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Rassegna stampa
IL PICCOLO - LUNEDI', 31 dicembre 2012
Italia-Serbia, via libera all’energia pulita
La Serbia ha completato le procedure interne di ratifica dell’Accordo
bilaterale in materia energetica concluso con l’Italia il 25 ottobre 2011. Lo ha
appreso «con soddisfazione» il ministro degli Esteri Giulio Terzi secondo quanto
riportato dalla Farnesina in una nota. L’accordo, che sarà presto in vigore e si
inserisce nel pi— ampio contesto della stretta cooperazione bilaterale fra i due
paesi, prevede che l’energia elettrica pulita prodotta in Serbia venga poi
utilizzata in Italia, così da consentire al nostro Paese di essere pienamente in
linea con la normativa dell’Unione Europea in materia di energie rinnovabili.
«L’energia è prioritaria nell’azione diplomatica di tutela e promozione
dell’interesse nazionale, e la decisione di queste ore conferma la
determinazione con cui Italia e Serbia intendono proseguire e rafforzare
ulteriormente la collaborazione in questo settore strategico», ha detto Terzi,
che proprio in occasione dei suoi incontri, a Belgrado e a Roma, con i leader
serbi, aveva discusso dell’importanza e delle opportunità legate alla
finalizzazione del percorso di ratifica dell’accordo.
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 dicembre 2012
Torna a Capodanno la Marcia della pace
Si rinnova anche quest’anno il 1° gennaio la tradizionale iniziativa
dedicata «alla pace nel mondo» realizzata da più di 20 anni. Il Comitato pace
convivenza e solidarietà "Danilo Dolci" invita «le persone di buona volontà e i
rappresentanti religiosi e civili» a percorrere la Marcia di pace ritrovandosi
alle 15.30 in piazzale Giotti presso la sinagoga, anzichè a San Giusto come
negli anni scorsi. «Trieste vuole essere così laboratorio di pace testimoniando
il desiderio di convivenza e di rispetto per tutte le culture ed etnie, vecchie
e nuove, e le religioni che nella nostra città convivono» recita un comunicato.
Nel 2013 - ricordano gli organizzatori della Marcia - ricorre il 75°
anniversario dall'annuncio delle leggi razziali del Fascismo, da parte di Benito
Mussolini da piazza Unità il 18 settembre del 1938. «Nondimeno la giornata -
ricordano gli organizzatori - richiama anche quanti desiderano ardentemente la
pace in Medio Oriente, specialmente in Siria, nonchè in Terrasanta, dove
israeliani e palestinesi possano vivere liberi dai conflitti che insanguinano
quei territori. La Marcia partendo dalla sinagoga sosterà davanti alla facciata
del Conservatorio Tartini, in memoria della rappresaglia nazista lì ricordata. E
poi, accanto a quella posta sulla parete della Stazione in via Flavio Gioia a
ricordo delle persone partite da Trieste per i campi di sterminio. Ancora, la
Marcia proseguirà verso gli edifici di culto di altre Comunità religiose. Alle
18 nella chiesa di Sant’Antonio Nuovo la messa celebrata dal vescovo.
IL PICCOLO - SABATO, 29 dicembre 2012
Arrivano le “Consulte” per la gestione dell’acqua - GLI
AATO IN PENSIONE
TRIESTE In Friuli Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, il 31 dicembre
finiscono in soffitta gli Aato, le autorità d’ambito territoriali ottimali,
quelle che sovrintendevano al servizio idrico. Dopo alcuni rinvii e altre
proroghe, infatti, diventa “operativa” una norma del decreto per la
razionalizzazione della spesa voluto dall’ex ministro per la Semplificazione
Roberto Calderoli che impone alle Regioni di provvedere a strumenti sostitutivi.
Ebbene, in Friuli Venezia Giulia, entreranno in funzione le nuove strutture
denominate “Consulte d’ambito per il servizio idrico integrato”. Tali “Consulte”
avranno le stesse funzioni degli Aato anche nei rapporti giuridici che facevano
capo alle autorità, come pure per tutto quello che riguarda organi e personale
degli ambiti. Il passaggio è infatti previsto dalla Finanziaria 2011 della
Regione che individua nelle forme di cooperazione tra Comuni e Province le
strutture deputate ad assumere le funzioni. Un altro aspetto decisivo per la
gestione della rete dell’acqua riguarda la depurazione. L’amministrazione
regionale ricorda al riguardo gli interventi in atto a Trieste e Cervignano del
Friuli. L’intervento per l’adeguamento del depuratore di Servola a Trieste conta
su uno stanziamento da 30 milioni di euro. L’agglomerato di Cervignano, oggetto
di una procedura d’infrazione da parte dell’Europa, richiede invece investimenti
per 4,5 milioni. Complessivamente, la stima dei costi per il completamento delle
reti regionali raggiunge i 370 milioni di euro, mentre i costi per il
completamento degli impianti ammontano a 124 milioni di euro.
IL PICCOLO - VENERDI', 28 dicembre 2012
“No” al Piano traffico, ma la giunta tira dritto - LA
NUOVA VIABILITÀ
Documento bocciato da 4 circoscrizioni su 7. Il sindaco: andiamo avanti. La
Lega: ci ripensi
L’autobus del Piano del traffico è partito e non intende fermarsi. Il sindaco
Roberto Cosolini prende atto della bocciatura affibbiata da quattro
circoscrizioni su sette ma non intende inserire la retro: «Il parere delle
circoscrizioni è consultivo, terremo conto delle loro posizioni in sede di
Consiglio ma indietro non si torna. Non possiamo perdere tempo dietro a
consiglieri circoscrizionali del Pdl in cerca di visibilità». Il nuovo giro di
danze sul Piano è stato aperto dal consigliere comunale leghista Maurizio
Ferrara giorni fa con un comunicato che tende la mano alla giunta: «A parte il
voto favorevole delle due circoscrizioni dell’Altipiano, interessate solo alle
modifiche della viabilità locale, quattro circoscrizioni cittadine su cinque (III,
IV, V, VII) hanno bocciato le proposte della giunta comunale sul nuovo piano -
scrive -. Propongo dunque un patto all’assessore Elena Marchigiani cui avevo già
suggerito inutilmente di verificare il contenuto del progetto nella commissione
consiliare competente prima di approdare nelle circoscrizioni. Il Piano non deve
subire le conseguenze inevitabili della campagna elettorale ma va portato avanti
in maniera trasversale con la collaborazione dei cittadini». Ieri i consiglieri
circoscrizionali Pdl hanno ribadito le loro perplessità in una conferenza
stampa. Roberto Dubs della V circoscrizione definisce «assurdo» l’assetto del
Piano: «Inaccettabile l’estensione dei parcheggi a pagamento ai quartieri
popolari. Non abbiamo cavalcato la protesta popolare ma non garantiamo per il
futuro, visto che la giunta non considera le nostre osservazioni». Il presidente
della VII Francesco Bettio si chiede il senso di interventi «come la pista
ciclabile in via della Pace, dove non passano nemmeno due auto affiancate». Il
consigliere della VI Gianluigi Bonazza pone il problema della nuova viabilità
attorno a piazzale Gioberti e in via Giulia: «Due interventi che finiscono per
erodere ulteriormente i pochi parcheggi gratuiti per i residenti». Si unisce ai
dubbi Lucrezia Chermaz della III circoscrizione. Tutti i consiglieri rilevano
come, a eccezione della VII, le circoscrizioni che hanno votato no sono a
maggioranza centrosinistra. «Nelle circoscrizioni non abbiamo maggioranze vere,
essendo figlie del primo turno elettorale», commenta Cosolini. L’assessore
Marchigiani assicura che «i contatti che ho avuto con i presidenti di
circoscrizione sono stati positivi. Molte delle loro osservazioni potranno
essere recepite in sede di Consiglio, sicché non c’è motivo di deviare dal
tracciato ordinario previsto per il Piano del traffico».
(g.to.)
Rigassificatore, manca ancora una seria analisi
scientifica - LA LETTERA DEL GIORNO - Giacomo Costa - Professore emerito
dell’università di Trieste
In modo inaspettato, la storia del rigassificatore a Trieste si complica in
un nuovo panorama. Rimane infatti ancora più difficile avere una ragionevole
immagine della situazione nei rapporti fra il progetto di Gas Natural e la
città: l’assenza di chiare procedure e di efficaci discussioni sulle necessarie
delibere non permette ancora una previsione politica. Oltre alla procedura più
importante, prescritta dalla legge e rappresentata principalmente dalla
determinazione del limite del rischio, vi sono due nuove gravi difficoltà per la
stessa approvazione del progetto: la prima è rivelata dal fallimento inatteso
dell’appoggio politico al progetto giudicato favorevolmente; la seconda è
rappresentata dalle nuove osservazioni critiche al progetto stesso, giudicato
dannoso per il traffico nel porto di Trieste. Sebbene se ne sia parlato molto,
nessuna delle pochissime espressioni del potere sul progetto di Gas natural è
stata finora in grado di rappresentare una risposta conclusiva, positiva o
negativa, sulle procedure imposte dalla legge. Al contrario, una delle più
recenti riguarda la promessa del presidente Tondo di fornire le sue valutazioni
politiche sulla vicenda del rigassificatore di Zaule. Ma si deve attendere
ancora la posizione finale dell’esecutivo. A livello di ministero dell’Ambiente,
solamente oggi, dopo anni, si aprirebbe la procedura della Valutazione
dell’impatto ambientale. Molti anni orsono, in una simile circostanza, si era
affidata una procedura sul calcolo dei rischi in area portuale affidando
l’analisi allo studio Artis per l’intera area dell’industria e dei servizi,
studio che portò all’abbandono del progetto Monteshell e Seastok. Per il
rigassificatore non si è mai adottato il metodo dell’analisi scientifica che è
stato invece spontaneamente e gratuitamente organizzato a livello universitario
da un tavolo tecnico dei vigili del fuoco. Non si tratta solo di ricerca e
dell’analisi scientifica di fenomeni generatori di rischi ma anche della
capacità di studiare i fenomeni della chimica fisica e dell’energia nel
comportamento e nelle conseguenze della rigassificazione per il progetto Gas
Natural. Ed è oggi finalmente evidente sia il valore del calcolo dei rischi
delle operazioni di rigassificazione che la conoscenza delle conseguenze di
queste operazioni nella gestione del porto. Si tratta, appunto, delle conoscenze
a livello scientifico che da tanto tempo sono disponibili al tavolo tecnico. La
gravità della situazione creata in mancanza di collaborazione con il lavoro del
tavolo tecnico mette oggi nel rischio di non avere argomenti per difendersi
dalla richiesta di danni per gli ostacoli al progetto. È necessario quindi
riassumere i contatti e i risultati ottenuti da questo tavolo riflettendo sulla
base della ricerca scientifica, e quindi agire sull’importanza fondamentale
della cultura scientifica ricordando anche la politica che abbiamo seguito
nell’università con la preparazione dei docenti della scuola fra ricerca,
innovazione e occupazione.
«L’Authority informi la città sui progetti»
Decarli (Trieste Cambia): bene l’iniziativa sul rigassificatore, ma
vorremmo che la presidente partecipasse anche a incontri in cui si parla del
futuro del porto
«Apprendo con vivo entusiasmo che l'Autorità portuale ha aperto a pagamento
una nuova rubrica sul quotidiano locale, “Porto di Trieste informa”, e spero che
a questa iniziativa che apprezzo l'Authority dia seguito, anche in forme meno
dispendiose». Lo scrive il consigliere comunale della lista civica Trieste
Cambia Roberto Decarli, che in una nota relativa a un’inserzione voluta
dall’Authority osserva: «Basterebbe forse che la dottoressa Marina Monassi (la
presidente dell’Ap, ndr) o qualche suo stretto collaboratore partecipassero a
incontri pubblici e ci facessero dono di persona con la loro voce (il 12
dicembre all’hotel Excelsior si parlava del futuro del Porto, e l’Authority era
assente) di ciò che hanno fatto, di ciò che intendono fare o che vorrebbero
proporre». In merito alla comunicazione con cui l’Authority ha dato conto della
lettera inviata al ministro per l’Ambiente Corrado Clini sul rigassificatore,
lettera in base alla quale il ministro ha fatto riaprire la procedura di Via per
l’impianto di Zaule, «la recente posizione dell'Authority - osserva Decarli - in
merito alle aggiornate prospettive di sviluppo delle attività portuali
rafforzano la continua e determinata decisione del Comune e della Provincia in
merito all'inaccettabile progetto del rigassificatore da realizzare a Trieste
nella zona industriale di Zaule. Va bene così: è importante che ora attraverso
questo spazio pubblico a pagamento la città venga informata anche delle tante
altre cose che interessano la città, come lo spostamento del Punto Franco del
Porto Vecchio la conseguente sdemanializzazione; e il Piano regolatore del Porto
ancora bloccato da tempo nei palazzi della capitale: se ci deve essere
informazione che sia completa e dettagliata». Decarli ne ha poi anche con i
manifesti pubblicitari apparsi nei giorni scorsi in città a firma “Giulio” -
ossia il senatore Camber - che «sembra inviti alla città ad unirsi. Ma cosa ha
fatto fino ad oggi questo anonimo Giulio per unire la città? Sarei curioso di
saperlo», chiude Decarli.
AMBIENTE - Piano del territorio
Pareri fino all’8 gennaio Scadrà il prossimo 8 gennaio il periodo di sessanta giorni entro il quale possono essere presentate osservazioni al nuovo Piano di governo del territorio adottato dalla giunta regionale. Le osservazioni vanno inviate alla Direzione centrale infrastrutture, mobilità, e lavori pubblici (Ufficio protocollo, Trieste - via Giulia 75/1).
Muggia, il Pdl boccia il Prg Grizon: «Troppi divieti»
Il consigliere del centrodestra accusa la giunta Nesladek: «Non vogliono
alterare il tessuto sociale perché hanno paura di non vincere più le elezioni»
MUGGIA Trovare un punto d’incontro tra la tutela dell’ambiente e uno
sviluppo strategico, che possieda quindi i requisiti della sostenibilità. In
altre parole, promuovere una valorizzazione dell’ambiente che non comporti la
rinuncia a quelle «attività turistiche che assicurino un indotto tale da
aumentare la redditività delle imprese locali, assicurando entrate congrue in
termini di fiscalità e tributi per adeguare e migliorare la qualità dei servizi
comunali». Sugli obiettivi che dovranno essere perseguiti nella redazione della
prossima variante al Piano regolatore, il Pdl muggesano ha le idee chiare, e
tutto sommato non dissimili da quelle della maggioranza. Ma è sui mezzi che il
centrodestra, per bocca del coordinatore comunale Claudio Grizon, solleva
qualche perplessità. Secondo il consigliere, il fatto stesso che il progetto del
nuovo Prg – indicato come una priorità – non si fosse concretizzato nel periodo
del primo mandato Nesladek, fermandosi invece all’emanazione delle direttive di
luglio 2009, «la dice lunga su quale futuro e sviluppo la sinistra desideri per
Muggia». Grizon commenta in questi termini le linee guida del prossimo piano,
anticipate alcuni giorni fa dalla giunta e dai progettisti: «Il loro
atteggiamento è orientato a marcare divieti e negazioni, più che ad assecondare
i desideri dei muggesani che vorrebbero costruire una casa per se stessi o per i
propri figli, o di altri cittadini interessati a vivere nella nostra comunità».
Dietro ai propositi ambientalisti si nasconderebbe «l’assillo di non consentire
un’ulteriore modificazione del tessuto sociale, che potrebbe condizionare in
futuro i successi elettorali della sinistra». Il consigliere rimarca come fu
l’amministrazione Dipiazza a ridurre l’edificabilità ai limiti attuali, laddove
i precedenti “disegni” del centrosinistra prevedevano per Muggia fino a 30mila
abitanti. Detto questo, secondo Grizon lo sviluppo della costa non sarà mai
possibile senza l’apporto di imprenditori privati, e per attrarli bisogna
«sviluppare la vocazione turistica del territorio, andando oltre alla sagra di
San Martino e ai Fido Lido». Istanze che il Pdl è pronto a portare avanti
nell’ambito di una variante “partecipata”, ma per il momento nessuno
gliel’avrebbe chiesto: «Non siamo stati coinvolti nella stesura dei quattro “pre-piani”,
ma auspichiamo che questi vengano presentati dettagliatamente in Consiglio»,
dichiara Grizon. Anche perché – spiega – discutere di temi quali l’ambiente, la
mobilità, l’abitare e lo sviluppo prima che siano contestualizzati all’interno
della variante potrebbe anche condurre a delle convergenze. Il coordinatore
tratteggia lo scenario futuro che il Pdl immagina per Muggia: «Di qui a
vent’anni, partendo da 13.400 abitanti, si potrebbero superare i 15mila: questo
vorrebbe dire cambiare il sistema elettorale, ma anche assicurarsi entrate
sufficienti a migliorare la qualità di vita dei cittadini». Bisognerà rileggere
il territorio e rivederne la zonizzazione, che si ripercuote anche sull’Imu,
regolando le nuove opportunità di sviluppo «con lo spirito del buon padre di
famiglia e dell’attento imprenditore», raccomanda Grizon. Per fare ciò,
conclude, «non servono posizioni precostituite né si devono dispensare divieti e
ostacoli con norme urbanistiche ad hoc, costruite per agevolare alcuni e
penalizzare altri: il Comune è talmente piccolo che sarebbe fin troppo facile
capire chi sono i proprietari dei fondi, e quali le relative destinazioni».
Davide Ciullo
Un gestore per la riserva della Val Rosandra - SAN
DORLIGO DELLA VALLE
Il Comune ha emanato un bando. Il vincitore avrà l’incarico per la durata
di un anno
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il Comune di san Dorligo della Valle è a caccia di
personale qualificato da affiancare all'area Lavori pubblici e Ambiente per la
gestione della Riserva naturale della val Rosandra. Per questo ha emanato un
bando per l'assunzione di una figura professionale, per il periodo di un anno,
con il compito di occuparsi di diverse mansioni di coordinamento delle attività
legate alla Riserva che vanno dalla manutenzione ordinaria a quelle di
promozione e divulgazione relative all'educazione ambientale anche fornendo
informazioni ai visitatori sul territorio e sulla val Rosandra. Insomma una
figura a tutto tondo per rilanciare l'area dopo il deturpamento subìto con il
taglio scellerato degli alberi. Sempre sul fronte delle opere, che hanno
giustificato all'epoca la “pulizia” degli alvei del Rosandra, è stata ultimata
la procedura per l’aggiudicazione definitiva dei lavori di ripristino
dell’officiosità idraulica dei torrenti Rosandra, Dolina e Sant’Antonio, per un
importo complessivo di 800 mila euro finanziati dalla Regione la quale ha anche
approvato il progetto. I lavori interesseranno la parte del Rosandra dal ponte
di Mattonaia con la strada provinciale per Caresana fino alla zona industriale,
per poi essere estesi fino al ponte di Francovez, utilizzando le economie della
gara. Nel tratto successivo a valle invece dovrebbe occuparsene direttamente la
Regione. Un altro intervento invece riguarderà il consolidamento strutturale
delle volte in pietra sotto la piazza nei pressi dell’ufficio postale di Dolina
e la manutenzione di un tratto del torrente in località Puglie di Domio. Infine
il Consiglio comunale ha approvato l'assestamento del bilancio di previsione
2012 con variazioni nelle voci sia di entrata che di spesa per un aumento totale
di 340 mila e 288 euro. A erodere l'avanzo di bilancio che a maggio era di 575
mila euro, 100 mila euro destinati ad eventuali indennizzi, con molta
probabilità quelli che l'Agenzia del demanio chiederà per la manutenzione
straordinaria per la ex scuola di Caresana in concessione le cui spese spettano
al Comune, il quale ha rinunciato al suo acquisto.
(i.gh.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 dicembre 2012
Ferriera - Lucchini: «Oggi impianti completamente trasformati»
Sull’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura di Trieste sulle probabilità di ammalarsi con patologie “osservate” nel periodo dal 1974 al 1994 nello stabilimento di Servola, la Lucchini «a tutela delle diverse centinaia di persone che operano in Ferriera» vuole evidenziare alcuni aspetti. «In primo luogo - sottolinea in una nota la Lucchini - le patologie “osservate” in un periodo così datato nel tempo erano tecnicamente maturate in periodi ancora precedenti, quando le norme ambientali e di sicurezza sui luoghi di lavoro non erano ancora neanche in fase di gestazione. La proliferazione delle normative a livello comunitario, le direttive sociali che hanno portato alla rivoluzione dell’approccio in termini di sicurezza, salute e ambiente sono state tali da aver radicalmente modificato lo scenario di riferimento». Aggiunge ancora il gruppo: «Basta pensare alle sostanze che prima si utilizzavano e che, proprio a valle degli anni considerati, sono oggi vietate; e poi ai limiti e alle prestazioni ambientali imposte per il funzionamento degli impianti, che sono successivamente entrate nel patrimonio comune del tessuto sociale e produttivo». «La Ferriera di oggi – conclude la nota – non ha nulla a che fare, neanche in astratto, con gli impianti di quegli anni, durante i quali lo stabilimento era fra l’altro gestito da altre società».
Per avere treni veloci occorre la metropolitana
d’Europa - LA LETTERA DEL GIORNO di Dario Fabbri
“Treni veri” chiedono le Generali. “Per Milano una moderna relazione veloce”
chiede il Sindaco di Trieste. Trenitalia, del Gruppo FS, potrebbe già oggi
rispondere alle legittime esigenze prospettate, non con una visione
assistenziale di concessione al welfare, ma con un’offerta commerciale adeguata
a portare (e riportare) alla rotaia una clientela maltrattata da un’informazione
tardiva e lacunosa, da un’azione promozionale rivolta alla sola alta velocità,
da una politica tariffaria che scoraggia l’uso del treno, da servizi
complementari inefficienti, quando non mancanti, nelle stazioni. Se Trenitalia
fosse un’impresa di trasporto realmente orientata al mercato avrebbe da tempo
completato con la Metropolitana d’Europa la Metropolitana d’Italia, che oggi si
ferma a Venezia, attraverso la saldatura dei due sistemi nella stazione di
Padova. Delle 36 relazioni giornaliere Venezia - Roma, le ultime introdotte
fuori cadenzamento orario potrebbero essere instradate alternativamente da
Padova (via Treviso, Pordenone, Udine, Gorizia) per Trieste; ugualmente il
ritorno a Padova sarebbe più vantaggioso via Trieste, Gorizia, Udine, Pordenone,
Treviso, evitando l’inversione di marcia a Venezia Mestre. I due anelli su
Padova avrebbero il pregio di collegare direttamente alla Capitale tutti i
Capoluoghi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia con una velocità commerciale
competitiva anche con quella dell’aereo, e con una tariffa, anch’essa
competitiva, poiché legata a un solo supplemento. Un’impresa orientata al
mercato arricchirebbe l’offerta con opportune coincidenze Villaco – Udine e
Lubiana – Trieste: la Metropolitana che unisce l’Italia diventerebbe così la
Metropolitana che unisce l’Europa, contribuendo alla riconversione modale a
favore della rotaia e all’incremento dei prodotti del traffico, unico vero
risanamento della ferrovia, in luogo di quello cosmetico legato alla svendita
del demanio ferroviario, attribuito alle FS non per far cassa, ma per assicurare
al Paese la competitività della rotaia italiana, come asse portante della catena
logistica nazionale. Data la valenza commerciale, l’iniziativa è proponibile
anche a Italo, che in questo periodo sta seguendo Trenitalia nello sfruttamento
della sola alta velocità. Lo snodo di Padova si presta anche alla
complementarietà della direttrice Nord-Est (Villaco – Udine – Padova – Bologna –
Firenze) con il corridoio transpadano Est-Ovest (Lubiana – Trieste – Padova –
Verona – Milano – Torino). L’interscambio delle due relazioni veloci a Padova
costituirebbe un sicuro veicolo di attrazione dal Nord-Est verso le maggiori
città centro-occidentali, a cui sono interessate anche Austria e Slovenia. Senza
di queste lo sviluppo del traffico appare più difficile: solo un’apertura
all’Europa può portare all’acquisizione di flussi di mobilità passeggeri da
aggiungere a quelli nascenti nelle due regioni. Con questi “Treni veri”
l’interesse non sarebbe limitato alle sole Generali e a Trieste, ma si
estenderebbe all’intero Nord-Est, con vantaggio delle imprese di trasporto che
devono passare dal ristretto sistema delle linee alla logica delle reti per
acquisire concretamente i flussi di traffico.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Ottimismo esagerato
Ci ritroviamo a fine anno ed è per questo che ritengo necessario guardare con lungimiranza al 2013 e prevedere ciò che accadrà. Prima di questo, è inevitabile fare ancora una volta il punto della situazione con imparzialità (per quanto possibile) e cercando di interpretare con onestà gli ultimi avvenimenti che riguardano la nostra città. Personalmente, sono molto preoccupato per quanto riguarda il rapporto tra la cittadinanza e politica e in particolare guardo all’immagine che viene riflessa dalla stampa di questi politici. Qui a Trieste le azioni e dichiarazioni politiche sono immutabilmente interpretate da un unico quotidiano sterile e privo di un contenuto giornalistico che sia in grado di poter far riflettere la città sulle sue possibilità future. Il Piccolo, come un pappagallo, sembra voler riportare le notizie storpiandone i contenuti secondo i diktat imposti dall’alto e così la sensazione che se ne ricava è che in merito al rigassificatore tutto sia risolto. Il problema del futuro di questo rigassificatore, invece, sarà molto probabilmente consegnato in mano al Pd ed è questo partito che ad oggi, con grande probabilità, sta “manovrando” la macchina mediatica, impostandone le dichiarazioni. Questo è dimostrato anche dal fatto che anche il sindaco di Muggia (di cui ho grande considerazione e che reputo un caro amico), personaggio con cui ho condotto grandi battaglie contro questa oscenità, si sia in qualche modo assuefatto al nuovo ordine di scuderia “Il rigassificatore non si fa più”. La Gas Natural gioca le sue ultime carte ma il risultato ottenuto dall’azienda è quello di far paura più a se stessa che alle persone investite da tali denunce. Tutta la presentazione del progetto, carico di gravi anomalie, sarebbe dovuta essere sufficiente a far reagire con forza le istituzioni. Ugualmente, le sue denunce non ci mettono paura. In realtà, chi dovrebbe chiedere i danni è la popolazione, da tanti anni siamo costretta ad inseguire l’insensatezza di questa politica economica. Sono certo che con il nuovo anno tutto tornerà come prima del manifestarsi delle piccole azioni cittadine. Il progetto riaffiorerà come se nulla fosse mai accaduto e chi combatte questa battaglia da sempre si troverà a dover ripartire da zero, mentre la politica, come spesso accade, farà finta di dimenticarsi tutto quel che è accaduto alla viglia di natale.
Adriano Bevilacqua
Fa sempre piacere sapere che esista qualcuno sulla Terra che dispone di lungimiranza, imparzialità e superiore intelligenza. Si chiama Adriano Bevilacqua e delle proprie virtù rende edotta l'intera cittadinanza, e il ceto dirigente soprattutto, tramite la lettera sopra pubblicata. Tiene a comunicare, il signor Bevilacqua, che lo sterile Piccolo segue diktat imposti dall'alto. Lo rassicuriamo: ci capita di sbagliare - come appartiene al genere umano - ma non lo facciamo in conto terzi e non per ordini ricevuti. Una breve chiosa finale, rivolta al profetico Bevilacqua: forse quando parla di pappagalli, pensa a se stesso, che pare un disco rotto. Ma nel suo preziosissimo incarico da sindacalista dei vigili del fuoco, forse dovrebbe trovarsi qualche tema alternativo al rigassificatore. Magari i suoi stessi colleghi potrebbero essergliene grati.
(p.pos.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 dicembre 2012
«Ferriera, chiarire i rischi»
«I dati choc sul rischio tumore maggiore del 50% per gli operai della
Ferriera, riferiti al periodo che va dal 1974 al 1994, hanno bisogno immediato
di essere aggiornati con i dati dell’Osservatorio epidemiologico ambientale
2008-2010, per fare finalmente chiarezza non solo sui rischi di neoplasie
nell’area di Servola ma anche sui rischi di una maggiore incidenza di patologie
croniche ed acute cardiorespiratorie legate non solo alle concentrazioni medie
degli inquinanti ma anche ai loro picchi». Lo sostiene il consigliere regionale
del Pd Sergio Lupieri. «I risultati dell’indagine epidemiologica effettuata dal
Dipartimento di prevenzione dell’Ass 1 Triestina, per conto della Procura della
Repubblica, sull’arco temporale 1974 – 1994 - sostiene Lupieri - devono
obbligare l’Arpa a consegnare da subito quanto emerso dall’“Osservatorio
epidemiologico ambientale 2008-2010. L’Osservatorio epidemiologico ambientale,
istituito con legge strumentale nella manovra di bilancio 2008, aveva il compito
di svolgere uno studio per un programma triennale sugli aspetti epidemiologici
della valutazione dei danni alla salute derivanti da esposizione a cancerogeni
ambientali, anche su base predittiva. Per fare ciò si avvaleva della
collaborazione dell’Arpa, delle università e degli enti del servizio sanitario
regionale.
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 dicembre 2012
Commissario a Servola, trema l’indotto
Possibile blocco dei pagamenti alle aziende che lavorano per la Ferriera.
Cosolini: subito un incontro con la nuova gestione
Dalla Severstal a Mordashov alle banche al commissario Piero Nardi. Si
“personalizza” l’interlocutore con il quale i lavoratori, i sindacati, le
istituzioni, la città dovranno confrontarsi nei prossimi mesi nello storico
processo di riconversione industriale dell’area della Ferriera e nella
salvaguardia dell’occupazione. «La prima cosa da fare - dice infatti il sindaco
Roberto Cosolini - è chiedere e ottenere un incontro con il commissario». E ciò
mentre a Piombino si ferma per un mese la produzione per mancanza di ordinativi
e ancora prima che la Conferenza dei servizi detti le nuove prescrizioni per la
riscrittura dell’Autorizzazione integrata ambientale, così come chiesto dal
ministro dell’Ambiente Corrado Clini. Ma saranno festività in ansia per il
futuro non solo a Servola, ma in tutto il comparto siderurgico. «Nell’immediato
i contraccolpi più negativi potrebbero avvertirsi nel settore dell’indotto - dà
l’allarme Stefano Borini, segretario provinciale Fiom-Cgil - la gestione
commissariale pur garantendo la prosecuzione dell’attività produttiva, dovrà
continuare la ricerca di eventuali compratori, congelando la situazione
debitoria per cui andrà tutta verificata la situazione degli appalti con un
possibile blocco dei pagamenti». E se l’organico della Ferriera si attesta
attorno alle 470 unità, circa 300 persone ruotano nell’indotto. Solo una delle
aziende che “dipendono” in gran parte da Servola, la Step Impianti, conta cento
dipendenti. E senza considerare che nel comparto si è già risolta
drammaticamente la questione di Sertubi per la quale giovedì prossimo a Roma
sarà firmata la cassa integrazione straordinaria, che precederà la mobilità, per
143 dei 208 dipendenti. «Si aprono nuovi e più inquietanti scenari con la
gestione commissariale - afferma Giulio Frisari, segretario provinciale del
sindacato Failms - oltretutto un deja vù poiché la Ferriera già nel 1992 dopo la
gestione Pittini ebbe un commissario nel professor Giampaolo de Ferra, Ma ora se
gli impianti non verranno messi a norma in base alle nuove disposizioni
sull’ambiente potrebbe prospettarsi una forte anticipazione della riconversione
rispetto al programmato 2015 trovando così impreparato il Tavolo regionale che
deve formulare l’ipotesi di Accordo di programma per la riconversione del sito e
il piano sociale per i lavoratori». «Su quel Tavolo si è già manifestato un
dualismo che sarà di difficile soluzione - lamenta Borini - sembra avanzare la
proposta dell’Authority per un terminal portuale di metalli (in sostanza si
tratterebbe di trasferire qui parte del traffico di bramme che l’Adriaterminal
non riesce più a contenere, ndr.) noi vedremmo con maggior favore un nuovo
insediamento industriale con eventuale attività logistica solo a suo supporto. A
mio parere bisogna partire dal capannone dell’acciaieria dismesso da anni». Il
governo si è dimesso, ma resta in carica per l’ordinaria amministrazione e il
commissario Nardi rappresenta il governo. «La situazione in sè non è né
migliorata né peggiorata - afferma ancora il sindaco - ma ultimamente il
consiglio di amministrazione in mano alle banche non aveva una posizione ferma e
delineata. Adesso il fatto di avere un interlocutore unico può favorire il
dialogo.» Sembra pacifico che la Ferriera di Servola non avrà compratori,
«eppure - sostiene Borini - il suo destino è legato a Piombino più di quanto non
sembra all’esterno. È Servola ad esempio che fornisce il coke all’industria
toscana. Quindi la fine potrebbe anche dover essere contemporanea per i due
stabilimenti.»
Silvio Maranzana
Nardi è già stato in Lucchini
Romano, 67 anni, Piero Nardi è stato nominato commissario straordinario del
gruppo siderurgico Lucchini dal Ministero per lo sviluppo economico. Era stata
la stessa azienda a chiedere al tribunale di Livorno e al Mise l’amministrazione
straordinaria ai sensi della legge Marzano. Nardi ha ricoperto incarichi di
responsabilità nei maggiori gruppi siderurgici italiani. Prima in Finmeccanica e
Ansaldo, poi in Ilva dove è stato direttore generale dall’87 al ’93 per poi
passare a Cementir e Olivetti. È stato amministratore delegato della stessa
Lucchini da cui è uscito nel 2003 e attualmente è consulente industriale esperto
di ristrutturazioni aziendali. Cambiamenti ai vertici aziendali, ma anche nelle
rappresentanze sindacali locali e in particolare alla Uil dove per motivi non
ufficialmente esplicitati c’è stato un piccolo terremoto. Il segretario
provinciale Vincenzo Timeo è tornato in fabbrica, in Ferriera appunto, ed è
stato sostituito da Claudio Cinti. Franco Palman rimane solo rsu e gli subentra
nel ruolo di segretario provinciale Uilm Antonio Rodà.
Savino: «A marzo chiarezza sul futuro»
Si stringono i tempi per la riconversione, ma urgono i soldi per la messa
in sicurezza degli impianti
Se il governo si è dimesso anche la Regione ha le settimane contate e la
giunta, lungamente alle prese con una soffertissima finanziaria, non ha avuto
molte attenzioni da spendere per il futuro dell’industria triestina che pure
passa in gran parte per la regia dell’amministrazione regionale. «All’inizio di
gennaio riconvocherò il tavolo per la riconversione della siderurgia triestina -
annuncia l’assessore a Programmazione e ambiente Sandra Savino - non temo il
fatto che la gestione commissariale della Lucchini porti a chiusure molto
ravvicinate, ma comunque i tempi stringono e l’obiettivo sarebbe quello di
chiudere l’Accordo di programma per Servola già a marzo con indicazioni concrete
sui nuovi insediamenti produttivi e sulla ricollocazione dei lavoratori.
Purtroppo però - aggiunge Savino - non dipende solo da noi, ma in misura
maggiore dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’Ambiente
che dell’Accordo di programma devono fare parte integrante.» In capo alla
Regione anche la Conferenza dei servizi che dovrà procedere alla revisione
dell’Autorizzazione integrata ambientale con restrizioni più stringenti, così
come richiesto dallo stesso ministro Clini che ha anche inviato alla Lucchini
una diffida affinché entro un mese metta in sicurezza gli impianti. Con quali
soldi? «Ci sarebbero fondi europei - afferma Stefano Borini (Fiom) - forse il
fatto che il commissario è di nomina governativa renderà possibile un loro
utilizzo.»
(s.m.)
NO AL RIGASSIFICATORE UN FINALE GIÀ SCRITTO - METODOLOGIA
C’è un che di ridondante e al tempo stesso di non detto nel dibattito politico che si mantiene serrato e acceso sul rigassificatore. E’ l’inutilità del dibattito stesso. Il rigassificatore, infatti, non si farà mai. Il progetto è morto e sepolto: e lo è non da oggi, o da quando recentemente il presidente regionale Tondo ha sentenziato «mettiamoci una pietra sopra».
Lo è da mesi se non da anni, dopo che la vicenda ha preso
una china inarrestabile e scontata che nemmeno gli annunci di presunta
realizzazione manifestati da questo o quel ministro avrebbero potuto invertire.
Il progetto è morto anzitutto per il modo in cui la società proponente, la
spagnola Gas Natural, lo ha allestito e comunicato: se qualcuno l’avesse voluto
far abortire anzitempo, non avrebbe saputo fare di meglio. Il piano è stato
presentato con un’approssimazione sconcertante, tale era la sequela di vaghezze,
rassicurazioni generiche e indimostrate, sgrammaticature formali e sostanziali
che pressoché ogni esperto – e non solo i pasdaràn del no – ha rilevato dal
principio. E alle molte obiezioni dal principio mosse, soprattutto in tema
ambientale (il cloro, il raffreddamento delle acque, l’impatto sull’attività
marittima e portuale), non è mai venuta risposta convincente; né risposta in
assoluto, giacché la società ha reagito con un miscuglio di sufficienza e
indispettita reticenza, salvo provare a recuperare con qualche estemporanea
sortita più promozionale che informativa che ha reso la toppa peggiore del buco.
Se un domani una scuola di business sarà alla ricerca di un nuovo caso da
manuale su come non si gestisce un progetto, ce l’abbiamo pronto: questo. Di
fronte a cotanto pressappochismo, Trieste ha fatto del suo meglio per non esser
da meno, riservando all’iniziativa la stessa soave accoglienza manifestata da 40
anni a questa parte a ogni progetto, dalla sede delle Generali scacciate a
Mogliano Veneto fino al recupero del porto vecchio: una resistenza attiva e
passiva che attecchisce con efficacia formidabile sulla nostra ostilità
culturale, concettuale e psicologica a qualsiasi potenziale turbamento del
nostro archetipo di città perfetta e immutabile, che d’immutabilità va morendo
di giorno in giorno. Questa vicenda, come molte che l’hanno preceduta e molte
che la seguiranno, si conclude con la sgradevole impressione che avremmo detto
di no non a questo progetto, ma a qualsiasi progetto di rigassificatore, fosse
stato anche il migliore, il più sicuro e il più rispettoso del mondo (e questo
non lo era di certo). Lasciando in campo una sfilza di domande che nessuno
sembra volersi più porre. Davvero crediamo di poterci permettere di dire di no a
tutto sempre e comunque, e di rinunciare a qualsivoglia prospettiva
d’investimento e lavoro in una città la cui economia sta affondando? Abbiamo mai
considerato che un polo energetico, non esaurendosi sul defunto rigassificatore
ma non potendo da questo prescindere, sarebbe stata l’unica concreta prospettiva
di recupero industriale e ambientale dell’area della Ferriera, che invece ci
terremo come eco-mostro abbandonato e arrugginito per decenni da quando, molto
presto, chiuderà? Qualcuno ha mai riflettuto sul potenziale di attrazione di
nuove imprese a Trieste che l’energia a prezzo ridotto (garantita da un polo
energetico) avrebbe favorito? O sul valore sociale di bollette più “leggere” per
le tante famiglie o gli anziani soli che non riescono a sbarcare il lunario?
Forse sarebbe potuta andare diversamente, se Gas Natural avesse dato le risposte
(e le precauzioni, e le certezze) che non ha dato, e se la classe politica non
avesse preferito mettersi al vento con un clamoroso voltafaccia (cinque anni fa
erano tutti a favore, da destra a sinistra) anziché sforzarsi di disegnare un
qualche futuro per la città. Ci resta la sensazione di aver gettato il bambino
con l’acqua sporca. E di aver ringraziato il cielo per un progetto abborracciato
e male spiegato, che ci ha reso facile il rifiuto che avremmo pronunciato
comunque.
