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Rassegna stampa
RASSEGNA STAMPA luglio - dicembre 2013
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 dicembre 2013
Anche “residence” e altri servizi per rendere
attrattiva l’Ezit
Indiscrezioni sul Piano regolatore che ieri ha concluso l’esame in
Giunta, prossimo passo l’adozione
Marchigiani: «La pianificazione del commercio viaggia
parallela e senza contrasti normativi»
Nel penultimo giorno dell’anno la Giunta comunale ha fatto l’ultimo esame al
Piano regolatore, che viaggia con qualche mese di ritardo. La prima riunione del
prossimo anno vedrà l’adozione della nuova legge urbanistica da parte degli
assessori. Sarà il primo scalino ufficiale del percorso amministrativo. In sala
Giunta, alla fine della riunione ieri a mezzogiorno, c’erano gli scatoloni con i
documenti: «Abbiamo concluso la presentazione - dice Elena Marchigiani,
l’assessore alla Pianificazione -, per completare la verifica collegiale su
tutti gli aspetti che sono da “armonizzare”, da sottolineare particolarmente,
fra questioni del demanio, di opere pubbliche, di sviluppo economico, di
risultati ottenuti con i tavoli tecnici. È un piano complesso, più occhi vedono,
meglio è». Ma ci sono anche questioni complicate che s’intrecciano, e non solo
il nascente Piano del traffico, soprattutto il Piano del commercio che già ha
sollecitato il richiamo di due consiglieri circoscrizionali del Pdl, Roberto
Dubs e Alberto Polacco, ai cui occhi il pericolo che il Prg nasca “dopo” la
progettazione commerciale della città sembra un rischio, e in tal caso un
evidente errore, perché è il Piano regolatore - hanno sottolineato - che decide
in via primaria dove e come sorgono le zone commerciali (e tutte le altre).
Marchigiani non lo prende come semplice “punzecchio” dell’opposizione, ma vuol
mettere a posto le tessere del quadro, essendoci in ballo sia i centri monomarca
già deliberati e sia i destini dell’Ezit (sotto denuncia al Tar da parte dei
commercianti per presunte concessioni di licenza considerate improprie in una
zona industriale). «Il piano del commercio - dice - lo stanno facendo sia gli
uffici dell’assessore allo Sviluppo economico Edi Kraus e sia gli uffici alla
Mobilità e traffico, i contenuti assumono e traducono la delibera già approvata
sui centri monomarca, mentre il Piano regolatore si limita a normare le zone in
cui è possibile realizzare punti vendita di superficie inferiore ai 1500 metri
quadrati, rimandando al Piano del commercio per la loro effettiva realizzazione.
Non sono pianificazioni in contrasto, viaggiano in perfetto accordo». Più
delicata la questione Ezit, ma il Piano regolatore (questo è confermato, mentre
nessun dettaglio dei “discorsi di Giunta” viene reso esplicito) manterrà la
zonizzazione attuale, né di più come vorrebbe il presidente Dario Bruni ansioso
di aprire anche al commercio, né di meno come forse spererebbero i commercianti
assediati. «L’Ezit rimarrà segnata come zona D1 - dice Marchigiani -, cioé area
di produzione, e come D3 nella fascia di interfaccia urbana in via Flavia: D3
identifica zone in cui sono ammesse anche attività commerciali, non alimentari,
e a basso impatto». Insomma, esattamente quel che c’è oggi. Ma una
“liberalizzazione” in più il Comune però la prevede, per quell’area oggi in
gravissima sofferenza, senza nuove imprese, senza candidati, senza acquirenti
per i capannoni dismessi. «L’Ezit, col suo piano infraregionale per cui si
confronta con la Regione - dice Marchigiani - vorrebbe liberalizzare di più, noi
lavoriamo con Ezit per allinearci nella pianificazione, e prevediamo che per
rilanciare l’area sia possibile inserire anche nuove funzioni di servizio. Utili
per esempio ad aziende con produzioni ad alta tecnologia. Tutti i parchi
industriali moderni offrono il residence attiguo, la sala riunioni, servizi di
ricettività, cose che rendono piacevole e fruttuoso lavorare in quella sede.
Dunque, amplieremo le destinazioni d’uso. Se Area science park continuerà a
offrire spazi agli “spin off”, alle aziende in fase nascente, noi vogliamo dare
a Ezit la possibilità di diventare più attrattiva per imprese già mature». Posto
depresso? Che almeno intraveda più vita.
Gabriella Ziani
Da viale Miramare a via Caboto, sono 240 gli alberi da
abbattere
Operazione del Comune, le piante verranno tutte sostituite Sani gli
ippocastani di piazza Libertà e i lecci delle Rive
Adoriamo gli alberi, ma non se ci cadono in testa. Ricordando che possono
purtroppo cadere in testa se il fusto è secco (14 morti in Italia ogni anno per
piante abbattute da venti e burrasche) il Comune non solo ha deciso, dopo una
scrupolosa analisi scientifica e tecnica sui 16 mila alberi censiti, di doverne
abbattere 240, l’1,5% del patrimonio totale di Trieste che è “un bosco” di ben
150 mila, ma di informare i cittadini sul perché. In modo da neutralizzare con
la conoscenza del problema l’istinto difensivo naturale che sempre scatta,
giustamente ma non sempre a proposito, quando un albero viene tagliato. Prima
avvertenza: è un problema di sicurezza. Seconda: anche gli alberi hanno un ciclo
di vita, di 70-80 anni salvo esemplari da un secolo. Terzo: ogni pianta sarà
sostituita e questo è un modo per perpetuare il patrimonio verde. Quarto: il
censimento degli alberi continua, nell’anno entrante su ulteriori 4000 piante.
Le zone interessate al taglio dei 240 alberi individuati come morenti dopo
l’analisi visiva e strumentale degli ingegneri arborei sono viale XX Settembre,
viale Miramare, via Rossetti, via Flavia, via Carnaro, via Caboto, ma non
sfuggono alcuni parchi e prima di tutto il Giardino pubblico. Anno per anno il
Comune comunque fa (in silenzio) quest’operazione, ma di solito non supera le
150 piante eliminate e sostituite (l’1%). Stavolta l’operazione è più drastica,
ma salvi sono gli imponenti ippocastani di piazza Libertà già un tempo
minacciati da progetti urbanistici, e i lecci resistentissimi delle Rive. A
soffrire di più, in quest’ambiente denso di smog, fili elettrici, parcheggi e
asfalto sono le piante d’alto fusto che abbelliscono il paesaggio più urbano. Le
difficoltà d’esistenza sono lo scarso spazio per l’espansione delle radici, ma
anche le frequenti potature cui è sottoposto “un albero di città”. Proprio la
radice diventa di conseguenza più piccola, e non ricresce più, mentre la chioma
sì, ma questo progressivo prosciugamento delle forze impone una sequenza di
potature, perciò inevitabile indebolimento. Di questo hanno parlato ieri
l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto, il sindaco Roberto Cosolini,
l’architetto Antonia Merizzi che dirige il servizio Verde pubblico,l’agrotecnico
Andrea Biro Zoltan, il perito agrario Renato Ravara e l’ingegner Giovanni Zvara.
«La sicurezza dei cittadini è la nostra priorità - ha detto Cosolini
ringraziando il settore per così intenso lavoro -, subito dopo viene la tutela
del verde, sostituire le piante moriture è un investimento sul futuro, fatto con
rigoroso metodo scientifico». L’albero viene osservato dagli esperti per
individuare eventuali sintomi di difetti interni (Visual tree assesment),al caso
si utilizza un trapano elettronico (Resistograph) per quantificare il danno, e
quindi stilare il grado di sicurezza che, stampato, è come un grafico da
elettrocardiogramma. Se il fusto è vuoto, secco, fragile, il povero albero in
una scala da A a D sarà classificato nell’ultima posizione: non resta che
abbatterlo. «Le priorità - secondo Merizzi - sono le dimensioni e la
collocazione della pianta, se in zone particolarmente trafficate sono più
pericolose». «La mia esperienza ventennale - ha assicurato Biro Zoltan - e la
scientificità assodata del metodo dicono che a Trieste si è aspettato anche
troppo per interventi più radicali, adesso siamo al limite. Nelle vie in cui
interverremo si sapeva da anni che il problema c’era». «Al verde, patrimonio
collettivo, teniamo molto - ha concluso Dapretto -, anche il nuovo regolamento
comunale ne assicura una migliore cura».
Gabriella Ziani
In viale XX Settembre un vincolo che pesa - il caso
Si apre il caso di viale XX Settembre su cui dovrà pronunciarsi la
Soprintendenza. Il Comune chiederà di sostituire i platani abbattuti con specie
più robuste, resistenti ad asfalto, tubature e cavi. «Mettere di nuovo una
pianta che in quelle situazioni soffre è darsi la zappa sui piedi» è
l’appropriato commento del settore Verde pubblico. Ma l’area è vincolata dalla
Soprintendenza e il vincolo è anche paesaggistico: il viale “è” anche la sua
sfilata di platani. Ci sarà una deroga? Verrà chiesta, ma il Comune non si fa
troppe illusioni sul fatto di ottenerla. Del resto ippocastani, platani e
bagolari (secondo scala di fragilità) sono gli alberi più presenti nel cospicuo
patrimonio verde di Trieste che appunto conta 150 mila esemplari sul territorio
comunale compresi i parchi urbani Farneto, Villa Giulia, Strada vicentina. Un
vincolo in ogni caso se lo dà il Comune stesso: ogni albero abbattuto è
sostituito con un esemplare della stessa specie, dopo un’opportuna pausa per far
respirare la terra, ossigenazione che protegge le radici da attacchi fungini.
Nel 2014 la spesa per le nuove piante sarà di 170 mila euro. In sicurezza, dopo
l’esame dei tecnici, appaiono i platani di viale D’Annunzio, chioma piccola, “a
candelabro”. Un albero però sarà da abbattere lo stesso. Anni fa è rimasto
vittima proprio dell’ambiente urbano: centrato da una macchina in corsa, la
ferita si è dimostrata nel tempo fatale. Infine i record positivi. Nel parco di
Miramare (che di “schianti” ha sofferto più di ogni altro prima degli interventi
di risanamento) vive il leccio più alto d’Italia. E Trieste è stata la prima
città d’Italia a curare gli ippocastani infestati dalla Cameraria Ohridella che
li rendeva secchi in estate. Il metodo solo dopo è stato applicato in altre zone
altrettanto colpite.
(g. z.)
Legambiente: «Nessun pregiudizio sul rigassificatore» -
L’IMPIANTO IPOTIZZATO A MONFALCONE
DUINO AURISINA Nessun pregiudizio nei confronti del rigassificatore di
Monfalcone: Legambiente aspetta di capire se un’ipotesi di realizzazione può
diventare un progetto concreto. «La proposta è in linea con la riconversione
della centrale A2A presentata dall’associazione già nel 2012 e inoltrata di
recente anche alla presidente Debora Serracchiani. I circa 100 milioni di metri
cubi di gas che la società di imprenditori ipotizza di mettere a disposizione di
A2A – dice Legambiente - possono alimentare un gruppo a ciclo combinato di 100
Mw, con la possibilità, assolutamente da sfruttare, di mettere a disposizione il
calore residuo per le aziende della zona industriale. È evidente – conclude -
che la riduzione del costo del gas per le imprese potrebbe favorire un rilancio
economico dell’intera area». Per il capogruppo del Pdl, Massimo Romita, «bisogna
invece valutare dimensioni e pericolosità dell'impianto, fermo restando che la
riconversione a gas di A2A è da noi pienamente sostenuta. Il rigassificatore
potrebbe offrire uno spiraglio di luce alla Burgo di San Giovanni, allontanando
così l'ipotesi di una vendita e favorendone il potenziamento in chiave di
centrale energetica, con ulteriore occupazione». Concorde il collega
d'opposizione Giorgio Ret: «Vorrei conoscere il progetto e capire se si tratta
di un impianto di nuova generazione. Naturalmente trovo positivo l'input di
riconversione della vicina centrale termoelettrica e i benefici che il
rigassificatori produrrebbe su Burgo, ma è chiaro che se il territorio dà un
contributo si devono iniziare a fare anche ragionamenti diversi sull'occupazione
e non solo minacciarne la sopravvivenza». Per Maurizio Rozza «va promossa
trasparenza sul tema, per conoscere gli impatti reali della centrale A2A e i
costi sociali e ambientali dell'operazione rigassificatore».
(ti.ca.)
Marcia della pace, con il pensiero alla Siria
Si rinnova domani il tradizionale appuntamento: la partenza è fissata da
piazza Garibaldi
Espressione della cultura della convivenza e tributo di solidarietà per il
conflitto in Siria. Sono i temi che accompagneranno a Trieste l'edizione 2014
della Marcia della Pace in programma domani a cura del Comitato Pace Convivenza
e Solidarietà e della Tavola per la Pace. Si tratta della manifestazione che da
una trentina d’anni supporta a livello locale la Giornata mondiale della Pace,
approdata alla sua 47.a edizione, la prima sotto il pontificato di Papa
Francesco sulla scia della lettera “Fratellanza fondamento e via per la pace”.
Spunti antichi e un itinerario in parte rinnovato. L’iniziativa del 2013 ebbe
luogo partendo dalla Sinagoga: quest'anno la matrice simbolica della marcia è
rivolta invece alle problematiche in Siria, spunto che ha esortato gli
organizzatori a organizzare per le 15.30 il raduno in piazza Garibaldi, luogo
simbolo della concentrazione di immigrati, in un’area nei pressi del luogo di
culto della Comunità Islamica. Il corteo dei pacifisti prevede poi il transito
lungo le vie del centro attraversando via Carducci, via Ghega, via Roma e via
San Spiridione, per poi giungere alla tappa conclusiva oramai canonica di piazza
Sant'Antonio, dove l'epilogo della manifestazione include yestimonianze e
riflessioni, ma anche l'incontro con i rappresentanti della sigla Masci, gli
scout del ramo cattolico alleati con il circuito Alpe Adria, freschi reduci da
una iniziativa simile in chiave di contenuti vissuta in piazza Unità pochi
giorni fa con l’arrivo della Luce di Pace da Betlemme, assieme alle divise verdi
provenienti dalla Slovenia, Austria e Croazia. Attorno all'appuntamento del
primo gennaio gravitano altre rappresentanze, etnico/culturali, tutte legate
all'impegno antimilitarista e alla missione racchiusa nello spirito di una
“Trieste laboratorio di pace”. Varie infatti le testimonianze a corredo della
marcia: una è prevista all'inizio, a cura della Associazione Salaam Ragazzi
dell'Olivo e della Comunità Islamica di Trieste; l'altra in chiusura,
caratterizzata da voci e volti della cultura bosniaca, in legame ideale con
l’evento in occasione del centenario della Grande guerra che dal 6 al 9 giugno
si terrà a Sarajevo, città dell'Europa al centro di tre conflitti nell'arco del
Novecento. Gli organizzatori della marcia ieri in conferenza stampa hanno
puntato l'indice contro gli enti locali, rei - secondo gli esponenti della
Tavola della Pace e del Comitato Pace Convivenza e Solidarietà - di scarsa
collaborazione e assenteismo reiterato alle manifestazioni pubbliche che parlano
di convivenza e blocco delle guerre.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 dicembre 2013
«Ferriera, molti nodi anche oltre il Cip 6» - IL
DEPUTATO DI M5S
Occhio. Che la notizia della risoluzione anticipata del contratto di Cip 6
tra Elettra e Gse (la Spa dello Stato che per effetto dell’omonima legge paga a
prezzi più alti di quelli di mercato l’energia generata dalla stessa Elettra coi
gas di risulta della Ferriera) non si riveli a posteriori meno importante, ai
fini del futuro della Ferriera, di quanto appare di primo acchito. Che non sia
un’illusione delle feste di Natale insomma. A invitare a riflettere, a tirare il
freno, è il deputato triestino del Movimento 5 stelle Aris Prodani. «Non ci vedo
una gran notizia, la stessa governatrice Serracchiani ha puntualizzato che la
risoluzione è condizionata al fatto che a Lucchini subentri un acquirente»,
ribatte. «Dalle informazioni che ho acquisito nei giorni scorsi da Gse - precisa
- l’intenzione di tale società, dovendo riconoscere soldi pubblici a Elettra per
la fine anticipata della convenzione (decine di milioni, 57 secondo stime di
alcuni mesi fa che potrebbero anche essere cambiate, benché non stravolte, ndr),
è farlo a fronte di una continuità occupazionale ed energetica». Della serie:
Gse pagherà se e quando Arvedi sarà effettivamente subentrato, lascia intendere
Prodani, per fugare ogni prospettiva che Elettra possa intascare e chiudere, o
vendere, prima di sottoscrivere un nuovo contratto di fornitura, ormai fuori dal
Cip 6, con Siderurgica triestina, cioè proprio Arvedi. Tutto è rimandato,
allora, all’Accordo di programma sulle bonifiche e sulla colata di cemento per
allungare la banchina della Ferriera? Non era questo, in fondo, il secondo e
ultimo scoglio da passare dopo la chiusura del Cip 6? Non proprio, per
l’onorevole cinque stelle. «Il futuro della Ferriera - ancora Prodani - continua
a non essere chiaro. Posto che, chiuso questo Cip 6, non se ne farà un altro, è
sicuro che la filiera dai gas di risulta all’energia resti in piedi? L’Accordo
di programma non è il solo ultimo tassello da sistemare. Ce n’è una serie. Il
Piano industriale non è definito, c’è da rifare un’Aia con prescrizioni che
siano rispettate, c’è da circoscrivere un percorso per dar corpo alla norma che
inserisce sommariamente l’area triestina nelle crisi industriali complesse, c’è
da tener conto del Piano europeo per la siderurgia che contemplando il riciclo
del metallo potrebbe favorire determinate risorse per l’allungamento della
banchina». Meno circospetto, e più vicino alle posizioni del collega della Fim
Salvaneschi e del sindaco Cosolini, è il rappresentante di fabbrica Uilm Franco
Palman: «Resto dell’idea che sia stato tirato via un groppo dietro cui si
potevano nascondere pericolosi inghippi. Certo era, ancorché importantissimo, un
ostacolo, non l’ostacolo. Da domani possono cominciare i giochi, quelli veri e
se necessario duri, e mi riferisco all’Accordo di programma. Ciò che serve a mio
avviso, più che altro, è che sia fatta una volta per tutte chiarezza pure sul
ruolo che dovrà avere l’Autorità portuale».
(pi.ra.)
«Piano del commercio, non col vecchio Prg» - DUBS E
POLACCO (PDL)
«I piani comunali del commercio sono strumenti urbanistici attuativi dei
Piani regolatori e sono strettamente correlati alle zonizzazioni. È assurdo
quindi, come sta tentando di fare la giunta Cosolini, portare ad approvazione un
piano del settore commercio che si basa su un Prg vetusto e superato». Lo
affermano in una nota i consiglieri circoscrizionali del Pdl Roberto Dubs e
Alberto Polacco, spiegando come «appare evidente quanto sia importante
sviluppare un piano del settore commercio solamente dopo aver prodotto una
congrua pianificazione territoriale con lo strumento urbanistico principale,
ovvero il Prg». Infatti «mentre con il piano del settore commercio si possono
indicare vincoli o limitazioni a insediamenti di determinate tipologie di
strutture commerciali solo esclusivamente secondo criteri di viabilità, di
tutela dell’ambiente e di salute dei cittadini, con le zonizzazioni del Piano
regolatore si può invece determinare a priori se in una data zona del territorio
potranno insediarsi strutture commerciali, arrivando anche ad indicare, sempre
con le zonizzazioni, la tipologia di tali possibili nuovi insediamenti». «Basta
pensare - insistono Dubs e Polacco - che, se le ormai vecchie zonizzazioni
verranno modificate dal nuovo Prg e se tali modifiche interesseranno proprio
aree destinate a insediamento commerciale, si dovrà per forza rifare il piano
del commercio ripartendo da capo con tutto l’iter». I due consiglieri parlano di
«pressapochismo» e di scarso coordinamento tra assessorati, perché «al lavoro
svolto con tempestività dall’assessorato allo Sviluppo economico è venuto
completamente a mancare il supporto dell’assessorato all’urbanistica»: si mette
a rischio «la possibilità di un equilibrato sviluppo economico e commerciale del
nostro territorio».
Duino Aurisina, via alla nuova eco-commissione - NE
FANNO PARTE 5 CONSIGLIERI: IL PRESIDENTE È GOTTER (PD)
Nato l’organo “speciale” per il Piano per l’energia sostenibile previsto
dal Patto dei sindaci
A cinque mesi di distanza dalla prima commissione speciale voluta
direttamente dall’amministrazione Kukanja per velocizzare l’iter di
completamento della predisposizione di barriere anti-inquinamento acustico e
ambientale sull’A4, un nuovo organismo consultivo viene varato per contribuire
all’abbattimento delle emissioni e del consumo energetico sul territorio. Scopo:
l’elaborazione di un Piano di azione per l’energia sostenibile (Paes), che dovrà
essere redatto nell’ambito dell’adesione del Comune al Patto dei sindaci in
materia di politiche energetiche. Dopo la “correzione” della delibera con due
emendamenti proposti dal centrodestra (e accolti favorevolmente all’unanimità
del Consiglio) è stata quindi messa ai voti la presidenza, che è andata al
consigliere Lorenzo Gotter. Il democrats ha già annunciato l’intenzione di
convocare con l’anno nuovo in audizione la Pineta del Carso, la Cartiera Burgo e
l’Acquedotto per approfondire i temi. Diversi i compiti della commissione
speciale, che non prevede gettoni di presenza né spese di funzionamento:
innanzitutto analizzare, in collaborazione con gli uffici competenti e la ditta
incaricata di redigere il Paes, le possibili azioni in tema di politiche
energetiche e individuare quelle maggiormente affini al territorio; quindi
indire audizioni in enti e istituzioni pubbliche o private che operano sul
territorio comunale interessati a realizzare interventi di ammodernamento
energetico; infine, coinvolgere la popolazione promuovendo azioni di
sensibilizzazione e informazione. La commissione, su emendamento presentato dal
pidiellino Massimo Romita, risulta composta da cinque consiglieri, di cui tre
della maggioranza (Mitja Ter›on, Roberto Gotter, Maurizio Rozza) e due
dell’opposizione (Giorgio Ret, Daniela Pallotta), eletti in seno al Consiglio
comunale. La presidenza, come detto è andata a Gotter (già a capo della Terza
commissione consiliare), dunque ancora una volta in casa Pd (quella sulle
barriere A4 era stata assegnata al capogruppo Michele Moro). La commissione
rimarrà in funzione per sei mesi dalla sua istituzione, lasso eventualmente
prorogabile su esplicita indicazione della Conferenza dei capigruppo. La
commissione si scioglierà automaticamente dopo l’esposizione in consiglio della
relazione conclusiva da parte del presidente Gotter. Obiettivo primario, il
raggiungimento entro il 2020 dell’obiettivo 20-20-20 (abbattimento delle
emissioni di Co2, riduzione dei consumi energetici e aumento della produzione di
energia da fonti rinnovabili, tutto del 20%).
(ti.ca.)
Italia Nostra - Animali senza difesa: no ai rumori violenti
Italia nostra si appella alla cittadinanza affinché eviti i rumori violenti durante le feste di fine anno. «Lo soffrono le persone, ma loro almeno sanno di che cosa si tratta e possono difendersi, mentre gli animali domestici e i selvatici non hanno difesa». L’associazione esprime «apprezzamento» per l’appello lanciato in questo senso già dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni.
PRESENTAZIONE Marcia della Pace
Il primo gennaio Sarà presentata stamattina alle 11 al Caffè San Marco di via Battisti la Marcia per la pace e la convivenza tra i popoli del primo gennaio, organizzata in occasione della 47.a Giornata mondiale della pace dedicata quest'anno al cessate il fuoco in Siria e all'evento di giugno prossimo a Sarajevo, per il centenario della Prima guerra mondiale. COMUNE Urbanistica informazioni Il Comune ricorda che fino a venerdì lo Sportello urbanistico di via Punta del Forno 2 sarà chiuso al pubblico. Per informazioni ci si può rivolgere agli uffici dell’Edilizia Privata, in passo Costanzi 2, lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 15.30, martedì e giovedì dalle 12 alle 13.
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 29 dicembre 2013
Mobilità Sostenibile: Trieste retrocede dal 15° al 30°
posto in Italia. - Pesa la mancanza di corsie ciclabili e l’assenza di bike e
car sharing.
L’anno 2013 si chiude con un balzo all’indietro di Trieste nella
classifica del rapporto sulla mobilità sostenibile elaborato da Euromobility con
il contributo e il Patrocinio del Ministero dell’Ambiente. La nostra città passa
infatti dal 15° al 30° posto nella classifica delle 50 più importanti città
italiane.
È Venezia a salire sul gradino più alto. Potrebbe apparire scontato, ma la
città lagunare riconquista dopo due anni la prima posizione non solo perché
favorita dalla più estesa area pedonale e dal più basso indice di
motorizzazione, ma anche grazie a un trasporto pubblico che funziona, al
servizio di bike sharing in crescita e al miglior car sharing in rapporto alla
popolazione, sia per numero di utenti che per numero di automobili. Sul podio al
secondo posto Bologna e al terzo Torino.
“Questo Rapporto segnala che finalmente inizia a ridursi il tasso di
motorizzazione -ha sottolineato Lorenzo Berttuccio, Direttore scientifico di
Euromobility- ma conferma, purtroppo, che ai servizi innovativi credono più i
cittadini che i loro amministratori: se il bike sharing mostra una crescita a
due cifre percentuali sia di utenti che di biciclette, al car sharing si
rivolgono sempre più cittadini ma le automobili diminuiscono del 2,4%”.
Dal Rapporto emerge una fotografia in chiaro scuro per Trieste che si piazza tra
le prime posizioni su trasposto pubblico (6°posto) e per le pedonalizzazioni (7°
posto) ma mostra una un forte deficit rispetto ad altre città italiane per
quanto riguarda altri aspetti della mobilità urbana. Raggiunge solo il 29° posto
per quanto riguarda le corsie ciclabili, il 45° posto sui parcheggi di
interscambio e su quelli a pagamento. Piuttosto negativi anche alcuni valori
della qualità dell’aria. Superiore alla media italiana la densità veicolare. Per
ogni 100 abitanti ci sono 53 auto e Il numero di motocicli (21 ogni 100
abitanti) è tra i più alti in Italia (5°posto). Trieste si piazza all’ultimo
posto per la percentuale di veicoli a gas, metano e gpl del parco circolante.
Pesa anche nel risultato della classifica finale la totale mancanza nella nostra
città dei servizi di bike sharing e car sharing.
“Le amministrazioni dimostrano ancora di non aver compreso appieno quanto faccia
bene alla salute delle città e a quella dei cittadini la mobilità attiva, l’uso
cioè dei propri piedi e della bicicletta per gli spostamenti quotidiani- ha
commentato il presidente di Euromobility Riccardo Canesi- I percorsi in città
sono ancora troppo poco sicuri e l’impegno sul piano culturale è scarso”
Il rapporto completo lo si trova al seguente link:
http://www.euromobility.org/Osservatorio50citta/2013_50_citt%C3%A0/ppt_2013.pdf.
ULISSE-FIAB
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 dicembre 2013
Via il Cip 6, Ferriera-Arvedi a una svolta
Il Gse accoglie la risoluzione del contratto richiesta da Elettra.
Cosolini: «Momento decisivo per l’Accordo di programma»
IL FRONTE SINDACALE Salvaneschi (Fim-Cisl): «Non ce l’aspettavamo più che
potesse arrivare entro fine anno. Un passo importante che rilancia la
trattativa»
Fuori uno, il primo. Avanti un altro, il secondo e ultimo degli scogli tra
le buone intenzioni e ciò che serve per agguantarle. Il delicatissimo percorso
di salvataggio (occupazionale), messa in sicurezza (ambientale) e rilancio
(industriale) della Ferriera, così come tracciato a metà estate da Arvedi,
supera in effetti in extremis - rispetto alle attese di sblocco entro fine anno
cui in pochi ormai, arrivati a questo punto, credevano, o meglio speravano - uno
dei due ostacoli decisivi: la fine del Cip 6 in essere. Quello che resta è, come
si sa, l’Accordo di programma per le bonifiche (con tanto di allungamento
“tombale” della banchina logistica) dopo il quale il gruppo siderurgico
cremonese è pronto a investire (per i consulenti del procuratore capo facente
funzioni Federico Frezza servono come minimo 15 milioni) per neutralizzare il
potere inquinante della fabbrica. Ieri, a meno di 48 ore pienamente lavorative
prima dei fuochi di San Silvestro, la governatrice Debora Serracchiani (si legga
a lato, ndr) ha annunciato la chiusura del contratto di Cip 6 che vincolava la
centrale di cogenerazione Elettra e la Lucchini. Una chiusura richiesta dalla
stessa Elettra produzione Srl e finora non accettata dal Gse - Gestore servizi
energetici, la Spa controllata dal Tesoro che in base proprio alla norma che
regola il Cip 6 del ’92 pagava l’energia prodotta da Elettra con i gas di
risulta della Ferriera a prezzi più alti di quelli normali di mercato. Una
chiusura che ora, come noto, consente da un lato a Elettra d’incassare
indennizzi milionari, e dall’altro, soprattutto, la rende libera di poter
stringere un nuovo patto fondato sul Cip 6 non più con Lucchini bensì proprio
con Arvedi. Libera e al tempo stesso nuovamente vincolata - con una formula che
dà l’idea d’essere pilotata - a quella che si prospetta come la nuova, possibile
proprietà della Ferriera, visto che la risoluzione del Cip 6 è letteralmente
subordinata al subentro di un acquirente. «Il pronunciamento del Gse sulla
risoluzione anticipata del contratto Cip 6 - scrive Roberto Cosolini non appena
si diffonde la notizia - è sicuramente positivo per la prospettiva di soluzione
della crisi della Ferriera. Consente di proseguire nel percorso per la cessione
dello stabilimento al nuovo soggetto interessato a continuare l’attività
industriale garantendo altresì gli interventi necessari in materia ambientale.
Si viene a realizzare perciò una condizione positiva, senza la quale ben
difficilmente si poteva andare avanti, e quindi è auspicabile che tutti lavorino
per arrivare all’Accordo di programma e perciò agli investimenti che possono far
superare una situazione precaria dal punto di vista occupazionale e critica da
quello ambientale». «Le prossime settimane saranno decisive», chiude la nota del
sindaco, che lascia intendere come la fine del Cip 6 vecchio per l’inizio di uno
nuovo sia sì condizione necessaria. Ma non ancora sufficiente. Ora serve
l’Accordo di programma «per stabilire chi fa cosa». Chiaro che Arvedi non voglia
accollarsi tutto, ma proprio tutto. Cosolini mira, «ma questo è un augurio, non
una previsione, che a mettere date si rischia di creare aspettative e
preoccupazioni», «ai primi due, tre mesi del 2014». «Proprio stamattina (ieri,
ndr) ne parlavo con dei colleghi, auspicavamo che la cosa si potesse risolvere
entro fine anno, ma trattandosi di pochi giorni nemmeno ce l’aspettavamo più»,
ammette Umberto Salvaneschi, Rsu Ferriera e segretario Fim-Cisl. «Dopo i segnali
dapprima positivi e poi negativi per questo preoccupante ritardo abbastanza
“italiano” nel suo genere - aggiunge Salvaneschi - le ultime notizie che avevamo
dicevano appunto che tale ritardo si doveva al fatto che le parti stavano
cercando di concludere (dopo il passaggio davanti al giudice amministrativo di
Elettra e Gse e il ritiro della richiesta di cassa integrazione da parte di
Lucchini, ndr) la trattativa, di chiudere i conteggi. Ora è stato compiuto un
passo importante, che rilancia il programma di avvicinamento con Arvedi. Resta
in piedi l’Accordo di programma, legato a sua volta all’Aia (l’Autorizzazione
ambientale che compete alla Regione e che scade fra pochi mesi, ndr), ed
entrambi i documenti richiedono di porre massima attenzione alla questione
ambientale, tanto per i cittadini di Servola quanto, soprattutto, per i
lavoratori della Ferriera, i primi che risultano esposti a eventuali agenti
inquinanti».
Piero Rauber
«La condizione è che subentri un acquirente»
«Un passo avanti verso lo scioglimento dei molti nodi che ancora si
frappongono a una soluzione definitiva della complessa situazione ambientale e
produttiva di Servola». Debora Serracchiani, a inizio dicembre, non escludeva
che entro Capodanno potesse arrivare addirittura l’Accordo di programma. Per
intanto la presidente s’accontenta di rendere noto l’accoglimento del Gse
dell’istanza di risoluzione anticipata del Cip 6. Per la governatrice «va
rilevato come tra gli elementi presi in considerazione vi sia anche l’evidenza
che la continuità produttiva è condizionata al buon esito delle trattative in
corso con un possibile acquirente. La subordinazione dell’efficacia della
risoluzione Cip 6 al subentro effettivo di un acquirente mette ancor più in
primo piano l’importanza di un approccio concreto e positivo da parte di tutti
in vista dell’Accordo di programma. Rimane un obiettivo realistico ma
sicuramente anche molto complesso».
(pi.ra.)
«Polveri sottili, tre giorni consecutivi di sforamenti»
- CIRCOLO MIANI
Per tre giorni consecutivi sforati a Trieste i limiti di Pm10 nell'aria. Ma
i dati risultano poi non più disponibili e il circolo Miani segnala tutto al Noe
di Udine. È quanto hanno denunciato in una conferenza stampa Maurizio Fogar e
Romano Pezzetta, l'uno leader del circolo Miani, l'altro portavoce di "Servola
respira". Tabella alla mano, Fogar ha reso la fotografia dell'inquinamento
registrato il 21, 22 e 23 dicembre in diverse centraline del territorio:
«Livelli ben superiori al limite di legge per il Pm10, che - lo ricordiamo - è
di 50 ug/m3 per l'Italia». Quattro le centraline considerate. Quella dell'Arpa
di via Carpineto che «evidenzia il 21, 22 e 23 dicembre una media di Pm10
nell'aria rispettivamente di 66, 97 e 114», quella collocata nell'area pedonale
di Muggia, «dove negli stessi giorni si leggono valori medi di 65, 109 e 130;
quella di Servola (via San Lorenzo in Selva), che registra 59 il 21 dicembre e
"non disponibile" il 22 e il 23. I tecnici - ha sottolineato Fogar - mi dicono
che la centralina "salta" quando i livelli vengono sforati». Infine la
centralina di via Svevo dove secondo il Circolo si è registrato il 23 dicembre
un livello medio di particelle Pm10 sospese nell'aria «pari a 738». «Il problema
non sono soltanto gli sforamenti – ha incalzato Fogar – ma anche il fatto che il
giorno successivo i dati di via Svevo non erano più disponibili sul sito
dell'Arpa. Avendoli salvati, li abbiamo inviati al Noe di Udine, chiedendo come
mai sia potuto accadere tutto ciò a fronte di numeri che testimoniano degli
sforamenti mai visti negli ultimi anni». Fogar ha ricordato poi che «la legge,
in questi casi, obbliga i sindaci a intervenire con ordinanze che impongono per
esempio di fermare gli impianti industriali». Di seguito ha citato «le cose non
dette», nonostante l'inchiesta del procuratore capo facente funzioni Federico
Frezza abbia messo in evidenza il nesso tra l’esposizione al benzene e
l’insorgenza di neoplasie. «Sono 83 operai della Ferriera morti a causa di
tumori dal 2000 in poi – ha ricordato Fogar - ma solo se consideriamo due tipi
di neoplasie. E le altre? La relazione del Cigra vede poi tra il 2011 e i primi
sei mesi del 2012 un aumento del 0,5% di benzoapirene proprio mentre l'assessore
comunale all’Ambiente Umberto Laureni diceva il contrario. Ma a Trieste la
Procura non è veloce come a Taranto...»
Elena Placitelli
Italia Nostra: Porto Vecchio, Regione inerte sui fondi Ue - PER IL RIUSO
«Molte altre istituzioni hanno condiviso la richiesta di fondi europei per la messa in sicurezza degli edifici di Porto Vecchio, la Regione» ha invece «deciso di restare del tutto inerte sul Porto vecchio: l’assessorato alla cultura per oltre sette mesi ha rifiutato qualsiasi incontro». Lo sostiene in una nota la sezione locale di Italia Nostra per voce del presidente Marcello Perna e della vicepresidente Giulia Giacomich. «La Regione non ha risposto da maggio alle ripetute richieste d’incontro di Italia Nostra e dell’Istituto di cultura marittimo portuale (Icmp). A nostro parere è una sottovalutazione dell’emergenza in cui si trova il patrimonio storico del distretto portuale più importante al mondo (ancora esistente nella sua integrità)», scrivono Perna e Giacomich. Secondo i quali «nella programmazione 2014-2020 dei fondi europei Por Fesr la Regione non ha nemmeno inserito Porto vecchio nel patrimonio culturale regionale, nonostante sia un bene tutelato dal Ministero e riconosciuto in Italia e in Europa come un patrimonio di archeologia portuale-industriale di inestimabile valore». Italia Nostra ricorda di essersi rivolta lo scorso settembre al ministro per i Beni culturali Massimo Bray chiedendone un intervento diretto «per ottenere un finanziamento di 500 milioni di euro (dei 31 miliardi residuali dei fondi europei disponibili fino al 31 dicembre 2013) al fine di mettere in sicurezza e restaurare gli edifici storici del Porto vecchio, in stato di degrado». E su richiesta di Bray stesso ha elaborato «a proprie spese un accurato masterplan in cui si prevede un iter di lavori di recupero e riuso dove si parte dalla messa in sicurezza delle strutture, ormai urgentissima, e si prevede l’avvio di un restauro leggero (che consente di operare a un costo inferiore rispetto al sistema di restauro tradizionale). Italia Nostra sottolinea come «Direzione regionale dei Beni culturali, Autorità portuale, Università, Provincia e Icmp hanno apprezzato e condiviso il masterplan e le proposte. Mentre «l’azione» della Regione «e anche il silenzio del Comune rischiano di bloccare l'importante operazione economica a tutela del patrimonio storico portuale di Trieste».
«Sottostazione elettrica, lavori finiti a luglio» -
EDIFICIO RESTAURATO MA ANCORA CHIUSO AL PUBBLICO
Il costruttore Riccesi: «È da mesi che l’opera può essere inaugurata.
L’impresa non c’entra»
Un mistero. Le ragioni della mancata inaugurazione la Sottostazione
elettrica di Porto Vecchio (destinata ad ospitare l’archivio storico
dell’Autorità portuale) restano imperscrutabili. «Ho letto sul giornale di ieri
una serie di affermazioni relative al lavoro in oggetto, realizzato dalla mia
impresa che non corrispondono in alcun modo alla realtà dei fatti. Si
attribuirebbe la mancata inaugurazione dell'opera a "problemi legati alla
consegna dei lavori da parte dell'impresa Riccesi.." Desidero precisare che la
Direzione Lavori ha rilasciato il certificato di fine lavori, portati a termine
senza alcun contenzioso nei tempi previsti contrattualmente, in data 31 luglio
scorso, e di conseguenza ha emesso la contabilità finale - scrive Donato Riccesi,
titolare dell’impresa -. Quindi è da mesi che l'opera avrebbe potuto essere
inaugurata». Tanto più - fa sapere il costruttore triestino - che «si è anche
provveduto a stampare una monografia sull'opera (1913) dell’architetto Giorgio
Zaninovich a compendio del restauro effettuato, già distribuita». I motivi della
mancata inaugurazione vanno ricercati altrove. L’edificio resta tuttora
inaccessibile e chiuso al pubblico. «Probabilmente le cause della mancata
inaugurazione - aggiunge Riccesi - attengono alla mancanza di tutti gli arredi e
le attrezzature oggetto di separata gara d'appalto (in cui non c'entra la
Riccesi) senza i quali l'edificio non può essere utilizzato coerentemente con le
finalità museali previste». L’allestimento della Sottostazione elettrica,
assieme a quello della Centrale idrodinamica, è stato già affidato all’ati
formata dallo studio Map architetti di Venezia, da Mhk consulting srl e da
Tassinari/Vetta srl, entrambi di Trieste.
Ferrovie, il risanamento a discapito del servizio --L’INTERVENTO
DI LUIGI BIANCHI
Le feste sono favorevoli al vertice delle Ferrovie dello Stato Italiane. A
Ferragosto è arrivata la quarta riconferma ad amministratore unico di Fsi, a
Natale la presidenza dell’Unione internazionale delle ferrovie. Come si spiega
il successo del massimo oppositore delle direttive comunitarie in tema di
liberalizzazione ferroviaria, in particolare della netta distinzione di
responsabilità della rete ferroviaria dalla impresa di trasporto utilizzatrice,
attesa da più di vent’anni? L’ad di Fsi è riuscito a conquistare “il mercato
tedesco” acquistando, a carico dell’erario italiano (il 100% di Fsi è del
Tesoro), Netinera dalle Ferrovie tedesche Db (trasporto regionale in Germania) e
Tx (trasporto merci internazionale), concorrente di Trenitalia Cargo.
L’operazione, puramente finanziaria, che attinenza ha con il servizio
commerciale delle Ferrovie italiane, che dal 1905 hanno la missione di garantire
la piena efficienza della rete ferroviaria italiana (oggi Rfi) e di gestire
un’impresa di trasporto italiana competitiva nei traffici – merci e viaggiatori
- nazionali, regionali e internazionali del nostro Paese? Anche le Ferrovie
germaniche, come quelle francesi, si oppongono allo scorporo della rete
dall’impresa di trasporto. Tutti uniti contro le direttive comunitarie, ma con
una differenza significativa negli obiettivi: le Ferrovie francesi e tedesche,
come tutte le altre europee, hanno onorato la missione di garantire la
competitività delle rispettive reti (migliorando sia il servizio merci che
quello passeggeri), mentre le Ferrovie italiane hanno sacrificato – in nome di
un risanamento puramente finanziario - sia la rete (Rfi) che l’impresa di
trasporto (Trenitalia). Rfi ha concentrato tutte le risorse solo sui mille
chilometri dell’alta velocità trascurando non solo gli investimenti ma anche la
manutenzione sul resto della rete (oltre 15 mila chilometri che includono tutti
i transiti internazionali). Trenitalia limita ormai il servizio commerciale
passeggeri alla “Metropolitana d’Italia” ritirandosi dai traffici nazionali ed
internazionali e delegando (contro pagamento, sempre pubblico) alle regioni
quello locale, in una visione separatista completamente opposta all’integrazione
dei trasporti in una dimensione europea, lanciata dal Progetto ’80, e realizzata
nel 1972 a Monaco di Baviera. Trenitalia Cargo ormai si occupa solo di treni
completi: viene abbandonato anche il carro singolo (dopo i bagagli, i colli
espressi internazionali, i groupages e i raccordi), mentre le altre ferrovie
europee puntano allo sviluppo del traffico a carro singolo per contribuire alla
riconversione modale a favore della rotaia che non può essere assicurata solo
dai treni completi. Ma, nonostante l’evidenza della pericolosa deriva imboccata
dall’Italia ferroviaria (ridimensionamento del mercato passeggeri e ritiro da
quello cargo, con peggioramento del livello qualitativo dell’offerta
commerciale, sia viaggiatori che merci), non solo a Roma ma anche a Trieste si
continua a parlare di “risanamento delle ferrovie”. Un serio esame del presunto
risanamento non può essere limitato alla holding (FSI), va esteso al coacervo
delle società partecipate, a partire da RFI e Trenitalia che hanno pagato i
profitti della holding a spese dei gioielli di famiglia e dei ferri del
mestiere. Perfino la rete, monopolio naturale, patrimonio dei cospicui
investimenti dello Stato italiano, è stata privatizzata: lo sfruttamento
commerciale delle maggiori stazioni è stato affidato a Benetton, Caltagirone e
Pirelli (Grandi Stazioni) e quello delle medie stazioni agli Aeroporti di
Venezia (100 Stazioni), abbandonando tutte le altre al degrado. In breve, il
presunto risanamento (solo finanziario) è stato pagato con il peggioramento del
servizio ferroviario – merci e viaggiatori – del Paese, non onorando la missione
affidata alle Ferrovie dello Stato: ”trasporto di persone e cose” in una
dimensione europea. Il miglior regalo del Ministro dei trasporti al Paese per
San Silvestro: fare chiarezza sul “risanamento” delle ferrovie e affidare
distinte responsabilità a Rfi e Trenitalia, per restituire agli italiani una
rete ferroviaria efficiente a servizio di tutte le imprese di trasporto
(pubbliche e private, nazionali ed estere) e un’impresa di trasporto competitiva
nell’offerta globale di tutti i servizi - merci e passeggeri – a livello
europeo.
Fare Ambiente «Serve un nuovo piano energetico»
«Fa bene l’amministrazione regionale a condividere la posizione degli altri enti locali sul rigassificatore previsto da Gas Natural a Trieste, ora però si lavori per un piano energetico utile e sostenibile» dichiara Giorgio Cecco, coordinatore locale di Fare Ambiente. «Crediamo inoltre si debba trattare con i Paesi confinanti una strategia energetica anche di contenimento degli impatti ambientali: è importante che la Regione si faccia sentire dal governo nazionale - evidenzia Cecco -. A esempio con la Slovenia anche sul raddoppio della centrale di Krsko o altri impianti di rigassificazione nell’Alto Adriatico».
La Banca europea nega finanziamenti a Fianona 3 - LA
CENTRALE TERMOELETTRICA
ALBONA Hanno incassato un colpo pesante, forse non è il ko definitivo ma
poco ci manca, il governo e l’ente elettroenergetico croato Hep (equivalente
all’Enel italiana) che malgrado le forti contestazioni degli ambientalisti e
degli economisti, insistono sul carbone quale combustibile della futura centrale
termoelettrica Fianona 3. È un progetto, lo ricordiamo, che richiede
l’investimento di 800 milioni di euro. Ebbene la Banca europea per la
ricostruzione e lo sviluppo (Ebrd) ha deciso di non finanziare più i progetti
basati sull’uso del carbone. La banca in parola si è cosi adeguata alla sempre
più energica iniziativa a livello globale contro il carbone, i cui effetti sul
clima e sulla salute vengono ritenuti devastanti. La Hep comunque fa sapere che
la Ebrd non ha nulla a che fare con la Fianona 3 in quanto per il progetto è
prevista un’altra chiave di finanziamento che si base sull’estinzione del
credito dalla vendita dell’energia elettrica. Stando agli esperti, la Hep
potrebbe avere anche ragione, però appare sempre più evidente il clima
investizionale per cosi dire ostile, a chi vorrebbe attuare nuovi progetti
basati sul carbone. Gli effetti di questo sul clima sono visibili già da tempo,
il numero degli investitori interessati alla nuova centrale si è ridotto al
lumicino mentre agli inizi si parlava di oltre una decina. Secondo fonti
ufficiose sarebbero rimasti in gara solo la società giapponese Marubeni e il
consorzio italo-francese Edison. Nel disperato tentativo di attirare nuovi
investitori, il governo ha deciso di prolungare il concorso internazionale di
altri sei mesi. Ovviamente la decisione della Ebrd è stata accolta con grande
soddisfazione dagli ambientalisti ed ecologisti istriani e quarnerini che da
anni richiamano l’attenzione sul gravissimo impatto ambientale di una nuova
centrale a carbone le cui emissioni annue di CO2 si misurerebbero in milioni di
tonnellate. La presidente di Istria verde Dušica Radoj›i„ afferma che tutti in
Europa stanno gradatamente abbandonando il carbone, ritenuta una tecnologia del
passato mentre Zagabria vorrebbe darcelo in pasto per i prossimi 40 anni. Vjeran
Pirsi„, presidente di Eko Kvarner sostiene che è in atto il passaggio dalla
società fossile a quella post fossile nella quale si punta alle fonti
energetiche rinnovabili come sole e vento. Purtroppo in Croazia aggiunge, chi
comanda è duro di comprendonio. Intanto stando all’ultimo tabellino di marcia
della Hep slitta al 2019 l’entrata in funzione della nuova centrale mentre
inizialmente si parlava del 2015–2017.
(p.r.)
IL PICCOLO - SABATO, 28 dicembre 2013
Rigassificatore, altro no in Regione - Dato l’ok
urgente alla revoca della compatibilità ambientale decisa a Roma
Una prima pietra poggiata idealmente sul cantiere del nuovo depuratore. E
l’ennesima pietra messa sopra il rigassificatore. Nel giorno in cui riattiva di
fatto le procedure di messa a norma dell’impianto di smaltimento della rete
fognaria triestina, la giunta regionale ribadisce invece il proprio niet, in
linea con gli altri enti territoriali, verso il progetto di Gas Natural. Sempre
ieri, infatti, l’esecutivo guidato da Debora Serracchiani ha deciso che - come
recita una nota - «la Regione trasmetterà al ministero dell’Ambiente parere
favorevole rispetto all’avviato procedimento di revoca della compatibilità
ambientale relativa al progetto del rigassificatore di Zaule proposto dalla Gas
Natural Rigassificazione Italia Spa. A presentare la delibera, anche in questo
caso, è stata l’assessore all’Ambiente Sara Vito, che «condividendo la posizione
ministeriale», ha chiamato la giunta di cui fa parte «ad esprimersi in merito
alla richiesta di parere urgente entro il 7 gennaio 2014 ma non vincolante,
formulata dal dicastero lo scorso 23 dicembre», in cui si legge che, «a seguito
della sospensione dell’efficacia del decreto di compatibilità ambientale in
oggetto, la società proponente aveva confermato la coerenza della localizzazione
e l'Autorità portuale l'impossibilità di rideterminare le previsioni di sviluppo
dei traffici rendendole compatibili con l’impianto di rigassificazione». «La
giunta regionale - ha commentato l’assessore Vito - ha fatto proprio il parere
ministeriale, confermando la linea di condotta pubblica contraria al
rigassificatore di Zaule». Il Ministero, è stato evidenziato sempre
dall'assessore, «ha avviato il preavviso di revoca del decreto di pronuncia di
compatibilità ambientale sull'impianto triestino, ricevendo dalla Gas Natural
una serie di osservazioni rispetto alle quali ha formulato le proprie
valutazioni concludendo per un non superamento delle criticità evidenziate nel
provvedimento di sospensione e per l’obbligatorietà della revoca della pronuncia
di compatibilità ambientale».
(pi.ra.)
Depuratore, impasse finita: via all’iter di messa a
norma
Delibera della giunta Serracchiani, a breve l’Accordo di programma con i
ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico: sbloccati 30 milioni statali
e 15 regionali
Se ne stava impacchettato da prima del Natale 2012: la burocrazia l’ha fatto
scartare, a Trieste, sotto l’albero delle feste di quest’anno. Non è una
sorpresa insomma, però coi tempi che corrono, in cui ogni grande opera che si
traduce da progetto a cantiere rimette in moto un pezzo di economia, assomiglia
pur sempre a un regalo. È l’assegno, roba attorno ai 45 milioni di euro,
promesso a suo tempo da Stato e Regione e ora, a breve, utilizzabile per avviare
l’iter d’installazione del cosiddetto impianto di «trattamento biologico» a
terra per l’ammodernamento del depuratore cittadino di Servola: un intervento
necessario per regolarizzare il depuratore stesso davanti all’Europa, per farlo
uscire dalle more dell’infrazione delle normative comunitarie, rispetto alle
quali oggi sopravvive in regime di costante deroga proprio perché esiste già
l’impegno formale a rinnovarlo. La primissima pietra, ancorché virtuale, l’ha
messa la giunta Serracchiani che su proposta dell’assessore alle Finanze
Francesco Peroni ieri ha approvato per l’appunto l’avvio delle procedure di
riqualificazione del depuratore. Si tratta del placet alla firma, coi ministeri
dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, dell’Accordo di programma quadro
previsto dal Cipe per tale opera. Di milioni, a essere precisi, l’atto ne
sblocca 52 e mezzo, di cui 30 di fondi statali legati al Cipe e altri 15
regionali legati all’Accordo. I rimanenti, grosso modo, coincidono coi soldi
impiegati per due primi lotti già mandati avanti e ora in corso: riguardano un
primo la sostituzione dei filtri per gli scarichi, dalle maglie più strette, un
secondo la bonifica del lato dello Scalo legnami che confina con l’attuale
comprensorio del depuratore, sia per le acque di falda (siamo nel Sin, il Sito
inquinato d’interesse nazionale) che per lo smaltimento dei vecchi tetti in
amianto. È qui, peraltro, che troveranno posto le vasche per il «trattamento
biologico» in cui la materia organica diventerà inorganica. Il cronoprogramma
del terzo lotto, che porterà alla realizzazione di tali vasche, parla di tre
anni, dal bando di gara per la progettazione fino al completamento dell’appalto
dei lavori veri e propri. Si può presumere, quindi, che se le firme dei due
ministeri seguiranno a stretto giro quello della Regione il depuratore cittadino
sarà a norma a fine 2016. Imprevisti permettendo. L’ultimo, quello che ha fatto
rallentare il raggiungimento dell’Accordo e lo sblocco dei fondi statali e
regionali, ma ora superato, era di natura squisitamente burocratica. Doveva
essere chiaro, nel ginepraio giuridico internazionale, che i soldi pubblici
stanziati non si configurassero come aiuti di Stato: non lo sono, anche perché è
vero che l’impianto di Servola è gestito da un soggetto formalmente privato,
ovvero AcegasAps, ma è altrettanto vero che la proprietà è pubblica. Del Comune.
«È un momento storico - sottolinea a delibera approvata l'assessore regionale
all’Ambiente Sara Vito, che ha seguito da vicino il complesso iter burocratico -
perché, dopo mesi di lavoro, finalmente sblocchiamo una situazione difficile che
si trascinava da anni e che avevo inserito tra le reali priorità del 2013.
Grazie a questo provvedimento Trieste potrà usufruire di un servizio idrico
integrato all’altezza della situazione, senza contare che siamo riusciti ad
evitare il rischio di una pesantissima sanzione comunitaria». «Ben venga - fa
eco il delegato all’Ambiente di Cosolini, Umberto Laureni - questo provvedimento
della giunta regionale. Finalmente siamo nelle condizioni di fare un impianto
non più fuorilegge secondo le normative europee, anche se la stessa impostazione
originaria ammessa dalle leggi italiane, tesa a smaltire le acque di scarico
comunque trattate, benché non biologicamente, al largo, sfruttando il potere
battericida del mare, garantisce parametri di sicurezza». «Si sta per risolvere
un grosso problema - la chiusura di Vittorio Zollia, assessore all’Ambiente
della Provincia, che come ente intermedio ha particolare potestà territoriale
proprio in materia di ambiente - ed è per questo che salutiamo con soddisfazione
la delibera della giunta regionale. Sta arrivando ciò che da sempre abbiamo
cercato di ottenere».
Piero Rauber
IL PICCOLO - VENERDI', 27 dicembre 2013
In Fvg nove priorità energetiche dell’Ue -
infrastrutture energetiche UE
Nella lista dei Progetti di comune interesse elettrodotti, gasdotti e
oleodotti. A disposizione quasi sei miliardi di euro
La questione rigassificatore Nell’elenco non c’è il sito di Zaule ma Bruxelles
ribadisce la necessità di un terminal nell’Alto Adriatico Sì all’impianto di
Veglia
La tempistica ravvicinata Il commissario Oettinger garantisce che la stragrande
maggioranza delle opere verrà realizzata già nei prossimi anni
TRIESTE L’Europa accelera sulle infrastrutture energetiche. Prevede una
posta di 5,85 miliardi per il cofinanziamento delle opere. E stende una lista di
248 Pci (Progetti di comune interesse), di cui 31 in Italia. Stringendo le
maglie se ne individuano 9 che interessano anche il Friuli Venezia Giulia:
elettrodotti, rigassificatori, gasdotti, oleodotti. Nella lista (140 iniziative
nel settore della trasmissione e dell’accumulo di elettricità, le altre nel
trasporto e stoccaggio di gas e nel Gnl, tecnologia che riduce volumi ed
emissioni del gas) presentata dal commissario Ue dell’Energia Günther Oettinger
compaiono per quel che riguarda l’Italia 19 connessioni elettriche (che
rientrano nei corridoi sia Est che Ovest), 10 per il gas (corridoi Est, Ovest e
Sud), una per il petrolio (corridoio Osc per l’Europa centro-orientale) e una
che rientra nelle telecomunicazioni. Progetti che beneficeranno di procedure
accelerate per il rilascio delle licenze e di condizioni più vantaggiose del
quadro normativo. Inoltre, i Pci avranno accesso al sostegno finanziario del
programma Connecting Europe Facility), che per le infrastrutture energetiche
transeuropee ha messo a disposizione quasi 6 miliardi nel periodo 2014-2020.
Quelli identificati sono progetti che la Commissione europea giudica necessari
per l’implementazione della rete transeuropea nonché per essere all’altezza
delle sfide di un sistema energetico competitivo sostenibile e sicuro. Il
Regolamento che li elenca è applicabile direttamente dagli stati membri che
potranno agevolare le procedure autorizzative. Al sostegno finanziario
provvederà, almeno parzialmente, il programma europeo. «La stragrande
maggioranza dei Pics verrà realizzata nei prossimi anni – assicura Oettinger –,
abbiamo inserito infatti progetti che riteniamo fattibili a breve in quanto già
concordati tra gli stati». Sarà così anche per l’elettrodotto Udine
Ovest-Redipuglia di Terna (110 milioni di investimento, 40 km di linea, 380kV di
potenza), che ha aperto i cantieri poche settimane fa tra Santa Maria la Longa e
Pavia di Udine. «Il fatto che in una lista di priorità comunitarie rientri pure
questo progetto – rileva il senatore del Pd Lodovico Sonego, membro della
commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama – è la conferma dell’importanza
del collegamento e la risposta a chi ancora afferma che il collegamento non
serviva». Tra le 9 infrastrutture che incrociano gli interessi del territorio
regionale non figura il sito di Zaule. Un’assenza, ha commentato l’assessore
regionale all’Ambiente Sara Vito respingendo «imposizioni dall’alto», «che
premia la posizione dell’amministrazione Fvg». Il «sì» europeo a un
rigassificatore in zona viene però ribadito, seppure attraverso un generico
«terminale Lng onshore nell’Adriatico settentrionale», con la precisazione che
la collocazione andrà decisa d’intesa tra Italia e Slovenia. Tempi che si
allungano, mentre i croati non stanno a guardare. Tra i Pics spunta infatti il
rigassificatore di Veglia, una realizzazione che mira a movimentare ogni anno
una capacità tra i 4 e i 6 miliardi di metri cubi. E c’è poi, sempre in Croazia,
il gasdotto di Omišalj progettato su due rotte: una verso la Slovenia e una
verso Ravenna, opera che potrebbe essere appannaggio dei tedeschi della E.ON.
«La presenza di varie progettualità che toccano la regione non può essere
sottostimata – commenta il senatore Sonego –. Si tratta di iniziative che
servono a garantire la sicurezza e la sostenibilità ambientale delle politiche
energetiche». Forti dubbi, al momento, solo sull’elettrodotto italo-sloveno
Udine-Okroglo: «Ho interrogato il ministro dello Sviluppo economico perché
quella linea avrebbe un impatto ambientale inaccettabile per tutte le valli del
Natisone». L’alternativa? «È possibile usufruire del cunicolo esplorativo della
ferrovia ad alta capacità Venezia-Trieste-Divaccia per collocare una linea
sotterranea a tecnologia Gil, economica, eco-compatibile e che richiede poca
manutenzione, e unire le stazioni elettriche di Divaccia e Redipuglia».
Marco Ballico
Porto Vecchio aperto per un altro anno Punto franco
sospeso - IL CASO »CHIUSURA EVITATA
Una “proroga” anche per i traghetti greci all’ormeggio 57 Ma il prefetto
rilancia: «Questo stato di precarietà va risolto»
Doppia sospensione del regime di punto franco di Trieste. Una per il Porto
Vecchio e una per il Porto Nuovo. Il polo museale della Centrale idrodinamica da
una parte e i traghetti greci dall’altra. È la doppia ordinanza che si appresta
a firmare Francesca Adelaide Garufi, commissario di governo e prefetto di
Trieste. Prima di fine anno, quando scadono le sospensioni. «Abbiamo avviato
l’istruttoria per le proroghe chieste dall’Autorità Portuale», conferma il
prefetto. In un caso, la bretella di accesso al Porto Vecchio di viale Miramare,
siamo alla quarta sospensione temporanea di fila del regime di punto franco: la
bretella di collegamento di viale Miramare verso Porto Vecchio è stata aperta
nel 2011 in occasione della Biennale d’arte diffusa curata da Vittorio Sgarbi e
ospitata al Magazzino 26. La richiesta all’epoca fu fatta dal concessionario
Portocittà, il rinnovo avvenne poi su un programma di attività legate al
Magazzino 26 (compresa la mostra “fantasma” dell’Hermitage) che si fermò alla
rassegna sul “paron” Nereo Rocco (8mila visitatori). Ora il Magazzino 26 è un
contenitore vuoto, ma lì a fianco ci sono la centrale idrodinamica destinata a
diventare un polo museale con la gestione dell’Istituto di cultura marittimo
portuale e i magazzini 27 e 28 che dovrebbero ospitare la TriestEspresso Expo
(dal 23 al 25 ottobre 2014). Motivi sufficienti per chiedere l’ennesima
sospensione del punto franco. «Le motivazioni della richiesta dell’Autorità
portuale - conferma il prefetto Garufi - riguardano l’accesso alla Centrale
idrodinamica e i lavori su alcuni magazzini che dovranno ospitare l’esposizione
del caffè». Un altro anno di sospensione è certo. Ma dopo? A sollevare il
problema è lo stesso prefetto. Non si può andare avanti di proroga in proroga.
Questo stato di assoluta precarietà deve essere risolto. «Resta inteso -
aggiunge Francesca Adelaide Garufi - che serve una rimeditazione. A partire
dalla permanenza delle esigenze del punto franco in una zona (Porto Vecchio,
ndr) dove in realtà non c’è attività portuale. È quello del resto che è stato
messo in luce dalla sentenza del Tar su Portocittà. Credo che tutto il sistema
vada riconsiderato al fine di una eliminazione del regime di punto franco in un
modo meno precario rispetto a quello attuale delle sospensioni che poi si
ripetono di anno in anno. Il regime di porto franco aveva ragion d’essere per il
traffico di una volta. Oggi che abbiamo molte merci comunitarie non serve allo
stesso modo». E qui il prefetto ricorda il paradosso dei paradossi, legato al
Porto Nuovo e ai traghetti ellenici: «Non è vero che il regime di punto franco
sia sempre l’opportunità che tutti pensano. A volte non solo non serve, ma è
dannoso. Per l’attracco delle navi greche abbiamo dovuto sospendere il regime di
porto franco. E ho già pronta la proroga della sospensione per il 2014.
Altrimenti i traghetti greci non potrebbero più attraccare a Trieste dopo il 31
dicembre». E quindi? «Una riflessione complessiva sul regime del punto franco -
rimarca il prefetto Garufi - va sicuramente fatta. Alla luce di questa
riflessione, che dev’essere fatta congiuntamente da tutte le amministrazioni
interessate, si possono delineare altri scenari che siano diversi da queste cose
un po’ precarie delle sospensioni di anno un anno». Il prefetto non lo dice, ma
auspica che la sospensione decisa quest’anno possa essere l’ultima della serie.
«In realtà la riflessione sul punto franco triestino poteva essere fatta da
molto tempo. Questa precarietà è all’origine della motivazione della causa di
Portocittà», aggiunge: «Bisogna agire con una visione prospettica. Alla luce
della sentenza del Tar va ripensato il regime dei punti franchi». La speranza
del prefetto di Trieste è che quella da firmare entro la mezzanotte del 31
dicembre possa essere l’ultima proroga. I tempi sono maturi. «Io sono ben
disponibile - dice Garufi - Se le forze tecniche e politiche lo vogliono si può
fare un ragionamento complessivo sul regime di punto franco». Il prefetto
insomma c’è. Ma gli altri?
di Fabio Dorigo
La Sottostazione da inaugurare attende un varco tutto
pedonale - Viale Miramare
Un altro varco. Pedonale. Proprio nel momento in cui viene chiesta
un’ulteriore proroga della sospensione del Punto franco per mantenere aperta la
bretella di viale Miramare, prende corpo l’idea di un nuovo ingresso al Porto
Vecchio. Sempre da viale Miramare ma più vicino alla città, tra la Centrale
idrodinamica (fresca di restauro) e la Sottostazione elettrica (in attesa di
inaugurazione). Un accesso pedonale, nei pressi del cavalcavia ferroviario e
vicino alla fermata dell’autobus. Il cancello esiste già: basterebbe riaprirlo.
In passato è già stato utilizzato come accesso pedonale alla Centrale
idrodinamica e alla Sottostazione elettrica. Una richiesta in tal senso sarebbe
già pronta da parte dell’Autorità portuale. Un ingresso più vicino alla città e
più agevole per il polo museale cui sta lavorando l’Istituto di cultura
marittimo portuale di Trieste presieduto da Alfonso Maria Rossi Brigante e
diretto da Antonella Caroli. Il progetto espositivo della Centrale idrodinamica
è stato affidato allo studio Tassinari/Vetta dopo una gara. La Sottostazione
elettrica, pronta da mesi, si dovrebbe aggiunge al polo museale. La sua
inaugurazione, annunciata più volte nel corso dell’anno, è slittata al 2014,
data da destinarsi. Il motivo? Problemi legati alla consegna dei lavori da parte
dell’impresa Riccesi. Un vero peccato. La nuova inaugurazione sarebbe caduta a
cent’anni esatti dalla prima. La Sottostazione elettrica, un vero gioiello
dell’archeologia industriale firmato dall’architetto Giorgio Zaninovich (allievo
di Otto Wagner), è entrata in funzione nel 1913. I lavori di restauro
conservativo, costati tra i 3 e i 4 milioni di euro, si sono conclusi lo scorso
marzo, ma l’edificio di scuola viennese resta tutt’ora inaccessibile al
pubblico. All'interno della Sottostazione dovrebbe trovare posto l'archivio
storico dell'Autorità portuale di Trieste, fino a oggi depositato all'interno
della Torre del Lloyd e non consultabile dal pubblico.
(fa.do.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 dicembre 2013
«Ferriera, 15 milioni per ridurre i fumi» -
SIDERURGIA»LA QUESTIONE AMBIENTALE
I risultati della consulenza affidata dalla Procura. Frezza: se un
acquirente arriverà dovrà tenerne conto
EVIDENZIATE LE CRITICITÀ Sulla cokeria l’intervento più costoso, ma è giudicata
necessaria l’adozione di un piano di manutenzione programmata
LE OPERAZIONI ESCLUSE La cifra preventivata dall’esperto non include le spese
relative agli scarichi e a gestione e smaltimento dei rifiuti
La Procura della Repubblica stila il preventivo economico per il rientro nei
limiti di legge delle emissioni di fumi, polvere e gas dalla Ferriera di
Servola: fanno 15 milioni, per l’esattezza 14 milioni e 490mila euro, esclusi
però gli scarichi e la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Il “conto”,
preparato dal consulente tecnico Marco Boscolo, è stato illustrato ieri in una
conferenza stampa dal procuratore capo facente funzioni Federico Frezza e
costituisce la somma degli interventi da fare sugli impianti e sulle strutture
dello stabilimento. In particolare bisogna intervenire sulla cokeria con una
spesa quantificata in 7 milioni e 90mila euro, sull’altoforno e la macchina a
colare con 1 milione e 90mila euro, sull’agglomerato con 100mila euro e sulla
logistica con 5 milioni e 400mila euro. I tempi per gli interventi sono stimati
in un massimo di 36 mesi considerati necessari in particolare per la
pavimentazione di tutte le aree di messa a parco e le strade all’interno del
comprensorio. L’inchiesta, aperta il 17 agosto in relazione a una serie di reati
ambientali e che potrà portare all’identificazione di alcuni indagati, si muove
su una tripla linea di indagine: raccolta di dati sulla qualità dell’aria
sottoposti a un’analisi critica (da parte del perito Pierluigi Barbieri),
raccolta di dati sulla salute delle persone esposte agli inquinanti (fatta
dall’Azienda sanitaria) e verifica del funzionamento dell’insediamento
industriale e analisi delle cause delle emissioni eccessive. È giunta infine,
con il lavoro dell’ingegner Boscolo, all’individuazione dei rimedi e al loro
costo: la relazione del consulente è stata conclusa e depositata nel giro di 4
mesi. «Se un acquirente arriverà - ha specificato il magistrato - dovrà
logicamente tenerne conto». Lo stabilimento di Servola frattanto è stato escluso
dai tre bandi per la cessione delle attività. Il primo riguarda Piombino e
Lecco, il secondo Condove (Torino) e il terzo una delle società del Gruppo, la
Gsi che produce sfere utilizzate in campo minerario. Quanto a Servola invece
prosegue l’attesa per il pronunciamento del Gestore dei servizi energetici sulla
questione Elettra-Cip6 per poter perfezionare l’affitto del ramo d’azienda da
parte del Gruppo Arvedi che ha già preannunciato possibili investimenti per
20-22 milioni per il risanamento degli impianti, escludendo invece interventi
sulle bonifiche. La ricognizione fatta dal perito della Procura ha evidenziato
significative criticità che riguardano in particolare «la bocca di carico
dell’altoforno ove si richiede la manutenzione di tutti i congegni di carica, la
torre di granulazione della loppa che deve essere completamente revisionata, il
piano di colata dove bisogna procedere con la sostituzione della cappa di
aspirazione sul foro di spillaggio della ghisa, la cokeria che necessita di
un’articolata azione manutentiva di carattere straordinario: sostituzione dei
montanti deformati, rifacimento delle porte e dei telai, riparazione delle
fessurazioni intervenute nel refrattario, riparazione dei congegni di pulizia
automatica delle tenute». In cokeria l’intervento più costoso, 2 milioni e
600mila euro riguarda l’automazione delle operazioni di carica dei forni, ma al
di là della spesa prevista in questo reparto che è di 7 milioni e 90mila euro,
si rileva la necessità dell’adozione di un piano di manutenzione programmata,
mentre il perito sottolinea che è necessaria anche una limitazione del regime di
marcia della cokeria limitando gli sforamenti quotidiani a 80, soglia che in
passato è stata spesso superata. Il costo della completa pavimentazione interna,
soprattutto per impedire la dispersione di polveri, è stato infine quantificato
in 5 milioni di euro. A queste linee di indagine, è stato specificato dal
procuratore, «si affianca la verifica dell’operato della Pubblica
amministrazione relativamente all’adeguatezza e all’efficacia dei controlli di
legge».
Silvio Maranzana
«Possibile che l’Aia venga stilata su questa falsariga»
«La relazione del professor Boscolo è un punto fermo da cui sarà difficile
prescindere - ha detto Frezza - Certo se dal punto di vista penale esiste sempre
un interlocutore, oggi non ve n’è uno dal punto di vista operativo perchè lo
stabilimento è gestito da un commissario governativo, ma se qualche imprenditore
arriverà dovrà considerare che queste sono le cose da fare». Frezza ha detto di
aver consegnato la relazione anche all’assessore regionale all’Ambiente Sara
Vito. La Conferenza dei servizi presieduta dalla Regione dovrà dare la nuova
Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che scade a febbraio. «È possibile -
ha affermato il magistrato - che l’Aia venga stilata su questa falsariga».
Frezza ha riferito che prosegue anche l’indagine sui presunti decessi causati
dagli inquinanti della Ferriera: «Una cosa però è l’indagine epidemiologica,
un’altra la ricerca del nesso causale della morte, che potrebbe essere stata
causata anche da altri fattori, persona per persona. Sono procedimenti
estremamente lunghi». Vito intanto ha dichiarato che nell’ambito della procedura
Aia «è stato formalizzato un gruppo di lavoro a supporto»
(s.m.)
Il Comune chiede in regalo gli stalli per le biciclette
- PIANO DEL TRAFFICO
Dopo l’approvazione in consiglio comunale del nuovo Piano del traffico,
l’amministrazione sta operando attivamente su più fronti, al fine di dare
attuazione ai contenuti dello strumento di pianificazione, con particolare
attenzione alla mobilità sostenibile. Per quanto riguarda l’incremento della
mobilità ciclabile gli uffici hanno pubblicato il 20 dicembre, sul sito della
rete civica, un avviso pubblico per la collocazione di portabiciclette a cura di
soggetti privati/pubblici interessati all’iniziativa, «finalizzata - dice una
nota del Comune - a promuovere una partecipazione attiva alla riqualificazione
urbana degli spazi pubblici stradali ed alla promozione della mobilità
ciclabile». Le postazioni e il modello sono stati scelti tenendo conto di più
aspetti: esigenze di pianificazione della mobilità ciclabile, caratteristiche
funzionali del manufatto (la tipologia è stata condivisa con le principali
associazioni di ciclisti), caratteristiche geometriche e tipologiche del
manufatto in rapporto al contesto di ubicazione (la tipologia è stata
autorizzata dalla Soprintendenza), siti di installazione in relazione ai vincoli
paesaggistico/monumentali vigenti sul territorio (collocazioni autorizzate dalla
Soprintendenza). Gli stalli verranno donati al Comune, al quale verrà inoltre
corrisposto l’ammontare dei costi di posa in opera. L’amministrazione, in
cambio, si farà carico della progettazione, della posa in opera e di tutte le
procedure di autorizzazione. Ai donatori degli stalli non verrà inoltre
addebitata l’occupazione di suolo pubblico e sugli stalli verrà apposta una
targa col nome dell’ente o del privato donatore. Un’anticipazione di questa
iniziativa si vedrà presto nei pressi dell’Ospedale Maggiore col contributo
dell’Azienda ospedaliera.
Centro pedonalizzato: troppi ingorghi Riaperto Corso
Italia
Dietrofront del Comune per sbloccare il serpentone d’auto Oggi si
replica: da largo Riborgo via libera per piazza Goldoni
«Era una prova, che abbiamo monitorato costantemente fin dall’inizio. Quando
la situazione è divenuta insostenibile, abbiamo provveduto a sbloccarla».
L’assessore Elena Marchigiani commenta così il “flop” della pedonalizzazione del
centro città, o almeno di parte di essa. Nel pomeriggio di shopping natalizio
ieri la chiusura della parte alta di corso Italia, da largo Riborgo a piazza
Goldoni, aveva determinato una congestione del traffico veicolare. Fino alle
16.30 circa, quando l’assessore al Traffico, d’intesa con il sindaco Cosolini e
i vertici della Polizia locale, ha ordinato l’apertura di corso Italia nel
tratto che dall’altezza di via del Teatro romano porta a piazza Goldoni. Il
serpentone di auto, talmente “coeso” che in coda erano rimasti pure mezzi a due
ruote, lentamente si è smagrito e la situazione è tornata alla normalità di una
delle giornate comunque più animate dell’anno. Il blocco della circolazione era
infatti avvenuto per i veicoli che passavano a fianco della Questura. Oggi il
“ritocco” alla pedonalizzazione prenatalizia in programma dalle 15 alle 20 verrà
confermato. «Via San Spiridione - ha spiegato Marchigiani - nel primo pomeriggio
aveva iniziato a bloccarsi, anche per il traffico sostenuto che coinvolgeva le
sue trasversali, come le vie Milano e Valdirivo». La cronica carenza di posteggi
a ridosso del “cuore” cittadino ha fatto il resto, poiché chi cercava un
parcheggio per la propria auto - senza volere far due passi per raggiungere i
contenitori coperti - naturalmente rallentava gli altri utenti della strada.
L’assessore difende in ogni caso la bontà della pedonalizzazione: «Il traffico
sulle Rive e in piazza Libertà non è mai stato a livelli inaccettabili. Con tale
iniziativa vogliamo, come fanno altre città, incentivare l’attività di esercenti
e commercianti. Ho monitorato personalmente tutta la zona interessata dal
provvedimento e ho potuto constatare come le aree lasciate libere ai pedoni per
fare acquisti, passeggiare e altro siano state subito riempite dalla gente».
«Ieri virtualmente era mobilitata tutta la Polizia locale - commenta un
ufficiale del Corpo - poiché abbiamo distaccato alla pedonalizzazione il
personale libero dagli altri servizi, che sono stati comunque garantiti nel
corso della giornata». Sul numero dei vigili extra impiegati e i costi del test
nulla trapela mentre l’opposizione alla giunta Cosolini non ha perso occasione,
repentinamente, di criticare l’esperimento. «L'echeggiare dei clacson ha
decretato l’impraticabilitá e la criticità del Piano del traffico, trasformando
di fatto in camere a gas molte vie di presunto scorrimento» dichiara il
consigliere comunale Michele Lobianco (Fli). I circoscrizionali Alberto Polacco
e Roberto Dubs (Pdl) parlano di «ennesima dimostrazione di esasperazione dei
cittadini» e di «fallimento di questa ennesima inopportuna sperimentazione».
(p.p.g.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 dicembre 2013
«Centro chiuso, il traffico va reso più fluido»
Sindaco d’accordo sulla necessità di correttivi, un gruppo di
commercianti chiede di trattare
«Traffico molto più scorrevole di sabato anche se la giornata festiva e il
tempo ancora peggiore hanno diminuito il numero delle auto in giro», ammette
poco prima di sera la Polizia locale. «Un gran bel movimento di gente in tutto
il centrocittà», sottolinea Mauro Di Ilio, presidente dei dettaglianti. «La
direzione è quella giusta - tira le somme il sindaco Roberto Cosolini - il 2014
sarà l’anno della chiusura al traffico di via Mazzini e dal 2015 in corso Italia
rimarranno solo gli autobus». Detto questo, ci sono anche molti “ma” in questa
quattro giorni di prove di pedonalizzazione (continuano oggi e domani). «È vero
- ammette Cosolini - serviva maggior informazione sulle chiusure e soprattutto
sulle deviazioni delle linee dei bus. E poi servono dei ritocchi per rendere la
circolazione più fluida perché è indubbio che gli intasamenti specialmente
sabato, ma anche domenica mattina si siano verificati. Forse bisogna intervenire
ad esempio su via del Teatro romano e su via Milano, basta che i triestini si
mettano in testa una volta per tutte che non ci si può fermare in via San
Spiridione: lì si forma costantemente una fila ininterrotta di macchine ferme in
modo irregolare. Si crea un collo di bottiglia e va in tilt il traffico in tutto
il centro». «L’afflusso c’è, ma gli acquisti sono partiti ancora più al
rallentatore dell’anno scorso - aggiunge Di Ilio - in effetti il Natale cade a
metà settimana e contiamo molto sugli ultimi due giorni. Poi in senso generale
vanno rese più attrattive le varie zone della città, bisogna addolcire gli
interventi dalle parti di Barriera e di via Crispi in particolare, servono
qualche zona di carico-scarico e qualche parcheggio in più». Non tutti però sono
soddisfatti. Una negoziante di via Genova si fa portavoce del malumore anche di
colleghi di via Santa Caterina e della stessa via San Spiridione: «Abbiamo avuto
meno clienti del solito perchè la gente non trovava parcheggio e restava
imbottigliata nel traffico. C’è stato poco preavviso e quattro giorni filati in
questo modo sono troppi. Non siamo contrari alle pedonalizzazioni, ma chiediamo
un incontro con il sindaco per proporre alcune modifiche». Dalla farmacia di
corso Italia 14 si rileva come la delibera non abbia previsto le deroghe
indispensabili come quella per la consegna di farmaci urgenti, salvavita o
stupefacenti che non può avvenire con trasporto a mano. I commercianti di via
Coroneo invece lamentano come la Società germanica di beneficenza al numero 15
della stessa via abbia intimato di togliere una luminaria «comprata con
sacrifici economici per dare un po’ di vita e di calore a una strada che sta
diventando sempre più triste e buia».
(s.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 dicembre 2013
FERROVIE - Pendolari in rivolta contro il nuovo orario
TRIESTE Doveva essere una garanzia il nuovo orario cadenzato dei treni,
invece sta peggiorando la vita dei pendolari. Da quando è stato introdotto, il
15 dicembre scorso, i viaggiatori hanno registrato oltre il 50% dei treni in
ritardo. A distanza di una sola settimana dal nuovo servizio, non è ancora
possibile avere un quadro esauriente e proprio per questo il Comitato spontaneo
dei pendolari Fvg ha lanciato un questionario (compilabile alla pagina http://comitatospontaneopendolarifvg.wordpress.com/2013/12/20/un-post-particolarmente-importante/),
dove segnalare i disservizi. Nel frattempo la Regione (attraverso l'email
cadenzato@regione.fvg.it) sta monitorando la situazione, con l'assessore Maria
Grazia Santoro che ha convocato i pendolari a un incontro, in programma domani a
Udine. L’orario cadenzato è una novità introdotta con il piano invernale che
coinvolge non solo il Friuli Venezia Giulia ma anche il Veneto e altre regioni
d'Italia. Il principio di base è fissare un unico orario di partenza per i
treni: ad esempio, da Trieste a Udine si parte (quasi) ogni ora al 26° minuto e
al 56°. Ciò permette di memorizzare facilmente gli orari: in Fvg la sua
applicazione è stata resa possibile grazie a un programma concordato con il
Veneto e ciò ha ristretto i margini di manovra. Il grosso neo è l'aumento
esponenziale dei ritardi scatenatisi da quando è stato introdotto. «Per tutta la
settimana più della metà dei treni erano in ritardo – afferma Andrea Poli del
Comitato pendolari -, la direttrice più coinvolta è la Trieste-Udine via
Cervignano. In questa tratta l'offerta è stata ampliata, ma il binario é unico,
per cui il ritardo di alcuni convogli ha ripercussioni su tutti gli altri. In
secondo luogo, sempre dal 15 dicembre in poi su questa tratta, hanno rimesso in
circolazione dei vecchi treni fatiscenti denominati “Ale” che non riescono a
reggere il viaggio». Da qui l'esigenza di monitorare i disservizi tramite il
questionario on line, finora compilato da un centinaio di viaggiatori, che al
60% hanno dichiarato di non essere soddisfatti del nuovo orario cadenzato. Tutti
elementi che saranno al centro della riunione con l'assessore Santoro: «Alla
Regione – riprende Poli chiederemo che questi convogli vetusti vengano
sostituiti con altri più nuovi per ridurre i ritardi». Dal suo canto, Santoro ha
già evidenziato a Trenitalia i disservizi: «Esigiamo l'immediato rispetto dei
miglioramenti prospettati in termine di composizione dei treni e la perfetta
efficienza del materiale rotabile per poter valutare il nuovo orario per la sua
reale efficacia».
(e.p.)
«Potenzieremo l’oleodotto Tal»
Il presidente Ulrike Andres: «Sì della Commissione Ue al progetto. Record
di arrivi di greggio nel porto di Trieste»
TRIESTE Due fatti, entrambi rilevanti per quanto di diverso oggetto,
“firmano” il 2013 della Siot, la controllata italiana della Tal: il record degli
arrivi di greggio nel porto di Trieste e il sì della Commissione Ue al progetto
di potenziamento della grande infrastruttura energetica europea. Ulrike Andres,
la manager austriaca presidente della Tal e amministratore delegato della Siot,
ha un duplice punto di osservazione da cui esaminare le prospettive
dell’approvvigionamento petrolifero continentale. Oltre 40 milioni di tonnellate
affluite nelle pipelines del porto di Trieste: obiettivo raggiunto? Sì, con un
aumento del 20% il 2013 è l’anno record della Siot, che nel 2014 compirà i 50
anni di vita aziendale. Un anno speciale, con un fatturato che ha superato i 100
milioni. La crescita è determinata dalla decisione, assunta dal grande centro di
raffinazione di Karlsruhe, di spostare da Marsiglia a Trieste, ritenuta più
affidabile, l’intero carico di greggio. Questo ha significato 7 milioni di
tonnellate in più sbarcate nell’Adriatico settentrionale. E’bene ricordare che
Tal è il principale oleodotto europeo e Trieste è il principale scalo
petrolifero mediterraneo. Cosa rappresenta, in termini di approvvigionamento,
l’oleodotto Tal per l’Europa centrale? Significa alimentare 8 raffinerie, di cui
5 in Germania - 4 in Baviera e 1 nel Baden-Wuerttemberg, 1 in Austria, 2 in
Cechia. Il 40% del petrolio utilizzato in Germania arriva da Trieste, pari a un
quantitativo di circa 30 milioni di tonnellate. Un ruolo destinato a rafforzarsi
quando si concretizzerà il previsto potenziamento. Il progetto è stato
presentato a Bruxelles dal governo ceco ed è stato inserito in un elenco di 250
priorità realizzative che si avvarranno di finanziamenti per 5,85 miliardi. Le
ragioni di Praga sono di ordine strategico: attualmente la Cechia importa il 50%
del fabbisogno da Trieste e il 50% dalla Russia, in tutto circa 8 milioni di
tonnellate. Ma vorrebbe essere in condizione di non dipendere dai russi, per
questo il gruppo ceco Mero è diventato azionista della Tal con il 5%. Valuteremo
se inserire una stazione di pompaggio supplementare oppure più impianti nelle
stazioni esistenti. A Trieste il pontile è sufficiente, in grado di operare su 4
navi contemporaneamente. L’economia tedesca tira, Siot se ne avvantaggia. Ma il
settore della raffinazione in Europa è in difficoltà. Esiste un problema di
overcapacity che ha portato alla chiusura di varie raffinerie e il processo non
è ancora terminato. Due i motivi: il calo dei consumi e la costruzione di nuovi
impianti, soprattutto nel Medio Oriente, vicino ai luoghi di estrazione, con un
minore pressing ambientale. Prevediamo per Tal un 2014 all’insegna della
stabilità e anche i prossimi 2-3 anni non dovrebbero subire forti oscillazioni.
Cerchiamo di tenere il più possibile basse le tariffe di trasporto del greggio,
proprio per non compromettere la competitività delle raffinerie europee
sottoposte a un doppio stress. Cosa rimane sul territorio triestino e regionale
di una presenza così importante? Circa 600 posti di lavoro tra diretti e
indotto, oltre 500 navi in porto, circa 30 milioni tra investimenti e interventi
manutentivi, quasi 35 milioni di bolletta energetica: sono numeri importanti. Il
nostro sforzo va anche in direzione di una migliore vivibilità ambientale, come
dimostra il recente lavoro, svolto in collaborazione con l’Università di
Trieste.
Massimo Greco
IL PICCOLO - SABATO, 21 dicembre 2013
Amianto, caccia aperta del Comune nelle scuole
Sopralluoghi a tappeto anche sotto Natale a istituti chiusi.
L’amministrazione: è un’opera di prevenzione, appena c’è un caso dubbio scatta
la procedura
Pezzi di pavimento strappati, incisi, spuntati, semplicemente consumati
sotto il peso degli anni. Eppoi piastrelle alzate, sollevate su uno o più lati,
se non proprio rotte. E, ancora, fessure sospette benché seminascoste in mezzo a
quello che, da una primissima occhiata, sembra innocuo linoleum. Sta scattando a
suon di sopralluoghi tecnici, nelle circa 150 scuole di proprietà e/o competenza
comunale - quelle del cosiddetto primo ciclo di studi tra asili, elementari e
medie, statali comprese - la caccia all’amianto. O, meglio, la caccia alle
situazioni in cui uno stato di conservazione non perfettamente integro del
pavimento - in particolare di quello più datato, steso più o meno mezzo secolo
fa, epoca d’oro di materiali e collanti da pavimentazione in vinilamianto -
potrebbe comportare il rischio di un rilascio, tutt’attorno, proprio di fibre
d’amianto. Non è una terapia a bubbone scoppiato, bensì un piano di screening ad
ampio spettro nel nome della prevenzione. Della serie: meglio prevenire che
curare, giurano in “stereo” gli assessori all’Educazione e ai lavori pubblici
Antonella Grim e Andrea Dapretto, i cui uffici sono coinvolti assieme
nell’operazione. Un’operazione, fra parentesi, nata a fine ottobre - in
occasione di un vertice tra assessori stessi, dirigenti comunali, tecnici
dell’Azienda sanitaria, presidi, e genitori rappresentanti d’istituto - e attesa
alla sua “entrata nel vivo” in diversi casi, per lo meno quelli in cui le
“visite” degli esperti incaricati non sono già avvenute, proprio in questi
giorni a venire: giorni, come è noto, di scuole chiuse per la parentesi
natalizia, il momento giusto per i sopralluoghi e per eventuali
interventi-tampone di messa in sicurezza immediata secondo il principio, nel
“dubbio”, della massima cautela. Esempi: la nastratura delle fessure o, se
necessario, la rinuncia all’utilizzo di un’aula. A questi sopralluoghi
seguiranno - sulla carta entro fine febbraio, nella realtà è presumibile che ciò
avvenga nei primi giorni di marzo, sotto Carnevale e dunque in una fase in cui
più di qualche istituto si fermerà per un’ulteriore sosta, anche se più breve,
ovviamente - campionamenti dell’aria e, all’occorrenza, analisi di laboratorio
sui materiali non integri, già comunque “confinati”. Nei punti in cui dovessero
essere accertate la presenza e soprattutto la dispersione di fibre, infine,
l’amministrazione cittadina provvederà, dopo la prima messa in sicurezza
temporanea, alla risoluzione del problema con una bonifica con rimozione e
capsulamento: quest’ultimo step è in agenda durante le vacanze estive, in linea
con l’obiettivo finale della rimessa a norma degli istituti eventualmente
interessati per l’inizio dell’anno scolastico 2014-15. Il cronoprogramma vale in
generale ma si cala nel particolare della situazione più critica, definita
prioritaria dall’amministrazione, dove l’amianto sotto il pavimento è
conclamato, e lo era prima dei sopralluoghi decisi in autunno, e ha già
richiesto la chiusura di una decina di aule e vari spostamenti di classi: si
tratta della sede dell’istituto comprensivo Roli di via Forti, a Borgo San
Sergio, dove un intero piano è inagibile (si legga in alto a destra, ndr). Sarà
stato il caso Roli ad accelerare la caccia all’amianto ovunque? Probabilmente sì
ma - assicurano Grim e Dapretto - non solo quello. Alla base, fanno sapere i due
assessori, c’è una rinnovata partnership con l’Azienda sanitaria, oltre alla
prospettiva (si veda l’articolo a fianco, ndr) che il “tesoretto” del Fondo
Trieste possa dare una mano. Eppoi c’è il mezzo milione di fondi regionali
appena grattati con le unghie per le emergenze dell’edilizia scolastica: per la
messa in sicurezza delle pavimentazioni a rischio amianto, ma non solo, visto
che nel piano d’intervento di quel mezzo milione rientra una serie di controlli,
sempre nelle scuole più datate, di soffitti, servizi igienici e serramenti.
Potere della corsia preferenziale per le necessità delle strutture pubbliche
frequentate dai bambini, nonostante il Patto di stabilità.
Piero Rauber
Natale, da oggi centro senza auto
Le pedonalizzazioni riguardano corso Italia, via Mazzini e altre aree.
Bus deviati
Ormai mancano pochi giorni al Natale e, almeno sul fronte “mobilità” se non
su quello finanziario, per il pedone lo shopping diventa più facile, in seguito
alle pedonalizzazioni predisposte dal Comune. Principalmente, prevedono il
divieto di circolazione per i veicoli in corso Italia e nelle zone di Barriera
vecchia e Borgo Teresiano. «L’amministrazione comunale – spiega l’assessore alla
Pianificazione Urbana, mobilità e traffico Elena Marchigiani - anche nell’ambito
delle previsioni del Piano generale del traffico urbano (Pgtu) per quanto
riguarda la mobilità pedonale, ha pensato per il periodo natalizio di offrire
alcune “anteprime di pedonalizzazione" nelle aree per le quali lo stesso nuovo
Piano prevede tale trasformazione». Secondo l’esponente della giunta tali
interventi «hanno già trovato l'apprezzamento della cittadinanza e degli
operatori economici in prove realizzate nel 2012 e 2013». Un’iniziativa ha come
obiettivo principale sperimentare la pedonalizzazione di via Mazzini. Prevede
dalle 15 di oggi alle 20 di martedì 24 dicembre la chiusura al traffico
veicolare delle seguenti zone: via della Sorgente; via delle Erbette; via
Foschiatti (tra piazza Ospedale e via Fonderia); viale XX Settembre (solo
direzione a salire verso il Centro commerciale Giulia) tra via Rossetti e via
Zovenzoni; via XXX Ottobre tra via Lavatoio e via Valdirivo e tra Piazza
Sant'Antonio e via Machiavelli; via Torre Bianca tra via San Lazzaro e via della
Zonta. Nei pomeriggi di oggi, lunedì 23 e martedì 24, dalle 15 alle 20 e domani
22 dalle 10 alle 20 la chiusura alle auto delle seguenti zone: corso Italia; via
Imbriani; via Roma tra via Genova e corso Italia; via del Canale Piccolo; piazza
della Borsa (tra via Cassa di Risparmio e via Roma); piazza Tommaseo tra le Rive
e via del Canale Piccolo. Queste aree saranno percorse esclusivamente dai bus,
dai taxi e dai veicoli al servizio di persone con capacità di deambulazione
impedita o sensibilmente ridotta in possesso del contrassegno (Dpr 30.07.2012 n.
151). Via Mazzini, tra piazza Goldoni e via Roma, sarà completamente chiusa al
traffico veicolare privato e pubblico. Il tale contesto alcune corse bus avranno
percorsi modificati e il parcheggio di Saba Italia di via Pietà offrirà da oggi
al 24 dicembre una tariffa forfettaria massima nella fascia oraria 14-20 di soli
4 euro (purché la durata della sosta sia di almeno tre ore). «Per l’incentivare
la mobilità ciclabile – dichiara Marchigiani - a breve un avviso pubblico
informerà sulla collocazione di portabiciclette sul territorio comunale a cura
di soggetti privati/pubblici».
Federazione Sinistra: il Piano del traffico deve essere
rivisto
Durante l’attivo dei partiti della Rifondazione Comunista e dei Comunisti
Italiani è stato stigmatizzato l’aumento del costo dei biglietti dei bus «che
viene a colpire la fasce più deboli della popolazione - è stato sottolineato -
in un momento in cui la Trieste Trasporti distribuisce dividendi tra gli
azionisti. È penoso constatare che il Comune si rende complice dei soci privati
nello sfruttamento di quello che in passato è stato un servizio pubblico» «Oggi
- sostengono i due partiti - con l’aumento dei biglietti, la riduzione delle
corse (più di 500mila chilometri tagliati nel solo 2013 e con previsioni
maggiori per il 2014), l’aumento del costo dei parcheggi, la riduzione della
loro quantità, il rischio di creare zone intransitabili (corso Italia e via
Mazzini) si rivela sempre più necessaria una rivisitazione del Piano del
traffico.
«Tutela del Prosecco - La giunta si è attivata» - LA
POLEMICA
TRIESTE La giunta non ci sta a finire nel mirino del governo. Sulla gestione
del protocollo d’intesa per il rilancio del Prosecco la Regione «non è con le
mani in mano». Lo chiarisce in aula l’assessore alle Attività produttive, il
vicepresidente Sergio Bolzonello, che replica punto su punto ai rilievi del
ministro Nunzia De Girolamo, contenuti nella risposta a un’interrogazione
avanzata dal parlamentare M5S Aris Prodani. «Mi stupiscono le notizie secondo
cui, a seguito dell'interrogazione, sarebbe emerso che la Regione e il Consorzio
Collio e Carso poco hanno fatto per attuare il protocollo d'intesa, firmato
nell'aprile 2009 tra ministero, Regione e associazioni di categoria, finalizzato
alla valorizzazione della nuova Doc interregionale Prosecco», rimarca Bolzonello.
Il documento si proponeva una serie di obiettivi: dalla riqualificazione della
parte agricola del costone carsico con le relative bonifiche allo sviluppo di
iniziative promozionali per la nuova Doc, fino alla realizzazione di un “Centro
per la promozione del Prosecco”. Per quanto riguarda i provvedimenti ambientali,
Bolzonello precisa che la Regione ha già autorizzato un primo progetto
presentato dal Consorzio di bonifica della Bassa pianura isontina, che autorizza
i lavori di riassetto di un tratto di strada campestre a servizio di fondi
agricoli terrazzati sul costone carsico vicino a Prosecco. La Regione inoltre,
puntualizza l’assessore, ha finanziato l’elaborazione del masterplan da cui sono
state individuate le linee da perseguire e ridotto del 30% il vincolo
idrogeologico sull’altipiano, mentre lo stesso Piano di gestione del sito Natura
2000 del Carso, in corso di redazione, prevede il potenziamento delle aree
agricole. Sul fronte promozionale la Regione ricorda che «è stato concesso alla
Camera di commercio di Trieste un contributo straordinario di 200 mila euro per
l'acquisto, la ristrutturazione o l'adeguamento di un immobile sito sul Carso da
destinare a sede del "Centro di promozione del Prosecco" per la valorizzazione,
in particolare, dei prodotti del territorio e degli antichi vitigni. Quanto alla
promozione dei vini Vitoska, Malvasia, Terrano e Glera, «la giunta - conclude
Bolzonello - ottempera all'intesa con la promozione sui mercati dei Paesi terzi
e con individuazione di priorità che premiano la varietà di vini legati al
territorio».
(g.s.)
Spiraglio per la Ferriera: la Lucchini ritira la
richiesta di “cassa”
Gse: gli stabilimenti opteranno per eventuali ammortizzatori E il calcolo
delle spettanze per il Cip6 slitta a Capodanno
È aperto da ieri il bando internazionale per la vendita dei rami d’azienda
della Lucchini e pressoché contestualmente il commissario straordinario Piero
Nardi ha ritirato la richiesta avanzata solo tre settimane fa al Ministero del
Lavoro per la messa in cassa integrazione straordinaria per 12 mesi di tutti i
dipendenti del gruppo: 2.698 lavoratori dei quali quasi 2.000 a Piombino, 485 a
Trieste, 94 a Condove in provincia di Torino, 85 a Lecco e 32 a Brescia. Era
stato motivato come «atto dovuto» del commissario in attesa degli Accordi di
programma. «Eventuali richieste di cassa integrazione - è la voce giunta nello
stabilimento di Servola - saranno gestite localmente». Di conseguenza in
Ferriera si spera di aver a che fare nell’immediato futuro solo con un breve
periodo di “cassa” ordinaria e unicamente per una parte dei dipendenti
indispensabile al risanamento degli impianti nell’ottica di un loro
ammodernamento anche ai fini della riduzione delle emissioni ambientali ed
eventualmente per il potenziamento della banchina. La decisione più attesa però
non è ancora arrivata. «Fonti degne della massima fede - assicura Franco Palman
rappresentante di fabbrica per la Uilm - riportano che il Gestore dei servizi
energetici (Gse) ha ancora una volta rinviato il conteggio delle spettanze
relative alla risoluzione anticipata della convenzione Cip6, ma i segnali che
arrivano possono essere letti in modo positivo poiché si parla di una decisione
attorno a Capodanno che potrebbe finalmente risolvere il problema». Lo
scioglimento del contratto commerciale tra Elettra (la centrale di
cogenerazione) e la Lucchini è indispensabile affinché se ne possa aprire un
altro con Arvedi, l’imprenditore cremonese deciso a subentrare e che però per
una serie di ragioni è da mesi in stand-by. C’è anche un’altra mezza buona
notizia e la dà Cristian Prella della Failms: «Sono stati rinnovati per un
periodo di tre mesi pressoché tutti e quaranta i contratti a termine in
scadenza». Nonostante questo lo stato di tensione dentro lo stabilimento
continua a crescere. «Stiamo andando avanti soltanto grazie all’abnegazione e
alla professionalità dei dipendenti - denuncia Palman - gli impianti continuano
a deteriorarsi e vengono messe pezze provvisorie, non viene fatto alcun tipo di
investimenti per la manutenzione ordinaria e di conseguenza non si lavora più in
condizioni di piena sicurezza. Anche sul fronte delle materie prime si vive alla
giornata: è arrivata una nave con 50mila tonnellate di fossile canadese, per il
10 gennaio ne è annunciata un’altra, ma non ci sono scorte tali da farci stare
tranquilli». E mentre le scadenze si susseguono a ritmi incalzanti: la
concessione da parte dell’Autorità portuale è stata rinnovata per soli quattro
mesi, l’Autorizzazione integrata ambientale scade a febbraio così come i termini
per la richiesta di finanziamenti all’Unione europea, i sindacati denunciano il
fatto che i ritmi a cui si muove la politica continuano a essere lenti e
inadeguati, paventano di trovarsi alla fine di fronte a un Accordo di programma
che è da mesi in gestazione, blindato e sul quale non potranno mettere becco, e
temono il silenzio sulla trattativa triestina sia da parte di Nardi che
soprattutto da parte di Arvedi. A entrambi hanno inviato una richiesta di
incontro o perlomeno di aggiornamento della situazione. Se non si risolve anche
la questione delle bonifiche, rischia di saltare la trattativa con Arvedi e la
Ferriera torna nel “calderone” del Gruppo Lucchini con possibile chiusura dello
stabilimento. «La nostra pazienza - denuncia ancora Palman - sta per raggiungere
il limite: ai primi di gennaio indiremo l’assemblea che deciderà nuove e
massicce forme di protesta».
Silvio Maranzana
La Siot presenta al Comune il sistema anti-odori - SAN
DORLIGO DELLA VALLE
Saranno installati sistemi di nebulizzazione di acqua sui serbatoi. Dal
sindaco “cauto ottimismo”
Forse l'annosa questione dei cattivi odori provenienti dalla Siot è giunta
al suo epilogo. La Società italiana per l'oleodotto transalpino ha infatti
annunciato la conclusione della fase di sperimentazione dei sistemi tecnologici
per ridurre al minimo la percezione olfattiva degli odori in prossimità degli
impianti di San Dorligo della Valle. Durante un incontro tra il sindaco Fulvia
Premolin, la presidente del Gruppo Tak Ulrike Andres e il direttore delle
operazioni Siot Nevio Grillo, la Siot ha voluto illustrare all’amministrazione
comunale i risultati dello studio sperimentale sull’abbattimento di odori al
parco serbatoi di San Dorligo, commissionato al dipartimento di scienze chimiche
e farmaceutiche dell’Università di Trieste. Una delegazione del Comitato per la
salvaguardia del Golfo di Trieste ha colto l'occasione per consegnare una nota
ricordando che dopo una prima petizione del marzo 2005 e poi del 23 marzo 2011,
i problemi odorigeni del parco serbatoi sono rimasti irrisolti, se non
addirittura peggiorati. Da qui la richiesta di chiedere di conoscere a livello
comunale da parte dell’Usl uno studio epidemiologico riguardo le patologie
tumorali (con codice di esenzione 048), l'installazione di un sensore di
rilevamento dei Cov (Pid - Photo ionization detector) nella centralina con
inserimento di questa nella rete di rilevazione dell’Arpa nonché un monitoraggio
completo del territorio da parte dell’Arpa con mezzo mobile in zona Mattonaia.
Siot ha evidenziato che il nuovo sistema di mitigazione degli odori verrà
implementato a partire dal prossimo gennaio. «Nel 2012 Siot ha iniziato un
programma di sperimentazione finalizzato a selezionare e valutare tutte le
migliori tecnologie di abbattimento di odori conosciute al livello mondiale,
nonché a studiare soluzioni all’avanguardia per ridurre al minimo la percezione
olfattiva in prossimità dei serbatoi e nell’area circostante», spiegano in una
nota congiunta Siot e Comune. Una sperimentazione preliminare, effettuata nel
2011, aveva evidenziato che la fase critica per la produzione degli odori è lo
svuotamento dei serbatoi a tetto galleggiante in cui, sulla parete interna del
mantello, si può formare un film di greggio a contatto con l’aria, che nel caso
di alcuni petroli può generare emissioni odorigene diffuse. La tecnologia scelta
prevede l’installazione sui serbatoi di sistemi di nebulizzazione dell’acqua al
fine di renderla agente efficace nel diminuire l’odore nell’aria. Il sindaco
Premolin ha espresso per ora “cauto ottimismo”.
(ri. to.)
IL PICCOLO - VENERDI', 20 dicembre 2013
Il nuovo piano regolatore tutelerà piante e pastini
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (assessore alla Pianificazione urbana
del Comune di Trieste)
Vorrei rassicurare i tanti cittadini preoccupati per le sorti delle zone
attraversate da via del Pucino e via Plinio (che fanno capo anche al comitato
per il quale la signora Rosa Bertozzo ha già esposto le sue ragioni, e che sono
ben disposta a incontrare), allarmati da una eccessiva - a loro parere -
quantità di cantieri edili, ribadendo che il nuovo Piano regolatore garantirà la
tutela dei pastini e dei terrazzamenti e sarà caratterizzato da prescrizioni
orientate al risparmio di suolo e al recupero dell'esistente, come del resto
stabilito dalle Direttive approvate in Consiglio Comunale a novembre 2011. Le
indicazioni contenute nel nuovo Piano discendono da uno studio attento e
dettagliato, condotto grazie al contributo dell’Università di Trieste e del
professor Livio Poldini, e rivolto a definire in maniera oggettiva e scientifica
i valori ecologici e ambientali del nostro territorio. Ulteriore componente
analitica e progettuale è costituita dallo studio geologico, sul quale la
Regione si è appena espressa ribadendo la validità dei suoi contenuti. Per me e
per i progettisti del Piano è di fondamentale importanza abbandonare prese di
posizione unicamente supportate da considerazioni ideologiche. Che il territorio
e i suoi valori vadano tutelati è un dato oggettivo, argomentabile sulla base di
studi scientifici seri e approfonditi. Studi che, fino ad ora, non erano mai
stati sviluppati in maniera sistematica. Sono poi completamente d’accordo con
quanto scrive Rosa Bertozzo in merito al fatto che molte parti della nostra
città siano prive di infrastrutture adeguate a supportarne l’ulteriore
edificazione. Infrastrutture la cui eventuale realizzazione non farebbe altro
che arrecare ulteriori danni all’ambiente e al paesaggio. Il nuovo Piano ha
basato le proprie prescrizioni anche su un’analisi attenta di questi aspetti,
orientando l’attività di trasformazione sulla riqualificazione, sul recupero e
sulla sostituzione di parti di città che oggi si trovano in condizioni
disastrose dal punto di vista dei consumi e dell’efficienza energetica. Termino
con le considerazioni riferite alle previsioni di ulteriore espansione contenute
nel Piano che stiamo ormai per lasciarci alle spalle (Variante numero 66). Era
un Piano pensato per una città in espansione. Ma oggi orientamenti e scelte
urbanistiche sono cambiati. In tutta Italia e in Europa, non a caso, si parla di
riqualificazione dell’esistente e non di ulteriore sviluppo e diffusione delle
aree urbane. Per questo le previsioni della Variante numero 66 sono state
attentamente valutate e riviste. Ciò non significa bloccare l’attività edilizia.
Significa, piuttosto, indirizzare tale attività verso la ristrutturazione e la
riqualificazione di una città che, nella sua estensione, non solo già appare
sufficiente a ospitare la popolazione presente e futura, ma di fatto (per la
dotazione di ampie aree dimesse, alloggi sfitti, vuoti urbani) offre ampie
possibilità per dare spazio a ulteriori attività, abitanti, utenti che si
auspica arrivino a Trieste aiutandoci a rilanciarne lo sviluppo. Uno sviluppo
che, nel XXI secolo, non può che essere improntato ai principi della
sostenibilità e della valorizzazione di quelle aree agricole e a elevata valenza
ambientale (come, appunto, quelle della Costiera, ma non solo) che rappresentano
il contesto al quale la Trieste di domani deve fare riferimento per risultare
più attrattiva e offrire standard più elevati di qualità della vita.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 dicembre 2013
Vie a misura di pedone sotto l’albero - Prove di piano
traffico con chiusura ai veicoli in Corso Italia, nella zone di Barriera Vecchia
e del Borgo Teresiano
Scatteranno nei prossimi giorni, proprio alla vigilia delle festività
natalizie. Sono le prove di pedonalizzazione: veri e propri esperimenti che
saranno testati su alcune vie cittadine, quale anteprima dei dettami contenuti
nel nuovo Piano del Traffico comunale che sarà attuato a partire dal prossimo
anno. Entrando nello specifico, nella fascia pomeridiana (dalle 15 alle 20)
delle giornate di sabato 21, lunedì 23 e martedì 24 dicembre, oltre che
nell'intera giornata di domenica 22, ci sarà la chiusura del traffico veicolare
privato in Corso Italia, via Imbriani e via Roma, nel tratto compreso tra via
Genova e Corso Italia, oltre che in via Canal Piccolo, piazza della Borsa e
piazza Tommaseo: a questo si aggiungerà la sperimentazione della completa
pedonalizzazione di via Mazzini, nel segmento compreso tra piazza Goldoni e via
Roma, con conseguenti deviazioni delle linee del servizio pubblico. L'operazione
non coinvolgerà solo il centro storico, ma anche altre zone della città, con la
chiusura continuata al traffico veicolare, dal pomeriggio di sabato fino alla
sera della vigilia di Natale, della via della Sorgente e via delle Erbette e
parte di via Foschiatti nel rione di Barriera, ma anche di alcuni segmenti di
via Trenta Ottobre e via Torrebianca in Borgo Teresiano, cui si aggiungerà il
Viale XX Settembre, nella sola direzione a salire, nell'incrocio tra via
Rossetti e via Zovenzoni, inclusa l'area antistante il Teatro Stabile. «Si
tratta di vere e proprie anticipazioni sul fronte della mobilità pedonale che
vedremo a pieno regime nel corso del prossimo anno - ha spiegato in sede di
conferenza stampa l'assessore comunale al traffico Elena Marchigiani -. Abbiamo
deciso di intervenire a piccoli passi e con orari prestabiliti, senza rischiare
di impattare troppo sull'attività lavorativa, ma soprattutto cercando di fornire
un supporto importante alle realtà commerciali in questo periodo e pensando
anche alla comodità di coloro che si riverseranno in città per lo shopping
prenatalizio». Proprio per questo motivo, l'amministrazione comunale si è
attivata con AcegasAps affinché siano ultimati prima delle festività natalizie
gli interventi alla rete gas ed i lavori di riqualificazione stradale che stanno
interessando in questi giorni alcune zone della città: in particolare l'area di
via Trenta Ottobre e quella di via Settefontane. Per quanto riguarda
l'incremento della mobilità ciclabile, gli uffici comunali pubblicheranno entro
una decina di giorni un avviso pubblico per la collocazione di stalli
portabiciclette sul territorio comunale: i soggetti pubblici o privati
interessati che aderiranno all'iniziativa potranno usufruire di alcune
agevolazioni, come lo sgravio delle spese per progetto e posa in opera degli
stalli, che saranno a carico dell'amministrazione comunale. Un'anticipazione di
questa iniziativa si concretizzerà a breve nei pressi dell'Ospedale Maggiore,
grazie al contributo dell'azienda Ospedaliera.
Pierpaolo Pitich
Un salotto anche l’area del “Rossetti” - ALTRE
INIZIATIVE
Si intitola “Si accende il Natale” ed è il contenitore di iniziative
organizzate dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con
il Comune di Trieste, in occasione delle prove di pedonalizzazione che
coinvolgeranno l'area di Viale XX Settembre antistante il Politeama Rossetti.
Dal 21 al 24 dicembre andranno in scena dei momenti musicali legati alle
atmosfere del Natale, con protagonisti i giovani allievi della Scuola “Starts
Lab” diretta da Luciano Pasini, tutti di età compresa tra gli 8 ed i 16 anni.
«La Ferriera ha solo due mesi di autonomia»
Brusciano (Cisl) accusa l’Autorità portuale: «Anello debole che mina la
compattezza delle istituzioni»
«Abbiamo ancora due mesi, massimo due mesi e mezzo di autonomia. Poi le
materie prime per la produzione saranno esaurite e gli impianti si saranno
definitivamente deteriorati. Se non succede qualcosa nel frattempo, la fabbrica
chiuderà e con gli impianti già fermi non la comprerà più nessuno». La denuncia
viene dall’interno della Ferriera e ieri a farla è stato Tiziano Scozzi,
rappresentante di Fiom-Cgil. La sopravvivenza stessa dello stabilimento è a
rischio immediato e Adriano Sincovich segretario provinciale della Cgil,
affiancato dai colleghi Umberto Bruciano della Cisl e Claudio Cinti della Uil
ieri ha fatto l’ultimo appello alle istituzioni. «Rischiamo di perdere
un’occasione importante come il subentro di Arvedi - ha ammonito Brusciano - per
giochi di potere che passano sulla testa dei lavoratori. L’anello debole sul
fronte della compattezza delle istituzioni locali è l’Autorità portuale e ci
chiediamo se il suo atteggiamento può pregiudicare gli scenari futuri». Il
riferimento è sostanzialmente alla contrarietà dell’Authority al
commissariamento dell’intera area compresa la banchina. «Questo nodo unito a
quello del Gestore dei servizi energetici che non ha risolto la questione della
convenzione Cip6 rischia di incidere sull’interessamento di Arvedi», ha aggiunto
Antonio Rodà segretario Uilm. E anche secondo Stefano Borini (Fiom) «se da una
parte Arvedi non può chiedere la luna (riferito soprattutto ai finanziamenti,
ndr.) è indubbia la non volontà da parte della classe dirigente locale di fare
sistema». Sincovich ha riassunto la vicenda dal punto di vista sindacale:
«Abbiamo lasciato lavorare le istituzioni per giungere a un Accordo di
programma, ma i tempi si stanno dilungando in modo preoccupante, gli impianti
hanno problemi di tenuta e i lavoratori incominciano ad andare in fibrillazione.
Lo slittamento è dovuto a un quadro istituzionale incerto, la mancanza di
concertazione non ha nulla a che fare con gli interessi della città e non
abbiamo alcuna intenzione di trovarci di fronte a un accordo già blindato.
Continuiamo ad attendere la presentazione del processo di riconversione e
rilancio da parte di Arvedi, ma non resteremo passivi in attesa degli eventi».
«Ormai siamo in emergenza continua - il monito di Franco Palman, rappresentante
della Uilm - i quaranta dipendenti con contratti a tempo determinato hanno una
spada di Damocle sulla testa, anche con le ditte appaltatrici i contratti
vengono rinnovati di mese in mese. Bisogna chiedere risposte al commissario
straordinario della Lucchini Piero Nardi per i prossimi mesi». E Umberto
Salvaneschi, segretario Fim-Cisl ha rivelato che al ministro dello sviluppo
economico Flavio Zanonato è stato chiesto un incontro a Roma centrato
esclusivamente su Servola, ma non è ancora giunta alcuna convocazione. «In
questi giorni - la minaccia di Borini - valuteremo iniziative di protesta più
efficaci».
(s.m.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 dicembre 2013
Ferriera, contromossa sul commissario
Serracchiani a Roma per congelare la prospettiva del potere
dell’Authority sull’area portuale: prima l’accordo di programma
Si profilano ancora lunghi i tempi per il perfezionamento dell’accordo di
programma sulla riconversione dell’area di Servola. Molti i nodi da sciogliere,
fra l’interesse manifestato ormai da tempo dal gruppo Arvedi - pronto a poderosi
investimenti ma deciso tra l’altro a fare chiarezza sull’impegno finanziario del
governo per le bonifiche - e i contenuti del documento da sottoscrivere a Roma.
Intanto, la partita sul commissario straordinario dell’area da riconvertire è
congelata. E lo “sdoppiamento” di competenze tra la Regione di Debora
Serracchiani e l’Autorità portuale di Marina Monassi appare - a oggi -
decisamente meno probabile. Prima comunque andranno definiti nel dettaglio i
contenuti dell’accordo di programma. C’è un ordine cronologico che allinea con
chiarezza i passaggi da attuare. È questo un risultato che Serracchiani ha
ottenuto nell’incontro dell’altro pomeriggio a Palazzo Chigi, cui hanno
partecipato il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato con il
sottosegretario Claudio De Vincenti e il ministro per le Infrastrutture Maurizio
Lupi; Francesco Rosato, amministratore di St, Siderurgica triestina costituita
da Arvedi per Servola; Stefano Saglia, consulente Arvedi; e la stessa
Serracchiani. La partita sul commissariamento è aperta da oltre due mesi, da
quando cioè una prima bozza del Decreto del Fare 2 aveva previsto che andasse al
presidente della Regione - come accaduto per Piombino nello schema governativo
per la gestione delle crisi industriali complesse cui Trieste è stata agganciata
– la gestione straordinaria dell’intera area, compresa la banchina.
Sostanzialmente, secondo i detrattori di questa soluzione, un commissariamento
su una parte del Porto a scapito di Monassi. Poche settimane dopo - su
pressione, secondo voci non confermate, soprattutto degli uffici di Lupi - una
bozza diversa era spuntata, che di fatto “dimezzava” Serracchiani mantenendo
all’Authority il potere sull’area portuale di Servola. L’altro ieri, dopo che la
governatrice si è precipitata a Roma per sventare quella che sembrava la
definitiva soluzione “doppia”, il congelamento della partita. Importantissimo
anche perché la banchina, nei programmi di Arvedi ma non solo, riveste un ruolo
chiave. C’è però ora - emerso dall’incontro romano - un testo che dovrebbe
rientrare in un decreto legge frutto della mediazione di lunedì. All’articolo 4
- relativo alle misure volte a favorire le bonifiche dei siti di interesse
nazionale e alle misure particolari per l’area di crisi complessa del porto di
Trieste - vi si legge che il presidente del Consiglio dei ministri, con incarico
di un anno prorogabile, nomina il presidente della Regione commissario
straordinario per l’attuazione dell’accordo di programma, «senza diritto ad
alcun compenso, indennità, rimborso spese e comunque senza nuovi o maggiori
oneri» per la finanza pubblica. Il presidente della Regione - secondo il nuovo
testo - «può avvalersi» di uffici e strutture di «amministrazioni pubbliche,
centrali, regionali e locali». E «assicura la realizzazione degli interventi
urgenti» nell’intero perimetro che verrà ricompreso nell’accordo. Lo potrà fare
però «a decorrere dalla data di sottoscrizione dell’accordo quadro». Solo sulle
aree demaniali marittime che quest’ultimo non ricomprenderà, le competenze
dell’Authority rimarranno «impregiudicate». Con questo testo la governatrice
“riconquisterebbe” i pieni poteri commissariali per l’area da perimetrare
nell’accordo. Che come si diceva non è comunque vicino. Tra i nodi legati
all’ipotizzato affitto da parte di Arvedi c’è peraltro anche quello relativo a
Elettra, che produce energia con i gas di risulta della Ferriera e che ha
chiesto al Gse (anche con una causa al Tar) la risoluzione anticipata del
contratto d’incentivo Cip6, per poter poi definire un nuovo rapporto commerciale
con St. Da Serracchiani, ieri, una breve dichiarazione: «Per mettere in
sicurezza il futuro dell’area di Servola e della Ferriera va percorsa una strada
sulla quale si possono trovare ostacoli imprevisti. L’accordo di programma è
sicuramente il passaggio più complesso e difficile che abbiamo dinanzi, e il più
importante, e per scioglierlo bisognerà che tutti esprimano un grandissimo
impegno».
Paola Bolis
Amianto all’Arsenale, verso il processo
Il pm Tripani ha chiuso l’indagine a carico dei sei dirigenti
Fincantieri. dal 2003 al 2012 morirono 27 operai
Sono in corso indagini. di Corrado Barbacini I vertici della società
Arsenale Triestino poi acquisita dalla Fincantieri e diventata parte integrante
della stessa società sono ritenuti responsabili dei decessi ventisette
lavoratori avvenuti tra il 2003 e il 2012 e causati dall’esposizione all'amianto
mentre riparavano le navi nel bacino: conoscevano fin dagli anni Sessanta la
pericolosità dell’amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse
utilizzato e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la loro
salute. Il pm Matteo Tripani ha chiuso le indagini sulle responsabilità delle
morti. Sono accusati di omicidio colposo sono Manlio Lippi, 89 anni, che risiede
a Monfalcone, ed è stato dal 25 settembre 1982 al 30 giugno 1984 presidente del
Cda della società Arsenale Triestino San Marco nonchè amministratore delegato;
Andrea Cucchiarelli, abitante a Trieste, 82 anni, che ha ricoperto l’incarico di
condirettore generale dal 3 dicembre 1971 al 29 giugno 1982; Corrado Antonini,
abitante a Roma, ex presidente di Confindustria Trieste, che dal 1984 in poi in
Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore generale e
amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente. Sotto accusa anche
Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di Fincantieri dal 9
luglio 1985 e anche i due direttori che si sono alternati all’Arsenale: Giuseppe
Sassi, 65 anni, abitante a Triste, responsabile dal 1 gennaio 1987 al 28
febbraio 1990 e infine Francesco Carrà, 77 anni, napoletano, che gli è
subentrato e ha diretto la divisione fino al 6 aprile 1993. Dopo la notifica
dell’atto formale gli indagati hanno 20 giorni di tempo per chiedere di essere
interrogati. Poi scatterà la richiesta di rinvio a giudizio. La morte dei
ventisette lavoratori è avvenuta per mesotelioma pleurico, tumore che ha un
tempo di latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la malattia sarebbe appunto
derivata dall'esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza
che invece i dirigenti dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti
di Arsenale Spa e e di Fincantieri - avrebbero dovuto garantire. Per questo il
pm Tripani accusa Lippi, Cucchiarelli, Antonini, Bocchini, Sassi e Carrà oltre
che di omicidio colposo plurimo - a vario titolo - anche di una serie di
violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro. In particolare
contesta a manager e dirigenti di non aver aver adottato tutte le misure utili a
garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative
all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione
dell'amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di
impianti fissi e mobili per l'aspirazione. Ma anche di non aver informato i
lavoratori riguardo i rischi specifici derivanti dall’inalazione delle polveri
di amianto. L'inchiesta è partita sulla base di una segnalazione dell'Azienda
sanitaria. Nell'indagine il pm si è avvalso della consulenza di Enzo Merler
responsabile Registro Veneto mesoteliomi, e dell’igienista industriale Patrizia
Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata avanti
dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione diretto da
Valentino Patussi.
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 dicembre 2013
Rozza: «Più tutela dei percorsi pubblici attraverso il
Carso» - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Un richiamo forte e chiaro alla giunta Kukanja, affinché
eviti l'effetto-domino della “mancata tutela dei percorsi pubblici entro la
Riserva delle Falesie”, è destinato a infiammare la politica. Perché il monito
non arriva dall'opposizione, bensì dagli alleati. Si toglie infatti qualche
sassolino, il presidente della II commissione Maurizio Rozza sulle vicende che,
dalla chiusura del Rilke fino a Coisce, hanno agitato Duino Aurisina. Per il
consigliere del gruppo misto, infatti, il ricorso avanzato dai Pahor contro la
bocciatura della Regione sulla Valutazione di incidenza ambientale del progetto
di riedificazione è “un atto quasi scontato”. «Era ovvio - dice - che si sarebbe
tentato di utilizzare l'avvallo alla manifestazione fuoristradistica come
grimaldello per scardinare la bocciatura. Come mai la proprietà non si è opposta
al transito dei mezzi - chiede -, salvo poi minacciare, subito dopo, la chiusura
del comprensorio motivandola con l’esigenza di tutelare l’ambiente da un
eccessivo carico antropico?». Anche per questi motivi, dice sempre Rozza, con
l’onorevole Serena Pellegrino si è “tentato fino all'ultimo di chiedere al
Comune di non concedere il patrocinio ai 4x4 e alla Regione di ottemperare
correttamente alle norme nazionali e comunitarie che vietano in transito di
fuoristrada nelle aree di Rete ecologica europea "Natura 2000"». «Per me non
sono state affatto scontate – prosegue - la scelta del sindaco e del
rappresentante della Comunella di Duino di schierarsi apertamente a supporto del
raduno, nonostante fossero stati informati sia del contrasto dell'iniziativa con
le norme (gli organizzatori hanno però sempre dichiarato di avere tutte
autorizzazioni della Regione, ndr), sia delle conseguenze dirette e indirette
che quest'ultima avrebbe potuto comportare. Sono stato fin dall'inizio un
alleato delle Comunelle e lo rimarrò fino a quando la loro azione sarà fedele
agli statuti. Ma proprio quegli atti fondativi prevedono come finalità esclusive
degli organismi "la cura del patrimonio comune, in base alle consuetudini e alle
tradizioni" nonché la "possibilità di promuovere e favorire iniziative dirette
alla valorizzazione del patrimonio". Non penso - così Rozza - che l'uso dei
fuoristrada sia il modo corretto di perseguire tali fini, così come non ritengo
il progetto di Coisce compatibile con un corretta valorizzazione dell'Ermada. Il
contenzioso che si protrae da più di 15 anni mi pare dannoso per tutti. Se
davvero si vuole promuovere un piano incentrato sulle valenze del sito si
seguano i criteri per la pianificazione del turismo sostenibile e le norme di
Natura 2000, che prevedono infrastrutture dedicate all'ospitalità e ristorazione
nelle aree periferiche e meno sensibili degli ambiti. In ciò darò sempre
appoggio incondizionato. Quanto al Comune deve muoversi urgentemente per evitare
che la mancata tutela dei percorsi pubblici entro la Riserva delle Falesie
produca il prevedibile effetto-domino, bloccando le possibilità di fruizione del
Carso».
Tiziana Carpinelli
Wi-fi e cellulari dannosi per la salute - ESPERIMENTO
Potrebbe essere la prova che il wi-fi è pericoloso per la salute. Un
esperimento avrebbe dimostrato che le piante muoiono se messe accanto al router
che si utilizza per sfruttare il wi-fi e collegarsi a Internet. Ad arrivare a
queste conclusioni è stato un gruppo di studenti 15enni danesi, come riporta
l’Abc News. Nonostante si tratti di un esperimento di adolescenti, i risultati
hanno richiamato l’attenzione di molti scienziati. L’esperimento è stato avviato
dopo aver notato che, dormendo con il cellulare vicino alla testa, avevano
problemi di concentrazione il giorno dopo.
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 dicembre 2013
Ambiente - Sel invoca il cambio di passo sui rifiuti
Verso una regione a rifiuti zero. Questo l’obiettivo
dell'ordine del giorno, primo firmatario il consigliere di Sel Alessio Gratton,
approvato in aula durante il dibattito sulla Finanziaria con cui si impegna la
giunta a una concreta inversione di rotta in materia. «Al paradigma consumista
che impone una crescita infinita di cui il rifiuto è condizione essenziale -
commenta Gratton - noi opponiamo un radicale cambiamento culturale. Bisogna, da
un lato, tutelare l'ambiente in cui viviamo e la nostra salute e, dall'altro,
cominciare a pensare che niente è “scarto” e tutto può essere riutilizzabile».
Accordo con Roma per tutelare il paesaggio
Una rete ecologica per tutelare la natura e il paesaggio dell'area alpina.
La prevede il Protocollo d'intesa che la Regione intende firmare con il
ministero dell'Ambiente, nell'ambito della Convezione delle Alpi. Il testo del
protocollo è stato approvato dalla giunta, che ha autorizzato l'assessore alla
Pianificazione territoriale, Mariagrazia Santoro, a sottoscrivere il documento a
nome della Regione. Con l’accordo si punta a costituire un tavolo di
coordinamento nazionale dei Siti ecologici protetti alpini coinvolgendo, oltre
al ministero, gli enti gestori dei Parchi e delle Riserve nazionali, regionali e
provinciali e dei siti Natura 2000, le Regioni competenti, le Province autonome
di Trento e Bolzano. L'iniziativa si inserisce nella Convenzione delle Alpi
firmata a Salisburgo nel 1991 e sottoscritta, assieme all'Italia, da Francia,
Svizzera, Austria, Liechtenstein, Principato di Monaco, Germania, Slovenia,
Unione Europea.
Energia - Convegno a Trieste sulle fonti rinnovabili
“La governance in Friuli Venezia Giulia, un diverso approccio allo sviluppo di un'economia sostenibile”. È il titolo del convegno in programma oggi dalle 9.30 nel palazzo della giunta regionale a Trieste. Interverranno Debora Serracchiani e Sara Vito.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 dicembre 2013
Cosolini: «Altre 2 ciclabili e alcune vie a 30 all’ora»
- gli Impegni del sindaco dopo la critical mass
Oltre cento adesioni alla pedalata organizzata ieri da diverse
associazioni per sensibilizzare gli amministratori sulla sicurezza. Il raduno in
piazza della Borsa
«Nel 2014 due piste ciclabili, alcune vie della città con limite a 30 orari
e diffusione dei park per bici». Il sindaco Roberto Cosolini l’ha promesso ieri
ai ciclisti davanti al Caffè Rossetti al termine della “critical mass” partita
da Piazza della Borsa alle 16.30. L’incontro era annunciato e alla fine c’è
stato. Gli impegni presi dal primo cittadino raccolgono alcune proposte dei
ciclisti. All’incontro era presente anche l’assessore al Traffico Elena
Marchigiani che ha avanzato la proposta di organizzare una Critical Mass che si
concluda davanti la sede dell’ Autorità Portuale per far pressione affinché
venga autorizzata la realizzazione della pista ciclabile sulle rive, già
finanziata con quasi 300mila euro. La Critical Mass nasce nel 1992 a San
Francisco come un raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero,
invade le strade urbane. L’iniziativa triestina, alla quale hanno aderito oltre
200 ciclisti, era stata indetta da diverse associazioni per chiedere al Comune
«interventi urgenti per rendere più sicuro il muoversi sulle due ruote in città
attraverso la realizzazione di corsie ciclabili sugli assi portanti della rete
ciclabile Pi-Greco (via Battisti e viale D’Annunzio) e di zone 30 all’ora per
promuovere ciclabilità diffusa e vivibilità delle strade. Interventi questi che
non richiedono grandi opere ma che necessitano, per essere intrapresi, di
visione e coraggio». La pedalata di ieri è passata anche per largo Roiano dove
il 12 ottobre dello scorso anno un ciclista urbano è stato ucciso per il mancato
rispetto della precedenza di un automobilista. Alla Critical Mass di ieri hanno
aderito 13 associazioni (#Salvaiciclisti, Senza Confini Brez Meja, Consulta
Giovani Muggia, Ulisse FIAB, Bora.la, Viaggiare Slow, Amici della Bici, Impronta
Muggia, Circolo Decrescita Felice, Raw, Spiz, Arci, Legambiente). «Lo slogan
della critical mass è «noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico» -
spiegano gli organizzatori - Le biciclette non sono un problema per la mobilità
urbana ma parte della soluzione per renderla più sostenibile, smart e a misura
di persona». Quella di ieri è stata la prima di una serie di pedalate urbane di
questo genere che proseguirà anche nei prossimi mesi e avrà il suo apice il 1
giugno 2014, quando con l’arrivo del Giro d’Italia a Trieste, sarà organizzato
in contemporanea anche il Giro d’Italia dei ciclisti urbani, quando saranno
chiamati a raccolta i ciclisti urbani di tutta Regione.
GUARDA LE FOTO DEI CICLISTI SU WWW.ILPICCOLO.IT
«Metropolitana leggera da Trieste a Capodistria» -
PROGETTO COMPLETATO
Il progetto per la realizzazione, sul lato italiano, della rete di
metropolitana leggera destinata a coprire l’area transfrontaliera con la
Slovenia è finalmente completo. Il documento, denominato “Adria A”, dopo lunghi
mesi di studi e approfondimenti è stato presentato ieri ai numerosi partner nel
corso di un incontro, svoltosi nella sede dell’Iniziativa centro europea, da
parte di Carlo Fortuna, capo dell’Unità trasporti della stessa Ince. Nel testo
si parla di “accessibilità e sviluppo per il rilancio dell’area dell’Adriatico
interno”. Il progetto, che è costato 3 milioni e 200mila euro, è stato
finanziato in parte dall’Unione europea e in parte da Italia e Slovenia,
nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia
2007-2013 «e intende contribuire alla riorganizzazione dell’accessibilità e dei
trasporti dell’intera area transfrontaliera italo-slovena – ha precisato Fortuna
- con l’obiettivo di creare un’area metropolitana integrata». Nel dettaglio, nel
documento si parla del collegamento fra Nova Gorica, Vrtojba e Gorizia e della
linea Trieste-Koper, dell’adeguamento della galleria di cintura e connesse
bretelle per consentire il traffico passeggeri, della riqualificazione della
linea esistente Prosecco-Opicina-Confine di Stato. «L'obiettivo – ha ripreso
Fortuna - e' quello di istituire una metropolitana leggera per collegare Trieste
con Monfalcone, Capodistria e Nova Gorica e coi centri circostanti e ancora con
Venezia attraverso il polo intermodale di Ronchi». Il progetto adesso passa
all’esame delle autorità slovene, che si sono impegnate a esprimere un parere
entro il prossimo marzo. «E’ importante arrivare alla conclusione dell’iter
formale che riguarda il progetto – ha ripreso Fortuna – perché Rfi non intende
investire sulla rete esistente se prima non si completa lo studio che dimostra
la validità del progetto. Per arrivare a questo risultato – ha sottolineato - ci
volevano supporti tecnici e analisi ambientali oltre che di domanda di traffico.
Abbiamo effettuato anche indagini di mercato coi passeggeri degli aeroporti di
Lubiana, Ronchi e Venezia. L’atto finale, presumibilmente nel 2015 – ha concluso
il capo dell’Unità trasporti dell’Ince – sarà la gara indetta dalla Regione per
vedere chi espleterà il servizio ferroviario in Friuli Venezia Giulia».
Ugo Salvini
Rifiuti La giunta dice no all’incenerimento
Rivedere la pianificazione in materia di smaltimento dei rifiuti e ridurre progressivamente l'incenerimento per favorire l’aumento della raccolta differenziata. È questo il principio ispiratore dell'emendamento alla Finanziaria portato dalla giunta su proposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito.
Energia - La Regione scommette sulle fonti rinnovabili
Fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Sono i temi al centro del convegno “La governance in Fvg, un diverso approccio allo sviluppo di un'economia sostenibile” promosso dalla Regione e in programma martedì a Trieste nel palazzo della giunta.
IL PICCOLO - SABATO, 14 dicembre 20137
Differenziata, premiati i “ricicloni” del mese
Il quantitativo dei rifiuti differenziati portati nei centri di raccolta nei
mesi di ottobre e novembre è stato superiore del 5,4 per cento rispetto allo
stesso periodo del 2012, per un totale di ben 99.880 chilogrammi in più di
materiali conferiti. Sono i dati più significativi emersi a margine della
cerimonia di premiazione del concorso “Trieste premia per vincere la sfida della
raccolta differenziata”, organizzato da Comune e AcegasAps, durante la quale
sono stati resi noti i nomi dei cittadini più virtuosi, alla presenza
dell'assessore comunale all'ambiente Umberto Laureni e di Paolo Dal Maso di
AcegasAps. Nel mese di novembre sono state 1022 le persone che si sono recate ai
quattro centri di raccolta, dove hanno conferito 16.432 materiali destinati alle
diverse filiere per il corretto riciclo o smaltimento: numeri confortanti per un
progetto finalizzato a sensibilizzare i cittadini ad una corretta
differenziazione dei rifiuti. Significative le quantità conferite di oli
alimentari che hanno potuto essere avviate al recupero (750 litri in più
rispetto allo scorso anno), ma in aumento anche i toner delle stampanti (+ 250
chilogrammi). Incrementi anche sul fronte degli scarti verdi dei giardini: un
segnale di miglioramento, ma in termini assoluti rimane il problema, visto che
si stima siano 5mila le tonnellate di verde all'anno che finiscono nei
cassonetti stradali. I cittadini più virtuosi sono stati premiati con omaggi -
tra i quali una bicicletta - scelti in un'ottica di sviluppo ecologico della
città: ad imporsi nella classifica del mese di novembre è stata Gioconda
Mosenich con 1654 punti, mentre ad aggiudicarsi l'ambito viaggio estratto a
sorte è stata Alessandra Rigoni. Il concorso continua anche nel mese di
dicembre: ai primi 500 classificati della graduatoria complessiva sarà applicata
una riduzione sulla Tares.
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - VENERDI', 13 dicembre 2013
Concessione Ferriera rinnovata per 4 mesi
Delibera approvata «in attesa di una licenza a più ampio respiro» E salta
il confronto Lucchini-sindacati previsto per oggi sulla cassa
Il Comitato portuale ha rinnovato ieri in via provvisoria per quattro mesi
la concessione della banchina e degli spazi retrostanti alla Servola spa, la
società del Gruppo Lucchini, oggi in amministrazione straordinaria, che gestisce
la Ferriera. Ciò in attesa, come afferma una nota dell’Authority dal momento che
i lavori del Comitato non sono stati aperti ai media, «che si completi l’iter
istruttorio per una concessione a più largo respiro». La Lucchini può dunque
continuare a operare anche sugli spazi sotto la giurisdizione portuale sebbene
la stessa Authority sia evidentemente in attesa degli sviluppi della situazione
legata all’ipotizzato affitto da parte di Árvedi a propria volta concatenato
alla soluzione della vicenda Elettra e all’Accordo di programma da raggiungere
in sede ministeriale. Sul fronte Lucchini è saltato l’incontro relativo a tutti
gli stabilimenti del gruppo che era stato convocato per oggi a Roma, al
ministero del Lavoro, dal commissario straordinario Piero Nardi e che doveva
avere al centro della discussione la questione della cassa integrazione
straordinaria che è stata richiesta per tutti i 2.698 lavoratori del gruppo,
compresi i 485 di Trieste. Sono stati i sindacati Fiom, Fim e Uilm di Piombino a
preannunciare che non avrebbero partecipato all’incontro in quanto richiedono la
presenza alla trattativa anche dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo
economico. «La cassa integrazione deve essere estesa anche ai lavoratori
dell’indotto - la loro richiesta - perché dobbiamo salvarci tutti assieme in
attesa della ristrutturazione». «L’incontro è stato rinviato a data da
destinarsi, ma potrebbe essere riconvocato già la settimana prossima - ha
spiegato Franco Palman rsu della Uilm - per la Ferriera però attendiamo novità
il giorno 19 con la probabile risposta del Gestore dei servizi energetici a
Elettra per quanto riguarda la risoluzione anticipata del Cip6». «All’incontro
di domani bisognava esserci - l’opinione invece di Luigi Pastore della Failms -
perché a Trieste esiste il rischio di cui pochi si rendono conto che Arvedi
tenga solo 120 dipendenti per il settore logistico e mandi a casa tutti gli
altri». Il Comitato portuale ha deliberato ieri anche il rinnovo di alcune altre
concessioni portuali di cui non è stato dato riscontro e ha ascoltato
l’illustrazione del nuovo piano industriale di Adriafer, la società ancora al
100% dell’Authority che gestisce le manovre ferroviarie all’interno dello scalo.
Via libera del Comitato anche per la ricerca di un servizio di advisory per la
cessione delle quote (attualmente il 40%) ancora detenuto dall’Authority
all’interno di Trieste terminal passeggeri. E Ttp ha in programma proprio oggi
la seduta del consiglio di amministrazione in cui è previsto il faccia a faccia
tra Franco Napp e Antonio Paoletti sull’ultima iniziativa presa dall’ad (Napp)
cioé il mercatino di Natale sul Molo Quarto e non concordata con il presidente.
Silvio Maranzana
Parte la gara per le infrastrutture Greensisam - TIMIDI
MOVIMENTI IN PORTO VECCHIO
E l’assessore Santoro conferma il finanziamento di 5 milioni per i
traffici intermodali
L’Autorità portuale a breve bandirà la gara per l’infrastrutturazione
dell’area che si estende sui primi cinque magazzini del Porto Vecchio, e che è
in concessione a Greensisam, la società che fa riferimento a Pierluigi Maneschi.
Anche questa comunicazione è stata data ieri al Comitato portuale e fa
trasparire come la riconversione del Porto Vecchio, se mai avverrà, avrà ancora
tempi molto lunghi. I collegamenti viari, energetici, idrici, telematici
dovevano essere opera di Portocittà per tutto il Portovecchio, compresa la parte
di Greensisam, ma si sa com’è finita la questione: con il ricorso al Tar, la
rinuncia alla concessione e la transazione. A farne le spese sarebbe stata anche
la società di Maneschi, ma per non mandare in tilt tutta l’operazione è
subentrata l’Authority che ha annunciato di potersi accollare le spese e ha dato
incarico a un professionista di redigere il progetto esecutivo. Anche la
questione Greensisam ha assunto ultimamente aspetti grotteschi avendo dovuto la
società addirittura rinnovare la richiesta di autorizzazione paesaggistica
essendo la precedente, vecchia di cinque anni, scaduta. Per il momento i
progetti da mettere in atto si fermano ai primi due magazzini: nel primo un
garage su cinque livelli per complessivi 580 posti auto, nel secondo 15mila
metri quadrati da riservare a negozi e uffici. Persa qualsiasi parvenza di
alberghi o Parchi del mare. Al Comitato è stato anche illustrato il testo
definitivo dell’atto transattivo con Portocittà avallato da un ulteriore parere
dell’Avvocatura dello Stato. Nessuna notizia invece riguardo al nuovo bando di
gara per tutto il resto del Porto Vecchio dove l’immobilismo sembra destinato a
perpetuarsi all’infinito. Al Comitato ha partecipato anche l’assessore a
Infrastrutture e mobilità Mariagrazia Santoro che ha assicurato che anche per il
2014 la Regione destinerà al porto 5 milioni di euro per la promozione dei
traffici intermodali dei quali 3 già inseriti nella Finanziaria in approvazione
in questi giorni e altri 2 nell’assestamento di bilancio previsto per la seconda
metà del 2014. Sono soldi che rimpinguano il bilancio della società Alpe Adria.
(s.m.)
Duino, stop al cemento selvaggio
Approvata finalmente la “variante 27” al piano regolatore. Sì alle
ristrutturazioni
DUINO AURISINA Giro di boa, con la chiusura dell'iter della variante 27
approvata in Consiglio dalla sola maggioranza (l'opposizione non ha partecipato
al voto) e ora al vaglio della Regione per l'ultima verifica prima della
pubblicazione ed entrata in vigore, dell'amministrazione Kukanja. Che ora guarda
avanti e pone gli obiettivi urbanistici per il 2014, in ossequio al mandato
elettorale del sindaco. Due le principali questioni da affrontare, come riferito
in aula dal vicesindaco e assessore competente Massimo Veronese: la “revisione
di tutti gli ambiti di progettazione unitaria, visto che il loro numero è salito
a quota 40 e di questi meno di cinque sono stati approvati e solo un paio
realizzati” e la “riforma della normativa che riguarda i centri storici per il
recupero dell'edificato esistente”. Dunque uno snellimento dell'iter per chi
intende - oggi con molta difficoltà - riconvertire stalle e fienili in
residenze. Veronese lo ha detto chiaro e tondo: «Basta col consumo di suolo e
terreni agricoli: se in 14 anni, sul fronte degli ambiti, non si è mosso
praticamente nulla significa che bisogna intervenire». Quanto alla 27, la sua
approvazione «è importante perché dà risposte ai cittadini e costituisce l'atto
propedeutico ad altri strumenti urbanistici, vedi il piano del porto che
porteremo in aula a gennaio». Veronese è “orgoglioso del lavoro svolto”, per la
sua trasparenza e condivisione. Perché è vero che l'iter della 27 si è inserito
a cavallo tra due amministrazioni, ma il “centrosinistra ha voluto dare la sua
impronta nei limiti di legge”, con “uno stop all'urbanizzazione e alle superfici
edificabili”, forti anche dei pareri regionali. Non si tratta di una semplice
presa d'atto, bensì di “una variante che arriva dopo un lungo e tortuoso iter
biennale”, ha sostenuto invece Massimo Romita, capogruppo Pdl, secondo il quale
l'obiettivo iniziale dello strumento era fornire risposte ai cittadini, mentre
“oggi questo obiettivo viene disilluso – crediamo - con pesanti conseguenze”.
Già nel precedente voto di maggio il Pdl aveva voluto “sottolineare con alcune
pregiudiziali l'iter seguito dalla maggioranza”. Ma visto che “le delibere hanno
apportato modifiche al documento adottato senza dare la possibilità ai cittadini
di esprimersi e fare le proprie controdeduzioni” e che “tali scelte potrebbero
andare contro i loro diritti” il gruppo ha deciso, al pari di Progetto civico e
Lista Ret, di non partecipare al voto. Ciò alla luce della responsabilità di un
consigliere nel votare “una delibera viziata da pregiudiziali” e che “comporterà
sicuramente riflessi diretti e indiretti sulla situazione economico- finanziaria
o sul patrimonio dell'ente”. «Sarebbe stato bello proseguire con unità d'intenti
– ha commentato l'ex sindaco Giorgio Ret –: questa variante non è stata voluta
dall'ex giunta ma da tutti. Gli emendamenti svolti nell'analisi delle
osservazioni spiacciono: una volta non si potevano fare, oggi forse sì. Speriamo
non vi sia la restituzione degli atti dalla Regione e un allungamento dei tempi:
la variante allora diventerebbe molto meno utile». Ma per la maggioranza, dopo
il via libera degli uffici sulla legittimità della delibera, non vi sono
pregiudiziali. «Ci potranno essere ricorsi – così Michele Moro (Pd) -, ma non mi
pare che alcuna variante finora sia uscita indenne. Esprimo soddisfazione,
ringraziando Rozza, per il processo partecipativo e per l'attenzione al consumo
del suolo, un valore perseguito anche a livello nazionale dal Pd. Ora è cruciale
uscire dalla logica della “stratificazione” che dalla variante 18 ha mosso
l'ente. Si deve iniziare a ragionare su una variante generale che semplifichi le
norme e trasferisca quell'orpello di disposizioni che appesantiscono gli iter
nel Regolamento edilizio».
Tiziana Carpinelli
Il nuovo piano regolatore guarda soltanto al passato
L’INTERVENTO DI FRANCESCO CERVESI - segretario di Un’altra Trieste
Il tormentato iter del nuovo piano regolatore indica tra i tanti il seguente
insegnamento: la costruzione della città è un processo di natura collettivo.
Condividendo questa considerazione e con la finalità di offrire qualche elemento
utile per una discussione di natura tecnica, intendo contribuire al dibattito
pubblico con questo intervento. Per prima cosa occorre sgombrare il campo da un
falso assunto. Le dichiarazioni del sindaco (tanto quello precedente quanto
quello attuale) e quelle dei vari assessori all’Urbanistica che si sono
impegnati nella redazione della variante al piano regolatore (o nuovo piano che
dir si voglia) lascerebbero intendere che la ragione per cui sarebbe necessario
un nuovo piano regolatore sia l’eccessiva cementificazione o in altre parole il
consumo del suolo degli ultimi anni. Falso. Mai come nell’ultimo ventennio si è
edificato così poco nella storia della città di Trieste. Basta fare un giro in
centro o nelle periferie per averne la prova. L’edificato del Borgo Teresiano e
del Borgo Giuseppino, gli isolati di edifici pubblici e privati realizzati tra
gli anni ’20 e ’40 (Corso Cavour, la zona di Campo Marzio, Piazza Oberdan con
Via Cicerone e via Coroneo ecc.), gli interventi residenziali realizzati tra gli
anni ’50 e ’80, da Altura a Borgo San Sergio sino alle ville in Costiera: la
città e la sue periferie come oggi le conosciamo sono il frutto della
speculazione edilizia degli ultimi due secoli. A testimonianza degli ultimi 20
anni c’è poco o nulla. Al più si tratta di singoli edifici a completamento di
lotti disegnati nelle vecchie varianti del piano regolatore. La speculazione
edilizia degli ultimi anni in confronto a quella che ha dato forma alla città
che conosciamo è stata timida ed ininfluente. Non ne intendo dare un giudizio,
mi limito a constatare un fatto. Secondo: in merito alla qualità del costruito.
Tentare, già con il piano regolatore di ordinare la speculazione privata ed il
nuovo costruito entro un disegno unitario (così come avvenuto per le espansioni
urbane dell’800) è un principio corretto e che condivido. Purtroppo però la
storia recente dimostra che gli interventi più brutali ed invasivi – le
cementificazioni – sono state tutte realizzate dal pubblico: Rozzol Melara, le
cosiddette “Case dei Puffi” di Borgo San Sergio, le case di Altura passando per
l’Ospedale di Cattinara (e l’elenco sarebbe lungo). Con l’attuale legge
urbanistica il pubblico continuerà ad avere mano libera non dovendo sottostare
alle previsioni di Prgc per realizzare interventi (appunto) di interesse
pubblico. Terzo: in merito alla opportunità di puntare tutto (o quasi) sul riuso
dell’esistente. Non è concretamente possibile operare esclusivamente sostituendo
o riutilizzando gli edifici esistenti. La sostituzione di edifici comporta
necessariamente una unitarietà delle proprietà che attualmente non esiste.
Dunque a meno che non si intenda favorire la concentrazione di grosse proprietà
a scapito della esistente e più diffusa proprietà privata (anche attraverso un
uso intensivo dello strumento dell’esproprio - scelta politica e pianificatoria
lecita ma di cui andrebbero meglio specificate le modalità e le finalità) il
progetto ipotizzato nelle dichiarazioni della Giunta Comunale sembra destinato a
rimanere teoria. Con danno per la piccola proprietà e senza un reale riscontro
per l’economia generale della città. Il riuso intensivo degli edifici esistenti
attraverso la ristrutturazione o il restauro anche di singoli pezzi degli stessi
si scontra invece con oggettive difficoltà economiche (i costi sono molto
maggiori che nel caso di nuova edificazione), con difficoltà di natura
burocratica e non ultimo di natura tecnica intrinseca agli edifici stessi. In
altre parole il progetto è assai ambizioso ma c’è il rischio che rimanga un
disegno bloccando al contempo un settore già in pesante crisi. Cosa che
l’amministrazione comunale non credo voglia che accada. E vi è infine una
considerazione che sfugge al puro calcolo economico e finanziario – che pure
determina il successo o il fallimento di un progetto (di un piccolo edificio
così come di una città intera) – che considero più importante ancora. Quali
sarebbero le conseguenze culturali per una città che finisse per conformarsi
alla diffusa paura del contemporaneo, dello sviluppo, della crescita? Quale
futuro avrebbe una città la cui amministrazione pubblica proprio quando c’è da
scommettere sul proprio futuro (cosa che accade all’atto di approvare un piano
regolatore) ragionasse con la rassegnazione di chi guarda al passato e ha paura
di crescere?
Disboscamento al poligono - Evitata una Val Rosandra
bis
Centinaia di pini neri sradicati per porre in sicurezza l’area militare
di Monrupino ma con l’intervento si ripristina la landa carsica, habitat
speciale protetto dall’Ue
Decine e decine di alberi abbattuti e ammassati in cataste lunghe decine di
metri e che raggiungono i quattro di altezza, ceppi di quelle che erano piante
rigogliose su tutto il “fondovalle” e le pendici delle colline che delimitano
l’area militare. L’aspetto del Poligono di Repen, area del Demanio militare
utilizzata specie dal Reggimento Piemonte cavalleria con sede a Opicina, ha
allarmato ambientalisti e semplici cittadini. Troppe, a prima vista, le analogie
con il “furioso” disboscamento della Val Rosandra, che ha dato luogo a un
processo ancora in corso. Tuttavia questa volta non è così: il Corpo forestale
regionale ha sorvegliato i lavori fin dall’inizio. Anzi, li ha progettati in
prima persona, su specifica richiesta dell’Esercito, riuscendo in un triplice
scopo: riassicurare la sicurezza delle attività a fuoco, ripristinare il
caratteristico ambiente della landa carsica, consentire alle aree boschive non
eradicate una più facile ed efficace gestione. Il tutto a costo zero per le
casse pubbliche. Quella che sembra sotto tutti gli aspetti la quadratura del
cerchio è opera di Valter De Monte, funzionario della Direzione regionale della
Forestale Fvg, che ha concepito l’intervento seguendone tutte le fasi, che
termineranno non prima della primavera prossima. «L’intervento è iniziato
dall’esigenza, avanzata dall’Esercito circa due anni fa, di mettere in sicurezza
le linee di tiro e le aree per le esercitazioni con le bombe a mano, minacciate
dalla proliferazione di esemplari di pino nero, una specie altamente
infiammabile» inizia l’esperto del Corpo. In tempi di revisione dello Strumento
militare la Forza armata non aveva però fondi a disposizioni per
l’implementazione di tale progetto. È così intervenuta la Forestale in prima
persona, che ha colto l’opportunità e studiato la situazione dal punto di vista
botanico, ambientale, legale, di sicurezza ed economico. «Ci siamo dovuti
districare nel puzzle delle norme giuridiche che regolano i vari aspetti
dell’intervento - spiega De Monte - e alla fine abbiano trovato una soluzione,
anche al problema dei costi». «Ottenuti il permesso dalla Soprintendenza ai beni
paesaggistici e le altre varie autorizzazioni necessarie - prosegue -, abbiamo
anche fatto leva sulla convenzione che la Forza armata ha con un allevatore e
gli abbiamo proposto una compensazione, una sorta di baratto. Avrebbe potuto
utilizzare per sè tutto il materiale risultante dal disboscamento in cambio
dell’onere dell’intervento che riguarda circa la metà dei 16 ettari del Demanio
militare». In pratica migliaia di metri cubi di tronchi, rami e frasche, il cui
valore è comunque basso poiché il pino nero non è un legno commercialmente o
industrialmente pregiato, sono accatastate all’inizio del sentiero.
Periodicamente arrivano sul posto una macchina tritatrice e i camion: il
materiale legnoso viene così macinato e inviato a una centrale elettrica, fuori
dalla regione, che utilizza biomasse.
Pier Paolo Garofalo
Le piante superstiti vivranno meglio
Vicino al Poligono militare di Monrupino, al Colle dell’Anitra, il panorama
a prima vista è deprimente, quasi angosciante in una provincia e specie in una
città, Trieste, dove sembra che il verde sia solo un ornamento in più, che in
ambiente urbano quasi “disturbi”. Invece all’area addestrativa di Monrupino si
mira a conservare la landa carsica, un habitat caratteristico, definito
“prioritario” e quindi particolarmente tutelato dalle norme Ue. Parte del bosco
di pini neri, quella dove le piante si sono ormai “consolidate”, in ogni caso
sarà mantenuto. «Con le piante diradate - racconta l’esperto Valter De Monte -
quelle rimanenti vivranno meglio. Nella zona, così, sarà favorita anche la vita
di altre specie di piante e di fiori di pregio e di un bel impatto estetico,
come le orchidee». Certo, l’impatto visivo di decine e decine se non di
centinaia di alberi abbattuti può turbare, specie i profani ma gli specialisti
rassicurano sull’esito finale. Sorge spontaneo il paragone con la città, dove
troppo spesso il poco verde cittadino è tutelato solo se non lede interessi di
enti, aziende o di privati.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 dicembre 2013
Amianto, la Procura indaga sulla morte di venti
portuali
La onlus Eara: «Tra il 1960 e il 1996 transitate per lo scalo 650mila
tonnellate».
Studio epidemiologico dell’Azienda sanitaria,
riscontrate violazioni alla sicurezza. Il pm Chergia ha nominato i periti
di Silvio Maranzana La Procura sta indagando su venti portuali morti per
mesotelioma alla pleura innescato quasi certamente dall’esposizione all’amianto
che arrivava in gran quantità con le navi nello scalo triestino tra gli Anni
Sessanta e gli Anni Novanta. Il fascicolo è stato aperto dal sostituto
procuratore Maddalena Chergia, che recentemente ha commissionato le perizie
legali a professionisti di prestigio nazionale, dopo aver ricevuto il
voluminosissimo dossier dell’indagine epidemiologica svolta dal Dipartimento di
prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria diretto
da Valentino Patussi. Un’indagine che si è protratta per oltre due anni e alla
quale hanno lavorato tre esperti a tempo pieno circoscrivendo l’epoca dei
trasporti di amianto, e ricostruendo le condizioni in cui i lavoratori si
trovavano a operare, gli organigrammi della Compagnia portuale nei diversi
decenni, i compiti affidati ai singoli soci e riesaminando i contenitori in cui
il minerale killer era contenuto e gli spostamenti ai quali doveva essere
sottoposto. Per venti casi che hanno portato poi alla morte dei lavoratori in
questione (il mesotelioma ha spesso un tempo d’incubazione addirittura di una
quarantina d’anni) sarebbero state riscontrate da parte dell’Azienda sanitaria
violazioni normative alla sicurezza sul lavoro. L’esistenza del fascicolo in
Procura, che ha come possibile sbocco anche una serie di richieste di rinvio a
giudizio, viene alla luce pressoché in concomitanza con la drammatica
confessione dell’uomo forse più rappresentativo del lavoro in porto negli anni
“incriminati”: Paolo Hikel “console”, come si diceva allora, della Compagnia
portuale allorché questa raggiunse il suo massimo sviluppo, per la precisione
nel 1977, arrivando a contare 1.818 soci e 50 dipendenti. «Sono stato da poco
operato di mesotelioma - denuncia Hikel, della cui attività riferiamo anche nel
riquadro - e non ho dubbi sul fatto che la causa sia stata tutto l’amianto che
ho maneggiato in porto, ma ho anche pochi dubbi sui motivi del decesso di 78,
ripeto 78 lavoratori della Compagnia di bordo che se ne sono andati negli ultimi
decenni». «Attraverso il porto di Trieste - denuncia Roberto Fonda della onlus
European asbestos risks association (Eara) - sono transitate, tra il 1960 e il
1996, 650mila tonnellate di amianto e in particolare il più micidiale, quello
blu». La legge italiana sull’amianto del 1992 ha introdotto anche benefici
consistenti sostanzialmente in una rivalutazione contributiva del 50% ai fini
pensionistici dei periodi lavorativi comportanti un'esposizione al minerale
nocivo che ha interessato anche molti portuali. Nel 2001 la Compagnia dovette
vendere la Casa del lavoratore portuale di piazza duca degli Abruzzi soprattutto
per far fronte al pagamento di circa 8 miliardi di lire per pagare il Tfr a 115
soci andati in pensione anticipata a seguito di questi benefici. Ma dopo i casi
che riguardano Fincantieri, la ex Grandi Motori e quello diverso della Ferriera
per la prima volte le cause penali per l’amianto entrano anche in porto.
Hikel: «Sono ammalato perché ne ero immerso fino alla
cintola»
«Eravamo praticamente immersi dentro l’amianto», racconta con toni
drammatici Paolo Hikel (foto), ex “console” della Compagnia portuale. Molti
trasbordi avvenivano a mano e numerosi erano i sacchi che si spaccavano perdendo
tutto il contenuto. E alla fine del lavoro i portuali dovevano pulire le stive
dove vi era anche l’amianto che si era sparso durante la navigazione. «Se nei
corridoi questo materiale killer giungeva all’altezza delle nostre ginocchia -
riferisce ancora Hikel - poteva succedere che ci si muovesse in qualche stiva
con l’amianto che ci arrivava fino alla cintola. «Allora non esisteva alcuna
informazione, tantomeno diagnosi precoci e cure - aggiunge Roberto Fonda dell’Eara
- migliaia di lavoratori ne sono stati esposti nel porto di Trieste e purtroppo
le proiezioni mediche situano il picco delle morti per mesotelioma nel periodo
2018-2020».
(s.m.)
Veniva portato al cementificio di Nova Gorica
Negli archivi dell’Autorità portuale esistono i rendiconti delle quantità di
amianto e asbesto transitate attraverso lo scalo triestino dal 1960 al 1996.
L’anno più nero in assoluto non è poi così lontano ed è per l’esattezza il 1989,
con 36mila 653 tonnellate. Si specifica anche che questo volume è la somma di
18mila 882 tonnellate relative a movimentazioni marittime, 17mila 670 tonnellate
di movimentazioni ferroviarie e 101 tonnellate di movimentazioni camionistiche.
L’anno di partenza di questo tipo letale di traffici è il 1960 allorché si
registra un movimento complessivo di 11mila 769 tonnellate. Nel 1966 si abbatté
il muro delle 20mila arrivando a 23mila 308. Sopra le 20mila anche nel 1979 per
arrivare a 26mila 763 nel 1980. Dalle oltre 36mila del 1989 le movimentazioni
incominciano a calare fino ad arrivare alle 606 del 1995 e cessare finalmente
del tutto solo nel 1997. Ciò pur essendo fuorilegge in Italia la produzione e la
lavorazione, ma non la vendita, fino dal 1992. L'amianto è stato utilizzato fino
agli anni Ottanta per la coibentazione di edifici, tetti, navi, treni, come
materiale da costruzione per l'edilizia (Eternit) e utilizzato per fabbricare
tegole, pavimenti, tubazioni, vernici, canne fumarie, ma anche nelle tute dei
vigili del fuoco e nelle auto. A Trieste giungeva dal Sudamerica, dal Canada, ma
anche dall’Africa compresa quella mediterranea. Secondo l’ex console della
Compagnia portuale Paolo Hikel e Roberto Fonda dell’Eara talvolta viaggiava
addirittura nelle stive della navi passeggeri come ad esempio nella motonave
Ausonia dell’Adriatica, ma i quantitativi più grossi arrivavano con le unità
della Jugolinja. «In parte l’amianto sbarcato - raccontano - veniva poi portato
ad Anhovo nei pressi di Nova Gorica dove c’era un grande cementificio con 600
dipendenti, tra i quali anche si sono recentemente verificati casi di
mesotelioma».
(s.m.)
«In Porto Vecchio serve un “restauro leggero”» «la
chiave e' la messa in sicurezza» -
il Masterplan
Il masterplan di Italia Nostra curato da Caroli: attività economiche,
musei e un polo scolastico del mare. «Occorrono 500 milioni da chiedere alla Ue»
Avanti un altro in Porto vecchio. Stavolta tocca a Italia Nostra cimentarsi
nel tentativo di estrarre la spada dalla roccia: una roccia che dopo l’uscita di
scena di Portocittà pare sempre più inamovibile. Il progetto "Il restauro
leggero dei magazzini del distretto storico portuale di Trieste" è stato
presentato ieri in un lungo convegno alla centrale idrodinamica. La chiave del
masterplan, elaborato da Italia Nostra sotto la cura dell'architetto Antonella
Caroli, sta in quelle due parole: «Restauro leggero». Ovvero il rinnovo
dell'area attraverso interventi conservativi e ad alto contenuto tecnologico. «È
una prospettiva di sviluppo del Porto vecchio cui forse molti triestini non
avevano pensato - ha commentato il presidente regionale di Italia Nostra
Marcello Perna -, ma che ha già dato risultati altrove, ad esempio ad Amburgo e
a Danzica». Il fine, ha aggiunto il presidente, è arrivare «al recupero
dell'area attraverso il salvataggio della dignità storica e la funzionalità dei
magazzini del porto, per consentire l'insediamento di attività di carattere
economico che siano compatibili con le strutture e la valorizzazione del loro
carattere pubblico». Insomma, mettere gli edifici in funzione salvando il legame
con l'attività portuale: da qui l'idea di mantenere alcune attività portuali
affiancandole ad quelle scolastiche, di ricerca, museali. Il progetto si
articola in cinque fasi di recupero, e include la realizzazione di un "Harbour
college", un polo scolastico del mare. L'iniziativa - è stato precisato - gode
del sostegno di Comune e Provincia, nonché dell'interesse della Soprintendenza.
C'è anche l'imprimatur dell'Autorità portuale, il cui simbolo faceva bella
figura sulla prima pagina della presentazione di Caroli, che nella sua relazione
introduttiva ha più volte sottolineato: «Il Porto vecchio è un distretto
portuale storico, per cui partiamo dall'assunto che restano il punto franco, il
demanio, e che comanda l'Autorità portuale». Ma Italia Nostra, a differenza di
Portocittà, deve porsi in toto il problema dei fondi. Dove reperire i soldi? La
via da percorrere, secondo gli autori del progetto, è quella della messa in
sicurezza: gli interventi contro il degrado del patrimonio sono infatti un
obbligo per il ministero dei Beni culturali, «e una volta presentato un
documento come il nostro - ha detto Caroli - il governo a quel punto può agire
di conseguenza, e rapidamente». «Abbiamo inviato il masterplan a Roma in
settembre - ha spiegato Perna -. Abbiamo ripetutamente telefonato al ministero,
l'ultima volta la settimana scorsa, ma purtroppo finora non ci hanno dato
responso». La richiesta di Italia Nostra è di attingere 500 milioni di euro
(stimati necessari alla messa in sicurezza) ai 31 miliardi di fondi europei
residui del 2013, che da tempo il governo ha dichiarato di voler destinare ad
aree come Pompei. E Trieste, aggiunge Italia Nostra. «Vorremmo inoltre che la
Regione si rendesse protagonista della ricerca di fondi europei - ha detto
Caroli -. Un'ulteriore risorsa potrebbe anche venire dal prossimo finanziamento
europeo Por-Fesr». Secondo l'architetto Porto Vecchio dovrebbe tornare a essere
un luogo di sperimentazione tecnologica, così come fu ai tempi della
costruzione: «Lo sviluppo economico si può fare anche con le tecniche innovative
e i materiali, non solo con l'edificazione di nuovi edifici», ha dichiarato.
Giovanni Tomasin
Appello a Roma - Progetto inviato ai Beni culturali,
sinora nessuna risposta
«Dobbiamo mandare a Roma una delegazione che presìdi i ministeri ponendo il
problema della messa in sicurezza del Porto vecchio». L'architetto Roberto
Pirzio Biroli, entusiasta sostenitore del progetto di Italia Nostra, è convinto
che sia questa la chiave che potrebbe sciogliere il nodo gordiano di Trieste.
«Grazie alla necessità di messa in sicurezza, dopo il terremoto del Friuli, si
potè ottenere da Roma grandi finanziamenti in tempi rapidi - ha detto -. Servono
però documentazioni adatte e soluzioni tecniche innovative, per eliminare ogni
sospetto di speculazione: questo ha fatto Antonella Caroli con il suo progetto».
Pirzio Biroli ha annotato come l'area del Porto Vecchio sia «la via di accesso
naturale al centro storico della città. Per questo bisogna farla tornare a esser
parte del centro storico, nel rispetto della sua funzione originaria. Il mio non
è romanticismo o desiderio di ritorno al passato - ha concluso - ma una proposta
contemporanea in linea con le città più avanzate del mondo».
Differenziata, salgono i numeri a novembre - IL
CONCORSO “TRIESTE PREMIA”
“Trieste Premia”, il concorso indetto da AcegasAps e Comune per
sensibilizzare i cittadini sulla raccolta differenziata, ha ottenuto buoni
risultati anche a novembre. Lo scorso mese sono stati 1.022 i cittadini che
hanno portato ai quattro centri di raccolta di AcegasAps i materiali - in totale
16.432 - destinati alle diverse filiere per il corretto riciclo o smaltimento.
In ottobre e novembre rispetto allo stesso periodo del 2012 i quantitativi di
rifiuti differenziati conferiti sono aumentati del 5,4%. Tra le varie tipologie,
sono stati raccolti soprattutto apparecchiature elettriche ed elettroniche in
disuso e piccoli elettrodomestici, rifiuti ingombranti come mobili, materassi e
giochi grandi; calcinacci e inerti di piccole demolizioni; oggetti in legno di
grandi dimensioni (1686 pezzi); oggetti di metallo di grandi dimensioni, come
reti, scaffali, armadietti (1188 pezzi); tubi fluorescenti e altri rifiuti
contenenti mercurio (927) e 645 litri di olio alimentare esausto. In aumento
rispetto a ottobre, ma ancora scarsi - sottolinea AcegasAps - i conferimenti di
scarti verdi dei giardini: sono stati 1209 i sacchi da 50 litri e 412 le fascine
da 20 chili di erba, foglie, ramaglie e altri scarti vegetali consegnati ai
centri di raccolta in novembre. Domani alle 11 nella sala matrimoni del Comune
in piazza Unità la premiazione ufficiale dei primi dieci vincitori del mese di
ottobre.
Muggia, altri 25mila euro per unire le piste ciclabili
L’intervento collegherà via Flavia di Stramare con la strada di San
Clemente Finocchiaro (Pd): «Ora è diventato necessario dotare il Comune di un
biciplan»
MUGGIA Una sostanziale variazione al programma triennale alle opere
pubbliche per implementare ulteriori risorse su un progetto di ciclovie e
mobilità sostenibile. Il Consiglio comunale di Muggia ha varato la seconda
modifica al programma triennale delle opere pubbliche e all'elenco annuale 2013
con particolare riguardo per il progetto per la realizzazione di un collegamento
ciclabile tra via Flavia di Stramare e strada di San Clemente. Nello specifico
sono stati stanziati ulteriori 25mila euro rispetto al precedente progetto
preliminare approvato, al fine di garantire le necessarie risorse ai gradi di
progettazione successivi. Diverse le raccomandazioni arrivate da parte del
consigliere comunale del Pd Marco Finocchiaro, da sempre molto vicino al tema
della mobilità sostenibile. «Risulta necessario, come anche emerso dai tavoli
tematici della redazione del nuovo piano regolatore, di redigere un biciplan che
pianifichi gli interventi su tutto il territorio comunale, eseguiti anche da
altri enti vedi Provincia, Ezit, Pac di iniziativa privata e pubblica, al fine
di rendere compatibili tutti gli interventi in una visione d’insieme tenendo
conto anche delle ciclovie d’interesse regionale e sovranazionale», ha spiegato
in aula Finocchiaro. Il biciplan dovrà essere parte sostanziale del nuovo piano
regolatore o del nuovo piano della viabilità del comune, nel caso il Comune si
volesse avvalere di questo strumento «non obbligatorio per il nostro comune ma
fortemente consigliato». Per Finocchiaro gli itinerari di progetto dovranno
essere funzionali a garantire la bidirezionalità di marcia (larghezza minima
2,50 m), cercando di collegare i diversi punti di partenza ed arrivo con i più
corti tragitti possibili. Il marciapiede nella parte sinistra di strada di San
Clemente, in direzione rotatoria di via delle Saline, utilizzato già come
percorso ciclabile dovrà essere ampliato per garantire la bidirezionalità di
marcia. Inoltre gli attraversamenti stradali rispetto alla viabilità ordinaria
dovranno essere eseguiti in zone visibili, preavvisati con rallentatori ottici e
impianti di illuminazione dedicata, o qualsiasi altro sistema per garantire la
sicurezza delle categorie deboli. E visto l’alto valore sociale degli interventi
per il consigliere Pd «appare consigliabile nelle fase di progettazione
definitiva ed esecutiva coinvolgere anche categorie quali la Federazione
Italiana Amici della Bicicletta e Associazione Nazionale Disabili, o altre
territorialmente riconosciute» nonché «prevedere tra i documenti della
progettazione definitiva-esecutiva il piano di manutenzione delle opere, come
previsto dal Codice dei Contratti e regolamento d’attuazione, che deve essere
necessariamente trasferito al Servizio Cura della Città al fine di prevedere nei
bilanci di previsione le risorse necessarie per le manutenzioni». Sulla
votazione alla modifica della variazione di bilancio si è astenuto il Pdl.
Spiega il consigliere Christian Gretti: «Le parole di Finocchiaro non fanno
parte di una mozione. Sulla variazione di bilancio invece abbiamo preferito
astenerci perché in un momento di crisi economica bisogna razionalizzare le
spese». Ma quindi il Pdl è contro le piste ciclabili? «Siamo favorevoli alle
piste ciclabili, ma bisogna tenere conto della morfologia del nostro territorio,
non siamo mica a Grado. E poi ci sono esempi eclatanti di lavori non fatti bene,
vedi il palo della luce in mezzo alla ciclabile lungo strada di Farnei –
conclude Gretti – senza poi tener conto che una volta fatte le opere pubbliche
devono essere mantenute, e non abbandonate a se stesse come occorso per esempio
sulla ciclabile in zona rio Ospo invasa dalla vegetazione».
Riccardo Tosques
«Duino, la Burgo guarda al rigassificatore»
L’imprenditore Vescovini annuncia l’interesse: «Un’opera 10 volte più
piccola di quella di Zaule»
DUINO AURISINA A guardare con interesse al progetto del mini-
rigassificatore monfalconese, sostenuto da un consorzio di 11 imprese, nell'area
industriale del Lisert, c'è anche Burgo group, che con un consumo di oltre 100
milioni di metri cubi di metano all'anno potrebbe così significativamente
abbattere i suoi costi di produzione. In questo quadro le prospettive dello
stabilimento di San Giovanni, per il quale in ambienti piemontesi si ipotizza
perfino la messa in vendita, cambierebbero in un'ottica decisamente più rosea.
Tant'è che perfino una parte sindacale, già in questa fase, appoggia la
realizzazione del terminal. La notizia è confermata da Alessandro Vescovini
della Sbe, azienda “capofila” che guida la cordata di imprenditori:
«Informalmente Burgo ha manifestato interesse per il progetto». Informalmente,
si capisce, perché la costituzione della società avverrà dopo la presentazione
ufficiale, in calendario a gennaio alla Confindustria, per l'avvio a febbraio
delle procedure d'autorizzazione. I dettagli del progetto, dunque. Secondo
quanto anticipato da Vescovini, si tratta di un “rigassificatore molto diverso
da quello di Gas Natural a Zaule” e 10 volte più piccolo. Quanto alla
movimentazione via mare, sempre proseguendo nel confronto, non implicherebbe «un
traffico di 110 gasiere all'anno, bensì di una decina appena». «Non solo –
aggiunge – il progetto non necessita di un ulteriore approfondimento del canale
rispetto a quello prospettato poiché i trasferimenti possono avvenire anche in
condizioni di media marea». L'impianto è progettato a servizio di un consorzio
di imprese che utilizzano grandi quantità di gas per la produzione: «È stato
posto – sottolinea Vescovini - un limite minimo di consumo pari a 7 milioni di
metri cubi all'anno». Cosa che farebbe diventare uno dei partner di maggior
rilievo la Burgo, con i suoi oltre 100 milioni di mc impiegati. Ma della cordata
farebbero parte, tra gli altri, anche i gruppi Fantoni, Abs, Pittini e Sangalli.
«Sempre nella lettera d'intenti – prosegue Vescovini – viene specificato che
socie del consorzio possono essere solo le aziende che producono in Fvg e dunque
è chiaro che questo progetto è pensato per fare qualcosa per il territorio, in
termini di ricadute occupazionali ed economiche». Le 11 imprese pensano di
investire 100 milioni di euro (senza contributi regionali) e hanno accettato di
dare la possibilità ad A2A di approvvigionarsi di 100milioni di mc di gas a
basso prezzo, per l’eventuale conversione di uno dei gruppi a carbone con
l’obiettivo finale di estendere la trasformazione a tutto l'impianto. Il
mini-rigassificatore del Lisert ha sulla carta una capacità di circa 800 milioni
di mc di gas: per la cordata 600milioni, mentre i residui 100 saranno a
disposizione di eventuali nuovi insediamenti. Per Vescovini gli impatti
ambientali sono minimi, anzi parla di “impatti positivi”. I primi commenti
positivi al progetto provengono da parte sindacale: «Burgo usa il metano nelle
turbogas e con le patinatrici per l'asciugatura della carta – così Adriano
Valle, segretario provinciale Ugl -: chiaramente a fronte di un consumo ingente
i costi sono alti, mentre il nuovo terminal provocherebbe un risparmio e un
abbassamento dei costi. Se venisse fatto a Monfalcone, senz'altro l'azienda
guarderebbe con interesse al progetto e più convintamente punterebbe sul
territorio».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 dicembre 2013
Il nuovo Prg di Trieste arriverà prima di altre domande
edilizie
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI - assessore alla Pianificazione urbana del
Comune di Trieste
Le salvaguardie al Piano regolatore stabilite dalle direttive approvate dal
consiglio comunale a novembre 2011 sono scadute dopo due anni. Dal 24 novembre
si è quindi tornati alla Variante 66. Questa è una delle poche considerazioni
veritiere contenute nella nota scritta dalla presidente del circolo Verdeazzurro
Legambiente di Trieste. In quanto a "rischi di assalti speculativi" non posso
infatti che ribadire l'infondatezza di quanto paventato da Lucia Sirocco. La mia
non è "fiducia ostentata", ma semplicemente l'esito di una valutazione oggettiva
delle pratiche edilizie rimaste in sospeso dopo l'approvazione delle direttive e
che, decadute le salvaguardie, possono riprendere il loro corso. I numeri
parlano chiaro. A fronte delle centinaia di pratiche presentate nel 2009 prima
dell'adozione della Variante 118, abortita dalla precedente giunta, oggi i
permessi a costruire si contano sulle dita di una mano, riguardano piccolissimi
interventi, alcuni dei quali non hanno neppure tutte le carte in regola per
procedere. Ancora più statico appare il fronte dei piani particolareggiati. Che
il "mattone" non sia più visto come un "bene rifugio" è ulteriormente dimostrato
dai quasi due milioni di oneri di urbanizzazione che il Comune ha restituito dal
2010 a oggi. Cifre, queste ultime, che ci raccontano una storia di crisi reale:
in molti si sono trovati a dover rinunciare a quel diritto a costruire che, in
passato, si sarebbero tenuti ben stretto. Dare alla nostra città - attraverso la
visione progettuale contenuta in un nuovo Piano regolatore - prospettive
innovative e concrete di sviluppo sostenibile è quindi un dovere, tecnico e
politico. A questo il sindaco, io e la giunta, l'Ufficio di Piano del Comune ci
siamo dedicati, lavorando a ritmi serrati. Due anni per redigere uno strumento
completamente diverso da quelli che l'hanno preceduto è un tempo molto breve.
Tanto più se si decide di lavorare seriamente su temi come la tutela attiva del
paesaggio e del sistema ambientale (sui quali fino a oggi non erano disponibili
analisi serie e dettagliate), se si opta per la redazione di uno studio
geologico fatto con tutti i crismi, se ci si espone a un percorso di ascolto dei
cittadini e dei diversi portatori di interesse. Desta quindi non poca
perplessità che proprio Legambiente non sia in grado di valutare la portata
innovativa di un simile percorso. Come mi ha stupito che, a seguito delle
reiterate illustrazioni pubbliche dei temi trattati dal nuovo Piano, l'unico
riscontro pervenuto da un'associazione che alla salvaguardia dell'ambiente
dovrebbe dedicare le proprie attività fosse di fatto un copia e incolla delle
note già espresse per la Variante 118, senza alcun riferimento puntuale ai
contenuti del nuovo Piano. Piano che già propone gli approcci richiesti da
Legambiente, come si poteva evincere da una lettura più attenta dei materiali
forniti da questa amministrazione. La miseria che falsamente si attribuisce al
percorso partecipativo del nuovo Piano non è quindi che la prova lampante
dell'incapacità a fornire indicazioni concrete e tecnicamente pertinenti.
Fortunatamente altri hanno partecipato più attivamente, fornendo suggerimenti
operativi, dei quali l'Ufficio di piano ha potuto fare tesoro grazie all'apporto
delle tante competenze presenti al suo interno. Il Piano verrà portato in giunta
nei prossimi giorni, poi proseguirà l'iter consigliare per approdare
all'adozione all'inizio del prossimo anno, prima quindi che eventuali richieste
di nuovi permessi a costruire o piani particolareggiati possano giungere a
conclusione. Lucia Sirocco può stare tranquilla. Il 4 dicembre è arrivato
l'ultimo parere regionale che ancora mancava per andare in Giunta, ossia quello
della Direzione centrale ambiente ed energia preposta a valutare gli aspetti
geologici: pienamente favorevole con piccole richieste di integrazione alle
norme di attuazione. Evidentemente la relazione geologica è ben fatta. Sulla
Variante 118 la Regione, se ben ricordo, aveva espresso altre valutazioni
critiche, non ultima la mancanza di una chiara visione progettuale. Il nuovo
Piano questa visione ce l'ha e l'ha costruita su un solido apparato di analisi e
riflessioni. Credo che sia proprio questo ciò che fa la differenza tra un Piano
buono e uno cattivo. Proporre di correggere un Piano carente (come era la
Variante 118) non fa certo onore a chi dovrebbe stimolare il pensiero e la
responsabilità di un'amministrazione.
Cinghiali radioattivi in Friuli Venezia Giulia Ma Roma
minimizza
Il grillino Prodani interroga il ministero della Salute «Valori sotto le
soglie di rischio per chi mangia quella carne»
TRIESTE Due campioni di cinghiali “radioattivi” sono stati riscontrati
dall'Arpa Fvg nel corso del 2013, dopo i casi della Val Sesia. Ad annunciarlo è
il ministero della Salute, nella risposta all'interrogazione posta a maggio dal
deputato del Movimento 5 Stella, Aris Prodani. Proprio in seguito ai casi emersi
in Piemonte, e legati alla contaminazione da cesio 137 dovute all'incidente di
Chernobyl del 1986, e a situazioni analoghe verificatesi in Austria e in
Baviera, Prodani ha chiesto al Ministero di essere messo a conoscenza di
eventuali «animali selvatici contaminati da radiazioni nucleari», chiedendo
inoltre al Governo se intendesse «avviare, di concerto con le Regioni, tutti gli
accertamenti del caso per comprendere l’estensione e l’origine di detta
contaminazione, a tutela della salute dei cittadini». Proprio a seguito dei casi
rinvenuti in Val Sesia, ha chiarito la risposta del ministero della Salute
(dicastero retto da Beatrice Lorenzin), «l'Arpa ha proceduto immediatamente, in
collaborazione con gli assessorati Caccia e Pesca, al reperimento di campioni di
cinghiali locali». I risultati delle analisi su questi campioni, prosegue il
documento ministeriale, dicono che «due campioni superano di 600 Bq/kg», ovvero
600 becquerel per chilogrammo (che rappresenta l'unità di misura di attività
radioattiva), una soglia oltre la quale la carne non può più essere
commercializzata. Un dato che comunque non allarma il ministero, secondo cui,
nonostante l'elevata concentrazione di cesio rilevata soprattutto in uno dei due
campioni in questione, «dal punto di vista dell'impatto dosimetrico la
situazione non desta eccessiva preoccupazione per la popolazione. Infatti, per
raggiungere il limite di legge anche ipotizzando il caso peggiore, cioè una
contaminazione di 5000 Bq/kg, sarebbe necessario consumare un quantitativo
annuale di 10- 15 kg di carne, corrispondente a 50-70 porzioni: una circostanza
decisamente improbabile. Il ministero ha assicurato che il monitoraggio sulla
radioattività è costante eha convocato una riunione con i Nas e i Noi, le
Regioni e Province autonome, l'Istituto Superiore di Sanità. Le regioni
dell'arco alpino, ricorda ancora la risposta all'interrogazione, «effettuano
specifici piani di monitoraggio sulla contaminazione radioattiva da cesio, sia
in selvaggina che in altri prodotti di raccolta spontanei», proprio in quanto
regioni maggiormente interessante dalle radiazioni provenienti da Chernobyl. In
Friuli Venezia Giulia, in particolare, dal 2007 è previsto, nell'ambito del
piano di campionamento, un'apposita matrice «prodotti di raccolta spontanei e
selvaggina». «Il piano – spiega ancora il ministero – prevede la raccolta di due
campioni a trimestre per ciascuna delle sei Aziende sanitarie presenti nel
territorio regionali (in totale 48 campioni all'anno)». Le misure di questi
campioni, prelevati al consumo, «non hanno mai fornito risultati superiori al
limite di commercializzazione di 600 Bq/kg». Il cesio tuttavia è stato
riscontrato, seppure nell'ordine di qualche decina di Bq/kg, nella carne di
cinghiale e in altra selvaggina, come ad esempio il capriolo. In aggiunta a
quanto già previsto è stato chiesto alle Aziende Sanitarie di consegnare
ulteriori due campioni di selvaggina prelevati sempre al consumo. Oltre alle
misurazioni effettuate sugli alimenti, l'Arpa del Friuli Venezia Giulia
«effettua da anni campionamenti su varie matrici ambientali, al fine di avere
una fotografia aggiornata dell'impatto che la ricaduta, avvenuta a seguito
dell'incidente di Chernobyl, ha ancora sul territorio». In particolare vengono
esaminati centinaia di campioni di funghi (commestibili e non), prelevati da
decine di aree del territorio, e ad anni alterni, vengono prelevati campioni di
suolo (boschivo o a prato) per valutare la radioattività in superficie e in
profondità. «Questi campionamenti – fa sapere ancora il ministero – evidenzia
alcune zone con concentrazione ancora elevata».
Roberto Urizio
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 dicembre 2013
Ferriera, altri 6 mesi per il monitoraggio
dell’inquinamento
Il prolungamento delle analisi presso la stazione di rilevamento di via San
Lorenzo in Selva a Servola, per misurare la concentrazione delle polveri sottili
(Pm 10) e gli Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) di provenienza della
Ferriera, è stato approvato ieri dalla giunta comunale di Trieste, su proposta
dell’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni. Due le deliberazioni sul tema. La
prima riguarda la presa d’atto degli elaborati finali predisposti dall’Arpa–Fvg,
passaggio necessario per il successivo pagamento delle prestazioni che prevedono
una spesa di 20mila euro a semestre, per complessivi 40mila euro l’anno. La
seconda delibera approvata dalla giunta consente invece di prolungare, dal primo
gennaio al 30 giugno del 2014, il monitoraggio dell’Arpa che consentirà di
analizzare ancora le Pm 10 e gli Ipa, tra cui il benzo(a)pirene, presenti nelle
stesse e relative sempre alle emissioni provenienti dallo stabilimento
siderurgico di Servola. «Tutte le ordinanze del sindaco, finalizzate al
miglioramento della situazione e alla riduzione delle emissioni relative allo
stabilimento Lucchini di Servola - ha ricordato l’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni - si sono basate anche sui dati ricavati dalla centralina di via San
Lorenzo in Selva».
“DrinkAdria”, Trieste capitale dell’acqua - Il piano ha
come fine lo studio della gestione sostenibile e integrata dei progetti fra i
Paesi adriatici
L’area interessata Creato il Cato, Consulta per l’ambito territoriale
ottimale, presidente Cosolini Oggi giornata di approfondimento
Da ieri e per i prossimi 30 mesi, Trieste sarà la sede del progetto europeo
denominato “DrinkAdria”, finalizzato allo studio della gestione sostenibile e
integrata dell’acqua potabile fra i Paesi dell’area adriatica. È stato avviato
ieri, con una prima giornata di approfondimento svoltasi in un albergo del
centro, che sarà replicata oggi, un programma che beneficia di un contributo del
valore complessivo di 6.643.648 euro, finanziato all’85 per cento dai fondi
europei e per il restante 15 dai Paesi dell’area interessata. “DrinkAdria” vede
il coinvolgimento di 25 soggetti, 15 dei quali partner e 10 associati, fra
aziende ed enti che gestiscono servizi idrici di cui Acegas Aps è la capofila,
oltre a istituti di ricerca, autorità di controllo e pianificazione, provenienti
da 8 Paesi: Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro,
Serbia e Slovenia. L’Italia, a questo scopo, ha creato Cato (Consulta per
l’ambito territoriale ottimale orientale triestino), che ha il ruolo di partner
di riferimento e che vede nell’Acegas Aps lo strumento operativo. Oltre a Cato,
l’Italia è rappresentata dalla Veritas di Venezia, dal Cnr, da Federutility e da
Ato n.3 delle Marche. “DrinkAdria” è il vincitore di un bando europeo per la
gestione integrata e sostenibile dell’acqua potabile nell’area dell’Adriatico,
nell’ambito del programma Ipa Adriatic Cross Border Cooperation 2007–2013.
«Obiettivo del progetto – spiega Enrico Altran, responsabile dei Progetti
strategici dell’AcegasAps e project manager di Cato – è l’individuazione di
protocolli innovativi per la gestione dell'acqua, che consentano di abbandonare
le tradizionali tecniche di gestione e risanamento delle reti per promuoverne di
nuove, socialmente sostenibili. In sostanza – aggiunge – si tratta di ridurre
gli scavi, perfezionare la tecnologia, attuare il contenimento energetico e dei
costi. Suggeriremo inoltre – prosegue Altran - un nuovo contesto normativo per
la gestione del servizio idrico transfrontaliero, facilitando l'armonia delle
legislature in materia in un contesto europeo. Vogliamo unificare la normativa
di riferimento sia per gli aspetti normativi sia per legislazione e tariffe».
Per i prossimi due anni e mezzo perciò Trieste ospiterà periodicamente le
riunioni del gruppo dei soggetti che partecipano al progetto, coinvolgendo, a
livello di collaborazione, per la parte riguardante gli studi, le Università di
Trieste e di Lubiana. Presidente di Cato è stato nominato il sindaco, Roberto
Cosolini. «Affrontare il problema della vulnerabilità della risorsa idrica,
attuando lo sviluppo di protocolli comuni gestionali per tutelarne la qualità –
dice Cosolini, che parteciperà stamane alla seconda giornata - è materia
strategica per lo sviluppo di tutta la regione adriatica.
Ugo Salvini
Sel rivendica il cambio di rotta sulla tutela
dell’ambiente
TRIESTE Sinistra Ecologia e Libertà plaude al “cambio di rotta” sulle
politiche ambientali della giunta Serracchiani. In una conferenza stampa il
capogruppo Giulio Lauri e il consigliere Alessio Gratton hanno sottolineato
alcune misure della legge omnibus, recentemente approvata, che segnano «un nuovo
corso nella tutela del territorio dopo anni di governo del centrodestra,
caratterizzati dall’assenza di politiche ambientali». In particolare, Lauri ha
sottolineato l’importanza del ripristino del deflusso minimo vitale all’interno
dei torrenti e dei fiumi della regione sfruttati a fini idroelettrici, norma già
contenuta nel disegno di legge varato dalla giunta, a cui si aggiungono altre
misure inserite con appositi emendamenti. «Riteniamo positivo – ha spiegato
Lauri - il ripristino del divieto a costruire centrali idroelettriche
all’interno dei Parchi e delle riserve naturali, ma anche l’introduzione del
capitolo sul consumo di suolo nel rapporto annuale redatto dai Comuni sul
governo del territorio, con l'impegno da parte dell'assessore Santoro di
istituire nei primi mesi del 2014 l’Osservatorio regionale sul consumo di
suolo». Inoltre, ha aggiunto il capogruppo di Sel, è stato accolto dalla giunta
un ordine del giorno che impegna l'esecutivo a ripristinare, nei primi mesi del
2013, il vincolo idrogeologico sulle aree boscate della regione, «riconoscendo
la specificità del Carso e della sua agricoltura ma reinserendo una forma di
tutela fondamentale per evitare il dissesto idrogeologico». A novembre, ha
concluso Gratton, è stata inoltre approvata una mozione, promossa proprio da Sel
e condivisa anche da 5 Stelle e alcuni consiglieri del Pd, che chiede alla
giunta l’assunzione di iniziative chiare e inequivocabili per rendere effettiva
in regione la moratoria di 18 mesi della coltivazione del mais Ogm e la scelta
per una regione “Ogm free” in attesa che il governo assuma una posizione
definitiva sulla materia.
(r.u.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 dicembre 2013
A Muggia la prima “aula verde” - Il Comune ha vinto il
bando da 80 mila euro per creare anche un orto urbano
MUGGIA La costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di un orto urbano
visto come un edificio dinamico dimostrativo non solo verso il risparmio
energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto di incontro e
condivisione diretta con i coltivatori del territorio. Questo l'obbiettivo di
“TreCCCi: Coltivare, crescere, condividere” il progetto presentato dal Comune di
Muggia che si è aggiudicato il bando Gal Carso per lo sviluppo di iniziative
relative alle attività ricreative e culturali e/o di eventi connessi all’interno
del Programma di sviluppi rurale 2007-2013. Un progetto da quasi 80 mila euro
che può vantare un folto numero di patner tra i quali BioEst, Aps LaCorte,
Viaggiare Slow, Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste, Circolo Istria,
Diportisti Muggia, Società Nautica Laguna, Banda Musicale di Ricmanje.
Coinvolti, quindi, oltre al Comune di Muggia, anche i Comuni di Trieste, Duino
Aurisina e San Dorligo della Valle in un progetto che annovera tra gli obiettivi
quello di offrire ai residenti – in particolare ai giovani - strumenti ed
occasioni di crescita culturale ed, allo stesso tempo, ai visitatori e turisti
servizi culturali, diffondendo tra la popolazione la conoscenza del proprio
territorio e consolidando il proprio senso di appartenenza alla comunità. Nello
specifico, TreCCCi prevede la costruzione e l’allestimento di un’aula verde e di
un orto urbano da realizzare come un edificio dinamico dimostrativo non solo
verso il risparmio energetico e il riutilizzo delle risorse, ma anche come punto
di incontro e condivisione diretta con i coltivatori del territorio per
affacciarsi alla conoscenza delle tecniche e dei metodi di coltivazione propri
della tradizione. Un luogo di interazione e confronto che vedrà coinvolti i
residenti ed in primis i bimbi ed i genitori della scuola Bubnic - che ospita
l’aula verde - ed i giovani della vicina scuola secondaria, del ricreatorio e
delle associazioni giovanili del territorio. La riqualificazione della struttura
a lingua d’insegnamento sloveno - “Bubnic” e “Mavrica”- passa infatti anche
attraverso un adeguamento degli spazi a disposizione dell’istituto, in quanto
con l’aumento degli alunni, la scuola ha rinunciato alla biblioteca per far
spazio ad un’altra classe. Si è reso, perciò, necessario recuperare questo
elemento essenziale, la biblioteca scolastica, e far sì che questo nuovo spazio,
diventi una ricchezza per la comunità, motivo per cui il Comune ha ritenuto di
far rientrare questo intervento in un più ampio progetto, partecipando al bando
del Gal Carso (Bando per sviluppo di iniziative relative alle attività
ricreative e culturali e/o di eventi ad esso connessi) che ha come finalità la
realizzazione dell’“aula verde”, uno spazio polifunzionale che potrà fungere non
solo da biblioteca, ma anche da laboratorio ambientale. «È indubbio che il
progetto offrirà una struttura ed uno spazio esterno con molteplici vantaggi: si
potranno sviluppare attività educative e culturali legate all’ambiente,
sperimentare nella produzione dell’orto e dei fiori oltre alla promozione di
modelli e buone pratiche di sostenibilità ambientale e coesione sociale»,
evidenzia l’assessore Loredana Rossi.
Riccardo Tosques
Piano regolatore rimandato al prossimo anno - L’ITER DI
APPROVAZIONE
Cosolini: periodo di festività, le circoscrizioni non avrebbero il tempo
di esaminarlo
Domani il Comune denuncerà pubblicamente con il “No patto di stabilità day”
di non poter avviare opere pubbliche a causa di superiori vincoli di finanza, ma
per altri motivi deve rimandare anche “opere” che non implicano un diretto
aumento di spesa. Slitta infatti al prossimo anno l’approdo alle fasi di esame e
approvazione del Piano regolatore, già dato per pronto e in ingresso in Giunta
nei primi giorni di dicembre, mentre le “salvaguardie” (lo stop a nuovi progetti
fintanto che la nuova legge urbanistica non sia vigente) sono scadute il 22
novembre e adesso è nuovamente in pieno vigore il Prg “vecchio”, la Variante 66
firmata Illy. «Il Prg - risponde il sindaco Roberto Cosolini - è pronto per
arrivare in Giunta, ma subito dopo deve essere trasmesso alle circoscrizioni,
che per legge devono esaminarlo entro 20 giorni. Se lo diamo il 15 dicembre - è
il ragionamento del sindaco - il tempo scade il 5 gennaio, e per metà è occupato
dalle feste natalizie e di fine anno. Se lo dessimo il 20, ci sarebbero solo 4-5
giorni utili in più. Perciò, ragionevolmente, affronteremo il Piano regolatore
nella settimana fra Natale e Capodanno, così da distribuire il testo per esempio
il 28 dicembre, in modo da arrivare alla consegna dei pareri attorno al 20
gennaio». Ma il testo, assicura il sindaco, è completamente pronto. Ci sono pure
le “tavole” urbanistiche disegnate. «È un piano - dice Cosolini - in perfetta
coerenza con quello che abbiamo immaginato per dare qualità al territorio,
contiene anche indicazioni per la riqualificazione delle fonti energetiche e
rinnovabili, renderà Trieste più attrattiva e con una migliorata “qualità della
vita”». Non la pensa così Michele Lobianco, consigliere comunale di Futuro e
libertà, già autore di un’interrogazione in cui chiedeva se fossero state usate
tutte le risorse umane necessarie a non sforare i tempi, e se il Comune non
avesse approfondito l’idea di perfezionare il Prg di Dipiazza rimasto non
approvato, avendo esso avuto dei costi. Adesso Lobianco rimprovera la Giunta
Cosolini per aver voluto “ripartire da zero” e aver però fatto saltare le
salvaguardie «con una finestra ben lungi dal chiudersi e che non si sarebbe mai
dovuta aprire come narrato tutti in proclami - scrive Lobianco - all’epoca
dell’insediamento. Ci sono incognite per ampie categorie professionali e
portatori d’interesse, ma non accetterò risposte scaricabarile su altri enti,
come la Regione che tarda nell’espressione di pareri». Lobianco cita anche il
«piano del traffico tanto partecipato e zero attuato» e chiude: «Al
“decadentismo cosoliniano” non c’è più limite».
(g. z.)
«Ferriera, il vuoto non è nostro» - IL FUTURO DELLA
FABBRICA
Savino (Pdl) risponde a Lauri (Sel): «Oggi ancora nessuna certezza»
«Sulla Ferriera Giulio Lauri di Sel, non sapendo come giustificare l’assenza
di risultati da parte degli enti locali, si affanna a cercare alibi scaricando
le responsabilità sugli altri, dimenticando che con il suo partito si trova al
governo di Regione, Comune e Provincia». Lo scrive Sandra Savino, deputato Pdl,
in risposta a Lauri che aveva criticato l’immobilismo delle amministrazioni.
«Vista la sua amnesia - prosegue Savino - forse è il caso di far presente che
chi proprio sulla Ferriera produsse vuoto pneumatico e laute consulenze, nella
fattispecie all’ingegner Gambardella, fu la Giunta regionale di centrosinistra
guidata da Illy. Poi con Tondo impostammo quel tavolo istituzionale che avviò un
percorso allargato a tutti i rappresentanti delle istituzioni, senza distinzioni
politiche. Quello stesso tavolo che è da 8 mesi nelle mani della presidente
Serracchiani e dal quale sono stati esclusi i parlamentari di Centrodestra e 5
Stelle». Conclude Savino: «E stiamo ancora aspettando che dopo gli annunci
arrivino i anche i fatti, Serracchiani non ha fornito alcuna certezza su
occupazione e tutela della salute».
Italia Nostra - Un masterplan per Porto Vecchio
Italia Nostra organizza un convegno su “Il restauro leggero dei magazzini del distretto storico portuale di Trieste” mercoledì alle 16.30 nella Centrale idrodinamica del Porto Vecchio. Sarà presentato il masterplan per il Porto Vecchio di Trieste, che prevede un recupero funzionale dei magazzini storici e il progetto dell’Harbour college sui magazzini 20, 19 e 11 per la realizzazione di un polo scolastico del mare.
AREA ADRIATICA Acqua potabile, progetto europeo
Oggi alle 9.30 all’Hotel Continental di via San Nicolò 34
il via ai lavori per la realizzazione del progetto strategico DrinkAdria
“Networking for Drinking Water Supply in Adriatic Region”, vincitore di un bando
europeo per la gestione integrata e sostenibile dell’acqua potabile nell’area
dell’Adriatico del programma Ipa Adriatic Cross Border Cooperation 2007–2013,
per un valore totale di oltre 6 milioni 600mila euro, finanziato all’85% dai
fondi Ipa e per il 15% da fondi statali. Capofila del progetto è la Consulta
d'Ambito per il Servizio idrico integrato orientale triestino (Cato) in
partnership con AcegasAps. Introdurrà i lavori il presidente del Cato e sindaco
Roberto Cosolini.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 dicembre 2013
«Ferriera, anni di inerzia del centrodestra» -
SIDERURGIA
Lauri (Sel): mai individuate soluzioni. L’eurodeputato Zanoni (Pd): no a
fondi Ue se l’impianto inquina
«L'Europa impedisca che i fondi destinati a una siderurgia più sostenibile
finiscano in un impianto in sospetta violazione della direttiva Ue relativa alle
emissioni industriali e alla prevenzione dell'inquinamento e le autorità
italiane avviino subito un'indagine epidemiologica tra la popolazione». Lo ha
chiesto l’eurodeputato Andrea Zanoni che nei giorni scorsi ha annunciato la
propria adesione al Pd, consegnando alla Commissione europea gli ultimi
preoccupanti dati sull'inquinamento prodotto dall'impianto siderurgico di
Servola. «Gli ultimi dati relativi all'inquinamento prodotto dalla Ferriera sono
allarmanti - sostiene Zanoni - l'Ue verifichi il rispetto della direttiva
2010/75/Ue relativa alle emissioni industriali, prevenzione e riduzione
integrate dell’inquinamento, soprattutto in prospettiva dell’eventuale
concessione dei noti contributi messi a disposizione dalla Banca europea degli
investimenti nel Piano Ue per la siderurgia. «Non possiamo rischiare - conclude
- di avere un'Ilva di Taranto nel Golfo di Trieste. Cosa stanno facendo le
autorità italiane per prevenire un simile disastro?». «Ancora nessuna chiarezza
sul Piano industriale e sugli investimenti per la tutela della salute e il
sindaco fa un’altra ordinanza inutile per la Ferriera di Servola»: così si
esprime Giorgio Cecco coordinatore locale di FareAmbiente che aggiunge: «Gli
enti locali continuano a prender tempo affidandosi al miraggio di un
imprenditore salvatore della patria, invece di tutelare i cittadini e i
lavoratori da un sistema che mette a rischio la salute pubblica da una parte e
non dà un futuro ai lavoratori». «Ma oggi si è costretti a prendere in
considerazione una riqualificazione anziché una riconversione - accusa Giulio
Lauri capogruppo di Sel in Regione - perché in questi anni a chiudere gli occhi
e a lasciare che le cose andassero avanti per inerzia sono stati in tanti, a
cominciare dal centrodestra. Hanno vinto più elezioni promettendo la chiusura e
prospettando alternative che non facessero perdere posti di lavoro, ma durante
cinque anni di Giunta Tondo e Governi Berlusconi e Monti il tavolo coordinato
dalla Regione non ha saputo individuare alcuna prospettiva per la riconversione.
E con questa crisi e senza industria l'economia della città muore».
(s.m.)
E la Lucchini ora impugna l’ultima diffida sull’Aia -
AL TAR
Una settimana fa il procuratore capo facente funzioni, Federico Frezza, l’ha
definita «in taluni punti vaga e generica, talmente generica da non essere
violabile». L’altro ieri, mentre la governatrice Debora Serracchiani prometteva
entro l’anno l’Accordo di programma per tracciare la strada ad Arvedi, l’ex
sindaco Roberto Dipiazza, in veste di consigliere regionale, la ricordava «in
scadenza». Ciononostante l’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, che è a
suo modo un “codice” di diritto per il funzionamento della Ferriera, resta
materia da Tar, da Tribunale amministrativo, tra diffide a rispettarla da parte
della Regione stessa e impugnazioni della Lucchini, pur nell’attualità della
gestione straordinaria. Data 4 dicembre scorso, infatti, il deposito dell’ultimo
ricorso presentato dagli avvocati Guido Barzazi e Giovanni Borgna proprio per
conto della Lucchini. L’oggetto, per l’appunto, è la «diffida a rispettare le
prescrizioni contenute nell’Aia». La lista dei cosiddetti resistenti, oltre alla
Regione, comprende Arpa, Azienda sanitaria, Comune, Provincia e Ministero
dell’Ambiente. Non è, come si diceva, un fatto inedito. Negli ultimi mesi sono
finiti al Tar tre ricorsi per altrettante diffide. Negli anni se n’è perso il
conto. Nessuna delle cause in questione è mai passata ancora in “giudicato”. Un
paio aspetta la sentenza di secondo e ultimo grado amministrativo al Consiglio
di Stato, alcuni ricorsi sono stati respinti, altri sono decaduti per
sopravvenuta carenza d’interesse (nel senso che nel frattempo gli interventi
prescritti erano stati fatti e non ci si litigava più sopra), altri ancora
risultano tuttora pendenti. Come l’ultimo del 4 dicembre per il quale, per
inciso, non è stata richiesta, per il momento, la cosiddetta “sospensiva”
urgente. Segno che, sulla carta, Lucchini in questo caso ha provveduto a
obbedire alla Regione pur contestando i suoi ordini.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - SABATO, 7 dicembre 20137
Il sindaco a Lucchini: «Ridurre le emissioni»
Cosolini firma una nuova ordinanza d’intimazione alla Ferriera, ma si
dice certo dell’arrivo di Arvedi
Come già era avvenuto nell’autunno 2012, il sindaco Roberto Cosolini ha
firmato una nuova ordinanza che intima al Gruppo Lucchini e alla Servola spa di
rientrare, per quanto riguarda le emissioni nocive e in particolare il
benzopirene, nei limiti previsti dalla legge regionale che impone di rimanere
come media annuale sotto un nanogrammo per metrocubo. L’ordinanza impone alla
Lucchini di mettere in atto per raggiungere l’obiettivo tutte le misure
necessarie, compresa l’eventuale riduzione dell’attività il che, se fosse
necessario implicherebbe la messa in cassa integrazione di una parte del
personale. «Dopo un abbassamento delle emissioni rilevato in particolare dalla
centralina più vicina alla Ferriera, quella di via San Lorenzo in Selva - ha
spiegato ieri il sindaco - le ultime rilevazioni rese note segnalano un nuovo
aumento dei valori: da qui l’ulteriore perentorio avviso all’azienda». In realtà
era già evidente da un paio di mesi come la media annuale sopra le condizioni
imposte dalla legge (al 30 settembre di era a 1,6) non avrebbe più potuto essere
abbattuta nemmeno con un’ultima parte dell’anno particolarmente virtuosa per cui
l’intervento del Comune era comunque un atto dovuto. Nei giorni scorsi
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha spiegato che l’ordinanza, da lui
preparata, obbliga l’azienda a ottemperare in un termine massimo di 15 giorni.
«Ma si tratta in realtà di termini puramente teorici - ha spiegato - poiché il
Comune non ha assolutamente gli strumenti per poter verificare se ciò sarà
effettivamente messo in atto in così breve tempo dal momento che la stessa Arpa
per elaborare i dati rilevati dalle centraline ci mette un mese e mezzo». «Siamo
nuovamente di fronte a una situazione che preoccupa - ha commentato ieri
Cosolini - per cui mi auguro con fermezza ancora maggiore che vada in porto
l’operazione Arvedi connessa agli annunciati investimenti sugli impianti che
hanno come principale scopo proprio la riduzione delle emissioni e
dell’inquinamento». Per questa operazione Arvedi aveva assicurato l’investimento
di una cifra compresa tra i 20 e i 22 milioni di euro, ma ciò potrà avvenire
dopo una prima fase di bonifica e messa in sicurezza del sito. E per quanto
concerne gli stanziamenti per le bonifiche come ha dovuto ammettere la stessa
presidente della Regione Debora Serracchiani non vi è ancora alcuna certezza. Ma
il sindaco ieri ha nuovamente mandato messaggi positivi: «Da quanto mi viene
riferito da fonti estremamente accreditate - ha affermato - il 19 dicembre vi
sarà la risposta del Gestore dei servizi energetici sul Cip 6 e di conseguenza
si aprirà la strada di un nuovo rapporto con la centrale Elettra. Quasi
certamente già dal primo gennaio partirà il contratto d’affitto della Ferriera
da parte del Gruppo Arvedi».
Silvio Maranzana
«Park Audace strategico per liberare il waterfront»
Dapretto replica alle critiche di Sel: rilievi all’esame degli uffici ma
l’opera è irrinunciabile. Interparking punta a iniziare i lavori nella seconda
metà del 2014
«Un’opera fortemente strategica e fondamentale per la Trieste del futuro».
Secondo Andrea Dapretto, assessore comunale ai Lavori pubblici non possono
esserci troppi “se” o “ma” alla realizzazione del Park Audace, megacontenitore
sotterraneo da 662 stalli su quattro livelli previsto nell’area compresa tra
Palazzo Carciotti e Teatro Verdi. Ciò non significa però che le critiche
avanzate da Sinistra ecologia e libertà e in particolare dal geologo Livio
Sirovich siano state rimandate al mittente. «Ho ricevuto il dossier del geologo
e l’ho trasmesso agli uffici raccomandando un’attenta valutazione che è già
partita - afferma Dapretto - Siamo perfettamente consci che si dovrà scavare e
costruire in situazioni estremamente delicate dal momento che l’intero Borgo
Teresiano è stato costruito sopra antiche saline. Va anche ricordato però -
continua l’assessore - che il progetto è già stato approvato in sede di
Conferenza dei servizi dove era presente l’Autorità portuale entro il cui ambito
si trova gran parte del sedime su cui si andrà a operare e il rappresentante del
Ministero dei Lavori pubblici delegato anche alle Opere marittime». Si sottrae a
una replica immediata il progettista, l’ingegner Angelo Giglio, che comunque
personalmente ha curato soltanto l’aspetto architettonico ed estetico
dell’opera. Si dice comunque convinto che il pool di tecnici che ha compiuto gli
studi specifici elaborando i documenti sia dotato di alta professionalità
derivata anche dalla realizzazione addirittura di una quarantina di parcheggi a
Milano, uno perfino sotto l’Idroscalo, quindi con piena cognizione di causa
anche di situazioni simili. I principali rilievi di Sirovich riguardano
«indagini geofisiche e geotecniche insufficienti», «mancata valutazione della
resistenza dell’attuale banchina portuale a trivellazioni, iniezioni e scavi
previsti», «sottovalutazione delle possibili cause di cedimenti», «non
conoscenza della situazione fondazionale dei palazzi storici che si dichiara di
voler tutelare», «parapetti in vetro contrastanti col regolamento edilizio»,
«misure di quota delle zona insufficienti e simulazioni grafiche dei futuri
impatti estetici con corrispondenti al progetto». L’opera è stata progettata da
Interparking srl e l’investimento previsto è di una quarantina di milioni di
euro. «Si tratta di un’opera finanziata interamente da privati, e forse è
proprio questo che dà fastidio», mormora Giglio. Interparking ora bandirà la
gara e valuterà le offerte pervenute. È un’operazione che porterà via sei mesi,
ma nella seconda metà del 2014 si punta ad aprire il cantiere. Ad essere
valutati saranno i progetti esecutivi ed è in quella fase che sia secondo
Interparking che secondo l’amministrazione comunale si potrà procedere a
ulteriori valutazioni e modifiche. Dapretto contesta poi l’asserzione di Sel
secondo cui con questo parcheggio si arriva nel cuore della città sconfessando
la strategia di creare parcheggi cosiddetti di cintura. «A parte il fatto che si
tratta di un’area in cui appena ci si attesta al centro senza andare a intasarlo
- replica l’assessore - si tratta di un’opera fondamentale e fortemente
strategica per togliere i parcheggi di superficie dalle Rive, dare vivibilità e
migliorare l’estetica del watefront, proprio la zona più pregiata della città».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - VENERDI', 6 dicembre 2013
Il Piano regolatore ritarda? Tanto con la crisi non si
edifica...
L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - presidente circolo Verdeazzurro
Legambiente di Trieste
Due anni non sono bastati per redigere il nuovo Piano regolatore di Trieste,
promesso con enfasi due anni e mezzo fa dal sindaco Cosolini. La scadenza del 22
novembre, a due anni cioè dall’approvazione della delibera di direttive per il
piano e delle relative salvaguardie, è infatti trascorsa invano e ora – con
imbarazzo – l’assessore Marchigiani annuncia l’adozione per “la metà di gennaio
2014”, con l’obiettivo di arrivare all’approvazione entro “la primavera 2015”.
Già in passato annunci analoghi si rivelarono, ahimè, avventati: ricordo ad
esempio l’approvazione del Piano del traffico prevista – con una certa enfasi -
per il settembre 2012 e avvenuta invece appena lo scorso luglio... E proprio il
Piano del traffico viene citato dall’assessore come una delle ragioni del
ritardo, insieme alle integrazioni richieste dalla Regione sullo studio
geologico (il Comune di Trieste non ha proprio fortuna con gli studi
geologici...) . Segno che forse, malgrado i blasonati consulenti assunti
dall’assessore per affiancare gli uffici comunali nella redazione del Piano,
qualcosa nell’organizzazione del lavoro non deve aver funzionato. Se lo studio
geologico fosse stato impeccabile, infatti, si può immaginare che nessuna
integrazione sarebbe stata richiesta dalla Regione. Può darsi però che abbiano
contribuito al ritardo anche altri fattori. Tra questi forse, la variante al
Prgc, predisposta dalla giunta – quasi di nascosto - nella primavera del 2012,
per consentire l’edificazione sui pastini (ma fingendo di volerli
proteggere...), “salvando” in qualche modo anche i funzionari coinvolti nella
sciagurata vicenda dell’edificazione in Rio Martesin. Un tentativo per fortuna
abortito pochi mesi dopo, per la reazione di Legambiente e Italia Nostra, ma che
sicuramente aveva impegnato non poco gli uffici comunali, distraendoli dal ben
più importante compito di redigere il nuovo Piano regolatore. Ritengo invece che
non possa essere causa del ritardo il “processo partecipativo” sul nuovo Piano
regolatore, promosso dal Comune nel 2012 e rivelatosi ben poca (e misera) cosa.
Visto come sono andate le cose, non era quindi del tutto peregrina la proposta
degli ambientalisti – reiterata più volte prima e dopo l’insediamento della
giunta Cosolini – di approvare la variante 118 lasciata in eredità (ma
abbandonata, anche per contrasti interni al centro-destra) da Dipiazza, previa
una serie di modifiche migliorative: cosa tutt’altro che difficile. Si sarebbe
così potuto “mettere in sicurezza” il territorio comunale dal rischio di subire
l’assalto di speculatori edilizi, permesso invece con il ritorno in vigore della
variante n. 66 del 1997 di Illy. Una variante, questa, che – merita ricordarlo –
prevede tra l’altro elevate cubature edificabili (con semplice permesso di
costruire e senza bisogno di piani attuativi) in molte zone semi – periferiche,
pur prive di adeguate urbanizzazioni e viabilità, comprese aree di pregio
paesaggistico ed ambientale. Unica, speranza di difesa contro il rischio di
assalti speculativi, la fiducia ostentata dall’assessore Marchigiani nella crisi
economica, che scoraggerebbe gli investitori dal rischiare nel mercato
immobiliare. Andrebbe però ricordato, almeno, che anche in periodo di crisi
qualcuno i soldi li ha sempre, o perché cerca di metterli al sicuro in qualche
modo (il “mattone” è in Italia il bene-rifugio prediletto), o perché non è tanto
interessato ad un investimento redditizio, quanto al modo di piazzare in qualche
modo capitali di provenienza non proprio limpida. È bene tuttavia spezzare una
lancia a favore dell’ottimismo (della volontà, più che della ragione...).
Considerando il tanto tempo impiegato, oltre alle cospicue risorse umane ed
economiche messe in campo, è lecito attendersi che il nuovo Piano sarà di grande
qualità, tale da fugare ogni timore e perplessità, proiettando Trieste ed il suo
territorio verso un futuro di radioso progresso, in un percorso di crescita
economica e sociale improntato alla più rigorosa sostenibilità!
«Park Audace sulle Rive progetto inadeguato» - Vallon:
ancora spazi per discuterne
Studio effettuato per Sel dal geologo Sirovich: documentazione
contraddittoria e insufficiente approfondimento dei problemi legati all’acqua e
ai palazzi storici
Un progetto «tecnicamente ambizioso» ma «inadeguato». Perché riporta dati in
contraddizione tra di loro, ma anche annotazioni che dimostrano come di alcuni
rischi e situazioni di fatto non si sia tenuto conto in modo preciso. «Livello
di approfondimento» insufficiente, insomma. Queste le conclusioni cui è
pervenuto Livio Sirovich, il geologo al quale il gruppo consiliare di Sinistra
ecologia e libertà (Sel) ha chiesto, a titolo gratuito, di studiare il progetto
del Park Audace, contenitore sotterraneo da 662 stalli su 4 livelli da costruire
sulle Rive, in un’area tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi. Interparking
Italia Srl ci lavora dal 2002, il progetto a più riprese arricchito e modificato
è stato vagliato anche dalla Conferenza dei servizi, in agosto il piano ha
ricevuto dal Consiglio comunale un ok bipartisan da cui si sono discostati -
votando contro - M5S, Fli e appunto i vendoliani. I quali - come annunciato ieri
dal coordinatore provinciale Fulvio Vallon - nutrendo «dubbi» sull’opera
propongono ora lo studio di Sirovich. Precisando di non poter escludere errori
date la mole dei documenti e le datazioni diverse riportate, Sirovich si
sofferma sulle caratteristiche del contenitore, la “scatola” «profonda 16 metri,
larga 33 e lunga 164»: paratie laterali di cemento armato fino a 35 metri di
profondità, “tagliate” da un solettone a fondo scavo a quota -16 metri. Primo
problema: le paratie - quella a mare vicinissima alla banchina - avranno dei
tiranti di cui però nei diversi documenti «non corrispondono né le lunghezze, né
le posizioni, né le resistenze a trazione». Giustamente, osserva Sirovich, il
progetto dice che le paratie profonde 35 metri vanno ancorate al Flysch: ma nel
settore centrale del contenitore questa roccia “sana” si trova al di sotto di
quel livello. Discorso simile per i tiranti: sul lato a monte «le tre file di
tiranti» verrebbero ancorate «in materiali poco resistenti», perché prima di
arrivare alla roccia “sana” si incontrano materiali di riporto, strati di
argilla, poi di ghiaia e sabbia, e ancora Flysch alterato. Né, malgrado i
numerosi sondaggi effettuati - rincara Sirovich - si conoscono con precisione le
caratteristiche di resistenza del materiale soprastante la roccia. Altro
quesito: se prima di realizzare la paratia a mare si prevede di trivellare e ben
rafforzare il terreno, quali garanzie ci sono che la banchina non ne verrà
danneggiata? «Il progetto non lo dice», annota il geologo. Che solleva un
ulteriore nodo, «fondamentale in questo tipo di opere»: l’esistenza della
“sottospinta idraulica”, la spinta dal basso di galleggiamento. «Per alcuni
autori del progetto la sottospinta non c’è, altri prevedono di monitorarla ed
eventualmente eliminarla utilizzando per togliere l’acqua dal terreno» pompe «di
cui però nel progetto non c’è traccia». In un altro passaggio infine si parla
della sottospinta «come fosse un’improbabile emergenza e non una condizione
naturale da tenere in conto». Ma Sirovich va oltre: «La verifica di stabilità
dell’insieme paratia-terreno, con i tiranti, non appare convincente». All’esame
poi la palazzata di pregio a fronte del Park Audace. Uno dei documenti
progettuali, sostiene Sirovich, parla di edifici storici che «a detta dei
locali» fondano su pali che secondo un altro documento si spingerebbero fino a
40 metri di profondità: «Una stupidaggine», la boccia il geologo, peraltro
«incompatibile con le tecniche costruttive dell’800». Nessuno spiega invece come
per esempio i cedimenti verticali previsti fino a 14 centimetri delle paratie
«non abbiano conseguenze» sui palazzi: conseguenze che peraltro andrebbero
considerate anche in relazione ad altri fattori, tra cui il «possibile
sradicamento dei tiranti in terreni troppo teneri», come accadde a Caliterna,
ricorda Sirovich. Per non parlare della corsia di traffico a «sbalzo» - come
un’enorme mensola - che i progettisti prevedono durante il cantiere, «sostenuta
per un buon tratto proprio dai tiranti male immorsati nel riporto». Sirovich
cita altri fattori, ancora più tecnici. La sua conclusione? «Questo “progetto
definitivo” non rassicura sulla fattibilità dell’opera».
Paola Bolis
I dubbi del geologo - Quali garanzie che l’attuale
banchina non sarà danneggiata?
Al Park Audace Sel si dice contraria «a prescindere», nelle parole del
coordinatore provinciale Fulvio Vallon, «perché questo contenitore rispecchia un
uso della città e un’idea di mobilità che contraddicono alcuni punti del
programma del sindaco Roberto Cosolini: lì si parlava di parcheggi di cintura»,
fuori cioè dal centro e utili come punto di interscambio con i mezzi pubblici:
laddove «con questo progetto si avalla l’arrivo delle auto nel cuore della
città». Ma Sel, supportata dallo studio di Livio Sirovich, nutre anche «dubbi di
natura progettuale e ingegneristica» su Park Audace. «Abbiamo consegnato lo
scritto di Sirovich - dice Vallon - al sindaco, agli assessori Elena Marchigiani
e Andrea Dapretto e ai capigruppo di maggioranza in Consiglio comunale. Lo
abbiamo fatto con spirito collaborativo, perché riteniamo che vi sia ancora
spazio per discuterne». Sel annuncia anche, per gennaio, un’assemblea pubblica
nella quale dibattere più in generale di mobilità urbana e di scelte
urbanistiche.
Park San Giusto, completato il 75% degli scavi - DENTRO
IL COLLE
Realizzato il collegamento posteriore fra le due caverne della futura
struttura multipiano
All’interno del cantiere per la realizzazione del Park San Giusto, è stato
aperto nei giorni scorsi il collegamento posteriore fra le due caverne. Cioè fra
le due aree dove andranno a sistemarsi gli autoveicoli, una volta che la
struttura sarà stata ultimata e potrà diventare a quel punto operativa. Inoltre,
fa sapere il presidente della Park San Giusto spa (la società titolare del
proejct financing), Franco Sergas, «è stata completata l’apertura del pozzo
dentro cui verrà poi realizzato l’ascensore», tramite il quale dal parcheggio
multipiano si potrà raggiungere il colle di San Giusto, e viceversa. Quanto in
generale alla progressione del cantiere, Sergas aggiunge poi come «le opere di
scavo siano state ormai eseguite per il 70-75% del totale». Nessuna novità,
invece, sul fronte della richiesta avanzata dalla società in merito alla
possibilità di creare un ulteriore livello (sarebbe il sesto) all’interno del
parcheggio, senza modificarne la struttura né ampliando la volumetria della
stessa ma semplicemente “inserendolo” in aggiunta sopra al piano “+1”
considerato che - sulla base delle misurazioni completate dagli addetti della
Park San Giusto spa - lo spazio tecnicamente c’è. «Stiamo perfezionando la
pratica assieme ai vigili del fuoco (che devono esprimersi su tutto quanto
concerne gli aspetti della sicurezza, ndr)», ha riferito ieri Sergas in
proposito. L’aggiunta del sesto piano, il “+2”, permetterebbe di creare altri 72
stalli che andrebbero ad aggiungersi a quelli previsti dal progetto iniziale, la
cui validità è sempre attuale in attesa appunto di eventuali aggiornamenti e che
si articola in cinque piani interrati per un totale di 718 posti macchina, dei
quali 308 a rotazione a pagamento, 34 riservati al Comune e 376 messi in
vendita. Il costo dell’opera è di 34 milioni di euro, con gli oneri finanziari
che fanno salire l’investimento complessivo a oltre 40 milioni. La consegna del
parcheggio è prevista, da cronoprogramma, per la metà dell’aprile 2015, al netto
del possibile via libera all’integrazione del progetto con l’inserimento del
livello “+2”. Intanto, nella mattinata del 4 dicembre, due giorni or sono, nella
“pancia” del colle di San Giusto, ossia nel cantiere, è stata celebrata da don
Mario Vatta una messa in occasione della ricorrenza di Santa Barbara, patrona
anche dei minatori, protettrice dei geologi e dei lavoratori nelle attività
minerarie e petrolifere. All’appuntamento hanno presenziato circa un centinaio
di persone.
(m.u.)
Duino, Kukanja tira dritto Si vota la variante 27 al
Prg
Respinte le ultime richieste da parte del proprietario del sito del
dinosauro Antonio La giunta conferma la contrarietà all’edificazione di nuove
residenze turistiche
DUINO AURISINA Intende assolutamente chiudere entro fine anno, l'esecutivo
Kukanja, il capitolo della Variante 27. Così, nonostante l'ultimo rinvio, dieci
giorni fa, del dibattito in aula sull'approvazione delle modifiche allo
strumento urbanistico, ora intende procedere senza ulteriori indugi, respingendo
anche le “perplessità” avanzate via lettera da Mario Sartori di Borgoricco,
amministratore di B-Fri srl e titolare del sito di Antonio e altri terreni al
Villaggio del Pescatore. Proprio la nota di quest'ultimo, inviata al Comune,
aveva determinato lo slittamento del confronto sulla 27 al prossimo Consiglio,
fissato l'11 dicembre. Nello scritto il privato faceva rilevare l'“illegittimità
insanabile” di alcune modifiche, introdotte lo scorso maggio dalla votazione
sulle osservazioni alla Variante, che riguardano sue proprietà e che, se votate
stavolta, potrebbero arrecare conseguenze ai consiglieri in termini di
“possibili azioni risarcitorie”. In sintesi Sartori lamentava l'introduzione di
“limiti e condizioni in contrasto con quanto oggi vigente e coi diritti
acquisiti”, in particolare criticava l'esclusione della possibilità di
realizzare residenze turistiche e il divieto di frazionare le unità immobiliari,
che lasciavano la sola facoltà di realizzare edifici a supporto della futura
attività museale, come alberghi, hotel, pensioni, locande e agriturismi. Ebbene,
come racconta il vicesindaco e assessore all'Urbanistica, Massimo Veronese, che
oggi alle 8.30 esporrà il punto in Seconda commissione, nei giorni scorsi gli
uffici hanno valutato a fondo la vicenda, escludendo infine eventuali profili di
illegittimità. «Le verifiche – sostiene Veronese – sono state fatte e,
oggettivamente, l'impostazione che intendiamo dare alla questione è a nostro
avviso corretta: il privato ha ottenuto qualcosa in più e non in meno rispetto a
prima, mi riferisco agli 8mila metri cubi nei quali potrà edificare, al posto di
strutture sanitarie o museali, locande, agriturismi e alberghi, di cui peraltro
c'è effettivamente carenza al Villaggio. Personalmente sostengo e appoggio il
lavoro fatto in commissione: siamo sempre stati contrari all'edificazione tout
court di residenze turistiche, anche perché proprio di fronte, nella zona
dell'ex Sifapi, è già prevista nuova residenzialità con il recupero
dell'esistente». I contatti con Sartori, stando a Veronese, non sono mancati e
“gli è stato spiegato più volte e in tutti modi l'iter”. «È evidente che il
privato cerca di ampliare il più possibile le destinazioni d'uso dell'area in
questione – conclude il vicesindaco - ma se ora cambiassimo quanto deliberato a
maggio dovremmo rifare tutto il piano particolareggiato del 2006 e i tempi si
dilazionerebbero di altri tre anni e non ce lo possiamo permettere. Per carità,
io capisco le difficoltà economiche di tutti, ma davvero non si può
procrastinare: sulla 27 intendiamo chiudere a fine anno. E del resto se il
privato avesse voluto avviare qualcosa dal 2007 a oggi avrebbe potuto farlo: al
momento, tuttavia, nessun piano a costruire è stato depositato. La maggioranza
poteva respingere le sue osservazioni alla variante, invece le ha accolte
parzialmente: non ha tagliato i diritti acquisiti, semmai ne aggiunti».
Tiziana carpinelli
Ferriera, Serracchiani non dà certezze su bonifiche e
operai
La presidente in Commissione regionale: entro l’anno pronto l’accordo di
programma. Riccardi (Pdl): nessuna risposta
Roberto Dipiazza, tipo pratico, la mette giù così: «La Ferriera è la madre
di tutti i mali. Siete proprio sicuri di continuare a investire nella ghisa? Il
costo del lavoro in Polonia è di 6 euro, qui 26. Siete convinti di tenere una
roba del genere in mezzo alla città?». In Commissione in Consiglio regionale per
un attimo cala il silenzio. Silenzio che di fatto è stato il vero protagonista
dell’audizione di ieri, che ha visto partecipe soprattutto la governatrice
Debora Serracchiani. Come ha fatto poi notare il consigliere Pdl Riccardo
Riccardi, «oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Tema: l’accordo di
programma previsto per le crisi industriali complesse, in cui rientra Servola.
Due le domande inevase: il futuro dei lavoratori e le spese per le bonifiche
dell’area. Sulle due questioni, sollevate da Riccardi, la giunta non ha dato
rassicurazioni. Serracchiani ha ribadito il principio generale dell’intesa: «La
prosecuzione dell'attività industriale, per la quale esiste una manifestazione
d'interesse da parte del gruppo Arvedi, e il risanamento ambientale sono
necessità legate in modo indissolubile». Un risanamento «fondamentale» non solo
per la continuazione dell'attività ma anche «per la salute di cittadini e
lavoratori». Sul primo aspetto, ha chiarito la presidente, c’è un serio
interesse per il contratto di affitto, cui è legata la questione Elettra. «Mi
arrivano garanzie sul Gse, tassello importante. Quindi entro questo mese la
risoluzione potrebbe vedere la luce, così dal primo gennaio può subentrare
Arvedi». Ma certezze per i dipendenti? «Non possiamo sapere – ha affermato la
presidente sollecitata da Riccardi – fintanto che Arvedi non avrà in mano il
contratto. Fino a quel punto non è possibile aprire alcuna trattativa
sindacale». Nessun dubbio invece sull’accordo di programma che dovrà definire
gli interventi da attuare sul sito: sarà pronto entro l’anno, ha confermato
Serrcchiani. L’intesa avrà per oggetto anche gli interventi di bonifica. «Quanto
costano? Chi mette i soldi?», incalzava Riccardi. Ci sono 240 mila tonnellate di
rifiuti da smaltire. A proposito, ha annunciato la presidente, «gli interventi
comporteranno per un periodo di tempo la necessità di accedere agli
ammortizzatori sociali». C’è poi un altro quesito, a sua volta inevaso,
riproposto dal grillino Andrea Ussai: lo studio epidemiologico commissionato
dalla Regione. «Che fine ha fatto?». Il consigliere triestino ha messo in fila
alla fine un po’ tutto: «L’accordo di programma non è ancora definito, manca il
piano industriale, manca lo studio epidemiologico e l’Aia scade. Come
facciamo?». Dipiazza: «Tanti auguri, presidente Serracchiani».
Gianpaolo Sarti
Ferriera: perché va programmata la chiusura dell’area a
caldo - LA LETTERA DEL GIORNO di Waldi Catalano
La grave crisi della ferriera di Servola, i lunghi anni di logoramento, lo
stillicidio dei posti di lavoro hanno la loro origine nell'affermarsi di quella
linea che vedeva nelle privatizzazioni la cura necessaria per i mali
dell'economia nazionale. Linea oggi più in voga che mai. La spina dorsale della
siderurgia pubblica italiana era rappresentata dagli stabilimenti a ciclo
integrale strategicamente dislocati sul mare, sistema di cui la ferriera faceva
parte. Non era necessaria la laurea alla Bocconi per capire che il capitale
privato, (al netto che l'imprenditore potesse anche essere un “disinvolto”) non
avrebbe retto gli alti costi fissi che caratterizzavano questi stabilimenti, in
primo luogo per garantire la tutela della salute e dell'ambiente. Costi che però
avevano un senso, perchè permettevano economie di scala e un'alta qualità
dell'acciaio e della ghisa prodotti direttamente dai minerali. Inoltre era
un'attività produttiva ad alta intensità di manodopera, molto importante sul
piano occupazionale. A Servola “sotto” l'Italsider eravamo in 1800 dipendenti.
Un conto era la giusta eliminazione delle “distorsioni“ del management pubblico,
altro era svendere ai privati un settore che rappresentava un asset importante
dell'economia nazionale. I siderurgici privati hanno applicato agli altiforni la
stessa logica sparagnina che costituiva il loro background maturato nella
gestione dei forni elettrici, ma la ricerca del punto di pareggio a volumi più
bassi, nella gestione di uno stabilimento a ciclo integrale, fa esplodere i
costi fissi, veicolando tra le prime conseguenze il taglio degli investimenti
sulla difesa dell'ambiente... investimenti ambientali che vanno fatti a
prescindere dalla congiuntura di bilancio! Poi se mettiamo in conto, come
abbiamo visto e vediamo, che qualcuno era anche “disinvolto” abbiamo la
fotografia di come siamo messi oggi. A Servola prima della privatizzazione
avevamo una commissione ambiente con sei persone a tempo pieno, avevamo un
presidio infermieristico su tutti i turni di lavoro, al mattino c'era la
presenza del dottore, due o tre volte alla settimana era presente un oculista e
avevamo un'autoambulanza dello stabilimento. Ammesso e non concesso che ciò
rappresenti uno spreco, uno può dire: quale privato può reggere questi costi?
Certo si può sempre “limare” qualcosa, ma uno stabilimento siderurgico, che
comunque implica in ogni caso un enorme impatto ambientale, o lo si gestisce
sostenendo i costi necessari, o l'alternativa è il disastro che abbiamo sotto
gli occhi da Taranto a Trieste. Ora i dati dell'indagine epidemiologica resi
noti dalla Procura della Repubblica di Trieste confermano l'assoluta necessità
di andare ad una reale riconversione produttiva dell'area di Servola. Occorre
per tanto realizzare un Accordo di programma il cui obiettivo a regime, preveda
la graduale chiusura di tutta l'area a caldo, con una modulazione del piano
Arvedi conseguente. È questa la sola strada in grado di coniugare diritto al
lavoro e diritto alla salute, e ricostruire un largo consenso per il risanamento
dell'area.
Gli emiri del Qatar pronti a investire nel
rigassificatore sull’isola di Veglia
Intanto la firma di un memorandum. Poi, per il rigassificatore di Veglia (Krk,
foto)), si vedrà. Si vedrà se l’interesse c’è e se le risorse arriveranno.
Memorandum sulla cooperazione energetica, quello firmato ieri a Zagabria tra
governo croato e Qatar, che dovrebbe aprire le porte a significativi
investimenti arabi nel neo 28esimo membro Ue, questa la speranza delle autorità
locali. La visita del ministro dell’Energia del Qatar, Bin Saleh Al-Sad,
rappresenta un «passo ulteriore» verso la trasformazione della Croazia in un
«hub dell’energia nella regione», ha specificato l’omologo Ivan Vrdoljak.
Vrdoljak che ha poi confermato l’interesse del Qatar nel rifornire di gas
liquefatto il futuro terminal Gnl da costruirsi sull’isola di Krk. Terminal, del
costo di 600 milioni di euro, che però rimane ancora in stand-by, dato che il
Qatar non sembrerebbe al momento interessato a partecipare in prima persona alla
sua costruzione e la Croazia, senza partner esterni, «non può prendersi da sola
il rischio» di edificare l’impianto, la valutazione del ministro. (s.g.)
La Ue stoppa il gasdotto South Stream
«L’accordo tra Mosca e i Paesi interessati dal progetto viola le norme
europee». Gazprom obbligata a rinegoziare le intese
BELGRADO Tutto sbagliato, tutto da rifare. Da rifare perché le fondamenta
stesse del progetto violerebbero le norme stabilite da Bruxelles. Progetto,
quello del gasdotto South Stream, che ha incassato un duro colpo da parte della
Commissione europea, ormai in prima fila per frenare lo snodarsi del “serpente”
che dovrà convogliare il gas russo in Europa bypassando l’Ucraina. Commissione
che ha «analizzato» in particolare «gli accordi intergovernativi» tra Mosca e i
Paesi che saranno solcati dal braccio principale di South Stream – Bulgaria,
Serbia, Ungheria e Slovenia –«arrivando alla conclusione che nessuna di quelle
intese è in regola con le leggi Ue». Parola di Klaus-Dieter Borchardt, figura
apicale della Direzione generale per l’Energia. Borchardt che, intervenuto
durante la tappa belga del ciclo di conferenze “Gas Dialogues”, ha aggiunto che
gli Stati che hanno firmato i patti con Gazprom «sono già stati informati» della
posizione dell’Unione. E del fatto che «sono obbligati da trattati Ue o da
trattati della Energy Community», organizzazione che comprende anche i Balcani
extra-Ue, a «rinegoziare gli accordi stipulati con la Russia, in modo che essi
rispettino la normativa» dell’Ue, queste le intransigenti affermazioni del
funzionario riportate dal portale specializzato Euractiv e poi confermate ieri
da un portavoce delle istituzioni di Bruxelles, Marlene Holzner. Borchardt che
ha specificato che la rinegoziazione delle intese con Mosca dovrà riguardare tre
scogli principali. Quello delle tariffe, che dovrebbero essere determinate da un
organismo terzo e non solo da Gazprom. Quello della cosiddetta regola dell’“unbundling”
prevista dal Terzo pacchetto energia, che sancisce il principio della
separazione tra produttore di gas, nel caso in questione, e distributore. In
ultimo, sarà necessario annullare il rischio dell’«uso esclusivo» da parte di
Gazprom del gasdotto, che dovrà invece essere a disposizione anche di terze
parti interessate a distribuire gas. Cosa succederà in caso di rifiuto della
rinegoziazione da parte di nazioni Ue? Se la rinegoziazione dovesse essere
impraticabile per l’opposizione di Mosca, le intese dovranno allora essere
invalidate dai membri Ue coinvolti e la Commissione «ha gli strumenti e le
proprie vie» per costringerli a farlo, ha sottolineato Borchardt. In caso di
rifiuto da parte dei Paesi Ue a ridiscutere gli accordi, allora potrebbero
partire le «procedure d’infrazione», multe salate, ha rimarcato ieri Holzner. Ma
sarà possibile riesaminare gli accordi già firmati con il gigante russo?
Difficile prevederlo, anche se la Slovenia ha ieri già risposto picche agli
auspici-diktat di Bruxelles, come ha fatto anche la Serbia, mentre la Bulgaria
si è detta a favore dell’apertura di un tavolo di discussione tra Ue e Mosca sul
gasdotto, allo stesso tempo futuro cordone ombelicale e nuovo fronte caldo -
come se l'Ucraina non bastasse - tra Europa e Russia.
Stefano Giantin
Gasdotto - Via libera delle Camere - Il “Tap” può partire
La Camera ha definitivamente approvato la ratifica dell’accordo tra Albania, Grecia e Italia sul progetto «Trans Adriatic Pipeline», fatto ad Atene il 13 febbraio 2013. Il trattato per la realizzazione del gasdotto ha ottenuto 284 sì, 42 no, con 9 astenuti (non hanno partecipato ai lavori i deputati M5S). Intanto i comitati no-Tap affilano le armi e si riuniscono oggi per studiare le contromosse.
Anche i droni per monitorare l’ambiente delle nostre
coste - CONVEGNO IAL TRA HABITAT E TECNOLOGIA
L’utilizzo delle nuove tecnologie, anche con gli ormai famosi droni, nei
sistemi di monitoraggio, con rilevazione di parametri chimico-fisici e
ambientali, in particolare in materia di conservazione delle risorse e
dell’ambiente marino, è il tema del seminario in programma allo Ial Fvg di via
Pondares 5 venerdì 13 dicembre. Ai lavori, che inizieranno alle 9, interverranno
esperti dell’Università di Trieste, dell’Osservatorio Alto Adriatico Arpa Fvg,
dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Geofisica sperimentale e di DerMap
Srl. Tra gli argomenti in agenda il monitoraggio ambientale marino costiero e
lagunare secondo le regole Ue, le tecniche di campionamento e manipolazione dei
sedimenti, applicazioni di campionamento e biomonitoraggio della biodiversità in
ambienti marino costieri e i sistemi informativi integrati, quali droni (gli
aerei senza pilota), satelliti e CloudGis. Dalle 18 dopo le conclusioni, la
discussione. Per informazioni e iscrizioni: Ial Trieste, via Pondares 5 tel.
040-6726311 ; 6726372 o 040-6726332 . Iscrizioni on-line: www.ialweb.it o
contattare: romina.zamboni@ial.fvg.it.
Servizio civile: riaperte le domande
Il Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale ha riaperto i
termini per consentire agli stranieri la presentazione delle domande per la
partecipazione ai bandi di selezione di Servizio civile nazionale. Possono
presentare domanda i giovani cittadini dell’Unione europea; familiari dei
cittadini dell’Unione europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che
siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiorni di lungo periodo; titolari
di permesso di soggiorno per asilo; titolari di permesso per protezione
sussidiaria. Le domande entro le 14 del 16 dicembre. I termini solo per la
presentazione delle domande da parte degli stranieri. Informazioni: Arci
Servizio Civile, Friuli Venezia Giulia via Fabio Severo 31 friuliveneziagiulia@ascmail.it
www.arciserviziocivilefvg.org Telefono numero 040761683
IL SOLE 24 ORE - GIOVEDI', 5 dicembre 2013
Contro gli intralci alle infrastrutture arrivano i nuovi «poteri speciali» del Governo
I primi appuntamenti cruciali sono all'orizzonte.
Riguardano il futuro del rigassificatore Olt di Livorno. Ma anche il nuovo
gasdotto Tap destinato a captare il metano euroasiatico destinato non solo noi
ma all'intera Europa, facendolo passare per la nostra Puglia. E non mancano i
grandi lavori programmati nel sistema dei trasporti, innanzitutto quelli legati
al destino della Tav in Val di Susa.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 dicembre 2013
Le Ferrovie investono sul porto «Decine di milioni in
arrivo» - INFRASTRUTTURE » FUMATA BIANCA
L’annuncio del direttore generale Ruiu. Serracchiani: occasione
imperdibile Ma Monassi (Authority) frena: «Non c’è ancora l’accordo con gli
operatori»
«Rete ferroviaria italiana investirà alcune decine di milioni di euro per
migliorare i trasporti del porto di Trieste». L’impegno è stato ribadito ieri al
convegno sulla logistica svoltosi all’aeroporto di Ronchi dei Legionari da
Nannina Ruiu, uno dei direttori generali di Ferrovie dello Stato. Ruiu ha
spiegato che l’investimento sarà fatto nell’ambito di un progetto che «sviluppa
la capacità del terminale ferroviario e quindi consente al porto di migliorare
le performance in termini di trasporto». In particolare l’intervento sarebbe a
supporto dei Moli Quinto, Sesto e Settimo per il miglioramento delle linee di
connessione e collegamento al porto. In realtà l’accordo tra Ferrovie da una
parte e Autorità portuale e operatori locali dall’altra, a causa di un dissenso
che riguarderebbe in particolare, ma non solo, la gestione della futura Piastra
ferroviaria di Campo Marzio che Fs vorrebbe per sè, non c’è ancora e anzi nei
mesi scorsi vi è stato anche un colorito scambio di battute con lo stesso
amministratore delegato Mauro Moretti. Lo ha ribadito ieri pomeriggio il sindaco
Roberto Cosolini: «La nuova manifestazione di impegno da parte di Ferrovie dello
Stato è un fatto certamente positivo, ma vi sono ancora una serie di questioni
da sciogliere e non c’è ancora l’accordo con l’Autorità portuale. Gli incontri
sono continui e proseguiranno a scadenze ravvicinate». Già a ottobre era
trapelata la notizia di una missione a Roma da Moretti da parte dello stesso
sindaco assieme alla presidente della Regione Debora Serracchiani. E ieri la
governatrice ha commentato l’annuncio in termini ben più ottimistici: «Il
progetto di investimento è frutto di un lavoro di mesi svolto nella capitale,
nel corso dei quali è stato possibile sottoporre all'amministratore delegato di
Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, le potenzialità dello scalo di Trieste e
ottenere risposte tempestive in ordine alla sua implementazione come hub a
servizio del Centro-Nord e Sud-Est Europa. Il progetto mira a rispondere alle
criticità che erano state incontrate in precedenza, e vede tra i suoi punti di
rilievo il miglioramento dell'accesso al porto e lo sviluppo dei servizi. Senza
dare nulla per scontato - ha aggiunto - abbiamo condotto un'azione costante a
Roma triangolando le diverse richieste con i ministeri delle Infrastrutture,
dell'Economia e Finanze e con le Ferrovie dello Stato. Ora al porto di Trieste
si apre una grande e concreta occasione di cui è obbligatorio approfittare.»
Riguardo ai finanziamenti, Ruiu ha specificato: «Ne stiamo discutendo con il
ministero dei Trasporti perché le risorse devono essere da loro condivise. Nella
Legge di stabilità tuttavia sono previsti i fondi necessari e quindi
valuteremo». Ma la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi ieri ha
frenato: ««Parecchi mesi fa (era marzo, ndr.) unitamente alla società Alpe Adria
e agli operatori locali abbiamo presentato a Moretti una controproposta rispetto
alla bozza del progetto di Ferrovie con correttivi al lay-out previsto. Non
abbiamo più ricevuto risposta nonostante i solleciti». E la questione è ancor
più divenuta di forte rilievo strategico a livello nazionale nelle ultime
settimane dopo che è emerso l’interessamento da parte di Deutsche Bahn, le
ferrovie tedesche, a entrare in Luka Koper la società che gestisce il porto di
Capodistria e a finanziare il raddoppio della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia. Operazioni in virtù delle quali Trieste rischia di venir
messa completamente fuori dalle linee di traffico mondiali. «È una questione che
va affrontata come politica nazionale - ha infatti ammesso Ruiu su questo punto
- se vogliamo dare un futuro al porto di Trieste dobbiamo capire in che modo
lavorare rispetto a Capodistria, è ovvio. È un aspetto di strategia politica
nazionale e se non troveremo convenienza non investiremo su Trieste». È
possibile una collaborazione con Capodistria? Secondo Paolo Costa, presidente
dell’Autorità portuale di Venezia sì e lo ha ribadito anche ieri a Ronchi
ricordando come una strategia comune verrà definita a Venezia lunedì 16 in
occasione dell’assemblea del Napa (North adriatic ports association) che
riunisce Trieste, Venezia, Capodistria e Fiume. Ruiu ieri ha specificato che il
progetto di Rfi per Trieste è stato già presentato alla presidente della Regione
e che prossimamente verrà sottoposto anche agli operatori economici.
Silvio Maranzana
Parisi: progetto da concordare altrimenti resta un
sogno - LO SPEDIZIONIERE
Non è passata inosservata la proposta avanzata da Nannina Ruiu, responsabile
della Direzione pianificazione trasporti di Rfi e relativa alla volontà di nuovi
investimenti sul porto di Trieste. Una notizia che ha subito “scatenato”
l’attenzione dell’operatore Francesco Parisi, rappresentante di una storica
realtà che non ha mai nascosto il proprio interesse e le proprie “attenzioni”
per lo sviluppo del sistema portuale triestino. «Ma ciò che vorrei – ha detto –
è che per una volta si passasse davvero dalle parole ai fatti e che i vantaggi
fossero palpabili per tutti. Non vorrei che questo progetto e queste volontà
facessero la fine di quelli che erano stati presentati alcuni anni fa, ma che
poi, purtroppo, sono rimasti un sogno nel cassetto». Rivolgendosi all’ingegner
Ruiu, Parisi ha detto di concordare sul fatto che Rfi sottoponga il progetto
alle istituzioni, che sono sicuramente un indispensabile interlocutore. «Ma
sarebbe bene, anzi auspicabile – ha continuato – che Rfi si confrontasse con noi
operatori, con coloro i quali vivono e operano nel porto e dai quali potrebbe
avere utilissimi consigli sul modo di operare e di concretizzare il piano e con
i quali si potrebbe avviare una collaborazione che avrebbe degli indubbi
vantaggi. Troppo spesso – ha aggiunto – abbiamo assistito a degli atti che non
ci hanno coinvolto e che, quindi, per noi sono rimasti momenti di confronto
irragiungibili». Operatori, istituzioni ed enti interessati, secondo le parole
di Francesco Parisi, dovrebbero essere attori protagonisti dal momento che hanno
tutti quale obiettivo finale il rilancio del porto e la sua operatività futura.
Luca Perrino
Gli ecobonus per cambiare l’automobile sono poco “eco”
LA LETTERA DEL GIORNO di Luca Mastropasqua, presidente di Ulisse Fiab per
il coordinamento Mobilità Nuova Fvg
Il consiglio regionale, nella seduta del 22 novembre, ha votato un
provvedimento che destina tre milioni di euro per un “eco” bonus di mille euro a
tremila cittadini che nei prossimi mesi cambieranno auto acquistandone una euro
5 o 6. Il provvedimento è passato senza alcun voto contrario, mettendo d’accordo
maggioranza e opposizione. Non solo, il consigliere di Sel Giulio Lauri ha
affermato che “la misura è a costo zero per la Regione perché tutto il denaro
viene recuperato dal gettito Iva; inoltre rinnovando il parco macchine si
riducono le emissioni in atmosfera e per questi due motivi abbiamo votato a
favore” facendo pensare quindi, erroneamente secondo la nostra opinione, che il
provvedimento ha finalità ecologiche. Infatti a chi scrive pare questo un
ritorno al passato, riesumando scelte sulla mobilità vecchie di vent’anni che
nulla hanno a che vedere con le politiche più innovative che promuovono invece
mezzi di mobilità alternativi all’auto privata. Se da un lato è vero che le
nuove auto sono sempre meno inquinanti, ciò non è sufficiente per poter
affermare che il bonus di mille euro è “ecologico”. Oltre a prendere in
considerazione la riduzione delle emissioni, bisogna valutare anche l’impatto
dell’intero processo di rottamazione dell’auto vecchia e di produzione di quella
nuova ed i relativi costi ambientali. Purtroppo esistono solo studi che
effettuano una comparazione esclusivamente delle emissioni vecchio vs nuovo
veicolo, ma nessuno studio recente contempla i costi ambientali della produzione
di una nuova auto e dello smaltimento di quella vecchia. Se consideriamo
l’intero ciclo di vita di un’automobile, è quindi possibile che finisca per
essere meno dannoso per l’ambiente tenersi la propria vecchia auto, anziché
sostituirla con una nuova. Ben diverso sarebbe stato se si fosse destinata la
stessa cifra ad un bonus di 300 euro per l’acquisto di una bici a pedalata
assistita, come fa la Regione Emilia Romagna. Un siffatto provvedimento avrebbe
comportato la presenza di 10 mila biciclette in più che nelle città della nostra
regione, con un impatto ecologico significativo positivo e certo. Inoltre un
provvedimento come questo, promuovendo la mobilità attiva, sarebbe stato uno
strumento di prevenzione primaria e perciò avrebbe avuto anche delle ricadute
positive sulla riduzione della spesa sanitaria. Per questo proponiamo che, nel
quadro degli impegni nazionali e regionali per la mobilità elettrica nella
prossima finanziaria regionale si preveda di destinare un primo contributo di
300 mila euro per l’incentivazione all’acquisto di biciclette a pedalata
assistita nel 2014. È inoltre opportuno sottolineare che il tema della mobilità
non ha a che vedere solo con la questione ecologica relativa alle emissioni
inquinanti, ma è un tema centrale che tocca la democrazia stessa attraverso il
diritto alla mobilità, l’accessibilità ai servizi, l’inclusione, la socialità,
la costruzione e il futuro delle nostre città e la qualità dello spazio
pubblico. Ci rivolgiamo in particolare alla Presidente Serracchiani e ai 5
consiglieri regionali (Lauri, Ukmar, Boem, Paviotti, Frattolin) che in campagna
elettorale avevano sottoscritto la “Campagna Mobilità Nuova Fvg”
(http://www.mobilitanuovafvg.it/) promossa da Fiab, Legambiente, Acp, Isde, Wwf,
Univoc e Aifvs e in questo modo si erano impegnati a promuovere una visione
nuova della mobilità nel Friuli Venezia Giulia, che mettesse al centro delle
scelte della Regione la promozione della ciclabilità, della pedonalità, del
trasporto pubblico locale, della mobilità ferroviaria e dell’uso occasionale
dell’auto (car sharing, car pooling). La mobilità vecchia sposta le persone per
muovere i soldi. La mobilità nuova sposta i soldi per muovere le persone.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 dicembre 2013
Operaio malato di tumore: «In Ferriera pochi controlli»
Luciano Visentin, assunto nel 2000: ma spero di tornare presto, in
malattia prendo solo mille euro. Dubito che la situazione dello stabilimento
migliorerà
È forse l’ultimo caso venuto alla luce, fortemente drammatico come i tanti,
83 per l’esattezza, emersi secondo la Procura dal 2000 a oggi. Luciano Visentin,
59 anni, operaio della Ferriera addetto al parco fossile, ha un tumore alla
vescica. Accetta di uscire allo scoperto forse anche perché ha un figlio di 40
anni che lavora anch’egli nello stesso stabilimento e lui spera profondamente
che la propria storia non si ripeta più né per suo figlio, né per nessun altro.
«Sono stato assunto in Ferriera nel 2000 - racconta - dapprima lavoravo alla
macchina a colare, poi per tre anni in cokeria, ultimamente al parco fossile, lì
dove ci sono le montagne di carbone. Sempre a che fare con polvere e odori forti
tipo catrame e naftalina. Da un paio d’anni avevo gocce di sangue nell’urina e
valori all’esame del sangue un po’ sballati, ma per due volte mi è stata data
l’abilità al lavoro. Il medico mi faceva domande strane: se abito in centro dove
c’è più smog o in periferia, se mi scaldo con stufe a legna o a carbone, e poi
mi raccomandava di non fumare e non bere. Io in realtà abito a Borgo San Sergio
in mezzo al verde, ho il riscaldamento autonomo a gas, fumo solo pochissime
sigarette al giorno. Poi nell’agosto scorso l’abilità mi è stata tolta, ho fatto
le visite e gli esami e mi è stato scoperto questo tumore alla vescica. Un mese
fa sono stato operato, ma ora dovrò subire un altro intervento ancora più
invasivo». Il discorso si fa estremamente difficile perché mentre i disoccupati
di tutte le età si moltiplicano, in Ferriera il lavoro è sicuro e la paga non è
da buttare e non c’è la matematica certezza che il tumore venga proprio da lì.
«Facevo anche turni di notte e festivi - spiega Visentin - ma non guadagnavo
male: 1.500-1.600 euro netti al mese. Per il futuro sarò spostato al reparto
“Ordine e pulizia” e sullo stipendio ci rimetterò. Ma ora in malattia prendo
poco più di mille euro e sebbene i miei due figli siano ben che adulti e
indipendenti solo per l’affitto della casa Ater dove abito mi vanno 360 euro al
mese. Per questo spero di tornare presto in Ferriera». In passato Visentin ha
avuto più rapporti di lavoro in nero, e dunque ora dovrà proseguire per altri
sei anni, fino ai 65, per poter avere la pensione. Eppure ha ben pochi dubbi sul
fatto di aver contratto la malattia proprio in fabbrica a Servola. «Secondo me -
commenta amaramente - i controlli sulla sicurezza e sulla salvaguardia della
salute sono insufficienti. Quando si verifica qualche guasto, l’azienda fa
rattoppi, senza risolvere definitivamente il problema. E ciò per due motivi: il
personale è insufficiente e soprattutto gli investimenti sono scarsi. Alla fine
credo che arriverà il Gruppo Arvedi, ma sul miglioramento della situazione ho
poca fiducia perché in fondo lo scopo di tutti gli imprenditori privati è quello
di guadagnare. In fabbrica si dice che forse presto la cokeria sarà chiusa e che
tutti quelli che andranno in pensione non verranno più sostituiti da nuove
assunzioni. Ma la situazione sarebbe forse diversa solo se l’azienda fosse
pubblica».
Silvio Maranzana
«Spaventa l’immobilismo delle istituzioni» - Denuncia
del sindacato failms
Anche il caso di Luciano Visentin viene portato all’attenzione della cronaca
dal sindacato autonomo Failms che drammaticamente conta un ammalato anche
direttamente tra le proprie file: Luigi Pastore (foto), ex rsu oltre che addetto
al parco ghisa, è uscito allo scoperto già un anno fa con una lettera in cui
annunciava di avere un linfoma maligno all’apparato respiratorio e invitava i
suoi colleghi a lottare per la tutela della salute. «I dati delle indagini
epidemiologiche dell’Azienda sanitaria illustrati dal procuratore della
Repubblica sono spaventosi - afferma la Failms in una nota - ma ancora di più
spaventa l’immobilismo delle istituzioni nell’ultimo decennio. Oggi i lavoratori
raccontano di aver timore nell’accedere agli impianti consapevoli che i
dispositivi di protezione individuale sono insufficienti a proteggerli dai
veleni dello stabilimento». Il sindacato rileva anche che tra il 2006 e il 2008
era stato messo in campo un monitoraggio per i lavoratori dell’area della
cokeria con esami specifici delle urine al fine di intervenire tempestivamente
in caso di alterazione dei limiti di esposizione. La Failms riferisce anche di
aver invano chiesto all’azienda la chiusura della mensa nell’area della cokeria
per indurre tutti i lavoratori a consumare i pasti nella mensa centrale.
«Purtroppo - è l’amara conclusione della nota - non esistono nemmeno strumenti
legislativi che possono accompagnare il lavoratore ammalato a un pensionamento
anticipato, ma lo stesso oggi è costretto a nuove esposizioni che potrebbero
divenirgli fatali nell’obbligatoria presocuzione della sua attività lavorativa».
(s.m.)
Focus sulla logistica, “ricetta Cancian” per l’alta
velocità
TRIESTE «È possibile utilizzare l'esistente per quadruplicare le linee
dell'alta velocità e alta capacità senza devastare e consumare altro
territorio?». A chiederselo è l'europarlamentare Antonio Cancian, che lancerà
questo interrogativo oggi a Ronchi dei Legionari, in occasione del convegno “La
Piattaforma logistica del Friuli Venezia Giulia, focus sulle relazioni con i
Paesi dell'area Balcanica”. L'iniziativa, organizzata da Interporto Centro
Ingrosso spa di Pordenone e dall'azienda speciale Porto di Monfalcone, vuole
essere un momento di confronto tra i protagonisti a livello nazionale delle
strategie nel mondo del trasporto, con un intervento che vedrà protagonista sia
Cancian che l'amministratore delegato di Ferrovie, Mario Moretti. Per
l'eurodeputato la strada da percorrere potrebbe essere molto semplice poiché il
tratto basso da Venezia a Trieste e quello alto che passa tra Pordenone e Udine
potrebbero rappresentare una quadruplicazione “naturale” delle linee. «Una
soluzione – spiega Cancian – che ci consentirebbe già di agire senza altre spese
per nuovi tratti, evitando la devastazione del territorio ma soprattutto
consentendo una sostenibilità ambientale, economica e sociale dell'opera. A dare
una spinta in questa direzione potrebbe contribuire la razionalizzazione
dell'interportualità in Friuli Venezia Giulia e in Veneto: i poli logistici
diventerebbero nodi fondamentali per la ricezione e l’inoltro delle merci
nell'area dell'Unione e potrebbero accedere ai fondi messi a disposizione
dall'UE per questo settore». Tra gli interventi sono previsti anche quello del
presidente nazionale della consulta della logistica Rocco Giordano, del
presidente dell'Autorità portuale di Venezia Paolo Costa, del Docente Diritto
Internazionale Università di Udine Maurizio Maresca e della presidente della
Regione Debora Serracchiani.
(r.u.)
Mini rigassificatore a Monfalcone per fornire metano
Il progetto con la Sbe capofila al servizio di A2A e imprese Cento
milioni di investimento. Individuata un’area del Lisert
MONFALCONE Un mini-rigassificatore, 10 volte più piccolo di quello
progettato da Gas Natural per Zaule a Trieste, nell’area industriale del Lisert
dove c’è un altro impianto (non è prevista occupazione di nuovi terreni), a
servizio di un consorzio di imprese che utilizzano grandi quantità di gas per la
produzione. Il progetto è già pronto, capofila del consorzio di imprese (realtà
che contano su circa 10mila dipendenti tra diretti e indotto del Fvg) che
pensano di investire 100 milioni di euro (senza contributi regionali) è
Alessandro Vescovini che guida la Sbe di Monfalcone (circa 500 dipendenti
diretti) e un’azienda in Serbia, e sarà presentato ufficialmente a gennaio nella
nuova sede di Confindustria Giuliana. Un impianto con una capacità di circa 800
milioni di metricubi di gas e la novità è che tutte le industrie che partecipano
al progetto hanno accettato di dare la possibilità alla centrale termoelettrica
A2A di approvvigionarsi di 100milioni di metricubi di gas a basso prezzo
necessari per l’eventuale conversione di uno dei gruppi a carbone con
l’obiettivo finale di convincere il gruppo a convertirsi completamente al gas.
La cordata industriale prevede di utilizzare 600milioni di metricubi di gas, gli
altri 100 verranno messi a disposizione per nuovi eventuali insediamenti che
possano portare nuovi investimenti e nuova occupazione nell’area. Perchè è
proprio il gas, secondo Vescovini e il gruppo di aziende del progetto, uno dei
futuri business per l’area. È recente infatti la notizia che Wartsila a Trieste
produrrà motori a gas, ma è risaputo anche che Fincantieri sta ampliando il suo
portafoglio ordini con navi e traghetti alimentati a gas. La Viking infatti,
leader nel mercato scandinavo della crocieristica, si è rivolta a Fincantieri
per le sue navi e sta puntando a questo tipo di combustibile a basso impatto per
le unità da crociera. La previsione è che in molti porti ci sarà una diffusione
di serbatoi di gas liquido ed è probabile che Fincantieri stessa abbia la
necessità di averne uno anche nel porto di Monfalcone quando nel cantiere
inizieranno le costruzioni di navi passeggeri alimentate a gas liquido. Ed ecco
dunque l’idea di realizzare nel porto un piccolo terminal che oltre ad
alimentare il trasporto marittimo consenta alle imprese regionali di avere una
fonte di approvvigionamento alternativa rispetto al mercato domestico poco
competitivo. Ed è stato il mercato, con i prezzi in Italia troppo alti (attorno
ai 0,30 euro7Nm3 contro i 0,27 di media in Europa, 025 in Serbia o addirittura
0,11 negli Usa) rispetto a un quadro in flessione a muovere il gruppo di
imprese. Nell’aprile scorso, visti i prezzi alti imposti dall’Eni, era stato lo
stesso Vescovini, come avviene per l’elettricità, a proporre un “gruppo di
acquisto” regionale per ottenere, grazie alle grosse quantità richieste (600
milioni di metricubi) prezzi competitivi allineati a quelli degli altri paesi.
Sono stati fatti vari approfondimenti, è emerso che in Svezia e Giappone negli
ultimi tre anni sono stati installati piccoli rigassificatori dedicati alla rete
e al rifornimento delle navi da crociera passate dal gasolio al gas liquido per
azzerare l’impatto ambientale. E anche l’impianto pensato per Monfalcone sarà
ridotto e avrà un minimo impatto ambientale. Dovrebbe occupare un’area di circa
20-30mila metri quadrati dove c’è un altro impianto, dietro la cassa di colmata
e fuori dall’area Sic. Le tubazioni raggiungeranno poi una banchina attrezzata
sul mare oltre la darsena dove la previsione è che attracchino circa 25 gasiere
all’anno, 10 di grandi e 15 di medie dimensioni che aumenteranno i traffici del
porto senza interferire con le altre unità dirette allo scalo. Le frigorie
prodotte (dal riscaldamento del gas per portarlo dallo stato gassoso a quello
liquido) verranno utilizzate per uno “scambio termico” con una piccola parte (il
10%) delle acque di scambio della centrale che ogni anno riversa nel mare 1
miliardo di metricubi d’acqua trattata con una temperatura di +10 gradi rispetto
a quella del golfo.
Giulio Garau
Via la giungla del Rosandra Alla foce rischio
esondazioni
La Regione ha iniziato i lavori lungo le sponde del torrente invase dalla
vegetazione. Interessato anche il rio Ospo dopo l’allagamento delle Noghere di
tre anni fa.
MUGGIA Muggia, Trieste e San Dorligo della Valle. Sono questi i tre
territori interessati dai lavori di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua
provinciali. Il Servizio gestione territorio rurale e irrigazione della Regione
ha infatti dato il via libera ai lavori, al termine dei quali, saranno stati
coinvolti Rio Ospo, Rio San Sebastiano, Torrente Rabuiese, Torrente Rosandra e
l'impluvio demaniale lungo la strada provinciale 23 di Baredi. L'intervento ora
sta interessando il ripristino e la pulizia degli argini posti in prossimità
della via Flavia in ingresso dell'abitato di Aquilinia. Di fatto questo è il
secondo e ultimo atto dei lavori che hanno interessato la riserva naturale della
Val Rosandra con la conseguente devastazione da parte della Protezione civile. A
seguito degli avversi eventi meteorici del settembre 2010, l'intera valle delle
Noghere aveva sofferto di allagamenti e le arginature del Rio Ospo erano state
interessate da un'importante onda di piena che aveva trasportato ingenti
quantità di materiale legnoso, ostruendo pericolosamente le sezioni idrauliche
nei tratti di valle, mettendo in pericolo le attività industriali e viabilità
presenti. «Preso atto che le strutture arginali del rio Ospo, nonché l'alveo,
sono invase dalla vegetazione occludendo in parte la sezione idraulica dello
stesso e compromettendo localmente la stabilità strutturale degli argini e delle
opere esistenti - spiega la Regione - si ritiene prioritario avviare le
operazioni di manutenzione ordinaria con la finalità di garantire l'adeguato
livello di sicurezza da possibili tracimazioni delle acque o cedimenti degli
argini». Il progetto di manutenzione è stato redatto dal Servizio difesa del
suolo della direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna per
l'importo di euro 37 mila 814 euro. I lavori riguarderanno la pulizia degli
argini lato fiume dell'alveo con operazioni di taglio e sfalcio per garantire il
buon regime idraulico delle sezioni con l'asporto delle piante vecchie e il
ripristino degli degli argini. «Dopo la nostra nota inviata nell'aprile del 2012
finalmente si sta intervenendo nel ripristino e pulizia degli argini posti in
prossimità della via Flavia in ingresso dell'abitato di Zaule», racconta
l'ambientalista Giorgio Jercog portavoce del Comitato dei cittadini di Zaule.
«Ricordiamo che proprio quell'argine cedette nel disastroso nubifragio del 4
settembre del 1963 causando ingenti danni ed un morto - prosegue Jercog -
finalmente quindi si pone rimedio ad anni di incuria e "scaricabarile" da parte
delle varie autorità preposte alla salvaguardia del territorio, territorio, il
nostro, posto ai confini di tre comuni, troppo spesso utilizzato dai cittadini
di passaggio come discarica a cielo aperto». Con l'intervento promosso dalla
Regione Jercog auspica “che in futuro, dopo questa iniziativa, si ponga fine al
degrado e che si vada ad una programmazione degli interventi, e a completare
tutti quelli lungo il torrente Rosandra sospesi nella zona di Bagnoli dopo i
noti fatti avvenuti”. Condizioni meteo permettendo l'intervento ai torrenti
della provincia triestina dovrebbe concludersi entro il prossimo primo febbraio.
Riccardo Tosques
L’Ermada “proibito”: la caccia non c’entra, parola di
Dipiazza - CEROGLIE
CEROGLIE «Che non passi assolutamente questo concetto, e cioè che è tutta
colpa dei cacciatori, perché con la faccenda del Coisce la caccia non c'entra
nulla: sia ben chiaro». Non ammette repliche, su questo punto, Roberto Dipiazza.
L'ex sindaco di Trieste, del resto, è uno che ha dimestichezza con cartucce e
doppietta, praticando battute – impegni permettendo – in Slovenia, Austria,
Croazia e pure sul Carso. «Quando un imprenditore acquista un terreno, come
quello di Coisce, che rientra nelle aree di massima tutela, ovvero si tratta di
un Sic e una Zps, sa bene a quali vincoli deve sottostare: non ha pigliato un
campo qualsiasi e dovrebbe ben sapere che quei lacciuoli non si possono
eliminare. Alla base di ogni ragionamento c'è solo questo: il rispetto e la
consapevolezza di ciò che si è comprato. Io capisco la provocazione
dell'imprenditore di chiudere i sentieri. Posso anche pensare che persegua i
suoi interessi e tenti di costruire là dove evidentemente è molto difficile
farlo. Ma ciò che io mi chiedo è questo: lo sapeva o no, quando ha acquistato
l'area, che vi era questo tipo di tutela?». Insomma, per Dipiazza «il via vai
dei cacciatori non c'entra nulla, anche perché se andiamo a vedere i numeri
effettivi del fenomeno sono esigui: su tutta la riserva di Duino si muovono 11 o
12 cacciatori e solo due di questi sono quelli attivi nella proprietà di Coisce».
Dunque – conclude l'ex sindaco – la caccia non c'entra nulla e per conto mio non
regge neppure il paragone con la vicenda del Rilke: qui si trattava di un
passaggio del pubblico su un'area naturalistica, nel caso del Coisce si tratta
invece di voler costruire delle case sui ruderi. Sono due situazioni
completamente distinte». Sulla decisione di chiudere i sentieri che conducono al
monte Ermada interviene anche il presidente della Seconda commissione consiliare
di Duino Aurisina, Maurizio Rozza: «Purtroppo col Rilke si è creato un
precedente pericolosissimo. E per questo deve essere fatto valere il diritto di
passaggio pubblico pluridecennale sui siti di natura. Altrimenti chiunque, penso
alle Comunelle, potrebbe chiudere un sentiero in cui vi è evidente e conclamato
transito di persone e reclamare un pedaggio per consentirne l'attraversamento. E
allora nessuno tra i parchi e i luoghi più belli della nostra Regione
risulterebbe più visitabile, dal momento che parecchie aree sono in mano a
privati».
