendo dal presupposto che i rigassificatori consentono di staccarsi dalla dipendenza del petrolio, anche se bisogna considerare tutti gli aspetti di questa modalità».
Per completare il suo ragionamento, Piero Angela ha detto che «è necessario sapere a cosa si vuol dire sì».
Il giornalista scientifico era a Trieste per presentare il suo libro, intitolato «La sfida del secolo, Energia, 200 domande sul futuro dei nostri figli”. L’evento si è svolto nell’aula magna dell’Università ed è stato preceduto dall’introduzione di Renzo Rosei, del Dipartimento di Fisica del locale Ateneo, alla presenza del Rettore, Francesco Peroni.
Nel corso dell’appuntamento, il sindaco, Roberto Dipiazza, ha consegnato a Piero Angela il sigillo trecentesco della città. A rappresentare le istituzioni, all’appuntamento pomeridiano all’Università hanno partecipato anche la presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat e l’assessore regionale Roberto Cosolini, il vicepresidente dell’Associazione degli industriali, Nicola Pangher e il sottosegretario agli Interni, Ettore Rosato. La presentazione del testo è stata affidata al presidente dell’Area di ricerca, Giancarlo Michellone.
Angela, parlando al pubblico, ha affrontato anche i temi dell’approvvigionamento del petrolio e del gas naturale e della diseguale distribuzione dell’energia nelle diverse aree geografiche.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 23 marzo 2007

 

Differenziata, pronti all’esperimento  - Gli abitanti di San Giovanni: basta aumenti sulla tassa rifiuti

 

Molti i residenti che si dicono favorevoli all’ipotesi di provare il nuovo tipo di raccolta

I residenti del rione di San Giovanni sono pronti all’esperimento della raccolta differenziata. Gli abitanti sarebbero invitati a preparare in casa i sacchi, che sarebbero diversi in base al contenuto, e cioè carta, plastica e vetro. Superata questa prima fase dovrebbero portarli in appositi contenitori, posizionati più vicino alle loro case.
Quelli di San Giovanni ritengono che si tratti di una cosa positiva, ma pongono precise condizioni. «Sono disponibile a seguire l’invito del Comune – spiega Carlo Faimann – ma voglio puntualizzare che, da quando la raccolta differenziata è iniziata in tutta la città, anni fa, i costi delle tasse per l’asporto dei rifiuti sono costantemente cresciuti. Con le bollette di questi giorni, ho visto un aumento del 33 per cento circa e direi che può bastare – aggiunge in tono ironico – e non vorrei che questi esperimenti portassero a costi aggiuntivi».
Andrea Antonelli concorda sulla «bontà dell’esperimento», ma ha una preoccupazione. «Si tratta di un impegno per le famiglie – sottolinea – in quanto bisognerebbe preparare in casa i sacchi e magari non tutti hanno lo spazio per farlo. In ogni caso ritengo sia un esperimento utile, per verificare il grado di disponibilità della gente».
Nevio Bubnich è convinto che «se l’esperimento dovesse riuscire – afferma – i costi della raccolta dovrebbero diminuire in proporzione, perché gli incaricati della raccolta e della distruzione delle immondizie sarebbero favoriti. Da tempo sto molto attento alla raccolta differenziata – aggiunge – perciò per me non si tratterebbe di una grande novità. L’essenziale – precisa – è che non si aumentino ulteriormente le tasse per l’asporto dei rifiuti».
Elvino Cosoli ribadisce il concetto: «Sarebbe una cosa positiva fare questo esperimento – evidenzia – che per me non sarebbe una novità, in quanto attuo la raccolta differenziata da sempre. Spero che tutti accettino di buon grado, così il risultato potrebbe convincere la collettività».
Fulvio Zennaro si stacca nettamente dal coro di assensi: «Con tutto quello che si paga – protesta – dobbiamo fare ancora uno sforzo noi cittadini. Non è giusto chiedere ancora alla gente. Credo che la raccolta dei rifiuti debba rimanere una competenza degli addetti a questo lavoro – prosegue – anche perché a Trieste mi sembra che la popolazione sia piuttosto attenta. Io stesso faccio la raccolta differenziata, ma non sono disposto a pagare tanto e a fare ancora di più. Va anche ricordato – rileva – che ci sono famiglie che non dispongono di appartamenti sufficientemente ampi per poter tenere in casa tanti sacchi».
Walter Grabar ritiene che «l’esperimento è giusto, a condizione però che serva a qualcosa in prospettiva. Per quanto riguarda la carta, il vetro e la plastica si tratta di una cosa che già in tanti fanno. Penso piuttosto – continua – che bisognerebbe pensare a qualcosa per quanto concerne i rifiuti umidi».
Anche Floriano Duva vorrebbe che «l’esperimento non fosse fine a se stesso, ma servisse concretamente a qualcosa. Che si tratti di una riduzione dei costi o di un miglioramento nella successiva eliminazione delle immondizie non ha molta importanza – dice – ma è fondamentale che, se la gente s’impegna, i risultati siano riconosciuti e si faccia qualcosa».
Ottavio Berger pone invece l’accento «sull’utilità di una raccolta differenziata ben fatta. Se la gente fosse disponibile e attuasse veramente la raccolta differenziata – aggiunge – sarebbe tutto molto più semplice per chi poi deve procedere all’eliminazione attraverso la bruciatura delle immondizie. Si potrebbero risparmiare energie e ridurre i costi».
Una tesi, quest’ultima, che trova d’accordo Angelo Sainz: «La raccolta differenziata è una cosa che a mio avviso va fatta comunque – spiega – perché é un’iniziativa valida e soprattutto perché serve realmente a tutti».
Ugo Salvini

 

 

Acqua, troppi sprechi: è emergenza mondiale - Celebrata ieri la giornata mondiale. Il Papa: «Garantire l’accesso gratuito a questa risorsa»

 

ROMA È caccia all'oro blu. Dopo il petrolio, è l'acqua la risorsa più ricercata del Pianeta. L' emergenza è mondiale. Per l'acqua si muore, si fanno le guerre, si scatenano conflitti sociali. Sotto accusa i sistemi di rete, i fiumi, i laghi. I cambiamenti climatici fanno il resto, con la siccità che avanza e mette a rischio interi Stati. Non ultimi quelli del Mediterraneo, Italia inclusa. Ieri la Giornata Mondiale dell'Acqua indetta dalle Nazioni Unite nel 1993 ha riportato l'attenzione su questo drammatico capitolo. Questione sulla quale è intervenuto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «L'impoverimento idrico, in atto nel nostro pianeta e i processi di crescente desertificazione, impongono ad ogni Paese di proseguire sulla strada di una comune strategia», ha detto il Capo dello Stato in un messaggio inviato al presidente dell'Accademia dei Lincei. E le cifre sono da allarme rosso: attualmente circa il 40% della popolazione mondiale, 1,4 miliardi di persone, distribuite in 80 paesi, ricorda il Wwf, si trova in stato di penuria d' acqua con mediamente meno di 2,7 litri di acqua al giorno per persona. La Fao calcola che ogni giorno quasi 4 mila bambini nel mondo muoiono perchè non hanno acqua potabile e sono senza impianti igienico-sanitari; nel 2025, secondo l'Onu, 1,8 miliardi di persone vivranno in Paesi e regioni con assoluta scarsità d'acqua. Gravi le conseguenze sanitarie: secondo l'Oms l'acqua contaminata ogni anno nel mondo uccide oltre 1,6 milioni di persone, il 90% delle vittime sono bambini sotto i 5 anni, la maggior parte nei Paesi in via di sviluppo. Ed è guerra vera dall'India, alla Bolivia, dalla Cina, all'Africa, al Medio Oriente. Mentre si muore, ci sono i Paesi ricchi che «buttano» questa preziosa risorsa. L'Italia è in prima linea con il 40% di perdite dalla rete.
«L'accesso all'acqua deve essere garantito a tutta l'umanità », in quanto si tratta di diritto inalienabile di ogni essere umano «. È quanto ha affermato invece Papa Benedetto XVI nel messaggio inviato alla Conferenza internazionale organizzata ieri a Roma dalla Fao. Il Pontefice si è richiamato a «una responsabilità condivisa» per gestire «questa risorsa preziosa» in modo «tale da permettere a tutti di accedervi, soprattutto a quelli che vivono in condizioni di povertà»,

 

 
Task force sull’emergenza energia - Proposta dell’Assindustria in occasione della presentazione del libro di Angela
 
Un gruppo di lavoro che coinvolga le imprese e il mondo scientifico triestino nella definizione di un progetto per la riduzione dei costi energetici e delle emissioni inquinanti attraverso l’utilizzo di energie alternative come biomasse o idrogeno. A proporre l’idea che dovrebbe coinvolgere oltre all’Industria, l’Università e il mondo della ricerca triestino è l’Assindustria ha colto l’occasione della presentazione del libro di Piero Angela, che si terrà questo pomeriggio alle 17 in aula magna dell’Università, dal titolo: «La sfida del secolo, Energia, 200 domande sul futuro dei nostri figli».
Non sarà soltanto la presentazione di un libro, quanto un momento di riflessione su un tema assai delicato che coinvolge direttamente la città visti anche i progetti di trasformazione in polo energetico, alla presenza dei massimi rappresentanti istituzionali. Dopo l’introdzione di Renzo Rosei dell’Università e del Dipartimento di fisica l’incontro vedrà infatti la presenza del rettore Francesco Peroni, ma anche del sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, della presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, dell’assessore regionale al lavoro università e ricerca Roberto Cosolini, del vice di Assindustria Nicola Pangher e del sottosegretario agli Interni, Ettore Rosato.
La presentazione del libro di Angela, presente l’autore, toccherà al presidente dell’Area di Ricerca, Giancarlo Michellone.
Un tema delicatissimo e di emergenza quello dell’energia che in Italia non trova spazio nei dibattiti quotidiani di istituzioni, famiglie e società come accade nel resto dei paesi europei. Secondo Assindustria l’interesse verso questo tema e le fonti rinnovabili è «pienamente giustificato in una società globale che prevede di raddoppiare il fabbisogno energetico entro il 2020».
«Sfruttare l’enorme potenzialità delle fonti rinnovabili — spiega Pangher – favorirebbe una re-industrializzazione ambientale per la produzione di energia eco-compatibile, un’opportunità che consentirebbe di creare nuovi posti di lavoro da attività industriali».
«Per ora il sistema energetico è in grado di rispondere alla necessità di energia – conclude Rosei – ma a breve, nell’arco di 10 anni, si manifesterà una crisi che difficilmente riusciremo a prevenire perchè cambiare le fonti energetiche richiede tempo e investimenti per la realizzazione di nuove e complesse infrastrutture».
g. g.

 

 
Baia, il Wwf a sostegno del no del Soprintendente
 
È prevista per questa mattina, nella sede del Wwf di via Rittmeyer, l’illustrazione da parte dell’associazione ambientalista del decreto con cui il Soprintendente ai beni culturali e architettonici della Regione, Stefano Rezzi, ha annullato l’autorizzazione paesaggistica del Comune di Duino Aurisina per le opere edilizie previste nell’ex cava di Sistiana. «Nell’occasione - dice il Wwf in una nota - saranno rese note le prese di posizione a livello nazionale di plauso e sostegno alla coraggiosa iniziativa del Soprintendente».

 

 

 

 

 

L'ESPRESSO - GIOVEDI' , 22 marzo 2007

 

S.O.S. Oceani -  Colloquio con Paul Sandifer di Paolo Pontoniere

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 22 marzo 2007

 

 
Il gruppo Lucchini: «Ferriera, vogliamo continuare oltre il 2009» - Richiamo a Comune e Regione
 
«Riaffermiamo senza indugio la volontà di proseguire dopo il 2009 le attività siderurgiche a Servola nel rispetto, ovviamente, delle regole e delle necessità di miglioramento ambientale». Il gruppo Lucchini rompe il silenzio tornando a parlare della Ferriera. Lo fa con un comunicato che, inserendosi nel dibattito tra le istituzioni sul possibile riconversione dell’impianto, risponde di fatto al Comune e alla Regione.
«Qualora tale obiettivo non fosse condiviso dalle istituzioni - si legge in una nota ufficiale - che governano il territorio o dalle organizzazioni che ne rappresentano le forze sociali, chiediamo che vengano espresse con chiarezza le posizioni e le proposte, posto che non riteniamo quanto previsto dal Protocollo d’intesa sottoscritto nel gennaio 2003 attuale e pertanto percorribile».
La Lucchini ricorda come il 30 luglio è stata presentata alla Regione la domanda per l’avvio della procedura di autorizzazione integrata ambientale (Aia), mentre alcuni investimenti funzionali all’ottenimento dell’Aia «sono già in fase di esecuzione, ed è dei giorni scorsi l’ottenimento della certificazione ambientale Iso 14001».
Intanto dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil arriva una richiesta urgente di incontro al presidente Riccardo Illy, affinché la Regione convochi il tavolo di confronto istituzionale sulla Ferriera di Servola. «Le dichiarazioni registrate in questi giorni, che lasciano trasparire una rinnovata disponibilità alla chiusura nel 2009 - scrivono i sindacati - hanno destato grande preoccupazione tra i lavoratori. Finché non saranno completate le bonifiche delle aree inquinate, infatti, non sarà possibile attrarre nuovi investimenti che trasformino la ripresa congiunturale in crescita occupazionale duratura».
La riconversione della Ferriera, indicata sia dal sindaco Dipiazza sia dal governatore Illy, deve tenere conto anche dei 650 dipendenti dell’impianto di Servola da assorbire nel mercato del lavoro. «In questo quadro di stagnazione qualsiasi ipotesi di chiusura della Ferriera - dicono Cgil, Cisl e Uil - e di ricollocazione dei lavoratori appare assolutamente velleitaria».

 

 

Differenziata, i residenti: ci sentiamo presi in giro  - il circolo Auser: «Raccolta senza criterio, rifiuti non ritirati per giorni»

 

ROZZOL MELARA Sotto accusa la gestione del servizio curato dal Consorzio Interland e il mancato abbattimento della Tarsu

Si fa sempre più aspra la polemica fra i residenti del quadrilatero di Melara e il Consorzio Interland, che per circa tre anni ha provveduto all’asporto delle immondizie provenienti dalla raccolta differenziata, all’interno degli androni degli edifici. In un comunicato della Interland, diffuso l’altro ieri, si diceva che «il servizio di asporto dei rifiuti è sempre stato regolare», rispondendo così alle accuse provenienti dalla gran parte dei residenti, che lamentano da tempo una certa discontinuità. Il presidente del Consorzio, Dario Parisini, ricordava poi l’utilità di una raccolta differenziata che, nell’ultimo anno a Melara, aveva permesso di separare 120 tonnellate di carta, plastica e vetro. «Una tutela dell’ambiente che ha permesso di creare anche dei posti di lavoro», è il messaggio di Parisini.
Ma il presidente del circolo Auser di via Pasteur, Mario Zancolich, portavoce della protesta, ieri ha replicato così: «Non è assolutamente vero ciò che affermano dalla Interland – sostiene – e possiamo smentire tali dichiarazioni con l’ausilio della testimonianza di decine di residenti. Da mesi la raccolta dei rifiuti è svolta senza una regola, casualmente e spesso le immondizie rimangono per giorni e giorni negli androni provocando una situazione di estremo disagio». E aggiunge: «Tutti coloro che abitano quassù possono confermare le mie parole e ribadire che l’esito di questa sperimentazione è stato fallimentare».
Dopo un avvio promettente, che aveva visto i residenti di Melara accogliere con entusiasmo la proposta del Comune, che invitava la gente a impegnarsi nella raccolta differenziata, la situazione era entrata in crisi. Ritardi sempre più frequenti nelle operazioni di asporto denunciate dalla popolazione di Melara e il contrasto con il Comune che, sempre a detta dei residenti, dapprima aveva promesso una riduzione della Tarsu se l’esperimento fosse riuscito, salvo poi affermare che «non è possibile abbassare una tassa a favore di una parte della popolazione».
L’ultimo atto di questa crisi lo si è avuto qualche giorno fa, quando i residenti hanno deciso di rinunciare alla raccolta differenziata, definendo «concluso» l’esperimento. Una fine che ha fatto dire all’assessore comunale competente, Paolo Rovis, che «a questo punto dovremo valutare se proporre la sperimentazione in altri rioni, com’era previsto».
Individuare le responsabilità diventa molto difficile, perché le dichiarazioni di segno contrario si accavallano. Di certo, rimane lo scontento della popolazione del quadrilatero. «La gente si sente presa in giro – dice Zancolich – perché tutti avevano sentito, all’inizio, quanto avevano promesso i funzionari comunali, che avevano illustrato le caratteristiche del progetto, nel corso di pubbliche assemblee. Si era parlato chiaramente di abbassamento della Tarsu per chi avesse aderito al programma. Adesso – conclude il presidente del circolo Auser – tutti sono scontenti e non ne vogliono sapere di proseguire, anzi vogliono mettere la parola fine in calce a questo fatto».
u. s.

 

 

Ricorso al Tar contro il distributore di largo Irneri

 

L’associazione dei gestori e un benzinaio contestano il cantiere: «Non rispetta le norme ed è troppo vicino ad altre pompe»

Slitta al 26 luglio il ricorso al Tar che - l’Associazione dei gestori degli impianti stradali di carburanti di Trieste, assieme a un privato gestore di una stazione di rifornimento - hanno presentato nei confronti dell’Aci e del Comune per impedire la realizzazione del distributore di carburanti già in corso di costruzione in largo Irneri.
L’Associazione dei gestori e il privato benzinaio, assistiti dall’avvocato Paolo Pacileo, hanno rinunciato alla domanda di sospensione dei provvedimenti impegnati, ovvero all’autorizzazione petrolifera e alla concessione edilizia che consentono la costruzione e l’esercizio del nuovo impianto. Per effetto della rinuncia, il prossimo appuntamento al Tar determinerà tempi più rapidi nello svolgimento della vertenza.
La realizzazione del nuovo distributore dell’Aci aveva sollevato le proteste non solo dei gestori, ma anche della direzione del Lloyd Adriatico, oltre che quella di numerosi residenti dell’area. La vertenza, che rischiava di innescare un contenzioso tra la compagnia assicuratrice, il Comune e l’Aci si concluse con un compromesso, ovvero con lo spostamento della stazione carburanti di alcuni metri verso l’impianto natatorio. Una soluzione che comunque ha continuato a ricevere critiche.
Sul successivo ricorso del privato gestore di un distributore e dell’Associazione carburanti, così si esprime Giorgio Cappel, presidente dell’Aci di Trieste: «Trovo la questione davvero spiacevole, anche alla luce del fatto che abbiamo tutte le carte in regola per realizzare il nuovo impianto. Comunque sia – dice – questa è l’ennesima situazione che conferma come a Trieste sia davvero difficile lavorare».
«La decisione di rinunciare alla domanda di sospensione dei provvedimenti impegnati – spiega per il Comune l’avvocato Oreste Danese – dovrebbe velocizzare i tempi di conclusione della vertenza. Comunque sia, l’amministrazione ritiene di aver preso dei provvedimenti legittimi e opportuni».
«Ci si rivede a luglio – chiude per l’Associazione gestori l’avvocato Pacileo – e ribadisco che secondo la nostra posizione l’impianto di largo Irneri non risulta a norma e non rispetta i requisiti previsti dalla normativa regionale in vigore dall’agosto del 2002. Il distributore in corso d’opera non è alla distanza prevista dagli altri esercizi di carburanti esistenti e presenta una metratura inferiore a quanto prescritto».
m.l.

 

 

Rigassificatori, falsi volantini AcegasAps sporge denuncia
 
«Siamo lieti di informarvi che è imminente l’approvazione definitiva dei progetti degli impianti di rigassificazione nel Comune di Trieste. AcegasAps ha scelto di impegnarsi attivamente a sostenere tale progetto». Questo, in sintesi, il contenuto di un volantino-bufala, siglato con il logo della società municipalizzata, che in questi giorni sta letteralmente «invadendo» molte zone della città, creando non poche difficoltà alla stessa AcegasAps, che ha già annunciato azioni legali contro gli autori dell’iniziativa, dalla quale si dichiara del tutto estranea.
Moltissime persone, infatti, allarmate da quanto riferito nel volantino, hanno tempestato di telefonate i due numeri telefonici indicati sul foglio: il volantino, infatti, invitava i cittadini a telefonare a due numeri fissi per avere informazioni «sui pericoli ambientali e sui comportamenti da tenere in caso di incidenti all’impianto o alle navi gasiere» o «sulla speciale polizza assicurativa agevolata, offerta in collaborazione con le Assicurazioni Generali (anche in pacchetto familiare) che copre ogni danno a beni immobili, all’incolumità personale, alla vita, ecc., legato ad eventuali incidenti agli impianti».
Era tutto falso: al primo numero indicato rispondevano gli addetti dell’autoparco della nettezza urbana, mentre a sollevare la cornetta nella seconda ipotesi erano sì i dipendenti di un’agenzia delle Generali del centro città, ma, ovviamente, ignari di quanto stava accadendo.
L’Acegas Aps ha immediatamente precisato di essere del tutto estranea all’iniziativa e ha comunicato di stare valutando con i propri legali le forme più opportune di tutela legale contro gli autori dei volantini. E mentre sulla vicenda stanno indagando anche i carabinieri, il caso approderà oggi in consiglio comunale: il consigliere della Margherita Bruna Tam, infatti, ha già annunciato un’interrogazione a proposito dei manifesti abusivi.

 

 
Piano regolatore di Duino Aurisina  - La Variante ora è consultabile dai cittadini
 
DUINO AURISINA Pubblicata ieri sul Bur, come annunciato nei giorni scorsi, la delibera di adozione della Variante 24/25 al piano regolatore di Duino Aurisina. E come previsto dalla legge, da ieri pomeriggio il documento urbanistico è a disposizione di tutti i cittadini, che potranno consultarlo per 30 giorni lavorativi, e quindi fino al prossimo 5 maggio; durante lo stesso periodo, potranno essere presentate dai cittadini osservazioni e da coloro che hanno diretto interesse nell'ambito delle singole norme delle opposizioni.
I due tipi di proposte di modifica al documento urbanistico che saranno presentate in Comune dovranno venir visionate dalla commissione e poi discusse e votate singolarmente in consiglio comunale, prima del voto di approvazione della variante stessa.
I cittadini a partire da ieri pomeriggio possono prendere visione del documento che ha causato tante polemiche nel comune di Duino Aurisina, che il centrodestra considera una grande occasione di crescita per il territorio, mentre il centrosinistra boccia in molti punti, come un'occasione di speculazione edilizia. Gli orari definiti dall'amminsitrazione comprendono le giornate di lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, mentre di martedì, giovedì e venerdì si potranno ricevere informazioni e consultare i documenti dalle 8.30 alle 9.30.
Pronta la risposta del centrosinistra che ha già annunciato di aver organizzato a supporto delle proprie tesi contro la variante una sorta di «sportello parallelo» a partire da lunedì prossimo: ogni giorno feriale, fino al 5 maggio, nella sede della coalizione in piazza San Rocco ad Aurisina, dalle 10 alle 12, si potranno ricevere informazioni sulla Variante direttamente dal candidato sindaco Massimo Veronese.
Obiettivo del centrosinistra, infatti, è quello di far sottoscrivere a più cittadini possibile le sue osservazioni alla variante di piano, già redatte, per poi presentarle entro l'inizio di maggio in Comune, con l'obiettivo di modificare la variante stessa rispetto alla versione votata un mese e mezzo fa dalla sola maggioranza: l'opposizione era uscita dall'aula dopo aver chiesto al sindaco di ritirare il documento dall'ordine del giorno e di modificarlo prima del voto di adozione.
fr.c.

 

 
Baia, il Wwf commenta il «no» della Soprintendenza
 
DUINO AURISINA Il decreto di annullamento dell’autorizzazione paesaggistica per le opere edilizie nella ex cava della Baia di Sistiana sarà illustrato domani alle 11.30 dal Wwf nella sua sede di via Rittmeyer. «Il decreto firmato dal soprintendente del Friuli Venezia Giulia Stefano Rezzi - afferma il Wwf - ha bloccato l’iter del progetto di «valorizzazione turistica» della Baia, stigmatizzato da anni dagli ambientalisti e dalla parte più sensibile del mondo culturale come invasivo e deturpante per l’ambiente e il paesaggio della costiera triestina». Nel corso del dibattito l’associazione presenterà anche le prese di posizione a livello nazionale «di plauso e sostegno alla coraggiosa iniziativa - dice il Wwf - del soprintendente».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 21 marzo 2007

 

 

Terrapieno, da rifare analisi costate 400mila euro  - Stavolta saranno a carico della società i cui test erano stati bocciati dall’Arpa

 

Parte la fase due per il recupero dell’area con le decisioni concordate nella Conferenza dei servizi nella sede della Regione

È da rifare il 70% delle analisi sui campioni di sottosuolo prelevati l’anno scorso dal terrapieno inquinato di Barcola. Analisi già costate all’Autorità portuale 400mila euro (compresi gli scavi che stavolta non si ripeteranno) e invalidate lo scorso mese dalle controperizie dell’Arpa, che ha rilevato parametri di diossine, idrocarburi e metalli pesanti discordi da quelli della società isontina Multiproject, incaricata dall’Authority.
I tempi previsti per la conclusione dei nuovi test e delle relative validazioni dell’Arpa (che controesaminerà anche gli ultimi dati su acqua e fondale marino) portano a metà estate. Solo a quel punto potrà essere approvato il definitivo piano di caratterizzazione, con una mappa precisa dei veleni, da cui prenderanno il via i progetti per una bonifica (salatissima, superiore probabilmente ai nove milioni di euro) che nessuno oggi intende accollarsi.
La «fase due» per la soluzione del caso Barcola è partita ieri, con le decisioni prese dalla Conferenza dei servizi convocata dall’assessorato regionale all’ambiente, cui hanno partecipato tecnici e funzionari di Regione, Provincia (titolare dell’istruttoria per conto della Regione), Comune, Autorità portuale, Arpa e Azienda sanitaria. Nel vertice è stata accolta all’unanimità la proposta dell’Ap, portata al tavolo dal responsabile del servizio ambiente e sicurezza Fabio Rizzi, che prevede il via libera a nuove analisi incrociate sui campioni già prelevati, ma niente scavi supplementari.
I nuovi esami chimici, che interesseranno circa 160 campioni archiviati dopo i test dell’anno scorso, inizieranno in questi giorni nei laboratori della Multiproject, che si è impegnata ad eseguirli senza oneri aggiuntivi per l’Authority e con protocolli tecnici da concordare con l’Arpa, per evitare il ripetersi di bocciature.
L’Ap si è impegnata a sua volta a consegnare il database della Multiproject con i risultati delle analisi all’Arpa entro il primo giugno. Da lì partiranno le procedure di validazione, al termine delle quali - presumibilmente nel corso dell’estate - la Regione riconvocherà la Conferenza dei servizi per l’analisi del rischio e la pianificazione preliminare della bonifica. Ed è in quel momento, a seconda dell’entità dell’inquinamento mappato in via definitiva, che si scatenerà il walzer degli investimenti, ovvero il dibattito su chi dovrà mettere mano al portafogli per la bonifica del sito, e in quali proporzioni. La questione investe soprattutto l’Authority come proprietaria dell’area demaniale e il Comune in quanto ente gestore della discarica di Barcola attiva fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Sono proprio questi due enti, peraltro, ad aver già inoltrato al ministero dell’ambiente la richiesta che il terrapieno di Barcola venga inserito nel sito inquinato d’interesse nazionale. Da Roma, però, finora nessuna risposta.

Piero Rauber

 

 
Belci: «Amianto, il Comune aiuti i privati» - Appello della Cgil affinché enti e istituzioni non trascurino i gravi problemi dello smaltimento e dei siti inquinati
 

«A livello europeo l’esposizione all’amianto provoca ogni anno 110 mila morti, il dato è stato diffuso nella conferenza europea sull’amianto a Bruxelles nel 2005, la fibra è la principale causa di tumore derivante da attività professionali, e già nel 1955 si è avuta certezza del rapporto di causa-effetto tra esposizione all’amianto e mesotelioma, dal 1965 è certo il contagio dei familiari, ma la legge che ne vieta estrazione, lavorazione e utilizzo è appena del 1992: ci sono voluti 30 anni di lotte sindacali».
Lo sostiene il segretario triestino della Cgil, Franco Belci, che all’indomani della presentazione del nuovo disegno di legge Casson in materia (organizzata dagli stessi sindacati) lancia un appello: «Mi aspetto che i Comuni, in primo luogo quello di Trieste, possano attivare una politica a sostegno dei cittadini che intendono smaltire rifiuti con amianto, per favorire lo smaltimento negli edifici privati, che ha costi rilevanti e oggi è totalmente affidato alla sensibilità dei singoli».
Belci sottolinea con favore l’intenzione della Regione di esentare dal ticket sanitario gli ex esposti, e di portare a compimento la mappatura industriale e il censimento della presenza di fibre negli edifici civili a uso collettivo (esistenti ma da recuperare «con una attenta ricognizione»).
Da parte del segretario provinciale della Cgil approvazione anche per l’annuncio della Provincia, che intende «mappare» le discariche abusive: «Crediamo - prosegue Belci - che le potenzialità e l’esperienza dell’Acegas in questo campo possano consentire soluzioni adeguate». Fermo restando che è meglio la prevenzione, delegata alle amministrazioni locali.
L’appello finale viene rivolto alla ricerca scientifica: «Se il principale obiettico delle politiche della salute nel Paese è l’aumento delle aspettative di vita – sostiene Framco Belci – occorre che sulla cura degli ex esposti vi siano percorsi privilegiati e investimenti adeguati».

 

 

Differenziata, raccolte 120 tonnellate - Il Consorzio Interland: «Creati posti di lavoro». I residenti: «Esperimento fallito»

 

ROZZOL MELARA Anche il Comune replica ai cittadini sulla riduzione della Tarsu: «Stanziati 12mila euro per ridurre gli affitti»

Esperimento finito. Esito negativo. È il giudizio che i residenti del quadrilatero di Rozzol Melara esprimono sulla raccolta differenziata - curata dal Consorzio Interland, che rivendica il risultato positivo dell’iniziativa - all’interno degli androni degli edifici. Dopo circa tre anni in cui hanno diviso carta, plastica e vetro nei raccoglitori, l’unico risultato è stato un piccolo storno negli affitti.
Gli abitanti di Melara si sono ritrovati con un abbuono, inserito dall’Ater, proprietaria della struttura, nelle bollette d’inizio 2007, pari a una ventina di euro in media per famiglia. «Non è solo un fatto economico – spiega Mario Zancolich, presidente del Circolo Auser di via Pasteur – ma di principio. Ci sentiamo presi in giro perché all’inizio il progetto era stato presentato con modalità del tutto diverse». E aggiunge: «Dopo un avvio promettente, con raccolta regolare a cadenza settimanale, la qualità del servizio è progressivamente scaduta. A un certo punto – sottolinea – ci siamo ritrovati con montagne di immondizie all’interno degli androni, una puzza crescente e la gente scontenta».
Accuse respinte al mittente da Dario Parisini, presidente del Consorzio Interland: «Lo svuotamento avviene con regolarità (lunedì, martedì, giovedì e venerdì), mentre le situazioni di disagio - spiega - sono imputabili a comportamenti non conformi di qualche singolo residente». Nel rivendicare la funzione di controllo nel quartiere, attraverso un volontario del Servizio civile nazionale, il Consorzio Interland fornisce anche i risultati ottenuti: «Nel 2005 la sperimentazione a Melara ha prodotto - spiega Parisini - una raccolta di rifiuto differenziato pari a circa 75 tonnellate. Nel 2006 le tonnellate sono state 120 e questo è l’indicatore migliore per dimostrare il gradimento dell’iniziativa da parte dei residenti». Il Consorzio Interland, insomma, chiede più attenzione alle finalità: la salute dei cittadini, la tutela dell’ambiente e la creazione di posti di lavoro.
In una lettera firmata dai residenti e recapitata al Comune, però, si parla di «astuzia nel condurre l’operazione, in modo che la raccolta differenziata cominciasse, senza però concedere alcun beneficio». Ma da Sandra Savino, assessore alle Risorse economiche arriva una replica: «Dalla documentazione che conserviamo nei nostri uffici – dice – appare chiaro che non abbiamo mai promesso una riduzione della Tarsu, anche perché, trattandosi di una tassa, sarebbe stata una cosa impossibile da attuare. Abbiamo cercato di venire incontro alle esigenze della popolazione residente nel quadrilatero dando un importo di 12mila euro all’Ater, affinché la utilizzasse, frazionato fra le varie famiglie, nei bollettini d’affitto dei primi mesi di quest’anno, e così risulta esser stato fatto».
u. s.

 

 

Economizzatori idrici per rubinetti distribuiti gratis dal Touring Club - Un’azione per la salvaguardia dell’ambiente con la Tep energy solution

 

I rompigetto areati con un erogatore a basso flusso si possono ritirare nella sede triestina di via San Nicolò 11

Proteggi l'ambiente risparmiando energia: è questo lo slogan dell'importante sinergia attuata fra Touring Club Italiano e Tep energy solution, per sensibilizzare l'utenza al risparmio energetico, con un occhio di riguardo in particolare agli sprechi (e ai costi) quando si usa l'acqua calda. Come in tutta Italia, anche nella sede triestina del Touring Club Italiano, in via San Nicolò 11, si possono ritirare gratuitamente - fino al 30 marzo - i kit di economizzatori idrici per rubinetti e per doccia. Ogni kit è composto da tre rompigetto aerati e da un erogatore a basso flusso. Dalle procedure di calcolo fornite dall'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (Aeeg) per la quantificazione di risparmio di energia primaria, l'installazione di mille kit consente un risparmio annuo di circa 15 tonnellate di petrolio (tep) evitando, sempre in un anno, l'immissione nell'atmosfera di almeno 40 tonnellate di anidride carbonica. Si tratta quindi di una di quelle «piccole buone azioni» quotidiane in grado di rispondere concretamente alla domanda: «Ma io che cosa posso fare per difendere l'ambiente?».
I rompigetti aerati - che il Tci dona a tutti coloro che ne faranno richiesta in sede - sono dispositivi atti a ridurre il flusso di acqua dei rubinetti. Pur riducendo la portata d'acqua, ad esempio nella doccia, la miscelazione con l'aria dà a chi la utilizza l'impressione di usare la solita quantità d'acqua. Il risparmio percentuale di acqua è, al minimo, del 20%, ma può raggiungere anche il 50%, senza farci perdere nulla del comfort abituale e in più c'è l'indubbio risparmio in bolletta, grazie alla riduzione dell'energia necessaria a riscaldare l'acqua stessa.
«Perciò – sottolineano al Tci – con questi semplici kit si sostiene due volte la salvaguardia dell'ambiente. Risparmiare due risorse limitate come acqua ed energia è oggi da considerarsi un dovere morale, dettato anche dagli ultimi accordi di Kyoto sul risparmio energetico». E forse anche da un semplice rompigetto può crescere la consapevolezza di una eco-azione utile, in grado di influire sul cambiamento.
Fabiana Romanutti

 

 

«Clima: l’umanità è veramente al bivio?»  - Tavola rotonda venerdì nella sala Kastler dell’Adriatico di Grignano

 

Esperti del settore riuniti per iniziativa dell’Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia

«Global Warming. L'umanità è veramente a un bivio?». Un titolo drammatico per la tavola rotonda che l'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia dedica quest'anno al recente Rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), che delinea i possibili scenari climatici in conseguenza del riscaldamento globale e di cui tanto si è parlato il mese scorso.
L'appuntamento (aperto a tutti) è per venerdì prossimo, nella sala Kastler dell'Adriatico Guest House del Centro di fisica teorica, a Grignano, con inizio alle 10.
Interverranno Sergio Castellari, che illustrerà il contributo della modellistica numerica nelle ricerche alla base del Rapporto IPCC; l'astrofisico Mauro Messerotti, dell'Osservatorio astronomico di Trieste, che tratterà gli effetti del Sole e della sua variabilità sul clima terrestre; e Fulvio Crisciani dell'Istituto di scienze marine (ex Talassografico), il quale delineerà l'impatto del riscaldamento globale sul livello dei mari. Coordinerà gli interventi il giornalista scientifico Fabio Pagan.
Fondata nel 2000 quale punto di incontro tra professionisti e appassionati, l'Unione meteorologica del Friuli Venezia Giulia ha scelto quest'anno la Giornata meteorologica mondiale per la sua tavola rotonda, che rappresenta uno dei momenti-chiave dell'attività accanto al convegno annuale di meteorologia, al bollettino periodico sul clima in regione, a corsi di divulgazione e al recupero delle serie storiche di dati meteorologici, indispensabili per statistiche, simulazioni e previsioni.
Temi che sono ancor più di stretta attualità dopo questo curioso inverno che è stato più un autunno, salvo il colpo di coda di questi giorni, e i tanti cambiamenti climatici che ci interessano.
Ulteriori informazioni e aggiornamenti sulla pagina web dell'Unione:  www.umfvg.org

 

 
Qualità dell’aria, protocollo tra Regione e imprese - Moretton propone di esportare su tutto il territorio il monitoraggio «24 ore su 24» avviato a Fanna
 
FANNA Arriva il protocollo Regione–aziende private per assicurare la qualità dell’aria e la conformità delle emissioni in atmosfera delle imprese. La proposta è stata lanciata dall’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, nel corso della presentazione dei risultati di un progetto che da un anno vede impegnato l’ente regionale e la Cementi Zillo di Fanna. Esattamente un anno fa, l’azienda si è dotata di un impianto per il monitoraggio in continuo delle polveri e di altre sostanze che escono dal camino del cementificio. I dati vengono trasmessi in tempo reale all’Arpa e questo consente di tenere sotto controllo eventuali anomalie e di intervenire di conseguenza. Si tratta di una soluzione che ha garantito maggiore sicurezza ai residenti della zona e offerto più credibilità all’azienda. Un anno di analisi ha dimostrato che l’azienda non ha mai superato i limiti di legge. Ecco perché questo caso, secondo la Regione potrebbe non rimanere isolato, ma essere replicato anche con altre imprese e attività le cui emissioni in atmosfera sono fonte di preoccupazione per la salute. «Il primo passo – ha spiegato Moretton – sarà far conoscere i contenuti del protocollo alle aziende in modo che possano valutarlo e decidere se aderire in modo volontario. Siamo sulla strada giusta per affrontare il problema in modo trasparente». Le aziende possono avere anche un altro beneficio: il monitoraggio continuo è il primo passo per la certificazione Emas. Durante la presentazione dei risultati del progetto, Renato Villalta dell’Arpa ha spronato l’azienda ha migliorare ancora di più la procedura effettuando analisi anche delle sostanze microinquinanti per avere un campionamento il più ampio possibile e qualitativamente più elevato. Tra le proposte avanzate durante l’incontro a Fanna, anche quella di coinvolgere l’Università di Udine nella procedura di analisi. Moretton ha infine esortato le imprese a puntare sull’utilizzo di forme di combustione alternative.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI' , 20 marzo 2007

 

 

L'agonia di 10 grandi fiumi "Rischiano di scomparire"

 

Rapporto Wwf: allarme sulle pessime condizioni in cui versano i maggiori corsi d'acqua della Terra, già a rischio prosciugamento

Tra le cause del disastro ambientale: inquinamento, riscaldamento climatico e gestione sbagliata

ROMA - Dal Gange al Danubio, i fiumi più grandi del mondo si stanno asciugando inesorabilmente. Con conseguenze disastrose. Lo annuncia un rapporto presentato oggi dal Wwf internazionale a Gland, in Svizzera, a pochi giorni dalla giornata mondiale dell'acqua, in calendario il 22 marzo. Pianificazioni sbagliate e protezioni inadeguate non ci consentono di essere sicuri che in futuro l'acqua continuerà a scorrere - ammonisce l'organizzazione ambientalista - mettendo così in pericolo l'approvvigionamento idrico di innumerevoli specie. Da qui l'esortazione indirizzata ai governi di tutto il mondo a intervenie subito, prima che l'acqua dolce diventi davvero troppo poca.
Il Wwf ha monitorato dieci fra i più grandi corsi d'acqua della Terra. E tutti e dieci si sono rivelati in forte pericolo. Principali imputati del disastro sono l'inquinamento, il cambiamento climatico, le dighe e lo sfruttamento irresponsabile della pesca. Ma avrebbero contribuito a compromettere la salute dei corsi d'acqua anche la navigazione (è il caso del Danubio), l'accessivo prelievo di acqua potabile, la diffusione di specie invasive, e lo sfruttamento intensivo per agricoltura e industria.
Lo stato di agonia è stato accertato per Yangtze, meglio conosciuto come Fiume Giallo, Mekong, Salween, Gange e Indo (in Asia), Danubio (in Europa) Rio de la Plata, Rio Grande o Rio Bravo (nelle Americhe), Murray-Darling (in Australia) ed il Nilo-Lago Vittoria (in Africa). Ma non è escluso che anche altri corsi d'acqua si trovino nella stessa emergenza.
"Negli ultimi 50 anni - si legge nel rapporto - gli ecosistemi (compresi quelli idrici) hanno subito alterazioni più profonde che in qualunque altro periodo storico: rapida crescita demografica, sviluppo economico e industriale hanno causato trasformazioni dell'ecosistema acqua che non ha precedenti e che in qualche caso mostra segni di irreversibilità". La posta in gioco è dunque già altissima: la stessa sopravvivenza dei bacini monitorati e delle popolazioni che da essi traggono sostentamento.
"Serve ricordare che il 41% della popolazione mondiale vive in bacini fluviali sottoposti a profondo stress idrico - elenca il Wwf - e più del 20% delle 10 mila specie d'acqua dolce si sono estinte o sono gravemente minacciate come conseguenza di alterazioni e perdita di habitat, eccessiva captazione delle acque, inquinamento, aumento di specie invasive e sfruttamento non sostenibile delle risorse ittiche".
Indo e Nilo subiscono più di altri l'impatto dei cambiamenti climatici. "Il primo è per più del 30% in condizioni di siccità per la scomparsa dei ghiacciai da cui dipende - segnalano gli ambientalisti - e il secondo subisce in modo drammatico l'innalzamento della temperatura globale, al punto che il fiume più lungo del mondo ha cessato di riversare nel Mediterraneo acque dolci, provocando un'alterazione nei livelli di salinità in corrispondenza del delta". Dallo stato di salute di questi due fiumi simbolo dipende una popolazione di oltre 500 milioni di persone.
Invece Yangtze e Mekong in Cina e nel sud-est asiatico "Sono principalmente minacciati da inquinamento e sfruttamento eccessivo della pesca". Il primo "Rappresenta il 40% del Pil cinese ma negli ultimi 50 anni i suoi livelli di inquinamento sono cresciuti del 73%". Il Mekong invece è tra i bacini più pescosi, "Con un valore commerciale dei prodotti ittici pari a più di 1,7 miliardi di dollari - dice il Wwf - ma la pesca eccessiva e le pratiche illegali rischiano di privare 55 milioni di abitanti della loro principale fonte di sostentamento".
Per quanto riguarda il Danubio, le dighe lungo il suo corso hanno già distrutto l'80% delle terre umide del suo bacino. Mentre l'Indo manifesta una consistente scarsità nella portata dovuta al prelievo eccessivo di acqua destinata ad irrigare le coltivazioni agricole.
"La situazione dei fiumi che è stata illustrata dal rapporto - ha sottolineato Jamie Pittock, direttore del programma di acqua dolce del Wwf - ha messo in evidenza lo scenario di crisi dell'acqua dolce che già molte organizzazioni paventano da anni. Vogliamo che i responsabili politici affrontino il problema subito e non quando sarà troppo tardi".
"La parola d'ordine, non ci stancheremo mai di ripeterlo, - ha dichiarato Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf, non può che essere 'gestione integrata dei bacini fluviali', cioè una visione unitaria degli interi bacini idrici capace di rendere, come obiettivo fondamentale della loro gestione, il buono stato ecologico di salute degli stessi". E' indispensabile, dunque, "una forte cooperazione internazionale, buona volontà e lungimiranza per ottenere questi risultati", conclude Bologna.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 20 marzo 2007

 

 
La Provincia: segnalateci le discariche di amianto  - Oltre alle associazioni ambientaliste in tempi brevi anche i cittadini verranno coinvolti nella mappatura
 
Sarà istituito uno speciale numero telefonico contro i depositi abusivi
Un numero telefonico apposito al quale potrà rivolgersi chiunque trovi rifiuti abbandonati sul Carso. È tra le misure contenute nella «direttiva di giunta» sul censimento delle discariche abusive di amianto, proposta dall’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi, che l’esecutivo di Palazzo Galatti ha approvato all’unanimità ieri pomeriggio.
Nell’operazione la Provincia coinvolgerà da subito le associazioni ambientaliste. «Terremo un primo incontro – annuncia la Barduzzi – nel giro di una settimana». La verifica sul campo delle discariche abusive del pericoloso amianto e di altri materiali verrà effettuata da cinque guardie ambientali (ex forestali), dipendenti della Provincia.
Gli apparecchi Gps necessari a rilevare le coordinate delle discariche sono già disponibili. Di ogni discarica individuata verrà redatta una scheda, corredata di foto, con la posizione, le dimensioni e le tipoligie dei materiali rinvenuti. Dati che saranno inseriti poi nel sistema informativo territoriale.
Una volta effettuato il censimento, si porrà però il problema principale. «Bisognerà pensare – spiega l’assessore – a chi spetterà smaltire l’amianto, se i Comuni o i proprietari dei terreni, o altri soggetti, e a creare una discarica speciale».
Un nodo, quello della discarica, che non è nuovo. «Una decina di anni fa – ricorda Fabio Gemiti, esponente del Wwf – nel comitato tecnico provinciale si era discusso dell’individuazione di un centro di conferimento dell’amianto e di una discarica, ma non si era approdati a nulla. E’ giusto fare il censimento – aggiunge – ma bisogna creare un centro locale che raccolga l’amianto. Siamo favorevoli all’iniziativa della Provincia, purchè il problema sia affontato in maniera globale».
D’accordo con il censimento, anche se tardivo come misura. Roberto Giurastante, segretario della sezione triestina degli Amici della Terra, dà la massima disponibilità alla Provincia ma annota che «non è un mistero che il degrado sul Carso prosegua da molto tempo. Disponiamo già dei dati sulle discariche, e per questo ci lascia perplessi che quando le abbiamo segnalate alla Provincia e alla Regione non abbiano fatto nulla. Speriamo che ora qualcosa si metta in moto».
gi. pa.

 

 
Inceneritore, analisi dei fumi
 
La terza linea dell’inceneritore, dopo il dissequestro temporaneo iniziato la scorsa settimana, negli ultimi tre giorni ha bruciato 200 tonnellate al giorno, evitando così di dover ricorrere alla discarica isontina di Pecol dei Lupi. Ieri intanto i periti della Procura hanno incaricato una società specializzata che opera sia in Italia sia all’estero, la Sgs, di effettuare le analisi dei fumi dell’inceneritore. I prelievi sono iniziati subito e i risultati dovrebbero essere disponibili fra poco più di una settimana. I prelievi, effettuati per cinque giorni consecutivi, riguardano anche la linea 1 dell’impianto, che finora non ha dato problemi in termini di diossina.

 

 
Siti inquinati, il monitoraggio ora via web - Software dell’Insiel
 
TRIESTE La società informatica Insiel ha realizzato per la Regione Friuli Venezia Giulia il Sistema Informativo dei siti inquinati e delle aree degradate, denominato «Siqui». Si tratta - si legge in una nota nota - del primo esempio, in Italia, di sistema di collaborazione tra Enti per la gestione dei siti inquinati, che integra la parte amministrativa e tecnica, con la componente cartografica e offre le gestione condivisa dell'applicazione via web. Siqui consente di produrre nuove conoscenze sullo stato dell'ambiente, di completare quelle già acquisite, di gestire le fasi di caratterizzazione e bonifica dei siti inquinati, e soprattutto fornisce il supporto informativo per l'elaborazione del piano regionale di bonifica.

 

 

Zone pedonali, in arrivo i dissuasori anti-auto

 

Progetto del Comune cofinanziato dalla Regione: niente «panettoni» in cemento ma ostacoli elettronici a scomparsa

In quattro punti della città saranno collocati display informativi: costano 22mila euro l’uno

Nelle zone pedonali arrivano i dissuasori mobili di nuova generazione. Una tecnologia già utilizzata in città, ma destinata a diffondersi a macchia di leopardo. Niente paletti fissi e panettoni in cemento, il blocco per gli automezzi sarà elettronico: dissuasori mobili a scomparsa nel terreno, assieme alla lettura ottica delle targhe autorizzate ad entrare nelle aree pedonali.
Il progetto del Comune, cofinanziato fra il 35 e il 50 per cento dalla Regione, sarà sperimentato per il momento in via Muda vecchia-largo Granatieri proprio dietro al municipio, in piazza Verdi e nelle due aree riqualificate di viale XX settembre da via Muratti fino a via Gatteri. Tre zone ritenute strategiche sia per la concentrazione di attività commerciali e percorsi pedonali, sia per la qualità urbanistica delle stesse. Il costo del progetto - dagli scavi alla cablatura, fino alla posa dei dissuasori e delle telecamere - comporterà nelle tre aree una spesa complessiva di circa 750mila euro.
Non è solo un modo più elegante per sbarrare la strada ai furbi, l’amministrazione comunale vuole anche sperimentare un metodo per cercare di decongestionare il traffico. Il trasporto delle merci, a cominciare dalle manovre di carico e scarico, rappresentano uno dei principali intralci per la viabilità triestina. Specie nelle ore di punta. Proprio i dissuasori a scomparsa, accanto alla funzione deterrente, fungono da esperimento per cercare di liberare gli assi di scorrimento. Nelle tre aree per il momento individuate, infatti, sarà possibile entrare per effettuare lo smistamento delle merci con piccoli furgoni. L’azienda dovrà indicare gli estremi dei mezzi e delle persone alla guida per ottenere una sosta di 30 minuti.
L’accesso alle zone pedonali sarà regolamentata proprio dai dissuasori mobili che, tramite l’utilizzo della banda larga, saranno costantemente monitorati per capire il reale utilizzo della zona carico e scarico. Il numero delle aperture del varco, insomma, dimostreranno l’utilità o meno di un progetto portato avanti dagli uffici comunali. Studiato a tavolino dopo una serie di rilievi lungo quattordici itinerari, per misurare la qualità della circolazione. Sono stati analizzati i dati relativi a tre percorsi principali: da campo Marzio largo Roiano, dalle caserme di via Rossetti a foro Ulpiano e da Valmaura alla stazione centrale di piazza Libertà.
Ma accanto ai dissuasori l’innovazione tecnologica riguarderà anche una serie di pannelli informativi, attrezzati con display grafici e messaggistica stradale, da sistemare in quattro punti sperimentali: all’incrocio tra via Flavia e via Brigata casale; in piazzale Puglie vicino al campo del Ponziana; in piazzale Europa sul curvone dell’Università e in viale Miramare all’altezza del capolinea della 6 a Barcola.
Il costo di ogni pannello è di 22mila euro, per una spesa complessiva di circa 105mila euro compresa la posa in opera e l’Iva.
p.c.

 

 
Ferriera, tavolo sulla riconversione - Dopo la disponibilità della Severstal il Comune apre alla Regione
 
Il Comune tornerà a parlare della Ferriera con la Regione. Un’industria da «chiudere e riconvertire», secondo Roberto Dipiazza, che ieri ha incontrato in piazza Unità le Rsu dello stabilimento di Servola.
Sono stati proprio i sindacati, dopo le recenti dichiarazioni del sindaco, a chiedere un faccia a faccia. E ai rappresentanti di Uilm, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Ugl, ricevuti nel suo ufficio, Dipiazza ha ribadito l’intenzione manifestatagli dalla Lucchini-Severstal, per voce dell’amministratore delegato Gillerio, di un interesse della società per la logistica proprio all’interno dell’area. Ma anche le possibilità di assorbimento, dopo un colloquio con il governatore Riccardo Illy, dei circa 650 dipendenti.
«Abbiamo parlato con chiarezza di un problema serio, dopo aver sentito per anni solo chiacchiere. L’impegno che ho preso con i sindacati è di incontrare l’assessore regionale all’Ambiente, Gianfranco Moretton, e di convocare un tavolo entro il 20 di aprile assieme a Regione e Provincia», racconta Dipiazza. E aggiunge: «Nell’area della Ferriera si stanno già scaricando merci, ma per la riconversione bisogna passare per la bonifica dell’area - dice - e non si può imputare l’inquinamento solo alla Lucchini-Severstal. Senza l’aiuto dello Stato e della Regione diventa complicato, ma la riconversione è l’unica strada per i lavoratori e gli abitanti di Servola».
Una posizione condivisa dalle Rsu che si sono detti stufi del «gioco politico» attorno alla Ferriera, ma disponibili a una riconversione a patto della salvaguardia di tutti i posti di lavoro. «Da alcuni mesi stiamo lavorano per conto terzi alle movimentazioni di banchina. Adesso aspettiamo il confronto - dice Franco Palman della Uilm - tra l’azienda, le istituzioni e le parti sociali. Chiediamo solo di intraprendere un percorso concreto».
Avuta conferma da parte di Dipiazza dell’incontro con la proprietà e la Regione i sindacati - presenti anche Umberto Salvaneschi della Fim-Cisl e Dario Crevatin dell’Ugl - hanno apprezzato la disponibilità del Comune di tornare a discutere della Ferriera. «È positivo che il sindaco andrà a chiedere un tavolo, dopo averlo disertato in passato», spiega Fabio Fuccaro della Fiom-Cgil. E aggiunge: «Sulla possibile riconversione però chiediamo - dice - che siano ricollocati tutti assieme i 650 lavoratori. Non ci potranno essere degli scaglionamenti».
Accanto al lavoro delle istituzioni, però, i sindacati vogliono capire bene anche la posizione dell’azienda. Il colloquio dell’ad Gillerio con il sindaco, insomma, non può bastare a definire una questione molto delicata. «Ultimamente viene fatto uno scarico per conto terzi di cemento, una prova quale base logistica che ad ogni modo - sostiene Fuccaro - non riuscirà a garantire tutti i 650 posti di lavoro».
p.c.

 

 
A Rozzol Melara è polemica tra residenti e Esatto: «Pochi soldi per la raccolta differenziata»
 
Non rispettato l’accordo per l’esperimento condotto nel rione: nessuna riduzione Tarsu
L’Ater tenta la mediazione ma ogni famiglia dovrebbe accontentarsi di 20 euro per l’impegno profuso
Dodicimila euro in totale, per una media di una ventina di euro a ciascuna delle circa 600 famiglie che vivono nel quadrilatero di Rozzol Melara. Dopo le aspre polemiche degli ultimi giorni, é questo il premio stanziato da Esatto a favore dei residenti del comprensorio che hanno sperimentato per parecchi mesi un particolare metodo di raccolta differenziata delle immondizie.
L’importo è stato inserito nelle bollette d’affitto stampate e inviate dall’Ater, proprietaria del complesso di edifici, nei primi mesi di quest’anno. Lo ha confermato ieri il direttore pro tempore dell’Ater, Antonio Ius, che ha però tenuto a precisare che «l’azienda di piazza dei Foraggi in questo frangente, funge solo da tramite, essendo stata la Esatto spa a decidere entità e tempi dell’accreditamento».
Non è escluso però che le polemiche continuino.
Per ottenere questi importi, che nel dettaglio sono proporzionali alla metratura occupata dalle varie famiglie, i residenti del palazzone di Melara hanno dovuto minacciare di «far intervenire – come si legge in una nota di protesta di questi giorni - gli uffici preposti alla salvaguardia dell’igiene pubblica».
Dopo una prima fase, iniziata circa tre anni fa, nel corso della quale gli interessati avevano manifestato entusiasmo per l’iniziativa e la raccolta differenziata, effettuata dal consorzio «Interland», era stata regolare con cadenza settimanale, erano cominciati i problemi.
«Accettammo di buon grado all’epoca – spiegano i residenti – perché erano numerosi gli effetti positivi della proposta. Si sarebbero creati posti di lavoro alla ‘Interland’ e non avremmo più dovuto uscire all’esterno per portare le immondizie negli appositi raccoglitori».
C’era però un ulteriore punto che, a distanza di tempo, ha originato aspre discussioni. I residenti sostengono che durante le pubbliche assemblee, convocate per illustrare i dettagli dell’operazione, «funzionari del Comune avevano garantito che, se l’esito dell’esperimento fosse stato significativo, in cambio avremmo goduto di una riduzione del 10 per cento sulla Tarsu, la tassa sulla raccolta delle immondizie che bisogna pagare a Esatto».
«Tutto ciò non è accaduto – sostengono i residenti – e oggi siamo costretti a pensare che l’intera operazione sia stata condotta con astuzia, in modo da far iniziare la raccolta al consorzio ‘Interland’, senza riconoscerci quanto era stato promesso».
Le lamentele erano poi aumentate quanto il ritmo della raccolta era calato: non più ritiri settimanali «ma presenze saltuarie e casuali - sottolineano i residenti del quadrilatero – con un monte di spazzatura sempre presente negli androni delle case».
Una situazione definita «insostenibile» dai residenti del quadrilatero, che si erano dichiarati pronti a protestare in tutte le maniere lecite. A far esplodere la rabbia di chi abita nella zona era stato l’arrivo delle recente bollette della Tarsu «che presentano notevoli aumenti» affermano gli interessati.
A tentare di calmare le acque c’è adesso la dichiarazione del direttore dell’Ater, che fa da «ambasciator che non porta pena». Si tratterà di verificare se i residenti di Rozzol Melara si accontenteranno di un premio di una ventina di euro a famiglia, stanziato da Esatto attraverso l’Ater.
u.s.

 

 

«Centro chiuso? Opportuno ma difficile»  - Gli esercenti i più convinti, dopo l’esperienza di via San Nicolò

 

Rilevata da tanti l’insostenibilità dello smog. Una barista: «Dovrei pulire la polvere ogni dieci minuti»

C’è chi vorrebbe una grande isola pedonale, che copra l’intero centro cittadino e chi invece accetta il traffico intenso come una inevitabile componente quotidiana della vita moderna. Si spaccano in due partiti i triestini, sollecitati a parlare sui problemi della circolazione in centro.
Il popolo formato da chi vive e lavora in via Milano e nei pressi si divide equamente fra «pro» e «contro» la chiusura al traffico privato. Tatiana Gerboni fa parte del secondo di questi due gruppi: «Bisogna adattarsi – spiega – e accettare il traffico, lo smog, il rumore, perché l’esigenza di muoversi e velocemente è comune a tutti. Non si può volere il giardino silenzioso e profumato sotto casa e poi pretendere che la propria vettura possa andare ovunque».
«C’è un vecchio detto triestino – conclude ironicamente ricorda – che afferma che non si può avere ‘moglie imbriaga e bote piena’. Credo faccia al caso di quanti protestano per le macchine».
Dello stesso avviso è Fulvio Sponza: «Tutte le grandi città vivono questa situazione – dice – non vedo perché a Trieste si debba pretendere un provvedimento speciale».
«È normale che smog, rumori, automobili comportino disagi – aggiunge – ma non vedo altre soluzioni, soprattutto in una città come la nostra, in particolare qui nel Borgo Teresiano, pensato e realizzato per le carrozze e oggi sottoposto all’invasione delle vetture private. Bisogna adeguarsi».
Anche Ferruccio Di Bin segue questo filone: «Rinunciare alla macchina è una cosa che tutti vorrebbero, a condizione che riguardi sempre gli altri – afferma – perciò sono convinto che a Trieste una grande isola pedonale nelle zone del centro non si possa realizzare. Si fermerebbe tutto». Adriana Laterza confessa di aver fatto «l’abitudine al traffico, ai rumori e agli odori del centro».
«Certo – continua – chiudere sarebbe meglio, magari dotando il centro cittadino di un adeguato numero di mezzi pubblici e di piste ciclabili, considerando che il Borgo Teresiano è pianeggiante».
«Ma – ammette in finale la donna – non so se questo progetto sia possibile viste le abitudini della gente».
Schierati dalla parte esattamente opposta sono quanti voterebbero domani mattina un «sì» all’isola pedonale nel centro di Trieste. Clara Degrassi è titolare di un bar all’angolo fra le vie Milano e Roma: «La situazione è spaventosa – confessa – perché dovrei fare la polvere sul bancone ogni dieci minuti».
«Abbiamo provato a tener chiuse le porte dell’esercizio – continua – ma soprattutto nei mesi estivi adottare questo provvedimento non è possibile».
«Anche il rumore – incalza l’esercente – è insopportabile e dopo un certo numero di ore trascorse qui si è storditi. Credo che la soluzione di una grande isola pedonale sarebbe quella giusta».
«Prima di venire qui – conclude, ricordando un’esperienza significativa – ho lavorato in un pubblico esercizio di via San Nicolò. Quando si cominciò a parlare di pedonalizzazione, tutti i commercianti e gli esercenti erano spaventati. Adesso sono felici. Vorrei che lo stesso accadesse qui».
Andrea Bonivento ha aperto da poco un’attività al primo piano di un palazzo del Borgo Teresiano: «Dovrei già ridipingere tutte le pareti – lamenta – perché il costante transito di pesanti autobus fa tremare il mio e i palazzi vicini. Le crepe sono visibili a occhio nudo e sono provocate da questo continuo tremolio».
«Chiedere l’isola pedonale è l’unica cosa che i residenti e chi lavora in questa parte della città può fare».
Un’affermazione che trova d’accordo anche Claudio Scrigner. Pure lui impegnato al banco di un bar, propende per la chiusura: «È l’unico provvedimento logico da adottare per questa parte della città. Credo che il traffico sia aumentato negli ultimi anni, peggiorando ulteriormente una situazione che era sempre difficile. Il Borgo Teresiano – evidenzia – è un’area di continuo transito, di giorno e in parte anche di notte, perciò chi vive qui è penalizzato».
«Fosse per me – sostiene Martina Masi – farei una grande isola pedonale di tutto il centro. Certo, bisognerebbe servirla con una rete capillare e sufficiente di mezzi pubblici, che copra realmente bene tutte le zone centrali».
«A quel punto si potrebbe magari riservare qualche spazio per le biciclette. Credo che anche i pubblici esercizi e i negozi della zona – aggiunge – trarrebbero un beneficio da un provvedimento di questa natura».
Ugo Salvini

 

 
Rigassificatori pericolosi

Il Piccolo del 13 marzo riportava un articolo dove il vicepresidente di Confindustria, Morandini, dichiarava: «Non basta il risparmio energetico, bisogna puntare sulle fonti rinnovabili».
Poi proseguiva suggerendo che bisogna costruire i rigassificatori, anche a Trieste, e puntare sul nucleare.
A questo punto mi viene spontaneo fare alcune riflessioni sul pensiero del sig. Morandini.
Innanzitutto è bene ricordare che l’energia prodotta da fonti rinnovabili non include né gas, né nucleare, né carbone, quindi il signor Morandini dovrebbe approfondire le sue conoscenze su cosa significhi «fonti rinnovabili» e, per quanto riguarda il nucleare, indicare come, dove e con quali costi ci si possa liberare delle scorie altamente radioattive prodotte dalle centrali nucleari stesse.
In secondo luogo dovrebbe perlomeno informarsi meglio sull’argomento rigassificatori, leggendo quanto pubblicato da scienziati ed esperti intervenuti sull’argomento, oppure sfogliando l’ultimo libro di Piero Angela.
Verrebbe così a sapere che tali impianti sono considerati ad altissimo rischio e rientrano nella Direttiva Seveso, la quale prevede, tra l’altro, l’obbligo di informare la popolazione sulle misure di sicurezza da adottare in caso di incidente, il controllo dell’urbanizzazione attorno ai siti a rischio, piani di emergenza da predisporre consultando la popolazione ecc. Inoltre come si fa, nel caso della baia di Muggia, a non considerare l’incompatibilità con l’attività portuale, a cui verrebbe ridotta la funzionalità dato che le navi gasiere bloccano il traffico marittimo in una fascia di navigazione molto ampia? Come si fa a non consideare che la baia di Muggia ha fondali insufficienti (lo studio Gas Natural, se non sbaglio, parla di fondale di 50 metri) per cui è innegabile che, in fase di manovra, i fondali siano messi sottosopra con conseguente ritorno in sospensione di materiali tossici? Quali conseguenze avrebbe tutto ciò sull’attività turistica di Muggia, sulla pesca e sui relativi posti di lavoro?
E, non ultimo, il pericolo di attentati (agli atti del Congresso degli Stati Uniti del 21 aprile 2005 un membro del congresso affermava che questi impianti sono «tra gli obiettivi più attraenti per i terroristi»).
Non sono preoccupazioni infondate: Trieste, negli anni ’70, ha già subìto un attentato all’oleodotto, ad opera di terroristi arabi.
Questa insistenza da parte degli operatori economici, nel voler insediare nella baia di Muggia l’impianto di rigassificazione, sembra sempre più dettata da interessi economici di pochi a danno della collettività.
Sergio Baldassi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 19 marzo 2007

 

 

Amianto, saranno censite le discariche - Segnalati un centinaio di depositi abusivi sul Carso e in periferia

 

La Provincia lancia la proposta e chiede la collaborazione delle associazioni ambientaliste

Saranno censite tutte le discariche abusive di amianto presenti sul territorio della Provincia di Trieste. Sarebbero almeno un centinaio quelle segnalate negli ultimi anni.
Lo ha annunciato ieri l’assessore all’ambiente Ondina Barduzzi che nella odierna riunione della giunta provinciale proporrà alla presidente Maria Teresa Bassa Poropat di realizzare una sorta di mappatura del territorio, individuando punto per punto le discariche abusive, specie quelle in cui è presente l’amianto. Il problema è di drammatica attualità, dopo la diffusione dei dati dell’Azienda sanitaria (60 morti all’anno per tumori legati all’amianto) e all’annuncio del procuratore generale Deidda che costituirà un pool specializzato di magistrati per indagare sulle 200 cause pendenti in Tribunale e relative a richieste di indennizzi per malattie contratte da lavoratori a contatto con l’amianto.
Per realizzare il progetto del censimento, propedeutico alla successiva bonifica, verrà coinvolto il personale dell’assessorato provinciale all’Ambiente e in particolar modo le guardie forestali provinciali. Con un semplice «Gps» verranno identificate e annotate le coordinate delle aree su cui abusivamente è stato depositato negli ultimi vent’anni dell’Eternit e dell’amianto, dichiarati fuorilegge nelle costruzioni edili, nelle coibentazioni, nelle sale macchine della navi e in mille altri usi industriali.
In questo censimento-mappatura, l’assessore Ondina Barduzzi intende coinvolgere anche le associazioni ambientaliste che più volte hanno segnalato la pericolosa presenza delle discariche abusive di amianto, chiedendo l’intervento delle autorità per l’obbligatoria bonifica.
Discariche anche di svariate dimensioni, tutte comunque fuorilegge, sono presenti sul Carso, nelle estreme periferie cittadine ma anche nelle zone industriali e artigianali del nostro territorio. Tutto queste è accaduto e accade ancora perché in tutto il Friuli Venezia Giulia non esiste una sola discarica autorizzata a smaltire l’amianto. I costi di trasferimento sono alti e quelli di bonifica più che onerosi dal momento che il personale delle ditte autorizzate alle demolizioni deve lavorare con maschere protettive a gran facciale, indossando tute specifiche, guanti e scarpe antinfortunistiche. Per evitare che gli «aghi» microscopici dell’amianto si diffondano nell’atmosfera e vengano respirati provocando neoplasie mortali, nelle demolizioni dei vecchi edifici, le pareti e i pavimenti vengono irrorati con liquidi speciali.
Altrettanto onerosa sarà la bonifica delle decine di siti a rischio che verranno individuati dal censimento proposto dall’assessore Barduzzi. Certo è che l’associazione ambientalista «Amici della terra» nei suoi interventi sul Carso ha già individuato e segnalato una buon numero di discariche abusive in cui è presente l’amianto. Le segnalazioni sono state inoltrate a varie autorità tra cui i carabinieri del Nucleo operativo ecologico. Le individuazioni erano state effettuate nell’ambito delle tante edizioni della manifestazione «Carso pulito» a cui hanno partecipato numerosi alunni e insegnanti della scuole cittadine.
Discariche abusive con la presenza di amianto sono state individuate e fotografate a Piani del Grisa, in una vasta area nei pressi del campo sportivo di Prosecco, accanto all’abitato di Banne dove una dolina è stata in parte colmata. Sono state usate come discariche o microdiscariche anche alcune cave abbandonate dove l’Eternit è stato coperto con altri materiali inerti, provenienti dalle demolizioni di edifici.
L’abbandono di altro materiale con amianto è stato segnalato nei pressi della cava Scorja, posta sul ciglione carsico di Basovizza. Altro in passato è finito nella collina della vergogna di Trebiciano, l’enorme discarica usata per più di vent’anni dal Comune di Trieste per smaltire i rifiuti cittadini. Si potrebbe continuare a lungo in questo elenco ma va anche capito che oltre a una diffusione orizzontale, l’amianto ne ha subita una anche verticale, stratigrafica. Da più di vent’anni operai e ditte irresponsabili se ne disfano, nascondendolo, mascherandolo, coprendolo con altri materiali.

Claudio Ernè

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 18 marzo 2007

 

 

Amianto, 200 cause: un pool indagherà

 

A Palazzo di giustizia verrà istituito un gruppo specializzato per affrontare un problema che coinvolge migliaia di lavoratori triestini

Il pg Deidda: «Sono molti i procedimenti pendenti ma sono troppo pochi i magistrati»

Sono 200 le cause penali, civili e di lavoro su malattie professionali e morti per amianto pendenti al Tribunale di Trieste. Sono così numerose che per affrontarle e indagare dovrà venir costituito un pool di magistrati specializzati. In una città in cui sono 60 i morti ogni anno per mesotelioma alla pleura, dove ogni mese ci sono quattro nuovi malati e in un anno bisogna bonificare 700 edifici, la giustizia si vede costretta a raddoppiare gli sforzi.
L’annuncio dell’istituzione di un pool speciale è stato dato dal procuratore generale Beniamino Deidda durante un dibattito organizzato da Cgil, Spi-Cgil e Fiom in cui il senatore dei Ds Felice Casson ha illustrato i contenuti del disegno di legge sull’amianto di cui l’ex magistrato di Venezia è il primo firmatario.
L’intervento del procuratore generale non era previsto. Ha chiesto di prendere la parola per affrontare un tema, quello degli esposti all’amianto, che interessa migliaia di lavoratori triestini, in particolare portuali e cantierini. «Sono numerose - ha detto Deidda - le sollecitazioni arrivate nel mio ufficio. A Trieste pendono duecento procedimenti per mesotelioma pleurico: a trattarli c’è un gruppo sparuto di magistrati che non riesce, per la mole di lavoro complessiva in procura, ad azzerare né diminuire queste pendenze. A Gorizia i procedimenti sono di più (circa 600, riconducibili in larga misura a ex lavoratori della Fincantieri di Monfalcone, ndr)». Le cause, di norma, coinvolgono ammalati, parenti di persone decedute o ex lavoratori esposti all’amianto che chiedono il risarcimento del danno biologico ed esistenziale, o il riconoscimento dei diritti pensionistici previsti dalla legge 257 del 1992: la controparte sono le imprese e gli enti in cui gli interessati hanno lavorato, l’Inail e gli istituti previdenziali.
«La quantità di cause ancora pendenti - ha aggiunto Deidda - deriva da due problemi. Il primo riguarda gli organici, che sono sottodimensionati. Proprio ieri (venerdì, ndr) si è chiusa un’ispezione ministeriale nella nostra sede di Trieste dove, così è stato riferito dagli stessi ispettori, nessuno vuole venirci a lavorare. Il secondo problema è la specializzazione: trattare questi procedimenti non è semplice, bisogna accertare esposizioni all’amianto di 30-40 anni fa, e attualmente non c’è nessun magistrato specializzato né a Trieste né a Gorizia. Mi sto impegnando proprio su questo: creeremo un piccolo pool fra Trieste e Gorizia».
L’uscita pubblica di Deidda - una delle poche da quando, un anno fa, si è insediato a Trieste - è coincisa con la presenza di Felice Casson, l’ex pm veneziano che si occupò dei processi per le morti e le malattie collegabili all’esposizione al cvm (il cloruro di vinile monomero) e all’amianto rispettivamente al Petrolchimico e ai cantieri navali di Porto Marghera. «Se la magistratura lo vuole - ha spiegato Casson - il quadro normativo c’è: dai decreti del presidente della Repubblica di metà anni ’50 sulla tutela dei lavoratori fino a una sentenza della Cassazione del 2002, dove sono contenuti i principi che consentono di trovare il nesso di causalità fra esposizione professionale e patologia».
Casson sta girando l’Italia per spiegare le novità del disegno di legge costruito sui testi dell’ex sindacalista della Cgil Antonio Pizzinato, e per raccogliere proposte di emendamento. Il documento - ha sottolineato l’ex pm - mira a uniformare la materia superando i limiti della legge del centrodestra nel 2003 che esclude marittimi e ferrovieri, limita il moltiplicatore per le indennità, da cui risultano esclusi quelli con meno di dieci anni di esposizione professionale. Il ddl prevede l’istituzione di un fondo per le vittime dell’amianto, l’attuazione di piani di bonifica territoriali, agevolazioni per lo smaltimento dell’eternit dei privati, assistenza legale e monitoraggi sanitari gratuiti e soprattutto un riconoscimento di un bonus da 700 euro l’anno per gli esposti all’amianto andati in pensione prima dell’entrata in vigore della legge del ’92. Resta un punto interrogativo: la copertura finanziaria: per questo Casson incontrerà martedì il ministro del Lavoro Damiano. «Se le risposte non saranno positive sarà fondamentale una mobilitazione di sindacati, associazioni, gruppi di cittadini e forze politiche».

Piero Rauber

 

Il Comune: «Le bonifiche? Se ne occupa l’Azienda sanitaria»
«No, non mi risulta che nelle sedi comunali vi sia amianto, magari qualche tubo esisterà ma questo è ininfluente per la salute dei dipendenti, e quanto alle discariche abusive sul territorio non risultano al momento». Così dice Maurizio Bucci, assessore comunale all’Ambiente, già sotto pressione per l’inceneritore. La legge sull’amianto ha imposto anni fa a tutti gli enti pubblici un’azione obbligatoria di bonifica, ma Bucci specifica: «Bisogna bonificare solo quanto l’amianto si sfarina, e in tutti i casi è l’Azienda sanitaria che fa l’ordinanza».
Così anche per le case private, dove il problema in realtà è affidato solo alla sensibilità (o alla legittima prudenza) dei singoli: «Il cittadino che segnala amianto sulla tettoria del vicino - prosegue l’assessore - viene dirottato all’Azienda sanitaria, e comunque il vero problema è che a Trieste non esistendo discariche (il che è meglio per l’ambiente) bisogna interpellare ditte specializzate, che sono poche, così la bonifica ha costi scandalosamente alti».
E le discariche abusive, il Carso come ricettacolo di eternit sfatto? «Non mi risultano davvero - chiude Bucci - se ne occupa l’AcegasAps, ma non ci segnala alcunché».

 

 

ISTRIA: regione sotto accusa per il caso Rockwool
 
POLA Nuovo duro scontro a distanza tra il presidente della Regione istriana Ivan Nino Jakovcic e il presidente dell'associazione ambientalista Ekop Istra Josip Antun Rupnik. Il motivo della contesa è la costruenda fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool nella fertile campagna di Sottopedena, località nel circondario albonese. Rupnik ha dichiarato che lo sbarco della campagnia danese in Istria era stato concordato di nascosto con molto anticipo rispetto alla stesura dello Studio d'impatto ambientale e del relativo dibattito pubblico. «Disponiamo di precisi documenti a supporto di questa affermazione - ha detto Rupnik - e abbiamo già informato la Procura regionale, il Procuratore di stato mentre nei prossimi giorni partirà una denuncia all'indirizzo della Corte costituzionale.
Alla consueta conferenza stampa mensile Jakovcic ha risposto trattarsi di menzogne e speculazioni. «Un fatto è certo - ha spiegato - il progetto ha ottenuto la licenza edilizia dal ministero all'Ambiente in base allo Studio d'impatto ambientale per cui è stata rispettata la normale procedura». A proposito delle accuse di inquinamento rivolte alla fabbrica, Jakovcic ha dichiarato che la Rockwool ha ottenuto finora numerosi riconoscimenti a livello mondiale proprio per il rispetto degli standard ecologici. Jakovcic ha poi trattato altri temi legati all'ambiente, in primo luogo la futura centrale termoelettrica Fianona 3.
«Per far decollare il progetto bisognerà modificare opportunamente il piano ambientale dell'Istria - ha detto - però il combustibile usato dovrà essere il gas naturale che tra l'altro passa da quelle parti, e non il carbone come qualcuno vorrebbe. Ed è questa la condizione per il disco verde della Regione alla costruzione della nuova centrale termoelettrica». Jakovcic ha infine ribadito il suo gradimento alla collocazione dei rigassificatori nel Golfo di Fianona. «Invito il governo croato a considerare questa prospettiva - ha concluso - dato che si tratta di un progetto di importanza nazionale».
p.r.

 

 
Inceneritore e rischi
Il signor Luciano Emili in una «Segnalazione» del 7 marzo, fa delle considerazioni eccessivamente allarmistiche – ad avviso dello scrivente – sulla pericolosità della diossina prodotta dall’inceneritore di Trieste. Infatti egli mette in diretta correlazione il quantitativo di diossina, emessa giornalmente dall’impianto, con la dose massima che secondo l’Oms può essere assunta da una persona e trae la conclusione che 900.000 adulti ne potrebbero essere contaminati.
Fortunatamente le cose non stanno in questi termini, perché sia le diossine sia gli altri inquinanti emessi dagli stabilimenti industriali si disperdono nell’atmosfera, purchè i camini siano sufficientemente alti e le temperature dei fumi elevate. Solo una piccola parte delle sostanze inquinanti ricade all’intorno del punto di emissione e si ritrova nell’aria che respiriamo, diluita almeno 10.000 volte.
Fatta questa precisazione, l’intervento è nel complesso condivisibile, per quanto concerne la critica nei confronti degli inceneritori, sia sotto l’aspetto dell’inquinamento dell’aria, sia di quello energetico.
Non capisco invece la polemica del sig. Emili nei miei confronti quando rileva che il mio intervento sul Piccolo del 17 febbraio è paradossale e quando sostiene che io non sia stato particolarmente critico nei confronti di questo impianto. Qui di seguito cerco di sintetizzare la posizione della sezione di Trieste del Wwf, di cui faccio parte come responsabile del settore inquinamento e rifiuti, sul problema dello smaltimento dei rifiuti urbani. Il Wwf ha da sempre sostenuto che la soluzione di questo problema passa attraverso una capillare ed efficiente raccolta differenziata (R.D.) che dovrebbe puntare idealmente al 100% (rifiuti zero). Nelle more per il raggiungimento di tale obiettivo è però gioco forza smaltire la parte residua non differenziata o con l’incenerimento – visto tra l’altro che l’inceneritore di Trieste esiste da una dozzina d’anni – o mediante discariche. Tra le due alternative l’incenerimento con recupero del calore prodotto (produzione di energia elettrica e teleriscaldamento) si presenterebbe indubbiamente come la soluzione preferibile. Purtroppo l’impianto Acegas produce soltanto elettricità, mentre il calore viene disperso nell’ambiente.
Coerentemente con questi indirizzi la Sezione di Trieste del Wwf si è opposta decisamente (nell’assordante silenzio di tutti gli altri) alla realizzazione della terza linea dell’inceneritore, considerando tale potenziamento inutile per la provincia di Trieste se la R.D. fosse stata portata almeno al 35%, come previsto per il 2003 dal «decreto Ronchi»; costoso per la cittadinanza; di ostacolo per la raccolta differenziata; causa di peggioramento della qualità dell’aria.
D’altra parte non posso non ribadire, in base ai dati in mio possesso (indagine sulla ricaduta delle diossine, fatta dall’Istituto Mario Negri per conto di Acegas-Aps, e dati sulle emissioni dell’inceneritore), in base alle rilevazioni visive dei fumi emessi e allo scambio di informazioni con i tecnici dell’Acegas che gestiscono l’inceneritore e di cui conosco personalmente le capacità, che la gestione dell’impianto – a mio avviso – è stata nel complesso accurata.
Evidentemente il sig. Emili, già attivista di associazioni ambientaliste, per propri motivi personali è più interessato a polemizzare sul nulla che a risolvere i gravi problemi ambientali, rigassificatori in primis, che incombono sulla nostra provincia.
Fabio Gemiti - Sezione di Trieste del Wwf

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 17 marzo 2007

 

 
Riconoscimento alla Ferriera per la gestione ambientale - Le Rsu: «Dipiazza, esternazioni demagogiche»
 
La Ferriera ha ottenuto la certificazione ambientale Iso 14001-2004. L’ente Igq di Milano ha ritenuto il sistema di gestione ambientale conforme alle norme che permettono a un’azienda di controllare la propria politica ambientale. Alla Iso Lucchini-Severstal vuole affiancare entro il primo semestre 2009 la certificazione europea Emas.
La notizia arriva all’indomani delle dichiarazioni del sindaco Dipiazza, ottimista sulla chiusura dello stabilimento nel 2009 dopo che l’azienda gli avrebbe fatto sapere di non considerare Servola elemento insostituibile. Inoltre il governatore Illy si sarebbe detto disponibile a valutare la «riconversione dei lavoratori». Da Lucchini-Severstal, precisando che con il sindaco c’è stato un colloquio informale, si fa sapere che la Servola «ha una sua logica» nel gruppo, che continua a lavorare per proseguire oltre il 2009 anche se non vuole scendere in guerra contro gli enti locali, se questi pongano percorsi precisi.
Dalla Regione, l’assessore Roberto Cosolini osserva come la Regione si sia sempre detta disponibile a occuparsi della ricollocazione dei lavoratori, e su Dipiazza taglia corto: «Si rimesta una minestra volendo far vedere che è nuova». Resta fissato per maggio il tavolo istituzionale che su richiesta dell’azienda entro allora dovrà verificare se esistano le condizioni per rivedere l’accordo di chiusura al 2009. L’azienda ha chiesto di continuare l’attività, «e non ci risulta abbia cambiato idea. Se il sindaco sa qualcosa di nuovo lo dica in modo chiaro, possibilmente d’intesa con l’azienda», chiude Cosolini.
Le Rsu della Ferriera parlano di «ennesima esternazione del sindaco demagogica e populista», precisando di non volere entrare nel merito delle prospettive. «Ci preme chiarezza e garanzia della sicurezza lavorativa: chiediamo si superi la fase di «giochetti sulle spalle di lavoratori e residenti», per un «confronto serio e programmato in cui le parti trovino una soluzione che rispetti tutte le necessità», chiudono le Rsu.

 

 

 

 

ALTROCONSUMO - VENERDI' , 16 marzo 2007

 
Elettricita' verde: l'Italia ancora al palo
 
Per l'Europa siamo tra i Paesi comunitari più deludenti per quanto riguarda la promozione e la diffusione di energia elettrica alternativa, cioè prodotta da fonti rinnovabili (solare, eolica, idrica...).
Il giudizio di Bruxelles si basa sul fatto che l'Italia ha ancora molta strada da fare per raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione in materia di energia verde: la direttiva 2001/77/CE ha stabilito che nel 2010 la produzione complessiva di elettricità in Europa dovrà essere realizzata per il 21% attraverso fonti rinnovabili, con un contributo differente per ciascun Paese. Se si procederà con lo stesso passo di oggi, è probabile che il traguardo non verrà centrato, ma ci si fermerà al 19%. Non tutti gli Stati comunitari, però, si stanno comportando allo stesso modo. Accanto a quelli virtuosi, soprattutto Germania, Danimarca e Spagna, ci sono anche gli ultimi della classe. E l'Italia fa parte di questo gruppo: secondo quanto deciso a livello europeo, nel 2010 il nostro Paese dovrebbe produrre il 25% di elettricità tramite fonti rinnovabili. L'ultimo dato, riferito al 2005, indica che l'Italia è ferma al 16%: davvero troppo poco per sperare di recuperare e assolvere il compito prefissato. Secondo la Commissione europea, nonostante le potenzialità del nostro Paese, a livello di pubblica amministrazione si fa troppo poco per promuovere davvero lo sviluppo dell'energia verde.

 

 

REGIONE BOCCIATA in ambiente - dal Konrad n. 124 - Marzo 2007 - pag. 6

Il dossier del WWF sulla politica ambientale della Giunta Illy

Già nell’ottobre 2004 il WWF stilò una sorta di “pagella” sulla politica ambientale della Giunta regionale, che si concludeva con un giudizio complessivamente negativo.
Ad oltre due anni di distanza, e a poco più di un anno dalla fine della legislatura, l’analisi è stata aggiornata e la valutazione che ne risulta è ancor più negativa.
Il nuovo dossier riassume 23 “casi studio” emblematici, che riguardano la politica industriale (vengono esaminate le situazioni intollerabili della Ferriera di Servola a Trieste e della Cartiera “Burgo” a Tolmezzo), quella energetica (analisi sulle centrali elettriche, gli elettrodotti ed il piano energetico regionale e sull’incredibile comportamento della Giunta in merito ai terminali GNL), l’urbanistica ed il paesaggio (casi studio la devastante riforma urbanistica ed il Piano Territoriale Regionale, lo scandaloso comportamento in merito alla Baia di Sistiana e la svendita del patrimonio regionale), le infrastrutture ed i trasporti (casi studio il progetto dell’assurda linea ad alta velocità Venezia-Trieste-Lubiana e l’altrettanto assurda autostrada tra Carnia e Cadore), le aree protette (casi studio la mancata istituzione di aree protette e delle Zone di Protezione Speciale previste dalla normativa europea, la rete “Natura 2000” e la situazione – semi-catastrofica – degli uffici regionali preposti alla tutela della natura), la politica del turismo invernale (con una “zoomata” sulla cementificazione in alta montagna prevista dal progetto Illy-Haider per il Passo Pramollo), la tutela dei fiumi e delle acque (caso studio le famigerate “casse di espansione” sul medio Tagliamento), la tutela della fauna e la caccia (casi studio le tante norme regionali in contrasto con quelle nazionali ed europee, la situazione della vigilanza venatoria e la politica – uno dei pochi “voti” positivi - per i grandi carnivori), sulla valutazione ambientale strategica (VAS) e sui rapporti Stato-Regione (la Regione insiste, anche nel recente protocollo Illy-Prodi, da un lato a pretendere finanziamenti e corsie preferenziali normative per infrastrutture devastanti e dall’altro a rivendicare la cessione di competenze ambientali dallo Stato).
Pochissimi i giudizi positivi o quasi sufficienti (come quello sulla conversione parziale a ciclo combinato e a metano della centrale termoelettrica di Monfalcone). In quasi tutti i campi i “voti” del WWF alla Giunta Illy sono molto negativi, con particolare enfasi per quanto riguarda le aree protette e la tutela della biodiversità, la gestione del territorio e del paesaggio, le infrastrutture di trasporto e la gestione dei corsi d’acqua (settori, a ben vedere, tra loro strettamente correlati).
Tutte “materie” nelle quali la Giunta era già stata “bocciata” nel 2004, ma nelle quali evidentemente non ha voluto applicarsi ... Perchè errare humanum est, sed perseverare diabolicum.
Malgrado la sostanziale noncuranza per i problemi ambientali, da parte di una Giunta che mostra di avere il suo referente principale nella Confindustria, il WWF insiste nel chiedere una conversione di rotta. Alla presentazione del dossier ha così fatto seguito una lettera – inviata a Illy, ai suoi assessori ed a tutti i consiglieri regionali – in cui il presidente nazionale dell’associazione, Fulco Pratesi, elenca le principali priorità: adeguamento della normativa regionale alle disposizioni europee in campo ambientale, applicazione piena della VAS a piani e programmi e della VIA ai progetti, garantendo piena informazione e coinvolgimento dei cittadini, revisione dei criteri di intervento sugli ecosistemi fluviali, avvio di una politica attiva di tutela della biodiversità e del paesaggio, ampliamento delle aree protette, garantendone efficace gestione e vigilanza.
Si attende ora la risposta della Giunta e delle forze politiche.
Merita infine citare un episodio significativo.
La presentazione del dossier WWF ha avuto luogo al Centro Congressi della Stazione marittima di Trieste. Ad una conferenza stampa – presenti le principali testate giornalistiche e radiotelevisive regionali – ha fatto seguito un dibattito di alto livello, con la partecipazione tra gli altri (davanti ad un folto pubblico) del vice-presidente nazionale del WWF Italia, Enzo Venini, e di numerosi esperti e docenti universitari di vari atenei italiani.
La manifestazione ha avuto notevole risalto sul TGR RAI, in quelli delle principali TV locali e sui giornali friulani, ma è stata totalmente ignorata dall’unico quotidiano triestino in lingua italiana, cioè IL PICCOLO (pur presente con un giornalista alla conferenza stampa): solo un caso di sciatteria professionale?

Dario Predonzan

Il testo integrale del dossier WWF ed altro materiale sull’argomento nel sito www.wwf.it/friuliveneziagiulia

 

 

Parole a vanvera... E IO PAGO! - dal Konrad n. 124 - Marzo 2007 - pag. 7

Le tragicomiche esternazioni dei politici - sui terminali di rigassificazione


E' divertente, e deprimente, al tempo stesso, scorrere e confrontare gli interventi dei politici locali sulle decisioni da prendere in merito ai rigassificatori. Spicca, una volta, di più, il sindaco di Trieste, Dipiazza, il quale – com’è noto – prima fa approvare dalla Giunta comunale una delibera favorevole al progetto di Gas Natural (quello previsto a Zaule, vicino al terminale delle petroliere).
Poi, al momento di portare questa delibera al voto in Consiglio comunale (quello che conta è infatti il parere del Consiglio), propone il voto contrario sulla stessa.Motivo? “L’esclusivo interesse della città” (v. IL PICCOLO del 21 gennaio) che consisterebbe  nella pretesa di maggiori “compensazioni (economiche) per il territorio” in quanto si tratta di “insediare un’industria che comporta un seppur residuale rischio ecologico”. Siccome Gas Natural, a giudizio del sindaco, intendeva “sganciare” troppo poco, ecco che nel giro di pochi giorni il parere positivo del Comune di Trieste diventa negativo.
Piccolo dettaglio non marginale: il parere chiesto dalla Regione al Comune riguardava l’impatto ambientale dell’impianto, cioè una valutazione sull’accettabilità o meno dello stesso dal punto di vista degli impatti sull’ambiente (e la sicurezza). Il sindaco, nella delibera di Giunta, prendeva per buoni i dati e le rassicurazioni di Gas Natural, dichiarando che problemi ambientali non ce ne sono. Dopo di che, fa bocciare in Consiglio la stessa delibera perché le “compensazioni” monetarie del “seppur residuale rischio ecologico” non bastano. Ma allora il rischio c’è ... e chi ha deciso che sia monetizzabile?
Alla decisione del Comune risponde il presidente della Regione, dichiarando (sempre sul PICCOLO del 21 gennaio) “inconferenti” le motivazioni del parere negativo, in quanto basate su motivazioni economiche e non ambientali. Dopo di che, Illy aggiunge che “se saranno queste (cioè quelle sulla mancanza di adeguate compensazioni economiche - NdR) le motivazioni della delibera, come Amministrazione regionale considereremmo quello del Comune di Trieste un parere positivo sul rigassificatore”.  Illy pecca senz’altro di arroganza (non è certo la prima volta), ma bisogna dire che Dipiazza gliene ha fornita l’occasione su un piatto d’argento...     
C’è però chi vorrebbe fare il furbo. L’ineffabile assessore comunale (all’urbanistica, alle politiche del mare, al turismo e – sic! - all’ambiente)  Bucci, corre infatti in soccorso del suo sindaco, dichiarando (sul PICCOLO del 22 gennaio) “abbiamo faxato (alla Regione – NdR) un documento con cui il Comune esprime parere contrario sulla valutazione di impatto ambientale. Non siamo tenuti a inviare altro, non c’è delibera allegata”. Davvero geniale: non c’è delibera, quindi Illy non potrà cavillare sulle motivazioni della stessa. La legge prevede però che i Comuni si esprimano con delibera del Consiglio comunale. Se la delibera non arriva alla Regione, il parere si intende favorevole...
C’è anche chi rimane un po’ spiazzato dalle giravolte di Dipiazza. La capogruppo di AN in Consiglio comunale, Rosolen, favorevole come tutto il suo partito al rigassificatore di Gas Natural, dichiara tuttavia (PICCOLO del 23 gennaio) “assoluto appoggio al sindaco per il modo in cui ha giocato la partita”. E infatti anche AN, pur favorevole al progetto, ha votato la delibera con il parere contrario... L’ambiente, com’é ovvio, non c’entra: Rosolen dichiara che AN è favorevole all’impianto “per aspetti di tipo economico, geopolitico e locale”. Il parere richiesto dalla Regione al Comune riguardava aspetti ambientali? “Me ne frego!”, dicevano un tempo gli antenati di AN.
In realtà, in Regione c’è chi trae le debite conseguenze dall’atteggiamento di Dipiazza. E’ solo questione di soldi? “Si cumbine”, dicono in Friuli. Ecco quindi l’assessore regionale all’energia, Sonego, correre da Dipiazza per  un incontro per (riferisce IL PICCOLO del 26 gennaio) “aprire una trattativa comune”, onde strappare a Gas Natural quelle benedette “compensazioni” che tanto stanno a cuore al sindaco di Trieste. Per fare “massa critica”, all’incontro partecipano anche il presidente dell’ACEGAS – APS, Paniccia, ed il sindaco di Padova, Zanonato.
Centro-destra e centro-sinistra (Zanonato è un esponente della Margherita, Sonego è DS) uniti nella lotta. Del resto, si sa ,“pecunia non olet”.
I più ragionano solo in termini di schieramento politico. Ne dà un illuminante riassunto il consigliere comunale e regionale forzista Camber, che sul PICCOLO del 1 febbraio riduce tutto a beghe da pollaio (tutta colpa del centro sinistra: la Margherita divisa, con Moretton e Rosato che spingono pro Gas Natural, mentre in Consiglio comunale si astiene, la Provincia che tace, succuba del “faraone” Illy, ecc., unica a fare l’interesse dei cittadini, ovviamente, Forza Italia).  Nessuna meraviglia, in simile contesto, che di ambiente preferisca non parlare nessuno. Anche perché chi lo fa, infila uno strafalcione dietro l’altro.
Per esempio, il capogruppo DS in Consiglio comunale, Omero, nell’audizione con tecnici e ambientalisti, tenutasi poco prima del voto sul parere del Comune, deve aver capito ben poco. L’OGS  ritiene necessario studiare l’impatto dell’acqua fredda e del cloro sull’ambiente marino. “Se ne sono accorti un po’ tardi”, lo bacchetta - nel suo blog - Omero (ma non poteva, lui o il suo partito, chiedere al Comune e alla Regione di sentire l’OGS sull’argomento? Gli ambientalisti lo avevano detto e scritto un anno fa....). Fabio Gemiti del WWF viene rampognato per aver citato gli impatti del gasdotto (una grave lacuna del progetto Gas Natural – NdR) sull’ambiente carsico, mentre il gasdotto sarà sottomarino. Ma Gemiti aveva appunto sottolineato la mancanza di  valutazioni sulla posa di un gasdotto sottomarino in fondali superinquinati come quelli del Vallone di Muggia... Omero deve essersi distratto.
Anche Illy  non scherza. Intervistato da “Vita Nuova” (edizione del 12 gennaio), tra altre perle dichiara che “il cloro viene usato in acqua potabile da tutti” e quindi un problema cloro per i rigassificatori non esiste. In verità tutti i biologi marini (e l’OGS, come detto sopra), concordano nel dire che il problema c’è, eccome, e meriterebbe studi approfonditi. Illy deve conoscere dati ignoti ai più: tanto vale chiudere l’OGS, il Laboratorio di biologia marina, ecc. e affidarsi a lui per le perizie scientifiche. Nessun problema anche per l’impatto delle acque fredde sulle forme di vita marine (altro problema sottolineato dall’OGS e dagli ambientalisti), perché “nella baia di Tokio, che è profonda 16 metri contro i 22 del golfo di Trieste, e che è grande circa il doppio, ci sono 5 terminal di rigassificazione e non è stato mai rilevato alcun problema di temperatura dell’acqua”. Ahimé, dati giapponesi divulgati dal WWF (e disponibili in internet) dimostrano che il ricambio idrico nella baia di Tokyo è vari ordini di grandezza superiore a quello del Golfo di Trieste, per non parlare del Vallone di Muggia, dov’è quasi inesistente. Sono quindi situazioni non paragonabili.
Quali conclusioni trarre da tutto ciò? Messi di fronte ad un problema di grande portata ambientale e sociale, i politici locali mostrano di capirne poco, ma – quel che è peggio – di non voler approfondire, riducendo tutto al solito gioco della “politica politicante” e, in definitiva, ad una questione di soldi. Eppure, costoro prendono decisioni in nome e per conto dei cittadini che li hanno eletti (e dei quali – come dice Beppe Grillo – in definitiva sono i “dipendenti”). Almeno avessero il pudore di non esternare a vanvera. Perché, intanto ... io pago!

Dario Predonzan

Per approfondire i problemi ambientali legati ai progetti dei terminali GNL, conviene dare un’occhiata al materiale disponibile nel sito http://www.wwf.it/friuliveneziagiulia
(Sezione “Documenti”)

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 16 marzo 2007

 

 

Inceneritore, riparte la linea 3  - L’impianto di via Errera dovrebbe tornare alla normalità con il ripristino completo tra una settimana

 

Tolti i sigilli, da lunedì potrà smaltire carichi crescenti di rifiuti

Si avvicina il momento chiave dei test sulle emissioni. L’assessore Barduzzi: «A breve potremo bruciare le immondizie che ora portiamo a Pecol dei Lupi»

La linea 3 dell’inceneritore - sequestrata con la linea 2 il 14 febbraio per le emissioni fuorilegge di diossina rilevate a dicembre dall’Arpa - non ha più i sigilli della procura. Da stanotte ha ricominciato a bruciare gasolio e da lunedì, dopo 33 giorni di stop, sarà nuovamente a regime, pronta a ricevere e smaltire carichi crescenti di rifiuti, sotto l’occhio dei periti che seguono le fasi del dissequestro condizionato stabilito dal pm Maddalena Chergia. Ieri, infatti, l’AcegasAps ha ricevuto l’autorizzazione della procura all’esercizio provvisorio della terza linea per il controllo dei fumi. Alle cinque del pomeriggio, quindi, i carabinieri del Noe - il Nucleo operativo ecologico dell’Arma - si sono presentati in via Errera per togliere i sigilli. Il medesimo passaggio dovrebbe ripetersi la prossima settimana per la linea 2, ma questo potrà avvenire soltanto dopo che gli esperti avranno stilato un nuovo calendario di perizie, aggiornato in base ai dati che avranno raccolto fino a quel momento sulla terza linea, la più nuova ma anche la più critica.
Si avvicina così il momento-chiave dei test sul termovalorizzatore, che in realtà sono cominciati ieri dalla linea 1, l’unica che non ha mai smesso di funzionare e che ha bruciato a pieno ritmo, dal 14 febbraio, circa 160 tonnellate di immondizie al giorno. Le misure sulle emissioni della prima linea - stando al programma di lavoro concordato lunedì scorso dai periti (tre nominati dal pm Chergia e altrettanti indicati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale di AcegasAps) - dovrebbero protrarsi per circa cinque giorni. Da lunedì prossimo, invece, partiranno tre giorni di monitoraggio costante sui fumi della linea 3.
«Si comincerà - spiega l’assessore provinciale all’ambiente Ondina barduzzi - con carichi graduali: ai quantitativi iniziali di rifiuti urbani saranno aggiunti progressivamente i rifiuti speciali assimilabili (come materiali plastici e cartacei, ndr) ma non ancora quelli speciali ospedalieri».
«Siamo ovviamente soddisfatti del fatto che i sigilli siano stati levati - prosegue la Barduzzi - perché a breve potremo tornare a smaltire in loco i rifiuti che ora trasferiamo alla discarica cormonese di Pecol dei Lupi (840 tonnellate a settimana, ndr), ma anche e soprattutto perché può finalmente partire quell’analisi mirata ad accertare e eliminare l’origine delle emissioni anomale di diossina».
Sulla terza linea, infatti, saranno effettuate prove ripetute con diverse dosi di reagenti e di carboni attivi per il recupero dei fumi. La formula dei test incrociati dovrebbe consentire di trovare per esclusione la «miscela» responsabile dei valori riscontrati in quattro occasioni dall’Arpa, fra cui quegli 0.970 nanogrammi per metro cubo d’aria registrati il 20 dicembre, per una concentrazione dieci volte superiore ai limiti di legge.

Piero Rauber

 

 

Dipiazza: «Ferriera chiusa entro il 2009, sono ottimista»

 

Il sindaco al «Miani»

La chiusura della Ferriera adesso è più vicina. È questo il concetto espresso ieri dal sindaco Roberto Dipiazza, nel corso di un incontro pubblico con la popolazione del rione di San Sabba, svoltosi nella sede del circolo «Miani».
«Sono due gli elementi che mi portano a dire che ci stiamo avvicinando al momento tanto atteso dalla gente che vive e lavora in quest’area della città - ha affermato - da anni costretta a convivere con le polveri e lo smog prodotti dallo stabilimento. Da parte della proprietà dell’impianto ho saputo che, nell’ambito del gruppo del quale fa parte, la Ferriera non rappresenta un elemento insostituibile per redditività. La condizione che la proprietà pone, per la chiusura dello stabilimento, previsto nel 2009, riguarda le opere di bonifica finali. Su questo sono d’accordo perché non sarebbe giusto far pagare tutto all’ultimo arrivato, dopo che anche i precedenti proprietari hanno beneficiato della struttura».
«Il secondo elemento che mi fa essere ottimista - ha aggiunto Dipiazza - è originato dal colloquio che ho avuto con il presidente della Regione Riccardo Illy, il quale ha dimostrato notevole disponibilità a prendere in esame la riconversione dei circa 600 lavoratori attualmente impegnati a Servola».
Il presidente del circolo «Miani», Maurizio Fogar, ha ricordato il «lungo e sofferto iter che ha portato a questa situazione, con 50mila triestini obbligati a convivere per anni con l’inquinamento prodotto dalla Ferriera nel disinteresse generale».
u.sa.

 

 

Bonifiche, l’Ezit chiede soldi al Fondo Trieste - Serviranno per acquistare un’area che si affaccia sulle Noghere dopo che sarà risanata da Teseco

 

Il presidente Azzarita ha discusso il tema anche con Moretton

L’Ezit si sta muovendo in tutte le direzioni per velocizzare i tempi delle bonifiche nel Sito inquinato di interesse nazionale e disporre quanto prima di nuovi terreni da assegnare alle aziende in attesa.
Nei giorni scorsi il presidente Azzarita si è incontrato con i rappresentanti del Fondo Trieste, al quale l’Ezit ha richiesto un finanziamento triennale per acquistare dalla Teseco, una volta bonificata, un’area di almeno 100 mila metri quadri del comprensorio ex Esso.
Si tratta di una zona sulle pendici del Monte d’oro che si affaccia sulle Valle delle Noghere, in sostanza a monte dell’area che alle Noghere ospitava i serbatoi demoliti di recente dalla Teseco.
«Contiamo di disporre di quest’area – commenta Azzarita – entro il 2008, anche se l’accordo di programma ne prevede la disponibilità a dicembre 2009. Ho trovato molta disponibilità da parte dei componenti del Fondo Trieste, perchè tutti si rendono conto della drammatica carenza degli spazi a fronte delle tante aziende che hanno fatto richiesta. Per questo confido in un esito positivo».
Del discorso avviato con il Fondo Trieste Azzarita ha informato ieri pomeriggio il consiglio di ammministrazione dell’Ezit. Si è trattato di una serie di comunicazioni che hanno incluso anche il «discorso bonifiche» che il presidente ha affrontato qualche giorno fa con il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente Gianfranco Moretton.
«Ho trovato estrema attenzione da parte di Moretton per le nostre istanze in relazione alle bonifiche – sottolinea Azzarita –. E in particolare per l’accordo di programma 2 e la delegazione amministrativa, che dovremmo firmare in tempi brevi».
L’accordo di programma 2 prevede la predisposizione del piano di caratterizzazione e la successiva mappatura dell’inquinamento per tutte le aree di proprietà dell’Ezit che sono state inquinate da soggetti pubblici.
Al vicepresidente della Regione Azzarita ha chiesto anche un intervento sul fronte delle licenze edilizie nelle aree dell’ente inserite nel Sito inquinato, che vedono atteggiamenti «eccessivamente restrittivi» da parte dei Comuni di Trieste e di Muggia.
Su un fronte più generale, il presidente dell’Ezit ha poi discusso con Moretton della normativa nazionale. «Il vicepresidente della Regione – precisa Azzarita – fa parte di una commissione per le bonifiche istituita a Roma. Per questo gli ho parlato della necessità di valutare un cambiamento delle norme sull’inquinamento e le bonifiche, in quanto i soldi per risanare tutte le aree dichiarate inquinate non ci sono. Per tutte le aree dell’Ezit – sottolinea – servirebbe più di qualche decina di milioni di euro. Bisogna quindi semplificare le procedure, basandosi sulla cosiddetta analisi del rischio, e modificare inoltre la struttura burocratica che appesantisce e rallenta l’attuazione delle varie fasi. Altrimenti – conclude – da questo enorme problema non se ne esce».
gi. pa.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 15 marzo 2007

 

 

«Gorizia bruciava plastica a Trieste»  - Dubbi sull’utilizzo anche del vetro. La tesi dell’indagine contestata da Iris

 

Nuovi scenari attorno all’inceneritore: i risultati della commissione d’inchiesta del Comune isontino

La plastica di Gorizia, proveniente dai cassonetti della raccolta differenziata dislocati nelle vie dello stesso capoluogo isontino, sarebbe finita fino alla scorsa estate fra gli stock di rifiuti urbani destinati poi ad essere bruciati nell’inceneritore triestino di via Errera. È una delle conclusioni cui è arrivata la commissione d’inchiesta del Consiglio comunale di Gorizia sull’attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti della multiutility isontina Iris. Nessun commento in proposito è stato rilasciato ieri da AcegasAps, che dall’ufficio relazioni esterne ha confermato la linea del silenzio stampa adottata dal 14 febbraio, data del sequestro delle linee 2 e 3 del termovalorizzatore nell’ambito dell’inchiesta del pm Maddalena Chergia sul superamento delle concentrazioni di diossina rilevate dall’Arpa a dicembre. Concentrazioni superiori alle soglie di legge che secondo Fabio Gemiti, esponente del Wwf e ed ex direttore del laboratorio chimico dell’Acegas, potrebbero essere state determinate dall’eventualità che nell’inceneritore - così aveva detto Gemiti nei giorni successivi al sequestro - «siano stati bruciati materiali ricchi di cloro come il Pvc (il cloruro di polivinile, una delle materie plastiche più diffuse sul mercato, ndr) e il cloro si lega all’ossigeno nel formare la diossina».
Una ferma smentita alle conclusioni della commissione d’inchiesta del Consiglio comunale di Gorizia, invece, è arrivata sia da Iris che dalla Calcina Iniziative Ambientali di via Errera, la ditta che si trova nei pressi del termovalorizzatore e che funge da piattaforma Conai (il Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi e i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata) per la cernita dei rifiuti finiti nei cassonetti di Gorizia e Trieste.
La tesi secondo cui l’inceneritore avrebbe accolto quintali di plastica derivanti dai cassonetti di Gorizia è venuta l’altra sera nell’aula del Consiglio comunale del capoluogo isontino dal consigliere Sergio Cosma, che ha illustrato il lavoro svolto dalla commissione d’inchiesta su Iris fra l’ottobre del 2005 e il dicembre 2006. «La commissione - ha detto Cosma - ha verificato che la plastica proveniente dalla raccolta differenziata di Gorizia prima del sistema del porta a porta (iniziato nel luglio dello scorso anno, ndr), dopo aver ricevuto il contributo Conai, veniva smaltita come combustibile al termovalorizzatore e non utilizzata come materia prima. È incredibile poi che i quintali di bottiglie, non del tutto pulite, sono state usate poi dall’inceneritore di Trieste solamente per far innalzare il calore nei forni».
Secca la replica dei vertici della multiutility isontina: «Non c’è stato alcun trasferimento di plastica della differenziata da Iris ad AcegasAps. Noi consegnamo il materiale differenziato di Gorizia come carta, plastica e vetro alla piattaforma di filiera della Conai che si trova a Trieste (la Calcina Iniziative Ambientali, ndr) e poi da lì viene inoltrata nelle sedi ritenute più opportune». Ma a quel punto, si lascia intendere, Iris non c’entra più.
«Quella plastica non arrivava assolutamente al termovalorizzatore», ha precisato infine nella serata di ieri Paolo Murino, responsabile della Calcina Iniziative Ambientali. «Il nostro compito fino al luglio dell’anno scorso - ha spiegato Calcina - era quello di ricevere il contenuto dei cassonetti della plastica di Gorizia per procedere con il nostro lavoro di cernita: dentro i contenitori della plastica, in effetti, non finisce soltanto plastica, ma anche un certo quantitativo di altri materiali, compresi i rifiuti urbani non riciclabili. Erano quelli che noi poi consegnavamo all’inceneritore, non altro».

Piero Rauber

 

 

Partono oggi i test dei periti sull’impianto
 
Dovrebbero cominciare oggi i test dei periti (tre nominati dalla procura e altrettanti dall’AcegasAps) sulle emissioni del termovalorizatore nell’ambito del dissequestro condizionato disposto dal pm Maddalena Chergia. I primi tre giorni di lavoro degli esperti, che hanno iniziato l’iter di perizia lunedì scorso, sono stati dedicati infatti ad un approfondito esame a tavolino delle caratteristiche tecniche dell’impianto. Da oggi, dunque, il programma dei test prevede cinque giorni di verifiche sui fumi della linea 1, l’unica che non è stata spenta e che continua a bruciare a pieno regime circa 160 tonnellate al giorno di rifiuti urbani. Seguirà, la prossima settimana, il momento-chiave della perizia: tre giorni dedicati al controllo della linea 3, che è attualmente in preriscaldamento e che sarà caricata prima di rifiuti urbani e poi di «speciali». Saranno effettuate prove ripetute da 30-35 minuti con diverse dosi di reagenti e di carboni attivi che si utilizzano di norma per il recupero dei fumi, con l’obiettivo di risalire per esclusione alla «matrice» della sovraproduzione di diossine accertata in quattro occasioni dall’Arpa. Tali procedure dovrebbero essere poi ripetute sulla linea 2.
pi.ra.

 

 

Polveri sottili, nato al Sincrotrone un misuratore dei metalli pesanti
 
Individuare quali metalli pesanti, e in che quantità, sono presenti nelle pericolose polveri sottili (pm10), la cui presenza viene ora soltanto misurata in termini quantitativi e di dimensioni, senza che se ne possa conoscere la composizione. Ma è noto che le particelle inalate possono essere assorbite dai tessuti, provocando danni locali che dipendono, oltre che dalle dimensioni, anche dalla natura delle specie chimiche che le compongono.
Questo importante passo in avanti nella lotta a un tipo di inquinamento che causa gravi problemi respiratori e allergici, con un notevole aumento dei ricoveri ospedalieri, è ora possibile grazie allo strumento progettato e realizzato da Edoardo Busetto, ricercatore della Sincrotrone Trieste spa, ideato assieme a Lino Santoro, responsabile del Circolo Verdeazzurro di Legambiente.
Il principio su cui si basa il funzionamento dell’apparecchiatura è stato spiegato dallo stesso Busetto nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche il vicedirettore generale di Legambiente, Andrea Poggio, e alcuni rappresentanti del Circolo Verdeazzurro.
Per analizzare le polveri sottili il sistema si basa sul principio della fluorecenza a raggi x. Per questo l’apparecchio utilizza una sorgente di raggi x a bassa potenza e un rivelatore a stato solido con raffreddamento autonomo, oltre a componenti elettroniche. Il software per l’analisi dei dati raccolti è dotato di una connessione protetta a Internet che si presta alla creazione di reti di punti di misura, per ottenere una mappature del territorio.
A valle del rivelatore c’è una catena elettronica di rivelazione composta da uno stadio che amplifica il segnale proveniente dal rivelatore stesso, da uno stadio di conversione analogico-digitale e da un analizzatore multicanale. Il tutto è integrato in una piattafroma dotata di processore, anche questa sviluppata dalla Sincrotrone Trieste.
«Dopo alcune prove in una linea di luce di Elettra, che hanno dato esito positivo nell’individuzione dei metalli presenti nelle pm10 – ha spiegato Busetto – abbiamo voluto vedere se si ottenevano risultati analoghi con uno strumento portatile. Nel frattempo il progetto aveva ottenuto un finanziamento del Fondo Trieste. Adesso il prototipo è pronto per essere prodotto secondo le richieste del mercato. Tra qualche settimana lo installeremo nei pressi del Sincrotrone».
La realizzazione di questo prototipo è stata commentata positivamente dal vicedirettore generale di Legambiente. «Cominciare a definire le pm10 nella loro composizione – ha rilevato Andrea Poggio – è un fatto strategico per la lotta a questo inquinante. Le politiche anti-inquinamento non possono essere fatte città per città, serve una strategia più energica. L’innovazione – ha aggiunto – va nella direzione di dotare i mezzi diesel di filtri antiparticolato. E Trieste, con le strutture scientifiche di cui dispone, non può andare a rimorchio di queste nuove applicazioni».
gi. pa.

 

 

Le Ferrovie e il corridoio 5

Leggo sulla rubrica Segnalazioni del giorno 4 marzo, una precisazione e commento al Convegno, promosso dall’Istituto Gramsci e dall’Associazione Dialoghi Europei, sul Corridoio V, a firma di Tullio Tebaldi, Ferrovie dello Stato ufficio stampa regionale.
Essendo stato presente ad entrambe le giornate del Convegno, spiace constatare ancora una volta quanto distante sia l’Azienda Ff.Ss. da una corretta informazione. Infatti presentare come una interpretazione del geologo Livio Sirovich il tracciato «M» rappresenta la malafede con la quale le istituzioni pubbliche affrontano qualsiasi disvelazione degli elaborati che accompagnano intese sottoscritte da eminenti rappresentanti istituzionali. Il tracciato in questione è stato presentato da delegati delle Ff.Ss. in precedenti convegni e nei pochi documenti messi a disposizione, nessuno, in occasioni pubbliche, ha mai riferito in merito e con quale atto ufficiale sia stato definitivamente abbandonato come ipotesi progettuale. Inoltre, affermare nella segnalazione che «allo stato attuale non esiste un preciso tracciato» comporta il chiedersi a che titolo e da dove provenisse l’ipotesi che è stata illustrata, nella prima giornata del convegno, da parte dell’ing. Goliani, che individuava il collegamento ferroviario di Trieste città con la stazione di Divaccia passando sotto l’abitato di Padriciano e il monte Cocusso. Questa ipotesi si è dimostrata subito irrealizzabile vista la eccessiva pendenza del percorso non sostenibile dai treni ad alta velocità e capacità. Allora prima di rimproverare i «sedicenti No Tav» per gli schiamazzi, andrebbe rimproverato chi manda allo sbaraglio i dirigenti delle Ff.Ss., screditando la loro professionalità e una idea di rete europea fondamentale per il territorio regionale, sulla quale penso la maggior parte della popolazione è d’accordo, ma non per come viene presentata e per la mancanza di soluzioni alternative credibili.
Alessandro Krauss
 

 

 

GIOVEDI' , 15 marzo 2007

 

 

CONSUMATORI - numero 2 - marzo 2007

 

Piccole polveri e rischi per la salute

 La bocciature delle delibere con cui le regioni del Nord Italia erano intenzionate a bloccare completamente il traffico dei veicoli dimostra che non ci si rende ancora completamente conto della gravità dell’inquinamento dell’aria delle nostre aree metropolitane e della catastrofe ambientale prossima ventura. Che, a pensarci bene, è già in atto. Nell’aria delle nostre città ci sono tre killer in piena attività: l’anidride solforosa (SO2), il diossido di azoto (NO2) e le polveri sottili (PM10, una volta comprese sotto la definizione particolato totale). La SO2 proviene da combustibili che contengono zolfo (gasolio e lignite) e non dovrebbe superare i 50 milionesimi di grammo per metro cubo (mig/m3): a Pechino si superano abbondantemente i 70, a Mexico City sono 74, mentre negli Stati Uniti si è registrata una diminuzione del 60% negli ultimi 35 anni, e nell’Unione Europea del 66%. Ma, se l’anidride solforosa diminuisce nei Paesi ricchi, il diossido d’azoto subisce un decremento minore ed è in crescita nelle nazioni emergenti: 140 mig/m3 a Pechino, 130 a Mexico City. Milano - a città più inquinata dell’Europa occidentale - registra 60 mig/m3 di NO2, così come Roma, mentre Napoli si giova del vento di mare (“solo” 32 mig/m3). Secondo l’OMS il limite per NO2 è 52 mig/m3, ma per attenersi bisognerebbe diminuire ogni forma di combustione, specialmente quella degli autoveicoli.

Ma il problema micidiale sono le polveri sottili, cioè le particelle atmosferiche che misurano meno di 10 micron di diametro (il PM10), il cui limite raccomandato dall’OMS è 90 mig/m3, limite che viene fatto scendere a 40 per l’Unione Europea. Il PM10 proviene dai fumi dei motori diesel e dalla combustione del carbone; c’è anche un PM2,5 composto di particelle talmente piccole che riescono a entrare in circolo nel sangue. Nessuna città europea dovrebbe superare i 35 sforamenti di quel limite per ogni anno e, anzi, l’obbiettivo ambizioso doveva essere di scendere a 20 mig/m3. Ma nei primi mesi del 2006 alcune città italiane erano già arrivate a 60 (Milano) e 40 (Roma) sforamenti e a Varsavia il PM10 si aggira attorno a 125 mig/m3, che crescono fino a 279 a Mexico City, 240 a Bombay, 390 a Pechino. Non ci sono sanzioni dell’UE per chi non rispetta il limite di 40 mig/m3, ma nessuno sembra preoccuparsi più di tanto che ogni 5 mig/m3 in più significano 19 morti premature in più ogni 100.000 abitanti all’anno. Per Milano si tratta così di 250 morti in più nell’indifferenza e nell’inazione più totali.

Però abbiamo altri primati: l’Italia è prima in Europa per numero di autovetture circolanti con 2 auto ogni 3 abitanti, per un totale di quasi 35 milioni di automezzi; nel continente la media è di 43 auto ogni 100 abitanti, da noi sono oltre 53. Inoltre gli italiani percorrono su ruota più km che qualsiasi altro europeo, visto che siamo passati dai quasi 2.500 km all’anno del 1960 ai circa 15.000 di oggi, cosa che conferma come più strade producano sempre e comunque un traffico maggiore. Intanto di traffico si muore.

Mario Tozzi primo ricercatore Cnr - Igag e conduttore televisivo

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 14 marzo 2007

 

 

Terrapieno, ancora un anno di scavi  - Dopo la Conferenza dei servizi su Barcola si cercherà la diossina con un nuovo calendario di carotaggi e controlli

 

La Provincia: «Serve il piano di caratterizzazione, lo paghi l’Authority»

L’assessore Barduzzi: «L’ipotesi di intombamento proposta da Dipiazza è fattibile ma penalizzerebbe il futuro della zona». Le società nautiche: no agli allarmismi

Un anno di tempo. Tanto potrebbe servire, secondo l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, per ultimare il nuovo piano di caratterizzazione dell’area del terrapieno di Barcola. L’intervento, a spese dell’Autorità portuale, servirà a chiarire il reale stato di inquinamento della zona, visto che le analisi effettuate in passato dall’Arpa, e quelle fatte per conto dell’Autority dalla Multiproject, hanno dato risultati discordanti. «Sappiamo già che in quell’area c’è diossina - commenta Barduzzi -, dobbiamo capire però quanta ce n’è e com’è distribuita. L’iter è ben delineato: dopo la Conferenza dei servizi convocata dalla Regione, la Provincia avvierà l’istruttoria. Successivamente l’Autorità portuale, con il controllo dell’Arpa, eseguirà il piano di caratterizzazione. A quel punto, sulla base dei risultati dei sondaggi, dovremo fare l’analisi del rischio e la successiva messa in sicurezza. L’ipotesi dell’intombamento, avanzata dal sindaco, è sicuramente fattibile ma finirebbe per penalizzare il futuro sviluppo dell’area: sopra un eventuale «sarcofago» di cemento infatti possono essere realizzate soltanto costruzioni basse e leggere con fondazioni galleggianti non in contatto con gli strati sottostanti». Soluzioni queste, secondo l’assessore provinciale, che mal si sposerebbero con le funzioni assegnate al terrapieno dal Piano regolatore del Porto Vecchio: turismo, ricerca e valorizzazione in chiave balneare. «Alla fine tecnicamente tutto si può fare - conclude Barduzzi -. Il vero problema è però trovare chi sostiene i costi».
Dalle società nautiche arriva comunque l’invito ad evitare allarmismi. «Con la stagione balneare alle porte il rischio è che le mamme, sentendo parlare di inquinamento, non portino lì i bambini - afferma il presidente del Marina mercantile, Fulvio Rizzi Mascarello -. Bisogna perà rassicurare le persone. La diossina non è solubile in mare e perchè si sposti sui fondali servono eventi straordinari». «È dal ’90 che abbiamo la sede nel terrapieno e finora non sono diventato verde nè mi sono spuntate le antenne - aggiunge il presidente del Club del Gommone, Giorgio Franco -. Bisogna dare il giusto peso alle cose, per esempio non dicendo che uno dei top soil eseguiti lungo la strada interna ha rilevato valori di diossina 11 volte superiori a quelli previsti per le zone residenziali. Il punto è che per quell’area è previsto un uso industriale, per cui lo sforamento rispetto al limite è stato solo del 10%». «Alla fine converrà procedere con la colata di cemento, a cui far seguire magari un ampliamento del terrapieno - conclude Cesare Ridolfi, presidente del Surf Team Trieste -. Quanto al nostro club, voglio precisare che noi non ce ne andiamo dal terrapieno. Semplicemente ci «ingrandiamo», andando ad allestire nell’ex distributore di Barcola la nostra scuola».

Maddalena Rebecca

 

 
Depuratore, scongiurato lo sversamento di gasolio in mare
 
È stato scongiurato lo sversamento di gasolio in mare in seguito alla perdita di idrocarburi riscontrata dai tecnici dell’AcegasAps in servizio al depuratore di Zaule venerdì scorso.
È la stessa multiutility in una nota a fare il punto sulle operazioni: continua il monitoraggio delle acque reflue per scongiurare la presenza di idrocarburi e rimangono in funzione i cuscinetti assorbenti che impediscono al gasolio di contaminare la fognatura.
Le analisi delle acque prelevate in ingresso e in uscita sono state effettuate già da venerdì, sono continuate anche nello scorso weekend e continueranno per tutta questa settimana.
I risultati finora raccolti hanno evidenziato il pieno rispetto dei limiti delle acque depurate a Zaule alle disposizioni di legge. L’allarme era scattato venerdì scorso alle 7.30 del mattino quando era stato rilevato un forte odore di idrocarburi nella sezione iniziale del depuratore. Era stato poi individuato il punto di immissione in fognatura: una conduttura di gasolio che collega una cisterna alla centrale termica di un condominio in Strada Vecchia dell’Istria. Sono stati 1500 i litri di gasolio sversati in fognatura.
Complessivamente per questa emergenza sono state coinvolte 15 maestranze tra operai, tecnici, chimici e biologi della società multisercizi che hanno potuto contare sul supporto delle forze dell’ordine (Polizia di Stato, polizia municipale e Capitaneria di Porto) e sull’aiuto delle squadre di emergenza e degli enti preposti al controllo dell’ambiente (vigili del fuoco, Azienda sanitaria e Arpa).

 

Rigassificatori, valutazioni in tempi lunghi - Un protocollo dell’Ue prevede il coinvolgimento della Slovenia: è la prima volta che lo si applica in Italia

 

Come annunciato a Trieste da Pecoraro Scanio sarà sentita anche la Croazia

Si allungano i tempi per le decisioni del ministero dell’Ambiente in relazione ai progetti degli impianti di rigassificazione presentati da Gas Natural e da Endesa (nell’area ex Esso il primo, in mezzo al golfo il secondo). Allo stato attuale non è poi prevedibile un termine entro il quale il discastero si esprimerà.
A rallentare le procedure c’è il previsto coinvolgimento della Slovenia sulla valutazione dei due progetti, annunciato dal ministro Pecoraro Scanio nella sua visita a Trieste poco più di un mese fa. In quell’occasione, nel corso di una conferenza stampa assieme al presidente della Regione Illy, il ministro aveva affermato che «gli impegni internazionali impongono, nel caso dei rigassificatori progettati nel golfo di Trieste, di avere attenzione verso la Slovenia e la Croazia, che hanno scritto a me e a D’Alema per essere coinvolte».
Pecoraro Scanio aveva riconosciuto che ciò rende la cosa più complessa. «Se servirà – aveva sottolineato – impiegheremo più tempo per le valutazioni, ma abbiamo interesse ad ottenere risposte dai Paesi vicini».
Il ministro aveva comunque assicurato che «le varie proposte per gli impianti di rigassificazione saranno valutate in maniera rigorosa», aggiungendo però che «il gas è un combustibile fossile, mentre bisogna puntare sulle energie rinnovabili».
Se con la Croazia l’esame dei progetti dei due rigassificatori è soprattutto un problema di informazione, con la Slovenia, stato membro dell’Unione europea, la questione è più complessa e si sta appena studiando come affrontarla.
«Il protocollo Espoo, sottoscritto dai Paesi dell’Ue – spiega Alessandro Metz, consigliere regionale dei Verdi – prevede che, nel caso di due Paesi confinanti, di cui uno preveda di realizzare un progetto che abbia impatti sull’altro, di adottare procedure comuni. E’ la prima volta che questo protocollo si applica in Italia. Serve quindi del tempo per interpretarlo e gestirlo in relazione al caso specifico».
E la valutazione d’impatto ambientale? «Mi risulta che sia ferma per entrambi i progetti – risponde Metz –. Partirà solo dopo che si sarà risolto il problema principale. Si tratta comunque di valutare se farla a livello ”nazionale” o assieme alla Slovenia».
Su un altro fronte, quello delle bonifiche del Sito inquinato di interesse nazionale, la visita di Pecoraro Scanio ha cambiato in qualche modo le prospettive. Su questo secondo tema, critico per l’economia della provincia ma anche di altree aree regionali, il ministro ha incaricato il direttore generale del ministero, Mascazzini, di compiere una ricognizione con gli enti e le parti interessate.
«All’inizio di aprile, o al massimo a metà – annuncia Metz – accompagnerò Mascazzini in una serie di incontri a Trieste e nella regione che avranno lo scopo di trovare un punto di convergenza sulle diverse esigenze. Dovremo delineare un quadro approfondito che fornisca in prospettiva una soluzione all’annoso problema delle zone inquinate».
gi. pa.

 

 
Wwf: no alla vendita dei terreni comunali, tutte aree edificabili
 
Il Wwf si schiera a fianco dei cittadini, che si oppongono alla vendita dei terreni comunali, oggi aree verdi ma edificabili in base al piano regolatore. Si tratta in particolare delle aree in via dei Narcisi, tra via dei Narcisi e via delle Viole, in via dell'Eremo, via Verga e via Berchet.
Tutte aree di difficile accessibilità, sottolineano gli ambientalisti, per l'assoluta inadeguatezza delle infrastrutture viarie. L'aggiunta di nuovi edifici non potrebbe quindi che peggiorare una situazione già insostenibile.
«Si tratta inoltre - aggiunge l'associazione ambientalista - di piccoli ma non per questo meno importanti ”polmoni verdi”, da conservare e riqualificare a beneficio della vivibilità di zone già troppo densamente edificate e trafficate».
Un destino alternativo, per alcune di queste aree, potrebbe essere per esempio quello di adibirle ad «orti urbani», da affidare a cittadini che stipulino un apposito accordo con il Comune, impegnandosi a curarle in cambio della possibilità di coltivarne una parte come orto e/o frutteto.
Balza comunque agli occhi una volta di più, conclude il Wwf, l'urgenza di una revisione delle previsioni urbanistiche contenute nel vigente piano regolatore comunale. «E' infatti assurdo – scrive l’associazione – che aree come quelle in questione siano classificate edificabili (e anche con indici volumetrici elevati), pur in presenza di una viabilità del tutto inadeguata e non migliorabile, e in presenza di una densità abitativa troppo elevata nel contesto circostante».
Di qui la reiterata richiesta di una modifica del piano regolatore, che riveda le previsioni edificatorie e tenga conto delle esigenze di tutela del verde e della vivibilità urbana. «Era appunto quanto aveva promesso il sindaco Dipiazza nel suo programma elettorale - osserva Carlo Dellabella, responsabile della Sezione Wwf di Trieste - anche se poi l'assessore all'urbanistica Bucci ha fatto marcia indietro. Noi però riteniamo che le promesse elettorali siano impegni d'onore per un pubblico amministratore e debbano perciò essere mantenute».
Una petizione per un nuovo piano regolatore ispirato a principi di sostenibilità ambientale è in corso da qualche mese, promossa da Wwf, Italia Nostra e da una decina di comitati di cittadini. Sono già oltre 1.500 le sottoscrizioni. I moduli per le firme sono disponibili nella sede del Wwf (via Rittmeyer 6, tel. 040 360551, lunedì, mercoledì e venerdì dalle 17.30 alle 19.30).

 

 

Lussinpiccolo: via libera al maxi-centro commerciale

 

Il ministero dell’Ambiente ha bocciato il ricorso degli ambientalisti. Il progetto prevede investimenti per 3 milioni di euro

LUSSINPICCOLO Tra pochi giorni riprenderanno i lavori di costruzione del grande complesso (abitazioni, vani d’ufficio, punti vendita) che sta sorgendo in pieno centro a Lussinpiccolo, al posto del demolito mercato ortofrutticolo. I lavori erano stati bloccati nelle scorse settimane su ordinanza del ministero dell’Ambiente in quanto non era stata ancora rilasciata la licenza edile per il megacentro. E il mancato rilascio era dovuto al ricorso avanzato da due cittadini contro la licenza edile, un gesto di protesta per la presenza in centro città di un complesso ritenuto troppo grande e non in armonia con l’ architettura lussignana.
È stato il sindaco di Lussinpiccolo (ed ex console croato a Trieste), Gari Cappelli, a confermare alla stampa che il ricorso è stato bocciato al dicastero dell’ Ambiente e dunque prossimamente i bulldozer torneranno a rombare per un progetto del costo di 3 milioni di euro, firmato dalla municipalità di Lussinpiccolo, dall’ azienda turistico – alberghiera Jadranka, da due private persone e dall’ impresa Navam. «Si tratta di un investimento molto importante per Lussinpiccolo – dichiarato il primo cittadino – ma voglio rimarcare che l’opera di costruzione sarà bloccata durante la stagione in quanto non vogliamo fornire un’ immagine turistica poco edificante di Lussinpiccolo».
Il progetto riguarda l’approntamento di 19 appartamenti, una ventina di autorimesse, altrettanti uffici, mercato al coperto, wc pubblico e uno spazio commerciale di circa 600 metri quadrati di superficie. Nei mesi scorsi il progetto era stato osteggiato da diversi abitanti del centro ed anche dalla sezione locale di Eko Kvarner, l’agguerrita organizzazione ambientalista già distintasi nella lotta all’abusivismo edile e al progetto Druzba Adria (milioni di tonnellate di oro nero da far arrivare a Veglia provenienti dalle regioni caspico – caucasiche). Ma proteste, petizioni e ricorsi non hanno raggiunto l’obiettivo e la costruzione del megacentro lussignano potrà così andare avanti.
a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 13 marzo 2007

 

 

Terrapieno di Barcola, vertice sulla diossina - Si riunirà il 20 marzo la conferenza dei servizi presieduta dalla Regione

 

Il problema dell’inquinamento nell’area al primo confronto ufficiale. Bucci: «D’accordo con Dipiazza, bisogna cementificare»

Prime defezioni dal sito: la Surf Team Trieste andrà in viale Miramare in un ex distributore

Fra sette giorni, a un anno di distanza dall’ultima seduta, si riaprirà il tavolo istituzionale sul futuro del terrapieno inquinato di Barcola, il cui piano di recupero risulta da rifare dopo che, a fine febbraio, l’Arpa ha bocciato le analisi effettuate dalla Multiproject, per conto dell’Autorità portuale, sui campioni di sottosuolo. Il vicepresidente della Regione Gianfranco Moretton, assessore all’ambiente nella giunta Illy, ha infatti convocato per martedì 20 marzo alle 9.30, a Trieste, la Conferenza dei servizi che sarà chiamata a programmare una scaletta di ulteriori analisi e, forse, anche di altre campionature, con relativi scavi e carotaggi.

Orario e luogo dell’appuntamento - in programma negli uffici dell’assessorato regionale all’ambiente di via Giulia - sono stati confermati ieri mattina dallo stesso Moretton, il quale ha fatto sapere di aver ricevuto la lettera con cui l’Authority richiedeva proprio la convocazione della Conferenza dei servizi, la cui «regia» è passata da quest’anno, in forza della legge 152 del 2006, dal Comune alla Regione.
Martedì prossimo, dunque, tecnici e funzionari di Regione, Provincia, Comune, Autorità portuale, Arpa e Azienda sanitaria - con in tasca un eventuale «mandato» politico tracciato da rispettivi assessori e direttori - torneranno a discutere del caso Barcola con l’obiettivo di stilare nel più breve tempo possibile un nuovo, e stavolta validabile, piano di caratterizzazione del sito: si tratta di quella mappatura definitiva dell’inquinamento, covato sotto la superficie del terrapieno, necessaria per redigere poi un qualsiasi progetto di bonifica, per il quale - stando alle tariffe di mercato attuali - ci vorrebbero almeno nove milioni di euro.
È proprio l’individuazione dell’ente cui spetta l’onere della bonifica uno dei principali nodi che potrebbero venire al pettine nel corso delle prossime sedute della Conferenza dei servizi. Una «grana», questa, subordinata in realtà ad un’eventuale inserimento del terrapieno di Barcola nel sito d’interesse nazionale, come peraltro già richiesto al Ministero dell’Ambiente prima dall’Authority, proprietaria dell’area demaniale, e poi anche dal Comune - ente gestore della discarica di Barcola attiva fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta - su iniziativa dell’attuale assessore all’ambiente Maurizio Bucci.
Un’altra variabile sul tavolo - come ha ricordato ieri lo stesso Bucci, alla notizia della convocazione della Conferenza dei servizi - potrebbe essere anche una possibile ascesa delle quotazioni della cosidetta proposta Dipiazza, quella che prevede una tomba di cemento sopra il terrapieno inquinato. «Sono d’accordo con l’idea del sindaco», precisa Bucci. «Realizziamo uno strato di cemento armato di 50 centimetri a terra e una coronella a mare, cioè una diga di scogli, così si recupera un piazzale sul waterfront di Barcola. In cemento certo, ma poi lo si potrebbe anche arredare con del verde».
Nel frattempo, però, c’è chi preferisce abbandonare per tempo il terrapieno inquinato di Barcola. È il caso della società sportiva Surf Team Trieste pronta a trasferire la propria sede in viale Miramare 267/1. All’interno di un manufatto di circa 29 mq attualmente di proprietà comunale, che fino al 2002 ospitava il distributore della Esso. Una volta scartata l’idea di destinare l’edificio all’Area Vigilanza - che voleva utilizzarlo come ufficio distaccato a sostegno dei vigili urbani, durante il periodo estivo - l’amministrazione di piazza Unità ha recepito la domanda di riutilizzo del fabbricato che versa in stato di totale abbandono.
La richiesta di Cesare Redolfi, presidente del Surf Team Trieste, prevede una locazione della durata di 6 anni a fronte di un affitto di circa 5mila euro l’anno. La società, che raccoglie 120 soci appassionati di windsurf, andrà così a trasferire la propria sede e attività da una piccola area del terrapieno di Barcola, a fianco del Club del Gommone, proprio di fronte al cosiddetto squero a fianco del bagno Cedas alla fine della pineta.
Un posto strategico per gli amanti delle tavole a vela che, a seguito del temporaneo sequestro del terrapieno di Barcola, si erano visti interdetta l’attività. Appassionati impossibilitati a depositare la propria attrezzatura e, in alcuni casi, perfino a recuperarla per scendere in mare. L’associazioni di surfisti, a cui non serve molto spazio, è andata così a bussare la porta del Comune per ottenere in concessione l’ex distributore. Uno spazio che dalla prossima estate fungerà non solo quale deposito, ma da vera e propria sede della scuola di tavola a vela ospitando, oltre ai corsi, la visione di filmati sportivi e la presentazione di attrezzature specifiche di questo sport.
In cambio della locazione il Surf team Trieste si impegna a proprie spese ad eseguire i lavori di ripristino del manufatto, restaurandolo in «stile marinaro» con i colori bianco e azzurro, curando non solo gli interventi edili e dell’impiantistica ma anche il ripristino dell’area verde circostante.

Piero Rauber e Pietro Comelli

 

 

Inceneritore, fra cinque giorni la linea 3 tornerà a bruciare rifiuti per i test dei periti

 

È INIZIATO IL LAVORO DEGLI ESPERTI NOMINATI DALLA PROCURA NELL’AMBITO DEL DISSEQUESTRO CONDIZIONATO

La linea 3 dell’inceneritore - una delle due «stoppate» il 14 febbraio dal pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul superamento delle concentrazioni di diossina - riprenderà a bruciare rifiuti fra cinque giorni. E la linea 2, l’altra con i sigilli della procura, tornerà a sua volta in funzione almeno tre giorni più tardi. Lo dice il verbale chiuso nella serata di ieri dal collegio dei periti - tre nominati dal pm Chergia e altrettanti indicati dall’avvocato Giovanni Borgna, legale dell’AcegasAps che gestisce l’impianto - che proprio ieri hanno inziato il loro lavoro di monitoraggio sulle emissioni del termovalorizzatore nell’ambito del dissequestro condizionato stabilito dalla procura.
Il verbale, infatti, contiene il programma delle analisi sui fumi che partirà fra oggi e domani, al termine delle ultime verifiche a tavolino sulll’impianto.
Il calendario - ha fatto sapere l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi - prevede inizialmente cinque giorni di monitoraggio sulle emissioni della linea 1, l’unica che non è stata spenta e che continua a bruciare a pieno regime circa 160 tonnellate al giorno di rifiuti urbani. Durante questi cinque giorni, i periti cominceranno a raccogliere i dati sui fumi prodotti dalla linea 1 inserendo fra le tonnellate di rifiuti urbani quantità crescenti di rifiuti speciali (industriali e sanitari) che in questa fase di smaltimento parziale «forzato» erano stati trasferiti in un’apposita discarica nei pressi di Ferrara.
Finito il primo step arriverà il momento-chiave: tre giorni dedicati al controllo delle emissioni sulla linea 3 - oggi in preriscaldamento - che sarà caricata prima di rifiuti urbani e poi di «speciali» mentre la linea 1 andrà avanti a ritmo ordinario. Sulla terza linea saranno effettuate prove ripetute da 30-35 minuti l’una, con diverse dosi di reagenti e di carboni attivi che si utilizzano di norma per il recupero dei fumi. Una serie di prove incrociate, dunque, che dovrebbero consentire - nelle intenzioni dei periti - di trovare per esclusione la «miscela» di immondizie e reagenti che ha scatenato, nelle quattro occasioni anomale rilevate dall’Arpa, una sovraproduzione di diossine. Se i tre giorni di test sulla linea 3 dovessero filare, le procedure dovrebbero essere, con ogni probabilità, ripetute sulla 2.
I periti hanno novanta giorni di tempo per riferire al pm Chergia i risultati finali del monitoraggio. Fa fede a tal proposito, come data d’inizio, il 6 marzo, giorno in cui anche l’ultimo degli esperti nominati dal pm - il bergamasco Roberto Carrara, esperto in compatibilità ambientale - ha giurato in procura. Proprio nella stessa data è scattata la fase 2 del trasferimento dei rifiuti non smaltiti dall’inceneritore alla discarica cormonese di Pecol dei Lupi, per un massimo settimanale di 840 tonnellate, come indicato nel protocollo fra le province di Trieste e Gorizia. L’accordo consente una proroga di 10mila tonnellate esportabili a Pecol, pari a un lasso di tempo di tre mesi, lo stesso a disposizione dei periti. In realtà AcegasAps, in quanto gestore dell’impianto, e Palazzo Galatti, come titolare del piano provinciale dei rifiuti, mirano a un rientro dell’emergenza con largo anticipo rispetto alla proroga: questo scenario potrebbe verificarsi qualora le prime verifiche sulle linee 2 e 3 dessero un responso confortante.
pi. ra.

 

 

Confindustria: sì ai rigassificatori a Trieste  - Intervento del vicepresidente e leader dei piccoli imprenditori in un summit con gli operatori giuliani

 

Morandini: «Non basta il risparmio energetico, bisogna puntare sulle fonti rinnovabili»

TRIESTE Si ai rigassificatori in Italia e anche a Trieste. A sostenerlo il vicepresidente di Confindustria, e presidente della Piccola industria, Giuseppe Morandini al termine di una visita all’Associazione degli Industriali di Trieste e dell’incontro con gli associati. Lo aveva detto pochi mesi fa anche lo stesso presidente di Assindustria di Trieste, Corrado Antonini, che tra i temi urgenti quello energetico è cruciale per lo sviluppo dell’impresa visto che le aziende italiane pagano l’energia il 30% in più rispetto ai concorrenti europei con dinamiche di aumento dei costi tra il 20 e il 30%.
«Non basta il risparmio energetico, bisogna puntare sulle fonti rinnovabili – ha detto Morandini – concentrarsi su energia e nuove infrastrutture energetiche. Dobbiamo programmare nuovi impianti, i rigassificatori e nel contempo si deve continuare la ricerca sul nucelare. Se non prendiamo le distanze dal petrolio prima possibile rischiamo».
Ma l’emergenza energetica non è stato l’unico tema del vertice tra Morandini e i rappresentanti delle Piccole imprese locali, un incontro che anticipa il convegno nazionale sul sistema italiano della piccola impresa che si terrà a Genova a fine mese. Si è parlato anche di fiscalità e incentivi e di burocrazia. Un’occasione per fare il punto sulla situazione di Trieste e del Friuli Venezia Giulia e per questo accanto a Morandini oltre ai presidenti del Comitato regionale, Gianfranco Rados e provinciale, Stefano De Monte, c’era l’assessore regionale al lavoro, formazione, Università e ricerca, Roberto Cosolini.
Proprio sul fronte fiscalità sia l’Austria (con il 25%) che la Slovenia (ora il 23% che diventerà 20 nel 2010) hanno adottato una politica aggressiva riducendo la tassazione degli utili e Morandini ha lanciato un monito: «Ci aspettiamo una politica sensibile, e questo al di là del limite di tassazione. Serve una fiscalità virtuosa che aiuti la crescita». Imprese, ha ricordato il vice di Confidustria, alle quali «se dobbiamo attribuire un merito è quello di non aver delocalizzato se non in certe condizioni per mantenersi sul mercato. Le piccole imprese hanno mantenuto occupazione, lavoro e ricchezza in Italia». Una risposta a chi paventa la possibilità di trasferimenti in massa oltreconfine.
Un rischio che non c’è per il Friuli Venezia Giulia secondo Morandini (che tra l’altro è friulano): «Una regione all’avanguardia rispetto alle esigenze delle piccole imprese grazie a strumenti legislativi innovativi guardati con interesse anche da altre regioni – ha spiegato – lo dico spesso agli incontri istituzionali che ho in giro per l’Italia e ho portato anche alcuni rappresentanti regionali in Comitato centrale a Roma per spiegare come sono state costruite le leggi. Mi riferisco alla Bertossi, a quella sul buon lavoro di Cosolini e sull’innovazione». E proprio grazie all’attrattività del Friuli Venezia Giulia, ha rivelato ieri lo stesso Cosolini: «Secondo le proiezioni sulla crescita 2008-2009 prevedono un aumento maggiore del Pil in Friuli Venezia Giulia rispetto alle altre regioni del Nordest e alla stessa Slovenia». Quest’ultima frenata dagli impegni per l’entrata nell’Ue e soprattutto nell’area euro.
Toccato infine anche il tema della ricerca e dell’innovazione. In Italia si investe l’1,1% del Pil contro il 2,5% della Germania. «La maggioranza degli investimenti viene fatta proprio dalle piccole imprese – ha concluso Morandini – che suppliscono alle carenze di intervento del pubblico e delle grandi imprese, senza contare poi che il processo di ricerca delle piccole imprese è un elemento quotidiano che spesso sfugge alle statistiche Istat ma che ha permesso alle aziende di resistere al difficile quinquennio 2001-2005. Le imprese hanno continuato a investire ed ora sono pronte per la ripresa economica al quale contribuiscono per il 60% dell’export italiano».

Giulio Garau

 

 
L’Enel sale in Endesa e sfiora il 25%
 
ROMA Prosegue la campagna spagnola dell'Enel: il gruppo sale ancora nel capitale di Endesa e mette in portafoglio - tra quota già acquistata (9,99%) e quote prenotate per il 14,98% - circa il 25% della società spagnola, vale a dire circa 264,401 milioni di azioni ad un prezzo di 39 euro per un controvalore di oltre 10,3 miliardi di euro Con la sottoscrizione di nuovi share swap, Fulvio Conti ha prenotato a Mediobanca un altro 2,98% del capitale della spagnola. Una nuova opzione di acquisto che permette all'Enel di arrivare al 24,9764% del capitale del gruppo spagnolo. Ad un passo cioè da quel 25% che farebbe scattare - in base all'attuale legge spagnola - l'obbligo di un'opa totalitaria.
Ma le mire dell'Enel su Endesa potrebbero non fermarsi qui: l'obiettivo potrebbe essere spostato più avanti, ad un passo cioè dal 30% del capitale. Se - come preannunciato dal governo spagnolo - Madrid dovesse decidere di portare il tetto sull'opa obbligatoria al 30%, adeguandolo quindi a quello europeo, l'Enel salirebbe ancora. Come scritto anche nero su bianco nell'informativa trasmessa nei giorni scorsi all'americana Sec.

 

 
Ripulite le scarpate invase da materiali e rifiuti abusivi
 
CONTOVELLO Pigrizia, totale insensibilità verso la natura e il territorio circostante, mancanza assoluta di un minimo di educazione civica. Sono questi gli attributi di quelle persone che negli ultimi mesi hanno utilizzato tratti di carreggiata e alcune scarpate di Salita di Contovello per depositarvi numerosi inerti e diversi rifiuti ingombranti. Materiali inquinanti e di risulta che l’Acegas/Aps ha provveduto a raccogliere negli ultimi giorni e a trasmettere alle sedi opportune per lo smaltimento. L’informazione arriva dai vertici della prima circoscrizione, informate sui fatti. «C’è da lodare l’ex Municipalizzata per il solerte intervento effettuato lungo l’erta – afferma il presidente Bruno Rupel – ma c’è da rimanere sconcertati di fronte all’assurdità dei gesti degli ignoti maleducati, probabilmente provocati da un fatto contingente». Ovvero, stando all’interpretazione di Rupel, dalla chiusura per settimane di Strada del Friuli, alla quale Salita a Contovello si riferisce attraverso una stretta e quasi impraticabile bretella. Stando al ragionamento del presidente, alcune persone avrebbero approfittato della vicinanza del bosco e della particolare conformazione della strada, piuttosto isolata nel contesto della parte alta di Barcola, per scaricarvi nottetempo i propri rifiuti, a causa dell’impossibilità di transitare per Strada del Friuli. Comunque sia, siamo di fronte all’ennesima storia di maleducazione e mancanza di senso civico – dice Rupel – e per la quale non vi sono comunque giustificazioni”. Oltre a rovinare un ambiente boschivo tra i più belli del Comune, lo scarico di materiali rischia di inquinare un territorio a rischio di smottamenti e frane. “L’idea di scaricare inerti e rifiuti ingombranti in queste zone è davvero assurda – rincara – visto che esiste nel Comune un servizio di depositeria onnipresente, che funziona da lunedì a sabato dalle 7 alle 19. Per chi risiede nelle nostre zone, è possibile riferirsi alle depositerie di Opicina, in Strada per Vienna, oppure a quella di Roiano di via Valmartinaga 10.” Di domenica, per le urgenze, è aperta pure dalle 9 alle 12 la depositeria di via Carbonera. E per coloro che intendono servirsi del servizio di asporto gratuito a domicilio, il numero telefonico di riferimento è lo 040/7793780.
m.l.

 

 

Arriva la Tarsu con gli aumenti

In questi giorni i triestini stanno ricevendo le cartelle della tassa di smaltimento dei rifiuti Tarsu (meglio conosciuta come tassa “scovaze”). Per l’anno in corso. Non è stata una sorpresa, lo aveva già annunciato il nostro quotidiano, comunque l’aumento riportato nella cartella sta scatenando le ire di molti capi famiglia.
Il Comune ha senza dubbio molte spese di gestione per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Io sono convinta però che ognuno di noi sia in grado di portare il suo contributo per rendere più leggera la suddetta tassa ed anche far sì che l’aria che respiriamo sia più pulita e ci siano meno residui di diossina anche per il bene delle generazioni future.
Per prima cosa giornali e carte, cartoni, scatole, contenitori di carta, ecc. vanno smaltiti nelle apposite campane che si trovano sempre vicine a casa. Altresì le bottiglie di vetro, (anche quelle piccole di succhi di frutta, profumi, medicine o altro). Le bottiglie di plastica (e qui merita un discorso a parte: anni fa c’erano dei banchetti in città ai quali in cambio di una borsa di bottiglie di plastica ti regalavano una maglietta con scritto “ho salvato una bottiglia” e ti insegnavano che le bottiglie di PET vanno schiacciate, compresse, cioè“mastruzade” per occupare meno posto in campana).
A queste vanno aggiunti i contenitori dei detersivi per i piatti, per il bucato, i saponi per la doccia e per le mani. Sono piccole cose, come gocce d’acqua che formano una cascata, ma ognuno può contribuire con la sua parte. E’ una prova di civiltà che tutti assieme non possiamo trascurare... e chissà che il prossimo anno la bolletta della tassa scovaze risenta di questo piccolo sforzo comune.
Maria Bellemo
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI' , 12 marzo 2007

 

 

Piante, è il clima che seleziona la specie  - Solo le più "giovani" si adattano all'effetto serra

 

Una ricerca americana ha studiato le capacità di sopravvivenza - In futuro avremo sempre meno querce e sequioie, sempre più pioppi ed erbacce

ROMA - Nella strenua lotta per la sopravvivenza le piante stanno già combattendo per sopravvivere alla rapida evoluzione climatica, ma molto probabilmente solo alcune ce la faranno. Per altre, la lotta potrebbe essere impari e, soprattutto a causa delle siccità, alla fine saranno costrette a soccombere e a scomparire per sempre.
Saranno le piante a crescita veloce, quelle cioè in grado di dare origine a varie generazioni nell'arco di un secolo, ad adattarsi al meglio ai mutamenti climatici. Anzi per loro ci sarà una vera e propria esplosione. Questo potrebbe voler dire che il nostro futuro prossimo sarà pieno di erbacce. "Purtroppo saranno le piante centenarie, come la venerata sequoia, a non avere la capacità di adattarsi, perché il ciclo della loro vita è troppo lungo rispetto ai mutamenti repentini che si stanno verificando", ha spiegato Arthur Weis, professore di ecologia all'università della California di Irvine (Usa), il cui lavoro è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences.
Il ricercatore ha condotto uno studio sulle rape, che hanno un ciclo riproduttivo di circa sette anni. "Abbiamo constatato che anche con una variazione climatica veloce come quella che si sta verificando in California, in poche generazioni si adatteranno tanto bene da riuscire a sopravvivere", ha spiegato Weis. Gli esperimenti sono stati condotti su due gruppi di semi di rape fatti crescere in serra: i primi vennero raccolti nel 1997, prima che cominciasse un lungo periodo di siccità, i secondi nel 2004, quando la siccità terminò.
Le piante vennero divise in tre gruppi, a ciascuno dei quali venne dato un diverso ammontare di acqua, dalla quasi totale privazione fino all'eccesso. Le piante nate in ambiente arido fiorirono prima rispetto al loro ciclo normale, e ciò come conseguenza del fatto che i semi da cui erano nate caddero sul suolo prima del normale, quando cioè la pianta si accorgeva che il suolo si stava per essiccare. "Questo cambiamento ha dato un'accelerazione al ciclo vitale del 16 per cento in sole sette generazioni", ha spiegato il biologo.

E se l'uomo si dovesse adattare allo stesso modo con il quale si sono adattate le rape in serra, cosa gli potrebbe accadere? A questa domanda Weis risponde: "Un adattamento simile negli uomini porterebbe a far slittare l'età d'inizio della riproduzione, che mediamente è a 16 anni, a 13 e mezzo nell'arco di sole sette generazioni".
Ora il ricercatore si è posto un nuovo obiettivo: raccogliere il maggior numero di semi di piante del Nord America e congelarli, così da poterli confrontare con i semi della stessa specie fra 50 anni. In tal modo si potranno realmente osservare le mutazioni di ogni singola specie e la velocità di adattamento rispetto ai reali mutamenti climatici.

LUIGI BIGNAMI

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 12 marzo 2007

 

 
Inceneritore di via Errera: periti al lavoro
 
Per l’inceneritore di via Errera, bloccato ormai da settimane, è giunto il giorno più importante. Oggi infatti si insediano i periti nominati dal Tribunale per fare chiarezza in maniera definitiva sul funzionamento dell’impianto e sui motivi per i quali emette diossina. «Si tratterà – racconta Giovanni Borgna, avvocato dell’AcegasAps che gestisce l’impianto – di stabilire un preciso calendario delle prove che dovranno essere fatte all’inceneritore, e decidere eventualmente quando dovrà essere attivato».
«Credo che – commenta dal canto suo l’assessore provinciale competente Ondina Barduzzi – che a un certo punto dovranno cominciare anche a inserire rifiuti, perchè non credo che basti fare una sperimentazione generica, senza prendere in esame tutte le possibilità legate al funzionamento dell’inceneritore»
I periti, racconta ancora la Barduzzi, dovrebbero essersi già accordati sulle procedure da fare e a questo punto devono solo parlare con i tecnici di AcegasAps. Seguirà un periodo di prova generalizzato, che prenderà in esame tutte le ipotesi possibili. «L’impianto – sottolinea ancora l’assessore provinciale – è molto recente, quanto a costruzione, e quindi penso che non ci dovrebbe voler molto per capire la reale causa che ha portato alla produzione di diossina, se sia dipeso dalla manutenzione o dai carboni attivi o da qualche altro fattore scatenante. Da fuori, comunque, mi sembra difficile che qualcosa non abbia funzionato nel circuito. Adesso – incalza la Barduzzi – si tratta di vedere se il ciclo combinato funziona o emette diossina».
Esperimenti e perizie a parte, non si possono ancora avere delle date certe sul pieno ritorno alla funzionalità dell’inceneritore. Ma l’emergenza, e almeno questa è una buona notizia, può godere di tempi abbastanza larghi di ammortamento, grazie soprattutto alla comprensione dimostrata dall’amministrazione provinciale di Gorizia. «Il presidente Gherghetta – sottolinea in chiusura la Barduzzi – per nostra fortuna ha dimostrato realmente un grande spirito collaborativo, concedendoci una deroga di tre mesi, a far data da dieci giorni orsono, per l’uso della discarica sita nel suo territorio. Posso solo augurarmi, a questo punto, che i tempi delle perizie non si prolunghino oltre, ma obiettivamente ritengo che non sarà così e che presto si potrà tornare alla piena normalità».

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA , 11 marzo 2007

 

 

Poveri italiani, non sognano più - la buonanotte abdica al rumore

 

Uno studio dell'Usl1 di Trieste lancia l'allarme sui disturbi del sonno e i suoi costi sociali - secondo le previsioni entro il 2012 saranno 12 milioni le persone con problemi di udito

Gli italiani non sognano più. Colpa del rumore, che la notte cancella il sonno profondo e la fase 'Rem'. A conferma di questo allarme c'è anche una ricerca dell'Istituto di Medicina del Lavoro della Usl1 di Trieste che ha scoperto un dato singolarissimo: le farmacie che operano nei quartieri dove il livello sonoro notturno è compreso tra i 55 e i 75 decibel vendono una quantità di sonniferi e tranquillanti doppia o addirittura tripla rispetto alla media. E anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un monito dopo uno studio effettuato su 96 città italiane: la rumorosità notturna è superiore ai livelli massimi di tollerabilità per l'orecchio umano nel 98% delle aree urbane.
Purtroppo il rumore non "attacca" soltanto i nostri sogni: dosi massicce di decibel possono causare, in caso di esposizioni prolungate, tachicardia, nausea, alterazioni del campo visivo e della trasmissione degli impulsi nervosi. In alcuni casi limite (una strada a forte flusso di traffico), l'inquinamento acustico rappresenta una minaccia diretta per l'udito. Molto frequenti sono anche gli effetti psicologici del frastuono, in grado di generare aggressività, emicrania, capogiri, inappetenza, difficoltà di concentrazione e, appunto insonnia. Per tutti questi casi si può parlare di un vero e proprio "stress da rumore", o quanto meno di quella deleteria "sensazione di fastidio", definita "annoyance" dagli anglosassoni, che mina profondamente la qualità della vita. La conseguenza è che "entro 3 anni in Italia ci saranno più sordi che anziani. L'ipoacusia salirà in Italia dai 7 milioni attuali ai 12 milioni nel 2015 mentre in Europa ti toccheranno i 90 milioni.
Il costo clinico sociale nel mondo, oggi intorno ai 20miliardi di dollari/anno, potrebbe addirittura triplicarsi nei prossimi dieci anni ", afferma Carlo Giordano, direttore della Clinica Otorinolaringoiatria dell'Università di Torino. "Bisogna mettere in piedi una politica chiara per diminuire il traffico privato, migliorare l'asfalto. Il tema dell'inquinamento acustico è al centro di un'indagine in corso presso l'VIII Commissione della Camera", aggiunge il presidente Ermete Realacci.
Ma molto c'è da fare anche dal punto di vista della cultura, soprattutto tra i giovani, visto che un'indagine dell'Università di Boston dimostra che tra chi ascolta musica con riproduttori Mp3, ben un quarto tiene il volume ad un livello molto superiore alla soglia raccomandata. Un rischio per l'udito sempre in agguato, dato che numerosi apparecchi hanno una capacità di suono di 91/121 decibel, che si traduce in 139 con gli auricolari, cioè pari al rumore di un aereo che decolla.

ANTONIO CAPERNA
 

 

La moto a idrogeno diventa realtà - Incredibile sorpasso sull'auto

 

A Napoli e Benevento prende il via la prima sperimentazione italiana - Ma, soprattutto, in Inghilterra va in produzione il primo modello da enduro

La moto sorpassa l'auto nella corsa all'idrogeno, nonostante l'enorme impegno e le infinite risorse delle case automobilistiche.
Dopo la presentazione dello
scooter a idrometano, e l'interessante prototipo di bici a idrogeno diventa infatti realtà la moto da enduro (sempre a idrogeno) presentata in anteprima nel marzo del 2005: in Inghilterra sono stati appena avviati a una piccola produzione di serie un lotto di avveniristici prototipi. E fra l'altro, è proprio di questi giorni la notizia che a Napoli e a Benevento ci sarà la prima sperimentazione italiana con una trentina di scooter made in Italy (sono progettati dall'università di Benevento): verranno usati dai vigili urbani e il rifornimento avverrà in un distributore alimentato da energia fotovoltaica.
Ma torniamo allo scooter inglese, a oggi la proposta più concreta: il veicolo sfoggia un design piuttosto sofisticato con faro inglobato nella monoscocca (ricorda un po' la Mv Agusta 750 Gran Turismo), ma soprattutto ha un pregio incredibile. Ossia funziona: ha un'autonomia di 70 km e una velocità massima di 50 km/h.
Noi non l'abbiamo ancora guidato, ma secondo i nostri colleghi inglesi questo scooter impressiona per la sua facilità di funzionamento, non ha marce, ha una buona accelerazione ed è molto silenzioso.
Il che per la maggior parte dei centauri è quasi un difetto perché una moto senza rombo non è una moto. Ma non c'è problema: gli ingegneri inglesi hanno in progetto di accessoriarla con un rumore artificiale. Ma non solo per accontentare gli appassionati: c'è il rischio il silenzio renda il suo passaggio talmente inosservato da risultare pericoloso.
"Non è mai stata prodotta una motocicletta silenziosa prima d'ora e quindi nessuno ci è abituato", ha dichiarato Harry Bradbury, direttore di Intelligent Energy, la società che ha creato il prototipi. "Ora che ci apprestiamo a produrla stiamo pensando di aggiungervi una leggera modulazione di suono".
Il rumore artificiale imiterà dunque il rombo emesso dal motore e potrà essere usato quando si circola in città per avvertire chi si trova nei paraggi del passaggio del veicolo, ma sarà anche possibile spegnerlo quando si sta viaggiando in un luogo dove si vuole rispettare la quiete.
Immaginate la scena: prima di accendere il motore ci si potrà collegare il proprio iPod e scegliere il rombo da usare per il tragitto. Meglio il sound del bicilindrico della Ducati o quello del V2 Guzzi? Il 1000 della CBR o il tre cilindri della Triumph? Solo un motore non potrà essere replicato: quello dell'Harley. La casa di Milwaukee ha brevettato il suo "rumore".

VINCENZO BORGOMEO

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 11 marzo 2007

 

 

«Trieste ricca ma il futuro è grigio»  - Rapporto Confcommercio-Legambiente: «Preoccupante crisi sociale e economica»

 

Una indagine su scala nazionale fotografa il livello dei servizi e il dinamismo produttivo: in Fvg cresce solo Gorizia

Il rapporto non considera solo il Pil per abitante ma anche qualità dei servizi e dinamismo produttivo

TRIESTE Il benessere del Nordest ormai è solo un ricordo, il volano dell'economia nazionale diventa oggetto di studi, perchè nella realtà il Friuli Venezia Giulia è diventata una delle aree "medie" italiane. Ma anche così il quadro è troppo positivo, con Trieste area del massimo disagio insediativo (-60% sulla media), Udine e Pordenone che arretrano mentre solo Gorizia risulta stabile.
È questo il quadro che emerge dal secondo rapporto 1996-2005 curato da Serico (Gruppo Cresme) per Confcommercio e Legambiente sull’Italia del disagio insediativo, i talenti sottratti alla competizione globale.
L'indice di «disagio insediativo» - entrato ormai stabilmente nel compendio statistico dell'Atlante della competitività delle province italiane di Unioncamere - è stato elaborato per la prima volta nel 1999; la sua originalità consiste nell'approccio di sistema: la scelta degli indicatori permette di analizzare i caratteri dei singoli comuni e delle province, a partire dai dati demografici dei loro abitanti, per giungere al livello dei servizi erogati (istruzione, assistenza sociale e sanitaria, commercio) e il dinamismo produttivo (produzione, turismo e ricchezza).
In un concetto: la qualità dei servizi territoriali diffusi e la possibilità di competere per uno sviluppo coerente con le proprie risorse ed identità. Il crollo del benessere è generalizzato nella Penisola, con una maggiore accentuazione al Nord che fa risaltare il piccolo passo in avanti del Sud. Una tendenza al livellamento verso il basso della qualità della vita. Attraverso queste letture e questi strumenti innovativi si è in grado - ha spiegato il presdiente di Confcommercio Sangalli nel presentare la ricerca - quindi, non solo di dire chi sta meglio e chi sta peggio, ma anche perché si sta meglio o peggio, e di individuare con estrema precisione le cause, sulle quali poi sarà possibile intervenire per mitigare o annullare fattori potenzialmente pericolosi in ragione di un sempre possibile aumento del disagio insediativo.
Trieste perde posti. Un esempio eclatante in questo senso è il caso di Trieste che le classifiche dell'ultimo periodo pongono al primo posto per qualità della vita, secondo una lettura per dati assoluti, ma che attraverso la nostra analisi dinamica presenta preoccupanti elementi di crisi nella struttura familiare e della popolazione, soprattutto in rapporto all'età. Lo strumento dell'analisi neutrale si dimostra, pertanto, particolarmente efficace nel restituire non solo ordinamenti, classifiche, letture e visioni, ma anche indicazioni chiare e specifiche su quali orientamenti scegliere al fine di impostare politiche di incremento del benessere insediativo.
Il Friuli Vg che arretra. Emblematico il titolo dato alla parte che riguarda la nostra regione: «Un Friuli Vg. che arretra e uno che resiste». La dinamica del disagio insediativo nelle province della regione Friuli Venezia Giulia presenta infatti due andamenti contrapposti, ai quali si affianca una situazione di particolare stabilità.
La provincia di Udine presenta un netto miglioramento, pur rimanendo sempre nella fascie della "medietà", mentre le province di Trieste e di Pordenone presentano una diminuzione, ma con due andamenti diversificati: Trieste dopo una situazione di benessere consolidato perde posizioni e si allinea ad una presenza di disagio legata a fattori dipendenti da variabili strutturali della popolazione e dell'istruzione, con una crescita elevata della popolazione anziana e una scarsa dinamicità migratoria e naturale. Pordenone evidenzia dapprima un miglioramento con il passaggio dal gruppo della medietà al gruppo del benessere e il successivo decremento ai livelli minimi del gruppo della "media" italiana.
Gorizia: più benessere. La provincia di Gorizia al contrario presenta una situazione di sostanziale stabilità in una condizione di benessere acquisito e consolidato. Il Friuli Venezia Giulia è una regione dove nel periodo considerato (1996-2005) il reddito pro capite è cresciuto più della media nazionale (+22,7%) e dove complessivamente gli indicatori strutturali relativi alla popolazione presentano una sostanziale stabilità per quanto riguarda le classi di età al di sotto dei 14 anni e di debole diminuzione per le classi in età lavorativa, ma dove la percentuale di aumento della popolazione anziana, rispetto ad altre regioni, è particolarmente contenuta.
Il segno "meno" si evidenzia soprattutto negli indicatori relativi alla struttura commerciale e dei pubblici esercizi, segno di una trasformazione che ha due facce: la riorganizzazione funzionale del sistema distributivo del commercio e la perdita di pubblici esercizi, e dunque di molti punti "di prossimità". Per contro molti indicatori evidenziano valori in crescita, in particolare quelli legati al turismo che presenta incrementi molto consistenti e quelli legati al reddito (numero di sportelli bancari e quote di depositi), tutti elementi ben visibili nel confronto con i valori medi nazionali da cui si discostano in modo significativo.
Raffaele Cadamuro

 

 
Zaule, alcuni giorni per eliminare i 1500 litri di gasolio finiti venerdì nel depuratore
 
L’inquinamento è sotto controllo, ma ci vorrà ancora qualche giorno, al massimo una settimana, perchè quanto resta dei 1500 litri di gasolio finiti nel terreno in Strada vecchia dell’Istria,e da lì nel depuratore di Zaule, venga asportato. Un tempo che dipende dalla velocità con cui il terreno stesso rilascerà il gasolio assorbito.
Fino alla conclusione dell’emergenza, il laboratorio chimico dell’AcegasAps continuerà comunque a monitorare i parametri delle acque in entrata e in uscita dall’impianto.
La consistente perdita di idrocarburi è stata avvertita venerdì mattina all’interno del depuratore di Zaule. Attorno alle 7.30 il personale dell’AcegasAps ha riscontrato un’anomalia all’ingresso dell’impianto.
Scattata l’emergenza, le squadre del servizio fognature sono andate alla ricerca, lungo i collettori fognari, del punto della perdita di carburante.
Dopo alcune ore di ricerche, effettuate assieme ai vigili del fuoco, l’origine dell’infiltrazione è stata individuata nella rottura di una tubazione privata in Strada vecchia dell’Istria. Da quel punto il gasolio, attraverso gli strati permeabili del terreno, era finito nella rete fognaria, e quindi al depuratore.
Individuata l’origine, mentre i vigili del fuoco mettevano in sicurezza l’area, i tecnici dell’AcegasAps collocavano specifiche barriere contro gli idrocarburi sia nella rete fognaria sia all’interno del depuratore.
Costruito negli anni Novanta, l’impianto di Zaule si affaccia sul Canale industriale ed è in diretta comunicazione con il mare. Serve principalmente la Zona industriale, con un processo completo di fasi biologiche che include trattamenti specifici per il controllo dell’azoto.