ROBERTO MORELLI
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 22 dicembre 2012
La UIL VVF-FVG presenta due esposti nei
confronti della Regione FVG e dei Ministeri enti e strutture coinvolte nell’iter
approvativo del rigassificatore di Trieste.
In merito al caso del rigassificatore on shore che la ditta
iberica Gas Natural vuole realizzare a Trieste, la Uil Vigili del Fuoco ha
presenta un esposto/denuncia alla Procura della Repubblica per l’ipotesi di
abuso d’ufficio e falso in atto pubblico in relazione alla concessione
dell’Autorizzazione ambientale integrata, rilasciata lo scorso 22 novembre dalla
Regione.
Lo stesso sindacato ha inviato inoltre una comunicazione a una serie di
soggetti interessati (magistratura, ma anche ministeri, Camera, Senato,
presidenza della Regione, forze politiche, e gli stessi Vigili del Fuoco);
rilevando come nell’iter autorizzativo dell’impianto si individuerebbero alcune
gravi irregolarità procedurali, chiedendo l’azzeramento degli atti.
I responsabili (tra i quali ci sono gli stessi vertici locali dei Vigili del
Fuoco) vengono diffidati, «agendo in auto tutela amministrativa, alla immediata
revoca ed annullamento delle autorizzazioni rilasciate, contenendo i danni fin
qui prodotti e rifacendo - come impongono tassativamente le normative europee -
l’intera procedura delle autorizzazioni, garantendo la trasparenza degli atti e
l’informazione alle popolazioni coinvolte».
In caso contrario, prosegue la nota, la Uil VVF «si vedrà costretta ad agire
nelle sedi piú opportune a tutela dell’incolumità delle persone, del personale
del corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, e del buon nome delle istituzioni
della Repubblica Italiana».
Nei due documenti si sottolinea come siano stati “spacchettati” gli altri
impianti necessari alla realizzazione del progettato rigassificatore
(metanodotto e elettrodotto), in maniera da considerare i progetti in maniera
disgiunta, minimizzandone gli effetti e i rischi, e rendendo più agevole
l’autorizzazione, il tutto in spregio dell’interesse delle popolazioni locali e
delle norme europee.
Si evidenziano inoltre carenze e discrasie di carattere tecnico, ad esempio «il
progetto definitivo, redatto presentando i serbatoi a sinistra dell’area dello
stabilimento», ma con l’allegata «relazione geotecnica, su cui fonda l’intero
impianto, redatta in buona parte in spagnolo e inglese, che li presenta a
destra, con una incoerenza che da sola basterebbe a non far superare a detto
progetto nemmeno la fase dell’istruttoria preliminare».
In quanto all’AIA, si sottolinea l’alterazione, dei pareri negativi espressi da
Provincia e Comune di Trieste, che la Regione ha inteso considerare positivi per
inconferenza delle obiezioni sollevate, o non competenza degli Enti locali sulle
medesime.
In particolare, l’esposto/denuncia ravvisa la violazione degli articoli di legge
che avrebbero obbligato la Regione Autonoma ad acquisire «la necessaria
autorizzazione allo scarico idrico a mare dell'impianto di rigassificazione da
parte della Provincia», nonché «le necessarie prescrizioni del sindaco del
Comune di Trieste in tema di salute pubblica e pubblica incolumità »,
acquisizioni entrambe omesse.
Inoltre un’ulteriore violazione di legge si individua nel piano di monitoraggio
dell’ARPA, che, «effettuato in precedenza, ha incluso anche la verifica delle
cloro ammine»: consta invece, anche ai rappresentanti di Provincia e Comune, ed
è stato messo a verbale, «che tale rilievo sia stato inserito appena il giorno
della riunione stessa».
I due atti sono partiti collateralmente alla manifestazione “Non siamo più
vigili”, organizzata dalla Uil VVF, nella quale si è denunciata la volontà di
realizzare impianti ad alto rischio a Trieste, in una situazione di carenza del
personale che già oggi non permetterebbe di gestire situazioni di emergenza.
ALLA MANIFESTAZIONE HANNO ADERITO: Andandes, BioEst, Bora.La, Comitato ‘Trieste
dice no al rigassificatore’, Coordinamento Acqua Pubblica, IDV Trieste, Italia
Nostra, Legambiente, Movimento 5 Stelle, Partito democratico- Demokratska
stranka, Popolo Viola Fvg, Res Fvg, Sinistra Ecologia Libertà, SEL Trieste,
Slovenska Skupnost, Rifondazione Comunista, UDC TRIESTE, Un'Altra Regione e Wwf
Trieste, medici dell'ISDE, Comitato per la Salvaguardia del Golfo, Ass. NOSMOG
onlus
ADRIANO BEVILACQUA
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 22 dicembre 2012
Le denunce di Gas Natural
Ci ritroviamo a fine anno ed è per questo che ritengo
necessario guardare con lungimiranza al 2013 e prevedere ciò che accadrà. Prima
di questo, è inevitabile fare ancora una volta il punto della situazione con
imparzialità (per quanto possibile) e cercando di interpretare con onestà gli
ultimi avvenimenti che riguardano la nostra città.
Personalmente, sono molto preoccupato per quanto riguarda il rapporto tra la
cittadinanza e politica e in particolare guardo all’immagine che viene riflessa
dalla stampa di questi politici. Qui a Trieste le azioni e dichiarazioni
politiche sono immutabilmente interpretate da un unico quotidiano sterile e
privo di un contenuto giornalistico che sia in grado di poter far riflettere la
città sulle sue possibilità future. Il Piccolo, come un pappagallo, sembra voler
riportare le notizie storpiandone i contenuti secondo i diktat imposti dall’alto
e così la sensazione che se ne ricava è che in merito al rigassificatore tutto
sia risolto.
Il problema del futuro di questo rigassificatore, invece, sarà molto
probabilmente consegnato in mano al Pd ed è questo partito che ad oggi, con
grande probabilità, sta “manovrando” la macchina mediatica, impostandone le
dichiarazioni. Questo è dimostrato anche dal fatto che anche il sindaco di
Muggia (di cui ho grande considerazione e che reputo un caro amico), personaggio
con cui ho condotto grandi battaglie contro questa oscenità, si sia in qualche
modo assuefatto al nuvo oridine di scuderia “Il rigassificatore non si fa più”.
La Gas Natural gioca le sue ultime carte ma il risultato ottenuto dall’azienda è
quello di far paura più a se stessa che alle persone investite da tali denunce.
Tutta la presentazione del progetto, carico di gravi anomalie, sarebbe dovuta
essere sufficiente a far reagire con forza le istituzioni. Ugualmente, le sue
denunce non ci mettono paura. In realtà, chi dovrebbe chiedere i danni è la
popolazione, da tanti anni siamo costretta ad inseguire l’insensatezza di questa
politica economica.
Sono certo che con il nuovo anno tutto tornerà come prima del manifestarsi delle
piccole azioni cittadine. Il progetto riaffiorerà come se nulla fosse mai
accaduto e chi combatte questa battaglia da sempre si troverà a dover ripartire
da zero, mentre la politica, come spesso accade, farà finta di dimenticarsi
tutto quel che è accaduto alla viglia di natale.
Adriano Bevilacqua
TRIESTE ALL NEWS.it - SABATO, 22 dicembre 2012
Rigassificatore, la Uil-Vigili del fuoco presenta due
esposti; nel mirino anche la Regione
L'ipotesi è quella di abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. Almeno
trecento persone hanno partecipato ieri alla manifestazione "Non siamo più
vigili" organizzata dal sindacato
La Uil – Vigili del fuoco non ci sta. Si è svolta nel tardo pomeriggio di
ieri la manifestazione organizzata dal sindacato per dire ancora una volta “no”
al rigassificatore e difendere il corpo nazionale dei vigili del fuoco.
All'iniziativa hanno aderito numerosi enti e organizzazioni locali tra cui
BioEst, l’Idv - Italia dei valori Triieste, Legambiente, il Movimento 5 stelle,
Sinistra ecologia e libertà e il Wwf Trieste; presenti anche il primo cittadino
di Muggia Nerio Nesladek, Franco Bandelli e Alessia Rosolen (nella foto scattata
ieri da Bruno Carini, il coordinatore regionale Uil-Vvf Adriano Bevilacqua).
In merito al rigassificatore on-shore che Gas Natural intende realizzare a
Trieste, la Uil-Vigili del fuoco ha presentato un esposto alla Procura della
Repubblica per l’ipotesi di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico (in
relazione alla concessione dell’Autorizzazione ambientale integrata rilasciata
lo scorso 22 novembre dalla Regione, nel corso della ormai celebre conferenza
dei servizi).
Il sindacato ha inviato una comunicazione pure ad una serie di soggetti
interessati (magistratura, ministeri, Camera, Senato, presidenza della Regione,
forze politiche, e gli stessi Vigili del Fuoco) per sottolineare come nel corso
dell’iter di autorizzazione dell’impianto siano state compiute alcune gravi
irregolarità procedurali; la richiesta è quella di azzerare tutti gli atti. I
responsabili – tra cui gli stessi vertici locali dei Vigili del fuoco - vengono
quindi diffidati, «agendo in auto tutela amministrativa, alla immediata revoca
ed annullamento delle autorizzazioni rilasciate, contenendo i danni fin qui
prodotti e rifacendo - come impongono tassativamente le normative europee -
l’intera procedura delle autorizzazioni, garantendo la trasparenza degli atti e
l’informazione alle popolazioni coinvolte». In caso contrario - prosegue la nota
- la Uil-Vvf «si vedrà costretta ad agire nelle sedi più opportune a tutela
dell’incolumità delle persone, del personale del corpo nazionale dei Vigili del
fuoco e del buon nome delle istituzioni della Repubblica Italiana».
Nessun dubbio nemmeno in merito all’Aia. Nei documenti si sottolinea
l’alterazione dei pareri negativi espressi da Provincia e Comune di Trieste, che
la Regione ha inteso considerare positivi per «inconferenza» delle obiezioni
sollevate, o non competenza degli enti locali. L’esposto-denuncia pone l'accento
sulla violazione degli articoli di legge che avrebbero obbligato la Regione
Autonoma ad acquisire «la necessaria autorizzazione allo scarico idrico a mare
dell'impianto di rigassificazione da parte della Provincia», nonché «le
necessarie prescrizioni del sindaco del Comune di Trieste in tema di salute
pubblica e pubblica incolumità».
Una ulteriore violazione di legge viene poi individuata nel piano di
monitoraggio dell’Arpa che, «effettuato in precedenza, ha incluso anche la
verifica delle cloro ammine»: tale rilievo è stato invece inserito appena il
giorno della riunione stessa, come confermato dai rappresentati di Comune e
Provincia.
«I due atti – scrive il coordinatore regionale della Uil-vigili del fuoco
Adriano Bevilacqua - sono partiti collateralmente alla manifestazione di ieri
nella quale si è denunciata la volontà di realizzare impianti ad alto rischio a
Trieste, in una situazione di carenza del personale che già oggi non
permetterebbe di gestire situazioni di emergenza».
IL PICCOLO - SABATO, 22 dicembre 2012
Tondo: sul rigassificatore ora ripartiamo da zero
Il governatore in giunta non si schiera ma propone una giornata da
dedicare all’ascolto del territorio. «Molti hanno cambiato idea...»
«Tiriamo una riga sotto la questione rigassificatore e ripartiamo con il
percorso ricognitivo». Lo ha detto il governatore Renzo Tondo nella
comunicazione fatta ieri alla giunta regionale e lo ha ripetuto poco dopo,
rispondendo alla domanda di un giornalista, alla conferenza stampa di fine anno
nel palazzo di piazza Unità. «Promuoverò una giornata di ascolto e monitoraggio
- ha annunciato - e inviterò tutti a esprimersi chiaramente per il sì oppure per
il no.» Solo dieci giorni fa però, al convegno sul porto organizzato dal
Piccolo, era stato molto più drastico affermando non di avervi tirato una riga
sotto, ma di avervi messo «una pietra sopra». Tutto sembrerebbe esser tornato
alla casella di partenza, ma per ripartire con le consultazioni. E potrebbe non
essere nemmeno così vista la reazione stizzita di Gas Natural, che riportiamo
nell’altra pagina, ma visto anche il timore di molti che ritengono puramente
formale la riapertura del procedimento di Valutazione d’impatto ambientale
annunciata dal competente ministero. Tanto che anche ieri un’autorevole voce
all’interno della Regione affermava: «La giunta potrebbe a breve essere chiamata
a votare la delibera per l’intesa con il governo per l’Autorizzazione unica». E
il presidente della Regione da parte sua ancora una volta ha voluto prendere le
distanze dalla Conferenza dei servizi in cui il dirigente regionale Pietro Giust
che era affiancato dal collega Pierpaolo Gubertini ha dato il via libera
all’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) sebbene sia il Comune che la
Provincia (due dei tre soggetti chiamati a esprimersi, oltre alla Regione
stessa) avessero espresso un parere negativo. Non solo, come del resto aveva già
fatto, ha anche ribaltato la questione, chiamando in causa l’amministrazione
precedente. «Questa giunta regionale - ha sottolineato Tondo - non ha fatto
alcun atto amministrativo, né a favore né contro il rigassificatore, per una
ragione molto semplice: la certificazione della strategicità dell’opera è venuta
dalla giunta Illy e la delibera fu votata anche dall’attuale sindaco di Trieste
ed ex assessore regionale Roberto Cosolini. Mi sono ritrovato con il percorso
già iniziato sia dal punto di vista tecnico che delle “carte” - si è scusato il
governatore - noi invece non abbiamo fatto alcun atto. A distanza di qualche
anno vedo che il Comune ha cambiato idea, la Provincia è contraria, l’Autorità
portuale si è pure schierata contro, ma soprattutto il ministro dell’Ambiente
Clini ha richiesto una nuova Valutazione d’impatto ambientale». Così Tondo ha
fatto il punto della situazione parlando “a braccio” ai colleghi assessori della
giunta. Poi ne ha riferito anche nel corso della conferenza stampa. «Nella
giunta di oggi - ha rivelato - mi sono impegnato a tirare una riga e a capire
dove siamo, parlo nel senso del Governo. Siamo con il ministro Passera che è per
il sì, oppure siamo con il ministro Clini che è per il no?» C’è la necessità
dunque di rifare il punto della situazione con le amministrazioni locali anche
se le posizioni sono piuttosto chiare. Formalmente per il no si sono espressi
più di una volta sia il Comune di Trieste che la Provincia, che i Comuni minori
a partire da quello di Muggia che è stato il primo a rivolgersi anche al Tar
seguito dalla stessa amministrazione del capoluogo. Contrario anche il parere
dell’Autorità portuale, vista soprattutto la crescita del traffico navale, la
vicinanza con il terminale della Siot dove già l’anno prossimo dovrebbero
arrivare ben cinquecento petroliere e le nuove infrastrutture portuali previste,
in primis il terminal per i traghetti ro-ro all’ex Aquila. Il Comitato portuale
dovrebbe esprimersi con un no che sembra piuttosto scontato nella seduta che
dovrebbe essere convocata per il 3 gennaio. Alla fine dunque le promesse e le
aperture che sono giunte dallo stesso Tondo anche se non è certo che possano
realmente fermare l’iter autorizzativo. «Dopo la pausa natalizia - ha annunciato
il governatore - promuoverò sul tema una giornata di ascolto e monitoraggio
delle istituzioni. Incontrerò la città in tutte le sue ramificazioni e mi farò
un’idea alla luce di di tutte queste consultazioni. Non si può imputare al
presidente una scelta che viene “sballottata” di qua e di là. È per questo che
chiamerò tutti a esprimersi chiaramente con un sì oppure con un no». La
senatrice del Pd Tamara Blazina in una nota ha definito «ridicolo» il bisogno di
Tondo di ascoltare il territorio. «Ha avuto cinque anni per raccogliere pareri e
prendere decisioni - ha commentato - li ha impiegati per dire tutto e il
contrario di tutto senza il coraggio di prendere una posizione chiara.»
Silvio Maranzana
«Chiederemo i danni a chi ostacola il progetto»
Dura presa di posizione di Gas Natural dopo la riapertura del
procedimento di Via da parte del ministro Clini. «La decisione sarà annullata in
sede legale»
Energica, quasi rabbiosa la reazione di Gas Natural, sempre più intenzionata
a realizzare il rigassificatore a Zaule. di fronte al procrastinarsi dei tempi
dell’iter autorizzativo sia dell’impianto stesso che del gasdotto connesso. La
società catalana non solo parte al contrattacco tentando di disinnescare ogni
frenata, ma minaccia e anzi annuncia azioni giudiziarie sia sotto il profilo
penale che di risarcimento danni nei confronti di tutte le contestazioni e di
tutti i ritardi. Lo fa con una lettera inviata al Ministero dell’Ambiente e al
Ministero dello Sviluppo economico, lettera che l’assessore a Programmazione e
ambiente Sandra Savino riferisce invece non essere giunta alla Regione. Nella
missiva si afferma in particolare che Gas Natural «non potrà esimersi dal
censurare in tutte le sedi amministrative, civili e penali competenti», le
contestazioni definite «parziali e preconcette» portate avanti dagli oppositori
del progetto del rigassificatore da realizzare a Trieste, chiedendo il
risarcimento dei danni. La replica sarebbe stata innescata in particolare
dall’annuncio fatto dal ministero dell’Ambiente Corrado Clini del procedimento
di Valutazione d’impatto ambientale a seguito in particolare ai rilievi mossi
dalla presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi riguardo alla recente
crescita del traffico navale nel porto di Trieste e a una presunta
incompatibilità con le infrastrutture previste dal nuovo Piano regolatore del
porto. La precedente Via infatti risaliva al 2008-2009. Da parte della
multinazionale catalana dell’energia viene fatto rilevare che la riapertura del
procedimento di Via è «destituita di ogni fondamento e destinata a essere
annullata nelle sedi giurisdizionali competenti» oltre a indurre la società
stessa a «inevitabili richieste risarcitorie». E Gas Natural interviene
specificatamente anche riguardo alla crescita dei traffici nel porto di Trieste
fatta rilevare dall’Authority e sostiene che «le prospettate ripercussioni
risultano del tutto inconferenti». La multinazionale ricorda ancora che la
crescita del traffico navale è già stato considerato dalla Commissione tecnica
nell’ambito del procedimento di Via e afferma ancora che «non intende
assecondare i grotteschi suggerimenti» sull’ipotetica variazione della
localizzazione del terminale. Suggerimenti che del resto non sono mai stati resi
pubblici. Infine Gas Natural non abbassa il tiro nemmeno per quanto concerne il
gasdotto Trieste - Grado - Villesse proposto da Snam e che dovrebbe essere
logicamente connesso al rigassificatore e per il quale non è ancora conclusa la
Valutazione d’impatto ambientale. La società conclude affermando di voler
valutare «l’adozione delle tutele più opportune per evitare il procrastinarsi di
tale illegittimo ritardo.»
Silvio Maranzana
«Cancellare tutto l’iter per l’impianto di Zaule»
Nella conferenza-stampa di Legambiente illustrati i rischi: «Le schiume
lambirebbero Barcola»
Azzerare da subito tutte le procedure che portano alla realizzazione del
rigassificatore e delle infrastrutture energetiche che con quell'impianto sono
connesse. E' questa la richiesta formulata con forza ieri da Wwf e Legambiente.
«Finora - ha spiegato Dario Predonzan del Wwf - abbiamo sentito solo
dichiarazioni volanti. Noi vogliamo una presa di posizione ufficiale delle
istituzioni – ha aggiunto - che garantisca che il rigassificatore non si farà.
Non basta che l'Autorità portuale si dichiari contraria, perché il
rigassificatore comporterebbe un ridimensionamento dei traffici nel golfo. La
ragione per la quale l'impianto non deve essere fatto – ha sottolineato
Predonzan – va individuata nella necessità di sicurezza e di tutela ambientale».
Per ribadire la loro posizione, i presidenti regionali delle due associazioni,
Roberto Pizzutti (Wwf) ed Elia Mioni (Legambiente), hanno scritto ai ministri
per lo Sviluppo economico, per l'Ambiente e per i Beni culturali, oltre che alla
Commissione europea competente per l'ambiente, chiedendo «l'immediata
sospensione dell'iter che porta alla realizzazione del rigassificatore,
annullando la procedura di 'Via' già avviata, revocandola». Al futuro governo,
Wwf e Legambiente chiedono di «definire un piano energetico nazionale che tenga
conto delle reali esigenze del Paese e che oggi manca». Predonzan ha precisato
che: «Esistono precise responsabilità dei ministeri competenti e di chi le
guida. E ricordiamo che, all'epoca della presidenza Boniciolli – ha specificato
- il parere dell'Autorità portuale fu favorevole al rigassificatore». Carlo
Franzosini, biologo della Riserva marina di Miramare ha spiegato che: «Abbiamo
riscontrato che nel mare si creerebbero schiume nocive capaci di arrivare a
Barcola, veicolando elementi di contaminazione batterica. Si arriverebbe a dover
sancire il divieto della balneazione. Inoltre – ha evidenziato Franzosini - ci
sarebbe un rilascio di cloro e idrogeno gassosi nell'atmosfera e chi risiede
nelle vicinanze di Zaule sarebbe costretto a respirarli». Il vice presidente di
Legambiente Trieste, Andrea Wehrenfennig, ha ricordato che: «Finora non e' stato
reso noto in maniera chiara il rischio che sarebbe determinato dalla vicinanza
di impianti che, fra loro, agirebbero come detonatore l'uno dell'altro».
Ugo Salvini
Uil Vigili del fuoco e cittadini assieme per ribadire
il “no”
Decine di persone, l’altro pomeriggio, in via del Teatro romano alla
manifestazione indetta dalla Uil Vigili del Fuoco del Friuli Venezia Giulia per
protestare contro il progetto del rigassificatore di Zaule. L’organizzazione
sindacale ha organizzato l’iniziativa anche per manifestare contro il parere
favorevole espresso dal Ctr. Presenti, oltre a tanti cittadini e ai pompieri,
anche alcuni esponenti politici.
Chiuso il sondaggio sul sito del Piccolo: l’80% dei
partecipanti è contrario all’impianto - Oltre 4mila voti
L’80% dice no al rigassificatore di Gas Natural a Zaule. Il risultato finale
del sondaggio online organizzato da Il Piccolo sul suo sito è in linea con i
parziali dei giorni scorsi: su 4095 voti raccolti, 3286 sono contrari (l’80%,
appunto), 773 sono a favore (19%) e 36 indecisi (circa l’1%). La consultazione è
stata attivata nel pomeriggio di martedì ed è stata chiusa ieri a mezzogiorno in
punto. Nel giorno in cui il presidente regionale Renzo Tondo avrebbe dovuto una
posizione definitiva sul progetto, ecco un dato da tenere in conto: pur privo di
valore scientifico, il risultato del sondaggio sembra comunque rispecchiare il
sentire della città nei confronti della proposta di Gas Natural. Va ricordato
come si tratti di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione
elaborato scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai lettori di
esprimere la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non
tengono conto dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può
risultare superiore a 100. Sul Web nel frattempo continua il dibattito,
infiammato dall’annunciata richiesta danni di Gas Natural: la notizia è accolta
con un’alzata di scudi. Numerosi i commenti di chi sostiene la necessità di
staccare Trieste dall’Italia, sempre molto attivi sul web. Divertente il
commento di un lettore: «Che si accomodino pure nel pantano della giustizia
italiana». «Finché li chiedi, i danni, me va ben. L'importante xe che no li fazi»,
commenta un altro. «Se lo facciano in Spagna ...» risponde a Gas Natural una
lettrice. Ricordiamo le posizioni delle istituzioni: mentre la contrarietà al
progetto è unanime fra gli enti triestini, Comune e Provincia, e fra le forze
politiche locali, all’interno del governo si esprimono pareri differenti. Il
ministro dell’Ambiente Clini ha dato uno stop al processo imponendo di fare
ripartire la procedura di Via, al contrario il ministro allo Sviluppo Passera
sembra essere un convinto sostenitore del rigassificatore.
SEGNALAZIONI - ENERGIA - Ma quali vantaggi!
Dopo aver sentito alcune interviste fatte ai triestini e agli amministratori locali, quest’ultimi sempre troppo inclini a proteggere il particolare a scapito dell’interesse generale, inviterei tutti a riflettere a proposito del rigassificatore spagnolo Gas natural che vorrebbero costruire vicino alla nostra splendente città. Se a taluni giova dare informazioni superficiali e carenti solo per ottenere pubblico consenso, spetta a noi come dovere civile di autotutela informarci in merito. Le corpose relazioni e valutazioni tecniche progettuali (elaborati obbligatori per legge) depositati in ciascun ente che deve esprimere il proprio parere (purtroppo non vincolante) sono da tempo diventate di dominio pubblico. A questo proposito basta riflettere attentamente e porsi alcune importanti domande che dovrebbero già trovare una adeguata risposta nelle corpose relazioni che ho menzionato e che spero ogni politico abbia scrupolosamente e doverosamente analizzato, ma che finora “chissà perché” non sono state pubblicamente chiarite: 1) un realistico motivo perché giustifichi la loro installazione, visto che con gli impianti già esistenti in Italia e quelli in corso di realizzazione, assieme ai due metanodotti russi che forniscono la nostra Regione, si ha una rilevante sovraimportazione di gas, tanto che viene esportato in Croazia e Slovenia; 2) non sono stati ancora enunciati tutti i costi di realizzazione, manutenzione, gestione (analisi costi-benefici), gli oneri concessori e di indennizzo in quanto aree demaniali pubbliche; 3) mi chiedo se sono state analizzate tutte le ipotesi in merito ad eventuali atti terroristici o gravi incidenti e per contrastarli quali strumenti abbiamo (ricordo l’attentato ai gasometri del 1974 – oggi non è affatto difficile attuarli); 4) cosa succederebbe alla nostra fauna ittica visto che il gas liquido verrebbe riscaldato con acqua di mare clorata, il cui scarico medio giornaliero si aggirerebbe intorno alle migliaia di metri cubi? Siamo sicuri che questo non comporti la chiusura di zone di balneazione a seconda della direzione delle correnti marine? 5) oggi vogliamo chiudere la Ferriera, ma nulla si parla delle emissioni di gas da parte delle turbine necessarie a fornire energia ai due terminal; 6) se, come scritto nei depliant, garantiscono che non ci sarà alcun impatto ambientale, allora perchè parlano di bonifica una volta chiuso l’impianto? 7) simili impianti hanno una durata media di 30 anni, perché diventano obsoleti, inadeguati tecnologicamente e costosi: chi garantisce per l’eventuale disarmo, rimozione dell’impianti e bonifica del sito (pari a tre volte il costo di realizzazione), e chi si addossa le relative spese? 8) non è stato ancora reso edotto al pubblico alcun fotomontaggio inerente l’impatto visivo-paesaggistico che porterebbe l’impianto all’ambiente circostante (visto dalla piazza dell’Unità, da Muggia, da monte Grisa, dalla costiera, da Grado, ecc.); 9) per collegare il terminal Gas natural alla rete di distribuzione bisogna costruire un gasdotto sotterraneo: sono stati indicati quali terreni dovranno essere espropriati e in quali Comuni della Provincia e/o della Regione?
Erich Ferluga
Per salvare la Lucchini arriva il commissario: Passera
nomina Nardi
Il via libera dopo l’uscita di scena degli svizzeri di Klesch Sei mesi di
tempo per il nuovo piano. I riflessi sulla Ferriera
TRIESTE Per scongiurare il dissesto finanziario alla Lucchini arriva il
commissario: Piero Nardi, manager con esperienza nel settore siderurgico, è
stato nominato ieri dal ministro Passera. Nei giorni scorsi il cda aveva
tracciato quest’unica strada di fronte alle difficoltà economiche del gruppo.
L’iter si è concluso rapidamente. Il gruppo siderurgico ha presentato richiesta
di amministrazione straordinaria ai sensi della Legge Marzano. La domanda è
stata depositata presso il Tribunale di Livorno e spedita al ministero dello
Sviluppo economico: Nardi, esperto di ristrutturazioni aziendali, ora avrà sei
mesi di tempo per elaborare un piano, che, a sua volta, dovrà essere poi
approvato dal Tribunale. Cresciuto nella holding Iri Nardi ha prima ricoperto
incarichi in Finmeccanica e Ansaldo, quindi in Ilva, dove è stato direttore
generale negli anni 1987-1993, per poi passare a Cementir e Olivetti. É stato
soprattutto amministratore delegato della Lucchini da cui è uscito nel 2003,
dopo la ristrutturazione finanziaria del gruppo. Il consiglio di
amministrazione, afferma una nota, auspica «soluzioni per la crisi della
società, che sappiano valorizzare gli sforzi fin qui sostenuti dall’azienda». La
manifestazione di interesse per il gruppo siderurgico da parte della svizzera
Klesch non ha avuto seguito e alla fine si è resa inevitabile la via del
commissario che avrà ampi poteri di gestione della società, in coordinamento con
il ministero per un gruppo sul quale oggi pesa un debito di circa 650 milioni di
euro mentre l'anno scorso aveva chiuso i conti con una perdita di circa 64,1
milioni. La scelta è stata fatta dal pool di banche che hanno curato la
ristrutturazione dell’esposizione, subentrate formalmente alla proprietà del
magnate russo Alexei Mordashov. La Lucchini conta oltre duemila dipendenti solo
a Piombino ed è la seconda realtà industriale dell’acciaio in Italia dopo quello
di Taranto. Nell’ottobre scorso la vicenda sembrava prendere un’altra direzione
con le banche ancora impegnate a trovare un compratore con il coinvolgimento di
Rothschild nel ruolo di advisor. Ma la candidatura successiva del fondo svizzero
Klesch non ha mai preso seriamente consistenza. Entra così in scena il ministero
dell’Economia che in svariate occasioni si è pronunciato in difesa dell’impianto
a ciclo integrale di Piombino. Lucchini, oltre al sito di Piombino, a Trieste
controlla la Ferriera di Servola oltre a due laminatoi in provincia di Lecco e
di Torino. Tutto da verificare l’impatto dell’arrivo del commissario sul futuro
di una realtà importante come quella triestina (circa 700 lavoratori con
l’indotto) sulla quale esiste un programma concordato fra l’ente locale e la
Regione che prevede di arrivare a una «chiusura controllata degli impianti»,
parallelamente a un «piano sociale per salvaguardare i lavoratori e alla messa
in sicurezza delle aree dal punto di vista ambientale». Il sindacato sta
monitorando la situazione. Sulla vicenda del gruppo Lucchini giorni fa è
intervenuto il leader della Cgil, Susanna Camusso: «A Trieste serve un
intervento straordinario di prevenzione ambientale e un grande rigore sugli
investimenti tecnologici per tornare a produrre acciaio senza inquinare il
territorio. Non si può affermare l'idea che una grande industria del Paese si
possa chiudere chiudere». «Purtroppo abbiamo perso troppo tempo - ha detto
Vincenzo Renda della Uilm di Livorno. Sappiamo comunque che da domani si apre
una fase nuova». «Si chiude un capitolo che ci portava al dissesto - dice
Luciano Gabrielli della Fiom Cgil.
Piercarlo Fiumanò
Crisi dell’acciaio, Mittal soffre in Europa
Il gruppo giù in Borsa a Parigi dopo l’annuncio di una mega-svalutazione
da 4,3 miliardi di dollari
MILANO Si riacutizza la crisi della siderurgia. Il titolo Arcelor Mittal
ieri andato giù del 4% alla Borsa di Parigi. A causare l'arretramento della
società è la notizia, comunicata ieri in una nota aziendale, della svalutazione
per 4,3 miliardi di dollari delle attività in Europa, con conseguente minore
flusso di cassa nelle società a cui tali attività erano destinate. La
svalutazione sarà registrata come una perdita non di cassa nel bilancio 2012, ed
è causata dal difficile scenario macroeconomico e dal calo nella domanda di
alluminio di circa l'8% nel corso dell'anno (-29% dal 2007). La situazione è
migliore negli Usa, dove la domanda di metallo è salita dell'8% quest’anno ed è
calata "solo" del 10% dal 2007. I cambiamenti causati dalla crisi finanziaria
del 2008 sono «permanenti» e «non ciclici». Così il ceo di Arcelor Mittal,
Lakshmi Mittal, giorni fa in un'intervista al Wall Street Journal ha spiegato le
difficoltà del settore. Mittal ha aggiunto che «come conseguenza, ci
concentriamo sulla costruzione di un gruppo forte e che si adegua alle realtà
economiche piuttosto che sulla crescita» dei ricavi. Il magnate dell’acciaio
indiano ha aggiunto che l'acciaio continuerà a svolgere un ruolo molto
importante nell'industria. «Vi sono cambiamenti nel clima economico, ma
l'acciaio è importante e un giorno ritornerà» a essere importante, ha osservato
Mittal, che ha anche indicato che l'obiettivo del gruppo nei prossimi 5 anni è
«mantenere la propria quota di mercato in tutti i settori dove è presente», ma
senza realizzare fusioni o acquisizioni importanti, mentre «valuteremo
operazioni di piccola taglia se avranno senso». A fine novembre il ministro del
Riassetto produttivo del governo di Parigi Arnaud Montebourg in un’intervista al
quotiano Les Echos aveva affermato di non volere più Mittal in Francia,
accusando la società indiana di aver «mentito» e di non rispettare gli accordi
presi nel 2006, quando acquisì la franco-lussemburghese Arcelor, sul
mantenimento dei siti produttivi transalpini. Affermazioni che hanno lasciato la
famiglia Mittal «estremamente scioccata». Mittal ha poi successivamente
incontrato il presidente Francois Hollande. Ne è seguita una maratona negoziale
al termine della quale è stato raggiunto un accordo con il gruppo siderurgico
che ha scongiurato il rischio di nazionalizzare l’impianto di Florange. Anzi.
Ayrault ha chiarito che Arcelor Mittal si è impegnato ad investire 180 milioni
di euro in 5 anni nel sito francese.
Corridoio Baltico-Adriatico: troppi colli di bottiglia
- L’INTERVENTO DI GIULIANO BRUNELLO ZANITTI
Non penso sia il caso di stupirci molto se lo sviluppo della portualità
della Regione Friuli venezia Giulia sia attualmente anche pesantemente
condizionato dai i vari colli di bottiglia presenti sul tracciato del Corridoio
Baltico-Adriatico, ostruzioni che purtroppo stanno pesantemente penalizzando la
sua fruibilità, oppure se la Slovenia per salvaguardare le sue economie sta
cercando alleanze in ambiente comunitario per far sì che venga privilegiata la
realizzazione del raddoppio della Capodistria-Divaccia. Lo stupore lo dobbiamo
invece riporre nei confronti dei nostri amministratori per quanto non hanno
fatto in passato o non stanno facendo attualmente per potenziare i nostri
sbocchi al mare e per migliorare i relativi collegamenti gomma/rotaia, temi
molto discussi negli ultimi decenni ma che dai molteplici incontri più o meno
ufficiali, proclami, convegni e tavole rotonde, di concreto non abbiamo
purtroppo saputo attuare quasi nulla. Di cosa ci lamentiamo se non abbiamo
tentato di sfruttare a dovere alcune opulente situazioni che sarebbero state
certamente in grado di accrescere in modo significativo gli interessi nei
confronti della portualità dell’Alto Adriatico e favorire quindi corposi
interventi finanziari sia nazionali che comunitari, opulente situazioni riferite
sia all’arrivo negli anni novanta al Molo VII di un colosso come Ict di
Rotterdam di cui non abbiamo saputo favorire il suo insediamento ma che anzi
dopo un breve periodo siamo puntualmente riusciti a mettere alla porta, oppure
come di recente abbiamo trattato con sufficienza ed un certo distacco
investitori ed armatori del calibro di Unicredit Maersk che in più riprese hanno
espresso un certo interesse verso l’Alto Adriatico ed il potenziamento dei
nostri sbocchi al mare. In merito alle grandi e difficili sfide della portualità
del terzo millennio siamo purtroppo perennemente in balia dei se e dei ma
poiché: 1. pur in presenza di posizione strategica e fondali adeguati nella
Regione FVG non abbiamo ancora saputo decidere sul dove e sul come investire per
potenziare i nostri scali, invischiati come siamo tra sospetti gelosie e
deleteri campanilismi; 2. sui collegamenti ferroviari non abbiamo saputo
eliminare i colli di bottiglia che stanno penalizzando anche la razionale
fruibilità del Corridoio baltico, mentre sulle nuove reti Ten non abbiamo ancora
deciso nulla nè sui percorsi nè su quelle che dovrebbero essere le
caratteristiche di base “se alta velocità o grande capacità ferroviaria”. In
merito ai colli di bottiglia che interessano più da vicino lo scalo triestino
sarebbe opportuno che al più presto venga pianificato un corposo intervento
sulla vecchia ferrovia di Cattinara per adeguare galleria e tracciato a quelli
che sono gli attuali standard del trasporto su rotaia, ed anche per far si che
nella malaugurata evenienza che la via bassa “Stazione Centrale- Aurisina”
risulti parzialmente inagibile per danni alla linea oppure per più o meno lunghi
lavori d'ammodernamento o potenziamento dello stessa, lo Scalo possa disporre di
un collegamento ferroviario alternativo. Vecchia ferrovia che considerata la sua
sensibile pendenza sarebbe comunque certamente sfruttabile in discesa per le
merci in entrata Scalo e forse con l’aggiunta di un locomotore anche in salita
per i convogli in uscita. Poiché il mercato per sua natura purtroppo non guarda
in faccia nessuno ma volge essenzialmente lo sguardo verso chi sia in grado di
garantirgli certezze normative e profitti, credo che nell’Alto Adriatico per
rilanciare la logistica di porto e retroporto dobbiamo cercare di
stimolare/sollecitare gli interventi nazionali e comunitari per potenziare i
nostri collegamenti gomma/rotaia e nel contempo supportare non con le solite
chiacchiere ma con fatti concreti le iniziative di quanti, siano essi
investitori, terminalisti o armatori che dalle nostre parti potrebbero o
vorrebbero insediare le loro fruttuose attività.
Nelle Ferrovie tedesche non si fanno questioni di censo
- LA LETTERA DEL GIORNO di Luigi Bianchi luigi.bianchi10@tin.it
Le Ferrovie dello Stato italiane non finiscono mai di meravigliare. In
risposta all’articolo di Paolo Rumiz (L’immancabile ritardo dei treni e la
rassegnazione dei naufraghi, Il Piccolo, 12.12.12), la direzione centrale media
FS precisa: ”... quantità e qualità dei servizi di trasporto locale e universale
sono stabiliti e finanziati dalle Regioni e dallo Stato... Non decide quindi
Trenitalia di eventuali tagli...” (Il Piccolo, 17.12.12). Molto più della poesia
di Paolo Rumiz dovrebbe sorprendere la prosa di Federico Fabretti. Dunque, sono
stati il governo, a Roma, e la Regione Friuli Venezia Giulia, a Trieste, a
chiedere la soppressione dello storico notturno con vagone letto
Trieste-Roma-Napoli? L’affermazione del portavoce dell’amministratore unico
delle Ferrovie Italiane, a proposito di trasporto locale e di servizio
universale, mi ha riportato al settembre 1980: Ebersberg, capolinea della S4
(linea regionale delle Ferrovie tedesche) a 40 km da Monaco; da una Mercedes
scendono due coppie in abito da sera, dirette evidentemente al centro del
capoluogo della Baviera che raggiungono con un treno regionale. Ieri, come oggi,
le Ferrovie tedesche, completamente finanziate dallo Stato, come quelle
italiane, si guardavano bene dall’introdurre criteri classisti nella gamma dei
servizi viaggiatori (Alta Velocità per i Vip, Universale per le lunghe
percorrenze di chi preferisce il treno all’auto e all’aereo, Regionale per i
pendolari). Le Ferrovie tedesche, come tutte le ferrovie europee, hanno sempre
informato la politica promozionale ad un’offerta competitiva, in termini di
comfort, velocità commerciale e livello tariffario, per tutte le relazioni
dell’intera rete, siano esse di carattere regionale, nazionale ed
internazionale, nella piena consapevolezza che il segreto del successo sta
nell’integrazione del trasporto (tecnica e tariffaria), vero motore della
mobilità passeggeri. I viaggiatori valutano il risultato complessivo
dell’offerta, poco interessati alla modalità tecniche e finanziarie che
competono all’impresa di trasporto. È quest’ultima, infatti, che ha la
concessione di un servizio pubblico, interamente finanziato dallo Stato (in
Italia come in Germania), per gestire con criteri imprenditoriali un’attività
orientata al mercato, interessata a fornire un’offerta competitiva, se vuole
puntare all’incremento dei prodotti del traffico. In prosa, o in poesia, i
viaggiatori attendono una risposta responsabile da Trenitalia in merito alla
qualità del servizio ferroviario che poggia su comfort, velocità commerciale e
tariffa competitiva. Il responsabile governativo dei trasporti, a Roma, e quello
regionale, a Trieste, non hanno nulla da dire ai viaggiatori del Friuli Venezia
Giulia in merito alle reiterate affermazioni del Gruppo Fs su trasporto locale e
servizio universale ?