(ti. ca.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 dicembre 2013
«Ferriera, 83 morti per tumore in 13 anni»
Secondo l’inchiesta avviata dal pm Tripani gli operai sarebbero stati
uccisi dalle polveri e dall’amianto. Presto gli avvisi
Uccisi dalle polveri e uccisi dall’amianto. Sono 83 gli operai della
Ferriera morti a causa di tumori dal 2000 in poi. L’inchiesta del pm Matteo
Tripani è parallela e sincrona a quella del procuratore Federico Frezza in cui è
stato evidenziato il nesso causale tra l’esposizione al benzene e agli
idrocarburi e l’insorgenza di neoplasie. E in cui sono emersi - nero su bianco -
dati eloquenti e drammatici proprio tra l’esposizione a benzene e idrocarburi
cui è stato soggetto chi ha prestato servizio nello stabilimento di Servola
anche per meno di un anno. Ma qui i numeri della morte vanno oltre. Ci sono i
nomi, le storie, i drammi. Perché i dati indicano che almeno cinque operai
all’anno se ne sono andati uccisi da terribili malattie contratte ipoteticamente
a causa del loro lavoro avvenuto a Servola. Si è passati insomma ai nomi delle
vittime, arrivando a concretizzare storie terribili fatte anche di speranze di
gente uccisa giorno dopo giorno, nella cokeria o nell’altoforno. I primi morti
sono stati attorno al 2000, gli ultimi nei mesi scorsi. Nell’indagine che è in
corso - al momento il fascicolo per omicidio colposo è senza indagati - è stata
sostanzialmente ricostruita la carriera lavorativa di ognuna delle 83 vittime.
Dalla data di assunzione ai reparti di lavoro con le malattie segnalate al
medico. E poi analisi e ricoveri per tutta la vita. Una sorta di fotografia che
si è estesa in certi casi anche dopo il momento del pensionamento. La lente è
puntata su Servola e su determinati ambienti di lavoro. Al momento non sono
stati ancora inviati avvisi di garanzia ma l’indagine nel giro di qualche mese
dovrebbe concludersi con una raffica di rinvii a giudizio. I primi processi
potrebbero essere celebrati già fra un anno. Non si può dimenticare che il
rischio tumore era stato evidenziato già qualche mese fa nell’indagine
epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’Ass per conto
dello stesso pm Tripani. In quell’occasione è emerso che per i lavoratori della
Ferriera la probabilità di ammalarsi (e in certi casi di morire) di un tumore ai
polmoni o ai bronchi è del 50 per cento superiore al resto della popolazione.
Per effettuare questa ricerca gli esperti dell’Azienda sanitaria avevano preso
in esame sia i dati dell’Inps che quelli dell’Inail e li hanno incrociati, nome
dopo nome, con quelli dei dipendenti che si sono succeduti nello stabilimento di
Servola. Ma hanno anche rapportato la loro analisi sul numero di giorni di
lavoro nella Ferriera. In pratica l’analisi statistica, che ha poi dato
risultati allarmanti, ha tenuto conto pure dei periodi di presenza e di assenza
dal lavoro del singolo dipendente. È evidente infatti che un operaio che ha
lavorato per pochi anni ha avuto meno probabilità di ammalarsi di tumore ai
polmoni di un collega che a Servola ci è rimasto per tutta la vita fino alla
pensione. E adesso - nel nuovo fascicolo - si è arrivati ai nomi delle 83
vittime correlati alle singole malattie e alla loro evoluzione. Questo è insomma
accaduto dopo il primo capitolo dell’indagine epidemiologica che ha evidenziato
quello che giuridicamente è definito il fumus. È stato un fondamentate passo
avanti per risalire anche alle responsabilità di chi sapeva e non ha fatto nulla
per evitarlo. È in questa direzione che puntano le indagini del pm Matteo
Tripani. Si è scavato insomma nelle viscere della Ferriera come mai era accaduto
prima per far capire a questa gente che non è sola. La prima volta che la
Procura aveva affrontato questo argomento è stata nel 2007 in una relazione dei
consulenti tecnici del pm Federico Frezza, all’epoca titolare dell’inchiesta
Ferriera. «Netto effetto proliferativo delle condizioni di coltura standard
delle cellule»: le parole scritte nero su bianco erano comparse nel mese di
giugno di quell’anno in un documento dei consulenti tecnici del pm Federico
Frezza firmata dal dottor Pierluigi Barbieri e dal collega Ranieri Urbani
dell’Università di Trieste. E poi i dati tecnici: «Si rileva che dopo un’unica
somministrazione del particolato si ha sia un’accelerazione della crescita del
tumore, che perturbazioni del ciclo cellulare nelle cellule normali, con una
tendenza a una crescita incontrollata. Sono in corso test di mutagenesi su linee
batteriche selezionate e standardizzate che evidenziano sostanze capaci, sia
come tali che come precursori di altre ancora più attive, di provocare danni di
diversa natura al Dna».
Corrado Barbacini
Piano regolatore del Porto Consiglio compatto sull’ok
Tutti favorevoli i 38 presenti. Emendamento di Patuanelli (M5S), il sì
subordinato a una serie di prescrizioni che il ministero dell’Ambiente dovrà
accogliere
Trentotto votanti e trentotto voti favorevoli: il Consiglio comunale di
Trieste ha detto sì in modo plebiscitario ieri sera alla Valutazione d’impatto
ambientale - Valutazione ambientale strategica (Via-Vas) del Piano regolatore
del porto, facendo seguire il proprio via libera a quelli già espressi dal
Consiglio comunale di Muggia e dal Consiglio provinciale. Si tratta comunque di
un parere consultivo e l’ok, in base a un emendamento presentato da Stefano
Patuanelli (M5S) e fatto proprio dall’assessore Umberto Laureni, è subordinato
all’accoglimento da parte del Ministero dell’Ambiente di tutte le prescrizioni
politiche e tecniche che sono state allegate alla delibera. Tanto da far
mormorare a fine seduta al consigliere comunale forzista Piero Camber: «È come
se avessimo votato no, dal momento che mai verranno accolte tutte le
prescrizioni». L’unanimità dei giudizi espressi può comunque significare
qualcosa se assommata all’appello a prendere posizione comune e trasversale tra
le forze politiche per far decollare finalmente il porto di Trieste che è stato
lanciato da Marino Sossi (Sel) al quale si sono associati Franco Bandelli
(Un’altra Trieste) e Roberto Antonione (Gruppo misto) il quale si è anche
rivolto direttamente al sindaco Roberto Cosolini presente in aula chiedendogli
di assumere iniziative in questo senso. Alla seduta hanno assistito una trentina
di persone che facevano perlopiù riferimento al movimento Trieste Libera, ma che
non hanno emesso nemmeno un minimo brusìo. «Alcuni aspetti del piano regolatore
del porto collidono con quelli del Comune e dell’Ezit - ha comunque ammonito
Laureni nel corso della sua relazione - sarebbe stato utile confrontarsi più
approfonditamente». Tra le prescrizioni di carattere generale chieste dal Comune
l’inserimento nello Studio ambientale integrato dell’Area marina di Miramare,
delle emissioni provenienti dal flusso marittimo e dell’inquinamento marittimo
dei fondali in ambito portuale; integrazione dell’analisi degli stabilimenti a
rischio includendo anche Linde Gas e Ferriera; priorità della viabilità di
collegamento al tratto tra il Molo Ottavo e lo svincolo di via Errera e della
viabilità interna al Porto Vecchio e all’integrazione porto-città; sviluppo
dell’attività portuale con interessamento della Grande viabilità e del raccordo
Lacotisce-Rabuiese senza interessare la rete viaria locale; necessità di non
gravare con il traffico pesante sulle rive nelle funzioni annesse al Porto
Vecchio e al terminal crociere; individuazione di aree dove installare impianti
tecnologici di produzione di energie rinnovabili, in particolare impianti
fotovoltaici; prevedere sul lato mare delle rive una pista ciclabile e creazione
di itinerari ciclabili in particolare sul tracciato Trieste - Muggia -
Capodistria. Tra le osservazioni-raccomandazioni la richiesta di privilegiare
l’accesso al futuro terminal ro-ro dalla valle dele Noghere anziché da via
Flavia; rafforzare il ruolo del trasporto su rotaia; prevedere un’infrastruttura
viaria che colleghi il Porto Vecchio al Porto Nuovo. A queste segue un’altra
lunga serie di prescrizioni tecniche d’ufficio.
Silvio Maranzana
Val Rosandra violata, il processo non decolla
La difesa contesta l’ammissibilità del perito del pm: ha già esternato
opinioni. Udienza il 27 gennaio
Il processo per il disboscamento in Val Rosandra ieri è partito ma non
decollato. Al termine di due ore di schermaglie burocratiche e procedurali, il
giudice Marco Casavecchia si è riservato di esprimere il parere in merito
all’ammissibilità, e in quale forma, della relazione formulata dal perito
dell’accusa, Dario Gasparo. Al vaglio della magistratura Luca Ciriani, ex
vicepresidente della Regione e assessore della passata giunta Tondo, il
direttore della Protezione civile Guglielmo Berlasso e i funzionari Cristina
Trocca e Adriano Morettin, mentre il pm ha chiesto al gip l’archiviazione di
Mitja Lovriha, caposervizio Area ambiente e lavori pubblici del Comune di San
Dorligo della Valle. Agli imputati è frattanto arrivato il “conto” da parte del
Ministero dell’ambiente, parte civile con il sodalizio ambientalista Wwf: tre
milioni di euro di risarcimento danni patrimoniali, 100mila di danni d'immagine
e una provvisionale di 500mila per la deforestazione, che in molti definiscono
scempio, della Val Rosandra eseguita tra il 24 e il 25 marzo di due anni fa.
Erano stati tagliati ben 70 alberi di alto fusto, anche a 20 metri dall’alveo
del torrente Rosandra che l’operazione voleva porre in sicurezza, devastando
secondo l’accusa un sito protetto di alto valore botanico e faunistico. Tanto
che a livello comunitario il caso-Rosandra, per il quale è da poco in corso un
accertamento, è stato aggiunto nella lista delle infrazioni italiane alle norme
Ue. Ciriani, Berlasso Trocca e Morettin sono a vario titolo accusati dal pm
Antonio Miggiani dei reati di distruzione o deterioramento dell'habitat di un
sito protetto oltre che della violazione del decreto legislativo in materia
ambientale. Il “nodo” dell’udienza, aggiornata al 27 gennaio, è stato il
comportamento tenuto da quello che sarebbe divenuto poi il perito del pm, Dario
Gasparo. Questi aveva svelato pubblicamente opinioni personali, che la difesa ha
trovato espresse in articoli di stampa e nei lavori di un convegno, sull’azione
degli uomini della Protezione civile e della ditta “Bombardier” in Val Rosandra.
Una circostanza, secondo la difesa, incompatibile con l’incarico di perito
poiché rivelerebbe pareri preconcetti sull’operato degli accusati. Un fatto, al
di là dei cavilli giuridici, sembra certo ed è emerso dalle parole rese davanti
al giudice dal maresciallo capo della Polizia ambientale provinciale (gli ex
guardiacaccia) Maurizio Rozza: la foresta a galleria che si trovava nella zona,
un ambito naturale e paesaggistico prezioso e tutelato anche da norme e progetti
Ue, è stato distrutto e per ricostruirlo ci vorranno anni, con attenzioni e
lavori continui.
Acquario, il rischio cala Nesladek: «Presto i lavori»
Se le analisi del tratto di costa muggesano confermeranno che nella zona
non ci sono emissioni nocive via alla copertura per la messa in sicurezza
MUGGIA Riconsegnare parte di Acquario alla cittadinanza entro la prossima
stagione estiva. Obbiettivo impossibile? Forse no. La giunta Nesladek ha
espresso formalmente l'indirizzo sulla prosecuzione del procedimento ambientale
in corso sul terrapieno inquinato. Con una spesa pari a circa 20mila euro entro
pochi mesi partirà una nuova campagna di monitoraggio dell'inquinamento
dell'area. “Qualora a seguito delle indagini dirette per la rivelazione dei gas
interstiziali non si riscontrassero evidenze di contaminazione da idrocarburi
policicli aromatici, si opterà per una soluzione che prevede la messa in
sicurezza operativa del sito consistente in un copertura del terrapieno che
escluda per l'utenza la possibilità di ingestione e contatto con la pelle con i
terreni inquinati”, recita la delibera votata dalla giunta. Il fine ultimo,
hanno ricordato sindaco e assessori muggesani, è “poter restituire alla
fruizione pubblica un sito costiero da troppo tempo sottratto agli usi
legittimi, ricreativi, turistici e balneari”. Dalle prime valutazioni inserite
nel progetto di bonifica e messa in sicurezza del sito inquinato, affidato allo
studio Aisa di Basaluzzo (Genova), è emerso che dalle simulazioni finalizzate
alla determinazione dei valori delle Concentrazioni soglia di rischio (Csr) si
sono individuate lungo il terrapieno quattro sorgenti di contaminazione
analizzato “sia per suolo superficiale che per suolo profondo”. Per tutte le
sorgenti è stato individuato il superamento dei valori di rischio tollerabile
relativamente ai percorsi “ingestione e contatto dermico” oltre che per il
percorso “inalazione” legato alla presenza di idrocarburi policicli aromatici (Ipa).
Nel sito sono state eseguite diverse indagini di caratterizzazione ambientale ed
in particolare 12 sondaggi tramite i quali sono stati prelevati numerosi
campioni di terreno ed effettuati i prelievi delle acque sotterranee quali base
per procedere con l'analisi di rischio, anche se dalle analisi svolte nelle
ultime tre campagne di monitoraggio delle acque sotterranee, eseguite tra
dicembre 2012 e maggio 2013, è risultato che i superamenti delle concentrazioni
soglia di contaminazione (Scs) non sono costanti nel tempo e non è possibile
identificare lungo il terrapieno un'area sorgente circoscritta. Da qui l'ipotesi
di procedere con un monitoraggio dei gas interstiziali nella zona in cui sono
stati rilevati gli Ipa volatili optando una messa in sicurezza non definitiva,
abbandonando le indicazioni prescrittive della Conferenza dei servizi, previa
comunicazione agli enti preposti. Qualora a seguito delle indagini dirette in
sito per la rivelazione dei gas interstiziali non si riscontrassero evidenze di
contaminazione da Opa, si opterà per una soluzione che prevede una messa in
sicurezza operativa del sito consistente in un capping del terrapieno, ossia un
rapida copertura dell'area interessata per la messa in sicurezza di siti
inquinati, che escluda per l'utenza la possibilità di ingestione e contatto con
la pelle con i terreni inquinati. Ossia una riconsegna parziale alla
cittadinanza di Acquario. «Siamo fiduciosi, anche sulla scorta delle
caratterizzazioni, che non ci sia rischio. Se ciò fosse dimostrato, ci
permetterebbe di prospettare soluzioni per Acquario più a breve termine mettendo
in atto solo misure relative al contatto per ingestione», ha commentato il
sindaco Nerio Nesaldek, senza per voler dimenticare «l’enorme danno provocato
dall’incuria di chi ha permesso un simile scempio, che si traduce in tutti
questi anni di mancata fruizione da parte della comunità di un’area che oltre ad
essere zona di ricreazione balneare rappresentava e rappresenta una potenzialità
economica negata per i muggesani».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 dicembre 2013
Ferriera, pronta l’ordinanza del Comune
Nel momento in cui il procuratore capo facente funzioni Federico Frezza
annuncia l’apertura di un nuovo fascicolo sulle «emissioni aree della Ferriera»
e le «immissioni di polveri e gas nell’abitato di Servola» comunicando anche
preoccupanti dati sull’incidenza dei tumori, la nuova ordinanza del Comune è
pronta. Lo riferisce l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni specificando che
«lunedì (cioé oggi, ndr.) la porterò alla firma del sindaco». L’ordinanza intima
alla Lucchini e alla Servola spa di mettere in atto tutte le misure necessarie a
ridurre le emissioni nocive nell'ambiente e in particolare il benzopirene, se
del caso anche riducendo l'attività produttiva. Nel mese di settembre in realtà
le emissioni risultano ridotte e anche dalla centralina di via San Lorenzo in
Selva (che dista un paio di centinaia di metri dalla cokeria, ndr.) sono state
registrate concentrazioone di benzopirene pari a 0,5 nanogrammi per metrocubo,
quindi ben al di sotto della soglia di allarme di un nanogrammo fissata dalla
legge regionale. Ciò non toglie che la situazione complessiva resti allarmante
poiché i dati si calcolano sulla media annuale e già da qualche mese era chiaro
come non sarebbe stato possibile scendere sotto il livello di guardia. «Se si
computa anche il dato di settembre - ha fatto sapere Laureni - si arriva a una
media annuale di 1,6 (fino ad agosto la media annuale era sull'1,7) - quindi
ancora su livelli che impongono al Comune di agire non solo per rispettare la
legge, ma proprio per tutelare la salute dei cittadini». «Stiamo monitorando con
grandissima attenzione la situazione sanitaria connessa allo stabilimento di
Servola - ha spiegato a seguito della conferenza stampa di Frezza, l’assessore
regionale all’Ambiente, Sara Vito - e la Regione ha già attivato un tavolo
interdirezionale cui parteciperanno anche l'Arpa e l'Università di Trieste, alla
quale è stata chiesta una collaborazione. Lo sforzo che stiamo compiendo sulla
Ferriera è di portare il sito a una condizione sostenibile sotto il profilo
ambientale e della salute pubblica. E per raggiungere questo obiettivo servono
grandi investimenti che - ha concluso - che il settore pubblico da solo oggi non
è in grado di fare».
Il Comune frena, lavori saltati o rimandati - PIANO
DELLE OPERE » UN DRASTICO RIDIMENSIONAMENTO
Fermo il cantiere per la riqualificazione delle vie XXX Ottobre e Ghega.
Niente restyling in piazza Hortis, spesi 40 milioni
INTERVENTI PISUS Dovevano migliorare il centro storico ma mancano sei milioni di
euro che dovevano arrivare dalla Regione
L’ASSESSORE DAPRETTO Il patto di stabilità ci impedisce di spendere i soldi che
abbiamo nel cassetto. Per molti progetti non sono arrivati i fondi promessi
Patto di stabilità, contributi regionali e statali che non arrivano, casse
comunali bloccate e dissanguate. Risultato: il programma dei lavori pubblici che
dovevano essere realizzati quest’anno è diventato un libro dei sogni. Un lungo
elenco di interventi che, nella maggior parte dei casi, è rimasto nei desideri
degli amministratori e nelle aspettative dei cittadini. Elenco che è stato
allegato alla delibera del bilancio nel Consiglio comunale svoltosi nei giorni
scorsi. Tra i lavori fermi, o non ancora avviati, gli interventi legati ai Pisus
(i Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile). Il motivo? Mancano i 6
milioni di euro che dovevano arrivare dalla Regione. Non si tratta di poca cosa:
stiamo parlando di progetti che nelle intenzioni degli amministratori dovrebbero
incrementare l’attrattività del centro storico di Trieste dal punto di vista
turistico-culturale, con un occhio allo sviluppo e alla crescita economica
attraverso un migliore utilizzo del vasto e articolato patrimonio culturale
esistente. Ecco i lavori fermi: la riqualificazione di via Duca d’Aosta, di via
XXX Ottobre e di via Ghega (interessate queste ultime due alla rete pedonale e
ciclabili), il progetto “Bike sharing”, il servizio di biciclette pubbliche
(percorso turistico-culturale). E ancora il rifacimento della pavimentazione del
giardino di piazza Hortis, il recupero del percorso pedonale di collegamento tra
il giardino di via San Michele e San Giusto attraverso la campagna Prandi,
l’ampliamento della rete Wifi Trieste Free Spo Ts e il collegamento fibra ottica
cittadina, l’installazione della guaina fotovoltaica sulla copertura dell’ex
Pescheria di Riva Nazario Sauro e la riqualificazione del piano terra di palazzo
Biserini di Piazza Hortis. Un bel pacchetto di lavori che non hanno visto finora
i fondi regionali. Altri interventi, non legati ai Pisus, devono ancora
cominciare per mancanza del finanziamento statale, come a esempio il programma
per la tutela della promozione dell’energia solare, in particolare il progetto
chiamato Misura ”Il sole a scuola” che prevede la realizzazione di impianti
fotovoltaici in edifici scolastici. Invece, sempre a riguardo di contributi
statali, i due milioni necessari per la riqualificazione dell’ex caserma “Duca
delle Puglie” per il completamento del Civico museo di guerra per la pace Diego
de Henriquez arriveranno all’inizio del prossimo anno. Qualche lavoro è stato
terminato altri, in ritardo, lo saranno nei primi mesi del 2014, come l’atteso
tram di Opicina. O la caserma della Polstrada con la consegna prevista ad
aprile. Invece è sicuro l’anno, il prossimo, non il mese per l’inizio della
riqualificazione della parte dell’ex caserma Beleno dove verrà realizzata la
nuova sede dell’Archivio generale comunale. In fase di completamento anche il “Carso-Kras”,
opere di valorizzazione turistico-naturalistica nell’area di
Trebiciano-Gropada-Basovizza (Museo dell’Acqua). Non è andata in porto invece la
ristrutturazione dell’edificio ex mensa del Crda di via Carli, di proprietà
comunale. Ne aveva fatto richiesta il Demanio per trasferire alcuni uffici, ma
poi ha fatto sapere di avere risolto in altra maniera. Perciò i quasi tre
milioni previsti per il lavoro restano bloccati, come pure la ristrutturazione
dell’edificio. Terminati nei tempio previsti molti lavori di manutenzione.
«Molti interventi non sono stati fatti - afferma Andrea Dapretto, assessore ai
Lavori pubblici - perché non sono arrivati i finanziamenti promessi. Ma
soprattutto è il patto di stabilità che ci impedisce di spendere una cifra, 70
milioni, che abbiamo disponibile. E questo naturalmente ci penalizza, noi come
tanti altri Comuni. Comunque quest’anno la spesa sarà di 40 milioni di euro in
conto capitale, in linea più o meno con le altre cifre degli scorsi anni».
Ferdinando Viola
Impianti sportivi penalizzati dalla paralisi
Ci sono anche strutture sportive tra gli interventi previsti quest’anno nel
programma dei lavori pubblici. E anche alcuni di questi hanno risentito della
mancanza di fondi. Sono fermi infatti i lavori per lo spogliatoio e il nuovo
campo in erba sintetica nell’impianto di Campanelle. Così non sono ancora
cominciati gli interventi di manutenzione e adeguamento della Polisportiva
Ervatti. A buon fine invece, e non poteva essere diversamente, è andato
l’adeguamento dello stadio Rocco per le gare dei preliminari di Coppa Uefa, con
l’Udinese in campo. La formazione bianconera ha disputato due partite, una vinta
contro i bosniaci del Siroki Brijeg e l’altra persa con i cechi dello Slovan.
Parte della spesa per gli interventi allo stadio sono stati pagati dalla società
friulana. «Abbiano i soldi per intervenire in vari settori - il rammarico
dell’assessore Andrea Dapretto (nella foto) - ma sono chiusi in un cassetto e
non li possiamo tirare fuori, perchè c’è il Patto di stabilità che ce lo
impedisce. Speriamo che le cose cambino presto».
(fe.vi.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 dicembre 2013
«Ferriera, operai più esposti ai tumori»
Nuovo fascicolo del procuratore facente funzioni Frezza: «In alcuni punti
Aia talmente generica da non essere violabile»
Operai ed ex operai più soggetti a certi tipi di tumore rispetto a chi, lì
dentro, non ha mai lavorato. Impressionanti vampate di fumo che non sfuggono a
chi vive a portata d’occhio. Eppoi valori d’inquinanti “fuorilegge”, nell’aria
che ci sta attorno, con troppa ricorrenza. E un esercito d’istituzioni dotato di
armi a volte “spuntate”, a cominciare dall’Aia, l’Autorizzazione integrata
ambientale. C’è chi, a Servola e dintorni, le chiama ovvietà. E non ha tutti i
torti. Ma come più indizi insieme si dice facciano una prova, più ovvietà, in
questo caso, se “ricordate” insieme da un’autorità come quella giudiziaria,
possono fare un messaggio forte e chiaro, e forse non più glissabile. Un
messaggio che ha un solo oggetto, la Ferriera, e tanti destinatari, tra i quali
però se ne staccano due. Anzitutto Arvedi: «La gestione di questo stabilimento
ha un costo e chi venisse dovrà esserne, al caso, consapevole». Eppoi la
Regione, cui compete proprio l’Aia, che tra parentesi scade fra qualche mese e
va quindi rinnovata: «Non si può non rilevare che l’Aia in taluni punti è vaga e
generica, talmente generica da non essere violabile, non precisa con quale
frequenza né con quale metodo, ad esempio, si deve fare la pulizia di forni,
porte e telai, o con quale quantità di filmante si devono irrorare i cumuli di
carbone in caso di vento, basta una goccia?». Parole di Federico Frezza, che da
procuratore capo facente funzioni ha aperto di recente un nuovo fascicolo sulle
«emissioni aeree della Ferriera» nonché le «immissioni di polveri e gas
nell’abitato di Servola», prefigurando così l’ipotesi di reato della «violazione
della normativa ambientale». Il procedimento è stato iscritto, formalmente, il
17 agosto. E ieri Frezza ha voluto convocare un incontro con la stampa per
spiegarne le «linee d’indagine». «Sarebbe sbagliato ed antidoveroso - così il pm
- tenere celati dati e notizie afferenti alla salute di centinaia di persone,
che hanno un diritto forte e indiscutibile a conoscerli». C’entra che quel
fascicolo si sia aperto proprio in un determinato periodo, all’indomani ad
esempio del palesarsi di Arvedi? Non proprio e non solo. «Taranto ha dato una
spinta», chiarisce Frezza. E c’è dell’altro: «Dal 2 maggio sono procuratore
facente funzioni, mi sono preso questa responsabilità, benché provvisoriamente,
dopo che per cinque anni, di Ferriera, non me ne sono potuto occupare». Un
sassolino? Puntualizza il pm: «Il procuratore Dalla Costa, quando arrivò, fu
molto corretto e mi disse che per occuparmi di Ferriera dovevo scegliere di
appartenere al pool ambientale. Ma avevo altre cose, la Dda, la pubblica
amministrazione». Nessuna dietrologia, insomma. Chiuso questo capitolo, è invece
facilmente comprensibile il motivo per cui la conferenza stampa si è tenuta
differita: nei giorni scorsi sono arrivati dal Dipartimento di prevenzione
dell’Azienda sanitaria - e sono stati ovviamente inseriti nel fascicolo - i dati
definitivi dell’indagine epidemiologica sull’incidenza dei tumori nei lavoratori
ed ex lavoratori della Ferriera, di cui si conoscevano quelli provvisori, che
parlavano di un’ottantina di casi segnalati e istruiti e dai quali è scattata
l’altra indagine per omicidio colposo (in analogia con le morti d’amianto) che
sta portando avanti il pm Matteo Tripani. Non a caso, ieri, a fianco di Frezza
c’era Valentino Patussi, il direttore del Dipartimento di prevenzione, che ha
illustrato i dati definitivi dello studio, condotto appunto per l’Ass da
Riccardo Tominz, Anna Muran e Giuseppina Di Guida. Si tratta di dati più
“raffinati”, tesi a dimostrare il nesso causale - che c’è - tra l’esposizione a
benzene e idrocarburi cui è stato soggetto chi ha prestato servizio in cokeria
per almeno un anno tra il ’74 e il ’94 e l’insorgenza di tumori al polmone e
alla vescica tra il ’95 e il 2007 dopo una latenza di dieci anni, dunque.
Ebbene: la possibilità d’ammalarsi al polmone e alla vescica è rispettivamente
del 39% e del 26% in più rispetto a chi in Ferriera non ha messo piede. I tumori
accertati sono 70 su 1.899 monitorati. Ma perché proprio polmone e vescica: sono
i punti che la letteratura indica come i più a rischio per chi sta a contatto
con benzene e idrocarburi e altri inquinanti tipici di una cokeria. Per
avvalorare questa tesi, negli anni scorsi gli operai della cokeria sono stati
sottoposti ad analisi delle urine a inizio e fine turno settimana, e tra la
prima e la seconda provetta la concentrazione dei metaboliti marcatori aumentava
di quattro, cinque volte, in alcuni casi anche dieci. Le percentuali del 39% e
del 26% sono probabilmente sottostimate, essendo stati al momento esclusi
dall’indagine 583 soggetti in quanto non residenti a Trieste. Se ne rimedierà
presto, almeno in parte: Frezza ha subito firmato un decreto che estende la
possibilità di accesso del Dipartimento di prevenzione ai database del Registro
tumori regionale. «Nella mappa dei drammi ambientali del nostro Paese non c’è
solo Taranto», il primo commento post-conferenza stampa di ieri del co-portavoce
dei Verdi, Angelo Bonelli, mentre l’assicurazione di Sara Vito, assessore
all’Ambiente della giunta Serracchiani, è che «la Regione considera suo compito
fondamentale la salvaguardia della salute dei cittadini ed è al fianco delle
istituzioni che si pongono questo stesso scopo, anche in altri ambiti di
competenza».
Piero Rauber
Altre due linee di indagine ancora aperte
Oltre alla delega permanente alla Polizia giudiziaria per poter acquisire
costantemente dati utili al fascicolo, all’indagine epidemiologica e agli
appunti sulla poca “forza” dell’Aia, ci sono altre due linee d’indagine, e non
di poco conto. Dal 21 agosto, infatti, sono in pista due Ctu, i consulenti
tecnici d’ufficio. Il primo incarico è stato affidato al professor Pierluigi
Barbieri dell'Università di Trieste, e punta a un più completo esame dei fumi,
in particolare attraverso una centralina supplementare nell’abitato di Servola
gestita dal Ctu stesso e un sistema di videosorveglianza continuo, tale da non
lasciar sfuggire agli impianti video originari nessuna fumata. La seconda
perizia, a cura del docente Michele Boscolo, va a caccia di cause e rimedi delle
emissioni anomale con un esame degli impianti e del loro funzionamento: da una
prima ricognizione già sono emerse «significative criticità» alla bocca
dell’altoforno, al piano di colata e alla cokeria. Per Boscolo si tratta di un
ritorno come Ctu: il suo lavoro in passato aveva permesso alla Procura - ricorda
Frezza - di mettere nero su bianco una serie di prescrizioni che avevano fatto
scendere nel 2009 e nel 2010 (poi sarebbero risalite) da 43 a 19 le giornate di
sforamento delle Pm10 in via Carpineto e da 28 a 7 quelle in via Pitacco. Meno
che in piazza Libertà.
(pi.ra.)
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 30 novembre 2013
Alla Regione FVG: meglio bici elettriche e trasporto pubblico !
Il consiglio regionale venerdì 22/11/13 ha votato un
provvedimento che destina 3.000.000 di euro per un “eco” bonus di mille euro a
3.000 cittadini che nei prossimi mesi cambieranno auto acquistandone una euro 5
o 6. Il provvedimento è passato senza nessun voto contrario, mettendo d’accordo
maggioranza e opposizione.
Un ritorno al passato riesumando scelte sulla mobilità vecchie di vent’anni
e che nulla hanno a che vedere con le politiche più innovative che tendono a
promuovere sempre più i mezzi di mobilità alternativi all’auto privata.
Il bonus auto approvato dalla Regione avrebbe, secondo chi l’ha votato, finalità
ecologiche: “la misura è a costo zero per la Regione perché tutto il denaro
viene recuperato dal gettito IVA; inoltre rinnovando il parco macchine si
riducono le emissioni in atmosfera e per questi due motivi abbiamo votato a
favore” ha affermato il consigliere Giulio Lauri.
Se da un lato è vero che le nuove auto sono sempre meno inquinanti, ciò non è
sufficiente per poter affermare che il bonus di 1000 euro è “ecologico”. Oltre a
prendere in considerazione la riduzione delle emissioni, bisogna valutare anche
l’impatto dell’intero processo di rottamazione dell’auto vecchia e di produzione
di quella nuova ed i relativi costi ambientali. Purtroppo esistono solo studi
che effettuano una comparazione esclusivamente delle emissioni vecchio vs nuovo
veicolo, ma nessuno studio recente contempla i costi ambientali della produzione
di una nuova auto e dello smaltimento di quella vecchia. Se consideriamo
l’intero ciclo di vita di un’automobile, è quindi possibile che finisca per
essere meno dannoso per l’ambiente tenersi la propria vecchia auto, anziché
sostituirla con una nuova.
Ben diverso sarebbe stato se si fosse destinata la stessa cifra ad un bonus di
300 euro per l’acquisto di una bici a pedalata assistita, come fa la Regione
Emilia Romagna. Un siffatto provvedimento avrebbe comportato la presenza di
10.000 biciclette in più che nelle città della nostra regione, con un impatto
ecologico significativo positivo e certo. Inoltre un provvedimento come questo,
promuovendo la mobilità attiva, sarebbe stato uno strumento di prevenzione
primaria e perciò avrebbe avuto anche delle ricadute positive sulla riduzione
della spesa sanitaria.
Per questo proponiamo che, nel quadro degli impegni nazionali e regionali per la
mobilità elettrica nella prossima finanziaria regionale si preveda di destinare
un primo contributo di 300.000 euro per l’incentivazione all’acquisto di
biciclette a pedalata assistita nel 2014.
E’ inoltre opportuno sottolineare che il tema della mobilità non ha a che vedere
solo con la questione ecologica relativa alle emissioni inquinanti, ma è un tema
centrale che tocca la democrazia stessa attraverso il diritto alla mobilità,
l’accessibilità ai servizi, l’inclusione, la socialità, la costruzione e il
futuro delle nostre città e la qualità dello spazio pubblico.
Ci rivolgiamo in particolare alla Presidente Serracchiani e ai 5 consiglieri
regionali (Lauri, Ukmar, Boem, Paviotti, Frattolin) che in campagna elettorale
avevano sottoscritto la “Campagna Mobilità Nuova FVG”
(http://www.mobilitanuovafvg.it/) promossa da FIAB, Legambiente, ACP, ISDE, WWF,
U.N.I.Vo.C. e AIFVS e in questo modo si erano impegnati a promuovere una visione
nuova della mobilità nel Friuli Venezia Giulia, che mettesse al centro delle
scelte della Regione la promozione della ciclabilità, della pedonalità, del
trasporto pubblico locale, della mobilità ferroviaria e dell’uso occasionale
dell’auto (car sharing, car pooling).
Associazioni per una Mobilità Nuova in Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - SABATO, 30 novembre 2013
«No antenne a Santa Barbara» Gli abitanti ricorrono al
Tar
Undici proprietari si rivolgono al tribunale amministrativo per bloccare
i lavori di costruzione di un traliccio, ma il Comune ha deciso di resistere
MUGGIA È' guerra aperta tra i residenti di Santa Barbara e il Comune di
Muggia. Undici proprietari di fondi siti nell'area del Monte Castellier hanno
ufficialmente avanzato un ricorso giurisdizionale al Tar del Friuli Venezia
Giulia per l'annullamento dell'autorizzazione per la costruzione del nuovo
traliccio sul Monte Castellier. Nello specifico i cittadini chiedono
l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, del provvedimento del Comune
di Muggia, nonché della successiva deliberazione da parte del consiglio comunale
risalente al 30 settembre scorso. L'autorizzazione unica è stata rilasciata dal
Comune alla M.B. srl per l'installazione di un traliccio per trasmissioni
radiofoniche sul Monte Castellier; la deliberazione consiliare invece ha
individuato dei siti per la delocalizzazione di impianti per la trasmissione
radio e tv, compreso il sito del Monte Castellier. Nella richiesta espressa
dagli 11 cittadini viene lamentata “l'illegittimità dei provvedimenti impugnati
per violazione di legge ed eccesso di potere”. La reazione del Comune è stata
perentoria. Visti ed esaminati i motivi del ricorso, il Municipio ha ritenuto
che le pretese dei ricorrenti non appaiano fondate “in fatto e in diritto”, e
poiché il parere dell'avvocatura civica del Comune di Muggia ha espresso la
sussistenza di motivi per resistere alle domande formulate dai ricorrenti, il
Comune ha deciso di costituirsi in giudizio per resistere al ricorso promosso
dagli undici proprietari di fondi siti sul Monte Castellier affidando la
rappresentanza, l'assistenza e la difesa dell'amministrazione agli avvocati
Walter Coren e Antonella Gerin, entrambi in servizio nell'avvocatura civica. La
resistenza al ricorso è stata votata all'unanimità da parte della giunta
riunitasi al gran completo e composta quindi dal sindaco Nerio Nesladek e dagli
assessori Laura Marzi, Valentina Parapat, Stefano Decolle, Fabio Longo e
Loredana Rossi. Che il dialogo tra le due parti fosse oramai cessato da tempo
era piuttosto evidente. Il Comitato antiantenne di Santa Barbara ha espresso
subito un'aspra contrarietà al piano di delocalizzazione dei tralicci dalla
frazione di Chiampore, ribattezzato come “la delocalizzazione del male”, votato
dal Consiglio comunale nonostante la contrarietà del Pdl. E sotto il mirino è
finito subito il progetto del nuovo traliccio da 40 metri che sorgerà su un'area
sita vicino alla zona archeologica del Monte Castellier e a poche centinaia di
metri dalle abitazioni. Chiari i punti cardine: la salvaguardia di uno degli
ultimi siti incontaminati del territorio rivierasco, il patrimonio archeologico
e paesaggistico legato al parco didattico dalla necropoli al castelliere di
Elleri e Traversata muggesana, la svalutazione degli immobili, l’impossibilità
di proseguire la bonifica del territorio attraverso la reintroduzione
dell’agricoltura. Ma tra i punti chiave c'è la garanzia che questo traliccio sia
la posa della prima pietra sulla quale poi crescerà l’abusivismo. Il sindaco
Nesladek ha sempre cercato di calmare gli animi, fornendo delle risposte che
evidentemente non hanno convinto almeno undici proprietari di fondi dell'area.
«Noi vogliamo chiudere con l'abusivismo una volta per tutte. Non riaprire altre
ferite», aveva detto Nesladek. Per ora però i margini per ricucire il rapporto
tra le due parti sono stati affidati ai rispettivi avvocati. La pace sui colli
muggesani pare ancora lontana.
Riccardo Tosques
FACEBOOK - SABATO, 30 novembre 2013
La risposta del sindaco Nerio Nesladek
#Muggia:agli abitanti di Santa Barbara e a tutti i muggesani bisogna
raccontare la verità, tutta la verità. A cominciare dal problema salute.
Esiste un rischio, è vero, ma lo stanno correndo gli abitanti di Chiampore, che
non devono essere cittadini di serie B.
Far fronte a un male creandone un altro? Neanche per sogno: l'installazione di
Santa Barbara non solo sarà lontana dalle case centinaia di metri mentre a
Chiampore le antenne sono TRA le case, ma in più non potrà emettere radiazioni
che superino un limite che è stato stabilito essere DIECI VOLTE inferiore a
quello minimo previsto dalla legge. Altrimenti dovranno chiudere. Questa cosa
non ci risulta essere stata fatta in nessuna altra parte d'Italia e forse
andrebbe sottolineata con più forza perché è un punto chiave. Chiudere
semplicemente le antenne a Chiampore senza offrire alternative è una strada già
battuta in passato che si è scontrata contro le sentenze della Magistratura. E
noi vogliamo risolvere questo problema, non semplicemente far finta di
affrontarlo.
Gli altri argomenti che oggi vengono riportati dal Piccolo (ancora una volta non
prodigo nel riportare le nostre argomentazioni) e cioè i progetti turistici,
archeologici e, non ultima, la salvaguardia ambientale, hanno tutti una loro
ragione d'essere e cercheremo in tutti i modi di salvaguardare queste esigenze.
Ma voglio essere molto chiaro nel dire che la salvaguardia della salute è la
prima in lista.
Detto questo voglio rassicurare tutti dicendo che nulla verrà fatto senza
l'assenso della Sovrintendenza (e non potrebbe essere altrimenti) e che i
progetti di valorizzazione proseguiranno sulla scia degli interventi già
eseguiti nella zona (scavi sul castelliere, ripristino di alcuni sentieri,
progettazione in funzione conservativo turistica di tutta la zona seguendo lo
studio che abbiamo commissionato all'Università).
Due ultime considerazioni alla fine: non ci saranno limiti alla fruibilità della
zona, questo è stato ampiamente chiarito, e non ne soffrirà in alcun modo la
agricoltura.
Infine considerare questo un inizio di un ulteriore epoca di abusivismi è
un'illazione che non ha alcun fondamento e che cozza invece contro la nostra
volontà di mettere ordine.
Una nota ancora: il giornale riporta ancora la contrarietà del PDL muggesano
all'operazione. Ciò, l'abbiamo detto, non ci stupisce perché, oltre all'evidente
calcolo politico, avevano paura di dover ammettere che di fronte alla loro
inattività decennale, qualcuno, noi, stiamo realmente cercando di risolvere il
problema.
IL PICCOLO - VENERDI', 29 novembre 2013
Elettra-Arvedi l’accordo deve attendere fino a dicembre
- CONSIGLIO DI STATO
Neanche il ricorso in sede di appello al Consiglio di Stato ha permesso ad
Elettra Produzione, la società che gestisce la centrale a ciclo combinato di
Servola, di accelerare l’iter per l’accordo commerciale con Arvedi il che
avrebbe anche spianato la strada per il contratto di affitto della Ferriera. Il
Gestore dei servizi energetici (Gse), società controllata dal Ministero
dell’Economia e delle finanze non ha infatti ancora risposto sulla richiesta di
risoluzione anticipata del Cip 6, il che permetterebbe a Elettra di incassare
una serie di decine di milioni di euro, di rescindere il contratto con Lucchini
e di aprirne un altro con Arvedi. Cip6, va ricordato, è la sigla che identifica
la convenzione in base alla quale chi produce energia da fonti rinnovabili o
assimilate, tra le quali sono compresi anche i gas di risulta della Ferriera, ha
diritto a rivenderle al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato. Chiedendo
la risoluzione anticipata del Cip6 si possono incassare congrui indennizzi.
Elettra l’ha chiesta al Gse già a marzo, ma ancora non ha avuto risposta. Si è
allora rivolta al Tar che ha dato al Gse tre mesi di tempo, più o meno fino al
20 dicembre, si è di conseguenza appellata al Consiglio di Stato che però ha
sostanzialemente ricalcato l’ordinanza dei giudici amministrativi di primo
grado, sottolineando che «il primo giudice ha imposto il rispetto di un termine
di conclusione del procedimento di risoluzione anticipata e pertanto le esigenze
prospettate dall’appellante sono adeguatamente assicurate mediante tale
prescrizione». Difficile dunque che qualcosa si muova prima del 20 dicembre.
Frattanto il sindacato autonomo Failms afferma di non condividere l’ottimismo
espresso da altri sindacati sul fatto che «la cassa integrazione straordinaria
non toccherà Trieste. Per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in crisi - rileva la Failms - la Cigs dura finché non termina l’attività del
commissario. È grande quindi l’incertezza di fronte a questo provvedimento sia
per i termini nella complessa stesura degli accordi di programma che si stanno
ancora determinando ai ministeri per ogni singolo stabilimento, sia per quanto
riguarda il numero dei dipendenti che saranno interessati dagli ammortizzatori
sociali». La Failms ha anche lamentato il fatto di non essere state inserita
nell’elenco delle rappresentanze dei lavoratori ai quali il commissario
straordinario Pietro Nardi ha inviato la comunicazione dell’apertura del
procedimento di cassa integrazione straordinaria.
(s.m.)
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 28 novembre 2013
Piano Regolatore del Porto di Trieste. Legambiente e WWF: "Sostenibilità non garantita"
Non è certo che gli ambiziosi programmi di ampliamento delle infrastrutture portuali, previsti nel Piano Regolatore del Porto di Trieste (PRP), ed il forte incremento dei traffici che ne potrebbe conseguire, siano sostenibili dal punto di vista ambientale.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 novembre 2013
Piante e animali da scoprire lungo il sentiero
Università, aperto l’itinerario del monte Valerio: un sistema di “app”
per sapere tutto su flora e fauna
Riapre il sentiero naturalistico del monte Valerio. Ora Trieste ha un'altra
oasi naturale, a due passi dal centro cittadino e ricca di biodiversità: almeno
1200 le specie di piante e animali che i botanici e gli zoologi dell’Università
hanno dapprima individuato al suo interno, mappandole poi sul web. Il percorso
si arrampica sul colle che sovrasta il campus universitario. Una passeggiata di
quaranta minuti per scoprire un altro supanorama della città. Finora il sentiero
era frequentato soltanto da sparuti gruppi di studenti, docenti e appassionati.
Per quanto comodo - appena sul retro dell’edificio H3, raggiungibile sia in auto
che in autobus - era finito nell’oblio. A causa di un accesso troppo ripido era
peraltro diventato quasi impraticabile. Di qui l’idea di riattare il percorso
per poi metterlo a disposizione di tutta la cittadinanza. Un pallino che
Pierluigi Nimis, docente del dipartimento di Scienze della vita, aveva da tempo
in testa. Fino a quando non è stato realizzato. Nimis ha ideato un sistema di
applicazioni per smartphone (scaricabili in rete dalla "Guida interattiva alle
piante di monte Valerio") attraverso il quale i visitatori possono sapere in
quali piante e in quali animali si imbattono durante la passeggiata. L’opera di
ripristino, costata 2.500 euro all’Università, è stata invece curata dal Sistema
museale di ateneo, che ha sistemato il sentiero dotandolo sia di gradini e
passamani in legno, sia di apposita cartellonistica. Ieri l’inaugurazione con il
rettore dell’Università Maurizio Fermeglia, il responsabile del Sistema museale
Piero Battaglini e la docente del dipartimento di Scienze della Vita Silvia
Battistella. Assieme a loro anche gli alunni di prima elementare della scuola
Duca d’Aosta che hanno piantato alcuni bulbi di Iris, in ricordo della Festa
degli alberi nel corso della quale negli anni Trenta erano proprio i bambini a
contribuire al rimboschimento del colle. «Sono fiero del lavoro dei colleghi –
ha dichiarato Fermeglia - che con poche risorse sono riusciti a realizzare
un’opera meritevole. E ne sono anche lieto: oltre che rettore sono membro del
Wwf, alpinista e accademico del Cai». Battaglini ha rimarcato che «ora
escursionisti, turisti e cittadini possono fruire di un ecosistema ancora
intatto». Battistella ha esposto poi la storia del percorso, che si snoda sul
versante meridionale del monte partendo dal Castelletto. «A metà dell’Ottocento
un imprenditore veneto, Angelo Valerio, acquistò l’intera area e costruì una
fabbrica di cioccolato nelle vicinanze. Nel 1862 fece edificare l’omonimo
Castelletto che, con il dissesto della ditta, fu messo in vendita e venne
acquistato, nel 1935, dalla baronessa Penelope Sevastopulo. L’Università di
Trieste lo acquisì nel 1962, diventando proprietaria anche del sentiero e di una
parte del colle». Elena Placitelli
PD, Marsilio interroga sulle caserme dismesse
Cosa fare degli oltre 400 beni presenti in Fvg - tra
magazzini, piazzali, piccole postazioni di montagna, condomini- gradualmente
abbandonati dall’Esercito? Lo chiede in un’interrogazione il consigliere Pd Enzo
Marsilio, secondo cui l’utilizzo di tale patrimonio renderebbe possibili
importanti progetti di tipo residenziale, turistico e commerciale.
ANCE- Protocollo d’intesa tra giunta e costruttori
Il settore dell'edilizia è un volano per l'economia del
Fvg. Per questo la Regione ha siglato un Protocollo con l'associazione dei
costruttori edili, coinvolgendo (attraverso l'Anci) anche i Comuni della
regione. Il Protocollo, siglato nelle scorse settimane dai vertici Ance e da
Debora Serracchiani, ha previsto l'avvio di uno specifico tavolo istituzionale.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 novembre 2013
Ferriera, i sindacati sperano «La Cigs qui non
arriverà»
Salvaneschi (Cisl): manovra mirata su Piombino. L’assessore Pino:
un’anomalia che Lucchini la chieda se Arvedi intende proseguire con l’attività
Chiedere un anno di cassa integrazione straordinaria a zero ore anche per la
Ferriera di Servola in quanto parte del Gruppo Lucchini in amministrazione
straordinaria, mentre c’è il gruppo Arvedi sulla porta e che anzi già compra le
materie prime e si approvvigiona poi di ghisa a Trieste, «è una anomalia». Lo
afferma Adele Pino, assessore provinciale alle Politiche per il lavoro, che
aggiunge: «Arvedi alla trattativa ministeriale per la Cigs non avrà titolo
“tecnico” per partecipare, ma è ovvio che se vuole continuare l’attività non ha
interesse a usare la Cigs, perché comprometterebbe i propri interessi». Rinforza
il concetto il suo collega di Giunta Vittorio Zollia, protagonista degli
incontri in Regione in vista dell’allestimento di un accordo di programma quando
e se si concretizzerà il passaggio effettivo della Ferriera al gruppo di
Cremona: «Io spero che se l’attività deve continuare Trieste possa essere almeno
in parte esentata dalla richiesta di Cigs della Lucchini. Bisogna capire come
vanno avanti le cose, speriamo chiarezza entro l’anno». Questo è il sentimento
comune, anche dei sindacati, che però chiederanno un incontro alla proprietà
«per verificare - afferma Umberto Salvaneschi della Cisl - se la nostra logica è
la stessa dell’azienda». Aggiunge Salvaneschi che la parola “cassa integrazione”
ha spaventato i lavoratori «già provati da anni e anni di vicende stressanti e
incertezze», ma che ogni giorno in fabbrica queste parole correvano di bocca in
bocca, l’attesa della richiesta di Cigs era nei corridoi. Tutti pensano che
nonostante il commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi abbia messo
nero su bianco che al ministero chiederà «cassa integrazione straordinaria a
zero ore per 12 mesi» per tutti gli stabilimenti del gruppo, Servola compresa
(485 dipendenti) la manovra sia essenzialmente mirata alla più grave situazione
di Piombino (2000 persone). Prosegue Salvaneschi: «Con la produzione attuale
l’organico è talmente risicato che se qualche unità viene a mancare produrre non
si può più. La richiesta di Cigs la viviamo come gruppo, ma non è applicabile a
Trieste». Un margine di dubbio però rimane: «Lo scopriremo al ministero se le
cose stanno davvero così, o se verrà presentata una realtà diversa. Al momento,
anche se c’è il contratto commerciale di Arvedi, noi pur sempre siamo ancora
dipendenti Lucchini, pagati da Lucchini. Questo - conclude Salvaneschi -
diventerà il primo banco di prova concreto per le istituzioni, Regione,
Provincia, Comune e Autorità portuale, si vedrà se c’è davvero l’inversione di
tendenza, il passaggio dal dire al fare. Per adesso Arvedi ci ha consentito di
restar vivi». La data che tutti attendono è il 19-20 dicembre quando dovrebbe
esser fatta chiarezza sulla collegata Elettra che produce energia coi gas di
risulta della Ferriera e che ha chiesto al Gestore dei servizi energetici (anche
sollecitando con una causa al Tar) la risoluzione anticipata del contratto
d’incentivo Cip6, il che costerebbe al Gse 56 milioni di euro. «Arvedi chiede
Elettra non per vendere il gas sul mercato, ma per produrre, e vuole avere le
mani libere dai contratti di Lucchini» rammenta Zollia. Alberto Monticco,
segretario regionale Cisl, reduce da incontri a Roma, inserisce un nuovo punto
di domanda: «È possibile che la cifra che il Gse dovrebbe pagare a Elettra debba
passare per la legge di stabilità. Ma non abbiamo potuto aver conferme».
Gabriella Ziani
Tra bonifiche e banchina da sviluppare - I NODI
Il “progetto Arvedi” è sul tavolo del ministero dello Sviluppo economico anche per mano della stessa Lucchini. Il commissario straordinario del gruppo, Piero Nardi, ha analizzato favorevolmente la “manifestazione d’interesse” del gruppo cremonese nelle oltre 130 pagine del suo “Programma di cessione di complessi aziendali di Lucchini spa in amministrazione straordinaria”, lo scorso settembre. La prosecuzione dell’attività con bonifica del sito (secondo Nardi lo Stato dovrebbe pagarne almeno il 50% in forza della norma sulle “crisi complesse” in cui anche Trieste è stata inserita), è ritenuta la più favorevole anche per l’occupazione. In seconda battuta esiste (e ci sono “manifestazioni d’interesse” in tal senso) il piano di trasformare una ormai ex Ferriera in banchina portuale a completamento della piattaforma logistica che è parte dei piani di sviluppo del porto. Una ampia area è in concessione demaniale. Soluzione che l’Autorità portuale aveva formalizzato in un Protocollo d’intesa con il ministero dell’Ambiente. Prevedeva ”riconversione delle aree attualmente in uso allo stabilimento con conseguente accorpamento di diverse attività in un unico polo logistico di dimensioni internazionali». È prevalsa poi l’opzione “siderurgia pulita”. E di questo si attende conferma formale.
Pesca in alto adriatico verso l’accordo per controlli comuni
È stato costituito alla Direzione marittima della capitaneria di porto un tavolo tecnico per promuovere un piano di monitoraggio e controllo sulla cattura dei cosiddetti “piccoli pelagici” nel Nord adriatico. L’iniziativa, che segue una direttiva dell’Unione europea, è coordinata dall’European Fisheries Control Agency (Efca). Ha visto la partecipazione di rappresentanti di Commissione Ue, Agenzia europea per la pesca, governi sloveno e croato, Centro di controllo pesca del Corpo delle capitanerie, cui spetta il controllo materiale. Il direttore marittimo Fvg, capitano di vascello Goffredo Bon ha auspicato la partecipazione di croati e sloveni nella tutela della filiera della pesca.
IL PICCOLO - MARTEDI', 26 novembre 2013
«Dodici mesi di cassa a zero ore per i 485 operai della
Ferriera» - SIDERURGIA»LA CRISI DELLA LUCCHINI
La richiesta avanzata al ministero del Lavoro dal commissario
straordinario del Gruppo Piero Nardi
I sindacati: «Ma noi stiamo lavorando a pieno regime,
bisogna accelerare l’operazione Arvedi»
Mentre uno statico silenzio circonda di nuovo il futuro della Ferriera e il
subentro del gruppo Arvedi con un contratto di affitto dello stabilimento,
silenzio che pesa ormai come una cappa sotto la quale crescono dubbi e timori
rilevanti, arriva una notizia drammatica. Porta ancora la firma del Gruppo
Lucchini. Il commissario straordinario Piero Nardi ha inviato con una lettera
datata 20 novembre formale richiesta al ministero del Lavoro e delle politiche
sociali di avviare il procedimento di cassa integrazione straordinaria della
durata di 12 mesi per tutti i dipendenti del gruppo, un totale di 2.698
lavoratori, di cui 485 a Trieste. Cassa integrazione a zero ore chiede il
commissario, inviando la comunicazione ai sindacati nazionali e alle Rsu della
Ferriera di Trieste e degli stabilimenti di Piombino (2000 dipendenti), Condove
(94), Lecco (85), e degli uffici amministrativi di Brescia (32). «Per ciascuna
unità produttiva - questo l’unico spiraglio affidato alle ultime righe della
comunicazione al ministero - l’individuazione dei lavoratori da sospendere
avverrà sulla base delle esigenze tecnico-organizzative e produttive aziendali».
Ma è proprio in questa frase che i sindacati individuano la rappresentazione di
una realtà che, a oggi, per Servola sarebbe migliore di quella di Piombino,
almeno fino a quando è in piedi l’impegno del gruppo siderurgico di Cremona di
affittare, e in seguito acquistare lo stabilimento con banchina sul mare. «Il
commissario straordinario resterà in carica ancora fino al 2014 - afferma Franco
Palman, segretario Uilm -, e in questa veste, coerentemente col suo piano
industriale, non può che chiedere la cassa integrazione “straordinaria”, e per
tutto il gruppo, di cui Servola fa ancora parte. Con ciò non è detto però -
prosegue il sindacalista - che i 485 dipendenti della Ferriera andranno tutti a
casa. La palla passa ora alla trattativa col ministero, dove sul tavolo c’è
l’offerta di Arvedi. Se questa va in porto, per Trieste si prefigura soltanto
l’annunciata cassa integrazione “ordinaria” e solo per alcuni e per il tempo di
adeguare azienda e banchina, e noi chiederemo il rientro al lavoro di tutti.
Diverso se Arvedi scappa. Solo in quel caso la Ferriera riconfluirà per intero
nel gruppo Lucchini, con tutte le conseguenze del caso, dalla cassa
straordinaria, alla riconversione futuribile, alla chiusura». Anche per Luigi
Isaia, delle Rsu Fiom, fondamentale in questo ulteriore strategico momento «è
capire se le intenzioni del gruppo Arvedi sono davvero serie. In questo caso la
richiesta di cassa integrazione del commissario potrebbe segnare la fine del
nostro rapporto di lavoro con Lucchini. Finora - aggiunge Isaia - noi da Arvedi
siamo stati salvati, ha comprato le materie prime e la Ferriera sta lavorando
appieno. C’è ghisa che va via come l’acqua. Chiedere una cassa integrazione
straordinaria è un controsenso. Però - è il pensiero finale Fiom - nonostante
tutto ciò che si dice noi non siamo del tutto ottimisti su come finirà questa
vicenda. A ottobre sono saltati gli incontri e la presentazione del piano
industriale, da allora non abbiamo saputo più niente, e ci arriva la richiesta
di Cigs...». La data della verità che tutti aspettano adesso è quella del 19
dicembre quando dovrebbe risolversi la questione Elettra (che usa i gas di
risulta della Ferriera) e degli incentivi Cip6. Elettra ha chiesto, anche
ricorrendo al Tar, la risoluzione anticipata del contratto d’incentivo al
Gestore dei servizi energetici, per scindere il rapporto commerciale da
Lucchini, in prospettiva dovendo passare ad Arvedi. Incassando circa 57 milioni
di euro. Questo il nodo che, tutti ribadiscono, sta attualmente rallentando i
passi ufficiali concreti. «La Regione ha detto che ha l’accordo di programma
scritto - è il commento dei sindacati - ma certamente non lo tira fuori adesso,
il primo passo è il Cip6, poi la firma con Cremona, e solo dopo si potrà parlare
di accordi». Se non ci saranno, ci sarà Cigs, anticamera di mobilità.
Gabriella Ziani
Il pessimismo di Prodani: «Non rispettato l’iter
giusto» - IL PARLAMENTARE
«Il piano europeo della siderurgia lo stiamo analizzando in questi giorni in
commissione Attività produttive della Camera. Dà solo linee-guida a fronte di
un’analisi di fabbriche e costi, sono i singoli Stati a dover elaborare una
propria strategia, mentre nel piano nazionale sulle “crisi complesse” dove
Trieste è stata inserita “in extremis” la Ferriera è presente con due righe
appena, e invece sarebbe stato necessario allegare un progetto di riconversione,
come ha Piombino. Non si sta rispettando l’iter giusto. È Invitalia che analizza
i piani, li approva, dopo 3 mesi devono essere approvati anche dal ministero».
Aris Prodani, deputato triestino del Movimento 5 stelle, non è molto ottimista
sul futuro della Ferriera di Servola. «Il problema Cip6 è molto delicato, frena
la trattativa con Arvedi, il Gestore dell’energia dovrebbe pagare a Elettra
56-57 milioni di euro, ma l’azienda deve impegnarsi a mantenere produzione e
occupazione. Non lo facesse, la Corte dei conti potrebbe chiedere al Gse di
rifondere i soldi. Ma che certezza c’è, oggi, che Arvedi mantenga la cokeria e
dunque continui la captazione di gas per la produzione di energia? Se il Gse non
dovesse accettare la risoluzione del contratto d’incentivo per il passaggio ad
Arvedi, la situazione tornerebbe al punto di partenza: chiusura al 2015 (fine
annunciata del Cip6)». Per il deputato grillino non v’è nemmeno certezza che il
gruppo di Cremona, che ha interesse ad avere una via commerciale sul mare, e
dunque la banchina di Servola, non vada in qualunque altro porto se i problemi
fossero qui troppo grandi: «Capodistria, per esempio. O Ravenna». E tra i
problemi intrecciati «in un “puzzle”» c’è quello delle bonifiche dell’area: «Lo
Stato - così Prodani - non può dare i soldi, la Ue lo ha vietato anche per
l’Ilva e per la Regione il vincolo sarebbe identico, Lucchini in fallimento
soldi non ne ha, e Arvedi ha già detto che non paga l’inquinamento altrui».
(g.z.)
«Tutto ancora bloccato per il nodo del Cip6»
Il sindaco Cosolini: «Una questione che si risolverà il 19 dicembre». A
Cremona tutto tace
Francesco Rosato, già direttore della Ferriera, poi consulente del Comune
per la ricerca di un investitore, e di seguito e oggi responsabile unico della
Siderurgica Triestina, la nuova società di gestione per il gruppo Arvedi, non è
informato della richiesta di cassa integrazione straordinaria chiesta per tutto
il gruppo Lucchini, Servola compresa, dal commissario straordinario Piero Nardi.
«Al momento non ho alcuna informazione - dice - e altrettanto non ho novità per
quanto riguarda Arvedi. Lo stabilimento intanto lavora». Neanche il sindaco
Roberto Cosolini, che segue da vicino la vicenda (recente il suo incontro a Roma
con il ministro Flavio Zanonato perché si sveltiscano le procedure in piedi) ha
meno che “ottimismo” sulla Ferriera: «Il nodo è sempre quello del costo del
contratto e del Cip6 da risolvere, questo avverrà il 19 dicembre. Se la
soluzione sarà positiva, come io penso, l’affitto dell’azienda scatterà col
gennaio 2014». Da Cremona nessuna risposta. «Non ci sono aggiornamenti al
momento - fa sapere il gruppo -, fra qualche giorno forse...». La cassa
integrazione di Lucchini? Si dice che fosse abbastanza nell’aria, proprio per la
nota situazione fallimentare del gruppo. Ma nessuno entra adesso nel merito
della cosa. «Era nell’aria - dice anche Cristian Prella, sindacalista Failms -,
secondo le notizie sul gruppo che abbiamo letto in quest’ultimo periodo, ma noi
adesso abbiamo produzione, e organici già scarsi. La cassa integrazione
straordinaria chiesta dalla Lucchini dipenderà dalle esigenze produttive di ogni
singolo stabilimento. Vorranno farla anche qui? Potranno solo “limare” qualche
unità, di più non è possibile, mentre ce la aspettiamo quando e se partiranno i
lavori di restauro interni...». Quanto al futuro, la Failms si dice “ottimista”
anche se, aggiunge Prella, «sappiamo che le difficoltà per mettersi d’accordo
sono molto grandi, ci sono molti soldi in ballo, non è questione del Cip6 o
delle bonifiche, ma di tutto l’insieme, e del rapporto complessivo che si crea
tra i diversi soggetti interessati». Sembra che la prudenza prevalga in questo
momento, dopo che i sindacati stessi si erano molto inalberati quando l’incontro
con la possibile nuova proprietà era saltato ed era stata rimandata la
presentazione del piano industriale, come avevano fatto barriera a un già
esplicito annuncio da parte di Arvedi: «Non tutti i lavoratori saranno
riassorbiti».
(g. z.)
Duino, allarme sui metalli pesanti - “Sospettata” la
centrale di Monfalcone, il Comune chiede studi e diffonderà i dati
DUINO AURISINA Non basta stare a osservare quanto avviene, anche a colpi di
esposti, nella vicina Monfalcone. Il Comune di Duino Aurisina vuole vederci
chiaro sul problema inquinamento, allertato dalle recenti polemiche che hanno
investito la centrale termoelettrica A2a e, anche, dagli esiti di un recente
studio sui licheni condotto da Arpa. Indagine che ha attributo all'area della
“città dei cantieri” la maglia nera come punto più inquinato da gas tossici
dell’intero Friuli Venezia Giulia e pure di Servola, dove insiste la Ferriera.
L'amministrazione Kukanja prende atto che «attualmente non esiste un nesso di
causalità tra dati e attività della centrale» e che le emissioni di A2a secondo
quanto reso noto dall'azienda sono nei limiti di legge, ma intende «indagare lo
stato dei fatti, indipendentemente dalla loro origine e fosse anche solo dovuto
allo smog, parlando con tutti i tecnici che hanno compiuto analisi della
situazione monfalconese, attuali e pregresse». Chiamando all'appello perfino
quanti hanno disposto studi privati sull'argomento. La novità è emersa nella
Seconda commissione consiliare, presieduta da Maurizio Rozza: i consiglieri si
sono a lungo soffermati sul tema, condiviso. L'opposizione ha chiesto la
predisposizione di centraline per il monitoraggio ambientale al Villaggio e a
San Giovanni. È impensabile, ha esordito il presidente della commissione,
pensare che «se c'è inquinamento fino a Monfalcone, questo non esista più un
metro dopo, a Duino Aurisina, solo per effetto dell'esistenza di un confine».
Rozza ha ricordato che il Comune ha già votato una mozione sul punto, inviandola
a Monfalcone. «Ho avuto modo di analizzare lo studio completo – ha riferito – e
posso dire che il quadro è molto preoccupante, anche se al momento non esiste un
nesso di causalità con A2a. Tuttavia i dati d'inquinamento sono gravi ed è per
questo che s'intende convocare quanti hanno studiato ed elaborato analisi,
affinché possano spiegarle in modo chiaro alla popolazione». Rozza intende
convocare, entro un paio di settimane, una seduta pubblica della Seconda
commissione, invitando studiosi dell'Università di Trieste che si sono occupati
della vicenda, tecnici dell'Arpa e anche l’imprenditore della Sbe Alessandro
Vescovini: da privato, la scorsa estate, aveva incaricato tecnici dell'ateneo
giuliano di effettuare una ricerca per verificare la contaminazione di metalli
pesanti sul territorio. Proprio in quell'iter gli esperti avevano trovato
depositato in Comune uno studio datato 1999 di “bioaccumulo lichenico”,
commissionato dall’allora Enel, che li aveva fatti sobbalzare per la lista di
metalli pesanti elencati. «Come amministrazione riteniamo importante divulgare
alla popolazione ogni dato, pregresso e attuale», ha chiarito Rozza. Il
capogruppo del Pd Michele Moro ha richiesto anche, in un secondo step, il
coinvolgimento di Province e Regione, mentre Massimo Romita (Pdl) ha rilevato
l'esistenza di un recente esposto alla Procura di Gorizia sempre sul tema
inquinamento e la necessità di chiarire anche questo punto, ascoltando in
audizione il sindaco di Monfalcone. Prima però, ha ribattuto Rozza, è importante
acquisire il dato scientifico: dopo la seduta coi tecnici, si passerà a quella
delle istituzioni. Tra queste, come convenuto da Roberto Gotter (Pd),
«sicuramente la Regione, che si appresta a predisporre il Piano energetico
regionale e dunque ci si può aspettare una riflessione sulla questione degli
impatti». Infine l'ex sindaco Giorgio Ret, che ha ricordato gli imbrattamenti
delle barche all'Hannibal dovute alle polveri nere e agli olii, ha richiesto
l'istituzione di centraline al Villaggio del Pescatore e Medeazza.
Tiziana Carpinelli
La centrale di Krsko riparte a ritmi ridotti
Nuovi guai per l’impianto sloveno. Il direttore: «Solo un piccolo difetto
già risolto, nessun pericolo»
KRSKO La centrale nucleare di Krsko è da ieri mattina nuovamente in funzione
ed è stata riallacciata alla rete dopo che sabato, solo pochi giorni dopo la
revisione dell'impianto, il reattore si era spento automaticamente per un
problema elettronico all'impianto di misurazione della temperatura del sistema
di raffreddamento. La centrale, che per il momento opera al 35% delle proprie
capacità, raggiungerà il massimo della potenza tra alcuni giorni. Il difetto che
era all'origine dell'arresto, hanno comunicato dalla direzione della centrale, è
stato risolto. «In nessun momento vi è stato qualche pericolo per la centrale e
per l'ambiente», ha spiegato il direttore Stane Rožman. Il problema riguardava
il malfunzionamento del nuovo sistema di misurazione della temperatura del ciclo
di raffreddamento primario, installato durante la recente revisione annuale
della centrale. Il difetto è stato presto risolto per cui l'impianto ha potuto
essere riallacciato alla rete in meno di 48 ore. La centrale di Krsko era
rimasta ferma, per i regolari lavori di manutenzione, per più di un mese, a
partire dal primo ottobre. In questo periodo, sono state sostituite le barre di
uranio esaurite (56 delle complessive 121) ed è stata effettuata la revisione
degli impianti meccanici, dei sistemi elettrici e di tutte le altre componenti
che costituiscono la struttura della centrale, con diversi interventi che hanno
riguardato migliorie del sistema di sicurezza. I lavori, costati
complessivamente 30 milioni di euro, hanno coinvolto tutti e 620 i dipendenti
della centrale nucleare e altri 1.500 tecnici esterni altamente specializzati.
Costruita nel 1983 congiuntamente dalle allora repubbliche jugoslave di Slovenia
e Croazia, la centrale dovrebbe restare operativa fino al 2043. In tutti questi
anni, non ci sono mai stati problemi di sicurezza, se si esclude l'episodio del
giugno 2008, quando per una perdita d'acqua al sistema di raffreddamento si è
proceduto allo spegnimento del reattore. Quell'incidente si è poi rivelato per
nulla grave, ma intanto nei Paesi dell'Unione europea era scattato il segnale
d'emergenza, come per altro previsto dal sistema comunitario per uno scambio
rapido di informazioni. Fortunatamente, però, tutto si è risolto solo con un po'
di paura. Attualmente, Krsko produce il 24% del fabbisogno sloveno e il 17% di
quello croato di energia elettrica.
Franco Babich
Ruspe in azione per realizzare l’elettrodotto di Terna
TRIESTE A volte le grandi infrastrutture nascono davvero. Dell’elettrodotto
Udine Ovest-Redipuglia si parlava da 10 anni e oggi, giorno della posa della
prima pietra dell’intervento di Terna, è tempo, più che di parole, di numeri: in
due anni di cantieri aperti, attraversando circa 30 comuni della Bassa friulana,
si scaverà per 35mila metri cubi e serviranno 23mila metri cubi di calcestruzzo,
1.200 tonnellate di ferro di armatura, 7.000 tonnellate di carpenteria
metallica, 310 tonnellate di morsetteria, oltre 6mila metri di isolatori, 1.400
tonnellate di conduttori. Si lavora, dunque. Da stamattina, tra i comuni di
Pavia di Udine e Santa Maria la Longa, per realizzare la stazione elettrica di
Udine Sud. L’area di cantiere, ampia 6,7 ettari, cui si aggiungono altri 6 per i
mascheramenti effettuati con piantumazioni di alberi e arbusti, è già stata
interessata dalle ispezioni geognostiche, e, più di recente, dall’attività di
bonifica ordigni bellici e dalla caratterizzazione acustica. La localizzazione,
spiega il gestore nazionale della rete di trasmissione dell’energia elettrica,
concordata con gli enti locali, è stata ritenuta la più idonea perché minimizza
la lunghezza dei raccordi con le linee elettriche, essendo vicina sia al
tracciato del futuro elettrodotto 380kV che a quello dell’esistente 220kV Udine
Nordest-Redipuglia – der. Safau che, ultimati i lavori, potrà essere dismesso
nel tratto dalla nuova stazione di Udine Sud derivazione Safau alla stazione di
Redipuglia per una ventina di chilometri. Dismissione che è parte del piano di
smantellamenti di 110 km di vecchie linee (circa 400 tralicci), connesso alla
realizzazione dei 40 km di nuovo elettrodotto. A trent’anni dall’entrata in
esercizio dell’ultimo elettrodotto ad altissima tensione in Fvg e dopo un
decennio di confronto con il territorio, si concretizza un investimento di 110
milioni di euro comprensivi delle nuove realizzazioni e una stima di 60 milioni
di risparmio all’anno per gli utenti del sistema elettrico.
(m.b.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 25 novembre 2013
Pd: «Piano regolatore, vietato dar lezioni» - LE
SALVAGUARDIE SCADUTE
Non solo Forza Italia col suo capogruppo, anche Rifondazione comunista ha
criticato con forza il ritardo del Piano regolatore, per il fatto che l’altro
giorno sono scadute le salvaguardie, cioé il divieto di nuovi interventi edilizi
fintanto che la nuova legge urbanistica non è approvata. «Da quale pulpito»
risponde Mario Ravalico, consigliere comunale del Pd nonché presidente della
commissione urbanistica. «A proposito di scadenza delle salvaguardie e apertura
di “finestre” dalle quali, a detta di qualcuno, dovrebbero rovesciarsi colate di
cemento sulla città - scrive Ravalico - , il consigliere Everest Bertoli
dimentica altre “finestre” che si aprirono il 26 luglio 2009; una data non
lontana nel tempo ma che il capogruppo di Forza Italia preferisce sottacere:
quel giorno il Consiglio comunale era stato convocato in pompa magna per
l’adozione della variante 118: in realtà non se ne fece niente con grande scorno
dell’allora assessore all’urbanistica perché lo studio geologico allegato al
Piano non era stato inviato alle circoscrizioni (meglio evitare quindi sottili
insinuazioni boomerang, del tutto gratuite, riferite all’”errore dell’assessore
competente”)». Ravalico si riferisce a uno degli accidentati percorsi del Prg
della giunta Dipiazza, quando assessore all’Urbanistica era il sindaco Dipiazza
stesso. «Ai fini dell’adozione del Piano regolatore - prosegue il presidente
della commissione urbanistica - gli uffici non lavorano né “troppo” né “poco”:
lavorano “bene” allo stesso modo in cui hanno operato per il Piano del traffico;
nel merito del Piano del traffico infine è il caso di ricordare che questa
amministrazione lo ha approvato in due anni, cosa che la precedente non era
riuscita a fare in dieci».
Muggia, il nuovo Piano in Consiglio per febbraio
L’allarme di Grizon (centrodestra): «Il progetto sembra impantanato in
Municipio» Replica il vicesindaco Marzi: «Molte consultazioni, ma il ritardo è
solo di un mese»
MUGGIA Che fine ha fatto il nuovo Piano regolatore generale del Comune di
Muggia? Il quesito è stato posto dal principale partito di opposizione
all'amministrazione Nesladek. «Tra le tante questioni dimenticate, irrisolte o
impantanate negli uffici comunali sembra ci sia anche il piano regolatore di cui
da tempo nulla si sa», spiega il consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon.
«Siamo giunti ormai al giro di boa dell’ultimo mandato di Nesladek e rispetto
alle enunciazioni roboanti del primo mandato e della prima parte del secondo, ci
sono progetti che paiono dimenticati o ancora al palo». Tra questi il Prgc.
«Dopo gli incontri tematici con i cittadini e i portatori di interessi, come
consiglieri ci piacerebbe sapere quali sono i risultati e qual è la sintesi di
questo percorso perché in fin dei conti, piaccia o non piaccia, il piano
regolatore lo voteremo noi – prosegue Grizon -. E al di là delle diverse
posizioni politiche lo sviluppo futuro del territorio, specie di questi tempi,
dovrebbe essere il più condiviso possibile se non nello spirito delle nazionali
“larghe intese” quantomeno nella logica di una tutela del territorio che
assicuri gli auspici dei muggesani e la possibilità di avviare seri e
sostenibili progetti di sviluppo economico a partire dal terrapieno dopo l’Ospo
fino alle aree industriali attigue ai laghetti». Da qui l'appello: «Propongo al
sindaco di venire in Consiglio comunale con i progettisti per una informativa
sullo stato del piano e per verificare l’agenda della sua discussione e
approvazione. Sarebbe un gesto di collaborazione e trasparenza che apprezzerei».
La risposta a Grizon non è certo tardata ad arrivare. «Diciamo subito che il
Piano regolatore non è affatto impantanato ma, come già preannunciato, ha subìto
un ritardo anche perché abbiamo deciso di ampliare il più possibile la
condivisione pubblica di questo documento importantissimo», spiega il
vicesindaco con delega alla Pianificazione territoriale Laura Marzi (Sel). E la
partecipazione da parte dei muggesani è stata maggiore rispetto alle attese
dell'amministrazione comunale. «Complessivamente abbiamo organizzato una decina
di incontri, qualcuno in più rispetto alla calendarizzazione prevista
inizialmente - prosegue Marzi - e ci siamo rapportati con le associazioni
ambientaliste, i professionisti di qualsiasi settore, quali geometri,
architetti, agenti immobiliari, ma anche naturalmente i privati cittadini e gli
amministratori». Rispetto alla tabella di marcia il ritardo è pari “a poco più
di un mese”. Quale sarà dunque il prossimo passo? «Ora stiamo aspettando dai
progettisti il Piano regolatore corretto nelle parti che presentava delle
incongruenze rispetto a quanto evidenziato da uffici e giunta comunale. La
prossima settimana faremo un controllo per verificare che le nostre osservazioni
siano state rispettate. Dopodiché il documento passerà nelle mani della Regione
che entro al massimo 60 giorni dovrà fornire i pareri necessari». Una volta
arrivato il nulla osta il Prgc verrà portato all'attenzione delle Commissioni
comunali: «Se tutto andrà bene a fine febbraio saremo in grado di portare il
nuovo Piano all'attenzione del consiglio comunale». Sull'invito a portare già
ora il documento durante la riunione del Consiglio la Marzi non ha dubbi:
«Sarebbe poco utile che i progettisti presentino il Piano. Attendiamo che l'iter
vada avanti e poi, come correttamente ha evidenziato il consigliere Grizon, il
Consiglio comunale potrà esprimere il proprio voto».
Riccardo Tosques
Ritornano i vincoli idrogeologici in Carso - LA
PROTESTA DEGLI AGRICOLTORI
Aboliti dalla giunta Tondo, ora la Regione vorrebbe reintrodurli su tutto
il territorio
PROSECCO Tegola in testa per gli agricoltori carsolini. Dopo aver lottato
per generazioni per l’abolizione del vincolo idrogeologico e averne ottenuto il
decadimento nel 2010, i produttori dell’Altipiano rischiano di vederselo
reintrodurre. La richiesta di ripristino del vincolo sembrerebbe giunta da
qualche giorno sul tavolo dell’assessorato all’Agricoltura. «Siamo sorpresi e
offesi perché rischiamo di subire un provvedimento proprio da quella maggioranza
governativa che è ben rappresentata e sostenuta nel nostro territorio – sostiene
il segretario regionale dell’Associazione agricoltori/Kmecka Zveza Edi Bukavec.
«Una questione che andava discussa preventivamente prima di approdare in sede di
commissione consigliare; questo vincolo, se riproposto, rischia di vanificare
gli sforzi dell’intera comunità slovena carsolina che proprio attraverso
l’agricoltura e l’allevamento ha contribuito alla creazione e al mantenimento di
un Carso ordinato e sostenibile». L’abolizione del vincolo idrogeologico risale
alla primavera del 2010 quando, a seguito della realizzazione della Doc
interregionale dedicata al “Prosecco”, la Regione siglava con l’Associazione
agricoltori e le altre sigle del settore un protocollo d’intesa per lo sviluppo
dell’agricoltura locale. Tra le diverse richieste, i nuovi piani di gestione per
un territorio reso intoccabile dall’istituzione delle “Zone di protezione
speciale” e dai “Siti di importanza comunitaria” imposti in sede europea dai
protocolli di “Natura 2000” e, in particolare, la revisione di quelle leggi e
quei vincoli di forte ostacolo alla viticoltura e alle altre pratiche colturali.
In quella sede gli operatori triestini avevano inoltrato un emendamento per la
revisione del vincolo idrogeologico, eliminabile sui terreni dove la pendenza
risultasse inferiore al 30 percento. «La giunta Tondo recepì la nostra istanza –
spiega Bukavec – rendendosi conto come nelle zone del Carso il vincolo
idrogeologico non avesse senso, vista la stabilità del territorio. Per i nostri
contadini era un risultato importante, visto che il vincolo scattava a ogni
minimo cambiamento prodotto, e che i controlli della Forestale prevedevano
modalità di accertamento spesso repressive piuttosto che informative. Ora
apprendiamo che qualcuno vorrebbe reintrodurre la norma senza tuttavia
discuterne con i diretti interessati. Una pugnalata alle nostre spalle che ci
lascia davvero perplessi». Maurizio Lozei
SEL - Lauri rivendica le azioni per la tutela
ambientale
«Per cinque anni il centrodestra ha smontato scientificamente molte norme di
protezione dell'ambiente. Con la legge di manutenzione rifacciamo finalmente un
passo nella direzione giusta». Lo afferma il consigliere di Sel Giulio Lauri,
ricordando come nella legge siano stati accolti numerosi emendamenti di Sel
proposti da associazioni ambientaliste.
IL PICCOLO - DOMENICA, 24 novembre 2013
Piano regolatore, iter in ritardo Decadute le
salvaguardie
La Regione ha approvato i documenti preventivi appena in questi giorni,
scaduto il divieto di nuove costruzioni.
Marchigiani: ma la “finestra” sarà breve, niente
pericoli di cementificazione
Ieri si è spento il semaforo rosso, sono scadute le cosiddette
”salvaguardie” del Piano regolatore, quel divieto a costruire cose nuove
fintanto che non siano in vigore le regole stabilite dalla legge urbanistica
entrante. In concreto, mentre la Giunta Cosolini ci sta ancora lavorando e
adesso vedremo come e in che tempi, da oggi è di nuovo luce verde sulla Variante
66, il Prg a firma Illy. Solo un sindaco in mezzo ai due, Roberto Dipiazza, ha
saltato il “giro”, il suo Prg come si sa è rimasto incagliato e dunque il
subentrante Cosolini aveva deciso di ripartire punto e daccapo, anche per
dissenso su quel testo. Ma se adesso, dopo due anni, il blocco alle nuove
edificazioni è scaduto, ci sarà la corsa al mattone fin qui frenato? Quanti
aspettavano il varco (nonostante la crisi) per avvalersi delle regole vecchie?
Come farà il Comune a proteggere il proprio disegno (no al consumo di ulteriore
suolo, restauro dell’esistente)? Infine perché il Prg in due anni non è riuscito
a ben saldarsi con i tempi dati? «Non c’è alcun pericolo - è la risposta
dell’assessore che al Prg lavora appunto da oltre due anni, Elena Marchigiani -,
perché l’interregno sarà molto breve, fino a metà gennaio, un mese se saltiamo
le ferie natalizie, e per istruire una pratica edilizia nuova servono non meno
di 4 mesi, per un piano particolareggiato almeno 6. Inoltre dal 2010 abbiamo
restituito oltre 2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione in precedenza
pagati a fronte di progetti edilizi di imprese e di privati, che hanno nel
frattempo rinunciato: i permessi a costruire - prosegue Marchigiani - hanno
durata di 3 anni, in questo periodo sono scaduti, oppure i richiedenti hanno
deciso di rinunciare all’intervento per i motivi più vari, anche economici». In
Comune ci sono però pratiche giacenti. «Sono solo 10 tra preesistenti e ancora
valide, e arrivate nel frattempo, ma le conosciamo tutte: tutte hanno qualche
problema che impedisce l’immediato rilascio, o sui dati catastali e tavolari, o
nel frattempo l’impresa è fallita, o non c’è più la base finanziaria, quindi non
sono pratiche rilasciabili a breve». Insomma il cambio di semaforo non sposterà
traffico di cemento, e anche i costruttori ormai premono solo per le politiche
alternative: ristrutturare. Il motivo del ritardo? Molti dei documenti che fanno
parte integrante del Prg devono essere approvati preventivamente dalla Regione.
Il piano sulla viabilità è tornato in Comune appena in questi giorni da agosto,
con alcune prescrizioni, e quello geologico e idrogeologico è in arrivo dopo che
erano state chieste integrazioni di documenti. Marchigiani dunque prevede che da
oggi in poi il calendario sarà questo: «Nella prima metà di dicembre, dopo aver
sentito le circoscrizioni, il Prg andrà all’approvazione della Giunta. A metà
gennaio sarà in Consiglio comunale per l’adozione. Una volta adottato, partono i
due mesi di tempo per cittadini e portatori d’interesse che hanno diritto a
esprimere osservazioni e opposizioni. Di seguito, gli uffici tecnici le devono
analizzare producendo controdeduzioni. L’ultimo atto è di nuovo in Consiglio
comunale, con il voto di approvazione». Solo a quel punto Trieste avrà un nuovo
Piano regolatore vigente in pieno. Che giorno sarà allora? «Sarà la primavera
del 2015» risponde l’assessore alla Pianificazione. Resta da capire tra
l’adozione e l’approvazione quali varchi sono ancora possibili. In questa fase
non si riattivano le “salvaguardie”. Marchigiani: «La legge regionale afferma
che sono consentiti due ulteriori anni tra adozione e approvazione, e gli
eventuali progetti presentati sulla base del vecchio Prg vanno messi a confronto
con quello nuovo: il Comune ha obbligo di scegliere il progetto più aderente al
proprio disegno, dando diniego agli altri».
Gabriella Ziani
L’ok previsto nella primavera del 2015
L’assessore: i tempi non sono lunghi, nessuna variante ma direttive
totalmente diverse dal passato
«Tre anni e mezzo, quanti ne saranno passati dall’adozione della
salvaguardie all’approvazione del Piano regolatore, se questa avverrà come
previsto nella primavera del 2015, non sono affatto molti, e non è un giudizio
soggettivo. Anzi, visto che non lo chiamaremo “Variante”, ma proprio “Nuovo
piano regolatore” e difatti è stato riconcepito dalle fondamenta, e realizzato
tutto all’interno del Comune, è perfino un tempo da record». Così l’assessore
alla Pianificazione Elena Marchigiani, che pesa anche un anno intero speso per
le consultazioni con cittadini, circoscrizioni e categorie di ogni genere
affinché il disegno urbanistico nascesse in linea con la città, «un lavoro -
aggiunge - che proseguirà ancora, fino all’approvazione». Che cosa ci sarà
dunque in questo Prg oltre al nuovo piano idrogeologico che (già si sa) ha messo
in luce pericoli per il sottosuolo di Trieste? Non solo le obbligatorie “tavole
di zonizzazione” che dicono dove è spazio di verde o residenziale o industriale
o di servizi, ma anche schede progettuali per la riqualificazione di aree. E
questi sono documenti prima inesistenti. «Indicheremo, come linea di indirizzo -
aggiunge l’assessore - dove si possono buttare giù edifici o isolati in cattivo
stato e di bassa fattura, per riedificare con buoni criteri energetici». Inoltre
debutterà il famoso “scambio” tra privati e amministrazione per cui un restauro
secondo le regole nuove farà guadagnare “punti” nel diritto a costruire nelle
zone dove il Prg lo prevede, e solo in quelle. È lo spiraglio per i costruttori,
ai quali così si toglie con una mano e si restituisce con quell’altra senza
alterare il profilo desiderato di una città che suolo da cementificare proprio
non ne ha più, né soldi per urbanizzare con servizi e trasporti eventuali aree
nuove, e «al contrario - ricorda Marchigiani - ha un alto indice di appartamenti
sfitti e invenduti». Qui si salda il lavoro appena completato nella sua prima
fase, autonomo ma che ben confluisce come parte nel tutto, del gruppo di
architetti di ManifeTso che con il supporto di Provincia e Fondazione CrTRieste
hanno realizzato una mappatura (disponibile sul sito www.pso-trieste.eu) degli
edifici in rovina, abbandonati o sottoutilizzati per far incontrare proprietario
ed eventuale interessato a riutilizzare restaurando. «Si devono trovare i denari
- commenta la titolare della Pianificazione - ma è un lavoro è utilissimo perché
offre una pre-istruttoria sull’edificio. La mappa andrà continuamente
aggiornata, speriamo che questo gruppo trasformi il progetto in una attività
redditizia, proprio per poter continuare».
(g. z.)
Piovono critiche da Rifondazione e Forza Italia
«Grave che non si sia riusciti a terminare l’iter del Prg per tempo, dopo
aver molto criticato gli errori di Dipiazza si fa la stessa cosa». I delegati al
consiglio provinciale di Rifondazione comunista hanno approvato un ordine del
giorno critico sul fatto che siano scadute le “salvaguardie”. «Il piano non sarà
adottato prima di gennaio, rientrerà in vigore quello di Illy che prevedeva una
serie di interventi invasivi, se verranno presentati progetti tesi a valorizzare
i terreni delle ditte edili proprietarie essi avranno una validità di parecchi
anni e vincoleranno le aree anche se nel frattempo il Prg cambiasse con tutele
più stringenti». Secondo Rifondazione gli uffici hanno lavorato «troppo sul
Piano del traffico, poco sul Prg». Protesta anche Everest Bertoli, capogruppo di
Forza Italia: «Bisogna far presto e bene diceva il sindaco due anni fa - scrive
in una nota -, infatti le salvaguardie decadono perché l’amministrazione
comunale non è stata capace di concludere, in due anni e nonostante le centinaia
di migliaia di euro spesi per consulenti esterni, l’iter del Piano regolatore.
Speriamo almeno - aggiunge - che tale ritardo non sia dovuto a un errore
dell’assessore competente».
Blocco elettronico alla centrale di Krsko Fuori uso il
reattore appena riavviato
Nuovi guai per la centrale nucleare di Krsko. La notte scorsa nello
stabilimento sloveno si è bloccato il reattore. Un blocco registrato proprio
pochi giorni dopo il riavvio legato alla revisione ordinaria. Il reattore, che
avrebbe dovuto iniziare a lavorare a pieno regime proprio la scorsa notte, si è
fermato a causa del funzionamento non adeguato del nuovo apparecchio di
misurazione. I tecnici della centrale nucleare hanno dichiarato che il blocco
non ha niente a che fare con lo stato e il funzionamento della centrale
nucleare. La centrale di Krsko dovrebbe tornare a un normale funzionamento al
più tardi domani. I responsabili dell'impianto hanno assicurato che tutti i
parametri della centrale sono rimasti nella norma e che la causa del blocco è
puramente di natura elettronica. Il blocco dunque secondo i vertici operativi
della centrale non avrebbe nulla a che fare con le anomalie alle barre nucleari,
riscontrate e riparate durante la revisione ordinaria.
Giardini, orti, sentieri: l’altra faccia del verde
Giornata dell’albero, iniziativa a più voci del Comune. E mercoledì il
nuovo sentiero di via Monte Valerio
Passeggiate e giochi alla scoperta degli alberi, letture sui temi
ambientali, proiezioni e concorsi fotografici dedicati al verde, il recupero e
la manutenzione dei parchi e dei giardini, l’esperienza degli orti urbani, i
nuovi itinerari nel verde a pochi minuti dal centro con l’ausilio di nuovi
sistemi informativi e multimediali. Sono solo alcune delle tante iniziative che
il Comune ha promosso per la prima edizione di “L’altra faccia del verde”,
manifestazione organizzata dal servizio Spazi aperti e verdi pubblici e
dall’area Educazione del Comune per la Giornata nazionale dell’albero
patrocinata dal ministero dell’Ambiente. «Il Comune vuole riproporre l’evento -
spiega l’assessore Andrea Dapretto - articolando ulteriori proposte e favorendo
la conoscenza di temi e esperienze legati alla gestione e alla cura del verde
cittadino». Nella due-giorni verde gli organizzatori hanno coinvolto in
particolare i più piccoli, bambini delle scuole d’infanzia e primarie che hanno
giocato e imparato sotto la guida dei tecnici comunali e degli insegnanti come
da una ghianda si sviluppi una quercia nell’inedita cornice di piazza della
Borsa. Altri ragazzi hanno partecipato a letture sul tema alla biblioteca Stelio
Mattioni e alla Quarantotti Gambini. Agli scolari delle primarie e agli studenti
delle superiori di primo e di secondo grado si rivolge invece il Circolo
fotografico triestino, con il concorso “L’Albero del cuore”: si invitano i
giovani protagonisti a cogliere con l’obiettivo le piante più originali e
interessanti dei parchi cittadini pubblici e privati e dei boschi suburbani.
Passeggiate e giochi sono stati poi organizzati all’Orto botanico di San Luigi,
altro spazio suggestivo a pochi passi dal centro. Ulteriori progetti legati al
verde urbano sono stati presentati all’auditorium del Revoltella, a iniziare dal
nuovo Regolamento del verde comunale volto al coinvolgimento di ogni cittadino
nella gestione e manutenzione delle aree naturali. Una collaborazione tra
pubblico e privato che sta già producendo i suoi frutti nel rione di Ponziana
nel nuovissimo “Giardino dei cinque colori” e nella cura dei numerosi orti
sociali urbani. Di assoluto interesse e pieno di novità il rapporto instaurato
dal Comune con il Dipartimento di Scienze della vita dell’ateneo triestino. Nel
suo intervento Pierluigi Nimis ha presentato il nuovo sentiero naturalistico di
via Monte Valerio, percorso da godere con divertenti e facili strumenti
multimediali. sarà inaugurato mercoledì. Tra gli altri progetti del
Dipartimento, lo sviluppo di un portale che consenta di riconoscere
autonomamente le piante urbane cittadine e la realizzazione di un’applicazione
che consentirà agli scolari di divertirsi nel Giardino pubblico con una “caccia
al tesoro” sui contenuti botanici del sito.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - SABATO, 23 novembre 2013
“Ulisse” denuncia: «Sulla ciclabilità Cosolini ha
forato» - L’ASSOCIAZIONE FA L’ANALISI DI MEZZO MANDATO
Il Comune in due anni e mezzo ha solo allestito due rastrelliere per 14
bici. L’assessore: «Presto le piste riservate»
«Sulla ciclabilità il sindaco Cosolini ha forato: a metà mandato l’unica
realizzazione concreta del Comune per favorire la mobilità ecosostenibile sono
state due rastrelliere, una in via Locchi e un’altra davanti alla Piscina
Bianchi, per un totale di 14 stalli». È dura la critica alla giunta cittadina
formulata da Ulisse-Fiab, associazione culturale «di cicloturisti e ciclisti
urbani». Anche se, a dire il vero, gli amanti della pedalata nel corso di un
incontro alla presenza dell’assessore competente Elena Marchigiani, rendono al
primo cittadino l’”onore delle armi”. «Le intenzioni erano e speriamo lo siano
ancora, buone ma non possiamo accontentarci di dichiarazioni d’intenti, seppure
nella giusta direzione» commentano. «Tra gli impegni presi da Roberto Cosolini
durante la campagna elettorale c’era anche di dare finalmente alla bicicletta -
afferma Ulisse-Fiab - la dignità di mezzo di mobilità quotidiana. Si era
impegnato a “creare una rete di piste ciclabili che offra ai cittadini
l’opportunità di muoversi in maniera sicura con la bicicletta in tutta la
città”». «È stato approvato - continua l’associazione - il nuovo Piano generale
del traffico urbano (Pgtu) nel quale finalmente viene inserita la rete ciclabile
Pi-Greco e va dato atto che ciò costituisce per Trieste un importante
cambiamento di tendenza. Esiste però il concreto rischio che nel passare alla
prossima fase attuativa la giunta Cosolini commetta il grave errore di far
correre estesamente i tre assi portanti su aree pedonali o sui marciapiedi (in
viale XX Settembre e in viale D’Annunzio per esempio), creando così una
conflittualità tra ciclisti e pedoni e depotenziando l’efficacia di questa
scelta progettuale». Una circostanza che cozza con la realtà: quotidianamente si
assiste a ciclisti che si muovono sui marciapiedi, attraversano sulle “zebre” e
con il semaforo rosso. «Per paura» è la spiegazione di Federico Zadnich, di
“Ulisse”. In ogni caso l’assessore replica dopo poche ore. «Condivido appieno la
richiesta di concretezza che viene da Ulisse-Fiab. A soli due mesi
dall’approvazione del nuovo Piano del traffico da parte della Provincia, io e i
miei uffici siamo già in corsa per sveltirne l’attuazione, puntando in primo
luogo sui temi della mobilità dolce» inizia Marchigiani. «Inizieremo -
sottolinea - con le prime aree pedonali nelle zone di largo Barriera e del Borgo
Teresiano; inoltre, forse già prima del 2014, si potranno vedere in città nuovi
stalli bici. La realizzazione di “zone 30” in Borgo Teresiano e in zona Barriera
è allo studio; l’intento è di arrivare a vederne una concreta applicazione entro
il primo semestre 2014». Ma, soprattutto, l’obiettivo del Comune per Elena
Marchigiani è di realizzare nuove piste e corsie ciclabili: «Due i lotti, sul
Demanio marittimo e quello da Campo Marzio alla pista della Provincia “Cottur”.
Attendiamo riscontro dall’Autorità portuale. Un’altra corsia sarà tracciata
lungo la via Mazzini, alla cui pedonalizzazione contiamo di arrivare entro la
fine del prossimo anno».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 22 novembre 2013
Bilancio di metà mandato: sulla ciclabilità Cosolini ha
forato
Tra gli impegni presi da Roberto Cosolini durante la campagna elettorale
c’era anche quello di dare finalmente alla bicicletta la dignità di mezzo di
mobilità quotidiana. Infatti nel suo programma elettorale il Sindaco si era
impegnato a “creare una rete di piste ciclabili che offra ai cittadini
l’opportunità di muoversi in maniera sicura con la bicicletta in tutta la
città”.
Nei mesi successivi alla vittoria elettorale la Giunta Cosolini annunciava
diverse novità: la realizzazione della rete ciclabile portante detta “Pi-Greco”,
l’avvio del servizio di bike sharing, la possibilità per le bici di utilizzare
alcune corsie preferenziali dei bus, l’installazione di stalli per le bici, la
realizzazione della ciclabile delle Rive, la stesura di un Biciplan,
l’abbassamento del limite di velocità in ambito urbano a 30km/h. Tutti
interventi in linea con le migliori esperienze europee, che se realizzati
avrebbero reso la mobilità urbana a Trieste più sostenibile e dato un forte
slancio all’uso della bicicletta.
Passati due anni e mezzo dall’inizio del mandato, come associazione che
rappresenta gli interessi dei ciclisti urbani, ci sembra importante fare un
confronto tra gli impegni presi e le azioni effettivamente messe in campo per
promuovere la ciclabilità:
E’ stato approvato il nuovo Piano Generale del Traffico Urbano (PGTU) nel quale
finalmente viene inserita la rete ciclabile “Pi-Greco”e va dato atto che ciò
costituisce per Trieste un importante cambiamento di tendenza. Esiste però il
concreto rischio che nel passare alla prossima fase attuativa la Giunta Cosolini
commetta il grave errore di far correre estesamente i 3 assi portanti su aree
pedonali o sui marciapiedi (in viale XX Settembre e in viale D’Annunzio per
esempio), creando così una conflittualità tra ciclisti e pedoni e depotenziando
l’efficacia di questa scelta progettuale. Questa criticità era stata più volte
segnalata da singoli e associazioni nella fase di progettazione partecipata del
PGTU.
Inoltre in questi due anni e mezzo, le uniche opere concretamente fruibili per
promuovere la ciclabilità sono 2 rastrelliere per biciclette installate in via
Locchi e presso la piscina Bianchi, per un totale di 14 stalli.
In sostanza malgrado i numerosi impegni presi dalla Giunta Cosolini i ciclisti
triestini si trovano oggi ad affrontare la stessa identica situazione di 2 anni
e mezzo fa, a fronte di un incremento netto e visibile dei cittadini che
scelgono questo mezzo per muoversi in città.
Il bilancio di metà mandato è preoccupante e deludente. Preoccupante per il
rischio di veder compromesso con scelte tecniche sbagliate il valido progetto
del “Pi-Greco” varato dal Comune. Deludente per la sostanziale totale assenza
d’interventi concreti a favore della ciclabilità e della sicurezza dei ciclisti.
Negli ultimi mesi diverse volte abbiamo messo l’amministrazione di fronte a
questo bilancio decisamente negativo. Ci è stato risposto che ci sono tanti
ostacoli (Sovraintendenza, Autorità Portuale, burocrazia, tempi tecnici) e gravi
difficoltà legate alle poche risorse disponibili a causa del difficile momento
economico.
Per avere un metro di paragone e valutare queste affermazioni abbiamo fatto un
confronto con quello che è stato realizzato in altre città italiane nello stesso
lasso di tempo.
A Torino: realizzati diversi nuovi percorsi ciclabili, è stato raddoppiato il
bike-sharing con 56 nuove postazioni e 600 bici, è stato realizzato un ottimo
Biciplan, è stato votato un emendamento per destinare a partire dal 2014, il 15%
dei proventi delle multe (da 2 a 4 milioni di euro) alla ciclabilità.
A Napoli: realizzata la ciclabile di via Caracciolo (sul lungomare), possibilità
di caricare gratuitamente le bici su metro e funicolari.
A Bologna: realizzati 5 nuovi percorsi ciclabili con un investimento di
3.230.000 euro, concesso alle bici di percorrere le corsie preferenziali dei
bus, concesso a 881 cittadini un incentivo di 300 euro per acquistare una bici a
pedalata assistita, realizzato un programma per contrastare il furto delle bici.
A Reggio Emilia: è stato esteso a tutto lo spazio urbano il limite di 30km/h, in
modo da garantire la sicurezza ai ciclisti e ai pedoni e sviluppare la
ciclabilità diffusa.
Da questo confronto emerge che altre amministrazioni hanno avuto la capacità di
mettere in campo significativi interventi a favore della ciclabilità mostrando
visione, coraggio e concretezza.
Chi volesse approfondire la lettura degli elementi di valutazione e comparazione
con quanto realizzato in altre città italiane può andare a questa pagina
http://www.ulisse-bici.org/?p=6155
ULISSE FIAB - Associazione cicloturisti e ciclisti urbani
IL PICCOLO - VENERDI', 22 novembre 2013
Riecco dopo un anno il “mobility manager”:
pedonalizzazioni al via
Nominato l’ingegner Fonzari, già tecnico del Servizio Strade Scatta
l’attuazione del Piano del traffico tra Viale e Barriera
Lavorava come “capo tecnico” della materia, però ufficioso, sempre all’ombra
dell’assessore competente Elena Marchigiani, già da un pezzo, per lo meno da
quest’estate. Adesso che i tempi tecnici della burocrazia sono maturi la fanno
sbucare, nella forma oltre che nella sostanza, da quel cono d’ombra. È infatti
ufficiale: col fresco ultimo rimpasto delle “Po” (le Posizioni organizzative, i
quadri intermedi dell’ente pubblico) che l’assessore al Personale Roberto Treu
ha firmato scorsa settimana, l’ingegner Silvia Fonzari, proveniente dal Servizio
Strade della stessa amministrazione cittadina, 46 anni, è il nuovo mobility
manager del Comune. Lo ha annunciato proprio la Marchigiani, l’altro giorno,
durante una seduta della Commissione Trasparenza presieduta dall’ex leghista
Maurizio Ferrara, ratificando la fine di una vacatio che durava da inizio anno,
quando lo storico mobility manager, l’ingegner Giulio Bernetti, se n’era andato
per prendere servizio a Grado dove aveva vinto un concorso per dirigente
comunale a tempo indeterminato, lui che qui a Trieste non era di ruolo.
L’ingegner Fonzari, che invece è di ruolo, nel curriculum un dottorato alla
Sapienza in Infrastrutture di viabilità e trasporti, va quindi a tappare una
falla formale, se è vero che il responsabile della mobilità cittadina è previsto
dal decreto Ronchi del’ 98: la Fonzari scala di carriera a Po (la recente cura
dimagrante dell’apparato municipale ha cancellato la casella da dirigente di
servizio, di seconda fascia, del mobility manager) e si ritrova a coordinare,
con particolare riferimento ai progetti di mobilità cittadina casa-scuola,
casa-lavoro e così via (lei che in passato si era occupata dei Pedibus) una task
force di tre Po agli ordini della Marchigiani per l’attuazione del Piano del
traffico. Piano attuativo che entra pertanto nel vivo, approssimandosi alla
prima fase, che lo stesso assessore conta di mettere in moto entro Natale con le
primissime pedonalizzazioni. I contestuali piani particolareggiati sono attesi
al passaggio in giunta Cosolini entro il prossimo mese. Riguarderanno - conferma
la Marchigiani - anzitutto Barriera, con la chiusura al traffico di via
Foschiatti da via Fonderia verso il Maggiore, nonché di via della Sorgente e di
via delle Erbette che la collega con via Tarabochia. Ztl con accesso limitato a
mezzi autorizzati (carico/scarico e disabili, ad esempio) diventeranno invece le
vie Nordio e del Toro, come direttrici ospedale-Viale. Restando in zona,
completamente pedonale sarà via Donizetti, a fianco della Sinagoga, mentre Ztl
diventerà il “fronte” del Teatro Rossetti. Scendendo verso Borgo Teresiano nuove
Ztl “a elevata pedonalità” sono annunciate in via XXX Ottobre tra piazza Oberdan
e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza Sant'Antonio, e in via
Torrebianca fra via San Lazzaro e via della Zonta. Un avvio a spizzichi,
insomma, frutto di «una scelta - precisa la Marchigiani - fatta per evitare una
sensibile perdita di parcheggi prima di aver lavorato anche sulle alternative»,
tra cui «una trattativa con Saba per le agevolazioni per i residenti». Tornando
al nuovo mobility manager, la Marchigiani gongola: «L’ingegner Fonzari, persona
dalla massima professionalità per la sua formazione, rappresenta il risultato di
un’operazione di scouting e di valorizzazione delle professionalità interne.
Abbiamo dovuto aspettare la necessaria riorganizzazione dell’ente, finché
abbiamo trovato una figura che non fosse prettamente amministrativa né
ingegneristica e che fosse in grado di dialogare il più possibile con i Lavori
pubblici. Missione compiuta, visto che viene dal Servizio Strade». A proposito:
le altre due Po coinvolte sono Lea Randazzo e Sara Borgogna. Tre quadri-donna al
servizio di un’assessore-donna. Il Piano del traffico è donna. @PierRaub
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Piero Rauber
Grillini bocciati sulla mozione anti Tav Sergo: «La
vecchia politica vuole l’opera»
Il Consiglio affossa la mozione Tav del M5S. Al documento - che, oltre a
quello dei grillini, ha incassato solo il voto favorevole del leghista Violino
-, si sono opposti Pd, Cittadini, Pdl, Autonomia Responsabile e Piccin del
Carroccio. Astenuta Sel. La norma sollecitava la giunta a una serie di
interventi, tra i quali un'integrazione del progetto e una nuova analisi
costi-benefici dell’infrastruttura. «I politici di professione – è l’accusa di
Sergo (M5S) – hanno dato il via libera all’opera». L’assessore Santoro ha
ricordato «che la Regione ritiene prioritari i grandi corridoi europei, quindi
anche la linea ferroviaria ad Alta capacità/Alta velocità, per garantire la
piena valorizzazione della piattaforma logistica regionale. Questo non significa
che venga distolta l'attenzione dalle criticità delle reti esistenti». Duro
l’intervento di Riccardo Riccardi (Pdl): «Visto che ha cambiato idea sulla Tav,
la Serracchiani ci dica quante case dobbiamo buttare giù tra Latisana e
Monfalcone». (g.s.)
FERRIERA - «Ridurre subito il benzopirene» - Laureni:
«Pronta l’ordinanza, a giorni sarà firmata dal sindaco»
L’ordinanza è quasi pronta e tra qualche giorno sarà firmata dal sindaco.
«Intimerà alla Lucchini e alla Servola spa - fa sapere l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni - di mettere in atto tutte le misure necessarie a
ridurre le emissioni nocive nell’ambiente e in particolare il benzopirene, se
del caso anche riducendo l’attività produttiva». Un passaggio delicato perché a
Servola l’azienda potrebbe trovarsi nell’obbligo di tagliare turni di lavoro
proprio nella fase in cui lo stabilimento starebbe per essere ceduto in affitto.
Nel mese di settembre in realtà le emissioni risultano, secondo i dati che
vengono forniti sempre da Laureni, notevolmente ridotte. Anche dalla centralina
di via San Lorenzo in Selva (che dista un paio di centinaia di metri dalla
cokeria, ndr.) sono state registrate concentrazione di benzopirene pari a 0,5
nanogrammi per metrocubo, quindi ben al di sotto della soglia di allarme di un
nanogrammo fissata dalla legge regionale. Dati ancora più bassi per le altre
centraline: 0,36 nanogrammi in via Svevo e addirittura soltanto 0,27 in via
Pitacco, sempre a Servola. Ciò non toglie che la situazione complessiva resti
allarmante poiché i dati si calcolano sulla media annuale e già da qualche mese
era chiaro come non sarebbe stato possibile scendere sotto il livello di
guardia. «Se si computa anche il dato di settembre - specifica Laureni - si
arriva a una media annuale di 1,6 (fino ad agosto la media annuale era sull’1,7)
- quindi ancora su livelli che impongono al Comune di agire non solo per
rispettare la legge, ma proprio per tutelare la salute dei cittadini». L’ultima
protesta, in particolare da parte dell’associazione No smog, contro la Ferriera
di Servola, è stata inscenata lunedì in occasione della discussione in Consiglio
provinciale del Piano regolatore del porto che oltretutto, dopo essere stato
approvato da quello di Muggia, sta per giungere all’attenzione del Consiglio
comunale di Trieste. Mentre sono alla porte importanti scadenze come quella
della concessione alla Servola spa da parte dell’Autorità portuale e soprattutto
dell’Autorizzazione integrata ambientale. Tutto ciò mentre tutto continua ancora
tacere sul fronte Arvedi, il gruppo di Cremona che ha preannunciato di voler
affittare lo stabilimento triestino prima di valutarne l’acquisto. Restano in
ballo l’accordo con la centrale Elettra e l’Accordo di programma per poter
attingere ai fondi nazionali ed europei, mentre da fonte sindacale non si
registrano novità.
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Ricordo - L’impegno civile di Daribor Zupan
È scomparso domenica 17 novembre Daribor Zupan, preside dell’ Istituto tecnico commerciale di lingua slovena. Nato nel 1947 a Trieste, da famiglia slovena, era laureato in ingegneria chimica. Era riuscito a collocarsi facilmente, per le sue doti professionali e umane, nel settore dei prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto l’est europeo. A causa di problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a questa attività. Con la stesse capacità si era dedicato all’insegnamento della chimica diventando in breve un punto di riferimento nel mondo degli istituti superiori con lingua di insegnamento slovena di Trieste facendo in seguito il preside dell’istituto Ziga Zois, fino alla pensione. Personalità di grande cultura e arguzia, preparazione scientifica e grande impegno civile, curioso e coinvolto in tante attività, amante dei viaggi che utilizzava per approfondire la sua conoscenza del mondo, era uno dei più competenti soci del locale circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, al quale era iscritto dal 2005 e di cui era stato anche direttore scientifico. Ha sempre mostrato un intelligente e ironico distacco verso le difficoltà e le miserie della quotidianità, e per questo lascia un enorme vuoto all’interno del nostro circolo e fra chi lo ha potuto conoscere.
Lucia Sirocco
IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 novembre 2013
Tav sul mare, 14 milioni gettati al vento
A tanto ammonta il costo complessivo del contestatissimo progetto
preliminare che rischia di diventare carta straccia
L’ESERCITO DEI CONTRARI Dai Comuni a Serracchiani e Zaia cresce il fronte del
“no”
TRIESTE Le due Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto contrarie. I sindaci
ostili. Un commissario che ragiona da tempo su un’alternativa. Il progetto Tav
lungo le spiagge venete disegnato da Italferr nel 2010 è sotto assedio. Dovesse
prevalere la posizione compatta della politica, dei tecnici, del territorio
contro quel tracciato, sarebbe un clamoroso esempio di cattiva gestione dei
soldi pubblici. Perché il progetto preliminare è costato 14,2 milioni di euro. E
rischia di diventare carta straccia. I costi Solitamente, per studi di questo
tipo, si viaggia attorno ai due millesimi del valore dell’opera, in questo caso
7,3 miliardi. La società dei treni, sollecitata sui costi, risponde nel
dettaglio. Per progettare la tratta Venezia-Trieste, i compensi ricevuti da Rfi
quali percentuali sul valore delle infrastrutture, come previsto da contratto
Rfi/Italferr, sommano circa 10,6 milioni. Il dettaglio: tratta Mestre-aeroporto
Marco Polo: 1.500.134,75 euro; aeroporto-Portogruaro: 3.779.652,85;
Portogruaro-Ronchi: 2.437.720,39; Ronchi - Trieste: 2.881.322,40. Totale
10.598.830,39 euro. Ma, a quanto filtra, vanno aggiunti anche 3 milioni al
ministero dell’Ambiente e 6-700mile euro di spese. Si arriva così a 14,2
milioni: più o meno i due millesimi secondo tariffa. L’iter A richiedere il
cosiddetto preliminare è stato il ministro delle Infrastrutture nell’ambito
dell’iter approvativo dei progetti di Legge Obiettivo, lo strumento che
stabilisce procedure e modalità di finanziamento per la realizzazione delle
grandi opere, con il contributo anche dell’Europa, puntando anche a spostare le
merci da gomma a ferro entro il 2030 prima e 2050 poi, come previsto nel Libro
Bianco dei trasporti. Quello del 2010, a quanto risulta, è un progetto
realizzato “in house” – e dunque senza alcuna gara –, negli uffici della società
partecipata al 100% da Ferrovie italiane. Il contenuto è noto: la Tav è
disegnata lungo la costa, con treni a velocità massima 250 km/h e costi di circa
44 milioni a chilometro, spesa insostenibile superando di oltre la metà la media
europea. E’ dunque probabile che quei 14 milioni risulteranno inutili.
L’alternativa Il commissario della Tav Venezia-Trieste Bortolo Mainardi, non a
caso, lavora su un tracciato alternativo, che corre non sulla costa ma a fianco
dell’attuale linea ferroviaria. Ne parla nel dettaglio, Mainardi, all’interno di
una corposa relazione ricca di passaggi storico-culturali, esposta la scorsa
settimana a convegno a Concordia Sagittaria, in cui si ribadisce il concetto
della concretezza. «Abbiamo una linea ferroviaria da Mestre a Cervignano
sottoutilizzata al 40% – spiega il commissario –, ma strutturalmente in
condizione di supportare già oggi il passaggio e il trasporto di merci e
raggiungere la velocità per passeggeri di 200 km orari». Considerazioni in
premessa che portano all’opportunità «di interventi per fasi: prima la
modernizzazione, con il potenziamento dell’esistente, poi, eventualmente, il
quadruplicamento». Le Regioni Il commissario, in un’ottica di prevedere opere
«economiche per la collettività, sostenibili dal punto di vista finanziario e
compatibili con l’ambiente», si è visto confortato da due delibera di Fvg e
Veneto. La giunta Serracchiani (poi fotocopiata dal collega Zaia che ha di fatto
bocciato la linea dell’assessore Renato Chisso) chiede esplicitamente di
«sospendere il procedimento e di dare contestualmente mandato a Rfi di studiare
e presentare un'ipotesi alternativa e migliorativa del tracciato esistente».
Integrazioni non basterebbero, servono ipotesi progettuali nuove, «mirate a
valorizzare e, dove serve, a raddoppiare la linea esistente». Fondamentale per
esempio «lo scioglimento del collo di bottiglia rappresentato dal bivio San
Polo, importante per i collegamenti ai porti di Trieste e Monfalcone». E quei 14
milioni gettati al vento? «Vero, risorse sprecate – commenta il consulente
dell’assemblea dei Comuni Andrea Debernardi –. Ma, se si procede con il progetto
del 2010, si finirà con il buttarne via molte, molte di più».
Marco Ballico
Il M5S incalza: «Costi e benefici dell’opera da
rivalutare» - MOZIONE IN CONSIGLIO REGIONALE
TRIESTE Approda oggi in Consiglio regionale la mozione del Movimento Cinque
Stelle sulla Tav. I grillini, primo firmatario Cristian Sergo, chiedono in
particolare un’integrazione progettuale da inserire nel corso dell’iter
procedurale del piano preliminare sulla Nuova Linea AV- AC Venezia-Trieste.
L’obiettivo, come viene precisato nel documento, è trovare «una soluzione di
tracciato alternativa, volta a potenziare e a valorizzare la linea esistente per
l’intera tratta Portogruaro-Ronchi dei Legionari» e non solo per la tratta tra
il fiume Tagliamento e il comune di Cervignano del Friuli. Il tracciato
alternativo, si legge ancora nella mozione M5S, deve prevedere anche la
valorizzazione della linea esistente, che si fermi ad Aurisina e che non preveda
la costruzione di altre gallerie o l’ampliamento di quanto già c’è nel
territorio carsico. Ma, soprattutto, i grillini sollecitano la giunta regionale
a una nuova analisi costi-benefici dell’opera. A ciò si aggiunge, stando al
documento dei grillini, anche la richiesta che per la valutazione del progetto
preliminare venga adottato l’iter procedurale previsto dall’articolo 165 del
dlgs 163 del 2006, tutt’ora vigente, superando «il pur legittimo iter
precedentemente in vigore», utilizzando un sistema «che tuteli maggiormente i
territori interessanti» attraverso la convocazione della Conferenza dei servizi
già in fase di approvazione del progetto preliminare. Di qui la necessità di
procedere a una valutazione del “Sistema conoscitivo unitario” dei quattro
tracciati di progetto, che organizzi tra loro «in modo organico e comparabile» i
risultati del Metodi valutativi dei collegamenti Mestre-Aeroporto Marco Polo,
Aeroporto Marco Polo-Portogruaro, Portogruaro- Ronchi dei Legionari, Ronchi dei
Legionari-Trieste, come già richiesto dalla Commissione Tecnica di verifica
dell’Impatto ambientale del ministero dell’Ambiente.
(g.s.)
Rifiuti pericolosi della Ferriera, rinvio in Cassazione
- PROCESSO, gli avvocati chiedono uno spostamento di sede
Sarà la Corte di cassazione a decidere il futuro del processo sullo
smaltimento dei rifiuti pericolosi della Ferriera nel quale è imputato
l’ingegner Francesco Rosato, già direttore e ex consulente del Comune per le
dismissioni e la riconversione dello stesso stabilimento siderurgico. Assieme a
Rosato sono imputati Vincenzo D’Auria, già responsabile del settore ecologia di
Servola; Walter Palcini, dipendente della ditta Refitalia; e Alessio Comper,
dipendente della società Sativa di Trento. L’accusa del pm Pietro Montrone è di
quella di avere a vario titolo ceduto, rivenduto e trasportato - o comunque
gestito abusivamente - ingenti quantità di rifiuti pericolosi proprio della
Ferriera. Ieri mattina il giudice Enzo Truncellito ha accolto l’eccezione sulla
competenza territoriale sollevata dall’avvocato Giovanni Borgna, difensore di
Rosato, per conto anche dell’avvocato Claudio Tasin che assiste Comper: e ha
ordinato la trasmissione degli atti alla Cassazione. Di fatto è stata così
sospesa anche la costituzione di parte civile, nei confronti degli imputati, che
per conto del ministero dell’Ambiente aveva presentato l’avvocato Marco Meloni.
Il conto ammonta 25 milioni di euro. «La gravità dei fatti indicati - si legge
nell’atto di costituzione (corredato da relazioni, analisi e documenti) che è
stato autorizzato dalla presidenza del Consiglio dei ministri lo scorso 24
giugno ma non incide nella trattativa con Arvedi - rende di immediata percezione
il danno materiale subìto dalla collettività in relazione al pregiudizio
ambientale causato dalle condotte incriminate e per il quale è stato individuato
correttamente come parte offesa il ministero dell’Ambiente». Ma ora tutto è
fermo. Perché il processo potrebbe ripartire da Trento.
(c.b.)
Terreno inquinato, sloggiata la sagra di viale Campi
Elisi
Metalli pesanti e soprattutto rame nell’area dove si teneva la Festa del
pesce Laureni: chiusura a titolo cautelativo, previsti ulteriori controlli
Niente più sagre estive in viale Campi Elisi. Lo spazio verde situato di
fronte alla Pam, a fianco del distributore della Esso, che dal 2010 è stato
teatro ogni estate e fino a qualche mese fa della Festa del pesce organizzata
dalla Cooperativa pescatori di cui è presidente Guido Doz, è stato chiuso «a
titolo cautelativo» dal Comune. Il motivo? La presenza nel terreno di metalli
pesanti: specie rame, pericoloso per la salute se assunto oltre un certo limite.
All’origine della decisione, come spiega l’assessore comunale all’Ambiente
Umberto Laureni, «sarà perfezionata nei prossimi mesi, alla luce di nuovi
controlli che nel frattempo effettueremo», la necessità di garantire la salute
pubblica. Doz perciò ha dovuto liberare rapidamente l’area da tutte le
attrezzature. Niente più pesce e musica d’estate nello spazio che vide esibirsi,
fra gli altri, i famosi “Rockets”. «Per noi il danno è gravissimo – protesta Doz
–: la sagra dava lavoro a una decina di persone e garantiva un incasso
complessivo di circa 100mila euro a stagione, fondamentale per la sopravvivenza
della Cooperativa. Ora improvvisamente si scopre che l’area potrebbe essere
inquinata dopo che per anni decine di migliaia di persone l’hanno frequentata».
In realtà il problema del possibile inquinamento ha radici lontane. «La prima
caratterizzazione del terreno, che originariamente era di proprietà della
Fincantieri prima di essere ceduto alla Esso – spiega Laureni – risale al 2001 e
già all’epoca fu registrata la presenza di rame. In quegli anni però la
normativa che disciplinava queste situazioni era diversa e faceva capo al
Decreto ministeriale 471 del ’99. Dopo l’entrata in vigore del Decreto 152, più
restrittivo e che prevede anche l’analisi del rischio, nel 2005 si eseguì una
nuova caratterizzazione anche perché in base alla nuova normativa la competenza
sui siti inquinati era passata alla Regione». Si arriva così al 2011, quando
diventa indispensabile individuare il responsabile dell’inquinamento. «Il resto
– riprende Laureni – è storia recente, perché lo scorso agosto la Provincia ha
chiesto di interdire l’area nell’attesa di un’attenta analisi del rischio,
trovando subito il parere favorevole dell’Azienda sanitaria. Di conseguenza
abbiamo provveduto a chiudere lo spazio, perché è il Comune che deve garantire
la salute pubblica. Confidiamo di poter effettuare nuovi e più precisi controlli
entro la prossima primavera. A quel punto – conclude - o chiuderemo
definitivamente lo spazio con una specifica ordinanza, in attesa di una
bonifica, oppure la riapriremo». Un’ipotesi, quest’ultima, che sembra destinata
a rimanere tale. «Il Comune ha inviato il provvedimento alla nostra Direzione
nazionale - spiega Roberto Di Ilio, titolare della Stazione di servizio Esso a
fianco dello spazio verde sede delle sagre – che mi ha subito comunicato
l’urgenza dello sgombero. Ho avvisato Doz e adesso lo spazio verde è vuoto».
«Prima che arrivassimo noi con i chioschi – incalza Doz – in quell’area i
residenti della zona portavano i cani a fare i loro bisogni e i bambini andavano
a giocare. Adesso all’improvviso mi vengono a dire che quello spazio è
inquinato. Era da tempo che il Comune ci faceva la guerra in tutte le maniere,
anche multandoci per l'esposizione di un cartellone all'ingresso della sagra:
adesso hanno dato la mazzata finale».
Ugo Salvini
Doz: troveremo un’altra sede
«La Festa del pesce non morirà, proseguirà la prossima estate in un altro
sito». Guido Doz, artefice della sagra di viale Campi Elisi, è perentorio. «Non
sarà un provvedimento del Comune a fermarci, la sagra è fondamentale per il
nostro bilancio e i triestini la apprezzano». Il problema è l’individuazione di
una sede adeguata. «Ho già alcune idee in testa – annuncia Doz – e sto lavorando
su un paio di proposte». Una delle possibilità sembra essere l’ippodromo di
Montebello, struttura molto grande, dotata di servizi e di parcheggio. «C’è
stato un contatto per ora del tutto informale – precisa il responsabile della
Nord Est ippodromi, Stefano Bovio – ma siamo aperti a proposte che possano
soddisfare le esigenze di tutti». Per Doz è importante restare in città:
«Spostarsi sull’altipiano equivarrebbe a stroncare la sagra».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 novembre 2013
LEGAMBIENTE - Morto Daribor Zupan - Fu dirigente della
scuola Ziga Zois
È morto nei giorni scorsi Daribor Zupan, già preside della scuola superiore
con lingua d’insegnamento slovena Ziga Zois e socio del circolo Verdeazzurro di
Legambiente Trieste, del quale era stato anche direttore scientifico. Lo
annuncia in una nota lo stesso circolo, sottolineando il «vuoto che lascia nel
Verdeazzurro e tra chi lo ha potuto conoscere». Nato nel 1947 a Trieste, da
famiglia slovena, Daribor Zupan era laureato in ingegneria chimica. Era riuscito
a collocarsi facilmente, per le sue doti professionale e umane, nel settore dei
prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto l’Est europeo. A causa di
problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a questa attività. «Con la
stesse capacità - si legge nel ricordo tracciato da Legambiente Trieste - si era
dedicato all’insegnamento della chimica, diventando in breve un punto di
riferimento nel mondo degli istituti superiori con lingua di insegnamento
slovena di Trieste e facendo in seguito il preside dell’istituto Ziga Zois»,
incarico che ha mantenuto fino alla pensione. A Legambiente Trieste Zupan era
iscritto da anni, e ne è stato «uno dei più competenti soci».
Edifici abbandonati: superficie uguale a 13 campi di
calcio
Il gruppo ManifeTso2020 ha mappato le “rovine” in un sito che ne descrive
misure, stato e anche i servizi circostanti
Settecento edifici, ma forse anche di più, condividono a Trieste la stessa
sorte: sottoutilizzati, abbandonati, in rovina. In superficie fanno 89.847 metri
quadrati. L’equivalente di 13 campi di calcio disabitati e in degrado. E senza
contare Porto vecchio, l’emblema. Sono edifici pubblici e privati. Ci sono le
caserme di via Rossetti (13.437 metri quadrati), e la Charlie di Longera (2890),
parte dell’ex Gregoretti del parco di San Giovanni (1132), la ex Casa Serena del
Comune, l’ex Istituto Talassografico e di mineralogia di via Romolo Gessi (3
piani e 67 vani), il problematico edificio di via Cologna della Provincia, l’abbandonatissimo
ex Poliambulatorio di via San Francesco. Alla voce “sottoutilizzati” la densità
in centro storico è tale da farne “zona rossa” per intero. Di questo patrimonio
il gruppo di giovani architetti di ManifeTso2020, assieme a Salone Gamma e
Studio Iknoki ha mappato nell’arco di due anni 396 edifici con dati catastali,
proprietà, percentuale di degrado, presenza o meno di vincoli, galleria
fotografica. E ha creato un sito web di facilissima consultazione e accessibile
con qualsiasi strumento informatico, completo di agganci a Twitter e Facebook,
per scoprire pezzo a pezzo questo patrimonio di “scarti” talora nobili. Si trova
su www.pso-trieste.eu. Scopo finale dell’operazione: far incontrare chi ha il
bene in disuso e chi potrebbe restaurarlo e farlo rivivere. In linea con la
regola del nuovo Piano regolatore: non più consumo di suolo, ma restauro della
città esistente. Con quali soldi? Da vedere. Ma costruttori e architetti sono
felicissimi. Per ogni edificio la vetrina di sinistra del sito consente di
aprire notizie sul tessuto urbano circostante, una guida utile per immaginare la
sua futura destinazione. “Clic”, e la mappa si riempie di informazioni sui
trasporti in zona, o sulla presenza di ogni serie di struttura alberghiera, di
piste ciclabili, scuole, occasioni di tempo libero, ricreatori, industrie,
negozi, centri commerciali. Con il nuovo sito debutta la creativa idea di “Spazi
opportunità”, progetto che spinge al riuso dell’esistente. I giovani architetti
sono stati già premiati dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli architetti. Il
sito (che sarà in continua evoluzione) è stato presentato ieri al Magazzino
delle idee dalla Provincia e dalla Fondazione CrTrieste che due anni fa hanno
molto creduto in questa proposta di Marco Barbariol e Marco Svara
(ManifeTso2020) e dei loro partner. «Abbiamo bisogno di intelligenze e di
imprenditoria giovanile - ha detto la presidente Maria Teresa Bassa Poropat -, e
la rigenerazione urbana ha una grossa valenza culturale, così come è importante
la partnership tra privati e pubblica amministrazione». Entusiasta Massimo
Paniccia, presidente della Fondazione CRTrieste che finanzia: «È nel mio Dna fin
da ragazzo la cultura della manutenzione e della conservazione - ha osservato -,
un popolo che non ce l’ha è già in decadenza. Questi giovani in me hanno trovato
una porta spalancata. Il nostro paese è pieno di innovazione: il problema è che
non sappiamo gestirla. Inoltre l’obiettivo è riqualificare gli edifici mappati,
anche per dare casa alle fasce più deboli della popolazione». Marco Barbariol,
il presidente di ManifeTso2020, ha raccontato della caccia strada per strada
alla città «delle saracinesche chiuse», delle «rovine che sarebbe meglio
abbattere». «Ora ci sono - ha concluso - le cartelle cliniche degli edifici
abbandonati, noi le doniamo a chi crede in Trieste». Divertitevi a scoprirle.
Gabriella Ziani
Un primo restauro di “verifica” - le prossime tappe
Fatta la mappa, ben onorata l’innovazione del “Riuso” (ManifeTso 2020 è
stato fra l’altro anche alla Biennale di Venezia) che cosa succede dopo? La
prima fase di “Spazi opportunità” è “conoscere”, infatti ecco il catalogo. La
seconda, “far conoscere”. Dopo il sito web, da gennaio ci saranno conferenze
pubbliche per spiegare la novità in dettaglio. Di seguito, “Forum delle
opportunità”, incontri con proprietari, professionisti e in genere interessati
per studiare le possibilità economiche (anche sommate fra più soggetti) del
recupero. L’ ultimo capitolo, “Cantiere degli spazi opportunità”, arriverà
all’esempio concreto, il restauro di un edificio, per verificare potenzialità e
problemi. Servirà, s’intuisce, la collaborazione di qualche soldo pubblico.
«Sarebbe bene - ha suggerito Elena Marchigiani, assessore alla Pianificazione -
che ci fosse un incentivo per dare a un progetto importante come questo la
chiave dell’avvio e continuità».
Rive, pista ciclabile ancora al palo Il Comune
“sollecita” l’Authority
L’opera doveva essere pronta quest’anno, ma manca l’accordo tra Municipio
e Autorità portuale
Marchigiani: «Tracciato sul sedime marittimo previsto
dall’intesa sul Piano regolatore, la si rispetti»
Dal Patto di stabilità che un ente (la Regione su input dello Stato, che a
sua volta rende conto all’Europa) impone a un altro (il Municipio)
all’instabilità diplomatica tra due enti: in questo caso Comune e Autorità
portuale. Un’instabilità tale da incoraggiare Elena Marchigiani, l’assessore di
Cosolini, a far partire una lettera di “sollecito” e chiarimento (oggetto la
pista ciclabile delle Rive che ancora non c’è) verso gli uffici di via von Bruck
che fanno capo alla presidente del Porto Marina Monassi. Stabilità per un verso,
instabilità per l’altro, la morale infatti è sempre quella: c’è un cantiere che
non parte, un progetto che non decolla nonostante i soldi che servono siano lì,
pronti per l’uso. Fanno 374mila euro già vincolati da un decennio, di cui
288mila regionali e 86mila comunali, proprio per la stra-annunciata pista
ciclabile delle Rive, più o meno due chilometri dall’imbocco del canale di
Ponterosso alla piscina terapeutica di Campo Marzio, tra la strada e il mare.
Trattasi del primo lotto della famosa pi-greco per le due ruote senza motore
disegnata sulla pianta di Trieste dal Piano del traffico, un primo lotto che
l’amministrazione cittadina aveva preconizzato finito nel 2013. E invece niente,
l’intervento non è neanche cominciato. Stavolta però, come detto, prima ancora
dei divieti di spesa in conto capitale, imposti dal Patto di stabilità che la
Regione traduce dallo Stato, in Municipio dicono di ritrovarsi a rigirare i
pollici - a non poter appaltare i lavori per ricavare la ciclabile sulle Rive,
con tanti saluti, più che all’economia che ristagna, alle promesse “verdi” della
stessa amministrazione cittadina - per difficoltà di dialogo con l’Authority.
Motivo addotto: l’Authority non si decide a farsi più in là, a lasciare spazio
sul suo sedime marittimo demaniale in concessione a Ttp, rispettando così il
patto a due sottoscritto nel 2009, nella cornice burocratica del nuovo Piano
regolatore portuale (oggi ancora incastrato nei circuiti del via libera
ambientale la cui ultima parola spetta a Roma), proprio da Palazzo Cheba e Torre
del Lloyd. Un patto, ironia della sorte politica, firmato allora da un sindaco
di centrodestra (Roberto Dipiazza) e da un capo del Porto espresso dal
centrosinistra (Claudio Boniciolli) dopo che l’amministrazione Dipiazza aveva
sollecitato l’Authority a far fare un passo indietro a Ttp, gelosa del sedime
demaniale poiché pregno di parcheggi a pagamento: adesso è un sindaco di
centrosinistra a chiedere quel passo indietro, in forza del patto stipulato
nell’ambito del Piano regolatore portuale. Ruoli e destini a parte, la lettera
di “sollecito” dei giorni nostri è fresca: l’assessore a Urbanistica e mobilità
Elena Marchigiani l’ha appena spedita. «Contiene anzitutto - precisa la
firmataria - la formalizzazione della proposta di aprire al pubblico transito la
bretella interna a Porto vecchio di fronte al Magazzino 26 da viale Miramare e
largo Santos (per allentare il carico di traffico dovuto ai lavori plurimensili
Acegas, ndr)». «Ma la lettera contiene anche - conferma la Marchigiani - una
richiesta di chiarimento sulla pista ciclabile sulle Rive, da cui ora attendo
una risposta. La scelta di scrivere all’Autorità portuale nasce dal fatto che
nell’ultimo incontro del 5 novembre con i suoi funzionari per una serie di
questioni aperte e non solo questa (presenti il segretario generale Walter
Sinigaglia, il direttore tecnico Eric Marcone e la direttrice del Demanio
Francesca Trampus) ho avuto conferma come rappresentante del Comune che i nostri
interlocutori, che ci hanno ribadito come nulla osti alla pista ciclabile purché
ce la facciamo a casa nostra, su sedime comunale, di come non abbiano colto
l’importanza dell’intesa del 2009. In questo passaggio per lettera quindi non
faccio altro che appellarmi a un atto amministrativo, un accordo tra due
istituzioni non politico ma tecnico-amministrativo, appunto. Non è mia
intenzione entrare in polemica, chiedo solo il rispetto di tale intesa affinché
possa essere data risposta alle istanze avanzate da molti cittadini, che
reclamano il diritto a una città più vivibile. Ma non solo. Una ciclabile sulle
Rive, in una città come questa, diventerebbe un volano anche per il turismo e
l’economia del territorio».
Piero Rauber
Porto Vecchio un masterplan di Italia Nostra
Italia Nostra ha presentato lunedì alla presidente dell’Autorità portuale
Marina Monassi un masterplan del Porto Vecchio che è stato inviato anche al
ministro per i Beni culturali Massimo Bray. In una nota l’associazione afferma
di non voler «lasciare il patrimonio architettonico di alto valore ancora in
attesa di ulteriori determinazioni, che prescindano dall’intervento immediato e
dalla messa in sicurezza degli edifici» e prende spunto dai recenti restauri
della Centrale idrodinamica e della Sottostazione elettrica che costituiscono il
Polo museale del porto. «Il masterplan - si rileva - è dettato
dall’imprescindibile necessità d’intervenire con immediatezza sull’intera area
ed è conseguente agli studi già svolti per lunghi anni dall’associazione». In
dicembre la presentazione alla città.
«Bonifiche, ok le risorse all’Ezit» - IL SITO INQUINATO
Confindustria plaude all’affidamento deciso dalla Regione
In merito alle attività ancora da svolgere per risolvere la “questione
bonifiche” all'interno del Sito inquinato di interesse nazionale (Sin),
Confindustria Trieste esprime soddisfazione per quello che viene definito
«affidamento in delegazione amministrativa intersoggettiva dalla Regione Friuli
Venezia Giulia all'Ente zona industriale di Trieste (Ezit), reso possibile
grazie all'impegno dell'assessore regionale all'Ambiente Sara Vito».
L'affidamento mette finalmente a disposizione dell'Ezit le risorse per
completare le caratterizzazioni necessarie per valutare l'effettivo stato di
inquinamento dell'area e permetterà l'avvio dei successivi interventi di messa
in sicurezza e di bonifica. Questi interventi sono stati previsti dall'Accordo
di programma sottoscritto con l'allora Ministro dell'Ambiente e della Tutela del
territorio, Corrado Clini, dalla Regione stessa e dagli Enti territorialmente
competenti, nel maggio 2012. «Dunque - fa rilevare Confindustria Trieste - più
di un anno e mezzo fa. E ora indifferibile - aggiunge - procedere con la massima
urgenza allo svolgimento di questi interventi, in quanto sono troppi anni che la
situazione si trascina senza essere giunta a una definitiva conclusione».
Confindustria Trieste afferma di conseguenza che continuerà «a sollecitare gli
amministratori e i decisori in carico di questa tematica, affinchè i terreni
privi di criticità ambientale vengano rapidamente restituiti agli usi legittimi
e che non vi siano penalizzazioni inique per le aziende ora site su aree
inquinate, del cui inquinamento non sono responsabili. Lunedì la giunta
regionale aveva annunciato di aver “prenotato” 7,3 milioni di euro a favore
dell’Ezit al quale spetteranno tutte le funzioni amministrative inerenti
l’esecuzione del Piano di caratterizzazione generale unitario, mentre la Regione
tiene per sé le incombenze relative a eventuali verifiche sul’andamento delle
attività delegate, gli atti conclusivi di propria competenza da trasmettere
all’Ambiente e la concessione di eventuali proroghe dei lavori commissionati.
L’aula approva l’offensiva anti Ogm del M5S
Pressing su Roma per dire no al mais biotech. Il centrodestra annuncia
battaglia sul ddl elezioni
TRIESTE Sul limite del terzo mandato per i sindaci lo scontro in aula è solo
rimandato. Ieri il centrodestra ha affilato le armi, dando un piccolo assaggio
della bagarre che scatenerà oggi. Il tetto, esteso a tutti i primi cittadini del
Fvg, è contenuto in un ddl della giunta che disciplina le elezioni comunali. Un
paletto che non piace innanzitutto al Pdl che ieri, fin dai primi interventi dei
relatori, ha accusato la giunta di «scippare i cittadini del diritto di
esprimere liberamente il proprio voto». Così il vicecapogruppo Rodolfo Ziberna:
«Vogliamo difendere il diritto per i cittadini di scegliere da chi essere
rappresentati. Cinque anni servono per acquisire padronanza della macchina
comunale, gli altri cinque per cominciare il lavoro. Perché bloccare il
percorso? - ha chiesto in aula il consigliere goriziano -. La vostra decisione –
ha detto rivolgendosi alla giunta – ha il sapore di un provvedimento da ex
Unione Sovietica. Fare il sindaco non è come andare sulle giostre e lasciare in
fretta il posto a qualcun altro». Ieri il Consiglio ha anche approvato una
mozione (firmata da Sel, Pd, M5S) contro la coltivazione degli Ogm e un richiamo
al governo (proposto dai grillini) a favore dell’adozione della clausola di
salvaguardia sugli organismi geneticamente modificati. In entrambi i casi i voti
favorevoli sono stati 31 (Pd, Cittadini, Sel e M5S), 14 i contrari (Pdl,
Autonomia Responsabile e Gruppo Misto) e un astenuto (Chiara Da Giau, del Pd).
La mozione, originariamente firmata solo da Sel, è stata sottoscritta in
versione emendata da Pd e M5S. Il documento impegna a «dare concretezza
all’enunciata determinazione di giungere a una regione Ogm-free». «Sostengo le
ragioni di un Friuli Venezia Giulia senza Ogm - ha detto in aula il
vicepresidente Bolzonello – perché questa scelta darebbe un sicuro vantaggio,
basato sulle produzioni tipiche, alla nostra agricoltura». «Con questo
provvedimento – ha osservato invece Eleonora Frattolin (MtS) si impegna
l'esecutivo nazionale a realizzare tutte le azioni possibili, così come previsto
dall'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE. Una clausola salvaguardia
finalizzata a tutelare la salute umana, l'ambiente e il modello economico e
sociale del settore». Netta anche la presa di posizione del Pd. «Dobbiamo
tutelare e promuovere le nostre biodiversità – ha detto il capogruppo Cristiano
Shaurli – e non affermare una scelta ideologica. La nostra, infatti, è una
posizione che riguarda le linee di una precisa politica agricola volta a
valorizzare le nostre culture. Il nostro obiettivo – ha continuato – non deve
essere quello di contrastare i colossi alimentari, ma intraprendere tutte le
iniziative utili alla promozione dei nostri prodotti locali che esprimono la
tipicità del territorio». Con la mozione, ha rilevato da Sel Alessio Gratton,
primo firmatario del documento, il Fvg «ha fatto un chiaro passo avanti nella
direzione dell'Ogm free».
(g.s.)
Danni provocati dai cinghiali, 300mila euro alle
vittime
TRIESTE Scatta l’offensiva della Regione per fronteggiare i danni provocati
dalla proliferazione dei cinghiali. Ad annunciarlo il vicepresidente Sergio
Bolzonello che, rispondendo in aula ad un’interpellanza dell’esponente Pdl
Rodolfo Ziberna, ha illustrato il piano d’azione. Il “pacchetto anticinghiali”
prevede innanzitutto l’inserimento nel bilancio 2014 di una posta da 300mila
euro, da destinare alle amministrazioni provinciali per il ristoro dei danni
provocati dalla fauna selvatica. Inoltre, ha precisato ancora Bolzonello, «la
giunta non si opporrà a proposte di incremento del fondo indennizzi in sede di
manovra finanziaria, riservandosi comunque di rimpinguare il capitolo in sede di
assestamento qualora se ne verificasse la necessità». Scelte, a detta
dell’esponente dell’esecutivo Serracchiani, che confermano la forte attenzione
dell’amministrazione nei confronti del problema. «Negli ultimi mesi inoltre - ha
proseguito - sono state poste in essere diverse azioni di stimolo ai cacciatori
affinché, soprattutto nel periodo luglio-agosto, venga incrementato il prelievo
di cinghiali. Parallelamente il Servizio regionale competente ha sollecitamente
e positivamente risposto a tutte le richieste di modifica dei piani di
abbattimento che prevedono l'aumento dei capi di cinghiale da abbattere nelle
singole riserve». Rispondendo alla sollecitazione di Ziberna (che aveva proposto
di liberalizzare per un anno l’abbattimento dei cinghiali e di donarne la carne
alle associazioni che si occupano di assistere i cittadini in difficoltà), il
vicepresidente ha infine ricordato che, nei giorni scorsi, si è tenuta ad Udine
una «costruttiva riunione con i quattro assessori provinciali con delega alla
caccia, affinché d'ora in avanti vengano adottati comportamenti uniformi in
tutto il territorio regionale proprio sul tema dei danni».
IL PICCOLO - MARTEDI', 19 novembre 2013
"Addio a Daribor Zupan, caro amico del circolo di
Trieste”
E' scomparso domenica 17 novembre Daribor Zupan,ex preside del Ziga Zois,
Istituto tecnico commerciale di lingua solvena.
Nato nel 1947 a Trieste, da famiglia slovena, era laureato in ingegneria
chimica. Era riuscito a collocarsi facilmente, per le sue doti professionale e
umane, nel settore dei prodotti chimici per l’industria, viaggiando per tutto
l’est europeo. A causa di problemi di salute aveva dovuto rinunciare a 37 anni a
questa attività. Con la stesse capacità si era dedicato all’insegnamento della
chimica diventando in breve un punto di riferimento nel mondo degli istituti
superiori con lingua di insegnamento slovena di Trieste facendo in seguito il
preside dell’istituto Ziga Zois, fino alla pensione.
Personalità di grande cultura e arguzia, preparazione scientifica e grande
impegno civile, curioso e coinvolto in tante attività, amante dei viaggi che
utilizzava per approfondire la sua conoscenza del mondo, era uno dei più
competenti soci del locale circolo Verdeazzurro di Legambiente Trieste, al quale
era iscritto dal 2005 e di cui era stato anche direttore scientifico.
Ha sempre mostrato un intelligente ed ironico distacco verso le difficoltà e le
miserie della quotidianità, e per questo lascia un enorme vuoto all’interno del
nostro circolo e fra chi lo ha potuto conoscere.
I funerali si svolgeranno giovedì 21 novembre alle 11.20 in via Costalunga. "
PRIMORSKI DNEVNIK - MARTEDI', 19 novembre 2013
Prp, 13 osservazioni dalla Provincia - IL DIBATTITO
La delibera è passata con 13 voti favorevoli e 8 astensioni.
Bocciata una pioggia di emendamenti presentata dal
consiglieri dell’Idv Longo. Bassa Poropat difende l’opzione Arvedi
Una lunga difesa finale da parte della presidente Maria Teresa Bassa Poropat
dell’operato delle amministrazioni locali per recuperare l’area di Servola, un
fuoco di fila di emendamenti, tutti bocciati, da parte del rappresentante
dell’Italia dei valori Fabio Longo, battibecchi tra gli stessi consiglieri e
soprattutto una presenza rumorosa con contestazioni e fischi di un pubblico
composto da esponenti di No Smog e Trieste libera. In mezzo a tutto questo, al
termine di un dibattito che solo per questo argomento ha preso due ore e 40
minuti, il Consiglio provinciale ha approvato con 13 voti favorevoli, 8
astensioni e una mancata partecipazione al voto (quella dello stesso Longo che
pure fa parte della maggioranza) una lunga delibera che esprime 13 osservazioni
relativamente alla procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via) integrata
Vas (Valutazione ambientale strategica) sul Piano regolatore del porto. Si
tratta di un parere consultivo non vincolante che ha già visto esprimersi
favorevolmente il Consiglio comunale di Muggia e che presumibilmente lunedì
prossimo approderà al Consiglio comunale di Trieste. Il Piano regolatore del
porto adottato dal Comitato portuale, come ha ricordato l’assessore alle
Infrastrutture Vittorio Zollia assistito dal dirigente Fabio Cella, è già stato
assentito dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici ed è ora al vaglio dal
Ministero dell’Ambiente. Con il documento approvato ieri dunque la Provincia
chiede che siano specificate le procedure che saranno adottate per i dragaggi
nel Canale industriale e nel canale di accesso alla Valle delle Noghere e che
venga illustrato come verrà completato il riempimento delle casse di colmata dal
momento che le volumetrie del materiale che sarà destinato a questo scopo sono
inferiori al necessario. Cella ha messo in rilievo come a questo scopo saranno
necessari 3 milioni e 650mila metri cubi di materiale. Viene chiesto che siano
specificati i sistemi di sicurezza che dovranno impedire le possibilità di
scambio tra sedimenti e acque marine e che siano dettagliati gli interventi che
impediranno lo sbocco in mare di acque di falda potenzialmente inquinata e i
possibili impatti sugli ecosistemi marini a seguito anche del notevole aumento
previsto del traffico navale con rilevazioni della presenza di benzopirene e che
ai fini del controllo della qualità dell’aria siano stimati altri bioindicatori
ante e post operam. Ma la Provincia chiede anche che, per ridurre le emissioni
delle navi, il porto valuti la possibilità di dotarsi di sistemi di fornitura di
energia elettrica a terra con l’elettrificazione delle banchine. Il documento
della Provincia inoltre vincola il parere favorevole all’inserimento nei criteri
di pianificazione del Piano regolatore portuale della previsione progettuale
dell’infrastruttura viaria di attraversamento del centro abitato (by-pass) di
Aquilinia; ciò in relazione alle modalità di accesso e uscita dal nuovo terminal
ro-ro. Ritorna anche sulla questione del rigassificatore chiedendo che venga
ribadito che la realizzazione dell’impianto di rigassificazione e del
collegamento con il metanodotto fra Trieste, Grado e Villesse sono incompatibili
con la domanda di trasporto portuale configurata dal piano stesso e con le
conseguenti scelte di infrastrutturazione previste. Infine si chiede di
prevedere che nell’ambito della zona individuata quale “Polo energetico” sia
apposto il vincolo che escluda la possibilità di realizzare impianti rientranti
tra quelli definiti “a rischio rilevante” e che l’elenco degli impianti a
rischio rilevante già esistenti sia integrato con quelli della Lucchini e di
Indegas. «Si tratta di opere molto impattanti in particolare sull’area muggesana
- ha commentato Claudio Grizon preannunciando l’astensione del suo gruppo, il
Pdl - penso solo alle migliaia di pali che dovranno essere conficcati per
realizzare il Molo Ottavo, per cui vi è una certa preoccupazione. E quanto alla
Ferriera - ha concluso - si era tutti d’accordo di chiuderla entro il 2015, poi
è arrivata l’opportunità di Arvedi. Tutti i partiti devono fare autocritica,
compreso il mio: mai promettere alla gente ciò che non si è certi di poter
mantenere».
(s.m.)
«Venite a casa nostra, vedrete che di Ferriera si
muore» - LA CONTESTAZIONE A PALAZZO GALATTI
«Siete voi che avete firmato l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)
alla Lucchini», «Venite a casa nostra a provare quanto benzopirene si respira»,
«La gente muore di tumore». Insistente, anche se non violenta la contestazione
inscenata in Consiglio provinciale da una ventina di rappresentanti
dell’associazione No smog e di Trieste Libera che non ha risparmiato nemmeno la
parte iniziale dedicata alla violenza sulle donne («Basta con queste cavolate,
parliamo dell’economia di Trieste»). I contestatori hanno avuto il loro braccio
politico nel consigliere provinciale dell’Italia dei Valori Fabio Longo che ha
presentato una pioggia di emendamenti, una parte dei quali ha ottenuto l’unico
suo voto favorevole e che chiedevano tra l’altro l’eliminazione del progetto del
Molo Ottavo, la richiesta all’Autorità portuale di non rinnovare la concessione
alla Servola spa alla scadenza del 31 dicembre, la cancellazione della variante
già in vigore per il Porto Vecchio per restituirne l’utilizzo a fini soltanto ed
esclusivamente portuali. Longo ha contestato anche la sua collega di partito
Majda Canziani, dettasi invece favorevole all’apertura del Porto Vecchio alla
città, invitandola ad uscire dal partito. «Arvedi è l’unica possibilità per
evitare che l’area di Servola si trasformi ancor più in una bomba ecologica», ha
concluso la presidente Bassa Poropat. Più tardi Alda Sancin presidente di No
smog ha amaramente commentato: «I politici non hanno capito o hanno fatto finta
di non capire nulla».
(s.m.)
Respiro smog, sono a rischio cancro - Nel rapporto
dell’Agenzia per l’ambiente Trieste non è fra le città “maglia nera”, Udine sta
peggio
Circa il 90% degli abitanti delle città europee è esposto a livelli di
inquinanti atmosferici ritenuti nocivi per la salute. Questa la conclusione
dell'ultimo rapporto sulla qualità dell'aria in Europa pubblicato dall'Agenzia
europea per l'ambiente, che evidenzia una situazione particolarmente critica per
l’Italia. Maglia nera dell’Europa, infatti, per gli sforamenti del limite di
ozono è Padova, seguita da altre città del nord, tra cui Udine. Ma anche per
quanto riguarda le polveri sottili (Pm10) e ultrafini (Pm2,5) l’Italia è tra i
paesi che nel 2011 ha superato più spesso i limiti fissati dall’Ue. L'ozono
troposferico e il particolato sono le sostanze inquinanti che destano maggiori
preoccupazioni perché causano problemi respiratori, malattie cardiovascolari,
riducono l’aspettativa di vita. E, se ciò non bastasse, l'inquinamento
atmosferico è stato classificato tra le sostanze 'sicuramente cancerogene' per
gli esseri umani dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. «I
principali responsabili della cattiva qualità dell’aria che respiriamo sono il
traffico veicolare, il riscaldamento domestico e le emissioni industriali»
precisa Fulvio Daris, direttore tecnico-scientifico dell'Agenzia Regionale per
la Protezione dell'Ambiente. A Trieste, secondo l’esperto dell’Arpa, non si
riscontrano particolari criticità. «La nostra rete di monitoraggio ha registrato
infatti in città nel 2012 concentrazioni medie annue di Pm10 comprese tra 31 e
23 microgrammi per metrocubo (il valore limite annuale per la protezione della
salute è 40 µg/m3), anche se non vanno sottovalutate le emissioni inquinanti
derivanti dal traffico portuale e dall’industria siderurgica, che possono
condizionare la qualità dell’aria delle aree limitrofe». Sul fronte dell’ozono,
invece, il IX Rapporto Ispra sulla qualità dell’ambiente urbano rileva che, nel
2011, Trieste e Udine hanno superato rispettivamente per 22 e 77 giorni il
valore di 120 µg/m3, concentrazione al di sotto della quale si ritengono
improbabili effetti nocivi sulla salute umana. Il capoluogo di regione non ha
mai superato la soglia di 180 µg/m3 (Udine invece 6 volte): livello oltre il
quale si ritiene ci siano rischi per la salute per alcuni gruppi particolarmente
sensibili della popolazione. Mai però le due città hanno raggiunto la soglia di
allarme di 240 µg/m3 di media oraria. Che fare per tutelare la nostra salute?
«Nell’ambito della collaborazione con i dipartimenti di prevenzione del Servizio
sanitario regionale, l’Arpa fornisce i dati ambientali ma anche le previsioni
delle concentrazioni di ozono e Pm10 con tre giorni di anticipo, al fine di
consentire, a chi è preposto alla salute dei cittadini, l’adozione di tempestive
misure di prevenzione. Sarebbe comunque auspicabile una collaborazione fattiva
da parte della popolazione: quindi, un uso ragionevole delle autovetture private
e una gestione oculata del riscaldamento domestico, a vantaggio della salute,
dell’ambiente ma anche del portafoglio».
Simona Regina
Laureni: nessun pericolo amianto negli edifici di
proprietà comunale
Relazione dell’assessore al Consiglio: in costruzione una nuova
mappatura, sostanza presente solo in alcune pavimentazioni compatte.
Primo censimento in scuole e ospedali ordinato nel 1986
Nessun pericolo imminente dalla presenza di amianto in alcune strutture di
proprietà del Comune, in quanto si tratta di pavimentazioni compatte, quindi
“inerti”. È la rassicurazione fornita dall’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni nella relazione illustrata al Consiglio comunale di ieri sera,
sollecitata da una mozione di alcuni consiglieri. Alla quale si aggiunge una
precisazione: l’amministrazione continua e continuerà a vigilare. «Una mozione -
ha iniziato l’esponente della giunta -, quella che ha innescato questa mia
relazione, che fa onore non solo ai firmatari ma a tutto questo Consiglio.
Poichè oggi ci confrontiamo con gli errori e gli orrori di ieri». Secondo i dati
portati all’attenzione dell’aula, a Trieste nel periodo 1994–2011 i malati di
mesotelioma derivante dall’esposizione, con origine e motivazione professionale,
all’amianto sono stati 247 su un totale regionale di 561. «La città - ha
specificato Laureni - e Gorizia ricoprono la quasi totalità dei casi di tumore,
indice del sistema industriale e cantieristico del tempo». Oggi nel
“sistema-amianto” giocano più “attori”, «dalla magistratura alla sanità, ai
controllori. Un sistema che ha una linea di demarcazione costituita dalla legge
257 del 1992, che riconosceva agli “esposti all’amianto” forme di
prepensionamento e poneva e pone al bando l’amianto. Oltre a ciò, un’altra norma
del ’93 proibisce la produzione di manufatti». Con una distinzione importante:
la norma si riferisce a materiale logorato, “sfibrato”, intaccato poiché quello
integro non è pericoloso. «Da allora il sistema si è dato delle garanzie -
precisa l’assessore -: i morti di cui parliamo oggi sono i malati di 30, 20 anni
fa. Non siamo più ai tempi quando mio nonno, coibentista, faceva palle di neve
con l’amianto. Ora altre norme impongono di censire la presenza dell’amianto e
il Comune di Trieste ha proceduto, nelle centrali termiche, nelle tubazioni, in
tutti gli altri casi». Laureni ha elogiato anche le funzioni svolte dalla
Regione, che con l’apposita Commissione dal 2001 ha accentrato le funzioni di
coordinamento delle attività di controllo e prevenzione, oltre alla vigilanza
sulla formazione degli addetti alla rimozione e di altri soggetti operanti nel
settore. «Oggi ci sono segnali di nuova attenzione sul tema - ha continuato il
titolare dell’Ambiente -: possiamo affermare che il Comune è un buon datore di
lavoro, garantisce i suoi dipendenti e le persone di cui per doveri
istituzionali ha responsabilità. Basti pensare che già nel 1986 con una
circolare anticipatoria impartiva di censire l’amianto in scuole e ospedali». Ai
giorni nostri il Comune ha proceduto a un nuovo censimento, con analisi visiva e
sta completando campionamenti a due livelli per verificare se in casi sospetti
c’è effettivamente la sostanza pericolosa e se questa sia compatta o disgregata.
«Dal 2003 - così Laureni - ad esempio in accordo con Acegas abbiamo bonificato
tutte le nostre caldaie». Il consigliere Cetin (IdV), firmatario della mozione,
alla fine della relazione ha evidenziato come il Comune debba tenere alta la
guardia sul tema mentre Andolina (FdS) ha puntato il dito su un altro
cancerogeno: il virus Sv40, trasmigrato dagli animali all’uomo per
contaminazione di alcuni vaccini anti-polio. Studi hanno appurato una
correlazione tra presenza dell’Sv40 e l’insorgenza del cancro del mesotelio.
«Considero l’uso che è stato fatto dell’amianto, anche quando c’erano più che
sospetti - ha affermato il politico-medico - un crimine contro l’umanità. Alla
stessa stregua dell’utilizzo fino all’ultima dose del vaccino contaminato,
quando già si sapeva della circostanza». Il consigliere Bucci (Fi) ha chiesto
attenzione e iniziative riguardo un’altra sostanza dannosa alla salute, il
benzopirene.
Regione, 7,3 milioni per le bonifiche
Risorse da attribuire all’Ezit in base all’accordo firmato nel 2012 con
il ministero
La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ha deliberato l’affidamento
all’Ente zona industriale di Trieste (Ezit) di una serie di attività da svolgere
per le bonifiche all’interno del Sin, il Sito inquinato d’interesse nazionale,
che comprende buona parte della zona industriale fino a Muggia. La giunta ha
“prenotato” risorse finanziarie pari a quasi 7,3 milioni di euro da attribuire
all’Ezit, dando seguito all’accordo che nel 2012 venne sottoscritto dal
Ministero dell’ambiente, dalla Regione stessa e dagli enti territorialmente
competenti per valutare i livelli d’inquinamento dell’area e i successivi
necessari interventi di messa in sicurezza e di bonifica, con particolare
attenzione ai terreni appartenenti ad Ezit, a soggetti pubblici ed a operatori
economici sui quali sono insediate piccole e medie imprese o sui quali è
prevista la futura collocazione di piccole e medie imprese. La svolta giunge a
quasi due anni dalla firma dell'accordo di programma finalizzato
all'accelerazione sull'infinita questione delle bonifiche del Sito inquinato. I
tecnici dell'Ente zona industriale e della Direzione centrale Ambiente della
Regione si erano già confrontati a ottobre per un testo concordato mentre la
Ragioneria regionale ha verificato la copertura finanziaria. Gli interventi
hanno l’obiettivo finale della «riqualificazione ambientale, funzionali alla
deindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito
d’interesse nazionale di Trieste». All'Ezit spettano tutte le funzioni
amministrative inerenti l'esecuzione del Piano di caratterizzazione generale
unitario mentre la Regione terrà per sé le incombenze relative a eventuali
verifiche sull'andamento delle attività delegate, gli atti conclusivi di propria
competenza da trasmettere all'Ambiente e la concessione di eventuali proroghe
dei lavori commissionati.
Welcome day, la Sissa lancia il “car pooling”
La nuova iniziativa di condivisione delle automobili sarà presentata
domani agli studenti
Anche quest’anno la Sissa organizza il “Welcome Day”, la giornata in cui
tradizionalmente si accolgono i nuovi studenti e si presenta la Scuola al
pubblico. L’evento - domani a partire dalle 9.30 - sarà l’occasione per fare un
bilancio dell’anno appena passato, assegnare alcuni riconoscimenti a chi lavora
e studia alla Scuola e presentare alcune novità, tra cui il “Sissa car-pooling”.
I protagonisti della celebrazione non saranno però solo i nuovi arrivati: il
“Welcome Day” infatti è anche un modo per valorizzare il contributo di tutti
coloro che partecipano alla vita della scuola e per raccontarne l’attività
quotidiana a tutti i cittadini. Verrà data la parola a studenti e “postdoc”, che
avranno modo di raccontare le proprie esperienze ai nuovi arrivati. Saranno
presentate le attività didattiche fatte con le scuole nel corso dell’anno scorso
e quelle di divulgazione, come per esempio la partecipazione della Sissa alla
Barcolana 2013. Saranno assegnati i premi per la migliore tesi di dottorato 2013
per la Fisica, Matematica e Neuroscienze e quello per la migliore tesi di master
in comunicazione della scienza “Franco Prattico”. L’assessore Antonella Grim
presenterà inoltre il contributo del Comune di Trieste al master “Franco
Prattico”: una borsa di studio di 3mila euro che verrà conferita per le prossime
tre annualità. Verranno poi assegnate le Personnel Medal Award ai membri del
personale amministrativo che si sono distinti per meriti di servizio, e due
medaglie al personale scientifico: una a Enrico Cherubini e una a Marco
Fabbrichesi. Un premio “ideale” per tutte le persone che frequentano la scuola è
invece la nuova iniziativa di car-pooling, fortemente voluta dal direttore Guido
Martinelli. «Sono molti gli istituti anche internazionali che stanno promuovendo
il car-pooling fra il personale», spiega il direttore. «Non è una novità che
viaggiare in macchina da soli, oltre ad essere poco economico, ha un impatto
negativo sull’ambiente. Per questo abbiamo deciso di prendere una forte
iniziativa per incoraggiare le persone a condividere la macchina per venire alla
Sissa: un piccolo ma significativo gesto per diminuire le emissioni di CO2 e
altri inquinanti nell’atmosfera, oltre che per ridurre il consumo complessivo di
carburante, senza contare l’aspetto di socialità». La scuola ha perciò
individuato alcuni “stop” (che corrispondono anche alle principali fermate
d’autobus) intorno al perimetro allargato della Sissa sulle direttive più
frequentate, dove chi ha bisogno di un passaggio potrà sostare rendendosi
evidente grazie a una spilletta dai colori accesi che porta il logo “Sissa car
pooling”. Anche chi è in macchina renderà evidente la sua adesione
all’iniziativa esponendo sul parabrezza un adesivo con la stessa grafica e
colori della spilla: in questo modo conducente e passeggero potranno
riconoscersi con facilità e sicurezza. Durante la mattinata del “Welcome Day” il
direttore presenterà nei dettagli l’iniziativa e saranno messe a disposizione
spillette e adesivi. La mattinata si concluderà con la lectio magistralis (in
inglese) di Michele Morgante dell’Università di Udine dal titolo “What’s in our
Dna? Unmasking our true selves through genomics”. Morgante è uno scienziato
molto attivo nella ricerca sulla genetica delle piante, per la quale ha ottenuto
importanti riconoscimenti nazionali e internazionali, ed è anche direttore
scientifico e fra i fondatori dell’Istituto di Genomica Applicata di Udine. Il
suo intervento inizierà alle 11.35.
Novanta ore all’anno in coda nel traffico
Il record a Palermo. Subito dietro Roma e Milano. I risultati del “TomTom
Traffic Index”
La città più trafficata d’Italia? Palermo. Già, proprio come nella scena del
mafioso del film Jonny Stecchino di Roberto Benigni. Il capoluogo siciliano è
seguito a stretto giro di posta da Roma, Milano, Napoli e Genova. È questa la
sentenza del “TomTom Traffic Index” il barometro della congestione
automobilistica nelle aree urbane e non di tutto il mondo. In particolare, il
capoluogo siciliano presenta il più alto indice di traffico nell’arco
dell’intera giornata: rispetto a una situazione normale, si impiega in media ben
il 40 per cento di tempo in più per coprire un determinato tratto di strada. Un
automobilista palermitano, in soldoni, passa in coda almeno novanta ore
all’anno. Risultato che oltre a provocare, immaginiamo, un comprensibile disagio
psicologico negli utenti della strada, colloca il capoluogo siciliano al quarto
posto assoluto a livello europeo nella classifica delle città più caotiche.
Peggio si comportano, infatti, solo Mosca (65%), Istanbul (57%) e Varsavia
(44%): ma in questi casi bisogna considerare una mole di popolazione e veicoli
ben più massiccia. Tornando alle latitudini di casa nostra, c’è da registrare la
situazione particolarmente difficile della capitale. Dove la percentuale di
congestionamento è pari al 28% per quanto riguarda vie consolari, autostrade e
Grande raccordo anulare, ma sale fino al 40% se si prende in considerazione la
viabilità urbana. Quel che, tuttavia, pare assolutamente proibitivo è spostarsi
durante le ore di punta, mattutine e serali: in questi frangenti i tempi di
percorrenza si allungano rispettivamente dell’84 e del 67 per cento, il che
contribuisce a collocare Roma al sesto posto nella classifica europea delle
città più trafficate, subito davanti alla quasi altrettanto caotica Parigi. E se
Roma piange, Milano non ride più di tanto: il congestionamento del capoluogo
lombardo è pari al 20% su strade extraurbane, e al 29% su quelle cittadine. Ma
la buona notizia, per gli automobilisti meneghini, è che negli ultimi anni il
trend è in calo. Chiudono, infine, questa top five non troppo lusinghiera Napoli
e Genova, rispettivamente quarta e quinta. L’ultima notazione è per la media
europea: nel vecchio continente si passano più o meno otto giorni all’anno in
coda. Ne varrà la pena?
Marco Scafati
Dalle paludi alle risorgive Tutele speciali per 56 siti
- AMBIENTE
TRIESTE Sono 56 i Siti di interesse comunitario (Sic) del Friuli Venezia
Giulia diventati Zone speciali di conservazione (Zsc). Il Fvg è la terza Regione
italiana ad avere completato l'iter previsto ed a ottenere questo risultato e la
designazione conferma che i quattro piani di gestione e le misure di
conservazione sito sono stati valutati soddisfacenti e adeguati al perseguimento
della conservazione della biodiversità in sede nazionale. Per 24 Sic della
regione alpina e 28 di quella continentale sono in vigore, dalla scorsa
primavera, misure di conservazione sito specifiche e suddivise per habitat, per
specie e per sistemi trasversali. Per la Val Cavanata, il Banco Mula di Muggia,
le Risorgive dello Stella, la Palude Selvote e le Paludi di Gonars sono già
attivi altrettanti piani di gestione, mentre sono ancora privi di misure di
tutela i tre siti marini di più recente istituzione. Grazie all'intesa ufficiale
con il ministero sulle misure necessarie alla gestione dei siti prima e la
designazione a Zsc poi (il decreto del ministro dell'Ambiente e della Tutela del
territorio e del Mare è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 8
novembre), è stato così compiuto il secondo passo previsto per la completa
istituzione della “Rete di tutela della biodiversità”. L'entrata in vigore di
misure specifiche di conservazione sito ha inoltre consentito di accedere ai
finanziamenti della programmazione europea e di evitare procedure di infrazione,
perché l'attuazione della direttiva Habitat è divenuta indispensabile
all'accesso alla programmazione 2014-2020, attualmente in corso di definizione.
Poiché il finanziamento della Rete è trasversale ai vari programmi, la Regione
si doterà ora di un quadro di priorità (Prioritised Action Framework) che
consentirà la verifica della coerenza delle scelte proposte al finanziamento. La
“Rete europea Natura 2000 per la tutela della biodiversità” ha per obiettivo la
protezione delle specie e degli habitat di interesse comunitario presenti nei
diversi siti.
Valle Cavanata invasa dagli aironi rosa
Stormo di oltre trecento esemplari avvistato in volo sopra la riserva
naturalistica. In aumento anche cigni e cormorani
GRADO Un altro incredibile “scatto” della fotografa naturalistica Margitta
Schuff Thomann: domenica mattina è riuscita a immortalare un folto stormo di
aironi rosa. La fotografa era appostata nell’oasi faunistica della Valle
Cavanata, e all’improvviso ha visto alzarsi i fenicotteri, che hanno sorvolato
la riserva naturalistica. Difficile calcolare il numero esatto di questi
volatili, ma saranno stati oltre trecento quelli che hanno sorvolato la zona.
Guardando la fotografia è facile pensare che se le Frecce Tricolori effettuano
incredibili voli in gruppo, altrettanto, e in formazione decisamente molto più
numerosa, lo fanno anche questi uccelli. In ogni caso, ammirare tanti
fenicotteri rosa tutti in un sol colpo non è certo cosa di tutti i giorni. La
stessa Margitta Schuff Thomann li aveva già immortalati in laguna a suo tempo,
ed erano già numerosi. Evidentemente, però, nell’arco di un anno si sono
notevolmente moltiplicati. In questo periodo alla Cavanata sono presenti
migliaia e migliaia di uccelli acquatici di diverse specie. Ma anche la laguna
si sta popolando sempre più. Lo si nota per la numerosa presenza di aironi
bianchi e anche cinerini, che poi “bazzicano” anche nelle campagne di Fossalon.
Ma si verifica anche un aumento notevole di cigni che si spingono un po’
dovunque. Chi ad esempio si reca a Barbana li nota quasi sempre anche ai lati
del canale della Litoranea veneta. Tra l’altro, uno di questi è ormai diventato
anche la mascotte del porto, dato che non è raro che faccia una capatina,
sostando per più di qualche ora, fino nel cuore del mandracchio, per poi
ritornare in laguna. In ambito lagunare si registra anche l’aumento dei
cormorani, che notoriamente sono divoratori di pesci e che proprio per questo
creano ingenti danni agli allevamenti di pesce delle valli. Gianna Visintin, che
si occupa della Val Cavanata per conto della Shore Line (che gestisce la
struttura per il Comune) spiega che le specie più facilmente osservabili
attualmente sono codone, mestolone, germano reale, alzavola, moretta, oca
selvatica, airone cinerino, airone bianco maggiore, garzetta e oca selvatica.
Non siamo ancora comunque al massimo degli avvistamenti, che si registrerà tra
qualche mese. Sono state segnalate finora oltre 260 specie di uccelli. Simbolo
della Riserva è l'oca selvatica, reintrodotta nel 1984 e che dal 1987 si
riproduce regolarmente. Oggi nella riserva la popolazione dell'oca selvatica
conta un centinaio di individui. Non è raro, comunque, che nell’oasi si
verifichino avvistamenti e presenze di altri uccelli come il Cavaliere d’Italia.
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Antonio Boemo
L’Unesco e i paesaggi della bellezza - APPUNTAMENTI -
Un settimana di film per sensibilizzare sullo sviluppo sostenibile
“I paesaggi della bellezza: dalla valorizzazione alla creatività” è il
titolo dell’ottava Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, in
programma fino a domenica. Al Miela, al Magazzino delle idee e al cinema dei
Fabbri un ciclo di iniziative (il cui calendario completo è sul sito
www.mediatecambiente.it) che vede collaborare il Laboratorio regionale di
educazione ambientale dell’Arpa del Friuli Venezia Giulia con la Cappella
Underground. Tre gli appuntamenti con il cinema e tutti a ingresso libero. Oggi,
al Miela, doppia proiezione: alle 18.30 “Trashed”, di Candida Brady, viaggio fra
i cinque continenti per mostrarci l’inesorabile decadenza dell’ecosistema con
una guida esclusiva, l’attore inglese Jeremy Irons, e le musiche di Vangelis;
alle 20.30 Sergio Sichenze e Sergio Nordio, dell’Arpa, e Fabrizio Giraldi
(fotografo freelance) presenteranno il documentario “Chasing Ice” di Jeff
Orlowski, che testimonia del cambiamento climatico della Terra a partire dal
Polo Nord, per registrare lo scioglimento dei ghiacciai. Giovedì al cinema dei
Fabbri, alle 20.30, i registi Michele Mellara e Alessandro Rossi introdurranno
il loro film “God se the green”, affresco di un mondo che attraverso il verde
urbano ha ridefinito la propria esistenza. All’incontro, in collaborazione con
Accri, saranno presenti Paolo Fedrigo (Arpa), Simonetta Dalla Gassa (volontaria
a Korogocho, Nairobi) e Marco Valecic (esperto di agricoltura). Venerdì al
Magazzino delle idee, alle 18, Jacopo Berti (dottorando in italianistica) terrà
una conferenza sul tema “Le città inviVibili. Utopie e distopie ecologiche di
Italo Calvino”; a seguire, il film “L’uomo fiammifero” di Marco Chiarini).
Alpi Giulie Cinema Racconti di genti e di montagne -
rassegna
Torna Alpi Giulie Cinema, con la prima parte della rassegna - Genti&Montagne
- al via il 20 novembre, organizzata come sempre dall’associazione Monte
Analogo, sodalizio attivo in regione per promuovere la cultura della montagna in
tutti i suoi aspetti. «Siamo giunti alla 24esima edizione – spiega Sergio Serra,
presidente dell’associazione – e quest’anno ci troviamo in una nuova location,
il Knulp, con un ricco calendario di appuntamenti. Nel corso degli anni la
qualità e la quantità di proposte cinematografiche si è costantemente ampliata,
raccogliendo il successo del pubblico». I video presentati tra novembre e
dicembre mostreranno agli spettatori la vita di chi abita in montagna o la
frequenta assiduamente. A illustrare i dettagli dell’edizione 2013-2014 anche
Riccardo Frulla e Giuliano Gelci, mentre il presidente della consulta degli
immigrati Hector Sommerkamp ha sottolineato la volontà di coinvolgere
nell’iniziativa anche le diverse comunità locali. Tutte le proiezioni sono a
ingresso gratuito e avranno una doppia programmazione, alle 18 e alle 20.30,
sempre al Knulp di via Madonna del mare 7. Si comincia domani con “Lybros y
nubes” di Pier Paolo Giarolo, per proseguire il 27 novembre con un doppio
appuntamento, “Il lusso della montagna” di Valentina De Marchi e “Il rifugio” di
Vincenzo Mancuso. Mercoledì 4 dicembre la rassegna continua con “Le Thé ou l’Electricité”
di Jérome La Maire. Ancora due appuntamenti l’11 dicembre, “Conversazioni
all’aria aperta” di Elena Negrioli e “Il turno di notte lo fanno le stelle” di
Edoardo Ponti. In occasione dell’ultima giornata sarà presente al Knulp anche l’Admo,
Associazione donatori midollo osseo, con un banchetto dedicato. «Tanti amici che
vivono la montagna portano il nostro vessillo – spiega Alessandro Comuzzi, dell’Admo
– diventano quindi ambasciatori fondamentali per il nostro messaggio,
l’importanza della donazione». Alpi Giulie Cinema è realizzato con il contributo
del Comune di Trieste, con il patrocinio della Regione e in collaborazione con
il Cai-sezione di Gorizia e Arci. La seconda parte della rassegna torna a
febbraio, con nuove proiezioni e con il Premio Alpi Giulie Cinema “La Scabiosa
Trenta” e con il concorso di video speleologici “Hells Bells-Speleo Award”.
Micol Brusaferro
IL PICCOLO - LUNEDI', 18 novembre 2013
Demanio, corsa a ostacoli per acquisire i beni gratis
“Regali” esclusi per le Regioni speciali, serve un emendamento entro fine
anno altrimenti occorrerà pagare per via Cumano, Museo del mare e pineta di
Barcola
COMUNE»LA PARTITA DEGLI IMMOBILI
TEMPO E DENARO Si punta a chiudere entro il 2013 la lunghissima trattativa. Il
Municipio continua a versare gli affitti perfino per il lungomare
LA Chimera DI VIA ROSSETTI Si allontana la possibilità di passaggio della
caserma alla Provincia: il complesso risulta ancora del ministero della Difesa
Lo Stato regala i suoi beni, ma non a noi. Il secondo decreto del “Fare” di
agosto ha confermato la dismissione a titolo gratuito di edifici in proprietà
del Demanio a Regioni, Comuni e Province che a fronte di un progetto di utilizzo
ne facciano richiesta, e ha soprattutto introdotto norme di semplificazione mai
viste nell’italica terra delle burocrazie trentennali: una domanda on-line coi
“desiderata” entro il 30 novembre, risposta a fine gennaio. Da questo
provvedimento come si sa sono esplicitamente escluse Regioni e Province a
statuto speciale. Salvo emendamenti, intese, proroghe dei termini, e
quant’altro. Perché la specialità viene sempre salvaguardata, ma a volte è una
trappola. «Oltre il Tagliamento riceveranno in regalo, noi stiamo facendo
trattative serrate e a titolo oneroso per i beni che ci interessano
urgentemente» è la sintesi di Andrea Dapretto, l’assessore ai Lavori pubblici
che ha in corso le ultime battute di un comunque stremante accordo per
l’operazione di “scambio” col Demanio che riguarda la caserma di via Cumano dove
il Comune paga 120 mila euro di affitto all’anno per il Museo di storia naturale
e gli ambienti ormai restaurati pronti a ospitare il museo “de Henriquez”, più
di 80 mila euro per il Museo del mare (da cui dipende il destino dell’intera
area di Campo Marzio) e una consistente cifra per la Pineta di Barcola, che più
“cittadina” di così non si può. Il Comune ha fatto pressione su Regione,
parlamentari, Demanio. Intanto prosegue sulla strada tracciata, se per caso
l’emendamento inclusivo dovesse arrivare prima della firma, tutto il lavoro
fatto fin qui per calcolare valori, dati catastali, “peso” dello scambio sarà
stato inutile ma i beni desiderati arriveranno gratis. Se questa operazione
dovesse (come è certamente prevedibile) prolungarsi nel tempo, si firmerà
l’accordo oggi in costruzione. Perché anche il tempo è denaro. Tra le due
opzioni il Comune sceglierà la più veloce. Ma sarà comunque un’acquisizione a
pagamento, con beni e strutture prese e date a peso pari, dunque una bella
differenza col resto d’Italia, meno “speciale”. «Secondo la Costituzione -
ricorda però Dapretto - nessuna legge ordinaria può determinare situazioni
peggiorative per le Regioni a statuto speciale, in questi casi dovrebbe
intervenire la commissione paritetica Stato-Regione per adeguare la normativa,
ma se pensiamo che il castello di Udine è stato ceduto attraverso la
“paritetica” nell’arco di ben 15 anni, si capisce di che cosa parliamo. Del
resto - aggiunge l’assessore - in Comune abbiamo trovato incartamenti che
dimostrano come le prime richieste al Demanio per la caserma di via Cumano
risalgono al 1981». Si tratta di 32 anni e non serve commento. A fine mese il
Comune sarà di nuovo a Roma a finire la sua trattativa, l’impegno delle due
parti è di chiudere la partita entro l’anno. Intanto la Provincia, che invano
chiede almeno parte dell’enorme caserma di via Rossetti per sistemare in una o
due palazzine le succursali dei licei Petrarca e Galilei, non solo è altrettanto
esclusa dalle norme di facilità come tutto il Fvg, ma ha un altro macigno
addosso: quella caserma è ancora del ministero della Difesa, del Demanio
militare, e i passaggi a quello civile sono famosi per durare oltre un decennio.
«Ma noi ora abbiamo fatto domanda lo stesso, on-line, entro il 30 novembre -
dice risoluta Mariella De Francesco, assessore provinciale -, tanto per
rimarcare sempre l’interesse. Ho fatto un sopralluogo col Demanio civile,
interessato a raccogliere intanto manifestazioni d’interesse. Ho detto
all’assessore regionale Santoro: la caserma ci servirebbe tutta, per palestre,
campus, è tragica la situazione delle scuole». Ma, visto come va, rischia di
sembrar più facile l’ipotesi B, quella di trasformare in scuole (Nautico) i
magazzini 19 e 20 del Porto vecchio, cosa su cui l’assessore sta lavorando alla
ricerca di fondi europei con la direttrice dell’Istituto di cultura marittimo
portuale Antonella Caroli. Alle simulazioni tecniche sull’architettura degli
spazi interni gli uffici provinciale stanno già lavorando.
Gabriella Ziani
Campo Marzio a rilento, strada tutta da definire
Questa settimana si decidono le sorti del comprensorio di Campo Marzio. A
prescindere dalle trattative col Demanio per ottenere la proprietà dell’area del
Museo del mare. Da molti mesi il Comune annuncia un bando, che mai arriva, per
cercare “manifestazioni d’interesse” sulle linee-guida di trasformazione
dell’area. Dapretto (foto): «Un po’ dipende dal Demanio. Ma abbiamo deciso di
procedere anche prima di concludere la trattativa. Dobbiamo però decidere: qual
è lo strumento migliore? Manifestazione d’interesse? Gara vera e propria? Un
“project financing”? Ho appena concluso degli studi in merito». Si è dunque
appena alle decisioni di fondo, gli annunci erano stati prematuri. «Questa
settimana - assicura l’assessore - riunione conclusiva. Poi se ne parla in
Giunta e solo dopo renderemo nota la decisione».
Edifici all’asta, tutte le schede sul web
In costruzione un sito apposito, ma l’operazione era stata annunciata già
all’inizio del 2012
Caserme da avere, case invece da dare. Dalla vendita dei “muri” dovranno
derivare anche i soldi per concludere l’urgente restauro della Biblioteca
civica. Il piano di dismissione di proprietà comunali, del valore di 12,3
milioni di euro deciso dopo un certosino inventario del patrimonio, partirà fra
gennaio e marzo 2014, mettendo all’asta pubblica alcuni edifici del Comune
considerati non più strategici. Saranno cinque. Se trattando col Demanio per
entrare in proprietà di strutture il Municipio vuole scrollarsi di dosso qualche
centinaio di migliaia di euro all’anno di affitti allo Stato (che peraltro
chiede in uso gratuito edifici degli enti locali), vendendo immobili cerca lo
stesso risultato: gli affitti da pagare pesano per oltre un milione all’anno,
gli introiti da affitto arrivano alla metà della cifra. L’operazione era stata
annunciata all’inizio del 2012. Perché arrivare al 2014 per la prima asta?
«Abbiamo dovuto, immobile per immobile, creare schede esatte e complete - dice
Andrea Dapretto titolare del Patrimonio oltre che dei Lavori pubblici -,
risolvere abusi edilizi, fare verifiche al catasto. Intanto è stato creato il
sito web su cui tutte le schede degli immobili da vendere saranno pubblicate. Ne
abbiamo appena corretta la bozza». L’unica operazione lanciata finora sono i
parcheggi di via Locchi. Alcuni già venduti. Si è fermata invece la trattativa
col Demanio militare per l’acquisizione del parco di villa Necker attorno alla
storica villa sede del Comando militare del Fvg. Dapretto: «I contatti erano
positivi, poi è cambiato il comandante del Genio militare, poi è arrivato il
blocco del patto di stabilità».
(g. z.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 17 novembre 2013
La Soprintendenza perde il potere assoluto
Il Piano paesaggistico fornirà certezze ai cittadini: il parere dei Beni
architettonici non sarà più vincolante
i ricorsi in aumento Quelli del 2013 sono già una cinquantina E sono in netta
crescita
la rivoluzione in arrivo Tra tre anni finiranno in archivio le decisioni
arbitrarie
TRIESTE La Soprintendenza per i Beni architettonici, come altri organi di
controllo, per alcuni è sinonimo di divieto. Un freno “arbitrario”, secondo
l’opinione diffusa, o “discrezionale” per dirla in burocratese. Termini che sono
destinati a sparire dal vocabolario di cittadini e imprese private, anche del
Friuli Venezia Giulia. Perché tra tre anni, se tutto andrà per il verso giusto,
non sarà più questo ente a stabilire se una veranda, un tetto, un abbaino o
quant’altro si possono fare o no. Sarà il Piano Paesaggistico regionale a
determinare una volta per tutte cosa è consentito. Darà certezze: chiunque potrà
trovare direttamente lì le linee guida su come (e se) intervenire in determinate
aree sottoposte a vincoli. Lo potrà fare prima di decidere come muoversi, senza
temere brutte sorprese a posteriori. Che, come noto, spesso vengono impugnate
davanti al Tar. Sarebbero una cinquantina i ricorsi avviati nel 2013, a fronte
dei 5-6 che risultavano nel 2011. Basterà consultare il Piano, appunto. Una
sorta di istruzioni per l’uso. Quella che gli addetti ai lavori salutano come
una vera e propria “rivoluzione” nel settore, è contenuta in un documento
denominato “Disciplinare”. È a tutti gli effetti un protocollo d’intesa tra il
ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e la Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia siglato in questi giorni. Con questo atto sì dà
avvio alla procedura tecnica che porterà, tra tre anni, a formulare il Piano
Paesaggistico regionale. La nuova Bibbia che manda in soffitta anni di divieti.
Il “Disciplinare” regola le procedure tecniche, le modalità operative e il
crono-programma che porterà alla stesura definitiva per un unico strumento
valido sull’intero territorio. Fatto il Piano, il Fvg disporrà di una mappa
particolareggiata di tutti i vincoli esistenti, compresi quelli di carattere
monumentale. I funzionari adesso dovranno darsi da fare e cominciare
innanzitutto con una ricognizione approfondita di ogni angolo del Fvg, tenendo
conto – si legge negli atti – «delle caratteristiche storiche, naturali,
estetiche e delle loro interrelazioni e alla conseguente definizione dei valori
paesaggistici da tutelare, recuperare e valorizzare». Un’analisi a tappeto, che
investirà pure gli immobili le aree dichiarate «di notevole interesse pubblico»
in base al Codice nazionale del 2004, con l’obiettivo dichiarato «di specifiche
prescrizioni per la riqualificazione delle aree degradate». Per scrivere il
Piano servono esperti: ecco che il protocollo ministero-Regione ha pure
istituito un “Comitato tecnico paritetico” composto da dirigenti ministeriali,
il Soprintendente per i beni architettonici e il Soprintendente per i beni
archeologici e le direzioni regionali competenti. L’assessore Mariagrazia
Santoro, che ha sottoscritto l’accordo con Roma, è soddisfatta: «La prima intesa
era del 2006, ora noi abbiamo firmato l’atto operativo che dà al nostro lavoro
tempi e contenuti concreti. Insieme al ministero concorderemo un documento con
regole chiare e definite. Sono molto ottimista – aggiunge l’assessore – perché
il ministero si è dimostrato molto disponibile e collaborativo a preparare un
Piano che tenga conto delle trasformazioni in regione, che sappia coniugare il
tema della tutela con quello dello sviluppo. Credo infatti che la tutela non
debba essere intesa come una cappa di vetro sul territorio». Il parere della
Soprintendenza continuerà sì ad essere «obbligatorio», ma non più «vincolante»,
evidenzia ancora l’assessore. Perché per questo ci sarà proprio il Piano. «Viene
privilegiato il valore estetico – osserva invece Giangiacomo Martines, direttore
regionale per i Beni culturali e paesaggistici, braccio ministeriale in Fvg –
mentre prima la pianificazione si faceva sulla base dell’urbanistica. Il questo
modo si supera l’arbitrarietà dei giudizio degli organi di controllo».
(g.s.)
Filodrammatico, sala svincolata Può diventare garage da
80 posti
Il direttore dei Beni culturali Martines firma il decreto che tutela
facciate e altre porzioni dell’immobile ma non più l’ex teatro.
A gennaio il Tar aveva accolto il ricorso di Cividin e
Riccesi contro Picchione
Il decreto (di svincolo) dopo la sentenza. Si spiana più di prima in
chiave squisitamente burocratica, almeno quella legata alle Belle arti (ora la
partita si sposta in Comune) la strada che porterà alla mutazione dell’ex
Filodrammatico, oggi covo diroccato di vegetazione spontanea e rovine varie, in
un parcheggio da 80 posti pertinenziali, cioè in vendita e non a rotazione.
Siamo in effetti alla seconda puntata, che rafforza gli effetti della prima, pur
non essendone direttamente dipendente. Il primo atto era stato per l’appunto il
pronunciamento del Tar d’inizio anno che aveva annullato (per mancato «rispetto
del contraddittorio nella necessaria ottica di trasparenza e condivisione
dell'azione amministrativa) il no della soprintendente ai Beni architettonici e
paesaggistici, Maria Giulia Picchione, al permesso edilizio chiesto dalla Cierre
Srl, la cordata di scopo di Cividin e Riccesi, proprietaria dell’area. Ora che
l’anno si va chiudendo ecco l’atto secondo: il decreto di Giangiacomo Martines
(il direttore regionale dei Beni culturali e, pertanto, la prima interfaccia
ministeriale in Friuli Venezia Giulia) il quale, nel prendere atto tra le altre
cose dell’«estremo degrado» in cui versa, svincola la sala dell’ex teatro cinema
dalle tutele delle Belle arti. Tutele che sono confermate invece in parte su
facciate (deve restare ad esempio l’insegna storica sopra l’ingresso) e
perimetri strutturali del comprensorio (ex patrimonio Inps, stretto fra le vie
degli Artisti, Donota e Piccola fornace), comprese le due scalinate laterali al
cortile interno che un tempo conducevano proprio alla sala. Il decreto ha il
timbro del 31 ottobre. È la data di chiusura di un iter scattato - come si legge
tra le righe del decreto stesso - il 4 marzo, due mesi scarsi dopo la sentenza
del Tar, giorno in cui alla Direzione regionale del Ministero dei Beni culturali
retta da Martines arriva la richiesta formale della «revisione del vincolo a
causa dello stato reale dell’edificio» da parte della Cierre Srl, che oltre al
parcheggio al posto della sala e a un piccolo foro d’arte in “memoria” dell’ex
Filodrammatico prevede, come da progetto dell’architetto Carlo Borghi, la
costruzione di due unità immobiliari sostanzialmente già autorizzate dalle
“Belle arti”: un locale d'affari al piano terra e nove appartamenti su quattro
livelli più il soffitto nell’edificio a destra con ingresso da via Donota, tre
locali d'affari al livello zero e 18 appartamenti su tre piani più la soffitta
in quello a sinistra con ingresso da via degli Artisti. L’istanza presentata a
Martines dall’attuale proprietà è forte di un ricorso per accertamento tecnico
preventivo al Tribunale ordinario con perizie d’ufficio e di parte, che conferma
che lì dentro, dove una volta c’era la sala, non c’è più nulla d’interessante da
tutelare. Tanto che il 20 giugno il legale della cordata Cividin-Riccesi, che è
Gianfranco Carbone, firma una nota che poi arriva alla Direzione regionale
«avente per oggetto la messa in mora del Ministero dei Beni culturali per gli
importi risarcitori del danno subito». Martines in persona, il 10 settembre,
torna a fare un secondo sopralluogo dopo il primo del 21 maggio, «accompagnato -
come si legge sempre nel decreto - dal funzionario responsabile dell’Ufficio
Tutela e da altri dipendenti del medesimo istituto». La relazione conclusiva è
che «l’area ha subito nel tempo numerosi crolli che rendono oggi pericolosamente
difficoltoso l’accesso» e «si trova in uno stato di totale degrado tale da
impedirne una lettura architettonica che testimoni anche minimamente la sua
originaria funzione». «La sala - ancora - è del tutto priva di copertura in
seguito di un incendio scoppiato nel 1988 (non l’unico, ndr) ed è stata invasa
dalla vegetazione spontanea. L’unico elemento superstite è l’arco del
boccascena. Non sono presenti caratteri stilistici né elementi decorativi. Lo
stato attuale è di estremo degrado».
Piero Rauber
«Ma resti la lastra con l’insegna: è di interesse
storico-artistico»
«La lastra in pietra recante la scritta “Teatro Filodrammatico” deve
ritenersi di particolare interesse storico-artistico». Così scrive Martines,
lasciando alcune porzioni sotto Codice Urbani. Ma quelle dell’ex sala «devono
intendersi escluse dal campo di applicazione del decreto dirigenziale 23
novembre 2006», firmato dall’allora direttore dei Beni culturali Ugo Soragni,
che confermò «la sussistenza dell’interesse culturale dell’area». Nel decreto di
Martines si possono anche leggere «le controdeduzioni del consulente tecnico di
parte» della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici
nell’accertamento tecnico preventivo in Tribunale, secondo cui «nonostante la
situazione di diffuso degrado non può sottacersi che l’intero palinsesto
monumentale pone al visitatore una lettura di elementi architettonici
stilisticamente definiti».
(pi.ra.)
Italia nostra: no al ticket su Miramare
La sezione triestina di Italia Nostra si dichiara contraria all’imposizione
di un ticket a pagamento per il parco di Miramare che coinvolga anche i
triestini. «Ci permettiamo di proporre - afferma in una nota il presidente
provinciale Marcello Perna - per quelle che ci paiono effettive ragioni di
equità sostanziale, che il costo del biglietto per accedere al parco di
Miramare, bene prezioso e insostituibile per tutti i triestini, se davvero
inevitabile, venga innanzitutto richiesto ai soli visitatori provenienti da
fuori Trieste, e non già ai residenti penalizzando questi ultimi all’atto di
godere di un bene proprio, lasciato loro espressamente in uso gratuito da
Massimiliano d’Asburgo, l’antico proprietario del castello. Soltanto in seguito
se proprio si dimostrasse con trasparenza che la spesa per la gestione del bene
risulta ancora insufficiente, si potrà pensare di coinvolgere in un ulteriore
sforzo economico anche la popolazione di Trieste».
IL PICCOLO - SABATO, 16 novembre 2013
Cittadini “ricicloni”, più 12% rispetto al 2012
Differenziata, saliti in ottobre i materiali portati ai
Centri di raccolta Acegas. Premiazione in Comune
Più di mille partecipanti (1069 per la precisione) per un totale di oltre 14
mila materiali conferiti ai centri di raccolta. Sono i numeri, riferiti al solo
mese di ottobre, del concorso “Trieste premia”, il progetto mirato a
sensibilizzare la cittadinanza sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti
e a disincentivarne l'abbandono sul suolo pubblico, così da vincere la sfida su
questo versante. Numeri positivi dunque per il concorso lanciato da Comune e
AcegasAps, dove un dato emerge in particolare: il numero dei “lotti” conferiti
ai centri di raccolta in ottobre è stato superiore del 12% rispetto allo stesso
mese dello scorso anno. «L'obiettivo primario non è tanto quello di incrementare
la raccolta differenziata, quanto di intervenire sull'aspetto culturale e
coinvolgere il più possibile i cittadini in questi comportamenti virtuosi» ha
sottolineato l'assessore comunale all'ambiente Umberto Laureni nel corso della
cerimonia di premiazione dei vincitori, alla quale sono intervenuti tra gli
altri il direttore generale di Hera Roberto Gasparetto e l'assessore al bilancio
Matteo Montesano. A partecipare all'iniziativa, affidandosi ai quattro centri di
raccolta del territorio, che rappresentano circa un terzo della differenziata
complessiva, sono stati 717 uomini e 352 donne, dai 20 fino agli 82 anni del più
anziano partecipante. Il cittadino più virtuoso di ottobre è stato Alessandro
Cernecca che ha totalizzato 1598 punti, recandosi per ben 10 volte in un mese ai
centri di raccolta dove ha portato le più svariate tipologie di rifiuto. Anche i
premi consegnati ai vincitori sono stati scelti in linea con lo sviluppo
ecologico della città: dalle bici elettriche alle mountain bike, dagli attrezzi
per il bricolage ai gasatori di acqua di rubinetto, rigorosamente made in Italy.
«Si punta al corretto concetto del recupero per combattere il rifiuto selvaggio
e per cementare il senso civico» ha dichiarato Paolo Dal Maso, responsabile
della Divisione ambiente di AcegasAps, spiegando che i numeri più alti sono
stati registrati nella raccolta degli olii minerali e da cucina, oltre che dei
piccoli elettrodomestici: dalle pentole agli asciugacapelli passando per i ferri
da stiro. I primi cento vincitori potranno ritirare i premi agli sportelli delle
Relazioni con il pubblico (Urp), mentre il concorso continua a novembre e a
dicembre: per partecipare basta compilare il modulo di adesione al momento del
primo conferimento. Ai 500 cittadini più meritevoli nell'arco dei tre mesi sarà
applicato un sostanzioso “sconto” sulla Tares, da 60 fino a 150 euro a seconda
della posizione maturata in classifica. Alla fine di ogni mese sarà estratto un
viaggio per visitare una delle capitali più “smart” d'Europa: in ottobre la
fortunata è stata la signora Sara German.
Pierpaolo Pitich
GREEN STYLE.it - VENERDI', 15 novembre 2013
Approvato Ddl Ambiente: tutte le novità
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, su proposta del Ministro
dell’Ambiente e tutela del territorio e del Mare, Andrea Orlando, il ddl
collegato alla legge di Stabilità in materia di ambiente, green economy e uso
razionale delle risorse naturali (il cosiddetto Collegato Ambiente).
Il disegno di legge, che il Governo definisce una vera e propria “Agenda
Verde”, introduce un pacchetto di norme che puntano a semplificare il quadro
normativo e tagliare i costi. Cercando di promuovere la green economy.
Nell’ottica della semplificazione, ad esempio, è prevista l’unificazione delle
Commissioni Via, Vas e Aia. Un provvedimento che dovrebbe rendere la vita più
facile alle imprese, accelerare i tempi della burocrazia e ridurre la spesa
pubblica, anche grazie a un ribasso dei compensi per la Commissione unificata.
Il ddl, inoltre, introduce un incentivo per le imprese munite di registrazione
EMAS o di marchio Ecolabel che partecipano ad appalti pubblici. Il beneficio
consiste in una riduzione del 20% della cauzione a corredo dell’offerta, anche
nell’ottica di permettere alle aziende più ecofriendly di offrire prezzi più
vantaggiosi.
Sempre in tema di acquisti pubblici, poi, vengono introdotti dei privilegi per
il Green Public Procurement, ovvero i cosiddetti acquisti verdi, in cui si
inseriscono anche gli acquisti relativi al settore alimentare. In sostanza,
oltre a prevedere degli accordi volontari con la grande distribuzione, saranno
premiati gli operatori che, nella gestione della ristorazione collettiva o della
fornitura delle derrate alimentari, presteranno maggiore attenzione alla
sostenibilità.
Oltre a questo, l’Agenda Verde stabilisce l’introduzione di incentivi a sostegno
di prodotti riciclati, con l’obiettivo duplice di promuovere l’aumento della
raccolta differenziata e di offrire nuove prospettive di sviluppo alle aziende
del settore.
Sempre a proposito di raccolta differenziata, il ddl punta a raggiungere una
percentuale del 65% alla fine dell’anno 2020, a fronte di un valore attuale del
39,9% (Ispra: Rapporto Rifiuti urbani Ed. 2013). Per raggiungerlo, è previsto,
per i Comuni che raggiungeranno gli obiettivi prefissi, un forte sconto sul
tributo regionale per i rifiuti conferiti in discarica. Tasse più alte, invece,
per quelli che falliranno gli obiettivi.
Novità in arrivo, inoltre, anche in materia di acqua pubblica. Il Collegato
Ambiente, infatti, istituisce un Fondo di garanzia per interventi di
miglioramento delle infrastrutture idriche su tutto il territorio nazionale. Il
Fondo sarà alimentato da una specifica componente della tariffa del servizio
idrico integrato, ancora da definirsi.
Il ddl, inoltre, punta a rafforzare la natura pubblica dell’acqua, come
richiesto anche dal Referendum del giugno 2011. A questo scopo, l’Autorità per
l’energia elettrica e il gas dovrà prevedere delle tariffe agevolate per gli
utenti domestici a basso reddito. Da ultimo, il provvedimento si propone infine
l’obiettivo di contrastare il crescente fenomeno della morosità, per evitare che
i costi non ricadano sugli utenti non morosi del servizio idrico nazionale.
Commenta il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando:
L’Agenda verde delineata dal Ddl è il frutto di un continuo confronto fra
ministeri – Ambiente, Economia, Attività produttive, Lavoro – in una logica di
collaborazione istituzionale finalizzata al raggiungimento di un comune
obiettivo di sviluppo sostenibile e progresso civico».
IL PICCOLO - VENERDI', 15 novembre 2013
«Alla Soprintendenza rapporti poco sereni»
Il ministro Bray comunica i risultati dell’ispezione in risposta a
un’interrogazione di Prodani (M5S) sull’Ufficio diretto da Picchione: «Ma
sottorganico oggettivo»
«L’indagine ispettiva ha potuto evidenziare un rapporto non semplice e
talvolta poco sereno tra il Soprintendente e il personale, dovuto tra l’altro a
un oggettivo sottorganico che peraltro affligge numerosi altri uffici». Parola
del ministro dei Beni culturali Massimo Bray, in risposta a un’interrogazione
del deputato triestino del Movimento Cinque Stelle, Aris Prodani. Bray si
riferisce ai risultati dell’indagine svolta dagli ispettori inviati dallo stesso
ministro sulla conduzione dell’Ufficio da parte della soprintendente Maria
Giulia Picchione. Prodani aveva chiesto dell’indagine solo alla fine della sua
interrogazione. Quello che in concreto il deputato grillino chiedeva era altro e
riguardava il blocco dell’installazione dei pannelli fotovoltaici deciso dalla
soprintendente. Il ministro non è entrato nel merito addebitando al rapporto
«poco sereno» le disfunzioni della Soprintendenza. «La Soprintendenza del
capoluogo giuliano dal 2012 a oggi ha respinto, o comunque bloccato, il 57,5%
delle richieste per l’installazione di pannelli fotovoltaici o relativi a
impianti di solare termico sulle case che rientrano nelle zone soggette per
legge al suo esame - aveva scritto il deputato -. Secondo una relazione tecnica
degli uffici competenti del Comune, i progetti di privati per gli interventi
sopra descritti autorizzati dalla Soprintendenza ammontano al 42,5% del totale;
in pratica, dei 73 procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica,
22 (pari al 30,1%) hanno ricevuto il parere contrario della Soprintendenza, 20
(il 27,4%) il parere favorevole con prescrizioni che spesso rendono inattuabile
l’intervento e 25 (il 34,3%) sono stati approvati con la procedura del silenzio
assenso». Prodani ricorda che a seguito di numerosi esposti, la Procura di
Trieste ha aperto una procedura d’inchiesta per abuso d’ufficio nei confronti
soprintendente Maria Giulia Picchione accusata – insieme ad altri funzionari –
di aver bloccato o rallentato irreparabilmente pratiche e autorizzazioni
paesaggistiche, incluse quelle relative al fotovoltaico. La risposta del
ministro non ha toccato come si diceva il tema specifico del fotovoltaico ma ha
fatto capire il perchè di questa situazione. «L’indagine ispettiva - sottolinea
Massimo Bray - ha messo in evidenza un lungo periodo di quattro mesi di vacanza
della funzione dirigenziale alla quale è seguita una saltuaria presenza della
Picchione che era però contestualmente impegnata nel corso formativo
obbligatorio per i dirigenti della pubblica amministrazione. A partire dal
luglio 2012 il Soprintendente ha adottato una serie di provvedimenti finalizzati
a riorganizzare l’Ufficio, razionalizzandone la struttura e inserendo il
protocollo informatico. Tale azione meritoria non ha tuttavia ancora risolto le
problematiche connesse allo smaltimento arretrato accumulandosi. Nel periodo
agosto-dicembre 2012 a fronte di soli 7 funzionari tecnici il numero delle
pratiche in materia paesaggistica pervenute all’ufficio erano 2769». «La tutela
del patrimonio artistico e architettonico - afferma Prodani, commentando la
risposta del ministro - deve essere una priorità, ma la pubblica amministrazione
non può impedire arbitrariamente investimenti privati soprattutto in un periodo
di grave crisi economica. Dire poi che il rapporto tra soprintendente e
personale non è semplice e poco sereno, mi sembra decisamente grave».
Ferdinando Viola
Portopiccolo, sul passaggio notturno il Comune non cede
DUINO AURISINA Sulla questione del passaggio notturno attraverso la futura,
riqualificata, Costa dei Barbari e Portopiccolo, dopo le perplessità espresse
dalla proprietà del fondo Rilke, titolare dell'intervento edilizio nell'ex cava
romana, interviene adesso l’assessore al Turismo Andrej Cunja. «Personalmente
confido che si arrivi a un accordo con la proprietà che ritengo abbia essa
stessa per prima l'interesse ad avere un flusso di persone il più ampio
possibile attraverso il nuovo comprensorio turistico. Un investimento del genere
- afferma infatti l’assessore comunale - non può funzionare come un’enclave
autoreferenziale e dunque un’alta frequentazione non può che arrecare benefici
che poi si rifletteranno anche sul territorio circostante. Con Portopiccolo –
sottolinea - ne abbiamo discusso più volte e anche prima della questione legata
al rilascio delle abitabilità: mai abbiamo riscontrato atteggiamenti di
chiusura, piuttosto l’opposto. Sussiste tuttavia da parte della proprietà una
preoccupazione sulla fruizione notturna che va però affrontata e risolta in sede
di ordine pubblico, mentre la servitù di passaggio come tale o c’è o non c’è, in
quanto non mi risulta che sia possibile un'iscrizione tavolare “a tempo”.
Contesto invece – conclude - l’interpretazione di Ret (l'ex sindaco, ndr) che
vede la Costa dei Barbari come sito ideale per spettacoli di non si sa quale
tipo: il posto che attualmente è molto degradato sotto vari aspetti va
riqualificato con la massima attenzione verso l’ambiente a destinazione balneare
e naturalistica. Per gli spettacoli lì non ritengo ci sia spazio. Tra l’altro a
due passi dalla Costa ci sono la Baia di Sistiana e la stessa Portopiccolo, le
quali invece ben si prestano a tale tipo di fruizione. Come se non bastasse,
quell'area è e rimane zona Sic/Zps, e dunque gode delle massime tutele».
(ti.ca.)
Il Comune dribbla le bollicine israeliane
Laureni interviene sul caso Sodastream e AcegasAps cambia uno dei premi
per la differenziata
Non ci saranno bollicine della Striscia di Gaza a Trieste. Lo garantisce
l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, che l’ha preteso da
AcegasAps, gruppo Hera. Tutto era nato dalla segnalazione al Piccolo di un
lettore che chiedeva di fare chiarezza sui distributori pubblici di acqua
addizionata di anidride carbonica che il Comune aveva annunciato per la prossima
primavera in collaborazione con AcegasAps. La lettera chiedeva di accertare che
non vi fosse coinvolta la ditta israeliana Sodastream, leader mondiale nel
settore dei gasatori, che ha sede proprio nei Territori palestinesi occupati. Un
insediamento considerato illegale dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e dalla
Corte internazionale di Giustizia. Nei confronti di Sodastream è in atto un
boicottaggio a livello internazionale. «L’acqua è limpida, gli affari di
Sodastream in Palestina, no: boicotta le bollicine dell’Apartheid israeliana!».
Sulla vicenda a Trieste c’è stata anche un’interrogazione comunale da parte
della Federazione della Sinistra. «L’assessore Laureni - spiegano Marino
Andolina e Iztok Furlanic - ha garantito che la ditta in questione non risulta
tra quelle contattate e ha garantito che della segnalazione verrà tenuta
considerazione per ogni atto successivo, compresa la stesura del bando di gara».
La stessa AcegasAps, informata della cosa, ha assicurato che la ditta israeliana
non è coinvolta nella fornitura dei distributori pubblici di acqua gasata che
saranno, invece, forniti da una ditta collegata ad Hera. Tutto risolto allora?
Non proprio. Il caso Sodastream sarebbe potuto esplodere oggi sotto forma di
premio se l’assessore non fosse intervenuto preventivamente. Alle 11 di stamane,
infatti, nella sala matrimoni del Comune, è prevista la premiazione ufficiale
dei primi dieci vincitori del mese di ottobre del concorso “Trieste Premia per
vincere la sfida della raccolta differenziata”. Il terzo cittadino più
“riciclone” avrebbe potuto ricevere un kit gasatore per l’acqua del rubinetto
Sodastream, una ditta che controlla il 90%del mercato. «Ci siamo attivati per
trovare un gasatore di marchio alternativo. Anche se non è facile. In ogni caso
non ci sarà alcun premio Sodastream» fanno sapere da AcegasAps. «Era una mia
preoccupazione», spiega l’assessore Laureni che si era premurato di chiedere
preventivamente ad AcegasAps di svolgere «gli adeguati e competenti accertamenti
in merito». Il pericolo, quindi, di premiare la differenziata triestina con
Sodastream è stato scongiurato in extremis. I rapporti tra AcegasAps e
Sodastream Italia esistono da anni. Fino al 2010 c’era una partnership per
«promuovere il consumo sostenibile e responsabile dell’acqua potabile». A tutti
gli utenti della provincia di Padova (oltre 161mila)veniva offerto fino al 30
ottobre 2010 un buono sconto del valore di 10 euro per l’acquisto di un kit
gasatore per l’acqua di rubinetto Sodastream Italia. Non si sa in quanti abbiano
aderito, A Trieste l’offerta non è mai arrivata e attualmente non esiste neppure
per Padova. Del resto Sodastream si presenta come un’azienda eco-chic che
produce i gasatori “amici dell’ambiente”. Persino il Wwf e Legambiente ci sono
cascati con contratti di sponsorizzazione e iniziative promozionali. Il Comune
di Trieste no. All’ultimo momento ha evitato il premio Sodastream per la
differenziata.
(fa.do.)
GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 14 novembre 2013
RAEE: smaltimento gratuito nei centri commerciali da
febbraio
Gli italiani più attenti all’ambiente sanno dell’esistenza della formula
uno contro uno. In questo modo, al momento dell’acquisto di un prodotto
elettrico o elettronico, come per esempio un telefonino, si può lasciare al
venditore il telefonino vecchio per poterlo smaltire nella maniera corretta.
Da febbraio, insieme all’uno contro uno, verrà introdotta anche la formula
“uno contro zero”. Si tratta di una nuova direttiva voluta dall’Unione Europea
per incentivare il ritiro dei rifiuti elettronici, la quale permette di smaltire
un oggetto vecchio senza necessariamente acquistarne uno nuovo.
Per adesso questa possibilità è limitata soltanto ai piccoli elettrodomestici
(vanno bene telefonini o stampanti, ma non i frigoriferi), anche se non è detto
che vengano introdotti successivamente. Obbligati al ritiro saranno i centri
commerciali o i grandi negozi che superano i 400 metri quadrati. Questa nuova
direttiva dell’UE serve per permettere ai vari Paesi di rientrare nei parametri
di raccolta del RAEE, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche.
Oggi l’Italia rispetta le normative e ha una discreta percentuale di riciclo, ma
dovrà raddoppiarla entro il 2016. Per quell’anno bisogna raggiungere il 45% di
riciclo che corrisponde a circa 8 kg di rifiuti elettronici per ogni cittadino
(oggi sono 4), per poi portare questa soglia al 65% entro il 2019 (14 kg pro
capite).
Il riciclo dei materiali elettronici non è certo un capriccio dell’Unione
Europea. Esso serve per recuperare materiali preziosi contenuti nei RAEE, sempre
più rari in natura e di conseguenza più costosi, e serve anche per evitare lo
smaltimento scorretto in discarica. I rifiuti elettronici infatti contengono
molte sostanze tossiche (piombo, nichel, cadmio solo per citare le più comuni),
che se smaltite in maniera scorretta rischiano di inquinare la terra e le falde
acquifere.
Per questo motivo, oltre a costringere i rivenditori a smaltire i rifiuti,
l’Unione Europea ha introdotto anche pene più severe per chi smaltisce queste
risorse in maniera scorretta. Tra le norme introdotte ci sono pene maggiori per
chi esporta illegalmente i RAEE, fenomeno tristemente comune che ha trasformato
intere città dell’Africa e del Sud-Est asiatico in discariche a cielo aperto.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 novembre 2013
Ferriera, il ministero chiede 25 milioni - Il dicastero
dell’Ambiente li reclama da Rosato, D’Auria, Comper e Palcini, sotto accusa per
la gestione di rifiuti pericolosi
Un conto salato: 25 milioni di euro per la montagna di rifiuti della
Ferriera. Questa la cifra che il ministero dell’Ambiente chiede all’ingegner
Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento, poi consulente del Comune
per la riconversione e oggi amministratore unico della St, la Siderurgica
Triestina costituita dal gruppo Arvedi per prendersi in carico
l’affare-Ferriera. Oltre che a Rosato la richiesta del ministero è rivolta a
Vincenzo D'Auria, già responsabile del settore ecologia di Servola; Walter
Palcini, dipendente della ditta Refitalia; e Alessio Comper, dipendente della
società Sativa di Trento. Tutti sono accusati dal pm Pietro Montrone di avere a
vario titolo ceduto, rivenduto e trasportato, o comunque avere gestito
abusivamente ingenti quantità di rifiuti pericolosi proprio della Ferriera. Si
tratta di almeno 10mila tonnellate di veleni usciti dalla Ferriera di Servola
tra il 2007 e il 2008 e finiti in realtà, secondo le indagini dei carabinieri
del Noe, in discariche non autorizzate e non idonee a Trento, Montecchio
Precalcino (Vicenza) e Piombino (Livorno). In particolare l'ex direttore della
Ferriera è accusato di aver consentito la miscelazione dei rifiuti e di falso
ideologico, collegato all’uso di analisi chimico-fisiche che per il pm sono
state vistosamente taroccate nei dati finali in modo da abbassare il valore
inquinante dei rifiuti e i relativi costi di smaltimento. La notizia dell’atto
di costituzione di parte civile da parte del ministero dell’Ambiente -
depositata qualche tempo fa dall’avvocato dello Stato Marco Meloni - è emersa
ieri mattina in occasione della prima udienza, presieduta dal giudice Enzo
Truncelitto, del processo relativo all’inchiesta nata a Grosseto e poi per
questioni di competenza territoriale trasferita a Trento e infine a Trieste. «La
gravità dei fatti indicati - si legge nell’atto di costituzione (corredato da
relazioni, analisi e documenti) che è stato autorizzato dalla presidenza del
Consiglio dei ministri lo scorso 24 giugno ma non incide nella trattativa con
Arvedi - rende di immediata percezione il danno materiale subito dalla
collettività in relazione al pregiudizio ambientale causato dalle condotte
incriminate e per il quale è stato individuato correttamente come parte offesa
il ministero dell’Ambiente». E ancora: «Nelle relazioni vengono analizzati sia
il pregiudizio subìto dall’ambiente che i costi di ripristino dovuti dai
trasgressori secondo il principio “chi inquina paga”». «Abbiamo eccepito la
genericità delle accuse. La richiesta del ministero dell’Ambiente è stata fatta
su dati relativi al sito inquinato che nulla hanno a che fare con questo
processo», ha dichiarato l’avvocato Giovanni Borgna, difensore di Rosato e D’Auria.
In aula era presente l’avvocato Paolo Pacileo che assiste Palcini e Claudio
Tasin per Comper. «Tra l’altro - aggiunge Borgna - il ministero dell’Ambiente si
è già insinuato nel passivo Lucchini per simili vicende». Per questo motivo è
stata chiesta dagli avvocati l’esclusione della parte civile. Rosato era finito
agli arresti domiciliari nel 2010, raggiunto da un’ordinanza di custodia
cautelare del gip di Grosseto. A mandarlo libero dopo 24 giorni era stato il
Tribunale del Riesame di Firenze che aveva accolto il ricorso dei difensori, gli
avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi. L'inchiesta, inizialmente della
procura di Grosseto, porta la data del febbraio 2010. Era scattata proprio con
l'arresto di Rosato e degli altri funzionari. Poi, come detto, era stata
trasferita per competenza territoriale a quella di Trento e infine a Trieste.
Asse portante erano state le intercettazioni telefoniche effettuate dai
carabinieri del Noe che all'epoca avevano permesso alla procura di Grosseto di
individuare una fitta rete di rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti
di rifiuti pericolosi in modo facile e soprattutto senza grossi costi economici.
All’inizio l’attenzione era stata puntata su “Refitalia”, la ditta incaricata
della gestione dei rifiuti dell’impianto siderurgico di Servola. Poi il faro si
era acceso direttamente sugli allora vertici della Ferriera. E proprio a Servola
erano finiti sotto la lente degli investigatori i registri delle spedizioni dei
rifiuti che appunto, secondo l'accusa, erano stati falsificati. In pratica un
lifting alla bolla di accompagnamento e agli altri documenti che era servito,
sempre secondo l’accusa, a declassare i rifiuti stessi col risultato che
l'azienda committente otteneva uno sconto rilevante e la ditta che si occupava
dello smaltimento riusciva a eliminare senza troppe grane i rifiuti velenosi in
siti non adeguati. Sotto la lente del Noe era finita anche la vasca delle
dimensioni di 100 metri quadri: una “piscina” in cui venivano mixati rifiuti
normali e pericolosi. La prossima udienza è stata fissata per mercoledì 20.
Corrado Barbacini
«Servola, futuro cruciale per tutta la città» - FIOM
CGIL
La vertenza sulla Ferriera è «centrale per il futuro dello sviluppo
industriale e economico dell’intera città». E va risolta con «forte intervento e
conseguente controllo pubblico, che tenga insieme parallelamente continuità
produttiva dello stabilimento, risanamento ambientale e riqualificazione degli
impianti per un abbattimento tangibile delle emissioni, prefigurando nel lungo
periodo un rinnovato modello di sviluppo del territorio compatibile con
l’ambiente e tecnologicamente avanzato». Lo scrive in una nota la Fiom Cgil,
sottolineando che la cessazione definitiva dello stabilimento «decreterebbe per
Trieste una ricaduta negativa» su tutti i fronti. La Fiom chiede innanzitutto
che «siano avviate» subito «le relazioni sindacali» per «discutere
parallelamente sull’accordo di programma con la Regione e le altre istituzioni
locali sul piano industriale e ambientale con la società del gruppo Arvedi». In
secondo luogo, no a «deroghe rispetto a leggi e norme vigenti in merito ai
diritti dei lavoratori». La Fiom rivendica «un piano industriale e ambientale
che garantisca il mantenimento in esercizio degli impianti di produzione con
significativi investimenti e l’avvio del risanamento ambientale» così da
ottenere accesso a fondi Ue, «migliori condizioni previste dal decreto per le
aree di crisi industriali complesse, un uso trasparente e mirato delle altre
risorse economiche pubbliche e private dichiarate dai soggetti interessati
Regione e gruppo Arvedi». Il governo, aggiunge la Fiom deve sciogliere il nodo
Elettra.
Strage delle tartarughe, caccia al virus - Tavolo di
emergenza all’ateneo di Padova in videoconferenza con sloveni e croati
Gli esperti ipotizzano un morbo misterioso. Giallo nel giallo: i 150
esemplari spiaggiati solo a Grado e in Emilia Romagna
MONFALCONE C’è un morbo misterioso nell’Alto Adriatico, un virus o forse un
batterio, che sta facendo morire le tartarughe marine. È ormai un’epidemia che
sta provocando una strage tra le Caretta caretta: i dati aggiornati a ieri hanno
registrato oltre 150 tartarughe morte, spiaggiate o finite sugli scogli della
costa. Un numero che aumenta esponenzialmente ogni giorno considerato che
martedì il conto era fermo a 100 tartarughe morte. Ma c’è un altro particolare,
probabilmente legato ai venti e alla corrente, che sta alimentando il giallo
attorno a questa anomala e straordinaria moria: tutte le tartarughe sono state
trovate nella zona della laguna di Grado e sulle spiagge che vanno da Cervia,
Milano marittima, Rimini e Riccione. Nessuna tartaruga è finita sulle coste del
Veneto, probabilmente a causa della corrente della foce del Po, ma non ci sono
stati ritrovamenti nemmeno in Croazia e Slovenia. Ed è proprio sull’ipotesi di
un morbo, un “agente biologico” sconosciuto, che stanno lavorando gli esperti
che ieri si sono riuniti in un vertice all’Università di Padova nell’Istituto di
Veterinaria. Si tratta dell’unità operativa del progetto Netcet, il network di
monitoraggio dei cetacei e delle tartarughe, che mette assieme gli esperti
dell’Alto Adriatico (Fvg, Veneto, Emilia Romagna, Slovenia, Croazia e Albania) e
che ieri si sono consultati in teleconferenza. Per il Fvg era presente Francesco
Zuppa, dell’Unità operativa tartarughe e cetacei che ha sede nell’Area marina
protetta di Miramare. «Nel solo mese di ottobre sulle coste del Fvg abbiamo
avuto prima 32 spiaggiamenti di tartarughe, il numero poi è salito a 39 e con
quelle ritrovate sulle coste romagnole il numero delle morti è volato ad oggi a
150 esemplari - spiega Zuppa -. Abbiamo fatto diverse consultazioni, ci siamo
riuniti anche oggi per cercare di capire cos’è accaduto e come mai c’è stata
questa moria». Un quadro assai complesso, reso ancor più difficile dalla
stranezza dei ritrovamenti a causa di correnti e venti (prima la Bora, poi il
libeccio e in questi giorni di nuovo la Bora) che hanno interessato Fvg ed
Emilia Romagna, non il Veneto e nemmeno le coste istriane e dalmate. «Stiamo
ancora formulando delle ipotesi - aggiunge Zuppa - ma quello che posso dire,
dopo una lunga consultazione tra colleghi, è che tendiamo ad escludere alcune
cause. Innanzitutto le biotossine algali e problemi legati all’alimentazione di
cozze de parte delle tartarughe. Ci vorrebbe un bioaccumulo veramente importante
di queste biotossine e dai primi esami nello stomaco di alcuni esemplari non è
stato trovato nulla». Sembrerebbe esclusa anche l’ipotesi di un avvelenamento.
«Non pensiamo nemmeno a una morte legata a fenomeni di tossicità chimica -
continua Zuppa - non abbiamo rilevato presenza di agenti chimici, l’esame delle
carcasse avrebbe evidenziato lesioni interne e ci sarebbero state morie anche di
altre specie». Un indizio però è stato trovato: «L’unica cosa che si ripete su
diverse tartarughe trovate è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità
dell’intestino. Un’ipotesi potrebbe essere quella di un agente biologico, non
sappiamo se un virus o un batterio. E ha colpito le Caretta caretta nell’Alto
Adriatico, alcune sono arrivate morte da poco sulle spiagge. Aspettiamo le
risposte delle prove batteriologiche dopo le autopsie che sta conducendo
l’Istituto zooprofilattico di Forlì».
Giulio Garau
Sos anche all’estero - le strategie
Esperti dell’Alto Adriatico concentrati a trovare la causa dell’anomala
moria delle tartarughe, ma non solo. Ci sono stati casi anche in altre parti del
Mediterraneo e Francesco Zuppa del centro di Miramare proverà pure con gli
israeliani. Si è messo in contatto infatti con una ricercatrice triestina
collegata con il centro di scienze marine di Michmoret dove da anni curano e
ri-liberano le tartarughe.
Rivoluzione Wärtsilä: nuovo motore a gas - Il gruppo:
«Grandi vantaggi per armatori e operatori nel settore navale». Presentazione con
i top manager
TRIESTE Il mondo della propulsione navale sta vivendo una rivoluzione,
sancita dal passaggio dal carburante diesel al gas. Un'innovazione imposta dai
mutamenti inevitabili del mercato dell'energia, che richiede però un grande
sforzo tecnologico: è per dare risposta a queste nuove necessità che la Wärtsilä
Corporation ha presentato ieri nello stabilimento di Wärtsilä Italia a San
Dorligo una nuova tecnologia per motori dual-fuel a due tempi. Secondo le
previsioni del gruppo il motore a gas naturale dovrebbe rispondere alle esigenze
del 20% delle navi progettate entro il 2020 e consentirà una riduzione delle
spese del 15-20%. Il dual-fuel a 2 tempi ha infatti la possibilità di lavorare
passando, senza soluzione di continuità e senza alterare la resa, dalla
propulsione diesel a quella a gas, e viceversa. I vantaggi per gli armatori, una
volta che questa tecnologia sarà implementata sulle navi, sono evidenti: un
costo minore del carburante (almeno fino a quando i prezzi del gas rimarranno
inferiori ai derivati del petrolio) e un'abbattimento pressoché totale delle
emissioni inquinanti. Nelle previsioni del settore questo genere di propulsione
dovrebbe diventare dominante nella fase di transizione fra i combustibili
fossili e mezzi di produzione energetica alternativi. Il primo motore di questa
generazione, il Wärtsilä RT-flex50DF, sarà disponibile in consegna nel terzo
trimestre del 2014, seguito da motori della nuova serie Generation X nel corso
del 2015 e del 2016. Sarà possibile impiegarlo per imbarcazioni costruite ex
novo così come adattarlo a navi già esistenti; per queste ultime si dovrà però
provvedere anche ad un adattamento dei serbatoi carburante. Wärtsilä rivendica
le alte prestazioni del motore: «Tra i vantaggi di maggior rilievo, la nuova
tecnologia consente di operare stabilmente a gas lungo tutto il range di
carico». Ciò significa che a basso carico non sarà necessario passare
all’alimentazione diesel, «come richiesto invece in caso di utilizzo di altre
tecnologie. Il consumo di combustibile pilota rappresenta inoltre appena circa
l’1% del consumo complessivo, un dato nettamente inferiore se confrontato con
altre tecnologie». Martin Wernli, vice presidente di 2-stroke, Wärtsilä Ship
Power, ha spiegato così il contesto della ricerca: «I vantaggi della nuova
tecnologia dual-fuel a bassa pressione per i motori a 2 tempi sono
significativi. Per la prima volta, i numerosi vantaggi legati all’utilizzo del
gas e del Gnl come combustibili principali sono disponibili praticamente per
tutte le tipologie di imbarcazioni». La soluzione elaborata dal gruppo è infatti
la prima al mondo a garantire questo genere di prestazioni: «Le nostre
consolidate tecnologie, sia per i motori, sia per i sistemi di manipolazione del
gas e del Gnl presenti a bordo, trovano ora applicazione in un mercato più ampio
- ha dichiarato Wernli -. Grazie all’adeguamento della tecnologia dual-fuel a
bassa pressione ai motori a 2 tempi, Wärtsilä consente ora anche a chi acquista
motori a 2 tempi a bassa velocità di sfruttare i vantaggi di cui già si avvale
il mercato dei motori DF a 4 tempi a media velocità».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 novembre 2013
Trieste-Divaccia, progetto entro l’anno - Le ipotesi
allo studio - Tracciato parziale in galleria o soluzione in superficie
Il ministero fissa la road map della linea ferroviaria italo-slovena. I
tecnici escludono l’impiego di treni ad alta velocità
TRIESTE Entro l'inizio del prossimo anno il governo italiano e quello
sloveno potrebbero trovarsi davanti una proposta di progetto per la linea
ferroviaria Aurisina-Divaccia: partirà a quel punto il processo di verifica del
progetto con gli enti locali e tra questi e il territorio. «Auspichiamo che per
i primi mesi del 2014 gli enti incaricati di decidere dispongano di tutte le
informazioni necessarie per scegliere un tracciato», ha spiegato il responsabile
dei Corridoi Ten-T per il ministero, Roberto Ferrazza, a margine della conferenza
interministeriale svoltasi ieri a Trieste nell'ambito del progetto Acrossee. Il
progetto Il progetto, che secondo alcune stime dovrebbe costare circa due
miliardi di euro per una ventina di chilometri di linea, nelle intenzioni degli
enti ferroviari dovrebbe favorire il traffico di merci fra Italia e Slovenia: lo
scopo è quello di consentire al porto di Trieste di fare da punto di ricezione
delle merci provenienti da Suez, per indirizzarle poi via rotaia verso la
Slovenia e i mercati est e nord-europei oppure verso la Francia. L'hub della
Venezia Giulia dovrebbe così raddoppiare il volume dei suoi traffici.
«L'università di Lubiana preparerà entro l'anno uno studio sui potenziali
traffici della linea - ha spiegato Ferrazza -, che chiarirà le potenzialità
dell'opera». Lo studio sarà uno dei fattori di cui i tecnici del Geie (Gruppo
europeo di interesse economico, composto da rappresentanti delle ferrovie dei
due Paesi) terranno conto nell'elaborare la proposta di progetto che poi sarà
sottoposta al vaglio politico della commissione intergovernativa Italia-Slovenia,
di cui fa parte anche la Regione Friuli Venezia Giulia. I possibili tracciati
vanno da una linea parzialmente in galleria a una in superficie, basata su
semplici rettificazioni della linea. Opere al risparmio Tutto al convegno di
ieri, organizzato dall'Ince proprio per discutere di accessibilità
transfrontaliera nel Sud Est Europa, lasciava intendere che le soluzioni
privilegiate saranno quelle pratiche, veloci e poco costose. Atteggiamento
obbligatorio in tempi di tragica siccità di fondi. I precedenti non mancano: il
commissario straordinario alla Tav Venezia Trieste, Bortolo Mainardi, non fa
mistero di propendere per una ottimizzazione della linea esistente. La Regione
Fvg, da parte sua, ha chiesto che vengano privilegiati gli interventi urgenti
sulle linee attuali. Sul possibile accordo tra queste posizioni e un
collegamento Tav fra Aurisina e Divaccia, Ferrazza si è espresso così:
«Attenzione, non stiamo parlando di alta velocità in questo tratto - ha risposto
-. Si punta soprattutto ad aumentare la capacità, diminuendo la pendenza della
linea per allungare i treni. Bisogna anche tener conto del fatto della grande
delicatezza ambientale dell'area». La Venezia-Mestre Per quanto riguarda il
tracciato da Mestre a Ronchi, Ferrazza ha detto che«Rfi, Rete ferroviaria
italiana, ha sollecitato il ministero (dell'Ambiente, ndr) a dare indicazioni
per le finalizzazioni del progetto di affiancamento alla linea esistente».
«Adesso - ha aggiunto - il ministero dell'Ambiente chiuderà il parere di
Valutazione di impatto ambientale (Via) confrontando tra loro sia l'ipotesi
costiera che quella di affiancamento alla linea ferroviaria esistente». Anche in
questo caso «la priorità è l'alta capacità» più che l'alta velocità. Ferrazza ha
riconosciuto come «saggia» la scelta di «aggredire i colli di bottiglia» sulla
rete storica, aggiungendo che «non è mai stata messa in discussione l'alta
capacità in sé. Servono soluzioni ferroviarie che non siano un ostacolo allo
sviluppo del porto di Trieste e dei porti dell'Adriatico. Tra fare un
quadruplicamento ex novo e la linea storica con soluzione dei nodi c'è una bella
differenza». Il protocollo Il project manager dell'Ince Carlo Fortuna ha detto
che «in un periodo di risorse pubbliche in calo, è indispensabile concentrare
l'attenzione sui piccoli progetti». La Regione Friuli Venezia Giulia ha poi
firmato un protocollo per il coordinamento delle opere con gli altri partner di
Accrosee: ministeri dei Trasporti, Camere di commercio, Università e altre
istituzioni di Paesi dell'Unione europea e del Sud- Est.
Giovanni Tomasin
Servola, Pd al contrattacco: «Pieni poteri al
commissario»
L’ultima bozza del decreto di riconversione ripristina le prerogative
dell’Authority Savino (Pdl): inevitabile che sia così, Rosato: il testo
definitivo sarà un altro
«Non bisogna guardare le bozze, ma il testo definitivo. Un commissario non è
tale se non ha pieni poteri. Il nostro partito sta lavorando affinché li abbia e
confidiamo che così sarà». Ettore Rosato, deputato triestino del Pd non vuole
nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi che l’ultima bozza del Decreto del
fare2 (diffusa dal parlamentare del M5s, Aris Prodani) che all’articolo 8
stabilisce anche “misure particolari per l’area di crisi complessa del porto di
Trieste”, sia quella definitiva: la battaglia tra opposti schieramenti sul
commissario di Servola, che comunque sarà la presidente della Regione Debora
Serracchiani per il periodo, rinnovabile, di un anno e senza alcun compenso,
dunque continua. Le modifiche apportate all’ultima bozza su input in
particolare, sembra, del ministro pidiellino delle Infrastrutture Maurizio Lupi,
affermano che il commissario «si coordina con l’Autorità portuale di Trieste per
gli aspetti di competenza». E specifica che «sulle aree demaniali marittime
ricomprese nella circoscrizione dell’Autorità portuale, restano impregiudicate
le attribuzioni e le competenze della stessa Autorità, come individuate dalla
legge 28 gennaio 1994 n. 84 e successive modifiche e integrazioni». «Il
commissario è indispensabile per coordinare gli interventi delle varie
istituzioni e solo in questo modo può dare punti di riferimenti certi
all’investitore privato - precisa Rosato - non vale nemmeno la pena di valutare
le varie bozze del decreto che già ci sono state. In quello definitivo il
commissario dovrà esserlo in pieno». Nel comprensorio, va precisato, rientra
anche la banchina che assieme all’area immediatamente retrostante ricade nelle
competenze dell’Autorità portuale e a fine anno oltretutto scade anche la
concessione alla Lucchini. «L’ultima formulazione mi sembra ovvia - si limita a
commentare la parlamentare del Pdl Sandra Savino - le Autorità portuali sono un
ente periferico dello Stato che dunque non può sottometterle ad altri. Ma sulla
questione il punto preoccupante per me è un altro: la Regione Friuli Venezia
Giulia sta procedendo per conto proprio o intende aderire all’opportunità
offerta dalla legge sulle aree di crisi industriale complessa? Perchè se la
soluzione scelta è quest’ultima dovrebbe aver già avviato un procedimento
amministrativo con un progetto specifico, un programma e il coinvolgimento di
Invitalia». Più ottimista Savino sulla questione della bonifiche: «Se non paga
chi ha inquinato, in un caso come questo è obbligato a intervenire lo Stato che
poi tenterà di rivalersi su Lucchini».
Silvio Maranzana
«Ma chi pagherà la bonifica dell’area?» - PRODANI (M5S)
INTERROGA IL MINISTRO
«In che modo saranno garantiti i fondi per la bonifica dell’area di Servola
visto che non sono state stanziate risorse pubbliche? Sarà coinvolto per il
recupero ambientale il Gruppo Lucchini che ha gestito l’impianto e determinato
il grave inquinamento che deve essere risolto nel più breve tempo possibile a
garanzia dei dipendenti e della popolazione locale?» Sono le domande che pone il
deputato triestino del Movimento 5 stelle Aris Prodani in un’interrogazione al
ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. A margine, Prodani ricorda come i
rappresentanti del Gruppo Arvedi abbiano ribadito che non intendono spendere un
euro per la bonifica di un’area che non hanno certo contribuito a inquinare.
Nelle premesse all’interrogazione sottolinea che il livello di inquinamento
legato alla Ferriera «costituisce una seria minaccia per la salute di lavoratori
e abitanti» e che è «ancora da definire la questione delle bonifiche, dei
trattamenti delle acque e dei rifiuti (240mila tonnellate) per i quali si è
chiesto il ricorso a finanziamenti pubblici».
(s.m.)
Via libera romano al piano regionale del paesaggio -
INTESA CON I BENI CULTURALI
TRIESTE Il Piano paesaggistico del Fvg incassa il via libera di Roma. Ieri
Regione e ministero dei Beni culturali hanno sottoscritto il disciplinare di
attuazione per la realizzazione dello strumento urbanistico. «Con questa firma
diamo avvio con il ministero alla copianificazione fattiva del Piano - ha
dichiarato l'assessore Mariagrazia Santoro -. Il progetto riguarderà l'intero
territorio regionale e sarà concluso entro tre anni da oggi. L’obiettivo, che
renderà la nostra regione al passo con la Convenzione europea del paesaggio, è
progettare un’azione di “governo del territorio”, che detti precise regole alla
pianificazione in un'ottica di condivisione dei valori dei territori». Il
disciplinare fissa i contenuti tecnici, le modalità operative ed il
cronoprogramma ma prevede anche la conferma della possibilità di procedere alla
redazione del Piano attraverso diversi stralci, come indicato dalla legge quadro
regionale approvata lo scorso mese di ottobre, giungendo in tal modo alla
definizione dello strumento di tutela paesaggistica per successive fasi e
soprattutto con una procedura più celere (singoli atti di condivisione da far
confluire nell’adozione finale complessiva). Tra le prime azioni da mettere in
campo, la ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole
interesse pubblico secondo il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (ville,
giardini, parchi naturali, centri storici) e dei beni di interesse
paesaggistico, rivedendone anche il valore riconosciuto, l'eventuale livello di
compromissione o degrado ma anche rilevando eventuali nuovi elementi di valore.
In futuro verrà anche costituito uno specifico comitato tecnico paritetico
presieduto da un rappresentante della Regione e da rappresentanti dei dicasteri
dei Beni e delle Attività culturali e dell'Ambiente.
«Ex Campo profughi occupato senza diritti dalle Borgate
carsiche»
Azione legale aperta con la Provincia. De Francesco: nessun contratto.
Grgic: il Piano regolatore parla chiaro
Si è aperto un contenzioso tra la Provincia e l’Unione coordinativa delle
Borgate carsiche. «Stanno occupando abusivamente l’ex Campo Profughi di
Patriciano», sostiene l’assessore provinciale al Patrimonio, Mariella Magistri
De Francesco. «Abbiamo il diritto di stare lì – replica Claudio Grgic,
presidente dell’Unione borgate carsiche – sono loro che sistemando lì un loro
magazzino, il Museo istriano e la sede della Centrale operativa del Soccorso
speleologico non rispettano quanto previsto dal Piano regolatore». Per l’ex
Campo profughi, un tempo proprietà demaniale e oggi della Provincia, Palazzo
Galatti sta mettendo a punto da anni un piano di recupero che prevede di
destinare quegli spazi a sedi di diverse associazioni. «C’è un’azione legale in
corso – anticipa De Francesco - dopo ripetuti inviti a lasciare libero
l’edificio abbiamo dovuto agire diversamente. Con noi non hanno alcun contratto:
forse lo avevano con il Demanio, ma non con la Provincia». L’Unione delle
borgate carsiche oggi occupa 4 dei 5 ettari a disposizione dell’ex Campo
profughi. «Abbiamo avanzato la proposta di regolarizzare la nostra posizione –
riferisce Grgic – con l’obbligo però per la Provincia di cedere quell’area alla
Comunità locale come previsto da un accordo siglato con Regione e Comune prima
della costruzione del Sincrotrone». La vicenda ha radici lontane. «Noi siamo in
questi spazi dal 1954, da quando se ne andarono gli americani», racconta Grgic:
«I nostri nonni furono espropriati di quest’area allo scopo di realizzare un
riformatorio giovanile, invece nel 1954 dovemmo consegnare le chiavi alla
Prefettura per farvi ospitare gli istriani. L’ultimo di loro se ne è andato nel
‘72 e a quel punto ci sono state riconsegnate le chiavi». La presenza
dell’Unione delle borgate in quegli spazi è stata scandita da continui contrasti
con le amministrazioni locali. «Quando è stata realizzata l’Area di ricerca –
spiega il presidente - avevamo accettato di dare ospitalità nell’ex Campo
profughi al museo de Henriquez che da Trebiciano si sarebbe spostato qui. Ma
nell’84 il Demanio ha dato in affitto tutto l’ex Campo al Comune a nostra
insaputa. Nell’86, sindaco allora Staffieri, aveva fatto di tutto per mandarci
fuori». Grgic rivendica il diritto dell’Unione delle borgate carsiche a restare
in quegli spazi, contestando le altre realtà esistenti nella stessa struttura.
«Il Piano regolatore prevede che quell’area sia destinata ad attività delle
popolazioni locali – dichiara – mentre la Provincia in un quinto della struttura
ha sistemato un suo magazzino, il Museo istriano e gli speleologi che nulla
hanno a che fare con lo sviluppo della popolazione locale». Il contenzioso tra
Unione borgate e Provincia è finito nel mirino dell’opposizione. «Quello che
doveva essere un progetto prestigioso – sottolinea Claudio Gizon, capogruppo Pdl
in Consiglio provinciale - è diventato un problema ingombrante anche sul piano
finanziario, in quanto sta mettendo a rischio il milione e 150 mila euro che
erano stati stanziati per l’iniziativa e che scadono nel 2014». Per fare il
punto sullo stato delle cose si è riunita anche la Commissione trasparenza.
«Durante la commissione – riferisce Grizon - abbiamo appreso che per ben due
volte è stata respinta la richiesta di intavolazione della proprietà dell’area
per incongruenze planimetriche e che il Demanio, cui competono i relativi
adempimenti, non ha le risorse per perfezionare gli atti: siamo all’assurdo». La
giunta Bassa Poropat con il bilancio 2013 ha deciso di porre l’ex Campo profughi
tra i beni da valorizzare anche con l’alienazione. «A questo punto – chiude
Grizon – aspettiamo un bando per la raccolta di manifestazioni d’interesse o
altre iniziative simili utili ad accelerare la vendita del comprensorio».
Laura Tonero
«L’esposto contro A2A? La priorità è la salute» - IL
SINDACO DI MONFALCONE ALTRAN
MONFALCONE «Ben vengano tutti gli interventi e le azioni utili ad
approfondire lo stato di inquinamento del territorio e delle emissioni di
metalli pesanti in rapporto all’impatto sulla salute pubblica dei cittadini e
sull’ambiente». Il sindaco Silvia Altran, all’indomani del deposito in Procura
dell’esposto presentato dal consigliere di opposizione Anna Maria Cisint
(Obiettivo Rinnoviamo) in merito alle emissioni della centrale A2A, non si tira
indietro. Il sindaco, tuttavia, premette: «Mi riservo comunque di approfondire i
contenuti dell’esposto presentato alla magistratura, per capirne i presupposti e
la corretta costruzione. In questo senso, pertanto, non posso esprimermi prima
di avere tutti gli elementi a disposizione». Altran non assume una posizione
politica ma ragiona da sindaco al quale compete la tutela della salute pubblica.
Fatte le debite premesse, il sindaco ribadisce: «Non mi pongo problemi di sorta
quando si tratta di andare a fondo sulle questioni, soprattutto quelle complesse
e importanti per la comunità. La trasparenza rimane il principio fondamentale da
perseguire e la salute pubblica la priorità. Qualunque verifica possa fornire un
aiuto e contribuire a portare elementi concreti e scientificamente attendibili,
mi trova d’accordo. Ritengo, infatti, che non ci sia nulla da nascondere,
certamente non mi sottraggo a questo compito, che è quello di fare il possibile
per garantire chiarezza di informazione e fornire le risposte adeguate ai
problemi». Il sindaco un commento lo esprime a proposito dell’esposto: «Credo
che i tempi non saranno così rapidi». L’esposto presentato in Procura dal
consigliere Anna Maria Cisint, che si è avvalsa dell’avvocato Stefano Cavallo,
con i legali collaboratori Coppo e Breda, è molto pesante: viene richiesta in
particolare la verifica sulle correlazioni dirette o meno tra la presenza di
metalli pesanti nell’aria del territorio monfalconese e le emissioni della
centrale, ma anche in ordine alle possibili conseguenze sulla salute e
sull’ambiente. Sul tappeto c’è inoltre il processo autorizzatorio ai fini
dell’esercizio dell’attività dell’impianto termoelettrico, per il quale viene
chiesta alla magistratura una verifica di congruità alle norme di legge da parte
delle autorità (Stato, Regione, Provincia, Comune) preposte ai controlli e al
rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale. Il tutto, fino a richiedere
alla Procura, qualora se ne ravvisassero gli estremi, l’assunzione di
provvedimenti cautelativi quali il sequestro preventivo dell’impianto, se non
anche il blocco della stessa attività produttiva.
Laura Borsani
Tartarughe morte, vertice a Padova
Esperti a confronto per risolvere il rebus della strage di animali
spiaggiati: sono almeno un centinaio da Grado ad Olbia
GRADO Potrebbero essersi nutrite di cozze oppure aver ingerito un gran
numero di meduse: gli esperti che stanno indagando sulla moria di tartarughe
trovate spiaggiate a Grado stanno esaminando in questi giorni proprio queste
possibilità. Una strage misteriosa che sta interessando anche le altre zone
dell’Adriatico, in Italia e non solo. In Italia il fenomeno si è verificato
nella zona di Ravenna ma pure a Rimini, Cervia, Gallipoli e anche a Olbia dove
si sono verificate morie di un gran numero di testuggini, 19 soltanto ieri.
Finora nell’Alto Adriatico sono state contate almeno un centinaio di tartarughe
morte. Interessante è il fatto che anche in tutte queste zone o nelle vicinanze
esistono allevamenti di cozze ma, come detto, non è assolutamente certo che
siano queste la causa delle morti. Centinaia di tartarughe morte sono state
trovate spiaggiate anche sulla costa del Nicaragua. Un fenomeno generalizzato e
proprio per questo motivo oggi a Padova ci sarà un incontro assieme agli esperti
della costa emiliana, interessati al medesimo problema. Tra l’altro all’incontro
parteciperanno in teleconferenza anche esperti sloveni e croati poiché
l’intenzione è di creare un coordinamento per tutto l’Alto Adriatico. Ma da
quanto si è saputo si stanno prendendo contatti e si sta scambiando pareri anche
con altri centri a livello internazionale. «Stiamo concludendo le autopsie –
afferma il dottor Francesco Zuppa della riserva di Miramare – e pensiamo sia
molto probabile (il veterinario lo aveva ipotizzato, ndr) l’intossicazione
alimentare». Abbiamo chiesto se l’ipotesi che possano essersi nutrite di
“pedoci” o meduse possa essere la causa del decesso e la risposta è che
effettivamente le indagini si stanno concentrando in queste due direzioni. Va
subito detto che per le cozze la presenza di biotossine, che non sono dannose
per l’uomo (creano qualche disturbo intestinale), sembra sia ciclica nel senso
che in certi periodi dell’anno si accumula in questi molluschi a seguito, pare,
del normale evolversi del loro sviluppo organico e spesso anche al contestuale
sviluppo contestuale di alcune alghe. «Stiamo indagando contemporaneamente sulle
due ipotesi, cozze e meduse – afferma il dottor Zuppa –, e in specifico stiamo
esaminando e paragonando anche i dati relativi agli allevamenti dell’area di
Sistiana». La questione, come spiega ulteriormente l’esperto è che la biotossina
eventualmente presente nelle cozze non dovrebbe causare problemi unicamente alle
tartarughe. Sarebbe questo, pertanto, un fatto davvero molto raro. Così come
raro sembra è il decesso avvenuto a seguito di biotossine. «C’è un solo caso al
mondo che si è verificato in California – dice Zuppa - dove le tartarughe sono
morte a causa delle biotossine ma queste avevano intaccato anche altri
organismi. Nel nostro caso sono state intaccate invece solo le tartarughe».
«Stiamo verificando inoltre – aggiunge l’esperto – se c’è correlazione anche con
la massiccia presenza di meduse di quest’estate, meduse delle quali le
tartarughe si cibano». Infatti, dove proliferano le meduse si registra sempre
una grande presenza di tartarughe. Ieri all’Ogs di Aurisina esperti di crostacei
ed esperti di molluschi hanno proseguito gli esami per cercare di venire a capo
della situazione. Appare in ogni caso assodato che le tartarughe ritrovate
nell’arco degli ultimi 10 giorni siano morte piuttosto di recente e che
qualsiasi sia la causa, questa ha provocato l’immediata morte delle testuggini.
«Fino al momento della morte – dice ancora Francesco Zuppa – le tartarughe erano
sicuramente sane». Quindi morte fulminante. Per saperne di più sarà necessario
attendere anche gli esami tossicologici ma ci vorranno sicuramente ancora 4-5
giorni.
Antonio Boemo
Altre due “vittime” avvistate al largo da un pescatore
Il numero delle tartarughe ritrovate a Grado potrebbe aver raggiunto quota
37. Ieri l’altro, infatti, dopo che ne erano già state segnalate 35, durante
alcuni suoi trasferimenti in batela, un pescatore gradese ne ha avvistate due,
sempre morte, che galleggiavano trasportate dalla corrente. Una stava uscendo
dal canale di San Pietro, cioè dalla laguna, per immettersi nel canale
principale d’accesso a Grado. L’altra è stata avvistata lungo la Litoranea
Veneta in zona Primero. Una delle due, secondo quanto riferito dal pescatore,
era piuttosto grande, oltre una settantina di centimetri.
Cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile
Oggi all’ex Sissa di Grignano il terzo incontro del ciclo compreso nel
progetto di divulgazione rivolto ai giovani
Saranno oltre 500 gli studenti delle scuole medie triestine che domani
mattina riempiranno la grande aula magna dell’ex Sissa di Grignano, in via
Beirut, per un incontro con la scienza di grande interesse e attualità
soprattutto per le nuove generazioni: “Cambiamenti climatici, biodiversità e
sviluppo sostenibile”. Si tratta del terzo appuntamento di un ciclo di eventi
che s’inserisce nell’agenda di un progetto di divulgazione dei problemi
ambientali per le scuole (ma aperto a chiunque sia interessato al tema) portato
avanti dal Lions Club Trieste Host e dalla Fondazione internazionale Trieste (Fit)
in collaborazione con il Centro internazionale di fisica teorica (Ictp) e la
Sissa, con il sostegno dell’Università di Trieste, del Consorzio per la fisica,
di Coop e di Trieste Trasporti e con il patrocinio della Regione, della
Provincia, del Comune e del locale Centro Unesco. Alle 9 l’apertura dei lavori
con gli indirizzi di saluto e l’introduzione del giornalista scientifico Fabio
Pagan. Cinque i relatori che si succederanno al microfono nel corso della
mattinata intessendo un dialogo con gli studenti. A partire da Filippo Giorgi,
fisico del clima notissimo a livello internazionale, responsabile del settore
Fisica della Terra dell’Ictp ed esponente di punta dell’Ipcc, il panel
internazionale di esperti sul cambiamento climatico che fa capo alle Nazioni
Unite, insignito nel 2007 del premio Nobel per la pace. Proprio qualche
settimana fa, a fine settembre, a Stoccolma, l’Ipcc ha reso nota la prima parte
del quinto Rapporto di valutazione sul cambiamento climatico, quella relativa
agli aspetti scientifici del problema. Nel 2014 seguiranno le altre due parti,
relative ai gruppi di lavoro che si sono occupati degli impatti e
dell’adattamento a questi mutamenti (in cui è direttamente coinvolto Giorgi) e
alle possibili politiche di mitigazione. «Questo nuovo rapporto – spiega Filippo
Giorgi – non contiene elementi drammaticamente diversi rispetto a quello
precedente di sei anni fa, rafforzando semmai le valutazioni sulla base di nuove
osservazioni e di nuovi modelli teorici. Il dettaglio più rilevante viene forse
dalle stime a lungo termine sull’innalzamento del livello degli oceani in
seguito a dilatazione termica provocata dall’aumento delle temperature medie sul
pianeta. A fine secolo, insomma, le previsioni più pessimistiche parlano di un
possibile aumento di un metro del livello degli oceani, rispetto agli 80
centimetri previsti dal rapporto precedente. Sarà un problema non da poco per le
città e le regioni costiere, di cui già si vedono i primi effetti». «Per il
resto – continua Giorgi – stiamo assistendo a un aumento degli eventi estremi
sia alluvionali sia siccitosi in conseguenza dei cambiamenti nel ciclo
idrologico. E continuano a sciogliersi i grandi ghiacciai: quasi tutti sono in
netta recessione». Delle conseguenze sull’ambiente e sulla nostra vita dei
cambiamenti climatici parleranno successivamente Elvio Toselli, insegnante e
naturalista; Daniele Pernigotti, biologo, giornalista, consulente ambientale;
Alfredo Altobelli, docente di ecologia della nostra Università; Pierpaolo
Zanchetta, architetto che lavora nel settore ambiente della Regione.
Laura Strano
Il rigassificatore non si farà - Ma quanta
disinformazione - L’INTERVENTO DI GIANFRANCO BADINA
Il rigassificatore a Trieste non si farà ed è giusto che sia così dal
momento che ha trovato l’opposizione di tutti gli enti locali e,
presumibilmente, di gran parte della popolazione. Ma quanta disinformazione è
stata fatta a proposito. Voglio richiamare solo alcune delle cose non vere che
sono state proposte e quindi diffuse a vari livelli. Si è fatto riferimento a
prescrizioni Imo che non esistono. - È stata più volte citata una circolare Imo
che avrebbe dettato regole di sicurezza per l’impianto di Viro che invece diceva
tutt’altre cose; - Si è affermato che nel Vallone di Muggia il ricambio d’acqua
è minimo a causa delle correnti molto deboli dimenticando che le ampiezze di
marea sull’Alto Adriatico sono tra le più le alte del Mediterraneo e ciò
comporta che se si considera la superficie di 10 km2 della baia di Muggia ci
sono milioni di metri cubi d’acqua di mare che se vanno e poi ritornano ogni sei
ore circa; - È stato detto che a Zaule la bora soffia con raffiche che
raggiungono i 200 km/h. Nessuna rilevazione ufficiale ha mai rilevato una tale
velocità ed inoltre i venti di Bora si presentano intensi lungo l’asse canale
navigabile-costa muggesana mentre l’intensità delle raffiche è considerevolmente
minore a San Sabba; - Sono state misurate con pignoleria le distanze tra il
previsto rigassificatore e le zone abitate confrontandole con quelle di altri
impianti senza considerare le peculiarità orografiche. Facendo riferimento alla
richiamata situazione di Rotterdam, in quel porto la configurazione del terreno
è assolutamente piatta mentre a Zaule subito a ridosso della linea di costa si
ergono le prime propaggini del Monte San Pantaleone che formano un gradino
naturale invalicabile da parte del gas liquido; - Si è affermato che non si
poteva portare ad esempio la Baia di Tokio perché la stessa era molto più
estesa, il mare era molto più profondo ed il fondale immediatamente all’esterno
della baia sprofondava fino a 3.000 metri. In realtà la baia di Tokio misura 922
km2 , non tanti in più degli 860 km2 del Golfo di Trieste, i suoi fondali medi
variano dai 20 ai 40 metri e la fossa del Giappone si trova a circa 200 km.
Bisogna inoltre considerare che sulle sue acque si affaccia una delle più estese
megalopoli del mondo con una popolazione di circa 34 milioni di abitanti
(all’incirca la metà degli abitanti dell’Italia!) e i suoi specchi d’acqua sono
tra i più trafficati al mondo. Ciò nonostante i giapponesi sono riusciti a
inserirvi ben quattro terminali di gas liquido; - Si è ipotizzato che una
eventuale zona di sicurezza di 400 metri attorno agli ormeggi del
rigassificatore avrebbe penalizzato il traffico della Siot e della futura
piattaforma logistica ma il pontile più vicino del porto petroli si trova a 800
metri e la piattaforma si troverà a 2.500 m; - Uno degli argomenti più forti e
decisivi contro il terminale è rappresentato dallo studio che stabilisce
l’incompatibilità delle navi metaniere con l’incremento del traffico previsto
nel porto di Trieste ma lo studio ha preso come base il dato che una nave
cisterna impegna per due ore e mezza il canale navigabile. Chiunque può
osservare una petroliera in arrivo o in partenza e rendersi conto personalmente
che i tempi sono significativamente minori; - Si è affermato che l’utilizzo di
terminali a terra è ormai obsoleto grazie al miglioramento delle tecniche ed
alle accresciute sensibilità per cui vengono scelti gli impianti off-shore.
Nella realtà , dei 28 terminali costruiti nel mondo nel corso degli ultimi anni,
in costruzione o pianificati nell’immediato futuro, solamente 8 sono sistemati
al largo; - Si è detto che in nessuna parte del mondo si era costruito un
rigassificatore in vicinanza di una città. Quello di Boston si trova all’interno
della città stessa; - Sono stati ipotizzati scenari apocalittici con navi
gasiere in fiamme davanti a Muggia. Ma le più grandi metaniere attuali pescano
solamente 12 metri ed in caso di emergenza potrebbero dirigere verso il mare
aperto transitando in qualsiasi zona del Vallone di Muggia.
SEGNALAZIONI - TRAFFICO La mattanza dei pedoni
Aumentano sempre di più gli incidenti stradali e tante sono le vittime della strada, peggio di una guerra non dichiarata. Il mercato delle vittime della strada aumenta sempre di più e anche i pirati della strada aumentano con tanta indifferenza attorno a questi gravi problemi e responsabilità. Trieste in questa realtà registra un maggiore aumento di incidenti stradali che vanno a detrimento della sicurezza stradale, della possibilità di camminare in città, per i problemi della sosta selvaggia in doppia fila e occupazione dei marciapiedi, limitando anche l’attività dei bus della Trieste Trasporti che quasi mai riescono ad accostare al marciapiede della fermata e creando difficoltà alla stessa viabilità. In questi giorni, nel corso di un’iniziativa di Coped – Camminatrieste, presenti 270 studenti e pedoni, che ha avuto luogo al Tempio Mariano di Monte Grisa, è stata inviata una lettera a Papa Francesco chiedendo un suo intervento a favore delle vittime della strada. Una realtà che vogliamo sottolineare: il 70% delle morti su strada avviene nei paesi in via di sviluppo. Il 65% delle persone uccise sono pedoni. La maggior parte delle persone ferite o uccise in incidenti stradali nei paesi in via di sviluppo non sono gli occupanti dei veicoli: stavano camminando, andavano in motocicletta, in bicicletta o su altri veicoli non motorizzati. E il problema sta peggiorando. Secondo la proiezione di uno studio dell’Harvard University e dell’OMS, nel 2020 gli incidenti stradali saranno diventati la terza maggiore causa di morte e di lesioni permanenti al mondo. Sono già la seconda causa di morte prematura per uomini di età compresa tra i 15 e i 44 anni. Nelle città italiane, per quanto riguarda la strage dei pedoni, si registra il 43% delle vittime della strada, contro una media europea del 34%. Il 42% dei morti in città è un pedone o un ciclista. 7000 morti e oltre 200.000 feriti in 10 anni: sono i dati impietosi sulle tragedie che coinvolgono i pedoni. Numeri impressionanti, resi ancora più drammatici dalle invalidità permanenti riportate dalle vittime della strada. Questa immagine terribile si fa ancora più nitida se si pensa che il 30% dei pedoni perde la vita mentre attraversa sulle strisce e oltre il 50% delle vittime ha più di 65 anni. Una media di quasi 2 morti e 30 feriti al giorno, una strage sostanzialmente rimossa dalla coscienza collettiva.
Sergio Tremul - presidente Camminatrieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 12 novembre 2013
Ferriera, già “dimezzata” la Serracchiani
Nell’ultima bozza sul decreto del Fare2 restano in vigore i poteri
dell’Autorità portuale
Commissario sì per la riconversione dell’area di Servola, nella persona
della presidente della Regione Debora Serracchiani, ma con poteri dimezzati.
Nell’ultima bozza del Decreto del fare 2, resa nota dal deputato del Movimento 5
stelle Aris Prodani, si afferma infatti che «il Commissario assicura la
realizzazione degli interventi urgenti e per ogni adempimento propedeutico o
comunque connesso si coordina con l’Autorità portuale di Trieste per gli aspetti
di competenza». «Sulle aree demaniali marittime - si specifica poco più avanti -
ricomprese nella circoscrizione dell’Autorità portuale, restano impegiudicate le
attribuzioni e le competenze della stessa Autorità, come individuate dalla legge
28 gennaio 1994 numero 84 e successive modificazioni e integrazioni». Dal
governo di larghe intese dunque sembra essere uscito un comma di larghe intese
che trasforma quello che sembrava essere un successo di Serracchiani e del
centrosinistra in un sostanziale pareggio. «Chiaro che il testo potrebbe
teoricamente subire ulteriori modifiche in Parlamento - afferma Prodani - ma
ritengo difficile che avvenga in questa parte del testo che evidentemente è
stata concordata tra i ministri di diverso schieramento». Il testo precedente
recitava: «Il Commissario assicura la realizzazione degli interventi urgenti e
per ogni adempimento può avvalersi degli uffici e delle strutture di
amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali, nell’ambito delle
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente,
senza nuovi maggiori oneri per la finanza pubblica. Il Commissario straordinario
si avvale altresì dell’Autorità portuale di Trieste e del Comune di Trieste
quali soggetti attuatori». «Sarà lo stesso Pd a togliere quel comma se ha un
minimo di coerenza con se stesso», aveva subito affermato Sandra Savino,
deputata triestina del Pdl. Secondo i suoi detrattori il comma in questione
sostanzialmente commissariava anche una parte del porto di Trieste e segnava il
primo tentativo di riconquista in vista della grande battaglia per il rinnovo
dei vertici dell’Autorità portuale che si combatterà l’anno prossimo.
Evidentemente il pressing fatto dal ministro pidiellino delle infrastrutture
Maurizio Lupi ha sortito un effetto. Lupi e Monassi hanno partecipato assieme
recentemente a un dibattito al Festival di Comunione e liberazione dove l’Autority
triestina era presente addirittura con un proprio stand.
(s.m.)
Cokeria, Bonacina interrogato - IL DIRETTORE DELLO
STABILIMENTO DI SERVOLA
Ascoltato dal pm Frezza sul catrame. L’avvocato Borgna: tutto ok
Il nodo è quello di una violazione avvenuta nell’ambito dell’Autorizzazione
integrata ambientale della Ferriera. La violazione è relativa al catrame
prodotto dalla cokeria che è finito in alcuni cumuli. Su questa vicenda -
qualche tempo fa riportata dal giornale “Il fatto quotidiano” - ieri mattina è
stato interrogato dal pm Federico Frezza il direttore dello stabilimento
Giuseppe Bonacina. Il quale ha spiegato che la miscelazione del polverino di
catrame residuo di lavorazione della cokeria - oggetto dell’indagine - viene
quotidianamente miscelato al carbon fossile come previsto dalla normativa
vigente, secondo le migliori tecniche disponibili, recepite dall’Autorizzazione
integrata ambientale. «Abbiamo illustrato e spiegato la regolarità
dell’operazione», ha ribadito il difensore Giovanni Borgna. I cumuli di catrame
erano stati campionati dai tecnici dell’Arpa quando, alcune settimane fa, il
caso era esploso. In quell’occasione l’intervento era stato disposto dal pm
Federico Frezza, dopo la segnalazione giunta all'Arpa stessa da parte di alcuni
operai. Fin da subito erano emersi particolari che in qualche modo avevano
rovesciato la situazione denunciata all'Arpa. In sostanza il catrame è un
sottoprodotto della cokeria. E ai fini delle “Bat” (Best Available Tecniques) è
possibile riciclare proprio i residui utilizzando il carbon fossile. In una nota
Lucchini spa aveva nell’occasione smentito «categoricamente che le operazioni
effettuate nello stabilimento di Trieste siano realizzate fuori dal rispetto
delle normative ambientali vigenti». Precisando che «rappresentano un’attività
di recupero assolutamente prevista nel processo produttivo come definito dalle
migliori tecniche disponibili per la prevenzione e il controllo integrato
dell'inquinamento ai sensi della direttiva 2010/75/Ce, appunto la Bat 57 che
recita: «riciclare i residui di produzione... con ricircolo nel carbon fossile
di alimentazione del forno da coke». Come definito dalla Bat 57 dal processo
della cokeria viene generato un residuo chiamato “polverino di catrame” che
viene riutilizzato all'interno dello stesso ciclo produttivo. Tale residuo non è
da confondere con il “catrame”, definito sottoprodotto di cokeria avente valore
economico e pertanto venduto sul mercato per l'industria di bitumi e asfalti.
Proprio in conformità a quanto disposto dalla Bat è stata rilasciata
l'Autorizzazione integrata ambientale».
(c.b.)
Esposto in Procura contro le emissioni della centrale
A2A
Azione legale avviata dalla consigliera d’opposizione Cisint Sotto accusa
l’inquinamento nel territorio di Monfalcone
MONFALCONE Il caso-emissioni della Centrale di Monfalcone è ora in mano alla
magistratura. L’esposto-denuncia, a firma del consigliere di opposizione
(Obiettivo Rinnoviamo) Anna Maria Cisint, anche in qualità di cittadina
monfalconese, è stato depositato ieri mattina in Procura a Gorizia. L’azione
legale è stata affidata allo studio dell’avvocato Stefano Cavallo, che per
questo procedimento si avvale anche dei suoi collaboratori, gli avvocati Paolo
Coppo e Braida. Copia dell’esposto è stato inoltrato, per conoscenza, a Comune,
Provincia, Regione e Ministero. Si tratta di un dossier di 500 pagine, che
raccoglie, con tanto di allegati documentali, gli studi scientifici e gli atti
autorizzatori ai fini dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che si sono
susseguiti almeno nell’arco di un decennio. A partire proprio dall’indagine
sulla presenza dei metalli pesanti nel territorio monfalconese, eseguita nel
2001 da Enel, controllata dall’allora società proprietaria Elettrogen Spa,
attraverso l’utilizzo dei licheni-biondicatori. Le richieste di indagine
formulate alla Procura sono molto pesanti e circostanziate. Si chiede, infatti,
al procuratore capo Cateria Ajello, di accertare in primis se la presenza di
metalli pesanti nell’aria del territorio del Comune di Monfalcone sia
riconducibile o meno in modo diretto alle emissioni dell’impianto
termoelettrico, attualmente di proprietà dell’azienda A2A. Si chiede, quindi, se
sia ravvisabile una correlazione tra le emissioni e l’insorgenza di tumori,
aborti, fino ai decessi riscontrabili nel tempo sul territorio monfalconese. Non
solo. Attraverso questo esposto, si chiede inoltre se le autorità pubbliche
preposte ai controlli e alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente,
nonchè al rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività
produttiva della Centrale, siano o meno perseguibili in ordine all’omissione di
atti o azioni assegnati loro per specifica competenza. In questo senso, si
chiede quindi se sussistano i presupposti per la richiesta di un sequestro
preventivo della Centrale, o di altra misura cautelare o istruttoria, nonchè di
valutare i presupposti per una richiesta di blocco dell’attività produttiva.
Laura Borsani
Sel invoca tolleranza zero contro il mais Ogm a Vivaro
TRIESTE Mettere in sicurezza e smaltire come rifiuto al di fuori della
filiera zootecnica e alimentare le coltivazioni Ogm di Vivaro. È quanto
chiedevano oltre un mese fa i consiglieri regionali di Sel Giulio Lauri e
Alessio Gratton in una mozione indirizzata alla governatrice. Alla luce della
pubblicazione dei risultati delle indagini condotte dal Corpo forestale dello
Stato, secondo cui la contaminazione genetica nei campi limitrofi arriverebbe al
10%, i due consiglieri tornano alla carica sottolineando l'appropriatezza delle
loro richieste di ottobre. Tra le varie proposte, la mozione chiede alla Regione
di effettuare monitoraggi immediati nei campi a rischio di contaminazione, non
solo di quelli confinanti, ma anche di quelli ubicati nelle aree di maggior
trasporto del polline. Sel invita le istituzioni ad attuare misure immediate a
tutela delle granelle di mais dei produttori delle zone di Mereto e Vivaro, «dal
momento che la maggior parte delle produzioni delle zone in questione vengono
consegnate agli essiccatoi locali, in modo da evitare che le granelle
eventualmente contaminate si mescolino a quelle non-Ogm provocando un
inevitabile danno economico». L'appello finale è un invito «a dare concretezza
all’enunciata determinazione di giungere ad una regione Ogm-free, partendo
dall’orientamento del prossimo Programma di sviluppo rurale, nel quale si
dovranno sostenere solo le filiere prive di Ogm». Proprio ieri
l'europarlamentare veneto Andrea Zanoni ha preso posizione contro alla decisione
della Commissione Ue in favore del Tc1507, una variante di mais transgenica che,
come il Mon810 coltivato a Vivaro, ha suscitato forti perplessità nella comunità
scientifica. A tal proposito venerdì prossimo il professore di Economia ed
estimo rurale della Sapienza di Roma, Simone Vieri, parteciperà a un incontro
intitolato "Perché no agli Ogm". La conferenza si svolgerà alle 17.30 nella sala
della Banca di credito cooperativo di Basiliano a Codroipo.
(g.t.)
Il sindaco a scuola di “Orti in condotta” - Ieri alla
nazario Sauro e alla Spaccini
In occasione della sesta Giornata Nazionale di “Orti in Condotta” - il
progetto promosso dal Comune di Trieste in collaborazione con Slow Food per
creare orti nelle scuole - e della Festa dei Semi e delle Stoppie ieri, il
sindaco Roberto Cosolini, accompagnato dall’assessore Antonella Grim, ha
visitato due realtà scolastiche molto vivaci: la scuola primaria Sauro e la
scuola dell'infanzia Spaccini, che collaborano nella coltivazione anche con il
nido comunale Mongolfiera, e a seguire la scuola dell'infanzia Azzurra che,
insieme al nido Acquerello, al ricreatorio Cobolli, alla scuola primaria
Foschiatti e al comitato di genitori Terrazzurra, sta curando un'altra comunità
che coopera nell'orto con grande attenzione al mondo dei bambini. La Giornata
Nazionale degli Orti in Condotta è proseguita, alle 17, nella sala matrimoni di
piazza Unità d'Italia, con la premiazione dei Nonni Ortolani e il gran finale
con il Tè del sindaco: il primo cittadino sorseggerà tisane e infusi fatti con
le erbe degli orti scolastici. Orto in condotta conta in Italia 435 orti e quasi
100 condotte Slow Food coinvolte. A metà degli anni Novanta nasce a Berkeley
(California) il primo School Garden di Slow Food, pensato e "coltivato" da Alice
Waters, vice-presidente Slow Food Internazionale. In Italia l'Orto in Condotta
prende avvio nel 2004 divenendo lo strumento principale delle attività di
educazione alimentare e ambientale nelle scuole. Insieme agli studenti, gli
insegnanti, i genitori, i nonni e i produttori locali sono gli attori del
progetto, costituendo la comunità dell'apprendimento per la trasmissione alle
giovani generazioni dei saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia
dell'ambiente. Tutti questi soggetti hanno la possibilità di fare rete tra di
loro e di scambiarsi idee e esperienze anche a distanza grazie alla piattaforma
virtuale Grow the Planet. Slow Food ha festeggiato gli Orti in Condotta a
livello nazionale ieri, giorno della festa di San Martino, data tradizionalmente
dedicata alla messa a riposo dei campi. I Ogni anno il progetto Orto in Condotta
ha un tema attorno al quale ruotano le attività fatte dalle scuole in campo e in
aula. Nell'anno scolastico 2012/2013 l'argomento scelto è la frutta.