 

 
Amici della Terra, presentato esposto contro l’inceneritore
 
Gli Amici della Terra di Trieste hanno presentato un nuovo esposto «sui gravissimi inquinamenti dell’area e del mare prodotti in Italia e Slovenia dall’inceneritore dei rifiuti e dal depuratore fognario del Comune» alle autorità italiane ed europee competenti. Secondo l’associazione ambientalista, l’inquinamento sarebbe causato dall’«inefficienza del depuratore e dall’inceneritore, sotto sequestro giudiziario dal 14 febbraio per emissioni di diossine da 2 a 10 volte superiore al limite consentito. La quantità degli inquinanti viene inoltre misurata in percentuale - si legge nella nota - e non sul totale delle emissioni, sulla ricaduta e l’accumulo nell’intera area di diffusione e sulla tolleranza dei soggetti a rischio come bambini e anziani»

 

 

Trasporti pubblici, troppe occasioni perdute

Un lettore rileva gli alti costi del traffico su gomma e la trascuratezza di quello su binario

Il 28 febbraio, in una trasmissione televisiva abbiamo sentito i vertici regionali del trasporto pubblico locale. Il tutto molto interessante per vari aspetti che qui voglio sottolineare. Gli utenti di Trieste Trasporti e Saf di Udine sono soddisfatti del servizio e i relativi Presidenti hanno magnificato il loro personale operato. Hanno dato da intendere che le aziende ci guadagnano! Peccato sia vero il contrario. Infatti non si sono fatte cifre, ma dalla stampa io so che con i biglietti staccati si paga solo il 25% o 30% del costo totale del servizio. Per cui se io pago 1 euro una corsa con Trieste Trasporti gli altri 2 sono tirati fuori dalle tasche del contribuente regionale! Cioè si tenta di far passare il ripieno del deficit come un guadagno dell’azienda. Come informazione non c’è male! Sulle ferrovie regionali si son dette corna: sporcizia e ritardi sono all’ordine del giorno. Un ingegnere delle FS, sentito al telefono, ha detto però che tutto è in via di miglioramento con le nuove tecniche. Ora, in questi ultimi 30 anni, la linea Trieste-Monfalcone, per fare un esempio, ha avuto i seguenti miglioramenti: le traversine in legno son state sostituite da quelle in cemento armato. I giunti delle rotaie son stati tutti elettrosaldati. La linea è stata tutta «banalizzata», cioè i treni possono percorrere una linea sia avanti che indietro perché i segnali sono bifaccia. Le rotaie leggere sono state sostituite da rotaie «pesanti». Le vecchie locomotive E626 sono state sostituite dalle ben più potenti E 646, E656, E464, E 444. Eppure per andare a Monfalcone si sta lo stesso tempo che ci voleva 70 anni fa, quando dominavano incontrastate le E626 ( max 90km/h).
Cosa ancora vogliamo migliorare? Certo, sono da migliorare le teste dei dirigenti! Il presidente della Saf di Udine riferendosi al Corridoio 5, ha detto che il non farla significa per noi la morte delle nostre aziende, il collasso della nostra economia. Per me questa è tutta una gran bufala! Ma io non sono né ing, né doc., né prof. Vediamo un po’ come stanno le cose: si vuole con detto corridoio far arrivare la merce dalla Spagna e Sud della Francia assieme alle merci italiche ai mercati dell’Est e viceversa. Se invece si privilegia il corridoio del Nord (Parigi - Berlino - Vienna – Praga - Kiev), le nostre merci sono tagliate fuori e noi…siamo morti. Innanzi tutto le nostre aziende faranno affari con l’Est come hanno sempre fatto e a noi interessa migliorare le nostre linee, senza strafare come si vuole col Corridoio 5. Poi, le merci che vengono tra noi dalla Spagna e dalla Francia per proseguire a Est, che cosa ci arrecano di vantaggio economico? Forse che i vagoni franco-spagnoli si fermano a Torino per fare uno spuntino? A Verona per mangiare al ristorante? In Friuli per assaggiare il Tocai? Un comunissimo treno oggidì, percorre il Nord Italia da Bardonecchia ( Val di Susa) a Villa Opicina in circa 14 ore senza elargire alcun vantaggio economico alle regioni attraversate! Si è parlato anche della metropolitana leggera a Trieste. L’opera è stata scornata dal signor Dressi come antieconomica: per un metrò ci vuole un bacino di utenza di almeno 400.000 abitanti, che Trieste non ha. Però non vede che al contrario di altre realtà, qui c’è da realizzare ben poco perché è quasi tutta pronta: sono le ferrovie cittadine da utilizzare assieme al trasporto merci. E’ quasi come una linea tranviaria. Diamo atto all’ing. Barduzzi che ha proposto il riuso cittadino di dette linee trascurate per sveltire il trasporto pubblico ( i bus vanno a 15 km/h) e togliere i bus dal centro cittadino.
Non dimentichiamoci che un treno, che abbisogna di poca manutenzione dura almeno 30 anni. Un autobus appena 5 o 6 e ne spendi di soldi per tenerlo in linea!
Sergio Callegari

 

 
Traffico selvaggio
In questi giorni a Trieste sempre più morti e feriti per incidenti stradali. Traffico selvaggio in entrata e in uscita della città: non c’è via cittadina grande o piccola che non sia intasata, pedoni e bambini in grande difficoltà a causa di marciapiedi e fermate bus occupate. I mezzi della Trieste Trasporti in notevole difficoltà operativa, ostacolati da macchine in sosta e doppia fila e da tanto traffico veicolare in movimento, forti ritardi sulle linee, danno per gli utenti e per il servizio.
Trieste si prepara così per la settimana mondiale per la sicurezza stradale promossa dall’Onu e dall’Oms - organizzazione mondiale della Sanità che avrà luogo dal 23 al 27 aprile. Non siamo una città presentabile e bisogna correre ai ripari, vista la situazione.
Sergio Tremul - presidente Coped

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 10 marzo 2007

 

 

Depuratore, emergenza gasolio  - Scoppia una tubatura privata: 1500 litri di idrocarburi finiti nelle fogne

 

L’infiltrazione si sarebbe originata in uno stabile in Strada Vecchia dell’Istria. Verranno monitorati i parametri delle acque in entrata e uscita dall’impianto

Intervento dei tecnici dell’AcegasAps: arginato il rischio con apposite barriere. Nessuna conseguenza

È scattato l’allarme ieri, di primo mattino, all’interno del depuratore di Zaule in seguito a una consistente perdita di idrocarburi.
Verso le 7.30, infatti, il personale di AcegasAps in turno in quel momento ha riscontrato un’anomalia all’ingresso dell’impianto. È stata immediatamente messa in atto la procedura d’emergenza prevista in questi casi dai protocolli di sicurezza, che prescrive che tutte le squadre del servizio fognatura partano alla ricerca, lungo i collettori fognari, del punto di immissione effettivo degli inquinanti.
Nel frattempo il personale della multiutility ha informato tutte le autorità interessate: i carabinieri, la polizia di stato, i vigili del fuoco, i tecnici dell’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale), l’Azienda sanitaria e i comuni di Trieste e di Muggia.
Quattro ore dopo, anche con l’ausilio dei vigili del fuoco stessi, è stata finalmente individuata l’origine dell’infiltrazione, che consisteva nella rottura di una tubatura privata in Strada Vecchia dell’Istria, da dove si riversava del gasolio nel terreno e da lì, attraverso gli strati impermeabili, direttamente nella rete fognaria.
I vigili del fuoco, a quel punto, hanno provveduto a mettere in sicurezza l’area, mentre i tecnici di AcegasAps hanno posizionato apposite barriere contro gli idrocarburi sia sulla rete fognaria sia all’interno del depuratore di Zaule.
La multiutility triestino-padovana - che ha inviato in proposito un comunicato stampa, alla fine dell’intervento, per spiegare l’accaduto - stima che la quantità di idrocarburi assorbiti attraverso questo sistema non sia inferiore ai 1.500 litri, i quali saranno smaltiti con determinate procedure previste dalla legge.
Per tutta la durata dell’emergenza e fino alla conclusione della stessa il laboratorio chimico della multiservizi ha effettuato, e continuerà a svolgere, il monitoraggio dei parametri delle acque in entrata e uscita dall’impianto.
Questo mentre «il pronto intervento del personale di AcegasAps - assicura lo stesso comunicato ufficiale emesso dall’ufficio Relazioni esterne e comunicazione di Padova - ha scongiurato ogni possibilità di inquinamento».
Il depuratore di Zaule, costruito negli anni Novanta, si affaccia sul Canale Navigabile in diretta comunicazione con il mare. Esso serve principalmente la zona industriale di Trieste con un processo completo di fasi biologiche, che include trattamenti specifici per il controllo dell’azoto. Recentemente è stato potenziato per consentire il riuso dei reflui depurati, soprattutto per utenze industriali. Il minor volume di fanghi prodotti e smaltiti è dovuto all’ottimizzazione di un particolare sistema di disidratazione meccanica, grazie all’utilizzo di una centrifuga di ultima generazione.

 

 

Barcola, l’Authority chiede la conferenza dei servizi - Conclusi gli ultimi lavori di messa in sicurezza dell’area

 

Il porto, proprietario del terrapieno, scrive all’assessore regionale Moretton sollecitando la riunione

Conferma di non intendere accollarsi, neanche in via provvisoria, gli oneri economici per la bonifica del terrapieno di Barcola. Ma l’Autorità portuale, in quanto proprietaria dell’area demaniale, decide comunque di fare il primo passo verso la riconvocazione della Conferenza dei servizi, come «suggerito» nei giorni scorsi dal vicepresidente della Regione Gianfranco Moretton, che detiene la delega all’ambiente nella giunta di Riccardo Illy. Nelle ultime ore, infatti, dalla Torre del Lloyd è partita una lettera, indirizzata proprio alla Direzione regionale Ambiente di via Giulia, in cui l’Authority chiede ufficialmente che venga convocata una nuova seduta della Conferenza dei servizi alla luce della bocciatura, da parte dell’Arpa, dei dati sulle analisi dei campioni di sottosuolo svolte dalla Multiproject per conto dell’Ap. L’obiettivo è esaminare le strade a disposizione per far ripartire - presumibilmente da zero, o quasi - il piano di caratterizzazione dell’area, ovvero la mappatura dell’inquinamento, propedeutico a qualsiasi progetto di bonifica. Ma sarà anche l’occasione, in realtà, per un confronto fra i principali attori della vicenda: la Regione, in quanto attuale «regista» delle autorizzazioni ai piani di caratterizzazione sui siti inquinati in base alla legge 152 del 2006, il Comune, in quanto ente gestore della discarica di Barcola attiva fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, e l’Autorità portuale, in quanto titolare dell’area demaniale.
«Abbiamo appena inoltrato un documento di richiesta - ha confermato ieri pomeriggio il responsabile del Servizio sicurezza e ambiente dell’Ap, Fabio Rizzi - e riteniamo che la Regione possa convocare la Conferenza dei servizi in tempi ragionevolmente brevi, legati ovviamente alle procedure tecniche dell’ente». Sui tempi necessari a riunire nuovamente la Conferenza dei servizi, ad ogni modo, Moretton non vuole sbilanciarsi. «Appena arriverà la lettera - ha fatto sapere in serata il vicepresidente della giunta Illy - la leggerò e ne trarrò le considerazioni del caso. La Regione convocherà la Conferenza dei servizi, certo, non appena accertata la compatibilità dei contenuti della richiesta dell’Autorità portuale rispetto alle procedure». Di più non dice, Moretton, anche se lascia intendere che non si tratterà di un tenere sulle spine l’Authority o altro: una formalità dovuta, insomma, che nulla ha a che vedere, in questo momento, con la querelle su chi deve mettere mano al portafogli per la futura bonifica. «Un qualsiasi progetto di bonifica - così l’assessore regionale all’ambiente - si fa solo dopo l’approvazione di un piano di caratterizzazione».
Dalla Torre del Lloyd, intanto, fanno sapere che nei giorni scorsi si è conclusa una serie di interventi di messa in sicurezza all’interno del terrapieno, cui seguiranno a breve alcune opere da concordare con i sodalizi nautici della zona. «Abbiamo realizzato - spiega a tale proposito Rizzi - delle coperture in pietrisco compatto dallo spessore di 40 centimetri nei punti centrali, fra il mare e i binari ferroviari, là dove erano stati scavati nel 2006 i buchi per i carotaggi, che erano stati coperti con dei teli di plastica provvisori, in modo tale da scongiurare qualsiasi eventuale fuoriuscita di materiale».

Piero Rauber

 

 

Tecnici ambientali a Trieste

 

TRIESTE La formazione internazionale ambientale per lo sviluppo sostenibile diventa «made in Trieste». Il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat, ha confermato il sostegno dell’Unesco e del governo Italiano per l'insediamento a Trieste di un Centro d'eccellenza per l’educazione ambientale: «Si tratta di un'ambiziosa iniziativa congiunta tra l’ Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza, la Cultura e la Comunicazione, il governo italiano e l’amministrazione provinciale di Trieste per l'avvio di corsi di formazione per tecnici soprattutto dei paesi in via di sviluppo in settori come la conservazione del suolo, la gestione integrata delle acque, la raccolta e trattamento dei rifiuti, la varie forme di inquinamento ambientale, ma anche la logica del rapporto ambiente – industria e la sua evoluzione».
L'Istituto per una Partnership a favore dello Sviluppo Ambientale (Iped), dovrebbe diventare l’anno prossimo una nuova Agenzia delle Nazioni Unite, collegata all'Unesco con il mandato di formare tecnici internazionali nei settori della tutela dell'ambiente. Il progetto, che sarà finanziato dal governo italiano, ha già avuto il suo battesimo a Parigi con la firma di una Dichiarazione di intenti tra l’ex ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e il Direttore Generale dell'Unesco, Koichiro Matsuura. Si stima che l’iniziativa potrà disporre di circa 2, 5 milioni di euro l'anno.
g.pr.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - VENERDI' , 9 marzo 2007

 

Trovata una mediazione con le esigenze francesi e dei nuovi entrati dell'Est - Soddisfazione dal mondo ambientalista: "Svolta storica, ora bisogna passare ai fatti"

 Accordo raggiunto al vertice dell'Unione sulle politiche per contrastare il riscaldamento globale
Gli obiettivi sulle fonti verdi saranno vincolanti, riconosciuto il contributo dell'atomo
- Intesa europea su energia e clima rinnovabili obbligatorie, sì al nucleare

BRUXELLES - Il Consiglio Ue si è concluso con un accordo complessivo sul piano d'azione energetico per contrastare i cambiamenti climatici. L'Europa si impegna a stabilire ambiziose quote vincolanti nella riduzione di emissioni di gas serra, nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nel risparmio energetico. I 27 hanno raggiunto infatti un'intesa sul piano proposto dal cancelliere tedesco Angela Merkel, presidente di turno dell'Unione. Il testo di compromesso, ha commentato la Merkel, rappresenta una "svolta" nell'impegno a contrastare il riscaldamento globale. "Spero - ha proseguito il cancelliere tedesco - che otterremo l'accordo degli stati membri su questo testo che ha sicuramente dei nuovi elementi di qualità ".
Un difficile compromesso. Il nucleo storico dell'Unione è riuscita quindi a convincere con le adeguate compensazioni i nuovi entrati dell'Europa orientale della necessità di fissare obiettivi vincolanti sia nel campo del risparmio energetico che in quello della produzione da fonti rinnovabili come sole, vento e biomasse.
Obiettivo 20%. Il consiglio europeo indica un "obiettivo vincolante del 20% entro il 2020 del totale dei consumi di energia da fonti rinnovabili". Un traguardo ambizioso, anche perché raggiunta l'intesa politica rimane ancora irrisolto il nodo di come tradurre il tutto da un punto di vista giuridico in una legislazione europea coerente. Per raggiungere l'obiettivo si terrà conto della media di quanto fatto da tutti gli stati, con quote differenziate a livello nazionale. Queste al momento non sono state ancora fissate, ma fonti Ue precisano che verrà fatto "al più presto" tenendo conto dei mix energetici di ciascun paese. Unico obiettivo vincolante dovrebbe essere quello minimo sui biocombustibili, fissato al 10%.
Il nodo legislativo. "Proporremo una legislazione", ha detto il presidente della Ue, Josè Manuel Durao Barroso, annunciando che l'esecutivo presenterà le sue proposte "nel terzo trimestre dell'anno". L'utilizzo dello strumento legislativo - che sarà oggetto di nuovi negoziati - consentirebbe alla Commissione di fare ricorso alla Corte di giustizia europea contro uno Stato inadempiente.
Il pedaggio pagato alla Francia. L'intesa è stata possibile anche grazie alle concessioni fatte alle pressioni francesi sul ruolo dell'energia atomica nel limitare le emissioni di anidride carbonica. Nella piano si riconosce infatti "il contributo dell'energia nucleare" per far fronte alle preoccupazioni sulla sicurezza e approvvigionamento dell'energia e per la riduzione delle emissioni di C02, rilevando però "l'importanza capitale" che siano tenute in considerazione la sicurezza dei processi.
Il ritardo italiano. Per quanto riguarda l'Italia, che parte con un grosso ritardo dopo anni di scarsa attenzione al problema, "bisogna veramente cambiare la struttura produttiva del settore energetico italiano" ha spiegato il presidente del Consiglio Romano Prodi, precisando che si tratta di "un impegno di grandissimo respiro, non è una cosa da poco".
La soddisfazione di Barroso. Estremamente soddisfatto il presidente della Commissione Ue. "Questo - ha sottolineato Barroso - è stato il vertice più significativo cui ho partecipato, l'Europa ha dimostrato che è possibile prendere decisioni importanti e ambiziose e quando i leader europei andranno al G8 a giugno potremo dire che l'Europa assume la leadership" e che gli altri "devono unirsi a noi nella lotta ai cambiamenti climatici".
"Importante come Kyoto". Cantano vittoria anche le associazioni ambientaliste. "È la più importante decisione presa da due anni a questa parte, dopo la ratifica del Protocollo di Kyoto nel febbraio 2005", ha commentato Francesco Tedesco, responsabile Campagna Energia e Clima di Greenpeace. "Con questa svolta storica l'Europa si mette al primo posto nella lotta al cambiamento climatico, dobbiamo essere davvero orgogliosi di questo", ha aggiunto.
Il momento di passare ai fatti. Molto positivo pure il giudizio di Legambiente, che invita però il governo italiano "a passare dalle parole ai fatti". "Non è infatti più ammissibile - afferma il presidente Roberto Della Seta - che alla posizione avanzata del nostro Paese nelle trattative internazionali sul clima non corrisponda un impegno concreto dell'esecutivo per favorire la produzione di energia pulita, attraverso nuovi meccanismi d'incentivazione delle fonti rinnovabili e la semplificazione delle procedure autorizzative".
 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 9 marzo 2007

 

 
Vie Berchet e Verga, possibile lo stop alla vendita dei terreni - COLOGNA-SCORCOLA Residenti ricevuti in municipio
 
Vi sono buone probabilità che il Comune decida di non alienare alcuni terreni verdi di proprietà venendo incontro alle richieste dei residenti delle zone interessate. Così ha avuto modo di dichiarare il sindaco Roberto Dipiazza a un gruppo di cittadini che civilmente hanno manifestato il proprio dissenso a tale provvedimento di fronte al municipio.
Si tratta di alcune aree boschive e di verde pubblico presenti nei quartieri di Cologna e Scorcola, in via delle Viole e via dei Narcisi, in via Berchet, in via Verga e in via dei Roveri, terreni pregiati perché inseriti in zone di collina e fondo valle particolarmente amene. Proprietà che la Giunta, assieme a altri immobili comunali, intende sostanzialmente cartolarizzare per implementare le casse municipali con denaro fresco. A tale processo, nelle ultime due settimane, c’è stata una ferma opposizione da parte dei numerosi residenti che vivono nei pressi dei terreni in odor di vendita. Accanto al timore di perdere i residui polmoni boschivi in zone peraltro già abbondantemente sottoposte a interventi edilizi, c’è viva apprensione per tutti i conseguenti problemi di urbanizzazione e di viabilità.
«Si tratta di zone particolarmente impervie, strette, quasi rurali – hanno avuto modo di spiegare al sindaco i portavoce dei comitati spontanei di quartiere ricevuti nel salotto azzurro – Zone dove già oggi il traffico veicolare risulta difficile, e dove i mezzi di soccorso spesso non riescono a arrivare per motivi di ristrettezza dei siti». «Roberto Dipiazza – spiega Franca Comar, rappresentante dei residenti di via Berchet – ci ha assicurato che si impegnerà personalmente per lo stralcio di questi terreni dalla delibera. Ce l’ha promesso in un clima di dialogo aperto e sereno, per questo attendiamo con fiducia gli eventi».
In precedenza sono stati circa un centinaio le persone che hanno esternato le proprie richieste di fronte al palazzo municipale. «No al cemento» e «Giù le mani da via Verga e via Berchet», stava scritto in alcuni degli striscioni esposti, mentre in via Berchet alcuni bimbetti hanno autonomamente scritto su di un muricciolo «Lasciateci il nostro boschetto», riferendosi a un prezioso spazio verde dove sono soliti giocare tranquilli senza l’assillo del traffico veicolare. «Sono soddisfatto per l’impegno dimostrato dal sindaco – interviene il presidente della IV Commissione consigliare comunale Lorenzo Giorgi – Le richieste dei cittadini sono ragionevoli».
m.l.

 

 

Barcola, Gambassini: «Negli anni ’80 la giunta era pronta a costruire la Fiera sul terrapieno»

 

Dipiazza: «Non importa chi ha inquinato, diamo l’area a chi vuole investire»

«Non ricordo nulla della discarica, ma posso parlare del progetto che stavamo portando avanti in quegli anni: lo spostamento sul terrapieno di Barcola della Fiera». A parlare così, tornando indietro con la memoria di oltre vent’anni, è Gianfranco Gambassini, storico esponente della Lista per Trieste, nominato assessore supplente della giunta Cecovini. Era il 1° ottobre 1980, in municipio di insediava un esecutivo monocolore formato da assessori del Melone.
«Agli inizi degli anni ’80 - ricorda Gambassini - il trasferimento della Fiera sul terrapieno di Barcola era una realtà. Commissionammo uno studio per sondare se l’ambiente avrebbe consentito di ospitare la struttura, ma le cose andarono male». E aggiunge: «Purtroppo gli esperti dissero che la corrente avrebbe portato via parte del bagnoasciuga - dice - e perciò era indispensabile realizzare una diga di protezione. Peccato che quella struttura costava una cifra folle e allora dovemmo rinunciare».
Quello studio non parlava di inquinamento, anzi Gambassini ricorda come tra le more si ipotizzava addirittura di realizzare un campo di calcio. Era ormai la metà degli anni ’80, la discarica di Barcola non operava più e così quelle precedenti: valle delle Noghere e lo specchio acqueo compreso tra il canale navigabile e la via Errera.
Una volta bloccata la discarica di Barcola, in vista di nuovi progetti da realizzare sull’area, tutto si sarebbe dovuto concludere con il banchinamento della zona. Una soluzione che il sindaco Roberto Dipiazza, aggiornando l’intervento con il termine «intombamento», continua a ripetere come unica soluzione al problema. Il primo cittadino non vuole sentire parlare di «colpe» e nemmeno di spese per la bonifica. Davanti a un preventivo di 9 milioni, Dipiazza si inalbera: «Ma a cosa dovrebbero servire? Basta con questa guerra di cifre sui costi delle bonifiche - tuona il sindaco - tanto non ci saranno mai i denari per effettuare questi lavori».
Dipiazza parte da lontano, inglobando tutti i siti inquinati, per arrivare alla soluzione del problema. «Negli anni ’80 si scaricavano le ceneri un po’ ovunque. A Muggia dove adesso c’è la sede del tiro a volo e a Barcola, ma non dimentichiamo - rileva Dipiazza - i siti inquinati nella Valle delle Noghere, nell’area ex Esso... Ebbene a me non interessa chi ha inquinato, questo semmai è un compito che spetta alla magistratura. Al sottoscritto interessa risolvere i problemi».
Secondo il primo cittadino, che aggiunge anche la Ferriera nei siti da bonificare, non ci saranno mai i soldi. E allora come si procede? «A questo punto si tomba con il cemento tutto e si lascia sotto tutto. Non facciamo dietrologia, diamo agli imprenditori che vogliono investire la possibilità di intombare - sostiene - e poi gestire i terreni inquinati». Un discorso che, secondo Dipiazza, vale anche per il terrapieno di Barcola.
Nessuna parola contro il presidente dell’Autorità portuale, Claudio Boniccioli, che non intende pagare la bonifica del terrapieno di proprietà dell’Authority. Una stoccata, invece, il sindaco se la lascia scappare su Michele Zanetti, che ricoprì l’incarico di presidente dell’Ente porto dal 1978 al 1990 e nell’edizione de Il Piccolo di giovedì aveva ricostruito la vicenda della discarica del terrapieno. «Adesso è meglio che gestisca il Collegio del mondo unito», dice Dipiazza ricordando l’attuale incarico di Zanetti.
p.c.

 

 

Duino, pronti a partire i lavori ai depuratori  - La manutenzione programmata per essere ultimata prima dell’estate

 

Il Comune ha stanziato 90mila euro (con la partecipazione di privati) per le opere straordinarie ai due impianti

Novanta mila euro a disposizione per i lavori di straordinaria manutenzione che partiranno nelle prossime settimane nel mare di Sistiana e a Duino, relativi ai due depuratori del comune.
L'amministrazione ha messo a disposizione i fondi (compartecipano economicamente anche alcuni privati di Duino, cointeressati alla soluzione del problema del depuratore). I lavori - ha annunciato l'assessore Pross - cominceranno a breve.
«L'amministrazione comunale di Duino Aurisina - ha dichiarato Pross - in questi anni ha rivolto particolare attenzione e grandi energie per la soluzione delle problematiche delle fognature in ambito comunale. Per quanto riguarda il sistema di depurazione esistente a Sistiana è stato riscontrata la necessità, a seguito di monitoraggi degli impianti di provvedere all'effettuazione di un intervento straodinario di manutenzione del depuratore, e più precisamente nella condotta che da esso si diparte verso il largo per oltre 1800 metri. Oltre ad un’ accurata verifica saranno sostituiti tutti i diffusori e ripristinata la piena funzionalità della conduttura, compresa la boa a mare».
I lavori, che si concluderanno prima della stagione estiva, dureranno circa 90 giorni.
Per quanto riguarda invece Duino, il budget pubblico-privato definito attraverso una convenzione è di 60mila euro: «Si rende necessaria - spiega ancora Pross - una manutenzione dei componenti, quali griglie e giranti oltre a una serie di azioni per rendere più efficiente l'impianto nel suo complesso. Provvederemo a creare un più moderno sistema di insufflazione dell'aria, mediante l'installazione di un sistema a microbolle e la creazione di una sezione destinata all'accumulo dei fanghi. Questa manutenzione migliorerà sensibilmente l'attività del sistema, con sicuro vantaggio in termini ambientali e per il rispetto delle normative. La soluzione che abbiamo individuato – conclude – permetterà di ottimizzare la struttura esistente, coerentemente con le disposizioni vigenti, sino alla realizzazione della nuova condotta da Sistiana a Duino, già oggi in fase di progettazione».
fr.c.

 

 

Grandi Molini Italiani investe su Trieste: impianto per produrre bioetanolo

 

La fabbrica utilizzerà mais e darà lavoro a una quarantina di persone. Sarà pronta nel 2009

Un impianto capace di trasformare ogni anno 350 mila tonnellate di mais in bioetanolo, che verrà venduto alle società petrolifere, obbligate per legge a inserire nella benzina una quantità crescente di questa sostanza «verde» (l’1% annuo, progressivamente fino al 5% entro il 2010).
Il progetto, che è ai primi passi ma che secondo fonti aziendali sta già ottenendo ampi consensi, è della Triera spa di Rovigo (gruppo Grandi Molini Italiani), che per realizzarlo investirà 100 milioni di euro.
In proposito l’azienda ha già chiesto a Mediocredito un mutuo di 55 milioni di euro. Una volta a regime – l’entrata in funzione è prevista per il 2009 – l’impianto in Porto Nuovo darà lavoro a una quarantina di persone.
Grandi Molini Italiani, nata a Rovigo nel 1830, è un’impresa familiare che oggi si articola in diversi terminal marittimi, ferroviari, stabilimenti e filiali, in Italia ma anche a Vienna.
Dal 1988 la società è subentrata nella gestione dei molini e dei silos al Molo Sesto, divenendo nel 1997 socio unico della Trieste Terminal Cereali, che dal gennaio 2006 ha assunto la denominazione Grandi Molini Italiani.
L’impianto per la produzione di bioetanolo a partire dall’amido di mais dovrebbe sorgere appunto nell’area del Molo Sesto, su una superficie di 5 mila metri quadri, accanto alla struttura che produce farine di grano tenero e semole di grano duro (con una capacità di 350-450 tonnellate al giorno), destinate all’industria alimentare nazionale ed estera.
I silos al Molo Sesto hanno una capacità di 38 mila tonnellate. Nel 2006 il traffico complessivo di granaglie e farine è stato di 360 mila tonnellate.
Con il futuro impianto tale movimento subirebbe una notevole impennata grazie alle 350 mila tonnellate di mais previste in arrivo e alle 115 mila tonnellate di bioetanolo che partirebbe con destinazione le industrie petrolifere.
Dato interessante, sia il mais destinato alla produzione del bioetanolo sia questo prodotto saranno trasportati via mare, con evidenti benefici per i traffici e il lavoro portuale.
L’impianto progettato nel Porto Nuovo sarà il secondo di questo tipo in Italia, dopo quello che la stessa Grandi Molini Italiani sta costruendo a Porto Marghera (Venezia), dove opera dal 1995 e dove la produzione del bioetanolo dovrebbe iniziare il prossimo anno.
La struttura da realizzare a Trieste, analoga a quella in costruzione a Venezia, produrrà anche energia elettica, attraverso una centrale di cogenerazione che funzionerà ad olio vegetale, e derivati del mais destinati all’alimentazione degli animali.
La ramificata configurazione aziendale di Grandi Molini Italiani, la cui direzione generale è a Rovigo, ne fa una il più grande gruppo molitorio italiano. Lo si ricava da alcuni dati salienti: l’ultimo fatturato ha raggiunto i 300 milioni di euro, i dipendenti diretti sono 300 e la capacità di macinazione di grano è di 1 milione 300 mila tonnellate l’anno.
Sei gli stabilimenti in Italia: oltre a Trieste, Pordenone, Venezia, Verona, Rovigo e Livorno, alcuni dei quali sono abbinati a terminal portuali. Diverse anche le filiali, tra cui Roma, Firenze, Bologna, Arezzo e Ancona. La rete è completata dal terminal di Vienna, da dove utilizzando la rete fluviale del Ddanubio, del Reno e del Meno vengono serviti diversi Paesi dell’Europa centro orientale.

Giuseppe Palladini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 8 marzo 2007

 

 

Barcola, per bonificare il terrapieno servono almeno nove milioni di euro

 

 Michele Zanetti, presidente del Porto nel 1980, non ricorda richieste per depositare ceneri

Nove milioni di euro. È quanto potrebbe costare, in base alle tariffe di mercato, la bonifica del terrapieno di Barcola. Quella bonifica di cui, al momento, nessuna istituzione è intenzionata a farsi carico. La cifra, indicativa, si calcola su un prezzo compreso fra i 70 e i 100 euro al metro quadrato, da moltiplicare per 90 mila, che sono grosso modo i metri quadri dell’area. Un costo certo, ad ogni modo, potrà uscire soltanto sulla base di un progetto di bonifica, successivo a quel piano di caratterizzazione (cioè la mappatura dell’inquinamento) che si ritrova oggi al punto di partenza dopo la bocciatura, da parte dell’Arpa, dei dati sui carotaggi effettuati dalla Multiproject per conto dell’Autorità portuale. Non si può affatto escludere, a tale proposito, che gli eventuali nove milioni - calcolati su un costo di bonifica attorno ai cento euro al metro quadrato - possano diventare parecchi di più, qualora venisse appurata la presenza combinata, in concentrazioni molto elevate, di diossine, idrocarburi e metalli pesanti. Altre variabili destinate ad incidere sui costi, anche in base alle normative in vigore, sarebbero poi i metri di profondità da raggiungere con gli scavi e le future destinazioni d’uso dell’area.
Sul dibattito di questi giorni in merito alle responsabilità dell’inquinamento del terrapieno, intanto, intervengono sia il Wwf, che ricorda come fra il 1980 e il 1981 siano state scaricate per alcuni mesi 150 tonnellate al giorno di scorie e ceneri provenienti dall’inceneritore di Monte San Pantaleone (si faccia riferimento all’articolo a lato, ndr), sia Michele Zanetti, il presidente dell’Ente Porto di allora.
«Non ho memoria di una domanda del Comune finalizzata a depositare lì le ceneri nel 1980 - precisa Zanetti - forse perché non era mai decaduto un documento precedente che regolava, negli anni Sessanta, sempre nella medesima area, lo scarico di materiali inerti. Su quell’attività, ricordo, fu ordinato un blocco da parte di un pretore ”ecologista”, Lo Sapio, che aveva rilevato un grave difetto nel deposito di tali materiali che, per effetto del dilavamento, rilasciavano fanghi nel mare. Il Comune, dunque, aveva chiesto e ottenuto a suo tempo di poter fare questa discarica, su cui noi non avevamo nessun controllo. Le autorizzazioni in materia di sicurezza su area demaniale erano di competenza della Capitaneria di Porto».
«Ciò che ricordo invece - aggiunge l’ex presidente dell’allora Ente Porto - era che una delle prime cose che feci dopo il mio insediamento (avvenuto nel 1978, si veda la tabella, ndr) fu la richiesta di un finanziamento dal Fondo Trieste, fra i 300 e i 500 milioni di lire, per realizzare una massicciata di contenimento per il terrapieno, che poi non è mai stata fatta. Quei soldi, in realtà, la giunta Cecovini li volle destinare al completamento del Museo Revoltella. Chiesi allora che i massi prelevati dall’altopiano, per la realizzazione della grande viabilità fra Prosecco e Sgonico, fossero utilizzati per la massicciata, ma il Comune aveva sottoscritto un contratto d’appalto in base al quale la ditta titolare dei lavori poté vendere vendere quei massi altrove».

PIero Rauber

 
Il Wwf attacca: «La colpa è di tutti» - Regione, Comune, Porto e Capitaneria indicati come responsabili dell’inquinamento
Sull’inquinamento del terrapieno la responsabilità storica è di Comune e Autorità portuale. Ma anche la Capitaneria di Porto e la Regione ebbero le loro colpe. Sono questi enti che, ora, dovrebbero farsi carico della bonifica. Lo sostiene il responsabile territorio del Wwf, Dario Predonzan, secondo il quale «è neccepibile, ma anche un po’ ipocrita, la posizione dell’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton, a proposito di chi dovrà accollarsi i costi della bonifica». «È vero - spiega Predonzan - che l’area è sotto la giurisdizione dell’Autorità portuale, che non può essere quindi non responsabile di quanto avvenuto sul demanio che gestisce, sia che ignorasse cos’è stato scaricato a Barcola, sia che lo sapesse e lo avesse autorizzato, ma in realtà l’autorizzazione risulta sia stata data dalla Capitaneria». «Non ha però alcun senso - prosegue l’esponente ambientalista - quanto Moretton afferma sul fatto che l’Authority potrà rivalersi finanziariamente su soggetti terzi, qualora dimostrasse che ad inquinare sono stati altri. Gli ”altri” sono semplicemente il Comune di Trieste, che ad inizio anni ’80 fece scaricare sul terrapieno le scorie dell’inceneritore di rifiuti urbani, circa 150 tonnellate al giorno. Lo dimostra il fatto che nel terrapieno sono state trovate concentrazioni di diossina, assieme a molte altre sostanze tossiche, contenute tipicamente nelle scorie dell’incenerimento».
«Fu il Wwf - ancora Predonzan - a denunciare il misfatto per primo nel luglio del 1980, con un sit-in di protesta in loco. Lo sconcio, dopo l’intervento del consigliere comunale Piermario Biava, fu interrotto soltanto dall’Usl. Anche la Regione, sulla vicenda, rimase del tutto inerte».
pi.ra.

 

 
L’associazione «Sos Muggia» dice no all’area per i camper - Il progetto prevede una zona di rimessaggio alle Noghere
 
Netta contrarietà all’ipotesi di costruire un’area di rimessaggio camper e roulotte in una zona di bosco planiziale alle Noghere, viene espressa oggi dal comitato «Sos Muggia», che chiede anche maggiori garanzie per il ripristino boschivo delle aree verdi distrutte dal cantiere Freetime. La questione del rimessaggio per camper e roulotte alle Noghere, poco lontano dai laghetti, era stata sollevata nei giorni scorsi dal Wwf che si era stupito per il comportamento della Regione, che, autorizzando il disboscamento, «ha volutamente ignorato il grande valore naturalistico delle aree boscate nella valle delle Noghere», così Dario Predonzan del Wwf regionale, sottolineando anche un parere contrario della Soprintendenza e l’importanza avifaunistica dell’area interessata dal progetto.
Un’attenzione particolare alla tematica era stata assicurata poi dal sindaco Nesladek, che aveva promesso anche maggior cura per le questioni ambientali nella redazione della prossima variante urbanistica generale del comune. Ora Fabio Longo, presidente di «Sos Muggia», dice: «Ringrazio la Soprintendenza per il parere espresso. Il progetto del rimessaggio camper ora dovrà per lo meno essere riproposto, ma il bosco va tutelato. Mi stupisce che la Regione, che aveva posto tutta quell’area, compresi i laghetti, sotto vincolo paesaggistico, se ne sia dimenticata». Ma in tema ambientale, Longo allarga il tiro anche al vicino cantiere del costruendo centro Freetime della Coopsette a Monte d’Oro, anch’esso criticato e bocciato per due volte dalla Soprintendenza. Longo afferma: «L’ultima volta, purtroppo, il progetto è stato approvato. Ma non si dica che gli ambientalisti si impegnino poco. Non è così – assicura -. Abbiamo chiesto a Comune e Soprintendenza che, proprio in merito ai rimboschimenti “compensativi” delle aree verdi distrutte, almeno si proceda a piantare alberi già grandi e vicini tra loro. In modo che ci sia un nuovo vero bosco fin da subito, e non fra dieci anni». Il comitato «Sos Muggia» intanto prosegue le sue battaglie anche all’interno della città di Muggia, per «migliorare la qualità della vita», dicono. E Longo, che si era anche candidato a sindaco con «La tua Muggia», riprende un tema già affrontato più volte: i parcheggi. «Ultimamente si è sentito di tutto: chi vuole togliere quelli a pagamento, chi invece vuole mantenerli», afferma Longo. E aggiunge: «La nostra posizione è sempre la stessa: manteniamo tutti i parcheggi gratuiti. Il fatto che altri Comuni abbiamo stalli a pagamento, non significa che ognuno non possa decidere per sé». E lancia una sua proposta: «Caliterna deve essere gratuito.
C’era anche una nostra petizione in proposito tempo fa. Ciò aiuterebbe molto i commercianti del centro, viste le progettate, ampie nuove aree commerciali subito fuori città. In giro per il centro si dovrebbero invece allestire stalli a disco orario. Facilitano la sosta e, anch’essi, aiutano i commercianti del centro storico».
s.re.

 

 

Alta velocità, al via il gruppo tecnico per la Bassa friulana - Sonego incontra i sindaci
 
TRIESTE Si è insediato il gruppo tecnico di lavoro che vede impegnati i sindaci, il Presidente della Provincia di Udine e la Regione Friuli Venezia Giulia per trovare alternative condivise al progetto di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) per la realizzazione della ferrovia Av/Ac nella Bassa Friulana: lo ha reso noto ieri l'assessore regionale alla pianficazione territoriale, Lodovico Sonego.
Sottolineando «il clima sereno e improntato al dialogo» della riunione, Sonego ha confermato che tutti i sindaci interessati faranno parte attiva del gruppo tecnico «a prescindere dal fatto che cinque di essi non abbiano firmato il protocollo d'intesa proposto dalla Regione».
Nei prossimi giorni - ha spiegato Sonego - il sindaco di Cervignano del Friuli (Udine) indicherà i due tecnici di fiducia che assisteranno i Comuni e la Regione provvederà a conferire loro l'incarico.
«La Regione - ha inoltre affermato Sonego - desidera affrontare in maniera strutturale i problemi della viabilità della Bassa Friulana condividendo con le amministrazioni interessate il progetto di una nuova viabilità e avviando l'iter del suo finanziamento».
L'assessore ha inoltre annunciato che il 20 marzo si svolgerà a Villa Chiozza di Scodovacca (Udine) l'incontro nel corso del quale la Regione presenterà l'inizio del lavoro di redazione del progetto strategico dello sviluppo della Bassa Friulana e dell'area giuliana che includerà anche il piano urbano della mobilità. Studio strategico e piano della mobilità saranno redatti dagli atenei di Trieste, Udine e Venezia.
Intanto continua la campagna informativa, rivolta prevalentemente ai pendolari, lanciata dalla Regione per comunicare agli utenti i principali obiettivi della riforma del trasporto pubblico locale.Dopo la distribuzione di un opuscolo nelle stazioni ferroviarie l'azione informativa prosegue con l'invio del medesimo materiale alle rappresentanze sindacali unitarie di oltre duecento aziende del Friuli Venezia Giulia, le più significative.
I cambiamenti strutturali arriveranno con la gara europea con la quale la Regione desidera assegnare la gestione totalmente integrata dell'intero sistema del TpL.

 

 
Nuova ferrovia Fiume-Ungheria  - Progetto da 2 miliardi. A Zagabria in un’ora
 
La linea avrà uno sviluppo di 274 chilometri anche per treni ad alta velocità
Il segmento più difficile sarà quello fino a Karlovac che prevede anche la costruzione di una galleria lunga dodici chilometri
È uno tra i più grandi progetti infrastrutturali da quando la Croazia si è affrancata dalla defunta Federativa. Riflettori puntati sulla nuova ferrovia che da Fiume, toccando Zagabria, raggiungerà l’Ungheria e che dovrebbe entrare in funzione nel 2013. Almeno così assicurano i responsabili delle Ferrovie statali croate. Tra una decina di giorni il Dipartimento infrastrutture delle Ferrovie statali bandirà il concorso per il progetto ideale della nuova strada ferrata che, stando a calcoli attendibili, potrebbe raggiungere il vertiginoso costo di 15 miliardi di kune, poco più di 2 miliardi di euro. Ma la spesa sarebbe oltremodo giustificata e non solo perché permetterebbe ai fiumani di raggiungere la capitale croata in circa un’ora (e l’Ungheria in poco più di due ore), ma anche perché darebbe un’importante occasione di sviluppo a tutta l’economia. «È il primo progetto ferroviario degli ultimi 40 anni in Croazia – ha precisato Nedjeljko Pesut, direttore del dipartimento infrastrutture delle Fs – avremo una linea a doppio binario completamente nuova da Fiume a Karlovac, mentre sul tratto pianeggiante da Karlovac al confine con il Paese magiaro un nuovo binario affiancherà quello attuale». Il segmento più impegnativo sarà quello da Fiume a Karlovac, la cui realizzazione comporterà un investimento di 7 miliardi kune, poco meno di un miliardo di euro. L’attuale tratta è lunga 175 chilometri, quella futura sarà accorciata di ben 54 km.
La ferrovia Fiume – Zagabria – Botovo (confine magiaro) sarà lunga in totale 274 chilometri. I treni dell’ultima generazione potranno percorrerla ad una velocità fino a 160 chilometri all’ora.
Andrea Marsanich

 

 
Muggia, gli ambientalisti mobilitati contro il cemento
 
In una segnalazione apparsa il primo marzo Aldo Radin sviluppa una polemica su ciò che hanno fatto di bene o di male a Muggia centrosinistra e centrodestra, parteggiando per quest’ultimo. Nel fare ciò, denuncia «l’enorme colata di cemento chiamata Freetime della Coppsette alle Noghere», e si chiede «dov’è stanno ora quegli ambientalisti che prima si scagliavano contro Dipiazza».
Lo abbiamo già scritto, ma evidentemente è il caso di ripeterlo perché a Radin dev’essere sfuggito. gli ambientalisti – intesi come Wwf, Italia Nostra e Legambiente – hanno fatto quanto potevano per contrastare l’intervento di Coopsette a Montedoro (non alle Noghere), del quale riassumo i passaggi fondamentali.
Ottobre 2001: la giunta regionale (su proposta dell’assessore Seganti, «sponsor» l’assessore Dressi) autorizza il Comune di Muggia a istituire una zona Hc (grande distribuzione commerciale) a Montedoro. Aprile 2002: il Comune (sindaco Gasperini) adotta la variante n. 17 al piano regolatore di Muggia, pensata ad hoc per istituire la zona Hc, aumentando di molto l’edificabilità (circa 300 mila metri cubi) e ignorando la sovrapposizione con un’«area di interesse ambientale» (boscata) prevista dallo stesso piano. Wwf, Italia Nostra e Legambiente presentano osservazioni contrarie, respinte (quasi all’unanimità) dal Consiglio comunale. Giugno 2003: il comune adotta (sindaco Gasperini) il piano particolareggiato presentato da Coopsette in attuazione della variante per la realizzazione del centro commerciale. Wwf, Italia nostra e Legambiente presentano osservazioni contrarie, respinte (quasi all’unanimità) dal consiglio comunale.
Marzo 2006: la soprintendenza annulla l’autorizzazione paesaggistica rilasciata un paio di mesi prima dal comune di Muggia (sindaco Gasperini) per il centro commerciale Freetime. Comunicato stampa del Wwf che plaude all’annullamento. Aprile 2006: Wwf, Italia Nostra e Legambiente chiedono al nuovo sindaco Nesladek una variante al piano regolatore, per impedire gli scempi imminenti a Montedoro (quelli prossimi venturi in altre parti del territorio comunale, grazie al piano regolatore lasciato in eredità dai precedessori). Agosto 2006: il comune (sindaco Nesladek) rilascia una nuova autorizzazione paesaggistica a Frretime. Comunica del Wwf che stigmatizza l’operazione e sollecità un nuovo intervento della soprintendenza, la quale annulla per la seconda volta. Nuovo comunicato Wwf di plauso. La terza autorizzazione paesaggistica, con qualche modifica al progetto, è stata invece avallata dalla soprintendenza, con il risultato che il bosco soprastante Freetime sarà in parte tagliato e poi ripiantato. Ognuno può giudicare la valenza ambientale di una simile operazione. Così come ognuno può vedere, dalla cronistoria sopra riassunta, di chi siano le responsabilità per quanto sta accadendo a Montedoro.
Dario Predonzan - responsabile settore  territorio WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI' , 7 marzo 2007

 

 

Siccità, l'Enel taglia la produzione dell'energia idroelettrica

 

Meno 20% rispetto allo scorso anno. Ermete Realacci chiede contromisure - Il bacino del Po in stato di emergenza. Presentata una risoluzione

ROMA - L'acqua non c'è e l'Enel taglia la produzione di energia idroelettrica. "In seguito alla minor disponibilità idrica - è scritto nella documentazione inviata alla Camera dall'amministratore delegato della società elettrica- Enel ha ridotto il ricorso a fonti idroelettriche di circa il 20% a gennaio e febbraio 2007, rispetto agli stessi mesi del 2006". Dai dati presentati emerge come la disponibilità d'acqua nei bacini del gruppo sia sotto la media degli ultimi 30 anni già dal 2002, mentre nel 2005 ha toccato il minimo degli ultimi 17 anni.
Quanto illustrato da Enel "è un ulteriore conferma - ha sottolineato il presidente della commissione Ambiente della Camera, Ermete Realacci - che la situazione è molto seria e va affrontata per tempo in modo da evitare ulteriori problemi". Proprio sull'emergenza acqua, Realacci insieme ai presidenti delle commissioni Agricoltura, Marco Lion, e Attività Produttive, Daniele Capezzone, ha presentato una risoluzione per impegnare sin d'ora il governo a dichiarare lo stato di emergenza per il bacino del Po e a convocare una conferenza sull'acqua. Qualche giorno fa Realacci aveva fatto scattare l'allarme acqua commentando i dati relativi a fiumi e bacini italiani.
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 7 marzo 2007

 

 

CORRIDOIO 5 ERRORI STORICI
 
La storia delle ferrovie in Italia sembra limitarsi a una somma di eventi cronachistici di ben limitato spessore, da sempre appannaggio esclusivo degli appassionati di questo mezzo di locomozione, più che componente importante per l'approfondimento della nostra storia politica e sociale. Eppure - e lo riscopriamo anche oggi che un'enorme opera pubblica sta per essere promossa, pur tra mille difficoltà e contraddizioni - la progettazione di una infrastruttura importante come quella ferroviaria metteva in campo allora come oggi interessi ingentissimi, conoscenze tecnologiche di enorme portata, preludeva a sviluppi territoriali e a valorizzazioni di grande strategia.

Poneva a confronto le esigenze locali - anche allora scarsamente considerate - con quelle centrali e d'interesse militare. Ma, nonostante queste premesse, che indubbiamente hanno sempre posto i grandi temi infrastrutturali su un piano di grande impatto emotivo, oltre che politico e sociale, l'opinione pubblica ancora poco ne sa (e poco ne sapeva allora), era (ed è tuttora) chiaramente poco informata, percepiva (e percepisce ora) che qualcosa si va realizzando, ma non ne comprende i reali benefici, o si appiattisce dietro a vulgate apocalittiche, contribuendo a ingigantire una sorta di nebulosa astrattezza, dai contorni indefiniti, dalle dimensioni e dai tracciati mutanti, scollata dalla realtà concreta delle comunità attraversate, e che la stampa non aiuta spesso a descrivere e registrare compiutamente, rincorrendo i pochi eventi visibili e più eclatanti (le manifestazioni di protesta dei "No Tav" o i congressi comunitari a porte chiuse, le esternazioni di qualche personalità politica o i dibattiti nei consigli comunali delle località attraversate), ma senza cercare di approfondire ciò che quegli eventi visibili celano e sottintendono.
Una delle costanti del dibattito sulle infrastrutture è proprio il ruolo svolto dalla stampa a metà Ottocento, mentre si andava costruendo la primissima rete di strade ferrate fra Vienna e il Lombardo-Veneto, in una strategia di enorme innovazione nei trasporti che avrebbe puntato a collegare, fra l'altro, i due principali centri dell'Impero, Vienna e Milano, toccando non solo città importanti come Graz e Lubiana, Padova, Verona e Brescia, ma anche i porti di Trieste e Venezia. Un tracciato che, ultimato nel suo ultimo tratto friulano nel 1860, può essere ritenuto il più vicino al futuro corridoio europeo n. 5 per le aree geografiche che metteva in più diretto contatto e che, se non presenta com'è ovvio lo stesso identico percorso della futura linea proposta, può offrire varie analogie e innumerevoli corrispondenze.
Come ha seguito la stampa lombardo-veneta l'evoluzione prima progettuale e poi costruttiva di questa linea? In termini, direi, senz'altro inadeguati rispetto all'importanza della stessa. Qualcosa non veniva veicolato, non veniva capito, vi erano forse dei difetti di comunicazione, se da Vienna il giornale filogovernativo in lingua italiana (il "Corriere italiano") bacchettava nel 1852 i giornalisti friulani di indifferenza di fronte al tema di una così grande opera, la prima che, attraversando l'intero territorio della nostra attuale regione, toccava dal Livenza al Timavo Pordenone, Udine, Gorizia e poi Trieste, creando così l'anello mancante di un allacciamento che metteva in contatto Vienna con Milano. Se si eccettua infatti l'operato di Pacifico Valussi (1813-1893), autentico giornalista moderno ora piuttosto dimenticato, la stampa dell'epoca era piuttosto sorda a queste innovazioni, e preferiva o cantare, ogni tanto e liricamente, la "poesia del vapore", o dilungarsi nelle minute cronache locali in occasione delle grandi cerimonie inaugurali, ma in un disimpegno costante dalla concretezza quotidiana, dalla illustrazione dei progetti (allora come oggi assai difficilmente riscontrabili), alla scelta di essi. L'opinione pubblica doveva capire che il treno avrebbe portato lavoro, gioia e ricchezza, ma non doveva di certi capire dove il treno sarebbe passato.
Ma a fronte di ciò, non si registrano proteste perché la strada ferrata avrebbe attraversato i terreni di una o di altre località. L'ubriacatura era davvero universale per l'arrivo del "gigante veicolo", del "cavallo di ferro", dell'"orribil mostro". È vero, come ben si sa, l'esatto contrario: si protesta se il treno non sarebbe passato per il proprio comune, come avvenne per esempio per Portogruaro, sfavorita alla fine dalla scelta di far proseguire via Conegliano e Pordenone la Veneto-Illirica per Udine e Trieste. O, quale esempio di segno opposto, ci si adopera con uno sforzo davvero corale a Conegliano e dintorni, per spingere la dirigenza tecnico-politica dell'epoca, rappresentata da personaggi del novero dell'ing. Luigi Negrelli e del Feldmaresciallo Radetzky, a propendere per una soluzione, la linea "pedemontana", ovvero l'attuale, piuttosto che per l'altra, la linea "bassa" per Oderzo e Portograuro, realizzata solo vari decenni più tardi. E l'estrema vicinanza della stazione di Conegliano al centro cittadino, fortemente voluta dal suo podestà Concini, è ancora lì ad attestarci come questa battaglia sia stata trionfalmente vinta.
Oggi, di certo, a distanza di oltre centocinquant'anni, la consapevolezza è cambiata, del treno si misurano ben altri impatti, e le promesse che a metà Ottocento tutti si aspettavano mantenesse quale suscitatore formidabile di traffici e ricchezze, sono state di molto ridimensionate. Anche i Comuni, le Province e le Camere di Commercio, appena un decennio più tardi, iniziarono a muoversi con ben maggiore cognizione di causa, abbandonando quel ruolo assolutamente subordinato che li aveva caratterizzati fino ad allora, e intervenendo in termini senz'altro più dialettici con il ministero e gli altri organi decisori, anche per criticare apertamente progetti da poco realizzati. Ma, stando agli spesso appassionati e accorati appelli di eurodeputati, viceministri e amministratori presenti al convegno dell'Istituto Gramsci tenutosi nei giorni scorsi a Trieste, è proprio il mancato coinvolgimento dei Comuni e delle comunità a rendere estremamente più difficile la pratica esecuzione dell'opera. Gli errori, insomma, immancabilmente si ripetono.
Oggi i sentimenti che accompagnano il viaggiatore dei nostri treni, stando almeno ai sempre più catastrofici servizi che la stampa spesso ci regala, sono di ben altra natura. Le informazioni che su treni e ferrovie ci giungono sembrano polarizzate tra il massimo della denuncia, sia che si tratti dei servizi sui pendolari, sia delle indagini sull'Alta velocità, e la più compiacente deferenza dei cronisti che relazionano sugli incontri ufficiali internazionali, senza riuscire a spiegarci alcunché di concreto, o limitandosi a enfatizzare comunicati stampa ricevuti da qualche Direzione superiore.
La velocità, in particolare quella "alta" e ferroviaria, non impressiona più nessuno. Gli entusiasmi per la folle corsa del treno tra Bruxelles e Anversa che Victor Hugo in una splendida lettera comunicava alla moglie incredula nel 1837, sono stati nel tempo totalmente rimossi o metabolizzati, e l'alta velocità ferroviaria, quella praticata, quella reale, non provoca più alcuna emozione.
Di emozioni, ma di altro genere, direi dei soprassalti etici, siamo invece toccati quando leggiamo i rapporti sulla spesa dell'Alta velocità italiana messa a confronto con quella di altri Paesi europei. Ma questo, si sa, è un ben altro discorso.
Romano Vecchiet - Direttore dell’Istituto Gramsci del Fvg

 

 
Autovie: corridoio Gorizia-Lubiana  - il piano approvato dall’Ue prevede un investimento di 3,5 milioni

 

Progetto per migliorare i servizi e i sistemi di gestione del traffico al confine in collaborazione con Dars e Autostrade

UDINE Un progetto per aumentare e migliorare i servizi e i sistemi di gestione del traffico sui tratti autostradali al confine tra Slovenia e Italia, in un’area che è parte rilevante del Corridoio Europeo V. Lo sta sviluppando Autovie Venete, in collaborazione con Dars (la concessionaria autostradale slovena) e Autostrade per l’Italia. Parte integrante di un più vasto programma di finanziamento per i progetti di interesse comune nel campo delle reti infrastrutturali trans-europee e in particolare nella programmazione delle reti di trasporto Ten-T, il progetto vede il coinvolgimento del Ministero dei Trasporti sloveno e del Ministero delle Infrastrutture italiano.
Approvato dalla Commissione Europea alla fine del 2006 prevede un investimento complessivo di 3 milioni e mezzo di euro, sostenuto da un cofinanziamento pari al 49,5% dell’Unione europea, mentre i costi rimanenti, 1 milione e 750 milia euro, saranno equamente sostenuti da Italia e Slovenia. «Si tratta – ha detto il presidente di Autovie Venete Giorgio Santuz, aprendo ieri a Palmanova la prima riunione operativa internazionale, alla quale ha partecipato anche il sottosegretario sloveno ai trasporti Dean Herenda – di uno dei primi esempi concreti di cosa significa apertura delle frontiere e collaborazione transnazionale. Omogeneizzare le connessioni, uniformare i sistemi informativi, rendere più fluido il traffico, è un intervento strategico soprattutto per i territori come il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia, da sempre crocevia del trasporto».
Scopo principale del programma di lavoro, che si svilupperà su due anni, è quello di ridurre le congestioni di traffico soprattutto durante i periodi di punta stagionali, di aumentare la sicurezza stradale e il confort per automobilisti e autotrasportatori, di garantire l’interoperabilità dei sistemi e la continuità dei servizi sui collegamenti autostradali internazionali. Attraverso una gestione transnazionale, l’armonizzazione dei servizi di informazione per la viabilità e il traffico sarà più efficace e permetterà, inoltre, la standardizzazione dei sistemi per la gestione e lo scambio delle informazioni e dei dati.
Il programma operativo del primo anno, punta a identificare il set di azioni sul corridoio autostradale Palmanova-Villesse-Gorizia e Nova Gorica- Lubiana, integrando fra loro l’attività dei Centri di controllo del traffico di Palmanova (gestito da Autovie Venete) e di Kozina (gestito dalla Dars) in Slovenia. «Il progetto – ha sottolineato Santuz – mette le basi per l’elaborazione di un modello pilota da riproporre per incrementare la sicurezza, migliorare la gestione stradale e aumentare la qualità dei servizi offerti ai viaggiatori sui Corridoi internazionali».

 

 

Boniciolli: non tocca a noi bonificare Barcola  - «Il porto non ha inquinato, i responsabili li dovrà trovare la magistratura»

 

Replica all’assessore regionale all’Ambiente Moretton, che aveva chiamato in causa l’Autorità quale proprietaria dell’area

Dipiazza rilancia: «La soluzione migliore è tombare tutto sotto un manto di cemento»

L’Autorità portuale non pagherà la bonifica del terrapieno di Barcola, né anticiperà le spese di tale intervento in attesa di rivalersi sugli enti che l’inchiesta della magistratura accerterà essere i responsabili dell’inquinamento. Il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli replica così alla presa di posizione del vicepresidente della Regione Gianfranco Moretton, titolare della delega all’ambiente nella giunta Illy, che lunedì aveva indicato nell’Ap - quale titolare dell’area e del relativo piano di caratterizzazione - l’ente responsabile del futuro processo di bonifica.
«In questo momento - spiega Boniciolli - l’Autorità portuale è impegnata a circoscrivere i possibili rischi derivanti dall’inquinamento attraverso le annunciate opere di recinzione e di copertura con materiale inerte, a tutela di quanti portano avanti le loro attività nei pressi dell’area in questione. Ma la bonifica non compete a noi».
E a chi dovrebbe competere, presidente?
«Dovrebbe competere a chi succede allo Stato, e non aggiungo altro».
In che senso?
«Mi limito a dire che non è stata l’Autorità portuale a inquinare l’area, dunque è necessario verificare le responsabilità».
L’Authority era proprietaria del terrapieno, in quanto bene demaniale, anche all’epoca in cui questo fu utilizzato come discarica. Possono esserci responsabilità, per questo motivo, a carico dell’Ap?
«Ma erano altri gli enti che scaricavano il materiale nell’area, anche sulla base di provvedimenti del Comune».
Il vicepresidente della Regione Moretton ha riferito di attendere una vostra richiesta formale per la riconvocazione della Conferenza dei servizi. Farete questo primo passo?
«Vedremo. In fondo è la Regione stessa a dover convocare, a prescindere, la Conferenza dei servizi».
Le analisi effettuate dalla Multiproject per il vostro piano di caratterizzazione si sono rivelate talmente discordanti rispetto a quelle dell’Arpa da invalidare l’intera mappatura. Pensate di rivalervi sulla Multiproject?
«Non credo. Ripeto, la vicenda è ancora tutta da valutare».
Il fatto che l’Autorità portuale si sia comunque fatta carico di un piano di caratterizzazione non implicava la sua volontà di avviare un iter di bonifica?
«No, volevamo soltanto sapere ciò che c’era lì sotto»
Moretton ha detto anche che è l’Authority a doversi occupare della bonifica. Quanto all’aspetto economico, l’ente potrebbe poi rivalersi su soggetti terzi qualora venisse accertato che sono stati altri ad inquinare. È d’accordo?
«No. Prima devono essere accertate le responsabilità in sede penale. Aspettiamo, dunque, che la magistratura faccia il suo corso».
Avete già fatto delle stime su quanto potrebbe costare la bonifica?
«No».
Il duetto Moretton-Boniciolli, intanto, fa uscire allo scoperto anche il sindaco Roberto Dipiazza, il quale rispolvera a sorpresa, a più di un anno di distanza dalle sue dichiarazioni in proposito, l’idea di mettere sulla vicenda una pietra sopra - in tutti i sensi - rilanciando la proposta di una colata di cemento per «tombare» per sempre il terrapieno.
«Premesso - rileva Dipiazza - che è più che giusto individuare i colpevoli, sono dell’idea che il terrapieno è da tombare. Non esiste nulla di peggio in termini ambientali che andare a sollevare e rimescolare i fanghi e le sostanze che oggi si trovano lì sotto. Bisogna stendere uno strato di cemento armato di 50 centimetri a terra, costruendo a mare una coronella, cioè una diga di scogli, collegata fino a terra con del tessuto impermeabile, affinché l’inquinamento non possa finire a contatto con l’acqua».

Piero Rauber

 

 
Inceneritore, probabile riavvio lunedì - Ha giurato anche il sesto perito. Iniziato subito dopo l’esame dei documenti per il dissequestro condizionato
 
Le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera potrebbero ricominciare a bruciare rifiuti fin dal prossimo lunedì. Entro quella data, infatti, i sei periti chiamati a monitorare le emissioni del termovalorizzatore (tre nominati dalla procura e altrettanti dall’AcegasAps) dovrebbero aver concluso l’esame dei documenti propedeutico alla riaccensione dell’impianto, come previsto dal dissequestro condizionato disposto dal pm Maddalena Chergia. La possibile accelerazione si deve al fatto che l’ultimo dei periti che mancava all’appello e che sarebbe dovuto arrivare a Trieste soltanto lunedì prossimo - l’ingegnere di Bergamo Roberto Carrara, esperto in compatibilità ambientale - in realtà ha giurato ieri pomeriggio a Foro Ulpiano, aggregandosi subito al collegio dei periti per esaminare l’iter di riavvio.
Sempre ieri, intanto, è cominciata la «fase due» del trasferimento dei rifiuti triestini nella discarica cormonese di Pecol dei Lupi, sulla base del protocollo bilaterale fra le province di Trieste e Gorizia formalizato nel vertice tecnico del primo marzo, che dà il via libera a una proroga di 10mila tonnellate di immondizie esportabili dall’area giuliana a quella isontina. Ieri - hanno precisato dai vertici di Iris, la multiservizi che gestisce la discarica di Pecol dei Lupi - sono arrivate circa 150 tonnellate di rifiuti, pari al 25% in più rispetto alle precedenti quantità quotidiane. Questo perché il nuovo protocollo autorizza un trasferimento basato su un tetto massimo non più calcolato sulle 24 ore bensì settimanale: il tetto in questione parla di 840 tonnellate, per una media di 140 trasferibili ogni giorno dal lunedì al sabato.
pi.ra. e c.e.

 

 

Ezit, da metà aprile i carotaggi nella Valle delle Noghere

 

La gara europea per le caratterizzazioni è stata vinta dall’Ecosud di Pisticci (Matera). Entro l’anno saranno disponibili i risultati dei campionamenti

 sondaggi dei terreni Ezit nella Valle delle Noghere (450 mila metri quadri), che entro l’anno porteranno a disporre di una dettagliata mappatura dell’inquinamento, inizieranno a metà aprile. Ad effettuarli sarà la Ecosud di Pisticci (Matera), risultata vincitrice della gara europea indetta dell’Ezit alla fine del luglio 2006.
Le buste sono state aperte ieri mattina nella sede dell’Ente zona industriale: delle ventuno aziende partecipanti, l’offerta migliore è stata fatta appunto dall’Ecosud. L’importo esatto non è stato reso noto, ma dovrebbe essere abbastanza inferiore ai 700 mila euro stabiliti a base della gara.
Prima di dare il via libera all’Ecosud per le caratterizzazioni, l’Ezit deve ora effettuare tutta una serie di verifiche di legge e ottenere le necessarie certificazioni da parte dell’azienda. Il via ai carotaggi è quindi previsto verso la metà di aprile, e si concluderà nel giro di sette mesi. Entro la fine dell’anno, dunque, si conoscerà la mappa delle sostanze inquinanti depositate nella Valle delle Noghere nell’arco di alcuni decenni.
Le caratterizzazioni verranno effettuate secondo il piano elaborato a suo tempo dall’Ezit assieme a Sviluppo Italia, e successivamente approvato dalla Regione, che ha stanziato anche i fondi per l’intera operazione.
Cuore del piano di caratterizzazione sono le carte con l’indicazione dei punti di campionamento dei terreni, che nella Valle delle Noghere prevedono 285 carotaggi. Queste carte riportano estesi reticoli, con maglie di 50 metri di lato, orientati in base a diversi fattori (assetti proprietari, attività attuali e pregresse svolte sul sito, ubicazione degli edifici, di reti, sottoservizi e serbatoi interrati).
Quale sarà il risultato dei carotaggi è presto per dirlo. Quello che è certo è che alle Noghere, dove sono insediate 130 aziende, per anni sono finite le ceneri del vecchio inceneritore di Monte San Pantaleone: vi operava infatti una discarica del Comune di Trieste, tenuta sotto controllo da quello di Muggia e dalla Provincia.
Alla fine di quest’anno, ottenuti i risultati delle caratterizzazioni, l’Ezit potrà redigere il piano generale e quello definitivo per la bonifica, e presentarli poi, per la necessaria approvazione, al ministero dell’Ambiente.
Al momento non è quindi facile prevedere i tempi per la successiva bonifica (a suo tempo si parlava di almeno un anno), ultimata la quale le aree potranno essere assegnate a nuove aziende.
Un’area di 60 mila metri quadrati, di fronte allo stabilimento Pasta Zara – quella destinata al nuovo mercato ortofrutticolo all’ingrosso – seguirà una procedura leggermente diversa. La zona sta infatti per essere acquistata dal Comune di Trieste (gli oltre 2 milioni di euro sono già a bilancio), che una volta concluse le caratterizzazioni procederà per proprio conto, affidandone la bonifica all’AcegasAps o alla Teseco.
Quanto all’Ecosud, vincitrice come detto della gara indetta dall’Ezit, dal sito Internet si apprende che l’azienda nasce nel 1984 come laboratorio di analisi chimico-ambientali e studio di progettazione e gestione per impianti di depurazione.
Nel 1998 l’imprenditore lucano Giacomo Iula, amministratore unico di Ecosud, decide di investire in un’attività legata alla tutela dell’ambiente. Oggi Ecosud è tra le società italiane che offrono servizi di alta qualità nelle analisi chimico-fisiche e nelle investigazione ambientali. Elemento chiave della società è lo studio di progettazione, consulenza e interventi ambientali, specializzato nella caratterizzazione e bonifica dei siti contaminati e nell’esecuzione di indagini ambientali, geotecniche e geofisiche.

Giuseppe Palladini

 

 
Amici della Terra Respinto il ricorso di Rosa Filippini
 
La sezione di Trieste del club ambientalista «Amici della terra» può continuare a usare il nome e il simbolo dell’associazione «Friends of the Earth International». Lo ha deciso il giudice Sergio Carnimeo che ha rigettato il ricorso cautelare presentato da Rosa Filippini, presidente degli Amici della Terra Italia. Il magistrato ha rigettato il ricorso d’urgenza ritenendolo infondato, perché al momento non esiste alcuna situazione di danno o pericolo che giustifica il divieto.
La vicenda non è comunque formalmente ancora chiusa. La legittimità delle deliberazioni interne dell’associazione potrebbe essere verificata in un eventuale giudizio di merito, attivato da una delle due parti che si sono confrontate nell’aula del Tribunale di Trieste. I vertici della sezione uscita vincente dal confronto non intendono comunque attivare questo procedimento: al contrario preferiscono attendere l’esito dell’ispezione internazionale sulla gestione delle sezione italiana chiesta al Comitato esecutivo dei «Friend of the Earth» di Amsterdam. Il comitato ha accolto il ricorso triestino e ha deciso di vagliare l’operato di Rosa Filippini e del gruppo dirigente romano

 

 
Capofonte, il parco sarà perimetrato - Mozione in Comune del verde Racovelli per bloccare gli abusi nell’area
 
SAN GIOVANNI
Definire una buona volta la perimetrazione del Parco urbano del bosco del Capofonte e predisporre il suo affidamento ad una associazione senza fini di lucro che ne curi la gestione, la manutenzione e il controllo con lo scopo di salvaguardare la golosa area verde dalle speculazioni del mattone. Della richiesta si è fatto promotore con una mozione il consigliere dei verdi Alfredo Racovelli e che, passata all’unanimità l’altro giorno in consiglio comunale, è stata integrata da un emendamento del Forzista Piero Camber. Firmatari anche Roberto Decarli (Cittadini), Bruna Tam e Alessandro Minisini (Margherita). Il consiglio ha inoltre deciso che la questione verrà portata a breve in Commissione sesta- lavori pubblici, presieduta da Lorenzo Giorgi (FI) nell’intento preciso di promuovere tutte le azioni atte a mantenere intatto il sito naturalistico.
Dopo l’usucapione di un vasto terreno posto nel bosco in questione da parte di un privato, senza peraltro che il Comune ne riuscisse a bloccare l’iter , malgrado la perplessità manifestata dall’associazione di tutela «Il Capofonte» per l’occupazione di una particella del sito naturalistico corrispondente a ben 720 metri quadrati della zona Guardiella- San Giovanni superiore, e di altri 180 metri quadrati catalogati dal vigente piano regolatore come edificabili, ora il mondo della politica ha deciso di reagire.
Nella mozione infatti, dopo aver ricordato come la Giunta su spinta dell’allora assessore Ferrara, il 19 gennaio 2006 aveva espresso parere favorevole per la definizione del parco urbano ( dal punto di vista urbanistico il sito è denominato parco di quartiere) con finalità didattico naturalistiche , si chiede di dare seguito alla proposta per il bosco di Capofonte «Si chiede anche -dicono Racovelli e Decarli – di perimetrare l’area in oggetto come dalla cartografia che abbiamo allegato alla mozione e cioè dal perimetro che da nord va dalla via Valerio, da est dalla via Damiano Chiesa e più precisamente dal punto dell’incrocio con la Ferrovia, a sud dalla via Capofonte e cioè all’intersecarsi con la via delle Docce ed a a partire dall’ultimo aggregato urbano..». Nella mozione si suggerisce anche di predisporre un provvedimento per la gestione, l’affidamento, il controllo e la manutenzione dell’area da consegnare ad una delle associazioni operanti sul territorio, senza fini di lucro. Da segnalare come dalla mozione sia stato stralciato il nome dell’Associazione “Il Capofonte”, inizialmente nominata nel documento a svolgere il compito sopraccitato. Si è infatti preferita la dicitura meno impegnativa che fa riferimento «..ad associazioni operanti in loco senza fini di lucro».
Daria Camillucci

 

 
SAN LUIGI Bocciatura bipartisan del progetto del Municipio di alienare alcune aree ed edifici  - Il rione difende il verde, contestate le vendite
 
Forza Italia vota contro, solo An e Udc favorevoli alle idee di piazza Unità
Anche dalla sesta circoscrizione arriva una parere negativo a quella delibera della Giunta comunale che, accanto all’alienazione di edifici e altri immobili di proprietà, prevede la vendita di una serie di particelle di verde pubblico. Il no del parlamentino si è concretizzato per mezzo del dissenso dell’intera opposizione di centro sinistra. Il presidente Gianluigi Pesarino Bonazza e gli altri consiglieri di Forza Italia si sono astenuti dal voto: solo i gruppi di An e Udc si sono espressi a favore della delibera, non riuscendo tuttavia a far passare il documento. Com’è noto, il parere della circoscrizione è solo consultivo, ma è rappresentativo del pensiero e delle volontà dei residenti di un territorio. In questo caso, anche i cittadini di Chiadino S. Luigi, al pari di quelli di Scorcola e Cologna, hanno detto no a una delibera di alienazione che prevede la vendita di alcuni terreni di verde pubblico presenti in via San Martino, in via dell’Eremo, in Strada di Rozzol.
«Numerosi residenti di queste aree – puntualizza Pesarino Bonazza – continuano a telefonarci per manifestarci la loro preoccupazione. Sono perplessi perché si rendono conto che c’è il rischio concreto di perdere alcuni polmoni di verde a favore di nuovi complessi edilizi. Noi siamo dalla loro parte».
L’astensione di massa dei consiglieri di Forza Italia, a detta del presidente, deriva da una visione nitida e ben distinta della questione. «Se da una parte siamo d’accordo sulla vendita di edifici e immobili sfitti – puntualizza – dall’altra siamo assolutamente contrari all’alienazione del residuo verde comunale esistente nei nostri quartieri». «Siamo contrari alla vendita di spazi verdi pubblici che serviranno solo a alimentare la speculazione edilizia» interviene Peter Behrens, capogruppo di Rc. «Come si fa a lamentarsi per l’inquinamento – continua – quando non si tutela il verde pubblico rimasto? E, comunque sia, la vendita di terreni comunali vuol dire privarsi di spazi che in futuro potrebbero essere utilizzati per ospitare l’edilizia pubblica sovvenzionata».
m.l.

 

 

I rifiuti contenenti il Pvc responsabili della diossina

I rifiuti contenenti Pvc producono circa la metà di tutto il cloro che entra negli inceneritori di rifiuti urbani e sono perciò la principale fonte di emissioni di diossina. La diossina e molte altre sostanze nocive si formano in seguito alla combustione incompleta di qualsiasi materiale organico. Ciò avviene principalmente, quando la temperatura è troppo bassa, soprattutto tra i 200 e i 600 °C. Negli inceneritori, se vi è aria sufficiente e una temperatura di combustione superiore ai 950 °C e il tempo di permanenza è abbastanza lungo, tutta la diossina e tutte le altre sostanze organiche vengono distrutte in maniera efficace.
Quello che resta sono delle ceneri volanti che contengono carbonio, cloro (sotto forma di sali) e tracce di metalli. Quando i gas emessi si raffreddano, la diossina e le altre sostanze si riformano, soprattuto sulla superficie delle particelle delle ceneri volanti.
I limiti di concentrazione degli inquinanti imposti dalla normativa sono riferiti al metro cubo di fumi (come di norma per qualunque tipo di emissione), e non all’emissione totale. Così bruciando più rifiuti si ottengono più fumi e quindi più emissioni inquinanti, pur rimanendo sempre nei parametri di legge. In merito ricordo la proposta di bruciare i rifiuti di Gorizia e Capodistria (sic!).
È bene quindi rilevare che l’Ue, al fine di contenere l’emissione di diossina, ha stabilito il limite di emissione degli inceneritori a 0,1 nanogrammi per metro cubo. Si è dimostrato che questa quantità, in relazione con i limiti imposti dall’Oms, non è tuttavia sufficiente a tutelare la salute umana. Prendiamo in esame un inceneritore tipo, che tratta 300 tonnellate al giorno di rifiuti (es. Trieste). Per leggi chimico-fisiche, legate alla necessaria presenza di ossigeno affinché avvenga il processo di combustione, l’inceneritore emetterà 78.750 metri cubi di fumi all’ora. Ciò significa che il suddetto termovalorizzatore, per mantenersi nei limiti di legge, dovrà emettere un quantitativo massimo di diossina pari a: 0,1 nanogrammi per metri cubi per 24 ore, uguale a 189.000 nanogrammi al giorno.
Questa norma significa che giornalmente, una persona di 70 chili, può assorbire al massimo 210 picogrammi di diossine (70 kg per 4 pg/kg), mentre per un bambino di 5 chili la dose giornaliera di diossine non dovrebbe superare 20 picogrammi.
Questo dato, equivalente a 189 milioni di picogrammi al giorno, secondo i valori stabiliti dall’Oms, corrisponde alla dose massima giornaliera per 900.000 adulti!
Inoltre il termovalorizzatore distrugge manufatti per la cui realizzazione si è spesa energia. Gli oggetti di plastica, carta, cartone hanno consumato energia per la produzione delle materie di cui sono fatti, per la loro realizzazione, per il loro trasporto, ecc. Si calcola che l’energia contenuta negli oggetti bruciati sia quattro volte maggiore di quella ottenuta bruciandoli. Incenerire materie post consumo equivale a distruggere risorse non rinnovabili. Solo il nostro paese paragona i rifiuti al vento o al sole, per cui bruciandoli si ottengono i contributi Cip6.
Alla luce di quanto detto ritengo paradossale l’intervento su Il Piccolo (17 febbraio) di Fabio Gemiti, tecnico qualificato ed esperto del Wwf ed ex direttore del laboratorio chimico dell’Acegas. Non mi risulta che nel corso di tutti questi anni Gemiti sia stato particolarmente critico nei riguardi dell’impianto Acegas nonostante l’elevato grado di pericolosità che esso rappresenta per il territorio.
Luciano Emili

 

 
Inquinamento atmosferico, 1
L’Italia del nord ha messo in atto un’iniziativa lodevole volta a sensibilizzare tutti sulla necessità di limitare l’inquinamento atmosferico. Solo Treviso e Trieste non hanno raccolto tale invito. Per quanto riguarda Treviso non posso esprimere un parere ma, su Trieste, penso di aver capito il perché della rinuncia.
Le autorità preposte a queste decisioni probabilmente, o certamente, si sono rese conto che nella nostra città ci sono altre iniziative da privilegiare; fra queste certamente urgente è porre la dovuta attenzione (ed agire possibilmente in merito) all’ingente apporto di imbrattamenti ed inquinanti che la Ferriera arreca alla nostra città.
Ormai tutti dovrebbero rendersi conto, scorrendo i dati delle rilevazioni delle centraline che, quelle che denunciano sforamenti alti e frequenti, non sono poste in vie trafficate ma, una per tutte, in via del Carpineto. Da notarsi che, anche nei giorni in cui l’inceneritore funzionava con una sola linea su tre, in via del Carpineto il livello delle polveri sottili si è comunque attestato su un valore di ben 109. Chi abita a Servola è costretto, ormai quotidianamente, a vedere fumi densi di un colore giallo-marrone innalzarsi dalla cokeria, densi e prolungati fumi neri uscire dall’altoforno (quando non ci sono veri e propri scoppi che ricordano l’attività di un vulcano!) ed ancora leggere nubi violette che escono dall’altoforno e che, pur sembrando meno nocive, rilasciano nell’aria, in continuazione, gas velenosi. Tutto questo ben d’Iddio è il pane quotidiano degli abitanti non solo di Servola ma di vaste zone della città. Tutto questo ben d’Iddio incombe anche su coloro che lavorano nella ferriera e che ne inalano grandi quantità durante i lunghi turni di lavoro. A chi contesta che sono cent’anni che esiste lo stabilimento bisogna far capire che appunto cent’anni sono troppi, che in questo tempo l’usura ha fatto i suoi danni a molti impianti sui quali, anche a volerlo, non è possibile apportare migliorie. Purtroppo per i profani non è facile capire la reale grave situazione attuale in quanto bisognerebbe conoscere tutto ciò che avviene durante un ciclo integrale di produzione.
Durante il suo mandato come assessore all’Ambiente ho avuto più occasioni di parlare con l’ass. Maurizio Ferrara ed ho constatato che finalmente c’era una persona che aveva intrapreso la strada più giusta per iniziare un cammino volto al controllo dell’inquinamento. È stata valida la sua iniziativa di far collaborare il Cigra dal quale, finalmente, si possono avere dati reali e validi suggerimenti per eventuali interventi. L’ass. Ferrara si era reso conto che, solo venendo a conoscenza del ciclo integrale di produzione dello stabilimento si potevano affrontare interventi validi. Purtroppo per noi il suo mandato non ha avuto seguito. Attualmente si può contare sull’interessamento e sull’opera dell’Arpa mentre, da parte di chi è responsabile della salute dei cittadini, ultimamente non c’è neppure la disponibilità per un colloquio.
Claudio Giacca

 

 
Inquinamento atmosferico, 2
Nella mia vita di ultraottantenne ho visto il progresso progredire (bel bisticcio di parole) in maniera molto rapida. Ricordo gli ultimi fanali a gas, il grammofono a tromba e molte altre belle amenità, al cui ripensarci oggi mi vien da ridere. Allora energia motrice ne occorreva poca, e quella a disposizione era bastante. Oggi le cose sono cambiate in modo enorme; i cosiddetti otto grandi, di cui presumo faccia parte anche l’Italia, necessitano di molta energia. Noi energia non ne abbiamo e la poca che potremmo avere non la usiamo.
I paesi del nord usano e sfruttano l’energia solare, noi che siamo noti come il paese del sole, no; non sarà forse che quei paesi ci hanno rubato il sole? Se sì denunciamoli, è nostro diritto farlo. Oppure facciamo anche noi un pensierino all’uso di questa fonte energetica. Non basta dire risparmiamo, la settimana scorsa per un’ora si sono spente le luci. Al pomeriggio dello stesso giorno pur essendoci ancora la luce diurna, ho notato che in via De Amicis e via Besenghi le luci dell’illuminazione stradale erano accese, certo che ciò era dovuto al fatto dell’automatismo predisposto.
Ma non è questo l’argomento di questa mia. Ciò che voglio esporre del mio pensiero è l’assenza dello stato, o meglio di tutti gli organi preposti a governare, nella ricerca di rimedi. Un esempio di non progettualità l’abbiamo sotto gli occhi. Abbiamo a Trieste tre piscine coperte di recente costruzione. Dette piscine presumo, hanno bisogno di molta energia per riscaldamento e altre necessità. Hanno belle superfici di copertura, su cui si possono installare molti panelli, che non costituirebbero alcun inquinamento ecologico o visivo; non risolverebbero il problema in toto, ma buona parte sicuramente. Di fronte a casa mia in via Schiaparelli e via Meucci ci sono tre gruppi di case Ater recentamente ristrutturate, con dei bei tetti piatti, idealmente adatti all’installazione di detti pannelli. Si obietterà che ciò comporta un costo; nossignori, i pannelli solari o qualunque altro sistema non sono un costo, ma un investimento. E potrebbe esser fatto su tutti gli edifici pubblici ove la situazione lo consenta, senza inquinare o deturpare alcunché. Forse il mio pensiero è troppo semplicistico, ma io non sono un tecnico, sono soltanto un vecchio che ascolta tanti pianti a proposito che giungono da tutte le parti, ma proposte serie, e iniziative, da parte dei progettisti e dei responsabili niente.
Nereo Turco

 

 

 

COMUNICATO STAMPA del Comitato contro il rigassificatore di Taranto - MARTEDI' , 6 marzo 2007

 

 

Rigassificatore. Piero Angela conferma: "Possibili decine di migliaia di vittime"
 

Rigassificatore. Piero Angela conferma la possibilità di un incidente catastrofico: "Possibili decine di migliaia di vittime"

Come mai la Gas Natural nasconde questo scenario nel suo Studio di Impatto Ambientale ? Perché i cittadini non devono sapere ?
Ora lo dice anche Piero Angela: i rigassificatori nascondono un rischio enorme.
Nel suo ultimo libro è stato intervistato sulla questione di un possibile incidente. Piero Angela non lo esclude e spiega: "Una grande nave metaniera, che trasporta 125 mila metri cubi di gas liquefatto a bassissima temperatura, contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici".
Piero Angela delinea uno scenario da brividi: "Il gas freddissimo, a contatto con l'acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell'aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l'aria. Una miscela fra il 5 e il 15 percento di metano con l'aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile".
E qui Piero Angela descrive ciò che la Gas Natural ossia l'azienda che propone il rigassificatore a Taranto non vuole ammettere. Nello Studio di Impatto Ambientale che la Gas Natural ha commissionato alla Medea non trova nulla di ciò che scrive Piero Angela, ossia questo scenario: "Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell'ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cancerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall'esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in "piccole dosi", dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell'arco di 80 anni".
Come mai non vi è nulla di questo scenario nello Studio di Impatto Ambientale del rigassificatore ?
E' semplice: viene scartato a priori. Piero Angela invece specifica: "Si tratta di uno scenario assolutamente improbabile, ma non impossibile".
Il fatto che non sia impossibile non autorizza la Gas Natural ad escluderlo a priori, come invece ha fatto adottando nello Studio di Impatto Ambientale la discutibile metodologia del "massimo scenario credibile". Se si parla di "massimo scenario credibile" e si definisce "non credibile" tutto ciò che invece ipotizza Piero Angela come "caso limite" allora si restringono gli scenari presi in considerazione.
A questo punto occorre essere chiari: con la metodologia adottata dalla Gas Natural sarebbe escluso a priori anche l'incidente di Chernobyl.
Piero Angela sostiene a questo proposito: "Chernobyl è stato il peggior incidente teoricamente possibile in una centrale atomica. Lo scenario da incubo per qualsiasi ingegnere nucleare. Cioè la fusione del nocciolo, lo scoperchiamento del reattore, e la fuga dei composti radioattivi volatili nell'atmosfera. E' difficile pensare a qualcosa di peggio". Pertanto occorre riflettere sul fatto che "il peggior incidente teoricamente possibile" non va escluso, come invece ha fatto la Gas Natural per il rigassificatore, a vantaggio della discutibile metodologia del "peggior incidente credibile", che è ben altra cosa in quanto restringe il caso ad una valutazione soggettiva che esclude ciò che per la Gas Natural "non è credibile".
Con questo comunicato vogliamo sottolineare che quanto abbiamo sostenuto in questi mesi aveva un fondamento scientifico. Lo scenario di Piero Angela non riduce ma aggrava la valutazione della pericolosità di un incidente rilevante ad una nave metaniera.
Per quanto remoto possa essere tale incidente ipotizzato da Piero Angela, occorre che le commissioni di Valutazione di Impatto Ambientale non lo escludano. Altrimenti verrebbe taciuto l'enorme rischio a cui sarebbero sottoposte le popolazioni in caso di installazione di un rigassificatore nei pressi di un centro industriale o di una zona abitata.
Noi non condividiamo l'approccio l'approccio della Regione Puglia alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) secondo cui è possibile realizzare"un impianto di rigassificazione lì dove la procedura di VIA lo consentirà", come hanno recentemente sostenuto Vendola, Frisullo e Losappio. E' un approccio antiscientifico. Infatti la VIA non deve "consentire" o meno un impianto ma deve definire il suo livello di rischio. Ormai dopo le dichiarazioni di Piero Angela è evidente a tutti che il problema non è quello di accertare se è possibile o meno un evento catastrofico ma è quello di delinearne i contorni probabilistici e le conseguenze oggettive sottoponendo alla popolazione il quesito: questo rischio lo accettate sul vostro territorio ?
Chiediamo che nel prossimo incontro del 7 marzo a Roma per la conferenza dei servizi sul rigassificatore di Brindisi i vertici della Regione Puglia non barattino Taranto in cambio di benefici su Brindisi. Deve essere chiaro che sia Taranto che Brindisi sono definite per legge "città ad alto rischio ambientale" e ospitano entrambe già un elevato numero di impianti pericolosi.
Non accettiamo pertanto ricatti e imposizioni dopo il recente memorandum di Prodi in 12 punti in cui i rigassificatori sono dichiarati "non negoziabili".
Alla luce degli scenari gravissimi ipotizzati da Piero Angela riconfermiamo la nostra richiesta: occorre una proroga congrua per approfondire questa gravissima questione che tocca la sicurezza e la vita di tutti i cittadini.
La prossima settimana il Comitato contro il rigassificatore organizzerà la presentazione dell'ultimo libro di Piero Angela "La sfida del secolo", quello in cui è descritto lo scenario dell'incidente catastrofico ad una nave gasiera. I cittadini hanno diritto a sapere e ad essere consultati.
tratto da PEACELINK.IT (vedi documento originale)

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 6 marzo 2007

 

 

Terrapieno di Barcola, la Regione rilancia: «A pagare la bonifica dovrà essere l’Autorità portuale»

 

Interviene l’assessore all’Ambiente Moretton: «L’Ap si potrà poi rivalere su chi ha inquinato»

Sul caso Barcola la Regione restituisce il cerino all’Autorità portuale. Dev’essere l’ente guidato da Boniciolli - chiarisce il vicepresidente della Regione Gianfranco Moretton, assessore all’ambiente nella giunta Illy - a chiedere la convocazione della Conferenza dei servizi. E dovrà essere sempre l’Authority - sottolinea Moretton - ad occuparsi poi delle bonifiche in quanto proprietaria dell’area, a cominciare dagli oneri economici: «L’Ap potrebbe rivalersi finanziariamente su soggetti terzi - precisa Moretton - qualora dimostrasse che ad inquinare sono stati altri». La Regione dunque, dopo giorni di silenzio, prende posizione in merito alla vicenda del terrapieno, su cui è tornata a dominare l’incertezza assoluta dopo che l’Arpa ha bocciato i dati sui campioni di sottosuolo effettuati dalla Multiproject per conto dell’Ap. Dati che sarebbero dovuti essere propedeutici al piano di caratterizzazione e all’iter di bonifica.
LA REGIONE «Adesso - spiega il vicepresidente della giunta Illy - presumo che l’Autorità portuale debba inoltrare alla Regione, in tempi brevi, un documento in cui ci richiede la convocazione della Conferenza dei servizi, in modo tale da poter rifare le analisi non validate dall’Arpa e poter presentare un nuovo piano di caratterizzazione». Secondo Moretton il ruolo della Regione non oltrepasserà la semplice potestà di rilascio delle autorizzazioni ai piani di caratterizzazione dei siti inquinati - ereditata dal Comune, in base alla legge 152 del 2006 - poiché mettere mano al portafogli spetterà al momento all’Authority, proprietaria dell’area demaniale.
«PAGHI L’AP» «È l’Autorità portuale - taglia corto l’assessore regionale all’ambiente - che deve portare avanti le bonifiche del terrapieno, attualmente al di fuori, peraltro, del sito d’interesse nazionale. Chi deve pagare? Di certo non la Regione. Paga chi inquina. Se ne occupi l’Ap quale titolare dell’area e del relativo piano di caratterizzazione, interloquendo se necessario con i ministeri competenti».
Non è chiaro ad oggi, lascia intendere ancora il vicepresidente della Regione, se serviranno altri carotaggi nella pancia del terrapieno o se, al contrario, saranno sufficienti nuove analisi sui campioni già prelevati. Ma a prescindere da queste due alternative, chiude Moretton, per le procedure l’Authority «potrà avvalersi di chi vuole», compresa dunque la Multiproject, i cui dati si sono rivelati fin qui discordanti rispetto a quelli dell’Arpa, con forbici tali che hanno invalidato l’attuale mappatura.
PAOLETTI «Tutte queste nuove incertezze dicono che ho avuto ragione a cambiare idea in tempo», rileva quindi il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti, il quale nel novembre scorso aveva annunciato la decisione di dirottare la location del futuro Parco del mare dal terrapieno di Barcola a Campo Marzio, al posto del mercato ortofrutticolo, destinato alle Noghere. «Per le bonifiche dei circa 50mila metri quadrati che ci sarebbero serviti sul terrapieno - ricorda Paoletti - avevamo ipotizzato un investimento sul milione e mezzo di euro, tenendo però in considerazione che esistesse solo una questione legata alla presenza di diossina, e che bastasse scavare meno di quanto in realtà sarà necessario. Era una cifra basata sul costo delle bonifiche della Teseco nell’area ex Aquila, stimate in 25/30 euro al metro quadro».
LA DENUNCIA Il terrapieno di Barcola, dunque, appare sempre meno un gioiello di famiglia, una punta di diamante del Porto Vecchio da restituire alla città, e sempre più una terra di nessuno, una terra che nessuno vuole bonificare. Questo mentre - ed è notizia di ieri - gli Amici della Terra di Trieste hanno presentato alla Commissione Europea una denuncia contro l’Italia, la Regione e il Comune per l’ipotesi di violazione del diritto comunitario sullo smaltimento dei rifiuti, con riferimento proprio al terrapieno.Viene segnalata in particolare alla Direzione Ambiente di Bruxelles la gravità della situazione con una discarica che giace nei pressi della principale zona balneare della provincia di Trieste. Dalla stessa sezione locale dell’associazione ambientalista era partita la denuncia al Noe, il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, che aveva portato il 30 novembre 2005 al sequestro del terreno nell’ambito del’inchiesta della procura della Repubblica, di cui è titolare il pm Cristina Bacer.

Piero Rauber

 

 
Corridoio 5, mozione contro la variante -  La lista «Oltre il Polo» protesta per l’alta velocità vicino alla Val Rosandra
 
SAN DORLIGO Il gruppo consiliare di opposizione «Per San Dorligo-Oltre il Polo» chiede al Comune di assumere una posizione netta contro una variante al Corridoio 5 che passerebbe in modo «troppo devastante» attraverso la Val Rosandra.
La richiesta è stata fatta tramite una mozione, firmata dal capogruppo Giorgio Jercog, che prende ispirazione da un recente incontro a Trieste sul tema dell’alta velocità ferroviaria verso la Slovenia, e in particolare sul tratto ancora indefinito, tra Trieste e Divaccia. Jercog dice: «Secondo lo studioso Livio Sirovich, dell’Ogs, al di là delle contraddittorietà insorte sull’esattezza del percorso (in verità ancora tutto da definire), si prefigura la necessità di dover seguire la geometria vincolata data dai raggi minimi in curva per l’alta velocità, pari a 3,7 chilometri al secondo, il che porterebbe il punto di uscita a circa 750 metri a est di Divaccia, dopo lo sviluppo di gallerie sotterranee che attraverserebbero, inevitabilmente, la Val Rosandra o la piana di Zaule e il territorio di San Dorligo della Valle. Il progetto, com’è stato concepito, è inattuabile – sostiene Jercog - anche per l’espressa contrarietà delle popolazioni che vivono nelle zone indicate e che si oppongono alle devastazioni irrimediabili e pericolose sotto il profilo idrogeologico, da parte di opere che sono assolutamente inadatte all’attraversamento di territori carsici».
Da questi motivi, nasce dunque la mozione presentata al Comune: «Chiedo a sindaco e amministrazione comunale di partecipare in modo compatto alla sottoscrizione di questa mozione, che nasce come necessità inderogabile di coinvolgere il nostro Comune nel negare ogni e qualsiasi opera che fosse intrapresa per la realizzazione della cosiddetta soluzione “M”, che porterebbe, come detto, alla devastazione dei nostri territori».
s.re.

 

 

Allarme clima, in Italia riscaldamento doppio rispetto all’intero pianeta - A rischio inondazione oltre 4mila e 500 chilometri quadrati della Penisola

 

 Negli ultimi due secoli le temperature minime sono salite di 1,7 gradi: 1,4 in più in soli 50 anni

ROMA Due orsi bianchi picchettano Palazzo Chigi. Protestano contro il riscaldamento globale che sta sciogliendo i ghiacci polari, il pack artico si è già assottigliato del 40 per cento e ogni anno perde una superficie pari a quella dell’Olanda. Sono gli attivisti di Greenpeace venuti a chiedere al governo Prodi un impegno vincolante alla viglia del Summit di primavera, quello che domani, a Bruxelles, vedrà i capi di Stato della Ue discutere di clima, fonti rinnovabili e vincoli comuni sulle politiche energetiche future. Ma se il clima ai poli è già mutato, i cambiamenti dovuti alle attività dell’uomo si fanno sentire anche sulla nostra penisola. Le raccolte storiche di dati scientifici raccontano che in Italia, come del resto nell’intera Europa, il tasso di crescita delle temperature medie è stato ben superiore - circa il doppio - rispetto a quello planetario.
In due secoli l’aumento è stato di 1,7 gradi, ma la variazione rilevante è avvenuta durante gli ultimi cinquant’anni: 1,4 gradi in più. Al Nord sono aumentate soprattutto le temperature le minime, al Sud si sono mitigati gli inverni, le escursioni termiche giornaliere si sono fatte più forti. E sono aumentate, come durata e intensità, anche le ondate di calore estivo mentre calano quelle di freddo invernale.
Come dimostra il ripetersi di crisi idriche e di fenomeni siccitosi, nella penisola anche le precipitazioni sono cambiate. Le piogge sono più intense ma meno prolungate. Nel complesso sono diminuite di un cinque per cento per secolo.
Considerando però la sola primavera, la riduzione (più forte al centro-sud), arriva ben al 9 per cento. Secondo la Conferenza nazionale delle acque, le risorse idriche complessive, stimate in circa 50 miliardi di metri cubi per anno, (41% al Nord, 26% al Centro, 20% al Sud e 6% nelle isole) vanno riducendosi drammaticamente e in particolare in tutto il Mezzogiorno.
Lo stesso bacino Mediterraneo, negli ultimi 30 anni, ha mostrato anomalie. Rispetto alla tendenza globale di crescita di 15-20 cm in un secolo, il livello del mare é rimasto stazionario o ha mostrato sintomi di diminuzione. Due i fattori: maggiore evaporazione dovuta al riscaldamento globale e minore apporto dei fiumi; aumento di salinità. Secondo le valutazioni dell’Enea, l’innalzamento del Mediterraneo dovrebbe essere contenuto, al 2090, tra i 18 e i 30 cm anche se altre stime indicano livelli ben più allarmanti. A rischio inondazione ci sono 4.500 km quadrati di aree costiere e di pianure, interi territori che rischiano di essere spazzati via dall’acqua come tante New Orleans: il 25,4 per cento si trova nel Nord, soprattutto nell’Alto Adriatico; il 5,4 per cento al Centro, soprattutto nel medio Adriatico e in alcune zone del medio Tirreno; il 62,6% al Sud, con particolare riguardo al Golfo di Manfredonia e ad alcune zone del Golfo di Taranto; il 6,6 per cento in Sardegna, soprattutto nella parte occidentale e meridionale dell’isola.
Il riscaldamento globale e il mutamento delle risorse idriche porteranno mutamenti negli ecosistemi terrestri di pianura. Piante ed animali tenderanno a spostarsi di circa 150 km verso Nord per ogni grado di aumento della temperatura, mentre gli ecosistemi montani avanzeranno di circa 150 metri verso l’alto per ogni grado in più. Nel frattempo anche la qualità del suolo tende a degradarsi, specie nel meridione, minacciando tutte le zone già aride e le zone umide in cui ripopola la fauna. Il caldo ovviamente avanza anche sulle Alpi dove le temperature sono aumentate di 1,5 gradi in meno di un secolo: un balzo in gran parte successivo al 1980.

 

 

Europa divisa sulle ricette per l’emergenza ambiente

 

Giovedì a Bruxelles il vertice dei ministri degli Esteri dell’Ue. D’Alema: «Punteremo sull’uso delle energie rinnovabili»

BRUXELLES Su come e se prendere iniziative radicali e vincolanti per far fronte all’emergenza climatica, i capi di Stato e di governo dei Ventisette si presenteranno su posizioni diverse al Vertice europeo che si svolgerà a Bruxelles giovedì e venerdì prossimo e da cui dovrebbero scaturire decisioni significative per rassicurare un’opinione pubblica sempre più allarmata. I ministri degli Esteri dei paesi dell’Unione europea, riuniti a Bruxelles, non sono riusciti a trovare un accordo sulla politica ambientale ed energetica che dovrà seguire la Ue nei prossimi decenni.
Da una parte Italia, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca e Austria che hanno sostenuto la linea della presidenza di turno tedesca e della Commissione europea secondo cui si devono fissare gli ambiziosi obiettivi di utilizzare in Europa entro il 2020 almeno il 20% di energia proveniente da fonti rinnovabili e di abbassare del 60% le emissioni di anidride carbonica, la principale responsabile dell’effetto serra, nell’atmosfera entro il 2050. Due proposte che la Germania, ha detto il ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier, intende presentare anche al G8. Sul versante opposto quasi tutti i paesi dell’ex blocco comunista che utilizzano centrali a carbone, materia prima di cui sono ricchi, e che non vogliono sentir parlare di limitazioni di emissioni perchè intendono recuperare il loro ritardo di sviluppo.
La Francia capeggia invece il gruppo di paesi che vogliono includere tra le fonti a bassa produzione di anidride carbonica anche il nucleare e che è contrario ad obiettivi vincolanti. In pratica Parigi dice sì alla diminuzione delle emissioni di CO2 ma difende il diritto di ciascun paese di scegliere la via che preferisce. In Francia, il 75% dell’energia consumata proviene dal nucleare.
Proprio mentre i ministri degli esteri discutevano senza trovare un accordo, la Commissione europea ha pubblicato i risultati di un recentissimo sondaggio condotto nei Ventisette secondo cui l’83% dei cittadini considera necessario ricorrere massicciamente alle fonti rinnovabili di energia con leggi imposte da Bruxelles e il 61 per cento sostiene che il nucleare dovrebbe diminuire. Il sondaggio rivela poi che in Italia il sostegno all’uso delle fonti rinnovabili tocca l’89%.
Il Vertice di giovedì e venerdì prossimi, per il ministro degli Esteri Massimo D’Alema «sarà comunque importante perchè c’è carne al fuoco - ha detto - c’è un piano di azione che contiene novità. È vero che ci sono resistenze, ma si sta lavorando. È in corso un lavoro molto intenso per sciogliere i nodi ancora aperti». D’Alema ha anche confermato che il governo italiano «non è contrario all’indicazione di obiettivi europei che possono avere anche carattere vincolante, ad esempio - ha precisato - sull’uso delle fonti rinnovabili».
Alfredo Betti

 

 

Risparmi energetici

Era parecchio tempo che avevo intenzione di intervenire sulle colonne del Piccolo per porre qualche domanda ai nostri amministratori. Mi sono deciso finalmente, dopo aver letto sul Piccolo del 16 febbraio l’intervento dell’assessore Bucci per illustrare le iniziative prese per aderire alla campagna a favore della Giornata internazionale del risparmio energetico. Queste sono solamente operazioni ridicole se si pensa a quanti sprechi vengono compiuti giornalmente nelle nostre città. Faccio un esempio che riguarda il nostro territorio: in questo periodo alle ore 6.45, la luce del giorno che inizia ci permette di camminare per le strade senza paura di inciampare e di riconoscere le persone che incontriamo. Ebbene, nonostante ciò, i numerosissimi lampioni dell’illuminazione pubblica continuano imperterriti a illuminare inutilmente le strade. Ancora alle 7, chi guarda la città dall’altopiano o dalle alture di Muggia, può vedere la città completamente punteggiata dalle belle lampade color arancione, compresa pure tutta la Costiera fino al bivio di Miramare.
Pochi giorni fa, mi sembra il 13 febbraio, transitando nella zona archeologica del comune di Muggia, tutte le lampade erano accese. Sapete che ora era? Le 9.30, e il sole splendeva che era un piacere. Evidentemente, tutte le linee non sono dotate dei sensori taranti in modo da far spegnere i lampioni quando la luce diurna è sufficiente. Il giorno 13 u.s. verso le 11.30 su Rai Radio 1 mi è capitato di sentire un dibattito a cui partecipava anche l’assessore alle Finanze del Comune di Udine. Si discuteva naturalmente del risparmio energetico, vista l’imminenza della giornata «Mi illumino di meno». Ebbene, l’assessore in questione spiegava al conduttore come il Comune di Udine aveva risparmiato un bel po’ di euro facendo installare quel tipo di sensori.
Morale: cari amministratori, partecipare a manifestazioni simboliche può anche andar bene, però siate più concreti, qualche volta più umili, alzate un po’ la testa, guardate per aria e vi accorgerete che quando le luci non servono, vanno spente. Prendereste, come si suol dire, due piccioni con una fava: contibuirete veramente al risparmio energetico e pure a quello delle casse comunali, che a quanto pare non sono poi tanto piene, e chissà, forse così potreste abbassare il prelievo dalle nostre buste tramite l’Irpef.
Riccardo Cendach
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI' , 5 marzo 2007

 

 

Energia, boom delle fonti rinnovabili - In Italia cresce l'elettricità "pulita"

 

Presentato a Roma il rapporto Gse sulla produzione "alternativa" - Aumento record dell'eolica, che segna un +37% rispetto al 2005

ROMA - L'Italia è sempre più attenta alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La buona notizia viene dal Gse, il gestore servizi elettrici, l'ente che si occupa della promozione delle energie pulite in Italia. Il rapporto 2006, presentato oggi a Roma, dipinge un quadro estremamente positivo: l'attenzione per le fonti rinnovabili "in Italia continua a crescere - si legge nel rapporto -. Secondo i primi dati disponibili, nel 2006 la produzione è stata pari a circa 52 miliardi di kilowattora, con un incremento del 4,5% rispetto all'anno precedente".
Un ottimo risultato, ma che non deve illudere: l'energia elettrica derivata da fonti rinnovabili costituisce sempre una percentuale molto piccola del fabbisogno nazionale. Ma la crescita di quest'anno è un deciso passo avanti nella diversificazione delle fonti in Italia.
L'incremento del 2006 è dovuto soprattutto all'eolico, che attraversa un vero e proprio boom e che, con 3,2 miliardi di kilowattora (+ 37%), si rivela come la fonte rinnovabile con la maggiore crescita. Segue l'energia solare fotovoltaica la cui produzione si è attestata intorno ai 35 milioni di kilowattora, segnando un aumento del 12,9%. Un risultato ottenuto anche grazie al sistema di incentivazione in conto energia che ha permesso la costruzione di 5600 nuovi impianti.
In crescita anche le biomasse, che nel 2006 hanno fatto registrare una produzione pari a 6,7 miliardi di kilowattora (+9,2%). Più fiacco il settore idroelettrico, che segna un aumento di appena 1,6 punti percentuali rispetto al 2005, raggiungendo una produzione di 36,6 miliardi di kilowattora. Meglio la produzione da fonte geotermica, che è stata pari a 5,5 miliardi di kilowattora (+ 3,8%).
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 5 marzo 2007

 

 

LE MANI SULL’ENERGIA: LA SFIDA ENEL-E.ON

 

C’è una notizia su Der Spiegel che è molto probabile scateni polemiche in Italia. Sembra infatti che come reazione al consistente supporto dato da Enel agli oppositori alla scalata della maggiore società elettrica spagnola - Endesa - da parte della tedesca E.On, questa si appresti a scalare a sua volta l'Enel.

Sempre secondo il giornale tedesco, quest'ultima operazione potrebbe assumere forme diverse. Un'ipotesi è che l'Enel si ritiri da Endesa lasciando libero il campo ai tedeschi. Una seconda che Enel trasformi le sue azioni Endesa in azioni E.On e i due grandi o si alleino o, più probabile, rispettino le relative sfere di influenza. Infine E.On potrebbe tentare una vera e propria scalata ad Enel per conquistare con un sol colpo mercato italiano e mercato spagnolo.
Si tratta di ipotesi coraggiose perché il governo italiano non solo possiede, direttamente o tramite la controllata Cassa depositi e prestiti, più del 30% di Enel, ma può bloccare ingressi superiori al 3%. Non di meno è evidente che se la mossa verrà tentata comincerebbero diatribe e ricorsi a non finire a livello europeo sulla liceità di tale blocco. Anche sul piano politico è molto probabile le prese di posizione sarebbero molteplici e divaricate. Vale, quindi, la pena di fare qualche considerazione su quella che potrebbe essere la soluzione migliore ove la tempesta si scatenasse realmente.
La ritirata da Endesa da parte di Enel sarebbe senza ombra di dubbio la peggiore perché, sommata alla confusa vicenda Suez, darebbe la sensazione a tutti che la nostra maggiore impresa elettrica è un cane che abbaia, ma non morde. Con tutte le possibili conseguenze, inclusa un'Opa, che ne deriverebbero. Sembra, inoltre, ci siano degli accordi di massima con Endesa per un coordinamento e iniziative comuni nell'Europa dell'Est che potrebbero migliorare l'efficienza dell'Enel e, quindi, benefiche sia per gli azionisti, sia per i consumatori. È quasi certo che ove E.On puntasse ad acquisire il controllo dell'Enel le proteste da parte di politici e sindacati toccherebbero le stelle: ma sarebbero fondate?
Tempo addietro il ministro Padoa-Schioppa sostenne che dovendo il governo avere una politica energetica sembrava opportuno mantenere il controllo delle principali imprese del settore, ma è una tesi che non tiene presente che nel mondo attuale la politica energetica per essere efficiente deve essere condotta a livello europeo. È solo avendo la forza dell'intera Europa che si può forse negoziare con i Paesi produttori delle fonti energetiche e che si possono impostare campagne per le energie alternative. Certo dispiace sempre quando la sede centrale di una grande impresa si sposta all'estero; sono posti di lavoro altamente qualificato che si perdono e tutta una serie di benefici collaterali non facilmente quantificabili.
Per contro la vendita della partecipazione in Enel dello Stato aiuterebbe un pochino la riduzione del debito pubblico. È molto difficile dire da che parte penda la bilancia. Non è, infatti, la questione della proprietà italiana o europea che conta, quanto la tutela degli interessi dei consumatori e la garanzia di un buon flusso di investimenti. Il vero rimedio per gli utilizzatori italiani è che venga favorita al massimo la concorrenza anche internazionale: non è chiaro se i più alti prezzi dell'elettricità che industrie e famiglie pagano in Italia siano dovute all'assenza di energia nucleare o ad impianti un po' troppo vecchi, ma è evidente che solo una concorrenza vera può modificare questi fattori.
Per gli investimenti il pericolo è che E.On o qualsiasi altro per conquistare Enel lo faccia scaricando sullo stesso i debiti contratti per acquistarlo e, quindi, non abbia le risorse necessarie. È una questione che non riguarda solo Enel, ma molte altre grandi imprese e, quindi, va affrontata in termini generali. La dual income tax di Visco era un passo in questa giusta direzione, ma altri e più forti rimedi sono possibili. Se la minacciata scalata da parte di E.On inducesse a riflettere su questi problemi dovrebbe essere benvenuta!
Franco A. Grassini

 

 

Clima, mai così caldo negli ultimi due secoli - L’inverno praticamente non si è visto. La prima domenica di marzo segna temperature primaverili in tutta Italia 

 

Ieri a Trieste 18 gradi come a Palermo. Gli esperti: sono cambiati i venti

ROMA Che il clima non sia quello giusto è ormai evidente. E non c'entrano le nostalgiche lamentazioni da anziani sulle «stagioni di una volta». L'inverno non si è visto e la primavera, arrivata già a febbraio per i cicli vegetativi, sta già procedendo a larghi passi. A dimostrarlo sono le temperature della prima domenica di marzo, tradizionalmente ancora da cappotto e quest'anno quasi da spiaggia. Ieri a Barcola, sulla riviera triestina, c’è stato il primo anticipo di tintarella. Un po’ in tutta Italia il termometro ha segnato massime giornaliere che accomunano tutto lo stivale senza grandi differenze: 18 gradi a Trieste come a Palermo, 20 gradi a Firenze come a Catania.
Il sole primaverile e la temperatura mite hanno spinto all'uscita dalle città per le prime gite che anticipano la primavera in Friuli Venezia Giulia e, di conseguenza, con i primi incolonnamenti nel rientro serale dalle scampagnate. La situazione più critica si è verificata a Trieste con circa 10 chilometri di coda sulla Statale 14 costiera, la principale via d'accesso al capoluogo giuliano.
Ormai anche gli scettici sembrano essere concordi sulle anomalie del clima. E a mettere definitivamente fine a ogni dubbio arrivano anche i dati ufficiali raccolti dall’Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Consiglio nazionale delle ricerche: l'inverno 2007 è il più caldo degli ultimi duecento anni. Secondo le rilevazioni dell’Isac-Cnr, che conserva appunto una banca dei dati meteorologici degli ultimi due secoli, quest’anno è stato superato di 1,79 gradi il precedente valore massimo raggiunto nel 1990.
Il record di caldo è d'altra parte ben visibile anche in natura dove i cicli riproduttivi sono sconvolti, tanto da aver portato a una maturazione contemporanea e anticipata di verdure e ortaggi che non si era mai avuta prima d'ora. «Per la prima volta nella storia delle campagne romane si raccolgono nei campi le fave, che arrivano normalmente solo in tarda primavera ad accompagnare le scampagnate - spiega la Coldiretti - e sui banchi dei mercati è già possibile trovare una varietà di offerta made in Italy come mai nel passato: dai piselli ai carciofi a tutte le insalate a pieno campo, dalle lattughe alle scarole fino ad asparagi e pomodori». Un’offerta ampia e variegata che non si era mai vista in questa stagione e che sta creando problemi anche al mercato per la sovrabbondanza di prodotti e il conseguente crollo dei prezzi all'origine.
La situazione mostra dunque un autunno e un inverno eccessivamente caldi, con temperature oltre i 4-5 gradi in più rispetto a valori normali. Sono stati assai rari gli episodi climatici autenticamente invernali. D'altra parte, come spiegano gli esperti del Cnr, la circolazione delle masse d'aria dall’Atlantico ha invertito la rotta procedendo verso Nord e non viceversa, come accade normalmente in inverno con circolazione di aria fredda da Nord verso Sud proveniente dalla Siberia e dalla Scandinavia. Così anche la leggendaria tramontana ha dovuto arrendersi alle bizzarrie del clima, subendo in questo autunno-inverno una riduzione di oltre il 30%. In pratica non c'è mai stata circolazione di aria fredda Ma il vero problema potrebbe venire in estate per la mancanza di riserve idriche. Dalla fine dell’autunno fino ad oggi le precipitazioni hanno avuto una diminuzione di oltre il 25%, mentre i fiocchi di neve si sono fatti attendere invano nelle località sciistiche.

 

 

Magazzino vini, centro congressi verso lo stop

 

Il diessino Omero: «È uno spazio che potrebbe fare comodo alla Provincia, alla ricerca di una sede importante» Camber: «In Comune l’annuncio di una soluzione alternativa»

Codarin: «La Fondazione CRTrieste non ha interesse a andare contro la città»

Domani il consiglio generale si pronuncerà sul futuro della struttura dopo la lettera del sindaco Dipiazza contraria al progetto

Sul futuro centro congressi il sindaco Dipiazza ha scritto al presidente della Fondazione CRTrieste Massimo Paniccia per invitarlo a considerare «delle possibili alternative» al Magazzino vini? Renzo Codarin, consigliere della Fondazione su nomina del Comune nonché ex assessore della giunta Dipiazza, annota che nel palazzo di via Cassa di Risparmio si «opera per il bene della città e in accordo con le istituzioni locali: non è pensabile che si faccia altrimenti». Piero Camber, capogruppo azzurro in Comune, usa una forma sibillinamente impersonale: sul da farsi nel nuovo scenario «si ha un’idea che verrà esposta nella seduta del consiglio comunale» dedicata alle Rive. Fabio Omero, segretario dei Ds, rilancia: «Il Magazzino vini è uno spazio che può essere importante, e c’è un ente che forse avrebbe bisogno di una sede più prestigiosa: è la Provincia».
Sta in questi tre interventi il quadro della situazione così come si è delineato dopo che il primo cittadino ha segnalato a Paniccia come tra i partiti rappresentati in Comune stia emergendo un orientamento contrario a vedere realizzato il polo congressuale nel fatiscente immobile sulle Rive. Dipiazza non si è spinto oltre, anche se l’ubicazione alternativa di Palazzo Carciotti - lanciata da An - ha riscosso apprezzamenti pressoché unanimi da parte dei consiglieri comunali.
I commenti lasciano intendere come nei corridoi del consiglio comunale quello del Magazzino vini sia considerato un capitolo chiuso. Anche se dalla Fondazione sinora non è giunta risposta a Dipiazza. In via Cassa di Risparmio se ne discuterà nel consiglio generale di domani. E nella riunione verranno certo ricordate le tappe sin qui costate alla Fondazione tempo e denaro: dai tre milioni di euro sborsati nell’autunno 2005 per l’acquisto dell’immobile, al ricorso vinto dinanzi al Tar contro il vincolo posto sull’edificio dalla Soprintendenza, ai progetti redatti dall’architetto Marco Casamonti e frutto di numerosi incontri con la Soprintendenza stessa e anche con il sindaco (che dopo essersi detto lo scorso luglio «perplesso» sull’operazione, ad agosto aveva rilanciato la sua proposta del centro nell’area del mercato ortofrutticolo).
Tutto da rifare per la Fondazione, dunque, se i vertici decidessero di abbandonare il sito già prescelto tempo fa. Ma Codarin, appunto, sottolinea come l’ente non possa avere interesse ad andare contro la città. E Piero Camber lascia intendere come di alternative se ne stiano già disegnando, senza precisare quali siano e se si possa pensare davvero a un interesse della Fondazione per Palazzo Carciotti. Una soluzione questa che però in via Cassa di Risparmio - lo ha ricordato il vicepresidente Renzo Piccini poche settimane fa - era già stata scartata per via dei costi altissimi di un intervento su un immobile storico, ma anche dei tempi che diventerebbero imprevedibili.
Intanto sul futuro del Magazzino vini Omero, si diceva, riapre un dibattito che si profila articolato: «La Fondazione potrebbe restaurarlo e poi darlo in affitto alla Provincia». Anche se la stessa presidente di Palazzo Galatti, Maria Teresa Bassa Poropat, sottolinea di non avere mai proposto nulla di simile e di considerare «un po’ avveniristica» la soluzione, anche perché «al posto del Magazzino vini vedrei uno spazio libero», chiude.
Per la demolizione del Magazzino vini che lasci spazio a un’area magari «attrezzata a verde» e collegata con l’area ex Bianchi propende anche il leader provinciale forzista Bruno Marini, che plaude all’iniziativa del sindaco e rilancia alla Fondazione («Non dubito del suo senso di responsabilità»). Favorevole a uno spazio libero anche il consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli, mentre dalla Lista Dipiazza il capogruppo Maurizio Ferrara - sottolineato che spetterà alla Fondazione dire l’ultima parola - pensa a un «concorso di idee tra professionisti di alto livello per una porzione di quello che è uno dei più bei waterfront d’Italia» (un concorso per altro fu realizzato nel 2002). Opinioni diverse, dunque, da quella già espressa da An, che pensa a recuperare il Magazzino vini per farne un edificio al servizio delle società nautiche della Sacchetta.
Nella maggioranza, al momento, da An all’Udc di Roberto Sasco passando per Lista Dipiazza e Forza Italia tutti sottolineano - come dice da An Alessia Rosolen - «il ruolo determinante che il consiglio comunale ha avuto nell’esprimere una volontà univoca». E se dai Ds Omero tende la mano indicando palazzo Carciotti come «la soluzione su cui potremmo incontrarci», Sasco annota come «la sintonia tra sindaco e aula consiliare sia indispensabile per potere chiedere finanziamenti a più realtà, dall’Ue alla Regione, per il Carciotti».
Dall’opposizione però si sottolinea come finora - per dirla con il diellino Sergio Lupieri - «sia mancato un ragionamento complessivo sulle Rive», di cui si discuterà appunto in un consiglio comunale. Il Cittadino Decarli osserva come «ancora una volta il sindaco faccia un passo indietro sulla spinta di pressioni interne», mentre da Rifondazione comunista Marino Andolina si dice «poco interessato a quello che non è un problema di politica, ma di una gestione molto privata da parte di un gruppo di persone».

Paola Bolis

 

 

Caso Barcola, si muove la Regione - Bassa Poropat: «Definire tempi e costi per il terrapieno inquinato». Paoletti: «Qualcuno blocca i progetti»

 

Sulla vicenda prima riunione in settimana con il vicepresidente Moretton

Nell’incertezza generale, un solo spiraglio: la controversa questione dell’ex discarica di Barcola, quella che nessuno vuole bonificare, passa alla Regione. Il vicepresidente Moretton, dopo aver consultato l’Arpa, ne farà l’oggetto di una riunione ristretta già nel fine settimana, mentre all’interno del fronte politico, bypartisan anche nello smarrimento, si confida prevalentemente in una Conferenza dei servizi che, a questo punto, dovrebbe avere caratteristiche quasi taumaturgiche, dovendo contestualmente indicare il referente principale dell’area e, soprattutto, chi dovrebbe mettere mano al portafoglio per tirarla fuori dal suo presente di rassegnato degrado.
Dice ad esempio il presidente della Provincia di Trieste, Maria Teresa Bassa Poropat: «In questo momento la Conferenza dei servizi è l’unica cosa proponibile, anche per capire cosa pensiamo di fare del terrapieno. Partiamo da un dato banale: l’inquinamento c’è è bisogna risolverlo. Ci vorranno nuovi esami e nuove verifiche. Se potranno servire delle scelte drastiche? Visti i precedenti, eviterei anche di fare delle ipotesi, perchè rischiano di essere subito smentite dai dati. Siamo nella situazione di dover dare risposte ma contestualmente avvertiamo anche la necessità di capire l’entità del problema, i suoi costi. Solo dopo, ci si potrà muovere di conseguenza».
Nessun «distinguo» politico, come si vede, perchè la perplessità è generale e, come sostiene il consigliere regionale di Forza Italia, Bruno Marini «capire chi ha inquinato, quando, come, e se magari le leggi in vigore all’epoca erano differenti è obiettivamente un’impresa...». Sergio Lupieri, collega in Regione ma nelle file della Margherita gli fornisce indirettamente la sponda, sostenendo che «bisogna rimettersi tutti attorno a un tavolo per trovare una soluzione unitaria e condivisa». Idea nobile ma di difficile percorribilità, dopo che lo stesso sottosegretario Ettore Rosato si è detto molto perplesso sull’ipotesi di inserimento nell’area di interesse nazionale, in assenza di un progetto specifico. Lupieri, al riguardo, sembra più possibilista. «Non dimentichiamoci – ammonisce Lupieri – che già con il ministro Matteoli si era arrivati a un passo da quell’analisi del rischio che coinvolgerebbe direttamente il ministero dell’Ambiente e consentirebbe un monitoraggio dell’area, unico a poterci dire se esiste un peggioramento dei parametri o se sono rimasti invariati. Di sicuro non possiamo permetterci di perdere altro tempo nelle aree da bonificare, si tratti delle Noghere o di Barcola: saremmo del tutto fuori mercato per i prossimi 10 anni: non potendo offrire terreno alcuno, tutti andrebbero in Slovenia o o Monfalcone. Certo – conclude Lupieri – la garanzia di tutela dell’ambiente e della salute è primaria, ma bisogna anche uscire da questa impasse».
Il sindaco Roberto Dipiazza preferisce invece non commentare anche perchè, pare di capire, c’è molta incertezza su chi sia o sarà destinato ad essere il vero coordinatore della spinosa questione. «Come presidente della IV commissione regionale – racconta invece Uberto Fortuna Drossi dei Cittadini – chiederò una convocazione dell’Arpa e sentirò l’assessore regionale competente. Ricordo che già nel ’99, da assessore comunale, avevo chiesto la disponibilità dell’area all’Autorità portuale per farne una sede di eventi. Non è pensabile lasciarla così. L’area è demaniale, più che dell’Authority è dello Stato, quindi nè Comune nè Regione possono gravarsi di questo peso. Serve, semmai, un progetto che inneschi tutto il meccanismo delle bonifiche».
Ma di progetti peraltro, pare di capire, ce ne sono stati anche troppi, almeno nella disincantata lettura del presidente camerale Antonio Paoletti. «A suo tempo – racconta – ho spostato altrove il progetto del Parco del mare e adesso posso dire di aver avuto fiuto. Fateci caso, ma certe difficoltà vengono fuori ogniqualvolta c’è un progetto di sviluppo per la città. Dovremnmo tutti chiederci perchè. E penso alla Baia di Sistiana, a Polis, a Caliterna, all’interramento Acquario di Muggia, e avanti fino al posteggio di Ponterosso e al Magazzino vini. Tutti boicottati, quasi ci fosse qualche forza di ”intelligence” che vuole condannare questa città a morte lenta e inesorabile...».
Sull’immediato, Paoletti sostiene che «qui o paga lo Stato, e bisogna avere un progetto preciso sul da farsi, o non se ne viene fuori. Non basta preservare le sole associazioni nautiche. Ci vuole un piano condiviso da tutta la città. Comunque vada, non vedo possibilità ”residenziali” per quell’area. Penso a un’istituzione di interesse pubblico, come la Fiera, ad esempio. Ero contrario, per quanto riguarda il terrapieno, a farlo rientrare nel sito d’interesse nazionale, ma adesso non vedo alternative, per poter eventualmente modificarne la destinazione d’uso. Di sicuro – conclude Paoletti – c’è solo che le bonifiche possono avvenire a fronte di progetti che abbiano un senso. E che l’alternativa è il nulla».
f.b.

 

 
Via Verga da salvare: 140 firme
Pregiatissimo sindaco, stanno girando molte voci sulla possibile alienazione di un terreno comunale (area verde) sito in via Verga, corrispondente alla p.c. n. 692/82692/7.
Con queste righe vogliamo richiamare la sua attenzione sulla particolarità ambientale e paesaggistica della zona. Via Verga, che lei ben conosce, è incastonata tra le bellezze architettoniche di Piccola Parigi e il parco dell’ex Opp.
Negli anni Settanta, purtroppo, la zona ha subìto una cementificazione che ne ha in parte stravolto la conformazione storica che rappresentava, di fatto,un angolo di campagna a pochi metri dalla città.
A differenza però di altre zone completamente sacrificate al cemento (vedi Roiano o via Commerciale) via Verga e dintorni, tutto sommato, sono riusciti a sopravvivere e a mentenere un rapporto verde-nuove edificazioni accettabile.
Purtroppo l’eventuale cessione della particella sopra citata, a fronte di qualche decina di migliaia di euro di entrata per l’amministrazione comunale (sicuramente una goccia nel mare rispetto a un bilancio chiuso ben sopra i 600 milioni), rischierebbe di riaprire la corsa alla cementificazione selvaggia della zona...
I sottoscrittori le chiedono di poter verificare con i porpri uffici la reale necessità di alienazione di tale zona; l’aspettiamo inoltre assieme al Presidente della IV Commissione per poter svolgere assieme un sopralluogo dove potrà constatare, con la consapevolezza di dover lasciare ai nostri figli una città più verde e più vivibile, dell’assoluta necessità di non procedere all’alienazione dell’area verde.
Seguono 140 firme

 

 
Palacongressi: progetto sbagliato
lSarebbe veramente controproducente, anzi un vero karakiri per l’economia della città, voler costruire un Palacongressi, edificio di enormi dimensioni, invasivo, in riva al mare al posto del magazzino vini. La ricchezza di Trieste sta proprio nell’avere una bellezza esclusiva architettonica e paesaggistica e le Rive ne sono la parte più bella e significativa. Quale altra città può vantare un tale gioiello naturale in centro storico? Nessuna. È per questo che i turisti non mancano di arrivare fino qui, in una Trieste che è così marginale, fuori da percorsi scontati, vengono perché sanno di vedere una città diversa, bellissima, mitteleuropea, che scende dal Carso verso il mare, e termina sulle Rive con un’ampia veduta del mare. È proprio qui, su queste Rive, che la Fondazione CrT vuole innalzare un Palacongressi!
Un danno paesaggistico che si riversa non solo sull’uomo, e sul suo abitante in particolare, ma che si ripercuote anche economicamente sulla città perché va a togliere all’industria turistica, sulla quale Trieste dovrebbe puntare, il suo «prodotto primo»: l’aspetto naturale e ambientale, rappresentato in primis dalle Rive. Le Rive dobbiamo difenderle con tutte le nostre forze, e ringraziare le autorità, i partiti e anche il Comitato cittadino in difesa delle Rive che hanno finalmente capito, ora che i tempi stringono, quale scempio verrebbe perpetrato ai danni di tutti. Ripeto anch’io quello che ho letto nelle tante lettere pubblicate dal «Piccolo» e che da tanti ho sentito dire: il Palacongressi si faccia da un’altra parte! La Fondazione CrT che proprio perché è Fondazione ha lo scopo di dare respiro e un umano vivere alla città capisca che le Rive triestine non possono essere stravolte con costruzioni invasive.Paola Rosso

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 4 marzo 2007

 

 

Terrapieno di Barcola, tutto da rifare  - Abbandonati i progetti. Stop alle bonifiche. La Regione potrebbe disporre nuovi esami

 

Il ministero non si pronuncia sull’inserimento nel Sito d’interesse nazionale: manca un piano specifico

La mancata validazione dei dati sulla zona inquinata riapre il caso. L’Autorità: «L’area non interessa a nessuno»

È da rifare il Piano di caratterizzazione (cioè la mappa dell’inquinamento) del terrapieno di Barcola e l’Ass dovrà venir reinterpellata per escludere ancora una volta situazioni di pericolo per i frequentatori della zona. Intanto sono stati ritirati tutti i progetti sull’area: addio al Parco del Mare, addio alla Fiera, neanche l’Autorità prevede un futuro. Al momento non c’è alcuna manifestazione d’interesse. Si allontana di anni ogni ipotesi di recupero di quello che è un buco nero in una delle zone più prestigiose del territorio.

Sono le conseguenze della mancata validazione da parte dell’Arpa delle analisi fatte per conto dell’Autorità portuale da parte della società Multiproject di Goirzia. «Presumibilmente giovedì - annuncia l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci - la giunta comunale esprimerà il proprio mancato avvallo al Progetto di caratterizzazione del terrapieno redatto dall’Authority e che prevede anche specifici interventi di messa in sicurezza. Una bocciatura inevitabile poiché i dati delle analisi effettuate sui carotaggi da Multiproject e anche in base ai quali il Progetto è stato redatto, sono fortemente discrepanti rispetto a quelli delle procedure di convalida poi svolte dall’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, che hanno tratteggiato una situazione peggiore». La stessa Ap ravvisa «anomalie inspiegabili» negli ultimi dati, aggiungendo che tuttavia finora la Multiproject si era rivelata affidabile.
La delibera del Comune sarà poi inviata oltre che alla stessa Autorità portuale, alla Regione che in base alla legge 152 del 2006 ha ereditato dai Comuni la competenza in materia di siti inquinati. «Lunedì comincerò a esaminare questa questione», fa sapere il vicepresidente Gianfranco Moretton. La Regione dovrà comunque convocare la Conferenza dei servizi di cui fanno parte, oltre a Regione e Comune, anche Provincia, Arpa, Ap, Capitaneria di porto, Genio civile oltre all’Azienda per i servizi sanitari. È presumibile che quest’ultima venga nuovamente chiamata a pronunciarsi in merito alla salute pubblica, anche se Autorità portuale e Comune hanno più volte riaffermato che non esiste alcun pericolo per i frequentatori della zona, in particolare per quelli dei club nautici, né tantomeno per gli abitanti di Barcola. «Misurazioni regolarmente validate - ricorda l’ex assessore Maurizio Ferrara - hanno escluso fonti di inquinamento sia nell’aria che nelle falde acquifere».
Le analisi dell’Arpa sui campioni prelevati nel sottosuolo hanno comunque rilevato all’interno del terrapieno presenze superiori nelle quantità di idrocarburi policiclici aromatici, arsenico, piombo, rame e zinco ed é emersa la presenza di metalli mai rilevati come cadmio e mercurio. «E il cadmio in particolare - ha rilevato l’oncologo Renzo Tomatis - è un agente cancerogeno riconosciuto. La diossina ha una vita di qualche decina d’anni, mentre i metalli restano e basta. Bisognerebbe andare ad approfondire i pericoli derivanti da eventuali infiltrazioni nel terreno dirette verso il mare».
Altre rilevazioni portrebbero venir decise dalla Conferenza dei servizi nella nuova veste che ne affida la presidenza alla Regione. Una situazione che si complica e si prolunga anche perché il ministero non ha ancora risposto sulla richiesta d’inserimento del terrapieno di Barcola nel Sito inquinato d’interesse nazionale avanzata dall’Ap e avvallata con un voto anche dal Consiglio comunale. «È logico che ciò non sia avvenuto - spiega il sottosegretario agli Interni, Ettore Rosato - l’inserimento nel Sito nazionale potrebbe essere accolto soltanto a fronte di un progetto specifico per l’area. Perimetrare la zona così in modo generico finirebbe con il creare solo danni com’è accaduto con gli intoppi alle aziende in Zona industriale».
Ma il problema è ancora più spinoso perché, come suggerisce lo stesso Rosato «non può esserci un progetto per il terrapieno di Barcola che non si inserisca all’interno del disegno ben più ampio che dovrà comprendere l’intero Porto Vecchio». Si torna al masterplan del Porto Vecchio che è in via di ultimazione da parte di Systematica, lo studio di Venezia collegato all’architetto Norman Foster e che dovrebbe venir reso noto a metà mese. Presupposto dello studio la restituzione del Porto Vecchio alla città.
Ma sul terrapieno fonti interne alla stessa Autorità portuale gelano qualsiasi speranza: «Non c’è stata alcuna nemmeno minima dimostrazione d’interesse. I fondi necessari per la bonifica appaiono fin d’ora talmente elevati che a intervenire potrebbe essere solo una potentissima multinazionale». Dal terrapieno ha recentemente battuto in ritirata il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti e il pool di investitori che sarebbero pronti a intervenire per il Parco del mare: il progetto è stato dirottato su Campo Marzio da dove si trasferirà il mercato ortofrutticolo. Ha abbandonato progetti per quell’area anche la Fiera che ora punta quasi tutto sul molo Quarto.

Silvio Maranzana

 

 

Via delle Viole, i residenti domani scendono in piazza contro il nuovo condominio

 

COLOGNA Manifestazione davanti al municipio per dire no al progetto che riguarda l’area verde pubblica

Al posto di 10mila metri quadrati di verde, una costruzione capace di ospitare una settantina di famiglie. È quanto potrebbe accadere nella zona che circonda le vie delle Viole, Amendola e dei Narcisi, nel rione di Cologna. Una prospettiva che sta allarmando i residenti dell’area interessata, di proprietà del Comune. Tanto che gruppi di bitanti di della zona si sono alleati con i residenti di via Berchet e via Verga, interessati da analoghi progetti, e annunciano battaglia contro la cementificazione. E domani si ritroveranno sotto il municipio per dare fiato alla protesta e sensibilizzare primo cittadino e consiglio sui timori di vedere trasformato un polmone verde in un’area invasa dalle palazzine.
«Abbiamo avuto notizie che riteniamo attendibili – spiega Alberto Cattaruzza, uno degli abitanti che si fa portavoce della protesta – in base alle quali l’amministrazione comunale sarebbe sul punto di dare vita a un’asta per la vendita del terreno, un autentico polmone verde, la cui presenza è uno dei motivi della scelta che hanno fatto tantissime famiglie di venire a vivere quassù».
Essere invasi da un cubo di cemento, al cui seguito arriverebbe almeno un centinaio di automobili, costituisce una sorta di incubo per i residenti, pronti a protestare, domani sera, sotto il Municipio, in concomitanza con la seduta del consiglio comunale. «Siamo in contatto con i residenti delle vie Berchet e Verga, che proprio in questi giorni hanno dichiarato di vivere situazioni analoghe – aggiunge Cattaruzza – e a loro ci uniremo nella manifestazione di domani sera, in piazza dell’Unità d’Italia».
I residenti delle vie Berchet e Verga, che si trovano nel rione di San Giovanni, sono molto preoccupati per le recenti notizie in base alle quali il Comune, proprietario di due aree verdi, le poche presenti in zona, sarebbe sul punto di venderle a costruttori.
Al posto degli alberi, secondo i progetti, dovrebbero dunque sorgere due condomini, con conseguente sovraccarico di automobili nelle strette vie che caratterizzano l’area.
«Lunedì (domani, ndr) – hanno annunciato in blocco la scorsa settimana – ci ritroveremo tutti davanti al Municipio, in piazza dell’Unità d’Italia, alle 18.30, ora d’inizio del consiglio comunale, per evidenziare la nostra protesta e per presentare al sindaco, Roberto Dipiazza, che speriamo ci accolga, una petizione che abbiamo sottoscritto tutti assieme».
Tutti assieme, i residenti delle vie sulle quali incombe la prospettiva di una cementificazione selvaggia sono centinaia; domani, sotto il Municipio, quella che inizialmente sembrava una protesta di pochi potrebbe trasformarsi in una manifestazione di massa. «A farci arrabbiare – sottolinea Cattaruzza – è il fatto che il sindaco, Roberto Dipiazza, al quale ci eravamo rivolti a suo tempo, aveva dato ampie assicurazioni sul fatto che la zona sarebbe rimasta un’area verde». Ma si era in campagna elettorale, sussurrano i più maliziosi, e tutto era lecito. «Anche il Consiglio circoscrizionale – precisa Paola Bardi, residente della zona di Cologna, di professione avvocato, e quindi referente per quanto riguarda l’aspetto legale della protesta – aveva espresso parere contrario alla vendita per permettere l’avvio di un cantiere, perciò la nostra delusione è ancor più grande».
C’è un ulteriore elemento che accomuna gli abitanti delle vie interessate. Le strade, in zona, sono tutte molto strette, perciò l’arrivo di un ulteriore piccolo esercito di automobili comporterebbe un notevole appesantimento della circolazione e la ricerca di un parcheggio, soprattutto alla sera, potrebbe rivelarsi un rebus di difficile soluzione.
Ugo Salvini

 

 

Telefonini, parte il piano comunale delle antenne Nuovi tralicci a Sistiana e al bivio di Aurisina - Attualmente ci sono 13 siti occupati dagli impianti di telefonia

 

DUINO AURISINA Con la presentazione in commissione è iniziato un lungo iter che interessa anche Sgonico e Monrupino

E' pronto, dopo oltre un anno di pianificazione, il Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti radiobase per la telefonia mobile, l'atteso strumento relativo al posizionamento delle antenne per i telefoni cellulari redatto dal Comune di Duino Aurisina tenendo conto degli analoghi piano predisposti da Sgonico, Monrupino e San Dorligo della Valle.
Il documento – che ora dovrà affrontare un lungo iter amministrativo tra Regione, per la valutazione di impatto ambientale, le commissioni e i consigli dei quattro Comuni – è stato presentato nei giorni scorsi alla Commissione compentente, composta non solo dai tecnici comunali ma anche da diversi portatori d’interesse: l’Ordine degli ingegneri, l'Azienda servizi sanitari, Legambiente, i gestori della telefonia.
«Tra gli obiettivi prioritari – ha dichiarato l'assessore competente, Gabriella Raffin - la salute dei cittadini, l’uso razionale delle risorse del territorio e la minimizzazione degli impatti delle antenne. Il piano è uno strumento che deve trovare equilibrio tra diverse esigenze: da un lato l’amministrazione, che porta gli interessi e le istanze della popolazione, e dall’altro le richieste dei gestori, che devono offrire un servizio pubblico e si sono impegnati a realizzare, ciascuno per proprio conto, in autonomia, la copertura della rete».
Il documento relativo a Duino Aurisina parte con il censimento dell'attuale situazione sul territorio: attualmente esistono 13 siti che ospitano delle antenne per la telefonia, di cui 11 «monogestore» e due in «co-siting», ovvero un sistema che fa sì che sulla stessa struttura trovino posto più gestori, per diminure il numero dei tralicci.
Tra questi, la stazione radiobase del Monte Berciza è quella con il maggior impatto: una struttura elevata, che si vede dall’autostrada e dal mare, ma che «sostiene» tre gestori (Wind, H3G e Vodafone), e sette tipologie di trasmissione.
«Questo vuol dire – sottolinea l'assessore Raffin - che se non fossimo riusciti a costringere i gestori ad adattarsi nello spazio di un'unica struttura, ora ci troveremmo a poca distanza tre o più strutture di sostegno».
I quattro gestori nazionali della telefonia e il gestore della Rete ferroviaria italiana, hanno presentato ciascuno, per quanto riguarda il territorio di Duino Aurisina, un proprio piano di sviluppo della rete, che permette di valutare cosa accadrà nel futuro sul territorio.
Il piano prevede infatti la realizzazione sul Carso di nuove strutture, dette «Aree di ricerca», poste lungo la dorsale del confine con la Slovenia, che consentiranno di ridurre il problema di sconfinamento del segnale sloveno che i possessori di telefonini «italiani» a chiamate internazionali.
Una nuova antenna è prevista anche nella baia di Sistiana, nella zona dei chioschi, perché l'attuale «microcella», spiega ancora l'assessore, risulta già ora insufficiente alle esigenze di comunicazione dei fruitori della spiaggia nella bella stagione. «Evidentemente – commenta la Raffin - l’abitudine leggere in spiaggia è stata soppiantata dal passatempo di inviare messaggini».
Altri due siti di ricerca dei gestori, infine, verranno posizionati lungo l’autostrada e consentiranno la continuità di comunicazione ai viaggiatori. Un’ulteriore «micro antenna» sarà posta. al servizio della ferrovia, al bivio di Aurisina, in un canalone dove non c’è «campo».
«L'obiettivo del piano – conclude l'assessore - è quello di razionalizzare la collocazione delle stazioni radiobase, al fine di minimizzare i campi elettromagnetici emessi dalle antenne ma anche dai telefonini che ciascuno di noi si porta in tasca. Perchè, se è vero che le antenne producono un campo elettromagnetico, anche i cellulari emettono un loro campo, che diventa tanto più basso quanto più la distribuzione di antenne è omogenea sul territorio, e permette in questo modo ai telefonini di non ”urlare” per raggiungere l’antenna ricevente».
Ora il piano passerà al vaglio della Regione, per la Valutazione di impatto ambientale, quindi andrà all’esame delle commissioni consiliari e dei consigli comunali, dove verrà adottato, pubblicato e alla fine approvato.
fr.c.

 

 
Nasce a Santa Barbara un parco naturale -  Sarà intitolato alla concordia e sorgerà a cavallo del confine
 
MUGGIA A breve, su un terreno a cavallo del confine a Santa Barbara, sulle alture di Muggia, nascerà il «Parco della concordia».
Un’iniziativa portata avanti dal Circolo Istria, e appoggiata dal Comune, per far nascere un luogo protetto dove accogliere specie animali e vegetali tipiche dell’Istria, e realizzare attività scientifiche e didattiche assieme ad enti universitari.
Per ora è solo un progetto. «Ma è certo che si farà. Ci sono già i contatti necessari. Mancano solo i dettagli pratici», assicura il sindaco Nesladek.
L’area prescelta è divisa quasi a metà dal confine italo-sloveno a Santa Barbara.
L’idea è di portarvi capre, buoi, api, altri animali e piante tipici dell’Istria, per realizzare un vero e proprio parco, chiuso e custodito da operatori universitari.
«Sarà un luogo di visita ma anche di lavoro, per realizzare una mappatura genetica e conservare, così, il patrimonio genetico locale, in collaborazione tra varie università italiane e slovene. Un modo per dare una testimonianza vivente della ritrovata unità territoriale, dopo la caduta dei confini», osserva il sindaco.
Dal punto di vista didattico il parco potrà diventare un luogo di studio anche per le scuole, italiane, slovene e croate, in un ambito pienamente transfrontaliero, come in effetti è oggi l’Istria.
La gestione sarà curata come detto da enti universitari; ci sarebbero già altre collaborazioni eccellenti.
«Il presidente delle comunità croate di Trieste – spiega il sindaco Nesladek - ha fatto richiesta al presidente della Regione istriana Ivan Jakovcic affinché ci doni una capra. Un gesto simbolico ma ricco di significati, per un buon inizio».
s.re.

 

 

Rifiuti, raccolta differenziata Trieste è indietro di anni

Dalle notizie sul sequestro dell'Inceneritore di Trieste di proprietà dell'Acegas-Aps SpA, ove il Comune di Trieste è azionista di maggioranza, e da altre fonti, come il Wwf, si evince che dagli inceneritori deriverebbero veleni, di cui la diossina sarebbe l'esempio più eclatante. Solo con l’applicazione delle norme europee emanate negli anni Novanta si è posto un freno alle abnormi emissioni in aria di sostanze pericolose per la salute. Non solo tali emissioni hanno gravemente compromesso l'ambiente circostante, ma sembrerebbe che anche le ceneri siano state smaltite in modo improprio.
L’attuale impianto di termovalorizzazione è entrato in funzione con le linee 1 e 2 nell'anno 1999 e con la terza linea nell'anno 2004. Le emissioni di ogni linea vengono monitorate di continuo (polveri, ossidi di azoto, acido cloridrico). Inoltre una volta al mese il gestore deve provvedere all'effettuazione delle analisi delle diossine e di altri microinquinanti organici. L’ente che ha fornito le autorizzazioni per l’attività dell'impianto e che verifica il rispetto delle norme vigenti è la Provincia. L’Arpa è l’organo tecnico che può effettuare delle verifiche sperimentali, ma ora è solo in grado di effettuare i campionamenti, le analisi delle diossine devono invece essere affidate ad altri enti. Quasi tutti i controlli effettuati in questi ultimi anni da Acegas-Aps SpA sulle diossine hanno dato esito positivo, nel senso che il valore medio di 0,03 mg/mc è stato sotto la soglia prevista dalla legge. I dati negativi rilevati dall’Arpa nei mesi di novembre e dicembre 2006 e nel gennaio 2007 non sono in linea con i dati del gestore, ciò potrebbe essere dovuto ad errori analitici ma più probabilmente perché i rifiuti bruciati contengono grosse quantità di cloruro di polivinile, meglio conosciuto come Pvc, al quale vengono principalmente imputati i consistenti sforamenti della soglia consentita - risolvibili con una maggior applicazione della raccolta differenziata in grado di filtrare il Pvc.
Per quanto riguarda i provvedimenti della magistratura, senza entrare nel merito giuridico, ci sembra che gli stessi non siano simili a quanto avviene per la Ferriera di Servola, in particolare negli impianti di agglomerato, ove la quantità di diossine emesse è ben più alta di quella per la quale l’inceneritore è stato chiuso. Per quel che riguarda infine l’appello fatto ai cittadini dell'assessore Rovis (vedi Il Piccolo del 16 febbraio), cioè di contenere la produzione di rifiuti, la riduzione di rifiuti è sicuramente positiva, ma ci chiediamo perché questa giunta non si sia mai minimamente impegnata ad aumentare la raccolta differenziata dei rifiuti, che langue da anni al 15%, laddove la media dell'Italia centrosettentrionale, arriva al 35%. Questo è il vero scandalo dell'intera vicenda e nel contempo non vi è stata alcuna riduzione delle tariffe di smaltimento dei rifiuti, anzi.
Sergio Pettirosso Slovenska skupnost - VII Circoscrizione - Luigi Franzil La Margherita - IV Circoscrizione - Igor P. Merkù Slovenska skupnost - IV Circoscrizione

 

 
Corridoio 5 e Val Rosandra
lIn merito all’articolo «Sotto la Val Rosandra il Corridoio 5», pubblicato domenica 25 febbraio dal suo giornale, si precisa quanto segue.
Il progetto di tracciato del Corridoio 5 che interesserebbe la Val Rosandra è ormai superato.
Questa ipotesi, puramente indicativa, era compresa in un allegato all’accordo italo-sloveno del febbraio 2001. Da questo documento ha preso spunto il dottor Sirovich, geologo dell’Istituto Nazionale di Oceonografia Sperimentale Ogs, per una propria elaborazione.
Successivamente, l’accordo è stato superato da nuove intese che non prevedono uno specifico tracciato, la cui individuazione sarà oggetto di uno studio di fattibilità (Cross 5 finanziato con fondi Interreg III) che prenderà in esame un ampio ventaglio di soluzioni.
Pertanto, allo stato attuale non esiste un preciso tracciato concordato nelle sedi istituzionali, ma solo quello ideato dal dottor Sirovich – da cui lo stralcio planimetrico che corredava l’articolo – che dopo aver illustrato la sua tesi ne ha dato pure una valutazione negativa.
Tutto questo è stato chiaramente spiegato dal rappresentante di Rete Ferroviaria Italiana, la società dell’infrastruttura del Gruppo Ferrovie dello Stato, presente al convegno.
Nulla di ciò riferisce la giornalista, forse disturbata dagli schiamazzi dei sedicenti No Tav che hanno contestato l’intervento pacato e chiarificatore.
Confermiamo la nostra piena disponibilità a fornire tutte le indicazioni necessarie ai cronisti che vorranno informare i lettori in maniera completa e corretta sull’argomento.
Tullio Tebaldi Ferrovie dello Stato Ufficio stampa regionale

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 3 marzo 2007

 

 
Wwf: «Rifiuti, nessuno si cura di aumentare la quota di raccolta differenziata» - Allarme degli ambientalisti
 
Nuovo allarme della Wwf sulla tutela ambientale e sulla situazione definita «inadeguata» della raccolta differenziata in città.
«Mentre nelle altre regioni e nelle province vicine si assiste a una spettacolare ascesa del riciclaggio delle materie prime contenute nei rifiuti solidi urbani, a Trieste gli enti preposti al servizio di raccolta e smaltimento non si preoccupano minimamente di cambiare questo stato di cose» ha dichiarato ieri Fabio Gemiti, chimico ed esperto del Wwf Trieste. «Mi riferisco in particolar modo all'AcegasAps, al Comune o alla Provincia» ha aggiunto.
Secondo il Wwf, questa situazione «preoccupante» dei rifiuti e della raccolta differenziata impone alcune misure «urgenti», come l'immediata applicazione del programma provinciale rifiuti - approvato già nel 2003 ma non messo in pratica adeguatamente - oppure la realizzazione di un nuovo regolamento di nettezza urbana e di una campagna d'informazione più strutturata per sensibilizzare la cittadinanza su questi argomenti.
«Proponiamo inoltre - ha affermato Gemiti - la trasformazione in tariffa della tassa sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani Tarsu». «La tassa rifiuti è al momento molto elevata a Trieste - ha spiegato l'esperto del Wwf -perché deve coprire non solo tutti i costi elevati di esercizio propri di un inceneritore ma anche quelli altrettanto pesanti derivanti dall'ammortamento dell'impianto stesso e dai relativi oneri finanziari».
In altre parole i triestini pagano a caro prezzo la possibilità di scaricare nei contenitori stradali «qualsiasi cosa». Gli smaltimenti indiscriminati non fanno poi altro che aumentare le tasse. Insomma, secondo il Wwf, «incenerire i rifiuti urbani senza aver provveduto ad un adeguato recupero delle materie prime costituisce non solo un insulto per l'ambiente soprattutto dal punto di vista energetico e della qualità dell'aria, ma anche un'autentica rapina al portafoglio dei cittadini».
Lo dimostrano anche i recenti rapporti dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), secondo i quali «i costi di incenerimento dei rifiuti solidi urbani risultano notevolmente superiori a quelli che si avrebbero con una raccolta differenziata spinta».
Al momento, l'andamento della raccolta differenziata in città si presenta stabile intorno al 15%, «molto lontano» quindi dagli obiettivi nazionali che si aggirano intorno al 35%. Per il Wwf questa è una situazione «assolutamente inadeguata», poichè secondo le norme comunitarie la raccolta differenziata è «la metodologia di smaltimento prioritaria rispetto ad altri trattamenti quali l'incenerimento e la discarica». «Non a caso - ha concluso Gemiti- il blocco di due delle tre linee dell'inceneritore da parte della magistratura ha messo a nudo l'anomala situazione della provincia, che smaltisce gran parte dei rifiuti urbani attraverso l'incenerimento».
Gabriela Preda

 

 
Tomatis: «Sotto Barcola veleni da 25 anni» Il municipio: bonifiche, decida la Regione
 
I dati sull’inquinamento del terrapieno riaprono il caso sulle sostanze tossiche depositate
I club nautici: «Cadmio e mercurio, nessuna sorpresa. Ma l’acqua non è contaminata»
Le tracce di cadmio e mercurio rilevate ora nei campioni estratti dal terrapieno di Barcola - assicura l’oncologo Renzo Tomatis - non rappresentano una novità, poiché la loro presenza era stata denunciata, assieme a quella della diossina, fin dal 1981 da Mario Biava, il medico del lavoro allora consigliere comunale indipendente eletto nelle liste del Pci. «Cadmio e mercurio appartengono a una categoria di metalli indubbiamente pericolosi», spiega Tomatis all’indomani della notizia della bocciatura, da parte dell’Arpa, dei dati sui carotaggi svolti dalla Multiproject per conto del Porto, con il conseguente slittamento del percorso di bonifica del sito.
«Il cadmio in particolare - prosegue l’oncologo - è un agente cangerogeno riconosciuto. Quantificare però i rischi effettivi nell’area, con i soli dati conosciuti, risulta molto difficile. Quel che è certo è che tali sostanze perdurano: la diossina ha una vita di qualche decina d’anni mentre i metalli restano e basta. Bisognerebbe andare ad approfondire, per questo, i pericoli derivanti da eventuali infiltrazioni nel terreno dirette verso il mare».
«Queste cose comunque - chiude Tomatis - erano emerse già 25 anni fa, ai tempi di Mario Biava, che ebbe il coraggio di sollevare una questione che oggi potremmo definire figlia di uno sbaglio originale, dettato dall’imprudenza dell’epoca». Chiaro il riferimento alle attività di scarico di ceneri provenienti dal vecchio inceneritore di monte San Pantaleone che interessarono il terrapieno soprattutto negli anni Settanta, associate al deposito indiscriminato di rifiuti tossici industriali, farmaci, additivi chimici e altro materiale inerte.
I CLUB «Non mi meraviglia - interviene l’ex presidente della Società velica Barcola e Grignano Fulvio Molinari, come portavoce dei sodalizi nautici di Barcola - che sotto ci possano essere anche tracce di cadmio e mercurio: lì, tanto per rendere l’idea, si scaricava di tutto, compresi lavandini e sanitari con i vecchi tubi di piombo».
Molinari, però, insiste sul fatto che «è impossibile, stando ai dati di cui siamo a conoscenza, che l’acqua della zona sia inquinata. Il centro del terrapieno è lontano venti metri dal mare. Lì il terreno è compatto, le infiltrazioni non finiscono in mare ma restano lì in mezzo».
«Quando ci riferiamo alle significative discordanze fra i dati dell’Autorità portuale e dell’Arpa - gli fa eco il presidente attuale della Svbg, Gastone Novelli - è bene ricordare che stiamo parlando di campioni estratti dal sottosuolo. Le analisi sui top-soil in superficie e quelle dell’aria, invece, hanno detto che non c’è inquinamento che possa danneggiare la salute».
IL COMUNE Dal Municipio, intanto, l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci fa sapere che «il Comune farà pervenire un documento all’Autorità portuale nel quale preciserà che non può essere rilasciata alcuna autorizzazione al piano di caratterizzazione basato sulle analisi della Multiproject». «L’Ap - sostiene Bucci - dovrà quindi presentare un altro progetto di bonifica, fondato stavolta sulle misurazioni dell’Arpa. La nuova richiesta, ad ogni modo, dovrà essere inoltrata alla Regione, visto che nel frattempo la legge 152/2006 ha tolto ai comuni la potestà di rilascio delle autorizzazioni sui piani di caratterizzazione dei siti inquinati».
REGIONE E AP Mentre una replica del vicepresidente della giunta Illy Gianfranco Moretton, come assessore regionale all’ambiente, è attesa per oggi, l’Authority si affida a un comunicato stampa nel quale si può leggere, fra le righe, la conferma di quanto già espresso dal presidente Claudio Boniciolli, che non intende accollare alle sole casse dell’Ap l’onere economico - presumibilmente altissimo ma non ancora quantificato - delle future bonifiche del terrapieno.
«L’Autorità portuale di Trieste - recita infatti la nota scritta - ha intrapreso l’attività di caratterizzazione e bonifica a tutela del bene demaniale dalla stessa amministrato, ma non ha avuto alcuna parte nella realizzazione del terrapieno. La verifica delle modalità di realizzazione del riempimento è l’oggetto dell’indagine in corso da parte della magistratura».
pi.ra.

 

 
Ferrara: laboratorio anti-diossine - L’ex assessore all’Ambiente chiede controlli senza preavviso
 
Istituire un laboratorio di analisi delle diossine in Friuli Venezia Giulia e, nel frattempo, incaricare l’Arpa ad effettuare senza alcun preavviso saltuari controlli. A chiederlo è il capogruppo in Consiglio comunale Maurizio Ferrara (Lista Dipiazza), già assessore all’Ambiente nella precedente giunta di centrodestra, che sull’argomento ha depositato in municipio una mozione urgente.
Ricordando la particolare e delicata situazione ambientale, che riguarda alcune zone del territorio, il consigliere comunale si sofferma su tre problematiche: l’inceneritore di via Errera, lo stabilimento siderurgico della Ferriera di Servola e il terrapieno di Barcola.
Situazione riassunte in una mozione urgente indirizzata al sindaco Roberto Dipiazza e alla giunta chiedendo un impegno «ad interessare immediatamente» la Regione, la Provincia, la Camera di commercio, l’Ente zona industriale, la Fondazione CRTrieste e l’Università di Trieste.
Una serie di enti e istituzioni chiamate «a trattare la possibilità di portare sul territorio comunale strumenti adeguati per analizzare scientificamente - scrive Ferrara - e gestire con prontezza la contaminazione da diossine nelle immissioni industriali e nei siti da bonificare».
Secondo il capogruppo della Lista Dipiazza serve un laboratorio di analisi delle diossine. Uno strumento attualmente non presente in Friuli Venezia Giulia che, considerati gli sforamenti registrati negli ultimi anni, per Ferrara diventa invece indispensabile. Nell’attesa del laboratorio di analisi, l’esponente della maggioranza chiede al sindaco Dipiazza, a tutela della salute dei cittadini, «di intervenire immediatamente presso la Provincia affinché l’Arpa venga incaricata ad effetturae, senza alcun preavviso, saltuari controlli nelle aziende interessate, preferibilmente in collaborazione con l’Università di Trieste».

 

 

Bus, intervista a 1600 triestini - Sondaggio della Trieste Trasporti per conoscere i giudizi sul servizio

 

Milleseicento triestini verranno contattati nelle prossime settimane per esprimere le proprie valutazioni sul trasporto pubblico locale. Ad annunciare l’iniziativa è la stessa Trieste Trasporti.
In una nota l’azienda di trasporti informa che dal 6 marzo (e per una settimana circa) una società esterna specializzata effettuerà un’indagine telefonica di customer satisfaction (soddisfazione del cliente), commissionata per monitorare l’opinione che i triestini hanno riguardo a diversi aspetti relativi al servizio di trasporto pubblico locale.
Verranno realizzate appunto 1.600 interviste telefoniche, distribuite su tutto il territorio provinciale.
A tutte le persone coinvolte in una nota la Trieste Trasporti rivolge anticipatamente «un sentito ringraziamento per la collaborazione e la pazienza che vorranno dimostrare nel fornire dei dati veramente importanti per il prossimo futuro».
Per qualsiasi ulteriore informazione o chiarimento è comunque possibile rivolgersi all’Ufficio relazioni con il pubblico della società in via dei Lavoratori n° 2, oppure chiamare il numero verde 800-016675 (attivo dal lunedì al giovedì 8.30-13.00 e 14.00-15.30, venerdì dalle 8.30 alle 13.00).

 

 
MUGGIA Primo passo verso il recupero del terrapieno inquinato  - Acquario, affidato all’Università il piano di bonifica a terra e in mare
 
Il Comune di Muggia ha dato incarico all’Università di Trieste di elaborare uno studio di fattibilità per la messa in sicurezza e la bonifica di Acquario, con il quale poi chiedere specifici fondi in Regione. Un passo annunciato già un paio di mesi fa, ma che ora trova conferma in una delibera della giunta comunale del 21 febbraio scorso. In occasione della seduta della giunta regionale a Muggia in gennaio e ancora prima, all’annuncio dell’esito del processo sui responsabili dell’inquinamento del terrapieno (e quindi il relativo dissequestro dell’area), il sindaco Nesladek aveva accennato alla possibilità di collaborare con l’ateneo triestino per trovare una via d’uscita e restituire il terrapieno alla cittadinanza. Mentre su chi avrebbe dovuto farsi carico della bonifica, ben pochi sono i dubbi rimasti: se non lo fa il privato, lo deve fare l’ente pubblico.
Difficile stabilire una spesa. Si parlava di almeno 5 milioni di euro, ma pare che tale cifra sia già stata ridimensionata. Al rialzo. Ed esistono specifici fondi (complessivamente però non molti) che la Regione stanzia per tali interventi, in base ad un decreto del presidente regionale dell’ottobre 2005. Proprio a questi fondi il Comune vuole attingere, previa redazione di un piano operativo di intervento. Il governatore Illy, nella sua visita a Muggia, aveva assicurato il suo appoggio in questo iter. Il bando per accedervi scade a marzo, per cui la richiesta sarà fatta forse già per il 2008. Ad essere incaricato dello studio e del piano di intervento è il Cigra, il Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale, che ha sede presso il Dipartimento di biologia dell’Università triestina, coordinato da Paolo Bevilacqua, con la quale erano stati avviati dei primi contatti informali già nell’ottobre scorso. «È uno studio preliminare con tecniche molto complesse di messa in sicurezza e bonifica dell’area – spiega il sindaco Nesladek -. Interventi non solo a terra, ma anche sul fondale immediatamente prospiciente il terrapieno. Saranno necessari ulteriori supplementi di indagine». È previsto l’uso di tecniche innovative, quali i fitorimedi (usare piante per assorbire gli inquinanti) e varie altre azioni sul fondale per ripristinare le condizioni ambientali originarie. E già un paio di mesi fa, nell’illustrare le linee del «Piano per Muggia» (una serie di obiettivi di sviluppo che si è posta l’amministrazione comunale) il sindaco, in merito alla bonifica di Acquario, aveva detto: «È probabile che si opererà in modo puntuale, a seconda dell’inquinamento, che non è omogeneo. Forse in collaborazione con imprenditori privati». E com’è ora il rapporto con la proprietà del terrapieno? «Non c’è nessun rapporto – dice Nesladek -. Ci risulta, tra l’altro, che non abbia più nemmeno la concessione su quell’area. La cosa è da chiarire. Comunque ora siamo solo in fase di studio, non si tratta di interventi sul posto, per cui la soluzione di questi dubbi è rimandata».
s.re.