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 21 dicembre 2012
WWF e Legambiente sul rigassificatore di Trieste-Zaule:
“Azzerare tutte le procedure di autorizzazione, a cominciare dal decreto VIA del
2009.”
Azzerare tutte le procedure autorizzative in corso, sul rigassificatore
di Trieste-Zaule proposto da Gas Natural e sulle altre infrastrutture
energetiche connesse con quell’impianto.
Lo chiedono WWF e Legambiente, in una nota inviata ai ministri dello
Sviluppo Economico, Passera, dell’ambiente, Clini e dei Beni culturali, Ornaghi.
Le due associazioni elencano le autorizzazioni già rilasciate (cioè il decreto
VIA favorevole al progetto di Gas Natural, firmato dagli allora ministri
Prestigiacomo e Bondi nel luglio 2009) e quelle il cui iter è ancora in corso:
- l’AIA per il rigassificatore di Trieste-Zaule (con la nota vicenda della
Conferenza dei Servizi grossolanamente manipolata da un dirigente della Regione)
- l’autorizzazione unica alla costruzione del rigassificatore, la cui competenza
- è stato accertato di recente – è del Ministero per lo Sviluppo Economico
- la VIA per il gasdotto Trieste-Grado-Villesse (infrastruttura indispensabile
al funzionamento del rigassificatore di Gas Natural)
- la VIA per la centrale a ciclo combinato da 400 MW di Lucchini Energia (il cui
sito sarebbe adiacente a quello del rigassificatore), di cui la stessa società
proponente ha chiesto la sospensione; una centrale che senza rigassificatore o
gasdotto non potrebbe comunque funzionare
- l’AIA per la centrale a ciclo combinato
- la VIA per il progetto del rigassificatore off shore nel Golfo di Trieste,
proposto da E.On.
- l’avvio delle procedure di esproprio per l’elettrodotto tra il rigassificatore
di Gas Natural e la stazione di trasformazione di Padriciano
- la Valutazione d'Incidenza Ecologia VIEc per i SIC “Carso” e “Miramare”
In merito a questi progetti sono emerse nuove conoscenze sull'impatto ambientale
(rilascio di cloro in atmosfera e di cloroderivati in mare, di schiume, di acqua
fredda su ampie superfici, di contaminanti presenti nei sedimenti marini), dopo
la conclusione della VIA nel 2009. Si tratta di progetti interconnessi tra loro,
ma le procedure di valutazione ed autorizzazione che li riguardano sono state
stranamente separate, quasi si trattasse di progetti indipendenti ed autonomi.
“L’obiettivo di questo “spezzatino” di progetti e procedure – commentano gli
ambientalisti - era evidentemente quello di far perdere la visione d’insieme
degli impatti sull’ambiente e delle interferenze con altre attività e usi del
territorio e del mare. Un’operazione, nota tra gli esperti come “project slicing”,
in contrasto con lo spirito e la prassi corretta della VIA e delle altre
Direttive europee in materia ambientale.”
“Non solo – aggiungono gli ambientalisti – com’è noto nel corso degli anni sono
emerse numerose e gravi carenze e manipolazioni negli studi di Gas Natural e di
inaccettabili omissioni nei procedimenti valutativi degli organi pubblici
competenti. Da ciò i ricorsi al TAR del Lazio contro il decreto VIA sul
rigassificatore.”
“La consapevolezza di quanto accaduto – ricordano le due associazioni – è ormai
ampiamente diffusa, grazie all’azione instancabile di ambientalisti, comitati di
cittadini, tecnici e scienziati. Tanto che anche il presidente Tondo ed il
ministro Clini (ma non il ministro Passera) hanno rilasciato di recente, dopo
alcune importanti manifestazioni di protesta della cittadinanza, dichiarazioni
che sembrano indicare la volontà di ripensare e rivedere quanto fatto dalla
Regione e dai ministeri per favorire Gas Natural, e di aprire un confronto
(finora inesistente) con la cittadinanza e con gli enti locali. Perché ciò non
si risolva in un’operazione di mero maquillage pre-elettorale, è però
indispensabile azzerare tutte le procedure autorizzative in corso, a cominciare
dal decreto VIA del 2009.”
La nota degli ambientalisti rimarca anche la necessità che venga rivista
l’impostazione della Strategia Energetica Nazionale, divulgata di recente dal
ministro Passera, che prevede per l’Italia un destino da “hub del gas” al
servizio del resto d’Europa, con la conseguente necessità di costruire un numero
imprecisato di nuove infrastrutture (gasdotti e rigassificatori), senza
precisarne però né la localizzazione, né la tipologia.
“Dopo oltre vent’anni di attesa di un Piano Energetico Nazionale – concludono
WWF e Legambiente – la S.E.N. di Passera rappresenta un ben modesto passo
avanti, e paga un pegno elevato agli interessi delle lobby dei mercanti di fonti
energetiche fossili. Occorre un Piano serio, da sottoporre al giudizio dei
cittadini con le procedure della V.A.S., prima di qualsiasi decisione su
infrastrutture dal pesante impatto ambientale e socio-economico com’è il caso
del rigassificatore e degli altri impianti energetici previsti a Trieste. WWF e
Legambiente si confronteranno su questo tema con i candidati alle prossime
elezioni politiche e regionali.”
La nota di WWF e Legambiente è stata inviata anche al presidente della Regione,
Tondo, ai sindaci di Trieste, Muggia e S. Dorligo-Dolina, alla presidente della
Provincia di Trieste, ai deputati, ai senatori ed ai parlamentari europei che
hanno i rispettivi collegi elettorali in Friuli Venezia Giulia.
A tutti si richiede di adoperarsi, nelle rispettive competenze, affinché si
pervenga all’azzeramento dell’iter del rigassificatore e delle infrastrutture
connesse.
La nota degli ambientalisti, essendo implicata anche l’applicazione (distorta od
omessa) di alcune Direttive europee, è stata inviata anche alla DG XI – Ambiente
della Commissione Europea di Bruxelles.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 dicembre 2012
Ferriera-choc, rischio tumore più alto del 50% per gli
operai - SALUTE » I DANNI DELLA SIDERURGIA
L’esito di un’indagine epidemiologica ordinata dalla Procura sulle
probabilità di ammalarsi. Nel periodo dal 1974 al 1994, 300 patologie su 2142
dipendenti
Per i lavoratori della Ferriera la probabilità di ammalarsi (e in certi casi
di morire) di un tumore ai polmoni o ai bronchi è del 50 per cento superiore
rispetto al resto della popolazione. È questo il concetto-cardine che emerge
dall’indagine epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’Ass
1 per conto della procura della Repubblica. È una valutazione che fa venire i
brividi perché riguarda un arco temporale particolarmente esteso: dal 1974 al
1994. Ieri mattina il dossier dell’indagine dei tecnici dell’Ass è stato
acquisito dal pm Matteo Tripani che ha aperto un fascicolo. Al momento nessun
nome è stato iscritto nel registro degli indagati. Ma è chiaro che nei prossimi
mesi l’indagine della procura sarà estesa ed attualizzata fino a tutto il 2012.
«Stiamo valutando i dati per poter effettuare un’attività di indagine più
completa possibile», ha spiegato infatti il procuratore capo Michele Dalla
Costa. «Poi - ha spiegato - sarà disposta una perizia affidandola a un
consulente della stessa procura». Ha aggiunto che dall’analisi degli esperti
dell’Azienda sanitaria è emersa una sostanziale differenza di probabilità di
tumore con quella della popolazione. «Insomma - dice ancora Dalla Costa - è
stata evidenziata una stretta contiguità tra i lavoratori della Ferriera e
l’insorgenza di neoplasie». In particolare gli esperti dell’Azienda sanitaria
hanno preso in esame sia i dati dell’Inps che quelli dell’Inail e li hanno
incrociati, nome dopo nome, con quelli dei dipendenti che si sono succeduti
nello stabilimento di Servola. Ma hanno anche rapportato la loro analisi sul
numero di giorni di lavoro nella Ferriera. In pratica, l’analisi statistica, che
ha poi dato risultati allarmanti, ha tenuto conto pure dei periodi di presenza e
di assenza dal lavoro del singolo dipendente. È evidente infatti che un operaio
che ha lavorato per pochi anni ha avuto meno probabilità di ammalarsi di tumore
ai polmoni di un collega che a Servola c’è stato per tutta la vita fino alla
pensione. In origine è stato preso in esame è stato un totale di 2896 lavoratori
che sono stati nel periodo dipendenti della Ferriera. Ma lo studio dell’Assl ha
riguardato il campione statistico che ammonta a 2142 soggetti. E tra questi ad
ammalarsi di tumore sono stati quasi 300 in tutto il periodo preso in esame. Nel
2007 si era già affrontato seppur indirettamente questo argomento in una
relazione dei consulenti tecnici del pm Federico Frezza, all’epoca titolare
dell’inchiesta sulla Ferriera. «Netto effetto proliferativo delle condizioni di
coltura standard delle cellule»: le parole scritte nero su bianco erano comparse
nel mese di giugno di quell’anno su una relazione dei consulenti tecnici del pm
Federico Frezza firmata dal dottor Pierluigi Barbieri e dal collega Ranieri
Urbani dell'Università di Trieste. Ma ora è arrivato il primo capitolo
dell’indagine epidemiologica che evidenzia quello che giuridicamente è definito
il fumus. Spiega infatti il procuratore Dalla Costa: «Lo studio ha evidenziato
che coloro i quali hanno lavorato alla Ferriera hanno avuto il 50 per cento in
più di probabilità di ammalarsi di tumori ai polmoni rispetto alla popolazione
in genere». Dati scientifici - seppur ottenuti da un campione ristretto -
destano non poca preoccupazione.
Corrado Barbacini
Lo sgomento dei sindacati: «Si doveva prevenire» -
INCHIESTA SANITARIA
Per i sindacati sono molto preoccupanti i dati che emergono dall’indagine
epidemiologica effettuata dal Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria
triestina per conto della procura della Repubblica. Secondo questa indagine i
lavoratori della Ferriera hanno un’alta probabilità di ammalarsi di tumore ai
polmoni o ai bronchi. Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil, non
si stupisce più di tanto di dati che valuterà attentamente nei prossimi giorni.
«Situazione decisamente preoccupante - sottolinea -, ma io voglio riferirmi
anche agli ultimi decenni, dove sicuramente c’è stata una responsabilità
dell’azienda. Basta un esempio, gli adempimenti Aia sono stati fatti su
sollecitazione continua da parte nostra. L’impianto è delicato e il rischio
sicurezza è sempre dietro l’angolo». Per Sincovich questi dati che si
riferiscono ad anni lontani, potevano essere oggetto di attenzione anche prima,
per poi intervenire: «Perchè abbiamo chiesto la riconversione? I motivi c’erano
tutti, dobbiamo capire una volta per tutte che l’impianto deve essere messo in
sicurezza. É una priorità». “Allarmanti” definisce i numeri dell’indagine
epidemiologica Franco Palma della Rsu Uilme. «E questo si è verificato
nonostante che anche in quel periodo non mancassero i controlli medici - afferma
Palma -. Evidentemente non erano visite serie. Una certa evoluzione della
Ferriera in meglio è iniziata agli inizi poi degli anni Ottanta. Si sa che il
lavoro in fonderia o in acciaieria è usurante e può portare anche a conseguenze
gravi. Quello che è successo in quegli anni venga ora ben esaminato e si trovino
tutti gli eventuali colpevoli».
(fe.vi.)
Il sindaco Cosolini: «Dati preoccupanti. La
magistratura verifichi»
«Rispetto per il lavoro della magistratura che dovrà verificare eventuali
colpe, ma penso che una società civile si debba porre il problema della
sicurezza sul posto di lavoro in Ferriera come in qualsiasi altro luogo dove c’è
qualcuno che lavora».Il sindaco Trieste, Roberto Cosolini, non intende
commentare i dati di un’indagine epidemiologica, ordinata della Procura, che si
riferiscono a un periodo lontano, «solo qualche riflessione generale di forte
preoccupazione». «Quei dati che non conosco in particolare - aggiunge il sindaco
- vedono confermata la mia preoccupazione di fronte a una situazione che non è
più sostenibile in Ferriera. Il diritto al lavoro non si deve mai scontrare con
la vita, con la salute. Questa preoccupazione l’ho espressa in diversi momenti e
in tutte le sedi in cui si è discusso di questo drammatico problema».
Rigassificatore, Menia: «Ulteriori valutazioni»
Provincia: terzo no - DOPO L’INTERVENTO DI CLINI
Wwf e Legambiente chiedono di azzerare tutte le autorizzazioni
«Il ministro Clini nei giorni scorsi mi ha espresso alcune perplessità sulla
realizzazione del rigassificatore riguardo al traffico portuale, ora vuole fare
ripartire la procedura della Via. Attendo. Per ora rimango fermo sulle mie
posizioni favorevoli alla realizzazione dell’impianto di Zaule». Lo stop
(momentaneo) al rigassificatore non scuote Roberto Menia deputato di Fli,
favorevole da sempre alla sua costruzione. «Non sono di quelli che dicono che si
deve fare a tutti i costi - aggiunge Menia -. Quando ci sono in ballo ambiente,
salute e sicurezza è giusto sgombrare il campo da ogni dubbio. Mi sembrava che,
su questi punti, la Via di tre anni fa fosse rassicurante. Se ora Clini dice che
servono altri approfondimenti mi adeguo alla sua decisione e attendo risposte».
Per il deputato di Fli troppe persone ed enti in questi anni hanno cambiato
spesso idea, a cominciare dalla Regione: «Non possiamo permetterci di perdere
un’occasione di sviluppo e lavoro per la città con atteggiamenti in gran parte
emozionali». E oggi anche il presidente della Regione Renzo Tondo dovrebbe
chiarire la sua posizione. Per il Wwf e Legambiente bisogna azzerare tutte le
procedure autorizzative in corso sull’impianto proposto da Gas natural e sulle
altre infrastrutture connesse. «In questi progetti - affermano - sono emerse
nuove conoscenze sull’impatto ambientatale - rilascio di cloro in atmosfera e di
cloroderivati in mare, di schiume, di acqua fredda su ampie superfici di
contaminanti presenti nei sedimenti marini - e sono tutti progetti interconnessi
tra loro. Però le procedure di valutazione ed autorizzazioni che li riguardano
sono state stranamente separate, quasi si trattasse di progetti indipendenti e
autonomi». Il sindacato Uil Vigili del fuoco Fvg plaude alla decisione di Clini
«che si è accorto delle gravi anomalie interne alle procedure per l’approvazione
del rigassificatore». «Dopo tre anni di lavoro di 25 studiosi - sottolinea il
sindacato - anche il presidente dell’Autority Marina Monassi si è resa conto che
quell’impianto bloccherebbe di fatto il traffico portuale, del resto già in
difficoltà. Riteniamo che tali dichiarazioni ancor oggi si limitino al mero
contesto politico. Per bloccare un iter procedurale amministrativo non basta una
dichiarazione ma servono piuttosto documenti che dimostrino i gravi vizi
procedurali commessi in questi anni». Il Consiglio provinciale di Trieste
intanto ha dato all’unanimità il terzo parere contrario al progetto di
rigassificatore a Zaule. «Ci siamo espressi negativamente alla costruzione di un
rigassificatore a terra - riferiscono i gruppi consiliari della maggioranza di
centrosinistra - impianto ad alto rischio di incidente rilevante vicino a un
centro abitato e altamente inquinante per gli scarichi a mare. Abbiamo integrato
le precedenti delibere che già mettevano in luce l’assenza del parere della
popolazione interessata con gli ulteriori pareri dell’ Autorità portuale in
merito all’incompatibilità del rigassificatore con l’attuale e futuro traffico
navale. La maggioranza auspica che questo parere sia preso puntualmente in
considerazione dagli enti interessati».
Ferdinando Viola
Sondaggio sul web, l’80% dice “no” - SULL’IMPIANTO DI
ZAULE
Il lettori possono partecipare fino alle 12 di oggi su www.ilpiccolo.it
Ieri alle 17 i voti erano oltre 3mila 500, l’80% dei quali per il no al
rigassificatore. Sembra un risultato ormai scontato quello del sondaggio sulla
Rete lanciato dal sito de Il Piccolo. La consultazione è stata attivata nel
pomeriggio di martedì e verrà chiusa oggi alle 12. Questi i risultati del
pomeriggio di ieri: 3mila 529 voti alle 16.57, di cui 693 voti a favore (20%),
2806 voti contrari (80%) e 30 (1%) per il “non lo so”. Anche fra i commenti
sulla pagina Facebook del Piccolo quelli di segno negativo sono la maggioranza.
C’è chi arriva a suggerire al presidente Tondo di costruirsene uno nel giardino
di casa sua (anche se, si potrebbe obiettare, difficilmente una gasiera potrebbe
approdare nel bel mezzo del Friuli). Tra i favorevoli Tony Castelgrande che
scrive: «Se le cose fossero fatte bene, senza toppe e senza fare i furbetti,
l'impatto ambientale è bassissimo. Avessi una casa sufficientemente grande lo
accoglierei nel mio giardino». Risponde Liliana Pajola: «Tony Castelgrande, ma
se lo facessi nel giardino di casa tua dovresti esser disposto a non far entrare
o uscire l’auto dal garage, non usare il tagliaerba e nemmeno far andare sui
pattini i nipotini, quando ti portano i rifornimenti, ogni 2 o 3 giorni. Un po’
scomodo, non trovi? E questo è quello che accadrebbe al porto». Si sviluppa così
il dibattito online, mentre quello fra le istituzioni non pare essere meno
acceso. Mentre la contrarietà al progetto è unanime fra gli enti triestini,
Comune e Provincia, e fra le forze politiche locali, all’interno del governo si
esprimono pareri differenti: il ministro dell’Ambiente Clini ha dato uno stop al
processo imponendo di fare ripartire la procedura di Via, al contrario il
ministro allo Sviluppo Passera sembra essere un convinto sostenitore del
rigassificatore. Il presidente Tondo esprimerà oggi la sua posizione definitiva.
Va ricordato come si tratti di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un
campione elaborato scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai
lettori di esprimere la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali
non tengono conto dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può
risultare superiore a 100. Il link al sondaggio si trova sulla home page del
sito del quotidiano
www.ilpiccolo.it.
Il vero “mostro” di Trieste sarà il polo energetico -
L’INTERVENTO di CARLO FRANZOSINI
Il rigassificatore è solo parte di un progetto complessivo di polo
energetico. Dietro ad un "mostro" se ne nasconde un altro: oggi tutti gli occhi
sono puntati sul rigassificatore, ma in sospeso c’è il progetto per la centrale
termoelettrica di Lucchini Energia. Prendendo spunto dall’editoriale di Paolo
Possamai nel quale si interroga sulla necessità di costruire il rigassificatore,
sono andato ad esaminare i tracciati dei due elettrodotti. C’è quello accessorio
all’impianto di rigassificazione, inserito nel progetto solo nel 2012, e quello
che Lucchini Energia ha presentato nel 2011 come integrazione spontanea alla
procedura di Via per la centrale termoelettrica. I due tracciati coincidono, non
è una coincidenza... Vediamo in dettaglio le tessere di questo puzzle: gasdotto,
rigassificatore, turbogas ed elettrodotto. Mettendoci anche l’elettrodotto aereo
Redipuglia – Udine Ovest potremmo arrivare ad ipotizzare che si voglia
trasformare il porto di Trieste in polo energetico a beneficio degli industriali
friulani. Questi, liberi di utilizzare i porti di San Giorgio e Monfalcone,
diversificherebbero – sì – le fonti di approvvigionamento: quelle elettriche,
potendo scegliere tra A2A e Lucchini Energia. Le quattro infrastrutture che
interessano direttamente il nostro territorio sono sinergiche: lo scrive a
chiare lettere Lucchini Energia, ancora nel 2010, nel suo comunicato: “la
configurazione ottimale (della turbogas) prevede la presenza del rigassificatore
e l’estensione della rete di trasporto nazionale del metano, prevedendo perciò
specifiche sinergie impiantistiche con infrastrutture limitrofe. Qualora il
rigassificatore non dovesse essere realizzato, la Centrale della Lucchini
Energia sarà allacciata alla rete nazionale mediante una soluzione di
connessione definita da Snam Rete Gas (il gasdotto)”. L’elettrodotto,
indispensabile per il collegamento della centrale elettrica, è stato ripreso nel
progetto del rigassificatore all’ultimo momento: non ritengo credibile una
simile dimenticanza perpetrata dal 2006 a primavera 2012, quanto piuttosto una
recente ripartizione degli “oneri accessori” tra le due società energetiche:
Lucchini Energia si accolla il gasdotto, Gas Natural l’elettrodotto. Il
tracciato dell’elettrodotto rimane quello originale ed il progetto passa di
mano. Intanto ci si ostina a nascondere il progetto globale, quello del (fatale)
polo energetico. Esaminando la documentazione che il Ministero dell’Ambiente
mette a disposizione del pubblico per la valutazione d’impatto ambientale,
apprendo che la procedura per la turbogas è stata sospesa su richiesta
volontaria del proponente. Non una, ma due volte. Verrà riavviata tra poco, il
14 gennaio 2013, e questo spiega la drammatica accelerazione dell’iter
autorizzativo per il rigassificatore: alla turbogas serve che venga prima
autorizzato il rigassificatore, com’è scritto nelle motivazioni per la richiesta
di sospensione. Ma cosa può comportare questo “gioco delle parti” - che ha
portato a spezzettare i progetti ed a sfasare i tempi - sulla validità delle
procedure di valutazione? Potrebbe essere che agli occhi dei componenti del
Comitato Tecnico Regionale, chiamato a valutare la sicurezza dell’impianto,
siano stati nascosti elementi capaci di condizionare negativamente l’«effetto
domino» tra i due impianti principali e, a quelli competenti per l’ambiente, il
cumulo di impatti quali le emissioni in aria di ossidi d’azoto e di particolato.
Rigassificatore: Trieste non è una preda da violentare
- LA LETTERA DEL GIORNO di Adriano Verani
Mi riferisco all’incontro presso la Centrale Idraulica del Porto Vecchio in
materia di rigassificatore, da cui ho appreso dalla stampa. Sia il vescovo sia
il questore Padulano si sono comportati con molta sagacia, permettendo
l’ingresso dei manifestanti, dato che la manifestazione era aperta a tutti,
senza timori né paure. Poiché in ogni assembramento c’è quasi sempre qualche
testa calda quando non dei veri e propri provocatori, hanno disinnescato una
protesta che avrebbe potuto degenerare dando voce all’anima di Trieste che ha
avuto modo di manifestarsi, sia pure in maniera esuberante ma senza alcun atto
di violenza fisica. Bravi! Sua Eccellenza può promuovere iniziative di
discussione ma correttamente si astiene dal prendere partito; egli si sta sempre
di più dimostrando un Pastore attento e trepido verso le sorti di questa città e
agisce con determinazione senza farsi inviluppare in pastoie di alcun genere; un
Pastore per tutti i cittadini, credenti e non, cattolici e non. Il Vescovo
diventa il punto di riferimento della «Respublica Tergestina» non solo perché
l’attenzione al benessere della comunità è uno dei suoi compiti, ma anche perché
nella sordida carenza della politica locale di qualsivoglia colore, la Chiesa è
una entità non condizionabile e non ricattabile! Il Vescovo Crepaldi si sta
mettendo sulla scia del suo grande predecessore Santin che ha sempre difeso la
città in tempi difficilissimi, senza mai risparmiarsi. Mentre molti
rappresentanti politici, per quella furbizia del mestiere, si sono attentamente
astenuti dall’intervenire sentendo puzza di guai, il consigliere regionale
Marini – intervenuto – ha espresso la sua preferenza per i convegni blindati con
invito: pare che abbia compreso poco! Frattanto, testardo, il ministro Passera
insiste! Forse pensa che a Trieste siano sufficienti le trombettine e le
bandierine, cose che non macinano più e che non difendono assolutamente
l’italianità di Trieste che per sopravvivere ha bisogno invece di certezze
economiche che diano quella forza unificante che solo il porto e il libero
traffico possono dare. Forse – magari anche male consigliato da qualche Quisling
domestico - pensa che Trieste se ne sarebbe stata cuccia a sopportare ogni
sfregio e ogni umiliazione; forse pensa che Trieste sia un bottino di guerra da
derubare e violentare sino all’osso, magari con il maramaldeggiare di questa
sciagurata Regione? Se fosse così, l’esimio si sbaglia! Infatti perché il
rigassificatore di Livorno – al contrario di quello previsto da noi - viene
costruito fuori dal porto? Perché il «nostro» non viene fatto a Porto Nogaro?
Cosa pensa il Passera: quali sarebbero state le reazioni delle vivaci
popolazioni livornesi e genovesi se il rigassificatore di Livorno fosse stato
imposto all’interno, per esempio nel Porto Americano o, ancora di più, se un
impianto del genere fosse stato proposto a Genova, non dico a Ponte dei Mille ma
fosse anche presso il terminal di Multedo? Frattanto possiamo solo auspicare che
questa città trovi la coesione per difendere – verso tutti – i propri interessi
e che il Vescovo continui con la sua azione forte, ricordandoci nelle sue
preghiere al nostro San Giusto – santo povero e onesto, come lo chiamava Fabio
Cusin – e al Beato Carlo, ultimo Signore di Trieste.
SEGNALAZIONI - Energia / 1 Una presa in giro
Sono una giovane libera professionista, nel senso che ho una professione ma sono libera perché non lavoro. Così ho tempo di leggere e leggo anche il vostro giornale; ho tempo di pensare e mi sono fatta tante domande. Ingenue, forse. Ho letto anche quello che è uscito sul rigassificatore che mi interessa molto perché riguarda la mia città; mi sembra di aver capito che il dirigente regionale responsabile ha dichiarato il parere positivo all’unanimità dei presenti alla conferenza dei servizi che invece erano contrari alla costruzione del rigassificatore nel golfo triestino. Dagli articoli mi pare di capire che c’è stata una denuncia penale e che il presidente Tondo ha rimosso il dirigente che ha combinato questo casino; l’articolo diceva nome e cognome di questa persona. Ho voluto vedere se era vero e mi sono chiesta che fine ha fatto veramente. Curiosa di sapere di più sono andata a visitare il sito della Regione e ho visto che è pubblicato l’organigramma: il dirigente in questione è vice direttore centrale della direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna; ho pensato che il presidente deve andare in Giunta a dire che vuole rimuovere il dirigente e con pazienza ho trovato la delibera n. 2170-2012. Incredibile quello che ho letto. La Giunta regionale... avuto riguardo alle attitudini manageriali e alle capacità professionali dimostrate dal summenzionato dirigente nello svolgimento della sua attività all’interno dell’amministrazione regionale... lo ha spostato dal servizio energia al servizio infrastrutture civili e tutela acque da inquinamento. Leggendo più avanti ho visto che l’incarico è per tre anni. Proprio una vera rimozione... Poi ho notato che c’è un link Trasparenza che mi ha interessato perché volevo vedere cosa potevano dire di trasparente questi signori; una cosa ho trovato: hanno pubblicato gli stipendi e il dirigente “del rigassificatore” guadagna 134.775,73 euro all’anno. Istruttivo. Continuo a leggere e a pormi domande. Ora un po’ meno ingenue. Ma perché prendono così in giro la gente?
Silvia Carella
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Vicenda inverosimile
Se l’attuale giunta regionale fosse una struttura teatrale non potrebbe che rappresentare farse l’ultima delle quali dal titolo “Una vicenda inverosimile”, riguarderebbe la rimozione dall’incarico di vicedirettore della direzione centrale ambiente, energia e politiche della montagna, dell’architetto Pietro Giust. Infatti, solo se quest’ultimo fosse stato colto da un raptus, in occasione della conferenza di servizi, avente ad oggetto il famigerato rigassificatore, avrebbe potuto esprimere, come ha fatto, parere favorevole all’installazione di detto impianto. Si può anche ipotizzare che l’architetto Giust sia un folle. In tal caso non solo non avrebbe potuto rivestire l’incarico di vicedirettore dell’anzidetta direzione centrale per manifesta incapacità, ma avrebbe dovuto essere sottoposto a visita medica collegiale per poter, semmai, essere adibito ad altre mansioni, compatibili con il suo stato di salute. Leggo (Il Piccolo dell’8 c.m.) che la presidente della provincia di Trieste ha ritenuto che il caso sia “troppo strano” e, altresì, che sia “Difficile comunque pensare che un dirigente sia così sprovveduto”. Strano è dir poco; è pressoché impossibile (raptus a parte) che il rappresentante di una pubblica amministrazione partecipi a una conferenza di servizi senza aver prima concordato, nel caso di specie, col proprio direttore centrale (Giovanni Petris) e con l’assessore competente (Sandra Savino), il tenore del parere da esprimere in tale consesso. In realtà, la vicenda sembra essere sintomatica dell’ennesima brutta figura dell’esecutivo regionale nonché del ricorso al “vecchio rimedio” di addossare la colpa dell’accaduto al capro espiatorio di turno. Naturalmente, potrei sbagliarmi. Se così fosse mi attendo che intervenga una chiara e inequivocabile smentita.
Cesare Beniamino Stumpo
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Approccio sbagliato
I comuni cittadini, non avendo conoscenze tecniche adeguate, si devono fidare delle istituzioni locali... Il rigassificatore a Zaule non deve essere costruito! Peccato però che i pareri tecnici siano discordanti: i pompieri della UIL contro i tecnici regionali, comune e provincia contro il governo e via di seguito. Si dice: fate quello che volete, ma non sul mio territorio. Anche qua la sindrome nimby (not in my back yard) trionfa. Comprensibile e giustificato l'atteggiamento dei cittadini, tanto più che sono state sottolineate, innumerevoli volte, solamente gli inconvenienti di un simile impianto, ma nessuno sa, con sufficiente chiarezza, quali potrebbero essere i vantaggi per le famiglie triestine. Per avere un quadro completo non sarebbe il caso, prima di fare editti, di approfondire questo tema? Mi rivolgo ovviamente ai vari sindaci del territorio, che hanno la responsabilità della chiarezza e della obbiettività verso i propri cittadini. Comunque andrà finire è chiaro però che gli enti territoriali sono tenuti a dare solamente un parere, sebbene obbligatorio; chi ha competenza decisionale su strutture strategiche è infatti il governo nazionale e, nella fattispecie, la regione Friuli Venezia Giulia. Quello che sorprende è però l'approccio metodologico di gran parte degli esponenti politici, che dimostrano di avere più attenzioni per gli umori contingenti della gente, piuttosto che per un piano di sviluppo industriale del territorio di competenza, in un quadro strategico nazionale. Il tema più serio che ha l'industria italiana e regionale è quello delle fonti energetiche e dei relativi costi: essi sono superiori fino il 30% rispetto la concorrenza europea! Ci si rende conto di questo gap di produttività o si pensa solamente a essere rieletti? Possiamo considerare il futuro dei nostri nipoti e conseguentemente tenere in conto gli interessi nazionali ? Di più, sappiamo che i nostri non sono quelli della Slovenia...! Ora che in questo quadro il sindaco Nesladek coinvolga Capodistria, Isola, Umago, Pirano e Buje per aumentare la massa di manovra appare assai discutibile. Poi ne deriva una curiosità: perchè non sono stati coinvolti i comuni di Duino Aurisina, Monfalcone, Aquileia e Grado? Essi si trovano alla stessa distanza dal vallone di Muggia, sede ipotizzata per il rigassificatore e la bora soffia sempre da est-nord-est... Infine un argomento di non poco conto, che interessa non solo i muggesani ma tutti i cittadini della nostra regione: se non si fa il rigassificatore, qual è il piano industriale per quell'area fortemente inquinata, visto che là non vedremo certamente giardinetti o campi di tennis!? Insomma tiriamole fuori tutte, gli elettori ne hanno diritto.
Gianfranco Orel - segretario della federazione PSI di Trieste
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Quale futuro senza lavoro
Qualche dozzina di persone protesta contro il rigassificatore e si fanno i titoli di giornale. Tale infrastruttura porterebbe lavoro e risparmio sulla bolletta elettrica. Mi domando perché associazioni come la Confcommercio, che ne trarrebbe solo dei vantaggi, non si espone a favore. Ho paura che sia più facile esporsi col classico: “no se pol” che mostrare le proprie preferenze. Che futuro ha la città di Trieste senza più lavoro? Chiedo quindi alle associazioni di categoria di esporsi per un sì o un no motivato e non scomparire nel nulla, perché a Trieste se pol!
Enrico Maggiola
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Un piccolo calcolo
Da persona disinformata, chiedo lumi agli esperti sulla economicità della operazione rigassificatore ipotizzato a Trieste, vicino alle abitazioni. Un piccolo calcolo: il gas deve venir raffreddato a bassissima temperatura (con consumo di energia), trasportato via mare (100 – 150 navi speciali all’anno!), scaricato e riscaldato con acqua di mare in enormi quantità giornaliera (altre energia spesa), stoccato in deposito, ecc. Naturalmente una grossa spesa è quella dell’impianto a terra, dell’elettrodotto di alimentazione da costruire, del gasdotto sottomarino, del personale, delle assicurazioni, e via dicendo. . . La Gas Natural, secondo l’ineffabile contratto, verrebbe risarcita per eventuali perdite di esercizio da parte della comunità locale (Regione?) che spalmerebbe la spesa su tutti i consumatori. Non mi sembra un buon affare per noi. Che il rigassificatore sia “strategico” è indubbio, ma non per l’Italia, come ha detto il ministro Passera, bensì per la Gas Natural che ne trarrebbe reddito garantito a tempo indeterminato, assieme a qualche italiano. Ed il gasdotto Gazprom, in imminente arrivo a Tarvisio per il mercato italiano, da chi verrebbe utilizzato, dato che il suo gas sarà senz’altro più vantaggioso in termine di costi di fornitura e di minor danno sull’ambiente (e nessun intralcio al traffico del porto di Trieste). Ma forse quello non è “strategico”. Più considero, da incompetente il problema del rigassificatore, e più mi sembra assurda la sua possibile opzione. Sarebbe gradita una precisazione da parte della Acegas Aps – Hera.
Pino Sussa
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 L’esempio di Rotterdam
In tema di rigassificatori non contesto la loro utilità, ma i miei dubbi sono sul dove e sul come debbano essere realizzarli, poiché non essendo fabbriche di caramelle penso siano potenzialmente in grado di creare qualche problema sia per l’ambiente che per quello che vorremmo possa essere il futuro sviluppo della Portualità Triestina e che quindi sarebbe auspicabile un sincero e sereno approfondimento in merito anche con le vicine repubbliche di Slovenia e Croazia. Questo per verificare se ci potesse essere un interesse comune per realizzare/sfruttare un impianto Offshore, doveroso approfondimento anche alla luce di quanto si sta facendo in giro per il mondo ed uno degli esempi più recenti è Rotterdam dove il nuovo impianto sorge in un’area appositamente riconquistata dal mare “Maasvlakte” posta all’ingresso dei bacini portuali alla foce del fiume Mosa e ben lontano da aree intensamente abitate e con i pontili orientati verso il mare aperto per consentire una rapida via di fuga in caso d'incidente.
Giuliano Brunello Zanitti
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 Minaccia pressante
Al di là degli effetti della recessione e della crescente diseguaglianza sociale, fenomeni nazionali che colpiscono anche il nostro territorio, il 2012 si chiude registrando vari episodi negativi che la nostra città ha subìto o sta subendo. In primis sul piano ambientale, con la minaccia sempre più pressante del rigassificatore installato pericolosamente in area urbana e foriero di gravi danni all'ecosistema marino. Poi sul piano estetico, con la superflua e non neutra passerella installata a nascondere parte del Canale riducendone l'effetto scenografico finora tanto apprezzato dai turisti e...da noi triestini (perchè questa dilapidazione di fondi pubblici che avrebbero potuto venir meglio impiegati negli indispensabili restauri della fatiscente edilizia scolastica?). E ancora sul piano della cultura, con il dimezzamento dei fondi regionali ai teatri e ai festival cinematografici (ma non delle sovvenzioni alla cosiddetta “lingua” friulana), con gli ineffabili e goffi attentati alla Film Commission e al Fondo per il cinema, con la soppressione del finanziamento a FilMakers...grazie Tondo! grazie Seganti! grazie De Anna! Infine sul piano della libertà di espressione, con il ritorno a forme di censura politica nel mondo dello spettacolo che sembrano catapultarci indietro di decenni: dopo il famigerato ordine del giorno votato “trasversalmente” dal Consiglio regionale nel dicembre 2011 su proposta UDC contro il finanziamento al film “Bella addormentata” di Marco Bellocchio, assistiamo in questi giorni al “taglio” di uno spettacolo sul tema delle foibe dal cartellone del Teatro Stabile Sloveno. Censure dovute a motivazioni economiche o estetiche o etiche, si dice dalla parte di chi ha il potere di disporle...ma resta il fatto che ogni censura è un atto politico. Come non ricordare gli anni Cinquanta e Sessanta quando, imperanti in Italia i due “pensieri unici” della DC e del Pci, tutte le voci fuori dal coro venivano emarginate e sconfessate perchè non rientranti nei due conformismi culturali dominanti?
Mario de Luyk
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 I dilemmi di Tondo
L’idea del rigassificatore risale all’epoca del governatore Illy e del governo Prodi - Bersani. Ora l’attuale governatore Tondo non sa che pesci pigliare e si trincera dietro il responso della Conferenza dei servizi, dove i tecnici della Regione avevano decretato l’approvazione all’unanimità del progetto, responso di una certa rilevanza. Molteplici i pronunciamenti contrari di Comuni, Provincia, Autorità Portuale ecc. Da ultimo l’intervento parlamentare di Rosato, direttamente al ministro Passera. Sibillina la sua risposta: “Il giudizio del Governo si baserà sul criterio della prevalenza”, che sappiamo può essere ampiamente manipolata soprattutto da chi ha i mezzi per farlo. Nella malaugurata ipotesi di una imposizione, Trieste e Muggia avrebbero tutto da perdere, anche per i posti di lavoro che sarebbero molto pochi. Come ridurre i “bechi e bastonai”? Io suggerirei almeno un’importante riduzione del costo del Gpl per tutta la Provincia di Trieste.
Emanuela Crevatin
Nesladek presenta il Prg «Così salveremo Muggia»
Oggi primo appuntamento con la popolazione per illustrare le linee guida
Stop ai grandi insediamenti edilizi: “sviluppo sostenibile a cemento zero”
MUGGIA Tre anni di lavoro preliminare in seguito alle prime direttive
consiliari e sei mesi di attenta analisi del territorio, dopo l’affidamento
dell’incarico ai progettisti veneti. Tanto ci è voluto perché il nuovo Piano
regolatore di Muggia, che l’amministrazione comunale definisce come una vera e
propria svolta, iniziasse a prendere forma. Dopo interviste e rilevazioni sulle
esigenze e specificità dei luoghi, si sono elaborati quattro “pre-piani” da
sottoporre all’attenzione della cittadinanza. Nello specifico, non trapela
ancora molto. Ma le intenzioni sono estremamente chiare. L’indirizzo «Veniamo da
decenni di deriva urbanistica che si è ripercossa in molti modi sulla vita della
città» commenta inequivocabilmente il sindaco Nerio Nesladek. «Il Piano
precedente – precisa – trasformava Muggia in terreno di conquista per enormi
insediamenti edilizi, a volte mascherati da strutture ricettivo-turistiche».