IL PICCOLO - LUNEDI', 11 novembre 2013
Progetto Tav in giunta, salve tre opere
Disco verde solo alle interconnessioni Bivio di Aurisina, Bivio San Polo
a Monfalcone e davanti al polo intermodale di Ronchi
Sospeso il parere La Regione non esprime un giudizio di compatibilità ambientale
sul preliminare della linea ad Alta velocità e capacità Critiche da parte dei
grillini
VERIFICHE DELL’ARPA La delibera rileva «carenze» nel documento dell’Italferr e
chiede un piano di monitoraggio sistematico dei fattori inquinanti
TRIESTE La giunta regionale non esprime parere di compatibilità ambientale
sul progetto preliminare complessivo della nuova linea ferroviaria Alta
Velocità/Alta Capacità per la tratta Ronchi dei Legionari-Trieste, presentato da
Italferr SpA, ma dà il «via libera», con alcune prescrizioni, a tre interventi
specifici compresi nel progetto, ritenuti strategici per il sistema dei
trasporti del Fvg: Bivio San Polo a Monfalcone, stazione ferroviaria davanti al
polo intermodale dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari, interconnessioni in
località Bivio di Aurisina. La Regione chiede a Italferr di sviluppare
un’alternativa alla tratta Bivio San Polo-Bivio di Aurisina e Bivio di
Aurisina-Trieste, anche in considerazione di eventuali sviluppi - sottolinea una
nota della Regione - di futuri progetti infrastrutturali concernenti la rete dei
trasporti della confinante Repubblica di Slovenia, prima della realizzazione del
progetto. Lo ha deciso nell’ultima riunione la giunta Serracchiani, su proposta
degli assessori all’Ambiente, Sara Vito, e alle Infrastrutture, Mariagrazia
Santoro. Si è deciso di non esprimere il parere di compatibilità ambientale sul
progetto complessivo di fronte alle «carenze documentali evidenziate e al
permanere dello stato di incertezza e di insufficiente conoscenza in merito alle
potenziali criticità indotte dal progetto». Per le prescrizioni, Italferr dovrà
predisporre, un piano di monitoraggio sistematico dei fattori inquinanti, da
sottoporre all’Arpa. Per San Polo si chiede a Italferr di sviluppare una
semplificazione progettuale, che consenta una riduzione degli impatti con una
ottimizzazione della rete (utilizzo binari esistenti) anche in funzione del
collegamento con il Porto di Monfalcone, mediante per esempio una soluzione a
scavalco. Per la stazione davanti al polo intermodale di Ronchi, Italferr non
dovrà interferire, in fase di cantiere, con le aree dei laghetti di Dobbia e
curare il ripristino del verde, eseguendo la manutenzione per 5 anni dopo la
chiusura dei lavori. Per l'interconnessione nei pressi di Aurisina, le opere
dovranno essere limitate ai tratti superficiali e a quanto indispensabile,
considerando le alternative di tracciato proposte e le misure di mitigazione.
Dovranno inoltre essere mantenute le caratteristiche architettoniche di
manufatti eventualmente vincolati da un punto di vista storico-architettonico.
«Assurdo e inaccettabile non esprimere un parere su un progetto carente dal
punto di vista documentale e di cui non vengono messi in evidenza i danni
potenziali» è l’attacco portato alla giunta dal consigliere regionale Cristian
Sergo del Movimento 5 Stelle.
«Pericolo Ogm» nel dossier della Forestale
L’inquinamento genetico provocato dal mais biotech sui campi tradizionali
del Friuli Venezia Giulia arriva fino al 10%
TRIESTE L’inquinamento genetico provocato dalle colture Ogm di Vivaro e
Mereto di Tomba nei campi limitrofi, coltivati a mais tradizionale, arriva fino
al 10%. È il verdetto dell’analisi dei dati ricavati dal campionamento condotto
nell’area dal Corpo forestale dello Stato. Soltanto ulteriori analisi potranno
verificare se il mais modificato abbia causato danni anche agli animali: la
varietà seminata, il Mon810, produce infatti una tossina mortale per un
parassita del mais ma potenzialmente pericolosa anche per altri organismi.
Ragion per cui i forestali hanno raccolto campioni anche negli alveari prossimi
ai campi “incriminati”. Sono i passaggi più allarmanti della relazione
presentata dal capo del Corpo forestale, Cesare Patrone, nella recente audizione
alla Camera. Relazione che ha poi innescato l’apertura di un’inchiesta sul caso
Ogm da parte della Procura di Udine. Patrone ha spiegato così l’attività svolta
in Friuli Venezia Giulia: «Abbiamo svolto nei mesi scorsi dei campionamenti nei
campi seminati a Ogm e in quelli limitrofi, sia per accertare la varietà di mais
geneticamente modificato coltivata, sia al fine di verificare una possibile
contaminazione ambientale». Dal luglio scorso infatti il ministero per le
Politiche agricole ha sancito il divieto di coltivazione del Mon810 per 18 mesi.
La ragione sta nelle potenziali conseguenze negative di questa varietà di
organismo: tra i rischi sottolineati da numerosi enti nazionali e internazionali
il documento elenca i danni alla fauna non bersaglio, così come la possibilità
di una predisposizione allo «sviluppo di parassiti secondari, potenzialmente
dannosi per altre colture», come verificatosi già in Argentina e come sta
avvenendo in Spagna, su colture di mais Ogm. I forestali si sono avvalsi
dell’aiuto dell’Istituto zooprofilattico delle Marche e dell’Umbria nell'analisi
dei dati. È emerso che il mais coltivato in regione appartiene proprio alla
varietà Mon810 e, come detto, che le coltivazioni limitrofe sono colpite da
inquinamento genetico. È ancora in corso l’analisi dei dati riguardanti la
fauna: «Stiamo attualmente verificando l’eventuale livello di contaminazione
presente a carico dei favi degli alveari adibiti alla produzione di polline e
miele situati nelle zone limitrofe ai campi Ogm e in quelli coltivati con mais
convenzionale», ha detto Patrone. Inoltre non è stato possibile rintracciare la
provenienza delle sementi, per cui al coltivatore è stata comminata una sanzione
amministrativa di 16mila euro. A fronte di una comprovata diffusione
nell’ambiente del mais Ogm, è stata poi inviata in Procura una comunicazione di
notizia di reato sulla violazione di tre articoli del Codice penale. Il primo è
inosservanza dei provvedimenti dell’autorità: «Per aver inosservato, coltivando
mais Mon810, il provvedimento interministeriale sopra richiamato, in attesa di
un'ordinanza da parte di un ente locale a tutt’oggi non avvenuta». Con questo
passaggio il capo dei Forestali ha posto l’accento, seppur velatamente, sulla
tendenza delle istituzioni locali a demandare a Roma la gestione del problema.
Il secondo reato segnalato è danneggiamento: «Poiché coltivando varietà di mais
Mon810 si potrebbe avere un impatto sugli imenotteri parassitoidi specialisti di
Ostrinia nubilalis, oltre che modificare le popolazioni di lepidotteri non
bersaglio e favorire lo sviluppo di parassiti secondari, potenzialmente dannosi
per le altre colture (piante e arbusti fruttiferi, viti e boschi). Il terzo è la
diffusione di una malattia delle piante o degli animali: «In quanto la
coltivazione di mais Mon810 può comportare rischi per le popolazioni di
lepidotteri non target e, inoltre, non è esclusa la possibilità di impatto
negativo sugli organismi acquatici sensibili alle tossine Cry1Ab prodotte dalla
coltivazione della varietà di mais in questione».
Giovanni Tomasin
«Dimostrata la falsità dei dati di Futuragra» - GLI
AMBIENTALISTI
lo scontro in europa Atteso il via libera ad una seconda coltivazione
“Frankestein”
TRIESTE Da un lato la preoccupazione per la pericolosità dei campi Ogm
presenti in regione. Dall’altra la soddisfazione per il fatto che tali rischi
vengano finalmente allo scoperto. Ad esprimerle sono le associazioni
ambientaliste attive in Fvg che, prendendo spunto proprio dai risultati
contenuti nella relazione del Corpo Forestale, per far ripartire il pressing
sulle istituzioni. «Con grave ritardo, ma finalmente il Corpo Forestale dello
Stato ha reso pubblico ciò che era ineludibile: le improvvide semine di Mon 810
a Vivaro e a Mereto di Tomba hanno lasciato un inquinamento che arriva al 10%
sul mais dei terreni vicini - scrivono in una nota Aiab, Aprobio, Isde,
Legambiente e Wwf -. Questa però è solo la contaminazione sulla coltura, nulla
si sa su quella avvenuta verso specie spontanee. E c'è il problema del miele,
conclamatamente contaminato dal polline Ogm». E tutto questo, sostengono, poi, è
avvenuto «in barba alle rassicurazioni degli “scienziati” assoldati dalla
Monsanto, che negli ultimi mesi hanno infestato le campagne friulane,
dimostrandoci quanto siamo retrogradi ed informandoci di quanto male ci può fare
la polenta. Ha infine dell'incredibile - concludono Aiab, Aprobio, Isde,
Legambiente e Wwf, che nei prossimi giorni avvieranno una serie di incontri
pubblici per illustrare le ragioni del no agli Ogm - il fatto che il ministro
dell'Ambiente Orlando riproponga il palleggio, invitando le Regioni all'ormai
superata emanazione dei piani di coesistenza». Ma oltre a governo e Regione ad
accendere i riflettori sul caso mais geneticamente modificate è anche Bruxelles,
che prova di nuovo ad ingranare la marcia sulle coltivazioni transgeniche, e
spera in un colpo di vento favorevole per portare il dibattito fuori dalle
secche in cui si è arenato negli anni. Lo scontro, però, è dietro l'angolo.
Anche perchè la posta in gioco è alta: l’Europa è chiamata ad autorizzare dopo
il mais della Monsanto 801 (quello piantato a Vivaro)anche una seconda
“coltivazione Frankentein”, il mais TC 1507. Sotto la spinta di una sentenza del
Tribunale Ue, che l'ha condannata per la lentezza nel trattare la richiesta
presentata dalla Pioneer nel 2001, per la coltivazione del TC 1507, la
Commissione ha investito del caso il Consiglio Ue. I ministri dei 28 Paesi hanno
tre mesi per prendere posizione sull'autorizzazione. E l’ok potrebbe arrivare se
non ci sarà una maggioranza qualificata a sbarrarle il cammino. In parallelo
però l'esecutivo Ue prova anche ad offrire una via d'uscita a quegli Stati
membri che non vogliono colture hi-tech sul proprio territorio. La Commissione
rilancia infatti nel campo del Consiglio anche la palla della cosiddetta
«proposta di coltivazione»: la direttiva che prevede la possibilità per ciascun
Paese di decidere in modo autonomo. Una normativa destinata a sostituire le
clausole di salvaguardia, che piace al ministro italiano Orlando.
La governatrice scarica sul governo: «Tocca a Roma
mettere i paletti»
«C’è poco da discutere. Siamo assolutamente contrari alle coltivazioni Ogm».
Lo ha ribadito la presidente della regione, Debora Serracchiani (nella foto),
parlando a Pordenone ad un convegno organizzato da Coldiretti. E prima di lei
aveva ribadito lo stesso concetto il vicepresidente della regione, Sergio
Bolzonello. Tutti contrari anche i relatori dell’incontro, rappresentanti dell’Ugc
Cisl, Federagri, Fai Cisl, Acliterra e Coldiretti. «Quella del Friuli Venezia
Giulia - ha spiegato Serracchiani - è una realtà imprenditoriale agricola che
deve puntare alla qualità, anzichè alla quantità. Noi siamo dovuti intervenire
con le pistole ad acqua - ha aggiunto Serracchiani - perché manca a livello
nazionale una precisa regolamentazione, in particolare sanzionatoria, in materia
di Ogm». Secondo la Presidente del Fvg c’è poco da attendersi anche dall’Unione
europea, che, anzi, prevedibilmente lascerà a ciascun paese l’autorizzazione
alle coltivazioni transgeniche.
La protesta verde non rovina la festa dei 4x4
Successo di iscrizioni e di pubblico alla manifestazione dei fuoristrada
partita dalla baia di Sistiana. Una marcia ambientalista
DUINO AURISINA Chi paventava rappresaglie dei verdi in stile Greenpeace
all’ultima Barcolana è stato smentito. Il contrastato raduno della Nordest 4x4
si è svolto ieri senza clamorose contestazioni, registrando anzi un buon
successo in termini di partecipazione: oltre 80 equipaggi, cifra in linea con le
precedenti cinque edizioni, provenienti non solo dalle province di Trieste e
Gorizia, ma anche da Veneto, Lombardia e perfino Sicilia, si sono dati
appuntamento già attorno alle 8 nella baia di Sistiana, per accendere i motori.
La Protezione civile non ha invece ufficialmente preso parte all'evento, ma
alcuni volontari di Monfalcone e Duino vi hanno aderito in via privata. In
particolare, esponenti della squadra comunale sono saliti a bordo del Suzuki
rosso dell'assessore al Turismo, Andrej Cunia, che ha così voluto “sdebitarsi
dell’invito dei ragazzi”, offrendo loro questa opportunità. «Tutto si sta
volgendo regolarmente – così Cunja prima del taglio del nastro, avvenuto alle 9
– e il tempo sereno non guasta. Il chiosco verde, in convenzione con gli
organizzatori, ha lavorato e il piazzale è gremito di persone: insomma, direi un
buon risultato». E sei troupe televisive hanno ripreso la giornata sulle quattro
ruote. Quanto alla non pervenuta autorizzazione ai volontari, l'assessore non ha
saputo dire “dove si sia inceppato l'iter, ma la cosa non ci preoccupa”. Tanto
entusiasmo invece tra i fuoristradisti: «Sono iscritto al Wwf – così il
triestino Renato Bruni – e da 4 anni partecipo a questi raduni perché so che non
vengono fatti danni all'ambiente». «Si percorrono mulattiere e sentieri in
disuso che vengono recuperati ai fini antincendio – ha aggiunto un altro
partecipante, Mauro Zerial -: dovremmo prendere esempio dall'Emilia che ha
aperto 5.500 chilometri di strade sterrate alle escursioni con veicoli a
motore». «Qui non c'è competizione, anzi è l'occasione di fare nuove amicizie”,
ha concluso Giorgio Ceconi da Spilimbergo. Ma veniamo alla contromanifestazione.
Come nelle intenzioni professate dagli organizzatori della camminata ecologica,
indetta da Wwf e Lipu per avversare il raduno, l’evento si è svolto in maniera
pacifica e all’insegna della riscoperta del Carso. Una trentina di manifestanti
si sono radunati alle 8.30 al parcheggio della chiesa di San Giovanni, tra
questi anche il presidente della Seconda commissione consiliare Maurizio Rozza,
Paolo Utmar del Wwf, Ilario Zuppani della Lipu, Giorgio Caporal del Cai Gorizia,
Luciano Kocman della Comunità paesana di San Giovanni e Aila Quadracci della
cooperativa Rogos. «Nelle zone prescelte nidificano ben sei specie della
direttiva Uccelli - ha osservato Utmar -: il Carso non è grande, si possono
trovare altre zone in cui i 4X4 abbiano minor impatto». «In un periodo in cui
l'alimentazione per le specie non è abbondante – ha proseguito Zuppani – il
transito dei 4x4 può arrecare disturbo e rovinare la crescita di piante utili ai
bordi dei sentieri. Si deve fruire della natura a piedi: su ciò non si discute».
Inoltre stando a Caporal la “salvaguardia di ambienti ad alta naturalità può
avvenire solo evitando fruizioni eccessive e penetrazioni di veicoli meccanici”.
«Qualcuno pensi anche – ha concluso Kocman – a salvare i 40 cipressi di questo
parcheggio, al confine con la cartiera, e a rischio per le piante infestanti».
Tiziana Carpinelli
Ma la Pellegrino non molla: Voglio i dettagli
DUINO AURISINA Se raduno e contromanifestazione ieri si sono svolti senza
increspature, a dar fuoco alle polveri è stata invece, in mattinata, la
politica. Pur assente alla camminata ecologica “per importanti motivi familiari”
l'onorevole Serena Pellegrino (Sel), scesa in campo nei giorni scorsi contro il
raduno sul Carso, ha infatti confermato ieri l’intenzione di andare fino in
fondo alla vicenda e richiedere il dettaglio del percorso effettivamente
compiuto dai fuoristradisti: «Se i 4x4 si sono tenuti lontani dai luoghi
sensibili – ha detto - , non vi sarà alcun problema, ma se i mezzi hanno
attraversato i siti di Natura 2000 allora potrebbe anche accadere che qualcuno
si costituisca parte civile e che forse qualche assessore regionale sia chiamato
a pagare dazio». Del resto Pellegrino ha sottolineato di “aver a suo tempo
avvisato verbalmente, in un incontro a Roma, la Santoro: su queste cose non si
può certo chiudere un occhio”. Quanto all’atteggiamento delle amministrazioni,
Pellegrino così commenta: «Doberdò (il sindaco Paolo Vizintin aveva espresso
diniego, ndr) l’ha avuta vinta e i suv non sono passati: perché i sindaci di
Duino e Monfalcone, certamente non giunte tondiane ma di centrosinistra, non
hanno potuto adottare la stessa linea? Se esiste un decreto firmato da Pecoraro
Scanio che dice che in certi posti non puoi andarci col 4x4, tu in quei posti
col suv non ci vai e non ce li devi neppure far andare. E non si tratta –
conclude – di fare ecoterrorismo, bensì di essere razionali: non si può
consegnare ai figli un pianeta Terra distrutto. Sulle cose in cui si può
incidere in maniera autonoma c’è l’obbligo morale a intervenire». Gli
organizzatori hanno dal canto loro già manifestato l’intento, a raduno avvenuto,
di tracciare un bilancio della manifestazione.
(ti.ca.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 10 novembre 2013
Porto, Piano regolatore in Comune - DOPO L’APPROVAZIONE
A MUGGIA
Il presidente Furlanic: «Discussione in Consiglio il 25 novembre»
Dopo l’approvazione ottenuta a Muggia, però con il voto contrario del Pdl,
il Piano regolatore del porto sarà all’attenzione del Consiglio comunale di
Trieste con grande probabilità nella seduta di lunedì 25 novembre. «I documenti
sono stati inviati qualche giorno fa alle circoscrizioni - fa sapere il
presidente dell’assemblea cittadina Iztok Furlanic - e la settimana prossima
quelle direttamente interessate dovrebbero pronunciarsi. Poi il Piano sarà
all’attenzione della Commissione per arrivare in aula non il 18 perché i tempi
sono troppo stretti, ma quasi certamente lunedì 25 novembre». Il 18 settembre è
stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale l’avviso con cui l’Autorità portuale
comunicava di aver presentato il primo agosto al ministero dell’Ambiente
l’istanza per l’avvio della Valutazione d’impatto ambientale (Via) - Valutazione
ambientale strategica (Vas) integrata. Sono quindi scattati i sessanta giorni
entro i quali i cittadini e le associazioni possono presentare osservazioni
relativamente allo stesso Piano, allo Studio ambientale integrato e alla Sintesi
non tecnica. Le osservazioni vengono valutate direttamente dal Ministero che ne
farà una prima scrematura. Quelle ritenute valide saranno sottoposte
all’Authority che a propria volta le valuterà. Il Piano con eventuali
integrazioni o cancellazioni sarà rispedito a Roma per ottenere il decreto di
Via, quindi lo strumento pianificatorio passerà alla Regione per l’approvazione
definitiva. Senza il Piano regolatore non si può allungare con soluzioni
definitive il molo Bersaglieri della Stazione marittima, non si può raddoppiare
il Molo Settimo, non si può effettuare il tombamento tra i Moli Quinto e Sesto,
non si può realizzare il Molo Ottavo, non si può costruire il terminal ro-ro
alle Noghere. È invece già ora possibile costruire la Piattaforma logistica tra
lo Scalo Legnami e la Ferriera e nel giro di qualche settimana la commissione
nominata dall’Authority sceglierà tra le due cordate che schierano come
terminalisti rispettivamente Samer e Parisi e si può procedere alla
riqualificazione del Porto Vecchio per la quale però l’Authority deve bandire
una nuova gara.
(s.m.)
Alla centrale nucleare di Krško iniziato il ricarico
del combustibile nel reattore
Nell'ambito dei lavori di revisione della centrale nucleare slovena di Krsko
(nella foto), è iniziato venerdì scorso il processo del ricarico del
combustibile nel nocciolo del reattore. L'agenzia di stampa Sta ha riportato la
dichiarazione del direttore dell'Agenzia per la sicurezza nucleare Andrej
Stritar, secondo il quale il processo in questione non comporta alcun rischio.
La revisione, secondo Stritar, sarà terminata entro il 18 novembre. Dopo
l'avaria registratasi nelle scorse settimane a tre barre nucleari, l'Agenzia per
la sicurezza si è occupata del problema. L'impianto nucleare dovrà comunque
mettere a punto un piano per affrontare possibili situazioni analoghe di avaria,
prima di una piena ripresa del suo funzionamento. Solo provvisoriamente il
guasto è stato riparato con un rinforzo in acciaio al reggibarre di uranio ma
anche i vertici della centrale hanno ammesso che ci dovrà essere un’opera di
ristrutturazione che renda il processo più sicuro.
(m. man.)
Cinquestelle - Campagna M5S sui rischi ambientali
Al via anche nel Fvg un progetto di raccolta dati e analisi delle patologie dovute a cause ambientali. Iniziativa che punta a conoscere l'incidenza di queste malattie sull’intera popolazione. «Abbiamo presentato anche in regione la richiesta dei codici sanitari di esenzione per malattia a tutti i direttori generali e ai distretti sanitari - spiega il senatore Lorenzo Battista -. E in poco tempo contiamo di riuscire a conoscere l'incidenza di alcune patologie a probabile o certa causa ambientale, come l'asma, l'ipotiroidismo, i tumori, l'Alzheimer, il Parkinson, il diabete e la nascita prematura dei neonati».
Interpellanza - Ziberna affronta l’emergenza cinghiali
L’abbattimento dei cinghiali per un anno e destinare la
carne degli animali abbattuti ad associazioni come la Croce Rossa, la Caritas ed
il Banco Alimentare in grado di distribuirla alle persone più bisognose. È la
proposta avanzata dal consigliere Pdl Rodolfo Ziberna per centrare appunto due
obiettivi in uno: risolvere l’emergenza cinghiali, che sta creando non pochi
problemi a vigne, pascoli e campi coltivati, e dare una mano alle famiglie in
difficoltà. «Autorizzando uno o più macelli vocati alla lavorazione della carne
selvatica infatti - afferma - si potrebbe evitare lo spreco di cibo».
La strage infinita delle tartarughe - Saliti a
trentacinque gli esemplari spiaggiati a Grado. Task force di esperti per
studiare il fenomeno
GRADO Sta diventando veramente incredibile e si sta sviluppando in maniera
quasi esponenziale la moria di tartarughe, tante anche di grandi dimensioni, che
sono finite spiaggiate a Grado nell’arco di pochi giorni. Fino a ieri il numero
complessivo ha raggiunto le 35 unità, ma probabilmente ce ne sono ancora delle
altre che non sono ancora state individuate o che il vento di scirocco sta
trasportando verso terra in queste giornate. Solo tra venerdì e ieri ne sono
state ritrovate, infatti, altre cinque, qualcuna a Pineta le altre lungo
l’arenile principale all’altezza della Sacca. La situazione sta diventando
davvero preoccupante ma al momento nessuno è riuscito ancora a stabilire quale
sia stata la causa delle morti, anche se l’ipotesi che va per la maggiore è
quella dell’intossicazione alimentare. La prima indicazione sul numero delle
tartarughe ritrovate (una trentina) è emersa nel corso di un incontro che si è
svolto nei giorni scorsi all’Ufficio circondariale marittimo di Grado, comandato
dal tenente di vascello Ottavio Cilio. Si è trattato di una riunione alla quale
hanno partecipato tutti gli enti interessati al problema. Sui contenuti
dell’incontro viene mantenuto il riserbo, nell’attesa della diffusione di un
comunicato che uscirà nei prossimi giorni. Si sa solamente che alla riunione
hanno partecipato tutti gli organismi interessati, dai tecnici dell’Arpa, agli
esperti della della riserva di Miramare, a quello dell’Ogs di Trieste,
dall’Azienda sanitaria alla Protezione civile, al Comune, ai servizi veterinari,
ai responsabili regionali del Ministero dell’ambiente e altri ancora, fra i
quali gli esperti di vari istituti anche del Veneto. Fino alla scorsa settimana
venivano dati per certi 14 ritrovamenti. In realtà in seguito è emerso che
un’ulteriore decina di questi rettili era finita spiaggiata sul Banco d’Orio e
altri nella zona di Fossalon. La riunione, dunque, è servita per fare il punto
della situazione che, però, come abbiamo visto con i ritrovamenti di queste
ultime giornate, dovrà essere aggiornato. Una riunione comunque importante,
soprattutto per capire se le prime indagini effettuate sugli animali morti
abbiano dato qualche risultato. Ma questo fondamentale aspetto non è stato
ancora chiarito. Per capire cosa possa essere successo si dovranno attendere gli
esiti delle analisi sui prelievi effettuati. Una considerazione importante è
che, a grandi linee, viene scartata l’ipotesi dell’inquinamento, poiché in quel
caso si sarebbe quasi sicuramente verificata anche una morìa di pesci che invece
pare proprio non ci sia stata. Quasi certamente la morìa è avvenuta in un punto
preciso ma non ancora determinato, forse nemmeno nelle acque territoriali
italiane. Il forte movimento ondoso causato dalle diverse giornate in cui lo
scirocco ha soffiato in maniera intensa, ha poi fatto sì che le testuggini
venissero trasportate sino sulle spiagge di Grado.
Antonio Boemo
Resta il mistero sulle cause della moria Esami di
laboratorio per sciogliere il rebus
Le tartarughe finite sulle spiagge di Grado sono morte durante il mese di
ottobre. Ne è certo Francesco Zuppa, veterinario della Riserva marina di
Miramare, diventato il primo referente del grande apparato che sta operando
attorno a questo fenomeno. «Ed è verosimile – sottolinea Zuppa – che le
tartarughe siano morte contemporaneamente». Resta però il mistero sulle cause.
«Cosa abbia provocato la morte delle tartarughe – aggiunge il veterinario – non
lo si sa ancora. Per capirne qualcosa si stanno facendo esami sui campioni
prelevati, sia agli istituti di Padova e sia all’Istituto zooprofilattico di
Basaldella». Un aiuto involontario potrebbe probabilmente arrivare da una
tartaruga ritrovata nei giorni scorsi a Marina Iulia, morta da poco tempo.
Infatti le analisi fatte su questo animale consentiranno di analizzare meglio il
contenuto dello stomaco, per capire dove e soprattutto di cosa si è alimentata.
«Restituiamo questi spazi alla città» Ex caserma di via
Rossetti occupata
Blitz del gruppo Zlt, composto da persone vicine ai centri sociali:
«Nasce la Zona Liberata di Trieste»
Oggi alle 15 indetta un’assemblea aperta a tutti per
illustrare motivazioni e iniziative
Un blitz nella mattinata di ieri. E l’ex caserma Vittorio Emanuele III di
via Rossetti, da anni ormai una sorta di comprensorio fantasma in attesa di
conoscere la propria futura destinazione d’uso, è stata occupata. «Per
sbloccarla e restituirla alla città», spiegano i promotori dell’azione, un
gruppo di una cinquantina di effettivi fra persone vicine ai centri sociali,
alla Casa delle Culture e aderenti al Coordinamento studenti medi Trieste. «Con
l’occupazione dell’ex caserma di via Rossetti nasce Zlt, la Zona Liberata di
Trieste: 12 ettari nel centro della città, con enormi spazi e caseggiati, già
altrimenti destinati alla vendita a scopo di speculazione immobiliare. La solita
banale e noiosa routine da parte di quell’1% che continua ad arricchirsi di
rendita e speculazione in una città già satura e stretta tra il Carso e il
mare», scrivono i protagonisti dell’iniziativa. Che chiedono così la
restituzione alla città di spazi enormi ad oggi inutilizzati, in modo da
metterli a disposizione della gente, della comunità, delle idee e delle attività
dei cittadini, anche di quanti hanno dovuto chiudere le proprie sedi ed
esperienze lavorative perché impossibilitati dalla crisi a far fronte a
pagamenti, scadenze, debiti. Il collettivo Zlt punta a realizzare un «hub di
libertà ed entusiasmo», «con una imprescindibile vocazione antirazzista e
antifascista», e vuole quindi «spazi, non soldi. E non chiedeteci denaro» perché
«c’è più ricchezza nel liberare energie che - scrivono in un comunicato postato
anche in rete - nell’intrappolarle con richieste impossibili». Oggi nel
pomeriggio, alle 15, il gruppo Zlt illustrerà nel corso di un’assemblea pubblica
aperta a tutti (che si terrà nel salone della palazzina subito a destra rispetto
all’ingresso principale nel comprensorio) le motivazioni che hanno dato origine
all’azione, articolata in parallelo con quanto messo in atto a Treviso dal
collettivo Ztl, andato a occupare l’ex caserma Salsa. Nell’incontro odierno
saranno definite poi non solo la durata del presidio in via Rossetti - che pare
non si protrarrà comunque per più di due-tre giorni - ma anche le nuove
iniziative volte a dare una scossa a una città «bloccata e impantanata -
evidenziano - nella viscosità di una crisi permanente creata da quegli stessi
meccanismi che vorrebbero essere imposti come soluzione». Dopo essere riusciti a
entrare attraverso un varco nell’area, inserita nel piano vendita del Demanio, i
componenti del collettivo Zlt hanno aperto - è bastato spingerlo - il cancello
che dà su via Rossetti. Per rendere così l’ex caserma accessibile dall’esterno a
tutti. Un grande striscione è stato appeso all’ingresso: «Zona Liberata di
Trieste!». E dentro, una scritta disegnata su un pannello: «Uno spazio
abbandonato funziona meglio se occupato». Il collettivo ha quindi deciso di
concentrare le attività - oltre all’odierna assemblea, anche la festa di ieri
sera - nell’edificio che dà frontalmente su via Rossetti, nell’ampissimo spazio
del salone al primo piano, inutilizzato come il resto del comprensorio. Nelle
palazzine, evidenti i segni del tempo trascorso in questi ultimi anni senza una
gestione, specie i graffi della bora accanitasi soprattutto sulle finestre. In
alcuni immobili, anche le tracce lasciate da quanti, presumibilmente nei periodi
più freddi, li hanno raggiunti probabilmente per trovare un riparo. Ieri Digos e
carabinieri hanno effettuato un sopralluogo sul posto, parlando con i referenti
del gruppo. La situazione viene quindi tenuta sotto osservazione.
Matteo Unterweger
Comprensorio inutilizzato da anni, in attesa di
alienazione - BENE DEMANIALE
La Caserma Vittorio Emanuele III da tempo non ospita più reparti militari.
Dopo lo scioglimento del 1.o Reggimento fanteria San Giusto, nel 2008, nella
sede continuò a operare per più di un anno il cosiddetto “nucleo stralcio”, un
team ridotto, sempre dell’Esercito, incaricato di chiudere anche
amministrativamente (contratti con i fornitori, con gli erogatori di servizi) la
struttura, oltre che di presidiarla fino al trasloco di attrezzature, mezzi e
altro materiale recuperabile. Il “San Giusto” venne ricostituito, come fanteria
motorizzata, nel 1975. Come per i lagunari e gli alpini, l’unità venne per molti
anni “alimentata” con una forte aliquota di giovani locali e della regione, in
servizio di leva. La conoscenza dell’area avrebbe, si pensava, accresciuto
l’efficacia in caso di eventi bellici, dato il compito difensivo assegnato al
reparto. Le “cravatte rosse”, che per via indiretta vantavano la più alta
anzianità di reparto di tutto l’Esercito (ben 384 anni), si trasformarono da
operative a reggimento di addestramento reclute nel 1991, alla fine della Guerra
fredda, fino al 2008 quando la Bandiera di guerra fu trasferita al Vittoriano, a
Roma. Oggi la Caserma Vittorio Emanuele III fa parte del Demanio, in attesa di
essere alienata e riconvertita a uso civile. Il 12.o Reparto infrastrutture di
Udine ne è responsabile dal punto di vista manutentivo (interventi solo
d’emergenza) mentre la sicurezza del sito è affidata non più all’Esercito ma
alle forze dell’ordine.
“Alle Porte dell’Est” Al via il raduno 4x4 dalla Baia
di Sistiana
DUINO AURISINA La prima notizia è che il tragitto è stato modificato: la
sesta edizione del raduno “Alle porte dell'est”, come promesso dagli
organizzatori, oggi non passerà per Doberdò, dove il sindaco Paolo Vizintin ha
espresso diniego al transito dei fuoristrada. La seconda è che, in concomitanza
con l'iniziativa, avrà luogo la contromanifestazione di Wwf e Lipu per
rispondere al raduno fuoristradistico autorizzato dalla Regione all'interno dei
siti Natura 2000 del Carso. E a quest'ultimo evento aderiranno anche i
lavoratori delle cooperative che gestiscono parchi e riserve in Regione a
rischio licenziamento per il taglio di fondi pubblici alle strutture. La
giornata di educazione naturalistica (“Piccolo compendio dell'Universo”)
inizierà alle 8.30, con ritrovo al parcheggio della chiesa di San Giovanni. Ma
veniamo al raduno. «I mezzi, a Doberdò, transiteranno solo su strade asfaltate –
assicura il presidente della Nordest 4x4, Andrea Olivetti -, di più: data la
concomitanza del passaggio con lo svolgimento della messa, i suv non
percorreranno la via centrale del paese bensì arterie parallele». Tutto pronto,
dunque, per la manifestazione che prevede «la possibilità di transitare nel
cuore del Carso triestino e goriziano, parzialmente anche lungo il percorso
della Grande Guerra, su strade e sentieri normalmente interdetti alla
percorrenza». Il ritrovo è alle 8.30 in baia a Sistiana (arrivo alle 17.30 a
Visogliano). Sarà allestita una struttura che ospiterà i partecipanti per
effettuare le iscrizioni (90 euro tutto compreso per un veicolo con due
passeggeri), possibili fino all'ultimo. Finora ha aderito una trentina di
equipaggi: «Ci sono persone – così Olivetti - dalla Sicilia e pure da Lombardia
e Veneto. Sarà presente, per fornire assistenza, la Forestale». I mezzi
attraverseranno l'arco posizionato sul piazzale, altezza chioschi. Dopo il
taglio del nastro, via lungo il tragitto di 80 km in quota per Duino Aurisina,
Monfalcone, Ronchi, Sagrado e Savogna. La prima pausa al centro Konver, pranzo
dopo le 14 al Bowling di Duino. Per ora la partecipazione della locale
Protezione civile non è certa al 100%, come spiega il coordinatore Danilo Antoni:
«Da settimane i volontari attendono due righe di autorizzazione dal sindaco a
prendere parte alla manifestazione, ma questa non è ancora arrivata». Nella
domanda veniva specificato che, in caso di mancata risposta, si sarebbe fatto
valere il silenzio-assenso. Ma giovedì sera è giunta la replica: il sindaco ha
chiesto ragguagli alla Regione. E, visti i tempi stretti, non è detto che il via
libera arrivi in tempo. Intanto però, a Monfalcone, il sindaco ha autorizzato la
presenza di 5 volontari e un mezzo. Le spese sarebbero a carico comunale, non
regionale. E l'attività rientrerebbe nell'ambito dell'istruzione alla guida di
mezzi 4x4 nei sentieri, nonché dell'avvicinamento dei volontari alla struttura
pubblica.
(ti.ca.)
Antenne a Muggia, evitiamo la “guerra delle colline”
la lettera del giorno di Nicoletta Guidi e Donatella Di Candia (per il
Comitato di Santa Barbara)
Non è il primo dovere di un sindaco quello di tutelare la salute pubblica di
tutti i suoi cittadini? “Pilatesco”, questo è l’aggettivo usato dal sindaco di
Muggia, Nerio Nesladek, il 21 ottobre scorso sul Piccolo per definire coloro i
quali si sono opposti alla concessione dei permessi per l’edificazione di
un’antenna sul monte Castellier di Santa Barbara. Ma “pilatesco” non è chi non
intende assumersi le proprie responsabilità? E allora come accusare di
“pilatismo” chi ha cercato di opporsi a un’azione che non punta a tutelare la
salute di tutti i suoi cittadini ma a delocalizzare e a distribuire il male? Ai
vicini di Chiampore, che hanno pubblicato sul Piccolo del 26 ottobre una lettera
aperta in cui evidenziano che hanno 63 emittenti in mezzo alle loro case contro
il singolo traliccio destinato a Santa Barbara, rispondiamo che non è questa la
strada per risolvere il problema dell’inquinamento elettromagnetico che
coinvolge tutti i cittadini di Muggia. Non è accettabile la tesi del “dolore”
(sic) del sindaco che si vede costretto a “delocalizzare” le antenne
“abusivamente” installate e quindi a bilanciare i sacrifici fra tutti i sui
cittadini. Non avrebbe potuto cercare un’altra strada, assieme a chi ha detto no
a un progetto devastante, abbassando le emissioni di Chiampore, obbligando le
emittenti a modernizzare gli impianti abusivi e non, strada percorribile viste
le dichiarazioni dell’amministrazione comunale sulla modernità degli impianti,
ora abusivi e inquinanti a Chiampore, che verranno riversati a Santa Barbara
modernizzati e quindi, in teoria, più sicuri? Il sindaco promuova - assieme al
primo cittadino di Trieste - una proposta di modifica della famigerata legge
facendo del nostro territorio un caso nazionale, norma che permette
l’installazione indiscriminata delle antenne ovunque per favorire gli interessi
privati. Ci aiuti a garantire la salute di tutti i cittadini nel rispetto della
Costituzione (art. 32) e non distribuisca il male tra di loro, l’amministrazione
del male non è tutela della salute. Se i nostri amministratori credono che sia
impossibile riuscire a innovare su questi temi, allora la democrazia non ha più
senso. Il nostro sindaco non utilizzi lo strumento dell’ordinanza per dare avvio
ai lavori e avere libero accesso alla strada privata che conduce all’area
cantierabile su cui erigere il traliccio a Santa Barbara, come accaduto. Non
invii in loco agenti di polizia e altre forze dell’ordine a controllare dei
cittadini pacifici, cosa accaduta il giorno in cui è stato inaugurato il
cantiere e nelle giornate successive. Pur avendo letto le rassicurazioni
pubblicate ripetutamente dal nostro sindaco, ribadiamo anche le considerazioni
fatte in precedenza: la salvaguardia di uno degli ultimi siti incontaminati del
nostro territorio, il patrimonio archeologico e paesaggistico (parco didattico
dalla necropoli al castelliere di Elleri e Traversata Muggesana), la
svalutazione degli immobili (ci scusi, signor sindaco, ma lei non è un agente
immobiliare), l’impossibilità di proseguire la bonifica del territorio
attraverso la reintroduzione dell’agricoltura (“interdizione a un utilizzo
prolungato da parte della popolazione dell’area prospicente al traliccio”,
prescrizione contenuta nel verbale del secondo incontro della Conferenza dei
servizi del 3 giugno). Chi ci garantisce che questa non sia la posa della prima
pietra sulla quale poi crescerà l’abusivismo contro il quale “alcuno possa
opporsi” (sic)? Infatti, dov’era l’amministrazione negli anni in cui il colle di
Chiampore è stato invaso selvaggiamente da antenne e tralicci? Non è accettabile
la giustificazione del cambio delle amministrazioni poiché la tutela del
cittadino dev’essere trasversale agli orientamenti politici. No, i colli non
sono in guerra. Non c’è nessuna guerra, c’è la coscienza di essere cittadini e
la forza di chiedere civilmente la ricerca di altre strade, perché “ordinare
agli abusivi di spostarsi in altri siti senza che nessuno possa opporsi” (il
Piccolo del 21 ottobre) non corrisponde a civiltà.
IL PICCOLO - SABATO, 9 novembre 2013
Muggia, sì del Consiglio al terminal ro-ro
L’assemblea doveva esprimersi sul nuovo Prg. Documento passato con i voti
del Pd. Contrario il Pdl
«La destra a Muggia vota contro il Piano del porto. Contro il lavoro, contro
il terminal ro-ro. Contro l'unico ostacolo al rigassificatore». Nerio Nesladek,
dal suo profilo facebook, non le manda certo a dire. Nell'ultima seduta del
Consiglio comunale di Muggia l'assemblea si è dovuta esprimere su un parere
relativo alla Via (Valutazione di impatto ambientale) integrata Vas (Valutazione
ambientale strategica) relative al nuovo Piano regolatore di Trieste che
interesserà nello specifico il futuro dello scalo. Documento di una certa
rilevanza essendo lo strumento pianificatorio vigente risalente al lontano 1957.
Sul documento il Pdl, composto per l'occasione dai consiglieri Gretti, Grison e
Delconte, ha votato contro. «Il sindaco Nesladek non era nemmeno presente
all'ultimo Consiglio comunale – ribatte Gretti - e poi è giusto ricordare che su
mandato del Consiglio comunale sovrano non ha votato contro il Piano del porto,
ma decise di uscire dall'aula prima del voto, non riesco a capire questa sua
polemica». Sulla vicenda chiara la posizione del consigliere comunale Marco
Finocchiaro: «Il gruppo del Pd non solo ha votato il piano per bloccare il
rigassificatore, ma soprattutto per garantire una pianificazione negli anni che
consenta al porto di svilupparsi, per incrementare i traffici e le opportunità
di lavoro per il nostro territorio in una dimensione europea». Finocchiaro ha
poi ricordato in aula che per tutte le opere portuali fatte nei decenni scorsi,
vedi Adriaterminal, Riva Traiana, prolungamento Diga foranea, Molo VII «si è
dovuto operare con specifiche varianti al Piano del 1957, con perdite di tempo
estenuanti in quanto si doveva operare con singole Via senza una valutazione
strategica delle opere. Così facendo spesso si sono persi finanziamenti a favore
di altre Autorità che si erano attrezzate per tempo. Si pensi che anche per
allargare di 10 metri la banchina Nord del molo V si è dovuti operare con una
specifica variante». Il nuovo piano contiene altresì tutta una serie di opere di
ampio respiro: il prolungamento del molo della Stazione Marittima per
l’eventuale attracco delle navi da crociera che potrebbero venir dirottate da
Venezia, il banchinamento ed interramento degli specchi acquei tra il Molo V e
VI, il raddoppio del Molo VII, lo sviluppo del Molo VIII in prosecuzione alla
Piattaforma logistica e per la riconversione delle banchine attigue alla
Ferriera, e l’opera più importante che ricade nel territorio di Muggia, ossia il
banchinamento ed interramento dell’area prospiciente l’ex raffineria Aquila, per
la realizzazione del terminal Ro-ro. «Inoltre votando il documento sono passate
tutte le prescrizioni inserite in merito alle possibili ripercussioni che
potranno avere sul territorio le nuove opere sulla viabilità esistente, vedi
necessità di realizzare il by-pass di Aquilinia, trasferimento delle merci su
rotaia».
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Alberi - Lo scempio della “Cimone”
A causa dei due incendi avvenuti alla caserma Monte Cimone di Banne, ho avuto modo di vedere il taglio indiscriminato effettuato dalla ditta incaricata, naturalmente autorizzata dall'agenzia dal Demanio e anche con il consenso del Corpo Forestale (spero). Mi chiedo: era proprio necessario attuare una pulizia che definirei drastica, tagliare alberi di alto fusto che formavano viali e piazzole ombreggianti? Sono passati cinque eserciti nell’arco di un secolo e non sono riusciti a compiere un simile disastro ambientale. Nessuna autorità è intervenuta per fermare tale disastro. Come diceva la buonanima, a pensar male si fa peccato ma delle volte ci si azzecca, mi sembra che si stia ripetendo lo scempio naturalistico come in Val Rosandra. Non vorrei che le autorità avessero dei secondi fini, come sentito da “Radio Naia” parla della costruzione di un mega carcere nella Regione o anche delle palazzine con fondi europei. Con il taglio di tutti quegli alberi l'area emersa può servire a tale scopo. Vorrei porre all'attenzione di tutti che Banne, essendo un piccolo borgo carsico, non può aumentare la sua popolazione per non rompere l'equilibrio della comunità. Faccio presente alle autorità competenti che anni addietro una ditta proveniente dalle Marche (autorizzata dal Demanio di Udine) incaricata della messa in sicurezza e dello smontaggio delle tettoie keller (parcheggio carri armati) e cavi elettrici in rame, tolse i due passamani in ferro battuto di tre piani dell'allora palazzina Comando, le Belle Arti erano al corrente? Autorizzati da chi? E siamo sicuri che era tutto per la messa in sicurezza della caserma?
Tullio Predonzan
Opicina, allarme ailanto. Chiesto l’intervento comunale
- LA PIANTA ESOTICA CHE SOFFOCA IL CARSO
OPICINA Un’autentica macchina da guerra vegetale – così ha avuto modo di
definirla il professor Livio Poldini - che, silenziosamente, sta invadendo
boschi, scarpate, terreni coltivati. Viene da lontano, si chiama ailanto, è un
albero che ormai si trova dappertutto, formidabile nel colonizzare ogni tipo di
area, sopratutto quelle degradate. In alcune parti della provincia forma
addirittura dei boschetti: macchie silenziose che gli animali e le altre piante
disertano, lasciandole al loro silenzio. Tranne che un miele scadente, l’Ailanto
non offre nulla, né legno, né frutta, né fiori profumati, né nutrimento per gli
animali. La sua solitudine dipende dalle allelotossine che inietta nella terra
per dissuadere la concorrenza delle altre piante. Contro l’ailanto, ironicamente
noto come “Albero del paradiso”, fa sentire la propria voce la circoscrizione di
Altipiano Est che, a margine del parere positivo espresso sul nuovo regolamento
del Verde comunale, propone l’inserimento di un articolo specifico per tentare
di sradicarlo dal comprensorio triestino. Per il parlamentino appare
fondamentale escludere le piante invasive da qualsiasi norma di salvaguardia
prevista nel nuovo regolamento, prevedendone la sistematica eliminazione.
L’ailanto e il senecio, altra pianta fortemente invasiva, rientrano in questo
gruppo. Pertanto, si puntualizza nel documento circoscrizionale, “... queste
specie vanno sistematicamente eliminate nel corso degli interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, sia sulle superfici pubbliche che in
quelle private. Per quel che riguarda l’ailanto, le piante devono essere
inertizzate con l’ausilio di prodotti chimici appositi applicati selettivamente
sul tronco o sulle ceppaie, in modo da neutralizzare gli apparati radicali”.
«L’Ailanto è un vero flagello a livello mondiale – sostiene il presidente di
Altipiano Est Marco Milcovich – e molti Paesi hanno adottato o stanno adottando
misure drastiche per cercare di contenere la sua diffusione». E pensare che
l’ailanto venne introdotto in Europa dall’estremo oriente per sostituire il
gelso per dar vita all’allevamento del baco da seta. Un pessimo affare.
Maurizio Lozei
Rete idrica, dall’Ue 6,6 milioni per combattere le
dispersioni
Premiato il progetto di una cordata di 14 partner guidata dal consorzio
triestino.
La Consulta d’ambito territoriale ottimale ha
partecipato a una gara comunitaria per interventi nell’area adriatica
Seicentomila euro per contrastare le dispersioni dell’acqua potabile nelle
reti triestine: è questo il maggiore riflesso pratico per AcegasAps e per la
città del successo in un bando di gara Ue. I fondi fanno parte, infatti, di un
finanziamento dell’Unione europea del valore totale di 6,6 milioni di euro vinto
da una cordata di aziende dell’area adriatica per attivare un nuovo approccio
alla messa in sicurezza dell’erogazione dell’acqua potabile. Nell’occasione, la
Consulta d’Ambito territoriale ottimale di Trieste (consorzio di funzioni che
opera nel settore), in collaborazione con AcegasAps, ha guidato una cordata di
14 partner pubblici e privati di otto Paesi dell’area adriatica (Slovenia,
Croazia, Grecia, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania, Italia),
presentando il progetto “Networking for Drinking Water Supply in Adriatic
Region”, con l’acronimo Drinkadria e conquistando il primo posto nella
graduatoria del bando comunitario sul Programma AdriaticIpa. Il progetto ha
infatti ottenuto, dopo una selettiva procedura, il primo posto sia per il tema
strategico (Natural and Cultural Resources and Risk Prevention), sia nella
graduatoria complessiva, su 15 progetti concorrenti. I mutamenti ambientali e
climatici, dei quali l’uomo stesso è il principale responsabile, oltre a nuove
norme inducono i responsabili ad attivare gestioni delle reti e degli impianti
incentrate sulla razionalizzazione e salvaguardia della “risorsa acqua”. D’altra
parte la rapida variazioni socio–economiche e ambientali, oltre all’incalzante
privatizzazione, comportano da una parte modifiche significative alla richiesta
di fabbisogno idrico, dall’altra politiche incentrate sulla redditività. Il
tutto in un contesto d’infrastrutture sempre più inadeguate. Il finanziamento
servirà, sviluppando il monitoraggio e l’analisi, a pianificare attività per
contrastare le dispersioni di acqua potabile dalle reti cittadine, ora al 42%,
accelerando le azioni che AcegasAps ha di recente già avviato sul Carso, con un
nuovo sistema di monitoraggio e di gestione in tempo reale delle reti idriche.
Trieste sarà, nell’ambito del progetto, grazie al ruolo della Cato e del suo
gestore AcegasAps, un punto di riferimento per il bacino meridionale
dell’Europa. Nei prossimi 30 mesi la città sarà, infatti, sede di numerosi
incontri istituzionali tra i partner e i soggetti interessati al progetto. Il
sindaco Roberto Cosolini, anche in qualità di presidente dell'Ato, è soddisfatto
in particolare per due motivi: anzitutto per le ricadute positive degli
interventi possibili con i soldi Ue e per il ruolo-guida dell’Ato triestino. Poi
per l’ottimo risultato “in gara”: primo posto “assoluto” e unico progetto
italiano a essere stato finanziato.
L’acqua al distributore comunale eticamente scorretta
LA LETTERA DEL GIORNO - Giorgio Catalan Coordinamento BdS (Boicotta-Disinvesti-Sanziona)
Trieste
Caro assessore, leggiamo sul “Il Piccolo” che il Comune, in collaborazione
con AcegasAps installerà nella prossima primavera anche nella nostra città
almeno tre stazioni di distribuzione di acqua, sia “normale” che addizionata con
anidride carbonica. Vorremmo sottoporle una questione che a noi, che ci battiamo
per la libertà della Palestina dall’occupazione israeliana, sta molto a cuore.
Si chiederà cosa c’entra la Palestina con l’acqua pubblica. Presto detto: una
delle maggiori aziende che producono gasatori per l’acqua è l’israeliana
Sodastream, il cui principale stabilimento produttivo si trova nella colonia
illegale di Mishor Adumin, territorio palestinese occupato, in palese violazione
del diritto Internazionale. L’occupazione illegale delle terre sottratte ai
palestinesi infatti è portata avanti non solo con la costruzione di unità
abitative per i coloni, ma anche attraverso una pianificazione delle aree
industriali israeliane. A questo fine il governo israeliano provvede con una
serie di incentivi fiscali e deroghe in materia di rispetto dell’ambiente e
delle condizioni di lavoro per le aziende che scelgono di spostare la loro
produzione nei Territori Occupati. Le informazioni che qui brevemente riportiamo
fanno capo ai dossier di denuncia realizzati dall’Ong israeliana WhoProfits che
si occupa di documentare e denunciare le aziende israeliane che realizzano
profitti dall’occupazione illegale della Palestina: Sodastream è tra le imprese
che hanno scelto di stabilire i loro impianti di produzione in un territorio
sotto occupazione militare e trarre profitto da un contesto di assoluta
illegalità. Le tasse municipali che versa alla colonia di Ma’aleh Adumim sono
destinate sia al mantenimento e all’ulteriore espansione di questo insediamento
illegale, sia al sostegno di una grande discarica israeliana in territorio
palestinese, il sito di Abu Dis, che ha gravemente danneggiato le falde
acquifere e i corsi d’acqua delle terre circostanti e di Betlemme. Non soltanto,
l’organizzazione israeliana per i diritti dei lavoratori Kav LaOved ha
documentato anche lo sfruttamento dei lavoratori palestinesi, ai quali, già
sottoposti a condizioni di lavoro degradanti e a licenziamenti per chi protesta,
è corrisposto un salario inferiore alla metà del salario minimo. Sebbene
SodaStream intenda candidarsi come un’azienda che offre prodotti ecologici,
destinati ad una clientela sensibile al problema della plastica e a questo fine
abbia messo in campo una massiccia campagna pubblicitaria su stampa, Tv e web,
tuttavia l’operazione truffaldina che intende mascherare di ecologismo la grave
questione dell’occupazione israeliana è stata respinta da organizzazioni di
assoluto prestigio sia nel campo della tutela dell’ ambiente (WWF, Legambiente)
che in quella dei diritti umani (Oxfram Italia). Inoltre, l’importanza della
nostra segnalazione crediamo sia avvalorata anche dalle notizie recentissime
relative ai futuri rapporti di cooperazione e commercio tra l’Unione europea e
le colonie israeliane. Come Lei saprà, venerdì 19 luglio, è stata pubblicata la
direttiva Ue, vincolante per i 28 paesi membri, che vieta accordi di
cooperazione tra l’Ue e le colonie israeliane situate nei Territori occupati. La
norma infatti prevede esplicitamente che gli aiuti provenienti dalla Commissione
europea nel periodo 2014-2020 non potranno essere utilizzati per progetti
israeliani in Cisgiordania, Gerusalemme est e nelle alture del Golan. È una
decisione che secondo Bruxelles non fa altro che ribadire “la posizione di lunga
data dell’Unione europea che considera gli insediamenti israeliani illegali
sotto il profilo del diritto internazionale e non riconosce la sovranità
israeliana sui territori occupati”. Ci auguriamo pertanto che anche il Comune di
Trieste prenda atto dell’incompatibilità tra Sodastream e i diritti del popolo
palestinese, non stipulando con questa azienda alcun contratto né per questa né
per altre iniziative.
IL PICCOLO - VENERDI', 8 novembre 2013
La Procura apre un’inchiesta sul mais Ogm di Vivaro
TRIESTE Diffusione di malattie delle piante o degli animali. È l'ipotesi di
reato con cui la Procura di Udine ha confermato di aver aperto un'inchiesta
sulla coltivazione del mais Ogm in alcuni campi a Vivaro, in provincia di
Pordenone. Inchiesta innescata da una una segnalazione inoltrata ad agosto dal
Corpo forestale in merito alla diffusione nell'ambiente del mais Ogm e della
relativa tossina. Le indagini sono tuttora in corso. Secondo quanto si è
appreso, il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, titolare del fascicolo,
ha delegato al Corpo forestale una serie di accertamenti per verificare
l'eventuale diffusione del mais geneticamente modificato e per capire anche da
dove provengano le sementi utilizzate nelle decine di campi che sarebbero stati
coltivati con Ogm. Sono stati inoltre disposti anche controlli ai distributori
delle sementi. Gli accertamenti delegati hanno natura conoscitiva e fino a
questo momento, sempre secondo le prime indicazioni, non sarebbero emerse
posizioni rilevanti da un punto di vista penale. E proprio sui potenziali
allarmi innescati dalla segnalazione degli esperti si fa sentire la deputata Pdl
Sandra Savino. «Dall'audizione in commissione Agricoltura della Camera del capo
del Corpo forestale dello Stato sono emerse evidenti responsabilità da parte
della Regione sulla mancata vigilanza - afferma Savino -, nonché sull'assenza
d'interventi di ordinanza di sospensione relativi alla contaminazione dei
campioni di mais. La parlamentare Pdl punta quindi il dito contro «l'inefficacia
dei controlli da parte delle autorità regionali e locali». «Anziché criticare il
ministro De Girolamo, che ha correttamente introdotto il divieto di coltivazione
di mais Mon810 in Italia per 18 mesi, sarebbe stato più opportuno da parte di
Serracchiani provvedere in maniera preventiva ed in modo più incisivo nei
controlli per le aree agricole contaminate».
Votato il definitivo addio al villaggio “Muja
turistica”
Il progetto prevedeva alberghi, un villaggio vacanze e un porticciolo per
più di 32 mila metri cubi. Soddisfatto l’assessore all’Ambiente Longo
MUGGIA «Il progetto del villaggio turistico e del porto nautico di Punta
Sottile-San Bartolomeo proposto da Muia Turistica non si farà». L'assessore
all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo è soddisfatto. Il consiglio
comunale ha infatti deliberato la revoca della delibera sub-commissariale del
1996 che adottava il Prpc di iniziativa privata della cosiddetta “Muia Turistica
2”. Un progetto che tra attrezzature ricettive alberghiere e villaggio turistico
prevedeva qualcosa come 32mila 603 metri cubi da costruire in zona Punta
Sottile-San Bartolomeo. Il piano attuativo adottato prevedeva per le
attrezzature alberghiere una ricettività complessiva di 783 utenti di cui il 60%
da destinarsi alle strutture relative al villaggio turistico pari a 420 utenti,
per le strutture destinate alla balneazione e alle attività nautiche una
superficie coperta di 2mila 520 metri quadrati con un'altezza massima di 3,50
metri. Grandissima soddisfazione per la revoca della delibera che di fatto segna
lo stop al progetto è stata espressa dall’assessore Fabio Longo. L’esponente
dell’Italia dei Valori ha ricordato come nel 2009 il consiglio comunale aveva
espresso la previsione di salvaguardia di tutto il versante costiero e la
protezione dei beni culturali, archeologici e paesaggistici. Anche nel 2011
negli indirizzi generali della nuova amministrazione Nesladek si era evidenziato
come “dal vecchio piano regolatore dovranno essere tolte le contraddizioni come
quelle che “riconoscono le zone di pregio ambientale e contestualmente destinano
le stesse a interventi edificatori speculativi”. Inoltre Longo ha evidenziato
come nel 2004 la Sovrintendenza paesaggistica sull'area del progetto aveva
evidenziato come la spiaggia fosse “inutilizzabile per qualsiasi interramento o
modifica della linea di costa”. Applausi per la revoca anche da parte del
consigliere comunale del Pd, Marco Finocchiaro: «Grazie all'ottimo lavoro degli
uffici comunali, Avvocatura civica e servizio Pianificazione territoriale,
abbiamo compiuto un atto con cui probabilmente si conclude una lunga battaglia
decennale contro un’idea di sviluppo turistico non sostenibile del nostro
territorio e contro il piano regolatore di Dipiazza/Gasperini». Una battaglia
iniziata nel 2001 con Gianmarco Scarpa, capogruppo dell’opposizione del gruppo
consigliare dell’Ulivo nella consigliatura Gasperini e quando Nerio Nesladek era
presidente della sezione muggesana di Legambiente. Per Finocchiaro «è singolare
il voto di astensione di parte dell'opposizione, nonostante le dichiarazioni di
contrarietà al Prpc, per il timore di eventuali ricorsi dei proponenti. Ma
chiaramente anche in questo caso il Pdl non si è assunto le proprie
responsabilità e il mandato ricevuto dagli elettori». Christian Gretti,
consigliere comunale Pdl, risponde: «Credo che qualcuno non abbia ancora capito
cosa vuol delibera sub-commissariale e soprattutto da chi è stata fatta.
Singolare poi tirare in ballo per l’ennesima volta il Piano regolatore Dipiazza/Gasperini
facendo finta di dimenticarsi quelli precedenti, vigenti nel 1996». Gretti in
consiglio ha evidenziato le due strade che adesso si prospettano: «o un accordo
con la proprietà o una causa legale. Non avendo avuto una risposta esaustiva, da
parte della maggioranza, sulla prima mi vien da pensare che si imboccherà la
seconda, da qui la decisione di astensione da parte del Pdl». Finocchiaro
ammette: «È vero che il piano regolatore, prima dei dieci anni di governo della
città da parte del centrodestra, prevedeva in quella ed altre zone del
territorio piani di sviluppo turistico oggi non più sostenibili, ma questa era
la risposta che la sinistra di allora aveva cercato di dare alle chiusura dei
cantieri navali e alle grandi dismissioni degli insediamenti industriali. Le
colpe di Dipiazza e Gasperini – conclude Finocchiaro - sono quelle di aver
approvato dei piani regolatori, successivamente al 1996, che non solo
confermavano scelte sbagliate di decenni prima, ma ampliavano a dismisura la
possibile speculazione edilizia ed il consumo del territorio». Una speculazione
e un consumo che ora hanno subito uno stop molto importante.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 novembre 2013
Fiera, offerta di 7 milioni da un pool di imprese
locali - URBANISTICA » SI STA PER SBLOCCARE UN’IMPORTANTE PARTITA
«Non ci sono altri pretendenti per il complesso di Montebello», spiega il
curatore fallimentare Nobile. Comunque il Comune dovrà indire un bando
In Comune stanno per avere il “referto ufficiale”. Il liquidatore ha
finalmente trovato un pretendente per la vecchia Fiera di Montebello. La
struttura da 20 mila metri quadrati abbandonata da quando, nel 2010, l’ente
Fiera è stato messo in liquidazione per “surplus” di debiti a carico dei soci.
Comune, Provincia, Camera di commercio i maggiori. Che infine hanno deciso di
mandare a morte una macchina diventata solo mangiasoldi, con 2,2 milioni di
“rosso”. Dopo un’altalena di rari interessati al costoso affare, da 6,9 milioni
di euro quanto il complesso è stato valutato in sede di perizia, dopo ben due
proroghe del bando per ottenere un progetto totale (dalla destinazione d’uso al
“disegno” completo del restauro), in questi giorni il primo capitolo dell’affare
si è concluso. Due erano rimasti i raggruppamenti d’impresa che si erano
affacciati. Dopo la seconda richiesta di perfezionamento dei documenti un gruppo
si è defilato. Di pochi, è rimasto in campo uno solo. La prima scadenza del
bando, lanciato lo scorso gennaio, era stata fissata a marzo. La proroga aveva
fissato il 30 agosto. Da lì in poi un altro trascinamento, per una migliore
definizione dei dettagli economici, scaduto in questi giorni. A concorrere per
la “manifestazione d’interesse” è rimasto un gruppo di imprese, tutte di
costruzioni, sulla cui identità il curatore fallimentare Gianfranco Nobile non
vuole riferire, per lasciare diritto di voce al Comune. Che comunque prima di
assegnare i lavori sarà obbligato a indire una gara. Trapela che l’associazione
d’imprese sarebbe formata “anche” da aziende triestine. Che in tutto i soci
sarebbero quattro. Che l’offerta economica è stata perfino un po’ superiore ai
6,9 milioni indicati del bando. «I soci - dice Nobile - non erano rimasti
soddisfatti delle modalità di pagamento che i concorrenti avevano presentato.
Questo capitolo è stato corretto in quest’ultimo mese e l’offerta complessiva è
rimasta valida e intatta. Adesso spedisco al Comune la conferma, con la
richiesta di avviare il procedimento per indire la Conferenza dei servizi fra
enti del territorio, che dovrà approvare le varianti urbanistiche. Il Comune
innanzitutto - prosegue Nobile - dovrà verificare quanto la proposta corrisponde
all’interesse pubblico». Di fatto la procedura ha questo schema: attraverso la
dichiarazione di interesse, con l’impegno a realizzare un progetto, l’impresa
privata “si affianca” all’amministrazione che viceversa ha interesse a
riurbanizzare l’area. Ma poiché non esistono rapporti pubblico-privato di
affidamento diretto, il Municipio dovrà appunto indire la gara. Arrivasse un
miliardario con un’idea migliore, i concorrenti di oggi potrebbero essere
superati. Procedura dunque di rischio, e infatti due o tre gruppi d’imprese dopo
aver “annusato” l’aria sono sparite, o hanno presentato le carte in ritardo
senza poi approfittare della “finestra” successiva. Chi mesi fa e chi l’altro
giorno, sono spariti tutti tranne uno. Altri che si erano palesati con riserva,
poi non si son fatti più sentire. «Se il Comune avesse potuto avere a
disposizione tre o quattro progetti diversi, avrebbe naturalmente goduto di un
panorama più ampio» commenta Nobile, soddisfatto però di aver portato a
compimento l’arduo compito, tra debiti del fallimento, mercato in crisi, tempi
lunghi e soldi corti.
Gabriella Ziani
Un peso economico anche “da morta” per i tre enti
proprietari
Vero o no che anche senza più vita la Fiera continua a costare? Che il
debito iniziale aumenta, visto che nel 2012 (dopo due anni dal fallimento) il
bilancio aveva evidenziato una ulteriore perdita di 323 mila euro? Il curatore
fallimentare Gianfranco Nobile affronta diversamente la questione, e così svela
quanto pesi l’affare al momento sulle stanche casse di Comune, Provincia e
Camera di commercio. «Non c’è problema di equilibrio finanziario ed economico -
dice infatti - perché fino al 30 giugno 2014 siamo coperti. Poi il procedimento
sarà già molto avanzato». I soci maggiori, Comune (25,50%), Provincia (24,95%) e
Ccia (25,95%) «hanno contribuito con 50 mila euro ciascuno. I soci minori invece
non hanno voluto». Tra questi, Confartigianato, Confcommercio, Allianz. Ma non è
un regalo. È un finanziamento, ovvero un credito, che sarà rimborsato con quello
di tutti gli altri creditori. Anzi, sarà rimborsato prima di quelli.
Nuovo progetto per rilanciare un’area degradata - LA
PROPOSTA
Ora si vedrà qual è la reazione del Comune di fronte all’unico progetto
presentato da una sorta di consorzio di imprese per la ex Fiera di via De
Gasperi costruita negli anni Cinquanta e ora in preda di un devastante degrado.
Quale proposta salterà fuori dalla busta? In quale fase verrà sottratta alla
secretazione? La giunta Cosolini, alle fasi finali della stesura del Piano
regolatore, per l’area di Montebello ha intenzioni rivitalizzanti, considerato
che intanto nell’area è sorto il complesso Ater di via Cumano da 180
appartamenti e che accanto ci sono alla ex caserma Duca delle Puglie il Museo de
Henriquez in costruzione e quello di Storia naturale. L’intenzione generica è:
area per servizi. Intanto si spera in nuovi investitori anche per l’area di
Campo Marzio, “manifestazione d’interesse” il cui bando è sempre annunciato come
imminente e ancora non c’è. Salve, per impegno della Camera di commercio, solo
due fiere specializzate (olio e caffé) con l’aggiunta della terza sul Prosecco:
alla Stazione marittima la prima e la terza, mentre Triestespresso Expò,
biennale, persa la Fiera, era ancora in attesa di una sede col rischio di
estinguersi, e l’ha trovata per il 2014 in due magazzini del tormentatissimo
Porto vecchio. Se si riuscirà a restaurarli in fretta e per tempo. Ma intanto la
Fiera di Gorizia, fusa con quella di Udine, si è lanciata su “Mittelmoda”, Fiera
dei motori, “Pollice verde”, “Gusti di frontiera”, “Piazza in fiore”,
conservando la classica Expomego. E per Udine sarebbe difficile fare la lista
intera (l’ultimo evento “Casa moderna”). Trieste invece, per le fiere, non solo
manca di un ente ma anche di uno spazio adeguato.
(g. z.)
Gruppo con 3 soci triestini e uno padovano
Riccesi, Iniziative Edili Bi Zeta, Edile Pascon e la veneta Intercantieri
Vitadello i quattro partner
Costruzioni Riccesi (con sede in via dei Frigessi a Trieste), Iniziative
Edili Bi Zeta di Stefano Zuban (via Manna a Trieste), Impresa Edile Pascon (via
Ressel a San Dorligo della Valle) e Intercantieri Vitadello con sede a Limena in
provincia di Padova: questo il gruppo di imprese, tutte di costruzioni, formate
da quattro soci che hanno “manifestato interesse” per tutta l’area della ex
Fiera di Montebello. L’offerta dei quattro soci, l’unica presa in considerazione
dal curatore fallimentare Gianfranco Nobile, si è attestata su 7 milioni di
euro. Le aziende, tre triestine e una padovana molto conosciuta nel settore
dell’edilizia e delle costruzioni, adesso attendono le mosse dei proprietari
della vasta area, Comune, Provincia e Camera di Commercio in primis. «Dire
quando cominceremo a operare in quella zona - afferma Donato Riccesi - è
quantomeno prematuro. Ci sono vari passaggi burocratici che porteranno via molto
tempo. Noi comunque siamo pronti». Riccesi e soci hanno presentato un progetto
molto vicino a quello che chiedeva il bando di gara prorogato diverse volte dal
liquidatore su richiesta dei proprietari. «In tutta quella vasta area sorgeranno
attività commerciali diverse - afferma ancora Riccesi - parcheggi, una zona
residenziale con 50 alloggi “sociali” che verranno affidati al Comune di Trieste
e altri 25 liberi e un parco di cinque mila metri quadri. Una ristrutturazione
completa di tutta la zona ora completamente abbandonata. É chiaro che nei
prossimi mesi tutti questi progetti saranno definiti nei dettagli con gli
amministratori comunali. Ma, ripeto, non sarà una cosa nel breve tempo». Tutti
positivi di commenti dopo la conclusione della gara. Le carte del curatore
Gianfranco Nobile sono arrivate nelle scrivanie di Provincia, Comune, Camera di
Commercio e degli altri proprietari minori. «È una partita importante che
riguarda un’area importante della città» spiega il sindaco Roberto Cosolini
ricordando che il Comune, oltre che socio della Fiera, è anche proprietario
unico del 30% dell’area della manifestazione di interesse. «Se erano più di una
le manifestazione di interesse - aggiunge il sindaco - era più contento. Ma di
questi tempi è già qualcosa». La Provincia, socia della Fiera di Trieste, non
nega la soddisfazione per la manifestazione di interesse. «È un bella notizia -
dichiara l’assessore Mariella Magistri De Francesco -. Noi tra l’altro siamo
interessati all’area nell’ambito della razionalizzazione scolastica. Siamo
interessati alla Fiera come alla caserma di via Rossetti. L’obiettivo è di
accorpare le succursali del Petrarca di largo Sonnino e il Galilei e di via
Battisti».
(fe.vi.- fa. do.)
Incidenti in aumento: Trieste “contromano” -
gli incidenti stradali a Trieste
Il report Aci-Istat: in Italia sinistri stradali in calo, qui crescono
del 5% (+10% i feriti, +43% i morti). Distrazione la prima causa
La cifra delle macchine immatricolate e, di conseguenza, la cosiddetta
popolazione circolante sono rimaste più o meno quelle. Morale: traffico caotico
era - così come nelle altre città medio-grandi - e tale è rimasto (e forse col
futuro Piano comunale della mobilità dimostrerà di esserlo meno, se è vero che
l’obiettivo dichiarato è quello). Eppure - negli ultimi due anni, a Trieste -
incidenti stradali, feriti e morti sono lievitati, dispensando così un trend che
va contromano, giusto per stare sul pezzo, rispetto ai dati nazionali e
regionali. I quali invece dicono che in tutta Italia come pure nel resto del
Friuli Venezia Giulia, nello stesso periodo preso in conto, il numero totale dei
sinistri - sia senza conseguenze sia forieri di feriti e decessi - sono calati.
Trieste, insomma, è maglia nera - è tra le maglie nere, meglio sarebbe dire -
per effetti collaterali dell’asfalto, fra guida distratta (ma la distrazione a
volte rapisce gli stessi pedoni), mancato rispetto della segnaletica ed eccesso
di velocità. Lo testimoniano i contenuti del report congiunto Aci-Istat per il
2012 resi noti ieri a Roma. Contenuti che, covando poi statistiche provincia per
provincia, rieccheggiano fin qui. E ci mancherebbe, visto il messaggio che
mandano. Gli incidenti censiti l’anno passato da Muggia a Duino sono stati
complessivamente 907, il 5,1% in più (alla faccia del -9,2% su scala nazionale)
degli 863 registrati nel corso del 2011. Hanno causato 1.127 feriti, per un
+10,4% (-9,3% su scala nazionale) rispetto ai 1.021 dell’anno prima. Pure la
lista dei morti si è fatta più grossa: da sette a 10, per un +42,9% (-5,4% su
scala nazionale) e per un parametro incrociato - chiamato tasso di mortalità -
che aumenta a sua volta del 36%. Altro record di cui andar ben poco fieri è il
+45% per gli investimenti dei pedoni. «Dati preoccupanti - scrive in una nota il
direttore locale dell’Aci, Maura Lenhardt - che rafforzano la convinzione
dell’Automobile Club Trieste e di tutte le istituzioni impegnate in campagne di
sensibilizzazione su sicurezza ed educazione stradale a impegnarsi con tutte le
risorse disponibili affinché la controtendenza si arresti». «Temiamo - aggiunge
poi a voce - che le motivazioni principali siano comportamentali, purtroppo. La
ricerca di una stazione radio o di una canzone mentre si è al volante, l’uso del
cellulare senza auricolare o vivavoce, o l’accendersi una sigaretta. Oppure
certi sorpassi a destra fatti con le due ruote. Tutti devono tenere presente, e
sempre, che basta un nonnulla per non esserci più, o per far del male a
qualcuno». Il report puntato su Trieste conferma come il tipo di strada più
maledetto si ritrovi nel centro: proprio la strada urbana è stata teatro, nel
2012, dell’83,4% degli incidenti (756 su 907) e ha fatto l’80,7% dei feriti (909
su 1.1027) e il 50% dei morti (cinque su 10). Più del 40% (quattro su 10)
dell’autostrada. Il totale dei decessi - si legge nella statistica Aci-Istat -
si deve in cinque casi a scontri frontali, in due a impatti laterali, in
altrettanti a uscite di carreggiata, mentre in una circostanza a pagare con la
vita è stato un pedone investito, qui catalogato come corresponsabile. Tra i
perché più ricorrenti sta sopra gli altri la distrazione alla guida,
responsabile del 37,9% dei sinistri, percentuale che sale ancora al 44,4% se si
considerano gli incidenti mortali. Un’ulteriore informazione da segnare con la
penna rossa riguarda i mezzi coinvolti: in tutto sono stati 1.585, di cui 522 a
due ruote, sui quali sono rimaste ferite ben 482 persone. Il rapporto sfiora
l’uno a uno.
Piero Rauber
I cervi ora abitano in Carso Una sessantina gli
“stanziali”
Bressi: timidi e non pericolosi, dalla Slovenia si sono stabiliti nel
territorio provinciale Tre i nuclei riproduttivi, il più cospicuo nella riserva
naturale del monte Lanaro
Il bramito del cervo nei boschi triestini non è più leggenda. Lo splendido
animale selvatico che può raggiungere i 130 chilogrammi di stazza per oltre un
metro di altezza è oramai realtà consolidata. «Secondo stime accertate stiamo
parlando di almeno una sessantina di capi che oltrepassata la Slovenia hanno
deciso di rimanere nel nostro territorio provinciale», racconta Nicola Bressi,
direttore dei Musei scientifici di Trieste. Un fenomeno particolarmente
suggestivo per la bellezza degli esemplari che si aggirano pacificamente in
Carso, ma che pare già aver dato qualche grattacapo agli agricoltori
dell'altipiano. Sono passati 15 anni da quel clamoroso incidente stradale che
sulla statale tra Opicina e l'ex valico di Fernetti causò un inedito frontale
tra un automobilista e un cervo. Oggi l'imponente palco di corna di quel
mammifero è conservato al Museo civico di Storia naturale. «Quello è stato
l'incidente con gravi conseguenze per il conducente, ma sappiamo di investimenti
tra Opicina e Trebiciano e persino sul valico dell'Ospo, a Muggia», racconta
Bressi. Individui erratici, i maschi tendono a girovagare nella provincia, ove
ci sia un bosco tranquillo. È possibile dunque imbattersi in un cervo nelle aree
verdi sopra Barcola, oppure a Prosecco, ma anche più verso il livello a mare
come nelle zone boschive di Muggia. «Si pensa che il cervo sia un animale
prettamente di montagna. Non è affatto così. Basti pensare che esiste una grande
colonia di animali nel ferrarese, vicino al Po», prosegue Bressi. In territorio
triestino i cervi, dopo aver fatto diverse incursioni dalla Slovenia per poi
tornare nella vicina Repubblica, hanno ora trovato il loro habitat naturale in
almeno tre aree distinte del Carso. Vi sono tre nuclei riproduttivi. Una ventina
di capi si trova in zona Duino Aurisina, vicino al Monte Ermada, nella fascia
che va da Ceroglie sino a Doberdò del Lago. Il nucleo più piccolo invece conta
una decina di esemplari e gravita attorno al Monte Cocusso, nell'area tra
Basovizza, Grozzana e Pesek. Ma il nucleo più grande si trova nella riserva
naturale del Monte Lanaro, a Monrupino, in una dorsale molto più ampia che va
dall'ex valico di Comeno (Duino Aurisina) fino appunto al territorio di
Monrupino. A testimoniare queste presenze, oltre agli avvistamenti durante il
giorno, le fototrappole notturne utilizzate dagli appassionati. Se il fascino di
questi animali è indiscutibile, non si può certo non fare i conti anche con i
possibili incontri a tu per tu con questi animali che sono grandi circa tre
volte rispetto al capriolo. «I cervi sono animali timidi e assolutamente non
pericolosi per l'uomo - puntualizza Bressi - anche se un maschio (l'unico ad
avere il palco, a differenza delle femmine, ndr) in amore mentre bramisce può
essere imprevedibile, quindi meglio non avvicinarsi troppo. Sicuramente può
recare danni, ben maggiori di caprioli e cinghiali, alle zone degli agricoltori.
E in proposito qualche segnalazione è già arrivata». Quanto infine alla
coesistenza con gli altri mammiferi, i cervi, data la loro grande stazza, sono
avvantaggiati. «Questo sicuramente può essere visto come un lato positivo -
conclude Bressi - perché se ci sono più cervi, e il numero potrebbe aumentare,
significa che ci sarà sempre meno spazio per caprioli e cinghiali».
Riccardo Tosques
Mais transgenico «Ogm, contaminazione sino al 10%»
A fronte di una comprovata diffusione nell’ambiente del mais Ogm e della relativa tossina, il Corpo forestale ha inoltrato alla Procura di Udine una comunicazione di notizia di reato relativa alla violazione di diversi articoli del Codice penale (inosservanza dei provvedimenti dell’autorità, danneggiamento, diffusione di malattie delle piante o degli animali). Lo ha detto Cesare Patrone, capo del Corpo Forestale dello Stato, in audizione alla Camera, aggiungendo che «i risultati dell’attività di campionamento su terreni limitrofi hanno dimostrato un inquinamento genetico che arriva fino al 10%».
Gas serra, nuovo record nel 2012 - MUTAMENTI CLIMATICI
L’allarme lanciato dall’Organizzazione meteorologica mondiale
ROMA Un ritmo sempre più incessante che alimenta i cambiamenti climatici e
avrà ripercussioni sul futuro del Pianeta. Questo l'allarme contenuto
nell'ultimo bollettino sulle emissioni dell'Organizzazione meteorologica
mondiale (Wmo - World meteorological organization) che parla di un nuovo record
per le emissioni di gas serra raggiunto nel 2012. Per l'Agenzia Onu l'aumento di
CO2 in atmosfera, tra il 2011 e il 2012, è stato superiore al tasso medio di
crescita degli ultimi 10 anni, con un aumento del 32% della “forza” radiativa
dovuta all'effetto serra, tra il 1990 e il 2012. Le emissioni di gas serra
nell'atmosfera - spiega ancora il rapporto - ha raggiunto un livello che
«prosegue ed accelera una progressione che alimenta i cambiamenti climatici e
che forgerà il futuro del nostro Pianeta per migliaia di anni». Per il
segretario generale dell'Omm, Michel Jarraud, «le osservazioni dimostrano che i
gas di origine antropica che intrappolano il calore hanno turbato l'equilibrio
naturale dell'atmosfera e contribuiscono notevolmente al cambiamento clima».
VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 6 novembre 2013
Differenziare, risparmiando tempo e denaro
Un grosso danno al ciclo produttivo e all’ambiente. Ma non è tutto.
Dividere male i rifiuti può costare caro.
Colpa di alcuni errori che si possono commettere nella
divisione. Ecco come evitarli
L’errore dietro l’angolo. Quando si differenziano i rifiuti l’errore è
sempre possibile. Il cartone della pizza sporco di cibo nel contenitore della
carta, per esempio. O ancora, una bambola gettata tra le bottiglie di plastica.
Errori che, considerando le multe cui in alcune città va incontro chi
differenzia male i propri rifiuti, possono costare caro, non solo all’ambiente.
Nel 2012 nella sola città di Roma, per esempio, sono state elevate 5166 multe da
100 euro l’una per la cattiva differenziazione dei rifiuti.
Un danno al ciclo produttivo. Che cosa succede quando si mette nella pattumiera
un rifiuto non adatto al riciclo lo spiega Walter Facciotto, direttore generale
del Conai, Consorzio nazionale imballaggi: “Si crea un grosso danno al ciclo
produttivo, soprattutto buttando ceramica e pirex in mezzo al vetro. I detector
non riconoscono le particelle di ceramica, pur essendo macchine molto
sofisticate, e quando il vetro viene triturato e complesso, anche la ceramica,
che fonde a una temperatura differente dal vetro, è inglobata nelle nuove
bottiglie. Queste nuove bottiglie, però, possono scoppiare, sono a rischio”.
Gli errori più comuni. Gli errori più comuni, , riguardano i manufatti in
plastica: giocattoli, articoli per la casa, piccoli elettrodomestici, qualsiasi
oggetto in plastica o con parti in plastica, che sono fatti con polimeri
differenti, non riciclabili. Altra cosa che si sbaglia spesso è il riciclo del
Tetra Pak, il cui smaltimento varia da un comune all’altro: le confezioni di
questo materiale vanno con la carta o con la plastica a seconda dei regolamenti
vigenti. In ogni caso, prima d’essere buttato, il contenitore andrà sciacquato
in modo che al suo interno non rimangano residui alimentari. Il motivo è
semplice: i resti di cibo, andando a male, generano cattivi odori e muffe e
contaminano i materiali, per esempio la carta, compromettendo la possibilità di
riciclarla.
Gli scontrini nell’indifferenziato. Spiega Facciotto: “Per quanto riguarda la
carta, l’errore più comune è buttare nel suo contenitore gli scontrini, carta
termica che contiene solventi e aumenta lo scarto, oppure cartoni sporchi, con
avanzi di cibo, che fermentano”. Stampati su carta chimica, gli scontrini non
possono essere recuperati e devono andare nell’indifferenziato. I cartoni della
pizza, invece, vanno nel raccoglitore della carta solo se perfettamente puliti.
Quelli sporchi compromettono la raccolta della carta e devono andare tra gli
indifferenziati.
Bicchieri, specchi e ceramica nel vetro. Altro errore molto comune, gettare
bicchieri o specchi nel vetro I bicchieri, infatti, contengono un’elevata
quantità di metalli pesanti e per questo possono contaminare il processo di
riciclo del vetro. La raccolta del vetro riguarda soltanto confezioni e
imballaggi. Che vuol dire? Sì alle bottiglie e ai barattoli di vetro, no a
bicchieri o a tazzine rotte che dovranno andare nell’indifferenziata.
Piatti di plastica riciclabili dal 2012. Piatti e bicchieri di plastica da poco
più di un anno sono riciclabili: dal I maggio 2012 possono essere gettati nella
raccolta della plastica, anche se usati e sporchi (i residui di cibo dovranno
comunque essere eliminati). La nuova regola, però, non vale per le posate fatte
solo apparentemente dello stesso materiale.
Il codice 07 non si ricicla. Le confezioni e gli involucri di biscotti e caffè
non vanno nella plastica, come comunemente accade. Nella maggior parte dei casi
il packaging di questi prodotti è fatto da materiali non riciclabili. Per averne
la certezza, meglio controllare i simboli presenti sulle confezioni: il
triangolo con codice 07 indica che gli imballaggi non possono essere
differenziati.
Non perdere tempo. Una soluzione pratica può essere acquistare beni senza
confezione o imballaggio, prodotti alla spina per esempio, sfruttando sempre gli
stessi contenitori per trasportarli. Altra possibilità, lasciare direttamente al
negozio le confezioni di cartone di determinati prodotti, in modo che siano i
commercianti a doversi occupare dello smaltimento. In casa, poi, si possono
separare subito carta, cartone e eventuali altri materiali come spillette
metalliche o cellophane per non doverlo fare dopo, quando tutto dovrà essere
buttato. Infine, può essere utile consultare il materiale informativo messo a
disposizione dalle amministrazioni comunali su come smaltire correttamente i
rifiuti.
I simboli per orientarsi. Per aiutare i consumatori nella corretta separazione
dei rifiuti, i produttori devono indicare il materiale usato per l'imballaggio.
Lo fanno usando alcuni simboli:
questa pagina del sito del Wwf spiega come
orientarsi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 novembre 2013
Differenziata a premi, pochi gli scarti verdi -
ACEGASAPS
Buona invece l’adesione generale, 1069 i cittadini “ricicloni”. Si
prosegue questo mese
In 1069 hanno partecipato nel mese di ottobre al concorso “Trieste Premia
per vincere la sfida della raccolta differenziata” indetto da AcegasAps in
collaborazione con il Comune. Nell’ambito della “differenziata a premi”,
positivo - sottolinea AcegasAps - l’andamento generale dei conferimenti ai
quattro centri di raccolta cittadini (li citiamo: via Carbonara 3 dal lunedì al
sabato dalle 7 alle 19 e domenica dalle 8 alle 13; via Valmartinaga 10 dal
lunedì al sabato dalle 7 alle 19; Strada per Vienna 84/a dal lunedì al sabato
dalle 7 alle 19; via Giulio Cesare dal lunedì al sabato dalle 6 alle 18). In
totale sono stati destinati alle diverse filiere per il corretto riciclo o
smaltimento 16.484 materiali. Tanti i cosiddetti Raee, cioè apparecchi elettrici
ed elettronici in disuso: 2701 pezzi. Raccolti poi 1874 secchi di calcinacci e
inerti da piccole demolizioni. Pari a 1431 gli oggetti in legno di grandi
dimensioni, e 1384 tra mobili, materassi, giochi grandi. Ancora pochi invece,
considerato anche il periodo tipico per le potature, i conferimenti di scarti
verdi dei giardini: in ottobre ne sono arrivati 869 sacchi da 50 litri
contenenti verde e 275 fascine da venti chili. Eppure, ricorda AcegasAps,
proprio il verde assieme ai materiali da costruzioni contenenti amianto dà
diritto al punteggio massimo per il concorso: 20 punti per ogni sacco da 50
litri o fascina da 20 chili di scarti verdi correttamente portato ai centri di
raccolta. Anche i cittadini che utilizzeranno il servizio di ritiro a domicilio
di scarti verdi su prenotazione al numero verde gratuito 800 955988 , potranno
accumulare 2 punti a conferimento, per un massimo di 4 punti totalizzabili in un
mese. I bidoni si possono ritirare il sabato mattina dalle 8 alle 10, nella sede
AcegasAps in via Orsera 4. Il concorso sperimentale “Trieste Premia” continua
nei mesi di novembre e dicembre: basta portare i rifiuti ai centri di raccolta o
ai centri di raccolta mobili, e al momento del primo conferimento compilare e
sottoscrivere il modulo di adesione al concorso nonché l’informativa in tema di
privacy. Per essere registrati nel database come partecipanti al concorso e
tenere aggiornato il proprio saldo punti ad ogni conferimento, è necessario
fornire agli operatori il proprio codice fiscale così da essere identificati
tramite la lettura del codice a barre sulla Carta Regionale dei Servizi. Premi
ogni mese per i cittadini più “ricicloni”, mentre il Comune applicherà una
sostanziosa riduzione della Tares a beneficio dei più “meritevoli”.
Rigassificatore, caccia a un sito alternativo
Il ministro Zanonato ha preso atto che Trieste non lo vuole, ma c’è
bisogno di un impianto in Adriatico
Il governo non volta le spalle a Trieste e alla sua contrarietà, più volte
espressa dalle istituzioni locali, di trovarsi con un rigassificatore in casa.
Ciononostante l’Italia, prima o poi, dovrà disporre di un impianto del genere. È
il ministro dello Sviluppo economico Fabio Zanonato, stavolta, a riaprire la
delicata partita dopo che la commissione europea il mese scorso aveva tolto
Zaule, su cui si era fermamente opposta pure la Slovenia, dall’elenco dei
progetti prioritari energetici del Paese. Al suo posto Bruxelles aveva indicato
invece la costruzione generica di un sito da realizzare a terra (un “LNG onshore”)
nell’area dell’Adriatico settentrionale. Roma e Lubiana ora sono chiamati a
trovare un’intesa sulla località esatta in cui collocare l’infrastruttura.
Zanonato, ospite al Parlamento Ue in un convegno organizzato
dall’europarlamentare del Ppe-Pdl Antonio Cancian sui temi energetici, con la
presenza dell’assessore del Fvg Sara Vito, ieri in giornata ha incontrato il
Commissario europeo per l’energia Gunther Oettinger, anche lui relatore del
dibattito. Ricordando il potere “concorrente” della Regione Friuli Venezia
Giulia in materia, il ministro ha precisato: «Le situazioni non consentiranno di
farlo a Trieste. Dobbiamo però farne qualcuno, se no mi si deve dimostrare che
in Italia non possiamo avere l'energia che costa poco». L’Italia deve puntare a
un’infrastruttura nell’alto Adriatico? «I rigassificatori sono necessari – ha
ripetuto – soprattutto se in prospettiva. Ne abbiamo bisogno, perché se vogliamo
comprarci il metano che costa di meno e avere un’industria performante – ha
rilevato – ci deve essere la possibilità di importarlo. Questa possibilità ci
sarà quando si chiuderà l’accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa».
Oettinger, parlando al convegno, non è entrato nei dettagli della vicenda. Si è
limitato a sostenere che «la dipendenza energetica è una delle sfide
dell’Europa. Abbiamo bisogno di avere un mercato interno dell’energia – ha
evidenziato il Commissario – per ottenere approvvigionamento e prezzi
accessibili. Abbiamo intenzione di lavorare per nuovi punti off shore in
Turchia, Georgia e anche in Italia. Guardiamo con attenzione al Mediterraneo e
riflettiamo cosa si può fare con il gas liquefatto, garantendo sicurezza e
rispetto dell’ambiente». Cancian ha rilanciato: «È opportuno sviluppare sistemi
di approvvigionamento che permettano all’Italia di essere autosufficiente .
Soltanto così – ha esortato l’europarlamentare Ppe – si potranno contenere i
costi per le famiglie e le imprese. Nei prossimi anni saranno necessari enormi
investimenti nel nostro Paese per preparare l’infrastruttura energetica di oggi
e del futuro».
Gianpaolo Sarti
«No a pedonalizzazioni a spot e a stalli blu in
periferia» - POLACCO E DUBS
I consiglieri del Pdl Alberto Polacco (IV Circoscrizione) e Roberto Dubs
(Circoscrizione) intervengono all’indomani delle anticipazioni sul nuovo Piano
del traffico, che prevede soste gratis di 30 minuti per agevolare lo shopping,
in centro e in periferia. «Pur apprezzando qualsiasi iniziativa che favorisca i
commercianti in questo periodo di crisi, ed in tal senso accogliamo con favore
quanto annunciato oggi dall'assessore Marchigiani sui 30 minuti gratuiti sugli
stalli blu, non possiamo astenerci da sottolineare che persistono due forti
perplessità su tutto l'impianto di questo Pgtu» affermano i due. Per Polacco e
Dubs «le pedonalizzazioni a spot di vie non strategiche vanno a comprimere
inutilmente l'offerta di sosta libera. Infine l'istituzione di parcheggi a
pagamento nelle periferie, dove l'elevata rotazione poco si lega alle esigenze
del territorio, si rivela come una nuova tassa a carico dei residenti che
dovranno pagare per parcheggiare la propria automobile sotto casa». I
consiglieri poi contestano le affermazioni sulla tempistica degli accordi con i
gestori dei parcheggi multipiano.
Cernizza e monte Sambuco: alla riscoperta con il Wwf
Domani al termovalorizzatore il primo dei tre appuntamenti novembrini
Tre date, altrettanti appuntamenti per continuare a vivere il primo scorcio
di autunno a contatto diretto con la natura, respirando alcuni dei paesaggi (e
impianti) locali disegnati tra mare e Carso. L'opportunità è targata Wwf Area
Marina Protetta di Miramare, nell'ambito di una serie di iniziative racchiuse in
un cartellone già inaugurato in ottobre e che proseguirà nell'arco di novembre,
incontri come sempre gratuiti e allestiti nel segno delle “visite guidate”. Il
primo scalo novembrino previsto dalla WwfMiramare è in programma domani, con la
visita al Termovalorizzatore di Trieste del Gruppo AcegasAps (Zona Industriale
Ovest, via Errera), il tempio dello smaltimento dei rifiuti, un processo che
verrà spiegato in due tornate, attraverso un primo non meglio identificato
momento di “formazione dei partecipanti”, seguito da una incursione all'interno
dell'impianto, visionando da vicino tutte le fasi dei trattamenti. Adesioni e
ragguagli telefonando al 3339339060, oppure scrivendo a carso@riservamarinamiramare.it
oppure a comunicazione@acegas-aps.it. Del tutto naturalistica invece la seconda
tappa, quella prevista per domenica 10 novembre e catalogata come “ Il labirinto
della Cernizza”, promossa dal Comune di Duino Aurisina e nello specifico legata
alla valorizzazione della Riserva delle Falesie. Qui si cammina e si scruta,
avventurandosi in un territorio che avvolge il Bosco della Cernizza e parte del
Villaggio del Pescatore. I motivi di interesse pare si colleghino alla varietà
di specie tipiche della Macchia Mediterranea, distribuite al cospetto del Golfo.
Modalità e orari sono tutti da scoprire ma esiste un recapito telefonico a cui
fare riferimento dal lunedì al venerdì (10–13): il 3669571118. Alcune cose sono
tuttavia annunciate, dal tempo stimato per coprire il percorso (circa tre ore)
sino alle rassicurazioni circa il clima poco spartano che la gita comporta,
adatta quindi al tipico target domenicale per famiglie. Il trittico di
escursioni di novembre organizzato sotto l'egida Www Miramare culmina nella
giornata di domenica 17, altra forma di gita guidata curata in collaborazione
con il Comune di Duino Aurisina e questa volta riguarda il Monte Sambuco,
partendo da Malchina, attraversando un territorio zeppo, dicono gli
organizzatori, di chicche naturalistiche che attingono dai patrimoni della
boscaglia carsica, con zone colorate a prato e altre abitare da vigneti e fusti.
Un appuntamento che regala l'aspetto probabilmente più intrigante del
calendario, quello cioè di scoprire e identificare le tracce degli animali della
zona, spunto che rende lo particolarmente appetibile per le famiglie e per i
ragazzi, dai 10 anni in su. Anche in questo caso il 3669571118 funziona da
centralino per le adesioni. Gli altri recapiti utili sono lo 040224147 (Wwf Area
Marina Miramare, interno 2) e il sito www.riservamarinamiramare.it.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - MARTEDI', 5 novembre 2013
Mezz’ora di sosta gratis per agevolare lo shopping -
PIANO DEL TRAFFICO»L’ATTUAZIONE
Almeno 300 gli stalli blu da ricavare, fermarsi per un’ora costerà 50
centesimi Tra le aree via Carducci e via Fabio Severo, nuovi spazi anche in
periferia
altre agevolazioni In determinate fasce orarie le zone di carico e scarico
potranno essere utilizzate dai cittadini che usufruiranno dei negozi nelle
vicinanze
MODALITÀ DI PAGAMENTO Marchigiani (foto): si cerca un accordo con i gestori dei
park. Obiettivo, far versare l’importo esatto pari al tempo di fermata
Mezz’ora di sosta gratuita, per agevolare gli acquisti rapidi in alcune zone
del centro e anche in periferia. Il 2014 porterà in dote pure questa novità a
Trieste, assieme alle altre graduali e progressive modifiche al sistema della
viabilità cittadina previste dal nuovo Piano del traffico. La possibilità di
parcheggiare senza dover pagare un centesimo per i primi trenta minuti verrà
attivata in tutte le zone in cui entrerà in vigore la tariffa blu, nei parcheggi
in superficie a pagamento. Il costo orario sarà invece di 50 centesimi, contro
gli attuali 60, previsti ad oggi unicamente in largo Roiano. E non vi saranno
aumenti dalla terza ora di sosta in poi. In centro Nel complesso gli spazi nuovi
in questione per automobili saranno almeno 300, anche se il numero preciso potrà
essere definito sono con l’ultimazione dei cosiddetti piani di dettaglio. In
ogni caso, archiviate le modifiche passate in Consiglio comunale all’atto
dell’approvazione del Piano, circa 150 stalli troveranno casa fra via Carducci
(nel tratto da via San Francesco a piazza Oberdan), via San Francesco (tra via
Palestrina e via Carducci), via del Coroneo (da largo Piave a via Rismondo e
anche da via Carpison a via Fabio Severo) e via Fabio Severo (dall’incrocio con
via del Coroneo a via Papino). Altre zone Una ventina di posti, poi, verrà
ricavata in campo San Giacomo lungo il lato compreso fra le intersezioni con le
vie San Marco e dell’Industria. Una trentina in via Maiolica, dove oggi è attiva
la tariffa gialla (1 euro all’ora) per la sosta. Altri spazi saranno sistemati
in via Combi, fra piazzale Rosmini e via Colautti, e ancora in via San Michele,
da via della Rotonda a via della Cereria. Lo stesso status tariffario andrà a
caratterizzare via delle Settefontane fra via Severi e l’incrocio con via
Revoltella, e via Conti tra via delle Settefontane e viale D’Annunzio. E pure, a
Roiano, via Stock e largo Petazzi (ma dopo la realizzazione del nuovo parcheggio
nella zona della caserma), oltre alla conferma di largo Roiano, dove la zona
tariffaria blu è già esistente: con le novità del Pgtu il costo passerà come
accennato da 60 a 50 centesimi all’ora. Nelle frazioni Il provvedimento
interesserà poi, sull’altipiano, a Opicina piazza Brdina, come pure via
Nazionale, via di Prosecco, Strada per Vienna e via dei Salici in prossimità
dell’incrocio principale, e via della Vena da via Nazionale a via dei Ginepri. A
Basovizza, via Kette e in via Gruden il piazzale subito dopo l’incrocio alla cui
altezza inizia l’abitato. Mentre a Prosecco il tratto della Strada provinciale 1
che attraversa la frazione. Controlli L’assessore a Pianificazione urbana,
mobilità e traffico del Comune, Elena Marchigiani, conferma come le verifiche
sul posto spetteranno a personale incaricato, a garanzia che le disposizioni
sulla prima mezz’ora di sosta gratuita siano rispettate. Sulle modalità di
pagamento, inoltre, Marchigiani spiega come sia in corso un dialogo sul tema in
generale per giungere a «un accordo fra tutti i gestori di parcheggi in
superficie in città, cioè Esatto, Saba Italia, Park San Giusto e Ttp, per
arrivare a una formula che consenta di pagare precisamente per il tempo esatto
di sosta». La strategia L’elevata rotazione che vuole propiziare la nuova
modalità rientra in un’ottica di «fortissima attenzione da parte del Comune -
continua Marchigiani - per le attività commerciali». Alla quale è collegata
anche l’opportunità, che verrà inserita «nel regolamento viario - conclude
l’assessore -, di fare entrare in alcune delle future Zone a traffico limitato,
come in via Crispi, via San Maurizio, via della Fonderia e la parte bassa di via
Foschiatti, anche i clienti di determinati esercizi commerciali che per loro
natura prevedono il carico e scarico non solo da parte dei fornitori». In
determinate fasce orarie, insomma, le zone di carico e scarico merce saranno
messe a disposizione dei cittadini che si rivolgeranno ai negozi della zona e
poi dovranno ad esempio sistemare in macchina quanto acquistato.
Matteo Unterweger
«Il nuovo corso partirà nel 2014»
Gli interventi sulla sosta di cui riferiamo qui a fianco non avverranno prima
del nuovo anno («e comunque non prima di aver definito l’avvio delle
agevolazioni per i residenti nei parcheggi di Saba Italia», spiega l’assessore
Elena Marchigiani), anche se tempistiche precise al momento il Comune non ne
fornisce. L’attuazione progressiva delle previsioni del nuovo Piano del
traffico, infatti, come già annunciato dall’amministrazione municipale, «darà
priorità - ribadisce Marchigiani - a traiettorie più consolidate, a direttrici
già più fortemente commerciali»: per la fine del 2013 (in alcuni casi al massimo
a inizio 2014), infatti, saranno chiuse e pedonalizzate via Foschiatti alta, via
della Sorgente, via delle Erbette e via Donizetti. Diverranno zone a traffico
limitato (Ztl) a elevata valenza pedonale invece via del Toro e via Nordio,
l’area antistante il Teatro Rossetti, come anche via Trenta Ottobre tra piazza
Oberdan e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza Sant’Antonio, e via
Torrebianca fra via San Lazzaro e via della Zonta.
«Basta che ci sia una adeguata rotazione» - Rigutti
(Confcommercio): bene la proposta, importante è che si facciano i dovuti
controlli
Prima mezz’ora di sosta gratuita in zone dove la densità di attività
commerciali è piuttosto alta. E in più l’attenzione a garantire punti dedicati a
carico e scarico merce, al servizio di negozi ed esercizi pubblici.
Confcommercio prende atto delle novità contemplate dal Piano del traffico e in
attesa che siano tradotte nel concreto, per voce del vicepresidente vicario
provinciale Franco Rigutti, si esprime in proposito «abbastanza favorevolmente.
Sulla mezz’ora iniziale gratuita (nelle zone a tariffa blu, ndr), l’importante è
che ci siano i dovuti controlli - aggiunge Rigutti - ed è chiaro che a supporto
dovrà esserci un sistema di viabilità che scorra», proprio per agevolare una
frequente rotazione. A fine giornata, dalle 20, gli stalli saranno a
disposizione dei residenti per la sosta gratuita sino alla ripresa dell’orario a
pagamento il mattino successivo. «Sulle aree per le attività di carico e scarico
- ricorda Rigutti -, ci siamo già confrontati con il Comune, in special modo
attraverso l’Associazione commercianti al dettaglio, e quindi adesso vedremo e
dovremo capire i relativi orari. Certo è una cosa di importanza fondamentale per
lavorare. Ora, dunque, che si sbrighino ad attuarla: in effetti, abbiamo visto
con le nuove aperture ad esempio in via Mazzini come con le certezze qualcosa si
muova». Infine, un’ultima riflessione sul Pgtu: «La valutazione sul Piano del
traffico nella sua globalità da parte di Confcommercio era già stata fatta, ora
si passa all’attuazione - conclude Rigutti -. Se in corso d’opera riceveremo
segnalazioni dai nostri associati e da colleghi, le verificheremo e
condivideremo con il Comune, che d’altro canto ci ha già espresso la sua
disponibilità».
(m.u.)
«Arvedi, il piano industriale arriverà presto in
Comune»
Lo ha comunicato al sindaco alla Conferenza dei capigruppo sul tema
Ferriera Il presidente del Consiglio Furlanic: contratto d’affitto prima del 20
dicembre
«È previsto che prossimamente giungano in Comune il Piano industriale e il
Piano ambientale elaborati dal Gruppo Arvedi per la Ferriera». Il sindaco
Roberto Cosolini conferma di averlo detto nella Conferenza dei capigruppo
convocata dal presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic per fare il punto
sulla riconversione di Servola. «Si è trattato di una semplice fotografia della
situazione attuale già nota fatta su loro richiesta e su cui non ho nulla da
aggiungere», afferma il sindaco. Secondo il presidente ne è uscito un quadro
tale da indurre al cauto ottimismo. «Sull’arrivo in Comune dei Piani si è
parlato di pochi giorni», specifica Furlanic che aggiunge anche che «ci è stato
comunicato che il testo del contratto d’affitto è già stato steso e concordato
tra l’amministrazione straordinaria della Lucchini e il Gruppo Arvedi e per la
firma si attende lo scioglimento del vecchio contratto con Elettra, questione
legata a quella della richiesta di risoluzione anticipata della convenzione
Cip6.» A rispondere deve essere il Gestore dei servizi energetici al quale il
Tar ha intimato di pronunciarsi entro una data che si può collocare attorno al
20 dicembre. «In realtà - ha aggiunto Furlanic - la risposta arriverà prima
perché è stato possibile separare la problematica che riguarda Servola con
quella che concerne Piombino». Ancora, si è appreso che attorno alla metà del
mese ci sarà una nuova convocazione da parte della Regione per giungere
all’Accordo di programma che deve portare la firma di ben quattro ministeri e
che punta anche ad ottenere finanziamenti statali e comunitari per la bonifica
del sito che spetta alla parte pubblica prima che il Gruppo di Cremona faccia
gli stanziamenti previsti (si era parlato di 20-22 milioni) per l’ammodernamento
degli impianti. «Al termine tra le domande dei capigruppo - riferisce ancora
Furlanic - quella di Michele Lobianco (Fli) che ha chiesto se sono previsti
eventuali tagli di personale a cui il sindaco ha risposta che non risulterebbe,
fatta eccezione un periodo di cassa integrazione per la fase di risanamento
ambientale, e quella di Paolo Rovis (Pdl) su un eventuale passaggio dell’Accordo
di programma in Consiglio comunale: «Se previsto per legge, si farà». Frattanto
all’interno dello stabilimento le rappresentanze sindacali unitarie hanno
convocato un’assemblea per fare il punto della situazione per le 13.30 di
domani. Ha prodotto una certa agitazione la notizia che la Lucchini nel in
concomitanza con la fermata dell’altoforno di Piombino metterà in cassa
integrazione 600 dei 2.200 lavoratori dello stabilimento toscano. «La richiesta
di cassa integrazione avanzata riguarda però in modo generico tutto il gruppo -
sottolinea Cristian Prella del sindacato Failms - per cui teoricamente potrebbe
investire già in questa fase anche qualche lavoratore a Servola». Sempre per
quanto riguarda Piombino, Antonio Gozzi, leader del Gruppo Duferco oltre che
presidente di Federacciai ha affermato che sta valutando assieme a Giuseppe
Pasini proprietario della Feralpi di Lonato l’opportunità di rilevare lo
stabilimento. «Si sta fermando l’altoforno e nei prossimi mesi più di mille
persone andranno in cassa integrazione - ha precisato Gozzi - ma resta il fatto
che da lì esce una quota di prodotti su cui varrebbe la pena investire»
Silvio Maranzana
Sindacato Failms: «La trattativa sia trasparente»
«Non deve esserci alcun silenzio attorno a questioni importanti per Trieste
quali bonifiche, finanziamenti pubblici e il futuro occupazionale per i
lavoratori della Ferriera». Lo sostiene il sindacato Failms che in una nota
rileva che «è giusto invece approfondire le tematiche in maniera trasparente e
partecipativa con tutte le parti in causa per conoscere passo dopo passo ogni
decisione a livello nazionale, regionale e locale, pena la credibilità delle
Istituzioni». La Failms rimarca che nell’ultimo incontro, «oltre alla questione
legata alla centrale Elettra, aveva rimarcato che per il subentro di Arvedi è
ancora più determinante l'Accordo di Programma perché il Governo con i quattro
Ministeri interessati dovrà individuare con precisione i finanziamenti Ue e
nazionali, con dei progetti di risanamento e sviluppo indicati nel Piano
siderurgico europeo al fine di concretizzare gli investimenti. L'amministrazione
straordinaria Lucchini, potrebbe già predisporre durante questo mese di novembre
il bando di gara per la cessione degli stabilimenti di Piombino e Lecco. Quale
soluzione per Trieste? Questa era la domanda - sottolinea la Failms - posta al
tavolo ma non ha avuto risposta. L'unica nota positiva emersa in riunione ha
riguardato la Piattaforrma Logistica. Risolverà in parte il nodo Bonifiche?»
Inquinamento, nuova ordinanza a Lucchini
Ulteriore intimazione a ridurre le emissioni, mentre il Tar dà un’altra
volta torto alla Servola spa
«Il sindaco nella Conferenza dei capigruppo ci ha anche informati - afferma
il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic - che si sono verificati
nuovi sforamenti dei termini di legge per quanto riguarda le emissioni del
benzopirene e che è in itinere una nuova ordinanza alla Lucchini per indurla a
rientrare nei limiti.» L’allarme era stato lanciato già una decina di giorni fa
dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni dopo aver raccolto i dati elaborati
dall’Arpa per il mese di agosto. «Fatta la media sui primi otto mesi dell’anno -
aveva spiegato - nella centralina di via San Lorenzo in Selva si rileva una
concentrazione di benzopirene di 1,7 nanogrammi per metrocubo. Se anche negli
ultimi quattro mesi dell’anno i dati fossero prossimi allo zero sarà
matematicamente impossibile scendere come media annuale sotto la soglia di un
nanogrammo per metrocubo che la recente legge regionale impone di rispettare. Di
conseguenza sto già incominciando a scrivere l’ordinanza». Il sindaco dovrebbe
emetterla a giorni e potrebbe anche a contenere l’intimazione alla Servola spa
ancora di proprietà della Lucchini in amministrazione straordinaria a ridurre
l’attività con l’obiettivo di limitare le emissioni. E frattanto il 23 ottobre
2013 il Tar del Friuli Venezia Giulia ha depositato un’altra sentenza che
respinge un ricorso presentato da Lucchini spa e Servola spa contro tre
ordinanze emesse nel corso del 2007 con le quali il Comune aveva ordinato
all’azienda e al gruppo la cessazione delle emissioni inquinanti. Le due società
vengono anche condannate alla rifusione al Comune di 4mila euro di spese di
giudizio. «L’attività economica - sottolineano i giudici amministrativi - non
può che svolgersi nel pieno rispetto di tutela delle normative ambientali e in
particolare di quelle specifiche per le lavorazioni in questione. L’ordinanza in
esame va quindi inquadrata in quelle attività amministrative che implicano un
rapporto non solo di controllo ma in ultima analisi di continua collaborazione
tra pubblico e privato al fine di tutelare l’ambiente e la salute, in piena e
concreta applicazione dei principi europei e costituzionali». E ancora: «Non vi
è dubbio che il superamento dei limiti indicati costituisce un elemento da cui
si può desumere un imminente pericolo di danno alla salute pubblica, per cui
spetta al sindaco anche in via di urgenza indicare norme da applicare per
prevenire o impedire il danno o il pericolo». Già il 15 luglio il Tar aveva
respinto i ricorsi presentati sempre da Lucchini spa e Servola spa contro
l’ordinanza emessa dal sindaco il 3 gennaio 2012 che intimava alla società di
presentare entro 30 giorni un piano di riduzione delle emissioni ambientali
nocive».
(s.m.)
«Rigassificatore, è ora di fare chiarezza» -
INTERROGAZIONE IN PARLAMENTO
Prodani (M5S) : rendere pubblico il carteggio sulla Via, così si capirà
qual è il sito alternativo
«Ministro dell’Ambiente e Gas Natural rendano pubblico il carteggio sulla
Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione di un rigassificatore
a Zaule. Solo così scopriremo il sito alternativo individuato dalla
multinazionale che su questo punto continua a tacere». La richiesta è contenuta
in una interrogazione che il deputato del Movimento 5 Stelle Aris Prodani ha
depositato ieri in Parlamento. «I cittadini devono sapere sia quale sia il
contenuto integrale della lettera inviata dal Ministero a Gas Natural, sia se la
società spagnola ha risposto nei tempi previsti dalla legge», spiega Prodani:
«Inoltre è particolarmente rilevante conoscere in questa fase quali siano le
osservazioni addotte sul progetto del rigassificatore di Zaule da parte di Gas
Natural». La missiva del 17 ottobre scorso, firmata dal direttore generale del
dicastero Mariano Grillo, ha intimato infatti alla società catalana di
presentare entro 10 giorni le proprie osservazioni per evitare la revoca della
Via, sospesa per sei mesi con il decreto del ministero dell’Ambiente emanato
nell’aprile scorso. «Il decreto sospensivo firmato dall’allora ministro
dell’Ambiente Corrado Clini - ricorda ancora il deputato M5S - prevede due
possibili vie di uscita»: possibile «individuare un sito alternativo» oppure
«consultare nuovamente l’Autorità portuale per rideterminare le previsioni di
sviluppo rendendole compatibili con l’impianto». «Su questo punto però il
Comitato portuale dell'Autorità triestina si è già espresso in modo chiaro il 26
luglio scorso - sottolinea ancora Prodani in una nota -. La Commissione
istituita» dalla presidente della Torre del Lloyd Marina Monassi «per formulare,
come da decreto ministeriale, una definizione delle proposte di sviluppo,
testualmente, “non ritiene né utile né percorribile la rideterminazione del
Piano regolatore portuale di Trieste per renderlo compatibile con l'impianto di
rigassificazione proposto dalla società Gas Natural”. Rideterminazione che,
secondo l'organo, finirebbe per arrecare grave nocumento allo sviluppo dei
traffici e del porto medesimo». Inoltre - chiude Prodani - «la Commissione
“ritiene incompatibile ogni altra localizzazione del terminale Gnl di
rigassificazione all'interno dell'ambito portuale di Trieste, per gli stessi
motivi e le stesse criticità già evidenziate dal caso dell'impianto localizzato
a Zaule”». Ora con l’interrogazione il deputato chiede che ministero e società
spagnola facciano chiarezza sul tutto.
Suv in Carso: un no anche dal “Rilke”
DUINO AURISINA Sulla questione del raduno 4X4 interviene anche Simone
Napolitano, presidente del Comitato turistico economico Rilke che definisce
“sconcertante” il “permesso della Regione di far transitare un pesante numero di
fuoristrada sui luoghi della grande Guerra”. «Come se non bastasse – aggiunge -,
su uno di questi sarà presente il neoassessore al Turismo e non solo, esterno
alla giunta, Andrej Cunja». L’assessore, secondo Napolitano, “non ha capito
nulla di questo territorio”. Tanto più che “i poveri agricoltori risultano
invece intenti a lavorare nel rispetto di leggi leggine e regolamenti”. «Sono –
conclude Napolitano - fermamente d’accordo con il sindaco di Doberdò del Lago,
il quale sembra abbia vietato il transito di questi mezzi sul suo territorio».
Napolitano conclude annunciando l'intenzione di rivolgersi a chi di dovere “se
il sindaco Kukanja non impedirà immediatamente il passaggio di questa carovana
di mezzi, in contrasto con quanto previsto dalla legge». Va però detto che, come
dichiarato più volte e dagli amministratori comunali (sindaco e assessore al
Turismo) e dagli organizzatori, l'iniziativa possiede regolarmente tutte le
autorizzazioni necessarie, rilasciate dalla Regione. Così risponde dunque, alle
critiche, l'assessore Cunja: «Sarebbe ora che il Comitato turistico economico
Rilke si rinomini per quello che effettivamente è, vale a dire un movimento
politico, in pratica la Lista Napolitano». Infatti alle ultime comunali Simone
Napolitano aveva corso con la lista Nuova Generazione (5,32% dei voti).
(ti.ca.)
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 4 novembre 2013
Rigassificatore, Prodani (M5S): «Gas Natural e Ministero dell’Ambiente devono dire dove intendono costruire l’impianto»
«Ministro dell’Ambiente e Gas Natural rendano pubblico
il carteggio sulla Valutazione di impatto ambientale (Via) per la costruzione di
un rigassificatore a Zaule. Solo così scopriremo il sito alternativo individuato
dalla multinazionale che su questo punto continua a tacere». La richiesta è
contenuta in una interrogazione depositata oggi in Parlamento dal deputato del
MoVimento 5 Stelle Aris Prodani.
«I cittadini devono sapere sia quale sia il contenuto integrale della
lettera inviata dal Ministero alla Gas Natural, sia se la società spagnola ha
risposto nei tempi previsti dalla legge – spiega Prodani -. Inoltre è
particolarmente rilevante conoscere in questa fase quali siano le osservazioni
addotte sul progetto del rigassificatore di Zaule da parte di Gas Natural».
La missiva del 17 ottobre scorso, firmata dal direttore generale del dicastero
Mariano Grillo, ha intimato, infatti, alla società catalana di presentare entro
10 giorni le proprie osservazioni per evitare la revoca della Via, sospesa per
sei mesi con il decreto del ministero dell’Ambiente emanato nell’aprile scorso.
«Il decreto sospensivo firmato dall’allora ministro dell’Ambiente Corrado Clini
prevede – ricorda il deputato M5S – due possibili vie di uscita: individuare un
sito alternativo o consultare nuovamente l’Autorità portuale per rideterminare
le previsioni di sviluppo rendendole compatibili con l’impianto».
«Su questo punto però il Comitato portuale dell’Autorità triestina si è già
espresso in modo chiaro il 26 luglio scorso – sottolinea Prodani -. La
Commissione istituita dalla presidente Monassi per formulare, come da decreto
ministeriale, una definizione delle proposte di sviluppo, testualmente, “non
ritiene né utile né percorribile la rideterminazione del Piano Regolatore
Portuale di Trieste per renderlo compatibile con l’impianto di rigassificazione
proposto dalla società Gas Natural”. Rideterminazione che, secondo l’organo,
finirebbe per arrecare grave nocumento allo sviluppo dei traffici e del porto
medesimo. Inoltre la Commissione “ritiene incompatibile ogni altra
localizzazione del terminale Gnl di rigassificazione all’interno dell’ambito
portuale di Trieste, per gli stessi motivi e le stesse criticità già evidenziate
dal caso dell’impianto localizzato a Zaule”».
IL PICCOLO - LUNEDI', 4 novembre 2013
Basta contrapposizioni sulle opere ferroviarie -
L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Non si devono sottovalutare i progetti prioritari europei che interessano
l’Italia, già in grave ritardo rispetto a quelli che passano a nord delle Alpi
In evidenza sul Piccolo del 22 Ottobre: -“Il Corridoio Adriatico – Baltico
non è opera prioritaria”(Mauro Moretti, ad Fsi); -“Porto: la bretella con
Capodistria serve a noi o alla Slovenia? (Giuliano Brunello Zanitti). Il giorno
successivo sullo stesso quotidiano: -“L’Italia è fuori dai traffici
internazionali mentre si traguardano infrastrutture di dubbia utilità nel breve;
si pensi all’alta velocità Lione–Torino magari importante, ma non in fase di
recessione come questa” (Furio Honsel e Maurizio Maresca). Nell’esercizio di
contrapporre priorità nel campo delle opere ferroviarie, meraviglia la
sottovalutazione dei progetti prioritari europei interessanti l’Italia (in grave
ritardo rispetto a quelli passanti a nord delle Alpi) che giunge perfino a
collegarne la valenza alla congiuntura economica. Molto opportunamente Paolo
Costa e Debora Serracchiani hanno ribadito che i corridoi europei sono
strategici ma resta il problema dei “nodi”(Il Quotidiano del Fvg del 16
ottobre). A questo livello vanno individuate le priorità, intervenendo sui colli
di bottiglia (Trieste Udine e Monfalcone) funzionali alle grandi opere, con
progetti che hanno anche la valenza di volano per la ripresa dell’economia. Le
consuete contrapposizioni che prescindono da una visione globale della rete
ferroviaria del Nordest – che interessa tre paesi - non servono: l’adeguamento
della rete transfrontaliera va affrontata in termini di coordinamento ed
integrazione per consentire lo sviluppo dei traffici sfruttando i tre
smistamenti di Cervignano Lubiana e Villaco in funzione di relazioni europee.
Non ha senso domandarsi nell’interesse di chi vanno fatte le opere dal momento
che il programma di esercizio va concordato dalle tre reti, come sempre avvenuto
anche prima del superamento delle barriere statuali. In particolare la bretella
Trieste–Capodistria risponde alle esigenze di mobilità e logistica dei due
paesi, sia per il traffico merci che per quello viaggiatori. Il discutibile
approccio al problema è la conseguenza di considerare inamovibile la regia unica
di rete e impresa di trasporto che hanno missioni diverse e abbisognano di
distinte responsabilità: le reti non sono concorrenti ma complementari per
offrire il più vasto ventaglio di opportunità a tutte le imprese di trasporto,
messe in grado di confrontarsi sulla base di offerte logistiche globali.
Affrontare subito i colli di bottiglia è quindi di interesse generale perché
consente di anticipare i benefici che saranno amplificati dalle grandi opere; in
concreto intervenire prontamente su Bivio San Polo, sulla Udine Vat
(interramento con eliminazione dei passaggi a livello), sul nodo di Trieste
(porto e metropolitana) collegato a Capodistria può portare un sensibile
miglioramento all’intero quadrante del Nordest in armonia con le prospettive dei
Corridoi Mediterraneo e Adriatico–Baltico. Insistere nelle contrapposizioni non
giova alla soluzione dei problemi, solo promuovendo coordinamento ed
integrazione nel quadro di una leale collaborazione transfrontaliera è possibile
ottenere risultati concreti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 3 novembre 2013
Il caso dei Suv sul Carso divide gli esponenti di Sel
DUINO AURISINA Divergenze di opinioni all'interno di Sel sulla vicenda del
raduno di fuoristrada in programma con partenza da Sistiana e ritorno a
Visogliano il prossimo 10 novembre. Dopo l'intervento dell'onorevole di Sinistra
ecologia e libertà Serena Pellegrino, che già con lettera datata 16 ottobre,
dunque prima che il caso scoppiasse, chiedeva l'intervento del ministro
all'Ambiente Andrea Orlando, si registra ora una diversa opinione da parte di
Davide Peric, coordinatore Sel per la componente slovena. «Bisogna prendere atto
del fatto che la Regione ha dato l'ok, come pure la Comunanza agraria –
esordisce –. Le stesse persone che qui vivono di turismo o agricoltura, eccezion
fatta per i residenti di Doberdò, non si sono mai dette contrarie. Anzi, quando
le passate edizioni le hanno coinvolte, nessun residente si è lamentato. Chi
oggi protesta, e mi riferisco al Wwf, dovrebbe piuttosto stare a sentire il
pensiero degli autoctoni – prosegue Peric – e non porsi sempre contro tutto e
tutti. Almeno l'associazione 4x4 ha chiesto il parere di chi vive qui, a
differenza degli ambientalisti, che quando Terna è passata su queste terre con
le gru in lungo e in largo non si sono manco visti. In fondo – sottolinea -,
quella del 10 novembre, non è una gara di fuoristrada, ma una gita di 4x4: non
mi pare una cosa eccessiva. Nelle passate edizioni non si sono affatto avuti
problemi con la fauna selvatica, che forse ha passato maggiori criticità con la
passeggiata di oltre una trentina di cani, lo scorso anno, da Medeazza a
Ceroglie, restando l'odore degli animali di casa sui tracciati per più e più
giorni. Insomma, difendiamo la natura ma in modo corretto». E la divergenza di
vedute con Pellegrino? «Nel partito ci sono più opinioni e diverse correnti –
conclude Peric – questo è il mio punto di vista e, d'altro canto, non mi risulta
vi sia stato un incontro all'interno di Sel su questo argomento».
(t. z.)
Boschi senza fiori e le api non producono miele -
SETTORE IN CRISI A CAUSA DEL CLIMA PAZZO
La raccolta nelle arnie ai minimi storici, si spera negli aiuti concessi
per stato di calamità
OPICINA Per l’apicoltura triestina, come un po’ in tutta Italia, il 2013 è
un anno completamente da dimenticare. Produzione in certi casi quasi azzerata,
sciamature diffuse, necessità da parte degli apicoltori di alimentare le api per
non perderle. E tutto questo dopo un 2012 altrettanto scadente e un quinquennio
complessivamente travagliato e magro di soddisfazioni. Responsabile il clima,
sul cui cambiamento numerosi produttori sono pronti a scommettere. «Lo scorso
anno siamo stati condizionati dalla siccità – spiega Fausto Settimi, uno degli
apicoltori di punta del comparto triestino – mentre quest’anno abbiamo dovuto
fare i conti con il perdurare dell’inverno e con la primavera piovosa. A
completare il disastro il caldo torrido di luglio e della prima parte di agosto.
Nella nostra provincia il miele si produce nel periodo che va da aprile a luglio
inoltrato – continua Settimi – pertanto siamo passati dal freddo, all’umido e,
ciliegina sulla magra torta, l’afa impressionante della prima parte
dell’estate». Da queste premesse la pochissima produzione di miele, per una
media attorno ai 2 kg per arnia. Non stanno meglio gli apicoltori friulani (da 4
a 6 kg per arnia) e quelli lombardi dove, rispetto a una media annuale di circa
40 – 50 kg quest’anno si è arrivati a soli 3 kg. «Le condizioni del tempo ci
hanno pesantemente condizionato – afferma da Opicina Alessandro Podobnik. Le
basse temperature primaverili, quasi invernali, hanno impedito alle piccole
operaie di raccogliere il nettare di marasca, uno dei più rinomati del nostro
territorio, e i successivi acquazzoni hanno completamente condizionato la
raccolta dell’acacia. Ci siamo difesi più tardi con il tiglio, ma non sono certo
vacche grasse». Podobnik spiega che l’inverno prolungato non ha stimolato le api
regine alla produzione di api operaie. Va da se che la mancanza delle operaie ha
impedito la raccolta del nettare nel momento delle poche fioriture presenti. E
se si pensa che per fare un chilogrammo di miele ci vogliono 7 milioni di fiori,
è facile capire come mai la produzione di quest’anno risulti estremamente
ridotta. Il 2013 sarà pure ricordato per le centinaia di sciamature avvenute in
seno agli alveari. Il fenomeno, solitamente controllato dagli apicoltori, si
sviluppa in primavera e riguarda l’allargamento della famiglia principale di api
in nuovi gruppi. Scappati al controllo, alcuni sciami hanno cercato ospitalità
in improbabili spazi cittadini. «Con le impressionanti calure estive invece
abbiamo osservato come le api regine hanno smesso di depositare le uova. Le
famiglie si sono ridotte – continua Settimi – e per salvarle abbiamo dovuto
alimentarle con le nostre scorte. Non siamo riusciti a combinare granché nemmeno
con le tarde e ultime fioriture dell’edera e della santoreggia». Di fronte alla
grave situazione, i produttori stanno pensando di chiedere lo stato di calamità.
«Con quali speranze di contribuzione, davvero non è dato sapere – riprende
Settimi. Certo è che l’apicoltura, a fronte del grande servizio che rende
all’Agricoltura, riceve in cambio ben poco. Chiediamo dunque all’ente regionale
e alla Provincia di riflettere sulla nostra pessima annata e di darci una mano
per poter rientrare dalle perdite».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - SABATO, 2 novembre 2013
Piano traffico, a Natale le prime aree pedonali
Si parte con l’applicazione dei provvedimenti nella zona tra largo
Barriera e via Battisti. Traffico limitato nelle vie XXX Ottobre, Valdirivo e
Torrebianca
Il Natale 2013 sancirà anche il via all’applicazione del nuovo Piano del
traffico con fulcro degli interventi di partenza nelle aree limitrofe al viale
XX settembre e all’Ospedale maggiore. Lo ha assicurato ieri con una conferenza
stampa on the road l’assessore comunale alla Pianificazione urbana, mobilità e
traffico Elena Marchigiani supportata dal mobility manager Silvia Fonzari. Entro
la fine dell’anno dunque (in una parte minima di casi si potrebbe slittare a
inizio 2014) saranno chiuse definitivamente al traffico, nell’area verso
Barriera, la via Foschiatti alta cioé il tratto verso l’Ospedale e anche la via
della Sorgente e la via delle Erbette. E poi, la via Donizetti, che costeggia la
Sinagoga e il rinnovato Caffè San Marco: in questo caso con un obiettivo oltre
che di vivibilità, anche turistico-culturale. In queste quattro situazioni vi
sarà la creazione di vere e proprie zone pedonali. Saranno invece trasformate in
Zone a traffico limitato (Ztl) a elevata valenza pedonale e quindi con ingresso
ammesso in particolare ai mezzi per i disabili e ai taxi le vie del Toro e
Nordio, entrambe traversali dello stesso Viale, mentre rimarrà ancora
temporaneamente aperta al traffico la via Crispi. Ztl a elevata valenza
pedonale, in pieno centrocittà, diverranno anche la via Trenta Ottobre nei
tratti tra piazza Oberdan e via Valdirivo e tra via Machiavelli e piazza
Sant’Antonio e la via Torrebianca oltre all’area antistante al Teatro Rossetti.
«Gli uffici sono al lavoro per predisporre i piani di dettaglio - ha assicurato
Marchigiani che sta procedendo in sinergia con l’assessore ai Lavori pubblici
Andrea Dapretto - nella prospettiva di giungere alle prime chiusure già nel
periodo natalizio». È stato anche annunciato che si stanno formalizzando gli
accordi con Saba Italia per attivare le agevolazione per i residenti nei park di
Foro Ulpiano, del Silos, di via Pietà e di Campo San Giacomo. Preliminarmente al
Piano del traffico ha però preso avvio proprio in questi giorni un Piano
marciapiedi. I lavori partiti dalla parte bassa di via Crispi interesseranno
anche via del Toro e via Nordio. Vengono rifatti la pavimentazione e il
riallineamento delle cordonate e si realizzano raccordi alla careggiata stradale
corredati di pavimentazione tattico-plantare, intervento quest’ultimo
finalizzato a migliorare sensibilmente l’accessibilità alle aree con particolare
attenzione alle persone con disabilità. A questo proposito sono intervenuti alla
conferenza stampa di ieri anche Hubert Perfler presidente dell’Unione italiana
ciechi e Stefano Borella componente del Tavolo tecnico che è composto dal
presidente della Consulta regionale disabili Vincenzo Zoccano, da Mauro Morassut
presidente della Consulta provinciale e da Giovanni Di Giovanni presidente di
Anglat. Consulta e Comune hanno effettuato sopralluoghi congiunti per
individuare gli interventi più idonei da eseguire per migliorare l’accessibilità
alle aree pedonali e alle Ztl. «Interventi molto graditi - ha specificato
Perfler - anche perché attuati in una fase in cui il Comune ha ben pochi soldi
da spendere». «Nel caso del “Piano marciapiedi” - ha spiegato Fonzari - è
possibile attingere da un lotto aperto e in questo momento non è possibile
stimare totalmente la somma che dovrà essere investita». Non solo per questo
intervento i soldi saranno sufficienti, ma si punta a completare i lavori prima
dell’inizio dell’inverno.
Silvio Maranzana
Maltauro: con un’altra Authority di nuovo in corsa per
Porto Vecchio
L’imprenditore di Portocittà sulla transazione: «In conclusione ci
abbiamo rimesso noi ma è stata trovata una via d’uscita onorevole per tutti. Un
divorzio senza coltellate»
«È chiaro che in conclusione ci abbiamo rimesso noi, ma avevamo un grande
sogno e a Trieste ci stavamo affezionando fortemente. Il nostro mestiere è
questo e quindi mai dire mai: se cambieranno i vertici dell’Autorità portuale,
in presenza di un nuovo bando potremmo anche soppesarlo bene e alla fine
rimetterci in corsa». Enrico Maltauro, amministratore delegato di Portocittà
commenta, nel corso di una battuta di caccia in Ungheria, la risoluzione
consensuale della concessione in Porto Vecchio che i legali della società hanno
raggiunto con l’Avvocatura dello Stato e che, essendo stato approvata giovedì
pomeriggio dal Comitato portuale, diverrà ora operativa. Nella sostanza,
l’Authority verserà all’ex concessionario la somma di 1 milione 110mila euro,
risultato di un complicato calcolo che ha preso in considerazione progetti e
opere già eseguiti e ritenuti di interesse per l’Autorità portuale il cui valore
è stato stimato in 1 milione 244mila e 7 euro oltre al fatto che Portocittà deve
anche versare ancora 285mila 71 euro di canone, calcolato fino al 31 ottobre
2013. I canoni per gli anni precedenti, di 317mila euro, erano già stati pagati.
A regime, l’importo annuale da corrispondere sarebbe dovuto lievitare a 4
milioni 394mila 682 euro e la concessione, sottoscritta il 25 novembre 2010,
avrebbe dovuto rimanere in vigore per 70 anni. «Impossibile provare
soddisfazione al termine di questa vicenda - aggiunge Maltauro - è come aver
divorziato senza darsi delle coltellate. Anche se si è trattato di una chiusura
in serenità resta l’amarezza. Un minimo aspetto positivo è costituito dal fatto
che secondo me è stata concordata una via d’uscita onorevole per entrambe le
parti. Nel complesso, lo ripeto, ci abbiamo rimesso abbondamente». Portocittà,
partecipata dalle imprese di costruzioni Maltauro e Rizzani de Eccher, Sinloc
(Sistema iniziative locali) e Biis (Banca infrastrutture innovazione e sviluppo
di Banca Intesa) ha più volte affermato di aver comunque già investito in Porto
Vecchio 10 milioni di euro. Sull’altro versante l’Authority non solo deve ora
ripartire da zero, ammesso che intenda puntare alla riconversione dell’intera
area oggi inutilizzabile a fini puramente portuali, ma dovrà fare a proprie
spese anche l’infrastrutturazione per i primi cinque magazzini, quelli dati in
concessione per novant’anni alla Greensisam di Pierluigi Maneschi e dove,
secondo l’ultima ipotesi, potrebbe trovare collocazione anche il Parco del mare
da anni vagheggiato dalla Camera di commercio. Anche per questo compito infatti
sarebbe dovuta intervenire Portocittà. Stanno per scadere i quaranta giorni di
tempo che Marina Monassi ha dato a un professionista per redigere il progetto di
questa infrastrutturazione. Intanto la stessa presidente dell’Authority ha
confermato l’intenzione di dare ospitalità nell’ottobre 2014 a TriestEspresso
Expo, la fiera del caffé nei magazzini 27 e 28 dopo che il 26 aveva fatto
rilevare a questo scopo gravi carenze strutturali. Risolto finalmente il
contenzioso con Portocittà e considerato che il bando per nuove manifestazioni
di interesse emesso nei mesi scorsi dall’Authority non aveva valore di gara, la
corsa per il Porto Vecchio riparte da zero con una valanga di incognite. Mentre
infatti in città si spargono voci assolutamente incontrollate di potenziali
investitori russi interessati a tutta l’area, è nota la predilezione di Monassi
stessa a favore di una soluzione a spezzatino e molti piccoli concessionari
dell’era pre-Portocittà sono pronti a far richiesta per riavere le vecchie
miniconcessioni. Vero è anche che tra un anno la presidenza dell’Authority
scade, non è chiaro a chi interessi una corsa contro il tempo.
Silvio Maranzana
Menis (5stelle): «È colpa di Boniciolli»
Presa di posizione di Paolo Menis, capogruppo del Movimento 5 Stelle in
Consiglio comunale a Trieste in merito alla vicenda Autorità portuale versus
Portocittà, conclusasi con una transazione di 1 milione e 110 mila euro a favore
di quest'ultima. «La penosa vicenda Portocittà, ennesimo progetto maldestro per
Trieste che costa alle casse pubbliche più di un milione di euro, non può
concludersi facendo finta che non ci siano responsabili - dichiara Menis -. Il
colpevole per questa situazione è Claudio Boniciolli che nel 2010 firmò la
concessione per le aree del Porto vecchio senza preoccuparsi dell'esistenza del
regime di Punto franco. L'ex presidente dell'Autorità portuale - conclude il
consigliere comunale M5S - venga chiamato quindi a risarcire i danni causati
alla città».
Una marcia ambientalista per dire no ai Suv in Carso
Wwf e Lipu organizzano per domenica 10 novembre una manifestazione
pacifica Appuntamento alla baia di Sistiana e ritorno a Visogliano. Un appello
alla Regione
DUINO AURISINA E ora si passa alla contromanifestazione. Wwf e Lipu, in
collaborazione con ornitologi, docenti universitari e naturalisti, stanno
organizzando “un evento per rispondere al raduno fuoristradistico autorizzato
dalla Regione all'interno dei siti Natura 2000 del Carso”, in programma domenica
10 novembre con partenza dalla baia di Sistiana e ritorno a Visogliano. Si
tratta di un’iniziativa gratuita, come si legge nel manifesto, “per vivere
assieme la natura” e “finalizzato a illustrare a tutti - adulti, bambini,
amministratori pubblici - l’enorme e fragile patrimonio di biodiversità di cui è
custode questa Regione”. Un bene comune che “già oggi crea occupazione e indotto
ma che, anziché essere tutelato e valorizzato, viene quotidianamente
minacciato”. Un modo, insomma, “per imparare a conoscere gli ecosistemi, la
fauna e la flora del Carso, per difendere e rilanciare l'occupazione legata alla
tutela, conoscenza e gestione della natura”. E, anche, per chiedere a gran voce
alla Regione di “recedere dalla decisione di tagliare ancora i fondi destinati
alle riserve naturali della nostra regione, già ridotti a circa 250mila euro”,
meno di quanto piazza Oberdan “spende per realizzare una piccola rotonda
stradale”. La giornata di educazione naturalistica, intitolata “Piccolo
compendio dell'Universo”, avrà inizio domenica 10 alle 8.30, con ritrovo al
parcheggio della chiesa di San Giovanni in Tuba. In una nota, Lipu e Wwf così
affermano: «Il punto dolente non è tanto il fatto che la Regione abbia per
l’ennesima volta derogato a un divieto vigente (art. 5 comma 1 lettera o) del
Decreto 17 ottobre 2007 in materia di “Criteri minimi uniformi per la
definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione
e a Zone di protezione speciale”, ma che tutte le azioni messe in piedi dalla
pubblica amministrazione - dal danneggiamento della Val Rosandra al taglio
drastico dei finanziamenti destinati alle Riserve - vadano sempre nella stessa
direzione, che non è certo quella che l'Europa ci ha vincolato a prendere». «Si
tratta di un problema – proseguono gli ambientalisti - prima di tutto culturale
e come tale proveremo ad affrontarlo. A chi nel palazzo regionale pensava che
protestassimo sdraiandoci davanti ai Suv, vogliamo rispondere con un’azione che
non avrà alcun contatto con i fuoristradisti, ma che vuole dimostrare
l'esistenza di un mondo che ancora non è conosciuto né capito. Un mondo attorno
al quale già oggi tante persone, nel settore privato e pubblico, cercano con
fatica di lavorare: con un minimo di attenzione si potrebbero sbloccare economie
del tutto sconosciute agli amministratori del Fvg. Chiediamo alla Regione –
concludono - di allinearsi finalmente alle norme comunitarie in materia di
tutela della natura, cessando il lungo conflitto che ha già generato dannosi
contenziosi i quali più volte ci hanno portato a un passo dalla condanna da
parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - VENERDI', 1 novembre 2013
Consiglio regionale unanime: «Ferriera, priorità alla
salute»
Accordo tra centrosinistra e centrodestra su una mozione dei grillini per
combattere l’inquinamento a Servola. L’impegno di Serracchiani
Non solo il mantenimento dell’attività industriale ma anche, anzi
soprattutto, la tutela della salute dei residenti e di chi lavora nella
fabbrica. Per la prima volta nella storia della Ferriera centrosinistra e
centrodestra trovano un accordo politico sulla delicata vicenda dello
stabilimento, affidando un preciso impegno alla giunta regionale: il contrasto
all’inquinamento. Ieri l’intero Consiglio regionale, con il pieno appoggio della
presidente Serracchiani (e sotto lo sguardo attendo dell’associazione Nosmog),
ha votato una mozione proposta dal M5S, elaborata dal triestino Andrea Ussai. La
governatrice, peraltro, prendendo parola in aula, ha anche ventilato l’ipotesi
di un ulteriore investimento finanziario da parte di Arvedi. Subito dopo l’ex
assessore Riccardo Riccardi, consigliere del Pdl, ha chiesto la convocazione
urgente delle Commissioni competenti per conoscere i contenuti dell’accordo di
programma. «Serracchiani venga a spiegarci subito cosa ci sarà dentro, per fare
che cosa, con quali soldi e in che tempi», ha detto. È stato il documento dei
grillini a concentrare buona parte del dibattito. Tre i punti della mozione,
modificata nel corso della mattinata con un emendamento che ha messo d’accordo
tutti: la giunta, innanzitutto, dovrà affermare «in tutte le sedi istituzionali»
l’esigenza che le azioni volte a garantire la prosecuzione dell’attività «e alla
sua auspicata riqualificazione o riconversione», siano accompagnate da
provvedimenti «intesi a tutelare la salute dei lavoratori e della popolazione
residente, in particolare di quella di stretta prossimità dello stabilimento, e
gli ecosistemi». Lo dovrà fare «tramite l’intervento deciso sulle cause di
rischio sanitario e ambientale, inclusa una drastica riduzione delle emissioni
nocive», con riferimento ai reparti cokeria e altoforno. Non solo. Serracchiani,
d’ora in avanti, avrà il compito di garantire alla popolazione e alle
associazioni «un’informazione partecipata e tempestiva sulla complessa
trattativa relativa all’accordo di programma». La giunta, inoltre, «dovrà
rendere trasparente l’utilizzo dei fondi destinati alla crisi industriale
complessa». Che, come ha ricordato la governatrice, toccano investimenti
privati, regionali, ministeriali ed europei. La presidente ha annunciato che è
in fase di predisposizione la bozza dell’accordo di programma per le crisi
industriale complessa di Servola: il documento, ha dichiarato, «prevede un
intervento dell’investimento privato molto importante, se volete anche superiore
rispetto alle aspettative iniziali». Dall’ex sindaco Dipiazza, ora consigliere
di Autonomia responsabile, è subito partito l’invito all’unità: «Su questo tema
non possiamo dividerci». Un appello raccolto dal centrosinistra che, con Franco
Codega (Pd) ha sottolineato in aula le condizioni ambientali: «Da più di un
decennio – ha ammesso – i limiti di inquinamento sono ampiamente superati».
D’accordo Giulio Lauri (Sel): «Lo stabilimento è stato spremuto come un limone
ma lasciato a se stesso, senza manutenzione ed interventi ambientali. In questo
momento si sta verificandola possibilità di proseguire un'attività industriale,
ma questo può avvenire solo a fronte di impegni veri sul risanamento
ambientale”. In merito alla mozione sulla Ferriera di Servola, questo il
commento di Emiliano Edera, consigliere regionale triestino dei Cittadini:
«Nell'affrontare una questione complessa come quella della Ferriera - così Edera
- il Consiglio regionale ha dato prova di essere capace di fare sintesi
nell'interesse dei cittadini, evitando divisioni e sterili strumentalizzazioni
politiche. Ai colleghi del gruppo Cinque Stelle va riconosciuto il merito di
aver stimolato la discussione.
Gianpaolo Sarti
«Un piccolo passo nella direzione giusta» - LA
SODDISFAZIONE DI USSAI (M5S)
«La nostra mozione approvata all’unanimità da tutto il Consiglio regionale è
solo un piccolo passo nella direzione giusta. Finalmente, sulla Ferriera di
Servola, non si parlerà solo ed esclusivamente del mantenimento dei posti di
lavoro ma anche della tutela della salute sia dei cittadini che degli stessi
lavoratori dello stabilimento». Il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle
Andrea Ussai commenta così il provvedimento che ha ottenuto l’approvazione di
tutti i consiglieri regionali e che impegna la giunta Serracchiani su tre punti:
la difesa della salute di chi abita vicino allo stabilimento e dei lavoratori;
la partecipazione dei cittadini e delle associazioni nelle scelte che riguardano
il futuro della Ferriera di Servola; la trasparenza in merito all’utilizzo delle
risorse pubbliche.
La giunta riclassifica i siti industriali dismessi
Potranno diventare zone agricole o forestali e andranno bonificati. Ai
lavori di pubblica utilità 5,2 milioni
TRIESTE La giunta regionale punta a mettere ordine nelle aree dismesse:
siano rese nuovamente operative o diventino zone agricole o forestali. E in ogni
caso siano bonificate. Questo è uno dei passaggi più importanti del disegno di
legge “Disposizioni urgenti” approvato ieri dall’esecutivo Serracchiani. La
norma stabilisce che le aree classificate come industriali o commerciali, in cui
le relative attività insediate «non vengano esercitate con continuità per un
periodi di sei mesi», verranno riclassificate come «zona destinata ad usi
agricoli e forestali», con l'obbligo da parte dei soggetti che vi hanno operato
di compiere le necessarie attività di caratterizzazione (ai fini della verifica
di potenziali situazioni di rischio ambientale) e di bonifica dei siti eventuali
contaminati, con progetti di «rinaturalizzazione» della zona ed il ripristino
delle condizioni idrauliche e geo- morfologiche. L'articolato del ddl, che
Serracchiani ha definito più in generale «di manutenzione» di precedenti
provvedimenti di legge, prevede comunque la possibilità, fermo restando
eventuali responsabilità legate a fattori di inquinamento, che Regione e Comune
territorialmente interessato possano stipulare un accordo di programma con nuovi
soggetti imprenditoriali «per attuare progetti integrati di bonifica,
riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo di siti inquinati»,
allo scopo di promuovere un riutilizzo di queste aree. Sempre ieri la giunta ha
approvato in via definitiva il regolamento relativo all'assegnazione di
finanziamenti alle pubbliche amministrazioni che promuovono l'inserimento
lavorativo di persone disoccupate in progetti di lavori di pubblica utilità. Per
il 2013 la Regione impegna per questo intervento 5,2 milioni di euro di fondi
propri e 100mila euro del Fondo sociale europeo. Secondo gli uffici regionali
potranno essere attivati sino ad un massimo di circa 250 posti di lavoro. Nel
testo del ddl “Disposizioni urgenti” viene anche prevista l'integrazione della
Commissione regionale sull'amianto con due rappresentanti dell'Arpa e della
stessa direzione regionale dell'Ambiente. Viene inoltre prevista, in un
successivo articolo, una maggior tutela al diritto alla salute dei lavoratori,
in particolare permettendo il pagamento dell'integrazione dell'indennità versata
dall'Inail in caso di infortunio ed il pagamento dell'indennità durante il
periodo di ricovero e della relativa degenza ospedaliera. In materia di
agevolazioni per l'acquisto della prima casa, per ottenere il sostegno nel
pagamento dei canoni di locazione o per beneficiare di un alloggio di edilizia
sovvenzionata, si dispone che solo un componente della famiglia richiedente
debba risiedere in regione da almeno due anni. In un successivo articolo,
quindi, viene nuovamente indicata la possibilità di reintrodurre la figura del
"direttore generale" nei Comuni della Regione con una popolazione superiore a
100mila abitanti. Viene infine normata la prosecuzione delle attività di Fvg
Film Commission e dell'Associazione fondo per l'audiovisivo regionale.
(g.tom.)
L’allarme di Rozza: «L’inquinamento è alle nostre
porte» - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Il presidente della Seconda commissione consiliare del Comune
di Duino Aurisina, Maurizio Rozza, ha chiesto ufficialmente in Consiglio che “il
sindaco e questa amministrazione prendano atto del recente studio sui licheni
condotto da Arpa” (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, n. d.
r.), indagine che ha attributo alla vicina Monfalcone la maglia nera come città
più inquinata da gas tossici dell’intero Friuli Venezia Giulia. Il consigliere
della maggioranza ha invitato quindi la giunta comunale guidata dal sindaco
Vladimir Kukanja a “occuparsi attivamente della questione”, vista la contiguità
tra i due territori e le conseguenze che ne potrebbero derivare per Duino
Aurisina, in particolare per la presenza sul suolo bisiaco della centrale A2a,
espressamente citata nell'intervento in aula. «È vero che sulla stampa Arpa ha
poi negato il nesso di causalità con l'impianto termoelettrico – ha convenuto
Rozza – e tuttavia è il caso che l'amministrazione inizi a interessarsi della
vicenda». Questo perché lo studio, un biomonitoraggio dell’inquinamento da gas
fitotossici nel Friuli Venezia Giulia, è appunto dell'Agenzia regionale per la
protezione dell’Ambiente, un ente super partes, ed è stato concluso nel 2013,
dunque può ritenersi assolutamente attuale. E soprattutto perché, come osservato
anche da Rozza, i licheni risultano essere in effetti i migliori “bioindicatori”,
come spiegato nell'illustrazione dell'indagine, “i primi organismi a risentire
della presenza di sostante fito-tossiche e che riescono ad accumulare a livelli
facilmente apprezzabili contaminanti atmosferici persistenti”. Insomma, c'è
motivo per mettersi in allerta. Relativamente invece al monitoraggio ferroviario
a Visogliano, sollecitato dal centrodestra, Rozza ha affermato che sulla
questione “il sindaco Valdimir Kukanja e il consigliere Massimo Romita hanno
entrambi ragione”: «Non è vero che non si può fare nulla – ha sottolineato
infatti – perché laddove effettivamente si verificasse uno sforamento rispetto
ai parametri stabiliti dalla legge ci sarebbe un obbligo a porre le barriere
antirumore. Il punto è un altro: mentre per l'inquinamento autostradale vi sono
stati dei dati da cui partire, con Ferrovie si deve partire da zero». Inoltre,
trattandosi di “valori continui con tutta probabilità radi, non è detto si
arrivi a uno sforamento rispetto ai valori di legge”. «Potrebbe comunque essere
interessante effettuare, in assenza di dati, un monitoraggio – ha concluso Rozza
-: si potrebbe pertanto chiedere ad Arpa di istituire una centralina. Anche se,
ribadisco, non sono convinto che poi si arriverà effettivamente ad attestare uno
sforamento».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - GIOVEDI' 31 ottobre 2013
«Governo in campo per la questione Elettra»
Cosolini a Roma incassa l’impegno di Zanonato a superare «presto»
l’ostacolo tra Arvedi e la Ferriera
Non solo Comune e Regione, il cui interesse è, per definizione, scontato.
Pure lo Stato - o meglio il governo - si professa in “prima linea” per tentare
di circumnavigare lo scoglio Elettra che separa Arvedi dalla Ferriera. Il
negoziatore di Roma - per il ruolo che ha nell’esecutivo di Letta - viene da
Padova: è infatti Flavio Zanonato, il sindaco della città veneta diventato
ministro dello Sviluppo economico, che la scorsa settimana ha incontrato il
cavalier Giovanni Arvedi e che ieri sera, nella capitale, ha visto Roberto
Cosolini, assicurandogli - o meglio sarebbe dire ribadendogli - l’impegno del
governo affinché la questione Servola sia risolta col raggiungimento del primo
obiettivo, senza però il quale gli altri sfumano: il contratto d’affitto di
Arvedi, propedeutico all’acquisto. È proprio Cosolini, nella serata di ieri, a
riferire dell’esito dell’incontro “volante” con Zanonato, per inciso - oltre che
suo ex collega di ruolo, sindaco per l’appunto - suo collega di partito, cioè il
Pd. Incontro “volante” in quanto incastrato dal primo cittadino prima del
rientro a Trieste e dopo la missione all’Agenzia del demanio per mettere un
tassello in più nel quadro delle trattative in corso a proposito delle caserme
dismesse e delle proprietà dello Stato destinate a diventare comunali (la
porzione di campo Marzio dietro il Mercato ortofrutticolo, ad esempio). «Si è
trattato - racconta così Cosolini della sua visita nell’ufficio di Zanonato - di
un incontro fatto per informarci su tutti gli sviluppi della vicenda che
riguardano la Ferriera e per chiedere (al ministro, ndr) uno sforzo per arrivare
quanto prima allo sblocco della questione relativa ad Elettra». Tutto ruota,
come è noto, attorno alla mancata risposta, al momento, del Gse, il Gestore dei
servizi energetici, alla richiesta di Elettra di chiudere anticipatamente per
ragioni di realizzo un Cip6 (la convenzione che consente la rivendita dei gas di
risulta al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato) per poi aprirne un
altro con Siderurgica triestina, la società di scopo di Arvedi. «Questa -
riprende Cosolini - è una condizione necessaria per procedere all’affitto, dopo
il quale è previsto che si concretizzi l’Accordo di programma (anzitutto sulle
rispettive responsabilità ambientali, ndr). È bene arrivarci il prima
possibile». «L’incontro - chiude il sindaco - è stato utile. Il ministro è ben
consapevole dell’importanza di portare a termine questa trattativa. Anche per
questo ha incontrato il cavalier Arvedi la scorsa settimana. Esiste insomma da
parte di tutti la volontà di sbloccare tempestivamente la situazione».
(pi.ra.)
Bonifiche, Regione pronta a delegare le analisi
all’Ezit
Iter quasi chiuso, passato un anno e mezzo dalla firma dell’accordo di
programma Entro un mese l’Ente potrà indire la gara d’appalto per assegnare gli
interventi
La bozza del decreto è pronta. E proprio oggi il consiglio di
amministrazione dell’Ezit - a meno di inattese sorprese - la approverà, per
re-inviarla alla Regione. A quasi un anno e mezzo dalla firma dell’accordo di
programma finalizzato all’accelerazione sull’infinita questione delle bonifiche
del Sito inquinato di interesse nazionale, è dunque giunto il momento della
chiusura del cerchio per l’affidamento della delegazione amministrativa relativa
a caratterizzazioni e analisi del rischio. I tecnici dell’Ente zona industriale
di Trieste e della Direzione centrale Ambiente ed energia della Regione si sono
confrontati nelle scorse settimane sino a giungere alla definizione del testo.
Che gli uffici regionali hanno infine inoltrato all’Ezit, da cui il documento
ripartirà dopo l’odierno via libera nuovamente in direzione Regione. La giunta
guidata dalla presidente Debora Serracchiani sarà a quel punto chiamata a dare
la propria approvazione all’atto: dopodiché, palla alla Ragioneria regionale per
le verifiche sulla copertura finanziaria. Ultimato anche quest’ultimo passaggio,
indicativamente tra un mese, la delegazione amministrativa all’Ezit per la
gestione del completamento delle caratterizzazioni e delle analisi del rischio
nell’area sarà effettiva. Secondo ciò che viene appunto sancito già nella bozza
del decreto sugli “Interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla
deindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito di
interesse Nazionale di Trieste”, previsti dall’accordo di programma siglato il
25 maggio del 2012 in Prefettura da Ministero dell’Ambiente, Regione, Provincia,
Comune, Autorità portuale ed Ente zona industriale di Trieste su deciso impulso
dell’allora ministro Corrado Clini. Ricevuta formalmente e divenuta operativa la
delega amministrativa, l’Ezit andrà infine rapidamente a indire la gara
d’appalto per l’assegnazione degli interventi. Il decreto attribuirà quindi
all’Ezit tutte le funzioni amministrative inerenti l’esecuzione del Piano di
caratterizzazione generale unitario. Mentre la Regione terrà per sé le
incombenze collegate allo svolgimento di eventuali verifiche sull’andamento
delle attività delegate, all’adozione degli atti conclusivi di propria
competenza da trasmettere al Ministero dell’Ambiente e alla concessione di
eventuali proroghe per il completamento dei compiti assegnati. Spetterà
all’Arpa, inoltre, la validazione le caratterizzazioni. Nella bozza del decreto
viene inoltre specificato come in caso di inadempienze da parte dell’Ezit, la
Regione potrà eventualmente ritirare la delegazione amministrativa. Nel
documento, al momento, non è stata inserita (se ne occuperà la giunta
Serracchiani in fase di approvazione finale) la quantificazione dei fondi
regionali che verranno destinati, per i compiti specifici previsti, all’Ezit. La
cifra dovrebbe aggirarsi attorno ai 5 milioni di euro e comunque rappresenterà
la base d’asta per la gara d’appalto attraverso cui verranno aggiudicati i
lavori di caratterizzazione e analisi del rischio. «Finalmente - commenta
soddisfatto il presidente dell’Ezit, Dario Bruni - potremo iniziare il processo
per arrivare alla restituzione agli usi legittimi dell’area, rimettendola così a
disposizione di nuovi investitori. Un segnale positivo».
Matteo Unterweger
Quanto tempo (e soldi) sprecati per dire no al
rigassificatore - LA LETTERA DEL GIORNO di Livio Sirovich
A proposito della revoca dell’autorizzazione ministeriale al rigassificatore
di Zaule, leggo della «soddisfazione dell’assessore Vittorio Zollia per una
lunga battaglia conclusasi con esito positivo che abbiamo combattuto tutti
assieme» (Piccolo, 18/10). Siccome mi spiace che si parli spesso dell’Italia
come di un Paese senza memoria, ed avendo vissuto intensamente le vicende del
progetto del rigassificatore fin dal 2006, mi sento in dovere di provare a
ricordare un paio di circostanze. Ricapitolando, fin dal 2006-2007, alcuni
ambientalisti ed alcuni docenti e ricercatori avevano cominciato a scoprire i
buchi neri del progetto. E il lavoro volontario era proseguito nonostante una
singolare lettera di complimenti (!)proveniente dalla Svizzera nel gennaio 2007,
ed una diffida scritta da Gasnatural (ottobre 2008). Il compianto Sostituto
procuratore Giuseppe Lombardi ebbe a dire che i complimenti potevano essere una
possibile «elegante blanda intimidazione». All’epoca, l’ufficio del Segretario
generale della Regione (avvocato. Zollia) curava invece la redazione del parere
della Regione sull’impianto. Mi riferisco in particolare ad un grave passaggio
della delibera di Giunta n. 1310 del 1/6/2007. In essa, la Giunta riuscì - in 11
pagine - a non emettere alcun parere. Cos’era successo? Prima di autorizzare
l’impianto, il ministero dell’Ambiente svolge un’inchiesta pubblica per
conoscere eventuali obiezioni. Ebbene, nel gennaio 2007 c’era stato chi aveva
spedito «con fiducia» la raccomandata prescritta dalla legge, segnalando a
ministero e Regione parecchi di questi buchi neri, tra i quali uno nerissimo: la
traduzione infedele, dallo spagnolo, della fondamentale perizia oceanografica
sull’impatto degli scarichi freddi e clorati nella baia. Nella raccomandata si
spiegava dettagliatamente che la traduzione sovvertiva completamente, in senso
favorevole, le conclusioni della perizia originale, sostituendone tutte le frasi
(!). In più, essa era anonima, non firmata, redatta su carta intestata
falsificata con la cancellazione di indirizzi, sigle, ed ogni altra
informazione, compreso un pezzo del logo stesso. In un Paese normale, l’iter del
progetto si sarebbe interrotto. Non andò così. La delibera regionale 1310 venne
scritta di lì a 5 mesi. Come previsto dalla legge, il testo faceva, sì, menzione
della raccomandata, ma senza accennare agli imbrogli che vi erano segnalati.
Viceversa, la delibera definiva la traduzione infedele semplicemente come «la
versione in lingua italiana» dell’originale spagnolo, anche se nessuno poteva
scambiare quei pezzi di carta per una regolare relazione peritale. Così la
Giunta non bocciò il progetto. In seguito, assieme ad altri, ebbi occasione di
discutere con il Segretario generale (divenuto assessore provinciale
all’Ambiente), per oltre tre ore in due incontri, le conseguenze di quella
delibera senza apparentemente scalfire la sua convinzione di avere agito per il
meglio. Come qualcuno forse ricorda, varie associazioni ambientaliste, i Comuni
di Muggia e Dolina, più la Slovenia e tardivamente (e con motivazioni
limitative) il Comune di Trieste ricorsero al Tar del Lazio (vi furono anche
esposti penali) contro questa e molte altre terribili irregolarità dei progetti
e dei relativi iter amministrativi. Tali ricorsi sono “pendenti” da credo 5
anni. Quando poi la Provincia realizzò uno stranissimo procedimento informativo
in rete (che tra l’altro strumentalizzò l’istituto nazionale di ricerca dove
lavoro), fu l’assessorato all’Ambiente che censurò alcune fra le critiche più
documentate pervenute dai cittadini. C’est la vie, si dice. Passando ai
funzionari tecnici pubblici, che ebbero il compito di controllare il progetto,
se uno solo di loro avesse fatto il proprio dovere, il rigassificatore sarebbe
stato bloccato nel 2007 e non avremmo tutti perso tanto tempo e denaro pubblico.
Queste – sempre secondo me - sono le cose che tagliano le gambe alla nostra
Italia.
SEGNALAZIONI - AMBIENTE - Krsko sì rigassificatore no?
Come avevo pensato, detto e scritto, si è verificata una parte di ciò che sospettavo e temevo; questo mi fa credere che anche il resto avverrà... Mi riferisco ora alla “lieta” novella che la centrale slovena di Krsko, a meno di 100 km da noi in linea d’aria, ha riscontrato un’anomalia nelle barre di materiale radioattivo di cui è dotata. Ciò significa in parole povere che esiste un’allerta inquinamento nucleare, senza stare ad arzigogolare sui termini più o meno “scientifici”. Cosa faremo noi? Cosa faranno i dirigenti politici nostrani dopo che fino a ieri si sono intrattenuti festevolmente e amichevolmente con i loro omologhi sloveni? E se si fosse ripetuta la tragica esperienza di ChernobyL, nonostante le quintalate di rassicurazioni che i tecnici della suddetta centrale di sono degnati di propinarci circa la “sicurezza” dei loro impianti? A me sembra che siano molto bravi a montare proteste e rimproveri solo quando noi, da parte nostra, accenniamo appena all’eventualità di creare un terminal di gas liquido (non uranio o plutonio) in mare nel “nostro” golfo, ecco che arrivano i commandos di Greenpeace a bloccare una delle barche “favorite”, quella della Gazprom (di cui non me ne può...) anche a rischio di far “saltare” la Barcolana. O era proprio con questo, il mediatico proposito? E come si sono comportati e come hanno reagito alla notizia che prossimamente, sull’isola di Veglia, verrà realizzato un terminal proprio di rigassificazione per collegarsi alla rete continentale di gasdotti esattamente così come era stato progettato qui a Trieste? Finché tutti gli enti, uffici statali e politici non solo locali ma dell’intera nazione sono stati allertati e messi contro tale “vergognosa” iniziativa che vede quasi tutti i Paesi del mondo, collegati via mare, dotarsi non di una, ma a volte di parecchi terminali di rigassificazione. Tutti, tranne Trieste, nonostante tutte le altre siano situate nei centri abitati, se non addirittura negli estuari dei fiumi e non sempre con dei fondali e delle strutture portuali paragonabili alle nostre. E poi non venite a dirmi che è un caso quando si parla di sviluppo, di lavoro della città che saltino subito fuori le prefiche filo... tutto e tutti tranne che per la nostra città, per la quale “no se pol”. Ma che dico, “nostra”...
Bruno Benevol
Sì delle comunelle alla manifestazione dei fuoristrada
- I SUV SULL’ERMADA
DUINO AURISINA Via libera dalle Comunelle di Duino, Medeazza, Ceroglie,
Malchina e Visogliano al raduno di fuoristrada e Suv promosso dalla Nordest 4x4
il prossimo 10 novembre tra il carso triestino e goriziano, su “strade e
sentieri normalmente interdetti alla loro percorrenza”. Gli organismi che
incarnano le proprietà collettive sul territorio si sono riunite martedì per
decidere sulla questione che ha mobilitato gli ambientalisti esprimendo un
“unanime parere favorevole”. Anche la Comunella di Duino, presieduta da
Vladimiro Mervic, si è positivamente espressa, nonostante in direttivo vi siano
state anche posizioni contrarie. «La maggioranza è tuttavia risultata favorevole
– sottolinea Mervic – e pertanto questa è la linea ufficiale dell'associazione,
come nelle regole di ogni processo democratico, che però quanti si oppongono
alla manifestazione non paiono rispettare. Il raduno dei 4x4 si ripete ogni anno
senza che mai prima d'ora qualcuno abbia sollevato obiezioni». Stando a Mervic i
residenti non si sono “mai accorti del passaggio della carovana”, pur essendo
fruitori abituali dell'Ermada. «Insomma – aggiunge il presidente della Comunella
- ci troviamo di fronte a una questione di pochissimo conto, gonfiata a
dismisura. Gli organizzatori del raduno hanno sempre avuto il massimo rispetto
per l'ambiente, non sono mai usciti dal percorso, viaggiando a basse velocità.
In questo periodo di vacche magre bisogna tener conto che ogni apporto economico
al territorio è prezioso e non va sprecato. I promotori del raduno, oltre ad
elargire un contributo simbolico alle frazioni interessate dal percorso, si
impegnano anche a prevedere le tappe degli equipaggi nei vari agriturismi
situati sul tragitto. Invito – sottolinea Mervic, peraltro candidato nella lista
Kukanja alle passate amministrative - la senatrice Pellegrino e
l'europarlamentare Zanoni a occuparsi di temi meno futili come la disoccupazione
e la crisi. Li invito a trascorrere un week-end a casa mia, vicino all'A4: da
decenni qui si attende la posa di barriere e solo ora, dopo innumerevoli
promesse, pare si sia sbloccato l'iter per la loro realizzazione. E non per
merito di tali persone, a quanto traspare molto più interessate al merlo
acquaiolo piuttosto che ai cittadini: smettiamola di gettare benzina sul fuoco
per una questione di poco conto, scomodando il parlamento italiano e addirittura
quello europeo. Dov'erano quando c'era da protestare contro la posa dei tralicci
ad alta tensione? Quelli sì che hanno devastato l'ambiente». «Ci danno più
problemi i cacciatori con i loro fuoristrada. Il problema di base – conclude - è
la mancanza da ormai 14 anni del piano di gestione del Carso». Per Mervic si
deve “riflettere sull'opportunità di affidare la gestione del territorio ai
soggetti storicamente radicati su di esso, che ne hanno da sempre contribuito al
mantenimento, ovvero le Comunelle».
(t. z.)
La strage delle tartarughe caretta caretta Cinque
carcasse trovate in spiagga a Grado
Strage di tartarughe a Grado, tutte caretta caretta, perlopiù di grande
dimensione. È una moria incredibile. Martedì lungo il litorale gradese ne sono
state individuate ben 5, ma non è escluso che da qualche parte ce ne possano
essere altre. Il litorale gradese, infatti, è molto esteso e da un lato arriva
fino a Fossalon-Punta Sdobba. Al momento resta il mistero sul motivo di questa
moria, che a quanto pare non dipende da ferite provocate dalle eliche delle
navi. Sulle tartarughe ritrovate, infatti, non sono risultati segni visibili in
tal senso, ma non è da escludere che ci possano essere stati urti violenti. Le
spiegazioni possono essere diverse: potrebbe anche trattarsi di inquinamento,
oppure, più probabilmente, del fatto che le testuggini possano aver ingerito
rifiuti abbandonati in mare da qualche barca o scaricati dai fiumi e trasportati
dalla furia del mare di scirocco che ha caratterizzato la giornata di martedì.
(a.b.)
Oltre 4400 i “rifiuti speciali” portati ai centri
AcegasAps
Nella quarta settimana del concorso “Trieste Premia per vincere la sfida
della raccolta differenziata” si continua a registrare un andamento positivo nei
conferimenti ai quattro centri di raccolta, per un totale finora di 4.403
materiali, soprattutto apparecchiature elettriche e elettroniche in disuso,
calcinacci, metalli, oggetti in legno, tubi fluorescenti e altri rifiuti
pericolosi. Riscontro positivo anche per i “Sabati ecologici” con centri di
raccolta mobili nelle circoscrizioni. L’iniziativa sarà riproposta sabato 9
novembre (9-17) nella Settima circoscrizione, in Risiera San Sabba presso l’area
parcheggio di via Rio Primario. Portare rifiuti in queste sedi vale il doppio
dei punti. Quanto ai rifiuti “verdi”, solo 252 sacchi da 50 kg, e 59 fascine da
20 kg, pur essendo periodo di potature. Il verde, con gli scarti di amianto,
vale più punti per il concorso. I bidoni si possono ritirare il sabato dalle 8
alle 10, nella sede di AcegasAps in via Orsera 4. Queste le sedi dove consegnare
i materiali: San Giacomo, via Carbonara 3 dal lunedì al sabato 7-19, domenica
8-13; a Roiano, via Valmartinaga 10 dal lunedì al sabato 7-19; a Opicina in
Strada per Vienna 84/a dal lunedì al sabato 7-19; a Campo Marzio in via Giulio
Cesare dal lunedì al sabato 6-18.
IL PICCOLO - MERCOLEDI' 30 ottobre 2013
Ferriera, torna in bilico la trattativa con Arvedi
Tutto può saltare se non si risolve la questione legata alla centrale
Elettra Serracchiani: «Pronta a giorni la bozza dell’Accordo di programma»
CONTRATTI RINNOVATI - Via libera per 40 lavoratori a tempo determinato
L’impossibilità di siglare un nuovo contratto commerciale con la centrale
Elettra alla quale cedere i gas di risulta per produrre energia sta mettendo
seriamente in pericolo l’acquisizione dapprima in affitto e poi eventualmente in
proprietà della Ferriera di Servola da parte del Gruppo Arvedi. La giornata di
ieri, che sembrava non dovesse dare riscontri di rilievo, ha invece chiaramente
segnato un pericoloso aggravarsi della situazione. Dapprima, nell’incontro
svoltosi nella sede di Confindustria Trieste e che ha portato al rinnovo di una
quarantina di contratti a termine, è stato Riccardo Grilli direttore delle
Risorse umane di Lucchini spa a confermare che la mancata risposta del Gse
(Gestore dei servizi energetici) alla richiesta di risoluzione anticipata del
Cip 6 da parte di Elettra (che vorrebbe incassare il corrispettivo in denaro
prima di giungere a un nuovo accordo, stavolta con Siderurgica triestina,
società neocostituita da parte di Arvedi) sta bloccando la trattativa con il
gruppo di Cremona. Poi la governatrice Debora Serracchiani nell’incontro
programmato con le segreterie sindacali dei metalmeccanici e le rsu (presenti
Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uilm, Failms e Ugl), riferendosi alla risoluzione
anticipata del precedente contratto con il Gse ha affermato: «Sappiamo che si
tratta di un problema molto serio poiché è una condizione essenziale per
l’ingresso del Gruppo Arvedi a Trieste. È una questione delicata, di carattere
giuridico, tecnico e anche politico, e per questo è necessario un intervento a
tutti i livelli». I sindacati confederali data la piega estremamente delicata
che sta prendendo la questione hanno deciso un silenzio stampa al quale però non
ha aderito la Failms che tramite il suo rappresentante Cristian Prella ha
definito la questione giunta a un punto di tale gravità da poter portare al
naufragio dell’intera trattativa con Arvedi se non verrà definita nel giro di
qualche settimana. «A differenza delle altre sigle - spiega però Prella - noi
chiediamo che il confronto sul Piano industriale venga aperto immediatamente.
Non ci interessa che sia risolta la questione Cip6 per scoprire magari alla fine
che Arvedi, per fare ipotesi di fantasia, intende magari conservare solo cento
lavoratori e portarsi i suoi da Cremona». Serracchiani ieri ha dato però anche
una notizia positiva annunciando che «la bozza dell’Accordo di programma sarà
pronta a giorni, dopo un intenso lavoro che è stato portato a termine dalla
Regione nelle scorse settimane con i ministeri interessati a Roma, soprattutto
per definire le questioni ambientali». Assieme alla governatrice hanno
partecipato all’incontro gli assessori al Lavoro Loredana Panariti e
all’Ambiente Sara Vito «che ha approfondito parallelamente con l’imprenditore
Arvedi interessato a continuare l’attività produttiva della Ferriera -
sottolinea una nota della Regione - le questioni legate alle autorizzazioni
ambientali». È l’altra questione aperta perché per la bonifica vanno reperiti
fondi pubblici. «Sono fiduciosa - ha concluso comunque Serracchiani - perché è
un’occasione che la città e la regione non possono perdere e per questo è
importante che tutti lavorino nella stessa direzione».
Silvio Maranzana
Stasera Cosolini dal ministro Zanonato
Questa sera il sindaco Roberto Cosolini sarà ricevuto a Roma dal ministro
per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato proprio per trattare il futuro della
Ferriera di Servola. Potrebbe essere l’occasione per avere un chiarimento
definitivo sulla questione della chiusura del contratto tra Elettra e Lucchini e
sulla richiesta di Elettra di risoluzione anticipata del Cip6, sigla che
identifica la convenzione in base alla quale chi produce energia da fonti
rinnovabili o assimilate (tra queste rientrano anche i gas di risulta) ha
diritto a rivenderla al Gse a un prezzo superiore a quello di mercato. Secondo
il Movimento 5 stelle Elettra conta di incassare dallo sconto anticipato 57
milioni di euro, ma Rifondazione comunista rileva che già nel bilancio 2010
Elettra prevedeva di incassare 96,3 milioni. Il Gse non ha risposto alla
richiesta il che ha innescato da parte della stessa Elettra un ricorso al Tar. I
giudici amministrativi hanno ordinato al Gse di esprimersi entro un termine di
90 giorni che scade attorno al 20 dicembre.
(s.m.)
Inquinamento, Nucleo di pronto intervento
Decisa la sua costituzione in una riunione in Comune: vigilerà sugli
stabilimenti industriali
La creazione di un Nucleo di pronto intervento per verificare il rispetto
delle procedure per il controllo dell’inquinamento negli stabilimenti
industriali triestini, l’istituzione di un tavolo permanente di confronto tra
enti pubblici e associazioni che rappresentano gli interessi collettivi in
questa materia, un lavoro di analisi sulle ripercussioni ambientali e sulla
salute delle popolazioni che gravitano sulle aree industriali triestine. Sono
gli obiettivi pratici pianificati nel corso di un incontro con al centro i temi
ambientali che investono la città di Trieste convocato in municipio
dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni e al quale, oltre
all’assessore provinciale Vittorio Zollia, hanno partecipato il direttore
dell’Ambiente della Regione, i direttori generali dell’Azienda per i Servizi
sanitari n. 1 Triestina e dell’Azienda ospedaliera, il direttore sanitario
dell’ospedale infantile Burlo Garofolo, il direttore tecnico-scientifico
dell’Arpa e i delegati del rettore dell’Università di Trieste in materia di
politiche del territorio e di qualità degli ambienti di lavoro. Oggetto
dell’incontro è stata la presentazione dell’ “Atto di indirizzo relativo alle
azioni da attuare per migliorare le condizioni ambientali della città di
Trieste” approvato con delibera di Giunta del 27 giugno scorso. L’assessore
Laureni ha dettagliatamente illustrato la parte analitica della delibera,
partendo dalle conclusioni della Prima conferenza della Salute della Città che
hanno consentito di individuare tutte le problematiche e le tipicità che
caratterizzano la situazione ambientale di Trieste. Ha poi illustrato nel
dettaglio gli interventi migliorativi che il Comune ha assunto come impegno
politico. «Il dibattito che ne è seguito - afferma una nota del Comune - ha
messo in evidenza l’ampia condivisione dei partecipanti sia sull’analisi sia
sulle azioni da adottare; ha consentito altresì di verificare che esistono le
condizioni per un miglior coordinamento delle iniziative dei diversi enti, per
implementare il confronto e l’informazione in materia ambientale nei confronti
della popolazione, e per rendere più efficaci le procedure di controllo e di
approfondimento di specifici aspetti di inquinamento e dei loro effetti sulla
salute collettiva. In questo senso sono già stati messi in programma incontri
tecnici per dare pratica attuazione alle iniziative.
(s.m.)
Val Rosandra: nuova perizia chiesta dalla difesa -
RINVIO
La richiesta di una nuova perizia avente ad oggetto la verifica della
sussistenza del danno ambientale. A presentarla, l’altro giorno in Tribunale,
sono stati gli avvocati Luca Presot e Caterina Belletti, i difensori dell’ex
vicepresidente della Regione e attuale consigliere regionale del Pdl Luca
Ciriani, in apertura del processo per i contestati lavori di deforestazione
effettuati in Val Rosandra il 24 e 25 marzo del 2012. Nel corso della medesima
udienza, il giudice Marco Casavecchia ha anche ammesso al dibattimento i
testimoni e i consulenti del pm Antonio Miggiani e delle difese degli imputati
(oltre a Ciriani, anche il direttore regionale della Protezione civile Guglielmo
Berlasso e i funzionari Cristina Trocca, difesa così come Berlasso dall’avvocato
Luca Ponti, e Adriano Morettin, il cui avvocato difensore è Paolo Pacileo),
respingendo invece le richieste di consulenza avanzate dall’avvocato Alessandro
Giadrossi, che rappresenta in aula il Wwf costituitosi parte civile. I testi
ammessi sono oltre quaranta. Il processo riprenderà il 2 dicembre alle 12.
(m.u.)
Una mozione grillina per affondare la Tav
M5S torna in pressing sulla giunta regionale chiedendo soluzioni
alternative: «Si ascoltino i Comuni»
TRIESTE Il Movimento 5 Stelle torna a ribadire il suo fermo no alla Tav e
chiede alla giunta di lavorare a soluzioni alternative. Lo fa con una mozione,
presentata in Consiglio regionale. «La linea ferroviaria Alta Velocità-Alta
Capacità Venezia-Trieste è insostenibile dal punto di vista economico e
pericolosa per l'ambiente. Vanno ascoltati i Comuni», è la posizione espressa
dai consiglieri regionali Cristian Sergo e Andrea Ussai, oltre che da i
consiglieri comunali di Trieste Paolo Menis e Stefano Patuanelli. Con la mozione
M5S punta, in particolare, a impegnare l’esecutivo a percorrere strade diverse,
potenziando e valorizzando le infrastrutture esistenti. Una soluzione che deve
riguardare l’intera tratta Portogruaro-Ronchi, e non solo quella tra il fiume
Tagliamento e il Comune di Cervignano e che porti alla cancellazione definitiva
di nuove gallerie o l’ampliamento di quelle esistenti in Carso. «Viste le
continue modifiche e integrazioni progettuali, a questo punto chiediamo con
forza che si faccia una nuova analisi dei costi benefici del progetto – ha
ribadito Sergo – e che per la valutazione del progetto preliminare venga
convocata la Conferenza dei Servizi, anche nella fase preliminare proprio per
tutelare maggiormente i territori interessati». «È incongruente sostenere come
fa qualcuno – precisa ancora il movimento – che questo progetto deve essere
portato avanti per sostenere l'attività del Porto di Trieste. Gli stessi tecnici
di Rfi hanno confermato che la linea attuale potrebbe sostenere un traffico fino
a quattro volte superiore. Quindi il Porto può e deve esser sviluppato ma non ha
alcun bisogno di una nuova ferrovia». M5S, prosegue il consigliere comunale
Patuanelli, «dice no a opere di questo tipo perché le risposte date dallo Stato
sono quasi sempre inaccettabili. È vero che il Porto di Trieste ha bisogno di
infrastrutture ma il progetto preliminare non risponde affatto alle esigenze
dello scalo. Bisogna invece intervenire sui punti di interconnessione con la
rete ferroviaria, veri nodi critici del trasporto. Con un decimo delle risorse
previste per questo progetto potremmo risolvere tutti i problemi. C'è poi la
questione delle gallerie sotterranee che avrebbero un impatto insostenibile per
il Carso e che finirebbero per inquinare le acque di falda».
(g.s.)
Il rio Fugnan finalmente bonificato - AMBIENTE
Ma il consigliere di opposizione Gretti domanda: «Adesso chi paga?»
MUGGIA Quanto è costato alla comunità muggesana l'intervento sul Rio Fugnan?
E il quesito che il consigliere comunale Christian Gretti ha voluto rivolgere
all'amministrazione comunale dopo il recente intervento di bonifica del
torrente. «Il fatto che si sia intervenuto sul significativo inquinamento da
batteri fecali del Fugnan non può che essere visto in una ottica positiva»,
spiega Gretti. «Negli anni, prima come associazione Ambiente e/è Vita e poi come
consigliere comunale, ho sempre sollecitato, fornendo anche a suo tempo
all'assessore Loredana Rossi delle analisi fatte che dimostravano la
contaminazione, un intervento risolutivo al problema degli scarichi nel torrente
– prosegue il consigliere d'opposizione -. Ora però sarebbero da capire i costi
e su chi andrebbero a ricadere, perché non è possibile che paghi sempre la
comunità e non chi di fatto ha contribuito fattivamente all'inquinamento del
torrente». Grazie alle verifiche effettuate attraverso una video-ispezione del
tratto interrato del torrente - che passando da via Forti scende su via XXV
Aprile per poi passare su via Mazzini, via Roma e sfociare accanto al lastrico
Caliterna - sono state individuate le condotte fognarie impropriamente
riversanti il loro contenuto all'interno del Fugnan. «Condotte che sono grandi
allacciamenti a servizio di tutta la comunità e dai quali non ci sono pertanto
evidenze di scarichi privati che entrino in alveo – puntualizza il Comune -.
Attraverso l'intervento si è riusciti, dunque, ad individuare il problema
nell'area residenziale muggesana nel tratto a valle dell'asta del torrente ed a
isolare e circoscrivere all'interno di quest'area ben individuata le tre
condotte principali». Sulla spesa effettuata per l'intervento ecco la risposta
del Municipio: «Grazie ad Acegas Aps che si è resa disponibile a far eseguire
tali operazioni alla ditta là operante, l'impresa costruzioni Mari & Mazzaroli,
e approfittando di alcune economie sui lavori in corso lungo strada per
Fontanella si è potuto intervenire tempestivamente sulle varie condotte fognarie
inquinanti con una spesa intorno ai 30 mila euro».
(ri.to.)
Un’Altra Trieste: parcheggi nelle gallerie antiaeree
Riutilizzare le gallerie antiaeree come alternativa alla creazione di nuovi
parcheggi: un progetto «sostenibile economicamente e fattibile progettualmente».
In questi termini Un’Altra Trieste ha aperto la «discussione in Consiglio
comunale sull'opportunità di individuare soluzioni alternative», presentando una
mozione «che è stata fatta propria dalla Giunta». Le gallerie sono oggi chiuse
al pubblico - sottolinea Un’Altra Trieste - «ma potrebbero essere utilizzate
come parcheggi sotterranei (previa effettuazione di controlli volti ad accertare
la sicurezza e la salubrità ambientale): in particolare la Galleria Sandrinelli,
collegata con le Gallerie di Via Pondares e del Teatro Romano oppure la Galleria
di San Vito, collegata a Viale D'Annunzio». «Esiste una rete capillare – ha
affermato Franco Bandelli, capogruppo di Un'Altra Trieste - che permette il
collegamento di parti importanti della città e chiediamo alla Giunta di
ottimizzarla permettendo la sosta dei veicoli per affrontare un problema che non
è solo economico ma costituisce la rivisitazione stessa dell'ossatura sulla
quale Trieste si è sviluppata. Esistono spazi che non si possono dimenticare e
che, riutilizzati, dimostrerebbero la loro modernità anche in termini di visione
urbanistica».
Ex Gmt, 3 a giudizio per i morti d’amianto
Per gli 8 lavoratori deceduti tra il 1987 e il 2000, saranno processati i
dirigenti d’allora Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini
I vertici della Grandi Motori ex Italcantieri sono ritenuti responsabili dei
decessi di otto lavoratori avvenuti tra il 1987 e il 2000 e causati
dall’esposizione all'amianto mentre costruivano i motori per le navi nello
stabilimento di San Dorligo: questo perché conoscevano fin dagli anni Sessanta
la pericolosità dell'amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse
utilizzato e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la loro
salute. Il gip Laura Barresi ha rinviato a giudizio Manlio Lippi che risiede a
Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato
della società, Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di
Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella stessa (operazione datata
1984), e infine l'ex presidente di Confindustria Trieste, Corrado Antonini, che
dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore
generale e amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente. È stata
cancellata la posizione di Alberto Guglielmotti, residente a Torino, direttore
generale della Gmt tra il 1970 e il 1977, che è deceduto nell’ultimo periodo
dopo la richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza è stata fissata per il
prossimo 13 gennaio Il sostituto procuratore Matteo Tripani accusa Manlio Lippi,
Enrico Bocchini e Corrado Antonini a vario titolo di omicidio colposo plurimo,
ma anche di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di
lavoro. In particolare il pm contesta ai tre ex dirigenti e manager di non aver
adottato all’ epoca - nel periodo cioè fra il 1971 e il 2000 all’interno dello
stabilimento di Bagnoli della Rosandra - tutte le misure utili a garantire la
tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative all’utilizzo
delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione dell'amianto in
ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di impianti fissi e
mobili per l’aspirazione. Nell’indagine il pm si è avvalso della consulenza del
medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, e dell'igienista industriale
Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata
avanti dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione
diretto da Valentino Patussi. La morte degli otto lavoratori è avvenuta (alcuni
decessi anche nel 2011) per mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di
latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la loro malattia sarebbe appunto
derivata dall’esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza
che invece i dirigenti del periodo 1971-2000 dello stabilimento - in qualità di
legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e di Fincantieri da lì in poi -
avrebbero dovuto garantire. L'inchiesta è partita sulla base di una segnalazione
dell'Azienda sanitaria. Nello scorso maggio il giudice Laura Barresi ha accolto
l’istanza di alcuni avvocati che rappresentano i parenti dei lavoratori morti
riferita alla Fincantieri come responsabile civile. Successivamente è stata
anche accolta la costituzione di parte civile di cinque degli otto lavoratori
morti per mesotelioma. Ora è arrivato il rinvio a giudizio. Venti giorni fa a
Gorizia Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini sono stati condannati
assieme ad altri dieci ex dirigenti dell’Italcantieri al temine di un
processo-fotocopia al Tribunale di Gorizia. A Manlio Lippi il giudice
monocratico di Gorizia Matteo Trotta (attuale presidente del Tribunale) ha
inflitto 7 anni ; 6 anni e 6 mesi a Enrico Bocchini e infine 4 anni e 4 mesi a
Corrado Antonini. Quella pronunciata a Gorizia è stata la prima sentenza in
regione in materia di esposizione all’amianto e ha fatto chiarezza sulle
responsabilità di chi ha permesso che nel cantiere di Panzano venisse usato fino
ai primi anni Ottanta l’amianto nella costruzione delle navi quando già si
conosceva la sua pericolosità per la salute dei lavoratori. Una sentenza che era
attesa da 15 anni, da quando a Monfalcone era sorta l'associazione degli esposti
che aveva chiesto a gran voce che si facesse giustizia e si desse una risposta
alle centinaia di vedove che avevano visto morire i loro cari per asbestosi o
tumori provocati dall’amianto.
Corrado Barbacini
NEXTVILLE - MARTEDI', 29 ottobre 2013
Detrazione 65% anche in caso di ampliamento e di
demolizione con ricostruzione? I chiarimenti dell’ENEA
Con due nuove FAQ di recente pubblicazione, l’ENEA chiarisce alcuni
aspetti relativi all’applicabilità della detrazione del 65% a due particolari
tipologie di interventi di ristrutturazione.
Le due FAQ (n. 68 e n. 68.bis), che riportiamo qui sotto, riguardano
rispettivamente il caso di una ristrutturazione abbinata ad un ampliamento e il
caso di una ristrutturazione con demolizione e ricostruzione dell’immobile.
D - Ho intenzione di effettuare una ristrutturazione edilizia del mio immobile,
prevedendo anche un suo ampliamento. Non intendo demolirlo, ma piuttosto
riqualificarlo dal punto di vista energetico. Una volta regolarizzata la nuova
situazione catastale dell’immobile, posso usufruire delle detrazioni fiscali del
65%, sia per gli interventi che riguardano la parte esistente che per quelli che
riguardano la parte ampliata?
R - Nel caso di ristrutturazione di un immobile senza demolizione e con
ampliamento, anche in base alle Circolari dell’Agenzia delle Entrate 39E/2010 e
4E/2011 che hanno fatto maggiore chiarezza in materia, la detrazione compete
unicamente per le spese riferibili alla parte esistente, in quanto l’ampliamento
viene considerato “nuova costruzione”. Inoltre, la Circolare n°39/E ha precisato
che in questo caso il riferimento normativo non può essere costituito dal comma
344 della legge Finanziaria 2007, che è inutilizzabile in quanto comporta
necessariamente una valutazione del fabbisogno energetico riferito all’intero
edificio (e che dovrebbe quindi necessariamente considerare anche la parte
ampliata), ma dai singoli commi 345, 346 e 347.
D - Ho intenzione di effettuare una ristrutturazione edilizia del mio immobile.
Intendo demolirlo e ricostruirlo in modo più efficiente dal punto di vista
energetico, usufruendo delle detrazioni fiscali del 65%. Alla luce della recente
normativa, sono tenuto a rispettare la stessa sagoma che ha ora o è sufficiente
che la nuova costruzione mantenga la medesima volumetria?
R - La legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione del decreto legge 21 giugno
2013, n. 69 (il c.d. Decreto del Fare), in vigore dal 21 agosto 2013, ha rivisto
la definizione di “ristrutturazione edilizia” contenuta nel Testo Unico Edilizia
eliminando all’art. 3, comma 1, lett. d) del Dpr
380/2001 il riferimento alla “sagoma”. Dal 21 agosto 2013, quindi, sono compresi
tra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli che consistono
nella demolizione e ricostruzione di un immobile con la stessa volumetria di
quello precedente, senza che sia necessario rispettarne la sagoma. Sono compresi
nella ristrutturazione anche gli interventi “volti al ripristino degli edifici,
o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purchè sia possibile accertarne la preesistente consistenza”. Ciò
premesso, dal 21 agosto 2013, qualora l’intervento abbia le caratteristiche per
configurarsi come “ristrutturazione edilizia” (ossia l’immobile non sia soggetto
a vincolo ai sensi del D.lgs. 42/2004 e non ricada nella zona A del DM 1444/68),
alla luce delle recenti disposizioni, riteniamo agevolabili ai sensi di queste
detrazioni gli interventi che consistono nella demolizione di un immobile e
nella sua ricostruzione mantenendone la volumetria originaria.
Filippo Franchetto
GREEN STYLE.it - MARTEDI', 29 ottobre 2013
Ecosistema Urbano 2013: Venezia e Bologna le città meno
inquinate d’Italia
Bocciate senza appello. Così Legambiente liquida le maggiori 11 città
italiane nel suo rapporto Ecosistema Urbano 2013, realizzato come di consueto,
siamo alla ventesima edizione, insieme ad Ambiente Italia e Sole 24 Ore.
I capoluoghi d’Italia raggiungono a stento la sufficienza (60 punti su 100), il
che vuol dire che neanche rispettano tutte le prescrizioni previste dalla legge
(basterebbe quello per arrivare a 100). Tra i risultati meno drammatici, per
così dire, Legambiente ha individuato i vincitori di quest’anno: Venezia per le
grandi città, come accadde già lo scorso anno, Trento per le medie e Belluno per
le piccole.
Una situazione nel complesso molto preoccupante, che comprende tra le altre,
realtà come Milano, oppressa dallo smog, Roma, con un tasso di motorizzazione
sempre più insostenibile, e Palermo, dove si continua a depurare meno dei 2/5
delle acque reflue.
Non mancano, comunque, le esperienze positive degne di nota, come il successo
della raccolta differenziata a Novara come a Salerno o le politiche sostenibili
in materia di energia e mobilità messe in atto dall’amministrazione da Bolzano.
Eccezioni, comunque. Che confermano la regola generale della mancanza di
attenzione all’ambiente e alla qualità della vita da parte delle città italiane.
Commenta il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza:
Se nell’insieme le nostre città sono congestionate e inquinate, fragili rispetto
al rischio sismico e idrogeologico, in ritardo rispetto all’erogazione dei
servizi, esse rappresentano pure i luoghi ideali per le migliori soluzioni.
Soluzioni che non possono più essere limitate a singoli e parcellizzati
interventi ma devono rientrare in un disegno lungimirante e complessivo, che
veda le città come fulcro della rinascita del Paese.
L’ambientalista, in particolare, invoca interventi mirati a migliorare la
raccolta differenziata e il trasporto pubblico, a combattere l’inquinamento
acustico o perfezionale la depurazione delle acque. Iniziativa, precisa Cogliati
Dezza, che richiedono comunque un un progetto politico di portata nazionale che
riconosca alle città un ruolo centrale e imprescindibile.
Tornando al rapporto Ecosistema Urbano 2013, sono stati oltre 100.000 i dati
raccolti attraverso un apposito questionario rivolto alle amministrazioni dei
Comuni capoluogo.
Quanto ai vincitori delle tre categorie, Venezia (prima tra le città con più di
200.000 abitanti) si è distinta soprattutto per qualche passo avanti sul fronte
delle polveri sottili, scese dai 41,8 microgrammi al metro cubo della scorsa
edizione ai 36,2 del 2012. Un dato che, insieme al miglioramento della
depurazione dei reflui e al calo dei rifiuti prodotti, è valso alla città
lagunare la prima piazza davanti a Bologna e Padova.
Trento, prima tra le città medie (comprese tra 80.000 e 200.000 abitanti),
ripete prestazioni apprezzabili in materia di polveri sottili, trasporto
pubblico, qualità della rete idrica e raccolta differenziata (65,6%). Seguono,
nella stessa categoria, la vicina Bolzano e Parma
Belluno, seguita da Verbania e Nuoro è infine al primo posto tra i capoluoghi
più piccoli soprattutto grazie al buon livello complessivo della qualità
dell’aria e le buone performance nella gestione dei rifiuti. Tra le peggiori,
purtroppo, si segnalano tutti capoluoghi siciliani: Catania, per le grandi
città, Siracusa per le medie e Caltanissetta per quelle piccole. Un triste
primato dovuto a molte mancanze nelle risposte e ai pessimi risultati in diversi
i settori della ricerca.
Ecco le classifiche di Ecosistema Urbano 2013:
Città grandi
1.Venezia
2.Bologna
3.Padova
4.Verona
5.Genova
Città medie
1.Trento
2.Bolzano
3.Parma
4.Perugia
5.La Spezia
Città piccole
1.Belluno
2.Verbania
3.Nuoro
4.Pordenone
5.Mantova
IL PICCOLO - LUNEDI', 28 ottobre 2013
Ferriera, tutti devono sapere cosa contiene il piano
Arvedi - L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO - Presidente Circolo Verdeazzurro
Legambiente Trieste
Nel “Report” sull’attività svolta nei due anni e mezzo del proprio mandato,
l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni lo scorso 10 settembre, al
Ferdinandeo, ha onestamente riconosciuto le carenze del sistema dei controlli
ambientali – in cui sono coinvolti tutti gli enti “competenti”, e cioè Comune,
Regione, Provincia, Arpa e Azienda sanitaria – che ha fallito rispetto al
compito primario di tutelare la salute pubblica dalle fonti di inquinamento. Ed
è ovvio che in quell’occasione si sia parlato soprattutto della Ferriera di
Servola, il principale problema da affrontare per una seria politica ambientale
a Trieste. Cosa che finora non è avvenuta con la giunta Cosolini e tanto meno
con i predecessori Dipiazza e Illy. Le ragioni sono tante, gravi e note da anni:
lo stabilimento emette nell’aria grandi quantità di sostanze altamente nocive e
cancerogene, come il benzo(a)pirene e le diossine (per citare soltanto le
principali), il cui impatto negativo sulla salute non riguarda certo soltanto
gli abitanti di Servola e dintorni. Come non riguardano soltanto i servolani le
montagne di rifiuti speciali ammassate nell’area dell’impianto (anche nella
parte destinata alla futura piattaforma logistica…), gli scarichi inquinanti
nelle acque del Vallone di Muggia (c’è su Google Earth un’immagine satellitare
più eloquente di molte parole) e così via. Le concentrazioni di benzo(a)pirene,
in particolare, superano sistematicamente i limiti di legge, peggio di quanto
accade all’Ilva di Taranto. L’intera area della Ferriera e il braccio di mare
antistante sono d’altronde pesantemente inquinati – soprattutto da metalli
pesanti e idrocarburi – e resta da capire chi e con quali risorse potrà
provvedere a bonificarli (Arvedi ha già detto, probabilmente con ragione, che
non è affar suo...). Nonostante un tale contesto alla Ferriera, la giunta
regionale presieduta da Illy ai primi del 2008 rilasciò – comunque –
l’Autorizzazione integrata ambientale (cioè la licenza di continuare a
produrre), accompagnandola a una serie di prescrizioni rimaste quasi tutte
inevase. Eppure nessuno degli enti competenti intervenne: anche il procedimento
per la revisione/revoca dell’Aia si bloccò senza spiegazioni un paio d’anni dopo
essere stato avviato dalla giunta Tondo. Questa Aia scadrà tra pochi mesi...
Merita ricordare altresì, tra le tante anomalie della lunghissima vicenda, il
caso di un ex direttore della Ferriera ed ex amministratore delegato del gruppo
Lucchini, Francesco Rosato, il quale ha potuto essere prima consulente del
Comune di Trieste per la riconversione dell’impianto e poi amministratore unico
di Siderurgica triestina, società del gruppo Arvedi che lo stesso impianto si
appresta a rilevare. «Siamo di fronte a un piano industriale serio con forti
investimenti sul versante ambientale», dichiarava però perentorio il sindaco sul
Piccolo del 13 settembre, aggiungendo un’intemerata verso il «movimento
antindustriale» che secondo lui remerebbe contro l’accordo con Arvedi. È passato
più di un mese da allora e sul piano di Arvedi è ancora buio pesto. Così come
nulla si sa sui contenuti dell’accordo di programma per la Ferriera che la
Regione sta faticosamente redigendo. Ce n’è quindi abbastanza per chiedere, anzi
pretendere, che questi misteriosi documenti vengano finalmente divulgati per
poter essere valutati e discussi con tutti gli interessati. Non è infatti
accettabile che rimangano oggetto di valutazione e trattativa esclusiva tra enti
locali (dimostratisi del tutto al di sotto dei loro compiti, come ammesso da
Laureni), sindacati e industriali. Anche associazioni ambientaliste e comitati
di cittadini devono cioè poter dire la loro. Se ciò non accadesse, al di là
delle ripetute esternazioni di politici e amministratori sulla volontà di
salvaguardare insieme qualità ambientale e prospettive lavorative, sarebbe
inevitabile concludere che nel continuo riproporsi del conflitto tra le ragioni
dell’ambiente e quelle del lavoro sia in realtà un terzo fattore a prevalere,
cioè l’interesse delle strutture politico-burocratiche a salvaguardare se
stesse, schierandosi dalla parte dei più forti per nascondere la propria
incapacità a risolvere i problemi. Salvo poi magari cercare di scaricare su un
fantomatico “movimento antindustriale” la colpa dei propri fallimenti. Un gioco
triste, già tentato nel caso dell’Ilva di Taranto.
Guasti alla centrale di Krško, il Pdl bacchetta la
giunta
TRIESTE «Da trent'anni la vita della centrale nucleare di Krško è costellata
di incidenti, più o meno gravi, mentre il governo sloveno rimane sempre
reticente sulle sue reali condizioni di rischio. Ultimi, ma solo in ordine di
tempo, sono i non meglio precisati danni di natura meccanica ad alcune barre di
carburante nucleare contenute in tre elementi di combustibile del reattore,
durante i lavori di manutenzione iniziati i primi di ottobre, che sarebbero
dovuti finire a inizio novembre, ma che ora dovrebbero prolungarsi proprio a
causa degli ultimi problemi». A intervenire sulla questione è il vicecapogruppo
consiliare regionale del Pdl Rodolfo Ziberna attraverso un'interpellanza alla
giunta. «Sono sconcertato - affermato Ziberna - dall'assoluto disinteresse che
la presidente Serracchiani dimostra anche verso questi problemi, troppo occupata
nelle sue comparsate televisive e pranzi con Renzi che nulla interessano ai
nostri cittadini, i quali sono invece assai preoccupati dalla vicinanza della
centrale di Krsko (139 km da Trieste e 146 da Gorizia). John H. Large, fra i
massimi esperti mondiali di tecnologia nucleare, considera questo incidente un
problema molto serio, ma evidentemente la nostra presidente è stata confortata
dall'Università di Ballarò». «Diversamente dalla giunta regionale - ha aggiunto
Rodolfo Ziberna - sono anche preoccupato da uno studio svolto dall'Istituto
francese sulla sicurezza nucleare, commissionato e subito secretato proprio
dalla società che gestisce la centrale, in funzione del progetto di raddoppio
della medesima, che avrebbe evidenziato, secondo quanto riportato dalla stampa,
un elevato rischio sismico nella zona di Krsko, perciò con parere contrario
all'insediamento di una nuova centrale adiacente». «Non ho una contrarietà
pregiudiziale all'energia nucleare - precisa Ziberna - anzi condivido, se le
condizioni di sicurezza lo consentiranno, una partership nella gestione della
centrale».
TRASPORTI - Il Movimento 5 stelle in campo sulla Tav
Stamane alle 10, nella sala Verde al primo piano del palazzo del Consiglio regionale, in piazza Oberdan 6 a Trieste, il Gruppo del Movimento 5 Stelle presenterà le nuove iniziative politiche in merito alla linea ferroviaria alta velocità/alta Capacità Venezia-Trieste.
Ambiente - Il raduno dei fuoristrada fa infuriare i grillini
«Ci batteremo affinché il raduno di fuoristrada non si
svolga in Carso". È netta la presa di posizione della consigliera regionale del
MoVimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo sulla manifestazione in programma il 10
novembre. «Dovrebbe attraversare - spiega - aree che, per buona parte, rientrano
nel piano Rete ecologica europea "Natura 2000 ».
Contovello, recupero ambientale dello stagno
CONTOVELLO - Parte dalla circoscrizione di Altipiano Ovest una nuova azione
rivolta al recupero dell’antico laghetto di Contovello. A breve circoscrizione,
volontari, ambientalisti e associazioni del territorio si impegneranno per
ripulire il sito. Un primo passo per riportare l’area alla sua dimensione
naturale, quella di stagno carsico, popolato dalla fauna autoctona e circondato
da piante e arbusti tipici dell’Altipiano. In questi giorni la circoscrizione ha
incontrato l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, alcuni
rappresentanti del settore comunale del Verde pubblico, dell’associazione Tutori
stagni e delle associazioni del territorio (tra le quali la comunella e la
Società economica di Contovello). Oltre a fare il punto sullo stato di salute
dello specchio d’acqua - da diversi anni sofferente per siccità e per la
presenza di animali alloctoni – si è deciso di programmare un intervento di
pulizia dalle erbe infestanti che stanno riducendo lo specchio acqueo. Oltre a
interpellare l’Università per una consulenza, i volontari che si impegneranno
nel lavoro di taglio e asporto potranno contare sui consigli e gli indirizzi
dell’associazione Tutori stagni e zone umide regionale. «L’obbiettivo che ci
siamo posti è di tagliare le piante estranee e invasive cresciute a danno di
questo prezioso ambiente – spiega il presidente del parlamentino Roberto
Cattaruzza. Nell’operazione di pulizia cureremo pure l’asporto della fanghiglia
e del terriccio superfluo oltre ai rifiuti presenti. Contatteremo comunque
l’Acegas-Aps – continua Cattaruzza – e confidiamo sull’aiuto di tanti
volontari». Circoscrizione, associazioni e tutori stagni si ritroveranno subito
dopo l’imminente festività di San Martino, patrono di Prosecco, per iniziare
l’intervento. Come consigliato dai Tutori stagni, è opportuno organizzare la
pulizia ben prima dell’avvento della primavera, in modo da non creare problemi
agli anfibi e agli altri animali che vivono dentro e attorno al vecchio stagno.
Maurizio Lozei
Pesce spada avvistato sotto costa - Aveva un metro e
mezzo, era solo: notato all’ingresso del porto di Monfalcone
Toh, un pesce spada che si spinge ai confini del mare nostrum, fino a
toccare le coste più settentrionali dell’Alto Adriatico. L’insolito evento è
stato immortalato ieri dal lettore e “cacciatore subacqueo” triestino Fabio
Cenni. L’esemplare, lungo circa un metro e mezzo, ha fatto mostra di sé per
l’appunto nella tarda mattinata di ieri, a pochissimi metri dalla riva, sotto
gli occhi increduli dello stesso lettore che stava facendo quattro passi «lungo
una spiaggia del golfo di Trieste». Circoscrivendo un po’ di più, «nei pressi
dell’imbocco del porto di Monfalcone». Altro l’autore degli scatti - che in
serata ha prodotto vario materiale fotografico, realizzato al volo con il
telefonino, per testimoniare e contestualizzare tale circostanza - non ha voluto
precisare, «per evitare di rendere noto il punto esatto, e dunque per
salvaguardare per quanto possibile l’esemplare da un’eventuale cattura». Il
pesce spada - riferisce ancora il lettore - era solo. Inizialmente ha attirato
l’attenzione di chi era a riva una pinna che sbucava dalla superficie del mare.
Poi l’animale si è fatto vedere “a pelo”d’acqua. Nuotava disegnando traiettorie
circolari. «Stupisce - spiega sempre il lettore che ha inviato le foto al
Piccolo - che un esemplare del genere sia arrivato fin qui. Mi dicono che, al
massimo, si era visto a Veglia. Evidentemente anche l’Alto Adriatico, vicino
alle coste triestine, sta diventando “casa” di animali che un tempo non si
vedevano, come pure i pesci balestra e le leccie».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 27 ottobre 2013
«Errori progettuali». Il Wwf boccia la Tav
Sotto accusa irregolarità tecniche e inesattezze nell’analisi di costi e
benefici della Venezia-Trieste
TRIESTE Un progetto “fuori legge” comunitaria. E quindi da incenerire al più
presto. Il Wwf, citando diverse direttive europee in materia di tutela
ambientale, chiede ai ministeri competenti (Ambiente, Beni culturali,
Infrastrutture) e alla Regione Fvg l’archiviazione della Tav sull’asse
Venezia-Trieste. Secondo l’associazione, le integrazioni degli studi ambientali
depositate da Rfi-Italferr non hanno risolto alcun nodo. Anch’esse, denuncia il
Wwf, «presentano le medesime gravissime lacune e carenze, di metodo e contenuti,
già riscontrate nelle precedenti versioni degli studi, consegnate alla fine del
2010 e nell’estate 2012». Qualche esempio? Secondo l’associazione, Rfi trascura
le conseguenze dell’impatto delle gallerie previste (22 chilometri in gran parte
nel sottosuolo carsico) sulle acque sotterranee e sugli ecosistemi che da queste
dipendono. E ancora verrebbero minimizzate le perdite rispetto all’estensione di
alcuni habitat naturali, «prioritari in base alle direttive europee, come ad
esempio i “pavimenti calcarei”». Ma la questione è a monte. Secondo il Wwf, la
Tav non serve: «C’è un evidente scollamento tra le scelte progettuali e le
previsioni di traffico contenute nelle integrazioni. Previsioni che non
giustificano affatto la necessità di una nuova linea ad alta velocità/capacità».
Al contrario, basterebbero «interventi graduali di miglioramento della rete
esistente e di eliminazione di alcuni “colli di bottiglia” ben noti, a partire
dal raddoppio Udine-Cervignano e dal nodo di bivio San Polo a Monfalcone». Sotto
accusa anche l’analisi costi-benefici, «prodotta da Rfi con quasi tre anni di
ritardo» e che «sovrastima il traffico merci». Tanto più che «sulla rete Tav
esistente in Italia neppure un solo treno merci è mai transitato, come del resto
accade da sempre sulle analoghe linee in Francia e Spagna». La richiesta di
dimenticare tutto «è rivolta in primo luogo alla Regione Friuli Venezia Giulia:
ci auguriamo tenga conto degli unanimi pareri negativi degli enti locali, con
unica eccezione del farisaico “non parere” del Comune di Trieste, e pretenda che
governo e Rfi dirottino le scarse risorse disponibili su interventi, evidenziati
anche dal Commissario straordinario per la Venezia–Trieste, davvero utili per il
miglioramento in tempi rapidi del trasporto ferroviario, anziché incaponirsi
nell’ottusa difesa di un’opera da 7,8 miliardi di euro più Iva». Senza contare
che, «anche ammettendo di riuscire per miracolo a reperire i fondi necessari, la
Tav sarebbe realizzata, forse, in un quarantennio». Le osservazioni del Wwf sono
state inviate anche alla Commissione europea, «affinché prenda atto che con i
suoi soldi, dato che studi e progetti sono cofinanziati da fondi Ue, si
programma la possibile distruzione di habitat naturali che le stesse direttive
comunitarie imporrebbero di tutelare».
(m.b.)
SEGNALAZIONI - Ferrovie - Missione tradita
Ha ragione il portavoce di Fs Italiane: il Gruppo non è un”carrozzone di Stato”, ma una holding di stato che riesce a fare utili. A quale prezzo ? Affidandosi alla finanza creativa stile Tremonti che impegna i gioielli di famiglia e vende i ferri del mestiere (conferiti dal Tesoro per sviluppare il servizio merci e viaggiatori) dando un duro colpo alla riconversione modale a favore della rotaia: anche il primo semestre di quest’anno registra un ulteriore regresso del cargo ferroviario (-7,4%) a fronte di risultati positivi di tutti gli altri settori del trasporto terrestre. Per contro il Gruppo Fsi privatizza la rete (monopolio naturale dello Stato) consegnandola a Benetton, Caltagirone, Pirelli e Aeroporti di Venezia; smantella impianti non utili a Trenitalia, mentre Rfi deve (dovrebbe) assicurare la competitività della rotaia italiana garantendo parità di trattamento a tutte le imprese di trasporto (pubbliche e private, nazionali ed estere); limita l’attività commerciale alla “Metropolitana che unisce l’Italia” e isola il paese dall’Europa, abbandonando i servizi internazionali e regionali: limita l’acquisizione merci ai soli treni completi, rinunciando anche alle merci pericolose; a carico dell’erario però mette Netinera e Tx per “entrare nel mercato tedesco” regionale e cargo. Il Gruppo Fsi si oppone allo scorporo della rete (precondizione per varare una seria privatizzazione delle imprese di trasporto): significativi sono il fallimento di Arenaways e le difficoltà di Ntv Italo, vittime della regia unica di RFI e Trenitalia, in contrasto con le direttive comunitarie e con le esigenze dell’economia nazionale. Non carrozzone quindi, ma coacervo di partecipate lontanissime dalla missione affidata nel 1905 alle Fs (garantire al paese un servizio ferroviario - merci e viaggiatori - a livello europeo per assicurare un contributo a mobilità e logistica continentali), holding che si ritiene autorizzata ad operare da monopolista in tempi di liberalizzazione (avviata nel 1991…).
Luigi Bianchi
Ferriera, martedì doppio incontro - SINDACATI CONVOCATI
DA SERRACCHIANI
In Confindustria per i contratti a termine e poi in Regione
Una convocazione per martedì alle 16 nel palazzo della Regione da parte
della governatrice Debora Serracchiani. È quanto hanno ottenuto i sindacati per
poter fare il punto sulla questione della Ferriera di Servola qualche giorno
dopo la nuova uscita pubblica del Gruppo Arvedi che si dice pronto a firmare il
contratto d’affitto a patto che vengano risolte le questioni della bonifica e
dell’accordo commerciale con la centrale Elettra. Per risolvere la prima
questione va stilato l’Accordo di programma che coinvolge ben quattro ministeri
e trovati i finanziamenti necessari, per il secondo punto il Gse (Gestore
servizi energetici) deve rispondere sulla richiesta di risoluzione anticipata
della cosiddetta convenzione Cip6. Questioni che presumibilmente porteranno via
altre settimane. Ma martedì, come annunciano Giulio Frisari e Cristian Prella
del sindacato Failms, sarà una giornata piena perché già alle 10.30 i
rappresentanti dei lavoratori sono stati convocati nella sede di Confindustria
Trieste per la questione dei contratti a termine che riguardano una quarantina
di lavoratori e che la Lucchini spa, pur essendo in amministrazione
straordinaria, rinnoverà. «Ma c’è un’altra questione che in questi mesi ci fa
stare sulle spine - aggiunge Luigi Pastore che rappresenta il medesimo sindacato
- ed è quella dei lavoratori con malattie professionali o menomazioni fisiche,
che sono oltre il 10% cioé una cinquantina e sui quali pesa il rischio di una
mancata riconferma da parte del Gruppo Arvedi». Quanto all’incontro di martedì
pomeriggio, Umberto Salvaneschi, segretario di Fim-Cisl, sostiene che «sebbene è
estremamente improbabile che in quella sede si palesi qualche rappresentante
della proprietà e o dei nuovi potenziali affittuari, sarà certamente
un’occasione utile per fare il punto della situazione come del resto noi
sindacalisti abbiamo ripetutamente chiesto anche con comunicati ufficiali».
Arvedi ha anche informato di aver ordinato sei navi di approvvigionamenti per
consentire comunque la continuazione dell’attività produttiva con un
investimento di 25 milioni di euro. Da mesi con Lucchini è in vigore un accordo
commerciale per la cessione della ghisa ad Arvedi.
(s.m,.)
Conconello, stop del Tar all’ordinanza anti-radio
Quattro emittenti ottengono la sospensione fino a Natale (in attesa di
nuovi dati Arpa) dell’atto con cui Cosolini imponeva una «riduzione delle
emissioni dell’impianto»
Ordina a 32 radio private di abbassare il “volume” delle loro trasmissioni,
quelle delle onde elettromagnetiche che rimbalzano sui loro ripetitori di
Conconello diffondendone il segnale in città. Il Tar, però, in queste ultime ore
lo sconfessa, quantomeno in parte, sospendendo per quattro di queste il suo
ordine e riservandosi di decidere sulla sua validità o meno prima di Natale,
alla luce dei risultati di nuove misurazioni dell’Arpa. Roberto Cosolini finisce
sotto dunque, ai punti, al termine del primo round - ma ce ne saranno altri -
della causa amministrativa che Nuova Radio Spa (l’editrice di Radio 24,
nell’orbita del Sole 24 ore), Radio Dimensione Suono, Radio Birikina e Radio
Sorriso hanno promosso di recente contro il Comune. Siamo all’ennesimo atto
dell’annosa questione delle antenne di Conconello, sempre in attesa
dell’annunciato (e mai realizzato) trasloco dei ripetitori a un buon mezzo
chilometro più distante dalle case, verso Monte Belvedere, area oggetto di una
Conferenza dei servizi - co-protagonista la Regione - già aperta ma soggetta a
mille vincoli ancora da superare. Finché dura lo stallo, la grana è per
l’appunto del Comune, che su istanza dei residenti della zona - e in conseguenza
dei risultati delle misurazioni fatte dall’Arpa - ha intimato a tutte le radio,
lo scorso 11 luglio, una «riduzione delle emissioni dell’impianto trasmissivo»
entro dieci giorni, disponendo contestualmente nuove rilevazioni. Questo il
fine. Il mezzo è stato un’ordinanza «a firma del sindaco a tutela della salute
della popolazione abitante». Trattasi di una particolare ordinanza, definita
tecnicamente “contingibile urgente”, che spetta per legge in via esclusiva
proprio al sindaco, in quanto responsabile della salute pubblica in caso
d’emergenza. Una mossa, quella di Cosolini, derivante proprio dal fatto che una
serie di precedenti misurazioni dell’Arpa - effettuate specificatamente in
“banda stretta”, sulle onde radio in prossimità delle case - avevano dato valori
di volt per metro (l’unità di misura dei campi elettromagnetici) superiori alla
soglia fissata dalle normative a sei, oscillando il più delle volte tra 12 e 18.
Le quattro radio ricorrenti - difese dagli avvocati Gianluca Barneschi e Lorenzo
e Cesare Pellegrini - hanno impugnato l’atto davanti al Tar sostenendo che il
Comune avrebbe dovuto comunicare l’avvio del procedimento di controllo delle
emissioni, che il limite assolutamente non oltrepassabile per legge sarebbe
invece di 20 volt al metro e che abbassare troppo quel tipo di “volume”, per una
radio commerciale, significa rischiare di farsi coprire la frequenza da altri e
perdere quote di mercato. Decisivo poi è stato l’esito di alcune rilevazioni
Arpa successive, compiute tecnicamente su “banda larga”, in cui sono considerati
tutti i tipi d’emissione elettromagnetica, che in qualche punto hanno dato
valori leggermente sotto la soglia del 6. Servono quindi nuovi riscontri.
L’altro giorno, al termine di una camera di consiglio, il Tar ha deciso di
accogliere i quattro ricorsi sospendendo le relative ordinanze «fino alla camera
di consiglio del 18 dicembre», quando «la questione cautelare verrà
conclusivamente decisa». E questo - si legge nel pronunciamento del Tribunale
amministrativo - «alla luce della già effettuata riduzione delle emissioni e
della già appurata riduzione del livello generale delle emissioni, verificata su
banda larga come da quanto risultante a verbale, ed in attesa della
preannunciata ripetizione delle misure anche su banda stretta».
Piero Rauber
Un obbligo che vale per 32 società - In 7 si sono
opposte
Delle 32 radio che fanno rimbalzare il loro segnale su altrettanti
ripetitori di Conconello, in realtà non sono state solo quattro quelle che hanno
deciso di opporsi all’ordinanza del sindaco. Questo in effetti è il più corposo
degli ultimi contenziosi. In precedenza altre tre emittenti si sono rivolte al
Tar (nella foto la sede di piazza Unità) contro il Comune, difeso dall’avvocato
Oreste Danese. Una prima, Raiway, ha ottenuto una sospensione dell’ordinanza
fino a prova contraria simile a quella delle ultime quattro. Una seconda,
Elemedia (Radio Deejay), non l’ha ricevuta. Una terza, infine, Radio Maria, non
ha optato per la richiesta di “sospensiva” cautelare, accontentandosi di andare
direttamente alla discussione nel merito, che andrà in scena molto più avanti.
(pi.ra.)
Muggia: Nesladek conferma le antenne a Santa Barbara
Il sindaco assicura gli abitanti: la struttura sorgerà in una zona non
edificabile e a distanza di sicurezza dalle abitazioni. «Evitiamo le guerre fra
cittadini»
MUGGIA «La tutela della salute dei cittadini: questo è l’unico e solo motore
dell’azione di delocalizzazione su cui si è ragionato, si sta ragionando e si
ragionerà». Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, interviene sulla delicata
questione della delocalizzazione delle antenne radiotelevisive che da Chiampore
verranno trasferite in zona Fortezza e sul Monte Castellier. Una scelta,
quest’ultima, aspramente criticata dai residenti di Santa Barbara. Il primo
cittadino spiega innanzitutto che «l’infrastruttura verrà realizzata in una zona
non edificabile, sufficientemente lontano dal centro abitato da non incidere,
tra l’altro, sul valore immobiliare». L'antenna prevista sul Monte Castellier
«non sarà costruita vicino alle case né a poca distanza dal paese: le distanze
sono di quasi 180 metri per le prime case e di circa 400 per i margini
dell’abitato vero e proprio». Poi Nesladek, premettendo che in nessuna
prescrizione si parla di sosta maggiore a 20 minuti, di 4 ore al giorno né di
non costruire case sino a 270 metri dal traliccio, sottolinea che l’Arpa Fvg «ha
espresso parere tecnico favorevole, indicando delle misure precauzionali da
porre in atto in sede di realizzazione, quali l’interdizione fisica dell’area
prospiciente l’impianto mediante recinzione o opportuna segnaletica, e
l’adozione di opportuni strumenti di pianificazione che impediscano la
realizzazione di edifici di altezza tale da essere interessati dal lobo 6 V/m,
sino ad una distanza di 270 metri dal traliccio». In pratica, non si tratta di
un effetto “a pioggia”, ma di un’elisse parallela al punto di trasmissione. «Ciò
vuol dire che per rientrarci ci si dovrebbe trovare in edifici più alti di 30
metri entro cento metri dal traliccio, più alti di 65 metri a 250 metri». Il
sindaco evidenzia poi che «non sussisterà alcun tipo di problema di esposizione
per chi lavora nei terreni sottostanti, né nessun tipo di vincolo per i privati
che coltivano i propri orti, né tanto meno per le scolaresche in visita al
Castelliere di Elleri. Pur capendo bene - continua -le obiezioni di molte
persone nel rione di Santa Barbara, sappiamo anche che a Chiampore esiste un
rischio per la salute non più accettabile. Tutte le soluzioni che non siano la
delocalizzazione sono finora fallite mentre quella che il Comune propone è
percorribile senza, ripeto, creare altri pericoli per la salute». Da qui la
richiesta di unità, evitando guerre tra cittadini: «Dovremmo sederci tutti
attorno ad un tavolo. Fermo restando il diritto irrinunciabile alla salute e a
non creare altri inquinamenti pericolosi, potrebbe essere che il Comune apra una
nuova stagione in cui cittadini che si fanno carico dei problemi di tutti non
diventino vittime o sudditi che subiscono, ma cittadini attivi ai quali la
collettività che riceve restituisce un riconoscimento. Il tavolo che auspichiamo
potrebbe tra le altre cose discutere anche della forma e della sostanza di
questo riconoscimento»
Riccardo Tosques
Pineta di Cattinara: giù 50 alberi per costruire
l’asilo
In parte serviranno come “pilastri” per l’ingresso al nido da 30 posti
pronto a primavera 2014 dopo due anni di gare
Spazio ai bambini ma non sarà indolore. Per costruire un asilo si
taglieranno 50 alberi. I 50 alberi da tagliare nella pineta retrostante il
parcheggio dei dipendenti all’ospedale di Cattinara consentiranno di dare
finalmente avvio alla costruzione dell’asilo nido per i dipendenti della sanità
triestina ma anche per le famiglie della zona. Finanziato dalla Regione con 600
mila euro già alla fine del 2011 e con un progetto preliminare approvato nello
stesso anno, avrà 30 posti, 10 per bimbi piccoli da 3 mesi a 1 anno e 20 per
bambini da 1 a 3 anni. Per trovare chi ne curerà la gestione l’Azienda
ospedaliera si è affidata alla gara del Dipartimento servizi condivisi aggregato
all’ospedale di Udine, che ha già lanciato il bando, anche per l’asilo della
sanità udinese, già realizzato. Ma fare spazio al prefabbricato, che richiede
400 metri quadrati, più 270 di giardino, la cui esecuzione è stata affidata per
gara alla Fbe di Enrico Fongaro & c. di Castelgomberto in provincia di Vicenza,
in associazione con lo studio di ingegneria Nicola Somà di Pianoro (Bologna) e
il Laboratorio città di Ferrara Engineering, significa appunto sacrificare un
pezzo di pineta tra le torri e via Valdoni, e una commissione di topografi
proprio in questi giorni era impegnata nell’analisi delle piante, per non
tagliarne di troppe, di sbagliate. «I tronchi in parte - dice la responsabile
della Gestione stabilimenti dell’Azienda ospedaliera, Elena Clio Pavan - saranno
usati per costruire il portico d’ingresso dell’asilo nido, progettato con
criteri molto sostenibili anche in senso energetico». Un corrispondente numero
di alberi nuovi sarà piantato in zona, ma insomma il pensiero va anche alle
“vittime”, i pini che cadranno a novembre, e verranno poi essicati per
trasformarli in pilastri d’ingresso. La gara era partita il 30 maggio del 2012,
il 21 agosto era stata nominata la commissione giudicatrice, il 19 settembre si
prese atto che la gara era andata deserta (evento piuttosto singolare) e fu
avviata la procedura negoziata, così il 27 dicembre partì la gara per il
progetto esecutivo. Ma tutto si fermò per il ricorso di una ditta che si
riteneva ingiustamente esclusa, il Tar non le diede ragione, ma intanto per
approvare il progetto definitivo si arrivò al giugno 2013, e solo lo scorso
settembre è arrivato l’ultimo atto della catena burocratica, l’approvazione
delle modifiche migliorative chieste dagli enti deputati ad autorizzare l’asilo.
Ora si è alla progettazione esecutiva. «Tra fine anno e inizio 2014 - afferma
Pavan - verranno avviati i lavori che entro primavera saranno completati,
partirà poi la fase di collaudo della struttura e degli impianti. A settembre il
nido aprirà per il primo anno scolastico». Ma visto il gran bisogno di strutture
per i bambini che si manifesta d’estate, è quasi certo che l’asilo di Cattinara
aprirà le porte già durante le vacanze.
Gabriella Ziani
Il raduno dei 4x4 diventa un “caso” europeo - DUINO
AURISINA
L’eurodeputato Andrea Zanoni avverte: «C’è il rischio di infrazioni a
norme comunitarie»
DUINO AURISINA Caso raduno 4x4, contro la manifestazione del 10 novembre sul
Carso triestino e goriziano ora si schiera anche l'eurodeputato Andrea Zanoni:
«Si svolgerà in un ambiente con un equilibrio delicato e tutelato dalle
direttive europee “Uccelli” e “Habitat” - sottolinea -. Va assolutamente fermata
o si corre il rischio di incorrere in una procedura di infrazione comunitaria».
Dopo l'intervento dell'onorevole Serena Pellegrino (Sel), che alcuni giorni fa
aveva chiesto l'intervento del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, si estende
dunque il fronte del dissenso. Nel frattempo gli organizzatori del raduno,
l'associazione Nordest 4x4, modificheranno il tragitto per la parte che riguarda
Doberdò, alla luce del diniego espresso dal sindaco Paolo Vizintin. «Non c'è
motivo – dice il presidente Andrea Olivetti – per andare allo scontro e
rispettiamo le decisioni di quel Comune». Decisioni “apprese a distanza di due
settimane dall'evento, regolarmente autorizzato dalla Regione” e “nonostante la
presentazione dell'iniziativa fosse avvenuta già a maggio”. La colonna di
fuoristrada e Suv dunque non attraverserà, come previsto, quel territorio.
Intanto Zanoni, membro della Commissione Envi Ambiente Salute pubblica e
Sicurezza alimentare e vicepresidente dell’Intergruppo per il benessere e la
conservazione degli animali al Parlamento europeo sostiene in una nota che “la
manifestazione in programma sarà un pericolo enorme per il delicato ecosistema
carsico, comportando anche inquinamento acustico e atmosferico”. «Per un buon
tratto – rileva l'esponente del gruppo Alde (Alleanza dei liberali e democratici
europei) - il percorso attraverserà un territorio classificato Zona a protezione
speciale tutelato ai sensi della Direttiva “Uccelli” e Sito di importanza
comunitaria tutelato dalla Direttiva “Habitat”: aree protette dall’Ue della Rete
Natura 2000. La Regione deve intervenire, facendo osservare la legge regionale
che ha approvato nel 2007 e quindi fermando la manifestazione e revocando le
autorizzazioni concesse. Diversamente si rischia di incorrere in una procedura
di infrazione da parte dell’Europa. È inaccettabile che decine e decine di
fuoristrada mettano a repentaglio flora e fauna di un ambiente particolarmente
delicato e prezioso come quello carsico». L'eurodeputato fa riferimento alle
legge 14 del 14 giugno 2007, con la quale il Fvg ha recepito le previsioni in
materia di “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di
conservazione relative a Zone speciali di conservazione e a Zone di protezione
speciale”, vietando “lo svolgimento di attività di circolazione con veicoli a
motore al di fuori delle strade, ivi comprese quelle interpoderali, fatta
eccezione per i mezzi agricoli e forestali, per i mezzi di soccorso, controllo e
sorveglianza, nonché ai fini dell’accesso al fondo e all’azienda da parte degli
aventi diritto”. Ma non tutti sono contrari all'iniziativa, anzi il Comune di
Duino Aurisina ha concesso il patrocinio e l'assessore Andrej Cunja prenderà
parte all'evento: «Parlando di atti di terrorismo Pellegrino chiaramente
straparla, come pure esagera nel chiamare in causa nientemeno che il ministro il
quale certamente avrà in agenda questioni ben più importanti di cui occuparsi.
Implicitamente però riconosce che la manifestazione è autorizzata ai massimi
livelli, ovvero regionali. Non è però bene contestare le norme, se la loro
applicazione non aggrada: le regole valgono per tutti e sempre».
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - SABATO, 26 ottobre 2013
Intervento provvisorio sul guasto di Krško
Riparazione definitiva solo nel 2015. Il direttore: «Sicurezza
garantita». Greenpeace chiede la chiusura
TRIESTE «Tutto sotto controllo, nessun rischio per la popolazione», sono
queste le parole d’ordine che sono risuonate ieri a Krško durante la conferenza
stampa svolta dal direttore della centrale nucleare, Stane Rožman a seguito
dell’incidente che ha provocato la “frattura” di tre barre di uranio. «La
sicurezza dell’impianto non è stata compromessa», ha spiegato Rožman sostenendo
che il guasto «non costituisce niente di particolarmente eccezionale». Ma
Greenpeace non crede alle sue parole e chiede l’immediato stop della centrale
fino a quando non vengono accertate con certezza le cause del guasto e i
frammenti recuperati non siano posti in sicurezza. Secondo la ricostruzione dei
fatti svolta dai responsabili della centrale di Krško il danneggiamento delle
tre barre di uranio durante il funzionamento dell’impianto è stato causato da
vibrazioni provocate sulle barre dalla potente massa d’acqua che le investe e
utilizzata nella fase di raffreddamento. Una barra, invece, si è spezzata
successivamente nella vasca di raffreddamento assieme al rimanente “carburante”
dopo l’uso. A causa delle eccessive vibrazioni sono stati danneggiati quattro
elementi, tre dei quali si sono spezzati. Il fenomeno è stato accertato e
analizzato e sono state predisposte delle contromisure a breve termine che
saranno attuate nella fase dell’attuale rimontaggio della centrale. La
riparazione definitiva sarà effettuata nel 2015. A causa del problema la fase di
“rimontaggio” della centrale durerà, a detta del direttore, qualche settimana in
più del previsto. Secondo Rožman le contromisure che saranno prese a breve
termine - saranno sostituite tutte le barre danneggiate - sono sufficienti
perché la centrale riprenda a operare in piena sicurezza. Gli interventi urgenti
prevedono il rinforzo delle quattro barre di carburante con elementi di acciaio
in grado di garantirne l’integrità mentre l’intervento più a lungo termine
prevederà una sorta di piccola ricostruzione delle parti interne del reattore. È
chiaro che questa metodologia operativa è stata scelta per garantire il maggior
numero di ore operative alla centrale di Krško, viene da chiedersi se così
operando la sicurezza dell’impianto viene realmente garantita e se non fosse
stato meglio svolgere immediatamente l’intera operazione di “ricostruzione”
(come l’ha definita Rožman) delle parti interne del reattore. Intanto i tecnici
specializzati giunti dalla Francia hanno concluso la loro operazione di bonifica
della vasca di raffreddamento del reattore. Con un piccolo robot teleguidato (lo
chiamano in gergo il “sottomarino”) hanno raccolto dal fondo della vasca stessa
tutti i frammenti e le parti che si sono formate dopo la “frattura” delle barre.
Quanto raccolto dal robot è stato riposto e chiuso in uno speciale contenitore
che viene custodito nella vasca del reattore.
Mauro Manzin
Antenne di Muggia, i colli in guerra - Santa Barbara
respinge il progetto comunale di trasferimento, Chiampore risponde
MUGGIA «Non vogliamo una guerra tra poveri, ma è chiaro che bisogna tutelare
e bilanciare i sacrifici fra tutti i cittadini». Dopo il no al piano espresso
per motivi prettamente tecnici da parte dei consiglieri del Pdl e il deciso no
alle antenne espresso dal Comitato antiantenne di Santa Barbara, il comitato di
Chiampore ha deciso di intervenire con una lettera aperta nella complessa e
delicata vicenda del piano di delocalizzazione delle antenne radiotelevisive
votato dalla maggioranza di centrosinistra. «Agli amici di Santa Barbara
vogliamo dire che la differenza tra noi e loro è che noi a Chiampore abbiamo già
63 emittenti in mezzo alle case, mentre la ricostruzione fotografica
dell’antenna di Santa Barbara non mostra nessun edificio adiacente all’antenna»,
spiegano congiuntamente Giuseppe Poropat, Livio Postogna, Fulvio Furlan e
Claudio Poropat. L’affermazione del comitato di Santa Barbara che l’errata
gestione del territorio di Chiampore… debba risolversi a scapito degli
sfortunati ed incolpevoli cittadini degli altri territori, “implica che i
cittadini di Chiampore siano colpevoli dei loro mali, mentre è vero che errate
informazioni tecniche facevano ritenere agli organi decisionali che solo il
crinale di Chiampore fosse adatto alle trasmissioni. Dopo tanti anni se ne sa di
più, grazie anche a studi come quello dell’Università di Udine. Sottovalutare
questo studio, come alcuni hanno fatto, significa ripiombare nelle dicerie e
nell’irrazionalità in cui sguazzano tutti i mestatori”. Correttamente “la tutela
della salute passa attraverso la bonifica ed una riduzione delle sorgenti di
inquinamento”, ma “noi diciamo che questo può avvenire prevalentemente con la
delocalizzazione. Spetta poi al Comune, che si è chiaramente espresso,
bilanciare i sacrifici fra tutti i suoi cittadini”. Sulla decisione
dell'opposizione di votare con contro la Delibera consigliare sulla
delocalizzazione delle antenne abusive il Comitato di Chiampore non ha dubbi:
«Non possiamo pensare che l’attuale opposizione possa essere meno interessata
alla salute ed in generale al benessere della popolazione di quanto sia la
giunta, né che possa ritenere ragionevole l’attuale straordinaria concentrazione
delle emittenti, per cui auspichiamo che di fronte ad un’emergenza così vasta ci
debba essere unità di intenti di tutte le forze politiche». Proprio per questo
il Comitato “è nato apolitico e sceglie di collaborare con la Giunta comunale
piuttosto che con i singoli partiti”. Oltre 350 cittadini di Chiampore e
dintorni hanno dato la delega a formare un Comitato con il compito di “spronare
il Comune e lavorando in collaborazione con lo stesso, a rimuovere le antenne
abusive, a delocalizzarle lontano dalle zone abitate, per il noto principio di
precauzione, e di costringere i gestori a rientrare nei limiti di legge di 6/Vm”.
Già nel 2005 l’Arpa aveva misurato ben 43 sforamenti possibili in abitazioni
prossime alle antenne. «Tutto ciò era di ampio dominio pubblico - precisa il
Comitato - se non altro perché il Il Piccolo ha seguito con grande puntualità la
vicenda». Il Comune di Muggia, su dati tecnici probabilmente incompleti, “negli
anni scorsi era convinto in buona fede” che solo nel sito di Chiampore
esistessero le condizioni possibili per gli impianti di antenne. «Quest’anno
però, con idee più chiare, si è proceduto sulla strada di dotarsi di un piano
antenne per porre fine all’attuale situazione caotica ed indegna di un paese
civile». Da qui la scelta di delocalizzare i tralicci in zona Fortezza e sul
Monte Castellier, un sito, ques'ultimo, che i cittadini di Santa Barbara non
vogliono assolutamente accettare.
Riccardo Tosques
Storia naturale, al museo posati i “nidi” per rondoni
È di quest'anno la scoperta, effettuata dall’ornitologo triestino Enrico
Benussi, che Trieste è l’unica città del nordest e la più settentrionale in
Adriatico dove nidifica il rondone pallido (presente sino a novembre inoltrato).
Sono quindi 3 le specie di rondoni che abitano nel triestino: il comune, il
maggiore e il pallido. Ma i rondoni vanno protetti: per questo, l’associazione
Liberi di volare, con il contributo della Provincia e l’apporto dei vigili del
fuoco, ha iniziato una campagna per la posa di nidi artificiali per rondoni. Il
primo edificio a dare la disponibilità e l’esempio non poteva non essere il
Museo di Storia naturale che ora, sotto il tetto della sua nuova sede di via dei
Tominz, ospita ben 5 nidi artificiali per rondoni (come si vede nella foto). E
ora si attende aprile con i primi “inquilini”.
IL PICCOLO - VENERDI' 25 ottobre 2013
Ferriera, risale il benzopirene Il Comune prepara
l’ordinanza
L’assessore Laureni: «Non è escluso che venga intimato alla Lucchini di
ridurre la produzione»
Sancin (Nosmog): «Perché non intervengono quei medici
che sono anche consiglieri comunali?»
Proprio mentre Arvedi si dice pronto a firmare il contratto di affitto per
la Ferriera di Servola, si riaffaccia la possibilità che il sindaco intimi a
Lucchini, società in amministrazione straordinaria tuttora proprietaria dello
stabilimento, di ridurre la produzione e di conseguenza le emissioni
nell’ambiente. Quasi contemporaneamente alla diffusione del video denuncia
girato da un operaio, l’Arpa ha infatti concluso l’elaborazione dei dati
ricavati dalle centraline che si riferiscono al mese di agosto e per quanto
riguarda quella collocata in via San Lorenzo in Selva, si è riproposta una
situazione allarmante. «Fatta la media sui primi otto mesi dell’anno - spiega
Umberto Laureni assessore comunale all’Ambiente - si rileva una concentrazione
di benzopirene di 1,7 nanogrammi per metrocubo. Questo significa che se anche
negli ultimi quattro mesi i dati fossero prossimi allo zero, sarà
matematicamente impossibile scendere come media annuale sotto la soglia di un
nanogrammo per metrocubo che la recente legge regionale impone di rispettare. Di
conseguenza sto già incominciando a scrivere l’ordinanza che il sindaco emetterà
nel giro di qualche settimana. Non è escluso che l’ordinanza contenga anche
l’intimazione a Lucchini di ridurre l’attività». Nelle altre zone dove sono
collocate le centraline i riscontri sono migliori, sempre per quanto concerne la
media dei primi otto mesi. In via Pitacco, sempre a Servola, si arriva all’1
spaccato quindi con una situazione al limite, in via Svevo la media delle
concentrazioni di benzopirene rilevate è dello 0,4, in piazza Garibaldi dello
0,3 e a Muggia dello 0,5: in tutti e tre questi ultimi casi dunque nettamente
nei limiti. «Fin da luglio siamo arrivati a un punto di non ritorno per quanto
riguarda il benzopirene - attacca Alda Sancin, presidente di No smog
l’associazione che da anni si batte per la chiusura della Ferriera - ma in
agosto la situazione è ulteriormente peggiorata e inoltre per quanto riguarda le
Pm10 ad agosto sono già quasi il doppio rispetto al massimo consentito per
legge». Laureni precisa che la centralina di via San Lorenzo in Selva,
contestata dalla Lucchini, è sempre stata considerata dal Comune come un
indicatore valido. «Questa centralina - specifica Sancin - dista dalla cokeria
211 metri, mentre la casa più vicina di via San Lorenzo in Selva è a 161 metri
soltanto: sarebbe questa la vera centralina. Il sindaco non può anteporre il
profitto di privati alla salute pubblica agitando teorie complottiste - conclude
la presidente di No smog - ma ciò che anche lascia allibiti è che in Consiglio
comunale siedono parecchi medici che sono doppiamente responsabili: come
cittadini e come medici, come disse il compianto professor Tomatis». Intanto
ieri in Ferriera sono tornati ancora una volta i tecnici dell’Arpa. «Il
procedimento ripreso in quel video - precisa l’assessore Laureni - non è
corretto. Il polverino di catrame, che è quella massa vischiosa che si nota, può
soltanto essere versato sui cumuli di carbon fossile, venir rimescolato e alla
fine tornare in cokeria».
Silvio Maranzana
Failms: Arvedi venga a illustrare il suo Piano
industriale
«Se il Gruppo Arvedi ha già pronto il nuovo Piano industriale per la
Ferriera di Servola, per far sì che tutti procedono speditamente nella medesima
direzione, venga a illustratlo ai rappresentanti dei lavoratori». L’invito
giunge stavolta dal sindacato Failms che in una nota rileva come le difficoltà
che si riscontrano in questa fase sono dovute al fatto che «il Governo, che sta
approntando l’Accordo di programma, deve assicurarsi di rientrare in tutte le
clausole previste dal piano Ue per la siderurgia per non perdere i finanziamenti
europei destinati a bonifiche e riconversioni». Anche l’Ugl in un comunicato
sostiene che «è necessario accelerare i tempi per la definizione dell’Accordo di
programma a livello nazionale, e consentire così la partenza dei lavori per la
risistemazione degli impianti e il loro adeguamento per la salvaguardia della
salute e dell’ambiente».
Barra nucleare trovata spezzata a Krsko - In funzione
dal 1983 con un reattore Usa
Rinvenuta durante un’ispezione sul fondo del bacino di raffreddamento. In
Slovenia arriva un team di tecnici francesi
BELGRADO Nuovi problemi. Anzi no, gli stessi di dieci giorni fa, ma forse
più preoccupanti rispetto alle attese. Continua a far parlare di sé la centrale
nucleare di Krsko, da una ventina di giorni ferma per lavori programmati di
manutenzione. Lavori durante i quali, ricordiamo, erano stati rilevati non
meglio precisati «danni» di natura meccanica ad alcune «barre di carburante»
nucleare contenute in tre «elementi di combustibile» del reattore, aveva
comunicato la direzione della centrale l’11 ottobre scorso, promettendo indagini
sul caso. Indagini che stanno procedendo e che hanno svelato, ha specificato
l’agenzia di stampa slovena “Sta” citando Andrej Stritar, numero uno
dell’Agenzia slovena per la sicurezza nucleare (Ursjv), che una delle barre in
questione «si è spezzata». Una parte di essa, lunga mezzo metro, è stata difatti
ritrovata «sul fondo del bacino di raffreddamento del reattore» durante le
ispezioni in corso. La possibilità di danni alle barre, ha ricordato sempre
l’agenzia di Lubiana, sarebbe «stata presupposta» già mesi fa dal management di
Krsko, ancora «quando la centrale nucleare era in funzione», ma il sospetto non
poteva essere verificato fino al momento della manutenzione, cominciata a inizio
ottobre. Stritar ha ribadito che comunque né «le operazioni» né «la sicurezza»
dell’impianto sono state compromesse. E ha informato che un team di tecnici
francesi, con l’ausilio di un robot subacqueo, è in arrivo a Krsko per aiutare i
colleghi sloveni a chiarire l’origine del problema. Intervento, quello di
Stritar, che è stato “provocato” da una lettera aperta di denuncia sul caso
inviatagli dal braccio sloveno di “Greenpeace” e dall’ong Focus, allarmate dalle
recenti notizie su Krsko. «Senza la nostra lettera non si sarebbe parlato della
cosa e siamo soddisfatti che il pubblico sia stato informato» e che «sia stato
lanciato un dibattito» sul tema, spiega dalla Slovenia Dejan Savic, responsabile
per le politiche energetiche di Greenpeace. Savic che, al contempo, si è detto
tuttavia «non soddisfatto» per «la mancanza di ambizioni», causa crisi
economica, nell’applicazione del piano di modernizzazione “post-Fukushima” della
centrale. La priorità al momento rimane comunque quella di chiarire nel
dettaglio cosa sia effettivamente successo alle barre incriminate, una questione
che, suggerisce Greenpeace, non dovrebbe essere letta come un contrattempo
secondario. «Penso che il problema sia serio», dichiara il rappresentante di
Greenpeace. Corrobora questa impressione il fatto che le autorità non «vogliano
ancora dire quando la centrale ripartirà». In ogni caso, «questi incidenti non
dovrebbero accadere, qualcosa non funziona e dobbiamo vedere cosa è andato per
il verso sbagliato». «Finché tutto non sarà chiarito, la centrale non deve
essere rimessa in funzione», la posizione di Greenpeace. Posizione dura, ma sul
delicato tema sempre meglio procedere con cautela, soprattutto quando si parla
d’incidenti. Anche se con le informazioni al momento disponibili, d’incidente
nel vero senso della parola non si può parlare, come comprova la mancanza di
“avvisi” sul sistema internazionale d’allerta relativi all’impianto sloveno.
Nondimeno rimane l’urgenza di capire se e cosa sia andato storto all’interno di
Krsko, anche se le informazioni fornite finora da Lubiana consentono solo di
fare supposizioni, che spaziano dal piccolo e normale intoppo tecnico fino a
difficoltà interne più gravi, forse non adeguatamente comunicate. Propende per
la seconda possibilità John H. Large, fra i massimi esperti mondiali di
tecnologia nucleare. Large che, al telefono da Londra, dopo aver visionato i
“lanci” della Sta, parla di «problema molto serio». Il piano della centrale,
illustra l’esperto, era quello «di sostituire circa un terzo del combustibile».
Ora che però «hanno scoperto la barra rotta dovranno estrarre tutti gli elementi
e decontaminare il circuito del reattore stesso». Un sistema, quello delle
centrali, che è come «un ragno, il reattore ne è il corpo, le zampe vi pompano
acqua fino al generatore di vapore, tutto quel corpo va ora pulito», un lavoro
che potrebbe durare per 3-6 mesi, ipotizza Large. Ipotesi che sarà probabilmente
affrontata oggi assieme al tema sicurezza in una conferenza stampa.
Stefano Giantin
AMBIENTALISTI E L’ESPERTO - L’associazioneGreenpeace
parla di «problema serio» John H. Large avverte: «Tutti gli elementi vanno
estratti e decontaminati»
Le origini della centrale nucleare di Krsko risalgono agli anni Settanta,
quando la Jugoslavia, ancora lontana dal collasso, dovette fare i conti con
crescenti difficoltà a soddisfare il crescente fabbisogno energetico del Paese.
Ci vollero circa sette anni, dal 1974 al 1981, per completare la costruzione
della centrale. L’entrata in funzione, nel lontano 1983. Cuore dell’impianto, un
reattore americano della Westinghouse. Tra i problemi più gravi registrati alla
centrale nucleare, un guasto all’impianto di raffreddamento ad acqua del nucleo
produttivo, senza contaminazioni radioattive, nel 2008. A fine settembre, la
centrale è stata “disattivata” per permettere operazioni programmate di
manutenzione, dalla revisione completa dell’impianto e dei sistemi di sicurezza
alla sostituzione degli elementi di combustibile esauriti, 56 su 121.
Manutenzione durante la quale sono stati rilevati danni di natura meccanica ad
alcune barre di combustibile, tre per la precisione. La centrale di Krsko, nel
suo ultimo ciclo di combustile, ha prodotto circa otto milioni di megawatt ore
di corrente elettrica.
(s.g.)
Intercity Roma-Trieste a rischio tagli - Trenitalia
orientata a sospendere quattro collegamenti giornalieri. Serracchiani scrive al
governo: «Danni di assoluta gravità
TRIESTE Pessime notizie per gli habituè dei viaggi su rotaia. Trenitalia è
intenzionata a sopprimere altri collegamenti ferroviari. La scure, questa volta,
si abbatterebbe sugli Intercity per Roma: rischiano di saltare, infatti, i treni
in partenza dal capoluogo giuliano delle 7.21 e delle 11.57 e quelli in rientro
dalla capitale delle 10.30 (arrivo a Trieste alle 18.39) e delle 15.40 (arrivo a
Trieste alle 23.26). Una prospettiva, quella di perdere altri treni, che ha
mandato su tutte le furie la presidente della Regione Debora Serracchiani. «Il
danno che ne deriverebbe per i cittadini del Friuli Venezia Giulia e non solo,
in particolare per i pendolari, sarebbe di assoluta gravità - scrive la
governatrice nella lettera urgente inviata al premier Enrico Letta, ai ministri
dell'Economia e Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Fabrizio
Saccomanni e Maurizio Lupi, nonché al sottosegretario Erasmo D'Angelis -. Per
questo chiedo di dissipare ogni dubbio sul mantenimento del servizio». Oltre a
Serracchiani, a firmare l’appello “salva Intercity” sono stati anche i
presidenti delle altre sette regioni interessate dalla ventilata soppressione
degli Intercity sulla «dorsale» che, appunto, dal Friuli Venezia Giulia giunge
al Lazio ed alla Campania, passando per Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. «Siamo
letteralmente infuriati», aggiunge il presidente della Regione Toscana Enrico
Rossi. «Con sempre maggior insistenza - recita il testo della lettera inviata
ieri mattina a Roma - ci giungono segnali sulla definitiva soppressione di ogni
ormai residuo servizio Intercity sulla linea dorsale che collega capoluoghi ed
importanti centri delle nostre regioni. Chiediamo quindi di dissipare ogni
dubbio sul mantenimento del servizio e comunque di convocare un incontro con la
presenza dei vertici Trenitalia». Pronta la risposta del sottosegretario
D’Angelis, che ha annunciato la convocazione dell’amministratore delegato di
Trenitalia per giovedì prossimo. «È inaccettabile che Trenitalia continui a
tagliare i treni a percorrenza interregionale che sono la sola alternativa
all'Alta Velocità - afferma -. Non si può pensare che il ruolo nazionale di
Trenitalia sia risolto esclusivamente con i treni di AV quando oltre l'80% dei
viaggiatori utilizzano altre velocità e ferrovie regionali». «Ci sono province -
aggiunge - con fasce di utenza importanti che vedono ridotti i servizi e
l'intera costa rischia disservizi proprio mentre, causa la crisi, tanti lasciano
l'auto e salgono sul treno. Il governo, con il rinnovo del mandato dei vertici
di Trenitalia, ha dato un indirizzo chiaro all'azienda, che è di proprietà dello
Stato: completare le tratte dell'Alta Velocità a nord e da Napoli fino a Bari e
Reggio Calabria, ma gran parte delle disponibilità di cassa vanno investite sui
servizi regionali e interregionali per la maggioranza dei passeggeri. Di qui la
necessità di un rapido confronto con Trenitalia»
Il Porto Vecchio riparte dai Magazzini 27 e 28
Espresso Expo nei due hangar inseriti nella concessione a Portocittà: uno
era destinato a demolizione
Magazzini 27 e 28 del Porto Vecchio: la fiera di Trieste, perlomeno
occasionalmente, potrebbe rinascere qui. Sono i due silo identificati da Camera
di commercio e Autorità portuale per ospitarvi dal 23 al 25 ottobre 2014
TriestEstresso Expo, uno dei pochi eventi di carattere internazionale che hanno
sede in città. Il 27 è pressoché di fronte alla Centrale idrodinamica, il 28 lo
affianca sul frontemare: hanno un’area di sedime rispettivamente di 3.400 e di
2.000 metri quadrati. Entrambi però sono all’interno della concessione a
Portocittà per la cui rescissione l’Autorità portuale sta trattando con il
concessionario. Un accordo non è stato raggiunto perché se così fosse avrebbe
dovuto essere riconvocato, per approvarlo, il Comitato portuale. Nell’ultima
seduta, svoltasi il 30 settembre, la presidente dell’Authority Marina Monassi ha
comunque affermato che «Portocittà è obbligata a liberare le aree ancora
occupate entro il 30 ottobre». È soprattutto su questo che evidentemente fa
conto in particolare la Camera di commercio per ritentare un’operazione non
riuscita con il Magazzino 26 dove si era svolta la Biennale diffusa voluta da
Vittorio Sgarbi, ma che in seguito ha palesato carenze strutturali per rimediare
alle quali sarebbe stato necessario mezzo milione di euro. I Magazzini 27 e 28
sono in ottime condizioni, al di là della superficie la loro cubatura è
notevole, e rientrano in un’area il cui utilizzo a scopi fieristico-espositivi
era già previsto nella variante per il Porto Vecchio. Per l’esattezza il 28, per
ricavarne soprattutto una zona di parcheggi era destinato alla demolizione che
era stata approvata anche dalla stassa Portocittà. La testata in calcestruzzo
del Magazzino 27, rifatta nell’immediato dopoguerra quando vi si insediò una
filiale della Ford, è invece sotto la tutela della Soprintendenza ai Beni
architettonici. L’accesso a entrambi i magazzini è possibile dalla bretella di
viale Miramare su cui il permesso di transito è stato finora rinnovato di anno
in anno dalla Prefettura. Al di là dell’area museale con la Centrale
idrodinamica e la Sottostazione elettrica e dell’utilizzo episodico del 26,
sebbene manchi ancora quasi un anno, i Magazzini 27 e 28 potrebbero quindi
costituire il primo tassello di una nuova apertura del Porto Vecchio alla città.
L’annuncio del loro utilizzo è stato dato a Milano da Massimiliano Fabian,
presidente di Assocaffé, e Camera di commercio e Authority pur confermando le
proprie intenzioni hanno rimandato qualsiasi comunicazione sui dettagli a una
prossima conferenza stampa. La riqualificazione del Porto Vecchio
sostanzialmente non è ancora partita. Dopo il raggiungimento dell’accordo con
Portocittà dovrà appena essere perfezionato un nuovo bando di gara che prenderà
tempi non indifferenti. Non può nemmeno ancora partire l’operazione Greensisam
nei primi cinque magazzini dove tra l’altro è riemersa l’ipotesi di dare una
sede all’ormai celebre Parco del mare. Sempre nell’ultimo Comitato portuale,
Monassi ha annunciato di aver dato 40 giorni di tempo a un professionista per
progettare l’infrastrutturazione di questo settore, infrastrutturazione che
avrebbe dovuto anch’essa venir fatta da Portocittà.
(s.m.)
Luce verde ai fuoristrada dalla Comunanza agraria
L’ultima parola sul raduno automobilistico spetta alle Comunelle di Duino
Aurisina L’assessore Cunja: «Sbagliato demonizzare, basta fissare regole ben
precise»
DUINO AURISINA Il raduno 4x4 “Alle porte dell'Est”, che ha spinto la
deputata di Sel Serena Pellegrino a chiedere l'intervento del Ministro
dell'Ambiente per evitare il passaggio di mezzi in zone a protezione speciale,
incassa il placet della Comunanza agraria (Agrarna Skupnost), ma ora la palla
passa alle singole Comunelle (Duino, Medeazza, Visogliano, Malchina e Ceroglie),
convocate martedì dal coordinatore Carlo Grgic per esprimere la propria
posizione. E, soprattutto, per dare o meno il consenso al passaggio di
fuoristrada e suv sulle proprietà collettive il 10 novembre. In ballo, stando a
quanto emerso con la Comunanza, non ci sono solo interessi ambientali, ma anche
economici visto che “la manifestazione comporta ricadute significative su
agriturismi e osmize”. «Otto anni fa, quando conoscemmo gli organizzatori e la
manifestazione, fummo pure noi dubbiosi – ricorda Grgic – e infatti vi furono
parecchie riunioni e modifiche del tragitto, con trattative durate mesi.
Cercammo di tutelare pure gli interessi economici, portando il percorso il più
vicino possibile a osmize o agriturismi e le ricadute vi furono perché i
partecipanti in seguito tornarono lì con la famiglia. Inoltre ottenemmo varie
garanzie, dai cartelli bilingui di pericolo fino alla sistemazione delle terre
in caso di danni. Inoltre – prosegue – i promotori diedero, anche nelle
successive edizioni, un contributo a ogni paese (fino a 12-13, ndr) dai 100 ai
200 euro per l'uso del suolo di proprietà della Comunella». Il direttivo dell'Agrarna
ha già dato l'autorizzazione alla Nordest 4x4, ma “il consenso deve partire dal
basso e per questo ci sarà un incontro martedì”. «È possibile che qualcuno non
sia d'accordo – conclude Grgic – come fu il caso di Bagnoli e infatti il
tragitto non passò per di lì. Posso dire che in questi anni i partecipanti si
sono comportati bene e non vi sono state lamentele. Il nostro non è un consenso
scontato, in passato, per esempio, non autorizzammo una gara di motocross». «Il
nulla osta della Comunanza non è marginale – rincara Andrej Cunja, assessore al
Turismo -: l'associazione raggruppa infatti tutte le Comunelle, che sono
espressione della parte più primigenia del Carso, e più di tutti conosce a
fondo, e sa come amministrarlo, il territorio. Il via libera, che si ripete ogni
anno, è una garanzia morale». Cunja bacchetta chi stigmatizza l'iniziativa
patrocinata dal Comune: «I colleghi amministratori del Goriziano paventano che
si possa creare un precedente con un susseguente fiorire di eventi simili. A
parte il fatto che non mi pare esista un'emergenza fuoristrada e che ci siano
all'orizzonte orde di Land Cruiser in assetto da battaglia pronte ad arare ogni
metro quadrato del territorio, l'attività fuoristradistica non va secondo me
demonizzata, bensì normata secondo criteri di buon senso. Bisogna che i Comuni
si dotino di un regolamento che disciplini le manifestazioni, contingentandole
su base stagionale. Questa – conclude - è coerenza amministrativa: gare
ciclistiche e podistiche vanno benissimo, ma negli opportuni limiti anche altre
attività non sono affatto incompatibili col Carso. Infine nessuno si permetta di
strumentalizzare la Protezione civile: i ragazzi della squadra comunale, che
durante tutto l'anno si danno tanto da fare in favore della comunità, hanno
ricevuto dagli organizzatori l'invito a partecipare e hanno aderito in buona
fede per rappresentare l'ente, estendendo poi l'invito all'amministrazione». Ma
a onor del vero finora nessuno ha criticato la squadra.
Tiziana Carpinelli
UN VENERDI' SULL'ACQUA
Il ciclo di proiezioni e incontri promossi dal circolo Verdeazzurro Legambiente riprenderà alle 18, in via Donizetti 5/A, e avrà come tema l’acqua. Oscar García Murga, vicepresidente del circolo, illustrerà la “Guerra dell’acqua” in Bolivia, e conclusasi con la ripubblicizzazione del servizio idrico affidato dal governo a una multinazionale. Seguirà il filmato “Agua mi sangre”.
IL PICCOLO - GIOVEDI' 24 ottobre 2013
Arvedi: noi pronti a firmare, gli altri no -
FERRIERA»LA PRESA DI POSIZIONE
Bonifiche e Cip6 questioni ancora aperte. Il Gruppo: siamo seriamente
preoccupati, tutti devono impegnarsi a fondo
Investiti 25 milioni in 6 navi di materiali pur senza certezze, pronto il Piano
industriale
«Il nuovo Piano industriale per la Ferriera di Servola è pronto: abbiamo
perfezionato l’intero progetto post bonifica che prevede tra l’altro
l’ammodernamento degli impianti, l’asfaltatura delle strade, la copertura dei
cumuli di materiali per la quale abbiamo perfino già ordinato i teloni. Noi
siamo con la penna in mano per firmare il contratto d’affitto, sono le nostre
controparti che non ce lo fanno fare, che sono ancora perlomeno un passo
indietro rispetto a noi». Così con alcune precisazioni telefoniche, Arvedi ieri
ha ulteriormente esplicitato una nota ufficiale del Gruppo di Cremona emessa
qualche minuto prima per spiegare alla città a che punto stia la trattativa e
per dire ai sindacati che sbagliano indirizzo se il loro ultimatum è rivolto a
Cremona. «La società Siderurgica triestina del Gruppo Arvedi - rileva la nota -
non può farsi carico dei problemi ambientali ed ecologici che sono imputabili
alla precedente gestione e darà incarico alle istituzioni specifiche di
predisporre una due diligence riferita all’ambiente, alla sicurezza, alla salute
delle maestranze». Le istituzioni qui chiamate in causa sarebbero l’Arpa e
l’Azienda sanitaria che dovrebbero verificare l’inquinamento, quantificare gli
interventi di bonifica che poi dovrebbero essere a carico di Lucchini o
eventualmente addirittura delle gestioni precedenti, e dei soggetti pubblici.
Una questione particolarmente delicata all’indomani della diffusione del
videodenuncia girato da un operaio sullo smaltimento di alcuni materiali
all’interno dello stabilimento. «Stiamo attendendo poi che il commissario del
Gruppo Lucchini - prosegue ancora la nota - risolva la questione aperta con il
Gse (Gestore dei servizi energetici) con la relativa suddivisione dei ruoli
produttivi tra lo stabilimento di Piombino e di Servola e che successivamente
provveda a risolvere la convenzione Cip 6 con Elettra provvedendo a definire le
questioni economiche collegate, consentendo in tal modo un nuovo rapporto
commerciale tra Elettra e Siderurgica Triestina». In sostanza vi sono una serie
di attività produttive che la Lucchini gestiva a livello di gruppo e che Arvedi
chiede di sapere come potranno essere trattate nel momento in cui come sembra
molto probabile la produzione a caldo a Piombino si fermerà. In questo ambito
rientra anche la cessione dei gas di risulta alle rispettive centrali di Elettra
per la produzione di energia elettrica che avveniva anche con la convenzione del
Cip 6 di cui Elettra ha chiesto la risoluzione anticipata ricorrendo poi anche
al Tar non avendo finora ottenuto risposta dal Gse. Arvedi ricorda ancora di
«aver acquistato sei navi di minerale, carbone, pallets - senza nessuno
specifico accordo preventivo - per consentire la continuità del lavoro almeno
fino alla fine dell’anno». Si è trattato di un investimento di 25 milioni di
euro, si fa rilevare a margine, che Cremona ha voluto comunque fare senza avere
alcuna garanzia e certezza di poter portare a termine l’operazione per far sì
che la Ferriera di Servola non chiuda a novembre come sarebbe invece avvenuto
senza questi ordinativi. «Abbiamo fatto un accordo commerciale con Lucchini per
la cessione della ghisa - si fa notare - ma non era previsto che dovessimo
pagare noi gli approvvigionamenti». L’appello di Arvedi dunque è rivolto a
Elettra affinché sia finalmente risolta la questione Cip6, a Governo e Regione
con l’invito a sottoscrivere al più al più presto l’accordo di programma che
escluda qualsiasi onere per l’affittuario o il neoproprietario sul versante
delle bonifiche, al commissario Nardi dal quale giunga la chiamata per firmare
finalmente il contratto d’affitto. «Siamo seriamente preoccupati - conclude il
comunicato ufficiale di Arvedi - e speriamo fortemente che chi di dovere
dimostri la medesima volontà di risolvere i problemi che ha dimostrato la
società Siderurgica Triestina».
Silvio Maranzana
Cosolini da Zanonato per sbloccare la trattativa
Il sindaco: dietro i video e certe dichiarazioni una regìa occulta per
fermare la soluzione già in vista
Per sbloccare la questione Ferriera il sindaco Roberto Cosolini sarà nei
prossimi giorni a Roma per incontrare il ministro per lo sviluppo economico
Flavio Zanonato. «Condivido la preoccupazione di Arvedi - afferma il sindaco - e
proprio per questo ho scritto a Zanonato ottenendo un incontro per la settimana
prossima». Ma Cosolini va al di là sospettando una regia occulta dietro alcuni
eventi venuti a galla nelle ultime ore, «ancora una volta quando la trattativa
era in dirittura d’arrivo». Insomma, non è un caso secondo il sindaco che un
video girato diversi mesi fa «venga pubblicato adesso per illustrare
un’operazione che oltretutto la stessa Procura ha definito regolare, che vengano
divulgati dati sull’inquinamento vecchi di anni e che immediatamente dopo un
parlamentare chieda la chiusura della Ferriera e un consigliere regionale
invochi alla giunta regionale di intervenire. Sono segnali concordi che - dice
Cosolini - sembrano avere tutti il medesimo obiettivo: bloccare un’operazione
che è già di per sé complessa. In altre città dinanzi all’arrivo di un
imprenditore di prestigio che punta a salvaguardare occupazione e salute, tutti
concordi gli avrebbero steso un tappeto rosso. Ma a Trieste non è così e di
nuovo assistiamo a questo teatrino di ostilità ogniqualvolta è in dirittura
d’arrivo un’operazione positiva». Prima della fine dell’anno secondo Cosolini
l’accordo di programma sarà firmato «perché Comune, Regione, Provincia e Governo
soprattutto con il sottosegretario De Vincenti, stanno tutti facendo la loro
parte così come mi auguro la faccia anche l’Autorità portuale, mentre un
ostacolo da superare è ancora la risoluzione del contratto tra Lucchini e
Elettra. Ma a tutta la città oggi è chiaro - conclude il sindaco - chi rema
contro la soluzione definitiva della questione». Anche Confindustria Trieste in
una nota ribadisce che per giungere all'Accordo di programma e al contratto
d'affitto è necessaria la risoluzione di questioni che coinvolgono quattro
dicasteri - Ambiente, Sviluppo economico, Infrastrutture, Lavoro – con cui la
Regione e le altre istituzioni stanno lavorando. «Per dare sostegno all'unico
progetto che contempla continuità produttiva, attenzione agli aspetti
occupazionali e investimenti di rilievo per garantire quelli ambientali, tutti
gli attori del territorio dovrebbero fare squadra nel sollecitare i competenti
Dicasteri», ha affermato il presidente Sergio Razeto.
(s.m.)
Dipiazza: la Regione tuteli la salute dei servolani
«La giunta regionale deve intervenire urgentemente per garantire la salute
degli abitanti di Servola e delle aree limitrofe e per tutelare l’ambiente a cui
potrebbe essere arrecato ulteriore danno». È quanto invece chiede l’ex sindaco
di Trieste e oggi presidente del gruppo di Autonomia responsabile Roberto
Dipiazza riferendosi al video postato dal Fatto quotidiano in cui «alcuni
dipendenti confidano che metalli pesanti, fanghi, olii vengono bruciati, buttati
in terra o in mare. Queste pratiche avverrebbero quotidianamente e verrebbero
tenute nascoste - riporta Dipiazza - gli operai sono costretti a eseguire gli
ordini per non rischiare di perdere il lavoro».
Verde, il Comune lancia il giardino sponsorizzato
Ok della giunta al nuovo regolamento sulle aree pubbliche: targhe
pubblicitarie per le ditte che si occuperanno di curare gli spazi. Multe più
salate a chi rovina
di Matteo Unterweger Il Comune lancia il giardino sponsorizzato. E lo fa
inserendo un apposito articolo (il numero 35: “Affidamento di spazi verdi con il
sistema della sponsorizzazione”) nel nuovo “Regolamento sul verde” cui la giunta
ha dato il via libera. Prima dell’entrata in vigore, il testo - destinato a
rimpiazzare l’attuale versione datata 2005 - dovrà completare il proprio iter
consiliare, sino al voto finale del Consiglio comunale. Fra le novità principali
del documento, dunque, una parte (il titolo V) completamente dedicata al
coinvolgimento del cittadino nella cura delle aree verdi pubbliche. Le tipologie
di possibile affidamento includono anche l’attività di pulizia o giardinaggio
attraverso forme di sponsorizzazione: in pratica, il Comune assegnerà a soggetti
privati l’incombenza di interventi ad esempio in spazi verdi, su aiuole o
fiorerie, garantendo in cambio la pubblicità della ditta in questione attraverso
l’installazione di una o più targhe con nome e logo della stessa. Tipologie,
quantità e collocazione saranno concordate tra Municipio e sponsor in regime di
convenzione, e il relativo contratto avrà durata di un anno, rinnovabile per un
periodo massimo di cinque. Gli altri tipi di affidamento (normati da
provvedimenti dirigenziali che non solo identificheranno le aree, ma - ricevute
e valutate le domande - definiranno concessione e regolamentazione) potranno
essere decisi per attività - svolte a titolo di volontariato - di giardinaggio,
coltivazione ortofrutticola e floricola, manutenzioni ordinarie e
riqualificazioni di spazi verdi comunali generalmente di estensione contenuta.
Nel regolamento sono stati individuati anche i possibili soggetti affidatari:
cittadini singoli o costituiti in forma associata, organizzazioni di
volontariato, scuole, parrocchie ed enti religiosi, operatori commerciali.
«L’obiettivo - osserva l’assessore comunale a Demanio, Patrimonio e Lavori
pubblici Andrea Dapretto sul documento - è di arrivare a una sempre più attenta
tutela del verde e in questo senso va comunque evidenziato il lavoro fatto sin
qui con l’attuale regolamento». Oltre al coinvolgimento dei cittadini nell’uso
degli spazi verdi, Dapretto elenca le altre innovazioni: «Maggiore attenzione
alle piante infestanti e più cautele sia per le aree pubbliche sia per i privati
relativamente a potature, abbattimento di alberature, distanze da rispettare e
tutela degli alberi di pregio. Inoltre, abbiamo incluso il divieto di fumo negli
spazi verdi adibiti ad aree gioco, sulle quali compatibilmente alle risorse
inizieremo a sistemare la relativa segnaletica». Disciplinato pure l’affidamento
degli orti sociali-urbani, specificando come con delibera di giunta verrà
stabilito l’importo di un canone forfetario annuale da versare al Comune quale
contributo a spese di gestione e consumo d’acqua: in questi casi, contratto
triennale, rinnovabile sino a una durata massima di sei anni. Riviste, infine,
le sanzioni (importi definiti nel doppio del minimo previsto o in un terzo del
massimo, che coincidono): 300 euro per le violazioni delle norme del
regolamento, tranne per quelle inerenti gli alberi di pregio che vedono la cifra
portata a 500 euro. Come pure per esecuzione di scavi a distanza dalla pianta
inferiore al minimo prescritto, per lavori eseguiti in difformità dalla deroga
concessa e per la mancata adozione delle necessarie cautele in caso di
allestimenti di cantieri su aree verdi e alberate. Il livello delle sanzioni è
stato incrementato rispettivamente di più del doppio e di oltre tre volte. Oltre
a ciò, si aggiunge l’obbligo di ripristino e risarcimento del danno.