 

 

L’Enel sale al 22% di Endesa. Madrid: legge rispettata

 

 Il premier Prodi: «Spero che non ci siano ostacoli pubblici alla formazione di un vero mercato unico europeo»

ROMA Enel continua a crescere in Endesa fino al 22% del capitale mentre da Madrid il ministro dell’Economia, Pedro Solbes sottolinea che l’operazione è stata fatta nel rispetto della legge. Ieri, infatti, il gruppo italiano ha prenotato un ulteriore quota dello 0,43% attraverso Mediobanca che si aggiunge al 4,58% già in mano a Piazzetta Cuccia e al 7% di Ubs, più il 9,9% posseduto direttamente da Enel, per un esborso complessivo di circa 9 miliardi.
L’Enel continua così la sua corsa verso il 24,9% del capitale, come annunciato, mentre da Madrid arriva il sostegno prudente del governo: la legge spagnola consente di acquisire fino al 24,9% del capitale di una società senza essere obbligati a lanciare un’opa. Per questo, ha spiegato il ministro Pedro Solbes l’ingresso di Enel in Endesa con l’acquisto di titoli in Borsa è stato fatto nel rispetto delle legge. Solbes ha inoltre annunciato l’intenzione del governo di Madrid a innalzare la soglia per far scattare un’opa: «Questa è la legge che abbiamo e la modificheremo per aumentare il tetto al 30%».
La società resta comunque in attesa delle necessarie autorizzazioni previste dalla normativa spagnola. E a tal proposito Solbes ha sottolineato che la Commissione nazionale dell’energia si atterrà alla legge nelle proprie valutazioni. La Cne deve autorizzare Enel a salire oltre la soglia del 10% del capitale e a esercitare i diritti di voto in Endesa perchè operatore principale e perchè Enel è già proprietaria di Enel Viesgo, che potrebbe essere tra le prime 5 aziende energetiche spagnole.
Inoltre è lo stesso governo a dover dare a Enel il via libera a esercitare i diritti di voto in Endesa oltre il 3%, limite posto per società energetiche in cui entrano società con capitale pubblico. Madrid ha già concesso a Enel tale autorizzazione per Viesgo e per Eufer. E le parole di Solbes lasciano presagire che anche in questo caso Enel otterrà l’autorizzazione richiesta.
Della questione la politica tornerà a parlare certamente lunedì prossimo in occasione della visita del ministro dell’Economia, Tommmaso Padoa-Schioppa che sarà a Madrid per incontrare l’omologo Pedro Solbes e i rappresentanti delle imprese spagnole.
«Spero e spingo affinchè si abbiano sempre meno ostacoli pubblici alla formazione di un vero mercato europeo»: così Romano Prodi rispondendo a una domanda sul caso Enel-Endesa. Il premier ha poi aggiunto: «Per fare questo in modo completo, ci vorrebbe più forza da parte delle istituzioni europee, e qui siamo alla contraddizione. Non si vuole che ci sia una politica economica europea e poi ci si lamenta quando i singoli Paesi interferiscono su problemi di questo tipo».
Intanto le Borse europee chiudono la peggiore settimana dal marzo 2003, in un mercato in lieve ribasso per i timori di un rallentamento della crescita statunitense e per la nuova stretta al credito decisa in Cina.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 2 marzo 2007

 

 

Barcola, terrapieno inquinato: l’Arpa boccia i dati del Porto la bonifica slitta di altri mesi

 

Riscontrate per la prima volta anche tracce di cadmio e mercurio. Il terreno sequestrato nel novembre 2005Si dilatano ulteriormente i tempi di un’eventuale bonifica del terrapieno di Barcola, posto sotto sequestro giudiziario fin dal 30 novembre 2005 a causa della presenza di ceneri alla diossina. Per arrivare ad avere un quadro preciso del tasso di inquinamento e della quantità di elementi presenti nel sottosuolo serviranno ancora settimane, forse mesi. Pochi giorni fa infatti l’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente cui spetta il controllo e l’ok definitivo sulla situazione, ha definito «non validabili le analisi svolte nell’ambito della caratterizzazione del sito». In altre parole: i risultati dell’Arpa differiscono in maniera significativa da quelli ai quali è pervenuta la ditta Multiproject di Gorizia, incaricata dell’operazione dall’Autorità portuale durante la gesione Monassi.
Serviranno altri accertamenti. Solo dopo che un risultato univoco sarà stato raggiunto, si potrà definire con esattezza la situazione e di conseguenza delineare un percorso che giunga alla bonifica del sito. Va detto che la situazione del suolo di superficie è invece stata chiarita da tempo: l’Arpa ha validato le analisi condotte dalla Multiproject, che hanno confermato la presenza di diossina sul terrapieno e, in alcuni punti, sforamenti dei limiti fissati per le zone residenziali anche su idrocarburi, stagno, piombo e zinco.
Quanto al sottosuolo, invece, «permane una situazione di incertezza», commenta il responsabile provinciale dell’Arpa Stelio Vatta. I campioni cui le analisi si riferiscono sono quelli prelevati dal sottosuolo durante i carotaggi eseguiti dalla Multiproject nei mesi scorsi: carotaggi che fin d’ora l’Arpa definisce «validabili» in quanto «correttamente eseguiti». La nota che l’Agenzia per l’ambiente ha inviato la scorsa settimana a Regione, Comune, Provincia e Azienda sanitaria però parla chiaro. Già una prima comparazione condotta tra marzo e aprile del 2006 su 31 campioni dava risultati di «evidente discordanza» nel 78% dei casi. Di qui la decisione, presa concordemente da Arpa e Multiproject, di ripetere «in contraddittorio» delle analisi su parti di sette campioni. Malgrado «fisiologiche difformità» stavolta invece i risultati hanno prodotto «un sostanziale allineamento». L’Agenzia segnala in particolare che mentre nelle prime analisi «i risultati di Arpa superavano i limiti tabellari» previsti dalla legge «e quelli di Multiproject risultavano ampiamente nei limiti, nella verifica in contraddittorio entrambe le aliquote dei campioni terzi analizzate dai due laboratori superavano» i limiti previsti.
Dagli ulteriori esami condotti tra ottobre e gennaio scorsi sono risultati «validabili» il 16% dei campioni, scrive l’Arpa. L’Agenzia però in questo caso non precisa se i valori siano diversi in positivo o in negativo, ma riferisce che le differenze «più significative» hanno riguardato parametri come idrocarburi policiclici aromatici, arsenico, piombo, rame e zinco «con differenze mediamente molto elevate». È poi emersa la presenza di metalli come cadmio e mercurio «mai rilevati» da Multiproject.
Vatta precisa che esiste comunque un margine di oscillazione dei valori: «Noi stessi analizzando una parte del campione non abbiamo riscontrato gli stessi numeri della parte che avevamo esaminato in precedenza», dice: e la causa potrebbe essere ricercata nella «non perfetta omogeneità» dei campioni, composti di materiale di discarica e di riporto che a Barcola si è stratificato negli anni. Discrepanze di rilievo «talvolta capitano», dice Vatta.
Mentre dalla Multiproject il responsabile Franco Varisco non commenta riservandosi di esaminare meglio la situazione, l’Authority precisa che «non vi sono pericoli per le persone» che frequentano il sito, dove hanno sede alcuni club nautici. Le analisi infatti si riferiscono tutte al sottosuolo, e quanto alla superficie invece «i monitoraggi effettuati sull’aria in varie condizioni, e validati dall’Arpa, hanno dato esito negativo», precisa il responsabile del Servizio sicurezza e ambiente dell’Authority Fabio Rizzi annunciando poi (vedi articolo a lato) ulteriori opere di messa in sicurezza.
Resta comunque la necessità di integrare e correggere il piano di caratterizzazione del sito, cioè la «mappatura» dell’inquinamento del sito che deve precedere il piano vero e proprio di bonifica. Sarà la conferenza dei servizi partecipata dai vari enti coinvolti a decidere il da farsi. «Da parte nostra c’è la massima attenzione, la prima cosa da fare è confrontarsi con l’Arpa», dice l’assessore comunale all’ambiente Maurizio Bucci. Il consiglio comunale, aggiunge, non ha mai approvato il piano di caratterizzazione proprio in attesa del riscontro sui dati: ora l’intero incartamento passerà alla Regione, aggiunge Bucci, alla quale nel frattempo una legge ha demandato la competenza in merito.

Paola Bolis

 
Tra poche settimane un nuovo intervento di messa in sicurezza - Da definire con i club nautici
Partirà nel giro di qualche settimana un ulteriore intervento di messa in sicurezza del sito inquinato del terrapieno di Barcola da parte dell’Autorità portuale. Già in passato era stata effettuata l’asfaltatura di alcuni tratti e la copertura di altri con del materiale inerte. Entro alcuni giorni verranno concordate ora con le società nautiche le modalità di asfaltatura di tutte le zone a verde o in terra battuta dell’area.
Quanto alla caratterizzazione e alla bonifica, oltre al nodo del sottosuolo c’è anche quello delle analisi effettuate a mare, per le quali le procedure di validazione devono appena iniziare. L’Autorità portuale resta inoltre in attesa di capire se il ministero dell’Ambiente dirà sì alla richiesta, avanzata già tempo fa, di vedere inserita la zona nel sito inquinato di interesse nazionale che dal canale navigabile si estende fino a Muggia. In ogni modo, il futuro del terrapieno è segnato: i costi altissimi di una bonifica hanno già indotto il presidente della Camera di commercio Antonio Paoletti a desistere dal progetto di realizzarvi un Parco del mare, e a oggi non ci sono investitori interessati all’area per la quale si potrebbe sperare in un recupero paesaggistico, comunque lungo e costoso, ma ben più difficilmente in un riuso funzionale. E naturalmente andrà raggiunto un accordo sull’onere economico: la legge dice che a pagare dovrebbe essere chi ha inquinato, ma stabilire ordini di responsabilità non sarà facile. E l’Ap con il presidente Claudio Boniciolli ha già messo in chiaro di non potersi accollare essa sola un esborso rilevante come quello di una bonifica.
L’area del terrapieno è stata posta sotto sequestro giudiziario il 30 novembre 2005 nell’ambito di un’indagine innescata da un esposto degli Amici della Terra. Dei 500 mila metri cubi di materiale di riporto con cui è stato costruito il terrapieno, 30-35 mila sono costituiti da ceneri che provengono soprattutto dal vecchio inceneritore di monte San Pantaleone, da cui può fuoriuscire diossina. E sotto le tonnellate di rifiuti, secondo alcuni tecnici, vi sarebbero anche le macerie dei danni provocati dai bombardamenti angloamericani sulla città nel 1944-45. Ancora, nel terrapieno è confluito il materiale scavato dal 1959 per realizzare la galleria ferroviaria di circonvallazione.

 

 

Inceneritore, Gorizia disponibile per 3 mesi  - Ma l’accordo prevede che non si superino le 120-140 tonnellate al giorno

 

Vertice tecnico tra la Provincia di Trieste, quella isontina e i rappresentanti di AcegasAps e Iris

La discarica cormonese di Pecol dei Lupi, in caso di imprevisti legati al dissequestro condizionato dell’inceneritore di via Errera, apre le porte per altri tre mesi ai rifiuti triestini. A patto che dall’area giuliana continuino ad arrivare non più di 120-140 tonnellate al giorno, che sommate alle 80-100 tonnellate provenienti dal comprensorio goriziano rappresentano la quantità massima smaltibile, nell’arco di 24 ore, dall’impianto gestito dalla multiutility isontina Iris.
Sul rischio di un’eventuale accumulo incontrollato di immondizie in città, dunque, la vicina Gorizia toglie dai guai, o quasi, Trieste. L’accordo è stato raggiunto ieri nell’atteso vertice tecnico convocato nel capoluogo isontino dal presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Gherghetta, fra i rappresentanti degli enti provinciali di Trieste e Gorizia e quelli delle due multiservizi di riferimento, AcegasAps e Iris: il protocollo prevede la possibilità di trasferire a Pecol dei Lupi altre 10mila tonnellate di rifiuti prodotti nell’area giuliana, in aggiunta alle 9mila teoriche del precedente accordo che andava comunque rinnovato entro il 5 marzo.
La proroga, decisamente abbondante, si accompgana a questo punto alla ragionevole speranza che in un simile lasso di tempo le linee 2 e 3 del termovalorizzatore gestito dall’AcegasAps - ferme ufficialmente fino al 12 marzo nell’ambito dell’inchiesta del pm Maddalena Chergia sul superamento delle concentrazioni di diossina - avranno ricominciato a bruciare immondizie, se non ancora in via definitiva, quantomeno sotto l’occhio dei periti chiamati a monitorare i parametri delle emissioni.
A titolo ulteriormente precauzionale - come spiega l’assessore all’ambiente di Palazzo Galatti, Ondina Barduzzi - sempre ieri la Provincia ha inoltrato alla Regione un documento in cui si richiede l’eventuale attivazione delle procedure d’urgenza per il trasferimento di altre 160 tonnellate di rifiuti al giorno verso discariche alternative «qualora - precisa la stessa Barduzzi - la linea 1 del’inceneritore, oggi l’unica in funzione, dovesse fermarsi per un qualsiasi guasto o un’emergenza manutentiva».
Chiusa con ogni probabilità la partita contro la possibile saturazione d’immondizie, resta ora di massima attualità la corsa contro il tempo imboccata dal sindaco Roberto Dipiazza per riavviare quanto prima le linee 2 e 3, limitando il più possibile un’emorragia economica - conseguente allo stop venuto dall’inchiesta del pm Chergia - che il 12 marzo avrà raggiunto i due milioni di euro. Mercoledì pomeriggio, subito dopo l’incontro riservato a Palazzo di giustizia con il procuratore capo di Trieste Nicola Maria Pace, Dipiazza si è reso protagonista di un «blitz» all’interno del termovalorizzatore di via Errera: qui, accompagnato dal responsabile della divisione ambiente dell’AcegasAps, Paolo Dal Maso, ha visitato gli impianti e ha invitato tutto il personale della multiutility a fare la propria parte: una scossa, di fatto, rivolta sia a chi deve occuparsi di mettere a disposizione dei periti i documenti sul funzionamento delle linee 2 e 3, sia a chi è deputato alla manutenzione delle parti interne. «Questo perché - parola di sindaco - i periti stanno per arrivare e anche l’occhio vuole la sua parte. È l’occasione giusta, nella negatività della situazione, per anticipare quelle operazioni di pulizia periodica delle macchine che impongono comunque 60-70 giorni di stop all’anno per ogni singola linea, anche in condizioni normali».
Quanto alla fretta di trovare e ordinare gli incartamenti destinati ai periti Dipiazza, riferendosi evidentemente al colloquio di mercoledì con Pace, è perentorio: «Siamo stati sollecitati ad essere efficienti nel produrre la documentazione. Se riusciamo ad essere tempestivi in questa circostanza, sono moderatamente ottimista sul fatto che anche il lavoro dei periti possa essere più celere. Ho raccomandato a tutti di lavorare con grande applicazione: un giorno di ritardo costa 80mila euro, due giorni fanno 160mila e così via. Chi ci rimette, alla fine, è la pubblica amministrazione e di conseguenza il cittadino. Una volta riattivato l’impianto, i periti potranno restare a fare le loro analisi anche per sei mesi, saranno i benvenuti, anche perché sono sicuro che l’inceneritore risulterà in piena regola».

 

 
Lupieri (Dl): «Urbanistica, manca un piano per la città» - Opposizione critica
 
«Non esiste un progetto urbanistico integrato, né un piano del traffico né quello dei parcheggi. L’unico edificio il cui futuro è certo è la Pescheria, mega salone per cene di gala da novemila euro a giornata, esclusi allestimento e pulizie. Era davvero giunto il momento di capirci qualcosa sui progetti per questa città di questa maggioranza». Così Sergio Lupieri, capogruppo in Comune e consigliere regionale della Margherita, commenta la richiesta, «peraltro corretta», di An di convocare in seduta straordinaria il consiglio comunale sul tema del futuro urbanistico nell'area-chiave delle Rive.
«Sono quattro i temi di cui si doveva già far carico questa giunta nei cinque anni precedenti: piano traffico, piano parcheggi, revisione del piano regolatore e il progetto completo sul riuso di Cittavecchia. Qualcuno ne sa qualcosa?», si chiede il diellino. Ma «finalmente - aggiunge - il centrodestra si è allineato a quanto diciamo da tempo: senza una cabina di regia unica che decida il futuro urbanistico della città è assolutamente inutile, oltre che non saggio, proseguire come fa questa giunta con esperimenti e interventi spot». «Nulla da ridire», dice Lupieri, sulla richiesta presenza in aula dei vertici di Fondazione CRTrieste, Fiera e Autorità portuale: ma il consigliere ricorda che «esiste uno strumento, come l'Agenda 21, che dalla giunta Dipiazza non è stato mai utilizzato. Eppure se di futuro, urbanistico e non solo, si vuol discutere, tutte le categorie interessate vanno ascoltate. Ancor più tenendo conto dei possibili nuovi scenari: l'eventuale spostamento dei punti franchi fa meditare su viabilità, nuovi servizi, traffico». Secondo Lupieri comunque già l’avere «preso coscienza» della necessità di non procedere «a patchwork» è «un risultato». Perché - chiude - «quello che vorremmo evitare è il ripetersi del "modello Dipiazza": intanto si butta giù, poi si vedrà».

 

 

Via Verga e Berchet in lotta per il verde - Lunedì alle 18.30 prevista la manifestazione sotto il Municipio

 

SAN GIOVANNI Gli abitanti preoccupati per le alienazioni comunali e le possibili nuove edificazioni

Pronti a insorgere contro il Comune per evitare quelle che considerano autentiche invasioni del loro spazio vitale. I residenti delle vie Berchet e Verga, nel rione di San Giovanni, sono molto preoccupati per le recenti notizie in base alle quali il Comune, proprietario di due aree verdi - le poche che fungono da polmone nella zona - sarebbe sul punto di venderle a costruttori. Al posto degli alberi dovrebbero dunque sorgere due condomini, con conseguente sovraccarico di automobili nelle strette vie che caratterizzano l’area. «Lunedì – annunciano in blocco – ci ritroveremo tutti davanti al Municipio, in piazza dell’Unità, alle 18.30, ora d’inizio del consiglio comunale, per evidenziare la nostra protesta e per presentare al sindaco Dipiazza una petizione che abbiamo sottoscritto tutti assieme».
Il problema degli spazi, nelle vie Berchet e Verga, è antico quanto la loro stessa realizzazione. Si tratta di stradine strette, attorniate da casette e ville d’un tempo, costruite in base ai criteri di un secolo fa, quando la gente andava a piedi o in carrozza, nei casi dei più fortunati. Nei decenni, alle case d’epoca si sono affiancati moderni ed enormi condomini, che hanno rubato tutti i metri quadrati a disposizione. Assieme alla gente, sono arrivate automobili in numero crescente.
«Alla sera, nel piazzale situato a metà della via Verga – spiega Cristiana Puglisi, che abita in zona da un quarto di secolo – non ci si muove più. Tutti i residenti cercano di sfruttare ogni angolino, pur di parcheggiare la propria automobile. Non voglio pensare a cosa potrebbe accadere, se dovesse intervenire un mezzo d’emergenza o quelli delle forze dell’ordine. Come se non bastasse – aggiunge – va denunciato il fatto che, soprattutto nel fine settimana, c’è gente che va a fare la spesa nel vicino centro commerciale ”Il Giulia” e parcheggia proprio qui in via Verga. È accaduto più di qualche volta di trovare al mattino i carrelli per la spesa, che vengono poi recuperati dagli addetti. La situazione è insostenibile e se a questo sovrapponiamo altri condomini, con nuovi residenti e automobili, credo andremmo alla paralisi».
Riccardo Zoccoli ha buoni motivi per essere preoccupato per l’intervento del Comune: «Pochi giorni fa – racconta – sono venuti qui gli addetti comunali che si occupano del verde pubblico per tagliare un albero oramai secco. Quando sono arrivati hanno iniziato a operare attorno a un altro albero, del tutto sano – spiega – ma, nonostante le nostre rimostranze, hanno proceduto ugualmente. Il risultato è che l’albero secco è ancora al suo posto e quello vicino, che godeva di ottima salute, non c’è più. È naturale che non ci si possa fidare tanto dell’amministrazione e comunque mi sembra che aggiungere un altro condominio in questa zona sarebbe grave. Già immagino – dice – un cantiere con camion che vanno e vengono, costretti ad attraversare una strada stretta come la via Verga, dove già adesso, se si incrociano due automobili, si fa fatica a passare».
Claudio Iellenz accentua i toni: «Queste zone verdi sono le ultime rimaste in mezzo alla selva di case – sostiene – e siamo assolutamente contrari alla loro sparizione. Nessuno ci ha consultato, abbiamo semplicemente saputo che l’amministrazione comunale, proprietaria delle due aree con alberi e vegetazione, avrebbe deciso di alienarle. Faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità, naturalmente nell’ambito del lecito, per evitare quella che consideriamo un’autentica iattura».
Francesco Seccia ha già vissuto un’amara esperienza con il Comune: «Mi hanno espropriato un terreno e non posso essere contento di ciò che è accaduto. Adesso vogliono togliere ulteriore verde a queste due vie, sovraccariche di automobili. Sarà un caos totale quando avremo altri residenti e altre vetture in circolazione e parcheggiate».
Preoccupata anche Nives Stanissa: «Già adesso se si incrociano due vetture è difficile transitare. L’inizio della via Verga è strettissimo e a malapena ci passa un’automobile. Quando ci saranno altre decine di persone, con relative vetture, che oramai sono più d’una per famiglia – prosegue – il caos non potrà che aumentare».
Franco Bullo risiede in via Berchet: «Le due situazioni sono simili, entrambe complicate e di difficile gestione. La costruzione di due altri condomini non farebbe altro che accentuare le difficoltà e i problemi». Giuliano Savoia si è dato da fare per organizzare la raccolta di firme dei residenti di via Berchet: «Finora siamo riusciti, in virtù di un tacito accordo fra residenti, a regolamentare il traffico. Ma se il numero di automobili dovesse aumentare, non so proprio cosa potrebbe accadere». A manifestare grande preoccupazione è anche Annamaria Ostrouska: «Spesso penso che, se dovessi aver bisogno di un’ambulanza, sarebbe necessario suonare alle porte dei vicini, per far spostare le automobili in sosta e permettere ai sanitari di passare».
Ugo Salvini

 

 

Accordo tra Comuni del Carso italiani e sloveni: territorio da conservare e turismo «di nicchia»

 

SGONICO Firmata la lettera d’intenti per il partenariato transfrontaliero tra dodici municipi

Firmata ieri a Sgonico la lettera d'intenti per la costituzione di un partenariato tranfrontaliero di sviluppo tra i dodici comuni, sette italiani e cinque sloveni, aderenti al progetto Interreg IIIA, denominato «Distretto del Carso». Il progetto, intrapreso nel 2000 e prossimo alla scadenza, viene così rinnovato dai comuni di Trieste, Duino Aurisina, San Dorligo della Valle, Monrupino, Doberdò, Savogna d'Isonzo, Miren-Kostanjevica, Divaca, Sezana e Kozina si sono recentemente aggiunti anche Muggia, Monfalcone e la Provincia di Gorizia.
Il documento d'intenti, firmato durante la seconda riunione congiunta dei sindaci e degli enti partecipanti al Distretto del Carso, ha portato alla stesura dei punti cardine attorno ai quali si articoleranno le proposte di finanziamento nel quinquennio 2007 - 2013, per il quale sono previsti fondi dalla Comunità Europea.
Tra i principi fondamentali alla base del progetto vi sono quelli di una idea di sviluppo armonica e continuativa, capace di mettere in sinergia tutte le realtà presenti sul Carso, inteso come area unica e definita. Vi è poi l'impegno a rispettare e difendere la tutela del paesaggio, la promozione del territorio in chiave turistica, «purchè si tratti di un turismo mirato, di nicchia, per gli amanti della natura» ha spiegato Sara Bensi, curatrice delle iniziative messe a punto durante il periodo 2000 - 2006 dai comuni della parte italiana.
Le conclusioni a cui sono giunti i tecnici e gli specialisti intervenuti nella prima iniziativa Interreg sono giunti a tre conclusioni per quanto riguarda lo sviluppo territoriale del Carso. In primo luogo bisogna provvedere con opportuni interventi alla conservazione del territorio, in secondo luogo al superamento delle difficoltà amministrative legate alla mancanza di strutture buracratiche adeguate e alla mancanza di un organismo di cooperazione tra le diverse realtà coinvolte.
Terzo ed ultimo punto la salvaguardia del paesaggio, troppo spesso cosiderata un luogo comune e sempre più carta da giocare sullo scacchiere del mercato turistico regionale ed interregionale.
Di non secondaria importanza poi la richiesta dell'elaborazione di un vero e proprio marchio del Carso, che regali riconoscibilità alle iniziative coordinate e all'offerta turistica e culturale tradizionale.
Il curatore della parte slovena del progetto, Urosh Slamich ha rilevato come «sia centrale realizzare una connessione regionale per poter attingere ai fondi europei». La ricetta del successo secondo Slamich, consiste nel «partire dalla qualificazione della campagna carsica, avvalendosi di una forte colaborazione transfrontaliera» poiché secondo Slamich vi è in corso un vasto fenomeno di desertificazione delle campagne che invece vanno valorizzate con sopralluoghi e progetti ad hoc. «Il Carso - ha concluso Slamich - è un punto piccolo sulla carta europea e se vogliamo crescere, dobbiamo cercare in tutti i modi di collegarci alle altre realtà sia transnazionali che transfrontaliere».
D'accordo su questo concetto anche il vicepresidente della Provincia di Gorizia, Marko Marincic, che ha annotato come già da alcuni anni la sua amministrazione abbia avviato progetti di collaborazione tranfrontaliera con le regioni della Primorska. «Con Eurego ad esempio - ha aggiunto Marincic - ha coinvolto tredici comuni della Slovenia e ci ha fatto capire che, per progetti di una certa entità economica, come per esempio la progettualità turistica della nostra regione, sarebbe il caso di coinvolgere aree più ampie, quelle della costa come Lignano ad esempio o dell'entroterra come Cervignano perché il tutto deve ricadere in una logica d'insieme».
Claudia Burgarella

 

 

Banne, il bosco rivive grazie ai volontari della Comunella - Prosegue la pulizia delle aree verdi

 

Il bosco è un organismo vivo, che per crescere e mantenersi ha bisogno di essere curato e guidato. In questa direzione va visto il lavoro che da qualche tempo alcuni volontari della Comunella di Banne stanno conducendo in alcuni boschi che circondano la raccolta e appartata frazione carsolina. Sotto l’egida e l’attento controllo del locale Ispettorato dipartimentale foreste, sei volontari dell’antica organizzazione rurale del borgo stanno operando una serie di interventi manutentivi nelle boscaglie vicine al paese. «Stiamo ripercorrendo le orme dei nostri nonni – spiega Guglielmo Husu, responsabile della Comunella di Banne – occupandoci della pulizia e del diradamento di alcuni spazi verdi che, da almeno una trentina d’anni, non erano stati manutesi. Un lavoro necessario al bosco a diversi livelli che richiede esperienza e conoscenza del territorio, e che nel passato veniva effettuato con regolarità dai nostri predessori. E’ importante sottolineare come i nostri interventi vengano sempre condotti sotto l’occhio vigile degli amici Forestali, che verificano sempre la congruità dei tagli». In questo periodo i volontari della Comunella si sono cimentati nella pulizia e nel riassetto del sentiero vicino al vecchio stagno di Banne (Stari Kal), uno specchio d’acqua recuperato qualche anno fa, antico punto di riferimento per la popolazione del luogo. Altri lavori hanno riguardato altri percorsi esistenti nei boschi verso Trebiciano e Fernetti. «La pulizia dei sentieri è un’operazione della massima importanza – dice Husu. Non si tratta solo del taglio degli alberi invadenti e degli arbusti eccessivi, né tanto meno la rimozione e l’asporto dei tanti rifiuti che la gente abbandona con noncuranza. Un sentiero pulito e sgombro facilita l’intervento dei mezzi di soccorso in caso di incendi o di calamità». Sempre in chiave antiincendio, gli addetti la comunella effettuano il diradamento del bosco, provvedendo al taglio delle piante malate e in difficoltà, indirizzando gli alberi più forti e sani verso l’alto fusto. Con più spazi a disposizione e maggiore illuminazione, le piante individuate crescono meglio e riescono a sopportare la siccità. Nei boschi diradati e sgombri da rovi e arbusti è anche più facile intervenire in caso di incendio. Le ramaglie prodotte vengono triturate e macinate sul posto con apposite macchine: la legge impedisce gli ammassamenti di legna minuta.
Rifiuti e pattume vengono caricati dai volontari e smaltiti alla discarica comunale opicinese di Strada per Vienna. I volontari hanno avuto modo di fare i propri tagli anche nei boschi adiacenti l’ex tenuta Burgstaller/Bidischini, che ricalca grosso modo anche il comprensorio attualmente inutilizzato della ex Caserma Monte Cimone, a poca distanza dal centro della frazione. «Un tempo andavamo a fare tagli anche lì dentro, grazie all’accordo raggiunto con l’allora Comandante. Che ci si guadagna da questo lavoro? Salvo l’autorizzazione a fare un po’ di legna, le spese e gli attrezzi sono tutti a nostro carico. Ma la salvaguardia dei nostri boschi è un valore di non poco conto».
m.l.

 

 

CORRIDOIO 5: NO AGLI ALLARMISMI

 

L’attenzione dedicata dal «Piccolo» allo scambio di note tra l'assessore regionale Ludovico Sonego e il geologo Livio Sirovich ha contribuito a portare all'attenzione del grande pubblico uno degli interrogativi emersi nel corso del convegno sul Corridoio 5 svoltosi qualche giorno fa a Trieste per iniziativa dell'Istituto Gramsci del Friuli Venezia Giulia e del Centro studi Dialoghi Europei e di questo, come organizzatori, non possiamo che rallegrarci, anche perché a causa degli impegni istituzionali dell'assessore non c'è stato, durante il convegno, il tempo sufficiente per un diretto confronto sul tracciato M, oggetto dell'attuale disputa.

Se da un lato infatti l'assessore ci aveva preventivamente informato che non esiste al momento alcuna ipotesi ufficiale di tracciato, dato che ogni decisione in merito sarà affidata a una Commissione intergovernativa italo-slovena, non è stato difficile per un esperto conoscitore del territorio carsico come Livio Sirovich, a cui avevamo chiesto di trattare appunto "Le incognite del tracciato", prefigurare le possibili opzioni e ragionare sulle loro potenziali criticità soprattutto se dalla stazione centrale di Trieste (che, come si afferma, costituirà lo snodo passante dell'infrastruttura) il tracciato ferroviario dovrà raggiungere i 430 metri sul mare di Divacia e coinvolgere, di conseguenza, in maniera impegnativa, la stretta striscia di territorio rappresentato dalla provincia di Trieste.
Questa polemica rischia però di ridurre la questione del Corridoio 5 ad un problema di accettabilità e di fattibilità dei suoi tracciati, trascurando altri aspetti, non meno determinanti ai fini della sua realizzazione, che il convegno ha avuto il merito di porre all'attenzione dei numerosi presenti. A cominciare da quanto sottolineato dal viceministro dei trasporti Cesare De Piccoli che, con un invito al realismo, ha richiamato le cifre del bilancio 2007, precisando che per la sola tratta Venezia-Ronchi il costo delle opere ammonta a 4.200 milioni e i milioni da reperire sono 4.194 e che il primo problema da risolvere è pertanto quello di trovare entro il 2008 le risorse per poter finanziare l'intera progettazione dell'infrastruttura che da Milano porterà verso Est.
Un'altra questione è stata sollevata dal segretario di Stato per le ferrovie della Slovenia, Peter Verlic. Rivolto alle autorità italiane e regionali, ha sollecitato la designazione degli esperti italiani per la definizione del tracciato che dovrà raccordare la rete ferroviaria italiana con quella slovena. I tecnici di Lubiana sono già designati da tempo, quelli di parte italiana ancora no.
Un terzo problema riguarda i finanziamenti comunitari dell'infrastruttura. Come ha spiegato il presidente della commissione Trasporti del Parlamento europeo Paolo Costa, l'intesa sul nuovo regolamento, che fa i conti con le limitate risorse messe a disposizione della commissione da parte dei governi dei vari Paesi, è praticamente raggiunta e il provvedimento dovrebbe vedere la luce entro l'estate, ma proprio l'esiguità delle risorse disponibili (8 miliardi a fronte di un fabbisogno di 20) ha reso ancor più rigidi e selettivi i criteri per l'assegnazione dei contributi.
È ben vero che le tratte transfrontaliere risultano privilegiate sia come priorità sulle altre tratte che per entità di finanziamenti. Ma le condizioni - è stato ricordato nella relazione introduttiva al convegno - saranno particolarmente rigorose: accordo bilaterale tra i due stati sul tracciato, presentazione comune del progetto, impegno da parte degli stati al completamento del progetto nel rispettivo territorio nazionale, garanzie finanziarie e apertura dei cantieri o affido lavori entro il 2010.
Queste e altre considerazioni emerse nel convegno inducono a ritenere che la realizzazione del Corridoio 5, almeno per la parte che interessa la nostra regione, non sia dietro l'angolo. E questo, se da un lato fa giustizia dei catastrofismi che emergono qua e là rispetto all'opera stessa, e che non sono mancati nel nostro stesso Convegno, dovrebbe indurre chi ha le carte in mano a metterle sul tappeto, apertamente, perché di tempo per ragionare su quest'opera e per analizzare e dirimere anche i suoi aspetti più problematici ce n'è a sufficienza.
Alimentare allarmismi forse ingiustificati è dunque inutile e controproducente. C'è bisogno, infatti, di un dialogo aperto e responsabile che escluda, come hanno detto i deputati europei Paolo Costa e Vittorio Prodi, l'opzione zero (il rifiuto aprioristico) e aiuti a riflettere sulle ragioni che rendono necessaria l'opera e sulle soluzioni più opportune. Poi chi ha competenza e responsabilità politica si assumerà l'onere della decisione, ma tagliar fuori i poteri locali e le popolazioni interessate sarebbe un errore che potrebbe rallentare la realizzazione dell'infrastruttura o farle venir meno quel sostegno popolare che invece è non ultima condizione per conseguirla.
Da parte di Rete ferroviaria italiana questa disponibilità al dialogo, al confronto con le popolazioni, è stata manifestata con parole molto chiare dall'ing. Goliani, che ha chiesto il superamento dei vincoli che oggi impediscono la comunicazione con gli utenti. Sul versante opposto, altrettanto hanno sollecitato sindaci come Paviotti (Cervignano), Pizzolitto (Monfalcone), e assessori provinciali come Marincich (Gorizia).
Un invito a percorrere questa strada, molto equilibrato ma altrettanto fermo, è venuto anche dal capogruppo della Margherita in regione, Cristiano Degano, e dal sottosegretario Ettore Rosato che ha concluso i lavori. Comuni e popolazioni vogliono e chiedono di essere coinvolti: questo uno dei messaggi del convegno. Accoglierlo sarebbe opportuno se non si vuole che l'alta velocità abbia tempi infiniti, e non solo per mancanza di finanziamenti.
Marina Paladini presidente dell’Istituto Gramsci del Fvg - Giorgio Rossetti presidente del centro studi Dialoghi europei

 

 

Riello aprirà in Fvg una fabbrica di impianti fotovoltaici  - Il gruppo , oltre 2100 dipendenti, è leader mondiale dei bruciatori e delle caldaie a muro

 

Lo hanno annunciato i vertici dell’azienda durante un incontro in Regione con il presidente della giunta Riccardo Illy e l’assessore Bertossi

TRIESTE Il Gruppo Riello pensa di investire in Friuli Venezia Giulia aprendo uno stabilimento innovativo nel settore dell’energia alternativa e dedicato, molto probabilmente, alla produzione di impianti fotovoltaici. L’annuncio ieri pomeriggio da parte della stessa azienda durante un incontro in Regione tra il presidente del Gruppo Riello, Ettore Riello accompagnato dal direttore della Corporate Communications Luigi Tin, il presidente della giunta regionale Riccardo Illy e l’assessore regionale all’economia Enrico Bertossi.
Un vertice assolutamente riservato dal quale non sono emerse che poche e frammentarie notizie vista la delicatezza dell’operazione e la caratura del gruppo industriale in gioco, ma che ha probabilmente spiegato quanto preannunciato dallo stesso presidente Riccardo Illy, qualche settimana fa, in occasione del salone InnoVaction a Udine: «Il Friuli Venezia Giulia è una regione pilota sul fronte dell’innovazione e ci sono contatti utili per nuovi importanti insediamenti manufatturieri». Illy non aveva fatto alcun nome «quando sarà il momento lo farò» aveva detto, ma molto probabilmente si riferiva proprio alla Riello. Un colosso industriale, leader mondiale dei bruciatori e delle caldaie a muro con oltre 2100 dipendenti e una decina di stabilimenti (anche in Polonia e in Canada) presente con sette marchi (Riello e Beretta i più noti), che raccoglie una vera e propria rete di industrie gestite dalla grande famiglia Riello e che va dagli impianti di riscaldamento/condizionamento sino all’elettronica industriale fino a toccare la frontiera delle nanotecnologie.
E che sia un progetto concreto lo dimostrano anche le poche e caute parole dette dall’assessore Enrico Bertossi al termine dell’incontro: «Siamo in una fase interlocutoria, ma abbiamo dato massima disponibilità al loro insediamento in regione, anche per la ricerca del sito migliore in una delle zone industriali più idonee». Proprio per quanto riguarda il sito, da quel poco che è trapelato, si è saputo che la Riello ha chiesto di individuare un’area ben servita non solo dal punto di vista infrastrutturale ma sprattutto da quello energetico.
Tra le opportunità di attrazione offerte dal Friuli Venezia Giulia, oltre alla leadership in campo della ricerca e dell’innovazione, sicuramente anche la scelta della Regione di privilegiare non solo le aziende tecnologicamente più avanzate che garantiscono prodotti di alto valore aggiunto, ma anche tutte le imprese che crescono abbassando dell’1% l’Irap. Una politica che ha fatto già decidere ad un altro colosso nel campo delle assicurazioni (l’Allianz che a Trieste vede presente il Lloyd Adriatico) di scegliere la regione per la sua sede legale.
La possibile apertura di uno stabilimento della Riello offre una grande opportunità al tessuto industriale ed economico del Friuli venezia Giulia che si vedrebbe arricchito da un’azienda che sta realizzando sul mercato risultati davvero eccellenti. Per quanto riguarda il fatturato relativo all’esercizio 2005 era di 561 milioni di euro con un incremento del 3% rispetto al 2004 (545 milioni) e un Ebitda di gruppo di 79 milioni in crescita del 10% rispetto al 2004 (72 milioni). Per il 2006 non ci sono ancora dati aggiornati di bilancio, si attendono a breve, ma le previsioni del gruppo parlavano di un ulteriore crescita del 6% dell’esercizio con l’obiettivo di fatturato pari a 595 milioni e un Ebitda di 83 milioni. Per quanto riguarda il fatturato inoltre l’export pesa per il 48% sulla produzione.
Ettore Riello, 50 anni, presidente e amministratore delegato del Gruppo Riello nel marzo 2000 ha preso il controllo dell’intero gruppo grazie all’alleanza con il fondo di investimento americano Carlyle e il successivo riassetto ha portato alla nascita di un’unica società la Riello spa in cui ricopre la carica di presidente. Dallo scorso novembre è anche il nuovo presidente di Anima, la Federazione delle associazioni nazionali dell’industria meccanica ed affine che, in seno a Confindustria, riunisce e rappresenta le principali aziende di un settore che occupa 200 mila addetti per un fatturato di circa 40 miliardi di euro.

Giulio Garau

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 1 marzo 2007

 

 

 

Rifiuti, Dipiazza alla Procura: fate presto - Incontro tra il sindaco e il procuratore capo Pace sui tempi del dissequestro dell’inceneritore

 

Oggi a Gorizia un vertice tecnico per decidere l’eventuale proroga del trasferimento delle immondizie alla discarica di Pecol dei Lupi

Il Comune entra in pressing sulla procura della Repubblica per stringere i tempi sulla riattivazione dell’inceneritore. Ma, stando alle prime indiscrezioni, rimarrebbe comunque improbabile un’eventuale accelerazione dell’iter di riaccensione delle linee 2 e 3, ferme ufficialmente fino al prossimo 12 marzo, giorno in cui dovrebbero iniziare le fasi di monitoraggio sui parametri di diossina previste dal dissequestro condizionato. Questo mentre la Provincia continua a lavorare ai fianchi sia dell’ente omologo di Gorizia sia della Regione per tamponare l’emergenza legata allo smaltimento dei rifiuti, con l’obiettivo di trovare, all’occorenza, discariche alternative a quella cormonese di Pecol dei Lupi, dove finiscono attualmente 120 tonnellate al giorno di immondizie triestine.
L’assoluta novità delle ultime ore riguarda in particolare una «visita» che Roberto Dipiazza ha fatto ieri pomeriggio nell’ufficio del procuratore capo di Trieste Nicola Maria Pace, al secondo piano del palazzo di giustizia. Qui, a quanto è dato sapere, il sindaco - che nei giorni scorsi aveva prospettato la volontà di chiedere i danni economici derivanti dal sequestro del termovalorizzatore - ha espresso tutte le sue preoccupazioni in merito all’inatteso allungamento dell’iter del dissequestro condizionato, maturato martedì nel corso dell’udienza in cui il pm Maddalena Chergia ha nominato i periti che saranno chiamati a tenere sotto controllo le emissioni dell’impianto di via Errera gestito dall’AcegasAps: nell’occasione, infatti, è stato deciso che nulla sarà bruciato dalle linee 2 e 3 fino al giorno in cui - lunedì 12 marzo - arriverà a Trieste l’ultimo dei tre periti, il bergamasco Roberto Carrara, ingegnere esperto in compatibilità ambientale. I contenuti dell’incontro sono rimasti sigillati nel massimo riserbo, sia da parte del procuratore Pace sia da Dipiazza, il quale ha preferito commentare il colloquio con un secco «no comment»: sulla vicenda, dunque, al silenzio stampa dell’AcegasAps (che prosegue da una settimana) si aggiunge ora quello del primo cittadino. Appaiono comunque scontati i nodi attorno ai quali si sono concentrate le «preoccupazioni» di Dipiazza. Preoccupazioni anzitutto di natura economica per l’emorragia finanziaria a carico di AcegasAps di cui il Comune è socio di maggioranza (al 12 marzo si saranno superati i due milioni di euro) causata dai costi di trasferimento delle immondizie verso altri siti, nonché dai mancati introiti da altre province (via Errera brucia di norma 80 tonnellate al giorno di rifiuti isontini) e dall’impossibilità di generare energia elettrica con le linee 2 e 3. E preoccupazioni, in parallelo, per l’emergenza dello smaltimento dei rifiuti, con 120 tonnellate quotidiane (quelle che rimangono fuori dall’attuale trattamento garantito solo dalla linea 1 dell’inceneritore) da sistemare altrove.
Su tale versante, intanto, è in programma stamani un vertice tecnico convocato dal presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta per definire i termini di un’eventuale proroga del trasferimento delle immondizie triestine verso Pecol dei Lupi oltre il 5 marzo. Vi parteciperanno i tecnici delle province di Trieste e Gorizia, assieme a quelli delle due multiservizi di riferimento, AcegasAps e Iris. È un vertice, questo, che nasce in realtà con tutti i presupposti politici per un prolungamento del «trasloco» di rifiuti triestini verso Pecol dei Lupi (per un quantitativo massimo di 140 tonnellate al giorno) ancora per una o due settimane. Ma a fronte di quest’annunciata apertura, nel contempo, l’ente provinciale isontino e Iris faranno presente a Palazzo Galatti e AcegasAps la necessità di dirottare in futuro, verso altre discariche, gli stock di ceneri prodotte dal termovalorizzatore di via Errera.
«Da parte nostra non ci sono problemi ostativi», hanno confermato nella serata di ieri i vertici di Iris, mentre l’assessore all’ambiente della giunta Bassa Poropat, Ondina Barduzzi, riferiva di puntare a una proroga la più ampia possibile: «Mi auguro - ha rilevato - che nell’analizzare le questioni e le potenzialità di natura tecnica si possa giungere a un accordo per due settimane ancora, anche perché le procedure di riattivazione delle linee 2 e 3 dell’inceneritore non sembrano purtroppo così veloci come presupponevamo prima dell’udienza di martedì». «Va comunque riconosciuta - aggiunge la Barduzzi - l’importanza della grande disponibilità a darci una mano da parte dell’ente provinciale di Gorizia e della Regione». Proprio la Regione, i cui tecnici hanno preso parte ieri a un incontro informale con i colleghi della Provincia di Trieste, potrebbe assumere nelle prossime ore un ruolo determinante. «Questo - spiega ancora la Barduzzi - nel caso si accertasse che una proroga della Provincia di Gorizia su Pecol dei Lupi dipende, per motivi di controllo della capienza (da non esaurire prima del 2010, ndr) da una specifica autorizzazione regionale». Altre due mosse per altrettante «procedure d’urgenza» cui potrebbe essere chiamata a breve l’amministrazione regionale - lascia intendere infine l’assessore della giunta Bassa Poropat - riguardano la prima un eventuale utilizzo alternativo degli impianti udinesi Css ed Exé, che di norma accolgono solo immondizie friulane, e la seconda persino un’esportazione dei rifiuti triestini fino al termovalorizzatore di Brescia. «Una possibilità remota - così la Barduzzi - ma qualora fosse percoribile renderebbe necessaria una richiesta del presidente del Friuli Venezia Giulia Illy a quello della Lombardia Formigoni».

Piero Rauber

 

 

L’opposizione: «AcegasAps poco trasparente»  - Omero: «Chiarimenti sulle manutenzioni all’impianto». Lupieri: «Serve collaborazione fra istituzioni»

Piero Camber (Forza Italia): «Di questo passo avremo meno soldi dall’azienda»

Lippi (An): «Stiamo subendo un notevole danno finanziario». L’ex assessore Ferrara: «È ora che intervenga anche la Regione»

I tempi lunghi per gli accertamenti della magistratura sull’inceneritore? Dolorosi, onerosi, ma anche dovuti. E indispensabili per fare piena chiarezza a fronte del difetto di trasparenza dimostrato in questo caso da AcegasAps. Così l’opposizione di centrosinistra ha accolto il «congelamento» delle linee 2 e 3 fino al prossimo 12 marzo. Dalla maggioranza, invece, mentre An predica cautela per il lavoro della magistratura e l’ex assessore all’ambiente Maurizio Ferrara chiama la Regione a gestire l’emergenza, Forza Italia lancia l’allarme: non è possibile che l’inchiesta paralizzi per un mese l’economia della città, e con essa lo smaltimento delle immondizie.
«Preso atto che è difficile dare un giudizio politico su procedure adottate in piena legittimità dalla magistratura - commenta il segretario provinciale dei Ds Fabio Omero - è innegabile che l’allungamento dei tempi mette a rischio la gestione dei rifiuti. Ma è tutta questa partita a restare non troppo chiara. Sarei curioso di conoscere da parte di Acegas le manutenzioni all’impianto effettuate in questi anni. Non dico che non siano state fatte manutenzioni, ma vorrei capire perché si è arrivati a questo punto e perché si è verificata una simile difformità fra i dati dell’Arpa e quelli a carico dell’azienda nel suo ruolo di controllore e controllato. Una maggiore trasparenza ci voleva».
«Certo sarebbe stato auspicabile - gli fa eco il capogruppo della Margherita in Consiglio comunale Sergio Lupieri - che le procedure stabilite dalla procura fossero più sollecite. Attendiamo comunque i pronunciamenti del caso perché la cosa più importante è la certezza per la salute dei cittadini, e anche perché da AcegasAps non abbiamo registrato ancora sufficiente chiarezza. Sullo smaltimento dei rifiuti confidiamo nella buona volontà degli enti locali vicini, affinché la collaborazione istituzionale, che peraltro dovrebbe rappresentare la normalità e non l’eccezione, si traduca in una rete capace di gestire l’emergenza».
«Finché non si torna a regime è logico che ci saranno dei problemi, ma la tutela dell’ambiente e dei cittadini viene prima di tutto», taglia corto il consigliere comunale di Rifondazione Comunista Iztok Furlanic, secondo cui «quello della magistratura è un atto dovuto che, anzi, avrebbe dovuto essere preceduto da precisi provvedimenti della stessa AcegasAps. L’azienda in effetti non doveva aspettare il sequestro, ma attivarsi per accertare immediatamente i motivi di quei valori anormali».
«Salute prima di tutto» anche dal versante opposto, dove il vicesindaco Paris Lippi, chiamato in causa come presidente provinciale di An, nel ricordare «il danno finanziario di non poco conto», riconosce anche che «l’iter dell’inchiesta, come modalità, lascia perplessi: il modo di operare della magistratura, forse, non si sta rivelando uguale a quello riguardante la Ferriera, anche se bisognerebbe conoscere bene gli atti per poter esprimere un giudizio politico compiuto». «Ci auguriamo comunque - chiude Lippi - che la situazione vada a risolversi con celerità, e che questa celerità possa concludersi con il pieno accertamento della verità».
«Non conoscendo le motivazioni delle scelte della procura - interviene quindi l’ex assessore all’ambiente Maurizio Ferrara, attuale capogruppo della Lista Dipiazza - non posso esprimere alcun parere. Posso soltanto ricordare che, dal primo gennaio, la competenza sulle emissioni dei fumi è a carico della Provincia. In condizioni di emergenza qual è oggi quella dei rifiuti, inoltre, ritengo sia un obbligo per la Regione intervenire per collaborare con i comuni in difficoltà, in questo caso quello di Trieste».
«Capisco i tempi di un’inchiesta - tuona infine Piero Camber, capogruppo di Forza Italia nell’aula municipale - ma qui stiamo finendo col paralizzare la città. E senza possibilità di appello a una ”sentenza” di condanna basata su soli quattro rilievi contro centinaia di misurazioni nella norma. Non possiamo attendere un mese per poter conoscere le prime verifiche, un’accelerata è indispensabile: questi tempi non sono concepibili davanti all’attuale emergenza rifiuti né davanti al danno economico che deriva dal mancato funzionamento dell’inceneritore: andando avanti così Acegas ci darà molti meno utili, che rappresentano peraltro parte di quelle risorse che il Comune utilizza per gestire le necessità quotidiane, a partire dall’assistenza sociale».
pi. ra.

 

 

Lista Dipiazza: «Ferriera chiusa entro il 2009, più cura per l’ambiente»  - Il movimento conferma le cariche
 
Far chiudere la Ferriera nel 2009. Trasferire nella campagna elettorale delle regionali 2008 l’energia di quella «politica della concretezza che ci ha fatto vincere a Trieste». Questi i principali obiettivi della Lista civica Dipiazza per Trieste, i cui componenti si sono riuniti ieri per l’assemblea annuale a un anno dalla fondazione. È stato il sindaco Roberto Dipiazza, a delineare: «Veniamo da un risultato del 10%, alle amministrative per il Comune – ha ricordato – che è eccellente e ci deve spronare a lavorare con quel pragmatismo che la gente ha capito e apprezzato.La prossima data decisiva – ha aggiunto Dipiazza – sarà alla caduta dei confini con la Slovenia. Bisognerà farci trovare preparati, per puntare a tornare a essere una grande capitale d’area».
Dipiazza ha poi ribadito che «la Ferriera andrà chiusa fra due anni, perché la proprietà non fa il necessario per limitare l’inquinamento», annunciando che «la nostra lista sosterrà il candidato del centrodestra alle regionali, per togliere il governo del Friuli Venezia Giulia al centrosinistra, che ne sta facendo un pessimo uso». Tra le priorità indicate dal presidente del movimento Paolo De Gavardo l’ambiente, l’assetto urbanistico di Trieste, il piano del traffico, una «presenza più pesante nel governo dell’Acegas-Aps». Sono stati confermati alla presidenza Paolo de Gavardo, alla vicepresidenza Adriano Schreiber, alla segreteria Antonella Catucci, tesoriere Sergio Fasano, consiglieri Stefano Martucci, Tito Rocco, Lorena Zonta.
u. s.

 

 

MUGGIA Timori per la scomparsa di un bosco - Sul rimessaggio dei camper il Comune si schiera con il Wwf: «Salvaguardare le aree di pregio»
 
Il sindaco di Muggia Nesladek chiede chiarezza sul progetto di un rimessaggio camper nella valle delle Noghere, che andrebbe a distruggere un’area di bosco planiziale. E condivide timori e richieste di tutela del Wwf. Dario Predonzan, responsabile territorio del Wwf regionale, ha lanciato un allarme per la possibile perdita di preziosi lembi di bosco planiziale (area boschiva e palustre sorta millenni fa dal progressivo ritiro del mare dalla pianura) alla destra orografica del torrente Ospo.
In base a un progetto, su quell’area dovrebbe sorgere un rimessaggio per roulotte e camper, il bosco verrebbe distrutto. La stessa ditta proponente, come «compensazione» al disboscamento, si è offerta di piantare nuovi alberi a Draga Sant’Elia. Una «compensazione» accettata dalla Regione, che sta vagliando la questione, ma contestata dalla Soprintendenza, che anzi chiede non sia toccato il bosco.
Opinione condivisa dal Wwf che ritiene poi inaccettabile che si compensi la perdita di un antico bosco con una pineta artificiale a chilometri di distanza. Anche il sindaco di Muggia concorda: «Condivido la durezza della Soprintendenza, ma mi è meno chiara la posizione della Regione – dice Nesladek -. Inoltre se proprio si deve fare ”compensazione”, non sarebbe più logico farla nello stesso comune?». E aggiunge: «Noi siamo collettori di vari pareri, ma non ci sono ancora idee chiare dai vari enti preposti. E finché non sarà fatta chiarezza non ci sarà alcuna concessione, soprattutto se contraria al parere della Soprintendenza. Non siamo ancora al punto di non poter salvare il salvabile».
Nel suo intervento Predonzan aveva affrontato in generale la questione della tutela ambientale, sollecitando una revisione delle norme regionali sulla tutela dei boschi. E al Comune di Muggia aveva chiesto di rivedere il piano regolatore. Nello specifico, alle Noghere il Prg prevede una zona industriale di interesse regionale, ma lo stesso piano la inserisce, proprio per la presenza del bosco planiziale, nelle «Aree di interesse ambientale».
Dice Predonzan: «Una contraddizione stridente, più volte rilevata anche in altre porzioni del territorio muggesano e che sarebbe ora di eliminare». E Nesladek assicura: «Provvederemo a salvaguardare meglio le aree di pregio ambientale nella prossima variante generale al Piano regolatore».
s.re.

 

 

Trieste capitale dello sviluppo sostenibile  - Dall’11 al 12 maggio il summit internazionale voluto da Onu e ministero degli Esteri

 

Tra i partecipanti il Nobel Rubbia, il presidente di Confindustria Montezemolo, il commissario europeo per la Scienza Potocnik

Trieste diventerà a maggio «la capitale mondiale dello sviluppo sostenibile» e l'ambasciatrice dell'impegno italiano nel campo dell'innovazione, della ricerca scientifica, del trasferimento tecnologico e della cooperazione. L'annuncio è stato fatto ieri, in occasione della prima presentazione pubblica del Forum mondiale G8- Unesco sull'educazione, innovazione e ricerca, in programma dal 10 al 12 maggio a Trieste, un appuntamento di grande prestigio internazionale.

Capofila dell'iniziativa- il ministero italiano degli Affari Esteri, assieme all'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura Unesco, ed, infine, il Centro Internazionale di fisica teorica "Ictp", che ha coinvolto nelle preparazioni tutti i maggiori enti scientifici della regione. Tra i partecipanti spiccano nomi di grande spessore - il direttore generale dell'Unesco Koïchiro Matsuura, il commissario europeo per la scienza e la ricerca Janez Potocnik, il premio Nobel Carlo Rubbia, ministri italiani e dei Paesi G8, ministri africani, ma anche industriali, tra quali il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e alti dirigenti Toyota.
«Il Forum ha una dimensione internazionale unica perché porterà in città circa 500 esperti mondiali ed alti rappresentanti di vari governi, del mondo dell'industria e della scienza», ha notato il delegato del ministero degli Affari esteri per l'evento, Renzo Rosso, da poco nominato il nuovo riferente permanente della Farnesina per la comunità scientifica triestina.
«Per Trieste questa è stata un'occasione da prendere al volo, visto il significato e la portata internazionale», ha commentato Maria Teresa Bassa Poropat, presente all'incontro. «La scelta della città per l'organizzazione del Forum non è stata casuale - ha notato - ma semplicemente una risposta concreta all'attuale forte domanda di progetti e collaborazioni da parte dei paesi in via di sviluppo, che vedono questa città protagonista nel campo scientifico e del trasferimento tecnologico». «Insomma, questo Forum ne è la prova vivente -ha aggiunto anche l'assessore regionale Roberto Cosolini - che Trieste ed il territorio regionale hanno una marcia in più rispetto ad altre parti del mondo, vista l'attenzione particolare dedicata ad argomenti come l'energia, l'ambiente ed in genere lo sviluppo sostenibile».
«L'evento punta su tutte le dimensioni principali dello sviluppo sostenibile - ambientale, sociale ed economica», ha spiegato Katepalli Sreenivasan, direttore dell'Ictp che co-organizza il forum. «Non abbiamo previsto però nessuna risoluzione a fine dei lavori - visto il carattere prettamente aperto per eventi di questo tipo -ha aggiunto- ma avremo modo di far sentire la nostra voce per riportare alla ribalta tematiche di grande attualità che suscitano preoccupazioni in tutto il mondo su vari livelli».
Se da un lato si tratta di problemi globali, quali i cambiamenti climatici e gli equilibri geo-politici legati alla disponibilità delle risorse energetiche fossili, dall'altro sono questioni che sempre più spesso entrano nel quotidiano delle persone. «L'inquinamento ed il relativo impatto sulla salute, la qualità dell'acqua, i black out nelle forniture elettriche, lo smaltimento dei rifiuti ne sono solo alcuni esempi», ha spiegato anche Claudio Tuniz, coordinatore dei lavori di preparazione del Forum, assistant director Ictp. Una sessione speciale sarà inoltre dedicata all'Africa. Tra gli argomenti più "caldi" sarà l'energia, poichè secondo gli esperti ogni giorno l'umanità consuma dieci milioni di tonnellate di petrolio, oltre 12,5 milioni di tonnellate di carbone e 7,5 miliardi di metri cubi di gas naturale ed ormai si sa che la disponibilità di queste fonti potrebbe finire nel giro di qualche decennio.
L'idea del Forum è nata l'anno scorso a San Pietroburgo, su proposta del governo italiano, nell'ambito del Vertice annuale G8, uno dei maggiori eventi nel calendario internazionale, che riunisce i capi di stato e di governo degli Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Italia, Canada, Russia.
Gabriela Preda

 

 

L’Enel punta ad acquisire 24,9% di Endesa
 
ROMA La tedesca E.On non molla la presa su Endesa ed Enel sembra emergere sempre più nei panni del «cavaliere bianco», sponda spagnola contro l'opa tedesca. È lo scenario che si conferma il giorno dopo il blitz del gruppo elettrico italiano, con l'acquisto del 10% del capitale, nei confronti della società iberica. Un blitz, peraltro, che secondo diversi osservatori ed esponenti politici dell'opposizione spagnola, propensi ad accreditare l'ipotesi di un asse Roma-Madrid, potrebbe essere frutto di un accordo Zapatero-Prodi nel vertice di Ibiza, il 20 febbraio scorso. È vero che il governo madrileno ha fatto sapere di dover autorizzare l'operazione, visto che Enel è a partecipazione pubblica. E la Consob spagnola ha chiesto chiarimenti, per sapere come Enel intenda votare alla prossima assemblea degli azionisti Endesa, soprattutto per quanto riguarda l'opa E.On. Ma più che richieste per scongiurare la una possibile natura ostile dell'operazione, questi appaiono come aspetti tecnici legati forse più ad una necessità di rassicurazione che a veri e propri timori. Al di là dei retroscena politici, a rafforzare il quadro che vede Enel giocare un ruolo di contrasto rispetto all' «offensiva» tedesca, ci sono diversi spunti, a cominciare dalle parole del numero uno dell'Enel. L'ad Fulvio Conti ha manifestato apertamente l'intenzione di salire in Endesa fino alla soglia del 24,9% (a un passo cioè da quel 25% che farebbe scattare l'obbligo di un'Opa totalitaria), confermando quelle che fino a martedì erano voci di mercato.

 

 

 

 

CONSUMATORI - numero 1 - 2007 - gennaio/febbraio

 

 

Ambiente, cambiare rotta
 
Aria inquinata dal traffico cittadino e dalle grandi industrie. Irrisori investimenti sulle fonti di energia rinnovabile. "Ma reagire si può e si deve, a partire da un modello di sviluppo alternativo a quello attuale".  La parola alle associazioni: da Legambiente a Greenpeace
 
L'Italia ha 65mila mq di pannelli solari fotovoltaici, contro i 750mila della germania. Per paradosso, i comuni che hanno investito di più nella produzione energia solare, non sono quelli più a sud, più soleggiati cioè, ma Bolzano (con 5mila metri quadri di pannelli) seguito da Trento (4300).
Le biomasse (derivanti dalla parte umida dei rifiuti urbani e industriali, come trucioli, segature, residui vegetali) potrebbero coprire fino al 40% del bilancio energetico mondiale; ma in Italia arriviamo sì e no al 2,5%. Tutto questo per dire che l’approvvigionamento energetico è uno dei grandi problemi ambientali del nostro paese. Perché continuare a usare petrolio e a consumare elettricità, che solo in minima parte viene prodotta attraverso le cosiddette fonti rinnovabili (come vento e sole), non solo è assai costoso per le nostre tasche e quelle del bilancio nazionale (le nostre bollette, dal ’92 od oggi, ci sono costate circa 30 miliardi di euro, di cui solo 6 sono andati all’energia pulita), ma quel che è peggio aumenta l’inquinamento delle nostre città, dei nostri fiumi dei nostri mari. Fa alzare la febbre delle nostre città, surriscaldandole, tanto che si avviano a passare estati che nel giro di qualche decennio potranno aumentare di 3-5 gradi. Infine, il nostro dissennato comportamento collettivo e individuale distrugge definitivamente risorse che ci rendono colpevoli nei confronti di chi verrà dopo di noi.
Dopo l’indagine presentata sul numero scorso della nostra rivista (che presentava l’opinione di un campione di 1505 soci Coop) torniamo dunque a parlare di ambiente, per capire come stimolare, dopo le opinioni, i fatti ed i comportamenti concreti e virtuosi.
La parola alle associazioni ambientaliste
"Sì – conferma Rossella Muroni, della segreteria nazionale di Legambiente – anche per noi il tema dell’energia è tra i più urgenti. Per le sue caratteristiche ambientali e climatiche l’Italia potrebbe essere davvero un importante punto di riferimento per l’energia solare fotovoltaica ed eolica. Ma in verità non si è mai investito seriamente in questi ambiti. Anche perché, diciamoci la verità, in Italia l’ambiente in generale non gode di buona salute, anche perché non è mai stato la priorità di nessun governo. Certo, oggi guardiamo con grande fiducia all’esecutivo di Prodi. C’è un gran lavoro da fare: l’ambiente deve diventare trasversale a tutte le decisioni, un elemento di qualità delle scelte politiche del paese. Dobbiamo creare un modello alternativo al bieco sfruttamento che ha sempre contraddistinto l’Italia, e dobbiamo anche capire, una volta per tutte, che il nostro paese ha caratteristiche ambientali uniche. Valorizzarle non è solo un dovere, ma l’occasione per creare opportunità di lavoro e di crescita economica".
Il problema dell’approvvigionamento energetico è tra i più urgenti anche per Greenpeace che su questo tema ha incentrato una delle sue campagne, a livello italiano e non solo: "Occorre davvero una rivoluzione culturale energetica – spiega Giuseppe Onufrio di Greenpeace – che riduca la nostra dipendenza dall’estero, riduca le emissioni di gas serra e possa diventare un volano per l’economia e l’innovazione tecnologica. Va avviata al più presto una strategia credibile di sviluppo delle fonti rinnovabili".
 E noi, cosa possiamo fare?
Fin qui sembrerebbe che non sia affar nostro, che – in fondo - la questione della tutela ambientale passi per decisioni su cui poco o nulla possiamo influire. Insomma, l’ambiente è una preoccupazione assai pressante per tutti – come denuncia l’indagine condotta tra i soci Coop che abbiamo presentato nel numero scorso – più dell’oridine pubblico e delle guerre. Più della situazione economica e del rischio disoccupazione. Ma solo il 48,3% riesce a tradurre questa preoccupazione in azioni concrete e anche all’interno di questo gruppo si sconta una sorta di paralisi sul fronte delle scelte quotidiane. Per lo più (il 34,5%) si limita infatti a fare la raccolta differenziata dei rifiuti; poi c’è un 22,8% che dichiara di aver usato meno l’auto e un 20% che risparmia acqua.
"Da una parte – commenta l’esponente di Greenpeace – è chiaramente percepito che i luoghi delle decisioni politiche sono lontanissimi da noi. Basti pensare alla vicenda Ogm e alla difficoltà di controllare la catena degli alimenti. Poi c‘è il tema anche della mancanza di alternative a uno stile di vita e di consumi che è quello dominante. Insomma, la consapevolezza delle persone – e dei soci Coop in particolare - è già molto alta. Bisognerebbe tuttavia offrire alle persone strumenti in più, rendendo disponibili opportunità differenti tra loro". In sostanza, abbiamo davvero la possibilità di non usare l’auto (che sarebbe uno dei comportamenti più "virtuosi" da praticare)? Ci vengono offerte alternative credibili?
"È vero che se si parla solo di effetto serra – spiega Rossella Muroni - sembra quasi impossibile fare qualcosa. Invece non è così: i cittadini hanno un potere molto forte, che è anzitutto il potere di essere consumatori. Poi sono elettori – e votare un partito o un altro non è una cosa neutra, rispetto ai temi dell’ambiente – e infine possono anche partecipare a manifestazioni, campagne, mobilitazioni. Insomma, il modo per far pesare le nostre convinzioni c’è".
Sì, ma cosa fare di concreto, giorno per giorno? "Scegliere – prosegue Rossella Muroni - di acquistare i prodotti equosolidali e biologici; per quanto riguarda gli elettrodomestici, spostarsi decisamente su quelli a basso consumo. È un enorme rispermio in termini energetici e anche per le nostre tasche: dobbiamo considerare che se spendiamo qualcosa in più, poi ammortizziamo la spesa nel giro di poco". "Come Greenpeace – argomenta Onufrio – crediamo molto nelle mobilitazioni pubbliche. Ma siamo anche convinti che la scelta di cosa comprare valga più di una manifestazione. Perciò occorre investire sull’informazione, perché i cittadini conoscano le alternative possibili, e promuovere le etichette che consentono di rendere chiara la variabile ambientale". Ovvero, che permettano al cittadino di capire se è meglio, in una prospettiva ecologica, comprare una marca o l’altra: un prodotto biologico o di lotta integrata, l’aglio di casa o nostra o quello cinese, il frigo che costa meno ma ha una bassa classe di efficienza o quello più costoso che però, alla lunga, ci farà risparmiare.
Ristrutturazioni in corso? Sia che si tratti di un’unica abitazione indipendente che nel caso di un condominio, è utile informarsi presso la propria Regione su quali incentivi sono previsti per l’installazione di impianti solari termici per il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua e anche per pannelli solari fotovoltaici per la produzione di elettricità.
Fare a meno dell’auto si può
E poi c’è il problema dell’auto, percepito dai soci Coop come uno dei più gravi: per il 34,8% l’inquinamento dell’aria è tema tra i più urgenti, ma anche il problema più difficilmente affrontabile. Il 52% del campione pensa che le targhe alterne siano poco utili, anche se c’è un 24,6% che crede nella funzione educativa del provvedimento che almeno ci costringe a sperimentare altri mezzi di trasporto. "Bisogna dare il via a nuove politiche più coraggiose, anche impopolari se occorre – dice Muroni – perché le nostre città sono inquinatissime, al collasso. A forza di parlare di diritto alla mobilità non ci muoviamo più. Un diritto che va esercitato con mezzi collettivi".
Insomma è un altro ambito in cui provare a passare dalle parole ai fatti: organizzandosi coi colleghi di lavoro, per far girare meno auto, o facendo i turni tra mamme e papà che caricano non solo il proprio bambino ma anche gli amichetti. "Chiediamoci come è possibile – conclude Rossella Muroni – che in ogni macchina ci sia solo una persona, anche in città medio-piccole. Sono convinta che sia possibile fare meglio di così a partire dai comportamenti quotidiani". 

Silvia Fabbri
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI',  28 febbraio 2007

 

 

Inceneritore, tutto fermo fino al 12 marzo  - Quel giorno partiranno i test per capire cosa ha portato alla rilevante produzione di diossina

 

Il Tribunale ha nominato i sei esperti che dovranno esprimersi sull’inquinamento prodotto dall’impianto

Borgna, avvocato dell’azienda: «Abbiamo fatto un passo avanti e adesso attendiamo fiduciosi che l’impianto posto sotto sequestro riparta a pieno regime»

Lunedì 12 marzo si saprà quale sarà il futuro delle linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera. Quel giorno cominceranno ufficialmente i test, gli accertamenti, per capire che cosa non ha funzionato nell’impianto che per quattro volte ha prodotto una rilevante quantità di diossina. In questi tredici giorni - da qui al 12 marzo - i periti studieranno l’impianto di smaltimento nelle sue caratteristiche.
I tempi sono stati decisi ieri mattina nell’ufficio del pm Maddalena Chergia, il magistrato titolare dell’inchiesta che una decina di giorni fa è culminata con il sequestro dell’inceneritore di Trieste. Tempi «tecnici» necessari per i periti, è stato detto.
Ieri infatti il magistrato ha nominato i primi cinque consulenti. Si tratta di Mauro Sanna, Livio Scatto e Franco Varisco, per la difesa. Nel procedimento sono infatti indagati i vertici dell’AcegasAps. Gli altri sono: Antonio Mantovani ed Emilio Benfenati, per la procura. Il sesto perito, Roberto Carrara, giurerà alle 8.30 del 12 marzo poco prima di entrare nell’impianto. Alla riunione era presente anche l’ingegner Paolo Dalmaso, uno dei responsabili dell’AcegasAps.
Chi sono i periti? Livio Scatto è stato per molti anni un collaboratore del pm veneziano Felice Casson. Si occupa di igiene ambientale, in particolar modo di emissioni in atmosfera. È stato consulente del pm nel processo del Petrolchimico di Marghera. Mauro Sanna è un esperto di inquinamento, è autore di vari libri universitari sulla normativa dei rifiuti e la gestione delle discariche. Franco Varisco è un professore di chimica. Antonio Mantovani è un docente della facoltà di chimica dell’Università di Padova. Emilio Benfenati è a capo del Laboratorio di Chimica e Tossicologia dell’ambiente dell’istituto Mario Negri di Milano. Roberto Carrara è un ingegnere di Bergamo esperto di compatibilità ambientale.
«Abbiamo fatto un passo avanti. Il pm fissando la data del 12 marzo ha dato formalmente il via alle verifiche. Attendiamo fiduciosi che l’inceneritore di via Errera possa ripartire a pieno regime», ha detto l’avvocato Giovanni Borgna uno dei legali dell’AcegasAps all’uscita dell’ufficio del pm Maddalena Chergia. L’altro legale è l’avvocato Tiziana Benussi, anche lei presente alla nomina.
La palla dunque passa nuovamente ai tecnici che già lo scorso 22 febbraio avevano riavviato le linee 2 e 3 dell’impianto di via Errera dopo l’ok della procura. Il pm Chergia aveva infatti concesso il dissequestro condizionato favorendo un percorso giuridico che era stato concordato con gli avvocati dell’AcegasAps. Una strada che punta ad evitare che nelle strade di Trieste si accumulino sacchi di rifiuti. Ma ora c’è un «buco» di tredici giorni prima che partano gli accertamenti definitivi sul futuro dell’impianto. Il rischio è quello di non farcela e di trovarsi il 13 marzo nel mezzo dell’emergenza. È partita una gara contro il tempo.

Corrado Barbacini

 

Le linee riattivate nelle scorse ore verranno adesso spente nuovamente - Barduzzi: «Un duro colpo, questo stop non ci voleva»
«Ci aspettavamo di poter riprendere presto a bruciare rifiuti nelle due linee dell’ineceneritore poste sotto sequestro. Dall’incontro in Procura, invece, è arrivata un’indicazione contraria: si ferma tutto fino al 12 marzo. È stato davvero un brutto colpo». Non nasconde la delusione e l’amarezza l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, dopo aver appreso dell’allungamento dei tempi per la riattivazione, seppur parziale, dell’impianto di via Errera.
«Questo slittamento proprio non ci voleva - spiega Barduzzi -. Acegas-Aps aveva appena riattivato le due linee sotto sequestro, alimentandole solo a gasolio, in attesa di poter iniziare a bruciare rifiuti. Ma visto che i periti inizieranno ad eseguire i primi rilievi appena tra 13 giorni, entrambe le linee adesso verranno spente: è inutile farle andare a gas per tutta la durata del blocco».
Le linee 2 e 3 dell’inceneritore resteranno fuori uso perlomeno fino al prossimo 12 marzo, facendo quindi sfumare l’ipotesi di una ripresa graduale dell’inceneritore. Una soluzione che avrebbe permesso di affrontare con maggior serenità una vicenda che rischia ormai di precipitare. Scade infatti lunedì prossimo la convenzione che autorizza Acegas- Aps a trasferire 120 tonnellate di rifiuti triestini nella discarica di Cormons. La Provincia di Gorizia, come noto, si è detta disponibile ad accogliere gli scarti triestini anche dopo il termine fissato. Ma se l’aiuto dell’Isontino non dovesse rivelarsi sufficiente e non si trovassero rapidamente altre strade praticabili, potrebbe verificarsi il temuto collasso del sistema di raccolta e smaltimento. «Visti i tempi strettissimi, non possiamo più permetterci di restare nell’incertezza: l’emergenza, a questo punto, si fa sempre più vicina - conclude Barduzzi -».
Il chiarimento con la giunta goriziana avverrà al termine della riunione operativa prevista per domattina. Se dalla giunta Gherghetta non dovessero arrivare risposte capaci di far reggere il sistema fino al 12 marzo, andrà attivata una diversa procedura d’urgenza. Verranno cioè richieste alla Regione le autorizzazioni speciali, necessarie a trattare i rifiuti triestini nell’impianto Css di Udine e a trasferirli nella discarica del capoluogo friulano gestita da Exè».
m.r.

 

Gemiti (Wwf): «Sbagliato spegnere i camini. I controlli sarebbero potuti essere eseguiti con l’impianto in funzione. L’attesa sta mettendo in crisi la città»

Critiche all’operato della magistratura: ritardi preoccupanti. De Carli (capogruppo dei Cittadini): «L’emergenza c’è già»

L’assessore Rovis: «I rischi crescono»

«Siamo di fronte ad una situazione che ormai sta in piedi solo grazie allo scotch». Così l’assessore comunale allo Sviluppo economico, Paolo Rovis, commenta il caso rifiuti, a poche ore dalla decisione della Procura di rinviare al 12 marzo l’avvio delle perizie sull’inceneritore. L’esponente della giunta Dipiazza esprime forti preoccupazioni per il futuro di un impianto, come quello di via Errera, essenziale per la comunità di Trieste. Preoccupazioni che, tuttavia, non devono trasformarsi in allarmismi: la paralisi del sistema di raccolta e smaltimento rifiuti, a suo giudizio, non è ancora dietro l’angolo. «Fino al 5 marzo abbiamo la possibilità di trasferire immondizie a Pecol dei Lupi - spiega Rovis -. E anche dopo quella data non dovremo avere difficoltà a trovare soluzioni alternative: le discariche fuori regione si trovano. Il punto è che raggiungerle ha costi elevatissimi per l’azienda e per la città stessa. Io non voglio muovere critiche a nessuno e rispetto il lavoro della magistratura. Non posso però non concordare con il sindaco Dipiazza quando osserva che con la Ferriera di Servola è stato usato un metro diverso». «Le perizie sull’impianto sequestrato il 14 febbraio scorso inizieranno fisicamente solo il 12 marzo - continua Rovis -. Questo significa che, nel complesso, l’inceneritore perderà un mese di attività. Possibile che serva tutto questo tempo per scoprire la causa dei quattro sforamenti registrati in dicembre e in gennaio? Non riesco a capire perchè non siano state eseguite le necessarie verifiche con le linee attive: in quel caso - conclude Rovis - si sarebbe potuto sia accertare le ragioni dei superamenti dei limiti, sia bruciare parte dei rifiuti. Invece ci ritroviamo nelle condizioni di dover semplicemente tamponare la falla qua e là».
Critico nei confronti della tempistica indicata dalla Procura anche l’ ex direttore del laboratorio chimico di Acegas ed esponente del Wwf, Fabio Gemiti. «È incredibile che si si debba aspettare così tanto tempo - commenta Gemiti -. Questa attesa sta mettendo in crisi un’intera città. Nel gestire questa vicenda, a mio parere, sono stati commessi degli errori. Si sarebbe potuto far funzionare i camini con controlli rigidi, senza arrivare al blocco della delicata attività dell’inceneritore. Con l’attuale formula, tra l’altro, si finisce anche per «accorciare la vita» di Pecol dei Lupi, l’unica discarica disponibile in Regione. Quanto allo spegnimento delle due linee riattivate appena ieri - conclude Gemiti - mi sembra una scelta obbligata: non ha senso sprecare gasolio per niente».
Perplessità sulla scelta di rinviare al 12 marzo l’avvio delle perizie arriva anche dal consiglio comunale. «Non credo che in città ci sia il rischio reale di una paralisi della raccolta dei rifiuti - commenta la capogruppo di An, Alessia Rosolen -. A Trieste non si verificheranno le scene viste al Sud. Certo è che spiazzano i tempi dell’azione della magistratura. La solerzia che c’è stata al momento del sequestro delle due linee dopo gli sforamenti. non ha ugualmente accompagnato la ricerca della soluzione al problema. Eppure questa volta in gioco c’è il funzionamento di un servizio pubblico essenziale alla città. Spiace constatare - conclude Rosolen - ome, dopo la rapidità iniziale, i tempi abbiano finito per allungarsi notevolmente».
Ancora più allarmato sulle conseguenze del sequestro, disposto due settimane fa, il capogruppo dei Cittadini, Roberto De Carli. «Ci troviamo di fronte ad una vera emergenza - spiega De Carli -. Per questo mi sembra strano che la magistratura non abbia agito con la prontezza richiesta in questi casi. Non capisco questi ritardi: come mai non si è riusciti a rintracciare prima i tecnici in grado di eseguire le necessarie verifiche? Non posso credere che lo slittamento delle perizie al 12 marzo sia legato all’impossibilità, per un perito, di rendersi disponibile prima. Io ha lavorato in un’azienda privata in cui, se mancava un tecnico, se ne trovava un altro perchè la produzione non poteva essere rallentata. Mi meraviglia - conclude De Carli - che tale meccanismo non venga seguito anche in un caso delicato come quello dell’inceneritore».

Maddalena Rebecca

 

 

Wwf: «Noghere, bosco a rischio» - Una rara zona naturale diventerà rimessaggio per camper
 
MUGGIA Il Wwf di Trieste lancia l’allarme per la minacciata perdita di due preziosi lembi di antico bosco nella valle delle Noghere, a Muggia, che dovrebbero far spazio a un’area di rimessaggio per camper e roulotte. Si tratta di due lotti, alla destra orografica del torrente Ospo, in parte coperti da alcune migliaia di metri quadrati di bosco planiziale, nato millenni fa dal progressivo ritiro del mare dalla pianura padana. Dario Predonzan, responsabile territorio del Wwf regionale, in una nota, afferma: «In un rapporto del settembre 2006 la Stazione forestale di San Dorligo della Valle ha accertato che si tratta degli ultimi lembi esistenti in zona di bosco planiziale igrofilo (a prevalenza di frassino ossifillo e salice bianco), rarità assoluta per la provincia di Trieste».
Predonzan esprime preoccupazione anche per l’iter autorizzativo del progetto: «Nell'agosto 2006 la Regione aveva autorizzato, senza però consultare la Stazione forestale di San Dorligo, il disboscamento dell'area nelle Noghere, accettando la proposta della ditta per una ’’compensazione’’, in località Draga Sant’Elia. La Stazione forestale rileva, giustamente – dice Predonzan - l'inconsistenza della ’’compensazione’’, stante il valore assai minore della pineta artificiale rispetto a quel bosco».
L’area, secondo il Wwf, rientra inoltre nell'Iba (Important Bird Area) individuata nel 1998 in base alla direttiva europea sulla tutela delle specie di uccelli prioritarie, è soggetta a vincolo paesaggistico e dovrebbe far parte anche nell’ambito del futuro parco dei Laghetti delle Noghere.
Sulla questione è intervenuta anche la Soprintendenza, che il 1° febbraio scorso ha precisato che «non dovranno essere intaccati gli ambiti boscati citati». Posizione apprezzata dal Wwf, che stigmatizza però le decisioni regionali. Così Predonzan: «Hanno volutamente ignorato il grande valore naturalistico delle aree boscate nella valle delle Noghere. È un'ulteriore dimostrazione – commenta – dell'assurdità di norme regionali che consentono di distruggere aree boscate di grande valore naturalistico ’’compensandole’’ con interventi minori a chilometri di distanza. Ma è anche un nuovo esempio della noncuranza, da parte dei ’’tutori’’ regionali del paesaggio, per i valori naturalistici».
Il Wwf ha inviato una nota, per ribadire tali concetti e sollecitare anche una revisione delle norme regionali sulla tutela dei boschi, sia agli uffici regionali competenti, sia al Comune di Muggia, sollecitato a tutelare i boschi planiziali delle Noghere, e a rivedere il proprio piano regolatore. «L'area in questione, infatti – dice Predonzan -, è classificata D1 (Industriale di interesse regionale) nel Prgc di Muggia, ma lo stesso piano la inserisce, proprio per la presenza del bosco planiziale, nelle ’’Aree di interesse ambientale’’. Una contraddizione stridente, più volte rilevata anche in altre porzioni del territorio muggesano e che sarebbe ora di eliminare».
s.re.

 

 

Parte domani «Bus Pedone»: è il primo trasporto pubblico a misura di anziani e disabili - Un progetto pilota a Trieste attuato sulle linee 6, 9 e 10
 
Fermate munite di appositi rialzi per aiutare a salire e scendere dai bus. E nuovi posti auto riservati ai disabili proprio accanto alle fermate. Parte domani a Trieste il progetto Bus Pedone, il primo del genere a livello nazionale, studiato per facilitare l’utilizzo degli autobus alle persone che non possono o hanno difficoltà a muoversi a piedi. Il progetto è stato presentato ieri mattina nella sala matrimoni del Comune, e in questa prima fase di sperimentazione prevede l’apllicazione su tre linee bus, le linee 6, 9 e 10 «perché - è stato detto - si intersecano nel loro percorso e attraversano buona parte della città». Lungo il percorso di Bus Pedone sono state realizzate sette «fermate amiche» contraddistinte dal segnale giallo zebrato con il simbolo dei disabili a terra e da una tabella azzurra sulla palina di fermata. La linea 6, da Barcola a San Giovanni, conta tre fermate amiche: i due capolinea di Piazzale 11 settembre 2001 e Piazzale Gioberti e la fermata davanti al centro commerciale il Giulia. La fermata di via Giulia e il capolinea di Piazzale Gioberti sono comuni anche alla linea 9 che vede come «fermate amiche» anche il capolinea di Largo Irneri e la fermata di piazza della Repubblica, in entrambi i sensi di marcia, quest’ultima interseca la linea 10 che conclude il suo percorso con la «fermata amica» di via Valmaura davanti al distretto sanitario. In queste fermate l’autobus può accostare al marciapiede consentendo all’autista di far uscire la pedana mobile, premettendo quindi l’accesso all’autobus anche a chi è in carrozzella.
Vicino ai quattro capolinea, Largo Gioberti, Largo Ineri, Piazzale 11 settembre 2001 e via Valmaura sono stati aumentati gli stalli di sosta riservati ai disabili. In questa fase di sperimentazione è consigliato l’utilizzo degli autobus 6,9 e 10 nelle fasce «morbide» ovvero dalle 8.30 alle 11.30 e dalle 14 alle 18.
Il progetto Bus Pedone è nato nel 2003 da un emendamento del consigliere Alessandro Minisini. «Ho voluto lanciare una sorta di sfida ai servizi sociali del Comune – ha detto Minisini -: la verifica di cosa impedisse l’utilizzo dei mezzi pubblici ai disabili motori». Successivamente è nato un tavolo di lavoro che ha coinvolto l’area promozione e protezione sociale, i Lavori pubblici, la Pianificazione territoriale e la polizia municipale, la Provincia, l’Agenzia Mobilità Territoriale, la Trieste Trasporti e l’Associazione Nazionale guida legislazioni handicappati trasporti. «È con soddisfazione – ha esordito l’assessore comunale Carlo Grilli – che presentiamo il progetto Bus Pedone dedicato non solo alle persone diversamente abili ma a tutti i cittadini che hanno problemi di mobilità». «Questo nuovo approccio con il trasporto pubblico – ha detto l’assessore Maurizio Bucci - ha fatto emergere la professionalità della Trieste Trasporti su cui il progetto regge. L’orientamento dell’amministrazione è di continuare nella sperimentazione per favorire il movimento dei disabili, puntando a un riassetto dei parcheggi di superficie». Partner fondamentale in questa iniziativa è proprio la Trieste Trasporti: «Abbiamo preso parte al progetto Bus Pedone da subito – ha detto Roberto Gerin direttore d’esercizio della Trieste Trasporti -, abbiamo acquistato mezzi adeguati dotati di pedane e ad oggi in organico ce ne sono circa duecento, venti dei quali portano la sigla EEV e Trieste è la prima città in Italia ad aver in dotazione questi mezzi che hanno immissioni di gas inferiori a quelle euro 6». «Sono stati effettuati molti sopraluoghi – ha spiegato Giovanni di Giovanni dell’associazione disabili Anglat – ed è emerso che il problema non erano i mezzi di trasporto ma la carenza di pensiline accessibili.» «Abbiamo creato nuove infrastrutture per le fermate – ha sottolineato Davide Fermo dell’Azienda Mobilità Territoriale - con la dovuta segnaletica verticale e abbiamo prestato maggior attenzione all’accessibilità delle pensiline». «È un progetto importante – ha detto l’assessore provinciale Marina Guglielmi – e l’intenzione è quella di allargarlo ed estenderlo a tutta la provincia».
Roberta Mantini

 

Inventato il carica-carrozzelle  - Un’idea di Nonno Berto fatta propria dall’Associazione Azzurra

Uno scivolo per mettere la sedia a rotelle in auto - Il sistema messo a punto per aiutare un bimbo ricoverato al Burlo. La nuova struttura presentata dalla Confartigianato

Uno scivolo, che permette di far entrare, nel bagagliaio di una qualsiasi automobile, una carrozzella elettrica per disabili, dal peso di circa 150 chili. È questa l’ultima invenzione di Nonno Berto, al secolo Umberto Giona, non nuovo a interventi di questo tipo. «Qualche tempo fa, Alfredo Sidari, presidente dell’Associazione Azzurra, che si occupa di malattie rare – racconta Nonno Berto – mi chiese cosa si potesse fare per aiutare un ragazzo disabile, attualmente in cura all’ospedale infantile Burlo Garofolo, affinché si potesse collocare la sua carrozzina nell’automobile della madre».
«Ho messo in moto la mia immaginazione – prosegue Giona – cercando una soluzione e l’ho trovata. L’apparecchiatura – precisa l’artigiano inventore – consiste di tre pezzi. Uno, in acciaio, viene appoggiato, senza fissarlo, sul bordo basso dell’apertura posteriore della macchina. Su di esso – continua – vengono innestate, a cerniera, due rampe di alluminio, opportunamente sagomate. Una volta sistemata all’interno la carrozzina, salita sfruttando lo scivolo – conclude Umberto Giona – si disinnescano le due rampe, sistemandole, assieme alla barra in acciaio, all’interno della vettura».
Il classico uovo di Colombo, che Nonno Berto ha saputo realizzare. Anche in questo caso, il popolare artigiano triestino ha prestato la sua opera in maniera del tutto gratuita. Il materiale è stato acquistato dall’Associazione Azzurra. In passato, Nonno Berto, al quale è stata conferita anche la medaglia d’oro per la solidarietà, ha inventato e proposto la famosa pedana mobile, un sistema che garantisce ai pedoni, in attesa alle fermate degli autobus, di poter salire più agevolmente.
Per presentare l’apparecchiatura, la Confartigianato, che ha patrocinato l’intera operazione, ha organizzato una breve cerimonia, che si è svolta, con tanto di sperimentazione sul posto, in piazza della Borsa, davanti alla sede della Camera di commercio.
A rappresentare l’organizzazione di categoria degli artigiani c’erano Fulvio Bronzi e Gianfranco Trebbi, rispettivamente presidente e direttore della Confartigianato, oltre che consigliere comunale.
u.s.

 

 

L’Enel lancia un’offensiva in Spagna su Endesa  - il gruppo italiano acquista circa il 10% del capitale della società elettrica iberica

 

Dopo il tentativo naufragato di Gas Natural a Madrid entra in scena il colosso elettrico guidato da Conti: i riflessi in Friuli Venezia Giulia

MILANO L'Enel lancia l'offensiva spagnola: a sorpresa il gruppo guidato da Fulvio Conti ha dato ordine all'Ubs di acquistare circa il 10% del capitale di Endesa la società elettrica spagnola, preda ambita da tempo anche della tedesca E.On che ha lanciato un'opa da 41 miliardi sull'intero capitale. Conti potrebbe non fermarsi qui e puntare - secondo quanto riferiscono fonti di mercato iberiche - all'acquisizione di circa il 25% del capitale in più tranche.
Una lunga vicenda, quella delle Opa su Endesa (una prima era stata lanciata dalla spagnola Gas Natural, di recente ritiratasi, seguita da quella tedesca), che interessa anche il Friuli Venezia Giulia. Dal 2001 Endesa è infatti proprietaria della centrale elettrica di Monfalcone, acquistata proprio da Enel nella fase di privatizzazione. Inoltre Endesa è in corsa per la realizzazione di un rigassificatore offshore nel golfo di Trieste, progetto che si contrappone a quello di Gas Natural per un impianto a terra nella zona industriale triestina.
L'operazione dell'Enel si inserirebbe così in quella soluzione spagnola che lo stesso governo madrileno avrebbe da tempo allo studio per contrastare l'offensiva di E.on. E potrebbe fare da sponda ad una cordata più ampia auspicata dallo stesso ministro dell'industria di Madrid Joan Clos che vorrebbe il controllo di Endesa nelle mani di un gruppo di investitori guidato da Acciona, la società di costruzioni già presente nel capitale di Endesa con il 21%.
Il primo passo, intanto, è arrivato con l'Enel che ha messo sul piatto 39 euro ad azione, affidando l'incarico di acquisto di circa il 10% alla svizzera Ubs: un'operazione, quindi, che si aggirerebbe intorno ai 3,9 miliardi di euro. E che si sposerebbe alla perfezione con la politica di espansione all'estero del gruppo italiano che ha proprio nella Spagna - come ricordato anche recentemente in occasione della presentazione del preconsuntivo dei conti 2006 - uno dei principali obiettivi.
Il gruppo guidato da Conti, già presente nel paese con Viesgo, la genco acquisita qualche anno fa a cui fa capo il 5% della produzione elettrica spagnola, da sempre ha ribadito il proprio interesse ad una maggiore espansione nel paese. Ed è stata più volte indicata anche come possibile candidato all'acquisto degli asset che la stessa Endesa avrebbe dovuto cedere, per problemi di antitrust, nel caso in cui fosse andata in porto l'opa lanciata dalla connazionale Gas Natural (progetto poi naufragato).
La potenza di fuoco dell'Enel per nuove acquisizioni si aggira - come più volte lasciato intendere - sui 15 miliardi di euro senza impattare sul rating. Anche alla luce del progressivo calo dell'indebitamento finanziario che, a fine 2006, è sceso a 11,7 miliardi di euro, il 4,9% in meno rispetto al 2005.
Nel quartier generale del gruppo elettrico, a Roma, le bocche intanto restano cucite e fonti della società si trincerano dietro un anglosassone 'no comment'. Così come nella sede madrilena di Endesa da dove arriva un commento analogo.
L'ipotesi di un'interesse diretto dell'Enel per Endesa era già circolato nei mesi scorsi e si erano intensificate in autunno. La notizia oggi è stata però rilanciata dal sito on line spagnolo El Confidential che aveva ipotizzato l'acquisto, a stretto giro, di una quota tra il 5% ed il 10% da parte dell'Enel.

 

 

Rigassificatore di Brindisi: «Inammissibile il ricorso»
 
Il Tribunale del riesame di Brindisi ha dichiarato inammissibile, per vizio di legittimità, il ricorso presentato dai legali della Brindisi Lng contro il sequestro dell'area di Capo Bianco in cui è prevista la realizzazione di un rigassificatore. I giudici avrebbero rilevato il vizio di legittimità nel fatto che il mandato ai legali sarebbe stato conferito solo dal presidente della Brindisi Lng, Armando Henriques, e non dal consiglio di amministrazione della stessa società.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI',  27 febbraio 2007

 

Inceneritore, riattivate le linee 2 e 3  - Ora bruciano gasolio, presto saranno caricate di rifiuti in base al dissequestro condizionato

 

Oggi a mezzogiorno l’udienza in cui il pm Maddalena Chergia nominerà i tre periti che monitoreranno i valori di diossina

Giovedì un vertice tecnico a Gorizia per valutare l’eventuale proroga oltre il 5 marzo delle 120 tonnellate di immondizie triestine oggi dirette alla discarica cormonese di Pecol dei Lupi. - Sono tornate a bruciare gasolio, in attesa di ricominciare anche con i rifiuti, le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera, spente dopo il sequestro disposto lo scorso 14 febbraio dal pm Maddalena Chergia, titolare dell’indagine sul superamento delle concentrazioni di diossina a carico dell’impianto gestito dall’AcegasAps.
I tecnici della multiutility - i cui vertici hanno confermato, ieri, la linea del silenzio stampa - stanno infatti ultimando le procedure di manutenzione e preriscaldamento delle due linee secondo le tappe del dissequestro condizionato concordate la scorsa settimana dai legali dell’azienda triestino-padovana e dalla procura della Repubblica. Ne consegue che, in chiave teorica, le due linee inibite da quasi due settimane potrebbero essere pronte a «digerire» nuovamente immondizie fin dalle prossime ore, dopo che si sarà conclusa a Foro Ulpiano l’udienza in cui il pm Chergia nominerà uficialmente i tre periti chiamati a monitorare le emissioni dell’impianto di via Errera. Sarà proprio il collegio dei tre esperti - uno dei quali si sa essere, con ogni probabilità, il chimico Mauro Sanna, dell’Arpa del Lazio, già impegnato nelle perizie dell’anno scorso sul terrapieno di Barcola - a definire tempi e modalità della riattivazione dell’inceneritore. Appare probabile, a questo proposito, che le linee 2 e 3 possano riprendere a bruciare rifiuti secondo quantitativi crescenti fino a raggiungere, presumibilmente nell’arco di una settimana, il pieno regime operativo. Questo per consentire ai periti stessi di valutare al meglio quello che si può paragonare, mutuando i termini dal gergo medico, l’elettrocardiogramma di un cuore sotto sforzo.
Un simile scenario, di fatto, potrebbe anche allontanare la necessità di continuare ad «esportare» le attuali 120 tonnellate al giorno di immondizie triestine verso la discarica cormonese di Pecol dei Lupi, perché queste servirebbero proprio ad alimentare le bocche di fuoco delle due linee da tenere sotto controllo. Il problema dello smaltimento dei rifiuti a tempo determinato, semmai, si ripresenterebbe più avanti, a monitoraggio concluso, qualora l’esito della perizia rivelasse eccessive concentrazioni di diossina, confermando così il sequestro del 14 febbraio.
In attesa dell’udienza di oggi a Foro Ulpiano, con la conseguente stesura di una «scaletta» operativa da parte degli esperti nominati dalla procura, le Province di Trieste e Gorizia, assieme alle rispettive multiservizi AcegasAps e Iris, si tengono comunque pronte a discutere le modalità di un’eventuale proroga al trasferimento delle 120 tonnellate quotidiane di immondizie a Pecol dei Lupi oltre la data prefissata del 5 marzo, su cui la controparte isontina ha già espresso una disponibilità di massima «ancora per una settimana o due».
«Prendiamo atto con soddisfazione di tale disponibilità politica e di principio», rileva l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi, che segue l’emergenza per conto di Palazzo Galatti. «Ora - aggiunge - si tratterà di valutare i termini dell’eventuale proroga dal punto di vista prettamente tecnico, anche alla luce di come procederà da domani (oggi, ndr), in base all’udienza di nomina dei periti, il dissequestro condizionato delle linee 2 e 3 dell’inceneritore». Non a caso - fa sapere ancora la Barduzzi - il presidente della Provincia Enrico Gherghetta ha convocato per giovedì prossimo alle 10.30, nella sede dell’ente isontino, un vertice cui sono stati chiamati a partecipare sia i tecnici della Provincia di Trieste sia quelli dell’AcegasAps.
All’ordine del giorno, oltre alla richiesta di proroga venuta dal fronte triestino, anche la controproposta isontina di «sondare» possibili alternative per il trasferimento delle ceneri prodotte dall’impianto di via Errera verso altre discariche diverse da Pecol dei Lupi.
«In questo caso - aggiunge l’assessore della giunta Bassa Poropat - l’iter formale è lo stesso già utilizzato per i rifiuti solidi, con richieste ufficiali da parte nostra alle altre tre province del Friuli Venezia Giulia. Qualora non ottenessimo alcuna risposta positiva (uno spiraglio pare poter restare aperto dalla discarica udinese Exé, ndr), dovremmo chiedere alla Regione di attivare un’apposita procedura d’urgenza».
La Barduzzi, infine, in un’ottica di lungo periodo, avanza ad AcegasAps la proposta di un nuovo impianto di stabilizzazione, ovvero di una discarica «dedicata» dove depositare temporaneamente i rifiuti urbani in attesa di farli bruciare nell’inceneritore di via Errera,con l’obiettivo di scongiurare il rischio che un domani si possa ripresentare, per qualsiasi motivo, un’altra caccia frenetica, se non disperata, a siti alternativi in grado di stoccare le immondizie triestine.
«Una volta superata l’attuale emergenza - spiega infatti l’assessore provinciale - si potrebbe pensare che l’AcegasAps possa dotarsi in futuro di un impianto di stabilizzazione al quale ricorrere nel momento in cui l’inceneritore non dovesse funzionare a pieno regime, magari per delle semplici operazioni di manutenzione. Così i rifiuti, nel periodo di stand-by, anziché finire necessariamente in discariche lontane, potrebbero venir accumulati in un sito vicino per poi essere bruciati una volta riavviato l’impianto».

Piero Rauber

 

 

Polveri, il sindaco contrattacca  - Dipiazza: «I poteri forti non vogliono vedere chiusa la Ferriera»
 
Già nei giorni scorsi aveva attaccato a testa bassa, precisando di non volere «accusare nessuno» ma chiedendosi perché alla Ferriera non fosse stato riservato «lo stesso trattamento» di quello che la magistratura ha osservato nei confronti dell’inceneritore. Ieri il sindaco Roberto Dipiazza è tornato alla carica contro il paragone - del tutto improprio, secondo la sua opinione - tra inceneritore e Ferriera. E ha additato per l’ennesima volta l’urgenza di chiudere lo stabilimento siderurgico. Chiamando indirettamente in causa anche la Regione. E accusando i «poteri forti» che «non vogliono vedere chiusa» l’impianto di Servola.
Dal mondo ambientalista alcune voci nei giorni scorsi hanno espresso il dubbio che la causa degli imbrattamenti registrati nel corso degli anni a Servola sia da ricercare non soltanto nella Ferriera, appunto, ma anche nell’inceneritore. «Ebbene, da giorni ormai l’impianto di via Errera lavora al 33 per cento della sua potenzialità: vi invito ad andare a Servola per verificare la situazione» in materia di polveri ed emissioni, ha detto Dipiazza durante una conferenza stampa: «E allora, a chi va addebitato tutto questo? Alla Ferriera». La Ferriera alla quale è consentito di arrivare al valore-limite di 0,4 nanogrammi per metro cubo, mentre per l’inceneritore - ha ribadito Dipiazza - la soglia da non oltrepassare è dello 0,1.
Chiudere lo stabilimento, allora. Anche se prima di poterlo fare va risolto il problema dei «650 operai» da ricollocare, ha detto Dipiazza. Ma il sindaco ha anche fatto leva su una dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi dall’assessore regionale all’ambiente Gianfranco Moretton: quest’ultimo aveva dichiarato che in assenza di interventi finalizzati alla riduzione dell’inquinamento resta valido il protocollo firmato nel 2002 da vari enti, che prevede la chiusura dello stabilimento nel 2009. «Moretton è una persona seria», ha chiosato Dipiazza ricordando come altri esponenti del centrosinistra vogliano «mantenere aperto lo stabilimento».
Al primo cittadino intanto risponde l’assessore regionale Roberto Cosolini, che assieme al collega Enrico Bertossi segue da anni la vicenda dello stabilimento servolano. «Moretton ha ribadito ciò che la Regione ha sempre sostenuto: servono tre condizioni per ridiscutere l’intesa del 2002 sulla Ferriera, e si tratta di qualità dello sviluppo industriale, significativo miglioramento della compatibilità ambientale, miglioramento della sicurezza interna. Abbiamo preso l’impegno di verificare entro maggio se queste tre condizioni si realizzino o meno: da questo saremo conseguenti. La posizione della Regione è una sola - contrattacca Cosolini - anche se mi rendo conto che al sindaco sembri strano che un’amministrazione abbia una posizione unica, visto che ogni secondo giorno assistiamo a vistose contraddizioni dentro l’amministrazione e la maggioranza comunale. Saremo comunque lieti di avere il sindaco partecipe» quando a maggio la Regione tirerà le somme, chiude Cosolini, «per un’occasione di confronto di merito su dati oggettivi».
p.b.

 

 

Discariche abusive in crescita  - Dai copertoni ai mobili alle lavatrici, lungo le strade si trova di tutto - I materiali abbandonati non solo in periferia
 
Per arginare il fenomeno la multiutility ha attivato cinque centri di raccolta nei quali si possono portare gratuitamente anche oggetti ingombranti
Elettrodomestici, copertoni d’automobile, mobili e televisioni. Sono solo alcuni degli oggetti che si possono trovare nelle pile di rifiuti abbandonati in diverse zone di Trieste. Nonostante la possibilità di portare gratuitamente i rifiuti nei centri di raccolta o di chiedere il ritiro a domicilio, diverse persone continuano a gettare per strada qualsiasi cosa, rischiando anche di essere multati.
Percorrendo la Statale 202 è impossibile non notare cumuli di mobili vecchi, elettrodomestici e perfino sedili di automobile abbandonati nelle piazzole a margine della strada. A pochi passi dall’area di servizio si trova quanto rimane di una cucina, con tanto di scolapiatti e cappa aspirante, accanto alla quale è stata scaricata anche una poltrona di pelle. Non distante, quattro porte in legno sono appoggiate ad una lavatrice, dietro la quale fa capolino un divano.
Non si salva dall’inciviltà nemmeno l’area verde intorno a viale al Cacciatore. Passeggiando in quella che è una delle poche zone verdi cittadine fruibili dai triestini, si vedono elettrodomestici e sacchi dell’immondizia abbandonati senza alcun riguardo al limitare della carreggiata o spinti lungo il fianco della collina. Quasi incredibile, poi, la situazione di Strada per Cattinara, dove divani, televisori, vecchi mobili ed elettrodomestici sono abbandonati a pochi passi dal punto di raccolta dei rifiuti ingombranti di AcegasAps, proprio sotto il cartello indicante il «divieto di scarico».
I rifiuti non vengono, però, lasciati solo in zone di scarso passaggio o periferiche. Sporgendosi oltre la ringhiera del parcheggio di piazzale Europa ci si accorge di quello che è ormai diventato un vero e proprio deposito di copertoni usati e immondizia di qualsiasi genere, tra cui televisori, sedie di plastica, batterie esauste e lavatrici.
Sul territorio provinciale di Trieste il servizio di controllo e di rimozione delle discariche abusive, assieme a quello di smaltimento dei rifiuti in generale è affidato ad AcegasAps. Interrogati sull’attuale situazione di degrado ambientale di alcune zone, i portavoce dell’ex municipalizzata non forniscono chiarimenti limitandosi a dichiarare: «Per quanto riguarda le discariche abusive onoriamo i rapporti contrattuali dal Comune».
AcegasAps proprio per evitare l’abbandono dei rifiuti fuori dalle aree consentite e permettere la raccolta differenziata ha attivato sul territorio del Comune cinque centri di raccolta dei rifiuti, nei quali i cittadini possono portare gratuitamente anche oggetti ingombranti. I centri di Strada per Cattinara 2/1 (tel. 040.396097), via Valmartinaga 10 (tel. 040.4526337), Strada per Vienna 84/a (tel. 040.212368) e via Carbonera 3 (tel. 040.772688), sono aperti tutti i giorni lavorativi dalle 7 alle 19, fatta eccezione per l’ultimo che è operativo anche la domenica, dalle 9 alle 12. La struttura di via Giulio Cesare 10 è invece in funzione da lunedì a sabato, dalle 6 alle 18. Per quanto riguarda gli altri Comuni della provincia, un centro di raccolta si trova a Duino Aurisina (tel. 040.200285) ed è aperto lunedì, martedì e venerdì, dalle 14 alle 17 e sabato dalle 8 alle 15. I residenti di Muggia possono portare i loro rifiuti ingombranti, invece, al punto di raccolta in Strada per i laghetti di Noghere, che è operativo lunedì dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 17, mercoledì e venerdì dalle 14 alle 17 e sabato dalle 8 alle 12. È inoltre possibile chiedere il ritiro gratuito a domicilio degli oggetti in disuso.
Chiamando il numero 040.572122 si può concordare con il personale di AcegasAps la data del passaggio della squadra tecnica, che preleva gli oggetti ormai inutili direttamente dal portone o dall’abitazione dei cittadini. Per poter usufruire di questo servizio, però, i rifiuti non devono superare il metro cubo di volume.
Mattia Assandri

 

 

Giornata antismog, Nuovo Psi: «Il Comune è insensibile»
 
«La decisione del sindaco Dipiazza di considerare inutile il blocco della circolazione proclamato a livello nazionale a che ha visto l'adesione degli altri capoluoghi di provincia della regione - afferma il segretario provinciale del Nuovo Psi Alessandro Perelli - dimostra che il problema della difesa dell'ambiente viene vissuto dal primo cittadino più come una sparata elettorale che come un’esigenza di salvaguardia. Non si può infatti richiedere da una parte la chiusura della Ferriera e manifestare dall'altra questa palese insensibilità verso lo sforamento dei limiti tollerati per le polveri sottili. Per non parlare delle critiche verso chi, in presenza di livelli di diossina pericolosi, ha ritenuto giustamente di bloccare l'attività dell'inceneritore».

 

 

Blocco del traffico, la Provincia critica Dipiazza e Bucci
 
«Trieste è stato l’unico capoluogo di provincia della Regione a non aderire alla giornata del blocco del traffico adottata in tutto il Nord Italia. Una scelta che dimostra lo scarso interesse del sindaco e dell'assessore Bucci rispetto al problema dell'inquinamento e alla tutela dell’ambiente». È la pesante accusa rivolta dalla Giunta provinciale all’esecutivo comunale. «E' ovvio - continua l’amministrazione di palazzo Galatti - che con una giornata di blocco non si possono risolvere i problemi del traffico e dello smog. Tuttavia rifugiarsi, come è avvenuto in questa occasione, dietro l'affermazione «aderire alla giornata ecologica è solo demagogia», non è certo un buon esempio di responsabilità verso il bene collettivo. Le istituzioni hanno sia il compito di risolvere i problemi sia quello di promuovere comportamenti collettivi che possano incidere sul miglioramento della vita nelle città. Durante l'amministrazione Illy - conclude la giunta provinciale - il Comune aveva aderito sempre alla giornate ecologiche con risultati più che positivi: le domeniche ecologiche di blocco del traffico avevano infatti sensibilizzato la gente sui temi dell'inquinamento».

 

 

Ferrara: inquinamento, troppe omissioni - L’ex assessore all’ambiente denuncia strani episodi all’epoca del suo mandato
 
Che lo studio realizzato dall'Institut de veille sanitaire, secondo il quale la vicinanza agli inceneritori favorirebbe l'insorgenza dei tumori, sia applicabile anche a Trieste o meno è tutto da dimostrare. Resta un dubbio: chi controlla le emissioni di sostanze inquinanti nell'aria? «Fino al 31 dicembre 2006 la competenza per il controllo dei fumi spettava alla Regione, che aveva imposto come limite massimo per le emissioni di diossina la soglia di 0,4 nanogrammi per metrocubo, un valore quattro volte superiore a quello stabilito per gli inceneritori a livello nazionale» spiega Maurizio Ferrara, ex assessore comunale all'ambiente.
Ora il controllo è passato alla Provincia di Trieste che si avvale dell'Arpa, Agenzia regionale per l'ambiente, come primo organismo. «Le rilevazioni dell'Arpa venivano effettuate solo due volte l'anno» annota Ferrara il quale, durante il suo mandato da assessore, aveva chiesto il rinnovo della convenzione con il Cigra (Centro interdipartimentale per le rilevazioni ambientali).
«Quando venne scoperta la diossina emessa dalla Ferriera di Servola - prosegue Ferrara - imposi alla Regione che il controllo dei campioni venissero ripetuti ogni mese e senza preavviso». In quell'occasione accadde un fatto inquietante: le rilevazioni effettuate da Arpa e Cigra divergevano e la fialetta del campione prelevato dal Cigra era andata rotta. Ferrara solleva un altro fatto. «Il 22 marzo 2006 mi ero rivolto al dott. Rotelli dell'Ass per visionare il Registro Tumori. Mi era stato risposto che il registro era in possesso dell'Agenzia regionale della Sanità a Udine, ma la lettera di richiesta inviata al suo direttore generale, Gino Tosolini, non ha mai ricevuto risposta».
c. bu.

 

 

Verdi: «Rifiuti, è ora di cambiare» - Se ne parlerà in un incontro pubblico organizzato a Servola per giovedì sera
 
«L’emergenza rifiuti che sta vivendo Trieste - sostengono i Verdi - dev’essere l’occasione per cambiare decisamente marcia ed avviare politiche ispirate alla strategia delle ”5 R” (riduzione, riuso, riparazione, riciclo e ricerca) per garantire ai cittadini un ambiente meno inquinato e in prospettiva anche una tariffa sui rifiuti più leggera».
Sono alcune fra le tracce da cui partirà l’incontro pubblico «La salute dell’aria e la salute dei cittadini», in programma giovedì sera dalle 20 al circolo Ivan Grbec in via di Servola 125. Interverranno l’oncologo Renzo Tomatis, Pierluigi Barbieri dell’Università di Trieste, Marino Sossi della Cgil-Fp e gli esponenti dei Verdi Alessandro Metz e Alfredo Racovelli, rispettivamente consigliere regionale e comunale.
«A Trieste - si legge nel comunicato di presentazione dell’incontro di giovedì - la raccolta differenziata raggiunge appena il 15% e questo dato pone la nostra città in coda fra le città del Centro-Nord Italia, con Lecco al 54%, Torino al 36%, Lucca e Siena oltre il 39%, Prato e Pistoia al 35%. Quanto ai termovalorizzatori, detti anche inceneritori con recupero energetico, è bene ricordare che si tratta di impianti che bruciano Cdr (combustibile derivato dai rifiuti) per produrre energia elettrica. Fino ad oggi in Italia i termovalorizzatori hanno impropriamente goduto degli incentivi previsti per le ”fonti rinnovabili”, senza esserlo, ma in futuro non sarà più così. Nei termovalorizzatori il recupero energetico è molto scarso, circa il 20% del calore contro il 37% di una vecchia centrale elettrica a olio combustibile come quella di Monfalcone o il 55-57% di una centrale a turbogas con cogenerazione».

 

 

Trieste città a rischio per i pedoni: ecco le cinque strade più pericolose - Rinnovati i vertici del Coped, l’associazione affiliata alla federazione italiana Camminacittà
 
Trieste capitale degli incidenti, dei quali sono spesso vittime i pedoni. In città inoltre ci sono 70 chilometri di marciapiedi e il 90 per cento delle fermate dei bus occupate abusivamente. Sono queste le denunce formulate dal Coped – Camminatrieste, associazione per la tutela dei pedoni affiliata a Camminacittà, Federazione italiana per i diritti del pedone e per la salvaguardia dell’ambiente, che ha da poco concluso l’assemblea elettiva. «Trieste è una delle città più pericolose per chi va a piedi – ha detto Sergio Tremul, riconfermato nella carica di presidente – e siamo in grado di indicare i punti più a rischio. Si tratta della via dell’Istria, in particolare del tratto che attraversa Campo San Giacomo, della via Flavia, soprattutto in corrispondenza dello stadio, di tutto il viale Miramare, della strada del Friuli e della via Nazionale, che porta a Opicina. Questi sono i cinque luoghi nei quali è pericoloso transitare, sia a piedi che in automobile – sottolinea Tremul – a causa dell’indisciplina degli automobilisti, della velocità dei mezzi in transito, sia a due che a quattro ruote». «Ma le critiche vanno anche a quei genitori che pensano di avere il diritto di occupare i marciapiedi, in prossimità degli edifici scolastici – aggiunge – per portare i loro figli in classe. Il fenomeno è molto pericoloso e diffuso». Tremul ce l’ha anche con i pubblici amministratori della città «che hanno isolato Trieste dal contesto del Nord Italia, che domenica ha adottato il divieto di circolazione delle auto private – prosegue – per lanciare un messaggio contro lo smog». Il Coped sta organizzando una serie di iniziative in occasione della settimana europea della sicurezza stradale, che si svolgerà dal 22 al 29 aprile. L’assemblea, oltre a riconfermare Tremul, ha eletto Margherita Hack presidente onoraria, Carlo Genzo, Isabella Flego e Andrea Vatta vicepresidenti, Giovanni Micuglia amministratore e consiglieri Maria Corona, Marina Paronuzzi, Caterina Dolcher, Erica Sancin, Adriana Corti, Umberto Giona, Rosa Antonucci, Walter Bastiani, Luciana Crisma, Dario Papagno, Daniele Furlan. Invitati permanenti sono Renato Kneipp, esponente dei sindacati e Stefano Seppi, rappresentante dei dipendenti della Trieste trasporti.
u.s.

 

 

Amianto-killer in casa: eseguite 785 rimozioni

 

Trieste, la città che sopporta le più alte conseguenze per l’esposizione all’amianto dovuta al suo fiorente passato di centro produttore nella navalmeccanica (il 65 per cento dei morti di mesotelioma di tutto il Friuli Venezia Giulia, il restante 30 pende sulla cantieristica di Monfalcone) è ancora piena di questa velenosa sostanza ormai da decenni messa al bando.
L’Azienda sanitaria lo scorso anno ha seguito ben 785 piani di lavoro per lo smaltimento di amianto, che in 657 casi era in forma compatta (eternit, per esempio) e in altri 128 friabile, e ha fatto 215 sopralluoghi. Case ristrutturate, caldaie, coperture di tetti, coibentazioni, residenze private e uffici: l’amianto si trova ancora dappertutto. Discariche in regione non ce ne sono, e materiale va in Veneto o all’estero.
E mentre nuove iniziative potrebbero essere varate a breve per agevolare coloro che sono iscritti al «Registro esposti amianto» o la cui esposizione è documentata presso vari enti, il Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria e la Prefettura hanno licenziato un altro importante documento che mira alla protezione reale dei lavoratori soprattutto nelle piccole aziende, quelle finora meno vincolate a certificare ufficialmente la valutazione dei rischi per i dipendenti. Le associazioni di categoria hanno accettato il patto.
Esso mette nuovi paletti di salvaguardia: i datori di lavoro hanno adesso un preciso formulario da compilare in materia di sicurezza sui posti e processi produttivi. Una delle voci sotto controllo è l’amianto, il killer riconosciuto. Ma ve ne sono naturalmente moltissime altre, che fanno riferimento alla legge 626.
Finora per le imprese piccole, fino a 10 dipendenti, che a Trieste sono circa 800, era sufficiente una autocertificazione generica con la quale il proprietario o legale rappresentante dichiarava di aver verificato le situazioni di rischio. Una sorta di burocratico adempimento che spesse volte risultava vuoto di contenuti. Da qui, spesso, infortuni sul lavoro perché gli operai «non» erano stati informati, e guai giudiziari per il datore di lavoro, il quale non era in grado di dimostrare quali azioni di prevenzione avesse effettivamente messo in campo.
Ora, ferma restando l’autocertificazione, il documento da firmare sarà dettagliato voce per voce, e il responsabile avrà obbligo di conservare in azienda tutta la documentazione relativa alla valutazione del rischio, il che automaticamente dovrebbe diventare anche un processo di prevenzione più concreto.
In più, lo stesso dipartimento dell’Azienda sanitaria ha concordato con la Prefettura un censimento in tutte le piccole aziende per verificare che sia rispettato l’obbligo di avere un responsabile per la sicurezza, come previsto dalla legge 626.
Tra i rischi che il datore di lavoro deve valutare nella nuova autocertificazione c’è, come detto, il rischio da esposizione a polveri di amianto, ma anche l’esposizione al rumore, il rischio di incendio, l’esposizione ad agenti chimici, a vibrazioni, ad agenti cancerogeni, nonché il rischio per le donne in gravidanza, per la movimentazione dei carichi. Attenzione speciale ai lavoratori «migranti» e a quelli «somministrati» e «atipici».

Gabriella Ziani

 

 

Val Rosandra, Sirovich: «Dalla Regione in 6 anni nessuna ipotesi operativa»
 
Il geologo triestino replica alle critiche dell’assessore Sonego sul Corridoio 5: «Con la soluzione prospettata finora, passare sotto il torrente è l’unico percorso possibile» Nuove reazioni nel dibattito che vede protagonista la Val Rosandra nel progetto di costruzione del Corridoio trans-europeo 5. Dopo le critiche dell’assessore regionale ai trasporti Lodovico Sonego allo studio realizzato dal geologo dell’Ogs Livio Sirovich, arriva oggi la replica dell’autore della ricerca: «Concordo con Sonego quando afferma che il percorso fra Trieste e Divaccia non è stato ancora fissato e che queste non sono questioni da progettare al bar - afferma Livio Sirovich -. Tuttavia, sono almeno 6 anni che la Regione dice e scrive che il Corridoio 5 deve passare in sotterraneo a fianco dell’attuale stazione di piazza della Libertà e questo ha precise conseguenze sullo sviluppo ulteriore del tracciato».
Secondo Sirovich, «dati i raggi minimi in curva per l’alta velocità (3,7 chilometri), le pendenze massime ammesse (17 metri a chilometro) e il punto di uscita delle gallerie (circa 750 metri a est di Divaccia, a quota 435-440 metri sul mare), la linea deve seguire traiettorie a geometria vincolata: non si può evitare di superare la Val Rosandra o la piana di Zaule e il territorio di San Dorligo. Possibile che in oltre sei anni di parole sul Corridoio 5 non si siano ancora individuate ipotesi operative?» aggiunge il geologo, che invita l’assessore a «non nascondersi dietro a un dito». Per quanto riguarda il disegno con l’attraversamento della Val Rosandra riprodotto dal giornale, questo «rappresenta la semplice trasposizione su carta dell’unico tracciato reso pubblico dentro e fuori dai bar - spiega Sirovich -. Insomma, si tratta della cosiddetta variante ”M”, i cui dati essenziali sono anche alla base dell’attuale progetto Interreg». In questo contesto, secondo lo studioso, «le soluzioni possibili sono molto vincolate». A intervenire nel dibattito è anche Dario Predonzan, responsabile regionale del Wwf: «Grazie a Sirovich sono emersi, una volta di più, gli enormi difetti di progettazione della linea ad alta velocità sul territorio carsico, noti fin del maggio 2003, quando fu presentato il progetto preliminare per la Ronchi-Trieste». Per Predonzan, «non a caso nel 2005 questa procedura è stata di fatto interrotta dal parere negativo del Ministro per i beni culturali e dal parere di una Commissione speciale del ministero dell'ambiente che al suo tempo aveva sottolineato come «la realizzazione di gallerie profonde nelle formazioni carsiche pone l’attenzione sulla tutela delle risorse idriche sotterranee e inoltre non fornisce garanzie, sia sulla fattibilità dell’operazione, che sui rischi e sull'indeterminazione dell’onere economico che ne deriva». In questo contesto, aggiunge Predonzan, «nel settembre 2004 la giunta regionale aveva invece dato parere favorevole sull'impatto ambientale del progetto. Il che spiega l'affanno odierno dell'assessore Sonego. In più – conclude - a fine 2005 la giunta dovette prendere atto a malincuore che il progetto della Ronchi-Trieste andava rivisto. A tutt'oggi, però, non è stato però ripresentato».
g. p.

 

 

MUGGIA Porto San Rocco, la collinetta rimane - Il Tar ha dato ragione alla società contro gli enti che ne avevano chiesto la distruzione per testare l’inquinamento

 

La vicenda era iniziata due anni fa, a seguito di un esposto degli ambientalisti

Sotto il «Parco delle vele» sono conservati sarcofagi sigillati contenenti terra «sporca»

La collinetta artificiale di Porto San Rocco rischiava di dover essere smantellata per procedere alle analisi dei terreni posti al di sotto dei sacchi sigillati contenenti materiali inquinati. La richiesta era stata avanzata da una recente conferenza dei servizi, ma è stata impugnata dalla società davanti al Tar, ottenendone l’annullamento.
È un altro tassello dell’intricata e lunga vicenda delle analisi di ciò che si trova nei terreni, nei fondali e nella collinetta del porto turistico muggesano.
Nel suo complesso la vicenda della ormai famosa collinetta di Porto San Rocco (nota anche come «Parco delle vele»), è nata quasi due anni fa, da un esposto dell’associazione Amici della Terra che essendo a conoscenza (per ammissione della stessa proprietà del porto) della presenza sotto la collinetta artificiale di un sacco ermetico contenente la parte più inquinata dei terreni (quasi 17 mila metri cubi) scavati all’epoca della costruzione del «marina», avevano persino chiesto il sequestro e la bonifica del rilevato.
Ne era seguita una lettera del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Udine che sollecitava il Comune ad intervenire. Nel settembre 2003 è iniziata così una fase di monitoraggio della collinetta, con piezometri e carotaggi, al fine di giungere al piano di caratterizzazione, ovvero a quella organizzata serie di dati che è propedeutica a una eventuale bonifica.
I sondaggi allora non hanno riguardarono solo l’area attorno alla collina (i pozzetti di controllo della tenuta del sacco ermetico erano risultati puliti), ma anche altre zone del porto muggesano, come la zona più a Ovest, vicino ai terreni dove ora si stanno costruendo le nuove case, e l’area residenziale. La decisione di estendere le verifiche aveva l’esatto scopo di avere infine un quadro complessivo dei terreni e delle sostanze inquinanti presenti.
La presentazione dei punti di analisi aveva portato poi a un paio di richieste di integrazioni, come ad esempio la verifica della situazione a mare e ulteriori controlli interni alla collinetta medesima. E le ultime analisi effettuate per il piano di caratterizzazione sono state vagliate nel settembre 2006 dalla conferenza dei servizi, che raccoglie vari enti preposti alla tutela in materia ambientale, convocata dalla Regione.
La conferenza ritenne insufficienti i rilievi relativi ai terreni attigui alla collinetta coi sarcofagi (che, peraltro, erano stati fatti in base ad una maglia di campionamenti concordata con l’Arpa), e prescrisse di «integrare la caratterizzazione con quella del sito ove attualmente sono depositati i rifiuti, successivamente alla loro rimozione nel rispetto delle norme vigenti in materia».
Insomma, si sarebbe dovuto smantellare l’intera collinetta per studiare che cosa esattamente c’è sotto. Una prescrizione pervenuta a Porto San Rocco lo scorso dicembre. Ma che il porto turistico ha impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale, con una richiesta (almeno) di sospensiva.
Tra le motivazioni si citavano «eccesso di potere, carenza di istruttoria e violazione del principio di adeguatezza-proporzionalità». La società infatti, tra l’altro, ha ritenuto eccessivo dover spendere una cifra compresa tra i 3,4 e i 6,6 milioni di euro per delle analisi che si sarebbero potute fare ad esempio, sosteneva, con dei carotaggi obliqui, laterali alla collinetta, meno invasivi e meno costosi.
Il Tar le ha dato ragione. Con una sentenza in via breve, emessa venerdì scorso, ha accolto la richiesta di Porto San Rocco, riconoscendole le motivazioni addotte, e quindi salvando la collinetta artificiale.
Sergio Rebelli

 

 

Energia: una rete transfrontaliera  - Nasce un piano di cooperazione nei settori dell’agroindustria e delle fonti rinnovabili
 
TRIESTE Valorizzare in chiave economico-culturale un ampio territorio transnazionale, seguendo la linea che corre da Cherso al Carso, attraverso progetti di cooperazione sostenuti da attività di ricerca nei settori dell’agroindustria, dell’energia rinnovabile e della zootecnia, che coinvolgano soprattutto i giovani. È questo l’obiettivo di alcune amministrazioni locali della Regione - Muggia, Monfalcone, Gorizia, Cividale e Prepotto – che hanno deciso di fare squadra per costruire la parte italiana di una rete transfrontaliera assieme ad altri centri sloveni e croati, tra cui Capodistria, Nova Gorica, Tolmino e Fiume. Le diverse realtà locali, grazie alla collaborazione delle università di Trieste, Udine, Klagenfurt, Lubiana, Nova Gorica e Zagabria, nonché di Area Science Park, dell’Apat (Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente) e del centro specialistico “Ferrara Ricerche”, si stanno quindi organizzando per dar vita a una rete in cui vengano favorite le attività formative giovanili, incentrate in particolare sulla creazione nel territorio di micro-laboratori per il monitoraggio e lo studio degli ambienti naturalistici alpini, fluviali e marittimi. Ma anche sul coordinamento di attività di ricerche mirate, sul rilancio delle zone rurali, le energie rinnovabili, le produzioni tipiche, il reimpianto di specie animali autoctone, e infine sulla produzione di strumenti conoscitivi e divulgativi. L’obiettivo finale è mattere insieme le forze e fare sistema per valorizzare una zona, quella che dall’Istria risale lungo le Alpi orientali, le Valli del Natisone, Judrio, Torre e il corso dell’alto Isonzo, che rappresenta la spina dorsale della nuova euroregione. Si tratta di una serie di iniziative, alcune delle quali già avviate di recente, ma in buona parte in fase di realizzazione.
Ed è proprio per delineare i contorni di questa sinergia tra amministrazioni locali, realtà accademiche ed enti di ricerca, che negli scorsi giorni il Circolo di cultura istro-veneto “Istria” e l’associazione Carta di Cividale hanno organizzato il convegno «L’Euroregione e i giovani – un laboratorio interculturale e progetti», svoltosi a Cividale, con la collaborazione dell’Istituto Eurispes Fvg, del Centro turistico giovanile, del Forum delle associazioni del turismo sociale e della Banca Popolare Friuladria.
e.c.

 

 

Croazia, ha successo la raccolta delle carcasse d’auto
 
FIUME In Croazia sempre meno carcasse d’auto all’aperto, specie nei centri urbani, nei boschi, nelle discariche abusive, in mare, nei laghi e nei corsi d’ acqua. Da quando nel Paese è entrata in vigore la disposizione sulla raccolta di veicoli dismessi, e parliamo del 29 gennaio scorso, sono state consegnate ai centri autorizzati 839 macchine, che in caso contrario sarebbero rimaste abbandonate in piazze, vie, cortili oppure in mezzo alla natura.
I proprietari di 489 veicoli hanno ricevuto quanto concordato dal regolamento, mentre per altre 350 carcasse i loro titolari non sono stati risarciti dato che le macchine non erano in regola. Va infatti sottolineato che all’atto della consegna, il proprietario deve esibire il libretto di circolazione del mezzo (su cui sta scritto il peso), mentre quest’ultimo deve essere obbligatoriamente dotato di carrozzeria, motore, ruote, pneumatici e accumulatore. Per i citati 489 veicoli è stato possibile effettuare il pagamento e si è trattato in tutto di 125 mila kune, circa 17 mila euro. In media, ogni titolare ha intascato sulle 300 kune, circa 41 euro. Da rilevare che ai centri di raccolta – e in base al regolamento – si pagano 40 lipe (sui 5 centesimi di euro) per ogni chilogrammo di carcassa. La tariffa riguarda le vecchie auto che vengono fatte arrivare nei depositi da parte degli stessi proprietari. In caso contrario, se sono i carri attrezzi dei centri ad andare a prelevare il mezzo, si ricevono soltanto 10 lipe per chilogrammo.
Stando alle informazioni diffuse dal Fondo croato per la salvaguardia ambientale, la consegna ha riguardato soprattutto le seguenti marche: Zastava 101, Yugo, Ford e Opel Kadett, vecchie in media una ventina d’anni. Il maggior numero di veicoli è stato raccolto a Zagabria: 163. A Fiume a finire al centro rottamazione sono state 102 macchine, a Zara 51, a Spalato 31. In tutto sono 18 le città in cui è stato possibile organizzare l’apprezzabile iniziativa che, dopo un inizio balbettante, sta riscuotendo l’atteso successo.
«Di giorno in giorno un crescente numero di persone vuole liberarsi della sua vecchia beniamina dismessa – parole della portavoce del suddetto Fondo Lidia Tosic – e vogliamo anche ringraziare coloro che non hanno intascato nemmeno una kuna, contribuendo però a migliorare l’ambiente dopo la rimozione delle vecchie e inquinanti vetture». Il Fondo, che provvede al pagamento, attinge da parte sua i mezzi da una speciale tassa che viene pagata dalle aziende importatrici d’automobili.
a.m.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI',  26 febbraio 2007

 

 

Rifiuti, Gorizia mette le condizioni  - Il presidente della Provincia isontina ribadisce la «piena disponibilità» ma lancia una controproposta

 

Domani l’udienza: il pm nominerà i tre periti per monitorare gli impianti - Gherghetta: se le ceneri andranno altrove potremo accogliere più materiale

I rifiuti triestini potranno trovare spazio nella discarica di Pecol dei Lupi «ancora per una settimana o due». Lo conferma il presidente della Provincia di Gorizia Enrico Gherghetta, che sottolinea la volontà di «aiutare la Provincia di Trieste in ogni maniera» e ribadisce la «piena disponibilità» a venire incontro alle richieste di AcegasAps. Ma avverte: «Tutti devono rendersi conto che noi abbiamo una discarica in via di esaurimento» e tempi di chiusura pianificati che «ci interessa rispettare». E Gherghetta traccia una proposta tecnica da avanzare in un incontro che si terrà forse già oggi: se AcegasAps dirottasse le proprie ceneri su discariche «dedicate», resterebbe più spazio disponibile a Pecol dei Lupi per i rifiuti solidi. A quel punto «non avremmo problemi ad autorizzare anche» l’arrivo a Gorizia di «diecimila tonnellate» di rifiuti.
Così dunque la Provincia isontina, alla quale spetta la decisione ultima, conferma la disponibilità di massima già data ieri dai vertici della multiservizi isontina Iris alla richiesta «precauzionale» avanzata da AcegasAps. Non sarà ancora emergenza, insomma, qualora si prolungasse lo stato di necessità legato a un eventuale riavvio posticipato delle linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera, posto sotto sequestro il 14 febbraio scorso dalla Procura della Repubblica di Trieste per superamento delle concentrazioni di diossina. Venerdì scorso la multiutility aveva fatto pervenire alla Provincia giuliana un documento in cui chiedeva la proroga, oltre la data prestabilita del 5 marzo, dell’autorizzazione a trasferire 120 tonnellate al giorno di immondizie triestine nella discarica cormonese o in un altro sito esterno al territorio provinciale. La nota recava anche la richiesta di potere raddoppiare la quantità massima esportabile a 240 tonnellate quotidiane, nel caso in cui la linea 1 - la più vecchia - presentasse problemi tecnici tali da non poterla fare funzionare a pieno regime.
Alla richiesta di tipo «precauzionale» - come avevano fatto capire l’assessore provinciale all’ambiente Ondina Barduzzi e il legale dell’AcegasAps Giovanni Borgna - già ieri i vertici di Iris hanno detto sì, dichiarando però tecnicamente impossibile il raddoppio delle tonnellate giornaliere. E proprio sull’entità della proroga interviene ora Gherghetta, premettendo come ora «per noi la cosa più importante sia capire di quanto esattamente ci venga richiesta la proroga». Nessun problema dunque se si trattasse di prolungare l’arrivo dei rifiuti da Trieste di qualche giorno, ma in caso contrario la Provincia di Gorizia propone un ragionamento più ampio: «Il piano provinciale prevede che entro la fine del 2009 o l’inizio del 2010 la discarica di Pecol dei Lupi vada esaurita, portandoci tra l’altro 12 mila tonnellate all’anno di ceneri provenienti dall’impianto di Trieste. Se per quest’anno AcegasAps riuscisse a dirottare le sue ceneri su una discarica ”dedicata”, non avremmo problemi ad autorizzare anche l’arrivo di diecimila tonnellate di rifiuti». Perché appunto meno ceneri significa più spazio disponibile per rifiuti solidi.
Fin qui dunque la mano tesa da Gorizia e le ipotesi in campo, tutte però subordinate alla giornata di domani. Perché per domani appunto è fissata l’udienza nella quale il pm Maddalena Chergia nominerà ufficialmente i tre periti chiamati a monitorare le emissioni delle line 2 e 3. Sarà questa anche l’occasione in cui verranno stablite tempistiche e modalità del dissequestro condizionato dell’impianto di via Errera. Un atto questo in seguito al quale pure si possono aprire scenari diversi: «Siamo in attesa di capire - spiega infatti l’assessore Barduzzi - in che misura debbano venire riavviati gli impianti per consentire ai periti di monitorare la situazione. Qualora venisse disposta un’attivazione ad almeno il 50% - ribadisce l’assessore - verrebbe meno il problema dello smaltimento dei rifiuti» che potrebbero essere bruciati a Trieste anziché andare dirottati verso Pecol dei Lupi. Al contrario, «bisognerà valutare la situazione» che si verificasse in caso di un riavvio dell’impianto nella misura del 10 o 20 per cento. La linea 1 dell’impianto, l’unica come detto rimasta a oggi in funzione, smaltisce ogni giorno 160 tonnellate. Ma i rifiuti prodotti quotidianamente nel bacino provinciale ammontano a 400 tonnellate.
L’inceneritore è stato posto sotto sequestro sulla base di quattro rilevamenti effettuati tra dicembre e gennaio scorsi dall’Arpa, dai quali risultava un superamento dei limiti di diossina che aveva toccato il picco di quasi dieci volte i valori di legge. I legali di AcegasAps hanno però messo a disposizione del magistrato inquirente 170 rilevazioni effettuate dalla Celab negli ultimi due anni di attività dell’impianto di via Errera: tutte negative, con i valori della diossina attestati sempre al di sotto dei limiti. Di qui la possibilità di un riavvio dell’impianto da tenere poi sotto controllo.

Paola Bolis

 

 

Inceneritore: salute più a rischio per chi abita vicino a un impianto

 

Uno studio dell’«Institut de veille sanitaire» mette in relazione l’incidenza di alcuni tipi di tumore con la prossimità a un termovalorizzatore

Mustacchi, direttore del Centro oncologico: «Problemi anche per malattie respiratorie e allergie»

Alcuni tipi di cancro sono più frequenti nelle persone che hanno vissuto nei pressi di un inceneritore. È questo il risultato di uno studio, realizzato dal francese Institut de veille sanitaire. Alla luce del recente sequestro di tre linee dell'impianto termovalizzatore di Via Errera gestito dall'AcegasAps, ordinato lo scorso 14 febbraio dalla magistratura per i ripetuti sforamenti delle emissioni di diossina nell'aria, la notizia induce a riflettere sulla qualità e la quantità delle emissioni rilasciate dall'impianto. «Tutto dipende da che cosa vi si brucia» afferma Giorgio Mustacchi, direttore del Centro Oncologico di Trieste.
Gli scienziati dell'Institut de veille sanitaire, hanno osservato un campione di individui che avevano abitato nei pressi questo tipo di strutture tra il 1972 ed il 1985. Dai risultati non emerge una relazione di causalità diretta tra la vicinanza ai termovalorizzatori e l'insorgenza del male, ma gli scienziati francesi ammettono che «esiste una relazione significativa tra il fatto di abitare in un dato periodo nei pressi di un inceneritore e l'aumento del rischio della malattia».
«A Trieste - spiega il dottor Mustacchi - era stato pubblicato un lavoro di analisi sull'incidenza del cancro al polmone in quattro aree di Trieste tra cui anche quella in cui si trova l'inceneritore. Effettivamente, in quella zona, era emerso un modesto aumento dei tumori, ma si tratta di uno studio che risale agli anni Ottanta, dal quale era stato tolto l'effetto fumo di sigaretta. Se lo si aggiungeva, si ottenevano risultati del tutto analoghi a quelli delle altre zone della città prese in esame. Rimane il fatto che abitare vicino all'inceneritore è peggio che abitare a Grignano, e poi spetta all'amministrazione comunale la responsabilità di controllare che le emissioni dell'impianto rispettino le norme di legge» conclude Mustacchi.
La gestione dello smaltimento dei rifiuti è affidata in concessione all'AcegasAps che provvede a suddividerli tra riciclabili (carta, plastica, lattine e vetro) e generici. L'energia prodotta dalla combustione dei rifiuti cosiddetti generici, operata dall'inceneritore, viene reimmessa nella rete civica per fornire illuminazione mentre lo smaltimento dei rifiuti riciclabili viene gestito dalle cooperative.
A fronte della perdita economica di ottocentottantamila euro denunciata dall'AcegasAps derivante del sequestro dell'inceneritore ordinato dalla magistratura, resta il fatto che l'azienda ricicla solo il 15,2% dei rifiuti rispetto al 35% imposto dal decreto Ronchi, e che per ogni cassonetto di raccolta differenziata a Trieste se ne trovano almeno tre generici. «Bruciando tutto si produce energia e va bene - commenta il dottor Mustacchi - purchè questo non vada a scapito dei cittadini. Non solo per il rischio cancro, ma anche per malattie croniche respiratorie e allergie. Per questo - conclude Mustacchi - ritengo sia importante che l'amministrazione comunale incentivi la raccolta differenziata dei rifiuti: ogni sforzo orientato verso il risparmio energetico va a beneficio di tutti i cittadini».
Claudia Burgarella

 

 

Smog, polemica sul centro chiuso alle auto - L’ex assessore Ferrara contesta la scelta giuntale di non aderire alla giornata ecologica

 

Bucci: «Sarebbe stata una scelta demagogica e costosa, non serviva»

«Chiudere la città sarebbe stata solo una scelta demagogica. Io non la penso così. Noi pensiamo alle cose serie. Mi domando che senso abbia avuto bloccare il traffico di Udine per quattro ore in una giornata piovosa».
Maurizio Bucci, assessore al traffico non ha mezze parole e va giù duro. «L’ecologia - dice - è una cosa seria».
Ma il fatto è mentre in diciotto comuni del Friuli Venezia Giulia, tra cui i capoluoghi di provincia di Udine, Pordenone e Gorizia, è stato attuato ieri il blocco del traffico, nell’ambito dell'accordo congiunto tra le Regioni del Nord Italia per il fermo della circolazione in funzione anti-inquinamento, lui aveva deciso che era meglio non farlo.
«Noi non abbiamo aderito alla proposta», dice perentorio Bucci.
Il suo predecessore Maurizio Ferrara sarebbe stato invece di diverso parere. «Lo so che la giornata di blocco in se non sarebbe servita a nulla, ma sarebbe stato un momento di sensibilizzazione. Un messaggio alla gente. Avrei invitato i cittadini a non usare l’auto. Bucci ha una visione diametralmente opposta dalla mia. Lo so, le mie scelte sul piano del consenso elettorale non hanno portato a grandi risultati, ma alle mie idee credo. Non faccio demagogia. Si poteva fare - dice ancora Ferrara - come nei giorni scorsi. Credo che ormai si parlerà sempre di più di questi problemi. E non è stata certo una bella cosa che Trieste abbia seguito una linea diversa da tutti gli altri centri del Nord Est.
Bucci risponde a Ferrara indirettamente: «Con i fatti abbiamo dimostrato il nostro impegno. Sono gli altri che fanno i demagoghi. Noi pensiamo alle cose concrete. A Roma, per esempio, mi hanno raccontato che non chiudono mai. Ma per me è corretto bloccare la circolazione solo quando serve, quando è necessario. Ripeto, dare un segnale demagogico non ha senso e ingiusto verso la gente, verso i cittadini. E poi anche se avessimo chiuso il centro avremmo speso soldi per nulla. I vigili alla domenica bisogna pagarli. E se è per una chiusura senza motivo non è giusto fare spendere i soldi alla gente. Lo spirito del mio impegno nei confronti dell’ambiente è stato chiaro quando ho proposto l’adozione del car pooling e cioè dell’uso collettivo della vettura. Queste sono scelte concrete. I tricicli ecologici che sono stati adottati in varie città tra cui Mestre, qui, per esempio, non hanno trovato alcun apprezzamento da parte della gente. A Trieste non c’è questa cultura, bisogna lavorare sulla popolazione, bisogna convincere la gente. Per esempio sto incontrandomi con i responsabili della mobilità delle principali realtà industriali della città come Fincantieri o il Lloyd Adriatico per trovare delle soluzioni valide. Ogni mattina arrivano 400 comunali e parcheggiano in centro. Questo non ha senso, bisogna evitare questo assalto. A Gorizia hanno chiuso il centro nei giorni scorsi. Ma Trieste è una tra le poche città in cui i giorni necessari di blocco sono pochi. Ripeto, quello che ha fatto Udine, è pura demagogia».
Il blocco nelle principali città della regione è avvenuto secondo orari differenziati e ha interessato in genere i centri storici.
A Udine, in particolare, dove si è svolto un corteo di biciclette, la circolazione è rimasta ferma dalle 9 alle 11. Gorizia ha chiuso il centro dal pomeriggio di ieri fino alle 18 di oggi, mentre a Pordenone non sono circolati veicoli dalle 9 alle 18.
Oltre ai capoluoghi, il blocco del traffico ha riguardato otto Comuni in provincia di Udine, cinque in provincia di Pordenone, e Monfalcone e Villesse in provincia di Gorizia.

 

 

Treni sotto la Val Rosandra, primo stop  - Giacomich (Italia nostra): «Sarebbe una totale incognita»

 

La discussione aperta in un convegno sull’opera in via di realizzazione coinvolge Regione, Comune di San Dorligo e ambientalisti

È subito polemica sul Corridoio 5. L’assessore regionale Sonego: non esiste ancora alcun progetto

È subito polemica attorno allo scenario che vede protagonista la Val Rosandra nel progetto della costruzione del Corridoio trans-europeo 5. Lo spunto, fornito dal geologo dell’Ogs Livio Sirovich durante un recente convegno, parla della necessità, in un’ottica di prosecuzione del tracciato verso la Slovenia, di far continuare le gallerie sotto la città in direzione Divaccia, sottopassando la Val Rosandra, sito di interesse comunitario e di grande complessità idrogeologica.
«Allo stato attuale esiste solo un progetto preliminare che riguarda il tratto Ronchi sud ed arriva circa all’altezza di Opicina» replica peraltro l’assessore regionale Lodovico Sonego. Pronto ad aggiungere che «il tratto successivo in direzione della Slovenia non è stato ancora progettato nemmeno in versione preliminare». E questo perchè «non è ancora stato raggiunto un accordo con le autorità slovene sul punto di intersezione tra la direttrice Trieste-Divaccia e la direttrice Capodistria- Divaccia». Secondo l’assessore, «tutte le discussioni sui tracciati per l’attraversamento del confine sono pertanto chiacchiere». Nelle sue parole, al momento, «la sezione transfrontaliera è oggetto di studio di fattibilità nell’ambito di un programma Interereg Italia Slovenia che proprio la regione Friuli Venezia Giulia ha proposto e che ha come partner la Regione, lo stato italiano, lo stato sloveno, le ferrovie dei due paesi ed altri soggetti ancora». In questo contesto quindi, «gli approfondimenti tecnici che verranno effettuati di comune intesa nell’ambito di Interreg serviranno per definire le soluzioni ingegneristiche più desiderabili proprio allo scopo di minimizzare l’impatto ambientale». «Sono tutte cose che vanno fatte con le necessarie perizie tecniche e non al bar», polemizza in chiusura Sonego.
Dal canto suo, Fulvia Premolin, sindaco di San Dorligo della Valle, si è dichiarata pronta ad approfondire tutti gli aspetti legati al progetto, anche perché non era «a conoscenza di tali scenari, finora». «Aspetto la convocazione da parte delle istituzioni, perché mi sembra doveroso essere informata», sottolinea la Premolin, sottolineando inoltre l’importanza della partecipazione della comunità locale nella discussione. «E’ importante che la gente sia costantemente informata sull’evoluzione del progetto». Perplessità anche dagli ambientalisti. Secondo Lino Santoro della Legambiente, tutte le polemiche ed i dubbi sollevati negli ultimi giorni sono la prova vivente del fatto che il progetto si debba rivedere seriamente. «Abbiamo bisogno di fare un’analisi dei dati di fatto per non continuare con logiche assurde» ha aggiunto. Più radicale la posizione di Italia Nostra. «Condividiamo in pieno le affermazioni di Sirovich sui danni che la realizzazione del Corridoio 5 provocherebbe in Val Rosandra» ha affermato Giulia Giacomich, presidente della sezione di Trieste. «La struttura idrogeologica del bacino del Rosandra non ci risulta che sia del tutto nota ed anche il passaggio sotto la valle risulterebbe comunque un'incognita». L'attraversamento del Carso è comunque inaccettabile dal punto di vista ambientale e idrogeologico per Giulia Giacomich, perché «la tripla galleria verrebbe scavata in un sottosuolo carsico di cui non si conosce molto, per cui andrebbe ad incidere su un ambiente idrogeologico complesso e delicato per la presenza di grotte, abissi, inghiottitoi e forse anche grotte a galleria, periodicamente invase dall'acqua». «In questo contesto, il progetto dovrebbe essere più volte modificato nei 24 chilometri di attraversamento del Carso, non solo nella val Rosandra».
Gabriela Preda

 

 

A Pago e Sebenico le uniche centrali eoliche attive - I piani ne prevedevano 20
 
FIUME Il progetto era partito sette anni fa ma nel frattempo sono state realizzate solo due centrali eoliche sulla ventina che dovrebbero sorgere in Istria e Dalmazia. Gli impianti azionati dal vento, ossia da energia rinnovabile, sono ritenuti una delle chiavi per risolvere il futuro energetico del pianeta in generale e della Croazia in particolare.
Ma finora è stato possibile costruire e mettere in funzione soltanto due impianti eolici: il primo a Pago e il secondo poco a monte di Sebenico, aree dove soprattutto bora e scirocco non fanno mai gli schizzinosi. Per le altre strutture vi sono invece intoppi, legati in special modo agli studi sull’impatto ambientale e alle varie licenze che debbono essere rilasciate per arrivare all’inaugurazione dei caratteristici piloni dotati di pale girevoli. Ne consegue che ben difficilmente la Croazia riuscirà a ottemperare alle disposizioni dell’Unione europea, che ha chiesto a Zagabria di disporre entro il 2010 del 6% di corrente elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabili, ossia da fonti non fossili come l’energia solare, quella eolica, idraulica, del moto ondoso, geotermica e via enumerando. Le centrali di Pago e Sebenico incidono in questo momento con lo 0,6% sulla produzione nazionale di energia elettrica. E la Croazia, detto per inciso, consuma annualmente sui 12 miliardi di chilowatt.
Parlando dell’area istro–quarnerina, va detto che l’anno prossimo potrebbero cominciare i lavori di costruzione dell’impianto nel comune di Lanischie, situato nella Cicciaria, l’aspra regione nel Nordest della Penisola istriana. Se lo studio d’impatto ambientale riceverà il placet, si potrà cominciare la realizzazione di un impianto che costerà circa 80 milioni di euro. La centrale istriana dovrebbe erogare all’anno sui 200 milioni di chilowatt. Quest’anno dovrebbe invece cominciare l’approntamento della centrale di Vratarusa, poco alle spalle di Segna, zona sulle pendici della catena del Velebit. Qui la bora è padrona di casa: la sua forza sarà imbrigliata dalle pale per produrre circa 150 milioni di chilowatt. A ciò si aggiungerà tra mesi la struttura di Gracac, Dalmazia Settentrionale: sfornerà altri 150 milioni annui. In totale, le citate cinque centrali eoliche riusciranno a coprire il 2,5% del fabbisogno croato di corrente elettrica. Ma per Bruxelles, conti alla mano, si tratterà di una quota non sufficiente.
a.m.

 

 

Pola: ecologisti mobilitati
 
POLA L'Associazione ecologica Ekop Istria ha invitato l'Ufficio centrale dell'amministrazione dello Stato nonché i Ministeri della cultura, dell'agricoltura e del turismo a prendere posizione in merito alla richiesta del referendum sulla fabbrica di lana di roccia della Rockwool Adriatic a Sottopedena. Ricordiamo che la relativa petizione in varie località dell'Istria è stata sottoscritta da oltre 6.000 persone. Tra l'altro si fa presente che il diritto al referendum se richiesto da almeno 5 mila cittadini è sancito dallo Statuto regionale, dalla Costituzione croata e dalla Legge sul referendum.
«In caso di diniego della consultazione - così l'associazione Ekop Istra - si ricorrerà alla Corte costituzionale. Si fa presente ancora una volta il pericolo per l’ambiente del costruendo impianto industriale. In quest'area stanno per andare in fumo gli investimenti di 15 milioni di euro per il rilancio dell'agriturismo, basato proprio sull'ambiente sano e non inquinato».
p.r.

 

 

«Potenziare la raccolta differenziata» - Certi rifiuti (carta, plastica, vetro) equivalgono a materie prime
 
Dopo Udine, anche Trieste. La questione relativa allo smaltimento dei rifiuti è rimasta per troppo tempo sottovalutata ed ora è venuta alla ribalta della cronaca con tutta la sua criticità, a dimostrazione di quanto sia difficile continuare a gestire tale problema senza un radicale e profondo cambiamento. Infatti, come ci hanno più volte ricordato gli organi di stampa, ogni giorno vengono raccolte nella nostra città oltre 250 tonnellate di rifiuti (chissà a quanti metri cubi corrispondono?).
Condivido la scelta dell’amministrazione di incenerirle nel termovalorizzatore gestito dall’AcegasAps: con questo sistema si può produrre energia, cosa non di poco conto, invece che trasportarle nelle discariche con tutti i problemi connessi al trasporto e alla dislocazione. Purtroppo, come contropartita c’è il problema dei fumi causati dalla combustione, che recentemente hanno portato al sequestro di parte dell’impianto di termovalorizzazione, oltre allo smaltimento delle ceneri prodotte, di cui quasi mai si parla.
Per cercare di contenere tutti questi problemi, è fondamentale avviare una seria raccolta differenziata dei rifiuti, in modo da far ridiventare «le scovaze» materie prime: riciclando la carta si risparmia l’abbattimento di migliaia di alberi, riciclando la plastica si evita che essa finisca bruciata producendo fumi molto tossici, permettendo di risparmiare petrolio e producendo l’abbigliamento in pile, riciclando il vetro si riducono gli sbancamenti delle spiagge alla ricerca della silice ed infine riciclando le lattine si riducono le estrazioni minerarie di ferro ed alluminio di cui il nostro Paese è povero.
Purtroppo fino ad ora la raccolta differenziata non è stata presa molto in considerazione nella nostra città, ma ora è il momento giusto per potenziarla, senza estremizzarla con la raccolta porta a porta: basterebbe collocare accanto ad ogni cassonetto per i rifiuti indifferenziati altrettanti contenitori per la raccolta di plastica, carta, vetro e lattine, senza così dover «obbligare» le persone che credono nella raccolta differenziata a dover andare alla ricerca degli appositi contenitori, che peraltro in certe zone non ci sono proprio.
Per compensare il minor quantitativo di rifiuti da bruciare nel termovalorizzatore e quindi evitare di produrre minore energia, si potrebbero importare dai comuni limitrofi, dietro pagamento e pertanto con la possibilità di diminuire la Tarsu a favore dei triestini, i loro rifiuti che attualmente sono obbligati a conferire nelle discariche.
Michele Salvini

 

 

Rigassificatori e referendum
 
Lunedì 22 gennaio, ore 13.30, nel telegiornale di Raiuno si parla della portacontainer «Napoli». Vengono elencate le zone in pericolo, cioè quelle dove incombono i rischi di devastanti disastri ecologici. Tra le altre località viene citato proprio il Mediterraneo, essendo un mare chiuso e in particolare il Golfo di Trieste.
Su «Il Piccolo» dello stesso giorno, nella cronaca della città, si riporta il parere del ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio. Egli dichiara che, viste le nuove tecnologie molto più avanzate, i rigassificatori possono diventare in breve obsoleti. Visto che nello stesso articolo scrivono che sono necessari 59 mesi per portare a termine il lavoro, e che conosciamo bene come vengono rispettati i termini di lavori appaltati dagli enti pubblici, forse alla fine dovremo pagare (perché in fondo è sempre Pantalone che paga) per dismetterli.
Vogliono farci credere che darà lavoro a 100 persone, e tra le 300 e 400 nell’indotto, che ci sarà un risparmio per i cittadini di Trieste. Ma a chi vogliono darla a bere?
Non vi crediamo più cari politici, industriali, Ezit, Camera di Commercio. A voi della nostra salute e quella del nostro mare non interessa niente. A voi interessa solo il denaro che potreste ricavare.
Non per niente assistiamo a continui rilanci e mercanteggiamenti, come avviene tra biscazzieri e bottegai.
Perché non si può indire il referendum? I famosi saggi che così si sono espressi dicano il perché e citino le leggi, il decreto, dove tutto questo è riportato, in modo che anche a noi cittadini risulti chiaro.
Durante una trasmissione in una Tv regionale, un sindaco parlava di aprire una discarica nel suo paese in Friuli (purtroppo non ricordo il nome) e diceva: «Noi come giunta comunale abbiamo dato il nostro assenso, però eventualmente si indirà il referendum».
Come mai quello che è fattibile in un paese non lo è nel capoluogo della regione? Come mai sembra che quasi tutti siano favorevoli a sconvolgere il nostro piccolo territorio e il nostro mare, mentre nessuno si è schierato a favore dell’insediamento dell’Evergreen che avrebbe portato molti più posti di lavoro e non avrebbe stravolto né il mare, né sarebbe stata una bomba ecologica e un potenziale richiamo per i terroristi?
Maria Rosa Pauletti
 

 

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - DOMENICA , 25 febbraio 2007

 

Nord Italia senz'auto: via al patto antismog - orari differenziati a seconda delle regioni

 

Dentro anche l'Emilia Romagna, fuori la Liguria. Aderisce anche Napoli - In Valle D'Aosta nessun impedimento per l'accesso agli impianti sciistici - Domenica a piedi a Torino

MILANO - Traffico bloccato in tutto il Nord Italia per l'emergenza smog. E' scattato progressivamente, a partire dalle 8. Dentro anche l'Emilia Romagna, la Liguria (che ha dati migliori per la qualità dell'aria) non partecipa come i comuni di Trieste e Treviso. Orari differenziati da regione a regione ma anche da città a città. Adesioni alte dei comuni della Lombardia e del Piemonte, meno da altre parti: a Milano lo stop durerà - come sempre - 12 ore, dalle 8:00 alle 20:00. Quasi ovunque sono previste delle deroghe. Nella maggior parte dei casi riguardano la possibilità di circolazione delle auto euro 4 a benzina o euro 4 diesel se dotate di filtro antiparticolato.
Fino alle ore 20, per la Giornata senz'auto, in Valle d'Aosta sono chiusi al traffico i principali centri urbani ma è regolare la circolazione sulle più importanti arterie stradali, in particolare quelle che conducono ai comprensori sciistici. Le modalità di applicazione del blocco interesseranno solamente i centri storici dei comuni di Aosta, Chatillon, Saint-Vincent, Nus, Sarre, Champdepraz, Valgrisenche, Verres, e Pont-Saint-Martin. Nessun tipo di impedimento per l'accesso alle strutture ricettive e agli impianti sciistici. I comuni di Courmayeur, La Salle, La Thuile, Morgex, Prè-Saint-Didier, Roisan, Pontey, Saint-Denis, Torgnon, Verrayes, Bard e Hone, impossibilitati a effettuare il fermo della circolazione, hanno avviato un'azione di sensibilizzazione invitando i cittadini all'uso dell'automobile solo in caso di stretta necessità.
Ecco nel dettaglio la mappa dei divieti.
Piemonte. Lo stop alle auto, comprese le euro 4, è programmato in tutti i capoluoghi e nella stragrande maggioranza dei centri con più di duemila abitanti. A Torino, dove il fermo sarà dalle 9.30 alle 19.30 nel pomeriggio circolerà il 40% di mezzi pubblici in più. Stessa scelta di orario fatta dalla altre città, esclusa Novara che ha invece anticipato l'inizio alle 8 e posticipato la conclusione alle 20.
Lombardia. In Lombardia il presidente Formigoni ha deciso di non applicare la nuova legge regionale antismog impugnata dal governo. Così il divieto è stato stabilito per le aree critiche (le zone dove le polveri sottili sono presenti con le concentrazioni più alte) mentre nel resto della regione è stata lasciata libertà ai singoli Comuni. Le auto comunque si fermeranno dalle 8 alle 20 con deroghe per le euro 4 e le diesel con filtro antiparticolato.
Trentino Alto Adige. Il blocco sarà in vigore dalle 10 alle 16 a Bolzano, Merano, Bressanone e Laives. A Trento lo stop è fissato in tutto il "centro allargato" dalle 10 alle 17, stesso orario scelto dal comune di Rovereto.
Valle d'Aosta. Il fermo sarà in vigore per dodici ore, dalle 8 del mattino alle 8 della sera nei centri storici di Aosta, Saint Vincent, Chatillon, Sarre, Pont Saint Martin e Varres. Le strade per le stazioni sciistiche saranno regolarmente aperte. Inoltre saranno disponibili due 'treni delle nevi' gratuiti, in partenza da Milano Centrale e da Torino Porta Nuova.
Veneto. E' la regione dove il blocco unitario del Nord ha trovato maggiori resistenze e distinguo. Lo stop sarà rispettato a macchia di leopardo, con il vistoso no di Treviso. Nelle altre province, Venezia guida la classifica con 32 Comuni su 44 che hanno optato per la domenica senz'auto. A Belluno e a Verona divieto in vigore dalle 8 alle 20, a Rovigo circolazione vietata con orario spezzato, dalle 8 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Friuli Venezia Giulia. Adesioni piuttosto tiepide anche in Friuli Venezia Giulia. In Friuli lo stop è previsto in 18 città e cittadine. Sono compresi tutti i capoluoghi, a parte Trieste. Diversi gli orari e le modalità: a Udine stop dalle 9 alle 11, a Gorizia sarà chiuso soltanto il centro storico, a Pordenone circolazione vietata dalle 9 alle 18.
Emilia Romagna. Nella regione saranno una novantina i centri che domani bloccheranno le auto. A Bologna stop dalle 8.30 alle 18.30 e comunque macchine ferme in tutti i capoluoghi e le città con più di 50 mila abitanti. Dal divieto sono escluse le vetture euro 4 e i diesel con filtro antiparticolato.
Aderisce anche Napoli. All'iniziativa dello stop alle auto hanno deciso di aderire anche Napoli e venti comuni della provincia, stabilendo il divieto di circolazione dalle 9 alle 13.

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 25 febbraio 2007

 

Smog, al Nord centri chiusi Solo a Trieste si circola - Valori rientrati

 

Dopo due giornate consecutive di sforamenti nei parametri di polveri sottili, ieri il cambio delle condizioni meteorologiche ha sollevato il Comune dall’imbarazzo di dover ordinare la chiusura del centro ai veicoli privati proprio nel giorno - oggi - in cui si celebra il blocco del traffico anti-smog in gran parte delle città del nord Italia (Gorizia, Udine e Pordenone comprese) cui l’amministrazione municipale aveva preannunciato, in tempi non sospetti, di non essere intenzionata ad aderire.
«Fortuna ha voluto - ha ammesso nel pomeriggio l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci - che oggi (ieri, ndr) siamo rientrati abbondantemente sotto i limiti di 50 microgrammi per metrocubo, con previsioni che danno peraltro per domani (oggi, ndr) pioggia e vento di scirocco». La media giornaliera sulle prime 12 ore di ieri, calcolata dopo l’ultima rilevazione di mezzogiorno, si attestava in effetti a 27 in piazza Libertà (contro il 79 di venerdì e i 72 di giovedì) nonché a 20 in via Carpineto (a fronte degli allarmanti 108/109 degli ultimi due giorni), con i dati di via Svevo non pervenuti ma che fra giovedì (39) e venerdì (69) erano stati in ogni caso i meno preoccupanti.
«La chiusura-spot al centro decisa in massa dalle città del nord per domani (oggi, ndr) - incalza Bucci - non serve sotto il profilo ambientale, non è educativa e fa soltanto arrabbiare la gente. Tanti comuni, in questo caso, sono pronti a farsi belli mentre di norma non rispettano, come invece facciamo noi, i piani d’azione che impongono il blocco della circolazione con elevete concentrazioni di polveri. Noi non vogliamo accettare questa ipocrisia. Avete notato ad esempio che Udine domani (oggi, ndr) chiuderà il centro solo dalle 9 alle 11, tanto per comparire nella lista delle città che aderiscono all’iniziativa?».
pi.ra.

 

 

Rifiuti, Gorizia concede la proroga  - Iris accoglie la richiesta di procrastinare i tempi di una settimana arrivata da AcegasAps

 

Ma a Cormons non si potranno smaltire più di 140 tonnellate al giorno

La multiservizi isontina Iris tende dunque la mano ad AcegasAps, lanciando un segnale di discontinuità rispetto alle voci ufficiose che negli ultimi giorni davano per impossibile il sì a una proroga del trasferimento dei rifiuti triestini verso il cormonese oltre il 5 marzo, come invece richiesto venerdì dalla stessa Acegas attraverso un documento «precauzionale» inoltrato alla Provincia di Trieste. Questo perché Palazzo Galatti è l’ente preposto a mettersi in contatto con la Provincia di Gorizia che, a sua volta, deve successivamente girare la richiesta a Iris.
L’eventualità di una proroga, in effetti, si renderebbe necessaria qualora l’imminente riavvio condizionato delle linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera, soggette al recente sequestro della procura della Repubblica di Trieste per superamento delle concentrazioni di diossina, non dovesse consentire per qualche motivo di tornare a bruciare in tempi brevi almeno 120 tonnellate al giorno, cioè lo stesso quantitativo di immondizie oggi «esportato» a Pecol dei Lupi.
Iris, pur aprendo sull’ipotesi delle tempistiche, mette comunque le cose in chiaro per quanto riguarda la mole dei rifiuti accoglibili, dichiarando tecnicamente impossibile l’eventuale raddoppio delle tonnellate giornaliere da 120 a 240 prospettato da AcegasAps, sempre nel documento fatto pervenire 48 ore fa alla Provincia.
«Già in occasione della richiesta iniziale di AcegasAps - fanno sapere dai vertici di Iris - avevamo comunicato che non era possibile ricevere 240 tonnellate al giorno, che rappresentano un quantitativo superiore alle potenzialità di ricezione di Pecol dei Lupi, pari a 200, tenendo conto che la ricettività della discarica è tarata su una soglia volumetrica di 60-70mila metri cubi (una tonnellata di immondizie non bruciate corrisponde a un metro cubo circa, ndr) che non deve esaurirsi prima del 2010. Così abbiamo stabilito che presso il sito cormonese confluissero le 80 tonnellate di rifiuti isontini destinati generalmente all’inceneritore di via Errera più 120 tonnellate di rifiuti triestini. Dopo i primi giorni abbiamo comunicato, attraverso una lettera inviata ad AcegasAps e per conoscenza alle due province, la nostra disponibilità ad arrivare a 140, con uno sforzo supplementare nel mantenere personale in servizio nelle ore serali. Ma su questo siamo in attesa di un atto ufficiale della Provincia di Gorizia».
«Su una possibile proroga dei tempi - aggiungono invece dalla multiservizi di Gorizia - per quanto ci riguarda non c’è un atteggiamento di chiusura oltre il 5 marzo. Se i rifiuti arrivano, diciamo, per un’altra settimana, la cosa è fattibile».
La decisione di accettare un prolungamento della transizione delle immondizie non smaltibili dall’inceneritore di Trieste, in ogni caso, è di competenza amministrativa. L’ultima parola spetta, cioè, alla Provincia di Gorizia - come nel caso dell’incremento delle quantità quotidiane da 120 a 140 tonnellate - sentito il parere di Iris. Ecco spiegato il circuito di missive formali fra AcegasAps, Palazzo Galatti, Provincia di Gorizia e Iris stessa.
«Analizzeremo assieme all’ente provinciale isontino - riferiscono ancora da Iris - la possibilità di questa proroga». Se tale quadro dovesse rivelarsi necessario, al di là delle valutazioni contingenti di natura economica la «contropartita» a lungo termine si chiamerebbe ancora una volta «compensazione». In quale misura? «Le famose 80 tonnellate al giorno di rifiuti isontini destinate di norma all’inceneritore di Trieste - spiegano dalla multiutility di Gorizia - finiscono attualmente nella discarica di Pecol dei Lupi. Ebbene, quando l’impianto di via Errera tornerà a pieno regime, si può pensare di reinviarne 90 anziché 80, magari limitando, nel contempo, il trasferimento delle ceneri da Trieste a Pecol dei Lupi».
Tutte considerazioni, queste, subordinate comunque alla giornata di martedì prossimo, quando - in occasione dell’udienza nella quale il pm Maddalena Chergia nominerà ufficialmente i tre periti chiamati a monitorare le emissioni delle linee 2 e 3 - saranno stabilite tempistiche e modalità del dissequestro condizionato.