Sviluppo sostenibile e “cemento zero”, insomma, non sono di certo formule note
dalle parti della riviera: «Con questo documento, finalmente, fermeremo il
consumo sconsiderato del suolo e andremo nella direzione opposta, cioè la sua
conservazione; ciò che verrà costruito – afferma Nesladek – dovrà rispondere non
soltanto alle esigenze del mercato, ma anche e soprattutto dell’ambiente e della
fruibilità dello stesso da parte dei cittadini». A tal fine si è potenziato il
processo partecipativo, che non vuole essere un mero adempimento burocratico ma
una vera e propria sinergia tra le conoscenze politiche e tecniche e le
sensibilità dei residenti. «Ridisegneremo il territorio muggesano insieme»
spiega la vicesindaco con delega all’urbanistica, Laura Marzi. L’iter Il primo
appuntamento aperto a tutti è oggi (venerdì), alle 18 in sala Millo: verranno
esposti i risultati delle analisi ed illustrate le modalità di partecipazione al
progetto della variante. Chi vorrà collaborare alla stesura potrà “iscriversi” e
chi vorrà semplicemente chiedere delucidazioni sarà informato. Il Comune,
intanto, ha pubblicato sul proprio sito web alcuni materiali consultabili (nella
sezione “Nuovo Prgc”) e ha attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (nuovoprgc@comunedimuggia.ts.it).
«Gli incontri operativi si svolgeranno più avanti, a partire da metà gennaio,
per culminare nel mese di febbraio con la presentazione ufficiale del nuovo
Piano» preannuncia Claudia Ferluga, che coordina il versante partecipativo
dell’iter. L’idea è esporre la variante “in progress” nella sala Negrisin, alla
presenza dei tecnici, per alcuni giorni nella seconda metà di gennaio e
raccogliere tutte le osservazioni entro la fine del mese successivo. Poi si
passerà alla redazione definitiva della variante, che dovrà essere accompagnata
dalla Valutazione ambientale strategica, adottata e infine votata dal Consiglio
comunale durante l’estate. Gli scenari I “pre-piani” elaborati da “Veneto
progetti S.C” riguardano l’ambiente, l’abitare, la mobilità e lo sviluppo. «La
vera novità consiste nel ruolo fondamentale e primario rivestito dalle
valutazioni ambientali e paesaggistiche» rivela l’architetto Pietro Cordara.
Dunque, spazio alla mobilità sostenibile, con percorsi privilegiati per pedoni e
ciclisti; salvaguardia del patrimonio naturalistico in continuità con il
territorio sloveno; incremento della qualità degli insediamenti, tramite
l’utilizzo di nuove tecniche costruttive e delle energie rinnovabili, chiarisce
l’architetto Alberto Menegante. Per quanto riguarda il turismo, al posto di
centinaia di metri cubi di cemento sorgeranno bed and breakfast oppure
agriturismi. «Gli imperativi – sentenzia Nesladek – sono rispettare la vocazione
del territorio e scongiurare il dissesto idro-geologico».
Davide Ciullo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 dicembre 2012
Clini: stop al rigassificatore
Il ministro fa ripartire la procedura di Via. «Ma un
impianto in Alto Adriatico è strategico»
«Non possiamo fare finta di niente. Il tema non è l’impianto, ma il rapporto
fra rigassificatore e porto. Servono degli approfondimenti». Perché quella Via
rilasciata più di tre anni fa nel luglio 2009, per il progetto di Gas Natural
per l’insediamento nella baia di Zaule va «riconsiderata» e il parere finale
«può cambiare». Corrado Clini certifica la frenata che già aveva fatto intendere
otto giorni prima. Dichiarazioni ma anche atti: il ministro dell’Ambiente ha
infatti disposto la riapertura della procedura sulla Valutazione di impatto
ambientale (Via), per un «supplemento di istruttoria». Lo mette nero su bianco
una nota ufficiale del ministero diramata nel pomeriggio di ieri. Uno stop il
cui primo effetto sarà presumibilmente quello di dilatare le tempistiche
dell’iter, rendendo improbabile la convocazione a gennaio della riunione per la
concessione dell’autorizzazione unica alla società proponente. Una decisione,
quella di Clini, che trae origine dai dati aggiornati sull’attualità e sugli
sviluppi futuri dell’attività del porto di Trieste, inviati a Roma dalla
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi. Dati e numeri che, annota
Clini, cambiano lo scenario delineato nella documentazione risalente all’avvio
dell’iter. Monassi nella sua recente missiva aveva «messo in evidenza possibili
conflitti - si legge nel comunicato del ministro - fra la localizzazione
dell’impianto di Zaule, il traffico marittimo e lo sviluppo futuro» dello scalo.
«Il supplemento di istruttoria - puntualizza il ministero - deve tenere conto
anche della Valutazione ambientale strategica (Vas) del Piano regolatore
portuale di Trieste, ancora in corso» e, per l’appunto, di tutte le limitazioni
che la presenza del rigassificatore potrebbe determinare per i traffici
portuali. Le integrazioni, peraltro, sono state disposte da Clini anche per il
progetto di un rigassificatore offshore, al largo del golfo, presentato da
Endesa, la cui procedura di Via è in essere e nella quale va tenuto conto dei
«vincoli derivanti dalle regole di Imo - International maritime organization,
che impongono la creazione di una vasta zona di rispetto, con riflessi sulle
acque territoriali della Slovenia». Il ministro - con una lettera ufficiale - ha
chiesto nei giorni scorsi a Regione, Comune, Provincia e Autorità portuale di
inoltrare a Roma ogni possibile ulteriore osservazione e informazione. «Vorrei
evitare - ha approfondito Clini in serata - di assumermi la responsabilità di
dare un via libera, per scoprire poi che quell’impianto sarebbe stato meglio non
costruirlo. Serve un’etica delle responsabilità. Gli enti dunque si esprimano,
dicendo se e cosa preferiscono». Risposte note in quasi tutti i casi, con la
Regione unico punto interrogativo, dopo l’ormai nota «pietra sopra» di Tondo e
in attesa dei pronunciamenti della giunta. «Vogliamo capire se i nuovi elementi
acquisiti possano andare a modificare la situazione - ha continuato Clini -. E
anche soluzioni alternative all’ubicazione proposta devono essere inserite nella
documentazione». Confermando la linea del governo («Gli impianti di
rigassificazione dell’Alto Adriatico sono strategici per l’Italia»), il ministro
ha osservato come debbano essere superate «le criticità emerse», anche quelle
sollevate dalla Slovenia. E sul tema dell’approvvigionamento del gas è in
programma in gennaio «con la partecipazione della Commissione europea» il
vertice fra Italia, Slovenia e Croazia.
Matteo Unterweger
Lubiana contraria a qualsiasi progetto nel golfo di
Trieste - Pronunciamento del parlamento sloveno
Un secco no ai rigassificatori nel golfo di Trieste. Il Comitato esteri del
Parlamento sloveno, riunito ieri a porte chiuse, ha ribadito la posizione di
Lubiana sulla costruzione dei terminal: contrari a Zaule, contrari all'impianto
off shore. «Abbiamo voluto dare un chiaro segnale all'opinione pubblica slovena,
italiana ed europea», ha dichiarato al termine della seduta il presidente del
Comitato Jozef Horvat. Il Comitato ha espresso anche il pieno appoggio al
governo sloveno, affinché «adotti tutti i mezzi giuridici necessari» per
impedire la costruzione dei rigassificatori, ma Horvat, così come i ministri
dell'Ambiente Franc Bogovic e degli Esteri Karl Erjavec, entrambi presenti alla
riunione, non ha voluto precisare se questo significa anche una denuncia formale
della Slovenia contro l'Italia in sede di Commissione e Corte europea.
«Continuiamo a dialogare con Roma», ha spiegato il capodiplomazia sloveno
Erjavec . Convinto delle ragioni slovene, ma anche della necessità del dialogo,
pure il ministro sloveno dell'agricoltura e dell'ambiente Franc Bogovic,
soddisfatto della disponibilità dichiarata dal ministro italiano Clini a
riaprire il discorso sulla Valutazione di impatto ambientale.
Franco Babich
Tondo: primo obiettivo è il futuro del porto
Il presidente della Regione: «Le osservazioni dell’Authority non potevano
essere ignorate». Il sindaco Cosolini: «Adesso ribadiremo il nostro “no”»
Tutela del porto prima di tutto. Renzo Tondo annota le disposizioni del
ministro Clini per il supplemento di istruttoria sulla Via del progetto del
rigassificatore di Zaule (e per ulteriori approfondimenti anche in merito alla
procedura inerente la proposta del terminale offshore) e vi si ritrova: «È una
notizia rilevante - esordisce il presidente della Regione -. Le recenti
osservazioni dell’Autorità portuale, che chiamano in causa il traffico presente
e futuro del porto, non potevano essere ignorate. Noi - prosegue Tondo - le
abbiamo ascoltate e così pure sta facendo il ministero. Il futuro del porto è il
futuro della città, elemento imprescindibile per qualsiasi valutazione sul
tema». Quasi un anticipo delle considerazioni politiche sulla questione
rigassificatore che il governatore porterà domani, come annunciato (partendo dal
«mettiamoci una pietra sopra» del discorso di otto giorni fa all’hotel Savoia),
all’attenzione della sua giunta e sulle quali poi l’esecutivo si esprimerà.
Chiarendo dunque le intenzioni della Regione rispetto alla richiesta di
annullamento della contestata Conferenza dei servizi del 22 novembre scorso - in
cui venne dato l’ok all’Aia nonostante i pareri contrari di Comune e Provincia -
e di riconvocazione della stessa piovute dalle amministrazioni comunali e
provinciali di Trieste e dal Municipio di Muggia nei giorni scorsi. «È un bene
che sia arrivata questa risposta - parte dal canto suo Roberto Cosolini -. Le
ricadute sulle movimentazioni portuali vanno valutate. E così le previsioni
contenute nel Piano regolatore portuale, che gira da anni con il suo iter al
ministero dell’Ambiente. Mi pare che la posizione del ministro Clini sia
coerente». Il sindaco prende quindi atto della decisione romana, preannunciando:
«Di fronte alla richiesta del ministro ribadiremo la nostra posizione». Cioè
quella di un “no” sancito più volte dal Consiglio comunale, l’ultima proprio lo
scorso lunedì in aula. E su quelle «soluzioni alternative» che il ministro ha
chiesto di inserire nella documentazione, Cosolini osserva: «Il proponente fino
a oggi insiste su un sito. Se qualcuno dovesse prendere l’iniziativa,
organizzando un tavolo anche assieme a Croazia e Slovenia per valutare una
localizzazione idonea a dare modo di soddisfare un’esigenza energetica di tutto
un territorio, questo sarebbe un passo avanti. L’avevo proposto tre anni fa,
quando ancora ero segretario provinciale del Pd...». Sorride («è chiaro che a
questo punto si tratta di un approfondimento che fa ben sperare») ma non si
illude Maria Teresa Bassa Poropat: «Ora deve esserci però un dialogo nel
governo, fra i ministri Clini e Passera, considerato che quest’ultimo sostiene
che il rigassificatore si debba fare qui a Trieste. Spero - è l’auspicio della
presidente della Provincia - che Clini gli trasferisca le sue preoccupazioni».
Motivi di apprensione da tempo evidenziati dall’ente di palazzo Galatti: «Nelle
nostre osservazioni - aggiunge Bassa Poropat - avevamo inserito i rischi per lo
sviluppo portuale, per noi un elemento cardine. E a Roma avevamo fatto notare i
vizi procedurali sull’Aia». La numero uno della Provincia si sposta così
sull’esito della Conferenza dei servizi di un mese fa, andando a punzecchiare
Tondo: «Mi pare un elemento insolito e strano che la Regione non riconvochi la
Conferenza dei servizi. Le annunciate valutazioni del governatore? Qui bisogna
convocare...». Da Muggia giunge infine tutta la soddisfazione del sindaco Nerio
Nesladek: «Un passo in linea con quanto già dichiarato dal ministro. Siamo
fiduciosi che riusciremo a far emergere tutti i deficit del progetto del
rigassificatore di Zaule. E se la Via sarà fatta come va fatta, con serietà e
competenza, sono convinto che le ragioni “contro” prevarranno».
(m.u.)
PROTESTA IN VIA DEL TEATRO ROMANO
Un’altra manifestazione di protesta contro il rigassificatore di Gas Natural
si svolgerà questo pomeriggio alle 18 in via del Teatro Romano organizzata dai
Vigili del fuoco della Uil e alla quale aderiscono anche il comitato “Trieste
gasata” e il Circolo verdeazzurro di Legambiente che invitano cittadini e
partiti a parteciparvi. Sono previsti interventi tecnici di studiosi e di
rappresentanti di associazioni oltre a un monologo dell’attore Flavio Furian.
Sondaggio sul web, i contrari sfiorano l’80% - SÌ O NO
IN UN CLIC
I lettori possono partecipare fino alle 12 di domani collegandosi al sito
www.ilpiccolo.it
Sempre più netta la prevalenza del “no” al rigassificatore di Zaule nel
sondaggio web lanciato dal Piccolo. Alle 21.15 di ieri sera il totale dei voti
aveva sfiorato quota 2.700, attestandosi per l’esattezza a 2.693: il 78% dei
lettori (2.092 voti in termini assoluti) che si sono espressi ha cliccato il
“no” esprimendosi contro il progetto di Gas Natural, mentre il “sì” è stato
scelto 576 volte (21%). Dell’1% è la percentuale di quanti non prendono
posizione (“non so”, per il quale a ieri sera avevano optato in 25). “Siete
favorevoli?”, questo il quesito che il sito www.ilpiccolo.it propone ai propri
lettori sul tema dell’impianto di rigassificazione che la multinazionale
spagnola dell’energia vorrebbe realizzare nella baia di Zaule. Un progetto
fortemente osteggiato dal territorio, anche attraverso i pareri ufficiali
ribaditi in più occasioni da Comune e Provincia di Trieste, così come dal Comune
di Muggia, dai quali è emersa una netta contrarietà. La stessa manifestata anche
dalla Slovenia. La giunta regionale dovrebbe invece esprimere la sua valutazione
nella giornata di domani, quando il presidente Renzo Tondo porterà le sue
riflessioni alla riunione dell’esecutivo dopo aver frenato in merito al progetto
(«mettiamoci sopra una pietra»), modificando dunque la propria posizione
rispetto a quel favore manifestato pubblicamente nel maggio scorso. Per il
rigassificatore preme invece il ministro dello Sviluppo economico Corrado
Passera e anche Confindustria si è più volte dichiarata favorevole, a patto che
l’impianto non comprometta lo sviluppo dei traffici portuali. I lettori potranno
partecipare al sondaggio - al quale si accede attraverso il link che compare
nella home page del sito - sino alle 12 di domani. Va ricordato come si tratti
di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione elaborato
scientificamente e che ha la sola finalità di permettere ai lettori di esprimere
la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non tengono conto
dei valori decimali: in alcuni casi, quindi, la somma può risultare superiore a
100.
Bloccati i cantieri in Austria dopo un esposto pubblico
- CORRIDOIO BALTICO-ADRIATICO
UDINE Stop ai lavori del nuovo tracciato ferroviario della Koralmbahn, parte
essenziale del corridoio Baltico-Adriatico, nel tratto di collegamento fra Graz
e Klagenfurt. Il Consiglio di Stato, infatti, accogliendo gli esposti presentati
con cinque petizioni popolari, ha bloccato un cantiere impegnato nella
costruzione di 19 chilometri di binari, tra Althofen e Mittlern, nella Carinzia
orientale. Il tracciato attraversa i comuni di Feistritz, Eberdorf, St. Kanzian,
Grafenstein e Völkermarkt, scavalcando il corso della Drava. Gli abitanti della
zona si oppongono al progetto, perché ne temono l’inquinamento acustico. Quando
nel 2023 la nuova linea ferroviaria entrerà in funzione, sarà percorsa da 250
treni al giorno, a una velocità che potrà raggiungere i 200 chilometri all’ora.
Una perizia predisposta in occasione della Valutazione di impatto ambientale
aveva indicato in 45 decibel il limite massimo del rumore che il transito dei
convogli avrebbe potuto causare, di 5 decibel sopra la soglia di tollerabilità
stabilita dalle norme sulle emissioni acustiche ferroviarie. Gli abitanti della
zona, peraltro, contestano le stesse norme, che prevedono soglie di inquinamento
acustico molto superiori a quelle ammesse dall’Organizzazione mondiale della
sanità. Insomma, la normativa austriaca andrebbe adeguata a quella
internazionale, rimettendo così in discussione il tratto di ferrovia in
costruzione tra Althofen e Mittlern. Il Consiglio di Stato ha preso atto del
mancato rispetto da parte delle Ferrovie delle indicazioni emerse dalla
Valutazione di impatto ambientale, che riguardano non soltanto l’impatto
acustico, ma anche modeste variazioni al progetto (si trattava di spostare il
tracciato di 40 metri) non accolte. Le petizioni popolari avevano mosso rilievi
anche alla mancanza di misure volte alla protezione della fauna e al pregiudizio
alla salute che sarebbe potuto derivare dalla presenza di campi
elettromagnetici. Ma di queste osservazioni l’organo giudiziario amministrativo
non ha ritenuto di dover tener conto. Il blocco del cantiere di Althofen ha
suscitato un immediato allarme. Anche se riguarda soltanto 19 chilometri, si
tratta pur sempre di parte di quello che un giorno sarà il collegamento
ferroviario più rapido tra i porti del Baltico e quelli di Trieste e dell’Alto
Adriatico. Le Ferrovie austriache hanno gettato subito acqua sul fuoco,
assicurando che tutte le richieste degli abitanti della sona saranno soddisfatte
e che la realizzazione dell’opera non subirà ritardi.
Marco Di Blas
MUGGIA - Via alle consultazioni sul nuovo Piano della
svolta ecologica
MUGGIA Tutto pronto per il Piano regolatore che segnerà la svolta ecologica
di Muggia. Terminata la fase di analisi del territorio, accompagnata dal
rapporto preliminare di Valutazione ambientale strategica, può aprirsi oggi la
fase partecipativa. Oggi alle 15 in una conferenza stampa alle 15 verranno
presentati i temi e le proposte in cantiere e messe a punto le modalità di
raccolta delle osservazioni e delle critiche. A tal proposito, il primo
appuntamento significativo sarà domani, alle ore 18 in sala Millo: la bozza
della variante sarà illustrata a tutti i cittadini e agli altri portatori
d’interesse. Lo “step” della partecipazione – informano dal Municipio – si
avvarrà di una serie di strumenti utili per chi vorrà collaborare o anche
semplicemente informarsi, come l’organizzazione di forum generali e tavoli
tematici. Si tratta della stretta decisiva per un progetto che ha iniziato a
prendere forma nel 2009, in seguito alle direttive approvate dal Consiglio
comunale che mettevano in evidenza la necessità di frenare il “consumo” del
territorio e promuovere uno sviluppo e una mobilità sostenibile per Muggia. Dopo
lunghe consultazioni con i professionisti e la collaborazione con la “Veneto
progetti S.C” di San Vendemiano, l’amministrazione passa la palla al pubblico. E
intanto, “al fine di consentire la massima diffusione delle informazioni
relative alla nuova variante”, ha pubblicato sul proprio sito web alcuni
materiali consultabili (nella sezione “Nuovo Prgc”), e ha attivato un indirizzo
di posta elettronica dedicato (nuovoprgc@comunedimuggia.ts.it). Nei mesi scorsi,
il sindaco Nerio Nesladek aveva preannunciato una «fortissima riduzione delle
lottizzazioni e dei grandi investimenti residenziali», puntualizzando però che
«singoli insediamenti, allargamenti e ristrutturazioni saranno consentite».
Alcuni giorni fa, la vicesindaco con delega alla pianificazione territoriale
Laura Marzi ha anticipato alcune linee guida, quali la valorizzazione di
percorsi storici e paesaggistici per pedoni e ciclisti, il recupero agricolo e
il turismo sostenibile. Nelle intenzioni, si dovrebbe puntare anche
sull’integrazione transfrontaliera e sul rilancio del mare e del porto. Alla
fase partecipativa seguirà la redazione definitiva del Prg che sarà votato dal
Consiglio comunale durante l’estate.
Davide Ciullo
Differenziata scarti verdi - ACEGASAPS
AcegasAps rende noto che, a partire dal 27 dicembre riprenderà il servizio
di raccolta differenziata “porta a porta” degli scarti verdi dei giardini. Lo
svuotamento del bidone va prenotato telefonando al numero verde 800 955988
GRATIS,
opzione 4. Dopo la risposta del sistema automatico e secondo le indicazioni
fornite dovranno essere digitati prima il codice cliente e poi il codice bidone.
All’accettazione della prenotazione, il sistema indicherà il giorno previsto per
il ritiro settimanale. Cosa conferire: erba, foglie, ramaglie e radici
provenienti da piccole manutenzioni ordinarie. Come conferire: gli scarti devono
essere introdotti sfusi nei contenitori, senza utilizzare sacchetti, e privi di
terra, sassi, vasi o sottovasi. Quando e dove: nella pubblica via nel giorno
previsto per lo svuotamento tra le 19,30 e le 20.
Scambio di auguri multietnici - Domani
Scambio di auguri e un brindisi all’insegna della cultura, della convivenza e della solidarietà in occasione delle feste di fine anno. L’iniziativa è di “Trieste Multietnica e Interculturale, in collaborazione con la Consulta degli immigrati del Comune, si svolgerà domani dalle 18 alle 20 in piazza Unità, accanto all’albero di Natale. Gli organizzatori invitano al brindisi tutti i componenti delle varie comunità etniche presenti a Trieste.
Se non sai che pesci pigliare ci sono le brochure del
Wwf - Campagna ambientale
“Ma quanto gira i girai” prima di finire sulle nostre tavole? Qui, pare,
poco. I triestini infatti consumano di preferenza il pesce locale, quello
cosiddetto a “chilometro zero”. Ma lo fanno più per tradizione che non per reale
coscienza alimentare e ambientale. E a frequentare abitualmente le pescherie
sono i concittadini dai 50 in su, anche in considerazione degli orari di
apertura. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Wwf Italia nell’ambito
della campagna “Che pesci pigliare?”, i cui risultati sono stati diffusi alla
presentazione della nuova iniziativa di sensibilizzazione per il consumo
consapevole e responsabile, contraddistinta dallo slogan “Credi che tutti i
pesci siano I-Dentici?”. Fino a fine anno, nel periodo di maggior consumo, gli
esercenti delle pescherie aderenti a Confcommercio e i punti vendita Despar
ospiteranno operatori di Wwf e Area marina protetta di Miramare che
distribuiranno materiale informativo per una scelta del pescato sostenibile. Le
brochure puntano a divertire, con simpatiche frasi dialettali e far riflettere,
con informazioni sulla stagionalità e su come “leggere” la zona di provenienza.
«Il consumatore triestino è attento e ha voglia di essere informato - spiega il
biologo dell’Amp Miramare, Francesco Zuppa -, ma spesso dimostra una non
conoscenza rispetto all’impatto ambientale e sul ruolo che può svolgere nella
salvaguardia delle biodiversità: aspetti legati alla stagionalità, al trasporto,
alla differenziazione delle specie ittiche». Qual è ad esempio l’«Ora dele orade?»
Anche il pesce va scelto a seconda della stagione. Così – si legge - il “Sardon
day” si può fare solo da aprile a settembre, mentre da novembre a marzo si può
organizzare il “Mormora day”. E lo “Sgombro day”? Da maggio a settembre. Perché
è importante consentire la riproduzione delle specie marine per preservare il
patrimonio ittico. E fuori stagione pure la qualità delle loro carni è meno
nutriente. E allora? «Allora questo mese il menù di pesce “giusto” è: canoce,
caramai, moli, orade, mormore, passere, riboni, saraghi, sepe, sogliole, spari,
triglie e zievoli». E se siamo pessimisti sul futuro delle nostre specie
ittiche, consumiamo “Pessi misti!”. Delle 32mila specie, ricordano dal Wwf, solo
300 sono commercializzate: «menole, moli, angusigoli o zievoli sono dimenticati
in favore di orate e branzini. Così come il pesce azzurro (sardoni, sgombri e
sardine), particolarmente diffuso dalle nostre parti» che siamo invitati invece
a consumare perché in realtà il «pesce povero è ricco di gusto». Per arrivare
nel piatto, tanti pesci fanno il giro del mondo, con relativo consumo di
carburante e produzione di anidride carbonica. Da qui, l’invito a osservare la
zona di provenienza. Alla campagna, finanziata dal Programma Med dell’Unione
europea, è legata un’indagine sulle conoscenze e abitudini dei triestini
condotta alle pescherie La Barcaccia, la Vecchia Lussino, La Bottega del mare,
la pescheria Bosco e nei punti vendita Despar.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 dicembre 2012
Rigassificatore, il 3 gennaio il Comitato vota il no
La delibera sarà portata nella prossima riunione, una volta concluso lo
studio commissionato sulla coesistenza dei traffici delle gasiere con le altre
navi
Nella prossima seduta che verrà appositamente convocata il 3 gennaio il
Comitato portuale voterà una delibera contraria al rigassificatore di Zaule,
facendo così seguire il proprio parere negativo a quelli già più volte
pronunciati da Comune e Provincia. Ieri infatti non era ancora pronto lo studio
commissionato alla Technital riguardo all’accresciuto traffico commerciale
(petroliere, traghetti, navi da crociera, portacontainer) verificatosi quand’era
già stata chiusa la Valutazione d’impatto ambientale. Già la bozza riassuntiva
dello studio farebbe però presagire una ben difficile coesistenza con il
traffico delle gasiere. Problemi evidenziati sia dal rappresentante dei
terminalisti, Ampelio Zanzottera, che da quello degli spedizionieri Guido
Valenzin. Ma altri elementi di perplessità sono stati aggiunti da Giorgio
Lillini che in Comitato rappresenta il Genio civile. «Non esistono solo le
questioni della poca distanza dalle zone abitate e del raffreddamento dell’acqua
- ha detto - ma nella Via sul rigassificatore non si parla del gasdotto perché
si seguono procedure diversificate, eppure la condotta sottomarina potrebbe
essere incompatbile con gli altri traffici e una sua collocazione sotto i
fondali potrebbe comportare spese enormi». «In effetti - la risposta
dell’ingegnere dell’Authority Eric Marcone - la condotta risulterebbe
incompatbile col passaggio dei traghetti al futuro terminal ro-ro dell’ex
Aquila, per la cui realizzazione oltretutto si dovranno anche dragare i fondali.
Abbiamo già posto la questione al ministero dell’Ambiente: ha risposto che la
condotta sarebbe stata abbassata di conseguenza». «Anche la Siot si è espressa
in termini negativi rispetto alla condotta sottomarina - le conclusioni della
presidente dell’Authority Marina Monassi - cercheremo di far rivedere questo
progetto perché è inamissibile dal punto di vista tecnico che possa essere
portato a termine in questo modo». «Purtroppo le questioni ambientali dal
ministero dello Sviluppo economico vengono considerate già superate - le
preoccupate considerazioni dell’assessore provinciale Vittorio Zollia - ho visto
a Roma i tecnici del ministero dell’Ambiente, purtroppo sono in soggezione
rispetto a quelli del Mise. Bisogna fare presto, perché già il 17 gennaio
potrebbe essere convocata a Roma la seduta finale per concedere a Gas natural
l’Autorizzazione unica». L’unico a frenare sul no compatto che il Comitato
portuale sembra pronto a dare è stato il direttore di Confindustria Paolo
Battilana. «Ho ricevuto mandato dalle categorie - ha affermato - di dare un
parere solo dopo aver esaminato lo studio completo sui flussi di traffico».
Finora Confindustria si è sempre dichiarata favorevole all’impianto di Zaule.
Silvio Maranzana
«Ma Tondo era per l’ok a Gas Natural»
Bandelli: «Ecco il discorso che doveva pronunciare al magazzino 26».
Mozione comune con la Lega
«La fretta è una cattiva consigliera», dice Franco Bandelli indicando il
plico di fogli che ha poggiato sul tavolo davanti a sé: «Perché questo è il
discorso che Renzo Tondo avrebbe dovuto pronunciare in Porto vecchio il 10
dicembre se non fosse stato interrotto dai manifestanti. A causa della fretta se
l’è lasciato sfuggire dalla tasca e l’ha raccolto un mio amico». I fogli, come
presentati dal leader di Un’Altra Trieste, riporterebbero l’intestazione
dell’assessore regionale alla Finanze Sandra Savino. Il contenuto, spiega
Bandelli, è intrigante: «Due giorni dopo Tondo avrebbe proposto di mettere “una
pietra” sul rigassificatore - dice -. Ma in Porto vecchio la pensava in modo
opposto». Recita il testo tirato fuori da Bandelli: «L’insediamento del
rigassificatore nella nostra città, che verrà posto in essere con l’uso delle
tecnologie più avanzate in termini di sicurezza e la massima attenzione sul suo
impatto ambientale e paesaggistico, e che sarà compatibile con le attività
logistiche e portuali presenti e future, porterà alla creazione di nuovi posti
di lavoro e di reali opportunità per la comunità, garantendo alle aziende locali
un’importante fonte di approvigionamento energetico. Quest’ultimo aspetto non da
poco, in un contesto in cui il costo dell’energia per le imprese è più alto del
30% rispetto agli stati vicini come Slovenia e Austria. Ciò porterà a una
maggiore competitività del sistema territorio». Parole di senso opposto alle
dichiarazioni di Tondo di poco successive: «Ormai il presidente è il principe
del trasformismo, una controfigura di Berlusconi - dice Bandelli -. Sul
rigassificatore, come sulla sanità e su tanti altri temi, dice una cosa e fa
l’opposto». Un’Altra Trieste e Lega Nord hanno deciso quindi di chiedere a Tondo
una parola definitiva tramite una mozione che è stata votata con ampio favore
nel consiglio comunale di lunedì sera: «Chiediamo alla Regione - spiega Maurizio
Ferrara della Lega - due cose: di rivedere l’Aia per la quale Tondo ha “rimosso”
un funzionario; di prendere una posizione politica chiara e definitiva contro il
rigassificatore. Tondo ha detto “mettiamoci una pietra sopra”? Ora la metta per
davvero». Secondo Ferrara «lo sponsor più esplicito del rigassificatore è il
ministro Passera, designato da Monti: è un dato che i potenziali elettori
montiani di Trieste dovrebbero ricordare nelle urne». «Abbiamo voluto integrare
la proposta dell’assessore Laureni, votata in Consiglio comunale, che motiva il
“tecnico” al rigassificatore - prosegue Ferrara -, allegandovi tutte le
precedenti prese di posizione del Consiglio in questo senso. Così che al parere
tecnico si accompagni anche la forte presa di posizione politica contro il
progetto». Una proposta parallela verrà presentata dai due partiti anche nel
Consiglio provinciale.
Giovanni Tomasin
Partito il sondaggio sul web
L’opinione dei lettori sull’impianto di Zaule: fino a venerdì su
www.ilpiccolo.it
Alle 21 di ieri avevano votato 765 persone, della quali 75% contrarie. È il
primo risultato parziale del sondaggio lanciato sul sito del Piccolo sul
progetto del rigassificatore che Gas Natural vuole realizzare a Zaule. Un
impianto avversato da una parte della cittadinanza. A favore si è già espresso
il governo, nelle parole del ministro Corrado Passera, che giudica l’opera
strategica e necessaria a garantire sviluppo. Favorevoli anche gli industriali,
mentre la Regione Fvg non sembra convinta. Il governatore Tondo dirà la sua in
via ufficiale venerdì, nel corso della seduta di giunta. Contrari il Comune di
Trieste, quello di Muggia, la Provincia, i sindaci del litorale sloveno e la
Slovenia stessa. Il sondaggio non ha, ovviamente, un valore statistico. Si
tratta di una rilevazione aperta a tutti, non basata su un campione elaborato
scientificamente. Ha quindi l’unico scopo di permettere ai lettori di esprimere
la propria opinione su un tema di attualità. Le percentuali non tengono conto
dei valori decimali. In alcuni casi, quindi, la somma può risultare superiore a
100. Il sondaggio chiuderà venerdì a mezzogiorno.
Piano traffico bocciato dalla Quinta circoscrizione -
LA DELIBERA
Primo stop alla contestata delibera sul piano del traffico lunedì sera nel
consiglio della principale circoscrizione di Trieste per numero di abitanti, la
quinta. Decisiva la scelta di non votare la delibera da parte di alcuni
consiglieri della maggioranza di centrosinistra che hanno fatto così mancare i
voti necessari all’approvazione del piano del traffico. «È chiaro che questo
piano del traffico ed in particolare l’aumento sconsiderato delle soste a
pagamento volute dall’assessore Marchigiani e dal sindaco non piace proprio a
nessuno, nemmeno ai rappresentanti politici dei partiti che sostengono la giunta
Cosolini» afferma il capogruppo pidiellino del quinto parlamentino Roberto Dubs.
Una posizione condivisa anche dai consiglieri di Un’Altra Trieste. «Una
bocciatura annunciata - spiegano Francesco Clun e Paolo Silvari - in una
circoscrizione in cui il centrosinistra continua ad arrancare e ad essere
maggioranza solo di nome. Come gruppo di Un’Altra Trieste avevamo sottoposto
alla Commissione un documento con cui chiedevamo di allegare al parere alcune
modifiche per noi irrinunciabili e che hanno determinato una secca bocciatura
del piano del traffico».
Capodistria-Divaccia, dibattito a Bagnoli
SAN DORLIGO La linea ferroviaria Capodistria-Divaccia torna a far discutere. Questa sera, alle 20.30, nella sala al primo piano del Teatro comunale “France Prešeren” di Bagnoli della Rosandra, si terra un dibattito pubblico sul progetto del secondo binario della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia. dopo che la Repubblica di Slovenia ha notificato al ministero dell’Ambiente italiano. Il tracciato previsto partendo da Capodistria costeggia, nella maggior parte in galleria, il territorio particolarmente ricco di peculiarità naturalistiche del Comune di Muggia e superata la valle dell'Ospo entra nuovamente in galleria, attraversa le profondità dell'altipiano carsico di San Servolo che sovrasta il territorio del Comune di San Dorligo della Valle, esce nei pressi dei resti dell'ospedale partigiano sotto il paesino di Beka, supera su viadotto la Val Rosandra attraversando il territorio protetto del Parco del Carso, rientra in galleria sotto il paese di Mihele per uscirne nei pressi di Lokev e proseguire per un breve tratto in superficie fino a Divaca. Una delle criticità del percorso riscontrate è rappresentata dall'attraversamento in galleria del tratto in territorio carsico sotto la depressione in prossimità del paese di Ocizla ad una profondità di cento metri. La zona è considerata il bacino acquifero delle fonti e delle sorgenti del territorio del Breg e della Val Rosandra nel Comune di San Dorligo della Valle. In particolare la sorgente Jama che rischierebbe di rimanere a secco. L'altra possibile criticità può manifestarsi sul tratto che attraversa su viadotto l'alveo del fiume Glinšcica / Klinšcica (in valle diventa il fiume Rosandra), che prevede delle opere infrastrutturali e viarie sia temporanee che definitive.
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 dicembre 2012
Scaroni (eni): NON SERVONO ALTRI IMPIANTI
Rigassificatore, no del Consiglio: «È incompatibile anche col Prg»
Ieri sera, com’era nelle previsioni, il Consiglio comunale ha ridetto no al
rigassificatore. All’unanimità. Dei presenti, va però puntualizzato: 36 su 41.
Al di là del rifondatore Marino Andolina e del democratico Stefano Ukmar hanno
in effetti marcato visita sia Roberto Dipiazza che il fedele Carlo Grilli nonché
Manuela Declich, che fa parte della corrente di Bruno Marini, il meno contrario
a priori del Pdl triestino. Bando alle supposizioni, la delibera di ieri ha
preso atto - come ha fatto notare l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -
delle «sopravvenute integrazioni al progetto comprensivo dell’elettrodotto. Era
necessario un nostro nuovo giudizio visto che da settembre alla Regione è
subentrato, come responsabile dell’Autorizzazione unica, il ministero dello
Sviluppo economico». Ebbene: nuovo parere, nuova bocciatura. Fotocopiate in
sostanza le criticità ambientali rispetto alla delibera d’inizio anno, il
rafforzativo al no - ancora Laureni - viene ora dall’«incompatibilità
urbanistica», dalla «non conformità al piano regolatore vigente che prevede
depositi ma non attività di trasformazione» e pure alle «direttive del nuovo
piano, che escludono la presenza di impianti a rischio di incidente rilevante»
sulla scia della «direttiva Seveso». «Ho assistito - così Laureni - a un
dibattito di alto livello, molto sentito, espresso con civiltà e competenza,
partito da analisi diverse ma con la stessa conclusione. Una bella serata per il
Consiglio comunale». E intanto, in una nota, il segretario Udc Roberto Sasco
esprime «viva soddisfazione per le dichiarazioni rilasciate questa mattina
(ieri, ndr) dall’amministratore delegato dell’Eni Scaroni su Rai Uno. Alla
domanda su cosa ne pensasse del rigassificatore a Trieste, ha affermato che in
Italia sono già presenti due rigassificatori funzionanti ed in Spagna ben sette,
che operano ben al di sotto del loro potenziale. Pertanto propone di realizzare
un gasdotto sottomarino che colleghi gli impianti spagnoli esistenti con il
territorio italiano evitando così di realizzare nuovi impianti».
(pi.ra.)
Comune, il mobility manager vince il concorso e va a
Grado
Giulio Bernetti, che ritroverà lì l’ex
segretario generale Santi Terranova, lascerà Trieste a fine anno
La giunta Cosolini ora dovrà trovare un altro dirigente
per il rush finale del Piano del traffico
Nostalgia canaglia di ritrovarsi a lavorare a fianco di Santi Terranova, il
potentissimo segretario generale di Dipiazza ora di stanza a Grado, che gli
aveva battezzato la carriera da dirigente comunale? O fregola di cambiare aria
alla prima occasione dopo il cambio d’amministrazione sancito dalle elezioni di
ormai un anno e mezzo fa? Ma no. Né una né l’altra. Semplicemente
un’irrinunciabile chanche di poter migliorare, stabilizzandola, la propria
posizione lavorativa, giura il diretto interessato. E con lui il suo attuale
assessore, cioè Elena Marchigiani. Dietrologie e assicurazioni a parte, resta un
dato di fatto. Anzi due. Il primo: Giulio Bernetti, il mobility manager di
Palazzo Cheba, ha vinto il concorso per un posto da dirigente tecnico a tempo
indeterminato bandito dal Comune di Grado, dove prenderà servizio lunedì 31
dicembre per occuparsi di urbanistica, concessioni edilizie e patrimonio. Il
secondo è che l’amministrazione Cosolini ora deve correre ai ripari e trovarsi
al più presto un altro mobility manager, setacciando le professionalità interne
più che andando a caccia di un esperto fuori dal Municipio, visti i magrissimi
tempi di bilancio che corrono. Viene a mancare, di fatto a metà dell’opera, il
papà tecnico del Piano del traffico concepito a inizio 2012 e atteso al varo nel
corso del 2013. Il documento infatti è in gestazione negli uffici che fanno capo
proprio a Bernetti e che rispondono politicamente alla Marchigiani. «Ha
dimostrato di essere un dirigente ottimo, il lavoro che lui ha svolto con i suoi
uffici è stato egregio, è logico che ci dispiace che vada a Grado», premette la
stessa Marchigiani, benedicendo poi la strada presa da Bernetti: «È
comprensibile, la sua scelta. Qui era un dirigente nominato, non di ruolo. Il
Comune di Grado invece metteva proprio a disposizione un posto da dirigente di
ruolo, per concorso. E lui ci ha provato. È doveroso, con questi chiari di luna,
provare a migliorare la situazione lavorativa personale. E chi non l’avrebbe
fatto? Tra l’altro è stato correttissimo, ci ha informato subito, non ho niente
da dire». Bene ma adesso? Che succede a Palazzo Cheba? «Succede - risponde
l’assessore - che noi ci stiamo riorganizzando con grande celerità per il
passaggio delle consegne». A chi non è ancora dato sapere. «Stiamo lavorando su
questo aspetto, stiamo guardando le risorse interne», chiude la Marchigiani. È
che il tempo stringe. Questa settimana scadono i tempi per la consegna, da parte
delle circoscrizioni, dei pareri sul progetto di Piano così come è stato
riadottato un mese fa, con tanto di procedura ambientale Vas, alla luce delle
osservazioni e delle opposizioni pervenute agli uffici. Uffici che, dunque,
resteranno orfani del papà tecnico del Piano del traffico e ne avranno di
rimando uno adottivo che seguirà l’ultima parte, quella decisiva, della
gestazione. A inizio 2013 in effetti scatterà il rush finale, che prevede dopo
le controdeduzoni ai pareri delle circoscrizioni (quelle a osservazioni e
opposizioni di cittadini, enti e associazioni sono già state onorate) un
presumibilmente lungo iter in Consiglio comunale, che si svilupperà dalle sedute
propedeutiche delle commissioni permanenti fino all’approvazione definitiva da
parte dell’aula.