Nella Giornata dell’albero anche dibattiti con esperti
- IN PROGRAMMA IL 21 NOVEMBRE
Andrea Dapretto, assessore comunale a Demanio, Patrimonio e Lavori pubblici,
vuole «far sì che diventi una giornata di approfondimento sul “verde”, sul suo
sviluppo e sulla sua tutela. Un appuntamento con cadenza annuale». Il
riferimento è al 21 novembre, data che coincide con la Giornata nazionale
dell’albero. «Cui già partecipiamo da due anni», ricorda Dapretto a nome
dell’amministrazione Cosolini. Il Comune, dall’edizione 2013, vuole iniziare a
muovere «qualche passetto in più. Abbiamo in programma, assieme alle aree
Educazione e Cultura, una serie di iniziative - prosegue Dapretto -, tra cui
dibattiti con il coinvolgimento di associazioni, Università e altri ospiti». I
dettagli relativi alla giornata “verde” del 21 novembre prossimo verranno
svelati nelle settimane a venire, ma già si sa che l’articolazione correrà da un
lato sul binario all’aperto (nei giardini pubblici) e dall’altro su quello “al
coperto”, in una sede da destinare agli approfondimenti tematici con esperti.
Nell’occasione, si farà presumibilmente riferimento anche al progetto del Comune
di affidamento a un comitato di cittadini della gestione dello spazio verde di
via Orlandini (vicino alla Casa delle culture), per la creazione di un giardino.
E inoltre si parlerà della valorizzazione del Parco di Villa Bazzoni.
(m.u.)
Appello al ministro per bloccare i fuoristrada in Carso
L’onorevole Pellegrino (Sel) si appella al titolare dell’Ambiente ma gli
organizzatori non ci stanno: «Siamo ecologisti»
DUINO AURISINA Di passare per i “devastatori del Carso”, per quelli che non
hanno rispetto per la natura, quando invece nell'ultimo anno hanno ripulito
mezzo altipiano da vagonate di rifiuti e liberato da rovi o arbusti parecchie
strade tagliafuoco, non ne vogliono sapere. E così gli organizzatori del raduno
di 4x4 in programma il 10 novembre con partenza da Sistiana e arrivo a
Visogliano, attraverso l'Ermada, Medeazza, Monfalcone, Ronchi, Savogna e
Sagrado, decidono di ribattere punto per punto alle critiche mosse dai verdi,
innanzitutto affermando che l'evento “non ha nulla a che vedere con quello
svolto nei Magredi” e costato un'infrazione comunitaria all'Italia: «I
fuoristrada, tutti veicoli di serie, senza scarico aperto, viaggeranno tra i 22
e i 30 chilometri orari e a un minuto e mezzo di distanza l'uno dall'altro –
spiega Andrea Olivetti, presidente Nordest 4x4 -, tant'è che impiegheranno
l'intera giornata a percorrere il tragitto». Ma la vicenda è diventata ormai un
“caso”. È di ieri infatti la notizia che l'onorevole Serena Pellegrino ha
scritto al ministro dell’Ambiente “per scongiurare il raduno nelle aree protette
e nei siti della Grande guerra”. «Impossibile tacere – così in una nota la
deputata di Sel - in vista della partenza di un corteo rombante di fuoristrada
attraverso ambienti dal già precario equilibrio del Carso goriziano e triestino,
lungo percorsi che, come viene vantato dalla stessa organizzazione, normalmente
sono interdetti ai veicoli: ho scritto al ministro Andrea Orlando spiegando cosa
sia “Alle Porte dell’Est”, iniziativa che in termini ambientali può essere
considerata un atto terroristico nelle aree della Rete ecologica europea Natura
2000». Con una lettera del 16 ottobre Pellegrino dice di aver richiesto un
intervento urgente della Direzione generale per la protezione della natura e del
mare. Ma gli organizzatori non ci stanno: «Rispettiamo tutte le posizioni –
spiega Olivetti -, anche quella del sindaco di Doberdò, l'unico ad aver espresso
diniego, peccato però aver ricevuto questa notizia 15 giorni prima del raduno e
non a maggio, quando verbalmente e subito dopo con una lettera si è presentata
l'iniziativa a tutte le municipalità: oggi si sarebbero evitate tutte queste
polemiche. E invece 5 mesi fa nessuno si è detto contrario». La Nordest 4x4 “ha
all'attivo 12 anni di attività e 13 missioni umanitarie all'estero”, nonché
“gestisce in concessione dal Comune di Trieste l'area di Scuola guida sicura in
fuoristrada all'ex Polveriera di Montebello, posto recuperato a spese del
sodalizio e un tempo ostaggio di degrado e gare abusive di moto”. «Con tutte le
forze dell'ordine – prosegue Olivetti -, peraltro ospiti del raduno che avrà
anche uno stand dedicato all'Esercito, abbiamo svolto la scuola guida, mentre in
sinergia con l'assessore all'Ambiente Laureni si è dato corso all'operazione
“Carso pulito”, liberando i sentieri dai rifiuti. Il raduno – sottolinea – si
prefigge lo scopo di promuovere il Carso di Gorizia e Trieste, tant'è che una
casa di produzione milanese svolgerà in quei giorni un documentario sul tema
della Grande guerra che passerà poi su Mediaset e Rai. Il Wwf dice che sarebbe
stato meglio promuovere una gara ciclistica: ma lo sappiamo noi, che li
raccogliamo, cosa lasciano a terra quelle competizioni, cioè contenitori di
bibite e fettucce bianche e rosse tra gli arbusti». E il problema della fauna?
«I permessi in nostro possesso chiariscono che il raduno può svolgersi da
ottobre a marzo, al di fuori cioè dei periodi di nidificazione. Noi abbiamo
rispetto della natura – conclude Olivetti – e infatti per mesi, nei week-end,
abbiamo liberato a piedi i sentieri tagliafuoco di queste zone. Per noi il
raduno è ecocompatibile».
Tiziana carpinelli
Per il Comune non c’è alcun pericolo - DUINO AURISINA
«La manifestazione è alla 6ª edizione e non risulta che vi siano mai stati
prima degli intoppi. Che cos'è cambiato, dunque, stavolta?». Se lo chiede
l'assessore Andrej Cunja, che presenzierà al raduno su un mezzo della Protezione
civile: «Non si tratta di un'apertura senza limitazioni di tracciati altrimenti
preclusi al traffico, alla quale sarei certamente contrario, ma di una
manifestazione contingentata, promossa a cadenza annuale da un sodalizio molto
attento e attivo nel sociale. Gode di permessi ai massimi livelli. C'è infatti
l'autorizzazione ambientale della Regione, che ha imposto un tetto di 100
veicoli, quindi un'attenta valutazione è stata compiuta«. Di diverso avviso,
però, la deputata Serena Pellegrino: «Le norme esistenti, riprese dalla
legislazione regionale, vietano la circolazione motorizzata in gran parte delle
zone coinvolte dalla manifestazione. Però la Regione avrebbe concesso
l’autorizzazione. In questa situazione, e mentre so che amministratori e
ambientalisti stanno prendendo posizione, ritengo che l’intervento del Ministero
sia necessario per correggere in senso restrittivo l’interpretazione della norma
su cui si baserebbe l’autorizzazione».
(t.c.)
Muggia: a Santa Barbara cittadini mobilitati contro le
antenne tv
Il comitato popolare ha già raccolto trecentocinquanta firme «Un errore
l’impianto inquinante vicino ai siti archeologici»
MUGGIA «È assolutamente corretto che un’amministrazione tuteli la salute dei
suoi cittadini, ma ci si aspetta che ciò venga ottenuto senza ledere la salute
di altri». Oltre 350 cittadini stanno insorgendo per dire un convinto no
all'installazione di una antenna sul Monte Castellier di Santa Barbara, sito che
rientra nel piano di delocalizzazione di alcuni tralicci di Chiampore
sottoscritto dal Consiglio comunale con i voti della maggioranza. «Non
condividiamo l’approccio in base al quale l’errata gestione del territorio di
Chiampore da parte di privati ed amministrazioni, che ha causato le note
problematiche (elettrosmog, deturpamento del territorio, abusivismo edilizio),
debbano risolversi ta scapito dei sfortunati e incolpevoli cittadini degli altri
territori di Muggia», spiega in una lunga lettera aperta il comitato antiantenne
di Santa Barbara. Il comitato poi evidenzia “la palese contraddizione tra
l’installazione di una mostruosa antenna alta circa 40 metri su terreno
adiacente ai siti archeologici immediatamente fuori dalle zone vincolate con
tutti gli interventi e tutti i soldi pubblici spesi per la realizzazione del
percorso turistico didattico del Castelliere di Elleri e del sentiero
naturalistico facente parte della Traversata Muggesana per i quali risultano
stanziati 600 mila euro”. A tali opere si aggiungeranno nella stessa zona i
lavori di recupero e valorizzazione delle Necropoli di Santa Barbara che
“contribuiranno definitivamente a rendere l’area in oggetto il fiore
all’occhiello storico e culturale del territorio muggesano”. «Il sito
archeologico non potrà più ospitare scolaresche e cittadini - tuona il Comitato
-. Ma ve la immaginate una lezione di storia al cospetto di un obbligatorio
cartello che raccomanda di non sostare in prossimità dell’antenna...?” Il
comitato evidenzia che in molti documenti adottati dallo stesso Comune di
Muggia, la zona boschiva del Monte Castellier viene “di particolare pregio e
valenza naturalistica e, quindi, da tutelare con la massima cura. Gli abitanti
del borgo che posseggono terreni in tale area non hanno mai potuto neppure
sperare di poter costruire qualche casetta per i propri figli e nipoti che hanno
così dovuto allontanarsi dal borgo, mentre viene consentita l’installazione
dell’antenna che prevede anche la costruzione di un edificio di servizio”. Come
già accaduto nei siti di Chiampore, Muggia Vecchia, San Floriano, Ligon e
Fontanella, la realizzazione di uno (o più) tralicci radiotelevisivi nella zona
“porterà automaticamente ad una svalutazione delle proprietà immobiliari della
località, causando un danno economico immediato agli attuali proprietari ma
anche e soprattutto disincentivando futuri interessati ad investire nelle
stesse”. L’antenna prevista sul Monte Castellier sarà costruita vicino alle case
e a poca distanza dal paese. «La sua pericolosità, nonostante i limiti previsti
dall’accordo di programma tra Comune e la società privata, è testimoniata dal
fatto che tra le prescrizioni degli enti facenti parte della conferenza dei
servizi si prevede: l’installazione di cartelli che raccomandano di non sostare
nei pressi dell’antenna per più d 20 minuti, per 270 metri nel cono delle
emissioni delle onde elettromagnetiche si fa divieto di costruzioni di case e si
raccomanda ai proprietari di orti e terreni di non sostare in quel raggi per più
di quattro ore al giorno». Motivo per cui, conclude il Comitato, “è difficile
per chiunque convincersi della non pericolosità dell’impianto, nonostante le
rassicurazioni politiche”. Da qui la richiesta “di tutelare la salute dei
cittadini di Muggia attraverso una bonifica ed una riduzione delle sorgenti di
inquinamento e non attraverso la semplice delocalizzazione”.
Riccardo Tosques
«Cinghiali, numeri fuori controllo» - Dolenc: la
Regione riconsideri i piani di abbattimento e i fondi per gli indennizzi agli
agricoltori
Il problema cinghiali è sempre più rilevante. E anzi, secondo il
vicepresidente della Provincia e assessore all’agricoltura Igor Dolenc, ormai
fuori controllo. Al punto da indurre le quattro Province a chiedere urgentemente
un incontro con il vicepresidente della Regione Bolzonello per trovare soluzioni
utili a fermare l’avanzata dei selvatici. A Palazzo Galatti, nel frattempo,
squillano continuamente i telefoni dell’ufficio che si occupa degli indennizzi
da assegnare agli agricoltori. «Ogni giorno riceviamo numerose chiamate da parte
di coltivatori e allevatori che lamentano gravi danni ai propri poderi», spiega
Dolenc: «Sono situazioni davvero difficili, anche perché in provincia le
superfici coltivabili sono minime e quindi le incursioni dei quadrupedi mandano
all’aria gran parte della produzione». Di qui l’appello: «Sta alla Regione
prendere delle misure nuove in campo faunistico – afferma Dolenc – rivedere i
piani di abbattimento e pure quel de minimis - 7.500 euro di indennizzo pro
agricoltore per tre anni - che appare irrealistico rispetto alle perdite
denunciate dagli operatori». Oltre a “visitare” vigneti e pascoli, i cinghiali
sono ormai di casa nei boschi e nei rioni che circondano il capoluogo. «Se non
altro sono animali discreti – ironizza Elisa, che gestisce il bar del
frequentato campo sportivo Draghicchio di Cologna – visto che agiscono
soprattutto la notte. È facile comunque incontrarli all’imbrunire attorno al
campo o vicino alla chiesa. Sono bestie scaltre, che riescono a penetrare le
recinzioni per poi iniziare a scavare la superficie del campo alla ricerca di
cibo». Forti anche della simpatia di diversi cittadini che li foraggiano, i
cinghiali sono da tempo alle porte del centro. Rappresentano un pericolo
costante non solo per i contadini, ma anche per quanti procedono lungo le strade
comunali e provinciali e non di rado riescono miracolosamente a schivare un
impatto che potrebbe essere letale. «I cacciatori stanno cercando di rispettare
i piani regionali di abbattimento – interviene il presidente provinciale della
Federcaccia Fabio Merlini – ma siamo appena attorno al 50% di quanto
assegnatoci». Sinora in questa stagione nelle 12 riserve di caccia triestine
sono stati prelevati appena 160 cinghiali. In particolare difficoltà le riserve
di Opicina e Basovizza. «Scontiamo le difficoltà climatiche – riprende Merlini –
e soprattutto il fatto che i quadrupedi si sono insediati nei dintorni dei paesi
dove, ovviamente, le doppiette non possiamo agire. Nella vicina Slovenia –
aggiunge – si caccia tutto l’anno 24 ore su 24, mentre noi siamo limitati
all’orario notturno e cacciamo solo dal 15 maggio al 15 gennaio dell’anno
successivo». Nella fascia periurbana agiscono prevalentemente le guardie
provinciali. Quest’anno hanno prelevato 180 capi. I 17 capi abbattuti attorno a
Conconello, i 10 nell’area sopra l’Università, i 52 di Longera e i 67 sulle
colline di Gretta, Scala Santa, Roiano e Cologna sono testimonianza di come
ormai il cinghiale abbia colonizzato la periferia triestina. «Se non verranno
presi dei seri provvedimenti - conclude Dolenc – rischiamo di compromettere per
davvero l’attività agricola».
Maurizio Lozei
“Erika”, la femmina che in un anno si è spostata di 500
chilometri
Che il cinghiale sia un’emergenza lo dicono anche i sempre più frequenti
incontri e convegni dedicati alla conoscenza e alla gestione di questa specie
tanto intelligente quanto erratica e imprevedibile. A una recente conferenza
tenutasi in Slovenia (che nel 2014 ospiterà il decimo congresso mondiale sul
cinghiale), è stato citato il caso di una femmina adulta, Erika, catturata e
liberata dopo essere stata dotata di radio collare. L’animale ha dimostrato di
non essere legato a un posto fisso, ma di spostarsi continuamente alla ricerca
di cibo per alimentare la propria cucciolata. In un anno ha raggiunto località
di pastura distanti 500 chilometri dal luogo di cattura. Proprio per la sua
fertilità e capacità riproduttiva e la sua capacità di movimento e strategia, il
cinghiale è una specie difficilmente gestibile e numericamente identificabile.
Come da noi anche in Slovenia, grazie alla presenza di cibo e a inverni poco
rigidi, i cinghiali partoriscono in tutti i mesi, talvolta anche tre volte
l’anno.
Differenziata, consegne raddoppiate - I DATI DAI CENTRI
DI RACCOLTA
La terza settimana del concorso segna l’impennata dei conferimenti
Dall’inizio della terza settimana del concorso “Trieste Premia per vincere
la sfida della raccolta differenziata” a ieri, i quantitativi di materiali che,
grazie al conferimento ai centri di raccolta, sono stati destinati alle diverse
filiere per il corretto riciclo o smaltimento sono quasi duplicati. Infatti -
come si legge in un comunicato di AcegasAps - nei nove giorni presi in esame 235
cittadini hanno conferito in totale 4.839 materiali di diverse tipologie, mentre
nei quattordici giorni delle due settimane iniziali i materiali conferiti erano
stati 4.886. Sono stati portati ai centri di raccolta soprattutto apparecchi
elettrici e elettronici in disuso, i cosiddetti Raee (796 pezzi), oggetti in
legno di grandi dimensioni (609 pezzi), calcinacci e inerti provenienti da
piccole demolizioni (451 secchi), rifiuti ingombranti di metallo come reti,
scaffalature e armadietti (337 pezzi), tubi fluorescenti e altri rifiuti
pericolosi contenenti mercurio (213) e 191 litri di olio alimentare esausto. Il
dato, oltre a confermare il gradimento del concorso da parte dei triestini,
testimonia il riscontro positivo ottenuto anche dal centro di raccolta mobile,
allestito sabato in Prima circoscrizione, presso l’area di parcheggio “Mandria”
di Prosecco. L’iniziativa sarà riproposta anche sabato prossimo: questa
settimana il centro di raccolta mobile sarà allestito, dalle 9 alle 17, in Sesta
circoscrizione, nell’area parcheggio della Rotonda del Boschetto. Il
conferimento ai centri di raccolta mobili dei rifiuti previsti dal regolamento
del concorso - ricorda AcegasAps - dà diritto al doppio dei punti. In aumento,
anche se ancora purtroppo pochi, i conferimenti degli scarti verdi dei giardini,
che sono passati dagli 80 sacchi da 50 litri della scorsa settimana ai 211
sacchi dell’ultima settimana, così come le fascine da 20 chili sono aumentate da
32 a 88 unità conferite. Tutte le informazioni sul concorso e le modalità di
partecipazione sono consultabili sui siti web di AcegasAps e Comune.
IL SOLE 24ore - MERCOLEDI' 23 ottobre 2013
Rigassificatori, una corsa a ostacoli
Tramonta prima di nascere il rigassificatore di
Trieste, chiude i battenti sin dal progetto quello di Brindisi, è in lenta
gestazione quello dell'Enel a Porto Empedocle, funziona (ma
solo perché i tormenti autorizzativi l'hanno comunque materializzato prima della
crisi dell'economia e dei consumi energetici) quello di Rovigo. Ed ecco, in
questi giorni, il nuovo segnale di stop al sogno di dotare l'Italia di una via
alternativa e più flessibile all'ormai imperante gas, per diventare addirittura
un "hub" metanifero dell'intera Europa.
IL PICCOLO - MERCOLEDI' 23 ottobre 2013
Ferriera, video-denuncia di un operaio
Pubblicato dal “Fatto quotidiano”. Il pm Frezza: «Ma è il modo corretto
per trattare il catrame». Lucchini: tutto a norma
Una sostanza densa e scura versata a terra da un operaio della Ferriera di
Servola. «È il catrame che esce dalla cokeria e viene buttato sul carbon
fossile», racconta un dipendente opportunamente mascherato spiegando il video
girato con un telefonino da un collega e che il giornale “Il fatto quotidiano”
ha pubblicato sul proprio sito web facendo ridivampare la polemica sulla
situazione ambientale nel comprensorio di Servola. Ieri mattina i tecnici
dell’Arpa hanno effettuato il campionamento dei cumuli di catrame prodotto dagli
impianti della Ferriera. L’intervento è stato disposto dal pm Federico Frezza,
dopo la segnalazione giunta all’Arpa stessa da parte di alcuni operai. È la
denuncia che è stata diffusa nell’edizione di ieri del “Fatto”. «Come pubblico
ufficiale ho l’obbligo di effettuare tutti gli accertamenti necessari», ha
dichiarato Italo Pellegrini, direttore del dipartimento dell’Arpa, confermando
il campionamento nello stabilimento. Entro qualche giorno saranno ultimate le
analisi di quella che è stata definita una sostanza densa e di colore scuro che
- così appare nel video messo in rete - viene versata a terra. Ma già emergono
particolari che in qualche modo rovesciano la situazione denunciata all’Arpa.
Perché il trattamento del catrame «è indicato dall’Aia come la migliore cosa da
fare» spiega il pm Federico Frezza. In sostanza il catrame è un sottoprodotto
della cokeria. E ai fini della “Bat” (Best available tecniques) è possibile
riciclare proprio i residui utilizzando il carbon fossile. Va in questo senso
anche la dura replica di Lucchini spa. In una nota «smentisce categoricamente
che le operazioni effettuate nello stabilimento di Trieste siano realizzate
fuori dal rispetto delle normative ambientali vigenti», e precisa che
«rappresentano un’attività di recupero assolutamente prevista nel processo
produttivo come definito dalle migliori tecniche disponibili per la prevenzione
e il controllo integrato dell’inquinamento ai sensi della direttiva 2010/75/Ce,
appunto la Bat 57 che recita: “riciclare i residui di produzione... con
ricircolo nel carbon fossile di alimentazione del forno da coke”. Come definito
dalla Bat 57 - prosegue Lucchini - dal processo della cokeria viene generato un
residuo chiamato “polverino di catrame” che viene riutilizzato all’interno dello
stesso ciclo produttivo. Tale residuo non è da confondere con il “catrame”,
definito sottoprodotto di cokeria avente valore economico e pertanto venduto sul
mercato per l’industria di bitumi e asfalti. Proprio in conformità a quanto
disposto dalla Bat - chiude l’azienda - è stata rilasciata l’Autorizzazione
integrata ambientale». «L’unica affermazione che posso fare in merito è che
stamattina (ieri, ndr) c’è stata una visita nello stabilimento dei tecnici Arpa
- afferma Umberto Salvaneschi segretario provinciale Fim-Cisl - attendiamo le
loro verifiche». «È previsto dai regolamenti che una quota di catrame sia
smaltita all’interno - aggiunge Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm - ma
sono procedure tecniche di cui forse solo le Rsu possono essere testimoni».
«Escludo che nell’ultimo anno ci siano arrivate segnalazioni su presunte
irregolarità di questo tipo - spiega Franco Palman, Rsu della Uilm - non siamo
in grado di controllare quanto accade in uno stabilimento così grande. Se c’è
qualcosa di irregolare è giusto che venga perseguito, potrà forse valutarlo
l’Arpa». Ma Luigi Pastore, ex addetto al parco ghisa oltre che ex rappresentante
per la sicurezza, ribadisce le sue denunce: «Per anni ho raccolto segnalazioni
di irregolarità che mi venivano sottoposte dai colleghi. Le affiggevo nelle
bacheche in azienda e le inoltravo all’Azienda sanitaria che qualche volta è
intervenuta. Mi era stato anche detto che il catrame veniva sversato sul
fossile, ma non ne sono mai stato testimone diretto. Un fatto allarmante l’ho
visto però di persona: la macchina a colare veniva fatta procedere senza i
rotini cioé le ruote di traino, operazione pericolosissima perché si può rompere
il nastro». «Il tipo di smaltimento che si nota nel video è perlomeno
discutibile - interviene l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -
perché quella massa appiccicosa che si vede rovesciare non può essere polverino
di catrame. Posso però anche dire che un’azione del genere ha una ricaduta sulla
salute assolutamente minima. Chiaro che domani (oggi, ndr) intendo
immediatamente sincerarmi di quanto hanno accertato i tecnici dell’Arpa». Il
deputato della Lega Massimiliano Fedriga chiede che la Ferriera venga chiusa
subito e Serracchiani e Cosolini rimuovano dall’incarico gli assessori
all’Ambiente regionale e comunale.
Silvio Maranzana e Corrado Barbacini
Dai sindacati l’ultimatum al Gruppo Arvedi
Palman (Uilm): «Risposte entro una settimana oppure saremo costretti a
ritornare in piazza»
E frattanto i sindacati lanciano un ultimatum al Gruppo Arvedi che avrebbe
già dovuto sottoscrivere il contratto d’affitto della Ferriera e del quale, dopo
l’incontro in Regione avvenuto il 7 ottobre, si sono nuovamente perse le tracce.
In in una nota firmata da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm, le segreterie provinciali
e le rsu affermano di non essere «più disponibili ad attendere oltre un incontro
che annunciato “a breve” deve chiarire aspetti fondamentali del piano
industriale e ambientale del Gruppo Arvedi». Nell’ultimo confronto era stato
annunciato che il contratto d’affitto sarebbe stato firmato entro qualche giorno
mentre, secondo quanto riportano gli stessi sindacalisti, Stefano Saglia a nome
del Gruppo Arvedi ha affermato che per lo stabilimento triestino esiste già un
piano industriale. In realtà la trattativa sindacale si è interrotta, in modo
abbastanza clamoroso, già prima di partire con una disdetta dell’azienda alla
vigilia dell’apertura del tavolo fissata per l’11 settembre. Qualche giorno
prima in una lettera la Siderurgica triestina (St), società del Gruppo che
dovrebbe affittare la Ferriera e di cui è amministratore unico Francesco Rosato,
aveva annunciato che «allo stato attuale non è ipotizzabile il passaggio presso
St di tutto il personale», il che aveva sollevato forti allarmi tra i
dipendenti. Poi però è calato il silenzio. I sindacalisti chiedono ora di «avere
risposte concrete sul loro futuro ben consapevoli che, in assenza della
realizzazione dell’operazione Arvedi, il commissario Nardi riserverebbe ai
lavoratori un futuro di ammortizzatori sociali al buio». Nardi nell’ultimo
incontro romano era stato particolarmente esplicito: «O si chiude l’operazione
Arvedi o si chiude la Ferriera». «In sostanza - rivela a margine Franco Palman,
rsu della Uilm - diamo ad Arvedi ancora una settimana di tempo, dopodiché saremo
costretti a tornare in piazza». Al Gruppo di Cremona, Fim, Fiom e Uilm chiedono
anche che renda noto «il piano ambientale necessario a ottenere la proroga
dell’Aia e a rispondere alle preoccupazione dei lavoratori e dei cittadini» e
rivendicano l’ottenimento di un incontro urgente. «L’assenza di risposte da
parte del Gruppo Arvedi - concludono - graverà negativamente sul prosieguo delle
relazioni sindacali che, partite con il piede sbagliato, rischiano di confermare
il giudizio negativo rispetto a una inquietante scarsa trasparenza». Ma
frattanto domani, sempre secondo fonti sindacali, dovrebbe arrivare una nave di
carbone comprato da Arvedi, il che smussa leggermente le tensioni.
(s.m.)
Anche dal Wwf “no” ai fuoristrada in Carso
Ma per ora il sindaco di Doberdò è rimasto solo nel negare il transito
alle jeep da Sistiana a Savogna
DUINO AURISINA Anche il Wwf contro la colonna di fuoristrada in raduno il
prossimo 10 novembre con partenza da Sistiana: può deturpare delicati e preziosi
sistemi naturali, che fanno parte del patrimonio collettivo ambientale. Non
solo: i 4x4 in transito sull'Ermada e a Medeazza, nonché in zone a protezione
speciale, rischiano di spaventare la fauna selvatica che, presa dal panico e in
fuga su altre arterie esterne, potrebbe finire investita. Ma gli organizzatori
ribattono: i permessi ci sono tutti, s'è consegnata una cospiscua fideiussione e
c'è anche l'impegno a ripristinare i sentieri eventualmente danneggiati.
L'associazione promotrice, la Nordest 4x4, ha ottenuto dalla Regione tutte le
autorizzazioni del caso, in primis la Valutazione d'incidenza ambientale
(Vinca). Inoltre tutte le municipalità coinvolte, tranne Doberdò del Lago, hanno
aderito, anche con qualche rappresentanza dell'amministrazione (per Duino
Aurisina sarà presente l'assessore Andrej Cunja su un mezzo della Protezione
civile, per Monfalcone la prima cittadina Silvia Altran). Al momento non è
escluso, tuttavia, che il fronte del no, rappresentato dal solo sindaco Paolo
Vizintin, il quale ha espresso diniego allo svolgimento della manifestazione sul
territorio di Doberdò appunto, si allarghi. Secondo quanto trapelato anche il
Comune di Savogna sta in queste ore valutando l'ipotesi di un diniego. Intanto
però il Wwf, per bocca di Guido Pesante, protesta contro la manifestazione: «Che
orgoglio può esserci a condurre questa iniziativa, come si legge sul sito
promotore, su “strade e sentieri normalmente interdetti alla percorrenza”?
Piuttosto domandiamocelo come mai tali vie siano escluse ai veicoli! Si tratta
infatti – sottolinea – di ambiti naturalisticamente protetti, non adatti a
ospitare gare motoristiche, figuriamoci suv e fuoristrada. Come in precedenza il
Wwf si è schierato contro la corsa nei Magredi, a causa della quale l'Italia è
incappata in una procedura di infrazione comunitaria, oppure contro analoghe
iniziative sulle Alpi carniche, anche in quest'occasione non può che essere
contrario al raduno in questione. E ciò perché le aree interessate presentano
una biodiversità ricchissima, da tutelare: non scordiamo che il passaggio dei
mezzi pesanti arreca senz'altro disturbo alla fauna selvatica, spingendola fuori
dal carso col rischio d'investimento sull'asfalto. Vale a tal proposito la pena
di ricordare – conclude – che non stiamo parlando di aree paragonabili per
estensione allo Yellowstone, ma di zone già molto ridotte. Bene ha fatto dunque
il sindaco di Doberdò a porre il diniego, poiché le amministrazioni devono
mettersi di traverso a manifestazioni che entrano in conflitto con la filosofia
di sviluppo del territorio stesso: si vuole promuovere i comuni carsici? Si
facciano gare ciclistiche o podistiche. La coerenza nel pubblico amministrare è
fondamentale». E infatti il sindaco di Doberdò, Vizintin, non ha intenzione di
retrocedere («Sono un pubblico amministratore – dice - e perseguo i valori della
coerenza e della rettitudine, per rispetto al territorio manterrò la linea»),
circostanza che potrebbe costringere l'organizzazione a modificare per una
piccola parte il tragitto iniziale. La partenza è fissata alle 8.30 alla baia di
Sistiana. Dopo il taglio del nastro, il via al percorso di oltre 80 chilometri
che condurrà i partecipanti in quota, transitando per Duino Aurisina,
Monfalcone, Ronchi, Sagrado, Savogna e, secondo il programma, anche a Doberdò.
Ma in quest'ultimo caso il transito, come detto, è stato negato.
Tiziana Carpinelli
«Scarti verdi, c’è il “porta a porta” gratis» -
L’APPELLO AL SENSO CIVICO DI COMUNE E ACEGASAPS
Tempo di potatura? Per Comune e AcegasAps è tempo di ricordare come esista
la raccolta differenziata del verde “porta a porta” a costo zero. Un comunicato
ribadisce infatti l’offerta di «un servizio gratuito di raccolta a domicilio
degli scarti verdi dei giardini, dedicato alle utenze private, cui sono forniti
in uso gratuito i contenitori per la raccolta». Da questa settimana in
particolare, per il periodo invernale, gli appositi bidoni possono essere
ritirati il sabato dalle 8 alle 10 in via Orsera 4. Il servizio di prenotazione
del ritiro a domicilio, col numero verde 800 955 988 , si torna ad ammettere,
«non sta ottenendo il gradimento auspicato. In questo periodo, tipico per le
potature, quotidianamente gli operatori di AcegasAps si trovano a svuotare
cassonetti stradali pieni di foglie, ramaglie e sfalci verdi». Eppure - al di là
dei disagi - «se correttamente differenziati, come prevede il regolamento
comunale, gli scarti verdi sono avviati a recupero e opportunamente lavorati per
ottenere concime organico». Oltre al “porta a porta”, i cittadini, volendo,
possono conferire gli scarti verdi anche ai centri di via Carbonara 3 e Strada
per Vienna 84/a. Eppoi, ora, c’è l’incentivo della differenziata a punti e a
premi: «Sia prenotando il ritiro a domicilio degli scarti, sia conferendoli ai
centri di raccolta, i triestini possono accumulare punti utili per partecipare
al concorso che prevede premi mensili offerti da AcegasAps e uno sconto sulla
Tares applicato dal Comune».
Dibattito sulla“differenziata” - Oggi alle18.30 al Mib
Promossa dal Consiglio della VI Circoscrizione si terrà oggi alle 18.30 nella sala congressi del Mib, in Largo Caduti di Nassiriya 1, un’assemblea popolare aperta sul tema della raccolta differenziata dei rifiuti. Interverranno il vicesindaco Fabiana Martini, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e rappresentanti di AcegasAps.
IL PICCOLO - MARTEDI', 22 ottobre 2013
Moretti: subito la Tav da Milano a Venezia
L’amministratore delegato di Trenitalia: «Il Corridoio Adriatico-Baltico
non è opera prioritaria»
VENEZIA «La priorità è completare la Tav Milano-Venezia a nord e la
Napoli-Bari a sud. Chi sostiene come prioritario il corridoio Adriatico-Baltico
sono altri, non io»: Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia,
intervenuto a un convegno sulle politiche dei trasporti a Venezia, detta la
linea sull’alta velocità e si mostra scettico sulla politica dei corridoi
transeuropei nella quale crede molto invece Bruxelles.Una strategia che di fatto
esclude ancora una volta il nodo di una linea veloce da Venezia a Trieste. Il
Corridoio Baltico Adriatico si estende dal Nordest (Bologna-Ravenna), a salire
verso i porti di Venezia, Trieste e Capodistria, quindi verso Graz, Vienna,
Bratislava, per divaricarsi in Polonia verso il porto di Stetino e dall’altro
lato verso Gdansk e quindi più a Nord fino ai Paesi Baltici. Secondo Moretti
nella nuova legge di stabilità varata dal governo «ci sono sicuramente fondi per
la Tav», anche se – puntualizza – deve ancora «ancora vedere i documenti».
L’Italia insomma può fare da sola e l’ad di Trenitalia è convinto non solo che
questa sia la scelta giusta ma che ci siano anche le possibili coperture
finanziari. Per l’ad di Trenitalia negli investimenti per i trasporti la logica
dev’essere quella che garantisce i risultati migliori. «Chiedere infrastrutture
per fare tutto è semplice, ma un paese che magari ha seicento abitanti deve
capire che non può avere una sua fermata del treno. E siamo alla follia pura se
pensiamo ad un aggancio ferroviario per tutti gli aeroporti», ha aggiunto.
Moretti si è anche aoffermato sul problema rovente del sovraffollamento sui
treni: «Occorrono più risorse - ha affermato- perché i treni sono pochi e, allo
stato delle cose, non possiamo fare miracoli, ma solo cercare di garantire la
massima efficienza E poi ci vuole una programmazione omogenea delle linee,
perché qualche sfilacciatura indubbiamente c'è, anche se occorre tempo per una
programmazione dei servizi a medio-lungo termine». Per mantenere in equilibrio
il settore dei trasporti in Italia bisogna recuperare «quella normalissima cosa
in base alla quale chi usa un servizio ne paga il prezzo», ha detto. «Quante
aziende di trasporto stanno in piedi oggi in Italia? - ha chiesto retoricamente
Moretti alla platea di imprenditori - Non vi sembra che ci sia un problema di
rapporti tra servizi e infrastrutture? Voglio dire questo perché altrimenti non
sta in piedi niente, altrimenti non ci salviamo». Il manager delle ferrovie ha
detto di attendersi passi avanti positivi dalla nuova Autorità dei trasporti:
«Auspico che l'Autorità dei trasporti abbia molta più forza per poter parlare e
dettare le regole a cui conformarci».
pcf
E TriestEspresso nel 2014 trasloca in Porto vecchio
Accordo tra Camera di commercio e Authority per allestire la prossima
edizione nei magazzini 27 e 28: uno spazio di 12 mila metri quadrati tutto da
ristrutturare
Ma che sorpresa, la fiera del caffè 2014, TriestEspresso Expo, sfonda il
muro del Porto vecchio e si prepara ad allestire la prossima edizione alla
Centrale idrodinamica e in due magazzini (il 27 e il 28) che fronteggiano quel
“26” che ospitò la Biennale di Sgarbi, su 12 mila metri quadrati. Ovviamente,
tutti da ristrutturare. Il progetto è in fase avanzata ed è il frutto
dell’accordo tra l’azienda speciale Aries della Camera di commercio e l’Autorità
portuale, che così consolidano lo stretto rapporto esistente. Si realizza
insomma (a costi condivisi, a quanto pare) ciò che era sembrato impossibile
proprio due anni fa, nell’ottobre 2011, quando andarono in cocci i progetti del
presidente della Ccia Antonio Paoletti di usare il semirestaurato Magazzino 26
per le manifestazioni sfrattate da Montebello dopo la messa in liquidazione
dell’ente Fiera, di cui Aries si è fatta da allora carico. I concessionari di
Porto vecchio, Portocittà, che allora c’erano ancora, rifiutarono di spendere il
circa mezzo milione di euro che sarebbe servito per adeguare la struttura alle
esigenze temporanee di eventi fieristici. Paoletti deluso spostò la fiera di
“Olio capitale” e quella sulle “bollicine” del Prosecco al nuovo Magazzino 42
della Stazione marittima, gestito da Ttp di cui egli stesso è presidente. Ma
troppo piccolo per la biennale TriestEspresso Expo che a Montebello aveva 10
mila metri quadrati. L’annuncio di questa novità è stato dato ieri a Milano da
Massimiliano Fabian, presidente di Assocaffé e vicepresidente di Trieste Cluster
Coffee (il distretto del caffé che si occupa di ricerca, innovazione, cultura e
mercati) nell’ambito di Host, salone internazionale della ristorazione. «Sono
assolutamente soddisfatto dell’accordo fra Camera di commercio e Autorità
portuale - dice Fabian da Milano -, ci saranno dei restauri da fare, ma non
eccessivi credo, i costi saranno condivisi da Camera di commercio e Autorità
portuale ma anche la nostra fiera, che è di grande successo economico, darà un
contributo. La Stazione marittima, con tutta simpatia, per noi era
insufficiente. Non trovare una soluzione avrebbe significato o allontanare o far
chiudere la fiera». L’evento è in calendario per il 23-25 ottobre 2014.
L’ingresso sarà alla Centrale idrodinamica e vi saranno all’esterno anche
tensostrutture. Si userà solo il pianoterra dei due magazzini oggi malandati
come tutti gli altri, rendendo meno costoso l’intervento rispetto al “26” dove
si sarebbero dovuti allestire anche i piani superiori con problemi di carico dei
materiali. ©
Gabriella Ziani
Da Sistiana a Savogna con il fuoristrada: ambientalisti
in rivolta
Polemiche sul raduno del 10 novembre lungo il percorso della Grande
guerra. Sì di Duino, divieto di Doberdò
DUINO AURISINA Con i fuoristrada e i suv dalla baia di Sistiana fino a
Savogna e Doberdò, ritornando sull'altopiano di Duino Aurisina dopo un viaggio
di 80 chilometri nel cuore del Carso e “anche lungo il percorso della Grande
Guerra”, su “strade e sentieri normalmente interdetti alla percorrenza”. Sul web
si presenta “ricca di notevoli sorprese” la 6ª edizione del raduno “Alle Porte
dell'Est”, iniziativa non competitiva rivolta ai 4x4 che toccherà anche
Monfalcone, Ronchi e Sagrado, ma gli ambientalisti, a meno di tre settimane
dall'evento, già insorgono. Rischia di diventare un caso, dunque, il raduno di
domenica 10 novembre. E ciò nonostante si siano ottenute tutte le
autorizzazioni, in particolare la Valutazione di incidenza ambientale, dalla
Regione, per un massimo di 100 veicoli. Ci sarebbe il rischio, infatti, di
incorrere in una procedura di infrazione, essendo i luoghi dell'evento inclusi
per buona parte nella Rete ecologica europea Natura 2000, ovvero Zona a
protezione speciale (Zps). Ma non solo gli ambientalisti di Duino Aurisina
protestano, anche i residenti di Doberdò dissentono, tant'è che il sindaco Paolo
Vizintin, con l'appoggio unanime della giunta, ha espresso diniego allo
svolgimento della manifestazione sul suo territorio, inoltrandolo agli
organizzatori, alle Province di Trieste e Gorizia, alla Forestale e ai
carabinieri. E Duino Aurisina? Per la giunta Kukanja "tutto regolare", anzi
l'assessore Andrej Cunja sarà al raduno su un mezzo della Protezione civile.
«Non c'è motivo d'osteggiare l'evento – sottolinea Vladimir Kukanja – e lo
pensano anche le altre municipalità: il sindaco di Monfalcone sarà pure al
raduno. Se a qualcuno l'iniziativa dà fastidio a qualcun altro piace: il Comune
deve essere super partes. Non si può estremizzare ogni cosa». Concorda Cunja,
che conferma il transito per l'Ermada e Medeazza, nonché il via libera delle
Comunelle: «I mezzi transiteranno sulle strade bianche e non faranno i
fuoripista, poiché non è una gara competitiva. Infine vale la pena considerare
che i promotori, l'associazione Nordest 4x4, perseguono nelle loro attività
anche fini umanitari, risultando impegnati nella consegna di aiuti alle
popolazioni nordafricane». Ma non tutti la pensano così, Maurizio Rozza,
sollecitato dagli ambientalisti, dice invece che “usare un fuoristrada non è il
modo corretto per fruire della natura con rispetto”. «Ho informato il sindaco
delle mie perplessità - prosegue -, prospettandogli le norme e i vincoli delle
Zps. Apprendo con rammarico che ha avuto da consulenti più capaci altre
informazioni. Il mio intento primario è di difendere da possibili contenziosi
l'ente e la squadra di Protezione civile. Alla luce di quanto accaduto in Val
Rosandra credo sia giusto fare tutti gli sforzi per interpretare correttamente
le direttive comunitarie e le norme italiane di recepimento della materia legata
alla conservazione della biodiversità». Intanto il sindaco di Doberdò ha
espresso «divieto allo svolgimento di qualsiasi attività inerente la
manifestazione» nel Comune. Questo perché le stesse attività, «oltre ad arrecare
vari fenomeni di inquinamento ambientale (acustico e atmosferico) al fragile
ecosistema carsico, sono assolutamente incompatibili con i costumi, gli usi, le
tradizioni e le attività locali (agro-silvo-pastorali, escursionistiche e
turistiche) nonché potenzialmente pregiudizievoli per il territorio, l'ambiente,
i residenti e la proprietà pubblica e privata». Vizintin è perplesso davanti ai
permessi regionali, poiché in altri contesti «a contadini e titolari di terreni
sul Carso vengono imposti normalmente vincoli severissimi nelle loro azioni,
come pure ai loro mezzi meccanici».
Tiziana Carpinelli
La cava Brusich “fuori” dalla Val Rosandra - POLEMICHE
SULLA RIPERIMETRAZIONE
SAN DORLIGO Il nodo della riperimetrazione della Val Rosandra passa
attraverso tanti piccoli casi ancora da risolvere in cui rischiano di insinuarsi
alcuni possibili conflitti di interesse. Uno di questi riguarda la cava dismessa
di Bagnoli della Rosandra, nota come cava Brusich, conosciuta anche come “il
cuore”, vista la sua caratteristica forma. Nella proposta di esclusione dal
perimetro provvisorio della Riserva, avanzata dalle Comunelle e poi passata
durante l'ultima riunione del Consiglio comunale di San Dorligo della Valle, la
cava Brusich “dal punto di vista naturalista non può essere considerata un sito
di particolare pregio”. Ma la scelta di estromettere l'area non è passata
inosservata al consigliere comunale della lista civica di opposizione Uniti
nelle Tradizioni, Boris Gombac: «Le Comunelle hanno deciso di togliere la cava
Brusich dai confini della Riserva naturale regionale, peccato che il
coproprietario di questa area sia proprio il presidente della Comunella di
Bagnoli, a palese riprova che siamo di fronte ad un caso di conflitto di
interesse». Il motivo per cui l'area dovrebbe essere scorporata dalla Riserva
riguarda anche il possibile sviluppo dell'area. Ben prima infatti della
perimetrazione provvisoria all'interno della Val Rosandra, attualmente ancora in
vigore, l'area della cava Brusich prevedeva una destinazione urbanistica per
attività agrituristica. E a tale proposito Gombac rivela un clamoroso
finanziamento pubblico ottenuto dal Comune di San Dorligo della Valle:
«L'amministrazione ha ottenuto un contributo pari a 200 mila euro dalla
Protezione Civile per riqualificare un'area privata, e non pubblica, sita
proprio vicino alla cava, con la scusa che l'acqua del Rosandra sta erodendo la
base del terreno in questione». A riprova di quanto affermato Gombac riferisce
che il terreno interessato dai lavori finanziati da soldi pubblici non rientra
nel registro delle strade in possesso del Comune e l'accesso è chiuso con una
catena con tanto di scritta “proprietà privata Comunella di Bagnoli”.
Sull'argomento della cava Brusich l'assessore comunale all'Ambiente Elisabetta
Sormani ha preferito non entrare nel merito. Gombac però promette battaglia:
«Non c'è chiarezza su quello che sta accadendo attorno alla riperimetrazione
della Val Rosandra, e ora che chi di dovere indaghi perché la Riserva naturale è
un patrimonio di tutti».
Riccardo Tosques
Servizio civile Bando aperto per 218 giovani tra 18 e
28 anni - VOLONTARIATO
TRIESTE Riparte anche in Friuli Venezia Giulia il Servizio Civile Nazionale,
dopo lo stop del 2012. Le selezioni, nell’intero Paese, si riaprono per 15.466
giovani. Numeri comunque ben lontani rispetto agli anni 2005-2007 quanto ancora
le disponibilità in Italia viaggiavano sull’ordine delle 45 mila unità. Un calo
in linea con quello registrato in regione. Le proporzioni, infatti, sono del
tutto analoghe: in Fvg si è passati dai 416 posti del 2007 ai 258 del 2011. Ora
in regione il nuovo bando riserva l’opportunità di un’esperienza nel
volontariato per 218 ragazzi, in età compresa tra i diciotto e i vent’otto anni.
I progetti finanziati coinvolgono tutte le province: 69 a Trieste, 34 a Gorizia,
78 a Udine e 37 a Pordenone. Il Servizio Civile propone ai giovani un impegno di
trenta ore settimanali per dodici mesi, con un riconoscimento economico di 430
euro mensili, e iniziative in vari ambiti: si va dall’assistenza, con
possibilità di inserimento sia dalle aziende sanitarie che nelle associazioni,
alle attività culturali in biblioteca, università, consorzi e Comuni. O il
sostegno scolastico e l’accompagnamento ricreativo a minori, come il doposcuola,
l’animazione (Salesiani, Acli); mentre altre associazioni (come Arci Servizio
Civile, CSV) operano storicamente a fianco del mondo giovanile. La scadenza del
bando è fissata per il 4 novembre prossimo e le domande possono essere
presentate nelle sedi degli enti. Durante tutto il periodo di apertura del bando
sono operativi a cura del progetto Infoserviziocivile della Regione diversi
punti informativi nelle quattro province, dove è possibile ricevere il supporto
di operatori qualificati, sia in termini di orientamento, sia per la
compilazione delle domande. Per ottenere altre informazioni, o semplicemente per
farsi un’idea di cosa significa fare l’esperienza del servizio civile, è anche
possibile consultare il sito internet
www.infoserviziocivile.it.
(g.s.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 21 ottobre 2013
L’accordo tra Elettra e Arvedi bloccato dalla questione
Cip6
A Milano l’annuncio dei vertici della centrale di cogenerazione di
Servola ai sindacalisti: pronti a dare energia alla Ferriera in cambio dei gas
di risulta, ma deve risponderci il Gse
Un accordo commerciale sarà stipulato tra Elettra produzione e Gruppo Arvedi
e prevederà lo scambio dei gas di risulta dell’altoforno e della cokeria (con i
quali produrre energia) con la fornitura di energia alla Ferriera di Servola.
L’annuncio è stato fatto dai vertici di Elettra di cui è presidente Luca Ramella,
ma che è proprietà del fondo inglese Alix partners, alla rappresentanza
sindacale della centrale triestina guidata da Michele Piga segretario
provinciale della Filctem, gli elettrici della Cgil, nel corso del confronto
svoltosi nei giorni scorsi a Milano. Tutto questo però non può ancora avvenire
in quanto il Gse, cioé il Gestore dei servizi energetici di cui è socio unico il
ministero dell’Economia e delle finanze, non ha ancora risposto alla richiesta
che Elettra produzione ha avanzato, ancora a marzo, di risoluzione anticipata
del Cip 6, sigla che identifica la convenzione in base alla quale chi produce
energia da fonti rinnovabili o assimilate (tra queste rientrano anche quelle che
utilizzano i gas di risulta) ha diritto a rivenderla al Gse a un prezzo
superiore a quello di mercato. Ciò grazie a un sovraprezzo del 6-7% sulla
bolletta a scapito dei consumatori. «Non essendo ancora giunta la risposta del
Gse - spiega Piga - e di conseguenza non sapendo se si procede senza o con Cip 6
non si sa ancora quale tipo di accordo andare a stipulare». Questo problema
bloccherebbe non solo l’accordo con Elettra ma anche il contratto d’affitto che
Arvedi, tramite la neocostituita società Siderurgica triestina, ha annunciato
già da mesi di voler fare con la Lucchini che si trova in amministrazione
straordinaria prima di giungere alla definitiva proposta d’acquisto della
Ferriera. Elettra avrebbe chiesto la risoluzione anticipata perché così potrebbe
essere subito liquidata con incentivi spettanti che secondo stime non ufficiali
sarebbero pari a 57 milioni di euro. La centrale funziona ora a ciclo combinato,
ma Piga riferisce che a Milano è stato precisato che per il futuro rimangono
aperti due scenari: il ciclo combinato o, in alternativa, il ciclo classico.
«Abbiamo comunque ottenuto un Tavolo - precisa il sindacalista - dove avviare la
trattativa per salvaguardare i livelli occupazionali». Per accelerare la
risposta del Gse, Elettra produzione ha fatto anche ricorso al Tar e i giudici
amministrativi hanno intimato al Gestore dei servizi energetici di concludere la
fase di valutazione in un massimo di tre mesi che scadrebbero attorno al 20
dicembre. «Non appare condivisibile la tesi della ricorrente (Elettra, ndr) -
scrive il Tar - secondo cui il Gse debba limitarsi a effettuare una mera
operazione aritmetica tra la stima degli oneri connessi alla durata residua
delle convenzioni e gli oneri derivanti dalla risoluzione anticipata», ma anche
che «tale operazione di verifica non sembra possa protrarsi a tempo
indeterminato, ma necessita di essere conclusa in tempi ragionevoli, posto che
l’istanza della ricorrente risale a marzo 2013». In conseguenza di ciò i giudici
hanno concesso a Gse un termine massimo di 90 giorni dalla data dell’ordinanza.
Il costo dell’energia è elemento cruciale nell’operazione Arvedi, ma se ne
aggiungono almeno altri tre: il rinnovo dell’Aia che Lucchini intende far
slittare, la concessione demaniale che scade a dicembre, il commissariamento
dell’area che la Regione vuole, ma l’Autorità portuale contrasta.
Silvio Maranzana
Case, negozi e park a Duino Riparte l’iter della Vas
Nel progetto anche una rotatoria e una vasta area verde con campo
sportivo Ma resta in piedi il ricorso presentato al Capo dello Stato e poi
trasposto al Tar
DUINO AURISINA Torna in pista la procedura di Valutazione ambientale
strategica (Vas) per il progetto edilizio di Duino nord, dove sulla carta sono
previste sei nuove palazzine e una rotatoria per snellire il traffico d'ingresso
sulla regionale 14. Ma di pari passo avanza anche il contenzioso tra
imprenditore e pubblico, finito ora davanti al Tar. Nel dettaglio, tra le “case
verdi” e l’ex mobilificio Arcobaleno è previsto lo sviluppo di un complesso
immobiliare composto - oltre che dalle sei palazzine - anche da un edificio per
servizi pure commerciali, parcheggi e una vasta area verde attrezzata con campo
sportivo. Sull'arteria principale, la 14 appunto, è prevista anche una rotatoria
che faciliti il transito da e per Monfalcone, l’accesso a Duino e al nuovo
insediamento. La proprietà rappresentata da Eugenio Pahor, stando al progetto,
cederebbe l’area necessaria a Fvg Strade per l'esecuzione dell’opera. Ma veniamo
all'iter. Il processo della Vas per quel Prpc-Piano particolareggiato
d'iniziativa privata dell'ambito A4 di Duino nord era stato interrotto dalla
mancata presentazione del Rapporto ambientale e, soprattutto, dal ricorso
straordinario del proponente al Presidente della Repubblica contro la delibera
giuntale - datata novembre 2012 - con cui l'esecutivo Kukanja, supportato dai
pareri espressi sia del servizio regionale Tutela beni paesaggistici sia della
Seconda commissione consiliare permanente assieme alla Capigruppo, aveva deciso
di procedere all'applicazione completa dell'iter di Valutazione ambientale
strategica. Al ricorso di Pahor il Comune si era però opposto, chiedendone la
trasposizione al Tar, poi ottenuta. Ora il cittadino proponente, che frattanto
non ha rinunciato al contenzioso ma anzi si è costituito in giudizio davanti al
Tar, rinunciando però all'istanza di sospensiva degli atti contestati, ha deciso
in parallelo di mandare avanti l'iter di Vas per quell'ambito A4 e la giunta
comunale, con recentissima delibera, ha preso atto della nuova documentazione
prodotta, accogliendo la richiesta del privato. La proprietà lo scorso 6 agosto
aveva infatti prodotto e protocollato il Rapporto ambientale per la Vas e la
sintesi non tecnica del rapporto stesso: ora il Comune la inoltrerà al soggetto
competente che ne aveva fatto richiesta, cioè al Servizio regionale Tutela Beni
paesaggistici. La giunta, va detto, ha seguito il parere del legale incaricato
dal Comune della faccenda, che ha consigliato alla maggioranza di centrosinistra
di dar seguito all'iter di Vas sospeso, in attesa dell'esito del contenzioso al
Tar. Saranno ora i giudici del Tribunale amministrativo regionale a dirimere la
questione.
Tiziana Carpinelli
«Antenne da spostare, non c’è alternativa»
Nesladek: se qualcuno ha altre proposte le faccia, l’atteggiamento
pilatesco danneggia il territorio
MUGGIA La necessità assoluta di intervenire con una delocalizzazione
studiata ad hoc da tecnici esperti. Il dolore nel sapere che molti cittadini,
soprattutto a Santa Barbara, saranno contrari a tale progetto. L'accusa
all'opposizione di essere come Ponzio Pilato di fronte a una situazione in cui
bisogna invece assumersi le proprie responsabilità. Con una sorta di lettera
aperta il sindaco di Muggia Nerio Nesladek interviene sulla questione dei
tralicci di Chiampore e sul piano di delocalizzazione di questi impianti, che
verranno spostati sul Monte Castellier e in zona Fortezza, approvato direcente
dal Consiglio comunale. Dopo le aspre diatribe degli ultimi giorni dei membri
del Pdl, che non hanno dato il loro nulla osta al Piano perché considerato solo
uno studio che non può dare pareri se non molto indicativi sulla salute,
Nesladek vuole fare chiarezza. Pdl «Il problema delle antenne nel rione di
Chiampore passa attraverso delle scelte non facili che questa amministrazione ha
deciso di compiere dopo essersi confrontata, in maniera franca, coi cittadini:
tutte le forze politiche in Consiglio sarebbero dovute convergere su una
soluzione oppure, dissentendo legittimamente da quella proposta
dall'amministrazione, ne avrebbero dovuto proporre altre efficaci», esordisce il
primo cittadino. «Assistiamo invece a un atteggiamento pilatesco» che «danneggia
tutto il territorio e per primi i cittadini di Chiampore», accusa Nesladek.
Abusi «A oggi esiste un grave problema di inquinamento elettromagnetico e di
abusi edilizi a Chiampore che, in nome della legge e della tutela della salute,
devono essere risolti perché il sacrosanto principio di precauzione ci impone di
agire», prosegue Nesladek. Ricordando il diritto delle emittenti di poter
trasmettere, essendo le stesse considerate un servizio pubblico, la soluzione
«non poteva passare che attraverso l'individuazione di siti alternativi che
rispondessero a due caratteristiche fondamentali: essere adatti tecnicamente
allo scopo e delocalizzati rispetto ai centri abitati, in primis quello di
Chiampore». Salute «Tutti i nuovi impianti dovranno osservare il principio di
precauzione: le emissioni elettromagnetiche non potranno superare il valore che
l'Europa considera precauzionale e che è di ben 10 volte inferiore al limite di
legge italiano. Chi sfora pagherà una sanzione e potrà vedersi l'impianto
chiuso». Ma chi controllerà? «Un organismo terzo, come ad esempio l'Università
con la quale il Comune si convenzionerà. Una realtà già operante in quanto
scritta della convenzione firmata tra il Comune e la società che costruirà il
sito sul Monte Castellier". Santa Barbara «Capiamo bene le obiezioni di molte
persone nel rione di Santa Barbara, ma sappiamo anche che a Chiampore esiste un
rischio per la salute non più accettabile», scrive il Comune. Nesladek è
consapevole che «è una strada difficile e avremo contro molti cittadini, e
questo mi addolora». Ma attualmente «è l'unica strada che abbiamo davanti per
dare un po' di respiro a Chiampore senza inquinare altrove. Potremo così
contestualmente ordinare a tutti gli abusivi di spostarsi nei nuovi siti senza
che nessuno possa opporsi. Se qualcuno ha altre proposte, bene, ma devono essere
proposte che non rimandino più la soluzione del problema».
Riccardo Tosques
Il Bel Paese sempre più grigio È il cemento che ci
sovrasta
Dal 1956 al 2010 il territorio urbanizzato in Italia è passato da 170 metri
quadri di suolo per abitante a 343. Quasi il doppio, insomma. Il dato, messo
nero su bianco dall’Istituto superiore protezione e ricerca ambientale, si
traduce in altre parole nel 6,9 per cento di suolo nazionale cementificato
contro la media europea del 2,3 per cento. Il Belpaese, da un lato museo a cielo
aperto e panorami mozzafiato, e dall’altro bollino nero per cemento selvaggio ed
edilizia che genera ecomostri. Consumo scriteriato del suolo che porta
inevitabilmente problemi di sicurezza idrogeologica, con frane, erosioni e
inondazioni (annunciate), di cui tanto ci si stupisce poi a tragedia avvenuta.
Un catastro-film, protagonisti gru e betoniere che sputano cemento e
impoveriscono sempre più la morfologia del Paese da un capo all’altro, come
mostrerà questo pomeriggio alle 17 al Museo di Storia naturale l’intervento di
Francesco Vallerani dal significativo titolo “Italia desnuda, percorsi di
resistenza nel Paese del cemento”. La conferenza - promossa dal Wwf cittadino in
collaborazione con i musei scientifici - del professore ordinario di Geografia
dell’università Ca’ Foscari, autore dell’omonimo saggio (preceduta dalla
prolusione dell’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena
Marchigiani) affronterà l’emergenza ambientale causata dall’ipersfruttamento
urbanistico delle regioni italiane sia dal punto di vista del danno oggettivo
del patrimonio ambientale comune sia da quello affatto trascurabile
dell’impoverimento culturale. Che si traduce nella progressiva perdita della
capacità di percepire il bello, speculare a quella di non reagire al brutto.
«Una china pericolosa che porta alla progressiva assuefazione alle disarmonie,
alle sgradevolezze architettoniche. Ci si rassegna allo scempio e ci si culla
con la consolatoria promessa di centri commerciali sempre più grandi in cui
incanalare fittiziamente la vita sociale», commenta Vallerani, la cui sfida è
svegliare l’eco-coscienza dei cittadini per recuperare il senso del bello e di
appartenenza ai luoghi. «Il paesaggio sfregiato – spiega l’autore di Italia
desnuda – produce disagio e angoscia». Purtroppo, si direbbe che dalle
esperienze negative fatte in questo mezzo secolo – lo scorso 9 ottobre
ricorrevano i 50 anni dalla tragedia del Vajont che uccise quasi duemila
persone, per non parlare delle altre alluvioni, frane, esondazioni e terremoti –
il Belpaese non abbia tratto un gran insegnamento, l’urbanizzazione selvaggia
cammina veloce, e si va incontro con passo spedito alla scomparsa del patrimonio
ambientale. E pensare che con precoce visione ecologica, nella ballata
ambientalista ante litteram “Il ragazzo della via Gluck” Adriano Celentano
denunciava già all’inizio degli anni ’60 i rischi della speculazione edilizia,
che si mangiava il territorio. E difatti, il concetto di città circondata dalla
campagna è scomparso, come annunciava profeticamente il molleggiato: “là dove
c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai, dove
sarà”. Ingresso libero.
Patrizia Piccione
IL PICCOLO - DOMENICA, 20 ottobre 2013
Authority e Regione, la sfida per la banchina di
Servola
Due commi del Decreto del fare2 prevedono che la governatrice diventi
anche commissario dell’area da riconvertire.
Savino (Pdl): «Il Pd per coerenza deve cassare questa
norma»
«Il comma resiste anche nella più recente bozza del Decreto del Fare2 e
contiamo di farlo resistere. Credo che anche il ministro Lupi stavolta possa
darci una mano», afferma Ettore Rosato deputato del Pd. «Sarà lo stesso Pd a
togliere quel comma se ha un minimo di coerenza con se stesso», ribatte Sandra
Savino deputato del Pdl. Il comma in questione attribuisce alla presidente della
Regione Debora Serracchiani i poteri di commissario nell’area da riconvertire
della Ferriera di Servola, compresa però la banchina e la zona retrostante.
Sostanzialmente, secondo i suoi detrattori, commissaria una parte del porto di
Trieste e segna il primo tentativo di riconquista in vista della grande
battaglia sul rinnovo dei vertici dell’Autorità portuale che si combatterà
l’anno prossimo. La questione è in ballo già da qualche settimana, ma ora che il
ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato ha annunciato che il decreto
sarà portato in Consiglio dei ministri entro quindici giorni, la temperatura si
è fatta torrida e voci non confermate sostengono che il ministro di
Infrastrutture e Trasporti Maurizio Lupi, dal quale oltretutto le Autorità
portuali dipendono, si stia adoperando per cassare i commi triestini. Dopo una
bozza resa nota il 23 settembre se ne è aggiunta un’altra il 9 ottobre che porta
anche una serie di corpose modifiche, ma la parte che riguarda Trieste è rimasta
sostanzialmente intatta passando, come tutta la materia delle bonifiche,
dall’articolo 6 all’articolo 8. I commi che riguardano Trieste sono il 10 e l’11
e si richiamano alla legge che reca disposizioni urgenti per l’area industriale
di Piombino alla quale è stato agganciato anche il caso Trieste. «Al fine di
assicurare la realizzazione degli interventi - si legge - il presidente della
Regione Friuli Venezia Giulia è nominato, senza diritto ad alcun compenso,
indennità, rimborso spese ed emolumento e comunque senza nuovi e maggiori oneri
a carico della finanza pubblica, Commissario straordinario». «Il Commissario
resta in carica per la durata di un anno, prorogabile». «Il Commissario assicura
la realizzazione degli interventi urgenti e per ogni adempimento può avvalersi
degli uffici e delle strutture di amministrazioni pubbliche, centrali, regionali
e locali, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili
a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il
Commissario straordinario si avvale altresì dell’Autorità portuale di Trieste e
del Comune di Trieste quali soggetti attuatori». «Vedremo quale sarà il nostro
atteggiamento quando il decreto avrà assunto la forma definitiva - commenta Aris
Prodani deputato del Movimento 5 stelle - ma è chiaro che messo così si tratta
di un esplicito tentativo di sottomettere l’Autorità portuale a Debora
Serracchiani. Un Accordo di programma è un’operazione molto delicata a cui
devono compartecipare molti soggetti, si passerebbe invece a un organo
monocratico». «Non siamo noi che dobbiamo opporci a questo comma, è il Pd che
deve toglierlo - conclude Savino - Serracchiani ha sempre detto di essere contro
i commissari, per cinque anni il Pd ci ha tormentati per il commissariamento
della Terza corsia: adesso abbia un minimo di coerenza».
Silvio Maranzana
Rosato: «È l’unico modo per dare garanzie agli
investitori»
«Il commissariamento dell’area di Servola non toglie all’Autorità portuale
nessuno dei poteri che le servono per far funzionare il porto di Trieste». Lo
sostiene Ettore Rosato (foto), deputato triestino del Pd e assertore della norma
contenuta nel decreto del Fare2, che ribatte alle accuse che arrivano da Pdl e
grillini. «Il Partito democratico - afferma - è coerente nella posizione di fare
i commissariamenti quando servono. Abbiamo fatto bene a tormentare per cinque
anni il Pdl contro il commissario per la terza corsia perché si è visto quanto è
servito. Nel caso di Servola invece si tratta anche di offrire garanzie da parte
della pubblica amministrazione a chi vuole investire. Mi auguro - conclude
Rosato - che il Pdl non voglia usare Lupi per danneggiare Trieste, ma sono certo
che il ministro è in grado di fare scelte personali e responsabili».
(s.m.)
Riperimetrazioni in Val Rosandra, polemiche
Il consigliere Gombac contesta il progetto affidato alle Comunelle
“interessate alla compensazione”
SAN DORLIGO Non c'è pace per la Val Rosandra. Il gioiello naturalistico del
Comune di San Dorligo della Valle, alla luce della ribalta nazionale dopo i
devastanti interventi dell'aprile 2012 compiuti dalla Protezione Civile, ora fa
parlare di sé per un altro delicato capitolo: la riperimetrazione dell'area,
chiesta a gran voce dalle realtà socio-economiche dei residenti e portata avanti
dalle locali Comunelle, le comunioni familiari di diritto privato senza fini di
lucro. Il processo di riperimetrazione della Val Rosandra è iniziato circa 7
anni or sono dopo la firma dell'accordo di programma tra la Regione e il Comune
di San Dorligo per l'attuazione e gestione della Riserva naturale regionale.
Durante questo lasso di tempo si è attesa la perimetrazione definitiva della
Valle, in sostituzione della perimetrazione provvisoria, con la redazione del
prescritto Piano di conservazione e sviluppo (Pcs). Nel luglio scorso, dopo una
lunga attesa, a sorpresa la Giunta Premolin dichiara che gli obiettivi della
società Dream Italia (a cui era stato affidato il progetto) e quelli
dell'amministrazione comunale “sembrano non avere alcuna convergenza”. Con la
risoluzione del contratto. A questo punto ecco inserirsi, con un altro colpo di
scena, le Comunelle. Attraverso una proposta di delibera il Comune infatti
annuncia una nuova perimetrazione avvenuta grazie all'intervento finanziario e
tecnico diretto delle Comunelle, interessate in prima persona alla
“compensazione” essendo diversi loro appartenenti proprietari delle terre
contese. Le proposte di modifica del perimetro provvisorio non riguardano solo
una serie di piccole modifiche tendenti a seguire tracciati facilmente
individuabili - stradine, piste, corsi d'acqua, muretti a secco, barriere
naturali - ma include modifiche con compensazioni non chiare più consistenti a
Grozzana, Bagnoli e Dolina. Da qui i tanti dubbi su un possibile conflitto di
interessi sono stati portati dinanzi il Consiglio comunale da parte del
consigliere della lista civica Uniti nelle Tradizioni, Boris Gombac: «Le
Comunelle non hanno presentato agli Uffici alcuna richiesta o proposta né tanto
meno deliberato quale “compensazione” ottenere dai terreni di proprietà delle
stesse». Per Gombac «sfugge a quanti ettari ammontano le superfici interessate
alla “compensazione” ed alla esclusione. Trova solo menzione una superficie
boschiva di 1,5 già trasformata in uliveto sopra l'abitato di Dolina, che
andrebbe compensata dall'inclusione di una superficie non ben definita su
proposta della Comunella di Dolina, sopra l'abitato di Crogole. Un intervento
fatto, dicono, per interrompere la monotonia visuale del bosco, alternando
colture pregiate». Pronta la replica dell'assessore all'Ambiente Elisabetta
Sormani: «C'è stata massima trasparenza sulle proposte avanzate dalle Comunelle,
ma nessuno ha fatto opposizioni o osservazioni in tal senso. Confermando che la
perimetrazione provvisoria era piena di problemi con terreni o addirittura case
tagliate a metà, devo invece dire che l'autorizzazione per la trasformazione
dell'ettaro e mezzo in terreno da albicocchi prima e olivi poi è stata
regolarmente concessa».
Riccardo Tosques
Muggia, ispezione sul torrente inquinato
MUGGIA «Gli interventi finora realizzati dovrebbero avere sanato quasi
definitivamente il problema dell'inquinamento del Fugnan, anche se il
condizionale è d'obbligo perché lo stesso è e sarà sempre oggetto di
infiltrazioni da impianti privati di smaltimento malfunzionanti che risultano di
difficile/impossibile individuazione». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek
analizza così la situazione del torrente Fugnan, protagonista di un inquinamento
da azoto, batteri e escherichia coli. Assodato, dalle analisi del Comune, che il
fenomeno di contaminazione non deriva dalla nazione di nascita del Fugnan, ossia
la Slovenia, bensì dall'area residenziale muggesana nel tratto a valle dell'asta
del torrente, l'amministrazione comunale ha organizzato un intervento
indirizzato ad effettuare ulteriori campionamenti mirati. Da qui il risultato
che il torrente, che sbocca a fianco dell'ex distributore Esso, risulta
inquinato da colibatteri fecali, chiari indicatori di presenza di scarichi
fognari attivi di natura residenziale. Alla luce di ciò, è stata quindi
richiesta ad Acegas una video-ispezione del tratto interrato del torrente, che
passando da via Forti scende su via XXV Aprile per poi passare su via Mazzini,
via Roma e sfociare accanto al lastrico Caliterna. Grazie ad una spesa di 35
mila, le analisi effettuate pochi giorni fa, ad un anno di distanza da quelle
che avevano fatto emergere l'inquinamento, hanno evidenziato una diminuzione a
dir poco significativa dei dati salienti - azoto, batteri e escherichia coli -
che come spiega il Comune “risultano ridotti a un decimo rispetto ai medesimi
dati risultanti dal primo campionamento”. Un dato fra tutti quello relativo ai
batteri coliformi che registra “una diminuzione da 2 milioni a 187 mila”. E in
Municipio c'è ottimismo: non appena verranno completati gli ultimi interventi in
corso i dati dovrebbero migliorare .
(ri.to.)
IL SOLE 24ore - SABATO, 19 ottobre 2013
Addio al rigassificatore di Trieste
Tecnicamente è un "preavviso di rigetto": non ancora la mossa definitiva, ma un passo significativo del ministero dell'Ambiente verso la revoca della concessione per il rigassificatore di Zaule, Trieste. La Via era stata concessa nel 2009.
IL PICCOLO - SABATO, 19 ottobre 2013
Lucchini fa slittare la richiesta dell’Aia per la Ferriera
Sono trascorse altre due settimane di silenzio per la Ferriera di Servola dopo che nell’incontro dell’altro lunedì presieduto dalla governatrice Debora Serracchiani era stato annunciato che il contratto d’affitto da parte di Arvedi sarebbe stato firmato a giorni. C’è ormai la precisa sensazione in tutti i rappresentanti sindacali che la trattativa si sia rivelata più complicata del previsto, ma tutti vogliono dimenticare la frase pronunciata dal commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi nell’incontro del 16 luglio: «O la trattativa con Arvedi si chiude entro il 31 agosto oppure a chiudere, nella medesima data, sarà la stabilimento». È già stato siglato l’accordo commerciale per la fornitura della ghisa al Gruppo Arvedi che ha anche anticipato 25 milioni per l’approvvigionamento di materiale e prospettato un investimento di 20-22 milioni per l’ammodernamento degli impianti soprattutto nell’ottica dell’impatto ambientale. Fatto sta che lo stabilimento triestino è ancora proprietà di Lucchini che, secondo quanto rivela il deputato del Movimento 5 stelle Aris Prodani, ha ora chiesto tre mesi di proroga per presentare i documenti integrativi allo scopo di ottenere il rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale. «Ma chiedere altri tre mesi - osserva Prodani - significa arrivare a febbraio 2014 data in cui l’Aia perderà la propria efficacia e la Ferriera non potrà più operare con altoforno e cokeria. È una mossa dunque - conclude il parlamentare - che potrebbe anche sottendere all’intendimento di Arvedi di puntare esclusivamente sulla logistica lasciando cadere la produzione a caldo perché oltretutto Arvedi in nessuna sede ha mai ancora presentato nemmeno un anticipo del piano industriale per la Ferriera». Ma ulteriori due elementi di incertezza attendono rapida definizione: la concessione da parte dell’Autorità portuale che scade a dicembre e la questione della centrale Elettra. Proprio ieri al Ministero dello sviluppo economico c’è stato un drammatico confronto tra i responsabili della Lucchini e i rappresentanti sindacali dello stabilimento di Piombino per bloccare la chiusura di quell’altoforno prevista per fine dicembre e che dà lavoro a cinquemila persone. A Trieste, grazie all’arrivo di Arvedi, la situazione sembrerebbe meno grave, ma all’interno dello stabilimento continua la preoccupazione. I rappresentanti dei lavoratori per la maggior parte tacciono. Soltanto la Failms in questi giorni ha diffuso una nota in cui si dice convinta che «la delegazione sindacale sarà in grado di mettere in campo gli strumenti che ha a disposizione affinché venga garantita la continuità produttiva nel rispetto delle normative ambientali e di sicurezza e salute dei lavoratori» e ricorda che le procedure per i trasferimenti di aziende «sono state modificate con massima tutela dei lavoratori in caso di cambio di imprenditore e di continuazione o mancata continuazione dell’attività per le aziende in amministrazione straordinaria».
Silvio Maranzana
Bonifiche “sommerse”: ora l’accelerazione
Passati un anno e cinque mesi dall’accordo di programma firmato da Clini
Carte ferme in Regione. L’assessore Vito: «Riaperto il dialogo con l’Ezit»
La prossima potrebbe essere una settimana decisiva per la chiusura del
cerchio fra Regione ed Ezit sul nodo del Sito inquinato. Dopo un anno e cinque
mesi dalla firma dell’accordo di programma definitivo, promosso dall’allora
ministro dell’Ambiente Corrado Clini e siglato in Prefettura tra ministero,
Regione, Provincia, Comune, Autorità portuale ed Ente zona industriale di
Trieste. Era il 25 maggio 2012. La Regione avrebbe poi dovuto conferire
formalmente - attraverso l’atto di delegazione amministrativa - l’incarico
all’Ezit (con la destinazione dei fondi e l’affidamento delle specifiche
mansioni) per la gestione della questione bonifiche, in modo così da far partire
subito la gara d’appalto per carotaggi e analisi del rischio nell’area. Il
passaggio necessario da parte regionale, però, non è ancora stato effettuato. In
questo lungo periodo di tempo, nell’aprile 2013 ci sono state le elezioni che
hanno chiuso l’era Tondo spalancando le porte della Regione a Debora
Serracchiani e al centrosinistra. Il tempo è trascorso, quasi un anno con la
precedente amministrazione di centrodestra e altri cinque mesi con quella
attuale subentratale dopo il voto, e si attende ancora. «Nell’accordo erano
state indentificate procedure semplificate. Dovrebbe essere abbastanza facile
procedere»: è l’osservazione proprio di Corrado Clini, ora da “spettatore
esterno” dell’annosa vicenda. Conclusa l’esperienza del governo Monti, l’ex
ministro è infatti rientrato nel suo ruolo di direttore generale per lo sviluppo
sostenibile, il clima e l’energia del Ministero dell’Ambiente. «Avevo accelerato
sulle bonifiche del Sin - aggiunge Clini - e fino a quando me n’ero occupato non
avevo mai riscontrato un atteggiamento di freno da parte della Regione. Anzi -
conclude -, aveva avuto un ruolo importante e assieme al Comune si erano
dimostrati gli enti più interessati ad arrivare all’accordo». Un anno e cinque
mesi dopo, qualcosa si sta adesso muovendo per giungere alla formalizzazione
dell’incarico all’Ente zona industriale: gli uffici della Direzione Ambiente
della Regione e quelli dell’Ezit stanno dialogando, nell’ottica di una
condivisione del documento da definire. Per mercoledì prossimo, il 23 ottobre, è
in calendario un incontro fra tecnici. Lo conferma il presidente dell’Ezit,
Dario Bruni, spiegando come sia «in corso una discussione tecnica. Attendiamo la
delegazione amministrativa per partire con carotaggi e analisi del rischio. Poi
- rileva Bruni - bisognerà coordinarsi con l’Arpa, per quanto concerne
caratterizzazioni e rimozione del rifiuto, sulla base delle indicazioni fornite
dall’Ispra». «Abbiamo riaperto il dialogo con Ezit e Confindustria per ridare
priorità al tema del Sin - spiega l’assessore regionale all’Ambiente, Sara Vito
-. La prossima settimana ci sarà un incontro tecnico con l’Ezit perché stiamo
definendo i contenuti della delega amministrativa: è fondamentale - sottolinea
la componente della giunta Serracchiani - che vi sia condivisione perché sia poi
operativa. La Regione ha ben presente l’importanza della questione e sta
cercando di recuperare il tempo perso: è una priorità e vogliamo arrivare alla
definizione quanto prima, nel più breve tempo possibile».
Matteo Unterweger
Bandi di gara separati per i servizi di bus e treni
Serracchiani svela il piano per il trasporto pubblico e annuncia tagli di
risorse
Dubbi delle quattro concessionarie sulla forma
giuridica del futuro gestore unico - le poste per il 2014 - Non riusciremo
a garantire i 130 milioni stanziati l’anno scorso
GORIZIA Bando separato per il trasporto su rotaia e gestore unico regionale
per il trasporto pubblico locale su gomma e mare, più un ulteriore taglio delle
risorse. È il piano Serracchiani per il settore del trasporto pubblico locale.
Nel ricordare che il 31 dicembre 2014 scadranno i contratti di affidamento del
servizio Tpl e che la Regione predisporrà bandi separati per il servizio su
rotaia e per quello su gomma e mare, ieri a Gorizia la presidente ha prima
annunciato un ulteriore taglio delle risorse rispetto ai 130 milioni messi a
disposizione lo scorso anno («Non dò numeri per evitare che ci possano essere
malintesi»), poi ha aggiunto: «È un anno di transizione importante perché è
l’anno di approvazione delle gare, ma in una regione di un milione e 250 mila
abitanti, grande più o meno come la provincia di Brescia, quattro società sono
troppe e queste società da sole non sono in grado di partecipare alla gara».
Tanto è bastato a generare più di qualche palpitazione ai vertici delle aziende
di trasporto pubblico locale del Fvg radunate ieri a Palazzo Attems Petzenstein
in occasione del convegno nazionale organizzato dall’associazione trasporti
Ass.Tra e moderato dal direttore del “Piccolo” Paolo Possamai. Va detto che
tanto la notizia della separazione dei contratti di affidamento dei servizi
gomma- mare da una parte e rotaia, quanto l’indicazione della necessità di
arrivare a un gestore unico per i trasporti stradali e marittimi, erano già
nell’aria. Così come, visti i tempi di crisi, il rischio tagli. A scuotere i
vertici delle quattro aziende di trasporto pubblico è stato piuttosto un altro
passaggio: «Queste società da sole non sono in grado di partecipare alla gara».
Pur ricordando che Trieste trasporti, Apt, Saf e Atap lavorano già da tempo per
unirsi in consorzio e partecipare al nuovo bando, la presidente Serracchiani ha
lasciato uno spazio grigio suscettibile di interpretazione. Da un lato rimane il
dubbio se quel «da sole» significhi «singolarmente» o piuttosto «anche se
consorziate, da sole non sono in grado di farcela»; dall’altro rimane il dubbio
che sia la forma giuridica della società consortile a non essere in linea con
quanto sta predisponendo la Regione. Gino Zottis, ad di Saf Autoservizi Fvg,
riconosce che oggi il mercato non è ancora pronto per una gara unica ferro-gomma
e in questo concorda con la scelta dei due bandi separati. A preoccuparlo è però
quanto la governatrice non ha detto: «Se ci obbligassero a diventare una spa o
una srl, allora non siamo d’accordo. Abbiamo scelto di utilizzare la forma
giuridica della società consortile a rischio limitato perché continuerebbe a
garantire la presenza locale delle nostre aziende». Sulla stessa linea si trova
il presidente di Apt. «Serracchiani ha parlato di un unico gestore, ma non ha
detto quale forma societaria deve avere – osserva Polli –. La nostra idea è che
debba essere una scarl: in questo modo non si pongono problemi di alcun genere e
ognuno conserva i suoi azionisti e la sua produzione di chilometri. Per l’utente
poi non cambierebbe nulla». «L’idea della scarl è nata proprio in previsione
della gara», rilancia l’amministratore delegato di Trieste trasporti Cosimo
Paparo aggiungendo: «Le quattro aziende terrebbero la loro operatività. Le quote
sono paritetiche. È chiaro che si dovrà in qualche modo rimodulare la rete con
qualche intersezione rispetto alla situazione attuale, ma l’idea è che al centro
ci siano operazioni virtuose». Nell’ipotizzare un semplice fraintendimento, il
presidente della pordenonese Atap Mauro Vagaggini tiene i piedi per terra e
premette che intanto la gara deve prima essere vinta: «Noi, comunque, ci stiamo
preparando da anni per questo appuntamento e stiamo calibrando i nostri
investimenti da tempo. Sono comunque d’accordo con Zottis quando dice che la
politica deve decidere come vuole servire il territorio, lasciando che poi siano
le aziende a servirlo come meglio credono».
Stefano Bizzi
Aziende di trasporto, il 70% a rischio crac - L’allarme
della governatrice alla riunione annuale dell’associazione di settore Ass.Tra a
Gorizia
GORIZIA «In Italia circa il 70% delle aziende di trasporto locale sono sul
punto di fallire». La presidente della Regione Debora Serracchiani lo ha detto a
chiare lettere in occasione della riunione annuale di Ass.Tra. Il Fvg è presente
a Roma nella cabina di regia che, insieme al sottosegretario Erasmo De Angelis,
si occupa di trasporto pubblico locale. La governatrice ha parlato di «autunno
caldo» per il settore dei trasporti e ha illustrato quelle che sono le azioni
messe in campo nei confronti del governo per cercare di dare aria a un ambito
che, per il suo valore sociale, rientra nel settore del welfare. «Alcune
richieste – ha spiegato – sono ambiziose e per questo difficilmente saranno
accolte dalla legge di stabilità». Per prima cosa è stato chiesto di tenere
fuori dal patto di stabilità i fondi destinati al Tpl («Non ha trovato ancora
accoglienza, ma speriamo nei prossimi mesi»), poi quella di aumentare la somma
di 4,9 milioni stanziata a favore del fondo nazionale trasporti e,
contestualmente, separare le risorse destinate agli investimenti sul materiale
rotabile da quelle destinate ai servizi. «Le Regioni in questo momento si
trovano di fronte a un mondo variegato di aziende di trasporto pubblico locale
con numeri impressionanti rispetto alle loro capacità di stare sul mercato», ha
notato la presidente, senza nascondere che il governo «sarà chiamato a prese di
posizione in tempi brevi». Prima del riordino del settore - iniziato nel 1997 -
in Friuli Venezia Giulia erano presenti 15 aziende di Tpl. Oggi sono ridotte a
quattro su gomma e mare ed una su ferro, ma nel 2015 saranno due soltanto (una
su gomma e mare e una su ferro). «Per il nostro settore ci vuole un’autentica
politica industriale ad ampio respiro, non vogliamo essere visti come una
spesa», sono state le parole del presidente di AssTra Marcello Panettoni, il
quale ha auspicato che l’Italia possa allinearsi al Friuli Venezia Giulia e al
Europa entro un decennio. «Noi non chiediamo risorse, chiediamo che ci vengano
stabilizzate quelle che ci dovevano nel 2010», ha ribadito Panettoni. Il
rapporto AssTra evidenza che nel 2013 diverse regioni prevedono di stanziare a
favore del Tpl esclusivamente la propria dotazione di fondo con tagli che
rispetto al finanziamento storico arrivano a punte del 30% nel Lazio, di oltre
il 27% in Campania e in Molise e di circa il 15% in Liguria, Toscana e Veneto.
In attesa di scoprire a quanto ammonterà il taglio in Friuli Venezia Giulia,
nelle altre regioni a statuto speciale arriva al 20% in Sicilia e Sardegna e
supera il 10% in Valle d’Aosta. In alcune regioni, gli sforzi richiesti ad
alcune città sono stati superiori al taglio medio regionale: Napoli ha superato
il 50% e Venezia il 20. A Roma è stato infine annullato il capitolo regionale
destinato a coprire i costi dei servizi minimi.
(s.b.)
La Capodistria-Divaccia raddoppia - Il ministro alle
Infrastrutture Omerzel annuncia la realizzazione del secondo binario. La spesa
non supererà i 700 milioni
CAPODISTRIA Lubiana ha deciso: il secondo binario della Capodistria –
Divaccia si farà. Lo ha comunicato ieri in conferenza stampa il ministro sloveno
delle Infrastrutture e dell'Ambiente Samo Omerzel. Il costo preventivato dei
lavori, di 1,4 miliardi di euro, dovrà però essere drasticamente ridimensionato
e non dovrebbe superare i 700 milioni. Positiva la prima reazione del presidente
del consiglio d'amministrazione di Luka Koper Gašpar Gašpar Miši›, che si è
detto soddisfatto della decisione del governo: il secondo binario consentirà di
sviluppare appieno le potenzialità del porto di Capodistria e di sfruttare la
posizione strategica della Slovenia nel quadro della grande viabilità europea.
La decisione di Lubiana non era né semplice né scontata. Della necessità di
procedere alla costruzione del secondo binario sulla tratta Capodistria–Divaccia
si parla già da vent'anni, e per i progetti preliminari sono stati già spesi
quasi 40 milioni di euro, ma la valutazione dei costi ha sempre costituito un
freno all'avvio dei lavori. Lo stato in questo momento non dispone della cifra
necessaria per costruire la nuova tratta, per cui sia Omerzel sia il suo
predecessore Zvonko ‹ernac – ministro nel governo Jansa - si erano ripetutamente
detti molto scettici sul progetto. Ora, invece, la svolta. Partendo dal fatto
che non si poteva accettare di investire 1,4 miliardi di euro in soli 27
chilometri di ferrovia, il governo, prima di decidere, ha predisposto lo studio
di progetti analoghi in Europa, per individuare soluzioni più economiche. Con
qualche rinuncia e qualche razionalizzazione, ha spiegato Omerzel, «mi sento di
dire che è possibile costruire il secondo binario della Capodistria–Divaccia per
metà di quella cifra». Il ministro ha nominato tre opzioni possibili per
cofinanziare l'opera: una sono i mezzi del Fondo di coesione europeo per il
periodo 2014-2020, un'altra è l'utilizzo dei mezzi del fondo CEF (Connecting
Europe Facility), una terza il partenariato tra pubblico e privato, con il
coinvolgimento delle Ferrovie slovene. La nuova tratta (il secondo binario)
della Capodistria–Divaccia, come previsto dal progetto, sarà lunga 27,1
chilometri. Per collegare il porto all'altipiano carsico dovranno essere
costruiti 8 tunnel, due ponti e due viadotti. Le licenze edili saranno pronte
agli inizi del 2014, anno in cui dovrebbero essere avviati i lavori, che
dureranno, se non ci saranno intoppi, fino al 2020. La nuova ferrovia, con la
velocità massima di 160 chilometri orari, permetterà lo sviluppo del Porto di
Capodistria, che nel 2012 ha movimentato un totale di 17 milioni 880mila
tonnellate di merci e che grazie al nuovo collegamento potrebbe diventare uno
degli scali più importanti per i Paesi dell'Europa centrale e orientale.
Franco Babich
La laguna di Grado supera l’esame mercurio
L’indagine dell’Arpa attesta che «la presenza del metallo è nettamente
sotto i valori di legge»
GRADO La laguna è viva, sta bene e la presenza di mercurio è nettamente
sotto ai valori massimi previsti per legge per la salute dell’uomo. Ciò sta a
dire che oltre alla inderogabile necessità di effettuare i dragaggi, i fanghi
non dovranno altro che essere rimessi dove erano. Se ad esempio l’erosione ha
“mangiato” gli argini di qualche mota o valle da pesca non si fa altro che
recuperare lo stesso fango e lo si rimette al suo posto per consolidare la
protezione. «Noi diciamo in modo categorico – afferma il direttore tecnico
scientifico dell’Arpa, Giorgio Matassi – che non si deve mai portare via il
fango dalla laguna in quanto la laguna stessa andrebbe in erosione». «E il
mercurio – conclude Matassi - non è nemmeno un problema: non incide minimamente
sulla capacità vitale della laguna ed è all’interno dei limiti di tutela della
salute umana». Matassi lo afferma dopo l’esito positivo dell’operazione Shap,
ovvero a conclusione di una importante fase del progetto europeo che porta
questo nome che interessa tutto l’Adriatico fino alla Puglia da una parte e
dall’altra sino alla Grecia. Un progetto che che la Regione ha sviluppato
assieme all’Arpa che è stato sperimentato con successo proprio nella laguna di
Grado e che oggi può essere esportato. La presentazione ufficiale di questi
risultati è stata fatta dall’assessore regionale Sara Vito: «Stiamo lavorando
per giungere alla definizione di un modello di sostenibilità dell’ambiente
lagunare che terrà conto anche per la predisposizione del Piano regionale di
tutela delle acque, uno strumento che nel Friuli Venezia Giulia è atteso da
anni». Le boe con le delicate apparecchiature sono state posizionate nei punti
considerati dagli esperti come strategici proprio per verificare in dettaglio le
varie situazioni. Strumentazioni che sono state ubicate dove ci sono punti di
crisi del sistema ovvero dove c’è meno ricambio d’acqua. Importante è rilevare
che la strumentazione funziona 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno: il
campionato è così continuo, e ci si è. A un tanto si è arrivati dopo 20 anni di
studi. «I dati del campionamento che abbiamo fatto – spiega Matassi – sono
risultati buoni in tutti i valori».
Antonio Boemo
Al Ferdinandeo - Differenziata, assemblea popolare
Promossa dal Consiglio della VI Circoscrizione San Giovanni-Chiadino-Rozzol, si svolgerà mercoledì 23 ottobre, alle 18.30, nella sala congressi del Mib, in Largo Caduti di Nassiriya 1, un’assemblea popolare aperta per affrontare il tema della Raccolta differenziata dei rifiuti. Nel corso dell’incontro - al quale interverranno anche il vicesindaco Fabiana Martini, l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni e rappresentanti di AcegasAps - saranno illustrate le iniziative messe in atto sul territorio per sviluppare e favorire la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
IL PICCOLO - VENERDI' 18 ottobre 2013
Rigassificatore, il ministero revoca il permesso
ambientale per Zaule
L’annuncio in una lettera inviata a Gas Natural che ora ha dieci giorni
di tempo per replicare
La soddisfazione di Zollia e Laureni: «É una vittoria
di Trieste che ha lottato in modo compatto»
Stavolta la pietra tombale sul rigassificatore di Zaule è vicinissima. Il
ministero dell’Ambiente ha infatti comunicato ieri di essere sul punto di
revocare a Gas Natural il decreto di compatibilità ambientale emesso il 17
luglio 2009 e sospeso per sei mesi con un ulteriore decreto che scade oggi. Alla
società catalana vengono dati, in base alla legge, 10 giorni di tempo per
presentare le proprie osservazioni eventualmente corredate da documentazione
esplicativa. La lettera, firmata dal direttore generale del Ministero, Mariano
Grillo, è stata inviata direttamente a Gas Natural e per conoscenza anche a
Regione, Provincia, Comune e Autorità portuale di Trieste, oltre che al
ministero per i Beni culturali e al ministero dello Sviluppo economico.
Immediata la soddisfazione espressa dall’assessore provinciale Vittorio Zollia,
il primo a darne notizia, «per una lunga battaglia conclusasi con esito positivo
che abbiamo combattuto tutti assieme» e dall’assessore comunale Umberto Laureni
per come «Trieste sia riuscita a far pesare il proprio parere e probabilmente a
innescare un dibattito su come certe decisioni necessitano di istruttorie
approfondite e concordate e non solo di passaggi formali». Il ministero
dell’Ambiente nella lettera di ieri ricorda come il decreto sospensivo
prevedesse sostanzialmente due vie d’uscita: la possibilità da parte della
società proponente di individuare una localizzazione alternativa oppure
l’eventualità che l’Autorità portuale ridetermini le previsioni di sviluppo
rendendole compatibili con l’impianto. Gas Natural non ha risposto («Alcuna
comunicazione risulta pervenuta da parte della società proponente», si fa
notare) mentre l’Autority ha inviato le conclusioni cui è giunta la commissione
appositamente costituita e che ha rilevato che «non si può provvedere alla
rideterminazione delle previsioni di sviluppo espresse dal piano regolatore del
porto di Trieste senzza arrecare grave nocumento allo sviluppo dei traffici e
del porto medesimo. La Commissione ritiene incompatibile - si evidenzia anche -
ogni altra localizzazione del terminal Gnl di rigassificazione all’interno
dell’ambito portuale di Trieste per gli stessi motivi e le stesse criticità già
evidenziate dal caso dell’impianto localizzato a Zaule». Il ministero
dell’Ambiente a questo punto tira in ballo addirittura la pericolosità
dell’impianto proposto. «Non risultando essersi verificata nessuna delle
condizioni previste dal provvedimento di sospensione - scrive Mariano Grillo -
di fatto permangono gli stessi elementi di allarme ambientale, correlati
all’attività potenzialmente pericolosa che hanno condotto, in attuazione del
principio di precauzione, all’adozione del provvedimento di sospensione
dell’efficacia della Via. Ciò posto - è la conclusione - si comunica che, allo
stato, la scrivente amministrazione ha intenzione di procedere alla revoca del
decreto di pronuncia di compatibilità ambientale». «Certo resta da vedere quali
strumenti ha a disposizione Gas Natural per tentare di reagire», ragiona ancora
Laureni. Di certo il 19 marzo il Tar dovrà pronunciarsi nel merito sul ricorso
presentato dalla società catalana contro il decreto di sospensione anche se
quello di revoca che dovrebbe sopraggiungere nel frattempo potrebbe portare a un
superamento della questione.
Silvio Maranzana
La Trieste-Capodistria resta nelle priorità Ue - VERSO
IL REGOLAMENTO TEN-T
BRUXELLES Con l’approvazione del regolamento Ten-t, in programma
all’Europarlamento per fine ottobre, passerà dal 30 al 40% il contributo che la
Commissione Ue potrà erogare per la realizzazione delle opere di quelle
infrastrutture che rientrano nel cosiddetto «core network» intermodale dei nove
corridoi paneuropei. E tra i tratti c’è anche la Trieste-Capodistria. Lo si è
appreso in occasione dell’appuntamento “Ten-T days” organizzato dal commissario
ai Trasporti Ue Siim Kallas a Tallin ed al quale sono intervenuti i ministri
francese Frédéric Cuvillier e italiano Maurizio Lupi per parlare dell’opera
strategica per l’Ue. «I due Stati - ha detto Kallas - si sono tutti impegnati a
fare la loro parte». «La Tav si deve fare perchè è impensabile che l’Italia
resti indietro», ha detto ieri il ministro per lo Sviluppo economico Flavio
Zanonato in occasione della visita al cantiere dell’opera. Con l’approvazione
del regolamento Ten-t sarà possibile un finanziamento fino al 40% per la parte
che riguarda le opere. Il contributo dell’Ue per scavare e attrezzare il tunnel
di 57 km potrà così arrivare fino a 3,4 miliardi di euro sul costo totale di
8,5. La Francia dovrebbe mobilitare 2,2 miliardi di euro, mentre l’Italia 2,9.
Cuvillier e Lupi fanno sapere che l’infrastruttura «non è più un progetto, ma
un’opera ormai definitivamente avviata con lavori in corso, e che continuerà con
determinazione». Ma l’Italia è presente in altri tre dei nove corridoi
“prioritari” disegnati dall’Ue. Il corridoio Baltico-Adriatico, lungo 2400 km,
dovrà collegare i porti della Polonia, sul Baltico, con quelli del mar
Adriatico. Da Danzica, passando per Varsavia e Vienna, fino a Venezia, Trieste e
Ravenna, con rami da Stettino a Katowice, da Graz via Udine a Trieste, così come
via Lubiana fino a Trieste/Capodistria. Tra le opere da realizzare:
l’adeguamento della linea a doppio binario Udine-Cervignano-Trieste, le
interconnessioni dei porti di Trieste, Venezia, e Ravenna, con ulteriore
sviluppo delle piattaforme multimodali. Il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo,
parte dal confine tra Finlandia e Russia, arriva al cuore dell’Europa e poi va
verso sud col Corridoio del Brennero fino a Verona. In Italia poi si sviluppa
verso Bologna, Roma e Napoli con rami che arrivano al porto di Genova, Livorno,
Bari e Taranto, prima di raggiungere Palermo. E poi ancora Malta, attraverso le
autostrade del mare. Il principale collo di bottiglia è tra Monaco e Verona, ed
il Corridoio del Brennero viene ritenuta «un’opera cruciale» per il suo
completamento. Anche in questo caso l’Ue è pronta a portare al 40% il contributo
per i lavori. Mentre il Corridoio Reno-Alpino è uno dei percorsi più battuti
d’Europa, collega i porti del nord di Rotterdam e Anversa a quello del bacino
del Mediterraneo di Genova e ad altri centri economici dell’Europa occidentale.
Perplessità della Provincia su Punta Olmi -
PRECISAZIONI SUL VOTO AL PIANO COMUNALE A VOCAZIONE TURISTICA
L’assessore Zollia: «Osservazioni negative in merito a paesaggio e
biodiversità»
Sul Piano comunale attuativo (Pac) di Muggia a destinazione turistica
d’iniziativa privata proposto a Punta Olmi dalla Punta Olmi srl il Consiglio
provinciale ha espresso dubbi, ponendo alcuni “paletti”. L’assessore provinciale
all’Ambiente Vittorio Zollia precisa che l’attività della Provincia si è svolta
nell’ambito della procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) relativa
a detto Piano, che si conclude non con pareri ma con l’assunzione, da parte dei
soggetti ammessi al procedimento, di osservazioni sui documenti presentati. «I
contenuti delle vaste e rilevanti osservazioni deliberate dal Consiglio - rileva
Zollia - rappresentano, in sintesi, una chiara espressione negativa. Negativa
per i delicatissimi aspetti relativi alle caratteristiche erosive e di
smottamento del territorio interessato, negativa per l’insufficiente definizione
complessiva della gestione delle acque, negativa per l’assoluta assenza dei
flussi di traffico sia diretti che da indotto, negativa per l’assenza di
valutazioni sull’impatto sulla qualità dell’aria, negativa sull’aspetto
correlato alla gestione dei rifiuti in quanto valutati più con riferimento a una
previsione di residenzialità, di fatto non ammessa, che di un intervento di
natura turistica come dovrebbe essere quello proposto». L’assessore valuta come
ancora più rilevante «l’osservazione negativa in ordine al paesaggio e alla
biodiversità laddove, come espressamente indicato nella relazione
accompagnatoria degli uffici preposti, parte integrante dell’atto deliberativo,
si parla di un “insediamento edilizio in una zona quasi totalmente antropizzata”
e dove puntualmente si precisa “seppure il Pac utilizza una cubatura inferiore
alla previsione del Piano regolatore vigente, la realizzazione determina
comunque una sottrazione di habitat e un forte impatto dal punto di vista
paesaggistico”». Per Zollia «tanto rilievo ha dato peraltro la proposta giuntale
e il conseguente voto consiliare a tale passaggio tecnico, da prevedere al punto
2 del deliberato l’espresso invito alle autorità competenti in materia (Servizio
paesaggistico regionale e Comune di Muggia) a una particolare attenzione agli
aspetti paesaggistici e di habitat del Piano proposto». Infine, «la non
partecipazione al voto del consigliere Longo è stata determinata dalla non
condivisione del Consiglio sull’opportunità, proposta dallo stesso consigliere,
di richiamare nella deliberazione una nota del 2004 della sovrintendenza che si
esprimeva sul medesimo territorio. Ciò perché la nota riguardava un progetto
diverso e comunque la Sovrintendenza era stata chiamata ad esprimersi anche su
questo progetto».
Antenne di Chiampore, Gretti all’attacco
Secondo il consigliere del Pdl lo studio su cui si basa lo spostamento
non è esaustivo
MUGGIA «Che il sindaco Nesladek ci spieghi in base a quali criteri è stato
deciso lo spostamento delle antenne da Chiampore a Fortezza e Monte Castellier,
visto che dal famoso “piano” redatto dall'Università di Udine, base per tale
decisione, si evince a chiare lettere che lo studio non può dare pareri se non
molto indicativi sulla salute». Christian Gretti, consigliere comunale muggesano
del Pdl, non ci sta. Il “no” da parte del suo partito alla delocalizzazione dei
tralicci situati nella frazione della Chiampore non è stato dettato da «una
scelta politica», come invece ha stigmatizzato il consigliere comunale del Pd
Marco Finocchiaro. A supporto delle parole di Gretti le valutazioni in merito
all'esposizione ai campi elettromagnetici presenti all'interno del Piano
propedeutico alla delocalizzazione degli impianti per la trasmissione radio e tv
redatto dagli ingegneri Michele Midrio e Stefano Boscolo per conto del
Dipartimento d’ingegneria elettrica, gestionale e meccanica dell'Università di
Udine. Ecco alcuni passaggi chiave del documento. «Va altresì sottolineato sin
d’ora che al livello di questo Piano non è possibile fare, se non in maniera
molto indicativa, previsioni sul rispetto dei vincoli riguardanti l’esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici eventualmente irradiati dalle nuove
installazioni». «Allo stesso tempo, non possono essere fatte valutazioni di
carattere paesaggistico: in entrambi i casi, infatti, sarebbe necessario
conoscere con completa precisione i dettagli tecnici e costruttivi dei nuovi
impianti. Dati che, evidentemente, sono di pertinenza dei gestori. Il rispetto
dei vincoli di salute pubblica, e di quelli di carattere urbanistico è pertanto
demandato a fasi più avanzate della progettazione degli impianti e dovrà essere
verificato dai competenti organi regionali e comunali». Importante poi il
passaggio sui dati riguardanti i parametri dell'elettrosmog: «È comunque
opportuno sottolineare come i risultati che emergono da queste simulazioni
debbano essere considerati in maniera solo indicativa. Infatti, a differenza di
quello che accade per la radiocopertura, nel calcolo delle isolinee è il campo
in prossimità dell'antenna a essere quello maggiormente rilevante. In ogni punto
attorno all'antenna, l'esatto valore di questo campo dipende in maniera molto
significativa dall'orientazione dell'antenna, dal tipo della stessa, come pure
dalla potenza con cui è alimentata o dalla presenza di eventuali tilt elettrici
o meccanici». Quindi «anche nel caso del Progetto Finmedia e del sito n.3,
potrebbe facilmente accadere che la modifica di anche un solo parametro
radioelettrico dell'impianto sia sufficiente per riportare i valori di emissione
entro i limiti di norma in tutto il territorio». Insomma, più che un Piano,
quello proposto dalla Dieg di Udine pare essere più che altro uno studio, in cui
vengono forniti suggerimenti, da prendere con le molle, su quali siti spostare i
tristemente famosi 5 tralicci abusivi siti a Chiampore.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - GIOVEDI' 17 ottobre 2013
Differenziata a punti 254 in una settimana ai centri di
raccolta - IL CONCORSO A PREMI
La settimana scorsa era solo una sensazione, adesso inizia a delinearsi una
tendenza costante. “Trieste Premia”, il concorso a premi per i cittadini più
“ricicloni”, continua a registrare una buona partecipazione. In 254, tra il 7 e
il 13 ottobre, hanno conferito correttamente i propri rifiuti domestici nei
quattro centri di raccolta AcegasAps (in via Carbonara 3, in via Valmartinaga
10, in Strada per Vienna 84/a e in via Giulio Cesare), accumulando punti utili
per vincere i premi messi in palio da AcegasAps per i 100 cittadini più virtuosi
di ottobre. Da 254 il numero totale poi arriva a 327, se si contano i 73
cittadini che sono ritornati ai centri di raccolta. Ai centri sono arrivati
soprattutto apparecchi elettrici e elettronici in disuso (554 pezzi); calcinacci
e inerti di piccole demolizioni (303 secchi); oggetti in legno di grandi
dimensioni (243 pezzi); rifiuti ingombranti come mobili, materassi e giochi
grandi (172 pezzi); tubi fluorescenti e altri rifiuti pericolosi contenenti
mercurio (111) e 154 litri di olio alimentare esausto. Solo 80 invece le persone
che hanno portato gli scarti verdi dei giardini. Proprio quella degli scarti
verdi, assieme ai materiali da costruzioni contenenti amianto, è la tipologia di
rifiuti che vale più punti per il concorso: 20 per ogni sacco da 50 litri o
fascina da 20 chili di scarti verdi correttamente conferito ai centri di
raccolta. AcegasAps, inoltre, offre un servizio gratuito di raccolta a domicilio
degli scarti verdi dei giardini, dedicato alle utenze private, a cui fornisce in
uso gratuito i contenitori per la raccolta, da ritirare nella sede AcegasAps in
via Orsera 4. Per partecipare a “Trieste Premia” basta portare i rifiuti ai
centri di raccolta o ai centri mobili periodici, sottoscrivere il modulo di
adesione al concorso e l’informativa sulla privacy. Il progetto sperimentale
durerà fino a dicembre. Oltre ai premi, il Comune applicherà una sostanziosa
riduzione della Tares a beneficio dei cittadini più “ricicloni”.
Chiazza di gasolio invade le coste a ridosso di Fiume
FIUME La raffineria dell’Ina ad Urinj, pochi chilometri a est di Fiume,
ancora una volta al centro di un caso di inquinamento provocato dal sversamento
di idrocarburi in mare. L’altro ieri lo splendido tratto di costa di Zurkovo
(comune di Kostrena) e il mare antistante sono stati imbrattati da un
imprecisato quantitativo di sostanza color marrone, probabilmente gasolio,
fuoriuscito dagli impianti della raffineria, non nuova a incidenti del genere.
Tutti coloro, e non sono pochi, che martedì hanno voluto fare una passeggiata
sul lungomare di Zurkovo sono stati spiacevolmente sorpresi da spiagge e scogli
imbrattati, con l’inquietante pellicola che ricopriva anche un vasto bracio di
mare verso il largo. I cittadini, colpiti anche dall’inquivocabile fetore di
idrocarburi, hanno subito allertato le competenti istituzioni, in primo luogo il
Centro operativo regionale per la tutela del mare, guidato dal capitano portuale
Darko Glazar. «Abbiamo immediatamente inviato nel luogo dell’inquinamento un
team della Capitaneria portuale, mentre l’azienda specializzata Dezinsekcija ha
provveduto a collocare le barriere antinquinamento e a procedere al risanamento.
Sappiamo per certo che lo sversamento non ha riguardato una grossa quantità di
idrocarburi ed è quasi sicuro che si sia trattato di gasolio. L’incidente ha
comunque interessato un vasto perimetro costiero e la zona di mare fino a circa
200 metri dalla terraferma. Abbiamo contattato la direzione della raffineria, la
quale ci ha risposta che la perdita è stata fermata». Chiamato in causa, il
direttore degli impianti di Urinj, Igor Sepi„, ha cercato di minimizzare
l’accaduto: «Abbiamo avuto notizia che la fuga è avvenuta nel corso della
mattinata – ha dichiarato ai giornalisti – e senza perdere tempo ci siamo mossi
di conseguenza. La fuoriuscita è stata fermata ed ora cerchiamo di capire le
cause e di che sostanza si tratta». Non è ancora dato sapere se ci sia stato un
errore umano oppure un guasto tecnico ma intanto l’episodio ha fatto andare su
tutte le furie il sindaco di Kostrena, Mirela Maruni„. «Siamo tempestati dalle
proteste dei cittadini, arrabbiatissimi nei confronti della raffineria - dice -
giorni fa abbiamo rilevato due casi di inquinamento dell’aria».
Andrea Marsanich
IL PICCOLO - MERCOLEDI' 16 ottobre 2013
«Rigassificatore, il governo revochi l’autorizzazione a
Gas Natural»
Lo chiedono Comune e Provincia. Commenti positivi dopo la decisione della
Commissione Ue di cassare la localizzazione di Zaule.
Rosato (Pd): «Vogliono realizzarlo in Slovenia»
Il sindaco Roberto Cosolini vede il bicchiere mezzo pieno: «È indubbio che
la Commissione europea ha fatto sparire la localizzazione di Zaule per il
rigassificatore in Alto Adriatico comunque inserito nella lista dei progetti
energetici prioritari. E questa è una notizia ampiamente positiva soprattutto
per i triestini». E l’assessore regionale a Ambiente e Energia Sara Vito fin
dalle ore immediatamente successive all’approvazione dell’elenco da Bruxelles è
stata ancora più esplicita: «Infrastrutture che hanno un impatto ambientale e
conseguenze dirette sul futuro delle attività produttive, come nel caso
dell’ipotizzato rigassificatore del porto di Trieste, devono essere ponderate
fin dall’inizio con attenzione e in una logica di dialogo transfrontaliero.
Siamo favorevoli a una strategia europea che punti a fornire energia a costo più
basso per il sistema produttivo e per i cittadini e quindi siamo disponibili a
dialogare per raggiungere questi obiettivi. Ma certo non possiamo accettare che
la nostra regione subisca senza discutere l’imposizione dall’alto di qualsiasi
infrastruttura energetica». Ma la dichiarazione più sorprendente arriva dal
deputato del Pd, Ettore Rosato: «Il progetto di Zaule è un progetto
definitivamente morto anche perché secondo me, e non ho timore a dirlo
apertamente, gli sloveni hanno interesse a realizzare un rigassificatore sul
proprio territorio. In questo modo si spiega anche la loro strenua opposizione a
Zaule e la localizzazione in Nord Adriatico approvata dall’Ue non ostacolerebbe
questa possibilità». Riguardo alla nuova localizzazione il deputato del
Movimento 5 stelle, Aris Prodani rileva che alcune voci prive comunque di
qualsiasi ufficialità hanno affacciato l’ipotesi di Porto Nogaro del resto ben
difficilmente realizzabile dal momento che si tratterebbe di dover
preventivamente di dragare i fondali. Ma soprattutto ricorda la risposta a una
sua specifica interrogazione data dal sottosegretario allo Sviluppo economico
Claudio De Vincenti che ribadì che «non compete alle amministrazioni specificare
i siti dove ubicare i terminali di rigassificazione». La parola dunque, almeno
per quanto riguarda la proposta di nuova localizzazione, dovrebbe tornare ai
privati. Ma l’unico progetto già ben sviluppato sulla carta è quello di Zaule e
Gas Natural intende continuare a farlo valere dal momento che non ha rinunciato
alla causa dinanzi al Tar del Lazio prevista per il 19 marzo allorché i giudici
amministrativi dovranno pronunciarsi nel merito contro la sospensione dell’Aia
già concessa nel 2009. La sospensione scade venerdì per cui in tempi brevi il
governo potrebbe prorogarla, magari in attesa del giudizio del Tar, oppure
revocarla definitivamente come hanno chiesto Comune e Provincia di Trieste con
lettere inviate ai tre ministeri interessati.
Silvio Maranzana
Rigassificatore a Veglia, sì dell’Europa
L’impianto off shore di Castelmuschio inserito nell’elenco dei progetti
prioritari energetici. Prevista una rete di gasdotti
FIUME Se la Commissione europea ha fatto sparire la località di Zaule quale
sito per il rigassificatore in Alto Adriatico, non così si è comportata nei
riguardi del terminal metanifero di Castelmuschio (Omisalj), isola di Veglia,
inserito nell’elenco dei 248 progetti prioritari per le connessioni energetiche.
Una bella notizia per coloro che spingono a favore del rigassificatore isolano
in quanto l’essere presenti nella lista dei progetti per l’energia è la
condizione principale per candidarli all’ottenimento di fondi comunitari, ossia
al cofinanziamento che prevede lo stanziamento di 5 miliardi e 850 milioni di
euro entro la fine di questo decennio. La Croazia ha visto inserito l’impianto
Lng vegliota nella lista Ue, che comprende anche altre strutture da approntare
nell’ex repubblica jugoslava. Il rigassificatore di Castelmuschio è comunque il
maggiore progetto presentato dalla parte croata, da realizzare in tre fasi. La
prima riguarderà la costruzione di un terminal off shore e dunque in mare, con
serbatoi ed evaporatori che potranno garantire annualmente la movimentazione da
uno a due miliardi di metri cubi di gas. Per quanto attiene alla seconda fase, i
rigassificatori (evaporatori) saranno sistemati sulla terraferma, mentre i
serbatoi continueranno ad essere off shore. In quel caso la capacità sarà di due
o tre miliardi di metri cubi. L’ultima e terza fase del progetto vegliota
comporterà il posizionamento sulla terraferma di serbatoi ed evaporatori e
dunque di tutto il terminal, che potrà così movimentare ogni anno da quattro a
sei miliardi di metri cubi. Il progetto comprende anche l’approntamento dei
gasdotti Zlobin (Fiume)–Bosiljevo–Sisak–Kozarac–Slobodnica e Castelmuschio–Zlobin–Rupa–Kalce,
località quest’ultima situata in Slovenia. In caldo anche il progetto del
gasdotto Castelmuschio–Casal Borsetti, in Romagna. Va rilevato che lo studio di
impatto ambientale per il rigassificatore quarnerino è già stato redatto ed ora
si attende il dibattito pubblico. Nei mesi a venire, lo Stato croato dovrebbe
acquistare un lotto di terreno appartenente all’azienda petrolchimica Dina di
Castelmuschio, attualmente ipotecato dalla Hypo Bank e destinarso al futuro
rigassificatore. I lavori di costruzione dovrebbero cominciare non prima dell’
inizio del 2015 e protrarsi per tre anni, con investitore ancora da definire. La
Commissione europea controllerà sia la costruzione del megaimpianto, sia in
precedenza il rilascio dei vari permessi.
Andrea Marsanich
Piano del traffico, in giunta la fase operativa -
DOMANI
Si parte con Largo Barriera. Piano regolatore: impossibile l’approvazione
a novembre
Domani il Piano del traffico va in giunta comunale. Si decide sull’avvio
delle operazioni di pedonalizzazione, cambio dei sensi di marcia, nuova mappa
dei parcheggi a pagamento, agevolazioni per residenti dove arrivano stalli blu.
Ma la chiusura al traffico delle principali arterie (come via Mazzini) non
avverrà che a primavera, «entro il mese - è il calcolo dell’assessore Elena
Marchigiani - sarà avviata la progettazione di dettaglio, le attività
preparatorie sono già partite». La prima piccola rivoluzione che vedremo? «Largo
Barriera e via Settefontane, forse già da fine mese». Ma tutta l’operazione (già
rallentata dai vincoli di spesa del Patto di stabilità) prevede ancora lavoro:
«Ricerca di nuovi accordi con Saba Italia per ulteriori agevolazioni di
residenti, ipotesi di nuovi stalli per motorini, contatti con l’assessorato ai
Lavori pubblici per la riqualificazione delle vie e dei marciapiedi. Perché
questa - ribatte Marchigiani - non è una semplice apertura di strade, è un’opera
di riqualificazione urbana». Tempi ancora più lunghi per il Piano regolatore,
che in teoria dovrebbe essere varato entro novembre quando scadono le
“salvaguardie”, cioé lo stop a ogni modificazione urbanistica in attesa della
nuova legge. Il ritardo è già nell’orologio. «Porterò il Piano regolatore in
Giunta i primi giorni di novembre - prosegue Marchigiani -, poi le
circoscrizioni avranno 20 giorni di tempo per esprimere un parere». Ma subito
dopo il documento urbanistico deve passare nelle commissioni consiliari. E poi
in Consiglio comunale per il primo passo fondamentale: l’adozione. È ben
possibile che non basti una sola seduta per arrivare al voto finale. Di seguito
si apre un’altra importante fase: 30 giorni in cui tutti i cittadini possono
presentare le proprie osservazioni. Che devono essere esaminate dagli uffici
tecnici, accolte o non accolte, e fare tutto il tragitto anche attraverso il
voto dell’aula, una per una. Da ultimo la versione finale del Prg torna in
Consiglio comunale (un secondo passaggio che il Piano del traffico invece non
fa) per l’ultima votazione, quella relativa all’approvazione. In un mese tutto
ciò è impossibile, il Piano regolatore sarà presumibilmente varato il prossimo
anno. Intanto il Comune è ancora in attesa del parere della Regione sul Piano
geologico, ma soprattutto sta “scrivendo” le tavole urbanistiche, lavoro esso
stesso ancora in corso. E prima di tutti questi atti amministrativi è
impossibile avere anticipazioni di mappe. Marchigiani ha illustrato solo le
numerose novità introdotte, dalla possibilità di abbattere quartieri per
ricostruirli meglio, alla “banca dei punti volumetrici” per chi restaura in
senso ecologico, ai collegamenti tra città e Carso e tra provincia e territorio
transfrontaliero.
(g. z.)
Trasporto pubblico Friuli Venezia Giulia apripista
nazionale
Si apre domani a Gorizia il vertice dell’associazione AssTra Serracchiani
interverrà sulla gara per il soggetto unico
GORIZIA I 951 mezzi in servizio delle quattro aziende concessionarie del
trasporto pubblico locale del Friuli Venezia Giulia percorrono annualmente oltre
42milioni di chilometri trasportando poco più di un milione di passeggeri. È
solo una goccia nel mare, se paragonato ai 2 miliardi di chilometri percorsi e
ai 5,4 miliardi di passeggeri trasportati dai 50mila mezzi in servizio su tutto
il territorio nazionale, eppure da domani a sabato sarà Gorizia ad ospitare il
consueto appuntamento tecnico di AssTra, l’associazione che rappresenta 178
aziende italiane di trasporto pubblico locale. L’appuntamento organizzato da Apt
con il patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune di Gorizia è stato
battezzato “Un’esperienza di confine” e affronterà le difficoltà, le prospettive
e le potenzialità del settore, ma avrà tra gli obiettivi anche quello di mettere
in luce la particolarità territoriale regionale nel campo del Tpl, compresa
quella transfrontaliera. Benché la scadenza dell’attuale concessione sia alle
porte e gli attori in campo siano in attesa di notizie sul nuovo affidamento del
servizio, a differenza di quanto accaduto altrove, il Friuli Venezia Giulia ha
precorso la riforma nazionale di riordino del settore introducendo già da tempo
elementi di innovazione e razionalizzazione. Mentre nel resto d’Italia i veti
politici hanno tenuto bloccato il processo di trasformazione del trasporto
pubblico locale, in regione la riforma è iniziata già nel 1997 e ora la nuova
gara europea e il nuovo affidamento dei servizi porteranno a ridurre
ulteriormente il numero delle concessionarie che, dalle attuali quattro,
passeranno ad un soggetto unico. In questo senso è molto atteso l’intervento in
calendario venerdì mattina della presidente Debora Serracchiani. Per quanto
riguarda il numero di concessionari presenti sul territorio nazionale, è curioso
il confronto tra l’Italia e l’estero riportato nell’analisi di AssTra che verrà
illustrato proprio a Gorizia. Il mercato del Tpl italiano si caratterizza per
una struttura industriale fortemente frammentata: da noi la quota di mercato dei
primi tre operatori è pari al 26% contro il 56% del Regno Unito, il 77% della
Francia e il 40% della Svezia. Alla polverizzazione del settore, si affianca poi
una schizofrenia legislativa con conseguente incertezza delle regole: in circa
dieci anni sono state più di venti le modifiche normative, a cui si devono poi
aggiungere un referendum popolare e diversi interventi della Corte
costituzionale. Il presidente di AssTra Marcello Panettoni sottolinea quanto sia
essenziale risolvere al più presto il problema economico e sciogliere i nodi che
soffocano il sistema. «Senza un minimo di stabilità - dice il numero uno
dell’associazione - è impossibile raddrizzare il volante ai trasporti pubblici
locali e il rischio è una Italia dei trasporti a macchia di leopardo, con
situazioni di forte disuguaglianza territoriale. Sul versante della stabilità
delle risorse, AssTra ha fortemente supportato la reintroduzione di un Fondo
Nazionale per il finanziamento del Tpl per garantire alle aziende un minimo di
certezza economica». A causa dei tagli delle risorse, molte aziende hanno i
conti in rosso. Panettoni rileva che rispetto al fabbisogno complessivo valutato
dalle Regioni in 6,4 miliardi di euro annui (dato per l’anno 2011) la dotazione
del Fondo ammonta a 4,9 miliardi. «Rimane quindi un buco al Fnt di 1,5 miliardi
di cui non è dato sapere se, come e da chi verrà coperto». Per AssTra è inoltre
fondamentale intervenire con un piano pluriennale di finanziamento pubblico per
sostenere il rinnovo del parco mezzi (almeno 3.400 autobus all’anno nel prossimo
decennio) e dare così ossigeno anche al mercato svecchiando le flotte: oggi gli
autobus hanno un’età media di quasi 12 anni contro i 7 dell’Europa. Tutto questo
- e molto altro ancora – sarà al centro delle due tavole rotone moderate venerdì
a Palazzo Attems-Petzenstein dal direttore del Piccolo Paolo Possamai alle quali
sono stati invitati anche il ministro delle Infrastrutture e trasporti Maurizio
Lupi, il presidente dell’Anci Piero Fassino e il deputato Giorgio Brandolin.
Stefano Bizzi
Gas tossici a Monfalcone, inquinamento record
Risultato di un biomonitoraggio dell’Arpa: i valori peggiori vicino alla
centrale termoelettrica
MONFALCONE Monfalcone è la città più inquinata da gas tossici del Friuli
Venezia Giulia, i valori peggiori si concentrano «in prossimità della centrale
termoelettrica» e la situazione è peggiore di quella di Trieste che vede nel
mirino Trieste con la Ferriera. Ma a sostenerlo stavolta non è una ricerca
“sepolta” in qualche archivio, non è l’attuale proprietà della centrale a
carbone (A2A), nemmeno Alessandro Vescovini imprenditore della Sbe che ha
sollevato il problema scoprendo studi dimenticati e che sta conducendo una
battaglia personale contro la centrale. Lo studio, un biomonitoraggio
dell’inquinamento da gas fitotossici nel Fvg, è dell’Arpa (Agenzia regionale per
la protezione dell’Ambiente del Fvg) è stato concluso nel 2013 ed è
assolutamente attuale. E come è accaduto nel lontano 1999, ad essere esaminati
sono i licheni, i migliori “bioindicatori”, «i primi organismi a risentire della
presenza di sostante fito-tossiche e che riescono ad accumulare a livelli
facilmente apprezzabili contaminanti atmosferici persistenti e tra questi
metalli, radionuclidi, idrocarburi, clorurati...». Il biomonitoraggio dell’Arpa
che ha eseguito campionamenti su ben 72 stazioni in tutto il Fvg, tra il marzo
2011 e ottobre 2012, per valutare la presenza di gas fitotossici, in particolare
anidride solforosa e ossidi di azoto, ha messo in evidenza che mentre il valore
maggiore di biodiversità lichenica (naturalità alta per assenza di inquinamento)
è stata registrata a Padriciano (oltre che nelle zone montane), il valore di
minor naturalità, è stato registrato a Monfalcone. Ci sono sette classi di
alterazione dei licheni, l’ultima equivale al cosiddetto “deserto lichenico” che
vuol dire alterazione molto alta. Subito dopo c’è la classe 6 “alterazione alta”
e qui si trova Monfalcone. Trieste con la Ferriera è nella classe 5,
“alterazione media”. E per Monfalcone, lo sostiene l’Arpa, non ci sono dubbi:
l’origine dell’alterazione va ricercata nelle emissioni della centrale. I dati
si riferiscono generalmente solo ad alcuni parametri (anidride solforosa, ossidi
di azoto, monossido di carbonio, polveri) mentre «scarseggiano le informazioni
su molti inquinanti come i metalli». Niente paura, sui metalli pesanti i
risultati arriveranno tra breve dal biomonitoraggio commissionato in autonomia
da Vescovini all’Università di Trieste.
Giulio Garau
Sì della Provincia a Punta Olmi turistica Longo esce
dall’aula
Per l’assessore di Muggia manca la tutela degli aspetti faunistici Nel
progetto alberghi e case vacanze, campi da golf e parcheggi
MUGGIA Confermare l'insediamento di carattere turistico e non residenziale,
chiarire lo sviluppo della rete fognaria e valutare i flussi di traffico. Sono
questi alcuni dei punti principali che il Consiglio provinciale ha voluto porre
sul futuro del Pac, il Piano attuativo comunale a destinazione turistica di
iniziativa privata proposto a Punta Olmi dalla Punta Olmi srl, esprimendo il
parere di competenza per la procedura di Valutazione ambientale strategica
richiesta dal Comune di Muggia. Posto in votazione per alzata di mano, alla
presenza di 24 consiglieri, il documento ha visto 21 favorevoli, due astenuti 2
(i consiglieri Giorgio Rossi e Stefano Martucci della Lista civica Dipiazza per
Trieste), ma soprattutto la non partecipazione al voto da parte del consigliere
dell'Idv Fabio Longo, una scelta importante visto che l'esponente della
maggioranza ricopre anche il ruolo di assessore all'Ambiente del Comune di
Muggia. Non condividendo «in alcun modo il contenuto della delibera proposta»
dal Consiglio provinciale, Longo ha infatti stigmatizzato come non sia «tenuto
conto della lettera della Soprintendenza paesaggistica del 22/12/2004 prot. n.
11192/19.0, lettera che indica l'inedificabilità delle aree interessate in
considerazione della necessità di tutela degli aspetti paesaggistici e segnalava
la necessità di tutela pure degli aspetti faunistici e vegetazionali». Nel
documento votato dal Consiglio provinciale sulla realizzazione del progetto
della Punta Olmi srl, che prevede la realizzazione di alberghi e case vacanze,
oltre a campi da golf e parcheggi auto, si sono comunque rilevate diverse
situazioni critiche. “La realizzazione di costruzioni edilizie in aree
assoggettate a fenomeni erosivi con processi gravitativi è un elemento di
criticità – recita la delibera -. Si ritiene che la competente autorità
regionale debba porre sotto particolare attenzione la stabilità dei versanti
della zona in esame. Nella documentazione rilasciata dai soggetti proponenti
sono poi previsti impianti di depurazione, ma non è chiaro come si svilupperà la
rete fognaria. Si ritiene utile venga specificata meglio la gestione delle acque
nere nel periodo transitorio fino al previsto allacciamento alla rete fognaria.
A tal proposito si ritiene utile venga fornito un cronoprogramma considerati
anche i precedenti negativi con analoghi insediamenti nell’area. Dovrà essere
tenuto conto del Piano Tutela delle Acque e del Piano d’Ambito". Poi c'è il
discorso dei flussi di traffico "che si potranno avere nella fase di costruzione
e i flussi che verranno generati con il nuovo insediamento, specificando quelli
dovuti all’indotto delle attività alberghiere e delle attività legate alla
filiera per la produzione dell’olio che si prevede di implementare, in relazione
ai flussi attuali". Nella documentazione è stato poi stigmatizzato che in alcuni
punti pare che l’insediamento abbia carattere residenziale. Da qui la richiesta
che "venga evidenziato il tempo medio di permanenza dei turisti previsto
nell’insediamento". In ultima analisi il Consiglio provinciale ha chiesto che
venga specificata la produzione di rifiuti annua prevista per l’insediamento e
ha invitato l’autorità competente (Servizio paesaggistico regionale e Comune di
Muggia) a una particolare attenzione agli aspetti paesaggistici e di habitat
nelle fasi attuative del progetto. Sul progetto di dare una dimensione
maggiormente turistica a Punta Olmi attraverso una massiccia cementificazione il
vicesindaco di Muggia è stata sempre chiara: «Non accetteremo questo intervento,
le cui proporzioni sono state ridotte ma rimangono decisamente fuori dai
parametri che abbiamo indicato nelle direttive del prossimo Prgc». Un netto no
alla cementificazione di Punta Olmi.
Riccardo Tosques
RUBRICA - LABORATORIO TRIESTE - ACQUA PUBBLICA? SÌ, MA
BEVIAMO QUELLA MINERALE - di FABIO PAGAN
Noi italiani siamo un popolo bizzarro. Nel giugno del 2011, nel referendum
su acqua pubblica e acqua privata, abbiamo votato in massa per “l’acqua di
tutti” e perché questo bene primario venisse sottratto alle mani avide di chi
vuole guadagnarci sopra (in realtà, il Decreto Ronchi allora in vigore si
limitava a dire che l’acqua e gli acquedotti sarebbero rimasti pubblici, ma che
a gestirli sarebbe stata una società privata oppure a capitale misto, a seconda
delle regioni). Gli italiani, comunque, si sono schierati senza equivoci a
favore dell’acqua pubblica. Da allora, però, nulla è cambiato. E siccome Dio ci
ha dato l’acqua ma non i tubi, la rete idrica pubblica italiana continua a
essere un colabrodo, con perdite intorno al 40 per cento. E nessuno, ovviamente,
ha neppure lontanamente pensato a come e dove reperire quei 60 miliardi di euro
necessari per tappare tutti i buchi lungo i 320 mila chilometri degli acquedotti
nazionali. Sessanta miliardi sono più di una manovra finanziaria (o legge di
stabilità, come ora si dice): una cifra galattica per i tempi che corrono. Nel
frattempo, gli italiani – fieri sostenitori dell’acqua pubblica – sono tra i
maggiori consumatori al mondo di acque minerali, ovvero dell’acqua più privata e
costosa che esista. Ne consumiamo (chi scrive si mette nel conto, sia chiaro)
quasi 200 litri all’anno a testa. Più che in ogni altro paese europeo. Siamo
addirittura terzi al mondo per il consumo di acqua minerale, superati solo da
Messico e Arabia Saudita – che magari qualche giustificazione ambientale e
climatica più di noi ce l’hanno. Se n’è parlato anche in uno degli incontri
della recente seconda edizione di Trieste Next. Enrico Altran, responsabile dei
progetti strategici di AcegasAps, ha delineato storia e situazione della rete
idrica che fornisce acqua potabile alla provincia di Trieste. L’80 per cento
dell’acqua che arriva nelle nostre case proviene dai tredici pozzi che pescano
nelle falde del basso Isonzo. Acqua di eccellente qualità che non ha bisogno di
trattamenti (clorazione a parte). Il restante 20 per cento è coperto dalle
risorgive carsiche del Sardos e del Timavo. Mentre sono in essere accordi con
Slovenia e Croazia per poter affrontare eventuali emergenze. Da ricordare: le
perdite negli acquedotti locali sono del 43 per cento, nella media nazionale.
Energia sostenibile: incontro pubblico
Domani alle 18 presso la Casa di Pietra il Comune di Duino Aurisina
organizza un incontro informativo per illustrare l’iniziativa intrapresa
nell’ambito del Patto dei sindaci per la riduzione delle emissioni di CO2 del
20% entro il 2020 attraverso un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (Paes).
Nell’ambito della serata verranno illustrate le finalità del Patto dei sindaci,
il lavoro svolto finora per la redazione dell’Inventario di Base delle Emissioni
e le possibili azioni che verranno inserite nel Paes per migliorare le
performance energetiche di Amministrazione comunale, cittadini e imprese.
IL PICCOLO - MARTEDI', 15 ottobre 2013
«Rigassificatore in Alto Adriatico» - La Ue fa sparire
la parola Zaule
Sì della Commissione alla lista dei progetti prioritari per l’energia: si
parla di un impianto sulla costa
Ma la collocazione esatta «sarà decisa dal governo
italiano in accordo con quello sloveno»
Un rigassificatore on shore, quindi sulla costa, in Alto Adriatico, «la cui
precisa collocazione sarà decisa dal governo italiano in accordo con quello
sloveno». È la dizione precisa con cui ieri la Commissione europea ha inserito
l’impianto, originariamente previsto a Zaule, nell’elenco dei 248 progetti
prioritari per le connessioni energetiche. Vero è che la località di Zaule è
definitivamente sparita, il che non era accaduto fino al primo passaggio a
Bruxelles in sede tecnica, ma il fatto che ieri sia stata ribadita la
collocazione on shore e che si citi la necessità di un accordo solo tra Roma e
Lubiana ha immediatamente ricreato un clima di incertezza facendo oltretutto
supporre che siano state fuorvianti tutte le illazioni emerse nelle ultime
settimane e che parlavano dell’ipotesi di un rigassificatore più o meno al largo
di Pola con il coinvolgimento anche della Croazia che invece non viene nemmeno
previsto. La Commissione europea ha bocciato la soluzione offshore e
teoricamente potrebbe anche aver rimesso ballo la soluzione Zaule non fosse che
nello stesso elenco dei progetti prioritari è stato inserito, per essere
potenziato (come riferiamo a parte), anche l’oleodotto della Siot, società che
si è costituita in giudizio rispetto al ricorso al Tar di Gas Natural ritenendo
incompatibile l’esistenza di un impianto a Zaule con la crescita, già
cominciata, del traffico di petroliere. Ieri il ministero sloveno delle
Infrastrutture ha ricordato che l’accordo raggiunto con Roma prevede che
l’Italia possa determinare il sito del rigassificatore solo in accordo con la
Slovenia che si è opposta a Zaule. La premier slovena Alenka Bratusek ha
dichiarato che la decisione riguardo al sito per il rigassificatore dovrà essere
presa sulla base dell’impatto ambientale e transfrontaliero. La questione
potrebbe essere sufficientemente chiara se già fra tre giorni, il 18 ottobre,
non scadesse la moratoria di sei mesi decisa dall’ex ministro Corrado Clini al
provvedimento di compatibilità ambientale che già nel 2009 il governo italiano
aveva emesso a favore di Gas Natural per il progetto di Zaule. Da giovedì la
compatibilità ambientale riprenderà vigore. A questo proposito ieri gli
assessori all’Ambiente Umberto Laureni e Vittorio Zollia hanno annunciato che
sindaco e presidente della Provincia stanno per inviare una lettera ai ministri
dell’Ambiente, dello Sviluppo economico e dei Beni culturali affinché
l’autorizzazione di Via (Valutazione d’impatto ambientale) al rigassificatore di
Zaule anziché rientrare in vigore venga definitivamente revocata. E per
l’assessore regionale Sara Vito l’assenza del sito di Zaule premia la nuova
amministrazione regionale da sempre contraria a quell’ubicazione. «È essenziale
che siano rispettati i criteri di sicurezza e salvaguardia ambientale», ha
sottolineato il parlamentare dei Popolari europei Antonio Cancian. Ma anche la
causa al Tar di Gas Natural nel frattempo procede e appena il 19 marzo i giudici
amministrativi del Lazio si pronunceranno nel merito. La battaglia dunque a
Trieste dove ultimamente tutte le amministrazioni elettive e le associazioni
ambientaliste, oltre all’Autorità portuale e alla maggior parte dei partiti e
dei sindacati si sono detti contrari alla localizzazione di Zaule pare destinata
a riprendere vigore. «Riteniamo che la stragrande maggioranza dei progetti
energetici Ue d’interesse comune verrà realizzata nei prossimi anni», ha
dichiarato ieri il commissario all’Energia Guenther Oettinger specificando che
«nella lista adottata oggi ci sono solo quelli che riteniamo siano fattibili a
breve in quanto sono stati concordati da tutti gli Stati membri e c’è quindi la
certezza che i 28 sono interessati e coinvolti per la loro effettiva
realizzazione». I finanziamenti europei saranno di 5,85 miliardi di euro fino
alla fine del decennio. Fare parte della lista è condizione indispensabile per
chiedere il cofinanziamento dei progetti. La lista sarà ora passata al vaglio
formale del Parlamento e del Consiglio europei: fare emendamenti non è ammesso,
l’approvazione viene data per scontata.
Silvio Maranzana
Su richiesta dei cechi verrà aumentata la portata
dell’oleodotto
Tra i progetti energetici strategici che potranno essere cofinanziati
dall’Unione europea ce n’è anche un secondo che interessa a Trieste e riguarda
il potenziamento dell’oleodotto transalpino che quest’anno batterà tutti i
record con 500 petroliere al terminal della Siot e 40 milioni di tonnellate di
greggio pompate. In questo caso la proposta è venuta dalla Repubblica Ceca che
nel dicembre scorso ha acquistato il 5% delle azioni della società che gestisce
la pipeline. Per affrancarsi dalla dipendenza russa, i cechi vogliono aumentare
i propri rifornimenti via Trieste. Per fare questo è necessario, tramite una
serie di lavori dell’ammontare di svariati milioni di euro, aumentare la portata
della pipeline con alcuni accorgimenti tecnici mirati a eliminare una serie di
strozzature della condotta e a aumentare la potenza dei motori di pompaggio.
(s.m.)
Infrastrutture - Tav balneare, Calligaris approva lo stop
Piena soddisfazione per la scelta del Veneto di bocciare
definitivamente la linea litoranea della Tav a favore del rafforzamento del
tracciato esistente. Ad esprimerlo è il presidente di Confindustria Friuli
Venezia Giulia Alessandro Calligaris. «Lo stop - osserva Calligaris - è un
ulteriore passo verso la definizione delle linee operative di questa importante
opera strategica, e in tal senso formulo l’auspicio che anche il Fvg adotti
quanto prima il piano già presentato dal commissario Mainardi, che invita a
operare sul progetto tracciato, ottimizzandolo e riducendone i costi di
realizzazione». .
S. Dorligo, polemica sullo stop alla
Divaccia-Capodistria
SAN DORLIGO «La notizia che la Regione ha bocciato il progetto sloveno della
Divaccia- Capodistria ci conforta: almeno qualcuno interessato al territorio
ancora esiste». Rossano Bibalo, consigliere comunale di San Dorligo della Valle
in quota Verdi-Italia dei valori, commenta così la decisione della Giunta
Serracchiani di rilasciare parere sfavorevole alla proposta dalla Slovenia per
la costruzione di un secondo binario tra due località. La bocciatura è arrivata
per la mancanza di sicurezze sulla compatibilità ambientale dell’opera. «I
possibili rischi ricadrebbero unicamente per tutto il bacino idrografico del
territorio del Comune di San Dorligo, e senza alcun beneficio – spiega Bibalo -.
Inoltre si rischierebbe di compromettere tutto il bacino del torrente Rosandra
in area italiana, senza dimenticare che negli ultimi anni la Regione ha speso
circa 500mila euro per questa Riserva, e ad oggi stanzia circa 63mila euro
all'anno, anche se è evidente che il no a questo progetto non è una questione di
cifre di fronte al possibile danno ambientale che questo potrebbe comportare».
Bibalo ha evidenziato come «siamo rimasti basiti per il parere favorevole
rilasciato dalla maggioranza comunale di San Dorligo, il principale attore
responsabile della tutela locale brilla per un parere isolato, e incomprensibile
se confrontato su quanto uscito da altri tavoli». Pronta la replica da parte
dell'assessore all'Ambiente Elisabetta Sormani: «In base alla relazione tecnica
ricevuta dal nostro responsabile Mitja Lovriha, abbiamo ravvisato che non ci
fosse nulla da obbiettare al progetto del secondo binario sulla
Divaccia-Capodistria. Ricordo comunque che la Slovenia aveva già risposto alle
osservazioni fatte dai Circoli culturali e dalle Comunelle, risposte che in base
alle nostre competenze ci avevano fatto propendere a non bocciare il progetto».
(ri.to.)
VOLONTARIATO - Servizio civile - Bando per 16 volontari
Il Centro interprovinciale Servizi di volontariato Fvg
cerca sedici volontari da coinvolgere in altrettanti progetti di servizio
civile. Il rimborso previsto è di 433,80 euro netti al mese. Tutte le
informazioni sul bando sono disponibili sul sito internet
www.csv-fvg.it.
IL PICCOLO - LUNEDI', 14 ottobre 2013
Contro Gazprom il blitz di Greenpeace
In gommone davanti a Esimit per dire no alle trivellazioni nell’Artico
TRIESTE «Via dall’Artico». La protesta firmata Greenpeace contro le
trivellazioni nell’Artico da parte della Gazprom, il gigante russo dell’energia
sponsor principale del maxi Esimit Europa 2, è scattata subito dopo la seconda
boa, quella che ha sancito la chiusura (anticipata per mancanza di vento) di
questa Barcolana numero 45 con la vittoria della barca “europea”. Un piccolo
gommone ha affiancato il maxi con le vele “firmate” da Gazprom, aprendo lo
striscione giallo con le scritte in nero «Get out of the Arctic» e
«#FreeTheArctic30». Un secondo gommone, con altri attivisti di Greenpeace, era a
poca distanza, riprendendo con telecamere e macchine fotografiche la scena.
Immediatamente i due mezzi sono stati circondati dalle moto d’acqua della
Polizia che hanno cercato di allontanarli, ingaggiando una sorta di duello fatto
di accelerate improvvise e altrettanto improvvisi cambi di rotta oltre che di
forti spruzzi d’acqua. Il tutto sotto gli occhi, le telecamere e le macchine
fotografiche anche degli altri gommoni accreditati al seguito della Barcolana.
Una scena durata pochi minuti, mentre la regata era comunque ormai finita ed
Esimit aveva già acceso il motore per ritornare a riva da vincitore. In realtà,
la manifestazione condotta da Greenpeace non ha colto del tutto impreparati gli
uomini dello staff di Esimit. Nei giorni scorsi infatti quegli stessi gommoni
erano stati notati dagli addetti all’assistenza del team mentre incrociavano
nelle zone di mare dove Esimit si allenava. Proprio per questo motivo su
ciascuno dei due gommoni schierati dal team al fianco del maxi in gara erano
imbarcati altrettanti addetti alla security sloveni. Il timore era infatti
quello che gli attivisti di Greenpeace cercassero di salire a bordo di Esimit.
In realtà invece, per quel che si è visto in mare, la manifestazione è stata
assolutamente pacifica. Intanto, anche a terra scattavano le misure di sicurezza
e l’area dell’approdo veniva presidiata dagli agenti della Questura. Proprio per
evitare ulteriori problemi Esimit Europa 2 non è stata ormeggiata al fianco
della Stazione Marittima come sempre avvenuto gli scorsi anni, ma dopo la
passerella in bacino San Giusto l’equipaggio è stato accolto da un gommone con
il quale ha raggiunto terra per le interviste di rito e la premiazione. Gli
attivisti di Greenpeace che hanno partecipato all’azione, una decina in tutto,
sono stati scortati dalla Polizia negli uffici della Squadra Nautica della
Questura, nel Porto Vecchio di Trieste. Una volta identificati, sono stati
denunciati per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale e subito
rilasciati.
Guido Barella
IL PICCOLO - DOMENICA, 13 ottobre 2013
I big dell’energia: «Sistema Ue a rischio»
Il numero uno dell’Eni, Paolo Scaroni: «Troppe indecisioni sul gas.
Prezzi triplicati rispetto agli Usa»
BRUXELLES La politica energetica fallimentare dell'Europa, dai sussidi alle
rinnovabili, al sistema Ets sino alla questione shale gas, rischia nei prossimi
anni di far saltare la stabilità del sistema-energia del Vecchio continente. E,
con prezzi energetici proibitivi, doppi o tripli rispetto a quelli degli Usa,
anche di impedire la rinascita industriale su cui punta l'Ue. È l'allarme
lanciato a Bruxelles da dieci big del settore, tra cui Enel ed Eni, chiedendo un
cambio di marcia ai leader europei in vista dei vertici dedicati all'energia che
si terranno a febbraio e a marzo prossimi. «Stati membri e istituzioni Ue sono
entrambi responsabili della situazione di oggi», ha sottolineato l'ad di Enel
Fulvio Conti, dicendosi «preoccupato per la stabilità del sistema energetico in
Europa». I primi, infatti, attuano politiche nazionali incostanti in conflitto
tra loro, e utilizzano il settore come strumento per far cassa rivalendosi su
cittadini e imprese, mentre le seconde non riescono ad adottare una legislazione
armonizzata e basata sul principio di sussidiarietà nei 28 Paesi. Ma
l'intenzione dei giganti europei dell'energia (oltre a Eni ed Enel, anche Gdf
Suez, E.on, Rwe, Iberdola, GasTerra, GasNatural Fenosa, Vattenfall e Cez Group),
ha messo in chiaro Conti, non è «indicare col dito i responsabili, ma i problemi
che devono essere risolti». A partire dagli schemi di sussidi non coordinati a
livello Ue alle rinnovabili, a cui si deve mettere fine per puntare invece al
sostegno armonizzato di quelle tecnologie non ancora mature che devono essere
sviluppate. Bruxelles deve anche dare un «segnale chiaro», hanno chiesto le
società, sulla questione CO2 e rivedere il sistema di scambio delle emissioni
Ets che non funziona. Nel mirino anche l'indecisione europea sul gas di scisto,
un treno che gli Usa hanno già preso da tempo e che ha fatto sì che i prezzi del
gas in Europa siano ora il triplo di quelli americani, come ha ricordato l'ad di
Eni Paolo Scaroni. A questo si aggiunge anche, ha fatto presente Conti, un
«bando affrettato» del nucleare, che ora pesa per esempio per la Germania «20
miliardi di extra costi» sulla competitività del Paese. «Come far scendere i
prezzi dell'elettricità, altrimenti in che modo si arriva alla 'rinascita
industriale europea? questa è la domanda» a cui l'Ue deve dare una risposta, ha
sottolineato il numero uno di Eni.
Gli attivisti sbagliano mira Fallisce il blitz anti Ogm
Azione dimostrativa a Vivaro: danneggiate solo piante di mais
tradizionale Futuragra: «In futuro si facciano accompagnare da chi i campi li
conosce»
PORDENONE L’ultimo mais Ogm trebbiato a Vivaro è stato raccolto ieri
mattina, nonostante la pioggia, nonostante il tentativo – fallito – dei contrari
alle colture transgeniche di danneggiare le pannocchie. L’incursione notturna di
ambientalisti e «no global» alla vigilia della trebbiatura, non ha infatti
danneggiato il mais seminato da Silvano Dalla Libera (vicepresidente di
Futuragra). Le bombolette spray blu e viola sono state usate sul mais
tradizionale seminato nel campo “testimone” – ovvero quello che serviva a
Futuragra per misurare il livello di contaminazione – di proprietà di Dalla
Libera, e un campo vicino di proprietà di un altro agricoltore. Sempre di mais
tradizionale. Non proprio un colpo da maestri per quanti speravano di
contrastare l’azione dei pro biotech. Che, in risposta all’azione di disturbo
firmata dagli attivisti, si sono affidati all’ironia. «Questi signori si
facciano almeno accompagnare da un agricoltore - ha commentato Dalla Libera -
quando fanno irruzione nella proprietà altrui: quello danneggiato non è mais
Ogm. In ogni caso noi non ci faremo intimidire». Dopo la rapida e un po’
maldestra incursione notturna, ieri mattina, nel fazzoletto di Vivaro blindato
dalle forze dell’ordine per paura di nuove incursioni, gli anti Ogm non si sono
fatti vedere. Gli unici a “rovinare la festa”, se così si può dire, a Dalla
Libera e ai suoi invitati – molti arrivavano anche dal Veneto (Verona e Rovigo)
dove Futuragra ha fatto proseliti, sono stati gli agenti del corpo forestale
della Regione che, con tanto di macchina fotografica e videocamera, hanno
ripreso le fasi della trebbiatura. Il loro compito era quello di verificare che
le operazioni rispondessero all’ordinanza che la Regione ha inviato
all’agricoltore, ma Dalla Libera non l’ha presa proprio in modo sportivo e,
quando gli è stato chiesto dove sarebbe stato portato il mais trebbiato, ha
risposto loro che non era informazione che poteva interessare la forestale. Per
il resto, anche con la pioggia, la mattinata è stata una festa, con tanto di
“porchetta Ogm” per tutti. «Io spero che questa sia la vittoria di una guerra e
non di una semplice battaglia – ha rimarcato Dalla Libera – perché abbiamo
dimostrato che non ci sono rischi per l’ambiente e la salute anche perché non
c’è l’impiego di prodotti chimici che si ha con le colture tradizionali e che la
resa del prodotto, in termini economici, è migliore: 500 euro l’ettaro in più».
Ora la sfida «è poter seminare varietà più recenti e non solo di Mais. Il Mon
810 ha vent’anni di vita. Mentre noi trebbiamo per la prima volta questo mais,
nel mondo sono andati molto più avanti grazie alla tecnologia». Dalla Libera
respinge poi le accuse di contaminazione: «Grazie alla collaborazione con il
corpo forestale dello Stato abbiamo verificato gli effetti sulle proprietà
vicine. Proprio per capire avevo creato un appezzamento di mais tradizionale,
una “zona rifugio” tra un appezzamento di Ogm e un altro. Le analisi hanno
dimostrato che la presenza con valori superiori al limite di legge è entro i 20
metri confinari e tende a degradare man mano che la distanza aumenta. I rischi
sono nulli». Fin qui la festa della prima trebbiatura. Ma i piani di Futuragra
non finiscono qui. Dopo la semina del mais Mon 810, il consorzio si prepara alla
nuova campagna: quella per seminare varietà più recenti e non solo di mais. Si
parla infatti di soia, che oggi arriva prevalentemente dall’estero, e altre
colture arboree. Piani che non tutti, però, sembrano gradire. È il caso del
parlamentare Pd Giorgio Zanin, da anni impegnato a favore del mantenimento della
biodiversità, che non ha apprezzato la “provocazione” della festa della
trebbiatura del mais geneticamente modificato. «Manifestare così apertamente in
presenza di un decreto legge che va in direzione opposta - è stato il suo
messaggio ai pro biotech - , è di cattivo gusto».
Martina Milia
E Confagricoltura sollecita la Regione - tavolo tecnico
«Chiediamo alla presidente Serracchiani di convocare subito il “Tavolo
tecnico” sugli ogm, come previsto dalla L.R. n. 5 del 2011 che detta
“Disposizioni relative all’impiego di ogm in agricoltura”. Dalla approvazione
della normativa, l’organismo tecnico non si è mai riunito», sottolinea Claudio
Cressati, presidente di Confagricoltura Fvg. «In questo momento di forte
tensione e incertezza sulla diffusione degli ogm diventa sicuramente importante
ascoltare i pareri degli esperti».
IL PICCOLO - SABATO, 12 ottobre 2013
Duino, bloccati i dragaggi: erano a rischio gli
ecosistemi
Il Ministero ha bocciato il progetto di escavo del canale di Monfalcone
denunciato dalla giunta Kukanja. Con la movimentazione dei fanghi in pericolo le
attività ittiche
DUINO AURISINA La Direzione generale per le valutazioni ambientali del
Ministero dell'Ambiente conferma le carenze sul progetto di escavo del canale di
Monfalcone denunciate dalla giunta Kukanja, che un mese fa aveva espresso parere
sfavorevole facendo proprie le osservazioni della Seconda commissione
consiliare. E chiede, il Ministero, l'integrazione alla documentazione, redatta
dal Consorzio per lo sviluppo industriale, attraverso la risposta a ben 36
quesiti specifici. In tutto quattro facciate fitte di richieste inerenti il
quadro programmatico, progettuale e ambientale dei lavori di approfondimento del
canale di accesso e del bacino di evoluzione monfalconese. La Commissione
tecnica di verifica dell'impatto ambientale ha comunicato alla Direzione
generale per le valutazioni ambientali “la necessità di acquisire chiarimenti e
integrazioni alla documentazione di Via già prodotta dall'Azienda speciale per
il Porto di Monfalcone”. Le risposte dovranno pervenire entro 45 giorni e in
caso di mancata replica la Commissione concluderà l'istruttoria sulla base delle
documentazioni agli atti, tra cui anche la richiesta di approfondimenti
formulata dalla Regione. Proprio al palazzo di piazza Oberdan, infatti, era
stato inviato il documento sottoscritto dalla giunta Kukanja e contenente a
chiosa il parere sfavorevole. L'amministrazione di Duino, che pur riconosce
l'importanza e necessità dell'opera per lo sviluppo portuale di Monfalcone,
ritiene infatti che la movimentazione dei fanghi oggetto d'intervento rischia di
mettere in serio pericolo gli ecosistemi e le attività ittiche tra il Villaggio
del pescatore e Duino, nel caso in cui non venissero adottati accorgimenti a
oggi non esplicitati. Le richieste della Commissione tecnica, dunque.
Innanzitutto chiarire “la compatibilità tra Piano regolatore del porto del 1972
e Piano regolatore generale di Monfalcone nell'area della cassa di colmata,
posto che la destinazione d'uso assegnata all'area dal Prgc è quella di
“attrezzature portuale di interesse regionale””, ma il refluimento, in tale
area, di sedimenti di mercurio può non essere compatibile con la destinazione
d'uso stabilita dal Prgc. Per ovviare servirebbe una variante. Inoltre si rileva
che “mancano dati sulla destinazione finale del piazzale della cassa di
colmata”: in carenza, la Via verrà limitata al dragaggio e movimentazione dei
materiali. Ampio capitolo, poi, sui monitoraggi, che ricalcano quanto in
sostanza espresso dalla giunta comunale, la quale li aveva ritenuti del tutto
insufficienti. Il Ministero chiede indagini fisiche, chimiche, biologiche ed
ecotossicologiche per tutte le componenti ambientali. Inoltre pone la necessità
di “implementare i piani di monitoraggio con un piano di sicurezza ambientale
per la fase di cantiere”, relativamente a suolo, dispersione di polveri e stato
delle acque. Ma anche di approfondire le misure di mitigazione. Relativamente
all'itticoltura, poi, Roma chiede che si valutino “i possibili impatti sulle
coltivazioni di mitili e maricoltura presenti nell'intorno, con particolare
riferimento alla risospensione dei sedimenti e agli inquinanti da essi
trasportati” e “di utilizzare barriere galleggianti antinquinamento al fine di
contenere la dispersione dei sedimenti messi in sospensione nelle fasi di
dragaggio del canale di accesso, con particolare riferimento ai recettori
sensibili da individuare e alle condizioni meteomarine in cui potrebbero
risultare maggiormente utili”. Il Ministero suggerisce di “fornire videoriprese
subacquee sui fondali”. Infine di “valutare l'adozione di barriere acustiche per
proteggere le specie dell'adiacente area Sic dal cantiere”. La corposa richiesta
di chiarimenti del Ministero è per il Comune una vittoria: il riconoscimento che
quanto prescritto a settembre è risultato assolutamente legittimo.
Tiziana Carpinelli
Rozza: «Il piano del Consorzio era superficiale»
«Per fortuna la logica del mandare avanti unilateralmente i piani, senza
interpellare i comuni contermini, non funziona più». Questo il commento a caldo
del presidente della Seconda commissione Maurizio Rozza. «Nel caso specifico –
prosegue - taluni parti del progetto di approfondimento del canale risultavano
di una superficialità mostruosa ed evidentemente anche il Ministero le ha
rilevate. In tutta la sezione della “Flora, fauna, ecosistemi, il Ministero
ribadisce l'assoluta carenza dello studio di incidenza ambientale e sottolinea
la necessità di valutare gli impatti sull'Iba, comprendente anche il canneto. Si
tratta di un'area di eccezionale importanza ambientale, in cui si riproducono
specie prioritarie per le direttive europee, quali ad esempio il Tarabuso. Il
Ministero invita anche a utilizzare il progetto per fare miglioramenti
ambientali nell'area, a compensazione degli impatti. Se il Consorzio seguirà le
indicazioni del Ministero, finalmente vedremo un porto che cresce con l'ambiente
e non sull'ambiente».
(ti.ca.)
PIANO BUS - «Trasporti, tagli in vista» Incontro
Provincia-sindacati
La presidente Bassa Poropat ha condiviso la preoccupazione delle parti
sociali sottolineando però che finora è stata salvaguardata l’occupazione
La Presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, insieme
all’assessore ai trasporti Vittorio Zollia, all'assessore comunale Elena
Marchigiani, insieme ai rappresentanti degli altri Comuni della provincia ha
incontrato ieri le organizzazioni sindacali dei dipendenti della Trieste
Trasporti. «Condivido le preoccupazioni esposte dai rappresentanti dei
lavoratori - ha detto Bassa Poropat - in ordine a un’ipotesi di ulteriore grave
decurtazione del corrispettivo per il 2014 qualora dovesse rimanere immutata la
posta oggi presente nel bilancio triennale regionale. Una condizione - ha
aggiunto Vittorio Zollia - che comporterebbe di certo un ulteriore pesante
intervento sulla disponibilità chilometrica del servizio». L’assessore in ordine
alla parte del comunicato sindacale laddove si dice «Con l’avvallo della
Provincia, la Trieste Trasporti ha tagliato servizi importanti resi all’utenza,
che sono costati 30 posti di lavoro», ha evidenziato ai rappresentanti dei
lavoratori l’assoluta non rispondenza al vero di tale affermazione. «La
riduzione attuata nel corso del 2013 – ha precisato Zollia - ha tutelato tutte
le corse di interesse sia dei lavoratori che degli studenti, incidendo più sulle
festività o su tipologie di servizi assolutamente minori. La Provincia ha
concordato con Trieste Trasporti il mantenimento dei posti di lavoro in essere,
anche quelli a tempo determinato. Non corrisponde quindi al vero la perdita dei
30 posti di lavoro ed anzi questi sono stati tutti mantenuti, mentre sono venute
meno solamente 17 unità per mero pensionamento, naturalmente privo di turn over.
L’assessore Marchigiani, nel delineare le linee essenziali del nuovo Piano del
traffico legate allo sviluppo del trasporto pubblico locale, si è impegnata a
riferire al sindaco Cosolini quanto esposto dalle organizzazioni sindacali in
particolare in ordine ai problemi collegati alla qualità di socio nella
concessionaria della Trieste Trasporti. «Nel corso dell’incontro - hanno invece
affermato i sindacati - abbiamo espresso preoccupazione in merito alle sempre
più insistenti voci di ulteriori futuri tagli ai finanziamenti del trasporto
pubblico locale con ripercussioni sul servizio offerto alla cittadinanza. Tagli
che potrebbero avere sui livelli occupazionali in Trieste Trasporti e abbiamo
chiesto garanzie a tale proposito». La Trieste Trasporti informa che disagi sia
relativamente alle corse dei bus che al funzionamento degli sportelli potrebbero
verificarsi venerdì 18 in quanto la Usb in adesione allo sciopero generale ha
proclamato 24 ore di astensione del lavoro da parte sia del personale viaggiante
che di quello interno. Saranno garantiti i servizi solo dalle 6 alle 9 e dalle
13 alle 16.
Ial - Tavola rotonda sulla green economy
La green economy non sarà certo la panacea contro la crisi in atto, ma sicuramente può rappresentare un’occasione di sviluppo e crescita anche per il Fvg. È partita da questo assunto la tavola rotonda promossa dallo Ial Fvg e dedicata ad approfondire le ricadute di un approccio “verde” sul territorio e l’economia reale. Ad indicare questa strada è lo stesso presidente dello Ial, Elvio Di Lucente, evidenziando come la green economy possa essere una delle soluzioni possibili di rilancio. A patto, hanno sottolineato gli esperti, che l’Italia sappia adeguarsi alle indicazioni europee.
Futuragra «Analisi rassicuranti sul mais Ogm»
Piante resistenti, nessun pericolo di inquinamento nei
campi circostanti. Sono i principali elementi che emergono dalle indagini
scientifiche sul primo campo di mais Ogm coltivato in Italia a Vivaro di
proprietà di Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra. «I risultati
sono interessanti - hanno affermato gli esperti - e smentiscono molti luoghi
comuni sulla presunta pericolosità del mais Ogm». I risultati delle analisi sono
stati resi noti alla vigilia della prima “Festa della trebbiatura di
coltivazioni Ogm” in programma oggi a Vivaro. Attesa una contromanifestazione
ambientalista.
A lezione di differenziata - ALLE TORRI
L’iniziativa di Corepla in collaborazione con Acegas-Aps, sarà inaugurata
lunedì 14 ottobre al Centro Commerciale “Torri d’Europa", in via Svevo. Sarà
allestita dal 14 al 27 ottobre la nuovissima struttura itinerante “CasaCorepla”,
aperta alle scuole primarie del territorio e a tutti i cittadini che frequentano
il centro commerciale. Si tratta di una nuova e più ricca esperienza didattica,
che ha fatto il suo esordio assoluto nel mese di maggio scorso a Reggio Emilia
riscuotendo notevole successo, finalizzata alla divulgazione del ciclo completo
che compie l'imballaggio in plastica.
IL PICCOLO - VENERDI', 11 ottobre 2013
«Rigassificatore, ancora nessuna certezza» -
RIFONDAZIONE COMUNISTA
«La certezza» che il rigassificatore di Zaule «non sarà cofinanziato non
esiste ancora». Lo afferma in una nota Lino Santoro, della commissione ambiente
di Rifondazione comunista. È stato l’europarlamentare Antonio Cancian (Popoparli
europei) ad affermare l’altro giorno che nella lista di impianti su cui lunedì
la Commissione europea dovrà esprimersi «la località Zaule è definitivamente
scomparsa e si cita soltanto in modo generico l’Alto Adriatico». Ma per il Prc
«potrebbe anche significare un impianto a riva, come è Zaule». Impianto
progettato da Gas Natural che «potrebbe godere del cofinanziamento europeo
richiesto dal governo italiano e che, attraverso un accordo dell’ultim’ora con
Slovenia e Croazia, sarebbe gestito dai tre Stati». Se fosse a Zaule «ci sarebbe
anche il fattore di garanzia. Perché la strategia energetica nazionale, proposta
dal governo Monti non è stata mai smentita dal governo Letta, e lì si parla di
impianti di rigassificazione necessari all’Italia, per trasformarla in un hub
del gas, e di ripristinare gli incentivi previsti dall’Autorità dell’energia
elettrica e del gas per le infrastrutture energetiche di rigassificazione
considerate prioritarie». Rc si domanda «come s’intrecceranno il percorso
italiano (autorizzazione unica) e quello europeo (progetto europeo di interesse
comunitario)». Il timore: «Un progetto realizzato a Zaule, cofinanziato dall’Ue
e che gode degli incentivi dell’Autorità».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 ottobre 2013
«Dove il rigassificatore? Non decide Roma»
Risposta del ministero all’interrogazione di Prodani (M5S). Il grillino:
«Mi aspettavo più precisione»
Dove, in quale località nel Nord Adriatico è prevista la realizzazione del
terminale di rigassificazione incluso fra i progetti di interesse comune su cui
lunedì prossimo la Commissione europea dovrà pronunciarsi definitivamente? A
questa domanda, posta dal deputato triestino di M5S Aris Prodani anche alla luce
della sospensione della Via decretata lo scorso aprile dal Ministero
dell’Ambiente sull’ipotesi Zaule, il Ministero dello Sviluppo economico ha
risposto. Ma solo riepilogando, in sintesi, lo stato delle cose. L’altro giorno,
peraltro, è arrivata la notizia della cancellazione del sito di Zaule
dall’elenco di possibili localizzazioni al vaglio di Bruxelles. Il Mise, per
voce del sottosegretario Claudio De Vincenti, ha illustrato la risposta in
commissione. Ricordando in primis come nella lista europea dei progetti
energetici compaia quello «denominato come “rigassificatore in terraferma nel
Nord Adriatico” proprio per tener conto di una sua possibile delocalizzazione
nell’area del Nord Adriatico, come previsto dal decreto di sospensione della
Via». «Tale circostanza - prosegue il ministero - sarà valutata dal Mattm
(Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ndr) alla
scadenza del termine 18 ottobre fissato dal decreto». L’allora ministro Clini
aveva infatti dato tempo sei mesi a Gas Natural per individuare una
localizzazione alternativa per l’impianto o all’Autorità portuale per modificare
il proprio Piano regolatore in modo da renderlo compatibile con il progetto del
terminale. Al 18 ottobre, scadenza dei sei mesi, «verosimilmente - prosegue il
documento ministeriale -, nessuna delle due ipotesi presenti nel Dm di
sospensiva sarà realizzata». A quel punto il Ministero dell’Ambiente si
pronuncerà, confermando o revocando la Via a suo tempo adottata. In caso di
revoca, il Ministero dello Sviluppo economico rigetterà la domanda di
autorizzazione alla costruzione dell’impianto. Inoltre, rileva il Mise, «non
compete alle amministrazioni specificare i siti dove ubicare i terminali di
rigassificazione», quanto invece pronunciarsi, rispetto alle istanze di
autorizzazione presentate dai privati, «sulla base del rapporto ambientale e dei
piani territoriali interessati». Tutt’altro che soddisfatto Prodani: «Mi
aspettavo una risposta più puntuale e precisa - afferma il parlamentare grillino
-, cioè definitiva su un sito da parte del governo. Considerata la contrarietà
degli enti locali e dell’Autorità portuale, e quanto affermato da Viviane Reding
(vicepresidente della Commissione europea, ndr) a Trieste». Quest’ultima aveva
spiegato come l’Ue stia attendendo la pronuncia dell’Italia sulla nuova
valutazione d’impatto ambientale. Prodani svela infine un altro motivo di
insoddisfazione, emerso a margine della seduta in commissione durante la quale
ha preso la parola De Vincenti: «Verbalmente mi è stato detto che per la data
del 18 ottobre sicuramente non arriverà una risposta del governo. Ci vorrà più
tempo... Pensavo che alla luce del Piano regolatore del porto fosse stata messa
una pietra tombale sul rigassificatore, ma - conclude il deputato del MoVimento
5 Stelle - non sembra sia così».
(m.u.)
Sel: ok l’affitto della Ferriera ma dubbi su lavoro e
ambiente - DOPO L’IMPEGNO DEL GRUPPO ARVEDI SU SERVOLA
Bene l’intenzione del Gruppo Arvedi di voler sottoscrivere il contratto di
affitto, dubbi e perplessità invece sulla bonifica dell’area, il controllo delle
emissioni e, non ultimo, il livello occupazionale, che va confermato. In
sintesi, è questo il giudizio del coordinamento provinciale di Sel, che ha
esaminato lo stato della grave crisi aperta alla Ferriera di Servola alla luce
del dichiarato interesse a rilevare lo stabilimento da parte del Gruppo Arvedi
appunto e da quanto emerso dal recente incontro svoltosi nella sede della
Regione alla presenza di tutti i soggetti pubblici e privati interessati. Sel,
come si diceva, “ritiene positiva la conferma da parte di Arvedi di voler
sottoscrivere - tramite la controllata Siderurgica Triestina - il contratto di
affitto della Ferriera, così come di garantire l’approvvigionamento delle
materie prime necessarie alla continuità del ciclo produttivo: tutte azioni che
permettono di scongiurare una chiusura al buio dello stabilimento di Servola.
Tuttavia - è quanto si legge nella nota - rimangono ancora indecifrabili gli
aspetti relativi agli interventi di bonifica dell’area, al piano di risanamento
impiantistico, al controllo delle emissioni legate all’attività produttiva e la
conferma dei livelli occupazionali. Tale situazione determina forti tensioni e
preoccupazioni nei lavoratori, così come nei rioni cittadini che più da vicino
subiscono le conseguenze di una situazione pesantissima sotto l’aspetto della
tutela della salute e dell’ambiente”. Secondo Sinistra Ecologia e Libertà “è per
tanto necessario che le istituzioni pubbliche - che finalmente, dopo più di un
decennio caratterizzato da soli annunci ed anatemi, siedono allo stesso tavolo -
si adoperino per un negoziato trasparente e definito nei contenuti, che abbia
come sbocco la sottoscrizione di un accordo di programma chiaro nell’ammontare
delle risorse pubbliche e private, nel loro utilizzo, nei tempi e negli
specifici impegni che si assume il Gruppo Arvedi”. Sel, in conclusione, ritiene
queste “le precondizioni necessarie per avviare una riconversione produttiva
dell’area della Ferriera di Servola, prefigurando anche un graduale superamento
delle lavorazioni a caldo”.
«Più rifiuti nelle discariche con la differenziata a
punti»
AcegasAps: aumentato di almeno il 10% l’afflusso negli appositi centri di
raccolta nella prima settimana del concorso. Smaltiti in particolare pc, tv,
cellulari e pentole
Al momento, mettono le mani avanti in casa AcegasAps, restiamo nei confini
delle sensazioni. Non siamo, insomma, già in mezzo a numeri e statistiche
ufficiali. Tali sensazioni, però, sono tenute volutamente al ribasso, per
evitare proprio che le statistiche, quando ci saranno, finiscano per smentire e
spegnere gli entusiasmi. Ebbene: le sensazioni degli addetti ai lavori,
assicurano sempre da AcegasAps, dicono che nella prima settimana di vita di
“Trieste premia” - ovvero il concorso a premi per cittadini “ricicloni”, in base
ai punti che si possono accumulare portando i rifiuti ingombranti nei quattro
appositi centri di raccolta - l’afflusso di persone che si sono recate per
l’appunto in questi centri sia aumentato «come minimo» del 10%. Una percentuale,
questa, che dall’Ufficio comunicazione della multiutility viene etichettato come
«positivo» anche alla luce del fatto che il concorso è scattato con un preavviso
relativamente scarso: l’iniziativa, testimoniano le cronache, è stata presentata
giovedì 26 settembre, ed è partita martedì primo ottobre. Altro dato che in
AcegasAps si saluta con un certo ottimismo è che la prima settimana di raccolta
“incentivata” presa in considerazione per un paragone di massima coi tempi in
cui il concorso non esisteva, essendo iniziata il primo giorno del mese, dunque
un martedì, ed essendosi esaurita naturalmente la domenica successiva, il 6 di
ottobre, è durata sei giorni anziché sette. Tutto questo fa da “cappello”
introduttivo al comunicato stampa che la multiservizi entrata appena nel colosso
Hera, leader nazionale proprio in campo ambientale, ha diffuso l’altro giorno,
nel quale si precisa che dal primo al 6 di ottobre «sono stati 287», di cui «74
donne e 213 uomini, i cittadini che hanno conferito correttamente i rifiuti
domestici non conferibili nei contenitori stradali». «In questa prima settimana
- aggiunge il comunicato - la partecipazione al concorso ha visto il
coinvolgimento di triestini di ogni età, dai 19 anni del cittadino virtuoso più
giovane agli 83 del più anziano». Tra le “scovazze” ingombranti consegnate con
maggiore ricorrenza - si nota scorrendo la lista resa nota da AcegasAps -
balzano agli occhi i 326 pezzi di «apparecchiature elettriche ed elettroniche
fuori uso», tra pc, stampanti, scanner, lampadari e persino pile di vecchie
videocassette a nastro magnetico, e ancora 73 fra «tv» e «monitor» a tubo
catodico, 53 cellulari e poi 172 esemplari di «mobili», «materassi» e «giochi»
di grandi dimensioni, altri 55 tra «lavatrici», «lavastoviglie», «microonde» e
«scaldabagni», e ulteriori 106 pezzi tra «pentole» e «caffettiere», fino ad
arrivare ai 22 «pneumatici fuori uso» e ad altrettante «batterie al piombo» per
auto e moto.
Piero Rauber
I PREMI PREVISTI DAL PROGETTO - Dalla bici elettrica
allo sconto sulla Tares
Il concorso - nato su iniziativa congiunta di Comune e AcegasAps - ha
carattere sperimentale e ha una durata di tre mesi: ottobre, novembre e
dicembre. In favore dei cento cittadini più “ricicloni” di ogni mese è previsto
un premio a scalare (il primo è una bici elettrica) mentre tutti coloro che
raggiungeranno almeno i 50 punti parteciperanno all’estrazione mensile di uno
Smart Box per un tour in una città europea. A fine anno quindi il Comune
subentrerà nei premi ad AcegasAps e assegnerà ai 500 cittadini più “virtuosi”
altrettanti sconti sulla Tares, che sarà detratta dal saldo di febbraio. Ai
primi 100 andrà una riduzione di 150 euro, mentre a quelli dal 101.mo al 350.mo
posto sarà attribuito un bonus di 100 euro, piazzandosi infine dal 351.mo al
500.mo posto si otterrà uno sconto di 60 euro. Tutte le informazioni sul
concorso e le modalità di partecipazione - compreso il valore dei punteggi per
ogni rifiuto conferito - sono consultabili sui siti web di AcegasAps e Comune.
(pi.ra.)
“Occupy” e No Tav, in 20 a giudizio - Per l’assalto
all’ex Banco di Napoli e la manifestazione davanti al Revoltella
A giudizio Luca Tornatore e altri 19 aderenti al movimento “Occupy” per
l’assalto alla sede dell’ex Banco di Napoli e per la manifestazione No Tav non
autorizzata nel giorno dell’arrivo a Trieste dell’amministratore delegato delle
Ferrovie Mauro Moretti. Lo ha decretato con la formula della citazione diretta
il pm Federico Frezza in due distinti provvedimenti. Le udienze sono state
fissate per il 21 luglio dal giudice Marco Casavecchia e per il 28 febbraio
davanti al giudice Massimo Tomassini. L’assalto all’ex sede del Banco di Napoli
porta la data del 9 novembre del 2011. Il corteo era partito regolarmente da
piazza Oberdan attorno alle 16.30. Tutto previsto, sia annunciato sui social
network che comunicato in Questura. Gli Occupy avevano seguito via Ghega e via
Roma fino a corso Italia. Lì c’era stato un improvviso cambio di percorso.
Apparentemente un fuori programma, in realtà previsto: già ben prima delle 16.30
un gruppo di una ventina di ragazzi aveva preso possesso dei locali dell'ex
Banco di Napoli di corso Italia dopo aver segato catene e rotto lucchetti.
Attorno all'edificio si erano schierati una trentina di agenti anti-sommossa.
Poi si erano verificati gli scontri nei quali erano rimasti feriti quattro
poliziotti. A Luca Tornatore viene contestato assieme ad altri 16 aderenti al
movimento di avere organizzato il corteo che il 29 febbraio 2012 aveva seguito,
o meglio “inseguito”, dal Municipio al museo Revoltella l'amministratore
delegato di Ferrovie italiane Mauro Moretti. Una manifestazione tragicomica con
qualche decina di attivisti No Tav che erano riusciti a mettere sotto scacco
polizia, carabinieri e vigili urbani, costringendo beffardamente gli uomini in
divisa a un lungo girotondo attorno al museo in cui stavano “assediati” Mauro
Moretti, il sindaco Roberto Cosolini e l’allora assessore regionale ai trasporti
Riccardo Riccardi. «Non vogliamo l'isolamento ferroviario di Trieste, sosteniamo
che esiste un collegamento tra la truffa della Tav e il depotenziamento drastico
della linee locali dedicate ai pendolari». Nel corso delle indagini Tornatore
era stato perquisito all'interno dell'Osservatorio astronomico dove lavora come
ricercatore universitario. Al suo posto di lavoro si erano presentati gli agenti
della Digos e della Polizia postale. Gli agenti avevano clonato il disco rigido
della memoria del computer che appartiene al ricercatore per poterlo leggere.
(c.b.)
Roma scarica sulla Regione la mina Ogm - la mossa di
futuragra Fidenato annuncia la prima trebbiatura “fuori legge”
Il ministro Orlando sollecita Serracchiani a distruggere il mais
geneticamente modificato. La replica: «Non tocca a noi»
TRIESTE Richiamo del governo sugli Ogm. Con una lettera firmata dal ministro
dell’Ambiente Andrea Orlando e indirizzata alla presidente Debora Serracchiani,
l’esecutivo Letta esorta il Fvg ad assicurare «una completa attuazione» del
divieto di coltivazione del mais Mon 810. Un appello a cui segue a poche ore di
distanza l’annuncio della prima trebbiatura Ogm in Italia, organizzata da
Futuragra sabato a Vivaro. La tensione si alza: per scongiurare disordini le
forze dell’ordine stanno già intensificando i controlli. A surriscaldare il
clima ci pensa la lettera di Orlando, che innesca il botta e risposta con la
governatrice. «Cara Debora – scrive – il 10 agosto scorso è stato pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale che vieta la coltivazione
sul territorio nazionale del Mon 810 fino all’adozione dei provvedimenti
comunitari per un periodo di 18 mesi. Il termine massimo di efficacia del
decreto – ricorda il ministro – è stato fissato con l’obiettivo di costruire le
condizioni per l’adozione di misure regionali di gestione finalizzate alla
massima tutela dell’agrobiodiversità e dell’ambiente. Allo scopo di garantire
una completa attuazione del divieto imposto dal decreto del 12 luglio 2013 nella
Regione Fvg, ove il mais in questione è coltivato» (a Vivaro, ndr), il governo
chiede di conoscere con quali modalità la Regione intende procedere. Anche
perché, fa notare il ministro, per il Fvg esiste l’eventualità di applicare le
sanzioni previste dal decreto del 2003, la bonifica, il ripristino ambientale e
al risarcimento, «qualora sia accertato un effettivo danno». Ma nello stesso
momento in cui il Fvg riceveva la strigliata da Roma, il ministro
all’Agricoltura rispondendo a un question time in Commissione alla Camera,
rilevava l’inapplicabilità del decreto a causa della mancanza di sanzioni.
«L’incompletezza del quadro giuridico dovuto all’assoluta novità della
situazione di fatto non ancora disciplinata in modo sistematico – viene
riportato nella risposta – è una lacuna con riflessi operativi che rende
necessario un intervento normativo in materia di sanzioni per violazione
ambientale». In serata la replica di Serracchiani. «Oltre all'impossibilità di
irrogare una sanzione – premette la presidente – non vi è alcuna base normativa
che renda legittimo un provvedimento regionale finalizzato a distruggere le
colture, anche in considerazione che il decreto del 10 agosto è di competenza
dello Stato». Precisando che «appena emesso il decreto, la Regione si è attivata
per darvi applicazione», anche Serracchiani evidenzia che le lacune della
normativa nazionale sono state ricordate in Commissione alla Camera. «La Regione
– afferma la governatrice – ha monitorato la situazione dei campi coltivati con
mais Ogm, ma non ha allo stato elementi per procedere penalmente contro i
conduttori dei fondi dal momento che dovrebbe dimostrare l'esistenza di un
pericolo per la salute pubblica». L'accertamento del danno ambientale «compete
al ministero» e le Regioni «possono semplicemente prestare la propria
collaborazione». «Si rimandano la palla», sentenzia da parte sua l’imprenditore
pordenonese Giorgio Fidenato che nel 2010, a Vivaro, aveva seminato mais Ogm e
che per questo aveva subito un provvedimento di sequestro e di procedimento
penale, per poi ottenere l’assoluzione in Tribunale nel luglio scorso. Dal
Parlamento Sel, intanto, lancia l’allarme. La senatrice Loredana De Petris punta
l’indice su Pordenone dove i campi di mais convenzionale limitrofi alle
coltivazioni di mais Ogm Mon 810 risulterebbero già contaminati “fino al 10%”.
Ma a Vivaro si fa sul serio. Sabato mattina si terrà la “Festa della prima
trebbiatura di mais Ogm italiano” di Futuragra, l'associazione favorevole alle
biotecnologie. «Un evento storico», lo definisce il vice presidente Silvano
Dalla Libera. Domani mattina Futuragra presenterà i risultati di uno studio:
secondo Dalla Libera, «le ricerche sul campo hanno permesso di raccogliere dati
scientifici per sopperire all'assenza della ricerca pubblica alla quale da anni
viene impedito di lavorare».
Gianpaolo Sarti
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 ottobre 2013
Rigassificatore, la Commissione Ue cancella la
collocazione di Zaule
Lunedì prossimo Bruxelles approverà comunque la
realizzazione di un impianto in Alto Adriatico
e il 18 scade la moratoria di Clini sulla compatibilità ambientale al progetto
di Gas Natural
Lunedì prossimo, il 14 ottobre, la Commissione europea darà il via libera
alla realizzazione di un rigassificatore nell’Alto Adriatico, ma non sul sito di
Zaule che è stato definitivamente cancellato. L’approvazione alla realizzazione
di un impianto, presumibilmente offshore, ma del quale non si conosce ancora la
collocazione precisa, avverrà nell’ambito dell’approvazione della lista dei 130
progetti prioritari di interesse comune in ambito energetico che ha già passato
il vaglio del Comitato tecnico dell’Ue nella seduta del 24 luglio.
Successivamente, tra fine ottobre e inizio novembre, il Parlamento e il
Consiglio europeo si pronunceranno su questo elenco delle priorità semplicemente
con un sì (o meno probabilmente con un no), ma senza che sia previsto un
dibattito e senza la possibilità di presentare emendamenti. Le notizie fresche
arrivano dal parlamentare europeo veneto Antonio Cancian dei Popolari europei
ieri al lavoro nel suo ufficio di Strasburgo. Nella lista passata l’estate
scorsa al vaglio tecnico era inserito un impianto connotato in questo modo:
«rigassificatore a Zaule o in altra località dell’Alto Adriatico». «Ora però -
riferisce Cancian - la località Zaule è definitivamente scomparsa e si cita
soltanto in modo generico l’Alto Adriatico». Era stata la Slovenia a presentare
opposizione alla collocazione di Zaule (contro la quale hanno preso posizione
contraria anche tutte le amministrazioni elettive regionali e triestine
interessate oltre all’Autorità portuale e alle associazioni ambientaliste)
minacciando il voto contrario che avrebbe fatto saltare l’intera lista dal
momento che è necessario l’assenso di tutti i Paesi dell’Ue. La Commissione ha
allora demandato agli Stati nazionali il compito di accordarsi e il 12 settembre
nella Trilaterale a Venezia i capi di Governo di Italia, Slovenia e Croazia
hanno convenuto di costituire un gruppo di lavoro per i progetti
infrastrutturali. In un incontro successivo, Italia e Slovenia avrebbero
nuovamente dibattuto la questione e sarebbero giunte a un accordo che
prevederebbe la collocazione dell’impianto a una distanza minima di 16 km. dalle
acque territoriali slovene. Già a luglio il ministro dell’Ambiente sloveno si
sarebbe detto pronto a favorire il sì politico del suo Paese a patto che il
rigassificatore “scivoli” verso Venezia. Erano circolate ufficiosamente anche
due date: il 20 settembre come termine ultimo dato a Roma e Lubiana per
accordarsi e il 2 ottobre per notificare l’accordo raggiunto agli altri Stati
membri. Tutto ciò evidentemente sarebbe già avvenuto e qualche giorno fa la
notizia dell’accordo raggiunto è stata pubblicata dal quotidiano on line sloveno
Finance. Voci insistenti parlerebbero di una collocazione al largo di Pola
evidentemente con il coinvolgimento anche della Croazia. La questione Zaule però
potrebbe non essere definitivamente risolta. Il 18 ottobre cioé venerdì prossimo
scadono infatti i sei mesi di moratoria decisi dall’ex ministro Clini sul
provvedimento di compatibilità ambientale dato già nel 2009 dal Governo italiano
al progetto della società catalana Gas Natural che contro questa sospensione ha
fatto ricorso sul quale il Tar si pronuncerà nel merito appena il 19 marzo 2014.
«In caso di mancata realizzazione dell’impianto il Governo italiano potrebbe
dover pagare penali enormi a Gas Natural», commenta l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni che al pari del suo collega della Provincia,
Vittorio Zollia, nelle ultime settimane sul rigassificatore non ha ricevuto
alcuna comunicazione né da Roma né da Bruxelles. L’impianto di Zaule deve essere
cassato ufficialmente dopodiché spetterà evidentemente al Governo italiano e a
Gas Natural trattare per il divorzio o per il nuovo progetto.
Silvio Maranzana
Ferriera, Arvedi: «Per le bonifiche soldi pubblici»
La necessità di ottenere dal settore pubblico l’impegno a finanziare la
bonifica dell’area di Servola e il trattamento delle 240mila tonnellate di
rifiuti a terra e a mare già quantificati in questi termini. Sarebbe questo
l’ultimo ostacolo sulla strada dell’acquisto della Ferriera da parte del Gruppo
Arvedi. Un impegno di questo tipo (è forse possibile attingere sia a fondi
nazionali che europei) dovrebbe essere contenuto nell’Accordo di programma e
definito nell’arco degli otto mesi che scatteranno nel giro di pochi giorni e in
cui si opererà con il contratto d’affitto. Secondo quanto emerso dopo il Tavolo
che si è tenuto in Regione lunedì pomeriggio infatti la questione della centrale
Elettra non è ritenuta determinante. «Siamo interessati anche a Elettra - hanno
detto gli emissari del gruppo siderurgico - ma non la riteniamo una questione
ostativa all’acquisto della Ferriera». Arvedi ha comunque impegnato già 25
milioni per l’approvvigionamento di materiali per la produzione e ha annunciato
un investimento di 20-22 milioni per l’adeguamento degli impianti ai fini della
concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale. I sindacati intanto
attendono la convocazione per l’avvio della trattativa con l’obiettivo di
salvare tutti i posti di lavoro.
(s.m.)
Chiampore, demolizione di cinque tralicci abusivi
Il piano di delocalizzazione delle antenne radiotivù
votato solo dalla maggioranza
Pd: l’opposizione non sa prendersi responsabilità. Pdl: il no per una questione
tecnica
MUGGIA La scelta del Pdl di non votare il piano di delocalizzazione delle
antenne radiotelevisive di Chiampore è stata chiaramente una scelta politica.
Marco Finocchiaro, consigliere comunale del Pd, non ha dubbi: il no del maggior
partito di opposizione è giunto perché non si è voluto assumere delle
responsabilità di fronte alla popolazione. Paolo Prodan, capogruppo consigliare
del Pdl si difende: «Non è vero, è una questione di natura tecnica». E il
Comitato dei cittadini di Zaule rincara: «La scelta del Comune è stata adottata
sulla testa dei cittadini». Doveva essere un documento che avrebbe dovuto
mettere d'accordo tutti quanti. Invece la delibera per dare il là all'iter per
demolire i cinque tralicci abusivi presenti a Chiampore, realizzata in seguito
alle indicazioni impartite all'Università di Udine che ha realizzato un piano
propedeutico alla delocalizzazione di impianti per la trasmissione radio e tv, è
stata sostenuta con il solo sostegno dei partiti che sostengono la Giunta
Nesladek. Una scelta che ha scatenato la reazione da parte del consigliere
comunale Marco Finocchiaro, renziano doc: «Il Pdl ha presentato in aula un
emendamento che cancellava il comma che riguardava l'individuazione dei due siti
(Fortezza e Monte Castellier, ndr), chiaramente bocciato da noi della
maggioranza, poiché così facendo tutti i 12 siti in lista sarebbero andati bene,
compresi Chiampore, Monte d'Oro, Zindis...». Secondo Finocchiaro inoltre sarebbe
bastato leggere la delibera per vedere i punteggi attribuiti dall'Università di
Udine ai possibili siti. «Il problema in questo caso – prosegue Finocchiaro - è
assumersi delle responsabilità politiche di fronte alla popolazione per
risolvere un problema grossissimo». Pronta la replica del Pdl per voce di Paolo
Prodan: «Dalla lettura della documentazione tecnica fornita, solo 3-4 giorni
prima, si evince che quello approvato non è un piano, ma uno studio: individua
infatti una serie di siti dando una classifica di posizioni, ma non effettua
scelte in base a dati tecnici ossia non dice di quella classifica quali sono le
posizioni migliori». Il Pdl quindi ha chiesto di approvare in Consiglio
solamente lo studio «ma per tutta risposta ci hanno non solo proposto la
delibera così com'era, ma con un emendamento del Pd che diceva in sostanza che
sì, i due siti erano quelli (Fortezza e Monte Castellier, ndr), ma che si
potevano realizzare tralicci anche nelle immediate “vicinanze” degli stessi e
che se in futuro si sarebbe ravvisata la bontà di un altro sito si sarebbe
potuto valutare l'opportunità di costruirli anche in posti diversi dai due».
Scettico e critico infine il responsabile del Comitato dei Cittadini di Zaule,
Giorgio Jercog.
Riccardo Tosques
Sulle rotte dell’Inferno con “Bilal” - Per non
dimenticare Lampedusa - Ridotto del Verdi
Lampedusa: dopo il pianto e la commozione ognuno è chiamato a interpellare
la propria coscienza e a sentirsi corresponsabile, non più indifferente. Per
questo il Comune di Trieste propone - alle 20.30 - una serata di riflessione al
Ridotto del Verdi, dove andrà in scena “Bilal-Pensi di saper distinguere il
Paradiso dall’Inferno?”, uno spettacolo tratto da “Bilal”, il romanzo-inchiesta
di Fabrizio Gatti, proposto da ConsorzioScenico con Roberta Colacino, Paola
Saitta, Omar Scala e Lorenzo Zuffi, che lo hanno rappresentato anche a Lampedusa
lo scorso luglio. Tutti sono invitati a partecipare e a condividere questo
momento di riflessione. “Bilal” racconta il viaggio di un giornalista attraverso
le tappe di chi si mette in marcia dal Sud del mondo per conquistare una vita
migliore al di là del Mediterraneo. Il dramma quotidiano dell’immigrazione
raccontato da chi l’ha vissuto dall’interno. Un nome falso, il borsone nero, le
vecchie ciabatte, tre scatolette di sardine e tre schede telefoniche: quello che
serve a Fabrizio Gatti per trasformarsi in Bilal.
IL PICCOLO - MARTEDI', 8 ottobre 2013
Ferriera, parte l’operazione Arvedi - Impianti in
affitto per otto mesi - SIDERURGIA » L’ACCORDO DI PROGRAMMA
A giorni la firma sul contratto, il gruppo ha anticipato 25 milioni per
l’approvvigionamento di materiale per garantire la produzione. Da smaltire
240mila tonnellate di rifiuti
Ferriera-Arvedi, l’affare è fatto. Sarà firmato a giorni da parte della
Siderurgica Triestina, società del Gruppo di Cremona, il contratto d’affitto
dello stabilimento servolano che si protrarrà per un periodo di otto mesi, ma
che potrebbe portare anche prima della scadenza all’acquisto definitivo. Lo ha
assicurato ieri, dopo settimane di silenzio giudicato in modo sempre più
preoccupante dai lavoratori, Francesco Rosato, amministratore unico di
Siderurgica triestina al tavolo che si è tenuto in Regione presieduto dalla
governatrice Debora Serracchiani alla presenza di Comune, Provincia, Autorità
portuale, sindacati e rappresentanti di fabbrica, associazioni di categoria e
delegati della Lucchini in amministrazione straordinaria. Nel corso
dell’incontro, al quale non è stata ammessa la presenza dei giornalisti, è stato
sottolineato «l’impegno estremamente concreto del Gruppo Arvedi che ha già
anticipato 25 milioni di euro per l’approvvigionamento di materiali per
garantire la prosecuzione dell’attività industriale». Si tratterebbe in
particolare di carichi di carbone che giungono con le navi. E mentre la
rappresentante dell’Autorità portuale ha assicurato la disponibilità a dare una
concessione più o meno lunga in rapporto agli investimenti previsti da Arvedi, è
stato rimarcato ancora una volta che «l'interesse del gruppo per le nuove
produzioni di Servola - all'insegna ovviamente della massima competitività ma
nel rispetto dell'ambiente e dei lavoratori (ad affitto perfezionato si aprirà
subito la trattativa sindacale legata ai livelli occupazionali) - è comunque
legata alla presenza nell'area di una banchina portuale dotata di adeguati
fondali. «Noi siamo pronti a fare investimenti significativi nell’ambito
dell’Autorizzazione integrata ambientale - ha ribadito Rosato - anche se
rammentiamo che la messa in sicurezza del sito è a carico del pubblico.» E a
questo proposito Serracchiani, riferendosi all’Accordo di programma che va
chiuso in tempi brevi e che prende in considerazioni anche le possibilità di
sviluppo in ambito logistico e portuale, «c’è già una cornice che ha individuato
gli aspetti riguardanti le bonifiche, i trattamenti delle acque e soprattutto
dei rifiuti che ammontano a ben 240mila tonnellate sui quali urgono trattamenti
diversificati previa caratterizzazione» e ha rimarcato che gli obiettivi finali
sono il risanamento ambientale e il mantenimento dei livelli occupazionali.
Dunque, ha affermato la presidente Serracchiani, «sono state avviate tutte le
attività necessarie e di contorno all'accordo» che, ha spiegato, la Regione sta
scrivendo assieme al governo e che coinvolge ben quattro dicasteri: oltre
all'Ambiente, lo Sviluppo economico, le Infrastrutture e il Lavoro. «L’intento è
di assicurare anche la massima occupazione nell’ambito dell competitività dello
stabilimento - hanno sottolineato i rappresentanti di Arvedi, ribadendo massima
disponibilità al confronto con il sindacato «che finora non c’è stato per
mancanza dei presupposti formali.» In sostanza non si poteva far partire una
vera e propria trattativa non essendo nemmeno in presenza di un contratto
d’affitto. Sembra essere stato semplicemente questo il motivo per cui l’incontro
già convocato era stato rinviato unilateralmente soltanto con poche ore di
preavviso, mentre al successivo annuncio di un imminente nuova convocazione non
erano seguiti i fatti. Il sindaco Roberto Cosolini ha quindi ricordato come,
rispetto solo a qualche mese fa, allorché purtroppo si discuteva di come
accompagnare la chiusura dello stabilimento, la situazione appare completamente
diversa e con qualche parvenza di «serenità». Da parte delle rappresentanze
sindacali è stata peraltro manifestata «preoccupazione», con la richiesta di un
costante confronto, «sempre aperto» con le istituzioni e con l'esigenza
imprescindibile del mantenimento occupazionale degli attuali lavoratori.
Silvio Maranzana
Elettra, confronto tra proprietà e sindacati
La prossima settimana in calendario un incontro decisivo per il futuro
della centrale
E un chiarimento definitivo sulle sorti di Elettra potrebbe arrivare la
settimana prossima allorché è previsto un confronto tra il consiglio di
amministrazione di Elettra produzione con il presidente Luca Ramella e i
rappresentanti dei venticinque dipendenti della centrale termoelettrica
triestina. «Attendiamo che ci venga comunicato il giorno della settimana
prossima in cui a Milano avverrà il confronto dal quale speriamo possa uscire un
chiarimento definitivo», ha affermato ieri Michele Piga, segreterio provinciale
della Filctem, gli elettrici della Cgil, che parteciperà all’incontro assieme ai
tre rappresentanti di fabbrica, tutti e tre del suo sindacato. Elettra è
proprietà di Alix partners, un fondo inglese con investimenti ramificati in
tutto il mondo di cui lo stesso Ramella è uno dei managing director, ma la sua
situazione finanziaria, al pari di quella della Ferriera, è tutt’altro che
buona. «Noi non riteniamo che l’aspetto del Cip6 sia vitale per Elettra -
continua Piga - perché se è vero che la centrale non può proseguire senza la
Ferriera, è ancor più assodato che senza Elettra, la Ferriera, che da essa
ottiene direttamente l’energia elettrica con un risparmio del 20-30%, è finita.
Oltretutto, il fatto di produrre energia con gas di risulta, fa rientrare questa
azienda nell’ambito della green economy». La centrale, del tipo a ciclo
combinato cogenerativo, è stata realizzata da Ansaldo energia nel 2000 ed è
funzionante dall’anno seguente. Produce energia elettrica per una potenza di 170
Mw e cogenera vapore acqueo surriscaldato mediante il recupero dei gas di
processo siderurgico ceduti da Lucchini e miscelati a gas naturale. Tecnologie
d’avanguardia consentono lo sfruttamento ottimale dell’energia resa disponibile
dalla combustione dei gas. L’energia elettrica prodotta viene consegnata alla
rete nazionale attraverso un cavidotto interrato di 10 km. che dalla centrale
porta alla stazione elettrica di Padriciano. La gestione operativa è svolta
direttamente da Elettra con l’impiego di 25 dipendenti. «Abbiamo sentito le
dichiarazioni del cavalier Arvedi - conclude Piga - che si è detto fortemente
interessato a Elettra. Vorremmo capire se intende acquistarla o se continuiamo
con questa proprietà. Soprattutto vorremmo vedere un piano industriale anche per
escludere che si voglia passare a una centrale a metano».
(s.m.)
Riciclare anche i rifiuti dei rifiuti
All’Area di ricerca progettato un impianto che interviene dopo la
raccolta differenziata
Recupero, riciclo, riuso. Su questo si basa "Waste & CO2 Buster plant”,
impianto che permette il riciclo di rifiuti solidi urbani rimanenti dopo la
raccolta differenziata. È stato progettato da NRE Research, azienda insediata
nel parco di Basovizza di Area Science Park, specializzata in ricerca,
progettazione e realizzazione di soluzioni innovative per il risparmio e la
produzione di energia da fonti rinnovabili. Recuperando e riciclando i rifiuti
solidi urbani, l’azienda triestina, che fa parte del network internazionale
“Cleantech group” dedicato all'innovazione in campo ambientale, cerca di far
fronte a uno dei maggiori problemi ecologici del nostro pianeta: l’enorme
quantità di rifiuti che produciamo. Secondo l’ultimo Rapporto dell’Istituto
Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, nel 2011 i 27 Stati membri
dell’Unione europea ne hanno prodotto circa 252 milioni di tonnellate: 502
chilogrammi per abitante. Di cui il 36 % è smaltito in discarica, circa il 23%
negli inceneritori, mentre il 26% e il 15% circa sono, rispettivamente, avviati
a riciclaggio e compostaggio. Il processo messo a punto da NRE Research consente
di recuperare dai rifiuti indifferenziati gran parte dei materiali riciclabili,
come metalli ferrosi, plastica, vetro, e di produrre biogas, energie
rinnovabili, fertilizzanti ed acqua. I rifiuti, dopo una preliminare rimozione
di quelli di grosse dimensioni, vengono scaricati in una grande vasca d’acqua in
cui si verifica il processo di separazione idromeccanica. «L'utilizzo
dell'acqua, basandosi sul principio secondo cui i materiali inorganici come
metalli e vetro hanno un peso specifico maggiore dell’acqua, permette di
separare facilmente gli elementi leggeri, che galleggiano, da quelli pesanti,
che vanno a fondo. In questo modo si raggiungono percentuali più alte di
recupero di materiali e si produce un compost molto più pulito, con meno
contaminanti» spiega Erica Dionis, project manager di NRE Research. La frazione
organica che resta in sospensione viene filtrata e poi trattata attraverso
digestione anaerobica, cioè con batteri che vivono in assenza di ossigeno, per
la produzione di biogas e fango biologico. Il biogas, fonte di energia
alternativa pulita, è utilizzato per la produzione di energia elettrica e
termica, mentre il fango viene disidratato e usato come concime. «In questo modo
si ha una drastica riduzione degli odori, una totale riduzione dell’emissione di
polveri nocive, senza emissioni di CO2 – aggiunge –. Inoltre, visto che i
rifiuti hanno un alto contenuto di umidità, il sistema, una volta a regime, non
ha più bisogno di prelevare acqua dall’esterno perché si autoalimenta. E così
l’umidità dei rifiuti, tipicamente elemento problematico per tutti gli altri
sistemi di trattamento, discariche e inceneritori, per il nostro impianto
diventa di grande utilità». E infine, il metano contenuto nel biogas prodotto,
dopo il trattamento di purificazione, è in grado di alimentare un cogeneratore,
producendo calore ed energia rinnovabile, che in parte può essere impiegata per
il fabbisogno energetico dell’impianto.
Simona Regina
La giunta congela la gara per il trasporto pubblico
Previsto lo slittamento al 2014 del concorso unico per i servizi su gomma
e rotaia Priorità alla revisione del Piano regionale del Tpl e alla
ristrutturazione del bando
TRIESTE La Regione sta pensando di rimettere mano al Piano del trasporto
pubblico locale (Prtpl), approvato al termine dello scorso mandato, e per farlo
potrebbe posticipare la gara d'appalto dei servizi di trasporto prevista per il
2014. Secondo fonti interne alla Regione, infatti, il principio del concorso
unico fra rotaia e gomma, delineato nel Prtpl e visto con favore anche dalla
presidente Debora Serracchiani, pone consistenti problemi organizzativi: l'idea
consentirebbe di pianificare una maggiore integrazione fra le varie forme di
trasporto, ma lo scenario dei possibili aggiudicatari è al momento troppo scarso
per offrire garanzie sufficienti. Sono poche le realtà in grado di gestire il
complesso sistema di trasporti su ruota e ferrovia del Friuli Venezia Giulia. Da
qui nasce l'esigenza, attualmente al vaglio della Regione, di rimandare di un
anno (o due) la gara al fine di strutturare il bando in modo adeguato. Bilanci
in attivo Il futuro appalto è la principale preoccupazione che impegna la
politica regionale per quanto riguarda il comparto dei trasporti pubblici. Tutto
sommato potrebbe andare peggio. Non si vedono infatti in Friuli Venezia Giulia
gli scenari da fine del mondo a cui si assiste nel resto del Paese. Se
confrontato ai 157 milioni di perdita del bilancio 2012 dell'Atac di Roma, lo
stato di salute delle realtà regionali fa tirare un sospiro di sollievo. L'Atap
di Pordenone, 242 dipendenti, nel 2012 ha registrato un utile netto superiore ai
6 milioni si euro. La Saf Udine, 609 addetti, riporta in bilancio un utile di
quasi 6 milioni. La Trieste Trasporti Spa, quasi 824 dipendenti, riporta un
utile di 3,9 milioni mentre la Apt di Gorizia, 200 addetti, è anch'essa in
utile. Le quattro società da tempo hanno fatto sapere di essere pronte a
presentarsi unite, pur mantenendo le rispettive identità, alla prossima gara
unica. L’incognita dei tagli Nel frattempo, però, le quattro spa guardano con
preoccupazione all'eventualità di nuovi tagli ai fondi che ogni anno ricevono
dalla Regione. Silvano Barbiero, presidente di Saf, funge da portavoce regionale
e riassume così i termini della questione: «Per quanto mi riguarda bisogna
sempre partire dai contratti di servizio che, in ogni provincia, regolano le
condizioni derivanti dalle gare d'appalto fatte a suo tempo - dice -. I
contratti stabiliscono il corrispettivo che la Regione versa a fronte dei
servizi erogati dalle aziende. Nel 2013 questi fondi, pur regolati da obblighi
contrattuali, sono stati soggetti a tagli». La decurtazione è stata pari al
4,416%, ovvero circa 6 milioni di euro su un budget totale di 135 milioni. «In
quel caso abbiamo trattato, prima con la Regione e poi con le Province, per
tagliare i servizi in modo da non impattare sugli orari di punta e sulle fasce
di utenti più deboli - dice Barbiero -. Al contempo abbiamo sottoscritto un
accordo con i sindacati per evitare di mettere personale in mobilità». Ora
l'incognita è il 2014: «Non spetta a noi dire se ci saranno nuovi tagli - spiega
il presidente di Saf -, soltanto l'amministrazione regionale può dirlo. Ma può
essere che per il momento non lo sappiano neanche loro». Fonti regionali fanno
sapere che in sede d'assessorato ai Trasporti si sta ragionando sull'eventualità
di compensare i possibili tagli con fondi europei e con i contributi che il
ministero dell'Ambiente prevede per il rinnovo del parco mezzi. Nuovo direttore
Di recente, inoltre, è scattato il cambio al vertice della Direzione generale
Mobilità: fuori Dario Danese, al timone dai tempi dell'assessore Lodovico Sonego
e ora passato all’Ambiente, e dentro Magda Uliana. Un cambiamento rilevante ai
cui possibili effetti gli operatori guardano con attenzione. Realtà unica in
Italia La peculiare situazione del Tpl in Italia, isola di relativa
tranquillità, deriva da un merito originale. Il Piano regionale del trasporto
varato alla fine degli anni Novanta è infatti l'unico in Italia ad aver
aggiudicato i servizi in base a gare d'appalto europee, bandite fra il '99 e il
Duemila. A distanza di 13 anni nessun’altra Regione ha fatto altrettanto. Lo
scenario antecedente vedeva una ventina di agenti operare contemporaneamente sul
territorio del Fvg: l'istituzione delle gare ha razionalizzato il sistema
portando alla nascita delle quattro aziende attuali, che condividono ad esempio
attività come l'acquisto di gasolio o le assicurazioni. L'affidamento dei
servizi, come detto, scade il 31 dicembre del 2014: ora sta alla Regione
decidere quando, e in che termini (concorso per un gestore unico, concorso unico
gomma-rotaia o quant'altro), si bandiranno le nuove gare d'appalto.
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - LUNEDI', 7 ottobre 2013
Pasti veloci e libreria: sarà la nuova vita del Caffè
San Marco
I gestori assicurano che prima della fine del mese sarà possibile riaprire
lo storico locale con tante novità
Entro la fine del mese il Caffè San Marco aprirà i battenti alla chetichella
dopo il restauro. La volontà dei nuovo gestori era di inaugurarlo prima della
Barcolana ma ci sono da risolvere ancora dei piccolo problemi di natura
burocratica. Com’è noto, la famiglia Filippi chiuse i battenti a fine giugno
scorso con la consegna delle chiavi alla proprietà, le Assicurazioni Generali,
in quanto a breve doveva prenderne possesso la nuova gestione. Ora il restyling
è quasi ultimato. Il Caffè, inaugurato nel gennaio 1914, aperto al piano terra
dello stabile realizzato su disegno di Giorgio Polli nel 1903, venne riallestito
dopo la prima Guerra Mondiale con uno stile di gusto secessionista viennese,
presentando una ricca e sontuosa decorazione sul cordolo superiore di colore
dorato. I nuovi soci che lo hanno preso in gestione stanno ponendo grande
attenzione ai dettagli per non lasciare alcunché di intentato. Contattato
Alexandros Delithanassis, uno dei soci, sottolinea come il San Marco sarà un
locale fruibile al cento per cento. Una veste antica con un cuore evoluto,
diremmo noi, almeno da quanto si apprende in anteprima. Uno degli aspetti di
novità è indubbiamente l’impianto idraulico che prevede una distribuzione
d’acqua completamente demineralizzata attraverso l’uso di una struttura interna
centralizzata. Ciò significa che non solo la fornitura arriverà alla macchina
espresso, evitando fastidiosi depositi calcarei, ma anche ai rubinetti di tutto
l’esercizio (lavabicchieri, ghiaccio, servizi). «Un ulteriore aspetto che darà
visibilità al locale - afferma Delithanassis - sarà indubbiamente l’auspicata
pedonalizzazione di via Donizetti». A riguardo, Elena Marchigiani assessore alla
Pianificazione urbana conferma l’approvazione, in luglio, da parte del Comune di
Trieste del Piano del traffico e la settimana scorsa dalla Provincia. Ora il suo
ordinario iter che porterà alla chiusura al traffico veicolare. «Il beneficio
della chiusura è indubbio, dalla Sinagoga in primis - afferma -, ma anche per
l'intera area. Non sarà un’operazione particolarmente complessa considerando
l’assenza di transito di linee di trasporto pubblico. Faranno seguito le
operazioni di segnaletica e di valorizzazione anche di questa zona». Altro
aspetto importante, l’allestimento interno di una particolare attrezzatura per
la produzione di caffè espresso. Si tratta di una macchina Elekta detta Belle
Époque a tre gruppi di erogazione, di un certo valore e che ben si concilia con
l’ambientazione. Essa ha uno sviluppo verticale, in stile anni Venti, realizzata
con pregiati materiali in ottone e rame. Analoga apparecchiatura è presente al
Caffè Florian di Venezia (la caffetteria più vecchia esistente al mondo che data
al 1720). Infine, Gian Paolo Venier, altro socio del San Marco, afferma che per
quanto concerne la gestione degli interni, «verranno completamente rivisti:
infatti, un’area dell'esercizio verrà adibito alla ristorazione veloce, per
intenderci quella sulla via Battisti, mentre l’ingresso diverrà a seguire una
zona di promozione dei tipici prodotti del territorio. Il lato lungo, su via
Donizetti, ospiterà una libreria a scaffale, in fondo del quale uno spazio
lettura. Ma ci sarà uno spazio adibito a proiezioni, premiazioni e conferenze».
Gianni Pistrini
ARCI Bando per il servizio civile nazionale
A due anni dall’ultimo emanato, è uscito il bando per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale. Lo annuncia Arci Servizio civile Trieste, che ha visto approvato il progetto “CreAttivaMente 2012 – giovani d’età cittadini per scelta”. Il piano prevede 8 volontari in ambiti trasversali tra loro con particolare attenzione alla promozione della pace, la multiculturalità, solidarietà, cooperazione, la cittadinanza attiva. Ragazze e ragazzi di età tra i 18 e i 29 anni interessati dovranno consegnare domanda, dichiarazioni e documentazioni entro il 4 novembre ad Arci Servizio civile, via Fabio Severo 31, dalle 9 alle 11, tel. 040 761683 , trieste@arciserviziocivile.it.
IL PICCOLO - DOMENICA, 6 ottobre 2013
Ferriera, affitto bloccato dal nodo Elettra
C’è anche una causa al Tar presentata dalla società collegata
all’impianto siderurgico contro il gestore dei servizi energetici
Vi sarebbe soprattutto il mancato accordo tra il Gruppo Arvedi e i fondi
inglesi proprietari della centrale Elettra alla quale la Ferriera vende i gas di
risulta dell’altoforno e della cokeria per la produzione di energia elettrica
alla base del ritardo nella stipula del contratto d’affitto dello stabilimento.
A diluire i tempi della questione che sta mettendo in apprensione i dipendenti,
i cui rappresentanti non sono stati mai più convocati dopo il rinvio del primo
incontro per avviare la trattativa sindacale, anche la sentenza emessa il 20
settembre dal Tar del Lazio. Ne dà notizia il deputato del Movimento 5 stelle,
Aris Prodani. La causa è relativa alla richiesta avanzata dalla società Elettra
produzione srl nei confronti del Gestore dei servizi energetici (Gse) riguardo
alla risoluzione anticipata del cosiddetto Cip 6. In base a questa convenzione
chi produce energia da fonti rinnovabili o assimilate (tra queste rientrano
anche quelle che utilizzano i gas di risulta) ha diritto a rivenderla al Gse a
un prezzo superiore a quello di mercato. Elettra, che si troverebbe in difficili
situazioni finanziarie, avrebbe chiesto la risoluzione anticipata perché ciò le
permetterebbe di incassare subito una serie di oneri derivanti al Gse da questa
chiusura anticipata e che secondo Prodani ammonterebbero addirittura a 57
milioni di euro. Va oltretutto rilevato che i costi di questo incentivo vengono
finanziati mediante un sovrapprezzo del 6-7% del costo dell’energia elettrica
che viene addebitato direttamente ai consumatori sulla bolletta. La richiesta di
risoluzione era stata avanzata ancora a marzo, ma Gse non ha ancora risposto e
da qui la causa. I giudici amministrativi hanno intimato al Gse di concludere
entro tre mesi dall’ordinanza, cioé entro il 20 dicembre, la fase di
valutazione. «Non appare condivisibile la tesi della ricorrente - scrivono i
giudici amministrativi - secondo cui il Gse debba limitarsi a effettuare una
mera operazione aritmetica tra la stima degli oneri connessi alla durata residua
delle convenzioni e gli oneri derivanti dalla risoluzione anticipata», ma anche
che «tale operazione di verifica non sembra possa protrarsi a tempo
indeterminato, ma necessita di essere conclusa in tempi ragionevoli, posto che
l’istanza ricorrente risale a marzo 2013». «A tale fine - concludono i giudici -
valuterà il Gse, anche previa acquisizione da parte del Ministero dello sviluppo
economico, quali iniziative adottare per concludere tale fase di valutazione
entro un termine ragionevole che, ad avviso del Collegio, non dovrebbe superare
i 90 giorni dalla comunicazione, in via amministrativa, della presente
ordinanza». «È chiaro che Elettra vorrebbe incassare e chiudere la centrale -
sostiene Prodani - mentre interesse di Arvedi sarebbe di continuare fino al 2015
con gli incentivi del Cip 6 che poi comunque scadranno e in questi due anni
lanciare soprattutto la funzione logistica dell’insediamento triestino». Secondo
il deputato del Movimento 5 stelle c’è poi anche la questione della nuova
richiesta di Autorizzazione integrata ambientale che è stata avanzata
dall’amministratore straordinario della Lucchini e sulla quale la Regione dovrà
pronunciarsi il mese prossimo. «In questo quadro è più chiaro - sostiene Prodani
- perché il sottosegretario al Mise Claudio De Vincenti rispondendo il 18
settembre alla mia interrogazione sulla Ferriera abbia affermato che “il
Commissario, ricevute le necessarie autorizzazioni, ha accettato la proposta del
Gruppo Arvedi che pertanto è impegnato a garantire il funzionamento della
Ferriera fino al prossimo mese di novembre data entro la quale scioglierà la
riserva dell’acquisto”. È possibile dunque che si passi direttamente
all’acquisto se saranno sciolte le questioni Elettra e Aia». Ma il Gruppo di
Cremona in questa fase ha adottato la linea del silenzio totale sia con i
sindacati che con i media. “Radio Ferriera” annunciava una nuova visita di
Giovanni Arvedi a Servola per ieri mattina, ma così sembra non essere stato. È
invece possibile che lo stesso cavalier Arvedi partecipi all’incontro
programmato per domani alle 17.30 nel palazzo della Giunta regionale con le
istituzioni, i sindacati e le associazioni di categoria per giungere a stilare
l’Accordo di programma per Servola anche in base alla legge sulle aree di crisi
complessa in cui il caso triestino è stato inserito.
Silvio Maranzana
Tajani: «Fondi Ue a sostegno di Servola»
Il commissario per l’industria e l’imprenditoria: «Finanziamenti per la
salute dei lavoratori»
DEBORA SERRACCHIANI - La presidente della Regione ha ricordato il ruolo
importante del sottosegretario Claudio De Vincenti
Vari canali di finanziamento europeo per salvaguardare la Ferriera di
Servola. Ieri il vicepresidente della Commissione europea e commissario per
l'Industria e l'Imprenditoria, Antonio Tajani, ha incontrato a Trieste la
presidente della Regione, Debora Serracchiani, per individuare le soluzioni atte
ad avviare il risanamento ambientale dello stabilimento siderurgico e la
rilanciarne la produzione. «Ci sono finanziamenti comunitari per le
problematiche ambientali e la tutela della salute dei lavoratori, oltre ai fondi
regionali” ha indicato la strada Tajani secondo cui “Trieste non può perdere
un’attività così importante nel settore industriale, anche per quanto concerne
gli aspetti dell'occupazione. Nel rispetto di tutte le norme europee e nazionali
di salvaguardia dell'ambiente, dobbiamo riuscire a trasformare lo stabilimento
della Ferriera di Servola in un sito moderno, all'avanguardia, che possa essere
parte di una rete industriale europea di cui tutti noi abbiamo bisogno per
uscire dal tunnel della crisi». Nel corso del colloquio la presidente
Serracchiani ha ricordato le ultime tappe nel percorso che dovrà portare al
rilancio della Ferriera, principalmente legate al forte interesse manifestato
dal Gruppo Arvedi di Cremona, e che hanno visto come interlocutore principale a
livello governativo il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De
Vincenti, peraltro sentito telefonicamente proprio anche durante l'incontro. Un
percorso che, ha confermato Debora Serracchiani «ha gettato le basi per un
Accordo di Programma con tutti i soggetti interessati, che andrà a definire
compiti e responsabilità, assieme ad un cronoprogramma assai dettagliato da
rispettare. Per la Ferriera - ha commentato la presidente della Regione - c'è un
forte interesse della Ue grazie alla prospettiva di saper coniugare la
continuità dell'attività industriale con il risanamento delle criticità
ambientali, che sono le più pregnanti e che ci interessano tanto quanto il
rilancio produttivo. In questo modo nel Piano della siderurgia l'Europa può
prestare attenzione alle dinamiche di innovazione, di minore impatto e di
sicurezza dei lavoratori che stiamo disegnando per lo stabilimento di Trieste».
(r.u.)
«Priorità alla salute dei cittadini» - FAREAMBIENTE
«È importante che vi sia il coinvolgimento della Commissione europea sulla
questione della Ferriera di Servola, ma prioritaria deve essere la tutela della
salute pubblica sulla quale restano tutte le preoccupazioni». Così scrive in una
nota Giorgio Cecco, coordinatore regionale di Fare Ambiente, in riferimento a
quanto è emerso dalla visita che il vicepresidente della Commissione europea
Antonio Tajani ha effettuato nelle ultime ore a Trieste. «Non è sufficiente
individuare tutte le soluzioni possibili per il risanamento ambientale, senza
reali garanzie che poi gli interventi siano fatti, interventi che devono essere
ben evidenti in un sostenibile piano industriale», sottolinea ancora Cecco:
«Precedenza alla salute dei cittadini e dei lavoratori e poi alle strategie
industriali ed economiche, in caso contrario il costo per la collettività può
essere ben più alto e anche i piani europei di questo devono tener conto»,
conclude il coordinatore del movimento ecologista.
La Ue mette sotto tutela 56 perle naturalistiche
Completato il monitoraggio regionale delle Zone speciali di conservazione
Misure più stringenti per proteggere habitat unici e specie animali a rischio
TRIESTE Dal Carso di Trieste e Gorizia alle Dolomiti Friulane, dalla Pineta
di Lignano al Colle di Medea, passando per l’Isola della Cona o le Paludi di
Gonars. Ma anche la Conca di Fusine, il Bosco di Sacile e, soprattutto, la
Laguna di Marano e Grado. Sono una sessantina, in totale, le realtà
naturalistiche del Friuli Venezia Giulia, in passato già monitorate dall’Unione
europea, che presto saranno etichettate a pieno titolo come Zone Speciali di
Conservazione (ZSC), alcune delle quali saranno sottoposte a specifiche misure
di tutela. La giunta ha messo il timbro sulla tabella dello Stato proposta alla
Regione Fvg e firmata direttamente dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando
che, con una lettera del 17 settembre scorso, individua tutti i siti oggetto di
interesse. Con questo passaggio formale si attua una direttiva comunitaria che
interviene sugli habitat naturali, la flora e la fauna selvatiche: la norma,
concretamente, assegna agli Stati membri Ue il compito di decidere «le opportune
misure per evitare nelle ZSC il degrado degli habitat naturali e degli habitat
di specie di interesse comunitario». Una direttiva che prevede, inoltre, che i
cosiddetti “SIC” (i Siti di Importanza Comunitaria), individuati dalla singole
regioni siano successivamente designati anche come Zone Speciali di
Conservazione. «È un atto propedeutico alla sigla dell’intesa con lo Stato –
conferma l’assessore alla Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro – al
fine di determinare in modo definitivo queste zone come realtà degne di
conservazione. Sono aree già riconosciute, che però ora vengono
istituzionalizzate per proteggere l’ambiente e le specie». Si tratta dunque di
siti di interesse comunitario per le loro specificità arboree o animali e, visto
il loro aspetto naturalistico, per qualunque tipo di intervento (come la
manutenzione o il contrasto al degrado) è obbligatorio tenere presente di queste
particolarità. Ci sono zone, ad esempio, in cui nidificano determinate specie di
uccelli: eventuali azioni di rimboschimento devono considerare che il sito è, in
sostanza, sotto protezione. Di qui l’impegno per le Regioni, sancito da un
decreto dell’ottobre del 2007 del ministero dell’Ambiente, ad «adottare misure
di conservazione utili a mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente
gli habitat e le specie per le quali i siti sono stati individuati,
conformemente agli indirizzi ministeriali e assicurando la concertazione degli
attori economici e sociali del territorio coinvolto». In Friuli Venezia Giulia
le zone prescelte sono complessivamente 56: ci sono, come detto, il Carso, la
Foce dell’Isonzo con l’Isola della Cona, la Conca di Fusine e le Dolomiti
Friulane; nell’elenco rientrano pure l’area di confluenza dei fiumi Torre e
Natisone, le Paludi di Gonars e di Porpetto, le Anse del Fiume Stella e le
Risorgive. Resta fuori però l’Area Marina di Miramare di Trieste: per questo
sito, come precisa il ministero nel documento allegato alla lettera inviata alla
Regione, «saranno predisposte dalla Regione specifiche misure di conservazione
degli ambienti marini». Lo stesso vale, stando ancora alla delibera, per altri
Sic: è il caso delle “Trezze San Pietro e Bardelli” e dei “Relitti di Posidonia
presso Grado” – si legge ancora – cioè «siti marini caratterizzati da habitat e
specie peculiari che richiedono un’approfondita analisi conoscitiva e al
conseguente predisposizione di interventi di conservazione». In un’altra sezione
della documentazione ministeriale, approvata dalla giunta con delibera, si
trovano invece aree ZSC che dovranno essere sottoposte a «misure di
conservazione generali o specifiche» conformi alle esigenze ecologiche e delle
specie, ma anche a interventi «per evitare il degrado e la perturbazione delle
specie». Sono, ad esempio, il Gruppo del Monte Coglians, il Monte Matajur, i
Monti Dimon e Paularo e la Valle del Medio Tagliamento.
Gianpaolo Sarti
Dalle Dolomiti friulane alla laguna di Grado fino al
Carso - i siti
Non poteva mancare tra i siti di interesse comunitario la laguna di Grado e
di Marano, che ogni anno attrae scolaresche e migliaia di appassionati
provenienti da ogni parte del Triveneto e non solo.
Le direttive sulle specifiche misure di tutela da attivare per le Zsc dovranno
essere applicate anche all’area del Carso triestino e isontino, ricco di
vegetazione e patrimonio faunistico unici nel loro genere.
Tra le 56 aree inserite dalla Ue nell’elenco delle Zone speciali di
conservazione figurano le Dolomiti friulane, i monti Matjaur e Dimon e il gruppo
del monte Coglians, a riprova dell’attenzione particolare della Ue per la
montagna del Fvg.
Portiamo i rifiuti al Centro di Raccolta
Concorso a premi rivolto ai cittadini che conferiscono i rifiuti ai Centri di Raccolta o ai Centri Mobili Periodici.
«Fotografa il degrado, ti paghiamo la Tares» -
L’INIZIATIVA
La Lega lancia un concorso. Fedriga: speriamo che il sindaco si accorga
delle brutture
Fotografare le brutture di Trieste per non pagare l'ultima rata della Tares.
Denunciare attraverso le immagini gli aspetti deteriori della città, per avere
in cambio un preciso beneficio economico. È questa l'opportunità che a partire
da domani la Lega Nord offre ai triestini. L'invito è stato formulato ieri dai
dirigenti locali del Carroccio, che hanno lanciato un inedito e provocatorio
concorso fotografico. «Avevamo già avviato tempo fa il progetto “Dillo alla
Lega” - ha detto il segretario provinciale, Pierpaolo Roberti - così da
evidenziare i vari problemi che attanagliano Trieste. Avevamo dichiarato la
nostra disponibilità a fungere da collettore delle proteste e della rabbia dei
triestini per rendere pubbliche le problematiche più eclatanti della città. Ma
adesso vogliamo puntare il dito sulla sporcizia e sugli aspetti deteriori che
caratterizzano Trieste, visto che il Comune ha deciso di premiare i cittadini
che seguiranno alla lettera le regole della raccolta differenziata, con un
riconoscimento di natura economica. Per fare emergere l’aspetto peggiore di
Trieste nella maniera più eclatante, abbiamo pensato di lanciare un concorso
fotografico con tanto di premio in danaro». Da domani partirà perciò una gara di
fotografia in un inedito mix tra premi in denaro, politica e fotocamere. Entro
il 24 novembre tutti coloro che lo desiderano potranno inviare alla Lega le
fotografie che documentano il degrado che sta squalificando Trieste. Via libera
dunque a cassonetti circondati da sacchetti delle immondizie, verde pubblico
trascurato, buchi nelle strade e nei marciapiedi, angoli brutalizzati dal
disinteresse potranno diventare oggetto di fotografie. «Il direttivo della Lega
Nord - ha ripreso Roberti - sceglierà le migliori trenta che saranno esposte in
un gazebo. La migliore fra tutte poi avrà un premio in danaro. La Lega pagherà
all'autore dell'immagine giudicata più significativa l'ultima rata della Tares».
Il gazebo rimarrà aperto per una settimana alla fine di novembre. «Questo è un
allarme che vogliamo arrivi alle orecchie del sindaco Roberto Cosolini - ha
sottolineato il parlamentare triestino della Lega Nord, Massimiliano Fedriga -
che sembra vivere lontano dalla realtà. La città è abbandonata, sporca,
impresentabile agli occhi dei turisti, eppure la maggioranza di centrosinistra
sembra non accorgersene e prosegue dritta per la sua strada come se tutto
filasse per il verso migliore. Speriamo che, vedendo le immagini che
raccoglieremo, Cosolini e la sua giunta si accorgano del degrado di Trieste.
Sfidiamo l'esecutivo - ha insistito Fedriga - sulla base concreta dei fatti».
Ugo Salvini
“Bielorussia, la libertà negata” Incontro di Amnesty al
Knulp - CONFERENZA IN PROGRAMMA DOMANI
Domani alle 18, al Knulp di via Madonna del mare, Amnesty International
organizza una conferenza dal titolo “Bielorussia, quello che non è permesso è
proibito. Libertà negate e pena di morte in Bielorussia, ultimo Paese in Europa
che ancora pratica la pena che uccide”. Interverranno una ricercatrice del
Segretariato internazionale di Londra di Amnesty International e un’esponente
della Bielorussia. Il mancato rispetto della Bielorussia dei diritti umani, tra
cui violazioni dei diritti alla libertà di espressione, di riunione e di
associazione pacifica, ha portato alla condanna internazionale e all’isolamento
del Paese. Tra l’altro, la Bielorussia è l’unico Stato in Europa e in Asia
centrale che ancora mantiene la pena di morte. Qui le condanne a morte sono
spesso imposte al termine di processi iniqui, che prevedono anche confessioni
forzate. Esecuzioni che procedono nonostante le richieste del Comitato per i
diritti umani delle Nazioni Unite al governo di non eseguirle più.
AGRICOLTURA - Il biologico festeggia una crescita dell’8,8%
L’agricoltura biologica scende in piazza con la campagna “BioDomenica” della Coldiretti, un comparto che «in controtendenza con il calo dei consumi alimentari del 3,7% vede il biologico crescere, mettendo a segno un più 8,8% nel primo semestre del 2013».
“Biodomenica” per dire no all’ogm - PIAZZA SANT’ANTONIO
“Biodomenica” dalle 9.30 Info su www.biodomenica.it
Una “Biodomenica”. Trieste ospita la XIV edizione dell’evento nazionale che
l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica dedica ai migliori prodotti
biologici italiani. L’iniziativa, coordinata da Aiab-Fvg in collaborazione con
Legambiente, Coldiretti e Bioest, animerà l’intera domenica in piazza
Sant’Antonio. Da tutta la regione arriveranno produttori bio, associazioni
ambientaliste, fattorie didattiche e aziende agrituristiche che animeranno un
mercato di prodotti bio rigorosamente di stagione. Durante la giornata ci
saranno anche momenti di discussione, di approfondimento e di gioco. Stand
aperti dalle 9.30, alle 10 inaugurazione e brindisi. Alle 11 il dibattito su “Il
punto sugli ogm”, alle 14.30 “Giocare e imparare con il bio”, e alle 15 il
secondo dibattito su “La città commestibile: buone pratiche di orti urbani”:
verrà presentata la realtà giuliana confrontandola con altre esperienze di orti
urbani della regione.
IL PICCOLO - SABATO, 5 ottobre 2013
La Provincia invita a muoversi a piedi o in bici -
GIORNATA DEL PEDONE
L’assessore Tarlao illustra le iniziative per la mobilità sostenibile e a
favore dei disabili
Palazzo Galatti ha ospitato ieri la Giornata del pedone, evento promosso
dall’associazione Coped CamminaTrieste e organizzato per incentivare i cittadini
a camminare a piedi o spostarsi in bicicletta. «Abbiamo accolto con entusiasmo
la proposta di Camminatrieste e del suo presidente Sergio Tremul – ha detto
l’assessore provinciale a Volontariato e Associazionismo Roberta Tarlao – nella
convinzione che iniziative di questo genere contribuiscano a promuovere e
consolidare una cultura della mobilità sostenibile. Oggi è la giornata in cui
ricordiamo la risoluzione internazionale dalla quale ha preso forma la Carta
europea dei diritti del pedone, un documento ricco di proposte tese a tutelare i
diritti dei cittadini che si muovono a piedi o di quanti sono afflitti da
difficoltà motorie e necessitano di maggiori difese e garanzie». Tarlao ha
quindi ricordato le azioni della Provincia adottate a vantaggio delle persone di
diversa abilità e ai progetti avviati per supportare la mobilità pubblica e
privata degli stessi. CamminaTrieste ha consegnata una sua pubblicazione con la
proposta di un progetto europeo.
La Parenzana si allunga da Stramare a Rabuiese - MUGGIA
Un nuovo tratto della pista ciclabile in zona industriale. Sarà pronto
entro la fine del 2014
MUGGIA Nuovo passo avanti per l'allargamento della Parenzana. Con il
progetto preliminare approvato dalla Giunta Nesladek all'ex percorso dell'antica
strada ferrata si aggiungerà infatti il tratto che collegherà la ciclabile tra
via Flavia di Stramare e Strada di San Clemente, in prossimità della rotonda
stradale di Rabuiese. L'intervento, che necessiterà di una spesa complessiva
pari a 46mila euro, 31mila 500 euro dei quali per lavori a base di gara, verrà
realizzato grazie alle risorse del Fondo regionale straordinario destinato agli
investimenti degli Enti della legge regionale n.14/2012. L'intervento, inserito
nel programma triennale delle opere pubbliche 2012-2014, dovrebbe essere
terminato entro la fine del prossimo anno. Un piccolo tassello molto importante
dunque per potenziare ulteriormente la rete ciclabile nel territorio muggesano.
Riallacciandosi alla crescita nel territorio provinciale triestino del
cicloturismo, ossia degli appassionato delle due ruote ecologiche che sono
soliti giungere a Trieste e dintorni, Muggia sta continuando ad investire sul
tracciato principale della propria rete, la Parenzana. L'assessore alla
Promozione della città e al Turismo di Muggia Stefano Decolle è sempre stato
chiaro a tale riguardo: «La Parenzana gioca un ruolo importantissimo per il
nostro territorio se pensiamo alle potenzialità del cicloturismo. Le bici sono
dei mezzi di trasporto sempre più gettonati in grado di movimentare oltre un
milione di turisti in tutta Europa. Chiaro che Muggia, con tutte le sue
peculiarità, può e deve ritagliarsi una fetta importante di tale mercato». Nel
maggio scorso, dopo circa dieci mesi di lavori, l'amministrazione comunale aveva
inaugurato il nuovo tratto della ciclovia Rio Ospo-Laghetti delle Noghere. Il
tracciato, sito nell’area di Rabuiese e lungo poco meno di due chilometri,
collega ora l’ex provinciale alla strada che porta ai laghetti e prosegue fino
al confine con il territorio appartenente al Comune di San Dorligo della Valle.
«Un piccolo grande passo per permettere agli amanti delle biciclette di
attraversare in grande serenità il nostro territorio», aveva commentato Loredana
Rossi, assessore ai Lavori pubblici. Ma l’amministrazione Nesladek non nasconde
la propria aspirazione. «Con un ulteriore tratto di 500 metri la strada si
allaccerebbe alla Parenzana ed è proprio questo il nostro obbiettivo»,
confessava la Rossi. E la ciclabile potrebbe infine sorgere anche lungo la
strada provinciale 14 che dalla galleria di Aquilinia conduce sino alla foce del
Rio Ospo. Un lavoro che di fatto bloccherebbe le intenzioni degli oltre 800
firmatari che hanno chiesto la riapertura del doppio senso di marcia
dell'arteria.
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Traffico - Parcheggi e privilegi
Ho letto con interesse la replica dell’assessore a Mobilità e traffico Marchigiani, alla segnalazione della signora Bongiorno che denunciava i privilegi dei politici triestini per quanto riguarda i parcheggi, anche se l’Assessora li chiama pudicamente “parcheggi a disposizione”. In effetti, anche a me paiono un numero sconvolgente, tanto più che, ammette l’assessore, il loro godimento, allo stato attuale gratuito, è concesso - ma da chi?- in zone riservate anche a dirigenti e funzionari del Comune che si recano sul loro posto di lavoro (le loro retribuzioni si trovano on line con picchi che superano i 180 mila euro) in orari diurni ben serviti dai mezzi pubblici, ma non agli impiegati semplici a mille euro al mese. Dica l’assessore se non c’è differenza tra lo sborsare 30 euro al mese con un imponibile di 180 mila euro o con uno di 20 mila all’anno. Inoltre, secondo me, chi va al lavoro,sia l’edicolante che il commerciante, l’insegnante e il panettiere, avrebbe ragione a rivendicare il medesimo diritto. La Repubblica italiana è fondata sul lavoro, finché non si cambia il primo articolo della Costituzione, e ogni lavoro è degno e di pubblica utilità. Per questo non vedo perché chi ha già moltissimo debba godere di vantaggi ulteriori. Naturalmente questo vale anche per funzionari, politici, ecc. degli altri enti di cui l’assessore non può rispondere, come dice, ma che dovrebbero essere chiamati a farlo, magari da altri cui sta a cuore l’uguaglianza di trattamento dei cittadini. Ultima nota sui costi previsti. Ammetto di non aver aperto tutti i numerosi file del sito della Rete civica, a cui rimanda l’assessore - però poteva scriverlo e tagliare così la testa al toro - per conoscere all’incirca il costo finale del Piano del traffico. Le uniche cifre che ho reperito riguardano riqualificazioni: galleria Montebello piazza Foraggi, stada di Fiume zona Cattinara, via Trento e largo Panfili, pedonalizzazione piazza Ponterosso, bike sharing, per una spesa di circa 14 milioni di euro. Mentre lo stanziamento statale finalizzato al miglioramento della qualità dell’aria nelle aree urbane è di 90 milioni per ciascuna delle annualità 2007, 2008 e 2009. Ma forse un piccolo contributo alla spesa viene dato dall’affitto delle zone pedonali della città che nei fine settimana diventano autosaloni en plain air.
Franco Busolin
Duino, Comune e cittadini uniti contro le emissioni
Presentata la mappatura dei consumi energetici e degli scarichi
nell’atmosfera Obbiettivi: biomasse, incentivi al fotovoltaico e demolizione dei
vecchi impianti
Duino Aurisina Censiti consumi ed emissioni, sia dell'amministrazione
pubblica che dei privati, a Duino Aurisina si scopre che il Comune pesa per il
5% sul dato globale e dunque per raggiungere entro il 2020 l'ambito traguardo di
un abbattimento complessivo del 20% bisogna unire ai suoi sforzi, che potranno
incidere al massimo per un quarto sull'obiettivo finale, quelli dei cittadini.
C’è da rimboccarsi le maniche, sia chiaro. E intervenire su molteplici fronti:
dall'eliminazione di impianti obsoleti a favore di dispositivi che impiegano
energie più pulite, fino alla diffusione tra i residenti di gruppi d'acquisto
del fotovoltaico e allo sfruttamento delle biomasse. Stando all'inventario sulle
emissioni complessive di Co2 per Duino Aurisina il totale è di 33.772 tonnellate
(3,8 procapite), quanto al consumo di energia 105.706 megawatt/ore (12,15
procapite). Analizzando le attività comunali, il 47% delle emissioni di anidride
carbonica proviene dagli edifici, il 41% dall'illuminazione pubblica, il 7% dal
parco macchine e il 5% da acqua e acque reflue. Prendendo invece in esame le
attività per settore, il 36% dal residenziale, il 24% dai trasporti, il 15%
dalla produzione locale di energia, il 14% dal commerciale, l'8%
dall'agricoltura e il 3% dall'industriale e altri. Prossimo obiettivo da
cantierare per il rispetto del Patto dei sindaci, l'elaborazione di un Piano di
azione per ridurre le emissioni (Paes). Per il presidente della Terza
commissione, Roberto Gotter, si può intervenire sui consumi pubblici,
considerando che i “pesi maggiori” sono il riscaldamento degli edifici,
sopratutto le scuole, e l'illuminazione pubblica. Ciò “sia per diminuire le
spese, ma anche per dare il buon esempio”. «Dal punto di vista tecnico – spiega
Gotter - si pensa che le azioni più efficaci possano essere: una gestione
intelligente della grande disponibilità di energia a biomassa presente sul
nostro territorio, penso al legname o agli sfalci per arrivare fino ai rifiuti
umidi e ai fanghi dei reflui; poi il solare, non solo attraverso il fotovoltaico
ma anche il termico, anche se qui c'è da superare la questione della
paesaggistica. È evidente – prosegue - che si raggiunge l'obiettivo solo con il
grande contributo dei cittadini, quindi bisognerà iniziare un serio percorso di
sensibilizzazione e incentivazione. Quanto alle risorse si dovrà fare ampio uso
di cofinanziamenti europei, che possono essere in questo campo anche
sostanziosi, nei quali la quota a parte di contributo proprio dovrà essere messa
dalla Regione». A breve ci sarà un incontro con la cittadinanza e a seguire uno
con tutti i portatori di interesse, quindi l'elaborazione vera e propria del
Paes che dovrà essere deliberata dal Comune e che diventerà pertanto un reale
impegno, con tanto di monitoraggio e valutazione quantitativa biennale (fino al
2020), nonché eventuale revisione. «Il Paese– conclude Gotter - ci permetterà
però di accedere più facilmente ai fondi europei, proprio in virtù del fatto che
il Patto dei sindaci è un iniziativa europea. Quasi un anno fa, fui io a portare
il Patto in questa amministrazione e a insistere per l'adesione. Mi rendo conto
che è un impegno non banale, che richiede buona volontà sia dell'ente che dei
cittadini; ma se non si inizia a mettere delle scadenze con obiettivi ben
precisi, con la tipica inerzia che caratterizza il Bel Paese e in particolare la
terra del “no se pol”, non si arriverebbe da nessuna parte. Sono comunque certo
che la cittadinanza, e in particolare le nuove generazioni, siano attente e
sensibili alla questione del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili».
Tiziana Carpinelli
Premio “green” ai progetti di studenti italiani e
sloveni - AREA DI RICERCA E PARTNER
Studenti italiani e sloveni sono scesi in campo per sostenere il risparmio
energetico e per impegnarsi nella costruzione di un futuro più “green”. In che
modo? Sviluppando idee e progetti per promuovere il rispetto dell’ambiente e la
cultura della sostenibilità grazie al concorso “Tessi Crossborder award” per le
scuole superiori, progetto finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale e
dai fondi nazionali nell’ambito del Programma per la Cooperazione
transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, e frutto di una partnership tra
l’Area Science Park (coordinatore), l’Immaginario scientifico, l’Università di
Ferrara, lo Slovenski E-Forum e l’Università di Nova Gorica. Sono stati 37 i
progetti partecipanti (18 sloveni e 19 italiani), sviluppati nell’anno
scolastico 2012-2013, per le categorie “scuole”, “studenti” e “multimedia”.
Primi classificati nelle tre categorie, rispettivamente il liceo scientifico
“Jurij Vega” di Idria, Simone Rattenni del liceo scientifico “Marinelli” di
Udine e l’Istituto d’arte Galvani di Cordenons (Pordenone).
Una domenica tutta bio - APPUNTAMENTI - Il mercatino
sarà in piazza Sant’Antonio
Il weekend ha un cuore bio. Domani Trieste ospita la XIV edizione della “Biodomenica”,
l’evento nazionale che l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica
dedica ai migliori prodotti biologici italiani. L’iniziativa, coordinata da
Aiab-Fvg in collaborazione con Legambiente, Coldiretti e Bioest, animerà
l’intera domenica di piazza Sant’Antonio Nuovo. Da tutta la regione arriveranno
produttori bio, associazioni ambientaliste, fattorie didattiche e aziende
agrituristiche che animeranno un mercato di prodotti bio rigorosamente di
stagione. Durante la giornata ci saranno anche momenti di discussione, di
approfondimento e di gioco. L’edizione 2013 della “Biodomenica” è dedicata ad un
tema di estrema attualità, soprattutto nella nostra regione: i rischi legati
all’introduzione degli ogm in agricoltura. Il biologico, infatti, rifiuta con
forza l’utilizzo degli organismi geneticamente modificati ed è invece
dimostrazione concreta di come si possa fare agricoltura senza di essi.
IL PICCOLO - VENERDI', 4 ottobre 2013
Il Veneto affonda la Tav “balneare”
Zaia: «È senza senso né consenso». E la giunta adotta il tracciato
dell’attuale linea ferroviaria. Serracchiani: «Passo avanti»
TRIESTE Luca Zaia, una decina di giorni fa, aveva parlato del progetto di
far transitare la Tav da Venezia e Trieste lungo la costa veneta come di «pura
fantasia». Ieri la sua giunta ha concretizzato quell’affermazione approvando la
delibera che conferma la scelta di realizzare l’alta velocità lungo il tracciato
dell’attuale linea ferroviaria. Una posizione che, pur su tratte diverse, sposa
la tesi della giunta Serracchiani, contraria al progetto disegnato da Rfi nel
2010 che prevedeva appunto la soluzione litoranea, sostenuta in particolare
dall’assessore ai Trasporti Renato Chisso. Non a caso, già ieri sera, la
presidente del Friuli Venezia Giulia parlava di quella della Regione Veneto come
di una «delibera importante perché il tracciato lagunare è una minaccia
complessiva alla realizzabilità dell’opera, sia per i costi sia per l’impatto
ambientale». Un’intesa a Nordest, in sostanza. Con Serracchiani che ha già
chiesto che in sede di Valutazione di impatto ambientale le integrazioni di Rfi
riguardino proprio il potenziamento e l’eventuale raddoppio della linea attuale.
La presidente ha pure auspicato che nel passaggio di Via le due Regioni possano
assumere una posizione comune. Nell’attesa del confronto al ministero, con il
provvedimento di ieri Zaia ha di fatto promosso la proposta del commissario
Bortolo Mainardi: per l’alta velocità in Veneto è sufficiente potenziare
l’esistente, quadruplicando la linea. Una questione, oltre che ambientale, anche
di costi: 44 milioni di euro a km per un nuovo tracciato, ha da tempo
evidenziato Mainardi, non sono sostenibili. Dopo la risoluzione del Consiglio
regionale veneto, le espressione della Soprintendenza e del mondo ambientalista,
la giunta Zaia viene dunque ora definitivamente incontro alle richieste degli
enti locali che mai avrebbero voluto i treni veloci in zona spiagge. «Scandaloso
che Roma continui a considerare valido un progetto senza senso né consenso,
categoricamente bocciato da tutte le amministrazioni comunali», osserva Zaia
pensando a quanto proposto da Rfi tre anni fa e mai digerito dal territorio.
Sempre secondo Zaia, infatti, il cosiddetto tracciato basso «avrebbe tagliato in
due la campagna delle bonifiche, era ambientalmente insostenibile e aveva un
impatto elevatissimo. La linea in affiancamento a quella esistente prosegue –
dovrà essere approfondita allo stesso livello di progettazione di quanto
predisposto da Rfi e prevedere soluzioni prevalentemente in galleria artificiale
in corrispondenza dei centri abitati, allo scopo di minimizzare l’impatto
ambientale». Se i sindaci veneti mescolano soddisfazione e critiche a una giunta
«che ha perso tempo prima di cambiare idea», parole di Simonetta Rubinato (Roncade)
e Silvia Conte (Quarto d’Altino), entrambe del Pd, quelli Fvg attendono di
capire quali effetti ci saranno sulla tratta regionale. «Rimaniamo alla volontà
manifestata da Serracchiani – dice il sindaco di Bagnaria Arsa Cristiano Tiussi
– di costituire un tavolo tra Regioni, commissario, Rfi, Italferr, e speriamo
anche Comuni, per valutare i prossimi passi».
Marco Ballico
E Trieste boccia il raddoppio sloveno - la
CAPODISTRIA-DIVACCIA
TRIESTE Stop alla Capodistria-Divaccia. La giunta regionale ha dato parere
sfavorevole alla proposta dalla Slovenia che prevede la costruzione di un
secondo binario nel tratto. Il progetto, in sostanza, non sta in piedi. La
bocciatura riguarda la compatibilità ambientale dell’opera: l’esecutivo si trova
«nell’impossibilità di effettuare una valutazione completa e sufficientemente
certa del livello di rischio per l’ambiente e per la salute umana». La chiamata
in causa Il Fvg era stato chiamato a dire la sua in base a una convenzione del
’97 che obbliga gli Stati a consultarsi in caso di interventi che possono
produrre impatti transfrontalieri. Era stata proprio Roma, nel 2012, a chiedere
a Lubiana tutta la documentazione necessaria per esprimersi in merito alla
procedura di Via; e già nel gennaio scorso la direzione regionale competente
aveva lamentato “carenze informative” su quanto inviato dalla Slovenia. Ricevuta
tutte l’integrazione richiesta, si sono espressi vari enti locali e direzioni
regionali. Il Comune di Trieste, ad esempio, si è pronunciato negativamente;
così Muggia. Ma non San Dorligo, che aveva dato l’ok. Mancavano all’appello però
i pareri di Rfi, oltre che delle stesse direzioni regionali per i Beni culturali
e paesaggistici e dell’ambiente. Le carenze Al di là dello scambio di carte tra
istituzioni, la giunta fa valere quanto riportato il 10 settembre nella
Relazione istruttoria del Servizio Via (che opera nella direzione Centrale
ambiente della Regione), in cui si giudica «carente» l’intero piano «in quanto
non viene esplicitato, con dati oggettivi, né il livello di utilizzo del secondo
binario, né la capacità finale di movimentazione merci che verrebbero a
determinarsi». Non si farebbe nemmeno riferimento né alla possibile
«saturazione» delle attività di banchina, né al traffico della rete ferroviaria.
Di qui l’impossibilità di appurare «l’effettiva necessità dell’infrastruttura».
A non convincere la Regione sono gli aspetti legati alla componente idrica,
geologica, paesaggistica e acustica. I rischi per il Carso È la parte idrica a
preoccupare soprattutto, considerando che la perforazione di 22 km di gallerie
«può indurre a una modifica delle condizioni sotterranee del Carso». In
particolare «un drenaggio inadeguato nei terreni carsici sovrastanti – si legge
nella delibera – potrebbe indurre una riduzione nell’apporto idrico al torrente
Rosandra con impatti negativi per la flora e la fauna». La delibera sarà
recapitata al ministero dell’Ambiente a cui compete la formulazione del
provvedimento da trasmettere alla Slovenia.
(g.s.)
NO PROFIT - Cambiano le regole per il volontariato
Parere favorevole unanime della sesta commissione consiliare, presieduta da Franco Codega, al nuovo regolamento per la tenuta del registro generale del volontariato. Tra le principali innovazioni vi è l’iscrizione al nuovo registro che avrà durata triennale e potrà essere rinnovata. Nei requisiti per l’iscrizione è stato aggiunta anche la sede operativa. La domanda di iscrizione continuerà a essere su carta semplice, ma le domande di contributo e le convenzioni, dal primo gennaio 2015 dovranno essere inoltrate tramite posta elettronica certificata.
Distributori di “minerale” low-cost In primavera le
prime tre casette
Comune e AcegasAps verso la realizzazione del progetto. L’acqua naturale
declorata dovrebbe costare due centesimi al litro, quattro la gassata.
San Giacomo tra le ipotesi. Laureni: «Sentiremo le
circoscrizioni»
Due centesimi per un litro di “normale”, quattro invece per la “super”, nel
senso di addizionata con l’anidride carbonica. E si pagherà pure con la tessera,
probabilmente quella sanitaria, che più propriamente è la Carta regionale dei
servizi. In primavera insomma apriranno a Trieste almeno tre nuove stazioni di
servizio, destinate poi col tempo a diventare di più. Stazioni d’acqua. Comune e
AcegasAps, dopo una covata lunga più d’un anno causa imprevisti e priorità
sopraggiunte, stanno infatti tirando le fila del progetto delle “casette
dell’acqua”, che in Italia (molto di più che all’estero, per la verità) già
tirano, sia in alcune città grandi (Milano e soprattutto Torino, ad esempio) che
in molti comuni piccoli (in particolare in Emilia, Lombardia e Piemonte, ma
anche il Friuli centrale, Udine esclusa, ne è ormai zeppo). La filosofia di
partenza Sono i distributori pubblici della cosiddetta “acqua del sindaco”. Ma
qui chiamatela anche acqua dell’assessore, dato che l’installazione di queste
casette è uno dei pallini del delegato all’Ambiente di Cosolini, Umberto
Laureni. «Abbiamo la fortuna - dice l’assessore - di avere un’acqua di rete
dalla qualità eccellente. Tale progetto vuole riavvicinare la cittadinanza alla
sua acqua, e mira soprattutto a ridurre sia il consumo delle bottiglie di
plastica che quello del carburante legato al trasporto su gomma delle stesse
bottiglie, dai centri di produzione ai punti vendita». La scelta delle stazioni
Uno di questi distributori potrebbe essere messo a San Giacomo, nella zona di
piazza Puecher, ma Laureni - a proposito delle prime localizzazioni - chiama
tempo: l’unica cosa che si può dedurre, dalle sue parole, è che rioni e
periferie non dovrebbero restare “a secco”. «Stiamo mettendo in piedi - assicura
sempre l’assessore all’Ambiente - una struttura preposta ad individuare le
possibili collocazioni. Vanno rispettate alcune condizioni: dal fatto che l’area
ipotizzata sia sottoposta a meno vincoli possibili all’opportunità di accedervi
con l’auto, affinché un cittadino possa caricarsi in bagagliaio la sua “cassa”
da sei bottiglie, dalla vicinanza alla rete idrica ed elettrica al parere delle
circoscrizioni. Il prossimo passo, in effetti, sarà coinvolgere tutte le
circoscrizioni, che hanno il polso dei rispettivi rioni. La nostra intenzione è
di coinvolgere anzitutto proprio i rioni popolari». La crisi, in fondo, è
un’altra di quelle pre-condizioni. I costi per il consumatore L’acqua del
sindaco, o se volete dell’assessore, gratis-gratis non sarà: il listino
abbozzato da Laureni parla di due centesimi al litro per la “naturale”, che
uscirà però appositamente raffreddata e declorata. In compenso la “minerale”
dovrebbe avere un prezzo più che simbolico: quattro centesimi. Il sistema di
pagamento non sarà a monetine, a quanto si capisce, bensì con tessera a
ricarica, con tanto di tetto periodico, in maniera tale da evitare che il signor
“x” arrivi ogni tre ore con la damigiana da 50 litri per poi farci il business.
Il ruolo del privato L’incasso “alla pompa” non se lo metteranno in tasca Comune
o Acegas. La filosofia, come minimo per un primo periodo sperimentale, è quella
del project financing: l’onere della realizzazione e del mantenimento delle
casette - a cominciare dai delicati apparati di filtrazione e sterilizzazione, e
dalle bombole d’anidride carbonica per l’addizione delle bollicine - è del
fornitore, che recupererà l’investimento augurandosi di guadagnarci anche, col
rischio d’impresa che ne consegue, tenendo per sé i soldi dei consumatori. Così
il costo per l’ente pubblico è zero, «se non per l’allacciamento iniziale, per
cui mi auguro ci sia un contributo di AcegasAps», ancora Laureni. L’esame delle
offerte «Abbiamo ricevuto - chiude l’assessore - tre offerte da altrettante
imprese del settore. Ora si tratta di decidere tenendo in considerazione una
serie di cose, compreso l’aspetto estetico. Fermo restando che le piattaforme
dovranno essere in acciaio inox, perché non si possono mai escludere tentativi
di danneggiamento, siamo consapevoli che in questa città c’è molta attenzione,
se il caso lo richiede, da parte della Soprintendenza».
Piero Rauber
Parco Falesie, la protesta di Rozza «Dalla Regione una
cifra ridicola» - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Diciottomila euro. È l'ammontare dei fondi regionali a
disposizione del Comune, il prossimo anno, per la gestione della riserva
naturale delle Falesie di Duino. «Una cifra ridicola – sottolinea il presidente
della Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza – per chi invece vorrebbe
investire sul territorio e attivare economie virtuose, alimentando un certo tipo
di turismo. E se noi forse riusciremo a farcela comunque, tirando avanti magari
con sacrifici immani nonostante i tagli del 60 per cento, perché l'area protetta
di competenza è a conti fatti di piccole dimensioni, pavento scenari
catastrofici per l'Isola della Cona e Doberdò. Lì infatti lavorano delle
persone, una ventina, che rischiano seriamente di restare sulla strada,
disoccupate». Di qui il richiamo a una maggiore attenzione e sensibilità verso
questo settore, affinché la crisi pur esistente non finisca per assottigliare la
tutela e valorizzazione di un territorio. Resta sempre caldo, dunque, il tema
della riserva delle Falesie di Duino, ove esistono ben 172 specie di avifauna
censite, assieme a rettili e mammiferi di vario genere. Ambizione
dell'amministrazione sarebbe quella di creare un piccolo paradiso verde per
assicurare la conservazione e riproduzione dei diversi volatili, creando
attraverso opportuna zonizzazione, delle “nursery” naturali, come oggi per
esempio sono le Falesie per il falcone pellegrino, che da qualche anno ha
ripreso a nidificare con una certa prolificità, come sostenuto anche dal
direttore della riserva Fabio Perco. Per consentire ciò è necessario vietare
l'accesso alla zona A, fino a 60 metri al largo dalla riva, interdicendo lo
specchio acqueo anche a persone a nuoto e canoisti. Una delle soluzioni che ora
lo stesso Rozza sta pensando di adottare è quello di una “corsia preferenziale”
per nuotatori: gli sportivi che si allenano, prendendo come punto di riferimento
delle boe che saranno posizionate a delimitazione delle diverse A potrebbero
trovare un percorso dedicato adiacente al confine delle zone. «È una delle
proposte avanzate nel corso dell'ultima assemblea – così Rozza – e la stiamo
seriamente prendendo in considerazione. Già la prossima settimana, comunque, la
questione verrà affrontata, in sede di commissione, dove si chiuderà anche
l'argomento della baia, in vista del prossimo, imminente Consiglio».
Tiziana Carpinelli
Muggia, giorni contati per le antenne abusive sul colle
di Chiampore
Il consiglio comunale approva una delibera che impone lo spostamento in
altre sedi di 21 impianti abusivi
MUGGIA Le cinque antenne abusive con oltre 20 emittenti radiotelevisive
presenti a Chiampore hanno i giorni contati. Il consiglio comunale infatti ha
votato con il solo sostegno dei partiti di maggioranza una delibera con
l'individuazione dei siti per la delocalizzazione di impianti per la
trasmissione radio e tv. «Ora ci sono i presupposti richiesti dalla legge
affinché l’ufficio urbanistica possa intervenire sulle antenne abusive – tuona
l’assessore all’Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo – un passaggio
fondamentale per ottenere ciò che vogliamo ottenere, ossia la demolizione dei
tralicci». Esulta il comitato antiantenne di Chiampore: «Lottare assieme è
l'unica strategia possibile per ottenere giustizia». È stato un iter lungo,
fortemente caldeggiato dalla giunta Nesladek e in particolar modo dall'assessore
Longo, un ambientalista tutto d’un pezzo. E l'amministrazione comunale ha sempre
espresso i suoi tre obbiettivi cardine: eliminare i numerosi casi di abusivismo
edilizio inerenti l'installazione di tralicci per la diffusione radiotelevisiva,
delocalizzare i tralicci rispetto all'abitato di Chiampore con riduzione del
numero degli stessi e naturalmente ridurre l'inquinamento elettromagnetico
riscontrato nell'area. Come noto Chiampore, una delle frazioni più belle del
territorio muggesano, è allo stesso tempo una delle più deturpate di tutta la
provincia triestina. I tralicci, alti anche 30 metri, che ospitano qualcosa come
60 emittenti dedicate alla comunicazione radiotelevisiva, sono come un pugno
agli occhi. Il problema è però ciò che non si vede, ma che si sente:
l’inquinamento elettromagnetico, confermati dagli sforamenti accertati
scientificamente da parte dall'Arpa. Attivata la conferenza di servizi per
valutare dei progetti di delocalizzazione e ristrutturazione delle
infrastrutture, il Comune ha affidato al dipartimento di Ingegneria elettrica,
gestionale e meccanica dell'Università di Udine la redazione di un piano
propedeutico alla delocalizzazione di impianti per la trasmissione radio e tv.
Dalla lista stilata dal Dieg sono emersi dodici siti in cui si è valutato lo
studio della copertura offerta per quanto riguarda la trasmissione televisiva in
tecnica digitale tenendo conto della percentuale di copertura del territorio e
dell'edificato. I nomi emersi in cima alla lista delle preferenze sono risultati
essere in località Fortezza e sul Monte Castellier. «È una valutazione
prettamente scientifica, e non politica – spiega l'assessore Longo – nella quale
era emersa anche la possibilità di spostare i manufatti sulle dighe in mezzo al
Golfo, poi scemata per motivi tecnici». Con tale documento ora il Comune potrà
procedere a combattere gli abusivismi presenti a Chiampore ed in particolare i
cinque tralicci con oltre 20 emittenti (i cui nomi non sono stati resi noti dal
Comune per motivi di privacy). Non tutto il Consiglio comunale però si è
espresso favorevolmente su tale documento. I consiglieri del Pdl hanno votato
contro. «Purtroppo non ci sono stati forniti gli strumenti adatti per valutare
positivamente il documento in quanto il piano non ci è stato presentato prima
del Consiglio comunale - racconta il consigliere pidiellino Christian Gretti - e
non avendo avuto delle garanzie che dei dodici siti individuati i due scelti
fossero in realtà i migliori abbiamo espresso parere contrario, visto anche che
un dei siti scartati, quello del Bosco della Lunga, era già stato individuato
positivamente all'epoca della giunta Gasperini». Soddisfatto invece dell'esito
del voto Claudio Poropat, tra i fondatori del comitato antiantenne di Chiampore:
«È un fatto molto positivo dopo la battuta d'arresto che abbiamo avuto in
seguito alla sentenza del Tar. Il Comune sta continuando a lottare assieme a
noi. Questa è la strada da intraprendere anche per il futuro».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - VENERDI', 4 ottobre 2013
La ricerca dell’oro nero minaccia l’Adriatico
Zagabria arruola una società norvegese che spara “bombe” sonore
potentissime I delfini e i cetacei sono le specie più danneggiate. Ma il governo
fa spallucce
TRIESTE Il suo nome evoca oscuri presagi che rimandano ai film di James Bond
e alla “fabbrica” del male “Spectra”. La società norvegese che per conto del
governo croato sta sondando i fondali dell’Adriatico con uno speciale
sottomarino si chiama, infatti, Geo Spectrum Limited. E le sue metodologie
operative sono finite nel mirino dell’organizzazione internazionale per la
difesa del mare “Ocean Care”. Il sottomarino in questione spara ogni dieci
secondi un muro di onde sonore pari a 240 decibel, molto più forte di quello
scaturito dai motori di un jet in fase di decollo. «Chiediamo al governo croato
di fermare l’attività di ricerca sottomarina atta a individuare eventuali
risorse di gas o di petrolio nei fondali marini adriatici», si legge
nell’appello “postato” sul sito ufficiale dell’organizzazione, www.oceancare.org
intitolato emblematicamente “Allarme per la Croazia”. Secondo “Ocean Care”
l’attività va interrotta per avviare un confronto pubblico visto che quella
stessa attività costituisce un enorme rischio per il patrimonio ittico croato e
porterebbe grave nocumento anche allo sviluppo turistico del Paese. Certo,
l’eventuale scoperta di giacimenti di gas o petrolio sottomarini porterebbe un
grande giovamento all’economia, non certo rosea, della Croazia, «ma quanto si è
sicuri di trovare il tanto agognato oro nero?» si chiede “Ocean care”. La fase
di ricerca, incominciata ai primi di settembre, si svolge in gran segreto con il
governo croato che ha contattato direttamente la Geo Spectrum senza alcuna gara
pubblica e senza alcuno studio di impatto ambientale. Secondo il presidente di
“Ocean Care”, Sigrid Lüber, come riportato dal quotidiano di Zagabria Ve›ernji
list, la tecnica adoperata nella ricerca dei giacimenti di gas o di petrolio si
chiama 2D e prevede il rilascio di vere e proprie bombe di onde sonore ogni
dieci secondi pari a 260 decibel ciascuna mentre il rumore di un jet non supera
i 125, 140 decibel. Il tutto mentre il governo croato nei forum internazionali
si impegna nella lotta contro l’eccessivo rumore subacqueo. Secondo il
presidente del Blue World Insitute Draško Holcer le specie ittiche più
danneggiate sarebbero quelle dei delfini e delle balene che possono percepire le
onde sonore anche a chilometri di distanza. L’intensità con cui queste vengono
“sparate” poi danneggia il loro sistema uditivo provocando lesioni ed emorragie
e, a lungo andare, la fuga di queste due specie dal loro habitat adriatico. «Non
discuto sul fatto che il governo - spiega Holcer - abbia deciso di investire, ma
è altresì indiscutibile che lo sta facendo in Adriatico senza alcun controllo,
spacciando per ricerca scientifica quella che è meramente una ricerca
economica». Il ministero dell’Ambiente croato fa notare che l’operazione ricade
solo marginalmente nella propria giurisdizione. Le ricerche sono state approvate
dal ministero dell’Istruzione, delle Scienze e dello Sport, dopo aver ricevuto i
debiti nulla osta dal ministero della Difesa. Il ministro dell’Economia Ivan
Vrdoljak, nel rispondere a un’interrogazione parlamentare del laburista Dragutin
Lesar, ha affermato che non ci sono criteri per poter bandire un concorso
internazionale visto poi che il tutto è a costo zero per lo Stato croato. Eppoi,
secondo Vrdoljak, la società norvegese ha ottimi contatti con le principali
compagnie petrolifere mondiali. Come dire, al diavolo l’ambiente nel nome del
profitto. La Geo Spectrum ha già svolto simili “sondaggi” nel Mediterraneo
orientale, nel Mare del Nord, nel Golfo del Messico e lungo le coste di Brasile,
Uruguay, Indonesia e Sud Africa. L’ad di Spectrum, Jan Schoolmeesters spiega che
i “sondaggi” avvengono secondo i parametri internazionali e quando si opera ci
si assicura che non ci siano cetacei nel raggio di un chilometro. Eppoi,
conclude, il suono nell’acqua non si propaga come nell’aria. Lo vada a spiegare
ai delfini.
Mauro Manzin
IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 ottobre 2013
Energia e ambiente Premiazione in Area - domani
Studenti italiani e sloveni in campo per sostenere il risparmio energetico e
impegnarsi da subito nella costruzione di un futuro più green. A promuovere
questa competizione virtuosa il “Tessi Crossborder Award”, rivolto alle scuole
superiori particolarmente attente al rispetto dell’ambiente. Nell’anno
scolastico 2012-13 sono stati 37 i progetti partecipanti (18 sloveni e 19
italiani) per le categorie “scuole”, “studenti” e “multimedia”. La cerimonia di
premiazione è in programma domani al Centro Congressi (Edificio C1) di Area
Science Park dalle 9 e sarà anche l’occasione per presentare alcune delle
soluzioni innovative in tema di salvaguardia ambientale realizzate all’interno
del parco scientifico di Trieste.
CONVEGNO Sviluppo eco-compatibile
Inizia oggi il convegno “Sviluppo eco-compatibile: energie rinnovabili, reti e megaimpianti” organizzato dal gruppo europeo Gue/Ngl e da Rifondazione comunista. In via Tarabochia 3 dopo l’assessore Umberto Laureni e Lino Santoro di Rc parleranno Sabine Wils (Commissione ambiente del Parlamento Europeo) e Rosa Rinaldi (segreteria nazionale Rc).
Giornata del pedone
Il Coped-Camminatrieste e la Provincia di Trieste, nella sala del Consiglio provinciale di piazza Vittorio Veneto 4, alle 10.30 presentano la Giornata del pedone - La cultura, i pedoni, le città. Conversazioni di Isabella Flego, Carlo Genzo e Fabio Venturin,
ASCA - MERCOLEDI', 2 ottobre 2013
Fvg: Serracchiani incontra associazioni ambientaliste
regionali
(ASCA) - Trieste, 2 ott - La presidente della Regione Fvg Debora
Serracchiani ha incontrato le associazioni AIAB-FVG, Legambiente e Wwf per un
confronto diretto su una serie di tematiche ambientali di grande rilievo, quali
la gestione delle semine Ogm ed il progetto del rigassificatore di Zaule
(Trieste).
Per quanto riguarda gli Ogm, la presidente ha confermato la chiara volonta'
politica di impedirne la coltivazione futura ma l'altrettanto chiara
impossibilita' giuridica ad agire sugli appezzamenti gia' seminati. Le
associazioni da parte loro hanno chiesto che siano mantenuti aggiornati i tanti
cittadini interessati e preoccupati dal caso, e soprattutto un impegno della
politica agricola regionale a rendere attive a breve alcune filiere Ogm-free.
Sul rigassificatore la presidente ha ribadito la ''netta opposizione al progetto
da parte di tutta la Giunta'' ed ha riferito dell'attivita' di negoziazione
attuata dalla Regione in tal senso nei confronti del Governo italiano, di quello
sloveno e della Commissione europea.
L'occasione dell'incontro ha permesso di identificare anche altri temi di futuro
confronto ma soprattutto di aprire un canale di costruttiva comunicazione tra
l'istituzione regionale ed il mondo ambientalista.
fdm/sam/
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 ottobre 2013
Rigassificatore, ipotesi di trasloco da Zaule a un sito
ignoto - SECONDO UN QUOTIDIANO SLOVENO ON-LINE
Un rigassificatore da queste parti sì, però non più a Zaule. Ma dove non si
sa. Corre sul filo della più assoluta incertezza, e senza conferme né
precisazioni, la notizia riportata dal quotidiano on-line sloveno Finance, per
il quale - secondo fonti di Bruxelles - l’Italia e la stessa Slovenia avrebbero
raggiunto un accordo riguardo proprio al rigassificatore previsto in origine a
Zaule. Il quotidiano d’oltreconfine dice insomma che il rigassificatore si farà,
ma in un altro sito, che tuttavia non è stato ancora ufficializzato. L’accordo
avrebbe avuto anche il benestare di Bruxelles. A seguito di questa intesa la
Slovenia - finora contraria per ragioni di impatto ambientale, come pure le
organizzazioni ecologiste e ormai praticamente tutti gli enti locali del
versante italiano - garantirebbe il suo voto alla lista europea dei Progetti
prioritari di interesse comune (Pci), che indica per l’appunto i 130 progetti
infrastrutturali di importanza primaria per l’Ue. Voto necessario (serve
l’unanimità) e negato finora da Lubiana proprio a causa della presenza in tale
elenco del rigassificatore di Zaule. Adesso invece, nell’ultima versione del
documento, si parlerebbe di un impianto genericamente posizionato nella zona
dell’Alto Adriatico, con la garanzia di una distanza di più di 16 chilometri
dalle acque slovene. Voci insistenti ma in libertà dicono poi che un
rigassificatore cofinanziato da Italia e Slovenia potrebbe essere concepito
nell’area delle piattaforme per le trivellazioni del fondo marino gestite dalla
società italo-croata Inagip al largo di Pola, quindi in territorio croato. La
lista definitiva dei Progetti prioritari, e dunque la verità, dovrebbe essere
stilata entro questo stesso mese.
(pi.ra.)
«Pronti a trattare l’uscita non un semplice baratto» -
PORTO VECCHIO»LA PARTITA
Maltauro (Portocittà): questione complessa, in ballo non solo le penali
da pagare e quanto già da noi progettato e speso. L’auspicio è che si giunga a
una soluzione
Aree da liberare - Disponibili a sgomberarle entro il 31 ottobre se avremo
trovato l’accordo, nessun interesse da parte nostra a tenerle occupate
La vertenza giudiziaria - L’eventuale intesa con l’Authority includerà anche la
rinuncia della società a ricorrere al Consiglio di stato contro la sentenza del
Tar
«Siamo sempre pronti e disposti a trattare. Attendiamo soltanto che
l’Autorità portuale ci convochi». Enrico Maltauro, amministratore delegato di
Portocittà, manda segnali distensivi all’indomani del pronunciamento del
Comitato portuale che ha dato mandato alla presidente dell’Authority Marina
Monassi di formulare una proposta di transazione per rescindere la concessione
in Porto Vecchio. Mette però anche subito un paletto, tanto per lasciar capire
che la strada non è ancora tutta in discesa: «Non si tratta di fare un semplice
baratto tra quanto abbiamo già progettato e speso e le penali che dovremmo
pagare; noi le penali le intendiamo in un altro modo, la questione è più
complessa. Ma comunque auspico e spero che si arrivi a una soluzione». Maltauro
afferma anche che Portocittà non ha una propria controproposta in quanto
attendeva e attende ancora la proposta dell’Authority. In realtà contatti
recenti tra i rispettivi legali vi sono stati tanto che la delibera
dell’Autorità portuale fa riferimento anche alla «nota del 2 settembre 2013
inviata dal difensore di controparte all’Avvocatura distrettuale dello Stato con
la quale lo stesso ha illustrato diverse argomentazioni in ordine allo
scioglimento consensuale del rapporto e ha puntualizzato le conseguenze
derivanti dal mancato raggiungimento dell’eventuale accordo». La prima
conseguenza sarebbe l’appello del concessionario dinanzi al Consiglio di Stato
contro la sentenza del Tar che sostanzialmente cristallizzerebbe per altri anni
ancora il Porto Vecchio nell’attuale fatiscente oltre che inoperosa situazione.