Piero Rauber

 

 

Polveri e odori, la colpa potrebbe non essere solo della Ferriera

 

E se le polveri e gli odori che rendono irrespirabile l’aria, finora attribuiti solo all’attività della Ferriera, fossero in realtà provocate dal funzionamento dell’inceneritore? È la domanda che si pongono in questi giorni molti residenti della zona di via Errera. Il loro sospetto è che la presenza dello stabilimento di Servola abbia finito per far passare sotto silenzio le «colpe» dell’impianto gestito dall’Acegas. Una tesi che divide il mondo degli ambientalisti. «Effettivamente è possibile che alcune forme di imbrattamento registrate in quella zona siano da rincondurre non alla Ferriera, ma all’inceneritore di via Errera - afferma Lino Santoro, componente del Comitato scientifico di Legambiente nazionale -. Le accuse si sono concentrate in questi anni sullo stabilimento di Servola, ma esistono anche altre realtà in grado di creare forti problemi come l’inceneritore, appunto, e il vicino cementificio. Finora Legambiente non ha mosso particolari critiche all’impianto di via Errera perchè, dai dati a disposizione dell’Arpa, sembrava che tutti i valori fossero nella norma: alla luce di quanto successo di recente, però, sorge il dubbio che quei dati non fossero poi così corretti. Stabilire l’origine degli odori e delle polveri presenti a Servola e Valmaura, comunque, è semplice - conclude Santoro -. Basta analizzare le loro composizioni ed eseguire la caratterizzazione degli eventuali metalli pesanti. In mancanza di quelle analisi, però, non si può escludere che le denunce dei residenti siano fondate».
Di diverso avviso l’esponente del Wwf, Fabio Gemiti. «L’inceneritore non può produrre emissioni paragonabili a quelle dello stabilimento siderurgico perchè è sottoposto a trattamenti e a controlli molto più restrittivi - spiega Gemiti -. La normativa che regola l’impianto di via Errera, che recepisce una direttiva comunitaria, è ben più rigida di quella in vigore negli altri impianti industriali. Basta pensare alla diossina: il limite massimo per un inceneritore è di 0,1 nanogrammo per metro cubo, a fronte dello 0,4 tollerato in Ferriera. Anche i controlli sono molto più vincolanti: in via Errera la diossina dev’essere monitorata una volta al mese, mentre vengono verificati «in continuo» altri parametri macroinquinanti, come l’acido cloridrico e l’ossido di carbonio. Senza parlare poi degli obblighi legati alla depurazione. Questi vincoli - conclude Gemiti - sono stati introdotti proprio perchè è risaputo che, in assenza di garanzie di sicurezza, gli inceneritori possono diventare delle fabbriche di veleni. Grazie alle norme attuali, comunque, questo rischio non esiste e non vanno quindi confuse le emissioni di via Errera da quelle della Ferriera».
m.r.

 

 

Sequestro anti-diossina: persi 880 mila euro

 

Il sindaco Dipiazza: «Quei soldi non sono dell’azienda ma della comunità»

AcegasAps ha subito danni economici legati al trasporto dei rifiuti nella discarica di Cormons e alla mancata vendita di energia

Il primo cittadino ha dato mandato ai legali del Comune di accertare eventuali responsabilità. «Se qualcuno ha sbagliato è giusto che paghi»

Ogni giorno di blocco «costa» all’azienda 80mila euro. Nel giro di una settimana le perdite arriveranno a quota 1,5 milioni di euro

Dall’inizio del sequestro di due delle tre linee dell’inceneritore, avvenuto mercoledì 14 febbraio, l’AcegasAps ha subito perdite economiche per 880 mila euro. E più si va avanti con il tempo, più le conseguenze si fanno pesanti: se, nell’ipotesi di un riavvio posticipato dell’impianto, sarà necessario ricorrere alla discarica di Pecol dei Lupi anche oltre il 5 marzo, il direttore generale Marina Monassi e i vertici dell’ex municipalizzata dovranno fare i conti con un «buco» che supererà il milione e mezzo di euro.
Non è un quadro roseo quello delineato dal sindaco Roberto Dipiazza. «Il funzionamento parziale dell’inceneritore costa ad AcegasAps 80 mila euro al giorno - spiega il primo cittadino -. Un risultato prodotto dalla somma di vari fattori negativi: il costo degli spazi della discarica di Cormons, il trasporto dei rifiuti fino alla provincia di Gorizia, la mancata produzione dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore e, di conseguenza, l’assenza dei ricavi di questa vendita. I danni econominici del sequestro disposto dalla magistratura, insomma, sono notevoli. E a farne le spese non è l’azienda, ma la cittadinanza: quelli sono tutti soldi persi dalla comunità e non dall’AcegasAps».
Proprio le ingenti perdite provocate dal blocco di parte dell’impianto di via Errera hanno convinto il sindaco ad avviare azioni sul piano legale. «Ho dato mandato ai miei avvocati di verificare se, in questa storia, qualcuno ha sbagliato - precisa Roberto Dipiazza -. A mio avviso, non si può spegnere un inceneritore solo perchè si sono trovati quattro isolati sforamenti. Bisognava tener conto che, a fronte di quei valori fuori norma, erano state effettuate prima ben 177 rilevazioni perfettamente in linea con i parametri di legge». «Perchè - continua il primo cittadino - non è stato riservato lo stesso trattamento alla Ferriera? Perchè quella non è stata chiusa, nonostante i molti e ripetuti sforamenti? Sforamenti, tra l’altro, che rischiano di essere ben più pericolosi per la popolazione: all’inceneritore, infatti, il limite massimo è di appena 0,1 nanogrammi per metro cubo, mentre l’impianto siderurgico può arrivare fino a 0,4 nanogrammi per metro cubo. Questo significa voler prendere in giro la gente».
Di qui la scelta del sindaco di fare chiarezza sull’intera vicenda per accertare eventuali responsabilità. «Non accuso nessuno - conclude Dipiazza -. Voglio però capire come sono anadate le cose. Se, al termine dei controlli, emergerà che non ci sono stati errori, ne prenderemo atto. Se, invece, le verifiche diranno che qualcuno ha sbagliato, allora è giusto che il responsabile paghi. Il blocco dell’inceneritore sta causando danni non solo all’azienda, ma all’intera cittadinanza».

 

 

Sotto la Val Rosandra il Corridoio 5  - Allarme dal geologo Sirovich: l’attuale progetto può solo venir modificato

 

Emergono in un convegno le difficoltà del tratto dell’alta velocità ferroviaria verso la Slovenia

Il progetto per la costruzione del Corridoio trans-europeo 5 - il più ambizioso asse ferroviario ed autostradale nella storia recente - rimane per il momento solo un'Alta velocità virtuale e solleva più dubbi che mai. Una conclusione amara per il convegno organizzato a fine settimana a Trieste dall'Istituto Gramsci del Friuli Venezia Giulia, che ha riunito intorno al tavolo per la prima volta negli ultimi anni maggiori protagonisti pro e contro l'iniziativa- politici, parlamentari, docenti universitari, ricercatori e dirigenti d'impresa. Numerosi gli interrogativi rimasti aperti, ma anche i problemi da risolvere, individuati alla fine dei lavori. Tra quelli più urgenti- una chiara intesa italo-slovena, il reperimento di risorse private da mobilizzare per l'opera e la definizione di iniziative precise, che vadano oltre le parole o le intenzioni, su cui lavorare assieme agli enti locali. In più, secondo Ettore Rosato, sottosegretario all'Interno, la comunicazione rafforzata con l'opinione pubblica al livello locale si presenta «fondamentale» perché «il corridoio V è una infrastruttura strategica di vitale importanza, in quanto non rappresenta un semplice asse infrastrutturale, ma interessa aree vastissime».
Al centro delle discussioni si è trovato in particolar modo l'incertezza sulla prosecuzione del tracciato verso la Slovenia. Secondo Livio Sirovich, geologo dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale Ogs, lo scenario più critico proposto nel 2001, ed ancora non modificato, pare sia quello della continuazione delle gallerie sotto la città in direzione Divaccia sottopassando la Val Rosandra - sito di interesse comunitario, di grande complessità idrogeologica. Si tratta di un'ipotesi di lavoro per il
tracciato del Corridoio 5 che attraverserebbe lo sbocco della Val Rosandra poco a monte dell'abitato di Bagnoli per proseguire in territorio sloveno, e venire alla luce solo a Divaccia, a circa 435 metri di quota. Secondo Sirovich, scendendo da Divaca con la pendenza di 17 metri per chilometro, il tetto del tunnel finirebbe per trovarsi a 75-80 metri sul livello del mare in una zona in cui il greto del torrente Rosandra è a 68-69 metri sul mare. «In tale posizione, la variante chiamata "M" è semplicemente insostenibile» ha spiegato Sirovich. «Il cambiamento dei piani iniziali è doveroso e sarebbe necessario rendere pubbliche le valutazioni sui costi - monetari ed ambientali - e sui benefici delle varie alternative di percorso possibili. In teoria si potrebbe passare sotto la val Rosandra, ma a profondità adeguate al regime idrogeologico del torrente» Tutto questo implicherebbe però un' allungamento del percorso della tratta Ronchi-Divaccia -che già ora supera i 50 km di gallerie triple- il che costerebbe di più. «Già il progetto è di per se troppo costoso, figuriamoci se dovessimo allungare la tratta» ha aggiunto il ricercatore dell'Ogs.
Ma come vengono percepiti in Slovenia tutti questi scenari? Secondo i rappresentati sloveni nella conferenza organizzata a Trieste dall'Istituto Gramsci, da una parte la realtà stradale viene percepita rilevante soprattutto per la dimensione locale quotidiana. Diversa invece la percezione del collegamento ferroviario, non come vantaggio diretto per la comunità locale, ma piuttosto come un obiettivo lontano, a lungo termine. «Localmente, da noi viene percepito soprattutto il pericolo ambientale e l'impatto determinato dagli interventi cantieristici» ha dichiarato Luka Juri, consigliere comunale di Capodistria.
Insomma, andando oltre le dichiarazioni diplomatiche di Lubiana, al livello delle comunità locali slovene, la realtà è che «le iniziative italiane atte a stimolare una più veloce realizzazione del progetto ferroviario nell'ambito del Corridoio 5, con il dilemma dei tre tratti Capodistria-Divaccia, Trieste-Divaccia e Capodistria-Trieste vengono interpretati con diffidenza e sospetto». Questo perché «nella realtà slovena, la costruzione della rete ferroviaria parte del Corridoio V viene associata allo sviluppo del Porto di Capodistria ed ai rapporti con l'Italia», ha spiegato Juri. Il tutto deriva da un lato da una «diffidenza a sfondo etnico e dai definiti rapporti di coesistenza e collaborazione con il porto di Trieste». In questo contesto però - ha proseguito il consigliere comunale di Capodistria-, sono soprattutto i comuni, come organi di autonomia locale, a risentire più spesso le difficoltà «dovendosi interpretare periodicamente gli umori dell'opinione pubblica e trovandosi sotto pressione dalle richieste dell'ambiente economico, favorevole alla realizzazione rapida del progetto». Nei comuni dell'Istria slovena, insomma, «le attività sono state influenzate finora solo dall'attivismo della vicina regione italiana Friuli Venezia Giulia». «A Capodistria però - ha aggiunto Luka Juri- la linea di iniziale allineamento alle politiche espresse a Trieste si è sviluppata in una posizione più apatica, senza una vera visione geopolitica e geo- economica d'insieme».
Nel futuro, sono necessari però un coordinamento più intenso e continuo principalmente «a livello delle comunità locali ed una campagna d'informazione dell'opinione pubblica», ha concluso il consigliere di Capodistria.
Gabriela Preda

 

IL PROGETTO

Il Corridoio trans-europeo 5, l'asse ferroviario ed autostradale che dovrebbe essere realizzato con l'aiuto dell'Unione europea entro il 2015, si sviluppa lungo una direttrice principale Ovest-Est, che collega Barcellona (Spagna) a Kiev (Ucraina) e risulta particolarmente interessante per l'Italia nel tratto Torino-Venezia-Trieste/Koper-Postojina-Lubiana-Budapest-Uzgorod-Lvov-Kiev. La cosiddetta «parte balcanica» del Corridoio è quella che si sviluppa dall'area dell'Alto Adriatico in direzione Ovest-Est ed interessa complesse infrastrutture in Italia, Slovenia, Croazia e Ungheria. Il tragitto è di 1.600 km, senza contare le ramificazioni secondarie. Complessivamente l'opera prevede un costo totale di 20.636 milioni di euro.. Secondo il Ministero italiano degli Affari Esteri, la nuova infrastruttura rappresenta un sistema di collegamento est-ovest a sud delle Alpi, particolarmente importante per lo sviluppo dei paesi dell'Europa centrale ed orientale. Punto di partenza l'istituzione di una Commissione Intergovernativa italo-slovena con il compito di avviare lo studio di fattibilità e tracciare il piano finanziario della nuova linea ferroviaria. L'arteria, indicata come «priorità europea», ha un segretariato permanente con sede a Trieste.
ga.p.

 

 

Orsi sloveni: appello Lav contro l’abbattimento

 

TRIESTE In Slovenia si preannuncia la «fucilazione» di decine di orsi. Così la Sezione di Trieste della Lav (Lega antivivisezionistica) scrive a Lubiana per chiedere lo studio di soluzioni alternative all’abbattimento, «con ancora vivo il doloroso ricordo dell'abbattimento, nel giugno 2006, di Jj1 chiamato Bruno, il celebre l'orso che vagava in territorio tedesco, ucciso dai cacciatori locali su mandato del governo». Il ministro sloveno dell'Ambiente Podobnik ipotizzando un'eccessivo numero di animali prenderà una decisione a fine mese sulla sorte di circa 100 orsi. La Lav ha lanciato una petizione telematica: consultare il sito www.infolav.org.

 

 

Rigassificatori e inquinamento

In questi ultimi mesi, si sente parlare sempre più con insistenza dei rigassificatori. Le società spagnole (che anziché costruirli in Spagna, dove invece usano energia pulita eolica o solare) hanno dato un lasso di tempo di un mese alla nostra amministrazione per decidere sull’impatto ambientale.
Tale breve lasso di tempo sembra quasi un paradosso, perché se per decidere sul riuso del Porto vecchio la nostra amministrazione ha impiegato cinquant’anni e ancora non ha deciso niente, come potrà così celermente pronunciarsi su un problema molto delicato dal punto di vista ambientale?
Eppure sembra che i nostri politici mettano tutta la loro buona volontà per decidere in fretta su questa «bomba» a cielo aperto nella zona di Zaule.
Pochi mesi orsono il nostro quotidiano ha pubblicato una cartina dell’Italia con indicati i punti esatti dove sarebbero dovuti essere posizionati i rigassificatori. Da quella cartina si può evincere che essi vengono proposti in zone economicamente depresse, vedi ad esempio Gioia Tauro, Porto Empedocle, e naturalmente anche a Trieste-Zaule.
Di certo i rigassificatori non vengono proposti a Rimini o lungo la costiera amalfitana.
Evidentemente i nostri politici ritengono vantaggiosa la bonifica dell’ex zona Esso a tutto vantaggio delle tasse che ne ricaverebbero dal rigassificatore. Non credo ai risvolti positivi occupazionali, perché gli impianti sarebbero quasi del tutto automatizzati e occuperebbero un’ottantina di addetti (a fronte dei quattrocento posti persi in Porto vecchio per il mancato insediamento di Evergreen o dei posti persi con la mancata sede delle Generali, che secondo la nostra amministrazione creavano un «forte impatto ambientale»).
Sul fronte dell’inquinamento marino ne deriverebbero danni irreversibili all’ecosistema e il nostro bel golfo diverrebbe un freddo lago clorato, senza la possibilità di balneazione per la cittadinanza.
Se a molti nostri politici sta a cuore la salute dei cittadini, e sinora hanno additato sempre la vecchia ferriera di Servola come l’unica fonte di inquinamento ambientale, ora dovrebbero tenere parimenti in considerazione i danni che il rigassificatore causerebbe al nostro mare.
Eppure su questo tema noi cittadini non siamo stati consultati; all’inizio si parlava di indire un referendum, cosa che poi è finita in una bolla di sapone. Evidentemente chi ha il potere di decidere in merito, usa due pesi e due misure: in tal caso il rigassificatore va bene, perché porta soldi nelle casse dell’amministrazione, e si sa, i soldi non inquinano mai.
Marina Batic Prisco

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 24 febbraio 2007

 

Acegas: «Inceneritore fermo, la Provincia ci aiuti - Più rifiuti a Gorizia e smaltimento oltre il 5 marzo»

 

Resta in funzione una sola linea. Martedì il pm nominerà i tre periti per il riavvio condizionato dell’impianto  - Resta aperta l’ipotesi di rivolgersi in Friuli agli impianti Css e Exè

Sulle incerte potenzialità di smaltimento dei rifiuti a breve termine, presso l’inceneritore di via Errera, l’AcegasAps mette le mani avanti. E chiama in causa il proprio interlocutore primario, ovvero la Provincia. Ieri infatti - ha fatto sapere l’assessore all’ambiente della giunta Bassa Poropat, Ondina Barduzzi - la multiutility ha fatto pervenire a Palazzo Galatti un documento in cui viene chiesta la proroga, oltre la data prestabilita del 5 marzo, dell’autorizzazione a trasferire 120 tonnellate al giorno di immondizie triestine nella discarica cormonese di Pecol dei Lupi (Iris al momento garantisce una disponibilità teorica di 140, ndr) o in un’altro sito esterno al territorio provinciale. La nota di AcegasAps, nel contempo, reca anche la richiesta di poter raddoppiare la quantità massima esportabile a 240 tonnellate quotidiane, «nel caso remoto - precisa la Barduzzi - in cui la linea 1, l’unica delle tre oggi in funzione, e peraltro la più vecchia, denotasse problemi tecnici tali da non poter essere mantenuta a pieno regime».
Sono atti dovuti di natura precauzionale - fanno capire l’assessore e il legale dell’AcegasAps Giovanni Borgna - in vista della giornata-chiave del prossimo martedì, quando il pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul sequestro di parte dell’impianto di via Errera per superamento delle concentrazioni di diossina, nominerà i tre periti che avranno il compito di monitorare il riavvio condizionato delle linee 2 e 3. I nomi degli esperti rimangono top-secret: l’unica indiscrezione porta al chimico Mauro Sanna, dell’Arpa del Lazio, già impegnato nelle perizie dell’anno scorso sul terrapieno di Barcola.
«Qualora venisse disposta un’attivazione almeno al 50% - conferma la Barduzzi - verrebbe meno il problema dello smaltimento dei rifiuti triestini, perché tornerebbero ad essere bruciate quelle 120 tonnellate che oggi vengono destinate a Pecol dei Lupi». «Il procedimento di campionatura - puntualizza l’avvocato Borgna - prevede che i rilievi vengano effettuati con l’impianto sotto sforzo, a pieno regime. La questione dello smaltimento delle immondizie, semmai, si ripresenterebbe qualora emergessero dati tali da indurre un nuovo stop».
In questo clima di moderato ottimismo, ma pure di estrema incertezza fino a martedì, l’unico documento che vale per ora è l’ultima richiesta di proroga, nei tempi e nelle quantità, da parte dell’AcegasAps alla Provincia.
«Abbiamo subito inoltrato il fax all’amministrazione provinciale di Gorizia come a quelle di Udine e Pordenone - spiega la Barduzzi - come prevede l’iter formale. Se arriva una risposta affermativa abbiamo pronta la delibera di proroga». Pordenone, ad ogni modo, è un discorso chiuso e già si sa che Gorizia non ha la possibilità di concedere nuove disponibilità oltre il 5 marzo. Resta aperta l’ipotesi degli impianti friulani Css ed Exé. Qualora la congiuntura fosse negativa, a Trieste come altrove, «chiederemo - conclude l’assessore provinciale - la procedura d’urgenza alla Regione, deputata a quel punto al reperimento di un’eventuale discarica extraregionale o al coinvolgimento di un impianto regionale, a partire da quelli friulani.
Nel frattempo, dopo le recenti dichiarazioni del presidente della multiutility isontina Gutty e dell’assessore regionale all’ambiente Moretton, torna d’attualità il dibattito su uno dei veri punti deboli di Trieste in materia di smaltimento delle immondizie: nel comprensorio giuliano, infatti, la raccolta differenziata - di competenza delle province, titolari dei piani rifiuti territoriali - si attesta al 15% contro il 35% previsto dal decreto Ronchi.
«Una raccolta differenziata su livelli più elevati - interviene il presidente dei Cittadini per Trieste e della commissione ambiente del Consiglio regionale, Uberto Drossi Fortuna - consentirebbe di alimentare l’inceneritore in misura molto meno critica». «Finita quest’emergenza - aggiunge la Barduzzi - penseremo a potenziare la promozione del recupero dei rifiuti assieme ad AcegasAps, Regione e Comune». E mentre l’assessore comunale ai rapporti con le partecipate Paolo Rovis ricorda che «la differenziata è anzitutto una questione di sensibilizzazione culturale», Drossi Fortuna attacca le politiche ambientali del centrodestra cittadino: «Se la promozione della differenziata compete alle province dalla legge regionale del 2002, allora si può obiettare che un piano adeguato lo avrebbe dovuto fare già la giunta Scoccimarro, precedente a quella della Bassa Poropat. Mi preoccupano poi le esternazioni di Dipiazza, che intende ora chiedere i danni per il sequestro dell’inceneritore. Gli ricordo che a lui spetta innanzitutto la tutela della salute dei suoi cittadini».

Piero Rauber

 

 

E le polveri sottili tornano ad alzarsi: ancora sforamenti

 

Mentre tiene banco il nodo inceneritore, con i valori di diossina da monitorare appena l’impianto tornerà a bruciare rifiuti, si affacciano oltre la soglia massima di legge i parametri delle polveri sottili presenti nell’aria. Giovedì scorso, data dell’ultima rilevazione dell’Arpa disponibile a ieri, la centralina di via Carpineto segnava 108 microgrammi per metro cubo come media giornaliera, a fronte del limite di 50 contemplato dalla normativa. I sensori di piazza Libertà, nella stessa giornata, si sono attestati attorno a una media di 72, mentre solo i rilievi di via Svevo sono rimasti marchiati da «bollino verde» con una media di 39.
Tenendo conto degli ultimi numeri, rapportati con la serie storica dei tabulati Arpa, si nota che dall’inizio dell’anno è stata comunque la centralina di via Svevo quella in cui si è verificato il maggior numero di giorni con medie oltre il limite (21) a fronte dei 18 di piazza Libertà e via Carpineto. I dati incrociati, ancora, dicono che sono state 25 le giornate in cui almeno una delle tre stazioni Arpa è finita nell’area «rossa» per eccesso di Pm10, mentre sono 35 gli sforamenti giornalieri consentiti in un anno solare dopo i quali la legge impone al Comune provvedimenti anti-smog «ulteriormente restrittivi, dalle targhe alterne ai blocchi totali di 2-3 giorni alla settimana a tempo indeterminato.
pi.ra.

 

Le polveri sottili
Per l’Oms (Organizzazione mondiale per la sanità) le polveri sottili sono considerate molto pericolose, e i livelli di concentrazione massimi consigliati per PM10 e PM2,5 sono rispettivamente di 20 e 10 microgrammi/m3, mentre in città si superano frequentemente i 50 microgrammi/m3. Perciò la gente è preoccupata, ed è accorsa a sentire un autorevole accademico locale, il quale ha detto che... se vogliamo eliminare completamente lo smog bisogna eliminare completamente la circolazione delle auto nel centro della città.
A prima vista, sembra un’affermazione di Monsieur de la Palisse, ma non lo è, perché basta documentarsi un poco, ma veramente poco, per vedere che i responsabili delle emissioni delle polveri sottili sono, nell’ordine 1) l’inceneritore, che ha bruciato soltanto nel 2003 114.283 tonnellate di rifiuti di tutta Italia e fuori, e poiché malgrado la depurazione una tonnellata di rifiuti produce circa 20 grammi di polveri sottili al camino, è facile calcolare che soltanto in quell’anno esso ha prodotto tante polveri da contaminare circa 500 miliardi di m3 di aria a 50 microgrammi/mc; 2) la Ferriera, che solo nel 2006 ha eruttato 2370 tonnellate di fumi tossici e 89,5 tonnellate di PM10; 3) gli impianti di riscaldamento a gasolio; 4) gli autobus, compresi quelli dotati di sedicenti filtri ecologici, perché un autobus produce in un solo minuto i fumi di 380.000 sigarette, e nessun filtro attualmente esistente è in grado di bloccare polveri inferiori al PM2,5; 5) i camion; 6) i motorini a due tempi; 7) le auto «ecodiesel», mentre invece le auto a benzina sono responsabili di altre emissioni ma, per quanto riguarda le polveri sottili, soltanto del loro sollevamento da terra come del resto i pedoni con il loro calpestio; un problema facilmente risolvibile con un frequente lavaggio delle strade considerando che, tra l’altro, ogni 30-40 metri esiste un idrante stradale.
Insomma, se l’accademico rappresentava la voce della scienza, non stupiamoci dei ponti che crollano prima di essere inaugurati, o di certi «esperti» che confondono i filobus con le seggiovie. Perciò, evviva la mia ignoranza, e da ignorante, suggerisco i tram e i filobus, e di chiudere il «termovalorizzatore killer», il quale può vendere energia ad un prezzo triplo del normale soltanto perché il contribuente è costretto a pagare i restanti 2/3 con le tasse, potenziando invece le fognature, in modo da poter eliminare i rifiuti organici nel lavandino con il dissipatore domestico, così come avviene da decenni nei Paesi civili, ed incentivare veramente il riuso e il riciclaggio.
Lucio Schiulaz

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 23 febbraio 2007

 

 

Inceneritore, per una settimana non saranno bruciati i rifiuti Caccia a nuove discariche

 

Vertice tecnico in Provincia. L’autonomia teorica di Pecol dei Lupi scade il 5 marzo

Ci vorrà almeno una settimana prima che le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera tornino a bruciare rifiuti, e comunque a regime ridotto, sotto l’occhio vigile dei tre periti che saranno nominati ufficialmente martedì dal pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul sequestro di parte dell’impianto gestito dall’AcegasAps per superamento delle concentrazioni di diossina.
È quanto si è appurato ieri nel corso di un vertice tecnico a Palazzo Galatti fra Provincia, Regione e multiutility, finalizzato - come ha fatto sapere in serata l’assessore provinciale competente Ondina Barduzzi - a predisporre i piani d’emergenza per lo smaltimento dei rifiuti che reca come termine ultimo la data del 5 marzo, quando si dovrebbe esaurire la capienza delle 9mila tonnellate teoriche di rifiuti triestini presso la discarica cormonese di Pecol dei Lupi.
«I tecnici dell’AcegasAps - ha spiegato la Barduzzi - hanno riferito di non aver messo ancora in attività le linee 2 e 3 preferendo attendere la comunicazione ufficiale del dissequestro condizionato stabilito dalla procura. Dopo la nomina dei periti in programma martedì prossimo, sono poi necessarie 60 ore per rimettere a regime le due linee, nei tempi e nelle modalità indicate dagli stessi esperti della procura. Se le facessero funzionare al 50%, per bruciare circa 120 tonnellate al giorno (quelle cioè scaricate attualmente nel cormonese, ndr) non ci sarebbero più problemi, per noi, di andare a cercare altri impianti di smaltimento per i rifiuti della nostra provincia».
In attesa delle disposizioni dei periti, però, il vertice tecnico di ieri ha prefigurato pure gli scenari più negativi e i conseguenti iter burocratici e autorizzativi per trovare altrove una discarica che possa scongiurare il rischio di saturazione delle immondizie a Trieste. L’«autonomia» teorica di Pecol dei Lupi - attorno alla quale nelle ultime ore si sono scatenate lamentele e polemiche degli amministratori locali - porta al 5 marzo. Qualora si rendessero necessarie, le alternative riguarderebbero, forse, l’Ifim di San Gottardo o la coppia di impianti Css-Exé, sempre su territorio udinese, il primo per bruciare i rifiuti e il secondo per accoglierli, giacché questo sito riceve solo materiale pretrattato. Pordenone, invece, è già un capitolo scartato.
«Noi come Provincia - ha aggiunto in proposito l’assessore Barduzzi - abbiamo già chiesto di avere delle risposte informali in merito all’eventuale disponibilità di tali impianti. Se dopo la riattivazione parziale delle linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera fosse ancora necessario smaltire i rifiuti altrove, e se al tempo stesso non fosse possibile risolvere il problema nelle quattro province della nostra regione, in quel caso dovremmo per forza rivolgerci alla Regione stessa». Il che si tradurrebbe in una richiesta formale al governatore Riccardo Illy a firma della presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, affinché la Regione contatti ufficialmente altre amministrazioni regionali per accertare la disponibilità di eventuali discariche sui loro territori di riferimento.
«Le linee 2 e 3 sono state riavviate oggi stesso (ieri, ndr) come era stato annunciato», è stata poi la precisazione venuta dal legale dell’AcegasAps Giovanni Borgna, mentre dall’azienda è stata adottata la linea del silenzio. «Gli impianti - ha precisato Borgna - non sono ancora accesi perché le procedure tecniche prevedono, da ieri, due-tre giorni di manutenzione a freddo e altri due-tre di preriscaldamento. La fase di riattivazione, dunque, è già partita, mentre i tempi e i modi della funzionalità effettiva dell’impianto saranno stabiliti nell’udienza di martedì, in occasione della nomina dei periti».

Piero Rauber

 

 

A differenza degli altri capoluoghi di provincia, la nostra città non ha aderito all’operazione che è stata lanciata dalle Regioni del Nord
 
Dipiazza boccia la domenica senz’auto: inutile e costosa - Il sindaco: uno spreco spendere per transenne e straordinari ai vigili, meglio lavare le strade quando serve
Non ci sarà alcun fermo del traffico privato a Trieste in occasione della «domenica ecologica» indicata nell’ambito del protocollo d’intesa antinquinamento firmato il 7 febbraio scorso a Roma dai presidenti di Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Province autonome di Trento e Bolzano, Canton Ticino.
A differenza di quanto stabilito - anche se con modalità più o meno elastiche - da altri capoluoghi di provincia, il Comune giuliano ha deciso infatti di non aderire all’iniziativa: perché «è di fatto inutile» - dice il sindaco Roberto Dipiazza, secondo il quale «peserebbe in maniera inaccettabile sulle tasche dei triestini. È noto infatti che la domenica il traffico è di gran lunga inferiore rispetto a qualsiasi giorno feriale. Spendere soldi pubblici per transennare la città e pagare gli straordinari ai vigili - aggiunge Dipiazza - sarebbe solo una sterile operazione di facciata che non apporterebbe alcun miglioramento ambientale. Con le stesse risorse ritengo più utile lavare le strade quando i valori di pm 10 oltrepassano i limiti di legge».
Alla domenica ecologica promossa per dopodomani Udine parteciperà «simbolicamente», come recita una nota del Comune friulano, con la chiusura del centro dalle 9 alle 11 mentre dai Comuni della cintura arriveranno una serie di staffette in bicicletta. Fermo alle auto in alcune vie del centro da domani pomeriggio fino a domenica sera a Gorizia, mentre a Pordenone sarà chiusa (ma non per chi vi risiede) l’area interna dalle 9 alle 18.
Tornando a Trieste, l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci spiega che «preferiamo rispettare scrupolosamente la legge e il piano d’azione comunale e creare disagi agli automobilisti quando serve», in caso di sforamenti dei valori cioè. Ma Bucci va oltre: «Se parliamo di spirito educativo, puntiamo piuttosto sul car pooling», l’utilizzo di gruppo di una stessa auto da parte dei residenti, rilanciato di recente dalla giunta. Dopo quello condotto tra i dipendenti del Comune, «anche AcegasAps, Generali, Lloyd Adriatico e Wärtsilä stanno conducendo dei sondaggi interni» per capire la disponibilità dei dipendenti ad andare al lavoro con l’auto di gruppo.
E la Lista Dipiazza che pochi giorni fa ha presentato una mozione in cui chiede alla giunta di «congelare» lo strumento del car pooling chiedendo piuttosto di rivedere il piano d’azione antinquinamento coordinandolo con gli altri Comuni della Provincia? «Sto preparando una relazione tecnica in cui illustrerò i vantaggi ma anche il pressing europeo già esistente a favore di questo strumento», si limita a dire Bucci.
Dalla Regione, intanto, in merito alla non adesione di Trieste alla domenica ecologica l’assessore all’ambiente Gianfranco Moretton si limita a dire che «rispettiamo le autonomie dei Comuni, ai quali abbiamo trasferito la competenza» in materia.
Proprio ieri intanto la giunta ha dato il via libera al bando di asta pubblica per l’appalto del lavaggio delle strade contro le polveri sottili, che prevede 32 interventi da eseguire di qui a inizio 2008 nelle zone di Chiarbola, Servola, Città nuova, San Giovanni e Scorcola. La spesa presunta complessiva è di 48 mila euro. Oltre al lavaggio, il bando prevede anche che l’impresa vincitrice verifichi e se del caso corregga l’efficienza delle caditoie stradali. L’appalto ora in via di esaurimento era stato vinto da una ditta che si era imposta anche sull’offerta di AcegasAps, titolare invece del contratto ancora precedente.
p.b.

 

 

 Il Comune mette in vendita aree verdi - I terreni sono in via dei Narcisi e delle Viole, via Berchet e via dell’Eremo

 

Nella delibera giuntale con il quale il Comune ha predisposto l’alienazione di una serie di beni immobili di proprietà, risultano comprese anche delle aree verdi di pregio nei territori della terza e della sesta circoscrizione. Si tratta per esempio di terreni comunali esistenti in via dei Narcisi e delle Viole , ultimi residui dell’antico bosco di via Commerciale, praticamente adiacenti il Parco di Villa Giulia. Un altro fazzoletto verde si trova situato nell’appartata via Berchet , traversa di via dello Scoglio . Sempre nei dintorni sono da alienare due particelle naturali situate in via Verga , nei pressi della Villa Bottacin. A Chiadino spicca un’ampia zona verde compresa tra la via dell’Eremo e la via Felluga , ed è in vendita pure un bello spicchio non edificato di Strada di Rozzol . La delibera è ora al vaglio dei consigli circoscrizionali che dovranno esprimersi con un parere che, peraltro, rimane solo consultivo. Il terzo e sesto parlamentino, al riguardo, si erano espressi già nel 2005, ottenendo dal Comune il blocco delle vendite dei terreni citati. «All’epoca – spiega Lorenzo Giorgi, allora presidente della terza circoscrizione, oggi presidente della Quarta Commissione consigliare comunale – il Comune decise di toglierli dalla lista delle vendite. E in una conferenza stampa la maggioranza affermò che tali aree non sarebbero state alienate sinché non si fosse provveduto a cambiarne destinazione sul Piano Regolatore destinandole a verde pubblico. Non mi interessa polemizzare con l’assessore al Demanio e Patrimonio Piero Tononi perché capisco che la delibera è volta a recuperare quattrini necessari per le opere pubbliche. Ma ora tocca ai politici salvaguardare il verde in questione stralciandolo dall’elenco di vendita». «È vero – interviene l’attuale presidente del terzo parlamentino Sandro Menia – alcuni spazi verdi comunali del nostro comprensorio sono compresi in quella delibera giuntale d’alienazione beni che siamo chiamati a votare. Giusto o sbagliato che sia il Comune deve fare cassa, e dunque la vendita di queste aree ci sta tutta». «Concordo con la necessità di vendere stabili e immobili inutilizzati – dice Gianluigi Pesarino Bonazza, presidente del sesto parlamentino – ma non posso non ricordare la presa di posizione del sottoscritto e di Giorgi per cercare di salvare il verde residuo dei nostri colli». «A suo tempo il Comune aveva provveduto a stralciare il Bosco di Capofonte dalle proprietà da alienare – puntualizza l’assessore Tononi – e su tali vendite tutti erano al corrente. Questi spazi fanno parte di una delibera complessiva che prevede un realizzo di 3.700.000 euro che speriamo di realizzare per poter dare corso alle opere pubbliche. E quindi si va avanti per questa strada». m.l.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 22 febbraio 2007

 

 

Inceneritore, riavvio per analisi  - Oggi le linee 2 e 3 saranno riaccese ma senza essere caricate di nuovi rifiuti

 

Partita la fase del dissequestro condizionato. I periti dovranno accertare cosa ha provocato la fuoriuscita di diossina

Questa mattina le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera saranno riavviate. La riaccensione degli impianti, seppur senza il caricamento dei rifiuti, è stata autorizzata ieri dal pm Maddalena Chergia, titolare dell’inchiesta sul sequestro di una parte dell’inceneritore gestito dall’AcegasAps.
Lo scopo, si legge in una nota della procura, «è stato quello di consentire ai consulenti di effettuare gli accertamenti». È partita dunque la fase del «dissequestro condizionato» dell’impianto, quella indicata dai legali dell’AcegasAps, Giovanni Borgna e Tiziana Benussi. Una strada giuridica che consentirà di evitare che nelle strade di Trieste si accumulino quintali e quintali di sacchi immondizie e, allo stesso tempo, permetterà di capire cosa è successo e quindi di trovare i rimedi adatti. Scongiurando quindi l’emergenza rifiuti, in parte dirottati nella discarica di Gorizia.
Gli esperti avranno il compito di capire tecnicamente che cosa non ha funzionato e come sia stato possibile che siano stati registrati quattro sforamenti a fronte di una serie storica di dati in linea con i parametri di legge. Dati contestati dall’AcegasAps che, anche durante l’audizione in Consiglio comunale dell’ad Francesco Giacomin, ha rivendicato con forza la validità del termovalorizzatore.
La procedura giuridica dell’acceertamento tecnico non ripetibile sarà quella che potrebbe anche manifestarsi eventualmente in un secondo tempo in un incidente probatorio. Praticamente in una vera e propria prova del nove con nuovi dati da utilizzare in sede di udienza. Insomma una verifica definitiva.
Oggi dunque partirà l’operazione preliminare necessaria per l’avvio dell’impianto, ma il là vero e proprio sarà martedì prossimo quando il pm Maddalena Chergia conferirà a un collegio di tre esperti l’incarico formale di individuare le cause dei superamenti dei valori massimi di diossina. Consulenti che, con ogni probabilità, arriveranno da fuori Trieste. Molto probabilmente da Roma e Napoli.
«In particolare - si legge in un comunicato firmato dal procuratore capo Nicola Maria Pace - ai consulenti verrà chiesto di accertare se questi superamenti possano essere considerati episodi occasionali o se, invece, trovino causa in difetti costruttivi o di funzionamento dell’impianto».
Dei tre consulenti che saranno nominati è trapelato solo il cognome di uno, il dottor Senna, indicato tra i maggiori esperti a livello nazionale. «La collega Chergia sta definendo l’organigramma», ha precisato comunque il procuratore capo Nicola Maria Pace che non ha né confermato, né smentito l’indiscrezione.
Certo è che l’avvio dell’impianto avrà lo scopo proprio «di consentire gli accertamenti necessari», si legge nella nota della procura. Nello stesso documento viene precisato che l’attivazione delle linee 2 e 3 avverrà «senza il caricamento dei rifiuti». Sono necessari alcuni giorni per riscaldare gli impianti chiusi mercoledì scorso.
Dopo la nomina i consulenti effettueranno un primo sopralluogo e «daranno le successive indicazioni per il caricamento dei rifiuti ai fini dell’effettuazione delle analisi». Avranno insomma carta bianca in vista anche di una riapertura definitiva dell’impianto. In pratica la decisione della procura riprende la falsariga della vicenda giudiziaria della Ferriera di Servola, ripetutamente sequestrata ma comunque mai definitivamente bloccata grazie a «esercizi parziali», «avviamenti condizionati» e «gestioni controllate».
Non nasconde la sua soddisfazione l’avvocato Giovanni Borgna. «È stato accolto - dice - quello che abbiano chiesto. Ora attendiamo l’esito delle indagini». ma mentre uno degli avvocati messi in campo dall’AcegasAps aspetta l’esito delle indagini, il sindaco Roberto Dipiazza fa sapere di voler intentare una causa di risarcimento danni per la chiusura delle linee 2 e 3 dell’inceneritore.
È un’anticipazione da ricollegare al partecipato intervento di lunedì scorso in Municipio di Francesco Giacomin, amministratore delegato della multiutility. «Sono scioccato da questo iter procedurale, neanche i farabutti si trattano così», aveva tuonato Giacomin. Contestando il mancato «contraddittorio» sui dati delle emissioni di diossine. Un intervento duro pronunciato davanti al Consiglio comunale - dopo le richieste di chiarimento da parte dei consiglieri di maggioranza e le critiche ricevuti dai banchi dell’opposizione - che evidentemente già covava una possibile causa.

Corrado Barbacini e Pietro Comelli

 

 

Gutty critica la Regione: «Manca un piano di autonomia» - «Non è la prima volta, c’è stato Pecol dei Lupi e l’incendio a Rive d’Arcano»

 

Il presidente di Iris accusa la politica del Friuli Venezia Giulia della mancanza di strumenti per gestire le situazioni straordinarie

«La Regione non ha un piano di autonomia gestionale nel settore-rifiuti. L’emergenza di questi giorni per il sequestro di due linee dell’inceneritore a Trieste l’ha dimostrato una volta di più. Manca una politica regionale in questo campo che consenta di gestire le situazioni ordinarie ma anche, e soprattutto, quelle straordinarie».
Non le manda a dire il presidente di Iris, Gianfranco Gutty. E individua precise responsabilità nella Regione che - a suo parere - avrebbe dovuto recitare un ruolo di primo piano nella vicenda ma che ha lasciato AcegasAps ed Iris a gestire, non senza difficoltà operative, l’emergenza.
«E non è la prima volta che capita: andando indietro, ci furono problemi alla discarica di Pecol dei Lupi, quindi l’incendio all’impianto di compostaggio di Rive d’Arcano. Questi eventi ma anche quanto è successo a Trieste in questi giorni - spiega Gianfranco Gutty - evidenziano la fragilità dell’intero sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti in Friuli Venezia Giulia. Pochi si rendono conto che il problema dei rifiuti ha implicazioni sulla salute. Le condizioni perché tutto funzioni al meglio sono due: attuare dappertutto la raccolta differenziata e disporre di impianti. In questo scenario – prosegue ancora il presidente della società goriziana Iris – le aziende multiservizi devono passare in secondo piano: deve essere, invece, la Regione a pianificare gli impianti e a coordinarli, prevedendo anche che ci possono essere degli incidenti di percorso».
In altre parole - secondo il presidente di Iris - urge che la Regione si doti di un piano. «Una pianificazione - aggiunge Gutty - in cui si preveda una strategia che vada anche oltre i confini regionali in maniera tale da poter avere gli strumenti per gestire gli imprevisti che sono sempre dietro l’angolo. Iris ha dovuto affrontare emergenze sovraregionali in due occasioni: è stata una dispersione di energie che si sarebbero potute trattenere se ci fosse stato un Piano regionale con dei percorsi già tracciati».
Questo - pertanto - è l’auspicio del presidente di Iris Gutty. «La differenziata - conclude il manager triestino - è ineludibile così come è assolutamente necessario poter disporre degli impianti».
Nel frattempo la discarica cormonese di Pecol dei Lupi è disponibile ad aumentare di altre 20 tonnellate la quantità di rifiuti che riceve ogni giorno dal termovalorizzatore di via Errera. Saranno quindi 140 e non più 120 le tonnellate che saranno smaltite. La convenzione tra la Provincia di Trieste e quella isontina si protrarrà per 15 giorni.
Va intanto registrato l’intervento della società udinese di smaltimento rifiuti Exe che specifica di non essere mai stata contattata.

 

 

Città assediata dai veleni: diossina a Barcola, Ferriera e metà zona industriale da bonificare

 

Trieste è una delle poche province a essere priva di discariche. Segnalazioni anche sul Carso

Cinquecento ettari di terreno sono inseriti nel sito inquinato di interesse nazionale, concentrato in particolare nella fascia costiera

Assediati dalle polveri sottili in città. Circondati da un sito inquinato di interesse nazionale, in zona industriale, che abbraccia addirittura 500 ettari. La gran parte concentrati lungo la fascia costiera, dove l’inquinamento reale riguarda le aree ex Esso di Zaule, ex Aquila a Muggia fino alla Ferriera di Servola.
Tutto lungo la costa - unica variabile l’ingresso dell’inceneritore di via Errera - che diventa una costante nella «mappa dei veleni» triestina, come testimoniato anche dalla situazione del terrapieno di Barcola. Non ci vuole molto a capire il perché. In passato una serie di aree da Muggia a Duino sono state utilizzate come discariche. Autorizzate, mica abusive. Solo che a distanza di 50 anni - davanti a una diversa sensibilità ambientale, rispetto alle leggi e i parametri del passato - quelle scelte tornando a far parlare di sé.
Presentando il conto e sommandosi all’inquinamento prodotto quotidianamente dalla società civile: dal riscaldamento sparato oltre i 20° consentiti per legge, all’uso dell’automobile. Per arrivare ai rifiuti solidi urbani, mescolati senza distinzioni a vetro, carta e plastica. Snobbando la raccolta differenziata ferma al 17 per cento.
Ecco che la provincia di Trieste è una delle poche, se non l’unica, ad essere priva di discariche. Solo che adesso paga le conseguenze di quelle concesse nel dopo guerra. È il caso del terrapieno di Barcola - realizzato con gli inerti - un’area recintata e recentemente sequestrata dalla magistratura per la presenza nel sottosuolo di diossine. E che dire di un’altra ex discarica come quella di Trebiciano? Tutto regolare, per il momento, ma alcune associazioni ambientaliste da tempo denunciano un inquinamento nelle attigue doline. Sotto accusa i rifiuti scaricati all’epoca, ovviamente.
Materiali che solo grazie all’avvento negli anni Settanta dell’inceneritore hanno preso un’altra destinazione. Quello stesso inceneritore - nonché termovalorizzatore, impianto che permette di produrre energia - finito sotto accusa in questi giorni per lo sforamento delle emissioni di diossina. Una sostanza tossica di cui anche l’impianto siderurgico della Ferriera di Servola - da tempo nell’occhio del ciclone, per gli imbrattamenti dei suoi fumi - è accusata da tempo di sprigionare.
Ma la «mappa dei veleni» triestina non finisce qui. Esiste un sito inquinato nella gran parte della zona industriale - da via Flavia fino a Muggia - che abbraccia 500 ettari di terra ferma. Ingloba 353 aziende, bloccando qualsiasi tipo di sviluppo delle stesse. Al suo interno, per chiarire il perimetro, c’è l’area del canale navigabile un tempo utilizzata come piccola discarica. All’interno del sito troviamo poi l’area ex Esso vicino a Zaule, storicamente inquinata per l’attività svolta al suo interno, che il progetto di Gas natural intende bonificare per realizzare un rigassificatore.
Al suo fianco c’è un altro terreno inquinato: l’area ex Aquila che un tempo ospitava una raffineria. Una parte è stata acquistata dalla Teseco che sta provvedendo all’intera bonifica. Nulla vieta a un’azienda, infatti, di presentare un piano di caratterizzazione dell’area e svolgere i lavori di bonifica. Le altre aziende che rientrano nel sito inquinato di interesse nazionale, invece, pur non avendo concorso all’inquinamento devono aspettare l’approvazione da parte del ministero del piano di caratterizzazione.
p.c.

 

 

DIOSSINE: killer invisibile assente in natura

 

LE DIOSSINE Le diossine sono un gruppo di sostanze chimiche molto tossiche e in genere altamente persistenti nell’ambiente e nei sistemi biologici. La loro capacità di indurre effetti negativi sulla salute anche a esposizioni molto basse dà a queste sostanze grande rilevanza sanitaria.
Le diossine non esistono in natura: sono prodotti secondari di molti processi chimici industriali come l’incenerimento e la produzione di pesticidi. La fonte maggiore viene dagli inceneritori che bruciano sostanze a base di cloro, dalle aziende di produzione della carta che usano sostanze sbiancanti e dalla produzione di pvc. La diossina provoca il 12 per cento dei cancri, inoltre favorisce mutamenti nelle concentrazioni di ormoni dell’uomo, diabete, malattie cardiache, effetti tossici in diversi organi. La contaminazione avviene anche attraverso l’alimentazione.
I TERMOVALORIZZATORI: I termovalorizzatori sono impianti che, oltre a incenerire i rifiuti, riutilizzano parte del calore come in una piccola centrale elettrica, anche se con rendimenti molto inferiori. I rifiuti urbani e speciali assimilati vengono prima scaricati nella fossa di raccolta comune alle tre linee abilitate per il loro smaltimento. I rifiuti vengono poi introdotti nelle camere di combustione, dove la temperatura viene mantenuta a circa 900-1500 gradi. Nelle linee 1 e 2 i gas vengono convogliati nella camera di post-combustione, dove avviene il completamento delle reazioni di ossidazione. Nella linea 3, invece, le camere di combustione e post-combustione sono integrate.

 

 

Ferrara: «Necessari altri controlli esterni» - L’esponente della Lista Dipiazza propone di fissare dei controlli periodici sulle emissioni
 
La diossina può legittimamente essere prodotta dalla Ferriera in quantità superiore a quella causata dall’attività dell’inceneritore. Lo rileva il capogruppo in Comune della Lista Dipiazza, Maurizio Ferrara, che nel precedente mandato del sindaco ha ricoperto anche la carica di assessore all’ambiente. «Quando nacque il problema relativo all’agglomerato della Ferriera, all’epoca la competenza sul controllo delle emissioni spettava alla Regione. Quest’ultima amministrazione, in assenza di limiti stabiliti da una legge nazionale che non c’era, deliberò di fissare la soglia massima in 0,4 nanogrammi per metro cubo», ricorda Ferrara. «Oggi l’inceneritore opera invece in base a una legge nazionale che ha imposto il non superamento del limite di 0,1 nanogrammi al metro cubo: questo già fa capire come lo stabilimento di Servola sia autorizzato a produrre diossina in quantità 4 volte superiore all’inceneritore, che lavora con tre linee per 24 ore al giorno».
Il problema, secondo Ferrara, nel caso dell’inceneritore sta nel «capire il motivo che ha portato allo sforamento dei limiti della diossina». Per questo, «sulle emissioni di diossina anche per l’inceneritore sarebbe opportuno che si stabilisse di procedere con controlli periodici da parte di un organo istituzionale ed esterno a chi gestisce l’impianto».

 

 

Raccolta differenziata, coinvolti cinque rioni  - Valmaura, Borgo San Sergio, via Grego, San Giovanni e Giarizzole dovrebbero collaudarla

 

Dopo l’esperienza pilota di Melara c’è un progetto al vaglio del Comune per alleggerire la mole di immondizie destinate al termovalorizzatore

Raccolta differenziata uguale più materiali riciclati e meno immondizie destinate all’inceneritore.
«L’operazione si può fare, senza costi aggiuntivi per la collettività e anzi con il vantaggio di creare alcuni nuovi posti di lavoro e di educare i cittadini a gestire i rifiuti in modo diverso». Lo sostiene Paolo Parisini, presidente del Consorzio Interland, sulla base dell’esperimento che nel quartiere di Rozzol-Melara è in atto da un paio d’anni.
Un esperimento che secondo un progetto ora al vaglio del Comune potrebbe essere esteso ai condomini dell’Ater situati nei rioni di Valmaura, Borgo San Sergio, via Grego, San Giovanni e Giarizzole per un totale di 8mila 800 cittadini da coinvolgere.
L’operazione è partita nel 2005 nell’ambito di un progetto mirato a sviluppare nuove attività di impresa sociale e partecipato da più enti, tra cui Ater e Comune. Da due anni dunque una cooperativa si occupa di raccogliere «porta a porta» i rifiuti già suddivisi dai residenti in plastica, vetro, lattine e carta. I materiali vengono depositati in vicini cassonetti dedicati, che AcegasAps provvede poi a svuotare rivendendone il contenuto per girare infine il ricavato alla cooperativa.
Con questa operazione viene dunque coperta una parte dei costi, «mentre un’altra parte - dice Parisini - deriva dal fatto che il Comune risparmia sul costo dell’incenerimento»: la stima è di circa 93 euro a tonnellata. Nel biennio 2005-2006 sono state raccolte «circa 200 tonnellate con un trend di continua crescita».
Il risultato, aggiunge Parisini, è che oggi i 1450 abitanti di Melara totalizzano «il doppio di rifiuto differenziato pro capite rispetto agli altri triestini, e hanno raggiunto la quota del 35% prevista dal Decreto Ronchi» che nel 1997 ha regolamentato la gestione dei rifiuti. Il tutto grazie anche al sistema porta a porta che, dice il presidente di Interland, «avvicina» la raccolta differenziata ai cittadini. E dunque «l’esperienza di Melara ha evidenziato che i valori di entrata corrispondenti alla vendita del materiale raccolto e il mancato costo per l’incenerimento del materiale stesso riescono a sostenere i maggiori oneri derivanti dall’attivazione del servizio di raccolta porta a porta».
Da qui la «dimostrazione» che «a parità di costo per la collettività, si possono raggiungere gli obiettivi definiti dalla legge nazionale, si sensibilizza e si educa un intero quartiere ad assumere comportamenti responsabili verso l’ambiente e si evita di bruciare del materiale che può essere recuperato, impedendo che contribuisca all’emissione di sostanze inquinanti nell’aria», spiega Parisini ricordando come un tavolo di lavoro composto da rappresentanti di Provincia, Comune, AcegasAps e Ater ha prodotto negli ultimi mesi «uno studio specifico di fattibilità» per l’estensione del progetto agli altri rioni già citati.
Va ricordato per altro che lo scorso anno sulla raccolta differenziata a Melara era scoppiato un caso: per una sorta di «equivoco», come lo definisce l’assessore comunale Paolo Rovis, ai residenti di Melara era stata annunciata una riduzione sulla Tarsu che in realtà non è mai arrivata - non sarebbe stato possibile per legge, spiegava già allora il Comune - ma è stata sostituita da una sorta di «contributo per interventi sul territorio», dice Rovis.
Tornando allo studio di fattibilità per l’estensione del progetto, «ora alla politica spetta la parola definitiva», chiude Parisini.
Dal Comune, l’assessore Paolo Rovis risponde: «Stamo analizzando e valutando le proposte, rapportandoci anche con AcegasAps». L’assessore ricorda come il valore dell’operazione, più che in un risparmio effettivo, sia da ricercare in un percorso di educazione ambientale. Secondo Rovis infatti «è difficile quantificare il risparmio, perché è vero che una minore quantità di rifiuti da distruggere significa risparmiare sui costi dell’inceneritore, ma in realtà quest’ultimo impianto produce energia elettrica, che ha un valore».
Resta il fattore della «sensibilizzazione», dice Rovis. Di cui pare esserci bisogno, se è vero che «le campane collocate in città per la raccolta dei materiali differenziati sono mediamente poco più che vuote», ricorda l’assessore secondo il quale «bisogna investire nell’educazione delle nuove generazioni». Per questo il Comune ha in programma un’iniziativa di educazione ambientale mirata alla raccolta differenziata da attuare nelle scuole del territorio.

Paola Bolis

 

 

«Pista ciclabile, niente cementificazione» - Secondo il Gruppo Ulisse-Fiab l’allarme per l’impatto della nuova struttura è ingiustificato
 
«Nella città in cui una delle maggiori preoccupazioni è non perdere il contingente di benzina agevolata e dove il traffico recentemente è stato interdetto per la forte concentrazione delle polveri sottili, c’è chi si preoccupa per l’impatto ambientale provocato dalla nuova pista ciclo pedonale in ultimazione. Ritengo che sia un falso problema». La riflessione è di Stefano Cozzini, presidente del Gruppo cicloturisti Ulisse–Fiab, un’associazione che conta su circa 150 aderenti, ma che rappresenta un campione non trascurabile di triestini che vedono nella bicicletta un mezzo appropriato e pulito per muoversi in città. «Abbiamo potuto renderci conto – afferma Cozzini – che è sorto un dibattito tra coloro che come noi intendono la bici non solo come passatempo e coloro che nella nuova ciclopedonale che da S. Giacomo porta già in val Rosandra vedono una nuova cementificazione». «A noi sembra un caso inesistente – interviene Giuseppe Pretto, socio dell’Ulisse – e abbiamo capito come alcune persone non si siano rese conto che la ciclopedonale non è nata per caso, ma sia il frutto di una condivisione di intenti tra associazioni, cittadini e enti nel privilegiare un nuovo modo di muoversi». Secondo l’associazione, l’asfaltatura riguarda solo la prima parte della pista, mentre il resto del fondo è in pietrisco.
m.l.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI',  21 febbraio 2007

 

La magistratura forse già oggi potrebbe dare il via libera a un’apertura controllata delle due linee dell’impianto Inceneritore verso il dissequestro I legali dell’Acegas Aps hanno presentato un’istanza per la nomina di un perito

 

Le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera potrebbero essere presto rimesse in funzione e affidate dalla procura a un tecnico incaricato di svolgere le analisi risolutive sulla diossina. Per ora questa è solo un’ipotesi, ma si delinea sempre più chiaramente attraverso il «dissequestro condizionato» il percorso per evitare che nelle strade di Trieste si accumulino quintali di sacchi pieni di immondizie.
Una strada che non è semplice né per gli avvocati dell’AcegasAps, Giovanni Borgna e Tiziana Benussi, né per il sostituto procuratore Maddalena Chergia titolare dell’inchiesta sul sequestro dell’inceneritore. L’obiettivo è di risolvere il problema entro due settimane. Un tempo limite prima che scatti la vera emergenza rifiuti.
La parola d’ordine è fare in fretta. Per questo motivo ieri i legali dell’AcegasAps hanno presentato al pm Chergia un’istanza in cui viene chiesto il conferimento di un incarico ad alcuni periti per effettuare un accertamento tecnico non ripetibile. A tale proposito sembra che i consulenti indicati, chiamati prima ad accettare l’incarico, arriveranno da Roma e Napoli.
Avranno il compito di capire tecnicamente che cosa non ha funzionato nelle linee 2 e 3 dell’impianto di via Errera e come sia stato possibile che siano stati registrati quattro sforamenti, rilevati dall’Arpa, a fronte di una serie storica di dati perfettamente in linea con i parametri di legge e a fronte di rilevamenti altrettanto nella norma che sono stati effettuati nello stesso periodo di quelli incriminati. In pratica viene chiesta la nomina di esperti e l’individuazione di un laboratorio che effettui nuovi campionamenti e analisi. E per farlo, ovviamente, l’intero impianto deve entrare di nuovo in funzione.
La procedura richiesta è quella che potrebbe anche manifestarsi eventualmente in un secondo tempo in un incidente probatorio. Praticamente in una vera e propria prova del nove con nuovi dati da utilizzare in sede di udienza. Insomma una verifica a tutto campo.
«L’interesse dell’azienda è quello di ripristinare il servizio a vantaggio della città e di garantire l’assoluta sicurezza dello stesso come è sempre stato», dice l’avvocato Borgna. Azienda che l’altra sera in Consiglio comunale - nel corso dell’audizione convocata da tempo con la multiutility, da parte dell’azionista di maggioranza della spa - si è difesa con il coltello tra i denti. L’amministratore delegato Francesco Giacomin, infatti, non è andato per il sottile: «Sono scioccato da questo iter procedurale, neanche i farabutti si trattano così». Chiaro il riferimento alla decisione della magistratura.
L’ex municipalizzata quotata in Borsa non ha digerito la mancanza di un «contradditorio» sui dati. In sostanza una comparazione tra le analisi commissionate dall’azienda e quelle effettuate dell’Arpa. «È stato bloccato il rapporto previsto per legge - sono state le parole di Giacomin - tra noi e la Provincia sui valori contestati. Un contradditorio tra le parti che non è stato ammesso».
Parole mal digerite da alcune sigle sindacali e dalla minoranza in Consiglio comunale che - nei diversi interventi, dai toni e le affermazioni di natura differente - non ha mancato di stigmatizzare gli attacchi alla magistratura da parte dell’AcegasAps, per altro spalleggiata dal sindaco Roberto Dipiazza. «Mi fa specie il comportamento di certi controllori. A Napoli nessuno controlla, tanto hanno - il succo dell’intervento del primo cittadino - le immondizie per la strada. Noi siamo virtuosi e veniamo penalizzati».
Una posizione contestata in particolare dalla Cgil-Funzione pubblica con il responsabile provinciale Marino Sossi: «A parte l’attacco ai magistrati non è stata spesa una parola sull’inceneritore». Una serata da dimenticare per Sergio Lupieri. «Le domande che i capigruppo consiliari hanno rivolto all’AcegasAps - sostiene il capogruppo in Consiglio comunale della Margherita - sono rimaste di fatto senza risposta con un sindaco che parla di Napoli e delle immondizie per strada, tralasciando il sequestro del suo inceneritore».
L’appoggio alla decisione adottata dalla magistratura arriva anche da Alessandro Metz, Alfredo Racovelli e Carla Melli - rappresentanti dei Verdi rispettivamente in Regione, Comune e Provincia - pronti a definire la situazione ambientale a Trieste in peggioramento costante. «Il sequestro parziale dell’inceneritore rende il quadro ancora più fosco. Si attivano politici e avvocati - dicono gli esponenti del partito del Sole che ride - per tutelare gli interessi ed i business di AcegasAps, ma nessuno, a parte i magistrati, sembra interessarsi alla salute della città».

Corrado Barbacini e Pietro Comelli

 

 
Il tecnico: un errore nella gestione dei rifiuti «Potrebbe essere stata sbagliata la miscelazione della carica di combustione»
 
Il parere di Romano Lapasin, docente ordinario alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste
«E non c’è ancora chiarezza su quali dati relativi alle emissioni devono essere presi in considerazione: è necessario confrontare tutti i processi di uscita»
«La mia impressione è che in via Errera ci sia stato un problema di gestione di rifiuti, quindi di miscelazione della carica e conduzione della combustione». È il parere di Romano Lapasin, professore ordinario alla facoltà di Ingegneria dell’ateneo di Trieste, che in passato si è occupato dell’inceneritore.
«Tempi molto lontani» premette il docente universitario, quando alla fine degli anni Settanta veniva inaugurato il nuovo inceneritore di Giarizzole (contestato da un Comitato di residenti), rimasto in funzione fino alla fine del 1999. Oggi l’impianto di via Errera è strutturato su tre linee parallele di smaltimento rifiuti aventi ciascuna una potenzialità teorica di 204 t/giorno per una capacità complessiva totale pari a 612 t/giorno con un PCI (Potere Calorifico Inferiore) di riferimento pari a 9.200 kJ/kg.
Il funzionamento è a ciclo continuo al fine di garantire la necessaria continuità di servizio per il territorio. A tale scopo occupa circa 40 persone, anche in turno, dedite sia all’esercizio dell’impianto che alla manutenzione dello stesso. La tecnologia adottata per i forni è la griglia piana mobile; le caldaie delle linee 1 e 2 sono a recupero mentre la 3 è integrata con il forno. La produzione di vapore complessiva è pari a 68 t/h alla pressione di 39 bar e temperatura di 380°C che vengono fatte espandere in un’unica turbina accoppiata ad un generatore elettrico con una potenza ai morsetti di 14,9 MW. Caratteristiche riportate nella scheda rirpodotta sul sito Internet dell’AcegasAps.
«La situazione e le modalità di funzionamento degli impianti sono completamente cambiate, ma questo non toglie - dice Lapasin - che rimane il problema di fondo rappresentanto dai composti che possono portare all’emissione di diossine».
Nelle rilevazioni effettuate dall’Arpa i dati parlano di sforamenti, ma quelli in mano all’AcegasAps dimostrano il contrario. La magistratura ha preso in considerazione i primi, andando a chiudere due delle tre linee del termovalorizzatore. Ma quali sono allora i dati da prendere in considerazione? L’inceneritore ha superato i livelli di guardia o è stato solo un episodio? «Bisogna vedere dove sono stati fatti i rilievi. Non stiamo parlando dell’analisi di un lingotto d’oro - spiega Lapasin - e quindi è importante stabilire tutti i processi di uscita e mettere a confronto i numeri in rapporto alle modalità e al luogo di rilevamento». E aggiunge: «Spesso un’analisi puntuale e singola - dice - può essere giocata a favore e sfavore, esiste un margine di fluttazione».
Aspettando il dissequestro delle due linee e il monitoraggio delle emissioni, il termovalorizzatore continua il suo lavoro a singhiozzo. E nel sito dell’azienda rimane l’invito alla visite guidate dell’impianto. Non solo per gli addetti ai lavori e per gli amministratori pubblici, come si legge nel sito Internet di AcegasAps, ma soprattutto per «un’attività di educazione e formazione dei giovani delle scuole di ogni ordine e grado (dalle elementari all’università)». Nelle modalità di prenotazione delle visite, accanto agli indirizzi di posta elettronica e i numeri di telefono da contattare, figurano anche gli appositi moduli scaricabili per inoltrare gli estremi del richiedente (scuola o ente di appartenenza e persona di riferimento), la data concordata e l’elenco di tutti i partecipanti compreso gli accompagnatori. I singoli gruppi, infatti, non devono superare le 20 unità.

 

E sotto Barcola ancora ceneri alla diossina  - Era stata rilevata sostanza velenosa undici volte superiore ai limiti: l’area è sotto sequestro ormai da quindici mesi

 

Nel terrapieno ci sono 35mila metri cubi di terra contaminata

Dei 500 mila metri cubi di materiale di riporto con cui è stato costruito il terrapieno di Barcola, ben 30-35 mila sono costituiti da ceneri, provenienti soprattutto dal vecchio inceneritore di monte San Pantaleone, dalle quali può sprigionarsi diossina e che costituiscono la parte più grave e macroscopica dell’inquinamento dell’area, al centro del più clamoroso caso di questo tipo mai emerso nella nostra provincia. È il motivo per cui la zona del terrapieno è sotto sequestro giudiziario fin dal 30 novembre 2005, quindi da un anno e tre mesi. L’ordine di sequestro dato dal sostituto procuratore Cristina Bacer e innescato da un esposto degli Amici della Terra, era stato eseguito dai carabinieri del Noe.
Sotto la cenere, presumibilmente scaricata nel periodo tra il 1978 e il 1981, vi sarebbero anche le macerie dei crolli provocati dai bombardamenti angloamericani del 1944-1945 e il materiale di risulta ricavato dallo scavo della galleria ferroviaria di circonvallazione e qui scaricato dal 1959.
Non è stato però riscontrato alcun pericolo per la salute dei frequentatori del sito e meno che meno per gli abitanti della zona comè è stato verificato con le scrupolose misurazioni sulla qualità dell’aria, per cui sono ammesse tutte le attività dei concessionari e in particolare dei club nautici, alcuni dei quali famosi a livello internazionale, come la Barcola-Grignano che organizza la Barcolana e il Circolo canottieri Saturnia.
Le attività erano però state interdette per qualche mese con una prescrizione del sindaco Roberto Dipiazza suscitando allarme anche per l’impossibilità di effettuare in quel periodo gli allenamenti. Numerosi sono stati anche i carotaggi effettuati per estrarre campionatura di terreno pure all’interno delle sedi delle società. «L’Autorità portuale ha poi chiesto più volte il dissequestro dell’area intera, ma senza ottenere risposta - hanno fatto sapere ieri dalla Torre del Lloyd».
E intanto appena questa settimana il presidente dell’Authority Claudio Boniciolli al rientro da Roma, dove ieri ha incontrato dirigenti del Ministero degli Esteri sulla questione dei Punti franchi e oggi avrà colloqui al Ministero dei Trasporti, invierà agli organismi che che fanno parte della Conferenza dei servizi, i risultati degli ultimi prelievi fatti, quelli dei sedimenti marini.
I risultati, che attendono comunque di essere validati dall’Arpa, sarebbero confortanti: nei sedimenti marini non ci sarebbe infatti traccia di quella diossina che è stata invece trovata a terra. Erano stati allarmanti infatti gli esiti delle prime analisi di superficie, i cosiddetti «top-soil». In particolare sulla strada dinanzi al Club del gommone era stata rilevata la presenza di diossina in misura ben undici volte superiore rispetto ai limiti ammessi per legge. Erano stati riscontrati 113 nanogrammi per chilo rispetto ai 10 ammessi nel zone cosiddette residenziali. Sono stati anche rilevati 1100 milligrammi per chilo di rame rispetto ai 600 ammessi. In alcuni punti sono superiori ai limiti per le zone residenziali anche idrocarburi, stagno, piombo e zinco.
L’Autorità portuale ha svolto alcuni interventi di emergenza, come l’asfaltatura di alcuni tratti, e altri sta per farne. «Potrebbe essere a rischio solo la salute di chi sul terrapieno si mettesse a scavare - dicono all’Autorità portuale - il che logicamente nessuno si sogna di fare». Il sito comunque è sostanzialmente perso , si può sperare in un recupero paesaggistico, che comunque sarà lungo e costoso, difficilmente in uno funzionale. Antonio Paoletti, presidente della Camera di commercio dopo aver verificato i costi particolarmente alti per la bonifica ha battuto in ritirata con il suo Parco del mare per il quale è in fase di redazione ora un Piano di fattibilità nell’area di Campo Marzio oggi occupata dal mercato ortofrutticolo. Analogamente ha fatto Fulvio Bronzi che per la nuova Fiera, di cui è presiedente, pensa alla zona delle Noghere e al Molo Quarto che la stessa Autorità portuale ha offerto in concessione alle amministrazioni locali.

Silvio Maranzana

 

DIOSSINE: molecole tossiche e molto resistenti
Le diossine sono un gruppo di sostanze chimiche molto tossiche e in genere altamente persistenti nell’ambiente e nei sistemi biologici. La loro capacità di indurre effetti negativi sulla salute anche a esposizioni molto basse dà a queste sostanze grande rilevanza sanitaria.
Le diossine non esistono in natura: sono prodotti secondari di molti processi chimici industriali come l’incenerimento e la produzione di pesticidi. La fonte maggiore di diossine nell’ambiente (95 per cento secondo uno studio del 1994 dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente americana) viene dagli inceneritori che bruciano sostanze a base di cloro, dalle aziende di produzione della carta che usano sostanze sbiancanti e dalla produzione di pvc.
Nel 1968 questo gruppo di sostanze viene prodotto per la prima volta in laboratorio: le diossine somigliano a grani di sale, bianchi e non solubili in acqua. Sono molecole contenenti cloro, poco interessanti chimicamente perché poco reattive, ma pericolose perché molto stabili, e dunque non degradabili e con possibilità di sopravvivenza per decine di anni. La diossina provoca il 12 per cento dei cancri, inoltre favorisce mutamenti nelle concentrazioni di ormoni dell’uomo, diabete, malattie cardiache, effetti tossici in diversi organi.
La contaminazione avviene anche attraverso l’alimentazione. Queste sostanze sono solubili nel grasso e per il 97,5 per cento si accumulano nella carne, nei latticinin nelle uova e nel pesce.

 

 

«Serve la raccolta differenziata»  - L’oncologo Tomatis: basta alibi e rinvii, questa è l’unica soluzione

 

Appello ai politici ma anche ai cittadini: cambiare abitudini per diminuire veleni e inquinamento

«Lo ripeto: l’inceneritore come quello di via Errera produce diossina. Serve una raccolta differenziata capillare, accompagnata da una sostanziosa riduzione degli imballaggi». È la denuncia dell’oncologo Renzo Tomatis, accompagnata dai correttivi necessari ad arginare l’inquinamento prodotto dagli inceneritori. Il più nocivo per l’uomo è quello dell’emissione di diossine, sprigionate durante la combustione di materiali quali metalli e plastica.
Tomatis cerca di non innescare allarmismi, però mette in guardia cittadini e amministratori; dissentendo dalle recenti prese di posizione dei vertici di Comune e dell’AcegasAps che, davanti alla chiusura di due delle tre linee del termovalorizzatore, si sono ribellati. Parlando di un’azione sbagliata della magistratura. «Mi meraviglio che non ci si preoccupa della salute dei cittadini. Si parla di diossina però nessuno - dice l’oncologo - interroga le autorità competenti per capire se il pericolo è reale o meno. Si tenta solo di dimostrare che i rilevamenti dell’Arpa all’inceneritore non sono stati fatti bene».
Occhio alla terminologia sull’impianto, anche le parole hanno un valore: lo scienziato triestino, infatti, non vuole sentire parlare assolutamente di termovalorizzatori. «È un termine assurdo e fuorviante, che rischia di equiparare un inceneritore all’energia rinnovabile come quella solare», dice Tomatis. E aggiunge: «In realtà si bruciano due volte i residui tossici e, accanto alla poca energia prodotta, si inquina l’ambiente - spiega - disperdendo le particelle nell’aria. Particelle che sono assimilate dall’uomo».
E allora cosa fare? Non è facile, il progresso avanza inesorabile assieme ai rifiuti. «La prima cosa da fare è una seria raccolta differenziata (a Trieste vicina al 15 per cento, ndr). In alcuni comuni - sostiene Tomatis - questa politica è portata avanti, andando a recuperare quello che si può. Penso in particolare alla plastica e al vetro». Ma a Trieste la raccolta differenziata funziona poco, anche per menefreghismo dei cittadini che tra le mura domestiche non sono abituati a dividere le immondizie. Tutto nello stesso bidone, con il borsone di plastica che finisce nel cassonetto. La campane per il vetro? I contenitori di plastica e carta? Vuoti per pigrizia e negligenza.
Non a caso l’oncologo si appella non solo alle istituzioni, ma si rivolge proprio ai cittadini. Non considera Trieste la «pecora nera», però chiede uno sforzo a tutti quanti. Per vivere meglio. Dopo tutto proprio un quantitativo di plastica bruciato sembra essere alla base dello sforamento di emissioni di diossine. Plastica che poteva essere riciclata, oppure risparmiata riducendo gli imballaggi. «Il 40 per cento dei residui sono imballaggi, basta dare un’occhiata a un supermercato - sostiene Tomatis - per rendersi conto di come un prodotto di appena 25 grammi sia accompagnato da 70 grammi di imballaggi».
Ma non basta, lo scienziato chiede alle istituzioni che fine abbia fatto la carta riciclata. Un cavallo di battaglia degli anni Ottanta, finito nel cassetto. «In Germania in tutti gli uffici statali - spiega - è obbligatorio utilizzare la carta riciclata. Vorrei sapere qui come funziona?». Una domanda collegata alla salute di ogni giorno, lo specchio di un modo di vivere. Consumando senza badare troppo a cosa accadrà domani, ma allarmandosi e protestando se poi le cose vanno in un certo modo.
p.c.

 

 

Comitato contro i rigassificatori: un libro sulla loro pericolosità
 
TRIESTE L’ultimo libro di Piero Angela, dal titolo «La sfida del secolo», contiene dei passaggi che vanno nella direzione delle tesi di chi si oppone ai rigassificatori. Ne è convinto il Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, che in una nota riporta quanto scrive il «maestro» della divulgazione scientifica: «Una grande nave metaniera, che trasporta gas liquefatto a bassissima temperatura (-161° ), contiene un potenziale energetico enorme. Se nelle vicinanze della costa, per un incidente, dovesse spezzarsi e rovesciare in mare il gas liquefatto, potrebbe cominciare una sequenza di eventi catastrofici. Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua del mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Una miscela fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile. Se questa miscela gassosa , invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi ( inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube».

 

 

Raccolta differenziata, perplessità e domande - Un residente nel comune di San Dorligo della Valle spiega perché questo sistema non funziona
Raccolta differenziata nel Comune di San Dorligo della Valle - Dolina. In questi giorni, ma ahimé, lo ripetono già da anni, dovrebbe partire la raccolta differenziata. Con questo metodo, afferma l’assessore Tul, risparmieremo e ogni famiglia pagherà per quello che produce, inoltre sarà incentivato il compostaggio a tutto vantaggio di una quantità di rifiuti minore. Questo è quello che ci vogliono far credere, ma la verità è un’altra.
Intanto sono stati spesi: 167.400 euro + Iva per l’acquisto dei primi 5400 bidoni (ne servono almeno altri 2700 per completare l’assegnazione alle famiglie); 89.500 euro + Iva per l’acquisto di due camion con compattatori e un altro con vasca ribaltabile per la raccolta del differenziato.
Oggi: lo svuotamento dei cassonetti in strada viene effettuato con cadenza bisettimanale, e in un’ora (a essere generosi) svuota i cassonetti di un’intera frazione e non vi sono per i cittadini vincoli d’orario per il deposito delle immondizie nei cassonetti.
Domani: ogni utenza verrà raggiunta in date e orari prestabiliti per la raccolta delle varie tipologie di rifiuto a cadenza bisettimanale per i rifiuti umidi e non riciclabili (cassonetto verde da 120 litri con microchip); a cadenza quindicinale per i rifiuti riciclabili. Bisognerà quindi nella migliore delle ipotesi andare/scendere in strada circa 2-3 volte la settimana e a orari prestabiliti (non si possono certo abbandonare i cassonetti maleodoranti in balia degli animali e/o intemperie su strade strette e impervie quali sono quelle delle nostre frazioni).
Ragionando in termini di costi appare evidente la differenza passiva delle nuove scelte operate dalla giunta: si passa da due interventi settimanali di una-due ore per frazione di un camion compattatore con due operatori a due interventi settimanali con camion compattatore della durata di almeno una giornata per frazione con almeno tre operatori (uno alla guida e due casa per casa). La distribuzione dei cassonetti è stata effettuata a macchia di leopardo da una ditta privata, l’Italspurghi, senza un criterio e senza nessun preavviso: si è appreso solo poi dai giornali che la distribuzione era in atto. Chi non era in casa, se li vuole, se li va a prendere in Comune.
È stato detto che in un primo momento – che viste le premesse non si sa quanto durerà – la tariffa pro-famiglia sarà formata da una quota fissa data dai costi fissi di gestione (uguale per tutti ma diversificata fra utenze domestiche e non) e una quota variabile data dalla quantità di rifiuti raccolti e conferiti all’inceneritore, dai costi di raccolta e altri gestionali. I costi di raccolta saranno suddivisi in base a quanti svuotamenti si faranno del cassonetto di colore verde con microchip.
La domanda che sorge spontanea è: «Allora se non svuoto mai il cassonetto verde pago solo la quota fissa?». Si dirà... ma come si fa a non vuotare mai il cassonetto? Semplice: basta mettere in macchina il sacco nero e lasciarlo sulla strada o ancora meglio portarlo in qualche cassonetto del comune limitrofo!
In questo comune si è voluto adottare un sistema che, è dimostrato, non ha funzionato da nessun’altra parte o quasi; se si voleva sensibilizzare i cittadini sul ruolo, l’opportunità e la necessità della raccolta differenziata bisognava cominciare dalla discussione fra la gente, consegnare gratuitamente i composter a tutti i possessori di giardini e terreni, intensificare la presenza di bottini della raccolta differenziata e poi gradualmente, a coscienza formata, passare alla raccolta porta a porta.
Massimiliano Dazzi

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI',  20 febbraio 2007

 

L’inceneritore resta fermo. Da Pordenone e dal Veneto risposte negative - Raffica di no per i rifiuti di Trieste

 

Si complica la ricerca da parte della Provincia di un deposito per accogliere le tonnellate respinte da Gorizia

Né a Pordenone né in Veneto. Si sta facendo sempre più complicata la ricerca di un sito in grado di accogliere le immondizie triestine. Nessun territorio sembra disposto ad ospitare le circa 120 tonnellate di rifiuti che l’Acegas-Aps non riesce attualmente a bruciare, a causa del sequestro di due delle tre linee dell’inceneritore disposto dalla magistratura, e che Gorizia non può tenere per mancanza di spazio nella discarica di Pecol dei Lupi.
Le verifiche fatte ieri dall’amministrazione provinciale non hanno portato all’attesa quadratura del cerchio. L’ipotesi più gettonata fino a un paio di giorni fa, il trasporto dei rifiuti a Pordenone, è sfumata del tutto. «Non c’è possibilità di trattare, quella soluzione è esclusa - spiega l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi -. La discarica di Pordenone, che ha una capacità di 12 mila tonnellate di scarti all’anno conferiti anche da fuori provincia, è già completamente piena».
In soccorso potrebbe arrivare la discarica di Trivignano Udinese, gestita dalla Exe spa. «Quella società è controllata al 50% dalla Provinca di Udine, circostanza che faciliterebbe l’accordo istituzionale con la nostra amministrazione provinciale - aggiunge Barduzzi -. Tuttavia, Udine risponde ai criteri imposti dalla nuova normativa del 2003 in materia di raccolta rifiuti e accoglie soltanto immondizie precedentemente trattate e differenziate. Mentre la discarica di Gorizia, che ha ottenuto l’autorizzazione prima del 2003, può accogliere tutti tipi di rifiuti, quindi, a Udine possono andare solo quelli sottoposti ad un certo tipo di procedimento preliminare. Dovremo ora capire se l’Acegas-Aps è in grado di assicurare quel processo». In caso contrario, anche l’ipotesi di Trivignano Udinese sarà definitivamente da scartare.
A quel punto resterebbe da giocare soltanto la carta veneta. Nemmeno qui, però, mancano le difficoltà. «L’iter per portare gli scarti in Veneto è ancora più complicato - precisa l’assessore all’Ambiente -. Serve infatti un accordo di interscambio tra i due presidenti di Regione, Illy e Galan. Una procedura non da niente, quindi. Per assurdo, è più facile portare i rifiuti in Germania, come fa ad esempio Pasta Zara con i suoi terreni inquinati: in quel caso, infatti, basta l’autorizzazione della Provincia».
Fino a quando non verrà individuato un valido sito alternativo, parte dei rifiuti prodotti a Trieste continueranno ad essere bruciati dall’inceneritore, mentre le restanti verranno conferite nella discarica di Gorizia. «Può darsi anche che queste due soluzioni alla fine siano sufficienti - conclude Ondina Barduzzi -. Negli ultimi cinque giorni la fossa di raccolta di via Errera è stata utilizzata solo per un sesto della capienza: per almeno dieci-quindici giorni, dunque, non dovrebbero esserci problemi di capienza. In attesa della riattivazione delle due linee sotto sequestro, inoltre, Acegas-Aps sospenderà alcuni servizi forniti ai privati, come la raccolta di materiali speciali e sanitari, privilegiando l’accoglienza di rifiuti urbani. Il lavoro su questi due fronti potrebbe esaurire il fabbisogno della città: le stime fatte finora (400 tonnellate di immondizie prodotte ogni giorno in città, ndr) sono state tarate sui valori massimi e potrebbero quindi non corrispondere ai volumi reali».
Secondo la Provincia, in sostanza, se i prossimi giorni confermeranno la tendenza della settimana appena trascorsa, i volumi di immondizie prodotte giornalmente non saranno tali da dover scegliere soluzioni da aggiungere a quelle attualmente in piedi. La situazione andrà tuttavia monitorata giorno per giorno, per evitare improvvise emergenze: già quella odierna (martedì grasso), per esempio, potrebbe essere una giornata critica, con cumuli di rifiuti post-festeggiamenti lasciati in giro per le strade.
La stessa azienda, rompendo il silenzio stampa dei giorni scorsi, getta acqua sul fuoco e parla di situazione sotto controllo. «Al momento la raccolta e lo smaltimento proseguono senza difficoltà - riferiscono dall’Acegas-Aps -. La fossa di via Errera ospita attualmente 270 tonnellate di immondizie: 150 vengono bruciate nella linea 1 dell’inceneritore, le restanti 120 verranno trasportate a Gorizia».
Ieri mattina sono partiti i primi mezzi pesanti con destinazione discarica Pecol dei Lupi a Cormons. Acegas-Aps ha trasportato, a bordo di quattro camion, 70 tonnellate di rifiuti, e un carico identico partirà questa mattina. Continua intanto la febbrile attività dei tecnici per risalire all’origine degli sforamenti. «Non riusciamo a spiegarci risultati tanto contrastanti in rilevamenti effettuati in periodi ravvicinati - afferma Sebastiano Pinat,responsabile della Direzione Qualità, ambiente, sicurezza dell’azienda -. Per questo abbiamo avviato nuovi controlli, sia a Trieste sia a Padova. Alcuni saranno affidati all’Istituto Mario Negri, leader nazionale negli studi sugli effetti della diossina sull’uomo».

Maddalena Rebecca

 

Diossina: killer silenzioso dell’organismo
Incolore e inodore, la diossina - di cui esistono varie strutture chimiche - è un composto contenente cloro e rappresenta il prodotto più tossico e pericoloso dei processi di incenerimento. Le diossine si formano quando del materiale organico brucia in presenza di cloro o composti clorurati come ad esempio il Pvc. Hanno tendenza ad accumularsi e persistere a lungo nei tessuti viventi, dove possono causare il cancro o interferire con lo sviluppo. Gran parte dell’esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) prima ancora che per via aerea.

 

 

 

 

“Inceneritore e dintorni” - COMUNICATO STAMPA dei "Verdi per la Pace" di Lunedi' 19 febbraio 2007 -

 

La situazione ambientale a Trieste è in peggioramento costante. Il sequestro parziale dell’inceneritore rende il quadro ancora più fosco. Si attivano politici e avvocati per tutelare gli interessi ed i business di Acegas, ma nessuno, a parte i magistrati, sembra interessarsi alla salute della città.

A Trieste tira una brutta aria e da tempo: tra Ferriera, traffico, amianto ed inceneritore, l’inquinamento dell’aria e l’incremento di malattie legate allo smog urbano sono in costante aumento. E certamente incidono anche i cambiamenti climatici: le giornate di bora sono drasticamente calate per cui l’inquinamento prodotto in città ce lo dobbiamo respirare. Ed i polmoni dei triestini sono l’unico filtro a disposizione per la depurazione dell’aria…

Bisogna attivare con urgenza una riflessione complessiva per contrastare con decisione la prospettiva di peggioramento costante cui siamo di fronte. Sul fronte del traffico, dell’inquinamento prodotto dalle industrie e nella gestione del ciclo dei rifiuti servono scelte forti, che incidano radicalmente sull’andazzo fin qui maturato e permettano una svolta drastica a favore della salute e della qualità della vita.

Attività economiche che non garantiscono questo approccio non hanno futuro e vanno respinte o cacciate dal nostro territorio.

La gestione dei rifiuti va ripensata nel suo complesso. Qualora anche si trovassero sistemi per far rientrare le emissioni di diossine entro i parametri previsti dalla legge, non c’è modo per eliminarne la loro produzione, quindi la loro presenza nell’ambiente circostante. Sarebbe interessante, ad esempio, per vedere gli effetti di anni di esercizio dell’inceneritore, analizzare le tracce di diossine presenti nella popolazione, oltre che negli orti o nei (pochi) giardini urbani.

Per ridurne la produzione andrebbe attivata innanzitutto la raccolta differenziata spinta, non solo perché la percentuale della stessa è vergognosamente bassa rispetto al resto d’Italia, ma perché ridurremmo il rischio di smaltimenti indifferenziati, la cui combustione è praticamente incontrollabile negli effetti. E le analisi dell’Arpa attestano semplicemente questo: è impossibile non produrre diossine, viste le tecnologie adottate e l’eterogeneità del rifiuto in ingresso.

Con la raccolta differenziata spinta, molta parte della materia ed energia contenuta nei nostri rifiuti potrebbe essere avviata alla filiera del riciclo, recuperando anche i soldi garantiti dai consorzi obbligatori, riducendo, nel contempo, la quota di rifiuti da smaltire all’impianto (con minor inquinamento, minori costi per i cittadini, minori rischi di disagio nel caso di guasti o manutenzioni dell’impianto: oggi staremmo a parlare del 50% di rifiuti da dover smaltire in altri impianti…).

Se la prima preoccupazione di chi governa fosse la salute dovremmo muoverci con urgenza in questa direzione. E guai ad Acegas se provasse a lasciare rifiuti abbandonati lungo le strade o chiedesse “licenza di inquinare” con la scusa di studiare le emissioni… ora che è stata “colta in flagrante”! L’interruzione di pubblico servizio è ancora un reato grave.

Acegas deve trovare altre soluzioni: ha garantito il proprio business, ricevendo l’appalto senza gara pubblica per la gestione dei rifiuti per 50 anni (grazie all’allora giunta Illy); non può scaricare su Comune e Provincia i costi derivanti dall’inquinamento “illegale” prodottosi attraverso i suoi impianti. Alla politica spetta il compito di rivedere, correggere, cambiare se necessario le strategie programmatorie di gestione e controllo, magari potenziando anche le strutture pubbliche come l’Arpa, costringendo Acegas al controllo trasparente e pubblico dei fumi in uscita dal camino, ma soprattutto cercando di prevenire possibili inquinamenti e riducendo i costi economici ed ecologici dello smaltimento indifferenziato.

E per affrontare meglio questi temi vanno coinvolte tutte le forze associative, culturali ed economiche presenti in città, magari usando strumenti come Agenda21. Ci piace definirci la “Città della scienza” o la “Città dell’innovazione”…e poi siamo fra i più arretrati in Italia ed in Europa nella gestione del traffico o dei rifiuti, con un’industria come la Ferriera nel cuore della città! Non è forse ora di cambiare? Se non ora, quando?

 Alessandro Metz  - Consigliere Regionale Friuli-Venezia Giulia

Alfredo Racovelli  - Consigliere Comunale di Trieste

Carla Melli            -Consigliere Provinciale di Trieste

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI',  19 febbraio 2007

 

Inceneritore: AcegasAps in Consiglio comunale

 

Il caso del sequestro per emissioni di diossina di due linee approda oggi in municipio, con la presenza dell’amministratore delegato della multiutility Giacomin

L’opposizione: «Nel 2006 si è fermato per 68 giorni. Perché? Il sindaco non può tacere, parla solo della Ferriera»

Ma a questo punto l’argomento principale diverrà inevitabilmente il sequestro dell’inceneritore. Il dibattito in consiglio sarà l’ultimo atto di una giornata che si annuncia frenetica: i legali dell’AcegasAps incontreranno nuovamente i magistrati mentre la Provincia di Trieste cercherà un sito alternativo alla discarica goriziana di Pecol dei Lupi per depositare i rifiuti. E sullo sfondo c’è sempre il rischio dell’emergenza rifiuti.
Il dibattito. La richiesta di chiarimenti sul bilancio semestrale con relativa audizione dei vertici di AcegasAps in Consiglio comunale era stata presentata fin dallo scorso 12 ottobre e avrebbe dovuto ottenere una risposta entro 20 giorni. Invece il presidente dell’assemblea, l’avvocato Sergio Pacor, prima di inserire l’audizione del manager AcegasAps nel calendario dei lavori del consiglio, ha «interrogato» la Consob, visto che la società è quotata in borsa e un dibattito pubblico potrebbe far emergere anche notizie riservate, destinate a ripercuotersi sul valore del titolo.
Ottenuto il «via libera» dalla Consob, il Consiglio comunale è stato convocato senza immaginare che sulle emissioni dell’inceneritore stavano già lavorando i tecnici dell’Arpa, i carabinieri del Noe e la procura della Repubblica. Mercoledì scorso la magistratura ha sequestrato due delle tre linee di smaltimento, mettendo in crisi non solo la raccolta dei rifiuti in città ma anche nei Comuni limitrofi e in provincia di Gorizia.
«L’inceneritore sarà l’argomento chiave della serata» spiega Roberto Decarli, capogruppo dei Cittadini per il presidente. «Nella relazione semestrale diffusa ufficialmente dall’AcegasAps, emergono alcuni dati che meritano un approfondimento. Ad esempio le linee di smaltimento rifiuti si sono fermate nel periodo considerato per 68 giorni. Vorrei conoscerne il motivo visto che nello stesso periodo in via Errera sono state smaltite duemila tonnellate di rifiuti in meno rispetto l’anno precedente ed è anche parallelamente calata la produzione di energia elettrica. Sarebbe interessante conoscere i motivi che stanno alla base delle 68 fermate anche perché era stata attivata la terza linea di smaltimento rifiuti e secondo i vertici dell’azienda, avrebbe dovuto risolvere molti problemi. Primo fra tutti quelli delle fermate per manutenzioni o guasti. Anche il sindaco dovrà rispondere almeno a una domanda. Sulla diossina dell’inceneritore non ha detto nulla, è rimasto in totale silenzio. Mentre sulle emissioni della Ferriera ha esternato a ruota libera. Perché due pesi e due misure?»
Il Comune. «Prima che inizi l’audizione dei vertici dell’AcegasAps, farò una relazione al Consiglio sullo stato dei rapporti tra il Comune e la stessa società» spiega l’assessore Paolo Rovis. «Noi come Comune teniamo sotto controllo vari servizi affidati all’Acegas e riteniamo che le quattro emissioni di diossina misurate dall’Arpa, rappresentino un caso straordinario del tutto episodio e fortuito perché 170 altre misure dicono che i parametri di legge sono sempre stati rispettati. In attesa che la magistratura si pronunci sul sequestro, dobbiamo tamponare al situazione. Con l’assessore provinciale Ondina Barduzzi stiamo esaminando tutte le soluzione praticabili. Anche quella di discariche nel pordenonese o fuori regione. L’AcegasAps gestisce un inceneritore a Padova ma non ne conosciamo in dettaglio le capacità. Oggi i rifiuti inizieranno a essere trasportati a Cormons ma speriamo in una soluzione favorevole entro la settimana».
I magistrati. Fin qui la politica. Ma oggi sullo stesso problema riprenderanno i contatti tra gli avvocati della multiutility e il pm Maddalena Chergia, il magistrato titolare dell’inchiesta. Nell’incontro dovrebbe essere messa a fuoco la scaletta degli interventi necessari per comprendere cosa ha determinato la fuoriuscita di diossina. In altri termini, una delle due linee di smaltimento potrebbe essere riavviato a scopo esplorativo sotto il diretto controllo di un tecnico esperto in grandi combustioni. A questo accordo va data una forma giuridica, così come era stata data alla sperimentazione effettuata con l’urea sul camino E5 della Ferriera di Servola che emetteva diossina era stato sequestrato. La sperimentazione diretta dal professor Marco Boscolo su mandato della Procura si è protratta per quasi un anno ma ha fatto rientrare le emissioni nei parametri di legge. All’agglomerato è stata aggiunta una percentuale dello 0,15 di urea rispetto alla massa destinata all’altoforno.

 

 

Camus: «Traffico, niente misure drastiche ma interventi graduali»
 
Una progressiva gradualità nell’adozione di misure adatte a risolvere il difficile e antico problema del traffico del centro cittadino. È questo il metodo che Roberto Camus, ingegnere dei trasporti e Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste, indica in questa fase, nel corso della quale si sta predisponendo il piano del traffico a cui egli stesso sta lavorando da tempo. «Certo non si può pensare a una totale chiusura e alla pedonalizzazione del centro di Trieste – dice – perché si tratterebbe di un provvedimento troppo drastico per la città e per i triestini. Il problema va invece affrontato con strumenti successivi anche perché non è possibile ipotizzare un centro del tutto escluso alle automobili private e riservato ai soli mezzi pubblici». Camus, che sottolinea il fatto di essere un ingegnere dei trasporti «e non un urbanista, perché se mi qualificassi in tale veste provocherei la giusta e inevitabile reazione di chi fa specificamente tale professione», prosegue spiegando che «devono essere ricalibrati i tempi che regolamentano il funzionamento dei semafori della città». Per quanto concerne il funzionamento delle Rive, recentemente sottoposte a un radicale e importante processo di revisione, per quanto riguarda la circolazione, Camus evidenzia che «la viabilità funziona, anche se ha bisogno di aggiustamenti in alcuni punti, in particolare lungo i percorsi e le soste dei mezzi pubblici».

 

 

Rigassificatori: bravo sindaco

Sui rigassificatori si è già parlato tanto. Da quanto si è letto e sentito ci si può già fare un’opinione: tecnici, studiosi esperti in genere sono contrari, soprattutto perché i pericoli ambientali sono tali da far ritenere improponibile la loro costruzione in prossimità o, come in questo caso, nel mezzo di centri abitati e aree industriali e portuali, mentre favorevoli sono parte dei politici e le imprese, cioè coloro che ritengono di poter ottenere dei benefici economici, per la città o per le imprese stesse. Anche il voltafaccia in consiglio comunale del nostro sindaco conferma questa ipotesi. A differenza di altri però, ho apprezzato il coraggio e la scelta del sindaco, che ha mostrato di dare molta importanza alle ricadute economiche per la città. Nel contempo però critico fortemente la sua scarsa considerazione sui pericoli ambientali così ben descritti da alcuni scienziati/esperti del mondo scientifico triestino o sulle possibili ricadute negative a riguardo alle attività del nostro porto (distanze di sicurezza al passaggio delle navi gasiere), del turismo (Muggia bloccata per due o tre giorni a settimana), della pesca (fondale marino sottosopra). In definitiva mi sembra che si voglia, a somiglianza di quanto accade nei Paesi più poveri e arretrati, barattare la sicurezza e la salute dei cittadini con una manciata di soldi che, come da esperienze e promesse del passato, non andranno certamente a loro beneficio.
Vincenzo Marech
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 18 febbraio 2007

 

 

Inceneritore fermo, Valmaura teme il caos-rifiuti  - Il Comune: per 3-4 giorni non c’è emergenza. La Provincia cerca i depositi alternativi a Gorizia

 

Il presidente della Circoscrizione Vatta: «Dopo il sequestro dell’impianto per diossina la gente ha paura. Ne ho già parlato al sindaco»

Cassonetti stracolmi e strade invase dai cattivi odori. È lo scenario che prefigurano gli abitanti della zona di via Errera, convinti che ormai l’emergenza rifiuti sia alle porte. «La gente ha paura che il sequestro di due linee dell’inceneritore per emissioni di diossina porti alla paralisi - raccontano dalla circoscrizione Valmaura-Borgo San Sergio -. Con tanti problemi che abbiamo, dalla Ferriera alle polveri sottili, questa nuova tegola proprio non ci voleva». Dagli enti locali arriva però l’invito a ridimensionare l’allarme. «Trieste non diventerà mai come Napoli». E il Comune con l’assessore Rovis annuncia: nessuna emergenza,ameno per 3-4 giorni.
I TIMORI Da quando la magistratura ha disposto la chiusura di due delle tre linee dell’inceneritore, a Servola e Valmaura, non si parla d’altro. «Vengo continuamente fermato per la strada da cittadini preoccupati - spiega Andrea Vatta, presidente del parlmanentino rionale -. Siamo rimasti spiazzati da questa emergenza: mai avremmo pensato che potesse creare allarme anche un impianto moderno e controllato come l’inceneritore di via Errera. Il blocco di questi giorni è davvero una catastrofe che rischia di mettere in ginocchio la città e non solo, visto che da noi venivano conferiti anche i rifiuti dell’Isontino e di altre zone di oltreconfine. Ho già provveduto ad informare anche il sindaco dell’agitazione dei residenti».
IL NO DI GORIZIA Suscita forti perplessità anche la decisione dell’amministrazione provinciale di Gorizia di accogliere soltanto una parte dei rifiuti triestini che non potranno essere smaltiti in via Errera a causa del sequestro. Il capoluogo isontino ha ribadito di poter accumulare nella discarica di Pecol dei Lupi (Cormons) appena 120 tonnellate di rifiuti al giorno (Palazzo Galatti sperava di «piazzarne» almeno 240). Una decisione irremovibile dettata dai limiti della capacità di lavoro. La discarica di Cormons, infatti, è in grado di trattare complessivamente 200 tonnellate di rifuti, ed essendo 80 le tonnellate di scarti provenienti dall’Isontino, per Trieste la disponibilità si riduce a 120.
I SITI ALTERNATIVI Non sono ancora state individuate le soluzioni alternative in grado di far fronte alla ridotta accoglienza assicurata da Pecol dei Lupi. Solo domani l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi, scioglierà il rebus. «In piedi c’è l’ipotesi della discarica di Pordenone - spiega Barduzzi -. Se quella strada non fosse praticabile, ricorreremo ad una delle discariche del vicino Veneto. Una volta scelto il sito, andrà fatta velocemente una nuova convenzione che consenta ad Acegas-Aps di conferire lì i rifiuti che non potranno essere bruciati in via Errera e trattati a Gorizia. Il pericolo che le immondizie restino in città, comunque, non esiste: alla peggio le sposteremo fuori regione, ma non le lasceremo di certo per strada. Non si ripeteranno da noi le scene viste al Sud».
I COSTI Più lontana sarà la discarica prescelta, maggiori saranno le spese che Acegas-Aps dovrà sostenere. Al pagamento del deposito, infatti, andrà aggiunto il costo del trasporto. Trasporto che non potrà tra l’altro essere effettuato con semplici furgoncini, ma con camion attrezzati per lo spostamento dei rifiuti. Il sequestro della linea 2 e 3 dell’impianto di via Errera sta provocando all’ex municipalizzata anche altri tipi di perdite economiche: da un lato il mancato introito legato alla vendita dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore, dall’altro l’assenza dei ricavi dell’incenerimento degli scarti che venivano conferiti a Trieste dall’Isontino e da altre zone confinanti.
IL SILENZIO DELL’AZIENDA Acegas-Aps ha scelto di non commentare più la vicenda inceneritore, adottando la linea del più rigoroso silenzio stampa. Dall’ex municipalizzata, ieri, si è appreso soltanto l’esistenza di un febbrile lavoro da parte dei tecnici per stabilire la causa degli sforamenti nelle emissioni di diossina registrati il 20 e 21 dicembre 2006 e l’11 e 12 gennaio scorso. Una ricerca, fanno capire dall’azienda, che sarebbe molto più semplice da eseguire con l’impianto in funzione. Di qui l’auspicio, espresso anche dagli enti locali, di poter arrivare quanto prima ad un percorso di parziale riattivazione dell’inceneritore.
LE PREVISIONI DEL COMUNE Dal Municipio arriva intanto l’invito a ridimensionare gli allarmi. «La fossa di raccolta dell’impianto di via Errera ha ancora spazio - spiega l’assessore allo Sviluppo economico, Paolo Rovis -. Domani (ndr oggi) ci sarà la regolare raccolta dei rifiuti, peraltro meno massiccia rispetto a quella dei giorni feriali. Da lunedì si provvederà ad individuare le discariche in cui depositare i rifiuti in eccesso». Il Comune arriva anche a formulare una previsione sull’autonomia del sistema di raccolta rifiuti in città. «Se, come auspico, si arriverà ad una soluzione in tempi brevi, quindi nel giro di tre-quattro giorni, non dovremo affrontare nessuna emergenza».
RICICLAGGIO La Provincia, infine, lancia l’invito a trarre un importante insegnamento dai disagi elgati al sequestro dell’inceneritore. «Questa vicenda ci dimostra la necessità di puntare quanto prima sulla raccolta differenziata - conclude l’assessore Barduzzi -. Se la praticassimo, avremo meno rifiuti da bruciare e saremo quindi meno ”dipendenti” dall’impianto di via Errera».

Maddalena Rebecca

 

 

Incontro pubblico con l’urbanista e preside della facoltà di Ingegneria  - Camus: «Per eliminare del tutto lo smog si deve chiudere al traffico il centro città»
 
«Per eliminare del tutto il problema dell'inquinamento atmosferico a Trieste bisogna intervenire con misure più pesanti di quelle attuate fino ad adesso, prima fra tutte la chiusura e la pedonalizzazione del centro». A dichiararlo è Roberto Camus, preside della facoltà di Ingegneria all’Università di Trieste, grande esperto di urbanistica, durante un incontro pubblico svoltosi ieri pomeriggio alla biblioteca civica e promosso dall'associazione culturale Minerva.
Un’occasione pubblica per capire meglio come è cambiato il traffico nella nostra città, e soprattutto cosa si può fare contro l’inquinamento. «E tutto quello che è stato fino ad oggi per combattere lo smog – ha detto il preside di ingegneria civile e ambientale – sono stati poco più che soluzioni di contenimento, come il via libera alla circolazione dei veicoli a seconda che fossero euro 2, 3 o 4; ma quello che bisogna veramente fare è ridurre la pressione del traffico che oltre ad inquinare crea notevoli problemi alla circolazione generale».
«La soluzione più naturale e logica - ha aggiunto Camus - da adottare gradualmente è sicuramente il tanto discusso e annunciato piano del traffico dove l'accesso alla città sarà consentito solo a mezzi pubblici che potranno condurre le persone all'interno delle zone pedonali. Prima di poter attuare tutto ciò – ha continuato Camus – bisognerà intervenire strutturando un forte servizio di trasporto pubblico che ad oggi, a causa dei fondi destinati un po' ingessati, è ancora una coperta troppo corta che se utilizzata per coprire bene una parte della città scopre inevitabilmente un'altra».
Il pubblico presente in sala ha interagito con Camus subissandolo di domande. E fra i problemi lamentati dai triestini ce ne sono alcuni annosi, tra cui i marciapiedi di Via Felice Venezian, troppo stretti e pericolosi, e lo sbocco di via Felice Venezian sulle Rive che soddisfa poco il flusso del traffico che si dirige verso piazza Unità.
«A poco tempo dall'inaugurazione delle Rive – ha spiegato ancora Camus – posso dire che la viabilità funziona anche se ha bisogno di qualche aggiustamento qua e là come per l'uscita degli autobus dai golfi di fermata e indubbiamente la parte terminale di via Felice Venezian. Per quando riguarda i semafori vanno sicuramente ricalibrati i tempi. Lo studio della viabilità delle nuove rive è stata pensata in maniera oggettiva e a monte dell' inizio dei lavori eseguiti di conseguenza. Penso che queste sempre nominate rive siano l'esempio di come un progetto va affrontato a monte con tutte le problematiche del caso dando un risultato vantaggioso. Oggi – ha concluso Camus – funzionano sicuramente meglio».
La pianificazione della viabilità di un quartiere di una città con tutti gli incastri con le aree attigue è stato poi il filo conduttore della vera e propria lezione che il preside di ingegneria ha tenuto alla Civica, spiegando molto chiaramente i processi che vengono adottati per garantire una buona circolazione. Ha raccontato, fra l’altro, quanto le analisi della domanda (esigenza dei trasporti sul territorio) e dell'offerta (infrastrutture) siano fondamentali. Nel 1969 è stata fatta la prima indagine nel Comune di Trieste per accedere ad una corretta analisi tra domanda e offerta e creare quindi un piano di traffico che potesse fluidificare la viabilità. La stessa analisi è stata ripetuta nel '84 e nel '90 ma solo nel 2002 è stata allargata a tutta la Provincia di Trieste. A fronte di quasi 809.000 abitanti si registravano 90.000 automobili e oltre 36.000 mezzi a due ruote adibiti al trasporto pubblico. In vent'anni dall'82 al 2002 c'è stato un calo drastico dell'utilizzo dei mezzi pubblici dal 40 al 20% contro un incremento di circa il 10% di mezzi a due ruote per il trasporto privato e una minima variazione per i mezzi a quattro ruote. Questo non star attenti al continuo e sensibile aumento di mezzi a due ruote ha creato un notevole incremento del trasporto privato creando conseguenti problemi di circolazione ed inquinamento. Tornando nel '69 si potrebbe pensare ad una Trieste meno inquinata rispetto ad oggi ma non è così, vero è che i mezzi erano in numero inferiore ma si utilizzavano carburanti più inquinanti.
Roberta Mantini

 

 

DUINO AURISINA Rinnovato il consiglio direttivo al congresso provinciale  - Maurizio Rozza presidente dei Verdi Carso: «Alleanza con gli ambientalisti sloveni»
 
Cambiano fisionomia, ma non contenuti, i Verdi della provincia di Trieste. Da «Verdi Carso isontino», infatti, si sono trasformati in «Verdi Carso e Muggia», e la presidenza è andata, a seguito dell’ultimo congresso a Maurizio Rozza. Assieme al presidente, sono stati eletti i sette membri del consiglio direttivo: Rossano Bibalo (presidente uscente), Marina Parovel, Franco Radovich, Giorgio Millo, Giorgio della Valle, Geremia Liguori, Edy Zacchigna.
La nuova fisionomia dei Verdi non cambia i contenuti, e nella relazione presentata da neo presidente Rozza ha ribadito le criticità del territorio e le critiche all'amministrazione di Duino Aurisina. «Ora - ha dichiarato Rozza - ci aspetta una sfida fondamentale non solo per i Verdi e per la coalizione di centrosinistra, ma anche per tutta la comunità del Carso. Dobbiamo vincere le elezioni a Duino-Aurisina per impedire che Ret e Alleanza Nazionale portino a termine il loro disegno di sfacelo del territorio e della socialità. Sono fiducioso che ciò avverrà, e sono anche convinto che Massimo Veronese e la squadra che con lui sta lavorando abbiano le doti giuste non solo per vincere, ma anche per dare una svolta alla gestione del Comune, verso una reale e continua partecipazione di tutta la cittadinanza nelle scelte».
Nel corso dell'assemblea, è stata approvata all'unanimità la mozione presentata dal neo-presidente, che ha ottenuto il mandato per creare una forma di consultazione permanente con l'organismo omologo dei Verdi della Slovenia. «In questi anni di profondi cambiamenti nella politica verde sul Carso - ha dichiarato ancora Rozza - abbiamo cercato di cancellare radicalmente quell'approccio elitario che era stato a volte presente nella precedente gestione del partito». «Abbiamo fortemente voluto intraprendere la strada delle alleanze - insiste Rozza - con settori della società dai quali fino a quel momento eravamo visti come degli avversari, se non addirittura come dei nemici. È iniziato così un dialogo dapprima diffidente e poi via via sempre più continuo e costruttivo con esponenti locali del mondo dell'agricoltura, della maricoltura, della pesca, della piccola ospitalità alberghiera. Abbiamo così scoperto che, al di la delle diffidenze e dei pregiudizi, spesso credevamo nello stesso modello di sviluppo ed avevamo in testa progetti convergenti». Secondo Rozza «a testimonianza di quanto i muri siano caduti, vogliamo ricordare che oggi alcuni di quegli imprenditori sono iscritti al partito, altri sono stati candidati in importanti scadenze elettorali, altri ancora stanno lavorando con noi quotidianamente per portare a termine progetti a sostegno di forme di economia sostenibile e a tutela del territorio, delle culture, delle tradizioni». Parallelamente a questo percorso, i Verdi cercano di rafforzare «le nostre capacità tecniche e politiche nel campo prettamente ambientale, cercando di porci come strumento al servizio delle associazioni di protezione ambientale, dei comitati, dei cittadini che condividono con noi una sensibilità ecologista».
f.c.

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO , 17 febbraio 2007

 

 

M'illumino di meno - il Protocollo di Kyoto compie due anni - festa a luci spente per farlo diventare grande

Adesioni in tutta Italia alla campagna "M'illumino di meno" a favore del risparmio energetico - Contro i cambiamenti climatici, black-out anche al Colosseo e al Duomo di Milano

Terna: "Tra le 18 e le 18 e cinque rilevato un minor assorbimentodi potenza - per circa 300 Megawatt, equivalente al consumo di 5 milioni di lampadine"

ROMA - Il Protocollo di Kyoto compie oggi due anni. Per festeggiarlo, niente candeline, ma un panorama di luci spente. Il Protocollo ha fissato per tutti i paesi industrializzati che lo hanno sottoscritto le tabelle di una dieta dimagrante in grado di ridurre la quantità di gas serra emessi nell'aria e frenare la corsa al riscaldamento del pianeta.
Un risultato allo stesso tempo eccezionale e velleitario. Eccezionale perché per la prima volta la comunità internazionale ha preso atto della gravità dei cambiamenti climatici e ha deciso volontariamente di imporsi delle regole per cercare di contrastarli. Velleitario perché la terapia scelta, soprattutto alla luce delle ultime analisi, è un po' come cercare di curare un malato di cancro con l'aspirina.
I tagli previsti dai paesi che hanno sottoscritto il Protocollo, soprattutto quelli delle micidiali emissioni di anidride carbonica, sono infatti mediamente inferiori al 10 per cento mentre oggi si calcola che bisognerebbe arrivare nel giro di qualche decennio ad almeno un -50%. E velleitario, inoltre, perché la più grande potenza inquinante, gli Stati Uniti, dopo aver promosso il trattato, lo hanno disconosciuto, rimanendone fuori, legittimando a fare altrettanto Cina e India, i paesi destinati a sottrarle presto il triste primato.
Cambiare questo stato di cose, innestare la retromarcia dell'inquinamento, coinvolgendo sia Washington che le grandi potenze economiche emergenti, è diventata però un emergenza non rinviabile. Per questo festeggiare oggi Kyoto significa soprattutto chiedere alla comunità internazionale di farlo diventare grande. Ma nel caso della lotta ai cambiamenti climatici crescere significa diminuire, tagliare i consumi energetici responsabili delle emissioni di gas serra.
Così stasera, aderendo all'iniziativa "M'illumino di meno" lanciata dalla trasmissione di Raidue Caterpillar, dalla Camera al Senato, da Palazzo Chigi al Quirinale, dall'Agenzia delle Entrate alle biblioteche di Roma, dalle metropoli ai piccoli comuni, in tanti hanno spento le luci per salutare i due anni del Protocollo e chiedere al mondo di farlo crescere, regalandogli spalle larghe, gambe solide e un futuro che vada oltre l'attuale scadenza del 2012.
Molte città hanno lasciato al buio i principali monumenti. A Roma spenti per trenta minuti il Colosseo, Fontana di Trevi e il Pantheon. Qui, inparticolare, si è svolta una grande festa all'aperto con centinaia di persone che hanno ballato e cantato grazie alla musica del gruppo gitano Taraf. "Hanno usato, come amplificazione, una batteria collegata a un impianto solare", ha raccontato l'assessore capitolino all'ambiente Dario Esposito. In piazza anche i ragazzi del Circo a vapore.
Atmosfera surreale in Piazza San Marco a Venezia quando, nel tardo pomeriggio di oggi durante i festeggiamenti per il Carnevale, è stata spenta l'illuminazione pubblica. La zona di San Marco ha fatto un tuffo nel passato rinunciando per qualche tempo all'illuminazione pubblica.
A Milano al buio anche il Duomo, il Pirellone e Palazzo Marino. Poi ancora l'Arena a Verona, la Mole Antonelliana a Torino, Palazzo Vecchio a Firenze, il Maschio Angioino a Napoli, la Valle dei Templi ad Agrigento. Ma non sono mancate le iniziative più "simboliche": dalle cene a luci di candela organizzate dagli agriturismi di Terranostra, agli stand gastronomici della Coldiretti, promossi per invitare a mangiare prodotti made in Italy, che riducono l'impatto energetico dei trasporti.
I Verdi hanno distribuito lampadine a basso consumo energetico; il Wwf ha invitato tutti, a partire dai dipendenti dei suoi uffici, ad evitare l'ascensore e a fare le scale a piedi. Non sono mancate anche manifestazioni più "coreografiche", come lo striscione che Legambiente srotolato sulla scalinata del Campidoglio con la scritta "Fermiamo la febbre del Pianeta".
"Si tratta di una sana azione di limitazione del superfluo - ha detto il ministro dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio alla presentazione della campagna - azione che ha anche risvolti concreti perché avremo i dati del risparmio. Basti pensare che nella passata edizione solo spegnendo le luci non indispensabili si è risparmiato quanto l'intero consumo energetico della regione Umbria".
E oggi tra le 18 e le 18 e cinque minuti, Terna, la società a cui fa capo la rete elettrica, "ha rilevato un minor assorbimento di potenza sulla rete nazionale per circa 300 Megawatt, equivalente al consumo di 5 milioni di lampadine".
La comunità internazionale, ha detto il commissario ue all'Ambiente Stavros Dimas, "deve muoversi con urgenza e avviare negoziati per approvare un nuovo accordo di portata mondiale, esauriente e rigoroso, che possa succedere al protocollo di Kyoto". La partecipazione degli Stati Uniti e di tutti i principali paesi responsabili delle emissioni, ha aggiunto, "è un elemento determinante, i cambiamenti climatici rappresentano una gravissima minaccia su scala mondiale".

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 17 febbraio 2007

 

 

Inceneritore, a Gorizia solo metà rifiuti - Continua il sequestro dell’impianto di via Errera, da lunedì la discarica isontina accetterà solo 120 tonnellate al giorno 

 

L’assessore Barduzzi: «Se non basterà ci rivolgeremo a Pordenone o in Veneto»

La Provincia di Gorizia può accogliere nella discarica di Pecol dei Lupi (Cormons) solo 120 tonnellate al giorno, la metà di quanto richiesto dall’amministrazione provinciale di Trieste subito dopo la chiusura di due delle tre linee dell’inceneritore. La delibera con cui la Provincia isontina ha stabilito di accettare, a partire da lunedì, 120 tonnellate al giorno di rifiuti raccolti dall’AcegasAps, è giunta ieri pomeriggio a palazzo Galatti, che l’ha immediatamente trasmessa alla multiservizi, la quale da dopodomani potrà quindi utilizzare la discarica cormonese.
Ma la quantità giornaliera non potrà superare, come detto, le 120 tonnellate. E a questo punto si apre il problema di dove mettere altre 120 tonnellate di rifiuti che la provincia di Trieste produce giornalmente.
Secondo palazzo Galatti, infatti, la produzione giornaliera di rifiuti nel bacino provinciale è di circa 400 tonnellate. La linea uno (la sola rimasta in funzione nell’impianto di via Errera) smaltisce 160 tonnellate al giorno. Posto che 120 andranno nella discarica isontina, ne restano 120 che al momento non si sa come smaltire.
«Non possiamo certo tenerci qui le immondizie – ha commentato ieri sera l’assessore provinciale all’Ambiente Ondina Barduzzi –. Domani (oggi, ndr) sentirò la Provincia di Gorizia, con cui siamo in contatto continuo, per capire il motivo per il quale non riescono ad accettare una maggiore quantità di rifiuti. Sentirò anche le reali necessità di AcegasAps. Se le quantità non smaltite rimarranno elevate – ha aggiunto – dovremo per forza richiedere l’utilizzo di discariche nella zona di Pordenone o nel Veneto».
AcegasAps, intanto, fa il punto sulla situazione del termovalorizzatore attraverso una nota ufficiale. Premettendo che «la qualità della vita dei cittadini e la tutela della loro salute è sempre stata al centro dell’operato dell’azienda», la multiservizi non nasconde che «la situazione venutasi a creare è indubbiamente delicata, in particolar modo perchè la fermata dell’impianto può determinare problemi alla collettività e al territorio, qualora il protrarsi del sequestro dovesse rendere indispensabile il ricorso alla discarica».
Nella nota, AcegasAps precisa poi che «fra le tre linee non vi sono differenze strutturali né gestionali. In particolare la linea uno, che non è sotto sequestro, è perfettamente identica alla linea due che è oggetto del provvedimento. Le tre linee sono alimentate con il medesimo rifiuto e sono condotte dallo stesso personale con criteri univoci, e ciò rende tecnicamente incomprensibili gli esiti contraddittori dei prelievi».
Cosa può avere determinato gli sforamente nei livelli di diossina, che hanno portato al sequestro, lo stabiliranno i tecnici. Intanto un tecnico qualificato, Fabio Gemiti, si pone alcune domande e avanza delle ipotesi. Gemiti, esponente del Wwf, è stato per molti anni direttore del laboratorio chimico dell’Acegas. E con riguardo all’impianto di via Errera, ha fatto parte del comitato tecnico della Provincia che, attorno al 1998, ha esaminato il progetto del termovalorizzatore. E ancora, nella fase iniziale del funzionamento dell’impianto si è occupato dei controlli alle due linee (la terza è stata avviata solo nel 2004).
Gemiti osserva innanzitutto che da alcuni anni AcegasAps esegue propri controlli (diversi da quelli dell’Arpa), e che gli esiti sono stato sempre abbondantemente entro i limiti. «Se l’Arpa ha rilevato diversi sforamenti – si chiede Gemiti – dopo i primi riscontrati in dicembre, ha avvertito l’AcegasAps?». Il tecnico commenta poi come «strano» il fatto che gli sforamenti abbiano riguardato due sole linee e non tutte e tre, sottolineando poi che la linea 3 è la più moderna.
A questo punto Gemiti avanza due ipotesi, per tentare di spiegare i superamenti nei livelli di diossina: «Potrebbero essere stati bruciati materiali ricchi di cloro, come il Pvc, e il cloro si lega all’ossigeno nel formare la diossina. Oltre ai rifuti urbani – osserva Gemiti – nell’impianto di via Errera si bruciano i cosiddetti rifiuti speciali assimilabili, come plastiche e materiali cartacei». E di questi rifiuti assimilabili, nel 2005 all’inceneritore ne sono arrivate oltre 24 mila tonnellate, il 7% del totale.
Seconda ipotesi. «Nella combustione – spiega sempre Gemiti – potrebbero essersi formate zone più fredde rispetto al resto del forno, e se le temperature scendono sotto un certo livello si ha la formazione di diossina. Lo si rileva dalla quantità di ossido di carbonio: se questo aumenta, vuol dire che la combustione non è buona. E le diossine si formano appunto quando la combustione non è delle migliori».
C’è infine un aspetto del complesso problema che tocca, oltre alla salute dei cittadini, il loro portafoglio. La Tarsu (tassa per l’asporto dei rifiuti solidi urbani), che a Trieste è già elevata e che il Comune ha appena deciso di aumentare del 27%, serve anche a pagare i notevoli investimenti che sono stati necessari per la costruzione della terza linea. «L’ammortamento di quegli investimenti – sottolinea Gemiti – pesa tantissimo sulla Tarsu sin dal 2004, e continuerà a pesare fino al 2014».

Giuseppe Palladini

 

 

AcegasAps punta allo sblocco parziale  - L’azienda: consegnate al giudice 170 rilevazioni con la diossina entro i limiti

 

Incontro in procura degli avvocati Borgna e Benussi con il magistrato titolare delle indagini sulle emissioni

La soluzione proposta dal legale della multiutility è simile a quella cui ha fatto ricorso nel 2003 il giudice Rigo nei confronti della Ferriera di Servola

Sono sempre ferme le linee 2 e 3 dell’inceneritore di via Errera, sequestrate mercoledì dalla procura della Repubblica a causa di ripetute emissioni di diossina nell’atmosfera. Emissioni che hanno superato anche di 10 volte i limiti di legge.
Ma tra oggi e lunedì qualcosa sembra destinato a mutare nel fosco quadro di questa emergenza rifiuti dove i problemi di legge e quelli tecnici si intersecano e si condizionano reciprocamente. Quasi un gatto che si morde la coda.
Ieri gli avvocati Giovanni Borgna che rappresenta l’AcegasAps e Tiziana Benussi, legale di Massimo Paniccia, presidente e legale rappresentante della multiutility, si sono incontrati col magistrato titolare delle indagini, il pm Maddalena Chergia. Nella tarda mattinata hanno avviato un dialogo esplorativo che ha come scopo finale quello di consentire il riavvio dell’inceneritore in tempi «ragionevoli».
«Abbiamo iniziato a chiarire la posizione. Il pm si è preso un paio di giorni per decidere sul da farsi» ha affermato l’avvocato Borgna all’uscita dal colloquio.
La strada imboccata ieri non sembra facile perché nessun tecnico al momento è in grado di affermare con certezza cos’è accaduto alle linee 2 e 3 nei giorni in cui le loro emissioni hanno superato i limiti di legge. Difficile anche confutare le analisi dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale che costituiscono la premessa del sequestro. Ben quattro sono i rilevamenti fuorilegge: quelli del 20 e 21 dicembre e quelli dell’11 e 12 gennaio. Il più inquietante è il primo che con 0,970 nanogrammi di diossina per metro cubo d’aria, supera di quasi dieci volte i limiti fissati dalla legge.
Gli avvocati ieri hanno però messo a disposizione del magistrato inquirente 170 rilevazioni effettuate dalla Celab negli ultimi due anni di attività dell’impianto di via Errera. Sono tutte negative, con i valori della diossina attestati sempre al di sotto dei limiti. Grazie a questi dati e alle misure effettuate il 25 e 26 gennaio, anch’esse negative, si sta facendo strada l’ipotesi che nei giorni di dicembre e gennaio in cui sono stati misurati gli sforamenti dei valori limite, siano state bruciate nelle linee 2 e 3 delle quantità anomale di composti clorati. Da qui l’innalzamento esponenziale delle percentuali di diossina.
Per dimostrare questa tesi almeno una delle due linee oggi sotto sequestro dovrebbe essere riavviata e costantemente monitorata. Ma alla procura servono precise garanzie tecniche e di legge: oltre all’individuazione di un responsabile potrebbe essere richiesta anche una eventuale cauzione in denaro, com’è già accaduto nel 2003 alla Ferriera per iniziativa del giudice Fabrizio Rigo. La presenza di diossina nell’aria mette infatti in gioco la salute della popolazione e lo stesso diritto alla salute, come ha sottolineato nell’ordinanza di sequestro il giudice Massimo Tomassini. Si sta comunque concretizzando tra procura e difesa, l’ipotesi di un riavviamento parziale, condizionato e controllato dell’impianto di via Errera.
Sembra dunque abbozzata nell’incontro di ieri una via molto simile a quella già percorsa negli ultimi anni dalla vicenda giudiziaria della Ferriera, ripetutamente sequestrata dalla procura ma comunque mai definitivamente bloccata grazie a «esercizi parziali», «avviamenti condizionati» e «gestioni controllate». Va aggiunto che l’avvocato Giovanni Borgna è lo storico difensore del gruppo siderurgico Lucchini e col passare degli anni e dei sequestri, ha affinato e messo a fuoco tutte le possibilità offerte dalla legge per bloccare l’interruzione forzata dell’ultima attività industriale triestina.
Questa esperienza ora viene applicata al caso dell’inceneritore anche se tra l’imbrattamento da polveri collegato al caso Ferriera e i quattro superamenti dei limiti fissati per le emissioni di diossina all’inceneritore, le differenze di legge sono molte. Nel primo caso gli indagati possono chiedere ai giudice di essere ammessi all’oblazione dopo aver ripristinato la funzionalità dell’impianto. E il reato si estingue. Per gli inceneritori che producono diossina l’oblazione non è invece ammessa dalla legge.
Il direttore dell’inceneritore Stefano Gregorio è indagato assieme al legale rappresentante dell’AcegasAps. Questo si legge nell’ordinanza di sequestro dove non compare il nome di Massimo Paniccia, ma è indicato solo il ruolo che il manager friulano riveste nella società. Secondo la procura i due indagati Gregorio e Paniccia o un suo delegato ai problemi dell’ambiente hanno omesso per colpa il doveroso controllo del ciclo produttivo e non hanno adeguato colposamente l’inceneritore alle migliori tecnologie disponibili.

Claudio Ernè

 

 

Polveri sottili: veleno quotidiano

Di inquinamento da automobili si muore. Le polveri sottili ci avvelenano a poco a poco. Ben venga quindi l’iniziativa di stop al traffico prevista in molte aree per il prossimo 25 febbraio: non perché un giorno senza automobili possa diminuire l’inquinamento, ma per dare un segnale (come fu nel ’74), coinvolgere le persone, far capire che si può sopravvivere anche senza la dose di auto quotidiana (allora molti riscoprirono le biciclette...).
Peccato che Trieste non partecipi all’iniziativa, e proprio in questo momento storico il Comune decida di spianare giardini antichi per infilare, fra abitazioni, un parco giochi e l’intera pineta di Barcola (luogo di ritrovo di migliaia di triestini), il nuovo grande distributore di carburante Tamoil. Taglio di decine di alberi secolari, un terrapieno di fronte alle case, un deposito di 100.000 litri di carburante (gli aerei delle torri gemelle ne contenevano «solo» 37.000 ciascuno, e si sono viste le conseguenze), inquinamento diurno e notturno garantito.
Dovunque nei paesi civilizzati i distributori vengono spostati fuori dei centri abitati. A Parigi, Londra, Berlino non ci sono distributori fra le case e la gente. Trieste una volta di più è in controtendenza. Sembra che almeno potevano scegliere un momento migliore per autorizzare questo scempio e per rafforzare l’inquinamento da automobili della città.
Antonio Dusi

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 16 febbraio 2007

 

 

Inceneritore, da lunedì i rifiuti a Gorizia - L’accordo è valido per 15 giorni. La fossa di via Errera ha spazio solo fino a domani

 

L’unica linea rimasta in funzione dopo il sequestro smaltisce solo 160 tonnellate al giorno su 400 prodotte in provincia

L’assessore Rovis: «I maggiori costi che AcegasAps dovrà sostenere saranno a carico della società e non graveranno sui cittadini»

La fossa di raccolta dell’inceneritore di via Errera ha spazio per nuovi rifiuti fino a domani. Da una verifica più approfondita fatta ieri dai tecnici dell’AcegasAps, è emerso che la situazione non è così allarmante com’era stato detto mercoledì sera. Ieri, dunque, la raccolta dei rifiuti è proseguita regolarmente, e così sarà anche oggi.
La linea 1 dell’impianto (l’unica rimasta in funzione) smaltisce ogni giorno 160 tonnellate. Ma i rifiuti prodotti quotidianamente nel bacino provinciale ammontano a 400 tonnellate. Uno scarto tale da imporre il ricorso alla discarica, già a partire da lunedì.
Ieri mattina la Provincia di Gorizia ha risposto affermativamente alla richiesta dell’amministrazione provinciale triestina di usare la discarica di Pecol dei Lupi (Cormons), in base all’accordo di programma tra le due amministrazioni. E oggi dovrebbe deliberare in questi termini.
Qualche ora più tardi, sempre ieri mattina, la giunta di Palazzo Galatti, con un’apposita delibera, ha autorizzato l’AcegasAps a trasportare ogni giorno, nella discarica isontina, 240 tonnellate di rifiuti, per un periodo di 15 giorni (stimando sia questa «in via prudenziale» la durata del fermo delle due linee).
L’impianto di Pecol dei Lupi, però, ha una capacità residua di 9 mila tonnellate. Senza contare i rifiuti della provincia di Gorizia, che ora non vengono più inceneriti a Trieste, 240 tonnellate per 15 giorni significano 3600 tonnellate. E se le due settimane non dovessero bastare, ammesso che si possa continuare a usare quella discarica, i rifiuti di Trieste porterebbero in breve alla sua saturazione.
Che le cose possano andare per le lunghe lo si è capito da alcune parole dell’assessore comunale allo Sviluppo economico Paolo Rovis. In una conferenza stampa, Rovis ha infatti dichiarato che «se la situazione dovesse protrarsi, faremo un appello alla città a contenere la produzione di rifiuti per aiutare l’attività di smaltimento».
Quanto ai maggiori costi che AcegasAps dovrà sostenere per trasportare i rifiuti nella discarica isontina, Rovis ha precisato che «verranno assorbiti dalla società, senza maggiori oneri per la cittadinanza». AcegasAps dovrà poi mettere in conto il mancato utile che derivava finora dall’incenerimento dei rifiuti da fuori provincia (Gorizia e alcuni comuni del Pordenonese).
Pur non volendo entrare nel merito delle analisi dell’Arpa, l’assessore ha sottolineato che su 180 controlli effettuati in questi anni (una volta al mese), solo alcuni hanno superato i limiti di legge della diossina. «Un fatto singolare – ha osservato – anche perchè la linea 3 è stata messa in funzione due anni fa. E poi lo sforamento ha riguardato solo la diossina, mentre se un impianto non funziona bene c’è tutta una serie di valori sballati».

Giuseppe Palladini

 

LA RACCOLTA
Oltre 113 mila tonnellate di rifiuti sono state raccolte nel 2005 nei tre comuni della provincia serviti dall’AcegasAps: Trieste, Muggia e Duino Aurisina, che complessivamente fanno più di 228 mila abitanti.
E’ nel comune di Trieste, va da sè, la maggiore produzione di rifiuti: 100.457 tonnellate, di cui 85.051 derivanti dalla raccolta indifferenziata e 15.406 (15,3%) da quella differenziata. A Muggia, sempre nel 2005, sono state raccolte 7.422 tonnellate, delle quali 6.338 «indifferenziate» e 1.084 (14,6%) provenienti dalla raccolta differenziata. Proporzioni analoghe anche per il comune di Duino Aurisina, dove su 5.361 tonnellate raccolte, 4.582 sono derivate dalla raccolta indifferenziata e 779 (14,5%) da quella differenziata.
Sempre nel 2005 il termovalorizzatore di via Errera ha trattato 158.127 tonnellate di rifiuti, delle quali 137.918 erano costituite da rifiuti solidi urbani (Rsu). Del totale di questi rifiuti urbani, 23.319 tonnellate provenivano dalla provincia di Gorizia, 14.407 da quella di Pordenone e 2.101 dalla provincia di Udine.

 

Tomatis: «Fumi inquinanti, i più a rischio sono i bambini» - Il famoso oncologo denuncia: «Questi impianti inquinano sempre»
L’oncologo Renzo Tomatis, illustre scienziato che da tutta la vita combatte le cause ambientali dei tumori, non usa mezzi termini per deprecare quella che, dice, è una pericolosa illusione: «Si spacciano per ”puliti” gli inceneritori con termovalorizzatore, dove invece non si fa che bruciare per la seconda volta i residui tossici, ne viene un po’ di energia, ma i veleni vanno per l’aria tutti quanti». Anche l’inceneritore di Trieste, oggi sotto sequestro per l’emissione di diossine, è un «termovalorizzatore».
«Paghiamo perfino il 5 per cento della bolletta Enel per bruciare questi residui - aggiunge -, ma la verità viene costantemente nascosta». In Austria, Francia, Svizzera e Germania, prosegue, si pratica una buona raccolta differenziata e tutte le materie che con la combustione sviluppano più diossina, più metalli e altre venefiche sostanze, sono riusate: «Se dalla plastica si ricava altra plastica le sostanze chimiche non vengono liberate».
Ora si pone il problema: a rischio chi vive nelle vicinanze di via Errera? O a rischio da sempre la città, che ha avuto cantieri, un vecchio inceneritore già sospettato di emettere diossina, e ha la Ferriera in centro, e dove accanto a una longevità notevole si hanno anche livelli statisticamente molto alti di tumori? «Quando il danno è diffuso all’intera popolazione - risponde Tomatis - è molto difficile se non impossibile avere la certezza assoluta, dimostrabile, della causa che l’ha prodotto, diciamo che il rischio è un’ipotesi plausibile, ma Trieste è anche la città che ha avuto più amianto, dove si è fumato di più, e si beve tuttora di più». Dunque le cause dei malanni s’intrecciano, la matassa delle colpe è difficilmente districabile.
Le diossine, che sono di molti tipi, aderiscono ai tessuti molli del corpo. Una volta insediate, non se ne vanno più. Sono causa di tumori. E l’allarme più grande Tomatis lo lancia in nome dei bambini: «Nessuno ci pensa, anche i pediatri si dimenticano a volte che il bambino è l’adulto di domani, le sostanze assunte dal feto, dal neonato, dal bimbo produrranno danni quando sarà grande, quando nessuno risalirà più alla causa. Sono ben 200 le sostanze neurotossiche che incidono negativamente prima della nascita. Da qui vengono anche forme di autismo e deficit cognitivi».
g. z.

 

 

Corsa contro il tempo per il dissequestro dell’impianto Oggi vertice in Procura con i legali della multiutility

Intanto i tecnici cercano di capire cosa è successo nei giorni in cui sono stati misurati livelli di diossina oltre i limiti

È iniziata la corsa contro il tempo per evitare che nelle strade di Trieste si accumulino i sacchi con le immondizie.
Si muovono gli avvocati dell’AcegasAps, proprietaria dell’impianto di via Errera, dove due linee di smaltimento dei rifiuti sono state sequestrate dalla procura a causa delle ripetute e consistenti emissioni di diossina. Sono mobilitati anche i tecnici, per capire perché due linee di smaltimento inquinano l’aria della città e la terza al contrario funziona perfettamente rispettando gli stretti limiti alle emissioni previsti dalla legge.
Si muove la procura della Repubblica, dove il fascicolo dell’inchiesta sull’inceneritore è passato, per decisione del procuratore capo Nicola Maria Pace, dalla scrivania del pm Federico Frezza, che aveva avviato l’indagine, a quella della collega Maddalena Chergia, l’unico magistrato del pool investigativo creato per perseguire i reati ambientali.
La grande corsa degli avvocati e dei tecnici ha un obbiettivo comune: «liberare» dal sequestro preventivo l’impianto di via Errera, per consentire all’AcegasAps di riprendere a bruciare i rifiuti prodotti dalla città, dalla provincia di Gorizia e da altre zone. Ma anche per chiudere al più presto il capitolo dei costosi trasferimenti dei rifiuti triestini nella discarica di Cormons.
Oggi, nella tarda mattinata, l’avvocato Giovanni Borgna, legale della multiutility e la collega Tiziana Benussi, difensore di Massimo Paniccia, legale rappresentante della società, saranno ricevuti dal magistrato titolare dell’inchiesta.
«Presenterò una memoria dettagliata alla dottoressa Chergia e allegherò i dati delle ultime analisi fatte eseguire dall’AcegasAps il 25 e il 26 gennaio alla Celab, una ditta specializzata che aveva già lavorato per l’Arpa. In queste due date la diossina delle linee 2 e 3 è rimasta costantemente al di sotto dei limiti di legge» ha spiegato ieri l’avvocato Giovanni Borgna.
Va aggiunto che i tecnici che si occupano dei vari aspetti della combustione, definiscono la diossina «una brutta bestia». Non solo per gli effetti descritti dal professor Tomatis nell’articolo pubblicato qui accanto, ma anche per la sua sensibilità a ogni, anche minima, variazione di temperatura. Se una delle linee di smaltimento di un impianto simile a quello di via Errera si raffredda, aumentano automaticamente le percentuali di diossina che finiscono nell’atmosfera.
Alla luce di questo dato tecnico, gli ingegneri si chiedono per quale motivo il 20 e 21 dicembre 2006 e l’11 e il 12 gennaio 2007, l’Arpa ha misurato nei pressi del camino di via Errera valori di diossina anche 10 volte superiori al limiti di legge. Cos’è accaduto alle linee di smaltimento 2 e 3?
Qualcuno ha ipotizzato che nei rifiuti fossero finiti materiali con alte percentuali di composti clorati. Altri hanno parlato di guasti, forse ricordando l’episodio di un anno fa, quando le misure avevano rivelato nell’aria una percentuale di diossina proveniente dalla linea 3 con valori superiori al limite di legge.
Massimo Paniccia, legale rappresentante dell’AcegasAps, per questo «sforamento» è stato indagato, processato e assolto dal giudice Angela Gianelli. La formula è stata la più ampia: «per non aver commesso il fatto».
L’aumento improvviso dei valori di diossina era stato innescato da lavori di manutenzione affidati a una ditta esterna incappata in qualche svista. Ma in quella occasione, quando le indagini erano ancora in corso, l’inceneritore non era stato bloccato.
Sarà questo uno dei tanti argomenti con cui gli avvocati dell’AcegasAps e del suo presidente chiederanno alla Procura di revocare al più presto il sequestro preventivo delle linee 2 e 3. «Le nostre misure dicono che non ci sono stati superamenti dei valori limite», hanno ribadito i legali già mercoledì, quando l’inceneritore era stato appena sequestrato.
Il giudice Massimo Tomassini aveva detto sì alla richiesta del pm Federico Frezza anche perché «vi è il concreto rischio che gli interventi necessari per la messa in regola delle linee 2 e 3 non siano interventi di pochi momenti, ma che al contrario richiedano, soprattutto in fase valutativa, un congruo lasso di tempo».

Claudio Ernè

 

 

Bucci: Piazza Unità un’ora al buio - Niente luci dalle 18 alle 19 nell’ambito di una campagna nazionale per il risparmio energetico
 
Ad arricchire l’iniziativa dal valore simbolico sarà uno show coreografico di 25 pattinatrici della Polisportiva Opicina che volteggeranno munite di torce elettriche
Un’ora al buio. Stasera, dalle 18 alle 19, le luci pubbliche di piazza dell’Unità d’Italia si spegneranno. L’operazione rientra nell’ambito della campagna nazionale denominata «M’illumino di meno» ed è inserita nel contesto della Giornata internazionale del risparmio energetico. L’iniziativa, che coinvolge le principali città italiane, rientra fra gli obiettivi proposti dal Protocollo di Kyoto per la difesa dell’ambiente. «E’ evidente – ha affermato l'assessore Maurizio Bucci, che ieri ha illustrato i motivi dell’adesione dell’amministrazione comunale al progetto ”M’illumino di meno” – che questa iniziativa è soprattutto simbolica, perché l’effettivo risparmio energetico che si otterrà con questa operazione è del tutto secondario. Tuttavia la partecipazione di quasi tutte le maggiori città d’Italia, dove saranno spenti nello stesso momento grandi palazzi, famose piazze e bellezze monumentali e architettoniche di notorietà mondiale, darà un notevole significato al progetto, contribuendo alla riuscita della manifestazione, così come voluta e programmata dagli organizzatori. Il loro intento – ha proseguito Bucci - è quello di veicolare un forte e generale messaggio a favore del risparmio energetico a ogni livello e di favorire la ricerca e l’applicazione di fonti energetiche alternative».
Stasera i triestini avranno dunque modo di ammirare piazza dell’Unità d’Italia avvolta in un insolito buio; a spegnersi saranno l’intera illuminazione pubblica e le facciate dei palazzi, con esclusione della Prefettura, per disposizioni relative alla sicurezza. Il palazzo del governo gode di un impianto di alimentazione del tutto autonomo. Rimarranno naturalmente aperte le luci dei vari caffè e locali pubblici, che potranno svolgere regolarmente la loro attività.
«Nell’intento di realizzare manifestazioni ed eventi collaterali, per pubblicizzare e arricchire ulteriormente l’iniziativa – ha continuato Bucci - il Comune non si limiterà a spegnere la sua più bella piazza, ma organizzerà anche un suggestivo spettacolo coreografico, affidandolo alla maestria di 25 pattinatrici della Polisportiva Opicina, che volteggeranno per la piazza disegnando, munite di torce elettriche, dando così origine a bellissime figure luminose. È la prima volta – ha concluso l’assessore comunale - che le atlete della Polisportiva Opicina si esibiranno nell’oscurità».

 

 

Traffico internazionale di rifiuti speciali, bloccati a Trieste container diretti in Cina
 
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Nucleo tutela ambientale di Udine
Passava anche per il nostro porto la rotta verso Oriente dei residui tossici illegali. Il centro di stoccaggio era ad Aiello del Friuli, in città arrivavano sui Tir
Dal porto di Trieste agli scali della Cina e, in qualche caso, della Siria. Seguivano questa rotta le migliaia di tonnellate di rifiuti illegali intercettati dai carabinieri del Noe di Udine impegnati nell’operazione «Mesopotamia».
Dopo un anno di indagini, i militari del Nucleo operativo ecologico sono riusciti a risalire ai componenti di un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di plastica e carta da macero, provenienti da ditte friulane e da aziende della Liguria, del Piemonte, del Veneto e della Lombardia. I rifiuti avevano falsi marchi di conformità (Uni per la carta e Uniplast per la plastica) e venivano illecitamente spacciati per «materie prima e seconda». Grazie al sistema della triangolazione e del «giro bolla» venivano ammassati in un centro di stoccaggio non autorizzato ad Aiello del Friuli, in provincia di Udine. Da lì i rifiuti venivano fatti uscire a bordo di tir diretti nei porti di Trieste e Marghera. I carichi erano accompagnati da false documentazione di garanzia e da una bolla che certificava il trasporto di «Mps» (appunto materia prima e seconda), anche se in realtà la merce non aveva subito alcuna modifica.
L’attività investigativa è partita nell’ottobre 2005 a seguito di una serie di controlli effettuati negli scali di Trieste e Marghera, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane del capoluogo giuliano. Nei due porti i militari hanno sequestrato 18 container carichi di carta e plastica priva delle necessarie autorizzazioni. Ad Aiello del Friuli, invece, è stata messa sotto sequestro l’area di 12mila metri quadrati usata come sito di stoccaggio abusivo, e 5 mila tonnellate di rifiuti. Sempre nel comune udinese sono stati sigillati altri 78 container con 2.500 tonnellate di materiali classificati come rifiuti speciali pericolosi: plastica, elettrodomestici di varia natura e terriccio proveniente da lavorazioni industriali.
Il traffico internazionale, che poteva contare sull’appoggio operativo e organizzativo di alcuni cittadini cinesi e siriani interessati a smaltire nei loro paesi i materiali illecitamente trattati, aveva prodotto nell’ultimo anno un giro d’affari di 1,5 milioni di euro.
L’operazione «Mesopotamia» ha fatto scattare il provvedimento degli arresti domiciliari per un imprenditore friulano, Giorgio Manzardo, 63 anni di Udine, titolare della «Centro recupero carta Spa». Avvisi di garanzia sono stati inoltrati anche ad altre quattordici persone: imprenditori e amministratori delegati di aziende attive nella lavorazione e recupero di materiale plastico e cartaceo con sedi nel Nord Italia, precisamente Liguria, Veneto, Lombardia e Friuli. Per il momento, invece, non risultano coinvolti nell’inchiesta operatori triestini.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 15 febbraio 2007

 

Traffico rifiuti pericolosi con la Cina - Arrestato un imprenditore in Friuli

 

Denunciate altre 14 persone nel Nord Italia (Liguria, Veneto,Lombardia e Friuli). Sequestrati beni per oltre 1 milione di euro

TREVISO - Traffico internazionale di rifiuti pericolosi con la Repubblica Popolare Cinese. L'organizzazione criminale che ne tesseva le fila è stata sgominata dal Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente: arrestato un imprenditore friulano mentre altri 14 sono stati denunciati. Il valore dei beni sequestrati ammonta a oltre 1 milione di euro.
L'operazione, denominata 'Mesopotamia', condotta dal Nucleo operativo ecologico carabinieri di Udine con il coordinamento dell'autorità giudiziaria del capoluogo friulano, è iniziata a seguito di controlli eseguiti assieme alla polizia provinciale di Udine e all'Agenzia delle dogane del capoluogo giuliano e di Venezia, su merci in transito presso l'area portuale di Trieste e di Marghera (Venezia).
In manette è finito un imprenditore mentre sono stati notificati 14 avvisi di garanzia nei confronti di titolari e legali rappresentanti di aziende operanti nel settore di materiale plastico e carta del Nord Italia (Liguria, Veneto, Lombardia e Friuli), al sequestro di beni mobili e immobili di un'azienda friulana operante nel settore dello smaltimento di rifiuti speciali pericolosi.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 15 febbraio 2007

 

 

Diossina oltre i limiti: sequestrato l’inceneritore

 

Due indagati: uno è il direttore dello stabilimento. L’AcegasAps: «Le contestazioni non ci sembrano fondate»

Dai controlli dell’Arpa emerge che per quattro volte sono stati superati i valori di legge. Il 20 dicembre lo sforamento è stato di quasi 10 volte superiore

Sono state sequestrate ieri dalla magistratura due delle tre linee di smaltimento-rifiuti dell’inceneritore di via Errera. Secondo le misure effettuate dai tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale la quantità di diossina finita nell’atmosfera ha costantemente superato i valori di legge in tutti i giorni dei prelievi. Il 20 dicembre l’episodio più inquietante con 0,970 nanogrammi per metro cubo d’aria. Dieci volte in più del valore limite ammesso dalla legge.
Anche le altre successive misure effettuate il 21 dicembre, l’11 e il 12 gennaio sulle linee 2 e 3 dell'inceneritore, sono risultate ampiamente al di sopra dei valori ammessi per la diossina. Il 21 dicembre sono stati misurati 0,189 nanogrammi, l’11 gennaio 0,300, il giorno successivo 0,200.
L’Arpa ha informato delle ripetute «anomalie» i carabinieri del Nucleo operativo ecologico e la procura della Repubblica. Il pm Federico Frezza ha verificato il superamento dei valori limite e ha chiesto il sequestro preventivo dell’impianto. Il giudice Massimo Tomassini lo ha concesso in meno di 48 ore.
Ieri, nel primo pomeriggio, il sequestro è stato notificato dalla polizia giudiziaria all’Acegas-Aps, proprietaria dell’impianto: e due linee di smaltimento sono state bloccate perché ritenute pericolose per la salute pubblica.
Con questa chiusura Trieste, Muggia, Duino Aurisina, Monfalcone, Gorizia e alcune aree del pordenonese, rischiano già oggi di dover affrontare una drammatica emergenza rifiuti. La linea numero uno, l’unica che può continuare a funzionare in quanto risultata non inquinante, non è in grado di sopperire alle necessità di smaltimento del territorio che fino a ieri ha affidato i propri rifiuti all’inceneritore di via Errera. Spingendo al massimo l’unica linea rimasta in funzione, la potenzialità dell’impianto resta comunque del 30-40 per cento al di sotto delle reali necessità. Inevitabile il ricorso alle discariche, poste tutte al di fuori della nostra provincia.
Il pm Federico Frezza ha iscritto sul registro degli indagati due nomi: quello del direttore tecnico dell’inceneritore Stefano Gregorio; e quello del legale rappresentante di Acegas-Aps. Al momento non è chiaro se si tratta di Massimo Paniccia, presidente della multiutility triestino- padovana: la delega per i problemi ambientali, inceneritore compreso, dovrebbe essere stata affidata a un altro amministratore o a un dirigente.
Il direttore dell’impianto e il responsabile in consiglio di amministrazione per i problemi ambientali, sono indagati per aver violato il Codice dell’ambiente e in particolare per non aver curato che fossero osservate le prescrizioni contenute nell'autorizzazione all’esercizio dell’inceneritore imposte dalla Regione. In sintesi, secondo la Procura, è stato omesso per colpa il doveroso controllo del ciclo di smaltimento e l’impianto non è stato adeguato alla migliore tecnologia disponibile.
«Confutiamo ogni responsabilità. Siamo stupiti per questo sequestro. Le contestazioni non ci sembrano fondate» ha affermato in serata l’avvocato Tiziana Benussi, legale di fiducia del presidente Massimo Paniccia.
«Nelle prossime ore andrò dal magistrato titolare dell'inchiesta per chiarire la posizione dell’Acegas-Aps» ha aggiunto l’avvocato Giovanni Borgna, legale della multiutility. «Nostro scopo è quello di ottenere al più presto il dissequestro dell’impianto: ben 140 esami sulle emissioni dell’inceneritore effettuate negli ultimi due anni dai tecnici del Celab, attestano che tutto è regolare, ben al di sotto dei limiti di legge».
Va aggiunto che la linea Uno di smaltimento dei rifiuti, è stata monitorata dall’Arpa con gli stessi metodi usati per le altre due finite sotto sequestro. Ma le sue emissioni di diossina sono rimaste costantemente nei limiti previsti. Un funzionamento regolare che paradossalmente crea un problema tecnico di non facile soluzione.
Perché le linee 2 e 3, gestite esattamente come la linea Uno, sono fuorilegge e inquinano, mentre l’altra funziona bene, rispettando i limiti fissati per la diossina?
Secondo i tecnici saranno necessarie approfondite analisi prima di capire l’origine del guasto. Poi lo si potrà affrontare ed eliminare. Ma per compiere gli interventi serve soprattutto tempo, proprio quello che oggi manca. I rifiuti vengono prodotti in ogni giorno dell’anno, in ogni famiglia, in ogni fabbrica, in ogni locale pubblico, scuola, ospedale, strada, ufficio, casa di riposo, albergo. Se non vengono smaltiti nell’inceneritore di via Errera, se si ammassano nelle fosse dello stesso impianto, giocoforza strariperanno anche dai cassonetti e dai bottini, invadendo fra qualche giorno coi loro miasmi le vie cittadine.

Claudio Ernè

 

Sospesa già da oggi la raccolta dei rifiuti

La Provincia di Trieste ha chiesto l’uso della discarica di Cormons

Il funzionamento di una sola linea consente di smaltire 160 tonnellate di immondizie al giorno rispetto alle 270 raccolte

La fossa dell’impianto è al limite della capienza i camion non possono scaricare e nemmeno restare pieni per ragioni d’igiene pubblica

Già stamane il termovalorizzatore di via Errera non è in grado di accogliere nuove quantità di rifiuti. L’enorme fossa dove i camion vuotano il loro contenuto, e dalla quale vengono alimentate le linee di incenerimento, è al limite della capienza. Il blocco di due delle tre linee, in seguito al provvedimento della magistratura, non permette infatti di smaltire le centinaia di tonnellate di rifiuti conferite ogni giorno all’impianto.
Ciascuna delle tre linee elimina quotidianamente 160 tonnellate, che nel complesso diventano 480. Di queste, circa 270 tonnellate sono i rifiuti raccolti ogni giorno nella provincia di Trieste. Altre 200 arrivano dalla provincia di Gorizia e da alcuni comuni del Pordenonese. Lo scorso anno, l’impianto di via Errera ha incenerito qualcosa come 151 mila tonnellate di rifiuti, 82 mila delle quali relative alla provincia di Trieste.
La linea 1, l’unica rimasta in funzione, smaltisce quindi poco più della metà dei rifiuti giornalieri della nostra provincia. Con la fossa di raccolta piena, oggi i camion dell’AcegasAps non potranno provvedere allo svuotamento dei cassonetti, dato che i rifiuti non possono rimanere (per evidenti ragioni di igiene) all’interno dei camion stessi.
L’impossibilità di scaricare nuovi rifiuti all’impianto di via Errera mette poi in crisi non solo il sistema di raccolta dell’AcegasAps ma anche alcune cooperative che operano per conto di aziende che producono grosse quantità di rifiuti, come ad esempio i supermercati, trasportandoli al termovalorizzatore.
La decisione per sbloccare questa emergenza, che in mancanza di provvedimenti immediati si aggraverà già nel fine settimana, spetta alla Provincia, che da qualche hanno ha stipulato sul fronte rifiuti una convenzione di «reciprocità» con la Provincia di Gorizia.
Normalmente la parte «umida» dei rifiuti raccolti in provincia di Gorizia viene smaltita nell’impianto di Trieste. Secondo l’accordo, nel caso il termovalorizzatore di via Errera abbia dei problemi, i «nostri» rifiuti possono finire nella discarica di Pecol dei Lupi, nei pressi di Cormons. Un impianto che per almeno due, tre anni non pare abbia problemi di saturazione.
Così dovrebbe avvenire, fintantochè le linee del termovalorizzatore sotto sequestro non riprenderanno a funzionare. Ma perché i camion dell’AcegasAps possano prendere la strada dell’Isontino è necessario il via libera della Provincia di Gorizia.
L’amministrazione provinciale di Trieste ha già inviato ieri la richiesta a quella di Gorizia. «Attendiamo una risposta per domattina (oggi, ndr) – ha dichiarato l’assessore provinciale all’Ambiente, Ondina Barduzzi –. In caso affermativo, come ci aspettiamo, comunicheremo subito all’AcegasAps la possibilità di portare i rifiuti nella discarica di Cormons».

Giuseppe Palladini

 

Il vicedirettore della multiservizi isontina: «Problemi solo se la situazione si protrarrà»
Anche per l’Isontino si prospetta l’emergenza rifiuti. Nell’impianto di Trieste vengono smaltite ogni anno 23 mila tonnellate, che ora dovranno essere portate nella discarica di Pecol dei Lupi. E nel sito cormonese arriveranno anche le immondizie del capoluogo giuliano, sempre che la Provincia dia il benestare.
Dopo la chiusura dell’inceneritore di Sant’Andrea, Gorizia e l’Isontino dipendono dall’impianto triestino. Era era noto che una linea alla volta sarebbe stata disattivata per l’ordinaria manutenzione, e in quel periodo i rifiuti sarebbero stati convogliati nella discarica cormonese, ma nessuno aveva messo in conto emergenze da sforamenti dei limiti nelle emissioni.
Il vicedirettore generale della multiservizi isontina Iris, Donato Catano, tende a sdrammatizzare. Alla notizia del sequestro delle due linee, commenta: «Non ci sarà emergenza perché porteremo i rifiuti in discarica. Certo, se il flusso di immondizie si protrarrà per mesi, allora sì che sorgeranno problemi nello smaltimento. Solo nei prossimi giorni potremo però capire quello che ci aspetta».
È il piano provinciale rifiuti a stabilire il cosiddetto «piano di riempimento» della discarica. In virtù del «concambio» con AcegasAps, all’inceneritore di Trieste vengono smaltite 23mila tonnellate di immondizie prodotte nell’Isontino. Nella discarica di Pecol dei Lupi lo scorso anno sono finite mille tonnellate

 

 

Rigassificatori: manovre

Sui rigassificatori il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza sta tentando con la città la classica manovra del mulattiere; quando il mulo o l’asino s’impunta, gli si fa fare dietrofront e lo si riporta sulla strada aggirando il punto critico.
Così Dipiazza, noto sostenitore di Gas Natural, improvvisa una retromarcia clamorosa ergendosi a guida del dissenso popolare per ricondurlo poi al dunque combinando con la società spagnola un’offerta bottegaia apparentemente migliore.
Apparentemente perché qualsiasi prezzo prometta Gas Natural (o la concorrente Endesa) non potrà mai risarcire i rischi e danni gravissimi e perpetui che il rigassificatore e il suo traffico navale pericoloso, povero e ingombrantissimo comporterebbero per la città, per l’ambiente di tutto il Golfo di Trieste e per lo sviluppo commerciale che il Porto può finalmente riavere con la dinamica gestione Boniciolli creando lavoro per tutti. E l’opinione pubblica triestina, con buona pace dei mulattieri e bottegai politici, non è un mulo, né un asino.
Roberto Giurastante - Segretario Amici della Terra

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI',  14 febbraio 2007

 

 

Ferrara: Piano traffico, attenti alla Corte dei conti  - «L’approvazione non avverrà prima di due anni. Va coinvolta la maggioranza»
 
Polemica nel centrodestra dopo le dichiarazioni del sindaco. L’esponente della Lista Dipiazza ed ex assessore attacca
E dall’Udc Sasco avverte: «O si porta la bozza in aula entro pochi mesi, o sarà meglio posticipare il dibattito dopo le elezioni regionali del 2008»
Il piano del traffico fa mantenere alta la temperatura del dibattito all’interno dello stesso centrodestra cittadino. Dopo An, che ha criticato i nuovi «esperimenti» sull’asse Rive-via Mazzini-corso Italia annunciati dal sindaco con il conseguente allungarsi dei tempi dell’iter, scendono in campo anche Udc e Lista Dipiazza reclamando tra l’altro chiarezza sui tempi e chiedendo il coinvolgimento immediato della maggioranza. Annotazioni che l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci definisce dettate da «ricerca di visibilità».
È dal capogruppo della Lista Dipiazza - ed ex assessore al traffico - Maurizio Ferrara che arrivano le parole più nette. Quelle che esortano Bucci a «fare attenzione alla Corte dei Conti», vista la quantità di soldi pubblici sin qui spesi per un piano che ancora non è stato reso noto. Ed ecco poi, rivolto al sindaco, l’invito a «coinvolgere da subito l’intera maggioranza per capire come proseguire». Nel 2005 Ferrara, allora assessore, portò avanti l’iter del piano secondo la bozza redatta dall’ingegnere dei trasporti Roberto Camus, che prevedeva tra l’altro la chiusura di corso Italia ai mezzi privati e il passaggio di quelli pubblici lungo via Mazzini in direzione Rive e lungo lo stesso corso Italia in direzione piazza Goldoni.
«A questo punto - argomenta Ferrara - occorre assolutamente fare chiarezza. Perché la realtà è che il progetto Camus non ha mai convinto la gran parte di questa maggioranza, anche se è piaciuto alle categorie alle quali è stato presentato. Il fatto che gli incontri con le categorie stesse siano stati sospesi mi fa capire che a quella bozza sono state chieste modifiche sostanziali. Se così è, lo si dica ufficialmente anche per chiarire la situazione agli organi di controllo contabile: in tal caso anche il ritardo accumulato risulta giustificato». Non si parli però - come fa Dipiazza - di nuove Rive e Grande viabilità che modificano i flussi di traffico, e dunque di «esperimenti» da compiere: «Esperimenti che non c’entrano per nulla - ammonisce Ferrara ripetendo quanto già detto da Alessia Rosolen - in quanto Camus già aveva previsto in funzione i nuovi assi di viabilità, così come aveva predisposto il piano tenendo conto pure dei piani del trasporto pubblico e del piano parcheggi».
Dipiazza coinvolga dunque subito l’intera maggioranza, «perché altrimenti - prosegue l’esponente dei ”civici” del sindaco - il rischio è che il piano non sarà mai approvato: occorre trovare un consenso politico». Ma quando? Sui tempi necessari Ferrara non lascia spazio a interpretazioni. Tutti i capigruppo del centrodestra hanno firmato pochi giorni fa un emendamento al bilancio - fatto poi proprio dalla giunta - che impegna l’esecutivo a predisporre entro «la prima metà dell’anno» il testo definitivo da portare in aula. «Ma ormai siamo a febbraio, e chiunque ne capisca un po’ sa che prima di un paio d’anni il nuovo piano non troverà conclusione». Anche perché Ferrara in vista delle regionali del 2008 profetizza il ripetersi di quanto avvenuto con le elezioni comunali 2006, quando il centrodestra preferì riporre nel cassetto piano e polemiche.
E proprio su questo punta l’Udc con Roberto Sasco: «Se non viene portato a compimento in tempi medio-brevi, tutto il lavoro fatto fin qui rischia di essere buttato a mare». Il centrista anzi ha una proposta: «Avere il coraggio di portare in consiglio» entro pochi mesi il documento, oppure riprenderlo «serenenamente» dopo il voto del 2008 «proprio per evitare che il tutto diventi terreno di scontro politico». Ma poi, Sasco osserva che «il dibattito ha assunto negli ultimi tempi un profilo bassissimo, perché invece di parlare di visione e di obiettivi generali si analizzano solo situazioni puntuali come il nodo Rive-corso Italia». Visione generale e tempi brevi, dunque. E il discorso, chiude Sasco, vale tanto più perché lo strumento urbanistico deve essere collegato alla nuova variante al piano regolatore che il Comune ha intenzione di mettere in campo: «Anche in questo caso, vista la nuova legislazione regionale in arrivo, o si opera in tempi brevi o è meglio mettersi l’anima in pace».
p.b.