Piero Rauber
Con lui ci hanno provato in laguna altri cinque
“comunali” triestini
Giulio Bernetti (foto), dipendente comunale a tempo indeterminato come
esperto ingegnere, è mobility manager e dirigente del Servizio mobilità e
traffico su incarico dal 2004. A Trieste non è insomma dirigente di ruolo per
concorso. Lo sarà a Grado. Ma non è stato, lui, l’unico “comunale” triestino ad
averci provato. Su una settantina di partecipanti al concorso bandito in laguna,
ben sei infatti erano i dipendenti del Comune di Trieste, di cui quattro
funzionari e due dirigenti a incarico. Uno era appunto Bernetti e l’altra,
giunta alla fine terza, era Maria Antonietta Genovese, attuale dirigente del
Servizio urbanistica, nominata tale (a tempo determinato) da Cosolini sotto gli
strali dell’opposizione per il fatto di essere anche moglie del deputato gradese
del Pd Alessandro Maran. «Nessuno ha fatto niente di nascosto, lo sapevamo»,
così la Marchigiani.
(pi.ra.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 dicembre 2012
Muggia, col rigassificatore case deprezzate del 25%
Un “effetto Servola” sul patrimonio immobiliare denunciato in un convegno
L’impianto sarebbe anche incompatibile con altre strutture portuali
MUGGIA «La svalutazione degli immobili, a Muggia e in tutte le altre zone
che guardano alla baia di Zaule, potrebbe essere del 25%, più o meno come nei
punti di Servola più esposti ai fumi della Ferriera». Ma il danno patrimoniale e
di mercato potrebbe sentirsi in tutto il territorio, qualora il rigassificatore
venisse percepito come un “biglietto da visita” non edificante. La stima,
allarmante, è dell’agente immobiliare Alessandro Brainich, invitato ad
esprimersi assieme ad esperti dell’ambiente accademico e forense in un convegno
organizzato dal Comune di Muggia. Un coro di perplessità nel quale è spiccata la
voce del magistrato triestino Fulvio Rocco, consigliere di Stato, che sull’iter
controverso si è fatto un’idea molto chiara: «Attorno al rigassificatore di
Zaule c’è un gioco politico nel quale ognuno si sottrae alle proprie
responsabilità» ha dichiarato seccamente. In barba a qualsiasi forma di
federalismo e di tutela delle autonomie, si tratterebbe di un «procedimento
statocentrico e poco chiaro, a partire dal progetto di Gas Natural». Di qui, un
suggerimento che Rocco ha voluto rivolgere ai cittadini cui un domani toccasse
di vedere il colosso dal salotto di casa: se vorranno vendere l’immobile,
dovranno presentare la transazione con la quale dimostreranno di aver ceduto in
perdita, a causa dei potenziali rischi di incidente o del deterioramento
dell’ambiente connesso al rigassificatore. Anche perché «un deprezzamento ci
sarà sicuramente, ma è facile immaginare che il giudice amministrativo sarà
stretto di borsa». Secondo il magistrato, tuttavia, le amministrazioni locali
possono ancora incidere sugli esiti della vicenda, facendo sistema e valendosi
magari dell’appoggio di Lubiana: «Se la Slovenia dice no, si va all’arbitrato
internazionale». Un “assist”, ma anche un conferimento di responsabilità al
sindaco di Muggia Nerio Nesladek, che si è messo a capo di una levata di scudi
transfrontaliera. Intanto, continua l’allerta sul fronte legale. L’assessore
provinciale alla pianificazione ambientale e territoriale, Vittorio Zollia, ha
detto di non aver accantonato l’idea del ricorso al Tar del Lazio contro le
conclusioni dell’ormai nota Conferenza dei servizi, annotando che «finalmente il
Ministero dell’Ambiente ha aperto un’istruttoria formale in considerazione delle
ragioni espresse dalla Provincia e dai comuni». I quali hanno fatto pressione
sul governatore Tondo per la revoca della Autorizzazione integrata ambientale e
si pronunci ufficialmente per il “no” assieme alla sua giunta. Riguardo
all’impatto del rigassificatore sul traffico portuale, l’architetto Gaetano
Russo, ordinario di tecnica delle costruzioni all’Ateneo di Udine, ha parlato di
«opera monumentale, che già in fase di costruzione comporterebbe enormi flussi
di navi e materiali». Senza considerare la “pipeline” di tubature e condutture
necessaria al trasporto del gas, ad opera completata. Un tema affrontato anche
martedì scorso, nel corso della tavola rotonda tra l’amministrazione muggesana,
la Consulta economica comunale, le sigle sindacali e i rappresentanti locali di
Confindustria. La posizione degli enti pubblici è ferma: il progetto di Gas
Natural è incompatibile con la Piattaforma logistica, il terminal ro-ro, il
raddoppio del molo VII. Esistono tecnologie “offshore”, più avanzate e meno
“invadenti”, che finora non si sono fatte strada. Allo stato attuale delle cose,
meglio rinunciare al rigassificatore che allo sviluppo del porto. A condizione –
avverte però Confindustria – che quest’ultimo si concretizzi in fretta.
Davide Ciullo
Grandi opere, tagliati 50 milioni di lavori - COMUNE»IL
BILANCIO DECURTATO
Galleria di piazza Foraggi, piazza Libertà, piazzale Gioberti, palazzo
Biserini: tutto nel cassetto causa spending review
PROGETTI superstiti Piazza Ponterosso, largo Panfili, la caserma dei vigili
urbani, l’Istituto Carli tra i pochi cantieri che sfuggiranno alla mannaia
domani la lista L’elenco definitivo sarà tracciato domani in un incontro tra il
sindaco Cosolini, l’assessore Dapretto e i tecnici
Non solo la galleria di piazza Foraggi, ma anche la riqualificazione di
piazza Libertà, l’apertura al pubblico del parco di Villa Necker, l’avvio dei
lavori in piazzale Gioberti a San Giovanni, il rifacimento delle sponde del
Canale con il ripristino della pavimentazione originaria, il Palais de Tokyo
triestino con spazio alla cultura contemporanea dei nuovi talenti all’ex
meccanografico delle Ferrovie di Campo Marzio, la Casa Franconi riservata
all’associazionismo giovanile in Cittavecchia, la risistemazione di un piano di
palazzo Biserini, la riqualificazione del prospiciente giardino di piazza
Hortis. Tutti questi progetti che dovevano essere avviati e molti addirittura
conclusi nel 2013 rimarranno invece nel cassetto, in conseguenza della spending
review che ha dissanguato le casse comunali. «Avevamo previsto per l’anno
prossimo una capacità di spesa in conto capitale di 77 milioni di euro - spiega
l’assessore ai Lavori pubblici Andrea Dapretto - ne avremo invece 28, una
cinquantina in meno: poco più di un terzo della cifra prevista. Inoltre bisogna
considerare che circa 8 milioni se ne andranno per il Global service,
l’illuminazione pubblica, i semafori. Restano da spendere 20 milioni nei quali
vanno comprese anche le manutenzioni di strade e marciapiedi». Cosa sfuggirà
alla mannaia? Sicuramente i lavori ultimativi della passerella di Ponterosso e
poi quelli di risistemazione della stessa piazza Ponterosso, la pedonalizzazione
di largo Panfili con la pavimentazione in masegno e la riqualificazione di via
Trento. E ancora, l’ex caserma Beleno di via Revoltella che diverrà il quartier
generale della polizia locale, il rifacimento delle facciate e dell’ultimo piano
dell’Istituto Carli. Questo e forse nulla più. L’elenco definitivo delle opere
momentaneamente cassate e di quelle poche che si riuscirà a fare verrà stilato
domani pomeriggio in un incontro tra il sindaco Roberto Cosolini, lo stesso
Dapretto e i tecnici responsabili dei singoli servizi. «Purtroppo non ci sono
molte vie d’uscita - spiega Dapretto - visto che la Regione ci ha già fatto
capire che ben difficilmente cambierà il Patto di stabilità, per poter costruire
di più ci sarebbero tre opzioni, ma tutte di difficile o magari poco equa
applicazione. La prima sarebbe quella di ridurre gli impegni di spesa tagliando
servizi, la seconda aumentare le tariffe e la pressione fiscale, ad esempio
alzando l’Imu, la terza riuscire a vendere qualche pezzo del patrimonio
comunale, operazione ancora più difficile in un momento in cui il mercato è
asfittico. Per fare un esempio un edificio in via dell’Ospitale a San Giusto
dietro il Distretto militare è stata messo all’asta per quattro volte senza mai
trovare un acquirente». Il Comune sta comunque redigendo un nuovo Piano di
alienazione e valorizzazione dei beni da allegare al bilancio che sarà chiuso
presumibilmente a marzo. «Oltre a tutto questo - continua Dapretto - c’è anche
il rischio che il Comune sia obbligato a incominciare a dilazionare i pagamenti,
dopo aver fino ad ora saldato le fatture sempre rispettando i tempi
contrattuali». Comunque ne risentiranno imprese edili, cooperative, imprese
artigiane: il pericolo prospettato dallo stesso sindaco Cosolini è che si crei
un altra Ferriera, cioé altri 500 posti di lavoro in pericolo. I lavori al
riparo da tagli e che, a meno di improvvise crisi di liquidità anche nel settore
pubblico-privato, dovrebbero proseguire sono quelli del Magazzino vini dove il
committente è la Fondazione CrTrieste, anche se non è ancora ufficialmente
decisa la destinazione dell’edificio e quelli del megaparcheggio sotto il colle
di San Giusto. «Ma altri due parcheggi sotterranei potrebbero prendere il via
già a fine 2013 - afferma Dapretto - e sono quelli di largo Roiano e di piazza
Foraggi, frutto della novazione del contratto rescisso dal Comune per il
parcheggio sotto piazza Sant’Antonio.»
Silvio Maranzana
Tunnel da restaurare: tempi lunghi
La chiusura dei rubinetti finanziari impedirà anche il lungo e costoso
rifacimento della galleria di Montebello. L’intervento sarebbe dovuto partire a
primavera, protrarsi per un anno e innescare una serie di disagi non da poco
alla circolazione. Comune, Trieste Trasporti e Provincia hanno già elaborato un
progetto alternativo per le molte linee di bus che percorrono le gallerie,
mentre migliaia di automobilisti sarebbero stati quotidianamente costretti a
percorsi più lunghi. Ma per ora non se ne farà nulla dal momento che si tratta
di un lavoro da 10 milioni di euro che dovrebbe rivoluzionare l’assetto della
galleria dal punto di vista strutturale e tecnonologico, con la demolizione
delle parti del rivestimento danenggiate, la risistemazione della volta erosa
dalle infiltrazioni d’acqua, e la sistemazione di un nuovo rivestimento ad alto
grado di impermeabilizzazione, il rifacimento degli impianti di illuminazione e
di ventilazione, a cui si affiancherà quello di videosorveglianza. Ai lati
saranno create due corsie di pista ciclabile. Ma se ne riparlerà nel 2014.
(nella foto l’assessore Dapretto)
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 dicembre 2012
Il Tondo-pensiero sul rigassificatore: «Venerdì in
giunta» - ROBERTI (LEGA) ATTACCA IL GOVERNO
Arriva la prima risposta del governatore alle sollecitazioni di Comune e
Provincia seguite alla sua frenata sul progetto
«Porterò in giunta venerdì, alla prima occasione utile, le mie valutazioni
politiche sulla vicenda del rigassificatore di Zaule». La versione riaggiornata
del Renzo Tondo-pensiero sul progetto della multinazionale spagnola Gas Natural
muoverà, nel concreto, il suo primo passo nella settimana entrante. Le sue
considerazioni davanti ai colleghi dell’esecutivo, a meno di nuovi cambi di
rotta, partiranno dalle parole pronunciate mercoledì scorso all’hotel Savoia a
proposito della vicenda: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una
situazione non gradita, mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo
al futuro di questa città». Il presidente della Regione risponde in qualche modo
così, con una frase sola, alle sollecitazioni inviategli tre giorni fa dal
sindaco di Trieste Roberto Cosolini, dalla presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat e dal primo cittadino di Muggia Nerio Nesladek,
graniticamente contrari all’impianto. La loro richiesta, in un coro a tre voci:
il governatore, dopo l’uscita al Savoia, passi dalle parole ai fatti. «Agli atti
amministrativi». «Dichiari nulla la Conferenza dei servizi che ha dato il via
libera all’Aia (nonostante i “no” di Comune e Provincia, ndr) e la riconvochi
affinché si attenga ai pareri espressi, che porterebbero alla non concessione
dell’autorizzazione», era stato l’invito di Cosolini, sintesi del pensiero anche
degli altri due colleghi allineati a centrosinistra, subito in pressing per
arrivare all’invio al governo di un “no” anche regionale al progetto. Dunque,
venerdì prossimo i componenti della giunta Tondo saranno chiamati, una volta
ascoltato il presidente, a esprimersi. Dalla posizione finale dell’esecutivo
discenderanno i possibili successivi passi amministrativi. Nell’analisi
entreranno anche i due pareri, diversi, dei ministri dello Sviluppo economico
Corrado Passera, favorevole al rigassificatore, e dell’Ambiente Corrado Clini,
che invece è sempre stato prudente sul tema e ha anche di recente ipotizzato la
riapertura della procedura sulla Via. Proprio nel post-riunione di giunta, è in
programma la conferenza stampa di fine anno di Renzo Tondo.
Matteo Unterweger
Brandolin (Pd): «Pietra sopra, sarà vero?»
«Il presidente Tondo ha finalmente dichiarato: “Sul rigassificatore di Zaule
ci mettiamo una pietra sopra!”. Ma sarà veramente così?». Se lo chiede il
consigliere regionale del Pd, Giorgio Brandolin, che aggiunge: «Non si può,
infatti, non pensare alle tante prese di posizione susseguitesi in quest’anno. I
cittadini di Trieste meritano di non veder giocare sulla propria testa una
partita che sembra avere un sapore di gioco economico-politico». Così il
segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti: «Il ministro Passera
ha superato ogni limite. Sul rigassificatore la palla è in mano a un governo
tenuto in vita dai soli Bersani e Casini. Mi aspetto una presa di posizione
forte dal Pd e dal suo segretario».
Marini: «Gnl e Porto il centrosinistra ha la memoria
corta»
Sul rigassificatore il centrosinistra ha «la memoria corta, cortissima. Le
ingiuste accuse scaricate sul presidente Tondo hanno messo in luce una sindrome
del pentimento che ha contagiato tutti coloro che in passato avevano tenuto ben
altre posizioni». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Bruno Marini.
«Che sia, infatti, il sindaco Cosolini a interpretare oggi il ruolo di pasdaran
dell’antirigassificatore – rileva Marini – è una rappresentazione che andrebbe
vissuta alla stregua di una comica, visto che fu proprio lo stesso sindaco nei
panni di assessore regionale fedelissimo al presidente Illy, a sostenere
l’opportunità della realizzazione dell’impianto, attraverso atti formali che
stanno alla base dell’iter procedurale». «Il Pd brilla per incoerenza – prosegue
Marini – anche grazie al mio amico Ettore Rosato che fino al mese scorso
chiedeva un giorno sì e l’altro pure le dimissioni della presidente
dell’Autorità portuale Marina Monassi per le sue posizioni sul Porto vecchio,
mentre oggi per gli stessi ambienti è diventata improvvisamente un’eroina da
quando l’Authority ha dato parere contrario al rigassificatore per presunti
problemi di compatibilità con il traffico portuale».
«Caro ministro, venga a casa mia...» - CAMERA CON VISTA
(SUL GOLFO)
L’invito del consigliere regionale Pd Lupieri a Corrado Passera
Pranzo e a seguire tour nella baia di Muggia? Oppure sopralluogo e poi cena?
La formula è da definire, a piacere, ma l’invito c’è. Destinatario, il ministro
dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Mittente, il consigliere regionale
del Pd, Sergio Lupieri, pronto persino a mettere casa propria a disposizione
dell’illustre ospite. Con un fine evidente: far capire all’esponente del
dimissionario governo tecnico guidato da Mario Monti che il rigassificatore,
nella baia di Zaule, non s’ha da fare. «Sarebbe opportuno che il ministro
Passera conoscesse di persona l’area di Zaule che definisce adatta a un
rigassificatore, nel caso non l’avesse già fatto - esordisce Lupieri -. Per
questo motivo ho deciso di invitarlo a Trieste e Muggia, dove sarà mio ospite, e
in tale occasione gli farò da guida e cicerone nella baia di Muggia e nel
territorio limitrofo e gli farò incontrare quelle autorità locali che lui
ritiene possano aiutarlo a prendere la decisione migliore». Lupieri si rifà alle
parole di Passera di giovedì scorso: «Trieste è un luogo adatto a un
rigassificatore», aveva detto in radio il ministro che sull’eventuale
collocazione di un impianto aveva specificato: «Saranno le autorità locali ad
aiutarci a prendere la decisione migliore». E proprio su questo punto Lupieri
puntualizza: «La decisione migliore è già stata presa dai consigli comunali e da
quello provinciale, dalla società scientifica, dall’Autorità portuale, dai
vigili del fuoco, e dice chiaramente che il rigassificatore a Zaule non si deve
fare». Nel caso Passera dovesse accettare il cortese invito, Lupieri gli
spiegherà inoltre che «l’ecomostro è un impianto fuori norma di sicurezza in
quella zona, obiettivo sensibile, clora acqua ed aria alterando l’habitat e
intossicando, e ostacola lo sviluppo del porto e l’economia della città».
Concludendo poi: «Quindi questo rigassificatore non è una risorsa, e Roma deve
prenderne definitivamente atto, costruendo un piano energetico nazionale che dia
regole chiare e dica chi fa che cosa. Il presidente Tondo - graffia in ultimo
Lupieri - ha tutti gli strumenti per opporsi al diktat romano, e sarebbe il
momento che dimostri coerenza e senso di responsabilità dopo tanti
ondeggiamenti». A Tondo, però, niente invito.
(m.u.)
Entro il 2013 lo sbarco di “Italo” a Trieste
Dopo il Milano-Ancona è il prossimo investimento della compagnia
ferroviaria Ntv. Sciarrone: «Progetto di valenza prioritaria»
TRIESTE Stavolta la destinazione è Ancona, la prossima volta potrebbe essere
Trieste. Lo scandisce Giuseppe Sciarrone, amministratore delegato di Ntv, la
compagnia ferroviaria che compete con Trenitalia sull’alta velocità: «Il
collegamento con Trieste è per noi un progetto di valenza prioritaria. Ntv si
muove con gradualità, un passo dopo l’altro: andiamo nelle Marche, raggiungeremo
Trieste». Non lo dice ma nelle segrete stanze la voce circola: se non
intervengono difficoltà, l’arrivo di “Italo” a Trieste Centrale avverrà entro la
fine del 2013. D’altronde, quando l’ad di Ntv inaugurò in settembre il servizio
tra Venezia e Roma, disse che a presto ci sarebbero state novità per Trieste.
Spiegando che l’interesse di Ntv verso il Friuli Venezia Giulia si articola su
due distinti fronti, uno concerne “Italo”, l’altro riguarda la partecipazione
alla gara per il trasporto pubblico locale ferroviario. «Il trasporto regionale
- ha recentemente affermato Sciarrone - non si risolleverà senza una forte
iniezione di concorrenza». Adesso, dopo l’annuncio dello “sbarco” ad Ancona,
prosecuzione medio-adriatica della Milano-Bologna, la strategia espansiva di Ntv
appare sempre più chiara, non legata esclusivamente all’alta velocità. L’esempio
marchigiano lo spiega: l’altro giorno lo stesso Sciarrone, insieme al presidente
della Regione Marche Spacca, ha presentato un’offerta che scatterà dal giugno
2013 e che prevede 6 treni (3 andate, 3 ritorni) tra Milano e Ancona, via
Bologna. Fino alla città emiliana “Italo” viaggerà sull’alta velocità, da
Bologna ad Ancona - attraverso Forlì, Rimini, Pesaro - procederà lungo la
tradizionale linea adriatica. L’obiettivo è di coprire la distanza in 3 ore
rispetto alle attuali 4. Ed è probabile che quella marchigiana sia solo una
tappa verso l’ambìto mercato sud-orientale della Puglia. Fattore importante:
l’allungamento del servizio verso Ancona avviene senza alcun contributo
pubblico. Le Marche prospettano un potenziale demografico di oltre un milione di
abitanti, al quale si aggiunge il personale interessamento di Diego Della Valle,
azionista di Ntv (e imprenditore marchigiano). E’lecito, analogamente, ritenere
che la presenza delle Generali con un non trascurabile 15% nell’assetto
azionario della compagnia ferroviaria possa stimolare l’attenzione verso
Trieste: il gruppo assicurativo ha lamentato a più riprese l’ardua
raggiungibilità del capoluogo giuliano. Ntv cerca di posizionarsi anche
sull’intermodalità treno-aereo e annuncia un’alleanza con la Turkish Airlines,
che scommette su Bologna come “entry point” per il mercato italiano.
Contestualmente Bologna è crocevia dei servizi di Ntv, stazione sulla
Torino-Salerno e sulla Roma-Venezia.
Massimo Greco
Il treno Udine-Villaco fino alla fine del 2013 -
Riccardi pronto a stanziare 600mila euro
«Il collegamento ferroviario Udine-Villaco “Micotra” proseguirà almeno fino
alla fine del prossimo anno». Lo annuncia Riccardo Riccardi (foto), assessore
regionale alla infrastrutture, esprimendo soddisfazione per la norma votata ieri
in Consiglio regionale che consentirà la proroga del servizio ferroviario fino
al 31 dicembre 2013. «Ho proposto la proroga del servizio - spiega l’assessore -
garantendo altri sei mesi che interesseranno anche la prossima stagione estiva».
«600 mila euro investiti bene - prosegue Riccardi - dati i risultati di utilizzo
che si sono registrati nell’estate 2012 garantendo un significativo utilizzo del
servizio per pendolari e turisti, in particolare con impiego di biciclette».
Friuli Venezia Giulia e Carinzia sono collegate grazie ad un programma Interreg
Italia Austria, sostenuto dalle due regioni. Il servizio ferroviario è gestito
da una partnership Ferrovie Udine Cividale, la compagnia ferroviaria del FVG, e
le Ferrovie austriache OBB.
A gennaio ripristinato il notturno da Roma - DIETRO
FRONT SULLA SOPPRESSIONE
TRIESTE Ora è ufficiale: il treno Intercity notte Trieste-Roma (via
Cervignano-Portogruaro) soppresso il 9 dicembre con l’entrata in funzione del
nuovo orario verrà ripristinato in gennaio allo stesso orario di prima (alle
21.54), probabilmente domenica 13. Mentre il convoglio “fratello” già domani
partirà da Mestre alle 5.32 per arrivare (via Bassa) a Trieste alle 7.28. Nei
giorni scorsi non erano mancate le polemiche e le prese di posizione da parte
dei sindacati (in particolare della Uil) e dei molti pendolari “spiazzati” dal
taglio di Trenitalia. Che ora in un comunicato afferma che il treno «rientra nel
perimetro dei servizi universali commissionati e pagati dal ministero delle
Infrastrutture e Trasporti nell’ambito del Contratto di servizio». «Tale
contratto - sottolinea ancora Trenitalia - definisce il numero e le
caratteristiche dei collegamenti a lunga e lunghissima percorrenza che, pur non
avendo una propria sostenibilità economica, poiché i costi di effettuazione
sopravanzano i ricavi da biglietti, vengono ugualmente richiesti dallo Stato, il
quale attribuisce a essi una valenza sociale e interviene con propri
corrispettivi per integrare la differenza tra costi e ricavi». Trenitalia però
non dice perchè il treno è stato sospeso - e riattivato dopo oltre un mese -
visto che si tratta di un servizio sociale e, soprattutto, già pagato dallo
Stato. Spiega solo che il motivo del ritardo è dovuto al tempo necessario da
parte di Rfi (Rete ferroviaria italiana), “di verificare la disponibilità delle
tracce”. Sembra invece che il motivo più probabile sia un altro: in questo
periodo, e nei giorni scorsi, sono stati venduti molti biglietti, anche online,
legati all’orario attuale, tutte prenotazioni in vista degli spostamenti per le
feste. Per l’azienda era perciò più conveniente il ripristino dell’Intercity,
via Bassa, a festività concluse, quando il traffico ferroviario tornerà
“normale”. Per un mese, o forse più, resta valido l’Intercity notte per Roma in
partenza da Trieste alle 20.34 via Monfalcone-Gorizia-Udine-Venezia. Un viaggio
più costoso e più lungo di circa un’ora e mezza, a Mestre il treno riprende la
corsa per Roma alle 0.18, come succedeva nel vecchio orario. Il problema del
mancato collegamento era stato sollevato anche dai sindaci dei comuni della
Bassa: quel treno della notte e il successivo del mattino erano frequentati,
oltre che dai pendolari, da molti turisti. In tutte le indicazioni ferroviarie,
infatti, il nome della stazione di Cervignano è legato anche ad Aquileia e
Grado, mentre a Latisana si aggiungono Lignano e Bibione. Gran parte del turismo
regionale veniva penalizzato. Lo aveva capito subito la Regione Veneto - per
quel che è di sua competenza - che è riuscita in poco tempo a far ripristinare
almeno il treno del mattino. Ha tergiversato parecchio invece il Friuli Venezia
Giulia.
Ferdinando Viola
IL PICCOLO - SABATO, 15 dicembre 2012
Rigassificatore? A Porto Recanati iter stoppato
Mentre a Trieste la discussione è in corso, in altre zone del Paese si
sono già registrate frenate decise e rinunce
Mentre a Trieste si discute animatamente sull’opportunità di costruire o
meno un rigassificatore valutandone i rischi, poco più a sud nell’Adriatico,
un’altra società di produzione energetica decide di fermare un progetto simile,
a causa delle condizioni di mercato. La notizia, dell’agenzia Reuters, è già
finita sulla stampa specializzata e riguarda l’impianto previsto 34 chilometri
al largo di Porto Recanati, nelle Marche. Lo studio era stato condotto
nientemeno che da Gaz de France, facente parte del Gruppo che rappresenta la
prima multiutility al mondo (12 miliardi di euro di investimenti solo nel 2012).
«Il progetto è congelato per le condizioni di mercato e verrà ripreso in mano
l’anno prossimo per una valutazione, ma credo che le conclusioni finali non
saranno diverse da quelle attuali». Sono state queste le parole di Giuseppe
Gatti, presidente di Gdf Suez Energia Italia, per annunciare lo stop di un
impianto da 5 miliardi di metri cubi l’anno, già provvisto (dal gennaio del
2011) delle necessarie autorizzazioni, ma contestato da parte della popolazione
nonostante la distanza dalla costa, per timore di possibili danni ambientali. La
decisione fa seguito ad altre scelte simili, come quella della Shell per il
progetto di Melilli in provincia di Siracusa, oppure della Ionio Gas (joint
venture Erg-Shell) per la realizzazione di un impianto da 8 miliardi di metri
cubi di gas all’anno, o ancora a quella della British Gas Italia, che in marzo
ha rinunciato alla costruzione di un rigassificatore a Brindisi, per il quale la
società aveva mandato avanti un iter burocratico durato 11 anni. Sempre secondo
l’agenzia di stampa, inoltre, lo stesso Gatti avrebbe espresso più di qualche
perplessità riguardo l’idea di trasformare l’Italia in un hub europeo per il
gas, così come previsto dalla Strategia energetica nazionale (Sen): «Non vedo
come si possa fare – ha detto il presidente di Gdf Suez Energia Italia - visto
che in Italia il gas costa più che in Germania o altri Paesi europei».
(r.c.)
Gazprom punta a Petrol e sbarca in Slovenia
Sull’onda del progetto South Stream il colosso energetico russo si
candida alla privatizzazione della principale società petrolifera del Paese
TRIESTE Gazprom vuole sbarcare in Slovenia in grande stile. E sull’onda del
progetto Southstream ora vuole acquistare la Petrol la principale società
petrolifera del Paese ex jugoslavo ancora nelle mani dello Stato. A tale
proposito nei giorni scorsi ha chiesto una documentazione precisa sulla
strutturazione e sui parametri economici della società. In Slovenia bocche
cucitissime. La Petrol rimanda al ministero delle Finanze che a sua volta
rimanda all’Agenzia degli investimenti di capitale dello Stato (Aukun) che a sua
volta rimanda ai fondi (statali) Sod e Kad che sono i principali proprietari di
Petrol con complessivamente il 28,6% di azioni controllate. Quindi, di fatto, la
parola decisiva spetta al governo. Ricordiamo che il 10 dicembre scorso
un’azione Petrol valeva 215 euro e che a tutt’oggi ne sono state emanate
2,086.301. Il governo ha già più volte dichiarato di voler privatizzare tutte le
sue proprietà e quindi, anche la Petrol. Ma dagli economisti giungono alcuni
distinguo che riguardano la stessa strategia energetica della Slovenia. Allo
Stato sicuramente non interessa la rete distributiva controllata da Petrol con
454 stazioni di rifornimento. Altro discorso è la partecipazione di Petrol nella
proprietà di Gen-I che vende l’elettricità prodotta dalla centrale nucleare di
Krško. Ancora più importante, da un punto di vista strategico, è il deposito dei
derivati del petrolio Srmin. C’è poi la partecipazione in Geoplin e quindi nella
rete distributiva del gas in Slovenia ma anche nella società South stream
Slovenia costituita da Gazprom (50%) e da Plinovodi (50%) che è di proprietà
proprio della Geoplin. Se quest’ultimo, dunque, venisse controllato in parte da
Gazprom potrebbero sorgere dei problemi con la normativa europea sull’energia.
Un acquirente più credibile e anche più aggressivo potrebbe essere invece
l’ungherese Mol la quale ha acquistato moltissime raffinerie e ora ha bisogno di
mercato. E ottenere il controllo di Srmin significherebbe per Budapest
l’indipendenza dalla Russia. Va però detto che il recente affare Ina-Mol che ha
portato alla condanna a Zagabria dell’ex premier Ivo Sanader per corruzione
rende la società petrolifera magiara poco gradita politicamente. In più il
mercato croato è diventato, a causa dei problemi dell’Ina, una possibile terra
di conquista proprio per Petrol, anche senza partner strategici a fianco. Ma
quanto può valere Petrol? Il suo capitale ammonta a 414,6 milioni di euro che
sommato alle proprietà della società tocca quota 600 milioni. Il valore di
mercato, tuttavia, sarebbe inferiore avendo la società petrolifera slovena 600
milioni di obblighi finanziari. Ma, avvertono gli esperti, se lo Stato vorrà
vendere “bene” la Petrol dovrà prima di tutto liberalizzare il mercato dei
derivati petroliferi in Slovenia. Tutto ciò influirebbe molto sul valore di
Petrol che potrebbe superare anche i 600 milioni di euro. Quest’anno la società
petrolifera slovena realizzerà un utile pari a 3,7 miliardi di euro dalle
vendite dei derivati, il 13% in più rispetto al 2011. L’utile netto del 2012
sarà di 53,3 milioni. E nel 2013 è prevista un’ulteriore crescita. Gli utili
dalla vendita si assesteranno sui 4.04 miliardi (+9%). L’utile netto crescerà a
58,2 milioni.
Mauro Manzin
Ponterosso, cantieri al via in primavera
Dapretto: «I lavori partiranno quando Acegas avrà concluso la posa dei
sottoservizi». Allo studio l’intervento a Sant’Antonio
La statua del Giovannin di Ponterosso, restaurata di recente, avrà presto (o
almeno così si spera) un contesto adeguato alla sua classe d’epoca. La giunta
comunale ha approvato la delibera che avvia gli interventi di riqualificazione
dell’area che da piazza Ponterosso arriva a Largo Panfili passando da via
Trento. I cantieri dovrebbero infatti partire in primavera. «Di fatto la piazza
verrà completamente ripavimentata - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Andrea
Dapretto -. Il progetto, realizzato in accordo con la sovrintendenza, prevede la
ricollocazione dei masegni storici attorno alla fontana del Giovannin». Si
tratterà di una sorta di restauro filologico, spiega l’assessore: i masegni
verranno collocati con la stessa posa e le stesse metodologie di un tempo. «Per
volontà della sovrintendenza rimarrà anche il leggero gradino che rialza il
livello della piazza». Dall’altro lato di via Roma verrà collocato un piccolo
filare di alberi che correrà parallelamente alla strada: «Anche questo
intervento è stato concordato con la sovrintendenza», specifica Dapretto. «In
quella parte della piazza ci aspettavamo di trovare sotto all’asfalto dei
masegni in buona condizioni - spiega Dapretto -. I sondaggi dei tecnici hanno
rivelato invece che i masegni non saranno sufficienti a ripavimentare l’area,
utilizzeremo quindi arenaria di nuova estrazione». Verranno ripavimentate anche
tutte le stradine circostanti e l’area antistante al canale, dove verrà
eliminata la parte più vicina al mare del parcheggio di superficie. Via Genova
verrà riqualificata con l’allargamento dei marciapiedi, anch’essi rivestiti in
cubetti di arenaria: «L’accesso alla strada sarà a traffico limitato».
L’obiettivo del Comune è di eliminare per quanto possibile la sosta selvaggia
sui marciapiedi. Su tutti gli attraversamenti pedonali verranno realizzate rampe
di raccordo alla sede stradale. Nella pavimentazione saranno inseriti dei
manufatti “tattilo-plantari” che fungeranno da segnalazione del pericolo per gli
ipovedenti. L’amministrazione conta di dare il via ai lavori in primavera,
quando Acegas avrà chiuso il cantiere attualmente aperto in Ponterosso per la
posa dei sottoservizi: «La società chiuderà il cantiere in occasione delle
feste, anche per non disturbare le attività natalizie. Si riapre a gennaio e,
clima permettendo, i sottoservizi dovrebbero essere pronti in aprile. A quel
punto partiranno i lavori di riqualificazione». Ma i cantieri, oltre che in via
Trento e Largo Panfili (vedi articolo a parte) si estenderanno anche in
direzione di Sant’Antonio Nuovo. Il Comune traccia le linee guida
dell’intervento in questi termini: «La volontà degli assessori Dapretto ed Elena
Marchigiani è quella di redigere un progetto complessivo dell’area (Canal
Grande, piazza Sant’Antonio e via Ponchielli-via Paganini) e di procedere ad un
primo lotto, preordinato alla progettazione, con il quale si giungerà alla
“conoscenza” dell’ambito di progettazione attraverso sondaggi, verifiche del
sottosuolo, rilievo accurato e tutte le analisi necessarie». A seguito delle
analisi necessarie alla conoscenza dei luoghi, spiega l’amministrazione, sarà
avviata la progettazione d’insieme, preliminare e definitiva. «Il progetto
esecutivo, avviato per stralci, sarà tarato sulla spesa di circa un milione
116mila euro - prosegue il Comune -. Con successivi lotti e con successivi
finanziamenti si darà compiutezza a tutto l’ambito». I due assessori intendono
avvalersi, a supporto della progettazione, di esperti storico-architettonici ed
esperti di riqualificazione urbana, che affiancheranno il gruppo di lavoro
costituito all’interno dell’area Lavori pubblici. L’assessore ai Lavori pubblici
pone l’accento sulla sua intenzione di raccogliere i materiali d’archivio,
storici e non, «anche in considerazione del fatto che esistono già molti studi e
progetti sull’area, anche di qualità, che possono essere la base per la nuova
progettazione». Gli interventi verranno realizzati grazie al recupero dei fondi
del Prusst, originariamente destinati alla costruzione di un’infrastruttura di
collegamento fra Porto Vecchio e Campo Marzio, che grazie a un accordo siglato
nel giugno scorso verranno impiegati in quest’area della città.
Giovanni Tomasin
Largo Panfili, pavimentazione in masegno
La riqualificazione del borgo Teresiano vicino alle Rive completa il
nuovo ponte sul Canal Grande
L’assessore comunale: i pedoni provenienti dalla stazione fluiranno lungo una
via agevole e sicura in direzione di piazza Unità e della Borsa
Ora è soltanto un parcheggio asfaltato, ma Largo Panfili è destinato a
diventare una piazzetta pavimentata in masegno, decorata con sei alberi e
quattro lampioni. È il cuore dell’intervento che nel 2013 cambierà il volto
della parte più vicina al mare del borgo Teresiano. Nelle intenzioni del Comune
la riqualificazione della zona dovrebbe dare compimento alla tanto contestata
passerella di Ponterosso, che andrebbe così ad unire il centro città alla zona
della stazione, attraverso vie abbellite e maggiormente predisposte alla
circolazione dei pedoni. «Attraverso la parziale pedonalizzazione di via Trento
e largo Panfili - scrive il Comune -e la realizzazione di una pista ciclabile
tra le vie Rossini e Ghega, via Trento verrà a costituire il punto di arrivo
degli utenti della passerella pedonale sul canale, in transito verso l’attiguo
largo Panfili in direzione di piazza Libertà e della Stazione Centrale». Il
Comune prevede così di incrementare lo spazio a disposizione dei pedoni,
offrendo un percorso agevole e sicuro a chi raggiungerà la città con i mezzi
pubblici extraurbani (treno, autocorriere, traghetto) e a coloro che
utilizzeranno il garage a rotazione del Silos per muoversi a piedi nel centro
cittadino. «Lungo tale percorso, in prossimità della Chiesa Luterana, largo
Panfili si configurerà come una piazza restituita ai pedoni, in cui
l'inserimento di alberature consentirà la sosta all'ombra - spiega il Comune -.
La pavimentazione della piazza verrà eseguita con gli storici masegni esistenti
e di recupero dalle zone prospicienti mentre i marciapiedi verranno pavimentati
con lastre in arenaria nuove». L’intervento prevede inoltre la razionalizzazione
della sosta veicolare sull'intera area, la revisione delle sezioni stradali,
l’ampliamento - ove possibile - dei marciapiedi a vantaggio della mobilità
ciclo-pedonale: «È in progetto anche la realizzazione in corrispondenza degli
attraversamenti pedonali di rampe di raccordo alla sede stradale, l'apposizione
di idonei manufatti tattilo-plantari, l’installazione di impianti semaforici
necessari a garantire idonee condizioni di sicurezza all’utenza ciclo-pedonale
in rapporto ai transiti veicolari ivi presenti».