«È evidente che se si arriverà a una transazione - specifica ancora
l’amministratore delegato di Portocittà - questa includerà anche la nostra
rinuncia a ricorrere al successivo grado della giustizia amministrativa». E
l’Authority dal proprio versante ritiene necessario giungere a una soluzione
consensuale sia appunto perché «in assenza di una definizione transattiva la
sentenza del Tar potrebbe essere oggetto di impugnazione al Consiglio di Stato»,
ma anche perché «alla luce delle motivazioni della sentenza del Tar, Portocittà
potrebbe promuovere ulteriori e diverse iniziative innanzi ai competenti organi
istituzionali». La delibera approvata dal Comitato fa capire quali elementi
potranno essere posti sui piatti della bilancia dal momento che si afferma che
«Portocittà è debitrice all’Autorità portuale per canoni demaniali e per
attività commerciali non ancora corrisposti nonché interessi di mora», ma anche
che «è interesse dell’Autorità portuale acquisire diversi elaborati progettuali
da Portocittà in quanto dette attività, già espletate dovrebbero essere
nuovamente esperite con i conseguenti costi in termini di tempo e denaro».
Pertanto si deduce che «alla luce dell’interesse dell’Autorità portuale
all’acquisizione dei progetti e delle opere di cui sopra le parti verrebbero a
trovarsi in un rapporto reciproco di debito-credito». Sarà da vedere se le parti
riusciranno a incontrarsi in breve a metà strada. In un’intervista al Piccolo
del marzo scorso Maltauro aveva affermato: «Comunque ci perdiamo. Abbiamo speso
circa 10 milioni più l’investimento immateriale di lavoro». E il presidente di
Portocittà, Antonio Rigon aveva aggiunto: «Chiuderemo con perdite. Speriamo
almeno di veder valorizzato ciò che lasciamo. Siamo stati messi in un “cul de
sac”, speriamo di recuperare almeno i canoni di concessione pagati». Il canone
iniziale era stato fissato in 317mila euro. Poi è arrivata la sentenza del Tar
che ha affermato che il Punto Franco non è elemento totalmente ostativo a
mettere in atto quanto previsto dalla concessione. «Non sono a conoscenza di
deadline del 15 ottobre - conclude Maltauro - se arriveremo a un accordo il 20
credo che sarà lo stesso. Quanto a sgomberare le aree entro il 31 ottobre, se
sarà stata trovata la soluzione non avremo problemi a farlo perché non abbiamo
alcun interesse a tenerle occupate».
Silvio Maranzana
Risoluzione consensuale suggerita dal Tar
Sono gli stessi giudici del Tribunale amministrativo regionale nella
sentenza depositata il 15 luglio a suggerire alle parti di giungere a una
risoluzione consensuale del rapporto. «Per quanto riguarda Portocittà - scrivono
i giudici - è pur vero che il contesto giuridico e fattuale in cui si è trovata
ad operare è in grado di compromettere la piena realizzazione della concessione,
in particolare per l’esistenza nell’ambito del Punto franco di controlli sulle
merci e anche sulle persone, ma tuttavia gli inconvenienti, ancorché gravi ed
economicamente significativi, non sono tali da rendere impossibile l’oggetto
della convenzione con conseguente sua nullità». Considerazioni che hanno indotto
i giudici a compensare le spese di giudizio tra le parti in causa.
Trattative, Monassi non avrà mano libera
Cassato con l’emendamento di Serracchiani il ruolo da “plenipotenziario”:
bozza in Comitato portuale
La delibera approvata all’unanimità lunedì pomeriggio dal Comitato portuale
dà mandato alla presidente dell’Authority Marina Monassi di formulare una
proposta a Portocittà che, in un quadro transattivo, preveda: la risoluzione per
mutuo consenso della concessione, ma anche «l’acquisizione da parte
dell’Autorità portuale degli elaborati progettuali e delle opere già eseguiti da
Portocittà», «l’impegno di Portocittà di riconsegnare all’Autorità portuale le
aree e i manufatti tuttora detenuti in ragione della concessione il più presto
possibile e comunque non oltre il 31 ottobre 2013» e infine «la rinuncia di
Portocittà all’impugnazione della sentenza del Tar e alla promozione di diverse
iniziative giudiziali o stragiudiziali aventi ad oggetto lo stesso atto di
concessione». Il testo originario della delibera prevedeva due ulteriori punti
che però sono stati cassati su proposta della presidente della Regione Debora
Serracchiani. Nel primo dei due con linguaggio un po’ involuto si affermava di
«conferire mandato alla presidente dell’Autorità portuale di adottare i
conseguenti atti che abbiano rilevanza contabile ai fini del bilancio in ragione
degli oneri a carico dell’Autorità medesima». Par di capire che Monassi avrebbe
potuto agire da plenipotenziario depotenziando il ruolo stesso del Comitato.
L’ultimo punto dava mandato alla stessa presidente, in caso di mancata
accettazione della proposta da parte di Portocittà «di agire con ogni mezzo
consentito dalla legge, sia in via amministrativa sia in via giudiziale al fine
di ottenere la riconsegna delle aree e dei manufatti». Cassato anche questo. La
bozza dell’accordo dovrà ripassare al vaglio del Comitato portuale.
(s.m.)
Ferriera, rinnovati i contratti a termine - LA
SITUAZIONE
Lavoratori: boccata d’ossigeno. E lunedì il tavolo per l’Accordo di
programma
Convocazione ufficiale per le 17.30 di lunedì nel palazzo della giunta
regionale per giungere all’Accordo di programma assieme alle istituzioni e ai
rappresentanti delle categorie e rinnovo per tutto ottobre dei contratti a
termine dei lavoratori e dei contratti con le ditte subappaltatrici. Sono gli
elementi che hanno indotto a miti consigli i sindacati dei metalmeccanici e i
rappresentanti di fabbrica della Ferriera di Servola che avevano minacciato
manifestazioni dopo la scadenza di ieri dell’ultimatum contro il silenzio di
Arvedi che si protrae da alcune settimane. I segretari di Fim-Cisl Umberto
Salvaneschi e di Uilm Antonio Rodà e Franco Palman rappresentante di fabbrica di
Uilm hanno affermato ieri che mobilitazioni immediate non vi saranno in attesa
di avere novità e delucidazioni dall’incontro di lunedì al quale comunque non
parteciperanno rappresentanti del Gruppo Arvedi. Dopo aver annullato con venti
ore di preavviso il confronto che doveva tenersi l’11 settembre, la Siderurgica
Triestina, società di cui è amministratore delegato Francesco Rosato e che ha
annunciato che prenderà in affitto per sei mesi dalla Lucchini in
amministrazione controllata lo stabilimento triestino, il giorno 18 si era
rifatta viva avvertendo i sindacati di tenersi pronti per l’incontro che avrebbe
finalmente dovuto svolgersi la settimana successiva. Da allora invece il
silenzio più totale. «Siamo in uno scomodo limbo», ha detto ieri Palman. E
Salvaneschi ha aggiunto: «Ogniqualvolta si fa un passo avanti verso la salvezza
della nostra industria, ci sono forze che spingono nella direzione opposta». Il
timore dei sindacati è che non ci siano questioni tecniche per giungere
finalmente alla firma del contratto d’affitto che dovrebbe partire già da questo
mese, ma che siano stati opposti ostacoli di tipo politico. Senza contare che
ulteriori elementi d’incertezza, anche per quanto concerne la legge che ha
inserito anche Servola tra le aree di crisi industriale complessa, arrivano da
una possibile caduta del governo. «È positivo il fatto - concordano tutti i
rappresentanti sindacali - che tutti i contratti a termine che era tecnicamente
possibile rinnovare sono stati rinnovati, il che ci dà un ulteriore mese di
ossigeno prima dell’auspicabile ingresso di Arvedi». Resta la preoccupazione,
sollevata anche dalla lettera inviata dalla Siderurgica triestina, sul
mantenimento dei livelli occupazionali e salariali che stante come si prospetta
la situazione non sarebbero garantiti.
(s.m.)
Nuova mazzata su Sertubi: «Vogliono vendere il forno»
Allarme dei sindacati: «Area produttiva in smantellamento proprio mentre
Arvedi si è detto disponibile a fornirci la ghisa». La Regione: chiarimenti
dall’azienda
Un colpo di mano per tentare di smantellare l’area produttiva di Sertubi. Lo
hanno denunciato i rappresentanti di fabbrica dell’azienda triestina
nell’incontro avuto ieri nel palazzo del Consiglio regionale (all’ingresso c’è
stato anche un presidio dei lavoratori) con una folta schiera di rappresentanti
delle istituzioni: la governatrice Debora Serracchiani con gli assessori Sergio
Bolzonello e Loredana Panariti, il sindaco Roberto Cosolini con l’assessore Edi
Kraus, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat con l’assessore
Adele Pino. «Temiamo che la Duferco, proprietaria dello stabilimento, voglia
vendere il forno fusorio - hanno denunciato Michele Pepe e Maurizio Granieri di
Fim-Cisl - e ciò proprio nella fase in cui Giovanni Arvedi, in procinto di
rilevare la Ferriera di Servola, si è detto disponibile a fornirci la ghisa per
tornare a produrre i tubi. In stabilimento è già venuta una delegazione di
tecnici, non sappiamo di quale società, a valutare lo stato e il valore delle
nostre attrezzature dell’area a caldo per acquistarle. Si vocifera che
potrebbero essere addirittura vendute in Siria». Ma proprio dopo il tavolo di
ieri è partita dalla Regione la richiesta di un incontro urgente a Duferco, la
società che ha dato in affitto per cinque anni, fino all’agosto 2016, lo
stabilimento agli indiani di Jindal che recentemente hanno richiamato al lavoro,
per le operazioni di zincatura dei tubi, altri sei dipendenti, saliti ora a 71.
Sono però ben 130 quelli che rimangono in cassa integrazione. E a questo
proposito, Pepe e Granieri hanno anche denunciato una sorta di beffa alla quale
una parte di loro sarebbero sottoposti. «Al termine dei corsi di
riqualificazione organizzati dalla Provincia e che durano un mese - hanno
spiegato - i cassintegrati per poter fare l’esame e avere il patentino devono
sborsare 300 euro». «Per risolvere questa questione - ha riferito Pepe dopo
l’incontro - Serracchiani ha affermato che verificherà la possibilità di un
finanziamento». «L’incontro - si legge in una nota della Regione - è servito ad
approfondire i vari aspetti della crisi della Jindal Sertubi: gli ammortizzatori
sociali, i corsi di formazione e riqualificazione professionale già avviati
dalla Provincia, le prospettive industriali dell’area Sertubi. I nuovi scenari
che potrebbero aprirsi a seguito dell’interesse manifestato dal Gruppo Arvedi
per la Ferriera di Servola potrebbero attirare a Trieste, è stato detto nel
corso dell’incontro, nuove iniziative industriali». «È stato ripetuto anche
stavolta - ha lamentato alla fine Pepe - che per Sertubi non c’è mercato. Ma non
è vero: noi vendevamo molto nel Nord Africa, mentre prospettive molto alettanti
si stavano aprendo nei Balcani. Mi auguro che i vertici di Duferco vengano messi
di fronte a questa che è una situazione reale e al fatto che è assurdo non
riprendere la produzione in una fabbrica che in Italia è l’unica nel suo
genere». «Le istituzioni che hanno già svolto un ruolo fondamentale per ottenere
gli ammortizzatori sociali - chiude la nota della Regione - hanno confermato
l’impegno a seguire con attenzione la crisi della Jindal Sertubi», mentre si
specifica che «l’incontro con la Duferco servirà a fare il punto sulle
prospettive industriali dell’area».
Silvio Maranzana
Falesie, presentato il regolamento: resta il divieto ai
canoisti
Assemblea alla Casa della pietra di Aurisina. Divisa in zone tutta l’area
della riserva naturale. D’accordo la Comunella
DUINO AURISINA Ma chi l'ha detto che Duino non vuole una piccola Miramare ai
piedi delle Falesie? A sentire gli umori dell'assemblea pubblica convocata
lunedì sera dall'amministrazione Kukanja alla Casa della pietra, per discutere
la bozza del nuovo regolamento che gestirà la riserva regionale, è sembrato che
fosse proprio il contrario. E cioè che, in linea di massima, le persone, accorse
piuttosto numerose, comprendessero le necessità di tutela della fauna, in
particolare dell'avifauna, che impongono rigidissimi veti sugli accessi ai vari
settori in cui l'area delle Falesie è stata, in ossequio alle norme, zonizzata.
Anche perché il presidente della Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza,
presenti anche il sindaco Vladimir Kukanja e il vice Massimo Veronese, oltre
alla capogruppo di Fds, Elena Legiša, ha prospettato alcuni interessanti
progetti da attuare in futuro, correlati a una gestione attiva (finalmente, a 42
anni di distanza dalla legge Belci) del sito. Per esempio? La creazione di
un'area, in zona C, dedicata a sub e patiti dello snorkeling, in grado di
alimentare un turismo sostenibile. «Le visite guidate ai fondali costano 25 euro
a Miramare – ha spiegato Rozza – e hanno creato lì una serie di posti di lavoro,
oltre che favorito l'affluenza e la conoscenza del parco marino, suggellando
un'attrazione con 20mila visitatori. Eppure, prima dell'istituzione della
riserva, tali fondali non avevano nulla di speciale rispetto a quelli di
Sistiana e Duino. Ma la definizione di un'area protetta ha col tempo creato un
habitat meraviglioso». Alle falesie, nella zona C, una delle attrazioni da
osservare, per esempio, potrebbe essere il cavalluccio marino, presente in
grandi concentrazioni e piuttosto difficile da avvistare in altri posti. C'è poi
l'idea del marchio, ovvero di concedere dietro corrispettivo, o comunque in
accordo con l'ente locale, il diritto di usare, da parte delle attività (osmize,
agriturismi, artigianato, pescicoltura, agricoltura e turismo), il nome e
l'emblema della riserva. Chi intende avvalersene dovrà richiederlo al gestore,
il quale con provvedimento lo concederà, previa adesione a un disciplinare di
compatibilità socioambientale. Disciplinare che andrà redatto entro 180 giorni
dall'entrata in vigore del nuovo regolamento. «Si potrebbe pensare di concedere
l'uso del marchio, per esempio, a quelle osmize o agriturismi che offrono
prodotti autoctoni, così generando un'economica virtuosa», ancora Rozza. Prima
però è necessario approvare, appunto, il regolamento e, tra i nodi, il divieto
totale di accesso e navigazione nella zona A, dove i vincoli sono più
stringenti, e l'accesso limitato a soggetti autorizzati in zona C, quella
confinante con la baia. «I nostri obiettivi – così Rozza - sono quelli di
aiutare alcune specie, come la monachella, la volpoca, il falcone pellegrino, e
ancora la tartaruga, il delfino e la foca monaca a insediarsi e riprodursi qui.
Così da offrire qualcosa da vedere, effettivamente, al visitatore. Perché se tu
investi un euro nel turismo ambientale, esso te ne restituisce 7. Tuttavia per
tutelare l'avifauna è necessario azzerare la presenza umana, di qui il divieto
ai canoisti in zona A. Quanto alle seppie vogliamo dar loro una chance di
potersi riprodurre?». Concorde la Comunella, presente con Vladimiro Mervic.
Fuori dal coro, il gruppo facebook “Quelli che vogliono vivere le Falesie di
Duino...” che ha letto, attraverso una portavoce, la petizione, sostenendo “la
pericolosità per i nuotatori e i seawatcher, costretti a nuotare troppo lontano
dalla riva”. Il gruppo ritiene che “obbligare a mantenere le persone a nuoto o i
canoisti a 60 metri dalla battigia sia del tutto fuori luogo, dal momento che si
sta regolamentando una riserva terrestre e non un parco marino”, inoltre in
paradisi quali le Incoronate, le Egadi o le Eolie i kayak non sono affatto
banditi.
Tiziana Carpinelli
Il rapporto energia-ambiente in un convegno di due
giorni
Il gruppo europeo Gue/Ngl e la federazione di Trieste di Rifondazione
comunista organizzano un convegno di due giornate sul tema “Sviluppo
eco-compatibile, energie rinnovabili, reti e megaimpianti”, cui invitano «gli
amministratori locali a discutere con noi». La prima giornata è in programma
domani nella sede di Rifondazione di via Tarabochia 3 dalle 17.30 alle 19.30.
Tra gli interventi, dopo il saluto dell’assessore all’Ambiente
dell’amministrazione Cosolini Umberto Laureni e la relazione introduttiva di
Lino Santoro della Commissione Ambiente del partito, è atteso quello di Sabine
Wils (Die Linke), della Commissione Ambiente del Parlamento europeo, su “Le
politiche energetiche europee. I rigassificatori e le reti energetiche”.
Chiuderà Rosa Rinaldi della segreteria nazionale del Prc. La seconda giornata è
prevista al Centro Millo di Muggia venerdì dalle 10 alle 13. Interverranno
Roberto Lopriore (Prc, Strasburgo), Serena Pellegrino di Sel, della Commissione
Ambiente della Camera dei deputati, e Alda Sancin dell’Associazione NoSmoG. In
chiusura il saluto del sindaco della cittadina rivierasca Nerio Nesladek.
IL PICCOLO - MARTEDI', 1 ottobre 2013
«Monassi trovi l’accordo per l’uscita di Portocittà» -
PORTO VECCHIO »Il “BARATTO” FINALE
Il Comitato portuale all’unanimità ha dato mandato alla presidente di
definire la questione entro il 15 ottobre. Imposto un emendamento da
Serracchiani
Preparare la proposta di transazione che sarà presenta a Portocittà entro il
15 ottobre. È il mandato che il Comitato portuale con voto unanime ha dato ieri
all’Authority, che la formulerà attraverso l’Avvocatura dello Stato, per tentare
di uscire dal pantano del Porto Vecchio. La data è tassativa soprattutto per
evitare che la società concessionaria, composta in particolare dalle imprese di
costruzioni Maltauro e Rizzani de Eccher e da Banca Intesa, appelli al Consiglio
di Stato la sentenza con cui il Tar le ha dato torto. «Significherebbe
immobilizzare tutta l’area per altri anni ancora», ha commentato Ampelio
Zanzottera rappresentante dei terminalisti in Comitato portuale nella conferenza
stampa in cui la presidente dell’Authority, Marina Monassi, ha comunicato
l’iniziativa. Conferenza stampa convocata con preavviso di poche ore perché,
senza dare spiegazioni, la stessa Monassi dopo molti mesi di apertura, ha deciso
di tornare a chiudere le porte del Comitato ai giornalisti. È successivamente
trapelato un particolare della questione: Monassi si era presentata chiedendo al
Comitato un mandato pieno per chiudere la transazione e qualora ciò non fosse
stato possibile anche per adire le vie legali nei confronti di Portocittà.
Questo però non le è stato dato a seguito di un emendamento presentato dalla
presidente della Regione Debora Serracchiani e sottoscritto anche dal sindaco
Roberto Cosolini e che vincola la presidente a ripresentarsi in Comitato, che
verrà riconvocato al volo prima del 15 ottobre, con il testo della proposta.
«Siamo in attesa della valutazione del valore dei progetti già redatti da
Portocittà da parte del Provveditorato alle opere pubbliche», ha specificato
Monassi ribadendo che il fulcro della transazione è il “baratto” tra quei
progetti già pagati e che rimarrebbero ora a disposizione dell’Authority, con le
penali che la stessa società dovrebbe pagare per aver rinunciato unilateralmente
alla concessione. La presidente ha però anche affermato che Portocittà è
obbligata a liberare le aree ancora occupate entro il 30 ottobre e ha aggiunto
che «non è stato ancora deciso se le aree nuovamente libere potranno tornare a
essere occupate da ex concessionari fatti sgomberare». La pellicola dunque
rischia addirittura di riavvolgersi e i tempi comunque di dilatarsi anche perché
il bando con le manifestazioni di interesse raccolte dall’Authority è appena
preliminare a una nuova gara che dovrà essere bandita da zero in seguito. Ma
Portocittà doveva realizzare le opere di urbanizzazione per l’intero Porto
Vecchio e di conseguenza la sua uscita ha messo nei guai anche Greensisam, la
società di Pierluigi Maneschi che ha in concessione i primi cinque magazzini. Di
conseguenza Monassi dopo avere già precedentemente annunciato che sarà la stessa
Authority a prendersi carico, anche finanziariamente, della questione, ha
informato di aver dato incarico a un tecnico di stilare nel giro di quaranta
giorni la progettazione esecutiva per l’infrastrutturazione di quel settore. «A
novembre - ha annunciato di conseguenza - sarà fatto l’appalto per i lavori». È
stata invece rimodulata con l’ampliamento delle aree e l’aggiunta di altri
edifici la concessione allo Scalo Legnami di General cargo terminal che da
alcune settimane ha avviato un servizio di traghetti ro-pax settimanali con
l’Albania che però stanno scontando difficoltà di ormeggio causa la bora.
Silvio Maranzana
«Un regolamento per il Punto franco»
La proposta del consigliere di Stato Fulvio Rocco durante il dibattito al
Greif
Un Punto franco a metà, con gli svantaggi del caso ma senza i vantaggi. Come
uscire da questa situazione? Con un regolamento per il Punto Franco (utile per
il Porto Vecchio e anche per quello nuovo) ma soprattutto decidendo, come città,
cosa si vuole fare “da grandi”. La soluzione, prospettata dal consigliere di
Stato Fulvio Rocco, è stata una delle risposte date da esperti del settore
durante l’incontro organizzato del Propeller di Trieste, per mettere a confronto
sul Porto Vecchio anche Pierluigi Maneschi e Federico Pacorini, protagonisti –
con lo stesso Rocco – di vivaci scambi d’opinione davanti a una platea attenta
nelle sale dell’hotel Greif di viale Miramare. «Il porto è un punto di sviluppo
per la città e il Porto franco può essere l’unica arma che ci consente di fare
qualcosa, ma se viene applicato per quello che è. Altrimenti l’Italia finisce a
Treviso. Trieste deve guardare a est». La chiarezza non fa difetto a Pierluigi
Maneschi, che ha tirato in ballo i vantaggi di un regime fiscale agevolato, non
trovando pienamente d’accordo Federico Pacorini il quale, dopo aver testimoniato
della sua negativa esperienza nel tentare di aprire alla città il Porto Vecchio,
ha sostenuto che non si possono pretendere le stesse agevolazioni che vigono in
altre parti del mondo. Trieste illusa dalle partecipazioni statali, oppressa
dalla burocrazia, fermata dall’indecisione dei suoi cittadini e della sua classe
dirigente. Anche di questo si è parlato ieri sera definendo un quadro poco
confortante con un inquietante parallelo con il Porto Vecchio, dal quale bisogna
però uscire. Quest’ultima parte ha messo d’accordo tutti. È stato il magistrato
Fulvio Rocco a dare qualche “istruzione per l’uso” per la sentenza Tar (sul
ricorso di Portocittà, attuale concessionaria del Porto Vecchio) nella quale i
giudici si sono soffermati anche su parti “non richieste”, proprio per tentare
di spiegare cos’è e quale sia la giurisdizione del Punto franco. È stata
confermata la complessità del tema e lo stesso Rocco ha sollevato alcuni dubbi
su una parte della sentenza, proponendo appunto un regolamento («Fatto qui e non
a Roma, dove rischia di incastrarsi tutto») per sbloccare la situazione. «La
colpa di questa stasi è della classe dirigente di questa città, e mi ci metto
dentro. Si fanno interessi particolari, battaglie politiche e non gli interessi
del Porto. La città – ha detto Pacorini - consapevolmente e colpevolmente ha
dormito su questo tema. La sentenza del Tar è una surroga all’intelligenza di
questa città». «Ciò che dobbiamo dare, ai nostri cittadini e agli investitori
esteri, è la certezza del diritto – ha concluso il presidente del Propeller,
Fabrizio Zerbini – che, mi pare di aver capito dopo questa interessantissima
discussione, ancora non c’è».
Parcheggi limitati e non gratis per chi lavora in
Comune - INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI - Assessore comunale Mobilità e
Traffico
Rispondo alla segnalazione della signora Cristina Bongiorno. Per amor di
chiarezza e trasparenza cercherò di essere il più precisa possibile. Partiamo
dalle presunte situazioni di privilegio dei politici rispetto ai parcheggi
gratuiti. Prima correzione allo scritto della signora: le aree cui si riferisce
sono solo in parte riservate agli usi del Comune (Largo dei Granatieri, vie
Crosada e del Forno). Oltre ai “politici” (consiglieri di maggioranza e
opposizione, assessori, sindaco), in tali aree i parcheggi sono a disposizione
di dirigenti, polizia per pronto intervento, dipendenti disabili, tecnici che
devono effettuare rilievi e controlli; inoltre, è previsto il carico e scarico
per gli esercizi commerciali della zona. Si tratta di una situazione che la
nostra Amministrazione ha ereditato dalla precedente e che ci apprestiamo a
“sanare”. A giorni porterò in Consiglio, insieme alla vicesindaco Martini, una
delibera in cui non solo limiteremo i parcheggi dedicati a chi lavora in Comune
alla zona di Largo dei Granatieri (liberando così quella di via del Forno), ma
chiederemo a tutti, indistintamente, di pagare una quota mensile per poter
parcheggiare il proprio mezzo dal lunedì al venerdì. In analogia a quanto
stabilito per i residenti dei borghi Teresiano e Giuseppino e ricordo che il
pagamento della quota non dà diritto a un posto garantito. Nei fine settimana
Largo dei Granatieri sarà invece dedicato alla sosta gratuita dei cittadini. Le
auto in sosta in via Crosada sono quelle dei diversi servizi del Comune;
verranno spostate all’interno di Park San Giusto perché non è certo qualificante
mantenere un parcheggio a cielo aperto in un sito così pregiato. Gli altri
parcheggi “per i politici” che lei cita (piazza Oberdan, Rive, via del Mercato
Vecchio) sono a disposizione di altri enti, per i quali non posso essere io a
rispondere. Passiamo alle questioni connesse al Piano del traffico e
all’episodio di domenica 22 in largo Sonnino. La signora Bongiorno non riporta i
contenuti, assolutamente non veri, del volantino che stava distribuendo. Cito
testualmente: “Ci spremeranno più di 750 euro l’anno per avere il diritto a
cercare un parcheggio su stalli blu”. Da questa sua affermazione, del tutto
falsa, capisco che non ha seguito le decine di incontri pubblici in cui si è
chiarito e comunicato il regime tariffario per le zone del centro storico: 30
euro al mese, con sconto del 15% per chi fa richiesta di agevolazione annuale
(306 euro annuali e non 750 come da lei affermato!).Signora Bongiorno, mi trovo
costretta a smentirla in quest’occasione, come ho già fatto durante le decine di
incontri. Questa per me non è propaganda, è un modo di operare onesto e
trasparente; purtroppo non posso dire altrettanto del suo. Comunque, tutti i
materiali necessari per avere (e diffondere) le informazioni corrette li trova
sul sito del Comune (www.retecivica.trieste.it), nella sezione Mobilità e
traffico - Nuovo Pgtu. Terminiamo con le “spennellate” in largo Sonnino.
L’iniziativa “Nel blu dipinto di blu” (ideata dall’artista Elisa Vladilo e
promossa da un commerciante della zona – ottica Bossi – nell’ambito della
Settimana europea della mobilità) è del tutto analoga a quelle che da tempo si
fanno in molte città europee. E anche in questo caso ulteriori correzioni a
quanto da lei sostenuto sono necessarie. Non è costata nulla, se non un po’ di
tempo e fatica, visto che la pittura ci è stata donata. Hanno partecipato non
“adepti” ma persone che amano la loro città e che vorrebbero vederne
riqualificati gli spazi. Per i costi dell’attuazione del Piano del traffico, non
si preoccupi. Gli interventi, se pensati e condivisi, si possono fare bene e con
molti meno soldi che in passato. Ma questo è un compito che attiene alla Giunta
e agli impegni che ho preso con le tanti cittadini che sollecitano un deciso
cambio di rotta verso nuove forme di mobilità, più salutari e sostenibili.
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 settembre 2013
Treni, senza la Udine-Vat addio al Corridoio Baltico
Adriatico - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
“Comitato anti-treno, riparte la petizione”. Sotto questo titolo il
Messaggero Veneto del 9 settembre riportava le dichiarazioni del consigliere
comunale di Udine Matteo Mansi: «Vogliamo raccogliere diecimila firme per poi
consegnarle alla presidente della Regione. Gli incroci pericolosi sono cinque».
I dirigenti delle Ferrovie intendono manifestare grave preoccupazione per il
ridimensionamento e il mancato sviluppo della rete regionale, vitale per i
collegamenti del Paese con l’Europa e valore per l’economia del Friuli Venezia
Giulia; rete ferroviaria che non viene più avvertita come strumento di sviluppo,
ricondotta solo a peso, rischio e sicurezza. Dopo l’abbandono della
Cormons-Redipuglia, dopo la chiusura della Gemona-Sacile, oggi si arriva a
considerare “inutile fastidio” anche la Udine-Vat, inizio della Pontebbana. Ora,
tutti i cittadini della regione devono essere avvertiti che la rinuncia alla
diretta per l’Austria non è solo un duro colpo alla competitività di merci e
viaggiatori, ma anche uno schiaffo al Corridoio europeo Baltico-Adriatico, per
il quale la Regione si è battuta con successo per il suo inserimento tra i
progetti prioritari Ten-T, che assicurano il cofinanziamento comunitario. La
soluzione per conciliare sicurezza ed esercizio commerciale, sia per le merci
che per i viaggiatori, è stata da tempo proposta dai tecnici ferroviari, meno
onerosa - tra l’altro - rispetto alla circonvallazione, con il mantenimento
dell’attuale sede, ma abbassamento e copertura della stessa, con soppressione di
tutti i passaggi a livello e scomparsa della vista della linea dalla zona
urbanizzata, con possibile utilizzo delle aree sovrastanti il tratto in galleria
per servizi e infrastrutture pubbliche di cui avrebbero goduto i cittadini della
zona (parco, posteggi, pista ciclabile, eccetera), come se l’infrastruttura
ferroviaria non ci fosse. Il rifiuto della soluzione ottimale porta a pensare a
un disegno di speculazione edilizia che nulla ha a che fare con la sicurezza. I
rilevanti investimenti pubblici in opere ferroviarie non devono essere gettati a
mare nell’interesse di pochi privati, dando l’addio al cofinanziamento
comunitario. A proposito di sicurezza: se si accetta l’idea che la stessa
presenza del treno diventa insostenibile a Udine, il problema non può che
assumere carattere generale, superando i confini della regione. Bisogna invece
sostenere con forza e convinzione che la sicurezza non è insita nella
soppressione delle ferrovie, bensì in un loro esercizio del tutto adeguato alle
condizioni di sicurezza imposte dagli organi di tutela nazionali e comunitari,
come del resto è corretto, altrimenti si dà la stura ad un vespaio
inestricabile. Su Repubblica si poteva leggere recentemente una dichiarazione di
Gianni Vattimo (filosofo e parlamentare europeo): «Dico sì alle sassaiole,
illegali ma legittime, ma non sono un cattivo maestro». Sullo stesso quotidiano
Erri De Luca (scrittore,traduttore e poeta) ha affermato: «Gli assalti servono a
far capire che l’opera è dannosa». Buoni e cattivi maestri, prima di sentenziare
che «un’opera è sbagliata, inutilmente costosa e non risolutiva», farebbero bene
a documentarsi con i veri esperti e conoscere che, come la Udine-Vat è un
segmento della Pontebbana (e quindi del Corridoio europeo Baltico-Adriatico), la
Torino-Lione è un segmento della storica Transpadana (e quindi del Corridoio
europeo Mediterraneo). Professori, storici ed economisti dovrebbero avere piena
coscienza che l’attuale livello di utilizzazione delle linee ferroviarie è il
frutto dell’ondivaga politica dei trasporti che ha portato il nostro Paese a
puntare sul “tutto tir”, a scapito di rotaia e navigazione, compromettendo
l’efficienza di logistica e mobilità nazionali. Parlamentari europei (ma anche
nazionali), filosofi, poeti, scrittori, amministratori del Friuli Venezia Giulia
(così come i consiglieri comunali di Udine) dovrebbero approfondire dove vanno
indirizzati gli investimenti prioritari che, oltre a creare lavoro
nell’immediato, rappresentano un contributo all’adeguamento della catena
logistica nazionale portandola a un livello europeo in funzione dello sviluppo
economico del Paese.
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE - Struttura superata e sottoutilizzata
C’è una riflessione, magari solo personale, che si può fare sul rigassificatore: conviene? Il rigassificatore a Trieste, a parte i problemi ambientali e i pericoli, è economicamente conveniente per l’Italia? Guardando la carta geografica non si direbbe: Trieste è del tutto marginale rispetto al resto d’Italia addossata com’è al confine. Una buona posizione dovrebbe essere invece di fronte alla costa romagnola, vicino alla pianura padana e ai grossi centri produttivi con allacciamenti più corti ed economici. Un rigassificatore in effetti esiste già da quelle parti e lavora, pare, a capacità ridotta. Il rigassificatore nel nostro golfo allora ha senso solo se è pensato non per l’Italia, ma per Paesi e regioni confinanti: in conto terzi, insomma. L’Europa, Italia compresa, ha grossi problemi di dipendenza energetica, ma un rigassificatore non sposta di un millimetro il problema: il gas, come il petrolio, bisogna sempre importarlo. L’idea è che bisogna diversificare le forniture di gas, ma in questo caso bisognerebbe verificare che effettivamente Paesi e regioni confinanti siano interessati a servirsi di un rigassificatore nel golfo di Trieste in maniera massiccia e continuativa tale da giustificare la sua costruzione ed il suo pieno utilizzo. Sono stati fatti degli studi che dimostrino un concreto interesse di Slovenia, Austria e Baviera in questo senso? La Slovenia sicuramente no, a meno che non siano campioni di incoerenza. Gli altri Paesi probabilmente sono più interessati ai nuovi gasdotti che fra breve raggiungeranno l’Europa e quindi considerano forse questo rigassificatore non più strategico. La controprova è che la vicepresidente della Commissione europea, quand’era in visita a Trieste, non ha fatto particolari pressioni di urgenza per la realizzazione del rigassificatore; in fondo, era stata l’Europa che aveva fatto un piano energetico prevedendo un massiccio impiego di queste strutture. Oggi quel piano magari non è più tanto attuale con i nuovi gasdotti e la crisi che ha ridotto i consumi. Il rischio sarebbe di trovarsi con rigassificatore superato e sottoutilizzato. Chi paga? Posso sbagliare, ma ho paura di no: tra le righe dei contratti sarà scritto che lo Stato (cioè noi) garantisce all’impresa che costruisce e gestisce l’impianto un volume di traffico remunerativo pagando quando questo manca. L’impresa non rischia niente tanto paghiamo noi con le tasse.
Ermanno Predonzan
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 settembre 2013
«Fumi dalla Ferriera, situazione critica»
Report del consulente tecnico nominato dal pm: scenario «abbastanza
compromesso» anche per la scarsa manutenzione
«Significative criticità» e «indubbie ripercussioni negative sotto il
profilo emissivo coerenti con il peggioramento dei valori di sostanze immesse
nella centralina di San Lorenzo in Selva». Questa è la situazione - drammatica
sotto il profilo ambientale - della Ferriera di Servola. La mette nero su bianco
parlando di situazione degli impianti «abbastanza compromessa sotto il profilo
emissivo» il professor Marco Boscolo, nominato consulente tecnico d’ufficio dal
sostituto procuratore Federico Frezza. Il magistrato ha aperto lo scorso 17
agosto un nuovo fascicolo giudiziario al momento definito dalla sigla Ncr (atti
non costituenti reato) sulla situazione ambientale della Ferriera di Servola. Lo
ha fatto in assoluta sincronia con le operazioni propedeutiche all’affitto dello
stabilimento da parte del gruppo Arvedi di Cremona con un contratto che al
momento deve essere ancora siglato, ma che potrebbe preludere all’acquisizione
vera e propria. Lo scopo del magistrato è quello di monitorare il livello degli
sforamenti nella situazione attuale, prima cioè che subentri la prossima
gestione della società intenzionata all’acquisizione dello stabilimento di
Servola. Questo appunto per fare chiarezza anche alla luce di eventuali
responsabilità nell’ipotesi in cui in cui in un secondo momento dovessero
emergere. Nei giorni scorsi il professor Boscolo ha inviato alla segreteria del
pm il suo primo report. Una analisi che riassume i risultati - non certo
positivi dal punto di vista ambientale - di sei sopralluoghi. Boscolo parte da
una premessa sulla Ferriera. E cioè che nel 2012 - allora in vista della
paventata chiusura - le risorse destinate alla manutenzione degli impianti erano
state «drasticamente ridotte». In sostanza ve ne erano soltanto per far fronte a
emergenze o ad adempimenti inderogabili. Non un centesimo, insomma, da destinare
all’ordinaria manutenzione degli impianti dello stabilimento siderurgico. Una
scelta in linea con quella che all’epoca era la prospettiva dello spegnimento e
della dismissione. Anche perché - ancora oggi - la Ferriera perde circa tre
milioni di euro al mese. Le evidenti criticità riscontrate nei sopralluoghi
effettuati da Boscolo riguardano la bocca dell’altoforno, per il piano di colata
dove la rottura della cappa di aspirazione pregiudica la captazione delle
polveri. Nel report si parla poi ampiamente della cokeria in cui nove montanti
risultano irrimediabilmente deformati e i dispositivi di tenuta delle porte sono
in gran parte danneggiati. Anche i dispositivi di pulizia delle porte che sono
risultati essere fuori servizio. E in tilt - sempre secondo il report -
risultano anche i coperchi, la cui tenuta è stata definita dall’esperto
insoddisfacente. Da qui appunto la diagnosi relativa «alle ripercussioni
negative sotto il profilo emissivo» dello stabilimento. Il futuro? L’ipotesi
rappresentata dall’esperto è quella di un rallentamento dell’attività della
cokeria che “vanta” da 70 a 92 sforamenti al giorno. La scelta del rallentamento
dell’attività, sottolinea Boscolo, si profila come «particolarmente impattante
in senso positivo dal punto di vista ambientale». Cokeria a rilento, emissioni
ridotte, ovviamente. La “sentenza” in ogni caso è pesante. Il consulente tecnico
come detto reputa la situazione degli impianti «abbastanza compromessa sotto il
profilo emissivo». Come dire: nulla di che meravigliarsi delle emissioni
prodotte.
Corrado Barbacini
«Tavolo istituzionale fissato il 7 ottobre» - CONVOCATE
ANCHE LE PARTI SOCIALI
«I metalmeccanici, nell’assemblea sindacale dell’altro giorno, hanno posto
un problema vero, quello di essere informati sull’evolversi della situazione
alla Ferriera. Su questo punto assicuro lavoratori e sindacati che da parte
dell’amministrazione comunale e mio personale, saranno date tutte le
informazioni. E la prima, la più importante, è che lunedì 7 ottobre ci sarà il
Tavolo sulla Ferriera con la partecipazione di Comune, Regione, Provincia,
Autorità portuale, imprenditori e sindacati dove verrà fatto il punto dei
prossimi passaggi della vertenza». Il sindaco Roberto Cosolini, intende così
rispondere ai sindacati dei metalmeccanici che, durante un’assemblea nello
stabilimento di Servola hanno chiesto a gran voce di essere informati su come si
sta evolvendo la situazione della Ferriera, anche alla luce del contratto di
affitto nel quale dovrebbero sfociare le trattative in corso tra il commissario
straordinario di Lucchini Pietro Nardi e il gruppo Arvedi: «Lo chiediamo alle
aziende ma anche alle istituzioni locali che con esse hanno avuto degli
incontri. L’insicurezza è diventata insostenibile». La denuncia di operai e
rappresentanti sindacali è arrivata durante l’assemblea nella Ferriera presenti
Rsu e segretari provinciali di Fiom, Fim-Cisl, Uilm e Failms. «Capisco le
preoccupazioni dei lavoratori - aggiunge Cosolini - ma tutti devono capire che
Comune, Provincia e Regione stanno lavorando intensamente, senza pause. E il
primo nostro impegno è salvaguardare l’occupazione. L’accordo di programma sulla
Ferriera sta andando avanti. E sono convinto che nell’incontro del 7 ottobre
tutti i punti saranno chiariti. Intanto in attesa di quel Tavolo sono
disponibile a incontrare i lavoratori metalmeccanici nei prossimi giorni. Mi
possono chiamare in qualsiasi momento».
(fe. vi.)
Sossi: «Sulla Tav il sindaco deve chiarirsi con se
stesso» - SEL TORNA ALL’ATTACCO
«Il chiarimento chiesto da Roberto Cosolini dopo la bocciatura della
delibera “senza parere” sulla Tac/Tav? Il sindaco dovrebbe chiarirsi prima con
se stesso». Marino Sossi, capogruppo comunale di Sel, torna all’attacco.
L’ambiguità su cui la maggioranza si è spaccata in Consiglio comunale sull’Alta
velocità non è una responsabilità della sinistra, ma piuttosto delle
contraddizioni del Pd e del sindaco (condivise anche dall’assessore di Sel
Laureni). L’ex sindacalista della Cgil porta come prova il parere allegato al
nuovo Piano regolatore generale di Trieste inviato a fine luglio alle categorie
economiche. Nelle strategie e tra gli obiettivi del piano c’è «l’esclusione
della costruzione sul territorio comunale di infrastrutture di trasporto, come
le linee ferroviarie Av/Ac, qualora comportino impatti non sostenibili
sull’ecosistema carsico e sui fenomeni carsici ipogei e epigei». In linea,
sostiene l’esponente di Sel, «con il parere contrario votato dai Consigli
comunali di Duino Aurisina e Sgonico dove il Pd, fino a prova contraria, è al
governo». E quindi? Sinistra ecologia e liberta non arretra di un millimetro
sulla questione della Tav e chiede maggiore attenzione nella maggioranza alle
tematiche della sinistra. «Serve maggiore coerenza da parte
dell’amministrazione- conclude Sossi -. Un po’ di autocoscienza. Non vorrei che
il Piano regolatore comunale avanzasse all’insaputa del sindaco. La maggioranza
deve trovare un equilibrio nel rispetto dell’ambiente. La nostra posizione
sull’Alta velocità è quella prevista dal Piano regolatore comunale inviato a
luglio agli ordini professionali. Ci facciano sapere se nel frattempo è cambiato
qualcosa».
(fa.do.)
Cibo a “Spreco zero”, premio a Trieste città virtuosa -
LAST MINUTE MARKET
Trieste ha conquistato un ambito premio, quello messo in palio nell’ambito
della campagna europea “Un anno contro lo spreco”, nella sezione dedicata al
cibo. A ritirarlo, all’ultimo piano dell’edificio “Panorama Giustinelli” in fase
di ultimazione nell’omonima via con criteri di ecosostenibilità, è stato il
sindaco Roberto Cosolini. Il premio, istituito da Last minute market di cui è
presidente Andrea Segrè - il professore diventato famoso mangiando yogurt
scaduti per dimostrare che le scadenze sulle confezioni sono un’invenzione del
peggior consumismo - in collaborazione con Trieste Next, è dedicato a progetti,
azioni e iniziative degli enti locali per la riduzione degli sprechi e il
miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse. «Il premio ci riempie
di soddisfazione – ha detto il sindaco – ed è un incoraggiamento a insistere».
Impegno rilevato da Segré: «Se un processo funziona a Trieste perché non
dovrebbe essere ripetibile altrove?» Il premio è stato consegnato da Mauro
Piloni, vice presidente Whirlpool. Ha presenziato Jan Lundqvist, senior
scientific advisor allo Stockholm international water institute.
IL PICCOLO - SABATO, 28 settembre 2013
Fra canoisti e Comune battaglia aperta sui limiti per le falesie - LUNEDÌ INCONTRO PUBBLICO
DUINO AURISINA Si anima, anche sui blog specializzati, il dibattito sul nuovo regolamento della Riserva naturale delle Falesie di Duino, che intende rendere off-limits a nuotatori e canoisti una parte dell' area. Per chiarire ogni aspetto, il presidente della Seconda commissione, Maurizio Rozza, ha deciso di indire un incontro pubblico, lunedì alle 18, alla Casa della pietra. «Veramente non capisco come un canoista o kayakista si possa sentire in pericolo a 60 metri dalla costa – sostiene Rozza - e va anche chiarito che nei rimanenti 440 metri di ampiezza della parte a mare della riserva possono navigare solo tali mezzi a propulsione umana. Se io usassi ancora il mio Nova sarei felice di avere un'area così bella e così grande dove non si incrocia neppure un motoscafo ». E la ratio dei 60 metri? «Il problema è che uno dei pochi elementi naturali per cui ha ancora senso questa riserva – sostiene Rozza - è l'avifauna. A parte il falco pellegrino e l'edredone, molte altre specie rare nidificano e soprattutto potrebbero nidificare sulla falesia e ai piedi di essa. Accade che alcune specie di uccelli scelgano per fare il nido aree in cui non c'è presenza umana almeno per una distanza pari a quella "di fuga". Sessanta metri non saranno sufficienti per molte specie, ma per alcune sì. Si sta poi tentando – prosegue - di ricreare una condizione utile per rendere l'ambiente appetibile alla foca monaca, specie che pare essere stata presente nell'area fino al 1800 ed oggi in espansione nell'Adriatico: sono arrivate fino a Promontore e, sembra, anche in Veneto.Non so se riusciremo in questa impresa – conclude -ma sono sicuro che nel percorso i canoisti "veri" saranno preziosi alleati. Se le cose andranno come spero, quella riserva si animerà di vita e l'immersione nella zona "C" o la traversata nella zona "B" saranno emozionanti».
(ti.ca.)
Categoria “cibo” di Spreco Zero: premiata Trieste
Sette comuni italiani (Trieste, Firenze, Padova, Reggio Emilia, Ferrara, Riolo Terme e Casalecchio di Reno) si sono aggiudicati la prima edizione dei premi «Vivere a Spreco Zero» indetti nell'ambito del festival «Trieste Next» per otto diverse categorie: spreco di cibo, acqua, energia, acquisti verdi, mobilità sostenibile, rifiuti, suolo, iniziative trasversali. Con il progetto «Trieste città contro lo spreco», il Comune giuliano ha vinto la prima edizione del Premio Whirlpool “Vivere a spreco zero-categoria Cibo”, promosso dalla campagna europea «Un anno contro lo spreco» di Last Minute Market del presidente Andrea Segrè (nella foto). Doppio premio per il Comune di Padova nelle categorie «Mobilità sostenibile » e «iniziative trasversali». I riconoscimenti saranno consegnati oggi ( alle 11,30 presso il “Panorama Giustinelli) in occasione di Trieste Next.
Sos dell’Onu sulla salute del pianeta
Rapporto choc sul cambiamento climatico. Preoccupano le conseguenze del
riscaldamento globale
Il "global warming", il riscaldamento globale, è l'apocalisse climatica che potrebbe non lasciare scampo all'uomo, e per il95%per sua stessa colpa. L'aspetto drammatico dell' ultimo Rapporto sui cambiamenti climatici messo a punto dagli esperti del Comitato intergovernativo dell'Onu (Ipcc) non consiste solo nel peggioramento dei dati, quanto nelle nuove certezze temporali su quello che avverrà. Il riscaldamento globale «è inequivocabile», e dal 1950 - si legge nella sintesi del documento - è «estremamente probabile » che le attività umane siano state la principale causa dell'aumento della temperatura. Insomma: l'aumento del livello dei mari, lo scioglimento dei ghiacciai, le crescenti ondate di caldo rovente insieme alle piogge violente e agli uragani, sono la conseguenza di deforestazione e utilizzo dei combustibili fossili. La concentrazione di CO2 e di altri gas serra nell'atmosfera è salita a livelli senza precedenti in almeno800mila anni. Le temperature globali aumenteranno probabilmente di 0,3-4,8 gradi entro la fine del secolo, a seconda delle misure per il controllo delle emissioni che saranno adottate dai governi. E non è ancora finita, perchè anche per quanto riguarda le parti acquee non c’è da scherzare. Il livello dei mari, sempre a sentire gli esperti, aumenterà probabilmente ancora dai 26 agli 82 centimetri entro la fine del secolo. Le calotte glaciali della Groenlandia e dell'Antartide hanno perso massa negli ultimi due decenni. Gli ultimi tre decenni sono stati uno più caldo dell'altro, i più caldi dal 1850. «Dall'inizio del XX secolo la temperatura media del pianeta è cresciuta di 0.89° gradi, mentre il livello del mare è cresciuto in media di 19 centimetri » spiega Maria Cristina Facchini, che insieme ai colleghi ricercatori Sandro Fuzzi e Susanna Corti, dell'Istituto di Scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna, ha curato il sommario per «i decisori politici». Nel rapporto gli esperti indicano quattro scenari che, da qui al 2100, peggiorano a seconda della quantità di CO2 che verrà emessa. Lo scenario più grave prevede che la “febbre” della Terra aumenti di 4,8 gradi e che il livello del mare arrivi fino a 82 centimetri. Il rischio maggiore è l'innalzamento del livello dei mari che potrebbero sommergere grandi spazi di territorio, oltre ai tornado che si abbatterebbero con intensità sempre maggiore. «L'Europa continuerà a condurre la lotta contro il cambiamento climatico. Abbiamo una legislazione ambiziosa in atto. Stiamo riducendo notevolmente le emissioni, espandendo le rinnovabili e risparmiando energia. E ci stiamo preparando per il passo successivo: obiettivi climatici ed energetici per il 2030 che la Commissione presenterà entro la fine dell'anno » assicura Connie Hedegaard, commissario Ue per l'azione per il clima.
IL PICCOLO - VENERDI', 27 settembre 2013
Via alla differenziata a punti Tares scontata per i
virtuosi - AMBIENTE »L’INIZIATIVA DI COMUNE E ACEGASAPS
Test da ottobre a dicembre nei centri di raccolta della città. Cento
premi al mese Ai primi 500 della classifica finale andrà un bonus sul saldo 2013
dell’imposta
George Harrison impugna la gomma di una ruota, Paul McCartney una tv dei
loro tempi, Ringo Starr una seggiola sfondata. John Lennon guida la fila con una
vecchia aspirapolvere. Non sono proprio i Beatles ritoccati al computer, ma
quattro modelli che li interpretano in una delle copertine più famose della
storia della musica pop, rivista dai copywriters del gruppo Hera. Non stanno
passando per Abbey Road. Si può presumere, più triestinamente, vadano in via
Carbonara, sotto San Giacomo, nel più gettonato dei quattro centri di raccolta
di AcegasAps. Sanno d’altronde che potrebbero vincere una gita in una città
europea, una bici elettrica, e soprattutto strappare uno sconto sulla Tares, la
nuova tassa sulle “scovazze”, fino a 150 euro. Alla faccia di chi ricorda come
una delle traduzioni non proprio ortodosse di “Beatles” fosse “Scarafaggi”, il
Comune e la sua multiutility entrata appunto in Hera - guarda caso leader in
Italia in campo ambientale - lanciano l’immagine di Lennon e compagnia per
trainare l’annunciato concorso a premi per i triestini più “virtuosi” nello
smaltimento dei rifiuti. Un progetto finalizzato da una parte a togliere il più
possibile di mezzo le indecenti immagini di vecchi forni elettrici o di letti a
doghe mezze saltate abbandonati per strada, e dall’altra a recuperare il tempo
perduto sulla stragrande parte delle altre città come percentuale di raccolta
differenziata. Oggi siamo al 28%. Per il 2014 l’obiettivo dichiarato è il 40%.
L’iniziativa, che hanno chiamato “Trieste premia per vincere la sfida della
raccolta differenziata”, scatta il primo ottobre e durerà in via sperimentale
per tre mesi, fino a fine anno. L’hanno presentata ieri in Municipio gli
assessori ad Ambiente e Bilancio Umberto Laureni e Matteo Montesano con l’ad di
AcegasAps Cesare Pillon e un plotone di dirigenti e funzionari coinvolti
nell’operazione, sia del Comune che della stessa multiutility, in testa il
direttore della Divisione ambiente Paolo Dal Maso. È bene, a scanso d’equivoci,
sia chiara una cosa: i cassonetti di vetro, plastica e carta di qualsiasi isola
ecologica non sono dotati di telecamere o di intelligenza artificiale, né di un
dipendente AcegasAps che ci vigila sopra “h 24”. Il concorso, peraltro, esclude
le attività d’impresa ed è quindi rivolto espressamente ai cittadini privati,
alle famiglie triestine. Ne consegue che per incentivare in linea di principio
la cultura della differenziata anche con la carota e non più soltanto col
bastone (a proposito: le multe per chi abbandona la tv sul marciapiedi e viene
beccato restano) il “gioco” si può fare là dove è possibile una certificazione
dei comportamenti individuali. Quindi nei centri di raccolta (si legga
l’articolo sopra, ndr), a ogni conferimento di rifiuti non “ordinari”. Qui ci si
potrà accreditare alla prima “visita” con un dispositivo ottico che leggerà il
proprio codice fiscale dalla Carta regionale dei servizi, e si potrà accumulare
il personalissimo punteggio in base a ciò che si porterà. Il massimo dei punti,
20, lo danno il verde da giardini e i materiali edili di scarto contenenti
eternit, seguono con 15 le lampade a basso consumo e con 10 una serie di rifiuti
da differenziare ma che la gente di prassi non sa che lo sono: piccoli
elettrodomestici come il ferro da stiro, per esempio, eppoi cellulari, pentole e
pure l’olio usato per friggere le patatine. Sei punti ti danno se consegni il
vecchio frigorifero o il vecchio materasso senza lasciarli per strada, nonché
tutti quei rifiuti ingombranti per i quali invece si sa, eccome, che c’è
l’obbligo della differenziata. Due punti per la damigiana del nonno che non ti
serve più, ma anche se chiami quelli di Acegas per chiedere loro se vengono a
prenderti direttamente a casa le cose da buttare. Ogni mese AcegasAps premierà i
cento triestini che avranno racimolato più punti con altrettanti premi a scalare
(si veda la tabella in alto, ndr) e uno in più - uno smartbox per un viaggio -
sarà consegnato a estrazione tra tutti quelli che avranno messo assieme almeno
50 punti. Le classifiche saranno pubblicate anche sui siti della stessa azienda
multiservizi e del Comune, che alla chiusura dei tre mesi si accollerà, con
un’operazione per la quale la giunta Cosolini ha deliberato una spesa di 49mila
euro, sconti sulla Tares per i 500 contribuenti più “virtuosi”: da 150 euro per
i primi 100 a 60 euro per gli ultimi 150, passando per i 100 euro destinati ai
250 della fascia intermedia.
Piero Rauber
A Trieste più corretti che incivili. Ma si punta ad
aumentare la forbice
C’è chi aspetta la notte per buttare per strada i rifiuti ingombranti,
piuttosto che andare ai centri di raccolta di giorno, o approfittare di quelli
mobili che ogni tanto arrivano in periferia a San Giovanni, Valmaura, Prosecco e
Santa Croce. Ieri serpeggiava ironia amara quando Dal Maso (qui con Pillon e
Laureni) ha ricordato indirizzi e orari dei centri “fissi”: Roiano (via
Valmartinaga 10, lunedì-sabato 7 -19), Opicina (strada per Vienna 84/a, stesse
aperture), Campo Marzio (via G. Cesare 10, lunedì-sabato, 6-18) e San Giacomo
(via Carbonara 3, lunedì-sabato 7-19 e domenica 8-13). Ogni mese i rifiuti
conferiti sono 10.700 a fronte dei 1.200 lasciati per strada. Il rapporto tra
virtuosi e incivili, insomma, è di 90 a 10. Ma l’iniziativa punta ad aumentare
la forbice.
(pi.ra.)
L’ultima rata divisa in due: a novembre e a febbraio -
L’ANNUNCIO
Non s’aspetti, chi vincerà lo sconto sulla Tares, un bonifico, né un
assegno. Sarà scalato dal saldo del 2013 che dovrà essere pagato a inizio 2014,
ha annunciato ieri l’assessore al Bilancio Montesano dando così due notizie
assieme: «In base ai nuovi decreti nazionali intendiamo dividere in due l’ultima
rata di novembre». La prima tranche si pagherà appunto a novembre, la seconda «a
febbraio», e benché il Comune le divida fifty-fifty la prima sarà più della metà
poiché «l’aliquota dello 0,30 dovuta allo Stato», lo Stato la incassa subito.
«Finalmente parliamo di cose “cocole”, oggi chiamiamo la cittadinanza ad
aiutarci a una migliore gestione dei rifiuti e del decoro della città», così
l’introduzione di Laureni, motore con Acegas dell’iniziativa che Dal Maso ha
definito poi «una rivoluzione copernicana poiché passa dall’impostazione delle
punizioni a quella dei premi. La cosa s’inserisce nel progetto di gruppo “Smart
company for a smart city” per un’erogazione di servizi più efficiente e nel
“Patto dei sindaci” per il risparmio energetico”, e costituisce un tassello
nella cultura ambientale della città». «Fare la differenziata oggi è più
importante che mai - l’eco di Pillon - in quanto i nuovi livelli di capacità
tecnica raggiunti ci consentono il riutilizzo del 93% della differenziata
stessa». «Stiamo lavorando sulla gestione dell’umido, per portarla a pieno
regime, e sulle casette d’acqua, che hanno l’obiettivo di eliminare o quanto
meno di ridurre il più possibile le bottiglie di plastica», ha ribadito in
chiusura Laureni, ricordando il numero verde di AcegasAps per la differenziata:
« 800 955 988 . E se rispondono male o non rispondono - ha detto l’assessore
accerchiato dai vertici della multiutility - che i cittadini ce lo facciano
sapere».
(pi.ra.)
Ferriera, ultimatum dei sindacati: certezze entro il
primo ottobre
Assemblea nello stabilimento, le Rsu chiedono la convocazione del tavolo
rimasto finora senza data e vogliono notizie sull’evolversi della trattativa con
Arvedi: «L’insicurezza è diventata insostenibile»
Il silenzio sta durando troppo a lungo. L’incertezza sul futuro è giunta a
livelli «insostenibili». Operai e rappresentanti sindacali lo hanno ribadito con
forza ieri, durante l’assemblea tenuta nella Ferriera presenti Rsu e segretari
provinciali di Fiom, Fim-Cisl, Uilm e Failms. Una riunione da cui è emerso un
ultimatum, scaduto il quale vi sarà la «necessità di mettere in campo ulteriori
iniziative previo mandato dei lavoratori». La data è quella del primo ottobre:
entro quel giorno sindacati e lavoratori vogliono vedere - si legge in una nota
diramata dalle Rsu - «l’ufficializzazione di incontri o sviluppi positivi sulla
trattativa in corso» per il contratto d’affitto tra il commissario straordinario
di Lucchini Piero Nardi e il gruppo Arvedi. Il silenzio va rotto, dunque. E il
tavolo sindacale va convocato. È quel tavolo già disdetto con 24 ore di
preavviso dopo la convocazione fissata per l’11 settembre, e riannunciato giorni
fa con una lettera: una sorta di «tenetevi pronti» senza però giorno né ora. I
sindacati ora rilanciano. «A prescindere dal fatto se l’accordo tra Lucchini e
Arvedi sia vicino o meno, abbiamo la necessità di essere informati su come si
sta evolvendo la situazione: lo chiediamo alle aziende ma anche alle istituzioni
locali che con esse hanno avuto degli incontri. Un simile stato di
indeterminatezza - dice il segretario provinciale Fiom Stefano Borini - produce
paura nei lavoratori, è quasi intimidatorio questo non fornire informazioni.
Chiediamo a tutti di sapere dove stiamo andando». I lavoratori vogliono sapere.
E al contempo - è il secondo, fondamentale fronte - avallano appieno in
assemblea la linea già espressa dai rappresentanti sindacali all’indomani della
doppia lettera con cui amministrazione straordinaria di Lucchini da una parte e
St (Siderurgica triestina, costituita da Arvedi) dall’altra hanno annunciato tra
l’altro «revisione di organici» e taglio di integrativi. «Per noi gli organici
sono questi, e i lavoratori non devono perdere la propria posizione economica.
Siamo coscienti che con la ristrutturazione si aprirà cassa integrazione, ma a
fine percorso per le persone deve esserci certezza», riassume Franco Palman
dalla Uilm. «Niente deroghe», dettano le Rsu. «Non si inizi a chiedere ai
dipendenti di pagare il conto», scandisce Borini. «Arvedi potrà fare bene, ma
dobbiamo costruire un percorso che porti finalmente alla tranquillità sui fronti
del mantenimento dei posti di lavoro e del trattamento economico», spiega
Palman. Palman stesso peraltro annota che «il 30 settembre scadono alcune decine
di lavoratori a tempo determinato, la cui uscita creerebbe difficoltà» allo
stabilimento. Anche da qui la data del primo ottobre. Termine fissato, rilancia
Borini, «per consentire alla parti di fare una riflessione e di compiere atti
conseguenti. Arvedi deve arrivare», pena il tracollo dello stabilimento, «ma non
con carta bianca». E c’è un’ultima considerazione di Borini: «Più il tempo passa
e più aumentano i timori che vi siano altri problemi, situazioni serie che
bloccano l’operazione».
Paola Bolis
«Per Porto Vecchio 500 milioni di fondi Ue»
Italia Nostra e Istituto di cultura marittima chiedono a Bray di
appoggiare la richiesta: «Modello Amburgo»
Unire le forze per far partire il progetto di riqualificazione di Porto
Vecchio. La sezione triestina di Italia Nostra e l'Istituto di cultura marittimo
portuale, «dopo aver consultato le istituzioni locali», hanno deciso di
coinvolgere il ministero per i Beni culturali presentando un appello
direttamente al ministro Massimo Bray, affinché appoggi la richiesta di spesa
dei fondi comunitari per l'avvio della fase di recupero dei magazzini storici.
L'obiettivo è quello di poter attingere a un finanziamento europeo pari a 500
milioni di euro. Una cifra che fa parte di un vero e proprio “tesoretto”
presente nelle casse dell’Unione europea: 31 miliardi di euro che sono a
disposizione dei progetti “made in Italy”, ma che devono essere utilizzati entro
il 2013. Un'opportunità dunque da non perdere, come è stato sottolineato ieri in
sede di conferenza stampa alla presenza di Thomas Kuhlmann, titolare del settore
immobiliare della Hhla, la società che ha in gestione l'area dei magazzini
storici di Amburgo, la Speicherstadt: un modello al quale intende ispirarsi il
progetto di recupero del Porto Vecchio. «Il restauro dei magazzini storici è una
fase propedeutica a un progetto complessivo che potrà creare occupazione e
sviluppo economico per la città, oltre ad attività di collaborazione con le
fasce confinarie», ha affermato Marcello Perna, presidente della sezione
triestina di Italia Nostrane di Trieste: «È fondamentale attingere a questi
finanziamenti europei, ma allo stesso tempo è necessario rimuovere le barriere
doganali che impediscono l'accesso al Porto Vecchio». L'idea è quella di
costituire, sull'esempio di quanto accaduto ad Amburgo, una società formata al
70% da capitale pubblico, e per il 30% da investitori privati, attraverso un
consorzio di banche, al quale potrebbero aderire - è questa la speranza - anche
quegli istituti di credito tedeschi già coinvolti nel progetto di Amburgo.
«Finora abbiamo sentito molte parole da parte delle istituzioni, ma non abbiamo
ancora capito se ci sia l'interesse ad accedere ai fondi europei», ha dichiarato
Antonella Caroli, direttore del Polo museale di Porto vecchio: «Questi
finanziamenti sono fondamentali per la riqualificazione globale del Porto
Vecchio, mentre in parallelo abbiamo presentato un progetto per la realizzazione
di un Polo scolastico museale». Come detto si guarda al modello di Amburgo, che
potrebbe tornare utile al progetto triestino. «Posso mettere a disposizione la
mia esperienza professionale, ma solo a carattere personale - ha precisato
Kuhlmann -.Questa è un'area ideale che ben si integra con il centro della città
e che potrebbe creare sviluppo e ricchezza: bisogna partire da un progetto
definito, dove la prima cosa da fare è quella di unire le forze e realizzare le
prime infrastrutture».
Pierpaolo Pitich
Antenne di Chiampore Il Comune resiste contro l’ok del
Tar - MUGGIA
MUGGIA Si è aperto un nuovo capitolo nell'eterna battaglia dei cittadini di
Chiampore contro i tralicci. Il Comune di Muggia ha infatti deciso di proporre
appello dinanzi il Consiglio di Stato contro la sentenza emessa dal Tar del
Friuli Venezia Giulia inerente il nulla osta per la ripresa dei lavori del
traliccio della Dcp. L’assessore all'Ambiente Fabio Longo: «È l'ennesima
dimostrazione con i fatti della posizione sia mia che dell'amministrazione
comunale di voler continuare la battaglia contro le antenne di Chiampore perché
la salute dei cittadini deve venire prima di tutto». Dopo lo stop ordinato dal
Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune, il traliccio di oltre 30
metri situato nel verde di Chiampore, a un centinaio di metri dalle case, vicino
a San Floriano Ligon, è di nuovo in costruzione. Il nuovo via libera ai lavori è
arrivato lo scorso luglio in seguito alla sentenza del Tar Fvg che di fatto dava
ragione alla società Dcp di Povegliano (Treviso). Per cercare di arginare la
situazione il Comune l'anno scorso aveva emanato un'ordinanza nella quale si
evidenziava come «la Dcp non può vantare alcuna autorizzazione o atto di
assenso, con conseguente insussistenza dei presupposti volti a legittimare
l'avvio dei lavori» del traliccio. L'atto di sospensione temporanea dei lavori
fu impugnato dalla Dcp di fronte al Tar Fvg. La sentenza ha dato ragione alla
società, dichiarando illegittime sia le diffide a non intraprendere i lavori che
l'ordinanza di sospensione. «La contrarietà alla legge dell’iniziativa comunale»
sarebbe aggravata dal «preminente interesse generale» che la normativa di
settore assegna alla «fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica»,
tanto da catalogarla come di pubblica utilità. Subito dopo la sentenza del Tar
regionale l'assessore Longo aveva promesso battaglia. E così è stato. Con una
delibera di Giunta l'amministrazione Nesladek ha deciso di ricorrere al
Consiglio di Stato, ultimissima possibilità per bloccare una volta per tutte i
lavori della Dcp. La difesa delle regioni del Comune di Muggia verranno affidate
all'avvocato Sandro Amorosino del Foro di Roma che percepirà un compenso di
8mila euro. Amorosino ha espletato tra il 2007 e il 2009 significativi incarichi
professionali in favore del Comune di Muggia in materia di assetto ed
utilizzazione del territorio, con specifico riferimento all'attuazione del Prcp
di iniziativa privata denominata “San Bartolomeo” del Prcp di iniziativa
pubblicata “Centro commerciale Valle delle Noghere”. Fortemente ottimista
l'assessore Longo su un esito favorevole della vicenda. «Mai come in questo caso
sono fiducioso che vi sarà un pronunciamento positivo da parte del Consiglio di
Stato». Una vicenda che i residenti della frazione di Chiampore, vessata per
anni e anni da tralicci e antenne radiotelevisive, si auspicano possa davvero
giungere ad un esito favorevole.
Riccardo Tosques
M5S I grillini “promuovono” lo stop di Debora alla Tav
Pieno appoggio alla decisione della governatrice di chiedere la sospensione del progetto della "Nuova linea Alata velocità/Alta capacità Venezia-Trieste" presentato da Rfi. Ad esprimerlo l’esponente M5S Cristian Sergo, che sposa anche il pressing annunciato da Serracchiani sulle ferrovie per arrivare alla definizione di un tracciato alternativo per la Tav.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 settembre 2013
«Il Punto Franco non serve al riuso del Porto Vecchio»
Il modello Amburgo illustrato da Thomas Kuhlmann, direttore della Hhla
«In 13 anni abbiamo investito 200 milioni. Abbiamo affittato 240mila mq»
«Non conoscevo il Porto Vecchio di Trieste. Mi sembra molto interessante. Si
potrebbe fare tante cose». Thomas Kuhlmann, 54 anni, direttore dal 2008 del
settore immobiliare della Hhla (Hamburger Speicherstadt Hafen und Logistik ag),
la società che ha in gestione l’area dei magazzini storici della città di
Amburgo, non era mai stato a Trieste. È arrivato nei giorni scorsi con due anni
di ritardo (l’invito era per il 2011) a illustrare il modello Amburgo a
operatori e costruttori. «I vostri magazzini non possono essere confrontati ai
nostri, ma sono comunque belli» aggiunge il direttore di Hhla. Quelli di
Amburgo, progettati dall’architetto Franz Andreas Meyer, sono stati costruiti
tra il 1884 e il 1888 in mattoni rossi e in stile neogotico. Tipici delle città
anseatiche. E sono davvero molto belli. Tutelati dal 1991. L’incontro con il
direttore di Hhla è un’iniziativa dell’Autorità Portuale di Trieste in
collaborazione con l’Istituto di cultura marittimo portuale alla ricerca di una
via d’uscita allo stallo trentennale del Porto Vecchio di Trieste dopo il
fallimento recente dell’esperimento di Portocittà e quello più vecchio di Polis.
«Abbiamo organizzato un tavolo di lavoro per presentare l’area del Porto Vecchio
di Trieste a Kuhlmann. Gli incontri sono l’occasione per uno scambio di
esperienze per l’avvio di un progetto di recupero che intende attingere ai fondi
europei (si parla addirittura di 500milioni, ndr) per i lavori di urbanizzazione
e primo intervento necessari per attirare investimenti privati» introduce
Antonella Caroli, direttrice dell’Icmp. Ma esistono fondi europei? «Li stiamo
cercando» aggiunge Caroli. «Noi abbiamo fatto senza» precisa subito, con
orgoglio tedesco, Kuhlmann, l’ingegnere civile che da 5 anni dirige
l’immobiliare di Hhla. La Speicherstadt di Amburgo, il più grande complesso di
magazzini storici al mondo, è ormai una realtà: 300mila metri quadrati su
un’area di 25 ettari nel cuore della città. La proprietà del terreno è della
città di Amburgo mentre la Hhla, la società portuale di Amburgo (70% di capitale
pubblico e 30% di capitale privato), è proprietaria da sempre degli immobili
(costruiti 125 anni fa) che in parte usa ancora come magazzini e in parte offre
in affitto (con contratti trentennali) a diversi soggetti, privati e pubblici,
per attività diverse che vanno da quelle commerciali a quelle culturali (uffici,
negozi, ristoranti, musei, teatri, sale convegni). Sono praticamente escluse le
residenze private. «Siamo all’1%. In pratica 10 persone che vivono in 600metri
quadrati» scherza Kuhlmann. L’occupazione degli spazi recuperati, invece, è
quasi totale. «Non abbiamo un metro quadrato libero. Circa 240mila metri
quadrati sono affittati. Tutto quello che abbiamo recuperato e costruito»
aggiunge il direttore. Stiamo parlando della società che gestisce il principale
porto della Germania (terzo d’Europa dopo Rotterdam e Anversa) e tra i primi al
mondo come traffico di container. Il settore immobiliare è una parte importante
dell’attività portuale concentrata soprattutto sul quartiere di Speicherstadt,
diventato ormai una delle attrazione turistiche della città. «Il museo delle
meraviglie in miniatura (“Wunderland”), ospitato in uno dei magazzini, ha un
milioni e 200mila visitatori all’anno» aggiunge l’ingegnere della Hhla. E
Trieste? Il quartiere dei magazzini di Amburgo è la metà del Porto Vecchio che
si estende per 60 ettari e vanta 650mila metri quadrati di magazzini (30mila
solo il Magazzino 26). «Siamo molto interessati alla formula di collaborazione
tra pubblico e privato messo in atto ad Amburgo - aggiunge Antonella Caroli -.
L’esperienza amburghese si caratterizza per la creatività con la quale ha saputo
aprire al mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo, della moda e non
ultimo a quello degli affari i grandi spazi dismessi del porto storico di
Amburgo». Nel caso di Amburgo il soggetto immobiliare è unico (l’Autorità
portuale), un solo concessionario: lo “spezzatino” (piatto che piace molto
all’Authority di Trieste) non è nel menù della Hhla. Il modello Amburgo si può
applicare a Trieste? «Sì, è possibile. Bisognerebbe costituire una società
insieme tra privati e Autorità Portuale» conferma Kuhlmann. Ma la Hhla di
Amburgo sarebbe interessata a investire a Trieste? La risposta si limita a un
sorriso. I lavori per il recupero della Speicherstadt sono iniziati nel Duemila
per blocchi di magazzini. «Sono passati 13 anni e circa il 50% è stato
sviluppato. Un investimento che si aggira sui 200 milioni di euro» aggiunge
Kuhlmann. Nel 1888 erano stati stanziati 40milioni di vecchi marchi per
realizzare il quartiere dei magazzini. La redditività degli spazi recuperati
(ovvero gli affitti incassati da Hhla) rimane segreta. «Non sono autorizzato a
dirlo» ammette il direttore. Alcuni spazi sono diventati dei musei importanti,
teatri, sale da concerto e aule per congressi. Nel 2011 ulteriori 6mila metri
quadrati sono stati liberati per l’industra della moda e il design. Nel
quartiere storico ha sede anche l’Autorità portuale. Alcuni edifici sono
utilizzati ancora come magazzini merci di vario genere (caffè, spezie, cacao,
tabacco rum). La Speicherstadt ospita il mercato di tappeti più grande del
mondo. Un vero suk orientale. In tutto questo non c’entra il Punto Franco a cui
Trieste continua ad aggrapparsi come a un salvagente. «Quando sono iniziati i
lavori c’era ancora il porto franco - spiega Kuhlmann -. Ma nel 2006 è stato
tolto dalla Speicherstadt. Non serviva a nulla». E così ora la Speicherstadt, a
differenza del Porto Vecchio di Trieste, è un quartiere perfettamente integrato
nella città di Amburgo. Anzi è diventato il quartiere, il cuore pulsante della
città. E pensare che un tempo la Speicherstadt era separata da Amburgo da 18
chilometri di recinzione e aveva sette posti di frontiera. Il modello Amburgo
potrebbe tornare utile a Trieste anche per questo. Tanto più che dal primo
gennaio di quest’anno Amburgo ha rinunciato unilateralmente in toto al regime di
punto Franco quello che per oltre 120 anni gli ha garantito lo sviluppo del
porto di Amburgo. «Non serve più. Non ha più valore. La legge doganale è
cambiata» dice il direttore immobiliare della Hhla. A Trieste la notizia non è
ancora arrivata. Il modello Amburgo è affrancato. Da molto tempo.
Fabio Dorigo
La Speicherstadt - I 17 magazzini ritornati alla città
La Speicherstadt (traduzione letterale “città dei magazzini”: Speicher “magazzino” più Stadt “città”) è un complesso di 17 magazzini lungo i canali del centro e in prossimità del porto della città tedesca di Amburgo: costruiti tra il 1884 e il 1888 su un'area di 25 ettari (330 mila metri quadri complessivi) e su progetto dell'ingegnere amburghese Franz Andreas Meyer, hanno rappresentato, all'epoca, il più grande complesso di magazzini mai realizzato al mondo. I magazzini, alti sette-otto piani, sorretti da fondamenta in legno di quercia e costruiti in laterizio rosso (secondo l'architettura tipica delle città anseatiche) ed abbelliti con torrette e pinnacoli, servivano per lo stoccaggio di merci di vario genere, quali caffè, tè, spezie, cacao, tabacco, rum, tappeti orientali, ecc. La storia della Speicherstadt, che costituisce una delle attrattive principali della città di Amburgo ed è monumento protetto dal 1991, è illustrata nello Speicherstadtmuseum. La Speicherstadt si trova nella zona sud-orientale della città. I suoi confini sono delimitati dal Binnenhafen, dal Zollkanal, dall'ex-Dovenfleet e dal porto dell'Altstadt. Dal primo marzo, la Speicherstadt è inclusa nella nuova zona cittadina, denominata HafenCity.
Luka Koper chiede la Trieste-Capodistria
La società di gestione del porto scrive a Bratušek: «È l’unica
alternativa al mancato raddoppio dei binari verso Divaccia»
Un boccone amaro - I vertici dello scalo sloveno sottolineano tuttavia i rischi
connessi al collegamento ferroviario con l’Italia
CAPODISTRIA Costruire il secondo binario della Capodistria–Divaccia è
fondamentale per lo sviluppo del Porto di Capodistria e lo stato dovrebbe avere
un atteggiamento molto chiaro nei confronti di questo progetto. Se invece si
dovesse rinunciare al raddoppio della tratta, l'unica alternativa valida per
collegare lo scalo capodistriano alla grande viabilità europea sarebbe il
collegamento ferroviario Capodistria–Trieste, anche se in quel caso dovrebbero
prima essere valutati i rischi economici e operativi dell'operazione. Questo, in
sintesi, il contenuto della lettera che la direzione della Luka Koper ha inviato
alla premier slovena Alenka Bratušek e al ministro delle Infrastrutture e
dell'ambiente Samo Omerzel, dopo che il ministro, nei giorni scorsi, si è
nuovamente dichiarato molto scettico sull'opportunità di procedere alla
costruzione del secondo binario tra Capodistria e Divaccia. Secondo Omerzel,
infatti, i 27 chilometri della nuova tratta tra la località costiera e
l'altipiano carsico sloveno sono troppo costosi, ed è difficile immaginare un
recupero dell'investimento – si parla di 1,2 miliardi di euro – in tempi
ragionevoli. Secondo la direzione della Luka Koper, invece, non è possibile
pianificare la crescita del porto senza il secondo binario della
Capodistria–Divaccia. È un'opera infrastrutturale importante per l'intera
economia slovena, si legge nella lettera, ed è fondamentale per la credibilità
internazionale del Paese, che ormai da anni promette l'aumento delle capacità
portuali ai Paesi dell'Europa centrale e orientale. Delle merci manipolate a
Capodistria, infatti, il 70% è destinato, o proviene, dai mercati stranieri.
Pertanto, esprimere scetticismo su questo progetto, come ha fatto il ministro
Omerzel, a giudizio dei vertici della Luka Koper, significa far vacillare la
fiducia dei partner stranieri. Nel 2012, la Luka Koper ha movimentato un totale
di 17 milioni 880 mila tonnellate di merci e 570.744 Teu. Lo Stato, sempre
secondo la direzione dello scalo capodistriano, dovrebbe avere nei confronti del
secondo binario un atteggiamento chiaro e duraturo nel tempo, senza che questi
dipenda da questo o quel governo. L’unica alternativa valida al raddoppio del
binario sulla Capodistria–Divaccia, sempre secondo i vertici della Luka Koper,
guidata in questo momento da Gaspar Gaspar Miši›, potrebbe essere il
collegamento ferroviario Capodistria–Trieste, ma in quel caso andrebbero prima
analizzati i rischi che questo collegamento comporta. Per anni, ricordiamo, la
Slovenia ha sistematicamente respinto questa idea, sostenendo che ciò
significherebbe di fatto penalizzare il comparto logistico sloveno a beneficio
di quello italiano. Il ministro Omerzel, come noto, ha indicato invece
nell’ammodernamento dell’attuale tratta Capodistria–Divaccia per una spesa di
300 milioni di euro, l’alternativa alla costruzione del secondo binario. Il
ministro delle Infrastrutture e dell’Ambiente ha annunciato che prenderà la
decisione definitiva entro la fine di ottobre.
Franco Babich
Traffici in calo sulla rete di Autovie
Percorsi 143 milioni di chilometri in meno. Nuovo stop al tracciato
balneare della Tav
TRIESTE Dal giugno 2012 al giugno 2013 nella rete autostradale di
Autovie Venete si sono percorsi 143 milioni di chilometri in meno rispetto
allo stesso periodo precedente. La causa è la crisi economica, con effetti
più pesanti sul traffico leggero che su quello pesante. Il giorno dopo
l’approvazione in cda del bilancio (15,3 milioni di utile netto, fatturato
di 163,6 milioni, margine operativo lordo di 72,7 milioni), la
concessionaria rende noto il movimento alla base di quei dati. Il traffico
leggero, da un esercizio all’altro, passa da 1.815.321.641 a 1.705.398.533
chilometri percorsi, un calo del 6,1% rispetto al 2011-12. Il traffico
pesante (che rappresenta il 29% del totale) scende invece da 730.994.908 a
697.901.693, una perdita del 4,5%. Il totale dei chilometri percorsi
nell’ultimo anno è dunque di 2.403.300.226, il 5,6% in meno dei precedenti
2.546.316.549. Sul bilancio di Autovie, che ha segnato un calo dell’utile
netto di circa 7 milioni (sono venuti meno i dividendi della partecipazione
in Serenissima), interviene intanto Gianfranco Moretton. L’ex consigliere
del Pd parla di utile «esiguo», ipotizza «maggiori costi gestionali» e
denuncia «nodi fondamentali da sciogliere: i rapporti con Friulia e
l'eventuale mancata distribuzione dei dividendi». Secondo Moretton la
holding «rischia di vedersi privata di importanti risorse necessarie a
fronteggiare la propria mission e la necessità di remunerare le banche che a
suo tempo intervennero con 120 milioni nell'aumento di capitale della
finanziaria». Tra l’altro, prosegue Moretton, «la concessionaria si è
assunta l’impegno di distribuire il 25% degli utili nonostante sia tenuta ad
accantonarli interamente per rispettare il piano finanziario». Sempre sul
fronte infrastrutture, ieri in Consiglio regionale, Debora Serracchiani ha
infine ribadito la contrarietà al tracciato della Tav disegnato nel 2010 da
Rfi. Rispondendo a un’interrogazione di Cristian Sergo (M5S), la presidente
della Regione, rilanciando l’urgenza di sciogliere i colli di bottiglia, ha
spiegato che «la modernizzazione del collegamento ferroviario non passa
attraverso un progetto che presenta criticità e incongruenze».
(m.b.)
Oggi a Sgonico consiglio comunale sull’Alta
velocità
Il consiglio comunale di Sgonico è convocato per questa mattina alle 11.
All’ordine del giorno la surroga del consigliere comunale Tomaz ŠPACAPAN
Tomaž; variazioni al bilancio di previsione 2013 con ricognizione stato di
attuazione dei programmi e salvaguardia equilibri finanziari; adozione
variante n. 16 e 17 parziale al Prgc; parere Via-Svia sulla Tav (Alta
velocità) ; mozione «Operazione trasparenza» presentata dal consigliere
Geremia.
Hera punta a nuove acquisizioni
Varato il piano industriale al 2017: gare per la distribuzione gas,
contenimento costi e sinergie con Trieste
TRIESTE Ampliamento del gruppo con ulteriori acquisizioni,
aggiudicazione delle gare per la distribuzione del gas nelle zone di
insediamento storico, contenimento dei costi, attivazione di sinergie per 30
milioni correlate alla fusione con AcegasAps: il gruppo Hera si prepara ad
affrontare le sfide del prossimo quinquennio e aggiorna così il piano
industriale fino al 2017. Via libera dal consiglio d’amministrazione,
sottolineando la volontà di confermarsi «come leader aggregante nel
settore». Gli obiettivi di bilancio sono riassumibili in quattro priorità:
si prevedono ricavi a 5,6 miliardi, il margine operativo lordo dovrebbe
salire a 951 milioni con un aumento di quasi 300 milioni rispetto al 2012,
il rapporto tra la posizione finanziaria netta e il mol si assesterebbe a
2,9 contro 3,3, si stanzieranno 2 miliardi per gli investimenti. Il
presidente Tomaso Tommasi di Vignano esplicita i perchè dell’aggiornamento,
che recepisce mutamenti di scenario sul triplice fronte economico,
normativo, competitivo: «riteniamo di avere individuato le scelte
strategiche più opportune per fronteggiare le difficoltà, grazie al
prosieguo della politica di espansione anche per linee esterne e alla
focalizzazione su efficienze e sinergie all’interno del gruppo». Allora
questa strategia, enunciata ieri dalla più importante utility di Nordest, si
basa su un «percorso di crescita, nonostante un quadro esterno per i
prossimi 5 anni ancora estremamente severo». Il contesto economico non
migliorerà, anzi per le utilities si prospettano tempi non facili: il Pil
riprenderà lentamente, quindi la domanda energetica ristagnerà, come del
resto allacciamenti di utenze e produzione di rifiuti. A queste zoppicanti
premesse macroeconomiche, si aggiungeranno i ribassi tariffari del gas e i
recenti interventi sui Cip6 contribuiranno a contrarre la marginalità. In
considerazione di questo scenario, occorre un ulteriore salto di qualità,
che presuppone l’allargamento del perimetro aziendale Hera: la riunione
delle grandi “utilities” nazionali convocata dal ministro Zanonato e
l’apertura del negoziato con l’udinese Amga per una presumibile operazione
di assorbimento sono a tale proposito elementi probabilmente convergenti. Ma
è fondamentale, a livello di crescita interna, vincere le prossime gare per
la distribuzione gasiera, tant’è che una quota rilevante degli investimenti
programmati (oltre 1,3 miliardi) andrà proprio in questa direzione. Hera
mira ad acquisire 180 mila punti di riconsegna attualmente gestiti da
piccoli operatori locali. Il “mol” di filiera dovrebbe balzare da 310 a 486
milioni. Trattamento degli “speciali” e recupero di materia ed energia dai
rifiuti sono i pilastri della politica ambientale del gruppo nordestino, che
pianifica la realizzazione di 6 impianti di trattamento. Tra gli obiettivi
del settore il raggiungimento del 63% di raccolta differenziata media nei
territori serviti, compresa l’area di Trieste dove le cifre sono
tradizionalmente più basse. Per l’ambiente il margine operativo lordo viene
stimato in aumento da 184 a 311 milioni. Ambiziosi gli obiettivi anche sul
versante “energy”, dove la clientela gas è data in crescita da 11,1 a 1,3
milioni, mentre l’utenza elettrica balzerà - sempre secondo il piano Hera -
da 690 mila a un milione di fruitori.
Massimo Greco
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Una sfida di civiltà
Ho partecipato al presidio davanti alla Stazione Marittima per protestare nuovamente contro la realizzazione del rigassificatore di Zaule. Mi chiedo: se tutti gli enti locali (Regione, Provincia, Comune, Comuni minori, Porto, Siot) e anche la Slovenia sono contrari alla sua ubicazione, come mai il governo insiste nel volerlo costruire proprio lì? C’è sotto qualche inghippo! Proprio ieri hanno commemorato i morti del Vajont e, dopo cinquant’anni dalla disgrazia, lo Stato ha chiesto scusa. Ma per i 2000 morti e per i superstiti le scuse non servono più a nulla! Quando i geologi dicevano di non costruire la diga in quel posto avevano dei validi motivi che andavano presi seriamente in considerazione. Deve Trieste avere una simile sorte, per poi ricevere delle scuse tardive e inutili? Spero che la bellissima lettera scritta da Paolo Rumiz alla Reding, e soprattutto a Letta, ottenga l’effetto desiderato. Ma ancora non capisco cos’è l’Unione Europea, se poi ogni governo può fare ciò che vuole. In un Paese più serio dell’Italia quelli di Gas Natural sarebbero stati già da tempo perseguiti dalla legge per aver presentato carte false riguardo le caratteristiche del sito di Zaule e di questo rigassificatore non si parlerebbe più. Qui da noi invece con un governo composto da un numero non trascurabile di “onorevoli” assai poco onorevoli e alquanto incompetenti che pensano solo al proprio interesse, siamo arrivati a qusto punto. Se il ministro Clini ha dato sei mesi di tempo a Gas Natural per trovare un altro sito e questa società non ha saputo o voluto trovarlo, allora non se ne deve fare niente! Questa è la posizione che doveva assumere il nostro governo per dimostrare un po’ di credibilità. Ma poiché il governo è quello che è, ecco i risultati. Il presidente Zaja ha detto alla commemorazione del Vajont: “La vera sfida di civiltà è quella di mettere in sicurezza i propri cittadini”. La sicurezza per noi triestini sarebbe quella di costruire un rigassificatore in mezzo alle case? Io ho vissuto per tanti anni in Svizzera, ormai sono 40 anni che sono tornata in Italia; finora non mi ero mai pentita di essere tornata nel mio Paese, ma adesso sì nel vedere dove siamo arrivati e facendo il confronto fra le due nazioni. Sono veramente amareggiata e delusa.
Graziella Albertini
TRIESTE NEXT nel segno dell'acqua
TRIESTE Cento appuntamenti con 150 relatori nazionali e internazionali. Ma anche mostre, musica, presentazioni, iniziative per i più giovani. Tutto nel segno dell’acqua, declinata in ogni suo aspetto e messa sotto la lente di ingrandimento partendo da diversi punti d’osservazione. «L’acqua è l’elemento fondamentale della vita», sintetizza il rettore dell’Università di Trieste, Maurizio Fermeglia. E l’acqua è per l’appunto il tema portante della seconda edizione - battezzata “Waterwise”- di Trieste Next, il Salone europeo della ricerca scientifica. Che da domani, venerdì 27 settembre, a domenica 29, propone tre giorni intensi, con un programma articolato (che si può consultare anche sul web all’indirizzo www.triestenext.it, dove è inoltre possibile registrarsi agli eventi per parteciparvi, a ingresso libero). Dibattiti con al centro l’acqua come risorsa universale, in primo luogo, e argomenti collegati: uso sostenibile, rispetto ambientale, inquinamento e riciclo nelle sue varie fasi. Ma anche il ruolo dell’acqua nel sistema dei trasporti, il suo legame con il mondo dell’architettura, dell’ingegneria, della cantieristica e tecnologia navale. E ovviamente gli aspetti più strettamente scientifici, dell’acqua quale molecola della vita. La kermesse - di cui Il Piccolo è media partner - è promossa da Comune di Trieste, Università di Trieste e Nordesteuropa editore, cui si affiancano sostenitori, istituzioni e gli enti scientifici del territorio, pronti a mettere in campo le rispettive competenze. Per avvicinare il grande pubblico al mondo della scienza e della ricerca. Dopo l’anteprima di oggi al teatro Verdi con la serata “Siamo fatti di stelle” che ricorderà la figura dell’astrofisica Margherita Hack, domani Trieste Next inizierà in coincidenza con Near - La Notte europea dei ricercatori, ospitata (coordinamento dell’ateneo giuliano) anche in piazza Unità a Trieste, pronta a trasformarsi per tre giornate intere nell’Agorà della scienza. Dalle 8 alle 14 “Aspettando la notte” coinvolgerà gli studenti delle scuole cittadine in tour guidati fra gli stand in piazza, e anche in visite al Magazzino delle Idee e all’Acquedotto Randaccio a San Giovanni di Duino. Dalle 14 alle 23, poi, “Il Paese delle meraviglie dei ricercatori”, con attività aperte a tutti in piazza Unità. Mentre, per Trieste Next, partiranno convegni e dibattiti nelle diverse sedi scelte. La manifestazione «è un evento fortemente voluto dal Comune di Trieste - ricorda il sindaco Roberto Cosolini - per valorizzare il legame tra la città e la ricerca, un’occasione per presentare a una platea più ampia di quella locale, l’importante capitale di innovazione del nostro territorio». «La seconda edizione di Trieste Next - osserva Filiberto Zovico, direttore del Salone - conferma la vocazione di questa manifestazione a essere laboratorio di attivazione del territorio. La città di Trieste conferma il proprio ruolo di guida di un network di enti pubblici, istituzioni d’eccellenza e imprese attive in tutto il territorio del Nordest». Oltre al programma di incontri e dibattiti - fra i quali “Nordest technology transfer: 10 innovazioni per far crescere l’impresa” (sabato alle 11 al Verdi, con la partecipazione del ministro Flavio Zanonato) e “Un grande porto dell’Alto Adriatico?” (Ridotto del teatro Verdi, sabato alle 15) -, agli appuntamenti nel segno dell’arte, della musica e del sociale, e alle attività rivolte ai bambini, riassunti nelle pagine successive, vi sarà la possibilità di approfondire argomenti scientifici con i delegati di Università ed enti di ricerca negli stand allestiti in piazza Unità anche sabato e domenica dalle 10 alle 19. Dalle lezioni interattive di “Pillole d’acqua” al gioco a quiz sulle orme di 007 con la fisica al centro (organizzato da Elettra). E la città della scienza vivrà di appuntamenti in successione pure al Magazzino delle Idee, dove ad esempio alle 10 di domani sarà proiettato il video “Seminando scienza. Trieste nel cuore dell’Africa” della regista Nicole Leghissa, a cura di Twas e Ictp. In serata, alle 20.30, Nh hotel, incontro con degustazione “Carso Shokk. Tradizione, territorio, stile” a cura dell’Associazione italiana sommelier del Friuli Venezia Giulia. Nelle giornate successive altre iniziative ancora, spaziando da “Quanta acqua c’è in un paio di jeans?” (piazza Unità, sabato alle 9.30) ad “Acqua è vita. L’impegno a garantirla a chi non ce l’ha” (Ridotto del Verdi, domenica alle 9.30), e arrivando anche agli spettacoli (unici eventi a pagamento del programma) di sabato sera alle 21, “Finalmente il finimondo”, e di domenica alle 19, “Ventimila leghe sotto i mari”, entrambi alla Sala Tripcovich. Il ricavato degli incassi verrà poi devoluto al restauro della cupola Urania Carsica della stazione osservativa di Basovizza, proprio come avrebbe voluto Margherita Hack. Alla quale, oltre alla serata di oggi, è dedicato anche l’incontro “L’amica delle stelle”, in programma al Teatro Miela domenica alle 18. Un programma denso, cui peraltro si sono agganciate le anticipazioni dei giorni scorsi e al quale si lega anche l’odierna (alle 10.30 alla Sissa) cerimonia che vedrà Guido Tonelli, premio Enrico Fermi 2013 della Società italiana di fisica, ritirare per conto di Peter Higgs il titolo di PhD honoris causa in Fisica teorica delle particelle elementari assegnato dalla Sissa al “papà” del Bosone.
Matteo Unterweger
VOCE ARANCIO - MERCOLEDI', 25 settembre 2013
La storia infinita della plastica riciclata
Il processo di riciclo degli imballaggi in plastica parte dalla raccolta differenziata per poi passare a successive fasi che portano alla realizzazione di nuova materia prima.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 settembre 2013
Prg, il Comune coinvolge i costruttori
La filosofia dell’assessore Marchigiani: «Minor consumo del suolo e
recupero del patrimonio esistente»
Un “punto nave” nel percorso verso il nuovo Piano Regolatore della città;
l’esigenza e l’opportunità di effettuare “un momento di ragionamento comune”
nella prospettiva della prossima “adozione” del Piano, prevista per novembre:
con questi intendimenti il sindaco Cosolini e l’assessore comunale alla
pianificazione urbana Elena Marchigiani, coadiuvati dai tecnici municipali arch.
Marina Cassin direttore dell’Area Città e Territorio e arch. Maria Antonietta
Genovese direttore del Servizio Pianificazione Urbana, hanno incontrato ieri in
Municipio le associazioni di riferimento dei costruttori triestini: l’Ance, la
Cna, la Confartigianato, presente anche una rappresentante dell’Unione Regionale
Economica Slovena. La riunione, cui hanno partecipato una trentina fra
rappresentanti di vertice e aderenti alle diverse associazioni, ha avuto lo
scopo di riepilogare la situazione rispetto all’“iter” e agli intendimenti di
uno strumento così importante e complesso e - come ha rimarcato il sindaco nel
saluto introduttivo – di raccogliere tutti i contributi, dubbi, richieste di
chiarimento “che saranno significativi e graditi anche in corso d’opera”
attraverso tutte le successive fasi di questo “cammino”, che infatti potrà
prevedere anche ulteriori incontri di progressiva messa a punto su contenuti e
dettagli del Piano. Per quanto concerne questi ultimi, è toccato all’assessore
Elena Marchigiani riassumere le “linee di vetta” di un documento che, dopo la
fase iniziale delle direttive generali «che abbiamo discusso e quindi condiviso
– ha detto la Marchigiani – nei termini di minor consumo del suolo, recupero del
patrimonio esistente, tutela e valorizzazione dell’ambiente (anche con un occhio
alle possibilità di rilancio dell’agricoltura e della pastorizia sul Carso) e
mobilità sostenibile, giunge adesso – dopo un lavoro degli uffici che anche dai
presenti all’odierna riunione è stato apprezzato come molto analitico e
approfondito – all’ormai vicina fase dell’adozione – in novembre, come detto –
cui seguirà quella delle osservazioni e controdeduzioni per puntare alla
definitiva approvazione entro il 2014». L’assessore Marchigiani ha quindi
proposto – secondo le linee espresse dal nuovo Prgc - un quadro interpretativo
delle caratteristiche peculiari e della “funzione” della nostra città. “Si
tratta di produrre uno strumento – ha detto - che possa mettere in luce e
favorire tutte le potenzialità di una città capoluogo di Regione, ricca di
possibili prospettive, e nel contempo rispettosa del suo patrimonio territoriale
e ambientale, capace di relazioni – anche sul terreno della pianificazione e
della gestione del territorio – anche in un quadro “di area vasta” con reciproci
riflessi sia rispetto ai comuni “minori” che alle aree contermini anche del
vicino oltreconfine. Più nel dettaglio dell’operatività urbanistica, sempre “in
linea” con il principio del recupero del patrimonio esistente nell’intento del
minor consumo di suolo, l’Assessore Marchigiani ha spiegato come il Piano
postuli la distinzione fra due principali “categorie” di riferimento: quella
delle aree per cui è previsto un maggior margine di “trasformabilità” del
tessuto edilizio e quella delle aree di maggiore “conservazione” per il loro
rilievo storico-architettonico, tutela monumentale ecc.
I danni in Val Rosandra «Torrente a rischio piena» - IL
CASO » ANCORA SCONVOLTO L’HABITAT NATURALE
Per studiosi ed esperti legittima la richiesta di risarcimento del
ministero. Il docente di botanica Nimis: tagliati i salici e gli ontani che
facevano da argine
«Non ho dubbi nel dire che la sicurezza dei residenti in caso di piena del
torrente Rosandra è ora molto più a rischio dopo l'intervento della Protezione
civile». Pier Luigi Nimis, professore ordinario di Botanica Sistematica alla
Facoltà di Scienze dell'Università di Trieste, è perentorio. Il lavoro svolto
nel marzo 2012 dai circa 200 volontari della Pc nell'ambito dell'operazione
"Alvei puliti" non solo ha provocato un disastro ambientale, ma ha ribaltato il
suo scopo originale: mettere in sicurezza l'area. «Con il taglio di salici e
ontani, alberi abituati dopo milioni di anni di evoluzione a resistere
all'acqua, e con la contemporanea crescita in espansione delle piante aliene
come la robinia decisamente più fragili, una piena del torrente porterebbe a
valle molto più materiale», spiega Nimis. In base agli studi dei campionamenti
delle specie legnose condotti nell'ottobre dello scorso anno che verranno
riproposti tra pochi giorni, è emerso che nella riserva naturale regionale è
avvenuta una «velocissima ricolonizzazione da parte di specie spesso aliene come
la robinia che hanno creato un intrico di rami in alcuni punti impenetrabile, ma
anche di specie invasive come l'ailanto». Da qui l'evidente conseguenza: «Ci
troviamo in una situazione precaria, solamente perché chi doveva intervenire non
si è premurato di chiedere ad un botanico dove e come intervenire...» Il biologo
triestino Dario Gasparo conferma i radicali cambiamenti avvenuti dopo
l'intervento della Protezione civile: «Nel tratto di strada tra Bagnoli
inferiore e Bagnoli superiore la parte destra del torrente è infestata da
ailanto, e per tornare alla normalità ci vorrebbe un intervento drastico. Nella
zona dopo il Premuda fino al ponte di legno si è formato invece un bosco di
robinie cresciute di quattro metri in meno di un anno». Ma il torrente Rosandra
necessita ancora di un intervento di pulizia. A ricordarlo è lo storico
ambientalista ed ex consigliere comunale di San Dorligo della Valle, Giorgio
Jercog: «A parte le liti giudiziarie, ora bisogna al più presto mettere in
sicurezza il letto del Rosandra togliendo tutti i polloni che si sono sviluppati
dopo il taglio degli alberi, questo quanto prima, sperando che le associazioni
che avevano aderito a farlo volontariamente ottengano le autorizzazioni ad
operare nell'area interessata». Infine il Comitato per la difesa della Val
Rosandra che per bocca dell'esperto in legislazione ambientale Rossano Bibalo
teme che difficilmente la Valle vedrà giustizia: «Temo che, all'italiana, alla
fine mancherà il coraggio per una sentenza quasi epocale, visto che la tutela
ambientale è sempre stato bistrattata. Ad ogni modo se penalmente credo sia
giusto che si sia ristretta la responsabilità ai vertici regionali, d’altra
parte resto convinto della forte responsabilità morale dei vertici comunali che,
per imperizia, negligenza e superficialità non hanno tutelato la Riserva, come
era loro dovere».
Riccardo Tosques
Premolin: «Nel 2013 per gestire la Riserva solo 68.400
euro» - IL SINDACO DI SAN DORLIGO
«Si stanno concludendo i lavori per la pulizia della parte bassa dell’alveo
del torrente Rosandra, fuori dalla Riserva. Un’operazione per cui sono stati
stanziati circa 700mila euro», riassume il sindaco di San Dorligo della Valle,
Fulvia Premolin. L’intervento riguarda la parte del torrente che poi va a
confluire nel canale navigabile. Proprio il Comune di San Dorligo è l’ente
gestore della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Nella cui area, al
momento, si prevedono solo attività «di pulizia dei sentieri», prosegue Premolin.
Una posta per la quale il Comune di San Dorligo tenta di destinare annualmente
«4-5mila euro», come anche in questo 2013 nel quale «abbiamo a disposizione per
la Riserva - prosegue il sindaco di San Dorligo - 68.400 euro, di cui una grossa
fetta è destinata al personale dedicato. Per l’attività promozionale ne
utilizziamo 27mila, mentre 4.500 per la manutenzione ordinaria dei beni
utilizzati nell’area, cioè del centro visite». E proprio per il rifacimento
della tettoia della struttura era stato assegnato un finanziamento europeo di
100mila euro: si attende l’affidamento dei lavori, «patto di stabilità
permettendo», sottolinea Premolin. Per la valorizzazione della Val Rosandra, per
ora, non sono previsti nuovi finanziamenti pubblici e progetti. «Non abbiamo
ipotesi di intervento di questo tipo», conferma dalla Provincia l’assessore
all’Ambiente Vittorio Zollia. Mentre il vicepresidente dell’ente e titolare
della delega ad Agricoltura, flora e fauna, Igor Dolenc, spiega: «Le poche
risorse disponibili per flora e fauna le destiniamo alle progettualità
nell’agricoltura. E poi c’è il recupero della landa carsica, l’unico progetto
grande che abbiamo in atto, importante e non semplice». Rispetto poi a quanto
accaduto il 24 e 25 marzo di due anni fa in Val Rosandra, Dolenc aggiunge: «Se
n’è occupata la Protezione civile. Dunque, mi risulta difficile dire qualcosa in
merito». Dalla Regione, l’assessore con delega alla Protezione civile, Paolo
Panontin, osserva sulla vicenda: «Risale a un periodo antecedente al mandato di
questa amministrazione. Non entro nel merito, lo farò dopo aver approfondito il
tema». Una considerazione ancora giunge infine da Panontin sulla richiesta di
risarcimento danni - da 3,6 milioni di euro - avanzata dal ministero
dell’Ambiente nei confronti dell’ex vicepresidente della Regione Luca Ciriani,
del direttore della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso e dei
funzionari della stessa Cristina Trocca e Adriano Morettin, e del caposervizio
dell’area ambiente e lavori pubblici del Comune di San Dorligo Mitja Lovriha:
«Non riesco a capire come sia stato quantificato il danno», dice l’assessore
regionale.
(m.u.)
Serracchiani commissario per il porto della Ferriera
La nomina della presidente della Regione contenuta nel decreto del Fare 2
Adottato per Trieste il modello Piombino per la gestione delle “crisi complesse”
L’area portuale della Ferriera di Servola conquista un commissario
straordinario. Come Piombino. È quanto prevede l’articolo 6 della bozza del
decreto Fare 2 del governo di Enrico Letta in discussione in Parlamento. Una
notizia attesa che è una conferma del lavoro svolto in questi mesi tra enti
locali, Regione e governo nazionale. A partire dall’inserimento in corsa di
Servola nel programma nazionale sulle “crisi complesse” dopo che il decreto
sviluppo del governo Monti l’aveva dimenticata per strada. A essere designato
commissario straordinario sarà la presidente della Regione Friuli Venezia,
Debora Serracchiani. Gli interventi, si legge nel decreto, sono quelli
«nell’area di crisi complessa del porto di Trieste». La Ferriera di Servola,
infatti, è un’area portuale enorme con una banchina di 250 metri. «Si tratta
della formalizzazione di un ruolo che la Regione sta già svolgendo nei fatti»,
si limita a commentare Serracchiani. La cronaca di una nomina annunciata. Un
percorso a tappe avviato alcuni mesi fa nell’atto di insediamento del nuovo
governo. Lo schema adottato ricalca quello predisposto per l’impianto
siderurgico di Piombino. A giugno, infatti, il presidente del Consiglio Enrico
Letta ha firmato il decreto di nomina del governatore della Toscana Enrico Rossi
a commissario per i lavori di adeguamento del porto di Piombino. Nulla di
eccezionale, insomma. Si rientra nello schema adottato dal governo per la
gestione dell “crisi industriali complesse”. «E’ quanto era stato concordato. Un
buon segnale», commenta il deputato del Pd Ettore Rosato che a Roma segue da
vicino le vicende della Ferriera di Servola. «È una scelta coerente con
l’impegno che la Regione si è presa in questi mesi con il governo per trovare
una soluzione positiva per l’area di Servola. - commenta il sindaco di Trieste,
Roberto Cosolini -. La presidente della Regione sta svolgendo un ruolo
importantissimo con i ministeri sull’accordo di programma. E la sua nomina a
commissario è necessaria». Un tassello utile che non potrà che agevolare la
trattativa in corso con il gruppo Arvedi di Cremona. La governatrice del Friuli
Venezia Giulia ha parlato di Ferriera ieri intervenendo all'inaugurazione dei
nuovi spazi del Parco scientifico e tecnologico Luigi Danieli di Udine. «La
Ferriera di Servola - ha dichiarato la presidente del Friuli Venezia Giulia - è
un sito di straordinaria importanza per la regione nel momento in cui si pensa
di investire nell'innovazione tecnologica degli impianti e, contemporaneamente,
nel risanamento ambientale per continuare l'attività produttiva ed industriale».
I primi atti della Regione confermano questa intenzione. A fine luglio la
Regione ha stanziato 10 milioni di euro per la Ferriera di Servola pescati dalle
maggiori entrate tributarie. Con la proposta di affitto dell'azienda da parte
del gruppo siderurgico Arvedi, che dovrebbe partire a ottobre, si riapre quindi
una prospettiva industriale per l’impianto siderurgico di Servola che era già
dato per morto nel 2015. E ora, dopo che la Ferriera è stata inserita, dopo
sollecitazione regionale, anche fra le "crisi complesse" a livello nazionale e
la definizione in corso dell'accordo di programma nazionale. Dal quale
altrettanto potrebbero arrivare altri finanziamenti. Più facilmente ora di
fronte a un progetto produttivo. «Alla Ferriera erano stati già destinati dalla
Regione 4,6 milioni - spiegò a luglio il vicepresidente della giunta regionale
Bolzonello -, a questi ne abbiamo aggiunti altri 10».
(fa.do.)
Duino, Falesie “proibite” ma i canoisti non ci stanno
Gli amanti della pagaia si mobilitano contro la bozza del nuovo
regolamento «Assurdo e pericoloso costringere i kayak a stare a 60 metri dalla
costa»
DUINO AURISINA Si mobilitano, gli amanti della pagaia, per difendere i
propri spazi acquei. Sta destando diverse perplessità, al punto che se n'è
occupata ieri anche la trasmissione delle 14 di Rai radiouno, la discussione sul
nuovo regolamento della Riserva regionale delle Falesie di Duino che sarà
prossimamente deliberato dalla giunta Kukanja, previo parere consultivo della
Seconda commissione. Su proposta del presidente dell'organismo, Maurizio Rozza,
la bozza del documento prevede infatti che nella porzione marina definita “zona
A”, ai piedi delle Falesie, vi sia il divieto di accesso e navigazione fino a 60
metri dalla costa: l'ingresso è consentito solo agli organi di vigilanza della
riserva. Dunque, stante le cose, né le persone a nuoto o su imbarcazioni a
propulsione umana, come canoe e kayak, potranno avvicinarsi. La ratio è non
arrecare disturbo alla nidificazione di rare specie volatili. Ma gli sportivi
non ci stanno. E sul social network Facebook è già sorto un gruppo di protesta,
“Quelli che vogliono vivere le Falesie di Duino”, rappresentato da 186 aderenti.
Il gruppo, come si legge, vuole portare all'attenzione di tutti il regolamento,
che “prevede la tutela della costa vietando una sana integrazione tra uomo e
natura”: «Noi vogliamo unirci e far sentire la nostra voce - si legge -,
raccoglieremo impressioni, consigli e faremo una petizione con una raccolta di
firme locali, provinciali, regionali e nazionali, perché crediamo che un divieto
non sia l'unico modo di tutelare la natura, se nella natura intendiamo inserire
anche l'uomo». Ma il dissenso non è solo virtuale e abbraccia anche gli
sportivi. Questo il commento di Luca Campestrini, uno degli atleti giovani del
gruppo canottaggio (Polisportiva San Marco): «A parte che vi sono, a mio avviso,
problemi più importanti da affrontare, non trovo corrette queste restrizioni: va
considerato, infatti, che le imbarcazioni sportive sono spesso strette e
instabili, dunque andare in mare aperto può risultare più rischioso, mentre
sarebbe prudente consentire la navigazione sotto costa. In secondo luogo –
conclude – gli sportivi sono generalmente molto rispettosi della natura e non è
della loro attività che ci si deve preoccupare, bensì di quella praticata da chi
va per mare con le barche a motore. A tal proposito vale la pena ricordare che
nel periodo estivo il tratto da Miramare a Sistiana è pieno zeppo di
imbarcazioni, quindi non credo che siano canoe e kayak il problema, anzi su
questo fronte andrebbero aumentati i controlli». Sul piano politico, infine, si
dichiara scettico anche il Pdl, stavolta per bocca del capogruppo Massimo
Romita: «Interdire quegli spazi significa che una bellissima manifestazione,
come quella del Costal rowling, campionato nazionale, avvenuta proprio ai piedi
delle Falesie nel 2011 e che tanto successo ha registrato, non potrebbe più
ripetersi. Un peccato davvero: pareva che per un giorno, invece di essere a
Duino, si fosse in Inghilterra». Romita ritiene che, per la tutela del
territorio, si potrebbe ricorrere ad altri accorgimenti, come le passerelle in
legno adottate a Sharm el Sheik per proteggere le barriere coralline, o a
Formentera per le dune. «Non si vuole una Miramare 2 – conclude Romita – i
cittadini devono poter visitare e usufruire delle bellezze dei luoghi: le
proposte di Rozza sul punto sono invece altamente restrittive e non
condivisibili». Insomma, sul punto si prospetta battaglia.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 settembre 2013
Danni per 3,6 milioni in Val Rosandra
Maxi risarcimento chiesto dal ministero dell’Ambiente a Ciriani, Berlasso
e a tre funzionari del Comune di San Dorligo
TRIESTE È arrivato il conto dello scempio della Val Rosandra: tre milioni di
euro di risarcimento danni patrimoniali, 100mila euro di danni d’immagine e una
provvisionale di 500mila euro. È quanto chiede il ministero dell’Ambiente a Luca
Ciriani, ex vicepresidente e assessore della passata giunta Tondo, al direttore
della Protezione civile Guglielmo Berlasso e ai funzionari Cristina Trocca e
Adriano Morettin e a Mitja Lovriha, caposervizio dell’area ambiente e lavori
pubblici di San Dorligo della Valle. La richiesta di maxirisarcimento è stata
consegnata ieri pomeriggio dall’avvocato dello Stato Marco Meloni al giudice
Marco Casavecchia in apertura dell’udienza del processo innescato dalle indagini
sui lavori di deforestazione della Val Rosandra eseguiti tra il 24 e il 25 marzo
di due anni fa. Operazioni che all’epoca erano state definiti veri e propri
“assalti” degli uomini della Protezione civile, “armati” di motoseghe e alla
guida di mezzi cingolati. In quell’occasione, come in Apocalipse now,
l’assessore Ciriani era giunto in elicottero dopo aver roteato su tutta l’area
che è una zona protetta. Il coinvolgimento del ministero dell’Ambiente è stato
sollecitato dal Wwf, associazione che aveva parlato di «disastro ambientale». E
il cui presidente nei giorni seguenti al raid aveva attivato le indagini con un
esposto in procura. «La gravità dei fatti indicati e addebitati - si legge
nell’atto di costituzione del ministero dell’Ambiente - rende di immediata
percezione il danno materiale subito dalla collettività in relazione al
pregiudizio ambientale causato dalle condotte incriminate e per il quale è stato
indicato come parte offesa il ministero dell’Ambiente. Erano stati tagliati ben
70 alberi di alto fusto ed era stato devastato un sito protetto di alto valore
botanico e faunistico. Nelle relazioni prodotte vengono analizzati sia il
pregiudizio subito dall’ambiente che i costi di ripristino dovuti dai
trasgressori secondo il principio di “chi inquina paga”». Parole durissime che
però non hanno minimamente turbato Luca Ciriani che ieri (assistito
dall’avvocato Caterina Belletti) ha presenziato a tutta l’udienza. Cordiale ma
secco ha commentato: «Si può chiedere qualsiasi cosa. L’importante è riuscire a
dimostrare che quanto accaduto sia stato un danno». Riguardo al sopralluogo in
elicottero del giorno dell’assalto alla Val Rosandra, Ciriani ha spiegato che
aveva dovuto essere in una decina di differenti e lontani luoghi in regione.
Dunque la scelta dell’elicottero non è stata uno sfoggio o un’esibizione
muscolare, ma una pura necessità. Nella stessa udienza anche il Wwf
(rappresentato dall’avvocato Alessandro Giadrossi) ha depositato un atto di
costituzione di parte civile nei confronti degli imputati riservandosi nelle
fasi successive la quantificazione. Ciriani, Berlasso Trocca e Morettin sono a
vario titolo accusati dal pm Antonio Miggiani dei reati di distruzione o
deterioramento dell’habitat di un sito protetto oltre che della violazione del
decreto legislativo in materia ambientale. Per quanto riguarda Mitja Lovriha, il
pm ha chiesto l’archiviazione ma al momento il gip non si è ancora pronunciato.
Archiviate già nei mesi scorsi le posizioni di Fulvia Premolin e Antonio
Ghersinich, rispettivamente sindaco e vice di San Dorligo, e di Luca Bombardier,
titolare della ditta specializzata i cui uomini avevano collaborato con i
volontari della Protezione civile.
Corrado Barbacini
Ezit: una parte delle aree va destinata al commercio -
la vicenda
Bruni: enormi spazi vuoti, dal 2009 niente richieste di insediamento
industriale e devo rifiutare strutture di vendita. Ex Olcese, restauro in stallo
e affare in fumo
La zona industriale sta diventando sempre più un deserto e chi la governa
sta rifiutando clienti. Perché sarebbero commercianti d’ampio respiro, in cerca
di ampi spazi, disposti anche a versare molti soldi se potessero entrare. Ma la
destinazione urbanistica del comprensorio Ezit non consente (se non in minima,
condizionata parte come vedremo) che lì si venda piuttosto che produrre, senza
dire delle zone inquinate che sono tutto un altro discorso (forse a breve ci
sarà un passetto in avanti, ma a un anno e mezzo dagli accordi semplificatori
firmati dagli enti con l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini). Perciò l’Ezit
ha chiesto al Comune di trasformare la destinazione d’uso di una porzione delle
sue aree, non più del 40% per non “cancellare” definitivamente l’industria da
Trieste. In questo quadro tornano in campo i cosiddetti “centri monomarca” fatti
fuggire dalla giunta Dipiazza e adesso richiamati indietro se ancora disponibili
a investire a Trieste, tornano nel piatto violente contrapposizioni con la
categoria commerciale che avversa ampliamenti della rete, e soprattutto
s’intrecciano e aggrovigliano Piano comunale del commercio (in fase di
riscrittura), Piano regolatore (in fase di elaborazione) e Piano urbanistico
regionale (Purg, detto anche infraregionale) che su tutti comanda, la cui
edizione del 1978 è essa stessa in rifacimento. Se dunque l’Ezit lancia
l’appello, l’assessore ai Piani commerciali Edi Kraus rimanda all’assessore ai
Piani urbanistici Elena Marchigiani, la quale rimanda in Regione. Ecco per
partire dal concreto che cosa sta succedendo, nel mezzo della più grave crisi
economica. Lo racconta Dario Bruni, presidente di Ezit e vicepresidente della
Camera di commercio: «È dal 2009 che non ricevo una proposta d’insediamento
industriale in Ezit. Mentre continuo a dover rifiutare insediamenti commerciali.
Ce lo possiamo più permettere? Mi trovo con 2500 metri quadrati coperti e 13.800
scoperti degli edifici della fallita Duke, 5700 metri quadrati vuoti della
fallita Graphart (capannone pari al nuovo), un’altra struttura da 3800 metri, la
ex Manifattura tabacchi di Fintecna che ha 56 mila metri quadrati di capannoni
più 16 mila metri quadrati di palazzine, e poi ho vuota la ex Dino Conti, la ex
Fissan, la ex Vernici Veneziani e altro ancora su terreni non inquinati, quindi
fruibili da domani. E pur avendo vuoti oltre 100 mila metri quadrati devo
mandare via clienti commerciali. Mentre Trieste ha fatto scappare i “monomarca”,
che poi hanno aperto a poca distanza, e così siamo (mi si perdoni) “cornuti e
mazziati”». La giunta Cosolini sta ora correndo ai ripari. Ma c’è un caso in
particolare che incrocia tutti i problemi ed è il paradigma della situazione
combinata di crisi e assetti urbanistici. Riguarda la ex Olcese, 26 mila metri
quadrati da ristrutturare per uffici e per aziende a basso impatto ambientale,
la gara di project financing era stata vinta dalla Riccesi, che aveva ottenuto
dalle banche un asseverato piano economico-finanziario. Bruni: «La firma con
Riccesi da un anno in qua non l’abbiamo messa, le banche hanno disconosciuto
quel piano finanziario causa crisi, dunque i lavori non possono partire e lì son
sempre più macerie, noi abbiamo aspettato, ma adesso dovremo mettere
l’imprenditore alle strette: o si ristruttura, o si cancella la gara. Nel
frattempo - dice il presidente di Ezit - è arrivato un cliente dal Veneto che
chiedeva uno spazio ampio, oltre 1500 metri, per la vendita di arredi. Avrebbe
investito 25 milioni, disposto anche a comprare la struttura, e avrebbe speso
altri 12 milioni per gli adeguamenti, promettendo 130 posti di lavoro. Ci ha
chiesto: ma quando partono i cantieri? Risposta: non si sa. E ci ha chiesto:
quando è possibile prevedere un cambiamento della destinazione d’uso? Risposta:
non si sa. Ma un imprenditore deve pur conoscere il giorno e l’ora in cui
taglierà il nastro. Così è da un anno che sono io a non sapere, invece, più
nulla di lui, ci ha lasciati. Ho detto a tutte le categorie, a Comune e Regione:
ma in quale mondo viviamo? Non si può continuare con l’inutile protezionismo.
Senza dire - conclude Bruni - che anche l’area ex Teseco, 22 ettari, doveva
tornare a Ezit. Ho mandato pacchi di solleciti a tutti gli enti. Chi mi ha
risposto? Nessuno. E nulla se ne sa».
Gabriella Ziani
Quando si disse no ai clienti di lusso - ECONOMIA»IL
CASO
La Giunta Cosolini ha sbloccato 30 mila metri quadrati di aree commerciali,
quelle che la Giunta Dipiazza aveva nel 2010 “congelato” smentendo il suo
assessore allo Sviluppo Paolo Rovis che aveva attirato in città sette-otto
ricchi pretendenti, da Leroy Merlin (casa e bricolage, in area Dino Conti), poi
fuggita a Udine, la Decathlon (in area ex Gaslini), poi fuggita a Muggia, un
Brico, un emporio di elettronica, due mega-alimentari (Campo Marzio e magazzini
Greensisam), Elio arredamenti, per un investimento allora calcolato in 80
milioni di euro, potenzialmente erogatore di 435 posti di lavoro. Non sappiamo
come sarebbe finita, sappiamo che tutti furono “stoppati” per timore di turbare
gli equilibri del commercio in città in un momento di avanzante crisi. Il caso
suscitò proteste e sgomenti da parte di chi bussava per investire e l’assessore
delegittimato in casa sua disse: «Dovevo occuparmi di sviluppo, non di declino
felice».
«Le norme oggi escludono abbigliamento e alimentari» -
MARCHIGIANI
E dunque il Piano regolatore, in fase di stesura tra fitti colloqui anche
con Ezit, consentirà o no l’ingresso di megacommercio nel recinto dell’industria
sempre più vuoto e dismesso? Elena Marchigiani, l’assessore all’Urbanistica, in
questo caso si fa cauta. La materia non è dell’assessore allo Sviluppo ma, si
scopre, nemmeno sua. E i tempi di una, molto eventuale, trasformazione catastale
dell’area che già ha un’alta percentuale di insediamenti “anche” commerciali si
fanno tanto lunghi da diventare veramente vaghi. «La richiesta di Ezit c’è, ma
il Comune non può deliberare sulla destinazione di aree che sono di pertinenza
regionale - dice Marchigiani -, questa è materia del Piano regionale, Purg, in
fase di ristesura, ed è questo che “comanda” sul nostro. Adesso è stato fatto il
primo passo, con la ricognizione delle aree sulla base delle norme esistenti, in
seguito verrà prodotto un nuovo Piano infraregionale, e io mi auguro con
l’accordo di tutti, la nostra disponibilità esiste». Attualmente in Ezit oltre
alle attività industriali e artigianali sono consentite commistioni di
contestuale vendita ma solo delle merci prodotte all’interno del comprensorio.
Inoltre la legge regionale 29 sul commercio «dice - spiega Marchigiani - che
sono ammissibili altre attività di commercio, purché non alimentari e a “basso
impatto”, indicazione un po’ ambigua ma con la quale s’intende “a basso impatto
di afflusso di clienti”, dunque no a vendita di abbigliamento». Gli assessori
Kraus e Marchigiani hanno trovato intesa: «A grandi linee, l’autocarrozzeria in
Ezit ci sta, i negozi delle spese quotidiane devono stare in città». Il Prg
lavora invece più intensamente nel creare in Ezit spazi per le aziende ad alta
tecnologia, ampliando le potenzialità dell’Area di ricerca, e nel prefigurare
migliori assetti viari e di servizi. Poi, come conclude Kraus, «in tutti i casi
bisogna sperare negli imprenditori, che ci siano e siano capaci».
(g. z.)
«Ma serve il nuovo Piano regolatore»
Kraus: confermato però l’interesse di investitori per i monomarca, iter
avviato con la Regione
«Basta litigare, altrove mentre discutono su come tagliare la torta intanto
la mettono in frigo, a Trieste invece la facciamo andare a male». È il finale
esasperato del presidente Ezit, Dario Bruni. Ma l’assessore allo Sviluppo
economico Edi Kraus qualche fetta di torta ha cominciato a trattarla ed entro
l’anno potrebbero essere disponibili sul mercato spazi commerciali grandi per la
vendita di una singola categoria merceologica, entro la prossima primavera spazi
destinati a centro commerciale, per tipologie di merci varie. È l’inversione di
rotta sui “monomarca”, che oggi si preferisce chiamare “complessi commerciali”.
In tutto quelli previsti e cassati nel 2010 erano sette-otto (di cui uno in
Porto vecchio, concessione Greensisam). «Abbiamo fatto una ricognizione - dice
Kraus -, riprendendo contatto con chi aveva manifestato interesse. Per i centri
commerciali servono anche 500 posti macchina, e bisogna passare per la
Valutazione ambientale strategica (Vas). L’abbiamo deliberata il 5 agosto, è già
inoltrata, dovremmo avere risposta dalla Regione a marzo-aprile 2014. Poiché
certi investitori sono più interessati al complesso commerciale, faremo in
seguito uno stralcio, cosa veloce». In corsa ci sono le strutture della ex
Gaslini, la ex Dino Conti, la Carena, Greensisam. Nel frattempo alcuni se ne
sono andati, stufi di dinieghi e attese. Il gruppo Leroy Merlin a Udine. La
Decathlon a Muggia. E la richiesta di Ezit? «È materia di Piano regolatore, non
di Piano del commercio» risponde Kraus, assicurando che la politica di «fermare
il turismo dei triestini verso i centri commerciali del Friuli e della Slovenia,
e di dare fiato alle imprese che possano attrezzare spazi riaperti all’uso è
molto decisa». Intanto la conferma è arrivata da quattro-cinque dei “vecchi”
pretendenti, l’assessore confida in un «buon numero di assunzioni». L’altra
faccia della medaglia sono i commercianti residenti e “resistenti”. Kraus:
«Ampliando le aree pedonali col Piano del traffico si è favorito il commercio
cittadino, faremo più e meglio “notti dei saldi”, fiere, mercatini e promozione
con Promotrieste anche del commercio. I decreti Monti - avverte Kraus - hanno
creato la completa liberalizzazione, troppi paletti non si possono mettere.
Intanto subiamo la concorrenza di Capodistria, Sesana, dell’Isontino (Ikea) e
del Friuli. Chi troppo si protegge, resta indietro».
(g. z.)
Frenata sulla Capodistria-Divaccia
Il ministro sloveno alle Infrastrutture: «Non ci sono soldi. Meglio
potenziare l’esistente». Forti critiche
CAPODISTRIA Procederà la Slovenia alla costruzione del secondo binario sulla
Capodistria–Divaccia o si limiterà ad ammodernare la tratta ferroviaria attuale?
Il ministro delle Infrastrutture e dell’Ambiente Samo Omerzel ha annunciato la
decisione per i prossimi giorni, ma è molto probabile che sarà scelta la seconda
opzione, molto meno costosa. In questo momento, secondo Omerzel, nessuno può
dire quanto tempo sarebbe necessario per coprire l’investimento, e lo stato una
spesa da 1,2 miliardi di euro attualmente non è in grado di sostenerla. «La
Slovenia non può permettersi un altro TES 6», ha dichiarato Omerzel, riferendosi
alla centrale termoelettrica Sostanj, un progetto il cui costo con gli anni è
cresciuto a dismisura senza dare ancora alcun risultato. Il ministro, che ha
parlato degli investimenti nelle infrastrutture nel corso di una recente visita
al Club degli imprenditori dell’Istria slovena, si è detto invece più propenso a
una soluzione alternativa al secondo binario. Secondo Omerzel, sarebbe meglio
spendere 300 milioni per ammodernare la tratta già esistente. La
Capodistria–Divaccia è il collegamento tra lo scalo sloveno e la grande
viabilità transeuropea. In attesa della decisione definitiva, nel Capodistriano
si registrano numerose reazioni di chi, contrariamente al ministro che frena,
vede invece nel secondo binario l’unica soluzione per garantire competitività al
porto anche nei prossimi decenni. Secondo l’economista Joze P.Damijan, tra gli
autori di uno studio sui traffici portuali, a partire dal 2018 la tratta attuale
della Capodistria–Divaccia non sarà più in grado di sostenere il volume di merci
da e per il porto. Senza secondo binario, sostiene Damijan, le perdita diretta,
entro il 2030, sarà di 800 milioni di euro, che finiranno altrove, senza
calcolare i mancati benefici indiretti per l’economia slovena. In quanto alla
spesa da sostenere, Damijan è convinto che si possa farcela, anche perché si
tratterebbe di «spalmarla» su un periodo di 8-10 anni, quanto durerebbe la
costruzione. Per la preside della Facoltà di marineria e trasporti di Pirano,
Elen Twrdy, per lo sviluppo del porto di Capodistria sono necessari sia il
secondo binario sia il terzo molo. Non è pensabile aumentare il traffico
container facendo affidamento solo sul trasporto su gomma, peraltro
ecologicamente molto discutibile. Nell’ambito del dibattito promosso dal
quotidiano Primorske Novice, sulla questione si è pronunciato pure il presidente
del Cda delle Ferrovie slovene Dušan Mes, secondo cui l’ammodernamento della
tratta attuale potrebbe essere un’alternativa valida solo se ciò comportasse un
aumento del 50% del numero di treni al giorno. In questo momento, la
Capodistria–Divaccia è in grado di sostenere un massimo di 60 convogli al
giorno, in entrambe le direzioni. A lungo andare, ad ogni modo, anche secondo
Mes è indispensabile un secondo binario, 27 chilometri di importanza vitale per
collegare il porto all'altopiano carsico sloveno e alla rete europea.
Franco Babich
Il Friuli Venezia Giulia “snobba”
32 siti pericolosi
Da 14 anni ignorate le direttive statali che impongono la messa in
sicurezza degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Vito: «Colmeremo
il vuoto»
TRIESTE Si chiamano «stabilimenti a rischio di incidente rilevante», e già
la definizione un po’ inquieta. In effetti, stando ai protocolli del ministero
dell’Ambiente, sono industrie in cui è possibile che, a seguito di incidente, si
sviluppi un incendio, un’esplosione, una nube tossica. Come a Seveso nel 1976.
Non a caso lo Stato ha dettato norme per le Regioni sin dal 1999. Ma il Friuli
Venezia Giulia, che di quei siti ne conta 32, se n’è dimenticato. È il
ministero, giugno di quest’anno, ad aggiornare le carte. Regione per regione.
Nella nostra compaiono 6 Rir (Rischio incidente rilevante) in provincia di
Trieste (non solo la Ferriera, anche la Linde Gas, i Depositi costieri e la
Alder in città, la Shell a Muggia e la Siot a San Dorligo), 18 in provincia di
Udine (tra cui Caffaro, Pittini, Fantoni e Abs) e 8 in provincia di Pordenone.
Depositi di gas e oli minerali, stabilimenti chimici e petrolchimici, acciaierie
e impianti metallurgici. Luoghi considerati a rischio industriale in quanto in
essi sono presenti, anche potenzialmente, quantitativi di sostanze maggiori ai
limiti individuati dal Dl 334 del 1999 che recepisce la cosiddetta direttiva
Seveso. Concretamente, per eccesso di nitrato di ammonio, nitrato di potassio,
anidride arsenica, bromo, cloro, benzine, nafte, cheroseni, gasoli, in quei 32
siti non è esclusa la possibilità che, causa incidente, si sviluppino incendi,
esplosioni, nubi tossiche, con danni per popolazione e ambiente. Nel luglio del
1976 a Seveso, Brianza, da un reattore dello stabilimento Icmesa si verificò la
fuoriuscita accidentale di vapori di triclorofenolo contenenti la famosa
diossina. Le norme in materia hanno origine da quel fatto. Lo Stato italiano
recepì integralmente nel 1988 la direttiva comunitaria 501 del 1982, la “Seveso
I”. Nel 1999, a seguito di un altro intervento della Ue, Roma approvò il decreto
legislativo 334/99, ancora oggi il principale riferimento nella prevenzione.
Quel decreto regolamenta infatti tutti gli aspetti preventivi: organismi di
vigilanza e controllo, analisi di rischio, sistemi di gestione della sicurezza,
pianificazione di emergenza, controllo dell'urbanizzazione, informazione. Con il
coinvolgimento in regione, visite ispettive del ministero a parte, di Arpa, 118,
Capitaneria di porto, Carabinieri, Vigili del fuoco, Prefettura, Questura,
Protezione civile, Comuni. Sulla carta, tutto sotto controllo. Se non che il
Friuli Venezia Giulia, dalla giunta Antonione a quella Illy, sino ai due governi
Tondo, non è mai intervenuta. Aggirando quanto previsto all’articolo 18 del 334,
dove è scritto a chiare lettere che le Regioni sono tenute a «disciplinare
l'esercizio delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti».
Un vuoto che l’assessore regionale all’Ambiente Sara Vito annuncia ora di voler
colmare. Detto che la Regione «operando in stretta collaborazione con l’Arpa, è
estremamente attenta alle tematiche ambientali con particolare riguardo
all’aspetto della prevenzione», Vito fa sapere di un lavoro in corso «per
adeguare la normativa regionale alle disposizioni previste da quella nazionale».
E ancora che «saranno fatte attente valutazioni al fine di prevenire azioni di
rischio». Anche perché «è interesse della Regione supportare le imprese ad
adempiere gli obblighi di legge». Sulla base del 334, la “periferia” dovrebbe
individuare le autorità competenti titolari delle funzioni amministrative e dei
provvedimenti conseguenti all'istruttoria tecnica; definire le modalità per il
coordinamento dei soggetti che procedono all'istruttoria, raccordando le
funzioni dell'Arpa con quelle di un comitato tecnico regionale, e fissare pure
le modalità per l’esercizio della vigilanza e del controllo; infine, definire le
procedure per l'adozione degli interventi di salvaguardia in relazione alla
presenza di stabilimenti a rischio di incidente rilevante. L’Arpa continua a
svolgere il lavoro preventivo secondo il dettato nazionale. Ma una disciplina
regionale manca. E sono passati ormai 14 anni.
Marco Ballico
Dagli esplosivi al petrolio, dalle ferriere allo
stoccaggio di gpl - la mappa
La provincia di Trieste ospita sei siti a rischio industriale rilevante, di
cui quattro a Trieste: Lucchini, Linde Gas Italia, Alder e Depositi Costieri
Trieste. Muggia ospita Shell Italia e San Dorligo della Valle la Siot.
La provincia di Udine accoglie la gran parte dei siti industriali potenzialmente
pericolosi: ben 18. Si va dalla Caffaro di Torviscosa alle Ferriere nord di
Osoppo, dalla Fantoni sempre di Osoppo alla Ecogas di Cervignano.
Sono otto i siti a rischio in provincia di Pordenone: Alfacrom 2000, Gruppo
Distribuzione Petroli di Valvasone e Pordenone, Pravisani (esplosivi), Autogas
Orobica (gpl), Myrtus, Breda Sistemi Industriali e Bremet brevetti Metecno
«Il sito Acquario presto restituito all’uso pubblico» -
IL SENATORE RUSSO (PD) A MUGGIA
MUGGIA Proiettare Muggia al centro dell'Euroregione, puntare all'incremento
turistico e dare un'accelerata alla questione del Sito inquinato nazionale. Ha
le idee chiare Francesco Russo, il senatore Pd ieri pomeriggio in visita a
Muggia. Partito dal centro storico il 44enne esponente del Partito Democratico,
“scortato” dal sindaco Nerio Nesladek, dall'assessore alla Promozione della
città Stefano Decolle, dal segretario locale Fulvio Tomini e dal segretario
provinciale Štefan ?ok. ha visitato alcuni dei punti strategici:l'ex valico di
confine di Rabuiese, l'area Sin della zona industriale, le discusse piazzole del
“molo a T”, il terrapieno Acquario, Lazzaretto e Porto San Rocco. Russo,
partiamo da una valutazione politica della gestione della cosa pubblica
muggesana. Che voto diamo alla seconda giunta Nesladek? Non siamo ancora al giro
di boa, ma tenendo conto di quanto fatto sino ad ora e memori anche del primo
mandato del sindaco Nerio Nesladek direi che questa amministrazione si merita
decisamente un bel voto, direi un 8. C'è molto ottimismo da parte del sindaco
sulla questione Acquario. Lei è concorde? Direi proprio di sì. Condivido l'idea
che il terrapieno inquinato stia trovando finalmente un recupero veloce e poco
dispendioso per le casse pubbliche. Un'area simile, con queste potenzialità,
deve tornare ad essere un'area fruibile al pubblico. Però l'iter di recupero del
terrapieno pare ancora lungo. Quanto bisognerà attendere? Io credo che siamo ad
un buon punto invece. Siamo vicini alla possibilità di chiudere una stagione di
grandi errori commessi nel passato. Insomma, stiamo parlando di quella che potrà
diventare la spiaggia principale per tutti. Il confine, appunto. Quali speranze
ci sono di vedere ripuliti gli ex valichi di confine? Sono stato a Rabuiese e
c'è poco da fare: se Muggia vuole, e ha tutte le carte in regola per farlo,
proporsi a livello turistico guardando l'ex valico di Rabuiese non siamo ancora
all'altezza. Assieme al segretario provinciale ?ok abbiamo intenzione di
dividerci le competenze per recuperare una volta per tutte quest'area. Come
intendete eliminare il degrado di Rabuiese? Spostando le operazioni di dogana e
invitando i camion a fermarsi altrove. Il Comune e la Provincia sono impotenti
su tale questione. Motivo per il quale mi impegnerò in prima persona col Demanio
per eliminare una situazione inverosimile oggigiorno con in vigore il trattato
di Schengen. Su cosa punterebbe per il rilancio dell'economia muggesana?
Innanzitutto sul turismo. Il pezzo di costa muggesana è uno dei più pregiati in
assoluti del territorio. Che soluzioni ha sulla questione Sin? C'è un disperato
bisogno di aree industriali e sappiamo che la caratterizzazioni dicono che il
livello di inquinamento del Sin è molto basso. Bisogna cercare di rimettere nel
circuito alcune aree Ezit riperimetrando le aree inquinate. Muggia può davvero
diventare la pedina decisiva nello scacchiere dell'Euroregione? Come detto anche
dal presidente Serracchiani la Regione è interessata a valorizzare le
infrastrutture muggesane. L'intraprendenza del sindaco Nesladek sicuramente sta
aiutando. Il Gruppo europeo di Cooperazione territoriale passa per Muggia. E
sono convinto che con il centrosinistra Muggia si è avvicinata all'Europa.
Riccardo Tosques
Trieste Next, al via la tre giorni dell’acqua -
L’EVENTO »PROGRAMMA
Giovedì l’anteprima dedicata a Margherita Hack. Da venerdì a domenica
ventaglio di appuntamenti nel segno della ricerca
Un’anteprima nel segno delle stelle per ricordare l’astrofisica Margherita
Hack, giovedì, dopodomani, alle 21 al Teatro Verdi. E poi una tre giorni, da
venerdì 27 a domenica 29, dedicata all’acqua in tutte le sue sfaccettature, con
la fortunata coincidenza della prima serata con Near - la Notte dei ricercatori
che tramuterà (sin dalle 9 del mattino a dispetto del nome dell’iniziativa, e
fino alle 23) piazza Unità in una cittadella della scienza e della conoscenza.
Trieste Next atto secondo, edizione numero due, propone anche quest’anno un
calendario decisamente fitto. Capace di registrare un’implementazione rispetto
al 2012 del «20-30%, con vari eventi collegati anche nel “pre”», come ha
spiegato Filiberto Zovico, direttore del Salone europeo della ricerca
scientifica e amministratore di Nordesteuropa editore. Che organizza l’evento
assieme a Comune e Università di Trieste, con il coinvolgimento degli enti
scientifici d’eccellenza del territorio, della Provincia e la mediapartnership
anche de Il Piccolo. «Il pre-evento di giovedì 26 - ha illustrato ieri Antonella
Grim, assessore comunale a Educazione, Scuola, Università e Ricerca in sede di
presentazione del programma - sarà un omaggio alla grandissima, indimenticata
Margherita Hack. Sarà presente anche il sindaco della città che le aveva dato i
natali, Firenze, cioè Matteo Renzi». L’appuntamento è intitolato “Siamo fatti di
stelle. Serata in ricordo di Margherita Hack”: come noto, i biglietti d’ingresso
sono già andati esauriti. Da Zovico, ieri, è giunto un appello a quanti,
nonostante abbiano ritirato il ticket, alla fine potrebbero non riuscire ad
esserci: la richiesta è, nel caso di assenza, di avvisare l’organizzazione e di
presentarsi a riconsegnare il titolo d’ingresso, a quel punto da assegnare poi a
chi è stato incluso nella lista d’attesa. Il programma della tre giorni di
Trieste Next partirà il giorno dopo, venerdì 27, alle 10 al Salone degli Incanti
con l’incontro “Green Boat Design: scienza e tecnologia per una nautica
eco-sostenibile”, cui seguirà alle 12.10 la visita all’imbarcazione
eco-sostenibile ormeggiata al Marina San Giusto. Nell’ambito della giornata
ampiamente dedicata ai ricercatori, ecco alle 15 alla Camera di commercio “Start
up dell’acqua, innovazione e impresa. L’economia del mare per lo sviluppo
locale” e alle 17 al Verdi “ItaliaX10. La scienza del futuro”, che vedrà dieci
talenti del mondo della ricerca raccontare le rispettive esperienze. Due ore
prima, di nuovo alle 15 quindi, all’hotel Savoia “Risorsa acqua: come investire
rispettando il referendum”. In serata, mentre i ricercatori continueranno ad
animare piazza Unità (che rimarrà “cittadella della scienza” anche il 28 e il 29
dalle 10 alle 19), al Ridotto del Verdi alle 21 si terrà la serata inaugurale di
Next, dal titolo “L’acqua è preziosa”, con i saluti dei rappresentanti delle
istituzioni che organizzano il Salone: oltre a Zovico, il sindaco Roberto
Cosolini e il rettore Maurizio Fermeglia. In programma la “main lecture” di Jan
Lundqvist (Stockholm International Water Institute). Sabato si ripartirà dalle
10 al Ridotto del Verdi con “Gli estremi dell’acqua” (anche con il climatologo
Luca Lombroso) mentre alle 11 “Nordest technology transfer: 10 innovazioni per
far crescere l’impresa” al Verdi, con le conclusioni del ministro dello Sviluppo
economico Flavio Zanonato. Seguiranno altre conferenze, fra cui quella delle 15
al Ridotto del Verdi “Un grande porto dell’Alto Adriatico?” con il presidente
del Napa Paolo Costa, il numero uno dell’Autorità portuale di Ravenna Galliano
Di Marco, il direttore dell’Authority dello scalo di Fiume Vlado Mezak e la
presidente della Regione Debora Serracchiani. Dibattiti ancora sino a sera e il
giorno seguente, con tappa di chiusura alle 17 di domenica nuovamente al Ridotto
del Verdi: “Alla scoperta della vita” con il genetista Edoardo Boncinelli. Ad
anticipare Trieste Next, inoltre, oggi dalle 15 alle 17 alla Sissa “Scienza e
società: la ricerca fondamentale impegnata nel trasferimento tecnologico”, e
giovedì alle 10 sempre alla Scuola internazionale di studi superiori avanzati -
per un evento il cui inserimento nel programma di Next ha generato qualche
polemica nei giorni scorsi - arriva il “papà” del Bosone, Peter Higgs. Tutti i
dettagli del programma del Salone europeo della ricerca scientifica su
www.triestenext.it.
Matteo Unterweger
Mostre, spettacoli e iniziative per i bambini
Le attività in calendario. Benedetti (Università): «Accomunare
specialisti e pubblico sui grandi temi»
Non solo la mostra “Acqua. Identità di un territorio”, in corso di svolgimento al Magazzino delle Idee, ma anche i due spettacoli previsti alla sala Tripcovich. Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia di Trieste, ha fatto il punto su altri eventi legati a Trieste Next, fra i quali appunto le due performance “Finalmente il finimondo” (sabato 28 alle 21) e “Ventimila leghe sotto i mari” (domenica 29 alle 19), eventi questi con ingresso a pagamento. Il ricavato sarà devoluto al restauro della cupola Urania carsica della stazione osservativa di Basovizza, in omaggio a Margherita Hack, che sognava proprio di salvare quella che lei stessa aveva definito la “sua creatura”. Gli altri appuntamenti del calendario di Trieste Next sono a ingresso libero, ma essendo i posti nelle sale limitati, per avere la certezza di poter accedere all’evento scelto è bene registrarsi sul sito www.triestenext.it. Ricordando come l’agorà della scienza in piazza Unità sarà attiva in tutte e tre le giornate della kermesse, il referente per l’ateneo triestino, Fabio Benedetti, ha ricordato che «l’obiettivo è quello di accomunare su grandi temi, quale quello dell’acqua quest’anno e i cambiamenti climatici il prossimo, gli specialisti del settore e il pubblico». Trattandosi di «temi strategici per il futuro della società e del pianeta». E sempre piazza Unità, sabato e domenica, sarà teatro delle iniziative pensate per i bambini, con la partecipazione «anche di Topolino», ha evidenziato a proposito l’assessore Antonella Grim. Venerdì e sabato, poi, fra teatro Miela, libreria Ubik in Galleria Tergesteo, piazza Verdi, atrio della Camera di commercio, Panorama Giustinelli, piazzetta di via delle Mura e nuovamente piazza Unità, si articolerà “Next Off”, ramo della manifestazione che unisce scienza e arte.
(m.u.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 settembre 2013
FERRIERA, NON ESISTE ALTERNATIVA AD ARVEDI
Davvero qualcuno crede che per la Ferriera possa esistere un’alternativa ad
Arvedi? Polemiche e scetticismo che precedono l’arrivo dell’imprenditore
cremonese lo fanno pensare. Ma se qualcuno lo crede, si sbaglia di grosso.
Alternativa non c’è, se non la chiusura e la dismissione seguite non certo dal
risanamento, ma dalla permanenza di un relitto industriale in cima
all'Adriatico, così osceno e ingombrante da competere con la Costa Concordia.
Arvedi non sarà, si capisce, un’emanazione caritatevole calata sulla siderurgia
triestina. È un imprenditore. Agisce per convenienza, com’è giusto che sia, e
guarda al profitto come deve fare per garantire la sostenibilità delle sue
aziende nel tempo. Per fortuna è così. La carità da parte di un’impresa
durerebbe poco - finché non finiscono i soldi - e distruggerebbe alla fine sia i
posti di lavoro che si vorrebbe tutelare, sia tutti gli altri messi a
repentaglio da un’intrapresa insostenibile. L’equilibrio economico è la sola
garanzia del futuro dei lavoratori di Servola, come pure la sola speranza di una
riduzione dei fumi che avvelenano la vita dei residenti. Arvedi è venuto qui per
non essere alla mercé dei fornitori dell’Est da cui normalmente si
approvvigiona. Ha fatto i suoi conti. Tenterà - almeno per un periodo - di
ridurre il personale, e di addossare alla mano pubblica l’intero costo del
risanamento di quella porcheria che sta là sotto (soavemente, burocraticamente
ribattezzato “messa in sicurezza”). Bene fanno i sindacati a piantare paletti a
difesa dei posti di lavoro - è il loro mestiere -, bene fa la politica a stare
guardinga, ché di avventurieri (russi) ne abbiamo già avuto abbastanza. Ma dev’esserci
chiaro che non abbiamo altre opzioni; non serie, non a breve termine. E che,
anziché accogliere il nuovo proprietario con il solito ghigno ostile che
amabilmente riserviamo all’imprenditore “forestiero”, dobbiamo rapportarci a lui
con la chiarezza serena di chi chiede e dà fiducia, e stipula un patto
territoriale su impegni semplici, reciproci e misurabili: investimenti,
occupazione, ambiente, durata. Bastano un documento di tre pagine e una virile
stretta di mano, senza troppe chiacchiere. Il vero nodo di quell’area, evidente
da almeno 15 anni ma drammaticamente venuto al pettine negli ultimi mesi, è
infatti che, in sostituzione della siderurgia, non si è mai saputo che farne. È
almeno dal 1998 che si è posto il tema della dismissione della Ferriera, essendo
palesemente inaccettabile la presenza di un’industria vetusta e inquinante in
cima al golfo, a due passi dalle case e in una città che si vorrebbe turistica.
Da allora si sono succeduti più consulenti che al capezzale d’un capo di Stato,
più “tavoli” che alla più affollata sagra di campagna. Risultati tangibili,
zero. L’area avrebbe potuto essere un polo energetico, ma il rigassificatore
(anche per colpa di un proponente svogliato e reticente) è già morto e sepolto.
Potrebbe integrarsi nello sviluppo dei traffici portuali, ma nemmeno un grande
piazzale lì vicino (la piattaforma logistica) siamo ancora riusciti a costruire,
per carenza di fondi da Roma. Avrebbe attirato un’infinità di aziende, se non
fosse che smaltire quel mostro di ferraglia avrebbe un costo da far girare il
capo. Ecco perché, alla resa dei conti e a poche settimane dalla chiusura, o
arrivava Arvedi o non arrivava nessuno, come questo giornale scrisse più di un
anno fa. Ora però commetteremmo l’ennesimo delitto se ci accontentassimo di
tirare un sospiro di sollievo e di rimuovere la questione finché non si
ripresenterà, come abbiamo fatto fino a oggi. La città e la regione affianchino
Arvedi nell’impostare un piano durevole, nel valutare cosa sarà dismesso, quali
utilizzi coerenti e quali sinergie si potranno sviluppare nelle aree liberate,
quali altre imprese si possano attirare. Per le riconversioni complesse - e
questa lo è in massimo grado - ci vuole tempo: se come pare ne avremo, non
sprechiamolo, ma diamoci una strategia oggi. Non solo eviteremo di spendere
altri 15 anni in fanfaronate. Ma forse riusciremo a riattizzare una scintilla
d’industria (pulita, innovativa, ad alta tecnologia) in un’area senza pari per
collocazione geografica e facilità di accesso. E in una città che non ha mai
amato l’industria, ma che senza industria morirebbe.
ROBERTO MORELLI
La Francia taglia l’alta velocità per la crisi. Questo
sì è realismo - L’INTERVENTO DI IVAN BELTRAMBA - da www.lavoce.info
Quando le priorità non sono più priorità. Non solo noi italiani dobbiamo
tirare la cinghia, secondo Fondo monetario internazionale e la Commissione
dell’Unione europea. Anche la Francia sta cercando, obtorto collo, di rivedere
la propria grandeur. Ad esenpio, per quanto riguarda la mobilità, lo Snit
(acronimo che sta per Schéma national des infrastructures de transport) nella
versione del novembre 2011 prevedeva una spesa di circa 245 miliardi di euro per
potenziamenti, miglioramenti e nuove opere in campo stradale, marittimo (sia
porti che canali) e ferroviario nell’orizzonte 2030-2040, cui andavano aggiunti
8 miliardi e 500 milioni di euro all’anno per i contributi statali per il
trasporto collettivo in provincia e nell’Ile de France. Ora ci si è resi conto
dell’insostenibilità finanziaria del piano. Il cambio di presidenza e le
condizioni economiche della Republique hanno spinto il ministro con delega ai
Trasporti, Frédéric Cuvillier, a nominare una commissione di politici esperti
(ben sei, uno per ogni gruppo di partiti rappresentati nell’Assemblea nazionale
e nel Senato, con attenzione anche ai territori di provenienza) che si è
insediata il 17 ottobre 2012. Il 27 giugno 2013 la commissione ha presentato il
proprio rapporto finale intitolato Mobilitè 21-Pour un schéma national de
mobilité durable. Ora: a qualcuno le conclusioni potrebbero sembrare
semplicemente troppo prudenti, ma considerando anche ruolo e carriera dei nove
alti dirigenti della pubblica amministrazione francese che hanno supportato
l’analisi della commissione e tutti gli attori interni ed europei incontrati
(nessuno dell’Italia, naturalmente) non ci si sottrae all’ennesimo moto di
invidia. Perché? Perché dalle simulazioni prodotte dalla commissione si conclude
che la quantità e l’onerosità dei progetti di linee ad alta velocità (Lgv) e di
nuove autostrade avrebbero comportato gravi problemi di bilancio per la Agence
de financement des infrastructures de transport de France (che ricorda
stranamente la nostra Infrastrutture spa), in grado di compromettere gli
obiettivi di stabilità finanziaria dello Stato. L’analisi del comparto
ferroviario, in particolare, svela che il sistema statale francese (Rff+Sncf)
richiede ogni anno contributi pubblici per circa 12 miliardi e 500 milioni di
euro da Stato e Regioni (i proventi del traffico arrivano a malapena a 10
miliardi), mentre si prevede che il suo indebitamento, a quota 32,5 miliardi nel
2010, raggiunga i 61 miliardi nel 2025, considerato che strutturalmente la
gestione dell’infrastruttura richiede 1,5 miliardi all’anno e altrettanti sono
necessari per il finanziamento delle Lgv in costruzione. Ma non basta.
Approfondendo l’analisi delle infrastrutture ferroviarie ad alta velocità
esistenti, in costruzione e programmate, la commissione, in entrambi gli scenari
di pianificazione proposti, mantiene nell’orizzonte 2030-2040 le quattro linee
in costruzione: Tours-Bordeaux, Bretagna-paesi della Loira, by-pass
Nimes-Montpellier e la seconda fase Parigi-Strasburgo; tra quelle progettate si
salva solo la Bordeaux-Tolosa. Punto. E basta. Per tutte le altre se ne riparla
dopo il 2030-2040 dato che «l’inserimento nella rete europea Ten-T non è di per
sé sufficiente a definire la priorità di realizzazione». In che, tradotto in
parole semplici vuol dire semplicemente questo: la linea Av Torino-Lione per
adesso non si fa, se ne riparla dopo il 2030-2040. Ma soprattutto, da ora in
avanti si dovrà dare la priorità ai nodi e alle infrastrutture per il trasporto
dei pendolari nelle grandi aree urbane. E ancora: l’ammodernamento e la
manutenzione straordinaria sono più importanti della costruzione di nuove linee.
Il salvataggio del servizio ferroviario merci è fondamentale, come anche la sua
capillarità. Ecco, un bagno di umiltà non guasterebbe anche dalle nostre parti.
O come al solito dei francesi vediamo solo la grandeur e non il realism?
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 settembre 2013
Sì a Barriera senza auto ma mancano verde e park
Degustazioni all’aperto e animazioni per le nuove prove di
pedonalizzazione. I commercianti chiedono più attenzione per le aree di carico e
scarico
Tavolini all'aperto, gazebo, banchetti con la merce in esposizione,
degustazioni in offerta, laboratori e animazioni per i bambini, artisti di
strada e musica dal vivo. Sono solo alcuni degli ingredienti che hanno condito
la prima giornata delle nuove prove di pedonalizzazione, che in questo fine
settimana coinvolgono l'area di Barriera Vecchia: da via Crispi a via Foschiatti,
da via Nordio a via San Maurizio, passando per la parte bassa di via
Settefontane. Una sorta di “prova generale” in vista dell'applicazione di quelle
che saranno le direttive contenute nel nuovo Piano del Traffico: una
“maxi-isola” all'interno della viabilità cittadina, interdetta al traffico
veicolare e trasformata nel regno dei pedoni, sia triestini che turisti, e che è
stata accolta favorevolmente da commercianti e residenti della zona, che non
hanno però mancato di sottolineare tutto quello che c'è ancora da fare. «Le aree
pedonali creano sempre nuove opportunità di lavoro - commenta Cinzia, titolare
del laboratorio artigianale “La tana del bianconiglio” -. Questa un tempo era
una zona molto vivace, ma che con il passare degli anni si è spenta: via
Settefontane, come testimoniano le foto storiche appese sui pannelli
illustrativi, era una strada importante e che dunque merita di essere rivalutata
e riqualificata». Pensieri condivisi anche da Ida, che abita nel rione da 23
anni: «Sono favorevole a iniziative di questo tipo che possono ridare vita a una
zona che un tempo era considerata centrale. Suggerirei però di incrementare le
aree verdi e di trovare una soluzione definitiva al problema dei parcheggi». In
un momento in cui molte attività commerciali sono costrette ad alzare bandiera
bianca, c'è anche chi va controcorrente e prova ad invertire la tendenza
negativa: è il caso di Livio Lupidi, nome conosciuto in città nel campo della
ristorazione, che ha aperto la sua nuova attività “Trieste caffè” proprio in via
Foschiatti, una delle aree interessate dagli esperimenti di pedonalizzazione:
«Credo molto in questa via, che secondo me potrà avere dei grossi benefici
quando si arriverà al cambio definitivo della viabilità - sostiene -. Qui ci
sono molti negozi che potrebbero fare fronte comune e associarsi tra loro,
andando a formare una sorta di piccolo quartiere o se vogliamo di antica
contrada come accadeva nel passato». Tra le strade chiuse al traffico anche via
della Sorgente, diventata un percorso di festa tra brindisi, degustazioni e
musica dal vivo. «Credo sia una scelta azzeccata, che permette sia ai triestini
che ai turisti di conoscere e di apprezzare vie ed angoli più nascosti della
città, ma non per questo meno suggestivi - racconta Mirsada Reparati della
Trattoria alla Sorgente -. Ci sono ancora delle questioni da limare, come
l'utilizzo delle aree carico e scarico, ma per noi commercianti si tratta
comunque di una grossa opportunità». Concetti ripresi da Monica, della
Gastronomia Ferdi di via Crispi: «È una prova anche per noi, per capire come
attirare un altro tipo di clientela. In questo modo si cambia il volto della
zona, ma per avere i risultati sperati, bisognerebbe anche riqualificare
completamente l'area, attraverso una maggior cura per le strade ed i
marciapiedi».
Pierpaolo Pitich
Marchigiani: «Spirito giusto dei cittadini»
Ha voluto monitorare personalmente, metro per metro, l'andamento della prima
giornata delle prove di pedonalizzazione che hanno interessato l'area di
Barriera, confrontandosi con i residenti e i commercianti, per poi partecipare
alla festa delle due ruote di “Bicincittà”, organizzata nell'ambito delle
iniziative di sensibilizzazione dedicate alla mobilità sostenibile, a chiusura
di quella che è stata la Settimana europea 2013 sul tema. È stata una giornata a
tutti gli effetti “sul campo”, quella dell'assessore al traffico Elena
Marchigiani, che ha tastato il polso all'iniziativa di sperimentazione,
raccogliendo commenti e suggerimenti fin dalle prime ore della mattinata. «C'è
indubbiamente la soddisfazione nel veder crescere un percorso che abbiamo
costruito e che stiamo completando tutti insieme, attraverso il confronto con i
cittadini, i commercianti e le circoscrizioni - ha affermato Marchigiani -. La
cosa interessante è constatare come vengano recepiti gli intendimenti e lo
spirito di queste iniziative, nell'ottica della partecipazione attiva e della
propositività di chi abita le strade e vive il rione nel quotidiano. Non è vero
che le persone non vogliono cambiare le cose - continua Marchigiani -.
Semplicemente devono essere coinvolte nel modo giusto ed accompagnate lungo un
percorso che ha bisogno dei suoi tempi per essere metabolizzato. Questa è una
zona che ha molte attività commerciali e artigianali interessanti che vanno
incentivate, e allo stesso modo, attraverso le zone pedonali, si offre la
possibilità ai triestini, ma soprattutto ai turisti, di conoscere un quartiere
che, pur non facendo parte del centro storico, merita di essere riqualificato e
valorizzato».
(p.p.)
TRACCIATO TAV - Il fronte dei sindaci fa quadrato
contro Rfi
TRIESTE I sindaci danno man forte a Debora Serracchiani sulla Tav. Anche il
territorio è convinto che il tracciato disegnato da Rfi nel 2010 vada stoppato.
L’alternativa? Il potenziamento della linea esistente, proprio come sostiene la
presidente della Regione che ha chiamato la commissione Via a «esprimersi senza
indugi sul progetto per lo scioglimento del collo di bottiglia del bivio San
Polo». Cristiano Tiussi, sindaco di Bagnaria Arsa, è il portavoce dei Comuni.
Riconosciuto a Serracchiani «senso di responsabilità», illustra una posizione
condivisa «quasi da tutti». Vale a dire che il progetto 2010 «fa acqua da tutte
le parti» e ancora che «la priorità non è una nuova linea ad alta velocità dagli
altissimi costi economici, ambientali e sociali, realizzabile solo fra qualche
decennio, bensì l’adeguamento dell’esistente». Di qui la preoccupazione per il
fatto che, nonostante un territorio contrario al tracciato pure nella parte
veneta, la commissione ministeriale Via «prosegue imperterrita nell’iter di
valutazione di impatto ambientale sul progetto Rfi, iter che si concluderà entro
tre-quattro mesi. E quel che preoccupa ancora di più – incalza Tiussi – è che il
progetto passerà subito dopo all’esame del Cipe per la definitiva approvazione».
Prima che il processo divenga irreversibile, i sindaci considerano perciò
«indifferibile la ripresa di un ampio confronto tra gli attori istituzionali per
fare definitiva chiarezza sul tema, privilegiando anzitutto prospettive di buon
senso e a breve termine». I Comuni del Friuli Venezia Giulia, da Ronchis a San
Canzian d’Isonzo, hanno rivolto al commissario Mainardi, a stragrande
maggioranza, la richiesta di un tracciato diverso da quello di Rfi, evidenziando
incongruenze e criticità nello studio del loro tecnico, Andrea Debernardi,
depositato già a febbraio sia negli uffici della Regione che della Commissione
Via, «senza peraltro avere alcun riscontro», fa sapere Tiussi ricordando anche
il parere contrario alle integrazioni del progetto da parte della Provincia di
Gorizia e del Comune di Trieste.
(m.b.)
Gite, storia, scienza e musica Tutto in nome dell’acqua
- Festa a bagnoli
Anche l’«Oro blu» invoca la sua festa, allestita tra richiami salutistici,
inevitabili respiri in stile new age e più consoni appelli scientifici. È
l’elemento acqua al centro del raduno all’aperto previsto oggi a Bagnoli della
Rosandra, zona Jama (area grotta, nei pressi del teatro Preseren), sede della
terza edizione di una vera festa in natura a cura di Bioest, in collaborazione
con l’Arci e le Comunelle di Bagnoli. Cartellone fitto e variegato,
caratterizzato da incontri che spaziano tra antichi simboli e nuove realtà ma
che conducono tutti al concetto di (ri)scoperta dell’ambiente. Si comincia
presto ed evitando teorie, con l’escursione promossa da Legambiente e gli scout
della comunità slovena, artefici di “Puliamo la valle”, gita da affrontare
armati di guanti e dotati di passione, a partire dalle 10. Verso le 14 altro
tipo di escursione in Val Rosandra ma orientata verso altre finalità, quelle
della raccolta di oli essenziali, un “tour” tra le erbe salutari del luogo
guidati da un esperto. A seguire, arriva in pratica il primo approccio con il
tema del giorno grazie alla conferenza intitolata “Applicazioni salutari
dell’acqua”, a cura dell’associazione Naturalmente. Per chi auspica sapori new
age, una festa dell’acqua ne offre a litri, vedi la tappa di “meditazione
collettiva” (alle 15), integrata dalla conferenza “La coscienza dell’acqua”,
targata Gruppo Gendai Reiki, intervallata dal più ruspante intermezzo musicale
offerto dalle canterine della Pro Senectute, una band di voci forse non più
verdi ma ancora arzille, dedite al repertorio dialettale. Ancora tentativi di
atmosfere mistiche, verso le 16, questa volta in compagnia di Krsztina Nemeth,
in cattedra per guidare gli adepti nella “Cerimonia dell’acqua” attraverso la
sua “Voce di luce”; poi ancora musica, forse più terrena, con Emi e il suo
gruppo. Il cartellone della Festa dell’acqua fa tornare alla realtà allo
scoccare delle 16.30, ora che segna un incontro legato al vissuto locale, dal
titolo “Le Comunelle: amministrazione collettiva del territorio”, tenuto da
Vojko Kocjancic. Alle 17 in programma una esibizione di Tai Chi, ancora
divulgazione alle 17.30 con “Rosandra e le sue vasche” (relatore Stojan Glavina)
e poi un sano bicchiere di scienza, offerto da Dario Gasparo, in cattedra per
“Gli alberi e l’acqua”. La musica torna alla ribalta alle 19 con le ballate
folk/irish targate Drunken Sailors mentre alle 19.30 arrivano gi astrofili del
Pag. La chicca? La festa di oggi propone anche un seminario sui “kifeleti”,
pietanza a base di patate forse da non abbinare all’acqua. Da portare farina e
patate cotte, al resto ci pensa Nonna Marisa, in cucina dalle 10.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - SABATO, 21 settembre 2013
Prove di pedonalizzazione in Barriera
Oggi e domani chiuse alle auto le vie della zona, tariffe agevolate nel
parking di via Pietà
Prove generali di pedonalizzazione per il finale della Settimana europea
della mobilità 2013, la campagna promossa dalla Commissione europea e dal
ministero dell’Ambiente, alla quale l’amministrazione comunale di Trieste ha
aderito fin dal suo insediamento. Le anteprime pedonali sono quelle previste dal
nuovo Piano del traffico, approvato lo scorso luglio dal Comune e giovedì anche
dalla Provincia. L'avvio dell'attuazione è ormai alle porte. «La finalità delle
“anteprime” – ricorda l’assessore alla Mobilità e al Traffico, Elena Marchigiani
- è quella di mostrare ai cittadini gli effetti benefici delle pedonalizzazioni
in termini di sicurezza, salute, vivibilità degli spazi urbani». Oggi dalle 9 e
fino alle 18 di domani saranno chiuse al traffico privato le aree limitrofe a
largo Barriera e via Crispi, nonché di via Settefontane, come detto quale
opportunità di testare alcune scelte del Piano del Traffico e di offrire
l’occasione di vivere questi spazi in modo diverso, “immaginandone” assieme la
riqualificazione. In particolare, sarà chiusa al traffico veicolare privato
l’area di Barriera Vecchia (vie Settefontane, del Toro, Nordio, Crispi,
Foschiatti, Fonderia, San Maurizio, Sorgente, Erbette), individuata quale prima
area destinata alla pedonalizzazione. A sostegno dei cittadini che si recheranno
in queste zone - si legge in una nota del Comune - l’amministrazione ha
concordato con Saba Italia, gestore del parcheggio di via Pietà, tariffe
agevolate per la sosta nell’intera giornata: 3 euro per oggi e la gratuità per
domani. Inoltre, i primi 200 cittadini che sosteranno nell’impianto oggi
potranno godere della totale gratuità. Numerose saranno poi le iniziative di
informazione, sensibilizzazione dedicate a mostrare nel concreto i pregi del
muoversi a piedi e in bicicletta. Tra queste c’è oggi “Bicincittà” per una
Trieste a misura di bicicletta, a cura di Uisp, Ulisse-Fiab, Arci Servizio
Civile Fvg, con la collaborazione di Lilt-Lega Italiana Lotta ai Tumori, con
ritrovo in largo Barriera alle 14.30, partenza alle 15, pausa a Servola alle
15.45, arrivo alle 17 in largo Barriera. All’arrivo, intervento della Polizia
locale sul tema della sicurezza in bici e sulle norme del Codice della Strada
(prevista una quota di iscrizione su www.uisp.it/trieste). Dalle 17 alle 18, in
via Nordio angolo viale XX Settembre, “Gli Ambasciatori delle storie” di Nati
per Leggere, Letture floreali per bambini dai 3 agli 8 anni e laboratorio
creativo con la fiorista Cecilia del “Laboratorio d’arte floreale Bibidibobidibu”;
a cura del Servizio Biblioteche Civiche. Alle 17 in largo Barriera, Aperitivo e
map-Crossing a chi propone un itinerario cicloturistico a cura di Arci Trieste.
Inoltre, sempre in largo Barriera, “Ciclofficina - Il meccanico in piazza”, a
cura di Associazione Officina, e, dalle 17 alle 20, animazione a cura di “Magicabula”.
LA VOCE.info - VENERDI', 20 settembre 2013
Infrastrutture e trasporti - Il realismo dei francesi
taglia l’alta velocità
Il piano dei trasporti francese del 2011 prevedeva una spesa di circa 245
miliardi per potenziamenti, miglioramenti e nuove opere in campo stradale,
marittimo e ferroviario. Dopo il cambio di presidenza, ne è stata affidata la
revisione a una commissione di esperti. Che ha rovesciato le priorità.
LA REVISIONE DEL PIANO DEI TRASPORTI
Non solo noi italiani dobbiamo tirare la cinghia, secondo Fmi e Commissione UE.
Anche la Francia sta cercando, obtorto collo, di rivedere la propria grandeur.
Per quanto riguarda la mobilità, lo Snit (schéma national des infrastructures de
transport) nella versione del novembre 2011 prevedeva una spesa di circa 245
miliardi di euro per potenziamenti, miglioramenti e nuove opere in campo
stradale, marittimo (sia porti che canali) e ferroviario nell’orizzonte
2030-2040, cui andavano aggiunti 8,5 miliardi di euro all’anno per i contributi
statali per il trasporto collettivo in provincia e nell’Ile de France. Ora ci si
è resi conto dell’insostenibilità finanziaria del piano. Il cambio di presidenza
e le condizioni economiche della Republique hanno spinto il ministro con delega
ai Trasporti, al Mare e alla Pesca, Frédéric Cuvillier, a nominare una
commissione di politici esperti (ben sei, uno per ogni gruppo di partiti
rappresentati nell’Assemblea nazionale e nel Senato, con attenzione anche ai
territori di provenienza) che si è insediata il 17 ottobre 2012. Il 27 giugno
2013la commissione presieduta da Philippe Duron, deputato Ps e sindaco di Caen,
ha presentato il proprio rapporto finale intitolato Mobilitè 21 - Pour un schéma
national de mobilité durable (http://www.ladocumentationfrancaise.fr/rapports-publics/134000396-mobilite-21-pour-un-schema-national-de-mobilite-durable).
A qualcuno le conclusioni potrebbero sembrare troppo prudenti, ma considerando
anche ruolo e carriera dei nove alti dirigenti della pubblica amministrazione
francese che hanno supportato l’analisi della commissione e tutti gli attori
interni ed europei incontrati (nessuno dell’Italia, naturalmente) non ci si
sottrae all’ennesimo moto di invidia.
Dai grafici e dalle simulazioni prodotte si conclude che la quantità e
l’onerosità dei progetti di linee ad alta velocità (Lgv) e di nuove autostrade
avrebbero comportato gravi problemi di bilancio per la Agence de financement des
infrastructures de transport de France (che ricorda stranamente la nostra
Infrastrutture spa), in grado di compromettere gli obiettivi di stabilità
finanziaria dello Stato.
FERROVIE CON NUOVE PRIORITÀ
L’analisi del comparto ferroviario, in particolare, svela che il sistema
statale francese (Rff+Sncf) richiede ogni anno contributi pubblici per circa
12,5 miliardi di euro da Stato e Regioni (i proventi del traffico arrivano a
malapena a 10 miliardi), mentre si prevede che il suo indebitamento, a quota
32,5 miliardi nel 2010, raggiunga i 61 miliardi nel 2025, considerato che
strutturalmente la gestione dell’infrastruttura richiede 1,5 miliardi/anno e
altrettanti sono necessari per il finanziamento delle Lgv in costruzione.
Approfondendo la analisi delle infrastrutture ferroviarie ad alta velocità
esistenti, in costruzione e programmate, la commissione, in entrambi gli scenari
di pianificazione proposti, mantiene nell’orizzonte 2030-2040 le quattro linee
in costruzione: Tours-Bordeaux, Bretagna-paesi della Loira, by-pass
Nimes-Montpellier e la seconda fase Parigi-Strasburgo; tra quelle progettate si
salva solo la Bordeaux-Tolosa. Per tutte le altre se ne riparla dopo il
2030-2040 dato che l’“inserimento nella rete europea Ten-T non è di per sé
sufficiente a definire la priorità di realizzazione” (paragrafo 4.4, pag. 15).
Tradotto in parole semplici: la linea Av Torino-Lione per adesso non si fa, se
ne riparla dopo il 2030-2040.
Ma soprattutto, da ora in avanti si dovrà dare la priorità ai nodi e alle
infrastrutture per il trasporto dei pendolari nelle grandi aree urbane. Bon jour
mon chemin de fer!
E ancora: l’ammodernamento e la manutenzione straordinaria sono più importanti
della costruzione di nuove linee. Il salvataggio del servizio ferroviario merci
è fondamentale, come anche la sua capillarità.
Un bagno di umiltà non guasterebbe anche nella Repubblica Cispadana. O come al
solito dei francesi vediamo solo la grandeur e non il realism?
Ivan Beltramba (Ingegnere Civile specializzato nel settore dei
Trasporti. Lavora dal 1999 come funzionario nella P.A., è originario del
Sudtirolo ed è esperto delle realtà ferroviarie Europee e del Nordamerica).
IL PICCOLO - VENERDI', 20 settembre 2013
Comune, giunta bocciata sulla Tav
Non passa in Consiglio la delibera del “non parere”. Cosolini: «Ora
basta, serve un chiarimento»
Rischiare la crisi su un “non parere”. A Trieste succede. La maggioranza di
centrosinistra del Comune finisce sotto per la prima volta dopo oltre due anni
su una delibera sulla Tac/Tav che non delibera nulla. Da non credere. Tutto
accade a notte fonda in Consiglio comunale con la votazione sul documento
equilibrista messo a punto dall’assessore Umberto Laureni: 19 contrari e 17
favorevoli. Maggioranza bocciata proprio a inizio anno scolastico e a ridosso
del report di metà mandato. Un corto circuito politico che è riuscito a saldare
gli opposti: i No Tav con i pro Tav. A promuovere il “non parere” della giunta
il Pd in blocco (il partito del sindaco), i Cittadini e Trieste cambia. L’ala
sinistra, con Sel e Federazione di sinistra in prima fila, hanno votato assieme
all’opposizione (Forza Italia, Pdl, Un’Altra Trieste, Movimento 5 Stelle, Lista
Dipiazza, Lista civica indipendente). Con loro anche Paolo Bassi, ex Idv ora nel
gruppo misto. E la sospensione del giudizio sull’Alta velocità ferroviaria
diventa una “sospensione” della maggioranza. “Epochè” alla greca. La maggioranza
che decide di non decidere. Con il sindaco Roberto Cosolini che in aula, nel
cuore della notte, preannuncia “conseguenze politiche”. Fortuna vuole che la Tav
(facile immaginarne il motivo) non sta nel programma di coalizione. «Non
possiamo fare finta che non sia successo nulla. La sconfitta della giunta c’è
stata. Abbiamo subito una battuta di arresto» ammette a malincuore il primo
cittadino annunciando un chiarimento («Meglio di verifica che sa di vecchia
politica»). Anche perché ormai non si contano le volte che Sel o la Federazione
della sinistra si smarcano dalle scelte della giunta. Un anno fa, sempre sulla
Tav, venne in soccorso parte dell’opposizione, a far passare il parere
favorevole condizionato a una serie di prescrizioni (che Italferr ha accolto
solo in parte). «Adesso basta. C’è bisogno di un chiarimento. Dirò le cose che
intendo fare nei prossimi due anni e chiederò responsabilità da parte della
maggioranza. Voglio sapere chi ci sta. Chi non vuole starci è libero di non
starci più. C’è un patto, ma non un obbligo. Nessun appello alla disciplina
anche se ogni tanto un po’ di disciplina ci vorrebbe» chiarisce Cosolini che non
vuole essere cotto a fuoco lento. E intanto difende la delibera bocciata («Non è
vero che non diceva nulla. Anzi ha un precedente illustre: la giunta Illy
approvò due libere senza parere sul rigassificatore») e il suo assessore Laureni
(«Gode della mia stima incondizionata»). «La realtà è che nessuno può cantare
vittoria. Il voto contrario ha visto prevalere i sostenitori del no aprioristico
e ideologico e quelli del sì senza condizioni della Tav. Un pasticcio»
sottolinea Cosolini. Che alla Tav è favorevole. «La mia delibera era un
tentativo di mediazione. Si sa: io sono contrario alla Tav e il sindaco è
favorevole» ammette con onestà l’assessore Laureni. «Mi dispiace che il mio
partito non abbia capito la novità della delibera: è il primo mezzo passo
indietro del Comune dopo sei pareri favorevoli espressi in passato». E così la
Regione si troverà senza il parere del Comune di Trieste (nella migliore delle
ipotesi avrebbe avuto una delibera con un “non parere”). E anche vero che la
prima bozza della delibera dell’assessore Laureni esprimeva un parere contrario.
«È un buon momento per il movimento No Tav, ma un brutto momento per il
centrosinistra al governo della città» sintetizza Marino Andolina, capogruppo
della Federazione della sinistra. Marino Sossi, capogruppo di Sel, non presente
in aula al momento del voto per problemi di salute, esulta: «Finalmente viene
così rispettato il voto contrario dei comuni minori e dei consigli
circoscrizionali. Quello che non capisco è il Pd che a Duino e Sgonico vota in
un modo e a Trieste all’opposto. Non ha una linea neppure a livello provinciale.
Noi, invece, dobbiamo chiarire la posizione ambigua tenuta dal nostro
assessore». Il Pd difende la sua “non scelta” comunale. «Il voto contrario in
Consiglio - spiegano il capogruppo Giovanni Maria Coloni e Mario Ravalico - è
stato il frutto dell’estemporanea saldatura fra posizione opposte. Si potrebbe
dire che stavolta è prevalso il partito del “no se pol”: spiace che anche una
parte della maggioranza abbia preso questa posizione e non si potrà non trarne
motivi di seria riflessione per il futuro». Conseguenze politiche? «Se qualcuno
vuole conseguenze politiche da questo voto, se ne assume tutta la responsabilità
- dice il saggio presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic -. La Tav non
era inserita nel programma amministrativo proprio perché si sapeva che non era
possibile trovare accordi». Un “non parere” già scritto prima della delibera.
Fabio Dorigo
«Ferriera, impegno scritto dall’Authority» - LA
GOVERNATRICE
Serracchiani: la Regione sta facendo la sua parte, serve che tutti
agiscano allo stesso modo
La presidente della Regione Debora Serracchiani ha chiesto di mettere “per
iscritto” le garanzie sugli impegni per la Ferriera nell’ambito dell’Accordo di
programma. La governatrice, in particolare, si è appellata all’Autorità
portuale. Intervenendo ieri a margine di una conferenza stampa, Serracchiani ha
innanzitutto confermato la linea del governo sulla base di quanto dichiarato dal
sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti che rispondendo in Parlamento
alle interrogazioni dei deputati triestini Sandra Savino (Pdl) e Aris Prodani
(M5S) ha giudicato la fabbrica «essenziale in un territorio strategico per il
Paese». «In realtà – ha affermato la presidente della Regione – io ho avuto una
grandissima disponibilità da Roma fin dal primo momento. L’ipotesi di Accordo di
programma su cui stiamo lavorando è il più complesso che esiste in questo
momento, direi quasi tra tutti gli Accordi di programma. Perché è un caso nel
quale noi siamo in grado da una parte di garantire una continuità all’attività
industriale, dall’altro lato a garantire ciò che è ugualmente, anzi, è più
importante: il risanamento ambientale del sito». Di qui «l’impegno, in questo
senso, molto chiaro sia da parte dell’industria che vuole entrare, sia da parte
dei ministri interessati. Sto parlando di quello dell’Ambiente, quello delle
Infrastrutture, quello dello Sviluppo economico e quello evidentemente per le
Politiche del lavoro», ha ricordato. Assicurando che «la Regione sta facendo la
sua parte», si è infine augurata analogo comportamento da “tutti gli attori
interessati” dall’Accordo di programma. «Non ho dubbi che lo facciano Comune e
Provincia – ha rilevato – ma ora è necessario iniziare a mettere per iscritto
alcuni impegni che devono essere assunti dall’Autorità portuale di Trieste e da
tutti gli attori protagonisti».
Gianpaolo Sarti
Mozione di DeCarli e Karlsen - «Rigassificatore,
attenti a rincari delle bollette»
«Si impegna il sindaco a chiarire, congiuntamente ad AcegasAps, in merito ai
probabili rincari delle bollette che a quanto pare potrebbero essere messi in
atto con la realizzazione del rigassificatore di Zaule proposto dalla Gas
Natural, nonostante i motivati e inequivocabili pareri contrari di Comune,
Provincia, Regione e della popolazione residente sul nostro territorio, ma che a
tutt'oggi non hanno trovato una chiaro recepimento da parte del governo
nazionale». È il testo della mozione urgente sul rigassificatore presentata in
Consiglio comunale dai consiglieri Roberto Decarli (Trieste Cambia) e Patrick
Karlsen (Cittadini) e fatta propria dal sindaco Cosolini. La preoccupazione
nasce da notizie di stampa nazionale su uno «scontro amministrativo/giudiziario
con conseguenze finanziarie tra l'Autorità per l'energia e la costituita società
Olt (joint venture tra il gruppo Iren e il gruppo tedesco Eon) per la gestione
del rigassificatore al largo di Livorno». Motivo della controversia tra Autorità
per l’Energia e Olt il cosiddetto " fattore di garanzia", incentivo agli
investimenti nelle infrastrutture ritenute strategiche nel 2000.
Hera compra gas in Azerbaigian, sarà Tap a portarlo
TRIESTE Le utilities italiane ed europee cominciano a fare la spesa di gas
in Azerbaigian, dove il grande giacimento Shah Deniz approvvigionerà il mercato
occidentale attraverso il gasdotto “Trans Adriatic Pipeline” (Tap). Nella
giornata di ieri, infatti, si sono susseguite le firme dei contratti: Hera,
Enel, E.On. hanno sottoscritto accordi a Baku con il consorzio Shah Deniz. Le
prime forniture sono previste non prima del 2019. In nessun annuncio c’è
menzione delle cifre concordate. Hera Trading, società del gruppo emiliano che
controlla AcegasAps, ha firmato un contratto dalla durata venticinquennale per
un volume annuo di 300 milioni di metri cubi. Hera è l’unica “local utility” a
partecipare all’acquisto di gas azero tramite il Tap. Il presidente Tommasi di
Vignano rileva una duplice rilevanza, perchè diversifica il portafoglio e perchè
sottolinea l’importanza di Hera sul mercato domestico del gas. Anche Enel ha
sottoscritto un contratto venticinquennale con il consorzio ma non ha
specificato i volumi negoziati. Specifica che ha invece evidenziato E.On., il
colosso tedesco che ha il 21% dell’Amga udinese: anche in questo caso accordo
sui 25 anni per una fornitura di 40 miliardi di metri cubi. Tra l’altro E.On. è
anche azionista del gasdotto Tap con il 9%.
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SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE Sacrosanta bocciatura
La bocciatura espressa domenica da Paolo Rumiz all’idea di un rigassificatore a Trieste mi trova totalmente d’accordo. A maggior completezza dell’informazione riprendo i punti nevralgici in discussione. a) L’Italia consuma all’anno poco meno di 100 miliardi di gas, di cui un 85% viene importato dall’estero, di questo solo meno del 20% con navi gasiere, via mare. Il resto ci arriva via metanodotti che attraversano vari paesi; ricordiamoci in proposito i recenti problemi del nostro approvvigionamento dalla Russia. Queste cifre giustificano pienamente gli interessi economico/politici di dotare anche il golfo di Trieste di un terminal rigassificatore, poiché l’“Adriatic Lng” sul delta del Po copre solo il 12% circa delle importazioni nazionali. Il trasporto del gas viene effettuato via terra pompandolo a circa 45 – 55 atmosfere nei metanodotti, mentre il trasporto via mare con le navi gasiere avviene in forma liquida a – 162 gradi, ma a pressione ambiente. Le più moderne sono dei colossi dell’ordine dei 300 metri di lunghezza (circa come una nave passeggeri) e con un pescaggio di 10-12 metri; trasportano fino a circa 155.000 m3 di metano liquido, che per ridiventare gas abbisogna di un impianto/serbatoio di stoccaggio e trasformazione, realizzabile a terra o in mare. b) Alla particolare struttura chimico/fisica del metano basta pochissimo calore per passare da liquido a gas, e un m3 liquido fornisce 600 a pressione ambiente. Infatti per questa operazione è sufficiente prelevare il calore necessario da 10 m3 di acqua marina, abbassandone la temperatura di 5. Operando su 50 m3 la temperatura diminuirebbe di solo un grado. c) Si è scoperto – non da molto – che l’Adriatico ed il golfo di Trieste in particolare godono di un invidiabile ricambio d’acqua grazie a quella corrente antioraria che risalendo dallo stretto d’Otranto raggiunge Trieste scorrendo solo lungo la costa orientale, girando a sinistra lungo la costiera triestina e scendendo poi lungo quella italiana per l’effetto di Coriolis. Infatti sin dall’antichità le barche ed anche le grandi navi sfruttano questa corrente – in media prossima al chilometro all’ora – per ridurre i tempi ed i consumi. d) Sino ad ora nessun impianto di rigassificazione e di stoccaggio ha provocato incidenti gravi, ormai impossibili dal punto di vista tecnico/teorico, ma ricordando il vicino 2001 e le due torri gemelle, è oggi veramente improponibile realizzare questo tipo di impianto a terra, particolarmente se nell’attuale costiera triestino-slovena! Poiché sul non lontano delta del Po l‘ “Adriatic Lng” – riconosciuto universalmente come il rigassificatore più moderno, efficiente e sicuro al mondo – opera e continuerà ad operare egregiamente e con piena soddisfazione, ritengo che la soluzione più naturale per Trieste potrebbe essere un impianto “off shore” sotto il delta dell’Isonzo, su fondali anche geo-strutturalmente adatti e fuori da pesanti traffici portuali. In alternativa alle costruzioni off shore la moderna tecnologia offre delle navi ex-gasiere totalmente ristrutturate ad operare come rigassificatori, ancorandole adeguatamente, usandole come banchina d’attracco. Un modesto gasdotto subacqueo di collegamento a terra risolverebbe tutti i problemi. e) Stupisce che si continui ad insistere sull’impatto ambientale marino di un rigassificatore a ciclo aperto! Essendo il metano un gas più leggero dell’aria, esso tende sempre e comunque a salire ed a disperdersi nell’atmosfera, mentre il propano – il classico gas liquido in bombole – è più pesante dell’aria e tende ad accumularsi ed a causare scoppi devastanti persino all’aperto, per non dimenticare certo l’incidente a Viareggio. La scusa poi di un impatto ambientale termico è risibile. Se basta che 50 m3 d’acqua marina che perdano solo un grado di temperatura per trasformare un m3 di metano liquido in 600 m3 di gas, un lembo della corrente antioraria del nostro golfo corrente largo solo mezzo chilometro e di 3 metri di spessore produrrebbe in mezza giornata circa ben 93.000.000 m3 circa di metano, pronto per essere inviato a terra, quantità questa paragonabile all’intero carico di una intera nave gasiera.
Antonio Stefanon
Le Falesie di Duino saranno una riserva superprotetta
In arrivo l’atteso regolamento per la tutela della costa sotto il
sentiero Rilke Poi l’ultima parola alla Regione che trasformerà il dispositivo
in legge
DUINO AURISINA Guai a mettere un passo fuori dal sentiero, a percorrerlo in
bici oppure ad ammirarlo dal mare, sotto costa, in canoa o kayak, perché si
rischierà una sanzione. E scordatevi pure di cogliere una pianta, di darvi alla
pesca subacquea, di arrampicare la parete rocciosa senza autorizzazioni o di
portare a passeggio il vostro cane sguarnito di guinzaglio. Anche in questi
casi, infatti, si verrà considerati passibili di multa. Giorni contati, dunque,
per l'attuale fruizione “indisciplinata” della Riserva naturale regionale
“Falesie di Duino”. In arrivo dopo anni, infatti, l'atteso regolamento: undici
facciate di documento, presentato ieri in bozza dal presidente della Seconda
commissione consiliare Maurizio Rozza, che dopo opportune valutazioni
dell'organismo, chiamato a esprimere parere consultivo, sarà fatto proprio dalla
giunta. A sua volta, l'esecutivo Kukanja delibererà la proposta di regolamento,
inoltrandola alla Regione. Il testo verrà quindi sottoposto al Comitato tecnico
scientifico e vedrà anche un “passaggio” all'assessorato all'Ambiente, per il
successivo via libera della giunta Serracchiani, che lo trasformerà in legge.
Infine, una volta approvato, il regolamento tornerà al Comune per il
recepimento. Tanti gli aspetti disciplinati: dalla piantumazione (in zona
parcheggio e campeggio potranno essere introdotte solo specie vegetali
autoctone) alla pesca professionale, ammessa in un'unica area e per soli due
pescherecci, passando attraverso il pascolo, la gestione degli ecosistemi e
della fauna, le attività divulgative e scientifiche, la fruizione della riserva,
il divieto di introdurre armi. Navigazione e accessi L'area della riserva è
stata suddivisa in tre zone: A (collocata ai piedi delle Falesie e fino 60 metri
al largo), B (tutta la successiva rimanente parte fino a 500 mt al largo) e C
(ultimo tratto contiguo alla baia, sul lato depuratore, esteso per 150 mt in
lunghezza e fino a 60 mt al largo). Nella zona A, stando all'attuale bozza, vige
il divieto di accesso (anche solo a nuoto) e navigazione. Possono introdurvisi
unicamente i soggetti incaricati della vigilanza e quelli autorizzati per motivi
di ricerca e monitoraggio. Nella B, l'ingresso è ammesso alle persone a nuoto,
alle imbarcazioni a propulsione umana e ai natanti e imbarcazioni a motore o
vela muniti di apposito contrassegno numerato rilasciato dall'organo gestore.
Che determinerà annualmente il numero massimo consentito i scafi e le
autorizzazioni. L'accesso comunque dovrà essere obbligatoriamente effettuato con
rotta perpendicolare alla costa e velocità ridotta. Divieto assoluto di
navigazione in planata. Infine la zona C, dove le persone potranno entrare solo
accompagnate dai soggetti incaricati della fruizione didattica. Sentiero Le
attività ricreative, sportive, escursionistiche e turistiche saranno ammesse
solo lungo la rete sentieristica individuata dal Piano di conservazione e
sviluppo, varato dall'ex amministrazione Ret. «Chi esce dai sentieri è passibile
di sanzione – così Rozza –, il che riduce di molto la manutenzione e i relativi
costi delle aree. Non ci siamo inventati nulla: in molte riserve europee
funziona così. Il divieto di uscire dai sentieri, per altro tutela gestore e
privato in caso di incidenti». Ampia e dettagliata, comunque, la normativa
relativa alla tutela di flora e fauna. Arrampicata «Il gestore può autorizzare,
per periodi determinati di tempo e particolari condizioni e prescrizioni,
l'uscita dalla rete sentieristica – prosegue Rozza – per esempio per lo
svolgimento di arrampicate. Viene cioè rilasciato un permesso che può valere
anche durata semestrale». Rumore «Il regolamento – conclude Rozza – vieta e
sanziona quell'inquinamento acustico e luminoso che può nuocere all'avifauna:
ora abbiamo gli strumenti per chiedere a chi promuove attività rumorose, come
avviene in baia, una schermatura». Querelle Perplessità da parte dei consiglieri
Roberto Gotter (Pd) e Andrea Humar (Pdl) sul comma che reca la possibilità di
esproprio inserito nel regolamento e sui paletti posti per canoisti e pescatori.
«Non bisogna usare cavilli per forzare la questione dell'esproprio del Rilke:
noi non ci stiamo», sentenzia Humar.
Tiziana Carpinelli
“Vivere a spreco zero” Trieste tra i Comuni premiati -
CAMPAGNA EUROPEA
Otto Comuni italiani – Trieste, Cologno Monzese, Casalecchio di Reno,
Settala, Padova, Reggio Emilia, Firenze e Ripe S. Ginesio – si sono aggiudicati
la prima edizione dei Premi Vivere a spreco zero per otto diverse categorie:
cibo, acqua, energia, acquisti verdi, mobilita’ sostenibile, rifiuti, suolo,
iniziative trasversali. Con il progetto“Trieste città contro lo spreco”, è il
Comune di Trieste ad aggiudicarsi la prima edizione del Premio Whirlpool Vivere
a spreco zero - categoria Cibo: il riconoscimento, promosso dalla campagna
europea “Un anno contro lo spreco” per iniziativa di Last Minute Market, è stato
istituito con Trieste Next, il Salone della Ricerca scientifica e
dell’Innovazione tecnologica, un anno dopo il lancio della Carta spreco zero
alla quale hanno già aderito diverse centinaia di comuni italiani fra i quali
Roma, Milano, Firenze, Torino, Venezia, Bologna, Napoli e la stessa Trieste,
capofila dell’iniziativa nel 2012. Il Premio - si legge in una nota - è dedicato
ai progetti, alle azioni e alle iniziative degli enti locali per la riduzione
degli sprechi e il miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse.
Sempre nella categoria Cibo, la menzione speciale è andata al Comune di Genova
per il Progetto “Fruttometro”. I riconoscimenti saranno consegnati ufficialmente
in occasione della seconda edizione di Trieste Next, sabato 28 settembre.
Alla Camera di Commercio - Convegno su gestione e ambiente
Si è svolto alla Camera di commercio il convegno "Emas e Friuli Venezia Giulia tra presente e futuro", organizzato da Emas Club Fvg, sull’attualità dei sistemi di gestione ambientale e in particolare di Emas, (Environmental management & audit scheme) sistema supportato dall’Ue. Hanno partecipato enti pubblici e aziende private.
Piazza Unità - Manifestazione dei pacifisti
Il Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci
invita i cittadini in piazza Unità alle 17.30 di domani, dichiarata dalle
Nazioni Unite Giornata del cessate il fuoco su tutti i campi di guerra, con i
ragazzi del Collegio del Mondo Unito e le bandiere dei Paesi di loro
provenienza. Sarà costruito un “cerchio collettivo di pace”, cui seguirà la
lettura di un appello al cessate il fuoco, indirizzato particolarmente verso la
guerra in Siria.
Domani c’è Bicincittà E si pedala anche per chiedere
spazio - Da Barriera
Trieste a misura di bicicletta? Yes, we can. E lo si può fare divertendosi,
come accade a ogni edizione di Bicincittà. Un virus positivo si diffonde tra i
triestini ogni volta che qualcuno decide di spostarsi in bici limitando l’uso
dell’auto o abbandonandola del tutto. Infatti a Trieste le biciclette sono
sempre di più: un’epidemia chiaramente visibile per chi si muove in città ma
anche certificata da misurazioni che mostrano che l’uso della bici nella nostra
città è aumentato del 500% negli ultimi 10 anni. Perché la bicicletta non è solo
un mezzo di trasporto sostenibile: è un modo veloce, agile, pratico e
flessibile, sano e divertente per spostarsi quotidianamente. Ora tocca a Trieste
riconoscere e garantire alla bicicletta la dignità di “mezzo di trasporto
quotidiano” dando spazio ad una nuova cultura della sicurezza e della
ciclabilità urbana. Per chiedere questo torna, appunto, Bicincittà: appuntamento
domani alle 14.30 in largo Barriera per questa manifestazione che vede coinvolte
Uisp, Ulisse Fiab, Arci servizio civile Friuli Venezia Giulia con la
collaborazione di Lilt e Viaggiare Slow. Si pedalerà su un circuito cittadino
che toccherà alcune arterie importanti per chi si muove in bicicletta (viale D’Annunzio-via
Flavia), si raggiungerà il rione di Servola (alle 15.45) dove si farà “merenda”
e si ritornerà poi - alle 17 - al punto di partenza toccando Ponziana. Ecco il
percorso in pillole: per l’andata, largo Barriera-Piazza Goldoni-Via
Oriani-Viale D’Annunzio-Galleria di Montebello-Via dell’Istria-Via Valmaura-Via
Carpineto. Pausa a Servola nell’ampio giardino del ricreatorio Gentilli.
Ritorno: Via Vigneti-Via Liburnia-Via Slavich-Via Fonte Oppia-Via Baiamonti-Via
Capodistria-Largo Vardabasso-Via D’Alviano-Galleria San Vito-Piazza
Garibaldi-Via Pascoli-Via Foschiatti e largo Barriera. L’iscrizione singola
costa 5 euro, mentre se partecipate in gruppo il costo è di 3 euro. Le
iscrizioni si possono fare oggi alla sede Uisp di via Beccaria 6 dalle 9 alle 13
e dalle 14 alle 16.30 e domani, sempre alla Uisp, dalle 9 alle 11 mentre in
largo Barriera dalle 14 alle 14.45. Info allo 040-639382 .
Trieste All news - GIOVEDI', 19 settembre 2013
Bocciata a Trieste la delibera sulla Tav, MoVimento 5
Stelle: «Una vittoria per tutti i cittadini»
POLITICA Hanno votato contro, oltre all’intera opposizione, anche
Federazione della Sinistra, Sel e Paolo Bassi del gruppo misto
«Sulla Tav a Trieste tutti i cittadini che si oppongono a questa opera
assurda e inutile hanno ottenuto ieri una piccola vittoria». Questo il commento
dei consiglieri comunali M5S Paolo Menis e Stefano Patuanelli (nella foto) sulla
bocciatura della delibera comunale che non esprimeva alcun parere sul tracciato
Venezia - Trieste.
Hanno votato contro la delibera, oltre all’intera opposizione, anche Federazione
della Sinistra, Sel e Paolo Bassi del gruppo misto. «Per fortuna il Consiglio
comunale ha bocciato la "non" delibera - proseguono i due portavoce del M5S -,
un documento che il centrosinistra ha presentato senza prendere posizione
univoca sulla Tav. Almeno per lo spazio di una serata è prevalso il buon senso
nel Municipio triestino. I cittadini chiedono risposte chiare e la politica non
può rispondere con non pareri».
«Non ci illudiamo che il voto di ieri possa cambiare da solo le sorti della
guerra al progetto Tav/Tac - aggiungono Menis e Patuanelli -. Le battaglie
continuano e il M5S boccerà sempre progetti di devastazione ambientale e che per
di più non stanno in piedi dal punto di vista economico». La proposta del M5S
sul trasporto ferroviario è chiara. «Il trasporto su ferro è fondamentale.
Piuttosto che impantanarsi in progetti irrealizzabili si proceda a potenziare le
linee ferroviarie esistenti e a eliminare i colli bottiglia del sistema
regionale quali la tratta Udine - Cervignano e il bivio San Polo a Monfalcone».
Infine Menis e Patuanelli ringraziano coloro che in questi anni hanno fornito
analisi, dati e considerazioni su questo aberrante progetto. «Ringraziamo il Wwf
con Dario Predonzan, Legambiente con Andrea Wehrenfennig, il comitato No Tav,
gli attivisti di tutti i partiti e movimenti che si battono in difesa del nostro
territorio. Senza il loro supporto la battaglia di ieri in consiglio comunale
sarebbe stata persa».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 settembre 2013
Il governo spinge Arvedi: «Ferriera area essenziale» -
INDUSTRIA»LA PRESA DI POSIZIONE
Intervento del sottosegretario allo Sviluppo economico De Vincenti alla
Camera «A Trieste situazione occupazionale grave, necessario fare bene e in
fretta»
LE RICHIESTE AL MINISTRO La risposta è arrivata sulla base di due distinte
interrogazioni fatte a Flavio Zanonato (foto) da Sandra Savino del Pdl e Aris
Prodani (M5s)
Resta una fabbrica «essenziale», e in «un territorio strategico per il
Paese». «Essenziale», la Ferriera col suo comprensorio, lo è tanto per l’Italia,
per il bene «produttivo», quanto per la città, il cui stato di salute
«occupazionale» è «grave». Il governo bipartisan (finché dura) di Letta benedice
a suon di aggettivi le manovre di Arvedi in direzione Trieste, spingendo
idealmente verso la Ferriera - in questi giorni di surplace, e di paure che
possa sfumare anche l’ultima spiaggia, o che si possa comunque pagare un tributo
in termini di posti di lavoro - il colosso siderurgico cremonese. Il “consulto”
dell’esecutivo nazionale per il “malato” triestino coincide con la risposta che
il sottosegretario allo Sviluppo economico in quota Pd Claudio De Vincenti ha
dato ieri per conto del ministro e collega di partito Flavio Zanonato - uno che
da sindaco di Padova (leggi AcegasAps, ad esempio) gli affari nostri ha avuto
modo di conoscerli - alle interrogazioni rivolte proprio a Zanonato dai deputati
Aris Prodani dell’M5s e Sandra Savino del Pdl. «Il governo - la premessa della
risposta letta dal sottosegretario nella seduta della commissione Attività
produttive della Camera - sta seguendo con particolare impegno le vicende del
Gruppo Lucchini, ben prima che questa importante azienda del nostro sistema
industriale fosse ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria. Il
dissesto generato dal Gruppo Severstal ha comportato interventi straordinari di
tutto il sistema nazionale per impedire un fallimento disastroso per molte
migliaia di lavoratori e per interi territori. Il polo siderurgico di Piombino,
la Ferriera di Servola e le altre unità della Lucchini sono stati e sono ancora
oggi essenziali per il nostro sistema produttivo. Proprio per queste ragioni
abbiamo voluto seguire una strada eccezionale, quella del decreto-legge, per
riconoscere Piombino e Trieste aree di crisi complessa». «Aver esteso
l’intervento anche a Trieste non è stato un fatto automatico, ma il risultato di
un vero convincimento che quel territorio ha bisogno di uno strumento
straordinario per governare il proprio futuro», ha precisato il sottosegretario
in Commissione, ricordando come sia «in corso» tra ministeri e Regione, «insieme
a Comune e Provincia con l’Autorità portuale», «un lavoro per la definizione
dell’Accordo di programma, ovvero dello strumento fondamentale che preciserà
piani di bonifica, di valorizzazione dell’attività portuale e retroportuale,
progetti di nuove attività produttive». «È un lavoro molto impegnativo - ancora
De Vincenti - che tuttavia sta procedendo in modo celere perché vi è in tutti la
consapevolezza che è necessario fare bene ma anche in fretta. La situazione
occupazionale dell’area è grave e richiede interventi concreti». “Benedetta”
quindi l’ora in cui Arvedi ha bussato «per avanzare al commissario straordinario
di Lucchini (Piero Nardi, ndr) una proposta di affitto, con la previsione di una
futura acquisizione». «Per il governo - ha ammesso il vice-Zanonato - si tratta
di un fatto positivo perché la proposta è formulata da un protagonista della
siderurgia italiana e consente di evitare i gravi problemi occupazionali che
potrebbe determinare la definitiva chiusura della Ferriera. Con i rappresentanti
dell’azienda, il commisssario di Lucchini e le autorità nazionali e territoriali
è in corso un serrato confronto per definire gli interventi impiantistici e di
bonifica necessari ed urgenti, nonché le risorse finanziarie per realizzarli. È
un lavoro impegnativo che tuttavia posso dire si sta svolgendo con spirito
costruttivo e di collaborazione da parte di tutti. Nelle prossime settimane
ritengo si possa giungere ad una conclusione che, allo stato del confronto,
penso possa essere positiva». Lo scioglimento subitaneo del nodo ambientale,
d’altronde, è la condizione necessaria perché non vada in onda su questi schermi
un’Aquila 2. E per «gli aspetti occupazionali già richiamati», e per
l’eventualità, giusto per mettere le mani avanti, che «l’impianto venisse
definitivamente fermato». «Nessuno infatti può immaginare - la chiosa di De
Vincenzi - che dopo la Ferriera si possa tenere per lungo tempo un’area molto
vasta e centrale per il futuro di Trieste inutilizzata e senza una concreta
destinazione da attuarsi in tempi ragionevolmente brevi». «Prendo atto - il
commento della Savino - della risposta del sottosegretario che peraltro non
introduce alcun elemento di novità sostanziale rispetto a quanto era già noto.
Rimangono in sospeso i quesiti legati alle garanzie sui temi dell’occupazione e
della salute pubblica. Garanzie in assenza delle quali permane un clima di
incertezza che non contribuisce a rasserenare di gli animi. Auspico a questo
punto che la Regione, puntualmente chiamata in causa nell’intervento del
rappresentante di governo, mantenga gli impegni presi e acceleri la
sottoscrizione dell’accordo di programma nei termini di una riconversione
sostenibile».
Piero Rauber
E un calo di tensione fa levare una nube rossa
maleodorante
Una bolla puzzolente di gas e idrogeno, una paurosa nuvola di colore rosso
che si è levata sopra il capannone di un altoforno di Servola. È successo
l’altra mattina, probabilmente a causa di un improvviso calo di tensione
dell’energia elettrica durante il maltempo. La nube maleodorante, benissimo
visibile fuori dalla fabbrica, ha spaventato Servola, decine di persone hanno
telefonato ai vigili del fuoco. L’anomalia dell’altoforno ha dato luogo a una
“sacca” di azoto, monossido di carbonio, anidride carbonica, ceneri e appunto
idrogeno, di norma incanalati dall'apposito impianto di captazione, e invece
sovrabbondanti e «prigionieri», che dunque praticamente sono esplosi in aria.
(c.b.)
L’azienda convoca i sindacati: «State pronti»
In agenda la prossima settimana il tavolo saltato l’11. Segno che si sta
per firmare il contratto d’affitto
Da rimandato a data da destinarsi a convocato a breve benché ancora senza
una data. “Prove” - intese qui nel doppio senso di tentativi e di segnali - di
distensione. Arvedi - per mano della Siderurgica triestina, la società
costituita dal gruppo e affidata all’ingegner Francesco Rosato per prendersi in
carico l’affare-Ferriera - apre o meglio riapre ai sindacati, che insistono per
conoscere il piano di lavoro della nuova gestione, a cominciare dalla questione
occupazionale. Dopo che l’azienda aveva disdetto con 24 ore di preavviso il
tavolo che si sarebbe dovuto tenere l’11 settembre - forse anche per raffreddare
gli animi davanti a un fronte sindacale fortemente preoccupato per una
precedente lettera in cui si prospettava che «la riorganizzazione di alcuni
servizi comporterà la revisione degli attuali organici» - da quello stesso
fronte sindacale si è saputo ieri che martedì scorso è arrivata l’attesa nuova
convocazione in risposta proprio alle istanze di chiarimento reclamate dai
rappresentanti dei lavoratori. La convocazione c’è ma, come detto, non contiene
una data precisa. Rimanda alla settimana che verrà - così precisano dal fronte
sindacale - chiedendo sostanzialmente alla controparte di tenersi pronta a
sedersi attorno a un tavolo. Un’apertura senza giorno e ora, insomma, ma più
circostanziata, che suggerisce come sia vicina la firma del contratto d'affitto
tra il commissario straordinario di Lucchini Nardi e il gruppo Arvedi. Fonti
aziendali in effetti ribadiscono che la volontà di Arvedi è quella di incontrare
i sindacati nel momento in cui avrà pieno titolo per farlo. A quel punto, una
volta sottoscritto cioè il contratto d'affitto, scatteranno i sei mesi
annunciati dallo stesso Giovanni Arvedi a luglio a Trieste per maturare la
scelta di prendersi la proprietà della Ferriera e per fare tutte le operazioni
ambientali necessarie a poter proseguire l’attività senza che questa sia più in
guerra con istituzioni e residenti. Questo si ricollega anche con il passaggio
della risposta del sottosegretario De Vincenti là dove il vice-Zanonato
puntualizza che «Arvedi è impegnato a garantire il funzionamento della Ferriera
(sostituendosi a Lucchini, ndr) fino al prossimo mese di novembre, data entro la
quale scioglierà la riserva dell’acquisto».
(pi.ra.)
Sito inquinato, l’ateneo collabora con l’Ezit
Ma l’accordo prevede anche compartecipazione a bandi europei e scambi di
competenze e personale
L'università di Trieste contribuirà con le proprie competenze tecniche e
scientifiche allo studio e alla bonifica del Sito di interesse nazionale (Sin)
da parte dell'Ezit. La collaborazione sul sito inquinato è il piatto forte di un
accordo triennale fra i due enti, stipulato nei mesi scorsi, che entra ora nella
fase operativa. Un incontro fra docenti universitari e rappresentanti dell'Ezit
ha gettato le basi per il programma operativo. Tra i temi più discussi,
ovviamente, il Sin. «Un esempio di come l'università può operare? - ha detto il
direttore di Ezit Paolo De Alti - Il nostro ente ha accumulato migliaia di dati
nel corso di centinaia di carotaggi. La gestione e lo studio statistico di quei
dati vanno al di là dei nostri mezzi: l'ateneo è invece il soggetto ideale per
affrontarli. Altro esempio, la gestione di sistemi complessi come il modello
idrogeologico dell'area: necessitano di competenze altamente specifiche che solo
l'università può fornire». Dal punto di vista dell'ateneo, invece, si tratta di
avere accesso a un enorme bacino inesplorato di possibilità di ricerca, e al
contempo di mettere in pratica la tanto auspicata collaborazione fra accademia e
impresa. Le peculiarità del territorio triestino offrono numerosi spunti:
«Nell'ambito delle problematiche ambientali lo spazio di cooperazione è vasto -
ha detto il professor Bruno della Vedova -. La messa in sicurezza dei siti
inquinati offre un ventaglio di applicazioni virtuose grazie alle ultime
tecnologie». L'università può pensare anche a soluzioni per l'ampia area a mare
del sito inquinato: «Quei 700 ettari sott'acqua sono un problema, finora
insoluto, sul quale potremo ragionare - ha aggiunto della Vedova -. Per
l'università, che soffre una carenza sempre maggiore di mezzi, la possibilità di
lavorare su un sito del genere crea un enorme laboratorio, reso accessibile
grazie all'accordo con Ezit». Il rettore Maurizio Fermeglia ha sottolineato
l’intenzione di proseguire in accordi che, come con Ezit, consentano un
collegamento più forte fra ricerca e impresa. «La convenzione quadro fra le due
realtà - ha spiegato il collaboratore del rettore per i rapporti con le attività
produttive Giorgio Sulligoi - ha durata triennale rinnovabile. Abbiamo eletto un
comitato paritetico di coordinamento composto da sei membri, che si accinge a
stilare un programma di attività congiunte. Alcune saranno a costo zero, che
partiranno subito, altre verranno dotate di un budget». In partenza anche la
collaborazione sul Sin: «Una grande partita - così Sulligoi -. Quando le
istituzioni daranno il via al procedimento, Ezit avrà bisogno di tecnici, di
professionalità e tecnologie che l'università sarà felice di fornire». Il Sin è
solo uno dei possibili campi di collaborazione fra Ezit e università. In
programma iniziative dalla partecipazione congiunta a bandi europei agli scambi
di competenze e personale. «L'85% delle 600 aziende di Ezit è fatto da realtà
con meno di 15 dipendenti - ha detto il direttore Paolo De Alti -. Al contrario
di alcuni giganti, come Illy o Wärtsilä, queste piccole imprese non sono mai
potute entrare in contatto con la ricerca. Da qui l'idea di mediare tramite Ezit
stringendo un accordo con l'università». Enrico Nobile, coordinatore del corso
di ingegneria meccanica, ha elencato come possibili ambiti d'interesse la
microgenerazione energetica e gli edifici ecosostenibili.
Giovanni Tomasin
Piano del traffico oggi in Provincia e Grizon (Pdl)
attacca il Comune - A PALAZZO GALATTI
Questo pomeriggio il Consiglio provinciale si esprimerà sul Piano generale
del traffico urbano del Comune, votando la delibera sul parere da inviare al
Municipio. Per il capogruppo Pdl in Provincia, Claudio Grizon, «il vero tema
critico di questa ipotesi di Piano è quello del monte chilometri disponibile per
il Tpl per coprire tutte le modifiche apportate alla futura viabilità. Il Comune
afferma che dalle sue simulazioni ci sarà, rispetto a tutte le linee, un
risparmio giornaliero di 70 km che farebbero solo 25.480 km annui: troppo pochi
per poter far fronte alle previste future modifiche al trasporto pubblico che
interessano i Comuni minori ai quali la Provincia deve assicurare risposte.
Infatti - continua Grizon - prima dei taglio della Regione di 2,3 milioni di
euro sul 2013 causa la crisi, che hanno portato a una rimodulazione delle linee
e a un taglio di 540 mila km/anno, in vista della prossima gara sul Tpl
regionale per l’ambito triestino erano stati previsti 350 mila km/anno in più
per le nuove esigenze del Tpl provinciale che a questo punto si sono
volatilizzati. La giunta Cosolini ha fagocitato tutti i chilometri per il
trasporto pubblico disponibili strafregandosene dei Comuni minori».
Hera: ecco l’auto elettrica, presto le colonnine di
“ricarica”
Entro il primo semestre del 2014 ce ne saranno una decina, distribuite sul
territorio comunale. Metà in centro, metà in periferia e, più specificamente,
nei paraggi dei parcheggi di scambio che rientrano nel nuovo piano del traffico.
Sono le colonnine per ricaricare le batterie dei mezzi a trazione elettrica che
AcegasAps installerà nell’arco dei prossimi 9/12 mesi in città. «Un lavoro
impegnativo – ha spiegato il direttore della Direzione energia di AcegasAps
Massimo Carratù – ma indispensabile se vogliamo che l’auto elettrica entri a far
parte del vivere quotidiano, nell’ambito di un nuovo modo di interpretare la
mobilità soprattutto urbana». In piazza Unità ha fatto la sua apparizione l’auto
elettrica “targata” Hera, società a capo del gruppo di cui fa parte AcegasAps.
Si tratta di un’auto ibrida (è una Opel), precisa Acegas, con tempo di ricarica
normale tra le 4 e le 6 ore, una velocità massima di 161 chilometri orari e
un’autonomia di 500 chilometri. «Questo mezzo – ha spiegato il direttore
generale di AcegasAps, Roberto Gasparetto – rientra nel progetto che riguarda
l’intera mobilità urbana. In Italia la mobilità elettrica è ancora un desiderio
ma noi intendiamo proseguire su questa strada perché si tratta di dare vita a un
servizio a disposizione del territorio. Le colonnine che realizzeremo saranno
collocate nei punti individuati di concerto con il Comune, in quanto questo è un
progetto che deve crescere sulla base di un piano generale di rivisitazione del
concetto stesso di mobilità urbana». Per favorire la diffusione dei mezzi a
trazione elettrica sono in cantiere particolari agevolazioni: «A Modena e a
Imola – ha ricordato Gasparetto – abbiamo stipulato convenzioni in base alle
quali con 25 euro al mese i clienti possono fare ricariche illimitate. Il vero
obiettivo al quale puntiamo è favorire la diffusione dei mezzi a trazione
elettrica soprattutto in centro, perché è in centro che si registrano i maggiori
livelli di inquinamento atmosferico e di rumore». Fino a oggi uno dei principali
ostacoli all’utilizzo dei mezzi elettrici è rappresentato dai tempi di ricarica,
che vanno dalle 2 alle 6 ore a seconda della potenza del motore. «In futuro – ha
concluso Carratù – questa tempistica si ridurrà di molto e la velocità di questo
processo sarà parallela a quella delle diffusione dei mezzi a trazione
elettrica».
(u.s.)
Contributi per taxi adatti ai disabili - PROVINCIA
La Provincia rinnova anche quest’anno lo stanziamento di fondi per acquisto
o trasformazione di taxi per favorire l’accesso e l’uso di passeggeri con
difficoltà motorie. Le domande di contributi per i titolari di licenza taxi e di
di autorizzazione di noleggio con conducente per acquistare, trasformare,
adeguare i veicoli vanno presentate tra il primo e il 31 ottobre. Per l’anno
incorso è invece sospesa la concessione di contributi per l’acquisto, la
trasformazione e l’adeguamento di veicoli ad uso taxi elettrici, a propulsione
ibrida o con alimentazione a gas. Ulteriori informazioni sul sito
www.provincia.trieste.it.
WWF E CANOTTIERI ADRIA 1877 - Sacchetta, torna la pulizia dei fondali
Dopo la prima fase esplorativa di luglio, riprenderà sabato l’operazione “Un mare di rifiuti” promossa dal Wwf Trieste e dalla Società Triestina Canottieri Adria 1877 per ripulire un tratto di mare in Sacchetta. Il ritrovo è fissato alle 8.30 sul Pontile Istria. A questa fase parteciperanno, oltre ai promotori, la Società Canottieri Trieste e i subacquei dell'Area marina protetta di Miramare. Grazie ai sommozzatori si potrà rimuovere anche alcuni rifiuti ingombranti. L’iniziativa si concluderà con una mostra fotografica al Civico Museo del Mare, dove saranno esposti anche gli oggetti più curiosi recuperati nel corso dell’intervento.
Aperto in Carsiana il Giardino mediterraneo -
SGONICO
Inaugurata l’area di 200 metri quadrati con le piante caratteristiche
delle zone marittime
SGONICO Ai molteplici ambienti già presenti all’interno del Giardino
botanico Carsiana, dalla landa alla boscaglia carsica, dai ghiaioni al bosco
di dolina, dalle rupi costiere agli stagni carsici si aggiunge ora anche il
nuovo Giardino mediterraneo. Inaugurato ieri dalla presidente della
Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat e dal vicepresidente Igor Dolenc, il
nuovo giardino, che occupa circa 200 metri quadri sui 5000 totali di
Carsiana, riunisce al suo interno 27 diverse specie vegetali, quasi tutte
tipiche delle zone di macchia mediterranea presenti in Istria e in alcune
zone costiere della provincia di Trieste, come il sentiero Rilke o il
sentiero della Salvia. La sua realizzazione, materialmente portata avanti,
su progetto della Provincia, dalla cooperativa Rogos, che gestisce il
giardino dal 2011, è stata resa possibile dal Progetto Interreg Sigma 2,
nell’ambito del Programma di Cooperazione Transfrontaliera Italia–Slovenia
2007–2013: quello di Carsiana è uno dei quattro giardini mediterranei
previsti dal progetto per le quattro aree coinvolte, ovvero Friuli Venezia
Giulia, Veneto, Emilia Romagna e la vicina Slovenia. Gli altri tre sono il
Giardino delle erbe di Casola Valsenio (Ravenna), il Giardino della Venezia
Orientale di Bibione e il Giardino mediterraneo di Isola, ancora in via di
realizzazione. Situato nel versante settentrionale di Carsiana, il più
adatto per la sua esposizione a sud e per il microclima più caldo, il nuovo
Giardino mediterraneo, che sarà visitabile a ingresso libero, ha richiesto
circa tre mesi di lavoro. Alcune specie tipiche dell’area mediterranea erano
già presenti all’interno di Carsiana, nel settore dedicato alle rupi
costiere: il mirto, la salvia, il laurentino, il corbezzolo, la fillirea,
l’alloro. Altre sono state piantate ex novo e richiederanno ancora un po’ di
tempo per crescere appieno: la marruca, tipica pianta dell’Istria, il
melograno, l’oleastro, il fico d’India, presente nelle isole Brioni, l’erica
arborea, il finocchio marino, il pino d’Aleppo, il cipresso, diverse varietà
di ginepro, il carrubo, l’elicrisio, pianta nota per le sue proprietà
antinfiammatorie ed antiallergiche, e l’agnocasto, detto anche,
ironicamente, Pepe dei monaci, perché nel Medioevo ne mangiavano i frutti
per sopprimere le loro pulsioni sessuali. La scelta di collocare in Carsiana
il nuovo Giardino Mediterraneo non è stata casuale: «Si è voluto valorizzare
questo sito - spiega Maria Teresa Bassa Poropat -, già noto e prezioso per
l’educazione ambientale dei più giovani».
Giulia Basso
E il proteo finisce sui libri: ecco la guida allo
Speleovivarium - storia naturale
Per la serie “La scienza racconta”, la Società adriatica di speleologia,
presieduta da Sergio Dambrosi, illustrerà quest’oggi alle 18, al Museo di
Storia naturale (via dei Tominz 4), la nuova “Guida allo Speleovivarium
Erwin Pichl”, intitolato a colui che si è maggiormente speso nella
realizzazione di questo originale spazio sotterraneo. L’ingresso è gratuito
sino al limite dei posti mentre la guida è stata realizzata grazie al
contributo della Fondazone CrTrieste. La struttura in cui è ospitato lo
Speleovivarium fungeva da riparo antiaereo nel corso dell’ultimo conflitto
mondiale. Nel gennaio 1990 è stata riattata e aperta nella sua attuale
fruizione. Gli spazi si sono arricchiti di nuove sale con lo scopo di
migliorare la frequentazione degli ambienti ipogei di cui il Carso è ricco.
Di fatto lo Speleovivarium, diretto da Isabella Abbona e ubicato alla fine
di via Guido Reni, è una struttura cittadina, facilmente raggiungibile anche
con un abbigliamento “urbano”. La riapertura della galleria avverrà il 22
settembre e domeniche successive con orario 10-12, associando attività di
laboratorio per ragazzi, oltrecché nell’ambito di Next con orario serale
16-19. Potremmo considerare lo Speleovivariun un luogo didattico, per nulla
dissimile da qualsiasi grotta dell’altipiano: troviamo illustrata la
speleobotanica, la fauna che si trova sotto terra e quella che vi abita solo
temporaneamente, poi aspetti didattici inerenti la speleologia urbana e
subacquea. Dettagliati pure elementi geologici e mineralogici tipici del
nostro circondario. Ogni sezione è arricchita da disegni, fotografie e
diorami che lo rendono maggiormente fruibile. Qui i ricercatori possono
accedere senza corde e caschetti approcciandosi a forme viventi ipogee
sedendosi a un computer per analizzarne gli aspetti più inediti. Presente
pure una sala per esposizioni temporanee oltre a laboratori scientifici e un
vivarium. Una certa attenzione è riservata agli animali del Carso triestino
e, in special modo, al proteo, simbolo della realtà museale. Tutto ciò, nei
sotterranei che portano il visitatore nel sottosuolo, più esattamente sotto
piazza Carlo Alberto. Info su
www.sastrieste.it.
Gianni Pistrini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 settembre 2013
Tav, oggi voto in aula - Ma Sel va contro il suo stesso
assessore
Il partito sulla delibera del “non parere”: «Serve un no» Laureni:
mancano elementi. Bandelli: risibile. Pd schierato
Né sì, né no. Ni. Sulla Tav locale il Comune di Trieste sceglie la terza
via. Una delibera “indecisa” è quella che l’amministrazione comunale, per mano
dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, sottoporrà stasera all’esame del
Consiglio comunale, al primo appuntamento dopo la pausa estiva. Ma si può votare
una delibera che non delibera anche se solo simbolica (visto che non è
vincolante né per la Regione né per il governo centrale)? L’amministrazione
teorizza la non decisione come scelta politica. Ovvero delibera di “non
esprimere parere” sull’Alta velocità ferroviaria Ronchi-Trieste arrivata al
progetto preliminare con alcune, ma non tutte, prescrizioni accolte da
Rfi-Italferr. Ma Sinistra ecologia e libertà ha già annunciato ieri in una
conferenza stampa, preventivamente, che voterà contro la delibera che porta la
firma dello stesso assessore Laureni, che sta in giunta in quota Sel. «Noi
confermiamo il voto contrario dell’altro anno» dice il capogruppo di Sel Marino
Sossi. Una posizione condivisa dalla Federazione di sinistra che ha già
annunciato da tempo il parere negativo. «Serve anche un minimo di solidarietà
territoriale. Visto che tutti i comuni interessati dalla Tav si sono espressi
negativamente, non possiamo far finta di niente» aggiunge Sossi. Una delibera
che non è né carne, nè pesce. Anzi, la delibera era nata con parere contrario
(visto che le Ferrovie non aveva rispettato tutte le prescrizioni a cui Trieste
aveva vincolato il parere favorevole un anno fa), che poi è stato modificato
dall’assessore in un “non parere” nel tentativo di una mediazione impossibile.
«Il Consiglio comunale non può non esprimersi. O sì, o no. Non siamo mica Don
Abbondio» aggiunge Sossi piazzando una citazione scolastica dai “Promessi
sposi”. «C’è il dubbio che non esprimendo un parere resti il parere favorevole
dello scorso anno» spiega Sossi. Il parere favorevole era stato ottenuto
nell’agosto 2012 con il concorso determinante del centrodestra. Per questo Sel
chiede alla maggioranza un voto contrario. «Dopo aver ingoiato un rospo dietro
l’altro, dalla Tares al Park Audace, ora è giusto che sulla Tav siano gli altri
ad allinearsi a Sel. Mi sembra poi che il Pd sia al governo in molti comuni che
hanno votato contro» spiega Sossi. Un appello che per ora cade nel vuoto. «Noi
siamo per la delibera della giunta che sceglie di “non esprimere parere”» chiude
subito Giovanni Maria Coloni, capogruppo del Pd. Ma come la mettiamo con
l’assessore Laureni in quota Sel? «A lui piacciano le mediazioni» allarga le
braccia Sossi. «La delibera è in contrasto con il parere favorevole di un anno
fa, ma propone una pausa di riflessione. Mi spiace che il mio partito non colga
questa differenza - spiega Laureni -. Mi rendo conto che la scelta di esprimere
un parere che di fatto decide di non decidere è un controsenso. Ma non abbiamo
in mano tutti gli elementi per decidere». Difficile fare pronostici sul voto di
questa sera. Le maggioranze in Consiglio variano come il tempo. L’opposizione, a
differenza di anno fa, sembra pronta a dire no a una delibera che non sceglie.
Franco Bandelli (Un’Altra Trieste): «Fa ridere un Consiglio comunale che esprime
un non parere». E Paolo Rovis (Pdl): «Così votiamo no». Un appello che arriva
anche dal mondo ambientalista, con una nota del Wwf, dopo l’audizione di lunedì
scorso e quella di ieri con Italferr: «Ci attendiamo che il Consiglio voti
secondo logica e dignità, esprimendo un parere negativo». “Così è se vi pare”
direbbe Pirandello. E non si riferiva ad alcuna delibera sulla Tav.
Fabio Dorigo
«Qui lo scalo del Nordest Ferrovie, c’è un progetto»
Serracchiani: Moretti verrà a presentarlo la prossima settimana. Sulla
Ferriera opportunità straordinaria: avere il primo finanziamento Ue per le crisi
industriali
Il Porto di Trieste «ha bisogno siano rafforzati il suo retroporto e le
ferrovie». Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia,
è salita sul palco del Ridotto del Verdi dopo Roberto Cosolini. E a lui e
all’intera platea ha annunciato che da parte di «Rfi-Fs c’è un nuovo progetto,
che Mauro Moretti (ad delle Ferrovie dello Stato, ndr) verrà a presentare la
prossima settimana». Una proposta per rendere più efficienti i collegamenti
ferroviari con lo scalo. Cosolini, probabilmente, avrà avuto un sussulto di
soddisfazione in quell’istante. Poco prima, infatti, il sindaco aveva chiesto:
«Riportiamo Moretti al tavolo. È arrivato il momento che le parti, Autorità
portuale e Ferrovie, trovino un accordo e realizzino opere per il Porto e la sua
competitività». Uscendo così dall’impasse in cui versa la trattativa.
Serracchiani ha inoltre risposto senza tentennamenti all’invito del sindaco:
«Certo che ci sono in un patto Regione-città. Lo faremo su alcuni temi
fondamentali». Quali? Il Porto, in primis. «La Regione è ora presente in
Comitato portuale con la sua presidente - ha affermato la stessa governatrice -,
un segnale» perché lo scalo triestino deve «ambire ad essere il porto del
Nordest. Ne abbiamo le potenzialità». E sempre in tema di collegamenti e
infrastrutture, Serracchiani ha elencato gli altri interventi da effettuare con
«un piano di investimenti tecnologici per Campo Marzio» e un’implementazione dei
tratti su rotaia esistenti che arrivano nelle aree portuali. Ci sono «40
milioni» di euro per la «prima tranche» di opere. E tanto per evitare ogni
possibile equivoco: «Se siedo in Comitato portuale è per smuovere le cose.
Governare significa decidere. Spero che la città capisca la centralità del
Porto». In cima all’elenco delle priorità c’è anche la questione Ferriera.
«L’accordo di programma che stiamo cercando di mettere in piedi nell’ambito
delle crisi industriali complesse ha un unico obiettivo: la continuità
dell’attività industriale è possibile solo se c’è il risanamento ambientale del
sito. Il momento è delicatissimo - ha ribadito Serracchiani - e abbiamo
un’opportunità straordinaria: essere il primo caso di finanziamento europeo per
le crisi industriali» finalizzato appunto a «risanamento ambientale e continuità
produttiva» assieme. «Serve - l’appello di Serracchiani in proposito - un
supporto vero di tutta la città». (m.u.)
«Porto Vecchio, niente ostacoli dal Tar»
Il sindaco: l’area si può recuperare se c’è la volontà politica, non
si può perdere un’altra occasione
Non poteva mancare. E infatti il Porto Vecchio è entrato nei cinquanta
minuti del report cosoliniano di ieri. «Il Tar ha detto sostanzialmente che
se c’è la volontà politica si può fare ciò che si vuole nell’area del Porto
Vecchio. E allora con la Regione cerchiamo di costruire perché non si può
perdere un’altra occasione», così Cosolini. Serracchiani ha poi risposto. Il
patto. L’asse targato centrosinistra fra Comune e Regione, cui si aggiunge
anche la Provincia di Trieste, ha rinnovato la propria intesa davanti a fior
di testimoni. Dal Ceo di Generali, Mario Greco, al presidente di
Confindustria Trieste, Sergio Razeto, a esponenti politici e rappresentanti
di istituzioni ed enti cittadini. Quell’asse di cui si era avuto un primo
assaggio concreto ed esplicito nella riunione del Comitato portuale del 26
luglio scorso, quando proprio su Porto Vecchio il pressing guidato da
Serracchiani aveva indotto l’Autorità portuale a ritirare la delibera che
avrebbe dovuto battezzare il subentro dell’Authority al posto di Portocittà
come soggetto titolare della realizzazione delle opere di urbanizzazione
nell’area oggetto di concessione, il tutto con i dialoghi fra via von Bruck
e Portocittà ancora in corso per la chiusura della trattativa dopo la
querelle giudiziaria. Su quest’ultimo aspetto aveva avanzato forti
perplessità la presidente della Regione. La quale, nella stessa seduta, era
poi tornata alla carica su un altro nodo, nello specifico sul Piano
regolatore portuale, dopo le affermazioni del Ministro dell’ambiente Andrea
Orlando secondo cui la pratica era ferma al 16 aprile 2012: dopo le
spiegazioni dell’Authority, Serracchiani aveva comunque invocato «chiarezza.
Il ministro ha risposto a un’interrogazione parlamentare di un senatore
della Repubblica (Francesco Russo del Pd, ndr) - aveva detto la governatrice
-. Chiedo di capire cos’è successo e perché il ministro è arrivato ad
affermare tanto». Nel corso dell’incontro di ieri al Ridotto del Verdi,
infine, Cosolini ha inoltre spiegato come il Comune voglia procedere al
«recupero dell’ex Meccanografico per crearvi opportunità per i giovani e i
talenti giovanili» e, sul fronte turistico, ha calendarizzato l’ultimazione
del «progetto di sistema per il turismo», frutto della collaborazione fra i
vari soggetti interessati: sarà pronto «entro settembre». Pochi giorni
ancora di attesa, insomma.
(m.u.)
SETTIMANA DELLA MOBILITÀ Piano traffico al Revoltella
Proseguono gli appuntamenti della Settimana Europea della Mobilità 2013 (Sem), la campagna promossa da Commissione Ue e Ministero dell’ambiente, alla quale la giunta Cosolini aveva subito aderito. Ispirata al tema “Clean air – It’s your move! - Miglioriamo la qualità dell’aria attraverso le nostre scelte di mobilità”. La manifestazione triestina prevede oggi alle 17.30, all’Auditorium del Museo Revoltella (via Diaz 27), un incontro-tavola rotonda su “Piani e progetti per la mobilità di domani”, a cura di Comune, Legambiente Trieste e Legambiente Fvg. Approfondimenti sul nuovo Piano del traffico e la campagna “Salvaiciclisti” con gli assessori Marchigiani e Martini. residenza Gregoretti “Sardonata di fine estate” Il Comune ricorda che oggi alle 17 si svolgerà alla Residenza Gregoretti nel comprensorio del Parco di San Giovanni, la tradizionale “Sardonata di fine estate”. L’iniziativa sarà accompagnata da uno spettacolo folcloristico e musicale ispirato alla tradizione slovena e carsolina. A seguire, cena con i parenti.
Nell’inceneritore i rifiuti napoletani - AUSTRIA /
PRIMO CARICO
UDINE Da Napoli è partito un treno carico di spazzatura diretto in
Austria. È soltanto il primo di una serie di 103 convogli che trasporteranno
nella repubblica transalpina in tutto 90.000 tonnellate di rifiuti. La
“merce” consiste nella sola frazione umida, la cosiddetta Fut. Viene
prelevata a Tufino e sigillata in container per evitare qualsiasi perdita di
percolato. Il trasferimento dai camion ai carri ferroviari viene effettuato
all’interporto di Marcianise. Il primo convoglio in viaggio per l’Austria
era composto da 36 carri e grosso modo anche i successivi 102 treni avranno
le stesse dimensioni. I rifiuti sono quelli dell’intera provincia di Napoli
che, non essendo ancora in grado di smaltirli a casa propria, è costretta ad
affidarli ad altri. Con costi ovviamente maggiori. Lo smaltitore è stato
scelto con una gara europea. Quello austriaco ha fatto l’offerta più
conveniente. I rifiuti partono così dalla Campania, risalgono l’intera
penisola, scavalcano il Brennero e scendono quindi in Bassa Austria,
destinazione finale Zwentendorf, cittadina lungo il Danubio, nel cuore della
Wachau, tutta colline e vigneti. Da Napoli, come si evince dal resoconti
della stampa locale, si è convinti che in Austria i rifiuti campani saranno
trattati in un impianto di compostaggio. Invece non è così. Benché si tratti
della frazione umida, finiranno tutti nell’inceneritore di Zwentendorf, dove
saranno bruciati assieme alla spazzatura prodotta localmente. L’operazione
dovrebbe durare 18 mesi. L’impianto è in funzione dal 2004, è il più grande
in Austria ed è considerato uno dei più moderni d’Europa. Ha una capacità di
500.000 tonnellate all’anno. L’Austria, con il 63%, ha la più alta
percentuale di riciclo dei rifiuti in Europa (fonte: Agenzia europea
dell’ambiente, rapporto 2010). Ciò che non viene riciclato non va più nelle
discariche (fuorilegge dal 2004), ma negli inceneritori. La costruzione
dell’impianto di Zwentendorf fu preceduta da un referendum e approvata dal
72% della popolazione. A distanza di quasi 10 anni dall’entrata in esercizio
il favore dei residenti è aumentato, perché l’inceneritore produce
elettricità e riscaldamento per le case.
Marco Di Blas
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 settembre 2013
Cubature edificabili in palio per chi ristruttura
“green” - COMUNE»IL NUOVO PIANO REGOLATORE
Meccanismo sperimentale valido per le imprese ma anche per i privati che
potranno utilizzare i diritti acquisiti oppure “venderli” ad altri
È diventato un fiume carsico, sopravanzato dal Piano del traffico che aveva
precedenza. Ma in Comune il nuovo Piano regolatore è tema del momento. A
novembre scadono le salvaguardie, cioé il divieto di autorizzare modifiche sul
territorio in attesa della nuova norma urbanistica. Dopo una imponente serie di
incontri con cittadini e categorie, e con l’analisi geologica già inviata
all’esame della Regione, che fisionomia si sta disegnando per la Trieste targata
Cosolini-Marchigiani, dopo che il fallito “profilo Dipiazza” è stato cassato
dalla giunta di centrosinistra? Ecco le prime anticipazioni, con novità assolute
per Trieste, sulla base della filosofia di base di questo disegno urbanistico:
no al consumo di suolo («peraltro suolo edificabile a Trieste proprio non ce
n’è, è finito» certifica l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani), sì
alla riqualificazione, alla vivibilità, all’unità del territorio e dell’”area
vasta” provinciale e transfrontaliera, al recupero di aree dismesse (Campo
Marzio in primo luogo), di pastini e boschi in Carso. Prima sorpresa. Il Prg
segnalerà zone e quartieri di brutta qualità dove sarà permesso demolire per
meglio ricostruire secondo criteri concordati col Comune. Se quel lotto
rinnovato in via urbanistica e architettonica (ma coi medesimi volumi) avrà
anche un’alta classe energetica, il costruttore guadagnerà metri cubi da
“spendere” altrove, dove permesso, cioé il diritto di innalzare o allargare in
misura pari alla cubatura ottenuta in premio. È un meccanismo sperimentale. Ma
non l’unico. Il secondo, ancora più innovativo e ora in fase di rilascio da
parte dell’avvocatura del Comune (parere-filtro per verificarne la pacifica
congruità giuridica) riguarderà i privati, incentivati a rendere le case
energeticamente più efficienti. È in progetto una “banca dei metri cubi”. Un
giacimento virtuale di diritti a costruire alimentato da chi restaurerà in senso
“green”. Così facendo guadagnerà un certo numero di metri edificabili (come
fossero dei “punti”, altrimenti detti “crediti volumetrici”) che potrà usare in
proprio, o se la sua zona non consente ampliamenti anche in un’altra sua
proprietà situata in area dove il Piano regolatore prevede invece “densificazione”.
Se quel cittadino altri appartamenti non ha, com’è probabile, i suoi metri cubi
di premio confluiranno appunto in una “banca”, alla quale altri, residenti in
zone ampliabili, potranno approvvigionarsi. Pagando il corrispettivo a chi aveva
“versato” quei diritti, che verrà dunque ricompensato per la spesa di restauro
fatta in precedenza. Una leva per spingere dall’interno la trasformazione della
città che il nuovo Prg intende sollecitare. Poi c’è la pianificazione di “area
vasta”. Proprio l’altro giorno Comune e Provincia lo hanno concordato: il Prg
sarà sottoscritto da entrambi gli enti e via via dai Comuni del territorio, e da
quelli confinanti già più volte interpellati, per condividere in un “patto” per
lo sviluppo strategico del territorio le linee di indirizzo su ambiente,
mobilità, identità dei borghi, sviluppo della costa e degli insediamenti
agricoli, industriali e commerciali. Anche la Regione è della partita:
«L’assessore Mariagrazia Santoro - dice Marchigiani - ne è entusiasta, il nostro
lavoro sarà prezioso per il Piano paesistico regionale e il Piano del governo
del territorio». Poi si entra per cerchi concentrici dai pastini del Carso al
sottosuolo e fino al cuore del centro storico. Dove il perimetro verrà ampliato
conservando il disegno del Prg ante-Dipiazza, sarà consentito frazionare
appartamenti troppo grandi e trasformare negozi dismessi in parcheggi. Per il
2015 si annuncia un Piano specifico per l’area. Si sfiora il Porto («i piani
esistenti sono ancora condivisi»), si tocca la zona industriale («”location”
piuttosto misera oggi, da rendere attrattiva e più servita modificando anche via
Flavia, oggi interfaccia della città»). E un’altra novità è l’ideale “Strada
della ricerca”: dall’Altopiano, dove alla discussa ex caserma di Banne è esclusa
ogni ipotesi di nuova residenzialità, all’Ezit, ma anche dentro il tessuto
urbano, il Prg identificherà zone dove l’Area di ricerca potrà insediarsi, non
più esiliata fuori.
Gabriella Ziani
In Carso nuove regole per consentire allevamento e
coltivazione
Nella città di mare si torna a parlare anche di Carso. Il Piano regolatore,
in perfetta intesa con le categorie produttive, ne terrà conto aprendo a
coltivazioni e allevamenti. «Dai colloqui di questi mesi si è capito che
moltissimi sono disposti a intraprendere un’attività - conferma Marchigiani -,
ma ora non è chiaro che cosa è consentito e che cosa no. Faremo linee-guida per
dare a coltivatori e allevatori quello che serve e non di più». Cioè permessi
per capanni, per delimitare, per tornare ad “abitare” un territorio che, pur da
preservare, va anche gestito, in armonia tra «il rispetto dei valori ambientali
e la possibilità di cura attiva da parte di soggetti economici, il territorio -
avverte l’assessore - diventa ancora più instabile e a rischio quando nessuno ha
interesse a prendersene cura. Il paesaggio è frutto dell’opera dell’uomo, se
tale opera viene preclusa il paesaggio degrada». Dunque: Carso attivo.
Parcheggi periferici da Miramare a Valmaura -
CONTENITORI
Un Piano regolatore si calcola debba durare almeno 15 anni, bisogna dunque
immaginare anche strade, vie di accesso, e parcheggi, ed è un capitolo cui
l’assessore Elena Marchigiani tiene molto, per le idee che vi ha immesso.
Partendo dalla constatazione che ci ritroviamo, anche senza averla ben
pianificata, una “corona” interna di parcheggi, che va da foro Ulpiano al Silos
(se si farà), al park Audace sulle Rive (che pare certo), al Park San Giusto
(quasi terminato), alla previsione di un park nella strategica zona di Campo
Marzio candidata a nuova configurazione. «Dobbiamo pensare a una “corona” nella
cintura - dice Marchigiani - e abbiamo individuato i punti-cardine, il primo dei
quali è Miramare (lato via Beirut), per continuare a Opicina, alla cava
Faccanoni, a Cattinara, nell’area stadio di Valmaura. Ma più di tutto abbiamo in
mente un progetto di mobilità innovativo e allo stesso tempo antico: il recupero
della rete ferroviaria che irrora la città, sia sulla cintura intermedia e sia
da Campo Marzio a Opicina». Il Prg suggerirà mezzi a trazione elettrica da
Miramare a Campo Marzio. Il tram (se tornerà in servizio) che sale a Opicina, e
di ritorno collega Opicina alle Rive, dove corre il trenino. In un complessivo
intento di ricollegare un territorio che nelle pieghe del tempo si è un po’
fatto a pezzi: anche mare e Carso avrebbero vie per raggiungersi se fossero
riattivate, e questo è un punto fondamentale per il capitolo turismo che il Prg
non tralascia. Marchigiani lo riassume così: «Città ed entroterra devono essere
strettamente legati sia dall’offerta culturale e sia dall’offerta di produzione
agricola e di forme di ricettività diffuse tanto nell’entroterra quanto sulla
costa».
(g.z.)
La crisi fa crollare gli oneri di urbanizzazione -
Permessi restituiti, dal 2012 a oggi in Municipio richieste di rimborso pari a
oltre un milione di euro
Altro che “stop al cemento”. Il velo nero della crisi porta a Trieste un
fenomeno mai visto. Persone che un tempo si sarebbero considerate fortunate per
aver ottenuto il famoso “permesso di costruire” sui propri terreni, adesso
inondano il Comune di passi indietro. Non solo restituiscono il permesso, e
dunque rinunciano alla nuova casa. Ma avendo iniziato a pagare gli oneri di
urbanizzazione, ora chiedono che il Comune restituisca i soldi versati.
Dall’anno scorso a oggi le richieste di rimborso sono state pari a 1,1 milioni
di euro. Una cifra consistente. Che fra l’altro svuota ancora di più le casse
comunali. Una differenza come tra nero e bianco rispetto agli anni fino al 2010
quando era in discussione il Prg della giunta Dipiazza, con feroci agguati sulle
zone edificabili e roboanti appelli a fermare la cementificazione. Due anni e
mezzo di batoste economiche, e adesso i cittadini rivogliono indietro i loro
soldi. Non resterà davvero che recuperare l’esistente. E anzi occuparsi
piuttosto del sottosuolo. Uno dei problemi più seri affrontati con questo Prg
appare nella relazione geologica (studio stavolta correttamente affidato con
bando). Rivela l’assessore Marchigiani: «Ci sono zone a rischio di smottamento,
o dove costruire è pericoloso, perché tutti i torrenti a Trieste sono “tombati”
dalla città costruita, e vi sono impluvi dove le acque si concentrano. Col Prg
daremo “indici ecologici”, bisognerà lasciare una quota di superficie scoperta,
permeabile». Ma sottoterra c’è un altro grande problema. Reti vetuste, anche se
quella del gas è tutta in restauro. «I costi di adeguamento, quando si restaura
un immobile, sono altissimi - prosegue Marchigiani - e i contenziosi alti:
quanto è giusto che l’impresa paghi, come si può distinguere un lavoro di
allacciamento da uno di adeguamento? Scavando si trova di tutto. Vorremo avere
una valutazione preventiva da Acegas, in modo da scomputare certi oneri alle
imprese». Ma in questo quadro, dove la pressione della città è così in calo,
«anche predisporre un Prg è difficile - conclude l’assessore -, cambia sotto gli
occhi la richiesta del mercato, delle imprese. Saremo comunque flessibili,
aperti sempre a osservazioni e consigli». Prima di tutto però il Prg dovrà
passare nelle circoscrizioni e poi in Consiglio comunale.
(g. z.)
Nato il progetto di un geoparco del Carso italo-sloveno
- COLLABORAZIONE
Nel corso del workshop organizzato dalla Provincia al Magazzino delle idee e
dedicato alla possibilità di costituire un Gruppo europeo di Cooperazione
territoriale del Carso (Gect) è stato presentato uno studio di valutazione per
la realizzazione di un Geoparco del Carso. L’iniziativa rientra nel progetto
“Carso/Kras - Gestione sostenibile delle risorse naturali e coesione
territoriale” finanziato dal Programma di cooperazione transfrontaliera
Italia-Slovenia 2007-2013 del quale l’amministrazione provinciale è soggetto
partner. Obiettivi del progetto sono: promuovere l’integrazione territoriale
dell’area del Carso come uno tra i territori transfrontalieri più importanti fra
Slovenia e Italia e sviluppare una serie di strategie comuni che consentano la
gestione sostenibile del territorio. «Da una parte – ha detto il vicepresidente
della Provincia Igor Dolenc - la costituzione di un Gect del Carso permetterebbe
agli enti locali del territorio italiano e sloveno di dotarsi di uno strumento
giuridico permanente di cooperazione a livello comunitario che consenta di
attuare progetti di cooperazione confinanziati dalla Comunità europea,
dall’altro è emerso che il Carso possiede tutte le caratteristiche geologiche,
ecologiche, ambientali e culturali per essere riconosciuto come Geoparco, sia
come parte della rete dei Geoparchi europei sia con riferimento alla rete
globale dei Geoparks di Unesco». In un geoparco infatti, gli aspetti fisici del
territorio e le iniziative di conservazione del patrimonio geologico si
integrano con strategie di sviluppo sostenibile. La “geodiversità” e la
“biodiversità” vengono tutelate e valorizzate e diventano contemporaneamente
risorsa economica indirizzata verso il geoturismo. Le due soluzioni proposte, la
costituzione di un Gect e di un Geoparco del Carso, potrebbero dunque facilmente
integrarsi. Alla riunione hanno preso parte i rappresentanti dell’Università di
Capodistria e dei Comuni di Trieste, Sgonico, Monfalcone, Monrupino, San Dorligo
della Valle, del Servizio Geologico regionale, del Gal, della Grotta Gigante.
Porto, sul Piano regolatore appena da sentire i
cittadini - LE SPIEGAZIONI DI MARCONE - Il documento era in rotta di collisione
con il rigassificatore
Assieme agli enti e alle associazioni hanno 60 giorni per le
osservazioni.
Poi dovranno valutarle sia ministero che Authority: i
tempi si fanno biblici
Dopo quasi tre anni e mezzo di “buio” riparte l’iter del Piano regolatore
del porto. Sarà pubblicato domani sulla Gazzetta ufficiale l’avviso con cui
l’Autorità portuale comunica di aver presentato il primo agosto al Ministero
dell’Ambiente l’istanza per l’avvio della Valutazione d’impatto ambientale (Via)
- Valutazione ambientale strategica (Vas) integrata. E da domani scattano i
sessanta giorni entro i quali i cittadini, le associazioni, gli enti possono
presentare osservazioni relativamente allo stesso Piano, allo Studio ambientale
integrato e alla Sintesi non tecnica che sono depositati per la pubblica
consultazione ai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali, in Regione, in
Provincia, nei municipi di Trieste e Muggia e all’Authority stessa. Questo
passaggio deve essere preceduto dalla pubblicazione dell’avviso su un quotidiano
regionale, ma per farlo l’Authority ha scelto Il Gazzettino rendendolo
invisibile a pressoché tutti i triestini. Come spiega il direttore tecnico
dell’Autorità portuale, Eric Marcone, le osservazioni giungono direttamente al
Ministero che, scaduti i termini ne fa una prima scrematura. Quelle ritenute
valide vengono sottoposte all’Authority che a propria volta le valuta. Il Piano
con le eventuali integrazioni o cancellazioni viene rispedito a Roma prima
dell’esame finale per l’emissione del decreto di Via. Quindi il documento passa
alla Regione per l’approvazione definitiva. Tempi non vengono fatti, ma come si
comprende non saranno certo brevi. Il nuovo Piano era stato adottato dal
Comitato portuale ancora il 14 maggio 2009, quasi quattro anni e mezzo fa. É di
quasi tre anni e mezzo fa, cioé del 21 maggio 2010, il parere favorevole da
parte del Consiglio superiore dei Lavori pubblici: la strada pareva spianata e
invece il documento si è inabbissato. Dove e perché non lo ha spiegato nessuno
finchè il ministro dell’Ambiente Francesco Orlando il 25 luglio rispondendo a
un’interrogazione del senatore del Pd Francesco Russo non ha chiarito che la
procedura era stata interrotta nell’aprile 2012 dall’Autorità portuale, data in
cui l’allora ministro Clini aveva invano chiesto a Trieste la documentazione per
far partire il secondo step autorizzativo del suo dicastero. L’arcano aveva
tentato di chiarirlo lo stesso Marcone nell’ultimo Comitato portuale. «La
Commissione Via-Vas nel marzo 2012 aveva specificato che lo Studio integrato
ambientale avrebbe dovuto contenere il rigassificatore, non previsto però nel
nuovo Piano regolatore». Allora è partito lo studio sullo sviluppo dei traffici
portuali, il ministro dell’Ambiente ha stoppato l’efficacia della Via al
rigassificatore chiedendo o a Gas Natural di rivedere l’ubicazione dell’impianto
o all’Authority di modificare il Piano. «La nostra Commissione tecnica - ha
specificato Marcone - ha rilevato come non sia percorribile la rideterminazione
del Piano». Fatto sta che in data 19 agosto, come ha fatto sapere il sindaco
Cosolini, il Ministero ha chiesto ancora alcune integrazioni all’Authority. E
oltretutto la strada del Piano rischia di nuovo di incrociarsi con il
rigassificatore: il 18 ottobre scadranno i sei mesi di sospensione decretati da
Clini al progetto di Gas Natural che se non verrà cassato dal Governo potrebbe
ritrovare collocazione a Zaule, facendo carta straccia del piano del porto.
Silvio Maranzana
Rigassificatore, l’Ue cede la palla a Roma
La vicepresidente della Commissione Reding arriva a Trieste e assicura:
«Aspettiamo la valutazione ambientale italiana»
TRIESTE La Commissione europea rimette all’Italia la decisione
sull’opportunità o meno di realizzare un rigassificatore a Zaule. Dopo che nei
mesi scorsi Bruxelles aveva definito «strategico» un impianto nell’Alto
Adriatico, senza però specificare la locazione, ieri a Trieste la vicepresidente
della Commissione Viviane Reding ha aggiustato il tiro. «Prima di arrivare qui
ho parlato con i colleghi della Commissione: mi hanno detto che si attende la
conclusione della nuova valutazione di impatto ambientale italiana prima di
pronunciarsi nel merito». Reding è sbarcata nel capoluogo regionale per l’ultimo
incontro di un tour che ha portato i rappresentanti dell’Unione a incontrare i
cittadini europei: accompagnata dal ministro agli Affari europei Enzo Moavero
Milanesi, alla presenza della governatrice Debora Serracchiani, Reding ha
risposto alle domande di ottocento italiani, sloveni e croati. Diverse le
osservazioni fatte dai triestini in merito al rigassificatore, mentre fuori
dalla Stazione marittima circa duecento persone protestavano contro il progetto.
Moavero ha posto l’accento su come il governo italiano abbia «appositamente
sospeso per sei mesi la procedura di Via per confrontarsi con il territorio e le
istituzioni locali», aggiungendo poi che «la Commissione europea discuterà di
questo argomento nelle prossime settimane e, come ha detto Reding, di certo
starà a sentire il parere dell’Italia». Su quale sia questo parere, però, il
ministro ha preferito non sbilanciarsi. In apertura dell’incontro il sindaco di
Trieste Roberto Cosolini ha colto l’occasione per ribadire la contrarietà delle
istituzioni locali non tanto alle necessità strategiche di rifornimento
energetico europee, quanto «a questo specifico progetto, che per la sua
locazione ha sollevato criticità ben precise di carattere ambientale e in ambito
di sicurezza». Ma nel dibattito di ieri non si è parlato soltanto di
rigassificatore. Prima dell’incontro con i cittadini, Reding ha spiegato lo
spirito dell’iniziativa: «Il dialogo transfrontaliero di Trieste riunisce
cittadini di quattro paesi vicini e rappresenta un esempio importante di ciò che
veramente significa un’Europa senza frontiere. Non dobbiamo mai dimenticare che
il diritto alla libera circolazione di ogni cittadino europeo è un bene da
tutelare e proteggere. Non è negoziabile. L’allarmismo populista intorno al
turismo sociale non ha spazio in Europa. Dobbiamo restare fedeli ai principi che
sono alla base dell’Unione europea e la libera circolazione è il nucleo di ciò
che l’Ue è e rappresenta». Il pubblico, attraverso un sistema di consultazione
elettronica, ha espresso la sensazione di non essere ascoltato dalle istituzioni
europee: «L’ascolto c’è in incontri come questo ma non solo - ha risposto Reding
-. Le elezioni europee a cui ci stiamo avvicinando sono una tappa
importantissima per il dialogo fra l’Unione e i suoi cittadini, ed è pertanto
fondamentale che gli elettori scelgano i loro europarlamentari e li votino in
maniera tale da veder rappresentate le loro istanze nel migliore dei modi».
Conversando con la stampa, Moavero ha parlato delle prospettive generate dai
finanziamenti europei: «Penso che parlare di Europa matrigna in Italia sia
particolarmente fuorviante. Siamo alla fine del periodo del bilancio europeo
2007-2013 e abbiamo ancora il 60% di fondi strutturali da spendere. Sono circa
16 miliardi. Con il cofinanziamento nazionale obbligatorio fanno circa 30
miliardi. Nel programma finanziario europeo 2014-2020 ci saranno oltre 29
miliardi per l’Italia che con il cofinanziamento nazionale fanno circa 58.
Stiamo parlando quindi da adesso al 2020 di una somma pari a circa 85-90
miliardi di euro a disposizione della crescita economica e della creazione di
posti di lavoro». A dar man forte, sottolineando l’importanza di far capire che
«essere cittadini europei, soprattutto per le giovani generazioni, è il futuro»,
la governatrice ed ex europarlamentare Serracchiani.
Giovanni Tomasin
E in piazza arriva la protesta “eterogenea”
Duecento manifestanti davanti alla Marittima: si va dai grillini agli
ecologisti, da Trieste Libera a Sel
TRIESTE Sono da poco passate le 17, quando la vice presidente della
Commissione europea Viviane Reding esce dal Centro Congressi della Stazione
Marittima, al termine del “Dialogo con i cittadini”: ad attenderla circa
duecento manifestanti che, quando si accorgono che sta lasciando l’edificio
dalla porta opposta a quella prevista, scortata dal servizio d’ordine, accennano
ad una contestazione, spostandosi in blocco con tanto di cori e striscioni.
Reding sfreccia via in automobile, protetta dal cordone di sicurezza, mentre gli
agenti in tenuta anti sommossa evitano che ci sia il minimo contatto. È stato
l’unico momento di tensione nel pomeriggio di protesta organizzato nel piazzale
della Stazione Marittima contro il rigassificatore. I primi striscioni compaiono
già poco prima delle 14: l’area è completamente transennata ed occupata dai
mezzi blindati di polizia e carabinieri, mentre all’esterno il clima rimane
sostanzialmente tranquillo. In realtà sembra di assistere a due presidi
distinti: da una parte le associazioni ambientaliste, con i loro interventi al
microfono e con gli striscioni “Trieste dice no ai rigassificatori” e “Giù le
mani dal golfo di Trieste”. Dall’altra i rappresentanti del Movimento Trieste
Libera con le immancabili magliette e bandiere e con gli striscioni che
inneggiano al Tlt, ma anche con un eloquente “Rigassificatore game over”. Stesso
obiettivo dunque, ma motivazioni di fondo diverse. «Stiamo portando avanti una
battaglia che dura da anni e dove l’aspetto più importante è quello della
sicurezza - spiegano Dario Predonzan del Wwf ed Ettore Calandra di Legambiente
-. L’unica strada da percorrere è quella di annullare definitivamente la
Valutazione di impatto ambientale viziata da errori e ripartire da zero». Una
questione che invece non si pone nemmeno per gli esponenti di Trieste Libera.
«Non ha nessun senso parlare di rigassificatore, in quanto le leggi italiane non
hanno alcun valore all’interno del Porto di Trieste - dice Roberto Giurastante
-. Il convegno di oggi è solo una campagna elettorale dell’Ue che cerca di
convincere i cittadini ad andare al voto il prossimo anno». Nel piazzale
sventolano anche le bandiere di Rifondazione comunista, Sel, Comunisti Italiani
e Movimento 5 Stelle. «Il rigassificatore porterebbe alla fine del Porto di
Trieste, ma c’è qualcuno che non vuol rispettare la volontà popolare» il
commento del consigliere comunale Marino Andolina, mentre per Stojan Spetic,
segretario regionale dei Comunisti Italiani: «Siamo di fronte ad una Europa che
limita la democrazia e finge di ascoltare i cittadini». Secondo Giulio Lauri di
Sel è l’«attuale governo che adesso deve far valere la posizione già espressa
dai cittadini e dalle istituzioni locali», mentre per il grillino Paolo Menis è
«fondamentale la partecipazione dei cittadini, troppo spesso messa sotto i piedi
e ignorata anche a livello europeo».
Pierpaolo Pitich
Auto elettriche, il Comune si attiva - Si punta a
predisporre entro dicembre il piano delle colonnine di rifornimento
Entro il prossimo anno Trieste avrà il suo piano di distribuzione sul
territorio delle colonnine di rifornimento per le automobili elettriche. È
questo l’annuncio dato ieri dall’assessore comunale per la Mobilità e il
Traffico, Elena Marchigiani, nell’ambito dell’incontro svoltosi all’Auditorium
del Revoltella, che aveva per tema il cosiddetto “car sharing” e che ha visto la
partecipazione dell’assessore provinciale Vittorio Zollia, di Massimo Carratù,
direttore della Direzione Energia di AcegasAps spa, di Giovanni Piccoli,
direttore di area in AcegasAps e del docente universitario Romeo Danielis. Nel
corso dell’appuntamento, inserito fra gli eventi della Settimana europea della
mobilità, che si concluderà lunedì prossimo, Marchigiani ha anche sottolineato
che «il car sharing (il meccanismo che prevede l’uso di un’automobile in luogo
del suo acquisto, pagando un noleggio alle aziende fornitrici dei mezzi, ndr)
non è la soluzione per una città delle dimensioni di Trieste. Non a caso - ha
aggiunto - il car sharing si sta sviluppando soprattutto a Milano, dove c’è una
grande area metropolitana. Per Trieste - ha proseguito - immagino invece una
crescita del cosiddetto “car pooling”, meccanismo che prevede comunque che uno
degli utilizzatori del mezzo sia anche proprietario, mentre gli altri pagano i
consumi e la manutenzione». Carratù, in questo contesto, ha annunciato che
«entro il 2015 Trieste sarà inserita nel novero delle città italiane dove si
sperimenteranno le nuove filosofie di mobilità sostenibile. L’automobile
elettrica è il futuro - ha ribadito - perché riduce i consumi, l’inquinamento,
in quanto produce la metà di co2 di un motore termico, e la dipendenza dal
petrolio estero». A cura dell’AcegasAps, per tutta la settimana un’automobile
elettrica sarà visibile in piazza dell’Unità d’Italia: «Se ne potranno capire
utilizzo e modalità di ricarica - ha concluso Carratù - e ricordo che l’azienda
sta predisponendo un progetto che prevede incentivi per le le ricariche». Romeo
Danielis ha voluto puntualizzare che «le emissioni dipendono anche dalla
dimensione dei mezzi. Quelli più grandi inquinano molto anche se elettrici, se
si considera l’intero ciclo dei consumi. Le automobili elettriche - ha spiegato
il docente universitario - sono una soluzione soprattutto se combinate con un
valido e moderno sistema di produzione, bisogna cioè utilizzare le fonti
energetiche rinnovabili. L’auto elettrica - ha proseguito Danielis - diventa
economicamente interessante quando si fanno almeno 15mila km all’anno». Zollia
ha osservato che «il problema principale è il cambio di mentalità, processo
piuttosto complesso e di non immediata attuabilità. Non sempre il passaggio
all’elettrico comporta un miglioramento sotto il profilo dell’impatto ambientale
- ha affermato, riprendendo il ragionamento di Danielis - in quanto serve una
complessiva modifica di abitudini e atteggiamenti verso la mobilità urbana».
Ugo Salvini
Settimana della mobilità - Gli appuntamenti
Continuano oggi le iniziative in occasione della Settimana della mobilità.
Stamattina Un capo in B(ici) – Caffè e brioches a chi va al lavoro in bici dalle
8 alle 9 in piazza Unità d’Italia a cura del Comune con il supporto di Audace
Cafè. Poi è la volta di Alleyfish Sardoni sudai. Si tratta della prima caccia al
tesoro in bicicletta lungo le vie In riva Traiana 1/3 iscrizioni 17.30 – 19.00;
partenza AlleyFish 19.30. Domani alle 17.30 all’auditorium del Museo Revoltella
a cura del Comune e di Legambiente “Il nuovo Piano del Traffico: i mutamenti
nella mobilità, gli impegni futuri, la campagna “#Salvaiciclisti”, con gli
assessori Elena Marchigiani e Fabiana Martini. È prevista anche la
partecipazione alla tavola rotonda anche Mariagrazia Santoro, assessore
regionale alla Mobilità.
I grillini cavalcano lo scandalo Italferr «E ora
Serracchiani si esprima sulla Tav»
La “bufera Tav” arriva in Regione dopo l’arresto di Maria Rita Lorenzetti,
presidente della società di progettazione Italferr spa. M5S chiama infatti in
causa Debora Serracchiani a mezzo interrogazione: «Italferr, in nome e per conto
di Rfi, ha predisposto il progetto della “Nuova linea AV/AC Venezia-Trieste” -
ricorda il consigliere regionale Cristian Sergo - Il 31 maggio è stata inviata
alla Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale e alla nostra
Regione la documentazione relativa alla sola tratta “Ronchi dei
Legionari-Trieste” e non all’intero progetto. Inoltre non risulta che il
proponente abbia dato avviso al pubblico del deposito dei nuovi elaborati,
secondo la procedura prevista, senza dimenticare che la quasi totalità degli
enti locali interessati all’opera ha già dato un parere negativo». Da qui il
pressing su Serracchiani: «Vogliamo sapere quale posizione intenda assumere la
giunta in merito alla procedura autorizzativa dell’opera, che si basa proprio
sul progetto preparato da Italferr».
Nesladek a Dipiazza: «Avete fatto solo guai»
Sul “caso Acquario” il sindaco di Muggia replica al consigliere regionale
e suo predecessore. E lo avverte: le indagini della magistratura non sono finite
MUGGIA «Caro Roberto (Dipiazza), evidentemente il tuo successore (Gasperini,
n. d. r.) non ti ha reso edotto dei guai in cui siamo trovati dopo la
realizzazione da parte vostra di quel terrapieno e dopo l'inclusione della costa
nel Sito Inquinato Nazionale». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha voluto
replicare così all'ex primo cittadino rivierasco, oggi consigliere regionale,
Roberto Dipiazza dopo l'intervento di quest'ultimo sul futuro del terrapieno di
Acquario. «Vediamoci, se vuoi anche pubblicamente, così i cittadini sentono -
prosegue Nesladek che ha voluto lasciare alle pagine virtuali di Facebook la sua
replica a Dipiazza – […]Ti racconterò di tutto il lavoro fatto in questi anni,
dei costi, non certo bassi come tu dici, per la rimessa in sicurezza, dei
procedimenti giudiziari non certo chiusi che hanno impedito e a tutt’oggi
rallentano la bonifica. Ti racconterò anche che ora, dopo un lungo periodo di
torpore, finalmente anche la Regione si sta muovendo: la Serracchiani conosce il
problema e siamo fiduciosi che finalmente riceveremo l'aiuto che ci serve per
risolverlo. Detto questo, dopo che ci saremo chiariti su questi argomenti, sarò
ben felice di avere il tuo aiuto perché queste cose non sono una bandiera di una
parte politica, ma di tutta la città». Un intervento pacato ma deciso quello di
Nesladek, che ha voluto replicare all'interrogazione sottoscritta in Consiglio
regionale da Dipiazza nella quale il capogruppo di Autonomia Responsabile
sollecitava la Regione “a predisporre uno studio per realizzare un lungomare
balneabile sul genere di quello di Barcola, che preveda una pista ciclabile sino
al confine di Lazzaretto” accelerando il “progetto di interramento Acquario nel
Comune di Muggia, considerata l'attrattiva turistica e le ricadute che il
litorale muggesano può assicurare grazie alla sua posizione geografica di
collegamento con la vicina Istria”. Il sindaco Nesladek ha poi evidenziato come
“sulle responsabilità di quanto accaduto ci penserà la magistratura che su
Acquario sta continuando ad indagare in quanto il reato di omessa bonifica non è
stato eliminato dalla nostra normativa”, a differenza dunque da quanto sostenuto
nella sua interrogazione da parte di Dipiazza. A supportare invece il
consigliere regionale di centrodestra è il consigliere comunale del Pdl
muggesano Claudio Grizon. «Roberto Dipiazza ha ragione, sul futuro dell’area ex
Acquario bisogna accelerare e trovare in Regione le risorse necessarie per
avviare finalmente la bonifica, la progettazione ed i lavori per realizzare
anche a Muggia una costa sviluppando il modello di Barcola. I problemi del
passato se non sono risolti ci manca poco e in questi sette anni e mezzo il
centrosinistra a onore del vero ha fatto la sua parte. Ma visto il tempo
trascorso, lo stato dei bilanci comunali, il patto di stabilità e le lungaggini
burocratiche è impensabile che Muggia possa farcela da sola». A confermare
l’esigenza di una regia e “magari di un’azione diretta” della Regione, come
auspicato da Dipiazza, ci sono anche i ritardi sull’avvio del progetto di
recupero della costa finanziato dalla giunta Tondo nel 2011 con ben 1,3 milioni
di euro su 2 milioni del costo previsto per l’intervento. «Il decreto di
assegnazione del finanziamento imponeva il rendiconto delle spese già entro
quest’anno e se non ci sarà una proroga - conclude Grizon - il finanziamento è a
rischio».
Riccardo Tosques
«A Stramare onde magnetiche poco pericolose» - LA
RISPOSTA DEL COMUNE
MUGGIA «L’inquinamento elettromagnetico derivante da tralicci di telefonia
mobile, come attestato scientificamente oltre che dai tecnici del Comune, non
solo è a livelli bassi, ma non è neppure paragonabile con quello dei
radio-televisivi, come quello a cui è purtroppo sottoposta la zona di Chiampore».
Fabio Longo, assessore all'Ambiente del Comune di Muggia, cerca di gettare acqua
sul fuoco in seguito alla polemica scaturita dalla nuova antenna di telefonia
mobile sorta in via di Stramare sopra l'abitazione di un privato, una volta
utilizzata come centralina dell'Enel «Il Comune di Muggia, per quanto al di
fuori del rapporto tra privati che ha generato il sorgere del traliccio nella
zona in questione, non ha sottovalutato l'inquinamento elettromagnetico
derivante – prosegue Longo - e da due settimane ormai, l’Ente ha posizionato la
strumentazione necessaria al rilevamento elettromagnetico in assenza di antenne
per ricavare, dal confronto con quelli successivi, le misurazioni necessarie a
poter verificare poi i risultati di questi monitoraggi con i dati presentati nel
progetto del traliccio». Risultati che non sono ancora stati elaborati ma che
verranno resi noti ai cittadini. L'esponente dell'Italia dei Valori ha poi
rimandato al mittente la richiesta di dimissioni avanzate da Giorgio Jercog,
portavoce del Comitato dei Cittadini di Zaule. «Sorprendono le dichiarazioni del
signor Jercog considerando che, a margine dell’assemblea in sala Millo, sembrava
aver ben capito che, come in questo caso, l’Ente non ha mai alcun potere in un
rapporto tra privati». Pur essendo concordi nel preferire una localizzazione
diversa del traliccio in oggetto, «lo stesso – continua Longo - non contrasta
col nuovo Piano delle antenne di telefonia imposto dai privati ai sensi della
legge statale e non si erge su un terreno comunale nel quale l’ente potrebbe,
quindi, agire come già successo in passato». In questo scenario, Longo ha
ricordato l’incontro avuto con i cittadini relativamente all’eventualità di un
traliccio ad Aquilinia, «verso il quale, non rispondendo ai requisiti necessari,
io abbia espresso, in qualità di assessore, parere negativo potendolo fare in
quanto titolare del diritto di proprietà dell’area». Il concetto appare chiaro:
«Se l’Ente si trova in questa situazione è perché lo Stato ha tolto quasi ogni
potere ai Comuni». Nello specifico contesto del traliccio in oggetto, il Comune
aveva sottoposto la possibilità di spostarsi su altre aree private. Ottenendo
però un rifiuto.
(ri. to.)
Via alla sistemazione delle sponde del Timavo - DUINO
AURISINA
Primo passo verso la realizzazione del futuro parco, chiave del rilancio
turistico della zona
DUINO AURISINA Via libera, finalmente, all'intervento di sistemazione delle
sponde del Timavo, primo passo verso il futuro parco sulle cui sorti la
collettività ripone consistenti speranze di rilancio turistico ed economico.