 

 

Via Berchet, i residenti: «Salvate l’unica area verde»
 
SAN GIOVANNI
Gli abitanti di via Berchet, una traversa di via dello Scoglio, chiedono al Comune di non vendere un’area verde della zona, considerata edificabile, che potrebbe essere destinata ad ospitare nuove case, per un totale di 15 appartamenti circa. Alcuni abitanti della strada, a fondo cieco, si sono riuniti in un comitato spontaneo e hanno portato alla luce i disagi che deriverebbero alla via con l’arrivo di nuove famiglie: via Berchet è molto stretta, in alcuni punti non raggiunge nemmeno i tre metri di larghezza, e i residenti sono costretti a decine di manovre per girare la propria auto, per uscire dalla via, o percorrerla interamente in retromarcia.
Nei giorni scorsi il comitato ha inviato una lettera al sindaco, nella quale vengono sottolineati i problemi di viabilità e parcheggio. Nel testo viene evidenziato come il terreno stia per essere venduto all’asta, per distruggere l’area verde ed edificare una palazzina, che aumenterebbe il traffico e il numero di persone che circolerebbero nella viuzza.
«Se l’area sarà venduta la strada soffrirà di una situazione insostenibile – teme Lucia Saponaro –: la via è a fondo cieco, le auto non riescono mai a effettuare un’inversione di marcia, con nuove abitazioni aumenterebbe il traffico. Alcuni punti poi sono molto stretti: anche i mezzi di soccorso fanno difficoltà ad arrivare e se costruiscono nuovi palazzi sarà il caos». «Già con due automobili che arrivano da entrambi i sensi di marcia non si riesce a passare – sottolinea Giacinto Tulliach – non vogliamo nuovi edifici, per la salvaguardia della zona. Nella via concordiamo tutti sul fatto che sarebbe un problema l’arrivo di un palazzo con tanti appartamenti. Inoltre l’area che sarà venduta all’asta è bella, ha circa tremila metri quadrati, e nella via una zona verde serve, è meglio che resti così».
«Se costruissero una nuova casa per ospitare nuove famiglie, peggiorerebbe anche la situazione dei parcheggi – puntualizza Clara Cerini – e questo ostacolerebbe maggiormente le auto che transitano». «Rischiamo di avere una concentrazione di auto nella via tale da bloccare tutto – avverte Maria Magris –. Per uscire in su via dello Scoglio già bisogna andare sempre in retromarcia e spesso risulta pericoloso».
«Peccato per quell’area zona verde, è l’unica della zona – aggiunge Dario Magris – non si dovrebbe costruire ma salvaguardarla. Sul fronte del traffico invece siamo preoccupati, un aumento maggiore di abitanti nella via paralizzerebbe la circolazione. E in caso di emergenza i mezzi di soccorso non arrivano». «Spaventa l’aumento di automobili che deriverebbe – racconta Rita Colmani – i bambini della via giocano spesso sulla strada. Se costruiscono nuovi appartamenti ci sarà davvero troppa confusione. Inoltre la strada è già malmessa, rovinata in più punti, nuove sollecitazioni contribuirebbero a danneggiarla ancora».
La strada è in subbuglio e ci sono anche cittadini, come Mary Treppi, residente nella via, che hanno contattato la redazione del Piccolo per unirsi alla voce del comitato spontaneo.
m. b.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI',  13 febbraio 2007

 

I comuni italiani sono più verdi - crescono le energie "pulite"

A documentarlo è un dossier ( 469KB) presentato da Legambiente - I risultati migliori arrivano da quelli piccoli, in ritardo gli altri

ROMA - Due anni dopo il protocollo di Kyoto, i comuni italiani sono un po' più verdi. La diffusione delle fonti alternative di energie, specie in quelli più piccoli, registra infatti un sensibile incremento.
E' quanto risulta da una mappatura energetica dei territori comunali della penisola, realizzata da Legambiente in occasione del secondo anniversario dell'accordo mondiale sull'ambiente.
Il rapporto è stato presentato all'interno dell'iniziativa "Comuni rinnovabili", che assegna un premio all'amministrazione comunale che ha compiuto lo sforzo maggiore per "ripulire" le proprie fonti di energia. Il riconoscimento viene attribuito valutando i risultati di un questionario inviato agli oltre 8000 comuni italiani, nel quale i municipi hanno indicato quanto abbiano scelto di soddisfare il proprio fabbisogno energetico con pannelli solari o fotovoltaici, centrali idroelettriche, impianti geotermici o di riscaldare le abitazioni bruciando legna.
I dati elaborati da Legambiente dicono che rispetto alla media europea i comuni più grandi fanno segnare un certo ritardo, mentre i risultati più incoraggianti vengono dalle amministrazione con meno di 5000 abitanti.
La palma di Comune "rinnovato al 100%" spetta a Varese Ligure (Sp), seguito da Selva di Val Gardena (Bz), Maratea (Pz), Cirigliano(Mt), Lecce, Napoli, Lagundo (Bz).
Roberto Della Seta, presidente di Legambiente, seppur ottimista, non si dice ancora soddisfatto: "In Italia oggi ci sono tutte le condizioni e le convenienze per investire nelle fonti rinnovabili, anche grazie agli incentivi introdotti dal governo con l'ultima Finanziaria, ma il loro effetto non è automatico". Cosa manca? "Siamo ancora sprovvisti di regole nazionali - avverte Della Seta - e le autorizzazioni agli impianti sono rallentate se non impedite in molte Regioni"."L'Italia deve puntare sulle rinnovabili come politica industriale e energetica - conclude Della Seta - per raggiungere l'obiettivo Ue del 25% d'energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2011".
Ma vediamo in dettaglio come sono distribuite le fonti sul territorio italiano.
Solare termico. Sulle 268 amministrazioni del solare termico in Italia, ben 175 sono piccoli comuni. Fra queste Selva di Val Gardena (Bz) resta la regina indiscussa con la più alta diffusione di pannelli nel territorio italiano: 2.000 mq e una media altissima pari a oltre 792,4 mq ogni mille abitanti. Trai grandi comuni del solare termico la miglior città è Maratea (Pz) con 95 mq ogni mille abitanti.
Solare fotovoltaico. E' lucano, invece, il comune con la maggior diffusione di fotovoltaico in rapporto alla popolazione, utilizzato per l'illuminazione pubblica: Cirigliano (Mt). Il primo grande comune in classifica è Lecce, con 6000kW installati e una media di 64kW ogni 1000 abitanti.
Eolico. I comuni dell'eolico in Italia sono 136, con una potenza installata pari a 2.175 MW e soddisfano il fabbisogno di oltre un milione e 740mila famiglie. Di questi 108 producono più energia di quella che consumano. La diffusione degli impianti eolici in Italia evidenzia comunque forti ritardi rispetto ad altri Paesi europei come la Germania (con oltre 20.622 MW installati), la Spagna (circa 11.615MW), la Danimarca (oltre 3mila MW).
Biomasse. Per questa fonte rimane esemplare il successo di Brunico (BZ). L'impianto da 20 MW che utilizza legno e biomasse locali permette di riscaldare l'80% delle abitazioni della città.
Geotermia. La gran parte della produzione geotermica si concentra in 9 comuni compresi tra le province di Siena, Pisa e Grosseto. Grazie a questi impianti si sono prodotti circa 5.400 GWh nel 2005 pari al fabbisogno elettrico di 1.900.000 famiglie.
Idroelettrico. Dalle centrali idroelettriche proviene il fabbisogno elettrico di oltre 17milioni di famiglie. Continua ad essere il contributo più importante delle rinnovabili alla bilancia energetica (nel 2005 oltre l'84,8% della produzione di energia elettrica da fonti pulite per 42.926 GWh). Tra i piccoli comuni si distingue Piateda (So) con 6,1 MW complessivi mentre tra i grandi il migliore è Pordenone con 3, 395MW.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI',  13 febbraio 2007

 

 

Piano del traffico, da An stop a Dipiazza: «Mai più via Mazzini aperta alle auto»

 

Critiche alle sperimentazioni proposte dal sindaco. Il centrosinistra: sprecati soldi e anni in consulenze

Il sindaco Roberto Dipiazza conferma di fatto l’allungarsi dei tempi per il nuovo piano del traffico ribadendo di volere prima effettuare degli «esperimenti». Per esempio far transitare le auto in via Mazzini dalle Rive in su, fino a farle girare in via Roma e infine in corso Italia, con l’obiettivo di pedonalizzare l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo. Ma ora da An, che già aveva dato segnali di fastidio per i ritardi e la modalità di gestione dell’iter, la replica è pesante. «Le auto in via Mazzini? An voterà contro, da qui all’eternità», attacca la capogruppo Alessia Rosolen: «A prescindere dalla causa Stream, è gravissima l’assoluta mancanza di rispetto nei confronti di chi in quella via abita, e da una decina d’anni ormai subisce disagi notevoli». Lo dice e lo ribadisce, Rosolen, precisando a scanso di equivoci di «non avere parenti residenti in quella via».
Ma i nodi sono molteplici. A partire dal «punto fondamentale», come lo definisce Rosolen: «Il sindaco continua a dire che Grande viabilità e nuove Rive modificano il piano del traffico così come è stato concepito, ma l’ingegner Roberto Camus (estensore del piano stesso, ndr) aveva detto di avere concepito il suo studio considerando Grande viabilità e nuove Rive già attivate». E ancora, in merito alla chiusura di via Canalpiccolo, «per quale motivo - prosegue la capogruppo di An - dovremmo eliminare gli unici due ampi parcheggi centrali per motorini situati in quell’area?» Poi l’affondo finale: «Il piano del traffico non può essere fatto con la sperimentazione quando tutta la viabilità delle Rive, dai semafori alle aiuole, è stata concepita in base alla situazione esistente. E trovo poco serio - chiude Rosolen - pensare che il piano si limiti a corso Italia e che la sperimentazione risolverà i problemi di inquinamento e di viabilità». Una constatazione che spinge Rosolen a dare «ragione» all’opposizione che attacca sul versante dei soldi pubblici spesi finora «inutilmente» per gli studi preliminari e la redazione del documento: perché «se Dipiazza dice in sostanza che quel piano è superato, allora non serviva dare incarichi da quattro anni in qua».
Su questo punto, è il diessino Fabio Omero a parlare: nel periodo 2001-2005, «invece di continuare la realizzazione di quanto previsto dal vecchio piano verificandone i dati e modificandoli in itinere, si è voluti ripartire da zero, con consulenze per centomila euro». Il risultato? Se la legge prevede che il piano venga aggiornato ogni due anni, «di fatto l’amministrazione ne ha ”saltato” uno». E quello futuro «nascerà già vecchio - prosegue Omero - posto che il sindaco lo ha definito ”non più decisivo” per il miglioramento della vivibilità».
Su questo insiste il consigliere comunale dei Cittadini Roberto Decarli, che nella seduta del consiglio comunale di ieri ha indirizzato una domanda di attualità al sindaco per sapere «quanto è stato speso fino a oggi per elaborare il piano che a quanto pare non serve più», chiedendo ancora «perché si è dovuto bloccare il traffico per alcuni giorni se vi è stato un miglioramento della vivibilità come convintamente ha dichiarato il sindaco». Secondo il Cittadino «dopo sei anni di governo questa amministrazione non ha ancora le idee chiare su aspetti che pure sono importanti per la vita quotidiana della città, mentre i problemi - che sono quelli di sempre - andrebbero finalmente affrontati e non continuamente posposti».
Del resto, gli stessi capigruppo di maggioranza hanno firmato un emendamento al bilancio del Comune, poi fatto proprio dalla giunta, che prevede che entro «la prima metà dell’anno» sia redatto il testo definitivo del piano del traffico da portare in consiglio comunale. «L’obiettivo - spiega il capogruppo di Forza Italia Piero Camber - era quello di vedere reso noto il piano così da parlarne non più per spot, ma in una visione generale: il primo cittadino compia il suo cammino, ma non lo faccia da solo». Detto questo, Camber però si schiera con Dipiazza: «Il sindaco ha la passione per gli assaggi e ora vuole ”assaggiare” il nodo di piazza della Borsa. È una tecnica rischiosa, ma è anche la più concreta. Non mi spiace l’idea di andare avanti per prove, perché solo così riusciamo a capire quali siano i reali carichi di traffico da gestire».
Ma il capogruppo della Margherita, Sergio Lupieri, continua a parlare di «interventi a spot ai quali Dipiazza ci ha abituati, che non tengono conto di una programmazione condivisa - visto che il piano sinora non è stato presentato alle parti sociali - ma partono da considerazioni sue personali e dei suoi uffici. E mi sembra anche grave - chiude Lupieri - che sul piano non sia stato neanche ascoltato il presidente dell’Autorità portuale, che pure ha dichiarato di attendere la presentazione del documento anche in relazione alle ipotesi di sviluppo dei traffici alla Stazione marittima».

Paola Bolis

 

 

Torna Rubbia, l’energia solare è la sua sfida - Collaborerà con il governo
 
ROMA Licenziato da «El valvola», dall’estate del 2005 costretto all’esilio spagnolo, ora un cervello ritorna in Italia dopo la fuga. Il premio Nobel goriziano Carlo Rubbia, cacciato dalla presidenza dell’Enea dopo aver criticato il governo Berlusconi per i tagli alla ricerca, ha accettato di diventare consulente del ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, e legherà il suo nome ai progetti di rilancio delle nuove tecnologie nel settore delle energie rinnovabili. Per Rubbia, insignito del Nobel per la Fisica nel 1984, è un ritorno trionfale in Italia dopo esere stato definito «un somaro» e un «sonoro incompetente» da un ex senatore della Lega poi nominato dal governo Berlusconi vice commissario dell’Enea: appunto quel Claudio Regis, di professione elettricista, più conosciuto come «el valvola».
Per il governo si tratta di un ritorno di immagine, per il premio Nobel una grande soddisfazione, per l’Italia la possibilità di esplorare con competenza le opportunità da scandagliare alla ricerca di energia pulita. «Vogliamo puntare decisamente sull’energia solare - ha ribadito Pecoraro Scanio - bisogna ripulire l’ambiente, salvare il clima del mondo, ma soprattutto dare all’Italia energia pulita, rinnovabile e disponibile». E Rubbia, che era stato nominato presidente dell’Enea dal governo D’Alema, stringendo la mano al ministro dopo un’ora e mezzo di colloquio, ha cominciato a delineare le cose che vuole fare: «Non va dimenticato che l’Italia è un Paese che ha una grande risorsa nel sole e il sole è qualcosa che dobbiamo poter utilizzare. È l’unica forma di energia indigena che noi abbiamo e quindi è giusto sviluppare una tecnologia di avanguardia». A marzo Rubbia presenterà la sua proposta organica che sarà girata subito agli imprenditori per investimenti.
Vindice Lecis

 

 

Brindisi, l’ex sindaco fra i 5 arrestati per il rigassificatore
 
L’accusa è una presunta tangente di 360 milioni di lire nel 2000-2001 per far ottenere le autorizzazioni alla costruzione dell’impianto
Dieci rate da 30 milioni ciascuna più Iva: fu pagata così - tra settembre 2000 e giugno 2001 - la presunta tangente di 360 milioni di lire per far ottenere alla British Gas Italia le autorizzazioni per la costruzione dell'impianto di rigassificazione di Brindisi, che ha un valore di 800 milioni di euro e che nè il governo regionale di centrosinistra nè Comune e Provincia vogliono più. Ne è sicura la magistratura brindisina che ieri mattina ha fatto arrestare tre top manager della BG Italia - l'attuale presidente Franco Fassio l'ex presidente Yvonne Olwen Barton, e l'ex ad Fabio Fontana - l'ex sindaco di Brindisi, Giovanni Antonino, al suo terzo arresto in tre anni e mezzo, e l'imprenditore brindisino Luca Scagliarini. I cinque (Barton e Fontana sono ai domiciliari per 30 giorni, gli altri in carcere) sono accusati di concorso in corruzione. Oltre ad eseguire gli arresti, polizia a guardia di finanza hanno sequestrato l'area su cui sono in corso i lavori di costruzione dell'impianto e hanno acquisito documenti nei ministeri dell'Ambiente e delle Attività produttive. Secondo l'accusa, la mazzetta transitò nella società amministrata da Scagliarini «Iss International shipping service energy srl» sotto forma di contratto di consulenza. In sostanza - sostiene la Procura - la società fu utilizzata come collettore della tangente.
«Io non commento le iniziative giudiziarie soprattutto quando non conosco gli atti» ha detto il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. «Devo dire, però - ha aggiunto - che gli sviluppi clamorosi dimostrano la lungimiranza che la Regione, la Provincia e il Comune di Brindisi hanno avuto nel chiedere ostinatamente che ci fosse una validazione scientifica e una validazione democratica prima di consentire che un'opera industriale ad alto rischio potesse avere cittadinanza».
«La scelta di quella localizzazione e il percorso seguito nell'organizzazione dei lavori sono sempre stati sospetti» osserva Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, commentando così il sequestro dell'area di Capobianco, a Brindisi, e i cinque arresti compiuti. «Legambiente - continua - è stata contraria sin dall'inizio alla scelta di quell'area per il rigassificatore. Il progetto è pericoloso per l'incolumità dei cittadini; l'impatto del petrolchimico è già abbastanza pesante».

 

 

Il metano presto nelle case di Fiume  - Sarà pronta ad aprile la centrale di distribuzione del gas estratto in mare al largo di Pola

 

La prima e la più grande delle stazioni di trasformazione alle spalle del capoluogo quarnerino costerà oltre 1,2 milioni di euro

Metano in arrivo nel capoluogo del Quarnero. Nei giorni scorsi sono cominciati i lavori di costruzione della stazione di riduzione di Marcelji, alle spalle di Fiume, che permetterà la distribuzione del metano alle utenze di Fiume e dei suoi immediati dintorni.
Il metano, come noto, sarà erogato dal gasdotto Pola – Karlovac (inaugurato pochi mesi fa), che a sua volta sfrutta il gas estratto dai giacimenti sottomarini in Adriatico, al largo della città dell’ Arena.
L’impianto di Marcelji, che arriverà ad erogare fino a 100 mila metri cubi di gas all’ora, comporterà un investimento pari a 8,8 milioni di kune, circa un milione e 200 mila euro, e sarà pronto entro aprile, mentre l’inizio della distribuzione del metano è prevista al più tardi in luglio o agosto.
Alla municipalizzata Energo definiscono la metanizzazione come «l’avvenimento energetico del secolo» per la città in riva al Quarnero, che negli anni scorsi si è dotata di un moderno gasdotto. La costruzione si è conclusa poche settimane fa, con la nuova e moderna infrastruttura andata a sostituire una rete inaugurata un’ottantina di anni fa e tramite cui veniva erogato il cosiddetto gas cittadino che, secondo gli esperti, non ha un’alta qualità ed è ecologicamente inaffidabile. Attualmente la rete distribuisce gas miscelato, senz’altro migliore rispetto al precedente, ma di qualità inferiore nei confronti del metano in arrivo.
Il nuovo gasdotto fiumano dunque: il progetto, realizzato in quattro anni tra numerose polemiche e difficoltà (relative soprattutto ai disagi creati al traffico stradale), ha visto la posa di ben 136 chilometri di tubature, per una spesa che ha toccato i 101 milioni di kune, sui 13 milioni e 800 mila euro. Ma non è finita. Probabilmente nel 2008 comincerà la posa del nuovo gasdotto nei popolosi abitati di Drenova e Pehlin, alla periferia di Fiume. A Drenova saranno approntati sette chilometri di rete, con i relativi allacciamenti alle utenze a domicilio, mentre a Pehlin la nuova infrastruttura avrà una lunghezza di diciannove chilometri. Torniamo per un attimo alla metanizzazione a Fiume.
In un primo momento si era pensato alla sostituzione del gas miscelato con quello naturale prima dell’inizio della stagione del riscaldamento, ovvero in novembre, ma i tempi tecnici si sono allungati per motivi vari, costringendo la Energo a rinviare l’operazione all’estate 2007. Infatti, il cambio di guardia tra i due gas implica la chiusura temporanea della rete (impensabile durante i mesi freddi) e inoltre in luglio e agosto molti fiumani saranno assenti da casa per le vacanze.
Ricordiamo inoltre che le utenze domestiche del gas a Fiume sono circa 16 mila e che già 11 delle 20 centrali per il riscaldamento centralizzato (9 mila gli utenti in città) sono pronte per il metano. Questi sarà inoltre in uso nei principali impianti industriali a Fiume, tra cui il cantiere navale Tre Maggio e la raffineria dell’Ina in Mlaka.
Andrea Marsanich

 

Pola dice no al referendum sulla fabbrica di lana di roccia
«Non ci sarà il referendum contro la fabbrica di lana di roccia a Pedena poiché la questione non rientra nelle competenze della regione». Lo ha dichiarato ieri ai giornalisti il presidente dell' Assemblea regionale Anton Perusko. E ha aggiunto che la danese Rockwool (la ditta danese investitrice ) ha tutti i documenti in regola per la costruzione dell' impianto, per cui i lavori vanno avanti. Ha poi comuque dichiarato che non si può ignorare l'opinione di 6.500 cittadini che hanno firmato la petizione pro-referendum. «Quello che si può e che si deve fare per la tutela dell' ambiente - ha precisato - é aumentare il monitoraggio antiinquinamento della futura fabbrica. Cambiando tema Perusko ha espresso grande rammarico per il fatto che il ministero dei Trasporti, comunicazioni e sviluppo abbia soppresso per motivi finanziari la linea navale Pola-Lussinpiccolo-Zara. Per Perusko e' inamissibile che lo stato non sia in grado di dare 400 mila euro per il sovvenzionamento della linea.

 

 

Pista ciclabile: ecco il lavori

In merito alle segnalazioni apparse l’8 febbraio l’Amministrazione provinciale intende precisare quanto segue.
È in corso di esecuzione il lotto di completamento della pista ciclo-pedonale che al momento della consegna dei lavori presentava alcuni problemi derivanti dagli atti di affitto e di compravendita che la Società Metropolis aveva stipulato con soggetti presenti in sito. In particolare uno derivante dall’attraversamento in località Burlo dell’ex sedime della ferrovia ora di proprietà dell’ospedale infantile medesimo, il secondo dal permanere di un deposito in località Campanelle, il terzo da un deposito di materiali edili sempre in località Campanelle.
L’Amministrazione provinciale si è mossa fin dal suo insediamento per risolvere gli impedimenti sopra ricordati e in questo momento la situazione è la seguente: per quanto riguarda l’attraversamento in località Burlo sono avviati i provvedimenti amministrativi di concerto con l’Istituto ospedaliero per risolvere nell’interesse di entrambi gli Enti la realizzazione del percorso ciclo-pedonale e degli spazi a servizio dell’ospedale. Per quanto attiene al secondo punto si stanno attivando i provvedimenti affinché torni nelle disponibilità dell’Ente il sedime occupato senza alcun titolo dal Gestore del deposito giudiziario. Per quanto attiene il terzo punto si è trovata adeguata soluzione concedendo un sito alternativo al titolare del deposito di materiali edili, oggi in corso di trasferimento.
Se è vero che più volte sono state fissate delle date per la fine dei lavori, a oggi si ritiene che, una volta concluse le procedure sopra evidenziate, delle quali quella relativa al deposito di mezzi da rottamare è ancora in fase di discussione, questi potranno definitivamente avviarsi a completamento e comunque partiranno nei prossimi mesi.
Si segnala doverosamente che la fruizione attuale dei tratti tra il rione di San Giacomo e San Giuseppe della Chiusa, essendo area di cantiere, è a rischio e pericolo dei fruitori e che l’impianto di illuminazione predisposto nella galleria tra Altura e San Giuseppe della Chiuse non è attivato in quanto i lavori stessi non sono conclusi.
In merito alla presunta cementificazione si ricorda che prima dell’approvazione del progetto le associazioni ambientaliste sono state coinvolte e con le stesse è stato sottoscritto un accordo che confermava la tipologia progettuale adottata e gli accorgimenti da osservare nella realizzazione della pista nelle zone a grande valenza ambientale (vedasi Val Rosandra). Si è ritenuto sempre che il tratto da San Giacomo ad Altura per la sua opportunità di mobilità alternativa dovesse consentire l’accessibilità non solo ai ciclisti e pedoni ma a tutti coloro i quali volessero utilizzare tale spazio recuperato per attività connesse al tempo libero. In tal senso quindi le caratteristiche di progetto in questo tratto contemplano una diversificazione della pavimentazione in due porzioni, eventualmente suddivise da aiuola, di cui una pavimentata con asfalto rosso e una con betonelle in modo da separare i flussi a velocità diversa e rendere la percorrenza pedonale in sede più protetta.
Mauro Tommasini - assessore provinciale ai Lavori pubblici

 

Rigassificatori: una sciagura
È incredibile che dopo la chiara volontà espressa dai cittadini e da vari esponenti politici contro l’insediamento di due rigassificatori nel nostro Golfo, la giunta Illy si adopera per la distruzione dello stesso e per affossare la ripresa economica della nostra città.
Trieste ha già sacrificato e sventrato parte del nostro bellissimo Carso a favore dell’oleodotto e che cosa ne abbiamo ricavato? Solo inquinamento dell’altipiano, marino e una costante puzza di idrocarburi che permane nell’aria di via Flavia, Servola e Valmaura, che fa ogni tanto comparsa in città creando allarmismi.
Adesso ci si propone di fare scempio del nostro mare, distruggendo completamente i fondali per la realizzazione di un primo rigassificatore in pieno centro abitato e di un secondo proprio nel bel mezzo del golfo.
Credo che qualsiasi persona di buon senso si renda conto che nel nostro contesto marino ciò non sia realizzabile. Si pensi a una fonte costante di raffreddamento dell’acqua marina (il gas arriva alla temperatura di -160° circa) che permane nel golfo, non per un giorno, né per una settimana: che impatto può causare? È prevedibile che nel giro di pochi mesi l’acqua del nostro Golfo, che ha in media una profondità di 20 m ed è priva di correnti, non essendo mare aperto, si raffredderà notevolmente e diventerà clorata: con quali conseguenze? Si possono ipotizzare gravi danni al parco ittico di Miramare e al parco ittico faunistico dell’isola della Cona, danni ambientali e turistici alla laguna di Grado e, gradualmente, alla vicina Lignano e, come ciliegina sulla torta, scatterebbe doveroso il divieto di bagno sulla riviera barcolana. Dal punto di vista economico, pescatori disoccupati, ittioturismi sul lastrico e a picco anche altre attività commerciali connesse alla presenza di bagnanti a Barcola. Danni alle canottiere, alle società veliche, alla marina di S. Rocco. Addio Barcolana, non si potrà mica far gareggiare la marea di imbarcazioni fra i pontili dei rigassificatori? E tutto questo per soddisfare gli interessi di multinazionali estere, giocando al rialzo a tavolino sulla pelle della gente. Quindi è chiaro che anche con le migliori garanzie da parte delle ditte interessate, tali progetti sono improponibili. Infatti le stesse non saranno mai in grado di fornirci una sicurezza totale (il rischio zero non esiste), gli imprevisti sono sempre in agguato, per esempio anche un banco di nebbia fitta può provocare un disastro.
Licia Micheli

 

Magazzino vini: il no è unanime
Che cartolina mandiamo agli amici che vivono altrove? Scegliamo San Giusto? Di chiese romaniche l’Italia è piena. Forse Miramare? È un’immagine abusata e forse, da quando viene inserita in una palla di vetro come souvenir, è diventata un po’ kitsch. Che cosa resta?
Le Rive, che sfoggiano un lungomare godibile da chiunque e che, sia viste dell’alto sia dal mare, fanno sempre la loro figura. La loro particolare bellezza è diventata tanto più apprezzabile dopo l’abbattimento della colossale piscina Bianchi, eppure un altro corpo estraneo rischia di materializzarsi interrompendo l’unitarietà della linea prospettica appena creata. Sull’effetto prodotto dal Palacongressi al posto del Magazzino vini il parere dei cittadini, già espresso su questo giornale, sembra unanime.
E persino nel corso della mozione presentata alla IV Circoscrizione su questo argomento tutti i partiti, fatto più unico che raro, si sono dichiarati concordi nel deplorare una nuova costruzione sulle Rive.
A questo punto mi chiedo: possibile che un Ente benemerito come la Fondazione CrT non esiti a cancellare con un colpo di spugna la più bella cartolina di Trieste?
Maria Simona Tartarelli

 

 

 

 

 

 

ufficio stampa di LEGAMBIENTE - LUNEDI',  12 febbraio 2007

 

BLITZ DI LEGAMBIENTE  DA CIVITAVECCHIA A ROSSANO CALABRO, DA MILAZZO A PORTO TORRES PER DIRE NO AL CARBONE

 

leggi i comunicati di Legambiente nella sezione DOCUMENTI

 

 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI',  12 febbraio 2007

 

Brindisi, scandalo rigassificatore: arrestato l'ex sindaco per corruzione

 

Provvedimento anche per un imprenditore e tre manager della British Gas Acquisiti documenti nei ministeri delle Attività produttive e dell'Ambiente. Decine le perquisizioni

Sigilli al rigassificatore di Brindisi. La magistratura ha ordinato l'arresto dell'ex sindaco di centrosinista Giovanni Antonino, primo cittadino di Brindisi sino all'ottobre del 2003. Insieme a lui sono finiti in carcere l'imprenditore Luca Scagliarini e tre dirigenti della British Gas, Fabio Fassio, Fabio Fontana e Yvonne Barton. Sono sospettati di corruzione. La Guardia di finanza ha acquisito documenti presso i ministeri delle Attività produttive e dell'Ambiente a Roma, e decine di perquisizioni sono state ordinate nella capitale, a Brindisi e in altre città della penisola. L'area di Capobianco antistante il porto di Brindisi sulla quale sorge il cantiere del rigassificatore è stata sequestrata.
E' la terza volta che l'ex sindaco Giovanni Antonino varca la soglia del carcere: è stato alla guida del Comune di Brindisi dal 1997 al 2003, prima a capo di una coalizione di centrodestra, poi, dopo un ribaltone, di una giunta di centrosinistra. Il primo arresto fu nell'ottobre del 2003 per corruzione e concussione. Seguirono altri provvedimenti giudiziari e sempre per presunta corruzione. Esperienze che l'ex sindaco descrisse tre anni fa in un libro, "Il peggiore di tutti".
Il rigassificatore di Brindisi è uno dei due impianti in costruzione in Italia capaci di riportare allo stato gassoso il metano che giunge in porto sotto forma di liquido a bordo delle gasiere. Per i più, il rigassificatore è l'unica soluzione per sganciare l'Italia dal vincolo dell'importazione di metano attraverso i gasodotti. L'altro rigassificatore è in costruzione in Veneto, nel Rodigino, davanti alle coste del Polesine e dovrebbe entrare in funzione il prossimo anno. L'impianto di Brindisi avrebbe dovuto essere inaugurato nel 2009.
Quella del rigassificatore pugliese è una storia controversa. Di fronte ai duri 'no' pronunciati ripetutamente dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola di Rifondazione, spalleggiato dalle opposizioni della comunità locale, altri esponenti del governo Prodi hanno spesso affermato, anche di recente, la propria diversa opinione. Tra le proteste, i lavori della Brindisi Lng (società della British Gas) sono iniziati a novembre. Due mesi dopo, però, la Regione Puglia aveva ottennuto la sospensione temporanea dei lavori sostenendo che le opere di colmata compiute dalla Brindisi Lng avevano inquinato le acque di falda.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI',  12 febbraio 2007

 

Piano del traffico, si allungano i tempi Dipiazza: «Prima alcuni esperimenti»

 

La bozza era attesa in giunta per gennaio ma adesso sembra destinata a slittare a primavera inoltrata

CHIUSURE - Se vogliamo arrivare a fermare le auto in piazza della Borsa dovremo testare le possibili soluzioni

Slittano ancora i tempi per la presentazione del nuovo Piano del traffico del Comune: prima di far arrivare in giunta la bozza definitiva - dov’è attesa già dallo scorso gennaio -, il sindaco Roberto Dipiazza ha annunciato l’intenzione di fare alcuni «esperimenti» per individuare la soluzione migliore per la viabilità cittadina. La sperimentazione, però, non potrà partire prima di marzo, quando è atteso l’esito del contenzioso aperto con l’Ansaldo per Stream. Perché si arrivi alla discussione della bozza Camus in Comune, pronta già dall’inizio del 2005, bisognerà quindi aspettare almeno primavera inoltrata, con buona pace di consiglieri e assessori di maggioranza e opposizione che da tempo chiedono di poter conoscere il documento e di discuterne nelle sedi adeguate. Nonostante le pressioni bypartisan, però, il sindaco non sembra avere alcuna fretta, soprattutto alla luce delle recenti riqualificazioni delle Rive e di Largo Barriera, che avrebbero portato «cambiamenti radicali al traffico cittadino».
I CAMBIAMENTI «Oggi il Piano del traffico non è più decisivo per il miglioramento della vivibilità in città - spiega Dipiazza - con le Rive e Largo Barriera rimesse a nuovo ora la situazione è totalmente cambiata. Il traffico sulle Rive non esiste più: basta pensare che una volta la gente impiegava 20 minuti per arrivare da Gretta in Campo Marzio. Ora, invece, ne bastano sei. Certo, il nuovo Piano è necessario per il cambiamento di alcune piazze e zone cittadine, ma gli assi principali della viabilità sono già a posto con gli interventi fatti».
GLI ESPERIMENTI Nessuna fretta, dunque. Anzi, prima di presentare il Piano alla giunta c’è tutto il tempo di provare soluzioni che, se funzioneranno, porteranno alla chiusura della maggior parte del centro storico alle auto. L’idea, già ventilata tempo fa dallo stesso Dipiazza, è quella di aprire al traffico normale l’ultimo tratto di via Mazzini, dalle Rive a via Roma e poi, dopo la svolta sull’arteria centrale, eliminare il semaforo tra via Roma e il corso Italia Italia, a quel punto pleonastico con la chiusura al traffico di via Canalpiccolo e di via Cassa di Risparmio. «Se vogliamo arrivare alla chiusura di piazza della Borsa e del Tommaseo - continua il primo cittadino - è necessario fare questi tentativi: prima di fare qualcosa sbagliato è giusto provare. Se tutto andrà bene, poi, sarà necessario coinvolgere la Trieste Trasporti per rivedere il percorso dei mezzi pubblici, che non è cosa da poco. Ci vuole tempo».
LE RIVE Se il sindaco parla di viabilità perfetta delle Rive, a proporre una modifica sul lungomare triestino è l’assessore Maurizio Bucci: «Le nuove Rive stanno andando bene - precisa - ma stiamo valutando l’ipotesi di inserire un eventuale accesso alla Pescheria per chi proviene da Campo Marzio. Ora, infatti, la gente è costretta a raggiungere la Stazione Marittima per poi tornare indietro. Abbiamo ricevuto diverse richieste e l’idea è quella di creare un accesso all’altezza di piazza Venezia».
LE NAVI Ad attendere una risposta in tempi rapidi sul Piano del traffico non sono solo giunta e Comune: la nuova bozza, infatti, sarà determinante anche per lo sviluppo del traffico marittimo. A sottolinearlo è stato il presidente dell’Autorità Portuale Claudio Boniciolli: parlando dell’ampliamento della Stazione Marittima e di come le vetture dei passeggeri dei traghetti andranno a intasare le Rive, Boniciolli aveva affermato di «aspettare che venga finalmente reso pubblico il Piano del traffico per ipotizzare una soluzione, perché dovranno venir presi in considerazione aumenti di flussi di traffico in quest’area in occasione di arrivi, ancor più se ravvicinati nel tempo, di navi di qualsiasi tipo».
I PARCHEGGI Strettamente legato al Piano del traffico è anche quello dei parcheggi - 6 mila posti auto, perlopiù interrati sotto le piazze -, già stilato e definito nei minimi dettagli dal Comune. I due percorsi, infatti, sono complementari l’uno all’altro. «Ora è in mano alla Regione - spiega Maurizio Bucci - non appena verrà approvato lo porterò immediatamente in giunta. Spero che i tempi non siano gli stessi della riqualificazione del Silos: lì il via libera è arrivato dopo tre anni. Ogni volta che la Regione ci chiede di approvare qualcosa ci viene sempre imposto il tempo massimo di trenta giorni. Spero che loro siano altrettanto veloci».

Elisa Lenarduzzi

 

 

Bersani: «Energia dai campi» - Il ministro annuncia una «lenzuolata verde». Sconti fiscali sul biodiesel
 
CREMONA L'energia può arrivare dai campi. E, nel caso dei biodiesel, può anche ottenere uno sconto fiscale sulle accise, senza contestazioni da parte dell'Europa. Una nuova lenzuolata di provvedimenti da parte del ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, è in arrivo. Questa volta sarà una «lenzuolata verde». Punterà a riformare il comparto dell'energia. Da un lato premierà risparmio ed efficienza, dall'altro favorirà la bioenergia che «ci consente di non dipendere da un unico fornitore e di risolvere il problema della conversione di alcune colture agricole».
Il messaggio viene lanciato dal ministro nel corso della rassegna «Vegetalia» alla Fiera di Cremona, città votata a diventare sede del nuovo «Distretto della agroenergia». È infatti il nodo degli insediamenti il primo ostacolo da rimuovere, secondo Bersani, per adeguare l'Italia al passo dell'Europa che, in termini di bioenergie e più in generale di energie da fonti rinnovabili e quindi anche dalla produzione agricola, si è data l'obiettivo di raggiungere entro il 2012 il 20% di produzione di energia da fonti rinnovabili. Sui certificati verdi, per il risparmio energetico, e su quelli verdi, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la provincia verde della Lombardia si trova impegnata in prima linea. Lo dimostrano gli impianti esposti in Fiera, funzionanti a biogas dalla produzione di biocombustibili, il biodiesel ricavato dalla colza e dai cereali e il bioetanolo, surrogato verde della benzina.
La riforma del settore energetico arriverà nel giro di una settimana dieci giorni. Fa perno - ha spiegato il ministro - su un «rafforzamento dei certificati bianchi e dei certificati verdi», degli incentivi riconosciuti all' energia verde. «Lavoriamo - ha spiegato Bersani - per utilizzare al massimo i certificati verdi, che sono uno strumento che intendiamo ripulire immaginando nel futuro una certa differenziazione a seconda delle famiglie di fonti energetiche» per «stare dietro al diverso andamento delle tecnologie e dei costi».

 

 

Croazia: allarme ecologico: carcasse d’auto in mare e nei fiumi  - Zagabria stabilisce i punti di raccolta
 
FIUME Le trovi dappertutto, nei parcheggi, nelle piazze, sui marciapiedi, nelle discariche abusive e poi sui fondali marini, lacustri e dei fiumi, nei boschi e sui prati. Le carcasse d’auto abbandonate sono numerosissime in Croazia, Paese che in questi ultimi anni ha assistito al boom delle vendite di vetture nuove. Con il risultato che quelle vecchie e inservibili hanno usurpato (e abbruttito) una fetta dello spazio umano, al punto che le autorità croate hanno emesso di recente un vero e proprio decalogo per la raccolta dei veicoli a motore da rottamare, entrato in vigore il primo febbraio. Sono sedici le città in Croazia, tra cui Fiume e Pola, dove si trovano i centri di recupero e vendita.
Finora sono state consegnate circa 200 «carampane», come la gente scherzosamente chiama le vecchie vetture. Un risultato definito soddisfacente dalle autorità competenti ma che va comunque migliorato. È previsto anche un piccolo incentivo: si tratta di 40 lipe per chilogrammo se la consegna avviene da parte dello stesso titolare della macchina, tariffa che scende a 10 lipe se la carcassa giunge nella sua «ultima dimora» a carico dei proprietari dei centri di raccolta.
Tenendo conto che un’auto pesa in media da 700 a 800 chili, il suo titolare arriva ad intascare da 280 a 320 kune, ossia da 38 a 44 euro. Se il trasporto non avviene a spese proprie, si intasca invece una cifra quattro volte inferiore.
Ci sono però delle regole da rispettare: il proprietario del veicolo deve esibire il libretto di circolazione, in cui è precisato il peso del mezzo, e inoltre quest’ultimo deve essere assolutamente dotato di carrozzeria, motore, ruote, pneumatici e accumulatore. In caso contrario, niente compravendita della carcassa.
Ai proprietari dei centri di raccolta il denaro viene restituito dal Fondo croato per la salvaguardia ambientale. A sua volta le casse del citato fondo vengono, per così dire, riempite dalla cosiddetta tassa ecologica che dal primo gennaio viene pagata dagli importatori di automobili in Croazia. Chi importa ha l’obbligo di versare al fondo un indennizzo di 85 lipe (12 centesimi di euro) per ogni autovettura nuova messa in vendita.
a.m.

 

 

Rigassificatori sicuri
 
Come la stragrande maggioranza di triestini sa si sta discutendo ormai da vari mesi in tutte le le sedi istituzionali e non sulla richiesta da parte di due operatori di installare e operare due rigassificatori nel Golfo di Trieste. Sarà responsabilità delle istituzioni decidere se queste richieste siano accettabili e valutare quali siano i costi e i benefici per la città e per l’area del Golfo. Qui però desidero illustrare la mia specifica esperienza nel campo del gas. Ho lavorato per 17 anni nel maggior terminal petrolifero dell’Angola e mentre la produzione e l’esportazione del petrolio erano lo scopo principale dell’operazione la produzione, la liquefazione di gas e la sua esportazione erano parte integrante di essa. Il gas prodotto veniva raccolto per lo stoccaggio e la liquefazione a bordo di una nave deposito ormeggiata a una boa ancora a 10 miglia dalla costa. La nave gassiera deposito era stata opportunamente modificata con l’installazione di un impianto addizionale di raffreddamento capace di liquefare il gas ricevuto dai campi di produzione in modo che questo potesse essere esportato a bordo di navi gassiere che venivano ormeggiate a fianco della nave deposito (simile a quello che Endesa in modo inverso sta proponendo per il nostro Golfo).
L’operazione del gas nel terminale iniziò nel lontano 1983 e come detto io ne ho avuto esperienza diretta per 17 anni e dodici dei quali come superintendente alle Operazioni marittime (Marine operation superintendent) responsabile tra le altre cose dell’ormeggio, disormeggio, caricazione di tutte le navi petrolifere e gassiere che operavano nell’area del terminal. Statisticamente parliamo di 150 petroliere all’anno mentre le navi gassiere sono state circa 400 nell’arco di 20 anni. In vent’anni di operazioni di navi gassiere non si è verificato alcun incidente di qualsiasi tipo in qualsiasi fase del processo (produzione, stoccaggio, liquefazione, ormeggio e trasferimento del prodotto sulle navi gassiere esportatrici, ecc.) e questo in un campo petrolifero offshore densamente trafficato non solo da navi petroliere e gassiere ma anche da tutte le navi di supporto (incluse navi portacontainers) alla esplorazione, produzione ed esportazione del maggior campo petrolifero dell’Angola.
Sergio Redivo  - capitano superiore di lungo corso

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA,  11 febbraio 2007

 

Risparmio energetico, sconti Irpef fino al 55% - Allo studio agevolazioni per chi installerà pannelli solari e caldaie ecologiche. Incentivi anche per le auto a Gpl

 

Il provvedimento del ministro per le Attività produttive Bersani dovrebbe premiare a marzo i cittadini più disciplinati e attenti a ridurre sprechi

ROMA Risparmio energetico e finalmente meno tasse per i cittadini disciplinati. Questi sono gli obiettivi dei provvedimenti che il ministro per lo Sviluppo Pierluigi Bersani ha nel cassetto. E che, dice, dovrebbe tirar fuori a marzo. Il consumo energetico dovrebbe calare con due tipi di provvedimenti. Da una parte i decreti attuativi della legge Finanziaria, dall’altra gli incentivi nuovi per promuovere l’uso di fonti alternative. Il tutto, finalmente dovrebbe non scontentare nessuno, a parte forse gli addetti alle casse dello stato che dovrebbero avere meno incassi.
Il provvedimento più popolare sarà lo sconto del 55 per cento sull’Irpef per i privati e i condomini che realizzeranno riqualificazione energetica con l’installazione di impianti fissi, pannelli solari, sostituzione di caldaie, sistemi alternativi per l’acqua calda. Più quindi dello sconto per la ristrutturazione delle case. C’è da dire che patrimonialmente un appartamento che adotta fonti alternative di energia varrà di più di un altro della stessa dimensione che «spreca» energia.
Incentivi aumentati, e forse per tutto l’anno, per gli automobilisti che cambieranno l’impianto dell’auto dalla benzina al GpL. Già oggi i Comuni rimborsano una parte delle spese di installazione. Nel futuro questa sarà una misura che verrà ampliata. Ieri Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell’Ambiente, ha invitato la Fiat a mettere in produzione e in listino per il 2012, l’auto a idrogeno, visto che la casa torinese ha perso per ora la sfida sull’auto non inquinante.
Nel 2011, secondo le indicazioni della Ue, il 25 per cento dei nostri consumi deve dipendere da fonti rinnovabili di energia. Quindi il ministro intende agire in due direzioni.
Incentivi alle aziende che costruiranno pannelli solari o energia eolica, perchè aumenterà il consumo e noi rischiamo di dipendere dall’estero, non avendo una produzione adeguata. E, in secondo luogo, aumento della quota di energia che le aziende devono prevedere ogni anno come rinnovamento della propria rete elettrica. Il governo ha l’obiettivo di arrivare a 2000 megawatt installati entro il 2015. Dal 2002 ogni anno le aziende dovevano risparmiare il 2 per cento di energia. Dal 2004 in poi la quota è scesa allo 0,35, ma ora il ministro ha intenzione di farla salire di nuovo perchè altrimenti non sarà mai centrato l’obiettivo imposto dalla Ue.
L’authority per l’energia acquisterà più potere e avrà a disposizione due certificati, uno verde e uno bianco per la verifica del consumo energetico. Elargirà quello verde se l’azienda realizzerà l’obiettivo di risparmio fissato entro l’anno. Il certificato bianco invece sancirà il risparmio di energia oltre la quota fissata che dividerà i buoni dagli spreconi. Per i buoni, stiamo parlando di aziende, per il 2007 è già stato stanziato un monte premi di 62 milioni di euro. Finora, fanno sapere al ministero, dal 2005 a oggi sono state evitate 1.360.000 tonnellate di emissioni di anidride carbonica. Un buon avvio.
«I provvedimenti sull’ambiente siamo stati noi a farli inserire nella finanziaria» ribattono al ministero dell’Ambiente rivendicando la paternità delle nuove norme. «Stavolta si può sperare che il provvedimento di Bersani non sia sotto il tiro incrociato delle categorie, visto che va in una direzione condivisa da tutti» ribatte Alfonso Gianni sottosegretario di Bersani.
Antonella Fantò

 

 

Ferrara attacca Bucci: «Inutile l’auto collettiva» - L’ex assessore contro quello attuale

 

Una bocciatura secca. Il car pooling, cioè «l’auto di gruppo», il meccanismo che permette di circolare con qualsiasi automobile, purché a bordo ci siano almeno tre persone, proposto dall’assessore Maurizio Bucci, è oggetto di aspre critiche. Molte di esse arrivano dalla stessa coalizione di centrodestra, della quale l’assessore comunale è espressione. «Esprimo forte perplessità – afferma Maurizio Ferrara, capogruppo della lista Dipiazza in consiglio comunale ed ex assessore all’ambiente – perché, con un provvedimento di questo tipo, Bucci permette a qualsiasi vettura, anche la più vecchia e sgangherata, perciò in grado di produrre un’ elevata quantità di gas di scarico, di circolare anche quando scattano i divieti. Le conseguenze sono evidenti a tutti. Se questo è l’inizio forse è meglio che il piano del traffico, al quale Bucci sta lavorando, rimanga nel cassetto, perché potrebbe provocare danni».
L’ex assessore accusa Bucci di essere «superficiale» nell’analisi dei problemi del traffico», ed esorta il consiglio comunale «ad approvare la mozione che presenterò domani, con la quale si apportano sostanziali modifiche al documento di Bucci». Ferrara definisce il provvedimento dell’auto collettiva una soluzione «preliminare ai problemi del traffico, non certo il toccasana».
Sulla stessa linea si schiera anche Sergio Tremul, portavoce del Coped–Camminatrieste, organizzazione che da anni si batte per i diritti dei pedoni. «È inutile proporre il car pooling – spiega - se questo provvedimento non è inserito in un più ampio contesto di soluzioni finalizzate alla riduzione del traffico privato. Solo un piano generale del traffico che prenda seriamente in esame l’argomento potrebbe trovare la nostra adesione. Inoltre a Trieste ci sono troppi mezzi a due ruote, che inquinano anch’essi e sono oramai entrati nelle abitudini dei triestini».
Anche per Alessia Rosolen, capogruppo di Alleanza nazionale in consiglio comunale, il car pooling è una «finta soluzione. Serve un provvedimento di più ampio respiro – dice – che affronti tutte le tematiche dello smog, cominciando a far cambiare ai triestini quelle che sembrano abitudini immutabili». L’esponente della maggioranza si fa forte del fatto che «le recenti chiusure del centro cittadino, predisposte dal sindaco, Roberto Dipiazza, non hanno provocato significative reazioni da parte della popolazione. Anzi – sottolinea – mi sembra che in città stia crescendo la consapevolezza che in queste condizioni non si può più andare avanti e che sul tema del traffico privato bisognerà arrivare quanto prima a modifiche importanti».
Ugo Salvini

 

 

Il funerale del petrolio
 
Petrolio, si avvicina il giorno del tuo funerale. Siamo nell’era tecnologica; abbiamo i computer, i televisori al plasma, videofonini, automobili con centraline elettroniche, con gps, eppure dobbiamo sperare nella bora o nella pioggia sennò auto «nisba»; forse domani ci sarà pioggia, e allora si potrà circolare (forse). Mi sembra che da questo punto di vista non abbiamo fatto tanti progressi rispetto a centomila anni fa, anche i nostri progenitori aspettavano la pioggia, ma almeno loro avevano lo sciamano.
Quante persone ancora dovranno ammalarsi di asma, o peggio ancora morire a causa dell’inquinamento, perché i nostri capi capiscano che con il petrolio (e anche il carbone) non si va da nessuna parte. Per non parlare del danno ecologico a questa nostra Terra, basta guardare la televisione. Si parla tanto di fonti rinnovabili, quali: pannelli solari, eolica, bio-diesel, ecc.; tutto bello, ma non risolvono definitivamente il problema energetico del mondo.
A mio modesto parere, solamente con la tanto bistrattata fusione fredda si può risolvere in via definitiva l’inquinamento e la fame di energia. C’è tutto un mondo silenzioso di ricercatori, tra cui il sottoscritto, che senza tanta pubblicità e senza grandi mezzi, studiano il «meraviglioso» mondo sub-atomico, fatto di elettroni, protoni, quark, ecc., e sono convinti che c’è più energia «congelata» in un bicchiere d’acqua, che in cento pannelli solari. Come disse anni fa il premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia «se la fusione fredda funzionasse, allora vorrebbe dire che Dio è stato molto, molto buono con noi». Da allora si sono scoperti numerosi metodi per produrre la fusione fredda (guardare su internet, ci sono centinaia di siti che parlano di questo argomento) mancano solamente dei dettagli tecnici. Risolti questi, nel tempo di 1-2 anni ci potranno essere le auto a fusione fredda, l’elettricità, riscaldamento ecc. sempreché «qualcuno» abbia interesse a che questa scoperta non sia messa a disposizione dell’umanità. A mio parere c’è poco sostegno da parte delle istituzioni nel finanziare la ricerca in questo campo specifico, mentre andrebbe potenziato, perché potrebbe dare la svolta epocale in campo energetico.Solamente dall’infinitamente piccolo si potrà avere energia infinitamente grande.
Carlo Culinas - ricercatore (dilettante) di fisica della materia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 10 febbraio 2007

 

Grande viabilità, arrivano 40 milioni - La Regione li girerà al Comune, come da accordi col governo

 

Annuncio dell’assessore Sonego, in visita al cantiere della bretella Lacotisce-Rabuiese

«Tra pochi giorni la Regione accrediterà al Comune di Trieste i 40 milioni di euro previsti nella Finanziaria dello Stato, secondo gli accordi pattuiti tra governo nazionale e Regione stessa per il completamento della Grande viabilità triestina»: lo ha annunciato l'assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia, Lodovico Sonego, visitando, a conclusione dei sopralluoghi compiuti oggi ai cantieri Anas in Friuli Venezia Giulia, quello della Lacotisce-Rabuiese.
Un'opera, che può essere definita la porta Est d'Italia, sulla quale «i lavori proseguono regolarmente, in giugno - ha assicurato il capo compartimento Anas, Ugo Dibennardo - contiamo di finire il primo tratto, quello relativo al confine di Stato, che dunque potrà essere attraversato sulla nuova viabilità». Complessivamente, ha sottolineato Dibennardo, la Lacotisce-Rabuiese comporterà una spesa di 148 milioni di euro e si prevede possano durare ancora un anno.
Per l'assessore Sonego, «tutte le visite di oggi oltre a manifestare una situazione positiva, dicono di come la regione abbia ripreso a camminare con lavori importanti, recuperando i ritardi del passato. Il Friuli Venezia Giulia sta cambiando grazie a Regione, Anas, Autovie Venete. Abbiamo sofferto per la stasi di programmazione e finanziamento di opere pubbliche; ora - ha concluso - programmazione e finanziamento sono ripartititi, i risultati si vedono e già nel corso del 2007 vi saranno le prime inaugurazioni».

 

 
Sito inquinato, richiesto l’intervento del ministro in aiuto alle aziende - Incontro Antonini-Pecoraro Scanio
 
Un intervento per sbloccare la situazione di stallo creatasi per le aziende triestine a causa del Sito inquinato di interesse nazionale è stato chiesto dal presidente degli industriali Corrado Antonini al ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio.
La «situazione di paralisi» allo sviluppo economico di Trieste, come conseguenza della perimetrazione del Sito inquinato di interesse nazionale, è stata al centro di un incontro avvenuto a margine della visita che Pecoraro Scanio ha compiuto giovedì in provincia.
In particolare, il presidente Antonini ha evidenziato a Pecoraro Scanio che le singolari caratteristiche geografiche di Trieste influiscono pesantemente sul difficile contesto conseguente alla perimetrazione. «Infatti - ha sottolineato Antonini - tutti i terreni che possono essere oggetto di nuovi insediamenti o di ampliamenti delle attività esistenti non sono utilizzabili perché inseriti nel Sito inquinato. Permane quindi una situazione di paralisi che si protrae ormai da quattro anni, durante i quali a circa 350 aziende è stata di fatto negata qualsiasi possibilità di sviluppo».
«Inoltre - ha aggiunto il Presidente di Assindustria - gran parte del territorio oggetto della perimetrazione si trova a poche centinaia di metri dalla Slovenia, area di Obiettivo 1, che presenta tassi di agevolazioni alle imprese mediamente più alti del 15% rispetto ai nostri e che offre un minor costo della manodopera e dell'energia, assicurando un'imposizione fiscale più leggera e norme di tutela ambientale meno restrittive: si tratta di una serie di vantaggi che pongono il territorio giuliano in una condizione di evidente svantaggio competitivo».
Il protrarsi di questa situazione potrebbe innescare un pericoloso depauperamento del tessuto industriale triestino, conseguente tanto al rischio di delocalizzazione delle imprese esistenti quanto alla capacità d'attrazione di investimenti futuri nelle zone d’oltreconfine. «Questa situazione - ha dichiarato Antonini - necessita, a differenza degli altri 52 siti nazionali, della ricerca di un percorso risolutivo accelerato e specifico. Questa priorità è già stata evidenziata anche nell'ambito del Protocollo d'intesa, sottoscritto lo scorso 6 ottobre, tra il Governo e la Regione Friuli Venezia Giulia. Le proposte di modifica al Testo unico dell'Ambiente non stanno seguendo la direzione auspicata. Con una sostanziale riconferma dell'impianto legislativo, che predilige l'approccio tabellare all'analisi di rischio, il risanamento delle aree perimetrate porterebbe, nella migliore delle ipotesi, a una prima rifruizione non prima della fine del 2010. Ulteriori 4 anni - ha concluso Antonini, chiedendo un autorevole intervento del Ministro Pecoraro Scanio a modificare tale situazione.

 

 

 

 

dal BLOG  di Beppe Grillo www.beppegrillo.it - VENERDI' , 9 febbraio 2007

 

Pesca sostenibile
Gli abitanti del mare stanno scomparendo. Le reti e le nostre mandibole li stanno consumando uno alla volta. Un articolo della rivista ‘Science’ dello scorso novembre (*) prevede il collasso della pesca commerciale entro il 2048. Un evento già annunciato dalla diminuzione dei banchi di merluzzi.

I nostri nipoti vedranno molti pesci solo negli acquari e nei documentari storici.
Per risolvere il problema bisognerebbe mettere d’accordo troppi Paesi, troppi interessi e anche troppi farabutti. E definire un ecosistema sostenibile e quote di pesca per Nazione. Improbabile. Esiste un’alternativa. Che parte dal nostro comportamento. Dai soldi che spendiamo e da come li spendiamo.
Il Monterey Bay Acquarium ha lanciato nel 1999 l’iniziativa Seafoodwatch. Le specie in estinzione sono presenti in una guida tascabile già distribuita in otto milioni di copie. Tra queste: la rana pescatrice, lo scorfano, lo squalo, lo storione, il pescespada. Nella guida sono riportate anche scelte alternative di specie che non corrono il rischio di estinzione. Molti ristoranti californiani hanno aderito alla pesca sostenibile eliminando le specie a rischio dal menù.
Per lanciare l’iniziativa in Italia tradurrò la guida con il permesso del Monterey Bay Acquarium, la renderò disponibile in formato pdf e inserirò in una lista nel blog tutti i ristoranti italiani che aderiranno.

(*) Global Loss of Biodiversity Harming Ocean Bounty Science

 

 

VITA NUOVA - VENERDI' , 9 febbraio 2007

 

 

RIGASSIFICATORE - Perche' il presidente Illy si sbaglia (di Livio Sirovich)

E' raro che un'autorita' politica si sbilanci in modo cosi' netto a proposito di temi tecnici alquanto delicati.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 9 febbraio 2007

 

 

Smog, nel centro chiuso si potrà circolare se in tre sull’automobile - Il provvedimento riguarda anche i veicoli di vecchia immatricolazione

 

È in arrivo una nuova deroga che consentirà anche a chi non possiede un’auto omologata Euro 4 di circolare in centro nelle giornate di blocco del traffico. Il Comune ha infatti deciso di incoraggiare la formula del «car pooling», in altre parole «l’auto di gruppo». Per potersi spostare tranquillamente nelle zone off limits basterà portare a bordo della propria vettura altre due persone. Tutte le macchine con tre passeggeri, anche se vecchie e inquinanti, avranno disco verde in ogni strada del centro e non rischieranno di essere multate dalla polizia municipale. Nessun vincolo sui fruitori dell’auto di gruppo: potranno essere tre colleghi che si mettono d’accordo per andare insieme in ufficio, una mamma a spasso con i suoi due figli, o tre vicine di casa intenzionate a raggiungere insieme il supermercato.
Il provvedimento, approvato ieri in giunta, è già operativo e scatterà alla prima occasione utile, vale a dire quando i valori delle polveri sottili torneranno a salire e si renderà necessaria un nuovo stop alle auto. Trieste sarà così la prima città della regione a sperimentare il «car pooling». «Si tratta di una soluzione utile ed intelligente che consente di centrare contemporaneamente due obiettivi - afferma l’assessore comunale all’Urbanistica, Maurizio Bucci -. Da un lato si riduce il numero di auto che girano in città e di conseguenza l’inquinamento atmosferico, dall’altro si consente agli automobilisti di risparmiare sui consumi e sul parcheggio. La decisione di introdurre la nuova deroga è stata presa per cercare di diffondere tra i triestini una nuova mentalità: dobbiamo abituarci ad utilizzare le auto in maniera più consapevole e «collettiva». Attualmente ogni macchina trasporta una media di 1,2 passeggeri: un rapporto eccessivo che va corretto al più presto».
Per testare l’indice di gradimento dell’auto di gruppo l’amministrazione municipale ha effettuato un sondaggio tra i 3 mila dipendenti comunali. Il 30% dei lavoratori si è dichiarato favorevole all’idea di raggiungere l’ufficio assieme ad altri colleghi, ponendo però alcune condizioni. Tra queste, la possibilità di beneficiare di sconti sui prezzi dei posteggi. «Un’ipotesi a cui stiamo lavorando - precisa Bucci -. In linea di principio queste agevolazioni possono essere concesse: bisogna però stipulare convenzioni con l’Amt e mettere a punto un sistema, per esempio delle tessere speciali, che permetta di riconoscere le auto utilizzate da colleghi diretti al lavoro». Il 5% dei dipendenti comunali ha invece accettato il «car pooling» senza alcuna riserva. Per agevolare questa forma di trasporto aziendale, il Comune, attraverso il sistema di posta elettronica interna, cercherà di far incontrare i dipendenti che abitano nella stessa zona. «Il nostro sondaggio - precisa il mobility manager municipale, Giulio Bernetti - è stato distribuito anche agli addetti di altre importanti realtà, dal Lloyd Adriatico all’Acegas- Aps alla Regione. Incrociando i risultati, quindi, potremo pianificare strategie in grado di incidere sulle abitudini e sugli spostamenti di circa 20 mila lavoratori».
Il «car pooling» non è l’unica novità elaborata dall’amministrazione comunale per far fronte alle emergenze legate agli sforamenti dei valori di Pm10. Allo studio c’è anche un «sistema di comunicazione globale» in grado di illustrare in maniera puntuale ed esauriente ai cittadini i provvedimenti di limitazione al traffico. Una risposta alle critiche di chi, in occasione delle recenti giornate di blocco, ha accusato il Comune di non aver adeguatamente informato l’utenza. La soluzione, di cui però si stanno ancora verificando i costi, potrebbe essere quella dell’sms: chi richiede il servizio, riceverà un messaggino sul cellulare con le istruzioni da seguire per non rischiare sanzioni in caso di stop alle auto.

Maddalena Rebecca

 

 

Barduzzi: il metrò leggero non è inutile, servirà a diminuire i bus

 

L’assessore della giunta Bassa Poropat al dibattito dai Cittadini sul trasporto pubblico integrato. Fortuna: ci vuole meno scetticismo

Lo si chiami pure metrò leggero. Ma non lo si confonda per semplificazione - assicurano i Cittadini per Trieste - per una metropolitana vera e propria: sarà un servizio su rotaia, in superficie, che sfrutterà gran parte delle infrastrutture esistenti per integrare il trasporto pubblico locale su gomma, rispettando la «sostenibilità» ambientale e sociale.
Sarà più un «tram pesante» insomma - come ha scherzato qualcuno fra il pubblico - la futura metropolitana leggera, oggetto del dibattito promosso ieri sera dai Cittadini. I perché del progetto sono stati illustrati dall’assessore provinciale ai trasporti, Ondina Barduzzi: «Ho sentito ripetere dal sindaco Dipiazza in tv - ha detto l’assessore - che la metropolitana leggera non serve, perché la rete su gomma copre già bene le esigenze. Ma vediamo in questi giorni che il Comune è costretto a chiudere il centro per lo smog. Un servizio su rotaia significherebbe meno bus in giro, meno inquinamento e meno mezzi a rischio incidenti».
«Il nostro errore finora - ha aggiunto la Barduzzi - è stato forse quello di parlare di una metropolitana quando metropolitana non è. Si tratta dell’utilizzo di una linea esistente nel rispetto dei principi comunitari che tendono a promuovere il trasporto su rotaia per inquinare meno e diminuire la pericolosità sociale dei mezzi su gomma». Sono questi - ha spiegato l’assessore della giunta di Maria Teresa Bassa Poropat, presente in sala - i criteri che hanno dato il via al secondo studio commissionato a Rfi e Università di Trieste. Se il primo, a dicembre, ha detto che il progetto è sostenibile in termini economici, il secondo - ora in corso, i risultati a giugno - chiarirà la compatibilità del servizio rispetto alla rete dei bus in un sistema di trasporto pubblico integrato.
La Provincia punta diritta alle tratte realizzabili immediatamente: Aquilinia - Campo Marzio - Villa Opicina (l’ipotesi Sesana da valutare sul possibile bacino d’utenza sloveno), da farsi entro un anno e mezzo con i treni Minuetto e una frequenza di 20’. L’implementazione successiva, fra Ronchi e Capodistria, rientrerebbe nella metropolitana regionale verso cui è orientata proprio la Regione.
Così Uberto Fortuna Drossi, presidente dei Cittadini: «La grande sfida del trasporto pubblico è abbinare ferro e gomma. Bisogna cercare di essere meno scettici e considerare che è comunque impensabile coprire i costi dell’operazione solo con le tariffe. Vanno analizzati nel loro indotto, invece, altri futuri vantaggi, da una migliore vivibilità ambientale a una riduzione dei costi sociali per incidenti o malattie».
pi. ra.

 

 

DUINO Piano di sviluppo delle Falesie, la parola passa alla cittadinanza  - Lo strumento urbanistico è consultabile negli uffici del comune

 

DUINO AURISINA E' consultabile dal pubblico il Piano di conservazione e sviluppo del Comune di Duino Aurisina, adottato dal Consiglio comunale a metà gennaio.
«Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17 comma 6 della legge regionale n.42/1996 - si legge in una nota dell'amministrazione - si rende noto che negli uffici della Segreteria comunale di Duino Aurisina è depositato il Piano di conservazione e sviluppo per la durata di trenta giorni consecutivi, affinché chiunque possa prenderne visione».
Entro il periodo di deposito, chiunque potrà presentare al Comune le proprie osservazioni e, se proprietario di immobili vincolati, le proprie opposizioni».
Allo stesso modo di un normale Piano urbanistico, quindi il Piano per lo sviluppo della zona delle Falesie - che comprende anche il sentiero Rilke, la zona della ex sede Aiat, la pineta e il campeggio Mare Pineta - può essere preso in visione dal pubblico, che potrà esprimersi direttamente con pareri che dovranno poi venir discussi in Consiglio comunale.
Il periodo di pubblicazione è iniziato il 7 dicembre, e durerà 30 giorni, scaduti i quali il consiglio comunale si pronuncerà per l'approvazione.
Il piano, gestito direttamente con la collaborazione della Regione, che vede il comune nel ruolo di «Soggetto attuatore», regola sia l'aspetto di conservazione ambientale che quello di sviluppo turistico ed economico della zona.
Permetterà attività di sviluppo del campeggio Mare Pineta, e una serie di azioni legate alla fruizione del Rilke, compresa la realizzazione di segnaletica e l'apposizione di strutture turistiche «leggere», oltre che l'apertura dell'ingresso da Duino del sentiero stesso.
Sarà la Regione a finanziare molte delle iniziative previste, che potranno avviarsi dopo l'approvazione del documento, e dopo la costituzione di un comitato tecnico che vedrà attorno allo stesso tavolo una serie di esperti scelti dalle amministrazioni per indirizzare la gestione del parco stesso.
fr.c.

 

 

Siot, a mare combustibile da una nave

 

Alcune decine di litri di combustibile sono finite in mare, ieri mattina, al pontile della Siot. Al centro dell’incidente la petroliera a doppio scafo «Faultless», battente bandiera liberiana, 154 mila tonnellate di stazza, costruita nel 1992 nei cantieri coreani Hyundai Heavy Industries.
Un guasto a una tubazione per lo scarico della zavorra ha fatto finire in mare una limitata quantità del carburante usato per il funzionamento del motore.
Le imbarcazioni di sicurezza della Crismani (presenti 24 ore su 24) sono immeditamente entrate in funzione, e contemporaneamente veniva attivato il sistema ad aria compressa che isola le acque attorno alla nave dallo specchio di mare circostante. Nel frattempo il personale di bordo aveva provveduto a chiudere la valvola della tubazione guastatasi.
La bonifica del carburante finito in mare è stata completata nel giro di un’ora. Nel primo pomeriggio lo scarico della tubazione è stato provvisoriamente riparato. La nave, completato lo scarico del greggio, è ripartita la scorsa notte con l’obbligo da parte della Capitaneria di porto, comunicato anche all’autorità nazionale di bandiera, di effettuare quanto prima la riparazione.

 

 

Pecoraro Scanio frena sui rigassificatori in Fvg  - «Il governo intende avviare una conferenza nazionale sui rapporti fra energia e ambiente»

 

Il ministro al governatore della Regione, Riccardo Illy: «Servono più tecnologie e strutture leggere. Più attenzione alle esigenze di Slovenia e Croazia»

 TRIESTE - Decisa frenata sui rigassificatori da parte del ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Sanio, a margine dell’incontro di ieri con il presidente della Regione Illy. «L’approvvigionamento del gas – ha affermato il ministro – è una cosa molto seria. Intendo avviare una conferenza nazionale su energia e ambiente, in cui si tenga conto delle strategie energetiche regionali. Illy non penserebbe mai a uno sviluppo del Friuli Venezia Giulia sul tipo di certe aree della Sicilia, come Gela, visto che pensa di rilanciare le qualità ambientali della regione».
Pecoraro Scanio ha poi ricordato che gli impegni internazionali impongono, nel caso dei rigassificatori progettati nel golfo di Trieste, di avere attenzione verso la Slovenia e la Croazia, «che hanno scritto a me e a D’Alema per essere coinvolte», aggiungendo che «ciò rende la cosa più complessa. Se servirà – ha rilevato – impiegheremo più tempo per le valutazioni, ma abbiamo interesse a ottenere risposte dai Paesi vicini».
Ma il ministro ha soprattutto ribadito la necessità di una regìa a livello nazionale. «Nessuno pensa – ha sostenuto – di fare dell’Italia l’hub metanifero d’Europa. Il concetto base è di avviarsi verso le migliori tecnologie, ad esempio strutture ”leggere” per l’attracco delle gasiere o navi che hanno a bordo l’impianto di rigassificazione. Puntare molto sui rigassificatori, in un contesto internazionale in evoluzione, potrebbe portare al limite a una situazione in cui manchino gli investitori. Mi sembra un controsenso – ha proseguito – infilarsi a discutere di pesanti strutture fisse quando la tecnologia evolve».
Pecoraro Scanio ha comunque assicurato che «le varie proposte per gli impianti saranno valutate in maniera rigorosa. Non dimentichiamo però – ha concluso – che il gas è un combustibile fossile, mentre bisogna puntare sulle energie rinnovabili».
Illy, da parte sua, ha ricordato la necessità di disporre di sufficienti quantità di gas, «la fonte energetica che produce la minore quantità di CO2», necessaria per usi civili e industriali, e a un prezzo adeguato per l’Italia e la regione, non del 25-30% superiore ad altri Paesi come accade ora. «Per queste ragioni – ha spiegato – abbiamo sempre detto di essere disponibili ad accogliere un impianto di rigassificazione nel Friuli Venezia Giulia».
E con riguardo alle nuove navi dotate di rigassificatore a bordo ha commentato: «Abbiamo salutato con favore questo tipo di navi, che evitano la costruzione di un terminal e quindi un impatto paesaggistico. Se ci saranno gli estremi, suggeriremo ai proponenti (Gas Natural e Endesa, ndr) di valutare questa tecnologia più avanzata».
Quanto alle strategie energetiche della Regione, il presidente ha precisato: «Non abbiamo alcun pregiudizio negativo sui rigassificatori, ma non c’è mai stata neanche la volontà di proporre terminal di rigassificazione. Quelli li fanno i privati, in questo caso due società spagnole. La Regione è chiamata come ente regolatore a esprimere il suo parere e a favorire l’espressione degli enti locali».
E proprio con riguardo ai pareri che l’ente regionale dovrà dare sui due progetti, prima di inviarli al ministero, Illy ha detto di sentirsi «quasi di escludere che da parte della Regione ci sia un parere favorevole tout court. Esprimeremo i nostri punti di vista, ma non è detto che sarà un sì o un no. Ci sono anche vie di mezzo, come pareri positivi con delle prescrizioni, ed è quello che potrebbe accadere con una certa probabilità».

Giuseppe Palladini

 

 

Fianona, proteste contro la terza centrale  - Crescono i timori ambientali. Anche i comitati regionali dei popolari e dei socialdemocratici dicono no al progetto

 

Per farla funzionare servirà un milione di tonnellate di carbone all’anno

POLA In Istria si fanno sentire sempre più forti le reazioni e le prese di posizione contro il progetto della terza centrale termoelettrica a carbone nella zona di Fianona. Come facilmente intuibile la contestazione è di carattere ecologico, considerati gli effetti ambientali prodotti dall’utilizzo di combustibile fossile malgrado i fitri di cui sono dotate le ciminiere. Le due centrali attualmente in funzione bruciano qualcosa come 850 mila tonnellate di carbone all'anno mentre la terza, considerata la potenza maggiore, ne brucerebbe almeno un milione.
Gli ultimi a reagire in ordine di tempo sono stati i comitati regionali del Partito popolare e del Partito socialdemocratico. Il segretario di quest'ultima formazione politica Vedran Grubisic ha dichiarato alla stampa che l'azienda elettroenergetica di stato «tenta di mettere l'opinione pubblica istriana dinanzi al fatto compiuto. Ossia ha chiesto alla Regione istriana di modificare opportunamente il piano d' assetto territoriale della penisola e nel contempo ha commissionato lo studio d'impatto ambientale del carbone», documento quest'ultimo indispensabile per l' ottenimento della licenza edilizia. Grubisic si è quindi posto la domanda che è praticamente sulla bocca di tutti gli istriani: perchè non usare il gas naturale ecologicamente accettabile e di cui c'è grande disponibilità allacciando il metanodotto che corre a due passi? «Il piano territoriale della Croazia - ha aggiunto - vieta peraltro in maniera esplicita fino al 2015 la progettazione e la costruzione di impianti termoelettrici a carbone».
Interpellato alcuni giorni fa sul delicato argomento, il presidente della Regione Ivan Nino Jakovcic aveva dichiarato che l'Istria si opporrà con tutte le forze ad una nuova struttura industriale alimentata a carbone.
p.r.
 

Il doppio binario Capodistria-Divaccia entro il 2015

LUBIANA I lavori di costruzione della nuova tratta ferroviaria con doppio binario tra Capodistria e Divaccia inizieranno nel 2009 e saranno completati nel 2015. Entro giugno del 2008, invece, Slovenia e Italia individueranno il punto ideale di incontro tra la Capodistria - Divaccia e la Trieste - Divaccia. In quanto al collegamento ferroviario diretto tra Capodistria e Trieste, sarebbe una tratta fondamentale per le prospettive di sviluppo dei porti dell'Alto Adriatico, ma in questo momento Lubiana non la considera prioritaria.

 

Monfalcone: presidio degli ambientalisti sotto il municipio per sollecitare la riconversione a gas di Endesa
 

Legambiente scenderà domani mattina in piazza, sotto il municipio, per chiedere di accelerare sulla riconversione a gas dei due gruppi a olio combustibile della centrale termoelettrica di Monfalcone. Il progetto è ancora sottoposto a Valutazione di impatto ambientale a livello nazionale, dopo che la Regione un paio di mesi fa ha fornito il suo parere favorevole, anche se condizionato, indicando numerose prescrizioni. Sulla conclusione del Via non esistono date certe e ipotizzabili, mentre stanno procedendo i lavori per l'ambientalizzazione (dovuta per legge) dei due gruppi a carbone. Non a caso il circolo di Monfalcone ha anche mobilitato la sede nazionale di Legambiente per verificare a che punto si trova l'iter per la valutazione di impatto ambientale relativa al gasdotto che serve a collegare l'impianto con la rete nazionale del gas a Villesse. A fronte del peggioramento dell'andamento climatico a livello mondiale e della qualità dell'aria anche in città avvenuto in questi mesi l'associazione ambientalista si propone del resto di tradurre in atti concreti l'impegno a orientare i propri comportamenti verso stili di vita più ecosostenibili. Nei prossimi giorni, dal 12 al 18 febbraio, Legambiente celebrerà l'anniversario dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto con la Settimana del clima, durante la quale saranno organizzate manifestazioni in tutta Italia. Il circolo di Monfalcone non poteva ignorare l'appuntamento e ha deciso quindi di effettuare il presidio, dalle 10 alle 12 di domani, durante il quale i cittadini saranno invitati a sottoscrivere la petizione per diminuire l'emissione in atmosfera di gas responsabili dell'effetto serra. Insieme al Comitato del rione Enel nei prossimi giorni Legambiente incontrerà il sindaco Gianfranco Pizzolitto per chiedergli due impegni immediati: attivarsi in modo deciso con le istituzioni coinvolte nella riconversione della centrale termoelettrica e adottare una serie di concreti interventi per il risparmio energetico. L'associazione ha inoltre chiesto e ottenuto un incontro con il direttore dell'impianto termoelettrico che avrà luogo verso la metà del mese. Nella petizione che Legambiente vuole inviare al Governo si sottolinea come il carbone sia la fonte energetica più dannosa per il clima; l’energia nucleare non sia né sicura, né pulita, né economica; il nostro Paese sia in grave ritardo nella promozione delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico. la. bl.

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 8 febbraio 2007

 

Smog, superati i limiti nonostante la pioggia - La concentrazione delle polveri sottili martedì ha passato il limite in via Carpineto e in via Svevo
 
La pioggia ha ripulito l’aria, scongiurando così nuove restrizioni al traffico. Ciononostante, martedì i livelli delle polveri sottili hanno sforato i limiti in due centraline e si sono avvicinate alla soglia in altre due. Nel dettaglio, in via Carpineto si sono raggiunti i 75,7 microgrammi per metro cubo, mentre la centralina di via Svevo ne ha rilevati 52,5. Molto vicine al limite, poi, le concentrazioni delle pm10 in piazza Libertà (48,6) e via Tor Bandena (46,8). Solo a Muggia il livello delle polveri si è abbassato discretamente, attestandosi a 38,2 microgrammi. E tutto ciò nonostante la pioggia.
L’apparente anomalia si spiega con il fatto che le precipitazioni sono iniziate solo nel pomeriggio di martedì, divenendo via via più intense. In mattinata le polveri sottili si erano mantenute su livelli elevati, con picchi attorno ai 100 microgrammi in via Carpineto e in via Svevo e attorno ai 90 in piazza Libertà. Nonostante la pioggia, così, la media delle rilevazioni dell’intera giornata ha fornito le elevate concentrazioni delle polveri di cui si è detto. La riprova dell’effetto-pioggia viene dai dati orari rilevati attorno alle 23, quando in via Svevo la concentrazione è «crollata» in via Svevo a 11 microgrammi per metro cubo e in via Carpineto a 19.
Le previsioni meteo, intanto, confermano fino a sabato l’alternarsi di precipitazioni più o meno intense. Domattina dovrebbe esserci una schiarita, cui seguirà un peggioramento nel pomeriggio. Un miglioramento arriverà invece a partire da domenica.
I primi mesi dell’anno, fino all’inizio della primavera, sono i più critici in tema di smog. Nelle prossime settimane c’è quindi da attendersi nuovi sforamenti delle polveri sottili, con conseguenti nuove limitazioni al traffico. Il Comune non ha in programma di cambiare i provvedimenti già previsti dal piano di azione. Qualche integrazione però c’è, e dovrebbe essere immediata. Oggi, infatti, l’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci porta all’esame della giunta la delibera sul «car pooling», che inserisce questo sistema tra le deroghe previste in caso di limitazioni al traffico legate allo smog.
In sostanza, anche quando la città sarà intedettta ai mezzi privati, quelli che trasporteranno almeno tre persone potranno circolare liberamente. «È una scelta che punta a creare un indirizzo culturale – spiega l’assessore – e a mettere la gente in condizione di spostarsi anche nelle giornate critiche. Questa misura dovrebbe poi ridurre il numero di mezzi circolanti, se si pensa che in media ogni macchina in circolazione in città trasporta una persona, per l’esattezza 1,2».
gi. pa.

 

Il blocco del traffico è inutile - Un lettore spiega che con questi provvedimenti non si abbatte l’inquinamento

Assistiamo sempre più spesso al blocco della circolazione auto per sforamento dei limiti dell’inquinamento bene è ora che si dica che questo provvedimento è fumo negli occhi che si danno i nostri amministratori per non prendersi le loro responsabilità ed è criminoso. Anche se i limiti dei valori di inquinamento a giorni sono più bassi ci intossichiamo lo stesso nel tempo e le manifestazioni si esprimono in tumori, malattie varie anche mentali e Trieste ne ha un buon primato, incapacità di ragionare bene in quanto il cervello con poco ossigeno è come ubriaco, sonnolento quindi con danni anche per l’espletamento di lavoro comune.
I grandi assenti nell’esprimere pareri seri e responsabili sono i medici che in realtà col loro silenzio coprono le malefatte dei nostri amministratori. Una seria informazione sui danni da inquinamento da parte loro darebbe alla popolazione una spinta reale a un cambiamento, la gente invece brontola nei giorni di chiusura non rendendosi conto del reale pericolo. Non sento nessun luminare esprimersi sulla validità delle terapie chelanti che dovrebbero aiutare il corpo a espellere i metalli dannosi come piombo, cadmio... in generale i medici quando vai da loro per malesseri come depressione, disturbi vari in generale ti danno l’aspirina, gli ansiolitici... per intossicarti ancora di più e pochissimo ti parlano della cura del corpo (mens sana in corpore sano, dicevano i romani) anzi alle volte vedi scritte affermazioni ai limiti della norma ove si dice che andando a piedi ci si avvelena ancora di più: cose dell’altro mondo.
I triestini però sono avvezzi alla teoria del «viva là e po’ bon» e piangono solo quando la disgrazia arriva a colpirli personalmente, altrimenti sono asociali e menefreghisti. Quindi cominciate a premere per la chiusura definitiva della circolazione, traffico limitato a motorini, minicars, veicoli elettrici, taxi, tram, autobus efficienti e biciclette e ripiantare alberi in centro.
Ezio Franzutti
 

Pista ciclabile , storia infinita

Il Piccolo del 7 Giugno 2005 riportava l'articolo: «Pista ciclabile, entro un anno altri sei chilometri». Oggi, a oltre un anno e mezzo dalla promessa i lavori, che sono iniziati nel 2004, sono ancora in corso. Con un po’ di abilità è praticabile da Campanelle ma i cantieri in corso la rendono difficile per i bambini e per i meno pratici in bici, mentre da San Giuseppe in poi è una meraviglia. A proposito, la galleria tra Altura e San Giuseppe ha l’impianto di illuminazione che sembra pronto ma non funziona, perché?
Il tratto tra San Giacomo a Campanelle è tutto una serie di cantieri a segmenti rendendola utile come parcheggio per autoveicoli e latrine per cani (vedi foto). Le ultime notizie la danno finita per fine 2007, ma sinceramente dopo tante promesse è difficile credere anche a questa.
Lettera firmata

 

Pista ciclabile , cementificazione

Questa segnalazione è rivolta agli amministratori pubblici,ai partiti politici, alle associazioni ambientaliste, ai mezzi di informazione e a chi ama la natura.
La pista ciclopedonale che la Provincia di Trieste sta portando a compimento a lavori ultimati altro non sarà che una lunga striscia grigio nera di cemento ed asfalto lunga 6000 metri e larga 5 per un totale di 30000 metri quadrati. Basta fare una passeggiata tra S. Giacomo sino ad Altura per vedere l’avanzamento dei lavori e rendersi conto di come diventerà il tratto in questione che attraversa tutte le campagne da Campanelle a Raute sino appunto ad Altura. Mentre nel Comune di San Dorligo tutto il tratto rimane rurale a Trieste si cementifica.
Se chi ci amministra approva uno scempio del genere almeno gli ambientalisti dovrebbero fare qualcosa per almeno ridurre l’impatto ambientale. Spero che questa lettera serva a far aprire gli occhi anche ai cittadini sensibili a questi problemi ma soprattutto a chi ci amministra.
Lettera firmata
 

 

AcegasAps lancia la sfida per l’energia pulita: NestEnergia punterà sulle fonti alternative

 

In primavera distribuzione gratuita di 400 mila lampadine a basso consumo: risparmi per 22 milioni

 Il gruppo AcegasAps punta anche sull’energia «pulita», cioè su quella ottenuta da fonti rinnovabili e sul risparmio energetico. Per questo ha creato di recente un’apposita società, NestEnergia, che ha cominciato ad operare nell’area di Padova e a breve estenderà le sue attività all’intero territorio «coperto» dal gruppo AcegasAps. Presidente della società è Gilberto Muraro, ex rettore dell’Università di Padova, mentre vicepresidente è il triestino Fabio Assanti. L’incarico di direttore generale è coperto da Alessandro Baroncini, vicedirettore generale di AcegasAps.
Tra le prime operazioni industriali della nuova società, l’acquisizione e il controllo diretto delgi impianti di recupero energetico situati nelle discariche del padovano e l’ammodernamento del turboespansore di Padova.
Un’altra iniziativa, che partirà a primavera, consiste in una campagna di sensibilizzazione sul risparmio energetico, incentrata nella distribuzione gratuita di 400 mila lampadine a basso consumo. Questa operazione, considerato il numero degli utenti di AcegasAps, comporterà un risparmio di oltre 132 mila Megawatt in cinque anni, che equivale a un risparmio per gli utenti di oltre 22 milioni di euro.
Nel quadro di un sempre maggiore spazio alle fonti rinnovabili, NestEnergia si pone dunque come una sorta di divisione specializzata di AcegasAps, con competenze di ricerca e sviluppo, che si propone di intervenire anche sui piani energetici predisposti a livello comunale, provinciale e regionale.
L’attività di NestEnergia si dispiegherà su tutto lo spettro di attività legate all'energia pulita e sostenibile: studi e progettazione di impianti e sistemi di produzione di energia da biomasse, da acqua e da biogas; produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e applicazioni per un risparmio energetico più efficiente; sviluppo di progetti per il teleriscaldamento urbano; intermediazione dei derivati energetici (Certificati verdi, Tee, Emission trading); promozione e consulenza su iniziative di risparmio energetico e utilizzo delle fonti di energia alternative, in particolare per gli enti pubblici.
Le prime operazioni industriali messe in cantiere da NestEnergia hanno riguardato, come detto, l'acquisizione degli impianti di recupero energetico situati nelle discariche di Ponte San Nicolò e Vasco de Gama (Padova), che producono energia elettrica attraverso il gas generato dagli impianti stessi.
La discarica di Ponte San Nicolò garantisce una produzione di biogas tale da alimentare quattro gruppi da 330 kW ciascuno. Il gas viene prelevato da 80 pozzi e convogliato ai motori da una stazione di pompaggio. La produzione annua di energia elettrica che l'impianto è in grado di fornire è pari a 2 milioni 700 mila kWh all’anno.
Per quanto riguarda il turboespansore, invece, la potenzialità di produzione annua ammonta a oltre 6 milioni di kWh. Lo sfruttamento del salto di pressione fra la rete nazionale del gas e la distribuzione cittadina consente infatti di azionare una turbina da 2.200 kW. In tempi successivi NestEnergia prevede anche un intervento di ammodernamento del turboespansore.
gi. pa.

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI',  7 febbraio 2007

 

Smog, polveri sottili «lavate» dalla pioggia che proseguirà per l’intera settimana
 
Lunedì registrati nuovi sforamenti
L’assessore Bucci cauto sulla chiusura del 25 febbraio in tutte le città del Nord
Solo un timore di nuove chiusure, fugato però già nella tarda mattinata dal previsto arrivo della pioggia. Lunedì le polveri sottili sono in effetti ritornate sopra i limiti, con un massimo di 69,8 microgrammi per metro cubo in via Tor Bandena, 59,6 in via Carpineto, 59,1 in piazza Libertà e 55,8 in via Svevo. Polveri appena sotto il livello di legge, invece, nella centralina di via Pitacco (ritornata in funzione dopo diversi giorni) dove si sono rilevati 49,2 microgrammi, la stessa concentrazione registrata a Muggia.
La paura di un secondo giorno con le polveri oltre i limiti è stata allontanata, come detto, dalla pioggia, intensificatasi nella seconda parte della giornata. Le precipitazioni proseguiranno per tutta settimana, contribuendo così a tenere bassi i livelli delle pericolose pm10.
«Pioverà anche domattina (oggi, ndr) – spiega Gianfranco Badina, meteorologo dell’Istituto Nautico – con un’attenuazione nel pomeriggio e una ripresa di precipitazioni insistenti nella serata. Giovedì mattina avremo piogge deboli, che nel pomeriggio e a sera torneranno forti. Si andrà avanti così fino a domenica, quando è atteso un miglioramento».
La Regione, intanto, ha annunciato ieri l’adesione all’iniziativa delle regioni del Nord contro lo smog, che per domenica 25 febbraio prevede nelle città il blocco delle auto dalle 8 alle 20. Allo stesso tempo l’assessore all’Ambiente Moretton ha precisato che, in base a una legge regionale, le competenze sono trasferite ai Comuni, cui spetta di decidere sulle chiusure al traffico.
Premettendo di non averne ancora parlato con il sindaco Dipiazza, l’assessore comunale all’Ambiente Maurizio Bucci osserva che «il problema sta nei costi della chiusura. Dalle 8 alle 20 è un bell’impegno – aggiunge –. Mentre la chiusura su fasce orarie si riesce a coprirla con un solo turno di lavoro della polizia municipale, per attuarla su dodici ore consecutive sono necessari almeno due turni, e in più in una giornata festiva. In termini di spinta educativa – sottolinea – per creare l’abitudine nella gente vedo molto più efficace il car pooling».
gi. pa.

 

 

Endesa «tedesca»: si riaccende la sfida sull’energia a Trieste

 

Disco verde all’Opa di E.On. sugli iberici interessati al progetto per un rigassificatore nel Golfo. Gas Natural punta a un secondo impianto. Assindustria: accordo con Ergon  Il golfo di Trieste, per la sua posizione nel cuore del centro Europa in allargamento, ma anche per i sussulti politici e le crisi periodiche delle forniture, destinato dagli eventi, anche suo malgrado, e dall’attenzione delle grandi compagnie internazionali, a diventare un Polo energetico strategico. Una lettura non più futuribile soprattutto dopo il «sostanziale» via libera giunto ieri in serata (ampiamente atteso) dal Consiglio di amministrazione di Endesa all’Opa lanciata sulla utility spagnola del gruppo tedesco di E.On. che ha offerto 41 miliardi di euro.
Trieste infatti (senza considerare il terminal petrolifero che fa parte della storia) ha i riflettori puntati sul golfo da parte della spagnola Gas Natural che sta attendendo una valutazione sul progetto di rigassificatore da realizzare on-shore nell’area ex-Esso, ma a fianco c’è in corsa come è noto Endesa con il progetto off-shore al largo. Anche quest’ultima è una società iberica, che ha molte centrali elettriche in giro per l’Italia, ma soprattutto una a Monfalcone considerata strategica. Ora sta per essere fagocitata da E.On (che ha vinto la battaglia sull’Opa contro Gas Natural che si è ritirata) e che ha come obiettivo quello di realizzare, in concreto, un polo dell’energia tra Trieste e Monfalcone. Una presenza non da poco quella di E.On che con l’acquisizione di Endesa diventa il più grande gruppo energetico mondiale con ben 50 milioni di clienti, affari tra gas ed energia elettrica, (tanto per fare un’esempio Gas Natural dimensionalmente è un quinto con i suoi 10 milioni di utenti) e che se partisse davvero anche il progetto Off-Shore del rigassificatore in mezzo al golfo potrebbe insediare una sede in Friuli Venezia Giulia.
Una rete energetica che è emersa con evidenza proprio ieri all’incontro organizzato all’Assindustria in occasione dell’annuncio del contratto tra il Consorzio Energia e la Ergon Energia, partecipata al 50% da Asm Brescia e al 50% proprio da Endesa, una delle prime e più innovative multiutility italiane che si propone alle aziende per l’acquisto di energia sul «mercato libero».
Una vera e propria battaglia a colpi di centinaia di milioni di euro che si sta consumando nel golfo di Trieste, dal largo alla costa, con Gas Natural pronta a investire qualcosa come 500 milioni (40 milioni solo di bonifica dell’area Ex Esso) ed elargire partecipazioni e royalties (per non parlare dell’occupazione diretta e dell’indotto) ed Endesa, presto E.On, almeno 600 milioni con la sua piattaforma e altrettanti benefit per il territorio in termini di tasse e quote di gas a prezzo di costo.
Due impianti strategici e altamente concorrenziali (lo dimostrano i dati in Spagna e il favore dei clienti) vista la possibilità di rifornimento di gas «libera» e da più fonti a seconda del prezzo con l’arrivo delle gigantesche gasiere. Una prospettiva che sta facendo divampare le polemiche con la nascita dei vari comitati contrari di fronte alle inevitabili ricadute ambientali e di sicurezza per i traffici. Ne sanno qualcosa i Verdi che proprio domani invieranno il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio in regione (incontri con sindaci, ambientalisti, il presidente Riccardo Illy) che in serata a Duino terrà una conferenza sul tema specifico dei rigassificatori previsti nel golfo.
Confindustria non ha dubbi però, il consumo energetico in Italia cresce del 2% ogni anno e per ridurlo bisogna pensare a «interventi strutturali, con ricadute immediate». Il rigassificatore dunque rappresenta una «soluzione veloce, realizzabile in pochi a anni e sostanzialmente sicura».
Un’attenzione emersa anche ieri all’Assindustria di Trieste alla presentazione dell’accordo con Ergon Energia (nota per la gestione dei servizi a rete, pioniera nel teleriscaldamento in cogenerazione, leader nel recupero di energia dai rifiuti) che garantirà la fornitura elettrica al Consorzio Energia dell’Assindustria.
«Una realtà costruita per durare nel tempo, che si è posta l’obiettivo di conquistare, entro il 2009, il 10% del mercato italiano – ha detto Felice Egidi, presidente e amministratore delegato della Ergon – siamo sulla buona strada, abbiamo superato le più rosee previsioni. Siamo fra le prime quattro in Italia per vendita di energia». Raffaella Di Sipio, direttore degli Affari istituzionali di Endesa Italia, ha ricordato che «L’azienda è fra i più importanti attori internazionali dell’energia, del gas e delle telecomunicazioni, leader in Spagna e in America Latina. 46mila i MW di potenza installata e oltre 23 milioni i clienti».
Il progetto industriale prevede una rapida crescita nella vendita di energia, di offerta di servizi a valore aggiunto: energy management, metering, consulenze energetiche e successivo avvio dell’attività di vendita di gas. «Abbiamo ottenuto la forfetizzazione dei costi – ha spiegato il presidente del Consorzio Energia dell’Assindustria, Adriano Del Prete – come gli oneri dello sbilanciamento e quelli derivanti dall’introduzione del mercato delle quote di emissione di CO2».

Giulio Garau

 

Il Comitato per la difesa delle Rive e Italia Nostra:  «Il magazzino vini va ristrutturato Un edificio moderno sarebbe devastante per il paesaggio»
 
TRIESTE «Il magazzino vini deve essere ristrutturato filologicamente perché fa parte del contesto settecentesco delle Rive, e dunque non va abbattuto per sostituirlo con uno stridente modernissimo palacongressi in acciaio e vetro».
Sono ormai 1100 le firme raccolte dal Comitato per la difesa delle Rive, che assieme alla sezione triestina di Italia Nostra, alla presenza di un folto pubblico, ha sollevato per l’ennesima volta quello che considera un problema, e cioè l’intenzione da parte della Fondazione CrTrieste di abbattere la vetusta struttura, edificata nel 1910 quale deposito dove immagazzinare i vini che giungevano dall’Istria e che erano particolarmente richiesti in città.
La Fondazione, proprietaria dell’immobile, vorrebbe creare nel sito il nuovo Palacongressi della città. Ma, come detto, tale ipotesi ha sollevato più di una polemica, sia in ambito politico che popolare.
«Non possiamo pretendere - ha detto nell’incontro con i cittadini la rappresentante di Italia Nostra, Giulia Giacomich - che la Fondazione perda l’ingente capitale investito per l’acquisto, regalando alla città una piazza al posto del magazzino demolito. Ma una struttura di architettura moderna avrebbe un impatto devastante sul paesaggio delle Rive».
Di qui la proposta: «Perché allora non ristrutturare piuttosto il magazzino vini che, tra l’altro, è soggetto a vincolo paesaggistico e dunque non può essere abbattuto senza l’autorizzazione del Comune e della Soprintendenza». «Anzi – ha voluto aggiungere la Giacomich – quest’ultima ci ha assicurato il suo impegno per la tutela del manufatto».
Dal canto suo Giorgetta Dorfles, in rappresentanza del Comitato delle Rive, ha ricordato che il magazzino, una volta ristrutturato, potrebbe essere utilizzato come sede per gli uffici delle società nautiche o come enoteca.
Persino, è stato ancora aggiunto, come sede aggiuntiva al polo culturale della Pescheria e delle adiacenti strutture museali.
L’ipotesi di una collocazione del futuro Palacongressi nel magazzino numero 1 del Molo quarto, magnificamente ristrutturato grazie a fondi statali, non è stata invece condivisa dal presidente della commissione urbanistica Roberto Sasco, che nell’incontro ha detto di ritenere invece idonea, in via provvisoria, la sala Tripcovich.
Un’ottima soluzione temporanea nell’attesa che si ristrutturi il mercato ortofrutticolo, già designato da tempo, prima della scelta della Fondazione, a divenire sede congressuale con duemila posti.
Sasco però ha condiviso pienamente le perplessità dei presenti sull’ipotesi di costruire il palacongressi al posto del magazzino vini, che secondo lui invece potrebbe essere trasformato in un polo di informazione turistica, che in città manca.
Daria Camillucci

 

Metropolitana: incontro pubblico
 
L’assessore provinciale alle Infrastrutture e trasporti, Ondina Barduzzi, illusterà domani, nel corso di un incontro pubblico, lo sviluppo del progetto per la metropolitana leggera. Scopo dell’iniziativa, che si svolgerà alle 18.30 all’Hotel Continentale di via San Nicolò, 25, è proprio quello di esporre con chiarezza e nei dettagli il progetto promosso dalla Provincia di Trieste, di grande rilevanza per il futuro della mobilità triestina. L’incontro di domani è stato promosso dal presidente dei Cittadini per Trieste Uberto Fortuna Drossi.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI',  6 febbraio 2007

 

Smog, scesi i valori: centro aperto - Pm 10 entro i limiti e le previsioni annunciano pioggia tra oggi e domani

 

Dopo sei giorni sembrano essere finiti l’emergenza polveri sottili e il conseguente blocco del traffico. Decisivo il borino

Decisivo è stato il vertice tecnico di ieri mattina, in cui si è preso atto del calo delle concentrazioni di Pm 10 rilevate dalle centraline dell’Arpa, abbondantemente al di sotto della soglia-limite di 50 microgrammi per metro cubo. Dopo che la media giornaliera di sabato era infatti oscillata fra i 99 di via Carpineto e i 60 di via Svevo, i dati di ieri variavano fra i 27 di piazza Libertà e i 33 di via Carpineto. Visto che le previsioni annunciavano pioggia in avvicinamento, la revoca del blocco è stata immediata, tanto che la municipale ha sciolto la rete dei controlli fin dalle 11 del mattino.
«I valori del week-end - ha spiegato l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci - hanno confermato che sabato, quando abbiamo prolungato la chiusura del centro fino al lunedì, primo giorno utile per una nuova lettura dei dati, abbiamo compiuto una scelta corretta, non azzardata, nel rispetto della salute dei cittadini. Ora possiamo riaprire la città con la coscienza apposto, giacché i parametri parziali di oggi (ieri, ndr) rimangono sotto i 50».
La tregua dello smog, però, lascia ora spazio alle considerazioni statistiche che, dall’inizio dell’anno, parlano già di dieci giorni di centro chiuso e soprattutto di 18 giornate con concentrazioni medie di polveri sottili superiori al tetto previsto per legge. In poco più di un mese, di fatto, è stata già bruciata metà del «bonus» sul limite delle 35 giornate da «bollino rosso», oltre il quale le norme impongono ai comuni «provvedimenti ulteriormente restrittivi» non precisati. Il che può tradursi, ad esempio, in targhe alterne o blocchi totali di 2-3 giorni alla settimana a tempo indeterminato. Tale eventualità - riferiscono Bucci e Dipiazza - non è stata ancora contemplata, anche perché i periodi a rischio sono limitati di norma da gennaio a marzo e in alcune giornate estive di grande umidità.
«Se il trend dovesse proseguire - precisa Bucci - noi saremmo comunque gli ultimi ad avere questo problema. Ricordo che Trieste è la città italiana con la concentrazione di Pm 10 più bassa: qui infatti si registra una media annua di 20,2 a fronte di altri centri come Padova dove si arriva a 57,5».

 

Polveri, parametri sempre più restrittivi

Parametri sempre più restrittivi sono all’orizzonte per le città nell’ambito della lotta allo smog. In base a una direttiva ministeriale del 2002, che ha recepito i principi ambientali comunitari, dal 2010 la media annua consentita di concentrazione di Pm 10 scenderà da 40 a 20 microgrammi per metro cubo (Trieste oggi è a 20,2). Costringe a stare ancor più sull’attenti il crollo del tetto delle giornate da «bollino rosso» all’anno (con valori superiori a 50 nelle 24 ore) oltre cui dovranno scattare provvedimenti permanenti: dalle 35 attuali si passerà a 7 sempre dal 2010. Una prospettiva che stride con le 18 volte in cui Trieste, dal primo gennaio, ha già registrato medie giornaliere fuori soglia.

 

Non dispiace ai residenti l’ipotesi di cambiare il modo di muoversi in città ma a fronte di servizi - Auspicato l’aumento delle corse dei bus e nuove tratte
I triestini: «Chiudere, con alternative»
La maggior parte dei triestini concorda sulle chiusure del centro cittadino disposte nei giorni scorsi, a causa dello smog, ma i cittadini ipotizzano altre soluzioni, se il fenomeno si dovesse ripresentare anche in futuro. Tanti triestini chiedono di incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici e di potenziare il servizio se il centro soffrirà nuovamente di limitazioni al traffico, per non sovraccaricare le linee che toccano le vie più trafficate, anche prevedendo delle tratte nuove, studiate ad hoc per le occasioni di emergenza polveri sottili. Altri cittadini invece ritengono sia necessario ripensare completamente la viabilità triestina, altri ancora suggeriscono la necessità di cambiare il modo di muoversi, lasciando con sempre maggior frequenza l’auto a casa o nei parcheggi della periferia e utilizzare i bus per raggiungere il centro.
«È giusto limitare il traffico e usare di più i mezzi pubblici – racconta Victoria Zakamskaya – io utilizzo sempre il bus ed è comodo, anche se solitamente con la stessa tratta, per arrivare in centro, senza difficoltà». «Concordo con i provvedimenti, ma bisogna avvertire i cittadini meglio, tanta gente non lo sapeva – è il pensiero di Gianna Arzia, che ha un punto vendita in centro - bisogna cambiare modo di muoversi, so che molti miei clienti che vengono in città, e che abitano a Opicina o a Borgo San Sergio, lasciano l’auto ad un certo punto e poi prendono il bus, senza il problema di trovare parcheggio». «Mi servo poco dell’auto, penso che bisogna incentivare l’utilizzo degli autobus, ma in concomitanza con le chiusure del centro vanno potenziati – evidenzia Adriana Zanini – mi aspettavo sarebbe successo, invece non è stato così, e i mezzi sono stati sempre carichi di gente». Della stessa opinione Rocco Cardellicchio. «Situazione critica – sottolinea – di solito prendo la mia auto, ma mi sono mosso con i bus visto il blocco della circolazione. Finchè c’è poco traffico vanno bene, anche se non osservano mai gli orari delle tabelle. Magari si potrebbe pensare ad un servizio diverso quando il centro è chiuso, un servizio aggiuntivo».
Simile il giudizio di Roberto Ballerino: «Uso spesso l’autobus – racconta – il servizio funziona bene, certo che se l’azienda avesse dei mezzi in più da predisporre durante i blocchi del traffico sarebbe meglio». «Chiudere il centro era necessario, ma bisogna pensare anche ad altri provvedimenti – pensa Luisa Russo – io l’auto la lascio ferma e utilizzo solo il bus. Ritengo doveroso che i cittadini comincino a comportarsi così. E anche chi arriva da fuori Trieste dovrebbe lasciare l’autobus in periferia e utilizzare i mezzi della Trieste Trasporti».
«Ottima la chiusura, io vivo in centro e per alcuni giorni ho sentito meno rumori delle auto, meglio delle targhe alterne sicuro, ma è una misura provvisoria – ricorda Tiziano Altieri – è una situazione d’emergenza, bisogna ragionare nuovamente sul traffico e sul trasporto pubblico, per ripianificare la viabilità e anche i percorsi degli autobus». «Chiudere il centro è servito e io uso volentieri il bus – racconta Antonio Sodaro – magari aggiungere qualche mezzo in più sarebbe stato meglio». «Non sono d’accordo sulle limitazioni al traffico – tuona Gerlanda Cipolla – sono molto arrabbiata, spero non si torni più alla chiusura, è scomodo, per chi ha delle urgenze, deve fare la spesa e i lavori quotidiani, con il bus è più difficile». «Non concordo con i provvedimenti delle targhe alterne attuati in altre città – sottolinea Giuseppe De Posarelli – meglio la chiusura totale del centro, con le targhe alterne finisce che circolano anche automobili Euro 2 o più vecchie e sarebbe peggio per l’inquinamento. Io quando c’è il blocco mi muovo volentieri a piedi».
Micol Brusaferro

 

Amici della Terra, udienza sul marchio contestato
 
Si è svolta a Roma la prima udienza della causa che contrappone il club Amici della Terra - Friends of the Earth di Trieste alla presidente nazionale Rosa Filippini che chiede che l’uso della denominazione sia inibito al gruppo triestino e cioè al presidente Alessandro Claut, al segretario Roberto Giurastante e agli altri appartenenti al club che è stato fondato nel 1995 e che ha sede in via Cadorna. Il processo è stato quindi rinviato al 2 marzo.
Anche ieri in una nota il gruppo triestino, che all’udienza di Roma è stato rappresentato dall’avvocato Livio Bernot, ha ribadito che «il marchio appartiene all’associazione madre internazionale Friends of the Earth international, con sede ad Amsterdam, che con una decisione presa il 21 luglio 2006 ha messo sotto inchiesta i dirigenti romani riservandosi di sospenderli. Nel frattempo il club triestino - prosegue ancora il comunicato - sta ricevendo via Internet dichiarazioni di solidarietà dei Friends of the Earth europei, sudamericani e australiani».
«Sono stata costretta a ricorrere - aveva spiegato invece al giudice Rosa Filippini - perché i responsabili del club di Trieste hanno violato le norme statutarie e hanno omesso di versare per cinque anni le quote sociali raccolte a Trieste su delega della Direzione nazionale». «Il pretesto contabile accampato da Roma per il tentativo di espulsione è inesistente - avevano replicato i referenti triestini - essendo provato che le percentuali delle quote non venivano versate alla sede centrale con il consenso della stessa Rosa Filippini».
La presidente, presente ieri all’udienza e assistita dagli avvocati Lollini di Roma, Crevatin di Trieste e Botton di Padova, ha precisato che il contenzioso «non è di natura contabile». Il giudice Sergio Carnimeo ieri, dopo aver assegnato i termini alle parti per il deposito delle rispettive memorie, ha fissato come detto la prossima udienza per il 2 marzo.

 

OPICINA: ripulito dai volontari il laghetto di Percedol - il Gruppo tutori stagni interviene anche alla luce dei recenti episodi di inquinamento
 
Nonostante la neve persistente nella conca il Gruppo tutori stagni e zone umide ha pulito lo stagno di Percedol, uno dei più caratteristici specchi d’acqua del Carso. I volontari non hanno ancora terminato il lavoro e sperano di poterlo fare al più presto. Intanto giovedì, alle 20, nella sala del Museo civico di storia naturale in via Ciamician 2 si terrà la riunione del gruppo.
In quest'occasione verrà consegnata la bozza del nuovo regolamento del gruppo e verrà fissata la data del prossimo incontro straordinario in cui questo verrà discusso e votato (per informazioni l’indirizzo e-mail del gruppo tutori stagni è: info@tutoristagni.it). Proprio in questi giorni l’allarme lanciato dal Wwf sull’inquinamento del torrente Farneto e il sequestro dello stagno di Basovizza da parte della magistratura, appunto per inquinamento, rilanciano il problema della tutela degli specchi e dei corsi d’acqua non solo del Carso ma anche delle zone più vicine ai rioni cittadini. Il lavoro del Gruppo tutori stagni si muove nella direzione di una salvaguardia di questo patrimonio naturale sempre più minacciato, e l’invito del gruppo è a segnalare eventuali problemi.

 

DUINO AURISINA: duecento firme bloccano l’elettrodotto - da anni i residenti chiedono l’interramento dei cavi
 
Un problema che riguarda le frazioni di San Pelagio, Visogliano, Prepotto, Precenico e Ternova
Molti tralicci sono troppo vicini alle case e creano forti disagi - Dopo la petizione il sindaco Ret ha bocciato il progetto della Terna per le linee aeree
Linea dura a Duino Aurisina nei confronti della Terna, la società che gestisce gli impianti dell'alta tensione in Italia, e che è impegnata da alcuni mesi nella ridefinizione della linea lungo il carso triestino, sulla base delle nuove normative. Dopo aver approvato, nei mesi scorsi, il progetto inviato dalla Terna, nonostante alcune perplessità, al fine di ottenere quanto prima lo spostamento di alcuni tralicci a San Pelagio, l'amministrazione - pressata dai propri cittadini, che hanno raccolto oltre duecento firme - ha ritrattato la propria disponibilità ad accettare il progetto considerato parzialmente positivo, ma pur di ottenere una immediata attuazione, per porre fine alle difficoltà dei cittadini che vivono a pochi passi dall'elettrodotto. Nell'ultima seduta del consiglio comunale è stato un ordine del giorno a bloccare il progetto: su esempio di quanto fatto a Trieste, infatti, anche Duino Aurisina ha chiesto l'interramento dei cavi, ipotesi che originariamente era stata scartata dalla stessa Terna per questioni di costi e di logistica (la presenza del metanodotto).
L'ordine del giorno si presenta come una integrazione del parere chiesto dalla Regione sul progetto Terna alla fine dello scorso settembre, ma in realtà il parere va ben oltre, chiedendo una radicale modifica al progetto stesso: il comune richiede alla «Terna spa di prevedere anche nell'ambito territoriale carsico, nei pressi degli abitati di Visogliano, San Pelagio, Prepotto, Precenico e Ternova l'interramento dei cavi dell'alta tensione ad una profondità adeguata e con protezioni e appositi schermi elettromagnetici, lungo i percorsi che consentono altresì un allontanamento dei cavi interrati dalle abitazioni, al fine di rendere assolutamente prioritaria la garanzia della sicurezza e della salute dei cittadini, mediante il contenimento dell'inquinamento elettromagnetico, mitigando al contempo l'impatto ambientale che il manufatto proposto determina in tali zone di elevata tutela ambientale e consentendo altresì la riqualificazione del paesaggio della fascia carsica del Comune con evidenti ripercussioni sulla qualità della vita».
Resta quindi confermato il percorso del nuovo elettrodotto (identificato tecnicamente come Alternativa 3), ma i cavi non dovranno essere realizzati in forma aerea, come previsto lo scorso settembre. A monte della richiesta, la petizione di 210 cittadini preoccupati ed esasperati dal convivere in mezzo ai cavi dell'alta tensione, cittadini - si legge nella petizione consegnata in comune - che non distinguono la propria appartenenza etnica e politica, ma che vogliono esprimere la «propria contrarietà al potenziamento della linea dell'alta tensione sul lato sud dei nostri paesi. Tale intervento comporterebbe un ulteriore degrado ambientale, con ripercussioni sul territorio, sulla salute dei cittadini e sul paesaggio».
I cittadini hanno criticato anche lo stile dell'amministrazione in questo processo: «La società Terna ha proposto il progetto all'amministrazione comunale senza il coinvolgimento della popolazione interessata. Circolano numeri diversi sul progetto, a seconda di chi parla: sono 70, 100 o 120 i metri di scostamento dalle case?». Secondo i firmatari della petizione, l'amministrazione comunale ha approvato il progetto con l'astensione di un'opposizione esitante, ed un unico voto contrario, ma senza coinvolgere gli abitanti del territorio. Non si può affermare - scrivono i cittadini - che siamo contro il progresso, ma vogliamo che il problema delle linee dell'alta tensione venga affrontato con più coscienza riguardo all'impatto ambientale, così come già si fa in alcune regioni italiane (ad esempio in Toscana) e da molto tempo in diversi paesi europei». L'amministrazione comunale aveva organizzato, lo scorso ottobre, un incontro pubblico per rendere partecipe la popolazione del nuovo progetto della Terna, un incontro che tuttavia non ha soddisfatto il gruppo di cittadini organizzatore della petizione: «Ci siamo mossi - si legge nella loro nota - anche dopo aver letto che il Comune di Trieste esigeva l'interramento dei cavi per il territorio di propria competenza. Come si spiega un così diverso atteggiamento da parte di due comuni confinanti?».
L'amministrazione di Duino Aurisina aveva scelto di dare parere positivo al progetto per alleviare prima possibile i problemi legati alla convivenza con l'alta tensione a una serie di famiglie: l'assessore Raffin, in particolare, all'epoca del parere aveva convenuto che la soluzione non era ottimale, ma concreta, e in grado di essere applicata in breve tempo. I cittadini firmatari della petizione, invece, puntano alla soluzione definitiva: «Spostare i cavi aerei - scrivono - significa solo coinvolgere nei rischi altre zone».
Francesca Capodanno

 

Altri 2500 ettari di Carso diventano Zona di protezione Il Friuli Venezia Giulia rischiava una multa di 10 milioni. Gli agricoltori: «Non potremo più lavorare»

 

TRIESTE  Una delibera rivede integralmente gli ambiti delle Zps, le aree destinate a diventare parte della rete Natura 2000 in base alle direttive dell’Ue

Con una delibera giuntale del 19 gennaio la Regione Autonoma rivede integralmente la Zona di protezione speciale (Zps) relativa all’area del Carso triestino e Goriziano, includendo in tale ambito circa 2.500 ettari d’altopiano: praticamente la sua totalità. Riservandosi di individuare in via definitiva le perimetrazioni entro il prossimo 16 febbraio. Queste aree dovrebbero diventare parte della rete Natura 2000 in base alla direttiva 3 della Comunità Europea.

L’individuazione della nuova perimetrazione risponde alla necessità di dare completa e definitiva esecuzione alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 20 marzo del 2003, che si riferisce alla condanna dell’Italia per non avere classificato in misura sufficiente come Zone di protezione speciale i territori più idonei alla conservazione delle specie volatili, come prescritto da una precedente direttiva comunitaria denominata «Important bird Area (Iba)».
La delibera giuntale di gennaio dovrebbe scongiurare, almeno per quel che riguarda la Regione Friuli Venezia Giulia, una salatissima sanzione che in prima istanza toccherebbe comunque il ministero dell’Ambiente.
Sulla questione Fulvio Pratesi, presidente nazionale dell’associazione ambientalista del Wwf, aveva avuto modo di sporge un reclamo alla Commissione Europea lo scorso dicembre.
Anche la sezione locale dell’associazione ambientalista aveva sottolineato come la Regione autonoma, con i suoi ritardi nell’identificazione delle zone da tutelare, risultasse scarsamente sensibile alle tematiche ambientali.
«La mancata individuazione dei perimetri di protezione per le Iba in diversi parti d’Italia – aveva osservato il responsabile locale Guido Pesante in una conferenza stampa – può comportare per l’Italia una sanzione comunitaria valutabile attorno ai 10 milioni di euro. Per il principio di sussidarietà – precisava ancora Pesante – il Ministero scaricherà l’onere finanziario sulle regioni inadempienti, e dunque pure sulle spalle dei contribuenti del Friuli Venezia Giulia, perché la sanzione inciderà ovviamente sull’assegnazione dei fondi strutturali».
La nuova perimetrazione fissata dalla delibera dello scorso gennaio dovrebbe dunque scongiurare il provvedimento. Tuttavia Guido Pesante esprime ancora qualche perplessità sulla situazione: «Finché il provvedimento non è definito nel dettaglio – dice – è inutile cantar vittoria».
Dubbio e sconcerto arrivano invece da Edi Bukavec, segretario dell’Associazione Agricoltori: «La delibera segue un provvedimento di perimetrazione già penalizzante attuato nel febbraio del 2006. Il problema – afferma – è che ancora una volta le decisioni sono state prese senza consultarsi preventivamente con gli enti locali e le organizzazioni agricole.
In base a tali Zone di protezione speciale e ai coincidenti Siti di importanza comunitaria (Sic), chi lavora sul territorio dovrà chiedere costose e annose valutazioni di incidenza per poter effettuare dei cambi di colture sulla sua proprietà. Con questa delibera il “Carso” viene di fatto bloccato. Perché non consultarsi preventivamente con i rappresentanti di chi vi vive e lavora?». E la protesta diventa subito un caso politico, con i Verdi del Carso che replicano agli ambientalisti (vedi cornice qui sopra).
m.l.

 

I Verdi: «Ha sbagliato la Regione»
TRIESTE «È comprensibile la rabbia degli agricoltori e dei sindaci dei comuni del Carso – Sgonico in testa – per la notizia di ulteriori 2500 ettari che la Regione starebbe per istituire come Zps. Ma, scagliandosi contro gli ambientalisti e contro l’Europa, si sta sbagliando decisamente obiettivo». Lo afferma Maurizio Rozza, dei Verdi Carso/Kras, dell'esecutivo dei Verdi della Regione, in una nota in cui ricorda come «la colpa della gravissima situazione non va cercata nell’Europa o tra gli ambientalisti, ma nella Regione che, seguendo una linea assolutamente trasversale agli schieramenti, ha ingenuamente cercato in questi anni di temporeggiare, anziché fare l’unica cosa che le avrebbe permesso di uscire da una situazione complessa e conflittuale: redigere i piani di gestione parallelamente alla definizione delle perimetrazioni. In assenza dei piani di gestione gli operatori agricoli del territorio saranno costretti ad effettuare la valutazione di incidenza su ogni singolo intervento straordinario, sobbarcandosi costi intollerabili»

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI',  5 febbraio 2007

 

 

Smog, centro vietato fino a mezzogiorno - La bora pulisce l’aria ma il sindaco deve attendere i nuovi dati di oggi

 

La bora e la discesa dei valori delle Pm 10 non sono bastate per rimuovere i divieti. Dipiazza: senza cifre non ho potuto fare niente

Sono stati 42 i veicoli controllati dai vigili, che hanno sanzionato solo 4 irregolarità - Decine le telefonate di informazioni al centralino della Municipale

Sulla base dei dati solo in mattinata gli esperti decideranno se revocare il blocco

Fino a mezzogiorno resta il blocco del traffico. Lo prevede la legge anche se ieri centinaia di triestini hanno tenuto sotto pressione per ore il centralino dei vigili urbani chiedendo informazioni sull’eventuale revoca del provvedimento.
Da sabato notte infatti la caligine era scomparsa e la brezza aveva iniziato a soffiare sulla città, pulendo l’aria e facendo scendere il livello delle pm 10 sotto i limiti di legge. Anche il cielo ieri mattina era azzurro, splendeva il sole e molti hanno sperato di mettersi al volante delle loro automobili nell’unico giorno della settimana di piena libertà dal lavoro.
Invece i vigili urbani per tutta la giornata hanno risposto che le limitazioni al traffico non erano state revocate dal Comune. «Fino a lunedì a mezzogiorno nulla da fare» hanno annunciato metodicamente i marescialli che si sono alternati al telefono nei vari turni di servizio. «Siamo sotto pressione, una telefonata ogni due minuti, un vero assedio. Il tempo è buono, la foschia si è dissolta ma il provvedimento di blocco è sempre in vigore».
Molti automobilisti hanno palesato la loro delusione per la mancata revoca; altri si sono adeguati, altri ancora hanno protestato. Qualcuno invece si è messo al volante sperando nella fortuna e nel limitato numero di uomini in divisa dislocati usualmente nelle strade nelle giornate di festa. I pochi vigili in servizio hanno comunque controllato 42 veicoli, appioppando solo quattro multe per violazione del blocco rimasto in vigore nonostante il vistoso cambiamento delle condizioni atmosferiche.
«Probabilmente revoco il provvedimento entro mezzogiorno» ha affermato ieri in serata il sindaco Roberto Dipiazza. «Non ho potuto fare nulla nonostante la domenica e il cambiamento di tempo. La legge non me lo consente perché non avevamo a disposizione i dati delle centraline. Gli ultimi in possesso dell’amministrazione comunale risalgono a sabato e in quelle ore il livello delle polveri era ben al di là dei limiti di legge. E’ vero, il tempo nella notte è cambiato, il vento ha ripreso a soffiare ma in assenza di dati precisi, anche se sono il sindaco, ho le mani legate».
Oggi le limitazioni al traffico continueranno fino a mezzogiorno. Poi quando l’Arpa, renderà noti i livelli raggiunti ieri delle polveri sottili, il sindaco dovrebbe revocare la sua ordinanza. Tutto dipende dei livelli raggiunti.
In effetti la brezza già sabato sera ha fatto muovere i rami degli alberi e ha gonfiato le bandiere esposte sugli edifici. Ieri mattina alle 9 le stazioncine meteorologiche presenti in città hanno misurato un vento proveniente da Est con una velocità di quattro chilometri l’ora. Alle 14 il vento aveva raddoppiato la propria velocità ma aveva anche ruotato di 180 gradi la propria direzione. Proveniva da Ovest.
Sul Carso sono stata misurate durante la notte tra sabato e domenica alcune raffiche provenienti da Est con velocità comprese tra i 30 e i 56 chilometri l’ora. C’è da chiedersi se questi venti che hanno soffiato per un tempo limitato, sono riusciti a «pulire» completamente l’atmosfera o solo a coinvolgerla in un provvisorio maquillage.
Le previsioni dicono che oggi soffieranno venti deboli, Sud occidentali. Mentre per domani, martedì sono annunciate precipitazioni estese.
«L’emergenza è superata, ne sono certo» ha affermato in serata l’assessore all’ambiente Maurizio Bucci. «Non potevamo revocare il blocco del traffico perché la legge ci impone di assumere il provvedimento in base alle rilevazioni delle ultime 24 ore. Sabato in questo senso è stato disastroso. In piazza Libertà il livello delle polveri aveva raggiunto quota 77; in via Carpineto 98, in via Svevo 66. Va anche detto che oggi conosceremo i dati che l’Arpa ha raccolto domenica perché ieri i tecnici dell’Agenzia regionale non lavoravano. C’è solo un’ indicazione di massima e non ufficiale delle ore 10. In piazza Libertà il livello delle polveri era attestato su quota 12, in via Svevo 21, in via Carpineto 9. Ecco perchè mi sento di affermare che l’emergenza è superata».

Claudio Ernè

 

Autobus, nessuna corsa aggiuntiva quando l’automobile è vietata - TriesteTrasporti: «Variazioni possibili solo in caso d’emergenza»

La percorrenza quotidiana è di 40 mila chilometri: «Quanto la circonferenza della Terra». I bus saranno tutti ecologici ma il nome «Euro 4» turba qualcuno

Vietato circolare in macchina? Obbligo conseguente di affidarsi ai mezzi pubblici, anche per stringente necessità. I quali, puliti o sporchi nelle loro emissioni, in queste recenti giornate di smog e polveri oltre i limiti hanno conservato la piena e incondizionata libertà di movimento. Ma nessuna corsa è stata aumentata, nessun ritmo accelerato per «raccogliere» e trasportare i molti che hanno voluto fare i bravi e obbedienti cittadini, contribuendo con qualche sacrificio al recupero di una minima salubrità dell’aria.
CONTRATTO. Molti mezzi, si è notato, erano più stipati del solito. Ma non a tutte le ore. Dunque la domanda si pone: Trieste Trasporti ha notato un maggior numero di utenti, contando i biglietti vidimati? Quanti cittadini hanno usato l’autobus al posto dell’auto privata? Per saperlo però bisognerà aspettare. «Le verifiche si fanno ogni mese - risponde il direttore di Trieste Trasporti, Pier Giorgio Luccarini -, quindi le avremo a giorni per gennaio, e in tutti i casi noi non possiamo assolutamente aumentare le corse, c’è un contratto di servizio da rispettare, deroghe temporanee si possono fare solo per situazioni di vera emergenza». Gli smottamenti su Strada del Friuli, per esempio, hanno imposto deviazioni e navette, e aumento di chilometraggio.
CIFRE. «Viceversa - prosegue il direttore - dobbiamo esplicitamente essere autorizzati dalla Provincia».
Non risulta tuttavia che né il Comune, titolare delle ordinanze sul blocco del traffico, né la Provincia stessa come responsabile dei trasporti pubblici, si siano posti il problema di intensificare il lavoro degli autobus. Ma Luccarini snocciola le cifre dell’attività quotidiana, come a dire che è difficile aumentare ancora un servizio di già ampia portata.
CORSE. «Abbiamo - elenca - 270 autobus attivi, che fanno 6000 corse al giorno, pari a 40 mila chilometri quotidiani: ci pensa mai qualcuno che ogni 24 ore, in una città comunque non enorme qual è Trieste, si fa per intero un percorso pari alla circonferenza della Terra?».
ECOLOGICI. Hanno peraltro fatto la loro bella figura, in giornate «nere» per l’ambiente, i nuovi bus azzurri «Euro 4» che si proclamano ecologici. Sono in marcia già 20 mezzi, altri 14 sono in arrivo. Li produce in parte Mercedes e in parte Irisbus. Quelli da 18 metri costano 300 milioni di euro. Se sono lunghi 12 metri il prezzo è di 220 milioni. Cifre imponenti.
ACQUISTI. «Li acquistiamo coi nostri soldi - prosegue Luccarini -, ne sono previsti 33 ogni anno, fino al ricambio completo, per cui avremo il parco-mezzi più giovane in Italia (mentre le tariffe sono ancora, secondo studi ufficiali della Regione, le più basse)». Silenti e puliti, azzurri e freschi di fabbrica, gli «Euro 4» - che non inquinano, o il meno possibile secondo la tecnologia oggi esistente - hanno però già turbato profondamente qualche cittadino fra i più anziani, che così, senza volere, ha portato allo scoperto un concreto equivoco da omonimia.
EURO CHI? La scena si è svolta a una fermata, e del fatto (che lì per lì fa ridere, ma merita pensarci seriamente) è stata testualmente informata Trieste Trasporti, la cui testimonianza fa fede. Una signora è in attesa del bus, e quando finalmente lo vede arrivare aguzza gli occhi. E’ azzurro. Lo guarda meglio e legge le scritte adesive. Sobbalza: «Cosa? Euro 4? Scherziamo. Questo costa troppo. Io aspetto il prossimo...». Sana economia domestica e pericolose relazioni linguistiche.

Gabriella Ziani

 

 

Entro un mese il via alla bonifica della Teseco sull’area ex-Aquila - Rispetto ai 24 mesi previsti, l’operazione sarà ultimata fra un anno

 

Via libera del ministero dell’Ambiente al progetto di riqualificazione del lotto su cui sorgerà il centro commerciale

Ultimata la fase preliminare, entro un mese inizia l’asporto dei terreni inquinati

Parte in questi giorni la bonifica dell’area ex Aquila alle Noghere, dove sorgerà il centro commerciale progettato dalla Teseco. La stessa Teseco, proprietaria dell’intero comprensorio dell’ex raffineria, ha infatti ricevuto dal ministero dell’Ambiente il decreto con cui viene approvato il progetto di bonifica per la cosiddetta area LN1 alle Noghere. Una zona di 225 mila metri quadri, compresa nel Sito inquinato di interesse nazionale, destinata ad ospitare come si diceva il centro commerciale. E la costruzione del centro, ormai non lontana, metterà in moto risorse rilevanti per il proseguimento delle bonifiche nelle altre parti dell’area ex Aquila.
«Questo decreto è un risultato importante – commenta Stefano Vendrame, responsabile Teseco per l’area Nord Est – non solo per il progetto di riqualificazione del comprensorio ex Aquila. Si tratta di uno dei primissimi progetti di bonifica, relativo a un sito di interesse nazionale, approvati dal ministero dell’Ambiente con la nuova procedura introdotta dal Codice ambientale, entrato in vigore nella primavera del 2006. Questo progetto – aggiunge Vendrame – rappresenta quindi una sorta di banco di prova dell’applicazione delle nuove norme in campo di bonifiche, e il decreto sancisce la bontà del nostro lavoro, già ritenuto approvabile in base alla normativa precedente».
Sul piano operativo, la fase di preparazione alla rimozione dei terreni inquinati è iniziata già da due anni nell’intera area delle Noghere di proprietà Teseco (complessivamente 38 ettari), dove sorgeranno anche il centro per il commercio all’ingrosso della Confcommercio e il mercato ortofrutticolo. Ma la bonifica delle strutture in superficie va avanti anche nell’area ex impianti dell’Aquila e nella zona di Monte San Giovanni.
Alle Noghere, dove sono stati demoliti serbatoi per quasi un milione di metri cubi e 25 chilometri di tubazioni, le operazioni preliminari alla bonifica sono in sostanza completate. Restano ancora in piedi quattro serbatoi nell’area vicina al mare (non interessata al centro commerciale), in quanto Teseco attende il parere della Soprintendenza sulla demolizione. «A giorni scatta il silenzio assenso», precisa Vendrame.
Nel giro di un mese Teseco partirà con la bonfica vera e propria del lotto relativo al centro commerciale, cioè con l’asportazione dei terreni inquinati, fino a una profondità massima di due metri in base al livello di inquinamento riscontrato, che in questa prima fase verranno depositati in una discarica autorizzata fuori regione.
In base all’accordo di programma firmato qualche anno fa, la bonifica del lotto in questione dovrà essere completata nel giro di 24 mesi. I piani della Teseco prevedono tempi molto più brevi: «Contiamo di ultimare questa bonifica – precisa Vendrame – entro quest’anno o al più tardi agli inizi del 2008».
Ma, come si diceva, le attività preparatorie alle bonifiche sull’intero comprensorio ex Aquila – 626 mila metri quadri inclusi nel Sito inquinato di interesse nazionale – sono a un punto avanzato. La caratterizzazione dei terreni è stata completata, e i progetti di bonifica per tutte le aree sono stati depositati da tempo al ministero dell’Ambiente da parte di Teseco, che ora attende i relativi decreti di approvazione.
Un altro decreto, che è già predisposto e al quale manca solo la firma del ministro, è poi quello che autorizza la costruzione della piattaforma polifunzionale per il trattamento dei terreni, nell’area ex impianti della raffineria. «Non appena riceveremo il decreto – precisa Vendrame – partirà la bonifica di quei terreni e subito dopo avvieremo la costruzione dell’impianto».

Giuseppe Palladini

 

 

Allarme siccità: a rischio la dieta mediterranea - Stravolto il ritmo delle coltivazioni: carciofi in anticipo di quasi 2 mesi e le prime ciliegie forse già a fine aprile
 
ROMA Ciliegie a fine aprile anzichè a giugno, carciofi in anticipo di 55 giorni, superfioritura invernale sugli alberi da frutto, ulivi in sofferenza: il clima impazzito arriva direttamente sulle tavole degli italiani e mette a rischio la tipica dieta mediterranea.
Caldo e siccità sono infatti i nemici numero uno delle colture. E le conseguenze potrebbero essere drammatiche sia sulla produzione Made in Italy che sui mercati nazionali.
Intanto fiumi e laghi «perdono» acqua: il lago di Garda a Peschiera è a 63 centimetri, solo trenta al di sopra del minimo storico degli ultimi 50 anni, mentre il Po a Ponte Lagoscuro è a un livello di -5,5 metri con la previsione di un progressivo abbassamento.
L’allarme è lanciato dalla Coldiretti sulla base di un monitoraggio effettuato nel primo week end di questo mese. «Olio, pomodori, frutta e verdura, cioè i punti forti della nostra dieta mediterranea - ha dichiarato Rolando Manfredini, responsabile qualità della Coldiretti - sono a rischio».
I maggiori danni sono previsti a Nord. In Emilia Romagna, sotto stress termico sono vaste colture di peschi. Colpite anche le piantagioni di susini, ciliegi e mandorli, per le quali si parla di uno sfasamento di 45 giorni.
Futuro incerto anche per l'olio («o scarsa qualità o scarsa produzione») mentre è boom di carciofi (Lazio e Sardegna) con un anticipo di 55 giorni, e di scarola (Puglia). Il caldo ha sballato anche tutte le orticole di primo campo, come le cicorie e gli spinaci, e i prodotti tipici per le zuppe, come i cardi, «che stanno venendo su molto in anticipo».
«Questo significa - ha spiegato Manfredini - che ci sarà una concentrazione di offerta cui non corrisponde altrettanta domanda. Per cui spesso i contadini sono costretti a smantellare le colture, con i prodotti già maturi ancora sui campi perchè invenduti, e a ripiantare».
Alla base uno stravolgimento dei ritmi della natura per colpa delle anomalie del clima. «La siccità si manifesta in modo graduale. Quando - ha spiegato Manfredini - le piante soffrono la sete, mettono in moto meccanismi di sopravvivenza per cui o sviluppano le foglie a scapito della produzione di frutti o fioriscono in anticipo con una superproduzione di fiori, destinati però a cadere. Un fiore - ha proseguito - si sviluppa e dura sette giorni. Poi viene fecondato e da lì il frutto comincia a svilupparsi con una crescita che va dai 40 ai 50 giorni. E quindi, se abbiamo i ciliegi in fiore adesso, raccoglieremo i frutti a fine aprile?».
E non è neanche sicuro che questi frutti si possano raccogliere, sebbene in anticipo. «Il ciliegio fiorisce intorno ai primi di aprile, e se invece mette i fiori adesso non è detto che fiorisca una seconda volta, quando è il suo tempo. Tanto più che i fiori di oggi non sembra possano portare ai frutti», ha riferito l'esperto della Coldiretti secondo il quale «per quest'anno ci si aspetta un andamento della produzione in negativo» su scala generale.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA,  4 febbraio 2007

 

 

Centro chiuso, i controlli non bastano - È facile circolare con vetture non autorizzate senza essere sorpresi

 

Viaggio nelle vie proibite al traffico dal Comune: da San Giusto a via Piccardi e da Roiano a San Vito

Centro chiuso per smog? Per molti, ma non per tutti. Al di là dei titolari delle deroghe, i disinformati e gli sbadati, ma soprattutto i «furbi», hanno infatti buone possibilità di addentrarsi nelle vie off-limits al traffico evitando i controlli dei vigili urbani, di cui la città appare sguarnita. «Sarebbe materialmente impossibile - spiega però il comandante della polizia municipale Sergio Abbate - presidiare tutti i varchi dell’ampio perimetro chiuso al traffico, quindi l’unica possibilità è fare controlli a campione all’interno».
La prova che si può «farla franca» emerge dalla mattinata trascorsa ieri nel cuore della città, all’interno della fascia protetta 9.30-12.30, a bordo di un’auto non Euro 4, muniti di un permesso stampa (deroga regolare) da esibire soltanto in caso di necessità. Necessità, questa, che non si è mai verificata.
SAN GIUSTO Sono le 10.40 quando ci muoviamo da Campo Marzio, direzione San Giusto. Imbocchiamo le vie Economo, Lazzaretto Vecchio, Diaz e San Michele. Colle raggiunto senza problemi.
SAN GIACOMO Da via Bramante ci dirigiamo verso via dell’Istria ed è lì, davanti al comando dei carabinieri, che incontriamo la prima pattuglia della municipale: i vigili, sull’altro lato, stanno controllando chi è diretto a Campo San Giacomo. Scendiamo per via del Destriero, dove incrociamo una Fiat Cinquecento del ’99 guidata da una signora.
VIA PICCARDI Il «test» prosegue per viale Ippodromo, via Settefontane e via Vergerio, ma soprattutto per le vie Piccardi e Canova: qui la municipale è impegnata a rimuovere un’auto dall’area bus.
VIA GIULIA Sono le 11: giù per via Gatteri e svolta a destra in via Battisti. Da qui risaliamo via Giulia e stavolta, all’intersezione con via Cologna, troviamo due pattuglie dei vigili intenti a fermare le macchine dirette in centro. È il luogo più sensibile per i controlli: siamo esattamente al limite del perimetro. Più su, infatti, sempre in via Giulia, entriamo in «zona franca» e il traffico aumenta.
ROIANO Per tornare in centro prendiamo Viale Sanzio, poi su per l’ex Opp e discesa per via Valerio e via Fabio Severo, dove si rientra nel perimetro off-limits, fino a Foro Ulpiano. Sono le 11.15. Passa una Seicento del 2001 con a bordo una coppia e il loro cane. Avanti per via Udine, direzione Roiano. A Campo Belvedere ecco un altro punto-chiave per gli agenti della municipale. Ma anche stavolta stanno dalla parte opposta: prioritario è il monitoraggio verso il centro, non il contrario.
BORGO TERESIANO Rientriamo per viale Miramare - e fin qui siamo apposto con le limitazioni - mentre da piazza Libertà imbocchiamo le vie Ghega, Trento e Geppa. E ci immettiamo in via Roma. In un rapido giro di 360 gradi per Corso Italia, piazza Goldoni, via Carducci e via Valdirivo incrociamo due vigili: la nostra auto passa inosservata.
SAN VITO Ultima tappa, alle 11.30, da Corso Italia alle gallerie Sandrinelli e San Vito. Giù per via San Marco e a destra per viale Campi Elisi e via Schiapparelli. Deviazione per piazzale Rosmini e discesa lungo le vie Combi e Franca fino a Campo Marzio. Giro concluso, senza incontri ravvicinati con persone in divisa.

Piero Rauber

 

Oggi stop al traffico, si spera nella bora  - Sarà il quinto giorno consecutivo. Elevate 74 contravvenzioni su 269 controlli totali

La revoca dell’ordinanza era pronta, ma i valori dell’inquinamento sono rimasti al di sopra della soglia limite di 50 microgrammi per metro cubo

I valori delle polveri sottili non erano rientrati nei limiti di legge fino a ieri sera, quando è arrivata l’attesa bora. L’ordinanza comunale, che vieta la circolazione ai mezzi privati, dovrebbe restare in vigore oggi e nella mattinata di domani, negli orari già adottati (9.30 -12.30 e 16-19), anche se a tarda ora l’assessore all’ambiente Bucci ha dichiarato di «ritenere superata l’emergenza in seguito alla bora». L’ordinanza non può essere tecnicamente revocata vista la giornata festiva. Stamane l’assessore, dopo aver ricevuto i nuovi dati dall’Arpa, si consulterà con il comandante dei vigili. «Non ha senso – ha aggiunto Bucci – continuare la chiusura dopo che il vento ha ripulito l’aria».

Proprio la bora si è rivelata ieri la grande variabile incompiuta, lasciando spazio - per l’intera mattinata così come nel pomeriggio - a una densa coltre di nebbia immobile sopra Trieste. «Ho fatto venire a lavorare apposta i tecnici comunali al mattino - ha spiegato l’assessore all’ambiente - per una riunione in cui si potesse sancire un rientro dell’emergenza. Avevo anche fatto già preparare la revoca dell’ordinanza, che avrebbe sbloccato le limitazioni al traffico fin dal pomeriggio. Ma alla fine non sono arrivati dati confortanti e non abbiamo potuto fare altro che confermare i divieti alla circolazione».
La concentrazione media giornaliera delle Pm10, in effetti, dopo alcuni picchi allarmanti - fra cui i 127 microgrammi per metro cubo rilevati venerdì mattina in via Carpineto - è apparsa in attenuazione rispetto a giovedì (si faccia riferimento al grafico, ndr), ma è rimasta comunque ben al di sopra della soglia-limite di 50. Bucci e i tecnici si sono arresi anche di fronte ai dati parziali, riguardanti proprio la mattinata di ieri, giunti in tempo reale dall’Arpa: 76,7 in via Carpineto, 75,6 in piazza Libertà, 58 in via Svevo. Ancora troppo smog.
Ogni decisione ufficiale è dunque rimandata a domattina. Se il blocco del traffico dovesse proseguire si raggiungerebbe il numero-record di sei giorni consecutivi (l’attuale ordinanza è in vigore da mercoledì scorso), la decima giornata dall’inizio dell’anno se si considerano i precedenti provvedimenti antismog dell’11-12 e del 21-22 gennaio.
Alto è stato anche il consuntivo delle multe - 74 su 269 controlli totali - comminate nella giornata di ieri dalla polizia municipale a chi è stato sorpreso a circolare in centro negli orari contemplati dall’ordinanza comunale. Il numero più alto di verbali si è registrato fra via dell’Istria e via Alberti - fra l’imbocco della galleria di San Vito e via San Marco - dove i vigili hanno multato ben 27 automobilisti su 46 macchine fermate.
Alto, come sempre, il dato di infrazioni sul monitoraggio giornaliero in via del Teatro Romano - 24 sanzioni su 48 verifiche - mentre da Largo Giardino, all’intersezione fra via Giulia e via Cologna, non è uscita nessuna multa nonostante la municipale abbia controllato 86 vetture.
Il perimetro percorribile, lo ricordiamo, comprende via Commerciale (fra via Cordaroli e via Pauliana), via Pauliana, l’asse via Salata - galleria di Montebello - piazza Foraggi - viale Ippodromo, via Udine (tra salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (tra via Udine e via dei Saltuari). Percorribili anche le strade d’acceso e uscita dai parcheggi Sant’Andrea, Ferdinandeo, Palasport di Chiarbola e Foro Ulpiano.
Le deroghe riguardano i veicoli ad emissione zero, metano o Gpl, le Euro 4 e le due ruote omologate Euro 2 o Euro 3. Disco verde pure per i veicoli con contrassegno di trasporto invalidi, per quelli dei medici e veterinari in visita domiciliare urgente, nonché per i mezzi partecipanti a cortei matrimoniali muniti di autocertificazione, ma anche per i veicoli dei lavoratori dipendenti o autonomi con autocertificazione dell’orario di lavoro rilasciata dall’azienda.
pi. ra.

 

 Polveri sottili, pericolo per i bambini Il «Burlo» cura ogni anno 11mila piccoli ammalati di asma

Gli studi confermano gli alti rischi collegati all’inquinamento in città nell’età tra zero e 4 anni

Per i più piccoli asfalto e aria impregnati di veleni rappresentano un vero pericolo. Più di 13 mila bambini tra zero e quattro anni muoiono ogni anno in Europa per malattie legate all’inquinamento da polveri sottili (Pm10), e 10 mila sono vittime dell’uso di combustibili fossili nelle case. Lo dice l’impressionante risultato ottenuto da uno studio realizzato un paio d’anni fa confrontando i dati di 51 paesi nell’ambito di una ricerca avviata dall’Organizzazione mondiale della sanità, e firmata sulla prestigiosa rivista «Lancet» dal direttore scientifico del «Burlo Garofolo», Giorgio Tamburlini, e da medici universitari dell’Istituto di igiene ed epidemiologia di Udine guidato da Fabio Barbone.
I bambini sono «bassi», quindi più contigui alla strada, rispetto al loro peso inalano più aria di un adulto (così come bevono e mangiano molto di più). Il «Burlo» cura ogni anno 11 mila bambini per asma, non solo triestini ovviamente, e anche se a parere dei medici gli effetti negativi dell’esposizione all’inquinamento non sono immediatamente riscontrabili, essi incidono sul loro sviluppo. Possono causare una cattiva crescita dei polmoni, con rischio di enfisemi in età adulta, o malattie cardiache. Ma anche nervose e cerebrali. L’inquinamento da piombo, ha dimostrato una recentissima indagine condotta negli Stati Uniti sulla base di letteratura mondiale, ha dimezzato tra 1960 e 1980 il numero di persone con quoziente intellettivo superiore a 130 (intelligenza superiore) e aumentato quello di chi ha un «QI» inferiore a 70.
A livello locale il primario di Pneumologia Marco Confalonieri ha nei giorni scorsi riferito che a Trieste c’è un forte aumento di asma giovanile, oltre a restar stabile l’alta incidenza di malattie respiratorie negli adulti-anziani. Il direttore della Clinica pediatrica del «Burlo», Alessandro Ventura, sintetizza il problema così: «I dati scientifici internazionali dicono che c’è un chiaro rapporto tra inquinamento e possibilità di ammalarsi per i bambini, di fatto sono in aumento molte allergie (asma, dermatiti, riniti allergiche), ma questo può dipendere da due fattori insieme: da un lato i gas inquinanti possono favorire un’allergia ad altre sostanze, e dall’altro gioca la ’’teoria igienica’’, secondo cui oggi i bambini non essendo più a contatto con lo ’’sporco naturale’’ attivano meno il sistema immunitario, paradossalmente chi vive vicino a una stalla, tra polli e gatti, si fortifica di più».
Di asma e allergie si occupa specificamente al «Burlo» Giorgio Longo. E il medico sfata la teoria del legame tra aria sporca e mali respiratori. «Paradossalmente vorrei dire che impedendo alle macchine di circolare si esce di più a piedi e si respira ancora più aria sporca». Dal suo osservatorio non si vedono aumentare le patologie respiratorie in periodi d’inquinamento, mentre è molto seriamente presa in considerazione la teoria della «troppa igiene» per giustificare l’aumento di allergie. Quanto agli attuali bimbi malati, hanno tutti la «bronchiolite», causata da un virus annuale che colpisce sotto l’anno di età.

Gabriella Ziani

 

Varchi incustoditi, divieti inutili
E se anche la maggior parte dei triestini rispetta le regole c’è sempre chi è più furbo degli altri, come raccontiamo in queste pagine. E serve a poco perché, dati alla mano, le insidiose polveri sottili non sembrano avere alcuna intenzione di andarsene da dove sono: nei diagrammi dell’inquinamento oscillano un po’ in alto e un po’, ma non scendono sotto la soglia del proibito.
D’altro canto il pericolo c’è. In teoria i bambini non dovrebbero nemmeno circolare con questi valori nell’aria, e neanche le persone anziane affette da disturbi respiratori. A rigore non dovrebbero girare neppure i cani. E allora? La soluzione non è a portata di mano, ma forse l’amministrazione pubblica dovrebbe prendere un po’ più a cuore la questione delle polveri sottili. Per esempio migliorando il trasporto pubblico, o curando di più aree verdi e giardini. Insomma facendo capire che davvero la salute dei cittadini è più importante di qualsiasi altro interesse. Per questo non occorre coprire le auto di multe né costruire migliaia di parcheggi.
Pietro Spirito

 

Bucci: giovedì in giunta l’ipotesi del «car pooling»

Ci insiste da giorni, ora l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci è deciso a proporre a Dipiazza e colleghi l’ipotesi del «car pooling», che prevede una deroga alla circolazione per le vetture con almeno tre persone a bordo. «Giovedì – annuncia – porterò in giunta quest’idea».

 

MUGGIA Ambiente: l’impegno della giunta Nesladek -  Verdi: «Un accordo sui temi ambientali per dire sì al bilancio»
 
Hanno votato a favore del bilancio, e hanno ritirato - in aula - due emendamenti che essi stessi definiscono «pesanti». In cambio hanno ottenuto dal sindaco la promessa di azioni di lungo periodo sia sulle tariffe e sull’Irpef, sia su questioni ambientali.
E così i Verdi Giorgio Millo (presidente provinciale), Omero Leiter (consigliere comunale) e Rossano Bibalo (del direttivo provinciale) vogliono dettagliare la propria azione politica ammettendo: «Pur mantenendo le nostre perplessità sull’impostazione del bilancio, per senso di responsabilità politica i Verdi hanno ritenuto in questa occasione di dare il loro voto favorevole, contribuendo con il proprio lavoro ad accentuare determinati punti del programma elettorale sottoscritto».
Gli emendamenti presentati e poi ritirati a seguito di un accordo politico riguardavano la «non introduzione, o quantomeno la minimizzazione dell'addizionale comunale Irpef in abbinamento alla riduzione dell'Ici sulla prima casa - spiegano i tre esponenti Verdi -, inoltre un altro emendamento, forse meno pesante, ma non di meno qualitativo mirava a intervenire sulla sistemazione e manutenzione della sentieristica naturale del comune attingendo a contributi provinciali di cui l'ente muggesano non aveva mai fatto uso».
Poi gli emendamenti sono stati ritirati. Il sindaco Nesladek ha citato durante il consiglio comunale i punti dell’accordo raggiunto, che riguardano soprattutto politiche di miglioramento ambientale, ma in prima battuta appunto anche le tassazioni locali.
I Verdi infatti hanno chiesto alla giunta di impegnarsi per «introdurre la fascia di esenzione per l'addizionale Irpef sui redditi fino a 15mila euro, di riconsiderare successivamente l'aliquota dell'addizionale comunale e/o la riduzione dell'aliquota Ici in rapporto alle riscossioni effettive».
Quanto invece alla «politica verde», questi gli impegni concordati: «Predisposizione di un progetto di gestione ambientale del territorio finalizzato al raggiungimento della certificazione Iso 14001 con interventi qualificanti a breve periodo - scrivono Millo, Leiter e Bibalo - quali il potenziamento della raccolta differenziata, l’istituzione dello ’’sportello energia’’ che informi i cittadini sui sistemi di produzione di energia pulita (pannelli solari, celle fotovoltaiche e altro) e relative modalità per l'ottenimento dei contributi pubblici, e infine introduzione nel regolamento edilizio di norme atte a ottenere il massimo risparmio energetico nell'edificio».
A ciò i Verdi hanno aggiunto anche «vari altri interventi sull'ambiente che, rispettando determinati parametri - affermano nella loro nota - portino in futuro il territorio muggesano a un’ottima sostenibilità ambientale».
E così l’accordo finale è stato raggiunto, e sono stati evitati emendamenti che si sarebbero di fatto rivelati ancora più pesanti rispetto al loro contenuto considerando che l’opposizione ne aveva presentata una vera valanga, e che la giunta avrebbe dovuto incassarne anche dalla sua maggioranza.

 

DUINO AURISINA Variante, centrosinistra in piazza - Una serie di appuntamenti nelle frazioni per contrastare le scelte del centrodestra  (vedi tabella)
 
Domani a Medeazza il primo incontro, mercoledì a San Pelagio
Centrosinistra all'attacco, sindaco «scandalizzato» dalle dichiarazioni degli avversari politici. Non accenna a calmarsi la polemica che vede, da oltre due settimane, i due schieramenti politici di Duino Aurisina opposti sul tema della variante 24/25, uno scempio per il territorio secondo l'opposizione di sinistra, una variante tecnica e microchirurgica per la maggioranza.
Ora, dopo dichiarazioni ai media, comunicati, assemblee pubbliche e conferenze stampa, si scende in piazza. Il centrosinistra ha varato, come annunciato ieri l'altro, un calendario di incontri paese per paese, per spiegare alla gente cosa contiene la variante.
E il sindaco risponde a tono: ha già inviato una lettera ai cittadini di Medeazza, e mi accingo a incontrare quelli delle altre frazioni del comune per spiegare cosa è stato votato in consiglio.
Il centrosinistra, prima che in altri luoghi, si dirigerà proprio a Medeazza, la frazione che con una spontanea raccolta di firme aveva chiesto, due giorni prima della votazione in consiglio, di stralciare le norme previste per il suo territorio.
«Comincerà a Medeazza - si legge infatti in una nota del centrosinistra - il ciclo di assemblee organizzato dall'Unione di centrosinistra di Duino Aurisina, per illustrare alla popolazione i contenuti delle varianti al piano regolatore approvate dal consiglio comunale con i voti della sola maggioranza di centrodestra. L'incontro si svolgerà lunedì 5, alle 20.30, nell'azienda agricola Radetic. I cittadini di Medeazza - prosegue la nota - avevano organizzato una raccolta di firme contro le varianti. L'iniziativa aveva indotto la giunta ad accogliere alcune proposte, mantenendo però alcune varianti che, secondo un'opinione diffusa, hanno finalità esclusivamente speculative».
A seguire, il centrosinistra si sposterà di qualche chilometro: «La seconda assemblea è organizzata per i cittadini di San Pelagio, Ternova e Prepotto; si svolgerà nella sala comunale Albin Skerk di San Pelagio, mercoledì 7 alle 20.30».
Al di là delle accuse di carattere tecnico, relative agli interventi edilizi ora possibili, il dibattito politico riguarda anche le scelte dei due schieramenti: «La destra ha corso per approvare questa variante - aveva dichiarato ieri l'altro il candidato sindaco Veronese - ma ha trascurato di concertare con i cittadini».
«E' la sinistra che non ha voluto concertare - ribatte il sindaco Ret - perchè uscire dall'aula senza presentare emendamenti significa di fatto non voler discutere. Sono certo che se non fossimo in periodo elettorale, la sinistra avrebbe votato con noi. Aveva pur votato gli indirizzi».
Intanto il consigliere Tanze tuona sulla procedura: al momento della convocazione del consiglio comunale mancavano le traduzioni in sloveno, arrivate in ritardo rispetto a quanto previsto dallo statuto. Una questione procedurale che già in passato aveva causato annullamenti e bocciature di documenti votati in aula, indipendentemente dai contenuti.

 

Il traffico in città protagonista alla Società di Minerva

Il ciclo di conferenze di febbraio organizzato dal sodalizio insieme alla facoltà di Ingegneria dell’ateneo triestino

Prosegue per tutto il mese di febbraio il ciclo di conferenze in collaborazione tra la Società di Minerva, la facoltà di Ingegneria dell'ateneo triestino e il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale di Trieste. Obiettivo degli incontri è far conoscere alla città ricerche, metodologie e temi dei quali studenti e docenti si stanno occupando, soprattutto quando gli argomenti fanno riferimento alla nostra città.
Questi appuntamenti non sono rivolti soltanto ai soci della Minerva ma anche ai cittadini che grazie a questa formula possono fare capolino nelle aule universitarie e scoprire cosa e come si studia, contribuendo a rinsaldare il legame tra l'ateneo e la città.
Il primo appuntamento si è svolto ieri ed è stato dedicato all'ospedale infantile Burlo Garofalo, una istituzione che è molto cara ai triestini come dimostra la recente levata di scudi di fronte a una ipotesi di ridimensionamento. Ne ha parlato il professor Edino Valcovich (direttore del corso di laurea specialistica in Ingegneria edile) esperto di edilizia ospedaliera in Italia, il quale ha illustrato alcune delle tematiche architettoniche legate al complesso del Burlo alla luce anche di ipotesi di sviluppo.
L'incontro in programma sabato prossimo, 10 febbraio, propone l'argomento della tesi svolta da Elisa Monti Di Sopra che ha analizzato secondo un'ottica da «ingegnere» la piramide di Cheope affrontando con rigore scientifico aspetti che solitamente vengono trattati solo in chiave di mistero e esoterismo.
L'esposizione sarà preceduta da una introduzione a cura del relatore, professor Salvatore Noé e uno dei correlatori, il professor Pietro Piva.
Si preannuncia molto interessante sia per gli addetti ai lavori che per i profani la conferenza del 17 febbraio con il professor Roberto Camus (preside della facoltà di Ingegneria) dal momento che sviluppa alcune riflessioni legate a temi che stanno cuore a tutti, vale a dire traffico, viabilità, collegamenti, in una parola: la circolazione.
A conclusione sabato 24 febbraio il professor Giovanni Ceiner parlerà del progetto di Carlo Scarpa per il museo Revoltella, illustrando il lavoro di ricerca svolto in prima battuta proprio nell'ambito universitario con gli studenti e infine sviluppatosi in una mostra e un convegno, dai quali è stato possibile ricostruire con precisione l'evoluzione del progetto.
Tutti gli incontri si tengono alla Biblioteca Civica di piazza Hortis alle 17.30

 

 

Gas Natural rinuncia a Endesa e punta su Trieste - Si riaccende la sfida sui rigassificatori nel Golfo. E la centrale di Monfalcone diventa tedesca

 

Il gruppo spagnolo decide di ritirare l’Opa e lascia la strada libera al gruppo energetico E.On: le conseguenze in regione

TRIESTE La Gas Natural si ritira dalla battaglia dell’Opa su Endesa e lascia la strada libera alla tedesca E.On verso la conquista del primo produttore energetico iberico. Tra venerdì e ieri la svolta per la lunghissima operazione da 40 miliardi di euro che ora vede anche la E.On alzare l’offerta con l’obiettivo di chiudere la transazione ad aprile. Significative anche le conseguenze per il territorio regionale: resteranno ora ben che distinti i due progetti di rigassificatore, quello on-shore (a terra) di Gas Natural nell’area ex Esso e quello off-shore di Endesa nel mezzo del Golfo. Fino a ieri infatti c’era la possibilità, vista la lotta dell’Opa su Endesa, che restasse un solo interlocutore spagnolo per due progetti.
Ancor più concrete invece le conseguenze per Monfalcone che ospita la centrale di Endesa (rilevata dagli spagnoli nel 2001) e che ad aprile, se tutto fila liscio, dovrebbe passare nelle mani della compagnia energetica tedesca con sede a Düsseldorf.
Gas natural ed Endesa avevano presentato progetti per 4 rigassificatori in Italia, due a Trieste, uno a Livorno (Endesa) e uno a Taranto (Gas Natural). L’eventuale Opa avrebbe creato non pochi problemi davanti l’Antitrust visto che Endesa è presente nel Paese con numerose centrali elettriche.
Resta dunque anche la battaglia tra i due progetti nell’area triestina, un’ipotesi che da mesi ormai sta sollevando polemiche infuocate a livello regionale e recentemente ha visto il parere contrario di molti consigli comunali (Trieste in primo piano).
Una battaglia troppo lunga, inziata nel settembre 2005, con risvolti politici e giudiziari (fra citazioni in Tribunale e interventi dell’Unione europea) ed è per questo che Gas Natural «ha preferito ritirarsi», confermano alcune indiscrezioni che giungono dalla società spagnola. Intanto il mercato è in fibrillazione di fronte al gruppo tedesco E.On che l’altra notte, realizzato di essere rimasto solo nella battaglia per la conquista del primo produttore enrgetico iberico, ha alzato del 12% l’offerta che da 34,5% euro ad azione è passata a 38,75.
Una mossa obbligata per E.On che, nonostante la gara senza concorrenti, si è trovata con un’offerta inadeguata a confronto dei valori di mercato delle azioni Endesa che si attestano sui 38 euro sulla piazza di Madrid. Una situazione che ha spiazzato gli stessi azionisti di Gas Natural che valutavano tra i 28 e i 30 euro il prezzo giusto delle azioni Endesa, un valore drasticamente inferiore alla prima offerta di E.On e che quindi hanno deciso di ritirarsi come avevano intuito i principali quotidiani spagnoli che da giorni davano la notizia dell’imminente addio.
I 38 euro di mercato del valore di Endesa contenevano già un premio del 10% in più rispetto ai 34,5 euro offerti da E.On che è stata costretta a rilanciare del 12% mettendo sul piatto altri 10 miliardi di euro circa. Ma non è finita: infatti per il colosso tedesco che dovrà fare i conti anche con lo zoccolo duro dei grandi soci di Endesa, il gruppo spagnolo di costruzioni Acciona e la Caja Madrid, che detengono rispettivamente il 22 e il 10%. Ieri nella conferenza stampa il Ceo della E.On, Wulf Bernotat, ha però annunciato oltre all’aumento del 12% dell’offerta («Un’operazione da 41 miliardi di euro»), anche di aver avviato colloqui con i grandi soci che sarebbero orientati a cedere le quote nel caso che E.On riesca ad ottenere la maggioranza.
«L’ultimo giorno per la consegna dei titoli sarà a fine marzo e prevediamo di chiudere la transazione nella prima metà di aprile» ha spiegato Bernotat che ha dato anche alcune indicazioni strategiche. Prevede infatti che la fusione «incrementerà l’utile con un ritorno sul costo del capitale in 3 anni e 600 milioni di valore addizionale dal 2010». Non sono previsti licenziamenti secondo la E.On che punta ora ad acquisire almeno il 50,1% del capitale ottenendo la cancellazione dell’attuale limite del 10% sui diritti di voto. I soci dell’Endesa voteranno su questo punto in un’assemblea convocata a marzo.

Giulio Garau

 

 

Piogge, da ottobre meno 60%. In estate l’Italia sarà a secco - Allarme del Cnr di Firenze: a fine luglio caldo rovente
 
Manca la neve che rappresenta la riserva di acqua per la primavera
ROMA La grande sete mette sotto assedio l'Italia. La siccità si conferma infatti il problema per i prossimi mesi. Una bomba a orologeria che colpirà soprattutto il Nord. Nessun sollievo arriverà dalle precipitazioni attese. Intanto da ottobre fino a oggi il deficit di acqua è stato del 60%. A metà febbraio prevista una forte ondata di freddo con replica tra fine febbraio e primi di marzo mentre l'estate sarà molto calda con picchi roventi a partire da fine luglio. La primavera anticipa di 20 giorni. Queste le conclusioni cui sono giunti gli esperti dell'Istituto Ibimet del Cnr di Firenze e che presenteranno domani alla riunione con la Protezione Civile a Roma.
«Per ora si conferma il rischio siccità attraverso le previsioni stagionali, specialmente nel Nord Italia», ha detto il direttore dell'Ibimet, Giampiero Maracchi. In particolare in base alle rilevazioni e alle proiezioni per febbraio e marzo «possiamo ritenere che la siccità - dicono gli esperti Ibimet - sarà il problema per i prossimi mesi».
«Le precipitazioni - ha sottolineato Maracchi - si fanno attendere. Febbraio risulta abbastanza nella norma anche se la tendenza va verso l'assenza di precipitazioni e quelle che ci saranno non potranno certo ripianare il deficit. Marzo sarà poco piovoso. Poi resta poco tempo per recuperare. A maggio e giungo - spiega il direttore dell'Ibimet - l'evaporazione è forte quindi tanto piove tanto evapora e anche con una primavera con precipitazioni il problema siccità resta». Le piogge migliori, spiega Maracchi, sono quelle invernali. Nella stagione fredda infatti, l'evaporazione è di mezzo millimetro al giorno, in primavera di 5 millimetri. «Ma, ad oggi, queste precipitazioni invernali - afferma Maracchi - non ci sono state. Anzi, abbiamo rilevato che da ottobre fino a ora c'è stato il 60% in meno di piogge soprattutto al Nord». Stesso trend anche in primavera. A marzo le previsioni parlano di un 50% di pioggia attesa rispetto alla norma, quindi ne arriverà in media la metà. Manca anche la neve che rappresenta il budget di acqua per la primavera.
Anomalie anche nell'andamento delle stagioni. «Da quanto è possibile valutare, la situazione attuale in Italia, e più in generale in Europa - ha detto Massimiliano Pasqui, dell'Ibimet - è caratterizzata da una estesa aridità che si protrae ormai da novembre 2006. Da una stima dello stato vegetativo, e più in generale ambientale, sul nostro Paese siamo con circa 2 decadi di anticipo rispetto alla normalità. Tale situazione sarà di particolare rischio per possibili ondate di gelo tardivo che, seppur di bassa intensità, potrebbero creare danni alla piante nel periodo tra la seconda metà di febbraio e la prima di marzo».
«Le nostre previsioni per le anomalie di precipitazioni per febbraio e marzo - aggiunge Pasqui - non indicano un possibile recupero idrico. Unitamente al fatto che le quantità di neve caduta durante l'inverno è veramente esigua».
Sul fronte temperature, l'Italia, fino a dicembre, risulta sopra la norma da 1 a 3 gradi, così come Francia, Inghilterra, Svizzera, parte delle Spagna e Portogallo. Inverno rovente, fino a 5 gradi sopra la media, in Germania, Polonia, Europa dell'Est fino alla Russia e Penisola Scandinava.
E l'estate? «Per ora abbiamo solo un outlook, cioè uno sguardo di insieme, non è quindi una previsione». «Ma questo sguardo - ha detto Maracchi - ci dice che sarà un'estate calda, in particolare nella sua parte finale».

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 3 febbraio 2007

 

Smog: raddoppiato l’inquinamento, centro ancora chiuso

 

Due giorni di blocco del traffico non hanno migliorato la situazione: le centraline hanno presentato percentuali di polveri sottili addirittura peggiorate

In mattinata l’assessore Bucci esaminerà con i tecnici i valori e deciderà se revocare le limitazioni

Si conta sulla bora, che secondo le previsioni dell’Istituto Nautico dovrebbe arrivare proprio stamane per poi rinforzare nel corso della giornata

Nuova replica, oggi, delle limitazioni al traffico, ma solo per la mattinata, con l’ormai consueto orario (9.30-12.30). La prosecuzione o meno delle restrizioni nel pomeriggio sarà decisa in tarda mattina, in una riunione in cui l’assessore Bucci e i tecnici valuteranno i dati «orari» delle 8 e delle 11.
E proprio in tarda mattinata potrebbe fare la sua comparsa la bora. «Se arriverà – ha dichiarato ieri l’assessore – è chiaro che revocheremo subito l’ordinanza». Per sapere se oggi pomeriggio si circolerà liberamente o meno, bisogna quindi prestare attenzione ai notiziari radio e tv. Informazioni sull’eventuale revoca delle limitazioni si possono avere anche all’Ufficio comunale relazioni con il pubblico (via Procureria 2/a), che stamane è aperto dalle 9 alle 12.30 e risponde al numero telefonico 040-6754850 (fax 040-6756060, e-mail: urp@comune.trieste.it).
Ieri, intanto, in base ai valori ufficiali del giorno precedente e a quelli «orari» delle 14, e tenendo conto del protrarsi dell’alta pressione, il Comune non ha potuto far altro che confermare il divieto anche per oggi, sia pure, come detto, con riguardo alla sola mattinata.
Molto «pesanti» le concentrazioni delle pericolose pm10 registrate giovedì, in certi casi addirittura doppie rispetto a quelle del giorno prima. In piazza Libertà si sono infatti rilevati 95,1 microgrammi per metro cubo (contro i 57,4 del giorno precedente), in via Carpineto si sono raggiunti i 108,8 (rispetto ai 52,8 di mercoledì) e in via Tor Bandena sono stati registrati 81,5 microgrammmi (erano 48,8 il giorno prima). In via Svevo, sempre giovedì, l’incremento è stato invece contenuto, 69,7 microgrammi ripetto a 62,7, mentre a Muggia le polveri sottili sono balzate a livelli rilevanti: 70,1 contro i 40,4 di mercoledì.
E i dati «orari» delle 14 di ieri, sebbene più contenuti, non mostravano inversioni di tendenza: in piazza Libertà la media oraria si è attestata a 56 microgrammi per metro cubo, che in via Svevo hanno raggiunto i 61. «Essendo il trend orientato verso nuovi sforamenti – ha commentato Bucci – abbiamo dovuto confermare l’ordinanza, sicuramente per la mattinata».
Le previsioni per oggi, come si diceva, sono favorevoli a un cambio della situazione. «Nella tarda mattina – spiega Gianfranco Badina, meteorologo dell’Istituto Nautico – è attesa la bora, che nel pomeriggio rinforzerà fino a raggiungere i 60-70 chilometri orari. Il fronte freddo che porterà la bora passerà però velocemente, per cui domenica i venti torneranno ad essere deboli e variabili. Per la pioggia – aggiunge – bisognerà attendere mercoledì, quando arriverà una perturbazione intensa, con venti meridionali che faranno risalire la temperatura».
Ieri, intanto, i triestini sembrano aver osservato con maggiore attenzione le limitazioni al traffico imposte dallo smog. Le multe che la polizia municipale ha «affibbiato» sono state solo 20 su un totale di 139 veicoli controllati. Una percentuale quasi dimezzata rispetto a giovedì, quando le sanzioni erano state 61 su 227 controlli.
C’è da notare, però, che rispetto ai giorni passati i controlli di ieri hanno riguardato un minor numero di strade: via Alberti e via del Teatro romano sono le due uniche in cui la polizia municipale ha «inflitto» le sanzioni, rispettivamente 8 su 11 veicoli controllati e 12 su 30. Altre verifiche, ma senza alcuna multa, hanno interessato via Oriani (14 veicoli), via Giulia (70) e Campo Belvedere (14).