Una Muggia più ecologica col nuovo piano regolatore
Lo strumento urbanistico sarà presentato la prossima settimana alla
cittadinanza Il vicesindaco Marzi: «Più attenzione alle attività agricole e ai
beni archeologici»
MUGGIA Il nuovo Piano regolatore di Muggia sarà più verde, a misura di
cittadino ma non ostile al turista, “tradizionalista” nel recupero di itinerari
dimenticati o trascurati. Ci saranno più percorsi per pedoni e ciclisti, più
respiro per i “parchi urbani”, più agriturismo. Sono queste alcune delle linee
guida del piano strategico sul quale la “macchina” comunale ha lavorato negli
ultimi tre anni, cui saranno tolti i veli la prossima settimana. Da piazza
Marconi informano che il documento è frutto di consultazioni ampie, ma resta
“aperto” ad osservazioni e critiche. Proprio a questo fine si è organizzato per
venerdì prossimo un incontro pubblico con i cittadini, che inaugurerà di fatto
la “fase partecipativa” del Piano regolatore. Uno “step” che si svolgerà anche
attraverso forum e tavoli tematici e che preluderà alla Valutazione ambientale
strategica, all’adozione del Piano definitivo in Consiglio comunale e alla sua
approvazione. «Siamo giunti alla fine della fase di analisi e ora è arrivato il
momento della partecipazione» annuncia il vicesindaco e assessore alla
pianificazione territoriale Laura Marzi, che nel mese scorso ha raccolto il
testimone dal primo cittadino per la gestione del nuovo Prg. Il progetto ruota
attorno a quattro perni: l’ambiente e il paesaggio, l’abitare, la mobilità, lo
sviluppo. «Il lavoro di questi mesi ha recepito le direttive della delibera
consiliare di luglio 2009 – conferma Marzi – la quale metteva in evidenza
anzitutto la necessità di limitare il consumo del suolo». In quest’ottica, quale
spazio verrà riservato allo sviluppo strategico? Quello delimitato dalla
sostenibilità e dall’ecologia: «Rilanceremo percorsi storici e paesaggistici,
recupereremo la sentieristica e il settore agricolo, proteggeremo i beni
archeologici, ambientali e tutto ciò che è oggetto di tutela specifica» anticipa
la vicesindaco. L’intento dell’amministrazione è creare una sorta di cerniera
che colleghi zone centrali e periferiche, permettendo ad esempio di muoversi
comodamente in bicicletta all’interno e all’esterno del centro storico. La
redazione del piano, ha spiegato Laura Marzi, è stata completata dopo numerose
interviste e consultazioni con portatori d’interesse e professionisti, quali
geometri e operatori di agenzie immobiliari. L’incarico della stesura era stato
affidato alla “Veneto progetti S.C” di San Vendemiano.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - VENERDI', 14 dicembre 2012
«Rigassificatore, ora le carte»
Comune e Provincia: dopo il dietrofront Tondo riconvochi la Conferenza
dei servizi
(foto)
Verba volant, scripta manent. E siccome fidarsi è bene, ma non fidarsi è
meglio, le parole non bastano. Serve un passo formale: Comune e Provincia di
Trieste, così come l’amministrazione comunale di Muggia, chiedono ora un atto,
un documento che certifichi nero su bianco una posizione. Quella espressa a voce
l’altro giorno, durante il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal
Piccolo all’hotel Savoia, sul progetto del rigassificatore di Zaule dal
presidente della Regione Renzo Tondo: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su
una situazione non gradita, mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E
pensiamo al futuro di questa città». La frenata del governatore arriva col fuoco
della campagna elettorale verso le regionali di primavera (nelle quali Tondo si
candida per la conferma) già aperto. Contenuti molto diversi da quelli da lui
stesso espressi nel maggio scorso all’assemblea di Confindustria Udine: «Sono
opere da realizzare anche a costo di giocarsi una parte del consenso». In agosto
i primi tentennamenti alla luce della ribadita e confermata contrarietà del
territorio al progetto. Mercoledì, la svolta. «Ieri (l’altro ieri, ndr) Tondo ha
spiegato che la posizione della giunta regionale è negativa rispetto al progetto
del rigassificatore di Zaule - le parole del sindaco Roberto Cosolini
all’indomani del convegno -. Ora gli chiediamo un pezzo di carta, un atto
politico-amministrativo visto che, continua a dirlo, la sua giunta non ne ha
prodotti in merito. Ora ce n’è uno unico che può togliere ogni dubbio sul fatto
che non voglia prendere posizione perché in campagna elettorale - prosegue
Cosolini -: dichiari nulla la Conferenza dei servizi che ha dato il via libera
all’Aia (nonostante i “no” di Comune e Provincia a fronte del solo “sì” della
Regione, ndr) e la riconvochi affinché si attenga ai pareri espressi, che
porterebbero alla non concessione dell’autorizzazione». Adesso, infatti, la
carta ufficiale nelle mani del governo è quella che certifica il passaggio
dell’Autorizzazione integrata ambientale. E al ministero dello Sviluppo
economico spetta la pronuncia finale sul progetto di concerto con la Regione.
«Non basta rimuovere un dirigente - continua il sindaco -. Si proceda con un
atto amministrativo coerente con le parole del presidente Tondo. Altrimenti
magari fra cinque mesi, se rieletto, potrebbe cambiare idea di nuovo. Questa è
la preoccupazione...». Sintesi finale: «Se la giunta regionale ritiene una
forzatura quell’atto, se presenta un vizio formale, allora non può dare
l’assenso al fatto che l’iter vada avanti. Emetta un nuovo provvedimento, di
autotutela, considerato che è stato spostato il dirigente. Non vorremmo trovarci
al Tar...». Ricordate le diffide inviate da amministrazione comunale e
provinciale, Cosolini ha infine auspicato tempi rapidi: «Quando il nuovo atto?
La giunta regionale mi risulta si riunisca ogni giovedì...». Allineata la
presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat: «Al di là delle
dichiarazioni dal sapore di campagna elettorale, evidentemente dobbiamo ritenere
non proprio quel documento positivo esibito da Gas Natural a Roma e che debba
essere riconvocata la Conferenza dei servizi. Chiediamo che la Regione comunichi
la sua nuova posizione al governo». E la «revoca» dell’ok all’Aia è invocata con
annesso «invio al governo di un nuovo atto negativo» anche dal primo cittadino
di Muggia, Nerio Nesladek, che giudica le parole di Tondo «il risultato della
pressione che i vari soggetti in questi anni e anche di recente hanno esercitato
sostenendo il “no” al progetto». C’è una «seconda cartuzza» che Cosolini invita
Tondo a produrre e inoltrare al premier “in uscita” Mario Monti: «Poiché il
presidente della Regione si è espresso per lo spostamento del Punto franco dal
Porto vecchio in altra sede, lo scriva al governo nazionale, al quale aveva
rimesso tutto già l’ex prefetto Giacchetti».
Matteo Unterweger
«La giunta regionale si esprima per il no» - TAVOLO UIL
VIGILI DEL FUOCO
La Uil Vvff Fvg, promotrice del Tavolo tecnico rigassificatori Trieste, dopo
le ultime dichiarazioni del presidente Tondo ha deciso di scrivere e inviare una
lettera aperta, a firma di Adriano Bevilacqua del Coordinamento regionale Uil
Vigili del fuoco, al presidente della Regione per ottenere una conferma diretta
della volontà di «mettere una pietra sopra» al progetto dell’impianto di
rigassificazione di Zaule. Nella lettera si chiede di sapere se la posizione
della giunta è in direzione opposta al rigassificatore e si fa notare, nel caso,
la necessità di deliberare il proprio no.
MARINI SUL SERVIZIO D’ORDINE
«La lezione di quanto successo lunedì sera alla Centrale Idrodinamica è
servita», è la chiosa del consigliere regionale Bruno Marini. Mercoledì il
servizio d’ordine sia davanti al palazzo del Consiglio Regionale, sia davanti
all’Hotel Savoia in occasione del convegno sul Porto di Trieste era adeguato e
funzionale al conseguimento dell’obiettivo di evitare un contatto diretto tra i
manifestanti ed i palazzi dove si svolgono attività istituzionali o convegni.
Opportuna l’istituzione della zona rossa».
Il governo non cambia idea Passera: Trieste luogo
ideale
Il ministro per lo Sviluppo economico sostiene che si può discutere solo
su dove esattamente collocarlo. Razeto: resto favorevole ma priorità al porto
«Trieste è un luogo adatto a un rigassificatore. Si può discutere di dove
esattamente» collocarlo. «Saranno le autorità locali ad aiutarci a prendere la
decisione migliore», ma credo che «vada realizzato nei tempi più brevi
possibili». Lo ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Corrado
Passera, ieri sera ai microfoni di Zapping 2.0 su Rai Radio1. «È importante - ha
aggiunto Passera - uscire dalla tendenza a voler sempre spostare nel cortile
altrui le infrastrutture che servono al Paese. Se vogliamo che il gas costi meno
dobbiamo metterci in condizione di riceverlo da diverse parti». L’esponente del
governo dimissionario guidato dal premier Mario Monti, insomma, tira dritto
proprio ventiquattro ore dopo il cambio di rotta del presidente della Regione
Renzo Tondo sul progetto di Gas Natural. A proposito, il ministro sarà stato al
corrente dell’uscita del governatore? Intanto, dal versante di Confindustria,
Sergio Razeto si astiene dall’esprimere giudizi sulle parole pronunciate l’altro
giorno da Tondo. E lo fa perché, spiega, al convegno lui non era presente.
Razeto si limita allora a ricordare una volta di più la posizione
dell’associazione di cui a Trieste è presidente relativamente al progetto di Gas
Natural: «In merito alla possibilità di insediamento di un impianto di
rigassificazione a Zaule, Confindustria Trieste ha da tempo espresso un
orientamento favorevole, in quanto ritiene tale opera strategica per il tessuto
economico del territorio». Favore di base sì, ma evidentemente non da assicurare
a scatola chiusa, bensì solo in presenza di una serie di garanzie: «Al contempo
- approfondisce Razeto -, l’associazione ha sempre ribadito che, insieme
all’attenzione all’impatto ambientale e paesaggistico e all’utilizzo di
tecnologie avanzate per la sicurezza, ulteriore prerequisito fondamentale del
progetto fosse la sua compatibilità con le attività logistiche e portuali
presenti e future in quell’area del golfo di Trieste». Un aspetto, questo, sul
quale il numero uno di Confindustria Trieste sceglie di soffermarsi qualche
istante di più: «Ci riferiamo in particolare - entra nel dettaglio - alle
opportunità di incremento dei traffici collegate anche alle nuove opere
previste, quali la Piattaforma logistica e il terminal ro.ro., e all’annunciata
crescita dei traffici del petrolio». Alla luce di tutto questo, qualora per
ipotesi Confindustria dovesse trovarsi di fronte a un bivio, la scelta finale
sarebbe comunque una: il Porto prima di tutto. E Razeto non ne fa mistero: «In
questo contesto, per Confindustria la priorità va data allo sviluppo portuale, a
condizione che gli esperti certifichino in maniera chiara e incontrovertibile
l’incompatibilità con il rigassificatore». Intanto, sul messaggio «mettiamoci
una pietra sopra» espresso dal presidente della Regione (e che aveva fatto
seguito all’affermazione sempre di Tondo, datata lunedì scorso: «Sul
rigassificatore di Trieste sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare
eventualmente un passo indietro»), un’immediata presa di posizione da parte del
proponente il progetto di Zaule non è arrivata. A ieri sera, Gas Natural non
aveva risposto ai quesiti posti dal Piccolo alla luce del nuovo quadro
delineatosi. Non è escluso, tuttavia, che dalla multinazionale spagnola non
giunga nella giornata odierna qualche comunicazione ufficiale. Forse in terra
iberica stanno prendendo tempo nell’attesa di capire se alle ultime
dichiarazioni di Renzo Tondo ora seguiranno dei passi formali in Regione,
proprio come richiesto (ne riferiamo qui a sinistra) dagli enti locali del
territorio triestino.
(m.u.)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 dicembre 2012
«Mettiamo una pietra sopra al rigassificatore»
Il governatore Tondo all’affollato convegno sul porto: «L’altro obiettivo
è di spostare il punto franco dal vecchio scalo alla banchina di Servola»
«Una pietra sopra il rigassificatore». Non poteva non focalizzarsi su questo
tema il convegno “Il futuro è il porto” organizzato dal Piccolo, moderato dal
suo direttore Paolo Possamai e svoltosi dinanzi a una folla strabocchevole dato
evidentemente anche l’argomento caldo del momento. E su questo tema il
governatore Renzo Tondo, seppure in scadenza di mandato, è stato chiaro come non
mai: «Ci mancherebbe che si voglia insistere su una situazione non gradita - le
sue parole - mettiamoci una pietra sopra e che sia finita. E pensiamo al futuro
di questa città». Non solo, il presidente della Regione ha anche rimarcato il
fatto che questa giunta non ha mai fatto un passo a favore dell’impianto di
Zaule. «La sua strategicità - ha affermato - è stata dichiarata dalla giunta
precedente. Il via libera all’Aia è stato un grossolano errore di un nostro
dirigente che infatti è stato ora destinato ad altri incarichi. Io invece prendo
atto di una forte contrarietà». Va ricordato che l’Autorizzazione unica a Gas
Natural deve essere data dal governo, in accordo con la Regione. Ma in una
serata evidentemente favorevole alle rivelazioni, Tondo è stato esplicito anche
su Porto vecchio: «È indispensabile creare un’intersezione tra il Porto Vecchio
e l’area della Ferriera di Servola. Chiaro che sono per la sdemanializzazione
dello scalo antico e non mi interessa se i proventi vanno a Regione, Provincia o
Comune, è importante invece che questi proventi siano utilizzati per
riconvertire a fini portuali l’attuale area della Ferriera dove dovrebbe essere
spostato il Punto franco». Ma se su questi due snodi fondamentali s’intravede
una via d’uscita, è nebbia fitta su alcune infrastrutture anch’esse vitali per
il futuro dello scalo. «Che ne è del prospettato terminal ro-ro all’ex Aquila?»,
la domanda di Possamai. «È previsto da un accordo di programma nel 2005, poi nel
maggio scorso è intervenuto un altro accordo di programma sulle bonifiche, ma
quell’area ne è esclusa», la risposta di Paolo De Alti direttore dell’Ezit. «Ma
a che punto siamo?» «L’accordo del 2005 è scaduto nel 2010. Bisogna riportare il
soggetto privato agli obblighi che si era assunto» «Ma chi deve farlo?» «Non
vorrei essere impertinente, ma la regia era in capo alla Regione». La domanda
finisce a Tondo che risponde: «Sinceramente non posso sapere tutto, prendo atto
di questa segnalazione». Un altro mistero, e nemmeno buffo, è il raddoppio del
Molo Settimo. Pierluigi Maneschi, proprietario della società terminalista vuole
ancora farlo? «Se cresce il traffico, deve essere fatto. Ma tutto passa
attraverso la rampa ferroviaria automatizzata, struttura che fa sì che non siano
più necessarie le lunghe e costose manovre ferroviarie. Tre anni fa l’abbiamo
chiesta all’Autorità portuale che ha cercato di convincere le Ferrovie dello
Stato. Rfi ha risposto: va bene, ma vogliamo gestirla noi. Impossibile perché
Rfi non ha né gli uomini, né le macchine. Ora l’Autorità portuale e la Regione
dovrebbero portare avanti questo progetto che ci permetterebbe di rendere molto
meno onerosa l’operazione di prolungamento della banchina». «Avete parlato di
questo in Comitato portuale?», la domanda di Possamai al sindaco Roberto
Cosolini. «Mai parlato», la risposta. Le ferrovie sono tradizionalmente un punto
di forza per il porto di Trieste e potrebbero essere la chiave di volta per un
rilancio futuro come è apparso anche dalle relazioni iniziali del presidente
dell’Ordine degli ingegneri Salvatore Noè e dell’ex direttore compartimentale
delle infrastrutture delle Fs Mario Goliani. Eppure dopo l’incontro del 29
febbraio con l’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti è calato l’oblio anche
sul progetto di rafforzamento delle strutture ferroviarie portuali. «Una prima
bozza non ha superato l’estate - ha tentato di spiegare Cosolini - una seconda è
stata giudicate negativamente dagli operatori portuali. Spero che entro la fine
dell’anno sia pronta una controproposta per chiedere un nuovo incontro a
gennaio». «A Trieste abbiamo impiegato sei anni per liberarci del monopolio di
Trenitalia che faceva pagare tariffe altissime - ha spiegato Maneschi -
recentemente la situazione è migliorata perché abbiamo più società in
competizione. Ma dobbiamo fare i conti con Capodistria dove le tariffe sono del
40% inferiori e dove si sono trasferiti anche molti nostri spedizionieri. Ora
sono più rapidi anche i controlli doganali, ma nel frattempo i clienti sono
scappati e dobbiamo riconquistarli». «É uno dei tanti mali dell’Italia - ha
concluso Stefano Patriarca segretario della Camera di commercio - dove ci sono
ben 17 enti con competenze doganali».
Silvio Maranzana
Grandi assenti Monassi e Paoletti
L’Autorità portuale è stata il convitato di pietra al convegno di ieri il
cui titolo specifico era “Il futuro è il porto. Il ritorno della cultura
marinara per il rilancio dei traffici con il Nordest e l’Europa centrale.”
Assente la presidente Marina Monassi (foto) che non ha delegato alcun dirigente.
Così come non c’era Antonio Paoletti che è presidente, oltre che della Camera di
commercio, anche di Trieste terminal passeggeri.
Aumentano i traghetti, le crociere e le petroliere -
Traffici in espansione
«La nostra soddisfazione è grande perché una grande azienda investe sul
nostro territorio». Lo ha detto il sindaco Roberto Cosolini a bordo di Cruise
Europa, alla cerimonia di battesimo della nuova linea della Minoan tra Trieste e
la Grecia di fronte a una vastissima platea di invitati e autorità. «Così cresce
anche l’offerta turistica della città, oltre a incrementarsi i traffici e i
servizi portuali», ha sottolineato l’assessore regionale Federica Seganti. E
Franco Napp, amministratore delegato di Trieste terminal passeggeri ha
commentato che l’avvio della linea corona lunghi mesi di corteggiamento tra
Grimaldi e Trieste «che vuole tornare a essere non solo un grande scalo
italiano, ma anche il porto di Lubiana, Vienna, Budapest e Praga». E in effetti
le acque del porto incominciano a ribollire di attività. I traghetti della
Minoan partono ora tre volte alla settimana: il lunedì, il mercoledì e il
sabato, ma presto, secondo quanto affermato proprio ieri da Guido Grimaldi, le
toccate potrebbero diventare addirittura sei. Solo un paio di giorni Michael
Thamm, ceo di Costa crociere, ha annunciato che dal 2014 saranno due le navi del
Gruppo Costa che settinalmente partiranno dal nostro porto. Dalla prossima
estate si aggiungeranno anche le crociere di Msc, mentre tra un anno e mezzo
sbarcherà Aida Cruise, compagnia tedesca che pure utilizzerà Trieste come home
port. Sull’altro versante del golfo cresce l’attività dell’oleodotto: 500 le
petroliere attese già nel 2013.
(s.m.)
«Da Trieste per la Grecia presto 6 navi la settimana»
L’annuncio dell’armatore Guido Grimaldi proprietario di Minoan lines
«Spostiamo qui il fulcro di tutti i traffici tra il Centro Europa e i Balcani»
Va al di là del significato puramente commerciale o turistico il filo che in
questi giorni i traghetti della Minoan lines hanno riannodato con la Grecia,
paese dal quale provennero armatori, imprenditori, commercianti e professionisti
che contribuirono a far grande Trieste. Ieri la Cruise Europa, seppur con una
manovra un po’ elaborata, ha ormeggiato di poppa al molo Bersaglieri della
Stazione marittima, oltretutto quasi di fronte alla chiesa greco-ortodossa,
ammirata e fotografata dai triestini. È un ferry cruise, porta merci e
passeggeri, ma con standard di eleganza e confort, la spa ma non solo, che la
possono equiparare a una nave da crociera. Oggi Minoan lines è proprietà della
famiglia Grimaldi di Napoli. «Vedere appena svegliato dalla mia stanza
dell’albergo Savoia, arrivare una delle nostre navi praticamente in piazza
Unità, è stato per me un grande onore, oltre a uno spettacolo straordinario che
non potrò mai più dimenticare», ha dichiarato ieri Guido Grimaldi, esponente
della terza generazione di armatori. E a margine della cerimonia di battesimo
della linea che si è svolta a bordo ha subito calato un asso: «Abbiamo spostato
il baricentro delle nostre attività in quest’area geografica da Venezia a
Trieste. Se la prima fase di rodaggio che oggi vede tre partenze settimanali da
Trieste, come crediamo, andrà bene, annulleremo lo scalo tecnico che attualmente
facciamo ad Ancona e incrementeremo una linea dedicata direttamente da Trieste
verso Igoumenitsa e Patrasso con partenze addirittura sei volte alla settimana.»
La scommessa è forte, ma alcuni problemi iniziali paiono superati. Dall’ormeggio
57 alla radice del Molo Settimo dove solitamente partono e arrivano i tre
traghetti che sono le navi più grandi di Minoan lines e cioé Cruise Europa,
Cruise Olympia e Europa Link il prefetto ha temporaneamente sospeso il regime di
Punto franco dato che si opera all’interno dell’Unione europea, la banchina è
stata in qualche modo adattata ai portelloni delle navi, il traffico dei Tir è
stato disciplinato e anche Michael Hatzakis, greco triestino, consigliere di
amministrazione di Minoan e titolare di Hellenic lines che curerà il traffico
passeggeri, dopo qualche arrabbiatura oggi può dirsi, al pari dello stesso
Grimaldi, soddisfatto della sistemazione logistica. «Siamo la prima azienda al
mondo per trasporto di rotabili - ha detto l’armatore - con un milione e mezzo
di trailer all’anno oltre a 11 milioni di passeggeri. Su Trieste, dove abbiamo
avuto un’accoglienza entusiastica puntiamo molto per mettere in contatto il
Centro Europa con la Grecia, la Turchia e la Bulgaria. Già nel secondo viaggio
abbiamo avuto una settantina di camion, presto cresceranno ancora, ma per la
primavera e l’estate contiamo anche su un boom turistico.»
Silvio Maranzana
Sala blindata, i contestatori restano fuori
Massiccio lo spiegamento di forze dell’ordine, un centinaio i dimostranti
di “Trieste Libera”
Che quello sul futuro di Trieste e del suo Porto sarebbe stato un convegno
“blindato”, lo si è capito già un paio d’ore prima che iniziasse il dibattito,
quando i mezzi delle forze dell’ordine si erano piazzati ai lati dell’ingresso
principale dell’Hotel Savoia, mentre i reparti della Polizia e dei Carabinieri
in tenuta antisommossa presidiavano la zona d’accesso completamente transennata.
A sorvegliare le entrate laterali di via Cadorna e via Boccardi pattuglie della
Guardia di Finanza. Un servizio d’ordine previsto ed inevitabile dopo
l’irruzione dei manifestanti di lunedì scorso in Porto Vecchio, che ha mandato
all’aria l’incontro cui doveva intervenire anche il Ministro dell’Ambiente
Clini. Questa volta il filtro all’ingresso è severo: chi non è autorizzato non
può entrare. Non manca la protesta di qualche cittadino che si sente “escluso”
da un dibattito popolare. A restare fuori dalla porta anche qualche volto noto
della politica locale e non solo. Sorvegliato speciale è il gruppo dei
manifestanti che si profila all’orizzonte intorno alle 17. Sono circa un
centinaio ma si fanno sentire con tamburi, fischietti e slogan che si rifanno al
Territorio Libero di Trieste. Stavolta però si mantengono a distanza di
sicurezza, sul lato opposto delle Rive. Poco più di una decina di metri in linea
d’aria. Non c’è nessun contatto ravvicinato e nessuna irruzione in sala. Non
mancano però gli attacchi verbali ai rappresentanti della classe politica
locale. Sono da poco passate le 17 quando il Presidente della Regione Renzo
Tondo fa il suo ingresso al Savoia scortato dagli agenti della Digos. Viso teso
e passo veloce, ma non sufficiente per evitare i fischi dei manifestanti che lo
beccano con “sei un falso”. Qualche minuto più tardi arriva l’altro atteso
protagonista del dibattito, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, che sfoggia
un sorriso di circostanza. Anche per lui si alza una dose di fischi e un
“tornatene a casa”. Il convegno può iniziare regolarmente, ma fuori la protesta
continua. Rumorosa ma pacata. «Quello che vogliamo sottolineare è l’assoluta
incapacità di gestire un Porto internazionale come quello di Trieste da parte
della classe politica - precisa Sandro Gombac, vice presidente di Trieste Libera
-. Sdemanializzare il Porto significa farlo morire. Serve invece aprirlo ai
grandi investitori mondiali che arrivano soprattutto dalla Russia e dal
Brasile».
Pierpaolo Pitich
INCONTRI I rischi del rigassificatore di Zaule
Una delegazione del Ttrt (Tavolo tecnico rigassificatori Trieste) ha incontrato i consiglieri provinciali di Trieste e quelli regionali per discutere urgenti problematiche legate al progetto di rigassificatore di Zaule. Il coordinatore regionale del Vigili del fuoco - Uil Adriano Bevilacqua ha sottolineato, fra gli altri aspetti negativi, il fatto che a suo dire l’attività del rigassificatore cristallizzerà quella portuale: lo scarico del gas dura due giorni - ha detto - e le gasiere devono avere uscita libera per potersi allontanare in caso di incidente. (leggi il comunicato stampa del TTRT)
Ferriera, destino incerto «Chiusura non gestita»
Allarme tra operai e rappresentanti sindacali dopo l’aut aut di Clini
alla Lucchini Le Rsu di Cgil, Cisl e Uil: «Risposte veloci e chiare, basta
parole sulla nostra pelle»
E la smettano, e i politici e i tecnici che comandano, di blaterare sulla
pelle di mille famiglie, tra dipendenti Ferriera e indotto vario: prima di tutto
- tuonano in una nota scritta congiunta i delegati di fabbrica di Cgil, Cisl e
Uil, cui fa eco un comunicato a sé della segreteria Ugl (si veda qui a sinistra,
ndr) - lorsignori diano una risposta a queste mille famiglie (a partire
dall’innominabile garanzia di un reddito-ponte in attesa di una rioccupazione o
di un prepensionamento, ndr) poi sì che si potranno dedicare, e ci mancherebbe,
al destino già scritto dello stabilimento e a ciò che verrà dopo. Nell’aria di
Servola dunque, di suo pesante, i lavoratori annusano - o per lo meno temono di
annusare molto presto - la solita puzza che torna ad ogni campagna elettorale.
Il fatto è che mista a tale puzza si sente stavolta pure l’odore di quel destino
già scritto: c’è insomma la consapevolezza che la chiusura possa essere dietro
l’angolo, che la fabbrica abbia di fatto i giorni contati. L’odore si sta
facendo nelle ultime ore più insistente, dopo l’aut aut del ministro
dell’Ambiente, il “triestino” Corrado Clini, alla Lucchini: diffida a mettere in
sicurezza gli impianti entro un mese, eppoi una nuova Aia regionale più
stringente, pena la dismissione subitanea. Ecco perché, per le Rsu della
“triplice”, bisogna far presto, prestissimo. Il tempo stringe. Dritto verso una
«chiusura non gestita della Ferriera». L’uscita di Clini genera fermento, sotto
forma di domande preoccupate, nel fronte sindacale. Le Rsu della Fiom, Tiziano
Scozzi, della Fim, Umberto Salvaneschi, e della Uilm, Franco Palman - gli ultimi
due anche segretari provinciali delle loro sigle - si trovano nel primo
pomeriggio di ieri, confabulano e optano per uscire con un comunicato congiunto.
Segno che il momento è critico. «Le Rsu della Ferriera di Servola - scrivono -
non ci stanno! Il futuro di Trieste si prospetta con i seguenti titoli:
rigassificatore, centrale da 400 megawatt, Elettra, Piattaforma logistica? Qual
è il livello di tenuta occupazionale di questi indirizzi ? La vera prospettiva è
la perdita di centinaia di posti di lavoro. Questo impone prese di
responsabilità vere con soluzioni concrete e veloci, impegno immediato su
progetti industriali reali». Ma intanto «i balletti di dichiarazioni continuano
incuranti delle ricadute che hanno sempre e solo sulla pelle dei lavoratori e
delle loro famiglie». Morale: «le Rsu denunciano la loro fortissima
preoccupazione» per le «ultime dichiarazioni del ministro Clini e del
governatore Tondo». In fabbrica siamo allo stato di «allarme anche» per la
«forte accelerazione che tali dichiarazioni imprimono. Parallelamente il tavolo
del Protocollo in Regione procede con una velocità che non risponde in maniera
adeguata all’evolversi della situazione. Constatiamo che le istituzioni locali
ed il governo si muovono con due velocità sottovalutando le conseguenze». Ma
«altrettanto preoccupante» è «il quadro di prospettiva» con quell’«orizzonte
puramente logistico». Scozzi, Salvaneschi e Palman quindi snocciolano altre
perplessità: «debito del gruppo (550 milioni?), perdite mensili del gruppo (15
milioni?), perdite dello stabilimento (tre milioni mensili?), revisione dell’Aia
con conseguenti nuove economie, pericolo di chiusura anticipata del Cip 6 ,
nessun interessamento di terzi per la Servola». Indizi per una prova.
Temutissima: «Il rischio sempre più concreto è quello di trovarsi di fronte a
fatti compiuti e senza un punto di ritorno, uno scenario che inevitabilmente
porterà alla chiusura non gestita della Ferriera».
Piero Rauber
L’Ugl: priorità ai lavoratori
Anche l’Ugl di Trieste, per voce del responsabile Matteo Cernigoi, esprime
«perplessità per la linea portata avanti dalle autorità» dopo l’uscita di Clini.
«Va bene - scrive Cernigoi - cercare di dare una svolta definitiva ad una
pesante questione non soltanto occupazionale, ma bisogna ora più che mai pensare
ai dipendenti, che di certo hanno lo spettro della perdita del posto di lavoro.
Dopo decenni di “politica da cicala”, che ha permesso di spremere le
potenzialità dello stabilimento, con interventi minimi sulla manutenzione, non
ci sono speranze di acquisto, in quanto la proprietà ha ricevuto una proposta
per Piombino, nulla per Trieste. La riconversione è prevista per il 2015: cosa
fare per i lavoratori che possono perdere il posto in un futuro molto più
prossimo? A questo devono dare risposta proprietà ed amministratori».
(pi.ra.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 dicembre 2012
«Rigassificatore in contrasto con lo sviluppo del
Porto»
Pronta la lettera di Monassi per il governo. Tondo: dirigente rimosso, ha
sbagliato a non tener conto degli enti locali. No del Consiglio comunale, voto
all’unanimità
Per la prima volta il presidente della Regione Renzo Tondo lo dice
chiaramente: «Sul rigassificatore di Trieste ha sbagliato il nostro dirigente
Piero Giust. Per questo l’ho rimosso da quell’incarico: non si possono
dichiarare inconferenti due pareri contrari, espressi dal Comune e dalla
Provincia di Trieste e trasformarli in un parere complessivamente positivo.
Giust doveva constatare che non c’era l’unanimità e passare la decisione alla
giunta regionale.» Al rigassificatore di Zaule dunque dopo la clamorosa protesta
di lunedì sera quando 600 manifestanti hanno impedito l’effettuazione del
convegno in Porto Vecchio con il ministro dell’Ambiente Corrado Clini viene
posto un doppio freno. Da un lato lo stesso Tondo sostanzialmente “annulla”
l’Autorizzazione integrata ambientale che i dirigenti avevano già dato,
dall’altro il ministro Clini, all’uscita del vertice di ieri mattina in
Prefettura su rigassificatore e Ferriera, ribadisce quanto già accennato l’altra
sera, e cioè che molto probabilmente la Valutazione d’impatto ambientale dovrà
essere rifatta o comunque integrata dal momento che risale al 2008-2009. E la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi esce dalla Prefettura mostrando
la lettera che sta per inviare al Governo in cui mette in luce che l’impianto di
Zaule contrasta con lo sviluppo delle infrastrutture portuali e con l’incremento
del traffico di navi e soprattutto di petroliere che si sta registrando in
questi ultimi mesi e che si prevede si protrarrà o crescerà ancora in futuro,
come si evince anche da uno studio sull’argomento che è stato fatto dalla
società Technital. «Saranno ora il mio ministero e quello dello Sviluppo
economico - ha ribadito ieri Clini - a valutare se e come riaprire la Via».
Secondo voci, Clini avrebbe parlato di questo già ieri pomeriggio a Roma, dove
ha fatto ritorno all’ora di pranzo, con il ministro Corrado Passera. E una
mozione per «ricondurre la procedura di Aia rilasciata dalla Regione nei dettami
della vigente normativa nazionale ed europea, rianalizzando gli effetti e i
rischi di varia natura derivanti dalla contemporanea realizzazione di impianti
finora considerati disgiuntamente (rigassificatore, gasdotto, centrale
termoelettrica) è stata approvata all’uanimità dal Consiglio comunale. A
presentarla Roberto Decarli della lista civica Trieste cambia che replica a
Tondo: «Può fare il colpo di scena e silurare il dirigente, ma non può smentire
ciò che dichiarò in primavera a Udine nel corso dell’assemblea di Confindustria
dove annunciò in tono perentorio di voler prendersi la responsabilità e di voler
realizzare il rigassificatore a terra nella zona industriale di Trieste,
ponendosi contro la reiterata volontà del Comune di Trieste e della Provincia.
Silvio Maranzana GUARDA L’INTERVISTA AL MINISTRO
CLINI www.ilpiccolo.it
Ma spunta l’ipotesi di un sito alternativo
Il ministro: la proposta spetta a Gas Natural. L’Authority: è l’Ue a
dover dare un’indicazione
Se sul rigassificatore on shore di Zaule potrebbe presto essere posta una
pietra tombale, non altrettanto si può dire per un rigassificatore a Trieste. Ad
aprire inaspettatamente è addirittura il sindaco Roberto Cosolini: «Non abbiamo
mai detto di essere contrari a una struttura di rigassificazione, abbiamo sempre
detto di essere contrari al tipo di impianto proposto da Gas Natural e
soprattutto alla localizzazione proposta.» E il discorso di un possibile sito
alternativo sta in effetti emergendo, anche se nessuno ha voglia di parlarne
chiaramente. «Certo che si può valutare - afferma il ministro Clini - ma non
spetta sicuramente a noi proporlo, logicamente spetta a Gas Natural.» «Potrebbe
in effetti essere proposta un’ubicazione diversa - sostiene ancora più
enigmaticamente la presidente dell’Authority Marina Monassi - ma in base alle
più recenti normative spetta all’Unione europea indicare la nuova collocazione.»
Una normativa di cui l’assessore regionale all’Ambiente Sandra Savino sostiene
di non essere a conoscenza. Nella lettera indirizzata al Governo, Monassi rileva
che nell’ultimo anno nel porto industriale si è registrato un aumento del 76,72%
dei traffici, che stanno aumentando le navi da crociera e i traghetti e che già
nel 2013 si prevede che alla Siot arriveranno ben 500 peroliere per scaricare
quaranta milioni di greggio, il che farà del porto di Trieste il primo scalo
italiano per quantità di merci. «In questa fase di sviluppo - si sottolinea - da
parte degli operatori viene lanciato un grido d’allarme che potrebbe portare
seri problemi economici, occupazionali e di sicurezza.» E intanto il Tavolo
tecnico rigassificatori della Uil Vigili del fuoco, attraverso il coordinatore
regionale Adriano Bevilacqua, rileva come per il rigassificatore di Porto Viro
in provincia di Rovigo (l’unico oggi in attività in Italia assieme a quello già
vecchio di La Spezia) un’ordinanza della Capitaneria di porto preclude il
traffico navale per un diametro di 4 km e proibisce l’ancoraggio di navi in un
diametro di 5,5 km. «Ciò in base alla normativa Imo la cui applicazione è stata
richiesta dallo stesso governo italiano. Risulta inequivocabilmente - sostiene
Bevilacqua - che se il rigassificatore dovesse essere costruito a Zaule, causa
il transito delle metaniere, il traffico portuale verrebbe interdetto e le
normative costringerebbero al collasso le strutture portuali.»
(s.m.)
Padulano: l’incontro della “Cattedra” era aperto a
tutti
MA SAVINO E TONONI: NON PRESE MISURE DI PREVENZIONE
Il questore Giuseppe Padulano replica alle critiche del consigliere regionale Pdl Bruno Marini. L’altra sera, subito dopo la manifestazione che ha fatto saltare l’incontro pubblico della Cattedra di S. Giusto promossa dalla Diocesi alla Centrale idrodinamica, Marini è stato netto: «Qualcuno dovrebbe dare le dimissioni, si è messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore», ha aggiunto riferendosi ai tanti entrati in sala per esprimere dissenso sul rigassificatore al governatore Tondo e al ministro dell’Ambiente Clini, attesi come relatori. Marini ha sottolineato come in sala vi fossero solo «due poveri poliziotti». «In ordine pubblico - ribatte Padulano - ci vuole molto, molto equilibrio specie quando c’è un movimento di persone che protestano in modo trasversale. L’altra sera c’era di tutto: associazioni, gruppi, mamme con carrozzina. Qualsiasi azione basata sulla forza sarebbe stata totalmente fuori luogo. C’erano persone andate lì per evitare che gli oratori potessero parlare. E come sempre in queste situazioni la polizia si trova nel mezzo e non può lasciarsi andare ad atteggiamenti basati sull’emotività. Dobbiamo dimostrare calma, saggezza ed equilibrio». Secondo Padulano «non è vero che nella sala c’erano solo due poliziotti. Erano presenti 10 agenti della Digos in borghese. Non si può militarizzare la sede di un convegno pubblico, dove è impossibile fare controlli e distinguo. Se fosse stato a invito la polizia avrebbe potuto verificare gli ingressi. Tutti potenzialmente avevano il diritto di entrare. E fuori c’erano 800 persone che tentavano di entrare». Ma intanto Sandra Savino e Pietro Tononi, rispettivamente coordinatore e vice del Pdl incalzano: «Non è tollerabile che un gruppo di contestatori abbia avuto la meglio. Chi non permette all’altro di esprimersi è sempre nel torto, così come chi doveva tutelare questo diritto e non l’ha fatto. Ci chiediamo perché non sono state prese misure di prevenzione». Roberto Sasco segretario dell’Udc chiosa: «Purtroppo ciò che temevo si è verificato. Un manipolo di facinorosi ha impedito che l’incontro avesse luogo contro ogni regola della democrazia».
(c.b.)