L'amministrazione ha indetto un'indagine di mercato, sulla base della migliore
offerta, tra cinque soggetti aspiranti idonei e a breve farà partire le lettere
di invito a partecipare all'operazione. L'atto di indirizzo è una determina
dirigenziale a firma di Marco Cartagine e Michela Carone, rispettivamente
responsabili dei servizi Lavori pubblici e Finanziari, pubblicata all'albo
pretorio del Comune. La messa in sicurezza e sistemazione ambientale delle
sponde delle risorgive del fiume Timavo è collegata all'avvenuta bonifica di
ordigni bellici, conclusa a fine 2010 con la rimozione di tutte le bombe che nel
secondo dopoguerra erano state gettate alle foci del fiume. Un intervento di
sminamento reso possibile dai contributi, in più tranche, erogati
dall'assessorato regionale alla Protezione civile (256mila euro decretati nel
2007 e ulteriori 102mila nel 2010) e condotto dal nucleo Sdai di Ancona della
Marina militare. Anche il Comune aveva contribuito con somme proprie (14.568
euro) alla disponibilità finanziaria. Da ricordare che la presenza dei residuati
bellici per anni aveva impedito le immersioni dei sub e bloccato ogni sviluppo
del sito. L'intervento di bonifica e messa in sicurezza constava di una serie di
fasi quali l'individuazione degli ordigni, l'asporto e il brillamento degli
stessi, nonché il successivo ripristino dello stato dei luoghi. E proprio sul
ripristino ambientale l'amministrazione si sta concentrando ora. Trattandosi di
manutenzione ordinaria, le somme necessarie risultano svincolate dal Patto di
stabilità e possono dunque essere impiegate assicurando così la concreta
attuazione dell'intervento. Una sistemazione imprescindibile nell'ottica del
progetto del Parco del Timavo e della Cernizza, delineato nel 2000 come ambito
A3 attraverso la variante 18. E intanto qualcosa si muove, dopo gli annunci di
un anno fa, anche sul versante delle Falesie di Duino, prima riserva naturale
creata dallo Stato. Il presidente della Seconda commissione consiliare, Maurizio
Rozza, ha indetto per giovedì alle 9 una seduta il cui tema centrale sarà
totalmente incentrato sul regolamento della riserva regionale, per disciplinare
una volta per tutte il modo in cui i residenti di Duino Aurisina, i turisti, le
scolaresche, i biologi o gli uomini di mare si devono rapportare a questo
habitat. La filosofia è quella di fare in modo che la riserva, interamente
racchiusa nel territorio comunale, non si trovi a essere un'isola a se stante.
Tiziana Carpinelli
Visite naturalistiche in Val Rosandra
SAN DORLIGO DELLA VALLE Ancora una domenica dedicata alle proposte
naturalistiche promosse dal Comune di San Dorligo della Valle per la
valorizzazione della riserva naturale della Val Rosandra per offrire la
possibilità di apprezzare il territorio grazie agli itinerari guidati condotti
dalle guide naturalistiche in lingua italiana e slovena. Il fine è permettere di
conoscerne le caratteristiche ambientali e culturali, per viverci dentro in modo
consapevole e partecipare alla sua valorizzazione e tutela. Domenica 22
settembre la passeggiata naturalistica prevede un approfondimento sulle acque
della Val Rosandra in un percorso tra storia e storie degli usi dell’acqua in
questo territorio ricco di natura e tradizione. L’itinerario comprende anche la
visita al Centro Visite della Riserva. Gli stessi itinerari saranno ri-proposti,
con un clima più fresco e altri spunti naturalistici, a partire dalla domenica
29 settembre, e a seguire nei giorni 6, 20 e 27 ottobre. Tutte le attività sono
gratuite e prevedono sempre la contemporanea presenza di due guide: per
prenotare le visite in lingua italiana è necessario contattare il numero 0039
333 9339060 (da lunedì a venerdì dalle 10 alle 13) oppure scrivere una mail a
carso@riservamarinamiramare.it; mentre per le visite in lingua slovena i
contatti sono: tel. 0039 040 8329237 - (da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13) -
mail: info@riservavalrosandra-glinscica.it Affinchè la partecipazione alle
uscite vada a buon fine è necessario ricevere conferma dallo staff sulla
avvenuta iscrizione.
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 settembre 2013
E oggi la protesta contro il rigassificatore
Partiti e associazioni davanti alla Marittima in occasione dell’incontro
con Reding e Moavero
E oggi un’altra manifestazione a Trieste. Alle 14.30 davanti alla Stazione
marittima si ritroveranno tutti i contrari al rigassificatore, dalle
associazioni ambientaliste, a Sel, a Rifondazione comunista, all’Idv, ai
Comunisti italiani, mentre il Pd riafferma la propria contrarietà ma rimette in
luce anche quanto accadrà dentro la Stazione marittima, prenotata per un evento
di portata europea, l’incontro conclusivo di “Citizen’s dialogue”, con la
vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding e il ministro per gli
Affari europei Enzo Moavero Milanese. Ieri la Reding è stata ricevuta in
Municipio dal sindaco Roberto Cosolini e dalla vicesindaco Fabiana Martini.
Cosolini ha illustrato sia «il continuo dialogo con tutti i cittadini» e sia i
rapporti con le nazioni confinanti «ormai superati i “muri” e le
contrapposizioni ideologiche», sottolineando però le «persistenti significative
difficoltà nei collegamenti in primo luogo ferroviari». La vicepresidente della
Commissione europea ha chiesto informazioni sul sistema scolastico e
sull’integrazione dei bambini di diverse provenienze, mostrandosi molto
interessata alla storia e attualità di città multietnica e multireligiosa di
Trieste. Ha chiuso l’incontro, definendo nel Libro d’oro la città “meraviglia
della storia del nostro continente”, affermando: «Non si sarebbe potuto
scegliere un luogo più appropriato per concludere la manifestazione “L’Europa
incontra i cittadini”». Ma fuori dalla Stazione marittima (800 gli iscritti a
parlare) ci sarà chi lancia all’Europa il “no” a Gas natural (contro cui proprio
Trieste Libera manifestò in piazza lo scorso autunno). «No al rigassificatore,
sì a una Unione europea che organizzi tanti “Citizen’s dialogue” per essere
vicina ai propri cittadini» dice il Pd, mentre per i Comunisti italiani Bruna
Zorzini parla di “sapore di beffa” nel commentare il parere favorevole del
premier Letta, «in spregio alle volontà delle popolazioni». Per il Pdci «il 18
ottobre il progetto riprenderà il percorso dell’autorizzazione unica, scade la
sospensione di efficacia decisa dall’ex ministro Clini: no a politiche
economiche che devastano territorio e impoveriscono i cittadini». Mario Marin,
coordinatore provinciale Idv, annuncia adesione alla protesta anche in
considerazione della lettera aperta indirizzata su queste pagine da Paolo Rumiz
alla Reding e a Letta stesso. Interviene infine la deputata di Sel Serena
Pellegrino: «Il rigassificatore di Trieste è un progetto da fermare».
AFFARI EUROPEI - Reding e Moavero sbarcano a Trieste
La presidente della Regione, Debora Serracchiani, la vicepresidente dell’Unione europea, Viviane Reding, il ministro per gli Affari regionali, Enzo Moavero Milanesi, e il direttore responsabile dell’Ansa, Luigi Contu, presenteranno oggi alle 17.15 nel Palazzo della Regione a Trieste il nuovo portale denominato “Ansa Nuova Europa” dedicato all’informazione politica ed economica del Centro-Est Europa e dei Balcani nel corso di una conferenza stampa in diretta web su www.fvg.tv. In precedenza Reding e Moavero incontreranno i cittadini.
Chiesa: “Alternativa” per questo Paese - L’INCONTRO
NELL’AMBITO DELLA TRE GIORNI DELLA CGIL
Il giornalista fondatore del “laboratorio politico”: «Il Palazzo è nemico
della gente»
Bisogna dare vita in Italia a un grande movimento popolare, capace di
spazzare via la classe politica oggi in Parlamento, mettendo in moto milioni di
persone. Questo l’appello lanciato ieri da Giulietto Chiesa, giornalista e
opinionista italiano, intervenuto all’incontro promosso dal Comitato per la
difesa della Costituzione, capitanato in città da Luciano Ferluga, e svoltosi
nello spazio della trattoria ex Pavan, dove si è conclusa ieri sera la tre
giorni di dibattito sul futuro di Trieste organizzata dalla Cgil. E Chiesa ha
indicato anche lo strumento per centrare l’obiettivo: «Due anni fa ho creato
“Alternativa” – ha detto il giornalista - laboratorio politico e culturale che
non è partito né movimento e vuole far nascere una classe politica
caratterizzata da nuova etica e nuova professionalità. C'è un grande patrimonio
democratico nel Paese – ha proseguito – e la base dalla quale partire è il 25%
dei voti presi da Grillo, al quale sto cercando di spiegare che il suo errore è
pensare che non deve guardare al di fuori del suo movimento. La prima regola di
“Alternativa” – ha sottolineato Chiesa – sarà che l'Italia non parteciperà mai
più ad azioni militari al di fuori dei suoi confini». Chiesa ha portato il
ragionamento anche su dimensione locale. «Perché improvvisamente si parla di un
rigassificatore a Trieste?», si è chiesto. «Perché bisogna sostituire le
forniture del gas russo con quelle del nuovo gas americano in modo da legare le
sorti dell’intero Occidente a quelle degli Stati Uniti. Gli Usa sanno di essere
sul punto di perdere la leadership mondiale – ha continuato - per questo tentano
altre strade per incatenare a loro il mondo occidentale. Il petrolio, il gas, il
carbone, l'uranio prima o poi finiranno e con essi la società costruita su di
loro. Per questo - ha aggiunto Chiesa - dico che siamo governati da
irresponsabili che non si preoccupano di questo tema. Abbiamo un Parlamento che
non rappresenta nessuno, illegale, eletto col porcellum – ha poi evidenziato –
che però si arroga il potere di modificare la Costituzione e il Pd è il
principale responsabile di ciò che sta accadendo. Napolitano e Letta – ha
denunciato Chiesa - eseguono ordini che arrivano da padroni che dobbiamo
identificare. Sono questi ultimi che hanno in mano la finanza mondiale, circa
250 persone che gestiscono tutto. Il Palazzo è il nemico della gente – ha
concluso – e tutti i parlamentari sono ricattabili, perché sono controllati
minuto per minuto».
Ugo Salvini
Settimana della mobilità al via con i cicloturisti - LA
GRANFONDO D’EUROPA
Da Venezia a Trieste pedalando insieme, senza classifiche cronometriche, con
la voglia di vivere una giornata sulla due ruote con altri appassionati, di
tutte le età e da tutta Italia. Sono 250 le persone che hanno preso parte ieri
alla Granfondo d'Europa, la corsa cicloturistica che si è conclusa nel primo
pomeriggio nel capoluogo giuliano. Sono stati premiati i gruppi più numerosi,
combinando anche la lontananza della società di provenienza. Granfondo: primi
Favaro Veneto con 34 partecipanti, al secondo posto Mestre Mad. Sport, terzi
Fonte San Benedetto. Mediofondo in vetta il gruppo Olang Jolly con 42 iscritti,
secondi Ronchi Ciclismo, terzi Team Pontoni. La tredicesima edizione della
Granfondo ha visto come sempre tre partenze, da Venezia, da Caposile o da
Latisana, mentre il lungo serpentone è arrivato compatto a Trieste. Tra i
momenti più suggestivi da annoverare senz’altro il passaggio a Barcola, con
l'accoglienza festosa del pubblico. La manifestazione è stata preceduta l’altro
ieri dalla Cronocarsica Alpe Adria Tour e dalla Young Bike. Anche la Granfondo
d'Europa con i suoi appuntamenti è inserita come "anteprima" della Sem,
Settimana europea della mobilità, promossa dal Comune di Trieste con il
Ministero dell'ambiente e in programma da oggi al 22 settembre. La Granfondo
d'Europa con la sua Venezia-Trieste e l'abbinamento bici/treno, per raggiungere
la partenza o rientrare, e ancora la Young Bike con l'avvicinamento dei più
piccoli alla bicicletta e la più agonistica Cronocarsica, rientrano nel
programma proposto sotto il motto "Clean Air - It's your move", con l'intento di
migliorare la qualità dell'aria attraverso le scelte di mobilità ecologiche, per
accrescere la qualità della vita. Intanto sono numerose le iniziative che il
Comune ha organizzato in occasione della Settimana europea della mobilità intesa
a utilizzare il trasporto pubblico, la bicicletta e a camminare. Il tema di oggi
è “Mobilità sostenibile: la mobilità elettrica e il car sharing”. Alle 18,
all’auditorium del Museo Revoltella Massimo Carratù, direttore della direzione
Energia di AcegasAps illustrerà il progetto del Gruppo Hera per la mobilità
elettrica; Giovanni Piccoli, responsabile Area energia elettrica della Direzione
Energia di AcegasAps invece parlerà di “Nuove tecnologie nella mobilità: i
risultati di un progetto efficiente”; mentre Romeo Danielis, professore
ordinario in Economia Applicata Università cittadina proporrà “Il Car Sharing
con automobili elettriche”. Alla tavola rotonda parteciperanno l’assessore
comunale alla mobilità Elena Marchigiani, e l’assessore provinciale ai trasporti
Vittorio Zollia. assessore ai Trasporti Provincia di Trieste. Tutti i giorni,
fino a venerdì, “Mobilità in mostra” nella sala Portici di piazza Unità (lunedì
e mercoledì 15-17; martedì, giovedì e venerdì 10–12): i tecnici comunali
spiegano il nuovo Piano del traffico.
Da Opicina un “no” all’Alta velocità
OPICINA Dal consiglio circoscrizionale di Altipiano Est giunge l’ennesimo
parere negativo sul progetto preliminare per la tratta Ronchi dei Legionari –
Trieste della nuova linea ferroviaria Av/Ac Venezia - Trieste. «È un voto
contrario già espresso nei precedenti pareri – si afferma dal parlamentino – in
quanto la proponente Italfer spa non ha dato una risposta esaustiva a tutta la
serie di prescrizioni presentate nelle precedenti delibere dal consiglio
comunale». Nel documento redatto dalla circoscrizione, si invita il sindaco di
Trieste a manifestare a tutti i livelli istituzionali competenti e alla società
proponente la necessità che venga data risposta a tutti gli interrogativi posti
sia dagli enti locali che dai cittadini, nonché a farsi attiva affinché presso
tutti gli enti interessati si ponga immediatamente mano al sistema ferroviario
esistente, procedendo a tutti quegli interventi che potrebbero dare delle
risposte veloci sia al porto che alla città per migliorare i propri
collegamenti. Il consiglio circoscrizionale osserva come il nuovo progetto
ferroviario, al di là delle criticità rimaste ancora senza risposta, non potrà
entrare in funzione prima di quarant’anni; dunque la città “non può permettersi
di attendere tanto tempo senza dei radicali interventi migliorativi per i suoi
collegamenti ferroviari, collegamenti che rappresentano uno degli elementi
decisivi per consentire lo sviluppo del capoluogo e il suo effettivo inserimento
nelle grandi direttrici europee”.
(ma.lo.)
Acquario, Dipiazza chiama la Serracchiani -
INTERROGAZIONE
Il consigliere regionale (ed ex sindaco) si appella alla presidente della
Regione
TRIESTE «È opportuno conoscere cosa intenda fare la presidente della Regione
Friuli Venezia Giulia relativamente al progetto di interramento Acquario nel
Comune di Muggia, considerata l'attrattiva turistica e le ricadute che il
litorale muggesano può assicurare grazie alla sua posizione geografica di
collegamento con la vicina Istria». A chiederlo con un’interrogazione a risposta
immediata alla presidente Serracchiani e agli assessori competenti è il
presidente del Gruppo di Autonomia Responsabile in Consiglio regionale, Roberto
Dipiazza, già sindaco di Muggia e successivamente di Trieste. «Archiviata da
parte della Commissione europea la denuncia presentata nel 2003 da alcune
associazioni ambientaliste contro l'amministrazione comunale per uso illecito
dei finanziamenti comunitari – rileva Dipiazza – e considerato che a seguito
della sentenza emessa dal Tribunale di Trieste, uniformatasi ai rilievi della
Commissione europea sopraccitata (2003/4983), viene ordinata esclusivamente la
remissione in ripristino dello stato dei luoghi, grazie anche all’entrata in
vigore delle disposizioni contenute nel Decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152 (Norme in materia ambientale), che hanno abrogato il reato di omessa
bonifica del sito inquinato, ci sono tutte le condizioni, nel rispetto
paesaggistico, per realizzare una continuazione del lungomare esistente che
garantirebbe importati ricadute economiche legate al turismo non solo per
Muggia, ma anche per tutto il territorio regionale». «Considerato che ad oggi -
scrive Dipiazza nella sua interrogazione - la condizione del terrapieno è
rimasta immutata e non vi sono in essere progetti per un recupero ambientale, la
Regione potrebbe predisporre uno studio per realizzare un lungomare balneabile
sul genere di quello che sorge a Barcola a Trieste, che preveda una pista
ciclabile sino al confine di Lazzaretto. Tale intervento - conclude Dipiazza -
dal costo contenuto e con un impatto ambientale pari a zero rappresenterebbe un
volano di crescita esponenziale in chiave turistica».
facebook - la risposta del sindaco Nerio Nesladek - LUNEDI', 16 settembre 2013 - 8:38
Facciamo così: caro Roberto (Dipiazza) vediamoci (se
vuoi anche pubblicamente, così i cittadini sentono...), ti racconto come stanno
le cose adesso su Acquario e la costa muggesana poiché evidentemente il tuo
successore Gasperini non ti ha reso edotto dei guai in cui ci siamo trovati dopo
la realizzazione da parte vostra di quel terrapieno e dopo l'inclusione della
costa nel Sito Inquinato Nazionale. Ti racconto di tutto il lavoro fatto in
questi anni, dei costi, non certo bassi come tu dici, per la rimessa in
sicurezza, dei procedimenti giudiziari non certo chiusi che hanno impedito e a
tutt'oggi rallentano la bonifica. Ti racconterò anche che ora, dopo un lungo
periodo di torpore, finalmente anche la Regione si sta muovendo: la Serracchiani
conosce il problema e siamo fiduciosi che finalmente riceveremo l'aiuto che ci
serve per risolverlo.
Detto questo, dopo che ci saremo chiariti su questi argomenti, sarò ben felice
di avere il tuo aiuto perché queste cose non sono una bandiera di una parte
politica, ma di tutta la città.
Segrè, salviamo il futuro risparmiando energia - Ospite
al Festival PORDENONELEGGE con il rapporto “Un anno contro lo spreco”
Un sistema da ripensare Fonti rinnovabili, riutilizzo dei residui
agricoli e del cibo sprecato: tre sfide per cambiare l’Italia e il mondo intero
Un accurato monitoraggio sul rapporto fra spreco alimentare e costi dei
consumi energetici: questop è il “Libro verde dello spreco: l'energia”, curato
da Andrea Segrè e Matteo Vittuari per Last Minute Market, che arriverà nelle
librerie dai prossimi giorni per Edizioni Ambiente. Il rapporto, promosso dalla
campagna europea “Un anno contro lo spreco”, si presenta in anteprima a
pordenonelegge sabato 21 settembre (ore 15.30, Palazzo Montereale Mantica) con
l'autore, Andrea Segrè, intervistato dall'ecogiornalista Antonio Cianciullo.
Info www.unannocontrolospreco.org e www.pordenonelegge.it In questo articolo,
scritto per “Il Piccolo”, Andrea Segrè spiega come un’Italia più responsabile
potrebbe risparmiare un bel po’ di energia, riducendo anche lo spreco di cibo e
i costi economici. di ANDREA SEGRÈ Sostenibilità per un mondo che deve durare
nel tempo, che deve mantenere la sua musica – che è la vita – allungando le note
e la loro risonanza come si fa con il pedale del pianoforte, sustain in inglese:
origine di una delle parole più (ab)usate del nostro tempo. Può essere un’idea,
uno stile di vita, un modo di produrre, una politica. Tutto deve essere
sostenibile,. Ma può, anzi deve essere, aggettivata: durare, mantenersi nel
tempo, di generazione in generazione, essere capaci di adottare una
visione-azione di lungo periodo, sia in campo economico che ecologico, per
tenere conto dei diritti di chi verrà dopo di noi e delle conseguenze future
delle nostre azioni dell’oggi. Come dire che la sostenibilità tiene dentro anche
la responsabilità verso chi verrà dopo di noi, le generazioni future. Del resto
– l’abbiamo detto e ridetto, letto e riletto – le risorse naturali alla base dei
nostri bisogni fondamentali – il suolo, l’acqua. L’energia – non sono infinite e
neppure scarse come sostiene più di qualcuno. Se le dobbiamo consumare – perché
ci servono per vivere o sopravvivere – dobbiamo anche consentire la loro
rigenerazione nel tempo. Che poi è, o dovrebbe essere, il compimento stesso
della sostenibilità. La società sostenibile deve dunque rinnovarsi
continuamente. E’ vero: perché rinnovare contiene anche il verbo innovare, che
significa ricercare e sperimentare, nuovi prodotti, processi, tecnologie,
stili... Insomma, la sostenibilità deve fare coppia con la rinnovabilità: per un
mondo sostenibile e rinnovabile, si legge sempre più spesso. Sostenibile,
responsabile, rinnovabile... Belle aggettivazioni, se non fosse che,
puntualmente, anche nel 2013 abbiamo già consumato le risorse che la Terra
generosamente ci regala, con un anticipo di due giorni rispetto al 2012. E
intanto il mondo sta precipitando verso una grave crisi energetica: solo nel
2011 la popolazione aveva raggiunto quota 7 miliardi con tassi di crescita di 80
milioni di persone all'anno, cui deve essere garantito l’accesso a un
quantitativo sufficiente di risorse (cibo, acqua) e di energia. Una sfida che
impone una gestione equa, intelligente e sostenibile delle risorse. Il 2012 –
che le Nazioni Unite avevano dichiarato Anno internazionale dell'energia
sostenibile – ha necessariamente rafforzato gli obiettivi per il 2020
dell'Unione Europea (-20 per cento di gas serra, -20 per cento di consumi
energetici, 20 per cento di fonti rinnovabili). Per questo la campagna europea
Un anno contro lo spreco, che da quattro anni abbiamo lanciato con Last Minute
Market, ha cercato di sensibilizzare l'opinione pubblica su due fronti: da un
lato il risparmio energetico attraverso la cultura della responsabilità,
dall'altro l'incremento dell'efficienza energetica della tecnologia,
dell'edilizia, dei sistemi di adduzione dell'energia e della filiera
agro-alimentare (agroenergie). Una “rivoluzione globale” che passa
dall'abbandono dei combustibili fossili, non rinnovabili e dannosi per il clima,
per promuovere l'energia rinnovabile. Il punto di partenza è un dato
scientifico: l'energia elettrica che si potrebbe produrre col vento e con il
sole supera di gran lunga l'attuale domanda mondiale di energia. In questo
quadro emerge la necessità di una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e
una riduzione dei consumi, trasversale a tutti i settori dell’economia:
dall’edilizia alla produzione, dai trasporti ai servizi. Quindi risultano
indispensabili strategie politiche di medio e lungo periodo, che portino a una
revisione dei processi finalizzati a produzione, gestione e consumo di energia.
Come risulta decisivo il ruolo dei singoli cittadini che in futuro saranno
sempre più coinvolti nei sistemi energetici, non soltanto in termini di
efficienza e riduzione dei consumi, ma anche di produzione, grazie alle nuove
tecnologie che permetteranno di recuperare l’energia cinetica che oggi viene
dispersa nell’ambiente. Anche il settore agroalimentare necessita di una
transizione verso produzioni meno intensive e filiere più efficienti. Ogni
giorno, infatti, si utilizza indirettamente una grande quantità di energia per
coltivare, allevare, trasformare, conservare, trasportare e preparare il cibo.
Nei Paesi sviluppati, si stima che una percentuale fra il 15 e il 30 per cento
del consumo totale di energia sia imputabile alle filiere agroalimentari. Allo
stesso tempo, altra energia viene utilizzata per gestire e smaltire ingenti
quantità di rifiuti, scarti e sprechi. Queste inefficienze comportano gravi
conseguenze in termini di costi economici, sociali e ambientali, come emissioni
di gas serra e inquinamento delle falde acquifere. A tali fenomeni si aggiungono
ulteriori elementi di criticità: la necessità di energia a livello globale e la
forte dipendenza dai combustibili fossili. Emerge quindi l’esigenza di
promuovere nuove fonti energetiche rinnovabili, più attente all’ambiente e
all’uso delle risorse naturali. Sistemi agroalimentari virtuosi potrebbero
rivestire un ruolo importante per un utilizzo più sostenibile ed efficiente
dell’energia, attraverso l’impiego dei residui agricoli e produttivi come fonti
di energia, il recupero dello spreco alimentare e la sensibilizzazione verso
scelte di consumo individuale più responsabili.
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 settembre 2013
Campo Marzio, al via il piano per la svolta -
URBANISTICA»LA TRASFORMAZIONE
Polo museale, alberghi e parcheggi nell’area dell’Ortofrutticolo.
Operazione pubblico-privato, il Comune lavora al bando per le manifestazioni
d’interesse
La voglia matta, per chi si ritrova immobile, come ipnotizzato davanti a un
semaforo rosso che non finisce mai, è ingranare la prima e ripartire il prima
possibile. Che strada prendere, una volta in moto, diventa a quel punto un
cruccio secondario. Il Comune, stressato da un Patto di stabilità che ne sta
bloccando ogni intenzione sotto forma di lavori pubblici (Patto che in questo
caso non c’entra, se è vero che le opere dovrebbero essere a carico di un
partner privato), questa prima la sta per ingranare a proposito di una delle
trasformazioni definite strategiche fin dall’insediamento dell’amministrazione
Cosolini: la riqualificazione e il recupero di Campo Marzio, dell’enorme
spicchio di fine-Rive tra le vie Ottaviano Augusto e Giulio Cesare, che oggi
ospita il Museo del mare e il Mercato ortofrutticolo. Un’operazione che dovrebbe
portare a una svolta in chiave anzitutto turistica, senza escludere l’ipotesi
residenziale o di un albergo, con un occhio ai servizi a cominciare dai
parcheggi, e il contestuale trasloco del Mercato. Il tutto - un tutto al momento
ancora vaporoso, non definito, tanto per tornare alla famosa strada da
imboccare, non ancora scelta perché l’importante è partire - assai difficilmente
realizzabile prima della fine del mandato dello stesso Roberto Cosolini nel
2016. Per intanto, però, ci conta Andrea Dapretto, l’assessore a Demanio,
Patrimonio e Lavori pubblici, «entro la metà del 2014 potrebbe esserci già
l’operatore». Il partner privato. In Municipio infatti sono date in dirittura le
grandi manovre per la preparazione - e la conseguente pubblicazione - del bando
finalizzato a raccogliere e a valutare le manifestazioni d’interesse per
l’intervento. Un bando annunciato già nell’autunno scorso, quando la giunta ne
avviò l’iter ipotizzando di poterlo pubblicare nella primavera di quest’anno. Ma
non è andata così. Eccessivo ottimismo nei propri mezzi da parte
dell’amministrazione cittadina, allora? No, non proprio. C’è lo zampino,
evidentemente, benché per ora in piazza Unità nessuno le punti il dito, della
proverbiale burocrazia dello Stato. È in corso, in effetti, e non s’è ancora
conclusa, la trattativa Comune-Demanio sulla transazione-quadro di caserme
dismesse e non solo. E la partita Campo Marzio ci rientra, poiché l’area in
questione - tra Museo del Mare e Mercato ortofrutticolo - è per il 70%
patrimonio comunale e per il 30% di proprietà statale. Solo una volta che sarà
diventato tutto comunale, nella forma oltre che nella sostanza, il compendio
potrà essere oggetto della trasformazione che vuole fare l’amministrazione
cittadina. «Stiamo lavorando alacremente col Demanio - così Dapretto - per
arrivare a un risultato che ci consentirà anche la dismissione di affitti
passivi». Un risparmio per le casse del Municipio insomma. «Siamo alla verifica
delle perizie estimative. Spero - aggiunge l’assessore - che entro l’anno la
trattativa possa giungere a conclusione». In parallelo però la mano è già sulla
prima marcia innestata: «Si sta predisponendo - ancora Dapretto - il bando per
le manifestazioni d’interesse, e se le cose andassero come devono andare
potremmo avere l’operatore addirittura entro la metà del 2014». Ma cosa si farà,
esattamente, lì? Esattamente proprio non si sa. A oggi fanno fede gli indirizzi
di massima: l’assessore parla di «destinazioni miste a valenza pubblica», con
una determinata dote di «redditività per l’investitore privato ma senza rischi
di speculazioni edilizie». E senza escludere una specie impropria di onere di
urbanizzazione che preveda, al caso, il trasloco altrove dell’ortofrutticolo «a
carico dell’operatore». Pure l’aggancio al soggetto privato, d’altronde, è un
ventaglio aperto di opzioni: potrebbe risolversi in un project financing, in una
concessione pluriennale o, alternativa ambitissima per un ente locale come il
nostro a caccia di denari in tempi di supermagra, in un’alienazione. In una
vendita al privato, da cui il Comune potrebbe ricavare dai 15 ai 20 milioni:
tanto è stimata l’area dal punto di vista immobiliare. «Ogni ipotesi - ammette
Cosolini - è in piedi nell’ambito di quest’operazione di valorizzazione di Campo
Marzio in partenariato pubblico-privato. Visti i tempi che si prospettano per
Porto Vecchio, essa diventa davvero importante per un ideale completamento
dell’immaginario turistico lungo le Rive. Farci lì il Parco del mare? Non lo
escluderei ma mi pare che il progetto abbia preso un’altra strada (proprio Porto
Vecchio, ndr)». Farci cosa, allora? Il sindaco, a sua volta, tra le possibilità
parla di un «polo museale tematico ampliato rispetto al Museo del mare oggi
esistente», di un «albergo», ma anche di «funzioni residenziali e direzionali».
Eppoi di un’«area parcheggi: un parcheggio a fine-Rive sta bene, così come sta
bene all’inizio». Park Audace, d’altronde, ha appena incassato l’ok dal
Consiglio comunale.
Piero Rauber
All’ex Meccanografico anche la nuova casa per la moda
di “Its”
L’edificio destinato a divenire fulcro delle arti applicate e
dell’espressività giovanile. Obiettivo: cantiere nel 2014
Lo Science center nella cattedrale (a volte nel deserto...) dell’arte. E
l’arte nell’ex Meccanografico di Campo Marzio, nel contenitore pensato in
origine per lo Science center (prima di naufragare nel caso giudiziario di
Globo). A cominciare dalla faccia più popolare, di successo, dell’arte messa in
scena in quella cattedrale: il concorso di moda “Its”. Il via allo switch di
destinazioni su cui sta meditando l’amministrazione comunale tra il Salone degli
incanti e lo stesso ex Meccanografico Fs - cioè l’appendice della Campo Marzio
da riqualificare, oltre la Stazione - l’ha dato indirettamente l’assessore alla
Cultura Franco Miracco che s’è “allineato” al Cosolini-pensiero professandosi
d’accordo con il sindaco sullo Science center dentro l’ex Pescheria. Gli spazi
per l’arte contemporanea immaginati in via Cumano da Miracco, come alternativa
allo stesso Salone degli incanti, non appaiono in effetti la negazione, ma il
complemento dell’opzione sulla quale insiste l’assessore-architetto Andrea
Dapretto: fare appunto dell’ex Meccanografco un piccolo Palais de Tokyo di
Parigi, un piccolo Mude di Lisbona, «di nome “Mecano”, che richiami le
costruzioni dei bimbi così come pure il passato dell’immobile». «Dimensioni e
strutture sono diverse - spiega Dapretto - ma il senso è quello: un centro dagli
spazi flessibili, molto più flessibili rispetto ai siti museali istituzionali, a
basso costo, a caratteristica e filosofia “industriale”, per l’espressione delle
arti giovanili e applicate. Con Miracco ne abbiamo parlato, ciò rappresenterebbe
una spinta per il territorio e per il mondo giovanile, in particolare».
L’assessore ai Lavori pubblici di Cosolini insiste, e non da ieri. Ragion di più
per farlo oggi - puntualizza lui - è che il Comune è tornato da poco padrone a
casa sua, avendo riacquisito tra le disponibilità patrimoniali l’ex
Meccanografico. Il contratto d’affitto al consorzio Trieste Science Center - di
cui era capofila Globo e da cui non è mai stato realizzato il progetto di Era -
da primavera non ha più effetto. La testimonianza è che i residui del vecchio
cantiere, in testa la gru, di questi tempi sono stati sgomberati. «Sì,
l’immobile è nostro, ma il progetto, questo sì, è vincolato al Patto di
stabilità», osserva Roberto Cosolini. L’attesa, quindi, è ora per il nuovo, di
cantiere, legato a un investimento da due milioni. «A breve presenteremo un
altro progetto alla Soprintendenza dato che il primo era stato respinto», rileva
Dapretto scivolando via da ogni polemica con la soprintendente ai Beni
architettonici e paesaggistici Maria Giulia Picchione. «A quel punto - aggiunge
- si entrerà nella fase esecutiva, mi auguro il cantiere possa essere avviato
nel 2014 e completato tra il 2015 e il 2016». Potrebbe essere quella, allora, la
nuova casa di Its? «Intendiamo coinvolgere Barbara Franchin, la riteniamo una
soluzione naturale», dispensa entusiasmo Dapretto. Non è, in fondo, la creatura
della Franchin - lascia intendere l’assessore - il trionfo della creatività
giovanile?
(pi.ra.)
“Alinari Image Museum”, si punta al Bastione fiorito
Non di sola scienza avrebbe dovuto vivere l’ex Meccanografico delle Ferrovie
di Campo Marzio. Nel progetto di Era targato Globo c’era spazio, infatti, anche
per il Museo della fotografia Alinari, per il quale - come è stato già
“annunciato” dalla giunta Cosolini la primavera passata attraverso una delibera
ha dato il “la” all’iter per un’apposita convenzione da sottoscrivere col
presidente della Alinari Claudio de Polo, che ha avanzato la proposta - si
prospetta uno spazio “ad hoc” al Castello di San Giusto. «Stiamo approntando lo
spazio adatto previsto dai precedenti accordi, si sta già lavorando insomma,
dobbiamo chiarire ancora alcuni dettagli tra le parti», fa sapere a questo
proposito l’assessore alla Cultura Franco Miracco. Lo “spazio adatto” frutto di
“precedenti accordi” è il Bastione fiorito, è qui che dovrebbe trovare posto il
cosiddetto “Aim” (Alinari Image Museum). Oltre a prefigurare una soluzione
“stragiudiziale” della vicenda in cui la Alinari è venuta a trovarsi nell’orbita
Globo (fondi pubblici non utilizzati per l’insediamento all’ex Meccanografico
cui erano stati destinati) il Bastione fiorito troverebbe così un ospite di
prestigio dopo la costosa ristrutturazione del Castello, che a sua volta
riceverebbe una spinta in chiave turistica. A Trieste si potrebbe a quel punto
inaugurare il terzo museo europeo di fotografia virtuale, vantare più in
generale un museo modernissimo (peraltro già finanziato), con tanto di futura
digitalizzazione del patrimonio cartaceo dei Musei civici.
(pi.ra.)
Ferriera, gli Industriali in campo: «Pericoloso remare
contro Arvedi»
Razeto: «È un Gruppo rinomato che prevede forti investimenti per ridurre
le emissioni di polveri Non si può perdere l’ennesima occasione dopo Sito
inquinato, Porto Vecchio e rigassificatore»
Dopo gli ammonimenti lanciati dal sindaco Roberto Cosolini e dai sindacati
confederali Cgil, Cisl e Uil, è Confindustria Trieste a scendere in campo sulla
questione della Ferriera affermando anch’essa di assistere «con preoccupazione
alla diffusione di un atteggiamento contrario all'interessamento del Gruppo
Arvedi su Servola». «In un periodo delicato per il perdurare della crisi,
“remare contro” una manifestazione concreta per l'impianto, l'unica formulata in
una logica organica che contempla la continuità produttiva, con un progetto di
prosecuzione dell'attività industriale, attenzione agli aspetti occupazionali e
investimenti di rilievo per garantire quelli ambientali, con inoltre la
previsione di futuri sviluppi per la creazione di ulteriori attività logistiche
e portuali rispetto al fabbisogno dello stabilimento, è un'atteggiamento
pericoloso», afferma il presidente Sergio Razeto e aggiunge che «Confindustria
Trieste non può non esprimere il proprio sostegno all'unico progetto che darebbe
un futuro a un sito che svolge un ruolo consistente per l’economia triestina,
dato che tra occupati diretti e indotto, coinvolge quasi 1000 persone».
Confindustria rileva come sul territorio, negli ultimi anni, troppo spesso vi
sia stato un clima non particolarmente favorevole alle iniziative
imprenditoriali. «Un'atmosfera che certamente non ha aiutato e che non aiuta
chi, giorno dopo giorno, continua a credere nel futuro industriale dell'area,
sia decidendo di mantenere qui le proprie attività, combattendo al fianco dei
propri dipendenti, sia scegliendo queste zone per nuovi investimenti e
insediamenti. Troppe sono le occasioni sfumate recentemente, per diversi motivi,
o che si trascinano da tempo senza una puntuale definizione - sottolinea Razeto
- dal recupero dei terreni del Sito inquinato alle aree del Porto Vecchio ai
progetti per dotare il territorio di infrastrutture energetiche». E in
quest’ultimo caso il riferimento è in particolare, ma non solo, al
rigassificatore. Quello che Confindustria vuole ribadire è «la necessità di
alimentare un nuovo tipo di confronto: di tutto si può discutere, ma ciò va
fatto superando ostilità e pregiudizi verso l’“imprenditoria” in senso lato, che
vanno ridimensionati. Troppo spesso industriali e imprenditori vengono lasciati
soli, a differenza di quanto avviene in altri sistemi-Paese più efficienti e più
competitivi, perchè considerati quasi nemici da ostacolare, e non parte
costruttiva della società civile. Molti dimenticano - sottolinea il presidente -
che la presenza industriale è necessaria per la tenuta di tutto il sistema». Poi
Razeto focalizza la questione di Servola: «Di fronte all'iniziativa di Arvedi
per la Ferriera è fondamentale che tutti gli attori del territorio (istituzioni,
associazioni di categoria, sindacati, eccetera) mostrino un atteggiamento di
apertura, ponendo sì le domande che ritengono necessarie, ma non facendo un
“processo alle intenzioni” senza conoscere nel dettaglio il progetto di un
imprenditore di alto profilo, il cui Gruppo è rinomato per la produzione di
acciai di qualità. Un progetto, quello di Arvedi per lo stabilimento, che
prevede un significativo investimento finanziario per il ripristino manutentivo
degli impianti e l'adeguamento dei presidi ambientali asserviti alla produzione,
con l'obiettivo di una drastica riduzione delle emissioni di polvere diffuse
dallo stabilimento, conciliandoli con gli aspetti occupazionali».
(s.m.)
Authority: sì anche all’industria - LA LETTERA
L’Autorità portuale non ci sta a essere annoverata tra quei soggetti che
compiono «azioni di disturbo» nella complessa vicenda relativa all’acquisizione
della Ferriera di Servola da parte del Gruppo Arvedi. «L’Autorità portuale - si
legge in una nota firmata dal dirigente Roberto Magris - ha manifestato la
propria disponibilità, senza preclusioni di sorta, a sottoscrivere eventuali
accordi che prevedano attività anche industriali, oltre che logistiche,
nell’area in questione, purché gli investitori presentino un congruo piano
industriale. Prova ne sia l’incontro con i sindacati tenutosi il 18 luglio alla
Torre del Lloyd». L’Authority fa inoltre presente di aver sempre partecipato
attivamente, anche attraverso propri delegati, a tutti i Tavoli convocati
sull’argomento tanto a livello regionale quanto a livello nazionale. «L’ultimo
di tali incontri - si specifica - si è tenuto al Ministero per lo sviluppo
economico il 5 settembre con la partecipazione del dirigente delegato dalla
presidenza. Successivamente - si fa presente - l’Autorità portuale non ha
ricevuto inviti a partecipare a riunioni ulteriori».
Cinquestelle: i 15 milioni per la “cassa” degli operai
- «OK LA DISMISSIONE»
«L’intervento pubblico, non solo in termini economici, nella complessa
partita della Ferriera ha un senso solo se si ha il coraggio di cambiare rotta
rispetto allo status quo. Noi ribadiamo che al primo posto c’è la salute dei
lavoratori e di tutti i triestini. In quell’area industriale non è concepibile
la prosecuzione di attività siderurgica con impianti obsoleti perché non è
compatibile con l’ambiente». Così i Cinquestelle, tramite i consiglieri comunali
Paolo Menis e Stefano Patuanelli e il consigliere regionale Andrea Ussai,
replicano all’appello del sindaco Roberto Cosolini a non «sabotare» il piano
Arvedi. «Il primo cittadino - attaccano i “grillini” - messo alle corde da due
anni e mezzo fallimentari e dalla sua incapacità di risolvere anche uno solo dei
problemi della città, non resta altra strada che incitare la piazza contro chi
sta cercando di rovinare i suoi progetti» e invitano a utilizzare «i quasi 15
milioni messi a disposizione dalla Regione, per attivare ammortizzatori sociali
in favore dei lavoratori». E intanto la deputata del Pdl Sandra Savino informa
che per mercoledì alle 9 è stata convocata la Commissione Attività produttive
della Camera che avrà all’ordine del giorno un’audizione dei rappresentanti di
governo per rispondere alla sua interrogazione sul tema “Prosepttive produttive
e piano industriale dell’impianto siderurgico della Ferriera di Servola». «Lo
scopo è - afferma Savino - conoscere l’operazione Arvedi che tuttora non è nota
nei dettagli».
Provincia, documento verso l’ok con paletti - GIOVEDì
IN CONSIGLIO
La Provincia si accinge ad «approvare, in via generale» il Piano generale
del traffico urbano inviatole dal Comune, che attende entro il 23 settembre il
via libera di palazzo Galatti per procedere poi con le fasi attuative. La
delibera uscita dalla giunta provinciale approderà domani sul tavolo della
Quinta commissione, per essere infine votata dal Consiglio provinciale giovedì.
Nell’atto sono incluse alcune “prescrizioni”: la prima è che, dopo questo primo
via libera, «tutte le variazioni inerenti il trasporto pubblico locale saranno
autorizzate per fasi di attuazione solo dopo la dovuta presentazione da parte
del Comune di Trieste degli elaborati dei piani attuativi delle singole fasi, e
successivi progetti tecnici, quantificazioni chilometriche e di costo e i piani
di esercizio» che Trieste trasporti - concessionario del servizio di trasporto
pubblico locale (su cui ha la competenza per l’appunto la Provincia) - dovrà
elaborare. Inoltre la Provincia sancisce come «ogni variazione del Tpl relativa
al Pgtu, individuata nei singoli piani attuativi/fasi attuative dovrà garantire
la parità di costo» previsto nel singolo anno solare. Inoltre, nelle fattispecie
in cui non sarà possibile raggiungere questa parità di costo, la differenza «non
potrà essere a carico del bilancio provinciale». Nella delibera, inoltre, si
ricorda come il Comune abbia indicato che i nuovi provvedimenti porteranno a una
variazione chilometrica per il Tpl pari a una riduzione di circa 70 chilometri,
mentre la velocità commerciale del servizio dovrebbe giovarsi - nelle previsioni
- delle modifiche viarie, guadagnandoci per un 14,4%. Vi sono anche alcune
criticità evidenziate dalla Provincia, per gli effetti sul trasporto pubblico
locale, che vengono riassunte nella delibera e che saranno poi analizzate dalle
parti nelle fasi attuative: interessano in particolare la concentrazione del
traffico privato assieme a quello dei mezzi pubblici in alcuni punti (ad esempio
in piazza Goldoni) e l’elevato numero di stalli di sosta in altri (piazza
Libertà e San Giovanni). Mercoledì prossimo, nella Settimana europea della
mobilità, il Comune, Legambiente Trieste e Legambiente Friuli-Venezia Giulia
organizzano l’incontro pubblico “Piani e progetti per la mobilità di domani”:
alle 17.30 nell’auditorium del Museo Revoltella. Interverranno l’assessore Elena
Marchigiani e il vicesindaco Fabiana Martini, l’assessore regionale Mariagrazia
Santoro e Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente.
(m.u.)
«Noi sfrattati dal centro» Polemica centauri-Comune
Trieste capitale delle due ruote, ma Giona accusa: «Il Piano traffico ci
toglie stalli» Marchigiani: «Favorita l’accessibilità dei disabili senza però
penalizzare le moto»
Il Piano del traffico, concepito dal “governo” della capitale triveneta di
moto e scooter, penalizza moto e scooter, perché ne “distilla” i parcheggi in
centro, spazzando ad esempio la batteria di stalli in via Santa Caterina e
neutralizzando il principio che sta alla base dell’essere centauro: quello di
poter arrivare in sella fin sotto l’ufficio. Nel giorno in cui la stampa
dispensa le classifiche del report Istat-Aci - stando alle quali in città c’è un
mezzo a motore a due ruote immatricolato ogni cinque abitanti - Manlio Giona, da
presidente del gruppo Motociclisti Trieste, si ritrova un assist al bacio per
fare gol. Gli ribatte però, e a stretto giro, l’assessore alla Mobilità Elena
Marchigiani, “mamma” del Piano del traffico, la quale ricorda invece che lo
strumento pianificatorio - la cui filosofia di fondo è «ricavare in centro nuovi
posti riservati ai veicoli per diversamente abili che hanno oggettive necessità
di raggiungere le zone dei servizi più di automobilisti e centauri che possono
fare due passi» - porterà a un saldo positivo di un mezzo migliaio abbondante di
stalli in più per i mezzi a due ruote. A ridosso del centro e pure dentro, come
per esempio nelle vie Filzi e S. Spiridione, ma anche nel pezzo di via Carducci
vicino a via Mazzini. Andiamo con ordine. Per Giona, storico “sindacalista” dei
centauri, «purtroppo a Trieste i mezzi a due ruote non sono sufficientemente
agevolati e il Piano del traffico in via d’introduzione li butta sostanzialmente
fuori dal centro. Ci sono schiere di impiegati e professionisti che comprano la
vespa per bisogno, solo per poter arrivare sul posto di lavoro senza l’auto o il
bus, che nelle ore di punta finisce per essere pienissimo al punto che alle
fermate tira dritto. Questa non è una città che, per conformazione, con tutti i
saliscendi e le lunghe vie in salita, come viale D’Annunzio per dirne una, ti
consente di andare in bici in giacca e cravatta, con borse al seguito. E se lo
scooterista poi deve farsi un chilometro a piedi per arrivare in ufficio, allora
ripiega sull’auto, appesantendo il traffico. I 500 stalli in più non sono in
centro città. La zona del Maggiore, per essere chiari, è fuori». «Via Filzi e
via S. Spiridione centro città lo sono però - la replica della Marchigiani - e a
parte corso Italia altre Ztl future come via Imbriani non mi pare perdano molti
stalli per le due ruote. Peraltro già nell’ultimo anno, a prescindere dal Piano
del traffico, sono stati ricavati nuovi posti per motocicli in città e altri si
cercherà di aggiungere, ragionando su via Cadorna e su altre arterie centrali.
Sia chiaro che noi non siamo contro nessuno ma anzi siamo pro, cerchiamo di far
convivere al meglio più categorie d’utenza: quelli che vogliono andare in bici,
i centauri, i pedoni e così via. L’impulso a una modalità di spostamento, come
in tutte le città europee attente alla mobilità, non ne va ad intaccare
un’altra. Il Piano del traffico prevede un incremento degli stalli in pieno
centro per le auto dei diversamente abili. Ci siamo già incontrati con la
Consula regionale disabili, e con risultati positivi. L’accessibilità è un
diritto di tutti».
Piero Rauber
Ecco i motivi del no al rigassificatore
Lettera aperta di Paolo Rumiz all’Ue e al premier Letta sull’impianto di
Trieste
Gentile vicepresidente Viviane Reding (e, per conoscenza, spettabile capo
del governo Enrico Letta) le scrivo nella sua carica di alto rappresentante
dell'Ue per spiegarle in quale infelice contesto – politico, demografico e
ambientale – si avanza l'ipotesi di costruire nel cuore di Trieste un grande
terminal di rigassificazione a terra, candidato al ruolo di impianto strategico
in ambito comunitario. Trieste è un porto europeo e non ci sembra possibile che
l'Europa ignori il parere negativo espresso su questo tema (con fondate
motivazioni scientifiche) dall'Autorità Portuale, dal Comune, dalla Provincia,
dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalla stragrande maggioranza dei
cittadini. Pressato dai giganti degli idrocarburi e distratto da altre priorità,
il governo italiano non pare aver valutato la gravità della situazione, almeno
stando alle più recenti dichiarazioni del premier. Non è verosimile che lo
faccia Bruxelles, tanto più alla luce dell'opposizione manifestata infinite
volte dalla Slovenia, che condivide con l'Italia questo braccio di mare. I
motivi dell'opposizione non nascono da spinte populiste ma da analisi accurate
della comunità scientifica internazionale triestina, ed è grave che le obiezioni
espresse non abbiano avuto, in tanti anni, risposta credibile dalla società
costruttrice. Eppure ciascuno di questi motivi sarebbe, da solo, sufficiente a
bocciare l'operazione. Glieli elenco in modo schematico. 1) Impressionante
vicinanza della parte più popolosa della città (massima densità abitativa
nazionale dopo Napoli, Milano e Monza). 2) Esistenza di un golfo chiuso e
conseguente vulnerabilità dell'ambiente marino a un'alterazione che lo
renderebbe rapidamente sterile. 3) Difficoltà di coesistenza con il traffico
commerciale che ne uscirebbe dimezzato, con conseguente blocco delle ipotesi di
sviluppo di un porto indispensabile al Centro Europa. 4) Presenza di venti tra i
più forti del Mediterraneo – punte a duecento chilometri orari - che
minaccerebbero la sicurezza degli attracchi. 5) Contiguità di un terminal
petrolifero che aumenterebbe l'effetto domino in caso di incidente o attentato
(fu lì che colpì Settembre Nero nell'agosto del '72!). 6) Esistenza di un altro
rigassificatore a ciclo aperto (con acqua di mare) situato “off shore” alle foci
del Po, che già satura le capacità di assorbimento dell'Alto Adriatico. Questa
parte del mare, a causa dei bassi fondali, corrisponde allo 0,4 per cento
dell'acqua dell'Adriatico nella sua interezza. Insensato dunque accanirsi
proprio sul pezzo di mare più fragile, ignorando il resto delle sue acque. Nel
Novecento Trieste ha risentito come poche altre città i danni dei due conflitti
e della guerra fredda. Oggi finalmente, essa ha la possibilità di ritrovare il
suo ruolo nel quadro dell’Europa unita. Un rigassificatore la penalizzerebbe in
modo irrimediabile. Per queste ragioni, la preghiamo, gentile signora Reding, di
porre la questione ai competenti organi decisori di Bruxelles, dopo aver
verificato la fondatezza dell'opposizione espressa compattamente dalle
istituzioni locali. E comunque sia, se un terminal nel Nord Adriatico è davvero
necessario (stando agli ultimi dati sui consumi e sui gasdotti in costruzione
c’è da dubitarne), questo sia a ciclo assolutamente chiuso, e collocato “off
shore” a una ragionevole distanza dalle città. Come vede non si tratta di
un'opposizione “nimby”, quella di chi protegge ottusamente il proprio orticello.
Anche perché esiste “yard” e “yard”, orticello e orticello. E il nostro, gentile
vicepresidente, è davvero un orto minimale. Cordiali saluti.
PAOLO RUMIZ
L’Unione europea a confronto con i cittadini
Domani l’incontro con Reding e Moavero alla Marittima. E fuori la
manifestazione anti-rigassificatore
Sarà Trieste a ospitare l'evento conclusivo di “Citizens Dialogue - dialogo
con i cittadini”: la città è stata scelta come tappa conclusiva dell'iniziativa
promossa dalla Commissione europea, in collaborazione con la presidenza del
Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo, che ha come obiettivo
approfondire l'ascolto e il dialogo con i cittadini sulle tematiche che
riguardano le politiche Ue. Appuntamento domani alla Stazione Marittima dalle
14.30: più di 500 le persone che si sono già iscritte. Chi non ha registrato per
tempo la propria prenotazione - e dunque non potrà entrare - potrà comunque
dialogare via web con i relatori, tra i quali la vicepresidente della
Commissione europea Viviane Reding e il ministro per gli Affari europei Enzo
Moavero Milanesi, via Twitter, Facebook e Rete civica del Comune. L'evento
chiude il ciclo di incontri coi cittadini tenuti in varie città italiane su più
tematiche: dall'occupazione alla sicurezza, dallo sviluppo sostenibile al clima.
Si parlerà di crisi economica, diritti dei cittadini e futuro dell'Europa. «La
nostra città è onorata di ospitare un evento di grande valenza nell’anno europeo
dei cittadini - ha spiegato il vicesindaco Fabiana Martini -. E la risposta in
termini di iscrizioni è stata più che soddisfacente. L'obiettivo è proprio far
sentire l'Europa più vicina ai cittadini, che possono così farsi ascoltare e
formulare proposte per sentirsi davvero parte di una “casa comune”». Ad aprire
l'evento sarà l'Inno europeo eseguito da un'orchestra di 38 giovani musicisti
provenienti da Trieste, dal Veneto e dai principali Paesi dell'Est Europa,
diretti da Igor Coretti, mentre oggi alle 19 Reding sarà ricevuta in Municipio
dal sindaco Cosolini. Martedì e mercoledì Trieste ospiterà anche la due giorni
del convegno degli Europe Direct che - come è stato spiegato da Maila Zarattini,
dirigente del Servizio Comunicazione - potrà contare su una folta rappresentanza
europea. E proprio in occasione dell’appuntamento “Citizen’s dialogue” è stata
indetta per domani, a partire dalle 14 davanti alla Marittima, una
manifestazione di protesta contro il progetto del rigassificatore di Zaule, cui
hanno aderito numerosi partiti e associazioni. Il Partito democratico conferma
«il proprio impegno a tutti i livelli per impedire la realizzazione del
rigassificatore di Zaule, ma al contempo sottolinea l’importanza dell’iniziativa
“Citizen’s dialogue”». Annuncia dunque la propria partecipazione a entrambe le
manifestazioni: «È importante che la città faccia sentire forte la sua voce -
scrive il segretario provinciale Pd Stefan Cok - sia manifestando la propria
contrarietà a un progetto che vive come fortemente negativo, come è il
rigassificatore di Zaule, sia dando il proprio contributo di idee e proposte» a
Citizen’s dialogue. Aderisce alla protesta la Federazione triestina dei
Comunisti italiani «anche perché - sottolinea - il premier Letta ha affermato
che il rigassificatore serve e che l’Italia vuole realizzarlo per valorizzare il
Nord Adriatico». «Dopo il 18 ottobre - paventa Rifondazione comunista -
riprenderà il percorso dell’Autorizzazione unica al rigassificatore» per cui
invita «tutti a dissentire davanti alla Marittima». Infine il Comitato per la
salvaguardia del golfo di Trieste invita a partecipare alla manifestazione
ricordando come anche il primo ministro sloveno Alenka Bratusek si sia detta
fiduciosa di trovare un accordo con l’Italia sul rigassificatore.
(p.p.)
«E ora Terna rispetti gli impegni»
I sindaci ostili all’elettrodotto vogliono certezze sulla dismissione
della vecchia rete
TRIESTE La “battaglia” sull’elettrodotto Udine-Redipuglia si riaccende.
All’indomani della decisione della giunta regionale di congelare per novanta
giorni lo schema di convenzione sulle compensazioni, allo scopo di tentare di
ottenere da Terna più dei 3,6 milioni di euro, i sindaci cocontrari
all’elettrodotto tornano alla carica. E lo fanno con il primo cittadino di
Palmanova Francesco Martines, uno dei firmatari del ricorso al Tar contro
l’elettrodotto Udine-Redipuglia già autorizzato ai tempi della precedente giunta
regionale, sollecitando con forza Terna a non sottrarsi ai propri impegni. Il
sindaco di Palmanova, ricordando di essere stato uno dei primi ad aver chiesto
con forza la dismissione della vecchia rete prima dell’avvio della nuova
infrastruttura elettrica, lamenta infatti l’assenza di risposte “blindate” da
parte della società. «Ora che la giunta regionale ha preso tre mesi di tempo per
rivedere gli accordi sulle compensazioni ai Comuni e sui tempi delle dismissioni
della vecchia rete - afferma, esplicito, Martines - è giunto il momento che
Terna dia risposte certe al territorio e non si sottragga ai suoi impegni». Il
sindaco di Palmanova si spinge oltre e ribadisce che «un’infrastruttura di così
grande impatto sia ambientale che paesaggistico non può essere subita dai Comuni
senza certezze sulle dismissioni e senza una forte compensazione dei disagi
causati». E poi si congratula con la Regione: «La giunta si sta facendo carico
di porsi come interlocutore unico e controparte autorevole nelle trattative con
Terna a sostegno e a difesa degli interessi dei comuni. Un atteggiamento ed un
ruolo molto apprezzato e riconosciuto da tutti i Comuni nelle riunioni fatte con
la presidente Debora Serracchiani e con l’assessore regionale all’Ambiente Sara
Vito». Ma, mentre la giunta deve fare i conti con l’autorizzazione già
rilasciata ai tempi di Renzo Tondo e può pertanto manovrare solo sulle
compensazioni, Martines e i sindaci cofirmatari sperano ancora nella
magistratura: «Resta infatti l’incertezza sul giudizio del Tar che se favorevole
ai Comuni, cambierà completamente lo scenario».
IL PICCOLO - SABATO, 14 settembre 2013
Rigassificatore «Lunedì una protesta in piazza» -
AMBIENTALISTI
Rigassificatore accantonato? Macché. Anzi «il progetto è più vivo che mai:
per questo, lunedì a partire dalle 14, chiamiamo tutti i triestini, partiti,
sindacati a unirsi a noi per una protesta pubblica forte e decisa davanti alla
Stazione marittima, dov’è in programma una riunione alla presenza del
Commissario europeo per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza,
Viviane Reding». I rappresentanti di Wwf, Legambiente, Italia Nostra e del
Comitato “Trieste dice no al rigassificatore” si sono ritrovati ieri per
evidenziare i rischi di un immobilismo «che potrebbe rivelarsi letale», ha detto
Luciano Ferluga. «Si è diffusa la notizia che il progetto sarebbe tramontato –
ha spiegato Dario Predonzan del Wwf – ma così non è. L'errore nasce dal fatto
che l'ex ministro Clini ha sospeso per sei mesi l'iter di approvazione per avere
il tempo di valutare le possibilità di convivenza fra rigassificatore e traffico
portuale. Nel frattempo Gas natural non ha cercato altri siti e l'Authority non
ha cambiato parere, ribadendo l'incompatibilità. Anche l'attuale ministro
Zanonato ritiene che il rigassificatore sia strategico – ha continuato Predonzan
- dunque lunedì rinnoveremo la protesta: il 18 ottobre scadrà la sospensione e
l'iter potrebbe riprendere. Sappiamo che Comune, Provincia, Regione e Autorità
portuale sono contrari, ma è importante tenere alta l'attenzione e puntare alla
cancellazione del progetto dall'elenco di quelli strategici per il Paese». Il
biologo marino Carlo Franzosini lunedì parteciperà alla discussione davanti al
Commissario europeo: «Formulerò una domanda precisa – ha annunciato – per
ottenere l’ulteriore sospensione dell'iter, ci sono ancora numerosi ricorsi
pendenti». Ci saranno anche gli studenti. Oscar Garcia Murga ha ricordato che
nel sito della sua associazione, Legambiente, «ci sono tutte le informazioni che
permettono di capire che il rigassificatore è sbagliato». Per Luciana Boschin,
di Italia Nostra, «sarebbe una cattedrale nel deserto». Per Alfredo Racovelli di
“Ya basta” «l'appuntamento di lunedì sarà decisivo». Rifondazione comunista e
M5S hanno preannunciato la loro presenza.
Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Progetti e traffici
Ci risiamo. Da un lato una baraonda di numeri che vogliono impressionare, quelli dei porti industriali esteri citati da Badina, dall'altro il perdurante buio sulle future restrizioni al traffico in porto, che rischiano di soffocarne lo sviluppo. L'entrata in servizio di un impianto di rigassificazione comporta che vengano istituite zone di restrizione al traffico e interdizioni varie, sia che l'impianto si trovi in mare aperto piuttosto che a terra. Il rigassificatore on-shore di Panigaglia condiziona, e non poco, il traffico nel golfo di La Spezia. Purtroppo però non possiamo mutuare tal quale lo scenario ligure a quello che sarà il nostro porto: dobbiamo attendere che vengano comunicate le prescrizioni specifiche che terranno conto della conformazione del bacino, della presenza di altri impianti ed abitazioni, del rischio di incidenti casuali o volontari, delle vie di fuga, ecc. ecc. Queste prescrizioni andranno ad aggiungersi alla normativa attuale che, in porto, regola il traffico di merci pericolose compreso il gas liquefatto, ma che da sola è insufficiente ad inquadrare un terminal di ricezione realizzato ex-novo. Ci saranno quindi diversi tempi e priorità d'accesso, le aree d'interdizione forse non avranno un raggio di 4 miglia (come per il caso del rigassificatore offshore di Livorno), piuttosto di 400 metri, ma tanto basta a interferire con la Siot, il terminal Ro.Ro e la piattaforma logistica appena finanziata. Un approccio al problema che sia ragionevole, pragmatico, richiederebbe di conoscere queste prescrizioni prima di poter ipotizzare la compatibilità o meno con il traffico portuale attuale e gli scenari di futuro sviluppo. Ma sembra che non possa essere così. E qui arriviamo ai diversi punti di riferimento tra la visione portata avanti da Badina e quella dei componenti della Commissione nominata dall'Autorità Portuale. L'uno si riferisce ai dati di traffico del recente passato (quelli analizzati dal Rina su incarico di Gas Natural), gli altri al Piano Regolatore del Porto di Trieste (in corso di approvazione) ed allo studio sui traffici commissionato alle università dall’Autorità Portuale. Uno guarda indietro al passato, gli altri verso uno scenario futuro fatto da più progetti che non vogliono venga compromesso. Difatti se lo studio Rina “fotografa” una situazione col canale Sud occupato al 21% - e Badina si allarga a profetizzare che “anche ipotizzando un raddoppio delle petroliere, il canale non verrebbe impegnato per più del 60% delle sue potenzialità” - lo scenario di sviluppo su cui si è ragionato contempla un incremento del tasso di occupazione del canale che, con le gasiere, arriverebbe al 70%, quindi un generale incremento dei ritardi dei tempi di arrivo e partenza delle navi ed un particolare ritardo delle navi che non hanno priorità di ingresso ed uscita con conseguenti difficoltà dei traffici relativi. I lavori della Commissione si sono conclusi con un documento approvato all’unanimità nel quale si afferma da un lato l’indisponibilità a modificare le previsioni di sviluppo del porto contenute nel Prp, dall’altro l’incompatibilità del rigassificatore con l’operatività del porto. Tale documento è stato approvato dal Comitato portuale alla fine di luglio e quindi inviato ai ministri ed ai ministeri competenti. Qui va fatta una precisazione sulle competenze messe in campo: la commissione era composta dal rappresentante dell’Autorità Portuale, del Comune di Trieste, del Comune di Muggia, della Provincia di Trieste, dell’Ufficio del Genio Civile Opere Marittime, della Capitaneria di Porto nonché dei terminalisti portuali. Le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente erano: l'area marina protetta di Miramare (che ho rappresentato), il Wwf, Italia Nostra e Legambiente. Quindi qualche tecnico c'era. Da canto mio, sono più di 30 anni che utilizzo quotidianamente le mie patenti nautiche senza limitazioni e sono abilitato alla conduzione del traffico marittimo locale.
Carlo Franzosini
Mobilità europea, tornano i test pedonali
Il 21 e 22 settembre simulazione di nuovo Piano traffico in Barriera. In
settimana seminari tematici
Nel campo della mobilità, Trieste alza la testa e guarda lontano, sia come
modello da seguire, che come speranza futura. Di preciso, a quelle città europee
che, negli ultimi anni, hanno rivoluzionato il traffico su strada e ridotto
l’inquinamento. Infatti, dalle 9 di sabato 21 settembre alle 18 di domenica 22 –
ultimi due giorni della “Settimana europea della mobilità” – prenderà piede
l’anteprima delle pedonalizzazioni previste dal nuovo Piano del traffico nel
rione di Barriera vecchia. Verranno chiuse alla circolazione a motore le vie
Nordio, del Toro, Crispi, Foschiatti, della Fonderia, San Maurizio, della
Sorgente, delle Erbette e Settefontane. Proprio in quest’ultima, si terrà una
mostra fotografica che ne rievocherà l’antichissima storia, condita da
un’installazione di street art. «Un grazie particolare va ai commercianti delle
vie interessate, poiché si sono resi disponibili alla dimostrazione del Piano»,
ha dichiarato l’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani, nel
corso della conferenza stampa tenutasi ieri mattina nella sala giunta
municipale. All’incontro erano presenti anche il vicesindaco di Trieste Fabiana
Martini e l’assessore provinciale ai Trasporti Vittorio Zollia. Il tema
principale della riunione è stato, appunto, la presentazione della “Settimana
europea della mobilità” che inizierà lunedì e si concluderà, come detto,
domenica 22 settembre. L’evento si presenta ricco di appuntamenti e iniziative.
Nel calendario sono previsti seminari atti a confrontarsi con ospiti di altre
realtà, cercando di capire cosa si possa fare in più per Trieste nell’ambito
della mobilità sostenibile. Per esempio, l’uso delle due ruote a pedali, ancora
poco diffuso. «Vogliamo portare le biciclette su tutte le attività del marittimo
e sul Carso – ha detto Zollia – malgrado le difficoltà che ci sono, soprattutto
nella mentalità delle persone. Dal primo gennaio 2014 - ha spiegato l’assessore
– abbiamo in programma di sistemare dalle 15 alle 18 biciclette sui due mezzi
marittimi della città (le linee Trieste-Muggia e Trieste-Barcola-Sistiana, ndr)
e dar vita a due o tre corse di autobus con bici a bordo, nei giorni festivi e
prefestivi, dirette verso il Carso». Venerdì 20 settembre – nella sala Matrimoni
in piazza Unità - è previsto un meeting in cui si discuterà su come il nuovo
Piano del traffico possa agevolare i disabili nell’accedere agli spazi pubblici.
Si tratta solo di alcuni punti della tabella. Informazioni complete sulla
“Settimana europea della mobilità”, si trovano sul sito internet del Comune di
Trieste. Il vicesindaco Martini, si è poi appellata alla partecipazione della
cittadinanza, perché «solo se tutte le realtà collaboreranno fra loro, i
risultati saranno tangibili».
Igor Buric
Moto e scooter verso quota 41mila: record nel Triveneto
Immatricolati 201,6 veicoli a due ruote ogni mille residenti Il
comandante della polizia locale: ma incidenti in calo
CRESCITA CONTINUA Nel 2008 i mezzi erano 184,4 per abitante. In lieve flessione
le multe ai motociclisti. Cappel: ma c’è ancora molta indisciplina
C’è una classifica nella quale Trieste risulta essere la capitale del
Nordest: è quella redatta in base al numero di mezzi a due ruote immatricolati.
Nella graduatoria stilata dall’Istat, sulla base dei dati forniti dall’Aci, alla
fine del 2012 la città figurava all’ottavo posto in Italia nel rapporto fra
numero di ciclomotori e moto immatricolati - oramai avviati a quota 41mila - e
residenti. A Trieste in sostanza c’è più di un motorino ogni cinque abitanti (il
rapporto esatto è di 201,6 motorini o moto ogni mille residenti) e la città,
sotto questo aspetto, è la prima nell’area formata da Triveneto e Lombardia. Su
scala nazionale la precedono soltanto Imperia, con 257,4 mezzi a due ruote ogni
mille residenti, Savona (239,8), Pesaro (236,3), Genova (228,1), Catania (220),
Rimini (214,1) e Siena (212,9). Restando in ambito regionale, non c’è partita: a
Gorizia il rapporto scende a 104,1, a Udine a 82,6, a Pordenone addirittura a
74,9. Un fenomeno tutto triestino e perdipiù in continua crescita. A Trieste nel
2008 motocicli e moto erano 184,4 ogni mille residenti; nel 2009 192,2; nel 2010
196,8; nel 2011 199,7; e lo scorso anno è stata superata la barriera dei 200. A
questa situazione fa da fortunato riscontro il calo degli incidenti in cui
questi mezzi risultano coinvolti: «Nel periodo gennaio-agosto 2012 – spiega il
comandante della Polizia locale Sergio Abbate – ne avevamo registrati 596.
Quest’anno, nello stesso arco di tempo, 564. Forse sta subentrando una maggiore
consapevolezza, tra questi conducenti, di essere tra i soggetti deboli della
circolazione – aggiunge – ma è anche vero che le campagne di educazione stradale
stanno portando frutti, così come i costanti controlli sulle principali arterie
cittadine». Anche le multe a danno dei possessori di ciclomotori e moto sono in
flessione, seppur lieve: nel 2011 erano state 7761, lo scorso anno 7712. «Le
stime per quest’anno – riprende Abbate – porterebbero a 4356, ma bisogna
ricordare che nella seconda parte dell’anno, che comprende i mesi estivi, la
tendenza è a crescere». La presenza di tanti motorini contribuisce in ogni caso
a rendere il traffico meno caotico: «Se paragoniamo Trieste ad altre città
capoluogo di regione o con caratteristiche simili – conclude Abbate - il
traffico è sensibilmente migliore, ma non solo per la maggior percentuale delle
moto. Essenziali sono la pianificazione del traffico, sempre molto attenta, i
servizi pubblici efficienti e, negli ultimi anni, in centro, un crescente
utilizzo delle biciclette». «Ritengo che questo massiccio ricorso alle due ruote
– spiega Giorgio Cappel, già presidente dell’Aci ed esperto in materia – sia la
conseguenza di due fattori. In primo luogo va citata la necessità di muoversi
rapidamente in un traffico che a Trieste è spesso caotico: cosa che moto e
motorini garantiscono. In secondo luogo, a differenza della gran parte delle
città italiane, la nostra non è adatta all’uso delle biciclette se non in
centro, perciò si ricorre ai motori. Mi compiaccio per altro verso del calo
delle multe – conclude Cappel – ma vedo ancora molta indisciplina da parte di
scooteristi e conduttori di moto e motorini».
Ugo Salvini
FISCO - Nuova Tares, pressing su Saccomanni
«L’attuale versione della Tares è un nuovo pesante aggravio di imposte per tutte le utenze, che non prevede alcun principio di premialità per i comportamenti virtuosi. Occorre dunque rimodularne il peso su cittadini e imprese». Lo sostiene la Confapi Fvg, Associazione piccole e medie industrie, in una lettera inviata al ministro dell’Economia Saccomanni. L’obiettivo è quello di inserire sistemi premianti per i comportamenti virtuosi, facendo pagare di meno chi produce meno rifiuti indifferenziati, nel rispetto del principio comunitario secondo il quale «chi inquina paga».
La discarica di amianto si allarga
Approvato il progetto che porta la potenzialità annua da 15mila metri
cubi a 40
TRIESTE Il progetto presentato dalla General Beton Triveneta è compatibile e
la giunta prolunga l’attività dell’unica discarica in Friuli Venezia Giulia
autorizzata a smaltire amianto, quella di Porcia in località Croce Vial. Anzi,
ne viene pure incrementata la potenzialità annua di conferimento da 15mila a
40mila metri cubi in modo da rendere la regione autosufficiente anche dopo il
2014. Su proposta dell’assessore all’Ambiente Sara Vito, la giunta promuove
dunque il progetto del gestore dell’impianto, pur indicando una serie di
prescrizioni dettagliate e puntuali per garantire la massima sicurezza. In
particolare, prima dell’autorizzazione, la General Beton dovrà integrare e fare
approvare dall’Arpa un Piano di sorveglianza e controllo. Dopo il parere
positivo della Commissione Via, il progetto sarà sottoposto a procedura Aia,
mentre il Comune di Porcia dovrà definire una variante al piano urbanistico. E
ancora il gestore è chiamato a considerare prioritario il conferimento di Rca
(rifiuti contenenti amianto) prodotti sul territorio del Friuli Venezia Giulia.
La prosecuzione della discarica di Porcia è stata autorizzata, in ogni caso, in
attesa di tecnologie e investimenti che permettano di realizzare nuovi metodi di
gestione dell’amianto. Nel presentare la delibera, l’assessore Vito ha
anticipato i primi indirizzi per migliorare l’attività di contrasto dell’amianto
presente in regione, dove si è registrato un notevole aumento dei materiali
rimossi: da 5.418 tonnellate nel 2007 a 14.128 tonnellate nel 2012. La Regione
intende inoltre valutare la possibilità di affrontare alcune situazioni
critiche, in particolare la bonifica del Cellina, utilizzando fondi europei.
(m.b.)
Fareambiente: ok alla Tav con prescrizioni
Fareambiente «in linea generale» non ha «contrarietà sulle linee ad alta
capacità/velocità e per questa in particolare, ma essendo tali opere dal forte
impatto ambientale crediamo debbano essere ampiamente condivise dalle realtà
locali e chiediamo al Consiglio comunale di Trieste di sottoscrivere un
documento chiaro e che esprima un parere». Lo ha dichiarato il coordinatore
regionale del movimento Giorgio Cecco, in audizione nella seduta della sesta
Commissione del Comune assieme al responsabile locale trasporti del movimento
ecologista Alberto Rutter. «Tale parere, auspicabilmente favorevole, sia
corredato inoltre da prescrizioni sul progetto atte a risolvere le criticità
evidenziate e per contenere gli impatti ambientali, riproponendo anche quelle
che non hanno avuto completa risposta. Crediamo sia importante - scrive
Fareambiente in una nota - diminuire l'entità del trasporto passeggeri e merci
su gomma e incrementare quello su rotaia, molto meno inquinante. Per questo
abbiamo valutato positivamente la ratifica del Protocollo trasporti della
Convenzione delle Alpi, importantissima per le regioni del nord-est italiano e
anche per il Friuli Venezia Giulia». Il protocollo, «in linea con quanto fatto
già dall’Austria, la Slovenia, la Francia, la Germania ed il Liechtenstein può
essere un passo importante per un impegno a ridurre gli effetti negativi del
trasporto».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 13 settembre 2013
Gli ambientalisti: “Il progetto del rigassificatore è
tutt’altro che accantonato. I triestini manifestino la loro opposizione lunedì
16 settembre”.
Nel pomeriggio di lunedì 16 settembre saranno al Centro Congressi
Stazione Marittima di Trieste, per un’iniziativa di “dialogo con i cittadini”,
la Commissaria europea per la giustizia, i diritti fondamentali e la
cittadinanza Viviane Reding ed il ministro per gli affari europei, Enzo Moavero.
In contemporanea, a partire dalle ore 14, WWF, Legambiente, Italia Nostra e
il Comitato “Trieste dice no al rigassificatore” hanno organizzato una
manifestazione contro il rigassificatore che la multinazionale spagnola
GasNatural vorrebbe costruire nell’area portuale di Zaule.
Le ragioni della manifestazione sono state illustrate oggi in una conferenza
stampa a Trieste.
“Per molti mesi – hanno spiegato gli ambientalisti – si è cercato da parte di
molti politici, di far credere che il progetto di GasNatural fosse ormai
accantonato. C’è stato perfino chi ha affisso manifesti murali in città
rivendicando il merito di aver “bloccato” il rigassificatore. Non è così.”
Prima le notizie sulle riserve della SIOT per le possibili interferenze
dell’impianto con il traffico in aumento delle petroliere, poi l’iniziativa
dell’Autorità portuale di far proprie queste riserve, e infine il decreto
dell’allora ministro dell’ambiente Clini che ha “sospeso” per sei mesi il
decreto VIA con cui nel 2009 era stato dato un incredibile “via libera”
ambientale al progetto del rigassificatore, erano stati gli elementi utilizzati
furbescamente per diffondere la falsa sicurezza che l’impianto non sarebbe mai
stato costruito. E invece le manovre a favore di GasNatural continuavano.
A partire dalla metà del 2012, infatti (ma lo si è saputo soltanto agli inizi
del 2013), era partito l’iter per la costruzione dell’elenco dei progetti di
infrastrutture energetiche prioritarie in sede UE, in cui compariva anche il
rigassificatore di Trieste-Zaule. L’inserimento in tale elenco consentirebbe a
GasNatural di ottenere contributi europei e procedure agevolate per la
costruzione dell’impianto. Anche perché la “sospensione” della VIA, decretata da
Clini, scadrà il 18 ottobre…
Sponsor principale del progetto è il Governo italiano, in particolare il
Ministero dello Sviluppo Economico, con l’appoggio anche del Governo austriaco.
Gli ambientalisti, dopo aver tentato – da soli – di contrastare questa
operazione, hanno accertato che la Commissione Europea si rimette alle decisioni
(e alle eventuali trattative) dei Governi su questo genere di tematiche.
“Ciò accade – hanno denunciato le associazioni - anche quando, come in questo
caso, sono molte ed evidenti le gravi violazioni della normativa europea
commesse dal Governo italiano nell’iter di valutazione del progetto sotto il
profilo ambientale e della sicurezza.”
Ragion per cui, il progetto di GasNatural alla fine dello scorso luglio è stato
ufficialmente inserito nell’elenco e l’opposizione del Governo sloveno ha
portato soltanto all’invito da parte di Bruxelles di intavolare una trattativa
diplomatica per trovare un accordo con l’Italia. Trattativa che è in corso, dopo
un primo incontro tra i due premier Letta e Bratušek a Bled il 2 settembre ed un
incontro trilaterale italo-sloveno-croato a Venezia il 12 settembre.
“E’ inaccettabile – hanno concluso WWF, Legambiente, Italia Nostra ed il
Comitato – che un progetto capace di produrre un insieme devastante di impatti
negativi sull’ambiente, la sicurezza della popolazione e sullo sviluppo dei
traffici portuali convenzionali, venga imposto alla comunità locale sulla base
di procedure falsate e di una trattativa opaca, in cui i Governi paiono agire
più che altro come mandatari degli interessi di una multinazionale.”
“Da qui la necessità di far sentire, ai rappresentanti della Commissione europea
e del Governo italiano, alta e forte la voce dei cittadini che si oppongono a
questa operazione. Ci auguriamo di vedere al nostro fianco lunedì anche i
rappresentanti degli enti, Regione, Provincia di Trieste, Comuni di Trieste,
Muggia e S. Dorligo-Dolina, Autorità portuale di Trieste, che si sono espressi
contro il progetto di GasNatural e che devono fare ”massa critica” tutti assieme
sui ministri per affossare definitivamente – e sul serio - il rigassificatore.”
Alla manifestazione di lunedì 16 settembre hanno aderito anche il Comitato per
la Salvaguardia del Golfo di Trieste, l’Unione degli Studenti e alcune forze
politiche: FdS, SEL, M5S.
WWF FVG – via Rittmeyer 6, 34132 Trieste – tel. 040 360551, e-mail:
friuliveneziagiulia@wwf.it
Legambiente Trieste – via Donizetti 5/a, 34133 Trieste – tel. 336 3430369,
e-mail: info@legambientetrieste.it
Italia Nostra Trieste – via del Sale 4/b, 34121 Trieste – tel. 040 304414,
e-mail: trieste@italianostra.org; fvg@italianostra.org
Comitato “Trieste dice no al rigassificatore” – via Valdirivo 30, 34132 Trieste
BORA.la - VENERDI', 13 settembre 2013
Con il rigassificatore le bollette energetiche aumenteranno
Con il rigassificatore, grazie al “guadagno garantito” le bollette energetiche aumentano, non diminuiscono. Qui a Trieste si sono invano sgolati per mesi a dirlo i tecnici che hanno presentato documentate argomentazioni contro il progetto del terminal.
Ora il dato è ufficiale: ne scrivono Repubblica e Corriere della Sera, cioé i due massimi quotidiani italiani.
A Trieste politici e media non trovano l’argomento degno d’attenzione. Un dato preoccupante, se lo si coniuga con le dichiarazioni rese a Bled dal premier Gianni Letta, il quale in sintesi ha detto che l’impianto è necessario, che la Slovenia deve lasciarlo costruire, che è ferma intenzione dell’Italia “investire” nel Nord Adriatico (grazie, siamo già stati abbastanza investiti, verrebbe da rispondere).
Non si sbandierano più gli straordinari risparmi che l’Acega avrebbe potuto applicare ai cittadini. Non è possibile, perché Gas Natural si è rifiutata di confermare le dichiarazioni rese da tanti politici locali. Si tacciono però le pesanti ricadute economiche negative, di cui, parlano, appunto, Corrierone e Repubblica (in coda a questa nota, i link per i pezzi originali).
I fatti: esiste una norma italiana, il “fattore di garanzia”, che garantisce a chi costruisce o amplia un impianto di rigassificazione ricavi pari all’80% della produzione anche se non viene richiesto e conseguentemente erogato un mc di gas. Tale garanzia ha la durata di vent’anni (con una lieve riduzione nel tempo del il ricavo certo), e a pagare è la Snam, società pubblica (ergo le tasche dei cittadini italiani).
Per un’esemplificazione banale, come se un imprenditore aprisse un ristorante sapendo che, per i 100 coperti a disposizione, dallo stato gli saranno riconosciuti quasi tre quarti di pranzi e cene, anche se nel locale non entrerà nessuno.
Un anno fa il governo Monti ha “congelato” la misura, sia perché l’Italia non ha bisogno di gas, sia perché di soldi da regalare alle multinazionali oggi in cassa ce ne sono pochi.
L’Autorità italiana per l’energia si è conseguentemente rifiutata di riconoscere corresponsioni economiche alla società che ha costruito il rigassificatore di Livorno (Olt, una joint venture italo-tedesca) quantificate dalla stessa Autorità «dai 110 ai 90 milioni all’anno per 20 anni (a decrescere) fino a pagamento dei 900 milioni dell’investimento» (secondo quanto riferito da Repubblica).
Olt si è appellata al Tar della Lombardia, sostenendo che le erano state cambiate le regole in corsa, si era mossa, cioé, alla luce della garazia in atto. E la magistratura amministrativa le ha dato ragione.
«Il mercato dell’energia si è ribaltato: con la crisi la domanda è crollata e i prezzi sono drasticamente scesi. Il gas è diventato abbondante, anche per il progressivo affermarsi della rivoluzione dello shale gas», aggiunge il Corriere della Sera (titolando «Il conto del rigassificatore – un altro aumento in bolletta»), e spiega che «alla fine, a risolvere la questione, potrebbe essere il Ministero per lo sviluppo economico, con un decreto che dichiarerebbe Olt “strategica” e le darebbe una “garanzia depotenziata”. Il caso però resta: Olt sarebbe la prima azienda ad aver deciso di rimettersi sotto l’ala del mercato regolato. Cioè dell’“aiutino” delle bollette dei consumatori».
La “strategicità” – a quanto di dice – la si cerca di ottenere anche per l’impianto di Trieste, a livello europeo (i rappresentanti triestini grandi e piccoli, così silenziosi, di questi giorni, avrebbero gioco facile poi nel sostenere: ce l’ha imposto la UE).
Da ricordare che l’impianto di Livorno ha una potenzialità di 3,7 miliardi di mc annui, Trieste è sui 6 miliardi (con proporzionale aumento del “fattore di garanzia” che però verrebbe pagato solo dagli italiani, non dalla UE).
Insomma questo impianto che avvelena il golfo, rischia di compromettere l’operatività portuale, e mette a repentaglio la sicurezza della città, lo finanzieremmo con bollette Acega più care.
Per chi volesse verificare, i due pezzi sono disponibili sul web ai seguenti indirizzi. Digitate, gente, digitate…
http://www.repubblica.it/economia/finanza/2013/09/06/news/authority_contro_rigassificatore_di_livorno_troppi_oneri_sulle_bollette_dei_cittadini-66040198/
http://www.corriere.it/economia/13_agosto_03/rigassificatore-livorno-bolletta-conto-energia_f8e6cc96-fbf5-11e2-a7f2-259c2a3938e8.shtml
Lunedì 16 settembre, alla Stazione Marittima, ci sarà Citizens’ dialogue, la giornata d’ascolto europea che lunedì 16 settembre vedrà a Trieste la vicepresidente della Commissione Viviane Reding. E’ un’iniziativa europea di “ascolto” della città, di cui pochi sanno perché c’è stato un lack di comunicazione (perché? Come mai un’occasione del genere rischia di passare letteralmente sotto silenzio?).
E’ importante che si attivi il passaparola, e che, se sull’argomento latiteranno quanti sono stati votati per rappresentare Trieste, i cittadini siano presenti, con civiltà ma anche con forza e decisione, per far conoscere alla Reding il loro no al rigassificatore.
Luciano Santin
IL PICCOLO - VENERDI', 13 settembre 2013
Cosolini sulla Ferriera «Una bomba sociale se si sabota
Arvedi» - SIDERURGIA » GIORNATE DECISIVE
E Serracchiani aggiunge: «L’accordo di programma è l’unica via per
evitare una gigantesca area inquinata»
«La Ferriera non chiuderà». Parole di Roberto Cosolini che spara forte sui
vari spezzoni del movimento antiindustriale che sta affiorando a Trieste. «Chi
vuole sabotare il progetto Arvedi per arrivare di conseguenza alla dismissione
dello stabilimento - tuona il sindaco - sappia che rischia di creare un dramma
sociale per centinaia e centinaia di famiglie che la città non sarebbe in grado
di sopportare.» Nel mirino la strana saldatura che rischia di crearsi tra i vari
tipi di oppositori all’opzione siderurgica: «Assisto a una campagna con
dichiarazioni di bieca strumentalizzazione politica che va a saldarsi con la
comprensibile esasperazione di comunità di cittadini, ma anche con folli diffide
che arrivano al Comune da sostenitori di Trieste Libera e del Tlt e che
vorrebbero mandare subito 700 persone in mezzo alla strada. Si mischiano assieme
ingenui, persone in buonafede, agitatori politici e storici speculatori
sull’immobilismo della città: Trieste non può più permettersi di essere ostaggio
di fronti compositi di questo genere e di chi in realtà teme che il problema
occupazionale e quello ambientale possano venir risolti congiuntamente». A detta
del sindaco gli ultimi quindici anni di storia dello stabilimento servolano sono
stati caratterizzati da speculazioni industriali e commissariamenti che hanno
badato solo a sopravvivere deinvestendo. Le ripercussioni si sono sentite
soprattutto sul deterioramento degli impianti e di conseguenza sul fronte
ambientale. «Ora però la musica è cambiata - dà l’altolà il sindaco - siamo di
fronte a un piano industriale serio con forti investimenti sul versante
ambientale. Riconversione significherà anche graduale dismissione della cokeria,
riduzione di benzene e benzopirene, sviluppo della logistica e delle lavorazioni
a freddo, barrieramento dei cumuli. Già nel 2014 la gente di Servola e dei rioni
vicini respirerà molto meglio. La città non può permettersi di non accettare
questa sfida, di perdere questa occasione». Frattanto ieri la Siderurgica
triestina, la neonata società del Gruppo Arvedi che ha chiesto di prendere la
Ferriera in affitto per sei mesi prima di formulare la proposta d’acquisto, non
ha risposto alla richiesta dei sindacati di un incontro immediato dopo aver
sospeso quello già programmato per mercoledì scorso. «Auspico che le parti si
ritrovino al più presto - conclude Cosolini - con l’obiettivo prioritario di
salvaguardare l’occupazione. Basta con la gente che continua a dire che a
Trieste non c’è futuro e che poi rifiuta le opportunità. Investitori del genere
di Arvedi vanno supportati non ostacolati, anche perché non ho sentito ipotesi
alternative che non siano banali slogan». E la presidente della Regione Debora
Serracchiani evidenzia come proprio attraverso l’accordo con Arvedi passi la
sola possibilità per il recupero ambientale dell’area. «L'accordo di programma
sulla Ferriera è l'unico strumento a disposizione per il risanamento ambientale
del sito - ha affermato ieri sera Serracchiani al termine della riunione che si
è svolta al Ministero dello Sviluppo economico. «L'accordo infatti - ha spiegato
- impegna in modo concreto l'intervento degli enti pubblici e di tutti gli altri
soggetti coinvolti e un aspetto fondamentale è che si propone un cronoprogramma
molto preciso. Dentro questo accordo ci devono essere la messa in sicurezza
operativa del sito e gli interventi sull'impiantistica, di cui si fa carico
Arvedi, che andranno a incidere in modo determinante sulle emissioni e sulle
acque. L'alternativa è che tutto rimanga com'è: una gigantesca area inquinata in
progressivo degrado, abbandonata a se stessa e - ha concluso Serracchiani -
sempre più pericolosa».
Silvio Maranzana
Nessuno può permettersi di far saltare il banco - LE
AZIONI DI DISTURBO
CRESCONO GLI OPPOSITORI È pericoloso giocare con il posto di lavoro di
quasi cinquecento operai senza avere in mano una valida alternativa
Non è ancora una bella favola ma presto potrebbe diventarlo, semprechè le
“streghe” che aleggiano sulla città non facciano qualche altro maleficio. Sta
crescendo, difatti, il partito dei “gufi”. Questa è la storia di un’industria
siderurgica condannata a morte, anche con una data precisa per staccare la spina
(chiusura al più tardi nel 2015), che sta per essere baciata da un canuto ma
lucido e arzillo principe (il cavalier Giovanni Arvedi) disposto a rilanciare
l'impianto di Servola e a renderlo finalmente ecosostenibile con un investimento
di 20-22 milioni, salvando di fatto 490 posti di lavoro senza contare un indotto
che ne vale altrettanti. Arvedi naturalmente non è un benefattore, ma un
navigato capitano d'industria deciso a scommettere, anche in tempi di crisi nera
come questo, su una Ferriera che tutti davano per spacciata, utilizzando anche
le sue enormi potenzialità portuali (leggi banchina). Il principe che arriva da
Cremona è uno che va per le spicce: niente parole al vento. Chiede e propone
patti chiari e programmi precisi. Patti naturalmente che devono coinvolgere
tutto il territorio e le sue istituzioni. Ognuno deve fare la sua parte, Arvedi
di sicuro deve garantire a servolani e triestini occupazione e di abbattere
l’inquinamento. Arvedi non chiede direttamente soldi, ma una prima parziale
bonifica. Serracchiani e tutta la “filiera” di centrosinistra che governa la
provincia hanno detto sì, tirando anche un sospiro di sollievo. Arvedi, che non
è uno sprovveduto disposto a buttare i soldi fuori dalla finestra (di Servola),
ha optato per un periodo di prova, che si traduce in un contratto di affitto di
sei mesi dello stabilimento per saggiare la reattività degli impianti e del
territorio. Se i patti verranno mantenuti, poi comprerà la Ferriera e si potrà
così scrivere l’ultima pagina di questa che potrebbe essere una chance di
evitare l’ennesimo disastro socio-economico. Attenti, adesso, però a non farselo
scappare Arvedi (è già accaduto una volta). Se dovesse trovare improvvisamente
ostacoli sul suo cammino, come sta puntualmente accadendo con un dibattito
politico ideologico, potrebbe cambiare idea e non resterebbe a quel punto che la
via del funerale per la Ferriera. I sindacati hanno già mandato un avviso ai
naviganti. «Chi farà scappare Arvedi dovrà assumersi tutte le responsabilità». I
rappresentanti dei lavoratori si trovano a giocare due delicate partite
contemporaneamente: su un tavolo cercano di allontanare la minaccia dei “no
Ferriera” (ambientalisti, grillini, indipendentisti, pezzi del Pdl) per
difendere il loro futuro, sull’altro però devono salvaguardare gli attuali
livelli occupazionali. Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), una volta percepite le
prime azioni di disturbo, già ai primi di agosto invitava a non creare intralci
al manovratore e a «remare tutti nella stessa direzione». Quasi un’utopia per
questa città, sempre pronta a farsi del male e finora condannata a perdere tutti
i treni per lo sviluppo del territorio. È legittimo chiedere la massima
trasparenza sull’operazione, ma nessuno in questo momento può commettere
l’azione criminale di far saltare il banco senza avere in mano una concreta
alternativa quando in gioco ci sono almeno cinquecento posti di lavoro. Il
centrodestra, in particolare, e chi dirige il suo teatrino, dovrebbe evitare di
fare zavorra. Un obbligo morale ma anche politico: oggi più che mai i consensi
si guadagnano salvando il lavoro. Lo stesso discorso vale per l’Autorità
portuale. Trieste non può tollerare che per giochetti di potere vada alle
ortiche un’opportunità e che si apra un’altra ferita in un contesto economico
devastato.
Maurizio Cattaruzza
I lombardi: salveremo occupazione e ambiente
L’obiettivo ribadito a Roma in un incontro con Tajani che ha definito
Trieste un modello per l’Europa
E i rappresentanti del gruppo Arvedi ieri sera a Roma hanno confermato il
loro interesse «a definire un accordo di programma che consenta il rilancio
industriale del sito di Servola nel rispetto della tutela ambientale,
salvaguardando l'occupazione». Lo si apprende da una nota stampa dello staff del
vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l'Industria e
l'imprenditoria, Antonio Tajani che ha incontrato ieri la presidente della
Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e appunto i vertici del Gruppo
industriale Arvedi. Al centro dei colloqui è stata la situazione della Ferriera
di Servola e il contributo concreto derivante dall'applicazione del Piano
d'azione Ue per l'acciaio. «La Presidente Serracchiani - rileva il comunicato -
ha sottolineato l'importanza di promuovere un'industria efficiente e innovativa
nel quadro di un'azione di risanamento ambientale». È stato in questa sede che i
rappresentanti del gruppo Arvedi hanno confermato il loro interesse a definire
l’accordo di programma con il doppio obiettivo della salvaguardia sia
dell’occupazione che dell’ambiente, attraverso un’azione di rilancio
industriale. Al termine dell'incontro, il vicepresidente Tajani ha dichiarato:
«Il rilancio della Ferriera di Servola può diventare un modello di cooperazione
tra Commissione europea, Governo e Regione per un uso efficace dei fondi europei
nel perseguire una reindustrializzazione innovativa, sostenibile e efficiente,
come indicato anche dal Piano d'azione per l'industria siderurgica».
(s.m.)
Fiera in liquidazione, due pretendenti ma tempi lunghi
Non trova ancora un destino il comprensorio della Fiera di Trieste, in
liquidazione dal 27 settembre 2010, valore di perizia 6,9 milioni di euro per 20
mila metri quadrati sempre più declinanti al degrado. Lo scorso 30 agosto
scadevano i termini della seconda proroga sul bando per le manifestazioni
d’interesse emesso dal liquidatore, il commercialista Gianfranco Nobile. Due i
gruppi in lizza, raggruppamenti d’imprese di costruzioni al cui interno sono
presenti anche aziende triestine (di più è impossibile sapere in questa fase).
Al termine della seconda proroga, resasi necessaria per approfondimenti tecnici,
un terzo concorrente s’è fatto avanti, ma in modo ancora non concreto, mentre i
due concorrenti hanno chiesto ulteriori 30-45 giorni per ottenere ancora nuova
documentazione da sottoporre ai propri tecnici prima di esprimere una volontà
definitiva. E quindi sottoporsi alla scelta che sia il liquidatore, e sia i soci
(Comune, Provincia, Camera di commercio e altri con minori quote) dovranno poi
fare, tenendo conto sia dell’offerta economica (la gara comunque non è al
rialzo, e finora i concorrenti non hanno chiesto ribassi) e sia della qualità
del progetto proposto, in linea tra l’altro con gli intendimenti del Piano
regolatore comunale in costruzione. Nobile ha convocato una riunione
dell’assemblea per fine mese, ritiene (e questo comunicherà) che sia fondata,
credibile e corretta la richiesta di una nuova proroga tecnica. «I concorrenti -
sottolinea - per partecipare al bando, con tutte le condizioni in esso
contenute, hanno già dovuto fare degli investimenti, reputo dunque molto seria
la loro intenzione». Intanto i debiti della Fiera sono a quasi 2,2 milioni.
San Marco, l’attesa sta per finire Ma in aprile
chiuderà di nuovo
L’inaugurazione slitta tra fine mese e inizio ottobre per contrattempi
sanitari «dai bagni alle cucine»
Il Caffè però riaprirà senza essere stato
ristrutturato: il restauro, inderogabile, scatterà in primavera
Slitta ulteriormente l’apertura dello storico Caffè San Marco. I triestini
vengono assicurati da uno dei soci che gestirà il locale, Gian Paolo Venier (gli
altri sono Alexandros Delithanassis e Guido Tripaldi): «Ancora alcune settimane
e fra la fine di questo mese e l’inizio del prossimo la città riavrà il suo San
Marco». Riaperto, ma non ristrutturato. Infatti, «appena la prossima primavera
(si parla di aprile, ndr), il pubblico esercizio dovrà necessariamente esser
sottoposto a inderogabili lavori di restauro». Ma è giustificato allora il
ritardato avvio? Dietro ci sono «problemi di natura sanitaria dai bagni alle
cucine - riferisce Venier - che avrebbero impedito qualsiasi tipo di avvio.
L’intervento è stato necessario in maniera da “sanificare” quanto trovato. Basti
pensare che sono state oltre un centinaio le ore spese per questo tipo di
operazione», afferma Venier. Quindi, ancora un po’ di attesa e poi cittadini e
turisti potranno nuovamente stazionare nelle ampie sale del Caffè, rinnovate nel
suo utilizzo. È questa la novità: una fruizione allargata degli spazi esistenti.
Comunque, l’identità del centenario luogo è ben definita e mantiene la tipica
peculiarità e l’atmosfera del posto. Verrà dato spazio alle realtà culturali in
città dove poter condividere la propria attività dando loro “asilo”,
fidelizzando così lo spazio stesso: «Una casa per le loro attività». Il Caffè
diverrà così nuovamente un luogo “pubblico” di scambio e di socializzazione.
«Vorremmo fosse trasversale, un tema guida del nostro progetto, un’idea
cosmopolita di Trieste». Altro aspetto che a breve dovrà trovare soluzione: la
pedonalizzazione di via Donizzetti. Il Comune di Trieste si è giù espressa per
l’interdizione al traffico automobilistico, ora si attende dalla Provincia che
si esprima a riguardo. Per giungere all’acquisizione, la nuova società si è
infatti misurata con altre realtà imprenditoriali forti. Ha vinto «il nostro
progetto - dice Venier - composto da un dossier che superava la quarantina di
pagine con un dettaglio ben definito di tutto il complesso ventaglio di
iniziative e di cosa abbiamo intenzione di realizzare all’interno degli ampi
spazi, un’attenzione a largo spettro». L’ambizioso programma prevede azioni non
semplici da realizzare, che verranno messe in atto via via che progredirà la
conduzione del pubblico esercizio con la sua ottimizzazione. Di certo, un
approccio “ortodosso” dello spazio a disposizione. Un Caffè di questa portata
deve necessariamente offrire prodotti di elevata qualità. «Attualmente siamo in
fase di definizione dei partner che maggiormente rispecchiano il nostro
obiettivo. Nell’ambito della miscela di caffè, necessariamente miriamo al top».
Ancora bocche cucite, ma di certo sarà una novità per Trieste. Gianni Pistrini
Muggia, la nuova antenna scatena le critiche a Longo
L’assessore all’Ambiente nel mirino di residenti, Comitato e opposizione
politica Intanto il proprietario della “base” della struttura pone in vendita la
casa ex Enel
MUGGIA Svetta ad almeno 12 metri d'altezza. In modo fastidioso a circa 100
metri dalla scuola elementare. È la nuova, ennesima antenna che un operatore per
la telefonia mobile ha impiantato sul tetto dell’ex centralina dell’Enel su via
di Stramare, ad un centinaio di metri dall’incrocio con via di Noghere, via di
Zaule e via Monte d’Oro. Con buona pace dei tantissimi residenti in zona. «Sono
senza parole e amareggiato per l’impatto visivo e preoccupato per l’inquinamento
elettromagnetico che, seppur attestato secondo i tecnici del Comune a livelli
bassi, preoccupa quantomeno per gli esiti nel tempo» commenta il consigliere
comunale Pdl Claudio Grizon che ha denunciato per primo la realizzazione del
manufatto. «L'assessore all'Ambiente Longo e i consiglieri comunali eletti nel
collegio di Zaule devono dimettersi» tuona il portavoce del Comitato dei
cittadini di Zaule Giorgio Jercog. La genesi del nuovo traliccio affonda le
radici nell'ottobre 2011 quando la multinazionale Ericsson per conto della Wind
fece pervenire la propria richiesta al Comune per poter installare un'antenna
sul tetto dell’ex centralina Enel che alcuni anni fa è finita all’asta ed è
stata acquistata da privati. Essendo un terreno privato il l'assessore
all'Ambiente aveva annunciato come il Comune potesse solo verificare
l’inadeguatezza o meno del progetto. Dopo quasi due anni di silenzio ecco la
spiacevole sorpresa. E pare che oltre al danno, sia arrivata pure la beffa. Sul
cancello dell’ex centralina trasformata in abitazione è comparsa infatti la
scritta “vendesi” con un numero di telefonino a cui rivolgersi... «A questo
punto viene da chiedersi se il proprietario ha già incassato tutti gli affitti
anticipati per la durata del contratto (si parla di 1.500 euro al mese, ndr) o
se, pentito o preoccupato per l’inquinamento ambientale, abbia ben pensato di
tentare di disfarsi dell’edificio sovrastato da quell’imbarazzante antenna»
spiega Grizon. L'esponente pidiellino ha dunque invitato il sindaco Nerio
Nesladek e l’assessore Fabio Longo a fare «ulteriori verifiche sulla legittimità
di questa operazione commerciale fatta sulla testa dei cittadini da chi ha
comprato quell’edificio e, senza scrupolo alcuno, ha ben pensato di farsi i
soldi facilmente affittando il proprio tetto». Ancora più duri i toni del
Comitato dei Cittadini di Zaule. «Siamo venuti a conoscenza per caso dell'ok
alla costruzione dell'antenna di telefonia su Monte d'Oro, nonostante in
assemblea pubblica il tecnico referente comunale avesse dato garanzie che il
progetto fosse congelato. E con l'assessore Longo c'era un'intesa per
delocalizzare la postazione in zona posta lontana dalla scuola elementare, come
previsto dal nuovo Piano delle antenne di telefonia sviluppato dalla Polab».
Così però non è stato.
Riccardo Tosques
Addio Albert Jacquard, padre della decrescita felice -
LUTTO
Si è spento a 87 anni lo scienziato francese celebre per le battaglie
contro le diseguaglianze
PARIGI Scienziato e ricercatore in genetica, filosofo, ma anche uno dei
padri della teoria della “decrescita felice” cara a Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio. Popolare soprattutto per le sue battaglie per i sans-papiers, i
senzatetto, gli emarginati e per le sue prese di posizione pacifiste e non
violente, Albert Jacquard è morto ieri a 87 anni nella sua casa parigina. Era
stato colpito, ha precisato il figlio, da una forma di leucemia. Jacquard, il
suo volto sofferente ma pieno di speranza, incorniciato da una barba bianca da
antico saggio, era da tanti anni uno dei personaggi più amati dai francesi.
Aveva fra l'altro legato il suo nome alla formula - da lui ideata - di
“decrescita felice”, un concetto di cui si sono appropriati poi negli anni molti
movimenti antisistema. Lui era profondamente convinto che il liberalismo in
economia e la concorrenza sfrenata fossero dei mali e dopo aver studiato nelle
scuole più prestigiose di Francia cominciò a riflettere attorno ai 40 anni: «Mi
accorsi - raccontava - che non sarei stato eterno e che non si può gettar via la
propria vita con cose ridicole». Si trasferisce quindi negli Stati Uniti negli
anni ’60 per studiare la genetica delle popolazioni e lì conosce il mondo della
contestazione, gli hippy, le marce contro la guerra in Vietnam, l'antirazzismo.
Rientra in Francia dove si laurea in biologia e genetica e pubblica “L'Elogio
della diversità” un libro diventato la bibbia della lotta contro le
diseguaglianze. Milita in prima fila con il Dal, l'associazione per il diritto
alla casa, che ieri ha fatto sapere che Jacquard era «una luce» per tutti i
senzatetto. Il presidente Francois Hollande ha salutato la memoria del «grande
scienziato» dalla grande «umanità». Spesso la sua battaglia si svolgeva al
fianco di un altro personaggio, anche lui da poco scomparso, amatissimo dai
francesi, l'apostolo dei diseredati Abbé Pierre. Primo firmatario di tutte le
petizioni contro la guerra - si ricorda il suo impegno in occasione degli
interventi in Iraq - nel 2007, benché indebolito, si impegnò in uno sciopero
della fame a Lille per sostenere gli stranieri in posizione irregolare che
rischiavano l'espulsione.
Rapporti con l’est - Reding e Moavero sbarcano a Trieste
La vicepresidente Ue Viviane Reding e il ministro Affari Ue Enzo Moavero saranno a Trieste lunedì: dalle 14.30 alle 16.30 si confronteranno con i cittadini alla Marittima e alle 17.15, con Debora Serracchiani, parteciperanno alla presentazione del portale “Ansa Nuova Europa”.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 settembre 2013
«Chi fa scappare Arvedi dovrà poi assumersi tutta la
responsabilità»
Salvaneschi (Fim-Cisl) teme un raffreddamento dei lombardi Dai sindacati
una nuova richiesta per avviare la trattativa AL MINISTERO
Una richiesta affinché sia rifissato in tempi brevissimi l’incontro che
doveva tenersi ieri e che è stato inaspettatamente rinviato. È stata fatta da
parte dei quattro sindacati che hanno rappresentanze dirette: Fiom-Cgil,
Fim-Cisl, Uilm e Failms, alla Siderurgica triestina, la società neocostituita
del Gruppo Arvedi che ha chiesto alla Lucchini di prendere in affitto da ottobre
il ramo d’azienda della Ferriera di Servola. La data dell’11 settembre per
l’avvio della trattativa era stata indicata dalla stessa società. Di conseguenza
la motivazione «per sopraggiunti impegni» con cui è stata cancellata solo una
ventina di ore prima dell’appuntamento non ha convinto la controparte. La
posizione estremamente rigida assunta immediatamente dalle rappresentanze
sindacali («Né un uomo né un soldo in meno») e la protesta riaccesa da parte dei
comitati dei cittadini e delle associazione ambientaliste contro la prosecuzione
dell’attività siderurgica potrebbero aver in parte inciso, ma non tanto quanto
la sollevazione di scudi politica messa in atto in particolare dal Movimento
5stelle contro il doppio ruolo giocato dall’ingnegner Francesco Rosato: fino al
30 giugno consulente per la riconversione per conto del Comune, dall’11 luglio
amministratore unico di Siderurgica triestina srl., la società al 100% di
Finarvedi che dovrebbe prima affittare e poi, entro sei mesi, acquistare la
Ferriera. Il Gruppo Arvedi vorrebbe dunque prender tempo forse per rivedere la
propria strategia in uno scontro che si preannuncia particolarmente duro, ma che
al tempo stesso dovrà essere rapido. «Per legge, bisogna chiudere l’accordo
entro 25 giorni dalla comunicazione ai sindacati che è stata fatta il 5
settembre», ricorda Antonio Rodà, segretario provinciale Uilm. Ma Umberto
Salvaneschi, segretario per Trieste e Gorizia di Fim-Cisl entra in quello che a
suo dire è il cuore della questione. «Penso di poter escludere - afferma - che
siano state le posizioni espresse da subito dal sindacato ad aver innescato
questo dietrofront. Probabilmente non si va lontano dal vero mettendolo in
connessione con le obiezioni politiche che sono state sollevate dopo l’arrivo
della lettera della Siderurgica triestina (firmata da Rosato, ndr.). Non vorrei
che questa bagarre innescasse un ripensamento da parte di Arvedi perché se così
fosse chi lo provocherebbe dovrà poi assumersene tutte le conseguenze». Sul
fronte sindacale aveva registrato avversità anche l’ipotesi, attraverso le
anticipazione fatte da Rosato, di uno spacchettamento delle aziende che si
insedierebbero a Servola: la Siderurgica triestina per la Ferriera, la Servola
spa per la banchina e una terza società per le lavorazioni a freddo, ma ancor di
più l’intenzione di procedere all’azzeramento degli integrativi economici
aziendali per procedere alla loro rinegoziazione. Riguardo a ciò non ha trovato
conferme la voce secondo cui la nuova società potrebbe passare direttamente alla
riassunzione dei singoli dipendenti bypassando la trattativa con i sindacati.
Silvio Maranzana
Oggi incontro sulle bonifiche a Servola
E intanto questo pomeriggio a Roma i rappresentanti delle amministrazioni
triestine assieme a quelli di Arvedi e Lucchini parteciperanno alla seconda
riunione tecnica con esponenti del Ministero dello sviluppo economico e del
Ministero dell’Ambiente sulla riconversione di Servola. La seduta di oggi sarà
dedicata in particolare al tema delle bonifiche, particolarmente delicato in
quanto il Gruppo Arvedi ha anticipato che non è suo compito fare investimenti in
questo settore.
Il 16 settembre Manifestazione contro il rigassificatore
Manifestazione contro il rigassificatore: sarà organizzata lunedì 16 settembre davanti alla Stazione marittima da Wwf, Legambiente, Italia nostra e Comitato “Trieste dice no al rigassificatore”. L’iniziativa sarà presentata domani in una conferenza stampa.
Le sfide dell’Est Europa sbarcano in laguna
Oggi a Venezia il vertice tra i premier di Italia, Slovenia e Croazia. In
agenda collaborazione tra porti e nodo rigassificatori
ROAD MAP VIRTUOSA L’impegno dei tre Stati è promuovere confronti periodici per
avviare sinergie nei campi dell’economia e delle infrastrutture
VENEZIA Nella città dei dogi per cercare di riattualizzare in chiave Europea
una lettura del territorio dell’Adriatico che fu tipica della Serenissima e del
suo spirito cosmopolita. Italia, Slovenia e Croazia vogliono iniziare a scrivere
qui un nuovo capitolo della storia dell’Europa centro-orientale lasciandosi alle
spalle i fantasmi della guerra e le baruffe un po’ chioggiotte che hanno fin qui
contraddistinto alcune fasi dei rapporti tra i tre Paesi. Oggi all’isola di San
Giorgio Enrico Letta incontrerà il premier sloveno Alenka Bratusek e quello
croato Zoran Milanovic. Il summit ha un nome: “Sponde. Foro di dialogo e
cooperazione Italia-Slovenia-Croazia”. Nome che già fornisce importanti
indicazioni sui contenuti che verranno trattati e sullo spirito con cui saranno
affrontati. Da rilevare che l’appuntamento di Venezia è il primo di una serie di
periodici incontri che saranno ospitati a rotazione nei singoli Paesi e a cui
parteciperanno i rispettivi primi ministri. Dialogo e cooperazione dunque,
quindi volontà di risolvere i nodi che ancora sono sul tappeto, ma soprattutto
impostare un metodo di lavoro improntato alla collaborazione a tre per diventare
più forti in Europa. Argomento principale, che soprattutto l’Italia ha voluto in
agenda, riguarda le sinergie in Alto Adriatico in termini di infrastrutture,
portualità, commercio, energia e pesca. Il tutto inquadrato nella cornice
dell’Euroregione adriatico-ionica interpretando la visione strategica della
realizzazione del corridoio Baltico-Adriatico in una sintesi di cooperazione tra
porti, città e vettori commerciali. Di sinergie tra gli scali portuali si sta
parlando già da tempo senza cogliere risultato alcuno però. Stavolta potrebbe
essere invece l’occasione giusta per convogliare interessi e strategie dei tre
Paesi in un singolo corridoio di collaborazione. Del resto solo così facendo si
può solo vagamente pensare di essere competitivi sul mercato globale e riuscire
in qualche modo a non sfigurare con i giganti della portualità del Nord Europa.
C’è poi l’annosa vicenda legata alla realizzazione di un rigassificatore
nell’Alto Adriatico (leggi Zaule a Trieste) che vede l’oramai quasi proverbiale
ostilità da parte della Slovenia che vuole a tutti i costi tutelare la delicata
biodiversità del bacino adriatico. Recentemente, a Bled, il ministro degli
Esteri di Lubiana, Karl Erjavec ha ribadito tale contrarietà che verrebbe
comunque a cadere se il rigassificatore venisse collocato in un’area “più
distante dai confini con la Slovenia”. Ma, intanto, la Croazia vuole costruire
un simile impianto a Veglia con i soldi degli sceicchi arabi. Insomma un gran
bel “ingorgo” di idee e di interessi che il vertice odierno dovrebbe
definitivamente dipanare.
Mauro Manzin
«Autobus gratuiti in centro» - PER SNELLIRE IL TRAFFICO
La mozione presentata da De Gioia in Consiglio provinciale
Dare la possibilità ai cittadini di utilizzare gratuitamente i mezzi
pubblici all'interno del centro cittadino e più precisamente nell'area della
città delimitata da via Carducci, via Ghega, piazza Libertà, corso Cavour, riva
3 novembre, corso Italia e piazza Goldoni come del resto proposto dallo stesso
Piano del traffico. È quanto chiede il consigliere provinciale Roberto De Gioia
che invita la Giunta e la presidente «a prendere in considerazione il vantaggio
e i benefici che una scelta di questo tipo andrebbe a portare, senza aggravio di
spesa, sul traffico, sull'inquinamento, sulla mobilità in generale e perfino
sullo sviluppo economico del centro cittadino» e inoltre «a intervenire presso
la Regione e Trieste Trasporti perché, al fine di consentire una attenta e
corretta valutazione del Consiglio provinciale su tale inedita proposta,
approfondiscano la fattibilità e la realizzazione di tale progetto». De Gioia
sottolinea infatti che «obiettivo dello stesso piano è di promuvere una diversa
e più agevole movimentazione dei veicoli e delle persone anche attraverso una
organizzazione più efficace del trasporto pubblico».
Il piano paesaggistico incassa il sì degli enti locali
- CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE
TRIESTE Il regolamento del Fondo per l'Autonomia Possibile sarà rimodulato.
Lo ha annunciato ieri l'assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca, a
Udine, nel corso della seduta del Consiglio delle Autonomie Locali. L'apposita
delibera di giunta era stata bocciata dall'organo consultivo degli enti locali:
«Il regolamento era stato formulato dalla giunta precedente - ha specificato la
Telesca - e non ha trovato la condivisione delle autonomie. Ritengo pertanto -
ha aggiunto - che il governo regionale potrà ritirare il relativo provvedimento,
in attesa della riformulazione del testo, che sarà definito assieme alle
autonomie in quanto meglio conoscono la realtà esistente sul territorio». Il
nuovo Regolamento, come ha concordato l'assessore Telesca con il Cal, dovrà
considerare i principi della rendicontazione e dell'uniformità dei criteri di
utilizzo delle risorse. Il Consiglio delle Autonomie ha dato inoltre parere
favorevole, all'unanimità, al disegno di legge in materia di pianificazione
paesaggistica presentato dalla giunta regionale. L'organo consultivo, riunitosi
ieri a Udine, ha esaminato il documento presentato dall'assessore regionale alla
Pianificazione territoriale Mariagrazia Santoro per il quale è stata raggiunta
l'intesa, ottenendo il voto di tutti e diciassette i componenti. In particolare,
come ha sottolineato il presidente del Cal, Ettore Romoli, gli enti locali
«hanno apprezzato le finalità del provvedimento, che fa chiarezza in materia, e
l'approccio nel rapporto con il sistema delle autonomie». Secondo l'assessore
regionale Mariagrazia Santoro«tale strumento, in accordo con le linee
programmatiche della giunta regionale, si pone il traguardo di garantire il
governo condiviso del territorio». Accanto alla concertazione con gli enti
locali, il percorso del Piano prevede la costituzione di un Tavolo di confronto
tra la Regione, il Ministero, e la Sovrintendenza e la firma di un Protocollo
d'intesa con il Ministero stesso. Prevista inoltre, ed è una novità in senso
assoluto nel settore, la possibilità di procedere alla pianificazione
territoriale per specifici ambiti territoriali e per categorie di beni
paesaggistici. «Con tale strumento - ha concluso Santoro - la Regione avrà il
pieno governo del territorio, assieme alla competenza sugli obiettivi dello
sviluppo sostenibile». L'iter del Piano sarà accompagnato dalla ristrutturazione
dell'apparato regionale, per quanto riguarda il settore: il servizio Beni
paesaggistici andrà infatti a far parte della direzione centrale della
Pianificazione territoriale, completato con i Parchi e la Rete Natura 2000.
Affrontato anche il tema del riparto dei fondi relativo al sistema integrato di
interventi e servizi per la promozione e la tutela dei diritti di cittadinanza
sociale.
Roberto Urizio
Guerra dei fanghi fra il Villaggio e Monfalcone - I
MITILICOLTORI: “NO” AI DRAGAGGI
DUINO AURISINA Bocciati, così come proposti, i lavori di approfondimento del
canale di accesso e del bacino di evoluzione del porto di Monfalcone. La giunta
Kukanja, recependo il documento espresso martedì sera dalla Seconda commissione
consiliare, per l'occasione riunita in audizione dei rappresentanti delle
attività ittiche e delle associazioni ambientaliste (Wwf e Legambiente), ha
espresso parere negativo allo studio di impatto ambientale relativo
all'intervento, così come presentato e fino al superamento di tutte le criticità
evidenziate. Pur condividendo la valenza strategica, da un punto di vista
socioeconomico, dell'opera di adeguamento del canale portuale della vicina città
dei cantieri e anzi auspicando un potenziamento del trasporto via nave e della
portualità, i consiglieri hanno posto vincoli stringenti per fare in modo che
l'escavo non produca serie criticità al territorio di Duino Aurisina e alle sue
attività. Lo hanno, del resto, detto chiaro e tondo i maricoltori: «Non vogliamo
essere presi in giro dai cugini monfalconesi». Brucia ancora, nella memoria
collettiva, quanto avvenuto nel 2004 in golfo, dove “malgrado le assicurazioni
sull'utilizzo delle migliori tecnologie e la modesta quantità di fanghi
movimentati, i sedimenti hanno provocato gravissimi danni alla maricoltura”. Per
questo, in testa Cogiumar con Walter de Walderstein e Cogepa con Paolo Decarli,
è stato richiesto dall'assemblea che l'intera escavazione preveda “l'esclusivo
utilizzo di sistemi aspiranti” di ultima generazione “per evitare la dispersione
di inquinanti e sedimenti anche della più fine granulometria”. Inoltre va
predisposto “un piano di monitoraggio”, con l'analisi della situazione ex ante e
l'impiego di bioindicatori. Sempre i maricoltori hanno manifestato la volontà di
un raccordo tra il cronoprogramma dei lavori e il ciclo delle maree e correnti
prevalenti, nonché della statistica dei moti ondosi. «L'intervento va
assolutamente evitato – così de Walderstein – da giugno a ottobre, a tutela dei
cicli produttivi dei mitili». Tutte osservazioni fatte proprie e dalla Seconda
commissione e dalla giunta. Di più, dai consiglieri è inoltre emersa
l'intenzione di ottenere preventivamente delle “garanzie a copertura degli
eventuali danni ai comparti economici della maricoltura, della pesca e del
turismo costiero”. Ciò perché, come sottolineato dal presidente della Seconda
commissione Maurizio Rozza, gli “effetti dell'intervento di escavazione sono
destinati a perdurare per i prossimi 90 anni e dunque si capisce bene che la
mole di fango da movimentare non è certamente la stessa del 2004”. Di qui la
preoccupazione per gli impatti. Infine, vista “l'entità dell'intervento e la
tipologia degli inquinanti, si ritiene fondamentale che venga attuato il
monitoraggio dell'aria sui siti di stoccaggio ed entro un'area di sicurezza
degli stessi”. Ma in generale è stato domandato che tutto lo studio venga
adeguato rigidamente al Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini. Pur
non trattandosi di interventi che impattano direttamente sul territorio
comunale, la Commissione ha ritenuto che la previsione di utilizzare parte del
grande canneto del Lisert per lo dei fanghi possa creare impatti indiretti sulla
qualità degli habitat e la ricchezza specifica dell'ambito omogeneo, che
ricomprende le aree classificate F2a dal vigente Prgc e destinate alla
realizzazione del Parco naturale del Timavo e della Cernizza dagli strumenti
urbanistici (Ambito A3).
Tiziana Carpinelli
ANSA - MERCOLEDI', 11 settembre 2013
Slovenia: fiducia su nuovo sito rigassificatore Zaule
LUBIANA - Il ministro per le Infrastrutture sloveno, Samo Omerzel, si è
detto fiducioso che la parte italiana troverà un nuovo sito per il
rigassificatore previsto a Zaule, un sito che sia accettabile anche per la
Slovenia. Questa soluzione del problema sarebbe un successo della politica
slovena, ha osservato il ministro citato dall'agenzia slovena Sta. Omerzel ha
anche parlato della tratta ferroviaria tra Divaca e Capodistria, che secondo le
ultime stime dovrebbe costare 1,2 miliardi di euro. Al riguardo ha chiarito che
il prezzo indicato è troppo alto in tempi di crisi e che la Slovenia prenderà
una decisione sul futuro dell'infrastruttura ferroviaria entro 14 giorni.
(ANSA). YCA-DO/DO
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 settembre 2013
Ferriera, torna la contestazione - “No Smog”: fabbrica,
nessuna riconversione. Laureni: i controlli saranno rigorosi
Un grande striscione con la scritta “Basta Ferriera”. Una richiesta scandita
a gran voce: «Dimettetevi». Un provocatorio e ironico appello stampato sulle
magliette disegnate per l’occasione: «Cercasi sindaco capace di tutelare
l’ambiente della sua città». Sono stati loro, i contestatori di “Servola
respira”, l’associazione che da anni si batte per la chiusura dell’impianto di
Servola, i protagonisti dell’appuntamento in programma ieri sera al Ferdinandeo,
terzo degli “Incontri pubblici tematici della giunta con la popolazione”,
dedicato al tema “Ambiente e qualità del territorio”, con la partecipazione
degli assessori Umberto (Ambiente) e Elena Marchigiani (urbanistica e mobilità e
traffico). Si è capito subito che la prevista scaletta che prevedeva le
relazioni dei due rappresentanti dell’esecutivo guidato da Roberto Cosolini non
poteva essere rispettata. Appena Laureni ha toccato il tema Ferriera si è
scatenata la protesta, con tanto di regalo all’assessore di un sacchetto
contenente polvere e carbone. A illustrare gli argomenti su cui insiste da anni
Servola respira, la presidente dell’associazione, Alda Sancin: «Questa giunta
non fa i necessari controlli, non interviene sul gravissimo inquinamento
atmosferico del nostro rione, alla pari degli altri enti locali – ha tuonato – e
da Cosolini ci sentiamo presi in giro. Nel suo programma elettorale si parlava
di riconversione, mentre oggi ci ritroviamo davanti a un progetto industriale,
quello della Arvedi, che prevede nuovamente la presenza di un impianto
siderurgico. Dovremo continuare a respirare porcherie». Laureni ha replicato
spiegando che «il piano industriale della Arvedi non è ancora stato reso noto
nei dettagli» e che «saranno effettuati i più minuziosi controlli di cui ha la
competenza il Comune». Niente da fare, quelli di Servola respira continuano a
non credere alle promesse della giunta. Un sorta di dialogo fra sordi, che ha
spostato l’attenzione dagli altri argomenti trattati da Laureni, come la
raccolta differenziata («Puntiamo al 40 per cento entro il 2014») e la pulizia
della città e dalla pur attenta e puntuale relazione di Marchigiani. «Il nostro
– ha detto quest’ultima – è il forte tentativo di attuare una politica di
riqualificazione ambientale, energetica e paesaggistica della città, volano di
sviluppo economico, da attuare attraverso piano regolatore, del traffico,
regolamento edilizio del dehors e piano del centro storico».
Ugo Salvini
Servola-sindacati, l’azienda annulla l’incontro di oggi
RINVIATA A DATA DA DESTINARSI LA PRESENTAZIONE DEL PIANO
Una laconica comunicazione dell’azienda alle 13.30 di ieri, e l’incontro tra
la nuova proprietà della Ferriera e i sindacati, previsto per oggi alle 10, è
saltato. Due righe di fax per dire che è rimandato «a data da destinarsi».
Misteriose le ragioni, in via ufficiale e anche ufficiosa. Perciò secondo i
sindacati anche inquietanti: sarebbe stato il giorno in cui la nuova società di
Arvedi creata per l’affitto d’azienda, Finarvedi, di cui è amministratore unico
l’ex direttore della Ferriera ed ex consulente del Comune per la riconversione,
e cioé l’ingegner Francesco Rosato, avrebbe dovuto presentare il piano di lavoro
della nuova gestione assieme a rappresentanti della Lucchini. Prospettare
insomma la costituzione dei tre rami d’azienda (Ferriera, logistica, lavorazioni
a freddo) e il processo di riqualificazione della vecchia fabbrica. Forse anche
il piano degli organici, con la previsione di qualche cassa integrazione, cui i
sindacati hanno già dato l’altolà. «Non sappiamo per quale ragioni l’incontro
sia stato annullato - affermano le Rsu -, e nemmeno i nostri rappresentanti
provinciali sono stati informati». Nulla vuole dire Rosato, mentre cita «un
impedimento». Circola l’ipotesi che le posizioni dure espresse dai sindacati
contro l’annunciato profilo di organizzazione del lavoro, e pressioni contrarie
al nuovo corso, avrebbero consigliato di aspettare per raffreddare il clima, per
non trasformare il primo “summit” in uno scontro e dunque anche in un
fallimento.
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 10 settembre 2013
Il progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule è più
vivo che mai, anche se alcuni ambienti politici locali nei mesi scorsi lo davano
per ormai tramontato.
Sono note e documentate le conseguenze negative che l’impianto
produrrebbe sull’ambiente marino, la sicurezza della popolazione ed i traffici
portuali.
Tutti gli enti locali sono concordi nell’opporsi, finalmente in sintonia con
l’opposizione dei cittadini (manifestata anche nelle vivaci manifestazioni
dell’autunno 2012 in piazza Unità e in Porto Vecchio) ma:
- il Governo insiste nel dichiarare “strategico” l’impianto proposto da
GasNatural
- il Governo ha fatto inserire il progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule
nell’elenco delle infrastrutture “prioritarie” della Commissione Europea
- la Commissione Europea ha invitato l’Italia ad accordarsi con Slovenia e
Croazia, per superare le loro obiezioni al rigassificatore (i colloqui
diplomatici tra i tre Stati sono in corso)
- l’opposizione della comunità triestina rischia perciò di essere scavalcata da
decisioni prese altrove
- lunedì 16 settembre la Commissaria europea Viviane Reding ed il ministro per
gli affari europei Enzo Moavero saranno a Trieste (Centro Congressi Stazione
Marittima) per un “dialogo con i cittadini”
Facciamoci sentire in quell’occasione,
gridando con forza il nostro NO AL RIGASSIFICATORE a Trieste-Zaule
davanti alla Stazione Marittima, dalle 14.30 alle 19 di lunedì 16 settembre
WWF – Legambiente – Italia Nostra – Comitato
“Trieste dice no al rigassificatore”
Per maggiori informazioni:
www.legambientetrieste.it
www.wwf.it/friuliveneziagiulia
Per contatti:
info@legambientetrieste.it
friuliveneziagiulia@wwf.it
fvg@italianostra.org
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 settembre 2013
Ferriera, pronto il piano si riparte da tre società -
INDUSTRIA»SIDERURGIA
Gestiranno stabilimento, logistica e lavorazioni a freddo. Accordo con
Elettra per scambio di gas ed energia. Ambiente, investimenti per una ventina di
milioni
LE PAURE DEI DIPENDENTI Rosato: mai parlato di licenziamenti, forse alcuni
dipendenti in Lucchini per avere la cassa con più rapidità. Ma credo che ci sarà
posto per tutti
IL DIRETTORE EX CONSULENTE Tutto regolare: per sei mesi di attività con il
Comune compenso di 39.500 euro sui quali ho pagato le tasse: non mi è rimasta
una fortuna
Tre società diverse per gestire rispettivamente la Ferriera, la logistica e
le lavorazioni a freddo e nelle quali reimpiegare, magari dopo un periodo di
cassa integrazione, tutti gli attuali dipendenti, un accordo commerciale con la
centrale Elettra per lo scambio di gas ed energia, la proposta di acquisto
sostanzialmente già pronta e da fare prima della scadenza dei sei mesi di
affitto di cui non sarà richiesta la proroga. Il piano Arvedi per il
comprensorio di Servola è sulla rampa di lancio e vi sta lavorando sempre lui,
Francesco Rosato, ingegnere, ex direttore dello stabilimento con la Lucchini, ex
consulente del Comune per la riconversione, divenuto undici giorni dopo la
scadenza di questo contratto amministratore unico di Siderurgica triestina srl,
la società al 100% di Finarvedi che prenderà in affitto la Ferriera, nelle
proprie intenzioni già da ottobre. “Percorso professionale” che ha fatto gridare
allo scandalo il Movimento 5 stelle e ha suscitato perplessità anche in altre
sedi. «Su questo non intendo dire nemmeno una parola - si difende l’ingegnere -
perché non voglio polemiche e non intendo mettermi contro alcun partito. È
facilmente controllabile come tutto sia perfettamente regolare e se mi è
permesso faccio solo una precisazione: il compenso per i sei mesi di consulenza
per il Comune è stato di 39mila e 500 euro perchè per chiarezza non vi va
aggiunta l’Iva. Pagate su questa cifra le tasse, non è che mi sia rimasta una
fortuna». Il “piano di lavoro” per Servola, così lo chiama Rosato, sarà esposto
ai rappresentanti dei lavoratori domani alle 10 nello stabilimento in un
incontro trilaterale al quale prenderanno parte anche rappresentanti della
Lucchini in amministrazione straordinaria. «Certo che ho scritto io la lettera
in cui si annuncia che vi sarà una revisione degli organici e che il personale
eccedente rimarrà in Lucchini - spiega Rosato - ma non si è mai parlato di
licenziamenti. Abbiamo detto che parte dei dipendenti potrebbe restare in
Lucchini perché l’amministratore straordinario ha più facilità di ottenere con
rapidità la cassa integrazione che potrebbe rendersi necessaria nel giro di tre
o quattro mesi per una fetta di dipendenti allo scopo di ammodernare gli
impianti. Anche questo però lo verificheremo concordemente con i sindacati e
vedremo se effettivamente c’è qualche eccedenza. Alla fine ritengo che vi sarà
posto per tutti perché non ci sarà un’unica società. Intenzione di Arvedi è
infatti anche di sfruttare fortemente la banchina che verrà però gestita non
dalla Siderurgica triestina, ma dalla Servola spa che logicamente esiste già.
Una terza società, magari una di quelle già operanti nell’ambito del gruppo
oppure da costituire, dovrebbe infine occuparsi del settore delle lavorazioni a
freddo». La Siderurgica triestina dunque gestirà esclusivamente la Ferriera
escludendo però qualsiasi ipotesi di trasformazione anche in acciaieria. «È
probabile, ma non è certo - spiega ancora Rosato - che sarà attivato anche il
secondo altoforno, mentre è sicuro che si andrà verso una riduzione
dell’attività della cokeria e in futuro si potrebbe anche arrivare alla sua
dismissione. Con Elettra è già stato abbozzato un accordo commerciale per lo
scambio di gas ed energia al di là degli incentivi del Cip6, mentre non rientra
attualmente negli obiettivi l’acquisto della centrale». «Sono alle prese con gli
ordinativi delle navi di carbone - annuncia l’ingegnere - per una somma di 8 - 9
milioni di dollari, ma mi sto occupando anche dell’Accordo di programma, della
documentazione per l’Autorizzazione integrata ambientale con la conferma di un
investimento di 20-22 milioni di euro per adeguare e ammodernare gli impianti,
ridurre le emissioni, migliorare l’impatto ambientale. Non un euro invece
l’abbiamo previsto per le bonifiche che non riteniamo spettino a noi. Poi non
chiederemo la proroga dell’affitto, ma passeremo immediatamente all’acquisto a
meno che non sorgano problemi insormontabili o che, per fare un esempio, il
sindaco non ci dica che la città non ci vuole».
Silvio Maranzana
La Uilm non ci sta: vogliono dividere i lavoratori
É confermato per domani alle 10 all’interno dello stabilimento il confronto
tra il Gruppo Arvedi e in particolare la Siderurgica triestina di cui è
amministratore unico Francesco Rosato e i sindacati e le rsu alla presenza anche
di rappresentanti della Lucchini. Dopo le lettere definite particolarmente
allarmanti anche ulteriori notizie diffusesi nello stabilimento hanno turbato i
dipendenti. «Costituire più società significa anche spaccare il fronte dei
lavoratori - ha attaccato Franco Palman, rappresentante di fabbrica della Uilm -
e tentare di rimuovere gli ostacoli per azzerare tutti i contratti integrativi.
Ma noi non cederemo e per quanto riguarda la Uilm ribadisco che non firmeremo
alcun accordo che preveda un solo uomo o un solo euro in meno».
(s.m.)
Cosolini: «Il manager lo ha scelto Arvedi»
Il sindaco replica ai grillini: «Ineccepibile come consulente, qui si
vuole solo distruggere»
«I “grillini” o sono male informati oppure stanno facendo una becera
strumentalizzazione». Si è fatta attendere due giorni la replica del sindaco
Roberto Cosolini alla conferenza stampa con cui il Movimento 5stelle ha chiesto
le sue dimissioni perché «non tutela la salute dei cittadini mantenendo a
Servola l’attività siderurgica anziché riconvertirla». «Negli obbiettivi
specifici del Gruppo di Cremona c’è una riconversione dell’area - replica ora il
sindaco - É stato lo stesso Giovanni Arvedi anche nella sua visita a Trieste a
parlare di una fase di transizione di tre o quattro anni. Anziché trascorrerla
mandando tutti a casa, si farà mantenendo gli impianti in attività. Non questi
impianti però, ma quelli che risulteranno dopo un’integrale opera di adeguamento
con forti investimenti che porterà all’abbattimento delle emissioni.
Risulteranno così salvaguardati ambiente e occupazione. Da 15 anni non si vedeva
a Servola un imprenditore, ma solo russi, banche, liquidatori. Appena si
costruisce qualcosa, nascano subito i movimenti contrari». Secondo il M5s
inoltre Francesco Rosato si sarebbe costruito lo sbocco professionale da
amministratore unico di Siderurgica triestina durante la consulenza per il
Comune. «Rosato ha rispettato il contratto e ha prodotto ben tre relazioni per
il Comune sulla sua attività di consulenza - ribatte Cosolini - Arvedi è stata
la principale, ma non l’unica delle opzioni agganciate. Se poi Arvedi stesso che
lo stimava da anni, ha voluto portare avanti la propria iniziativa utilizzando
direttamente la sua professionalità, non ci vedo nulla di male».
(s.m.)
GOLETTA VERDE - Nel Tirreno un mare di plastica
Il 95% dei rifiuti galleggianti sono buste, bottiglie e polistirolo
ROMA Buste, bottiglie e polistirolo. Di plastica nel mare ne finisce tanta,
e il mar Tirreno ne sa qualcosa. Ben il 95% dei suoi rifiuti sono proprio di
plastica, stando ai dati del monitoraggio compiuto da Goletta verde di
Legambiente e Accademia del Leviatano sulla spazzatura galleggiante, lungo 3.000
Km di costa e per 136 ore di osservazione. La quasi totalità dei rifiuti nel mar
Tirreno è fatta di plastica, con le buste che rappresentano il 41% di questo
tipo di spazzatura marina. Nel Tirreno centro-meridionale c'è la maggior densità
di rifiuti: si incontrano 13 oggetti ogni Km2. Il monitoraggio di Legambiente,
compiuto dallo Stretto di Messina alla Liguria, ha preso in esame soltanto i
rifiuti galleggianti più grandi di 25 cm, ed ha seguito il protocollo
scientifico elaborato e riadattato da Ispra-Nat, il Dipartimento difesa della
natura dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, e il
Dipartimento di biologia dell'università di Pisa. Dopo buste e frammenti, il 13%
della plastica registrata sono teli (residui di dimensioni pari a un metro o
più) e il 12,5% bottiglie di plastica; il 33% sono cassette di polistirolo
monitorate lungo la tratta Fiumicino-Ponza. In generale, si trovano più rifiuti
in prossimità della costa. L'uso della plastica - spiega Legambiente - è
«cresciuto notevolmente negli ultimi 40 anni»: infatti anche l'Unep (il
programma ambientale delle Nazioni Unite) mette in evidenza come la plastica
rappresenti «la frazione merceologica preponderante dei rifiuti rinvenuti in
mare».
COMUNE - Ambiente e territorio incontro pubblico
Oggi alle 17.30 al Mib (Ferdinandeo) è in programma il terzo degli incontri pubblici tematici della giunta con la cittadinanza, organizzati in vista del Report di Mandato #2 dell’amministrazione Cosolini. L’appuntamento di oggi è dedicato ad ambiente e qualità del territorio: se ne parla con gli assessori Umberto Laureni e Elena Marchigiani.
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 settembre 2013
Frenata sul progetto della centrale a biomasse
La società interessata a realizzare l’impianto a Opicina non ha mai
presentato l’istanza di Via in Regione. Hanno pesato le resistenze del
territorio
Prima frenata per la mega centrale a biomasse di Opicina. La società
Investimenti industriali triestini che a suo tempo presentò il progetto tanto
avversato dai residenti sta cambiando i vertici. Dalla sede romana della società
fanno sapere solo che deve essere nominato un nuovo amministratore delegato e
che a passaggio avvenuto si avranno lumi sul futuro della centrale che
sorgerebbe nell’area delle ex Officine Laboranti. Solo che il passaggio dei
vertici sarebbe dovuto avvenire già d'estate. Nella sua agenda, il consulente
della società Paolo Giovannetti aveva fissato un incontro con il nuovo
amministratore delegato che sarebbe dovuto avvenire a Roma proprio ieri. E
invece l'incontro è saltato. Giovannetti fa sapere che è semplicemente
rimandato. Ma l'alone di mistero che circonda l'intera vicenda fa pensare che il
legame tra il cambio dei vertici e la prosecuzione del progetto di Opicina sia
molto stretto. Dobbiamo pensare a uno stop del progetto? «Sono considerazioni
che possono fare tutti vedendo quello che sta succedendo nel territorio –
risponde a denti stretti Giovannetti -. Non sono tenuto a dare dichiarazioni
fino a quando non me lo consentono». É possibile parlare con il nuovo ad? «Se è
possibile glielo faccio sapere..» Ma a una successiva telefonata, Giovannetti
non risponde. Che il progetto sia arenato da qualche parte è un'ipotesi che
tiene non solo per la vaghezza delle risposte ottenute cercando di parlare con
la società, per il cambio dei vertici annunciato e non meglio definito e per le
riunioni che continuano a slittare. Dalla Regione si apprende anche un altro
tassello di rilievo: la società avrebbe dovuto già presentare istanza di Via, e
invece non l'ha fatto. «Il progetto è assoggettato alla Valutazione di impatto
ambientale – chiarisce l'assessore regionale all'ambiente Sara Vito -. La
commissione l'aveva analizzato a fondo: dallo screening erano emerse perplessità
sui risvolti ambientali che ne hanno reso necessaria la Valutazione di impatto
ambientale. Alla società proponente era stato così chiesto di presentare
l'istanza di Via, che a oggi non è ancora pervenuta negli uffici». In altre
parole, «non c'è alcun progetto presentato» ribadisce Vito, rimarcando peraltro
che, qualora le cose cambiassero «la Regione starà comunque al fianco
dell'amministrazione comunale, che ha già espresso molte perplessità sul caso».
Dal suo canto, l'assessore comunale Umberto Laureni rimane sulle sue: «Ci
battiamo tanto sul Km0 e poi accettiamo un progetto che userebbe come
combustibile l'olio di palma prodotto in una piantagione della Costa d’Avorio
grande come la metà della provincia di Trieste?». É questo il punto criticato
anche dagli abitanti. Migliaia le firme contrarie che al tempo erano state
inviate agli organismi regionali. Ventitrè le osservazioni finite in Procura per
evidenziare «incongruenze, inesattezze e affermazioni – si legge nel documento –
che non corrispondono a quanto risulta dai pubblici registri». Mezza Opicina si
è ribellata al progetto della centrale a biomasse con una petizione popolare
affidandosi all’avvocato Roberto Corbo. Come a dire che la società avrebbe
dichiarato di avere disponibilità dei terreni «anche se l'estratto tavolare
dimostra il contrario» si ribadisce ancora nel documento.
Elena Placitelli
COMUNE Incontro su ambiente e territorio
Prosegue il ciclo di incontri che la giunta organizza con la cittadinanza in vista del Report di mandato #2 dell’amministrazione Cosolini. Dopo l’appuntamento di sabato scorso su turismo e cultura, domani alle 17.30 nella sala Generali del Mib, al Ferdinandeo, si parlerà di “Ambiente e qualità del territorio” con gli assessori Umberto Laureni e Elena Marchigiani.
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 settembre 2013
Ferriera, i sindacati in trincea: né un uomo né un
soldo in meno
Definita «un pugno in faccia» la lettera con cui Arvedi annuncia che
rileverà solo parte del personale
Mercoledì via al confronto: «Al primo annuncio di tagli
romperemo il tavolo e apriremo la protesta»
«Non un uomo e non un soldo in meno». Nella vertenza sulla Ferriera, il cui
primo ma già decisivo confronto è fissato per mercoledì alle 10 nello
stabilimento, i sindacati hanno messo ieri una linea del Piave piuttosto
avanzata dopo il «pugno in faccia» ricevuto con la doppia lettera con cui è
stato annunciato che «la riorganizzazione di alcuni servizi comporterà la
revisione degli attuali organici» e si precisa che «l’accordo sindacale dovrà
disciplinare la prospettata assunzione alle dipendenze di St di parte del
personale dello stabilimento di Trieste». Una delle lettere è stata inviata
dall’amministrazione straordinaria della Lucchini e l’altra, pressoché uguale,
dalla Siderurgica triestina srl (St) di cui risulta essere amministratore unico,
oltre che firmatario della missiva, Francesco Rosato ex direttore della Ferriera
oltre che ex consulente del Comune, il che ha mandato in escandescenze il
Movimento 5 stelle che, come si legge sotto, per questo motivo ha chiesto anche
le dimissioni del sindaco Cosolini. «Vogliono porci di fronte a un ricatto -
hanno denunciato pressoché congiuntamente Antonio Rodà e Franco Palman (Uilm),
Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Luigi Isaia (Fiom-Cgil), Cristian Prella e
Giulio Frisari (Failms) - e ci dicono: siccome senza questo nuovo imprenditore
sareste tutti morti, adesso dovete buttar giù la medicina anche se sarà molto
amara». Nella lettera è inoltre scritto che «St continuerà ad applicare il
contratto nazionale dell’industria metalmeccanica privata con l’eccezione di
tutti gli elementi retributivi integrativi e aggiuntivi, territoriali e/o
aziendali, inclusi quelli derivanti da prassi e consuetudini nonché eventuali
benefit a qualsiasi titolo accordati o riconcosciuti dai precedenti datori di
lavoro». «Arvedi non è né Padre Pio né la Madonna di Fatima - ha accusato Palman
- non viene per farci un piacere, ma perché gli servono la ghisa e la banchina
per cui non gli metteremo alcun tappeto rosso. Mercoledì se vorrà far saltare un
solo posto di lavoro romperemo subito la trattativa e cominceremo una lotta
durissima perché noi non vendiamo le persone». «Dentro la fabbrica c’è molto
malumore - ha spiegato Isaia - si vogliono andare a toccare livelli retributivi
raggiunti con anni di sacrifici, si intende tagliare personale il che avrebbe
ripercussioni forti anche sulla sicurezza. Noi potremmo accettare solo un breve
periodo di cassa per una parte dei lavoratori finalizzato all’adeguamento degli
impianti». «Il Piano industriale di Arvedi - ha ammonito Salvaneschi - dovrà
prevedere il mantenimento dei livelli occupazionali e retributivi. I soldi non
mancano, in base al Piano europeo per il settore siderurgico potranno giungere
anche finanziamenti Ue». Secondo Prella le lettere e in particolare quella
inviata da Siderurgica triestina «sono in contrasto con le leggi in vigore che
vincolano chi rileva un’azienda, anche semplicemente con l’affitto come in
questo caso, a mantenere l’organico per almeno due anni. Lo ha fatto addirittura
Jindall per Sertubi: ha rilevato tutti i dipendenti, anche se poi li ha messi in
casa integrazione». Per Servola invece l’affittuario comunica che «per il
personale eccedentario il rapporto di lavoro permarrà in capo a Lucchini spa» e
che «fruirà, ove previsto, degli ammortizzatori sociali». Dopo le critiche di
Palman alle istituzioni «andate a Roma senza informare le parti sociali», a
Cosolini che «deve porsi l’obiettivo di salvaguardare l’occupazione» e a
Serracchiani «con la quale il dialogo è da tempo interrotto», Rodà ha invitato i
politici «a mettere in campo tutto il proprio peso determinante affinché siano
ritenuti obiettivo non negoziabile i 1080 posti di lavoro già citati
nell’Accordo di programma.»
Silvio Maranzana
«Non tutela la salute, Cosolini lasci»
M5s anche contro Rosato: «In 11 giorni da consulente a amministratore di
St»
«Il sindaco è il primo tutore della salute pubblica. L’articolo 2 del
contratto fatto a Francesco Rosato specifica che il consulente doveva valutare
possibili investimenti alternativi all’attività siderurgica. Ma il consulente
non ha adempiuto al contratto. Non si tutela la salute pubblica mantenendo a
Servola la medesima attività siderurgica e cambiando semplicemente imprenditore.
Per questo motivo il Movimento 5stelle chiede le dimissioni del sindaco
Cosolini». Le affermazioni sono state fatte ieri mattina, nel corso di una
conferenza stampa convocata sul tamburo, dal consigliere comunale Stefano
Patuanelli, e a lui si sono associati il deputato Aris Prodani e il consigliere
regionale Andrea Ussai. Anche perchè nel procedimento seguito secondo i
“grillini” c’è un aggravante che si sarebbe scandalosamente palesata con la
firma posta sotto la lettera inviata due giorni fa ai sindacati e dalla quale
risulta che amministratore unico della Siderurgica triestina, la srl che ha come
unico socio Finarvedi e che dal primo ottobre affitterà per sei mesi la
Ferriera, è Francesco Rosato. «Il 30 giugno - ha denunciato Patuanelli - è
scaduto il contratto di 6 mesi per 47mila euro che il Comune ha fatto a Rosato.
l’11 luglio è nata la Siderurgica triestina con Rosato amministratore unico. È
evidente che non si costituisce una società così rapidamente perché in dieci
giorni non si riesce nemmeno ad avere l’appuntamento dal notaio. Questo sbocco
professionale per Rosato è nato dunque durante il periodo di consulenza, una
consulenza già in partenza poco opportuna in quanto data a un ex direttore della
Ferriera rinviato a giudizio per la gestione dei rifiuti. La nuova società - ha
continuato Patuanelli - si è costituita con un capitale sociale di soli 50mila
euro, è difficile prevedere che si impegnerà forte in bonifiche e investimenti.
Il Consiglio comunale è stato tenuto all’oscuro di tutto questo: il fallimento
del sindaco è lampante. Deve dimettersi perché le scelte per la salute dei
cittadini non possono essere ignorate o rimandate». «Inserendo Trieste nelle
aree di crisi complessa - ha aggiunto il deputato Aris Prodani - eravamo
convinti che si procedesse a una riconversione di cui si parla specificatamente
nella legge, speravamo venisse aperto un nuovo capitolo per Trieste». «La
Regione ha stanziato 15 milioni per Servola - ha accusato il consigliere
regionale Andrea Ussai - ma è impossibile sapere come saranno usati e intanto la
Ferriera continua a emettere sostanze potenzialmente cancerogene in misure
superiore ai limiti di legge».
(s.m.)
Il porto e il rigassificatore: perché il traffico è
compatibile - L’INTERVENTO DI GIANFRANCO BADINA
Ho letto sulle “segnalazioni”
l’intervento del dottor Carlo Franzosini che
contestava alcune affermazioni dell’ingegner Razeto confrontando ancora una
volta le situazioni dei terminali Lng off-shore di Porto Viro e di Livorno con
quello ipotizzato a Trieste. Tale confronto è improponibile perché attorno a
tutti terminali off-shore (che sono quindi in mare aperto) siano essi gasieri,
petroliferi o di altra natura, viene istituita un’area di sicurezza. Senza la
quale, proprio perché sistemati al largo, altre navi in navigazione potrebbero
transitare a distanze ridotte e a forte velocità. Un eventuale impatto
porterebbe quindi a conseguenze estremamente gravi. Diversa è la situazione per
le navi che operano all’interno di un’area portuale perché le stesse (come
illustrato molto bene dalla relazione tecnica che ha preceduto la costruzione
del terminale di rigasificazione a Rotterdam) procedono ad andatura lenta, hanno
un pilota a bordo e sono assistite dai rimorchiatori. Le conseguenze di una
collisione sarebbero quindi modeste. Faccio inoltre presente che il porto di
Trieste possiede già una normativa che regola il traffico di merci pericolose,
compreso il gas liquefatto. Non so se il dottor Franzosini abbia una buona
competenza in cose marittime anche se è stato chiamato a far parte della
commissione (alla quale partecipavano molti politici ma pochi o addiritura
nessun tecnico) istituita dall’Autorità portuale che ha ribadito ancora una
volta l’incompatibilità di un eventuale traffico di gasiere con lo sviluppo
previsto per il porto di Trieste. Tale asserzione è molto lontana dalla realtà.
Attualmente il canale Sud del porto è utilizzato solamente dalla navi cisterna
dirette ai pontili della Siot e dalle unità dirette al Porto Industriale (meno
di 600 navi all’anno) e quindi il suo impiego risulta di circa il 21% delle sue
potenzialità. Le previsioni dell’Autorità marittima indicano un forte incremento
del traffico delle navi cisterna dirette alla Siot nel corso dei prossimi anni
ma ciò sarà difficile dal momento che gli attuali ormeggi del porto petroli non
possono assorbire un traffico molto più elevato di quello attuale (considerando
i quattro pontili sempre occupati e considerando che la sosta di ogni nave
cisterna è di circa 30 ore difficilmente si potrebbero superare le 1000
petroliere all’anno). Bisogna anche considerare che non sono previsti futuri
incrementi delle importazioni petrolifere in Europa e quindi il nuovo traffico
dovrebbe venir strappato ad altri oleodotti e non credo che questi ultimi
starebbero a guardare senza contrastare con opportune ed adeguate politiche
economiche. Ad ogni modo, anche ipotizzando un raddoppio delle petroliere, il
canale non verrebbe impegnato per più del 60% delle sue potenzialità. Consiglio
di dare un’occhiata allo studio molto approfondito svolto dal Registro italiano
navale (organo tecnico dello Stato italiano) dal quale ho tratto alcuni numeri.
Ma i nostri esperti sono mai stati in un grande porto straniero per osservarne i
traffici e la loro organizzazione? Nei grandi porti mondiali il traffico delle
navi metaniere non determina alcun problema anche in quelle situazioni ove
esiste un solo canale di accesso, spesso molto più lungo di quello di Trieste. A
Shangai arrivano ogni anno circa 160.000 navi (altro che 2.900!) senza problemi.
Nella baia di Tokio ci sono cinque rigassificatori serviti da circa 400
metaniere all’anno che vanno ad aggiungersi alle altre 200.000 navi che
transitano nello stesso periodo attraverso lo Stretto di Uraga. Nella giornata
di ieri sono partire e arrivate da Singapore 160 navi (170.000 all’anno) senza
problemi causati dal terminal LGN di Juron Island. Restando in Europa il porto
di Rotterdam presenta un traffico enorme di circa 120.00 navi all’anno;
l’ingresso al porto avviene, causa i bassi fondali del Mare del Nord, attraverso
un unico canale particolarmente lungo, e da poco più di un anno ha assorbito
senza problemi anche il traffico diretto al terminale gasiero Gate. A Zeebrugge
(Belgio) c’è un unico canale dragato per l’accesso al porto utilizzato da circa
18mila navi all’anno comprese quelle gasiere. A Milford Haven (Gran Bretagna) in
un ambiente difficile per i fondali e gli spazi ristretti posti all’estuario di
un fiume operano 2.000 navi cisterna all’anno (sempre comprese quelle gassiere).
A Fos sur Mer (porto petrolifero di Marsiglia) arrivano e partono più di 18mila
navi (più della metà cisterna, chimichiere e metaniere che ormeggiano ai due
impianti di rigassificazione). C’è da chiederci se all’estero siano dei maghi se
riescono a conciliare una tale mole di traffici con i terminali Lng.
IL TIRRENO - SABATO, 7 settembre 2013
Authority Energia contro Olt: ingiusti quegli
incentivi, pesano sulle bollette
Ricorre al Consiglio di Stato l’Authority per l’Energia nel braccio di
ferro contro Olt, la società del rigassificatore. Nel mirino gli incentivi che
finiscono per pesare sulle bollette dei cittadini: l’Autorità li aveva
cancellati ma il Tar della Lombardia in primo grado aveva dato ragione a Olt.
Ora l’appello
MILANO. L'Authority per l'Energia non ci sta e va al contrattacco nel
braccio di ferro contro Olt, la società del rigassificatore offshore davanti
alla costa di Tirrenia (che è controllata dal colosso tedesco E.On. e da Iren,
l'alleanza fra le ex municipalizzate di Genova, Torino e alcune città emiliane).
Al centro dell'attenzione sono gli incentivi riconosciuti, fra gli altri, anche
a chi realizza impianti di questo tipo perché considerati strategici: tali
incentivi finiscono per pesare sulle bollette. L'Autorità aveva disposto che
venisse eliminato questo sistema di ricavi garantiti ma, in primo grado, il Tar
della Lombardia ha dato ragione alla società del rigassificatore. Ma l'Authority
guidata da Guido Bortoni decide di non arrendersi e dà il via al ricorso in
appello al Consiglio di Stato.
IL PICCOLO - SABATO, 7 settembre 2013
Via alla differenziata a premi Una bicicletta ai
virtuosi - AMBIENTE » NUOVI INCENTIVI
L’assessore Laureni: «Sempre fermi al 29%. È necessario cambiare
strategia, l’attività repressiva non basta». 367 multe nel 2012, 175 sanzioni
fino ad aprile
«Sono deluso», ammetteva in tutta franchezza in primavera, davanti al 29% di
diffusione della cultura, e di conseguenza della pratica, della differenziata in
città. Adesso che l’autunno è alle porte l’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni - bandiera nella giunta Cosolini di Sel, partito che cova nella propria
denominazione estesa la parola ecologia - quel 29% se lo ritrova ancora davanti
e gli fa ridire che no, «non siamo contenti di come è stata coinvolta finora la
cittadinanza, quanto fatto non si è rivelato sufficiente, serve altro». L’estate
d’altronde non è il momento più fertile per svolte di questo tipo. È semmai
l’ora delle meditazioni, delle scelte. E tra queste spunta appunto quell’«altro»
che «serve»: un deciso cambio di rotta, di strategia, per recuperare il terreno
fin qui perduto in fatto proprio di raccolta differenziata, portandolo
quantomeno, ancorché sempre sotto i parametri europei, al 40% in un anno. Un
cambio che prevede l’introduzione - «molto presto», parola dello stesso Laureni
- di premi per i triestini virtuosi sulla scia di un’idea che esiste già e che è
il “riciclone d’Italia” promosso da Legambiente dove invece il riconoscimento,
anziché a singoli soggetti, va al comune che si distingue per l’elevato tasso di
differenziata (l’ultima edizione è stata vinta da Ponte nelle Alpi con l’87%).
Premi che andranno dalla sempreverde (in tutti i sensi) bicicletta fino allo
sconto (più goloso) sulla Tares. Non più multe e punto a capo, insomma, multe
che peraltro sono aumentate. Nel 2012 erano stati in tutto 367 i verbali fatti
dalle guardie ecologiche del Municipio per non-osservanza del decoro urbano, in
cui rientrano pure quelle per il mancato rispetto del regolamento sui rifiuti
che contempla la differenziata, in linea di principio, “obbligatoria”. Nel primo
quadrimestre del 2013 si sono contate 175 sanzioni, che volte tre fanno una
proiezione annuale di 575, il 56% in più del 2012. Si va dalla politica del
bastone a quella della carota, ma senza dimenticarlo, il bastone: «La sola
attività repressiva non basta», rilancia l’assessore. Il Piano per l’ambiente
varato dalla giunta a luglio - con l’obiettivo dichiarato di migliorare la
vivibilità cittadina - sta per passare infatti da pensiero a azione. «Lo
presenteremo a breve a Regione, Provincia, Arpa, Azienda sanitaria e tutti gli
enti coinvolti a vario titolo», annuncia Laureni. E dentro il Piano generale sta
in pieno quello particolare, che più di altri gli sta a cuore: «Entro questo
mese - si sbilancia l’assessore - saremo in grado di presentare il Piano delle
norme premiali rivolte alla cittadinanza che AcegasAps sta predisponendo con
noi. Esso si svilupperà secondo una doppia logica. Ogni mese sarà stilata, a
cura della stessa Acegas, una graduatoria dei cento cittadini più virtuosi, e a
quel punto saranno distribuiti premi ecologici». Del tipo? «Dalla bicicletta per
il primo posto ai compattatori delle bottiglie di plastica vuote, ad esempio».
«A fine anno - aggiunge Laureni - sarà invece composta, stavolta a cura del
Comune, una classifica dei più virtuosi su base annuale, e i premi consisteranno
in una riduzione progressiva sulla Tares». Ma quali saranno i criteri per
distinguere buoni e cattivi? «Si sta costruendo - assicura l’assessore
all’Ambiente - un apposito regolamento. I pilastri per il calcolo dei punteggi
dovrebbero essere anzitutto i rifiuti ingombranti», il che sottintende
l’obiettivo di ridurre l’andazzo di quelli che mollano per strada la tv a tubo
catodico che non serve più piuttosto che il vecchio armadio. «Chi chiamerà
Acegas a casa - ancora Laureni - per farsi portare via proprio armadi e
lavatrici, tanto per dirne un paio, riceverà dei punti. Chi si recherà
direttamente ai centri di raccolta coi propri mezzi ne avrà anche di più. Tra i
parametri intendiamo poi dare una certa rilevanza anche alla raccolta del verde
dai giardini privati, che sono una forma pregiata di umido. L’incentivazione sul
verde, come quella della raccolta dei cartoni al di fuori dagli esercizi
commerciali, non ha dato finora i risultati sperati». In attesa della
«presentazione ufficiale dell’iniziativa» riguardante la “nettezza urbana a
premi”, il componente della giunta Cosolini non dimentica di onorare quella “a
punizioni”, mediante multe. E si spende pure per la politica delle segnalazioni.
«Ai triestini - chiude - dico che qualche volta sarebbe meglio che, invece di
denunciare i disservizi ai media, chiamassero prima l’apposito numero verde di
AcegasAps 800.955.988 o si rivolgessero al link “comunichiamo” del nostro
portale». @PierRaub
Piero Rauber
L’obiettivo: il 40% con la raccolta sperimentale
dell’umido - IL PIANO
Nel Piano generale per l’ambiente trovano benedizione, tra le altre cose,
sia le fasi prima sperimentale e poi operativa (da inizio 2014) dell’annunciata
raccolta dell’umido negli appositi contenitori grigi con coperchio marrone, sia
l’operazione “trasparenza” a proposito dei dati sulle emissioni
dell’inceneritore. «Sta per partire - così Laureni - lo step organizzativo di
messa in rete e completamento della collocazione dei contenitori per l’umido di
prossimità. Anche questo dovrebbe servire a raggiungere quel 40% nel 2014 di
cui, viste come sono andate finora le cose, mi accontenterei benché la stessa
AcegasAps punti anche a qualcosa di più. Tale novità prevede anche la
realizzazione di una sorta di fossa per lo stoccaggio temporaneo nella zona
dell’inceneritore dell’umido svuotato dai contenitori grigi, in attesa di
raggiungere i quantitativi tali per organizzare un viaggio verso gli impianti
specializzati di trasformazione dell’umido in compost». E a proposito di
inceneritore, Laureni conferma che nel Piano, che prossimamente sarà presentato
appunto ad Arpa, Azienda sanitaria ed enti interessati, è stato «previsto un
aggiornamento dei dati sui parametri di combustione, affinché questi siano
disponibili in modo facilmente accessibile e completo, un po’ come funziona già
a Padova, alla cittadinanza». E la soluzione naturale è la «pubblicazione di
tali dati sui siti di Comune e AcegasAps».
(pi.ra.)
Fanghi tossici, Duino chiama la Regione
DUINO AURISINA Saranno infine ascoltati, ma dalla Seconda commissione
consiliare di Duino Aurisina, i pescatori e miticoltori attivi nelle aree del
golfo interessate dal progetto di approfondimento del canale di accesso al Porto
di Monfalcone, che sta destando allarme per l'itticoltura locale. Si teme
infatti che i dragaggi possano sollevare fanghi e, soprattutto, riportare a
strati più superficiali il mercurio, secondo i carotaggi del 2011 presente in
dosi elevate nel tratto di litorale antistante il Villaggio del Pescatore e
Duino. «Maricoltori e ambientalisti saranno convocati martedì alle 17 – afferma
il presidente della Seconda commissione consigliare, Maurizio Rozza –. A
seguire, anche sulla base di quanto emergerà nell'audizione, la commissione
elaborerà il parere». Stando a quanto accertato da Rozza nelle ultime ore, non è
prescritto che sia il Consiglio ad esprimere tale parere e dunque sarà la giunta
Kukanja, il giorno seguente, a ratificare il documento, che verrà poi inviato
alla Regione in tempo per la chiusura dell'iter di consultazione (16 settembre).
«Così – sottolinea Rozza – risparmieremo denaro pubblico evitando una doppia
convocazione della massima assise, già in calendario il 25 settembre per gli
equilibri di bilancio». Intanto ieri il Comune di Monfalcone ha precisato di non
avere alcuna responsabilità nel progetto di approfondimento del canale di
accesso al Porto, che riguarda invece l'Azienda Porto e il Consorzio
industriale. La notifica erroneamente inviata alla casa di riposo di Sistiana
anziché alla sede legale del Comune di Duino Aurisina è stata svolta dalla
Regione.
(ti. ca.)
IL PICCOLO - VENERDI', 6 settembre 2013
Pahor: «Sacrosanto l’indipendentismo per fermare il
rigassificatore» - LA POLEMICA
A 100 anni si scopre indipendentista e è pronto a iscriversi alla causa del
Territorio libero di Trieste. Colpa di un rigassificatore che continua ad
aggirarsi per il Golfo. Lo scrittore Boris Pahor, che ha appena festeggiato un
secolo di vita, scende in campo: «Sembrava, nei mesi passati, che dal cielo di
Trieste fosse svanita l’ombra minacciosa del rigassificatore. Si era in periodo
elettorale, e i politici, fiutata la forte contrarietà dei cittadini, si
proclamavano più o meno tutti contrari. Ora invece il presidente del consiglio
Enrico Letta annuncia che intende farlo. Bontà sua, vuole fortemente “investire”
nel Nord Adriatico. E sembra anche tenere sotto schiaffo la premier della
Slovenia Alenka Bratušek, contraria all’impianto. L’Italia potrebbe appoggiare
Lubiana, che ha delle difficoltà con i parametri Ue, purché questa dia luce
verde sul rigassificatore». Una «forma di ricatto politico internazionale». «Nel
’900 la città, storico sbocco a mare del Centro Europa - prosegue l’autore di
Necropoli - , è stata per tendenze imperialistiche scorporata dal suo retroterra
naturale. Oggi che l’Europa potrebbe offrire allo scalo nuove opportunità, si
pensa a un insediamento che lo pugnalerebbe a morte». Di qui il passo
all’indipendentismo è breve: «Colpisce l’inerzia dei rappresentanti di Trieste
sul problema, specie di quelli al governo, in Regione e nelle “larghe intese” di
Roma. C’è stato, certo, un parere contrario della Regione, così come del Comune.
Letta però non sembra essersene minimamente accorto, e forse sarebbe il caso di
alzare un po’ la voce». Detto, fatto. «I triestini si aspettano qualche segno di
reazione efficace. Ma al Senato e alla Camera ci si preoccupa dell’agibilità
politica di Berlusconi, non delle sorti di Trieste - conclude Boris Pahor -. In
questo quadro le crescenti spinte protestatarie e indipendentiste appaiono, più
che comprensibili, assolutamente sacrosante».
«Arvedi non prenderà tutti gli operai»
Lettera allarmante di Lucchini alle rsu, Cremona spiega: saranno
assorbiti dopo un periodo di “cassa”»
«Allo stato attuale non è ipotizzabile il passaggio presso St (si tratta
della Società siderurgica triestina costituita da Arvedi, ndr.) di tutto il
personale attualmente in forza al ramo d’azienda, in quanto riferisce St che la
riorganizzazione di alcuni servizi comporterà la revisione degli attuali
organici». È il “passaggio incriminato” della lettera inviata ieri
dall’amministrazione straordinaria di Lucchini spa alle organizzazioni sindacali
e alle rsu della Ferriera di Servola e che sta “seminando il panico” all’interno
dello stabilimento triestino dove già circolano le cifre più disparate, ma tutte
ancora senza un minimo di ufficialità, e che parlano di tagli di 100-150
dipendenti. «L’apertura della consultazione ex art. 47 della legge 428/90 - si
legge ancora - è volta a conseguire l’accordo sindacale che dovrà disciplinare
la suddetta prospettata assunzione alle dipendenze di St di parte del personale
addetto allo stabilimento di Trieste. Il personale “eccedentario” il cui
rapporto di lavoro permarrà in capo a Lucchini spa in as (amministrazione
straordinaria, ndr.) fruirà, ove previsto, dell’intervento degli ammortizzatori
sociali». Ai timori ieri da Cremona l’azienda ha replicato, pur senza emettere
note ufficiali, che il personale che non verrà assorbito immediatamente, lo sarà
dopo alcuni mesi di cassa integrazione necessaria per permettere lavori di
adeguamento e di bonifica durante il quale una serie di impianti dovrà fermarsi.
«Arvedi aveva ragione - ha scritto però l’anonimo che ha “girato” la lettera al
Piccolo - lui non licenzia perché il lavoro sporco lo fa fare agli altri». Nelle
promesse si conferma che Arvedi intende «inserire il sito produttivo di Trieste
nella filiera produttiva dell’acciaieria di Cremona consentendo al commissario
straordinario di Lucchini spa con la dichiarata impossibilità di prosecuzione
dell’attività di salvaguardare il valore dell’avviamento e la continuità
produttiva dello stabilimento». Si conferma anche che «il trasferimento, da
realizzarsi a mezzo di un contratto d’affitto di ramo d’azienda, della durata di
sei mesi, avrà effetto dal primo ottobre 2013». Inizialmente però Arvedi
affitterebbe lo stabilimento e soltanto una parte dei dipendenti. «Se è
effettivamente così non è affatto un’operazione pulita», il commento pressoché
unanime di Stefano Borini (Fiom-Cgil), Antonio Rodà (Uilm) e Cristian Prella
(Failms) che hanno espresso l’intenzione di aprire al più presto la trattativa.
Del resto nella stessa lettera si fanno le date dell’11 e del 13 settembre per
il confronto. E frattanto ieri al Ministero dello sviluppo economico si è svolto
anche il primo incontro in sede romana per giungere all’Accordo di programma su
Servola al quale hanno partecipato anche funzionari del Ministero dell’Ambiente
e la presidente della Regione Debora Serracchiani («Il governo ha dimostrato una
forte determinazione a dare soluzione alle questioni aperte connesse alla
Ferriera di Servol», la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat,
oltre allo stesso sindaco Roberto Cosolini e rappresentanti dell’Autorità
portuale e del Gruppo Arvedi e il commissario della Lucchini Pieri Nardi. Il
successivo appuntamento è già per la prossima settimana.
Silvio Maranzana
Duino, allarme acquacoltura Fanghi pericolosi dagli
scavi
I dragaggi del canale di Monfalcone potrebbero mettere a rischio gli
allevamenti di mitili, orate e branzini sollevando dal fondale melma e metalli
pesanti
DUINO AURISINA Allarme mitili a Duino Aurisina per i lavori di
approfondimento del canale di accesso al porto di Monfalcone. La movimentazione
dei fanghi, se non saranno adottate opportune cautele, rischia secondo
l'amministrazione Kukanja di “mettere a serio rischio le attività ittiche”
situate tra il Villaggio del pescatore e Duino. Per questo l'ente chiede ora al
confinante Comune di adottare contromisure. Il tema è stato a lungo dibattuto
ieri nel corso della Seconda commissione consiliare, presieduta da Maurizio
Rozza. Entro il 19 settembre - ma il termine potrebbe slittare per un vizio di
notifica effettuato dal Comune di Monfalcone, che ha inviato la documentazione
alla casa di riposo di Sistiana anziché alla sede legale dell'ente - il
Consiglio sarà chiamato a esprimere un parere nell'iter di Via del progetto,
redatto dal Consorzio per lo sviluppo industriale. Tempi stretti, che potrebbero
costringere a una doppia convocazione della massima assise, in calendario già il
prossimo 25 settembre per la delibera sugli equilibri di bilancio, nel caso in
cui gli uffici investiti delle questioni finanziarie non fossero pronti per il
19. Stando a quanto relazionato dal presidente Rozza “l'intervento di
escavazione, della durata di sei mesi, potrebbe per un gioco di correnti e
condizioni meteomarine seppellire le cozze nella melma, al largo del Villaggio,
così impedendo l'ossigenazione dei mitili”. E al momento della raccolta, ci si
ritroverebbe allora con conchiglie vuote, prive di mollusco, come già avvenuto
in passato. O peggio i dragaggi “potrebbero far riaffiorare in strati più
superficiali il mercurio, presente in quel tratto di litorale in elevate
concentrazioni (10 picogrammi per litro, come attestato dai carotaggi del 2011,
ndr) e attualmente sprofondato nel limo, determinando seri danni biologici e il
divieto di commercializzazione del pescato”. Come ricordato dal consigliere
Walter Ulcigrai (Lista Kukanja) in prossimità dell'intervento risulta insediato
un allevamento di orate e branzini. Secondo quanto emerso, la prima critica che
l'amministrazione Kukanja muove al Comune monfalconese è quella di non aver
interpellato e coinvolto nel progetto i pescatori, per il tramite della
Commissione consultiva pesca. Quindi tra i vincoli che si intende porre, per la
realizzazione dell'opera, l'utilizzo di reti filtranti lungo tutto il tratto del
canale, con particolare riguardo alle zone di itticoltura. E ancora la
valutazione del periodo d'intervento considerando le correnti prevalenti e i
cicli della maricoltura. “Auspichiamo inoltre – così Rozza – soluzioni
alternative, per la sistemazione dei fanghi, al canneto, considerando già in
questa fase la possibilità di creare melme e barene nell'ottica di una modifica
del tracciato del canale di uscita del Locovaz”. Inoltre tutte le opere di
dragaggio “devono avere un adeguato sistema di aspirazione e pompe” (copyright
by Giorgio Ret), col monitoraggio continuo di effetti diretti e indiretti.
Andrea Humar (Pdl) ha espresso inoltre “timori per un'opera di lunga durata che
rischia, in un periodo di crisi, di compromettere le attività di itticoltura”.
Attenzione dovrà essere posta, infine, anche alla balneazione.
TIZIANA CARPINELLI
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 settembre 2013
«Tav, la Regione si attivi per il no definitivo» - LA
RICHIESTA DEGLI AMBIENTALISTI
Wwf e Legambiente: basta accanimento terapeutico su un progetto
inutilmente costoso
Basta con l'«accanimento terapeutico» sul progetto della linea Tav fra
Mestre e Trieste: la Regione si attivi per il no definitivo. È questa la
richiesta formulata ieri da Dario Predonzan per conto del Wwf e da Andrea
Wehrenfennig di Legambiente, e indirizzata alla Regione e al Comune. «Siamo al
cospetto di una vera e propria telenovela - ha detto Predonzan - in quanto
questo progetto, presentato per la prima volta nel 2003, è già stato bocciato
dagli organi tecnici dei ministeri dell'Ambiente e dei Beni culturali e poi
ritirato nel 2005 dalla giunta guidata all'epoca da Riccardo Illy, che l'aveva
peraltro finanziato e sostenuto fino alla fine». L'esponente del Wwf ha
ricordato poi che «nel 2010 Rfi e Italferr presentò un progetto simile, ma
diviso in quattro tronconi separati, per cercare di gettare fumo negli occhi.
Uno spezzatino - l'ha definito Predonzan - in evidente contrasto con lo spirito
delle valutazioni d'impatto ambientale e con le indicazioni fornite dalla
Commissione europea». Nonostante i pareri contrari dei Comuni attraversati dalla
linea in progetto, a eccezione di quello di Trieste, Rfi e Italferr «tentarono
di nuovo di far passare la proposta lo scorso anno - ha sottolineato -
inciampando ancora sul no delle amministrazioni interessate, con
l'incomprensibile eccezione di Trieste. L'ultimo atto di Rfi e Italferr si è
concretizzato in un'integrazione della documentazione a suo tempo presentata,
stavolta dimenticando, guarda caso, di mettere a disposizione del pubblico i
vari elaborati». «Tutto questo - ha concluso Predonzan - senza pensare alla
spesa, indicata in 7,8 miliardi di euro, per un'opera che richiederebbe almeno
30 anni di lavori che sfocerebbero nella devastazione della bassa friulana e del
Carso». «Per quanto concerne gli ipotetici benefici che potrebbe produrre questa
linea - ha specificato Wehrenfennig - si insiste sulla velocizzazione del
trasporto delle merci. Si tratta di una considerazione puramente teorica, perché
i costi di manutenzione della linea potrebbero essere tali da non essere
paragonabili a quelli su strada. Molto più utile sarebbe intervenire sulle
strozzature delle linee esistenti - ha concluso l'esponente di Legambiente -
operando miglioramenti sui quali c'e condivisione, che costerebbero molto meno e
sarebbero effettivamente utili». «Attendiamo interventi critici da parte di
Regione e Comune di Trieste - hanno auspicato infine Predonzan e Wehrenfennig -
per dire un no definitivo a questo faraonico e inutile progetto, prima che
inizino gli espropri». A questa richiesta si è accodato il Comitato "No tav" di
Trieste e del Carso. Ugo Salvini
SEGNALAZIONI - È necessaria più competitività
“Scelga il Tesoro. Fs pronte”: come riportato da L’Unità del 19 Agosto, Moretti, nel presentare il nuovo treno regionale, ha ribadito che il Gruppo FS “ormai competitivo” è disponibile per la privatizzazione stile Alitalia. “Lo Stato dia più soldi; questi sono soldi nostri, autofinanziamento, e aspettiamo naturalmente anche un supporto dal governo centrale e dalle regioni” è l’ulteriore affermazione del vertice Fs, secondo Panorama del 28 Agosto. Ma l’intero pacchetto azionario del gruppo non è nelle mani del Tesoro, quindi completamente capitale pubblico ? Quante volte deve pagare lo Stato, dal momento che “le ferrovie funzionano grazie a una valanga di fondi pubblici”, come precisa Edmondo Rho. Su Il Giornale del 21 Agosto invece Marco Ponti paventa un “prolungamento del monopolio in mani, anche parzialmente private” che “fa orrore” all’economista del Politecnico di Milano, il quale sottolinea che “la rete, monopolio naturale, deve restare pubblica”, mentre per il servizio regionale sono auspicabili le gare per selezionare i concessionari più idonei. Anche quest’anno il Meeting di Rimini ha offerto al confermato vertice delle FS la tribuna per presentare, con il nuovo treno, il vecchio programma di privatizzazione, secondo una visione puramente finanziaria che si attarda nella superata impostazione monopolistica ed elude la vera priorità: l’urgenza della netta separazione, con distinte responsabilità, della rete (RFI) dall’impresa di trasporto (Trenitalia) per superare la regia unica, che configura un serio conflitto di interessi, in contrasto con il disegno comunitario di liberalizzazione ferroviaria. Lo scorporo della rete (che deve rimanere pubblica, quale strumento a servizio di tutte le imprese di trasporto, pubbliche e private, nazionali ed estere) è la precondizione per la compatibilità di privatizzazione e liberalizzazione, riguardanti però solo le imprese abilitate, finalizzate al miglioramento del servizio ferroviario e alla competitività della rotaia, quale contributo alla riconversione modale. Invece una prima privatizzazione è già stata attuata, proprio a partire dalla rete, con la concessione quarantennale dei maggiori impianti ferroviari alle partecipate Grandi Stazioni (Benetton, Caltagirone,Pirelli) e Cento Stazioni (Aeroporti di Venezia) che operano esclusivamente come finanziarie immobiliari alla caccia del consumatore, trascurando i servizi accessori e complementari per il viaggiatore, contribuendo così allo scadimento dell’offerta globale ferroviaria, che non è solo quella vettoriale. Il Paese non ha bisogno di finanziarie pubbliche che giocano in borsa, a carico dell’erario, in luogo di lavorare per migliorare la qualità del servizio ferroviario - merci e viaggiatori - che è la vera missione affidata alle Ferrovie dello Stato nel 1905. Il Paese deve poter contare su un’azienda pubblica in grado di garantire la competitività della rotaia italiana con una rete integrata con quella europea. Il Paese ha bisogno di un’impresa di trasporto orientata al mercato per affrontare il traffico nazionale e continentale – merci e viaggiatori – contribuendo all’efficienza della catena logistica italiana ed europea. Per tali obiettivi non servono Borsa e ulteriori privatizzazioni, ma due dirigenti ferroviari di provata esperienza internazionale in grado di avviare la ricostruzione di RFI e la rinascita di Trenitalia per ricondurre le Ferrovie Italiane ad occuparsi seriamente della loro missione storica: “trasporto di persone e cose”. L’economia italiana ha assoluta necessità di reinserirsi nel circolo virtuoso di mobilità e logistica internazionali con una ferrovia a livello europeo e con dirigenti all’altezza del gravoso compito. Un contributo all’uscita dalla recessione può venire anche da investimenti mirati al recupero di efficienza della catena logistica.
Luigi Bianchi
TURISMO Il Wwf: valori naturali in pericolo a Pramollo
Il Wwf denuncia la distruzione di importanti valori
naturali presso il passo di Pramollo, in relazione al progetto di sviluppo
turistico annunciato dalla Regione, che continua a destare forti perplessità fra
gli ambientalisti sia per l’impatto ambientale che per gli elevati costi.
L’impianto di risalita, rileva il Wwf, è un cospicuo onere per le esauste casse
regionali.
VIVARO Fondi per adottare il campo Ogm
Futuragra, l’associazione di agricoltori che si batte per
l’innovazione e introduzione delle biotecnologie in agricoltura, lancia la
campagna di raccolta fondi “Una spiga per la ricerca”. Con la somma di 10 euro
si potrà adottare simbolicamente una spiga di mais del campo di Vivaro
(Pordenone). I fondi saranno destinati a finanziare le spese legali per
ricorrere contro il decreto interministeriale del 12 luglio 2013 che secondo
Futuragra è illegittimo e illiberale, e per raccogliere dati scientifici.
RICERCA Innovazione energetica negli edifici
La Regione e il Consorzio per l’Area di ricerca di Trieste
hanno sottoscritto la convenzione quadro per l'avvio della collaborazione
relativamente ad alcuni progetti d’innovazione per la riqualificazione
energetica di edifici di proprietà dell’amministrazione regionale. La
convenzione viene ad attuare il protocollo d’intesa siglato tra la Regione e il
ministero dell'Ambiente in materia di “Sviluppo sostenibile e promozione delle
tecnologie a basse emissioni di carbonio”, oggetto di una riunione tra la
presidente della Regione Debora Serracchiani e il direttore generale del
ministero Corrado Clini.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 4 settembre 2013
TAV Mestre – Trieste. WWF e Legambiente: “Basta con
l’”accanimento terapeutico” su un progetto nato già morto.”
La Regione Friuli Venezia Giulia si attivi per mettere fine
all’”accanimento terapeutico” sul progetto della linea TAV Mestre-Trieste, che
dura ormai da oltre un decennio.
Questa la richiesta di WWF e Legambiente, espressa oggi in una conferenza stampa
a Trieste dai responsabili regionali trasporti delle due associazioni, Dario
Predonzan (WWF) e Andrea Wehrenfennig (Legambiente).
“Si tratta – hanno ricordato i due ambientalisti – di una telenovela
cominciata oltre un decennio fa, con la presentazione nella primavera 2003 di un
primo progetto per la tratta Ronchi dei Legionari-Trieste, poi sonoramente
bocciato dagli organi tecnici dei ministeri dell’ambiente e dei beni culturali e
infine ritirato nel 2005 dalla Giunta regionale di Riccardo Illy, che l’aveva
finanziato e sostenuto con protervia fino alla fine.”
Poi nel 2010 RFI-Italferr presentò un progetto per l’intera linea
Mestre-Trieste, suddiviso in 4 tratte (Mestre-Aeroporto M. Polo,
Aeroporto-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi d.L. e Ronchi-Trieste), che iniziarono
altrettante procedura VIA separate. Lo “spezzatino”, pratica in evidente
contrasto con lo spirito della VIA e con le indicazioni metodologiche fornite in
merito dalla Commissione Europea, aveva ovviamente lo scopo di far concentrare
l’attenzione delle comunità locali solo sul frammento di linea che interessava
il proprio territorio, perdendo di vista l’insieme.
Malgrado ciò, quasi coralmente negativi (unica eccezione il Comune di Trieste)
furono i pareri espressi dal Comuni, per gli impatti devastanti dell’opera sul
territorio e sul sottosuolo carsico, i costi esorbitanti (ancorché non
precisati), i tempi prevedibilmente lunghissimi di esecuzione, ed infine
l’indimostrata necessità dell’opera stessa.
Impermeabili a ciò, RFI e Italferr produssero nel 2012 un “sistema conoscitivo
unitario”, che semplicemente riuniva in un unico elaborato i 4 studi di impatto
ambientale depositati nel 2010 per i 4 tronconi dello “spezzatino” progettuale
della Mestre-Trieste.
Corale, anche stavolta, lo schieramento dei pareri negativi dei Comuni, con
l’unica – incomprensibile – eccezione di Trieste, favorevole.
Senza fare una piega, e quindi senza tenere in conto alcuno i pareri comunali,
RFI – Italferr ha quindi presentato lo scorso giugno delle “integrazioni” al
progetto ed agli studi ambientali del 2010, limitatamente però alla sola tratta
Ronchi-Trieste, “dimenticando” però di mettere a disposizione del pubblico i
nuovi elaborati.
Nel sito del Ministero dell’ambiente, infatti, non ce n’è traccia.
“Si tratta – hanno denunciato Predonzan e Wehrenfennig – di una clamorosa
violazione della normativa vigente in materia di VIA (la Direttiva europea
85/337 ed il D. Lgs. 152/2006), che i Ministeri competenti (ambiente e beni
culturali) devono assolutamente sanzionare.”
Le integrazioni, inviate dalla Regione a tutti gli enti locali interessati,
contengono anche l’analisi costi-benefici, relativa però all’intera linea
Mestre-Trieste, colmando così – almeno formalmente – una vistosa ed inspiegabile
lacuna del progetto 2010. “A maggior ragione quindi – continua il WWF – questo
materiale dev’essere messo a disposizione del pubblico, per poterlo valutare
criticamente con il contributo di tutte le competenze disponibili.”
Di qui la dura nota di protesta ai ministri dell’ambiente e dei beni culturali
(Orlando e Bray), nonché ai rispettivi direttori generali, in cui il WWF ha
chiesto che RFI-Italferr sia richiamata all’obbligo di rispettare le norme
vigenti in materia di VIA. Anche Legambiente invierà una nota analoga.
Le due associazioni si rivolgono però pure alla Presidente della Regione Friuli
Venezia Giulia, alla DG ambiente della Commissione Europea e al Commissario
straordinario Bortolo Mainardi.
“Va stigmatizzato – hanno concluso i rappresentanti di WWF e Legambiente – il
fatto che RFI persista nel portare avanti, e per di più in difformità dalle
norme vigenti, la procedura VIA su un progetto fuori della realtà, sia dal punto
di vista ambientale, sia da quello economico. La spesa di 7,8 miliardi di Euro –
IVA esclusa – per un’opera che richiederebbe almeno 30 anni di lavori e che
devasterebbe la bassa pianura friulana ed il Carso, rappresenta un’evidente
follia, di cui però a RFI nessuno sembra accorgersi. A maggior ragione nel
momento in cui il Commissario straordinario per la Mestre-Trieste ed i Comuni
hanno ormai condiviso un’ipotesi radicalmente diversa, basata
sull’ammodernamento e l’eliminazione dei colli di bottiglia nella linea
esistente.”
Gli ambientalisti chiedono perciò che la Regione – senza farsi condizionare da
posizioni incomprensibili come il recente “non parere” della Giunta comunale di
Trieste - faccia propria l’unica soluzione ragionevole della vicenda, ponendo
cioè fine all’”accanimento terapeutico” sul progetto TAV del 2010, e avviando
contestualmente la valutazione delle opzioni alternative, come quella ipotizzata
dal Commissario Mainardi e quella contenuta nello studio redatto nel 2008
dall’ing. Andrea Debernardi per conto del WWF.
Recapiti:
WWF Friuli Venezia Giulia – via Rittmeyer 6, 34132 Trieste – tel. 040 360551
friuliveneziagiulia@wwf.it
Legambiente Friuli Venezia Giulia – via Leopardi 118, 33100 Udine - tel. 0432
295483 info@legambientefvg.it
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 settembre 2013
Cosolini, blitz a Cremona da Arvedi: «Niente a che
vedere con Servola»
L’industriale ha ribadito di voler partire con la Ferriera «presto e
bene, con grande attenzione per la banchina».
Il sindaco impressionato per l’organizzazione e la
pulizia nello stabilimento
Blitz a Cremona ieri del sindaco Roberto Cosolini per visitare i due
principali stabilimenti del Gruppo Arvedi e per un rapido nuovo incontro con il
fondatore, il cavalier Giovanni. Doppiamente positive le sue reazioni:
«Eccezionali la pulizia, la qualità e l’efficienza nell’organizzazione del
lavoro e riaffermate le intenzioni dell’imprenditore di acquisire e rilanciare
la Ferriera di Servola. Credo che per l’economia di Trieste siamo realmente a un
punto di svolta - ha affermato il sindaco - dopo innumerevoli anni registriamo
l’interesse sulla città non di avventurieri russi, pool di banche o fondi
stranieri, bensì di un affermato industriale italiano». Ieri Giovanni Arvedi pur
non aggiungendo dettagli alle rassicurazioni fornite nel corso della sua recente
visita a Trieste (già allora era partito l’invito a Cosolini a verificare “de
visu” come si lavora nelle fabbriche del Gruippo in Lombardia), ha riaffermato
al sindaco la sua intenzione di partire con la produzione a Servola «presto e
bene» e di voler utilizzare con continuità anche la banchina per sviluppare
un’intensa attività logistica. «Prima dell’incontro con Arvedi - ha riferito
Cosolini - i manager dell’azienda mi hanno accompagnato nella visita ai due
principali stabilimenti che complessivamente occupano 1300 dipendenti (sono 2000
quelli totali del Gruppo) illustrandomi il ciclo di produzione di laminati a
caldo e poi le lavorazioni a freddo con la zincatura finale dei tubi. Già il
primo impatto all’ingresso è stato quasi sorprendente in senso positivo perché
nel piazzale dove sostano i camion che portano la merce sono stati creati un bar
e altri servizi a disposizione degli autisti. Ho visto anche i controlli
estremamente scrupolosi che vengono fatti ai rottami in entrata tanto che posso
affermare che esiste un’organizzazione complessiva accurata con attenzione alla
qualità e che la produzione si svolge nelle migliori condizioni industriali e
ambientali». Proprio la questione ambientale è l’altro aspetto particolarmente
delicato della questione e a questo proposito qualche giorno fa lo stesso
Cosolini ha ricevuto alcuni esponenti di “No smog”, presieduta da Alda Sancin
che da anni si batte contro l’inquinamento causato dalla Ferriera in particolare
nel rione di Servola. L’associazione ha già raccolto un dossier sulle proteste
di associazioni ambientaliste di Cremona che hanno denunciato presunti danni
provocati dagli stabilimenti del Gruppo Arvedi. «Ho detto a “No smog” -
riferisce Cosolini - che non pretendo di essere creduto ora quando affermo che
la situazione ambientale migliorerà notevolmente, ma che tra 12-18 mesi sono
convinto che anche loro mi daranno ragione perché a Cremona la situazione è
nettamente migliore rispetto a Servola». Il contratto d’affitto dovrebbe partire
da metà ottobre e comunque l’avviso ai rappresentanti dei lavoratori deve essere
notificato con venticinque giorni d’anticipo, il che non è ancora avvenuto. Nel
frattempo la governatrice Debora Serracchiani convocherà il Tavolo per giungere
finalmente all’Accordo di programma in base al quale finanziamenti e
incentivazioni dovrebbero giungere anche in base alla legge sulle crisi di area
industriale complessa nella quale è stata inserita anche Trieste.
Silvio Maranzana
SEL - Lauri attacca il governo sul rigassificatore
«Anche con Letta, così come con Monti e Passera, la posizione italiana sul rigassificatore di Zaule resta favorevole a prescindere dalla volontà politica ormai unanime di tutte le istituzioni regionali, contrarie all’opera». È l’affondo del consigliere di Sel Giulio Lauri all’indomani della posizione di aperrtura al progetto espressa a Bled dal premier Letta.
Rio Martesin, partono due esposti alla Procura -
COSTRUZIONI BLOCCATE
Presentati dal Comitato per il mancato ripristino dell’area. Marchigiani:
altri sopralluoghi
Il Comune prende tempo e cerca una via d’uscita per il futuro della vallata
di Rio Martesin. Nel frattempo però i residenti della zona hanno presentato alla
Procura della Repubblica due esposti nei quali si chiede il rispetto
dell’ordinanza comunale del 2011 che intima il ripristino dell’area dove erano
stati già effettuati lavori preparatori alla costruzione di sette edifici.
L’originale progetto edilizio, che prevedeva la realizzazione di 109
appartamenti, era stato bloccato nel 2010 da una sentenza del Consiglio di Stato
al quale si era rivolto un comitato spontaneo di cittadini del posto che a
proprie spese si era prodigato per mantenere integri paesaggio e vallata. La
sentenza aveva bloccato la costruzione delle palazzine e imposto il ripristino
del preesistente, revocando concessioni edilizie e tutelando i terrazzamenti sia
sul fronte del rione di Gretta che su quello di Scala Santa. Nell’ennesimo
incontro richiesto dal Comitato di Martesin alla Commissione Trasparenza del
Comune e tenuto ieri, non sono emerse novità significative. Come puntualizzato
nei due esposti rivolti alla Procura, i residenti chiedono al Comune di far
rispettare l’ordinanza che impone ai costruttori – Gia srl e Airone srl – di
ripristinare il profilo naturale del terreno, la viabilità esistente e la
rimozione dei ruderi di una casa demolita asportando le attrezzature di
cantiere. Sinora – è scritto nell’esposto – si è provveduto al solo ripristino
delle pastinature e al parziale asporto dei materiali dovuti alla demolizione
della casa, mentre nulla è stato fatto sul versante di Gretta dove restano due
ampie trincee riempite con cassoni in rete e pietre. Una addirittura appare
spostata e si teme che possa scivolare a valle e danneggiare un torrente
intombato. Ancora problematica la viabilità, e lesionato il ponte che collega i
due versanti vallivi, con relativa mancanza di sicurezza per chi vi transita.
Alle richieste del comitato l’assessore comunale alla Pianificazione urbana e
edilizia privata Elena Marchigiani ha risposto annunciando ulteriori
sopralluoghi. «Teniamo in evidenza quanto richiesto dai cittadini in sede di
stesura del nuovo strumento urbanistico – ha affermato l’assessore – anche se
sul caso esiste una situazione pregressa di cui non si può non tener conto». Si
tratta di quei contenziosi da parte dei costruttori – quattro procedimenti in
corso per una richiesta di indennizzo al Comune di circa 3,5 milioni di euro per
non aver potuto costruire – che pesano come macigni sulle future decisioni del
Comune.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 settembre 2013
Infrastrutture - Gli ambientalisti stoppano l’ipotesi Tav
“Tav, basta con l’accanimento terapeutico”. È il titolo dell’incontro organizzato a Trieste da Wwf e Legambiente per illustrare i pareri inviati alla Regione e al governo per chiedere il definitivo accantonamento del progetto Venezia-Trieste.
AMBIENTALISTI - I motivi del no alla Tav
Si intitola “Tav: basta con l’accanimento terapeutico”
l’incontro stampa che si terrà domani alle 11 nella sede del Wwf Trieste, in via
Rittmeyer 6: saranno illustrate le richieste di Wwf e Legambiente agli enti
competenti (ministeri delle Infrastrutture, dell’Ambiente e dei Beni culturali,
Regione e Ue) «per l’accantonamento definitivo del progetto Tav tra Mestre e
Trieste».
«Ferriera e ambiente, non ci sono norme Ue»
Tajani: valutazione del rischio e indagini epidemiologiche rientrano
nelle responsabilità dell’Italia
«L’applicazione delle disposizioni nazionali comprese le misure in materia
di valutazione e gestione del rischio degli impianti siderurgici come la
Ferriera di Trieste rientrano nelle responsabilità delle autorità nazionali». È
la risposta che il commissario Ue all’Industria Antonio Tajani ha dato
all’interrogazione dell’eurodeputato del gruppo Alleanza dei Democratici e dei
Liberali per l’Europa Andrea Zanoni «sulla concentrazione di particelle
inquinanti e percentuali di tumori registrate nella zona della Ferriera di
Servola». «La legislazione Ue - ha specificato Tajani - non prescrive alcuna
indagine epidemiologica tra la popolazione che vive vicino a un impianto
siderurgico. Pertanto una simile decisione rientra nelle responsabilità delle
autorità competenti dello Stato membro». «La Commissione conferma - è il
commento di Zanoni - di non essere al corrente dell’indagine epidemiologica
condotta dalle autorità sanitarie locali di Trieste in merito ai casi di cancro
tra gli ex dipendenti della Ferriera. Visto che le autorità italiane invece ne
sono sicuramente a conoscenza e che spetta a loro prendere i dovuti
provvedimenti, mi attendo una risposta tempestiva di fronte alla grave
situazione ambientale registrata». Tajani ha anche ribadito che la Commissione
ha presentato un piano d’azione «per una siderurgia europea competitiva e
sostenibile» al fine di aiutare il settore tenendo in considerazione le
implicazioni sanitarie e ambientali del settore in tutta Europa. Nel piano
rientra l’invito alla Banca europea per gli investimenti a contemplare la
possibilità di erogare finanziamenti a impianti che rispettino la direttiva
sulle emissioni industriali al fine di prevenire danni alla salute umana e
all’ambiente». «Mi auguro che le autorità italiane - conclude Zanoni - anche
alla luce di questo piano d’azione intervengano per evitare che la Ferriera
continui a immettere veleni nell’ambiente».
(s.m.)
Rigassificatore e riforme nei colloqui Roma-Lubiana
Strategie per superare la crisi e politiche energetiche al centro
dell’incontro tra i due presidenti del Consiglio in vista del summit a Venezia
con la Croazia
BLED La diplomazia sull’acqua. Quella del lago di Bled. Lontani dai clamori
del Bled Strategic Forum, infatti, il presidente del Consiglio Enrico Letta e la
premier slovena Alenka Bratušek si sono incontrati nel verde e nella pace di
Vila Bled, la villa che Tito fece costruire per lui sull’omonimo lago. In una
sala un enorme affresco celebra l’epopea partigiana mentre, in una sala minore,
capeggia un enorme ritratto del maresciallo di aspetto molto giovanile. E qui,
Enrico e Alenka come amano chiamarsi tra di loro, hanno limato gli ultimi
dettagli in vista dell’incontro trilaterale Italia-Slovenia-Croazia che si terrà
il prossimo 12 settembre a Venezia. La Bratušek conferma, per l’appunto, che si
è trattato di un incontro preparatorio al summit in laguna nel corso del quale
sono stati affrontati i temi del consolidamento delle finanze pubbliche e
durante il quale ha spiegato a Letta il percorso intrapreso dalla Slovenia per
il salvataggio del sistema creditizio nazionale e gli intoppi di fronte ai quali
ci si è venuti a trovare. «Da parte mia – spiega Letta- ho incoraggiato la
premier a continuare sulla strada difficile, impegnativa e dolorosa delle
riforme e del rigore e le ho assicurato che l’Italia sarà a fianco della
Slovenia in Europa perché tutti si rendano conto degli sforzi intrapresi e
sostenuti da Lubiana. Perché – precisa il presidente del Consiglio – gli sforzi
si chiedono, si fanno, ma poi ci deve essere anche una ricompensa». Nell’ultimo
Consiglio europeo, la Commissione ha concesso ancora tre mesi alla Slovenia per
portare a termine le sue politiche di rigore per il risanamento del bilancio,
per attuare la manovra di salvataggio e rilancio del sistema bancario nazionale
con l’entrata in azione della cosiddetta “Bad Bank” e per dare corso al progetto
di privatizzazione. A ottobre scadrà il termine e, in verità, la Slovenia è
molto in ritardo sul ruolino di marcia imposto dalla Commissione. Quindi le
parole di Letta sull’appoggio in sede europea dell’Italia alla Slovenia assumono
una valenza fondamentale per la piccola ex repubblica jugoslava. Ma dal momento
che la legge del “do ut des” in politica vale sempre, sembra di poter intuire
che Lubiana potrebbe anche smussare la propria intransigenza sulla costruzione
di un rigassificatore in Alto Adriatico da parte dell’Italia (leggi area di
Zaule a Trieste). Ufficialmente i due premier ieri hanno delegato i rispettivi
ministri competenti ad approfondire la questione in tempi brevissimi visto che a
Venezia ci sarà anche la Croazia, che di rigassificatore ne vuole costruire uno
a Veglia. Insomma Lubiana appare un po’ come i vasi di coccio di manzoniana
memoria. Per il resto grande convergenza con il premier Letta che precisa
l’importanza dell’incontro nella città dei dogi e che afferma come «il confine
orientale che per decenni è stato il confine con la c maiuscola nei cui pressi
l’Italia teneva schierati migliaia di carrai armati e di soldati oggi è
diventato una grossa opportunità su cui investire».
(m. man.)
DirettaNews.it - LUNEDI', 2 settembre 2013
Ministero della Salute: ecco i 44 siti più inquinati
d’Italia. Rischio tumori per 6 milioni di italiani
Dalla Val D’Aosta alla Sicilia. Quarantaquattro aree del Paese inquinate
oltre ogni limite di legge. Sei milioni di persone esposti a rischio malattie,
tutte mortali: tumori, malattie respiratorie, malattie circolatorie, malattie
neurologiche, malattie renali.
Popoff è in grado di darvi la lista completa dei siti a
rischio e la lista di malattie che gli abitanti devono temere. Tutto ufficiale,
anche se scritto in burocratese. La fonte: il ministero della Salute.
Emarese (Aosta)
Comune di Emarese.
«Il decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: miniera, amianto e discariche. Mortalità per tutte le
cause e malattie del sistema circolatorio. L’esiguità numerica della popolazione
residente non ha consentito una completa valutazione della mortalità nel periodo
studiato».
Pieve Vergonte (Verbania, Cusio, Ossola)
Comuni di Piedimulera, Pieve Vergonte e Vogogna.
«Il Decreto di perimetrazione di questo SIN elenca la presenza di impianti
chimici e di discariche (RSU, rifiuti spe- ciali non pericolosi, rifiuti da
metallurgia Pb, Zn, Cu, cavi elettrici plastificati). Il profilo di mortalità
nel SIN di Pieve Vergonte mostra un eccesso tra gli uomini e le donne per tutte
le cause, tutti i tumori e per le malattie circolatorie. Si osserva un eccesso
per il tumore del colon-retto tra le donne e per il tumore dello stomaco in
entrambi i generi, seppure con stime imprecise».
Balangero (Torino)
Comuni di Balangero e Corio.
«Il Decreto di perimetrazione elenca la presenza delle seguenti tipologie di
impianti: amianto, discariche e miniera. Il profilo di mortalità nel SIN mostra,
nel complesso delle principali cause di morte un eccesso della mortalità per
tutte le cause in entrambi i generi, per le malattie del sistema circolatorio
nelle donne, per le malattie degli apparati respiratorio e digerente negli
uomini. È presente un incremento della mortalità per tumore della pleura negli
uomini, dato affetto da un’imprecisione della stima».
Casal Monferrato (Alessandria)
Comuni di Alfiano Natta, Altavilla Monferrato, Balzola, Borgo San Martino,
Bozzole, Camagna Monferrato, Camino, Casale Monferrato, Castelletto Merli, Cella
Monte, Cereseto, Cerrina Monferrato, Coniolo, Conzano, Frassinello Monferrato,
Frassineto Po, Gabiano, Giarole, Mirabello Monferrato, Mombello Monferrato,
Moncalvo, Moncestino, Morano sul Po, Murisengo, Occimiano, Odalengo Grande,
Odalengo Piccolo, Olivola, Ottiglio, Ozzano Monferrato, Palazzolo Vercellese,
Pomaro Monferrato, Pontestura, Ponzano Monferrato, Rosignano Monferrato, Sala
Monferrato, San Giorgio Monferrato, Serralunga di Crea, Solonghello, Terruggia,
Ticineto, Treville, Trino, Valmacca, Vignale Monferrato, Villadeati,
Villamiroglio e Villanova Monferrato.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN segnala la presenza di un’industria per la
lavorazione e produzione di manufatti di amianto. Un eccesso della mortalità per
tutte le cause, per tutti i tumori e per le malattie del sistema circolatorio.
Si osservano eccessi per il tumore polmonare negli uomini, e in entrambi i
generi per il tumore pleurico. Sono state pubblicate una serie di indagini
epidemiologiche condotte a Casale Monferrato. Uno studio di coorte occupazionale
condotto su 3.443 lavoratori del cemento-amianto della Eternit. In entrambi i
generi sono stati osservati eccessi della mortalità per tutte le cause, tumore
polmonare, tumore della pleura, tumore del peritoneo e asbestosi. Nelle donne è
stato confermato l’aumento della mortalità per tumore dell’ovaio e dell’utero».
Serravalle Scrivia (Alessandria)
Comuni di Serravalle Scrivia e Stazzano.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di un impianto di
rigenerazione olii esausti. Il profilo di mortalità nel SIN mostra, nel
complesso delle principali cause di morte un eccesso nelle donne per tutte le
cause e per le malattie dell’apparato circolatorio. L’eccesso nella mortalità
per tutte le cause può essere in parte attribuibile all’aumento di rischio per
malattie dell’apparato circolatorio. Si documenta un eccesso negli uomini per
tumore dello stomaco».
Cengio (Savona) e Saliceto (Alessandria)
Comuni di Bergolo, Bistagno, Bubbio, Cairo Montenotte, Camerana, Castelletto
Uzzone, Castino, Cengio, Cessole, Cortemilia, Cosseria, Cravanzana, Feisoglio,
Gorzegno, Gottasecca, Levice, Loazzolo, Millesimo, Mombarcaro, Monastero Bormida,
Monesiglio, Montezemolo, Niella Belbo, Perletto, Ponti, Pruneto, Sale San
Giovanni, Saliceto, San Giorgio Scarampi, Sessame, Torre Bormida e Vesime.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di impianti chimici con
produzione di coloranti e di discariche. Si osserva un eccesso in entrambi i
generi per il tumore dello stomaco. Si osserva un eccesso nelle donne, per
l’asma, sia in presenza sia in assenza di correzione per fattori
socioeconomici».
Cogoleto-Stoppani (Genova)
Comuni di Arenzano e Cogoleto.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di un impianto per la
produzione del bicromato di sodio e di una discarica. Per il complesso delle
principali cause di morte mostrano una mortalità osservata simile a quella
attesa tra gli uomini, mentre nella popolazione femminile indicano un eccesso
per tutte le cause e per le malattie dell’apparato genitourinario. Si osserva un
eccesso di rischio nelle donne, per l’asma. Inoltre, uno studio recente,
effettuato dal CNR e da ARPA Liguria1, ha analizzato i sedimenti marini,
evidenziando alte concentrazioni di metalli pesanti, come cromo esavalente e
nichel e, in minore quantità, di argento, mercurio, piombo, rame e zinco».
Pitelli (La Spezia)
Comuni di La Spezia e Lerici.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici, centrale elettrica, area portuale,
amianto e discarica. Nel SIN risultano in eccesso la mortalità per tutti tumori
e per le malattie dell’apparato respiratorio negli uomini. Risultano in eccesso
negli uomini la mortalità per il tumore dello stomaco, del polmone, della pleura
e per malattie dell’apparato respiratorio. Due studi dei lavoratori dei
petrolchimici di Genova e La Spezia hanno evidenziato un eccesso di mortalità
per mesotelioma pleurico tra i manutentori».
Sesto San Giovanni (Milano)
Comuni di Cologno Monzese e Sesto San Giovanni.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianto siderurgico e discariche. Per malattie
dell’apparato respiratorio, acute, croniche e asma è nota una componente
occupazionale. Polveri, gas, fumi, agenti sensibilizzanti sono tra le
esposizioni con accertato ruolo eziologico per queste patologie».
Cerro al Lambro (Milano)
Comuni di Cerro al Lambro e San Zenone al Lambro.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN segnala la presenza di discariche. Nel
complesso nell’area di Cerro al Lambro si osserva una mortalità per tutte le
cause e causa-specifica che non si di- scosta dall’atteso regionale».
Pioltello Rodano (Milano)
Comuni di Pioltello e Rodano.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti o sorgenti di esposizione ambientale: impianto chimico e
discariche. Negli uomini si osserva un difetto della mortalità per tutti i
tumori, e un eccesso per le malattie del- l’apparato digerente».
Broni (Pavia)
Comune di Broni.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN indica la presenza di un’area di
produzione di manufatti di cemento-amianto. Eccesso di mortalità per tutte le
cause negli uomini e, in entrambi i generi, un eccesso di mortalità per
patologie dell’apparato cardiovascolare. Il tumore maligno della pleura sia
negli uomini sia nelle donne risulta in eccesso, con un aumento dei rispettivi
SMR di più di 10 volte».
Brescia
Comuni di Brescia, Castegnato e Passirano.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, discarica. I valori osservati per la mortalità
per tutti i tumori in entrambi i generi e le malattie respiratorie negli uomini
sono superiori all’atteso. Elevata probabilità al linfoma non Hodgkin. Sono
stati osservati eccessi per questa causa di morte negli uomini».
Laghi di Mantova
Comune di Mantova Virgilio.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN Laghi di Mantova e Polo chimico elenca la
presenza delle seguenti tipologie di impianti: impianti chimici (metallurgia,
cartaria), petrolchimico, raffineria, area portuale e discariche industriali.
Per le principali cause di morte, un difetto per tutti i tumori e un eccesso per
le malattie dell’apparato circolatorio negli uomini. Un valore dell’SMR in
eccesso, anche se affetto da imprecisione, è osservato per l’asma nelle donne».
Bolzano
Comune di Bolzano.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di un impianto per la
produzione di alluminio e di magnesio. Si osserva un eccesso, seppure
caratterizzato da una stima imprecisa, della mortalità per alcune condizioni
morbose di origine perinatale. Per quanto riguarda altre cause di morte non
comprese nelle tabelle precedenti, si osservano eccessi di mortalità, per il
totale di uomini e donne, per le demenze».
Trento Nord
Comune di Trento.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di un’industria
chimica. Il SIN è caratterizzato da suoli inquinati dalle passate attività
industriali di produzione della Carbochimica Prada, che ha cessato la produzione
nel 1984, e della produzione di piombo tetraetile da parte della Società
Lavorazioni Organiche Inorganiche (SLOI), attiva dal 1939 al 1978. Si segnala un
aumento di mortalità per tumore del colon-retto sia negli uomini sia nelle
donne, anche se questi dati sono caratterizzati da stime imprecise».
Venezia Porto Marghera
Comune di Venezia.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici, petrolchimico, raffineria, metallurgia,
elettrometallurgia, meccanica, produzione energia area portuale e discariche.
Per uomini e donne è presente un eccesso per tutti i tumori e per le malattie
dell’apparato digerente. Difetti sono presenti per le malattie circolatorie tra
gli uomini e in entrambi i generi per le malattie respiratorie e dell’apparato
genitourinario. Il tumore del polmone e della pleura sono in eccesso tra uomini
e donne. L’indagine dei 7.530 pescatori di Chioggia e Venezia, registrati dalla
capitaneria nel periodo 1971-1986, la cui mortalità è stata studiata fino al
1986, ha osservato un incremento per il tumore del fegato e dello stomaco».
Laguna di Grado e Marano (Udine)
Comuni di Carlino, Cervignano del Friuli, Marano Lagunare, San Giorgio di
Nogaro, Terzo d’Aquileia e Torviscosa.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di uno stabilimento per
la produzione di cellulosa e di un’area portuale. Si osserva un eccesso di
rischio per il tumore dello stomaco negli uomini e nelle donne. Nonostante la
letteratura scientifica identifichi nel tipo di dieta il principale fattore di
rischio per il tumore dello stomaco, l’eccesso osservato negli uomini può essere
ricondotto a fattori ambientali (l’assorbimento gastroenterico come principale
via di esposizione a piombo e cadmio, e a nitrati presenti nel bacino scolante
della laguna) e occupazionali, vista l’associazione positiva rilevata tra tumore
dello stomaco ed esposizione professionale a piombo e cromo esavalente».
Trieste
Comune di Trieste.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di impianti chimici,
una raffineria, un impianto siderurgico e un’area portuale. La mortalità per le
principali cause di decesso mostra per entrambi i generi eccessi per tutte le
cause, malattie dell’apparato circolatorio, respiratorio e digerente. Nelle
donne è evidente anche un eccesso per tutti i tumori. Il tumore del colon-retto
e le malattie acute dell’apparato respiratorio sono in eccesso in entrambi i
generi, l’osservato supera l’atteso tra gli uomini per il tumore della pleura e
tra le donne per le malattie respiratorie acute e croniche. La relazione tra
inquinamento atmosferico e tumore polmonare a Trieste è stata oggetto di due
studi caso-controllo che hanno incluso solo uomini e hanno evidenziato
un’associazione positiva e rischi maggiori per i residenti nel centro cittadino
e nei pressi della zona industriale».
Fidenza (Parma)
Comuni di Fidenza e Salsomaggiore Terme.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico e discarica di rifiuti urbani e speciali. Tra gli
uomini si è osservato un eccesso della mortalità per le cause tumorali e per le
malattie dell’apparato digerente. Tra le donne si è osservato un eccesso di
mortalità per le malattie dell’apparato circolatorio e per le malattie
dell’apparato digerente. Inoltre, l’eccesso di mortalità per tumore dello
stomaco osservato tra gli uomini può essere riconducibile a una esposizione
occupazionale».
Sassuolo (Modena) e Scandiano (Reggio Emilia)
Comuni di Casalgrande, Castellarano, Castelvetro di Modena, Maranello, Rubiera e
Sassuolo.
«Il Decreto di perimetrazione di questo SIN elenca la presenza di impianti per
la lavorazione della ceramica. Il profilo di mortalità del SIN mostra, tra le
principali cause di morte, eccessi tra gli uomini per tutte le cause, malattie
del sistema circolatorio e dell’apparato respiratorio; tra le donne si osservano
eccessi per malattie dell’apparato digerente. Si osserva tra gli uomini un
eccesso per malattie respiratorie e asma e per malformazioni congenite in tutte
le classi di età».
Massa e Carrara
Comuni di Carrara e Massa.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: industria farmaceutica, petrolchimico, impianto
siderurgico, area portuale, amianto, discariche e inceneritore. Nelle donne si
evidenziano eccessi per tutte le cause, per le malattie dell’apparato digerente
e genitourinario. In entrambi i generi si osserva un eccesso di mortalità per il
tumore del fegato. Negli uomini sono presenti eccessi di mortalità per il tu-
more del polmone, della pleura, del sistema linfoematopoietico; per il linfoma
non Hodgkin si osserva un eccesso con una stima imprecisa. Tra le cause non
tumorali sono presenti eccessi per le malattie respiratorie nel loro insieme, e
separatamente anche per le croniche e le acute. Nelle donne si evidenzia un
eccesso per le malattie respiratorie acute e difetti di mortalità per il tumore
del colon- retto e del polmone. Si evidenziano eccessi di mortalità per
malformazioni congenite e per le condizioni morbose di origine perinatale».
Livorno
Comuni di Collesalvetti e Livorno.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: raffineria e area portuale. La mortalità per tutte le
cause e per tutti i tumori è risultata in eccesso in entrambi i generi. Nelle
donne si registrano eccessi per le malattie del sistema circolatorio e per le
malattie del sistema digerente. Si osserva, in entrambi i generi, un eccesso per
il tumore del polmone e per il tumore della pleura. Si evidenzia un eccesso di
mortalità per condizioni morbose di origine perinatale».
Piombino (Livorno)
Comune di Piombino.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, siderurgico, centrale termoelettrica, area
portuale e discarica industriale di rifiuti pericolosi. Il profilo di mortalità
osservato nella popolazione residente di Piombino negli uomini mostra un eccesso
per le malattie dell’apparato respiratorio, digerente e genitourinario. Nelle
donne è presente un eccesso per malattie genitourinarie e difetti per tutte le
cause, malattie del sistema circolatorio e respiratorie. Si osserva un solo
eccesso di mortalità negli uomini per il tumore della pleura».
Orbetello (Grosseto)
Comune di Orbetello.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di un impianto di
produzione di fertilizzanti chimici. La mortalità per tutte le cause, per tutti
i tumori e per le malattie genitourinarie è risultata in eccesso negli uomini.
Un eccesso impreciso per le malattie genitourinarie è presente anche nelle
donne. Si osserva un eccesso di decessi negli uomini per asma. Le contaminazioni
ambientali della laguna di Orbetello sono in gran parte dovute agli sversamenti
dei residui di lavorazione della produzione di fertilizzanti dell’industria ex
Sitoco. L’industria si trova sulla sponda di levante della laguna di Orbetello».
Terni-Papigno
Comune di Terni.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: siderurgico e discarica di 2a categoria tipo B rifiuti
speciali. Tra gli uomini residenti in questo SIN si è osservato un eccesso della
mortalità per tutte le cause e per tutti i tumori rispetto all’atteso; tra le
donne si è osservato un eccesso di mortalità per tutti i tumori e per le
patologie dell’apparato digerente».
Falconara Marittima (Ancona)
Comune di Falconara Marittima.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici, raffineria, centrale termoelettrica. Il
principale eccesso di rischio è per il tumore del polmone in entrambi i generi;
nelle donne risultano in eccesso le malattie respiratorie acute, mentre negli
uomini è in eccesso il tumore del colon-retto. In eccesso risultano anche le
malformazioni congenite con stime imprecise e le malattie dell’apparato
genitourinario, in eccesso nelle donne, anche se con stime imprecise».
Basso bacino del fiume Chienti (Macerata e Ascoli Piceno)
Comuni di Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle, Porto Sant’Elpidio e
Sant’Elpidio a Mare.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN indica la presenza di un impianto
calzaturiero. Si registra un eccesso per malattie dell’apparato genitourinario
negli uomini e di malattie del sistema circolatorio nelle donne. E un eccesso
della mortalità per alcune condizioni di origine perinatale nei bambini minori
di un anno».
Bacino idrografico del fiume Sacco (Roma e Frosinone)
Comuni di Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni,
Sgurgola e Supino.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN indica la presenza di un’industria
chimica. Si osserva un eccesso di mortalità per tutte le cause in uomini e
donne. Tra gli uomini si osserva un eccesso di mortalità per tutti i tumori e
per le malattie dell’apparato digerente, tra le donne si ha un eccesso di
mortalità per le patologie del sistema circolatorio e un difetto di mortalità
per tutti i tumori. Si rileva un eccesso per tumore dello stomaco e per le
malattie dell’apparato respiratorio tra gli uomini».
Litorale domizio flegreo e Agro aversano (Caserta e Napoli)
Comuni di Acerra, Arienzo, Aversa, Bacoli, Brusciano, Caivano, Camposano,
Cancello ed Arnone, Capodrise, Capua, Carinaro, Carinola, Casagiove, Casal di
Principe, Casaluce, Casamarciano, Casapesenna, Casapulla, Caserta, Castel
Volturno, Castello di Cisterna, Cellole, Cervino, Cesa, Cicciano, Cimitile,
Comiziano, Curti, Falciano del Massico, Francolise, Frignano, Giugliano in
Campania, Grazzanise, Gricignano di Aversa, Lusciano, Macerata Campania,
Maddaloni, Marcianise, Mariglianella, Marigliano, Melito di Napoli, Mondragone,
Monte di Procida, Nola, Orta di Atella, Parete, Pomigliano d’Arco, Portico di
Caserta, Pozzuoli, Qualiano, Quarto, Recale, Roccarainola, San Cipriano
d’Aversa, San Felice a Cancello, San Marcellino, San Marco Evangelista, San
Nicola la Strada, San Paolo Bel Sito, San Prisco, San Tammaro, San Vitaliano,
Santa Maria a Vico, Santa Maria Capua Vetere, Santa Maria la Fossa, Sant’Arpino,
Saviano, Scisciano, Sessa Aurunca, Succivo, Teverola, Trentola-Ducenta, Tufino,
Villa di Briano, Villa Literno, Villaricca e Visciano.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza di discariche. Nel SIN
sono stati osservati eccessi della mortalità in entrambi i generi per tutti i
principali gruppi di cause, con eccessi di mortalità per il tumore polmonare,
epatico e gastrico, del rene e della vescica. I risultati hanno, anche, mostrato
un trend di rischio in eccesso all’aumentare del valore dell’indicatore di
esposizione a rifiuti per la mortalità generale, per tutti i tumori e per tumore
epatico in entrambi i generi, e per il tumore polmonare e dello stomaco nei soli
uomini».
Litorale vesuviano (Napoli)
Comuni di Boscoreale, Boscotrecase, Castellammare di Stabia, Ercolano, Napoli,
Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Terzigno, Torre Annunziata, Torre del
Greco e Trecase.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle fonti di
esposizione: amianto e discariche. I dati di mortalità mostrano eccessi per le
malattie degli apparati digerente e genitourinario negli uomini e nelle donne.
In assenza di correzione per indice di deprivazione, nelle donne vi è un eccesso
per tutte le cause e per tutti i tumori. Negli uomini tantissimi i casi di
tumore alla pleura».
Tito (Potenza)
Comune di Tito.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico e siderurgico. Nell’area sono presenti attività
produttive di diversa dimensione e tipologia, sia in funzione sia dismesse, con
impianti chimici, scorie siderurgiche, discariche di rifiuti pericolosi,
discariche con amianto a cielo aperto, vasche di fosfogessi. Il sito ARPA
Basilicata riferisce attività di monitoraggio ambientale condotte nel 2003 con
rilevazione di metalli pesanti (cromo esavalente, piombo, mercurio), benzene e
idrocarburi aromatici, composti organici alogenati e altri idrocarburi. Nella
sola popolazione maschile è in eccesso la mortalità per patologie dell’apparato
respiratorio. Si osserva un eccesso di mortalità per tumori del colon-retto
nelle donne».
Val Basento (Matera)
Comuni di Ferrandina, Grottole, Miglionico, Pisticci, Pomarico e Salandra.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico e di produzione di manufatti in cemento-amianto.
Tra gli uomini si osserva un eccesso della mortalità per tutte le cause, sia in
assenza sia in presenza di correzione per deprivazione socioeconomica, e un
deficit della mortalità per le malattie dell’apparato genitourinario. Nelle
donne si rileva un difetto della mortalità per malattie dell’apparato
respiratorio e per le patologie dell’apparato genitourinario».
Manfredonia (Foggia)
Comuni di Manfredonia e Monte Sant’Angelo.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici e discariche. Si osservano, negli uomini
e nelle donne, un eccesso per tumore dello stomaco e un difetto per le malattie
dell’apparato respiratorio. Stime imprecise in difetto sono presenti per
malformazioni congenite e condizioni morbose perinatali».
Bari-Fibronit
Comune di Bari.
«Il Decreto del SIN elenca la presenza di uno stabilimento di cemento-amianto.
Risulta un eccesso di mortalità per tutte le cause, per tutti i tumori e per
malattie dell’apparato respiratorio, mentre nelle donne si rileva un eccesso per
le malattie dell’apparato digerente. Una volta corretta per indice di
deprivazione, risulta superiore all’atteso anche la mortalità per malattie
dell’apparato circolatorio in entrambi i generi, dell’apparato digerente negli
uomini e dell’apparato genito-urinario nelle donne. L’azienda Fibronit di Bari è
stata oggetto di due studi di coorte. Lo studio di Belli ha riguardato i
lavoratori dell’azienda, titolari di rendita INAIL per asbestosi, e ha osservato
un aumento significativo della mortalità per asbestosi, tumore del polmone,
della pleura e del mediastino. I risultati dello studio di Coviello, riguardante
l’intera coorte, ha mostrato eccessi di mortalità per tutte le cause, per le
pneumoconiosi, tutti i tumori, per i tumori maligni del polmone, della pleura e
del peritoneo. L’impatto dell’esposizione ambientale ad amianto, in quartieri
limitrofi all’insediamento produttivo, è stato stimato da Musti con uno studio
caso-controllo che ha valutato la distribuzione spaziale di mesotelioma di
origine non professionale, e ha osservato nella popolazione residente entro 500
metri dall’impianto un significativo incremento di rischio».
Taranto
Comuni di Taranto e Statte.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN riporta la presenza di una raffineria, un
impianto siderurgico, un’area portuale e di discariche di RSU con siti abusivi
di rifiuti di varia provenienza. Il lungo elenco di malattie comprende: eccesso
tra il 10% e il 15% nella mortalità generale e per tutti i tumori in entrambi i
generi; eccesso di circa il 30% nella mortalità per tumore del polmone, per
entrambi i generi; eccesso, in entrambi i generi, dei decessi per tumore della
pleura, che permane; eccesso compreso tra il 50% (uomini) e il 40% (donne) di
decessi per malattie respiratorie acute; associato a un aumento di circa il 10%
nella mortalità per tutte le malattie dell’apparato respiratorio; eccesso di
circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne della mortalità per malattie
dell’apparato digerente; incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del
sistema circolatorio soprattutto tra gli uomini; quest’ultimo è ascrivibile a un
eccesso di mortalità per malattie ischemiche del cuore, che permane, anche tra
le donne un eccesso per la mortalità per condizioni morbose di origine
perinatale (0-1 anno), con evidenza Limitata di associazione con la residenza in
prossimità di raffinerie/poli petrolchimici e discariche, e un eccesso di circa
il 15% per la mortalità legata alle malformazioni congenite, che non consente
però di escludere l’assenza di rischio».
Brindisi
Comune di Brindisi.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, petrolchimico, centrali elettriche, area
portuale, discariche. In entrambi i generi si osserva un eccesso per il tumore
della pleura. È presente un eccesso di mortalità per le malformazioni
congenite».
Crotone-Cassano-Cerchiara (Cosenza)
Comuni di Cassano ionico, Cerchiara di Calabria e Crotone.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, discariche. Gli eccessi sono evidenti in
particolare tra gli uomini per i quali, oltre alla mortalità per tutte le cause,
risultano in eccesso tutti i tumori, le malattie dell’apparato circolatorio,
respiratorio e genitourinario. Nelle donne, oltre alla mortalità per tutte le
cause, è in eccesso quella per malattie dell’apparato digerente. Un eccesso
della mortalità per malattie dell’apparato respiratorio negli uomini».
Milazzo (Messina)
Comuni di Milazzo, Pace del Mela e San Filippo del Mela.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti per la produzione di apparecchiature elettriche,
una raffineria, un impianto siderurgico e una centrale elettrica. Risulta, fra
gli uomini, un eccesso per le malattie dell’apparato genitourinario e un difetto
per le patologie dell’apparato respiratorio. Tra le donne si osserva un difetto
per tutte le cause, per le malattie dell’apparato digerente e del sistema
circolatorio. Per i sottogruppi di classe di età 0-1 e 0-14 risulta in eccesso
la mortalità nel primo anno di vita per alcune condizioni morbose di origine
perinatale. Un recente studio di coorte occupazionale sugli ex lavoratori di una
industria di manufatti in cemento-amianto nel Comune di San Filippo del Mela ha
analizzato la mortalità per cause asbesto-correlate e l’incidenza del
mesotelioma. Pur con dei limiti, dovuti principalmente alla mancanza dei
libri-matricola, e quindi all’impossibilità di ricostruire gli anni-per- sona a
rischio, l’indagine ha evidenziato un eccesso dell’incidenza di mesotelioma ed
eccessi di mortalità per tumore maligno della pleura, del polmone e per
pneumoconiosi».
Biancavilla (Catania)
Comune di Biancavilla.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN riferisce la presenza di cava di materiale
lapideo contaminato da fluoro-edenite, una fibra asbestiforme. Si osserva un
eccesso di mortalità per tutte le cause sia negli uomini sia nelle donne. Anche
le malattie dell’apparato cardiovascolare e dell’apparato respiratorio risultano
in eccesso sia negli uomini sia nelle donne. È presente in entrambi i generi un
difetto di patologie dell’apparato digerente. Si evidenzia un eccesso di
mortalità per tumore maligno della pleura, con un ampio intervallo di
confidenza».
Priolo (Siracusa)
Comuni di Augusta, Melilli, Priolo Gargallo e Siracusa.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici, un polo petrolchimico, una raffineria,
un’area portuale, amianto e discariche. Nel SIN si sono osservati eccessi della
mortalità generale per tutte le cause e per tutti i tumori tra gli uomini, per
malattie dell’apparato digerente tra le donne. Sono in eccesso negli uomini i
tumori del polmone e della pleura, causa, quest’ultima, in eccesso anche nelle
donne; la mortalità è in eccesso in entrambi i generi per le malattie
respiratorie acute».
Gela (Caltanissetta)
Comune di Gela.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, petrolchimico, raffineria e discarica rifiuti.
Il segnale più evidente è quello di un eccesso di tumori polmonari sia tra gli
uomini sia tra le donne; tra gli uomini sono in eccesso anche il tumore dello
stomaco e l’asma; tra le donne il tumore del colon-retto e l’asma, quest’ultima
con una stima imprecisa».
Porto Torres (Sassari)
Comuni di Porto Torres e Sassari.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: chimico, petrolchimico, raffineria, centrale
termoelettrica, area portuale e discariche. I risultati mostrano un’aumentata
incidenza per tutti i tumori. Un’aumentata mortalità per il tumore del polmone,
per le malattie dell’apparato respiratorio, anche acute, e per le malformazioni
congenite. Tra i lavoratori esposti ad asbesto è aumentata l’incidenza per
tumore della vescica. Sia per gli uomini sia per le donne sono presenti eccessi
per il tumore del fegato e la leucemia mieloide».
Sulcis-Iglesiente-Guspinese (Cagliari)
Comuni di Arbus, Assemini, Buggerru, Calasetta, Capoterra, Carbonia, Carloforte,
Domus de Maria, Domusnovas, Fluminimaggiore, Giba, Gonnesa, Gonnosfanadiga,
Guspini, Iglesias, Masainas, Musei, Narcao, Nuxis, Pabillonis, Perdaxius,
Piscinas, Portoscuso, Pula, San Gavino Monreale, San Giovanni Suergiu, Santadi,
Sant’Anna Arresi, Sant’Antioco, Sarroch, Siliqua, Teulada, Tratalias, Uta,
Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia e Villaperuccio.
«Il Decreto di perimetrazione del SIN elenca la presenza delle seguenti
tipologie di impianti: impianti chimici, miniere e discariche. Per uomini e
donne è presente un eccesso di mortalità per le malattie dell’apparato
respiratorio e un difetto, per i soli uomini, per le malattie circolatorie. Il
tumore della pleura è in eccesso in entrambi i generi con una stima imprecisa
dell’SMR. Si rileva infine un eccesso della mortalità per le condizioni morbose
perinatali. Nei bambini delle scuole elementari di Portoscuso una frequenza più
elevata di sintomi ostruttivi e bronchitici rispetto ai coetanei dei Comuni di
confronto; nei bambini di Sarroch la frequenza è più elevata anche per l’asma».
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 settembre 2013
Attivisti distruggono piante di mais Ogm
Blitz dei centri sociali del Nordest a Vivaro nei campi di Fidenato.
Danneggiata parte del raccolto
VIVARO Hanno invaso il campo seminato a mais Ogm di Giorgio Fidenato e
distrutto diverse pannocchie, nonché il cartello indicante la proprietà privata,
incuranti di possibili denunce e della massiccia presenza di forze dell’ordine
(una sessantina di agenti). Avevano garantito, almeno a inizio mattinata, che
non ci sarebbero state azioni di danneggiamento della coltivazione, ma così non
è stato. E quello di ieri mattina a Vivaro ha tutta l’aria di non rimanere un
episodio isolato. Gli ambientalisti contrari al biotech, che hanno preso parte
alla manifestazione anti-Ogm, minacciano di mettere in campo azioni più pesanti.
Intendono trebbiare con le gambe la coltivazione di Fidenato, come già fatto il
9 agosto 2010. In prima linea Luca Tornatore, dei centri sociali del Nordest.
«Nessuna azione violenta, anzi. La nostra è resistenza. Quella di Fidenato è una
violenza con gravi ripercussioni» è il commento di Tornatore, che, assieme ad
altri ambientalisti, si è dichiarato pronto a «trebbiare, a breve, con le gambe
il campo di Vivaro. «Non escludiamo questa possibilità - ha detto -. La
distruzione, comunque, dovrebbe già essere messa in atto sulla base del decreto
interministriale di luglio, che vieta le coltivazioni Ogm». Tornatore ha
rimarcato di non avere alcun timore per i provvedimenti che verranno assunti
dopo l’atto di ieri. Ci sono gli estremi per una denuncia, ma questo è
secondario per gli ambientalisti contrari al biotech. Oltre al danno alla
coltivazione, infatti, è stata violata la proprietà privata. Il campo di
Fidenato è circondato da una catena e in più punti sono presenti cartelli
indicanti il divieto d’accesso. I manifestanti hanno abbattuto i cartelli e si
sono fatti spazio tra le pannocchie, distruggendone una parte. «Ci denuncino
pure per quanto fatto - ha dichiarato Tornatore -: non abbiamo alcun timore e
combatteremo anche questa battaglia nei tribunali. E’ necessario fare spazio
alla vita dentro questo campi: quanto abbiamo messo in atto stamattina (ieri per
chi legge, ndr) era il minimo che potessimo fare. Un atto simbolico per fare
capire che sono le pratiche di massa a creare la legittimità. E’ necessario
formare una coalizione sociale non soltanto contro gli Ogm, ma contro il sistema
dell’agricoltura che va rivisto». In realtà, stando a quanto dichiarato dai
manifestanti in apertura di mattinata, non doveva esserci alcuna invasione del
campo di Fidenato. Tantomeno una distruzione. Era previsto solamente il deposito
di alcune zolle di terra «non contaminate da semi alieni», come loro stessi
hanno definito gli Ogm, accanto alla coltivazione. «Abbiamo deciso di non
danneggiare una proprietà privata, ma di limitarci a un gesto simbolico di
decontaminazione» aveva dichiarato intorno alle 10.30 Oscar Missero,
coordinatore di Tutela biodiversità. Poi, però, la situazione, dopo le 11, è
degenerata.
Giulia Sacchi
IL PICCOLO - DOMENICA, 1 settembre 2013
La Tav ? Né sì né no La giunta decide di tirare il
freno
Disattese da Fs 11 prescrizioni: l’ok condizionato del 2012 diventa un
non parere. Ultima parola al Consiglio comunale
Un anno fa obiettava, fabbricava domande, ma professava fede. Ora s’è
irrigidito. È diventato - ufficialmente, causa «mancata o incompleta risposta ad
alcune prescrizioni» - agnostico. Il Comune - in scia alla recentissima e non
dissimile decisione assunta dalla Provincia - tira il freno a mano lungo l’iter
burocratico che dovrebbe portare, entro il 2040, alla realizzazione della
Ronchi-Trieste, la tratta locale della Tav. La giunta Cosolini è fresca di
delibera nella quale - «seppur ribadendo il valore strategico di un sistema
infrastrutturale di trasporto e di comunicazione adeguato alla funzione
logistica e portuale, alla collocazione europea», con tanto di richiesta
all’amministrazione Serracchiani di «un intervento nei confronti di Governo e
Ferrovie per un pronto confronto che sciolga i nodi aperti» - ha stabilito di
«non esprimere parere» sulla versione del progetto preliminare della
Ronchi-Trieste aggiornata con le ultime integrazioni ambientali. Una versione
che Italferr ha spedito alla Regione, in risposta alle condizioni e alle
prescrizioni che la stessa Regione aveva raccolto da tutti gli enti locali,
sintetizzato e inviato al Ministero dell’Ambiente nell’ambito della procedura di
Via. La delibera - il cui valore non è vincolante per Regione e Governo ma ha
comunque un forte sapore simbolico - ora sta transitando nelle circoscrizioni,
poi tornerà in giunta, quindi si avvierà all’ultima parola del Consiglio
comunale, la cui discussione con voto decisivo dovrebbe essere calendarizzata
entro un paio di settimane. La conclusione alla quale arriva però il
provvedimento è già preda di polemiche, con la maggioranza (si legga sotto, ndr)
accusata dalle opposizioni di aver deciso di non decidere per evitare pubbliche
spaccature come quando, nell’estate del 2012, il centrodestra venne in soccorso
al Pd per far passare il parere favorevole condizionato proprio sulla Tav,
osteggiato dall’ala sinistra della maggioranza stessa. L’ultimo documento,
dopotutto, è entrato in giunta - portato da Umberto Laureni, l’assessore
all’Ambiente in quota Sel - con un parere originariamente contrario stilato
dagli uffici tecnici. È uscito appunto senza più parere. Eppure la delibera - 25
pagine dense di citazioni della storia dell’iter avviato ancora nel 2003 - è
piuttosto convincente: gli uffici tecnici certificano, e qui la politica conta
fino a un certo punto, che Italferr non ha esaudito ben 11 prescrizioni delle 24
cui il Comune l’anno scorso aveva condizionato il proprio parere favorevole. Si
va dall’assenza di allegati che individuino fin d’ora le connessioni triestine -
tra lo sbocco del tragitto carsico in galleria in prossimità di via Cantù e le
stazioni di piazza Libertà, Campo Marzio e Opicina - alla carenza di studi sullo
smaltimento degli inerti e sull’incidenza del traffico pesante legato al
cantiere di imbocco galleria che Italferr localizza in via Marziale, sopra via
Commerciale. Ma le due condizioni più pesanti che l’amministrazione Cosolini
ritiene oggi non soddisfatte riguardano due sostanziali royalty. Una è «la
necessità di prevedere un adeguamento delle infrastrutture ferroviarie più
direttamente connesse al Porto» per raddoppiare la lunghezza dei treni-merci,
l’altra è «la progettazione preliminare che preveda il collegamento del
tracciato oltre il Porto fino a Capodistria». «Alcune delle nostre prescrizioni
- spiega Laureni - non hanno avuto risposta, e altre non sono state trovate nei
corposi documenti di Italferr, ma la mancanza di un parere negativo finale
deriva dal fatto che abbiamo inteso riconoscere anche una indubbia difficoltà di
interpretazione e mediazione dal momento che Italferr ha risposto a una serie di
quesiti che prima la Regione e poi il Ministero hanno sintetizzato partendo da
una miriade di osservazioni fatte da tutti gli enti chiamati a esprimersi, non
solo dal Comune di Trieste».
Piero Rauber
Il progetto “buca” quasi 22 chilometri di Carso
triestino
Non sventra la Val Rosandra, come a suo tempo in tanti avevano temuto, ma il
Carso triestino lo buca lo stesso, nella sua parte alta, occidentale, dalle
porte di Duino fino alla “pancia” di Villa Giulia, nella zona di via Cantù, dove
la futura Tav è destinata ad essere allacciata senza uscire allo scoperto
direttamente alla circonvallazione sotterranea esistente, la cosiddetta “linea
di cintura” che punta verso la linea portuale che ha il suo “terminal” nella
stazione di Campo Marzio. L’ultimo progetto preliminare della Ronchi-Trieste
sostitutivo del piano originario del 2003 - redatto a fine 2010 in scia ai
dettami del Cipe in base ai quali la tratta è stata inserita nell’«elenco delle
opere ed interventi strategici» individuati dal Governo nel 2006 - prevede in
effetti per la Tav una lunghezza di oltre 23 chilometri su e in suolo
provinciale sui 36 e mezzo dell’intera Ronchi-Trieste. Di questi, quasi 22 sono
sotterranei. L’opera dovrebbe riemergere per un chilometro e poco più solo in
prossimità dello snodo di Aurisina. Il resto è progettato che corra sotto
Ceroglie, Malchina, Slivia e poi Santa Croce, Campo Sacro, Prosecco, Piscianzi
fino, per l’appunto, a Villa Giulia.
(pi.ra.)
Fi e M5s: «Cosolini come Pilato per salvarsi»
Il sindaco: «Opera strategica ma nodi da sciogliere. Delibera simile
passata all’unanimità in Provincia»
Rifondazione s’è già chiamata fuori, a prescindere da quel parere favorevole
divenuto non parere, e ha già annunciato che in Consiglio comunale si batterà
per un parere contrario, punto. La formula agnostica, però, dovrebbe comunque
garantire - a differenza dell’anno scorso, quando anche Sel e Idv votarono no -
autonomia numerica alla maggioranza, alla quale invece - sempre l’anno scorso,
sempre in quell’occasione - pezzi di centrodestra le vennero in soccorso. Tra
questi l’allora Pdl, oggi frazionati nel Pdl stesso e nella ricostituita Forza
Italia. «Pur di salvare la sua maggioranza traballante dal volto triste, il
sindaco rispolvera i peggiori riti della politica e decide di non decidere come
Ponzio Pilato», attacca in questo caso Everest Bertoli, capogruppo proprio di Fi.
«Posizione - aggiunge Bertoli - che probabilmente soddisferà le ali estreme
della sua maggioranza ma che rischia di pregiudicare seriamente un progetto
vitale per il futuro economico della nostra città. Oggi Cosolini sceglie di
salvare la sua poltrona invece di pensare al bene della città». «La delibera è
inutile, illegittima e pilatesca», fanno eco i grillini Paolo Menis e Stefano
Patuanelli. «Inutile - spiegano - perché non dice nulla. Illegittima poiché non
tiene in conto la previsione della delibera del 2012 favorevole all’opera,
subordinata ad una serie di prescrizioni che, nelle integrazioni, non sono state
recepite. Il parere di oggi doveva quindi essere negativo. Pilatesca perché non
ritenendo di poter esprimere un parere il sindaco punta a salvare la faccia al
Pd, che ancora una volta antepone la tattica politica e la temporanea
sopravvivenza agli interessi dei cittadini. Il partito che esprime il capo del
Governo, il presidente della Regione e il sindaco della nostra città si vergogna
di dire che crede in quella infrastruttura. Un sentimento di vergogna più che
giustificato, visto l’impatto ambientale e l’insostenibilità economica,
finalmente comprovata da una analisi costi-benefici fatta dallo stesso
proponente. È ormai evidente che Cosolini sarà ricordato per l’unico bel gesto
che ha compiuto: la “clanfa” all'Ausonia». «Beh - ribatte proprio Roberto
Cosolini - Menis e Patuanelli neanche la “clanfa” hanno fatto. Forse sono acidi
per la crisi d’identità del loro movimento a livello nazionale. A Bertoli non
sento il bisogno di rispondere. Mi limito a ricordare a Fi e al Pdl, oltre che a
Rifondazione, che in Provincia una delibera analoga è passata con voto unanime.
Detto questo, non è che n on mi sbilancio. Anzi. Resto favorevole
all’infrastruttura in questione, specie per l’Alta capacità, sono convinto che
la nostra città e la nostra regione ne abbiano bisogno. Ma non basta questo per
dare un sì acritico. Il progetto non recepisce diverse prescrizioni e non
scioglie diversi nodi, anche di ordine ambientale. Meglio dirle, le cose,
piuttosto che dare, lo ripeto, un sì acritico. Nella delibera si ribadisce come
l’intervento sia strategico e si chiede alla Regione di scioglierli, questi
nodi. Non è una chiusura». «In fase di giunta e in seno alla stessa maggioranza
cittadina - ammette l’assessore Umberto Laureni, mantenendo un profilo
istituzionale prima che politico - sono state fatte riunioni e riflessioni molto
importanti, partendo anche da sensibilità differenti sul quesito-base, che è:
“il Corridoio 5 è effettivamente strategico per l’Europa?”. Qualunque sarà alla
fine la decisione del Consiglio comunale mi auguro possa maturare al termine di
un dibattito approfondito, nella consapevolezza che sono in ballo molteplici
esigenze collettive».
(pi.ra.)
«Dalla Regione un piano per il turismo triestino» -
ALLA FESTA DEL PD DI OPICINA
Serracchiani: «Individueremo con l’amministrazione locale le linee per un
salto di qualità»
Per il futuro del turismo a Trieste la Regione predisporrà, entro l’anno,
uno specifico piano di crescita «che prevede una rivisitazione dei programmi e
che riguarderà le crociere, la congressistica, i trasporti». La presidente della
giunta regionale, Debora Serracchiani, ha fatto questo annuncio ieri sera,
nell’ambito della festa provinciale del Pd, in corso di svolgimento al circolo
Tabor di Opicina, traendo spunto dalla polemica scatenata in questi giorni dalla
presenza, sulle Rive, nelle vicinanze della Stazione marittima, di una sagra
popolare che molti hanno giudicato inadeguata per una città che si definisce a
vocazione turistica alta. «Del tema della crescita turistica del capoluogo del
Friuli Venezia Giulia - ha precisato Serracchiani - ho parlato personalmente con
il sindaco, Roberto Cosolini, e di concerto con la sua giunta individueremo le
direttrici che possono portare a un salto di qualità. Esiste una commissione che
si occuperà dell’argomento e sono certa che troveremo le soluzioni migliori».
Nel corso del dibattito che ha visto accanto alla presidente della giunta del
Friuli Venezia Giulia l'europarlamentare slovena Mojca Kleva Kekus, e di cui è
stato moderatore il direttore del Primorski Dnevnik, Dusan Udovic, si è poi
discusso dell’ingresso della Croazia nell’Unione europea. A questo proposito,
Serracchiani ha ricordato che «a causa della miopia e della smemoratezza di
governi nazionali e regionali che ci hanno preceduto, il Friuli Venezia Giulia
non sarà unità di gestione nel processo di elaborazione dei rapporti
transfrontalieri con il nuovo membro, ma lo sarà il Veneto». Sul
rigassificatore, Kleva Kekus ha confermato che la Slovenia «si è finalmente
schierata per il no, anche a livello di governo centrale». Serracchiani ha
precisato che «purtroppo il problema non è ancora del tutto risolto, perché
l'amministrazione regionale che ci ha preceduto era andata piuttosto avanti con
l'iter. Noi però abbiamo ribadito con forza il no - ha sottolineato - anche
perché puntiamo molto sulla crescita del porto di Trieste, sviluppo
incompatibile con la realizzazione di un rigassificatore».
Ugo Salvini
Agricoltura - Presidi e assemblee contro gli ogm
È convocato per oggi alle 10 il presidio anti Ogm
programmato da movimenti e associazioni ambientaliste davanti ai campi
geneticamente modificati a Vivaro. Gli stessi attivisti si ritroveranno domani a
Rauscedo per un’assemblea di carattere regionale ospitata all’interno di una
fattoria sociale. All’iniziativa parteciperanno singoli cittadini, agricoltori,
associazioni, cooperative, sindaci, assessori, con l'obbiettivo di gettare le
basi di una “coalizione sociale” con un chiaro obbiettivo: impedire le colture
ogm e fare del Friuli Venezia Giulia un “laboratorio di resistenza”.
Gamberi “alieni” spuntano a Basovizza - CENTRO
DIDATTICO
Una mostra dedicata al piccolo ma infestante crostaceo della Louisiana
Oggi il Centro didattico naturalistico di Basovizza (tel. 040-3773677 ),
gestito dal corpo forestale regionale, sarà aperto dalle 14 alle 20. E nello
spazio dedicato alle mostre temporanee sarà visitabile un allestimento
realizzato a cura dell’Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia. Nell’ambito
del progetto europeo Rarity, saranno esposti alcuni acquari, provenienti dal
centro visite di Ariis sulle rive del fiume Stella, per illustrare la diffusione
nei fiumi della regione di specie invadenti come il gambero rosso della
Louisiana. La presenza di questo gambero alieno, introdotto dall’uomo al di
fuori del loro areale naturale, rappresenta una minaccia diretta alla
biodiversità fluviale a discapito del gambero di fiume nativo oramai
classificato dall’Unione internazionale per la conservazione della natura specie
a rischio estinzione. Durante la settimana la mostra sui gamberi e il Centro
sono visitabili il lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì dalle 9 alle 13, il
martedì dalle 14 alle 20. L’ingresso è libero.
Tour delle vasche assieme al Wwf - AQUARIO
Visite guidate in italiano (10,30) e in inglese (12) oggi e domenica
prossima
All’Aquario con il Wwf. Prosegue anche oggi la collaborazione tra la Riserva
marina di Miramare e i musei scientifici: è noto come nei mesi estivi i musei
risentano maggiormente della scarsità di personale, mentre viceversa aumenta il
numero dei turisti che li visitano. Ecco che in questo spirito di collaborazione
il Wwf interviene assicurando la presenza di una volontaria che coadiuverà il
personale comunale nell’accogliere i visitatori e nel fornire loro informazioni,
effettuando anche brevi visite guidate. La presenza della volontaria, di
madrelingua inglese, sarà oltremodo utile anche per ricevere i turisti
stranieri. Inoltre, contemporaneamente alle visite, i volontari del Wwf
esporranno e distribuiranno interessanti materiali divulgativi e didattici di
sensibilizzazione al rispetto dell’ambiente marino e sulla “pesca sostenibile”.
Quindi: appuntamento oggi e e domenica prossima, con le visite guidate che si
svolgeranno alle 10.30 in italiano e alle 12 in inglese (ma nel caso di assenza
di richieste per l’inglese anche la seconda visita avverrà in italiano). L’Aquario,
istituito nel 1933, ospita prevalentemente specie marine dell’Alto Adriatico, il
che lo rende particolarmente interessante per conoscere i pesci e le altre
creature che popolano il nostro mare. Di particolare interesse didattico sono le
vasche che riproducono i principali ambienti presenti nel golfo e l’originale
vasca ottagonale di circa 10.000 litri che ospita piccoli squali e razze.
IL PICCOLO - SABATO, 31 agosto 2013
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Anche Veglia ci ripensa
Chiarissimo prof. Badina, ne convengo, il “no se pol” è deprecabile. Tanto quanto il “se devi, costi quel che costi”, in un sistema che si vuole democratico, paritario e scevro da pregiudizi nei confronti degli interlocutori. Ma, professore, quante volte ha fatto suonare il suo disco rotto in cui il ritornello - “se tutti gli altri sì, allora anche noi” - non ha contribuito a portare elementi dirimenti sulla questione del rigassificatore ? Del progetto del rigassificatore a Zaule si sa ormai tutto, o quasi: mancano le norme di sicurezza (safety + security) specifiche per il sito in questione. Di un tanto ha convenuto anche la locale Capitaneria di Porto nel corso dei lavori coordinati dall’Autorità Portuale. Allora la esorto a fare un passo avanti e, oltre alle notizie sul numero di navi in transito nei porti che ospitano tali impianti, la invito a produrre una sinossi sulle norme di sicurezza in vigore in ciascuno di essi o, perlomeno, in quelli che possono fungere da modello sia per modernità che per democraticità del sistema decisionale. Senza dimenticare le distanze dai centri abitati di cui, a tal proposito, attendiamo un suo parere alle nostre misure riportate dal Piccolo il 12 marzo u.s. per l’impianto di Rotterdam. A quel momento gli “ambientalisti” saranno disponibili a sedersi attorno ad un tavolo e, con carta nautica, squadretti e compasso, ridiscutere questo specifico aspetto delle tante problematicità di Zaule. Fintanto che, nel nostro Paese, la questione “sicurezza” verrà trattata come lo si è fatto qui - arrivando ad un passo dall’approvazione lasciando che cittadini ed Enti territoriali brancolino nel buio - il nostro atteggiamento rimarrà quello che è e che, da parte di chi non ci conosce, viene etichettato come Nimby o no se pol. Aggiungo, per sua informazione, una notizia dell’ultima ora della serie “solo gli stolti non cambiano opinione”: riguarda la scelta della collocazione off-shore piuttosto che on-shore, da noi tutti preconizzata in quanto meno problematica, ma a lei tanto invisa. Ebbene anche i croati, a Veglia, hanno optato per spostare al largo l’impianto di rigassificazione, portandolo via dalla terraferma. Lo si apprende dall’ultima stesura della lista provvisoria dei progetti prioritari Ue (edizione del 24 luglio, reperibile on-line sul sito degli “amici del golfo di Trieste”).
Carlo Franzosini
«Prosciutti e salami con i cinghiali uccisi» - LA
PROPOSTA DELLA FEDERCACCIA
L’anno scorso sono stati abbattuti 700 capi: perché non fare come in Umbria
e Toscana?
OPICINA Da problema a risorsa. Per la Federcaccia triestina la questione
“cinghiale” va affrontata con praticità. I cacciatori suggeriscono la
realizzazione di un centro per la lavorazione delle carni dei cinghiali
abbattuti. Solo una delle diverse indicazioni che la sezione locale della
Federcaccia sottoporrà all’amministrazione regionale riproponendo all’attenzione
generale le tematiche relative alla gestione degli ungulati nelle riserve di
caccia locali. In questi giorni il problema delle devastazioni provocate dai
cinghiali alle colture agricole provinciali torna prepotentemente alla ribalta.
La siccità e la maturazione dell’uva e della frutta inducono i selvatici a
forzare recinzioni e protezioni per dissetarsi e nutrirsi. Segnalazioni di danni
e devastazioni giungono da più parti. «Le quattro riserve più interessate
dall’assalto dei cinghiali sono quelle di Basovizza, Opicina, Prosecco e Zaule –
spiega il presidente della Federcaccia locale Fabio Merlini – ma i selvatici
sono ben presenti anche sulle colline di Roiano e nelle campagne di Longera e di
altri rioni contigui alla città. In queste zone i cinghiali trovano acqua e
cibo, e al loro nutrimento contribuiscono pure diversi cittadini, ignari di
quell’ordinanza comunale che vieta di dare cibo ai selvatici. È evidente –
continua Merlini – che non ci si rende conto di come il passaggio degli ungulati
lungo tante importanti e trafficate arterie stradali periferiche (via
Marchesetti, la parte alta di via Commerciale, Strada per Longera, viale al
Cacciatore, per citarne alcune) possa causare dei seri incidenti agli
scooteristi e agli automobilisti». Per molti produttori vinicoli la situazione
appare insostenibile; da loro la richiesta a cacciatori e ente provinciale di
incrementare gli abbattimenti dei cinghiali. «La situazione creatasi a Trieste e
nell’isontino è diffusa in molte parti del Paese e nel resto dell’Europa –
sostiene Merlini. Basti pensare che in Germania, nazione all’avanguardia nella
gestione faunistica, i cinghiali stanno invadendo i parchi pubblici di Berlino.
Nella provincia di Bolzano, dove gli abbattimenti sono permessi tutto l’anno, i
prelievi vengono effettuati addirittura attorno ai 2000 metri d’altezza».
Secondo la Federcaccia provinciale, la gestione degli ungulati selvatici è quasi
impossibile. Si tratta di animali erratici capaci di strategie e soluzioni
intelligenti. «Fermo restando il nostro impegno nel rispettare i piani di
abbattimento, chiediamo alla Regione di poter cacciare almeno un’ora in più dopo
il tramonto rispetto le due ore attualmente concesse. Chiediamo soprattutto –
afferma Merlini - di poter prelevare i cinghiali della classe sub-adulta durante
tutto l’anno perché risultano i più dannosi per l’integrità delle strutture e
dei prodotti agricoli. Trieste dovrebbe poi provvedersi di un centro lavorazione
per le carni dei selvatici». L’anno scorso i cacciatori hanno prelevato oltre
700 cinghiali, carne ottima che potrebbe essere venduta, dopo gli opportuni
controlli igienico/sanitari, in una filiera a km zero come già si sta facendo in
Umbria e Toscana.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - VENERDI', 30 agosto 2013
Piano traffico, Marchigiani ribatte a Dubs: «La fase
attuativa inizierà entro l’anno»
«Mi dispiace che Dubs, nonostante sia un consigliere circoscrizionale, non
abbia capito bene quali siano i vincoli e i meccanismi del patto di stabilità.
Non appena abbiamo approvato il Piano del traffico ho chiesto agli uffici di
lavorare responsabilmente per trovare delle soluzioni efficaci che comportassero
un minor costo». L’assessore comunale alla Pianificazione urbana, Elena
Marchigiani (nella foto), ribatte così a Roberto Dubs (Pdl) sui possibili
ostacoli che il patto di stabilità potrebbe determinare nella fase attuativa del
Pgtu. «Quando mai loro hanno approvato e attuato un Pgtu? Quando mai - si chiede
Marchigiani - hanno dovuto lavorare con un quadro finanziario difficile come il
nostro? Attueremo il piano, partiremo da interventi minimi, dando precedenza
alle aree pedonali e supporteremo la riqualificazione delle zone della città
dove la tenuta del commercio è in difficoltà. Entro l’anno inizieremo la fase
attuativa». Così Pietro Faraguna, consigliere comunale del Pd: «Il Piano del
traffico verrà attuato, come da impegni di programma. Si dovrà fare con meno
soldi, ma si farà. E per questo dobbiamo ringraziare i criteri di riparto
stabiliti da Tondo, con il consenso del centrodestra triestino».
Alta velocità, ribadito il «no» della Federazione della
sinistra - IL PROGETTO TAV
No della Federazione della sinistra al progetto di alta velocità che sarà
nuovamente in discussione nei prossimi giorni, prima nei consigli
circoscrizionali e successivamente in consiglio comunale. È stato ribadito in
una conferenza stampa. In particolare il consigliere comunale Iztok Furlanic nel
suo intervento si è collegato alla delibera votata il 28 luglio del 2012 sullo
stesso tema. Per questo la Federazione della Sinistra presenterà un unico
emendamento a questa delibera in cui si chiederà di modificare il testo con
“esprime parere contrario”. Legato all’esito dell’emendamento sarà il voto
finale. Permanendo l’attuale dicitura il voto della FdS sarà ovviamente
negativo. I consiglieri circoscrizionali Peter Behrens e Paolo Geri hanno
sottolineato alcuni aspetti più negativi del progetto che, in tempi di patto di
stabilità, a causa del quale non si fanno le opere necessarie ed indispensabili,
si pensa di impegnare pro futuro miliardi di euro in questa maniera.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 agosto 2013
«Piano traffico: solo teatralità senza ipotesi di
spesa» - DUBS (PDL)
«Il fiore all’occhiello della giunta Cosolini, cioè un Piano del traffico
approvato in tempi brevi, si è rivelato alla fine il solito castello in aria:
parole senza fatti ed in questo caso soprattutto senza conti. Eppure in più
occasioni avevo rilevato la totale mancanza di una previsione di spesa per
realizzare quanto previsto dal Piano: evidentemente era più importante la
teatralità di tutta l’operazione che l’effettiva fattibilità». Lo afferma
Roberto Dubs, consigliere circoscrizionale del Pdl, in merito alle possibili
difficoltà che i vincoli del Patto di stabilità potrebbero determinare per la
fase attuativa del Pgtu. «Un Piano del traffico che affonda come un robusto
tuffatore che si lancia dal trampolino dell’Ausonia - ironizza Dubs, richiamando
implicitamente l’ormai famoso tuffo del sindaco Roberto Cosolini all’ultima
Olimpiade delle clanfe -. Il Patto di stabilità è ormai divenuto un noioso alibi
con il quale questa giunta tenta di mascherare i propri fallimenti: mi chiedo
come mai le ristrettezze del Patto non valgono ad esempio per i soldi pubblici
spesi a fiumi in consulenze esterne e - conclude il pidiellino - in
manifestazioni di dubbio ritorno economico e di immagine per la città».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 agosto 2013
Piano traffico frenato dal Patto di stabilità -
VIABILITÀ » UN INTOPPO SULL’ITER BUROCRATICO
Si profila un allungamento dei tempi per l’attuazione, messa in coda la
realizzazione degli stalli blu. «A rischio i nuovi arredi urbani»
l’assessore Marchigiani - Dobbiamo imparare a lavorare con meno risorse. A fine
settembre avremo un cronoprogramma più preciso
il sindaco Cosolini - Penso ad esempio a via Mazzini: la pedonalizzazione
avverrà ma all’inizio interverremo con abbellimenti semplici
Rischia di mettere i bastoni fra le ruote al Comune anche per l’attuazione
del nuovo Piano del traffico. La sua presenza continua a incombere
quotidianamente su palazzo Cheba, cui richiede di attenersi a precisi vincoli di
spesa. «Cesoie» vere e proprie, nella definizione dell’assessore a Mobilità e
traffico, Elena Marchigiani. È il Patto di stabilità: il grande ostacolo alla
realizzazione di opere pubbliche potrebbe costringere il Municipio a far
slittare in avanti alcuni interventi, principalmente di arredo urbano, previsti
nella fase attuativa del Pgtu. Stesso pericolo anche per parte - fra i
provvedimenti più articolati - del programma del Piano per quanto concerne la
viabilità? «Dovremo fare in modo che non accada. Penso ad esempio a via Mazzini,
la cui pedonalizzazione avverrà e magari in un momento successivo completeremo
l’arredo urbano. Inizialmente, ci orienteremo su abbellimenti semplici»,
sintetizza il sindaco Roberto Cosolini. «Dobbiamo imparare a lavorare con meno
risorse», sentenzia Marchigiani. «Inevitabilmente sconteremo gli effetti delle
cesoie del Patto di stabilità - aggiunge l’assessore -. Anche per quello abbiamo
definito in un anno e mezzo il tempo utile per concludere l’attuazione del Piano
del traffico. Per la segnaletica orizzontale e verticale non ci saranno
problemi, mentre per il resto, arredo urbano e adattamenti stradali alla nuova
viabilità, vedremo. Dovremo raschiare il fondo del barile». Intanto, il Comune
attende per metà settembre il parere della Provincia, ente che ha la titolarità
della competenza sul trasporto pubblico locale, in merito al Piano del traffico.
Poi, «gli uffici comunali assieme a Trieste trasporti e alla Provincia stessa
formalizzeranno la progettazione sulle vie - spiega Marchigiani -, sentiti anche
Consulta dei disabili e negozianti delle varie zone. Entro fine settembre,
avremo un cronoprogramma più preciso e un prospetto sui costi di massima. Così,
potremo intervenire con le prime variazioni di bilancio». Indicativamente a
marzo-aprile (sei mesi da fine settembre) l’amministrazione Cosolini punta a
realizzare le disposizioni incluse nella fase di attuazione “a breve termine”.
Cioè le pedonalizzazioni previste in via Torrebianca, via XXX Ottobre (Ztl fra
via Milano e via Valdirivo), via della Zonta, via Foschiatti, via della
Sorgente, via Settefontane e via Manzoni, e le nuove Ztl (zone a traffico
limitato) lungo i tratti individuati di via Crispi, via Paduina, via Nordio, via
del Toro, via San Zaccaria, via della Fonderia, via San Maurizio, via
Machiavelli, via Giotto e via Piccolomini. Con la prima fase, scatteranno anche
«le agevolazioni nei parcheggi in struttura gestiti da Saba Italia - riepiloga
Marchigiani -, al Silos, in via Giulia e in via Pietà. E pure per Foro Ulpiano
si dovrebbero effettuare delle valutazioni». Quanto invece ai nuovi stalli blu
in superficie: «Non sarà il primo intervento. Verranno attivati - fa sapere
l’assessore - non prima di sei mesi ed entro un anno, sempre a partire da fine
settembre. Il resto del programma della fase a medio termine, compatibilmente
alle risorse, nel giro di un anno-un anno e mezzo». Sfociando forse nel 2015,
quindi. Non partiranno prima del settembre-ottobre 2014, dunque, l’inversione di
marcia in via Galatti tra via Roma e piazza Oberdan e il doppio senso in via
Fabio Severo fra piazza Dalmazia e via Coroneo: le modifiche etichettate come
“fase 1” nell’attuazione a medio termine del Piano. Seguiranno le altre cinque
fasi, divise per “sezioni”: largo Barriera-San Giusto, via Battisti-ospedale
Maggiore, Borgo Teresiano-corso Italia, via Mazzini-corso Italia e il
completamento degli interventi del Pgtu. Quest’ultimo step prevede la
pedonalizzazione di via Madonna del Mare da via Cavana a via del Bastione, i
sensi unici in via Pascoli (verso via Rossetti), via Foscolo (direzione centro),
via San Michele (direzione Cavana) e via Gramsci (verso via Orlandini), e la
realizzazione di una corsia preferenziale per il trasporto pubblico in via
dell’Istria, da via Frausin a via Ponziana
Matteo Unterweger
Il 21-22 settembre “test” fra Viale e piazza Perugino
Sarà l’ultimo dei test di Piano del traffico calendarizzati in questi mesi
dal Comune: nel weekend del 21-22 settembre sono infatti previste
pedonalizzazioni fra viale XX Settembre e piazza Perugino, con eventi e
iniziative nella zona. Il fine settimana in questione concluderà, anche a
Trieste, la Settimana europea della mobilità 2013 (che si aprirà il 16
settembre). Nel corso dei giorni precedenti, il Comune allestirà alcuni incontri
nell’ambito di “Mobilità in Mostra: Pgtu e altri progetti”, durante i quali
l’assessore Elena Marchigiani e i tecnici comunali riepilogheranno tempi e modi
di attuazione del Piano del traffico. Sono in programma, inoltre, appuntamenti
tematici su mobilità elettrica, mobilità in sicurezza per gli utenti più deboli
e mobilità ciclabile.
«E poi sistemeremo gli accessi alle scuole»
Il Municipio punta a definire criticità e interventi a inizio 2014.
«Sicurezza e gusto di camminare»
Un duplice piano nel Piano. «Quando il lavoro progettuale sull’attuazione
del Pgtu sarà assestato, indicativamente a inizio 2014, assieme agli assessori
Antonella Grim e Andrea Dapretto predisporremo il Piano per l’accessibilità ai
poli scolastici - illustra Elena Marchigiani -, a garanzia di una sempre
maggiore sicurezza per i bambini e i ragazzi che vanno a scuola». Seguirà, poi,
il piano per la risoluzione «dei problemi sul carico e scarico merci, a sostegno
delle attività economiche», aggiunge l’assessore comunale a Mobilità e traffico.
Marchigiani specifica qualcosa in più sul piano relativo ai poli scolastici:
«Parleremo con le circoscrizioni e i dirigenti scolastici. Gli interventi si
articoleranno in nuovi attraversamenti pedonali, nella riorganizzazione dei
sensi unici e dei parcheggi nelle zone delle scuole e in altri progetti pedibus.
Sempre in un’ottica di promozione della pedonalità, per far assaporare ai
giovani e ai loro genitori il gusto di camminare». Anche per andare a scuola.
Obiettivo del Comune è anche quello di limitare il più possibile i disagi
collegati agli ingorghi di mezzi che nelle ore di punta, prima dell’inizio delle
lezioni e alla fine, si formano nei pressi delle scuole. Alcuni esempi di
criticità che l’assessore ha già annotato: «La zona di via Revoltella vicino
alla scuola Giotti-Stuparich di strada di Rozzol, l’area nei pressi del
ricreatorio Foschiatti (in via Benussi, ndr), e ancora via Donadoni e via
Vittorino da Feltre, via Tigor dove ha sede la scuola Nazario Sauro, e infine
Opicina. In alcuni casi, il pedibus esiste già ma pensiamo a nuovi progetti».
(m.u.)
Ferriera, il pm vuole verificare gli impianti
I due consulenti nominati dal procuratore dovranno valutare il
funzionamento e le emissioni
INDAGINE TECNICA Lo scopo è anche quello di vedere se esistono migliorie, a
livello di manutenzione, per abbassare il tasso di inquinamento
Non solo l’analisi sugli inquinanti ma anche la valutazione delle cause
all’origine dei mal funzionamenti degli impianti degli impianti della Ferriera
che hanno innescato le emissioni e contemporaneamente anche la scelta tecnica di
valutare se esistono possibili migliorie impiantistiche, manutentive e
accorgimenti nella conduzione degli impianti stessi. In questo scenario si snoda
la nuova inchiesta aperta dal pm Federico Frezza sul caso Ferriera alla vigilia
delle operazioni propedeutiche all’affitto dello stabilimento da parte del
gruppo Arvedi di Cremona con un contratto che potrebbe poi essere rinnovato fino
all’acquisizione vera e propria. In particolare al professor Marco Boscolo
nominato consulente tecnico dal pm Frezza viene chiesto di accertare lo stato di
fatto e le modalità di manutenzione e conduzione degli impianti dello
stabilimento siderurgico di Servola anche con riferimento alle prescrizioni
dell’autorizzazione integrata ambientale. L’altro consulente nominato dal pm, il
professor Pierluigi Barbieri, dovrà effettuare un lavoro più “sul campo”. Dovrà
accertare l’effettivo funzionamento delle centraline con particolare riferimento
all’area più vicina alla Ferriera; identificare esattamente le sostanze
inquinanti e riferire sull’eventuale superamento dei parametri di tolleranza
indicati nelle norme e infine - elemento fondamentale delle indagini - riferire
in merito alla natura e alla provenienza delle sostanze inquinanti che sono
state individuate. In particolare grande attenzione sarà data al benzo(a)pirene
al pm10 e ad altri marcatori di attività industriale per risalire alle emissioni
della Ferriera con l’individuazione dell’impianto specifico di provenienza.
Insomma si tratta di un’indagine a tutto campo che ha sostanzialmente lo scopo
di “fotografare” la situazione ambientale attuale proprio in vista dell’entrata
in campo del gruppo Arvedi. Praticamente i due ctu (consulenti tecnici
d’ufficio) dovranno monitorare gli sforamenti antecedenti a quella che sarà la
prossima gestione della società intenzionata all’acquisizione dello stabilimento
di Servola. Questo appunto per fare chiarezza anche alla luce di eventuali
responsabilità nell’ipotesi in cui, successivamente, dovessero emergere.
(c.b.)
Ferriera, quelle autorizzazioni che non tutelano i
cittadini - L’INTERVENTO DI ILARIA DAL ZOVO E ANDREA USSAI (consiglieri
regionali Movimento 5 Stelle)
È notizia di questi giorni che l’attuale gestore dell’impianto ha presentato
domanda di rinnovo Aia, ovviamente per i prossimi sei anni, come da normativa
vigente. Quale futuro si prospetta per la popolazione residente nei paraggi
dello stabilimento, a partire da una distanza di 150 metri dallo stesso? Si sta
per ripetere quanto verificatosi nei sei anni trascorsi, aggravato dal
progressivo invecchiamento delle strutture. Che cos’è l’Aia nel nostro caso?
L’azienda chiede all’amministrazione regionale il permesso di esercitare la
propria attività dando le garanzie necessarie sul rispetto delle norme di
qualità ambientale. L’ente responsabile del rilascio dell’autorizzazione
constata che l’azienda ha tutte le strutture necessarie per rispettare le norme
ambientali e, in caso affermativo, rilascia l’autorizzazione. A questo punto
l’azienda diventa praticamente autoreferenziale, cioè la maggior parte dei
controlli ambientali vengono demandati all’azienda stessa che ne comunica i
risultati all’ente responsabile, cioè alla Regione. Le visite ispettive
dell’organo di controllo, cioè dell’Arpa, vengono programmate e quindi di fatto
concordate con il gestore. Com’è andata la prima edizione dell’Aia? È stata
rilasciata corredata da varie prescrizioni all’esecuzione di una serie di
interventi da parte del gestore, interventi che avrebbero dovuto mettere
l’azienda in condizioni di avere le caratteristiche conformi alle norme di
qualità ambientale. Parecchi degli interventi relativi a tali prescrizioni sono
stati completati solo a seguito di diffide, e qualcuno resta ancora in sospeso.