Giuseppe Palladini

 

I commercianti: targhe alterne Il Comune: no, sono diseducative

Paoletti: «Possiamo soltanto prendere atto di una situazione prevista dalla legge»

Per la prima volta il centro resta chiuso al sabato. Nella giornata-chiave degli affari. Stavolta, però, i commercianti allargano le braccia e si adeguano all’emergenza, pur rimanendo convinti che lo stop alle vetture private finisce con il penalizzare il comparto. Alcuni evocano pure l’alternativa di un ritorno alle targhe alterne, magari da programmare in anticipo, ma non trovano terreno fertile nell’amministrazione comunale. Il sindaco Dipiazza e l’assessore Bucci, infatti, confermano il piano d’azione anti-smog: quando i valori di polveri sottili risultano oltre la soglia, si va avanti con chiusure e deroghe attuali.
«Se quei valori sono alti e la legge prevede tali provvedimenti - commenta il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti - si può solo prendere atto della situazione».
«L’avevamo chiamata nei giorni scorsi - aggiunge il presidente dei dettaglianti Franco Rigutti - ma stavolta ”Santa Bora” non ci ha aiutato. Come Confcommercio stiamo ricevendo in questi giorni numerose segnalazioni di chi chiede se sia possibile o meno rivalutare le targhe alterne, calendarizzando in anticipo più giornate consecutive».
«Mi dispiace per i commercianti - spiega Bucci - ma altro non si può fare. Il disagio c’è, me ne rendo conto, ma dobbiamo rispettare la legge, a tutela della salute dei cittadini. Le targhe alterne? A nostro avviso sono diseducative, perché consentono di girare anche con una vecchia carretta altamente inquinante, se questa ha il giusto numero di targa. Meglio la formula del ”car pooling”, ovvero permettere la circolazione delle vetture con almeno tre persone a bordo».
«La verità - conclude il sindaco Roberto Dipiazza - è che dobbiamo ringraziare il cielo che qui chiudiamo il centro qualche volta mentre in altre città succede anche per 60 giorni l’anno. I dati di questi giorni, con valori che tendono a restare alti causa le condizioni meteo, confermano che non è la circolazione stradale a far aumentare la concentrazione delle polveri sottili, bensì la somma di più fattori, come le emissioni industriali e gli impianti di riscaldamento. Non è una questione di Agenda 21 o di Agenda 37 - sbotta Dipiazza - ma è la realtà del mondo in cui viviamo, dove tutti siamo chiamati a fare la nostra parte, dalle fabbriche che devono ridurre le emissioni ai cittadini che devono limitare per quanto possibile le ore con il riscaldamento acceso a casa».

Piero Rauber

 

Pm 10, un killer insidioso che fa crescere le percentuali delle malattie cerebrovascolari e di quelle cardiache

I DATI CONTENUTI NELLO STUDIO GEA

L’aumento di soli 10 mcg provoca in città un incremento del 2,3% nei ricoveri ospedalieri ed è confermato anche quello dei decessi

L’aumento di soli 10 microgrammi per metro cubo di polveri sottili causa a Trieste il 2,3 per cento di ricoveri ospedalieri in più. Con temperatura sui 21 gradi, la crescita delle Pm10 porta al 10 per cento in più di ricoveri per cause cerebrovascolari, e quello del biossido di zolfo (So2) il 13 per cento di aumento nei ricoveri per cause cardiache.
DECESSI.
Se di 10 microgrammi cresce l’inquinamento da biossido di azoto (No2) i ricoveri aumentano del 3,4. In parallelo aumentano anche i decessi. Se (per utopia) non ci fosse l’aria sporca, si risparmierebbero sofferenze accertate e vite umane. In Italia 900 morti in meno per polveri sottili e 1400 per biossido di azoto. Il fenomeno è noto a livello internazionale, tanto che dal 2001 esiste un programma chiamato «Cafe» (Clear air for Europe») che si propone di ridurre del 40 per cento entro il 2020 le morti premature correlate all’inquinamento.
RICHIAMO. È in questi dati, ricavati dallo «Studio Gea» presentato lo scorso anno dalle Università di Trieste e Udine, dall’Azienda sanitaria (Dipartimento di prevenzione) e dall’Arpa, e che si confermano come i più aggiornati, la fotografia del problema «aria». Che si conclude con un richiamo alla responsabilità degli amministratori come titolari della sanità pubblica.
SOSTANZE. L’analisi ha incrociato con sofisticati sistemi di indagine e successiva elaborazione la coincidenza tra i picchi di inquinanti e le variazioni misurabili dello stato di salute. Prima di relazionare sulle pesanti conseguenze che i veleni e le polveri hanno sulla gente - che poi tuttavia si dimostra riottosa a inquinare meno - gli specialisti hanno tracciato una mappa invidiabilmente chiara su ogni sostanza, le sue cause, le sue conseguenze, e sulle leggi in vigore, con effetto progressivo.
LIMITI. Bisogna infatti tener conto che dal 2010 i limiti sulla pericolosità saranno drasticamente abbassati. Prendiamo le polveri sottili (Pm10). Attualmente la soglia di sicurezza per la salute è di 50 microgrammi per metro cubo, da non superare per più di 35 volte all’anno. La media annuale non deve oltrepassare i 40 microgrammi. Dal 2010 resta il limite di 50, ma gli sforamenti consentiti all’anno saranno solo sette. La media annuale si dimezzerà: da 40 microgrammi a 20.
MEDIE. Se dunque andiamo a vedere i valori medi annui di Pm10 delle varie centraline dell’Arpa sparse per Trieste scopriamo che fra esattamente 35 mesi - se la situazione non migliora, come in effetti sembra evidente - tutta la città sarà oltre la soglia di sicurezza. La media annua nel 2005 è stata di 24 microgrammi per metro cubo in piazza Libertà e a Muggia, di 26 in via Carpineto, di 25 in via Svevo, di 21 in via Tor Bandena e via Pitacco. Solo via von Bruck si era fermata a 19.
DOMANI. Si dirà: perché parlare dei limiti di domani? Non è forse un ingarbugliare i dati? Ma è su questi parametri che ragionano gli esperti, perché ogni azione va indirizzata a un fine preciso e misurato, come del resto dettano le leggi europee. Ma a Trieste, e già lo notavano i tecnici presentando «Gea», i valori non prendono una direzione virtuosa, e nel frattempo anche la situazione climatica generale si è purtroppo visibilmente modificata in peggio. Nel 2005, del resto, via Carpineto aveva raggiunto i 24 sforamenti, e piazza Libertà i 15.
MOTORI. Un’altra informazione preziosa dava quello studio, vero vademecum in materia. Le Pm10, responsabili di problemi respiratori, cardiopatie e tumori, sono solo in minima parte prodotte da impianti industriali. Il vero responsabile è il traffico automobilistico, sia per la combustione e sia per l’attrito delle gomme sull’asfalto. Il diesel (leggero o pesante) è molto più inquinante della benzina, e nocivi sono gli effluvi di moto e motorini, mentre tra i malati attribuibili a cause ambientali non si nota una differenza tra fumatori e non fumatori. Anche la sigaretta, però, produce sostanze di combustione.
SCORRIMENTO. Da ultimo, poiché la parziale chiusura del traffico non sposta in giù le lancette della quantità di veleni (anzi) resta da constatare come il più fluido scorrimento favorito dalle nuove rive e dal loro sistema di semafori si è rivelato di fatto ininfluente di fronte alla inedita cappa di umido. Ed è proprio la bassa velocità costante, invece, che i tecnici raccomandano come una delle misure correttive, perché le brusche accelerate, partenze e ripartenze, buttano fuori ogni volta nuvole nere, ancorché poco visibili.

Gabriella Ziani

 

 

Rigassificatore: non si fa più

 

Si sono susseguite quotidianamente, per mesi e mesi, le prese di posizione e i pareri sul problema dei rigassificatori ed era giusto che fosse così perché si tratta di un problema squisitamente democratico, che non può essere risolto e imposto dall'alto ma, per la sua stessa natura, doveva essere spiegato dai responsabili in tutti i suoi aspetti, in modo da informare e coinvolgere l'intera popolazione per ottenerne il responso finale. Spettava dunque ai tecnici illustrare tutti questi aspetti, in particolar modo il rapporto "costi-benefici", dove tra i costi dovevano essere compresi i "rischi", perché i costi possono venire ammortizzati, ma i rischi rimangono.

In un primo momento, i politici hanno detto che i tecnici non avevano corrisposto adeguatamente a questo loro dovere e di non essere stati messi perciò in grado di essere informati a sufficienza e d'informare a loro volta la popolazione su questioni così importanti da compromettere l'avvenire del nostro porto e del territorio, la sicurezza dell'ambiente e di decine di migliaia di cittadini. Perciò i politici avevano fatto un passo indietro e avevano giustamente espresso un parere trasversalmente e prudentemente, ma anche nettamente, negativo, con il quale avevano contrastato le posizioni espresse dal sindaco Dipiazza, anche a nome della giunta, in attesa che potessero esprimersi con il voto le Circoscrizioni rionali e infine il Consiglio comunale nel suo insieme.
A questo punto sarebbe stato auspicabile che venissero pubblicate e rese note le precise e severissime normative internazionali, americane ed europee, relative non solo ai rigassificatori e alle norme di sicurezza, sia in terra che in mare, ma anche quelle che regolamentano la gestione portuale delle navi gasiere: è noto, infatti, che deve essere imposta una distanza di sicurezza minima di mezzo chilometro tra la nave gasiera e qualunque altra nave o imbarcazione che si trovi nel porto, il che implica un blocco della navigazione e del traffico portuale in una fascia tanto ampia da sconsigliare la realizzazione dei progetti all'interno del golfo di Trieste e tanto meno in quello di Muggia dove quello di Gas Natural è localizzato, non foss'altro che per questa ragione.
Un altro punto importante riguarda "i rischi". È vero che i rigassificatori sono "impianti puliti" in quanto il metano non è tossico e non lascia scorie e si può parlare di un "alto livello di sicurezza" raggiunto: ma non si può certo parlare di "sicurezza assoluta", prova ne sia che questi impianti sono inclusi tra quelli che possono provocare "incidenti rilevanti", previsti dalle direttive europee Seveso 1, 2 e 3, recepite dall'Italia dal 1986 in poi, con obblighi sempre più cogenti per prevenirne i rischi. La Seveso 2, nel 1999 ha addirittura imposto alle aziende la predisposizione di un piano di prevenzione, di emergenza e di evacuazione della popolazione, sollevando altresì l'"effetto domino" nel caso di eventuali eventi catastrofici con reazioni a catena, che potrebbero coinvolgere i rigassificatori anche dall'"esterno". Non si può infatti ignorare, dati i tempi che corrono e nonostante tutte le misure di sicurezza "interne", che, come è stato più volte fatto presente, un simile impianto potrebbe attirare eventuali atti di terrorismo, giacché l'esplosione di una nave gasiera o di migliaia di tonnellate di metano avrebbero un effetto paragonabile ad una bomba atomica.
In conclusione, il problema dei rigassificatori nel golfo di Trieste non poteva esser visto solo da un punto di vista tecnico o di convenienza economica. Gli organi tecnici avevano appunto il dovere di analizzare gli aspetti tecnici e di evidenziare i rischi collettivi, ma era la politica - con tutti gli elementi di conoscenza acquisiti - che doveva avviare una fase di consultazione democratica, perché nessuno ha il diritto di sostituirsi ai cittadini nella scelta e nella decisione se accettare o meno la realizzazione di un rigassificatore nel nostro porto, tenendo conto dei benefici prospettati, ma anche di tutti gli inconvenienti e dei rischi connessi, che evidentemente sono stati giustamente denunciati perfino dalla confinante Slovenia.
Vi era stata, infine, l'impressione che queste società spagnole avessero promosso i due progetti da insediare nel golfo di Trieste ritenendo che il nostro porto fosse ridotto in condizioni così miserevoli, come in effetti è ridotto, da non poter rifiutare nessuna nuova iniziativa, di qualunque genere, che facesse prevedere un investimento e ricadute economiche così importanti, nonché l'assunzione di un certo numero, sia pur modesto, di personale.
Ma nella seduta del Consiglio comunale dell’altra settimana, ecco il colpo di scena! Credo prendendo atto dei pareri negativi già pronunciati dalle Circoscrizioni rionali e dal Consiglio comunale di San Dorligo, nonché di quello del Comune di Muggia, anche il Consiglio comunale di Trieste ha bocciato praticamente all'unanimità (salvo i consiglieri del Pds usciti dall'aula e il voto di astensione del presidente del Consiglio Sergio Pacor), con 33 e rispettivamente 32 voti contrari, entrambi i progetti dei rigassificatori nel golfo di Trieste, Endesa e Gas Natural.
Bisogna così dare atto alle istituzioni di avere interpretato democraticamente in modo corretto il parere contrario altrettanto unanime della popolazione della provincia di Trieste. Bisogna, inoltre, complimentarsi vivamente in particolare con il sindaco Dipiazza e con la giunta, nonché con gli esponenti di Alleanza nazionale, per avere cambiato all'ultimo momento il loro parere positivo in un voto negativo, non tanto per le insufficienti garanzie di ricadute economiche fornite da Gas Natural, dietro alle quali il voto negativo è stato mascherato, ma per la sensibilità dimostrata nell'aver capito che una diversa presa di posizione sarebbe risultata perdente e democraticamente del tutto isolata.
Ora, al contrario di quanto ipotizzato dalla stampa, la partita è finita qui. Il suo esito non potrà più essere cambiato, né dal governo Prodi e dal giudizio del Ministero sull'impatto ambientale dei progetti, né dal parere positivo espresso in precedenza dalla Regione. La popolazione triestina, infatti, ha già dimostrato, in altre occasioni del passato, che andare contro ad un parere democratico così unanimemente espresso, rischierebbe di far scoppiare una rivoluzione popolare. In sostanza, è stato il buon senso dell'uomo della strada a togliere i politici dai pasticci e indietro non si torna!
Gianfranco Gambassini  - presidente onorario della Lista per Trieste

 

 

«Rigassificatori, si coinvolga l’Ogs» - La Margherita propone un nuovo studio imparziale

 

Degano: «Pronti a rivedere la nostra contrarietà se si dimostra il contrario»

«Sarebbe interessante sentire anche il presidente dell’Authority Boniciolli sulle possibili conseguenze dell’impianto di Zaule sul traffico marittimo»

Siano dei «soggetti terzi, autorevoli e qualificati» come le realtà scientifiche della città - a cominciare dall’Ogs, l’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale - a esprimere una nuova valutazione di impatto ambientale sui progetti dei rigassificatori. E, in particolare, sulla proposta di Gas Natural nell’area ex Esso di Zaule, che bloccherebbe ogni tre giorni il traffico marittimo nel vallone di Muggia, dica al più presto la sua anche il nuovo presidente dell’Authority Claudio Boniciolli. La Margherita rilancia la partita sugli impianti di rigassificazione del Gnl chiamando in causa nuovi interlocutori. Ma torna pure ad attaccare il sindaco Roberto Dipiazza, «che utilizza una valutazione d’impatto ambientale negativa per trattare contropartite con Gas Natural» - respingendo al tempo stesso le accuse di cerchiobottismo da parte di chi nel centrodestra, da ultimo il forzista Piero Camber, legge la contrarietà agli impianti dei diellini triestini (manifestata nella seduta del Consiglio comunale del 18 gennaio sulla valutazione d’impatto ambientale) stretta nella morsa dei «pro», in testa il governatore Illy, l’assessore regionale all’ambiente Moretton (peraltro uomo forte della Margherita) e la Quercia.
«In questa fase - ha spiegato ieri in una conferenza stampa il capogruppo del partito in Consiglio regionale Cristiano Degano - la compatibilità ambientale c’è o non c’è, indipendentemente da quanto possono dare Gas Natural o Endesa. Quello semmai è un discorso che viene dopo. Ha ragione Illy quando dice che il Comune di Trieste non può dire sì o no per una valutazione d’impatto ambientale in base a motivazioni economiche. La posizione della Margherita poi è chiara: secondo i nostri gruppi di lavoro ”Ambiente e territorio” e ”Sviluppo economico”, che hanno analizzato le documentazioni integrative dei due progetti, oggi la compatibilità non c’è. Ma siamo anche pronti a cambiare la nostra posizione a fronte di nuovi approfondimenti che dimostrassero il contrario».
Ed è qui che i petali evocano l’intervento del mondo scientifico, in primis dell’Ogs, l’istituto più adatto per eleborare analisi di natura biomarina e sismica: «Siccome tali documentazioni sono di non facile lettura - aggiunge Degano - chiediamo alle istituzioni che ci sia un coinvolgimento ufficiale dell’Ogs, affinché venga prodotto un parere scientifico e autorevole, a garanzia dei cittadini, poi acquisito dalla Regione e dai comuni coinvolti. Sarebbe interessante, inoltre, sentire il presidente Boniciolli sulle possibili conseguenze riguardanti il traffico portuale, qualora venisse realizzato l’impianto di Zaule».
«Siamo pronti a rivedere il nostro attuale parere negativo - gli ha fatto eco il collega di piazza Oberdan, nonché capogruppo in Comune, Sergio Lupieri - sempre che escano nuove valutazioni da parte di persone qualificate, preparate dal punto di vista scientifico e territoriale, e soprattutto indipendenti, cioè senza interessi di parte, politici o economici. Ma non ci si può venire a dire che finora la nostra posizione sui rigassificatori non è stata coerente». Coerente, invece, ha insistito Lupieri, non è stato il sindaco, «che diceva no a Endesa e sì a Gas Natural, salvo cambiare quel sì in no due ore prima del Consiglio comunale decisivo, non ritenendo sufficiente l’offerta della società». Lupieri, ancora, ha accusato l’amministrazione comunale di «non aver attivato sulla questione rigassificatori i principi della partecipazione territoriale di Agenda 21». «Vogliamo che su temi così importanti - ha concluso a tal proposito l’altro consigliere regionale Alessandro Carmi - venga riportata una giusta condivisione del territorio. Ecco perché ci attendiamo, oltre che i pareri delle istituzioni scientifiche, anche un contributo dell’Autorità Portuale».

Piero Rauber

 

Due no nel dossier ambientale Dl
Un no al progetto off-shore di Endesa anche per questioni paesaggistiche. E un no ancor più sostenuto alla proposta di Gas Natural. È la sostanza del documento sui pareri di compatibilità ambientale ai rigassificatori redatto dal gruppo di lavoro «Ambiente e territorio» della Margherita, presieduto da Mario Ravalico. La relazione parte dal presupposto che, su ogni valutazione, pesano le assenze di un Piano energetico nazionale e di un Piano di sviluppo territoriale, giacché - sono parole di Ravalico - «non si capisce come possano coesistere l’incremento delle attività crocieristiche e il rigassificatore di Zaule, dove ogni tre giorni il traffico marittimo verrebbe bloccato per circa 12 ore dalle navi gasiere». Il progetto di Gas Natural, in particolare, non convince sia per l’eventuale pericolosità data dalla concentrazione industriale dell’area che per la documentazione fornita dalla società. Qui, infatti, nelle parti in cui viene analizzato l’impatto nella Baia di Zaule, dove dovrebbero essere scaricate acque fino a 5 gradi più fredde, non si terrebbe conto dei profili di temperatura del sito, né medi né invernali, ma solo di quelli medi dell’Alto Adriatico, che sono più alti e dunque non indicativi.
pi.ra.

 

Porto vecchio, Wwf e Italia Nostra: sì al freno di Boniciolli alla variante
 
Dopo il freno tirato nei giorni scorsi dal presidente dell’Autorità Portuale Claudio Boniciolli sulla Variante al Porto Vecchio («Finché non verrà varata una nuova legge che ne modifichi lo status attuale il Porto Vecchio rimane porto»), sulla questione intervengono ora le associazioni Italia Nostra e Wwf, che, pur affermando di non conoscere il testo definitivo della variante Barduzzi, si dicono «concordi con le osservazioni del presidente Boniciolli».
«Vogliamo ricordare - si legge in una nota firmata a quattro mani dai rappresentanti locali delle due associazioni Giulia Giacomich e Carlo Dellabella - che la Variante comunale riguarda un'area di demanio marittimo di pertinenza dell'Autorità portuale. Secondo la normativa vigente, le destinazioni d'uso del demanio marittimo devono essere compatibili con gli usi pubblici del mare. Poichè le destinazioni della Variante n.93 prevedono usi residenziali, commerciali, ricettivi e direzionali delle aree retrostanti le banchine, si evidenzia, a nostro parere, la necessità di una revisione della circoscrizione territoriale dell'Autorità portuale».
Le due associazioni ambientaliste ricordano poi che, in base alla legge 84/1994, il porto di Trieste può avere funzioni commerciali, industriale e petrolifera, di servizio passeggeri, peschereccia, turistica e da diporto: «Da ciò si deve dedurre che altre funzioni non sono insediabili se non viene attuata una nuova perimetrazione delle aree portuali».
Un altro problema che, secondo Italia Nostra e Wwf, non viene affrontato nella Variante è quello del punto franco del porto di Trieste, che trova le sue radici nel diritto internazionale (Allegato VIII del Trattato di pace di Parigi del 1947) il quale prevedeva la creazione di un porto franco doganale a Trieste, riconosciuto dal trattato istitutivo della Comunità europea e dalla legge 84/1994. «Possono dunque il Comune e l'Autorità portuale dismettere le funzioni portuali e commerciali senza un atto del Governo nazionale? - si chiedono le associazioni -. Un altro elemento condizionante è l'assenza nella Variante di qualsiasi riferimento all'indispensabile coordinamento con gli strumenti di pianificazione delle aree portuali previsti dalla legge 84/1994. Riteniamo pertanto che in mancanza di espliciti atti, attestanti l'avvenuto coordinamento con tali strumenti pianificatori, la Variante non possa continuare l'iter».

 

LONGERA: il torrente Farneto ridotto a una discarica  Il Wwf lancia l’allarme e chiede l’intervento urgente del Comune per porre rimedio allo stato di degrado dell’area
 
La zona sotto il bosco Baredi inquinata da cumuli di rifiuti e sostanze pericolose
È allarme inquinamento nella zona del bosco Baredi, a pochi passi dall’abitato di Longera. A lanciarlo è la sezione provinciale del Wwf di Trieste che nei giorni scorsi ha effettuato un sopralluogo sul torrente Farneto, che attraversa la zona: ne è emerso uno stato di estremo degrado, talmente avanzato da costituire un serio pericolo non solo per l’ambiente, ma anche per la salute pubblica.
I volontari dell’associazione ambientalista, giunti sul posto per un’ispezione, si sono infatti trovati davanti a una vera e propria discarica a cielo aperto: pneumatici, elettrodomestici, ciclomotori, batterie al piombo e carcasse di animali morti: tonnellate di rifiuti estremamente pericolosi abbandonati lungo il torrente Farneto.
Come se non bastasse, sopra il sentiero posto a monte, verso il bosco Baredi, sono state poi rinvenute anche numerose tracce di peli ed ossa di animali selvatici, di provenienza ancora non ben definita.
Proprio per cercare di porre rimedio a una situazione che ha ormai superato ogni limite, la sezione Provinciale del Wwf ha chiesto al Comune di Trieste di intervenire urgentemente sul grave e pericoloso stato di degrado ed inquinamento del noto torrente cittadino.
«Ora, dopo la definizione di importanti opere viarie cittadine - afferma Carlo Dellabella, responsabile della sezione triestina del Wwf -, per una città che presenta un inquinamento (dell'aria) tra i più elevati e pericolosi d'Italia, crediamo che l'attenzione e gli sforzi finanziari del Comune debbano andare a sanare le pesanti situazioni di degrado che presentano i luoghi meno "visibili", quali sono ad esempio tutti i corsi di superficie del Comune, che rappresentano, di fatto, degli importanti punti di abbeveraggio per la fauna selvatica».
Il Wwf lancia poi un’altra sfida all’amministrazione comunale: quella di risistemare tutte le «aree verdi» sparse per la città, iniziando «da una corretta pianificazione urbanistica, che preveda nuovi parchi urbani ed ampi giardini dove ora sono inesistenti o semplicemente abbandonati - spiega ancora Dellabella - . Nel caso di specie, dopo una radicale pulizia del torrente, si potrebbe creare un bellissimo sentiero che si intersechi (su passerelle) su di un rinnovato e pulito corso d'acqua e che si colleghi con la sentieristica già esistente del bosco Farneto».

 

 

 

L'UNITA' - VENERDI' , 2 febbraio 2007

 

Clima, l'uomo minaccia il Pianeta: un millennio di guai

 

Il riscaldamento della Terra causato dall’uomo è un dato di fatto. Ma non solo. La temperatura sul Pianeta continuerà a crescere e, entro il 2100, da salirà un minimo di 1,8 gradi a un massimo di quattro. Infatti le emissioni di CO2 «passate e future» continueranno a «contribuire al riscaldamento e al rialzo del livello del mare per oltre un millennio»Sono questi alcuni dei dati allarmanti confermati dal rapporto approvato dal Gruppo di esperti intergovernativi sull'evoluzione del clima (Giec, Ipcc in inglese ), riuniti per quattro giorni a Parigi che confermano la gravità della situazione climatica del pianeta, anticipata dalle indiscrezioni dei giorni scorsi.
In seguito a questo riscaldamento e allo scioglimento dei ghiacci, ci dicono infatti gli esperti, alla fine del secolo, il livello degli oceani potrebbe invece aumentare da un minimo di 19 cm a un massimo di 58. Questo potrebbe compromettere l'integrità di gran parte delle coste abitate del pianeta.
Per quanto riguarda le cause del riscaldamento, la “scomoda verità” (per usare il titolo del documentario di Al Gore sui cambiamenti climatici, è che al 90 per cento delle probabilità l'effetto serra è dovuto alle attività umane. Da sottolineare che nel rapporto precedente, diffuso nel 2001, questa probabilità era valutata al 60 per cento.
«I bambini nati nel 2007 vivranno in un mondo più caldo , dalla tendenze meteorologiche considerevolmente modificate e dove il livello del mare sarà più elevato - ha spiegato il direttore esecutivo del Programma dell'Onu per l'ambiente (Unep), Achim Steiner - Globalmente il messaggio è chiaro: se è vero che la prova assoluta non sarà disponibile prima che sia troppo tardi, non vi possono più essere dubbi seri che le emissioni umane di anidride carbonica e di altri gas da effetto serra presentino un rischio reale per il nostro benessere».

Insomma, se la comunità scientifica è sempre stata divisa sulle cause dell'aumento delle temperature registrato nell'ultimo secolo (diversi esperti la fanno rientrare nel normale avvicendamento tra periodi freddi e caldi che ha accompagnato i 180milioni di anni di vita della Terra), quest’ultimo rapporto dell'Ipcc non potrà non incrinare anche le ultime incertezze rimaste, vista anche la fama di imparzialità e di serietà dei climatologi coinvolti. Creato nel 1988 dalle Nazioni Unite e l'Organizzazione Metereologica Mondiale ha la "vocazione" di essere "una Courroie di trasmissione" tra il mondo della ricerca e quello dei politici. I suoi rapporti che costituiscono la più vasta expertise possibile sul tema sono riconosciuti da 192 Stati membri dell'Onu. In base ai suoi primi lavori, la comunità internazionale ha elaborato nel 1992 la Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici e nel 1997 il Protocollo di Kyoto di lotta contro l'effetto serra.
Adesso sotto accusa senza più ripensamenti c’è il biossido di carbonio emesso dalla combustione delle energie fossili (gas, petrolio, carbone) e liberato nell'atmosfera dalle attività umane, ciò che impone una risposta da parte dei politici. E che purtroppo non è arrivata fino ad oggi da alcuni importanti Stati responsabili di tali emissioni di gas. Primo tra tutti gli Stati Uniti.

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 2 febbraio 2007

 
Anche oggi centro chiuso alle macchine - La qualità dell’aria non migliora, il provvedimento si replica coi medesimi orari
 
Il Comune tenta di dissuadere i dipendenti dall’usare l’auto: «Datevi un passaggio». Parallele indagini in enti e industrie
Intanto aumentano le multe: ieri 61 su 227 controlli dei vigili urbani
Si replica, anche oggi il centro città resterà chiuso alla circolazione delle automobili con le stesse modalità di ieri e dell’altroieri (dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19), e con le deroghe normalmente concesse. Il tempo non si rasserena, i valori dell’inquinamento restano oltre i limiti e il Comune ha reiterato il provvedimento di limitazione del traffico. E intanto fioccano le multe: ben 61, ieri, secondo i dati della polizia municipale che ha effettuato 227 controlli. Erano solo 35 nella precedente giornata, e non vanno dimenticate quelle per divieto di sosta, che hanno subito un’impennata negli ultimi giorni.
SEGNALI.
Vane le proteste di chi ha preso la multa essendosi inoltrato dalle rive - l’anello in cui si può circolare - alle vie precluse, sostenendo di averlo fatto ignorando l’ordinanza comunale e non essendo stato avvisato da cartelli stradali o transenne. «L’obbligo dell’amministrazione - risponde l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci - è di dare massima diffusione del provvedimento attraverso tutti i principali organi di informazione, non esistono nel codice stradale specifici cartelli di ’’chiusura per smog’’, né mettiamo cavalli di frisia all’ingresso di Trieste, anche perché auto e motorini autorizzati devono poter circolare».
ORARI. Dunque non è ammesso astenersi da giornali, tv e radio, ma certo per chi arriva da fuori città potrebbe esserci qualche problema per scarsità di avvisi in loco. Il Comune non ha valutazioni sul minor numero di macchine in circolazione durante i divieti, ma sa che normalmente sono ben 85 mila, asserragliate in un perimetro chiuso tra colli e mare, e ha deciso di chiudere il centro appena dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. «È una scelta - risponde Bucci -, vorrei vedere come la città reagirebbe con limiti più severi, del resto i valori d’inquinamento si calcolano sulla media giornaliera, notte compresa, non certo sull’eventuale picco dell’ora di pranzo, mentre vorrei anche ricordare che qui ’’sforiamo’’ di poco i limiti, non siamo Milano dove si toccano i 400 microgrammi per metro cubo, e Legambiente ci ha promossi come la città più pulita d’Italia».
MANAGER. Ma non per questo, visto il clima ormai purtroppo pesantemente modificato a livello planetario, che porta inverni caldi e inedite cappe d’umido sul golfo di Trieste, si può restare seduti a guardare. Le leggi se non altro non lo consentono e anche questa città si è dotata di un «mobility manager», il cui lavoro sta dando risultati interessanti.
IN TRE. Tanto che dalle indagini e valutazioni condotte fin qui potrebbe uscire, alla prossima chiusura del centro, una significativa novità: deroghe concesse sul campo a chi pratica finalmente il «car pooling», cioé al conducente che ospita almeno altri due passeggeri. «È dimostrato - prosegue Bucci - che il più gran numero di automobili viaggia con il solo conducente alla guida, in famiglia ciascuno ha la sua macchina, quindi abbassare di un terzo i veicoli circolanti sarebbe un ottimo successo. E, per i cittadini, anche un bel risparmio».
QUESTIONARI. Nella direzione di «educare» e favorire una diversa cultura del vivere sia la città, sia l’aria che respiriamo dopo averla inquinata con le nostre stesse mani, il Comune col suo «mobility manager», l’ingegner Giulio Bernetti, ha organizzato periodiche riunioni con gli altri enti e con i rappresentanti delle maggiori realtà produttive della provincia, attivando anche questionari e statistiche per conoscere le abitudini di spostamento dei dipendenti, con l’intento di incentivare una modifica «ecologica».
AUTOBUS. «Abbiamo scoperto - dice l’assessore - che ben 400 dipendenti comunali vengono in piazza Unità con la macchina, parcheggiando quasi tutti a San Giusto perché non trovano posteggio; abbiamo sondato sia la possibilità del ’’car pooling’’ (molti sono favorevoli) sia un maggiore uso dell’autobus, qualcuno ha risposto furbescamente ’’sì, se me lo paga il Comune’’, ma un buon 20 per cento si è detto favorevole a condizione di avere solo un abbonamento agevolato, e una convenzione con Trieste trasporti porterebbe vantaggi a tutti: il maggior numero di abbonamenti compenserebbe il minor prezzo».
VICINI. Quanto alla condivisione della macchina, il Comune sta censendo i dati di residenza dei dipendenti, per mettere in contatto chi abita vicino: «Parlatevi e, soprattutto, trasportatevi».
g. z.
 
Oltre i limiti le Pm10 -  dati diffusi dall’Arpa relativi al monitoraggio di giovedì
Gli ultimi dati dell’Arpa sull’inquinamento dell’aria sono del 31 gennaio e denotano valori superiori ai limiti per le polveri sottili, le Pm10, in tutte e tre le centraline dove è attivo il monitoraggio. La concentrazione massima giornaliera è di 50 microgrammi per metro cubo, ecco i dati registrati: 57 in piazza Libertà, 53 in via Carpineto, 63 in via Svevo. Nei limiti invece il Biossido di azoto che ha un valore di limite per la protezione della salute in 230 microgrammi per metro cubo e una soglia di allarme in 400 microgrammi. Alle 20 di giovedì in piazza Libertà si sono registrati 127 microgrammi, 72 alla stessa ora in via Carpineto mentre alle 9 del mattino in via Svevo il valore era di 96.
Ampiamente sotto i limti anche i valori di ozono. La concentrazione oraria superiore al consentito è di 180 microgrammi per metro cubo, che diventa «di allarme» con 240. In piazza Libertà si sono avuti 34 microgrammi e sul monte San Pantaleone 79.

 

A Muggia solo raccolta differenziata- Il Municipio pensa ad aumentare l’attuale soglia del 15 per cento
 
A Muggia, a differenza di San Dorligo, non è prevista ancora una raccolta dei rifiuti porta a porta. Di fondo, una diversa organizzazione del sistema, che porterà comunque ad un’incentivazione della differenziazione dei rifiuti. Il «modello» del vicino Comune (analogo però ad altri, attivi già in altre realtà) era stato preso in considerazione dall’amministrazione muggesana poco dopo il suo avvio. A vantaggio di San Dorligo, rispetto a Muggia, però, l’applicazione della tariffa e non della tassa sullo smaltimento. Con la tariffa si pagare per quanto si asporta realmente. La tassa è un computo, per così dire, «forfettario».
Nella programmazione per i prossimi anni del Comune, come ricorda Piero Veronese, di Muggia si parla esplicitamente di un’incentivazione della raccolta differenziata, che ora si attesa sul 15 per cento del totale. Con il nuovo appalto da affidare, sarà predisposta già la raccolta dei rifiuti organici umidi per le grandi utenze e le attività di ristorazione. Un progetto simile era stato avanzato qualche anno fa, proprio diretto ai pubblici esercizi e ristoranti del centro, che prevedeva una raccolta porta a porta dei rifiuti, che però si sarebbero dovuti tenere all’interno del locale, fino al momento dell’asporto. Idea poi, in pratica, bocciata dagli stessi esercenti. Secondo le intenzioni del Comune, la raccolta dell’umido alle grandi utenze farà da preludio alla raccolta di tali rifiuti prodotti anche dalle utenze domestiche. Non necessariamente a domicilio, ma forse tramite isole ecologiche in punti stabiliti e di facile accesso. Per ora il Comune chiede maggiore collaborazione ai cittadini, affinché provvedano fin da ora alla differenziazione dei rifiuti riciclabili, in modo anche da ridurre i costi dell’inceneritore, che gravano, al momento, su tutta la cittadinanza. Proprio una maggiore differenziazione e la prima raccolta separata del rifiuto umido potrebbe portare al passaggio dalla tassa alla tariffa. Con sistemi di conteggio e controllo delle quantità conferite dai singoli utenti nei cassonetti, per poi stabilire i relativi addebiti.
s.re.

 

Conconello, via tutte le antenne - I tralicci saranno spostati sul Monte Belvedere, in un’area ex militare

 

Approvata in Comune la delibera che prevede una variante parziale al Piano regolatore

 È ufficiale: le antenne radio televisive che affollano l’abitato di Conconello dovranno traslocare. Si pone così fine a un ventennale braccio di ferro tra i gestori e i residenti, questi ultimi esasperati per le emissioni elettromagnetiche prodotte dai numerosi impianti tecnologici disseminati in diverse proprietà private della borgata. Le antenne troveranno nuova ospitalità sul superiore Monte Belvedere, l’altura sopra l’abitato di Conconello, dove attualmente ci sono le antenne Rai e Finivest, in un terreno che sarà espropriato all’amministrazione militare a favore del Comune e che risulta adiacente a quelli dove sono già ospitati i tralicci della Rai e Fininvest. Lo stabilisce una delibera appena approvata in Consiglio Comunale, che prevede l’adozione di una variante parziale al Piano regolatore generale in aderenza al Piano nazionale approvato nel 1998 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Documento dove sono stati individuati i siti dove installare gli impianti delle reti, definendo i parametri radioelettrici secondo standard internazionalmente stabiliti, sulla base delle intese raggiunte con Regioni e Province autonome e dei pareri espressi dalle Regioni a statuto ordinario. L’obiettivo del Piano è di realizzare il risparmio energetico e limitare l’inquinamento elettromagnetico. «Quell’inquinamento – spiega Maurizio Bucci, assessore comunale all’Area pianificazione Territoriale – che l’Agenzia regionale per l’Ambiente (Arpa) aveva avuto modo di rilevare nel paese di Contovello per la presenza di numerose antenne. La delibera approvata unanimemente dai consiglieri comunali – puntualizza – individua l’area dove si potranno costruire i tralicci dove alloggeranno gli impianti che, a questo punto, dovranno definitivamente andarsene dal borgo».
Il Piano regionale per la radiodiffusione televisiva individua nel Comune di Trieste tre zone: il citato Monte Belvedere e i siti denominati Trieste Bovedo e Trieste Chiusa. Per permettere il trasferimento delle antenne è necessaria però quella variante al Prgc che con la fresca delibera ora diventa realtà. «Nell’area di Monte Belvedere – dice l’assessore – sarà possibile alzare dei tralicci che potranno ospitare gli impianti attualmente funzionanti in Conconello. La tempistica per gli spostamenti? Non abbiamo ancora date in tal senso, ma posso tranquillizzare i residenti: il Comune seguirà l’iter passo dopo passo, a partire dalle autorizzazioni ministeriali, e i nuovi tralicci che verranno costruiti sul monte Belvedere non dovranno impattare sul territorio, mantenendosi in dimensioni inferiori rispetto quelli esistenti».
Nella delibera sono stati accolti due emendamenti del consigliere Omero, ove si puntualizza come l’edificazione nella zona debba essere riservata alla pubblica amministrazione, agli enti istituzionali, ai soggetti in possesso di idonee autorizzazioni ministeriali e infine a coloro che, operando nel settore delle comunicazioni elettroniche, sono autorizzati a realizzare e gestire le infrastrutture. Nell’area identificata esistono già due richieste di costruzione di due tralicci da parte del Centro di Produzione spa e da parte di Radio Punto Zero.
m.l.

 

 
DUINO AURISINA: variante, è guerra di numeri sull’edificabilità delle aree
 
 Due interpretazioni dello stesso documento, la Variante 24/25 al piano regolatore adottata ieri l'altro dalla maggioranza in consiglio comunale, tante polemiche e, per la prima volta, almeno nella storia recente del comune di Duino Aurisina, due conferenze stampa sullo stesso argomento, di maggioranza e opposizione sullo stesso argomento.
Questo accade oggi a Duino Aurisina: alle 11 il sindaco Ret ha convocato i giornalisti alla Casa della pietra ad Aurisina, per spiegare i benefici della Variante, e alle 12.30 è convocata poco lontano, in piazza ad Aurisina, nella sede dei partiti di Centrosinistra, la «contro conferenza stampa» sui punti negativi dello stesso documento. Non si tratta solo di campagna elettorale, ma di polemica politica elevata a un livello che poche volte, negli ultimi anni, si era visto a Duino Aurisina. Il Centrosinistra ieri è insorto dopo le dichiarazioni di Ret e di Alleanza nazionale relative alla Variante, raccogliendo in dieci punti quelle che hanno definito le «gravi violenze» al territorio. Allo stesso tempo, l'amministrazione comunale ha previsto una relazione per i cittadini, che cita invece i lati positivi, ed è, tra i due schieramenti, anche guerra di numeri: secondo il centrosinistra sono 300 le case che si costruiranno a seguito dell'approvazione della Variante, secondo la maggioranza sono invece molte meno e oggi verrà resa nota dai tecnici la cubatura totale approvata dopo gli emendamenti. Le polemiche del centrosinistra riguardano anche i criteri di approvazione: in una nota diffusa ieri, si legge che «All'uscita dei sei consiglieri dell'opposizione di centro sinistra dall'aula del consiglio comunale, la maggioranza di centro destra, costituita da sole nove persone, ha approvato una serie di emendamenti, alcuni dei quali, secondo le prime analisi, potrebbero aver aggravato la situazione». Ret sostiene invece che gli emendamenti sono tutti migliorativi: proposte di modifica in senso della minore edificazione rispetto al previsto.
Intanto, a breve, il piano adottato l'altro ieri verrà pubblicato all'albo e tutti i cittadini potranno andare a verificare la situazione, soprattutto per quanto concerne i propri interessi diretti, ovvero le proprietà di cui dispongono sul territorio.
f.c.

 

 

Urbanistica, meno vincoli su climatizzatori e concessioni

 

Sonego: «Anche i tempi di approvazione delle procedure saranno ridotti del 30 per cento»

Ok alla riforma. Incentivata la pianificazione territoriale fra comuni limitrofi. L’opposizione (astenuto il forzista Galasso) vota contro

Il provvedimento ridisegna anche la tematica con una diversa attribuzione di competenze tra gli enti: la Regione si occuperà della regia attraverso la stesura del Piano Territoriale Regionale al quale i Comuni si dovranno attenere per la predisposizione del Piano Strutturale Comunale a cui poi seguiranno il Piano Operativo (l’equivalente dell’attuale piano regolatore) e il Piano Attuativo (l’ex piano particolareggiato) che i Comuni potranno adottare senza il controllo della Regione.
Fortemente incentivata la pianificazione sovracomunale che riguarda 5 Comuni o un bacino d’utenza di 30 mila abitanti o ancora 1/3 dei Comuni di una Provincia; se le amministrazioni decideranno di pianificare la propria urbanistica in maniera associata potranno realizzare nuove zone produttive o residenziali mentre in caso contrario non sarà possibile. Per la pianificazione sovracomunale potranno essere costituiti gli Epi (Ente di pianificazione intercomunale) ma potranno essere delegati anche i Comuni capoluogo o le Comunità montane. «La Regione è più civile e vivibile – è il commento soddisfatto dell’assessore Lodovico Sonego – grazie ad una legge coraggiosa e innovativa. I tempi di approvazione degli strumenti urbanistici vengono ridotti del 30% e nel contempo i Comuni si vedono assegnata un’autonomia senza precedenti». Infatti, oltre ad una sostanziale condivisione nella maggioranza con il voto favorevole di Rifondazione Comunista, Sonego ha incassato anche l’astensione del consigliere forzista Galasso e la “promessa” che non ci sarà alcun boicottaggio da parte degli amministratori locali del centrodestra da parte del capogruppo azzurro Isidoro Gottardo. Uberto Drossi Fortuna è soddisfatto per l’approvazione: «Il secondo passo sarà il Piano territoriale regionale, che rappresenterà la pianificazione vera e propsia». Galasso ha motivato il proprio voto affermando che «il giudizio resta severo ma resta il dato che hanno trovato accoglimento molte proposte migliorative». Netto invece il giudizio negativo dell’Udc che, con Maurizio Salvador, sostiene che «si tratta di un provvedimento che è stato esaminato in maniera troppo frettolosa, sia in Commissione sia in Aula come ormai troppo spesso accade in questa legislatura, dove le concertazioni avvengono altrove»; e anche la Lega ha votato contro. No anche da parte di Alleanza Nazionale con il consigliere Adriano Ritossa che ha omaggiato l’assessore di una bottiglia di Pinot Grigio: «Sonego è riuscito a darla a bere a tutti – ironizza Ritossa – veicolando l’immagine di una buona legge che invece, sono convinto, tornerà in aula per della modifiche. E visto che non potevo dargli il Tocai…». Ha votato contro, come previsto, anche il verde Alessandro Metz secondo cui la legge «non va a tutelare il territorio e l’ambiente». Parere contrario da parte di Bruna Zorzini (Pdci) che però ha dato un voto di astensione «determinato dalla valenza politica che ha il voto su una legge come questa per la tenuta della maggioranza».
Roberto Urizio

 

 

SCRITTORI Al Caffè San Marco la vincitrice del Campiello Giovani - Simona Baldanzi: un romanzo nato dalle ferite della Tav

 

TRIESTE Da una vestaglia blu stesa ad asciugare, eco di radici operaie, e dalla ferita che la Tav ha provocato nelle terre del Mugello, nasce un libro bellissimo che unisce, in brevi capitoli dalla prosa delicata e fulminante, vita privata e impegno sociale. È «Figlia di una vestaglia blu» (Fazi Editore) di Simona Baldanzi, ventinovenne di Barberino del Mugello, vincitrice nel 1996 del Premio Campiello Giovani e che ieri ha presentato il suo romanzo d'esordio al Caffé San Marco di Trieste.
La prima edizione del libro, che intreccia le storie dei minatori della Tav con quella della madre operaia della scrittrice, è andato subito bruciato: 3500 copie vendute in poche settimane, un vero successo per un'esordiente. Segno che, nell'Italia dei precari, c'è ancora bisogno di sentir parlare della classe operaia. La Baldanzi, intanto, è già stata definita«"un po' Ken Loach e un po' Michael Moore»: «Il primo perché il romanzo è pieno di immagini quasi cinematografiche, il secondo perché alla base c'è una documentazione seria sulla realtà», specifica.
Com'è nata l'idea del libro?
«Stavo subendo la grande opera dell'alta velocità, che da noi è iniziata alla metà degli anni Novanta, e volevo fare qualcosa per fermarla, in tempi ancora molto lontani dalle proteste in Val di Susa. Ho pensato di dedicarle la mia tesi di laurea in Scienze Politiche, ma non dal punto di vista dell'impatto ambientale. Mi sono chiesta: chi sono i lavoratori che la stanno costruendo? Ho scoperto che si trattava di circa un migliaio di persone provenienti quasi tutti dal Sud, del tutto isolate nel loro campo base, tanto che nel Mugello si diceva fossero stranieri, e che operavano in condizioni di lavoro durissime. Prima ho distribuito dei questionari, poi sono entrata in contatto diretto con loro, soprattutto con un operaio di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, che è diventato uno dei personaggi principali del mio libro».
Come si intrecciano i dati della tesi con la sua storia personale?
«Le vicende di questi minatori vanno parallele con quella di mia madre, operaia per trent'anni alla fabbrica di jeans Rifle. La vestaglia blu che indossava a lavoro è per me il ricordo della sua sofferenza e di tante ingiustizie».
Secondo lei com'è cambiata la classe operaia?
«Una volta la fabbrica era il centro della vita di tante zone, la Rifle a Barberino come la Fiat a Torino. La sirena scandiva i ritmi di vita e la socializzazione. C'era solidarietà tra gli oeprai, soprattutto tra le donne, e un forte amalgama con la vita del paese. Oggi nei campi base come quello della Tav gli operai vivono sradicati, lontani dalla propria realtà e famiglia. Non sentono l'appartenenza di classe, ma solo quella legata al luogo di provienienza. Il senso di appartenenza si crea se dietro c'è una storia comune. Ecco perché, ad esempio, non si crea una coscienza di classe di precari».
Elisa Grando

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 1 febbraio 2007

 

Smog, valori alti. E il centro chiude ancora  - Tra le 9.30 e le 12.30 e tra le 16 e le 19 blocco al traffico con le consuete modalità ed esenzioni

 

Eccessivi i valori delle polveri sottili per la quarta volta in questo mese. Superati i limiti di sicurezza in tre delle quattro centraline

Quarto sforamento in un mese delle polveri sottili. Le limitazioni al traffico, scattate ieri pomeriggio in base al piano d’azione comunale, proseguono anche oggi, con le due fasce già applicate nelle precedenti chiusure del centro: 9.30-12.30 e 16-19.
Che le restrizioni avrebbero potuto continuare lo si era capito già in mattinata, quando l’Arpa ha comunicato i dati ufficiali relativi a martedì. In piazza Libertà la concentrazione giornaliera delle polveri sottili è stata di 54,5 microgrammi per metro cubo, in via Svevo si sono raggiunti i 66,1 e in via Torbandena i 52,1. Solo in via Carpineto la media giornaliera è rimasta sotto il limite, facendo registrare 50 microgrammi.
La decisione di mantenere in vigore l’ordinanza del sindaco è stata presa dal Comune nel pomeriggio, sulla base delle previsioni meteo poco favorevoli e dei dati «orari» comunicati dall’Arpa. Alle 14, infatti, in piazza Libertà si era sui 55 microgrammi, mentre nella fascia di punta tra le 12 e le 14 nella stessa piazza Libertà e in via Svevo si sono raggiunti picchi di 70 microgrammi per metro cubo.
«Sulla base dei dati e delle previsioni – ha dichiarato l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci – non siamo nelle condizioni di dire che la media dell’intera giornata si porti sotto il limite. E quindi non possiamo revocare l’ordinanza».
Ma se la situazione dovesse perdurare nei prossimi giorni, è prevista qualche misura più restrittiva? «Nessun’altro provvedimento – risponde Bucci –. Il piano comunale è già più restrittivo di quello regionale, che è il piano di riferimento. E il piano comunale prevede sempre l’invito alla cittadinanza, che rinnoviamo, a limitare l’orario di accensione degli impianti di riscaldamento e a spegnere i motori dei veicoli durante le soste brevi».
C’è il rischio che le limitazioni alla circolazione proseguano per tutta la settimana? «In effetti c’è – precisa l’assessore – anche se vedo che la gente dimostra molto rispetto per l’ordinanza. In mattinata, con la chiusura nel pomeriggio già annunciata, ho notato in centro meno macchine del solito».
Per domani, in ogni caso, la decisione non verrà presa prima delle 15 di oggi, dopo i dati ufficiali della giornata di ieri e quelli delle ore 14, che danno la tendenza della concentrazione delle polveri.
Ieri pomeriggio, intanto, fre le 16 e le 19 la polizia municipale ha attivato diversi punti di controllo, verificando 104 veicoli e comminando 43 multe. Nel dettaglio, 11 le sanzioni «inflitte» in via Alberti (galleria San Vito), tre ai Campi Elisi (strade interne al perimetro), nove in via Oriani, sette in via del Teatro Romano, 10 sulle Rive (internamente alla zona interdetta) e tre in Campo Belvedere. I controlli hanno riguardato anche via Battisti, ma in questo caso senza multe.

Giuseppe Palladini

 

Rigutti: «Un po’ di preavviso limiterebbe i danni» - Il presidente dei dettaglianti sottolinea i riflessi negativi per la categoria. Più ottimista Durissini dell’Acepe
Sperare nella «santa Bora». Non possono fare altro i commercianti del centro città, davanti alla gravità del problema dell’inquinamento che obbliga il Comune e decretare la chiusura al traffico di una grande parte del territorio cittadino. «Siamo disarmati davanti a questa situazione – spiega Franco Rigutti, presidente dell’Associazione commercianti al dettaglio – perché l’amministrazione comunale non può decidere altrimenti, quando si superano determinati livelli di inquinamento dell’aria. E’ inevitabile che il comparto ne risenta negativamente – aggiunge – perché la gente non prende certo l’autobus per venire a fare acquisti, ma aspetta che cambino le condizioni atmosferiche. Ecco perché auspichiamo il ritorno della Bora».
Rigutti affronta il problema anche da un altro punto di vista: «Ciò che ci mette maggiormente in difficoltà è l’assoluta impossibilità di prevedere queste situazioni. Se si sapesse con un minimo di anticipo – precisa – che il Comune prenderà una certa decisione, il commerciante potrebbe organizzarsi di conseguenza, modificando turni o programmando alcune operazioni che di solito si svolgono nei momenti morti. Ma davanti a queste chiusure improvvise, spesso a singhiozzo, sulle quali lo stesso Comune non può intervenire – conclude il presidente dei dettaglianti triestini – non possiamo fare proprio niente, se non aspettare, con fiducia, che cambi il tempo».
E’ diverso invece il problema per quanto riguarda i pubblici esercenti. «I principali clienti dei bar e dei locali del centro e dell’intera area interessata dal provvedimento di chiusura – afferma Lionello Durissini, direttore dell’Associazione commercianti e pubblici esercenti (Acepe) – sono persone che vanno a lavorare, perciò raggiungono ugualmente la loro sede operativa, visto che gli orari di chiusura sono articolati in maniera da non bloccare le varie attività. Di conseguenza – continua – i riflessi negativi per la nostra categoria non sono così marcati come per i commercianti. Ritengo che i titolari di bar e locali di vario tipo riescano a resistere anche nelle giornate nelle quali la circolazione è interdetta alla maggior parte dei mezzi privati. Certo è che, se la situazione non dovesse modificarsi, magari con l’arrivo della Bora – conclude Durissini – alla lunga gli effetti potrebbero essere negativi».

 

Gemiti (Wwf): «Già 16 sforamenti su un limite di 35»
 
«In via Carpineto quest’anno gli sforamenti delle polveri sottili sono stati già 16, in piazza Libertà 13, in via Svevo 14, in via Pitacco 12 e a Muggia 11. E il limite dopo il quale l’amministrazione comunale deve intervenire con misure più adeguate è di 35 sforamenti in un anno». Fabio Gemiti, chimico ed esperto del Wwf, lancia nuovamente l’allarme sul ripetersi dei superamenti dei limiti di legge epr le pericolose pm10 e ricorda che «in altre città. nel Veneto e in Lombardia, quando si è stati vicini i 35 sforamenti si sono decise misure più restrittive e più costanti nel tempo. Non mi pare che il nostro Comune si preoccupi molto del fatto che gli sforamenti sono sempre più numerosi».
Intanto le previsioni meteo non promettono cambiamenti favorevoli alla revoca dell’ordinanza. Perchè arrivi la Bora, unico «rimedio» per abbassare i livelli delle polveri sottili, bisognerà attendere domenica.
«L’alta pressione – spiega Gianfranco Badina, meteorologo dell’Istituto Nautico – permarrà fino a sabato, quando una bassa pressione si sposterà dal Mediterraneo occidentale sull’Italia meridionale, mentre alta rimarrà a Nord delle Alpi. Ciò determinerà domenica l’arrivo della Bora, sarà più intensa lunedì, e del bel tempo. L’arrivo della Bora – aggiunge – provocherà un abbassamento della temperatura di 3-4 gradi, ma non farà freddo perchè l’origine di questa Bora non sarà russa ma balcanica. Per nuove piogge bisognerà aspettare la perturbazione prevista mercoledì della prossima settimana».
gi. pa.

 

 

SAN DORLIGO Rifiuti porta a porta, i sindacati frenano - Mentre la distribuzione dei contenitori non è ancora completata
 
Non è chiaro chi fra i dipendenti comunali curerà il trasporto
SAN DORLIGO Entro marzo saranno organizzati incontri con la popolazione di San Dorligo per illustrare il nuovo sistema di raccolta differenziata dei rifiuti, porta a porta. Da risolvere però ancora la concertazione coi sindacati per decidere chi si occuperà dell’asporto.
La raccolta differenziata porta a porta era stata presentata alla stampa nell’agosto scorso. Un progetto pionieristico nella nostra provincia, già attivo da tempo in altri centri. Tra gli scopi, ridurre le spese alle famiglie, e aumentare la quantità di rifiuti riciclabili. Nei mesi scorsi il Comune ha distribuito alle famiglie tre contenitori: uno blu da 40 litri per la carta, uno giallo da 120 litri per vetro, plastica e lattine, ed uno verde, sempre da 120 litri, per tutto il «non differenziato». La distribuzione non è ancora completata, a causa di alcuni intoppi. Lo spiega l’assessore Igor Tull (Ds): «A Frankovec ci sono stati problemi di registrazione dei dati degli utenti sui microchip posti sui contenitori verdi. A volte non è stato possibile consegnare i cassonetti perché le famiglie erano fuori casa, e poi non tutte sono venute a prenderseli in Comune. In alcuni (ma pochi) casi di famiglie che non hanno giardino o un cortile dove posizionare i cassonetti, stiamo valutando delle alternative». I contenitori, infatti, andranno sistemati all’esterno delle abitazioni nei giorni previsti per lo svuotamento. I contenitori blu e gialli saranno svuotati ogni due settimane. Quello verde, due volte a settimana. In futuro, la tariffa si baserà sul peso di quanto viene svuotato dal contenitore verde, quello dotato di microchip coi dati della famiglia, che è l’unica a poterlo aprire con apposita chiavetta. Dopo la distribuzione, è prevista una massiccia campagna di informazione alle famiglie, dapprima con depliant recapitato a casa, e poi con incontri diretti con la popolazione, previsti tra febbraio e marzo. Ancora in discussione però un accordo coi sindacati. Da stabilire infatti la questione di chi curerà l’asporto dei rifiuti, tenendo conto dei cronici problemi di carenze di personale comunale. Sul tavolo c’è infatti anche la possibilità di esternalizzare parte del servizio. Cosa non ben vista dai sindacati.
s.re.

 

 

DUINO AURISINA - Passa la Variante, si costruirà di meno - Voto sofferto in consiglio comunale: l’opposizione abbandona l’aula. Ed è subito polemica
 
Edificabilità ridotta anche a Duino, con due parcheggi e un parco pubblico - Una sola abitazione in più a Medeazza contro le trenta previste in origine
Opposizione fuori dall'aula, e voti solo della maggioranza. È stata adottata così - dopo l'approvazione unilaterale da parte del centrodestra di una serie di emendamenti «taglia edificabilità» - la discussa variante 24/25 al piano regolatore di Duino Aurisina. Come annunciato, il centrosinistra ha chiesto la sospensione dell'adozione, ma la maggioranza ha scelto di andare al voto. Sei emendamenti, portati in consiglio dal sindaco Ret, hanno limitato l'edificabilità prevista dal documento originale: una sola abitazione in più a Medeazza contro le trenta previste originariamente, la riduzione di oltre la metà della nuova edificabilità a Duino, con la previsione di due parcheggi e un parco pubblico, e niente zona turistica, con campeggi e residence a Ternova, resta invece la nuova edificabilità a Sistiana nei pressi della futura chiesa, passata anche la reiterazione dei vincoli della variante 18, e le norme che permettono l'ampliamento di alcuni impianti sportivi.
Ora, a documento adottato, divampa la polemica, tanto che il sindaco convocherà una assemblea pubblica per sabato mattina, e An allestirà alcuni banchetti nelle varie frazioni del comune nel fine settimana, per presentare la variante adottata. Allo stesso modo, il Centrosinistra annuncia la convocazione di ulteriori assemblee pubbliche.
«La variante - ha dichiarato il consigliere di An Turrini - al di là degli slogan elettorali di un'opposizione che sembra in difficoltà, è un processo iniziato nel 2004, ben consapevoli che l'attuale piano regolatore, conosciuto come "Variante 18", non ha mai fornito risposte adeguate ai cittadini di Duino Aurisina. Mentre fino a ieri si è parlato di variante sotto l'aspetto tecnico, il Consiglio comunale ha avuto modo di esprimersi anche sotto il profilo politico mediante lo strumento degli emendamenti. L'opposizione, invece, è uscita dall'aula. Peccato, poteva essere un dibattito costruttivo su un lavoro serio, rigoroso ed al quale è stato dedicato molto tempo».
Maurizio Rozza, dei Verdi, ha precisato invece che il parere positivo della Regione relativo all'Incidenza ambientale è solo «l'esito di un esame preventivo sulla conformità degli atti rispetto a due direttive comunitarie e agli aspetti geologici, e non un placet sul documento generale». Il vicesindaco Romita ha criticato l'uscita dall'aula dei consiglieri di centrosinistra: «Avrebbero potuto presentare emendamenti sia sulla Variante come sul Bilancio, non l'hanno fatto perchè probabilmente piace più avere spazio sui giornali per proclami che sui fatti».
Dura la posizione del centrosinistra: «Il sindaco - ha dichiarato Vera Tuta Ban a nome dell'opposizione - si è assunto la responsabilità politica di aver avallato una proposta di variante impresentabile».
«Avevamo offerto - ha dichiarato invece il candidato sindaco Veronese - al sindaco Ret una scappatoia per uscire dal buco nero rappresentato dalla proposta di varianti che tante proteste ha suscitato nella popolazione. Non l'ha colta e si è assunto in prima persona la responsabilità di coprire un lungo elenco di speculazioni edilizie e insopportabili violenze al territorio e di impedire una consultazione dei cittadini».
fr.c.

 

 

Urbanistica, cambiano le regole sugli espropri Rifondazione verso il sì

 

Le aree destinate all’edificazione, invece, dovranno essere contenute negli strumenti urbanistici comunali. «I Comuni non possono reggere un risarcimento basato sui valori di mercato – spiega il provvedimento l’assessore Lodovico Sonego – e quindi ci siamo dotati, ultimi in Italia, di questa opportunità». Ma rimane proprio questo il nodo da sciogliere all’interno della maggioranza, perché Rifondazione e gli altri partiti della sinistra più radicale non sono favorevoli a questa soluzione. Secondo Kristian Franzil, la perequazione «rischia di dare ai Comuni la possibilità di agevolare la speculazione come peraltro già è capitato in altre regioni». Tuttavia Rc appare più vicina ad un voto favorevole alla riforma dopo che è stato trovato un accordo su altri punti: in particolare è stato inserito il suolo come «bene comune della collettività», eliminando l’equiordinanza tra sviluppo economico e tutela ambientale (che ora risulta preminente), e prevedendo che nuovi insediamenti o infrastrutture vengano realizzati solo nel caso venga stabilito l’impossibiltà del riuso di ciò che già esiste. Una modifica che piace anche ai Cittadini i quali avevano minacciato una possibile astensione che avrebbe fatto mancare i numeri per l’approvazione della legge. E sempre dai Cittadini (insieme al forzista Roberto Asquini) arriva la liberalizzazione per l’installazione di pannelli solari che non dovranno più essere sottoposti alla Dia (denuncia di inizio attività), così come per i climatizzatori, salvo che per edifici di pregio e per i centri storici. Qualche modifica anche per quanto riguarda i requisiti per la pianificazione sovracomunale: restano validi il minimo di 5 Comuni o 30 mila abitanti ma si aggiunge l’alternativa di un terzo dei Comuni di una Provincia, di fatto per garantire la possibilità a due Comuni triestini di approntare la pianificazione congiunta.
Cittadini soddisfatti, dunque, Rifondazione possibilista ed orientata al sì mentre rimangono le perplessità dei Comunisti Italiani: «Non mi piace l’esclusione delle Province e l’assegnazione a nuovi enti della pianificazione sovracomunale – sostiene Bruna Zorzini – che finisce per dare tutto il potere ai Comuni capoluogo». Rimane il no secco, oltre che dell’opposizione, anche del verde Alessandro Metz. Ha invece abbandonato l’aula Alessandra Battellino che doveva essere relatore di opposizione: «Non mi riconosco in questo testo e mi astengo dalla sua discussione» ha affermato la consigliere di Intesa per la Regione prima di lasciare il consiglio.
Roberto Urizio
 

 

Rigassificatori: necessarie ulteriori indagini

 

Una corretta valutazione della sostenibilità di un intervento che incida sul territorio richiede degli indicatori specifici e in questa direzione si sono mossi da tempo i più importanti istituti di ricerca applicata all’Ambiente. Gli indicatori di sostenibilità sono uno strumento per rappresentare in modo sintetico i diversi problemi indagati, senza che vada perso, nel «fare sintesi», il contenuto informativo sviluppato nel corso dell’analisi. Essi sono utilizzati da tempo anche in economia o nelle indagini sociali. Il loro scopo è quello di mettere in evidenza, per ogni fenomeno indagato, le tendenze nel tempo, il rapporto con obiettivi di legge o con obiettivi di sostenibilità, le relazioni causa-effetto, l’efficacia delle politiche pubbliche, la capacità di innovazione ambientale del sistema economico e dei cittadini.
Gli indicatori sono necessari inoltre per saldare la conoscenza con la scelta politica, tramite quell’atto cruciale che è la valutazione delle prestazioni, in termini di sostenibilità, dei sistemi che vanno governati e delle azioni di governo. Senza questa valutazione, l’azione politica procede alla cieca. Per queste ragioni, la messa a punto di un insieme di indicatori di sostenibilità, fondati su buone teorie, efficaci nell’orientare i processi decisionali, efficienti nei monitoraggi, è diventato uno dei compiti primari della ricerca in tema di sostenibilità.
Circa i livelli di rischio e di impatto ambientale – nella valutazione dei progetti presentati da Endesa e Gas Natural per le localizzazioni degli impianti di rigassificazione del Gnl, rispettivamente in versione off shore nel Golfo di Trieste e in shore nell’area ex Esso – l’amministrazione comunale ha potuto basarsi esclusivamente sui dati forniti dalle società proponenti e su determinazioni proprie dei possibili vantaggi in termini di ricadute economiche sul Comune e principalmente sulle aziende collegate al settore della produzione e distribuzione dell’energia.
Le teorie dello sviluppo sostenibile e dell’ecological economics ci pongono davanti all’idea di un’economia non più basata su due parametri, il lavoro e il capitale, ma su un’economia ecologica che riconosce l’esistenza di tre parametri, il «lavoro», il «capitale naturale» e il «capitale prodotto dall’uomo». Intendo per «capitale naturale» l’insieme dei sistemi naturali (mari, fiumi, laghi, foreste, flora, fauna, territorio), ma anche i prodotti agricoli, i prodotti della pesca, della caccia e della raccolta e il patrimonio artistico-culturale presente nel territorio.
Risulta indispensabile – anche nel caso specifico degli impianti di rigassificazione – un approccio alla fase valutativa indipendente ed oggettivo che non possa in alcun modo subire l’influsso di interessi diretti da parte degli aventi causa.
È ancora possibile, prima di assumere una decisione definitiva a livello regionale e ministeriale, che gli interventi proposti siano oggetto di un’indagine mediante l’applicazione di indicatori di sostenibilità dei processi produttivi e dei sistemi territoriali, intendo in questo termine gli indicatori termodinamici e non (emergia, energia, impronta ecologica, Lca, etc.). Metodologie di indagine che sono state elaborate e già applicate in più occasioni dal Dipartimento di scienze e tecnologie chimiche e dei biosistemi dell’Università di Siena e in particolare dal Gruppo di lavoro diretto dal professor Enzo Tizzi.
Sergio Bisiani - segretario regionale Ambiente e Vita
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 31 GENNAIO 2007

 

Torna lo smog, centro chiuso dalle 16 alle 19 - Interessata l’ampia zona prevista dal piano comunale. È il terzo blocco in un mese

 

Le restrizioni scattano il giorno successivo a quello del superamento dei limiti perché in due centraline su tre si sono superati i 70 microgrammi

Terza chiusura al traffico di una vasta area della città in questo mese. Oggi pomeriggio, dalle 16 alle 19, scattano le limitazioni alla circolazione nell’ampia zona prevista dal piano di azione comunale (riportata nella cartina a fianco). La decisione è stata presa ieri dall’amministrazione comunale, dopo che l’Arpa ha comunicato i dati ufficiali sulle concentrazioni delle polveri sottili nella giornata di lunedì .
La novità, se così si può dire, è data dal fatto che in questo caso le restrizioni scattano il giorno successivo a quello del superamento dei limiti, e non dopo tre giornate consecutive di sforamenti. Non si tratta di un «irrigidimento» delle misure antismog, bensì di una previsione contenuta nel piano di azione comunale.
Quando i superamenti delle concentrazioni delle polveri non sono molto consistenti, per arrivare alla chiusura al traffico sono necessari i tre giorni consecutivi, com’è già avvenuto l’11 e il 21 gennaio. Le restrizioni sono invece immediate (dal pomeriggio della giornata successiva) quando anche per un solo giorno, in due centraline, una delle quali nell’area di Servola, la concentrazione delle pm10 supera i 70 microgrammi per metro cubo.
Ed è quanto avvenuto lunedì. Nella centralina di via Carpineto si sono rilevati infatti 80,8 microgrammi per metro cubo; 70,9 quelli registrati in piazza Libertà. Concentrazioni elevate anche in via Svevo (68,7), via Torbandena (64,8) e Muggia (67,7).
Ancora inattivo, invece, l’analizzatore delle polveri nella centralina di via Pitacco, nonostante diversi giorni fa la società Elettra (gruppo Lucchini-Severstal) abbia comunicato al Comune l’avvenuta riparazione del guasto.
Sull’eventuale estensione della chiusura al traffico nella giornata di domani, una decisione sarà presa oggi, in base ai dati dell’intera giornata di ieri. A complicare la situazione (e le decisioni) c’è però un nuovo blocco della centralina di via Carpineto, che fino al primo pomeriggio di ieri non aveva fornito alcuna rilevazione.
La media oraria delle 14 di ieri, nelle varie centraline, comunicata dall’Arpa al Comune, era comunque ancora elevata: punte di 90 microgrammi in via Svevo, sopra i 70 in piazza Libertà, e livelli vicini al limite di 50 microgrammi in via Torbandena.
L’improvviso innalzarsi delle concentrazioni delle polveri lascia un po’ sorpreso l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci. «D’accordo che c’è l’alta pressione – osserva – ma non siamo in presenza di una cappa di nuvole come una decina di giorni fa. L’aumento delle polveri potrebbe essere legato al sale sparso in grandi quantità dopo la recente nevicata, che è rimasto sulle strade e viene sollevato dal traffico. Per questo abbiamo ordinato l’immediato lavaggio di un consistente numero di arterie della città».

Giuseppe Palladini

 

Confermato il nutrito elenco di veicoli privati e pubblici che possono circolare senza limitazioni  - Le deroghe: i taxi, le auto Euro 4 e le moto Euro 2 e 3

Numerose le deroghe al divieto di circolazione all’interno della vasta area indicata dalla cartina. L’ordinanza firmata dal sindaco prevede così che la limitazione non riguarda i veicoli ad emissione zero, quelli che utilizzano come carburante metano o Gpl, i veicoli omologati EURO 4 (direttive: 98/69 CE-B - 99/102 CE-B rif. 98/69 - 2001/1 CE-B - 2002/80 CE-B - CE 2003/76-CE-B) e i motoveicoli e ciclomotori omologati EURO 2 (direttive: 97/24 CE fase II cap.5 - 2002/51 CE fase A) o EURO 3 (direttiva: 2002/51 CE fase B).
Il divieto non riguarda naturalmente i veicoli per il trasporto pubblico (bus, taxi, autonoleggio con conducente), ma non si applica neanche ai mezzi a servizio degli invalidi, a quelli adibiti a servizi di stato, a servizi pubblici e/o di pubblica utilità e ai veicoli per compiti di sicurezza pubblica.
Nessun divieto anche per i mezzi degli istituti di vigilanza e trasporto valori, per quelli del servizio postale, per i mezzi con targa di riconoscimento C.C. o C.D. e con targhe «prova». Liberi di circolare pure i mezzi delle testate radiotelevisive e degli organi di stampa, quelli dei ministri di culto, dei medici e dei veterinari in visita domiciliare urgente, e quelli di servizio dell'Ass e dell’Arpa.
Nessuna limitazione poi per i mezzi usati da medici, infermieri e tecnici dell'Azienda ospedaliera o altre strutture sanitarie che, a seguito della chiamata di reperibilità, devono raggiungere le strutture stesse.
L’elenco delle deroghe prosegue con gli autoveicoli per il trasporto di persone soggette a trattamenti sanitari e/o riabilitativi, programmati e/o continuativi, e con quelli che trasportano persone con ridotta capacità deambulatoria o altre gravi patologie e impossibilitate a servirsi dei mezzi pubblici.
Nessun divieto anche per i veicoli in uso agli addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare, per quelli diretti all'Ispettorato della motorizzazione civile e alle officine autorizzate per effettuare revisioni programmate, nonché per i mezzi partecipanti a cortei matrimoniali.
Possono infine circolare liberamente pure i veicoli delle autoscuole in esercitazione o usati per l’esame per il conseguimento delle patenti, e più in generale quelli per il trasporto merci e l'esercizio di un’attività.

 

Percorribile il perimetro della zona vietata
LE STRADE (vedi mappa)
Le limitazioni al traffico non riguardano il perimetro dell’area indicata nella piantina, che rimane percorribile. Ecco la sequenza delle strade che compongono il perimetro: Largo Roiano, via S. Teresa, via Stock (fra via S. Teresa e via dei Saltuari), via dei Saltuari, via Barbariga (fra via dei Saltuari e via Sara Davis), via Sara Davis (fra via Barbariga e via dei Cordaroli), via dei Cordaroli, via Commerciale (fra via Cordaroli e salita di Conconello), salita di Conconello, strada Nuova per Opicina (fra Salita di Conconello e via Valerio), via Valerio, via Fabio Severo (fra p.le Europa e via di Cologna), via di Cologna, Largo Giardino, via Giulia (fra l.go Giardino e Rotonda del Boschetto), Rotonda del Boschetto, viale al Cacciatore, via de Marchesetti (fra v.le Cacciatore e via S. Pasquale), via S. Pasquale, via Revoltella (fra via S. Pasquale e via Rossetti), via Rossetti (fra via Revoltella e p.le De Gasperi), piazzale De Gasperi, strada di Cattinara (fra p.le De Gasperi e raccordo ex 202/strada di Fiume), strada di Fiume (fra raccordo ex 202/ strada di Fiume e via Molino a Vento), via Molino a Vento (fra Strada di Fiume e via Marenzi), via Marenzi, via dell'Istria (fra via Marenzi e p.le Valmaura), piazzale Valmaura, via Valmaura, Grande Viabilità (fra gli svincoli di Valmaura e di Campi Elisi), via delle Fiamme Gialle, Passeggio Sant'Andrea, via Campo Marzio, riva Grumula, riva Gulli, riva Sauro, riva Mandracchio, riva Caduti per l'italianità di Trieste, riva Tre Novembre, corso Cavour, piazza Libertà, viale Miramare (fra piazza Libertà e largo Roiano).

 

SGONICO Al via le iniziative per sensibilizzare la popolazione sui temi della sostenibilità ambientale e della raccolta differenziata
 
Il Comune dichiara guerra ai rifiuti con l’aiuto dei cittadini
In provincia di Trieste si producono ogni anno circa 125mila tonnellate di immondizie. Di queste, il 30 per cento è carta, altrettanto è plastica. Entrambe finiscono all’inceneritore, con conseguente consumo di energia e spreco di risorse. Siamo infatti ben lontani dalle direttive contenute nel decreto Ronchi, che prevede la raccolta differenziata in percentuali ben maggiori. «Oggi siamo al 18 per cento – ha spiegato ieri l’assessore provinciale all’Ambiente, Denis Visioli – mentre l’ideale sarebbe il 35 per cento». Si inserisce in questo contesto l’iniziativa del Comune di Sgonico, che ha preparato un opuscolo bilingue, caratterizzato da disegni fatti dai bambini delle scuole, che invita la popolazione a un comportamento più accorto nella divisione dei rifiuti. «Mancava un’informazione sufficientemente dettagliata – ha detto l’assessore comunale di Sgonico, Igor Gustincic – per affrontare tematiche come quelle della sostenibilità ambientale. Nel nostro territorio ci sono troppe discariche abusive all’aperto. Per questi motivi – ha aggiunto – abbiamo predisposto un piano che prevede la presenza in ambito comunale di un sufficiente numero di raccoglitori di rifiuti, in grado di garantire a tutti i residenti la possibilità di procedere nella direzione della raccolta differenziata». Visioli ha sottolineato «l’importanza di una presa d’atto, da parte della popolazione dell’intera provincia, dell’estrema importanza della raccolta dei rifiuti. I costi sono molto elevati – ha affermato – e crescono in proporzione alla disattenzione che la gente mette in queste cose». Il Comune di Sgonico si è rivelato sensibile all’argomento, e si auspica che anche le altre amministrazioni seguano a ruota. «Se i cittadini capissero che il costo di un’errata raccolta di rifiuti si riversa sulle loro tasche – ha sostenuto Visioli – capirebbero che è molto utile per l’equilibrio ambientale della provincia comportarsi in maniera diversa». Sulla situazione incidono in maniera piuttosto pesante anche i rifiuti prodotti da industrie e attività commerciali e artigianali: «Non sarebbe giusto addossare ai cittadini tutta la responsabilità di questa situazione», ha concluso l’assessore.
u. s.

 

 

Clima e sviluppo: Trieste studia il futuro - Un pool di scienziati valuta l’impatto economico dei mutamenti meteorologici

 

I ricercatori Giorgi e Piani del centro Abdus Salam: «Allarmismi sbagliati, ma l’Italia e il Mediterraneo subiranno conseguenze pesanti»

 I cambiamenti climatici? A Trieste e nell’intero paese si sentono e si sentiranno di più che ai tropici o in altre parti del mondo. Le due regioni del pianeta che risponderanno in maniera più forte ai cambiamenti climatici globali sono, infatti, il Mediterraneo e l’Europa orientale. Ad affermarlo è una ricerca dello scienziato Filippo Giorgi del Centro Internazionale di Fisica Abdus Salam Ictp, membro del prestigioso Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change) - pubblicata nella rivista scientifica Geophisical Research Letter. La notizia arriva alla vigilia della presentazione del quarto rapporto dell'Ipcc programmato questa settimana a Parigi, secondo il quale «il riscaldamento climatico è inequivocabile e risulta evidente dall'aumento della temperatura dell'aria e degli oceani, dallo scioglimento delle nevi e dei ghiacci, dall'aumento del livello dei mari».
Il gruppo triestino di ricerca. Filippo Giorgi, assieme ad un gruppo di ricerca dell’Ictp, studia da tempo i cambiamenti climatici e ha già realizzato vari studi che riguardano il Mediterraneo. Tra i più recenti – «una simulazione a scala più precisa che sia mai stata fatta, con una risoluzione di 20 km». Si tratta di previsioni del clima, non meteorologiche, che cambiano ogni decade, stagione, anno, oppure considerano addirittura le ere glaciali: «Per la ricerca abbiamo preso in considerazione un modello matematico del clima e due possibili scenari di come in futuro si evolverà l’ambiente, spiega Giorgi. Abbiamo fatto delle simulazioni basandoci su vari scenari che ipotizzano un futuro dove le emissioni di gas serra aumenteranno per tutto il secolo». Il primo scenario prevede un livello più moderato di anidride carbonica CO2 e l’altro conseguenze più estreme e per alcuni quasi catastrofiche, causate dal mancato rispetto del protocollo di Kyoto (con cui tra l’altro anche l'Italia si impegna a ridurre le emissioni di anidride carbonica).
«I risultati rilevati -dice lo studioso- indicano una diminuzione delle piogge in estate (e con fenomeni brevi ma intensi), un riscaldamento accentuato e una intensificazione dei periodi di siccità». E l’Italia? «Sarà divisa in due. Nel nostro Paese le differenze tra zona orientale e occidentale sono infatti causate dalla catena montuosa degli Appennini che modificano molto il segnale di cambiamento climatico».
Niente allarmismi. Per quanto riguarda le possibili ricadute dei cambiamenti del clima bisogna fare molta attenzione nel disegnare scenari catastrofici, aggiunge Claudio Piani, ricercatore nel Gruppo di ricerca sul clima dell’Ictp. Per Piani, «gli effetti immediati si registreranno nel settore del turismo, in agricoltura, trasporti, consumo energetico. Bisogna prepararsi di conseguenza adottando le necessarie misure».
«La situazione del clima è problematica, ma questo non vuol dire che lo scenario da fine del mondo sia vicino – afferma Piano. Ho paura che il continuo allarmismo sul riscaldamento globale finisca per rendere la gente meno sensibile e quasi assuefatta a problemi che invece sono molto seri».
Piani si riferisce alla diffusione di certe teorie allarmistiche che suggeriscono segnari devastanti. Per lo studioso triestino invece i cambiamenti climatici non possono arrivare al punto di sconvolgere l’attività economica e sociale del globo in misura paragonabile a una guerra mondiale oppure alla grande depressione degli anni ‘20: «In queste tesi non ci vedo alcun fondamento scientifico»
Gabriela Preda

 

 

Rupel a Trieste: al via un tavolo tra ministri sui rigassificatori - Roma-Lubiana, confermato il confronto su ambiente, energia e trasporti

 

TRIESTE - Illy: entro febbraio sarà sottoscritto il protocollo d’intesa sull’Euroregione

 La collaborazione tra Italia e Slovenia, rinsaldata dopo la recente visita a Lubiana di Massimo D’Alema, darà presto segnali concreti. Ne è convinto il ministro degli esteri sloveno, Dimitrij Rupel, che da Trieste, dove ieri ha incontrato il governatore del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, ha annunciato l’avvio di un nuovo progetto di cooperazione transfrontaliera. «C’è la volontà di dar vita ad un Comitato misto composto da otto ministri, quattro sloveni e quattro italiani, che sarà chiamato ad affrontare i temi energetici, dell’ambiente, degli affari esteri e dei trasporti - ha spiegato Rupel-. Con la creazione di questo comitato, intendiamo intensificare e rafforzare i nostri rapporti a vari livelli».
Il nuovo organismo italo-sloveno dovrà occuparsi anche della controversa ipotesi rigassificatori nel golfo di Trieste. Un argomento discusso anche nel faccia a faccia con Riccardo Illy. «Ho informato il ministro Rupel dell’incontro avvenuto lunedì scorso tra rappresentanti dei ministeri dell’Ambiente di Italia e Slovenia ed esponenti della Regione - ha precisato il governatore -. Tra un mese sarà convocato un altro vertice per esprimere un parere sulla documentazione integrativa fornita dalle due società interessate alla realizzazione degli impianti, Gas Natural e Endesa. La Regione, raccolti i pareri dei comuni, comunicherà la sua posizione al Governo italiano, a cui spetterà la decisione finale dopo aver, ovviamente, sentito quella dell’esecutivo sloveno».
La visita triestina del ministro Rupel ha permesso inoltre di fare il punto sulle grandi infrastrutture. «Ho ricevuto rassicurazioni da parte del presidente Illy che, a Milano, aveva espresso timori sul Corridoio V e appoggiato la realizzazione di progetti alternativi (il cosiddetto Corridoio ferroviario Adriatico-Baltico). Da parte mia - ha chiarito il ministro, che ha donato all’interlocutore una moneta da un euro nuova di zecca - posso garantire che la Slovenia è pronta a tener fede a tutti i suoi impegni e a fare la propria parte per portare avanti i lavori del Corridoio V». Parole, ha fatto chiaramente capire Illy, a cui devono seguire presto i fatti visto che la scadenza per accedere ai fondi strutturali, legati al progetto Interreg, per la realizzazione di opere come la tratta Trieste-Divaccia è fissata a settembre di quest’anno. Di qui la necessità di fare pressioni sui rispettivi ministri dei Trasporti per arrivare quanto prima all’accordo intergovernativo essenziale per accedere a quelle risorse. Illy ha chiesto tempi rapidi anche per i collegamenti autostradali: «Spero che entro fine 2007 o al massimo nei primi mesi del 2008 possano chiudersi da un lato i cantieri delle tratte Lacotisce - Rabuiese e Cattinara-Padriciano, in parallelo quindi con l’ingresso della Slovenia in area Schenge, e dall’altro quelli del collegamento tra Maribor e il confine ungherese».
Auspicato anche un nuovo rapporto di collaborazione tra i porti dell’Alto Adriatico, specie sul fronte del trasporto merci via terra, e un ingresso delle ferrovie slovene nel mercato italiano.
Immancabile anche l’accenno all’Euroregione con l’annuncio di un incontro, da tenere entro fine febbraio, per firmare il Protocollo d’intesa discusso l’anno scorso a Villa Manin e gettare le basi dell’Accordo multilaterale tra tutti gli attori coinvolti. Accordo necessario per accedere ai fondi previsti dal Regolamento europeo in materia di Gruppi di coordinamenti territoriale, che entrerà in vigore in agosto. Anche su questo fronte, ha rassicurato Rupel, l’impegno sloveno non è da mettere in discussione.

Maddalena Rebecca

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 30 GENNAIO 2007

 

Inquinamento record e la Terra si riscalda molto più del previsto - La temperatura salirà a fine secolo tra i 2 e i 4,5 gradi. A rischio la calotta polare
 
ROMA Rapporto del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite - La Terra si sta scaldando più del previsto e ormai restano pochi dubbi sul fatto che la «colpa» sia dell’inquinamento. Sono le conclusioni a cui è giunto il Comitato intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici (Ipcc) nel rapporto che verrà presentato venerdì a Parigi, dove è cominciato ieri il convegno mondiale sul clima. Il nuovo dossier (il quarto) ha mobilitato 552 autori e sono stati 2.500 gli esperti che hanno preso parte al lavoro. In base a quanto anticipato, la situazione fotografata è peggiore di quanto gli stessi climatologi avessero ipotizzato nel precedente rapporto del 2001. Nel dossier si prevede, da qui a fine secolo, un aumento della temperatura tra i 2 e i 4,5 gradi con il rischio di un innalzamento di addirittura 6 gradi. I segnali per preoccuparsi non mancano: se nel periodo 1905-1975 la temperatura cresceva al ritmo di 0,06 gradi al decennio, nel 1975-1995 si è passati a 0,13 gradi e negli ultimi dieci anni c’è stato un boom che ha portato l’incremento medio a 0,23 gradi. Sul fronte mare, la temperatura media è aumentata sensibilmente in superficie e in alcuni oceani il riscaldamento è arrivato anche fino a 3.000 metri di profondità.
Se le temperature globali aumenteranno come previsto, nel 2100 si assisterà a un raddoppio delle concentrazioni di CO2 rispetto all’era pre-industriale. La colpa è di un circolo vizioso difficile da fermare. L’aumento della temperatura fa aumentare l’evaporazione di oceani e mari. Di conseguenza si infittisce nell’atmosfera la coltre di vapore acqueo, che è un potente agente responsabile dell’effetto-serra. Tutti i modelli climatici esaminati dagli esperti indicano che il surriscaldamento globale indebolisce le capacità del pianeta di assorbire l’anidride carbonica in eccesso. E questo potrebbe accrescere del 44% le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera, con l’effetto di un aumento della temperatura media di 1,2 gradi in più del previsto nel corso del secolo.
La previsione è che al 2100 il livello dei mari aumenterà mediamente tra i 28 ed i 43 centimetri e che diventeranno più frequenti e intensi gli «estremi climatici» come alluvioni e periodi di siccità. Cattive notizie anche per i ghiacciai. La calotta polare artica (quella formata dai ghiacci galleggianti) potrebbe, nel 2100, scomparire durante i mesi estivi o comunque ridursi al 10% della attuale estensione. Drastiche riduzioni si avrebbero anche per i ghiacciai delle catene montuose alle medie e basse latitudini con ripercussioni sulla disponibilità di acqua nei bacini idrologici e nelle falde. Dati ancora provvisori per il 2005 indicano una diminuzione di oltre mezzo metro, mentre sono 8,7 i metri di spessore persi dal 1980. (vedi schema)

Non sono soltanto i mutamenti climatici a minacciare la vita sulla Terra. Almeno 10 specie che abitano boschi e mari della Penisola sono sull’orlo dell’estinzione per colpa di bracconieri e pescatori di frodo. Il lupo, la lince, la lontra, il grifone, persino il dattero di mare, presto non saranno che animali fiabeschi. Agli ultimi esemplari si spara da bunker interrati, si tendono trappole vietate da ogni legge, si distrugge l’habitat con cariche di dinamite. Una strage silenziosa che il Wwf è tornato a denunciare ieri. Il dossier è stato presentato ieri al Centro di recupero animali selvatici di Semproniano (Grosseto). E racconta di come un piccolo esercito di doppiette continui a farla da padrone, a razziare le risorse faunistiche, a uccidere anche le specie più indifese: spesso di frodo ma ancor più spesso grazie a deroghe di legge.
Monica Viviani

 
Alta velocità: Illy «pessimista» sui tempi
 
TRIESTE  Per il governatore esiste il «rischio concreto» che siano realizzate prima le opere del progetto n. 17 a Nord delle Alpi «La legge Obiettivo ha deluso, è indispensabile che il Governo rimetta mano alle regole». L'invito è arrivato dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, nel suo intervento, ieri, al convegno «Le infrastrutture per competere in Europa: reti, mobilità e sviluppo del Nord produttivo», in corso di svolgimento a Milano.
«Come deputato - ha ricordato Illy, secondo quanto riferisce una nota della Regione - pur essendo all' opposizione e pur avendo qualche riserva, mi astenni al momento del voto sulla legge Obiettivo, poichè ne condividevo lo scopo. A cinque anni di distanza, devo dire che quella legge può essere considerata una delusione, in quanto ha consentito di aprire non molti cantieri. Invito perciò il Governo, che in tema di infrastrutture ha un programma vago e impreciso, a cominciare a mettere mano alle norme».
In tema di infrastrutture è mancata in questi ultimi anni, secondo il presidente, una visione «olistica», capace cioè di cogliere le implicazioni generali delle scelte in gioco, e questo sia da parte degli ambientalisti, sia da parte della pubblica amministrazione. Gli ambientalisti - ha osservato Illy - hanno considerato sempre e soltanto l'impatto delle singole opere, senza tener conto che, per esempio, un' efficiente ferrovia ad alta velocità e ad alta capacità è in grado di promuovere un riequilibrio modale, riducendo quindi l'inquinamento complessivo. Ma Illy ha anche invitato Regioni ed enti locali a guardare oltre i propri specifici interessi, poichè le grandi infrastrutture hanno una valenza nazionale ed europea.
Illy ha espresso «pessimismo» sui tempi di realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità e ad alta capacità inserita nel progetto prioritario n. 6 dell'Unione europea, il grande asse che attraversa la pianura Padana fino al confine tra Ungheria e Ucraina, con il rischio concreto che siano realizzate prima le opere del progetto prioritario n. 17 a Nord delle Alpi, tagliando fuori l'Italia settentrionale dall'Europa. Per questo la Regione Friuli Venezia Giulia - ha ricordato Illy - ha deciso di appoggiare la realizzazione del cosiddetto Corridoio ferroviario Adriatico-Baltico, fortemente sostenuto dal Governo austriaco, una linea in grado di valorizzare le potenzialità della Pontebbana e di aggirare, via Graz, le strozzature della direttrice del progetto prioritario n. 6 verso i mercati del Centro e dell'Est europeo.
Illy ha avanzato due proposte concrete: la fusione di tutte le società concessionarie autostradali a prevalente partecipazione pubblica del Nord Italia, per raggiungere una sufficiente massa critica, una maggiore efficienza e anche una più incisiva capacità di lobbying; consentire inoltre ad Autovie Venete di devolvere una parte degli utili, una volta detassati, alla realizzazione delle nuove linee ferroviarie, come già avviene con la società concessionaria dell' autostrada del Brennero.

 
Area quarnerino-istriana: un inquinamento record
 
FIUME Inquinamento ambientale, sono tre i punti neri in Croazia. Si tratta dell’area quarnerino–istriana, della zona industriale di Sisak, a Sud di Zagabria, e della baia dei Castelli spalatini, in Dalmazia. È quanto sostengono Vjeran Pirsic e Toni Vidan, due leader delle organizzazioni ambientaliste croate, Pirsic, presidente di Eko Kvarner, l’ agguerrita organizzazione con sede a Veglia, ha le idee chiare in proposito: «La nostra regione nordadriatica deve guardarsi da sei grandi impianti – ha spiegato alla stampa – parliamo della fabbrica di lana di pietra a Pedena, della termocentrale Fianona 3, della termocentrale e della raffineria di Urinj, del futuro rigassificatore, nonché dell’ Azienda petrolchimica di Veglia».

 

 

 

L'UNITA' - LUNEDI' , 29 GENNAIO 2007

Clima, gli scienziati: il riscaldamento è colpa dell'uomo

«Le attività dell’uomo stanno cambiando la faccia della Terra e il surriscaldamento è una delle conseguenze dell'inquinamento». Dopo anni di titubanze, incertezze, ripensamenti, la “scomoda verità” (per usare il titolo del docu-film di Al Gore sui cambiamenti climatici) sta diventando una realtà scientifica: nel rapporto compilato dagli esperti del Comitato intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Ipcc), che verrà presentato ufficialmente venerdì a Parigi al termine del convegno sul clima a cui partecipano 2mila scienziati da tutto il mondo, si punta il dito senza mezzi termini sulle emissioni di biossido di carbonio (CO2) come causa principale dell'aumento delle temperature. Insomma sull’uomo come causa dei cambiamenti ambientali e climatici del nostro Pianeta.
Così le indiscrezioni sul dossier sul clima, anticipate dal quotidiano britannico
The Independent, lasciano intendere che la situazione è anche peggiore di quanto si pensasse e di quanto gli stessi climatologi dell'Onu avessero ipotizzato (o ammesso) nel loro precedente rapporto del 2001. Non solo da qui alla fine del secolo le temperature globali aumenteranno tra i 2 e i 4,5 gradi centigradi, come già si temeva, ma si potrebbe arrivare anche a un incremento di 6 gradi. Risultato: nel 2005 i 30 ghiacciai campione tenuti sotto controllo dal Servizio di monitoraggio mondiale dei ghiacciai, che ha sede in Svizzera, si sono ritirati mediamente di 60 centimetri. Dal 1980, sono arretrari di 10,5 metri.
La colpa, spiegano gli scienziati, è di un circolo vizioso già innescato e difficile da fermare. L'aumento della temperatura fa aumentare l'evaporazione di oceani e mari. Di conseguenza si infittisce nell'atmosfera la coltre di vapore acqueo, che è un potente agente responsabile dell'effetto-serra. Basti pensare che, dal 1970 a oggi, la concentrazione di vapore acqueo è aumentata del 4 per cento. Tutti i modelli climatici esaminati dai 2.000 esperti coinvolti nello studio indicano poi che il surriscaldamento globale indebolisce le capacità del pianeta assorbire l'anidride carbonica in eccesso. Questo potrebbe accrescere del 44 per cento le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera, con l'effetto di un aumento della temperatura media di 1,2 gradi in più del previsto nel corso del secolo.
C'è il 99 per cento di probabilità, hanno concluso gli esperti, che i livelli di anidride carbonica e il riscaldamento globale siano nettamente più alti rispetto alla variazione media degli ultimi 650mila anni. Dunque non solo assistiamo a un aumento generale delle temperature, ma questo è provocato dagli ultimi 250 anni di sviluppo economico. In parole povere: sulla Terra ormai si stanno rapidamente ridimensionando le temperature estreme e stanno diminuendo i ghiacciai dell'Artico a causa dell’uomo: «È altamente probabile (più del 95 per cento di probabilità) che il riscaldamento osservato nell'ultimo mezzo secolo non possa essere spiegato senza un'influenza esterna (l'attività umana)» dicono senza mezzi termini gli scienziati.
Insomma, se la comunità scientifica è sempre stata divisa sulle cause dell'aumento delle temperature registrato nell'ultimo secolo (diversi esperti la fanno rientrare nel normale avvicendamento tra periodi freddi e caldi che ha accompagnato i 180milioni di anni di vita della Terra), quest’ultimo rapporto dell'Ipcc non potrà non incrinare anche le ultime incertezze rimaste, vista anche la fama di imparzialità e di serietà dei climatologi coinvolti. Creato nel 1988 dalle Nazioni Unite e l'Organizzazione Metereologica Mondiale ha la "vocazione" di essere "una Courroie di trasmissione" tra il mondo della ricerca e quello dei politici. I suoi rapporti che costituiscono la più vasta expertise possibile sul tema sono riconosciuti da 192 Stati membri dell'Onu. In base ai suoi primi lavori, la comunità internazionale ha elaborato nel 1992 la Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici e nel 1997 il Protocollo di Kyoto di lotta contro l'effetto serra.
Adesso sotto accusa senza più ripensamenti c’è il biossido di carbonio emesso dalla combustione delle energie fossili (gas, petrolio, carbone) e liberato nell'atmosfera dalle attività umane, ciò che impone una risposta da parte dei politici. E che purtroppo non è arrivata fino ad oggi da alcuni importanti Stati responsabili di tali emissioni di gas. Primo tra tutti gli Stati Uniti.

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 29 GENNAIO 2007

 

Rigassificatori, Lippi rilancia sull’intesa con Illy -  Wwf: prima la sicurezza, poi il business

 

«Technosophia»: dietro la questione rischi si nasconde una mentalità vecchia

Il vicesindaco interviene sul caso Gas Natural dopo l’accordo raggiunto tra Comune e Amministrazione del Friuli Venezia Giulia An: benefici economici, la Regione s’impegni.

Rigassificatori, bene il gioco di squadra tra Comune e Regione con Gas Natural. Ma che sia a carte scoperte. Contro il sospetto che il governatore Illy voglia coinvolgere pezzi di territorio - da Gorizia a Udine - «acquisendo consensi in vista delle prossime tornate elettorali». Così il vicesindaco e presidente provinciale di An Paris Lippi giudica l’intesa trovata tra Comune Regione e AcegasAps sulla prosecuzione della partita con Gas Natural, al cui impianto di Zaule il Comune aveva detto no per il mancato accordo sui vantaggi economici prospettati alla città. Ma se gli enti proseguono le trattative, il Wwf avverte: «Nessun accordo commerciale potrà compensare» i rischi ambientali che secondo gli ambientalisti l’impianto comporterebbe.
Lippi in una nota osserva come «la valutazione delle eventuali ricadute economiche interessa anche alla Regione che giudicava male l’interesse espresso dal sindaco Dipiazza» (ricordando come il Comune di solo impatto ambientale si sarebbe dovuto occupare, ndr). Il Comune avrebbe delle royalties, ma «il profitto maggiore lo trarrebbe la Regione». Lippi reputa dunque «logico un eventuale stanziamento da parte della Regione al Comune che, più di altri, si esporrebbe a rischio ambientale». E così il vicesindaco suggerisce a Dipiazza di chiedere alla Regione «di mettere nero su bianco se intenda far ricadere sul nostro Comune parte dell’Iva derivante dall’attività di Gas Natural», impegno che «dimostrerebbe anche il reale interesse del governatore e della sua giunta per Trieste». Enti, istituzioni e sindacati dovrebbero stringere un accordo che a fronte del rigassificatore preveda «la chiusura della Ferriera e un conseguente riassorbimento della mano d’opera nel nuovo progetto».
Infine, «mi chiedo - aggiunge Lippi - come Gas Natural abbia indicato i tre industriali con cui intraprendere un dialogo. Gli sono stati indicati da qualcuno? E perché non imprenditori triestini? Non vorrei che quel “qualcuno” suggerisca di far entrare nella cordata anche Iris di Gorizia che con il nostro territorio non c’entra nulla. Vuoi vedere che noi ci preoccupiamo di dare a Trieste un’opportunità, mentre qualcun altro tenta di coinvolgere il resto della regione per portare avanti le proprie spiccate capacità di “comunicazione”, acquistando consensi».
Ribadisce il sì ai rigassificatori intanto l’associazione Tecnosophia, che col segretario Walter Mendizza apprezza il «gioco di squadra»: «Dalle analisi di rischio prodotte, la questione sicurezza rientra ampiamente nei parametri normali di qualsiasi altra attività che va tenuta sotto controllo per i rischi connaturati all’attività stessa». Il nodo sicurezza secondo Tecnosophia è stato tirato in ballo solo «per nascondere una mentalità vecchia in una città vecchia», che se la prende «con coloro che vogliono portare una ventata di novità o che vorrebbero salvare la città dalla sua decadenza, accusandoli di disastri che risiedono solo nella paura del cambiamento, dell'innovazione, di diventare adulti e prenderci la responsabilità della nostra crescita».
p.b.

 

 

Il Wwf ribadisce la propria posizione, che rimane fortemente critica nei confronti dell’impianto
 
Ambientalisti: «Ma la sicurezza non è monetizzabile»
«Nessun accordo commerciale potrà compensare né monetizzare» i seri rischi ambientali che il progetto di rigassificatore proposto da Gas Natural nell’area ex Esso a Zaule comporta. Lo scrivono, in merito all’intesa trovata tra Comune Regione e AcegasAps le sezioni triestina e regionale del Wwf, che ha inviato all’assessore regionale Lodovico Sonego e al sindaco Dipiazza le proprie osservazioni sottolineando il giudizio negativo sugli impatti ambientali dell'impianto.
Il Wwf ha rinvenuto nel progetto «molte gravi lacune e veri e propri errori che ne inficiano alla radice – osserva il commissario regionale del Wwf Vinicio Collavino – la compatibilità ambientale». Il problema principale è lo «scarico di grandi volumi di acqua di mare, fredda e clorata, in un bacino ristretto come la baia di Muggia, privo di ricambio perché chiuso dalle dighe foranee». Gli esperti Wwf hanno calcolato che in un anno l'intero volume d'acqua presente nella baia verrebbe «risucchiato» per oltre due volte dal rigassificatore, e scaricato in mare a temperatura più bassa (con quantità significative di cloro). «Gli effetti di tutto ciò sugli organismi marini – aggiunge Collavino – sarebbero verosimilmente devastanti», tanto più che «l'impianto funzionerebbe 24 ore al giorno per 365 giorni all'anno, per almeno 30 anni».
«Non regge», precisa il Wwf, il parallelo avanzato da alcuni (come il presidente della Regione Illy) tra la Baia di Muggia e quella di Tokyo, dove funzionano cinque rigassificatori: in Giappone il ricambio naturale d’acqua è di «circa 120 milioni di metri cubi, a Muggia è quasi zero».
Il Wwf osserva ancora che Gas Natural non ha dissipato i timori relativi a potenziali rischi per la sicurezza. «Scandaloso – secondo gli ambientalisti – anche il comportamento dell'Autorità portuale, che ha cercato di risolvere l'incompatibilità del rigassificatore con il Piano regolatore portuale, affidando nel dicembre 2005 alla stessa Gas Natural la stesura di una variante al Piano che prevedesse l'impianto. «Come se il Comune – commenta Collavino – affidasse ad una società immobiliare o al Collegio costruttori la stesura delle varianti al proprio prg...».
La costruzione del rigassificatore, scrive ancora il Wwf, finirebbe per condannare definitivamente il Porto al ruolo di polo energetico, tarpando le ali a qualsiasi prospettiva di sviluppo dei traffici commerciali tradizionali.

 
Proposta dell’associazione Italia Nostra: «Restaurare il Magazzino vini, il centro congressi vada al Molo IV»
 
L’acceso dibattito sul destino dell’area attualmente occupata dal magazzino vini si arricchisce oggi di un nuovo capitolo: dopo la battaglia portata avanti dal «Comitato citadino per la difesa delle Rive», che finora ha raccolto ben 750 firme contro la realizzazione, da parte della Fondazione CrTRieste, di un palacongressi nell’area, a far sentire la propria voce sull’argomento è ora Giulia Giacomich, presidente della sezione provinciale di Italia nostra, l’associazione che si batte per la salvaguardia e la conservazione dell'ambiente e del territorio italiano.
«Riteniamo che non ci sia alcuna necessità di costruire sulle Rive un nuovo contenitore per un centro congressi, dato che la città ha già in abbondanza edifici disponibili, e per di più inutilizzati - afferma Giacomich in una nota -. Proponiamo invece una soluzione da tanti condivisa e coerente con il contesto storico: restaurare il magazzino vini con la ricostruzione filologica degli spioventi del tetto mancanti e il riuso degli interni». Secondo la presidente di Italia Nostra il centro congressi potrebbe invece venir realizzato «nel Magazzino n.1 del molo Quarto o in un altro magazzino del Porto Vecchio, in quanto tutti adatti a questo scopo, data l'altezza dei solai e la possibilità di realizzare posteggi».
A portare l’associazione ad esprimersi davanti alla Soprintendenza regionale, al Ministero per i Beni Culturali e alla stessa sede romana di Italia Nostra, contro la demolizione del magazzino vini e l’inserimento nell’area di un grande edificio di architettura moderna sono diverse considerazioni di natura storica: «Siamo convinti, e con noi tanti cittadini - puntalizza a questo proposito Giulia Giacomich -, che una struttura contemporanea deformerebbe gravemente il lungomare costituito da edifici ottocenteschi, snaturandone l'identità storica e rovinando irrimediabilmente le rive di Trieste. Riconosciamo il valore dell'architettura moderna - precisa -, ma ritieniamo che la città storica sia un "monumento unico", un'opera finita con caratteristiche di coerenza nel linguaggio architettonico e artistico, senza possibilità di accogliere inserimenti di architettura contemporanea caratterizzata da un linguaggio molto diverso e da parametri del tutto nuovi rispetto al passato».

 

I rischi dei rigassificatori

Il 24 gennaio, il presidente della Regione, intervistato da Telequattro, ha detto che i rigassificatori sono estremamente sicuri e rappresentano un’ottima opportunità per l’economia di Trieste e della Regione. Ha osservato, inoltre, che molti cittadini sono ancora preoccupati, perché male informati da esperti che, dice lui, esperti non sono sulla materia. Alcuni degli esperti che ci avrebbero male informato e di cui ho potuto leggere gli interventi su «Il Piccolo» sono: il professore emerito di chimica all’Università di Trieste Giacomo Costa, il docente di fisica tecnica alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Trieste Enrico Nobile, il ricercatore Pierluigi Barbieri, docente di valutazione del rischio chimico all’Università di Trieste e il geologo dell’Ogs Livio Sirovich. Non mi sembra che questi studiosi siano degli sprovveduti imbonitori di popolo. Io e tanti altri abbiamo cercato di approfondire l’argomento dando credito a persone che fanno parte delle istituzioni scientifiche della nostra città; il presidente e parte degli amministratori pubblici, invece, hanno preferito, così sembra, credere alle società interessate alla costruzione dei rigassificatori. È già successo così con il Vaiont. Anche allora, come oggi, gli amministratori pubblici assecondarono le imprese (la soc. Sade), mentre i geologi e i giornalisti che denunciavano i pericoli ambientali furono ignorati, licenziati e denunciati per diffusione di notizie false e tendenziose. Poi ci fu la catastrofe. Ad ogni modo concordo con il presidente quando dice che siamo male informati e perciò lo invito ad organizzare quanto prima un dibattito pubblico, in televisione, dove le diverse tesi possano confrontarsi in modo completo e convincente. E se si riuscirà a dimostrare che tutte le preoccupazioni di carattere ambientale, economico e di sicurezza sono infondate, saremo felici di accogliere i rigassificatori. Altrimenti sarà doveroso e onesto rinunciarvi.
Silvano Baldassi

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 28 GENNAIO 2007

 
Fotovoltaico, la regione tra gli ultimi posti in Italia
 
ENERGIA - Studio del Gse
ROMA Il Friuli Venezia Giulia e agli ultimi posti nella classifica per regioni stilata in relazione all’utilizzo del fotovoltaico. La notizia torna a riproporre il nodo del problema energetico in regione mentre cresce il dibatitto attorno ai rigasifficatori e alle fonte energetiche rinnovabili e più sicure. In Italia Puglia risulta essere la «regina» del fotovoltaico nel prossimo futuro. Dal rapporto, presentato dal Gse (Gestore servizi elettrici) sugli incentivi al fotovoltaico 2005-2006, infatti, risulta essere la regione alla quale il Gestore ha ammesso il maggior numero delle richieste per la costruzione di nuovi impianti per il fotovoltaico e, di conseguenza, sarà anche la prima per la potenza installata con incentivi sul proprio territorio. La classifica vede, infatti, la Puglia primeggiare sia con le 1.286 domande ammesse sia per la potenza pari a 52,6 MW.
Se consideriamo solo la graduatoria relativa alla potenza, poi, la regione al secondo posto è la Basilicata con 47,8 MW, segue la Sicilia con 45,3 MW, la Sardegna con 40 MW, il Veneto con 23,5 MW, l'Emilia Romagna con 20,7 MW, la Campania con 20,1 MW, la Calabria con 17,1 MW, il Trentino Alto Adige con 15,9 MW, la Toscana e la Lombardia con 15,3 MW, le Marche con 15,2 Mw, l'Umbria con 14,8 MW, il Lazio con 13,8 MW, il Piemonte con 11,3 MW, l'Abruzzo con 9,2 MW, il Friuli Venezia Giulia con 5,1 MW, la Liguria con 2,8 MW e, infine, il Molise con 0,7 MW.

 

 
Rifiuti, come riusarli - Concorso su temi ambientali per tutte le scuole  - La Provincia ha stanziato 200 mila euro: coinvolti Trieste e tutti i Comuni
 
TRIESTE Sensibilizzare la popolazione, in particolare quella studentesca, al problema dei rifiuti. E’ l’obiettivo che si sono prefissi l’amministrazione provinciale e tutti i Comuni della provincia col progetto triennale «3 Erre: risparmio, riuso, riciclo. Gestisco i rifiuti e proteggo l’ambiente». Per quest’anno scolastico il Comune di Trieste, di concerto con gli altri enti, ha predisposto un bando per due concorsi, il primo prevede disegni sul tema dei rifiuti, l’altro fotografie sullo stesso argomento. Titolo prescelto: «I rifiuti da problema a risorsa». Per aiutare le classi che parteciperanno al concorso, aperto a tutte le strutture educative e perciò anche ai ricreatori, saranno distribuiti questionari anonimi per verificare le rappresentazioni mentali degli studenti e delle famiglie, la percezione del problema rifiuti e le aspettative sullo smaltimento. In contemporanea, partirà anche il percorso di informazione e formazione per docenti ed educatori. Un Comitato operativo ristretto completerà il programma del primo anno, presentando il progetto nei Comuni minori.
Il prossimo anno saranno fornite ulteriori consulenze a sostegno dei docenti, verranno rivisti i prodotti per la diffusione e l’organizzazione degli incontri per predisporre le manifestazioni conclusive in scuole e Comuni. «La Provincia ha stanziato 200mila euro – ha detto l’assessore provinciale Dennis Visioli – e riteniamo molto importante che un investimento di questa portata, finalizzato all’informazione ambientale, sia stato fatto a largo raggio e a lungo termine. La formazione dei cittadini sui temi legati all’ambiente e all’inquinamento deve partire dai giovani».
Domani alle 17, nell’aula magna del liceo scientifico «Galilei», via Mameli 4, presentazione pubblica del progetto.

 

 

Piano per Muggia: turismo, bonifica, porto

 

Il sindaco Nesladek esplicita i contenuti programmatici esposti anche a Illy

Nel rilancio economico e culturale della cittadina prevista una sede Unesco per tecnici ambientali, la revisione dei progetti costieri, congressi

MUGGIA Sviluppare un turismo scientifico e congressuale sull’ambiente marino, valorizzare le risorse paesaggistiche esistenti, risolvere vecchie questioni urbanistiche e ambientali, riprendere il valore di cittadina istro-veneta. Sono alcuni punti sui quali si basa il «Piano di Muggia» che l’amministrazione sta portando avanti, e di cui il sindaco, dopo averne parlato con il presidente regionale Illy, oggi delinea qualche aspetto: «L’obiettivo è contrastare il declino economico e sociale di questa città, iniziato anni fa. Non c’è mai stato un vero programma di rilancio. Lo scopo non è diventare una Montecarlo e arricchirsi, ma migliorare la qualità della vita, con un sistema che si autoalimenti, con pochi interventi economici pubblici, e nel rispetto dell’ambiente».
L’avvio del piano prevede anche il coinvolgimento degli operatori economici che si insedieranno alle Noghere, per valutare collaborazioni e sinergie. «Ma ci sono anche alcuni investitori stranieri – così il sindaco -, che hanno grande interesse per la specializzazione culturale e scientifica in questa città».
CENTRO IPED Il Comune si candida a ospitare una sede dell’Iped, l’istituto Unesco per la collaborazione sullo sviluppo ambientale, che forma tecnici ambientali per i governi di tutto il mondo. Un’idea già avanzata tempo fa: «L’abbiamo ripresa e portata avanti, e ci candidiamo ufficialmente», dice Nesladek. La palla, ora, passa alla Provincia.
ACQUARIO La valorizzazione della costa e dell’ambiente cozza inevitabilmente con l’interramento. La bonifica avverrà con fondi regionali, in base a un’apposita legge. Salvo poi tentare di rivalersi sui responsabili dell’inquinamento. «Abbiamo già avuto incontri con un gruppo di lavoro universitario per studiare le ipotesi di bonifica – così il sindaco -. È probabile che poi si opererà in modo puntuale, a seconda dell’inquinamento, non omogeneo, dei terreni. Forse anche in collaborazione con imprenditori privati».
MUJA TURISTICA Il Comune ha in corso colloqui con la proprietà per rivedere entrambi i due progetti di Lazzaretto e Zindis. «Ancora nulla di definitivo. Ma c’è la disponibilità a non fare il porticciolo – dice Nesladek -. Si pensa invece a uno stabilimento balneare a pagamento, e uno a ingresso libero. La zona a monte dovrebbe avere qualche ritocco. Il progetto di Zindis dovrebbe arretrare più a monte. In basso, solo un albergo, adatto anche per congressi. Si chiede anche che la società sistemi il tratto di costa fino al molo a ’’T’’».
RICETTIVITA’ Il Comune punta a un turismo congressuale, scolastico (di cui c’è forte richiesta in provincia) e scientifico. Indipendentemente dalla realizzazione dell’ipotesi Iped, si pensa all’utilizzo di strutture esistenti o future per ospitare congressisti, laboratori, scolaresche o gruppi di studenti. In sinergia con università e associazioni, in tema di ambiente marino.
PORTUALITA’ È allo studio anche un ampliamento delle attività portuali (per traghetti o ro-ro) nell’area ora oggetto di bonifica, che sarà servita da percorsi ferroviari e stradali.
CITTA’ ISTROVENETA «Intendiamo recuperare le nostre radici - dice Nesladek - e fare da cerniera tra il Carso e l’Istria, in un ambito di Euroregione. Creando in città centri per lo scambio culturale tra le varie realtà dell'area».
Sergio Rebelli

 

 
Agricoltura: legami con la Vojvodina e biomasse - Due convegni alla rassegna di Udine Agriest dedicata ai problemi delle produzioni verdi
 
UDINE Le prospettive di ulteriore collaborazione tra il Friuli Venezia Giulia e la provincia autonoma serba della Vojvodina sono state discusse nel corso di un convegno svoltosi a Udine Fiere nell'ambito della rassegna «Agriest», al quale hanno partecipato gli assessori regionali alle Relazioni Internazionali, Franco Iacop, e alle Risorse agricole, Enzo Marsilio.
La cooperazione tra il Friuli Venezia Giulia e la Vojvodina, che è la realtà a più alta vocazione agricola della Repubblica serba, è già stata avviata e, nel corso del convegno, sono state proposte alcune testimonianze, come quella del gruppo Fantoni, per significare la convenienza per gli operatori economici italiani a investire in quell' area.
Iacop ha ricordato il protocollo di collaborazione tra la Regione e la Vojvodina, firmato nel 2003, che prevede, tra i principali settori di intervento, l' agricoltura, per cui è stato aperto un ufficio di coordinamento permanente a Novi Sad. Iacop ha anche ribadito il ruolo delle Camere di commercio del Friuli Venezia Giulia, che hanno inserito nella propria attività la promozione dei processi di internazionalizzazione dell'economia regionale verso la Serbia. Per la promozione dell' economia agricola in Vojvodina, la Regione ha finanziato un progetto in materia di opere di bonifica e irrigazione attraverso l' Unione dei Consorzi di bonifica del Friuli Venezia Giulia.
Nel corso dei lavori, Daniel Petrovic, assessore all' Agricoltura della Provincia della Vojvodina, ha affermato che l'ente territoriale serbo è impegnato ad adeguare le leggi per il mondo agricolo alla prospettiva di adesione alla Ue, ma anche alle attese degli operatori economici stranieri. Petrovic ha inoltre invitato l'assessore Marsilio, per il prossimo mese di maggio, a visitare la fiera agricola internazionale della Vojvodina, che con oltre tremila espositori è la più grande esposizione settoriale dell'Europa dell'Est.
Per l’assessore Marsilio L'esperienza del Friuli Venezia Giulia per l'introduzione delle biomasse e dei combustibili alternativi è significativa, e sta già dimostrando i suoi effetti. Ma occorre evitare, ha aggiunto, che il mondo agricolo trascuri le sue produzioni tradizionali e punti ad altri seminativi, senza che vi sun'adeguata progettualità di settore. La materia del risparmio energetico mediante l'impiego di combustibili non di origine fossile è infatti, secondo l'assessore - «complessa e articolata; quindi va affrontata con organicità, non attraverso singole e sporadiche iniziative. L'obiettivo di produrre energia a costi inferiori - ha aggiunto - è uno dei traguardi del nuovo Piano energetico regionale, che verrà predisposto tenendo conto delle indicazioni di Agenda 21».

 

 
ISTRIA: Protesta degli ambientalisti - A Pedena in piazza contro la fabbrica di lana di roccia
 
ALBONA «Una bomba ecologica». Cosi Doris Floricic rappresentante della popolazione del piccolo comune di Pedena ha definito la costruenda fabbrica di lana di roccia della danese Rockwool nella località, teatro ieri di un partecipato comizio di protesta contro la futura struttura industriale. Si tratta di un investimento di 75 milioni di euro. Assieme a Kristina Djurovic ha chiesto l'immediato arresto dei lavori «per impedire l'irreversibile devastazione dell' ambiente». Hanno parlato di avvelenamento delle falde acquifere sotterranee, di piogge acide, della distruzione di una delle più fertili superfici dell'Istria centrale e del paesaggio, nonché della perdita per sempre della produzione agricola ecologica e della fine dell'agriturismo. Ai politici istriani è stato chiesto di schierarsi dalla parte della gente e non degli investitori stranieri. «Vogliamo che sul progetto, hanno detto, sia data la possibilità di decidere agli Istriani tramite referendum, dopo aver visionato uno studio neutrale d'impatto ambientale».

 

 
Il destino del magazzino vini
 
Quale associazione per la tutela del patrimonio storico, ci occupiamo dalla primavera scorsa del destino del magazzino vini e di quanto si sta preparando per le rive di Trieste. Come abbiamo fatto presente alla Soprintendenza regionale e al Ministero per i Beni culturali a Roma, siamo contrari alla demolizione del magazzino vini, ma ancor più siamo preoccupati per il prevedibile inserimento nell’area del magazzino di un grande edificio di architettura moderna. Siamo convinti, e con noi tanti cittadini, che una struttura contemporanea deformerebbe gravemente il lungomare costituito da edifici ottocenteschi, snaturandone l’identità storica e rovinando irrimediabilmente le rive di Trieste. Italia Nostra riconosce il valore dell’architettura moderna, ma ritiene che la città storica sia un «monumento unico», un’opera finita con caratteristiche di coerenza nel linguaggio architettonico e artistico, senza possibilità di accogliere inserimenti di architettura contemporanea caratterizzata da un linguaggio molto diverso e da parametri del tutto nuovi rispetto al passato.
Riteniamo che non ci sia alcuna necessità di costruire sulle rive un nuovo contenitore, dato che la città ne ha già in abbondanza e per di più inutilizzati. Proponiamo invece una soluzione che riteniamo ottimale e coerente con il contesto storico: il restauro del Magazzino vini con la ricostruzione filologica degli spioventi del tetto mancanti e il riuso degli interni, mentre proponiamo la realizzazione del centro congressi nel Magazzino n. 1, restaurato, del molo IV.
Giulia Giacomich presidente di Italia Nostra - Trieste

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 27 GENNAIO 2007

 

 
In arrivo altri autobus ecologici di nuova generazione
 
TRIESTE Nuovi bus ecologici per la Trieste Trasporti. Dopo la presentazione di alcuni veicoli tenutasi a fine dicembre in piazza Unità, è in consegna un ulteriore lotto di autobus della fornitura 2006, dotati di motorizzazioni diesel Eev (Enhanced Environmentally-friendly Vehicle), ossia ecologicamente avanzate e con emissioni inferiori a quelle degli Euro 5 ed a quanto stabilito dalle normative vigenti.
Alcuni esemplari hanno già incominciato a circolare sulle strade cittadine, ad esempio sulla linea 33, e sono facilmente riconoscibili dai colori che richiamano quelli del marchio aziendale (due gradazioni di blu).
La Trieste Trasporti in una nota spiega che «con l’arrivo di questi mezzi si va completando il rinnovo del parco previsto per il 2006 (la consegna sta subendo un lieve ritardo legato a problematiche di omologazione, da parte dei costruttori, di questi veicoli particolarmente avanzati). I nuovi autobus sono 25 (cinque da 9 metri, diciassette da 10,80 metri, uno da 12 metri e due ibridi diesel-elettrici), mentre sei veicoli da 12 metri con motore Euro 4 sono già entrati in servizio nel dicembre scorso. Il tutto per un investimento di 7 milioni e 800 mila euro».

 

 

Cinema e montagna, riparte il festival internazionale

 

Tutti i giovedì di febbraio al Teatro Miela doppia proiezione per la rassegna organizzata dalla Uisp

Speleologia profonda, orizzonti sciistici innovativi e scalate storiche sono gli ingredienti principali della XVII Rassegna Internazionale Cinema & Montagna 2007, presentata ieri al Teatro Miela, sede della manifestazione. Sette i filmati che saranno proiettati tutti i giovedì del mese di febbraio. Giovedì 1 febbraio, serata inaugurale, si comincia con due filmati che parlano di grotte profondissime: «L’Abisso», che racconta la discesa nella Spluga della Preta, sotto i pascoli dei Monti Lessini, sulle Prealpi Venete, esplorata per la prima volta nel 1925 e considerata fino al 1953 l’abisso più profondo del mondo. Secondo video della serata sarà «Abisso Krubera: 2000 metri sotto il Caucaso», dove lo sloveno Rok Stoppar e gli italiani Giacomo Rossetti e Matteo Rivadossi si uniscono ad una spedizione internazionale, per raggiungere l’abisso più profondo del globo. Ospiti in sala due noti personaggi della speleologia italiana, Mario Gherbaz e lo stesso Matteo Rivadossi.La seconda serata è dedicata all’arrampicata estrema e in qualche modo rivoluzionaria, con due proiezioni. Si parte dal documentario «Cannabis Rock», storia di un gruppo di giovani arrampicatori, che dal 1973 al 1975 trasferiscono sulle rocce il clima irrequieto e creativo del ’68. Si prosegue poi con «The great Hopkins rescue», la vicenda di Gorge Hopkins, avventuriero in cerca di fama e notorietà, che tenta una prodezza pubblicitaria paracadutandosi per sommessa sulla vetta della Torre del Diavolo, nel Wyoming. Tutta dedicata allo sci estremo la terza serata della kermesse, che si apre con «Marco, etoile filante», che descrive l’avventura del giovanissimo Marco Siffredi e la sua discesa con lo snowboard di alcune delle montagna più alte e ripide del mondo. Nella stessa serata spazio anche «Der skifahrer», la storia di un gruppo scatenato di amanti dello sci «alternativo». La rassegna si chiude, come tradizione, con il XIII Premio Alpi Giulie Cinema, riservato alle produzioni cinematografiche di autori del nostro territorio, che parlano di montagna, sotto il profilo sportivo, culturale, ambientale e non solo. «Obiettivo della manifestazione anche quest’anno è promuovere la montagna in tutti i suoi aspetti – ha evidenziato Elena Debetto, presidente della Uisp – partendo da quello culturale». Appuntamento tutti i giovedì di febbraio al Teatro Miela in piazza Duca degli Abruzzi 3, con doppia proiezione, alle 18 e alle 20.30.
Micol Brusaferro

 

 

 

 

Rigassificatori, intesa Comune-Regione sul caso Gas Natural

 

Dopo le polemiche improvviso vertice tra il sindaco, il collega padovano Zanonato, l’assessore Sonego e Paniccia di AcegasAps

I due enti pubblici faranno politica comune sull’impianto di rigassificazione - La prossima tappa sarà il vertice decisivo con gli spagnoli

 

«Vediamo se c’è qualche spiraglio per aprire una trattativa comune» aveva rilanciato qualche giorno fa alla Regione il sindaco Roberto Dipiazza dopo le polemiche sul «gran rifiuto» a Gas Natural che non voleva garantire royalties anche alla città e dopo il mancato incontro con gli emissari della società spagnola. Ieri Dipiazza è stato accontentato dalla Regione che ora farà «quadrato» assieme al Comune per trattare con gli spagnoli.
In mattinata infatti si è consumato un vertice tra lo stesso sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore regionale all’energia Lodovico Sonego, presenti anche il presidente dell’AcegasAps, Massimo Paniccia e il sindaco di Padova (socio nella multiutility), Flavio Zanonato.
«Abbiamo parlato della situazione con la Gas Natural – spiega il sindaco – e come portare avanti le trattative. E abbiamo convenuto in maniera unanime: l’ideale è restare uniti». Non si tratta di mercanteggiamenti, Dipiazza lo ripete a tutti quelli che lo fermano e lo incontrano: se la società spagnola vuole venire a fare affari a Trieste con un insediamento industriale (tra l’altro non da poco in termini di impatto visto che si tratta di serbatoi alti almeno 50 metri) deve garantire sufficienti benefici economici in termini di gas da acquistare a prezzo di costo ma anche di royalties e di compartecipazione con la multiutility AcegasAps.
Una pura mossa politica. «Io avevo chiesto le royalties – insiste Dipiazza – facendo l’esempio dello scarico del greggio che ha portato danari al governo centrale, ma non alla città. E anche alla riunione ho ribadito le mie posizioni: 15% del gas a prezzo di costo e 20% di compartecipazione dell’AcegasAps. Il sindaco Zanonato rischia di portarsi a casa una buona fetta di utili».
Alla fine della riunione Dipiazza ha ribadito tutta la sua soddisfazione. «Mi è sembrato che con la Regione si sia instaurato un buon rapporto, ci sono ottime prospettive per andare avanti con le trattative nella massima collaborazione. Era quello che intendevo: andare avanti tutti insieme. Così gli spagnoli si troveranno un fronte comune».
Un fronte comune condiviso anche dalla Regione e in particolare dall’assessore Sonego che ha mostrato la stessa soddisfazione di Dipiazza dopo la riunione: «La Regione risponde volentieri e in modo positivo alla richiesta del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza per una condivisione dell’ipotesi di intesa con Gas Natural — ribedisce Sonego – ho confermato la posizione della Giunta regionale al primo cittadino, che ha dimostrato di apprezzare l’orientamento della Regione».
D’ora in poi dunque solo trattative «in comune»: «Dialogheremo insieme al Comune con Gas natural – conclude Sonego – e discuteremo insieme anche sul fronte dei benefici economici». Prossima tappa, dunque, il vertice decisivo con gli emissari della società spagnola.

Giulio Garau

 
Sarà pulito lo stagno di Percedol
 
MONRUPINO Continuando nella sua tradizionale attività di controllo ambientale il gruppo tutori stagni e zone umide del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con il gruppo tutela ambiente montano della società Alpina delle Giulie svolgerà alcuni lavori di pulizia presso lo stagno della Dolina di Percedol nella giornata di domenica 28 Gennaio dalle 9.30 in poi. Chiunque fosse interessato a partecipare, scrivono gli organizzatori, è opportuno che si munisca di stivali di gomma, visto l’umido dell’ultimo periodo al quale si è aggiunta la nevicata di ieri. Gli organizzatori, comunque, precisano che in caso di maltempo il lavoro verrà svolto domenica 4 febbraio.

 

 

 

L'ESPRESSO - VENERDI' , 25  GENNAIO 2007

 

L'ambiente è finito nell'inceneritore

di Beppe Grillo e Maurizio Pallante

 

La beffa-truffa dei soldi pubblici destinati allo sviluppo delle fonti rinnovabili

  

L'antefatto è che, con una manovra degna del gioco delle tre carte, i finanziamenti previsti dalla legge per incentivare lo sviluppo delle fonti rinnovabili erano stati dirottati sull'energia elettrica prodotta con gli scarti di raffineria e con l'incenerimento dei rifiuti (30 miliardi di euro dal 1991 al 2003). Il fatto è che con un emendamento alla Finanziaria quei finanziamenti sono stati restituiti alla loro legittima destinazione. La conseguenza è che chi contava su quei soldi per far quadrare i conti fallimentari degli inceneritori progettati e non ancora autorizzati si è visto sottrarre il babà su cui stava affondando i denti e non l'ha presa bene. "Per colpa degli estremisti della legalità dovremo aumentare la tassa raccolta rifiuti", hanno protestato, inghiottendo con rabbia l'ormai inutile produzione delle loro ghiandole salivari. "Confidiamo che il governo con un altro giochino delle tre carte inserisca i rifiuti tra le biomasse per ridarci quei soldi", hanno aggiunto subito dopo i più navigati nel mare della politica.
Una vicenda, tra le tante che costellano l'inglorioso declino di un sistema istituzionale nato in un contesto morale di tutt'altra tempra, su cui non si può evitare di svolgere qualche riflessione. La prima è proprio l'assenza, dall'orizzonte mentale di questi personaggi, dell'etica e del diritto. Nessun riferimento al fatto che quei soldi fossero stati sottratti con una truffa legalizzata alle fonti rinnovabili cui erano destinati. Nessun accenno al fatto che per questo l'Italia ha subito più di un procedimento d'infrazione dall'Unione europea. Nessun collegamento al fatto che i finanziamenti pubblici a una tecnologia costituiscono una palese violazione della concorrenza. Eppure, a beneficio dei gonzi, mentre rivendicavano il diritto a soldi che non gli spettavano per sostenere gli investimenti di una tecnologia che non ripaga i suoi costi, si permettevano anche di sventolare la bandiera del liberismo. "Il tema dell'ambiente non è appaltabile a chi ha posizioni ideologiche contro il capitalismo", ha avuto la faccia tosta di affermare il presidente della Provincia di Torino, per difendere la sua posizione oggettivamente anticapitalista.

La seconda riflessione attiene alla progressiva riduzione delle differenze tra destra e sinistra. Il gioco delle tre carte con cui dapprima - carta vince - alle fonti rinnovabili sono state affiancate le 'assimilate', poi - carta perde - nelle assimilate sono state inserite fonti non rinnovabili, infine - carta vince - i finanziamenti previsti per le rinnovabili sono stati dirottati sulle non rinnovabili, lo ha fatto il governo Berlusconi, ma lo difende la maggioranza dei partiti di questo governo, accusando di essere estremista chi lo ha smascherato. Si può ancora definire di sinistra chi difende la continuità di scelte fatte dalla destra? È estremista chi ne deduce che la distinzione tra destra e sinistra è superata e che i politici si giudicano, come tutte le persone, del resto, da ciò che fanno e non dalle magliette che indossano? Non avevamo ancora finito di scrivere queste considerazioni che il presidente della Provincia di Torino (ancora lui) lanciava un appello ai deputati torinesi della destra perché si affiancassero a quelli della sinistra in un'azione di lobbying parlamentare per indurre il governo a reinserire tra le fonti rinnovabili una sostanza non rinnovabile, come la plastica dei rifiuti, l'unica che genera una quantità significativa di energia nei forni inceneritori. In barba al diritto, alla scienza e ai procedimenti d'infrazione dell'Unione europea. Tutti i partiti insieme per scucire agli elettori i soldi necessari a danneggiare la loro salute.
Era un pericoloso estremista quell'unico bambino che gridò "Il re è nudo", quando tutti lodavano l'eleganza dei suoi vestiti inesistenti?
La terza riflessione riguarda la validità tecnico-economica dell'incenerimento dei rifiuti, a prescindere, direbbe Totò, da ogni valutazione ambientale. "Se non ci arriveranno i milioni di euro degli incentivi, le discariche diventeranno più convenienti degli inceneritori, oppure si dovrà aumentare la tassa raccolta rifiuti", hanno sostenuto all'unisono gli aspiranti fuochisti sull'orlo di una crisi di nervi. Ciò significa che la tecnologia dell'incenerimento non è in grado di stare in piedi da sé. È anti-economica. Costa più di quello che rende. Ha costi che non si ammortizzano. La sua inefficienza, in nome del capitalismo e del liberismo, deve essere pagata dalla collettività. O da tutta la popolazione italiana attraverso la sovrattassa sulla bolletta elettrica prevista per le energie rinnovabili (ma questa è una quisquiglia, direbbe sempre Totò), o solo dalla popolazione delle province in cui è prevista la costruzione dei nuovi inceneritori, attraverso un ulteriore aumento della tassa rifiuti. Con lo specchietto per le allodole che i forni sarebbero l'alternativa della discarica. Come se le ceneri e i fanghi di depurazione non dovessero essere smaltiti in una discarica molto più pericolosa delle altre. Come se la loro quantità fosse inferiore ai residui, inerti, di una raccolta differenziata porta a porta con tariffa proporzionale ai rifiuti conferiti in modo indifferenziato.

Ma se i rifiuti non fossero gestiti per legge in condizioni di monopolio da società private a capitale totalmente pubblico (una bella invenzione da commedia dell'arte), i loro bilanci potrebbero andare in pareggio semplicemente aumentando le tariffe a ogni aumento dei costi? Se agli incrementi della raccolta differenziata corrispondessero proporzionali aumenti di riciclaggio, i costi della gestione dei rifiuti diminuirebbero progressivamente. Per ogni chilo di materiali raccolti in modo differenziato che non si portano allo smaltimento si avrebbe un risparmio, ma per non smaltirli occorre rivenderli come materia prima secondaria. Quindi ne deriva anche un guadagno. Una volta che, sommando i guadagni ai risparmi, siano state ammortizzate le maggiori spese per la raccolta differenziata, si avrebbe una progressiva riduzione dei costi che, trattandosi di società controllate da enti pubblici, si dovrebbero tradurre in una riduzione della tassa. Come mai non succede? Come mai ogni volta che aumenta la raccolta differenziata aumenta anche la tassa raccolta rifiuti? Qualcuno ha mai verificato i conti delle aziende pubbliche che gestiscono le raccolte differenziate?
Con queste considerazioni si arriva all'ultimo punto di riflessione. Che si rivolge agli estremisti della legalità tra cui indegnamente ci annoveriamo. Siamo proprio sicuri che il monopolio sia la condizione migliore per gestire i rifiuti? Il monopolio è un reale superamento del mercato, o invece è un mercato in cui l'unico operatore può permettersi di aumentare le tariffe a ogni aumento dei costi, proprio perché non c'è concorrenza? Chi fosse vincolato a far quadrare i conti in una situazione di mercato sarebbe incentivato a riciclare la maggior quantità di rifiuti raccolti in maniera differenziata, perché quanto più ricicla tanto meno spende in discarica e tanto più guadagna vendendo materie prime secondarie. Per fare un esempio: il legno proveniente dalla raccolta differenziata è più conveniente economicamente bruciarlo o farne nuovi pannelli di truciolato?

Se c'è un solo operatore in condizioni di monopolio, che ha investito i nostri soldi e utilizza le nostre tasse per bruciare i rifiuti in un inceneritore, potrà porsi questa domanda privandosi del babà su cui sta per affondare i denti?

 

Rivoluzione vegetariana

di Jeremy Rifkin

 

Il bestiame genera il 18 per cento dei gas serra. Più di quelli prodotti dai trasporti. E occupa il 26 per cento della superficie terrestre: mangiare meno carne aiuterebbe la salvaguardia dell'ambiente

 

 Mentre va diffondendosi la preoccupazione per le centinaia di milioni di automobili, autobus e camion, come pure per gli aerei e i treni che emettono anidride carbonica nell'atmosfera, surriscaldano il pianeta e fanno incombere la minaccia di un radicale cambiamento climatico sulla Terra, viene quasi ignorata una fonte ancor più insidiosa di gas inquinanti. Forse potrà sorprendervi sapere che la carne che mangiamo è oggi il principale fattore di alterazione globale del clima.
Secondo un recente rapporto della Fao, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, il bestiame genera il 18 per cento dei gas di serra. Più ancora di quelli prodotti dai trasporti. Ma se gli animali da allevamento, in special modo i bovini, producono solo il 9 per cento dell'anidride carbonica derivante dalle attività umane, generano una percentuale maggiore di gas più nocivi. Come ad esempio il 65 per cento delle emissioni di protossido d'azoto, un gas che contribuisce al riscaldamento terrestre quasi 300 volte di più del biossido di carbonio, provenienti in gran parte dal letame. O il 37 per cento del metano, che ha un effetto 23 volte superiore a quello dell'anidride carbonica come fattore di riscaldamento del globo.
Il bestiame occupa attualmente il 26 per cento della superficie terrestre non ricoperta dai ghiacci. Non solo, ma oltre un terzo delle terre coltivabili è sfruttato oggi per produrre cereali per gli animali anziché per gli uomini.
Tradizionalmente, il bestiame si nutriva del foraggio delle praterie. Solo nel XX secolo si è cominciato a convertire vaste estensioni di terreno coltivabile producendo cereali per la zootecnia invece che per l'alimentazione umana, in modo che i consumatori più ricchi potessero mangiare carne di animali nutriti con questi diversi mangimi. In questo modo, molte delle popolazioni più povere del mondo sono state confinate in terre marginali, un fenomeno che ha reso sempre più difficile per milioni di persone assicurarsi anche il più modesto apporto calorico quotidiano.

La zootecnia in crescente espansione è divenuta un flagello mondiale di proporzioni epiche. I soli bovini stanno letteralmente divorando interi ecosistemi. Molte foreste tropicali, come accade ad esempio in Amazzonia, vengono abbattute per far posto ai pascoli, che stanno erodendo ovunque anche le terre coltivabili, mentre le acque dolci rimanenti nel mondo vengono contaminate dai rifiuti degli animali e dai pesticidi.
Il problema sta diventando sempre più grave. Secondo le stime della Fao, la produzione mondiale di carne raddoppierà entro il 2050, con effetti potenzialmente catastrofici per la biosfera, tanto da spingere l'agenzia delle Nazioni Unite a lanciare un monito: "Per evitare che la situazione peggiori ulteriormente, bisognerà dimezzare i danni ambientali prodotti da ciascun capo di bestiame".
Ma dopo averci messo in guardia da questi pericoli, la Fao prospetta una serie di rimedi, fra i quali metodi più efficaci di conservazione del suolo, nuove diete animali per ridurre le emissioni di metano e sistemi d'irrigazione più efficienti. Tutte soluzioni che fanno un po' sorridere considerando le evidenti dimensioni del problema, che rimane sostanzialmente senza risposta nel rapporto dell'agenzia.
Il fatto è che un numero crescente di esseri umani sta incidendo sempre di più sulla catena alimentare della Terra, con diete a base di carne, a spese dell'integrità del pianeta. Perché allora nel rapporto si fanno solo pochi cenni a una dieta più vegetariana senza raccomandare una sostanziale riduzione del consumo di carne fra le soluzioni proposte? Forse il motivo è che la zootecnia è il settore in più rapido sviluppo dell'agricoltura mondiale, fornisce occupazione a 1,3 miliardi di persone e rappresenta il 40 per cento della produzione agricola globale.
Persino il 'New York Times', generalmente molto attento alle questioni ambientali, ha sottovalutato le implicazioni del rapporto della Fao. Dopo aver lamentato i dannosi effetti del bestiame sull'ambiente e sul cambiamento climatico, la direzione del giornale ha osservato che "la predilezione umana per la carne non si esaurirà molto presto", per cui la soluzione dipende dallo "sviluppo di forme di allevamento più sostenibili". Ma né il famoso quotidiano né la Fao hanno compreso pienamente che 'più sostenibile' significa con effetti meno devastanti sulla catena alimentare globale attraverso la riduzione del consumo di carne.

Ci vogliono quattro chili di mangime per far ingrassare di mezzo chilo un manzo nel recinto dove viene allevato, di cui meno di tre chili sono costituiti da cereali e sottoprodotti e poco più di un chilo da crusca. Ciò significa che solo l'11 per cento di questo mangime serve a produrre il bue, mentre il resto viene consumato come energia nel processo di conversione, utilizzato per mantenere le normali funzioni corporee o espulso o assorbito in parti del corpo che non vengono mangiate, come il pelo o le ossa.
L'inefficienza e lo spreco derivanti da una dieta a base di carne sono molto peggio degli analoghi inconvenienti dovuti all'uso di automobili che bruciano una gran quantità di carburante. Se confrontiamo il rendimento di un terreno destinato alla coltivazione di cereali per l'alimentazione umana con quello di un altro destinato invece a produrre granaglie per gli animali, vediamo che un acro del primo fornisce il quintuplo delle proteine del secondo. I legumi producono una quantità di proteine dieci volte superiore e i vegetali ricchi di foglie 15 volte superiore, per ogni acro, rispetto a quelle che si ricavano dall'allevamento del bestiame.
Negli Stati Uniti, l'industria zootecnica usa l'equivalente di un gallone di benzina per produrre mezzo chilo di carne di manzo allevato con cereali. Per far fronte alla richiesta annuale di carne di una famiglia media di quattro persone - pari a circa 120 chili - occorrono più di 260 galloni di carburanti fossili. Quando questi vengono consumati, emettono oltre 2,5 tonnellate di anidride carbonica addizionale nell'atmosfera: una quantità pari a quella emessa da un'auto media in sei mesi di normale funzionamento.
Ovviamente, la risposta immediata a un sia pur timido invito a ridurre la carne nella dieta è che gli esseri umani sono carnivori e hanno bisogno di questo alimento per conservarsi in buona salute. Ma non è così. Noi siamo infatti onnivori e come i nostri più stretti parenti, gli scimpanzé, ci siamo evoluti biologicamente mangiando soprattutto frutta fresca e verdure e solo occasionalmente carne. Sebbene questa abbia fatto parte tradizionalmente della nostra dieta, fino al XX secolo era più un condimento che un alimento base. Ma le proteine addizionali che la carne contiene sono davvero necessarie per la nostra salute? Di fatto, l'americano medio già consuma molte più proteine di quante l'organismo sia in grado assorbire. Una dieta bilanciata, basata su vegetali può fornire facilmente tutte quelle proteine di cui abbiamo bisogno per restare sani.
Le implicazioni del rapporto della Fao sono chiare. Stabilito che l'allevamento del bestiame è responsabile dell'effetto serra assai più dei trasporti, perché allora i mass media e i governi non lanciano campagne per ridurre il nostro superconsumo di carne come già si sta cercando di ridurre la nostra tendenza all'uso di automobili che sperperano benzina?
traduzione di Mario Baccianini

 

 

Le lobbies del veleno

di Enrico Pedemonte

 

Contro l'America di Bush e le multinazionali il manifesto dell'ambientalista più famoso degli Usa. Per il trattato di Kyoto, tasse sull'inquinamento e sussidi all'energia pulita. Colloquio con Al Gore

 

È un Al Gore prostrato dalla fatica quello che ci accoglie a Nashville, Tennessee, la sua terra d'origine. Da anni il vicepresidente negli anni di Clinton, dal 1992 al 2000, svolge a tempo pieno il suo nuovo mestiere di globetrotter ambientalista e gira il mondo per spiegare a governi e opinione pubblica la gravità del riscaldamento globale. Da quando è uscito il suo documentario, 'The Unconvenient Truth', 'Una verità scomoda', ora anche in Italia, il suo attivismo è cresciuto a dismisura. Ha parlato a un migliaio di ambientalisti, che nei prossimi mesi dovranno replicare le sue conferenze in ogni angolo degli Stati Uniti usando le stesse diapositive che da mesi Gore mostra ai capi di Stato e ai cittadini di tutto il pianeta.
Il documentario ha avuto un successo inatteso e Gore è nuovamente al centro della scena politica. Molti si chiedono se tra qualche mese scenderà in gara per la Casa Bianca, dopo la sconfitta nel 2000 contro George Bush. È stato proprio il film a rilanciare la sua immagine, grazie a una straordinaria sceneggiatura che racconta l'aggravarsi della crisi ambientale attraverso le vicende, talvolta intime, della sua vita privata. Per esempio la morte per cancro ai polmoni della sua sorella maggiore che gestiva la coltivazione di tabacco di famiglia a Carthagena. La sorella era una fumatrice, e questo dramma spinse la famiglia Gore a uscire dal business del tabacco.
Signor Gore, che cosa cambierà con la maggioranza al Congresso in mano ai democratici?
"Spero che gli Stati Uniti riporteranno presto le truppe a casa senza peggiorare ulteriormente la situazione in Iraq. E a proposito del clima, spero che taglieranno i sussidi alle aziende che inquinano e si muoveranno verso la firma del trattato di Kyoto".
Quali sono le tre cose più importanti che farebbe se fosse presidente?

"Primo: aderire al trattato di Kyoto e renderlo ancora più rigido. Secondo: cambiare il sistema fiscale tassando non più il lavoro, ma l'inquinamento, specie la produzione di anidride carbonica. Terzo: introdurre incentivi alle tecnologie pulite, aumentare gli standard di efficienza delle auto, eliminare i sussidi all'uso del carbone e del petrolio".
E l'energia nucleare?
"Sono scettico. Credo che giocherà un ruolo limitato".
Quanto è importante la lobby del petrolio alla Casa Bianca?
"Sia il presidente Bush che il vicepresidente Cheney provengono dall'industria petrolifera. Non è esatto dire che la lobby del petrolio ha influenza sulla CasaBianca. La lobby del petrolio è la Casa Bianca".
Nacque da questa coincidenza l'attacco a Baghdad?
"La guerra in Iraq è stato un terribile errore, lo dissi prima che cominciasse. E alla base ci fu l'opinione di Cheney che gli Usa dovessero fare qualcosa per salvaguardare l'accesso alle grandi riserve di petrolio nel Golfo Persico".
Che cosa pensa della nuova strategia irachena annunciata da Bush?
"Nulla di nuovo. È la stessa politica che ha portato al peggiore errore strategico nella storia Usa".
Recentemente lei ha detto che gli Stati uniti vivono in una bolla di irrealtà. Che cosa vuol dire?
"Il resto del mondo ha ormai accettato il messaggio degli scienziati sul cambiamento climatico. Al contrario, gli Stati Uniti si rifiutano di agire. Si illudono che il problema non sia reale, dicono che le sue conseguenze potrebbero non essere del tutto negative, temono che cercando di risolverlo si danneggino certe aziende. Si tratta di errori e illusioni: una bolla di irrealtà che ci distingue dal resto del mondo. Come tutte le bolle, alla fine esploderà".
Il presidente dice che sono necessari altri studi per dimostrare il cambiamento climatico...
"È una scusa per confondere l'opinione pubblica e convincerla che non dobbiamo fare nulla".
Come giudica la politica ambientalista di questa amministrazione?
"Distruttiva, mal consigliata, guidata dagli interessi dei grandi inquinatori".
Perché ha deciso di raccontare anche le sue storie intime nel film?
"È stato il regista David Guggenheim a convincermi. Mi disse che il pubblico avrebbe compreso meglio il messaggio scientifico se fossimo stati in grado di stabilire un legame con la persona che raccontava la storia, cioè con me. Gli ho creduto. Aveva ragione".

Che ruolo hanno avuto compagnie petrolifere come la Exxon-Mobil nella percezione del cambiamento climatico da parte dell'opinione pubblica?
"La Exxon è un grande inquinatore che in modo immorale spende milioni di dollari in propaganda per confondere le idee dell'opinione pubblica su quello che dicono gli scienziati. Ciò che fanno è vergognoso".
Sterling Burnett, consulente del National Center for Policy Analysis, un gruppo finanziato dalla Exxon, ha paragonato il suo documentario ai film di propaganda del nazista Goebbels...
"In passato i produttori di tabacco spendevano milioni di dollari per screditare gli scienziati. Allora si trattava di confondere le idee dell'opinione pubblica sul legame tra fumo di sigaretta e cancro ai polmoni. Oggi sta accadendo la stessa cosa per il clima. I più grandi inquinatori finanziano gruppi di pressione per diffondere messaggi falsi. La democrazia è nata con l'Illuminismo, quando la ragione è diventata la principale fonte di autorevolezza. Ma con il declino della carta stampata e l'ascesa della televisione le cose sono cambiate. La tv ha sostituito la ragione con il denaro. Con i soldi si possono arruolare legioni di mistificatori che usano le parole come strumenti di propaganda per generare profitti contro l'interesse pubblico".
Quanto è lontano il punto di non ritorno?
"Gli scienziati dicono che tra una decina d'anni arriveremo a un punto oltre al quale sarà difficile restaurare l'equilibrio dell'ecosistema. Abbiamo ancora tempo, ma dobbiamo fare presto".
Si candiderà alla Casa Bianca per difendere le sue idee?
"Non lo prevedo. Se nessun candidato sarà sensibile ai problemi del riscaldamento globale, vorrà dire che avrò fallito nella mia campagna".

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 25 GENNAIO 2007

 

Gas Natural non va dal sindaco - Cancellata la riunione con gli emissari della società che progetta il rigassificatore nell’area ex Esso

 

E Dipiazza rilancia a Illy: «Trattativa comune con gli spagnoli»

Rigassificatori: niente incontro ieri con gli emissari di Gas Natural, il cui arrivo era stato annunciato dal sindaco Roberto Dipiazza. «Ne riparleremo la prossima settimana sulla base dell’impegno che gli spagnoli si sono presi: presentarci una proposta scritta», dice il primo cittadino. Il quale, chiusa la polemica, rilancia nei confronti del presidente della Regione: «Vediamo se c’è qualche spiraglio per aprire una trattativa comune».

Nessuna novità sul fronte di Gas Natural, che pure - dopo la bocciatura da parte del consiglio comunale del progetto nell’area ex Esso e di quello off-shore di Endesa - ha fatto sapere di continuare a lavorare per raggiungere un accordo economico con il Comune. L’altro ieri alcuni emissari della società spagnola hanno incontrato Dipiazza, che ha precisato di attendersi d’ora in poi proposte scritte. Ma l’incontro di ieri è stato fatto saltare da Gas Natural all’ultimo minuto. «Nessuna problematica - precisa il sindaco - prima voglio fare un paio di altri passi. Ci aggiorniamo alla prossima settimana».
Quanto alla Regione, giorni fa Illy si è detto pronto a considerare un «sì» il no del consiglio comunale: il Comune si sarebbe dovuto esprimere sul solo impatto ambientale, mentre - come ha detto il sindaco, motivando il suo clamoroso dietrofront su Gas Natural - lo ha fatto sui vantaggi economici ritenuti insufficienti per la città come royalties e compartecipazione di AcegasAps. Ma secondo Dipiazza Illy avrebbe perduto un’occasione per fare «gioco di squadra» con Comune e AcegasAps. Ieri l’assessore regionale Lodovico Sonego ha controreplicato: la Regione ha avuto «la percezione che Comune e AcegasAps» volessero trattare per conto loro.
Ora Dipiazza rilancia. Senza volere parlare di «colpe»: «Se dovessi rifare tutto chiederei alla Regione di curare gli interessi della città nel nome di quei 350 milioni di Iva che dall’impianto Gas Natural le arriverebbero, e proprio sulla base di quella cifra sarebbe stata la Regione stessa a dover mettersi a capofila... Degli errori ci si accorge sempre dopo. Ribadisco - così Dipiazza - che sarebbe stato meglio andare compatti. Domani (oggi, ndr) vedrò il presidente Illy per una riunione indetta su altri temi, vedremo se c’è la possibilità di rilanciare l’idea di una trattativa comune. Io porto comunque avanti il mio disegno per ottenere i massimi benefici per la città».
Intanto il presidente della commissione consiliare economica Gianfranco Trebbi (Lista Dipiazza) accusa di «malafede» chi addita Dipiazza di avere mercanteggiato. Se i rigassificatori non fossero sicuri, non andrebbero realizzati «neanche per tutto l’oro del mondo»: il problema piuttosto - scrive Trebbi - è ottenere «compensazioni economiche» per un’iniziativa che «condizionerebbe altri traffici marittimi» e porterebbe solo un’ottantina di posti di lavoro.
Infine quattro consiglieri comunali - Roberto Decarli dei Cittadini, Alessandro Minisini della Margherita, il Verde Alfredo Racovelli e Iztok Furlanic di Rifondazione comunista - contestano il segretario Uil Luca Visentini per un suo intervento. «Che un importante sindacalista regionale miri a fare anche il politico e in ruoli di rilievo senza mai mettersi in discussione è cosa nota, ma che per realizzare questo suo sogno cerchi di meritarsi la fiducia di qualche importante personaggio politico difendendo la scelta di collocare un rigassicatore» motivandolo «come una scelta strategica e dando la colpa al consiglio comunale senza distinguo è per noi cosa inaccettabile», scrivono. L’aula infatti non ha votato tutta contro gli impianti solo perché le informazioni sono state considerate insufficienti: «Vogliamo ribadire - chiudono i quattro - che noi abbiamo votato no e sin dal primo momento solo perché estremamente convinti, e supportati da autorevoli pareri tecnico-scientifici», dei «rischi enormi per la popolazione e per l’ambiente».

Paola Bolis

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 24 GENNAIO 2007

 
Wwf, impianti bocciati: «Il cloro annienterà la vita del mare»  - Critiche alla Regione: «Decide da sola»
 
Un secco no ai rigassificatori nel golfo di Trieste. A pronunciarlo ieri sono stati i rappresentanti del Wwf, riuniti alla Stazione marittima, per esprimere un giudizio sulle politiche della Regione in materia ambientale. «La nostra contrarietà deriva soprattutto da una valutazione sulla natura morfologica del golfo – ha detto Vinicio Collavino, presidente regionale dell’organizzazione – nel quale il ricambio d’acqua è molto scarso. Ecco allora che le sostanze cosiddette biocide, come per esempio il cloro, che dovrebbero essere quotidianamente riversate nei condotti dell’impianto per pulirli, rimarrebbero nei paraggi e andrebbero a guastare l’equilibrio dell’intero sistema biologico presente nelle acque del golfo. Considerando che l’acqua utilizzata per il trasporto delle sostanze biocide tornerebbe in mare molto fredda dopo l’utilizzo – ha aggiunto Collavino – essa andrebbe per forza verso il fondo, creando una sorta di lente in grado di crescere in altezza, nel tempo, annientando tutto ciò che vive in fondo al mare».
Ma non è questo l’unico disastro che Wwf immagina: «Bisogna tenere anche in considerazione – ha proseguito il presidente regionale del Wwf – il fattore sicurezza. I rigassificatori possono essere assimilati a bombe sempre innescate, in grado di esplodere se attaccate per esempio con un razzo o un semplice bazooka. C’è ancora un elemento che deve far riflettere – ha aggiunto Collavino – e riguarda le navi gasiere. Quando su una di esse si verifica un guasto, di norma vengono affondate. Ma in un golfo nel quale i fondali non superano i 18 metri, questa possibilità di fatto non esiste».
Collavino ha poi definito «assurdo» il paragone fatto dal presidente del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy, «che ha messo sullo stesso piano il golfo di Trieste e quello di Tokyo. Il ricambio d’acqua nel golfo della capitale giapponese – ha spiegato il presidente del Wwf regionale – è di circa 120 milioni di metri cubi al giorno. Trieste e l’alto Adriatico al confronto sono un lago stagnante, perciò tutte le controindicazioni alla localizzazione in questa città di un rigassificatore – ha sottolineato – a nostro avviso sono sufficienti per esprimere un giudizio nettamente negativo».
Ma il Wwf regionale è molto critico nei confronti della giunta guidata da Illy anche per un motivo che riguarda il metodo: «L’esecutivo regionale continua a prendere decisioni che riguardano l’equilibrio ecologico di tutto il Friuli Venezia Giulia – ha concluso Collavino – senza consultare nessuno. Invece di proporre un dialogo e un approfondimento sulle singole questioni, si inizia a discutere dopo che gli accordi sono stati presi e questo non è logico».
Nel corso dell’incontro, i rappresentanti del Wwf hanno chiesto alla Regione di «adeguare la propria normativa al più rigoroso rispetto delle disposizioni comunitarie in materia ambientale, tenendo costantemente informati i cittadini su tutte le iniziative intraprese».
u. s.

 
 

ISTRIA -  Rigassificatori: Lubiana ribadisce il suo no agli impianti di Trieste

 

LUBIANA

Il sottosegretario all’Ambiente Starman chiede un incontro a Roma

Dopo il governo, anche il Comitato per l'ambiente del Parlamento sloveno ha detto no ai rigassificatori nel golfo di Trieste.
I deputati, che ieri sono stati informati dei risultati dello studio sull'impatto ambientale transfrontaliero dei due terminal, hanno definito inaccettabili entrambi i progetti ed hanno espresso il pieno sostegno all'esecutivo, affinchè continui nei suoi tentativi di bloccare la realizzazione degli impianti. Di questa presa di posizione saranno informati la parte italiana e l'Unione europea. Questa, in sintesi, la posizione del Comitato parlamentare per l'ambiente, riunito ieri per prendere in esame lo studio sull'impatto ambientale dei rigassificatori e per valutare l'attività svolta finora dal governo per fermare i progetti dei due terminal, uno a metà del golfo, l'altro in zona Zaule.
Entrambi i terminal, secondo lo studio condotto da esperti e istituzioni slovene, hanno un impatto transfrontaliero negativo. In primo luogo, un aumento del numero delle navi in transito imporrebbe un cambiamento del regime di traffico, creerebbe problemi di sicurezza e aumenterebbe il rischio di incidenti. L'arrivo di tante imbarcazioni comporterebbe inoltre il rischio di introdurre microorganismi estranei e dannosi per l'ecosistema del golfo con gravi conseguenze per la biodiversità, con conseguenze immediate su pesca e maricoltura. Per quanto riguarda il terminal off-shore, quello più contestato, sono inoltre da considerare ulteriori aspetti negativi: l'uso di sostanze potenzialmente tossiche per la manutenzione delle condutture, la riduzione della temperatura dell'acqua marina usata per la rigassificazione, nonchè le probabili ricadute negative sull'economia turistica.
Quello che Lubiana vuole, ha ribadito rivolgendosi ai deputati il sottosegretario all'ambiente Marko Starman, è che si rispettino gli standard europei in materia di tutela ambientale e di impatto transfrontaliero, niente di più e niente di meno. Starman ha annunciato anche «un incontro di natura tecnica» con la parte italiana: si attende comunque conferma da Roma. Nel corso del dibattito, è intervenuto anche il deputato capodistriano Aurelio Juri. La questione dei terminal nel golfo di Trieste, secondo Juri, ha messo in evidenza quanto sia importante coordinare la politica energetica nell'intera area, che coinvolga tutti i Paesi interessati. Così come giustamente la Slovenia chiede all'Italia di essere coinvolta nelle decisioni che riguardano la costruzione dei terminal rigassificatori, ha ricordato Juri, Lubiana dovrà essere disposta a fare altrettanto con tutti i Paesi vicini, Italia compresa, nel momento in cui dovesse decidere il potenziamento e la costruzione di un secondo reattore della centrale nucleare di Krsko. Contro i rigassificatori si sono espressi nei giorni scorsi anche le associazioni ambientaliste di Slovenia, Croazia e Italia, che hanno tenuto una conferenza stampa a Strugnano.
Si deve fare una scelta, hanno ribadito gli ambientalisti: non si può allo stesso tempo pensare allo sviluppo turistico dell'Alto Adriatico e progettare impianti energetici.

 

Referendum sulla raccolta differenziata a Monfalcone: quorum mancato -  il Codacons al Comune: ora si deve tenere conto di quella valanga di «no»

 

Del risultato del referendum si dovrà tenere conto. Di questo sono convinti, anche se per diversi motivazioni, associazioni dei consumatori e associazione ambientaliste. Il Codacons avverte: il fatto che 9 votanti su 10 hanno detto no al porta a porta è un elemento che il sindaco dovrà considerare. «Intanto, il risultato del referendum indica che la gente non partecipa più alla vita civile – spiegano i responsabili dello sportello – perché sul sistema di porta a porta avevamo ricevuto più di qualche mugugno. Perciò, fermo restando che la differenziata è giusto farla, era il sistema che non andava. È stato quindi confermato che la gente non vota per convinzione, ma per abitudine». Il risultato poi, anche se non ufficiale, secondo il Codacons deve essere considerato. «Sul 47% dei votanti, il 90% ha detto di no, questo indica che almeno il 40% dei monfalconesi è contrario al sistema. E quindi il sindaco dovrebbe fare attenzione, prima di fare dichiarazioni altisonanti sul fatto che senza il quorum si partirà ugualmente. Se infatti molti partiti politici non avessero invitato all’astensionismo, il quorum sarebbe stato raggiunto, e avrebbe vinto nettamente il no. Il sistema quindi deve essere ben pensato prima di farlo partire». E anche Legambiente invita a riflettere attentamente sulla partenza del servizio. «Per fortuna è stato confermato quello che avevamo previsto – spiega Michele Tonzar – ovvero l’astensione per un referendum che riteniamo insensato. Questo però non indica che non sia da usare il buonsenso per il da farsi. Per questo chiediamo che adesso sindaco e Iris si mettano assieme per valutare come istituire il porta a porta e soprattutto a come fornire le informazioni». Il 90% dei no infatti hanno secondo Legambiente un significato preciso: che la gente è poco informata. «È mancata l’informazione – continua Tonzar –, una cosa secondo noi scandalosa, di cui nessuno si è preoccupato: un comportamento irresponsabile sia da parte dell’amministrazione che di chi ha promosso il referendum basando le sue dichiarazioni sul nulla». Legambiente si propone quindi di essere la spina nel fianco dell’amministrazione per far sì che il Comune e Iris lavorino seriamente per una campagna informativa «condotta senza fretta, affrontando tutte le situazioni legate alle questioni particolari sugli spazi e sui condomini, come per esempio in via 25 Aprile, o ad anziani e disabili. Sono aspetti che sono stati affrontati in tutte le alte città, e non si capisce perché non dovrebbero venire risolte anche a Monfalcone». È d’accordo il Wwf. «Il risultato era scontato – spiega Paola Barban – ma l’alto livello di no ci dice che l’informazione è stata insufficiente». e. o.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 23 GENNAIO 2007
 
 

Mille firme contro il Piano regolatore - La petizione lanciata da Wwf, Italia Nostra e da una decina di comitati locali verrà consegnata in municipio

 

A rischio di cementificazione selvaggia la costiera triestina, da salita di Contovello a via Plinio,ma non sembrano al sicuro dalle speculazioni del business del mattone neanche il centro storico e l’Altipiano carsico. È questo il grido di allarme che parte dal Wwf da Italia Nostra e da una decina di comitati cittadini (tra cui quelli di via Timignano, Capofonte, Flavia e Barcola) che, puntando alla revisione del vigente Piano regolatore del 1997, hanno già raccolto in città una migliaio di firme.
La petizione, accompagnata da un appello scritto, verrà a raccolta ultimata, consegnata al sindaco Dipiazza ed al consiglio comunale. «Sino dall’approvazione del Piano, nell’era Illy, le associazioni ambientaliste avevano fatto sentire inutilmente il loro dissenso - spiega il rappresentante del Wwf, Dario Predonzan - per l’eccesso di volumetrie previste e la mancata tutela del verde, del paesaggio e degli edifici di interesse storico. Anche le amministrazioni che si sono succedute non hanno fatto nulla con il risultato che tutti possono vedere gli scempi causati alla nostra costiera e al Carso. Altre devastazioni potrebbero però essere fermate con delle modifiche al Piano regolatore ed è quello che chiediamo al sindaco Dipiazza, che su ciò si era impegnato in periodo elettorale».
Secondo Predonzan, è in atto una vasta opera di espansione residenziale sulla fascia costiera che va da Barcola a santa Croce, dove si dovrebbe costruire (o si sta cantierando) in 14 siti. Nuove edificazioni sono previste in salita di Contovello, salita Cedassamare, mentre dei piani particolareggiati per alcune ville sono stati presentati, ma non ancora approvati, per via del Pucino. In questa parte della città inoltre sarebbero ipotizzate anche delle costruzioni a carattere non residenziale, come delle infrastrutture turistiche, poste praticamente sul mare nel tratto che va da Miramare a santa Croce, nonchè il «raddoppio» dell’albergo Riviera. Anche la Sissa avrebbe dovuto aumentare le sue volumetrie in una zona boschiva adiacente all’attuale insediamento. L’ipotesi, che però è accantonata visto il trasferimento della Sissa al Santorio, non escluderà però la futura cementificazione ad uso speculativo della zona boschiva per la quale il Piano regolatore ha decretato l’inappellabile de profundis.
Altre aree edificatorie, sono inserite in zona Basovizza, Padriciano, Trebiciano e Opicina. Proprio in questa ultima ridente località, nei pressi della caserma, il previsto piano di edilizia popolare ha subito però una salutare riduzione nelle volumetrie: « Purtroppo- continua Predonzan- la densità abitativa delle nuove realizzazioni resta in eccesso. Dal Piano regolatore non si salva nemmeno il Centro storico. Basta ricordare le proteste degli abitanti di Campo Marzio e di via santa Tecla».
Daria Camillucci

 
 

Rigassificatori, Dipiazza: «Con Illy e Paniccia bisognava fare squadra»

 

Gli sembra «incredibile» che lo accusino di avere mercanteggiato sui rigassificatori, perché «meglio forse il miliardo di tonnellate di petrolio che ci arriva senza contropartita?». È pronto a tornare a trattare, perché «mercoledì (domani, ndr) arrivano qui degli emissari di Gas Natural. E credo che poi prenderanno un appuntamento per i loro vertici». Un solo errore ascrive a se stesso: «Non avere chiamato tutti a raccolta per presentarci compatti».
La pensa così Roberto Dipiazza, «l’uomo del gas», ironizza lui in questi giorni di dibattito bollente. Giovedì scorso infatti il consiglio comunale ha bocciato entrambi gli impianti - quello off-shore di Endesa e quello nell’area ex Esso di Gas Natural - dopo che lo stesso primo cittadino si è prodotto in un clamoroso dietrofront rispetto al parere favorevole da lui tenuto verso Gas Natural. Motivo: gli insufficienti benefici economici che la società spagnola avrebbe offerto alla città in termini di gas da comprare a prezzo di costo, ma anche di royalty e di compartecipazione di AcegasAps nell’affare.
Sindaco, il centrosinistra la accusa: sul versante ambiente e sicurezza lei era pronto a dire sì - o no - semplicemente in base ai soldi.
Io credo di essermi battuto per la città. Mercanteggiamenti? Quando sono arrivate le Coop Nordest - io non c’ero - e hanno chiesto di potere costruire un centro commerciale, ho visto un sacco di tute sportive sponsorizzate Coop Nordest. Non era un mercanteggiare? Quello però era giusto...
Qui si parla di ipotetici rischi per l’ambiente.
A me pare che sul gas fossimo tutti d’accordo: tanto d’accordo che ho detto ”andiamo a trattare”.
Nella stessa Forza Italia invece c’è chi si dice totalmente contrario, come Bruno Marini.
Meglio Marini piuttosto che la Provincia, che non si è espressa. Comunque non è questo il problema: è più una partita da imprenditore. A proposito di trattative...
Prego.
Ho sentito, anzi so per certo che ci sono degli industriali friulani che avranno dei benefici, che entreranno con quote azionarie in questa società del terminal gas. E chi ha trattato per questo? Il Comune no, la Provincia neanche.
Intende dire che lo ha fatto la Regione?
Evidentemente. E questo non è mercanteggiare?
Quali sono gli industriali che ha citato?
Non dico di più.
Giorni fa lei ha accennato a un mancato lavoro di gruppo. AcegasAps, controllata dai Comuni di Trieste e Padova, avrebbe dovuto giocare un po’ più in squadra?
Ja.
Che significa sì.
Mi sembra che in questa trattativa tutti hanno cercato di metterla in tasca all’altro. Io dico solo che se avessimo avuto un trio di persone - Illy Dipiazza e Paniccia (presidente di AcegasAps, ndr) - ecco, per gli spagnoli sarebbe stato un bel problema. Invece hanno trovato Illy, e Dipiazza, e Paniccia.
Al di fuori delle trattative, il ministro per l’Ambiente Pecoraro Scanio fa ha espresso decise perplessità sull’ipotesi rigassificatori a Trieste.
Ho sempre pensato di portare i rigassificatori a Trieste per fare diventare potente AcegasAps, per rendere un servizio al Paese e per fare arrivare alla nostra città delle royalties.
Ma davvero potremmo godere di benefici consistenti?
Facciamo un esempio, mettiamo che il sindaco riesca a chiudere (la trattativa, ndr) su una quota del 15% di gas che arriva all’AcegasAps a prezzo di costo. Su 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno, sono un miliardo e 200 milioni: una parte di questi può essere riversata sulla città a prezzo ribassato. O si può vendere il quantitativo e inserire un bonus in bolletta... Il problema è ottenerlo, il benefit. Qui l’importante era spaccare la controparte.
Ha contattato o contatterà i vertici della Regione?
Voglio sentire Gas Natural, poi ci vedremo con il sindaco di Padova Zanonato per parlare di eventuali fusioni di AcegasAps. Le partite sono tante e tutte buone: se la multiutility dovesse portare a casa il risultato di Gas Natural è chiaro che si presenterà a quei tavoli in modo imponente.
Cosa dirà domani a Gas Natural? Ha intenzione di rilanciare?
L’ultima volta che sono venuti sono stato zitto per un’ora, e per me non è roba da niente. Quando si tratta, meno si parla meglio è. Ascolterò. Poi però stavolta, invece che assumermi in termini diretti la responsabilità, chiamerò i miei e ne parlerò: perché non è giusto che sia io a rimanere con il cerino in mano, ci deve essere condivisione. Così oltretutto non avrò divisioni in consiglio comunale.
An da una parte, forze del centrosinistra dall’altra osservano però che oggi la posizione del Comune rispetto a Gas Natural è più debole: se il progetto riceverà l’ok della Regione e di Roma, l’aula municipale non potrà certo bloccare senza motivazioni valide la variante al piano regolatore necessaria per l’eventuale prosecuzione dell’iniziativa.
Ah, adesso dicono così? Nei giorni scorsi quelli che ho incontrato mi hanno detto che potevo aspettare la variante per trattare. Ma io lo avevo sempre detto: bisognava fare un’azione prima, prima che si andasse in consiglio comunale giovedì scorso..