«Ferriera presto a norma o parte la dismissione»
Vertice in Prefettura, linea concordata con Clini: impianti in sicurezza
entro un mese e nuova Aia a gennaio con prescrizioni più pesanti
Una diffida alla Lucchini affinché entro un mese metta in sicurezza gli
impianti di Servola e contemporaneamente l’apertura da parte della Regione della
Conferenza dei servizi per la revisione sempre entro la metà di gennaio
dell’Autorizzazione integrata ambientale con nuove e più restrittive
prescrizioni per la Lucchini. «Per l’azienda siamo alla prova della verità», ha
affermato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ieri mattina uscendo dalla
Prefettura dove con il governatore Renzo Tondo e il sindaco Roberto Cosolini
sono state concordate queste linee d’azione. «Se prescrizioni e termini
perentori non verranno rispettati - ha aggiunto Clini - sarà automaticamente
considerata aperta la fase della dismissione e a mettere in sicurezza il sito
sarà l’Autorità portuale». «Ma ciò che politicamente considero più rilevante -
spiega il presidente Tondo - è che il Tavolo per la riconversione del sito e la
ricollocazione dei lavoratori si terrà a Roma con i rappresentanti dei Ministeri
dello sviluppo economico e dell’Ambiente. In nostra presenza infatti Clini lo ha
concordato al telefono con il sottosegretario dell’altro ministero, Claudio De
Vincenti». È a Roma dunque dove sarà firmato l’Accordo di programma che in un
certo senso confluirà il lavoro preparatorio fatto dal Tavolo con i
rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni di categoria e dei
lavoratori presieduto dall’assessore regionale Sandra Savino e che tornerà a
riunirsi ai primi di gennaio. «Il coinvolgimento dei ministeri - ha spiegato
Savino - è importante affinché il caso di Servola, come richiesto dalla Regione
con una delibera di giunta, venga inserito dal Governo nei decreto che
interverrà a favore dei casi di crisi industriale complessa». Sul dopo Ferriera
per ora c’è qualche spiraglio portato ieri dalla presidente dell’Autorità
portuale Marina Monassi. «Per l’area a mare di Servola - ha affermato - abbiamo
un concreto interessamento per un robusto traffico di metalli. Senza nemmeno
attendere questo mese dunque emetterò il bando di caratterizzazione del sito per
procedere poi al rinforzo della banchina. Si prevedono navi di ampia portata e
con una certa frequenza». Quando la Piattaforma logistica sarà completata
costituirà un unico megaterminal con la banchina di Servola. «E sarà
un’infrastruttura dalle straordinarie potenzialità - ha aggiunto Monassi - anche
se prima di veder completato anche il secondo lotto della Piattaforma, purtroppo
passerà molto tempo». Intanto però l’Authority sta vagliando le nove
manifestazioni d’interesse giunte per la realizzazione e gestione della
Piattaforma (che dal Cipe ha ottenuto un finanziamento di 30 milioni di euro) «e
prima di Natale - ha concluso Monassi - sceglieremo il vincitore». Ciò che
appare molto probabile è che in un modo o nell’altro lo stop all’attività della
Ferriera arriverà molto presto. Se la Lucchini si mettesse immediatamente in
regola, nel 2015 verrebbe comunque obbligata a dismettere tutto? «Non è una
questione di mia competenza», ha risposto Clini. Ma il sindaco riporta tutti con
i piedi per terra: «2015? Qui, se va bene, per Servola si parla di terminare il
primo semestre del 2013 - sostiene il sindaco - per questo si tratta di
accelerare la riconversione e la ricollocazione dei lavoratori. Non per
arrogarmi dei meriti, ma sono stato io a proporre di trasferire il prima
possibile il Tavolo a Roma coinvolgendo il governo». Il governo però sta per
cadere e comunque ci sarà uno sfasamento di tempi tra la chiusura di Servola e
l’avvio di altre attività, come già da anni stanno ammonendo tutti i sindacati.
E nuovi compratori per lo stabilimento triestino non ce ne sono, senza voler
considerare il fatto che tutte le amministrazioni comunque hanno bocciato
l’ipotesi di una prosecuzione dell’attività siderurgica con questi impianti,
considerati obsoleti e inquinanti. L’incontro previsto proprio per oggi tra la
Lucchini, gli istituti di credito che si sono fortemente esposti con l’azienda
di proprietà della Severstal e del magnate russo Alexei Mordashov, e la società
svizzera Klesch che ha avanzato una manifestazione di interesse all’acquisto,
riguarda infatti essenzialmente lo stabilimento di Piombino. Lo stesso
sottosegretario De Vincenti ha ribadito la necessità che il consiglio di
amministrazione della Lucchini si pronunci in tempi rapidissimi sulla proposta
d’acquisto per non prolungare la situazione d’incertezza che rende ancora più
difficile il futuro dell’intero gruppo. L’agonìa di Servola però continuerà e
presto potrebbe deflagrare in maniera ancora più clamorosa rispetto al caso
Sertubi che sta già lasciando a casa 143 lavoratori.
Silvio Maranzana
L’articolo di legge su cui si punta per l’intera area
«Al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale,
l’attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli
occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse, il
ministero dello Sviluppo economico adotta progetti di riconversione e
riqualificazione industriale». É l’articolo 27 del Decreto sviluppo 2012 in cui
punta a rientrare l’area di Servola.
Acegas e Coop Nordest per l’acqua “del sindaco” -
TABELLE DI CERTIFICAZIONE NEI PUNTI VENDITA
Patto contro il consumo di bottiglie: «Il rubinetto fonte poco costosa e
di alta qualità»
Più controllata, fresca perché sempre corrente, meno costosa. L'acqua del
rubinetto, che i triestini amano definire “del sindaco”, è la migliore da bere e
va preferita alle minerali imbottigliate, gasate e non. Questo il concetto
promosso ieri dall’amministratore delegato di AcegasAps, Cesare Pillon, e dal
vice presidente di Coop Nord Est, Roberto Sgavetta, che hanno spiegato le
caratteristiche dell’iniziativa intrapresa di concerto fra i due soggetti e che
consisterà nella promozione dell’utilizzo dell'acqua di casa, attraverso la
predisposizione di tabelle che indicheranno le qualità dell’acqua che arriva nei
rubinetti e che saranno collocate nei tre punti vendita delle Coop a Trieste.
Uno stimolo a rinunciare alle bottiglie e a preferire il rubinetto di casa.
Concetto logico se espresso da Pillon, originale se l’invito arriva da un gruppo
che vende anche acqua in bottiglia. «Siamo da tempo impegnati in una campagna di
riduzione dei consumi domestici - ha precisato Sgavetta - e sotto questo profilo
chi utilizza l’acqua del rubinetto è bene indirizzato. Basta pensare che, se
aumenterà il consumo dell’acqua di casa - ha aggiunto - saranno molti di meno i
camion in circolazione per il trasporto delle bottiglie e si ridurrà la
produzione dei contenitori in plastica. Tutto questo a beneficio dell'intera
collettività e dell'ambiente, principi che per noi sono fondamentali. Bisogna
prestare attenzione a questi valori - ha concluso - anche se dall’altra parte ci
sarà una diminuzione in determinati settori produttivi». «Negli ultimi anni - ha
ricordato Pillon - si è registrato un ingiustificato aumento del consumo
dell’acqua potabile in bottiglia rispetto a quella del rubinetto. Ciò contrasta
con la realtà, perché i controlli che noi facciamo sono molti più frequenti e
approfonditi rispetto a quelli effettuati dalle case distributrici delle
minerali confezionate. Senza dimenticare che non c’è confronto - ha continuato -
per quanto concerne i costi. La nostra costa molto meno. Apprezzabile poi il
fatto che Coop nord est - ha concluso - che vendono acqua imbottigliata, siano
disponibili a pubblicizzare la nostra dei rubinetti». I parametri che saranno
pubblicati sulle cosiddette “Liste della trasparenza”, le tabelle informative
che saranno esposte in ciascuno dei tre punti vendita di Coop nord est di
Trieste, saranno nove. Per ognuno sarà indicato il valore di legge e quello
analizzato nel territorio di pertinenza. I tecnici di Acegas Aps provvederanno
ad aggiornare periodicamente i valori.
Ugo Salvini
“Il futuro di Trieste è il porto” Confronto
Tondo-Cosolini - EVENTI»LA CONFERENZA
Questo pomeriggio all’hotel Savoia la tavola rotonda organizzata dal
Piccolo Presenti rappresentanti di Camera di commercio, Ezit, Italia Marittima e
ferrovie
“Il futuro è il porto”. Senza punti di domanda. Questo è il futuro di
Trieste (e d’altra parte difficile immaginarne un altro). Se ne discuterà oggi
durante la tavola rotonda promossa dal Piccolo con il Tavolo delle professioni
(che riunisce gli Ordini professionali della città) e Nordesteuropa. Il
dibattito, organizzato nell’ambito del ciclo di incontri “Ritorno al futuro tra
Europa e Nord Est”, è in programma questo pomeriggio alle 17.30, all’hotel
Savoia. Incontro cui hanno annunciato la loro presenza il presidente della
Regione Renzo Tondo, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il vicepresidente
della Camera di commercio Dario Bruni, il direttore dell’Ente zona industriale
Paolo De Alti, e il presidente di Italia Marittima Pierluigi Maneschi. A
moderare sarà il direttore del Piccolo, Paolo Possamai. Mario Goliani, già
direttore compartimentale delle Ferrovie dello Stato a Trieste, terrà invece la
relazione introduttiva. «Far crescere i traffici guardando oltre la crisi,
investendo nel miglioramento delle strutture portuali e nel loro ampliamento per
dare al porto un ruolo di crescente importanza nel Nord Adriatico ma anche nel
Centro Europa». Oppure: «Occorre superare i vittimismi e investire seriamente
nel potenziamento delle infrastrutture. Il porto può fare sistema integrandosi
in una competizione tra scali del Nord Adriatico». E ancora: «Il porto sia una
delle chiavi di sviluppo per Trieste su cui puntare per rilanciare l’economia e
far transitare le merci lungo il Corridoio Adriatico-Baltico». Ecco: questi sono
solo alcuni degli interventi di manager, sindacalisti e politici che si sono
sentiti nelle ultime settimane nella nostra città. Sostanzialmente, gli stessi
che si sentono da anni. E poi c’è l’altrettanto annosa questione che si chiama
Porto Vecchio, che dovrebbe innescare lo sviluppo dell’area e per questo da più
parti, primo cittadino in testa, si chiede il trasferimento del punto franco dal
Porto Vecchio nonché la sua sdemanializzazione. Che dire, infine, dei
collegamenti ferroviari da e per il capoluogo (che mancano), problema, questo,
che Trieste e la Regione non hanno mai affrontato con Trenitalia. Tutti
argomenti che verranno sviscerati durante il convegno. Perché la “questione
Trieste” sta proprio qui, in una logistica inadeguata, in spazi e impianti che
vanno ripensati. Altrimenti il rischio per questa città e il suo futuro è di
rimanere fermi al palo mentre il resto del mondo, nemmeno troppo lontano da qui,
vola.
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Treni: le 10 ferrovie peggiori d’Italia secondo
Legambiente
Torna anche quest’anno Pendolaria, la campagna di Legambiente dedicata al
tema della mobilità sostenibile e ai diritti dei pendolari che ogni giorno, in
tutta Italia, utilizzano i mezzi pubblici per recarsi al lavoro, a scuola,
all’università, etc.
La situazione fotografata da Legambiente non è delle più rosee, visti i ripetuti
tagli che il settore del trasporto pendolare, e in particolare quello
ferroviario, ha subito negli ultimi anni. Chi è costretto a spostarsi
quotidianamente si trova a fare i conti con sovraffollamento, ritardi, scioperi
selvaggi e altri disservizi ormai all’ordine del giorno.
Commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente:
Quella dei treni per i pendolari è una vera e propria emergenza nazionale di cui
nessuno sembra intenzionato a occuparsi. Negli ultimi anni il servizio in larga
parte delle Regioni è andato peggiorando per la riduzione e l’incertezza delle
risorse, che ha portato ad avere treni sempre più affollati, in ritardo e con le
solite vecchie carrozze.
Il 18 dicembre prossimo l’associazione presenterà i risultati del dossier 2012,
ma ha già anticipato alcuni dati che parlano da soli: nel triennio 2010-2012, la
media delle risorse stanziate è diminuita del 22% rispetto al 2007-2009.
Legambiente, inoltre, ha già diffuso la classifica delle 10 peggiori tratte
ferroviarie d’Italia:
Circumvesuviana
Nonostante sia frequentata da 105mila pendolari ogni giorno, la rete che serve
l’hinterland napoletano ha visto una riduzione del 40% delle corse nella scorsa
primavera;
Roma-Viterbo
Pendolari in difficoltà sia sulla la linea ATAC Roma Nord, che sulla ferrovia
regionale FR3 di Trenitalia;
Pinerolo-Torre Pellice
Le linee ferroviarie in Piemonte hanno subito un duro colpo nel corso del 2012
con 12 tratte definitivamente soppresse, e un disagio indescrivibile per i
pendolari. Una delle situazioni più gravi è quella della Torre Pellice-Pinerolo,
tratta che poi permetteva ai passeggeri di proseguire per Torino;
Padova-Venezia Mestre
La tratta più affollata del Veneto, scarsissime le risorse investite dalla
Regione negli ultimi anni;
Genova Voltri-Genova Nervi
Le velocità media di questa tratta, utilizzata da oltre 25.000 persone al
giorno, non supera i 25 chilometri orari;
Palermo-Messina
Sono necessarie addirittura 4 ore per percorrere 225 km su questa tratta. Per il
55% della linea c’è ancora il binario unico;
Viareggio-Firenze
Prevista la chiusura di 7 stazioni su questa tratta;
Stradella-Milano
Le stazioni degradate rappresentano il problema più grave;
Bologna-Ravenna
Sovraffollamento, mancanza di informazioni ai passeggeri e altri disservizi;
Potenza-Salerno
Frequenti tagli alle corse e una velocità che spesso non raggiunge i 50 km/h.
Silvana Santo - Fonte: Legambiente
LA VOCE DI TRIESTE - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Trieste: sul rigassificatore a Zaule il veto strategico
della Mitteleuropa
Danneggerebbe Germania, Austria e Cechia
L’ha sottoscritto infatti Ulrike Andres, General Manager della
Tal-Transalpine Ölleitung, Presidente ed Amministratore Delegato della SIOT-
Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino S.p.A, General Manager della
Deutsche Transalpine Ölleitung GmbH e della Transalpine Ölleitung in Österreich
GmbH, ed è di chiarezza così esemplare che lo trascriviamo senza necessità di
commento:
La posizione della SIOT è la seguente:
1. Non siamo in grado di sostenere il progetto del rigassificatore in quanto non
conosciamo il progetto nella sua integrità, inclusa la costruzione della SEALINE.
2. A prescindere da quanto sopra, non possiamo tollerare alcun impatto negativo
sulle installazioni del terminale marino durante la fase di costruzione del rigassificatore, e neppure sulle fasi di operazione. Il traffico di
petroliere deve continuare senza interruzioni, e questo anche in futuro fino a
600 navi anno, nel caso di una eventuale ulteriore fase di espansione dei
traffici SIOT.
3. La SIOT ricopre un ruolo strategico per l’approvvigionamento di energia per
Austria, Germania, e la Repubblica Ceca, per cui nessuna interferenza che
comporti ritardi nelle operazioni di scarico del greggio presso i nostri pontili
può essere tollerata.
4. Il documento del Comitato Tecnico Regionale che contiene le valutazioni di
rischio, incluse le distanze minime tra le strutture della SIOT e quelle della
Gas Natural, non è accessibile alla SIOT .
5. Ricordiamo infine che, a nostro avviso, il rischio terroristico aumenta
nell´area in relazione alla presenza di strutture di tale rilevanza strategica.»
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 dicembre 2012
Ferriera e rigassificatore, giornata di
svolta - Sul progetto di Gas Natural sono cambiate le condizioni di traffico
portuale, azzerata la procedura autorizzativa»
Doppio vertice in prefettura con il ministro per l’Ambiente Clini.
«Entro 30 giorni prescrizioni più stringenti per l’impianto siderurgico.
Il ministro Clini sul rigassificatore, l'intervista "No
al rigassificatore", la protesta degenera
A una svolta le questioni calde del futuro di Trieste: Ferriera e
rigassificatore, al termine di un doppio non annunciato vertice che si è tenuto
in mattinata in prefettura, coordinato dal ministro del'Ambiente Corrado Clini.
Sulla Ferriera lo stesso rappresentante del governo ha invitato la Regione a
emanare in tempi strettissimi e cioé entro trenta giorni una nuova
Autorizzazione integrata ambientale (Aia) con più stringenti prescrizioni sul
versante ambientale. «Siamo al momento della verità - ha detto Clini - perché se
la Lucchini non vi adempierà immediatamente si aprirà subito la fase della
dismissione e se l'azienda non metterà in sicurezza il sito, l'incarico verrà
affidato all'Autorità portuale».
Quanto al rigassificatore l'Autorità portuale ha appena fatto partire la lettera
al governo che mette in rilievo la pericolosità del sito di Zaule in relazione
all'aumentato traffico di navi e in particolare di petroliere.
«Di conseguenza - ha detto Clini - si tratterà probabilmente di riaprire la
procedura dell'Autorizzazione integrata ambientale». Ma per il rigassificatore
il ministro ha detto che potrebbe anche venir esaminato un sito triestino
alternativo rispetto a Zaule. «Ma spetta a Gas Natural proporlo», ha
specificato.
No al rigassificatore, protesta e tensioni
I circa 600 manifestanti hanno fatto saltare l’incontro previsto dalla
Diocesi in Porto Vecchio. Clini: possibile riaprire la Via
L’assalto alla Cattedra di San Giusto è partito dall’albero di Natale di
piazza Unità alle 18. Ed è finito tre ore dopo in Porto Vecchio con il vescovo
Giampaolo Crepaldi in fuga - dopo aver tentato invano di placare gli animi -
assieme al governatore Renzo Tondo. Venti persone, non una di più, hanno
risposto al primo raduno del coordinamento contro il rigassificatore di Zaule.
In attesa della partenza del corteo (avvenuta alle 19) hanno raccolto un po’ di
firme. In marcia verso Porto Vecchio circa 150 persone a cui, strada facendo, se
ne sono aggiunte altre cento, tra cui le 50 che attendevano davanti alla Sala
Tripcovich. Non una marea. Tanto da far dire a una partecipante: «Hanno ragione
a farcelo in testa il rigassificatore. Siamo quattro gatti». Invece è finita con
la cattedra ribaltata. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini, annunciato come
relatore con Tondo, avvertito di quanto accadeva non si è fatto vedere alla
centrale idrodinamica, sede dell’incontro pubblico. Arrivato nei pressi ha
deciso con la sua scorta di fare retromarcia. Ma ha aperto a sorpresa un’altra
“via” per il rigassificatore. Una «nuova valutazione di impatto ambientale».
Tema di cui avrebbe voluto parlare ieri sera, ha detto. «Il tema vero - ha
spiegato Clini - è quello del ruolo di questo impianto nelle attività portuali.
Non ho trovato queste considerazioni nella Via rilasciata nel 2009 dal
precedente ministro, e avevo chiesto pubblicamente che venissero fatte. Non
solo: un anno fa abbiamo avviato con il Porto la Valutazione ambientale
strategica (Vas)». Una buona notizia, che però i manifestanti non hanno potuto
sentire dalla viva voce del ministro. «Poiché la Vas non è conclusa - così Clini
- potrei riaprire la Via sull’impianto, qualora emergessero dall’Autorità
portuale indicazioni sullo sviluppo del traffico diverse da quelle alla base
dell’autorizzazione rilasciata». Il terzo appuntamento su “Sviluppo e ambiente:
disinquinare Trieste” è così saltato. Cancellato. «Non c’è nessun dibattito da
fare sul rigassificatore», urlavano i manifestanti al vescovo che tentava di
calmare gli animi. Eppure fino a 15 minuti prima dell’inizio sembrava tutto
sotto controllo. Nel piazzale davanti alla centrale erano radunate alla fine 600
persone (300 per la Questura) e davanti all’ingresso uno schieramento di forze
di polizia, in tenuta antisommossa, appariva invalicabile. «Non potete bloccare
l’accesso a un incontro pubblico. Siamo in democrazia». «Caro vescovo nel
Vangelo sta scritto bussa e ti sarà aperto» gridavano i no global. Ma, a parte
qualche altro slogan e due tre fumogeni da stadio, sembrava un dissenso
gestibile. Alle 20.25 il vescovo ha preso posto alla cattedra con il moderatore,
il giornalista Luigi Bacialli. È arrivato Tondo. La sala da 250 posti era
praticamente esaurita. Mancava solo il ministro quando una fiumana di gente è
entrata da tutte le porte saturando in un attimo la sala e mandando in tilt il
labile servizio d’ordine. Un’invasione in piena regola. I manifestanti (No Tav,
Trieste libera, associazioni ambientaliste, Trieste Gasata) hanno srotolato
striscioni e urlato slogan per tutte le stagioni: “A casa”, “Vergogna”
“Venduti”. E il classico “Vaffa”. «Credo che qualcuno dovrebbe dare le
dimissioni per quanto è successo», ha commentato in diretta il consigliere
regionale Pdl Bruno Marini: «Dentro la sala c’erano solo due poveri poliziotti,
è stata messa in pericolo l’incolumità del vescovo e del governatore». Eppure
tutto era iniziato con una marcia tranquilla in Porto Vecchio. Quella che non
era riuscita neppure al sindaco Roberto Cosolini a settembre. «Un fatto storico»
ha gridato uno degli organizzatori ringraziando persino la “signora Monassi”
(presidente dell’Authority) che stavolta non ha fatto trovare i lucchetti.
Fabio Dorigo
CREPALDI: «PROFONDAMENTE ADDOLORATO PER L’ACCADUTO»
Tondo: nessuna decisione presa Pronto anche a un passo indietro
«Se queste persone pensano che suonando un paio di trombette io possa
cambiare opinione sono fuori strada. Sono pronto a discutere e a confrontarmi
con tutti, ma questo è il modo peggiore per farlo. Stasera non ho potuto parlare
e ritengo di avere subito una violenza». Così il ministro dell’Ambiente Corrado
Clini ha commentato quanto accaduto, poco prima di lasciare il Porto Vecchio. A
caldo, prima di precisare la possibilità di una riapertura della Via sul
rigassificatore, Clini ha detto che l’impianto «non deve diventare un simbolo:
con i simboli non si lavora. Conta solo il rispetto delle leggi e in particolare
la valutazione della compatibilità sulla gestione del Porto e dei movimenti
delle sue navi. Il rigassificatore è un’opportunità per Trieste ma anche un
vincolo: bisogna capire cosa si vuole scegliere». A lasciare Porto Vecchio
amareggiato e attonito anche il governatore Renzo Tondo, che doveva intervenire
al convegno. «La protesta è legittima fino a che rimane verbale ma non quando
sorpassa i limiti – ha chiosato -. La Regione non ha alcuna intenzione di andare
per la propria strada né intende prendere decisioni non volute dalla comunità.
Prendo atto dell’atteggiamento delle autorità locali e sono pronto a
confrontarmi con categorie economiche e cittadinanza. Non è troppo tardi per
cambiare idea, sono pronto ad ascoltare tutti e anche a fare eventualmente un
passo indietro. C’è tutto il tempo per un percorso di condivisione. La Giunta
non ha mai deliberato a favore del rigassificatore: a farlo era stata semmai la
precedente amministrazione regionale guidata da Riccardo Illy e in cui c’era
anche l’attuale sindaco Cosolini». Chi ha provato in tutti i modi, invano, di
riportare la calma nella sala conferenze è stato il vescovo Giampaolo Crepaldi,
che poi ha dovuto arrendersi, con parole pregne di profonda amarezza. «Sono
profondamente addolorato perché oggi è stato sfigurato il profilo di laicità di
questa città ed è stato inferto un colpo pesante alla vita democratica di
Trieste - ha dichiarato Crepaldi -. Questa è stata una giornata nera per una
città civile e i responsabili dovrebbero interrogarsi su quanto hanno fatto. Ci
sarebbe da capire chi c’è dietro a queste manifestazioni. E pensare – ha
concluso il vescovo – che siamo di fronte a un falso problema, in quanto tutti
alla fine sono contrari al rigassificatore. Io sono pronto a dialogare con
chiunque, ma non si può farlo con chi occupa una sala in maniera violenta e non
permette un dialogo sereno e corretto».
Pierpaolo Pitich
Con il rigassificatore “se pol” solo distruggere
Trieste - LA LETTERA DEL GIORNO di Maria Baric vicepresidente Autonomia Giuliana
Nella mitologia tedesca esiste la città immaginaria di Schilda, considerata
la più stupida di tutta la Germania che, però, ha la fortuna di avere tra gli
abitanti Till Eulenspiegel, un burlone che ricorda il nostro Bertoldo, il quale
sopperisce alle sciocchezze dei concittadini con illuminati consigli. In Italia
tale primato appartiene, assieme a quello della fiducia mal riposta, alla nostra
città. Infatti, in quale altro posto del nostro Paese si lascerebbe affermare a
un ministro che “il rigassificatore si deve fare a tutti i costi” passando un
colpo di spugna su decisioni contrarie dei poteri locali che, bene o male
(piuttosto male), rappresentano la volontà dei cittadini? E ascoltare baggianate
da disco rotto quali “sviluppo del territorio, opportunità per il Paese,
crescita dell’occupazione” (nella filastrocca manca il richiamo ai giovani)? In
questo il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera è appoggiato dal
governatore di questa Regione, Renzo Tondo, che - invece di portare il bidone
nel suo Friuli assieme alle innumerevoli altre iniziative dirottate da Trieste -
insiste nel volerlo collocare a Zaule. Da ridere, poi, che, il ministro dello
Sviluppo economico giochi al poliziotto cattivo e quello all’Ambiente, Corrado
Clini, a quello buono, mentre vien da piangere al pensiero che si sacrifichino
mille posti di lavoro in Ferriera per ottenerne ventiquattro, con una potenziale
bomba in mezzo alle case (non dimentichiamoci l’esplosione di Viareggio!). “No
se pol”? A Trieste “se pol”! E che dire dei nostri magnifici tre moschettieri
che, per rinverdire il ricordo della loro esistenza a Roma, hanno organizzato
l’assenso della Commissione parlamentare (che non sa nemmeno dove Trieste si
trovi) per lo spostamento dei punti franchi, scavalcando tranquillamente
l’esistenza di trattati internazionali? Iniziativa insipiente che si rivela per
quello che è, ovvero sia una colossale speculazione edilizia: non per nulla il
costruttore friulano de Eccher sogna “giardini, passeggiate da Barcola al Molo
zero”, trasformando i triestini da popolo operoso in una banda di passeggiatori
e passeggiatrici. Ma non sono sufficienti le rive e Barcola? Quanto ci vogliono
far passeggiare? Non sarebbe meglio far lavorare le nuove generazioni? “No se
pol”! Quale altra città al mondo, oltre alla nostra Schilda, avrebbe permesso la
distruzione di un patrimonio unico e prezioso quali i suoi lastricati ed edifici
storici, le piazze trasformate in luna park, un Piano del traffico da fantasia?
E chi sopporterebbe di vedersi scippare ogni giorno un treno? E quale capoluogo
di Regione tollererebbe le offese del capogruppo leghista friulano in Consiglio
regionale, Danilo Narduzzi, che vuole la sede a Udine e di quello dell’(ex)
comunale Dordolo (“schiacciare come cimici i triestini”)? Senza dire che tutti i
prodotti tipici del Friuli Venezia Giulia sono “tipicamente friulani”. Viva là e
po’ bon, Trieste, of course! E se ci tengono tanto ad andarsene, questi
triestini, ponti d’oro. A questo punto mettiamoci d’accordo: Trieste e Gorizia
da una parte e Udine e Pordenone dall’altra, come Trento e Bolzano, senza
scordare che Pordenone vede “il fogolar” come il fumo negli occhi. A noi,
purtroppo manca Till Eulenspiegel: sarebbe ora di cercarne e trovarne uno. Forse
“se pol”.
SEGNALAZIONI - ENERGIA/1 - Modalità che indignano
Poche righe per significare la mia indignazione per le modalità con cui è stata forzata l’approvazione della Regione al rigassificatore, calpestando il parere di Comune e Provincia. Spero arrivino molte altre mail come questa.
Gianfranco Noè
SEGNALAZIONI - ENERGIA/2 - O il gas o le crociere
Ancora una volta (ed è l’ennesima), questa scelta imposta mi fa rimpiangere la Trieste asburgica e non certo quella italiana. Dopo tanto tempo e con enormi sforzi siamo riusciti a far tornare le navi bianche e i traghetti per la Grecia a Trieste e con tanti altri riusciremo, forse, a portare la nostra bella città a diventare quella che era un tempo e cioè una città portuale importante (se le diatribe dei nostri politici e amministratori portuali finiranno) e turistica a tutti gli effetti (non mancano certo attrattive per fermare il turista un paio di giorni qui). Ma adesso cosa succederà? Siamo sicuri che gli armatori delle compagnie di crociera e di traghetti (Costa, Msc e Grimaldi) saranno ancora tanto entusiasti di far venire le loro navi vicino a una bomba innescata? Certo è che noi cittadini di Trieste non siamo per niente d’accordo sul fatto di avere un simile impianto nei pressi della città. Senza contare quelli che vivono a Muggia che, oltre a essere estremamente vicini al futuro impianto, con tutta probabilità subiranno anche i possibili danni all’ecosistema marino del golfo. Che fine faranno tutti i bagnanti che affollavano la loro seppur piccola riviera? A questo punto uno si dovrebbe chiedere com’è possibile che la Regione, di forza, costringa (contro il volere di una città intera e coesa) all’insediamento di un simile impianto, dopo che comunque abbiamo già vissuto negli anni Settanta cosa voglia dire avere dei serbatoi di petrolio. Penso che non occorra rievocare tali ricordi. Io spero fermamente che la nostra città si faccia sentire con forza e determinazione. E se questo non bastasse, s’incominci sempre più a pensare che questa è la goccia che fa traboccare il vaso e, prima che vengano fatte altre imposizioni, di creare (come per il Trentino Alto Adige) all’interno della stessa regione due entità distinte e autonome, cioè Friuli da una parte e la Venezia Giulia dall’altra. Forse almeno così ritorneremo per tutti a essere chiamati giuliani e non friulani. Questo sia per il retaggio storico e sia perché da quando la nostra Regione è diventata a Statuto speciale, cosa fatta per i noti motivi causati dalla perdita, dopo la fine della guerra, dei territori delle province di Trieste e Gorizia, non è mai riuscita a decidere qualcosa per se stessa e questo perché la maggior parte dei rappresentanti in Consiglio regionale non è certo a nostro favore (leggi Expo 2008).
Paolo Fabricci
SEGNALAZIONI - ENERGIA/3 - Con gli Asburgo era meglio
Il governo Monti, nella persona del ministro dell’Ambiente Clini, avalla la costruzione di un rigassificatore a Trieste. Nonostante la contrarietà dei cittadini triestini, del Comune e della Provincia di Trieste, del Comune di Muggia, della vicina Slovenia, nonostante il pericolo che un simile impianto rappresenta per l’estrema contiguità ai centri abitati della periferia giuliana, nonostante lo sconvolgimento che causerebbe all’ecosistema del golfo e l’opposizione di tutte le realtà scientifiche presenti sul nostro territorio. Nonostante tutto questo, la Regione Friuli Venezia Giulia se ne lava le mani e concede il nulla osta alla realizzazione del suddetto impianto. “Trieste cara al cuore” si diceva tanto, troppo tempo fa. Come ricorda Paolo Rumiz nei suoi articoli apparsi recentemente su questo quotidiano, l’impero degli Asburgo mai avrebbe offeso Trieste con una simile mostruosità. Perché l’Italia continua a mortificare la città giuliana per la quale quasi un secolo fa combattè una sanguinosissima guerra? Già siamo emarginati come porto, come polo ferroviario, come realtà produttiva. Perché devastare il nostro prezioso ambiente, mettere a repentaglio la nostra sicurezza e affossare la vocazione turistica di questo lembo d’Italia? E come può un governo non tenere in minimo conto la volontà dei suoi cittadini? Tutto ciò è inaccettabile e, infatti, la città di Trieste continuerà a opporsi in maniera ferma e civile per non subire tali miopi e scellerate scelte energetiche.
Sara Bergamasco
SEGNALAZIONI - ENERGIA/4 - L’insegnamento del Vajont
Gentile signor Tondo, si ricorda la vicenda della diga del Vajont? Nessuno la voleva ma l’hanno fatta lo stesso, imposta dall’alto. Quanti e quanti morti ci sono stati tanto che oggi celebriamo l’anniversario della disgrazia! Ebbene, vuole anche lei passare alla storia come l’artefice del massacro di migliaia e migliaia di triestini? Faccia il rigassificatore e sicuramente in caso di incidente o di attentato verrà ricordato per sempre.
Federica Facco
SEGNALAZIONI - ENERGIA/5 - Ascoltare i cittadini
Egregio presidente Tondo, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di eletto dai cittadini e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-Tav triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata (25 anni fa la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c’è!).
Eva Tesche
SEGNALAZIONI - ENERGIA/6 - Scenario apocalittico
Presidente Tondo, da cittadina di questa regione le comunico il mio deciso no al rigassificatore nel nostro golfo e sottoscrivo le dichiarazioni di Paolo Rumiz: “E io ho visto quanto basta per dire che è una follia mettere una bomba a pochi metri dai quartieri più abitati, accanto a un terminal petroli, in mezzo a deposito di carburante, in fondo a un mare chiuso e vulnerabile, in battuta di bora e portando navi grandi come montagne, cariche di gas liquido, nel cuore di un’area destinata allo sviluppo dei traffici portuali. Insomma, se esiste un posto infelice per una simile operazione, quello è Trieste...”. Andatevi a leggere cosa dice Piero Angela: “Il gas freddissimo, a contatto con l’acqua di mare, molto più calda, inizierebbe a ribollire, a evaporare e formare una pericolosa nube. Questa nube di metano evaporato rimarrebbe più fredda e più densa dell’aria e potrebbe viaggiare sfiorando la superficie marina, spinta dal vento, verso la terraferma. Scaldandosi lentamente la nube comincerebbe a mescolarsi con l’aria. Una miscela fra il 5 e il 15 per cento di metano con l’aria è esplosiva. Il resto è facilmente immaginabile”. E qui Piero Angela descrive ciò che la Gas Natural, ossia l’azienda che propone il rigassificatore a Taranto, non vuole ammettere. Nello studio sull’impatto ambientale che la Gas Natural ha commissionato alla Medea non si trova nulla di ciò che scrive Piero Angela, ossia questo scenario: “Se questa miscela gassosa, invisibile e inodore, investisse una città, qualsiasi (inevitabile) scintilla farebbe esplodere la gigantesca nube. La potenza liberata in una o più esplosioni potrebbe avvicinarsi a un megaton: un milione di tonnellate di tritolo, questa volta nell’ordine di potenza distruttiva delle bombe atomiche. Le vittime immediate potrebbero essere decine di migliaia, mentre le sostanze cangerogene sviluppate dagli enormi incendi scatenati dall’esplosione, ricadendo su aree vastissime, sarebbero inalate in piccole dosi, dando luogo a un numero non calcolabile, ma sicuramente alto, di morti differite nell’arco di 80 anni”. Come mai non vi è nulla di questo scenario nello studio di impatto ambientale del rigassificatore? Uno scenario improbabile ma non impossibile. No grazie!
Liliana Kralj
SEGNALAZIONI - ENERGIA/7 - Zaule e l’Udinese
Il presidente della Regione ha dedicato due ore al Consiglio comunale di Trieste per parlare di lavoro, Ferriera, porto, Sertubi, disoccupazione, rigassificatore. Lo stesso tempo di una partita dell’Udinese allo stadio Friuli. Poi ha lasciato l’assemblea per altri impegni della sua fitta agenda. Spero che i triestini si ricordino dell’episodio la prossima primavera quando saranno chiamati alle urne per rinnovare la carica.
Fulvio Zonta
SEGNALAZIONI - ENERGIA/8 - Tempo di referendum
Alcuni mesi fa al palacongressi di Trieste si è tenuto un convegno intitolato “Cinque domande”, promosso dal gruppo Pd in Consiglio regionale. In quella sede, di fronte ad almeno duecento persone, il sindaco Cosolini, riaffermando la sua contrarietà al rigassificatore di Zaule e criticando il comportamento di Gas Natural, si era detto favorevole a un referendum, sia pure quale ultima ratio. Gli chiedo: dopo il sopruso che la città e il Comune hanno subìto da parte della Regione, non è forse giunto il momento di procedere in questo senso? Ancora una domanda: la stampa ha dato notizia dell’invio di una lettera del sindaco al presidente del Consiglio Mario Monti. Qual’è stata, se c’è stata, la risposta del premier?
Maria Millo
SEGNALAZIONI - ENERGIA/9 - Il coraggio di parlare chiaro
Dal nostro quotidiano del 27 novembre scorso apprendo che il ministro Passera fa inviare gli avvisi di espropriazione ai proprietari dei terreni dove verrà realizzato l’impianto del rigassificatore di Gas Natural, nella zona di Zaule, che fa parte della Regione autonoma del Friuli Venezia Giulia, la quale, stando alle notizie dei giornali, doveva esprimere la decisione finale. Forse il signor ministro non si è rammentato della particolarità della zona? E i nostri politici di Senato, Camera e Regione e, in primis, il presidente Renzo Tondo, nei suoi innumerevoli viaggi a Roma non si è mai preoccupato di precisarlo? Sulla questione sono stati interpellati eminenti scienziati e tecnici qualificati, tutti concordi nel denunciare la pericolosità e l’inquinamento derivante e, inoltre, la Slovenia, le Province, i Comuni e la popolazione sono tutti concordi per il no. Di tutto ciò non si vuole tener conto per l’interesse derivante a chi? Egregi politici, sia quelli che siedono a Roma che quelli del Consiglio regionale: abbiate il coraggio di parlare chiaro e limpido e non politichese ai vostri elettori che attualmente nutrono poca fiducia nel vostro operato.
Stelio Mauri
SEGNALAZIONI - ENERGIA/10 - Serve l’aiuto del Papa
L’unico che può aiutare Trieste in questo momento contro il rigassificatore è Papa Giovanni Benedetto XVI, il quale può conferire con il presidente americano Obama, uomo di grande umanità mondiale, in modo da non far realizzare il progetto di Gas Natural a sfavore della civile comunità sociale dei triestini e dei vicini sloveni.
Walter De Santis
SEGNALAZIONI - ENERGIA/11 - L’ingratitudine dell’Italia
Giorni fa sono stato presente a un seminario tenutosi nella nostra città, nel corso del quale il relatore - di livello nazionale - in merito alle politiche infrastrutturali italiane si è riferito anche ai rigassificatori che l’Italia vuol costruire al servizio dell’Europa. A tal proposito ha accennato che l’Europa si sta già attrezzando, in merito all’approvvigionamento del gas, con la creazione di vari gasdotti. Per cui rischiamo di costruire rigassificatori che non serviranno a nessuno. Per chi è informato su questo argomento tale notizia non è una novità in quanto, già da tempo, si sa che gli impianti esistenti stanno lavorando a ritmo notevolmente ridotto. Quindi ci si chiede per quale motivo si vuole imporre con la forza un impianto tecnicamente superato, in un’area assolutamente incompatibile con le norme di sicurezza adottate sia all’estero che nella stessa Italia, dando l’assenso all’Aia con un plateale escamotage (così viene riportato dai media), trasformando il “no” di Comune e Provincia in un “sì”, per giustificare in qualche modo l’unanimità da parte della commissione. Riepilogando, il cittadino comune, a fronte di quanto comunicato dai media, dalla comunità scientifica, dalle relazioni del Comune e della Provincia e dalle notizie ricevute via web, e in assenza di risposte da Gas Natural, non può che farsi la seguente opinione. 1) L’impianto dovrà essere assolutamente fatto perché bisogna soddisfare le aspettative di varie lobby, ignorando gli interessi della città, trascurando la protezione dell’ambiente e la salvaguardia della popolazione (scelte che ricordano quelle di alcuni Paesi sottosviluppati, governati da dittature corrotte, dove la popolazione non contava nulla). 2) Se, come previsto, non ci sarà sufficiente richiesta di gas, l’impianto resterà fermo, ma per vent’anni la Gas Natural riceverà oltre il 70% dei ricavi di riferimento, pagati con le nostre bollette. 3) Se l’impianto dovesse funzionare, le conseguenze derivanti da incidenti all’impianto o alle gasiere (catastrofiche vista la vicinanza delle abitazioni) cadrebbero tutte sulla popolazione e, in ogni caso, le tonnellate di cloro riversate in mare ridurrebbero il nostro golfo in una pozzanghera morta e tossica, non più fruibile neppure per la balneazione (basta leggere quanto riportato dal Piccolo di qualche giorno fa su Porto Viro). 4) L’ostacolo allo sviluppo del porto sarebbe definitivo e quindi definitiva ogni speranza di ripresa della città; ma questo è ciò che si vuole per favorire lo sviluppo dei porti di Venezia, Ravenna e Porto Nogaro. Trieste ha lottato e ha dato i suoi morti per essere italiana. L’Italia l’ha pagata depredandola, anno dopo anno, di tutte le sue attività di eccellenza e, non contenta, ora la vuol trasformare in un “polo energetico”, cioè in un sito dove concentrare tutte le attività più pericolose e inquinanti che nessun altro vuole.