Le segnalazioni di associazioni come No Smog e dei cittadini residenti (una
media di 600 annue) per la presenza anomala nelle zone abitate di fumi, polveri,
esalazioni acri, irritanti e moleste, massicce ricadute di polveri carboniose e
ferrose, hanno sortito scarso effetto, e ciò per una banale ragione tecnica;
ovvero, nel caso del verificarsi di questi fenomeni, la procedura vuole che il
cittadino avvisi la polizia locale, che avvisa l’Arpa che, in caso di orari non
d’ufficio, avvisa il personale reperibile nell’ambito della regione il quale, se
arriva, dopo un congruo lasso di tempo, comunque non ha poteri di polizia
giudiziaria, cioè non può intervenire sic et simpliciter. Più chiaramente
fenomeni emissivi anomali segnalati non possono venir bocciati in tempo reale
(ammesso e non concesso che ciò sia possibile in considerazione dello stato
delle strutture o del ciclo produttivo). Cioè il cittadino è sempre perdente.
Nel corso della validità dell’attuale Aia sembrava che le istituzioni si fossero
rese conto dell’impossibilità di far convivere uno stabilimento datato e di
forte impatto ambientale, per immissioni pluriennali e contemporanee (anche
fuori legge) di benzene, benzoapirene e Pm 10, in aree con residenze di civile
abitazione collocate a una distanza esigua. Perciò si era parlato saggiamente di
riconversione. Si confermava cioè di fatto quanto già espresso dall’Arpa nella
sua relazione istruttoria del 2007 che, testualmente, si chiudeva con le
seguenti parole: “Non si è in grado di valutare se il quadro emissivo sia o meno
compatibile con il territorio sul quale lo stabilimento siderurgico si colloca”.
Tale profetica affermazione era però correlata, all’epoca, all’assenza del Piano
regionale di qualità dell’aria - che oggi c’è -, ma che, guarda caso, non prende
in considerazione la centralina di rilevamento della qualità dell’aria più
prossima allo stabilimento ma comunque più lontana da esso rispetto a una serie
di case di civile abitazione. Ora si vuol far credere che il rilascio di una
nuova Aia produrrà effetti taumaturgici sullo stabilimento che si allineerà
immediatamente alle norme di qualità ambientale con interventi a carico di una
nuova gestione, presumibilmente non coincidente con quella che ne ha richiesto
il rinnovo. Sarebbe doveroso, come giustamente chiede da anni l’associazione No
Smog, che gli enti preposti alla concessione e al controllo dell’Aia (e in
particolare l’amministrazione regionale) rendessero pubblici l’entità economica
e tecnica degli interventi atti a garantire il rispetto delle norme di qualità
ambientale e delle condizioni di vita dei cittadini residenti ma soprattutto
quali saranno le forme di controllo e le sanzioni previste in caso di non
ottemperanza o non raggiungimento di quanto prefissato, stante l’ulteriore
invecchiamento dell’impianto. Va ricordato che già nel corso dell’Aia precedente
gli stessi uffici preposti non si sono dimostrati in grado di far contenere nei
limiti di legge le emissioni di inquinanti nell’ambiente fortemente antropizzato
adiacente allo stabilimento, a tutela della qualità della vita dei residenti,
dimostrando così che la concessione dell’Aia non è di per se stessa una garanzia
per i cittadini.
Coltivazioni Ogm, ambientalisti all’attacco
«Seminato in gran segreto ad aprile altro mais geneticamente modificato».
Oggi presidio a Vivaro
TRIESTE Semine di mais Mon 810 Ogm sono state effettuate in Friuli Venezia
Giulia nel mese di aprile, oltre a quelle già note del mese di giugno. La
denuncia arriva dalle associazioni ambientaliste Aiab, Aprobio, Legambiente,
Isde e Wwf, che lamentano anomalie nella tenuta del registro pubblico delle
notifiche di semina. «La normativa prevede che l'albo delle notifiche sia
pubblico e abbia la massima divulgazione - precisa Emilio Gottardo di
Legambiente - in modo da permettere agli agricoltori della zona di semina di
tentare di minimizzare le contaminazioni». «Invece - continua Roberto Pizzutti
del Wwf - solo ora, dopo aver fatto richiesta di accesso al registro pubblico,
siamo venuti a conoscenza di semine Ogm effettuate già ad aprile, verso le quali
ormai non si può mettere in pratica nessuna misura di tutela». A ciò, affermano
ancora le associazioni ambientaliste, si aggiunge il fatto che stanno iniziando
le raccolte di tutti i produttori della zona di Vivaro e di Mereto di Tomba che
vogliono qualificare le proprie produzioni come “non-Ogm” (non solo i biologici
quindi ma anche chi conferisce a mangimifici con filiere dedicate). I raccolti
sono a rischio, perchè i centri di raccolta comprensibilmente non vogliono
correre rischi. «Chi si farà carico di questi costi di analisi, separazione
partite e perdita di valore commerciale? - chiede Sergio Pascolo di AproBio -.
Qui le autorità devono farsi garanti di tutti i produttori e far coprire i costi
dell'operazione a chi ne ha comportato le cause». Di qui, dunque, il pressing
sulla Regione affinchè «non si lasci imbrigliare dai lacciuoli giuridici
paventati dai pro-Ogm, ma faccia tutto ciò che serve, ed in tempi utili,
affinchè il Fvg sia davvero “Ogm free”». Un’identica richiesta arriva anche
dall’eurodeputato Andrea Zanoni (Democratici liberali), che ha scritto alla
presidente Debora Serracchiani, per chiedere di adottare un provvedimento
affinché le coltivazioni di mais Ogm Mon 810 presenti in Friuli Venezia Giulia
vengano immediatamente distrutte. Lo comunica lo stesso europarlamentare, che
proprio oggi sarà a Vivaro, dove il coltivatore Giorgio Fidenato ha seminato
mais Ogm. «Una scelta - aggiunge Zanoni - che viola la legge per cui è
necessario provvedere rapidamente alla distruzione dei campi contaminati».
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 agosto 2013
«Sertubi torni a produrre con la ghisa di Arvedi»
Pepe (Rsu): «È caduto l’alibi che aveva indotto Jindal a chiudere l’area
a caldo Bastano cinque milioni per rilanciare sul mercato la nostra fabbrica»
Anche Sertubi prova a saltare sul carro di Arvedi. Gli sfortunati
protagonisti dell’ultima grande battaglia a difesa dell’industria triestina si
apprestano a tornare in campo. I dipendenti sono stati feriti quasi a morte e
divisi: oltre un centinaio sono in cassa integrazione che potrà essere rinnovata
ancora solo per il 2014, sulle dita di una mano si contano quelli che si sono
riciclati in altre aziende, 65 resistono nel “fortino” di via von Bruck: 43
impiegati e tecnici e solo 22 operai. Ma vivono alla giornata senza sapere cosa
spetterà loro nei prossimi mesi. «In queste ultime settimane però la situazione
si è rovesciata e l’alibi dell’azienda è caduto - denuncia Michele Pepe,
rappresentante di fabbrica per Fim-Cisl e storico leader della protesta - l’area
a caldo di Sertubi era stata dismessa da Jindal perché tutti pensavano che la
Ferriera avrebbe chiuso, ma Giovanni Arvedi, che sappiamo ormai ufficialmente
subentrerà a Lucchini, nella sua visita a Trieste dei primi di agosto ha
confermato che non ci sarebbe alcuna preclusione alla fornitura di ghisa alla
Sertubi. La nostra azienda dunque può tornare a produrre». La Sertubi era
l’unica fabbrica italiana produttrice di tubi in ghisa per acquedotti e
fognature. Oggi deve limitarsi a rifinire e in qualche caso a zincare tubi che
vengono prodotti in India e che arrivano in Europa non attraverso il porto di
Trieste bensì, ulteriore beffa, attraverso quello di Capodistria. «Certo che in
India la manodopera costa di meno, ma i tubi sono di qualità scadente - denuncia
Pepe - in Francia non li vogliono nemmeno più. Basterebbero cinque milioni di
euro di investimento per rimettere in funzione e rilanciare sul mercato la
nostra fabbrica». Oggi la Sertubi è in affitto fino al 2016 da parte
dell’indiana Jindal che sostanzialmente l’ha trasformata da fabbrica a centro di
rifinitura e smistamento della merce. «Siamo rimasti in pochi, non ci sono più i
turni e abbiamo perso le indennità per cui i nostri stipendi sono crollati -
denuncia il sindacalista - ma quel che è peggio è che dobbiamo vivere alla
giornata, non sappiamo se e quando arrivano i tubi e che lavori di rifinitura
saranno necessari. In Italia non esiste più un referente del gruppo indiano, un
piano industriale non è mai stato presentato». Il contratto d’affitto scade nel
2016 e teoricamente potrebbe anche essere rinnovato. «Il nostro appello va in
primis a Duferco e al suo presidente Antonio Gozzi: nel 2016 la Sertubi tornerà
nella sua disponibilità e se non intende ritrovarsela sul groppone, trovi un
compratore adesso che ci sono nuovamente le condizioni per rimetterla in
funzione. Le istituzioni in questi ultimi lunghi mesi ci hanno dimenticati -
conclude Pepe - ma a settembre ci penseremo noi a risvegliarle dal torpore».
Silvio Maranzana
Ferriera, voci di “cassa” per adeguare l’altoforno
L’impianto potrebbe fermarsi due o tre mesi per le migliorìe necessarie a
ridurre le emissioni
Una parte dei lavoratori della Ferriera potrebbero venir messi in cassa
integrazione per due o tre mesi per permettere i lavori di adeguamento
dell’altoforno oggi in funzione con lo scopo di ridurre le emissioni
nell’ambiente, obiettivo inderogabile anche in base alle prescrizioni del
sindaco. Non vi sono ancora comunicazioni ufficiali, ma queste sono le voci che
circolano all’interno dello stabilimento dove molti dipendenti sono ancora in
ferie. Nonostante questo, anche in agosto sembra esserci stata una buona
produzione di ghisa che è stata venduta al Gruppo Arvedi con il quale il
comissario straordinario della Lucchini Piero Nardi presumibilmente prorogherà
il contratto comemrciale anche per il mese di settembre, mentre da ottobre
dovrebbe scattare l’affitto che rimarrà in vigore per un periodo minimo di 6
mesi e uno massimo di 24. La notizia dell’apertura della nuova inchiesta da
parte del sostituto procuratore Federico Frezza e l’ennesima soollevazione degli
abitanti di Servola che hanno denunciato anche nelle ultime settimane episodi di
cadute di polveri e odori insopportabili non hanno provocato reazioni spontanee
dal fronte sindacale. Ai dipendenti stessi logicamente sta a cuore di non subire
danni diretti anche sulla propria salute e in questa direzione andrebbero i
prossimi interventi da parte del Gruppo di Cremona con gli adeguamenti
dell’altoforno e la sostituzione della macchina a colare, stando sempre ai
gossip interni, con una più moderna macchina granulazione pani. Rispondendo alle
proteste dei comitati di abitanti che si sono costituiti anche attorno agli
stabilimenti cremonesi di Arvedi, l’amministratore delegato Maurizio Calcinoni
ha emesso una vibrante diffida in cui sottolinea come «le modalità produttive
dell’acciaieria Arvedi sono studiate in tutta Europa come esempio di attenzione
e sensibilità all’ambiente e come modello di piena compatibilità tra l’attività
industriale e la tutela della salute dei cittadini» e cita il professor Federico
Valerio, già direttore dell’Istituto tumori di Genova, che ha definito
l’acciaieria Arvedi «stabilimento particolarmente attento alle problematiche
ambientali». Sull’altro piatto della bilancia, i timori degli abitanti per il
fatto che quasi certamente Arvedi attiverà anche il secondo altiforno e che dopo
i lavori di adeguamento ne saranno due in attività e che il gruppo lombardo non
si è mai pronunciato sulla possibile dismissione della cokeria cosa che al
contrario molti dipendenti temono avvenga causando una riduzione degli organici.
(s.m.)
Fareambiente: a Servola non sarà riconversione
«Non possiamo che condividere le preoccupazioni delle associazioni
localmente impegnate, per una situazione insostenibile e poco chiara». Così si
esprime Giorgio Cecco, coordinatore regionale di Fare Ambiente sulla situazione
della Ferriera di Servola. Sabato scorso gli abitanti riuniti attorno ad Alda
Sancin, presidente dell’associazione “Nosmog” erano nuovamente insorti contro il
progetto di prosecuzione dell’attività siderurgica. «Il passaggio da una
riconversione con il recupero ambientale ad un prosieguo dell'attività senza le
garanzie di sostenibilità e per la salute pubblica, quindi dei cittadini e dei
lavoratori, è un timore che condividiamo viste le esperienze del passato -
dichiara Cecco – . L'apertura di un nuovo capitolo giudiziario non fa che
confermare tali preoccupazioni ed evidenzia l'attuale mancanza di garanzie per
il futuro. Auspichiamo si faccia chiarezza non tanto per il rispetto di norme
spesso inadeguate, ma per il bene della collettività», conclude il coordinatore
del movimento ecologista.
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 agosto 2013
Ferriera, inquinamento: parte una nuova inchiesta
L’ha aperta lo scorso 17 agosto il procuratore capo facente funzione
Federico Frezza Affidata la perizia a due esperti prima che venga affittata al
gruppo Arvedi
Si apre - inaspettatamente - un nuovo capitolo giudiziario sul caso
Ferriera. Succede praticamente in assoluta sincronia con le operazioni
propedeutiche all’affitto dello stabilimento da parte del gruppo Arvedi di
Cremona con un contratto che sarà siglato nel prossimo mese di ottobre e
potrebbe poi essere successivamente rinnovato fino all’acquisizione vera e
propria. Il pm Federico Frezza ha aperto una nuova inchiesta sulla questione
inquinamento e imbrattamento dello stabilimento. Il fascicolo al momento
definito dalla sigla Ncr (atti non costituenti reato) porta la data dello scorso
17 agosto. Ma nei giorni scorsi l’attuale procuratore facente funzioni ha
disposto due consulenze tecniche affidandole ad altrettanti suoi collaboratori
storici che lo hanno affiancato nelle passate inchieste sempre riguardanti la
questione Ferriera. Si tratta dei professori Pierluigi Barbieri e Luigi Boscolo.
Lo scopo di questa nuova indagine del pm Frezza, che fa seguito a quella a suo
tempo coordinata dal pm Antonio Miggiani e dell’ex procuratore di Trieste
Michele Dalla Costa, è quello sostanzialmente di “fotografare” la situazione
ambientale attuale proprio in vista dell’entrata in campo del gruppo Arvedi.
Insomma uno stato di fatto dell’inquinamento. Praticamente monitorare (e dunque
verbalizzare) gli sforamenti antecedenti a quella che sarà la prossima gestione
della società cremonese. Questo per fare chiarezza anche alla luce di eventuali
responsabilità nell’ipotesi in cui, successivamente, dovessero emergere. Si
parte insomma dal 17 agosto. Ma anche tenendo conto che - secondo le rilevazioni
del 2012 - la concentrazione di benzene aveva abbondantemente superato il limite
di 5 milligrammi per metro cubo raggiungendo il livelo di 7,5. Nel 2013 è stato
praticamente quintuplicato il limite massimo del benzo(a)pirene: da un
nanogrammo per metrocubo a 4,6. Inoltre nel 2012 sono stati registrati 96
sforamenti relativi al pm10, con un limite massimo annuale di 50. E questo
numero di 50 è quello dei superamnti segnalati nel primo semestre del 2013. Ma
non si può certo dimenticare che il nuovo fascicolo del procuratore facente
funzioni è stato aperto nello stesso periodo in cui è riesplosa tra gli abitanti
di Servola la rivolta contro la Ferriera. I residenti del rione hanno denunciato
pubblicamente di essere stati turlupinati per la seconda volta da tutte le
amministrazioni: «Dopo la presa in giro di anni per non essere stati tutelati
dall’imbrattamento, dall’inquinamento, ma soprattutto per i danni causati alla
salute, ecco il colpo più basso: una finta riconversione sbandierata da tutti
che in realtà si sta traducendo in un aumento dell’attività strettamente legata
alla siderurgia», hanno detto. Il timore è quello che con l’arrivo di Arvedi
possa essere attivato anche il secondo altoforno e soprattutto che non venga
dismessa l’attività e la produzione della cokeria ritenuta la più rilevante
fonte di inquinamento prodotto dalla Ferriera di Servola.
Corrado Barbacini
Le meduse hanno invaso il golfo - Ultimi bagni
difficili. Gli esperti: «Sono le “Botte marine” poco urticanti, ma è meglio fare
attenzione»
Meduse all’attacco. Una vera invasione anche nel golfo di Trieste che
renderà difficili gli ultimi bagni di mare della stagione. «Segnalazioni
ripetute e avvistamenti generalizzati e in crescita», confermano i ricercatori
Paola Del Negro dell’Ogs e Massimo Celio dell’Arpa. Per fortuna nella stragrande
maggioranza dei casi si tratta della Rhizostoma Pulmo, la famosa “Botta marina”:
grande, la più grande del Mediterraneo, per certi versi impressionante, con un
cappello che può raggiungere i 60 centimetri di diametro, ma fortunatamente poco
urticante e tale da causare un piccolo bruciore che si esaurisce nel giro di
qualche ora anche se, mettono in guardia gli esperti, le conseguenze dipendono
dalla risposta individuale che può variare e comunque non va sottovalutata. «In
qualche caso sono però state anche rilevate ustioni sulle persone provocate
dalla carybea marsupialis - specifica Del Negro - pur non essendo stati fatti
avvistamenti specifici». È una specie molto più piccola, ma ben più pericolosa
che provoca ustioni serie che possono perdurare per settimane. E Celio rivela di
aver avvistato già nel giugno scorso nei pressi di Punta Sottile alcuni
esemplari di Chrysaorsa hysoscella, detta anche medusa bruna per la sua
colorazione giallastro-marrone e cugina della ben più tossica Pelagia noctiluca.
Per quel che riguarda le “Botte marine” che in queste settimane stanno
riempiendo non solo l’Adriatico, ma anche il Tirreno, si può parlare di vera
invasione come ha denunciato uno dei principali eperti mondiali, Ferdinando
Boero. Non c’entra molto la temperatura del mare anche se ben dieci soccorsi per
punture ai bagnanti erano stati registrati a Trieste domenica 4 agosto, giornata
torrida con l’acqua che stava raggiungendo i 30 gradi. Le meduse hanno
tappezzato il mare anche nella seconda parte della settimana appena conclusa con
temperature più basse. «Negli ultimi quattro, cinque anni sono in aumento -
specifica Del Negro - probabilmente perché si stanno riducendo i pesci che le
predavano come i pesci palla, i pesci luna, oltre alle tartarughe». «Anche
rispetto all’anno scorso trovano più facilmente cibo - aggiunge Celio - anche
perché vi sono stati in mare maggiori apporti fluviali, conseguenza delle
intense piogge della primavera scorsa». «Le meduse mangiano uova e larve dei
pesci nutrendosene fino allo stadio giovanile - ha spiegato Boero - e creando
una rivalità all'inizio del ciclo biologico. Poi c’è il problema della
sovra-pesca: con lo sfruttamento degli stock ittici c'è sempre meno
competizione, meno pesci e meno competizione per le meduse che così aumentano».
Anche nel golfo di Trieste in questi ultimi giorni sono state notate meduse di
tutte le dimensioni, significa che vi sono molti esemplari nei più diversi stadi
di età. In base a una credenza popolare la presenza di meduse era ben vista
perché significava che l’acqua era pulita, secondo gli scienziati invece il loro
moltiplicarsi è una spia pericolosa: vuol dire che il pesce si sta drasticamente
riducendo.
Silvio Maranzana
Avvistati un branco di venticinque delfini e un pesce
balestra dei mari tropicali
Un grande branco di venti, forse venticinque delfini, per la precisione
tursiopi detti anche delfini dal naso a bottiglia, è stato avvistato venerdì dal
ricercatore dell’Arpa, Massimo Celio al largo tra Punta Sdobba e Grado. «La loro
presenza non è eccezionale nel nostro golfo - spiega Celio - ma è straordinario
l’avvistamento da queste parti di un branco così numeroso. Li ho seguiti con lo
sguardo mentre si allontanavano verso Lignano». Il giorno prima un altro
incontro ravvicinato fuori dalla norma al largo di Grignano. In questo si è
trattato di un pesce balestra, specie tipica dei mari tropicali già notata in
qualche occasione negli anni scorsi spingersi fin nell’Alto Adriatico. «Era un
esemplare della lunghezza di circa 25 centimetri - spiega Celio - e teneva un
comportamento per certi versi inusuale. Infatti continuava a brucare alcune
alghe quasi sulla superficie dell’acqua non curandosi del fatto che noi
ricercatori lo stavamo anche filmando».
(s.m.)
MANIFESTAZIONE - Presidio contro il mais “ogm” a Vivaro
Per domenica 1°settembre alle 10 il Coordinamento per la tutela della biodiversità indice un presidio nei pressi del campo coltivato a mais “ogm” a Vivaro (Pordenone). «Mentre la maggior parte della società civile (8 italiani su 10) si dichiara contraria agli organismi geneticamente modificati (OGM) - riporta una nota dei contestatori - il governo italiano e la Regione Fvg, dichiarandosi falsamente contrari, hanno adottato dei provvedimenti che, di fatto, apriranno le porte alle coltivazioni transgeniche sul territorio nazionale e regionale».
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 agosto 2013
Al vertice in Austria si parla di rigassificatore -
Bratušek vuole trovare un accordo con Letta
Le divergenze con l’Italia sulla questione del rigassificatore di Zaule
saranno risolte con un accordo con il presidente del consiglio Enrico Letta, e
non sarà necessario l'intervento di altri Stati. Ad affermarlo è stata la
premier slovena Alenka Bratušek (foto), nel corso di un vertice con i capi di
governo di Austria, Werner Faymann, e Croazia, Zoran Milanovic, svoltosi a Graz
(Austria). Bratušek ha anche confermato un suo incontro con Enrico Letta il 2
settembre a Bled, in Slovenia, mentre il 12 settembre si terrà a Venezia una
trilaterale con Letta, Bratušek e il premier croato Milanovic. Oltre ai
rigassificatori, al vertice si è parlato di rafforzamento della collaborazione
nel campo economico. Faymann, Milanovic e Bratušek hanno tra l'altro espresso
appoggio alla tassa sulle transazioni finanziarie e si sono detti pronti a
cercare una strategia comune per la lotta alla disoccupazione.
Servola riapre la guerra alla Ferriera
Nuova ribellione degli abitanti. Sancin (Nosmog): «Turlupinati ancora:
nessuna riconversione, ma due altoforni»
Riesplode a Servola la rivolta contro la Ferriera. Gli abitanti del rione
hanno denunciato ieri di essere stati turlupinati per la seconda volta da tutte
le amministrazioni: «dopo la presa in giro di anni per non essere stati tutelati
dall’imbrattamento, dall’inquinamento, ma soprattutto per i danni causati alla
salute, ecco il colpo più basso: una finta riconversione sbandierata da tutti,
che in realtà si sta traducendo in un aumento dell’attività strettamente
siderurgica». Le dichiarazioni dell’”omo de fero”, al secolo Aldo Sturari ex
dipendente che ha definito la Ferriera «esempio di fabbrica che lavora e
costituisce una delle poche speranze per i nostri ragazzi», denunciandovi
attorno anche speculazioni immobiliari hanno ridato fuoco alle polveri e ieri in
una casetta di via del Ponticello si è tenuto un vero e proprio “consiglio di
guerra”. Alda Sancin, a capotavola, presidente dell’associazione “Nosmog” ha
accusato: «Rischiamo di trovarci a breve con anche il secondo altoforno rimesso
in funzione, probabilmente forni elettrici importati da Cremona, la cokeria che
non smetterà più e un traffico di rottami alla banchina molto rafforzato. Arvedi
ci metterà in questa situazione, ma in fondo fa il proprio mestiere, così come
del resto lo ha fatto la Lucchini, sono i nostri politici che non ci tutelano».
«Riponevamo molte speranze nel sindaco Cosolini - ha aggiunto Ettore Bellanti -
le ha tradite tutte, mentre l’assessore all’ambiente Laureni non ha alcun
potere». Al tavolo si ricordano molte situazioni tragiche con persone che hanno
avuto familiari stretti uccisi negli ultimi anni da forme tumorali. Ci sono
anche ammalati e un ragazzo di 16 anni è costretto a stare dentro casa con la
mascherina sulla bocca. Bellanti ha raccolto un dossier e indica una delle
ultime relazioni dell’Azienda sanitaria firmata dal direttore Fabio Samani in
cui si rimarca che «per quanto riguarda gli effetti dei soli Idrocarburi
policiclici aromatici relativa alla sola frazione assorbita e non alla frazione
volatile degli stessi, valuta un caso incidente di neoplasia in più ogni 13 anni
qualora la popolazione esposta ammontasse a 10mila persone». Aggiunge però anche
che: «tale stima è assolutamente riduttiva». Ma l’Ass mette anche in rilievo che
«la stessa percezione del rischio influisce negativamente sullo stato di
benessere psicofisico degli abitanti». Oltre a creare una serie di indubbi
disagi. «La polvere si accumula sui pavimenti e i miei figli si sporcano anche
giocando dentro il soggiorno - accusa Franco Apollonio - dobbiamo tenere le
finestre chiuse anche d’estate e altro che speculazioni immobiliari:
l’appartamento che è in via Pitacco ha 140 metri quadrati, l’avevo comprato per
169mila euro. Finalmente avevo trovato un acquirente per 150mila euro: mentre
era in visita c’è stata una fumata e ho perso l’affare». «La mia casetta con
giardino che era della famiglia dal 1902 l’ho venduta per 180mila euro»,
aggiunge Livo Scridel. «Ma la polvere e i miasmi - denuncia ancora la gente -
arrivano oltre che a Servola e Valmaura fino a San Giacomo, Ponziana, Altura e
Muggia». Da Servola partono 600 telefonate all’anno soprattutto alla polizia
locale. Ieri alle 13.15 l’ultima per «un fortissimo odore proveniente dalla
cokeria». Una copiosa pioggia di polveri è stata catalogata il 29 luglio e le
proteste hanno sortito un sopralluogo dell’Arpa, un’altra “buriana” il 18
agosto. «Abbiamo chiesto al Comune di installare le videotelecamere - denuncia
ancora Alda Sancin - per monitorare le fughe dall’altoforno, dalla cokeria, ma
ci è stato risposto che non si può. Il Comune, la Regione, le altre
amministrazioni non vedono e se vedono non provvedono».
Silvio Maranzana
Ricevuti da Serracchiani «Sottovaluta il problema» - IL
TAR SALVA LA CENTRALINA DI VIA SAN LORENZO IN SELVA
Il 9 agosto la presidente dell’Associazione Nosmog, Alda Sancin,
accompagnata dai soci Ettore Bellanti e Livio Scridel è stata ricevuta dalla
presidente della Regione, Debora Serracchiani. «La governatrice - sostiene Alda
Sancin - ha esposto dove verrà focalizzato l’intervento di supporto economico,
soprattutto pubblico, nell’allargato concetto di ambiente e di bonifica, cioé
non nel risanamento impiantistico, bensì nei cumuli di materiali giacenti al
suolo nella zona più occidentale dell’area della Ferriera cioé verso lo Scalo
Legnami con la messa in sicurezza degli stessi, operazione propedeutica alle
probabili future attività previste in loco dalla proprietà subentrante. Si è
avuta però la negativa sensazione - accusa Sancin - che le fonti attive di
benzene, Idrocarburi policiclici aromatici, metalli, ecc. che più gravemente
condizionano la qualità della vita dei residenti e cioè la cokeria, l’altoforno,
l’agglomerato, la macchina a colare stessero in secondo piano quasi che
l’amministrazione regionale non avesse piena contezza dell’impianto esistente e
dell’impatto sull’ambiente e sulla salute che comporta la sua attività». E nelle
settimane scorse è stata anche emessa la sentenza con la quale il Tar ha
rigettato il ricorso presentato dalla Lucchini nei confronti della Regione
stessa che non avrebbe provveduto a rimuovere la centralina mobile di
rilevazione delle emissioni collocata dall’Arpa in via San Lorenzo in Selva «in
quanto la rilevazione dei dati avverrebbe in modo contrastante con quanto
previsto dalla disciplina in materia». I giudici hanno però rilevato che
«nessuna norma vieta a un ente pubblico di monitorare alcuni parametri
dell’atmosfera anche oltre quelli strettamente previsti dalla normativa se non
altro per l’applicazione del principio di precauzione che a livello europeo
costituisce ormai un parametro imprescindibile in materia di tutela della
salute».
(s.m.)
Cinghiali assetati, addio vendemmia - SAN DORLIGO DELLA
VALLE - I selvatici fanno strage di uva e frutta anche nelle vigne di Roiano
alta
SAN DORLIGO DELLA VALLE Vendemmia a rischio a causa dei cinghiali assetati.
che a causa della siccità non esitano a avvicinarsi ai filari per tentare di
ristorarsi con l’uva e la frutta. In questi giorni stanno aumentando le
segnalazioni di viticoltori e agricoltori per le sempre più frequenti incursioni
nelle proprietà di selvatici assetati. L’allarme arriva in particolare da San
Dorligo dove Rado Kocjancic, viticoltore e olivicoltore di punta del comparto
locale, denuncia già delle notevoli perdite al proprio prodotto.«Cinghiali e
caprioli sono stremati – spiega Kocjancic – e non esitano a entrare nelle vigne
per nutrirsi con un uva sempre più dolce. Lo fanno di notte – continua – perché
sanno che a quell’ora le doppiette non possono colpirli. Non è solo un problema
di raccolto mancato – afferma il viticoltore. Questi ungulati sono animali
potenti che provocano danni a recinzioni, pastini, pali e sostegni alle viti.
L’unico rimedio sarebbe l’installazione di reti elettrosaldate, ma i costi sono
troppo elevati. Denunciare le perdite e ottenere dei fondi compensativi? Sinora
dall’ente provinciale abbiamo avuto tante promesse, ma di fatti concreti nemmeno
l’ombra». Oltre alle campagne di San Dorligo sembrano particolarmente prese di
mira quelle delle colline roianesi. «È iniziato l’assalto alle viti e alla
frutta – sostiene Andrej Bole, viticoltore di Pischianzi. Nei giorni scorsi ho
avuto un’amara sorpresa. In una vigna realizzata in via Sottomonte i cinghiali
hanno predato oltre 500 viti, banchettando con oltre 12 quintali d’uva. I
caprioli sono interessati soprattutto ai germogli primaverili mentre i cinghiali
vanno direttamente alla vigna e, particolare di non poco conto, sono capaci
addirittura di spiccare dei balzi di un metro e mezzo per rompere i rami degli
alberi fruttiferi e, una volta fatti cadere al suolo, nutrirsi con susine e
pesche». Sulle possibilità di contenere le incursioni Bole appare scettico. «Gli
enti preposti, ovvero la Provincia, e i cacciatori, devono rimboccarsi le
maniche e rimuovere il problema con le maniere forti. Non è possibile recintare
tutto – sostiene il viticoltore – e poi gli animali sono capaci di rompere
muretti e di distruggere le recinzioni. Non ci si stupisca poi se qualcuno
reagisce in modi brutali come è successo lo scorso anno a Basovizza, quando sono
stati trovati numerosi cinghiali morti per avvelenamento».
(ma. lo.)
Pesci e “soci”, all’Aquario con il Wwf - APPUNTAMENTI
Visita guidata in italiano e inglese per conoscere chi popola il mare
All’Aquario con il Wwf. Prosegue anche oggi la collaborazione tra la Riserva
marina di Miramare e i musei scientifici: è noto come nei mesi estivi i musei
risentano maggiormente della scarsità di personale, mentre viceversa aumenta il
numero dei turisti che li visitano. Ecco che in questo spirito di collaborazione
il Wwf interviene assicurando la presenza di una volontaria che coadiuverà il
personale comunale nell’accogliere i visitatori e nel fornire loro informazioni,
effettuando anche brevi visite guidate. La presenza della volontaria, di
madrelingua inglese, sarà oltremodo utile anche per ricevere i turisti
stranieri. Inoltre, contemporaneamente alle visite, i volontari del Wwf
esporranno e distribuiranno interessanti materiali divulgativi e didattici di
sensibilizzazione al rispetto dell’ambiente marino e sulla “pesca sostenibile”.
Quindi: appuntamento ogni domenica fino all’8 settembre, con le visite guidate
che si svolgeranno alle 10.30 in italiano e alle 12 in inglese (ma nel caso di
assenza di richieste per l’inglese anche la seconda visita avverrà in italiano).
L’Aquario, istituito nel 1933, ospita prevalentemente specie marine dell’Alto
Adriatico, il che lo rende particolarmente interessante per conoscere i pesci e
le altre creature che popolano il nostro mare. Di particolare interesse
didattico sono le vasche che riproducono i principali ambienti presenti nel
golfo e l’originale vasca ottagonale di circa 10.000 litri che ospita piccoli
squali e razze.
IL PICCOLO - SABATO, 24 agosto 2013
Piazza volontari giuliani - Tutti a pedalare in bici in
nome dell’ambiente E alla fine l’anguriata
Tutti in piazza a giocare e a pedalare ma soprattutto a manifestare sui temi
prioritari della mobilità sostenibile. Attorno a questo schema ruota
l’appuntamento di oggi in piazza Volontari Giuliani, una vera festa estiva
promossa dalla ProLoco San Giovanni–Cologna, tappa che racchiude i crismi
dell’aggregazione popolare e quelli della sensibilizzazione sociale. Cartellone
quindi piuttosto vario quello odierno, destinato a inaugurarsi nel pomeriggio,
attorno alle 16, con il raduno (via Muratti, inizio del viale XX Settembre) dei
ciclisti della sigla Trieste in bici, impegnati in una sorta di ricognizione
della mappa urbana destinata ai nuovi percorsi ciclabili. La bicicletta
caratterizza buona parte della festa rionale di oggi, accentrando al suo interno
una vetrina per le ipotesi e gli sviluppi che il nuovo piano urbanistico
potrebbe a breve avviare. A tale riguardo il programma contempla alle 17.15 un
secondo mini raduno e un giro dimostrativo a pedali attorno alla piazza, a cui
farà seguito l’appuntamento cardine in chiave istituzionale, quello delle 18 con
l’assessore comunale al Traffico Elena Marchegiani, attesa a un
confronto/dibattito con la cittadinanza sulle problematiche della viabilità di
San Giovanni–Cologna, quartieri che puntano a un rilancio attraverso un
ventaglio di nuove, varie iniziative. Non è tutto. Si tratta di una festa e come
tale non mancano gli ingredienti tipici che colorano l’aggregazione, dal cibo
all’arte, sino all’immancabile mercatino dell’usato (dalle 17). Il “piatto
forte” della giornata è la frutta di stagione, con il palco dei sapori
monopolizzato soprattutto dall’anguria, l’altra protagonista di oggi assieme
alla bicicletta (sempre dalle 17, con degustazioni anche di meloni, baciri,
pesche, quest’ultime pure al vino). Il programma regala inoltre alle 17 una
dimostrazione di Taiji Quan, a cura della società Ramo d’Oro, mentre in serata è
il momento dello spettacolo, offerto dalle allieve dell’Accademia Danza Trieste
(ore 19.30) e dall’Accademia Musical Theatre, di scena dopo le 20. Tra le
proposte della giornata spicca la presentazione, anzi, il preludio, di
un’iniziativa in cantiere dedicata ai giovani, il concorso “Gioventù
consapevole–Miss e Mister Bellezze e idee in competizione”: quando forme e
cervello sanno andare a braccetto. Per i più piccoli, gare e giochi a volontà.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - VENERDI', 23 agosto 2013
«Tav Venezia-Trieste, le criticità restano»
Via libera del Consiglio provinciale alla delibera che rafforza le
osservazioni al progetto di Italferr
Restano tante le perplessità sulla linea Tav Venezia-Trieste, a fronte delle
poche risposte che Italferr ha fornito nella nuova stesura del progetto: il
consiglio provinciale triestino, riunitosi ieri, ha fatto propria praticamente
all’unanimità una delibera che rafforza i dubbi di carattere ambientale,
economico e progettuale sull’opera. L’assessore provinciale Vittorio Zollia si è
espresso in questi termini: «La Provincia si era già espressa nel luglio 2012
sul primo progetto trasmesso da Italferr, evidenziando tutta una serie di
criticità progettuali indicate in dettaglio nella delibera - ha detto -. La
Regione ha raccolto quelle osservazioni, assieme a quelle degli altri enti
locali, per trasferirle poi al ministero dei Trasporti, il quale ha valutato di
portarle solo in parte davanti a Italferr». Il risultato è che nel nuovo
progetto mancano molti dei riscontri richiesti nel 2012: «Ma il fatto più grave
è che gli incontri avuti con i tecnici di Italferr per ripensare il tracciato
nel Comune di Duino Aurisina sono stati ignorati, e che il progetto è stato
ripresentato tale e quale - ha aggiunto Zollia -. Ribadiamo quindi che bisogna
adeguare il tracciato alle osservazioni fatte dalle amministrazioni comunali nel
2012. Dal punto di vista trasportistico evidenziamo due aspetti: è incongruo che
si ipotizzi la realizzazione di un’opera a quarant’anni da oggi, con proiezioni
dell’evoluzione dei trasporti che arrivano a 15 anni. Altrettanto incongrua
l’esclusione di Trieste dal percorso» come stazione di testa. Marcello Bergamini
(Sel), presidente di commissione, ha rilevato: «Abbiamo valorizzato le
osservazioni sull’impatto ambientale e la forte attenzione ai pareri dei Comuni
coinvolti, che noi chiediamo di tener presente. Ora i pareri e le osservazioni
sono molto più forti rispetto al 2012». Sel e Fds hanno presentato un
emendamento, accolto dalla giunta e inserito nella delibera, che chiede di
rivoluzionare il sistema dei trasporti senza però collegare il concetto al
Corridoio V o al Baltico-Adriatico. Massimo Romita (Pdl) ha sottolineato i punti
critici: «Penso ad esempio alla trivellazione del monte Ermada; al tema
dell’acqua, che il progetto non ha preso in considerazione e che abbiam visto
creare grandi danni in altre regioni; la dispersione di fumi e polveri
nell’atmosfera; la durata quarantennale dei cantieri e i disagi che da essi
derivano. Per tutti questi motivi voteremo favorevolmente alla delibera». Fabio
Longo dell’Idv, che avrebbe voluto una delibera ancora più dura, al momento del
voto è uscito dall’aula. Il consiglio ha approvato anche una delibera che
raccoglie le osservazioni, altrettanto critiche, espresse dagli uffici tecnici
provinciali nei confronti del progetto di Punta Olmi a Muggia.
Giovanni Tomasin
Laureni-Wwf: «Attenzione al risanamento della Ferriera»
- INCONTRO
L’assessore all’Ambiente del Comune Umberto Laureni ha incontrato una
rappresentanza del Wwf guidata dal presidente Alessandro Giadrossi per
approfondire alcune tematiche di grande interesse e urgenza. Dopo una
riflessione sul Piano delle azioni ambientali per il miglioramento della città
presentato dal Comune nello scorso mese di luglio, su cui l’associazione ha
anticipato una valutazione ampiamente positiva con l’impegno di procedere
all’approfondimento delle singole tematiche trattate, il confronto si è spostato
sul punto nodale dello stabilimento siderurgico della Lucchini. Laureni e
Giadrossi si sono trovati d’accordo sulla necessità che gli enti competenti
conducano un’attenta analisi dei progetti di risanamento ambientale che sono
stati annunciati da quella che dovrebbe diventare la nuova proprietà. Laureni ha
garantito il massimo impegno dell’assessorato all’Ambiente nella verifica
dell’efficacia delle azioni di risanamento, evidenziando come l’esito di questa
valutazione necessariamente si colleghi alla prossima richiesta di rinnovo
dell’Aia per lo stabilimento siderurgico di Servola.
Da San Daniele a Duino Il governo scommette su otto
progetti “green”
Stanziati 11,5 milioni per promuovere lo sviluppo sostenibile Fondi ai
prosciuttifici e al recupero della Costa dei Barbari
TRIESTE Undici milioni e mezzo di euro per rilanciare la tutela ambientale
del Friuli Venezia Giulia. I fondi arrivano dal ministero dell’Ambiente in virtù
del protocollo d'intesa “Sviluppo sostenibile e promozione delle tecnologie a
basso contenuto di carbonio” sottoscritto nel 2009 con la Regione. Il punto sui
risultati conseguiti dall’accordo e sullo stato d’avanzamento degli otto
progetti contemplati dal programma è stato fatto nel corso di un vertice a
Trieste tra la governatrice Debora Serracchiani e l'ex ministro Corrado Clini,
oggi direttore generale del ministero dell'Ambiente. All’incontro hanno
partecipato anche gli assessori all'Ambiente e ai Lavori pubblici, Sara Vito e
Mariagrazia Santoro. «L’incontro ha confermato la rinnovata collaborazione con
il ministro Orlando – commenta Vito - , che ha già dimostrato carattere in
diverse occasioni: sia annunciando il disegno di legge per la difesa del suolo,
su cui ha chiesto alle Regioni di esprimere il loro parere, sia con il
protocollo d'intesa teso a sfruttare, con iniziative ambientali, i fondi europei
da programmare fra il 2014 e il 2020». Intanto, come detto, la riunione
triestina è servita a premere l'acceleratore sui progetti già previsti in Friuli
Venezia Giulia. «Abbiamo analizzato insieme – puntualizza Serracchiani - i
progetti già presentati alla Regione dalla Provincia di Udine, dai Comuni di
Trieste e di Duino-Aurisina, nonché di pertinenza della stessa amministrazione
regionale, anche nella possibile prospettiva di ulteriori stanziamenti di
risorse». Nel dettaglio, si è parlato del programma triennale di solarizzazione
con sistemi solari termici del Parco agro-alimentare di San Daniele del Friuli
(del valore di 3,15 milioni di euro), proposto dalla Provincia di Udine con la
richiesta di estendere il campo degli interventi finanziabili. L'intento è di
installare impianti solari sui prosciuttifici, e un incontro con la Provincia
permetterà di andare più a fondo. Due i progetti proposti invece dal Comune di
Duino-Aurisina, finanziati dal ministero con 3,85 milioni di euro: si tratta di
interventi per conservare e sviluppare la Costa dei barbari e di opere di
manutenzione a Duino. Anche in questo caso la Regione fisserà a breve due
riunioni con entrambe le amministrazioni. Si sono invece già conclusi i tre
progetti proposti dal Comune di Trieste: l'aggiornamento del grafo stradale
comunale (in pratica lo studio per il miglioramento della sicurezza stradale e
per la definizione dei flussi di traffico); la verifica dell'efficienza
energetica di alcuni edifici pubblici e il rifacimento della scalinata che dalla
Tenda Rossa scende al porticciolo di Santa Croce. I tre progetti vengono
cofinanziati dal Ministero per circa 170mila euro. Sempre in materia di
efficienza energetica, su un totale di spesa di 18 milioni, il ministero ne
finanzia 4,85 per valutare quanto consumano quattro edifici di proprietà della
Regione: a Trieste i palazzi di via Milano 19 e Trento 2, il Trgovski dom di
Gorizia e la sede di via Bressani a Gradisca. A tale scopo, nelle prossime
settimane verrà sottoscritta una convenzione con Area Science Park per
l'applicazione di alcune tecnologie innovative nel campo del risparmio
energetico che, osserva Clini, potrebbe poi divenire progetto pilota per lo
stesso ministero dell'Ambiente. Infine, attende dal ministero la Valutazione di
impatto ambientale il progetto di escavazione del canale d'accesso al porto di
Monfalcone, già approvato lo scorso anno dalla Regione, per abbassare il fondale
a 12,5 metri di profondità. Un impegno complessivo di 14,5 milioni di euro, di
cui 3 di cofinanziamento statale, 8 della Regione e i rimanenti messi a
disposizione dal ministero delle Infrastrutture con i fondi residui
dell'Autostrada del mare. Clini si impegna ad accelerare la procedura, ferma
restando la necessità di un ragionamento più complessivo sullo scalo
monfalconese «per ricondurne a sistema la governance», chiarisce Serracchiani.
Elena Placitelli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 agosto 2013
«Grazie alla Ferriera case in via dei Giardini per 9
milioni di lire»
Sturari, dopo 33 anni passati a Servola, ha scritto un libro “Omo de
fero”, denuncia anche le speculazioni immobiliari
UN’ARRINGA DIFENSIVA L’hanno chiamata l’inferno dei vivi, in realtà questo polo
siderurgico resta uno dei pochi sbocchi per i nostri ragazzi
«L’hanno chiamata Inferno dei vivi, Siberia, Cajenna. È invece la più solida
e vera speranza per i nostri ragazzi». Aldo Raffaello Sturari abita a Servola,
in via dei Giardini di fronte a quello che è considerato un minaccioso mostro
che incombe sulla città, ma il suo è un pensiero controcorrente rispetto alla
maggior parte degli abitanti del suo rione: «La Ferriera, raro esempio delle
nostre parti di fabbrica che lavora e guadagna, non è un peso per la città ma
qualcosa che può dar lavoro ai nostri ragazzi che sono a casa a girarsi i
pollici e magari dovranno emigrare in Canada o in Australia. Un grande complesso
industriale di 650mila metri quadrati con un suo porto attrezzato e ben servito
dalla ferrovia. Di certo molto più utile a Trieste dei pur universalmente
compianti sentiero Rilke e Caffé San Marco». Sturari parla così dopo trentatré
anni passati a lavorare in Ferriera (è già da parecchio in pensione) che gli
hanno permesso di mantenere una famiglia, di crescere tre figli, di avere
facilmente un appartamento. «Un “signor” appartamento in via dei Giardini avuto
grazie all’Iclis, l’Istituto case lavoratori dell’industria siderurugica:
cucina, salone, tre stanze, due bagni e posto macchina. Tra le trattenute sugli
stipendi e il riscatto mi è costato negli anni Settanta otto milioni e mezzo,
nove milioni incluse le spese notarili. Tanti che come me l’hanno avuto per “un
bianco e un nero” (sono 130 gli appartamenti soprattutto in via Giardini e via
Pitacco acquistati in questo modo da ex dipendenti dello stabilimento) ora
vorrebbero vedere la Ferriera chiusa e 700 persone senza lavoro, perché dicono
che le loro case si sono deprezzate. Qualcuno dopo averlo comprato per quei
soldi è riuscito recentemente a venderlo per 230mila euro. «Spuntano come funghi
- ha scritto Sturari nell’introduzione del libro “Omo de fero” dedicato alla
Ferriera che ha recentemente pubblicato per Luglio editore - i profeti della
salute dell’ambiente che organizzano roboanti campagne elettorali sulla chiusura
degli impianti. Non chiedendosi chi ha permesso di costruire abitazioni vicino
alla Ferriera, violando precise disposizioni di legge sulle aree e distanze da
rispettare, mentre la Ferriera esiste lì da oltre cent’anni (116 per
l’esattezza) e non si è mai mossa di un millimetro». Sturari ricorda che in
questo che è il più grande stabilimento siderurgico sull’Adriatico vi sono due
altiforni, una cokeria, centrali, officine, parchi minerali e fossili, una
centrale elettrica. «Un patrimonio non da poco su un’area molto estesa che
evidentemente fa gola ai palazzinari nostrani», avverte. Gli imbrattamenti,
quelli Sturari non li nega. «Ho un’automobile bianca, quando la parcheggio ci
metto sopra un telo e quando lo tolgo la macchina è bianca come prima. Quanto a
un po’ di polvere sui davanzali, quella bisogna sopportarla. «Tanti quando
vedono la fumata bianca dello spegnimento coke in cokeria non sanno cosa sia e
scuotono la testa. È una fabbrica dove da 116 anni i triestini e non solo
trovano un lavoro duro sì, ma onesto e decente che permette loro di avere una
casa, formare una famiglia, mandare i figli a scuola».
Silvio Maranzana
«Dopo 700 anni a Servola tornano i cremonesi»
L’autore del volume: adesso Arvedi ma nel 1302 il vescovo Pedrazzani
chiamò qui i soncinesi
Con l’affitto della Ferriera da parte del Gruppo Arvedi, che verrà
formalizzato entro ottobre, è anche una sorta di némesi storica che si compie
dopo settecento anni. Oggi come allora infatti il futuro di Servola torna in
mano ai cremonesi. «Nel 1302 divenne vescovo di Trieste Roberto da Pedrazzani
nativo di Robecco grossa borgata della provincia cremonese: uomo zelante,
energico, restauratore di San Giusto. Alla sua venuta in questa diocesi, Servola
era quasi abbandonata a se stessa e poco abitata a causa delle guerre e delle
malattie che avevano decimato e fatto fuggire i suoi abitanti. Visto lo stato di
degrado in cui si trovavano i poderi della mensa vescovile che avevano appunto
sede a Servola, il vescovo si rivolse ai contadini di Soncino, paese poco
distante da Robecco, invitandoli a Servola a prestare l’opera di agricoltori.
Tra il 1302 e il 1306 i coloni soncinesi abbandonarono il luogo natìo e si
trasferirono a Servola assecondando l’invito del loro conterraneo, il vescovo
Pedrazzani che forse aveva anche l’intenzione di trasformarli, all’occasione, in
soldati». Da qui anche l’origine del nome della via Soncini. È sempre Aldo
Sturari a rimarcare queste notizie riprendendole da Pietro Kandler e Patrizia
Pestrin Salmoni. «Circa settecento anni dopo - rimarca Sturari - giunge a
Servola un altro esimio eminente cremonese, Giovanni Arvedi per continuare la
tradizione dei cremonesi di Soncino. Benvenuto, ma con un piccolo invito: pianti
a Servola 500 alberi, uno per ogni dipendente, che produrranno ossigeno».
Giovanni Arvedi è nato a Cremona nel 1937 da una famiglia di antica tradizione
nel settore dela lavorazione e del commercio dei metalli e ha incominciato la
sua carriera imprenditoriale fondando le sue prime due aziende nel 1963. Oggi il
Gruppo Arvedi ha 4 aziende di cui tre localizzate nella provincia di Cremona.
Sul suo arrivo a Servola, che dopo l’affitto per un periodo variabile tra i 6 e
i 24 mesi, dovrebbe trasformarsi nell’acquisto della Ferriera ha emesso ieri una
nota il sindacato autonomo Failms in cui afferma che «il subentro di Arvedi alla
Lucchini trova consenso unanime, unica alternativa presentatasi che permette la
continuità produttiva e l’occupazione in attesa della realizzazione dell’accordo
di programma sulla riconversione. Particolare attenzione dovrà però essere posta
- avverte la Failms - ai lavoratori della Ferriera che presentano menomazioni e
riduzioni della capacità lavorativa a seguito di infortuni o malattie
professionali, la cui collocazione nel ciclo produttivo non è semplice, ma che
pure hanno il diritto di essere trattati con pari dignità rispetto a tutti i
loro colleghi».
(s.m.)
Un arsenale nascosto in fabbrica - Negli anni Cinquanta
armi e munizioni custoditi da un nucleo antifascista
Nei primi Anni Cinquanta la Ferriera avrebbe nascosto un grande arsenale di
armi e tra gli operai vi sarebbe stato un vero e proprio nucleo pronto alla
guerriglia in caso di tentativi di restaurazione del fascismo. É una sorta di
Gladio rossa quella che Aldo Sturari tratteggia nel libro “Omo de fero. Sotto la
bianca fumata della Ferriera di Servola” nel capitolo intitolato “Il grande
segreto della Ferriera” dopo aver raccolto le testimonianze dei colleghi più
vecchi. «Esisteva in Ferriera un nucleo armato - riferisce Sturari - composta da
circa una trentina di persone: antifascisti, ex combattenti, gente dura,
addestrata. Non tutti dichiaratamente comunisti, c’erano anche socialisti,
repubblicani, azionisti, ex componenti del Cln e dell’Osvobodilna fronta.
Avevano tutti in comune una cosa: il mitra nascosto nello stipetto a doppiofondo
e tascapani di bombe a mano. Nei meandri della Ferriera, in posti inaccessibili
ai più, c’erano armi di tutti i tipi: cassette di mitragliatrici con ricambi e
munizioni, carabine Winchester, mitra Sten e Bren paracadutati dagli Alleati
durante la guerra e un’incredibile quantità di munizioni rastrellate nei posti
di guardia nazisti e repubblichini, anche alla Risiera». «Avevano addirittura un
mortaio - aggiunge Storari a voce - ma non si trattava di commando che operavano
per assoggettare Trieste alla Jugoslavia, si tenevano pronti in caso di
tentativi di restaurazione del fascismo. Durante l’amministrazione alleata
infatti molti repubblichini resisisi responsabili di atrocità e ricercati dalle
autorità italiane si erano rifugiati nel Territorio libero, protetti o ignorati
dagli angloamericani. Le squadre fasciste soprattutto del Viale e di Cavana
erano armate e finanziate, con la scusa di Trieste italiana c’era il pericolo di
un rigurgito fascista, per questo in Ferriera gli animi più caldi si tenevano
pronti e non erano solo comunisti». Dove è finito ora tutto quell’arsenale?
«Qualche pistola e qualche baionetta a casa di qualcuno come souvenir - scrive
Sturari - tutto il resto è finito in mare. Davanti allo stabilimento, di notte,
al buio, le armi furono smontate a pezzi, portate al largo con una bettolina e
gettate in tutte le direzioni. Sotto il fango dei fondali giacciono le armi del
nucleo segreto della Ferriera».
(s.m.)
L’Alta velocità ritorna in aula Nuovo parere dalla
Provincia - PALAZZO GALATTI
La Tav torna in Consiglio provinciale. Oggi alle 16.30 l’assemblea di
palazzo Galatti discuterà e voterà la delibera sul nuovo parere richiesto dalla
Regione in merito al progetto della linea ferroviaria Alta velocità/Alta
capacità Venezia-Trieste presentato da Italferr, dopo le ultime modifiche
apportate. Nel testo deliberativo, la giunta Bassa Poropat ribadisce «la valenza
strategica dell’opera» e l’«assoluta urgente necessità di un intervento radicale
sul sistema della mobilità per il territorio provinciale», ma nel contempo
ricorda come il progetto debba attenersi alle osservazioni già formulate dalla
Provincia nel 2012: le attuali integrazioni, infatti, non coincidono con quanto
osservato dall’ente in particolare per l’adeguamento del tracciato alle
segnalazioni dei Comuni, per il trattamento delle terre escavate quali rifiuti e
per l’esigenza di tutela assoluta dei corpi acquiferi. Il documento evidenzia
poi come i 40 anni previsti per realizzazione e completamento dell’opera
appaiano «eccessivi» e chiede di prevedere per Trieste un ruolo «come stazione
di testa». All’ordine del giorno dei lavori, anche la delibera sul Pac di
iniziativa privata Punta Olmi (osservazioni nel procedimento di Vas).
Riserva Val Rosandra Gombac accusa: sette anni sprecati
- SAN DORLIGO DELLA VALLE
SAN DORLIGO DELLA VALLE «Sono passati inutilmente sette anni - scrive in una
nota il capogruppio della lista di oppozisione Uniti nelle tradizioni Boris
Gombac - dalla firma dell'accordo di programma tra la Regione Friuli Venezia
Giulia ed il Comune di San Dorligo della Valle, per l'attuazione e gestione
della Riserva naturale regionale della Val Rosandra. Sette anni passati in
attesa che la giunta Premolin attuasse la prerimetrazione definitiva e la
suddivisione in zone della Riserva, in sostituzione della perimetrazione
provvisoria, con la redazione del prescritto Piano di conservazione e sviluppo
tenendo conto delle realtà socio-economiche della popolazione residente. Un
danno incalcolabile arrecato ai proprietari interessati che avrebbero potuto
gestire i propri beni in modo ben diverso contando su indennizzi e incentivi» Ma
non basta. «Il 1 settembre del 2009, si affidava alla società Dream Soc. Coop.
Agr. For di Pratovecchio (Ar) il servizio di redazione del Piano di coservazione
e svilluppo per la Riserva naturale regionale della Val Rosandra e, che di
seguito, l'anno successivo 11 gennaio 2010, veniva stipulato il contratto con la
stessa società evidenziando nel Capitolato d'oneri gli abiettivi, le condizioni
e gli elaborati da produrre. Di recente - conclude Gombac - la giunta ha
dichiaratore che gli obiettivi della società Dream Italia e quelli
dell'amministrazione comunale sembrano non avere alcuna convergenza, nè si
intravedono punti d'incontro, ragion per cui l'amministrazione ha ritenuto di
procedere alla risoluzione del contratto, che con la causa legale nei confronti
della società a cui aveva affidato il compito di redigere il Piano di
conservazione e sviluppo della Riserva, fanno presagire l'ennesimo epilogo per
le casse comunali e l'ennesima beffa per i nostri concittadini».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 agosto 2013
Rifiuti - Confartigianato attacca il Sistri
«Un meccanismo inefficiente, che rappresenta solo un onere per le imprese». Così il presidente di Confartigianato Udine Graziano Tilatti bolla il “Sistri”, sistema di controllo e tracciabilità dei rifiuti che il governo è intenzionato a reintrodurre. «Pensare di farlo rientrare in funzione senza aver prima risolto i problemi - aggiunge - è semplicemente assurdo».
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 agosto 2013
Bray in aiuto a Miramare: «Tavolo tecnico fra enti»
L’iniziativa annunciata dal ministro per i Beni culturali in una lettera
al sindaco Riunione a settembre con l’obiettivo di produrre rapidi interventi
anti-degrado
Operazione anti-degrado a Miramare: il Ministero dei beni e delle attività
culturali muove un primo passo formale per risolvere le criticità di cui è
vittima in particolare il Parco. E annuncia per settembre l’istituzione di «un
tavolo di coordinamento con le amministrazioni statali e con le istituzioni del
territorio competenti e disponibili», che dovrà definire «in tempi ragionevoli»
obiettivi di intervento, metodi di lavoro e iniziative ad hoc. Lo scrive, in una
lettera ufficiale indirizzata al sindaco Roberto Cosolini, il ministro Massimo
Bray, che risponde così alla missiva inviatagli due mesi prima dallo stesso
primo cittadino di Trieste. Il quale aveva segnalato con preoccupazione la
situazione di Castello e soprattutto Parco di Miramare, gioielli della proposta
culturale e turistica cittadina ma attualmente privi dello splendore di un
tempo. E proprio al loro «originario splendore» fa riferimento Bray nel suo
scritto, confermando di fatto l’impegno del ministero per giungere «alla
soluzione delle problematiche» riferite da Cosolini. Ebbene, l’attivazione del
tavolo tecnico avverrà proprio a Roma, in sede ministeriale e con il supporto
della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Friuli
Venezia Giulia. Chissà poi, dopo la “cura” anti-degrado, a quali risultati in
chiave turistica potrà arrivare un comprensorio di Miramare tirato nuovamente a
lucido se già quest’anno, a Ferragosto, il museo storico del Castello ha fatto
registrare un incremento del 34,29% di visitatori rispetto al 15 agosto del
2012. Spetta ora a Roberto Cosolini indicare dunque i soggetti che comporranno
questo pool speciale, posto che ministero e Direzione regionale per i beni
culturali ne faranno automaticamente parte. «Segnalerò, oltre al Comune di
Trieste - fa sapere il sindaco -, anche Turismo Fvg, Provincia e PromoTrieste».
I «tempi ragionevoli» messi nero su bianco dal ministro Bray come si
tradurranno? «Il primo obiettivo è definire un accordo di programma - continua
Cosolini -. In quest’intesa generale sarà stabilito chi fa cosa e con quali e
quante risorse. Così da prendere entro ottobre le decisioni relative agli
interventi da effettuare, per predisporre tutto per l’inizio della primavera
2014. Il Parco di Miramare è aperto tutto l’anno, certo, ma la stagione
turistica inizia con la primavera appunto. Prendo atto - aggiunge il sindaco
sulla lettera di Bray - di come in tempi tutto sommato rapidi il ministro mi
abbia risposto, cosa che non era successa con il suo predecessore Ornaghi». Il
report prodotto dal direttore generale per la valorizzazione del patrimonio del
Ministeroper i beni culturali, Anna Maria Buzzi, dopo la sua “missione”
triestina del luglio scorso, avrà certamente messo in luce le attuali condizioni
del complesso di Miramare. Fra le idee che il primo cittadino proporrà subito
agli interlocutori nelle prime riunioni romane, ci sarà quella di «intensificare
attività e iniziative organizzate a Miramare», aggiunge Cosolini. Ovviamente,
nell’ambito del tavolo, si discuterà anche l’istituzione del biglietto di
ingresso al Parco, con il vincolo di destinare gli introiti derivanti alle
manutenzioni dell’area stessa. «Per i nostri concittadini - osserva a proposito
il sindaco - potremmo proporre un abbonamento annuale, con qualche fascia di
esenzione dal pagamento. Se ci saranno altre proposte, poi, vedremo».
Matteo Unterweger
Era doloso l’incendio sul monte Bercica
DUINO AURISINA È doloso l’incendio che ha distrutto domenica un’area
boschiva di oltre cinque ettari sul costone del monte Bercica a Aurisina. Lo
hanno accertato gli uomini della Forestale che anche ieri, assieme ai volontari
della protezione civile e ai vigili del fuoco, hanno continuato le operazioni di
bonifica. In particolare sono stati trovati alcuni focolai in aree relativamente
lontane e separate. Questo significa che le fiamme sono scaturite in luoghi
diversi e non collegati e lontane dal fronte principale. Tant’è che appunto in
alcune zone non sono stati trovati segni evidenti del rogo. La zona interessata
è impervia e lontana sia da strade ma anche dalla ferrovia che si trova al di
sotto del costone. Su questo stanno indagando ai carabinieri e gli agenti del
commissariato. Le fiamme hanno in particolare interessato un’area boscata a
roverella, conifere salvia, scotano e asparago. Essenze che sono andate in buona
parte praticamente in cenere con l’avanzare progressivo del fronte.
Fortunatamente non hanno lambito case e nemmeno i ripetitori dei telefonini che
si trovano nella zona. Le operazioni di spegnimento si sono concluse verso le 20
di domenica e sono state condotte dalla Guardia forestale di Duino Aurisina in
collaborazione con i Vigili del fuoco, la Protezione civile che ha utilizzato il
proprio elicottero, i volontari locali ma anche quelli di Trieste, Monfalcone,
Sgonico, Muggia, Ronchi dei Legionari, Cormons e San Lorenzo.
(c.b.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 agosto 2013
Rigassificatore, una mozione contro la ripresa
dell’iter
Pochi giorni fa Wwf, Legambiente e Italia Nostra hanno lanciato un appello
agli enti locali affinché compatti dicano no al rigassificatore, affinché a
ottobre, quando la sospensione della Via predisposta dall’allora ministro Clini
scadrà, non riprenda l’iter del progetto di Gas Natural. Lo stesso appello è
stato lanciato nell’ultima seduta del Consiglio comunale, precisa la consigliera
del Pd Anna Maria Mozzi, con una mozione firmata da Tiziana Cimolino e
sottoscritta da Mozzi, Giovanni Maria Coloni e altri. Si chiede al sindaco
Cosolini di «attivarsi, assieme agli altri enti interessati che hanno più volte
espresso la propria contrarietà a tale progetto, presso i competenti ministeri e
ministri, affinché venga riesaminato e annullato il decreto del 2009».
Rigassificatore, come funziona il partito del “no se
pol” - L’INTERVENTO DI GIANFRANCO BADINA
L’intervento
pubblicato nell’edizione del 9 agosto del signor Silvano Baldassi è
un chiaro esempio di come funziona il partito del “no se pol”. I triestini non
sono “consapevoli”, come afferma l’autore della segnalazione, ma bensì
“disinformati”. In questi anni ne ho sentite di tutti i colori sui problemi
inerenti al rigasificatore e quasi sempre ad esprimersi non erano degli esperti
del settore ma persone che normalmente si occupano di tutt’altre cose. Sono
rimasto veramente sconcertato quando ho appreso che le commissioni incaricate
della questione erano composte prevalentemente da politici e ecologisti. Un
apporto importante è stato fornito dagli organi di informazione che hanno dosato
opportunamente gli interventi dell’una e dell’altra parte in modo da far
prevalere la tesi preferita. Vorrei far presente che le distanze di sicurezza
previste per gli impianti off-shore non possono in alcun modo essere comparate
con quelle dei terminali a terra. Tale confronto è improponibile perché attorno
a tutti terminali off-shore (che sono quindi in mare aperto) siano essi gasieri,
petroliferi o di altra natura, viene istituita un’area di sicurezza. Senza la
quale, proprio perché sistemati al largo, altre navi in navigazione potrebbero
transitare a distanze ridotte e a forte velocità. Un eventuale impatto
porterebbe quindi a conseguenze estremamente gravi. Diversa è la situazione per
le navi che operano all’interno di un’area portuale perché le stesse (come è
stato illustrato molto bene dalla relazione tecnica che ha preceduto la
costruzione del terminale di rigassificazione a Rotterdam) procedono ad andatura
lenta, hanno un pilota specializzato a bordo e sono assistite nelle manovre dai
rimorchiatori. Le conseguenze di una collisione sarebbero quindi modeste. Avrei
voluto replicare quanto sopra anche alla segnalazione del dottor Franzosini,
perché mi sembra oltremodo riduttivo portare ad esempio i soli due terminali
off-shore europei (quello di Porto Viro e di Livorno) dimenticando gli oltre 100
impianti di rigasificazione a terra operativi nel mondo. É possibile che tutti
gli altri siano incoscienti e solamente noi siamo in grado di valutare il
problema! Per quanto riguarda i terminali Fsru (le navi deposito ancorate al
largo) lo sa il signor Baldassi che con venti di intensità superiore ai 25
metro/secondo debbono abbandonare la posizione e (con successive lunghe
operazioni di riposizionamento)? I venti a 25 m/s non sono cosa rara nel Golfo
di Trieste dove si registrano non meno di 30/40 episodi in un anno. Ha mai preso
in considerazione il fatto che le acque territoriali nel Golfo di Trieste si
estendono per circa 10 miglia dalla costa verso il largo e proponendo un
terminale off-shore con la sua area di sicurezza si limiterebbe in modo
considerevole l’attività di pesca e di diporto? È poi fuorviante fare paragoni
con il disastro di Viareggio dove il gas responsabile era diverso (Gpl) ed il
vettore era un treno che procedeva a velocità sostenuta. Davvero inverosimile è
l’affermazione che la presenza delle navi gasiere “ostacolerebbe pesantemente
l’attività portuale” decretando la “morte del nostro porto” . Quali sono gli
esperti che hanno stabilito ciò? Perché nessuno cita lo studio scientifico e
particolareggiato svolto dal Registro Italiano Navale (organo tecnico dello
Stato italiano)? Anche nelle molto ottimistiche e poco probabili previsioni di
un aumento del traffico fino 2.900 navi all’anno come potrebbero presentare un
problema le 100 metaniere previste (che sarebbero pari ad appena il 3% del
totale al’incirca?). Nei più grandi porti mondiali il traffico di navi metaniere
convive senza problemi con quantità di traffico enormemente più elevate (150.000
navi a Shangai, 180.000 nello Stretto di Uraga che immette nella baia di Tokio,
170.000 a Singapore, 120.000 a Rotterdam, 18.000 Zeebrugge, 15.000 a Fos sur Mer
eccetera). Spesso in presenza di canali più lunghi e tortuosi di quello
esistente nel Vallone di Muggia. O all’estero sono marziani o noi siamo
incompetenti.
Scontro Cinquestelle-Serracchiani sulla Tav - IL NODO
INFRASTRUTTURE
Sergo: «La presidente deve rispettare il suo programma e mettere un freno
al progetto»
TRIESTE «Debora Serracchiani deve mettere subito un freno alla brusca
accelerazione nella realizzazione della Tav impressa da Rfi». La richiesta,
forte e chiara, arriva dal consigliere Cinquestelle Cristian Sergo, deciso a
ricordare alla governatrice le promesse fatte in campagna elettorale. «Quando
dicevamo che la presidente aveva copiato il programma del M5S, ma che non ci
potevamo fidare, lo sostenevamo a ragion veduta - attacca Sergo -. Nel programma
votato dagli elettori, Serracchiani aveva promesso di non parlare più della Tav
nel nostro territorio. Poche settimane dopo l'elezione si è tornati invece a
premere il piede sull'acceleratore per far ripartire questo progetto, ormai
morto, in cui non credono più né i proponenti, né il commissario straordinario
Mainardi, né il 60% degli elettori del Fvg che alle ultime elezioni hanno votato
i programmi (di centrosinistra e del M5S) dove si diceva no all'opera e no al
consumo del suolo. È con questo spirito che la presidente deve incontrare il
ministro Lupi mercoledì». «Anche Rfi - prosegue Sergo - sa benissimo che
quest'opera è completamente inutile per il nostro territorio, ma prova lo stesso
a portarla avanti, quantomeno per rientrare dalle spese di programmazione.
Infatti, nonostante gli avvisi del ministero delle Infrastrutture e l'auspicio
delle parti in causa di considerare la tratta Venezia - Trieste come un solo
progetto “unitario”, assistiamo ad un tentativo “estivo” di far approvare,
grazie all'ennesima proroga, la tratta Ronchi -Trieste. Una tratta di una
trentina di chilometri che costerà 1,7 miliardi di euro e sarà pronta (forse)
non prima del 2040». Cifra che il M5S considera folle specie perchè legata alla
realizzazione di un’opera del tutto inutile. «Non possiamo correre il rischio di
iniziare oggi i lavori e sostenere una spesa di quasi 2 miliardi di euro, con
danni elevati sul territorio per i cantieri che potrebbero restare aperti anche
12 anni in alcuni punti, per poi trovarci nell’impossibilità di proseguire
l’opera verso Venezia. Serracchiani quindi - conclude - deve bloccare questa
accelerazione».
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 agosto 2013
Orti sociali del Comune - Domande
Scade mercoledì il termine per la presentazione delle domande per
l’assegnazione dei 25 orti sociali urbani, realizzati dal Comune tra le vie
Navali e Dandolo, e destinati ad anziani, famiglie e associazioni. Le domande
vanno consegnate al Protocollo generale del Comune. Per il bando e tutte le
informazioni necessarie si può contattare l’Ufficio relazioni con il pubblico
(sportello via della Procureria 2A tel. 0406754850, fax 0406756060 dal lunedì al
venerdì dalle 9 alle 12.30; lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 17) o
connettersi al sito www.retecivica.trieste.it, sezione bandi e concorsi di Rete
civica, indirizzo http://bandieconcorsi.comune.trieste.it o su Orti Trieste e
sullo spazio Facebook del Comune. I 25 orti di circa 40 metri quadrati ciascuno
saranno assegnati ai cittadini interessati secondo una precisa graduatoria (10
di questi orti saranno destinati a persone anziane, 13 a famiglie e 2 ad
associazioni) e potranno utilizzarli per 36 mesi.
Grotta Fioravante, una discarica ormai intasata - DUINO
AURISINA
La cavità potrebbe servire per fini turistici ma il Comune ammette: «Un
lavoro titanico»
DUINO AURISINA Lo spazio necessario c'è. E anche l'idea. L'ostacolo? Una
vagonata di rifiuti. Quindi o si rivede l'idea o, verrebbe da dire, si cerca
almeno uno sponsor. Altre soluzioni non se ne vedono. Eppure quanto entusiasmo,
una settimana fa, ha riscosso, anche in termini di presenze dai paesi vicini, ma
non solo, la presentazione dei lavori svolti alla grotta Fioravante, nel bosco
della Cernizza di Duino, dal gruppo speleologico Flondar e dalla Cooperativa
Gemina. «Non si è trattato - ha spiegato l'assessore al Turismo, Andrej Cunja -
di una formale inaugurazione, bensì di una simbolica restituzione agli abitanti
di un sito che ha seriamente rischiato di andare perso per sempre». La cavità
era stata infatti utilizzata come discarica fin dai tempi immediatamente
successivi alla Grande guerra. «Dopo il secondo conflitto mondiale – ricorda
Cunja - gli alleati che avevano il loro comando nel vicino Castello di Duino vi
gettarono un po' di tutto, mentre negli anni successivi la grotta è stata
completamente riempita dai materiali di scavo delle prime ville della Cernizza,
tanto che se n'era quasi persa la memoria. Ora – sottolinea - grazie al lavoro
volontario del Flondar e agli investimenti dei soci di Gemina, è ritornata
agevolmente accessibile, pur se gran parte della cavità originaria rimane
purtroppo ancora ostruita dai detriti: il liberarla tutta rappresenterebbe un
lavoro titanico ed economicamente insostenibile». L'assessore però riferisce
come sia stato da tutti apprezzato che “in soli sei mesi o poco più si sia
potuti passare da una situazione in cui, all'esterno, non si ravvisava la minima
traccia della presenza della grotta, a quella di un sito comodamente
visitabile”, pur se al momento in maniera “solamente provvisoria e occasionale”,
in quanto manca ancora la copertura della vecchia cantina che si trova in
corrispondenza dell'ingresso della cavità. Le pareti di tale sede si sono
conservate, ma la volta è crollata e si rende quindi necessaria la posa in opera
di una nuova copertura per ripristinare la superficie originaria. «Il tutto –
conclude - dimostra che, se lo si vuole e le condizioni risultano favorevoli, i
risultati arrivano nei tempi giusti. Tempi che però, ai nostri occhi ormai
assuefatti da lungaggini e complicazioni di ogni tipo, appaiono fulminei. Ci
stupiamo quindi di ciò che in realtà dovrebbe essere, ma di solito purtroppo non
è, il decorso normale delle cose. Nello specifico, i vari enti competenti hanno
messo l'accoppiata Gemina-Flondar nelle condizioni di poter realizzare ciò in
cui hanno creduto fin dal principio. Una volta messi a punto gli ultimi dettagli
il Comune e non solo si arricchirà di un nuovo sito fruibile in chiave turistica
e culturale». Resta, però, l'obiettivo di una pulizia al 100% della grotta, per
realizzare un vero polo en plein air, che racconti la storia dei luoghi dalla
preistoria alla Seconda guerra. Gli spazi finora investigati e le conferme
dell’esistenza di aree ancora da pulire fanno infatti ipotizzare un uso della
cavità come museo sotterraneo, utilizzando i vari livelli su cui si articola la
grotta, in un percorso a ritroso nel tempo. Ce la si farà?
Tiziana Carpinelli
Assieme al Wwf a lezione di pesci AQUARIO MARINO
Oggi secondo appuntamento con le visite guidate dei volontari del Wwf all’Aquario
marino (nella foto). È noto come nei mesi estivi i musei risentano maggiormente
della scarsità di personale, mentre viceversa aumenta il numero dei turisti che
li visitano. Ecco che, in questo spirito di collaborazione, il Wwf Trieste
interverrà assicurando la presenza di una volontaria che coadiuverà il personale
nell’accogliere i visitatori e nel fornire loro informazioni, anche effettuando
brevi visite guidate. La presenza della volontaria, di madrelingua inglese, sarà
utile anche per ricevere i turisti stranieri. Inoltre, i volontari del Wwf
distribuiranno materiali divulgativi e didattici di sensibilizzazione al
rispetto dell’ambiente marino. Appuntamento, quindi, alle 10.30 in italiano e
alle 12 in inglese (ma nel caso di assenza di richieste per l’inglese anche la
seconda visita avverrà in italiano). Oggi l’Aquario rimarrà aperto dalle 9 alle
19. Aquario marino alle 10.30 e 12 Info su
www.retecivica.trieste.it
Sportello Camminatrieste
A CamminaTrieste ogni martedì dalle 10 alle 12 è istituito lo Sportello CamminaTrieste, in via Carducci 35, tel. 040-762132 , al quale possono rivolgersi i cittadini in merito ai problemi del traffico, la viabilità, la tutela del pedone e il trasporto pubblico locale.
IL PICCOLO - SABATO, 17 agosto 2013
Le “sviste” della Tav nel mirino dei sindaci -
il tracciato Ovest -
il tracciato EST
Comuni in rivolta contro gli errori progettuali contenuti nel tracciato
elaborato da Rfi nel 2010. Mossi già duecento rilievi
Incongruenze sotto accusa Secondo il progetto delle Ferrovie, a Pocenia,
Porpetto e San Giorgio i treni finirebbero contro alcuni fabbricati esistenti
Risposte tecniche - A settembre gli enti locali interessati dal passaggio
dell’Alta velocità presenteranno un documento che mette nero su bianco le
criticità
TRIESTE A Ronchis di Latisana, questione di incoerenza progettuale, si
finirebbe col demolire opere costruite per la terza corsia della A4. A Pocenia,
Porpetto e San Giorgio di Nogaro il treno finirebbe su alcuni fabbricati. A
Villa Vicentina “volerebbe” cinque metri sopra il sedime attuale. E a
Cervignano, in uscita, servirebbe una circumnavigazione di una decina di
chilometri per entrare in interporto. Errori più o meno macroscopici che i
sindaci della Bassa friulana stanno correggendo sulla mappa della Tav in
regione, realizzata da Rfi nel 2010. Un documento (i Comuni lo ufficializzeranno
tra un mese) che già contiene una sentenza, a partire dal traffico passeggeri:
stando proprio al progetto di Ferrovie l’alta velocità «non trova
giustificazione». La posizione viene supportata dall’approfondimento coordinato
dal consulente dell’assemblea dei Comuni, Andrea Debernardi, già molto scettico
rispetto ai tempi biblici dell’opera. Così scettico che, si legge nel documento
da lui siglato e condiviso all’unanimità dai sindaci, visto il quadro
programmatico «poco aggiornato, oltre che frammentario» portato a supporto
dell’intervento, «non si giustifica la realizzazione di una nuova linea
ferroviaria ad alta velocità in Fvg». Lo stop è riferito in particolare al
trasporto passeggeri: i traffici non lo richiedono. Mentre «più significative –
si legge ancora – risultano le prospettive di sviluppo del traffico merci». Ma,
anche in questo caso, più che una linea dedicata, queste prospettive «richiedono
potenziamenti volti a incrementare la potenzialità di circolazione dei “colli di
bottiglia”, nonché ad assicurare raccordi adeguati con i sistemi di
terminalizzazione, che includono soprattutto lo scalo ferroviario di Cervignano
e il porto di Trieste». Concetti non troppo diversi da quelli che Bortolo
Mainardi, commissario della Tav, ha usato per proporre un’alternativa al
tragitto costiero bocciato dagli enti locali del Veneto. Ciò a cui anche il Fvg
deve puntare, stando ai sindaci, è l’integrazione programmatica e progettuale
non più sull’asse Ovest-Est ma sul corridoio Baltico Adriatico, «in modo da
supportare gli scambi tra Italia e Mitteleuropa». Bocciata l’alta velocità, i
Comuni si dicono comunque disponibili a verificare le ipotesi di rafforzamento
dell’esistente. E, puntando il dito sul progetto Rfi di tre anni fa, vi infilano
circa 200 rilievi. La maggior parte dei quali non riguarda una Tav non ritenuta
funzionale, ma questioni più urgenti. «Lo studio, anche nei casi in cui la nuova
infrastruttura si affianca all’attuale linea, non tiene conto del rumore
generato dai treni sulla rete esistente – spiega Tiziano Felcher, assessore ai
Trasporti di Bagnaria Arsa, capofila dell’assemblea –. Di qui la richiesta da
parte di quasi tutte le amministrazioni di maggiori protezioni. Senza dover
aspettare vent’anni». Oltre alle osservazioni paesaggistiche, i sindaci
sottolineano in rosso le varie incongruenze di Rfi. «Nel triangolo
Cervignano-San Giorgio-Palmanova – rileva Felcher – il progetto allungherebbe di
molto i tempi di arrivo all’interporto. Ma mancano anche collegamenti tra lo
scalo di Cervignano e l’Aussa Corno e la previsione di migliori servizi per il
pendolarismo locale». In attesa di capire come le modiche del tracciato veneto
influiranno su quello regionale (la prossima settimana la presidente
Serracchiani incontrerà il ministro Lupi), i sindaci, a settembre, stenderanno
le conclusioni di un lavoro che, di fatto, posticipa, se non cancella, la Tav
concentrandosi sull’esistente. Con l’obiettivo di risparmiare, innanzitutto: i
10 miliardi ipotizzati per la Venezia-Trieste, del resto, dove si trovano? «La
soluzione che prospettiamo per il nodo Cervignano-San Giorgio-Palmanova
garantirebbe una linea più efficace e costerebbe un decimo di quanto previsto»,
esemplifica Felcher svelando il grande timore degli enti locali: che nella
palude della burocrazia romana il progetto Rfi, senza “emendamenti”, passi al
Cipe e diventi operativo.
Marco Ballico
Mercoledì a Roma il confronto con Lupi
La giornata decisiva per conoscere l’orientamento del governo sul futuro
della tratta Alta velocità/Alta capacità Venezia-Trieste potrebbe essere
mercoledì prossimo. Per quel giorno, infatti, è programmato il vertice romano
tra la governatrice Debora Serracchiani e il ministro Maurizio Lupi. Sul piatto,
ovviamente, il destino delle infrastrutture in Friuli Venezia Giulia: terza
corsia dell’autostrada A4, in primis, ma non è escluso che il discorso “scivoli”
anche sulla Tav. La settimana scorsa, durante l’assemblea pubblica organizzata a
Udine con i sindaci dei Comuni della Bassa interessati dal tracciato,
Serracchiani aveva infatti annunciato l'urgenza di un punto della situazione con
il ministro e con il commissario dell'Alta velocità nel Nordest, Bortolo
Mainardi , alla luce delle novità sul tracciato in Veneto, suggerite dallo
stesso Mainardi. La Regione vuole capire quali sarebbero le conseguenza sulle
mappe in Friuli Venezia Giulia, ferme al tragitto disegnato da Rfi nel 2010.
Tragitto che, appunto, i sindaci contestano apertamente tanto da aver quasi
ultimato una sorta di “dossier” sulle criticità progettuali.
Squali e razze spiegati dal Wwf Perché l’Aquario non è
uno zoo - EVENTI»OGNI DOMENICA FINO ALL’8 SETTEMBRE
Da domani volontari della Riserva marina di Miramare forniranno
informazioni e visite guidate in italiano e inglese per sensibilizzare al
rispetto dell’ambiente
Domenica all’Aquario. Tutte le domeniche fino all’8 settembre e anche il
sabato della Barcolana (12 ottobre), sarà possibile visitare l’Aquario marino
grazie alla collaborazione tra Wwf Trieste e i musei scientifici con i volontari
dell’associazione che affiancheranno il personale comunale. È la prima volta che
si assiste a una collaborazione di questo tipo tra Wwf Trieste e struttura
comunale, anche se da anni l’Area marina di Miramare segnala alla stuttura di
molo Pescheria la presenza di tartarughe marine o altre specie ittiche che
vengono curate all’Aquario. Istituito nel 1933, ospita in prevalenza specie
marine dell’Alto Adriatico. Di particolare interesse le vasche che riproducono i
principali ambienti del golfo e la vasca ottagonale da 10mila litri che ospita
piccoli squali e razze. Un Vivarium, accanto ai terrari con le specie di
serpenti velenosi delle terre adriatiche, propone la ricostruzione degli stagni
carsici, con ululoni, rospi comuni e rane verdi. Sarà possibile ammirare anche
Tina, cernia che con i suoi 20 anni rappresenta l’ospite più longeva. Qui i
pesci arrivano tutti grazie ai pescatori locali che volontariamente li
sottraggono a un destino “culinario”. Per far fronte alla scarsità di personale
proprio nel periodo di maggiore afflusso di turisti, il Wwf assicurerà la
presenza di una volontaria di madrelingua inglese che coadiuverà il personale
accogliendo i visitatori ed effettuando visite guidate (alle 10.30 in italiano e
alle 12 in inglese, o in mancanza di richieste, in italiano). Altri volontari
saranno presenti con un banchetto per distribuire materiali divulgativi sul
rispetto e la conservazione dell’ambiente marino e la pesca sostenibile. «Non è
un caso che questa collaborazione nasca proprio a Trieste», spiega il presidente
del Wwf locale, Alessandro Giadrossi, e «ci impegneremo per far emergere le
potenzialità del turismo culturale» aggiunge il direttore dei musei scientifici,
Nicola Bressi. «Ponendoci come soggetti attivi – prosegue Giadrossi - intendiamo
conferire alle visite un taglio protezionistico, rendendo l’Aquario non un luogo
di detenzione ma una sede dove ragionare sulle problematiche del mare
coinvolgendo il visitatore». «Ci auguriamo che la collaborazione possa essere
ampliata – riprende Bressi -: abbiamo infatti in progetto l’allestimento di una
sala didattica». Per alcuni pesci l’Aquario funge da ospedale. «La presenza
degli esemplari nelle vasche permette a migliaia di persone di riflettere
sull’educazione al consumo sostenibile di fronte a un animale vivo. L'età
raggiunta da Tina dimostra che i nostri pesci stanno bene: diventano anziani e
non li sostituiamo».
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 agosto 2013
Scarichi inquinanti ogni 57 km - MARE A RISCHIO
Goletta: «Peggiora lo stato delle coste di Campania,
Lazio e Calabria»
ROMA Peggiora l’inquinamento del mare in Italia per colpa della cattiva
depurazione delle acque di scarico delle fogne. Lo certifica Goletta Verde,
l’imbarcazione di Legambiente che, nei suoi due mesi di monitoraggio lungo le
coste, ha riscontrato 130 punti inquinati, uno ogni 57 chilometri (l’anno scorso
era uno ogni 62). Pari a quasi il 50 per cento sul totale delle 263 analisi
microbiologiche. Nessuna regione si salva dalla presenza in mare di batteri
fecali ma quest’anno le più colpite sono Campania (che però afferma di avere
dati diversi), Lazio, Puglia e Calabria. Proprio per il mancato adeguamento del
sistema di depurazione, le regioni del Mezzogiorno rischiano di perdere 1,7
miliardi di fondi Cipe, in scadenza a dicembre. Perdita che potrebbe sommarsi a
una possibile e salatissima multa per il mancato rispetto della direttiva
europea sul servizio di depurazione e fognatura, avverte Legambiente. Una
situazione di «allarme», la mancanza di fognature e impianti, commenta il
sottosegretario alle Infrastrutture Erasmo D’Angelis che ha attivato una task
force con Regioni, Anci, Autorità idriche e aziende «per sbloccare la paralisi
degli investimenti». Dei 130 punti inquinati oltre i limiti di legge, spiega
Legambiente, 104 (l’80 per cento) hanno rivelato una concentrazione di
Escherichia coli o Enterococchi intestinali pari ad almeno il doppio del
consentito. E il 90 per cento di questi punti è risultato alle foci di fiumi,
torrenti, canali, fossi o vicino scarichi di depuratori malfunzionanti. Il
mancato o inadeguato trattamento dei reflui fognari riguarda 24 milioni di
abitanti che più o meno direttamente scaricano in mare.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 agosto 2013
Duino “affonda” la Tav Il sindaco: «Opera inutile»
Il Consiglio comunale boccia per la terza volta il tracciato proposta da
Italferr «Troppi rischi per gli abitati di Ceroglie e Malchina e per le sorgenti
del Timavo»
DUINO AURISINA «Valorizzare e potenziare i tracciati esistenti», sulla scia
degli indirizzi già adottati dal commissario Bortolo Mainardi per la tratta
Ronchi-Venezia: di qui non si svicola. Dopo l'incontro a Udine con Debora
Serracchiani, per il sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja, non si
prospettano altre soluzioni in merito alla Tav. «È in sostanza la terza volta
che Italferr presenta lo stesso progetto – sottolinea –, con lacune terribili e
senza neppure recepire i nostri rilievi. Un esempio? Il fatto di poter pensare
che sotto il ponte di Visogliano, dove non ci passa neppure una bici, possano
transitare i camion del cantiere. È ora di finirla di progettare opere inutili,
quando rimettendo in funzione i tracciati esistenti si potrebbe andare avanti
ancora per 30 anni». Del resto anche la massima assise di Duino Aurisina ha
espresso un “no” secco alla nuova linea ferroviaria Venezia-Trieste, che
rischierebbe di snaturare i centri storici di Malchina e Ceroglie, ma anche di
porre a repentaglio l'approvvigionamento idrico e l'ecosistema del Timavo, fiume
sotterraneo conosciuto in tutto il mondo per il suo misterioso tragitto.
Infatti, con un consiglio-lampo durato mezz'ora e straordinariamente convocato
ad agosto, l'unanimità dei 14 presenti ha bocciato, esprimendo parere negativo,
le integrazioni allo Studio d'impatto ambientale relativo al progetto
preliminare del tracciato av/ac di Italferr. Propedeutiche al voto, le analisi
svolte nelle commissioni II e Capigruppo, riunite in tempi record dopo il
“pasticcio” del dvd disperso tra gli uffici, che ha impedito di inserire il
punto della Tav nel precedente Consiglio di fine luglio. Gli organismi hanno
valutato come «estremamente superficiale la documentazione» prodotta
sull'inaccessibilità ai mezzi pesanti del ponte di Visogliano. L'unico percorso
alternativo transita per Malchina e ridiscende a Ceroglie, ma «entrambe le
scelte sono comunque inaccettabili per gli impatti». Di qui la richiesta di
studi realistici sul traffico. Inoltre la commissione ha espresso “grave
preoccupazione” per alcune omissioni. Lo studio sui pozzi di captazione per
acqua potabile, ritiene il Consiglio, tralascia infatti di inserire il punto di
captazione sulla foce del Timavo, usato come unico pozzo di emergenza dalla rete
acquedottistica triestina. «È evidente – così il Consiglio - come tale punto di
approvvigionamento idrico, e pure l'ecosistema del fiume, siano messi a grave
rischio dall'opera. Altre parti della documentazione di Italferr ricordano come
alcuni dei materiali utilizzati per l'opera siano altamente tossici, vedi le
sostanze per l'impermeabilizzazione delle gallerie. Sui rischi di contaminazione
del fiume e della falda di Brestovizza, che serve la Slovenia, si rimanda alla
lettura completa della documentazione prodotta da Cucchi e altri, di cui
Italferr invece produce solo stralci”. Nonostante il voto compatto, non sono
mancate schermaglie. «Mi domando se sia stato giusto spendere altri soldi
pubblici per la convocazione di ben due commissioni e un Consiglio – tuona
Massimo Romita (Pdl) – quando si sarebbe potuto esprimere il parere prima. Altro
che risparmio sulle bollette dei cellulari di servizio!». «Se penso – ribatte
Maurizio Rozza – ai costi della politica regionale, non mi preoccupo affatto di
queste irrisorie spese di gettone, anzi andrebbero considerate le svariate ore
prestate gratis per analizzare la documentazione. Questo Consiglio e il
confronto pubblico sono stati essenziali per la democrazia».
Tiziana Carpinelli w
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 agosto 2013
Ambientalisti: fronte unico contro il rigassificatore
Wwf, Legambiente e Italia Nostra scrivono a enti locali e Authority:
necessario un “no” compatto a Roma, c’è il rischio che in ottobre riprenda
l’iter del progetto
Gli enti locali tutti assieme devono ottenere dal governo «“l’azzeramento”
del progetto del rigassificatore proposto da Gas Natural a Zaule, perché il 18
ottobre scade la sospensione di efficacia del decreto di Via (Valutazione
d’impatto ambientale) emessa nel 2009, sospensione decretatata lo scorso aprile
dai ministri dell’Ambiente, Corrado Clini, e dei Beni culturali, Lorenzo
Ornaghi. Dopo quella data la Via riprende efficacia, e Gas natural potrebbe
richiedere nuovamente il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione del
rigassificatore». Lo scrivono Wwf, Legambiente e Italia Nostra in un documento
inviato a Regione, Provincia, Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo-Dolina, e
all’Autorità portuale. Sottolineando che il decreto Clini-Ornaghi di
sospensione, recepito dal ministero dello Sviluppo economico, di fronte alla
contrarietà del territorio e soprattutto infine dell’Authority che aveva
certificato l’incompatibilità del rigassificatore con lo sviluppo previsto delle
attività portuali, aveva imposto questo lasso di tempo per verificare due
opzioni alternative: o un’altra sede per l’impianto di Gas Natural, o una
revisione dei progetti contenuti nel Piano regolatore del porto. «Nessuna delle
due ipotesi si è verificata - scrivono le tre associazioni ambientaliste -, e
anzi Gas Natural ha fatto ricorso al Tar contro la sospensione. Se la Via
riprende efficacia, a quel punto a sbarrare la strada all’impianto rimarrebbero
solo i ricorsi contro il decreto di Via presentati dagli ambientalisti e dai
Comuni di Muggia e San Dorligo-Dolina cui si è affiancato l’anno scorso il
Comune di Trieste». Da queste considerazioni è partito l’appello per la
governatrice Serracchiani, la presidente della Provincia Bassa Poropat, i
sindaci Cosolini, Nesladek, Premolin e l’Authority Monassi. In cui non solo si
riassume il ribaltamento del quadro politico-amministrativo che è avvenuto da
quando la multinazionale spagnola si è affacciata a Trieste, con cambiamenti
d’opinione negli amministratori, dalla Regione in giù, ma si ricorda che è in
corso a Bruxelles la determinazione dei Progetti di infrastrutture energetiche
di interesse comune (Pci), e che in sede Ue si è opposta solo la Slovenia,
mentre il governo italiano si è detto favorevole a Zaule. «Una questione di tale
portata - concludono Wwf, Legambiente e Italia Nostra - non deve essere lasciata
in balia delle trattative (opache quant’altre mai) tra le diplomazie degli
Stati, escludendo i rappresentanti del territorio coinvolto. Occorre che la
contrarietà coralmente dichiarata da tutti gli enti locali giunga con forza ai
ministri e ai ministeri, accompagnata dalla richiesta di azzerare il decreto del
2009, unico punto di forza su cui può in realtà contare Gas Natural. Per far ciò
è opportuna un’azione concertata di tutti gli enti nei confronti dei ministri
Orlando (Ambiente), Bray (Beni culturali), ma anche Zanonato (Sviluppo
economico». Lo scorso luglio a Bruxelles, quando sono stati esaminati i Progetti
di interesse comune, con l’indicazione di fornire tutti i documenti sui progetti
in modo che le decisioni finali siano prese tra fine settembre e inizio ottobre,
la Slovenia ha allegato una specifica dichiarazione di contrarietà, affermando
che l’impianto di Zaule provocherebbe «un inaccettabile impatto ambientale» con
«rischi per la salute, la sicurezza e i traffici nel Nord Adriatico».
I sindaci frenano sulla Tav «Tempi biblici per l’avvio»
Il tecnico assoldato dai Comuni interessati dal tracciato: «Mancano le
risorse I cantieri non inizieranno prima del 2035». Serracchiani chiede risposte
a Lupi
TRIESTE «Quando passerà la Tav in Friuli Venezia Giulia, noi non ci saremo».
Andrea Debernardi, consulente dei Comuni della Bassa friulana che hanno messo
assieme circa 200 osservazioni sul progetto Rfi del 2010, quello che prevede
l’affiancamento della ferrovia alla A4, gela le speranze di un’alta velocità in
tempi brevi. Lo fa con la freddezza del tecnico nel giorno in cui i sindaci si
confrontano a Udine con Debora Serracchiani sul tracciato della Venezia-Trieste.
Il nodo risorse Più nel dettaglio, Debernardi ricorda che i lavori di
affiancamento autostradale tra Portogruaro e Cervignano, «se anche si approvasse
domani quel progetto, inizierebbero, come da documentazione allegata, a partire
dal 2035». Il motivo? «Colpa di Pantalone. Mancano le risorse perché se ne sono
usate tantissime per opere spesso sovradimensionate. Si dice che l'alta velocità
è indispensabile allo sviluppo, ma dove si sono spesi 100 miliardi per la Tav, e
cioè nella dorsale centrale, dal Piemonte alla Campania, non mi sembra si stiano
raccogliendo tutti questi successi economici». Portogruaro-Cervignano Il
riferimento del tecnico dei sindaci ai ritardi dell’alta velocità nel Nordest
riguarda in particolare il tratto che il progetto 2010 considera “non
prioritario”, quello che va da Portogruaro a Cervignano: «Tenendo puro conto
dell’impossibilità fisica di quadruplicare la linea attuale a Latisana, non è
uno scandalo che il ragionamento sia ancora aperto». Al contrario, spiega
Debernardi, la priorità assegnata alla Udine-Cervignano, esclusa però dal
programma Tav, e alla Monfalcone San Polo-Bivio Aurisina «ha consentito un
lavoro ancora preliminare ma che può aprire la strada alla realizzazione delle
opere». I nodi I punti critici, in prospettiva lunga, del percorso in Fvg?
«L’attraversamento del Carso e dei fiumi maggiori, Isonzo e Tagliamento. Poi, in
Friuli, vari nodi urbani come per esempio il viadotto di Cervignano o il
passaggio di Villa Vicentina, situazioni che impongono di rimodulare la velocità
di transito dei treni e garantire opere di mitigazione adeguate, modificando il
progetto di tre anni fa». Quanto alla tratta Ovest, prosegue Debernardi,
emergono problematiche di sistema: «Non solo il raccordo con l’interporto di
Cervignano è assicurato solo nell'ultima fase funzionale, ma il progetto 2010,
inizialmente pensato in coordinamento con la terza corsia autostradale della A4,
deve oggi fare i conti con un'evoluzione non coerente con queste premesse». I
sindaci vogliono chiarezza Si rischia dunque l’impasse. Come teme pure il
portavoce dei sindaci, il primo cittadino di Bagnaria Arsa Cristiano Tiussi. «Le
modifiche al progetto 2010 sono moltissime, ma si tratta anche di capire le
conseguenze, tra San Michele e Latisana, dello studio di fattibilità per un
tracciato diverso in Veneto». Una chiamata in causa del commissario Mainardi che
su quello stadio sta lavorando: «Posto che la sua posizione è per
l’ammodernamento dell’esistente e non per una nuova linea – dice ancora Tiussi
–, l’incontro con la presidente Serracchiani diventa determinante: commissario e
Regione devono trovare un accordo». La presidente da Lupi Serracchiani risponde
a stretto giro di posta. Nel vertice di ieri (presenti 23 sindaci dell’assemblea
permanente), la governatrice annuncia anzi che, con Mainardi, ci sarà al tavolo
pure il ministro Lupi. L’obiettivo è appunto «fare chiarezza e iniziare a
ragionare su tutti i dettagli dell'opera». Le osservazioni dei Comuni, commenta
la presidente, «saranno utili alla stessa Rfi, in quanto tendono a superare
talune criticità progettuali e sono indirizzate a un maggiore efficientamento
della linea, senza toccare il tracciato indicato». La “svolta” di Mainardi? «La
Regione – precisa Serracchiani – non ha mai ricevuto una proposta alternativa».
E dunque proprio per questo «è necessario un incontro con il ministro, anche
perché nel frattempo le istituzioni hanno proseguito a ragionare sul tracciato
2010». Dalla presidente un’ultima rassicurazione: la prevista velocizzazione
della tratta, «che si potrà realizzare anche grazie ai 30 milioni assegnati dal
governo con il “+decreto del Fare”, è altra cosa e si farà prima e a prescindere
rispetto all'alta velocità».
Marco Ballico
La rete ferroviaria Fvg base dello sviluppo -
l’intervento di LUIGI BIANCHI
Ben due dei quattro corridoi prioritari di rilevanza europea che
interessano tutto il sistema Italia si incrociano infatti a Cervignano
“Binari, manutenzione troppo cara: Wärtsilä sceglie la gomma. Costi
ferroviari insostenibili per i raccordi industriali” si poteva leggere sul
Piccolo del 16 luglio. Lo stesso giorno: ”Tir fuori strada. La rete attuale è
inadeguata”. Un suicidio, invece, è preso a pretesto per ribadire la necessità
di abbandonare il raccordo diretto da Udine per la Pontebbana, provvedimento che
danneggia il traffico merci e compromette seriamente quello viaggiatori, non
solo dei pendolari (Il Gazzettino del 25 luglio). I tre episodi, unitamente alla
decisione degli amministratori goriziani di disfarsi della Cormons-Redipuglia
contro un impegno finanziario consistente (sempre a carico dell’erario,
naturalmente) per realizzare una pista ciclabile, fanno riflettere sul grado di
acquisizione, da parte degli amministratori del Friuli Venezia Giulia, del
valore rappresentato dal traffico ferroviario merci, non solo per i porti, i
transiti internazionali ed i poli industriali della Regione, ma per tutto il
quadrante Nordest del Paese, la cui industria deve poter contare su un cargo
ferroviario competitivo. Colpisce l’indifferenza rispetto al sistematico
smantellamento di impianti ferroviari (considerati non utili da Trenitalia) da
parte di Rfi, che lo Stato finanzia proprio perché siano messi a disposizione di
tutti i clienti, pubblici e privati, nazionali ed esteri, in funzione della
riconversione modale a favore della rotaia. Non viene percepita l’incidenza
negativa derivante dal degrado del servizio ferroviario merci sui costi di
produzione delle singole imprese. L’industria già soffre per l’elevato costo
dell’energia, a cui si aggiunge il danno di una logistica appesantita
dall’inefficienza del servizio ferroviario merci, che finisce per compromettere
la competitività dell’apparato economico regionale. Il Friuli Venezia Giulia ha
sempre rappresentato il polmone del quadrante Nordest, a servizio del cargo
internazionale oltre che del tessuto industriale locale. Deindustrializzazione e
delocalizzazione, avanzanti nella regione, dovrebbero far riflettere gli
amministratori sul legame dei due fenomeni con l’inadeguatezza del servizio
ferroviario merci. Ora Rfi, che non riesce a riaprire la Gemona–Sacile, che
cancella la metropolitana di Trieste, che regala la Cormons–Redipuglia per
“combattere gli ecomostri”, che chiude la Transalpina nel periodo invernale per
risparmiare sulla manutenzione del piano-neve, trova invece il finanziamento per
la circonvallazione di Udine, di impegno superiore a quello richiesto per
l’eliminazione dei cinque passaggi a livello sulla linea diretta Udine-Bivio Vat,
che consentirebbe di rispondere alle esigenze di sicurezza salvaguardando sia il
traffico merci che quello viaggiatori. Ferrovie, amministratori e cittadini
devono prendere coscienza del valore rappresentato dalla rete ferroviaria
regionale, merci e viaggiatori, strumento essenziale per lo sviluppo economico
del Friuli Venezia Giulia e risorsa per il legame del Paese all’Europa: due dei
quattro corridoi prioritari che interessano l’Italia si incrociano a Cervignano.
Baltico-Adriatico e Mediterraneo hanno rilevanza europea.
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 agosto 2013
Sotto l’Adriatico passerà il gas in arrivo dal Caspio
Letta incontra a Baku il presidente azero per il gasdotto Tap Previsti
dal 2019 in Europa 10 miliardi di metri cubi
TRIESTE È perlomeno probabile che il premier Enrico Letta nell’azera Baku
preferirebbe concentrarsi sulle ragioni del viaggio sul Caspio piuttosto che
rispondere alle sollecitazioni politiche provenienti da Roma. Perchè Letta è in
Azerbaijan per due motivi: ringraziare il presidente Aliyev per la scelta di
portare il gas azero verso l’Italia e per rafforzare la presenza della nostra
imprenditoria (Ansaldo, Salini, Finmeccanica) nel paese dell’Asia centrale.
L’argomento principale riguarda l’approvvigionamento energetico a costi ritenuti
più convenienti. A fine giugno la Ue ha ufficializzato la decisione di
appoggiare la realizzazione di un gasdotto denominato Tap (Trans-Adriatic
Pipeline), che porterà la materia prima dall’enorme giacimento di Shah Deniz
(gestito, con quote diverse, da Bp, Statoil, Socar, Total, Lukoil, Nioc) fino
all’Italia meridionale, connettendosi all’infrastruttura turco-azera Tanap al
confine con la Grecia, attraversando 550 chilometri in territorio ellenico, 210
km in Albania, 105 km sotto l’Adriatico. Lo “sbarco” in Italia è stato
individuato nella località salentina di San Foca. I lavori, per realizzare il
gasdotto Caspio-Adriatico, dovrebbero iniziare nel 2015 e nel 2019 dovrebbero
aprirsi i rubinetti del gas: la quantità, inizialmente prevista, ammonterà a 10
miliardi di metri cubi all’anno. Dietro a Tap al principio c’erano gli svizzeri
di Axpo, i norvegesi di Statoil, la tedesca E.On.: recentemente alcuni soci del
consorzio, che gestisce Shah Deniz (Bp, Total, Socar), hanno fatto ingresso
nella compagine azionaria della società candidata alla costruzione
dell’infrastruttura. C’era un’alternativa al Tap ed era rappresentata dal
progetto “Nabucco West”, fortemente sponsorizzato dall’austriaca Omv (e dagli
americani), perchè prevedeva di raggiungere Vienna passando attraverso i
Balcani, quindi ben distante dal territorio italiano e dalla “porta” orientale
di Tarvisio. Quale significato attribuire all’operazione Tap, di cui il premier
Letta va fiero? Due le chiavi di lettura. Una è immediata: accrescere le fonti
di approvvigionamento energetico, abbassando i costi e - soprattutto -
diversificando gli arrivi di gas, che oggi dipendono da Russia e Algeria. La
seconda, correlata alla prima, è di natura politico-internazionale: il gasdotto
corre a sud lontano dalla Russia putiniana e prescinde quindi dai conferimenti
della potente Gazprom, costituisce un’alternativa “meridionale” al progetto
“South Stream”, che coinvolge invece i russi, è partecipato dall’Eni e venne
supportato dal governo Berlusconi. E comunque - come ha detto il presidente di
Gazprom, Alexei Miller - “South Stream” procederà secondo programma. Le reazioni
italiane all’opzione Tap sono state generalmente positive. Sì dal presidente
dell’Autorità per l’energia Guido Bortoni. Sì dall’amministratore delegato di
Snam, Carlo Malacarne, che ha ricordato come la rete aziendale fosse già
predisposta per accogliere il gas azero. Sì dal presidente di Enel Fulvio Conti,
che non ha smentito l’interesse ad acquisire una partecipazione nella società
che realizzerà il gasdotto. Meno entusiasta l’a.d. dell’Eni, Paolo Scaroni, che
ha sottolineato come 10 miliardi di metri cubi all’anno su un consumo europeo di
500 miliardi rappresentino un contributo «relativamente limitato». Schierati
contro lo “sbarco” pugliese del gasdotto sono i grillini e Sel. Protestano anche
i territori interessati, che, in un’area turisticamente attrattiva, non vedono
con favore l’insediamento del terminal.
Massimo Greco
Orti urbani, nuove assegnazioni - CONCESSIONE TRIENNALE
Si tratta di 25 appezzamenti da 40 metri quadrati, ora senza acqua
Scade mercoledì 21 agosto il termine per la presentazione delle domande per
l’assegnazione dei 25 orti sociali urbani, realizzati dal Comune tra le vie
Navali e Dandolo, e destinati ad anziani, famiglie e associazioni. Le domande
vanno consegnate al Protocollo generale del Comune di Trieste. Per il bando per
l’assegnazione degli orti sociali urbani e tutte le informazioni necessarie è
possibile contattare l’Ufficio relazioni con il pubblico del Comune di Trieste
(sportello via della Procureria 2/A tel. 040.6754850, fax 040.6756060, dal
lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30; lunedì e mercoledì dalle 14.30 alle 17.00)
o connettersi al sito http://www.retecivica.trieste.it/, sezione Bandi e
concorsi di Rete Civica, indirizzo http://bandieconcorsi.comune.trieste.it/ o su
Orti Trieste e sullo spazio Facebook del Comune. I 25 orti sociali urbani di
circa 40 metri quadrati ciascuno saranno assegnati dal Comune ai cittadini
interessati secondo una precisa graduatoria (10 di questi orti saranno destinati
a persone anziane, 13 a famiglie e 2 ad associazioni), che potranno utilizzarli
per 36 mesi. Gli orti però non sono attualmente dotati di collegamento alla rete
idrica né di contenitori per il deposito degli attrezzi. La durata triennale
della concessione prevista sarà conteggiata a partire dal primo gennaio 2014,
proprio allo scopo di consentire a chi ha avuto l’assegnazione di predisporre le
dovute azioni preliminari di preparazione del terreno da coltivare, che potranno
essere svolte dal momento della consegna dell’orto fino al 31 dicembre 2013.
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 agosto 2013
Zaia difende il progetto dell’Alta velocità
«Resta una scelta strategica da realizzare assolutamente». Bocciato il
tracciato “balneare”
TRIESTE Il dibattito sull’Alta velocità/Alta capacità tra Venezia e Trieste
si arricchisce di una nuova voce. Quella del governatore del Veneto Luca Zaia,
tornato a difendere la validità dell’opera pur invitando a dare priorità al
potenziamento delle reti ferroviarie esistenti. «Io ho due pensieri - ha detto
Zaia -. Da un lato vi è la possibilità di aumentare del 60% il traffico sui
binari già esistenti, che non sono utilizzati fino in fondo, che, peraltro con
orario cadenzato potrebbero essere ancora più efficienti; dall'altro lato per
noi la Tav rimane una scelta strategica, perché condividiamo fino in fondo
l'alta velocità e l'alta capacità e, come Veneto, non vogliamo restare fuori da
questa partita, ma sarebbe pressoché impossibile». Ancora più netta la posizione
del leghista sul tracciato da privilegiare per la Tav. «Il migliore, cioè il
meno impattante, più veloce da realizzare e più utile al territorio, è quello
che corre lungo la linea ferroviaria esistente. Sicuramente la via del mare non
è quella che dà queste risposte al territorio». Parlando con giornalisti a
margine di un evento organizzato in provincia di Treviso, Zaia ha inoltre
affrontato il nodo del “matrimonio” tra le finanziarie Friulia e Veneto
Sviluppo, per sfruttare le economie di scala. «Il mio pensiero è che si debba
sempre più pensare ad una vera e propria holding finanziaria delle istituzioni
dell’intero Nordest - ha detto -. Le economie di scala non solo portano
all’aggregazione dei Comuni, ma anche al fatto che le regioni come Veneto,
Friuli Venezia Giulia e Lombardia mettano insieme molte delle partite che
potrebbero diventare strategiche per i territori - ha concluso Zaia -. Il
problema dell’impresa di Udine o Trieste è lo stesso problema dell’impresa di
Treviso o di Verona, e questo è il faro che ci deve indicare la via di una
riorganizzazione». Infine un passaggio sul “caso” grandi navi nel bacino di San
Marco, che riguarda da vicino anche Trieste, interessata ad “ospitare” parte del
traffico crocieristico liberato da Venezia. «Al ministero tutti unanimemente
hanno sostenuto che le navi debbano uscire dal canale della Giudecca e dal
bacino di San Marco - ha detto Zaia -. Bisogna però trovare una navigabilità
alternativa per farle arrivare al porto perché le grandi navi sopra le 40mila
tonnellate devono comunque approdare». «Per noi la navigabilità alternativa - ha
spiegato Zaia - è quella di allargare il canale contorta sant'Angelo che esiste
già e riportare le grandi navi dove comunque vanno normalmente, cioè dove
lavorano 3000 persone, dove ci sono 500milioni di fatturato, dove c'è
occupazione, ovvero la marittima».
IL PICCOLO - SABATO, 10 agosto 2013
Offensiva grillina contro la Tav - Prodani e Rizzetto
in pressing sul governo: «Si potenzi la linea Trieste-Venezia»
TRIESTE Il Movimento Cinquestelle sferra una nuova offensiva contro l’Alta
velocità. Lo fa per voce dei deputati Aris Prodani e Walter Rizzetto, pronti ad
alzare la voce ancora una volta contro l’ipotesi Tav. «Quel progetto faraonico
va abbandonato - attaccano i due parlamentari, autori di una specifica
interrogazione rivolta al ministro Lupi -. Meglio potenziare la linea
ferroviaria Venezia-Trieste». «La realizzazione della Tav è molto difficile sia
per motivi economici sia per l’avversione di numerosi comitati spontanei di
cittadini, di parti consistenti della società civile e di almeno 19 comuni
interessati come quelli di Bagnaria Arsa e Monfalcone. Anche il commissario
straordinario Bortolo Mainardi ha recentemente confermato che è possibile la
quadruplicazione della linea ferroviaria esistente, un progetto a impatto zero e
dal costo stimato di 800 milioni di euro. Molto meno dei 5,7 miliardi di euro
necessari per la Tav, una somma insostenibile per le attuali condizioni
finanziarie del Paese. Il governo Letta e la giunta regionale - affermano i due
deputati M5S - farebbero bene ad ascoltare il commissario straordinario». Meglio
quindi proseguire sulla linea tracciata dal “decreto del Fare” e dagli accordi
con Trenitalia e concentrare gli sforzi per velocizzare le tratte Trieste-
Venezia e Trieste-Milano. Proprio contro quest’ultimo collegamento, però, punta
il dito il friulano Rizzetto. «Grave tagliare fuori Udine dalla rotta con il
capoluogo lombardo. La giunta Serracchiani va avanti senza una logica e senza
ascoltare i cittadini e il territorio».
Scarichi e trivellazioni, mare in pericolo -
Legambiente: «Le foci dei fiumi sono inquinate, sistemi di depurazione
insufficienti in tutta la penisola»
ROMA. Mala depurazione. È questo il malanno del mare italiano, la bestia
nera degli ambientalisti. La verità è che le acque che lambiscono la nostra
penisola possono anche risultare tuttosommato pulite, soprattutto grazie alla
grande capacità depurativa del mare stesso, ma le cose non stanno esattamente
così. Per questo la squadra di esperti al sevizio di Legambiente che a bordo di
Goletta Verde analizza lo stato delle acque ha cambiato da tempo il protocollo
del monitoraggio, concentrandosi sulle foci dei fiumi. «Siamo molto concentrati
sui problemi depurativi - spiega Serena Carpentieri, responsabile Goletta Verde-
molto spesso le foci dei fiumi non sono balneabili ed è proprio lì che andiamo a
fare i nostri prelievi. Perché è da lì che bisogna partire per vedere cosa, alla
fine, arriva nel mare». Arrivata a metà, circa, del suo viaggio lungo le coste
italiane, il primo seppure parziale bilancio della Goletta conferma: tanti i
punti fortemente inquinati. «Rispetto allo scorso anno - continua Carpentieri -
la situazione è in stallo sul fronte della depurazione, un'alta percentuale di
foci risulta altamente inquinata, manca un adeguato controllo degli scarichi
abusivi, come anche un corretto scarico delle acque reflue. E 109 comuni di
località balneari non si sono ancora dotati di fogne o depuratori in grado di
reggere il carico refluo dell'estate». Certo c'è anche qualcosa di positivo
nella gestione dell'ambiente delle zone turistiche, come conferma Legambiente
che non vuole però stilare la classifica delle regioni più brave né dare il
“patentino di balneabilità" a una regione piuttosto che un'altra. «Nonostante la
generale mancanza di fondi - aggiunge Carpentieri - sono tante le buona pratiche
dei comuni. L'ultima ad esempio in Campania, a Sapri, dove è stato firmato un
protocollo d'intesa per abbattere un ex cementificio, a ridosso della statale
18. E verranno buttate giù anche delle palazzine costruite negli anni '80 dalla
camorra». Ma c'è anche un altro problema, anzi una vera e propria "minaccia" che
preoccupa gli ambientalisti e che «incombe su mare e coste italiane»: le
trivellazioni nell'Adriatico. «Il problema - prosegue la responsabile - riguarda
l'Abruzzo, la Puglia, quindi lo Jonio e il canale di Sicilia, dove sono decine i
permessi di ricerca concessi alle società petrolifere. E quand'anche trovassero
l’oro nero ne tirerebbero fuori una quantità pari a 7 settimane di autonomia
energetica». Ne vale la pena? si chiedono gli ambientalisti avvertendo che le
trivellazioni mettono in serio pericolo la salute del mare. Carpentieri insiste
poi su un altro dato «spacciato come positivo dalle lobby petrolifere» riguardo
i posti di lavoro che la ricerca di petrolio creerebbe: «Parlano di 25mila posti
di lavoro, beh abbiamo calcolato che se gli stessi soldi venissero investiti in
energie rinnovabili i posti di lavoro arriverebbero a 250mila». Tornando al
monitoraggio di Goletta, vediamo alcuni dei risultati raccolti finora ricordando
che lo scorso anno Sardegna e Toscana furono le regioni più virtuose con un solo
campione inquinato ogni 433 e 200 km di costa. Scarichi non trattati
adeguatamente e valori di escherichia coli ed enterococchi sopra il limite
consentito dalla normativa: sono le criticità della regione Campania che su 31
punti monitorati ne registra 19 inquinati, spalmati sue tutte e tre le province
costiere, Napoli, Caserta e Salerno. In Veneto.due su undici i punti fortemente
inquinati, entrambi a Rosolina, in provincia di Rovigo (precisamente a Marina di
Caleri e nei pressi della foce dell'Adige) dimostrano la presenza di scarichi
non trattati adeguatamente. In Veneto, Legambiente ha anche assegnato la prima
bandiera nera del 2013 al presidente dell'Autorità portuale di Venezia Paolo
Costa, per i tentativi di ingerenza nelle scelte di pianificazione della città e
per i suoi preoccupanti progetti lo sviluppo del porto del capoluogo. In Emilia
Romagna i tre punti "fuorilegge" riguardano foci di fiumi, a Cervia (Foce Canale
di Cervia), a Riccione (Foce torrente Marano) e a Misano Adriatico (Foce Conca).
In Abruzzo sette punti su nove fuorilegge, sei dei quali "fortemente inquinati"
sulla costa termana e chietina. Anche per Marche, Molise, Puglia, Calabria e
Sicilia le criticità sono concentrate alle foci dei fiumi.
Annalisa D'Aprile
Blog dal veliero sui nostri giornali - la mappa
Partecipare al viaggio di Goletta Verde seguendone gli spostamenti, le
attività, ma anche la vita di bordo nei due mesi che l'imbarcazione impiega per
effettuare il periplo dell'Italia contro i “pirati del mare”. Video, fotogallery,
notizie e curiosità sono presenti quest’anno sulla piattaforma di blogging dei
quotidiani locali del Gruppo l'Espresso-La Repubblica, raggiungibile
all'indirizzo http://golettaverdediariodibordo.blogautore.repubblica.it. Una
collaborazione con Legambiente che consente ai lettori anche di avere un quadro
aggiornato delle analisi delle acque grazie ad una mappa interattiva
costantemente aggiornata.
Orlando rassicura: «In Adriatico solo attività di
ricerca»
Nessuna trivellazione nel Mar Adriatico ma solo attività di ricerca. È
quanto si apprende dalla lettera inviata dal ministro dell'Ambiente, Andrea
Orlando, a Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera
e consigliere PD al comune di Bisceglie, a seguito della sua richiesta di
verifica sull'effettiva possibilità che si svolgessero nuove trivellazioni a
largo delle coste della provincia BAT. Non si tratta, si legge nella lettera, di
«procedimenti finalizzati allo svolgimento di attività di coltivazione dei
giacimenti» che «comportano la perforazione di pozzi» ma di «permessi di
prospezione e ricerca volte all'accertamento della presenza di idrocarburi nel
sottosuolo». L'allarme, lanciato nei mesi scorsi da alcune associazioni
ambientaliste, è stato subito colto dall'esponente democratico che ha chiesto
chiarimenti alle autorità competenti. «Non ci sono - sottolinea Boccia - nè
richieste nè, tantomeno, permessi per nuove trivellazioni nel nostro mare. Cosa
che avrebbe messo seriamente a dura prova la nostra economia locale, votata alla
pesca e al turismo. Per non parlare delle ripercussioni che ci sarebbero state
proprio su pesca e flora marina. Le parole del ministro Orlando ci rassicurano.
Ma continueremo a vigilare sullo sviluppo ecosostenibile del nostro territorio.
IL PICCOLO - VENERDI', 9 agosto 2013
Ferriera, aperta la strada per l’Accordo di programma
Riunito il Tavolo in Regione, avviata la procedura: intesa da riformulare
rispetto a inizio anno dopo l’interesse di Arvedi e il decreto sulla “crisi
complessa”.
Serracchiani: ora massima coesione
«Abbiamo compiuto un primo passo per arrivare all'Accordo di programma sul
futuro della Ferriera. Ci aspetta un percorso complesso, che richiede il massimo
impegno, la collaborazione e la coesione da parte di tutti». Lo ha detto la
presidente della Regione Debora Serracchiani dopo il tavolo sulla Ferriera di
Servola di ieri al quale erano presenti il sindaco di Trieste, il presidente
della Provincia, la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi e i
sindacati. Tutti d’accordo dunque, la definizione della vicenda Ferriera ha
imboccato la strada giusta. La stessa Monassi ha detto di fidarsi della
Serracchiani «sui progetti di sviluppo della portualità». L'Accordo di
programma, rispetto alle ipotesi formulate all'inizio di quest'anno, dovrà
essere completamente rivisto alla luce delle due novità emerse nelle ultime
settimane: l'interesse manifestato dall'imprenditore Giovanni Arvedi e la
dichiarazione di “crisi industriale complessa”. Gli uffici regionali, in stretto
contatto con i ministeri interessati, stanno lavorando per preparare un nuovo
“schema di lavoro”, che sarà approfondito in una prossima riunione del tavolo in
programma verso la fine di settembre. «Abbiamo in mano una carta importante», ha
ribadito la presidente Serracchiani, che era affiancata dall'assessore
all'Ambiente Sara Vito. «Sull’Accordo di programma - ha aggiunto la presidente
della Regione - ci giochiamo il futuro, le prospettive strategiche della città e
della regione. Ci proponiamo di raggiungere un duplice obiettivo: tutelare il
lavoro e nello stesso tempo l'ambiente, la salute dei cittadini». L’Accordo è
particolarmente complesso, perché coinvolge numerosi attori: diversi ministeri,
la Regione e gli enti territoriali, gli imprenditori e i sindacati. Nel corso
dell’incontro è stato sottolineato come nel documento dovranno essere indicati
gli interventi da realizzare, le risorse, “chi fa che cosa” nei tempi stabiliti.
Sono soprattutto tre gli aspetti che dovranno essere definiti nell'Accordo: la
continuazione dell'attività produttiva e quindi dell'occupazione, lo sviluppo
della logistica e della portualità, la messa in sicurezza del sito dal punto di
vista ambientale. Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini e la presidente della
Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, hanno sottolineato nei loro interventi
l’importanza della riunione, con la quale viene avviata la procedura per
arrivare all'Accordo di programma, confermando la condivisione degli obiettivi e
l'impegno di Comune e Provincia. La massima disponibilità è stata garantita
anche dalla presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi, che ha osservato
come «la presenza della presidente Serracchiani ci garantisce sullo sviluppo
della portualità». E ha assicurato che i suoi uffici stanno lavorando
alacremente sulla richiesta di Lucchini di concessione demaniale per quattro
anni. In particolare poi il sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha affermato di
essere soddisfatto per come stanno girando le cose «ma sono prudente, perchè il
problema è complesso». «Ieri - ha aggiunto Cosolini - è stata data
un’accelerazione all’Accordo di programma. Quello che ho notato al tavolo della
Regione mi lascia soddisfatto, perchè tra i presenti non ho visto voci
discordanti. Dobbiamo comunque essere solerti e capaci di affrontare tutte le
questioni che possono portare a una soluzione. Sono molto soddisfatto invece per
il lavoro che l’ingegnere Rosato ha fatto per la città». Anche i sindacati sono
usciti dalla riunione più rinfrancati sul percorso intrapreso. «É evidente - ha
sottolineato Umberto Salvaneschi della Cisl - che si tratta di una questione
complessa. Però ho notato un impegno sincero e fattibile da parte delle
istituzioni. Si va verso la direzione giusta. Purtroppo il tempo è poco da oggi
al momento che Arvedi entra il Ferriera per sei mesi. Comunque ho notato aria
nuova e tanta voglia di fare».
Ferdinando Viola
Interrogazione Pdl: «Quali le reali intenzioni del
gruppo Arvedi?»
Sul futuro della Ferriera i deputati del Pdl, Sandra Savino e Raffaelo
Vignali, quest’ultimo vicepresidente della Commissione parlamentare per le
Attività produttive, hanno “interrogato” i ministeri dello Sviluppo economico e
dell’Ambiente. I due parlamentari chiedono ai ministri di fornire “ogni utile
informazione” sulle reali intenzioni del Gruppo Arvedi in ordine alla
quantificazione dell’investimento per la complessa soluzione dell’impatto
ambientale dello stabilimento sulla salute dei cittadini e dei lavoratori,
compresi i dettagli degli interventi che verranno effettuati all’impianto e il
piano industriale proposto dall’azienda. E ancora “se risultano veritiere le
notizie che vedrebbero, nel periodo dal 31 agosto sino al 15 ottobre, come già
definito per i mesi di luglio e di agosto, il gruppo cremonese continuare a
contribuire direttamente alla prosecuzione dell’attività dello stabilimento”. E
infine i due parlamentari chiedono come, “nell’ambito di una strategia
complessiva per il rilancio della filiera produttiva dell'acciaio, anche a
seguito dell’approvazione in sede di Commissione europea del piano d'azione per
la siderurgia europea, si collochi il destino dello stabilimento Ferriera di
Servola”.
(fe.vi)
Come si può dire “se pol” al rigassificatore di
Trieste? - LA LETTERA DEL GIORNO di Silvano Baldassi
Vorrei contestare un luogo comune che sento spesso ripetere quando si parla
di Trieste e cioè: “Trieste città del no se pol”. Quando sono state proposte
iniziative intelligenti e utili per la città, Trieste non è mai stata la città
del “no se pol”. Tanto per fare qualche esempio recente, nessuno ha protestato
contro l’insediamento di “Pasta Zara” o di altre imprese che hanno portato
lavoro e sviluppo, rispettando ambiente e popolazione e senza danneggiare altre
attività. Si è opposta, a ragion veduta, tutte le volte che si son volute
imporre scelte che non possono non sembrare chiaramente speculative, ma anche
punitive nei confronti della città e della sua popolazione. Come ad esempio il
rigassificatore proposto da Gas Natural, almeno secondo quanto si è potuto
apprendere dagli organi di informazione, dalle relazioni e dalle varie
conferenze. I triestini non sono così sprovveduti da non accorgersi che per gli
impianti di questo tipo previsti in altri siti italiani (Livorno, Porto
Recanati, Falconara, Porto Viro) siano state adottate tutte le misure più
avanzate per la tutela della popolazione, dell’ambiente e delle altre attività
imprenditoriali e cioè: si è scelta la collocazione dell’impianto in mare
aperto, per evitare rischi ambientali e antropici (a 20 km dalla costa), è stato
adottato, per tutti (escluso Porto Viro), lo schema di funzionamento a circuito
chiuso per evitare l’inquinamento marino, si sono stabilite zone di interdizione
alla navigazione, in concomitanza della presenza di nave gasiera, di due e
quattro miglia, per evitare catastrofi in caso di incidenti, e per finire, si
sono scelti impianti di ultima generazione. Per Trieste, invece, si vuol imporre
un impianto collocato in mezzo alle case, condannando così la popolazione a
vivere in costante pericolo (ricordate Viareggio?), è stato scelto lo schema di
funzionamento a circuito aperto, cioè utilizzando l’acqua di mare, perché più
conveniente (?), con conseguente gravissimo (secondo i biologi) inquinamento
marino, non si parla delle zone di interdizione alla navigazione, che in ogni
caso si dovrebbe adottare, le quali, come descritto dagli esperti,
ostacolerebbero pesantemente l’attività portuale, decretando di conseguenza in
modo definitivo la morte del nostro porto, e per finire, l’impianto proposto,
come abbiamo potuto leggere sulle relazioni del TtrT, è ben lontano dall’essere
considerato “di ultima generazione” (ormai si usano le navi gasiere con
rigassificatore incorporato operanti in mare aperto). Da questi confronti, fatti
sulla base delle notizie che giornalmente si possono leggere sui media, non si
può non vedere che per gli altri siti italiani si adottano tutti quegli
accorgimenti atti a dare il massimo di tutela alla popolazione, il massimo di
tutela ambientale ed il minimo ostacolo alle altre attività portuali, mentre per
Trieste si vuol imporre un impianto che dà il minimo di tutela alla popolazione,
nessuna tutela ambientale, il massimo ostacolo alle attività portuali. Come si
può dire “se pol”?
Nei versi di Edvino Ugolini l’urgenza costante della
pace - POESIA
«Acque mosse dal tuo sorriso/ su volti di bimbi/ in affanno per una
carezza/… dal coraggio e dalla tenacia/ di chi per pochi attimi/ nell’eterno
bagliore dell’universo/ ha creduto e lottato». Possiamo ricordare Edvino Ugolini
con le parole che egli scrisse per Vittorio Arrigoni, giovane pacifista ucciso
da un sedicente gruppo jihadista salafita. Pacifista senza risparmio, Edvino era
un poeta con gli occhi diventati grandi dal molto vedere: «Non vorrei più
guardare gli occhi delle madri distrutte/, no mai più, son tutti figli miei/
creature innocenti nate e morte sotto i miei occhi», scriveva. Occhi che hanno
visto occhi di bimbi scrutare e si sono sentiti invasi dalla loro vita e dalla
loro atroce domanda, hanno visto il lutto delle madri e, come madri, hanno visto
nascere e morire, raccolto frutti e rimesso spoglie nella terra, hanno visto
«mani piangere stimmate di amara sofferenza» e mani di bimbo «alzate nel vento a
rapire carezze». Anche le sue grandi mani erano sempre protese nel gesto di una
vicinanza. Non si può parlare di Edvino se non con le sue stesse parole di
poeta, tanto intrinseco al suo essere era il messaggio e tanto solidali nel suo
testo la forma nuda e l’urgenza dei contenuti. I suoi molti libri ne indicano il
percorso (fra cui: Vita e Morte, 1983; Bagliori 2000, Ingl. 2006; Poesie
ribelli, 2001; Intrecci 2003; Poesie sparse 2008, Rum. 2012). Sospinte da una
riflessione religiosa e cosmica, le sue poesie trasmettono il senso di una colpa
universale, alla cui responsabilità tremenda non è possibile sottrarsi. «L’uomo
lascerà ai posteri le sue colpe», scrive, e la condanna assume tono di profezia:
«La ferocia di certi uomini ha trasformato in tizzoni ardenti fratelli e
sorelle. Il nulla che hanno creato ripiomberà su di loro» (Hiroshima). Poeta
della pace, ma anche del dubbio e della meditazione («E non ricordo più il porto
da cui sono partito… »), della tenerezza e della speranza. Perché l’uomo che
prende su di sé la responsabilità della colpa universale prende su di sé anche
il dolore e la volontà del riscatto. Vorrei dirti, Edvino, i versi di una bimba
rumena: «O futuro, fai che tutte le madri e tutti i padri ritornino,/ fai che
questa poesia ritorni da me! ». Ripeteresti, dai luoghi della tua desolata
speranza, la parabola di una tua poesia: «Le orde lasciarono il campo e
svanirono… /Tornarono i bimbi con le loro madri/ e iniziò una nuova primavera».
Non c’è consolazione alla morte, ma la tua vita lascia una traccia di bene; i
bambini ritorneranno col loro «raggiante sorriso», gli occhi «come confetti rosa
donati in un giorno di festa» e tornerà la poesia al cuore degli uomini.
*Università di Trieste-Dipartimento Studi Umanistici presidente Associazione
Poesia e Solidarietà presidente di casa della Letteratura Trieste
di GABRIELLA VALERA GRUBER*
Le sue parole a San Giovanni - il ricordo
Domani, alle 18, intorno al caco sopravvissuto all'olocausto di Nagasaki,
nel parco di San Giovanni (direzione Azienda sanitaria), a tre settimane dalla
scomparsa di Edvino Ugolini si terranno alcune letture, che seguono il ricordo
di Hiroshima e Nagasaki davanti la base nucleare di Aviano. Edvino sarà
idealmente presente con i versi per il disarmo de “La bomba": “Tre giorni e tre
notti dopo.../ Il cielo era tornato sereno sopra Nagasaki/ da Hiroshima notizie
strazianti/ di morti e superstiti / che vagavano arsi vivi come fantasmi / nelle
strade bruciate./ Ma nella settantaduesima ora sbuca/ dal profondo del cielo/ la
sagoma della mietitrice/ che con le sue ali e la sua falce/ depone l'ennesimo
strumento di morte..../ La luce accecante spazza via tutto e tutti.../ Mentre
vola via l'uccello infernale/ verso il suo covo, dove si prepara il trionfo”.
(Nagasaki, 9 agosto 1945)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 agosto 2013
Pesci in pericolo di vita nell’Adriatico “bollente”
La carenza di ossigeno nelle acque calde ha già provocato una moria a
Ravenna Il Golfo di Trieste “sorvegliato speciale”: l’Ogs confida nei temporali
in arrivo
TRIESTE Il caldo eccezionale di questa prima decade d’agosto sta mettendo a
dura prova l’ecosistema del mare Adriatico. Sul litorale fra il delta del Po e
Ravenna migliaia di pesci si sono spiaggiati a causa della carenza di ossigeno
nelle acque troppo calde. Se i temporali previsti per queste ore non dovessero
riuscire a raffreddare la temperatura del mare, l’anossia potrebbe provocare
danni anche in altre parti dell’Adriatico, golfo di Trieste incluso. I problemi
in Alto Adriatico L’Emilia Romagna è con tutta evidenza la zona più colpita dal
riscaldamento del mare: la costa del Ravennate è stata teatro di diversi
fenomeni imprevisti. Il più eclatante è senza dubbio la moria dei pesci. A
partire da lunedì della scorsa settimana, come raccontato dal quotidiano La
Repubblica, cinquanta chilometri di spiaggia sono stati investiti da una marea
di pesci morti. Responsabile la combinazione fra il caldo e il Libeccio: il
vento ha portato a riva le acque anossiche del fondale e ha letteralmente
soffocato gli animali che sono soliti trovare acque più ossigenate proprio
vicino alla spiaggia. A detta della gente del posto non si assisteva a niente di
simile da decenni. Non basta: le temperature alte, il tempo stabile e l’assenza
di mareggiate hanno portato anche allo spiaggiamento di macroalghe sulla
spiaggia di Marina di Ravenna. Il fattore umano Le intemperanze della natura non
sono le uniche a nuocere all’equilibrio dell’Adriatico: ci si mette anche
l’uomo. Le località balneari a nord di Ravenna, già colpite dai fenomeni di cui
sopra, nello scorso fine settimana sono state soggette anche a un divieto di
balneazione: la misura è stata applicata in seguito al rilevamento di
enterococco intestinale in mare, un fenomeno di inquinamento antropico che è
andato ad aggravare un quadro di per sé poco felice. Problema simile anche a
Francavilla (Pescara), dove la balneazione è stata sospesa in seguito a un
incidente che ha provocato uno sversamento di liquami in mare. Il golfo di
Trieste Nel golfo di Trieste non si sono verificati incidenti del genere, ma le
acque sono sotto stretto controllo perché le alte temperature potrebbero
provocare anche qui fenomeni di anossia. La biologa marina e ricercatrice
dell’Ogs di Trieste Paola Del Negro descrive così l’attività di questi giorni:
«Le condizioni sono particolari, siamo prossimi ai massimi, ma non sono
assolute: nel 2000, nel 2003 e nel 2006 abbiamo avuto picchi simili a questi.
Ora però si tratta di vedere quanto durerà questo fenomeno e come si evolverà».
Secondo i controlli effettuati dall’Ogs per il momento non c’è motivo di
allarmarsi: «La concentrazione di ossigeno sta scendendo anche da noi, ma siamo
ancora lontani da condizioni di anossia o ipossia - dice Del Negro -. Può essere
che qualcosa del genere si stia verificando in qualche anfratto della laguna,
laddove non c’è rimescolamento. Fino ad oggi però non abbiamo riscontrato indici
preoccupanti, come ad esempio fioriture fitoplantoniche anomale o l’arrivo di
specie allogene». Temporali “benefici” Il sito di Arpa Friuli Venezia Giulia
prevede possibili precipitazioni proprio in queste ore. Gi esperti sperano che
le piogge scongiurino l’eccessivo riscaldamento del golfo: «Tutto dipende da
come si evolverà il tempo - afferma Del Negro -. Se questo periodo di grande
caldo dovesse perdurare si potrebbe arrivare a un notevole consumo di ossigeno,
con conseguente anossia nelle zone più profonde del bacino. La colonna d’acqua è
infatti riscaldata anche in prossimità del fondo». Il problema non sta tanto
nell’intensità del picco di temperatura, quanto nella sua durata: «Lunedì della
scorsa settimana c’erano stati dei forti temporali ma subito dopo è tornato il
caldo, cosicché il mare non si è raffreddato a sufficienza - dice Del Negro -.
Speriamo che il maltempo in arrivo contribuisca invece ad abbassare la
temperatura di qualche grado».
Giovanni Tomasin
Dalla fioritura anomala di maxialghe all’inquinamento
umano - I CASI PIÙ ECLATANTI
Negli ultimi giorni ai danni provocati dal caldo si sono aggiunti diversi
casi di inquinamento antropico: divieti di balneazione sono stati introdotti sia
a Pescara che a Ravenna a causa di sversamenti pericolosi.
Il litorale di Ravenna è stato colpito nei giorni scorsi da un fenomeno
inconsueto: migliaia di pesci si sono arenati sulla spiaggia a causa della
carenza di ossigeno provocata da una combinazione fra alte temperature e
libeccio.
Tra le possibili conseguenze del gran caldo c’è anche la fioritura improvvisa di
alcuni tipi di alghe. È quello che è già successo in Emilia Romagna. In Friuli
Venezia Giulia, invece, fenomeni del genere sono assenti.
Flotta di navi in campo per impedire l’inquinamento -
LA NOVITÀ
TRIESTE Una flotta di 35 navi entrerà in azione per impedire l’inquinamento
dei mari che circondano la penisola italiana. È questa la rete di pronto
intervento che il ministero dell’Ambiente schiera in difesa dei 7mila 500
chilometri di costa italiana con il nuovo contratto firmato con Castalia, il
consorzio che fornisce il servizio. La rete di unità impegnate nella lotta
all’inquinamento del mare sarà presentata oggi al ministro dell’Ambiente, Andrea
Orlando, e alla stampa con un’esercitazione al largo di Civitavecchia in cui le
navi Tito, Tirreno, Ecogiglio e Ievoleco simuleranno il controllo, l’isolamento
e la raccolta di sostanze pericolose cadute in mare. La flotta antinquinamento
del ministero è formata da 9 navi d’altura e da 26 navi costiere (più diversi
battelli minori e di servizio) collocate nei principali porti italiani, negli
scali a maggiore rischio di inquinamento e in prossimità delle zone di mare più
delicate dal punto di vista ambientale, come le riserve e le aree protette. Le
unità sono dotate delle tecnologie più moderne ed efficaci, come speciali radar
per individuare le macchie di inquinante sulla superficie del mare, algoritmi di
calcolo e modelli di diffusione delle sostanze, dispositivi di assorbimento. Le
unità d’altura, spiega il sito del consorzio Castalia, «sono caratterizzate da
un’elevata capacità di recupero oli ed equipaggiate con attrezzature
tecnologicamente avanzate per l’abbattimento degli inquinanti e per la bonifica
di zone di mare e costiere, per operazioni di fire-fighting e per rimorchiare e
salvare navi sinistrate evitando pericoli di inquinamento». Le unità navali più
piccole «posseggono le medesime potenzialità di risposta delle navi “maggiori”
ma sono specificatamente progettate per operare sottocosta». Tra i compiti della
flotta ci sarà anche la mappatura, la bonifica e il recupero di eventuali
relitti. Il centro di coordinamento della società a Roma funge da contatto tra
il ministero dell’Ambiente e la centrale operativa del comando generale della
Guardia costiera, i cui uomini vigilano costantemente sulla salute delle coste e
dei mari italiani.
(g.t.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 agosto 2013
Rigassificatore, il 2 ottobre la Ue decide - SI CERCA
UN ACCORDO ITALIA-SLOVENIA
In Slovenia si torna a parlare del rigassificatore di Zaule, anche se solo
una decina di giorni fa, nel corso della riunione tra la Commissione Ue e gli
Stati membri dei gruppi di lavoro regionali incaricati di definire i progetti
europei prioritari nel campo dell’energia, Lubiana ha espresso chiaramente il
suo veto al progetto di Gas natural nella baia di Muggia. Sulla questione è
tornata la premier slovena Alenka Bratušek, che ieri a Bled ha avuto un incontro
con il Commissario europeo per l’ambiente, lo sloveno Janez Potocnik. «Insieme
all’Italia stiamo cercando una soluzione che accontenti tutti, e credo che entro
il 2 ottobre la troveremo», ha dichiarato ai cronisti la Bratušek, che ha
confermato come l’Unione europea stia cercando di facilitare un accordo tra Roma
e Lubiana. L’interesse di Bruxelles per una soluzione condivisa è stato ribadito
anche ieri dal commissario Potocnik. Alla domanda se la Slovenia ha fatto la
scelta giusta, lo scorso 24 luglio, quando ha bocciato la lista delle
infrastrutture energetiche prioritarie che comprendeva l’impianto di Muggia, la
premier slovena ha ribadito che di fatto uno solo è il motivo per cui le è
parzialmente dispiaciuto che si sia votato contro, ossia il fatto che
quell’elenco, oltre al progetto di Zaule, comprendeva anche sette progetti
energetici sloveni, dal valore complessivo di 1,2 miliardi di euro. La
Commissione europea dovrebbe prendere una decisione sulla lista delle nuove
infrastrutture energetiche “di interesse comune” - che secondo le nuove regole
potranno beneficiare non solo di fondi Ue, ma anche di tempi ridotti per le
autorizzazioni e la realizzazione - appunto il 2 ottobre, praticamente subito
dopo la pausa estiva. La Slovenia all’ultima riunione tra la Commissione Ue e i
gruppi di lavoro regionali che devono selezionare i progetti energetici “chiave”
per il futuro comunitario, oltre ad aver espresso con estrema chiarezza il suo
veto al progetto di Zaule, non ha accettato nemmeno l’ipotesi di un progetto
alternativo di interesse comune, da installare sempre in Adriatico
Franco Babich
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 agosto 2013
Tav, progetto preliminare all’esame di Regione e Comuni
TRIESTE Un passo avanti nell’iter del progetto dell’Alta velocità e Alta
capacità ferroviaria. Italferr ha infatti avviato per conto di Rete ferroviaria
italiana le procedure di approvazione del progetto preliminare delle tratte
ferroviarie Portogruaro-Ronchi Sud e Ronchi Sud- Trieste del Corridoio V,
provvedendo tra l’altro all’invio dei documenti progettuali ai Comuni
interessati e alla Regione. Lo ha reso noto il Comune di Monfalcone. Entro
settembre dovranno pervenire alla Regione Friuli Venezia Giulia i pareri sulle
integrazioni alla Valutazione d’impatto ambientale del progetto preliminare
presentate dalla stessa Italferr Spa su richiesta della commissione nazionale di
Via, e pervenute alla Regione lo scorso 19 giugno. I documenti sono stati
trasmessi al Comune di Monfalcone il 15 luglio con richiesta di esprimersi entro
trenta giorni. «Ricordiamo - precisa l’assessore comunale all’Ambiente Gualtiero
Pin - che in merito alla Valutazione d’impatto ambientale il Consiglio comunale
si è già espresso nel luglio dello scorso anno. In questi giorni abbiamo fatto
uno sforzo enorme per arrivare al risultato nei tempi richiesti che, come spesso
succede, non possono dirsi ragionevoli, visto che si tratta di elementi che
necessitano di diverse e precise valutazioni. Riteniamo importante però che tali
decisioni non vengano prese sopra la nostra testa, specie in un territorio così
a forte criticità come il nostro». L’opera ferroviaria rientra tra gli
interventi strategici della “legge obiettivo” e la procedura di approvazione
prevede che il progetto preliminare sia approvato dal Cipe, che decide a
maggioranza con il consenso, ai fini dell’intesa sulla localizzazione, dei
presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessate che si
pronunciano, sentiti i Comuni nel cui territorio si realizza l’opera.
In treno a Milano in meno di quattro ore - il risparmio
di tempo - Manovre più veloci a Mestre e taglio di alcune fermate
Serracchiani e Cosolini annunciano il potenziamento del collegamento
ferroviario tra Trieste e il capoluogo lombardo
TRIESTE Il collegamento ferroviario Trieste-Milano dovrebbe finalmente
abbattere il “muro” delle quattro ore ore. Debora Serracchiani e Roberto
Cosolini, la presidente della Regione e il sindaco di Trieste, non si sbottonano
ancora per ventiquattr’ore. Ma confermano che quel collegamento sarà potenziato
con l’attivazione di un nuovo, secondo treno che porterà i passeggeri dal
capoluogo del Friuli Venezia Giulia a quello lombardo, e viceversa. Ebbene, in
attesa che proprio Serracchiani e Cosolini rivelino i dettagli nella conferenza
stampa congiunta convocata per oggi, c’è chi assicura che questo nuovo treno
dovrebbe essere il più... veloce di sempre, considerato che il “Frecciabianca”
che oggi unisce direttamente le due città ci mette attorno alle quattro ore e
venti minuti. I tempi dovrebbero essere accorciati grazie ad alcuni tagli alle
fermate intermedie e all’utilizzo di una motrice bidirezionale necessaria ad
evitare le lunghe manovre di uscita da Venezia Mestre, accorciando così i tempi
di fermata dalla stazione veneta. Se da una parte Alitalia cancella, per tutto
agosto, i collegamenti aerei tra Trieste e Milano, dall’altra arriva dunque il
potenziamento ferroviario delle tratte tra i due capoluoghi. Le basi di tale
potenziamento sarebbero state gettate ancora il 2 maggio quando il “numero uno”
di Trenitalia Mauro Moretti venne a Trieste: il sindaco Cosolini lo fece
incontrare con Generali, Allianz e Confindustria, “affamate” di treni più rapidi
ed efficienti con Milano, trovando immediatamente la sponda e l’aiuto di
Serracchiani. Attualmente il collegamento ferroviario tra Trieste e Milano, così
come quello tra Udine e Roma, è garantito anche dal finanziamento della Regione
che pure quest’anno ha stanziato 2 milioni di euro per confermare le due tratte.
L’apposita delibera, approvata all’inizio di giugno, ha riproposto quanto già
fatto negli ultimi anni dopo che con la Finanziaria 2010 era stata autorizzata
la spesa massima di 3 milioni per avere i collegamenti ferroviari verso le due
principali città italiane. La delibera ha confermato infatti, anche per l’anno
in corso, il proseguimento della convenzione tra la Regione e la divisione
Passeggeri di Trenitalia. Sempre sul versante ferroviario, si registra intanto
un ritocco all’insù delle tariffe per chi viaggia in treno da Trieste a Venezia.
Dopo l’aumento dell’8,5% delle tariffe del trasporto pubblico locale a gennaio,
dall’inizio del mese di agosto la tratta interregionale presenta un piccolo
rincaro: dai 135 euro previsti dall’inizio dell’anno per un abbonamento mensile
si passa agli attuali 136,50 euro per viaggiare un mese in seconda classe. Chi
acquista l’abbonamento trova già, anche sul sito della società ferroviaria, le
tariffe aggiornate. Restano invece gli altri abbonamenti mensili relativi al
trasporto pubblico locale, decisi in questo caso dalla Regione e non da
Trenitalia e che mantengono l’importo deciso all’inizio dell’anno: dal capoluogo
regionale a Portogruaro-Caorle si pagano 95,90 euro al mese mentre da Trieste a
Latisana la tariffa mensile è di 89,95 euro. Lungo la linea alta, il tratto
Pordenone-Udine costa 67,05 euro ogni mese quello da Udine a Trieste 95,90,
sempre per l’abbonamento mensile in seconda classe. Un rincaro sostanzialmente
limitato al collegamento tra i due capoluoghi (e di poco superiore all’1%) che
consente ai viaggiatori del Friuli Venezia Giulia di passarsela tutto sommato
meglio rispetto ad altri utenti. In Emilia Romagna, ad esempio, c’è stato un
rincaro, nell’ordine del 3-4%, anche dei treni che svolgono servizio di
trasporto pubblico locale mentre in Liguria c’è stata la protesta dei pendolari
per il rincaro (da 147,60 a 152 euro) dell’abbonamento mensile per i treni verso
Milano e la Lombardia. Da settembre sono previsti aumenti sostanziosi anche in
Toscana (fino al 20% anche per il trasporto su gomma, in base al reddito) e
altrettanto succederà in Puglia dal prossimo mese con rincari nell’ordine del
7%.
Roberto Urizio
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 agosto 2013
Rischio di moria di pesci e batteri insidiosi
Se questo clima dovesse durare, l’ecosistema marino potrebbe subire
qualche danno
Boom di alghe, meduse e batteri di origine fecale. Sono i rischi cui è
soggetto il mare “bollente” di questi giorni. Ma per l'Istituto nazionale di
Oceanografia e Geosfisica sperimentale (Ogs), per ora i bagnanti possono
sguazzare tranquilli. «Problemi all'ecosistema e sull'uomo possono insorgere
solo se le temperature record del mare si protraggono per un periodo
particolarmente lungo», rassicura la direttrice del dipartimento di Oceanologia
dell'Ogs, Paola Del Negro. Poco importa dunque se, a Trieste e in regione,
l'ondata di caldo (prevista dall'Osmer fino a martedì) può far salire la
colonnina di mercurio scaldando il mare fino a 29 gradi. In un Adriatico negli
ultimi anni sempre più soggetto a forti sbalzi di temperatura, l'ecosistema
tende ad adattarsi al caldo record. I pesci, per esempio, cercano scampo dalla
superficie dell'acqua scendendo in profondità, dove andare a godersi temperature
più fresche, comprese tra i 18 e i 20 gradi. «Ciò non esclude che in futuro
possano presentarsi morie di pesci» ammonisce la direttrice, ribadendo però che
«tutto dipenderà da quanto il caldo record si prolungherà nel tempo». Essendo
l'Adriatico Settentrionale un mare basso, il riscaldamento generale dell'acqua
può comunque favorire l'esplosione di qualche specie di alga e il pullulare
delle tipiche meduse locali, le Rhizostoma pulmo, note ai triestini come Bote
marine. «In questo periodo è probabile che se ne vedano parecchie di diverse
dimensioni – riprende De Negro -, non solo nel Golfo di Trieste, ma anche lungo
la costa di Grado e Lignano. Riconoscerle è facile perché sono bianche e i
bagnanti possono stare tranquilli perché non sono urticanti». Discorso a parte
invece per la balneabilità: potrebbe essere compromessa dal grande caldo e
dunque deve essere continuamente monitorata dagli enti preposti. Particolare
attenzione meritano gli organismi di origine fecale immessi dall'uomo attraverso
gli scarichi delle barche e dei centri abitati. Con le alte temperature
dell'acqua, i batteri di questo tipo (i più comuni sono i coliformi e gli
streptococchi) possono trovare l'habitat ideale per proliferarsi. «Questi
batteri possono risultare patogeni, nel senso che possono provocare patologie e
dunque fare male all'uomo. Da qui i controlli dell'Arpa, che vengono fatti
costantemente e che per ora non hanno dato esiti negativi per la salute
dell'uomo. In tal caso - chiosa la direttrice - la balneazione verrebbe
immediatamente vietata».
Elena Placitelli
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 agosto 2013
Ferriera, al lavoro per definire l’Accordo di programma
- DOPO L’ARRIVO DI ARVEDI
Cosolini: «Bonifiche? Attendo di sapere quanto deciso a Roma»
Lavoro sull’accordo di programma, ulteriori incontri nelle prossime
settimane a livello istituzionale, il via alla definizione da parte dei tecnici
del contratto di affitto ”prova” tra il gruppo Arvedi e la Lucchini: il percorso
finalizzato all’ingresso di Arvedi a Servola è tracciato. E la data del 15
ottobre come subentro “in prova” da parte dell’imprenditore cremonese è stata
confermata. Il commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi, aveva
proposto invece il 31 agosto come data limite. I prossimi due mesi saranno forse
decisivi per la trasformazione dell’impianto di Servola. Dalle istituzioni è
arrivato il via libera e tutta la disponibilità al cambiamento. La settimana
appena trascorsa ha segnato il momento più alto sulla strada dell’accordo: la
visita, mercoledì e giovedì, del cavaliere Giovanni Arvedi, e il vertice al
Ministero presenti i rappresentanti del gruppo Arvedi, il Commissario della
Lucchini e, per la Regione, un gruppo di tecnici accompagnati dal presidente
della Debora Serracchiani e l’assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro.
É stato questo il primo passaggio formale, e fondamentale, in quanto si è
cominciato a mettere nero su bianco sull’Accordo di programma. Sul tavolo sono
state gettate tutte le “priorità” che interessano la Ferriera e prima di tutte
la messa in sicurezza permanente del sito. Su questo aspetto, ha detto Debora
Serracchiani, «si è cominciato ad analizzare la titolarità, gli strumenti e le
risorse necessarie per intervenire in vista di una continuità produttiva della
Ferriera finalmente compatibile con l’ambiente». Percorso non semplice e non
facile: la sua complessità richiederà il coinvolgimento dei ministeri delle
Infrastrutture e dell’Economia «ma soprattutto - ha aggiunto la Serracchiani -
costanza e determinazione da parte di tutti i soggetti». Alle istituzioni,
Giovanni Arvedi chiede in particolare due interventi nell’area da inserire
nell’Accordo di programma: la messa in sicurezza dei terreni e dell’acqua di
falda, e il prolungamento della banchina demaniale davanti alla cokeria. Il
Comune di Trieste farà la sua parte; il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, lo
ha detto a più riprese, è soddisfazione di come si stanno mettendo le cose e
soprattutto del rapporto che si è instaurato con la Regione e dà la massima
disponibilità a collaborare. «Prima però - sottolinea - voglio sapere e
capire molto bene quello che è stato deciso a Roma, sui modi e sui tempi
soprattutto per quanto riguarda le bonifiche».
(fe.vi)
IL PICCOLO - SABATO, 3 agosto 2013
Ferriera-Arvedi: a Roma primo passo per chiudere
l’intesa
Serracchiani dopo il vertice ministeriale: «Ora al lavoro sull’Accordo di
programma». Subentro entro il 15 ottobre
Il primo formale passo verso quell’Accordo di programma che le istituzioni
mirano a definire in tempi molto rapidi per spianare la strada all’ingresso del
Gruppo Arvedi a Servola. L’hanno mosso, ieri a Roma, i ministeri dello Sviluppo
economico e dell’Ambiente - presenti rispettivamente con il sottosegretario
Claudio De Vincenti e il direttore generale Maurizio Pernice -, e la Regione
Friuli Venezia Giulia, con una rappresentanza guidata dalla presidente Debora
Serracchiani, alla presenza del commissario straordinario della Lucchini, Piero
Nardi, e del colosso industriale cremonese con il delegato Francesco Rosato, già
consulente del Comune incaricato di trovare alternative alla Lucchini per lo
stabilimento triestino e ancora prima direttore della Ferriera stessa.
Seguiranno, nelle prossime settimane, altri incontri attraverso i quali prenderà
forma il percorso finalizzato all’ingresso di Arvedi a Servola, inizialmente per
gli annunciati sei mesi di affitto, “prova” per il successivo acquisto
definitivo dell’attività. E periodo durante il quale lo stesso cavalier Giovanni
Arvedi ha annunciato di voler sistemare la questione ambientale. La proposta del
gruppo di Cremona - è emerso - è di subentrare entro il 15 ottobre prossimo.
Come noto, il commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi, aveva
lanciato l’ultimatum con limite il 31 agosto. Cosa accadrà, quindi, nei 45
giorni successivi, sino cioè al 15 ottobre? L’ipotesi è che, proprio come già
definito per i mesi di luglio e di agosto, sia sempre Arvedi a contribuire alla
prosecuzione dell’attività dello stabilimento pagando di tasca propria
l’acquisto delle materie prime. In attesa che i sei mesi d’affitto prendano il
via, posto che la partenza potrebbe avvenire comunque anche prima del 15
ottobre, cioè a settembre, a metà o alla fine del mese. «Una riunione
estremamente importante», così ha definito il vertice romano nel pomeriggio di
ieri Debora Serracchiani, affiancata nella capitale dall’assessore alle
Infrastrutture Mariagrazia Santoro e da tecnici dell’amministrazione regionale.
«Il governo ha risposto con grande prontezza alla richiesta della Regione di
convocare questo tavolo - ha rilevato la governatrice - e sono soddisfatta per
aver ottenuto un primo passaggio formale, decisivo per iniziare a lavorare
sull’Accordo di programma». Nel dettaglio sono stati approfonditi «gli aspetti
dell’impegno di Arvedi in relazione alla priorità della messa in sicurezza
permanente del sito - ha aggiunto la presidente della Regione -, e abbiamo
cominciato ad analizzare la titolarità, gli strumenti e le risorse necessarie
per intervenire in vista di una continuità produttiva della Ferriera finalmente
compatibile con l’ambiente. Naturalmente il percorso iniziato dovrà poi
svilupparsi e la sua complessità richiederà il coinvolgimento dei ministeri
delle Infrastrutture e dell’Economia, ma soprattutto - ha concluso Serracchiani
- costanza e determinazione da parte di tutti i soggetti». «Siamo fiduciosi che
questo primo passo possa contribuire a realizzare in tempi rapidi il progetto
Arvedi sul sito», ha osservato dal canto suo Francesco Rosato. Alle istituzioni,
Arvedi chiede in particolare due interventi - da inserire nell’Accordo di
programma - nell’area: la messa in sicurezza dei terreni e dell’acqua di falda,
e il prolungamento della banchina demaniale davanti alla cokeria. Una volta
informato dell’esito dell’incontro, il sindaco Roberto Cosolini non ha fatto
mistero della propria soddisfazione: «Un bel passo avanti - le parole del primo
cittadino -, ci si è impegnati a definire un cronoprogramma con una tempistica
stringente per gli interessi di tutti. È importante che la soluzione del tema
ambientale sia la base di un’intesa fra le parti. Su partite strategiche per il
futuro della città, quali Ferriera e Porto, il Comune di Trieste trova nel
rapporto con la Regione il passo necessario e si sente davvero capoluogo di
regione, cosa che - la sottolineatura di Cosolini - non accadeva da anni».
Intanto, il coordinatore locale di Fare Ambiente, Giorgio Cecco, interviene così
sulla trattiva Arvedi: «Auspichiamo che prima di qualsiasi decisione sia fatta
chiarezza sugli interventi per la tutela ambientale e la salute pubblica».
Matteo Unterweger
Patuanelli-Menis sulla consulenza a Rosato: «Il Comune
ha buttato via 50mila euro»
Sulla trattativa per il passaggio della Ferriera di Servola al Gruppo
Arvedi, i consiglieri comunali del M5S Stefano Patuanelli e Paolo Menis si
dicono «increduli nell’apprendere che l’ex super consulente del Comune,
Francesco Rosato (nella foto, ndr), sarà parte attiva nel passaggio di
proprietà, dalla parte del Gruppo Arvedi». «Il sindaco - continuano i due M5S -
plaude compiaciuto per l’ottimo lavoro svolto dal consulente. Forse Cosolini
dimentica l’oggetto contrattuale della consulenza, che parlava testualmente di
attività inerenti soprattutto la valutazione di possibili investimenti
alternativi all’attività siderurgica. Ora, o il Gruppo Arvedi ha cambiato
settore industriale, oppure il consulente del Comune ha bussato alla porta
sbagliata, forse perché già sapeva che dietro quella porta era pronta una bella
seggiola comoda». Per il Comune dunque, concludono i due grillini, «la
consapevolezza di aver buttato dalla finestra quasi 50 mila euro per una
consulenza che non ha raggiunto gli obiettivi contrattuali è un fatto grave e da
sottolineare».
Rigassificatore, appello del M5S - CON IL TRIESTINO
BATTISTA
Contro l’impianto interrogazione dei “grillini” a due ministri
«Il Movimento 5 Stelle è pronto a mettere spalle al muro il governo sul
progetto di rigassificatore Gnl a Zaule nel porto di Trieste» recita un
comunicato dei “grillini”. Il gruppo parlamentare al Senato, primo firmatario il
triestino Lorenzo Battista, ha presentato un’interrogazione a risposta orale al
ministro dello Sviluppo economico Zanonato e a quello dell'Ambiente Orlando.
Battista ricostruisce tutte le ultime vicende e gli interventi di varie
istituzioni contro questo progetto e chiede «se i ministri Zanonato e Orlando
alla luce di quanto emerso dalle delibere del Comitato portuale in relazione al
nuovo Piano regolatore del Porto di Trieste e dalle dichiarazioni del
commissario europeo Poto›nik, non ritengano di dover escludere definitivamente
la possibilità di posizionare tale infrastruttura nella località di Zaule».
Battista e gli altri parlamentari del Movimento 5 Stelle chiedono inoltre ai due
ministri se «intendano, in subordine, specificare quale altro sito dell'Alto
Adriatico potrebbe essere preso in considerazione per il posizionamento
dell'impianto».
Normativa sul verde anche per i privati - PRONTO IL
NUOVO REGOLAMENTO
Anche i privati che posseggono giardini e spazi verdi, specie se di pregio,
saranno sottoposti al nuovo Regolamento comunale sul verde “pubblico e privato”,
di cui l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto ha consegnato la bozza
finale alle associazioni ambientaliste di Trieste, affinché esprimano le loro
osservazioni entro la fine del mese. Dopo ulteriori consultazioni, il voto del
Consiglio comunale. «Vogliamo che si arrivi all’approvazione prima di novembre -
afferma Dapretto -, perché l’intenzione è di presentarlo il 21 novembre,
“Giornale nazionale dell’albero”, faremo numerose manifestazioni e anche un
convegno». Dopo aver già chiesto pubblicamente rispetto per i tanti giardini
della città, che troppo spesso subiscono gli attentati di chi rovina, rompe e
sporca (e poi si lamenta del degrado), Dapretto detterà dunque le nuove regole,
che sostanzialmente ampliano la tutela del verde privato, creano i percorsi per
coinvolgere i cittadini nell’affidamento di spazi verdi, nella gestione, nella
sponsorizzazione per collaborare al mantenimento. Ci saranno norme (anche per i
privati che posseggono alberi o alte siepi) relative alle potature, altre che
dettano l’obbligo di tutela del verde di pregio, e indicazioni precise sulla
lotta alle piante infestanti. Il Regolamento è stato redatto da un gruppo di
lavoro del Comune diretto dall’architetto Antonia Merizzi e coordinato
dall’esperto forestale Alfonso Tomè. Le associazioni ambientaliste, dice una
nota del Comune, hanno espresso il loro compiacimento per quanto fatto e
soprattutto «per essere giunti finalmente alla regolamentazione sia del verde
pubblico che di quello privato, infatti il lavoro di profonda revisione del
Regolamento andrà a incidere su diversi aspetti della materia». Parole-chiave:
rispetto, tutela, gestione e manutenzione.
Parte l’iter del Piano paesaggistico
Primi passi verso la stesura del Piano paesaggistico regionale. Nella seduta
di giovedì scorso, la giunta Serracchiani ha infatti avviato operativamente
l’iter del documento chiamato a garantire la governance per lo sviluppo
sostenibile del territorio. L'assessore alla pianificazione territoriale
Mariagrazia Santoro ha proposto un disegno di legge di un unico articolo,
approvato in via preliminare, che introduce le modifiche per disciplinare la
pianificazione paesaggistica. Una norma che definisce l'iter di adozione e di
approvazione del Piano paesaggistico regionale, che comprende, in particolare,
la stipula dell'accordo fra le istituzioni (Regione, ministeri per i Beni
culturali e Ambiente) in accordo con la normativa nazionale, e che si
caratterizzerà per una forte concertazione con gli enti locali. Il ddl introduce
la possibilità di procedere ad una pianificazione «a tappe», per specifici
ambiti territoriali e per categorie di beni paesaggistici. «L'avvio del Piano
paesaggistico avviene in pieno accordo con i ministeri che ne hanno condiviso
contenuti e modalità di attuazione - afferma Santoro -.A fine agosto verrà
siglato il disciplinare delle attività e verranno avviati gli incontri con il
territorio».
Dubbi sulla Capodistria-Divaccia L’opposizione fa
saltare la seduta - COLPO DI SCENA IN PROVINCIA
È finito decisamente in anticipo e un po' in caciara il Consiglio
provinciale che l’altra sera doveva approvare la delibera sulla connessione
ferroviaria Capodistria-Divaccia: l'uscita dall'aula dell'opposizione ha fatto
mancare il numero legale e saltare la seduta. Non cambia però la sostanza
politica: la giunta ha fatto propria la delibera e trasmetterà alla Regione le
forti perplessità che il progetto sloveno desta in materia di impatto
ambientale, sulle acque e sul paesaggio, nel territorio triestino. Cominciamo
dalla polemica. La seduta consigliare era sul punto di cominciare, alle 18,
quando l'opposizione capitanata dal pidiellino Claudio Grizon si è alzata ed è
uscita, portando il numero dei consiglieri da 16 a 11. E arrivederci al numero
legale. La motivazione, spiegata a pieni polmoni da Grizon durante l'uscita
dall'aula e più pacatamente in seguito, è questa: «L'oggetto della delibera
sulla Capodistria-Divaccia sono i dubbi che quel progetto suscita - ha detto il
capogruppo del Pdl -. L'attenzione che la delibera presta al problema delle
acque è frutto del lavoro che l'opposizione ha portato in commissione e che
l'assessore Vittorio Zollia ha accolto. Peccato che poi abbia voluto inviare ai
media un comunicato in cui si anticipava la delibera come fosse già stata
discussa, senza nemmeno citare il contributo dell'opposizione: così facendo si
snobbano l'assemblea e la sua autonomia. Avevamo assicurato il numero legale in
sede di commissione, ma non possiamo tollerare un simile atteggiamento». In
seguito alla chiusura della seduta, constatata a malincuore dal presidente
Maurizio Vidali («Inqualificabile l'atteggiamento di Grizon e dell'opposizione,
sono venuti meno alla parola data», ha commentat, «Quanto accaduto condizionerà
i rapporti tra maggioranza ed opposizione, il dado è tratto e il centrodestra è
avvisato, così la vicepresidente d’aula Maria Monteleone del Pd), la giunta si è
riunita per far proprio il testo. Dice Zollia: «L'opposizione ha voluto fare
questa operazione sul numero legale quando sapevano benissimo che la maggioranza
non poteva garantirlo per giustificati motivi». Da qui la scelta di portare in
giunta la delibera: «La nostra giunta ha sempre ritenuto che, al di là delle
competenze, alcune questioni importanti vadano comunque sottoposte al Consiglio.
In questo caso il nostro statuto stabilisce che si tratta di una competenza di
giunta: di conseguenza la giunta delibererà il medesimo testo, perché i termini
scadono l'8 agosto».
Giovanni Tomasin
IL PICCOLO - VENERDI', 2 agosto 2013
«Quei 32 milioni sono come il Timavo»
Scettico l’ex presidente del porto Claudio Boniciolli sui soldi
(riapparsi) per la piattaforma logistica: «Una barzelletta estiva»
«I 32 milioni sbloccati per la Piattaforma Logistica annunciati da Marina
Monassi? É una barzelletta estiva raccontata da una presidente che tiene
bloccato al Ministero il Piano regolatore del porto e non pubblica i nominativi
di chi ha manifestato interesse per Porto Vecchio. Che credibilità può avere? Si
tratta di una boutade nella calura estiva e uno spot per il ministro del Pdl
Maurizio Lupi». Claudio Boniciolli, “estromesso” dalla presidenza dell’Autorità
portuale due anni e mezzo fa, sostituito proprio da Marina Monassi, giudica con
molta ironia il balletto di quei 32 milioni che da anni appaiono e scompaio nei
bilanci dei vari governi che si sono succeduti. Questi dovrebbero andare a
sommarsi ai 70 milioni che l'Autorità Portuale ha già accantonato e ai 30 che si
prevede arrivino dai privati. Una storia che dura ormai da circa otto anni, come
ricorda lo stesso Boniciolli. «Alla richiesta dell’Autorità portuale da me
presieduta dei 32 milioni - sottolinea - c’era stato allora un impegno da parte
del Comitato costituito dal ministro Altero Matteoli di reperire la somma.
Ercole Incalza, a capo della Struttura tecnica del Ministero delle
infrastrutture, mi aveva assicurato che avrebbe approfondito direttamente la
questione della Piattaforma logistica e che il Cipe poi avrebbe dovuto approvare
la cifra». Da allora questi soldi assomigliano al Timavo, compaiono e
scompaiono. A differenza del tipico fiume che poi arriva al mare, questi soldi
Trieste non li ha mai visti. «E ho molti dubbi che li possa vedere, almeno nel
breve - afferma ancora Boniciolli-. Voglio raccontare un particolare. L’allora
sindaco Dipiazza, all’annuncio del finanziamento, mi ha telefonato e mi ha detto
con molta sincerità: caro Claudio tu sei di centrosinistra, quei 32 milioni non
li vedrai mai. Cosa che poi si è puntualmente verificata nonostante le nostre
pressioni a Roma. Ora una presidente voluta dal ministro Matteoli e da Tondo
cerca di far credere che sono in arrivo». Nell’ultima “apparizione” di quei 32
milioni, alla fine di maggio, Marina Monassi aveva annunciato al Comitato
portuale che lo stanziamento era stato rinviato: il governo, aveva detto la
presidente dell’Autorità portuale, doveva verificare l’impatto che quella somma
poteva avere sul bilancio statale. Solo che il ministro Passera (Governo Monti)
non ne sapeva nulla... «É il caso di prendere atto di questa baraonda - aggiunge
Boniciolli - in cui tutto si svolge nel segreto di alcune stanze, magari con la
presenze di enormi cani... Un casta che non sa come e cosa decidere. E poi
guardiamo alla politica locale. Il sindaco e il presidente della Provincia si
sono mai mossi per sbloccare quel finanziamento? Qui parliamo di fantasmi. Ora
c’è Debora Serracchiani che sembra si stia interessando». La presidente della
Regione nei giorni scorsi aveva riferito di aver chiesto informazioni al
Governo, tra le altre cose, sui finanziamenti per la Piattaforma Logistica e di
essere in attesa di risposta. A questo punto non è chiaro però se la notizia
diffusa dalla Monassi possa essere considerata anche la risposta che si
aspettava la Serracchiani dal ministro Lupi o da quello dell’Economia. «Ripeto -
dice infine Boniciolli -, l’annuncio della Monassi è folklore, una barzelletta
estiva. Dei 32 milioni ne parleremo ancora». Appuntamento alla prossima puntata.
Ferdinando Viola
Monassi a Roma: «Presto i documenti del Prp»
Nella nota assicura che invierà quanto prima lo studio ambientale
integrato relativo alla Via
«L’Autorità Portuale provvederà quanto prima a inviare lo Studio ambientale
integrato relativo alla fase definitiva della procedura di Via integrata Vas,
nonché ogni altro documento necessario a completare l’iter di approvazione del
Piano regolatore del porto». É quanto scrive la presidente dell’Autority Marina
Monassi dopo le polemiche seguite al blocco del Prp al Ministero. Marina Monassi
fa la storia dell’intero iter. «Con decreto del 18.04.2013 a firma del Ministro
dell’Ambiente e del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali - scrive - è
stata sospesa l’efficacia del decreto relativo al progetto presentato dalla
Società Gas Natural Rigassificazione Italia per la realizzazione di un impianto
di rigassificazione a Zaule nel porto di Trieste. La sospensione dell’efficacia
è vigente sino all’individuazione e sottoposizione a valutazione di impatto
ambientale di una localizzazione alternativa all’impianto di rigassificazione
compatibile con i Piano regolatore del porto di Trieste. Il medesimo Decreto
Interministeriale all’art. 2 prevede che la sospensione dell’efficacia cessi
qualora l’Autorità Portuale di Trieste provveda alla rideterminazione delle
previsioni di sviluppo espresse nel Prp rendendole compatibili con l’impianto di
rigassificazione. Il termine assegnato all’Autorità Portuale per decidere sulle
previsioni di sviluppo del porto così come per la Società proponente di
individuare un sito alternativo è di 180 giorni». Monassi ha così istituito una
Commissione al fine di verificare se quanto previsto dall’art. 2 del Decreto
Interministeriale possa trovar attuazione. I risultati raggiunti dalla
Commissione sono stati esposti al Comitato portuale. Il quale «condivide le
valutazioni della Commissione e di mantenere perciò inalterato il Piano
regolatore portuale adottato con Deliberazione del Comitato portuale il 19
maggio del 2009 e di non provvedere alla relativa rideterminazione per renderlo
compatibile con l’impianto di rigassificazione proposto dalla Gas Natural. «È
evidente - aggiunge la Monassi - che le vicende relative all’impianto di
rigassificazione risultano strettamente interconnesse con quelle dell’iter di
approvazione del Prp».
I sindacati ad Arvedi: via libera ma senza tagli
Positivo il giudizio: «Finalmente un imprenditore serio e concreto
Disposti alla cassa integrazione temporanea nella fase di transizione»
Per un imprenditore potente, e per giunta “forestiero”, che bussa energico
alla porta di una città, è più facile, per definizione, scaldare i cuori dei
politici, piuttosto che scongelare quelli dei sindacalisti. Giovanni Arvedi, il
compito più delicato, se l’è tenuto in fondo. Ma la missione l’ha compiuta
eccome, stando per lo meno agli umori che si respiravano nella tarda mattinata
di ieri, proprio negli ambienti sindacali, in coda all’incontro che il cavalier
Arvedi ha avuto a Palazzo Ralli, quartier generale di Confindustria Trieste, con
i vertici di tutte le sigle sindacali rappresentative dentro e fuori la
Ferriera. I quali, mimetizzando almeno un po’ l’entusiasmo diffuso, hanno
comunque - e in particolare la Uil, che ha il suo bel seguito in fabbrica -
voluto infilare subito nel dibattito la loro priorità: “sì” a un’eventuale cassa
integrazione parziale e temporanea nel caso questa servisse a portare lo
stabilimento di Servola al pieno regime evocato da Arvedi (bonifiche del
pregresso e messa in sicurezza delle acque di falda a carico dell’interlocutore
pubblico, raddoppio della banchina di fronte alla cokeria per future attività
portuali e logistiche, riattivazione del secondo altoforno, soluzione definitiva
e credibile dell’inquinamento), ma “no” al sacrificio di nessuno degli attuali
486 operai, cui va garantito il diritto al rientro. E qui le mani sindacali sono
finite di fatto davanti alle stesse rassicurazioni proferite poco prima,
pubblicamente, da Arvedi, che ha ricordato a chi siedeva al tavolo allestito in
Confindustria che lui non ha mai licenziato nessuno perché, nella sua filosofia,
l’uomo viene prima del capitale. «Cos’hanno aspettato (i politici, ndr) a farlo
venire, com’è possibile che ce lo siamo fatti scappare anni fa?»,
s’interrogavano sottovoce, dietro le quinte, delegati di fabbrica, segretari dei
metalmeccanici e confederali, ricordando l’approccio del 2007 col fondatore
dell’impero siderurgico di Cremona, già allora interessato alla Ferriera,
approccio finito poi nel nulla anche perché si era alla vigilia di una tornata
elettorale, le politiche e le regionali del 2008, che molto si giocava sulla
chiusura della Ferriera. «È stato un incontro rilevante, importante», non si è
nascosto, al di là delle battute, il segretario generale triestino della Cgil,
Adriano Sincovich: «Ci troviamo di fronte - ha aggiunto Sincovich - a un
imprenditore di indubbio spessore, capace di richiami valoriali che non si
trovano ogni giorno nelle parole di chi rappresenta una parte datoriale. Abbiamo
poi apprezzato l’estrema chiarezza, nel senso che ha detto sia ciò che può fare
sia ciò che non può fare. E qui l’impegno a garantire l’ambiente e la salute di
lavoratori e cittadini costituisce la sua precondizione ad andare avanti e a
procedere con l’acquisto, è quella che lui saggerà in questi primi sei mesi in
regime d’affitto. Leggiamo questa strategia come un richiamo a un ruolo forte da
parte delle istituzioni, cui ributta in sostanza la palla delle responsabilità.
A questo punto il sindacato dà la massima disponibilità al confronto, che
continuerà sul tavolo regionale che la presidente Serracchiani si è impegnata a
riconvocare ai primi di agosto». «Percepiamo - gli ha fatto eco l’Rsu della
Ferriera nonché segretario Fim-Cisl Umberto Salvaneschi - una ventata di aria
nuova. C’è un imprenditore che viene qui con una proposta seria e concreta sia
per l’attualità che per la prospettiva. È da anni che chiediamo che la Ferriera
sia il fulcro del rilancio cittadino. Ci risponde una persona che, nel
presentarsi, cita l’essere umano al primo posto nella sua scala di valori e
accetta la sfida che da anni è la spada di Damocle: la soluzione del problema
ambientale. Sta adesso nelle istituzioni concretizzare l’opera delle bonifiche
del pregresso e consentire il prolungamento della banchina. Il cavalier Arvedi
ha asserito che non è venuto qui per licenziare nessuno ma abbiamo convenuto che
dovremo cercare di cogestire la messa in opera degli impianti con eventuali
casse integrazioni temporanee». «È una sfida dell’imprenditore ma dev’essere
anche una sfida delle istituzioni e della città», la postilla di Fabio Kanidisek
per la segreteria confederale Cisl, secondo cui «l’elemento di novità è proprio
il riposizionamento al centro della città della questione Ferriera». «Il
progetto teso a coniugare ambiente e industria è ambizioso e ci trova di certo
d’accordo», l’osservazione di Antonio Rodà, segretario Uilm, che ha insistito
sul «saldo occupazione» tra prima e dopo, «che non dovrebbe subire perdite anche
alla luce di qualche periodo di cassa integrazione funzionale al rilancio dello
stabilimento. Lui, d’altronde, ha ripetuto che non ha mai licenziato nessuno».
«Si è visto - la chiusa di Franco Palman, Rsu e delegato confederale Uil -
l’imprenditore di razza, vecchia maniera, dal dna siderurgico. Il piano ci
lascia soddisfatti, perché può dare un altro volto e prospettive di occupazione
non solo al sito ma alla filiera, e non è poco in un momento di crisi come
questo, ma è tutto da costruire, anche nei suoi due punti principali: ambiente e
occupazione. Il fatto che si dà sei mesi vuol dire che se la politica non si
sveglia, e non fa la sua parte con la banchina e la messa in sicurezza della
falda, lui potrebbe anche abbandonare il progetto. Per quanto riguarda le
maestranze, oggi sono 486 e 486 devono restare. Nel percorso di riconversione e
ristrutturazione possono esserci uscite, certo, ma temporanee, con certezza di
rientro. Per questo come Uil proporremo un iter di uscita e rientro a
matricola».
Piero Rauber
Sei mesi in affitto prima dell’acquisto Elettra nella partita
Sei mesi in affitto, decisivi per la soluzione «non a parole ma coi fatti» della questione ambientale attraverso un investimento stimato in «qualche decina di milioni di euro». Poi l’acquisto, con il ripristino della «produzione ai massimi livelli» anche col ritorno in funzione del secondo altoforno, col contestuale controllo di Elettra, per il riutilizzo dei gas come fonte energetica per lo stabilimento, e pure con l’impegno, dati i presupposti, a «cercare di salvare tutti i posti di lavoro». Sono i pilastri del piano industriale, al netto delle competenze del sistema pubblico (di cui riferiamo a parte), presentato da Giovanni Arvedi in questa “due giorni” di incontri a Trieste a cavallo tra luglio e agosto, nel corso della quale l’industriale di Cremona ha rilasciato anche una lunga intervista al “Piccolo”, in edicola ieri.
(pi.ra.)
«Nessuna preclusione a contratti con Sertubi» - LA
VISITA ANCHE ALLO STABILIMENTO CON LE RSU
Salvaneschi (Fim–Cisl) auspica una possibile “rivincita” anche
dell’indotto
Quella di ieri è stata, per Giovanni Arvedi, classe ’37, la seconda e ultima
giornata triestina. Dopo che mercoledì aveva incontrato le istituzioni (padrona
di casa Debora Serracchiani nel palazzo della giunta regionale di piazza Unità),
ieri appunto ha fatto tappa a Palazzo Ralli, sede di Confindustria. All’incontro
coi sindacati - preceduto da un faccia a faccia col presidente degli industriali
Sergio Razeto, di cui riferiamo a parte - ha partecipato per Confindustria
stessa il direttore generale Paolo Battilana. Prima del rientro a Cremona, poco
prima dell’ora di pranzo Arvedi - accompagnato sempre dall’ex direttore dello
stabilimento divenuto consulente del Comune per la questione Ferriera, Francesco
Rosato - si è recato in fabbrica, dove ha incontrato anche le Rsu. «Nessuna
preclusione - ha riferito poi lo stesso Umberto Salvaneschi per la Fit-Cisl - è
stata messa dal presidente Arvedi alla possibilità che in futuro si possa
stipulare un contratto di fornitura a Sertubi», il che alimenta le speranze che
l’arrivo del fondatore del colosso siderurgico cremonese possa dare respiro non
solo a una fabbrica, benché quella con la “F” maiuscola, ma pure a un indotto in
parte già consunto. «Le organizzazioni sindacali - hanno scritto in una nota
congiunta Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Failms - hanno constatato che per la prima
volta si trovano di fronte un imprenditore che intende misurarsi in termini
decisi e chiari con una prospettiva economica e industriale che possa dare un
futuro alle persone occupate». Il placet è poi per «la forte attenzione
manifestata al tema del risanamento ambientale e della tutela della salute dei
lavoratori che vengono dichiarate quali precondizioni» e l’attesa è infine «di
poter proseguire i lavori di confronto nel tavolo regionale già dai prossimi
giorni». Il segretario regionale Ugl Matteo Cernigoi, a proposito delle
operazioni di rifinitura istituzionale, ha dispensato quindi in un’altra nota un
post scriptum: «Sarà opportuno che nel nuovo protocollo d’intesa non si faccia
più menzione di una data di dismissione dello stabilimento, prevista per il
2015». Se non ha più ragione d’essere l’ultimatum del 31 agosto, figuriamoci la
deadline del 2015. Anche la forma, se la sostanza sarà confermata, vuole la sua
parte.
(pi.ra.)
Dipiazza controcorrente: «Servola, un cancro» - LE
REAZIONI NEGATIVE
Savino (Pdl): «Non si contrapponga lavoro e salute». I grillini: «Giochi
sulla testa della gente»
Il tappeto rosso ad Arvedi non lo srotolano né lo tendono proprio tutti.
Ieri in Consiglio regionale, ad esempio, Roberto Dipiazza - tra gli
interlocutori nel 2007, allora come sindaco, dell’industriale lombardo, in una
pseudo-trattativa mai andata in porto - ha ribadito controcorrente il pensiero
che ha da sempre ma che da un po’ di tempo non esprimeva con tanta crudezza.
Intervenendo sulla scelta della giunta Serracchiani di mettere 10 milioni per le
crisi industriali complesse sui 180 milioni della legge anti-crisi, Dipiazza ha
tuonato: «La Ferriera è un cancro, è un inferno dantesco. Andate a vedere lì
quello che c’è. Ora metteremo l’ennesimo tesoretto. Ora arriva Arvedi, ma noi
vogliamo continuare a fare questo? Siete veramente convinti che noi a Trieste
dobbiamo avere questo? Ci siamo incaponiti a voler mantenere lo stabilimento. In
20 anni migliaia di miliardi di vecchie lire sono stati spesi per portare a
questo risultato. Riflettiamo». Più diplomatica, sempre dal fronte
berlusconiano, la parlamentare nonché coordinatrice provinciale Pdl Sandra
Savino: «Ci troviamo di fronte ad un’offerta, quella di Arvedi, che dovrà dare
delle soluzioni, al momento ancora non comunicate, in primo luogo sul piano
dell'inquinamento ambientale a tutela della salute dei cittadini e dei
lavoratori. Come noto sono necessari investimenti e azioni su un impianto che
dista poche centinaia di metri dalle abitazioni. Comune e Regione debbono
impegnarsi ad operare affinché le procedure garantiscano al territorio un futuro
in cui non si contrapponga come in passato il lavoro alla salute, in cui gli
impegni di chi si offre a rilevare l’impianto debbono essere blindati da un
accordo che deve evitare il rischio che le istituzioni, messe in difficoltà
dalla ristrettezza dei tempi imposti dalla Lucchini, ricoprano un ruolo
notarile». Anche il Movimento 5 Stelle non va leggero, anzi si pone a metà tra
Dipiazza e Savino: «Abbiamo assistito a una partita giocata tutta nelle stanze
del potere con l’esclusione dei cittadini, da anni costretti a sopportare i
veleni dell’impianto, e pure dei lavoratori, che non hanno alcuna garanzia di
mantenere il posto», hanno scritto ieri in una nota consiglieri comunali e
regionali e parlamentari grillini, chiedendo «che venga presentato pubblicamente
il piano di Arvedi, anche per toccare con mano l’esasperazione degli abitanti di
Servola e delle associazioni ambientaliste che non credono più alle promesse, ma
pretendono atti concreti».
(pi.ra. e g.s.)
Bonifiche e nuova banchina: le condizioni
dell’industriale
Oggi a Roma il tavolo tra ministeri e enti territoriali per l’Accordo di
programma Razeto (Confindustria): «Doveroso seguirlo, per l’ambiente e in chiave
logistica»
«Mi aspetto e mi auguro che siano veloci come intendiamo esserlo noi». Già
nel primo dei suoi due giorni triestini, rispondendo al Piccolo, Giovanni Arvedi
aveva ballato la danza della prontezza di riflessi. È persuaso che il colosso
industriale che lui ha fondato, e di cui è presidente, i riflessi rapidi li
abbia. È speranzoso che altrettanta virtù riescano a dimostrare le istituzioni.
Territoriali ma non solo. Arvedi - così è emerso dal suo passaggio di ieri
mattina in Confindustria - professa di essere pronto a dare, a investire decine
di milioni in soluzioni ambientali innovative e in mantenimento dei livelli
occupazionali. Ma lascia intuire pure di attendere. Di pretendere di ricevere
qualche cosa in cambio. Non royalties vere e proprie, pare di capire, bensì mere
operazioni di preparazione del “campo”, per potersi sentire in grado di
procedere, dopo sei mesi di affitto, di “prova”, all’acquisto definitivo. Perché
lui non vuole - come ha fatto intendere pure nell’intervista al Piccolo -
passare per l’inquinatore di Cremona che viene a sporcare Trieste. In “prova”, a
loro volta, finiscono così le istituzioni. Alle quali Arvedi chiede di fare due
cose. La prima: occuparsi delle bonifiche fino a ieri (perché da domani ha
promesso che ci pensa lui), il che si sostanzia nella messa in sicurezza dei
terreni e dell’acqua di falda. La seconda: il prolungamento - di fatto il
raddoppio da circa 350 a 700 metri, in direzione Molo VII, quella opposta alla
Piattaforma logistica - della banchina demaniale davanti alla cokeria, per
rendere possibile lo sviluppo futuro delle attività portuali, di logistica, al
di là di quelle industriali. Due richieste che, sotto sotto, possono essere
soddisfatte, sulla carta, con un intervento ampio ma unico, ovvero l’Accordo di
programma auspicato in tempi rapidi dalla stessa governatrice della Regione
Debora Serracchiani dopo l’incontro con Arvedi di mercoledì sera. I due classici
piccioni con una stessa fava. Banalizzando, la messa in sicurezza di un tratto
di costa si fa di prassi col cemento. E pure una banchina si fa col cemento. È
su questo, insomma, che Arvedi sta sollecitando la politica seduta sulle
poltrone istituzionali. Non è un caso che oggi a Roma, al tavolo convocato sul
nodo Lucchini al ministero dello Sviluppo economico, alla presenza del ministero
dell’Ambiente e degli enti territoriali, in primis la Regione rappresentata
dalla Serracchiani, ci sarà già un delegato del potenziale acquirente,
probabilmente Francesco Rosato. E sulla visita triestina piena di propositi
dell’imprenditore lombardo è intervenuto ieri mattina, poco dopo averlo
incontrato in forma privata a margine del confronto coi sindacati, il padrone di
casa a Palazzo Ralli, il presidente di Confindustria Sergio Razeto: «La mia
prima percezione, per così dire di pancia, è molto positiva. Il cavalier Arvedi
ha dimostrato di possedere una visione estremamente lucida, chiara, non
sognatrice. C’è un piano dietro alle sue parole che nasce da concetti valutati.
Credo sia doveroso a questo punto seguire il percorso tracciato, considerate
anche l’importanza data alla sostenibilità ambientale e la necessità di rendere
finalmente più dinamica la zona grazie alla realizzazione di una nuova
banchina».
(pi.ra.)
Cosolini sicuro: «Sarà vera riconversione»
Palman (Uilm): «Va sottolineata stavolta la concretezza messa in campo
dalla Serracchiani»
Quando Roberto Cosolini era assessore regionale al Lavoro di Illy, dal 2003
al 2008, di Ferriera parlava immaginandone, come tutti o quasi, la futura
«riconversione». Il superamento, si traduceva allora, della siderurgia a
Servola. Ora Arvedi propone continuità industriale e occupazionale, a patto però
di riuscire a risolvere, mettendo mano abbondantemente al portafogli, il
problema ecologico. Per questo Cosolini, oggi sindaco, considera l’offerta del
gruppo cremonese comunque una «riconversione». E per giunta resa possibile «con
soldi privati». «È arrivato - sottolinea il primo cittadino - un imprenditore
coi fiocchi, che rappresenta una specie ormai in via d’estinzione, in Italia. Se
le premesse industriali e ambientali sono queste, bisogna che le istituzioni
tutte si spendano al massimo per affiancarlo. Questa, ripeto, è in linea di
principio una riconversione: una riconversione da stabilimento inquinante a
stabilimento non inquinante. E apre nel contempo ampie prospettive di rilancio
con soldi privati appunto». «Si tratta - sibila ancora Cosolini - di uno dei
risultati evidenti del lavoro che il Comune ha portato avanti con l’ingegner
Francesco Rosato. E se penso alle critiche di gennaio non posso che proclamarmi
soddisfatto del risultato». Francesco Rosato, ex direttore dello stabilimento,
era stato ingaggiato in effetti sotto Natale, attraverso una sua società,
proprio come consulente dell’amministrazione Cosolini per andare a caccia di
alternative a Lucchini per la Ferriera. Compenso 47.795 euro per sei mesi di
lavoro. Ben spesi, ridacchia oggi qualcuno che aveva avuto da ridire -
minacciando in certi casi pure una crisi di maggioranza - anche per quel legame
di famiglia che lega lo stesso Rosato al cognato Francesco Russo, senatore del
Pd, il partito del sindaco. Dal fronte sindacale, tuttavia, al momento nessuno
rende grazie esplicitamente al primo cittadino, neanche dopo l’incontro della
mattinata di ieri in Confindustria con l’imprenditore di Cremona. Tutti, prima
di spendere giudizi, aspettano le istituzioni al varco dell’Accordo di programma
che agevoli l’ingresso dello stesso Arvedi. Solo Franco Palman, storica Rsu
della Ferriera in quota Uilm, più che grazie rende merito. Non a Cosolini, ma
alla Serracchiani. «Non sono abituato io a sponsorizzare la politica, ma questa
volta devo dire che bisogna manifestare compiacimento per la concretezza messa
in campo dalla neogovernatrice della Regione».
(pi.ra.)
Un caldo sabato di luglio a Servola, con le finestre
sbarrate - La lettera del giorno di Danila Petronio
Un sabato qualunque di un caldo luglio 2013 (ma potrebbe essere un qualunque
giorno della settimana)... Qualunque per tanti, ma non per noi che abitiamo a
Servola. Infatti, se per la gran parte dei miei concittadini, oggi sarà stato
possibile aprire le finestre, per noi servolani c’è stata la solita sgradita
sorpresa... polvere nera che si attacca alla calamita, (raccoglietene un po’ e
provate) in quantità incredibili, puzze da farti venire il mal di testa e molto
spesso nausea e disturbi cardiaci, una nebbiolina che nulla ha a che fare con il
caldo, bensì con uno dei camini, anzi più di uno, anzi, con tutta la ferriera
ormai ridotta ad un colabrodo. Cokeria, altoforno, agglomerato e via dicendo,
ben visibili ormai da tutta la città, per non parlare delle schiume che
compaiono nello specchio di mare antistante lo stabilimento... sono innocue,
dicono: alghe che “fioriscono”... Ma tanto non importa a nessuno... fra un po’
arriva il “Nuovo”, che trasformerà il rottame in un super-mega stabilimento, da
cui usciranno petali di rose profumati, naturalmente sovvenzionato con i nostri
soldi, come sempre. Sarà un altro “grampa e scampa”? Temo di sì, a Trieste, che
si considera città della scienza, civile e all’avanguardia (?) resterà un
qualcosa che neppure in un ipotetico quinto mondo potrebbe esistere più. I
nostri governanti continueranno a parlare di nuove indagini, nuovi
campionamenti, nuove analisi (come se non ce ne fossero abbastanza a
disposizione) per verificare se l’inquinamento è diminuito o meno, dove e quante
persone colpisce... Sempre con i soliti modi pacati e perbenisti, come prevede
il manuale della politica, quella politica fatta da persone che, se fossero di
parola, dovrebbero dimettersi in massa... Ma ormai abbiamo capito che i marinai
sono molto più credibili in quanto a promesse. Amara riflessione finale: hanno
proibito il fumo anche all’aperto, nelle zone frequentate dai bambini perché
dannoso alla loro salute. Benissimo, poi però permettono che i bambini
continuino a respirare polveri e fumi, altamente tossici e accertato pure
cancerogeni e mutageni, che escono dal “mostro”... Che i mostri siano loro?
DUINO AURISINA - Tav, consiglio in agosto per rimediare
alla gaffe
Il dischetto con le risposte della Regione alle osservazioni del Comune
era andato perso
DUINO AURISINA A sorpresa tutti convocati in aula e pazienza se qualcuno
sarà già in ferie. Dopo sole due settimane dall'ultima assise i consiglieri
comunali saranno costretti a sedersi nuovamente tra gli scranni municipali per
esprimere un parere sulle integrazioni allo studio d'impatto ambientale del
progetto preliminare sull'alta velocità. Eppure, proprio lo scorso 24 luglio,
l'assessore all'Urbanistica Massimo Veronese si era visto costretto a ritirare
tale punto dal programma dei lavori. Come mai? «Materiale non correttamente
pervenuto dalla Regione» era stata l'unanime risposta data dall'assessore, dai
funzionari e pure dal presidente della Seconda commissione, Maurizio Rozza, che
non aveva potuto trattare il tema, quindi congelato. E invece, solo nei giorni
scorsi, si è appreso che sì la prima versione (consegnata al Comune lo scorso 15
giugno) dei rilievi forniti da Rfi in merito alla nuova linea Av/Ac
Venezia-Trieste era risultata illeggibile, ma anche che il proponente aveva
frattanto provveduto a rimandare il dischetto e che la Regione lo aveva
regolarmente spedito il 15 luglio scorso al Comune di Duino Aurisina. Dunque ci
sarebbe stato tutto il tempo (9 giorni) per deliberare, magari aprendo anche un
confronto con la collettività su un argomento così sensibile. Cosa è successo?
Stando a quanto confermato anche dal vicesindaco Veronese il supporto
informatico si è “perso” nei meandri degli uffici. Per un errore, insomma, dal
Protocollo il secondo dvd è finito direttamente all'Ufficio lavori pubblici,
anziché all'Urbanistica. Qualcuno, insomma, ha collegato il plico a un'opera
pubblica. E solo in seguito ci si è accorti che il dischetto era atteso con
urgenza all'Ufficio urbanistica, appunto per essere sottoposto poi alla Seconda
commissione e quindi al vaglio del Consiglio. Del pasticcio, Veronese ha appreso
solo il giorno stesso dell'assise, dunque troppo tardi per trattare l'argomento
in aula, vedendosi così costretto a proporre un rinvio. Ora, dopo un confronto
con gli altri Comuni, in particolare con Monfalcone, e saputo ieri mattina che
la Regione ha concesso una proroga fino a settembre agli enti chiamati a
esprimere un parere, l'amministrazione Kukanja ha deciso di convocare d'urgenza
il Consiglio il prossimo 8 agosto, per valutare le integrazioni di Rfi. «Non
credo ci saranno problemi – ha sottolineato il vicesindaco – poiché finora
maggioranza e opposizione, anche nella passata amministrazione, hanno sempre
espresso valutazioni unanimi e condivise sulla Tav. Certo il tempo a
disposizione era comunque poco, ma sarebbe stato meglio evitare l'errore tra
Protocollo e Lavori pubblici. Ad ogni modo, dopo un confronto col sindaco, si è
deciso di adottare la stessa linea di Monfalcone». La Seconda commissione è
stata già convocata per lunedì e il giorno stesso o al più tardi quello seguente
ci sarà un'assemblea pubblica sul tema per coinvolgere anche i cittadini. Stiamo
valutando la location, che sarà, viste le temperature, all'aperto». Una sede
idonea potrebbe essere l'area attrezzata di Prepotto, ma tutto è ancora da
stabilirsi. Rozza chiede “scusa alla Regione” per averle attribuito l'errore: lo
stesso consigliere, assente il 24 luglio, era all'oscuro del temporaneo
“smarrimento” del dischetto tra uffici. «Comunque il coinvolgimento dei
cittadini è molto importante – conclude -. I pareri che usciranno dai Comuni
saranno sintetizzati dalla Regione che li inoltrerà ai ministeri dell'Ambiente e
del Trasporto, chiamati a valutare la compatibilità del progetto. Non si tratta
di un passaggio banale, poiché già nel 2003 il vecchio progetto sulla Tav era
stato bocciato».
Tiziana Carpinelli
Risparmio energetico arrivano gli ecobonus - Ok del senato
Arrivano gli ecobonus: il decreto che alza gli sconti per le ristrutturazioni e per gli interventi di risparmio energetico è stato approvato definitivamente dal Senato. Prevista la proroga a dicembre dell'innalzamento delle detrazione Irpef dal 36 al 50% delle spese per le ristrutturazioni e la detrazione del 50% delle spese per l'acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.
PD Sonego festeggia il via libera agli ecobonus
«Un provvedimento rilevante per moltissime famiglie nonchè
una boccata d’ossigeno per l’industria». Così il senatore del Pd Lodovico Sonego
definisce le norme di legge approvate dal Parlamento che estendono a mobili e
elettrodomestici i benefici fiscali previsti per le ristrutturazioni edilizie.
Norme che hanno visto Sonego tra i proponenti più attivi.
Fisco - De Monte prende di mira la nuova tassa sui rifiuti
«La Tares è una patrimoniale mascherata che rischia di far
spendere a famiglie e imprese fino al 20% in più». Lo afferma la senatrice Pd
Isabella De Monte, che ha presentato, assieme ad altri senatori democratici, una
mozione che impegna il governo a «modificare il tributo comunale sui rifiuti,
per legarlo all'efficienza del servizio e della raccolta, secondo criteri di
equità».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 agosto 2013
Arvedi: prendo io la Ferriera - «L’ affare si fa
subito. Sei mesi in affitto, poi la compro. Risolverò il problema ambientale»
PRIME STRATEGIE Il nodo ecologico può essere superato in maniera indolore
per tutti. Sono disposto a investire decine di milioni
No. L’ora della Ferriera, quella della fine tanto per capirci, non solo non
sta per arrivare. S’allontana, addirittura. Lo stabilimento - annuncia da
Trieste il cavalier Giovanni Arvedi in persona, che stringe per l’affitto
immediato per sei mesi, nei quali promette di sistemare il problema ambientale,
per poter poi perfezionare l’acquisto vero e proprio - per intanto non chiuderà
il prossimo 31 agosto, così come minacciava l’ultimatum lanciato alla metà di
luglio per asfissia finanziaria dal commissario straordinario di Lucchini Piero
Nardi (“o entra subito Arvedi o tutti a casa”). All’indomani di quel 31 agosto -
e qui lo stesso Arvedi è chiarissimo - non si dovrà più guardare al 2015 come
deadline per la dismissione dell’impianto. Come data di scadenza, benché
scolpita nella testa di politici, sindacalisti, amministratori, lavoratori e
cittadini. Se però la Ferriera non ha da morire - s’impegna l’imprenditore a
capo dell’omonimo colosso siderurgico con quartier generale a Cremona - non
soltanto non dovranno morire di fame le famiglie dei suoi attuali 480
dipendenti. Non dovrebbero morire (più) d’inquinamento neppure, e soprattutto,
le famiglie che hanno casa a Servola e dintorni. Anzi, per il credibile
superamento del nodo ecologico (e, di conseguenza, pure sanitario) Arvedi mette
già sul piatto un investimento da «decine di milioni di euro». Da subito. La
sfida di lunga vita della fabbrica-simbolo di questa città (simbolo nel bene e
nel male, ma nei pensieri e nelle affermazioni pubbliche di chi la lancia
dovrebbe diventarlo nel bene punto e basta) ha proprio l’autografo di Giovanni
Arvedi, in queste ore in città assieme a moglie e staff, accompagnato a sua
volta dall’ingegner Francesco Rosato, già direttore dello stabilimento, poi
consulente del Comune voluto - non senza fibrillazioni politiche nella stessa
maggioranza cittadina di centrosinistra - da Roberto Cosolini per la soluzione
del rebus-Ferriera. Arvedi non ama essere uomo da copertina. In questa
circostanza accetta il confronto, gentile e sorridente, col Piccolo, in un hotel
del centro, perché - dopo essere andato vicino anni fa, nel trapasso Illy-Tondo,
ad aver in mano proprio la Ferriera - vuole far passare forte e nitido il
messaggio che lui, stavolta, è determinato ad andare fino in fondo. E, per
farlo, non ci mette solo il nome. Anche la faccia. Cavalier Arvedi, lei è a
Trieste per incontrare personalmente i vertici delle amministrazioni
territoriali e quelli locali di Confindustria e sindacati. Quale piano
industriale si prospetta per la Ferriera? Un piano nel pieno rispetto delle
persone a tutt’oggi impiegate nello stabilimento. Ci prefiggiamo di riportare,
nel rispetto anche di tutti gli obblighi ecologici, la produzione ai massimi
livelli. L’ultimatum del 31 agosto, insomma, è superato? Sì, entro quella data
dovremmo aver concretizzato la trattativa con l’attuale proprietà per la
gestione dell’area. In quali termini? Conferma la formula di partenza
dell’affitto? Sì, la nostra intenzione è di sottoscrivere un contratto d’affitto
di sei mesi, periodo durante il quale dovremo raggiungere e accertare la piena e
definitiva soluzione del problema dell’inquinamento. Sia chiaro che, alla mia
giovane età, non vengo da Cremona a Trieste per creare, alla fine, dei problemi
al mio “prossimo” triestino. Che intende dire? Che l’uomo può far fronte a tutto
ciò che crea, anche ai problemi che lui stesso ha generato. Se ad esempio ha
creato gli altiforni, può e dev’essere capace di creare il sistema perché questi
altiforni non siano di danno a nessuno. Il problema ecologico può essere risolto
in modo indolore per tutti. Il problema più critico della Ferriera, semmai, è
l’aspetto industriale. Sono i costi di trasformazione delle materie prime,
minerali e carbone, nel prodotto, la ghisa solida. È qui che lo stabilimento si
gioca il futuro. Non sul problema ecologico, ma sui costi di trasformazione. Tra
i costi di trasformazione, di produzione, rientra il costo del lavoro. Intende
comprimerlo, tagliare cioè posti di lavoro? Che messaggio può lanciare ai
lavoratori e ai sindacati, già sull’attenti davanti a un possibile, stando alle
voci di questo periodo, ridimensionamento del 20% dell’attuale occupazione? È un
aspetto da esaminare per bene, questo. Noi contiamo di partire coi due
altiforni, e per farlo dobbiamo impiegare la massima forza possibile in termini
occupazionali. La nostra intenzione è quella di lavorare con la massima serietà
proprio per cercare di salvare i posti di lavoro. Tutti. Ciò potrà essere
perseguito una volta che avremo raggiunto il risultato definitivo del
superamento del problema ambientale. Che, ripeto, è risolvibile. Risolvibile coi
fatti, non solo a parole. Ma a quanto ammonta, a grandi linee, l’investimento
necessario a risolvere una volta per tutte, come sostiene lei, la questione
ambientale? A qualche decina di milioni di euro. È la nostra priorità, in questi
primi sei mesi in regime d’affitto. Dopodiché? Sarà prolungato, magari per un
periodo più lungo, tale regime d’affitto? O intende procedere all’acquisto?
All’acquisto, direttamente. Conferma le indiscrezioni delle ultime settimane in
base alle quali il subentro di Arvedi a Lucchini nella Ferriera sarebbe
possibile anche senza il contestuale controllo della centrale di cogenerazione
di Elettra? No. Elettra è parte integrante del progetto, dello stabilimento in
questione. Sennò i gas dove li mettiamo? Comunque, anche su questo fronte, devo
ammettere che non stiamo trovando grossi ostacoli. Il 2015, da anni indicato
come l’ora della dismissione, è a sua volta superato, pare di capire. Beh sì,
noi sappiamo come fare e cosa fare. Lei è qui per rapportarsi di persona coi
vertici istituzionali del territorio. Cosa si aspetta da loro? Mi aspetto e mi
auguro che siano veloci come intendiamo esserlo noi. Nei giorni scorsi la
presidente della Regione Debora Serracchiani ha parlato della trattativa con il
gruppo che lei rappresenta come di una fase decisiva per trasformare, quella
della Ferriera, in un’area a vocazione plurima. Industriale, portuale,
logistica. C’è posto per l’attività portuale e la logistica nei suoi piani?
Potenzialmente non l’escludo. Certo che se la città si affrettasse a fare la
banchina di fronte alla cokeria, come avevo già chiesto anni addietro, un simile
scenario sarebbe più facilmente percorribile. L’avevo chiesto non per me, ma per
voi. Per Trieste intendo. A proposito di perimetro marittimo triestino. Si è
fatto un’idea, dal di fuori, dei destini non solo portuali di Porto Vecchio, e
pure del faticoso iter di sviluppo dei traffici di Porto Nuovo? Non conosco per
il momento la questione. Come la vede allora lei Trieste, in generale, da
osservatore esterno ma, ormai, coinvolto, interessato? La vedo bella. Mi auguro
però, prima di ogni altra cosa, che accolga con serenità e senza pregiudizi il
lavoro che intendiamo portare avanti qui col massimo della nostra
professionalità.
Piero Rauber
Istituzioni convinte dal piano Ora l’Accordo di
programma
L’industriale illustra in Regione il progetto di rilancio ecologicamente
sostenibile Serracchiani: «Dà speranza in un momento difficile. Ma non si perda
più tempo»
«Credo nelle idee, non nelle cose»: quando Giovanni Arvedi si è seduto al
tavolo della Regione, alcuni dei presenti dicono di aver capito di essersi
trovati davanti un uomo diverso, diverso qui sottinteso in senso positivo. «È un
progetto che ci dà speranza in un momento difficile», così infatti ha rotto il
ghiaccio dei commenti ieri sera, a incontro finito, la presidente della Regione,
Debora Serracchiani. La governatrice ha ascoltato con grandissimo interesse
misto a speranza, appunto, assieme ai vertici degli enti locali, le parole con
cui Arvedi, patron dell’omonimo gruppo siderurgico, ha illustrato la sua
proposta, proposta «che Trieste merita», di prendere in affitto per sei mesi il
sito della Ferriera, e nel frattempo di valutare molto seriamente la possibilità
di acquisirla. Il tutto nell’ottica di investire a Trieste «per rendere - si
legge nel comunicato diffuso nella serata di ieri dalla Regione - ecologicamente
puliti i cicli produttivi, bonificare e depurare completamente suolo, sottosuolo
e acque. Sempre che si convenga sulla necessità di ampliare l’attuale banchina,
anche per possibili utilizzi diversi». «La mia preoccupazione - ancora la
Serracchiani - è la tempistica. Vi è la necessità di arrivare nel giro di
qualche mese all’approvazione di un Accordo di programma che può essere
l’occasione giusta per creare le condizioni affinché tutte le parti in causa,
ovvero la Regione, tutti gli enti territoriali e le istituzioni locali, i
ministeri delle Infrastrutture, dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e del
Lavoro, si assumano le proprie responsabilità». «Questo Accordo di programma -
ha aggiunto la presidente della Regione - può rappresentare la svolta in quanto,
se definita in modo corretto, può contenere al suo interno la visione strategica
disegnata dal Gruppo Arvedi in cui le questioni ambientali sono preminenti».
Ovvero una siderurgia ecologicamente compatibile finchè possibile, senza
licenziamenti, con aumento della produttività e con riduzione dei costi. Per poi
eventualmente essere pronti, una volta risanato il sito e costruita la banchina,
come sottolineato dallo stesso Arvedi, a dedicarsi eventualmente ad altre
attività. La Serracchiani ha quindi assicurato la massima disponibilità della
Regione a confrontarsi sulle valutazioni e sulle analisi già fatte e su quelle
da fare del gruppo Arvedi. «Il 2 agosto (domani, ndr) - ha annunciato la
presidente - è già convocato a Roma il tavolo della Ferriera, presso il
ministero dello Sviluppo economico alla presenza del ministero dell’Ambiente.
«Su Trieste - ha precisato la stessa governatrice del Friuli Venezia Giulia -
c’è un’attenzione vera da parte del Governo perché la Ferriera può diventare un
laboratorio delle crisi industriali complesse. È un’autentica sfida di sviluppo,
un’opportunità da cogliere. Ma è un lavoro che va fatto con una tempistica molto
stringente. L’incontro va considerato senz’altro positivo, poichè vi è un
impegno del Gruppo Arvedi, di puntare a una siderurgia pulita, così come puliti
sono gli stabilimenti del Gruppo a Cremona. Sono previsti investimenti
importanti sia nell’impiantistica che sul sito, permettendo una soluzione
ecologica. Il che rassicura la Regione». All’illustrazione del progetto Arvedi,
nella sede della Regione, accanto alla presidente Serracchiani, accompagnata
dall’assessore Francesco Peroni, erano presenti il sindaco Roberto Cosolini, la
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e il segretario generale
dell’Autorità portuale Walter Sinigaglia.
Un “innovatore” che ha fondato un impero
Giovanni Arvedi, il fondatore dell’omonimo colosso siderurgico, nasce a
Cremona nel ’37 da una famiglia di antica tradizione nel settore della
lavorazione e del commercio dei metalli. Nel 1963 inizia la sua carriera
imprenditoriale fondando le sue prime due aziende, una commerciale (Arvedi
Commercio) ed una produttiva (Ilta), che utilizza le tecnologie più moderne per
la fabbricazione di tubi saldati in acciaio al carbonio, tecnologie che nel 1970
estende alla produzione, allora specialistica, dei tubi in acciaio inossidabile.
La crescita prosegue nel 1973 con la realizzazione a Cremona dell’Acciaieria
Tubificio Arvedi, stabilimento dotato delle tecnologie più avanzate per la
produzione di acciaio e di tubi laminati a caldo, e agli inizi degli anni ’80,
con l’acquisizione dal Gruppo Falck della Celestri. Nel 1984 gli viene conferito
dal Presidente della Repubblica il titolo di Cavaliere del lavoro. Il punto di
svolta che determina un cambiamento di ruolo è del 1992 quando entra in funzione
il rivoluzionario progetto dell’Acciaieria Arvedi a Cremona che utilizza una
tecnologia innovativa, basata su idee originali sorte ed elaborate proprio da
Giovanni Arvedi, per la produzione di laminati piani in acciaio. Negli anni
Arvedi ha fondato e sviluppato varie società operanti nel settore della
laminazione, della produzione e della trasformazione di prodotti siderurgici,
dando lavoro a duemila dipendenti, con un fatturato annuo consolidato di oltre
1.400 milioni di euro.
M5S e Greenpeace contro Fidenato - COLTIVAZIONI OGM -
Pressing sul governo per sanzionare subito l’agricoltore di Vivaro
TRIESTE Il “caso Fidenato” approda sulla scena nazionale. Lo fa in virtù di
due distinte iniziative: un’interrogazione al governo avanzata dai senatori
Cinquestelle da un lato, e un forte richiamo firmato da Greenpeace. Iniziative
distinte, appunto, ma mosse da un comune obiettivo: mettere fine alle
coltivazioni Ogm ed evitare che l’esempio del coltivatore di Vivaro possa essere
seguito in altre parti del Paese. Sul fronte politico 17 senatori del M5S hanno
depositato un'interrogazione ai ministri dell'Ambiente, Andra Orlando, e
dell'Agricoltura, Nunzia Di Girolamo, per chiedere «quali iniziative intendano
assumere per sanzionare l'illegittimità della coltivazione di sementi Ogm, come
avvenuto nel caso della semina a Vivaro. condotta senza l'adozione di adeguate
misure di gestione, anche a protezione dei terreni limitrofi». I parlamentari
chiedono al governo d'intervenire «per assicurare l'applicazione al caso della
semina illegale di Vivaro delle leggi nazionali e europee», ricordando che le
violazioni sono anche punibili con l'arresto da sei mesi a due anni o con
l'ammenda fino a 51.700 euro. Greenpeace, dal canto suo, chiede al governo di
varare subito il decreto Ogm e che i due campi in provincia di Pordenone siano
decontaminati, o «la contaminazione del Mon810 sarà inevitabile». «Il decreto
interministeriale che vieta la coltivazione di mais Ogm in Italia, firmato il 12
luglio scorso, non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale - afferma
l'organizzazione -e, in pratica, non esiste. Bisogna quindi agire d’urgenza».
Acquario ha tenuto: la terra inquinata non è finita in
mare - LA BURRASCA a MUGGIA
MUGGIA «Il sito Acquario è in sicurezza – fa sapere il Comune di Muggia – e
non ha subito danneggiamenti». Il timore era sorto allorché l’imponente
mareggiata alzata dal libeccio che soffiava a 90 chilometri orari si era
abbattuta sulla riviera muggesana nel tratto porto San Rocco-Lazzaretto nel
pomeriggio di lunedì. Un improvviso “muro d’acqua” aveva scosso le recinzioni
che delimitano il terrapieno inquinato, buttandone giù una e facendo temere che
potesse aver ceduto in qualche punto anche la massicciata che protegge
l’interramento. Allertati nella mattinata di ieri, gli uffici di piazza Marconi
hanno svolto un immediato sopralluogo che ha dato esiti confortanti: non c’è
stato alcuno spostamento di elementi inquinanti. L’accertamento era d’uopo in
un’area nella quale sono stati riscontrati quantitativi di ferro, piombo,
cadmio, manganese, mercurio e arsenico ben oltre i limiti di legge, e in cui
permane - in seguito al sequestro giudiziario dell’area - il divieto di accesso.
E col ritorno del bel tempo tutt’intorno, i bagnanti hanno ripopolato il
lungomare a tempo di record. Pericolo scampato anche per gli allevamenti di
mitili presenti nei paraggi e sino all’ex confine con la Slovenia. Le violente
ondate hanno messo a dura prova i vivai posizionati lungo la costa, ma non si è
registrato nessun danno rilevante. A confermarlo è Guido Doz, responsabile
regionale di Agci Agrital (cooperative dei pescatori): «Non chiederemo lo stato
di calamità naturale. Certo, qualche problema c’è stato, perlopiù barili
danneggiati e una leggera perdita di prodotto». Ma, assicura Doz, «gli
allevatori hanno sistemato tutto e si sono rimessi al lavoro in breve tempo».
Per il resto, resta da segnalare soltanto qualche peschereccio malconcio nel
golfo di Trieste. Nulla che possa intimorire un vecchio lupo di mare. Uno
spavento, ma nulla più, è toccato invece al diportista muggesano che stava
prendendo la tintarella sulla sua barca a vela nella rada del Lazzaretto e che
ha atteso troppo tempo per riparare in porto. La sua imbarcazione è stata
spiaggiata dalla burrasca dinanzi al valico del Lazzaretto. Il natante è stato
spinto a riva dalle onde perché l’ ancora non faceva presa nel fondo fangoso.
Arrivata in mezzo metro d’acqua la barca si è adagiata su un fianco e quindi il
proprietario è sceso, un po’ scosso ma incolume, ed è stato aiutato da un paio
di passanti a salire a riva. A parte questo imprevisto, tutti i diportisti da
San bartolomeeo al porto di Muggia hanno seguito con una certa apprensione
l’esito della burrasca: quaranta minuti di caos ma senza danni agli scafi,
finchè si è potuto tirare un sospiro di sollievo. Sono state sospese soltanto
per un paio di giorni le attività di acquagym organizzate dall’associazione
Cuore Amico nella piscina situata all’interno della base logistico addestrativa
del Lazzaretto. Il fermo, decretato in via precauzionale, è già stato sciolto.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 luglio 2013
L’Europa «prende atto del “no” della Regione al
rigassificatore» - LETTERA DI POTOCNIK A SERRACCHIANI
«Mi compiaccio per l’interesse da lei mostrato per la questione e confido
che ciò contribuirà a trovare la soluzione migliore a favore di uno sviluppo
sostenibile». Lo scrive il Commissario europeo all’Ambiente, Janez Potocnik, in
una lettera alla presidente della Regione, Debora Serracchiani, che nei giorni
scorsi aveva espresso alla Commissione europea la ferma contrarietà della
Regione alla realizzazione del rigassificatore nel golfo di Trieste. Il
commissario Ue evidenzia di prendere atto «della contrarietà dell’esecutivo del
Fvg alla realizzazione di un rigassificatore, in quanto incompatibile con il
traffico attuale e futuro del porto». E puntualizza che già «nel 2009 la
Commissione europea ha avviato un’indagine diretta ad accertare la corretta
applicazione delle norme comunitarie con riferimento alla possibile
realizzazione di tali impianti nel golfo di Trieste», e che continuerà a
vigilare. Anche il Segretariato generale della Commissione, a nome del
presidente Barroso, ha comunicato a Serracchiani che il Servizio comunitario
responsabile per l’energia sta esaminando gli aspetti sollevati dalla Regione.
«Riprendiamoci il porto L’Authority è circondata»
L’ex sindaco Dipiazza: «Tutti assieme a Roma a chiedere l’approvazione
del Prg La presidente si renda conto che al governo locale c’è il
centrosinistra»
Cosa fare per il Porto di Trieste? «Sfruttiamo le larghe intese a Roma
finchè ci sono». Le dimissioni di Marina Monassi? «Non sono la priorità. Basta
che lei si renda conto che il centrodestra non è più al governo a livello
locale. Ormai è circondata. Deve imparare a rapportarsi con il centrosinistra».
L’ex sindaco Roberto Dipiazza, presidente mancato dell’Autorità portuale, non si
smentisce neppure ora che siede in Consiglio regionale. La sua politica resta
quella del fare. Pragmatico. Il resto non lo interessa. «Io sono “per”, non
“contro”. Non mi interessa chi è da una parte o dall’altra. E importante fare
per la città», spiega con piglio deciso. «La questione del piano regolare chiede
un chiarimento - aggiunge -. Bisogna attivarsi perché quel piano regolatore vada
avanti. Blocca lo sviluppo della città e del porto. Era sospetta questa mancanza
da parte del governo. Un ritardo da sanare subito». In che modo? Con una gita
nella capitale dice Dipiazza. «Tutti insieme a Roma. La politica insieme con la
presidente del Porto: «Salgano su un aereo e chiedano l’approvazione del piano
regolare entro due mesi. Abbiamo un governo di centrodestra e di centrosinistra:
la cosa si risolve in 10 minuti». La battaglia per rimuovere la Monassi dalla
Torre del Lloyd non gli interessa. «Bloccare non serve a niente. Creare le
contrapposizioni da trincea non porta a nulla, Io dico: si vada a Roma tutti
assieme. Visto che abbiamo un ministro di destra e un ministro di sinistra e
Letta che è un po’ di tutti. Potrebbe essere un momento magico». Un’occasione da
non perdere. Le larghe intese potrebbero tornare utili al Porto di Trieste.
Nessuno ci aveva davvero pensato. Su Porto Vecchio, intanto, piovono le
manifestazioni di interesse per le concessionianche se è ancora in oiedi quella
di Portocittà. Sono 48 in tutto: ci sono gruppi importanti ma anche singoli
professionisti interessanti a una concessione nell’area dimenticata. I nomi sono
trapelati prima ancora di essere inviati ai membri del Comitato portuale:
Regione, Provincia e Comuni di Trieste. «Una casa spiacevole apprenderli dai
mezzi di comunicazione, visto che al Comitato portuale di venerdì scorso non se
n’è fatto neppure cenno», rileva la presidente della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat. Le prime indiscrezioni parlano di due grossi gruppi che, ironia
della sorte, pongono condizioni opposte: uno vuole la sdemanializzazione
dell’area (con la possibilità dell’edilizia abitativa) e l’altro la conferma
integrale del Punto franco. Il primo ruota attorno alla Abb Group (Asea Brown
Boveri), multinazionale con sede centrale in Svizzera, progetta Smart Cities, le
città intelligenti. Per il Porto Vecchio di Trieste propone uno Smart District,
un quartiere intelligente in cui l’elettronica riduca costi ed emissioni e rende
servizi ai cittadini. Tra i partner la Holcim, multinazionale del cemento, con
sede in Svizzera, Venezia Terminal Passeggeri, emanazione dell’Autorità portuale
di Venezia, l’impresa di costruzioni genovese Carena e la cooperativa friulana
Idealservice, aderente a Legacoop. L’area richiesta va dal Molo III compreso
all’Adriaterminal con il bacino antistante e con una serie di magazzini.
Vorrebbero realizzare un piccolo terminal crociere, alberghi, ristoranti, un
centro di alta formazione, servizi per la diportistica. L’altro gruppo, dai
contorni meno definiti, è la Jesa Investiment Holding di Hong Kong, con sede a
Shanghai. Il progetto intende dare attuazione al regime di Porto Franco
esistente con un Duty Free e attività di e-commerce, intrattenimento, un polo
logistico, un centro finanziario off shore. La Jesa, sostanzialmente società di
intermediazione, fa capo a Saro Capozzoli, da 15 anni in Cina e dal 2010
ambasciatore della cultura e dell’Identità del Friuli Venezia Giulia nel mondo.
(fa.do.)
Tripmare, Crismani e Athena pronti a tornare - Porto
Vecchio
A volte ritornano. Tra le 48 manifestazione di interesse per il Porto
Vecchio ci sarebbero anche quelle degli sfrattati da Portocittà. Il fascino
asburgico del Porto Vecchio è indubbio. Anche la nostalgia. E così ecco che
Tripamare, Crismani e la società velica Athena, costretti a liberare le aree per
la mega concessione di Portocittà, sono disponibili a tornare a casa. Come se
nulla fosse successo. Come se il tempo si fosse fermato. Anche la Fincantieri
conferma il suo interesse che aveva manifestato ai soci di Portocittà con il
quale aveva pronta una bozza di accordi. La richiesta di una darsena dove
collocare un bacino per prendersi cura degli yacht e megayacht. Un’attività che
già svolgono all’Arsenale. Un servizio di rimessaggio extracomodo per diportisti
di extralusso.
Bandelli: «Monassi deve dimettersi»
L’offensiva degli esponenti di “Un’Altra Trieste”: «Finalmente Cosolini e
Bassa Poropat si sono svegliati»
«La presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi, deve dimettersi». Non
hanno dubbi i rappresentanti di Un'altra Trieste. Ieri i consiglieri comunali
Franco Bandelli e Alessia Rosolen, assieme al nuovo segretario politico a
livello provinciale, Francesco Cervesi, hanno spiegato i motivi della loro
richiesta, formulata con tono particolarmente deciso. «Il porto di Trieste - ha
detto Bandelli - e'un feudo privato, all'interno del quale il Porto vecchio sta
agonizzando. Il parlamentare del Pd Francesco Russo, che in passato non si era
distinto per attenzione alle vicende dello scalo - ha aggiunto - ora finalmente,
forse in virtù del fatto che la torta che riguarda il porto e' diventata ricca,
ha deciso di esprimersi con chiarezza sul tema, formulando chiare accuse. «Era
ora che ci si rendesse conto che dentro l'Autorità portuale c'è qualcosa che non
funziona - ha incalzato Cervesi - ed era ora che Comune e Provincia, che
rappresentano i cittadini nel Comitato dell'Autorità portuale, cominciassero a
seguire con la massima puntualità le vicende del porto. E' ora poi che si operi
una svolta nella gestione dell'Autorità portuale, che non ha fatto certamente il
bene dello scalo. Abbiamo registrato tante iniziative folkloristiche - ha
ricordato Cervesi - come il tour dentro al porto a bordo di pullman, ma di
concreto non abbiamo visto nulla. Bisogna invece investire, soprattutto sulle
infrastrutture. Auspichiamo che, dopo l'allarme lanciato da Russo, almeno
Cosolini e Bassa Poropat facciano luce su questo vuoto della presidenza - ha
concluso - su questo immobilismo nella conduzione dello scalo. Serve insomma un
cambio». Il malcontento si sta propagando a macchia d’olio. «Se si cominciasse
davvero a indagare sulla gestione dello scalo da parte dell'Autorità portuale -
ha osservato Rosolen - vedremmo delle cose molto preoccupanti. A partire dal
documento, molto povero in realtà, intitolato “avviso esplorativo per
manifestazione di interesse per concessioni demaniali marittime nella
circoscrizione dell'Autorità portuale”, che dovrebbe rappresentare il testo di
partenza per stimolare iniziative imprenditoriali sul porto e invece sembra una
letterina di poco conto. Dieci righette, scritte su carta senza intestazione -
ha rimarcato Rosolen - che evidenziano le modalità di conduzione dell'Autorità
portuale. Ma Cosolini e Bassa Poropat - si e' chiesta - si sono accorti in
questi anni di cosa faceva, o meglio, non faceva Monassi? Era ora ci si
svegliasse - ha concluso - e adesso auspichiamo che chi di dovere faccia le
giuste considerazioni».
Ugo Salvini
Ferriera di Servola, è il giorno di Arvedi - INCONTRO
CON LE ISTITUZIONI
Nel pomeriggio il vertice con il presidente del Gruppo interessato allo
stabilimento
È un giorno decisivo per il futuro dell’area della Ferriera di Servola.
Questo pomeriggio alle 18.30, infatti, in Regione - nella sede di piazza Oberdan
- la governatrice Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini, la
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e il segretario generale
dell’Autorità portuale Walter Sinigaglia (in rappresentanza della presidente
Marina Monassi, assente) incontreranno Giovanni Arvedi, il numero uno del Gruppo
Arvedi. Gruppo da cui, come noto, è giunta una manifestazione di interesse per
lo stabilimento Lucchini di Servola, dopo cui sono state avviate le trattative
in essere. Di questo si parlerà oggi. Domattina alle 9.30, poi, Arvedi sarà
ospite di Confindustria Trieste, appuntamento a cui sono stati invitati anche
sindacati e rappresentati dei lavoratori. E proprio le prospettive di
riconversione della Ferriera sono state approfondite ieri in un incontro che
Serracchiani ha avuto con le segreterie dei sindacati confederali della
provincia di Trieste. Erano presenti Adriano Sincovich (Cgil), Fabio Kandisek
(Cisl) e Claudio Cinti (Uil). Serracchiani ha confermato la volontà di mantenere
un costante rapporto di dialogo e di informazione con le organizzazioni dei
lavoratori, nel percorso che porterà alla definizione di un Accordo di programma
con tutti i soggetti coinvolti, che dovrà adesso tener conto delle novità emerse
nelle ultime settimane: la dichiarazione di crisi industriale complessa e per
l’appunto l’interesse manifestato dal Gruppo Arvedi. «Questi elementi - ha detto
la governatrice - aprono indubbiamente una prospettiva nuova di riconversione
dell’area, rendendo possibile da un lato la continuità produttiva e
occupazionale, con investimenti significativi per abbattere le emissioni,
dall’altro il risanamento ambientale del sito, con la possibilità di nuovi
interventi nel campo logistico-portuale ed anche industriale». Il Tavolo
istituito dalla Regione sulla Ferriera resta, ha ribadito Serracchiani, il punto
di riferimento per la riconversione del sito di Servola e di raccordo fra
istituzioni e parti sociali. Venerdì è in programma sulla questione un incontro
fra la Regione e il sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico,
Claudio De Vincenti.
«Contaminate 121 grotte e 247 sono ostruite ma nessuno
si muove»
L’allarme del presidente degli speleo triestini Furio Premiani: «Pericolo
disastro ambientale, sorde le istituzioni»
«Indignazione, un diffuso allarme, tante buone intenzioni. E a distanza di
tre anni la situazione qual è? La stessa di prima». È «arrabbiato e avvilito»
Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina, «e parlo a
nome di tutti gli esploratori di grotte della provincia». Sono circa un
migliaio, arrabbiati e avviliti. Non riescono a capacitarsi di come, negli
ultimi 60 anni, gli abissi che punteggiano il Carso triestino siano stati
ridotti a immondezzai nell’indifferenza generale. Ma soprattutto si rammaricano
di non riscontrare sensibilità adeguata attorno a un disastro ambientale al
quale – dal loro punto di vista – non si sarebbe mai provato veramente a porre
rimedio. «Noi siamo a disposizione, ma le istituzioni devono darci una mano».
Nel 2010, il Cai XXX Ottobre e Greenaction Transnational resero note le loro
stime: delle quasi 2.700 cavità iscritte a catasto nella regione, 121
risultavano inquinate e 247 ostruite da materiali scaricati abusivamente. «Dati
persino ottimistici: noi avevamo contato almeno 600 grotte contaminate», sospira
Premiani. In realtà, da allora, qualcosa è stato fatto. Nel 1996, una ditta
incaricata dalla Regione iniziò a bonificare il Pozzo dei colombi, vicino
Basovizza, che 20 anni prima era stato riempito fino all’orlo di nafta e
idrocarburi, residui dell’attentato alla Siot. Ma ci si fermò a metà del guado,
per mancanza di fondi. Quindi, gli speleologi svuotarono la “Grotta 1103” e
l’Abisso Plutone: ne uscirono tre automobili e venti motorini, per un volume
totale di 30 metri cubi di immondizia in 120 metri di profondità. E poi c’è il
Comune di Duino Aurisina, che una volta all’anno provvede a “fare le pulizie”
insieme agli speleologi. Ancora troppo poco, anche perché le sostanze tossiche o
l’amianto non si possono rimuovere senza l’intervento di una ditta
specializzata, che ha costi notevoli. «Noi, dal canto nostro, vediamo erodersi
sempre più i contributi che prima ci erogava la Regione, e ora la Provincia: in
cinque anni siamo passati da 62 mila a 30 mila euro». I volontari triestini
riescono a malapena ad acquistare le attrezzature; più di un intervento
all’anno, allo stato attuale, è impensabile. «Ma quello che non capisco – mette
in chiaro Premiani – è perché le istituzioni non ci sfruttano per valutare la
consistenza dell’inquinamento e decidere che fare. Cosa chiediamo? Soltanto un
rimborso per l’equipaggiamento. Ma temo che gli enti vedano tutto questo solo
come una spesa da non accollarsi». L’assessore provinciale all’ambiente,
Vittorio Zollia, dichiara. «Con gli speleologi il dialogo è aperto ed è sempre
stato proficuo. Sia chiaro però – puntualizza – che in questo campo la
competenza è regionale. Negli anni scorsi avevamo avviato un confronto per
mettere a punto un piano di interventi pluriennale, che poi si è arenato».
Davide Ciullo
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 luglio 2013
Pioggia, vento e onde alte: città e golfo nel caos per
40’
Il brusco cambiamento del meteo, benché annunciato, ha sorpreso decine di
barche Disagi per alberi crollati e finestre volate. E dalla Ferriera una nube
ha invaso Servola
Quaranta minuti di caos, paura e danni, con il libeccio che ha soffiato a 90
chilometri all’ora. E la pioggia che si è abbattuta impetuosa su Trieste con le
onde del mare che hanno assaltato le Rive. È stata un’emergenza vera e propria
che ha messo a dura prova i marinai della Capitaneria e i vigili del fuoco. Ma
un’emergenza paradossalmente annunciata da tre giorni, da molteplici bollettini
meteo ma anche normali previsioni e annunci di burrasca. Decine di barche
comunque hanno preso il mare. Ieri pomeriggio, tra le 15.50 e le 16.30, è
successo di tutto. All’improvviso si è alzato il vento e sono volati tavolini e
ombrelloni del Caffè degli specchi in piazza Unità. È poi è stato danneggiato il
palcoscenico di Trieste estate in piazza Verdi. E il vento ha sollevato anche
un’enorme nuvola di carbone dalla Ferriera. La polvere nera ha praticamente
ricoperto in un attimo tutta la zona di Servola arrivando fino a monte San
Pantaleone. E in molti hanno respirato quella roba malsana sollevata dai cumuli
all’interno dello stabilimento e poi spinta dal vento. Come fosse sabbia del
deserto si è infilata dappertutto. In mare è stato il caos. L’allarme rosso è
scattato per l’aliscafo della Trieste lines che stava facendo bunkeraggio
davanti al Molo quarto. All’improvviso le operazioni di rifornimento sono state
prudenzialmente interrotte e vicino all’aliscafo (non c’era a bordo nessun
passegggero, ma solo l’equipaggio) si è posizionato un rimorchiatore che lo ha
protetto. Quindi l’aliscafo è stato trainato fino al molo dove è stato
ormeggiato nella parte ritenuta più sicura, sul retro. E intanto il maltempo
continuava a imperversare. In mare sono stati effettuati dai mezzi della
Capitaneria (ma anche della Squadra nautica dei vigili del fuoco) una dozzina di
soccorsi. Il più impegnativo è stato nella zona di Sistiana dove una deriva con
cinque persone a bordo si è capovolta finendo contro gli scogli. Fortunatamente
i naufraghi sono riusciti a raggiungere a nuoto la terraferma superando onde
alte anche un metro. Ma i timori e la paura hanno raggiunto il culmine davanti
al Cedas. Dove un ragazzo che era andato a fare una nuotata al largo
all’improvviso si è trovato in mezzo alla bufera. I soccorritori (attivati dai
genitori preoccupati) hanno passato al setaccio tutta lo spazio di mare.
Fortunatamente il nuotatore - seppur esausto - è poi arrivato a riva per conto
suo. Salvo. E ancora. Due soccorsi di barche in difficoltà sono stati fatti
davanti a Muggia, all’altezza del Lazzareto. Poi altro intervento davanti a
Canovella de’ Zoppoli. Lì una barca è finita contro gli scogli e un’altra ha
scuffiato ma poi fortunatamente chi era a bordo è riuscito a sistemare
l’assetto. Altri interventi anche all’altezza della Vecchia Diga (danni
ingenti), al Porto Nuovo e anche a San Bartolomeo. Gli uomini della Capitaneria
hanno infine soccorso una deriva che era stata trascinata dal vento a oltre sei
miglia dalla costa. Ingenti, peraltri, i danni alla Diga vecchia. Intanto anche
i vigili del fuoco hanno effettuato decine e decine di interventi per varie
richieste di soccorso. Finestre staccate di netto dai supporti e poi tende
strappate. È stata una vera e propria non-stop. Per oltre mezz’ora praticamente
intasato il centralino della caserma di via d’Alviano. Un albero è caduto lungo
la sede stradale nei pressi della cartiera del Timavo, bloccando il transito.
Altri alberi sono caduti in viale Cacciatore. Le auto danneggiate non si
contano, come per esempio all’altezza del numero 206 della Strada Costiera.
Insomma, un disastro durato 40 minuti. L’ultimo dei tanti bollettini era di ieri
mattina: allarme burrasca. Ma chi lo ha letto?
Corrado Barbacini
Sagrado, i contadini di una volta
Ultimo appuntamento, stasera, con “Sere d’estate sul Carso” tenute
all’azienda agricola Milic di Sagrado: alle 20.30 l’incontro è con il
ricercatore e collezionista Sergio Sergas che intratterrà i presenti con “Le
pratiche contadine di una volta”. Riuscire a trasmettere alle giovani
generazioni il patrimonio conoscitivo e le esperienze sono un dovere prima della
loro totale scomparsa: sarà così un excursus storico, ma anche curiosità
anedottica e di segreti antichi pressoché scomparsi. Infatti, i vecchi saperi
della natura agreste sono andati via via scomparendo con l’urbanizzazione. Nel
corso dell’incontro Sergas li riporterà alla luce attraverso le sue approfondite
indagini. La rassegna è proposta da Aris (Associazione ricerca interventi studi
sull’invecchiamento) e Bioest. La manifestazione prende spunto dalle fiere
paesane, dove si andava per comprare e vendere, ma anche veicolare la
socializzazione per divertirsi e per discutere. Assieme all’Aris, l’azienda
agricola Milic ha messo a disposizione dei propri terreni perché persone
interessate possano coltivare i propri ortaggi, questo in un’ottica di
valorizzazione del territorio. L’accesso a “Sere d’estate sul Carso” è libero e
alla fine è prevista una bicchierata.
Gianni Pistrini
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 luglio 2013
«Porto, molti dubbi sul Piano regolatore» -
L’INTERVISTA »LA PRESIDENTE DELLA REGIONE
Serracchiani: «Mi auguro non ci sia mai qualcuno che pensi di poter
mettere i bastoni fra le ruote al territorio»
L’ASSE CON GLI ENTI LOCALI In campo persone di valore che hanno a cuore Trieste
e vogliono far valere la forza delle istituzioni che rappresentano
il network dei porti adriatici Venezia esprime una posizione di prevalenza e
dunque non vedo alcuna sinergia all’interno del Napa. Così non va
LA TRATTATIVA CON ARVEDI Tutti hanno detto che di fronte a quest’offerta per la
Ferriera non si può non andare avanti. Ma Monassi non ci sarà
LA QUESTIONE PORTO VECCHIO La procedura seguita nella raccolta delle
manifestazioni di interesse per un sito così importante manca di chiarezza e
trasparenza
L’asse Regione-Provincia-Comune, che non vorrebbe più lasciarsi
impressionare dal fare gentile e al tempo stesso risoluto che la lady di ferro
Marina Monassi sa portare in Comitato portuale, ha l’aspetto acqua e sapone di
Debora Serracchiani. Aspetto, però, è pure sinonimo d’apparenza. La sensazione,
in effetti, è che la governatrice subentrata tre mesi fa a Tondo, dopo aver
annusato l’aria che gira in Porto, abbia deciso di rompere gli indugi. Dal
Comitato portuale di venerdì, preceduto guarda caso da un pranzo a tre con
Roberto Cosolini e con la numero uno della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat.
Presidente Serracchiani, allora, l’ha soddisfatta la relazione letta in Comitato
portuale dal direttore tecnico dell’Authority Marcone, che lega lo stallo del
Piano regolatore portuale all’inserimento nella procedura della pratica del
rigassificatore? Mi restano molti dubbi. Ho acquisito le carte, che leggerò
approfonditamente in questi giorni. Se resteranno certe perplessità, o ne
emergeranno altre, chiederò nuove risposte e altri documenti. Come interpreta
l’accelerazione che la presidente Monassi avrebbe voluto imprimere al subentro
dell’Autorità portuale al posto di Portocittà nella titolarità delle opere di
urbanizzazione in Porto Vecchio, accelerazione stoppata anche per la sua presa
di posizione? Non ne ho chiarezza. Sappiamo che forse, forse, ci sarà una
transazione, che si chiuderà, si dice, con la cessione della progettazione delle
urbanizzazioni da parte di Portocittà. Devono ancora essere scoperte le carte,
non ci sono sul tavolo tutte le informazioni necessarie. L’accelerazione, in
parte, la leggo comunque come una conseguenza della sentenza del Tar, che
ricostruisce in modo chiaro quelle che sono le precise opportunità di sviluppo
dell’area. Che peso dà alla quarantina di manifestazioni d’interesse, di cui due
per l’intero comprensorio, che la Monassi, a margine del Comitato, ha riferito
esserci? Nessun peso, finché non le conosco. Devono ancora essere scoperte le
carte, appunto. Stiamo parlando di un’area strategica che rientra in un’ottica
di sviluppo che, a sua volta, sta vedendo Trieste in fase di risveglio. Penso a
Eataly all’ex Magazzino vini, al progetto della scienza al Salone degli incanti
o al raddoppio della Stazione marittima. Quindi è più d’accordo con il sindaco
che con il presidente degli industriali Razeto, secondo cui la città difetta di
grinta. Diciamo che non ce l’ha messa per tanto tempo. Adesso però riscontro una
rinnovata intensità. Per Cosolini la pubblicazione del bando per queste
manifestazioni d’interesse sul sito dell’Authority è poco. Concorda pure qui?
Sì. Se si vogliono fare le cose in modo chiaro e trasparente, riguardo un sito
così importante, mi aspetto che venga data maggiore visibilità. Per il Tar il
Punto franco si sposta con atto prefettizio. Serve però la volontà politica. Che
ha, o non ha, i numeri in Comitato portuale? Più che di numeri da far valere,
sottolineo per ora che ci sono persone che vogliono prendersi la responsabilità
di un indirizzo politico che determini un cambiamento. Al di là della coloritura
politica, al di là del semplice allineamento dei pianeti, credo siano in campo
tre persone di valore, che hanno a cuore il futuro di Trieste e del Friuli
Venezia Giulia e che vogliono far valere la forza delle istituzioni che
rappresentano. Ferriera: c’è vera sintonia sull’arrivo di Arvedi, anche con
l’Autorità portuale? Proprio perché fosse chiaro questo ho promosso un incontro
a quattro col sindaco Cosolini, la presidente della Provincia Bassa Poropat e
pure quella dell’Authority Monassi, con oggetto l’offerta di Arvedi. Ho chiesto
a tutti di accompagnare questo iter delicato e complesso che comporta la
trasformazione in un’area a vocazione plurima, portuale, industriale e
logistica. Tutti, a cominciare dal sindaco, ma anche l’Autorità portuale, hanno
detto con chiarezza che di fronte a quest’offerta non si può non andare avanti.
Nei prossimi giorni sarà a Trieste il presidente Arvedi in persona, che ci
incontrerà. Ho chiesto che sia rappresentata anche l’Autorità portuale, e lo
sarà nella persona del segretario generale Sinigaglia, non la presidente Monassi
che ha un impegno. Piattaforma logistica: dove sono i 32 milioni del Cipe? Ho
scritto una lettera ai ministri di Infrastrutture e Finanze in cui ho chiesto
informazioni e un intervento per sbloccare la vicenda. Ne ho poi parlato con la
Ragioneria dello Stato che mi ha indicato il funzionario che se ne sta occupando
e che a breve mi darà delle risposte. Davvero è il caso di pensare di farsi da
parte dal Napa, il network dei porti dell’Adriatico? Il Napa nasce per mettere
in sinergia dei porti che singolarmente non hanno forza. Ma finora non serve
all’obiettivo. Ha determinato una posizione di prevalenza di Venezia che sta
spingendo verso la realizzazione della piattaforma off-shore, opera non in linea
col principio della sinergia, dispendiosa per il Governo e di cui non ravviso
l’opportunità. Per questo ho chiesto al Comitato portuale di assumere una
posizione critica. Decisiva, invece, resta per lei la collaborazione con
Capodistria, con la realizzazione della bretella ferroviaria. Un collegamento è
assolutamente necessario. Nonostante le diffidenze, specie della Slovenia, che
ho l’impressione che alla fine possano privilegiare il porto di Fiume. È passato
l’ok al Ro-ro a Teseco, ma c’è da mettere mano a un accordo di programma per la
retroarea fermo dal 2005. Ho ritenuto di non votare quella delibera perché la
Regione ha in piedi un contenzioso, benché non direttamente su quelle superfici.
Ho tutta l’intenzione di avviare un percorso per superare tale contenzioso, e
ciò non può prescindere da un nuovo Accordo di programma. Lei e Monassi, prima
che lei diventasse presidente della Regione, manifestavate in pubblico ottimi
rapporti, grande sintonia, come ad esempio quando l’Autorità portuale ospitò qui
una delegazione del suo eurogruppo parlamentare. E adesso? Io sono una persona
molto determinata nel rappresentare al meglio l’istituzione per cui opera, che
fa di tutto per lo sviluppo del territorio di riferimento e che pretende
disponibilità reciproca a chi rappresenta altre istituzioni del territorio. È
ipotizzabile un domani un’azione di forza, se la ritenessero utile, da parte
delle tre istituzioni cui faceva riferimento? Tipo sfiduciare la presidente
dell’Autorità portuale, come espresso dal senatore Pd Russo che ne ha chiesto le
dimissioni, o andare a Roma a chiederne il commissariamento? Sto rappresentando
la Regione in Comitato portuale con l’obiettivo che si prendano le migliori
decisioni per il bene di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Mi adopererò
chiedendo sempre tempi rapidi e trasparenza e starò attenta che tutto questo
avvenga. Se un giorno poi dovesse accadere che non c’è più sintonia allora dirò
la mia e chiederò, nei limiti del mio ruolo, che si prendano determinate
decisioni. Per esempio? Intanto lavoriamo. Mi auguro non ci sia mai qualcuno che
pensi di poter mettere i bastoni fra le ruote al territorio, che viene prima di
tutto e per l’interesse del quale io voglio adoperarmi. Rigassificatore,
capitolo chiuso o si può ancora rilanciare un impianto off-shore in mezzo al
Golfo? Tra poche settimane inizierà il lavoro per quello di Livorno, a venti
chilometri dal Porto e con distanze di sicurezza per le navi di due miglia
marine. Di fronte a un Porto, come quello di Trieste, che lavora per
incrementare i suoi traffici, mi pare incompatibile. Incompatibile un qualunque
tipo di rigassificatore? Sì. In Regione è arrivata finalmente la bozza per il
Piano regolatore portuale di Monfalcone. Era ora. Lì ravviso una difficoltà di
governance. Attorno a un tavolo si raccolgono dieci soggetti, cinque nazionali e
altrettanti locali, che dicono la loro. Il che rende molto complicato
raggiungere soluzioni condivise.
Piero Rauber
IL PICCOLO - DOMENICA, 28 luglio 2013
«Non siamo i notai del Comitato portuale»
Cosolini e Bassa Poropat sull’asse anti-Monassi. Il ministero ribatte
all’Authority: «Prg, siamo in attesa da primavera 2012 della stesura definitiva»
LA PRESIDENTE PROVINCIALE «Non è il luogo dove si ratificano decisioni, ma dove
si discute». E il sindaco: «Non si va lì a fare gli yes man, o le yes woman»
IL DEPUTATO PD ETTORE ROSATO «Mi sarebbe piaciuto che l’Authority si fosse
occupata di più dell’iter del Piano. Sembra quasi non sia un problema loro»
«Non si va in Comitato portuale a fare gli yes man, o le yes woman», sibila
Roberto Cosolini all’indomani della seduta in cui è nato l’asse anti-Monassi tra
Regione, Provincia e Comune. «Il Comitato non è il luogo dove si ratificano le
decisioni della presidente, ma dove si sviluppano dibattito e mediazione», fa
eco al sindaco la numero uno della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. “Non
stiamo mica qui a pettinare le bambole”, insomma. Tradotto, ma senza ironie:
“Non siamo i notai di Marina Monassi”. Sarà musica per le orecchie di Claudio
Boniciolli, il predecessore della Monassi che per mesi è andato predicando «il
centrosinistra alzi la voce in Comitato portuale», o «Cosolini si muova». Sarà
per la risposta scritta che il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha dato
giovedì all’interrogazione del senatore Francesco Russo. Anzi ieri è arrivata
dal Ministero una precisazione alla replica dell’Authority che dice che «esiste
allo stato solo un parere preliminare e obbligatorio sul Piano regolatore
portuale. Siamo in attesa dalla primavera del 2012 della stesura definitiva del
Piano/progetto, dello studio di impatto ambientale integrato con gli elementi di
Piano, infatti è una procedura di Via/Vas congiunte. Una volta presentato ci
sarà l’avvio vero e proprio della valutazione del Prp con annessa consultazione
transfrontaliera con la Slovenia». Sarà per la recentissima presa della Regione
di Debora Serracchiani, tale da motivare Cosolini e Bassa Poropat per effetto di
un riallineamento dei pianeti con il pianeta più grande. Fatto sta che da
venerdì qualcosa è cambiato. Non nelle posizioni su Porto Vecchio e punti
franchi, perché quelle sono sempre state chiare. Ma sulle possibili prove di
forza da qui in avanti, tra le istituzioni locali e l’Authority in Comitato
portuale, questo sì. «Com’era il clima ieri (venerdì, ndr)? L’aria condizionata
non andava tanto, forse per la spending review», svicola Roberto Cosolini prima
di attaccare: «Non si va in Comitato portuale a fare gli yes man, o le yes
woman, non siamo lì per caso ma rappresentiamo enti che concorrono al processo
di nomina del presidente dell’Authority». Nomina. Non casuale: «Il fatto che ci
sia una posizione sempre più unitaria tra le istituzioni elettive è un valore
per il Porto, come è un valore l’attenzione della Regione, mancata per cinque
anni». «C’è sempre stata - aggiunge dal canto suo Maria Teresa Bassa Poropat -
la sensazione di una gestione per così dire autonoma del vertice dell’Autorità
portuale. La risposta del ministro Orlando al senatore Russo è stata la goccia
che ha fatto traboccare il bicchiere». «Mi sarebbe piaciuto - interviene il
deputato Pd Ettore Rosato - al di là delle spiegazioni, che mi aspetto siano più
sostanziali che formali, che l’Authority si fosse occupata di più di far
procedere l’iter del Prp, che si fosse assunta la responsabilità di fare più
pressioni dove servivano. Sembra quasi non sia un problema loro». Concorda poi
con Cosolini, Rosato, sul «generico avviso» pubblicato sul sito dell’Autorità
portuale per le nuove manifestazioni d’interesse per Porto Vecchio: «Il sindaco
ha ragione. Un lavoro di minima evidenza, volto a interagire con qualche
soggetto che già se l’immaginava».
Piero Rauber
Il terminal di Venezia pronto a intervenire in Porto
vecchio
L’a.d. Perocchio indica i tre possibili indirizzi d’azione: residenziale,
nautica, banchina “di nicchia” per maxi-yacht
Strategia tout azimut, avrebbe detto il generale de Gaulle. E così nella
strategia di Venezia Terminal Passeggeri (Vtp), che spazia dall’Adriatico allo
Jonio fino al Tirreno, c’è un capitolo esplicitamente dedicato al triestino
Porto vecchio. Uno dei due amministratori delegati del terminal crocieristico
lagunare, Roberto Perocchio lo dice a chiarissime lettere: «Massima attenzione
agli sviluppi della vicenda giuridica ed economica che riguarda un’area, quella
del Porto vecchio, che noi consideriamo una risorsa di livello europeo. Al
momento siamo osservatori che seguono gli accadimenti triestini accanto a
compagni di strada, con i quali in futuro si potrebbe fare qualcosa di
concreto». In questa fase il manager di Vtp non può fare i nomi dei «compagni di
strada», ma alcune idee-forza, sulle quali costruire un possibile progetto, già
navigano lungo le coste nord-adriatiche: «A titolo ancora generico stiamo
pensando a tre prospettive: residenziale, nautica turistica, banchina “di
nicchia” per lo yachting di grandi dimensioni». «A noi spiace - puntualizza
ancora Perocchio - che il tentativo di Maltauro sia finito come è finito a causa
del prolungarsi della crisi economica, ma, per dare un senso a Porto vecchio,
proprio la crisi diventa pretesto e opportunità per risolvere nodi da troppo
tempo insoluti». Ma secondo indiscrezioni, Vtp sarebbe dentro l’affaire come uno
dei quaranta soggetti che avrebbe presentato un’offerta per Porto vecchio. Nel
2012 Vtp ha gestito a Venezia un movimento passeggeri di un milione 800 mila
unità, cifra considerevole che colloca Venezia al secondo posto nella
graduatoria nazionale (dopo Civitavecchia) e che dovrebbe confermarsi nel corso
dell’anno corrente. Ma ormai i 3,5 chilometri di banchina disponibile sono
interamente sfruttati e le polemiche sul transito delle grandi navi da crociera
in centro non giovano all’atmosfera (anche se sono allo studio due ipotesi per
limitare l’impatto sul delicato ecosistema lagunare). Ecco perchè cercare nuovi
approdi e ampliare il business non sono optional: in Adriatico Vtp è presente a
Ravenna e ha vinto la gara per riqualificare il terminal di Brindisi, sulla
costa orientale dialoga con Pola, ha presentato una manifestazione di interesse
per risistemare Zara, tratta con Ragusa. Senza contare gli “sbarchi”
jonico-tirrenici a Catania e a Cagliari. La società veneziana ha appena nominato
la plancia di comando, confermando alla presidenza Sandro Trevisanato e
accostando a Perocchio, in qualità di amministratore delegato competente per
l’area finanziaria, Michele Cazzanti. Vtp è controllata al 53% da una holding
pubblica partecipata dall’Autorità portuale veneziana e da Veneto Sviluppo,
finanziaria della Regione Veneto. Segue col 20% un pool di operatori privati
associati nella Finpax, mentre Save, concessionaria del sistema aeroportuale
Venezia-Treviso nonchè candidata a gestire Ronchi dei Legionari, detiene una
quota del 17%. La Camera di commercio lagunare sventola infine la bandierina del
2,5%.
Massimo Greco
IL PICCOLO - SABATO, 27 luglio 2013
Asse Comune-Regione contro la linea Monassi
Cosolini e Serracchiani, d’intesa con Bassa Poropat, inducono l’Authority
a rallentare su Porto Vecchio e chiedono «chiarezza» sul Piano regolatore
Un passo alla volta su Porto Vecchio. E «chiarezza» sulla questione Piano
regolatore del porto. L’asse di centrosinistra Serracchiani - Cosolini - Bassa
Poropat, trainato a onor del vero (e forse anche per questioni di “gerarchia”
istituzionale) dalla presidente della Regione ha dato battaglia, ieri, al tavolo
del Comitato portuale. Battaglia, sempre entro i confini della correttezza, con
avversario unico: la Signora del Porto di Trieste, Marina Monassi. Una
strategia, raccontano i rumors del mondo politico locale, definita da un
incontro preliminare fra il sindaco e le presidenti di Regione e Provincia.
Pianificazione inedita, ancorché evidentemente ritenuta urgente e necessaria.
Così, su Porto Vecchio, la delibera che avrebbe dovuto battezzare il subentro
dell’Authority al posto di Portocittà come soggetto titolare della realizzazione
delle opere di urbanizzazione nell’area è stata ritirata. «La Regione non
partecipa a questo voto», così Debora Serracchiani. Che poi ha esplicitato:
«Senza la definizione dell’accordo fra Autorità portuale e Portocittà, si tratta
di un atto prematuro». A proposito della querelle fra via von Bruck e il
concessionario prossimo all’uscita, proprio ieri in effetti c’è stato alla Torre
del Lloyd un lungo vertice tra le parti, alla presenza dell’Avvocatura dello
Stato, per la conclusione bonaria - dopo la recente sentenza del Tar - della
vicenda e la conseguente uscita di Portocittà. In questo momento, società ancora
titolare della concessione. E che ieri, poco dopo la riunione, ha inviato una
proposta scritta all’Authority. Per la quale servono ora «30 giorni di
approfondimento istruttorio - ha spiegato Monassi - per definire aspetti tecnici
ed economici. Abbiamo bisogno del giudizio di congruità da parte del Genio
civile sui progetti che vogliamo acquisire». In pratica, la bozza d’intesa
prospetta la cessione dei progetti già elaborati sulle reti dei sottoservizi da
parte di Portocittà all’Autorità portuale, a fronte della rinuncia di
quest’ultima a incassare dei soldi che - concessione alla mano - la controparte
dovrebbe versare (top secret il quantum). Monassi avrebbe voluto accelerare sul
tema, in modo da bandire rapidamente la gara d’appalto per i lavori. La volontà
di “uscita” di Portocittà era stata considerata sufficiente per anticipare il
passaggio. Serracchiani ha lanciato l’allarme: senza formalizzazione, in
sintesi, non v’è certezza assoluta. Riflessione condivisa anche dal duo della
Provincia (oltre a Maria Teresa Bassa Poropat, presente pure l’assessore
Vittorio Zollia) e dal comandante della Capitaneria di porto Goffredo Bon. Alla
fine, Monassi ha fatto retromarcia: rinvio della delibera. E sempre su Porto
Vecchio, rimandato inoltre - al prossimo Comitato - il punto sulle
manifestazioni di interesse per l’area oggi ancora affidata a Portocittà.
Nemmeno sfiorato, se non a margine con la stampa dalla presidente del Porto: «Le
manifestazioni di interesse? Sono una quarantina, di cui due per tutta l’area»,
le parole di Monassi nel dopo-Comitato. Potrebbero aggiungersene altre «se tra
un mese - ha rilevato - qualche soggetto presentasse istanza di concessione».
Sull’argomento, si è espresso più tardi Cosolini: «Non ho chiesto nulla sulle
manifestazioni di interesse perché ho seri dubbi su questo, chiamiamolo,
sondaggio di mercato, pubblicato solo sul sito dell’Autorità portuale, che certo
non è il luogo al mondo più visitato da chi vuole investire su nautica,
immobiliare, e via dicendo...». Temperatura in salita quando è stato affrontato
il nodo del Piano regolatore portuale, per il Ministro dell’ambiente Andrea
Orlando pratica ferma al 16 aprile 2012. A fronte delle spiegazioni di Monassi e
dei tecnici di via von Bruck (di cui riferiamo nella pagina qui a fianco),
Serracchiani ha invocato con decisione «chiarezza. Il ministro ha risposto a
un’interrogazione parlamentare di un senatore della Repubblica (il Pd triestino
Francesco Russo, ndr). Chiedo di capire cos’è successo e perché il ministro è
arrivato ad affermare tanto». Sulla stessa linea Cosolini: «Serve una nota
articolata. Il 22 marzo scorso avevo chiesto in Comitato portuale informazioni
sul Prp. Mi si era risposto che entro aprile sarebbe stata inviata la
documentazione». Poi, il decreto del ministro Clini sul rigassificatore ha
chiamato in causa l’Authority sul Piano regolatore: da lì l’istituzione della
Commissione tecnica che ha risancito il no all’impianto e alla modifica del Prp
stesso. Spiegazioni, quelle rese ieri, che però per Cosolini sono «assolutamente
insoddisfacenti nel merito - ha detto una volta uscito dalla riunione -. Per
vedere come stanno le cose, vogliamo le carte».
Matteo Unterweger
«Fermi da 15 mesi? Il ministro Orlando non è informato»
Così la presidente del Porto: «Invieremo un’informativa» Votato il “no”
al rigassificatore e alle modifiche al Prp
«Il ministro Orlando, evidentemente, non è informato. Manderemo a Roma
un’informativa completa e puntuale». Marina Monassi lo annuncia in Comitato
portuale. Perché, evidenzia ribattendo di fatto alla risposta data dal Ministro
dell’Ambiente all’interrogazione del senatore Francesco Russo, «l’iter del Piano
regolatore portuale non è mai stato fermo. Grazie al lavoro del segretario
generale e dei nostri uffici, che di più non avrebbero potuto fare».
Serracchiani e Cosolini incalzano sul tema, chiedono «chiarezza» anche di fronte
alla “cronistoria” del viaggio del Prp redatto nel 2009, riassunto da Eric
Marcone, direttore tecnico dell’Authority. Cos’è successo, dunque? Come mai,
secondo il ministro, tutto è fermo da oltre 15 mesi in attesa di documentazione
che dalla Torre del Lloyd deve arrivare nella capitale? «Nel marzo 2012 la
Commissione Via-Vas - la spiegazione di Marcone - ha specificato come lo Studio
integrato ambientale relativo al Prp avrebbe dovuto tenere conto anche dei
progetti già approvati, cioè del rigassificatore di Zaule. Ci siamo allora
subito attivati per chiarire questa prescrizione, considerato che il nuovo Prp
non prevedeva l’impianto: nell’incontro tecnico fra le parti del novembre 2012
si è definito che nello Studio avremmo dovuto valutare cosa potrebbe succedere
nel Porto di Trieste qualora il rigassificatore dovesse essere impiantato (non
si prescriveva quindi di prevederne la presenza nel Piano, ndr). Da lì è nato lo
studio sullo sviluppo dei traffici portuali approvato nel gennaio 2013 dal
Comitato portuale». Studio che ha sancito l’incompatibilità fra sviluppo del
Porto e terminale di rigassificazione. Qualche mese dopo, la procedura del Piano
si è “incrociata” con lo stop stabilito dall’allora Ministro dell’Ambiente
Corrado Clini al rigassificatore, cioè con il decreto di sospensione
dell’efficacia della compatibilità ambientale rilasciata nel 2009 al progetto.
Atto che ha dato sei mesi di tempo al proponente Gas Natural per trovare una
localizzazione alternativa o all’Autorità portuale per rivedere le sue
previsioni di sviluppo dei traffici marittimi modificando il Prp. Il 6 maggio
successivo, Monassi ha istituto la Commissione tecnica ristretta che, come noto,
ha sancito come non sia «utile né percorribile - ha continuato Marcone - la
rideterminazione de Piano regolatore portuale per renderlo compatibile con la
presenza di un impianto di gnl, perché questo porterebbe grave nocumento ai
traffici marittimi». No al rigassificatore quindi (la Commissione ha specificato
inoltre di ritenere incompatibile ogni altra localizzazione del terminale di
rigassificazione nell’ambito portuale di Trieste, per le stesse criticità
evidenziate per Zaule), e no alle modifiche del Prp. Determinazioni che ieri il
Comitato portuale ha fatto proprie, votandole favorevolmente. Con la non
partecipazione al voto di Paolo Battilana (Confindustria), Edoardo Filipcic
(agenti marittimi) e Franco Napp (armatori). L’Authority comunicherà quanto
deliberato al governo. L’iter di approvazione del nuovo Piano regolatore
portuale potrà vivere così un’accelerazione?
(m.u.)
IL PICCOLO - VENERDI', 26 luglio 2013
«Prg portuale bloccato da 15 mesi dall’Authority»
Nota firmata dal ministro Orlando: «La procedura per l’ok definitivo
riprenderà quando Trieste trasmetterà lo Studio ambientale integrato»
Si pensava fosse Roma, invece era Trieste. È qui e non altrove, insomma, la
capitale dell’impasse, il punto in cui si sta incastrando, ad un passo dal via
libera conclusivo, l’iter del Piano regolatore portuale approvato nel 2010, a
oltre 50 anni dal precedente, datato ’57, dal ticket bipartisan
Boniciolli-Dipiazza. Un Prg già ratificato all’unanimità dal Consiglio superiore
dei Lavori pubblici e che, fra le altre cose, battezza in un colpo solo il
raddoppio del Molo VII, il collegamento tra V e VI, la Piattaforma logistica e
pure la vocazione turistica di Porto Vecchio. A localizzare l’intoppo negli
stessi uffici dell’Autorità portuale di Trieste - attribuendo a tale intoppo già
una vita di 15 mesi - è uno che Roma, oggi, la rappresenta. Ai massimi livelli,
cioè nel Governo a sua volta bipartisan di Letta. È il ministro dell’Ambiente
Andrea Orlando, giovane ma già alto dirigente nazionale del Pd. Nella risposta
scritta, da lui firmata nel pomeriggio di ieri, a un’interrogazione parlamentare
di Francesco Russo - il senatore del Pd che, nei giorni scorsi, al Governo aveva
chiesto conto appunto dell’imbottigliamento burocratico del Piano regolatore
portuale della nostra città - il ministro rende noto, infatti, che la procedura
ambientale integrata di Via e Vas è ferma in sostanza dall’aprile dello scorso
anno. Da quando, cioè, il dicastero dell’Ambiente, all’epoca guidato peraltro da
Corrado Clini, il ministro triestino acquisito del Governo tecnico di Monti,
aveva comunicato all’Autorità portuale la chiusura del primo step dell’iter
ambientale, chiamando la stessa Authority a una serie di integrazioni nella
stesura definitiva dei documenti di sua competenza. Documenti da reinoltrare
nella capitale, così da far scattare il secondo e ultimo step. Da allora però,
si desume dalla risposta del ministro all’interrogazione di Russo, Roma non ha
registrato feed-back da Trieste. Il che rende al momento inutile la raccolta dei
pareri del Ministero per i Beni culturali e della Regione, in coda ai quali la
normativa prevede il rilascio del nulla osta ambientale proprio da parte del
Ministero dell’Ambiente. «Con nota del 12 dicembre 2011 - si legge nell’atto
firmato da Orlando, che reca l’intestazione del “Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, Ufficio legislativo, Atti di sindacato
ispettivo” - l’Autorità portuale ha comunicato di voler dare avvio alla
procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via, ndr) integrata alla Vas
(Valutazione ambientale strategica, ndr) del Piano regolatore portuale, inviando
uno Studio ambientale preliminare integrato (Sapi) al Ministero, in qualità di
autorità competente, e a tutti i soggetti con competenze ambientali con i quali
entrare in consultazione». Da qui «è stata attivata per la prima volta la
procedura di Vas integrata alla Via, prevista per i piani regolatori portuali»
dalle normative in materia. «La procedura integrata Via-Vas applicata ai piani
regolatori portuali - continua la nota di Orlando - si conclude con un unico
provvedimento finale emesso da questo Ministero». Fin qui la teoria. In pratica
- rileva la risposta del ministro - «in data 16 aprile 2012 si è conclusa la
fase preliminare con la notifica all’autorità proponente del parere 897 del 23
marzo della Commissione Via-Vas» comprensivo di «indicazioni di cui lo Studio
ambientale integrato (il Sai, il nuovo documento richiesto all’Authority, ndr)
dovrà tenere conto. Inoltre, tale Autorità portuale dovrà predisporre anche la
documentazione necessaria ai fini dell’attivazione della Consultazione
transfrontaliera» prevista sempre dalle leggi. La morale della risposta del
ministro è che «la seconda fase della procedura integrata Via-Vas si avvierà
quando l’Autorità portuale trasmetterà lo Studio ambientale integrato (Sai). Il
Sai comprende i contenuti del Rapporto ambientale della Vas e dello Studio di
impatto ambientale della Via e tiene inoltre conto delle osservazioni formulate
dai soggetti con competenze ambientali in merito alle problematiche di natura
strategica pervenute in fase di Sapi. Il Ministero dell’Ambiente, al termine
dell’istruttoria tecnica ed una volta acquisiti i pareri del Ministero per i
Beni culturali e della Regione, successivamente alla fase di consultazione
pubblica (60 giorni), concluderà la procedura integrata con un provvedimento
unico Via-Vas». Non è colpa di Roma dunque, dice Roma, se il Piano del Porto non
decolla. Il problema di Trieste semmai, dice Roma, convive a Trieste.
Piero Rauber
Dal Molo VII doppio al destino turistico dello scalo
antico
«Il Piano regolatore portuale - ricorda e sintetizza la risposta del
ministro guardando il merito del documento al di là dell’analisi sul metodo
della procedura - prevede la realizzazione di grandi opere di
infrastrutturazione quali l’ampliamento di moli esistenti (il V, il VI e il VII,
cui dovrebbe seguire la nascita dell’VIII, ndr), la realizzazione di un nuovo
terrapieno di circa 31 ettari (la Piattaforma logistica, ndr), la creazione di
nuovi porti turistici e per la nautica da diporto (siamo invece in Porto
Vecchio, ndr) e il dragaggio di circa un milione e 170mila metri cubi di
sedimenti, che verranno depositati in apposite casse di colmata», dedicate
proprio alla costruzione della Piattaforma logistica. (pi.ra.)
Porto Vecchio, seduta-chiave del Comitato
Attese oggi pomeriggio «comunicazioni» sulle nuove manifestazioni
d’interesse giunte entro martedì
Le illazioni parlano anche di un importante investitore di primo piano
pronto a puntare su gran parte dell’area di Porto Vecchio, pressoché quella
tuttora formalmente in uso a Portocittà dal momento che il Tar ha respinto la
richiesta di annullamento della concessione firmata ancora il 25 novembre 2010.
Il termine per la presentazione delle nuove manifestazioni di interesse è
scaduto già martedì, ma la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi
nelle ore successive non si è fatta trovare, dando appuntamento per alcune
comunicazioni in merito nella seduta del Comitato portuale che si terrà questo
pomeriggio alle 15, come al solito aperta anche ai media. Nelle settimane scorse
a più riprese Monassi aveva sottolineato che le manifestazioni già arrivate sono
molte e interessanti facendo intendere che provengono non solo da imprese di
costruzioni, ma anche da piccoli cantieri navali e operatori terminalistici
pronti a insediarsi in area, questi ultimi, si può in realtà dedurre, con gravi
problemi infrastrutturali dal momento che banchine, magazzini e attrezzature
sono totalmente inadeguati alle funzioni di uno scalo moderno e non esistono vie
di collegamento né stradale né ferroviario. Prefigurerebbero un’assegnazione di
concessioni cosiddette “a spezzatino” che avrebbero nell’Authority stessa il
primo sostenitore, ma che in città hanno molti avversari a incominciare dal
primo cittadino Roberto Cosolini che in questa soluzione vede l’assenza di una
strategia complessiva di riuso del Porto Vecchio che si potrebbe invece
accompagnare a un investitore unico di prestigio internazionale. Non è l’unica
questione dirimente. I giudici del Tar hanno chiarito che i Punti franchi non
solo si possono spostare, ma anche ridurre semplicemente con un atto del
commissario del governo, cioé del prefetto di Trieste. La persistenza del Punto
franco è stata considerata dall’attuale concessionario Portocittà la causa
principale del fallimento del proprio progetto. Ma anche in questo caso la
posizione dell’Authority, il cui via libera è logicamente essenziale per
qualsiasi spostamento o riduzione, ha definito i Punti franchi una ricchezza più
che un peso e Monassi ha affermato che una serie di manifestazioni di interesse
sono arrivate proprio grazie all’area franca. Comunque sia, a patto oltretutto
che si risolva la questione di Portocittà con un’uscita che soddisfi entrambe le
parti, le concessioni non potranno essere date in base a questo bando che è
servito soltanto per tastare il polso al mercato, ma dovrà essere bandita una
vera gara d’appalto. Il grande investitore delle illazioni apparirà solo in
quella fase o si paleserà già questo pomeriggio semmai in Comitato portuale
saranno citati gli imprenditori che hanno manifestato interesse? Sicuramente i
tempi di rianimazioni di un’area morta da decenni sono tornati ad allungarsi.