Paola Bolis.

 

Dal nodo sicurezza ai fattori economici  - Gas, le ragioni a favore e contro

Resta l’aspetto locale.
Il terreno dell’impianto Gas Natural (area ex Esso di Zaule, sito inquinato, ndr) non ha chances di essere utilizzato in modo diverso. E poi ci sono le ricadute occupazionali, tema su cui prima o poi bisognerà riflettere perché questa città non ha ancora afferrato appieno la grande battaglia che si apre davanti all’allargamento a Est dell’Ue. Infine, attenti a rifiutare i rigassificatori, finisce come con Krsko: ce li ritroviamo magari verso Pola...
La presa di posizione del governatore Illy sul no del Comune?
Un’alchimia: la delibera dava un ok con una serie di condizioni e prescrizioni ambientali che restano valide.
Si è parlato di mercanteggiamento del sindaco, con il nodo ambientale sottomesso al denaro.
Non sono d’accordo. Noi parlavamo di impatto ambientale, ma la valutazione complessiva che un politico trae non può essere legata a un solo aspetto.
Dopo il no lei ha detto che il Comune è più debole.
Do assoluto appoggio al sindaco per il modo in cui ha giocato la partita, ma temo che il Comune sarà più debole perché quando il progetto tornerà in aula avrà già i sì di Regione e Governo: Trieste sarà stata bypassata. Hanno nuociuto anche i tempi ristretti che la Regione ci ha concesso per discutere il progetto: quell’amministrazione doveva essere più seria.
An e Ds favorevoli ai rigassificatori. In Forza Italia si dice che Gas Natural a livello nazionale ha trovato due sponde solidissime.
Ritengo ingeneroso ridurre a un accordo sotterraneo tra An e Ds la causa delle modalità con cui la discussione si è sviluppata. Piuttosto di guardare la pagliuzza altrui, Forza Italia dovrebbe rendersi conto della trave che le ha impedito di pronunciarsi in modo compatto sul rigassificatore in quanto tale.
 

 

Meno polveri, si circola senza divieti

 

In piazza Libertà valori scesi a 37 microgrammi. Si ripara la centralina di via Carpineto

Ancora polemica tra il Wwf e l’assessore comunale Bucci: «Questo piano d’azione non è stato firmato dagli ambientalisti»

Lupieri (Margherita): «Basta provvedimenti tampone. Serve una vera politica ambientale»

Traffico senza limitazioni, da oggi in poi, a seguito del ritorno delle polveri sottili sotto i limiti. Dopo un giorno e mezzo di attuazione del nuovo provvedimento, sulla base dei dati rilevati domenica e forniti dall’Arpa ieri mattina, il sindaco Dipiazza ha revocato l’ordinanza scattata sabato pomeriggio. Domenica in piazza Libertà la media giornaliera delle polveri si è fermata a 37 microgrammi, mentre in via Svevo ne sono stati rilevati 34. Nessun dato ufficiale per via Carpineto, che per la terza volta in una decina di giorni non ha funzionato regolarmente.

«In alcune ore di domenica – spiega il direttore provinciale dell’Arpa, Stelio Vatta – la centralina non ha fornito dati attendibili, e questo ci ha impedito di calcolare una media giornaliera affidabile. I tecnici hanno individuato il guasto in una scheda elettronica della centralina, che oggi verrà sostituita. Da domani riavremo quindi dati precisi su via Carpineto. Giovedì – aggiunge – ripartirà poi la misurazione delle polveri sottili in via Pitacco: ce l’ha comunicato con un fax la società Elettra (gruppo Lucchini-Severstal, ndr) che gestisce quella centralina e che sta riparando il rilevatore delle polveri».
Tornando ai dati forniti ieri dall’Arpa e relativi a tutto il fine settimana, sabato le concentrazioni delle pm10 sono state abbondantemente superate in tutte e tre le centraline di riferimento: 83 microgrammi in via Carpineto, 75 in via Svevo e 61 in piazza Libertà. Valori analoghi anche venerdì, giornata in cui però nella centralina di via Carpineto il misuratore delle polveri non ha funzionato: in via Svevo c’erano 83 microgrammi per metro cubo, mentre in piazza Libertà si sono raggiunti i 60.
Oggi, dunque, la circolazione ritorna alla normalità. Non accenna invece a placarsi la polemica tra il Wwf e l’assessore Bucci, dopo le accuse di scarsa sensibilità degli enti locali da parte dell’associazione ambientalista e la replica dello stesso Bucci, secondo il quale «i vertici del Wwf farebbero bene a fondare un partito e a spostare la battaglia in consiglio comunale».
In una nota firmata da Carlo Dellabella, responsabile della sezione del Wwf e da Fabio Gemiti, che nell’associazione ambientalista cura il settore inquinamento, si precisa che le critiche mosse nella conferenza stampa (venerdì scorso, ndr) «sono state rivolte non solo al Comune ma anche agli altri enti cointeressati, Arpa, Azienda sanitaria e Regione, come risulta dalla sintesi distribuita ai media e dalla registrazione dell’intervento del dott. Gemiti».
Riferendosi poi alla dura presa di posizione dell’assessore Bucci, pubblicata domenica, i due responsabili del Wwf affermano che «a differenza di quanto affermato dall’assessore, il piano d’azione comunale attualmente in vigore è stato adottato dalla precedente giunta, come atto dovuto a seguito di una precisa delibera regionale verso la quale il Wwf è fortemente critico, è non è stato sottoscritto da alcuna delle associazioni ambientaliste, come erroneamente crede l’assessore Bucci. Il quale fa evidentemente confusione con i precedenti interventi antismog del Comune, molto più restrittivi, redatti congiuntamente all’assessore Ferrara e dalle associazioni ambientaliste».
Alle accuse di Bucci di voler «strumentalizzare i temi ambientali per fare politica», Dellabella e Gemiti replicano poi sottolineando che «il Wwf, in base al suo statuto, è un’associazione strettamente apolitica e le eventuali critiche su come vengono gestite le tematiche ambientali da parte degli amministratori comunali, provinciali e regionali, hanno sempre investito tutto l’arco delle forze politiche».
Altre accuse all’amministrazione comunale arrivano intanto da Sergio Lupieri, capogruppo in Comune della Margherita, oltre che consigliere regionale diellino. «Basta provvedimenti-tampone – afferma Lupieri –. Il Comune attui una vera politica ambientale».
Ricordando la classifica dei 103 capoluoghi di provincia in tema di inquinamento dell’aria, il capogruppo della Margherita annota che, «se è vero che siamo nella metà bassa per l’inquinamento da biossido di azoto, siamo però primi per le polveri sottili. E siamo pure tra gli ultimi per politiche energetiche ecocompatibili, zone a traffico limitato, piste ciclabili, verde urbano friubile e isole pedonali».
«Coprire gli sforamenti con la chiusura del centro – conclude Luperi – non risolve il problema: bisogna attuare l’Agenda 21, attraverso la consultazione di tutte le categorie sociali e dei cittadini, per adottare politiche di sviluppo in grado di integrare le esigenze ambientali con quelle economiche e sociali. Un tavolo che veda assieme le istituzioni ma anche Area di ricerca, Azienda sanitaria, Azienda ospedaliera, associazioni di categoria e l’associazionismo ambientalista».

Giuseppe Palladini

 
 
ISTRIA - I Verdi: «In Alto Adriatico o turismo o bacino energetico»
 Ecologisti sloveni, croati e italiani sollecitano una strategia produttiva comune e la necessità di rispettare le convenzioni europee
 
STRUGNANO Italia, Slovenia e Croazia devono decidere se indirizzare lo sviluppo dell'Alto Adriatico verso il turismo o trasformarlo in un bacino energetico: conciliare le due opzioni è impossibile. È questa una delle conclusioni presentate nel corso di una conferenza stampa congiunta delle associazioni ecologiste dei tre Paesi, che ieri a Strugnano hanno illustrato le loro posizioni sui progetti per i rigassificatori nel Golfo di Trieste.
I due terminal, previsti uno in mare e l'altro sulla costa a Zaule, necessitano di una valutazione congiunta degli organismi competenti di tutti e tre i Paesi che si affacciano sull'Adriatico Settentrionale secondo gli ambientalisti. «Quello di cui c'è bisogno – ha sottolineato Dusica Radojcic dell'Associazione croata Istria Verde - è una strategia energetica comune, altrimenti ci saranno complicazioni ogni qualvolta si dovrà decidere se approvare o meno un progetto di una certa importanza».
L'Italia aveva annunciato che avrebbe coinvolto anche Zagabria nella valutazione sull'impatto ambientale transfrontaliero dei due terminal, ha ricordato ancora la Radojcic, ma non l'ha fatto, anche se nel frattempo è stato ultimato il dibattito pubblico relativo a entrambi gli impianti. Entrando nel merito dei progetti, l'esponente di Istria Verde ha sottolineato il rischio-terrorismo e i problemi relativi alla sicurezza connessi all’eventuale presenza degli imponenti impianti energetici. Inoltre, ha detto, c'è da considerare anche l'aspetto estetico: il terminal in mare non sarebbe un bel vedere, specie dalla vicina costa slovena, con danni al turismo oltre alla qualità della vita delle cittadinanze dell’area. I due rigassificatori, secondo Corrado Altran di Legambiente del Friuli Venezia Giulia, non fanno parte di una particolare strategia energetica italiana, ma sono soltanto progetti di due multinazionali. A nome delle Associazioni ecologiste della Slovenia è intervenuto Karel Lipic, il quale ha ribadito la necessità di rispettare la convenzione Espo sull'impatto ambientale transfrontaliero e di armonizzare tutti i progetti di questo tipo con le normative europee. Lipic ha ricordato che anche in Slovenia si stanno preparando due progetti per i quali sarà necessario coinvolgere i Paesi vicini: la ristrutturazione dell'aeroporto militare di Cerklje per le esigenze della Nato e la costruzione del secondo reattore della Centrale nucleare di Krsko.
Nei giorni scorsi sui terminal nel Golfo di Trieste si è espresso ufficialmente anche il governo sloveno, che ha definito inaccettabili i rigassificatori. Il ministro dell'Economia Andrej Vizjak ha giudicato inoltre poco corretto il tentativo di mettere in relazione la questione dei terminal con i progetti di potenziamento della Centrale di Krsko.
«La posizione slovena sui terminal è il risultato di studi concreti su conseguenze ambientali reali - aveva dichiarato Vizjak - mentre l'Italia è contraria al nucleare per una questione di principio».
Terminal e Krsko erano stati messi in relazione dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema nel corso della sua recente visita a Lubiana.

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 22 GENNAIO 2007
 
 

Smog, blocco del traffico anche oggi - Auto: già deciso per la mattina Pomeriggio ancora in forse

 

Polveri, ancora sforamenti: oggi nuova chiusura.

Circolazione vietata dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. Ma lo stop pomeridiano potrebbe venir sospeso in extremis

Va in scena oggi il secondo atto della chiusura al traffico del centro cittadino, dopo lo stop pomeridiano di ieri. I veicoli non potranno potranno circolare dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. La conferma del blocco per l’intera giornata viene data praticamente per certa dal Comune, anche se la decisione definitiva verrà presa solo in tarda mattinata, quando cioè l’Arpa comunicherà all’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci, i dati ufficiali sulla qualità dell’aria registrati nell’intero fine settimana. Le prime indicazioni però non lasciano spazio alle speranze: nella giornata di sabato, infatti, tutte e quattro le centraline hanno rilevato sforamenti nelle concentrazioni di polveri sottili.

I valori più alti sono stati evidenziati in via Carpineto (83 microgrammi per metro cubo a fronte di un tetto massimo di 50 mg/mc). Sopra la soglia anche i livelli di via Svevo (75 mg/mc), piazza Libertà (61 mg/mc) e via Torbandena (58). Per avere la fotografia completa della giornata di ieri, invece, bisognerà attendere ancora qualche ora, anche se le proiezioni parziali appaiono in linea con la tendenza degli ultimi giorni. «In linea di massina quindi le limitazioni al traffico previste dal Piano di azione comunale verranno confermate anche per questo pomeriggio - spiega Maurizio Bucci -. Per le prossime ore confidiamo nell’annunciato cambiamento nelle condizioni meteorologiche. La cittadinanza, comunque, è più sensibile al problema rispetto a qualche tempo fa e più tollerante nei confronti dello stop alle auto».
Nel pomeriggio di ieri i divieti di circolazione non hanno creato troppi disagi. La giornata festiva ha convinto molti triestini a lasciare l’auto a casa: risultato, un traffico decisamente limitato nelle strade del centro. Nessun automobilista è stato sorpreso a fare il «furbo», anche perchè i controlli non sono stati particolarmente severi. Sul rispetto del provvedimento di chiusura ha vigilato infatti un’unica pattuglia con verifiche a campione all’interno della zona interdetta ai veicoli inquinanti: tutti i mezzi fermati sono risultati in possesso delle necessarie certificazioni. La musica è destinata però a cambiare da questa mattina: in giro per le strade gli automobilisti troveranno infatti un maggior numero di agenti della municipale, pronti a sanzionare ogni irregolarità. È destinato a crescere oggi anche il numero delle richieste di informazioni al centro radio dei vigili urbani. Solo nel pomeriggio di ieri le telefonate sono state un centinaio e hanno messo a dura prova la pazienza degli operatori.
Dall’opposizione, intanto, arrivano nuove critiche alla linea tenuta finora dalla giunta Dipiazza. «Per questa amministrazione gli interventi spot sono diventati ormai un metodo di lavoro - afferma il Cittadino, Sergio Lupieri -. Il caso smog dimostra l’incapacità di questa giunta di fare sistema con l’Area di ricerca, l’Arpa, le Aziende sanitarie e ospedaliere e tutte le altre parti in causa».
«Le accuse di immobilismo e di insensibilità rivolte al Comune sono fasulle e molto gravi - ribatte Bucci -. Faccio solo un esempio: sotto la giunta Illy per conoscere i dati del fine settimana bisognava attendere il lunedì, ora invece, grazie al mio interessamento, l’Arpa comunica l’andamento anche nei giorni festivi. Chi attacca il Comune, come gli esponenti della sinistra e i vertici di alcune associazioni ambientaliste, dimostra di non conoscere le leggi e le regole che queste impongono. Se le cose non cambieranno non escludo un’iniziativa legale da parte dell’amministrazione».

Maddalena Rebecca

 

L’elenco delle deroghe disco verde per l’accesso ad alcuni parcheggi

ORDINANZA

Il perimetro percorribile comprende via Commerciale (fra via Cordaroli e via Pauliana), via Pauliana, l’asse via Salata - galleria di Montebello - piazza Foraggi - viale Ippodromo, via Udine (tra salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (tra via Udine e via dei Saltuari). Percorribili anche le strade d’acceso e uscita da alcuni parcheggi: parcheggio Sant’Andrea (via Carli), parcheggio Ferdinandeo (via Marchesetti, da via San Pasquale a parcheggio Ferdinandeo), parcheggio Palasport di Chiarbola (rampa Grande Viabilità, svincolo via Svevo tra via Baiamonti e via D’Alviano, via D’Alviano tra via Svevo e via via Doda, via Doda (tra via D’Alviano e piazzale delle Puglie), piazzale delle Puglie, parcheggio Foro Ulpiano (via Fabio Severo tra via Cologna e via Cicerone, via Cicerone, via Coroneo tra via Cecerone e via Fabio Severo, Foro Ulpiano).
L’ordinanza del sindaco che dispone il blocco del traffico nel centro prevede un lungo elenco di deroghe. Potranno circolare liberamente i veicoli ad emissione zero, le auto che usano carburante metano o Gpl, le vetture omologate EURO 4 (direttive: 98/69 CE-B - 99/102 CE-B Rif. 98/69 - 2001/1 CE-B - 2002/80 CE-B, si faccia riferimento al libretto di circolazione, ndr) e i motoveicoli e ciclomotori omologati EURO 2 (direttive: 97/24 CE fase II cap.5 - 2002/51 CE fase A) o EURO 3 (direttiva: 2002/51 CE fase B).
Disco verde anche per i mezzi pubblici (autobus, taxi e auto con noleggio conducente), per i veicoli con contrassegno di trasporto invalidi, veicoli adibiti a servizi di stato e di pubblica sicurezza, veicoli di istituti di vigilanza e trasporto valori, compresi quelli per recapito/raccolta postale e assimilati.
Non verranno fatte le multe nemmeno ai veicoli con targa CC o CD e a quelli con targhe «prova», ai veicoli usati dalle testate radiotelevisive e dagli organi di stampa, ai mezzi dei ministri di culto, ai veicoli usati da medici e veterinari in visita domiciliare urgente solo nel tragitto casa-ambulatorio-luogo della visita, e a quelli di servizio dell’Ass e dell’Arpa.
Circolazione consentita anche per le auto di medici, infermieri e tecnici dell’Azienda Ospedaliera; auto per il trasporto di persone soggette a trattamenti sanitari di particolare gravità e/o riabilitativi programmati e/o continuativi, nonché auto che trasportano persone con ridotta capacità deambulatoria e/o altre gravi patologie, veicoli in uso degli addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare; veicoli diretti all’Ispettorato di Motorizzazione civile e/o officine autorizzate per revisioni programmate; veicoli partecipanti a cortei matrimoniali, muniti di autocertificazione; veicoli di proprietà delle autoscuole; veicoli destinati al trasporto merci; veicoli dei lavoratori dipendenti o autonomi con autocertificazione dell’orario di lavoro rilasciata dall’azienda.

 

I triestini: rinunciare all’auto non è un sacrificio - Reazioni favorevoli al primo giorno di stop.

Molti hanno scelto di spostarsi in bicicletta, altri con i mezzi pubblici - «Alla domenica meglio una passeggiata. Ma contro lo smog servono misure precise»

I COMMENTI

Un coro di sì alla chiusura del centro. I triestini, costretti ieri a rinunciare all’automobile, a causa degli alti livelli di inquinamento atmosferico, hanno accettato il provvedimento con serenità. Anzi, molti hanno colto l’occasione per rispolverare vecchie biciclette e salire in autobus. «Sono favorevole alla chiusura – afferma Roberto Ruzic – e credo sia necessario oramai dettare regole più precise per combattere il problema dell’inquinamento atmosferico. In questi giorni, respirare in centro è difficile – aggiunge – e di questo ce ne accorgiamo tutti».
Davide Benci è d’accordo: «Questo è un provvedimento che non risolve la situazione – spiega – ma da qualche parte bisognava pur cominciare, pur di iniziare a lottare contro lo smog. Senza auto a mio avviso si sta bene e il servizio di autobus della Trieste trasporti è sufficiente per coprire qualsiasi esigenza, a meno che uno non abiti proprio a Grozzana, tanto per fare un esempio».
Francesca Pulini affronta la città in bicicletta, assieme alla famiglia: «È una buona alternativa per passeggiare – dice – anche se non posso prenderla sempre. Oggi poter venire in città a pedalare è bellissimo, ma comunque non credo ci siano problemi nel dover lasciare l’auto a casa». «C’è meno gente del solito – evidenzia Sabrina Scoreancig, che lavora in una gelateria del Viale – e questo per le attività di pubblico esercizio è un problema. Personalmente preferisco muovermi a piedi, perché salire sull’autobus non mi piace». «Chiudere il centro al traffico privato è una scelta positiva – afferma Salvatore Giosuè – anche se questo provvedimento comporta inevitabilmente delle limitazioni. Ma se c’è lo smog bisogna pur intervenire». Manuela Ferro vorrebbe la chiusura «programmata per tutti i fine settimana». Per Elio Davanzo «la città senza auto private è un po’ strana, ma è anche piacevole passeggiare. Abito nella zona della Fiera e ho approfittato per fare una lunghissima passeggiata fino a piazza Unità e poi in Viale».
Alessandro Leto si dichiara «più che d’accordo col provvedimento della chiusura. Per me magari è più facile che per altri, perché vado sempre a piedi, perciò questa è una giornata come le altre. La soluzione della chiusura a singhiozzo è solo parzialmente efficace: il problema dell’inquinamento atmosferico è ben più ampio. Bisogna rivedere l’atteggiamento generale nei confronti dello smog. Bisognerebbe iniziare migliorando il servizio di trasporto pubblico perché così si invoglierebbe la gente a utilizzare i bus con più frequenza».
«È giusto chiudere – dice Eva Ciuk – ed è più che opportuno che la gente ricominci a camminare. Io stessa uso spesso l’autobus e mi trovo bene». «La chiusura comporta dei problemi anche per chi, come me, deve aprire molto presto al mattino la propria attività – è il parere di Andrea Loi – ma nonostante questo, sono d’accordo con la chiusura. In una situazione come questa non c’è alternativa».
Ugo Salvini

 
 

Rigassificatori, Marini (Fi): in piazza contro Illy

 

TRIESTE Il dibattito rimane rovente. Il coordinatore provinciale azzurro: «Non deve insistere con il sì». Zvech: «Si preoccupi per Dipiazza»

Degano (Dl): «Nessun mercanteggiamento balcanico sull’ambiente»

Rimane rovente il dibattito sui rigassificatori. Il leader provinciale di Fi Marini, dopo il «no» di Trieste e Muggia, avverte il governatore Illy: «Se insiste con il sì agli impianti scenderemo in piazza». Ribatte Zvech, segretario regionale Ds: «Si preoccupi piuttosto di quello che dice il sindaco Dipiazza». Per il sindaco le garanzie di ricadute economiche di Gas Natural sono insufficienti, da qui il dietrofront di Trieste. Ma per Illy è un «no» illegittimo: al Comune spetta solo la valutazione ambientale, non quella economica. Degano (Dl): non barattiamo l’ambiente con i benefici economici.

Due battute che evidenziano la complessità politica di una partita aperta.
A riportare in primo piano la vicenda - due i progetti entrambi spagnoli, quello off-shore di Endesa e quello nell’area ex Esso di Gas Natural - è stata la seduta del consiglio comunale di giovedì scorso, che Dipiazza ha aperto con un clamoroso dietrofront rispetto alla posizione favorevole da sempre tenuta verso Gas Natural: insufficienti, secondo Dipiazza, i benefici economici offerti alla città dagli spagnoli. L’aula - tranne i Ds usciti dalla sala - ha approvato la delibera contraria a Endesa predisposta dalla giunta, ma ha detto no all’altra delibera con cui la stessa giunta dava l’ok a Gas Natural quanto a valutazione di impatto ambientale. Ieri è stato scontro tra Dipiazza e Illy: quest’ultimo si è detto pronto a considerare un «sì» il no del Comune, se risulterà che il parere sia stato dato in base ad aspetti economici quando si sarebbe dovuto fondare soltanto sull’impatto ambientale. «Si preoccupa della politica e della sua campagna elettorale, non della sua città», gli ha risposto il sindaco rimarcando di fare esclusivamente gli interessi del capoluogo.
Ora, ecco Marini: «Illy sostiene che le motivazioni del Comune sono inconferenti? In termini giuridici il discorso potrà essere approfondito dando luogo a una serie di controversie, ma in termini politici Illy dice una follia». Poi Marini va al contrattacco: «Se dopo un parere negativo espresso quasi all’unanimità tanto da Trieste quanto da Muggia, Illy e il governo nazionale volessero piazzarci qui i rigassificatori, potremmo scendere in piazza, trasversalmente: le forze politiche, i comitati, la cittadinanza...». E il sindaco forzista pronto invece a riaprire la trattativa con Gas Natural, che pure si è detta desiderosa di raggiungere un accordo? «Personalmente, per ragioni ambientali e di sicurezza, dico un no assoluto», risponde Marini: «Certo come amministratore il sindaco fa bene a fare le sue verifiche: perché dinanzi a contropartite davvero serie per la città, mai dire mai. Anche se le istanze della comunità devono venire ascoltate», chiude Marini.
Ma quello del forzista - pure pronto a riconoscere «posizioni diversificate nel mio partito» - è un gioco che il diellino Cristiano Degano smaschera: «Non ci devono essere mercanteggiamenti balcanici sulle questioni di carattere ambientale. E proprio valutando insufficienti le garanzie in questo senso la Margherita triestina ha detto no ai rigassificatori». Un no in contrasto però con l’orientamento del governatore Illy e di buona parte di Intesa in Regione: «Ci confronteremo», chiude Degano.
A bacchettare Marini intanto è Zvech, che ricorda all’azzurro la posizione del sindaco su Gas Natural. Ma il nodo, aggiunge il diessino, è un altro: «Mischiare il piano economico con quello ambientale, così come ha fatto il Comune, non mi pare il modo migliore per procedere. Diciamo che si è proceduto in maniera sussultoria, con la giunta che ha approvato un via libera ambientale a Gas Natural e per motivi economici che nulla c’entrano ha fatto poi votare no a quello stesso documento».
Non è dello stesso avviso il consigliere regionale Verde Alessandro Metz, mesi fa uno dei promotori di un referendum in materia poi ritenuto non ammissibile dal comitato di esperti del Comune: «Illy parla di un no dalle motivazioni inconferenti? Qualsiasi idea espressa da un ente è innanzitutto di tipo politico. Piuttosto, ricordo che giorni fa il ministro per l’Ambiente Pecoraro Scanio ha detto che gli impianti di rigassificazione, viste le nuove tecnologie, possono diventare in poco tempo obsoleti: allora, veramente il futuro di Trieste sta nel farci arrivare in casa - a prescindere dai vantaggi economici - qualcosa di obsoleto?»

Paola Bolis

 

Dieci in tutta Italia le richieste di nuovi impianti avanzate da vari soggetti - Ma l’ultimo atto della partita si gioca a Roma
GLI SCENARI
Sugli impianti di rigassificazione progettati dagli spagnoli di Gas Natural e di Endesa la partita che ora si gioca a livello locale è destinata a chiudersi in realtà a Roma. Spetterà infatti alla giunta regionale - che lo farà entro un mese, ha dichiarato il vicepresidente Gianfranco Moretton - e poi al governo approvare o meno la realizzazione degli impianti. Anche se certo l’opinione delle comunità locali è destinata ad avere un peso politico.
Giorni fa il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha espresso perplessità sui progetti per Trieste («con il fatto che abbiamo difficoltà con il governo sloveno e croato, e che abbiamo detto pubblicamente che i terminal non sono destinati a esigenze di mercato, il prezzo di questi impianti sarebbe molto alto») e ha assicurato che Palazzo Chigi intende «fare in modo che non ci sia alcuna corsa ai rigassificatori», pur tenendo conto delle esigenze energetiche del Paese. Nel programma del governo, ha aggiunto il ministro, «si dice che i rigassificatori devono garantire il fabbisogno nazionale di gas. Se pensiamo che due sono già stati approvati e altri due sono ad un passo dall'approvazione, anche col favore delle autorità locali; dopo che l'Eni ha accettato la richiesta di Porto Empedocle di diminuire le dimensioni delle navi metaniere da una portata di 140 mila a 70 mila tonnellate, e considerando che come governo abbiamo ipotizzato tre o al massimo quattro terminali, abbiamo raggiunto la quota prevista e possiamo stare tranquilli».
Il ministro ha anche ricordato come le domande di nuovi impianti siano «superiori alle necessità reali». Come si legge nel sito del governo, le «richieste di localizzazione di rigassificatori» sono dieci, di cui due avanzate da Gas Natural: sono gli impianti gemelli di Trieste e Taranto, entrambi capaci di rigassificare otto miliardi di metri cubi all’anno e con una capacità di stoccaggio di 280 mila metri cubi.
Fin qui il quadro generale. Dopo il no espresso nei giorni scorsi, il Comune di Trieste potrebbe comunque rientrare in gioco con una propria valutazione: se infatti uno dei terminal riceverà il via libera da governo e Regione, a quel punto l’aula di piazza Unità dovrà votare la variante al piano regolatore che si renderà necessaria per dare il via al nuovo progetto. È questa la carta che il sindaco Dipiazza - esplicitamente - conta di giocare: «Se io non porto in consiglio la variante si possono avere tutti i permessi del mondo, ma non si costruisce niente», ha dichiarato a proposito del rilancio sulla trattativa con Gas Natural. Una posizione non unanimemente condivisa: nella stessa Casa delle libertà c’è chi osserva che l’aula non potrebbe esimersi dal dire sì a un progetto che rispondesse a tutti i criteri richiesti.
p.b.

 

Bucci: «La giunta alla Regione non invierà alcuna delibera»
 
I DOCUMENTI
Se le motivazioni della delibera di contrarietà a Gas Natural fossero di solo tipo economico, «come amministrazione regionale considereremo quello del Comune un parere positivo sul rigassificatore». Così ha detto il governatore Riccardo Illy. Ma alla Regione, replica l’assessore comunale Maurizio Bucci, «non è stata inviata alcuna delibera: abbiamo faxato un documento con cui il Comune esprime parere contrario sulla valutazione di impatto ambientale. Non siamo tenuti a inviare altro, non c’è delibera allegata. Illy la smetta di aggrapparsi - come fa sempre - a questioni formali per non affrontare il dato politico, che è chiarissimo».
Quanto al documento messo giovedì ai voti in consiglio comunale, si tratta della «pronuncia di compatibilità ambientale sul progetto» di Zaule. La delibera richiama lo studio presentato per conto di Gas Natural dalla Società Medea Engineering di Lugano-Mussano (Svizzera) e le integrazioni giunte su richiesta di Regione e ministero dell’Ambiente. Sulla base della documentazione che avrebbe «chiariti numerosi aspetti progettuali», e ricordati i pareri delle circoscrizioni (cinque no, un sì e una parità), il documento dice sì all’impianto, ma pone come condizione «sine qua non» l’ok - da ottenere separatamente - sul metanodotto di collegamento tra terminale e rete nazionale del gas. Tra le prescrizioni, quella di «approfondire lo studio di una metodologia» che consenta di «non immettere composti del cloro o altre sostanze biocide a mare», «stipulare rapporti contrattuali» con altre industrie per «evitare l’immissione di acque fredde a mare a danno» dell’ecosistema marino, e «approfondire» le misure di sicurezza per la «prevenzione di eventuali atti terroristici».
Questo il documento approvato dalla giunta e portato in consiglio. L’aula ha rovesciato poi il «sì» in «no» con 32 voti (usciti i Ds, astenuto il repubblicano Pacor), dopo che il sindaco Dipiazza ha additato gli spagnoli di non avere garantito sufficienti benefici economici alla città. Il Comune - così Dipiazza - chiedeva 4 milioni di royalties per vent’anni, l’entrata di AcegasAps con una quota del 15% e la possibilità di acquisto del 20% del gas a prezzo di costo.
p.b.

 

 

GAS, ROYALTY E SICUREZZA

 

 Abbiamo cercato da queste colonne, lungo tutta la vicenda dei rigassificatori, di portare e di mantenere il dibattito rigorosamente sulla sicurezza, sull'impatto ambientale, sulla compatibilità con i progetti di sviluppo delle comunità interessate, sulla informazione della popolazione, avendo come guida le leggi sull'iter delle concessioni per la realizzazione di industrie ad alto rischio di incidente rilevante. Si apprende ora, con sgomento, che in realtà il tema era un altro: il mercato della concessione. Tanto importante che cancella, senza risolverle, tutte le altre difficoltà

E certo che non se lo aspettava neppure Gas Natural, la quale ovviamente ci si è buttata volentieri. Siamo fuori da ogni regola e da ogni serietà amministrativa. Cerchiamo vanamente di immaginare il verbale della riunione nel quale si dovrà scrivere, se non si vuol mentire, che il rifiuto del consiglio comunale ad accettare il rigassificatore a Trieste era provvisorio, e dovuto all'insufficienza dell'offerta monetaria del richiedente.
Un simile verbale dovrebbe venir censurato sotto il profilo giuridico perché la questione dell'offerta di denaro (o altro bene mobile non chiarito) da parte di Gas Natural, non si sa a chi e per quali cose, non era nota e la trattativa non era all'ordine del giorno. Ma sembra fosse per questo mercato, tenuto segreto come tutti i mercati "delicati", che si sosteneva il sì a Gas Natural aggirando tutti i rischi e gli impatti ambientali. Cosa ne sapevano i cittadini? Cosa ne sapevano i partiti che hanno compromesso la loro politica sulla tesi del sì? A questo punto son guai se le carte non si scoprono del tutto. Poiché la royalty è il pagamento di un compenso al titolare di un brevetto o una proprietà intellettuale, con lo scopo di poter sfruttare quel bene per fini commerciali, qual è il brevetto o la proprietà intellettuale che Gas Natural deve compensare? Anche se accettiamo di allargare il significato del termine royalty, non crediamo davvero che sia decente e lecito compensare come titolari di una proprietà intellettuale che si esercita in modo determinante col voto coloro che hanno sostenuto Gas Natural negli organi decisionali. Ci sarebbe interesse privato su una decisione di interesse pubblico. Rimane allora da riconoscere che Gas Natural deve pagare la nostra accettazione del rischio e dell'impatto ambientale, riconoscendo finalmente che rischio e impatto esistono. E si deve anche finalmente ammettere che Gas natural deve pagare gli spazi che andrebbe ad occupare e gli sviluppi industriali che renderebbe più difficili ed allora davvero tutti i responsabili della cosa pubblica dovrebbero mettersi intorno ad un tavolo e decidere quali sono gli sviluppi industriali che, tutti d'accordo, vorrebbero realizzare a Zaule e che Gas Natural invece rende impossibile o difficile e che per questo impedimento deve pagare. A questo punto sarebbe già un successo per Trieste l'accordo su questo elenco ma temo che la cifra sarebbe troppa alta anche per Gas Natural.
Giacomo Costa - professore emerito di chimica all’Università di Trieste

 

 
Monfalcone, nullo il referendum per la raccolta differenziata.
 
MONFALCONE Non ha raggiunto il quorum il referendum consultivo indetto a Monfalcone sulla raccolta rifiuti che avrebbe potuto «spazzare via» il sistema del porta a porta. Ieri alle urne si sono recati 10.766 monfalconesi, rispetto ad una popolazione di 23.073, praticamente il 46,66 per cento degli aventi diritto. Quorum mancato, dunque, per un pugno di voti: 770 voti in meno, circa il 4 per cento. Il risultato archivia definitivamente la possibilità di mantenere i cassonetti nelle strade lasciando i propri rifiuti fuori dalla porta di casa.

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 21 GENNAIO 2007
 
 
Smog, oggi e domani stop alle auto - Terzo sforamento consecutivo dei valori delle polveri sottili: il Comune costretto a imporre le limitazioni
 
Non si circola dalle 16 alle 19. Domattina chiusura anche dalle 9.30 alle 12.30

Il provvedimento è stato adottato a seguito delle rilevazioni effettute dai tecnici dell’Arpa: per il terzo giorno consecutivo, infatti, le concentrazioni di polveri sottili nell’aria hanno superato le soglie massime consentite. Gli sforamenti sono stati inferiori rispetto a quelli evidenziati prima del blocco al traffico dell’11 gennaio, ma hanno ugualmente costretto il Comune ad adottare misure pesanti. I valori più allarmanti sono stati registrati in via Svevo: 86 microgrammi per metro cubo a fronte di un limite di legge di 50 mg/mc. In Piazza Libertà la concentrazione di pm10 nell’aria era di 60 mg/mc mentre in via Torbandena è stata superata di pochissimo la soglia massima (il valore era di 51 mg/mc). Non pervenuti invece i dati di via Carpineto: il guasto alla centralina, notato attorno all’ora di pranzo e riparato nel primo pomeriggio dai tecnici dell’Arpa, non ha consentito di monitorare le concentrazioni in tutte le fasce orarie della giornata, requisito indispensabile secondo la legge per considerare valide le rilevazioni.
Anche nella mattinata di ieri sono stati registrati valori al di sopra delle soglie consentite. Le proiezioni consegnate al Comune (i dati ufficiali arriveranno solo domani) sono in linea con quelle dei giorni scorsi, con concentrazioni di pm10 appena più basse di quelle di venerdì. Pochi dubbi quindi sulla necessità di mantenere il blocco anche per l’intera giornata di domani, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. «Abbiamo visto le previsioni - spiega l’assessore all’Ambiente, Maurizio Bucci -. Le condizioni meteorologiche dovrebbero rimare stabili almeno per un paio di giorni. La gente quindi si prepari al blocco per tutta la giornata di lunedì. Se poi dovesse arrivare un insperato e improvviso cambiamento del quadro meteo e i dati relativi a domenica si rivelassero positivi, provvederemo a revocare l’ordinanza lunedì pomeriggio. In caso contrario, la chiusura al traffico resterà in vigore ad oltranza, fino a quando non rientreremo nei limiti di legge».
La mappa delle vie chiuse al traffico non ha subito modifiche rispetto allo stop del mese scorso. Il perimetro percorribile comprende via Commerciale (fra via Cordaroli e via Pauliana), via Pauliana, l’asse via Salata- galleria di Montebello- piazza Foraggi - viale Ippodromo, via Udine (tra salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (tra via Udine e via dei Saltuari). Percorribili anche le strade d’acceso e uscita da alcuni parcheggi: parcheggio Sant’Andrea (via Carli), parcheggio Ferdinandeo (via Marchesetti, da via San Pasquale a parcheggio Ferdinandeo), parcheggio Palasport di Chiarbola (rampa Grande Viabilità, svincolo via Svevo tra via Baiamonti e via D’Alviano, via D’Alviano tra via Svevo e via via Doda, via Doda (tra via D’Alviano e piazzale delle Puglie), piazzale delle Puglie, parcheggio Foro Ulpiano (via Fabio Severo tra via Cologna e via Cicerone, via Cicerone, via Coroneo tra via Cecerone e via Fabio Severo, Foro Ulpiano). Chi non rispetta i divieti rischia multe che vanno da 68,25 a 275,10 euro.
«Tutte le misure adottate rientrano nel Piano di azione comunale approvato dal mio predecessore Ferrara e sottoscritto anche dai vertici del Wwf, gli stessi che ora criticano «la scarsa sensibilità» dell’amministrazione Dipiazza - conclude Bucci, replicando alle accuse lanciate dall’ambientalista Fabio Gemiti -. L’atteggiamento dei responsabili dell’associazione è inaccettabile e irrispettoso nei confronti degli iscritti. Non si possono strumentalizzare i temi ambientali per fare politica. Anzichè agire in questo modo scorretto, i vertici del Wwf farebbero bene a fondare un partito con il loro logo e a spostare la battaglia in consiglio comunale».

 

Più di 80 multe dei vigili fra l’11 e il 12 gennaio

Sono state 83, su 447 controlli, le multe effettuate dalla polizia municipale in occasione dei due precedenti giorni di chiusura del centro, fra il pomeriggio di giovedì 11 gennaio e l’intera giornata successiva. Via del Teatro Romano la zona con più sanzioni: 21.
 
Le categorie autorizzate a circolare - Disco verde per auto a metano, gpl o Euro 4 e moto Euro 2 o Euro 3
LE DEROGHE
L’ordinanza del sindaco che dispone il blocco del traffico nel centro prevede un lungo elenco di deroghe. Potranno circolare liberamente i veicoli ad emissione zero, le auto che usano carburante metano o Gpl, le vetture omologate EURO 4 (direttive: 98/69 CE-B - 99/102 CE-B Rif. 98/69 - 2001/1 CE-B - 2002/80 CE-B, si faccia riferimento al libretto di circolazione, ndr) e i motoveicoli e ciclomotori omologati EURO 2 (direttive: 97/24 CE fase II cap.5 - 2002/51 CE fase A) o EURO 3 (direttiva: 2002/51 CE fase B).
Disco verde anche per i mezzi pubblici (autobus, taxi e auto con noleggio conducente), per i veicoli con contrassegno di trasporto invalidi, veicoli adibiti a servizi di stato e di pubblica sicurezza, veicoli di istituti di vigilanza e trasporto valori, compresi quelli per recapito/raccolta postale e assimilati.
Non verranno fatte le multe nemmeno ai veicoli con targa CC o CD e a quelli con targhe «prova», ai veicoli usati dalle testate radiotelevisive e dagli organi di stampa, ai mezzi dei ministri di culto, ai veicoli usati da medici e veterinari in visita domiciliare urgente solo nel tragitto casa-ambulatorio-luogo della visita, e a quelli di servizio dell’Ass e dell’Arpa.
Circolazione consentita anche per le auto di medici, infermieri e tecnici dell’Azienda Ospedaliera o strutture sanitarie equivalenti che, per motivi di urgenza a chiamata di reperibilità, devono raggiungere le strutture dell’Azienda Ospedaliera e/o le strutture sanitarie; autoveicoli per il trasporto di persone soggette a trattamenti sanitari di particolare gravità e/o riabilitativi programmati e/o continuativi, nonché autoveicoli che trasportano persone con ridotta capacità deambulatoria e/o altre gravi patologie e impossibilitate temporaneamente a servirsi dei mezzi pubblici (per usufruire della deroga dovrà essere esibita una certificazione medica), veicoli in uso degli addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare; veicoli diretti all’Ispettorato di Motorizzazione civile e/o officine autorizzate per revisioni programmate, con possibilità di ritornare all’abitazione (max 30 minuti); veicoli partecipanti a cortei matrimoniali, muniti di autocertificazione; veicoli di proprietà delle autoscuole in attività di esercitazione e/o esame per il conseguimento patenti; veicoli destinati al trasporto merci, esclusivo o promiscuo, per l’esercizio dell’attività; veicoli dei lavoratori dipendenti o autonomi con autocertificazione dell’orario di lavoro rilasciata dall’azienda (questi ultimi sono tenuti a raggiungere la destinazione percorrendo l’itinerario più breve nel tempo massimo di 30 minuti).
 

In aumento i casi di malattie respiratorie

Il primario di Pneumologia Marco Confalonieri segnala un incremento dei ricoveri negli ultimi anni  A Cattinara molti giovani con asma acuta. Più bronchiti tra gli anziani

L’inquinamentodell’aria, mai così grave come in quest’ultimo periodo, sta riempiendo il reparto pneumologico di giovani con asma acuta peggiorata da insufficienza respiratoria. La malattia di solito è controllabile e di per sè non porta in ospedale, ma lo smog e le polveri stanno facendo «vittime». Questo è l’aspetto anomalo che i medici stanno riscontrando da qualche tempo. Diciannove i letti a disposizione a Cattinara, occupati sempre al 100 per cento e anzi con un buon numero di «fuori reparto»: la popolazione anziana ha frequenti crisi da bronchite cronica.
È quanto ammette dal proprio osservatorio il primario della Pneumologia, Marco Confalonieri: «In effetti sono anomali tanti ricoveri per asma, e in più molti casi vengono risolti già al Pronto soccorso, ma la malattia è sensibile all’inquinamento atmosferico, così come tutte le forme allergiche».
BAMBINI. Fatto ancora più preoccupante, l’asma è in aumento anche fra i bambini. E se coi valori di Pmi di tre volte superiori al massimo consentito si impedisce per un po’ di ore al giorno il flusso di traffico, come avverrà di nuovo oggi, il male è in agguato tutto l’anno: «Ciò che conta - prosegue il medico - non è soffermarsi sull’episodio acuto, ma sui processi che provocano la cronicità, per non dire la predisposizione ai tumori, quindi i provvedimenti-tampone non sono veramente efficaci in relazione alla salute».
CRISI. Uno studio recente condotto dall’Azienda sanitaria con la cattedra di Medicina del lavoro e l’Arpa ha dimostrato - cifre alla mano - che ai picchi di sostanze nocive e polveri corrispondono più ricoveri, e più morti addirittura. I problemi respiratori provocano sofferenza al cuore, specie in una città che storicamente ha le bronchiti come prima causa di ricovero e una popolazione «matura».
POLITICA. Che fare, dunque? «Sentirsi tutti responsabili del proprio comportamento - dice Confalonieri - e non restare convinti che l’ecologia sia un lusso di pochi appassionati, quanto alle amministrazioni pubbliche non sono sicuro che tutti gli addetti abbiano sempre la massima informazione e il massimo aggiornamento, gli enti dovrebbero consultarsi e promuovere politiche di lungo periodo tutti assieme, dovrebbero investire sulla salubrità, sarebbe anche un ottimo investimento economico». Così dalle stanze mediche arriva anche un suggerimento: «Non voglio uscire dal mio ambito - specifica Confalonieri -, ma certo penso che cose interessanti per migliorare la situazione potrebbero venire anche da una collaborazione con l’Area di ricerca».
CASA. Infine un ultimo aspetto. La casa. Se pensiamo di salvarci chiudendoci dentro quando fuori aleggiano folate di smog siamo fuori rotta. Fra le pareti c’è la medesima aria della strada, in più «sporcata» dai respiri e dagli oggetti, dalla polvere e dagli agenti chimici

Gabriella Ziani

 

L’opposizione: «Ora il piano del traffico»

Omero (Ds): «Il Comune agisce solo a sforamenti avvenuti». Critiche anche dal Coped: «Interrotto il dialogo previsto da Agenda 21»

Rigutti (dettaglianti): «Per noi sarebbe senz’altro peggio se non si circolasse al sabato»

Sul contrasto all’inquinamento dell’aria l’amministrazione comunale si sveglia tardi, promuove palliativi, non dialoga con le associazioni, come prevede il principio comunitario di Agenda 21, e persevera nel rinviare il varo del nuovo piano del traffico. L’opposizione di centrosinistra - spalleggiata dal comitato dei pedoni Coped-CamminaTrieste - si associa così alle critiche già espresse dal Wwf, che lo scorso venerdì, quando non era stato ancora ufficializzato il nuovo provvedimento di chiusura del centro, aveva accusato il Comune di interessarsi solo di non bloccare il traffico.

Questo mentre i commercianti tirano un mezzo sospiro di sollievo: meglio se la città è off-limits per le macchine di domenica e lunedì, quando di negozi aperti non ve ne sono poi molti, piuttosto che al sabato.
«Rilevo - spiega il segretario dei Ds, Fabio Omero - che il traffico viene chiuso sempre a sforamenti avvenuti, quando i cittadini hanno già respirato la loro dose di polveri sottili. È come chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Da tempo noi spingiamo affinché si promuova un’altra politica, che consenta di incrociare i dati sull’inquinamento con le previsioni del tempo. Così facendo si potrebbero prevedere i giorni critici in cui è necessario chiudere il centro, preavvisando la gente». «Continuiamo a ripetere - aggiunge Omero - che l’unica vera risposta è il nuovo piano del traffico, del quale restiamo sempre in attesa».
Gli fa eco Roberto Decarli, dei Cittadini: «Chiudere il centro alle auto così, una tantum, serve a poco. E poi non è possibile continuare ad addossare praticamente tutte le responsabilità alla Ferriera. Alla città serve un piano del traffico che possa mettere fine a questo disagio ambientale. Dopo le ripetute uscite del sindaco speriamo esca questo piano. Così non si può più andare avanti».
«Riconosco all’ex assessore Ferrara - rileva ancora Omero - di aver lavorato per aprire il dialogo su tali problematiche con le associazioni, come previsto da Agenda 21. Una politica propositiva, che però andava portata avanti. Invece Dipiazza decide di chiudere il centro di domenica e lunedì, quando c’è meno traffico, forse anche per non avere problemi con i commercianti».
«La strada del dialogo con l’avvio di Agenda 21 viene interrotto proprio da chi avrebbe il dovere di rispettarla», precisa Sergio Tremul, presidente del Coped, che ritiene il Comune responsabile di «mancati doveri, che non sono nel rispetto della tutela della salute dei cittadini».
«La chiusura al traffico alla domenica - così Franco Rigutti, presidente dei dettaglianti - è per noi pressoché ininfluente. Dal nostro punto di vista, questi provvedimenti sono meno penalizzanti se riguardano la domenica o il lunedì. Fossero in vigore al sabato sarebbe un fatto più preoccupante». In riferimento alle parole di Omero, però, Rigutti è categorico: «Non abbiamo avuto contatti con l’amministrazione su questi problemi o sulle giornate in cui vietare la circolazione. Escludo pressioni in tal senso».

Piero Rauber

 

Prevale la linea ecologista: «Due giorni a piedi non sono un problema» - «Senza gas di scarico si vive meglio»

I TRIESTINI - Le impressioni sul nuovo provvedimento che rende la città off-limits per i mezzi privati

Tutti a piedi, soprattutto nelle zone del centro. I triestini non hanno dubbi: se lo smog comporta l’obbligo di rinunciare all’auto privata non si scompongono. Meglio camminare e usare i mezzi pubblici. La qualità della vita migliorerà. La notizia della chiusura di un’ampia zona di Trieste, a causa dell’aumento dell’inquinamento atmosferico, non crea problemi. I triestini colgono al volo l’occasione per proclamarsi ecologisti. «Chiudere il centro al traffico privato è un provvedimento giusto – dice Giorgia Cavalli – che dovrebbe essere adottato più spesso, per migliorare la qualità dell’aria. Senza automobili si vive meglio».
«La chiusura mi piace – è il parere di Massimo Giorgianni – e, anzi, la città dovrebbe essere tutta una grande isola pedonale. A piedi si vive meglio ed è molto più divertente girare in centro rinunciando all’auto». Roberta Mantini ha due piccoli e splendidi cagnolini al guinzaglio: «Quanti come me amano i cani – spiega – potrebbero passeggiare con tranquillità e disinvoltura senza auto. Trovo che la chiusura sia una soluzione ideale per tutti». Valentina Puzzer è decisa: «Chiudere al traffico privato l’area del centro – afferma – è un’ottima scelta. Volendo trovare un’alternativa penso alle targhe alterne, ma una riduzione del traffico soprattutto nelle zone centrali di Trieste ci vuole. Meglio andare a piedi che salire in auto». Fabrizio Bole è altrettanto esplicito: «Sono contento della chiusura al traffico privato – sostiene – perché la gente è stufa di doversi adattare a un traffico pesante. Se il centro di Trieste diventasse una grande area riservata ai pedoni, avremmo tutti da guadagnare. Chi deve muoversi su distanze più grandi può sempre utilizzare il bus». Hildegard Bayer porta a esempio le grandi città europee che da anni attuano la chiusura del centro: «Ricordo su tutte Monaco di Baviera – dice – che ha risolto questo annoso problema eliminando il traffico privato dalle zone centrali. Il piccolo disagio che si soffre dovendo rinunciare alla propria vettura è ampiamente ripagato dall’assenza di smog e di rumore. Il centro di Trieste dovrebbe diventare un grande salotto senza auto». Roberto Bardella è molto preciso: «Chiudere nelle giornate festive non serve – spiega – perché il traffico è comunque ridotto rispetto ai giorni feriali. E comunque nelle ore di punta si può circolare, perciò il provvedimento comporta risultati modesti. Meglio adottare soluzioni più efficaci». «Sono favorevole alla chiusura – sentenzia Giorgio Cibin – perché le automobili private hanno proprio rotto le scatole. Io vado comunque sempre a piedi e mi trovo bene». Per Diego Koren chiudere alle vetture private «è bellissimo e credo bisognerebbe realizzare parcheggi in periferia, per permettere a tutti di lasciare l’automobile e raggiungere il centro in bus». Moreno Parovel usa il furgone per lavoro «ma nel tempo libero vado a piedi, è meglio».
u. s.

 

 

 

Rigassificatori, è scontro tra Illy e Dipiazza

 

Polemica a distanza dopo che il Consiglio comunale ha bocciato gli impianti - Riccardo Illy dice che la Regione potrebbe considerare come un «sì» il «no» decretato dal Consiglio comunale ai rigassificatori. Roberto Dipiazza gli replica duro: «Si preoccupa della politica e della sua campagna elettorale ma non della sua città, di Trieste». Tra sindaco e governatore è scontro a distanza.

 

TRIESTE Riccardo Illy dice che la Regione potrebbe considerare come un «sì» il «no» decretato dal Consiglio comunale ai rigassificatori. Roberto Dipiazza gli replica duro: «Si preoccupa della politica e della sua campagna elettorale ma non della sua città, di Trieste». Tra sindaco e governatore è scontro a distanza. E lo scontro si accende dopo che giovedì il Consiglio comunale ha votato (tranne i Ds usciti dall’aula) un no ai progetti Endesa e Gas Natural rispettivamente per l’impianto off-shore e per quello dell’area ex Esso di Zaule.

Dipiazza in aula ha tramutato in contrarietà il favore sempre dimostrato a Gas Natural: l’aula ha approvato la delibera contraria a Endesa predisposta dalla giunta Dipiazza, ma ha detto no all’altra delibera con cui la stessa giunta dava sostanzialmente il via libera a Gas Natural quanto a valutazione d’impatto ambientale.
Motivo del dietrofront del sindaco: le insufficienti garanzie di tipo economico per la città offerte da Gas Natural. Ieri, a fronte della rinnovata volontà manifestata dagli spagnoli di addivenire a un accordo, Dipiazza ha risposto: «Io rilancio».
Ma appunto per questo, il presidente della Regione - scrivono le agenzie - così come già ieri il suo vice Gianfranco Moretton, osserva che le ragioni del Comune sono «inconferenti»: chiamata a esprimersi solo sull’impatto ambientale dell’opera, l’aula ha giudicato valutandone invece i benefici economici. «Arrivo a dire - dice Illy - che se saranno queste le motivazioni della delibera, come amministrazione regionale considereremo quello del Comune un parere positivo».
«Sia io che Illy vogliamo i rigassificatori e sarebbe stato logico fare squadra compatta - la Regione in prima fila e poi Comune, Provincia, AcegasAps - per ottenere il massimo. Ma Illy - siccome c’è la politica di mezzo - non pensa che a fare un dispetto a questa amministrazione: spiana la strada a Gas Natural e svilisce il mio lavoro», dice Dipiazza. «Questo è l’errore enorme della politica, in tutto il Paese. Se avessimo trattato tutti insieme e non ognuno per cercare di ottenere per la propria parte il massimo, probabilmente gli spagnoli trovandoci compatti si sarebbero subito adeguati... Invece qui l’appartenenza politica conta molto più degli interessi della città». E dunque? «Illy sarebbe dovuto stare al gioco, ma per me non cambia niente, sono forte comunque: se non porto in Consiglio comunale la variante al piano regolatore non si costruisce niente», avverte Dipiazza.
L’assessore comunale Maurizio Bucci ricorda poi che alla Regione è giunta una delibera sulla valutazione di impatto ambientale, ma corredata del «no» del consiglio comunale: «Una cosa è il documento tecnico, altra l’interpretazione politica. Stupirebbe che Illy con la sua esperienza non sapesse queste cose», commenta Bucci rimarcando la «cattiveria» con cui la Regione ha lasciato «trenta soli giorni di tempo al Comune per esprimersi, un mese comprese le feste di fine anno».
Ma ancora dalla Regione, l’assessore Roberto Cosolini avverte: «Nel governo della cosa pubblica la forma è sostanza, dunque quella su cui è scivolato Dipiazza diventa questione sostanziale tant’è che - come ricorda Illy - rischia paradossalmente di rendere nullo o opposto il senso dell’atto».
Cosolini liquida poi come «ridicola» l’osservazione sulla «cattiveria»: «I tempi erano quelli richiesti dalle normative, anche se qui emerge che per tantissime persone, indipendentemente dalle loro responsabilità istituzionali, sembra che le normative siano un optional».
Infine, affonda Cosolini, «nel no del Comune mancano le motivazioni di tipo ambientale e il tutto si trasforma in una trattativa economica. Per assurdo, si potrebbe dire che se anche ci fosse poca sicurezza e poca tutela dell’ambiente ma tanti quattrini, quelle motivazioni sarebbero buone per dire sì: se ci fosse molta sicurezza e molta tutela dell’ambiente ma pochi soldi, si direbbe no. Non mi pare sia questo ciò che i cittadini si attendono da una amministrazione comunale.»
«E sono preoccupanti - chiude l’assessore regionale Cosolini - anche le affermazioni di alcuni esponenti delle categorie economiche, che confondono anch’essi quello che deve essere il ruolo del Comune con quello che potrebbe essere il ruolo di imprenditori privati».

Paola Bolis

 

«Zaule, un rischio intollerabile la vicinanza a case e industrie»
L’ESPERTO
Nutro perplessità su entrambi i progetti Endesa e Gas Natural, in particolare per i rischi connessi con l'impianto proposto da quest'ultima sulla riva della Baia di Zaule.
1) Gli scenari presi in considerazione per possibili incidenti a rigassificatori e navi gasiere riguardano solo modeste fuoriuscite di gas liquido (Gnl), che darebbero luogo a incendi di entità ridotta. I rapporti di sicurezza di entrambe le società non hanno considerato spillamenti dovuti, ad esempio, a collisioni in mare, o attacchi terroristici. Non si tratta di argomenti pretestuosi, utilizzati dal solito partito del «No», ma di fenomeni normalmente considerati, ad esempio, da laboratori federali Usa per valutazioni di rischio. Il fatto che finora una grave collisione od un attacco non si siano verificati non ci autorizza a trascurare questo rischio.
2) Le valutazioni delle conseguenze di eventuali fuoriuscite di Gnl si basano su tecniche (modelli) semplificate la cui validità - si afferma - è garantita dall'esperienza, mentre viene disatteso l'invito a sfruttare i recenti progressi scientifici, invito avanzato da uno dei laboratori federali Usa. Si scrive che i modelli semplificati sarebbero prudenziali, ed invece è stato recentemente dimostrato per via sperimentale (e con modelli più realistici) che, vista la complessità della fenomenologia, ciò non è sempre vero.
Quindi, alla domanda «sono davvero sicuri i rigassificatori?» mi sento di rispondere che sì, lo potrebbero essere, a patto di utilizzare regole certe e metodiche trasparenti e condivise per stabilire rischi e conseguenze, e per individuare la migliore ubicazione degli impianti. La loro costruzione in prossimità, o peggio al margine di zone a forte intensità industriale ed abitativa (come a Zaule), rappresenta un rischio credo intollerabile. No quindi al partito del «No» ad ogni costo, ma che i nostri rappresentanti politici siano guidati da buona informazione (ce n'è molta disponibile nell'ambiente scientifico pubblico triestino), prudenza e buon senso.
Enrico Nobile - Docente di Fisica Tecnica alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Trieste

 

Rosato: «Sulla sicurezza non si mercanteggia»
«Sicurezza e ambiente sono una cosa, gli aspetti economici un’altra. Non si mercanteggi: altrimenti si entra in un ragionamento che ha del ricatto... Invece le valutazioni in tema di impatto degli impianti non possono essere modificate sulla base di qualche lira in più.»
Così il sottosegretario agli Interni Ettore Rosato commenta le ultime vicende sui rigassificatori. «Ne ho parlato personalmente con il sindaco, e credo che se effettivamente la città desidera valutare con attenzione l’opportunità di un impianto, il tutto vada fatto con un po’ più di metodo». Che consiste appunto nello scindere ambiente e sicurezza dai benefici economici. E invece «il Comune ha fatto molta confusione inficiando anche il percorso amministrativo: una valutazione di impatto ambientale negativa espressa sulla base di motivazioni economiche può essere impugnata facilmente da chiunque».
Sul percorso compiuto dal Comune, Rosato osserva che «se gli elementi su sicurezza e ambiente portati sinora dalle aziende sono insufficienti, è colpa anche del non sufficiente dialogo intrapreso».
Quanto agli impianti, «non sono favorevole a prescindere, ma lo sono se persistano tutte le necessità, le garanzie e i controlli del caso», dichiara Rosato ricordando che «è bene sapere che in Italia è già in atto una competizione per aggiudicarsi gli impianti».

 

 

Animata protesta a Pola contro la cementificazione in alcuni parchi del centro - Manifestazione degli ambientalisti

 

POLA La città chiede un piano urbanistico che sia rispettoso dell’habitat naturale

Un centinaio di polesani sfilati in corteo per il centro città ieri hanno protestato contro la cementificazione in alcuni parchi. Ossia Parco Tito,il parco presso via dell'Anfiteatro, il Parco della città di Graz e il Parco degli sposi, dove, stando al piano urbanistico esecutivo dovrebbero sorgere palazzi e alberghi.
Pertanto è stato sollecitato il cambiamento del piano urbanistico della cittavecchia che prossimamente sarà al vaglio del consiglio municipale. Il corteo ha concluso la sua marcia in Piazza Port'aurea dove sono volate parole pesanti all'indirizzo dell'amministrazione cittadina.
Dalla cementificazione dei parchi ci guadagnano solo pochi singoli mentre a perdere è tutta la società, questo uno degli slogan.
Altri hanno sottolineato che nei Paesi sviluppati le aree verdi sono un bene intoccabile che a Pola invece si intende calpestare. La manifestazione è stata promossa dall'associazione Istria verde, molto contenta della sua riuscita .
Vi hanno aderito altre associazioni di ambientalisti e singoli che per l' occasione hanno dato vita all' iniziativa civica «Amo Pola».
Da rilevare che Pola, durante il periodo jugoslavo, ha avuto uno sviluppo urbanistico alquanto selvaggio e poco rispettoso delle belleze naturali soprattutto della sua area costiera con l’edificazione anche di centri turistici molto vicini agli ecomostri.
p. r.

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO , 20 GENNAIO 2007

 

"Clima in tilt: boom di disastri naturali" - Studio spiega l'aumento di vittime e costi

 

Lo statunitense Wolrdwatch Institute: eventi estremi triplicati in 20 anni - Tra i responsabili megalopoli industriali e riduzione dei terreni agricoli

 

ROMA - Ormai l'uso delle virgolette è diventato obbligatorio. Basta un'occhiata al diagramma che mostra la crescita dei disastri "naturali" per convincersi che dietro quei lutti ci sono responsabilità umane: da una parte il sovraffollamento in condizioni spesso precarie, dall'altra l'abuso di petrolio che ha intossicato l'atmosfera e cambiato il clima. Lo State of the World 2007, il rapporto annuale del Worldwatch Institute appena uscito negli Stati Uniti, dedica un capitolo alla "riduzione dei disastri naturali". Negli anni Ottanta erano, in media, 173 all'anno; negli anni Novanta erano saliti a 236; solo nel 2005 sono stati 430 e hanno ucciso quasi 90 mila persone.
Una crescita esponenziale che ha una ragione molto chiara: "Sono il prodotto di una relazione in forte cambiamento tra gli eventi naturali, le condizioni sociali e fisiche e i sistemi di prevenzione del rischio organizzati - o più spesso non organizzati - per proteggerci". La situazione è ulteriormente esasperata dall'esplosione caotica degli slum delle megalopoli: otto delle 10 città più popolose del mondo sono in zona sismica e 6 sono esposte alla minaccia degli uragani. Non è solo un pericolo teorico. Il 2005 ha fatto registrare il record di uragani: 27 compreso Katrina che ha devastato New Orleans.
L'instabilità climatica rende sempre più precari i bilanci di molti settori chiave dell'economia. A cominciare dalle assicurazioni. Secondo i dati riassunti da Greenpeace, a livello mondiale le perdite del settore assicurativo sono passate da una media di 4 miliardi di dollari l'anno negli anni Ottanta, a 40 miliardi l'anno negli anni Novanta. Nel 2005 si è avuto il picco, sfiorando quota 225 miliardi.
Sempre nel 2005, dopo aver subito richieste di indennizzo da uragani per 2,1 miliardi di dollari, l'American Insurance Group ha messo a punto una serie di progetti per la riduzione dei gas serra. Anche perché prevenire è più conveniente: le perdite economiche da disastri "naturali" registrate negli anni Novanta - scrive Zoë Chafe sullo State of the World 2007 - avrebbero potuto essere ridotte di 280 miliardi di dollari se fossero stati investiti 40 miliardi in misure preventive.
Invece le città continuano a divorare le campagne senza preoccuparsi delle conseguenze. Le isole di calore prodotte dai megaconglomerati urbani - a iniziare da quelli asiatici in rapida espansione - producono una differenza di temperatura rispetto alle aree vicine che può arrivare a picchi di 10 gradi. Secondo le stime Unep (il Programma ambiente delle Nazioni Unite), l'onda di calore che ha colpito l'Europa nel 2003 ha portato i danni annuali prodotti dal cambiamento climatico a 60 miliardi di dollari.
E, se troveranno conferma le previsioni che ipotizzano a fine secolo un innalzamento di un metro del livello dei mari, il Bangladesh perderà il 17,5 per cento del suo territorio e dovrà trovare una casa a 13 milioni di persone, mentre sia l'Egitto che il Vietnam avranno a che fare con circa 9 milioni di rifugiati ambientali.
ANTONIO CIANCIULLO

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 20 GENNAIO 2007

 

Polveri oltre i limiti: domani si rischia la chiusura si ferma una centralina, Wwf contro il Comune

 

TRIESTE Solo oggi, in base agli ultimi dati dell’Arpa, l’assessore Bucci deciderà se vietare la circolazione ai mezzi privati.

L’ambientalista Gemiti: «I lavaggi delle strade non servono a niente»

Polveri di nuovo oltre i limiti e il Comune deciderà stamattina, in base agli ultimi dati che l’Arpa comunicherà all’assessore Bucci, se procedere o meno a una nuova chiusura del centro al traffico. la chiusura non scatterebbe comunque prima di domani pomeriggio, come previsto dal piano di azione comunale. Giovedì, per il secondo giorno, le polveri hanno sforato i limiti. In via Carpineto si è quasi raggiunto il triplo del tetto massimo previsto dalla legge. Limiti abbondantemente superati anche a Servola. Vista la pesante situazione, il Servizio Ambiente del Comune continua con il lavaggio delle strade per abbattere i valori delle polveri. Intanto, il Wwf attacca però il Comune sostenendo che il piano d’azione è inadeguato «visto che fa scattare i divieti solo 4 giorni e mezzo dopo i primi superamenti, mentre i lavaggi delle strade non hanno alcun effetto».

Giovedì, per il secondo giorno consecutivo, le polveri sottili hanno superato i limiti. In via Carpineto si è quasi raggiunto il triplo del tetto di legge, con 147 microgrammi, mentre 66 e 67 microgrammi sono stati rilevati rispettivamente in piazza Libertà e in via Svevo.
Sforamenti, questi, che nel quotidiano comunicato il Comune continua a definire di «misura contenuta». Parole non molto aderenti alla realtà, visto che sarebbe bastato che in piazza Libertà o in via Svevo si fossero superati i 70 microgrammi per far scattare già oggi, in base al piano comunale, il divieto di circolazione, essendo questo limite già abbondantemente superato nell’area di Servola.
Polveri sottili oltre il livello di guardia, sempre giovedì, anche in via Torbandena, con 52 microgrammi, e concentrazioni elevate pure a Muggia, dove si sono raggiunti i 66 microgrammi per metro cubo. Da lunedì continua intanto ad essere bloccata la centralina di via Pitacco.
Le rilevazioni orarie di ieri alle 14, visto il perdurare di condizioni meteo sfavorevoli, lasciano prevedere concentrazioni elevate anche nei dati ufficiali che si conosceranno oggi. Fra le 13 e le 14 di ieri (media oraria), in via Svevo si sono misurati 57 microgrammi, 41 in piazza Libertà e 38 in via Torbandena.
Da questi dati manca quello di via Carpineto. Quella centralina si è infatti bloccata nuovamente ieri mattina, dopo che era già rimasta inattiva dall’11 al 14 gennaio. In seguito all’intervento della ditta incaricata della manutenzione, la centralina ha ripreso a registrare i dati nel pomeriggio. Non si sa, però, se la quantità di misurazioni sarà sufficente per disporre di un dato ufficiale; per calcolarlo è infatti necessario che le rilevazioni coprano almeno il 75% dell’arco delle 24 ore.
Vista la pesante situazione delle polveri sottili, intanto, il Servizio ambiente del Comune prosegue con il lavaggio di un rilevante numero di strade. Allo stesso tempo l’assessore Bucci rinnova la raccomandazione a limitare il più possibile sia l’uso dei veicoli privati, ricordando l’obbligo (punito con multe) di spegnere il motore durante le soste anche brevi, sia degli impianti di riscaldamento (nella durata e nei livelli di calore).
PIANO REGIONALE «La Regione deve produrre quanto prima un piano di risanamento della qualità dell'aria, previsto per legge ma ancora inesistente, per contrastare l'inquinamento da polveri sottili». La richiesta è giunta dal Wwf, per bocca del chimico Fabio Gemiti, nel corso dell’incontro che ha avuto per tema l’inquinamento da pm10.
Dall’analisi dei dati rilevati dalle centraline dell’Arpa nell’intero 2006, è risultato che in via Carpineto e via Svevo il limite di legge per le polveri sottili (50 microgrammi per metro cubo) è stato superato rispettivamente in 52 e 43 giornate, a fronte di un limite massimo annuo di superamenti pari a 35 giorni.
«Di questa situazione allarmante – ha rimarcato Gemiti – le autorità locali e l’Arpa non hanno avvertito la popolazione, nè hanno preso provvedimenti per contenere il fenomeno. Qui importa solo di non bloccare il traffico. Il bilancio annuale lo fanno a primavera, quando dei mesi critici per l’inquinamento la gente si è già dimenticata. Rispetto al 2004 e al 2005 - ha aggiunto - c’è stato un deciso peggioramento del livello di polveri sottili, e il rilevante incremento nella zona di Servola è certamente correlato alle emissioni industriali».
E il 2007 non è iniziato meglio. Come si nota
dalla tabella, elaborata dal Wwf, dal primo gennaio il limite delle polveri sottili è stato superato in ben nove giornate in via Svevo, in sette in via Carpineto (dove per quattro giorni la centralina era bloccata), in otto giorni in piazza Libertà, e in sette in via Pitacco.
Gemiti ha poi criticato il piano di azione comunale, «che fa scattare i divieti solo quattro giorni e mezzo dopo i primi superamenti, mentre i lavaggi delle strade non hanno alcun effetto sul livello delle polveri». E ha concluso rilevando che «non basta monitorare solo la Ferriera, oltre al traffico, ma bisogna mettere in atto un piano di controllo generale degli impianti di riscaldamento e delle industrie, che immettono nell’aria ossidi di azoto dai quali derivano altre polveri sottili».

Giuseppe Palladini

 

- Rigassificatori -

 

Dopo il «no» Gas Natural disposta a trattare. Dipiazza: «Ma ora voglio di più»

 

TRIESTE Il Consiglio comunale ha bocciato con un doppio no i rigassificatori di Endesa e di Gas Natural, ma la partita ieri si è riaperta. Perchè a poche ore dal no del Comune, ecco che Gas Natural ha riaperto le trattative affermando di «voler raggiungere un accordo con il Comune sulle compensazioni economiche». Ma a questo punto Dipiazza rilancia: «Dicono di essere ancora interessati? Bene. Ma le condizioni ora cambiano, si va al rialzo». Il sindaco aveva chiesto 4 milioni di royalty per il Comune per 20 anni, da reinvestire sul sociale e l’entrata nell’affare di Acegasspa con una quota del 15%. Inferiore la prima offerta degli spagnoli. Ma ora, dice il sindaco, si tratta al rialzo

Anche Endesa continua a dirsi interessata a realizzare un progetto off-shore nel golfo di Trieste

Il consiglio comunale l’altra sera ha detto no a entrambi i rigassificatori, quello proposto in mezzo al golfo da Endesa e quello pensato nell’area ex Esso da Gas Natural? La partita non è chiusa. Perché a poche ore dalla clamorosa serata che ha visto il sindaco Roberto Dipiazza cambiare bruscamente rotta sul favore da sempre mostrato agli spagnoli, Gas Natural rilancia. La società «prende atto» della posizione del primo cittadino e del voto dell’aula. Ma ribadisce «la volontà di raggiungere un accordo con il Comune sulle compensazioni economiche, confermando la propria volontà di investire sul territorio di Trieste realizzando un impianto di grande importanza per lo sviluppo economico del territorio».
La nota di Gas Natural arriva in una giornata segnata da un confronto aspro tra gli schieramenti in Comune, pure dopo il no compatto dell’altra sera (a esclusione dell’uscita dall’aula dei Ds): l’aula ha infatti approvato la delibera contraria a Endesa predisposta dalla giunta Dipiazza, ma ha detto no all’altra delibera con cui la stessa giunta dava sostanzialmente un via libera a Gas Natural sotto l’aspetto della valutazione ambientale. L’opposizione accusa il sindaco di non avere dimostrato il minimo interesse per temi come la sicurezza e l’ambiente, concentrandosi invece sul solo aspetto economico della faccenda e dando prova di praticare una «politica spettacolo». E mentre la Casa delle libertà risponde sottolineando le contraddizioni emerse nello stesso centrosinistra sul tema, Dipiazza liquida le critiche («Avidità? Sì, ma per la mia città»), conferma di avere «sempre creduto nel progetto rigassificatore non solo per la mia città ma anche per il mio Paese» e interpreta il comunicato di Gas Natural: «È la dimostrazione che avevo ragione io. Mi dicono che non so governare la città? È gente che non sa che portare avanti una trattativa può essere anche questione dell’ultimo minuto. E allora, l’altra sera alle 19.30 - a consiglio comunale aperto - mi ha telefonato il presidente di Gas Natural, Toca Gutiérrez-Colomer, dicendomi che sì, potevamo chiudere. Troppo tardi, ho risposto io. Dicono di essere ancora interessati? Prendiamo atto delle parole del presidente. Ma a questo punto purtroppo io rilancio».
I numeri della trattativa - su cui ora il sindaco dice di volere giocare al rialzo - sono quelli che ha fatto anche l’altra sera in aula: «Chiedevo 4 milioni di royalty per vent’anni da reinvestire sul sociale, l’entrata nell’affare di Acegasaps con una quota del 15% e la possibilità di acquisto da parte della stessa Acegasaps del 20% del gas a prezzo di costo», così da poterlo rivendere a condizioni vantaggiose per gli utenti triestini. «Loro invece offrivano il 10% in entrambe le richieste». Contropartite giudicate insufficienti. Tanto da determinare il cambiamento di opinione.
E certo la decisione definitiva sugli impianti non viene assunta a Trieste: saranno la Regione e poi Roma a dovere dire la parola definitiva. Ma Dipiazza si concentra su Trieste. E pensa che «se chiudo con Gas Natural l’AcegasAps diventa una cosa potentissima ed enorme: andremmo a chissà quali fusioni con altre realtà...» Per ora, «gli spagnoli si sono comportati da dilettanti allo sbaraglio», commenta Dipiazza.
Su un altro versante, intanto, oltre a Gas Natural anche Endesa prende atto del no espresso dal consiglio comunale e annuncia di volere procedere: per la società intenzionata a realizzare l’impianto off-shore, Trieste - così come San Dorligo e Muggia, tutti Comuni che hanno detto no - sono importanti sì, ma non centrali. E vista l’«apertura di credito» concessa dal Comune di Monfalcone, la cui posizione Endesa interpreta come un «ni», l’intenzione - fa sapere la società - è quella di approfondire le problematiche progettuali.
La palla passa alla Regione, che con l’assessore Gianfranco Moretton (ne riferiamo nel box qui a lato) fa rilevare come le motivazioni di carattere economico addotte da Dipiazza per il no ai rigassificatori siano «inconferenti» con la valutazione di impatto ambientale su cui in realtà era chiamato a esprimersi. «Questioni di lana caprina, qui il dato è politico», risponde Dipiazza ricordando di avere ricevuto una telefonata «l’altra sera da Moretton» stesso.

.Paola Bolisa

 

 

La Regione: «Valide solo le valutazioni sul tema ambientale» - Cosolini: «Voltafaccia del sindaco»

 

Gianfranco Moretton, l’assessore regionale diellino all’ambiente che tra «una ventina di giorni, un mese» dovrà portare in giunta la delibera con il parere sui rigassificatori, premette di «non sapere esattamente cosa sia accaduto in consiglio comunale». Ma «le motivazioni della maggioranza» per il no ai rigassificatori «sono inconferenti rispetto ai problemi tecnico-scientifici legati all’impatto ambientale di un impianto» come quello di Gas Natural. Il Comune avrebbe dovuto esprimersi su un aspetto della questione, ne ha scelto un altro. La giunta guidata da Illy dovrà ora confrontarsi - quanto a Gas Natural - con i no di tutti i tre Comuni della provincia. «La valutazione della Regione - dice Moretton - verterà esclusivamente sul dettato delle leggi in tema di ambiente». Duro il commento dell’assessore regionale Roberto Cosolini (Ds). Ribadito che «il Comune ha detto no a una delibera già preparata (e orientata al sì, ndr), con motivazioni che nulla hanno a che fare con l’ambito giuridico di espressione del parere richiesto», Cosolini addita il «voltafaccia del sindaco» che si è sempre detto favorevole a Gas Natural: «E per me lo è ancora, ma vuole scaricare su altri la responsabilità della scelta e di una certa possibile impopolarità». Di qui «una «manovra demagogica che dimostra come manchi il coraggio di andare fino in fondo». Se invece il dietrofront di Dipiazza fosse «sincero» - ironizza Cosolini - «allora Trieste decide di continuare a dire no a qualunque opportunità di sviluppo: quando non ci sarà più lavoro, potremo mandare la gente a passeggiare sulle nuove Rive...»

 

 

Le reazioni del mondo economico alla seduta municipale  - Paoletti: «Giusto alzare il prezzo» Industriali e Ezit: sì agli impianti

 

«Se le ricadute economiche non erano tali da giustificare il sacrificio della città, allora il sindaco Dipiazza ha fatto bene a respingere il rigassificatore di Gas Natural». Questo, in sintesi, il commento degli esponenti delle categorie cittadine - artigiani e commercianti - dopo il parere negativo espresso dal consiglio comunale su entrambi gli impianti di rigassificazione. Più defilati gli industriali, che invitano a un nuovo confronto tra le parti per trovare un accordo.
«Credo che l’operazione dei rigassificatori sia interessante per la città, anche se non posso entrare nel merito dei rischi ambientali - afferma il presidente della Confartigianato Fulvio Bronzi -. Nonostante questo, credo che il sindaco abbia fatto bene a dire ”no” a Gas Natural, dal momento che questa non ha ottemperato alle promesse fatte: gli spagnoli non possono pensare di fare solo i propri interessi, senza pagare alcun dazio, quando la città fa un grosso sacrificio».
Sulla stessa falsariga anche il commento del presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti: «Non conosco i particolari dell’accordo, ma se il sindaco Dipiazza ha ritenuto che le ricadute sul territorio non fossero sufficienti, allora sono d’accordo con la sua decisione - spiega -. Noi come categorie eravamo favorevoli al progetto, ma solo se questo avesse avuto un tornaconto economico e occupazionale per tutti i cittadini, visto il sacrificio che avrebbero dovuto fare».
Ad auspicare un accordo tra le parti è il direttore dell’Associaizone degli industriali Paolo Battilana: «Non conosco i dettagli della vicenda - confessa -. Ma se il ”no” del sindaco è dato dal fatto che mancano adeguate compensazioni economiche, riteniamo che queste debbano essere negoziate tra le due parti, in modo che vengano garantite ricadute sia per il sistema economico cittadino che per gli abitanti stessi. Noi, intanto, ribadiamo il nostro parere favorevole ai rigassificatori in città».
Nel frattempo a votare a favore dell’impianto Gas Natural è stato anche il nuovo Cda dell’Ezit, che ha dato parere positivo alla compatibilità ambientale del rigassificatore nell’area ex Esso.
e. le.

 

 

Il dopo-Consiglio: esplode la polemica politica Omero: «Il primo cittadino incapace di governare». Camber: «Scelte trasparenti»

 

Il centrosinistra contesta l’atteggiamento della maggioranza che in giunta si era espressa a favore dell’impianto di Zaule

L’opposizione annota come il sindaco Dipiazza abbia dimostrato - parole del Ds Fabio Omero - «la sua incapacità di governare la città» arrivando a votare contro una delibera da lui stesso sostenuta. Senza valutare temi come ambiente e sicurezza, ma spinto - dice Igor Kocijancic, di Rifondazione comunista - da pura «avidità».

La maggioranza loda Dipiazza per aver lottato per portare benefici alla città «nella totale, assoluta trasparenza e onestà di azione», dice il forzista Piero Camber. E per aver fatto vedere agli spagnoli - aggiunge l’assessore Maurizio Bucci - di essersi sbagliati nel «sottovalutare forza e potenzialità del Comune».
Il caso politico, aldilà delle dichiarazioni di principio, vede profonde incrinature negli schieramenti e talvolta nei partiti. Come nel caso della Margherita, pure contraria ai rigassificatori, i cui due consiglieri Sergio Lupieri e Alessandro Minisini parlano in due incontri distinti: Lupieri con il Ds Omero, per ribadire che pure su posizioni opposte - i Ds per il sì, i Dl per il no - c’è grande volontà di fare «esercizi di Partito democratico». Minisini si presenta invece con il Cittadino Roberto Decarli, il verde Alfredo Racovelli, Emiliano Edera della Lista Primo Rovis e Iztok Furlanic di Rifondazione, tutti schierati per il no: perché «fare conferenze stampa con chi la pensa diversamente non ha senso», spiega Minisini. Che con i colleghi dice la propria soddisfazione per il «no», ma non per il metodo con cui vi si è giunti.
Ma il centrosinistra è compatto nell’additare un sindaco «condizionato dall’interesse economico», e capace di intessere trattative dell’ultima ora «quando i termini erano noti da tempo». Laddove se le garanzie economiche fossero arrivate non avrebbe esitato «a condizionare le strategie future della città», insiste Lupieri. Decarli ragiona: «I costi politici per i partiti che avessero votato sì ai rigassificatori potevano avere conseguenze dirompenti» sulle regionali del 2008.
Sull’altro fronte, Roberto Sasco dell’Udc ammira «il fiuto politico del sindaco». Mentre in An la posizione è più sofferta. Il vicesindaco Paris Lippi addita in premessa le incongruenze dell’opposizione («per esempio, la Margherita che ha detto no ai rigassificatori spieghi perché in Regione l’assessore Moretton diceva sì») e poi dà manforte a Dipiazza: «Abbiamo guardato ai soldi? Certo, un dibattito sul resto non si è nemmeno aperto. Dire sì sarebbe stato un calare le braghe» di fronte agli spagnoli. Ma se Forza Italia - non esplicitamente, certo - si allinea in prima fila accanto al sindaco nella conduzione della partita, la capogruppo di An Alessia Rosolen rimarca che «la posizione coerente l’abbiamo ribadita noi, che così come il sindaco abbiamo sempre condizionato il nostro sì a Gas Natural all’ottenimento di benefici economici. L’altra sera ci siamo trovati non sorpresi - conoscevamo la situazione - ma spiazzati». Rosolen cita il poco tempo concesso dalla Regione per esprimere un parere, e la mancanza di coordinamento... Ma non è ottimista: «Stiamo attenti, i rigassificatori li faranno lo stesso e noi tratteremo sulle noccioline». Ma al contrario, Camber ricorda che se Roma alla fine decidesse per il sì, sarà sempre il Comune a dovere esprimersi in chiave urbanistica. Con un voto, appunto.

 
MUGGIA  - Il centrodestra accusa il sindaco di scarse informazioni «Omertà sui rigassificatori»
 
MUGGIA Timori ambientali e paesaggistici, assenza di qualsiasi tipo di vantaggio per Muggia, incoerenza con gli obiettivi del Comune sullo sviluppo del territorio e incompatibilità con la dichiarata contrarietà di Muggia ad ogni polo energetico pericoloso.
Si è dipanato su questi aspetti il «no» che il Comune di Muggia ha espresso ieri l’altro (ma anche già nel maggio scorso), in seguite alle valutazioni sull’impatto ambientale dei progetti di rigassificatori proposti rispettivamente a Zaule e al largo, nel golfo. Com’è noto a questa deliberazione è seguito l’altra sera, per molti versi a sorpresa, il «no» anche da parte del Consiglio comunale di Trieste.
A Muggia le opposizioni hanno però lamentato una generale scarsa informazione da parte del sindaco sulla tematica, nonostante le sue promesse di qualche mese fa.
A sottolinearlo, ieri l’altro in aula, il consigliere Italo Santoro (Insieme per Muggia): «C’era tutto il tempo, dal giugno scorso, per fare informazione, applicare l’Agenda 21, come era stato promesso. Invece, niente».
Analoga la posizione di Claudio Grizon (Fi): «Pur sapendo che prima o poi il Comune sarebbe stato chiamato ad esprimersi di nuovo, nulla è stato fatto. Si sarebbero potuti chiamare i progettisti, e conoscere con loro le integrazioni che stavano per produrre, in modo da non arrivare all’ultimo momento».
Il sindaco Nesladek ha voluto sgomberare il campo fin da subito da queste critiche e, quasi prevedendole, già nel suo discorso introduttivo ha rilevato: «Fino a un mese fa non disponevamo di dati nuovi. Anche le società erano in ritardo nel produrre il materiale».
«Non essendoci perciò a disposizione alcuna novità - ha specificato ancora il sindaco - su che cosa si sarebbe dovuto approfondire? In questi mesi nemmeno gli ipotetici comitati per il “sì” si sono fatti vivi. E le iniziative, di varia origine, sono state ben poche».
Alla fine, come è stato sottolineato, il corposo e complicato materiale è arrivato in Comune, ma nei meno di trenta giorni a disposizione non è stato possibile avviare tutte le procedure previste (incontro con i tecnici e con la popolazione, analisi dei dati). Da qui la scelta di riproporre i precedenti motivi del «no»: «Non c’era motivo per cambiare la nostra posizione», così Nesladek.
Il fattore tempo era stato anche inserito nel testo deliberativo, ma poi, su richiesta delle opposizioni (tramite un emendamento) è stato tolto, ponendo invece l’accento sulla incompatibilità dei rigassificatori con il presente e il futuro muggesano.
s.re.
 

 

 

 

L'UNITA'  - VENERDI' , 19 GENNAIO 2007

 

Rigassificatori, la polemica arriva in Europa

 

La questione rigassificatori arriva in Europa. Parte da Brindisi un appello alle istituzioni dell´Ue perché «la democrazia e la legalità abbiano ragione sugli interessi privati». Il capoluogo pugliese è infatti l´emblema dello scontro in atto tra governo, istituzioni locali e interessi delle grandi compagnie su questa nuova fonte di energia che viene presentata come la panacea per tutti i mali della questione energetica in Italia. Il punto è che a Brindisi, il rigassificatore non lo vogliono. Non lo vuole l´Amministrazione comunale, non lo vuole la Provincia di Brindisi e non lo vuole nemmeno la Regione presieduta da Nichi Vendola. Ma nonostante tutto, i lavori sono già iniziati. «A Brindisi sta accadendo qualcosa di veramente assurdo», scrive in un comunicato il cartello di associazioni che va da Legambiente a Medicina Democratica, dalla Coldiretti all´Arci: «Come opera preparatoria, la società Brindisi LNG sta realizzando una immensa colmata in uno specchio d´acqua che l´ufficio pubblico di controllo (ARPA Puglia) ha trovato gravemente e pericolosamente inquinato». «A fronte della radicale opposizione degli enti locali, della Regione Puglia e delle popolazioni interessate – prosegue l´appello – e nonostante la decisione del Governo italiano di riaprire l´iter autorizzativo con la presa di posizione della Commissione Europea, la società costruttrice sta portando a termine i lavori della colmata con l´ostentato intento di iniziare la vera e propria costruzione dell´impianto». Della serie, "chi se ne frega".
Ma la polemica sugli impianti energetici che dovrebbero ovviare al problema del caropetrolio è viva più che mai non solo a Brindisi, ma in tutti i siti dove la grande opera è in cantiere. Un rigassificatore è un impianto che trasforma il metano liquido, trasportato in navi cisterna, in gas per poi distribuirlo attraverso condutture di rete. È un sistema che permette di ovviare all´assenza di gasdotti che colleghino i luoghi di produzione del gas naturale da quelli di utilizzo. Il problema di questi impianti non è tanto l´inquinamento, quanto l´alto rischio di gravi incidenti. Non a caso, i rigassificatori sono disciplinati attraverso la cosiddetta legge Seveso. Al di là delle tragiche evocazioni del nome, la Seveso è una direttiva europea che impone il censimento degli stabilimenti a rischio, con l'identificazione delle sostanze pericolose. Ma oltre ai rischi dell´impianto stesso, il decreto legislativo (334/99) che recepisce la direttiva comunitaria introduce anche il concetto di "effetto domino". Ovvero, se il rigassificatore venisse costruito nelle vicinanze di altri siti a rischio, anche se la sua sicurezza fosse garantita, potrebbe essere messa a repentaglio da altre cause esterne. È quanto temono gli
abitanti di Taranto, un´altra delle città italiane dove il rigassificatore è in cantiere, poiché l´impianto sorgerebbe a poca distanza dall´Ilva e da uno stabilimento dell´Agip.
Il nodo della questione, insomma, è tutto qui. Se nemmeno Legambiente si dice pregiudizialmente contraria a questa nuova fonte energetica, i contro sono tutti focalizzati sul "dove" piazzarla. E sul parere della cittadinanza. Un´altra direttiva europea, la Seveso 3, rafforza il diritto dei cittadini interessati all'informazione sulle misure di sicurezza. Ma a quanto pare non tutti hanno voglia di applicarla. A
Livorno, il comitato contro il rigassificatore ha denunciato la sordità dell´amministrazione, che ha ignorato le 7mila firme raccolte per la richiesta di un referendum consultivo. E se qui il caso è eclatante, ovunque i cittadini reclamano di non essere stati coinvolti.
E poi ci sono, come ovvio, gli interessi dei grandi gruppi che lavorano nel campo dell´energia. L´Eni, che dovrebbe essere la compagnia capofila delle cordate, aspira ad una distribuzione dell´energia per l´80% derivante dai rigassificatori, riuscendo così a non dipendere dai percorsi dei gasdotti e dagli scossoni politici internazionali. Una scelta che altri paesi hanno già fatto. Basti pensare che di rigassificatori in Spagna ce ne sono 12 e in Giappone 25. In Italia, attualmente ne è attivo solo uno, a Panigaglia, vicino La Spezia. Ma in cantiere ce ne sono altri 10: oltre ai già citati Brindisi e Taranto, dovrebbero vedere sorgere stabilimenti alti quanto un grattacielo di 17 piani anche
Rovigo, Rosignano (LI), Grado (GO), Zaule (TS), Gioia Tauro (RC), Porto Empedocle (AG) e Priolo Gargallo (SR).
Il ministro per l´Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio rispondendo mercoledì ad un "question time" alla Camera ha ammesso la sua preoccupazione: «Non c'è dubbio che le domande per la realizzazione di rigassificatori siano superiori alla necessità reale, ma il ministero si è impegnato a valutare con rigore l´impatto ambientale per quanto riguarda i rischi». E ha aggiunto: «Faremo attenzione perché non ci siano impianti che non servano strettamente, ma garantendo nello stesso tempo che sia assicurato l'approvvigionamento energetico necessario al Paese».
Insomma, i rigassificatori servono. Anche Legambiente, in un suo comunicato, «assegna al gas il ruolo di energia fossile "di transizione" verso l'uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili, naturalmente a valle di un forte e prioritario impegno per il miglioramento dell'efficienza energetica e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili a cominciare dal solare e dall'eolico». Una condizione che al momento non sembra realizzarsi, se consideriamo che solo pochi giorni fa l´Unione Europea ci ha bacchettato per il nostro scarso investimento nelle fonti energetiche alternative: non solo siamo ancora lontani dall´«obiettivo vincolante» del 20% di energie rinnovabili posto dall´Ue, ma addirittura dal ´97 ad oggi abbiamo diminuito il nostro contributo dal 16% al 15,3.
Ma la battaglia in corso è soprattutto quella sulla collocazione degli impianti. Precisa ancora Legambiente: «In alcuni casi i singoli progetti risultano inaccettabili, come a Brindisi, dove il rigassificatore danneggerebbe gravemente le attività del porto turistico». O a Porto Empedocle, dove le prime case disterebbero solo 700 metri dall´impianto. O
a Trieste, dove il governo sloveno ha detto di non accettare l´impatto ambientale transfrontaliero e il Wwf denuncia gravi rischi per la riserva marina del golfo del capoluogo friulano. Pecoraro Scanio dice che «l'Enel si è detta disposta a utilizzare come gas terminal le piattaforme abbandonate dell'Adriatico dove in passato si estraeva metano, che sono già allacciate ai metanodotti, e sono in mare aperto». Staremo a vedere.

Paola Zanca

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 19 GENNAIO 2007
 
 

Trieste e Muggia bocciano i rigassificatori - No dai due Consigli comunali ai progetti Endesa e Gas Natural

 

Trentatré voti contro l’impianto off-shore di Endesa, 32 contro quello di Zaule. Si astiene il presidente dei lavori Pacor. Letto il carteggio tra il municipio e gli spagnoli.

Dipiazza cambia idea su Gas Natural: «Non hanno rispettato le promesse sulle ricadute economiche»
Omero: «Un colpo di teatro del sindaco» Il gruppo della Quercia abbandona l’aula

 Il Comune di Trieste non intende ospitare rigassificatori sul proprio territorio. Né l’impianto in mezzo al Golfo proposto da Endesa, né quello a terra di Gas natural. Un vero e proprio colpo di scena - con tanto di voto contrario in Consiglio comunale, tranne l’uscita dall’aula dei Ds - decretato dal sindaco Roberto Dipiazza.
Il primo cittadino si è presentato in piazza Unità armato di un lungo carteggio con Gas Natural, letto ai presenti per motivare il cambio di rotta sull’impianto che la società spagnola intende realizzare nell’area ex Esso. E così il «sì» condizionato passato all’unanimità in giunta per Gas Natural, nel pomeriggio di ieri si è trasformato in un secco «no». Lo stesso giudizio che aveva già «battezzato» l’impianto off-shore di Endesa.
Perché? «Le compensazioni economiche a beneficio del territorio non sono state state rispettate», dice Dipiazza. E aggiunge: «Ero un sostenitore, ma non dobbiamo farci prendere in giro - spiega, alzando la voce - Non sono comprabile, voto contro a questo progetto». Applauso da parte del pubblico, occhi increduli sui banchi dell’opposizione di centrosinistra; mentre i consiglieri della maggioranza non battono ciglio. I capigruppo avevano provveduto a far girare la voce. Ma quali sono le «compensazioni» economiche tradite? Il sindaco le elenca, dando lettura della corrispondenza intercorsa con Gas Natural. Lettere firmate dal presidente Alberto Toca Gutierez Colomer, con il quale Dipiazza anche nei giorni scorsi si è intrattenuto. La partita sembrava andata a buon fine, e invece no. Tutto è precipitato nelle ultime ore, l’ultimo fax dalla Spagna è delle 17.55.
L’amministrazione comunale chiedeva 4 milioni di royalty per venti anni, l’entrata nell’affare di AcegasAps con una quota del 15 per cento e la possibilità di acquisto, sempre da parte della multiutility, del 20 per cento del gas a prezzo di costo. Tutti da «rinvestire nella città», con la possibilità anche di «abbassare il prezzo del gas» ai triestini. Solo che Dipiazza chiedeva un pezzo di carta che non è mai arrivato. Anzi, la proposta di Gas Natural aveva altri zeri. Un importo annuo di 2 milioni per la durata di sette anni, ma ridotto proporzionalmente al funzionamento del rigassificatore fino a un minimo di 300mila euro con pagamenti diversificati. E le percentuali a beneficio di AcegasAps? Il 10 per cento, sia nella partecipazione al capitale sia nell’acquisto di gas.
Una bella forbice, almeno stando ai documenti prodotti dal sindaco, che Dipiazza dice di aver annusato nei giorni scorsi. «Percepivo una certa titubanza, ma Trieste non poteva subire di nuovo la stessa cosa accaduta con la Siot - ricorda - che nel prendere l’area dell’oledotto aveva assicurato come Trieste sarebbe diventata il porto più importante d’Europa...». Sembra fiero, ma anche un po’ amareggiato. Non sopporta la conclusione di una vicenda che considerava un’«opportunità per la città», e lamenta le trattative dei singoli. Dalla Regione, che incassava i decimi dell’Iva, alla stessa AcegasAps che non è più una municipalizzata. È una società quotata in Borsa, con quello che ne comporta. Poco importa i maggiori introiti dell’Ici e una bonifica da 40 milioni di euro in ballo a Zaule.
Il «no» di Dipiazza manda a nozze il capogruppo forzista Piero Camber, partito ago della bilancia nella contesa, che parla di «un’offerta diventata elemosina» seguito dai colleghi Gianfranco Trebbi della Lista Dipiazza e Roberto Sasco dell’Udc. Più articolata e sofferta la posizione di An, e non potrebbe essere altrimenti: è stata da sempre l’unica forza favorevole a Gas Natural, assieme ai Ds. «Votiamo no rivendicando il sì condizionato dello scorso luglio. Era l’unica possibilità di bonificare il terreno inquinato ex Esso - dice la capogruppo Alessia Rosolen - ma in assenza di ricadute economiche...».
Sui banchi dell’opposizione, invece, è un monologo di interventi sul «voltafaccia» del sindaco. «Avete detto sì due volte, ma non avevate nulla in mano», accusa Alessandro Minisini della Margherita. «Altro che applausi, qui manca la coerenza», aggiunge Roberto Decarli dei Cittadini; mentre Alfredo Racovelli dei Verdi e Marino Andolina di Rifondazione sono più che altro soddisfatti di una conquista ambientalista, ma non mancano di bacchettare Dipiazza. L’intervento più atteso tra i banchi del centrosinistra, però, è quello del capogruppo diessino Fabio Omero che definisce quello di Dipiazza un «colpo di teatro, da populismo becero». E poi aggiunge, facendo arrabbiare il diretto interessato, di «comportamento vergognoso del sindaco». Dipiazza indispettito abbandona l’aula e manda in maniera colorita a quel paese Omero.
È l’ultimo atto della serata, adesso la palla passa alla Regione e al governo Prodi. Endesa e Gas Natural - bocciate rispettivamente con 33 e 32 voti, sull’impianto a terra si è astenuto il repubblicano Sergio Pacor - possono ancora spuntarla, ma dovranno confrontarsi sempre con il Comune di Trieste. Le varianti al Piano regolatore del Porto passano inevitabilmente per il municipio. La partita non finisce qui.

Pietro Comelli

 
 
Anche Muggia respinge i progetti dopo cinque ore di discussione «Nessun vantaggio»
 
Il Consiglio comunale di Muggia, ieri, all’unanimità, ha espresso parere «non favorevole» sulla compatibilità ambientale dei progetti di rigassificatori presentati da «Gas Natural» e «Endesa». Una discussione durata ben cinque ore, durante le quali i consiglieri hanno ribadito, con spunti diversi ma concordi, le ragioni del «no», soffermandosi soprattutto sul terminal progettato a Zaule, nella baia di Muggia, ma portando a conclusioni identiche anche per quello off shore.
Il sindaco ha ribadito: «La nuova documentazione fornita è di difficile lettura per chi non è esperto. Alcune parti sono persino in lingua spagnola. Sarebbe stata necessaria una verifica con i tecnici e le stesse società, e incontri con la popolazione, ma non c’è stato tempo. La nostra posizione rimane allora quella dichiarata nel precedente parere».
Tra gli interventi, l’ex sindaco Lorenzo Gasperini ha criticato il testo della delibera, preferendo che si fosse soffermata sui punti chiave della contrarietà, tra i quali l’incompatibilità con lo sviluppo di Muggia, in modo che restasse «traccia concreta di una chiara posizione muggesana». Claudio Grizon (Fi) ha ribadito tra l’altro: «Sono impianti inutili, pericolosi e dannosi, per Muggia, come lo erano i depositi di Gpl ad Aquilinia, che le giunte precedenti sono riuscite a scongiurare. Forse qui si tratta solo di offrire alle società la possibilità di sviluppare il proprio business, che, seppur legittimo, non deve però cadere sulle nostre teste». Paolo Prodan (An) ha affermato provocatoriamente: «Se, come non auspico, sarà approvato il progetto “Gas Natural”, vorrei allora che riprendesse il discorso di polo energetico e di Gpl a Muggia. Almeno ci porterebbe delle royalty. Con questo terminal, invece, avremo solo problemi». Il collega di partito, Christian Gretti ha concordato: «A Muggia non ne guadagniamo niente, ne abbiamo solo da perdere. Questo territorio ha già patito abbastanza. Il nostro è un “no” ponderato, non è emozionale».
In maggioranza, sulla pericolosità si è soffermato il consigliere Giorgio Kosic (Prc), mentre il capogruppo dei Cittadini, Andrea Mariucci, teme, tra l’altro, svalutazioni immobiliari, ed ha accusato la politica triestina di aver «abdicato, preferendo comunicare meno, e lasciando che le delibere vadano avanti quasi da sole». Ed ha stimolato le opposizioni muggesane, in particolare Forza Italia, a dire la loro sulle posizioni diverse delle analoghe forze politiche a Trieste. Grizon ha risposto prendendo le distanze dai colleghi triestini, affermando, invece, che opinioni discordanti ci sono anche nei partiti di centrosinistra del capoluogo. Le forze di minoranza hanno avuto poi da ridire su alcuni aspetti formali delle delibere, ed hanno presentato degli emendamenti (poi accolti).
Sergio Rebelli
 
 
 

Allarme smog: in via Carpineto valori due volte oltre i limiti

 

Dati elevati anche in via Svevo e piazza Libertà. Oggi la giunta potrebbe decidere di chiudere il centro

La denuncia di Gemiti (Wwf): lo scorso anno a Servola registrati 52 sforamenti, ma già a quota 35 il Comune doveva fare qualcosa

Come da previsioni. L’aria continua a ristagnare e le polveri sottili sforano. In via Carpineto si arriva addirittura a due volte e mezzo il limite di legge. Ma per il Comune, nel giornaliero comunicato dell’assessore Bucci in cui annuncia il proseguimento dei lavaggi delle strade e invita a limitare l’uso della macchina, si tratta di superamenti «in maniera contenuta». E l’aggravarsi dell’inquinamento potrebbe portare a breve a nuova al traffico, forse già sabato.
I DATI DI MERCOLEDI’ Ecco i livelli delle polveri sottili reilevati mercoledì: via Carpineto 123 microgrammi per metro cubo, piazza Libertà 58, via Svevo 61. In sole ventiquattrore, da concentrazioni poco al di sotto dei limite si è passati a livelli superiori anche di molto. Non solo, la situazione si è estesa a buona parte della città. Nella sede dell’Arpa, in via Lamarmora, mercoledì il laboratorio mobile ha registrato un valore medio di 70 microgrammi fra le 13 e le 14, e nello stesso arco di tempo in piazza Libertà le polveri erano a quota 71.
LA CHIUSURA AL TRAFFICO In base al piano di azione comunale il divieto scatta quando si verifica una di queste due situazioni: superamento dei limiti in una delle tre centraline di riferimento e livelli oltre i 40 microgrammi nelle altre due, per tre giorni consecutivi (il divieto inizia nel pomeriggio del quinto giorno), oppure dopo che in un solo giorno le polveri sottili hanno superato i 70 microgrammi in due centraline, una a Servola e l’altra in centro.
SFORAMENTI E MISURAZIONI Nel 2006 in via Carpineto le polveri sottili hanno superato il limite per 52 volte. Lo sottolinea Fabio Gemiti, chimico ed esperto del Wwf. «Quando gli sforamenti sono più di 35 in un anno – osserva – il Comune deve prendere provvedimenti. In altre parti d’Italia ciò avviene. Qui invece il rapporto annuale sulla qualità dell’aria viene redatto da Comune e Arpa solo a primavera inoltrata, quando i mesi critici per l’inquinamento sono superati». Gemiti nutre anche perplessità sui dati ufficiali. «Un anno fa – ricorda – esperti dell’Università avevano verificato che la centralina di via Svevo era starata e forniva dati inferiori di circa un terzo rispetto a quelli reali. Quella centralina è stata poi messa a posto, ma non mi risulta che questi controlli abbiano riguardato anche le altre».
LA CENTRALINA SCOMPARSA Una centralina storica era quella di piazza Goldoni, ma non era «in linea» con il progetto di riqualificazione. Nel marzo 2005, su richiesta dell’allora assessore ai Lavori pubblici Giorgio Rossi, il comitato operativo provinciale decide di spostare la centralina in Largo Barriera. Una scelta condivisa anche dal direttore provinciale dell’Arpa, ingegner Vatta, perchè così si garantiva la continuità delle rilevazioni con quelle fatte per anni in piazza Goldoni. Nel maggio 2005 la giunta approva il piano di azione comunale che individua numero e collocazione delle centraline. Intanto sono iniziati i lavori in Largo Barriera. Nel settembre 2006, in occasione di un sopralluogo, si verifica che è stato realizzato il basamento per la nuova centralina. Ma, a lavori ultimati, della centralina non c’è traccia. Come sia sparita non lo sa neanche l’assessore ai Lavori pubblici Franco Bandelli: «Da quando sono qui non ho mai visto una centralina nel progetto per Largo Barriera».

Giuseppe Palladini

 

 
DUINO AURISINA Zone di tutela, rischio multa. Attesa a fine marzo la sentenza della Corte europea - Rozza (Verdi): «Ci arriverà un conto davvero salato»
 
DUINO AURISINA È attesa a fine marzo la sentenza della Corte europea sul mancato adempimento della perimetrazione delle zone di protezione speciale. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il verde Maurizio Rozza. Il provvedimento, di respiro nazionale, rischia di riguardare la Regione Friuli Venezia Giulia, e in particolare la mancata inclusione di alcuni territori, compresa la zona del Timavo e la Baia di Sistiana tra le zone Zps ove cioè vi è un alto livello di protezione. «Stiamo attendendo che una sentenza contabilizzi il valore economico della pena che l'Europa comminerà all'Italia - ha spiegato Rozza - relativamente alla mancata perimetrazione o inclusione di particolari zone nelle Zps, aree di speciale livello di protezione vista la presenza di specie da tutelare. La sanzione, che attendiamo di valore vicino ai 10 milioni di euro a livello nazionale, dovrebbe poi venir divisa proporzionalmente su base regionale, relativamente alle attività non svolte così come previsto a livello europeo. Se e quando questo avverrà, anche la Regione, e relativamente alla zona del carso triestino e goriziano, potrebbe trovarsi nella situazione di pagare parte del conto».
Un conto che potrebbe essere particolarmente salato: una parte della multa - spiega ancora il verde Rozza - è infatti fissa (si prevedono circa 10 milioni di euro), l'altra varia in relazione alla tempistica che le amministrazioni impiegheranno per correggere l'errore o inserire zone che erano originariamente previste nelle Zps ma non erano state inserite. La penalità di mora, a leggere la norma, può variare da 11.904 euro a 714.240 euro al giorno per ogni giorno di ulteriore inesecuzione della sentenza, come precisa sul proprio sito internet il Wwf regionale: e il principio di sussidiarietà verrà questa volta invocato dallo stato per scaricare l'onere finanziario sulle Regioni che, con il loro comportamento, si sono rese responsabili della sanzione all'Italia.
«Abbiamo già allertato la Corte dei conti - ha detto Rozza - poiché chi ha sbagliato deve pagare».
«La Corte di giustizia europea - si legge in una nota della Lipu, la Lega italiana per la protezione degli uccelli - ha condannato il 20 marzo 2003 l'Italia per insufficiente designazione di Zps; solo poche Regioni hanno da allora adeguato (parzialmente) i propri sistemi di Zps e l'Italia rischia ora il pagamento di pesanti multe». Il Friuli Venezia Giulia, secondo il Wwf e secondo i Verdi, pur avendo perimetrato le zone Zps lungo il Carso triestino e goriziano nel 2005 e poi nuovamente all'inizio del 2006, per non incorrere nelle sanzioni, ha da un lato contenuto le zone da considerare Zps e dall'altro lato ha semplificato le procedure di tutela, cosa che, secondo gli ambientalisti, potrebbe trasformarsi in una maxi multa ai danni della regione stessa, e proprio le potenziali violazioni nel territorio di Duino Aurisina potrebbero rappresentare una delle argomentazioni a favore degli ambientalisti.
fr.c.

 

 

 

LA REPUBBLICA - GIOVEDI' , 18 GENNAIO 2007

 

Città italiane nella morsa dello smog - negli ultimi anni nessun miglioramento

 

Quadro sconfortante nel rapporto dell'Agenzia ministeriale per la protezione dell'ambiente
I valori delle polveri sottili superiori ai limiti previsti nel 77 per cento dei casi

Troppe auto e mezzi pubblici insoddisfacenti continuano ad avvelenare i centri urbani

 

ROMA - Troppe automobili private e trasporto pubblico non all'altezza delle necessità: e le città italiane sono sempre più inquinate. La situazione dello smog è infatti in costante peggioramento. L'ultima conferma arriva dal terzo rapporto dell'Apat, l'Agenzia ministeriale per la protezione dell'ambiente, sulla qualità ambientale di 24 città italiane.
Aumentano le polveri sottili. "Per le concentrazioni di PM10 (le micidiali polveri sottili, ndr), ozono e biossido di azoto - si legge nel documento - nel periodo 1993-2005 non si registra nessuna chiara tendenza alla diminuzione. Già a fine giugno 2006 nel 77% dei punti di osservazione è stato superato il valore limite giornaliero della concentrazione di PM10. Per l'ozono, nel 2005, nel 75% degli agglomerati è stata superata almeno una volta la soglia di informazione al pubblico. Nel 2005 si sono registrati nel 95% degli agglomerati superamenti del limite annuale di concentrazione del biossido di azoto che andrà in vigore nel 2010".
Automobili sotto accusa. Il rapporto sottolinea quindi anche a chi addebitare la responsabilità di tanto degrado. "Il trasporto su strada - afferma l'Apat - costituisce la principale sorgente emissiva di PM10 per più della metà delle città considerate; per Roma il contributo stimato del trasporto su strada sul totale delle emissioni di PM10 è pari al 70%. Il contributo del settore industriale è consistente in particolar modo per i comuni in cui sono localizzati grandi poli industriali: Taranto (93%), Venezia (75%) e Genova (49%)".
Triste primato europeo. Il problema è che il numero di vetture in circolazione continua ad aumentare. A Roma il ritmo di crescita, secondo l'Apat, ha raggiunto la punta record di 3 auto l'ora nel 2005 e il +176% del parco motocicli nel 2005 rispetto al '96. In Italia, denuncia ancora il rapporto, "il numero di autovetture pro-capite rimane tra i più alti d'Europa anche a livello dei singoli comuni. Quasi tutte le città superano la quota di 500 autovetture ogni 1000 abitanti. Molte superano quota 600, e Roma arriva a 732 autovetture per 1000 abitanti", mentre nel resto del continente solo 6 città su più di 160 superano la soglia di 500 autovetture per 1000 abitanti.
Luci e ombre dei mezzi pubblici. Per scoraggiare questa mania tutta italiana per l'automobile servirebbero forse mezzi pubblici più affidabili e confortevoli, ma il quadro che emerge dal rapporto è invece in chiaroscuro. "Il trasporto pubblico locale è caratterizzato da un alternarsi di luci e ombre", si legge. Tra le prime il "miglioramento qualitativo del parco mezzi, la diffusione dell'uso di carburanti alternativi e dispositivi atti a ridurre le emissioni, la diffusione dei sistemi di trasporto pubblico a chiamata". Tra le seconde la "carenza di risorse pubbliche disponibili, carenze infrastrutturali, costi operativi in crescita, bassa competitività in termini di rapidità del servizio". A questi problemi vanno poi aggiunti i limiti strutturali del nostro sistema di servizi pubblici. Basti pensare che in Italia l'intera rete di metropolitane (168 km) è meno della metà rispetto a quella della sola città di Londra (408 km).
Segnali positivi sul verde. Il rapporto prende poi in esame altri aspetti della qualità dell'ambiente nelle città, come la quantità di verde, la gestione dei rifiuti e quella delle acque. Per quanto riguarda il verde, dal 1999 al 2003 quello gestito dai comuni è aumentato nel 75% delle città mediamente dell'1,4% (con un massimo di 6,6% a Palermo). I dati più recenti, relativi al 2003, mostrano un valore medio del verde rispetto alla superficie comunale pari a 4,9%.
Acquedotti per tutti. In materia di gestione delle acque, a livello nazionale la copertura del servizio di acquedotto appare accettabile ovunque. Essa in nessun caso risulta inferiore, in termini di abitanti serviti/abitanti residenti, al 92% con un valore medio pari al 96%. A livello nazionale i servizi di fognatura e depurazione mostrano un grado di copertura rispettivamente dell'84% e del 74,8%.
Stenta la raccolta differenziata. Quanto ai rifiuti, i valori più elevati di produzione di pro capite nel 2004 si riscontrano a Prato e Catania e nelle città a maggiore vocazione turistica (Firenze, Venezia e Roma). Alcune città come Verona, Genova e Milano fanno registrare valori di produzione di rifiuti urbani pro capite particolarmente bassi (in linea con la media nazionale pari a 553 kg abitante anno). Sul fronte della raccolta differenziata, solo Padova, con circa il 40% di rifiuti raccolti in maniera razionale nel 2004, supera l'obiettivo del 35% fissato dal decreto Ronchi.
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 18 GENNAIO 2007
 
 
Smog, polveri sempre al limite Nuovi lavaggi - Aria stagnante fino a martedì
 
Polveri sottili sempre vicine ai limiti di legge, con le previsioni meteo che non promettono nulla di buono almeno fino a martedì. L’aria stagnante, intanto, favorisce l’accumularsi delle sostanze inquinanti.
Gli ultimi dati dell’Arpa, relativi a martedì, registrano 47 microgrammi di polveri sottili per metro cubo sia in via Carpineto (la centralina è stata riparata lunedì scorso) sia in via Svevo, con un leggero calo rispetto al giorno prima quando si erano rilevati 51 microgrammi.
In piazza Libertà, invece, martedì scorso la concentrazione di polveri sottili era di 42 microgrammi, con una leggera crescita rispetto ai 38 di lunedì, mentre a Muggia hanno raggiunto i 48,5 microgrammi (il limite di legge è di 50).
Visti i livelli delle polveri e la situazione meteorologica, il Comune continua nel lavaggio di un consistente numero di strade del comprensorio urbano, intervento previsto dal piano di azione comunale per il contenimento dell’inquinamento atmosferico.
Parallelamente l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci rinnova l’invito a limitare l’utilizzo dei veicoli privati e ricorda l’obbligo di tenere il motore spento durante la sosta, per contribuire alla riduzione dell’inquinamento.
Un secondo invito alla cittadinanza, sempre da parte dell’amministrazione comunale, riguarda poi la limitazione dei tempi di accensione degli impianti di riscaldamento vista la temperatura piuttosto mite.
Misure, tutte queste, con cui si cerca di evitare sforamenti delle polveri sottili, visto che, come si diceva, le previsioni meteo non sono assolutamente favorevoli.
«La situazione rimarrà stazionaria – spiega il comandante Gianfranco Badina dell’Istituto Nautico – fino ai primi giorni della prossima settimana. Per martedì sono attese correnti meridionali e piogge consistenti, che in montagna porteranno la neve anche a quote basse».
Oggi potrebbe esserci un piccolo cambiamento della situazione, con piogge leggere più continue, e forse un aumento del vento da Libeccio che favorirebbe l’eliminazione della pesante foschia. «Già da sabato però – osserva Badina – ritornerà l’alta pressione, e l’aria sarà di nuovo stagnante».
gi. pa.

 

Rigassificatori
 

San Dorligo contraria

 

Un parere solo consultivo ma carico di timori per la sicurezza e i transiti in mare

Il consiglio comunale si è espresso sul progetto di Gas Natural criticando anche i tempi stretti per l’esame del progetto

SAN DORLIGO Il consiglio comunale di San Dorligo ieri ha espresso parere sfavorevole sulla compatibilità ambientale del progetto di rigassificatore della Gas Natural a Zaule. Il voto è stato unanime, senza distinguo di alcun genere. San Dorligo, così come, ad esempio, Muggia (che si esprimerà stamane alle 10), è stata chiamata a dare solo un parere consultivo, non essendo competente territorialmente.
Tra i motivi del «no» di San Dorligo, un cambiamento nel progetto che indica in una condotta sottomarina fino a Grado il sistema di trasporto del gas («Perché quindi non costruire lì il rigassificatore?», chiede il Comune), il perdurare dei timori sulla sicurezza, ma anche la mancanza di tempo per un approfondimento puntuale della documentazione presentata appena lo scorso 19 dicembre.
Il dibattito è durato poco. Nella minoranza, Giorgio Jercog (Oltre il polo) ha sottolineato i timori sulla sicurezza, sostenendo che non sono state rispettate alcune direttive in merito all’iter di approvazione del progetto, e ha ricordato i «no» già espressi da quasi tutti i consigli circoscrizionali triestini: «La cittadinanza quindi si è espressa in sovrabbondante maggioranza contro i rigassificatori. La questione dei rigassificatori è solo ’’business’’, non c’è una vera necessità». Il collega di gruppo Roberto Massi ha ritenuto «politicamente rilevante» il voto sul parere, e ha aggiunto: «In questo golfo ci sono sempre timori di incidenti, come è successo giorni fa in Sicilia. Dopo una collisione con una gasiera, nessuno sa che cosa può succedere».
Sergio Rudini (Lega) ha sottolineato l’assenza di ricadute sul territorio, e anzi teme un impoverimento ulteriore di tutta la provincia, «ridotta a una gasiera». Boris Gombac (Uniti nelle tradizioni) ha auspicato che tali pareri negativi diventino un impegno da parte delle forze politiche e dei circoli economici che non la pensano allo stesso modo. Più tecnico, in maggioranza, l’intervento di Emilio Coretti (Ds): «Petroliere, gasiere e le future navi da crociera, visto il loro pescaggio, dovranno passare tutte lungo un canale più profondo. Trattandosi di soggetti privati, non credo sarà facile gestire questi transiti, visto che il passaggio delle gasiere blocca il golfo per molto tempo».
Il vicesindaco Maurizio Sigoni (Prc): «Il nostro è un ’’no’’ di logica: la stretta baia di Muggia rischia di essere interdetta al traffico navale per giornate intere, almeno 110 volte l’anno, tante sono le gasiere previste in transito. Inoltre permane il rischio attentati e quello ambientale». Sergio Mahnic (Uniti per Dolina) ha criticato l’assenza di un contatto diretto, nella fase progettuale, con Slovenia e Croazia, e ha detto: «I rigassificatori sarebbero catastrofici per Trieste. Dobbiamo guardare alle generazioni future».
Sergio Rebelli

 

Oggi chiamata a esprimersi l’aula di piazza dell’Unità
 
CONSIGLIO A TRIESTE
Approdano questa sera in consiglio comunale i rigassificatori progettati da Endesa e Gas Natural, con i due impianti rispettivamente off-shore (in mare aperto) e a terra, nell’area ex Esso. Se per quanto riguarda Endesa l’orientamento - così come emerso anche nei voti delle circoscrizioni - è negativo, quanto a Gas Natural la partita è aperta. Ma è una partita che deve chiudersi oggi: questa infatti è la data dopo la quale scadranno i termini utili per esprimersi, facendo scattare il silenzio-assenso.
Ieri mattina, in un’ultima riunione convocata sull’argomento, la commissione consiliare presieduta da Roberto Sasco (Udc) ha preso atto dei pareri dei parlamentini rionali: «Abbiamo riesaminato la questione e ne è emersa la convinzione comune che quale elemento di forte criticità permanga quello del metanodotto», dice Sasco. Va detto peraltro che la giunta comunale all’inizio di gennaio si è dichiarata sfavorevole all’impianto Endesa e propensa invece al sì per Gas Natural, ma a condizione dell’ottenimento del parere favorevole, con separata delibera consiliare, al metanodotto di collegamento tra terminale e rete nazionale gas: metanodotto che dovrebbe essere sottomarino.
E la partita, si diceva, è aperta. E trasversale. An e Ds hanno da tempo preso posizione per il sì a Gas Natural, la Margherita è orientata al no, Forza Italia risulterà l’ago della bilancia. E gli azzurri «al momento» una posizione non l’hanno ancora assunta, precisava nel tardo pomeriggio di ieri il capogruppo Piero Camber chiedendo piuttosto notizie della delibera analoga che la Provincia dovrebbe votare («Finora non l’ha fatto, nascondono le grandissime contraddizioni interne alla maggioranza di centrosinistra»). E se l’assessore alla pianificazione territoriale Maurizio Bucci ribadisce la posizione presa dalla giunta, ricordando peraltro come l’impianto Gas Natural ipotizzi un’ottantina di posti di lavoro a regime, il sindaco Roberto Dipiazza annuncia che nell’intervento che farà stasera in aula avrà il suo peso anche l’entità dei benefici che alla città potranno arrivare - sotto forma di nuovi introiti connessi alla realizzazione e alla gestione dell’impianto - dall’iniziativa.

 

Ferriera, annullata la conferma del sequestro - La Corte di cassazione rinvia il provvedimento al Tribunale del riesame

 

È probabile che ai giudici triestini venga chiesta da Roma una nuova motivazione. Ancora coinvolti i piazzali

Da giugno sono iscritti nel registro degli indagati l’amministratore delegato Gillerio, il direttore Rosato e i consiglieri Nardi, Cattarini e Schinelli

La Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame, nel giugno scorso, aveva confermato il sequestro della Ferriera di Servola, coinvolta nell’ennesima indagine per imbrattamento avviata dal pm Federico Frezza. Sono iscritti da giugno nel registro degli indagati l’amministratore delegato della Servola spa Giovanni Gillerio, il direttore dello stabilimento Francesco Rosato, e i consiglieri Luigi Nardi, Vittorio Cattarini e Giovanni Schinelli.
I supremi giudici hanno annullato l’ordinanza e hanno rinviato il provvedimento al Tribunale del riesame. Le motivazioni non sono ancora note ma è più che probabile che da Roma venga chiesta ai giudici triestini una diversa motivazione del loro provvedimento avverso al ricorso presentato dal gruppo Lucchini-Severstal.
Il sequestro proposto dalla Procura, e successivamente ratificato dal gip e dal Tribunale del riesame, coinvolge formalmente a tutt’oggi i piazzali dove vengono depositati il minerale di ferro e il carbone, la cokeria e gli altiforni. Gli impianti sono affidati a un custode giudiziario, il dottor Fabio Cella, funzionario della Provincia.
«Attendiamo di leggere il provvedimento della Corte di cassazione» ha affermato ieri l’avvocato Giovanni Borgna, che con il professor Giuseppe Frigo difende i manager del gruppo Lucchini coinvolti in inchieste penali. «E’ evidente la nostra soddisfazione per l’accoglimento dei motivi proposti dalla difesa, nei quali abbiamo sempre creduto. Devo rilevare che negli ultimi tempi, grazie all’impegno dell’impresa e alla sensibilità della Procura a tutte le diverse esigenze in gioco, si è aperto un dialogo che porterà a risultati favorevoli nell’interesse di tutti. A prescindere dall’esito del giudizio, ritengo che la proprietà continuerà a percorrere la via intrapresa con massici investimenti, peraltro già avviati».
Uno dei motivi del ricorso in Cassazione presentato dalla difesa, chiamava in causa il «Nuovo codice per l’ambiente» varato nell’ultimo periodo del governo Berlusconi. Questo nuovo testo ha abrogato e interamente sostituito il decreto del Presidente della Repubblica 203/88, precisando quanto in realtà doveva essere già chiaro per non incorrere in un’interpretazione incostituzionale dell’art. 674 che punisce l’imbrattamento. In sintesi le emissioni convogliate e convogliabili devono attenersi a determinati parametri tabellari, mentre per le emissioni diffuse bisogna fare riferimento alle strutture e alle procedure prescritte dalla Regione, sulla base delle migliori tecnologie disponibili, purchè disponibili a condizioni tecnicamente ed economicamente ragionevoli.
c.e.
 

 
Istria: i Verdi: «Inaccettabile il ricatto di D’Alema»
 
MONTONA L'impatto sull'ambiente di alcuni progetti infrastrutturali e sportivi nell'Alto Adriatico al centro dell'incontro di ieri dei Verdi d’Italia, Croazia e Slovenia. «Uno dei motivi della recente visita in Slovenia del ministro degli Esteri italiano D'Alema - afferma Vjeran Pirsic, presidente dell'associazione croata Eko Kvarner che ha promosso l'appuntamento - era quello di convincere Lubiana a sobbarcarsi i rigassificatori nel Golfo di Trieste in cambio dell'appoggio di Roma nella costruzione della Centrale nucleare Krsko 2». Una proposta che Mirjana Cakardic, coordinatrice della slovena Associazione civica Istra, ha definito come ricatto inaccettabile. Altro tema: il progetto dei campi di golf in Istria. Il loro numero è eccessivo, per Eko Kvarner, e nella maggioranza dei casi dietro a tali progetti si cela la cementificazione delle zone.

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 17 GENNAIO 2007
 
 

Lo smog torna a risalire: traffico a rischio - Il Comune: «Spegnete i caloriferi» Lavaggi delle strade anti-polveri  (vedi scheda)

 

TRIESTE Ancora uno sforamento in via Svevo, riattivata la centralina di via Carpineto. Previsioni meteo sfavorevoli.

Le polveri sottili preoccupano di nuovo l’amministrazione comunale, e quindi torna ad aleggiare lo spauracchio di una nuova chiusura del centro al traffico.
Dopo qualche giorno in cui i livelli delle pericolose pm10 è oscillato attorno al livello di guardia – lunedì in via Svevo si sono rilevati 51 microgrammi e 38 in piazza Libertà – già dall’altra notte il Comune ha infatti provveduto, attraverso uno specifico appalto, a far lavare un rilevante numero di strade con lo scopo di ridurre le concentrazioni delle polveri e soprattutto di eliminare il sollevamento di quelle già depositatesi sull’asfalto, a seguito del transito dei veicoli.
Che le concentrazioni siano di nuovo a livelli preoccupanti lo dimostra il fatto che, in una nota firmata dall’assessore Maurizio Bucci, l’amministrazione raccomanda «un uso limitato del proprio veicolo» e ricorda «l’obbligo di tenere il motore spento durante la sosta, contribuendo in tal modo alla riduzione del fenomeno inquinante».
A ciò si aggiunge un’altra raccomandazione: limitare i periodi di accensione degli impianti di riscaldamento, vista la temperatura relativamente mite. «Consigli», tutti questi, che l’amministrazione ha riportato con evidenza anche sul sito Internet retecivica.trieste.it
Oggi, intanto, il quadro dell’inquinamento tornerà ad essere più completo, dopo alcuni giorni in cui la centralina di via Carpineto non ha trasmesso i dati. Lunedì pomeriggio l’impianto è stato riparato. Oggi si disporrà perciò delle rilevazioni sull’intera giornata di ieri, per le quali è necessario il funzionamento della centralina per almeno 18 ore.
I dati dei giorni scorsi non sono comunque perduti. Quando non funziona l’analizzatore automatico, un altro apparecchio raccoglie infatti le polveri sottili, che però devono essere materialmente prelevate per venir esaminate in laboratorio.
L’allarme per l’innalzarsi dei livelli delle polveri sottili è giustificato anche dalle previsioni meteo, secondo le quali fino a domani il quadro rimmarrà inalterato. «E’ prevista nebbia al suolo – spiega il meteorologo Massimo Ongaro – con atmosfera stagnante e il conseguente accumulo delle sostanze inquinanti. Un miglioramento – aggiunge – potrebbe arrivare venerdì, quando è atteso vento da Nord-Nord Ovest, che ripulirà l’aria e farà aumentare la temperatura essendo associato all’alta pressione africana».
Il timore di una nuova chiusura al traffico, dopo quella attuata a metà della scorsa settimana e revocata alle porte del weekend, torna quindi a profilarsi. E’ vero che, in base al piano di azione comunale, per ordinare la chiusura servono tre giorni di superamento continuo dei limiti degli inquinanti, e in particolare delle polveri sottili, ma è altrettanto vero che da sabato scorso, in una centralina o nell’altra, le concentrazioni delle polveri hanno superato il limite di legge dei 50 microgrammi per metro cubo.

Giuseppe Palladini

 
 

Circoscrizioni: «Endesa no, Gas natural forse»

 

Rigassificatori: parlamentini in sintonia con la giunta contro il progetto in mezzo al golfo. Meno contrari per l’impianto dell’ex Esso

Voto trasversale nei parlamentini della città. Domani sera i consiglieri comunali saranno chiamati a dare un parere sulle due realizzazioni delle società spagnole. Poi il parere della Regione

Ore 8.30 di ieri in largo Granatieri. Un orario insolito per la seduta di giunta «volante» (lontano dalle canoniche giornate di lunedì e giovedì), convocata in municipio con all’ordine del giorno le due proposte di deliberazione consiliare sugli impianti di rigassificazione.
Nella sala giunta si ritrovato sei assessori: Maurizio Bucci, Paolo Rovis, Sandra Savino, Giorgio Rossi, Carlo Grilli e Piero Tononi. Spetta a loro bocciare il progetto di Endesa (l’impianto da realizzare in mezzo al golfo) ed esprimersi favorevolmente a Gas natural (l’impianto da realizzare a terra, nell’area ex Esso di Zaule).
Un parere per altro già pronunciato dalla giunta Dipiazza, ribadito ieri mattina dopo aver recepito il voto urgente (entro dieci giorni) richiesto alle sette Circoscrizioni. Pareri non vincolanti, ma obbligatori per arrivare ad esprimere in tempo utile alla Regione (entro venerdì) il giudizio del Consiglio comunale. Una seduta convocata per domani sera, a cui è stata aggiunta proprio ieri, dal presidente del Consiglio Sergio Pacor, la pronuncia di compatibilità ambientale sui terminal di rigassificazione Gnl.
I consiglieri comunali saranno chiamati ad analizzare prima il progetto del proponente Gas natural internacional Sdg di Madrid, poi quello relativo al terminale off-shore di Endesa e alla condotta di collegamento con la rete nazionale gas. Ma se per quest’ultimo il voto negativo è scontato, diverso appare il destino dell’impianto Gas natural. Almeno in Consiglio comunale, perché poi spetterà alla Regione e al governo Prodi l’ultima parola.
E a proposito di Roma alla domanda se i rigassificatori triestini siano necessari, ad esempio, così ha risposto il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio: «All’interno dell’equilibrio nazionale, con il fatto che abbiamo difficoltà con il governo sloveno e croato e che abbiamo detto pubblicamente che i terminal non sono destinati ad esigenze di mercato, il prezzo di questi impianti sarebbe molto alto». E ancora: «Mi chiedo se dobbiamo davvero assecondare gli interessi di profitto altrui, per aumentare l’impatto su tratti di costa già appesantiti come il Golfo di Trieste. Certo non spetta a me dire sì o no, ma è mio compito rendere possibile un’esatta valutazione ambientale nel rispetto delle convenzioni internazionali». E in tutto questo secondo Pecoraro la Slovenia non può essere tenuta fuori dalle decisioni («in fin dei conti siamo partner nell’Ue).
Prima del governo nazionale, però, è il Consiglio comunale a doversi esprimere sugli impianti di rigassificazione. Le posizioni all’interno degli schieramenti in Comune appaiono trasversali (An e Ds sono favorevoli a gas natural) e determinante sarà il voto di Forza Italia. Basta dare un’occhiata alle Circoscrizione per capire come la questione divida i rappresentanti degli stessi partiti.
Il pollice verso della terza e settima circoscrizione al progetto di Endesa per il rigassificatore off shore e per quello di Gas Natural, ad esempio, non è stata scontata e indolore. Dopo il voto degli scorsi giorni della quarta, quinta e sesta circoscrizione (risolto con un sì, un pareggio e un no al progetto di Zaule, mentre per Endesa la bocciatura è stata unanime), a Valmaura-Borgo san Sergio (settima), presieduta dal forzista Andrea Vatta, il voto contro Gas Natural è stato massiccio, fatto escluso il favore del gruppo di An al gran completo. La diessina Rudella, ha votato anche lei a favore, mentre la capogruppo Ds Susanna Rivolti ha votato contro. Anche a Roiano-Gretta-Barcola e Cologna-Scorcola (terza), presieduta da Sandro Menia di An, è stato bocciato il progetto del rigassificatore nell’ex area Esso. Favorevoli soltanto i consiglieri di An, mentre si sono astenuti i forzisti Pesel, Ledi, Verzì e Brandolise della Margherita. Tra i prevalenti voti contrari anche quelli dei Ds.

 
 
Rigassificatori, i due progetti in aula a Muggia e a San Dorligo - Oggi e domani il nuovo voto dopo le integrazioni
 
MUGGIA I consigli comunali di Muggia e San Dorligo si apprestano a portare al voto il parere sulla compatibilità ambientale dei progetti di impianti di rigassificazione nel golfo di Trieste. E si prospettano pareri negativi, come già l’estate scorsa.
Domani alle 10 il consiglio di Muggia si esprimerà di nuovo, dunque, sulla valutazione d’impatto ambientale del progetto Terminal Alpi Adriatico relativo a una piattaforma offshore, e di a quello sulla costa, a Zaule, promosso da Gas Natural.
Qualche mese fa il consiglio si era già dichiarato contrario, ma la nuova votazione fa seguito alla documentazione integrativa richiesta alle due società. Documentazione che è giunta in municipio il 19 dicembre; quindi la scadenza per il parere è domani.
Il sindaco Nesladek, nei giorni scorsi, aveva dichiarato di voler istruire tutta la pratica, compresi gli incontri con i tecnici comunali, con quelli delle società proponenti, con i consiglieri e la cittadinanza. Ma tutto ciò non è avvenuto: «Tra gli impegni per il bilancio e le festività, non ce l’abbiamo fatta», ammette il primo cittadino. E spiega: «Abbiamo cercato una proroga che non ci è stata concessa. Non abbiamo potuto studiare le integrazioni ottenute. Per questo il nostro parere sarà negativo. I dubbi di qualche mese fa rimangono».
Questa dunque la posizione che sarà portata in aula. Ma il discorso non si esaurisce: «Anche dopo aver votato il parere, intendiamo affrontare la tematica, secondo la tabella di marcia che abbiamo stabilito – aggiunge il sindaco - confrontandoci con i tecnici e la popolazione, affinché tutti siano a conoscenza della questione».
Le opposizioni non si dichiarano soddisfatte del comportamento dell’amministrazione. Il consigliere forzista Claudio Grizon, in una nota, afferma: «Avevano tutto il tempo di vedere le carte, ma forse sono andati a farsi la settimana bianca. Anche questa volta hanno dimostrato improvvisazione e colpevole negligenza. Il Comune doveva esprimere un parere motivato, ma invece su Endesa danno ”parere negativo” in quanto il Comune di Muggia non ha avuto il tempo di approfondire l’argomento, mentre su Gas Natural, per gli stessi motivi, vorrebbero dare solo un ”parere non favorevole”. Noi diremo ancora una volta no ai due progetti – sottolinea Grizon -. Presenterò un emendamento perché anche sul progetto di Gas Natural si dia un ”parere negativo” che non lasci spazio a supposizioni di una certa benevola ”non contrarietà”, espressa tra le righe per paura di rimanere fuori dalla spartizione di eventuali benefici».
Il sindaco ribatte: «Sono critiche strumentali. Non abbiamo cambiato idea, né c’è stato un ammorbidimento di posizioni».
Oggi alle 11.30, intanto, tocca a San Dorligo esprimere il parere. Anche qui voto negativo (il Comune è chiamato a esprimersi solo sul progetto Gas Natural a Zaule). Il sindaco Fulvia Premolin spiega: «Eravamo già contrari la volta scorsa. Ci chiediamo perché costruirlo qui, soprattutto ora che ci dicono che il gas non passerà via terra ma in un tubo nel golfo fino a Villesse? Ci sono timori di sicurezza, e rimaniamo dell’idea che questa area è troppo ristretta per questi impianti».
s.re.

 
 
 

Allarme clima: si teme un’invasione di insetti - A rischio culture e boschi. Il livello di fiumi e laghi mai così basso da mezzo secolo

 

ROMA Il climatologo Giampiero Maracchi del Cnr: «Questo inverno troppo caldo non ha decimato le larve dei parassiti»

Dopo la siccità è emergenza insetti. A essere colpite non solo le colture ma anche i boschi. Intanto è sempre più allarme acqua. Fiumi, laghi e bacini, dal Nord al Sud Italia si trovano al di sotto delle medie storiche degli ultimi 50 anni su livelli che fanno temere il rischio siccità per la prossima stagione primaverile. E dagli agronomi l'Sos per il forte rischio desertificazione. Insomma un cocktail micidiale per il territorio italiano e il suo made in Italy che oggi registra una nuova minaccia, quella degli insetti. «Un'annata favorevole per le larve con prevedibili intensi attacchi da parte degli insetti», ha detto il direttore dell'Ibimet del Cnr di Firenze, il climatologo Giampiero Maracchi.
«Temperature miti in inverno - ha spiegato Maracchi - portano sempre attacchi non è difficile immaginare cosa accadrà dopo un inverno non mite ma proprio caldo come questo». Il freddo, ha riferito quindi il climatologo, riesce in inverno a far morire un gran numero di larve che invece con le temperature calde resistono e quindi c'è una popolazione molto più vasta e più resistente che riesce a nascere.
Maracchi ha quindi citato i casi della mosca dell'olivo e della cocciniglia mentre non sono escluse incursioni di cavallette. «Le cavallette - ha detto Maracchi - svernano nel Nord Africa e si muovono con le correnti d'aria. Avendo ora correnti da sud a nord e temperature elevate è possibile che ci sia una presenza di cavallette. Sicuramente segnale significativo di una situazione anomala».
E variazioni negli insetti sono state già notate dagli esperti che parlano di «comportamenti anomali». Con il caldo, insetti che sarebbero in pausa risultano infatti attivi, come i ditteri, mosche presenti anche oltre i 2.000 metri.
La preoccupazione principale è ovviamente per le coltivazioni ma si guarda con attenzione anche ai boschi italiani dove sono partiti test. Il problema è che le piante, stressate a causa del caldo anomalo, si trasformano in bersagli dei parassiti. Il più minacciato risulta l'abete rosso che, come altre piante, soffre di false partenze di primavera, diventando attraente ad esempio per gli scolitidi, coleotteri che si nutrono del legno dell' albero. Le piante così ingialliscono e deperiscono. Un altro possibile attacco proviene da lepidotteri, come la limantria monaca, una larva di farfalla che defoglia l'albero, così come avviene con la cephalcia, un imenottero, cioè una vespa. Una volta defogliato l'abete rosso muore nel giro di una stagione.
Insetti da una parte, crisi idrica dall'altra. Da un'analisi della Coldiretti, fiumi laghi e bacini sono sotto le medie degli ultimi 50 anni. Secondo il monitoraggio il Lago di Como a Malgrate è a -10 centimetri sotto la media, quello di Garda a Peschiera a -30 cm e Lago di Iseo a Sarnico a -40. Lo stesso fiume Po a Ponte Lagoscuro sarebbe già sceso a un livello di -5,65 metri, mentre lo scorso anno il primo di agosto in piena crisi idrica era arrivato a un minimo di -7,41 metri.
Difficoltà anche al sud. In Calabria rispetto allo scorso anno -30% di disponibilità idrica; in Molise 111 mt di livello nell'invaso del Liscione rispetto ai 122 dello stesso periodo dello scorso anno e una riduzione di 70 milioni di metri cubi di acqua rispetto all'anno precedente.

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 16 GENNAIO 2007

 

 

Smog, valori al limite: torna il rischio di chiusura del centro - Smog, polveri al limite anche nel weekend (vedi scheda)

 

Sabato 53 microgrammi in via Svevo e domenica 50 in piazza Libertà. Riparata la centralina di via Carpineto

Le temperature rimangono elevate: quattro gradi sopra la norma del periodo

TRIESTE  Polveri sottili al limite di guardia anche durante il week-end. Venerdì i livelli delle pericolose pm10 avevano superato il limite sia in piazza Libertà sia in via Svevo (rispettivamente con 53 e 56 microgrammi per metro cubo) e nonostante ciò il Comune aveva revocato il divieto di circolazione.
Sabato la situazione non è migliorata in via Svevo, dove si sono registrati 53 microgrammi, mentre le cose sono andate meglio in piazza Libertà (35 microgrammi). Situazione invertita domenica, quando in piazza Libertà le polveri hanno raggiunto i 50 microgrammi, mentre in via Svevo si sono abbassate a 46.
Nei giorni scorsi è rimasta ancora bloccata la centralina di via Carpineto, quella che la scorsa settimana ha segnalato le concentrazioni più elevate di polveri sottili, raggiungendo anche un valore orario superiore di tre volte al limite dei 50 microgrammi. Ieri mattina la centralina è stata riparata, ed oggi si dovrebbero avere i dati anche per quel punto di rilevazione. Il condizionale è d’obbligo in quanto, per disporre di dati validi da cui calcolare la media giornaliera, è necessario disporre del 75% delle registrazioni effettuate nell’arco delle 24 ore.
Ieri intanto il miglioramento delle condizioni meteo e una leggera ventilazione hanno contenuto i livelli delle polveri sottili, i cui rilievi ufficiali si conosceranno oggi.
Oggi, e anche domani, invece, il ritorno della nuvolosità, con venti da sud, addensamenti nei bassi strati dell’atmosfera e deboli piogge, riproporranno le condizioni della scorsa settimana, favorendo il concentrarsi delle polveri sottili e delle altre sostanze inquinanti.
Sempre sul fronte metorologico, continuano le eccezionali temperature di questo gennaio. Ieri la stazione meteo dell’Istituto Nautico ha registrato una massima di 12,4 gradi, ben superiore alla media del periodo anche se lontana dai 18 gradi rilevati il 2 gennaio 1962.
Più di recente, un altro inizio d’anno caldo è stato quello del 2001, quando l’8 gennaio – come ricorda l’Osservatorio meteorologico regionale dell’Arpa – si sono toccati i 16,5 gradi. Anche sul fronte dei valori medi si è sopra la norma, precisamente di 4 gradi, in linea con i mesi di gennaio più caldi, come nel 1988.
L’elemento più anomalo – rileva sempre l’Osmer – è il susseguiri di mesi caldi: dallo scorso settembre la temperatura è rimasta di 2 gradi sopra la media, e in questa prima metà di gennaio, come detto, le medie sono di 4 gradi superiori alla norma.

 
 

 

Auto meno inquinanti: l’Ue vara lo standard «Euro 5»

 

 Si applicherà dal 2009 e dal 2014 misure ancora più severe

ROMA Via libera del Parlamento europeo al nuovo standard «Euro 5» per ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli.
L'Assemblea di Strasburgo ha approvato il regolamento che definisce norme armonizzate sulla costruzione degli autoveicoli per garantire il funzionamento del mercato interno e fornire, al contempo, elevati livelli di protezione dell'ambiente riguardo alle emissioni nell'atmosfera. Il nuovo standard «Euro 5», che taglia ulteriormente le emissioni, si applicherà dal settembre 2009 ma, come richiesto dai deputati, dal 2014 verrà avviato il nuovo quadro di misure «Euro 6». I limiti di emissione per auto «Euro 4», sono entrati in vigore, per le nuove omologazioni-tipo, il 1.o gennaio 2005 ma alcuni Stati membri, per accelerare l'introduzione di veicoli più puliti, avevano già tentato la strada degli incentivi fiscali. Vi era quindi il rischio che fossero basati su valori limite diversi, frammentando il mercato unico. La proposta di regolamento fissa quindi le norme fondamentali sulle emissioni dei veicoli, mentre le caratteristiche tecniche saranno indicate dalle misure d'attuazione.
Il regolamento stabilisce i requisiti per l'omologazione di autoveicoli e pezzi di ricambio, strumenti di ricambio per il controllo dell'inquinamento, riguardo le loro emissioni. Il provvedimento fissa inoltre norme sulla conformità in condizioni d'uso, la durata dei dispositivi antinquinamento, i sistemi diagnostici di bordo (Obd) e altri particolari. Il regolamento si applicherà agli autoveicoli delle categorie M1 (veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo otto posti oltre al conducente), M2 (più di otto posti oltre al conducente), N1 (veicoli commerciali leggeri) e N2 (trasporto merci medi) con massa di riferimento non superiore a 2.610 chili. Dal settembre 2009 sono fissati limiti per i veicoli privati relativi alle emissioni di monossido di carbonio, idrocarburi totali, di ossido di azoto e particolato. Ai veicoli con oltre 2.500 chili per specifiche esigenze sociali (trasporto disabili, a esempio), tali limiti si applicheranno da settembre 2010. Fuoristrada e Suv dovranno invece conformarsi alla norma dal 2012. Gli Stati membri potranno introdurre incentivi finanziari per la produzione delle auto «verdi» ma saranno validi per tutti i veicoli nuovi posti in vendita sul mercato di uno Stato membro che soddisfano - in anticipo rispetto ai tempi definiti - almeno le prescrizioni fissate in materia di emissione. Dovranno anche avere durata limitata. Per ogni tipo d'autoveicolo, inoltre, questi incentivi non dovranno essere superiori al costo supplementare dei dispositivi tecnici montati per soddisfare i limiti delle emissioni fissati. «Con ”Euro 5” - osserva l'Unrae, associazione delle Case automobilistiche estere - in pratica i diesel non emetteranno più ossido di carbonio, ridotto di cinque volte rispetto a ”Euro 4”. L'industria certo sarà pronta ad adeguarsi a ”Euro 5” anche in anticipo sui limiti».
Il maggior numero di vilazioni del Codice della strada (in calo nelle metropoli) avviene fuori dal centro metropolitani e i responsabili sono soprattutto gli uomini, secondo il mensile «Quattroruote».

 
 

Rigassificatori, partita aperta in Comune - su Gas Natural in vista alleanze trasversali

 

Dopo l’ultima riunione delle commissioni consiliari, giovedì il parere definitivo dell’aula

Il sì di An e Ds. Contrari Cittadini e Rifondazione. Margherita orientata al no. Lista Dipiazza favorevole... Giovedì il consiglio comunale dovrà esprimersi sui due progetti di rigassificatori presentati da Endesa e Gas Natural. Un parere che deve arrivare entro questa data, pena la decorrenza dei termini utili. Anche se a dover prendere la decisione definitiva sarà Roma.
Se per l’impianto off-shore di Endesa l’orientamento generale è quello di avallare il «no» espresso a inizio mese dalla giunta, sull’impianto di Gas Natural nell’area ex Esso - il cui progetto ha ottenuto un sì dall’esecutivo - la partita è aperta. E votata ad alleanze trasversali, come sta accadendo nelle circoscrizioni. Per tutti o quasi i partiti la posizione non è però ancora quella ufficiale, e in più casi i capigruppo si dicono in attesa degli ultimi dati sugli effettivi benefici che dall’iniziativa deriverebbero per Trieste.
Ieri i tecnici delle due società, le commissioni consiliari terza e sesta e i rappresentanti delle realtà coinvolte - dalla Capitaneria di Porto all’Ezit, dall’Authority alla Camera di commercio, dall’Arpa all’Ogs alle associazioni ambientaliste - si sono confrontati per un’ultima volta. Incontro «molto partecipato e costruttivo», dice il presidente della sesta commissione Roberto Sasco (Udc), che però ha «solo parzialmente disciolto i dubbi» a causa dei quali il consiglio comunale l’estate scorsa aveva bocciato Endesa e Gas Natural per carenza di documentazione. Le criticità riguardano sostanzialmente l’impatto ambientale degli impianti e questioni di sicurezza, anche in caso di terrorismo. Va detto che la giunta ha condizionato il proprio sì all’ottenimento del parere favorevole, con separata delibera consiliare, al metanodotto di collegamento tra terminale e rete nazionale gas: metanodotto che dovrebbe essere sottomarino.
In rete, nel suo blog, il capogruppo Ds Fabio Omero osserva come i rappresentanti dell’economia si siano espressi a favore dei rigassificatori per le ricadute sul tessuto triestino, e addita gli ambientalisti (Wwf e Legambiente) per avere posto l’accento sul rischio terrorismo limitandosi a predire «scenari apocalittici». Sergio Lupieri, capogruppo della Margherita, dice che i diellini «comunicheranno la propria posizione ufficiale nei prossimi giorni» ma annuncia un «orientamento sfavorevole» a Gas Natural giacché gli approfondimenti «non ci risultano né sufficienti né convincenti»: incerto l’impatto sulle altre attività portuali all’arrivo delle navi gasiere, incerti i vantaggi economici per la città. Mentre da An Alessia Rosolen conferma invece il sì («Sempre a patto che siano puntualizzati i benefici per la comunità cittadina»), il capogruppo forzista Piero Camber lancia una stoccata alla Margherita che «finirà per astenersi, pur di non andare contro il volere di Riccardo Illy», il presidente della Regione favorevole - come il sindaco Roberto Dipiazza - a Gas Natural. Quanto a Forza Italia (che nelle circoscrizioni ha lasciato libertà di coscienza ai singoli, precisa Camber) «il nostro tendenzialmente non è un sì». Ma sono attesi per oggi i risultati di una valutazione costi-benefici dell’operazione che l’amministrazione comunale - aggiunge l’azzurro - ha commissionato a un advisor. E dunque «prima vogliamo valutare i benefici per la città. Anche se ricordo che la costruzione dei rigassificatori non rientra nel programma elettorale del sindaco», e non è dunque un punto su cui la maggioranza debba compattarsi, chiude Camber.
Attende di quantificare i eventuali vantaggi che a Trieste deriverebbero dai rigassificatori - in posti di lavoro, tasse pagate in loco, partecipazioni dell’Acegas - anche la Lista Dipiazza, che «molto probabilmente» - dice Gianfranco Trebbi - si esprimerà in maniera favorevole.
p.b.

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 15 GENNAIO 2007
 
 

«Piano energetico entro due mesi» - Legambiente: dati vecchi, nel frattempo è stata attivata la centrale di Torviscosa

 Sonego: ma non dovrà individuare i siti dove collocare i nuovi impianti

 

TRIESTE Sarà pronto entro due mesi il piano energetico regionale del Friuli Venezia Giulia. Un documento che individua gli obiettivi della politica energetica regionale ma che «non è un piano regolatore» precisa l’assessore Lodovico Sonego «nel senso che non individua ad esempio i siti in cui inserire nuovi impianti». Si tratta quindi di una normativa che si propone di affrontare il problema dell’energia orientando i principi da seguire senza per questo imporre vincoli. Gli obiettivi individuati dal documento – che sarà strumento della programmazione regionale in materia energetica fino al 2010 – sono sei: garantire tutta l’energia necessaria; aumentare l’efficienza del sistema energetico del Friuli Venezia Giulia riducendo l’assorbimento per unità di servizio; ridurre il costo dell’energia; minimizzare l’impatto ambientale; sviluppare l’innovazione e la sperimentazione; promuovere e sviluppare le energie rinnovabili per contribuire ad aiutare il Paese a perseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto sulle emissioni. «Quando parliamo di aumentare l’efficienza riducendo l’assorbimento – precisa l’assessore – intendiamo garantire il livello di energia che serve ottenendolo però con sistemi più efficienti, mediante l’incremento diffuso della innovazione tecnologica e gestionale». Il punto forte del piano riguarda il potenziamento delle energie rinnovabili «con particolare riferimento – spiega l’assessore – alle biomasse visto che nella nostra regione fonti come l’eolico non hanno grandi possibilità di sviluppo». Il piano è stato portato avanti attraverso le procedure di Agenda 21 e quindi con il coinvolgimento dei portatori di interesse del territorio. Tra questi anche Legambiente che solleva più di qualche perplessità di metodo e merito. «Il primo problema – spiega la presidente regionale Elena Gobbi – sta nel metodo utilizzato per fotografare la situazione di partenza. I dati contenuti nel piano sono quelli del 2003, quelli presenti nella bozza di piano energetico elaborata dalla precedente giunta. Non sono stati aggiornati e va ricordato che nel frattempo è entrata in funzione Torviscosa”. Secondo Legambiente il piano doveva essere preceduto da un bilancio energetico.

 
 

I rigassificatori dividono le Circoscrizioni  - Parere negativo su Endesa, mentre Gas Natural guadagna un pari, un sì e un no

 

Voti consultivi dei consigli della IV, V e VI assemblea rionale. E questa settimana si esprimono la II e la VII

Le Circoscrizioni quarta, quinta e sesta hanno avvalorato il voto negativo del Comune al rigassificatore di Endesa, con un unanime pollice verso per la realizzazione dei rigassificatori. Più diversificato invece il voto consultivo dei tre parlamentini rionali sul rigassificatore di Zaule. Mentre infatti in Comune è previsto il 17 gennaio un ultimo incontro della sesta Commissione per rilasciare un parere definitivo, che scatterà proprio alla vigilia del termine ultimo imposto dalla Regione per non arrivare al «silenzio- assenso», anche i parlamentini rionali stanno valutando i due progetti di Endesa e di Gas Natural.
Attualmente si sono espresse le circoscrizioni di San Giacomo Barriera Vecchia, San Giovanni Chiadino Rozzol e Città Nuova Barriera Nuova San Vito e Città Vecchia. Questa settimana la palla passerà alla circoscrizione terza (Barcola Roiano Gretta) e settima (Valmaura Borgo San Sergio). Dunque per quanto riguarda Gas Natural le votazioni nella circoscrizione di San Giacomo Barriera Vecchia si sono concluse, dopo un lunghissimo dibattito, che ha decretato un sostanziale pareggio e cioè 8 voti favorevoli ed altrettanti contrari. Hanno votato a favore i consiglieri di AN e quelli dei Ds. Contrario il gruppo di FI con il presidente Silvio Pahor, Rifondazione, Marcello Corso dei Cittadini e Slama della Margherita- Unione Slovena. Si sono astenuti i tre consiglieri della Margherita. Per la Margherita si sono astenuti anche i consiglieri della quarta circoscrizione Franzil e Avanzini. Qui però Gas Natural è passato con gli 8 voti favorevoli della maggioranza di Centro destra, malgrado i voti contrari del forzista Rigotti e quello dei Ds e di Merkù della Margherita. Il rigassificatore di Zaule è invece stato bocciato con un voto del tutto trasversale nella circoscrizione di san Giovanni Chiadino Rozzol, dove da fazioni opposte hanno votato contro: forza Italia, con il presidente Pesarino Bonazza, Rifondazione, la Margherita (con una astensione) e i Cittadini. Mentre hanno detto trasversalmente sì a Gas Natural ( ma sono stati battuti per 11 contro 8) An, Ds e Udc.
Daria Camillucci

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 14 GENNAIO 2007
 
 
Polveri, il limite sforato anche venerdì ma non si chiude il centro - Ieri registrati valori nella norma
 
Automobilisti e negozianti sono stati «graziati» dal Comune di Trieste, che venerdì scorso ha revocato il divieto di circolazione nel centro città basandosi solo sulle medie orarie di concentrazione di polveri sottili fornite dall’Arpa. I dati giornalieri ufficializzati ieri, infatti, riferiscono di uno sforamento del valore massimo (50 microgrammi per metro cubo) nelle centraline di via Svevo (56,2) e piazza Libertà (52,5): secondo quanto previsto dal piano comunale, con questi valori il centro sarebbe dovuto rimanere chiuso al traffico anche per tutta la giornata di ieri, quando invece molti triestini si sono riversati in città, attirati dai saldi.
Pur avendo «trasgredito» al piano dello stesso Comune, però, l’assessore al traffico Maurizio Bucci non si dice pentito di aver revocato l’ordinanza già venerdì, pur avendo a disposizione solo i dati parziali del livello delle polveri: «La media giornaliera registrata in via Svevo supera il limite massimo, è vero, ma di poco: 56 microgrammi non è un valore alto, lo sforamento è stato minimo - afferma -. E poi i dati di oggi (ieri, ndr), sono stati tutti molto al di sotto della media, già a partire dalla prima mattina. Noi, comunque, continuiamo a rimanere all’erta: siamo costantemente in contatto con l’Arpa e domani faremo il punto della situazione, con i dati del week end e le previsioni meteo per i prossimi giorni. Se ci saranno di nuovo sforamenti per tre giorni consecutivi, allora non esiteremo a chiudere il traffico di nuovo».
Ieri, intanto, nonostante la revoca sia stata annunciata a gran voce dallo stesso Bucci, sono stati oltre cinquanta i cittadini insicuri, che hanno tempestato di telefonate il centralino dei vigili urbani per avere chiarimenti sui limiti alla circolazione.
Nel frattempo, nonostante la riapertura al traffico e l’emergenza-smog rientrata, il rischio di fare il bis già a partire dalla prossima settimana è molto alto: da mercoledì, infatti, è previsto nuovamente l’arrivo della nebbia, che non lascerà la nostra città almeno fino alla fine della settimana. «Già nella giornata di domani (oggi, ndr) tornerà il tempo grigio - spiega il meteorologo dell’istituto Nautico Gianfranco Badina -, con possibilità di pioggia leggera in mattinata. Lunedì arriverà un po’ di vento dal Nord Est, sufficiente a spazzare via il brutto tempo: i primi giorni della settimana, infatti, saranno caratterizzati da giornate serene e soleggiate. Già da mercoledì, però, tornerà la foschia e la nebbia, che copriranno il cielo almeno fino a venerdì, quando poi dovrebbe arrivare la pioggia».
e. le.
 
 

Adnan Shihab-Eldin ospite del Centro di fisica  - L’ex segretario dell’Opec a Trieste: «L’emergenza petrolio si affronta con soluzioni eco-sostenibili»

TRIESTE «Il futuro dell'energia dipende anche dalle soluzioni che la scienza può avanzare per trovare soluzioni eco-sostenibili che valorizzino sia i combustibili fossili sia le fonti rinnovabili». Lo ha dichiarato a Trieste un personaggio chiave dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio Opec, a margine di un workshop Nato sullo scambio di conoscenze attraverso il Mediterraneo, ospitato al Centro Internazionale di fisica teorica Abdus Salam (Ictp).
Adnan Shihab-Eldin, ex segretario generale Opec e direttore della Divisione Ricerca del cartello che riunisce 11 paesi produttori di petrolio, ha fatto il punto sul settore dell'energia nel mondo, sottolineando il crescente ruolo dei paesi in via di sviluppo. Il petrolio non preoccupa - ha affermato Shihab-Eldin-, il gas forse un po'di più. «Non si deve temere- ci saranno ancora riserve di petrolio sufficienti per molti decenni e l'Opec garantirà lo sviluppo, anche con riferimento ai paesi considerati più poveri», ha affermato l'ex segretario generale del cartello. L'Opec ha già annunciato che «si è impegnato a fare del suo meglio» per venire incontro alla domanda, e per stabilizzare il mercato.
E per quanto riguarda la produzione, che secondo molti esperti sarà destinata a breve ad un declino? «Forse avremo momenti più difficili su questo versante - ha spiegato -, ma comunque non prima di molti decenni». Insomma, di petrolio quindi ce n'è, però «in questo contesto la domanda deve essere stabile e prevedibile». Stagnazioni come quella degli anni 90' «non sono ammissibili». «Gli investitori - ha sottolineato - devono aver guadagno garantito, se si vuole che arrivino i soldi in armonia con la domanda per perforare pozzi, tracciare oleodotti oppure finanziare nuove ricerche geologiche».
Secondo Shihab-Eldin, lo scenario energetico attuale e futuro è inoltre «lontano dall'immagine catastrofica che alcuni ambientalisti forniscono». La scienza può «fare la differenza» e contraddire alcuni esperti del settore secondo i quali è difficile «leggere il futuro» di un mercato che non è basato solo sui fondamenti economici e che esprime un «premio» speculativo per ragioni di natura geopolitica. «Il futuro dell'energia non si può limitare solo alle rinnovabili, come avanzano alcuni specialisti» ha spiegato. Visto il travolgente sviluppo in Cina ed India, «abbiamo bisogno più che mai di combustibili fossili e quindi dobbiamo trovare soluzioni con l'aiuto degli scienziati per contrastare i possibili effetti climatici negativi».
Non è un segreto che bruciare combustibili fossili al di là dello strettamente necessario può aumentate i rischi già esistenti di cambiamenti climatici e d'inquinamento atmosferico, «ma le soluzioni del mondo scientifico per contrastare la situazione esistono anche se si conoscono poco». Un esempio è il sequestro «in trappole geologiche» di emissioni dell'anidride carbonica (CO2) per la diminuzione dell'effetto serra, essenziale per la vita perchè permette normalmente alla Terra di avere una temperatura media superiore al punto di congelamento dell'acqua. «Devo dire che ho notato già negli anni - ha aggiunto Shihab-Eldin -un crescente interesse per la cosiddetta sequestrazione geologica che potrebbe permettere un rapido e sicuro stoccaggio alla sorgente senza incidere sulla qualità della vita». «Sono già scaturiti innumerevoli progetti e ricerche al livello internazionale - ha concluso l'ex segretario- per acquisire conoscenze tecniche e scientifiche che possano essere applicate in modo innovativo al problema».
Secondo Shihab-Eldin, la «platea ideale per fare il punto della situazione sul rapporto scienza - energia sarà una italiana, dato i preparativi in vista del prossimo appuntamento della Conferenza ministeriale del Forum Internazionale per l'Energia, che sarà ospitata dall'Italia nel 2008»
gab. pr.

 
Trasporti in provincia: servizio bus, in vigore le tariffe 2007
TRIESTE La Trieste Trasporti informa che dal 1° gennaio è entrato in vigore il nuovo regime tariffario per i servizi di trasporto pubblico locale. La Trieste Trasporti ricorda che i documenti di viaggio del 2006 potevano o possono ancora essere utilizzati entro le seguenti date: Aabbonamenti bus quindicinali e mensili: sono scaduti il 31 dicembre 2006. Biglietti bus e abbonamenti marittimi: sono utilizzabili fino al 31 gennaio 2007.
Ancora: i titoli di viaggio del 2006 non utilizzati (serie 06A e 06M) possono essere sostituiti, tassativamente entro il 30 giugno 2007, presso gli sportelli di via dei Lavoratori n°2 (aperti dal lunedì al giovedì 8.30-12.30 e 13.30-15, venerdì 8.30-12.30), versando l'eventuale differenza.
La sostituzione degli abbonamenti marittimi delle linee Trieste-Sistiana-Duino-Monfalcone e Trieste-Barcola-Grignano sarà possibile con l'inizio dei servizi stagionali, rispettivamente da aprile e giugno 2007. In quanto agli abbonamenti bus agevolati e categorie protette e benemerite, la validità è stata prorogata di un mese rispetto alla naturale scadenza riportata sul documento stesso.
 
 

 

SEGNALAZIONI - Addio all’Eurostar per Milano

 

Il treno delle 6.30 sostituito (in peggio) dall’italo-svizzero Cisalpino

Lunedì 18 dicembre ho preso il treno alle 6,30 di mattina per Milano, come mi capita spesso.
C’era una novità. Con alcune sorprese. Non positive. La novità è che il treno non è più l’Eurostar. Adesso c’è un treno internazionale da/per Schaffhausen, il Cisalpino, di proprietà di una società posseduta da ferrovie svizzere e Trenitalia. Sulla tratta da/per Milano apparentemente non cambia nulla: stesso orario, stesso prezzo, stessa frequenza giornaliera. Verrebbe da dire lo stesso servizio.
Ma ecco la prima sorpresa: niente ritiro del biglietto direttamente a bordo treno. Per chi è abituato a questo efficiente servizio di Trenitalia non è una perdita di tempo e di comodità trascurabile.
Seconda sorpresa: il Cisalpino ha 10 carrozze al posto delle 12 dell’Eurostar. Singolare passo indietro, visto che un paio d’anni fa agli Eurostar era stato necessario aggiungere una carrozza alle 11 originarie per il grande afflusso di passeggeri, semmai aumentati da allora. Ci sarà la lotta per trovare posto sulla Mestre-Milano d'ora in avanti.
Terza sorpresa: il caffè al bar costa 1.80 euro/2.90 Chf. Un bel salto, pari all’80% rispetto agli 1.05 euro di prima sull’Eurostar. Spiegazione al bar: le nostre sono tariffe svizzere. Per il passeggero italiano una replica del «raddoppio» patito su tante voci di spesa dopo la discussa gestione del passaggio dalla lira all’euro. E pensare che i menù e il sito web del Cisalpino mettono in bella vista il nome del gruppo italiano della ristorazione Cremonini, lo stesso che continua a gestire il servizio sugli Eurostar, con il caffè a 1,05 euro. Dunque, sulla Trieste-Milano, orario, frequenza, caffè, sono gli stessi di prima. Ma il prezzo del caffè ora è svizzero.
Quarta sorpresa: il ritardo accumulato dal Cisalpino oltre il quale si può chiedere il rimborso del 50% è di 30 minuti. Cinque in più dell’Eurostar. Lunedì 18 dicembre è andata bene: con 40 minuti di ritardo a Milano, il rimborso è assicurato…
Morale: servizio peggiorato (no ticketless e 2 carrozze in meno), ritardo sempre «italiano» ma reso non penalizzabile di ulteriori cinque minuti, prezzo svizzero del caffè.
Tralascio il recente aumento del biglietto, preannunciato in televisione con diverse e ragionevoli motivazioni da parte del nuovo amministratore delle Ffss, persona seria e competente, ambiziosa di ridare fiato al trasporto passeggeri su rotaia, fondamentale per il futuro del Paese.
Per adesso però l’«internazionalizzazione» della tratta verso/da Milano verrà ricordata solo per il significativo peggioramento del servizio da chi, la stragrande maggioranza dei passeggeri, scende a Milano per studio/lavoro, senza puntare fino alle impressionanti cascate del Reno a Schaffhausen.
Federico Oriani

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 13 GENNAIO 2007

 
 

Incidenti, esplosioni: incerti i rischi dei rigassificatori

 

Manifestazione dell’Italia dei valori alla Marittima con i rappresentanti di Endesa, Gas natural e del mondo scientifico

Incendi, versamenti di gas liquido in mare con esplosioni fredde, effetto domino con il fuoco che si propaga agli impianti vicini, terremoti e rischio di attacchi terroristici.
Un panorama fosco e pessimista quello tratteggiato sullo sfondo dei due rigassificatori, l’Endesa che vuole realizzare una piattaforma in mezzo al golfo e Gas Natural che pensa a farlo invece a terra bonificando la zona dell’ex Esso. Entrambe le società sono ancora alle prese con le procedure di autorizzazione, da mesi corposi incartamenti e progetti mastodontici e difficilmente comprensibili (700 pagine al colpo) viaggiano tra Comune, Regione, ministero dell’Ambiente, circoscrizioni suscitando una ridda di polemiche tra il fuoco di fila dei Comitati contrari.
E chi ieri sera è stato alla Marittima ad assistere all’iniziativa lanciata dalla sezione provinciale dell’Italia dei valori ha dovuto faticare non poco nel capire dove finivano le paure reali e iniziavano le certezze o meglio le incertezze scientifiche. «La sicurezza dei concittadini va salvaguardata al di sopra di qualunque altra considerazione – ha ribadito il responsabile organizzativo dell’Italia dei valori Paolo Bassi – dopo che sarà chiarito questo aspetto ufficializzeremo la nostra posizione». Un appuntamento utile alla fine che ha permesso di chiarire sicuramente quanta confusione c’è sull’argomento, ma soprattutto, sia sul fronte ambientale che della sicurezza (il tema in discussione ieri) quante poche certezze e quanto pochi modelli scientifici, legati alla sicurezza, ci siano sui rigassificatori.
Lo hanno messo in evidenza, anche non volendolo, gli stessi protagonisti di Endesa e Gas Natural, le società spagnole rappresentate ieri rispettivamente dall’ingegner Giovanni Guccione e dall’ingegner Francesco Giunto (entrambi tra l’altro dipendenti da due società di consulenza, una di Genova l’altra Svizzera di diritto lussemburghese che si occupano esclusivamente dell’iter autorizzativo degli impianti) ma soprattutto i relatori appartenenti al mondo accademico e scientifico triestino.
Sono stati portati esempi come quello di Barcellona o in altre parti della Spagna con chilometri di costa di fronte al mare aperto e profondità enormi. Il Golfo di Trieste, un lago con scarso ricambio, con il suo delicato ecosistema, avrebbe una sua fragilità di fronte ai due progetti e ai rischi che potrebbero comportare. Lo hanno spiegato prima Carlo Franzosini del Wwf che ha fatto un’attenta analisi sul rischio dell’uso di acqua di mare come riscaldante naturale del gas liquido che deve essere reso gassoso (arriva a temperatura di meno 160) soprattutto perchè si pensa di usare ipoclorito di sodio (praticamente candeggina) con altri biocidi per evitare che le tubature si incrostino. Troppo forse per il golfo che si riempirebbe di mucillagini.
Ma è stato l’ingegner Carlo Nobile (docente di fisica tecnica all’Università) a mettere in guardia sull’assenza di modelli scientifici e soprattutto di esperienze su eventuali gravi catastrofi. Hanno chiuso il quadro, tutt’altro che rassicurante, nonostante le precisazioni a tratti nervose dei due rappresentanti delle società spagnole, il geologo Livio Sirovich che incoraggiato dall’uditorio ha messo il dito sulle incogruenze dei dati contenuti nelle mega documentazioni. Al presidente dell’Ogs Iginio Marson il compito di sintetizzare il quadro sui progetti, confuso proprio sul fronte dei rischi.

Giulio Garau

 

 

Finita l’emergenza smog: centro città riaperto al traffico oggi e domani

 

Le concentrazioni delle polveri sottili sono scese e il Comune ha subito revocato l’ordinanza Oggi si torna a circolare senza limitazioni. Dopo un giorno e mezzo di chiusura di una larga parte della città, in seguito all’impennarsi delle polveri sottili, ieri la situazione è decisamente migliorata grazie a una leggera ventilazione.
Dopo che nella mattinata si è registrato un alternarsi delle concentrazioni delle polveri, tra valori molto bassi e altri superiori al limite giornaliero di 50 microgrammi per metro cubo, le medie orarie comunicate dall’Arpa alle 14 hanno permesso la revoca dell’ordinanza emanata mercoledì pomeriggio.
Alle 14 di ieri, infatti, il livello delle polveri rilevato in via Pitacco era di 57 microgrammi per metro cubo. In via Svevo si era scesi a 39 microgrammi, mentre in piazza Libertà la concentrazione era di 56 microgrammi.
«Trattandosi di medie orarie – osserva l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci – i tecnici hanno detto che è plausibile che la media giornaliera si attesti sotto il limite di legge. Da qui la decisione di revocare il divieto di circolazione».
Il miglioramento delle condizioni meteo sembra protarsi, con venti deboli anche oggi, che domani dovrebbero soffiare da Nord-Est, contribuendo ulterioremente a ripulire l’aria. Il Comune non abbassa comunque la guardia. Lunedì, con i dati relativi al week-end e le previsioni meteo per i giorni successivi, è previsto un nuovo punto della situzione.
Neanche ieri, intanto, come già accaduto giovedì, non è stato possibile ottenere le misure della centralina di via Carpineto, quella che nei giorni scorsi aveva rilevato le concentrazioni più elevate (mercoledì aveva registrato 127 microgrammi) e che nel passato ha avuto già diversi guasti.
Secondo quanto riferito dell’Arpa, problemi tecnici di registrazione non hanno permesso di calcolare la media giornaliera. Una rilevazione che mancherà anche oggi e domani, in quanto il guasto non potrà essere riparato prima di lunedì.
Con riguardo ancora ai dati ufficiali, quelli di giovedì hanno fornito concentrazioni delle polveri sottili ben oltre il limite: 91 microgrammi per metro cubo in piazza Libertà e 93 in via Svevo.
Numerosi, anche ieri, i controlli effettuati dalla polizia municipale, il cui centralino ha continuato ad essere tempestato di chiamate, soprattuto per informazioni sugli orari della chiusura al traffico e sulle deroghe.
Complessivamente sono stati controllati 247 veivoli (125 nella fascia mattutina e 122 in quella pomeridiana), e sono state elevate ben 67 multe, rispetto alle 16 di giovedì pomeriggio, 27 alla mattina e 40 nel pomeriggio.
Nel dettaglio (ma questi altri dati sono parziali, in quanto relativi ai controlli della mattina e a quelli fra le 16 le 17.30), in largo Pestalozzi sono stati verificati 27 veicoli (ed elevate 16 multe); in piazza Garibaldi i controlli sono stati 43, con una sola sanzione; via Battisti ha visto 16 controlli e 6 multe. Più numerose le verifiche in via Udine (72), ma con sole due sanzioni, mentre in via del Teatro romano i controlli sono stati 19 e le multe 12.
gi. pa.

 
 
Pista ciclabile verso la Slovenia pronta a novembre
 
SAN GIACOMO. Concludere entro novembre la realizzazione della pista ciclabile che si snoderà da via Gramsci fino alla Val Rosandra. É questo l'obiettivo dell'assessore provinciale ai lavori pubblici Mauro Tommasini, che si dice determinato a superare anche gli ultimi ostacoli alla realizzazione del percorso. La pista è un'opera molto attesa dagli abitanti di San Giacomo e di tutta la città, dato che attraverso il tracciato della vecchia ferrovia condurrà fino in Slovenia.
Entro fine gennaio, attraverso una modifica al progetto originale, sarà risolta la questione del tratto di pista limitrofo al Burlo Garofolo ed a breve verrà spostato anche il deposito edile situato lungo il percorso previsto. Una volta risolti questi due nodi la Provincia affronterà l'ultimo e più spinoso impedimento alla conclusione dell'opera: la presenza sul tracciato della pista ciclabile del deposito di automobili di Campanelle. Dall'inizio dei lavori sono stati realizzati diversi tratti del percorso, il parcheggio all'inizio della pista in via Gramsci e un infopoint, che non sono però tutti collegati tra loro ed in questo momento sono inutilizzabili dai cicloamatori.
Poche decine di metri dopo il sottopassaggio di via Orlandini la pista termina improvvisamente in una vera e propria giungla di sterpaglie, ricresciuta dopo i lavori di costruzione del ponte in metallo che passa sopra via Ponziana. Una volta completata la realizzazione dell'attraversamento sopraelevato la costruzione della pista ciclabile si è, infatti, completamente bloccata, nonostante lo scorso autunno la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat abbia garantito all'associazione di cicloamatori «Ulisse» il suo interesse per la conclusione dell'opera.
A rimarcare la necessità di completare la pista in tempi brevi, in seguito a diverse segnalazioni degli abitanti di San Giacomo, è il presidente della quinta circoscrizione Silvio Pahor per il quale «si tratta di un progetto che sta molto a cuore non solo agli amanti della bicicletta e non deve essere dimenticata». L'opera, una volta terminata, si inserirà nella complessiva riqualificazione del rione di san Giacomo, che entro la prossima primavera disporrà del parcheggio multipiano attualmente in costruzione e della soprastante piazza. Al momento, dopo la gara d'appalto indetta dalla Provincia, i lavori sono stati affidati ad un'impresa edile che una volta sbloccata la situazione realizzerà le strutture terrestri e sopraelevate necessarie a collegare i vari tratti di pista. Ovviamente interessato al completamente dell'opera è anche il Comune che, come ha sottolineato l'assessore Piero Tononi, appoggia la Provincia e auspica il superamento degli ultimi ostacoli e la conclusione della pista ciclabile.
 
 
Ecologisti: «Lussino, scempio ambientale» - L’associazione Eko Kvarner denuncia l’immobilismo di Comune e Stato: si rivolgerà all’Ue
 
FIUME Eko Kvarner, la più battagliera organizzazione ambientalista croata dell’Alto Adriatico, scende in campo per denunciare quelli che definisce gli scempi perpetrati a Lussino. E lo fa in una conferenza stampa in cui l’attivista lussignana dell’associazione, Andreja Gregorina, ha denunciato quanto da anni sta avvenendo ad Artatore, la stupenda località alle porte di Lussinpiccolo. «Il titolare della cava chiamata Brdo Kusc – accusa l’ecologista – sta ormai da 10 anni menando per il naso le autorità municipali isolane e statali. La sua cava è sprovvista di permessi, come pure le sue altre proprietà. Parlo del marina per il rimessaggio a secco, di un secondo marina con diga frangiflutti e della strada che collega la cava e il marina per il rimessaggio. Tutti impianti in via di costruzione ad Artatore, alle porte di Lussinpiccolo».
Visto che il Comune lussignano e gli organismi statali non hanno fatto finora nulla di concreto per impedire l’opera di devastazione ad Artatore, Eko Kvarner ha deciso di allertare Bruxelles. A giorni il sodalizio informerà la missione della Commissione europea in Croazia su quanto sta avvenendo nell’isola. «Dato che Eko Kvarner non riesce a impedire il degrado ad Artatore e che le competenti autorità latitano – sottolinea la Gregorina – speriamo che almeno l’Ue ci aiuti, ponendo fine a questo scandalo». Per l’attivista le maggiori responsabilità ricadono sull’attuale giunta municipale di Lussinpiccolo (a guida centrodestra), che farebbe finta di nulla e non adotterebbe le contromisure del caso: «L’amministrazione non ha sporto ancora denuncia mentre gli ispettori locali giungono sul posto e s’imbattono immancabilmente in cantieri chiusi. Quando se ne vanno, i lavori di costruzione riprendono. È una beffa». Gregorina ha ammesso di essere stata più volte minacciata da un uomo per quanto denunciato in merito alla «vicenda Artatore». L’uomo è stato condannato a quattro mesi di carcere con la condizionale. Ieri invece il presidente di Eko Kvarner, il vegliota Vjeran Pirsic, si è soffermato sulla cementificazione che sta interessando la costa quarnerina, specificatamente la riviera di Crikvenica e Novi Vinodolski. «Non ci opponiamo al riassetto delle spiagge – ha dichiarato – bensì alle colate di cemento incontrollate e alla trasformazione degli stabilimenti balneari in depositi di materiale edile. Quanto sta avvenendo insomma lungo la riviera di Crikvenica: un vero atto di barbarie ambientalista».
Andrea Marsanich

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 12 GENNAIO 2007
 
 
Smog in aumento: oggi centro chiuso già dalla mattina
 
TRIESTE Sedici multe su oltre 230 controlli. Questo il bilancio del primo pomeriggio di chiusura al traffico in una vasta area della città in seguito agli alti livelli di polveri sottili (pm10). Chiusura che oggi si replica, sia al mattino (dalle 9.30 alle 12.30) sia al pomeriggio, dalle 16 alle 19. La decisione è stata confermata ieri dal sindaco Dipiazza e dall’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, dopo aver esaminato i livelli delle polveri sottili registrati alle 14, tre volte superiori al limite di legge. Se comunque stamane le condizioni meteo dovessero cambiare improvvisamente, il sindaco si è detto pronto a revocare immediatamente l’ordinanza. Le previsioni però annunciano nebbia anche per i prossimi giorni.

vedi immagine della zona chiusa al traffico

Le polveri sottili al triplo del limite Oggi centro chiuso: 9.30-12.30 e 16-19 Se cambia il tempo i divieti saltano

Sedici multe su oltre 230 controlli. Questo il bilancio del primo pomeriggio di chiusura al traffico in una vasta area della città in seguito agli alti livelli di polveri sottili (pm10). Chiusura che oggi si replica, sia al mattino (dalle 9.30 alle 12.30) sia al pomeriggio, dalle 16 alle 19. La decisione è stata confermata ieri dal sindaco Dipiazza e dall’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci, dopo aver esaminato i livelli delle polveri sottili registrati alle 14. Se comunque stamane le condizioni meteo dovessero cambiare improvvisamente, il sindaco si è detto pronto a revocare immediatamente l’ordinanza.
L’INQUINAMENTO Peggiorato il livello delle polveri sottili, sia nei dati ufficiali relativi a mercoledì (e resi noti ieri) sia in quelli ufficiosi che l’Arpa ha comunicato al Comune alle 14. Mercoledì le polveri hanno fatto segnare il picco massimo ancora nella centralina di via Carpineto, con 127 microgrammi per metro cubo (rispetto al limite di 50), a fronte dei 103 rilevati martedì. Valori elevati, sempre mercoledì, anche in piazza Libertà (95 microgrammi), via Svevo (92), via Tor Bandena (77), via Pitacco (78) e anche a Muggia (80).
Alle 14 di ieri in via Carpineto le polveri sottili erano balzate a 148 microgrammi per metro cubo, una concentrazione pari a tre volte il limite di legge. Livelli più bassi, ma in ogni caso ben superiori al limite, in piazza Libertà (70) e in piazza Garibaldi (65).
I CONTROLLI
Una ventina le pattuglie della polizia municipale impegnate ieri pomeriggio nei controlli ai veicoli che circolavano in città. Dalle 16 alle 19 (la fascia oraria fissata per la chiusura al traffico) sono stati controllati complessivamente 233 veicoli e comminate sedici multe, per cifre variabili fra 68 e 275 euro.
Nel dettaglio, in largo Pestalozzi sono stati controllati 34 veicoli (una sola multa), in via Oriani 42 (una multa anche qui), in via Battisti 16 (4 multe), in via Udine 121 (una multa) e 20 in via del Teatro romano (ben nove le multe).
LE PREVISIONI Le condizioni meteo dei prossimi giorni non sembrano deporre a favore di una revoca a breve delle misure antismog. «Una situazione di alta pressione come quella di questi giorni – spiega il comandante Gianfranco Badina dell’Istituto Nautico – si manterrà fino a metà della prossima settimana, quando è attesa una perturbazione abbastanza forte. Venerdì (oggi, ndr) e domenica – prosegue – sono attesi cambiamenti di poco conto, piccole perturbazioni che elimineranno solo le nubi alte, mentre più in basso rimarranno le foschie, anche dense. Domenica è atteso un altro piccolo miglioramento, con un vento leggermente più intenso, e quindi si prevede tempo variabile. Lunedì, poi, dovrebbe tornare il sereno, con temperature che toccheranno anche i 15 gradi.
LE DEROGHE «Rovente» il centralino della polizia municipale, che sin dalla mattina di ieri è stato tempestato di telefonate: poche le proteste per il divieto, moltissime le richieste di informazioni e chiarimenti sui percorsi e le deroghe.
Con riguardo a queste ultime, possono circolare senza limitazioni i veicoli a emissione zero, quelli a metano o Gpl, quelli omologati Euro 4 (direttive: 98/69 CE-B - 99/102 CE-B rif. 98/69 - 2001/1 CE-B - 2002/80 CE-B), nonché moto e ciclomotori omologati EURO 2 (direttive: 97/24 CE fase II cap.5 - 2002/51 CE fase A) o EURO3 (direttiva: 2002/51 CE fase B).
Nessuna limitazione anche per i mezzi adibiti al trasporto pubblico (bus, taxi, autonoleggio con conducente), per quelli a servizio degli invalidi, per i veicoli adibiti a servizi di Stato, a servizi pubblici o di pubblica utilità e a compiti di sicurezza pubblica.
Possono circolare in tutta la città anche i mezzi degli istituti di vigilanza e trasporto valori, quelli per il trasporto della posta, quelli con targa CC, CD o «prova».
Diverse poi le categorie che possono utilizzare mezzi privati o aziendali in relazione alla loro attività: ministri di culto; medici e veterinari in visita domiciliare urgente; medici, infermieri e tecnici dell’Azienda Ospedaliera o altre strutture che, per reperibilità, devono raggiungere il posto di lavoro; addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare; lavoratori dipendenti o autonomi, con autocertificazione dell’orario di lavoro rilasciata dall’azienda e con un orario di inizio o fine turno che non permetta l’uso del mezzo pubblico.

Giuseppe Palladini
 
 

Rigassificatori, oggi la tavola rotonda

 

A confronto tecnici, esperti e ambientalisti per discutere su sicurezza degli impianti e opportunità per la città. Presenti anche le due società proponenti

L’incontro, organizzato dall’Italia dei valori, si terrà alle 17 alla Marittima

TRIESTE Si terrà oggi, alle 17 alla Stazione Marittima, (sala Oceania) una tavola rotonda dal titolo «La sicurezza degli impianti di rigassificazione». L’incontro, organizzato dalla sezione provinciale di Trieste dell'Italia dei Valori, metterà a confronto tecnici, esperti e ambientalisti sul tema della sicurezza degli impianti di rigassificazione, al fine di quantificare il rischio di incidenti e di valutare l’opportunità della costruzione di un impianto nel porto o nel golfo di Trieste.
Interverranno fra gli altri Iginio Marson (presidente dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), Enrico Nobile (docente di fisica tecnica all'Università di Trieste), Livio Sirovich (geologo), Carlo Franzosini (Wwf) e i rappresentanti di Endesa e Gas Natural, le due società che hanno presentato progetti per impianti di rigassificazione da realizzare nei pressi di Trieste. È prevista, ma non assicurata, la presenza di Claudio Boniciolli, presidente dell’Autorità portuale di Trieste.
«Esistono ragioni economiche che hanno fatto scaturire la decisione della giunta comunale di Trieste di approvare il progetto di Gas Natural, allo stesso modo esistono motivazioni legate alla tutela ambientale che avrebbero consigliato una decisione di altra natura», sostiene Paolo Bassi, responsabile organizzativo della sezione di Trieste dell’IdV. Secondo i dipietristi, infatti, la «sicurezza dei concittadini va salvaguardata, al di sopra di qualunque altra considerazione».
Dopo l’introduzione dello stesso Bassi, spetterà all’architetto Roberto Barocchi il ruolo di moderatore. I lavori si concluderanno alle 19.30.

 
 

Legambiente e Wwf contestano Sonego: «Riforma urbanistica, ambiente a rischio»

 

L’Istituto nazionale critica il riparto di ruoli tra Regione e Comuni. Forza Italia protesta: «Disegno di legge di socialista memoria»

Audizioni in commissione sul ddl. Predonzan: troppe forzature. Gobbi: scelte discrezionali

TRIESTE Il duello tra gli ambientalisti e l’assessore Lodovico Sonego si arricchisce di un altro capitolo. Pomo della discordia, stavolta, è la riforma urbanistica che, presentata in commissione, aveva già incassato le critiche degli ambientalisti, con il Wwf in testa che l’aveva definita un «pasticcio pericoloso». E nell’audizione di ieri le critiche sono state ribadite indicando vari aspetti che non convincono sotto l’aspetto ambientale e paesaggistico. Innazitutto la delega ai Comuni delle autorizzazioni paesaggistiche che, secondo il responsabile del territorio per il Wwf regionale, Dario Predonzan, «è una forzatura del decreto Urbani che indica la possibilità di delegare ai singoli Comuni o ai Comuni associati ma non ad entrambi. Inoltre lo stesso decreto lascia aperta la strada di subdelegare ai Comuni laddove ci sia un piano paesaggistico che attualmente non c’è». Ma soprattutto è l’esperienza degli ultimi 15 anni che lascia perplessi l’associazione sulla scelta della giunta regionale: «Una riflessione seria e critica – incalza Predonzan – avrebbe portato a capire che la delega ai Comuni in questo campo è stato disastrosa ed ha portato a gestioni talvolta criminali, facendo prevalere interessi privatistici e speculativi anche in aree di grande pregio, come nel caso della Baia di Sistiana o della Costiera triestina». Gli ambientalisti accusano la Regione di avere predisposto un iter sbrigativo per la legge, impedendo di fatto la concertazione (il disegno di legge verrà discusso in Commissione già la prossima settimana). La responsabile regionale di Legambiente, Elena Gobbi, parla di «Agenda 21 discrezionale» e si chiede se vi sia congruità tra il lavoro svolto per la bozza del Ptr e questo disegno di legge. «C’è preoccupazione dovuta ad una frantumazione che ha come principale finalità l’aggregazione dei Comuni. Una situazione - afferma Gobbi - che crea difficoltà ai piccoli Comuni e alla loro funzione di presidio del territorio. Più che una legge che cerca di coinvolgere è una legge che inserisce delle trattative e in questo caso i più piccoli finiscono sempre per essere svantaggiati». Sonego preferisce non commentare le obiezioni degli ambientalisti ma deve incassare qualche critica anche dall’Istituto Nazionale Urbanistica che nella sua relazione sul ddl apprezza l’avvicinamento agli standard di altre regioni sostenendo però la negatività della «bipartizione Regione-Comuni nella pianificazione territoriale» e l’assenza di strutturalità del Ptr, così come previsto dalla riforma, sottolineando infine come lo stesso piano venga realizzato dalla Regione senza alcuna consultazione con gli enti locali. Dall’opposizione, poi, arrivano bordate a raffica: ««La proposta della giunta è ineccettabile perchè reintroduce un sistema pianificatorio di socialista memoria» affermano i forzisti Isidoro Gottardo e Daniele Galasso. E aggiungono: «Si crea una sorta di effetto matrioska che renderà l’autonomia dei singoli comuni pressochè nulla». Uberto Fortuna Drossi, presidente della commissione, annuncia intanto che la seduta della prossima settimana sarà pubblica: «Chi vorrà seguire i lavori, lo potrà fare»

 

 

Monfalcone: nuova modalità di raccolta differenziata dei rifiuti. - Gherghetta: andate a votare per dire si' al porta a porta

 

Mancano nove giorni al referendum consultivo sul porta a porta e anche la Provincia scende in campo a sostegno della nuova modalità di raccolta differenziata dei rifiuti. Un metodo che già da tempo ha esordito su tutto il territorio isontino, lasciando fuori solo Monfalcone. Per questo, il presidente provinciale diessino, Enrico Gherghetta, esorta oggi l’elettorato a recarsi ai seggi e a votare «sì» al porta a porta, allineandosi con la politica del suo partito in città. I Ds, infatti, come affermato nei giorni scorsi dal segretario Omar Greco, a differenza del Pdci, di Legambiente e dei Cittadini per Monfalcone - che incitano all’astensionismo per non far raggiungere il quorum - ribadiscono l’importanza di recarsi ai seggi, pur comprendendo quanti preferiscono non votare perché considerano la consultazione insufficiente a risolvere una questione così delicata. Come dichiarato da Gherghetta: «Ai cittadini dico di andare a votare e di votare sì, proprio come farò io. Certo posso capire chi, riflettendo sull’intera vicenda e non trovando adeguato il metodo referendario, preferisce non andare ai seggi. Personalmente, ritengo che non basti dire cosa non si vuole, ma si debba necessariamente affermare anche cosa si desidera. Ecco perché reputo questo referendum “monco”: avrei preferito che i proponenti avessero presentato, che so, tre opzioni, chiedendo all’elettore di scegliere, ma così non è stato». L’opinione di Gherghetta è che su queste consultazioni aleggi «troppa politica»: «La Provincia, invece, vuole essere chiara – prosegue il presidente – e si sappia fin d’ora, quindi, che io non darò mai l’autorizzazione a nuove discariche, inceneritori o, peggio ancora, a bruciare i rifiuti in centrale. E allora il Centrodestra dove pensa di poter gettare l’immondizia? Il porta a porta è il metodo migliore per preservare ilt territorio e contenere le tariffe: su questo non ci possono essere dubbi». Intanto, il segretario di circoscrizione della Lega Nord, Alessandro Segatto, ha risposto ieri alle dichiarazioni rese dal consigliere Omar Greco in merito alla presunta strumentalizzazione del Centrodestra, promotore del referendum, della disponibilità dei presidenti di seggio: «Dopo che, tirati per i capelli dalla stampa e dal comitato Monfalcone città pulita, i Ds hanno fatto lo sforzo di nominare appena due presidenti per non fare la figura di chi boicotta il referendum, hanno avuto la sfacciataggine di accusare esponenti del Centrodestra di fare polemiche sterili. Ma di quali polemiche sterili parla il consigliere Greco? La realtà è che lui e i Ds hanno tutto l’interesse che i monfalconesi non vadano a votare. Per questo puntano a mettere sul territorio meno seggi possibile». Tiziana Carpinelli

 

 

 

IL GAZZETTINO - GIOVEDI' , 11 GENNAIO 2007

Energia: con Lubiana una collaborazione stretta

Una collaborazione stretta italo-slovena in tema di gas, energia nucleare ed energia elettrica. È quanto hanno concordato, ieri a Lubiana, i ministri degli Esteri dei due Paesi nel corso della visita ufficiale che il vicepremier e ministro Massimo D'Alema ha tenuto in Slovenia. Con il collega Dimitri Rupel, sono state affrontate numerose questioni aperte tra i due Paesi. Da quelle storiche riferite agli eventi legati alla Seconda Guerra mondiale a quelle più attuali. «Su ambiente, trasporti, sistema portuale ed energia dobbiamo collaborare in modo rafforzato per risolvere i contenziosi ancora aperti e far sì che l'Alto Adriatico diventi un polo di sviluppo al servizio di tutta l'Europa - hanno affermato all'unisono D'Alema e Rupel - insieme possiamo collaborare anche per far sì che gli altri Paesi dei Balcani occidentali entrino nell'Ue per una convivenza pacifica».

Ma è l'energia uno dei temi più impellenti. Reso ancora più attuale dal blocco (ora in via di revoca) delle forniture di greggio russo all'Europa orientale che passano per la Bielorussia. «Ci aspettiamo che la Russia onori i suoi impegni contrattuali con il nostro paese - ha commentato ieri il vicepremier D'Alema - per questo la politica energetica italiana tende a differenziare le fonti. Di recente non è stato soltanto concluso il nuovo imponente accordo tra Eni e Gazprom, ma anche un accordo con l'Algeria per un nuovo gasdotto verso l'Italia attraverso la Sardegna. Inoltre stiamo lavorando per potenziare accordi con la Libia. Stiamo sviluppando una politica energetica in grado di assicurare, attraverso una pluralità di rapporti, la sicurezza energetica dell'Italia. Dipendere da un solo paese non sarebbe saggio, né ragionevole».

In questo quadro, anche la cooperazione con la Slovenia può risultare importante. Infatti attraverso la giovane repubblica transita l'energia elettrica proveniente dall'Est, in particolare dalle centrali nucleari della Slovacchia, dove l'Enel ha effettuato ingenti investimenti. Ma il vicepremier italiano ha rilevato la necessità, per il Paese, di mettere a punto un certo numero di rigassificatori, due progetti dei quali riguardano rispettivamente un terminal a Trieste e una piattaforma off-shore nel mare del Golfo giuliano.

Progetti verso i quali il governo sloveno ha espresso contrarietà, anche se, ha fatto presente il ministro Rupel, «stiamo ora esaminando il nuovo materiale ricevuto dall'Italia a fine dicembre. In base a questi documenti è possibile anche pensare a una nuova forma di collaborazione».

È stato lo stesso D'Alema a tendere la mano, ricordando che l'Italia rispetterà le norme europee in materia di valutazione d'impatto ambientale, coinvolgendo anche la Slovenia. Ma facendo anche presente che a poca distanza dal confine italiano, opera la vecchia centrale nucleare di Krsko, cogestita da Slovenia e Croazia che l'hanno "ereditata" dalla ex Jugoslavia. La chiusura della centrale era prevista nel 2023, ma l'intenzione di Lubiana e Zagabria è di rinviare lo smantellamento di almeno vent'anni e di realizzare un nuovo reattore nucleare. Anche la centrale di Krsko - ha fatto notare D'Alema al suo ospite sloveno - è oggetto di preoccupazioni italiane e dovrebbe essere sottoposta alla valutazione di impatto ambientale da parte dell'Italia.

«Ma due Paesi moderni come il nostro e la Slovenia - ha aggiunto il ministro - sono in grado di realizzare centrali nucleari e rigassificatori senza creare paure. Possiamo, quindi, elaborare un piano comune, nella logica della cooperazione e trasparenza. Cooperazione che nel campo energetico potrebbe anche essere economica e di co-gestione. Siamo fra i Paesi in grado di dominare queste tecnologie e siamo parte dell'Ue. Non possiamo pensare di risolvere questi problemi dicendo "ognuno a casa propria fa quello che vuole", non è questa la regola europea».

D'Alema non ha escluso nemmeno una partnership italiana per l'ammodernamento della centrale nucleare di Krsko, così come pure un intervento sloveno per un eventuale rigassificatore a Trieste. «Queste decisioni non spettano ai governi - ha precisato - Al progetto dei rigassificatori, per esempio, sono interessate società private e anche non esclusivamente italiane. Ma i governi possono incoraggiare anche delle cooperazioni. Non sono l'amministratore dell'Enel. Ma già ora, stante il referendum che ha vietato il nucleare in Italia, l'Enel partecipa alla costruzione di impianti nucleari in diversi paesi europei e potrebbe, io ritengo, essere interessata a un impegno di questo tipo anche in Slovenia».

L'idea è di proporre ai rispettivi governi il varo di un comitato interministeriale bilaterale che comprenda le competenze in materia ambientale, di sviluppo, trasporti, della soluzione della questione della zona ittica dell'Adriatico con la Croazia e altro ancora.

L'invito a collaborare allo studio dell'impatto ambientale di tutti i progetti energetici transfrontalieri è piaciuto al ministro Rupel. «Tutti i paesi europei si stanno attivando per l'approvigionamento energetico - ha sottolineato - e di certo i membri dell'Unione europea non vogliono ostacolarsi tra loro, ma semmai collaborare».

E oltre a rigassificatori e nucleare, altri due importanti progetti coinvolgono i due stati. Si va dal gasdotto che si sta realizzando tra Costanza, sul mar Nero, e Trieste, fino a passare al nuovo elettrodotto che dalla Slovenia dovrà portare energia elettrica in Italia. Un'opera considerata da Terna, che gestisce la rete elettrica nazionale, strategica per il nostro Paese. Si tratta di un nuovo elettrodotto a 380 kV che da Okrogolo, in Slovenia, punti a Udine e Redipuglia per distribuire, attraverso il Veneto, corrente elettrica a tutta la Penisola. Osteggiato dalla popolazione friulana, potrebbe essere sostituito da una linea transfrontaliera da 400 MV e 2000 MW, estensibili fino a 3000, che con tecnologia Gil (Gas Insulated Line) consenta di collegare la stazione slovena di Divaca con quella italiana di Redipuglia.È la proposta avanzata l'estate scorsa dalla Regione Friuli Venezia Giulia a Terna, Rfi e ai due governi interessati. La duplice proposta è finalizzata a costruire un elettrodotto interrato lungo circa 60 chilometri in cavi collocati dentro una conduttura blindata che contiene gas. Si tratterebbe di un elettrodotto ad altissima tensione e di enorme capacità, che impiegherebbe una parte dello spazio del cunicolo esplorativo e di servizio, del diametro di 5 metri, che sarà comunque costruito tra le due gallerie principali della prevista tratta ferroviaria del Corridoio 5 tra Monfalcone e Divaca. Questa linea innovativa permetterebbe inoltre di sfoltire l'attuale selva di reti e tralicci, per fare posto ad una più razionale rete di trasporto con evidente beneficio per l'impatto ambientale e paesaggistico.

Lorenzo Marchiori

 

La centrale nucleare di Krsko, nella Slovenia orientale, è da anni al centro di un complesso negoziato con la Croazia, che ne fruisce in parte, e con gli Stati vicini. Costruita nel 1981 dalla Westinghouse per conto della Jugoslavia, la centrale si è trovata all'epoca della secessione slovena del 1991 al centro del conflitto con il governo di Belgrado. Dopo l'indipendenza con la Croazia è sorta una controversia sull'utilizzo della centrale che ha avuto anche alti momenti di tensione fra i due Stati. Dopo essere stata pianificata la chiusura dell'impianto per il 2023, la Slovenia ha chiesto una proroga, contestata dagli ambientalisti che temono le conseguenze di un possibile incidente nucleare nella centrale che dista in linea d'aria 150 chilometri da Trieste e 230 da Venezia. Anche l'Austria ha avuto di recente da ridire sulla centrale, dato che per il deposito delle scorie nucleari era stato ipotizzato l'utilizzo di un sito sotto la catena montuosa delle Caravanche, a ridosso del confine con austro-sloveno.

 

 

Idrogeno «verde», Illy lancia la sfida a Bruxelles

Il presidente delle Regioni d’Europa propone la creazione di una società europea per la fonte energetica alternativa

«Promuovere l'idrogeno verde è non solo un problema energetico, ma anche una possibilità e una sfida per l'Europa, per la sua indipendenza, il suo sviluppo economico, la sua coesione territoriale» ha affermato ieri a Bruxelles il presidente del Friuli Venezia Giulia e dell'Are (l'Assemblea delle Regioni d'Europa) Riccardo Illy, invitato al seminario Ue dedicato all'impegno per la creazione di una «società dell'idrogeno verde in Europa», promosso quando nella capitale belga (sempre ieri) la Commissione europea ha annunciato il Piano triennale Ue sull'energia.

Il campanello d'allarme suonato dalla Commissione europea è impietoso: l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta possono costare un prezzo pesante all'Europa, in termini sociali ed economici (agricoltura, turismo, pesca e altro ancora), soprattutto per i Paesi mediterranei come l'Italia, la Spagna o la Grecia. Se a questo drammatico scenario sulla situazione climatica e ambientale del nostro continente si aggiungono le quotidiane notizie sulle possibili interruzioni nelle forniture energetiche dall'Est Europa o le costanti tensioni in Medio Oriente, che di fatto riguardano la sopportabilità economica dell'aumento del prezzo del petrolio, allora sembra urgente ed opportuno passare a quella che ieri a Bruxelles, al Parlamento europeo, è stata definita come la "terza rivoluzione industriale", assicurata da una nuova economia dell'idrogeno "verde", ottenuto cioè da fonti rinnovabili come le biomasse di origine agricolo o forestale, il vento, il sole. All'incontro nella capitale Ue, assieme ad Illy, sono intervenuti numerosi europarlamentari, come Vittorio Prodi ed Umberto Guidoni, l'economista e propugnatore del passaggio all'idrogeno Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington è già consulente della Commissione europea.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI' , 11 GENNAIO 2007
 
 

Polveri sottili al doppio del limite: oggi stop alle auto in centro dalle 16 alle 19 Se non calano, domani anche al mattino

 

Il sindaco ha concordato con la Ferriera la riduzione della produzione, prevista dal piano di azione comunale

Stop alla circolazione in città, dalle 16 di oggi (e fino alle 19) entro un vasto perimetro del territorio comunale. La decisione, che riguarda tutti gli autoveicoli e motoveicoli sia a benzina che a gasolio (anche dei non residenti), è stata presa ieri dall’amministrazione comunale e formalizzata in un’ordinanza del sindaco, dopo che per tre giorni consecutivi si è superato il limite di legge delle pericolose polveri sottili (pm10) nelle centraline di riferimento di piazza Libertà, via Carpineto e via Svevo.
Secondo le rilevazioni dell’Arpa, martedì scorso il livello massimo delle polveri è stato registrato in via Carpineto con 103 microgrammi per metro cubo (il limite di legge è 50). Concentrazioni inferiori, ma comunque elevate, anche in piazza Libertà (72,4), via Pitacco (63,2) e via Svevo (72,3).
Se il livello di inquinamento non dovesse scendere oggi – e le condizioni meteo, secondo le previsioni dell’Osservatorio meteorologico dell’Arpa, con venti deboli da sud, non fanno presagire cambiamenti – il divieto di circolazione verrà applicato anche domani e nei giorni successivi (nelle fasce orarie 9.30-12.30 e 16-19) fino a quando i livelli non rientreranno nei limiti di legge.
I divieto si applica a tutte le strade situate all’interno del perimetro indicato nel grafico a fianco e nella tabella qui sotto.
Le strade che compongono il perimetro rimangono liberamente percorribili. Inoltre, all’interno del perimetro tutti i veicoli possono percorrere le seguenti strade: via Commerciale (fra via Cordaroli e via Pauliana), via Pauliana (l’intera via), l’asse via Salata-galleria di Montebello-piazza dei Foraggi-viale Ippodromo, via Udine (fra salita di Gretta e via Barbariga), via Barbariga (fra via Udine e via dei Saltuari).
Percorribili anche le strade di accesso e uscita da alcuni parcheggi: parcheggio S. Andrea (via Carli); parcheggio Ferdinandeo (via Marchesetti, da via San Pasquale a parcheggio Ferdinandeo); parcheggio Palasport di Chiarbola (rampa Grande viabilità, svincolo via Svevo, via Svevo fra via Baiamonti e via D'Alviano, via D'Alviano fra via Svevo e via Doda, via Doda (fra via D'Alviano e piazzale Puglie), piazzale delle Puglie; parcheggio Foro Ulpiano (via Fabio Severo fra via Cologna e via Cicerone, via Cicerone, via Coroneo fra via Cicerone e via Fabio Severo, Foro Ulpiano).
Nell’ordinanza firmata dal sindaco si avverte che il provvedimento è valido anche se non verrà apposta un’apposita segnaletica. Vengono ritenute sufficienti le comunicazioni e gli avvisi alla cittadinanza fatti attraverso i mezzi di comunicazione. Pesanti le sanzioni previste per chi violerà il divieto: la multa potrà infatti variare tra 68,25 e 275,10 euro.
Tornando alla decisione presa ieri pomeriggio dal Comune, dopo un incontro con Regione, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria, l’assessore all’Ambiente Maurizio Bucci ricorda come nei giorni precedenti gli sforamenti «il livello delle polveri cresceva, e poi veniva superato, sempre a partire dalla centralina di via Carpineto, a Servola, per poi estendersi alle altre centraline. In via Carpineto – aggiunge – la concentrazione è stata quasi doppia rispetto alle altre zone. E di notte, quando non c’è traffico, si sono registrati paradossalmente livelli delle polveri anche doppi, pari a oltre 200 microgrammi per metro cubo».
Viste le particolari condizioni di inquinamento e le previsioni meteo, il Comune ha quindi concordato con la direzione della Ferriera la riduzione della produzione. «Abbiamo convenuto – ha precisato il sindaco Dipiazza – per l’abbassamento della produzione al minimo».
Si tratta della prima volta che questa misura viene applicata, ma va ricordato che è prevista dal «piano d’azione comunale per il contenimento e la prevenzione degli episodi acuti di inquinamento atmosferico», predisposto qualche anno fa dall’assessore all’Ambiente Maurizio Ferrara e approvato dalla giunta nel maggio 2005. Piano secondo il quale, nel caso il Comune non intervenga nei confronti della Ferriera, a dovere farlo è la Regione.
Riguardo alle polveri sottili, il piano prevede in particolare la limitazione della circolazione nel caso che il valore medio di 70 microgrammi per metro cubo venga raggiunto anche per un solo giorno, o in alternativa si raggiunga il valore orario di 400 microgrammi per metri cubo del biossido di azoto.
Una situazione, relativamente alle polveri sottili, che nella centralina di via Carpineto si è verificata non solo martedì ma anche domenica scorsa, quando si sono rilevati 91,2 microgrammi per metro cubo.

Giuseppe Palladini

 

Tutte le deroghe: possono circolare auto a gpl, metano, Euro 4, e moto Euro 2 o Euro 3

 

Numerose le deroghe previste al divieto di circolazione. Eccole nel dettaglio: veicoli ad emissione zero; veicoli che usano come carburante metano o Gpl; autoveicoli omologati EURO 4 (direttive: 98/69 CE-B - 99/102 CE-B rif. 98/69 - 2001/1 CE-B - 2002/80 CE-B) e motoveicoli e ciclomotori omologati EURO 2 (direttive: 97/24 CE fase II cap.5 - 2002/51 CE fase A) o EURO3 (direttiva: 2002/51 CE fase B); veicoli adibiti al trasporto pubblico (bus, taxi, autonoleggio con conducente); veicoli a servizio degli invalidi con contrassegno di; veicoli adibiti a servizi di stato, a servizi pubblici e/o di pubblica utilità e a compiti di sicurezza pubblica, nonché veicoli di istituti di vigilanza e trasporto valori, compresi quelli per recapito/raccolta postale e assimilati; veicoli con targa CC o CD e veicoli con targhe «prova»; veicoli usati dalle testate radiotelevisive e dagli organi di stampa; veicoli dei ministri di culto; veicoli usati da medici e veterinari in visita domiciliare urgente, solo nel tragitto casa-ambulatorio-luogo della visita, e veicoli di servizio dell’Ass e dell’Arpa; veicoli utilizzati da medici, infermieri e tecnici dell’Azienda Ospedaliera o strutture sanitarie equivalenti che, per motivi di urgenza a chiamata di reperibilità, devono raggiungere le strutture dell’Azienda Ospedaliera e/o le strutture sanitarie; autoveicoli per il trasporto di persone soggette a trattamenti sanitari di particolare gravità e/o riabilitativi programmati e/o continuativi, nonché autoveicoli che trasportano persone con ridotta capacità deambulatoria e/o altre gravi patologie e impossibilitate temporaneamente a servirsi dei mezzi pubblici (per usufruire della deroga dovrà essere esibita una certificazione medica), veicoli in uso degli addetti ai servizi comunali di assistenza domiciliare; veicoli diretti all’Ispettorato di Motorizzazione civile e/o officine autorizzate per revisioni programmate, con possibilità di ritornare all’abitazione (max 30 minuti); veicoli partecipanti a cortei matrimoniali, muniti di autocertificazione; veicoli di proprietà delle autoscuole in attività di esercitazione e/o esame per il conseguimento patenti; veicoli destinati al trasporto merci, esclusivo o promiscuo, per l’esercizio dell’attività; veicoli dei lavoratori dipendenti o autonomi, con autocertificazione dell’orario di lavoro rilasciata dall’azienda (quando dalla dichiarazione dell’azienda risulti un orario di inizio o fine turno tale da non consentire l’uso del mezzo pubblico, oppure quando la sede dell’azienda o l’abitazione del lavoratore non sono serviti da mezzi pubblici; questi veicoli sono tenuti a raggiungere la destinazione percorrendo l’itinerario più breve nel tempo massimo di 30 minuti).

 
 
Energia, l’Ue boccia l’Italia: «È in forte ritardo»
 
Il presidente Barroso: «Serve una vera rivoluzione». Previsto per il 2020 il taglio del 20% delle emissioni
 Varato il piano della Commissione europea per la riduzione dei gas serra. Negativo il giudizio sul nostro Paese «lontano dagli obiettivi fissati e senza strategia»
BRUXELLES Allarmata dalle fosche previsioni di cambiamenti climatici per il massiccio riversamento nell’atmosfera di anidride carbonica e scottata dagli improvvisi tagli dei rifornimenti provenienti dalla Russia, l’Europa si muove e si dà un programma di sviluppo energetico a tutto campo, adatto ad una «società post-industriale». Il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha presentato ieri un pacchetto di iniziative perché, ha detto, nel settore energetico, nel Vecchio continente, è giunta l’ora di una vera e propria «rivoluzione».
Nel pacchetto, non sono mancate le critiche all’Italia che nel settore delle fonti energetiche rinnovabili è molto indietro rispetto agli altri paesi della Ue pur seguendo anch’essi a rilento la tabella di marcia che si erano prefissati. Inoltre, l’Italia rischia di essere portata di fronte alla Corte di giustizia europea, perché oggi ha un gap di 96 milioni di tonnellate di gas nocivi le cui emissioni devono essere ridotte del 6,5 per cento in rapporto ai livelli del 1990, entro il 2010 secondo gli accordi di Kyoto.
«Nonostante una forte crescita in settori quali l’energia eolica, il biogas e il biodiesel, l’Italia è lontana dagli obiettivi fissati a livello nazionale ed europeo - si legge nel documento - diversi sono i fattori che contribuiscono a questa situazione. Innanzitutto - viene precisato - a causa di un consistente elemento di insicurezza dovuto ai cambiamenti politici e all’ambiguità dalla strategia attuale. Inoltre - secondo la commissione - in Italia vigono complesse procedure di autorizzazione a livello locale e alti costi nelle connessioni di rete».
In base alle direttive della Ue, in Italia il consumo di elettricità prodotta da fonti rinnovabili dovrebbe raggiungere il 25 per cento del totale entro il 2010. Ma il nostro Paese, dice la Commissione, invece di andare avanti ha fatto passi indietro. Nel 1997, il consumo di energia pulita era al 16 per cento, oggi è sceso al 15,43 per cento. In Europa, gli obiettivi di fondo del piano della commissione sono il taglio delle emissioni nocive nell’atmosfera del 20 per cento entro il 2020 e portare al 20 per cento l’energia ottenuta da fonti rinnovabili entro la stessa data. Sempre entro il 2020, inoltre, l’uso dei biocarburanti dovrà salire fino al 10 per cento. Si otterranno cosë due risultati. Si ridurrà la dipendenza europea dai paesi produttori di petrolio, gas e carbone e si creeranno le condizioni, a causa della minore richiesta sul mercato, per una moderazione dei prodotti energetici fossili.
«La commissione è convinta che quando un accordo internazionale sul dopo Kyoto sarà raggiunto nel 2012 - ha detto ancora Barroso - sarà possibile tagliare le emissioni di CO2 del 30 per cento entro il 2020 nei paesi industrializzati».
«Se prendiamo le giuste decisioni adesso - ha sottolineato il commissario all’energia Andris Piebalgs - l’Europa potrà guidare il mondo verso una nuova rivoluzione industriale con un’economia basata su basse emissioni di carbonio».
La commissione ha evitato di toccare il delicatissimo tasto del nucleare sapendo che alcuni paesi come la Francia e il Belgio attingono a questa fonte per più del 50 per cento dei fabbisogno nazionale. «Noi siamo agnostici sul nucleare, ma dobbiamo tener conto del fatto che il 31 per cento dell’energia prodotta in Europa proviene da questa fonte», ha detto Barroso spezzando così implicitamente una lancia a favore delle centrali atomiche di cui però ha riconosciuto gli alti costi di costruzione e stoccaggio delle scorie.

 

Illy: «Servono soluzioni ambiziose, va dato impulso a fonti rinnovabili»
 
BRUXELLES Il campanello d'allarme suonato dalla Commissione europea è impietoso: l'effetto serra ed il relativo surriscaldamento del pianeta possono costare un prezzo troppo pesante all'Europa, in termini sociali ed economici (agricoltura, turismo, pesca, ecc.), soprattutto per i Paesi mediterranei come l'Italia, la Spagna o la Grecia. Così anche le regioni europee si apprestano ad attuare il loro pressing nei confronti della Commissione Ue perchè sull'energia presenti «soluzioni più chiare ed ambiziose». Lo ha detto il presidente dell'Assemblea delle regioni d'Europa (Are), Riccardo Illy, che oggi è intervenuto a Bruxelles ad un'iniziativa organizzata al Parlamento europeo sullo sviluppo dell'idrogeno verde con la partecipazione, tra gli altri, di Jeremy Rifkin.
Il governatore del Friuli Venezia Giulia ha insistito sulla necessità di trovare soluzioni per ridurre il consumo di energia, ma anche sull'esigenza di evitare la dipendenza dal petrolio e di avviare soluzioni alternative per non immettere anidride carbonica nell' atmosfera. «Producendo energia da fonti rinnovabili si riduce la domanda di petrolio e di conseguenza anche il prezzo, entrando in una spirale virtuosa», ha osservato Illy secondo il quale «già oggi con il fotovoltaico e soprattutto con l'eolico siamo vicini alla competitività con le fonti fossili». Spingendo ancora di più in questa direzione, «la produzione di energia - ha rilevato il presidente del Friuli Venezia Giulia - diventerà economica in tempi molto più brevi, dando un contributo sia alla disponibilità complessiva di energia che oggi è in certi momenti in dubbio - basta ricordare i black out in Italia -, sia alla riduzione dei prezzi che alla diminuzione dell'impatto sull'ambiente».
«Ma per far questo - ha proseguito Illy - bisogna darsi obiettivi chiari e ambiziosi che oggi non sembrano esserci.
Forse, per un breve periodo, le energie rinnovabili - ha puntualizzato il presidente - ci costeranno un pò di più, ma poi entreremo nella spirale virtuosa ed otterremo il duplice beneficio di un prezzo più basso e di un minore livello di inquinamento».
Ad avviso del presidente dell'Are, che ha chiesto alle istituzioni comunitarie un maggior coinvolgimento dei territori, «le regioni devono avere un ruolo fondamentale per mettere in atto i principi dell'agenda di Lisbona partecipando così anche alla fase di ricerca e di sperimentazione delle nuove soluzioni», per promuovere il risparmio e l'uso di fonti alternative nonchè per il coordinamento degli enti locali che gestiscono i servizi di pubblica utilità, inclusa la distribuzione dell'energia.

 
 

Rigassificatori, nuovo dibattito lunedì

 

Puramente tecnica la seduta di ieri in Comune: il 18 scade il termine per il parere La sesta commissione ascolterà le società e gli ambientalisti

Sarà necessario un secondo incontro di approfondimento prima che la Commissione ambiente del Comune esprima, il prossimo 17 gennaio, il proprio parere sulla compatibilità ambientale dei progetti sui rigassificatori presentati da Endesa e Gas Natural. La seduta tenutasi ieri nella sala del consiglio comunale, infatti, è stata di carattere puramente tecnico: l’ingegnere comunale Gianfranco Caputi ha illustrato i documenti integrativi presentati dalle due società, necessari a far chiarezza su alcuni punti relativi alla sicurezza degli impianti e al loro impatto ambientale, di cui la documentazione precedente era risultata carente.
Il dibattito vero e proprio sul tema, però, è stato rinviato alle 9 di lunedì 15 gennaio, quando verranno ascoltati anche i rappresentanti delle due società proponenti, le istituizioni locali interessate (Ezit, Capitaneria di porto, Acegas, Camera di Commercio e Authority), le circoscrizioni e le associazioni ambientaliste. Dopo i lavori di lunedì, la commissione si riunirà mercoledì 17 per dare un parere definitivo, che verrà poi trasmesso al consiglio comunale, chiamato ad esprimersi, secondo la tempistica fissata dalla Regione, tassativamente entro il 18, data dopo la quale scatterà il silenzio-assenso. Il parere della giunta (che ha già bocciato il progetto off-shore dell’Endesa) e del consiglio comunale, però, come precisato ieri l’assessore Maurizio Bucci, non sono definitivi: l’ultima parola, infatti, spetta al governo.
Nel frattempo, ieri è stata fatta chiarezza su alcuni punti poco chiari dei due progetti, in particolare quelli relativi alla sicurezza degli impianti nel caso di attentati terroristici (le due società garantiscono che non ci sarebbe nessuna esplosione di gas naturale liquefatto), la compatibilità con navigazione e pesca, i benefici per la città (secondo Gas Natural la non realizzazione del terminale comporterebbe una perdita di 2 miliardi di euro), l’impatto visivo diurno e notturno degli impianti e quello ambientale.
Rimane ancora da chiarire, però, nel caso dell’impianto on-shore nella zona ex Esso, come il terminale verrà collegato al sistema nazionale di trasporto del gas: un particolare fondamentale, dal momento che l’ottenimento del parere positivo del Via (valutazione imbatto ambientale) sul metanodotto è stato posto dalla giunta comunale quale condizione «sine qua non» per la propria approvazione al progetto.
e. le.

 

 

Muggia: raccolta differenziata, 87 chili a testa - Ma il 15,42% del 2006 è ancora lontano dalla media del Nordest

 

L’assessore Veronese indica la necessità di sensibilizzare tutti i residenti alla collaborazione: presto una campagna informativa

MUGGIA Gli ultimi dati AcegasAps: aumenta la quantità di rifiuti trattati rispetto al 2004

MUGGIA Aumenta gradualmente la raccolta differenziata nel Comune di Muggia, anche se contemporaneamente cresce pure il volume totale di rifiuti prodotti. Per il futuro l’amministrazione punta sulla differenziazione dei rifiuti umidi, ma confida anche in una maggiore collaborazione dei muggesani. I dati percentuali della raccolta differenziata forniti dall’AcegasAps riportano per il 2004 un 13,15%, nel 2005 un 14,53% e un 15,42% nell’anno appena concluso. In termini di peso, nel 2004 i muggesani hanno separato 73,3 chili di rifiuti a testa, passati a 81,08 l’anno dopo e a 87 chili nel 2006. Si è ancora lontani dalle medie, che secondo l’Osservatorio nazionale dei rifiuti, nel 2004 (ultimo dato disponibile), sono del 25,8% in Friuli Venezia Giulia, del 35,5% nel Nordest italiano e del 22,7% a livello nazionale.
In totale, nel 2004 i muggesani hanno prodotto poco più di 7.450 tonnellate di rifiuti, quasi quanto nel 2005, ma nel 2006 (secondo i primi dati, che potrebbero essere approssimati per difetto) si è passati a quasi 7.860 tonnellate.
Tornando ai rifiuti differenziati, quelli maggiormente raccolti sono carta e cartone: quasi 260 tonnellate nel 2005, che però diventano oltre 310 tonnellate nell’anno appena concluso. Aumenta di molto anche la raccolta di imballaggi in plastica in genere, dalle quasi 35 tonnellate del 2004 e 2005 alle oltre 52 tonnellate nel 2006. Il vetro passa da quasi 120 a poco meno di 150 tonnellate. Ciò che non viene separato va all’inceneritore, con una spesa che continua a crescere sia per l’aumento dei rifiuti da incenerire sia per i costi stessi dell’operazione. Il Comune nel 2006 ha speso 725 mila euro, mentre per il 2007 a bilancio sono stati stanziati 740 mila.
L’assessore alle Risorse tecniche Piero Veronese (Pdci) spiega: «Puntiamo sempre alla riduzione dei rifiuti conferiti all’inceneritore. Potenzialmente, con le campane e i cassonetti per la raccolta differenziata sparsi sul territorio – dice l’assessore - si potrebbe già ora avere una buona percentuale. Ma se poi non c’è la volontà della gente, possiamo fare poco. Stiamo pensando a nuove campagne di sensibilizzazione». E si stanno già studiando i metodi. Per iniziare, nell’immediato futuro, il Comune vuole avviare anche la separazione dei rifiuti umidi: «Ne stiamo parlando con l’AcegasAps - dice Veronese -. Vogliamo partire con i bar e ristoranti, per poi passare alle utenze private».
s.re.

 

 

PANORAMA - GIOVEDI' , 11 GENNAIO 2007

 

Italia a tutto vento - Elettricità per 4 mln italiani, più 50% di produzione elettrica, più 25% di potenza installata.

 

 I dati comunicati dall'Aev, l'associazione italiana energia del vento, confermano che questa fonte alternativa può portare a ottimi risultati. »
Anche per il 2006 il settore eolico nazionale ha confermato che tale fonte pulita cresce con il più alto tasso: più 25% di potenza installata, più 50% di produzione elettrica arrivando a coprire il fabbisogno elettrico di oltre 4 milioni di italiani.
DATI 2006
I dati ufficiali del 2006, riferiti dall'
Anev, Associazione italiana energia del vento, dimostrano che la crescita di questa tecnologia è costante e, se adeguatamente sostenuta, può portare a ottimi risultati.
Nel corso del 2006 in Italia si sono avute n
uove installazioni per 417,01 MW raggiungendo il valore complessivo di 2.123,36 MW, a fronte di una potenza complessiva, a fine 2005, di 1.717,97 MW.
Particolarmente rilevante risulta il dato della produzione elettrica che vede una produzione complessiva da fonte eolica pari a 3,4 TWh, a fronte del dato 2005, che aveva visto una produzione di 2,35 TWh.
 

·  Energia eolica (Wiki)

COSA E QUANTO SI RISPARMIA
Gli
COSA E QUANTO SI RISPARMIA
Gli incrementi registrati sono importanti avendo portato la
produzione elettrica, da sola fonte eolica, a coprire il fabbisogno di oltre 4 milioni di italiani, oltre ad aver consentito un risparmio di 3,5 milioni di tonnellate di CO2, 15 mila tonnellate di SO2, aver evitato un grande numero di altri inquinanti e polveri sottili e aver risparmiato 10 milioni di barili di petrolio che il nostro Paese ha evitato di importare dall'estero con conseguente rilevante beneficio di sicurezza negli approvvigionamenti e della bilancia commerciale nazionale.
"Il risultato raggiunto dall'eolico in Italia - dichiara
il presidente Anev, Oreste Vigorito - dimostra come, contrariamente a quanto affermato dai detrattori delle fonti rinnovabili di energia, tale fonte possa contribuire in maniera rilevante alla lotta ai cambiamenti climatici che proprio in questi giorni da parte della Commissione Europea è stata individuata come azione prioritaria a livello europeo"."Ancora una volta - prosegue Vigorito - viene dimostrata l'enorme potenzialità che le fonti rinnovabili e l'eolico tra di esse hanno nella riduzione delle emissioni inquinanti.
Chiediamo solamente ai legislatori - conclude - di provvedere, in tempi brevi, a
dare certezze al mondo produttivo delle fonti rinnovabili affinché tali importanti risultati possano continuare per il futuro in linea con le aspettative e con gli impegni assunti dal Governo Italiano in sede internazionale".
IL SUD MEGLIO DEL NORD
Sempre stando all'analisi dell'Anev,
è il Centro-Sud la terra dove girano più pale.
Degli oltre 1.700 MW di energia dal vento installati in Italia,
è il Mezzogiorno a fare la parte del leone con più di 1.200 MW di potenza installata con 2.300 turbine eoliche installate prevalentemente in Campania (409 MW), Puglia (340 MW), Sardegna (335 MW) e Sicilia (314 MW).
Scarso, invece, finora lo sviluppo di progetti eolici nel Centro-Nord, con poche turbine a differenza delle aree appenniniche e insulari che hanno visto la realizzazione di vere e proprie centrali di grandi dimensioni: "Il Sud decisamente avanti di dieci anni rispetto al Centro-Nord del Paese" - spiegano all'Anev.
Dalla pubblicazione del
Libro Bianco nel 1997 con l'indicazione degli obiettivi da raggiungere entro il 2010, per la potenza eolica di installare in ogni Paese dell'Unione Europea, tutte le regioni meridionali si sono date un gran da fare per tentare di osservare tale obiettivo".
È sufficiente chiamare in causa la conformazione fisica dell'Italia, con relativa pochezza di vento, per "giustificare" la scara presenza di torri eoliche al Nord?
"Non sempre", dicono gli esperti. "In alcuni casi manca ancora il Piano Energetico Regionale mentre in altri le centrali installate sono molto al di sotto della potenzialità sviluppabile.
Anche perché nel centro-nord, sarebbe possibile prevedere lo sviluppo di progetti eolici con poche turbine.
Alcuni studi, infatti, prospettano una potenza installabile nelle Regioni del Centro-Nord intorno ai 500 MW entro il 2012.
Una capacità eolica di questa dimensione potrebbe produrre annualmente 1 miliardo di kWh, in grado di soddisfare il fabbisogno di elettricità di una città di 900.000 abitanti.
APPELLO UE
L'appello del presidente Vigorito si associa a quello
lanciato dalla Commissione Ue.
I numeri dell'eolico in Italia, dice in sostanza la Commissione, sono incoraggianti ma ancora insufficienti: "Nonostante un forte sviluppo nei settori dell'eolico, del biogas e del biodiesel
l'Italia è ancora molto lontana dal raggiungere gli obbiettivi fissati sia a livello nazionale sia a livello europeo".
Nella scheda dedicata alla situazione italiana, contenuta nel rapporto sull'energia presentato dall'Ue, si legge: "Parecchi fattori contribuiscono a questa situazione. Innanzi tutto ci sono
grandi elementi di incertezza dovuti ai recenti cambi politici ed alle ambiguita' dell'attuale disegno politico".
"In secondo luogo - si legge sempre nel rapporto della Commissione -
ci sono restrizioni amministrative come un sistema complesso per le procedure di autorizzazione a livello locale. Terzo, esistono barriere finanziarie che rendono molto elevati i costi di connessione alle reti".
Per tutti questi motivi - sottolinea Bruxelles - l'Italia fa registrare ancora dei ritardi molto forti.
TORRI ABBELLITE
Soprattutto
nei confronti di Germania e Spagna, i Paesi europei che da anni ormai hanno investito sulla produzione di energia pulita, tramite le torri eoliche: "I tedeschi producono con il vento 18 mila megawatt l'anno, gli Spagnoli 9 mila", calcola Ermete Realacci, padre di Legambiente e presidente della commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici alla Camera, uno dei più convinti fautori dell'eolico.
E alla gente che protesta per i progetti di migliaia di nuove pale, Realacci ribatte: "Bisogna cominciare a
dire sì, se vogliamo rispettare gli obiettivi di Kyoto.
Non lasciamoci convincere dall'idea che queste torri deturpino l'ambiente.Millenni di lavoro umano hanno già modificato il paesaggio.
Anzi,
sono convinto che, su certi crinali, la presenza di una fila di pale eoliche può addirittura dare un arricchimento estetico. Per il futuro sarebbe bello chiamare un Renzo Piano a progettarle...".

Matteo Durante

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MERCOLEDI' , 10 GENNAIO 2007

Gas serra, l'Ue punta al -20% nel 2020 e boccia l'Italia in politica energetica

La Commissione ha presentato il pacchetto di misure sull'energia - Entro la stessa data le rinnovabili dovranno incidire per il 20%

Bruxelles "agnostica" sul nucleare, ma Barroso si schiera "il 31% delle elettricità grazie alle centrali, l'importante è eliminare il carbone"

BRUXELLES - L'Ue boccia la politica italiana sull'energia. "Nonostante la forte crescita in settori come l'eolico, il biogas e il biodiesel, l'Italia è lontana dagli obiettivi definiti sia a livello nazionale che europeo". E' quanto si legge nel documento presentato a Bruxelles dalla Commissione Europea insieme al pacchetto sulla politica energetica.
"Diversi fattori contribuiscono a questa situazione - continua il testo - in primo luogo c'è un grande elemento di incertezza dovuto alle recenti ambiguità e cambiamenti politici nel definire la politica attuale". In secondo luogo, sottolinea la Commissione, "ci sono vincoli amministrativi come le complesse procedure di autorizzazione a livello locale", e infine "ci sono barriere finanziarie come gli alti costi di connessione alla rete". Secondo la normativa europea l'Italia deve arrivare al 25% di elettricità prodotta dalle rinnovabili entro il 2010.
"In secondo luogo - si legge ancora nel rapporto della Commissione - ci sono restrizioni amministrative come un sistema complesso per le procedure di autorizzazione a livello locale. Terzo, esistono barriere finanziarie che rendono molto elevati i costi di connessione alle reti". Per tutti questi motivi - sottolinea Bruxelles - l' Italia fa registrare ancora dei ritardi molto forti.
Le misure annunciate. La Commissione europea ha presentato l'annunciato pacchetto di misure sulla politica energetica e ha proposto la riduzione di almeno il 20 per cento entro il 2020 delle emissioni di gas serra dei Ventisette. "La Commissione è convinta che quando un accordo internazionale sarà raggiunto sul dopo 2012, questo porterà a un taglio delle emissioni del 30 per cento entro il 2020 da parte dei Paesi industrializzati".
Il Commissario Ue all'Energia Andris Piebalgs ha continuato: "Se prendiamo le giuste decisioni adesso l'Europa può guidare il mondo verso una nuova rivoluzione industriale: lo sviluppo di un'economia a basse emissioni di carbonio". Il cambiamento climatico "è una delle più gravi minacce al nostro pianeta", ha aggiunto il Commissario Ue all'Ambiente Stavros Dimas.
Dimas ha quindi fatto appello al resto dei Paesi industrializzati affinchè seguano l'esempio europeo e "accelerino il progresso verso un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni globali".
Più rinnovabili. Tra le sue proposte la Commissione indica anche gli obiettivi per l'incremento delle fonti rinnovabili e i carburanti verdi. L'obiettivo vincolante suggerito da Bruxelles è di arrivare entro il 2020 al 20 per cento di energia pulita e al 10 per cento di biocarburanti. Il pacchetto varato dalla Commissione ha comunque davanti a sé ancora un lungo percorso. Sarà prima discusso al consiglio europeo di primavera, poi la Commissione presenterà proposte legislative per dare il via alla realizzazione della tabella di marcia per raggiungere gli obiettivi giuridicamente vincolanti e infine i singoli stati membri avranno la possibilità di varare specifici provvedimenti per comporre il proprio mix di energie rinnovabili più adatto alla loro situazione.
Barroso "agnostico" sul nucleare. Sulla possibilità di una maggiore apertura al nucleare, la Commissione Europea non si pronuncia, ed ancora una volta lascia la parola agli stati membri, soli competenti in materia d'energia. "Nell'Europa a 27, il nucleare rappresenta il 31% della produzione di elettricità - ha precisato il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Durao Barroso - noi non prendiamo posizione. Ci limitiamo ai fatti. Agli stati membri decidere cosa fare in materia". Ancora una volta Barroso assicura che "per il nucleare la Commissione Europea resta agnostica. Quel che è importante è avanzare verso un'economia meno dipendente dal carbone. E pensiamo di aver presentato in questo senso obiettivi importanti".
Reazioni contrastanti. Le prime reazioni alle proposte di Bruxelles sono state contrastanti. Critici gli ambientalisti. "Le misure previste - afferma il direttore di Legambiente Francesco Ferrante - sono decisamente poco ambiziose oltre che espressione di una politica del doppio binario nella lotta contro i cambiamenti climatici che rischia di trascinare l'Europa in un burrone. Una linea a dir poco bizzarra se si considera l'allarme lanciato quasi una settimana fa con lo studio sulle conseguenze dell'inquinamento da CO2". Ferrante lamenta quindi il fatto che il pacchetto è "frutto di un compromesso tra il Commissario all'Ambiente, Stavros Dimas, che proponeva una riduzione del 30% di emissioni di gas serra (rispetto al 1990) e il Commissario all'Industria, Günter Verheugen, che proponeva un misero 15%". Soddisfatte invece le associazioni degli agricoltori Cia e Coldiretti che sottolineano l'importanza dello stimolo alla diffusione dei biocarburanti.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI' , 10 GENNAIO 2007
 
 
Legge urbanistica, il Wwf attacca: «È un pasticcio» - Al via l’esame in commissione
 
TRIESTE «Pasticciato e pericoloso». Il Wwf del Friuli non ha dubbi e boccia senz’appello il disegno di legge sull’urbanistica che, da oggi, arriva in quarta commissione. L’associazione, in vista delle audizioni di domani, afferma che il ddl «incentiva, attraverso la pianificazione sovracomunale e i meccanismi della compensazione e della perequazione urbanistica ed edilizia, l’ulteriore cementificazione del territorio». Molto grave, inoltre, almeno per il Wwf, la forte limitazione delle possibilità di intervento dei cittadini sugli strumenti urbanistici. «Il ddl - conclude l’associazione - risente di un’impostazione economicistica. Non è certo un caso che piaccia soprattutto a Confindustria e costruttori».

 
Rigassificatori oggi la riunione in Comune
 
È prevista per oggi la riunione della Commissione ambiente del Comune, guidata dal consigliere Roberto Sasco, per discutere dei rigassificatori. L’appuntamento è alle 12 in aula comunale, dove i tecnici delle due società (Endesa e Gas Natural) illustreranno i progetti con l’aiuto di computer utilizzando programmi in powerpoint.
Nel frattempo iniziano oggi anche le riunioni delle circoscrizioni, che dovranno far giungere il loro parere sul tema entro lunedì 15 gennaio. Il primo parlamentino a riunirsi sarà quello di Barriera vecchia-San Giacomo, dove il presidente Silvio Pahor ha convocato la seduta oggi stesso.
Quando tutti i parlamentini si saranno espressi, Sasco riconvocherà la sesta commissione Ambiente, che si riunirà per il parere definitivo mercoledì prossimo, 17 gennaio. Tappa finale giovedì 18, quando si andrà in aula per il voto.

 
Millo: «Pessima la conduzione politica dei Verdi in regione»
 
«Non posso che dirmi profondamente dispiaciuto per la scelta di Chiara Bernardoni ed auspicare un suo ripensamento». Così il segretario provinciale dei Verdi, Giorgio Millo, commenta la decisione dell’ex dirigente dell’esecutivo provinciale di non rinnovare più la tessera del «sole che ride» e aderire all’associazione «Amici della terra».
«A Chiara Bernardoni - spiega Millo in una nota - va senz’altro il mio personale ringraziamento sia per il lavoro svolto in questi anni sulle tematiche delle politiche animaliste e ambientaliste, sia per la passione e la grinta che ha portato all’interno del partito».
Millo ammette che l’addio dell’ex dirigente abbia preso le mosse da effettive difficoltà presenti dentro il partito. « La conduzione politica regionale dei Verdi vive un momento complesso - continua il segretario -. Basta pensare all’ultimo congresso che non ha visto la presenza di alcun giornalista: non sono infatti stati invitati per una precisa scelta del presidente uscente. Eppure un proficuo e chiaro agire politico avrebbe bisogno della trasparenza. Visto che, per quanto di piccole dimensioni, rimaniamo sempre uno dei partiti che compongono la maggioranza regionale e contiamo diversi consiglieri e amministratori, specie nelle province di Trieste e Gorizia - continua la nota - non c’era nessuna ragione per auto-oscurare un evento di così grande rilievo per gli iscritti. Non ci sarebbe stata ragione, perlomeno, si fosse trattato di un congresso politico e se di politica si fosse discusso: invece la politica è stata la grande assente, sostituita da una frettolosa e formale conta delle tessere».
Millo infine esprime un’ultima rammaricata considerazione. «Le persone serie e impegnate come Bernardoni mal sopportano questo modo di agire e preferiscono la strada dell’impegno attivo nelle associazioni. A chi interessa continuare a mantenere vivo l’impegno ambientalista in politica però - conclude - resta il compito di lavorare all’interno di un partito che si sta progressivamente perdendo».

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI' , 9 GENNAIO 2007
 
 

Auto in via Mazzini, coro di no a Dipiazza

 

Camus: «Nella bozza di piano avevo già tenuto conto delle nuove Rive»

 Dall’opposizione e anche dalla maggioranza piovono critiche alle proposte del sindaco di cambiare la viabilità

La battuta più succosa è del Cittadino Roberto Decarli: «Il sindaco a questo punto potrebbe aspettare l’arrivo delle macchine a idrogeno, così forse il problema del traffico si risolverebbe da sé». Le parole più gelide le pronuncia la capogruppo di An Alessia Rosolen: «Speriamo che prima o poi le esternazioni si concludano, mi pare si continui a parlare di fumo». La dichiarazione più sferzante verso la maggioranza è del diessino Fabio Omero: «Quand’era assessore al traffico, Maurizio Ferrara aveva iniziato un percorso di condivisione con le categorie. Il fatto che non rivesta più quell’incarico la dice lunga su come la giunta vuole portare avanti questo piano».
Così l’Udc di Roberto Sasco resta pressoché isolata nel sostenere la posizione del sindaco Roberto Dipiazza, che ieri ha ribadito l’intenzione di apportare alcune modifiche alla bozza di piano del traffico redatta dall’ingegnere Roberto Camus, sulla base del fatto che le nuove Rive starebbero cambiando il modo di muoversi dei triestini. Dipiazza intende pedonalizzare in via sperimentale le vie Canalpiccolo e Cassa di Risparmio, far deviare le auto che intendano immettersi in corso Italia lungo via Mazzini (anziché Canalpiccolo), per poi farle girare in via Roma e arrivare al corso.
Ma le parole del sindaco, che in risposta al pressing dei commercianti sul piano del traffico ieri ha parlato di un nuovo slittamento «di almeno un mese», sollevano perplessità. Non solo nell’opposizione. Interpellato, Roberto Camus si tiene ben lontano dal dibattito politico. Ma da tecnico, conferma che la bozza di piano del traffico da lui redatta - quella che il sindaco ritiene superata - aveva già tenuto conto della nuova viabilità sulle Rive, che lui peraltro ha contribuito a creare progettando la rete semaforica da poco installata. E allora, l’asse Rive-Mazzini-Roma-corso Italia prevista da Dipiazza? «Tutte le ipotesi possono essere considerate, ma alla luce della nuova distribuzione dei flussi di traffico che era già stata preventivata nel mio studio e che ora può essere verificata», si limita a dire Camus. Che aggiunge: «Le nuove Rive sono state strutturate» quanto a collocazione dei semafori, aiuole, cordoli, passaggi pedonali, «prevedendo che il traffico si immetta in via Canalpiccolo. L’ipotesi Mazzini richiederebbe delle modifiche», chiude Camus: insomma, si dovrebbe rimettere mano alle opere appena completate.
Sulla stessa linea è Rosolen: «Auto su per via Mazzini? Vorrei capire che fine faranno le isole pedonali realizzate davanti al Tommaseo...» I rilievi della capogruppo di An puntano poi al cuore della questione: la discussione sulla bozza di piano non può essere avviata sino a che la bozza stessa non venga resa pubblica. Perché sinora appunto «si continua a parlare di fumo», ossia di singole arterie e aree senza avere però la visione complessiva del progetto. E invece ormai «credo che anche la gente abbia voglia di sapere quali siano le proposte di cui parlare», chiude Rosolen.
Dall’opposizione, il Cittadino Decarli intanto attacca: «Sembra che in questo inizio 2007 Dipiazza abbia scoperto l’esistenza di un piano del traffico di cui si parla da un paio d’anni. Il sindaco sta accampando varie scuse, ma la verità è che manca quella programmazione quinquennale o decennale che qualsiasi amministrazione dovrebbe avere: la città, il traffico, i parcheggi qui si progettano di giorno in giorno, di ora in ora».
Insiste dalla Margherita il consigliere comunale e regionale Sergio Lupieri: «Dipiazza cambia piano del traffico? Magari ne avessimo uno...», esordisce il diellino ricordando come «quattro sono i temi di cui si doveva già far carico questa giunta nei cinque anni precedenti: e cioè piano del traffico, piano dei parcheggi, revisione del piano regolatore e il progetto completo sul riuso di Cittavecchia». Ma «senza una cabina di regia unica che decida il futuro urbanistico della città, annota il capogruppo comunale, è assolutamente inutile, oltre che non saggio, proseguire con esperimenti e interventi spot. Se esiste davvero il nuovo piano del traffico, che bisogno c’è di sperimentare? Lo si applichi, magari però tenendo conto finalmente di uno strumento come l’Agenda 21. Le categorie produttive vanno infatti ascoltate, così come ogni proposta deve essere vagliata assieme ai tecnici della Trieste Trasporti. Qui si naviga invece a vista, e in totale solitudine».
E su Agenda 21, lo strumento di partecipazione e di coinvolgimento della cittadinanza cui l’allora assessore all’ambiente Maurizio Ferrara aveva fatto ricorso, insiste anche il diessino Fabio Omero, che ricorda come la metodologia in questione sia stata poi accantonata, «come dice anche il Wwf». Quanto all’estensione ulteriore delle aree pedonali, «il sindaco dovrebbe aggiornarsi: oggi la tendenza nelle città è quella di rovesciare il concetto, partendo dalla fruizione dei diversi servizi e uffici che nelle singole strade si trovano, e che devono essere facilmente raggiungibili da tutti compresi anziani e diversamente abili, per costruire poi dei percorsi. Prima insomma ci si occupa della raggiungibilità dei siti, poi della pedonalizzazione», chiude Omero.
A sostenere Dipiazza ecco però l’Udc di Roberto Sasco. «Condivido in pieno la sperimentazione dell’asse Mazzini-Roma-corso Italia di cui parla il sindaco, perché in questo modo si riesce a pedonalizzare totalmente l’area piazza della Borsa-via Canalpiccolo lasciando aperto - cosa questa fondamentale - corso Italia». Resta però da «alzare il tiro», aggiunge Sasco, sulla questione dei mezzi pubblici: «Servono più corsie preferenziali per gli autobus così da ridurre il numero delle auto private in città, come giustamente scrive il Wwf».

Paola Bolis

 

 

Commissione ambiente: rigassificatori: domani confronto in municipio

 

Rigassificatori, si arriva alla valutazione finale del Comune sui progetti dei due impianti, quello offshore di Endesa in mezzo al golfo e quello che vuole realizzare la Gas Natural nell’area ex Esso nel canale di Zaule. E stavolta sarà un giudizio complessivo sui due impianti visto che le due società spagnole si presenteranno con i progetti completi delle integrazioni richieste dalle istituzioni locali che avevano giudicato non sufficienti le documentazioni presentate. La Commissione ambiente del Comune, guidata dal consigliere Roberto Sasco, ha convocato la seduta di illustrazione per entrambi i progetti per domani, alle 12 in aula comunale. Interverranno i tecnici delle due società che illustreranno i progetti con l’aiuto di computer utilizzando programmi in powerpoint.
Si tratta dell’avvio di una procedura a tappe forzate. Entro lunedì 15 infatti le circoscrizioni dovranno far giungere il loro parere. Sasco poi riconvocherà la sesta commissione Ambiente che si riunirà per il parere definitivo mercoledì prossimo, 17 gennaio. Tappa finale giovedì 18, quando si andrà in aula per il voto.
Il primo parlamentino a riunirsi sarà quello di Barriera vecchia-San Giacomo, dove il presidente Silvio Pahor ha convocato la seduta nella giornata di domani.
Nel frattempo si fa sentire anche il comitato per la salvaguardia del golfo di Trieste, dopo che la giunta comunale ha deliberato il proprio «sì» al rigassificatore di Gas Natural nel sito di Zaule, «in assoluto il più pericoloso», secondo il comitato stesso. In una lettera indirizzata a Maurizio Bucci, Arnaldo Scrocco, portavoce del comitato, accusa l’assessore all’urbanistica «di non aver nemmeno letto la relazione (trecento pagine) di Gas Natural, ricevuta appena il 19 dicembre». «Non è comprensibile - si legge nella nota di Scrocco - come questo assessore, che di rigassificatori ha palesato sempre un'estrema incompetenza, abbia saputo spiegare con conoscenza e dovizia di particolari alla giunta, non solo la funzione dei rigassificatori, ma tutto ciò che ad essi è connesso. Mi auguro che sia le circoscrizioni che il consiglio comunale, seguendo il buon senso dimostrato nel luglio 2006, tornino a bocciare questo tentativop di ”colpo di mano”»

 

 

Nesladek: sui rigassificatori forse chiederemo una proroga

 

MUGGIA Il Comune di Muggia potrebbe chiedere una proroga alla scadenza per esprimere il suo parere sui progetti di rigassificatori nel golfo di Trieste. I tempi sono stretti, ma la volontà del sindaco Nesladek è di valutare attentamente la tematica, e sottoporla anche ai cittadini.
I vari incartamenti relativi ai progetti Endesa e Gas Natural, con le integrazioni richieste a suo tempo, sono giunti in municipio poco prima delle festività. Da allora c’è tempo un mese per dare il parere. «Questa settimana mettiamo in moto il tutto», dice Nesladek. «Non intendiamo abbandonare il percorso che ci siamo prefissi, ovvero valutare i documento con gli uffici, con i cittadini, i progettisti, il consiglio comunale – aggiunge -. Se proprio non ci riusciremo, saremo costretti a dare un parere solo sulla base di quanto avremo in mano. Ma forse potremmo anche chiedere una proroga».
Il Comune di Muggia non ha competenza territoriale diretta sui rigassificatori, ma è stato chiamato in causa dalla Regione come territorio limitrofo, per cui un parere è necessario. Sulla tematica interviene il consigliere di opposizione Christian Gretti (An): «La giunta triestina si è già espressa, noi no. E non ne sappiamo nulla. Il sindaco promette incontri pubblici, ma sarebbe il caso che anche tutti i consiglieri fossero informati sui documenti giunti in Comune».
s.r.

 
 

Basovizza, sequestrato il laghetto - Iniziativa del pm Federico Frezza che ipotizza un inquinamento da sostanze tossiche

 

Morti centinaia di pesci rossi: l’acqua potrebbe essere contaminata

Il laghetto artificiale di Basovizza è stata posto sotto sequestro su disposizione del pm Federico Frezza. Il sospetto è che la zona sia stata contaminata da agenti inquinanti e che quindi possano esistere pericoli anche per la salute dei frequntatori abituali, a partire dai tanti bambini che trascorrono i pomeriggi nel vicino parco giochi.
A far scattare l’allarme è stata una telefonata arrivata domenica pomeriggio alla sala operativa della polizia municipale. Un residente, ha notato diversi pesci morti che galleggiavano nel laghetto a pancia in su. La stessa impressionante scena si è presentata davanti agli occhi degli agenti della pattuglia inviata immediatamente sul posto: la superficie dello specchio d’acqua era invasa da centinaia di «Carassius auratus auratus», nome latino dei comuni pesci rossi, ormai senza vita.
Un volta preso atto delle dimensioni del fenomeno ed esclusa la presenza di canali di scolo verso il laghetto , gli uomini della municipale hanno provveduto a circondare la zona con il nastro bicolore per impedire al pubblico di avvicinarsi. Subito dopo è stato richiesto l’intervento del personale dell’Azienda sanitaria: i tecnici hanno prelevato un campione d’acqua e di materiale organico, entrambi al momento in fase di studio.
Saranno proprio i risultati delle analisi a chiarire le cause dell’improvvisa moria di pesci rossi. Al momento non si può escludere che nello specchio d’acqua siano state gettate sostanze pericolose e altamente inquinanti. E fino a quando non verrà chiarito il mistero, il laghetto rimarrà «off limits». Il reato ipotizzato dal magistrato che ha disposto il sequestro è di inquinamento ambientale.
Secondo il personale del Servizio musei scientifici la moria potrebbe essere stata provocata dal gesto avventato di qualche passante che ha gettato nell’acqua rifiuti o prodotti dannosi: non necessariamente sostanze velenose come la variechina,, ma anche una semplice manciata di sale in grado di trasformare il lago artificiale in un ambiente invivinile per i pesci. Gli esperti non escludono poi che alla base del fenomeno ci sia una somma di fattori: la sostanza inquinante potrebbe essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in un ecosistema già alterato vista la presenza di un numero di pesci rossi eccessivo per la superficie del laghetto e le temperature insolitamente alte di questo inverno.

Maddalena Rebecca

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI' , 8 GENNAIO 2007

 
 

Dipiazza: «Cambio piano del traffico: e' superato dopo l’apertura delle rive: pedonali piazza della Borsa e Tommaseo»

 

Il sindaco replica alle richieste dei commercianti che chiedono parcheggi e indicazioni sulla futura mobilità

Chiudere totalmente il centro alle auto. Il più possibile e dove si può, ma chiuderlo. Roberto Dipiazza, sindaco di Trieste, non fa passare neanche 24 ore dalla festa dei commercianti al PalaTrieste per replicare punto su punto alle sollecitazioni che gli sono arrivate dal palco. E infarcirle, anche, di qualche nuovo contenuto, senza nascondere una punta di piccato risentimento. L’Ascom, per bocca del presidente Franco Rigutti, chiede più parcheggi e la presentazione celere del piano del traffico? Lui li invita, simpaticamente, a farsi gli affari propri. Dice: «Non si possono sempre spostare i problemi sugli altri, ognuno deve chiudere la sua casella. E così gli industriali pensino all’industria, la Camera di commercio a tutte le categorie che rappresenta, e l’Ascom ai suoi iscritti. Una volta io passavo le colpe alla Provincia che poi le girava alla Regione e da qui andavano direttamente allo Stato. Adesso questo modo di fare è finito, anche politicamente. Ognuno – incalza Dipiazza – dovrebbe cercare di mobilitare i suoi. E poi, vogliamo dirla tutta, il vero problema è quello delle categorie che non crescono, e bisognerebbe semmai andare a vedere se è stata esercitata un’azione adeguata per farle crescere...».
Chiuso l’approccio polemico, il sindaco si sofferma sulle richieste. «Vogliamo esaminarle? Bene, allora si può dire che sui parcheggi bisogna rivedere più di qualcosa, se è vero che il Silos lavora al 20 per cento e il molo IV, i cui spazi sono stati aperti sperimentalmente due anni fa, è rimasto vuoto... Il piano del traffico è pronto ma dopo l’avvio operativo della nuova viabilità delle Rive ho chiesto, con una mia logica che forse non va bene, non lo so, di farlo slittare almeno di un mese. Non per un mio sfizio, sia chiaro, ma perchè certe dinamiche magari nel frattempo sono cambiate e potrebbero avere bisogno di aggiustamenti. Del resto alla Regione non hanno forse consentito slittamenti su slittamenti per la realizzazione dei lavori del palazzo su piazza dell’Unità senza che nessuno battesse ciglio?».Furio Baldassi
Cambiare un piano non ancora illustrato nei dettagli in corso d’opera? Dipiazza non esclude niente. «Ormai siamo in grado, grazie al piano Camus, di sapere come si dividono le direttrici di traffico, quante macchine imboccano, ad esempio, la via Milano e quante proseguono lungo le Rive. Vista la velocità di attraversamento del nuovo lungomare, tra l’altro, sembra che in molti preferiscano adesso raggiungere San Giacomo e quelle zone proseguendo lungo i Campi Elisi ed evitando il centro. Vogliamo tenerne conto? E se la risposta è affermativa potrebbe cambiare qualcosa nella nostra comune visione di centro città?».
La domanda è chiaramente retorica, e anticipa un’idea già allo stato avanzato. «I nostri prossimi obiettivi – racconta il sindaco – sono quelli di chiudere al traffico anche la piazza Tommaseo, oltre a piazza della Borsa. Per farlo bisogna aspettare l’esito del contenzioso che abbiamo con l’Ansaldo per Stream, e che è atteso a marzo. Solo a quel punto potremo rimuovere le rotaie in via Mazzini e sperimentare una soluzione che mi sta a cuore».
Il mistero è subito svelato: si tratterebbe di aprire al traffico normale l’ultimo tratto di via Mazzini, dalle Rive a via Roma e poi, dopo la svolta sull’arteria centrale, eliminare il semaforo tra via Roma e il corso Italia Italia, a quel punto pleonastico con la chiusura al traffico di via Canalpiccolo e di via Cassa di Risparmio. «Anche in questo caso si tratta di lasciare via libera alla sperimentazione. Ma se funziona, come immagino, lasciatemi dire che la chiusura quasi totale del centro è dietro l’angolo».

 

 

Il Wwf: «Troppe le auto in città»

 

Gli ambientalisti criticano le strategie urbanistiche dell’amministrazione municipale

Brautti: «Manca un progetto e le scelte sono improvvisate»

«Le scelte dell’amministrazione comunale non sono in grado di affrontare e risolvere i problemi della viabilità e della sostenibilità ambientale di Trieste». La denuncia arriva dai rappresentanti della sezione provinciale del Wwf che lamentano l’assenza di una strategia complessiva in grado di sciogliere in maniera organica i tanti nodi del traffico. La dimostrazione di questa incapacità di programmazione, secondo gli ambientalisti, arriva dall’intenzione, espressa di recente dalla maggioranza, di pedonalizzare via Canal Piccolo e di appesantire così la circolazione in via Rossetti.
«Tenuto conto che anche le parziali modifiche sulla transitabilità hanno effetti sulle vie circostanti - afferma in una nota Lia Brautti della sezione di Trieste -, suscita forte perplessità il fatto che si intenda procedere senza una visione globale della mobilità cittadina definita da un «Piano del traffico», strumento peraltro previsto per legge. Infatti l'amministrazione comunale è tenuta ad adottarlo e a rinnovarlo ogni due anni. Il primo «Piano» è stato elaborato al tempo della Giunta Illy, ma solo parzialmente applicato. Durante il primo mandato del sindaco Dipiazza, è stato affidato all'ingegner Roberto Camus dell’Università di Trieste il compito di elaborare il nuovo «Piano del traffico». Quel compito è stato portato a termine, ma lo strumento aspetta ancora di essere adottato. L'allora assessore competente Ferrara, applicando il metodo dell'Agenda 21, ha indetto numerose riunioni al fine di consultare categorie produttive e associazioni. Ma di seguito non si è avuta alcuna notizia ed ora compaiono proposte estranee ad un metodo operativo qualificato e qualificante».
Secondo gli ambientalisti non è possibile prendere decisioni limitate e circoscritte, come appunto quella di pedonalizzare via Canal Piccolo, senza considerare le conseguenze che produrrebbero sulle arterie vicine.
«Sebbene il Wwf sia stato sempre favorevole all'estensione delle zone pedonalizzate - continua l’ambientalista - non si può fare a meno di chiedersi quali effetti produrrebbe quella chiusura: certamente un alleggerimento del traffico in corso Italia, ma un contemporaneo sventagliamento di autovetture per altre vie».
Altro tasto dolente, secondo l’associazione, l’assenza di politiche che valorizzino e incentivino l’utilizzo dei bus. Anche la ventilata ipotesi di togliere i mezzi pubblici dal percorso di via Piccardi creando per loro una corsia contromano in via Rossetti, per gli ambientalisti, finirebbe per rivelarsi inadeguata e incapace di alleggerire la circolazione.
Ma la dimostrazione più evidente dell’assenza di lungimiranza dell’attuale giunta sul fronte traffico arriva, per il Wwf, dalla riqualificazione delle Rive. «Il sindaco afferma che, dopo il restyling, le Rive si potranno percorrere in tre minuti grazie all’onda verde - afferma il responsabile del settore territorio, Dario Predonzan - . Ma c’è davvero da esserne orgogliosi? Cos’è cambiato, oltre al look, nella funzione urbanistica delle Rive? Sono rimaste semplicemente delle vie di scorrimento per grandi volumi di traffico privato. Tra l’altro i mezzi pubblici devono dare la precedenza a quelli privati vista l’assenza di corsie preferenziali. Per non parlare poi - conclude Predonzan - della mancata realizzazione di una pista ciclabile degna di questo nome».

 
 

Rigutti: niente da dire sulla pedonalizzazione ma servono parcheggi per chi arriva da fuori

 

Il presidente Ascom evita la polemica e pone l’accento sulle necessità immediate

Si sta godendo l’esito dei saldi, più che positivo, e per questo, forse glissa sull’accenno di polemica col sindaco in materia di piano del traffico e di parcheggi. «La polemica – annota Franco Rigutti, presidente dei commercianti al dettaglio – non la vuole nessuno, non è questo il problema. Nel mio discorso al concerto di Capodanno, invece, ho fatto un discorso più articolato che forse non è stato recepito».
Il messaggio, sembra di capire, è diverso, e prescinde dalle osservazioni spicciole su quello che in città c’è o manca. «Come categoria, e ci tengo a precisarlo perchè quello esposto non è il Rigutti-pensiero ma quello dell’intera categoria che rappresento, siamo perfettamente in sintonia con chi ha sollevato la necessità di una collaborazione globale degli enti triestini. E dunque siamo pronti a confrontarci con le istituzioni, le banche, chiunque, per collaborare al rilancio della città, che è già iniziato e dove basta perseverare per arrivare a risultati. E dunque ho parlato di rilancio del porto, dell’area che va bonificata all’Aquila, della ricerca e del mondo scientifico che devono confrontarsi con i comparti dell’industria e del commercio».
Il discorso sul traffico, fa capire il presidente Ascom, è tornato alla ribalta in questi giorni di svendite, in concomitanza con il ritorno degli acquirenti sloveni e croati e l’arrivo addirittura di compratori dal Friuli. «Ormai siamo all’interscambio – scherza Rigutti – con i triestini che sondano il mercato sloveno e quello friulano e gli altri che si muovono sul percorso opposto... Forse è giusto così, è la globalizzazione, ma io dico anche che una volta individuate e tracciate certe linee guida per la città bisogna capire le sue necessità. Per questo non scopro di certo nulla se dico che gli acquirenti, in larga parte provenienti da fuori, hanno esaltato magari l’offerta locale che però perde punti di fronte all’endemica carenza di parcheggi. Noi non attacchiamo nessuno, la Confcommercio è sempre stata al fianco del Comune e degli enti che lavorano per la città. Sulla chiusura del centro, ad esempio, siamo sempre stati d’accordo, fermo restando che vanno pedonalizzate le aree dove c’è movimento e ci sono negozi. Ora vanno fatte le prove, disposti i servizi e poi si vedrà. Fermo restando che è meglio siano i tecnici a decidere».
f.b.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA , 7 GENNAIO 2007
 
 
Rigassificatori, il Wwf ribadisce il no al progetto Endesa dopo le integrazioni chieste dalla Regione
 
TRIESTE Il Wwf del Friuli Venezia Giulia ha confermato ieri il giudizio negativo sull'impatto ambientale del terminal di rigassificazione offshore proposto da Endesa nel Golfo di Trieste, tra la costa gradese e quella istriana. Neppure le integrazioni allo studio di impatto ambientale - ha spiegato Vinicio Collavino, commissario del Wwf Friuli Venezia Giulia - presentate dalla società spagnola su richiesta della Regione e del ministero dell'Ambiente, hanno modificato il giudizio negativo che il Wwf aveva già espresso lo scorso marzo».
La documentazione è arrivata 15 giorni fa ed è stata giudicata nuovamente poco chiara. Ma il no a Endesa non significa un via libera a Gas Natural: il Wwf sta ancora attendendo da quest’ultima società le integrazioni che invece sono state già fornite da Endesa.
Numerosi i rilievi formulati dall'associazione ambientalista e inviati anche ai Comuni interessati dall'opera, i quali sono stati consultati per un parere dalla Regione, che dovrà essere espresso entro metà gennaio.
Non sono stati risolti, secondo il Wwf, i dubbi sugli impatti negativi che lo scarico continuato di grandi quantità di acqua fredda potrebbe avere sugli ecosistemi marini (specie nel periodo autunno-inverno), così come permangono i rischi per l'ambiente e gli organismi marini, legati all'uso del cloro come antivegetativo per le tubazioni dell’impianto interessate dal passaggio di acqua marina.
I problemi relativi all'impatto sull'ambiente marino, sempre secondo il Wwf, avrebbero potuto essere ridotti o eliminati adottando tecnologie alternative, che non prevedano il ricorso all'acqua di mare nel processo di rigassificazione del Gnl. Ma ciò, spiegano gli ambientalisti, malgrado l'esplicita richiesta del Wwf e di altri già nelle osservazioni del marzo 2006, non è stato considerato da Endesa.
Pesante e non mitigabile appare poi l'impatto visivo (notturno, ancor più di quello diurno) dell'impianto, con ovvii riflessi anche sul turismo nell'intera fascia costiera.
Sommaria e imprecisa inoltre, secondo il Wwf, la valutazione relativa all'incidenza dell'impianto e del connesso gasdotto sugli ecosistemi e sulle aree protette (Sic, Zps, Iba) esistenti lungo la costa, e sugli ecosistemi e le specie (tra cui molti uccelli rari) interessati dai lavori di posa del gasdotto tra la costa di Fossalon di Grado e Villesse.
Del tutto evanescenti, ancora, vengono ritenute le «compensazioni» per gli impatti previsti. Si trattava di una precisa richiesta del ministero dell'Ambiente, alla quale - rimarca il Wwf - Endesa ha dato risposte inconsistenti.
 
 

Perdita alla Siot, la falda è indenne

 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Le indagini parziali effettuate dall’Arpa lo scorso ottobre sembrano escludere inquinamenti

Già bonificata l’area interessata dal deflusso di 75 metri cubi di petrolio a metà agosto

La società dell’oleodotto ha presentato alla Regione il piani di caratterizzazione per la zona del parco serbatoi colpita dall’attentato del 1972

Lo sversamento di 75 metri cubi di petrolio greggio, avvenuto lo scorso 15 agosto all’interno del parco serbatoi della Siot, non ha avuto effetti inquinanti sulla falda acquifera sottostante. Lo si ricava da risultati delle analisi che l’Arpa di Trieste ha effettuato in ottobre, su richiesta dei Carabinieri del Noe e del ministero dell’Ambiente. Risultati che la stessa Arpa ha comunicato qualche settimana fa alla Regione, alla Provincia, ai Comuni di Trieste, San Dorligo della Valle e Muggia, all’Autorità portuale e allo stesso Noe.
Per analizzare la falda, i tecnici dell’Arpa hanno collocato nella zona interessata dall’inquinamento, nella direzione monte-valle della falda stessa, tre piezometri da ciascuno dei quali sono stati effettuati prelievi in diverse giornate. Dalle successive analisi si è appreso che i livelli (milligrammi per litro di acqua) di un consistente numero di idrocarburi e di metalli sono tutti ben al di sotto dei limiti di legge, in certi casi anche di dieci o cento volte.
La stessa Arpa avverte comunque che questi risultati costituiscono «un dato parziale, puntuale e al momento non ripetuto» e che «il livello qualitativo della falda potrà essere definito con precisione solamente dopo l’esecuzione del piano di caratterizzazione».
Parallelamente alle analisi dell’Arpa, la zona interessata dallo sversamento è stata fatta bonificare dalla Siot. In questi giorni si sta completando il trasporto della terra inquinata (e asportata) in una discarica autorizzata fuori regione.
La Società dell’oleodotto transalpino ha inoltre presentato alla Regione il piano di caratterizzazione per l’area del parco serbatoi interessata dall’attentato del 1972, piano che è in fase di esame da parte dell’apposita conferenza dei servizi.
La verifica dei possibili effetti dello sversamento di greggio è salita alla ribalta della cronaca nei giorni scorsi, dopo che il consigliere comunale della Lista Uniti Boris Gombac ha rivolto un’interrogazione in merito al sindaco Fulvia Premolin.
Nel documento Gombac ricorda la richiesta della Conferenza dei servizi alla Siot, dopo lo sversamento di agosto, per «azioni di messa in sicurezza di emergenza, con l’effettuazione di almeno tre sondagggi di caratterizzazione, di cui almeno uno attrezzato a piezometro, in ciascuno dei bacini interessati dal noto attenato del 1972, al fine di verificare lo stato qualitativo delle acque di falda sia all’interno del parco serbatoi della Siot sia all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale, nonchè la predisposizione di una planimetria di dettaglio dell’area e di eventuali studi geologici e idrogeologici dell’area».
La stessa Conferenza dei servizi ha chiesto al Comune di San Dorligo della Valle di «verificare se lo stato di contaminazione evidenziato, in considerazione della fattispecie di inquinanti rilevati e della specifica mobilità, possa aver interessato anche le matrici ambientali esterne all’area di competenza della Siot».
Ma c’è anche un altro documento presentato dal consigliere Gombac, che non mancherà di sollevare vivaci discussioni.
Si tratta di una mozione, depositata nei giorni scorsi, che se verrà approvata dal consiglio comunale impegnerà il sindaco e il consiglio stesso a sostenere, in sede di Conferenza dei servizi, l’inserimento del parco serbatoi della Siot nel Sito inquinato di interesse nazionale, «allo scopo di salvaguardare gli interessi della popolazione locale e il suo diritto a uno sviluppo del territorio basato sulla qualità dell’ambiente e della vita».
Nel documento Gombac ricorda la richiesta della Conferenza dei servizi alla Siot per la caratterizzazione, oltre delle aree già citate nell’interrogazione, anche «di tutta la fascia interessata dall’attraversamento della pipeline, nonchè di tutte le aree d’interesse della Siot.
La proposta per l’inserimento del parco serbatoi nel Sito nazionale non è nuova. E’ stata avanzata dal ministero dell’Ambiente durante la Conferenza dei serivizi tenutasi agli inizi di settembre. Da quel momento la proposta non ha avuto altri sviluppi, anche perchè la Siot è ricorsa immediatamente al Tar, dal quale attende ancora la fissazione della data della prima udienza. gi. pa.

 

In 40 anni un miliardo di tonnellate di greggio
SAN DORLIGO DELLA VALLE Un miliardo di tonnellate di petrolio trasportate. Il traguardo è stato raggiunto dall’Oledotto transalpino quasi un anno fa. Dall’ottobre 1967, quando la pipeline entrò in funzione, agli ormeggi nel vallone di Muggia sono approdate oltre 14 mila petroliere.
Oltre che il Baden Württenberg, di cui copre il 50% del fabbisogno, la Tal (Trans alpine pipeline) copre il 100% del consumo di greggio della Baviera. Da Ingolstadt si dipartono altri due oledotti: uno verso Ovest, che arriva a Karlsruhe, e uno verso Est, che rifornisce la Repubblica ceca. Un’altra diramazione raggiunge Vienna e trasporta il 75% del fabbisogno austriaco.

 

 

 

Vicino Fiume una moderna maxi discarica

 

A Viskovo i lavori inizieranno prima dell’estate: il costo sarà di 68 milioni di euro

In 18 mesi l’impianto regionale dovrebbe essere ultimato: il 70 per cento dei rifiuti sarà riutilizzato, il resto sarà stoccato con standard Ue

FIUME Sarà la più moderna discarica controllata in Croazia, per un investimento pari a 500 milioni di kune, circa 68 milioni di euro.
Parliamo dell’impianto di Mariscina, situato a Viskovo, comune che confina a Nordovest con Fiume. I lavori di edificazione di questa megadiscarica regionale cominceranno prima dell’estate e dovrebbero concludersi in circa 18 mesi: se non vi saranno intoppi, l’imponente struttura entrerà in funzione a fine 2008, contribuendo senz’altro a migliorare il quadro della tutela ambientale nella regione nordadriatica che prende il nome di Contea litoraneo–montana. L’immondezzaio, dove i rifiuti saranno raccolti, selezionati, trattati e stoccati sorgerà nel bosco di Mariscina, su un’area di 54 mila metri quadrati, e sarà costruita dalla Eko Plus, l’azienda di cui sono proprietarie Città di Fiume, Regione, Comune di Viskovo e la municipalizzata Cistoca (Nettezza urbana). La discarica sarà approntata con i mezzi delle autonomie locali, dello Stato croato e tramite mutui concessi dalle banche. Un progetto che verrà incontro alle esigenze dei circa 300 mila abitanti della regione del Quarnero e Gorski Kotar e di cui si sentiva un gran bisogno. Ora che si è alle battute finali per l’ottenimento della licenza edile, va rilevato che il progetto (nato 15 anni fa) ha generato in tutti questi anni polemiche e proteste a iosa, soprattutto a Viskovo. Buona parte degli abitanti del comune l’hanno avversato con tenacia, organizzando manifestazioni di protesta, promuovendo raccolte di firme e conferenze stampa. Ma alla fine il buon senso è prevalso («L’ impianto è necessario – aveva detto il presidente della Regione Zlatko Komadina – anche se sappiamo che tutti lo vogliono evitare. Mariscina è comunque il luogo ideale») e presto comincerà pure il risanamento della grande discarica di Visevac, poco alle spalle di Fiume, ormai esaurita. Soddisfatto Mladen Crnjar, direttore dell’Istituto regionale per lo sviluppo sostenibile e uno dei più strenui sostenitori del progetto di Mariscina. «In questi anni siamo stati attaccati da più parti – ha detto – ma abbiamo insistito, convinti che si trattava del miglior sito, quello che avrebbe causato il minor impatto ambientale». E mentre le autonomie locali attendono che Zagabria partecipi nella misura di 13,5 milioni di euro alla realizzazione dell’infrastruttura, è stato confermato che il 70% dei rifiuti raccolti sarà riutilizzato, mentre il restante 30 sarà stoccato secondo gli standard in vigore nell’Unione europea.
Andrea Marsanich

 

 

Croazia, un indennizzo di 100 euro per le auto che saranno rottamate
 
POLA Anche la Croazia si allinea al trend europeo nel campo della tutela dell’ambiente e introduce precise disposizioni sulla rottamazione delle vecchie automobili, ma anche dei pneumatici, delle batterie e dell’olio usato. Le vetture andranno consegnate a dei punti di raccolta autorizzati che pagheranno al proprietario l’indennizzo di mezzo centesimo di euro per chilogrammo. In pratica sui cento euro, tenuto conto che il peso medio di autovettura è di circa una tonnellata. Due le finalità principali del provvedimento: innanzitutto evitare che i rottami delle automobile vadano a deturpare l’ambiente; poi il riutilizzo soprattutto delle parti metalliche, che dunque ritorneranno in fonderia.
Si calcola che entro i prossimi 10 anni in Croazia verranno rottamate sulle 800 mila automobili e forse anche di più nel caso si dovesse abbassare la loro età media che ora è di 11 anni. Un discorso a parte riguarda i pneumatici dimessi che lo scorso anno in Croazia hanno raggiunto la massa di 50 mila tonnellate. Una parte viene riciclata e ritorna sul mercato come pneumatici rifatti, ma la maggioranza finisce per inquinare l’ambiente, smaltiti alla meno peggio. Ora per quel che riguarda l’Istria, il ministero dell’Ambiente ha autorizzato alla raccolta delle gomme le aziende Jadran metal, Metis, Rijekatank e Vireo che le ritireranno direttamente dai gommisti per finire quindi nell’inceneritore del cementificio di Valmazzinghi, che le usa come combustibile.
Disposizioni analoghe riguardano le vecchie batterie e l’olio del motore esausto. In pratica del loro recupero e smaltimento vengono incaricati gli stessi commercianti e le officine, vincolati da precisi contratti con il Fondo nazionale per la tutela dell’ambiente. Da segnalare infine che è in fase di preparazione un regolamento anche sul ritiro dell’olio da cucina usato che solitamente finisce nella rete fognaria. Gli attivisti di Istria verde hanno calcolato che nella sola località turistica di Medolino durante l’estate si «producono» 50 mila litri di olio di questo tipo, che dovrebbe assolutamente recuperato per ricavarne carburante bio Diesel o usato nell’industria cosmetica.
p.r.
 

 

Super produzione per la centrale di Fianona 2: 1,58 MILIARDI DI KILOWATTORA

 

ALBONA Nel 2006 la centrale termoelettrica Fianona 2 ha prodotto 1,58 miliardi di kilowatt/ora, superando il piano di produzione del 5 per cento. Lo rende noto la direzione dell'impianto croato, precisando che come combustibile sono state bruciate 836 mila tonnellate di carbone importato, trasportato da 15 navi. Note meno felici invece provengono dall'ormai tecnologicamente obsoleta centrale Fianona 1, prossima allo smantellamento dopo anche molte proteste della cittadinanza poiché troppo inquinante. La struttura energetica, a causa delle lunghe soste causate dai guasti dovuti ai vecchi macchinari che la compongono, ha realizzato il piano annuale di produzione nella misura del solo il 70 per cento. Per tale centrale non sono stati resi noti i dati sul combustibile impiegato.

 

 

«Alla città serve un futuro di crescita culturale e civile»

 

Il sindaco di Trieste, nel messaggio augurale per il 2007, pubblicato sul Piccolo del 30 dicembre, auspica l’aiuto di tutti in uno «slancio per la crescita» per la città. Dipiazza cita con orgoglio le «opere di importanza strategica per lo sviluppo di Trieste», quali il restyling delle Rive e il (futuro) completamento della Grande viabilità, che renderebbero la città «strutturalmente più pronta a cogliere le opportunità offerte dall’allargamento a Est dell’Unione europea». Il vanto nell’intervento sulle Rive è averle rese percorribili – con l’«onda verde» – in meno di tre minuti, in auto, da piazza Libertà a Campo Marzio.
I mezzi pubblici, però, devono dare la precedenza a quelli privati (non ci sono corsie preferenziali), per tacere dell’assenza di una pista ciclabile degna di questo nome. Tutto ciò, secondo il sindaco, costituisce un «cambiamento urbanistico» e rappresenta il simbolo di una città «che vuole trovare energia e entusiasmo».
Cos’è cambiato, a parte il look, nella funzione urbanistica delle Rive? Via di scorrimento – per grandi volumi di traffico privato – erano anche prima e tali sono rimaste, anzi lo sono ancora di più. C’è di che essere orgogliosi? Il destino di Trieste, tra le nuove Rive e la Grande viabilità, è quello di rendersi sempre più rapidamente raggiungibile in auto, per attrarre nuovi clienti alla propria rete commerciale? Certo, sarebbe «cresciuta» anche questa, ma con quali conseguenze per la viabilità dell’ambiente urbano (non soltanto quello del centro)?
In tutte le città del mondo attente alla qualità urbana, e all’ambiente in generale, si cerca di ridurre il numero di auto in ingresso e di spostare quote di traffico su mezzi alternativi. A Trieste si sta facendo il contrario. Infatti nulla di serio è dato sapere, dopo anni dal suo completamento tecnico, sul Piano del traffico. Eppure su questo tema era stato avviato dal Comune anche un «processo partecipativo» secondo le metodologie di Agenda 21, sospeso dopo alcune riunioni e scomparso nel nulla dopo la rielezione del sindaco.
Perché, intanto, i dati delle centraline Arpa continuano a dimostrarci che, se manca la mano santa della Bora, a Trieste si superano regolarmente i limiti di inquinamento atmosferico da polveri sottili (e certo non solo per colpa della Ferriera).
Il Porto Vecchio rappresenta una delle aree sul destino delle quali si gioca buona parte del futuro di Trieste. Se si vuole davvero un «cambiamento urbanistico», senza confondere l’urbanistica con le opere pubbliche, è qui che occorrerebbero chiarezza e coraggio. Purtroppo sembra manchino sia l’una sia l’altro. Basta dare un’occhiata alla variante per il Porto Vecchio adottata dal Comune: tre (3) strade carrozzabili di scorrimento longitudinali attraverso l’intero comprensorio, oltre 8000 posti auto sparpagliati qui e là, neppure un accenno a forme di mobilità alternative all’auto privata.
Una congerie di funzioni ammesse (con prevalenza del commercio al minuto e della residenza) in tutti i magazzini storici. Anche lì, insomma, si vorrebbe espandere e riprodurre tale e quale, traffico veicolare in primis, la Trieste attuale, che evidentemente redattori e sostenitori di questa variante considerano l’unica possibile.
Eppure il Porto Vecchio (una volta risolti i non banali problemi relativi al regime giuridico dell’area, giustamente sottolineati dal presidente dell’Autorità portuale) avrebbe – gli ambientalisti lo ripetono da anni – la vocazione a ospitare insediamenti di qualità, quali quelli scientifici, museali (ad esempio un «vero» Museo del mare e della navigazione, con tanto di navi storiche attraccate e visibili, e un moderno Acquario), quelli dello spettacolo (un vero auditorium), quelli congressuali (Piuttosto che il «cubone» vicino all’ex pescheria centrale), ecc. L’unica indicazione precisa che si rinviene nella variante, è invece la previsione di trasferire in Porto Vecchio la Fiera (non proprio il massimo della qualità...).
In fondo non dovrebbe essere tanto difficile progettare un futuro per Trieste orientato alla sostenibilità ambientale a lungo termine e alla vera qualità urbana (non quella fasulla misurata dalle statistiche del «Sole 24 Ore», ma quella che vede – purtroppo – tutte le città italiane molto indietro rispetto al Centro-Nord Europa).
Basterebbe porsi un obiettivo di qualità complessiva del territorio, che consideri le peculiarità paesaggistiche e naturalistiche (straordinarie) della costa e del Carso una risorsa da valorizzare, tutelandola e non un intralcio da superare con astuzie burocratiche o arroganze politiche.
Basterebbe rivedere le scelte urbanistiche scellerate fatte nel passato anche recente, senza rassegnarsi a esse, come al fato immutabile. Basterebbe ascoltare i cittadini, costruendo e valorizzando le occasioni di confronto e dialogo critico, senza calare dall’alto decisioni imposte dai capricci di qualcuno o dai poteri forti, si tratti della speculazione immobiliare, della Fondazione Crt o di chicchessia.
Il sindaco intende percorrere la strada di una «crescita» che non sia misurabile in termini di Pil e reddito pro-capite, ma sia anche crescita culturale e civile? Se lo farà, potrà contare sull’aiuto degli ambientalisti. Il tempo stringe, però: cinque anni (anzi, ormai quasi sei) sono già stati sprecati.
Dario Predonzan
responsabile territorio
Wwf Friuli-Venezia Giulia
 

 
«Ambiente, nessuna indulgenza»
 
Il presidente del Comitato Sos Muggia replica alle critiche di un lettore
Pur essendo abituato ai fatti e non alle parole devo intervenire per rispondere all’intervento del signor Riccardo Ciacchi pubblicato su questa pagina il 15 novembre dello scorso anno. Il mio intervento va inteso quale presidente del Comitato Sos Muggia e quale iscritto alle associazioni Wwf e Amici della Terra, responsabili – a detta del signor Ciacchi – di non essere intervenute a tutela dell’ambiente dopo il cambio dell’amministrazione comunale di Muggia.
Strano che il signor Ciacchi prima di scrivere al giornale non si sia informato sulla nostra attività svolta negli ultimi sette mesi. Se lo avesse fatto, si sarebbe accorto che l’attuale amministrazione comunale non ha usufruito di alcuna «indulgenza» rispetto alla precedente, anche perchè la tutela dell’ambiente non è di destra o di sinistra ma interessa tutti. Infatti, se qualcuno si ammala di cancro a causa dell’inquinamento, la sua sorte non cambia a seconda dell’apparenza politica bensì solo con una valida e tempestiva cura e con l’eliminazione dell’inquinamento che ha causato la malattia.
Negli scorsi anni come negli ultimi mesi non ricordo alcun intervento del signor Ciacchi, nonostante ora si lamenti gratuitamente con chi ha lavorato e continua a lavorare gratuitamente nell’interesse dell’intera collettività.
Dall’inquinamento passo a un argomento di tipo paesaggistico: il progetto «Coopsette», citato dal signor Ciacchi, facendo una breve cronistoria degli eventi. Nel 2003 la precedente amministrazione comunale adottò il progetto rispetto al quale le associazioni ambientaliste formularono le proprie osservazioni, respinte dal Consiglio comunale allora in carica che un anno dopo lo approvò. Nel 2006 il Comune ha rilasciato la concessione edilizia e ben due autorizzazioni paesaggistiche, entrambe annullate dalla competente Soprintendenza.
Nella vicenda ho collaborato alla presentazione delle osservazioni, prendendo poi contatto con la Soprintendenza (con la quale è iniziata una collaborazione fin dal 2004 quando era guidata dal prof. Martines), che ha liberamente deciso l’annullamento delle autorizzazioni in argomento.
Il signor Ciacchi può chiedere ai residenti nelle aree vicine alla proprietà della «Coopsette srl» quale è stato l’impegno finora profuso per garantire un risultato alla loro richiesta di aiuto. Considerati poi i futuri interventi presso varie direzioni generali dell’Unione europea, il signor Ciacchi potrà tenersi informato del risultato degli stessi, anche perchè il sottoscritto non copia l’atteggiamento di qualche politico che, nell’ultima campagna elettorale, dopo aver detto che voleva impostare la sua azione a tutela dell’ambiente, ad elezioni avvenute non ha trovato nulla di meglio che andare dalla «Coopsette srl» e – dopo l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica – suggerire a tale società di chiedere i danni al Comune.
Fabio Longo
 
 

Monfalcone: nuova modalità di raccolta differenziata dei rifiuti.

Referendum, cresce il partito del non-votoComunisti, Cittadini e Legambiente decisi a non far raggiungere il quorum del 50%

Si allarga, entro la coalizione del Centrosinistra, il fronte politico a favore dell’astensionismo in vista del referendum sul porta a porta, fissato dal sindaco Gianfranco Pizzolitto domenica 21 gennaio. I Comunisti italiani e i Cittadini per Monfalcone, sostenuti anche da Legambiente, invitano apertamente gli elettori a restarsene a casa e non andare a votare, in modo da far venir meno il quorum. Ricordiamo infatti che, per essere ritenuta valida, la consultazione referendaria deve assolutamente ottenere l’adesione del 50% più uno degli aventi diritto. Un risultato che non appare più così scontato come i promotori del referendum, in un primo tempo, erano portati a ritenere, sulla scia delle oltre 2.500 firme raccolte in pochi giorni di petizione popolare, indetta dal comitato trasversale «Monfalcone pulita: No al porta a porta». All’avvicinarsi dell’appuntamento alle urne, infatti, la previsione sul futuro esito si fa sempre più incerta e nessuno azzarda pronostici. I partiti, quindi, ribadiscono le loro posizioni. E se Forza Italia, Lega Nord, Alleanza nazionale, Socialisti per Monfalcone, Cittàcomune, Cittadini per il presidente, Udeur, Fronte nuovo sociale e Amare Monfalcone si schierano compattamente per il «no» al porta a porta, esortando altresì gli elettori a recarsi alle urne, il Centrosinistra ribadisce il suo appoggio al nuovo metodo di raccolta, appoggiato anche dal Wwf, riscontrando però qualche contrasto entro la stessa maggioranza. In particolare tra Margherita – che afferma il voto di «libera coscienza» - e la Rosa nel pugno, che definisce «irresponsabile tale decisione, pur democraticamente rispettandola». Dal canto suo, il segretario del partito che sostiene il sindaco, ovvero dei Democratici di sinistra, Omar Greco, ribadisce l’importanza di votare «sì» al porta a porta e quindi di recarsi domenica ai seggi, aggiungendo tuttavia di «comprendere quei cittadini che, come i Ds, osservando l’insufficienza dello strumento referendario per la complessità di questi temi, preferisce astenersi dal voto». Invece la Rosa nel pugno, come del resto il Pdci, sostengono l’importanza di andare a votare e, ovviamente, di esprimere il proprio «sì». «Da tempo – esordisce Antonello Murgia, capogruppo della Margherita – il partito ha siglato un documento unanimemente sottoscritto, nel quale ribadiamo il concetto della flessibilità: dove non c’è la possibilità, per tanti disparati motivi, di attuare il porta a porta, è giusto porre dei cassonetti, possibilmente in piazzole appositamente allestite. Per questo, lasciamo che gli elettori agiscano secondo libera coscienza, fermo restando che, essendo il diritto di voto un diritto sacro, è giusto recarsi ai seggi ed esprimere la preferenza ritenuta comunque più giusta». «Ribadiamo ancora la necessità di mettersi a un tavolo di dialogo – afferma Giordano Magrin, capogruppo della Rosa nel pugno – il problema dei rifiuti è complesso e la minoranza lo vuole solo strumentalizzare. Anche noi abbiamo certo alcune colpe, come il non esser partiti subito nell’applicazione del metodo, per una serie di motivi ben delineati dal sindaco. Tuttavia la Provincia deve proseguire su questo piano: non c’è alternativa per la difesa dell’ambiente e la tutela delle tariffe, nonché della nostra autonomia. Per questo non comprendo la posizione di oggi della Margherita, che giudico irresponsabile: abbiamo impiegato 20 anni per approdare a questo piano e, se non sbaglio, è stato proprio Sturzi, della Margherita, a promuoverlo. Il porta a porta non è mica stato ideato dall’Iris». «Cittadini state a casa – afferma Alessandro Perrone, segretario dei Comunisti italiani – e se proprio dovete andare a votare votate sì». Dello stesso avviso Marco Ghinelli, Cittadini per Monfalcone. «I Ds ribadiscono il si al porta a porta – conclude Greco – a tutti i cittadini diciamo di informarsi e di farsi un’idea propria per esprimere una preferenza. Noi abbiamo sempre sostenuto le forme di democrazia diretta e per questo rispettiamo il referendum». Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO , 6 GENNAIO 2007

 
 
Politiche per l’infanzia, Trieste arretra  - Nelle pagelle di Legambiente perde 4 posti: è la peggiore in regione
 

L’assessore comunale Rossi ammette: «La classifica è veritiera, non abbiamo saputo investire bene»

Trieste perde posizioni sulle politiche per l’infanzia dei comuni capoluogo secondo un’indagine di Legambiente, passa dal 49.o posto 2006 al 53.o del 2007, resta nel calderone dei sufficienti ma solo «impegnandosi» a migliorare. Tra le province della Regione è l’ultima: Udine si guadagna un posto tra quelle con il giudizio «buono».
L’analisi fatta secondo i parametri del rapporto Ecosistema bambino 2007 è precisa, non lascia spazio a dubbi e stavolta trova la stessa amministrazione concorde sul quadro tracciato della città. «La classifica è realistica, veritiera, inutile nascondersi – riconosce impietoso l’assessore all’educazione e alle politiche giovanili del Comune Giorgio Rossi – Trieste in tutti questi anni ha investito poco sui giovani e non dò colpe ai miei predecessori, sia di destra che di sinistra. La città è stata carente con i giovani ed è una questione di scelte politiche, non ha capito che bisognava investire ed ora si ritrova con grossi problemi. Dobbiamo cambiare strategia, ed è quello che sto tentando di fare».
Nel rapporto del 2006 Trieste aveva raccolto 67,75 punti ed era a metà del gruppone dei sufficienti, ora si ritrova più in basso con 60,62 punti. A pagina 12 del rapporto, in poche righe, la valutazione: «una leggera flessione verso il basso nei punteggi per Trieste che si mantiene comunque in posizione sufficiente impegnandosi ancora in proposte di azioni di adozione del territorio con il duplice obiettivo di preservare l’integrità dei giardini pubblici e scolastici e promuovere l’aggregazione di famiglie e bambini. Particolare attenzione è stata inoltre rivolta dall’amministrazione all’educazione stradale dei più piccoli con il progetto Conquistiamo le regole del gioco rivolto a circa 100 bambini delle scuole dell’infanzia».
Diversi i parametri usati da Ecosistema bambino 2007, si va dagli «strumenti» che analizzano le attività messe in atto dal Comune per favorire il ruolo attivo dei ragazzi alla «partecipazione» attiva degli under 14 alla realtà urbana. Poi le «strutture» che analizzano i vari assessorati, uffici o commissioni sul territorio, le «associazioni» intendendo i rapporti delle varie organizzazioni con il Comune. Per finire i «servizi» come attività proposte per ragazzi e le «iniziative» di promozione culturale».
«Sono assessore da 6-7 mesi – continua Rossi – ma ho avuto la fortuna di fare una visita in tutte le strutture del Comune, in gennaio concludo il percorso. Non parlo delle strutture, i problemi li conosciamo, ma dei contenuti. Per questo dico che la classifica è veritiera. Abbiamo investito poco. Siamo una città di anziani, rischiamo di avere grossi problemi se non invertiamo la tendenza, i giovani non riusciranno più a inserirsi. Per questo ho scelto l’assessorato alle politiche giovanili, non voglio scaldare la sedia, ma lavorare con progettualità e riorganizzare la struttura con idee e risorse. Siamo coscienti che bisogna fare degli investimenti e per il 2007 sono soddisfatto perchè il Comune ha messo a disposizione delle risorse».
Oltre 1000 persone ruotano in Comune sul fronte dei servizi che riguardano le politiche giovanili, dagli asili nido alle scuole materne, sino ai ricreatori. 800 i dipendenti, 200 i lavoratori precari. «Una quota di precari preoccupante – afferma l’assessore – E nell’insieme siamo un terzo dell’intera struttura comunale. C’è un grande problema organizzativo».
Ed ecco le prime ricette suggerite dall’assessore Rossi per rispondere alle carenze sul fronte dei giovani: «Serve innanzitutto che il personale del settore maturi, è fondamentale una preparazione. Nel 2007 faremo una cosa che non si è fatta prima: punteremo sulla formazione. Bisogna adeguarsi alle esigenze culturali attuali dei giovani». Altro punto su cui battere: «Dobbiamo poi strutturare meglio gli sforzi. C’è molta buona volontà ora e va dato atto che c’è disponibilità, ma siamo di fronte troppe volte al volontariato piuttosto che a una buona organizzazione. Il problema purtroppo è che mancano le risorse minime: per mandare i bambini in gita chiediamo i soldi del biglietto del bus ai genitori che pagano anche per le fotocopie. Se non riusciamo a risolvere le cose piccole figurarsi quelle grandi...».
Ultimo fronte: «Dovremo fare uno sforzo per coinvolgere le scuole, portare un apporto dell’associazionismo esterno, puntare a una serie di propgrammi per elevare lo standard culturale delle scuole. Non solo sport ma musica, teatro, arti e mestieri».

Giulio Garau

 

 
Rigassificatori: Lubiana vuole garanzie ambientali
 

La Slovenia chiede che siano rispettate le procedure europee e la firma di un protocollo d’intesa con l’Italia

Fonti diplomatiche non si dicono contrarie ai progetti ma vogliono trovare un’intesa condivisibile. Timori per le ricadute sul turismo e sul settore della pesca

LUBIANA Il Governo italiano insiste sui rigassificatori per uscire dai rischi della crisi energetica grazie a maggiori fonti di aprovvigiovnamento, lo stesso ministro dello sviluppo economico Pierluigi Bersani ribadisce «servono tre o quattro rigassificatori», Trieste con i suoi progetti (Gas Natural ed Endesa) è in prima linea con gli impianti da realizzare nel golfo, ma ora deve fare più che mai i conti con la Slovenia.
Lubiana, dopo una prima fase di contrarietà dovuta anche a una serie di allarmismi e di false informazioni, ora apre spiragli ma a condizioni precise: non chiede più all’Italia di non costruire i rigassificatori, ma vuole essere coinvolta come stato confinante nei procedimenti di valutazione ambientale visto che i progetti riguardano il golfo e pretende che siano rispettate le procedure Ue.
Lo si era capito chiaramente nei giorni scorsi come emerso dalla posizione riassunta del sottosegretario all’Ambiente sloveno, Marko Starman che informerà ufficialmente «gli organismi competenti in Italia», lo stesso ministro dell’ambiente Janez Podobnik poi, anche ieri, dalle colonne dei quotidiani sloveni, ha delineato con precisione la posizione governativa.
La Slovenia vuole assolutamente realizzare un protocollo con l’Italia e questo non vuole affatto dire che il paese è contrario «alla ricerca di una soluzione che sia accettabile da entrambe le parti». In pratica spazio alle trattative diplomatiche tra i due Stati, tra Roma e Lubiana. Lo stesso Podobnik giorni or sono ha rinnovato la proposta al collega italiano Pecoraro Scanio per uno studio strategico comune sull’impatto abientale transfrontaliero dei due terminal in un’area così delicata come il golfo di Trieste.
Lubiana non vuole assolutamente mettere a rischio settori strategici per la sua economia come quelli del turismo con pericoli ambientali incombenti o come quello della pesca. E che oltreconfine la posizione sia ampiamente condivisa lo confermano le dichiarazioni dell’ex ministro dell’ambiente del governo Drnovsek, Pavel Gantar, a nome del maggiore partito di opposizione (liberaldemocratico) che ha definito «chiare e appropriate finalmente» le posizioni del governo sloveno sulla questione dei rigassificatori che ha bussato in maniera forte alla porta degli italiani. Gantar prima era stato piuttosto critico con Lubiana accusando il governo di dormire su questi temi. «Questa volta si sono comportati bene» ha dichiarato l’ex ministro. Non c’è più l’allarmismo iniziale, le organizzazioni non governative e gli esperti ambientali sloveni hanno fatto un serrato lavoro sulla valutazione di impatto ambientale, sulla sicurezza, e hanno messo in luce vari rischi potenziali nel golfo: da quello di una collisione per il massiccio traffico di gasiere alle esplosioni con sviluppo di nubi tossiche, dalle piogge velenose seguenti sino alla dispersione di veleni con la puluizia delle cisterne e all’arrivo di agenti patogeni in grado di danneggiare il delicato sistema del golfo e la biodiversità dell’Adriatico settentrionale. Lubiana da quanto si sa ha già preso in esame il progetto on shore che la Gas Natural intende realizzare nell’area ex Esso, entro fine mese l’Endesa che punta a una piattaforma off-shore al largo presenterà l’imponente relazione (700 pagine) sul progetto e valutazioni ambientali. Tappa finale la richiesta all’Italia di essere inserita ufficialmente nei processi di valutazione di impatto ambientale.

Giulio Garau

 
 

 

Dopo il via libera della giunta a Gas Natural -  Parere sui rigassificatori: tocca ai parlamentini. Comincia San Giacomo
 

Il conto alla rovescia per esprimere il parere sui progetti di rigassificazione è ufficialmente partito, dopo la linea adottata dalla giunta che ha bocciato l’impianto offshore di Endesa, dando il consenso per quello a terra di Gas natural seppur condizionato.

Adesso è il momento delle Circoscrizioni, chiamate ad esprimersi entro dieci giorni. Il primo parlamentino a riunirsi sarà quello di Barriera vecchia-San Giacomo: il presidente Silvio Pahor, infatti, ha convocato la seduta per il prossimo mercoledì.
Una volta raccolti i pareri delle Circoscrizioni, chiesti con urgenza dalla giunta, toccherà al Consiglio comunale, passando per la Commissione consiliare presieduta da Roberto Sasco. Lavori che dovranno terminare tassativamente entro il 18 gennaio, pena il silenzio assenso ad entrambi i progetti.
Intanto la Commissione Europea sta «intervenendo per verificare la compatibilità con il diritto comunitario dei progetti di rigassificatori nel Golfo di Trieste». Lo sostiene citando una lettera il Club di Trieste dei Friends of the Earth-Amici della Terra, dove la Commissione dice di avere «già rivolto alle autorità italiane una richiesta di informazioni relativamente allo stato attuale delle procedure autorizzative, la natura dei progetti nonché l’applicazione delle disposizioni della direttiva Via riguardanti l’informazione del pubblico e degli altri Stati coinvolti», Slovenia e Croazia, precisando che «qualora si dovessero identificare profili di rilevanza per la legislazione comunitaria ambientale, verrebbero prese le misure necessarie» per assicurarne il rispetto.
E sul tema dei progetti di rigassificazione presentati da Endesa e Gas natural venerdì prossimo, alle 17 alla Stazione Marittima, si terrà una tavola rotonda. L’incontro, organizzato dalla sezione provinciale di Trieste dell’Italia dei Valori, metterà a confronto tecnici, esperti e ambientalisti sul tema della sicurezza degli impianti di rigassificazione, al fine di quantificare il rischio di incidenti e di valutare l’opportunità della costruzione di un impianto nel porto o nel golfo di Trieste.
«Esistono ragioni economiche che hanno fatto scaturire la decisione della giunta comunale di Trieste di approvare il progetto di Gas natural, allo stesso modo esistono motivazioni legate alla tutela ambientale che avrebbero consigliato una decisione di altra natura - sostiene Paolo Bassi, responsabile organizzativo dei dipietristi - Tuttavia vi è un aspetto che prevale su qualunque altra valutazione di merito ed è l'attenzione alla salute e alla sicurezza dei cittadini. Come IdV di Trieste riteniamo che la sicurezza dei nostri concittadini vada salvaguardata, al di sopra di qualunque altra considerazione».
Alla tavola rotonda parteciperanno fra gli altri Iginio Marson (presidente dell’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), Enrico Nobile (docente di fisica tecnica all'Università di Trieste), Livio Sirovich (geologo),Carlo Franzosini (Wwf) e i rappresentanti di Endesa e Gas Natural. Spetterà a Roberto Barocchi il ruolo di moderatore.

 

 

Monfalcone: nuova modalità di raccolta differenziata dei rifiuti.Legambiente ha l’obiettivo di annullare il referendum: «Il 21 gennaio non votate»

 

RIFIUTI Tra il «no» alla raccolta porta a porta dei rifiuti del comitato che ha promosso il referendum e il «sì» del centrosinistra c’è spazio anche per la protesta di Legambiente che, a fronte della gestione del problema da parte di tutte le parti in causa, invita i cittadini a non andare a votare il 21 gennaio. Ancora a fine novembre l’associazione ambientalista aveva spiegato la propria posizione, sottolineando come «in un quadro in cui un’opposizione sfrutta l’incertezza dell’amministrazione comunale e una maggioranza incapace di informare adeguatamente la cittadinanza, creando un clima di incertezza e sconcerto, ci va di mezzo il cittadino». L’unica arma di fronte a chi lo considera mero oggetto influenzabile con ordini di partito o parole d’ordine dovrebbe quindi essere l’astensione dal referendum, aveva aggiunto l'associazione. Un tanto «per dimostrare alla classe politica di essere capace di valutare in modo responsabile la complessità del problema, ponendo con forza sul tavolo le questioni ancora irrisolte, guardando ai benefici ambientali, ma anche economici del nuovo sistema di raccolta, senza farsi strumentalizzare da chi, in sostanza, si disinteressa dei problemi della collettività». Legambiente non ha fatto comunque sconti né all’amministrazione comunale, che, secondo l’associazione, non ha saputo informare adeguatamente i cittadini, né a Iris, pure parte «nell’assoluta mancanza di informazione nei confronti dei cittadini e non ha avuto autorevolezza nell’applicare il Piano provinciale rifiuti». Ciò non toglie che Legambiente, come il Wwf, sia del tutto favorevole al porta a porta. «Non si può pensare infatti che con il «no» al porta a porta il problema dei rifiuti si risolva da solo, anzi», ha ribadito Legambiente ieri, chiarendo di essere «totalmente contraria a bruciare qualsiasi tipo di rifiuto nella centrale», perché «c’è un grave rischio sanitario sotteso dalla combustione delle plastiche, quali il Pvc, che possono sprigionare diossine, sostanzialmente tossiche». Il segretario cittadino di Forza Italia, Giuseppe Nicoli, non crede però, nonostante l’appello di Legambiente, ci saranno grossi problemi a raggiungere il quorum necessario a convalidare l’esito del referendum. «Perlomeno a sentire in questi giorni i cittadini che incontro - afferma Nicoli - e che hanno capito che questa non è una battaglia ideologica, come invece vuol far credere la sinistra che insiste a sostenere un sistema di raccolta fonte di continui disagi. Invece di arrivare a un'ottimizzazione del porta a porta, sta accadendo l’esatto contrario. Nicoli si dice preoccupato solo dalla mancata disponibilità di consiglieri della maggioranza a svolgere il ruolo di presidente di seggio, comportando una conseguente riduzione del numero delle sezioni.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI' , 5 GENNAIO 2007

 

Rigassificatori: sì della giunta comunale a Gas Natural - bocciata Endesa Lubiana: inaccettabili i 2 impianti
 
TRIESTE Il Comune sembra intenzionato a chiudere in tempo la partita dei rigassificatori: il primo passo è stato compiuto ieri dalla giunta Dipiazza che si è espressa su entrambi i progetti. Nella delibera boccia l’impianto di Endesa in mezzo al golfo, mentre esprime un sì condizionato a quello che Gas Natural propone di costruire nell’area ex Esso di Zaule. Entro il 18 gennaio dovrà arrivare il parere del Consiglio comunale. Intanto sui rigassificatori triestini ha preso ieri posizione anche Lubiana: «Per la Slovenia quelle strutture sono inaccettabili». Di questa posizione il ministero sloveno dell’Ambiente informerà gli organismi competenti in Italia.
Entro il 18 gennaio dovrà arrivare il giudizio del Consiglio. Chiesto un parere urgente alle Cirscoscrizioni

Tornano di stretta attualità gli impianti di rigassificazione che Endesa e Gas natural vogliono realizzare a Trieste. Entro il 18 gennaio, infatti, il Consiglio comunale dovrà esprimersi tassativamente sui due progetti. E così dopo un’estate rovente sul tema - tra audizioni, manifestazioni, proposte di referendum e il voto contrario espresso in municipio - si ripropone il tormentone di una nuova scelta.
IL TEMPO. A disposizione del Comune appena due settimane, altrimenti scatterà il silenzio assenso per entrambi gli impianti. Un voto fuori tempo massimo - sono concessi 30 giorni dallo scorso 19 dicembre - per altro già verificatosi la volta precedente dopo un braccio di ferro con la Regione in merito alla documentazione pesentata sui progetti.
LA GIUNTA. Questa volta, però, il Comune sembra intenzionato a chiudere la partita in tempo. Il primo passo è stato compiuto ieri dalla giunta Dipiazza che si è espressa su entrambi i progetti. Un giudizio praticamente fotocopia di quello fornito in estate, ripetuto a seguito delle integrazioni trasmesse dai proponenti su richiesta della Regione. Nella delibera la giunta Dipiazza boccia l’impianto che Endesa intende realizzare in mezzo al golfo, mentre esprime un sì condizionato a quello che Gas Natural propone di costruire nell’area ex Esso di Zaule.
L’AULA. Un parere analogo era però stato rovesciato a luglio in aula con un voto contrario ad entrambi gli impianti, sofferto e trasversale, da parte di Forza Italia, Rifondazione, Verdi, Cittadini, Margherita, Udc e Lista Dipiazza. Adducendo per Gas Natural una «carenza di documentazione». Unici contrari Ds e An, orientati per un sì all’impianto a terrà e un no invece per quello off-shore.
IL GOLFO. Una posizione in sintonia con la proposta della giunta Dipiazza, quindi, che in questa seconda tornata ha confermato la linea contraria ad Endesa. Il motivo? L’impatto ambientale e paesaggistico della piattaforma da realizzare in mezzo al golfo, nonché la sicurezza nella navigazione per l’ingresso in Porto.
L’EX ESSO. Diverso il parere sull’impianto a terra di Gas Natural. Gli assessori presenti si sono allineati alla delibera illustrata dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Bucci, che nel dare il via libera all’impianto nell’area ex Esso pone però delle condizioni. «Rimane da chiarire la progettazione della rete gas sul territorio, in quanto Gas Natural non indica come si raccorderà con quella nazionale di proprietà della Snam», dice Bucci.
IL TUBO. Nel caso il Consiglio comunale dovesse appoggiare il parere favorevole della giunta, insomma, bisognerà capire dove sarà interrato il tubo del gas. In Comune c’è già chi prospetta l’utilizzo del fondo del mare che, proprio per consentire l’attracco delle navi che trasportano il gas liquido, dovrà essere dragato. Un’operazione non semplice, all’interno di un terreno inquinato.
L’ITER. Ma prima di scontrarsi in aula, tra favorevoli e contrari all’impianto di rigassificazione, la prima partita da vincere è quella del tempo. Poco, anzi pochissimo a disposizione. Prima di approdare in Consiglio comunale entro il 18 gennaio, infatti, il parere della giunta dovrà ottenere il voto delle sette Cirscoscrizioni. «La richiesta di parere urgente partirà questa mattina - dice Bucci - e i parlamentini rionali dovranno esprimersi entro dieci giorni (di norma sono previsti 20 giorni, ndr)».
LA DELIBERA. Un carattere d’urgenza dovuto ai tempi stretti previsti per legge dalla Regione: 30 giorni non lavorativi dallo scorso 19 dicembre, giorno in cui sono state trasmesse le integrazioni. «Proprio a ridosso di Natale, ma ce la faremo lo stesso...», dice Bucci. Una lotta contro il tempo che, una volta raccolti i pareri delle Cirscoscrizioni, impone alla giunta di approvare una nuova delibera che tenga conto dei sette documenti non vincolanti dei rioni.
IL PARERE. Solo a quel punto la discussione sugli impianti di rigassificatori approderà in aula: prima in sesta Commissione, poi in Consiglio. Ma a quel punto ci saranno solo quattro giorni per la discussione finale. Proprio come nella seduta di fine luglio è molto probabile che il parere del Consiglio comunale arriverà a tarda notte. Magari con un voto trasversale agli schieramenti politici.
LE CARENZE. Stando alla relazione dell’assessore alla Pianificazione territoriale la documentazione integrativa pervenuta ha «chiarito i dubbi» espressi in Consiglio comunale. «L’unico nodo per Gas Natural resta la parte relativa al collegamento dell’impianto - spiega Bucci - con il sistema della rete nazionale di trasporto di gas».
LA DECISIONE. Un ulteriore parere richiesto ai consiglieri, mentre la bocciatura del progetto Endesa - passata e presente - non dovrebbe lasciare scampo all’impianto off-shore. Almeno per quanto concerne il Comune, perché la partita rigassificatori riguarda in realtà lo Stato e la Regione. In ballo la procedura di Valutazione di impatto ambientale, che spetta all’amministrazione regionale, e le direttive del governo. In ballo non ci sono sono i progetti di Trieste, la questione è nazionale e l’ultima parola spetterà a Roma.

Pietro Comelli

 

 
Lubiana: «Quegli impianti sono inaccettabili»
 
La posizione del governo sloveno verrà ora comunicata alle istituzioni italiane
Secondo l’esecutivo della vicina repubblica entrambe le strutture hanno un impatto ambientale transfrontaliero negativo
Alla base della scelta anche motivi economici: la collaborazione con il colosso russo Gazprom e il progetto del gasdotto fra Ungheria e Trieste
LUBIANA I rigassificatori nel golfo di Trieste, per la Slovenia sono inaccettabili. Questa la posizione assunta ieri dal governo sloveno, che dopo aver preso in esame i pareri dei ministeri preposti e uno studio sull'impatto ambientale trasfrontaliero dei due impianti, ha espresso parere negativo su entrambi i progetti per i terminal di rigassificazione nell'Alto Adriatico: quello off-shore, su una piattaforma a metà del golfo, progettato da Endesa, e quello sulla terraferma, nel vallone di Muggia, previsto da Gas Natural.
Di questa presa di posizione - pubblicata ieri sul sito Internet del governo e riassunta alla stampa dal sottosegretario all'Ambiente Marko Starman – il ministero sloveno dell'Ambiente informerà ufficialmente gli organismi competenti in Italia.
Entrambi i terminal, secondo il governo sloveno, hanno un impatto trasnfrontaliero negativo. Per tutta una serie di motivi. In primo luogo, un aumento del numero delle navi impone un cambiamento del regime di traffico, crea problemi di sicurezza e aumenta il rischio di incidenti.
L'arrivo di tante unità (un centinaio all’anno) aumenterebbe inoltre il rischio di introdurre microorganismi estranei e dannosi per l'ecosistema del golfo, con gravi conseguenze per la biodiversità. Ne risentirebbero inoltre la pesca e la maricoltura.
Per quanto riguarda il terminal off-shore, quello più contestato, sono inoltre da considerare ulteriori aspetti negativi: l'uso di sostanze potenzialmente tossiche per la manutenzione delle condutture, la riduzione della temperatura dell'acqua marina utilizzata per la rigassificazione, nonché le probabili ricadute negative sull'economia turistica.
Per tutti questi motivi - specificati nella nota pubblicata ieri al termine della seduta dell'esecutivo - il governo sloveno giudica inaccettabili entrambi i progetti.
Da Roma è recentemente arrivata la documentazione aggiuntiva sui due progetti, come pure la proposta di coinvolgere Lubiana negli studi sull'impatto ambientale transfrontaliero, ed è un fatto indubbiamente positivo, ha dichiarato ieri il sottosegretario all'Ambiente Marko Starman, ma in contrasto con la posizine italiana secondo cui uno studio sull'impatto ambientale transfrontaliero non è necessario.
La Slovenia ha deciso di effettuare da sola uno studio sugli effetti transfrontalieri dei due rigassificatori perchè finora Roma non l'aveva coinvolta, nonostante la fase avanzata delle trattative con le due multinazionali che hanno proposto i progetti, ha aggiunto Starman.
Nei mesi scorsi, in Slovenia, contro i terminal si erano espresse le forze parlamentari, il presidente della repubblica Janez Drnovšek e le associazioni degli ambientalisti.
La posizione del governo sloveno, comunque, oltre che per questioni ambientali, sembra essere motivata anche da considerazioni economiche: Lubiana è molto interessata alla collaborazione con il colosso russo Gazprom e alle forniture di gas via terra, attraverso il progetto del gasdotto Volta, una condotta che attraverserebbe Ungheria e Slovenia per raggiungere Trieste, e di cui nel giugno scorso i vertici sloveni hanno avuto colloqui con il presidente di Gazprom Aleksei Miller.
Tornando ai rigassificatori, il ministro sloveno dell'ambiente Janez Podobnik nei giorni scorsi ha rinnovato la proposta, all'omologo italiano Pecoraro Scanio, per uno studio strategico comune sull'impatto ambientale trasfrontaliero dei due terminal in un'area delicata come il golfo di Trieste.

 

Nesladek: «Il nuovo iter dalla prossima settimana»

 

Il Comune di Muggia inizierà la prossima settimana il nuovo percorso in merito ai due impianti di rigassificazione. «Abbiamo qualche giorno in più rispetto al Comune di Trieste – precisa il sindaco Nesladek – e comunque intendiamo rifare alcuni dei passaggi già effettuati la scorsa estate: incontri fra i progettisti, le associazioni e la categorie prima del voto in aula». Sei mesi fa il consiglio comunale muggesano aveva detto no all’unanimità ad entrambi i progetti. «Mancavano informazioni fondamentali – ricorda il sindaco – come il gasdotto di collegamento per Gas Natural, e c’erano problemi sulla sicurezza e sul raffreddamento dell’acqua marina». Il consiglio provinciale, invece, qualche mese fa si era dichiarato impossibilitato a dare un parere vista la carenza degli studi di impatto ambientale. Questa volta, essendo il suo parere solo consultivo, la Provincia non è stata chiamata dare un nuovo responso.

 
La Bernardoni lascia i Verdi: «Legati alla sinistra radicale»
 
«La politica ecologista in Friuli Venezia Giulia è schiacciata dalla Giunta Illy, ma i nostri rappresentanti non hanno il coraggio di uscire dalla maggioranza». Lo ha sostenuto ieri Chiara Bernardoni, responsabile regionale per le tematiche animaliste della Federazione dei Verdi per il Friuli Venezia Giulia, che ha ufficializzato le proprie dimissioni dal direttivo provinciale di Trieste e la propria iscrizione alla sezione triestina degli Amici della Terra, con cui continuerà la propria battaglia in difesa degli animali. «Ho atteso invano iniziative valide in merito alla tutela dell'ambiente dai nostri rappresentanti in Regione - ha spiegato la Bernardoni - ma sia il consigliere Alessandro Metz che il presidente regionale Gianni Pizzati sono legati più ad idee politiche della sinistra radicale che a ad un ispirazione ecologista, e la sfida interna al partito tra Rozza e Pizzati non ha fatto altro che paralizzarne l'attivita». La Bernardoni ora proseguirà la propria attività con gli Amici della Terra «gli unici - sostiene - che hanno avuto il coraggio di combattere le battaglie ecologiste che andavano combattute negli ultimi anni a Trieste».

 

 

 

L'ESPRESSO - GIOVEDI', 4 GENNAIO 2007

 

Va' dove soffia il vento ( 951KB)

 Energia eolica. Auto elettriche. Ogm. La scienza ora ci offre gli strumenti per guarire la Terra. La star dell'ecologismo spiega come.

colloquio con Lester Brown di Enrico Pedemonte

 

Alta Voracita'( 1.970KB)

Lo scandalo dei costi per realizzare la nuova rete ferroviaria.

Tra sprechi, appalti gonfiati, errori e ritardi. Cosi' i capitali privati sono fuggiti. E il suo futuro e' sempre piu' incerto.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 GENNAIO 2007

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 GENNAIO 2007

 
Ferriera, il Comune commissiona all’Arpa sei mesi di monitoraggi
 

Bucci: avremo dati certi sulle emissioni

La giunta comunale attiverà con l’Arpa una convenzione per ottenere «dati certi, rilevati e aggiornati» che formino «un quadro della situazione di inquinamento atmosferico in atto» in merito alle emissioni della Ferriera, come si legge nella delibera approvata dall’esecutivo. Con una spesa complessiva per l’amministrazione di 12 mila euro, l’Arpa effettuerà per sei mesi «un intervento straordinario di verifica sulle emissioni, consistente in una campagna di rilievi sulle polveri sottili pm10 e sugli Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici)», questi ultimi «relativi ai campioni di polveri sottili prelevati».
L’assessore all’ambiente Maurizio Bucci parla della «creazione, assieme all’Arpa, di una task force in difesa della salute dei cittadini» e ricorda come già in passato tanto l’Agenzia regionale quanto il Cigra (Centro interdipartimentale di gestione e recupero ambientale dell’Università) avessero rilevato «indubbie situazioni di grande criticità». Certo, se i dati «dimostreranno che la Ferriera non inquina, non potremo che prenderne atto». Ma il Comune, conferma l’assessore, confida che i risultati del lavoro tecnico-scientifico dell’Arpa sostengano la posizione contraria allo stabilimento, assunta da anni dalla giunta di centrodestra, in un momento importante per il futuro della Ferriera.
Entro l’autunno, dice Bucci, la proprietà Severstal Lucchini punta infatti a ottenere per la Ferriera l’Autorizzazione integrata ambientale, un «via libera» all’attività che si può avere alla fine di un lungo iter regolamentato a livello europeo. La Regione ha avviato la procedura poco più di un anno fa, dopo che la Severstal ha confermato l’intenzione di proseguire l’attività a Servola oltre il 2009. Al tavolo che la Regione convocherà, anche il Comune dovrà esprimere un parere. Di qui lo studio affidato all’Arpa. Ma «il nostro obiettivo non è bloccare l’autorizzazione: noi vogliamo tutelare la salute dei cittadini e per questo ci affidiamo all’Arpa, uno strumento indiscusso e indiscutibile. Il problema è che siamo soli», aggiunge l’assessore che rinfocola la polemica con il centrosinistra, da sempre favorevole all’attività dello stabilimento che impiega circa 550 persone più l’indotto. Bucci addita infatti «la chiara volontà politica di non tenere conto di una serie di situazioni e di criticità». Di più: l’assessore preannuncia che il Comune parteciperà al tavolo regionale «solo se ci saranno anche Azienda sanitaria e Arpa, a oggi invece escluse. Ho scritto formalmente in questo senso alla Regione e anche al ministero dell’Ambiente». Decisa la replica dell’assessore regionale Gianfranco Moretton: «Vedremo le ragioni che il Comune ci espone, ma a un tavolo si partecipa sempre e comunque. Bucci sostiene che il Comune è solo nella sua battaglia per la salute? Si estrania di certo se non partecipa al tavolo».
Intanto, a fronte della nuova azione del Comune sul fronte Ferriera, va ricordato che l’estate scorsa Severstal Lucchini ha presentato il proprio piano industriale impegnandosi davanti al ministero per migliorare le condizioni ambientali. Dallo scorso agosto poi Procura della Repubblica e proprietà, dopo anni di confronti aspri, hanno avviato una serie di incontri tecnici per risolvere il problema delle emissioni salvaguardando tanto gli interessi della salute pubblica quanto quelli dell’impresa. È stata stilata così una sorta di protocollo anti-inquinamento che fissa i più urgenti interventi migliorativi. Per le opere di manutenzione e ristrutturazione concordate con la Procura, la Severstal Lucchini ha in programma di spendere due milioni di euro.
p.b.

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 GENNAIO 2007
 
 
I pendolari: «Treni in ritardo e servizi scarsi»
 

L’associazione dei viaggiatori denuncia continui disguidi sulla rete ferroviaria regionale. I maggiori problemi nel Pordenonese

Il Comitato: «Troppa carenza di personale». In funzione i dieci Minuetto
 
TRIESTE Sulla tratta Trieste-Gorizia-Udine, di problemi non ce ne sono. Ma le ferrovie regionali non sono indenni da carenze. Anche se, complice il tempo che finora si è mantenuto bello, non si sono verificati i disguidi dello scorso anno, quando la soppressione improvvisa di convogli causa neve aveva fatto anche scattare la denuncia di «interruzione di pubblico servizio» contro Trenitalia da parte della Regione, le situazioni di disagio non mancano. E sono puntualmente registrate dal Comitato pendolari, un organismo spontaneo nato dall’unione dei viaggiatori sulle linee regionali, che ha evidenziato le seguenti carenze.
PORDENONE-VENEZIA: è questa la linea sulla quale continuano a verificarsi i maggiori problemi.
«Mediamente abbiamo un ritardo che viaggia dai 5 ai 13 minuti per l’andata e dai 5 ai 15 per il ritorno – spiega Elti Cattaruzza, responsabile del Comitato pendolari per la linea in questione - . A dire il vero, pare che i problemi maggiori si registrino con la fermata di Pordenone. Nella tratta precedente, infatti, da Trieste in poi, le fermate sono regolari». I ritardi, spiegano i pendolari, indicano che per sessanta minuti di tratta, se ne passano in treno una decina di più al giorno. «L’elemento negativo è che, nonostante i nostri ripetuti colloqui con Trenitalia, al lato pratico di miglioramenti non ce ne sono» continua il Comitato. Oltre ai ritardi, ci sono elementi di crisi anche negli altri parametri di valutazione. Per la pulizia si raggiunge la sufficienza, fatto che avviene anche quando si prende in considerazione l’efficacia degli annunci alle stazioni. Sufficiente anche la presenza di riscaldamento e condizionamento a bordo. Invece ci sono carenze per quanto riguarda gli annunci a bordo dei treni («O non vengono dati, oppure non si sentono»), e la presenza di personale («Questo anche perché si registra un sottodimensionamento degli addetti»).
TRIESTE-GORIZIA-UDINE I ritardi ci sono, ma per fortuna sono limitati ai 5 minuti. Questo il dato per i trasporti (anche tramite Minuetto) che collegano Udine e Trieste tramite Cervignano. Per il resto, si viaggia sui 2, 3 minuti, non di più. Ma ci sono due elementi che sono risultati del tutto insufficienti. Ovvero: la presenza del personale viaggiante (voce che comprende anche la frequenza del controllo dei biglietti) e gli annunci a bordo. «A volte ci sono annunci perfetti, a volte mancano del tutto – spiega Marco Chiandoni, responsabile per la linea in questione del Comitato Pendolari – a volte la sufficienza è un miraggio. In totale, quindi, il servizio risulta insufficiente». Ci sono invece miglioramenti per la pulizia, specie a Trieste.
DOTAZIONI FERROVIARIE Un cambiamento vantaggioso, per quanto riguarda la dotazione, c’è però stato: dallo scorso mercoledì sono entrati in funzione tutti e dieci i «Minuetti» previsti dal piano di rinnovamento di Trenitalia sulle tratte regionali. Da ricordare che proprio l’uso di un Minuetto acquistato con la collaborazione della Regione su tratte extraregionali (per la precisione quelle del Veneto) aveva comportato la dura reazione della Regione che aveva anche minacciato di ritirare gli stanziamenti già concessi, provvedimento poi ritirato dietro assicurazione di Trenitalia di nuovi interventi corposi per il riammodernamento delle strutture regionali. Promessa che, almeno per quanto riguarda i Minuetto, è stata mantenuta.
RINCARI Intanto gli aumenti decisi dalle Ferrovie per gli Eurostar incideranno in modo pesante anche sui cittadini del Friuli Venezia Giulia. Secondo l’Adusbef, che contesta i rincari, da ieri per raggiungere Palermo da Trieste è necessario sborsare, alla luce dei rincari, «36 euro in più. Ed i servizi offerti sui treni, specie al Sud, sono da quarto mondo». Gli aumenti, secondo l'associazione di consumatori, costeranno ad ogni famiglia 105 euro.
Elena Orsi

 

 

Bus: l'esempio di Valencia

 

È leggendo una relazione del Fish and Wildlife Research Institute (Istituto di ricerca sulla conservazione del mare e della natura della Florida), che si apprende di un riciclaggio interessante.
I motori degli autobus pubblici della città di Valencia, sono lubrificati dall’olio esausto recuperato da ristoranti, alberghi e tavole calde. Una squadra d’addetti del Comune ha il compito di recuperare l’olio e portarlo a un centro dove è filtrato dalle impurità e in seguito miscelato con carburanti biodiesel. Dopo quest’operazione è pronto ad essere immesso come regolare lubrificante nei motori del trasporto pubblico.
La notizia ha suscitato grande interesse sia per la notevole disponibilità dell’olio di cucina esausto, cioè ormai da buttare e di difficile eliminazione, quanto per i notevoli risparmi in fatto di costi per l’acquisto di olii lubrificanti per motori. Si apprende pure che numerose sono le città europee a interessarsi di questa innovazione.
Ettore Tomasi
 

 

 

KONRAD N. 122 - DICEMBRE - GENNAIO 2007

Lunga vita al metano O NO?
Il dibattito sui rigassificatori ha permesso di far conoscere questioni tecnologiche e scientifiche per lo più poco note. Ne è risultata un’importante crescita culturale e civile, grazie alla competenza di coloro che sono intervenuti sui vari aspetti della questione (economia, ambiente, sicurezza, ecc.), ma anche alle domande che molti cittadini si sono posti su questi temi.
Tutti si rendono conto che la problematica “rigassificatori sì o no” ed eventualmente “dove” è estremamente complessa. Quando si devono prendere decisioni in un sistema complesso, è indispensabile mettere i diversi aspetti in una scala di importanza, in modo da poter valutare e decidere in base alle vere priorità. Nel caso dei rigassificatori, nonostante la serietà del dibattito, sembra che sia stato dimenticato l’elemento che a mio parere è prioritario.
Per quanto tempo il petrolio e il metano?
Pochi si rendono conto che il petrolio, la principale fonte energetica, ha raggiunto il massimo della sua velocità di estrazione, che nei prossimi anni sarà in progressivo calo
Il petrolio cioè non sta finendo, ma sarà sempre più raro e quindi sempre più caro. Oggi il suo prezzo, pur alto, è tenuto sotto controllo dai produttori (Paesi e Compagnie) per evitare che un aumento eccessivo orienti gli investimenti verso altre fonti energetiche. Ma presto, inevitabilmente, salirà ancora, diventando merce per pochi.
La crisi energetica di cui siamo alla vigilia potrà essere tamponata, almeno in parte, dall’uso del metano, il cui picco di produzione è ancora relativamente lontano: 20 o 30 anni. Con i recenti accordi tecnico-politici con la Russia e l’Algeria, poi, sembra che il nostro Paese sia in una botte di ferro.
Lunga vita al metano, dunque? E quindi via a nuovi gasdotti, via alla costruzione di impianti di rigassificazione… o c’è qualcosa che ci sfugge?
La grande svista
Nel dibattito abbiamo dimenticato il riscaldamento del Pianeta, che sta provocando mutamenti climatici tanto evidenti oggi, quanto poco prevedibili o sottovalutati solo pochi anni fa. E’ ormai provato che la temperatura media della superficie terrestre è relazionata alla concentrazione nell’atmosfera dei gas cosiddetti climalteranti, che accentuano l’effetto serra naturale. Il gas climalterante a maggiore concentrazione, e pertanto a maggiore effetto, è la CO2, che viene prodotta non solo dagli esseri viventi, ma anche in tutti i processi di combustione. La combustione è la trasformazione chimica più diffusa per ottenere energia: si bruciano carbone, derivati del petrolio e/o metano nelle centrali termoelettriche, derivati del petrolio e/o metano oppure altri combustibili per il riscaldamento, derivati del petrolio per far muovere i veicoli a motore.
Si tratta di capire se possiamo permetterci di usare la combustione, quindi se possiamo continuare a produrre e immettere nell’atmosfera le enormi quantità di CO2 che ora produciamo.
Oggi la concentrazione volumetrica di CO2 nell’atmosfera è di circa 380 parti per milione (ppm), una concentrazione che, in base a rilevamenti scientifici accurati, non è stata così elevata almeno negli ultimi 400mila anni. La CO2 che le attività antropiche immettono nell’atmosfera fa aumentare la concentrazione di quasi 3 ppm all’anno. Diversi studiosi, anche tra coloro che qualche anno fa ritenevano che si potessero raggiungere concentrazioni di CO2 tra le 500 e le 600 ppm senza grossi danni, oggi indicano il valore di 400 ppm il limite oltre il quale potrebbero verificarsi mutamenti climatici irreversibili.
La vera emergenza, di cui ci stiamo dimenticando, forse per un rifiuto collettivo della realtà, è questa: abbiamo meno di un decennio, o forse solo 4-5 anni, per evitare non un tracollo momentaneo dell’economia, ma la catastrofe per l’intero Pianeta e chi ci vive, qualcosa di peggio di una catastrofe nucleare.
Il metano, un palliativo temporaneo
Dato che il metano è la fonte fossile da cui, per ottenere la stessa quantità di energia, si produce la minore quantità di CO2, se non vogliamo un tracollo improvviso dell’economia con l’imminente crisi del petrolio si può pensare ad un incremento del metano come fonte energetica: però questo passaggio deve essere considerato solo un palliativo temporaneo. Credere di poter utilizzare il metano per decine d’anni è illusorio. Non ne abbiamo il tempo: se continuiamo così, prima del metano (ed anche prima del petrolio) finirà la Terra come la conosciamo ora e con lei la specie umana.
Che fare?
Si tratta innanzitutto di incentivare il risparmio energetico, migliorando il rendimento di tutti i sistemi che producono energia dalle fonti fossili (motori per veicoli, caldaie, ecc.) e incrementando la diffusione di tecniche a basso consumo di energia (cogenerazione, trigenerazione, ecc.). Ma soprattutto si tratta di dare finalmente un forte impulso e diffusione alle tecnologie, in gran parte mature, che permettono di ottenere energia da fonti rinnovabili: soprattutto il solare termico, il solare fotovoltaico e l’eolico.
E’ in questi campi che devono essere diretti gli sforzi e i finanziamenti pubblici.
Costruire oggi, alle soglie di un’emergenza ambientale senza precedenti e prevedibilmente catastrofica, mega impianti che utilizzino fonti fossili per ottenere energia sarebbe invece una scelta tragicamente miope e sconsiderata.
prof. Franco Del Ben - docente universitario

 

 

 

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