(s.m.)
Regione in soccorso della Ferriera: stanziati 10
milioni
Si aggiungono ai 4,6 già destinati all’impianto di Servola Il
vicepresidente Bolzonello: «Un fondo a disposizione»
La Regione ha stanziato 10 milioni di euro per la Ferriera di Servola. Ieri
davanti alla prima e seconda commissione è stato illustrato il disegno di legge
sul sostegno all’impresa e all’occupazione, con cui la Giunta Serracchiani, su
iniziativa del vicepresidente e assessore alle Attività produttive Sergio
Bolzonello, e dell’assessore alle Finanze Francesco Peroni, è riuscita grazie a
maggiori entrate tributarie a mettere da parte 180 milioni per accesso al
credito, coperto da garanzia e con finanziamento degli interessi, sostegno
all’occupazione e specialmente quella giovanile, per i lavori socialmente utili,
e per le crisi industriali complesse. Proprio in quest’ultimo capitolo, che
replica il progetto del governo, sono stati stanziati fondi per la Ferriera di
Servola ora in una fase di snodo cruciale dopo la confermata proposta di affitto
dell’azienda da parte del gruppo siderurgico Arvedi, che dovrebbe partire già
con settembre. Servola è stata inserita, dopo sollecitazione regionale, anche
fra le “crisi complesse” a livello nazionale e il 2 agosto la Regione sarà a
Roma per ridefinire, alla luce delle novità arrivate con la proposta del gruppo
di Cremona, l’accordo di programma nazionale. Dal quale altrettanto potrebbero
arrivare finanziamenti. Più facilmente ora di fronte a un progetto produttivo.
Ma a che cosa potranno essere destinati in concreto questi fondi regionali?
Potranno essere richiesti anche dall’imprenditore privato, che comunque si
appresta a importanti interventi di bonifica sull’area? Saranno spendibili per
riconvertire settori di fabbrica non più strategici in questa nuova fase? «Alla
Ferriera erano stati già destinati dalla Regione 4,6 milioni - risponde
Bolzonello -, a questi ne abbiamo aggiunti altri 10, che vanno accantonati in un
fondo, se il disegno di legge verrà approvato. Si tratta di una allocazione
finanziaria, per adesso. L’uso del finanziamento andrà studiato e costruito in
un secondo momento, non è definita adesso la dinamica della spesa». I 14
articoli del documento saranno analizzati lunedì dalla seconda commissione e
subito dopo dalla prima, mentre il testo andrà in aula il 1.o agosto. Ieri sera
intanto in Consiglio comunale i grillini Stefano Patuanelli e Paolo Menis hanno
però chiesto «precise garanzie sulla questione ambientale col passaggio della
Ferriera al gruppo Arvedi», anche alla luce del fatto che «l’Autorizzazione
integrata ambientale scadrà nel febbraio 2014 ed entro agosto la proprietà
potrebbe presentare richiesta di rinnovo». Il M5S ricorda che «varie
prescrizioni sono state finora ottemperate solo a seguito di diffide da parte
della Regione a seguito di segnalazione dell’Arpa». E proprio in questi giorni
la Lucchini ha fatto ricorso al Consiglio di Stato contro una recente sentenza
del Tar, che s’inserisce nella infinita battaglia legale intrapresa da anni
dalla stessa Lucchini contro queste ripetute diffide, e che continua anche
mentre il gruppo è commissariato. I grillini però vogliono infine sapere dalla
presidente della Regione Debora Serracchiani se c’è «un progetto alternativo
alla siderurgia» e annunciano interrogazioni da parte del loro consigliere
Andrea Ussai.
Gabriella Ziani
Il Friuli Venezia Giulia nella lista dei nemici della
montagna - CLASSIFICA DI LEGAMBIENTE
TRIESTE La montagna del Fvg protagonista, in positivo e in negativo.
Legambiente ha assegnato le bandiere nere e quelle verdi ai monti dell'arco
alpino e la regione all'estremo nord est fa incetta di bandiere, sia buone che
cattive. Complessivamente sono 11 le bandiere nere assegnate dall'associazione
ambientalista e di queste ben tre vanno al Friuli Venezia Giulia, risultato in
negativo eguagliato soltanto dalla Lombardia mentre 2 “nemici della montagna”
vengono segnalati in Piemonte, uno a testa in Veneto, Trentino Alto Adige e
Valle d'Aosta. La bandiera nera, assegnata ai cosiddetti pirati della montagna,
colpevoli di «una visione distorta della valorizzazione turistica del
territorio, favorendo la speculazione in nome del turismo, e aprendo alla
cementificazione», va innanzitutto agli organizzatori della tappa del Giro
d'Italia di ciclismo sul Montasio. Per fare spazio al passaggio di Nibali e
degli altri ciclisti della corsa rosa vennero abbattuti centinaia di alberi
lungo la strada tra Sella Nevea e l'Altipiano del Montasio, cosa che
naturalmente non è andata giù agli ambientalisti. «Una fascia che va dai cinque
agli otto metri, da ambo i lati della strada (ma singole piante di alto fusto
sono state tagliate anche a distanze superiori) è stata completamente
disboscata. I sei chilometri che da Sella Nevea salgono al parcheggio nei pressi
delle malghe sembrano aver subito l’effetto di un tornado» è scritto sul
rapporto della “Carovana delle Alpi”. Bandiera nera anche per Edipower «per la
colata di fango verificatasi a valle della diga di Sauris». La terza bocciatura
è per Anas e Fvg Strade per gli interventi attuati sulla viabilità della Carnia
e del Canal del Ferro, in particolare la galleria di Chiusaforte, sulla S.S. 13
e la variante di Socchieve, lungo la S.S. 52. Ci sono però anche gli amici della
montagna, quelli che hanno fatto registrare buone pratiche nella valorizzazione
della fascia alpina e anche qui la nostra regione primeggia: 2 bandiere verdi al
Fvg, 1 a Veneto, Trentino, Lombardia, Piemonte e Valle d'Aosta. Premiata
l’azienda agricola di Dordolla di Moggio Tiere Viere- AgriKulturAlpina «per
avere reinterpretato, rinnovandola, la tradizione contadina in una delle aree
più spopolate della montagna friulana». Bandiera verde anche all'azienda “green”
Legnolandia di Forni di Sopra e Villa Santina.
(r.u.)
SEGNALAZIONI - Traffici portuali - Presenza delle gasiere
L’ing. Razeto (intervista del 22/7) mette in dubbio l’incremento dei traffici portuali, ma c’è un quid a cui ancora nessuno ha risposto: com’è che a tutt’oggi non è dato a sapere quali saranno le condizioni che verranno emanate dalla Capitaneria di porto per gestire il traffico in presenza delle gasiere? Questo modus operandi non dipende unicamente dall’autorità marittima locale: gli schemi di sicurezza per Porto Viro e Livorno sono stati comunicati solo al momento del loro collaudo, quindi questa è la prassi. Però i due impianti sono collocati in mare aperto, qui non è così. Qui ci sono aree abitate, un porto industriale con un accesso che non è dei più semplici, un mare semichiuso con equilibri biologici delicati. Grazie all’Autorità Portuale il dibattito si è riacceso mettendo in evidenza le interferenze con l’attività esistente e futura. Senza dimenticare gli altri aspetti problematici di questo progetto: rischio antropico e ambientale. Altrove sono stati risolti con una collocazione off-shore ed eventualmente con uno schema di funzionamento “a circuito chiuso”, di limitato impatto ambientale. La stessa soluzione viene riproposta per Porto Recanati e Falconara marittima. Il 19 luglio la Direzione Marittima di Livorno ha emanato l’ordinanza per il traffico nell’area della nave rigassificatrice: due zone di interdizione concentriche di 2 e 4 miglia di raggio, analogamente a quanto vige a Porto Viro. Se “safety e security” contano qualcosa, e lo dimostra l’ampiezza delle zone di interdizione, come dare credito a “chi sostiene che esiste compatibilità tra rigassificatore e terminal traghetti” [Razeto, 22/07/2013], senza ancora conoscere le norme specifiche per la nostra zona portuale? In assenza di indicazioni sulle restrizioni al traffico, la Commissione istituita dall’Autorità portuale ha potuto solo constatare che “dove sono stati costruiti rigassificatori sono state introdotte norme che hanno modificato in senso più restrittivo le priorità di ingresso ed uscita delle navi, a svantaggio dei traffici più tradizionali mentre, per gli aspetti di security e safety, hanno imposto aree di rispetto che, di fatto, sottrarrebbero spazi ad altre attività in banchina, incidendo altresì sulla movimentazione delle navi in porto e sulle superfici destinate alle navi alla fonda”. La Commissione ha ritenuto che qualunque iniziativa finalizzata alla soluzione dei problemi tecnici derivanti dall’ingresso delle gasiere risulta comunque incompatibile con i piani di sviluppo del porto. Ognuno può ritenere le previsioni di sviluppo più o meno fondate, ma rimane il problema di partenza: prassi o non prassi, com’è possibile arrivare a questo punto senza avere riferimenti certi sulle restrizioni al traffico?
Carlo Franzosini
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 luglio 2013
Rigassificatore, primo sì dai tecnici di Bruxelles
Braccio di ferro sull’ubicazione con la Slovenia che a ottobre in sede
politica potrebbe smussare il proprio “no” se l’impianto “scivolerà” verso
Venezia
Il rigassificatore «a Zaule o in altra località dell’Alto Adriatico» (questa
la denominazione con cui è stato connotato), nonostante quella che sembra ancora
la conclamata opposizione da parte della Slovenia, oltre che di tutte le
amministrazioni del territorio triestino a partire dalla Regione Friuli Venezia
Giulia, figura nella lista dei progetti prioritari in ambito energetico
approvata dal Comitato tecnico dell’Ue in cui sono rappresentati funzionari
ministeriali dei 28 Stati membri che si è riunito ieri pomeriggio a Bruxelles. A
nulla sembrano essere valse dunque, almeno in questa fase, le prese di posizione
contrarie, né il fatto che l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini abbia
sospeso con un decreto della validità di sei mesi la compatibilità ambientale
già data al progetto di Gas Natural nel 2009. La notizia dell’approvazione da
parte del Comitato tecnico della lista, in cui non è nemmeno sparita la parola
Zaule anche se affiancata dall’ipotesi di un’ubicazione alternativa sempre in
Alto Adriatico, viene dal parlamentare europeo veneto Antonio Cancian dei
Popolari europei, anche ieri in stretto contatto con la rappresentanza del
governo italiano a Bruxelles. Non si tratta comunque di un sì definitivo, dal
momento che la lista deve ottenere il varo finale in sede politica, sembra nella
prima metà di ottobre, da parte della Commissione europea sede nella quale
aggiungere qualche impianto, secondo le stesse affermazioni di Cancian
«risulterebbe pressoché impossibile, meno arduo però cassarne qualcuno». Non è
scontato però che la volontà politica a livelli nazionali prema nella direzione
della cancellazione. Da fonti slovene infatti ieri si è diffusa la voce che lo
stesso ministro dell’Ambiente di Lubiana sarebbe pronto a favorire il sì
politico del suo Paese, a patto che l’impianto “scivoli” verso Venezia. E sono
circolate ufficiosamente anche due date: il 20 settembre, termine dato a Italia
e Slovenia per accordarsi tra loro, evidentemente sull’ubicazione, e il 2
ottobre per “notificare” l’accordo raggiunto agli altri Stati membri.
Ufficialmente però il braccio di ferro continua. Secondo la tabella di marcia,
l'esecutivo Ue dovrebbe prendere una decisione sulla lista delle nuove
infrastrutture energetiche prioritarie entro i primi di ottobre. La disputa sul
progetto del rigassificatore di Zaule viene discussa nell'ambito di gruppi
regionali di lavoro incaricati di selezionare le infrastrutture considerate
«chiave» e «di interesse comune», che secondo le nuove regole potranno
beneficiare non solo di fondi Ue, ma anche di tempi ridotti per le
autorizzazioni e di realizzazione. Quella di ierii era l'ultima riunione dei
rappresentanti degli Stati membri prima della pausa estiva e sembra l’ultima in
assoluto per definire, sempre in chiave tecnica, l’elenco dei progetti
prioritari. Quanto al progetto di Zaule, la Slovenia avrebbe ribadito il no
esplicitando anche dubbi per quanto riguarda una diversa ubicazione di interesse
comune, ma sono state le stesse fonti comunitarie a chiarire poi ieri che «i
negoziati fra Italia e Slovenia sono in corso e la Commissione europea cerca di
facilitare un accordo».
Silvio Maranzana
Non ha pesato l’ordinanza del Tar
Appena cinque giorni fa il Tar del Lazio ha bocciato la
richiesta con cui la società catalana Gas Natural, che ha progettato l’impianto
di Zaule, aveva chiesto lo stop al decreto con cui l’ex ministro Clini aveva
sospeso per sei mesi, fino al 18 ottobre, la compatibilità ambientale già
concessa all’impianto. È stata rigettata la richiesta di sospensiva, mentre nel
merito i giudici decideranno appena il 19 marzo 2014. Nella motivazione
dell’ordinanza che ha dato torto a Gas Natural, i giudici amministrativi hanno
rilevato tra l’altro che «anche l’eventuale adozione di una misura cautelare
favorevole non sarebbe in grado di tutelare appieno gli interessi della
ricorrente anche con riferimento al rischio di non essere incluso tra i progetti
di interesse comunitario». Un rischio che è stato comunque evitato.
Serracchiani: «Ma a Zaule nessun impianto» - IL
COMMENTO
«L’impegno profuso ha dato i suoi risultati e Zaule non è stata citata come
località specifica in cui collocare un rigassificatore». La presidente del
Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, commentando la decisione emersa dalla
riunione fra Commissione Ue e Stati membri dei gruppi di lavoro regionali
incaricati di definire i progetti prioritari nel campo dell'energia, ha voluto
vedere il bicchiere mezzo pieno e commentare in modo positivo il fatto che Zaule
non risulta più l’ubicazione specifica dove collocare l’impianto progettato da
Gas Natural. «Non smetteremo di tenere alto il livello della nostra vigilanza –
ha proseguito comunque Serracchiani – perché l’inserimento nella lista dei dieci
progetti approvati di un rigassificatore localizzato in un generico ‘Adriatico
del Nord’, ci induce a precisare con immutata forza che questo tipo di impianto
nel porto di Trieste non dev’essere nemmeno ipotizzato». La questione comunque
rimane aperta e chiarezza definitiva dovrebbe forse venir fatta appena a ottobre
allorché, la “palla” passerà dai tecnici ai politici che daranno il responso
definitivo.
Ferriera, le istituzioni agevoleranno Arvedi
Un summit locale approva la proposta d’affitto. Serracchiani: «Coniugherà
occupazione e ambiente»
Le amministrazioni e le istituzioni locali guardano con favore alla proposta
d’affitto avanzata dal Gruppo Arvedi di Cremona per la Ferriera di Servola,
richiesta che sarà anche lo snodo fondamentale del progetto da presentare per
poter accedere ai finanziamenti e alle agevolazioni previste dalla legge sulle
aree di crisi industriale complessa. È stata sostanzialmente questa la sintesi
fatta in una nota dalla Regione al termine di un incontro sulla riconversione di
Servola che ha visto riunite attorno a un tavolo tutte le istituzioni e le
amministrazioni interessate. All’incontro hanno partecipato la presidente della
Regione, Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Cosolini, la presidente della
Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat, la presidente dell'Autorità portuale,
Marina Monassi, e l'assessore regionale alla Programmazione, Francesco Peroni.
«Siamo di fronte a una proposta che può permettere la continuità dell'attività
siderurgica a Servola, e quindi dell'occupazione - è stato il commento di
Serracchiani - ma con nuovi investimenti impiantistici in grado anche di ridurre
da subito l'impatto ambientale e porre nello stesso tempo le premesse per un
risanamento complessivo dell'area». Secondo quanto riferisce ancora
l’amministrazione regionale, «la Regione e le istituzioni locali presenti sono
state concordi nel valutare in modo positivo e nel favorire la proposta avanzata
dall'industriale Giovanni Arvedi di rilevare, attraverso un contratto di
affitto, l'attività della Ferriera di Servola, attualmente del Gruppo Lucchini
commissariato, continuando la produzione di ghisa». Alcuni giorni fa, dopo le
anticipazioni delle settimane scorse e l’incontro che si era svolto a Roma anche
con Piero Nardi, commissario del Gruppo Lucchini, il Gruppo Arvedi ha confermato
di aver avanzato la richiesta d’affitto del ramo d’azienda in attesa di valutare
una proposta d’acquisto. L’affitto dovrebbe partire dal primo settembre e
protarsi per sei mesi, ma è prorogabile per ulteriori 18. Frattanto è in vigore
un accordo commerciale in base al quale quasi tutta la ghisa prodotta a Servola
nei mesi di luglio e agosto viene già venduta ad Arvedi. «La proposta
dell'imprenditore - ha concluso la presidente Serracchiani - è inoltre in linea
con i progetti di diversificazione delle attività presenti del sito di Servola
come piattaforma logistica al servizio del porto». La riunione di ieri è stata
anche funzionale all'incontro chiesto dalla Regione con il sottosegretario al
ministero dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che si terrà a Roma il
2 agosto, presente anche il ministero dell'Ambiente. La proposta di affitto va
infatti inserita nella procedura di crisi industriale complessa decretata dal
Governo per Servola e nel relativo Accordo di programma.
(s.m.)
Morto il poeta e saggista Edvino Ugolini - LUTTO
Aveva 63 anni, era anche molto apprezzato per il suo impegno civile a
favore della pace
Ci ha lasciato l'amico e compagno di tante iniziative per la pace e i
diritti umani Edvino Ugolini. Poeta, saggista, traduttore, editorialista, Edvino
è nato il 28 giugno 1950 a Trieste. Ha studiato Lettere all'Università di
Francoforte in Germania e a Bologna. Ha lavorato a lungo come insegnante di
tedesco in varie scuole di Trieste, e come traduttore e insegnante privato a
Milano. Negli ultimi anni è stato operatore amministrativo allo sportello del
Lavoro in Provincia. È stato fondatore della Rete Artisti contro le guerre,
delle associazioni culturali Vortici e Penombre; un importante attivista
nonviolento che ha promosso viaggi di solidarietà e cooperazione in Turchia /
Kurdistan, Palestina / Israele, Libano, Bosnia, Sahara occidentale ed altri
luoghi ancora. Ha fattivamente sostenuto la causa dei migranti e l'annuale
Marcia per la pace cittadina del 1° gennaio. È stato fra i promotori dei
percorsi poetici di pace sul Sentiero Rilke a Duino. Ha curato ed è presente coi
suoi versi in antologie come Itinerari inediti, Percorsi a Nord-est, Trieste
european poetry, Cuori migranti, Paesaggi di resistenza, Migrazioni e paesaggi
urbani, I colori della pace, Sul sentiero Rilke, L'impoetico mafioso, Gli araldi
della poesia. La sua poesia è stata premiata al festival di poesia di Trieste;
Il poeta della beat generation americana Jack Hirshman ha tradotto, pubblicato e
presentato negli Usa il suo volume di liriche Incandescences. Ha partecipato al
Festival internazionale di poesia a Sarajevo, a Scritture di frontiera, a
Trieste poesia, alla fiera del libro di Torino. Questi i suoi libri dal 1983 ad
oggi: Vita e morte, ed. Nuovi autori Trieste; Bagliori, Giacomini editore Udine;
Poesie ribelli e Intrecci, Multimage Firenze; Incandescences, Marimbo Berkeley;
Poesie sparse, editrice Tespi Roma, e Poesie sparse / Poezii risipite, Accademia
internazionale oriente - occidente Bucarest.
SEGNALAZIONI - ORTO BOTANICO Un’oasi per sfuggire alla città
Quando alla fine degli anni ’50 mi allontanai da Trieste per girovagare in Europa alla ricerca di un lavoro (corsi e ricorsi storici molto attuali), forse più fortunato di tantissimi altri coetanei partiti per l’Australia o il Sud America con i famosi transatlantici Raffaello e Michelangelo e salutati con grandi cartelli dalle ragazze triestine, poco o niente sapevo dell’Orto botanico e del suo esperimento affidato al farmacista botanico Bartolomeo Biasoleto a partire dal 1842. Così, quando ritornavo, ripetutamente e immancabilmente trovavo un susseguirsi di “brutture” architettoniche che deturpavano le colline sovrastanti la nostra bella città ed ero preso da un’amarezza e uno sconforto senza fine. Finalmente, nell’anno Domini 2013, il cuore si apre alla speranza (almeno per il futuro dei nostri figli e nipoti) quando apprendo della nobile iniziativa dell’amministrazione comunale, cioè l’aver assegnato il coordinamento di un progetto per la riapertura e la conduzione dell’Orto botanico alla preparatissima Tiziana Cimolino di Legambiente. Ora, per prima cosa, tutti i triestini “dovrebbero” leggere il bellissimo libro gratuito “Civico Orto Botanico e Bosco Farneto”, poiché in esso si racchiude la speranza “rivoluzionaria” per un futuro migliore delle giovani generazioni, cioè non più devastazioni del territorio ma la sua estrema cura e tutela come unica salvezza del genere umano. A tale proposito ricordo una frase illuminante che dice tutto e di più sul cuore e la professionalità dell’autrice della ricerca: “Quando l’Orto, come in questo caso, risulta integrato nella vita cittadina, non è più una struttura ad uso dei botanici, ma si rivolge al pubblico, ben più vasto, che intende occupare la propria cultura o anche solamente sfuggire a un ambiente urbano inquinato e alienante…”. Allora mi sento nuovamente di sognare!
Bruno Strukel
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 luglio 2013
«Rigassificatore in Alto Adriatico»
L’Ue in sede tecnica dovrebbe avallare oggi la realizzazione. Sparita
l’ubicazione a Zaule, non l’impianto
“Terminale di gas naturale liquefatto nell’Alto Adriatico”. Un
rigassificatore così denominato avrà con buona probabilità questo pomeriggio il
via libera in sede tecnica da parte della Commissione europea risultando
inserito nell’ordine di priorità dei progetti di interesse comune. Probabilmente
per dribblare la contrarietà della Slovenia e per non assumere decisioni
manifestamente impopolari di fronte alla contrarietà di tutte le amministrazioni
del territorio, è stata cassata la parola Zaule e non è stata indicata la
località specifica dove insediare l’impianto se non con il riferimento al Nord
Adriatico. Sulla natura dell’incontro di oggi a Bruxelles e sui contenuti della
lista che secondo il ministro degli Esteri sloveno Karl Eriavec non avrebbe
nemmeno dovuto contenere il rigassificatore triestino, ieri nessuno tra i
politici e gli amministratori locali era ben informato. Alla fine sono
intervenuti la deputata del Pdl Sandra Savino e il collega di partito e
parlamentare europeo veneto Antonio Cancian a svelare il mistero. «Domani
pomeriggio a Bruxelles - hanno spiegato Savino e Cancian - è prevista la
riunione tecnica dei 28 Stati membri che analizzerà nell’ambito delle Ten-E, le
reti energetiche trans-europee, l’ordine di priorità dei progetti di interesse
comune tra i quali risulta appunto esserci anche un terminale in Alto Adriatico.
La Commissione europea darà poi l’avallo politico tra ottobre e novembre senza
che la lista debba essere a propria volta discussa anche nell’ambito del
Parlamento europeo». Il rigassificatore dovrebbe dunque oggi clamorosamente
rientrare dalla finestra e una finestra non molto ampia tenuto conto che poco
più a Sud rispetto al nostro golfo, e cioé al largo di Porto Viro in provincia
di Rovigo, un altro rigassificatore già in funzione esiste già ed è logico non
pensare a un secondo a distanza troppo breve. Essendo oltretutto quella di oggi
una riunione tecnica vi parteciperanno i funzionari del Ministero dello sviluppo
economico italiano, di quel dicastero il cui responsabile, Flavio Zanonato,
anche recentemente ha definito i rigassificatori impianti utili e strategici.
«La contrarietà espressa dal territorio triestino ritengo sia stata strettamente
legata all’ubicazione di Zaule, ma dovrebbe cessare se questa cambierà -
sostiene Cancian - credo anche che con la denominazione Alto Adriatico potrebbe
essere aggirata la contrarietà della Slovenia. Potremmo dare per scontato il
voto favorevole da parte dell’Italia, i parlamentari del mio gruppo almeno (i
Popolari europei, ndr) non dovrebbero avere preclusioni di sorta». Una volta che
l’Europa avrà approvato la lista degli impianti strategici (a ottobre o
novembre, come detto il voto della Commissione in sede politica) gli Stati
membri, secondo Cancian e Savino, saranno in qualche modo vincolati a
realizzarli. «Altrimenti - sottolinea Cancian - salterebbero tutti gli
equilibri, le politiche comunitarie e i finanziamenti agevolati. Così come è
stato fatto con le reti Ten-T, quelle riguardanti i trasporti, le reti Ten-E e
successivamente quelle eTen riguardanti le telecomunicazioni dovranno essere
l’ossatura delle infrastrutture del continente».
Silvio Maranzana
Serracchiani ribadisce ancora la contrarietà
In vista del voto dell’Italia alla riunione di oggi a Bruxelles, nella
riunione che stabilirà i progetti energetici che otterranno finanziamenti
comunitari prioritari, la presidente del Fvg Debora Serracchiani ha ribadito il
“no” al rigassificatore nel golfo di Trieste. «Il Friuli Venezia Giulia - ha
detto Serracchiani - ha già espresso con chiarezza la propria contrarietà
all’ipotesi del rigassificatore nel golfo di Trieste, lo abbiamo detto anche ai
nostri ministri delle Infrastrutture, dello Sviluppo economico e dell’Ambiente,
lo abbiamo ribadito alla Commissione europea e ai commissari competenti.
Naturalmente - precisa - questo significa anche che in base alla normativa
nazionale e alla nostra costituzione il rigassificatore deve essere fatto
d’intesa con la Regione e il Fvg esprime la propria contrarietà. Confidiamo che
questa nostra posizione non ci porti ad avere l’opera. E confido che verremmo
ascoltati. Credo inoltre che il voto contrario annunciato dalla Slovenia - ha
aggiunto Serracchiani - sia un ulteriore indicatore per il governo italiano
affinchè prenda la decisione di contrarietà alla realizzazione. Con la Slovenia
c’è peraltro una capacità di colloquio assolutamente importante che abbiamo
avviato e dobbiamo continuare e rafforzare».
Mario Bussani, il lupo di mare ha preso il largo
Morto a 75 anni il vulcanico maricoltore, un tempo vigile urbano e anche
politico con la Lega
Un moderno Don Chisciotte cittadino. Mario Bussani amava definirsi così.
Barba bianca, occhiali, sorriso stampato ma soprattutto il mare nel cuore. Il
pescatore zaratino avrebbe compiuto 76 anni il prossimo 8 settembre. Una
malattia del motoneurone lo ha portato via all'affetto dei suoi cari e di chi ne
ha potuto apprezzare la vulcanica personalità. Bussani lascia la moglie
Annamaria, i figli Marianna, Diadora e Andrea, e i nipoti Tommaso, Alberto,
Margherita e Martina. Giunto a Trieste all'età di appena 8 anni in fuga dalla
sua amata Dalmazia dopo due anni di calvario per risalire i Balcani, Bussani è
stato uno dei volti più noti nel campo marittimo-politico del capoluogo
regionale. Presidente della Federazione italiana maricoltori Onlus-Ong,
consigliere provinciale in quota Lega Nord, ma anche vigile urbano del Comune di
Trieste – soprannominato il “vigile ballerina” nel dirigere il traffico, il lupo
di mare ha anche dalla sua una attività di scrittura con una ventina tra libri e
opuscoli. Molto vicino alla causa nazionale italiana da giovane tanto da essere
arrestato più volte dalle forze di occupazione militare angloamericane, Bussani
passò poi a sposare ad inizio degli anni Novanta le tesi del partito (allora) di
Bossi, partito di cui fui per più anni membro del direttivo nonché segretario.
Ma l'anima verde di Bussani era soprattutto quella ecologista. Quella legata
alla passione per la tutela della natura. Da coordinatore dell’unità operativa
ambientale del Comune di Trieste creò due riserve naturali: il monte Cocusso e
il laghetto di Percedol. Poi fu tra i promotori del Laboratorio di Biologia
marina di Aurisina e precursore del Parco marino. In qualità di presidente della
Federazione italiana maricoltori ha fornito un contributo ad una ventina di
Paesi, dall’ex Urss ad Haiti, dal Ghana al Venezuela. «Ricordo che mi raccontava
che era andato in Algeria e in altri paesi del cosiddetto Terzo Mondo per
insegnare ai pescatori i trucchi del mare», ricorda il terzogenito Andrea
Bussani. «La sua passione per la ricerca scientifica era smodata – prosegue
Andrea – so che per un esame soltanto non riuscì a terminare gli studi
universitari ma il suo sapere era davvero immenso». La figlia Marianna ne
rievoca le sue capacità didattiche: «Ricordo che durante l'estate su una
spiaggia di Barcola pochi giorni prima di andare in prima elementare mi insegnò
i numeri e a contare prendendo come unità di misura i mitili di uno scoglio. Era
semplice ma efficace quando spiegava le cose, aveva una cultura infinita quella
che non trovi sui libri». I funerali si celebreranno sabato 27 luglio in via
Costalunga alle 11.40.
Riccardo Tosques
Via Valdirivo - Val Rosandra, alle 20 riunione del Comitato
Anticipata a oggi la riunione del Comitato per la difesa della Val Rosandra: alle 20 in via Valdirivo 30 (II piano). Si parlerà della discussione in tribunale sul caso Val Rosandra, in programma in settembre, e della proposta di Bioest di organizzare una seconda festa dell’acqua dopo l’edizione di due anni fa. Si parlerà anche del recupero della valle.
Triestebella sul verde urbano
Alle 18.30 al Centro servizi volontariato in galleria Fenice 2 (III piano) l’associazione Triestebella terrà una riunione aperta anche ai non iscritti. Si parlerà di verde urbano e piano del traffico.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 luglio 2013
Rigassificatore: la Slovenia ci ripensa e voterà per il
no
Dopo aver annunciato che domani a Bruxelles si sarebbe astenuto, il
governo Bratusek ritorna subito sui suoi passi
COSA È ACCADUTO Il dossier è passato nelle mani del ministro alle infrastrutture
Omerzel che ha ribadito la contrarietà al progetto di Zaule
“Contrordine compagni”. La Slovenia cambia idea e domani a Bruxelles nella
riunione che stabilirà i progetti energetici che otterranno finanziamenti
comunitari prioritari voterà contro il rigassificatore di Zaule che fa parte del
“pacchetto” che sarà in discussione. E poi un altro colpo di scena. Il ministro
degli esteri sloveno Karl Erjavec dichiara da Bruxelles che nella lista dei
progetti prioritari di interesse comune (Pci) dell'Ue non ci sarà il
rigassificatore di Zaule. Erjavec dice di «poter tranquillamente affermare che
il rigassificatore di Zaule non sarà nella lista e secondo informazioni, di cui
dispongo, la Commissione europea non appoggia questo progetto». Si tratta,
dunque, di un nuovo risvolto nella storia sulla votazione della lista sui Pci
che si terrà domani a Bruxelles. Notizia che giunge a poche ore dalla decisone
del governo sloveno. La nuova decisione dell’esecutivo Bratušek è stata
confermata dal ministro per le Infrastrutture Samo Omerzel che ha così di fatto
preso in mano il dossier fino a ieri nelle mani del “collega” dell’Ambiente.
«Voteremo contro il rigassificatore di Zaule - ha annunciato il ministro -
nonostante ci sia in discussione un pacchetto di sette progetti energetici molto
importanti per la Slovenia». Precedentemente si era stabilito che la Slovenia si
sarebbe astenuta dal voto salvo presentare alla fine una dichiarazione politica
di contrarietà al progetto di Zaule. Come ha chiarito ieri Omerzel, il governo
si è consultato anche con una serie di esperti del diritto comunitario e alla
fine ha deciso per votare contro. «Con questo atto - ha detto il ministro -
mostreremo chiaramente in quale misura la Slovenia sia contraria al progetto».
Il problema che si è posto davanti alla Slovenia è anche un problema
regolamentare. I singoli Paesi dell’Unione europea, infatti, daranno il loro
voto all’intera lista dei progetti e non votano progetto per progetto, quindi
l’astensione seppur successivamente motivata non avrebbe avuto, secondo
l’esecutivo di Lubiana, lo stesso significato di un palese “no”. Fatto
confermato dallo stesso Omerzel che, a seguito della consultazione con i
giurisperiti, ha ribadito che l’astensione slovena avrebbe significato un
problema. Una decisione molto sofferta quella di ieri del governo sloveno
proprio per quei sette progetti del valore complessivo di 1,2 miliardi che
Lubiana avrebbe gradito fossero inseriti tra le opere con priorità di
finanziamento da parte dell’Ue. «Noi al ministero - ha precisato Omerzel - da
tempo lottiamo perché il rigassificatore a Zaule non venga costruito e ci
batteremo con tutte le forze perché tale progetto non vada in porto».
Soddisfazione è stata espressa anche dal ministro dell’Ambiente Dejan Židan.
«Siamo contro il rigassificatore a Zaule - ha detto - e questa nostra
contrarietà vogliamo dimostrarla in tutti i modi possibili» e ha precisato che
gli esperti di diritto comunitario hanno sostenuto che votando “no” domani a
Bruxelles le possibilità di un successo in caso di causa giudiziaria aumentano e
di molto. Il presidente dei socialdemocratici Igor Lukši› durante la riunione
del collegio dei leader dei partiti di maggioranza alla presenza della premier
Alenka Bratušek ha, da parte sua, ribadito come la contrarietà della Slovenia al
rigassificatore di Zaule era stata espressa anche dal Parlamento nel 2009 per
cui il governo a tale decisione è legato. Lukši› ha altresì bacchettato il
governo che ha lasciato che l’Italia porti avanti il progetto fino ad arrivare a
questa fase avanzata.
Mauro Manzin
Raccolta di rifiuti elettronici, Fvg sul podio
Nel 2012 conferite 7mila tonnellate di tv ed elettrodomestici. Ma solo il
40% viene smaltito in regione
TRIESTE Il Friuli Venezia Giulia, con 5,7 kg per abitante, è al terzo posto
in Italia per volume di rifiuti elettronici raccolti. Ma solo il 40% del totale
viene smaltito in regione: il 60% è destinato in Veneto o in altri centri del
Paese, con evidenti contraccolpi per la manodopera locale specializzata nel
recupero. Una tipologia di differenziata su cui l’ordinamento comunitario ha
comunque fissato il livello di 4 kg come obiettivo minimo, almeno per quanto
riguarda la raccolta. «I dati - ha affermato l’assessore Sara Vito - ci
confortano sulla sensibilità ambientale dei nostri cittadini, che hanno ormai
imparato a indirizzare ciascun tipo di materiale nel suo giusto percorso». I
numeri sulle performance del 2012 sono stati snocciolati ieri dall’assessore,
alla presenza del direttore del Centro nazionale di coordinamento Raee (Rifiuti
da apparecchiature elettriche ed elettroniche), Fabrizio Longoni. L’anno scorso
sono state raccolte in regione quasi 7 mila tonnellate di rifiuti di questo
tipo: prevalentemente tv e monitor (29,33%), frigoriferi e lavatrici (28,63%) e
i cosiddetti piccoli elettrodomestici, come i telefoni cellulari, che
raggiungono quota 20,91%. È, tuttavia, una leggera flessione (-14%) rispetto
all’anno precedente, complice la difficile situazione economica che ha
contribuito a ridurre sensibilmente l’acquisto e la sostruzione delle
strumentazioni. Il Comune più virtuoso per quantità raccolta è Trieste, seguito
da Udine e Gorizia. Per chilogrammi pro capite Moraro è al primo posto con più
di 200 chili a testa, seguito da Pavia di Udine con 36,5 e da Sutrio con 35,2.
Una terza classifica prende in considerazione, invece, i premi di efficienza,
misurati in base all'Accordo di programma fra l’ Ance e il Centro di
coordinamento Raee: Trieste è ancora al primo posto. «I buoni risultati – ha
evidenziato Vito – sono dovuti anche alla capillare diffusione sul territorio
dei centri comunali e intercomunali, dove i cittadini possono portare il
materiale che non usano più. Sono ormai 176 in Friuli Venezia Giulia, con un
incremento di 20 unità dal 2011. Ciò - ha concluso l’assessore - ci permette di
consolidare la positiva gestione dei Raee e di guardare con fiducia ai nuovi e
più ambiziosi traguardi indicati dall'Unione europea». Nelle nuove direttive,
infatti, l'obiettivo di raccolta pro capite è stato raddoppiato: da 4 a 8 chili
entro il 2019.
(g.s.)
Il parere sulla Tav “sospeso” per un dischetto
illeggibile - La denuncia del consigliere Maurizio Rozza
DUINO AURISINA Si congela il parere, da parte dei consiglieri di Duino
Aurisina, sulle integrazioni allo studio d'impatto ambientale relativo al
progetto preliminare della nuova linea Av/Ac Venezia Trieste. La Seconda
commissione ha dovuto, nell'ultima seduta, far slittare l'analisi delle
indicazioni consegnate su supporto informatico dalla Regione. Così, con ogni
possibilità, il punto verrà stralciato dal prossimo Consiglio. Come mai?
Semplice: il dischetto, come riferito dal presidente Maurizio Rozza, è risultato
“corrotto” e quindi illegibile. Da nessuna postazione del municipio (la prova è
stata fatta su tutti i computer) i dipendenti sono riusciti ad aprirlo per
accedere al Pdf con tutti i dati indispensabili a un'analisi. Non solo: da una
ricognizione con diversi enti locali, tra cui quello della vicina Monfalcone e
dei comuni minori del Triestino, è emerso come anche altri uffici si siano
trovati alle prese con lo stesso problema. «I file provenienti dalla Regione,
servizio Via, sono risultati corrotti – ha spiegato Rozza – e a quanto pare il
problema non ha riguardato solo il nostro Comune, anche se siamo certamente
stati i primi ad accorgercene». La funzionaria comunale responsabile ha
assicurato che dalla Regione verrà rinviato il materiale e i tempi di decorrenza
per l'analisi del dvd partirà solo dal momento della sua ricezione. «Allucinante
– ha proseguito Rozza – che la Regione, prima di inviare i file, non abbia
provveduto a verificare l'integrità o comunque la leggibilità del dvd». Il
rinvio a un altro Consiglio, dunque non al prossimo di fine luglio, si renderà
indispensabile poiché stando a quanto riferito il funzionario regionale
responsabile dell'invio del materiale è in ferie.
(ti.ca.)
Muggia, molluschi proibiti tra Punta Olmi e il confine
Un’ordinanza sanitaria vieta la vendita diretta e prescrive la
“depurazione” Superati i limiti consentiti. Marzi: «Colpa del riscaldamento
delle acque»
MUGGIA Divieto di immissione al consumo umano diretto e obbligo di
depurazione dei molluschi bivalvi vivi estratti dalle acque della zona che va da
Punta Olmi al confine di Stato. Non dà certo adito a interpretazioni l'ordinanza
firmata dal responsabile della Ss tutela igienico sanitaria degli alimenti di
origine animale Maurizio Cocevari. Visti i riscontri analitici relativi al
monitoraggio microbiologico dei molluschi presenti nelle acque marine del Friuli
Venezia Giulia notificati dalla sezione di Pordenone dell'Izs delle Venezie alla
Ss Veterinaria tutela igienico sanitaria degli alimenti di origine animale dell'Ass
n.1. Triestina – Dipartimento di prevenzione, è stata evidenziata la non
corrispondenza dei requisiti igienico sanitari dei molluschi bivalvi (Mitylus
species) estratti dalle acque riferentesi al punto di campionamento della zona
che va da Punti Olmi al confine di Stato delle acque terittoriali comprendente i
vivai dal n.1 al n.6 e dal n.19 al n.23. Analizzando le caratteristiche
microbiologiche della cosiddetta zona 02 Ts Muggia eccedono i limiti consentiti
per la presenza di E.coli (Escherichia coli) in misura di 330 Mpn/100 grammi.
L'Escherichia coli è di fatto il principale indicatore di contaminazione fecale,
insieme agli enterococchi. Come si evince dal documento firmato dall'ente legato
all'Ass «la mancata adozione di provvedimenti cautelativi può risultare
pregiudizievole per la salute pubblica» onde per cui «bivalvi provenienti dalla
zona individuata possono essere raccolti ed immessi sul mercato ai fini del
consumo umano diretto soltanto dopo aver subito un trattamento in un centro di
depurazione o previa stabulazione in zone riconosciute dall'Autorità
competente». Durante tale periodo il prodotto proveniente da questa zona di
produzione dovrà essere scortato da un documento di registrazione che riporti
come stato sanitario di «appartenenza classe B temporanea per superamento di
limiti di E.coli». Sulla vicenda è intervenuto il consigliere comunale del Pdl
muggesano, Christian Gretti: «Da quanto scritto dall'Azienda Sanitaria con gli
opportuni accorgimenti, trattamento di depurazione o stabulazione la vendita dei
mitili ed il successivo consumo non dovrebbe comportare pericolo per le persone,
quello che però sarebbe utile sapere, anche perché simili episodi non accadano
in futuro, perché si siano superati i limiti imposti dalla legge». La risposta
arriva da parte del vicesindaco muggesano, Laura Marzi: «Ci troviamo di fronte
ad un eccesso di escherichia, una situazione frequente durante la stagione
estiva dovuta al riscaldamento delle acque che creano delle formano per cui i
prodotti delle fognature vengono portate verso le pedocere. Da qui le cozze
filtrano e accumulano il prodotto». Cosa si può fare dunque in questi casi?
«Fare prevenzione e nel caso ci siano livelli alti di batteri, ordinare la
quarantena dei mitili raccolti per stabularli e farli depurare». Marzi ha dunque
invitato i cittadini a fare attenzione all'ordinanza auspicando «una rapida
soluzione».
Riccardo Tosques
SEGNALAZIONI - Una città più vivibile
Certo che cambiare qualcosa in questa città è sempre difficile. Parlo del Piano del traffico, per esempio, con il quale finalmente la città sarà più vivibile e più sana, e a misura di pedone. Da quanto tempo non sentivo parlare a Trieste di corsie preferenziali per gli autobus. Con la crisi, tutti utilizzeremo di più gli autobus e ben venga se i tragitti saranno più veloci e il traffico più scorrevole. Mi ha impressionato, inoltre, con quanta ritrosità venga trattato il tema della ciclabilità. Ma insomma! Certo che non percorrerò mai via di Chiadino in bicicletta per andare a cena da amici con un vassoio di pastine, ma dobbiamo smetterla di pensare che a Trieste le due ruote siano una follia e la città non sia adatta a questo mezzo. Non è così, il centro città è già frequentato da molti ciclisti, e anche gli universitari stanno scegliendo questo economico mezzo di trasporto, le biciclette non inquinano e aiutano a mantenersi in forma. Cari miei concittadini, il vecchio Piano del traffico era datato 1998, ormai 15 anni fa, era impensabile mantenere lo stesso Piano, tante cose sono cambiate, dunque questo strumento era necessario. Brava Elena Marchigiani e bravo sindaco nel voler cambiare le abitudini di noi triestini, e per aver portato la cosa a termine. La nostra salute e la nostra città ringraziano!
Luisella Fonda
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 22 luglio 2013
Oltre tremila firme contro il rigassificatore di Trieste.
Gli ambientalisti al Governo: “Il progetto va tolto
dall’elenco delle infrastrutture energetiche di interesse europeo e va annullato
il decreto VIA del 2009.”
Sono oltre tremila (3.092 per la precisione) le firme raccolte da WWF,
Legambiente e Italia Nostra contro il progetto del rigassificatore che la
multinazionale spagnola GasNatural vorrebbe far costruire nel porto di Trieste.
Le tre associazioni le hanno spedite nei giorni scorsi ai ministri dello
Sviluppo economico, Zanonato, dell’ambiente, Orlando e dei beni culturali, Bray.
Le firme sono
accompagnate da una nota, nella quale le tre associazioni
sollecitano l’eliminazione dall’elenco delle infrastrutture energetiche di
interesse comunitario del progetto di GasNatural, alla luce dei suoi pesanti
impatti sull’ambiente e la sicurezza (per es. il rigassificatore sorgerebbe a
poche centinaia di metri dalle abitazioni, in un’area dove già sono presenti
numerosi impianti industriali a rischio di incidente), impatti non adeguatamente
valutati dagli organi competenti.
L’inserimento in tale elenco era stato caldeggiato, in particolare, dall’allora
ministro Passera, come è stato accertato dalle associazioni nei vari contatti
avuti con le istituzioni europee. WWF, Legambiente e Italia Nostra chiedono
quindi che il ministro Zanonato non prosegua sulla strada tracciata dal suo
predecessore.
A ciò si accompagna la richiesta di annullare il decreto VIA del 2009 (firmato
dagli allora ministri Prestigiacomo e Bondi), che sanciva il “via libera”
ambientale al progetto del rigassificatore. La procedura seguita era stata però
viziata da numerose e gravi illegittimità, evidenziate nei vari ricorsi che sia
gli ambientalisti, sia gli enti locali, hanno presentato al TAR del Lazio,
contro il decreto incriminato.
Illegittimità alle quali se n’erano aggiunte poi altre, come la scandalosa
gestione – da parte di alcuni funzionari regionali (all’epoca della Giunta
Tondo) - della procedura AIA sul progetto di GasNatural.
I successivi ministri dell’ambiente e dei beni culturali, Clini e Ornaghi, non
se l’erano sentita di mettere fine a tutto ciò, limitandosi a “sospendere” il
decreto VIA del 2009, per ragioni legate all’interferenza del progetto con le
prospettive di sviluppo dei traffici portuali. WWF, Legambiente e Italia Nostra
sottolineano però che, oltre all’impatto negativo sugli altri traffici nel porto
di Trieste, il rigassificatore implicherebbe anche pesanti conseguenze negative
sull’ambiente (specie quello marino) e sulla sicurezza degli abitanti; aspetti
questi sottovalutati e in qualche caso addirittura ignorati dagli enti che
avrebbero dovuto valutarli.
La sospensione di Clini e Ornaghi scadrà il 18 ottobre prossimo e a quel punto
il decreto VIA riprenderà piena efficacia, permettendo al ministero dello
Sviluppo economico di concludere la procedura per l’autorizzazione unica
all’impianto, ultimo atto che consentirebbe agli spagnoli di cominciare a
costruire il rigassificatore. Da ciò l’opportunità che i nuovi ministri
annullino il decreto del 2009, senza attendere il giudizio sui ricorsi tuttora
pendenti al TAR.
“Chiediamo in sostanza – concludono le associazioni ambientaliste – che gli
esponenti del nuovo Governo italiano abbandonino il ruolo di sponsor del
progetto di GasNatural, svolto dai predecessori, prendano atto delle gravissime
carenze del progetto e delle valutazioni svolte sullo stesso e agiscano di
conseguenza. L’incredibile vicenda del rigassificatore di Trieste si trascina
dal 2004: è tempo di concluderla definitivamente.”
WWF, Legambiente e Italia Nostra ricordano nella nota l’opposizione al progetto
espressa ripetutamente da tutti gli enti locali interessati - anche con
importanti cambi di rotta (soprattutto da parte della Regione e del Comune di
Trieste) rispetto al passato - e richiamano i propri documenti, che evidenziano
le gravi carenze del progetto e le illegittimità riscontrate nei processi
valutativi sullo stesso.
La nota delle associazioni è stata inviata per conoscenza anche alle Direzioni
Generali Energia e Ambiente della Commissione Europea e alla presidente del
Friuli Venezia Giulia, Serracchiani.
WWF Friuli Venezia Giulia – via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, e-mail:
friuliveneziagiulia@wwf.it
Legambiente Friuli Venezia Giulia – via G. Leopardi 118/10, 33100 Udine, e-mail:
info@legambientefvg.it
Italia Nostra Friuli Venezia Giulia - corso Italia 21, 34122 Trieste, e-mail:
fvg@italianostra.org
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 luglio 2013
INDUSTRIA: una citta' in decadenza «Trieste si gioca il
futuro Più uniti per battere la crisi» - LA QUESTIONE
Razeto: su ogni opportunità un impedimento, a volte pare una scusa per
non fare
Porto Vecchio, stop pericoloso non imputabile a una sola parte. Concessioni
spezzatino? Se ci fosse una visione d’insieme potrebbero dare qualche risultato
Tra ricerca e impresa collegamento molto modesto: l’una si compiace di se
stessa, l’altra tende a risultati molto rapidi. Occorre incrementare il dialogo
Porto Vecchio affondato? Miramare nel degrado? Aziende che falliscono?
Trieste «vive la più grossa crisi dal dopoguerra e sta rischiando molto». Al
punto che in assenza di una virata decisa «noi magari sopravviveremo, i nostri
figli non so». Ma se questo è lo scenario, Sergio Razeto non vuole addossare
colpe all’uno o all’altro. Il messaggio che il presidente di Confindustria
Trieste lancia, per uscirne, è un altro: quello della coesione. Perché «ci sono
momenti in cui è indispensabile lavorare insieme, nella stessa direzione,
superando politiche e interessi di segno opposto. Mi piacerebbe vedere persone
desiderose di condividere un pressing positivo per l’interesse comune. Persone
capaci di fare squadra, con una determinazione che manca». Partiamo da Porto
Vecchio. Progetto naufragato, anche se il Tar ne ha annotato la fattibilità.
Ancora, siamo verso la perdita di ogni speranza, per una serie di concause. Non
ritengo quanto accaduto imputabile a una sola parte. Credo che anche sugli
investitori abbia pesato la crisi: quando fu firmata la concessione - dobbiamo
prenderne atto - si sapeva ciò che conteneva. Certo se c’era la voglia di
proseguire tra le parti ci si poteva ritrovare... Siamo a uno stop pericoloso,
un momento cruciale che richiede forte coinvolgimento di tutte le istituzioni. E
le concessioni a spezzatino cui punta l’Authority? Cerco di essere il più
equilibrato possibile: la soluzione spezzatino potrebbe dare qualche risultato,
ma se la si riesce a integrare in una situazione razionale, in una visone
d’insieme che però oggi manca. E il punto franco? L’intera polemica è abbastanza
gratuita: che il punto franco possa essere di qualche utilità nessuno lo mette
in dubbio, ma in altre aree del porto. Credo che Porto Vecchio non sia oggi di
fatto area portuale, e in questa logica diventa d’interesse pubblico, più
destinata alla città, con diverse soluzioni. La sdemanializzazione è urgente?
L’ottimo è nemico del bene. Se si vuole si può agire anche nelle regole
demaniali. Intanto il Piano regolatore del porto si fa attendere... Ecco
un’altra di quelle storie incomprensibili: non capisco cosa lo fermi. Non mi
pare che nel documento vi siano condizioni tali da rendere l’impatto ambientale
così impegnativo (si attende la Via, ndr). La mia sensazione è che a Roma non lo
prendano in mano. Eppure il porto è una delle chiavi di sviluppo - nessun’altra
è così importante - per una città che può utilizzare una posizione strategica.
La politica dovrebbe riuscire ad attivare interessi, così come ha fatto per
esempio a Venezia. Questa città sta rischiando, dal punto di vista industriale
si sta riducendo sempre più. E pende l’annosa questione bonifiche. Il mio parere
personale è che manchino i soldi: erano stati destinati fondi regionali, sono
stati distratti. Altro tema spinoso e annoso: il rigassificatore. Confindustria
mantiene la posizione, chiarissima. Gli Usa sono divenuti esportatori di gas, il
mercato delle gasiere ha avuto un incremento esponenziale... Anche un
rigassificatore inattivo è garanzia per avere energia. Il Comitato portuale,
concordi gli enti locali, è stato altrettanto chiaro: impianto incompatibile con
il previsto incremento di traffici portuali. Io quei traffici li vorrei: è molto
aumentato quello per la Siot. Certo se uno crede nel porto ci deve dare
priorità, e se dovessi scegliere tra rigassificatore e terminal traghetti
sceglierei quest’ultimo. Poi c’è anche chi sostiene che la compatibilità esiste.
Comunque quelle previsioni di traffico le ho trovate esagerate rispetto a
realistiche possibilità. Intanto su Servola con Arvedi si apre uno spiraglio.
Molto positivo, per una siderurgia che beninteso deve essere sostenibile. È
importante che quell’area rimanga attiva, anche perché dà lavoro a 700-800
persone. L’Authority si è detta disponibile a uso dell’area anche per attività
produttive industriali collegate alla logistica. Ben venga la logistica che non
sia solo di transito, attività che non dà grosso valore: bisogna trovare nuove
opportunità. Logistica e siderurgia sostenibile si possono combinare.
Confindustria Trieste denuncia da tempo che il secondario è al palo del 10% del
Pil locale. Quali segnali vede? La situazione rispetto a inizio anno è
peggiorata, di segnali positivi ne vedo qualcuno a livello estero, non
nazionale. In città la crisi resta grande: a inizio autunno, anche con la
fusione di Confindustria Trieste e Gorizia, vogliamo ragionare su nuovi servizi,
iniziative capaci di dare una mano soprattutto alle piccole imprese individuando
modelli di filiera ma anche di massa critica, di aggregazione così da affrontare
il tema di quelle esportazioni che un’azienda di poche persone non può
permettersi. La stretta creditizia è uno dei problemi forti. L’industria ne
soffre molto. Sono il primo a dire che non va aiutato chi non ha futuro, ma se
un rimprovero ho da fare alle banche, è che non so quanto promuovano
l’imprenditorialità, le idee mirate a nuove direzioni. C’è scarsa fiducia. Cosa
possono fare le istituzioni? Pesante burocrazia quotidiana, tasse altissime in
una zona di confine che compete con aree di migliore favore, costi dell’energia
troppo elevati, pagamenti ritardati da parte dello Stato... Se non si affrontano
questi nodi - sempre gli stessi - non c’è ragione perché un’impresa possa o
voglia restare e Trieste. A che punto è il dialogo tra industria e ricerca?
Collegamento molto modesto, e anche qui la colpa non sta da una parte soltanto.
Di centri di ricerca in regione ce ne sono troppi, alcuni sì di eccellenza, ma
assorbono molte risorse e non sempre danno risultati. La ricerca un po’ si
compiace di se stessa; l’industria punta a risultati rapidi e tende a non
rivolgersi a quel mondo. Manca coesione, dovremmo riuscire a migliorare. E
l’Università di Trieste, sull’altalena delle classifiche? Buon ateneo, ma vale
quanto ho detto: guarda un po’ se stesso. Leggendo classifiche e commenti mi
pare di aver capito che c’è buona docenza, e un po’ meno buona ricerca. Dobbiamo
trovare vie per pensare insieme al domani. Il turismo è industria. Da Miramare
in poi, le risorse si sfruttano poco o male? Miramare? Una vergogna. Io sono per
la privatizzazione, beninteso con regole e vincoli: si dà in gestione il tutto a
una società che introita una percentuale sugli ingressi. In generale, oltre al
turismo vero e proprio c’è quello congressuale che è ricco, ma non va molto
bene. Si era puntato sul Silos, il Silos è fermo. Resta la Marittima, con
l’ulteriore servizio delle navi da crociera: si potrebbe fare arrivare qui le
navi per portare poi i turisti a Venezia. Ma bisogna essere attraenti. E invece?
Tutte le opportunità trovano un impatto, un impedimento, e a volte si ha
l’impressione che l’impedimento diventi scusa per non fare. Le istituzioni
dovrebbero darsi una mossa, essere responsabili, superare contrapposizioni. Io
amo questa mia seconda città dove si vive meglio che a Genova. Spero che riesca
nel colpo di reni: è una signora di vecchio fascino, che può divenire antico. E
se c’è pessimismo, è legato all’andazzo nazionale di cui Trieste risente di più
perché non sta poi così male come altre città: e chi deve dare, avendo poco, dà
a chi più ha bisogno. A livello politico, io vorrei che il concetto di grande
coalizione andasse avanti. Un presidente di Wärtsilä narrava che da bambino nel
suo villaggio non c’era molto benessere: quando mancava cibo, si raccoglieva
quello di tutte le case e lo si dava agli uomini che andavano a caccia...
Trieste in tre aggettivi? Bella. Addormentata. E poi... Ecco: io mi auguro che
si risvegli presto. Le opportunità, le strade ci sono.
Paola Bolis
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 luglio 2013
Ue al voto sul rigassificatore Slovenia verso
l’astensione
Mercoledì a Bruxelles si decide sui progetti energetici da finanziare in
via prioritaria Ma Lubiana fa dietrofront dopo avere ribadito a Serracchiani il
no all’impianto
Per il rigassificatore nella baia di Zaule sono ore decisive. Mercoledì
prossimo a Bruxelles infatti si deciderà se inserire la struttura di Trieste tra
i progetti energetici che avranno priorità nell’attingere ai finanziamenti
europei . Se il responso dovesse essere positivo a nulla servirebbe
l’opposizione alla realizzazione dell’impianto fin qui pubblicamente professata
dagli enti locali di Trieste e dalla Regione Friuli Venezia Giulia, nonché le
palesi ritrosie del Ministero dell’ambiente e la forte avversione di tutte le
associazioni ambientaliste a livello transfrontaliero. Ma anche la contrarietà
fin qui manifestata da alcune municipalità della costa croata e dalla Slovenia.
Già, la Slovenia. Ebbene mercoledì prossimo a Bruxelles Lubiana ha deciso di
astenersi dal voto sul terminale di Zaule. La notiza trapela sul sito web della
Rtv Slovenija che cita una conferma del ministro per l’Ambiente, Dejan Židan il
quale ha ribadito che la Slovenia non parteciperà al voto anche se nella lista
potrebbero entrare anche sette progetti molto importanti per il Paese ex
jugoslavo del valore complessivo di 1,2 miliardi di euro. Intervistato
telefonicamente durante il telegiornale Židan ha voluto puntualizzare che
«l’inserimento del progetto nella lista dei finanziamenti europei non significa
affatto che lo stesso verrà realizzato e poi - ha aggiunto - il fatto che la
Slovenia non parteciperà al voto nonostante ci siano in ballo sette
importantissimi progetti nel Paese è un segnale molto forte, una vero e proprio
schiaffo alla Commissione europea». L’opinione pubblica in Slovenia resta
perplessa dalla decisione presa. Solo 10 giorni fa, lo ricordiamo, il presidente
del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani ha ribadito nella sua visita a
Lubiana la netta contrarietà alla realizzazione del rigassificatore di Zaule
ribadendo nel corso della conferenza stampa congiunta con il ministro degli
Esteri sloveno, Karl Erjavec che sia il Friuli Venezia Giulia sia la Slovenia
puntano piuttosto su un rilancio della portualità e dei traffici marittimi per i
quali i rigassificatori costituirebbero un pesante ostacolo. Anzi la stessa
Serracchiani, a microfoni aperti, ha chiesto espressamente al ministro Erjavec
un aiuto da parte di Lubiana per stoppare la realizzazione dell’impianto di
Zaule a livello europeo. Ora la notizia che la Slovenia non si opporrà, ma
resterà in silenzio. O Lubiana ha la certezza che Zaule non sarà inserita nella
lista (il commissario Ue all’Ambiente è lo sloveno Janez Poto›nik) oppure, visti
gli interessi in ballo, ha deciso di sposare il detto latino che «pecunia non
olet».
Mauro Manzin
«Ora dal ministero lo stop definitivo» - L’AUSPICIO DI
COSOLINI E NESLADEK
Confortati dalla sentenza del Tar del Lazio, che ha respinto la richiesta di
sospensiva - avanzata da Gas Natural Rigassificazione Italia tramite i propri
legali - del decreto ministeriale dell’aprile scorso con cui è stata sospesa la
compatibilità ambientale rilasciata nel 2009 per il progetto del rigassificatore
di Zaule. Confortati sì, ma nel contempo il sindaco di Trieste Roberto Cosolini
e il suo omologo a Muggia Nerio Nesladek auspicano che entro il termine di
scadenza (18 ottobre prossimo) dell’efficacia dello stop stabilito dal Ministero
dell’ambiente, lo stesso ministero si esprima in via definitiva revocando la
compatibilità ambientale. «Delle sentenze si prende atto - osserva Cosolini -.
Per il resto, è stata confermata la correttezza amministrativa della decisione
del ministero che ha aperto una nuova riflessione sull’iter: su questo non posso
che dare un giudizio positivo». Adesso, da Roma, il sindaco Cosolini si attende
dunque atti che diano un seguito allo stop imposto dall’allora ministro
dell’Ambiente Corrado Clini, cioè la revoca definitiva della compatibilità
ambientale: «L’auspicio è questo, certo», conferma il primo cittadino. «Quando
il ministro Andrea Orlando (attuale titolare del dicastero all’Ambiente, ndr) è
giunto a Trieste su invito del presidente della Regione Debora Serracchiani -
aggiunge Cosolini -, abbiamo avuto modo di spiegargli le ragioni del nostro “no”
all’impianto di Zaule. Credo che il ministro abbia preso nota delle nostre
posizioni. E comunque - conclude - speriamo di avere presto una nuova occasione
per ribadirgliele». «La decisione del Tar del Lazio? Un passo molto importante -
afferma Nerio Nesladek -. Non dice però la parola fine sulla vicenda: per questo
non dobbiamo abbassare la guardia. Ora c’è il tempo per chiudere definitivamente
questa storia. Peraltro c’è anche il documento del Comitato tecnico istituito
dall’Autorità portuale (che ha bocciato oltre a Zaule anche eventuali siti
alternativi, giudicando la presenza del rigassificatore nell’area incompatibile
con lo sviluppo dei traffici marittimi, ndr), documento che ritengo
insuperabile. Il territorio si è espresso in maniera chiara, inequivocabile e
unanime per il “no” al rigassificatore - prosegue il sindaco di Muggia - e se
ora qualcuno tenterà di imporlo, allora questa diventerà una sopraffazione.
Quello del Tar è un passaggio importante per andare a chiudere la questione: dal
ministero ora mi aspetto la revoca della compatibilità ambientale».
(m.u.)
CECCO (FARE AMBIENTE) «Futuro della Ferriera: forte preoccupazione»
«Resta forte la preoccupazione sul futuro della Ferriera
di Servola sia per la salute pubblica che per il destino degli occupati nello
stabilimento – così Giorgio Cecco, coordinatore di Fare Ambiente a margine
dell’assemblea locale del movimento ecologista –. È fondamentale la
riconversione con un recupero ambientale».
CAMMINATRIESTE - Sportello per i pedoni
Il Coped - Camminatrieste «ritiene urgente e doveroso
richiamare l'attenzione sul pericolo che corrono i pedoni nei passaggi pedonali,
marciapiedi e fermate bus compresi». L’associazione apre uno sportello per la
tutela e i diritti del pedone, ogni martedì dalle 10 alle 12 in via Carducci,
35, rivolto ai cittadini «che intendono segnalare questi problemi» per i quali
il sodalizio si farà carico di intervenire presso le autorità competenti».
IL PICCOLO - SABATO, 20 luglio 2013
Rigassificatore, Gas Natural perde il primo round al
Tar
I giudici amministrativi del Lazio: no alla sospensiva sullo stop alla
Valutazione d’impatto ambientale ma nel merito della decisione presa dal
ministero si discuterà appena nel marzo del 2014
Sarà discusso appena il 19 marzo 2014 il ricorso con cui Gas Natural ha
chiesto l’annullamento del decreto ministeriale del 18 aprile con cui era stata
sospesa per sei mesi l’efficacia della compatibilità ambientale rilasciata nel
2009 al rigassificatore di Zaule. Lo hanno deciso i giudici del Tar del Lazio
che nel contempo hanno però rigettato la richiesta di sospensiva del decreto
avanzata dalla stessa società catalana. Nel dispositivo dell’ordinanza che è
stata depositata ieri, i giudici amministrativi rilevano comunque che «in caso
di mancata adozione di ulteriori determinazioni da parte del Ministero
dell’Ambiente, il provvedimento impugnato non potrà che perdere la sua efficacia
a far data dal 18 ottobre 2013 (termine di scadenza dei 180 giorni indicati nel
decreto numero 128 del 18 aprile 2013)». In sostanza, se entro il 18 ottobre il
Ministero dell’Ambiente non avrà deciso un’ulteriore sospensione oppure non avrà
ritirato la compatibilità ambientale, questa sarà nuovamente vigente. Nella
premessa, il Tar rileva che «la vicenda, di estrema complessità, può trovare
adeguata tutela solo attraverso la celere fissazione del merito» e anche che «in
effetti sono già trascorsi 90 giorni dall’inizio dell’esecuzione del
provvedimento impugnato tanto che, mancando solo 90 giorni di sospensione della
Via (peraltro ricadenti nel periodo estivo), una tutela piena ed efficace non
potrà che essere garantita attraverso la definizione del merito». Ma i giudici
fanno anche riferimento alla seduta di Bruxelles di mercoledì prossimo in cui si
deciderà se l’impianto verrà incluso tra quelli strategici e a livello europeo e
sottolineano che «nelle more, anche l’eventuale adozione di una misura cautelare
favorevole non sarebbe in grado di tutelare appieno gli interessi della
ricorrente (Gas Natural, ndr.) anche con riferimento al rischio di non essere
incluso tra i progetti di interesse comunitario da inserire nel primo elenco
redatto ai sensi dell’articolo 3 del regolamento Ue 347/2013». I vantaggi che la
società catalana avrebbe potuto trarre non sarebbero stati decisivi secondo i
giudici perché «la sospensione cautelare dell’esecuzione del provvedimento
impugnato non comporta, anche in ragione della coincidenza con il periodo
estivo, il conseguente (e immediato) riavvio della procedura di rilascio
dell’autorizzazione da parte del ministero dello Sviluppo economico nonché la
sua celere conclusione». In sostanza secondo al Tar, in attesa della sentenza
nel merito, la parola ripassa al Ministero dell’Ambiente che «non potrà che
adottare ulteriori determinazioni al riguardo non potendo rimanere sine die
efficace il provvedimento di che trattasi, dovendo avere per la sua natura una
durata temporale limitata e ben definita».
Silvio Maranzana
E dai “grillini” nuovo attacco alla Regione
Dopo che l’assessore regionale Sara Vito aveva ammonito i rappresentanti del
Movimento 5 stelle a informarsi prima di parlare ricordando che le lettere
contro il rigassificatore sono state inviate ai rappresentanti del governo
italiano, di quello europeo ai quali è stata inviata anche il testo di una
“generalità” di giunta contro l’impianto, i deputati del M5s, Aris Prodani e
Walter Rizzetto ieri hanno controreplicato. «Sarebbe interessante sapere -
sottolineano in una nota - se il governo ha dato una qualche risposta alla
missiva “ufficiale” della presidente Serracchiani. Più passa il tempo più
aumenta invece la nostra preoccupazione. Né il presidente del Consiglio Letta né
il ministro allo Sviluppo economico Zanonato finora si sono espressi in maniera
ufficiale contro la realizzazione dell'impianto che, è bene ricordarlo, non è
voluto dalla stragrande maggioranza della popolazione della provincia di
Trieste. Potrebbero mandare almeno una lettera!» « I tanto decantati favori
romani di cui gode la presidente - concludono Prodani e Rizzetto - dovrebbero
essere sfruttati per avere almeno un briciolo di risposta, meglio se ufficiale».
Arvedi pronto a rilevare la Ferriera Proposta per
l’affitto - SIDERURGIA »LA POSSIBILE SALVEZZA PER SERVOLA
Dopo le indiscrezioni il gruppo di Cremona conferma il proprio interesse
«anche senza la centrale Elettra»
«Ribadiamo di aver presentato manifestazione di interesse e di aver
sottoposto al commissario della società Lucchini la proposta di affitto e,
qualora sussistano le condizioni, il successivo acquisto del ramo di azienda
Lucchini Trieste e Servola spa». Prende definitivamente corpo l’ipotesi
dell’ingresso del gruppo siderurgico di Cremona alla Ferriera di Servola: ieri
per la prima volta Arvedi ha inviato una nota ufficiale ai media rivelando
oltretutto di aver già rotto gli indugi per quanto concerne la proposta
d’affitto e di riservarsi ulteriori valutazioni solo per quel che riguarderà il
successivo acquisto dello stabilimento. Dal primo luglio Lucchini ha in vigore
con Arvedi un accordo commerciale che si protrarrà anche nel mese di agosto e in
base al quale quasi tutta la ghisa che si produce a Servola (all’incirca 25mila
tonnellate al mese) viene venduta alla società cremonese. In questo lasso di
tempo, in base a fonti sindacali, il Gruppo Arvedi avrebbe dovuto valutare
l’opportunità di avanzare l’offerta di affitto, ma questa fase evidentemente è
già stata superata e, se il commissario Piero Nardi darà il via libera, il
contratto d’affitto verrà certamente stipulato: presumibilmente dapprima per 6
mesi e poi per ulteriori 18. Ma ieri, nella nota ufficiale, Arvedi è andato
addirittura oltre mettendo in chiaro che l’acquisizione anche della centrale
termoelettrica Elettra non sarà la discriminante per giungere all’acquisto della
Servola spa. «Nell’ottica della sinergia impiantistica del sito industriale nel
suo complesso (siderurgico ed energetico) - si legge infatti nella nota - si
valuta molto positivamente il coinvolgimento della centrale termoelettrica di
proprietà Elettra produzione srl nel perimetro della proposta imprenditoriale
senza che ciò rappresenti, al momento, una condizione discriminante per la
validità della proposta avanzata al Commissario della Lucchini, bensì elemento
che costituisce parte integrante del processo produttivo che si intende porre in
essere. Si stanno altresì individuando - conclude la nota - possibili forme di
collaborazione commerciale che vadano comunque nella direzione della sinergia
industriale tra produzione di ghisa e produzione elettrica». Una cosa dunque da
ieri è certa: a meno che il Commissario non rilevi irregolarità o ostacoli
insormontabili, gli impianti di Servola, compreso l’altiforno e la cokeria, non
si fermeranno il 31 agosto, come invece era stato paventato nella riunione dei
giorni scorsi al Ministero dello sviluppo economico dallo stesso Nardi, qualora
non si fosse concretizzato rapidamente l’interesse manifestato dallo stesso
Arvedi. Cresce ora l’attesa da parte dei lavoratori per la presentazione del
piano industriale da parte del gruppo di Cremona che, in base a voci circolate
nello settimane scorse all’interno dello stabilimento sarebbe tentato dal
proporre una riduzione degli organici nella misura del 20%. Un’ipotesi che i
sindacati vogliono ad ogni costo evitare salvaguardando in toto tutti e 480 gli
attuali posti di lavoro.
Silvio Maranzana
Il piano regolatore si allarga alla provincia
Mare, Carso, mobilità, commercio: Marchigiani prepara un progetto in
accordo con gli altri Comuni
Il Piano del traffico regola la circolazione, il Piano regolatore dà ordini
al corpo della città, e il “Piano struttura di area vasta” vuole occuparsi
dell’ambiente complessivo in cui Trieste sta. È con questa visione allargata che
il Comune produce il suo nuovo Prg, allegandovi un documento di programmazione
territoriale che comprende tutti gli altri Comuni della provincia e qualche area
di oltreconfine sui temi dell’ambiente, della conservazione del territorio, del
turismo, dei piccoli centri carsici, della logistica e della produttività, della
mobilità. A partire dal senso di “sistema lineare della strada provinciale 1” da
vedere come asse di collegamento da riqualificare e dalla coesistenza (che va
messa a frutto) del mare con il Carso, oggi troppo “separati in casa”. Per
mettere assieme questo nuovo piano, che sarà un allegato al Piano regolatore
vero e proprio, si è tenuto in questi giorni un incontro tra l’assessore alla
Pianificazione, mobilità e traffico Elena Marchigiani, rappresentanti della
Provincia e dei Comuni di Muggia, San Dorligo della Valle, Monrupino, Sgonico,
Duino Aurisina. «Questo piano - dice Marchigiani - è orientato a creare uno
“sfondo” territoriale cui riferire le scelte non solo del nuovo Piano regolatore
ma anche dei futuri progetti, per uno sviluppo coordinato (spaziale, produttivo
e turistico) del territorio, frutto di una sorta di “patto” tra le diverse
amministrazioni». Non sarà, spiega Marchigiani, un “nuovo” Prg a sè stante con
le sue lunghe e complesse procedure, ma appunto un allegato al documento di
pianificazione urbana, ora in fase di scrittura. E il dialogo fra le diverse
amministrazioni continua a prendere corpo a partire dalle ampie fasi di
consultazione preventiva, e dai tavoli tematici del luglio 2012 su “Dove sarà
Trieste”. È la stessa Regione a invitare i Comuni di Trieste e Muggia, col Prg
in costruzione, a “connettersi”, anche in vista del futuro Piano paesistico
regionale. In pratica, si prendono in considerazione i Prg vigenti, la
cartografia, si illustrano i progetti in cassetto affinché l’uno sia armonico
con l’altro. Alcuni temi hanno già preso evidenza: la necessità di garantire
l’ecosistema, dando un ruolo attivo ad agricoltori e allevatori e ripristinando
pastini e versanti coltivati, terrazzamenti, uliveti e floricoltura, l’urgenza
di riqualificare i poli produttivi, della logistica e del grande commercio.
Nuova citazione per la metropolitana leggera Ronchi-Capodistria, di cui non si
parla più. Prossimo passo: incontri estesi a Capodistria. Prossima riunione: a
settembre.
«Tares, rispettare il patto con i cittadini» - RIFIUTI
Sel: con AcegasAps in Hera le tariffe dovevano scendere, non aumentare
La Tares non deve aumentare. Ad annunciare una dura presa di posizione su
questo fronte è Sel. «Resteremo fedeli alla coalizione che guida il Comune - ha
precisato ieri il coordinatore provinciale, Fulvio Vallon - ma la nostra
funzione è proprio quella di vigilare sul rispetto da parte della giunta degli
accordi presi che in questo caso sarebbero violati». «Nel protocollo del
febbraio scorso sottoscritto dalle amministrazioni che partecipano a Hera e dal
nostro sindaco Cosolini, in rappresentanza di AcegasAps - ha spiegato il
capogruppo di Sel in Consiglio comunale, Marino Sossi - oltre che
dall'amministratore delegato di Hera, Maurizio Chiarini e dalle organizzazioni
sindacali confederali, si prevede al punto 6 che la fusione per incorporazione
di AcegasAps in Hera doveva comportare un abbattimento delle tariffe. Invece la
Tares è aumentata del 10% e la raccolta differenziata non funziona. Ciò che si
scrive nei protocolli va rispettato, la Tares non può fare eccezione». Sossi ha
poi detto che «oggi più che mai serve un confronto sui programmi economici del
Comune, che deve attrezzarsi per fare proposte che portino utili, ma non a
carico della gente. Deve esserci perfetta corrispondenza fra ciò che pagano i
cittadini e i servizi resi. Sel chiede il rispetto del patto con i cittadini -
ha proseguito Sossi - inoltre va individuato un sistema che premi per chi
rispetta le regole della differenziata. Carta e plastica sono in gran parte
riciclate, rappresentano un business dal quale i cittadini non possono essere
esclusi. Va creato un sistema che preveda una riduzione della Tares per quanti
assumono comportamenti virtuosi nella differenziata». «L'obiettivo di legge
della differenziata - ha concluso Vallon - è del 65%, siamo al 28. Troppo poco».
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 19 luglio 2013
Rigassificatore M5S chiede un no ufficiale per
Bruxelles - A SERRACCHIANI
Il Tar della Lazio ieri non ha reso nota la propria decisione sul ricorso
presentato da Gas Natural contro il decreto dell’ex ministro Clini che ha
sospeso la compatibilità ambientale al progetto data dal governo nel 2009.
L’udienza si è svolta mercoledì: i legali di Regione e Siot hanno spiegato le
ragioni che hanno indotto i loro rappresentati a costituirsi in giudizio contro
Gas Natural. Intanto i deputati del Movimento 5 stelle, Aris Prodani e Walter
Rizzetto, hanno chiesto che la governatrice Debora Serracchiani presenti un
documento ufficiale, indirizzato alla Commissione europea e al ministro
Zanonato, di contrarietà al rigassificatore. «La lettera inviata - sostengono -
ha valenza esclusivamente politica e non presenta alcun riferimento alla
procedura europea». Bruxelles dovrà decidere mercoledì se inserire Zaule tra gli
impianti strategici. «La presidente e la giunta hanno espresso posizione
ineccepibile sul rigassificatore, Prodani e Rizzetto dovrebbero assumere
informazioni corrette», ha ribattuto in serata l’assessore regionale Sara Vito.
Monassi: banchina di Servola, ok all’utilizzo per
l’industria
Authority: pronti a consolidare la struttura, ma con Arvedi ancora nessun
contatto.
Nel cantiere della Piattaforma logistica lavoro per gli
operai della Ferriera. Sindacati: ora vedremo i fatti
«Sull’area di Servola sì anche ad attività produttive industriali collegate
alla logistica». È quanto si sono sentiti dire ieri dalla presidente
dell’Autorità portuale Marina Monassi i rappresentanti sindacali che temevano
una spinta del porto a favore di un’opzione puramente logistica. «Prendiamo atto
dell’apertura e della disponibilità - il commento dei segretari della Uilm
Antonio Rodà e della Fim-Cisl Umberto Salvaneschi, oltre che di Franco Palman,
rsu Uilm - ma ora attendiamo i fatti sui quali vigileremo passo dopo passo». E
lo stesso Salvaneschi e Gurtner (Cgil) aggiungono: «Non si può dire che vi sia
stata condivisione di obiettivi, come invece afferma la nota dell’Authority».
«La presidente ci ha detto che dinanzi a un piano industriale concreto e valido
- riferisce Salvaneschi - è in grado di dare nel giro di venti giorni una
concessione anche per periodi di tempo piuttosto lunghi, dato che ne esistono
già per 20, 30, 60 e anche 90 anni». Un’affermazione che in qualche modo
dovrebbe rassicurare il Gruppo Arvedi (la concessione alla Lucchini scade il 31
dicembre) con il quale però Monassi ha affermato di non aver ancora avuto alcun
contatto. La presidente ha assicurato che all’imprenditore che investirà potrà
essere anche offerta l’opportunità del Punto franco (già nei mesi scorsi aveva
accennato alla disponibilità a spostare sulla banchina della Ferriera una
porzione di Area franca) per agevolare i traffici estero su estero.
«Nell’immediato l’Authority farà di tutto per partire con i lavori per il primo
stralcio della Piattaforma logistica della durata di 18 mesi - ha spiegato
Monassi - che potrebbero costituire, dopo un percorso di formazione, uno sbocco
occupazionale in caso di carenza di lavoro nello stabilimento siderurgico. Ma
siamo anche pronti - ha aggiunto - a intervenire per il consolidamento della
stessa banchina della Ferriera per consentire ai nuovi investitori di sfruttarla
al meglio grazie anche ai fondali di 14 metri». «Si tratti di Arvedi o di un
altro investitore - ha ammonito Palman - la nostra vigilanza sarà massima
affinché il piano industriale preveda la salvaguardia in toto dei livelli
occupazionali». In base al monitoraggio fatto dal consulente del Comune,
Francesco Rosato, i dipendenti della Ferriera risultano essere oggi 480 di cui
380 operai e 100 impiegati. Le donne sono soltanto sette, i contratti a tempo
determinato il 5%, gli stranieri il 6,5%, l’età media è di 43 anni e mezzo, le
retribuzioni situate su una fascia medio-alta logicamente non a livello
assoluto, ma relativamente alla categoria di appartenenza. Oltre a quella di
Arvedi sono state raccolte da Rosato altre manifestazioni di interesse di ambito
minore tra cui quella per un’attività di manutenzioni ferroviarie da parte di un
gruppo di aziende guidate da In-rail, di lavorazioni meccaniche da parte di
un’azienda di Treviso legata a un gruppo svedese, di trattamento e recupero di
materiali ferrosi e ossidi di zinco da una società svizzera, di lavorazioni di
rame e alluminio da parte di un’azienda austriaca. Dell’incontro romano in cui
il commissario Piero Nardi ha lanciato l’ultimatum («O si chiude con Arvedi
entro il 31 agosto o si ferma la produzione») e di quello di ieri alla Torre del
Lloyd i sindacalisti riferiranno ai lavoratori in un’assemblea che si terrà
lunedì o martedì. Ufficiosamente si è saputo che l’incontro tra le istituzioni
sulla riconversione di Servola si terrà il 25 luglio, mentre il Tavolo sarà
riconvocato in Regione il 30 luglio.
Silvio Maranzana
“Sportello informazioni” sul Piano traffico
Da fine estate, in vista dell’attuazione. Sala affollata per la
presentazione pubblica del documento
È stato oggetto di una lunga battaglia a colpi di emendamenti in Consiglio
comunale. Ha superato un iter complicato e tormentato, dividendo le anime degli
schieramenti locali, animando il dibattito politico e subendo modifiche e
aggiustamenti in corso d'opera fino all'ultimo. Adesso, dopo la sua approvazione
definitiva, è giunto il momento di spiegarlo ai triestini. Il nuovo Piano
generale del traffico si presenta alla cittadinanza. Mentre a fine estate il
Comune aprirà uno sportello informativo per i cittadini. Ieri dunque il primo
incontro pubblico tenutosi in un affollato auditorium del museo Revoltella alla
presenza di operatori commerciali, rappresentanti delle categorie economiche e
delle varie associazioni. L'estensione delle aree riservate alla
pedonalizzazione e l'aumento dei parcheggi a pagamento con le loro rispettive
ripercussioni, tra i temi più caldi toccati nella serata. «Si tratta di un atto
forte che indubbiamente fa discutere e che implica un'assunzione di
responsabilità politica e amministrativa», ha chiosato il sindaco Roberto
Cosolini: «Abbiamo pagato troppi anni di non scelte: chi ci ha preceduto non ha
avuto il coraggio e la forza di portare fino in fondo questo cambiamento.
Abbiamo davanti uno strumento di programmazione che deriva da un percorso
fortemente partecipato e che riguarda la vita di tutti: credo che con questo
Piano si va verso un'idea di mobilità e traffico più europei, che prevedono una
città più moderna, più vivibile ed a misura d'uomo sia per i cittadini, sia per
i turisti». A illustrare i vari passaggi del nuovo Piano, con immagini e
grafiche, è stato l'assessore alla pianificazione urbana Elena Marchigiani, che
ha snocciolato anche qualche numero, a partire dal migliaio tra suggerimenti e
osservazioni raccolti lungo il percorso, cui si sono aggiunti i 400 emendamenti
presentati in Consiglio comunale: nello specifico, le aree pedonali aumenteranno
del 44%, le piste ciclabili passeranno dagli attuali 15 agli 85 chilometri
complessivi, divisi tra collegamento urbano e percorsi di tipo turistico, mentre
le corsie preferenziali dei mezzi pubblici si allungano da 4,6 a 8,8 chilometri.
«È stato un piano partecipato fino alla fine, non ci siamo sottratti al
confronto», ha dichiarato Marchigiani: «La logica è stata quella di favorire una
mobilità più sicura. Una visione che sarà attuata un po' alla volta senza
sconvolgere l'intera città, con l'idea di fare cambiamenti in corsa dove ce ne
sarà bisogno. Sui parcheggi a pagamento che tanto hanno fatto discutere, si sono
dovute mediare le diverse esigenze, sempre tenendo conto della qualità
complessiva della città». I tempi di attuazione del Piano saranno di un anno e
mezzo a partire da settembre.
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 luglio 2013
«Rigassificatore, bocciati i siti alternativi»
Le conclusioni della Commissione istituita dall’Authority: confermata
l’incompatibilità con il traffico marittimo
«Non solo quella prevista di Zaule, ma anche qualsiasi altra localizzazione
del rigassificatore di Gas Natural in un punto della costa all’interno del porto
di Trieste andrebbe a pregiudicare lo sviluppo dei traffici dello scalo». È la
perentoria conclusione alla quale è giunta la Commissione istituita
dall’Autorità portuale dopo che il decreto del 18 aprile dell’ex ministro Clini
ha sospeso l’efficacia della Via rilasciata nel 2009 al progetto di Gas Natural,
subordinandola a un’eventuale rideterminazione delle previsioni di sviluppo del
Piano regolatore del porto per renderlo appunto compatibile con il
rigassificatore. Della Commissione hanno fatto parte Eric Marcone (Authority),
Umberto Laureni (Comune di Trieste), Nerio Nesladek (sindaco di Muggia),
Vittorio Zollia (Provincia), Giorgio Lillini (Genio civile), Natale Serrano
(Capitaneria di porto), Fabrizio Zerbini (Associazione terminalisti), ed è stata
inoltre aperta a rappresentanti di organizzazioni che promuovono la protezione
dell’ambiente: Roberto Sasco (Italia Nostra), Carlo Franzosini (Riserva di
Miramare), Dario Predonzan (Wwf) e Lucia Sirocco (Legambiente). «Alla luce dei
dati di traffico attualmente in essere, delle previsioni del Piano regolatore
attualmente in itinere, nonché degli scenari che si determinerebbero nei
traffici portuali quali evidenziati dagli studi commissionati dall’Autorità
portuale - conclude la relazione - la Commissione non ritiene né utile, né
percorribile la rideterminazione del Piano regolatore portuale per renderlo
compatibile con l’impianto di rigassificazione proposto dalla società Gas
Natural. La Commissione è del parere che rispetto a quanto richiesto dal Decreto
interministeriale, non si possa provvedere alla rideterminazione delle
previsioni di sviluppo espresse dal Piano regolatore del porto senza arrecare
grave nocumento allo sviluppo dei traffici e del porto medesimo. La Commissione
ritiene incompatbile - è appunto la conclusione - ogni altra localizzazione del
terminale Gnl di rigassificazione all’interno dell’ambito portuale di Trieste
per gli stessi motivi e le stesse criticità evidenziati dal caso dell’impianto
localizzato a Zaule». Nella relazione si fa presente che le sole opere previste
dal Piano regolatore fanno stimare in 2900 le navi che annualmente dovrebbero
percorrere il canale di accesso al porto. «In tale contesto - viene sottolineato
- l’introduzione delle navi gasiere (stimate in almeno 100 unità annue sulla
base delle dichiarazioni della società Gas Natural) porterebbero a delle
condizioni di traffico eccessivo sul canale Sud creando disservizi (quali tempi
di attesa) per gli altri terminal». Ma si entra anche nel dettaglio prefigurando
che «nello scenario di lungo periodo la presenza di navi gasiere abbia quali
conseguenze: un incremento del tasso di occupazione del canale fino al valore
del 70% (superiore al valore massimo di funzionamento ottimale); un generale
incremento dei ritardi dei tempi di arrivo e partenza delle navi; un particolare
ritardo delle navi che non hanno priorità di ingresso e di uscita con
conseguenti difficoltà dei traffici relativi (in particolare ro-ro e
contenitori)». Dopo aver passato in rassegna i numerosi tipi di traffici
presenti in porto, l’incremento fatto registrare negli ultimi anni e in
particolare il pericolo di interferenze con le petroliere dirette al terminale
della Siot (più di 500 all’anno), la Commissione rileva che «nei principali
porti del mondo dove sono stati costruiti impianti di rigassificazione sono
state introdotte da parte delle locali Autorità marittime ordinanze di accesso
che hanno modificato in senso più restrittivo le priorità di ingresso e uscita
delle navi, a svantaggio dei traffici più tradizionali ritenuti non prioritari
da un punto di vista della sicurezza, mentre, per gli aspetti di security e
safety, hanno imposto aree di rispetto che, di fatto, sotrarrebbero spazi ad
altre attività in banchina, incidendo altresì sulla movimentazione delle navi
all’interno dell’area portuale e, in rada, sulle superifici destinate alle navi
alla fonda. La Commissione ritiene che nell’ipotesi di costruzione del terminal
Gnl sarebbero introdotte anche per il proto di Trieste nuove misure in tema di
priorità di ingresso e uscita delle navi, oltre a zone di rispetto in
corrispondenza dell’impianto e in rada, limitando l’operatività dei terminali
esistenti e pregiudicando la potenzialità di sviluppo di nuove opere».
Silvio Maranzana
I giudici decidono sul ricorso al Tar di Gas Natural
Ieri dinanzi al Tar del Lazio si è tenuta l’udienza sul ricorso presentato
da Gas Natural contro il decreto ministeriale del 18 aprile che ha sospeso
l’efficacia del decreto di compatibilità ambientale del luglio 2009 per
l’impianto di Zaule. La decisione dei giudici sulla sospensiva chiesta dalla
società catalana dovrebbe essere resa nota oggi, mentre successivamente verrà
depositata la sentenza nel merito. Si sono costituite in giudizio contro il
ricorrente sia la Regione che la Siot. Il decreto firmato dall’ex ministro Clini
dava anche a Gas Natural l’opportunità di individuare un sito alternativo
rispetto a Zaule che però non è stato indicato.
Per salvare la Ferriera Arvedi vuole Elettra
L’imprenditore interessato al contratto d’affitto ma non può prescindere
dalla centrale termoelettrica. I sindacati chiedono precise garanzie
IL CASO»DOPO L’ULTIMATUM DEL COMMISSARIO NARDI
Passerebbe soprattutto attraverso la centrale termoelettrica Elettra, che è
annessa allo stabilimento, la possibilità che il Gruppo Arvedi perfezioni il
contratto di affitto della Ferriera di Servola opzionandone poi l’acquisto dopo
un periodo massimo di due anni. Elettra industrial, la società che gestisce la
centrale da 170 megawatt, è proprietà del fondo inglese Hutton Collins che ha
sede a Londra al quale la Lucchini l’ha venduta nel 2004. Già tre anni fa però
Hutton Collins aveva dato mandato al branch inglese della banca australiana
Macquarie di reperire acquirenti per la centrale triestina, oltre che per quella
meno potente (60 megawatt) di Piombino. Elettra utilizza i gas residui della
Ferriera per produrre energia. Con la risoluzione anticipata degli incentivi
statali del cosiddetto Cip6 che è già stata chiesta da Elettra, la proprietà
punta a ottenere dal governo la riscossione anticipata di una parte degli
sconti, il che potrebbe modificare il “prezzo” della centrale. Elettra è entrata
nel mirino di Arvedi perché completerebbe un ciclo combinato integrale che
partirebbe addirittura dalla banchina di Servola, strategica per far arrivare le
materie prime destinate alle acciaierie in Lombardia. Il giorno dopo
l’annuncio-choc fatto dal commissario straordinario della Lucchini Piero Nardi
martedì a Roma («A Trieste o si perfeziona il contratto con Arvedi entro il 31
agosto, oppure in quella data la produzione si ferma»), dal quartier generale di
Cremona non trapela nulla («Non è nella policy aziendale rilasciare
dichiarazioni in questi frangenti», dicono dall’ufficio che cura le relazioni
pubbliche). I rappresentanti confederali dei metalmeccanici, Umberto Salvaneschi
(Fim-Cisl), Stefano Borini (Fiom-Cgil) e Antonio Rodà (Uilm) dopo una notte da
incubo trascorsa in treno per il ritorno a casa da Roma annunciano un’assemblea
dei lavoratori «presumibilmente entro lunedì» e in una nota chiedono «la
conferma della continuità produttiva degli impianti; l’avvio dei primi
interventi di risanamento ambientale rimuovendo i pregiudizi sulla coesistenza
di un progetto di riqualificazione industriale con l’avvio di investimenti
logistici legati all’industria; la sigla del contratto di affitto con il Gruppo
Arvedi entro la fine di agosto per il quale il governo deve sciogliere in tempi
rapidissimi la questione relativa al Cip6; il rinnovo dell’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) e delle concessioni demaniali; l’attivazione del
Tavolo regionale che definisca l’Accordo di programma necessario per beneficiare
delle opportunità previste dalla legge sulle aree di crisi industriale complessa
e dal Piano europeo per l’acciaio». Anche il sindacato autonomo Failms tramite
Cristian Prella esprime preoccupazione perché l’operazione Arvedi è complicata
dalla questione di Elettra e dalle aree demaniali (costituiscono due terzi
dell’area occupata dalla Ferriera, ndr.), ma alla fine afferma di ritenere
l’interessamento «reale e concreto». In base allo studio completato da Francesco
Rosato per conto del Comune, Arvedi continuerebbe a utilizzare l’altoforno
mettendo in atto una dismissione graduale della cokeria con lo scopo di
importare alla fine il coke per continuare a produrre la ghisa. La banchina
verrebbe utilizzata come terminal rinfuse, ma contemporaneamente dovrà esserci
l’investimento per la riduzione delle emissioni ambientali. Non un euro invece
Arvedi sarebbe disposto a spendere per operazioni di bonifica.
Silvio Maranzana
Oggi confronto tra i rappresentanti dei lavoratori e
Monassi
Alla fine la convocazione è arrivata. La presidente dell’Autorità portuale
Marina Monassi ha riposto alle richieste dei sindacati metalmeccanici e
ascolterà le loro istanze in un confronto previsto per oggi alle 14.30 alla
Torre del Lloyd. Su aree demaniali di competenza dell’Authority sono collocati i
due terzi della superficie su cui si estende il comprensorio della Ferriera di
Servola e la concessione alla Lucchini scade il 31 dicembre di quest’anno. I
sindacati hanno accusato l’Authority di non aver mai preso una posizione chiara
sulla riconversione dell’area di Servola con l’intento di favorire l’opzione
logistica a scapito di quella industriale. La stessa Authority ha commissionato
uno studio in materia alla società Alpe Adria. «Abbiamo previsto due o tre
scenari - dice il presidente della società Antonio Gurrieri - ma siamo in stand
by in attesa che si chiariscano le intenzioni di Arvedi».
(s.m.)
Confindustria: «Va mantenuta l’attività produttiva» -
NON SOLO LOGISTICA
Confindustria Trieste ribadisce di auspicare per l’area di Servola un futuro
che veda la prosecuzione di attività di tipo industriale, in grado di conciliare
gli aspetti occupazionali e quelli ambientali. «Ipotizzare che l'area non abbia
una continuità produttiva - si sottolinea in una nota - significherebbe un
ulteriore decremento dell'incidenza del settore industriale in un territorio in
cui c'è assoluta necessità che torni a rappresentare una componente più forte
del Pil, salendo dall'attuale 10,4%. Inoltre, una riconversione a fini puramente
logistici non garantirebbe le stesse ricadute occupazionali». Confindustria
Trieste valuta «molto positivamente l'interessamento del Gruppo Arvedi per
l'impianto di Servola. Si tratta di una soluzione che contempla il mantenimento
della produzione siderurgica della ghisa, inserita nella filiera produttiva dei
tre milioni di tonnellate di acciai di qualità prodotti a Cremona. Una
successiva fase di sviluppo logistico prevede inoltre da parte del Gruppo lo
sviluppo di portualità ulteriore rispetto al fabbisogno dello stabilimento di
Trieste. Si concretizzerebbe in tal modo l'ipotesi di una logistica non di pura
movimentazione ma di trasformazione, con le ovvie ricadute economiche e
occupazionali». «L’alto profilo imprenditoriale del cavalier Arvedi - prosegue
Confindustria - e le sinergie industriali fra gli stabilimenti del Gruppo,
spingono l'Associazione a ritenere che la manifestazione d’interesse si fondi su
elementi molto concreti. Per quanto riguarda gli aspetti ambientali, il progetto
prevede un significativo investimento finanziario per il ripristino manutentivo
degli impianti e l'adeguamento dei presidi ambientali asserviti alla produzione,
con l'obiettivo di una drastica riduzione delle emissioni di polvere diffuse».
«Punti franchi, la partita si gioca col Governo e con
la Regione»
Secca risposta di Cosolini alla provocazione di Boniciolli sul voto da
esigere in Comitato portuale
Nesladek (Muggia): «A noi interessa così così». Zollia
(Provincia): «Richiesta già fatta al prefetto»
La punzecchiatura, com’è nel forte carattere del personaggio, era di natura
particolarmente urticante: «Basta con l’equivoco del “volemose bene” rionale -
ha detto ieri l’ex presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli a
proposito della sentenza del Tar su Portocittà - adesso tutte le amministrazioni
sono di centrosinistra, portino dunque il Comitato portuale a un voto sullo
spostamento del punto franco, e vediamo chi si mette contro, o l’Authority è
d’accordo con gli enti oppure si dimette». Perché la sentenza sul ricorso con
cui Portocittà chiedeva l’annullamento della concessione del 2010 ha dato sì
torto ai costruttori nel merito, ma poggiando le proprie motivazioni sul fatto
che il punto franco non è un ostacolo come la società lamenta, si può spostare e
perfino ridurre con un atto amministrativo del prefetto. E così Boniciolli
chiede che questa affermazione dei giudici amministrativi sia fatta ora valere
dagli enti locali, tutti d’accordo sull’assunto. Il sindaco Roberto Cosolini
però non ci sta a prendere lezioni in questo senso e la sua risposta è quanto
meno irritata oltre che imbottita di allusioni critiche: «Io accetto tutte le
critiche, non sono iscritto alla categoria di chi pensa che a sbagliare siano
sempre gli altri. Però penso, in risposta, che proprio chi ha dato quella
concessione a Portocittà avrebbe potuto avviare, da subito, le procedure per lo
spostamento del punto franco». E cioé lo stesso Claudio Boniciolli che oggi
sospinge. Prosegue Cosolini: «In ogni caso i risultati in questa materia non si
ottengono con un voto in Comitato portuale. La partita è con il Governo e con la
Regione. Ricordo poi che per ben due volte sono intervenuto in Comitato portuale
ponendomi in contrasto netto con l’Authority, ma rimanendo all’epoca voce
isolata. Concordo con Boniciolli su una sola cosa: c’è anche chi parla più sui
giornali che in Comitato portuale». Molto cauto il sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek, che subito avverte: «Porto vecchio è importante, ma non così tanto,
per Muggia. A noi interessa che non arrivi il rigassificatore e che si sviluppi
il porto in quell’area col nuovo terminal ro-ro. Però se c’è da fare un
ragionamento comune nell’interesse dell’economia del territorio (un ragionamento
anche politico) Muggia non si tira certo indietro, a patto però che non si
vogliano sentenze a priori, quelle no». Per la Provincia (in vacanza la
presidente Maria Teresa Bassa Poropat) risponde l’assessore Vittorio Zollia,
spesso delegato a partecipare ai Comitati portuali: «Noi enti del territorio
abbiamo già fatto la nostra richiesta di spostamento del punto franco - afferma
-, direttamente al prefetto, che ha ritenuto di non poterlo fare. Posto che
siamo tutti d’accordo sul riutilizzo di Porto vecchio, ricordo a Boniciolli che
Comune, Provincia, Comune di Muggia ed eventualmente Regione contano solo
quattro voti in un Comitato portuale che è composto da rappresentanti
dell’industria, degli operatori dello scalo, dei sindacati e dal presidente
stesso dell’Autorità portuale. Mentre il problema è ben più complesso di un
numero di voti in Comitato, servono sedi decisionali e azioni conseguenti».
«Nuovi candidati per l’area? Vedremo se conta il regime
speciale»
«C'è da augurare alla presidente dell'Autorità portuale - afferma Patrick
Karlsen, consigliere comunale dei Cittadini - che all'indomani del 23 luglio,
termine per le manifestazioni di interesse sul Porto Vecchio (foto), risultino
numerose ma soprattutto sostenibili le proposte di intervento basate su un
rilancio delle zone franche nell'area. Non fosse così, ci vorrebbero enormi
risorse di audacia e inventiva per continuare a sostenere i presunti vantaggi
strategici del punto franco. La verità - prosegue Karlsen - è che anche in
futuro il punto franco rischia fortemente di restare per la quasi totalità di
Porto vecchio quello che è da troppo tempo: non un'opportunità, ma un ostacolo
allo sviluppo, l'autentico anti-mito della storia contemporanea di Trieste,
agitato da chi opera perché la città resti passiva e ferma al passato mentre il
mondo intorno a lei si evolve in continuazione".
Russo: «Basta tattiche del rinvio» - Per il senatore Pd
dai ritardi «le derive del TlT». Interrogazione sul Prg portuale
«Davanti all’ennesimo dibattito sul Porto vecchio in seguito alla sentenza
del Tar, dobbiamo avere in primo luogo il coraggio di prendere atto che
l’opinione pubblica è insofferente e stanca di parole e promesse. In un clima di
particolare incertezza come l’attuale si spiega bene la crescita di derive
populiste e antisistema che si alimentano di false speranze come quella
dell’autonomia salvifica propagandata dal Movimento Trieste libera». È in questi
termini che il senatore Pd Francesco Russo legge le conseguenze non solo
dell’ultimo capitolo della eterna “incompiuta” che è Porto vecchio, ma anche del
principale tema collegato, quello del punto franco, agitato anche dai seguaci
del Tlt, e depotenziato dalla sentenza del Tar. «Il vigore e la rapida
diffusione che sta avendo il TlT - afferma Russo - sono frutto dell’immobilismo
che negli ultimi 20 anni ha caratterizzato qualunque decisione strategica sul
futuro di Trieste: tutta la classe politica, di destra e sinistra, deve farsi un
esame di coscienza. È paradossale quanto la forza di non fare nulla o di vendere
illusioni anacronistiche e giuridicamente infondate (due atteggiamenti molto
vicini nella sostanza) sia efficace – continua il senatore triestino -, la
tattica del rinvio, come dice l’ex presidente dell’Authority Boniciolli, cui va
riconosciuto di aver tentato di avviare un nuovo corso per il quale servivano
però tempo e collaborazione, è risultata vincente: ma ora dobbiamo invertire la
rotta». Secondo Russo «la sentenza del Tar lancia un chiaro segnale di apertura
ma, come giustamente affermano gli investitori, per realizzare i progetti
bisogna lavorare tutti nella stessa direzione e compito della politica deve
essere quello di garantire certezze su prassi e tempi. Ad esempio, anche il
nuovo piano regolatore del porto, che già nel maggio del 2010 ha ricevuto parere
favorevole dal Consiglio superiore dei lavori pubblici del Ministero delle
infrastrutture e trasporti, è ancora in attesa dell’autorizzazione di
Valutazione di impatto ambientale, e questo ritardo è inaccettabile perché non
consente la realizzazione dei progetti di ammodernamento dello scalo portuale.
Proprio per fare luce su questo aspetto – conclude il senatore Pd - all’inizio
di luglio ho presentato un’interrogazione ai ministri delle Infrastrutture e
Trasporti, Maurizio Lupi, e dell'Ambiente, Andrea Orlando, affinché si chiarisca
per quali impedimenti burocratici la situazione sia ferma».
Fedriga (Lega): «Tutta Trieste città franca»
Una voce fuori dal coro sul tema di Porto vecchio all’indomani
dell’articolata sentenza del Tar che indaga soprattutto sul regime di punto
franco è quella di Massimiliano Fedriga, deputato triestino della Lega Nord:
«Non solo porto, Trieste diventi “città franca”». Insomma lo speciale regime
doganale dovrebbe essere esteso a tutta la città. «L’economia di Trieste -
afferma Fedriga - non ha bisogno di “passeggiate” come quella organizzata a
settembre 2012 dal sindaco ma di interventi specifici per sfruttare appieno il
punto franco che insiste su Porto vecchio, favorendo l’insediamento di attività
produttive capaci di trarre beneficio da tale regime e di creare nuovi posti di
lavoro per la nostra gente». Aggiunge il deputato: «Da un lato colgo i lati
positivi della sentenza del Tar ma dall’altro sono fortemente preoccupato per la
presa di posizione congiunta di Cosolini e Serracchiani, che vorrebbero
l’eliminazione del punto franco e la sdemanializzazione: interventi che
preannunciano opere di speculazione edilizia.» Secondo Fedriga «mantenere l’extradoganalità
è l’unico modo per attrarre nuovi investitori: se ci privassimo di questo
“atout”, cedendo alle spinte del centrosinistra, verrebbe meno qualunque ragione
per un imprenditore di scegliere Trieste quale sede della propria attività
anziché un’altra destinazione. Il Tar ha inoltre ricordato che vi è anche la
possibilità di estendere, come già accaduto in passato, i punti franchi: la Lega
ritiene da tempo che questo regime debba essere allargato a tutta la città, in
maniera tale da garantire competitività e permettere al nostro territorio di
divenire centro di interesse mondiale per investimenti e sviluppo economico.»
Piano traffico, nuove aree per i disabili
Incontro della Consulta con il sindaco Cosolini e l’assessore Marchigiani
per attrezzare le zone pedonali
RIUNIONE PROFICUA Presa la decisione di istituire un tavolo tecnico per
individuare entro settembre soluzioni idonee
Ieri mattina, nel Comune di Trieste, si è tenuta una riunione tra il sindaco
Roberto Cosolini, il presidente della Consulta regionale dei disabili, Vincenzo
Zoccano, l'assessore all'Urbanistica, Mobilità e Traffico, Elena Marchigiani, e
l'assessore alle Politiche sociali e Disabilità, Laura Famulari. Tema di
discussione, il nuovo piano generale del traffico, in particolar modo il
transito e la sosta dei veicoli assegnati a persone con disabilità nelle aree
pedonali urbane e nelle zone a traffico limitato, che saranno istituite nel
centro cittadino. La realizzazione di nuove aree pedonali favorisce senza dubbio
la vivibilità del centro e rappresenta un disincentivo forte all’uso di mezzi
motorizzati, ma non può e non deve rappresentare una limitazione alla mobilità
delle persone con disabilità: questo, in sintesi, il pensiero comune del primo
cittadino del capoluogo giuliano e del presidente Zoccano, d'intesa con gli
assessori Marchigiani e Famulari. Da qui, la decisione di istituire un tavolo
tecnico – composto da persone designate dal Comune e dalla Consulta – che
concorra a indirizzare l'attuazione del nuovo Piano. L'obiettivo è individuare
entro settembre (ovvero prima della partenza effettiva del piano) soluzioni
idonee per il transito e la sosta dei veicoli assegnati a persone con disabilità
anche nelle aree pedonali; non solo quindi nelle zone ad elevata pedonalità,
dove il Piano giù stabilisce che ciò sia possibile. Il nuovo Pgtu ha infatti
individuato diverse aree dedicate al solo transito di veicoli assegnati a
persone con disabilità, tese ad agevolare l'accesso e la sosta nelle aree
centrali. Con l'istituzione del nuovo tavolo, il sindaco Cosolini e il
presidente Zoccano auspicano di apportare al Piano un valore aggiunto, che
faccia di Trieste una città più vivibile, civile e attenta alle esigenze di
tutti, anche delle persone con disabilità. Oggi, intanto, il sindaco Roberto
Cosolini e l’assessore Elena Marchigiani, faranno un’illustrazione pubblica del
piano traffico al museo Revoltella alle 18 dove potranno intervenire i
cittadini. Dopo il passaggio e l’approvazione in Consiglio comunale il piano è
stato emendato in varie parti.
«Treno radioattivo: il governo spieghi»
«Il Governo faccia luce sulla vicenda del treno radioattivo intercettato a
Trieste e spieghi come intende garantire la sicurezza di cittadini e
lavoratori». Lo chiedono i deputati del Pd Ettore Rosato e Tamara Blažina in
un’interrogazione al ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, dopo l’arrivo nella
stazione ferroviaria di Opicina di un convoglio della società Inrail proveniente
dall’Est Europa che è risultato positivo ai controlli sulla radioattività.
Secondo i due deputati democratici «nonostante i valori abbiano superato di poco
i limiti previsti per legge, è fondamentale che il ministero dell’Ambiente
effettui tutti gli approfondimenti del caso per individuare la fonte di
radioattività. È inoltre importante - aggiungono Rosato e Blažina nella loro
interrogazione - che il Governo spieghi quali iniziative verranno assunte dalle
autorità competenti per garantire la sicurezza e la tutela della salute dei
cittadini e dei lavoratori, nel rispetto della normativa e delle direttive
europee». Il carro merci, contenente materiale ferroso, dopo le analisi condotte
da Arpa e Vigili del fuoco che hanno rivelato tracce di radioattività è stato
posteggiato su un binario a distanza di sicurezza.
M5S: fotovoltaico “naufragato” Perso un milione
«Chiediamo al ministro per i Beni culturali Massimo Bray di rivelare l’esito
dell’indagine svolta dai propri ispettori in merito all’attività della
soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici Maria Giulia Picchione
accusata di aver bloccato o rallentato irreparabilmente pratiche e
autorizzazioni paesaggistiche, incluse quelle relative al fotovoltaico». La
richiesta è contenuta in una interrogazione depositata ieri dai deputati del
Movimento 5 Stelle Aris Prodani e Walter Rizzetto. I deputati grillini vogliono
anche sapere «se il governo Letta, d’intesa con la Regione Fvg, sia intenzionato
a partecipare all’immediata stesura del piano paesaggistico per consentire a
tutti i cittadini di poter usufruire degli incentivi statali in favore
dell’utilizzo del fotovoltaico». Prodani e Rizzetto, ricordando che dal 2012 a
oggi la Soprintendenza «ha respinto, o comunque bloccato, il 57,5% delle
richieste per l’installazione di pannelli fotovoltaici o relativi ad impianti di
solare termico sulle case che rientrano nelle zone soggette per legge al suo
esame, affermano che le ripercussioni sono state anche economiche: «Il
territorio triestino ha perso così circa 1 milione di euro di incentivi statali
ai quali i cittadini avrebbero potuto accedere per gli interventi di
riqualificazione ed efficienza energetica, dove è prevista tra l’altro la
detrazione del 50% sull’acquisto di sistemi fotovoltaici».
Pulizia dei fondali in Sacchetta - L’operazione svolta
da una dozzina di volontari della sezione del Wwf Trieste
L’iniziativa dello scorso sabato di pulizia del fondo marino nello specchio
acqueo prospiciente la sede della Canottieri Adria ha avuto successo. Una
dozzina di volontari del Wwf di Trieste, della Società triestina Canottieri
Adria 1877 e della Canottieri Trieste si sono succeduti nella raccolta di
rifiuti di vario genere. Si è potuto così constatare che anche quell’ambiente
marino è ricco di pesci, spirografi, ricci, spugne e granchi. Al di là, quindi,
del malcostume di gettare bottiglie, barattoli e altri rifiuti di ogni genere,
la qualità dell'acqua e del fondale si è mantenuta buona. E’ stata questa anche
un’ottima occasione per un riflessione sull’opportunità di promuovere
comportamenti virtuosi per una raccolta differenziata dei rifiuti che derivano
dalle attività nautiche. Una proposta potrebbe essere quella di promuovere un
mercatino dell’usato della nautica in una giornata straordinaria – ad esempio il
week end dopo la Barcolana – dedicata al conferimento dei rifiuti in appositi
cassonetti posti in prossimità dei pontili.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 luglio 2013
Portocittà: il progetto resta irrealizzabile
Maltauro dopo la sentenza del Tar: col punto franco non c’è bancabilità
Consiglio di Stato? Meglio chiudere un accordo con la Torre del Lloyd
«Il progetto per noi in queste condizioni resta irrealizzabile, ma non credo
serva la guerra. Meglio uscirne - ritengo e spero - con una separazione
consensuale». Enrico Maltauro, amministratore delegato di Portocittà, questo
dice dopo che il Tar ha rigettato il ricorso della cordata composta da Maltauro,
Rizzani De Eccher, Sinloc e Biis per l’annullamento della maxiconcessione di
Porto Vecchio. Punta a una uscita “morbida”, confidando che con l’Authority si
possa aprire un «confronto per fare una valutazione serena» su quanto fin qui la
società ha realizzato, «determinando dei percorsi». Ma prima ancora di tracciare
una via, Maltauro si dice «rattristato. Ancora una volta l’Italia si è
dimostrata terreno di scontro normativo. Mi piacerebbe che si dibattesse su
fatti concreti per decidere quale degli investitori scegliere. Invece, leggendo
la sentenza mi pare di cogliere che non esista un vero vincitore né un vero
perdente: esiste una posizione di grande complessità. E non c’è un quadro di
riferimento normativo che sia favorevole agli investitori. Siamo stati fatti
fuori noi, ma il risultato non è gradevole per nessuno. In questo nostro
sfortunato Paese ci sono le condizioni per far mancare gli investimenti. Per
scoraggiare gli investitori». Porto Vecchio? «Certo ogni cosa è fattibile: ma
occorrerebbe lavorare tutti nella stessa direzione creando un coordinamento
effettivo, efficace, solido. Che però non c’è». Maltauro dice di una sentenza
«che va letta e meditata ma che è comunque di grande buon senso». Una sentenza
che è lodevole nel «dare un contributo alla crescita giuridica delle parti». Ma
che «in qualche misura conferma che il progetto di Porto Vecchio non è
bancabile». Perché «finché da quell’area non viene tolto il punto franco, lì non
si può fare niente». Per i giudici l’oggetto della concessione è «possibile»?
Maltauro usa una battuta amara: «Il Tar non è venuto con noi in banca, non ha
ricevuto lettere in cui ci si diceva che la pratica in queste condizioni non
veniva nemmeno presa in considerazione. Io devo misurarmi sulla concretezza
della situazione». E la situazione è che a oggi «legittimamente, le posizioni
sul da farsi restano variegate. Dal punto di vista morale mi sento molto
confortato da quanto rilevato dal Tar: giuridicamente il tema è complesso ma può
essere definito dalla volontà delle parti. Cosa che però non è successa».
Maltauro torna a dirlo, con forza: «Certo che sapevamo del punto franco, ma la
variante al piano regolatore andava in direzione opposta a quella di un regime
portuale da decenni non più funzionante. Ci voleva un atto amministrativo che
superasse il nodo. Ma il processo si è interrotto». E adesso? Maltauro lo
ribadisce: «Il presidente del Tar ha redatto una sentenza su un tema complesso,
partendo da una disamina di tipo giuridico per arrivare a una conclusione di
tipo pratico, molto fattuale, invitando a una soluzione tra gentiluomini». C’è
sempre però la possibilità di appellarsi al Consiglio di Stato. «Credo sia un
tema tutto da valutare, ma non abbiamo alcun particolare piacere ad adire i
tribunali amministrativi nella misura in cui, credo e spero, riusciremo a
metterci a un tavolo per trovare una soluzione, capendo le reciproche posizioni
per non farci del male». E dunque, ecco accolte con favore le dichiarazioni
della presidente dell’Authority Marina Monassi, che ha parlato di «scambio equo
prima della separazione». «Se riannodare il filo interrotto mi sembra
complicato, posto che non si vede un’attuazione celere di modifiche normative,
credo ci si possa confrontare con spirito positivo e costruttivo. Noi abbiamo
svolto in ottima fede un lavoro tangibile e di grande impegno, sia in termini di
progettazioni che di attività strutturali, dalla bretella in Porto Vecchio alle
caratterizzazioni degli inquinanti. Chiediamo che queste opere vengano prese in
considerazione per ciò che sono, con molta obiettività». Non vuole parlare di
cifre, Maltauro, né dei dieci milioni fin qui investiti, né di penali e di conti
da far quadrare: «Sarebbe scorretto. Ma visto che non c’è alcuna reciproca
obbligazione, va fatto secondo me un ragionamento sul dare e avere in un
percorso di trasparenza e oggettività. Portocittà in trasparenza mette a
disposizione tutto quanto ha fatto: attività, opere, progetti, studi, analisi.
L’Authority può valutare con oggettività la correttezza e l’utilità di quanto da
noi svolto - vorrei sottolinearlo - con il massimo livello di professionalità e
attenzione. Se si riuscisse a instaurare una forma di collaborazione tra
pubblico e privato, potremmo guadagnare tempo dopo averne perduto tanto. Io mi
metto nella condizione di negoziare e ragionare con assoluta buona fede, senza
aggressività di maniera. Credo si tratti di ragionare con trasparenza. Quella
concessione - chiude Maltauro - per noi resta irrealizzabile».
Paola Bolis
Monassi: «I Punti franchi recano vantaggi»
Più no che sì della presidente dell’Authority a una loro riduzione. «Ma
dobbiamo essere elastici»
«Sì, ma anche no, bisogna essere elastici». Marina Monassi, presidente
dell’Autorità portuale sembra non aver ricavato grande soddisfazione dal fatto
che i giudici del Tar hanno affermato che i Punti franchi si possono non solo
spostare, ma anche ridurre con un semplice atto del prefetto di Trieste, a patto
però, e qui sta il punto a suo favore, che sia d’accordo la stessa Authority.
«Non dobbiamo rinunciare alla salvaguardia e valorizzazione dei magazzini
storici - afferma - ma nemmeno ai vantaggi che possono derivare dal regime dei
Punti franchi che anche in Porto Vecchio possono risultare strategici proprio
per attrarre imprese. Recentemente a Chiasso - ricorda - abbiamo illustrato i
benefici che appunto dall’area franca possono derivare. Dunque potrebbe andar
bene spostarne qualcuno in parte, ma potrebbe anche andar bene mantenerli». Più
no che sì dunque sembra di capire anche perché Monassi si affretta ad aggiungere
che «molte sono le manifestazioni di interesse già arrivate per Porto Vecchio e
altre stanno giungendo proprio in questi giorni». Il termine per questa fase è
stato fissato a martedì 23 luglio. Sembrano essersi fatte avanti soprattutto
imprese di costruzioni, ma quando scatterà la gara d’appalto vera e propria
acquisterà punti chi si presenterà con un partner terminalistico o comunque con
un gestore della futura attività. Prima però va chiusa la questione con
Portocittà. Ieri, in occasione del convegno sugli obiettivi ambientali del
porto, Monassi ha parlato con Daniela Salmini, l’avvocato dello Stato che ha
condotto in modo vincente la causa. «La sentenza stessa - ha commentato poi -
lascia spiragli affinché la vicenda con Portocittà possa chiudersi in modo
concorde». Il giorno dopo, la presidente ha meno difficoltà a tendere la mano
all’avversario. «Il progetto dell’infrastrutturazione a noi oltretutto avrebbe
porato via tempi preziosi, Portocittà l’ha già fatto e i tecnici dell’Authority
l’hanno già visionato e riterrebbero utile la sua acquisizione. Dunque potrebbe
esserci uno scambio equo prima della separazione». Sono infatti in ballo i
canoni ancora da pagare e le penali previste per la rescissione della
convenzione. Un accordo potrebbe avenire a patto che Portocittà non decida di
fare appello al Consiglio di Stato.
Silvio Maranzana
Scalo sensibile all’ambiente, punta alla certificazione
“verde” - IL CONVEGNO
Il porto di Trieste punta ad acquisire, secondo scalo in Italia dopo
Livorno, la certificazione Emas (Eco-managment an audit scheme). Si tratta di
uno strumento proposto dall’Unione europea al quale possono aderire
volontariamente le organizzazioni (aziende, enti pubblici, ecc.) per valutare e
migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri
soggetti interessati informazioni su una corretta gestione ambientale. Gli
obiettivi verdi dello scalo triestino sono stati al centro di un convegno che si
è svolto alla Centrale idrodinamica del Porto Vecchio al quale ha partecipato
anche l’ex ministro Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo
sostenibile. «Il porto di Trieste, il territorio e il mare sono un unicum di
ricchezze ambientali e naturali, culturali e della laboriosità dei suoi
cittadini. Per garantire la tutela e lo sviluppo che merita - ha detto Ronchi -
è necessario puntare su innovazione, responsabilità e sostenibilità, in
particolare verso la green economy. È su questi terreni che si gioca la
possibilità di affrontare la crisi e di essere competitivi nel settore
marittimo». «Il nostro ente - ha spiegato la presidente dell’Authority Marina
Monassi - si doterà di una strategia gestionale per realizzare un piano di
miglioramento delle performance ambientali». Maurizio Spoto, direttore della
Riserva marina di Miramare ha detto che sta lavorando alla richiesta per far
divenire la costa triestina e il Carso patrimonio dell’Unesco.
«Il centrosinistra alzi la voce in Comitato portuale»
L’ex presidente dell’Authority boccia la proposta dell’Agenzia e pungola
gli enti locali. «Dai giudici un riconoscimento: la mia operazione era corretta»
Su un punto Claudio Boniciolli concorda con Sandra Savino: «Macché Agenzia
per Porto Vecchio, c’è il Comitato portuale». Va da sé che la visione dell’ex
presidente dell’Authority è diversa da quella della deputata Pdl: «Savino dice
così perché sa che il Comitato è nelle mani della presidente, che controlla
tutti strettamente. Io dico invece che nel Comitato siedono i Comuni di Trieste
e Muggia, Provincia e Regione. Tutti enti governati dal centrosinistra, che
possono ora mettere ai voti un documento che ponga chiaramente, dallo
spostamento del punto franco in poi, i punti derivanti dal pronunciamento dei
giudici: fuori dall’equivoco del “volemose bene” rionale, vediamo chi si mette
contro. A quel punto l’Authority è d’accordo con gli enti; oppure si dimette».
Questo dice Boniciolli - “papà” della maxiconcessione nel 2010 - dopo aver letto
una «buona sentenza che mi riempie di soddisfazione: è un riconoscimento della
correttezza dell’operato dell’Authority da me presieduta e anche un
riconoscimento indiretto (forse diretto) dell’ampiezza dell’operazione che
avevamo condotta. Smentiti quanti sostengono che con l’attuale regime non si può
far niente». Si può, ribadisce Boniciolli sottolineando la spostabilità del
punto franco con atto del commissario del governo: «La sentenza riconosce tutte
le posizioni al tempo condivise con Portocittà». Perché ecco un altro punto:
«Quanto previsto dalla concessione si poteva fare anche in regime demaniale,
mentre la caratteristica di punto franco riguarda l’Authority e inevitabilmente
gli enti locali». Snodo fondamentale quest’ultimo, dice Boniciolli rivelando che
«ne avevo parlato con Giovanni Balsamo e Alessandro Giacchetti (ex prefetti,
ndr): in sintesi entrambi ritenevano che sui punti franchi la Prefettura potesse
intervenire, ma in presenza di un coro unanime degli enti locali». Coro che oggi
può ben rafforzarsi: «Si attivino». Ma un passo alla volta. Perché di
sdemanializzazione «si può iniziare a parlare, consapevoli che come rilevato dal
Tar sarà un atto successivo, il cui problema infatti noi avevamo posticipato. E
per eventuali operatori interessati, il punto franco si può mantenere in parte
del Porto Vecchio». Facile riassumere, per Boniciolli, ciò che non ha
funzionato: «Ci voleva collaborazione, ma Portocittà non riusciva nemmeno a
incontrare la presidente del Porto. Lei aveva già in testa uno spezzettamento
che creerà molti problemi per urbanizzazione e sottoservizi: a carico di chi
saranno?» Va ripresa una strada: «L’Authority può convocare i concessionari e
discutere le condizioni per riaprire il dialogo». Ma «gli enti locali
esplicitino la propria volontà e la portino in Comitato portuale. Va dato atto
all’ex sindaco Dipiazza di avere concordato una linea che oggi trova conferma
dai giudici. Ma questa Authority - chiude Boniciolli - è già giunta a metà
mandato. E la tattica berlusconiana del rinvio costante è vincente...»
(p.b.)
Cok: «Messaggio che rilancia gli sforzi volti
all’apertura»
«La sentenza del Tar può ma soprattutto deve rappresentare un momento
importante nell’annosa questione del futuro di questa parte di Trieste». Così in
una nota il segretario del Pd Štefan Cok, secondo cui «il dato politico che
emerge è un’ulteriore dimostrazione di quanto non sia vero che il Porto Vecchio
debba restare in un regime di congelamento. La giurisprudenza ha trasmesso un
messaggio importante, che è possibile pensare a quella parte come a una parte
viva della città e non più come a un mondo distaccato. È la conferma della
giustezza degli sforzi di tutte quelle forze, il sindaco Cosolini in testa, che
in questi anni hanno coerentemente sostenuto quest’apertura. Compito della
politica è ora di creare le condizioni tali perché Porto Vecchio diventi davvero
quella straordinaria occasione di rilancio che Trieste non può assolutamente
perdere.
Trieste Libera: «Dal Tar un mostro giuridico»
Stamani sit-in a Foro Ulpiano: alle 12 c’è l’udienza sul «difetto di
giurisdizione» sollevato da Giurastante
«È un mostro giuridico che stiamo analizzando punto per punto, e che
diventerà oggetto di un ricorso che rivolgeremo non certo alle illegittime
autorità italiane ma a livello internazionale». L’ambientalista Roberto
Giurastante scava un fosso tra Trieste Libera, che lui rappresenta da membro del
Consiglio direttivo, e la sentenza del Tar su Porto Vecchio, nella parte in cui
recita che «appare privo di senso e giuridicamente infondato considerare il
Porto franco come zona extraterritoriale, addirittura sottratto alla sovranità
italiana perché tale non è la previsione né del Trattato di pace né del
Memorandum». «Questa sentenza - ribadisce Giurastante - è un mostro giuridico in
quanto afferma il contrario di quanto stabilito dal diritto internazionale.
L’allegato VIII del Trattato di pace è in vigore e non può essere manipolato a
seconda delle occasioni. Ma stiano certi tutti, anche la presidente della
Regione Serracchiani autrice oggi (ieri, ndr) di un pessimo intervento (ha
sostenuto che “le divagazioni su un ipotetico Tlt vanno relegate nella brughiera
della storia”, ndr): verrà fatta chiarezza su chi ha occupato il nostro
territorio e non verrà lasciato alcuno spazio a chi volesse occupare senza
titolo il Porto franco internazionale». La sentenza del Tar, per intanto, è
arrivata all’antivigilia di quello che i proseliti del Tlt aspettano come un
giorno-chiave. Stamani alle 12, infatti, è in programma a Foro Ulpiano l’udienza
davanti al giudice Piero Leanza riguardante «l’eccezione di difetto di
giurisdizione dell’autorità giudiziaria della Repubblica italiana» sollevata
proprio da Giurastante nell’ambito del procedimento penale che lo vede nel ruolo
di querelante e parte offesa per diffamazione a mezzo stampa a carico del
giornalista di Antenna Tre Luigi Gandi. «Ho chiesto - spiega l’esponente di
Trieste Libera - che venga riconosciuta la carenza di giurisdizione italiana su
territorio triestino, e per questo il giudice, che al tempo della richiesta era
Paolo Vascotto, ha autorizzato una perizia-traduzione del Memorandum di Londra.
Venisse accolta tale eccezione il processo si dovrebbe interrompere e il Governo
italiano avrebbe il mandato di nominare qui un’amministrazione civile
provvisoria». Alle 11, questa mattina, i militanti si troveranno davanti a
palazzo di giustizia per una manifestazione «pacifica», poi alcuni «si
recheranno ad assistere all’udienza, che è pubblica», come spiega il presidente
del movimento, Stefano Ferluga.
(pi.ra.)
Ferriera: bivio al 31 agosto «Entra Arvedi o si chiude»
Il commissario Nardi annuncia la deadline a sindacati e Regione: «Basta
proroghe, non ci sono più risorse per continuare». L’alternativa: un polo
logistico entro 5 anni
Ferriera di Servola davanti un drammatico bivio: o la trattativa con Arvedi
si chiude entro il 31 agosto oppure a chiudere nella medesima data, cioé fra un
mese e mezzo, sarà lo stabilimento. I sindacalisti triestini e la stessa
presidente della Regione Debora Serracchiani sono stati messi spalle al muro
ieri sera al Ministero dello sviluppo economico dall’inattesa uscita del
Commissario straordinario del Gruppo Lucchini, Piero Nardi. In base alle
previsioni della vigilia, dall’incontro al quale era presente il sottosegretario
Claudio De Vincenti non sarebbe dovuto uscire nulla di definitivo se non
l’annuncio di una proroga di tre mesi al commissario stesso per la presentazione
del piano industriale del gruppo che slitta a settembre. É invece spuntata la
deadline, e tremendamente ravvicinata: «Per Servola - ha affermato a sorpresa
Nardi - la questione è giunta al punto definitivo perché non ci sono più risorse
per continuare la produzione dopo il 31 agosto. «Situazione terribile che ci
lascia appesi a un filo», il commento ancora durante l’incontro da parte di
Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl). E Antonio Rodà (Uilm) alla fine ha sintetizzato
spiegando: «La stessa trattativa con Arvedi, che ha in corso una due diligence
su Servola, è subordinata alla riscossione anticipata dei contributi previsti
per il cosiddetto Cip6. Senza questi, la trattativa potrebbe saltare». In base a
un accordo commerciale, dal primo luglio tutta la ghisa che viene prodotta nella
Ferriera triestina (circa 25mila tonnellate al mese) non rimane alla Lucchini,
ma viene venduta al Gruppo di Cremona che già nei mesi scorsi ha presentato una
manifestazione di interesse per Servola inoltrata al commissario Nardi. Il
contratto è di un mese, ma è prorogabile per un secondo cioè per agosto il che
presumibilmente verrà fatto. È nell'arco di questi sessanta giorni che Arvedi,
che nelle settimane scorse ha già inviato alcuni emissari a Servola, vaglierà lo
stato e la funzionalità dei macchinari e della struttura e la capacità
produttiva per sciogliere gli ultimi dubbi che tuttora persistono prima di
giungere al contratto d'affitto di ramo d'azienda che all'inizio sarà di sei
mesi ma che potrebbe complessivamente protrarsi per due anni, per avere al
termine di questi anni anche un’opzione sull’acquisto. Ma Arvedi punterebbe
anche a raggiungere abbastanza rapidamente il pareggio di bilancio della Servola
spa, obiettivo ambizioso dal momento che in concomitanza con l'affitto
dovrebbero oltretutto venir fatti una serie di investimenti sul fronte
ambientale. «Ci è stato anche riferito - ha proseguito ancora Rodà - che se
salta la trattativa con Arvedi c’è un operatore logistico interessato all’area
che potrebbe assumere tutte le attuali maestranze (i dipendenti sono quasi 500,
ma vi sono anche 300 dell’indotto) nell’arco di cinque anni. Ma è un’ipotesi che
non intendiamo neppure prendere in considerazione poiché spalmata su un tale
lasso di tempo che non potrebbe nemmeno essere coperto dagli ammortizzatori
sociali». Solo dopo la questione Trieste si è incominciato a parlare di Piombino
dove c’è il maggiore stabilimento del Gruppo Lucchini per il quale un interesse
è invece stato avanzato dal gruppo svizzero Klesch, che nei giorni scorsi ha
avviato la produzione in Italia con Leali Steel, creata dopo l'acquisizione
dell'ex acciaieria Leali.
Silvio Maranzana
Serracchiani: puntiamo anche a fondi europei
«Prestiamo grandissima attenzione alla proposta di acquisizione da parte di
Arvedi». Così la presidente Debora Serracchiani ieri a Roma al termine della
riunione sulla Lucchini. «Abbiamo preso atto del piano presentato dal
commissario – spiega Serracchiani - e guardiamo con grande attenzione alla
manifestazione di interesse di Arvedi, avendo cura di approfondire tutti gli
aspetti relativi agli interventi di natura tecnica e ambientale. La prosecuzione
dell’attività permetterebbe di accedere a finanziamenti europei per la
riqualificazione ambientale. A seguito di questa proposta – aggiunge
Serracchiani - inviterò già per il 24 luglio il sindaco Cosolini, la presidente
Bassa Poropat e la presidente Monassi a valutare assieme le novità intervenute,
e la settimana successiva sarà convocato in Regione il tavolo Ferriera».
«Quella ciclabile non è un regalo» - ULISSE-FIAB
«Promuovere pedonalità e ciclabilità è un regalo per tutti i triestini e fa
avvicinare Trieste alle migliori esperienze di mobilità urbana. Non è ”un regalo
a 50 ciclisti”, come lo ha definito il consigliere comunale Bucci parlando del
nuovo Piano del Traffico». Così l’associazione Ulisse-Fiab replica all’esponente
Pdl. «Realizzare una corsia ciclabile in via Mazzini (additata proprio da Bucci,
ndr) è una prima e parziale risposta al sempre maggior numero di persone che
usano la bici per muoversi a Trieste, fenomeno che le rilevazioni di Ulisse Fiab
stimano in +500% in 10 anni. Incentivare la ciclabilità in sicurezza vuol dire
promuovere benessere e salute, diminuire spese sanitarie e rendere la città più
attraente». Inoltre «è più facile fermarsi ed entrare in un negozio a fare
acquisti in bici che in auto». Se le biciclette dunque fanno la loro parte, «ora
tocca a Trieste garantire loro sicurezza e dignità di “mezzo di trasporto
quotidiano”. Perché, a differenza di Bucci che se non ricordiamo male ha fatto
una campagna elettorale "usando" la bici, noi ciclisti urbani - chiude
Ulisse-Fiab - la bici la usiamo ogni giorno e tutto ci pare fuorché snob».
Piano traffico, illustrazione pubblica - DOMANI
Appuntamento al museo Revoltella con l’assessore Marchigiani
Domani, alle ore 18, all’Auditorium del Museo “Revoltella” (via Diaz 27),
avrà luogo una pubblica illustrazione del nuovo Piano Generale del Traffico
Urbano a seguito della sua recente approvazione in Consiglio Comunale.
Interverranno il Sindaco Roberto Cosolini, l’assessore alla Pianificazione
Urbana, Mobilità e Traffico Elena Marchigiani e, tra i relatori, l’ex “mobility
manager” del Comune ing. Giulio Bernetti. L’incontro, cui sono invitati tutti i
cittadini – “in linea” con i postulati di partecipazione e trasparenza che hanno
presieduto alla formazione dell’intero Piano, in tutte le sue varie fasi – sarà
anche l’occasione per puntualizzare compiutamente tutti i suoi dettagli,
compresi quelli intervenuti con le ultime modifiche apportate in sede consiliare
a seguito degli emendamenti presentati con il contributo di tutti i gruppi
politici. A illustrare la filosofia di questo piano traffico (da settembre
comincerà a essere attuato gradatamente) sarà l’assessore Elena Marchigiani che
lo ha curato passo dopo passo.
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 luglio 2013
Porto Vecchio, no al ricorso - Il Tar Fvg boccia la
richiesta di Portocittà: niente estremi per annullare la concessione
Non ci sono i presupposti per annullare la maxiconcessione del Porto
Vecchio. Lo ha stabilito il Tar del Friuli Venezia Giulia (presidente Umberto
Zuballi, consigliere Enzo Di Sciascio e primo referendario Manuela Sinigoi) che
con estrema celerità dopo l’udienza di mercoledì in cui le parti avevano
congiuntamente deciso di saltare la fase della discussione, ha depositato ieri
mattina la sentenza con cui viene rigettato il ricorso presentato dal
concessionario. Portocittà, società di cui fanno parte le imprese di costruzione
Maltauro e Rizzani de Eccher oltre a Sinloc sistema iniziative locali e a Banca
infrastrutture innovazione e sviluppo, chiedeva la nullità della convenzione del
25 novembre 2010 a causa della sussistenza del regime di Punto franco che
avrebbe reso inattuabili le opere e le attività previste. «Il ricorso - rileva
il Tar - va rigettato anche se la complessità delle vicende giuridiche e
l’accertata difformità tra regime giuridico e situazione di fatto nell’ambito
del Porto Vecchio, che potrebbe aver alterato la volontà della parte ricorrente
al momento della stipula e dell’esecuzione del contratto di concessione, induce
il collegio a compensare le spese di giudizio tra le parti in causa». Portocittà
aveva chiesto anche la «restituzione dei canoni concessori indebitamente
trattenuti dall’Autorità portuale, nonché dell’ingiustificato arricchimento
dell’Authority stessa derivante dalla progettazione e dalle opere eseguite da
Portocittà». Il collegio giudicante tratteggia addirittura le vie d’uscita tra i
contendenti, ammesso che il perdente non voglia appellarsi al Consiglio di
Stato: «La realtà giuridica e fattuale emersa nella causa potrebbe da un lato
ipotizzare una risoluzione consensuale della concessione - contratto, oppure
d’altro lato, in sede di esecuzione della concessione condurre a un riassetto
degli interessi più favorevole alla parte ricorrente, in entrambi i casi con il
riconoscimento anche in via transattiva delle reciproche ragioni». Restano
ipoteticamente aperte ambedue le possibilità: divorzio (con discorso aperto
sulle penali da pagare da barattare magari con opere preliminari e progetti già
fatti) o riconciliazione, anche se il nuovo bando per la raccolta di nuove
manifestazioni di interesse predisposto dall’Autorità portuale e che scade già
il 23 luglio e le prese di posizione della presidente Marina Monassi a favore di
concessioni «a spezzatino» farebbero sembrare più probabile la prima soluzione.
Questo il ragionamento conclusivo alla base della decisione dei giudici
amministrativi: «È pur vero che il contesto giuridico e fattuale in cui si è
trovata ad operare Portocittà nell’ambito del Porto Vecchio è in grado di
compromettere la piena realizzazione della concessione - convenzione, in
particolare per l’esistenza nell’ambito del Porto franco di controlli sulle
merci e anche sulle persone, legati questi ultimi alla sempre più stringente
normativa sulla sicurezza nei porti, ma tuttavia gli inconvenienti, ancorché
gravi ed economicamente significativi, non sono tali da rendere impossibile
l’oggetto della convenzione, con conseguente sua nullità. Proprio l’acclarata
elasticità normativa e territoriale del regime di Porto franco con la
possibilità giuridicamente fondata, non solo di sospendere, ampliare, spostare
ma anche di ridurre con atti amministrativi del Commissario di governo lo stesso
ambito territoriale del Porto franco o addirittura la doverosità di tale
riduzione, in caso in cui le pur consentite attività riferite alla portualità
allargata divenissero esclusive ed escludenti, implicano nel loro dinamismo che
l’oggetto della concessione è possibile, almeno a certe condizioni».
Silvio Maranzana
«Ma non è una zona extraterritoriale» - LA
SOTTOLINEATURA
«Appare privo di senso e giuridicamente infondato considerare il Porto
franco di Trieste come zona extraterritoriale, addirittura sottratto alla
sovranità italiana perché tale non è la previsione né del Trattato di pace né
del Memorandum». È questo un altro punto fondante della sentenza emessa ieri dal
Tar del Friuli Venezia Giulia. «Attualmente, dopo l’evoluzione della normativa
europea e italiana - conti nuano i giudici - il Porto franco non può nemmeno
essere definito extradoganale, per cui va solo considerato extradoganale ai fini
del regime speciale di favore».
Monassi: cercheremo un punto d’incontro
Savino (Pdl): punti franchi, dallo Stato una voce univoca. Menia (Fli):
ora spero che si possa ripartire
L’Autorità portuale annuncia una nota dopo la sentenza del Tar, ma nel corso
del pomeriggio Marina Monassi sceglie di non inoltrarsi in commenti articolati
prima di avere valutato le oltre cento pagine firmate dai giudici
amministrativi. Dalla Torre del Lloyd però arriva un’indicazione: l’Authority
applicherà il dispositivo della sentenza cercando comunque un punto d’incontro
con le imprese. «Spirito collaborativo», è insomma la formula che viene fatta
filtrare. Sandra Savino, deputata del Pdl, sottolineando di «non avere capito»
perché Portocittà abbia fatto ricorso posto che l’esistenza del punto franco era
acclarata, sposta il punto di caduta altrove: «Occorre stabilire una volta per
tutte che cosa in Porto Vecchio si possa fare e cosa no». Per i giudici
amministrativi i punti franchi possono venire spostati o ridotti con un
provvedimento del commissario del governo? «Bene, ma forse gli organi dello
Stato dovrebbero fare un ragionamento comune, posto che ci sono uffici che
interpretano in modo diverso soluzioni che dovrebbero essere univoche», dice
Savino alludendo al fatto che il prefetto già mesi fa ha dichiarato
insufficiente un proprio eventuale provvedimento. Ma se di spostamento si parla,
«in parte il punto franco potrebbe essere dirottato sul Porto nuovo e sulla
banchina della Ferriera, per la nuova piattaforma logistica», chiude la
parlamentare del Pdl. In un primo commento a caldo - perché, tutti gli
interpellati lo sottolineano, occorrerà leggere a fondo quelle pagine - legge la
parte «positiva» della sentenza Roberto Menia, coordinatore nazionale di Fli che
da deputato, con Ettore Rosato e Roberto Antonione, aveva chiesto al governo di
pronunciarsi su punto franco e spostamenti: «Il Tar conferma che ci si può
liberare di quello che diventa un vincolo, rispetto a una progettualità, con un
atto amministrativo del commissario del governo. Su questa base mi augurerei che
con Portocittà, o con chi altro ci sarà, si possa far ripartire la macchina: ci
sono aperture che possano in qualche modo attrarre investitori». Intanto,
l’affondo contro una presunta intangibilità dell’area in base all’allegato
ottavo del Trattato di pace «mi fa piacere - chiude Menia - anche nei confronti
di una banda di strana gente che ci racconta che il porto non è Italia». Il
punto di arrivo, commenta Roberto Dipiazza, già da sindaco fautore dell’apertura
di Porto Vecchio, resta la sdemanializzazione. «Si è creato nel tempo un
movimento di opinione ed è già importante, ma ne sono convinto: per arrivare a
un progetto bancabile occorre sdemanializzare. Basterebbe una norma in un
qualsiasi decreto. E per non entrare in rotta di collisione con chi governa il
porto, dico anche - chiude Dipiazza - che i denari provenienti dalla vendita
vadano pure all’Authority: non avremo pendenze di alcun genere, e ci resterà un
pezzo di città tutto da costruire».
«Il prefetto può spostare o ridurre il Punto Franco»
Lo dicono i giudici del tribunale amministrativo nelle motivazioni della
sentenza «Più complesse le procedure per la sdemanializzazione dell’area»
I Punti franchi all’interno del porto di Trieste non solo possono venir
spostati, ma anche ridotti e per farlo è sufficiente un provvedimento del
Commissario del governo cioé del prefetto di Trieste. La possibilità, che da
alcuni fronti si continua a negare, viene ancora una volta sottolineata anche
dalla giustizia amministrativa nella sentenza depositata ieri in cui si dà torto
al ricorso di Portocittà, ma d’altro canto si dà quasi un colpo mortale a una
presunta intangibilità dell’area in base all’allegato ottavo del Trattato di
pace. Ma i magistrati vanno anche più in là quando sottolineano che il regime di
Punto franco decade automaticamente se l’attività preminente in quell’area non è
l’arrivo o la partenza delle merci. In questo senso la strada potrebbe sembrare
spianata per i fautori di una pressoché totale liberalizzazione dell’area, non
fosse che la variante al Piano regolatore prevede in Porto Vecchio
l’insediamento anche di altre funzioni, purché però, e lo rilevano gli stessi
giudici amministrativi, complementari o comunque di supporto allo sviluppo della
funzione portuale commerciale. «L’ambito territoriale del Porto franco non può
considerarsi fisso e immutabile - scrive il Tar nella sentenza - tant’è che è
stato più volte modificato, anche con atti amministrativi, già ai tempi
dell’Austria, indi tra il 1918 e il 1945 e infine successivamente. Da quanto
indicato emerge che il territorio del Porto franco non è stato solo ampliato, ma
anche più volte ridotto». Indirettamente, non nella volontà dei giudici, arriva
il fendente contro chi ritiene il porto di Trieste «cristallizzato» dal Trattato
di pace. «Il fatto che nell’allegato VIII si parli unicamente di ampliamento del
Punto franco - fa rilevare il Tar - non significa affatto che sia impossibile
ridurne l’ambito territoriale, da un lato perché ciò non risulta affatto vietato
dall’allegato medesimo, e d’altro lato in quanto la normativa che richiama la
sola possibilità di ampliamento e che fa riferimento alle zone franche come
stabilite nel 1939 non può certo essere considerata alla stregua una normativa
di principio tale da imporsi e diventare cogente per lo Stato italiano alla luce
del Memorandum di Londra e della “general accordance”». Ma chi può ridurre il
Punto franco? È l’altra domanda-tormentone che ricorre da un decennio e più
mentre lo stesso prefetto Francesca Adelaide Garufi ha affermato qualche mese fa
di ritenere che un suo provvedimento non sarebbe sufficiente. Ma anche qui i
giudici sono chiari: «L’ampliamento e la riduzione dell’area di Punto franco
sono possibili attraverso atti amministrativi assunti dal Commissario del
governo su iniziativa o almeno con il pieno coinvolgimento dell’Autorità
portuale, unico ente il quale, gestendo il Punto franco, è in grado di valutare
la necessità e l’opportunità di ampliarlo, ridurlo o spostarlo». Spostamento del
Punto franco però non significa affatto sdemanializzazione. «Occorre appena
aggiungere - scrivono i giudici - che un’eventuale riduzione della zona adibita
a Punto franco non inciderebbe sul suo regime demaniale, il quale per essere
modificato richiede autonome e codificate procedure». La sdemanializzazione
dunque è un’altra storia che i giudici qui non trattano e che nonostante una
certa volontà politica in questo senso si prospetta ancora più complicata.
Infine il Tar si pronuncia anche sui controlli: «L’accesso al Punto franco per i
varchi può essere controllato solamente per quanto riguarda le merci, ma non le
persone o i veicoli vuoti per cui se controlli in concreto vi sono essi
risultano effettuati per ragioni di sicurezza».
(s.m.)
Cosolini: «Nessun ostacolo è inamovibile»
Soddisfazione del sindaco e di tutto il centrosinistra. Serracchiani: «Un
verdetto che guarda lontano»
Il centrosinistra commenta favorevolmente la sentenza del Tar che, dando
torto nel merito al ricorso di Portocittà che chiedeva la nullità della
concessione in Porto vecchio per impedimento a darle attuazione, di fatto le
riconosce il pieno diritto di realizzare quanto previsto e di ottenere che gli
impedimenti siano rimossi. Dice infatti per primo il sindaco Roberto Cosolini:
«La sentenza sgombra il campo dalle velleitarie illusioni che non ci sia una
sovranità dello Stato sul regime di Porto franco, in secondo luogo dice che il
Porto franco non è fisso e immodificabile citando ampliamenti e riduzioni che si
sono succeduti nel tempo, anzi: sottolinea che ove non siano possibili arrivi e
partenze di merci si può addirittura ridurre l’area, purché il Punto franco
resti garantito in parte congrua altrove. Sottolinea poi - aggiunge Cosolini,
trovando rispondenza con le sue stesse reiterate affermazioni - che esiste una
discrasia tra la situazione di fatto e quella di diritto, nel senso che se il
Porto vecchio non è più porto non serve più il Porto franco, dicendo inoltre che
il suo inutilizzo causa danno sociale. Respinge il ricorso perché non ravvisa
reale “impossibilità” a realizzare i termini della concessione, in quanto gli
ostacoli non sono inamovibili, i giudici in più invitano le parti a
collaborazione e lealtà per rimuovere quegli ostacoli. Mi aspettavo la sentenza
- conclude Cosolini -, perché il Punto franco non è un ostacolo. È solo un
problema di volontà politica. Ne tengano conto tutti». Per Ettore Rosato,
deputato Pd, che con Antonione e Menia aveva chiesto un pronunciamento del
governo sulla spostabilità del Punto franco triestino, ottenendo un parere
tecnico favorevole, «il Tar afferma una cosa su cui noi abbiamo sempre
insistito: il Punto franco è un valore, non un vincolo. La qualità di questa
sentenza è un punto fermo. Il Tar ci dà una mano avendo approfondito, e
pronunciandosi, su una materia molto controversa». Esprime soddisfazione il
senatore Pd Francesco Russo che racconta di attività in sede di governo tese
proprio a ridare speranza, da Roma, per la questione Porto vecchio: «Vedo
finalmente - dice - che sempre più opinioni vanno nella direzione di sbloccare
questa situazione, che è il vero buco nero dell’urbanistica triestina. Quindi
sono molto soddisfatto di questa sentenza, anche perché sto lavorando per
favorire una soluzione, che porti tra l’altro nuovo lavoro a Trieste. «Al di là
dell'occasione che l'ha generata, questa è una sentenza importante perché fa
chiarezza in modo definitivo di questioni su cui troppo a lungo si è frainteso».
Lo afferma la presidente della Regione Debora Serracchiani. «Si tratta di una
sentenza di grande dottrina che prende le mosse da lontano e che guarda lontano.
Non solo chiarisce in modo inequivocabile che l'area di Porto Vecchio può
diventare città, ma anche che le divagazioni su un ipotetico 'territorio libero
di Trieste' vanno relegate nella brughiera della storia».
Rigassificatori, Bruxelles decide se quello di Zaule è
strategico
È la settimana decisiva: mercoledì 24 Bruxelles stilerà la lista degli
impianti considerati prioritari
Già domani al Tar del Lazio il ricorso di Gas Natural
contro la sospensione dell’Aia decisa da Clini
L’ultimo assalto per il rigassificatore a Zaule. Si consumerà nel giro di
una settimana tra l’udienza di domani dinanzi al Tar del Lazio di Gas Natural e
la seduta di mercoledì 24 a Bruxelles nella quale la Commissione europea
deciderà l’inserimento o meno dell’impianto do Trieste tra quelli strategici. A
inserire un ulteriore elemento di tensione le dichiarazioni del ministro allo
Sviluppo economico Flavio Zanonato che in un’intervista al Piccolo ha definito i
rigassificatori impianti strategici per il fabbisogno energetico nazionale e si
è detto dispiaciuto per il fatto che i rallentamenti causati all’impianto di
Trieste abbiano «compromesso la situazione». Ma lo stesso Zanonato è stato il
destinatario, assieme anche ai ministri Orlando e Lupi, al presidente della
Commissione europea José Manuel Barroso e ai commissari Tajani, Potocnik e
Ottinger di una lettera in cui la presidente della Regione Debora Serracchiani
ha ufficializzato il «parere contrario alla realizzazione» da parte non solo
della Regione, ma di tutte le amministrazioni locali. Un parere ribadito ieri
per l’ennesima volta dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni che
definisce tanto più incomprensibili e incondivisibili le dichiarazioni del
ministro Zanonato in quanto «il rigassificatore di Zaule non avrebbe avuto quale
obbiettivo quello di fare fronte a carenze energetiche nazionali, bensì
soprattutto quello di rifornire i Paesi del centro e Nord Europa». Domani
dinanzi ai giudici amministrativi del Lazio sarà discusso il ricorso con cui Gas
Natural ha chiesto l’annullamento del decreto del 18 aprile con cui l’ex
ministro dell’Ambiente Corrado Clini aveva sospeso l’efficacia del decreto di
compatibilità ambientale emesso nel luglio 2009. «Per rimettere in ballo il
progetto doveva verificarsi una tra queste due condizioni - specifica Laureni -
o una riprogrammazione da parte dell’Autorità portuale delle nuove
infrastrutture e dei volumi di traffico futuri oppure un’ubicazione alternativa
rispetto a Zaule da parte di Gas Natural. Ebbene il gruppo catalano non ha
indicato siti alternativi e la commissione ad hoc istituita dall’Autorità
portuale ha ribadito che il rigassificatore è incompatibile con lo sviluppo del
porto, conclusione che stavolta porta la firma anche della Capitaneria di
porto». Erano stati i dirigenti del Mise quando il dicastero era ancora retto da
Corrado Passera a insistere perché l’impianto triestino fosse inserito tra gli
impianti strategici a livello Ue nonostante una serie di rilievi avanzati dalla
Slovenia. Un pericolo questo sollevato nuovamente ieri da Greenaction
transnational. «La Regione Friuli Venezia Giulia non si oppone ufficialmente -
sostiene il movimento non ritenendo evidentemente tale la lettera di
Serracchiani - coperta dalla Slovenia che preferisce non presentare denuncia
alla autorità comunitarie per al violazione alla Valutazione d’impatto
ambientale transfrontaliera. Se l’impianto di Zaule dovesse essere inserito tra
quelli strategici dell’Ue, continua Greenaction, «il progetto si vedrebbe la
strada spalancata per l’autorizzazione a quel punto bloccabile solo con il
disconoscimento della validità della legislazione comunitaria all’interno del
porto internazionale di Trieste». Ipotesi che dovrebbe fare i conti anche con la
sentenza di ieri sul Porto Vecchio.
Silvio Maranzana
Rigassificatore Il Pdl ribatte al ministro sull’ipotesi gnl
Accuse inaccettabili. Così il consigliere Pdl Bruno Marini bolla le affermazioni del ministro Flavio Zanonato, secondo cui la giunta Tondo avrebbe rallentato il progetto del rigassificatore a Trieste. «Il Pd, evidentemente, è diventato ormai una sorta di babele, dove tutti dicono il contrario di tutto, ma la colpa è sempre e comunque del centrodestra. Quello del rigassificatore è un discorso chiuso: tutte le forze politiche lo hanno abbandonato. Tutti tranne, a quanto pare, il ministro Zanonato che, come l’ultimo dei Mohicani, difende l’opzione gnl in un’ottica di politica energetica italiana».
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 luglio 2013
«La ripresa è più vicina I rigassificatori? Utili alla
competitività»
Zanonato: «Strategici se vogliamo ridurre i costi dell’energia Al lavoro
per evitare nuove tasse, saremo vicini alle imprese»
il sindaco movimentista Nessun disagio, Renzi ha sostenuto più volte l’azione
del governo
il “peso” del cavaliere I processi? Letta e Berlusconi negano condizionamenti
la presidente del fvg Giusto il pressing sulla terza corsia, dispiace il no al
gnl
TRIESTE «La ripresa? A fine autunno». Flavio Zanonato, ministro dello
Sviluppo economico, ci crede: «Fatti oggettivi consolidano le speranze».
Tradotto: ci sono finalmente risorse a disposizione dell’economia, a partire dai
40 miliardi, 20 entro l’anno, 20 nel primo semestre 2014, «un’azione che supera
il blocco del patto di stabilità». E poi serviranno la riforma fiscale, lo
snellimento burocratico, energia più a buon mercato. Nell’agenda del ministro
non mancano poi i temi locali. Domani a Roma è in programma un tavolo sulla
Lucchini, proprietaria della Ferriera, mentre il suo ministero è in attesa che
l’Ambiente gestisca la partita del rigassificatore. Senza entrare nel merito del
«no» della giunta Serracchiani, Zanonato ha pochi dubbi: «Sono impianti
strategici se vogliamo ridurre i costi dell’energia». Quali i progetti di
breve-medio periodo per favorire la ripresa? Le risorse che verranno messe in
circolazione già quest’anno per consentire il pagamento dei debiti scaduti della
Pa daranno ossigeno a tante imprese, con effetti positivi sull'economia reale.
Con la premessa che non è il governo che paga direttamente, ma gli enti locali.
Il nostro compito è di monitorarli e spronarli. Quando lo ha spiegato a
Confindustria Padova l’hanno fischiata. È difficile far capire la realtà alle
imprese? Gli imprenditori affrontano problemi drammatici, vanno compresi se non
mostrano pazienza. Io sono dalla loro parte. Questo governo può costruire
riforme storiche o vivete alla giornata? Il rapporto tra i ministri è
estremamente positivo. Le questioni non vengono mai poste sotto un profilo
ideologico. Altra cosa è la situazione politica, evidentemente di grande
nervosismo. Ma siamo al momento l’unico governo che può coniugare giustizia
sociale e sviluppo economico. Senza l’una non c’è l’altro, e viceversa. Come
favorirete la ripresa? Innanzitutto sosterremo le aziende con forti capacità
innovative, dove per innovazione non immagino necessariamente computer e robot
ma anche semplicità e idee. Il modello è quello della filiera dell’agricoltura,
enormemente rinnovata. E poi interventi per l’export, l’accesso al credito, la
riduzione del costo dell’energia. Ridurrete le bollette energetiche degli
italiani per 550 milioni. Non è ancora poco? È un inizio. Ma restano altri due
interventi fondamentali: un meccanismo di riduzione del peso fiscale e la
semplificazione burocratica. L’Italia deve essere messa al pari dei competitor
europei. E l’eccessivo costo del lavoro? Dentro il capitolo fiscale. Sogna mai
di poter cancellare l’Irap? Il tema rientra nel quadro di una riforma generale
della fiscalità che tenga in forte considerazione le attività produttive. Ma si
deve anche trovare un’alternativa per la copertura sanitaria, non è facile. Più
facile, forse, non aumentare l’Iva. Siamo usciti dalla procedura d’infrazione
per deficit eccessivo e ci ritroviamo con una flessibilità prima impensabile che
va messa a punto per investire un po’ di più. Si tratta di circa 7,5 miliardi,
cui si aggiungono i 7,5 miliardi di fondi europei. Se le cose vanno avanti così,
potremmo non dover applicare un provvedimento che non abbiamo certo deciso noi.
Vale lo stesso per l’Imu? Lavoriamo con totale determinazione per evitare
ulteriori tasse. Perché le tasse deprimono il mercato interno e quindi le
imprese. La riforma elettorale è finita nel dimenticatoio? No, abbiamo posto le
basi per affrontare di pari passo la riforma istituzionale. Il Porcellum non va
bene, ma va cambiato in primis il bicameralismo perfetto. Su questi temi dev'essere
protagonista il Parlamento. Berlusconi e le sue vicende giudiziarie sono una
spada di Damocle sul governo? Le affermazioni di Letta e Berlusconi dicono di
no. Il movimentismo di Renzi crea disagio? Mi sembra che Renzi abbia più volte
sostenuto l'azione del governo. Che ne sarà del progetto rigassificatore a
Trieste? La questione dipende, prima che dal mio, dal ministero dell’Ambiente.
La giunta Tondo aveva chiesto di gestire il progetto, ma il Consiglio di Stato
ha assegnato la competenza a Roma. Nel frattempo, sono sopraggiunte nuove
valutazioni da parte dell’Autorità Portuale e, a seguire, del ministero
dell’Ambiente. I tempi si sono allora molto allungati. Quindi? Il rallentamento
causato dalla giunta precedente ha compromesso la situazione. Dispiace, perché
si tratta di impianti strategici per una seria politica energetica di
approvvigionamento di gas a prezzi contenuti. Non parliamo poi di quando gli Usa
commercializzeranno lo shale gas che costa un quarto del nostro. E sulla
Ferriera come si pone? Martedì (domani, ndr) ci sarà al Mise un tavolo per
l’illustrazione del piano industriale redatto dal commissario Nardi, base per un
possibile affidamento al gruppo Arvedi. Un ringraziamento va al sottosegretario
De Vincenti che è riuscito a inserire, dopo Piombino, anche Trieste nel piano di
crisi complessa. Da sindaco di Padova era azionista di AcegasAps. Come sta
andando l’unione in Hera? Il Comune di Padova ha visto raddoppiati gli utili. Mi
pare che anche per Trieste i risultati siano positivi. Del resto, se si va a
gara con i forti, le operazioni di aggregazione sono indispensabili ai piccoli.
Che ne pensa del pressing della giunta Serracchiani per un finanziamento statale
per la terza corsia? Serracchiani ha ragione, l’opera va fatta. Le
infrastrutture servono, tanto più a una regione che ha pure il porto di Trieste
da sostenere. Poter scaricare ma anche caricare le navi riduce i costi della
logistica. Solo buoni collegamenti consentiranno lo sviluppo anche del
retroporto.
Marco Ballico
Rifiuti, a Muggia scatta il porta a porta ma il Pdl
resta critico
Da oggi il progetto pilota di raccolta, coinvolte 250 famiglie con
un’isola ecologica mobile in piazzetta Santa Lucia
MUGGIA Oggi a Muggia sarà il “raccolta porta a porta day”. Il progetto
pilota promosso dall'amministrazione Nesladek prenderà il via in una porzione
del centro storico della cittadina che coinvolgerà circa 250 nuclei familiari.
Questa mattina verrà rimossa l’isola ecologica di via Dante alta con lo scopo di
permettere il conferimento dei rifiuti in una “isola ecologica mobile”, posta
nella piazzetta Santa Lucia, dal lunedì al sabato dalle 7 alle 8.30. L'isola
sarà composta da un mezzo dotato di due contenitori, assistito da un operatore,
in cui gettare i rifiuti rispettando un preciso calendario settimanale. Questo
il calendario: la carta si raccoglierà il martedì, la plastica il mercoledì,
vetro e lattine giovedì. Per l'umido ci si potrà recare lunedì, mercoledì e
venerdì, mentre per il secco residuo, ossia tutti i materiali che non possono
essere destinati alla raccolta differenziata dei rifiuti, i giorni disponibili
saranno martedì, giovedì e sabato. Quello che il Comune ha ribattezzato “porta a
porta facile” fungerà da sperimentazione «per nuove riflessioni circa la futura
modifica del servizio anche in altre parti del territorio comunale». Ma la
raccolta differenziata dei rifiuti è finita nel mirino del Pdl. Il consigliere
comunale Claudio Grizon ha infatti evidenziato che «la sola raccolta di rifiuti
biodegradabile e del verde, con gli 803mila 590 kg (dati 2012, ndr), rappresenta
un quarto del peso complessivo dei rifiuti raccolti e smaltiti complessivamente,
in aumento rispetto al 2011 del 12,06%». Seguono poi, secondo le stime di
Grizon, i 525mila 940 kg di carta e cartone (+7,72%), i 505mila di inerti
(+4,14%), i 327mila 940 kg di bottiglie e le lattine (+12,17%), i 319mila 820 kg
dell’umido (+102,44%) e i 233mila 240 kg degli imballaggi in plastica (+14,17%).
Da qui l'attacco di Grizon: «L’amministrazione comunale nell’intento di
raggiungere percentuali sempre più alte nella differenziazione dei rifiuti ha
conseguentemente fatto aumentare i costi per la gestione della raccolta e
smaltimento. Infatti da alcuni anni sono stati istituiti i cassonetti per la
raccolta del verde (erba, foglie, ramaglie) che precedentemente i cittadini con
orti e giardino smaltivano probabilmente bruciandole come facevano i nostri
nonni me che oggi determinano ben un quarto dei volumi della differenziata». Per
Grizon «in sé, la raccolta del verde è una cosa positiva e comoda per i
cittadini, ma è da valutare quanto, assieme ad altre voci che dipendono dal
Comune, incrementa il costo complessivo. L’amministrazione comunale non ha però
capito che questo percorso non può essere quello ideale per aumentare le
percentuali della differenziata, specie in un territorio come quello muggesano.
Solo una raccolta seria e puntuale “porta a porta” potrà motivare i cittadini a
migliorare la qualità dei rifiuti prodotti e l’aumento della percentuale della
differenziata. Come ha già detto il consigliere Gretti, non sarà facile, ma
bisogna fare anche scelte impopolari se l’obiettivo è la qualità del servizio e
la riduzione dei costi».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 luglio 2013
Fotovoltaico, la Soprintendenza stoppa oltre la metà
dei progetti - AMBIENTE»IL CASO
Installazioni private, in un anno e mezzo gli uffici retti da Maria
Giulia Picchione hanno bocciato o “rimandato” il 57,5% delle richieste giunte
dopo l’ok della Commissione paesaggio del Comune
Puliscono l’aria però sporcano il panorama. Insomma, fanno bene al naso (e
soprattutto ai polmoni) e fanno male agli occhi (qui intesi come senso
estetico). Paiono avere un destino bifronte, per gli umani sensi, gli impianti
fotovoltaici che i triestini chiedono di poter installare sulle proprie case
nelle zone soggette per legge al giudizio delle “Belle arti”, in questo caso
della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici diretta
dall’architetto Maria Giulia Picchione. Una relazione tecnica degli uffici
competenti del Municipio - resa nota giovedì da Elena Marchigiani come assessore
all’Edilizia privata, nell’ultima seduta della Sesta commissione Urbanistica, ai
consiglieri comunali che ne fanno parte - dice in effetti che nell’ultimo anno e
mezzo, in particolare, i progetti d’iniziativa privata filati lisci, a proposito
di posa di pannelli solari, costituiscono il 42,5%, contro il 57,5% di permessi
bocciati o quanto meno rimandati, con controrichieste tali da indurre la
rinuncia. Più di un’opera su due, banalizzando, resta al palo. «Dal 2012 ad oggi
- si legge in tale relazione - sono stati conclusi 73 procedimenti relativi a
istanze di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per l’installazione di
impianti fotovoltaici. Di questi 22 (pari al 30,1%, ndr) hanno avuto il parere
contrario della Soprintendenza, 20 (il 27,4%, ndr) hanno avuto parere favorevole
della Soprintendenza con prescrizioni che rendono inattuabile l’intervento» per
la «richiesta di coppi fotovoltaici», 25 (il 34,3%, ndr) sono stati approvati
con silenzio/assenso», infine «sei (l’8,2%, ndr) hanno avuto parere favorevole
dalla Soprintendenza». Le 73 pratiche prese in considerazione - spiega la stessa
Marchigiani - sono quelle che avevano ottenuto il via libera preliminare dovuto
per legge da parte della Commissione Paesaggio del Comune. Commissione che, per
inciso, aveva bloccato a sua volta preventivamente un altro progetto, questo
neppure inoltrato alla Soprintendenza. I dati srotolati dalla relazione, se ci
si fa caso, sottintendono che la stragrande maggioranza delle richieste che
hanno superato l’esame “Belle arti” è il prodotto dell’istituto del
silenzio/assenso (60 giorni di iter «semplificato» di cui 25 in Soprintendenza
per gli impianti sotto i 20 kW e sotto i 20 metri quadrati, 105 giorni di iter
«ordinario» di cui 45 in Soprintendenza per potenze e dimensioni superiori). Una
parte residua si è meritata invece il «parere favorevole». I pieni voti. Una
domanda su tre, grosso modo, è stata respinta invece con «parere contrario».
Leggermente più bassa, ancora, è la percentuale dei pareri favorevoli con
prescrizioni che la relazione degli uffici tecnici del Municipio ritiene
sostanzialmente “impossibili”. «Circa un milione di euro, a spanne, di
finanziamento statale di cui avrebbe beneficiato il territorio triestino non
potrà arrivare, a causa delle decisioni della soprintendente, che evidentemente
non si rende conto delle ripercussioni di queste sue decisioni sul territorio
stesso», lamenta su tutti Paolo Bassi, ex dipietrista passato al Gruppo misto,
primo firmatario della richiesta fatta a fine giugno al presidente della Sesta
commissione, Mario Ravalico del Pd, di convocare la seduta sul caso “pannelli
fotovoltaici” che è andata poi effettivamente in scena, come si diceva, lo
scorso giovedì. La pecunia statale evocata da Bassi - che durante la commissione
ha chiesto pure la possibilità di una riconvocazione alla presenza
dell’architetto Picchione - è riconducibile a una serie di incentivi specificati
sempre nella relazione: non solo gli «ecobonus» del «65%» per «interventi» di
«riqualificazione» e «efficienza energetica», con annessa «detrazione del 50%
sull’acquisto di sistemi fotovoltaici», ma anche il cosiddetto «Conto energia»,
ormai in via di esaurimento, che «permette di rivendere l’energia prodotta dal
proprio impianto direttamente all’Enel ad un prezzo molto alto per i primi 20
anni di vita dell’impianto». «A questo punto l’unica soluzione in tempi
relativamente sostenibili è che la regione proceda al più presto col nuovo Piano
paesaggistico, in base al quale, per alcune tipologie d’intervento, il parere
della Soprintendenza da vincolante diventa consultivo», osserva quindi dal
Movimento 5 Stelle Stefano Patuanelli, tra i firmatari della richiesta di
convocazione della Sesta commissione assieme a Cesare Cetin dell’Idv, Patrick
Karlsen dei Cittadini, Daniela Gerin di Sel, Roberto Decarli di Trieste cambia e
Iztok Furlanic, l’attuale presidente del Consiglio comunale in quota
Rifondazione.
Piero Rauber
«Pareri contrari solo se i piani non rispondono alle
circolari» - LA REPLICA
«E l’ambiente non conta?». Elena Marchigiani, a domanda (di commento dei
dati contenuti nella relazione dei suoi uffici) aggiunge domanda. «Tutte le
città italiane ed europee - spiega l’assessore - puntano sulle fonti
rinnovabili, Trieste rimane al palo per questioni di paesaggio. Noi stessi, in
Comune, se ci troviamo davanti a progetti impattanti li blocchiamo. I dati,
inoltre, dicono che le persone che avevano chiesto di poter installare un
impianto fotovoltaico e che si sono viste negare la possibilità si trovano a
dover rinunciare anche a dei finanziamenti ad hoc». «Se determinate richieste
hanno ricevuto un parere contrario da parte nostra - sottolinea la
soprintendente Maria Giulia Picchione - è perché evidentemente non rispondevano
ai criteri sanciti nelle circolari di riferimento emanate in anni precedenti,
quindi anche prima del mio insediamento. In questo campo poi la Soprintendenza
ha vinto molti ricorsi al Tar. Per il resto, in linea generale, ricordo che la
percentuale di dinieghi complessivi da parte nostra, al 31 dicembre 2012, è del
3,69%. Il dato è questo, e il Comune lo sa benissimo». Dall’edilizia privata a
quella pubblica, esiste pure un paradosso. Il mega-progetto per un impianto
fotovoltaico da mezzo milione di euro che l’amministrazione cittadina intende
posizionare sopra il Salone degli incanti ha ricevuto il via libera della
Soprintendenza - ricordano sia la Marchigiani che il collega di giunta delegato
ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - ma mancano altri ok. Non solo si attende lo
sblocco da parte della Regione dei fondi Pisus, ma l’investimento è ostaggio
pure di un’incertezza chiamata Patto di stabilità.(pi.ra.)
«Piano del traffico, città regalata a 50 ciclisti»
Il Pdl attacca ancora: strumento che danneggia triestini, commercianti,
artigiani e turisti
L’immagine più colorita la confeziona Maurizio Bucci: via Mazzini, a causa
dei due assi di scorrimento centrali riservati alle biciclette, traformata in
una pista per bolidi in bici che correranno più veloci di quanto non facciano
oggi i bus e che rischieranno di investire le mamme con le carrozzine che
ingenuamente avranno creduto di trovarsi in una zona pedonale. Sarebbe questo
uno spaccato del centro di Trieste dopo l’applicazione del Piano del traffico
che al Pdl continua proprio a non andare giù tanto da indurre i berlusconiani
locali a tenere un’altra conferenza stampa sull’argomento. Un Piano che il
capogruppo Everest Bertoli ha definito «vanitoso e superfluo che non ha
copertura finanziaria né per le piste ciclabili né per riqualificare le aree
pedonali» e tale non solo da non venir incontro ma da rendere ancora più
critiche quelle che sono oggi le prime emergenze di Trieste: l’economia e il
lavoro. «I parcheggi a pagamento davanti ai negozi non favoriscono certo i
commercianti - ha rimarcato - con essi anzi si mette pesantemente la mano nelle
tasche dei triestini». «Inspiegabilmente - ha aggiunto Paolo Rovis - la
maggioranza ha bocciato due proposte che tendevano a lenire questi disagi:
rendere gratuiti i parcheggi a pagamento il sabato pomeriggio come del resto ha
fatto la giunta di centrosinistra a Pordenone, e trasformare in alcune fasce
orarie le zone pedonali in zone a traffico limitato». «A fatica - ha aggiunto
Piero Camber - è stato alla fine accettato un nostro ordine del giorno grazie al
quale i 10 taxi che sono attrezzati per accogliere i diversamente abili potranno
entrare in qualsiasi zona della città». Per Manuela Declich «con i marciapiedi
ridotti in condizioni pietose, gli autobus che hanno ridotto le corse e le
strisce blu ovunque, la vita sarà più difficile anche per chi si muove con il
proprio cane». «Nelle moderne città europee - ha spiegato Bucci - per i pullman
turistici ci sono tre tipi di stalli: quelli per la brevissima sosta, quelli per
scaricare o caricare i turisti, quelli per il parcheggio di alcune ore. Il Piano
del traffico non prevede nessuno di questi tre tipi e demanda le informazioni
turistiche al Corpo dei vigili urbani: complimenti. Tant’è che i tour operator
stanno boicottando Trieste perché non sanno dove far fermare i pullman».
Penalizzati dunque secondo il Pdl, i triestini, i commercianti, gli artigiani
che non possono entrare per gli interventi nelle sempre più numerose zone
pedonali, ma anche i turisti. «Abbiamo regalato la città - ha concluso ancora
Bucci - a cinquanta ciclisti solo perché oggi fa snob andare in bicicletta».
di Silvio Maranzana
I sindacati attaccano l’Authority: «Farà finire Servola
come l’Aquila»
Fim, Fiom e Uilm: la Torre del Lloyd non prende posizione per favorire la
riconversione logistica
“Giallo” su un incontro mancato il 10 luglio. Domani
lavoratori dal sindaco, martedì Tavolo al Mise
Quando il fronte istituzioni - sindacati sulla riconversione di Servola si
sta sfilacciando e rischia di spaccarsi, la governatrice Debora Serracchiani
annuncia la propria presenza martedì a Roma al tavolo convocato dal Ministero
per lo sviluppo economico sulla crisi della Lucchini e il sindaco Roberto
Cosolini convoca i rappresentanti dei lavoratori per domani pomeriggio. Resta in
piedi però, oltre al “giallo” di una convocazione fatta dalla Regione ai
sindacati per il 10 luglio ma non accolta a cui la stessa Serracchiani fa cenno
qui a fianco (il segretario della Uilm Antonio Rodà sostiene di non averne avuta
comunicazione), un’ultima battaglia intestina: quella che vede contrapposte per
le ipotesi del dopo Ferriera la soluzione logistica da un lato e quella
industriale dall’altro. «Risulta molto preoccupante e per niente responsabile -
si legge in una nota a firma da Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Stefano Borini
(Fiom-Cgil) e Antonio Rodà (Uilm) - la posizione assunta dall’Autorità portuale
che pur in presenza di una richiesta di incontro avanzata più di un mese fa da
Cgil, Csil e Uil provinciali al fine di chiarire i rispettivi orientamenti, e
propedeutico a raggiungere un accordo di programma al Tavolo regionale, non ha
fornito alcun riscontro. Tale condotta - si fa rilevare - potrebbe causare
decisivi contraccolpi negativi sulla già di per sè delicatissima fase e, in
assenza di progetti concreti alternativi, prospetterebbe per la Ferriera di
Servola il percorso già visto e vissuto sul sito dell’Aquila, cancellando
definitivamente le aspettative dei lavoratori, dei cittadini di Servola e della
città di Trieste». «In sostanza - spiega a margine Rodà - l’Authority che ha
titolarità su due terzi dell’area sulla quale si estende la Ferriera, la cui
concessione oltetutto scade già il 31 dicembre, non ha mai preso una posizione
ufficiale ai massimi livelli sulla riconversione. Gli interventi però fatti da
qualche suo rappresentante ad alcuni tavoli hanno prospettato anche per l’ex
acciaieria un ruolo di magazzino delle merci movimentate sulla banchina. Temiamo
che l’Authority non voglia riservare alla produzione industriale alcun ruolo
futuro su quell’area». Ieri però la presidente Marina Monassi, come specificato
nel riquadro, ha parlato chiaramente negando questa eventualità a patto però che
qualche industriale si faccia avanti per investire nel dopo Ferriera. E in
questo senso i sindacati affermano di ritenere molto importante la
manifestazione di interesse presentata da Arvedi e «riservandosi di esprimersi
nel merito solo dopo essere venuti a conoscenza del piano industriale del Gruppo
di Cremona, la ritengono il primo segnale concreto da parte di un investitore
privato e un’opportunità reale per uscire dal contesto di profonda crisi
industriale, occupazionale, economica e sociale in cui versa la provincia di
Trieste». Ma anche in questa prospettiva sussiste un timore: che Arvedi faccia
della Ferriera quanto Jindal ha già fatto con la Sertubi a la trasformi in un
centro di smercio e distribuzione, avvalendosi in questo caso anche della
banchina, ma comunque riducendo fortemente l’organico e cessando l’attività
produttiva.
Silvio Maranzana
Monassi: «Sì anche all’industria ma se c’è
l’imprenditore»
«Non ho alcuna preclusione nei confronti di una riconversione legata anche a
produzione industriale di una parte dell’area di Servola». Lo ha affermato ieri
la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che ha aggiunto:
«Logicamente però a patto che ci sia qualche industriale che si faccia avanti
perché l’industria non sta in piedi solo perché lo dicono i sindacati, servono
gli imprenditori che impiantino le aziende». E sul fatto di non aver ancora
risposto alla richiesta di incontro non nega, ma precisa: «A Roma ho avuto un
colloquio con il commissario della Lucchini Piero Nardi, aspettavo di
consultarmi di nuovo con la presidente Serracchiani dato che tra Authority e
Regione si è creata una forte intesa, e soprattutto di vedere le conclusioni
dello studio sullo sviluppo dell’area che ho commissionato ad Alpe Adria e che
avrò proprio lunedì».
(s.m.)
Chiampore, sì alle antenne Il Tar dà torto al Comune
Per i giudici amministrativi la fornitura di servizi di comunicazione
elettronica riveste carattere di pubblica utilità. L’assessore Longo:
«Ricorreremo»
MUGGIA Le due nuove antenne di Chiampore si potranno fare. Con due sentenze
distinte il Tar del Friuli Venezia Giulia ha accolto i ricorsi delle società
private Finmedia e Dcp Telecomunicazioni per la costruzione dei tralicci nella
verde frazione muggesana. Brutta batosta dunque per i residenti e per il Comune
di Muggia. «Non ci arrendiamo, faremo ricorso al Consiglio di Stato» annuncia
l'assessore all'Ambiente Fabio Longo. Dcp Un traliccio di oltre 30 metri è il
nuovo vicino di casa dei residenti di Chiampore. Dopo lo stop dell'ordinanza del
Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune, il manufatto nel verde a un
centinaio di metri dalle case, vicino a San Floriano Ligon, è di nuovo in
costruzione. Dopo rimostranze dei cittadini il Comune aveva inviato nel 2011 due
diffide alla Dcp, atti però disattesi dalla società di Povegliano (Tv). Per
cercare di sbloccare la situazione il Comune l'anno scorso aveva emanato
un'ordinanza nella quale si evidenziava come «la Dcp non può vantare alcuna
autorizzazione o atto di assenso, con conseguente insussistenza dei presupposti
volti a legittimare l'avvio dei lavori» del traliccio. L'atto di sospensione
temporanea dei lavori fu impugnato dalla Dcp di fronte al Tar Fvg. La sentenza
ha dato ragione alla società, dichiarando illegittime sia le diffide a non
intraprendere i lavori che l'ordinanza di sospensione. «La contrarietà alla
legge dell’iniziativa comunale» sarebbe aggravata dal «preminente interesse
generale» che la normativa di settore assegna alla «fornitura di reti e servizi
di comunicazione elettronica», tanto da catalogarla come di pubblica utilità.
Finmedia Nel febbraio 2012 il Comune aveva inviato una diffida alla Finmedia,
società triestina in via Campo Marzio, ad avviare ed eseguire i lavori per la
modifica di un impianto tecnologico di radiotelecomunicazione a Valle San
Bortolo, frazione di Chiampore. Finmedia presentò alla Conferenza dei servizi un
progetto di ampliamento, sostenendone la necessità urgente per mettere in
sicurezza il traliccio “pericolante”. Il Comune di Muggia era intervenuto
bloccando di fatto ogni iniziativa affermando l’esigenza di un piano generale
relativo alle antenne per armonizzare ogni intervento. Alla diffida del Comune,
Finmedia rispose chiedendo la sospensiva e adducendo l’urgenza dell’intervento.
La questione così approdò al Tar che ha sentenziato un’«assoluta illegittimità
di un preteso potere (da parte del Comune, ndr) di sospendere i procedimenti
autorizzatori in corso in attesa di compiere scelte generali di pianificazione».
Ricorso «Presenteremo ricorso al Consiglio di Stato poiché la garanzia della
salute dei cittadini viene prima di tutt. Da domani il Comune inizierà a fare
luce sulla situazione e a trovare le giuste misure. Non vogliamo ci siano dubbi:
la giunta è con i cittadino» spiega l’assessore Longo.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 13 luglio 2013
Caso rigassificatore al Tar: la Regione sfida Gas
Natural
L’amministrazione Serracchiani si costituisce in giudizio a sostegno del
no all’impianto di Zaule per dare «un segnale d’immutata contrarietà al
progetto»
«La Regione si costituirà in giudizio davanti al Tar contro il ricorso di
Gas Natural Rigassificazione Italia, anche per dare un segnale d’immutata
contrarietà al progetto di rigassificatore così come è presentato allo stato
attuale». All’indomani della mossa giudiziaria del colosso dell’energia, che
chiede l’annullamento del decreto ministeriale del 18 aprile scorso con cui è
stata sospesa l’efficacia del decreto di compatibilità ambientale del luglio
2009 per il progetto del rigassificatore di Zaule e opere connesse, arrivano le
reazioni. Quella della Regione è stata espressa, appunto, dall’assessore
all’Ambiente Sara Vito. «Ne abbiamo discusso in giunta - precisa - e ci siamo
trovati concordi: in quanto soggetto chiamato in giudizio, la Regione si
costituirà. È un modo anche per offrire all’esterno un segnale di opposizione al
progetto per Zaule. Per ora è solo una questione di iter procedurale, poi si
vedrà». Sulla stessa linea anche il Comune di Trieste, come spiega il sindaco
Roberto Cosolini. «Gas Natural - attacca il primo cittadino - aveva e ha il
diritto di procedere a tale mossa e ha deciso di avvalersene. Vedremo come andrà
a finire. Da parte mia posso solo ribadire il “no” al progetto, peraltro già
espresso più volte in passato». Nello specifico, la società che per conto della
gruppo Gas Natural Fenosa vuole realizzare il rigassificatore di Zaule ha aperto
una battaglia giudiziaria al Tar del Lazio poiché ritiene illegittimo l’atto del
Ministero dell'ambiente, firmato dall’allora ministro Corrado Clini e
controfirmato dal collega dell'epoca ai Beni culturali Lorenzo Ornaghi (fase
finale del governo Monti), con il quale sono stati dati sei mesi di tempo a Gas
Natural per individuare una localizzazione alternativa per l’impianto,
compatibile con il Piano regolatore portuale, o all'Autorità portuale per
modificare il proprio Piano regolatore in modo da renderlo compatibile con il
progetto del terminale. Gas Natural, dunque, si è messa contro ben tre ministeri
(Ambiente, Beni culturali e Sviluppo economico) l’Autorità portuale, la Regione
Friuli Venezia Giulia, la Commissione tecnica di verifica dell'impatto
ambientale Via e Vas, il Comune e pure l’Ezit e la Siot. In base a studi
dell’Authority, lo sviluppo del traffico marittimo a Trieste e la presenza del
rigassificatore non sono compatibili. Il decreto del 18 aprile scorso aveva
quindi indotto poi lo Sviluppo economico a sospendere l’iter autorizzativo per
la costruzione del terminal. Mercoledì prossimo l’udienza cautelare al Tar
laziale. «Non è strano che Gas Natural tenti la strada del ricorso al Tar, anche
se non ci sono i presupposti per ribaltare i provvedimenti ministeriali e
regionali impugnati - così la governatrice del Fvg Debora Serracchiani -.
Coerentemente, abbiamo deliberato di costituirci in giudizio per sostenere la
loro legittimità anche in sede di sospensiva».
Pier Paolo Garofalo
Rifiuti “porta a porta” a Muggia il test da lunedì
Lettera del sindaco Nesladek per illustrare le modalità di raccolta
differenziata Preciso calendario settimanale e nuova “isola ecologica” mobile
MUGGIA Il “porta a porta” è pronto ad approdare a Muggia. Con una mossa a
sorpresa il Comune ha annunciato che da lunedì (dopodomani) il servizio di
raccolta rifiuti subirà «una radicale trasformazione». Verrà difatti rimossa
l’isola ecologica di via Dante alta e i rifiuti verranno conferiti a un’“isola
ecologica mobile”, a disposizione nella piazzetta Santa Lucia, dal lunedì al
sabato (7-8.30). L'isola sarà composta da un mezzo dotato di due contenitori,
assistito da un operatore, in cui gettare i rifiuti rispettando un preciso
calendario settimanale. Tale sperimentazione, di cui in questi giorni 250 nuclei
familiari del centro storico stanno avendo notizia tramite una lettera del
sindaco, permetterà anche di ricavare dati utili per nuove riflessioni sulla
futura modifica del servizio, anche in altre parti del territorio comunale. «È
evidente che i buoni propositi per una migliore coscienza ambientale non possono
aver successo se non accompagnati dall’attuazione concreta di buone pratiche
attraverso l’impegno quotidiano di ciascuno» spiega il Municipio. Il caso-pilota
in parte del centro storico di Muggia sarà il primo tassello della futura
modifica della modalità di raccolta, operata dalla ditta Italspurghi. Tornando
al test, è interessante analizzare la missiva inviata ai residenti firmata dal
sindaco Nerio Nesladek. «Il Centro storico di Muggia, dove lei abita, è una
piccola perla che l’amministrazione ha sempre puntato a tutelare e valorizzare.
A volte però le esigenze di decoro urbano e di valorizzazione turistica delle
Calli sono in contrasto con la necessità di gestione dell’igiene urbana e quella
di garantire ai residenti dell’area gli stessi servizi presenti nel resto del
territorio», recita testualmente la lettera. Da qui le informazioni dettagliate
sul calendario, così suddiviso: la carta si raccoglierà il martedì, la plastica
il mercoledì, vetro e lattine giovedì. Per l'umido ci si potrà recare
all’”isola” lunedì, mercoledì e venerdì, mentre per il secco residuo (tutti i
materiali che non possono essere destinati alla raccolta differenziata) i giorni
disponibili saranno martedì, giovedì e sabato. «Il calendario, dopo il primo
periodo di avvio, potrà subire piccole modifiche, sulla base di quanto segnalato
dall’operatore Italspurghi e dagli stessi residenti – prosegue la lettera del
sindaco -: modifiche di cui si darà ampia pubblicità». Per qualsiasi dubbio o
informazione si potrà fare riferimento all’Ufficio ambiente telefonando al
numero 040.3360420. Il primo cittadino confida che il nuovo servizio «sia una
gradita novità, auspico una collaborativa partecipazione della cittadinanza». Di
sicuro l'incontro “Tares e rifiuti” di lunedì 22 alle 17.30, sotto la loggia del
Municipio, sarà un momento durante il quale i cittadini potranno esprimere il
loro apprezzamento o meno per questo “porta a porta” che il Comune ha
ribattezzato “facile” per indicare l'elasticità con il quale intende presentarsi
ai muggesani.
Riccardo Tosques
Il ritorno nel golfo del tonno rosso
Un ricercatore di Miramare fotografa un esemplare di un quintale. Nel
1954 l’ultima mattanza
Riappare il tonno rosso a Trieste. Saul Ciriaco, ricercatore della Riserva
di Miramare, ne ha fotografato uno giovedì un paio di centinaia di metri al
largo. «Stavo rientrando da un’uscita per campionamenti in mare - racconta - ed
è stato estremamente interessante vedere un esemplare di dimensioni notevoli,
credo un metro e 70 circa di lunghezza e sicuramente oltre il quintale di peso,
fare un balzo e guizzare dall’acqua con quella agilità. Non è stato agevole
scattargli una foto, sebbene la sua presenza fosse stata segnalata nella zona
già il giorno prima da alcuni pescatori». «I tonni solitamente risalgono
l’Adriatico lungo la costa orientale e ridiscendono lungo quella occidentale -
spiega Diego Borme, esperto dell’Istituto di oceanografia e geofisica
sperimentale (Ogs) - la loro presenza a Trieste non è certo eccezionale, ma
negli ultimi anni si è fatta rara. Ora evidentemente riappaiono perché i fermo
pesca decretati dall’Iccat, organismo internazionale che assegna le quote
concesse a ogni singola nazione, funzionano». Sebbene il tonno sia preda
appetita dai pescecani, Marco Costantini, il maggior esperto locale di squali
afferma che «è assolutamente escluso che una loro presenza possa attirare
qualche squalo nel golfo di Trieste». Secondo alcuni esperti a causa dei modi
più disparati in cui per anni gli è stata data la caccia oltre alla mattanza che
avviene nelle tonnare, tra il 2005 e il 2011 la popolazione adulta dei tonni in
Mediterraneo e Atlantico si sarebbe ridotta del 75%. Il tonno rosso è in realtà
la qualità più pregiata e la sua carne è ricercata in modo particolare dai
giapponesi per il sushi. «Si chiama tonno rosso o tonno pinna blu - specifica
Borme - e non è quello che troviamo in scatola che è invece il tonno pinna
gialla». Dalle nostre parti la specie più comune era il tonno alletterato detto
“tonina” seguito dal tonno rosso definito “ton”. Il Conte Agapito nella sua
Descrizione della città di Trieste pubblicata nel 1824 raccontava: «Nelle pesche
di Barcola e di Grignano si prendono tonni dei quali vengono fatte annualmente
delle salagioni che spediti vengono per gli Stati austriaci, per la Germania e
anche per la Sicilia». Tomaso Fortibuoni riporta lo stralcio di una relazione
del congresso della Società di pesca tenutosi a Trieste nel 1922 in cui si
rileva che «Oggi soltanto le tonnarelle di Santa Croce pescano e le qualità
prese sono molto scarse. Ciò vuol dire che la linea migratoria del tonno si è
sviata e che il pesce accede alla nostra costa in minor quantità». L’ultima
pescata spettacolare risale al 1954 allorché in una sola volta vennero catturati
800 tonni. Poi le tonnare triestine chiusero.
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - VENERDI', 12 luglio 2013
Gas Natural gioca la carta del Tar:
«Rigassificatore, no allo stop»
Udienza in calendario a Roma il 17 luglio, la società chiede
l’annullamento del decreto ministeriale che ha sospeso la compatibilità
ambientale rilasciata nel 2009 per il progetto di Zaule
Gas Natural Rigassificazione Italia contro tutti. Contro tre ministeri:
dell’Ambiente, per i Beni culturali, dello Sviluppo economico. Contro
l’Autorità portuale di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia, la
Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale Via e Vas, il Comune
di Trieste e pure contro Ezit e Siot. La società che, per conto della gruppo
Gas Natural Fenosa, vuole realizzare il rigassificatore di Zaule, ha infatti
aperto una battaglia giudiziaria al Tar del Lazio, presentando un ricorso
per l’annullamento del decreto ministeriale del 18 aprile scorso con cui è
stata sospesa l’efficacia del decreto di compatibilità ambientale del luglio
2009 relativo al progetto del rigassificatore di Zaule e alle opere
connesse. Gas Natural, in pratica, ritiene illegittimo l’atto del ministero
dell’Ambiente, firmato dall’allora ministro Corrado Clini e controfirmato
dal collega dell’epoca ai Beni culturali Lorenzo Ornaghi (si era nella fase
finale del mandato del governo Monti), con il quale sono stati dati sei mesi
di tempo a Gas Natural per individuare per l’impianto una localizzazione
alternativa compatibile con il Piano regolatore portuale o all’Autorità
portuale per modificare il proprio Piano regolatore in modo da renderlo
compatibile con il progetto del terminale. Il tutto posto che, sulla base
dello studio con dati e scenari futuri presentato dalla stessa Authority, lo
sviluppo del traffico marittimo del porto triestino e la presenza del
terminale di rigassificazione non sono compatibili. Il decreto del 18 aprile
scorso aveva di conseguenza indotto poi il ministero dello Sviluppo
economico, retto in quel momento ancora da Corrado Passera, sostenitore del
progetto, a sospendere il processo autorizzativo per la costruzione
dell’impianto. Il 17 luglio, mercoledì prossimo, è in calendario l’udienza
cautelare al Tar del Lazio: i giudici si pronunceranno sulla richiesta di
sospensione del provvedimento avanzata da Gas Natural. Nel merito, si
esprimeranno successivamente. Il ricorrente - attraverso gli avvocati
Antonio Lirosi, Giuseppe Velluto e Stefano Cunico - ha chiamato in causa non
solo i due ministeri che hanno siglato il decreto (Ambiente e Beni
culturali). Ma anche tutte le realtà che, nell’arco degli anni, sono state
in qualche misura coinvolte con atti e pronunce proprie nel procedimento
autorizzativo collegato. L’udienza è fissata proprio a una settimana dal 24
luglio, giornata in cui la Commissione europea si pronuncerà in via
definitiva sull’inserimento o meno anche del rigassificatore di Zaule fra le
opere energetiche prioritarie comunitarie. In pochi giorni, dunque, due
appuntamenti chiave. Con Gas Natural che non molla nonostante a più riprese
il territorio abbia espresso, tramite enti locali, associazioni e gruppi di
cittadini, la propria ferrea contrarietà al progetto. E proprio all’inizio
di questa settimana anche la governatrice del Friuli Venezia Giulia Debora
Serracchiani ha ufficializzato il «parere contrario» della Regione alla
realizzazione dell’impianto attraverso una lettera inviata ai ministri
Orlando (Ambiente), Lupi (Infrastrutture) e Zanonato (Sviluppo economico), e
per conoscenza al premier Letta, oltre che alla Commissione europea (al
presidente Barroso e ai commissari Tajani, Poto›nik e Oettinger).
di Matteo Unterweger
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 luglio 2013
Ferriera sul banco di prova Ghisa ad Arvedi per un mese
- SIDERURGIA»OBIETTIVO RICONVERSIONE
Accordo commerciale prorogabile, il gruppo di Cremona compra tutto il
prodotto e intanto vuol vagliare lo stato della struttura prima di firmare
l’affitto d’azienda
GIOVANNI ARVEDI Apprensione tra i lavoratori: una delle condizioni poste per
l’affare sarebbe la riduzione del 20% dell’organico
Umberto Salvaneschi Fim-Cisl e Failms confermano la trattativa in corso. Cautela
dalla Fiom che attende l’incontro fissato per il 16 luglio a Roma
L’era Arvedi a Servola non si sa quanto durerà, ma di fatto è già
incominciata. In base a un accordo commerciale passato sotto silenzio, ma che è
in vigore già da undici giorni cioè dal primo luglio, tutta la ghisa che viene
prodotta nella Ferriera triestina (circa 25mila tonnellate al mese) non rimane
alla Lucchini, ma viene venduta al Gruppo di Cremona che già nei mesi scorsi ha
presentato una manifestazione di interesse per Servola inoltrata al commissario
straordinario del Gruppo Lucchini Piero Nardi. Il contratto è di un mese, ma è
prorogabile per un secondo cioè per agosto il che presumibilmente verrà fatto. È
nell’arco di questi sessanta giorni che Arvedi, che nelle settimane scorse ha
già inviato alcuni emissari a Servola, vaglierà lo stato e la funzionalità dei
macchinari e della struttura e la capacità produttiva per sciogliere gli ultimi
dubbi che tuttora persistono prima di giungere al contratto d’affitto di ramo
d’azienda che all’inizio sarà di sei mesi ma che potrebbe complessivamente
protrarsi per due anni. E prima di questo lasso di tempo Arvedi punta a
raggiungere il pareggio di bilancio della Servola spa. Obiettivo ambizioso dal
momento che in concomitanza con l’affitto dovrebbero oltretutto venir fatti una
serie di investimenti sul fronte ambientale. Sarebbe comunque questa la
«fase-ponte» alla quale aveva già fatto riferimento nelle settimane scorse anche
il sindaco Roberto Cosolini, per avere un po’ di ossigeno al fine di giungere
poi alla soluzione definitiva che dovrebbe però sostanziarsi più probabilmente
nella riconversione dell’area che non in un acquisto di Servola da parte dello
stesso Arvedi. L’esistenza dell’accordo commerciale già in atto con Arvedi è
stata riferita nei giorni scorsi dalla direzione ai rappresentanti sindacali.
«Si tratta di un mese, cioé luglio, più di un eventuale secondo mese, agosto»,
confermano sia Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) che Cristian Prella (Failms).
«Credo che le cose stiano effettivamente così», aggiunge Francesco Rosato ex
direttore della Ferriera e attualmente consulente del Comune per la
riconversione dell’area. Ma tutti gli altri usano estrema cautela. «Aspettiamo
il 16 luglio e le comunicazioni ufficiali - ammonisce Tiziano Scozzi (Fiom-Cgil)
- poi potremo capire qualcosa in più». Per martedì 16 infatti è stato fissato
l’incontro a Roma al Ministero dello sviluppo economico dei rappresentanti di
tutti i siti produttivi del Gruppo Lucchini con il commissario Piero Nardi e
quel giorno dovrebbe essere comunicata anche la proroga di tre mesi concessa dal
ministro allo stesso Nardi per presentare il nuovo piano industriale del Gruppo.
Dentro la fabbrica la situazione attuale non è però vista con sollievo, ma con
doppia apprensione. In primo luogo poiché è già la terza volta che il Gruppo
Arvedi si affaccia su Servola e nelle due occasioni precedenti l’interesse è poi
svanito nel nulla. Poi perché secondo notizie mai confermate ufficialmente, ma
che già circolano tra gli operai, una delle condizioni che Arvedi avrebbe posto
per giungere al contratto d’affitto sarebbe la riduzione del 20 per cento
dell’organico: dei circa 450 dipendenti attuali cioè una novantina rimarrebbero
in strada e a farne le spese sarebbero i soggetti più deboli o comunque quelli
non in possesso di particolari specializzazioni. Il quadro complessivo è
comunque articolato e complesso. La situazione è sembrata girare al meglio nelle
ultime settimane con l’action plan sulla siderurgia varato dall’Unione europea e
che secondo il vicecommissario Antonio Tajani presenta molti aspetti che possono
essere applicati anche nel caso di Trieste e poi con la conversione in legge del
decreto che all’ultimo momento ha inserito anche Servola nelle aree di crisi
industriale complessa. Ma per poter attingere ai finanziamenti e alle
agevolazioni prevista è necessaria la presentazione entro tre mesi di un
progetto di riconversione che però sembra ancora lontano dalla sua elaborazione.
Silvio Maranzana
Sincovich (Cgil): «Istituzioni locali di nuovo
latitanti»
«La questione di Servola non sta affatto volgendo al meglio». Sono
estremamente preoccupate le considerazioni sul futuro della Ferriera da parte di
Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil che denuncia una «nuova
latitanza da parte delle istituzioni locali sulla questione». «Ancora a maggio
abbiamo inviato le nostre controdeduzioni alla bozza di accordo di programma per
la riconversione - spiega Sincovich - e poi non abbiamo saputo più nulla.
Abbiamo sollecitato la presidente della Regione Serracchiani a convocare un
incontro, ma non abbiamo avuto risposta». E secondo quanto è trapelato, i
sindacati avevano in programma una manifestazione di protesta contro le
amministrazioni locali proprio per oggi: a fermarli è stata la convocazione del
16 a Roma.
«Incarico scaduto, a giorni le conclusioni»
Rosato, terminati i sei mesi di consulenza per il Comune: «Ma se
arrivasse un’altra offerta la inserirò»
«L’incarico è scaduto - annuncia Francesco Rosato che ha completato i sei
mesi del contestato contratto di consulenza con il Comune - sto riordinando le
idee e a giorni presenterò le conclusioni. Ciò non toglie che se mi arrivasse
adesso qualche offerta ulteriore potrei aggiungerla». Era stato Rosato ad aver
“intercettato” il rinnovato interesse di Arvedi per Servola. «È in corso da
parte di Arvedi - aveva spiegato Rosato già qualche settimana fa - una due
diligence sui costi della gestione economica del ciclo a caldo che presuppone il
mantenimento dell’altoforno con interventi per la riduzione delle emissioni
nell’ambiente. La cokeria potrebbe invece essere dismessa. Ma il progetto di
Arvedi - aveva precisato - prevede anche lo sviluppo di attività logistica con
l’utilizzo del terminal dove il Gruppo farebbe poi arrivare migliaia di
tonnellate di rottami di ferro da trasportare nelle sue acciaierie in
Lombardia». «Con il tramonto della Lucchini e la crisi dell’Ilva è possibile che
Arvedi intenda assumere la leadership della siderurgia in Italia», fa notare
Cristian Prella, sindacalista della Failms. Il Gruppo ha già quattro aziende nel
Nord Italia e produce laminati piani con l’acciaieria Arvedi di Cremona e
lavorazioni finali anche nello stabilimento di Corbetta (Milano), tubi saldati
in acciaio con l’Ata di Cremona, tubi saldati in acciaio inossidabile con la
Ilta Inox di Robecco d’Oglio (Cremona) e nastri di precisione in acciaio
inossidabile con la Arinox di Sestri Levante. A Servola però l’equilibrio
economico sarebbe raggiungibile solo se la Ferriera potresse continuare a
vendere i gas refusi alla centrale Elettra.
(s.m.)
Lo smog provoca i tumori - Polveri sottili sotto accusa
Risultati-choc da uno studio europeo su oltre 300mila persone in nove
Paesi E i centri italiani monitorati hanno la più alta presenza di elementi
inquinanti
ROMA Uno studio europeo che ha coinvolto i ricercatori dell’Istituto
nazionale dei tumori di Milano ha dimostrato una stretta relazione tra
inquinamento atmosferico e rischio di tumori al polmone. Tra i 9 paesi europei
coinvolti l’Italia è risultato il paese più inquinato. Lo studio è stato
pubblicato su Lancet Oncology ed è stato realizzato su oltre 300mila persone. È
servito a dimostrare che più alta è la concentrazione di inquinanti nell’aria e
maggiore è il rischio di sviluppare un tumore al polmone. È inoltre emerso che i
centri italiani monitorati hanno la più alta presenza di inquinanti. Allo studio
hanno collaborato 36 centri europei, oltre 50 ricercatori. Ha contribuito un
gruppo di ricerca dell’Istituto di Milano, guidato da Vittorio Krogh. Lo studio
pubblicato su Lancet Oncology fa parte del progetto europeo Escape. Il lavoro ha
riguardato 312.944 persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni, uomini e donne
di Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Austria, Spagna, Grecia e
Italia. In Italia le città interessate sono state Torino, Roma, Varese. Le
persone sono state reclutate negli anni ’90 e osservate per circa 13 anni,
registrando per ciascuno gli spostamenti dal luogo di residenza iniziale. Del
campione monitorato hanno sviluppato un cancro al polmone 2.095 individui. I
casi di tumore sono stati poi analizzati in relazione all’esposizione
all’inquinamento atmosferico nelle zone di residenza. È stato misurato in
particolare l’inquinamento dovuto alle polveri sottili tossiche presenti
nell’aria (particolato Pm 10 e Pm 2.5) dovute alle emissioni di motori a
scoppio, impianti di riscaldamento, attività industriali, e altri. Lo studio ha
permesso di concludere che per ogni incremento di 10 microgrammi di Pm 10 per
metro cubo presenti nell’aria, aumenta il rischio di tumore al polmone di circa
il 22%. Tale percentuale sale al 51% per una particolare tipologia di tumore,
l’adenocarcinoma. Questo è l’unico tumore che si sviluppa in un significativo
numero di non fumatori lasciando quindi più spazio a cause non legate alle
sigarette. Inoltre se nell’arco del periodo di osservazione un individuo non si
è mai spostato dal luogo di residenza iniziale, dove si è registrato l’elevato
tasso di inquinamento, il rischio di tumore al polmone raddoppia e triplica
quello di adenocarcinoma. Le normative della Comunità europea stabiliscono che
il particolato presente nell’aria deve mantenersi al di sotto dei 40 microgrammi
per mc per i Pm 10 e al di sotto dei 20 microgrammi per i Pm 2.5. Lo studio,
tuttavia, dimostra che anche rimanendo al di sotto di questi limiti, non si
esclude del tutto il rischio di tumore. Dalla misurazione delle polveri sottili
l’Italia è risultato essere tra i paesi europei più inquinati, infatti, in città
come Torino e Roma sono stati rilevati in media rispettivamente 46 e 36
microgrammi al metro cubo di inquinanti Pm 10 in confronto a una media europea
decisamente più bassa (ad esempio a Oxford 16, a Copenaghen 17). Il tumore del
polmone rappresenta la prima causa di morte nei Paesi industrializzati. Solo in
Italia nel 2010 si sono registrati 31.051 nuovi casi. Da solo rappresenta circa
il 20% di tutte le morti per tumore nel nostro Paese.
Scatta il “vietato fumare” nelle aree giochi dei parchi
Nuova ordinanza del sindaco per gli spazi nei giardini pubblici, a tutela
della salute dei più giovani. Applicazione graduale con la posa della
segnaletica
Vietato fumare nelle aree-gioco per bambini nei giardini pubblici comunali.
Lo dispone una nuova ordinanza firmata dal sindaco Roberto Cosolini e che porta
la data dell’8 luglio, lunedì scorso. Un provvedimento preso per «tutelare la
salute dei bambini - si legge nell’ordinanza -, garantendo loro l’utilizzo delle
aree gioco entro i giardini pubblici lontano dai rischi legati all’esposizione
al fumo passivo di sigaretta, ma anche per non esporli ad un modello di
comportamento insalubre». Finalità, in primis, di tutela della salute dei più
giovani dunque e nel contempo anche obiettivo educativo. L’ordinanza dispone il
«divieto di fumare nelle aree destinate al gioco dei bambini, site nei giardini
pubblici nel territorio del Comune di Trieste, circoscritte e delimitate da
pavimentazione anti-trauma e altro materiale idoneo alla sicurezza dei bimbi
nonché dotate della relativa segnaletica». Pur avendo potenzialmente efficacia
immediata, l’ordinanza entrerà tecnicamente in vigore via via che verrà apposta
la relativa segnaletica negli spazi in questione. Interventi che avverranno
gradualmente e compatibilmente con le risorse economiche disponibili.
L’intenzione da parte del Comune, insomma, c’è. Gli strumenti arriveranno,
denari permettendo. Al divieto, si collega la sanzione amministrativa per i
trasgressori: 50 euro, cioè il doppio della cifra minima (25 euro) prevista
dall’ordinanza che fissa peraltro quella massima a 500 euro. In questo caso, il
dato più basso, cioè quello più favorevole al sanzionato, fra il doppio del
minimo e un terzo del massimo è appunto il primo, che ammonta a 50 euro. Sul
totale di 54 aree-gioco collocate nei giardini pubblici, 39 sono ben
circoscritte, segnalate e delimitate da idonea pavimentazione. Pertanto in
queste 39 (l’elenco completo allegato all’ordinanza si trova sull’albo pretorio
on line del Comune) si applicherà il divieto, da quando le tabelle d’avviso vi
saranno sistemate. Passaggi questi che dovranno fare i conti con le ristrettezze
di bilancio. «In base alle risorse disponibili - spiega l’assessore ai Lavori
pubblici Andrea Dapretto, il vero promotore del provvedimento poi firmato dal
sindaco - inizieremo con i giardini maggiormente frequentati. Speriamo di
collocare i primi cartelloni già durante l’estate. Sarà una spesa
complessivamente contenuta». In prossimità delle aree verranno piazzati anche
dei posacenere in modo che i fumatori possano spegnere le sigarette «senza
gettarle a terra», sottolinea Dapretto. «L’idea - conclude l’assessore - è nata
nel corso del sopralluogo effettuato con il sindaco al Giardino pubblico: una
mamma mi aveva fatto notare il problema delle sigarette spente a terra nell’area
giochi. Da lì, è partito l’indirizzo per arrivare al divieto. Che vuole tutelare
la salute e avere inoltre una valenza educativa».
Matteo Unterweger
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 luglio 2013
Serracchiani scrive a governo ed Europa: «No al
rigassificatore»
Nella lettera ufficiale inviata a Roma e anche a Bruxelles la Regione
esprime «parere negativo» al progetto di Zaule
INTERFERENZE CON LO SCALO La presidente del Fvg: «L’impianto è da considerarsi
non compatibile col traffico portuale attuale e con gli sviluppi futuri»
Un “no” chiaro, secco, netto. A prova di interpretazioni. Messo per iscritto
e inviato in prima battuta al governo: ai ministri dell’Ambiente Andrea Orlando,
delle Infrastrutture e trasporti Maurizio Lupi e dello Sviluppo economico Flavio
Zanonato, e per conoscenza al premier Enrico Letta. Un “no” inoltrato poi,
proprio ieri, anche al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso
e ai commissari europei Antonio Tajani (industria e imprenditoria), Janez
Poto›nik (ambiente) e Günther Oettinger (energia). Debora Serracchiani
ufficializza a Italia ed Europa, per conto della Regione, il «parere contrario
alla realizzazione» del rigassificatore di Zaule: lo si legge nella lettera
ufficiale firmata dalla governatrice del Friuli Venezia Giulia. «L’aumento e la
tipologia del traffico navale generato dalla presenza dell’impianto di
rigassificazione andrebbe ad interferire - recita la missiva - negativamente con
il traffico previsto (dallo studio dell’Autorità portuale sulle prospettive di
potenziamento del traffico marittimo, ndr): il progetto è da considerarsi quindi
non compatibile con il traffico portuale attuale e soprattutto con gli sviluppi
futuri». Dalla premessa al passaggio più forte dello scritto: «In sintonia con
le precedenti prese di posizione ufficiali delle amministrazioni comunali e
provinciali, motivazioni legate a problemi di sicurezza, fattori ambientali,
fattori socio economici e carenze progettuali portano la giunta regionale del
Friuli Venezia Giulia ad esprimere un parere contrario alla realizzazione di
tale intervento». Nel contempo Serracchiani chiede al governo l’apertura di un
tavolo tecnico per il coordinamento delle politiche ambientali rispetto ai
rapporti internazionali e di area degli Stati. «Avevo già espresso il “no” della
Regione - mette in evidenza a voce Serracchiani - nell’occasione in cui avevo
avuto modo di parlare con i ministri Zanonato, Lupi e Orlando. I dati sul
traffico marittimo sono quelli già presentati in Comitato portuale». E sulla
base dei quali la precedente amministrazione regionale guidata da Renzo Tondo
aveva comunicato all’allora governo Monti l’incompatibilità fra il prospettato
potenziamento delle attività portuali e la presenza del terminale di
rigassificazione di gnl. Ora una presa di posizione ufficiale più netta,
marcata. «Abbiamo voluto chiarire al governo italiano e alla Commissione europea
- aggiunge Serracchiani - la nostra posizione, anche alla luce delle voci
secondo cui la Commissione europea stessa vorrebbe inserire il rigassificatore
nelle opere strategiche europee». Sul tema ieri mattina, l’assessore regionale
all’Ambiente Sara Vito ha letto la missiva di Serracchiani nell’aula del
Consiglio regionale, rispondendo così a un’interrogazione del consigliere Igor
Gabrovec (Slovenska skupnost). «Se si vuole impedire che l’Ue dia il via libera
al rigassificatore a Zaule, è assolutamente indispensabile che la Regione
esprima al governo italiano e alla Commissione europea il parere negativo su
tale tipo di insediamento - aveva affermato proprio Gabrovec -. I tempi sono
purtroppo assai ristretti, in quanto la Commissione deciderà in via definitiva
sui tre siti italiani, tra cui Zaule, il 24 luglio». Nell’aprile scorso, il
governo uscente con Mario Monti alla guida, aveva sospeso con atto del Ministero
dello Sviluppo economico l’autorizzazione già concessa a Gas Natural rinviando
la questione a sei mesi più tardi. Un passaggio che aveva fatto seguito al primo
stop imposto dal Ministero dell’Ambiente con il ministro Corrado Clini,
protagonista di un braccio di ferro con il collega Corrado Passera (Sviluppo
economico), quest’ultimo sostenitore della realizzazione dell’opera. Opera su
cui ora la Regione timonata da Debora Serracchiani pianta un “no” granitico.
Matteo Unterweger
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 luglio 2013
Ok al nuovo Piano del traffico Rivoluzione in un anno e
mezzo
Venticinque i voti favorevoli su 36, compresi Movimento 5 stelle («La
strada tracciata è quella buona») e Un’Altra Trieste («Sposate le nostre idee»).
No dalla Federazione della sinistra, Lega uscita
dall’aula
La rivoluzione può partire, alle otto di ieri sera il Consiglio comunale ha
approvato il Piano del traffico e se anche il cronoprogramma dei piani attuativi
sarà rispettato, tanto per fare due soli esempi, entro la fine dell’anno
prossimo via Mazzini sarà completamente pedonalizzata e in corso Italia
circoleranno solo i mezzi pubblici. La delibera ha fatto segnare 25 voti
favorevoli e 11 contrari, nel centrosinistra è stata la Federazione della
sinistra a rompere lo schieramento votando no, nel centrodestra l’operazione
contraria è stata fatta da Un’Altra Trieste che è stata favorevole, così come
anche, dai banchi dell’opposizione, il Movimento 5 stelle. In sostanza hanno
votato sì Pd, Cittadini, Trieste cambia, Sel, M5S e Un’Altra Trieste, no Pdl,
Fli, Lista Dipiazza e Udc, mentre è uscito dall’aula prima del voto Maurizio
Ferrara della Lega Nord. Un mazzo di fiori donato a sorpresa dal sindaco Roberto
Cosolini all’assessore alla Pianificazione urbana Elena Marchigiani, la “madre”
del Piano, ha suggellato un momento storico dato che il documento precedente era
vecchio di ben 15 anni a opera dell’amministrazione Illy. «Sono felicissima del
risultato - ha detto in aula Marchigiani quasi commossa - è giusto che i
principi di questo lavoro non siano stati condivisi da tutti, ma con molti ci
siamo incontrati a metà strada di questo importantissimo sforzo per cui il mio
ringraziamento va a tutti, nessuno escluso». «Era impossibile accontentare tutti
- ha sintetizzato il capogruppo del Pd Giovanni Maria Coloni - ma è stato un
processo partecipato sviluppatosi in un vivace dialogo con i cittadini che ha
dato frutti e proseguirà. Si è puntato su mobilità pedonale, utenza debole,
sosta, corsie preferenziali, razionalizzazione delle linee di bus. Si stima un
aumento del 6% degli utenti del servizio pubblico con riduzione di inquinanti».
«La strada tracciata non è perfetta, ma è quella buona - dice Stefano Patuanelli
(M5S) - sono state fatte scelte coraggiose, tutti i percorsi attuativi potranno
essere ancora modificati in quest’aula». Convintamente a fianco di Marchigiani
Franco Bandelli di Un’Altra Trieste: «Il centrodestra in dieci anni non è stato
capace di varare questo strumento atteso per la qualità della vita. L’assessore
ha il merito di non essersi fermata dinanzi alle contestazioni, ma la filosofia
del Piano sposa le nostre idee: abolizione delle zone a traffico limitato,
facilitazione di parcheggio per i residenti. Le perdoniamo l’unico scivolone:
aver affermato che il piano è di sinistra, non è vero, tant’è che la sinistra
radicale ha votato contro». E Marino Andolina ha spiegato il perché del suo voto
negativo così come quello del compagno di partito Iztok Furlanic: «La nostra
lealtà nei confronti della maggioranza è fuori discussione, ma alcune situazioni
superano la soglia della frustrazione. Vanno bene le buone intenzioni, ma di
esse è lastricato l’inferno. Ci chiediamo: perché tanta violenza nei confronti
delle banali abitudini quotidiane del cittadino?» Marino Sossi di Sel si è
turato il naso: «Il nostro è un sì condizionato, perché la fase più importante
sarà la prossima, quella attuativa».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 luglio 2013
Piano traffico, ultimo atto Stasera il voto in
Consiglio - MOBILITÀ »GIORNATA DECISIVA
Approvazione attesa da quasi dieci anni. Da settembre i provvedimenti
attuativi Borgo Teresiano e Barriera, aree pedonali a fine 2013. Tutto a regime
in 18 mesi
IN ARRIVO LE ZONE “30” Durante le fasi di applicazione verrà introdotto a step
il limite dei trenta orari in vari punti “sensibili” (nella foto via San
Michele)
IL PROGETTO PER LE SCUOLE In parallelo verrà avviato un mini-piano per i poli
scolastici con percorsi “protetti” per gli studenti (nella foto la media Julia)
Piaccia o no la riforma delle strade covata dall’amministrazione Cosolini,
quello di stasera sarà un raduno storico, a suo modo, per il Consiglio comunale.
A meno di ripensamenti che avrebbero del clamoroso, è il giorno del voto sul
Piano generale del traffico urbano, dell’approvazione definitiva (i numeri
previsti in aula limitano il pathos, si legga a parte) di una nuova mappa della
viabilità 15 anni dopo il varo di quella in vigore. Il precedente Pgtu, infatti,
risale al 1998. Più che l’acqua passata sotto i ponti da allora, però, a far
diventare “storico” l’aggiornamento della mobilità urbana è in realtà l’attesa
che l’ha accompagnato. E qui siamo al limite del decennio, se è vero che
l’amministrazione Dipiazza aveva iniziato a metterci le mani, con lo studio
commissionato all’ingegner Camus, nel 2004. Il decorso burocratico Bando alle
banalizzazioni, non è che la rivoluzione viaria (via Mazzini pedonale e corso
Italia per soli bus, tanto per restare ai “moloch”, per i dettagli si veda la
tabella in alto) si realizzerà da un giorno all’altro, solo perché il
provvedimento muterà da piano adottato a piano approvato. Il Pgtu, in effetti,
in scia alle regole della democrazia (e della burocrazia), è un po’ come una
legge che, una volta licenziata, ha bisogno poi delle norme attuative per poter
essere applicata. I piani attuativi e di dettaglio Anche il Piano generale del
traffico, quindi, proprio per la sua natura “generale”, avrà bisogno dei
cosiddetti piani attuativi, almeno uno per ognuna delle cinque fasi di cui esso
si compone in linea teorica (si veda sempre la tabella), ai quali si
aggiungeranno, inframezzati, ulteriori piani di dettaglio. Per compiersi per
intero il Pgtu si prenderà insomma altro tempo, che l’assessore Elena
Marchigiani stima in «un anno e mezzo», cioè «entro la fine del 2014». Siamo
grosso modo nell’arco temporale che il Piano del traffico si è già preso per la
sua gestazione amministrativa, burocratica e politica: il primo passaggio in
giunta (cui ha fatto seguito l’iter di prassi dell’adozione, delle osservazioni,
delle circoscrizioni, delle commissioni, degli emendamenti e delle limature in
sede di Consiglio comunale, su tutte il taglio concordato con Pdl e Un’altra
Trieste dei nuovi parcheggi a pagamento a Miramare e nelle periferie) data
febbraio 2012. Il passaggio di legge in Provincia Il lavoro su piani attuativi e
di dettaglio, premette la Marchigiani, «lo abbiamo già iniziato» ma, lascia
intendere sempre l’assessore, non potrà che entrare nel vivo a settembre. Più
che per pigrizia estiva, per un altro adempimento burocratico: il Pgtu, come
approvato, dovrà essere incartato e spedito in Provincia, chiamata a sua volta a
restituire in 30 giorni il nulla osta per quanto di competenza, ovvero i
riflessi del Piano del traffico sul Tpl, la rete dei bus, da ultimo il nodo
della fruibilità gratuita in centro come da proposta della Lega. Aree pedonali e
zone “30” Tra un piano attuativo e l’altro, in ogni caso, gli uffici del
Municipio che fanno capo alla stessa Marchigiani incastreranno una serie di
«priorità». Su tutte - annuncia l’assessore - «le aree di pedonalizzazione e ad
alta pedonalità, da Borgo Teresiano a Barriera, da definire entro l’anno.
Successivamente sarà la volta del cosiddetto Piano di dettaglio “30” per le
omonime zone, giudicate “sensibili”, concentrate tra lo stesso Borgo Teresiano e
il Borgo Giuseppino, e comunque in area “centralissima”, dove appunto sarà
istituito progressivamente il limite dei 30 orari. Il nuovo Piano pro-scuole Un
ulteriore step, questo però decisamente più complesso e destinato così a uscire
dall’ordine dell’anno e mezzo, è costituito da quello che la Marchigiani chiama
il «Piano a tema» per l’«accessibilità» e la «creazione di percorsi pedonali
protetti» verso i «poli scolastici», specie di quelli incastonati tra le case,
dove al mattino e all’ora di pranzo si accumulano ingorghi. Ma questa, come
detto, rispetto alle direttive espressamente legate al Piano del traffico, sarà
un’altra storia.
Piero Rauber
Incognite Sel e FdS ma la maggioranza non finirà sotto
“Comunista” che abbaia non morde, potrebbe venir da pensare a Cosolini in
queste ore, andando un po’ alla conta a campione dei voti pro e contro il Piano
del traffico. Il provvedimento, in effetti, a meno di un’epidemia improvvisa nel
Pd tale da decimarne le fila, non corre il rischio di andare sotto. Le ultime
indiscrezioni danno infatti i democrats in trattativa con Sel e soprattutto con
la Federazione della sinistra, e l’ipotesi che a palazzo si fa strada è che i
vendoliani possano anche votare a favore e che i rifondaroli possano astenersi
se si troverà prima la quadra su certi ordini del giorno dai connotati più “di
sinistra”. Ma anche se il lavoro dietro le quinte dovesse andar male, la
maggioranza potrebbe contare forse sul sì di Un’altra Trieste, o quanto meno non
sul no. Il che, a prescindere da ciò che faranno i grillini e l’ex Idv Bassi,
mette sulla carta il conto già al sicuro. Senza dimenticare che, in ogni caso,
la soglia teorica di approvazione si abbasserà da 21 su 41 a 20 su 39 perché i
due leghisti Ferrara e De Gioia al momento del voto abbandoneranno l’aula, non
partecipandovi.
(pi.ra.)
Disabili, verso la sosta rapida per residenti
Marchigiani polemica con l’opposizione: «Ai loro tempi 118mila euro di
consulenza per niente»
Carlo Grilli, l’ex assessore al welfare di Dipiazza oggi in quota Udc, si
era visto accogliere, durante i lavori d’aula di giugno, l’input sotto forma di
emendamento della prima ora gratuita, in tutte le aree a pagamento del centro,
per le vetture munite di contrassegno per disabili. Stasera dovrebbe essere la
stessa maggioranza di centrosinistra a cercare di mettere un ulteriore pezza
sulla “rivolta” anti-Pgtu dei portatori di handicap. «Le zone ad elevata
pedonalità, oltre che per taxi e per attività di scarico e carico merci, sono
state concepite anche e soprattutto per i disabili», mette le mani avanti
l’assessore al traffico Marchigiani, che annuncia proprio per questa sera in
Consiglio comunale la possibile, probabile presentazione di «un ordine del
giorno da parte del Pd che ci impegni in fase di attuazione del Piano del
traffico a lavorare sui permessi, per permettere in particolare l’accesso e la
sosta rapida ai disabili residenti là dove si vengono a creare proprio delle
nuove aree pedonali in centro». «L’opposizione - chiude la Marchigiani con un
tono neanche tanto velatamente polemico - sta a fare pelo e contropelo ai 90mila
euro di consulenza individuati nel bilancio ben sapendo che quei soldi non
serviranno solo al bike sharing, ma a un supporto complessivo per tutto ciò che
intendiamo fare nel prossimo anno e mezzo per la mobilità legata al Piano del
traffico. Ma loro d’altronde non lo possono sapere visto che un Piano del
traffico non sono mai riusciti a concluderlo. Io poi, con quei 118.43mila euro
di consulenza tra il 2004 e il 2009 (il riferimento è allo studio Camus, ndr),
forse di piani del traffico ne facevo anche due».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 luglio 2013
«Porto Vecchio dentro la città L’Agenzia servirà a
integrarlo» - URBANISTICA»LE STRATEGIE
Cosolini: Greensisam, l’Authority si è impegnata a fare approvare dal
Comitato entro il 20 luglio il necessario stralcio del piano di urbanizzazione.
Appena arriverà il Comune darà l’ok a costruire
La vicenda infinita di Porto Vecchio vicina a quella svolta attesa da
vent’anni? L’idea di un’Agenzia (con Regione, Comune e Autorità Portuale) intesa
come chiave per integrare nella città un’area che da decenni non è più porto ma
che viene considerata - e amministrata - ancora come porto; l’attesa di
Greensisam con la minaccia di Pierluigi Maneschi di chiedere la restituzione
degli oltre 9 milioni già investiti se entro un mese non arriverà il permesso di
costruzione; e la causa di Portocittà mercoledì dinanzi al Tar contro
l’Autorità, potrebbero dare uno scossone a tutta questa vicenda infinita. Senza
dimenticare che il 23 luglio scadono i termini per la nuova raccolta di
eventuali manifestazioni d’interesse verso l’area, riaperta dalla presidente
dell’Authority Marina Monassi con la filosofia dello “spezzatino” e non della
concessione unica da affiancare ai cinque magazzini già in concessione alla
Greensisam di Maneschi. Dalla tavola rotonda organizzata dal Piccolo e da
Nordest Europa l’altro ieri al Ridotto del Verdi sono uscite risposte, proposte
concrete e qualche “sana” polemica. Proprio «sulla giusta indignazione e
impazienza» di Maneschi per i troppi anni di iter, «o calvario», patito da
Greensisam, interviene il sindaco Roberto Cosolini. Che sulla vicenda sottolinea
come al momento la palla sia nelle mani dell’Authority, da cui si attende un
documento. Quello sulla cui base il Comune potrà dare l’ok. Un caso emblematico
di un percorso per il quale serve una cabina di regia quale vorrebbe essere
l’Agenzia invocata l’altro pomeriggio dalla presidente della Regione Debora
Serracchiani. «Varrebbe la pena di approfondire situazioni e motivi delle varie
fasi che si sono succedute - sottolinea il sindaco -, e ruolo degli enti, ma una
conclusione è inequivocabile: alle lentezze burocratiche dei percorsi di tanti
investimenti in Italia qui si aggiunge una complessità in più: quella di un
insediamento con funzioni tipicamente urbane (commercio, turismo, residenziale,
parcheggi) in un luogo amministrato come un porto. È questo il motivo per cui
invoco un iter chiaro per Porto Vecchio. Per questo nel maggio 2012 chiedevo un
tavolo con Greensisam, Portocittà, Authority e Comune per il coordinamento...
Poi si sa come è andata». «Poiché considero mio impegno rompere il "no se pol" -
aggiunge Cosolini - ho perciò, insieme all'assessore Elena Marchigiani e ai suoi
tecnici, preso in mano la questione e in alcuni incontri con Maneschi e i suoi
tecnici in due mesi abbiamo sciolto i nodi della viabilità di connessione con la
città, necessaria per un centro commerciale, e delle superfici destinate.
Abbiamo chiesto noi un incontro in Regione anche con l'Authority per superare le
diversità sull'iter. Da quell'incontro è emerso un dato accettato da tutti: per
iniziare a costruire è necessario che ci siano progetti per le urbanizzazioni,
tanto più che queste erano attribuite per tutto Porto Vecchio a Portocittà che
come noto ha chiesto l'annullamento della concessione». L'Authority, prosegue
Cosolini, «si è impegnata in quella sede regionale a fare approvare dal Comitato
portuale uno stralcio del piano di urbanizzazione per la parte Greensisam entro
il 20 luglio. Quando questo piano arriverà, in pochi giorni il Comune emetterà
il permesso a costruire e i lavori potranno iniziare. Penso proprio di poter
dire, e so che Maneschi me ne dà atto, che il Comune in questa fase ha fatto
tutto ciò che poteva per sciogliere i nodi burocratici e far uscire Greensisam
dalle secche». Ma dopo questa precisazione nei confronti di Maneschi, Cosolini
intende togliersi qualche sassolino dalle scarpe: «Oggi abbiamo una Regione che
non se ne lava le mani. Capisco l’imbarazzo dell’amministrazione precedente.
Roberto Dipiazza la pensava come me, Renzo Tondo e la triestina Sandra Savino
stavano con Marina Monassi. Oggi sappiamo che per la Regione Trieste è una
risorsa e Porto Vecchio una grandissima occasione di sviluppo per la città.
Istituzionalmente non mi sento più solo. Ho sempre avuto comunque i triestini
con me». Per il sindaco l’Agenzia deve essere uno strumento a tre (Regione,
Comune e Autority) che porti a integrare la città con tutta l’area di Porto
Vecchio. «E - ribadisce - non mi si venga a dire che il punto franco è un
problema, il Governo può decidere di spostarlo in qualsiasi momento, come ha
spiegato in modo perfetto il giurista Paolo Conetti». Commento molto positivo
anche da parte della presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat
sull’ipotesi dell’Agenzia: «Può essere un utile organismo giuridico per
accelerare le operazioni necessarie per dare alla città quell’area. Porto
Vecchio non è più porto. Si deve dare la possibilità a chi vuole investire in
quella zona di poterlo fare. E quanto al punto franco non ci sono più alibi. Lì
non serve più, va collocato dove è utile, penso ad esempio a Fernetti. L’Agenzia
ha il potere di accelerare tutte le operazioni. L’Authority non potrà tirarsi
indietro».
Ferdinando Viola
Sergio Razeto: «Lasciamo libera tutta quell’area
agli investimenti» - INDUSTRIALI
La tavola rotonda organizzata venerdì dal Piccolo ha avuto una vasta eco
in città. Commenti sono seguiti anche ieri da parte di imprenditori,
manager, amministratori e semplici cittadini. Di quell’area “di rottami” si
discute da troppo tempo; è indispensabile trovare una soluzione che giovi
allo sviluppo della città. Lo dicono in tanti, in attesa che qualcosa di
concreto si muova. Anche ieri nessun commento da parte della presidente
dell’Autorità Portuale Marina Monassi. Sergio Razeto, presidente di
Confindustria Trieste, non era presente al convegno perché impossibilitato a
parteciparvi, ma è a conoscenza delle proposte al centro della discussione.
«Per spiegare tutta questa situazione bisogna partire dal fatto che Porto
Vecchio non è più porto e non lo può essere - afferma “a titolo personale”
Razeto -. Perciò quell’area deve essere affidata a qualcuno che la possa
utilizzare. Il punto franco? Non sono un esperto in questa materia, ma a
quanto è stato detto lo si può spostare in altri luoghi della città, in
settori dove possa essere utile. Da 30 anni è in Porto Vecchio ma non è più
servito. Inutile lasciarlo lì. Portiamolo nel nuovo porto e liberiamo una
vasta area dove gli imprenditori possono investire se lo vogliono. È un
punto fondamentale per la città. Nello stesso tempo abbiamo la possibilità,
con il nuovo Piano regolatore, di ampliare il porto, quello vero, e
allargare i traffici e le attività industriali». Antonio Paoletti,
presidente della Camera di commercio di Trieste, è all’estero e non ha
seguito direttamente il dibattito degli ultimi giorni su Porto Vecchio. Lo
farà nei prossimi giorni quando avrà a disposizione tutti gli elementi e le
proposte uscite dalla tavola rotonda di venerdì.
(fe.vi)
IL PICCOLO - SABATO, 6 luglio 2013
«Un’Agenzia territoriale per Porto Vecchio»
Serracchiani: sdemanializzare si può ma è il mezzo, non il fine per
decidere Istituzioni e imprenditori, una cabina di regia che dia proposte
concrete a Roma
«Sdemanializzare Porto Vecchio? Si può fare, ma questo deve essere il mezzo
e non il fine per decidere definitivamente cosa fare in tutta quell’area. È
urgente che un’Agenzia composta da figure istituzionali e imprenditoriali abbia
la forza e la volontà di andare a chiedere così al governo lo spostamento del
punto franco». La presidente della Regione Debora Serracchiani ieri era presente
alla tavola rotonda organizzata dal Piccolo, con NordestEuropa editore,
nell’ambito del ciclo di incontri su “Dialoghi sulla crisi e sullo sviluppo”
svoltasi al Ridotto del Verdi strapieno di pubblico proprio su “Porto Vecchio:
senza futuro? Un patrimonio di Trieste, della regione e dell'Europa abbandonato.
Prospettive di investimento e impegni degli enti pubblici”. Al dibattito,
moderato dal direttore del Piccolo Paolo Possamai erano presenti il sindaco
Roberto Cosolini, l’onorevole Sandra Savino, coordinatrice provinciale del Pdl,
il presidente di Unioncamere del Friuli Venezia Giulia Giovanni Da Pozzo e
Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima (Gruppo Evergreen) e al
vertice di Greensisam. Mancava, parlando di porto, “la padrona di casa”, Marina
Monassi presidente dell’Autorità portuale che, sebbene invitata, ha deciso di
non partecipare. «Sarebbe stato interessante - ha aggiunto Serracchiani -
sentire da lei se c’è un futuro, e quale, per Porto Vecchio. Da parte della
Regione il porto di Trieste rimane una priorità. Su Porto Vecchio la Regione
intende convocare i vari soggetti interessati a discutere su quello che si vuole
fare e quali attività investire in quell’area. Bisogna arrivare a Roma e dire
quali sono le esigenze di questo territorio. Ci vuole una cabina di regia che
formuli delle proposte concrete. E occorre dare al Governo le motivazioni per
decidere anche sulla sdemanilizzazione. Porto Vecchio non è più porto, ne
mancano le condizioni per farlo funzionare. E a questo punto si deve decidere,
troppo tempo si è perso». «Cabina di regia? - ha detto Sandra Savino - Esiste un
Comitato portuale deputato a decidere, non servono altre cose. Il desiderio è
una cosa e la possibilità di fare è un’altra. Con il punto franco c’è stata, e
c’è, la possibilità di essere competitivi rispetto ad altri stati. L’area di
Porto Vecchio deve essere concepita per il rilancio della città e di tutta la
regione». Per il presidente di Unioncamere del Friuli Venezia Giulia questo non
è un problema che riguarda solo Trieste: «Dobbiamo guardare al futuro, la
regione deve guardare al futuro e un’area economicamente urbana come è Porto
Vecchio diventa un punto fondamentale nell’ottica regionale». Prima della tavola
rotonda sono intervenuti due tecnici: l’architetto Goncalo Byrne di Lisbona e il
giurista triestino Paolo Conetti, rettore vicario dell’Università dell’Insubria
di Como e Varese, professore ordinario di Diritto internazionale e Diritto delle
comunità europee alla facoltà di Giurisprudenza della stessa Università. «Il
Porto Vecchio? - si è chiesto l’architetto Goncalo Byrne -. A Trieste devono
maturare rapporti di convergenza tra le varie istituzioni che sembrano mancare.
Come può essere che dopo lo splendido ingresso in città tra Miramare e Barcola
ci sia una sorta di “buco nero” che permette di riemergere appena in Borgo
Teresiano? È indispensabile creare in mezzo uno spazio pubblico come è avvenuto
a Lisbona, a Barcellona, ad Anversa, a Rotterdam, a Buenos Aires. Quasi ovunque
c’erano dei punti franchi che sono stati eliminati. Si tratta anche di uno snodo
di alta accessibilità - aggiunge Goncalo Byrne -: c’è la stazione ferroviaria
per i passeggeri, l’ingresso della città su strada, ed è facilmente accessibile
dal mare. Si tratta dunque di un sito ideale dove inserire attività direzionale,
uffici, centri di ricerca, università, oltre a musei, spazi per mostre ed
esposizioni e logicamente anche porticcioli nautici, piccoli cantieri, spazi per
il rimessaggio delle barche e anche ormeggi per megayacht». Paolo Conetti nella
sua interessante cronologia giuridica sui punti franchi ha sottolineato che su
questa materia è stata affrontata con molta incertezza negli ultimi venti anni.
«Per fare ordine in questa materia - ha detto Conetti - ci deve essere una
delega al Governo per la ridefinizione del regime di punto franco, per un
riordino tale da far chiarezza sulle normative del passato, anche internazionali
e comunitarie compresi i provvedimenti del Commissario di Governo per il Tlt.
Una legge delega attraverso la quale far passare anche lo spostamento
strutturale del punto franco stesso. Per sopprimere il punto franco serve un
provvedimento normativo».
Ferdinando Viola
Cosolini: il punto franco è un falso problema - IL
SINDACO
Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini lo ripete da sempre: dobbiamo
decidere se Porto Vecchio è porto o è città. Lo ha ribadito anche ieri nel corso
della tavola rotonda al Ridotto del Verdi». La sua risposta è già città nella
domanda ed è chiarissima per il primo cittadino di trieste: «Porto Vecchio è
città, non ci sono dubbi, non ci sono le condizioni perché sia porto, ma per
agganciarlo alla città serve eliminare il punto franco» «Serve avviare subito -
ha aggiunto il sindaco - un percorso giuridico, finora si è perso molto tempo. E
questo può essere la creazione di un’Agenzia. Ma per trasformare quell’area in
città serve una visione di integrazione di quel luogo. Se questo è il progetto
si apre agli investitori privati la possibilità di venire a Trieste. Perchè
Trieste non può non attivare investimenti provati. Soldi pubblici non ce ne sono
più, la crisi ha chiuso i rubinetti« Il sindaco di Trieste ribadisce più volte
un altro concetto: «Il punto franco è un falso problema perchè il governo può
spostalo quando vuole. Io devo sapere se in quall’area ci sarà l’accesso libero
delle persone dove si può investire su struture pubbliche o private. Questo è il
punto e non può essere diversamente. Porto Vecchio rappresenta un investimento
enorme per la città e per la regione. Dobbiamo però cercare di muoverci. Troppo
tempo è passato e le occasioni si possono anche perdere. Non c’è più tempo».
«Il nodo sta a Trieste, non nella capitale»
Pacorini: in città la colpa di chi ha impedito che si agisse e la
vergogna di chi non ha fatto abbastanza
Il pubblico rumoreggia, interviene sollecitando i relatori, e dedica gli
applausi più forti al presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. Nel
ridotto del Verdi ieri si è riunita buona parte della classe politica cittadina,
ma anche tanti cittadini, desiderosi di far sentire a chi detiene le leve del
potere il sentimento provato per l'abbandono del Porto Vecchio. E quel
sentimento è, senz'ombra di dubbio, esasperazione. Lo si è capito dagli applausi
liberatori esplosi nel momento in cui, all'inizio del suo intervento, Maneschi
ha osservato che «da vent'anni si parla degli stessi problemi». Applausi che si
sono ripetuti quando Maneschi ha rilevato che l'unico vero ostacolo allo
sviluppo del Porto Vecchio «è lo scontro politico fra enti pubblici», e ancora
quando il titolare di Greensisam ha richiesto «il via libera a costruire entro
un mese». Il primo intervento del dibattito finale è stato quello di Giovanni
Gregoratti del Citigroup Centre, una banca d'investimenti britannica che si
occupa di situazioni analoghe a quella di Porto Vecchio in tutto il mondo: «Un
caso eclatante è l'aeroporto di Atene - ha detto -. Era inutilizzato da
vent'anni, eppure grazie a una serie di fattori, nonostante la crisi, è stato
possibile sbloccare la situazione: quel che posso dire è che è sempre l'attore
politico a dover fare il primo passo». Ha poi preso la parola l'architetto
Barbara Fornasir, per chiedere «a cosa serve davvero il punto franco oggi?». Il
sindaco Roberto Cosolini ha risposto che «serve ad alcune operazioni portuali.
Di fatto, non serve a nulla se non si fa porto». Un'altra cittadina è poi
intervenuta accoratamente ricordando che Trieste è ricca di simili situazioni:
«Penso al Silos, alla vecchia pescheria, al Faro della Vittoria, a Miramare».
Federico Pacorini, già noto imprenditore portuale ed ex presidente degli
industriali, ha sottolineato che «il nocciolo della questione sta a Trieste, non
a Roma. Qui a Trieste si situa la colpa di chi ha impedito che si facesse
qualcosa in Porto Vecchio e la vergogna di chi non ha fatto abbastanza».
Intervento cui la deputata Pdl Sandra Savino ha risposto ricordando «che questo
territorio è stato governato da sempre in alternanza, e che non ha senso
imputare tutte le colpe a un unico totem». Assenti o non pervenuti i
rappresentanti del movimento Trieste Libera.
Giovanni Tomasin
L’ultimatum di Maneschi: siamo pronti ad andarcene
Il leader di Greensisam: anni di lavoro inutile, già investiti oltre nove
milioni nel progetto. In un mese il permesso di costruire o chiedo la
restituzione dei soldi
«Sapete quanto ho investito in Porto Vecchio? Oltre nove milioni. E sono
sempre fermo con i miei progetti. Ora dico: se entro un mese non mi arriva il
permesso per fabbricare chiederò indietro i miei soldi. Non ho più tempo di
aspettare la burocrazia e i conflitti tra i politici». Nella tavola rotonda di
ieri al Ridotto del Verdi va giù duro Pierluigi Maneschi, presidente di Italia
Marittima (Gruppo Evergreen) e leader di Greensisam, “interrogato” sui suoi
progetti sui cinque magazzini del Porto Vecchio che la società ha ottenuto in
concessione per novant’anni. Due dei cinque magazzini pealtro sono la sede su
cui la Camera di commercio ha rilanciato di recente per installare il parco del
mare. Un’idea, per ora. Proprio ieri mattina lo stesso Maneschi si era
incontrato in municipio con il sindaco Roberto Cosolini per cercare una risposta
alle sue richieste. Cosolini al termine dell’incontro in Comune ha detto che era
stata approfondita e accettata da parte dell’amministrazione la questione del
traffico e l’accesso a quell’area, e che l’iter per la sempilificazione
commerciale procede. A detta di Cosolini, però prima che il Comune conceda il
permesso di costruire è necessario un ulteriore passaggio tecnico. Serve cioè
che l’Autorità portuale approvi il progetto di stralcio funzionale delle opere
di urbanizzazione di sua competenza. Definito questo punto il Comune nel giro di
15 giorni rilascerà il permesso di costruzione. «Mi sembra di essere tornato
indietro di 20 anni - ha aggiunto con un certo sarcasmo Maneschi -, siamo agli
stessi discorsi, agli stessi propositi, è la stessa storia, si tratta di un
itinerario dell’indecenza. Ad esempio c’è il progetto di realizzazione di 600
posti auto che ho proposto già nel 2001 ai vati gruppi finanziari e industriali.
E siamo sempre fermi perchè non ci sono ancora i permessi. Non ci rendiamo conto
di quello che ha perso la città». «In Porto Vecchio -afferma ancora Maneschi -
una cosa fatta è il Magazzino 26. Ora dopo una prima serie di iniziative non
sanno più cosa fare. Mancano anche i soldi per tenerlo in ordine. E poi tutta la
zona di Porto Vecchio è un pericolo per la sicurezza. Mollo in questa
situazione? Non lo so, dipende da come va l’economia. Manca la chiarezza, tra
gli enti pubblici solo conflitti tra Comune, Regione e Autorità portuale. Ci
sono 27 enti con cui devo parlare per avere alla fine un’autorizzazione. La
città deve accogliere chi viene a investire, è un bene per la città, non si
tratta di un evasore. Quando c’erano gli enti portuali nessuno contestava. Si
potevano fare anche le cose più strane. Oggi si è passati da un eccesso
all’altro, bisogna passare tra tantissimi enti e nessuno sa decidere».
(fe.vi.)
Il 10 luglio il ricorso al Tar di Portocittà
Mercoledì 10 luglio è fissata dinanzi al Tar la causa di Portocittà. Il
Tribunale amministrativo regionale deve decidere sul ricorso intentato dalla
cordata di costruttori e banche di nome Portocittà contro l’Autorità portuale.
Ricorso che punta all’annullamento della maxi-concessione, ottenuta da tale
cordata ancora sotto la presidenza Boniciolli, con la motivazione,
principalmente, della mancata liberazione dell’area dal regime extraterritoriale
di Punto franco. Il 23 luglio invece scadranno i termini per la nuova raccolta
di eventuali manifestazioni d’interesse verso l’area, riaperta dalla presidente
dell’Authority Marina Monassi prediligendo la filosofia dello “spezzatino” e non
più della concessione unica da affiancare ai cinque magazzini già in concessione
alla Greensisam di Maneschi.
IL PICCOLO - VENERDI', 5 luglio 2013
«Togliere il Punto franco? Il Governo lo può fare»
Il giurista Conetti, presidente 20 anni fa di una Commissione
ministeriale ad hoc, fra i relatori della tavola rotonda su Porto Vecchio oggi
alle 18 al Ridotto del Verdi
Tecnico, e non politico, lo è da una vita. Tecnico, e non politico, resterà,
e ci mancherebbe, pure stasera. Il giurista triestino classe ’41 Giorgio Conetti
- in vista della tavola rotonda in agenda alle 18 di oggi al Ridotto del Teatro
Verdi intitolata “Porto Vecchio: senza futuro? Un patrimonio di Trieste, della
regione e dell’Europa abbandonato. Prospettive di investimento e impegni degli
enti pubblici” - sgombera l’attesa da ogni equivoco. E lascia intendere che,
nell’occasione, lui che è tra i relatori, mica si permetterà di dire se da quel
pezzo di città mezzo morto sia giusto o meno sfrattare il Punto franco. Dirà
invece, quello sì, che cosa dovrebbe succedere a livello giuridico per creare le
premesse per poterla poi togliere, la franchigia doganale. Ciò che serve,
sostiene, e anche per il suo «trasferimento», che «è pur sempre una
ridefinizione sostanziale della localizzazione», è in sostanza una legge delega.
Un provvedimento diretto del Governo. Non è proprio una primizia, questa.
Piuttosto una rinfrescata alla memoria di una città che, evidentemente, si bea
nei ricordi e spesso non ricorda. Conetti - oggi professore emerito di diritto
internazionale, passato in corso di carriera dall’Università di Trieste a quella
dell’Insubria, dov’è poi stato nominato rettore vicario - era stato “consultato”
infatti nel dibattito, ad esempio, alla fine del 2006, quando in Autorità
portuale si stava aprendo la presidenza Boniciolli. Ma c’è di più. Molto di più.
Fu proprio Conetti nel ’92 - anno in cui chiuse tre mandati consecutivi da
preside di Giurisprudenza a Trieste - ad essere chiamato a presiedere la
Commissione ministeriale del Tesoro per lo studio di riforma del Porto franco di
Trieste. Poi - taglia corto lui - «per varie difficoltà la cosa si fermò». Non
c’è niente di più eloquente, insomma, per dare un senso al tempo che gira
attorno al nodo Porto Vecchio, che a una tavola rotonda ad esso dedicata si
sieda un uomo, uno studioso che era stato chiamato a scioglierlo più di
vent’anni fa. «L’invito al dibattito mi onora e penso che derivi dal fatto di
aver presieduto quella Commissione», premette il professore. «Io - chiarisce -
mi astengo dal giudizio sulla vantaggiosità che può avere il Punto franco in
Porto Vecchio. Ci sono peculiarità che si tratta di vedere se oggi sono ancora
significative, tali da far capire se quell’area portuale può oggi svolgere
ancora la sua funzione originaria di porto, ma non mi spetta, questo».
Tutt’altra pasta, e lì sì che Conetti può metterci le mani, è il discorso
giuridico. Tecnico e non politico, appunto. «Già in epoca di presidenza
Boniciolli - puntualizza - mi ero espresso, condividendola, sulla opportunità di
un atto normativo, se l’intenzione era quella di ridefinire il Porto franco e
gli ambiti di franchigia. Per fare ordine in questa materia, più che una legge
del Parlamento, ci deve essere a mio avviso una delega al Governo per la
ridefinizione del regime di Punto franco, per un riordino tale da far chiarezza
sulle normative del passato, anche internazionali e comunitarie», compresi «i
provvedimenti aventi forza di legge del Commissario di Governo per il Tlt». Una
legge delega dunque, attraverso la quale - secondo il giurista - far passare
anche lo spostamento strutturale del Punto franco stesso. Il decreto prefettizio
in effetti, come è noto, basta «per espanderla o per sospenderla
temporaneamente, la franchigia». Ma «per sopprimerla serve un provvedimento
normativo», così come per il suo trasferimento, perché «il trasferimento è pur
sempre una ridefinizione sostanziale della localizzazione». A Conetti - questa
sera - è affidata una delle relazioni introdottive. L’altra spetterà
all’architetto Goncalo Byrne di Lisbona. Il dibattito, organizzato dal
quotidiano Il Piccolo in collaborazione con NordestEuropa editore nell’ambito
del ciclo di incontri su "Dialoghi sulla crisi e sullo sviluppo", sarà moderato
dal direttore del quotidiano stesso, Paolo Possamai. Tra gli interventi previsti
quelli della neogovernatrice della Regione Debora Serracchiani, del sindaco di
Trieste Roberto Cosolini, dell’onorevole Sandra Savino, coordinatrice
provinciale del Pdl, del presidente di Unioncamere del Friuli Venezia Giulia
Giovanni Da Pozzo e del presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi.
Piero Rauber
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Pensiamo al futuro
Segnalo ai lettori de Il Piccolo che mentre a Trieste, nell’ambito dell’approvazione del nuovo Piano del Traffico urbano Pgtu, si discute della marginalizzazione, o limitazione (se non proprio esclusione) del trasporto privato a motore, da Udine arrivano segnali forse diversi. A Trieste assistiamo ad un implicito invito a non contribuire in alcun modo all’erogazione del servizio di mobilità da parte dei privati motorizzati, in controtendenza rispetto a quel che accade – a mero titolo di esempio – su scala più vasta in altri ambiti, nel mondo della scuola, in cui i corsi di recupero sono a pagamento, o nella fornitura di materiali “accessori”, che spesso sono “obbligatoriamente” a carico delle famiglie. Altro esempio potrebbe essere la sanità, in cui a fronte di “tariffe” più care vengono erogate prestazioni spesso “inferiori” che in passato, dove si vede cioè un maggior coinvolgimento di famiglie, parenti e amici dei degenti nelle fasi della convalescenza, e gli esempi potrebbero continuare. Nella mobilità locale viceversa si è sì costretti a “ridurre” il servizio degli autobus aumentando il costo del biglietto, ma si cerca di... impedire ai cittadini di concorrere con le risorse e i mezzi propri alla mobilità medesima. A causa di una serie di svantaggi che l’abuso dell’automobile porta con sè si è finiti con il demonizzare del tutto uno dei mezzi di trasporto di maggior successo, che funziona con la Bora, con il maltempo e pardon! anche dopo le 21.30 e nei festivi. Ma se questi svantaggi fossero legati in qualche modo oltre che al presente, più al passato che al futuro dell’automobile? Proprio mentre si intensificano gli sforzi dei costruttori verso nuovi tipi di vetture, a Trieste si vara un Piano del traffico che farà sentire i suoi effetti negli anni a venire, e se in prospettiva fosse possibile una maggior diffusione delle auto ibride o elettriche? Il loro utilizzo sarebbe pregiudicato dalle scelte di piano attuali? Basterà ri-mettere mano ai cantieri edili? Quali ricadute vi potrebbero essere sulla competitività territoriale di Trieste se sposassimo in modo pressoché esclusivo altre scelte, che nel tempo potremmo non riuscire a sostenere economicamente? Su Il Messaggero del 25 giugno leggo che il sindaco di Udine - città in cui la rete di parcheggi per automobili e biciclette (potrei dire esistono) ma dico che sono più economiche ed efficienti di quelle triestine - Honsell ha in previsione un test di guida di una vettura elettrica nell’ambito urbano con l’assessore Pizza. Per sapere se sarà un’idea valida o no, basterà aspettare. Segnalo però che nella realizzazione della vettura sono presenti alcune realtà friulane. Progettualità complessiva, nessuna preclusione pregiudiziale, future possibilità di lavoro. C’è una diversità di visione nei due approcci, o no?
Lorenzo Tommasoni (consigliere 3.a Circoscrizione - Gruppo Misto)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 luglio 2013
Caso Picchione, l’indagine si allarga . Al vaglio del
pm Frezza le missioni di lavoro effettuate dalla soprintendente nei weekend a
Roma, dove risiede
BENI CULTURALI»DOPO L’IPOTESI DI ABUSO D’UFFICIO
LE NOVITÀ EMERSE Gli investigatori hanno accertato che la funzionaria dello
Stato tra dicembre e marzo ha lavorato 27 giorni a Trieste e 30 a Udine
i soggiorni in friuli Sotto la lente anche i pernottamenti all’hotel Astoria, le
cui fatture finivano nella nota spese firmata dalla stessa dirigente
Caso Picchione, si allarga l’inchiesta del pm Federico Frezza sulla
soprintendente accusata di abuso d’ufficio per aver bloccato o rallentato
irreparabilmente pratiche e autorizzazioni. Gli investigatori ora stanno
puntando a ricostruire l’attività lavorativa dell’architetto che guida la
Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici. Stanno verificando -
foglio per foglio - la documentazione relativa alle missioni fuori Trieste
compiute dall’alta funzionaria dello Stato. Nei giorni scorsi, in occasione del
blitz negli uffici di palazzo Economo che ha visto acquisita la documentazione
relativa a sette pratiche bocciate da Picchione ma passate poi positivamente al
vaglio dei giudici del Tar, che hanno annotato l’infondatezza dei dinieghi
opposti alle autorizzazioni, gli agenti hanno anche interrogato come persone
informate sui fatti alcuni impiegati di palazzo Economo. Scoprendo, per esempio,
che nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio e marzo scorsi l’architetto Maria
Giulia Picchione ha lavorato nel suo ufficio di Trieste per appena 27 giornate.
Mentre nella sede della Soprintendenza di Udine è rimasta per complessivi 30
giorni. Ma gli investigatori stanno cercando di venire a capo anche della
singolare questione delle cosiddette missioni a Roma. È emerso che la
soprintendente si reca quasi ogni weekend in missione a Roma (la sua città di
residenza) e quando torna a Trieste trova ad attenderla l’autista all’aeroporto.
L’occasione dei viaggi a Roma sarebbe, in via ufficiale e formale, quella di
partecipare a vari convegni nella capitale: missioni a tutti gli effetti,
dunque, per le quali l’architetto Picchione ha diritto a vedersi rimborsare le
spese e anche a godere dell’auto di servizio. Aspetti su cui gli investigatori
vogliono però avere chiarezza totale. Riguardo alla permanenza nella sede della
Soprintendenza di Udine gli investigatori hanno scoperto che l’architetto
Picchione, in quelle specifiche - ma numerose - circostanze pernotta all’hotel
Astoria la cui fattura poi, secondo la Procura, finisce nella sua nota spese.
Che in quanto responsabile dell’ufficio ovviamente Picchione autorizza
personalmente. Va detto che un funzionario dello Stato come è Picchione non ha
diritto a vedersi pagato un alloggio dallo Stato nel luogo in cui lavora: deve
provvedere da sé, salvo che non sia in missione fuori dalla città in cui ha
l’ufficio. Per ora si tratta solo di presunte anomalie finite sotto la lente
degli investigatori. Al momento l’architetto Maria Giulia Picchione non risulta
indagata per episodi relativi a quelli che potrebbero essere definiti viaggi e
trasferte forse stravaganti. Il suo nome - va ribadito - è iscritto nel registro
degli indagati solo per l’ipotesi di abuso d’ufficio riferita esclusivamente
alla questione dei dinieghi paesaggistici poi diventati oggetto delle sentenze
del Tar. Certo è che il pm Frezza sta verificando, nell’ambito dell’inchiesta
sulla paralisi delle autorizzazioni, anche queste singolari coincidenze: le
missioni durante i weekend che a volte si sono prolungati fino ai primi giorni
della settimana successiva o, in altre circostanze, sono iniziati già il
giovedì; e poi le trasferte con l’autista e i pernottamenti a Udine. Nelle
scorse settimane il ministero dei Beni culturali era entrato direttamente nella
questione dei dinieghi. Erano giunti a Trieste tre ispettori, un alto dirigente
amministrativo e due architetti già soprintendenti. Gli “inviati” avevano
interrogato tutti i rappresentanti delle istituzioni del territorio, oltre ai
dipendenti della Soprintendenza. Infine avevano incontrato anche l'architetto
Giangiacomo Martines, direttore regionale dei Beni culturali. Giorni dopo lo
stesso Martines era stato interrogato come persona informata sui fatti dal pm
Federico Frezza. L'inchiesta è stata avviata in silenzio lo scorso marzo. Il
fascicolo è stato poi integrato da un corposo esposto a firma di Valerio
Pontarolo, presidente regionale dell'Ance, presentato in gennaio alla Procura
della Corte dei conti e poi trasmesso a quella ordinaria.
Corrado Barbacini
«Azione corretta Pronta a chiarire con il magistrato»
L’architetto Maria Giulia Picchione «è a disposizione della Procura della
Repubblica per dissipare ogni dubbio sulla liceità della sua condotta». Così
scrive in una nota l’avvocato Giovanni Borgna che assiste la soprintendente
finita nel mirino del pm Federico Frezza. Borgna ribadisce la «serena
convinzione (da parte di Picchione, ndr) di aver sempre agito correttamente».
Aggiunge ancora il legale: «La Soprintendenza ai beni architettonici e
paesaggistici della Regione, nella persona dell’architetto Maria Giulia
Picchione ha, infatti, sempre operato nel rispetto della legge, a tutela del
paesaggio e dei beni culturali, e continuerà a farlo con rigore senza subire
intimidazione alcuna». E continua: «Si spera che l’indagine avviata consenta
anche di verificare quali siano state le reali cause che hanno portato prima
alla diffusione di notizie inveritiere a danno dell’architetto Picchione e, poi,
all’esposto, relativamente al quale si ritiene che la magistratura farà piena
luce».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 luglio 2013
Un gruppo d’intervento rapido per i picchi di emissioni
a Servola
La squadra sarà pronta a rilevare i valori nei momenti di maggiore
criticità: è una delle misure contenute nel piano per il miglioramento delle
condizioni ambientali varato dalla giunta
«Ci stiamo mettendo la faccia». L'assessore comunale all'Ambiente Umberto
Laureni sottolinea più volte che la delibera sul miglioramento delle condizioni
ambientali di Trieste, adottata dalla giunta e presentata ieri, non è un mero
manifesto d'intenti: «Inizieremo da subito a metterla in pratica». Tra le varie
proposte, la creazione di gruppi d'intervento rapido per la rilevazione di casi
d'inquinamento acuti ma di breve durata. Una misura pensata appositamente per il
caso di Servola e Valmaura: «Finora arrivavamo sempre troppo tardi rispetto alle
segnalazioni dei cittadini, a fenomeno concluso - commenta Laureni -. Non deve
più succedere». Ma è soltanto un tassello del più ampio spettro di interventi
elaborati dagli enti locali in seguito alla conferenza sulla salute di Trieste
del 2012. «Dopo quella conferenza abbiamo continuato a riunirci con Azienda
sanitaria, Provincia, Arpa e Ateneo - spiega Laureni -. Il risultato è questo
documento, che nei prossimi anni punta a dispiegare interventi tecnici e
organizzativi per migliorare la qualità dell'ambiente in città». Gli strumenti
organizzativi «Un problema con cui gli enti devono fare i conti è la limitatezza
numerica del personale e la carenza di competenze tecnico-giuridiche», afferma
Laureni. Per questo la delibera stabilisce in primis «il potenziamento degli
organici del Comune in materia di tutela ambientale e salute collettiva, con lo
scopo di arricchirli di professionalità specifiche, in particolare ingegneria
industriale, chimica e diritto ambientale». Altro strumento in progetto, il
tavolo per la Prevenzione ambientale, che includerà tutti gli enti pubblici
provinciali e regionali assieme ad associazioni datoriali, sindacati e comitati
di tutela. Gruppi d’intervento La necessità di rendere più veloce ed efficace
l'intervento dei tecnici ha portato a includere nella delibera un «gruppo
tecnico multidisciplinare» in grado di reagire con rapidità alle segnalazioni.
Questo vale tanto per i tempi di risposta analisi quanto per i sopralluoghi. Non
nasconde la sua soddisfazione al riguardo Luigi Barbieri, del dipartimento di
Scienze chimiche dell'Università: «La Commissione europea ha riconosciuto in via
ufficiale che le normative nazionali non sono al passo con gli ultimi risultati
della ricerca - dice -. Oggi si sa che fenomeni inquinanti di grande intensità e
breve durata, come quelli riscontrati a Trieste, possono avere effetti
gravissimi. Con questa delibera la giunta sceglie coraggiosamente di andare
incontro alle direttive europee prima ancora della legislazione nazionale».
Epidemiologia Il territorio di Trieste sarà soggetto a controlli minuziosi. La
delibera anticipa la messa in campo di indagini che arriveranno fino
all'installazione di campionatori in singole abitazioni. Vi si prevede anche il
monitoraggio dello stress ambientale attraverso le analisi di urine e latte
materno. «Intendiamo avviare indagini epidemiologiche complessive sulla salute
della popolazione», dice Laureni. Riccardo Tominz del gruppo epidemiologico
dell'Azienda sanitaria offre la disponibilità del suo ente: «L'Ass sta già
operando in questo senso - spiega -. Gli strumenti ci sono e rimangono a
disposizione di indagini come quelle prospettate dall'assessore». Sarà
monitorato anche l'inquinamento acustico presente in città. Premi per la
differenziata Un'altra urgenza dell'amministrazione è affiancare all'espansione
della raccolta differenziata degli incentivi per i cittadini. Oltre alle
campagne informative, sono in cantiere premi che vanno dalla riduzione della
Tares a biglietti bonus. «Inoltre gli accordi con AcegasAps prevedono il
raggiungimento del 40% di differenziata entro il 2014 e del 50% per il 2015 -
dice Laureni -. Ovviamente penseremo a forme di compensazione per il Comune nel
caso in cui l'azienda fallisca l'obbiettivo». Fondamentale, infine, è
l'insegnamento nelle scuole: «Per noi l'educazione delle nuove generazioni resta
il punto di partenza imprescindibile», conclude l'assessore.
Giovanni Tomasin
«Tutte le centraline passeranno sotto il controllo
dell’Arpa»
«Tutte le centraline sotto il controllo dell'Arpa». La trasparenza dei dati
è uno dei fini più perseguiti dalla delibera del Comune per la qualità
dell'ambiente. «Ci attiveremo con la Regione e con Arpa - spiega l'assessore
competente Umberto Laureni (foto) - per consentire a quest'ultima di acquisire
sotto il proprio controllo diretto anche la quota parte delle stazioni di
rilevamento rientranti nella Rete regionale di monitoraggio della qualità
dell'aria, non di sua proprietà». Fulvio Stel dell'Arpa conferma che «è un
percorso lungo ma già in atto, ed entro il prossimo anno dovrebbe arrivare a
compimento». In materia di dati, il Comune prevede di pubblicare sul sito web
Rete civica anche i risultati di tutte le rilevazioni effettuate
all'inceneritore di Trieste, comprese le analisi periodiche dei componenti delle
polveri.
(g.tom.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 luglio 2013
I disabili sul Piano traffico: «Si ledono i nostri
diritti»
Consulta regionale all’attacco: zone pedonali vietate alle auto con
contrassegno ma la legge recita diversamente. Marchigiani: oltre 3200 permessi,
numero enorme
Sono pronti a portare le proprie automobili munite di contrassegno in mezzo
a piazza Unità pur di sostenere la protesta e vedere riconosciute le loro
ragioni. «E se questo gesto non sarà sufficiente - annuncia il presidente della
Consulta regionale dei disabili, Vincenzo Zoccano – ricorreremo al Tar e al
Consiglio di Stato per far modificare il Piano del traffico nella parte che ci
riguarda». Scoppia così la polemica fra Comune e disabili alla vigilia
dell’approvazione del Piano predisposto dall’assessore Elena Marchigiani: il
documento dovrebbe arrivare in aula lunedì prossimo. A scatenare la rivolta è
Zoccano: «L’assessore Marchigiani – spiega – nonostante i richiami alla vigente
normativa in materia, sembra intenzionata a vietare l’accesso nelle aree
pedonali ai mezzi dei portatori di handicap muniti di contrassegno. Questa
scelta va contro quanto stabilito dall’articolo 11 del Dpr 503 del 1996, nel
quale si stabilisce che “alle persone detentrici del contrassegno per disabili
viene consentita la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico
servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di
sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica,
di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano
stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure
quando sia stata vietata o limitata la sosta”. La norma – conclude Zoccano – non
poteva essere più chiara di così». Incalza sul tema Giovanni Di Giovanni,
presidente della sezione locale dell’Associazione nazionale guida legislazioni
handicappati trasporti (Anglat): «Lo stesso Dpr 503 – evidenzia – dice che la
circolazione e la sosta sono consentite nelle “zone a traffico limitato” (ztl) e
“nelle aree pedonali urbane”, qualora sia autorizzato l'accesso a esse anche a
una sola categoria di veicoli per l'espletamento di servizi di trasporto di
pubblica utilità. A Trieste – continua Di Giovanni – i mezzi che servono i
negozi e consegnano le merci oppure quelli dell’AcegasAps per l’asporto rifiuti
entrano stabilmente nelle zone pedonali e nelle Ztl: perciò non possiamo essere
discriminati. L’automobile per molti di noi – conclude – sostituisce le gambe».
«Stiamo valutando la possibilità di dotare i disabili di un permesso speciale
per raggiungere le loro abitazioni, qualora siano situate all’interno di aree
pedonali – replica Marchigiani – ma non possiamo arrivare a un’apertura
generalizzata, anche perché i contrassegni distribuiti sono più di tremila, un
numero enorme». «Fra l’altro – ricorda il comandante della Polizia locale,
Sergio Abbate – dovremmo accettare le vetture dei disabili di tutta Europa, a
cominciare da quelle slovene e croate, con un’invasione delle aree pedonali. Io
sono per una diversa interpretazione del Dpr 502 – prosegue Abbate – nel senso
che le aree pedonali devono rimanere tali. Piuttosto bisognerebbe procedere alla
verifica della regolarità di tutti i contrassegni che ci sono in giro ed essere
più rigorosi nel controllo del loro utilizzo, spesso disinvolto. Eleviamo
talvolta contravvenzioni in questi casi, ma dovremo essere ancora più attenti».
Parole accolte con soddisfazione da Zoccano: «È ciò che vogliamo anche noi –
commenta – perché solo i veri disabili devono poter beneficiare della normativa
che li riguarda, non gli abusivi».
Ugo Salvini
KONRAD - luglio-agosto 2013
È TEMPO DI MOBILITA' NUOVA
Le campagne per una mobilità amica dell'ambiente e della salute
di Andrea Wehrenfennig
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 luglio 2013
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Un piano condivisibile
È un bene che il piano urbano del traffico di Trieste venga approvato, migliorerà certamente le condizioni della mobilità urbana sostenibile, anche se riscontriamo dei cedimenti che dovrebbero essere superati con la piena coscienza dei cittadini e da chi li rappresenta, con una visione generale del problema e non attraverso una battaglia campale per la conquista di parcheggi non a pagamento. È bene qui ricordare che numerosi sono gli automobilisti che già oggi ci dicono di non trovare parcheggi a pagamento. Bisogna dire in primo luogo che la nostra città con la densità di mezzi a due e quattro ruote non può sostenere sul territorio tanti veicoli in movimento. L’attuale piano del traffico in proposta è la condizione migliore realizzabile viste le tante difficoltà per attuarlo. Il Coped – Camminatrieste ha avanzato molte proposte innovative e noi abbiamo una visione di insieme per quanto riguarda il piano urbano stesso e lo sviluppo del trasporto pubblico locale. Tant’è che abbiamo interessato la Commissione trasparenza del consiglio comunale recentemente e ci attendiamo un secondo incontro. Da questo punto di vista, per quanto sarà possibile realizzare, sosteniamo le proposte della giunta comunale, in particolare del sindaco Cosolini e dell’assessore Marchigiani. Questa è la strada giusta a cui vanno aggiunte le proposte migliorative da parte di tutti i gruppi, ma non con il metro del parcheggio non a pagamento, cosa che può essere realizzata in misura molto ridotta. Il piano urbano del traffico redatto dall’ing. Camus per conto del Comune di Trieste prevedeva tra le tante cose, la più importante era la riduzione di almeno il 30% di veicoli privati in movimento non avendo necessario territorio disponibile. Ben altri sono i problemi da prendere in considerazione, primo fra tutti la sicurezza nei passaggi pedonali che non viene garantita.
Sergio Tremul Segretario Camminatrieste
Guide interattive per scoprire le bellezze della Val
Rosandra - SAN DORLIGO DELLA VALLE
SAN DORLIGO DELLA VALLE Guide interattive per scoprire la flora e la fauna
della Val Rosandra. È questo il progetto del Comune di San Dorligo della Valle,
anticipato in questi giorni da un workshop svoltosi al centro visite di Bagnoli
durante il quale il professor Pier Luigi Nimis, docente di botanica
all’Università di Trieste, ha presentato il progetto, le funzionalità degli
strumenti interattivi, il concorso di idee per le scuole, i risultati fin qui
raggiunti e le future attività. Durante il corso i partecipanti hanno potuto
sperimentare l’efficacia delle guide anche attraverso una piccola caccia al
tesoro botanica con accesso alle chiavi dicotomiche tramite tablet e i-pod. Il
corso rientra nel progetto transfrontaliero Italia-Slovenia 2007-2013 “Siit -
Strumenti interattivi per l'identificazione della biodiversità” di cui il Comune
di San Dorligo della Valle è uno degli undici partner. Nell'ambito di tale
progetto l'amministrazione Premolin intende coinvolgere le scuole e le guide
naturalistiche nell'utilizzo di diverse guide interattive alla flora ed alla
fauna della Val Rosandra.
(ti. to.)