Silvano Baldassi
SEGNALAZIONI - ENERGIA/12 - Ma i dirigenti nuoteranno altrove
Perché bisogna dire no al rigassificatore. Vorrei unire la mia voce, attraverso il nostro quotidiano fortemente impegnato anche su queste problematiche, a quanti hanno a cuore la tutela ambientale, la salute, la sicurezza, le risorse umane e il lavoro nella nostra città, già duramente provata. Esperti dell’Ogs e di altri enti ambientalisti, scrittori e giornalisti di punta in tutte le battaglie civili, come Paolo Rumiz (che ringrazio per l’ampio articolo uscito su Repubblica), continuano a farci capire la nocività delle gasiere che scaricano in mare quantità abnormi di varechina, distruggendo il patrimonio vegetale e animale del mare Adriatico, già paurosamente danneggiato dalle guerre jugoslave con i missili all’uranio impoverito, l’effetto serra e altre sostanze chimiche. Il transito di questi ecomostri è incompatibile con qualsiasi altra forma di traffico marittimo, quindi di ogni attività portuale, commerciale, turistica. A beneficio di chi? Non delle bollette dei normali cittadini, ma di quelle di singole imprese, i cui dirigenti andranno a nuotare altrove. Il rigassificatore darebbe delle cifre esigue in termini occupazionali, privando i residenti e non di risorse insostituibili come il mare e l’aria. Il tratto settentrionale dell’Adriatico è un mare chiuso, privo di ricambio, favorito invece dalle ondate dell’oceano Atlantico, come accade in Spagna. Non dimentichiamo, inoltre, l’ubicazione dell’impianto, previsto a ridosso di popolosi rioni come Valmaura, borgo San Sergio, Domio. L’effetto serra che non diminuirà e l’incuria umana – ahimé, sempre più frequente – non promettono nulla di buono. Bisogna pertanto persistere nell’opposizione al progetto e ottenere il metano attraverso tubi sotterranei, com’è accaduto finora.
Marina Rossi
L’Ocse denuncia il rischio isolamento -
la rete ferroviaria del FVG
«Senza il rilancio della portualità il Fvg sarà fuori dall’Europa».
Riccardi e Serracchiani: «Più investimenti nella logistica»
TRIESTE Un appello ad agire e investire sul fronte della logistica. Ma anche
un traguardo imposto dai numeri: se i porti di Trieste e Monfalcone non
raggiungeranno entro o il prossimo quinquennio l’obiettivo dei 2 milioni di Teu
( misura standard di volume dei container), la “piattaforma Friuli Venezia
Giulia” non avrà più senso. Ne beneficerebbero Capodistria e Venezia. E per la
nostra regione sarebbe l’isolamento. A Udine, in Camera di commercio,
sollecitati dalla premessa del presidente Giovanni Da Pozzo, dallo studio Ocse
illustrato dal direttore del Centro nell’area Pmi Sergio Arzeni e
dall’intervento del docente universitario Sandro Fabbro, Riccardo Riccardi e
Debora Serracchiani concordano sulle cose da fare. Perché l’obiettivo,
schieramenti a parte, è lo stesso: concretizzare la centralità europea della
regione. Sono i numeri che avviano il dibattito. Quelli contenuti nella ricerca
Ocse commissionata dalla Cciaa friulana, spiega Da Pozzo, «come strumento a
supporto delle istituzioni e della politica per poter mettere in campo una
strategia di sviluppo, che crei attività d’impresa e occupazione». Si scopre
così che nel periodo 1996-2010, mentre Trieste passava da 177mila a 281mila Teu
(+59%), Capodistria (+637%) volava a quota 476mila e pure Venezia (+133%)
sorpassava con 393mila Teu. Di qui l’obiettivo di crescere, in generale per i
porti dell’Alto Adriatico, da tre a cinque volte: da 1,6 a 5-6 milioni di Teu
l’anno. E di superare una delle principali criticità: la competizione tra
Ravenna, Venezia e i porti friul-giuliani e tra questi ultimi e quelli
dell’Istria. Punti di forza per Trieste e Monfalcone? Posizione geografica e
maggiore capacità di interscambio modale marittimo-ferroviario sia nel comparto
container che in quello dei carichi rotabili stradali trasportati su navi e
caricati su carri ferroviari, la cosiddetta “autostrada viaggiante” in cui
Trieste primeggia a livello europeo. Pungoli per chiamare le classi dirigente e
politica a evitare il rischio dell’emarginazione, a investire nella combinazione
porti, retroporti, inland terminal e filiere produttive, a condividere i servizi
logistici fra imprese, ad attrarre investimenti e traffici internazionali, a
creare una nuova imprenditorialità legata al settore della logistica. Riccardi
parla non a caso di scelte «coraggiose e non più rinviabili». Non bastano
geografia, fondali marini, ferrovia Pontebbana tecnologicamente avanzata, «serve
anche una logistica all'altezza», afferma l’assessore regionali ai Trasporti
rimarcando le necessità delle pari condizioni tra l’Italia e gli Stati
confinanti, per evitare le fuga delle imprese, e degli investimenti: «Bisogna
porli in essere per la rete autostradale e per quella ferroviaria, anche se si
tratta in questo secondo caso di un problema politico». Lo stesso richiamo, dopo
un avviso sulla terza corsia («È indispensabile ma va fatta coinvolgendo Roma e
Bruxelles, senza giocarci due asset come Autovie e Friulia») arriva anche da
Serracchiani: «In questo momento l’Italia sta dimostrando scarso interesse per
ciò che avviene nel Nordest: anche all’interno dei corridoi europei, se non
riusciamo a farci valere come snodo cruciale, rischiamo di essere tagliati
fuori». E ancora: «La filiera territoriale della logistica rappresenta il futuro
ancor prima della piattaforma logistica. Ma le scelte vanno fatte adesso.
Abbiamo 16 metri naturali, a tratti 18, nel porto di Trieste. Questo ci è stato
dato dalla natura, il resto mettiamolo noi». La Regione? «Deve avere forti
interlocutori nazionali ed europei, per non subire bensì governare le scelte».
Tutti d’accordo, dunque, per un’azione comune. La dotazione infrastrutturale,
chiude Arzeni, può infatti «condizionare lo sviluppo di una regione. Trieste
deve diventare parte di un’area vasta, collegare tutta la retroportualità, il
sistema dei trasporti e la filiera logistica integrata. Il capoluogo è l’hub
ideale, ma il gap da colmare in termini di integrazione è notevole». Gap nei
confronti di Capodistria e Fiume, secondo Arzeni, non tanto sui costi, «quanto
sull’efficienza, sulle strutture, sulla puntualità».
Marco Ballico
«Vanno ripensati i collegamenti ferroviari»
L’ex direttore Infrastrutture Fs Goliani: «Spazi e impianti inadeguati».
Domani tavola rotonda a Trieste
TRIESTE Da una parte c’è lo sviluppo a breve, dall’altra quello a lungo
termine. «Le istituzioni devono decidere che fare perché la logistica portuale
va rivista: gli spazi e gli impianti attuali sono inadeguati, soprattutto se
consideriamo i volumi di traffico previsti nel nuovo Piano regolatore. Quindi
anche i collegamenti ferroviari vanno ripensati». Parola di Mario Goliani, ex
direttore compartimentale infrastrutture per le Ferrovie dello Stato a Trieste.
A lui è affidata la relazione introduttiva nella tavola rotonda “Il futuro è il
Porto”, in programma domani alle 17.30 all’Hotel Savoia di Trieste. Al
dibattito, moderato dal direttore de Il Piccolo Paolo Possamai nell’ambito del
ciclo di incontri “Ritorno al futuro tra Europa e Nord Est”, interverranno il
presidente della Regione Renzo Tondo, il sindaco Roberto Cosolini, il vice
presidente della Camera di Commercio Dario Bruni, il direttore dell’Ezit Paolo
De Alti e Pierluigi Maneschi, presidente di Italia Marittima. Goliani, quali
sono le prospettive per il porto a Trieste e in Fvg? Dobbiamo chiederci come lo
sviluppo dello scalo può concorrere alle problematiche occupazionali:
l’assorbimento di realtà in crisi con un’imprenditorialità che sappia
organizzare la manodopera in eccedenza negli altri settori. Il porto ha
prospettive favorevoli e le istituzioni devono chiedersi come risolvere i
problemi a breve e a lunga scadenza, Autorità portuale compresa. Anche senza
l’approvazione del Piano regolatore. Nell’ambito dei collegamenti ferroviari? A
questo livello di traffico e con aumenti fino al 50% e dunque con scadenza a
breve termine, diciamo, si tratterebbero di rendere più efficienti due cose: il
coordinamento delle attività di competenza ferroviaria con quelle portuali,
innanzitutto, mentre adesso ci sono due organismi e quindi due tipologie di
manovre. È poi necessaria una parità di accoglimento tra le diverse imprese. C’è
chi lamenta, ad esempio, un occhio di riguardo per l’operatore principale, cioè
Trenitalia; sono voci che arrivano per lo più dalle Ferrovie austriache. Cosa va
migliorato subito nei collegamenti ferroviari? In relazione al porto c’è tanto
da migliorare. Gli enti locali e l’Autorità portuale stanno preparando una bozza
di accordo, che però è in stallo. Il documento prevede la ristrutturazione della
stazione di Trieste Campo-Marzio. E in prospettiva futura, nel caso di traffici
sopra il 50%? Si deve cambiare il sistema: servono studi e progetti per creare
impianti nuovi. Pensiamo che Trieste nell’ultimo anno ha totalizzato un traffico
container tra i 350-370 mila Teu, mentre il Piano regolatore prevede oltre 1
milione di Teu nella prima fase, 3 milioni con la seconda e con il nuovo Molo
Ottavo. In quest’ottica quello che abbiamo non va bene, servono spazi e impianti
nuovi.
(g.s.)
Terra Madre, la via per un cibo locale e sano
Dall’incontro alla Sissa anche un forte appello volto alla riduzione
degli sprechi alimentari
Si è svolto alla Sissa il Terra Madre Day, giornata che l’organizzazione di
SlowFood dedica al cibo locale, equo e sostenibile. Per l’occasione le comunità
del cibo Terra Madre, gli scienziati e i produttori enogastronomici locali si
sono incontrati per parlare di cibo buono e locale, agricoltura e imprenditoria
sostenibile e ricerca d’avanguardia. Marino Vocci, rappresentante di Slow Food
Trieste: “Quest’anno vogliamo concentrarci su tre punti: valorizzare la
produzione locale, riflettere sulla riduzione dello spreco e lavorare sul fronte
dell’educazione al gusto nei più piccoli”. Il sapore del cibo non dipende solo
da come questo stimola le nostre papille gustative. Ci sono per esempio
caratteristiche fisiche che lingua e bocca percepiscono per via tattile. Franco
Zanini, ricercatore a Elettra Sincrotrone: “La microstruttura del cibo, che noi
osserviamo con la luce di sincrotrone, è importante per determinare cose come la
fragranza del pane”. Del futuro del cibo si occupa FoodCast, progetto di ricerca
multidisciplinare che vede la Sissa capofila. Due gli interventi legati a questo
progetto. Francesco Foroni si occupa degli effetti cognitivi del cibo su chi lo
consuma: “Il colore cambia l’appetibilità del cibo? Il cervello elabora
diversamente cibo naturale e cibo processato? Queste sono le domande a cui
cerchiamo di rispondere con la nostra ricerca”. Marco Beria si occupa dei
mercati agroalimentari: “Attraverso i dati che ci offre il mercato globale
possiamo capire qual è l’impatto, a vari livelli, del cibo che mangiamo”. Altro
tema: la produzione locale e i progetti innovativi. “Le persone possono adottare
una porzione di terreno agricolo e quindi comprare a un prezzo conveniente del
cibo ancor prima che venga prodotto”, spiega Enrico Maria Milic che spiega così
l’azione promossa da Cibo.Sì. “In questo modo le piccole aziende non dovranno
chiedere prestiti alle banche. Questa iniziativa può stimolare un’agricoltura
rispettosa del territorio, creando in più un legame sociale fra cittadini e
produttori”. Sandi Skerk, in rappresentanza degli imprenditori vitivinicoli
locali: “Quella di Trieste è un’area in cui, dopo un lungo periodo di anonimato
dal punto di vista della produzione enologica, ci si sta ora impegnando per
recuperare e dare il giusto valore a quella che era la tradizione precedente”.
La mostra fotografica del progetto Marco Polo, la spedizione scientifica lungo
la Via della Seta alla ricerca delle radici genetiche del gusto, e un’area
dedicata a Foodly, il quiz interattivo che permette di testare la conoscenza sul
cibo a 360 gradi: dall’economia alla società, dalla biologia all’agricoltura,
passando per l’econofisica e le neuroscienze. Il Terra Madre Day avrà
un’appendice domani alle 19.30 alla Casa della musica.
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 dicembre 2012
Multe, quindici vie a “tolleranza zero” - PIANO
TRAFFICO»LE NOVITÀ
Ecco dove la polizia locale, con le modifiche alla viabilità, avrà
mandato di colpire tutti i veicoli in sosta vietata
Sono quindici le vie o piazze definite, nel nuovo Piano del traffico, “assi
a tolleranza zero”. Sono quelle dove gli agenti della polizia locale, anche in
relazione alle modifiche che saranno apportate alla circolazione, avranno
licenza, anzi mandato di colpire da parte dell’amministrazione comunale. Ecco la
lista, tanto per mettere in guardia soprattutto gli automobilisti, ma anche i
motociclisti e i conducenti di camion e furgoni: via Oriani, largo Barriera, via
del Bosco, via Cicerone, via Coroneo, via Polonio, via Gatteri, corso Cavour,
via Carducci (nel tratto tra piazza Goldoni e via Battisti), via Galatti, via
Milano, via Valdirivo, via Rittmeyer, via Pauliana, piazza Libertà. «Nella fase
di partecipazione della bozza del Piano - si legge nella relazione tecnica -
sono emerse numerose segnalazioni in merito alle pesanti ripercussioni sul
traffico che si hanno in relazione alle soste abusive su alcune strade
particolarmente delicate. Sentita nel merito la Polizia locale, si ritiene
interessante evidenziare gli assi sui quali la sosta abusiva non può essere
tollerata in relazione alle esigenze di capacità e dell’assetto complessivo
della circolazione. Nelle strade che si possono definire “assi a tolleranza
zero” gli intralci dovuti alle soste abusive sono inaccettabili per garantire la
fluidità della circolazione e evitare conseguenze negative anche in termini di
inquinamento.» La questione degli “assi a tolleranza zero” è emersa nel corso
degli incontri di questi giorni in cui l’assessore a Mobilità e traffico Elena
Marchigiani affiancata dal progettista Giulio Bernetti ha illustrato il Piano
del traffico nelle sette circoscrizioni. Nelle ultime due, la quarta e la
quinta, si è innescata una schermaglia con i capigruppo del Pdl di cui riferiamo
a parte. Il 3 dicembre sono scattati i venti giorni di tempo, che scadranno il
23, in cui le circoscrizioni potranno avanzare rilievi o proporre modifiche.
Quindi il Piano del traffico passerà all’esame delle commissioni consiliari e
già a gennaio giungerà al vaglio e forse al voto da parte del Consiglio
comunale, appuntamento finale di un iter avviato nel febbraio 2012 con
l’adozione di una prima bozza da parte della giunta e la sua presentazione alle
diverse categorie interessate. Ma proprio quello delle soste, abusive e
regolari, è il tema centrale delle discussioni. «Tutto si può dire, ma non che
il Piano non sia stato discusso e anche significativamente modificato - ha
rimarcato lo stesso assessore Marchigiani - tra i principali cambiamenti la
revisione delle agevolazioni tariffarie per i residenti di tutto il centro
storico.» Oggi secondo il Comune le 1.500 famiglie residenti nelle Zone a
traffico limitato del Borgo Teresiano hanno sì la sosta gratuita, ma su soli 250
stalli (uno ogni sei famiglie). Ora si propongono 1.200 posti in un’area dove
abitano 2.600 famiglie (poco meno di un posto per due faniglie). E l’abbonamento
per i residenti sia nel Borgo Teresiano che nel Borgo Giuseppino è stato fissato
in un euro al giorno. Per quanto riguarda invece gli stalli per moto,
l’amministrazione comunale contesta chi sostiene che siano stati tagliati, ma
afferma che al contrario non sono stati ricavati 500 in più complessivamente nel
perimetro cittadino, e in particolare 25 in più tra Borgo Teresiano, Borgo
Giuseppino e San Giusto, 84 in più tra via Carducci, via Fabio Severo, via
Battisti e zone limitrofe e ben 413 in più nell’area dell’ospedale Maggiore e
cioé nelle vie comprese tra viale XX settembre, via Rossetti, via Pascoli e via
Oriani».
Silvio Maranzana
Pdl: «Le colpe della giunta scaricate sui vigili
urbani» - MARCHIGIANI ATTACCATA
La relazione sul Piano del traffico fatta dall’assessore Elena Marchigiani
venerdì scorso in via Locchi per consiglieri e cittadini della Quinta e della
Quarta circoscrizione non è piaciuta ai due capigruppo del Pdl: Roberto Dubs e
Alberto Polacco secondo cui Marchigiani avrebbe attaccato la Polizia locale. «I
vigili stanno sempre lì a pianger miseria e a lamentarsi di non aver personale
da mandare in giro. Non fanno abbastanza multe, tant’è che abbiamo dovuto
perfino inserire nel Piano del traffico delle direttive per i Vigili urbani
indicando le via a tolleranza zero». Questa, affermano Polacco e Dubs in una
nota, una delle frasi pronunciate dall’assessore davanti a una cinquantina di
persone. «La polizia locale è divenuta il parafulmine dell’assessore Marchigiani
- sostengono i due consiglieri circoscrizionali del Pdl - dal suo ragionamento
si deduce che la scelta di mettere la sosta a pagamento anche in zone
periferiche della città come le vie Belpoggio, Combi, Settefontane e San Marco
(a 60 centesimi all’ora anche per i residenti) deriva dalla scarsa azione
sanzionatoria dei vigili urbani. Ora è chiaro ed è giusto che si sappia da dove
arrivino le direttive di tolleranza zero per le multe agli automobilisti. Quello
che invece continua a non essere chiaro a nessuno è la logica, o forse
l’illogica con cui si è elaborato questo Piano del traffico». Accuse dello
stesso tenore vengono fatte a Marchigiani da Fulvio Sluga dell’Ugl. «Non esiste
alcuna connessione tra le multe che vengono o meno comminate e le soste che sono
a pagamento. Tant’è che le aree soggette alla tariffazione di 0,60 centesimi
all’ora sono già state fortemente ridotte proprio nella fase di consultazione
del Piano - la replica dell’assessore Marchigiani -. Così come non mi sono mai
sognata di dire che i vigili stanno sempre lì a pianger miseria. Di vero c’è
soltanto che vanno potenziati i controlli in strada perché l’atteggiamento degli
automobilisti triestini è fuori controllo.»
(s.m.)
Stasera corteo e presidio anti-rigassificatore - LA
MANIFESTAZIONE
Da piazza Unità a Porto Vecchio, dove Clini e Tondo sono attesi per la
Cattedra di San Giusto
L’occasione offerta è di quelle ghiotte. La tentazione di salire in
“cattedra” irresistibile. Il terzo e ultimo incontro della Cattedra di San
Giusto, in programma oggi alle 20.30 alla Centrale idrodinamica, in Porto
Vecchio, si annuncia particolarmente affollato, dentro e fuori. Non tanto per il
tema di questa edizione (“Dentro la crisi ... oltre la crisi”) e neppure per
quello della serata (“Sviluppo e ambiente: disinquinare Trieste”). L’attrazione
fatale è rappresentata dai relatori presenti all’incontro di stasera promosso
dalla Diocesi di Trieste: il ministro dell’ambiente Corrado Clini e il
presidente della Regione Renzo Tondo ospiti del vescovo Giampaolo Crepaldi.
Convitato di pietra: il rigassificatore che Gas Natural vuole realizzare nella
baia di Zaule. A ricordarlo al ministro e al governatore sarà un presidio
davanti alla centrale idrodinamica che si annuncia particolarmente affollato. Il
“Coordinamento cittadini e associazioni in rete”, che sta raccogliendo firme da
tempo, ha organizzato un presidio per per dire «no al rigassificatore», un
«progetto antieconomico, antiproduttivo e pericolosissimo per Trieste e per il
suo mare». E dà appuntamento a tutti in piazza Unità alle 18, sotto l’albero di
Natale. Da lì prenderà il via il corteo che alle 19 farà tappa in piazza della
Libertà, davanti alla sala Tripcovich, e alle 20 raggiungerà il piazzale
antistante la centrale idrodinamica, in Porto Vecchio, a fianco del Magazzino
26. Alla manifestazione ha aderito il neonato il Comitato “Trieste Gasata” che
comprende Legambiente, Wwf, Comitato cittadini in rete, No smog associazione
onlus. Il Comitato, che si oppone al rigassificatore, ha fissato il suo ritrovo
alle 19 davanti alla sala Tripcovich. Le aspettattive sono enormi. I volantino
che invita tutti alla mobilitazione questa sera parla di «una grande
manifestazione contro il rigassificatore», «un’occasione da non perdere per
Trieste e tutti i triestini». Il programma è semplice. «Mercoledì 28 novembre -
scrivono i promotori - il governatore della Regione Tondo in visita a Trieste ha
commentato dicendo che "i manifestanti in piazza Unità contro il rigassificatore
sono 500 ma Trieste conta 200.000 abitanti, quelli che non ci sono evidentemente
son d'accordo con la costruzione del rigassificatore di Zaule". Dimostriamogli
che non è così». Stasera ci sarà anche il Comitato pace convivenza e solidarietà
Danilo Dolci che ha scelto il presidio contro il rigassificatore per onorare
anche la giornata mondiale dei Diritti umani.
Marini: «Messi così male, è giusto dire no a Gas
Natural?»
Bruno Marini, consigliere regionale triestino del Pdl, difende gli esponenti
triestini della giunta Tondo: «Ci siamo trovati con un miliardo in meno rispetto
all’anno scorso: 4 anziché 5 miliardi di euro. Dare più soldi ai Comuni avrebbe
significato andare a incidere sulla sanità e in parole povere chiudere qualche
ospedale. Sarebbe stato un dramma. Quella di una misura specifica in Finanziaria
regionale a favore dei Comuni capolguogo però, ventilata dallo stesso Cosolini,
mi pare una buona idea. Mi darò da fare affinché venga recepita.» Però Marini ha
anche un rospo da sputare. «Come si fa, mentre giustamente ci si lamenta di un
bilancio così esiguo, a dire a cuor leggero no al rigassificatore? Oltre ai
nuovi posti di lavoro e ad altre ricadute sul territorio, ricordo che alla
giunta Dipiazza, Gas Natural aveva prospettato roialties di 5 milioni all’anno
per 20 anni. Siamo certi di voler dire di no?»
(s.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 dicembre 2012
Alle ferrovie slovene interessa solo Divaccia - In
secondo piano il collegamento con Trieste
TRIESTE Creare un sistema transnazionale dei porti dell’Alto Adriatico per
fronteggiare la concorrenza degli scali del Nord Europa? Un’utopia coltivata tra
l’alta diplomazia. La realtà declina un’altra parola: concorrenza. La principale
interprete? La Slovenia che ha nel porto di Capodistria la chiave di volta del
suo sistema economico. E così la priorità per Lubiana è costruire il secondo
binario sulla tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia. Con buona pace di chi
crede ancora nel collegamento ad alta velocità tra Trieste e Capodistria. «Non
ho mai sentito che qualcuno in Croazia pensi di collegare Fiume prima con Villa
del Nevoso che con Zagabria», afferma ironicamente e riferendosi chiaramente
alla Trieste-Capodistria, il direttore delle Ferrovie slovene, Dušan Mes come
riportato dal quotidiano Delo. E l’importanza del porto di Capodistria per il
“sistema Slovenia” lo dimostrano le successive parole del direttore Mes: «Noi
come ferrovie movimentiamo ogni anno la metà del traffico merci da o per il
porto di Capodistria. Lo sviluppo dello scalo significa lo sviluppo delle
ferrovie». E ora il “nemico” più insidioso per lo scalo del Litorale non è più,
udite udite, Trieste quanto Fiume, alla luce anche dell’adesione della Croazia
all’Ue il prossimo 1 luglio. «Avevamo un notevole vantaggio rispetto a Fiume -
così ancora Mes - ma lo stiamo perdendo e dobbiamo assolutamente correre ai
ripari». E Luka Koper, la società che gestisce l’unico porto sloveno sta
cercando di correre ai ripari. Uno dei problemi principali da superare per lo
scalo è la scarsa profondità delle acque del porto. Per questo è già stato
avviato un progetto di dragaggi per permettere anche alle super-portacontainer
di attraccare ai moli. Progetto però che si è scontrato con il problema dello
stoccaggio dei fanghi del fondale. In effetti era stata individuata un’area che
però i dissidi politico-amministrativi tra Capodistria e il neo-costituito
Comune di Ancarano hanno bloccato. «Non possiamo più permetterci - afferma il
direttore operativo di Luka Koper, Bojan Brank - di rispondere agli operatori
marittimi che porterebbero a Capodistria le super-portacontainer che non
sappiamo quando avremo i fondali agibili». Un problema molto sentito al punto
che si sta pensando addirittura di caricare i fanghi del dragaggio su navi e
scaricarli poi nell’Oceano Atlantico. E la Slovenia sta pensando di ottenere,
per quest’opera, finanziamenti europei. Se entro il 2018 (anno in cui si
saturerà l’attuale traccia ferroviaria) la Slovenia non costruirà il secondo
binario sulla Capodistria-Divaccia la perdita per il porto sarà di 2 miliardi
fino al 2030 in quanto la merce sarà instradata su gomma lungo le infrastrutture
slovene e su ferro lungo le ferrovie italiane. L’economista Jože P. Damijan è
categorico: «Un calcolo rivela che tra 17 anni Luka Koper movimenterà dai 29,5
milioni di tonnellate ai 42 milioni. Se non sarà pronto il raddoppio della
tratta ferroviaria Capodistria-Divaccia gli operatori si orienteranno su altri
scali portuali e su altri sistemi logistici». E che le ferrovie siano
strategiche per lo sviluppo lo dimostrano gli investimenti previsti nel settore
dalla Germania (50 miliardi di euro) e dagli Usa (700 miliardi di dollari).
Mauro Manzin
Deutsche Bahn taglia i treni Trieste-Berlino con auto
al seguito
Pochi clienti e troppi ritardi. Servizio sospeso dal 2013 Confermati solo
i collegamenti con Bolzano e Verona
TRIESTE Dalla Stazione centrale di Trieste niente più treni da e per la
Germania. Nel 2013 sarà cancellato il servizio ferroviario notturno che, da
quattro anni a questa parte, collega Trieste alle capitali tedesche permettendo
ai turisti di viaggiare in cuccetta, con la propria auto o la propria moto a
seguito. Il servizio Autozug del gestore delle ferrovie tedesche, Deutsche Bahn
(Db), sarebbe dovuto riprendere il primo sabato di aprile per funzionare fino
all’ultimo di ottobre. Invece dal prossimo anno non si farà più. Db l’ha già
confermato, gelando con una doccia fredda coloro che si erano affezionati al
servizio. Sia le migliaia di turisti (13.400 nel 2012) che l’hanno usato per
andare e venire da Amburgo, Berlino, Dusseldorf e Hildesheim. Sia gli operatori
turistici di Trieste, che in un momento di crisi si vedono sfumare un’altra
opportunità di guadagno. Il treno in questione, poco pubblicizzato in Italia,
veniva usato dai turisti “bene” della Germania e dai motociclisti che, pagando
un biglietto non propriamente economico (70 euro a testa per la cuccetta più 179
per l’auto o 129 per la moto) si erano abituati a poter raggiungere Trieste. Il
servizio permetteva di fare prima un giro turistico in città e poi di partire in
auto o in moto alla volta sia di Grado e Lignano sia della Slovenia e della
Croazia. Ma considerando che l’anno scorso l'Autozug era stato ampliato (il
Berlino - Trieste aveva raggiunto frequenza bisettimanale) e i vagoni erano
passati da 8 a 16, il dietrofront di Deutsche Bahn lascia qualche punto
interrogativo. I dubbi, tra l’altro, aumentano apprendendo che il prossimo anno
Db cancellerà anche il collegamento, sempre estivo, per Alessandria, ma non
quelli annuali per Verona e Bolzano, due mete turistiche gettonate dai turisti
tedeschi anche d’inverno. «Il servizio per Trieste è stato cancellato perché
Autozug vorrebbe diventare più affidabile riducendo la lunghezza delle tratte –
spiegano da Deutsche Bahn -. La soddisfazione dei clienti sulle tratte molto
lunghe come quelle per Trieste è minore perché, quando il viaggio dura più di 15
ore, le aspettative dal cliente vengono disattese. Nei collegamenti per Trieste
hanno inciso anche i ritardi e le numerose interruzioni sulla linea per i lavori
in corso. Inoltre, per questa destinazione la richiesta di auto a seguito è
molto bassa, almeno da ottobre a marzo. Riteniamo che d'inverno i turisti
facciano tappa a Trieste solo per qualche giorno e non ritengano indispensabile
portarsi dietro l'auto. Essa viene utilizzata prevalentemente per viaggi di
due-tre settimane, che compensano il prezzo del biglietto». Ad aver inciso
pesantemente sulla scelta delle Ferrovie tedesche è stato anche il fallimento,
nel 2011, della società privata piemontese Arenaways. Per viaggiare nel suolo
italiano, infatti, una società ferroviaria straniera deve appoggiarsi a
un’impresa italiana dotata di macchinista, locomotore e capotreno propri. Nel
2011 Db ha stipulato un contratto con Arenaways, ma quest'ultima non l'ha
rispettato per la crisi che l’ha investita: «Di conseguenza – riprendono dalla
Deutsche Bahn – quell’anno Trieste ed Alessandria non sono state raggiungibili
per diverse settimane. Ciò ha generato un’ulteriore insicurezza nei nostri
clienti, fino a quando, nel 2012, Db non è stata in grado di firmare un
contratto con un’altra impresa ferroviaria». Si tratta di Trenitalia che,
secondo indiscrezioni (smentite dalle Fs stesse), avrebbe però chiesto a Db un
importo maggiore. Un’ipotesi che reggerebbe considerando che il servizio è stato
cancellato anche per Alessandria, dove Db si appoggia sempre a Trenitalia, ma
non per Bolzano e Verona, dove fa invece riferimento alla società pubblica
locale Sad.
Elena Placitelli
Duino promuove il fotovoltaico - Primi interventi
pubblici, nuovo regolamento e incentivi fiscali per i privati
DUINO AURISINA L'installazione del primo pannello fotovoltaico su un
edificio pubblico a Duino Aurisina, un regolamento energetico nuovo di zecca, ma
anche sconti e agevolazioni su Tia e Imu per chi addotta politiche ambientali
virtuose. Si tratta solo di alcuni degli obiettivi snocciolati, in Consiglio
comunale, dall'esecutivo Kukanja, che sulle fonti di energia sostenibile intende
premere l'acceleratore, su impulso anche della recente adesione, votata
all'unanimità e dunque con l'appoggio dell'opposizione, alla Covenant of Mayors,
vale a dire al Patto dei sindaci. La raffica di dati negativi a livello
nazionale e mondiale, indica come il consumo di energia sia in costante aumento
nelle città e a oggi, in Europa, tale consumo è responsabile di oltre il 50%
delle emissioni di gas serra causate, direttamente o indirettamente, dall’uso
dell’energia da parte dell’uomo. Una nuova azione, ha spiegato il vicesindaco
Massimo Veronese, risulta quindi necessaria al fine di contribuire al
raggiungimento degli obiettivi che l’Unione europea si è posta al 2020, in
termini di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, di maggiore
efficienza energetica e utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. «Il Patto dei
sindaci – ha chiarito Veronese - impegna il Comune a predisporre, entro novembre
2013, un piano di azione con l’obiettivo di ridurre di oltre il 20% le proprie
emissioni attraverso politiche e misure mirate, che aumentino il ricorso alle
fonti di energia rinnovabile. Io penso a un regolamento energetico, con sconti e
premi su Tia e Imu per chi è più virtuoso. Ma anche alla posa sugli edifici
pubblici di impianti fotovoltaici, oggi assenti, e a un'illuminazione che
garantisca un risparmio energetico. E poi, perché no, anche a gruppi d'acquisto
di pannelli solari, per abbattere i costi a carico del privato». Affinché la
delibera non sia di meri intenti, i due consiglieri del Pd, Roberto Gotter e
Michele Moro, hanno immediatamente proposto un ordine del giorno contenente
indirizzi pratici di attuazione. Ordine passato, anche in questo caso,
all'unanimità. Nel documento si precisa che “nell'attività di ordinaria e
straordinaria manutenzione delle strutture pubbliche” vanno “implementate
soluzioni che mirino a migliorare l'efficienza energetica o il risparmio delle
risorse primarie nel medio e lungo periodo”. È posta, poi, l'abolizione di
sprechi nelle politiche urbanistiche e di sviluppo del territorio, nonché il
supporto ai cittadini che vogliano installare sistemi a energia rinnovabile
“risolvendo in tempi ragionevoli questioni legate alla farraginosità della
burocrazia” (vedi tutela della paesaggistica). Altro imperativo: evitare una
sequenza scollegata di singole delibere o interventi ma trovare in ogni opera e
progettualità una comune strategia. Pur d'accordo negli intenti di massima,
Massimo Romita, capogruppo del Pdl, ha sottolineato come “già all'interno del
Gal-Carso vi fosse la possibilità di effettuare una ricognizione degli edifici
sfruttabili per l'inserimento del fotovoltaico” e come “sulla differenziata
siano indispensabili chiarimenti”. L'esponente dell'opposizione ha altresì
criticato il fatto che “nel capitolato del contratto per la fornitura
dell'illuminazione pubblica non si ravvisano, per i prossimi nove anni, i
traguardi delineati da Gotter”, anzi “le spese sono solo aumentate negli anni”.
Infine Romita ha stigmatizzato la “perdurante assenza di un numero d'emergenza
da dare ai residenti per la segnalazione di guasti ai lampioni pubblici”, col
risultato che al primo temporale intere vie restano al buio.
Tiziana Carpinelli
“Disinquinare la città”: ne parlano Clini e Tondo -
CATTEDRA DI S. GIUSTO
È in programma domani sera alle 20.30 nella sala della Centrale
idrodinamica, in Porto Vecchio, il terzo e ultimo incontro della Cattedra di San
Giusto, che in questa edizione dell’Avvento 2012 si impernia tutta sul tema
“Dentro la crisi ... oltre la crisi”. L’appuntamento di domani, promosso come
gli altri dalla Diocesi, avrà per argomento “Sviluppo e ambiente: disinquinare
Trieste”, e vedrà partecipare come relatori il ministro dell’ambiente Corrado
Clini e il presidente della Regione Renzo Tondo. Proprio nell’occasione della
presenza di Clini peraltro il Coordinamento cittadini e associazioni in rete sta
organizzando un presidio davanti alla centrale idrodinamica, domani sera stesso,
per sensibilizzare il ministro sulla questione del rigassificatore, e
«manifestare la contrarietà della città» all’opera.
Slowfood, alla ricerca di cibi “puliti” - Domani e
mercoledì il “Terra madre day” con visite e assaggi in aziende agricole
A Trieste il Terra madre day, giorno che l'associazione Slow food dedica al
cibo del globo terrestre, si terrà domani e mercoledì, celebrando il prodotto
locale della terra, promuovendo metodi di produzione e di consumo sostenibili.
Tutto ciò, in linea con la filosofia voluta del fondatore Carlin Petrini: buono,
pulito e giusto, recentemente ribadito nella sua visita a Trieste. Il Comitato
di condotta triestino ha accolto la proposta, che si svolgerà contemporaneamente
a livello internazionale, con un gustoso appuntamento alle 20 presso la fattoria
carsica Bajta di Sales. L'azienda è rinomata per l’allevamento allo stato brado
di bovini e suini e per la regolata lavorazione delle carni. La serata sarà un
momento di festa e convivialità, che inizierà con una visita alla cantina, una
parte destinata ai vini e un'altra ai salumi e proseguirà con una cena
all'insegna della tradizione e della valorizzazione dei prodotti locali, in
linea con il tema della giornata. E' necessario la prenotazione telefonando a
040568500. In precedenza, alle 17 presso l’aula magna della Sissa, via Bonomea
265, si terrà una conferenza a accesso libero, avente per tema: “Il futuro del
cibo: cultura, scienza e imprenditoria”, in collaborazione con la Sissa.
Mercoledì alle 19.30 vi sarà un ulteriore appuntamento al Caffè della musica in
via Capitelli 3. Il Gruppo giovani del sodalizio del “mangiatori lenti”,
proporrà una serata degustazione, con cibi preparati dal gestore-cuoco Stefano
Visintin, utilizzando prodotti rigorosamente locali e di stagione, i vini
dell'azienda Visintini di Corno di Rosazzo, centrifughe a base di frutta e un
assaggio del prosciutto crudo dell’azienda Alle Querce del Carso. Quest'ultima,
in particolare, gestisce a Basovizza un allevamento biologico di maiali allo
stato brado. Sarà questa una simpatica occasione che, attraverso il buon cibo,
ha lo scopo di incontrare e parlare la stessa lingua delle nuove generazioni,
per dimostrare che un'abitudine ritenuta modaiola può invece trasformarsi in un
momento di convivialità e consapevolezza delle scelte.
Gianni Pistrini
IL PICCOLO - SABATO, 8 dicembre 2012
Rigassificatore, via il dirigente
Scaricato da Tondo Piero Giust per “il colpo di mano” nella conferenza
dei servizi
La giunta regionale ha rimosso dall’incarico Piero Giust, il vice-direttore
della direzione Ambiente ed energia, protagonista dell’ultima Conferenza dei
servizi sul rigassificatore. Il 22 novembre scorso il dirigente aveva ribaltato
completamente i pareri negativi di Comune, Provincia e Azienda sanitaria
sull’impianto. Prima ha bollato come “inconferenti” le posizioni dei tre enti,
giudicandole inoltre “prive dei requisiti di ammissibilità previsti per legge”,
per poi trasformare l’esito della Conferenza in “favorevole” al rilascio del
provvedimento Aia. Quando invece tutti dicevano l’esatto contrario. L’esecutivo
guidato da Renzo Tondo ha silurato il dirigente, passandolo ad altri compiti e
il diretto interessato, Giust, ora si chiude nel silenzio, «c’è un procedimento
in atto». Ma la mossa della giunta non risolve, almeno sul piano politico,
nulla. Anzi, la nebbia si fa più fitta. Perché il dirigente ha agito così? Cosa
c’è dietro? Tondo sapeva? Il presidente, pur conservando una posizione
favorevole all’impianto, ha pur sempre ribadito la volontà di «dare ascolto al
territorio». Negli ambienti del centrosinistra e del centrodestra in Consiglio
regionale, c’è chi vede dietro all’operazione la mano dell’esecutivo. Forse solo
illazioni che lasciano il tempo che trovano. Ombre che Piero Camber (Pdl)
allontana categoricamente: «È un errore del dirigente, la politica non c’entra
nulla. Smettiamola di fare accuse dal sapore pre-elettorale». Un’interrogazione
di Maurizio Bucci dovrebbe portare luce. Scrive il consigliere del Pdl: «È
opportuno conoscere e quindi cancellare ogni dubbio sulla rimozione
dall’incarico, dato che sembrerebbe che la rimozione si fondi su una denuncia
penale presentata da un soggetto istituzionale poiché tale funzionario avrebbe
commesso un falso in atto pubblico, in relazione al rigassificatore di Trieste».
Bucci tira in ballo la magistratura. Infatti Perter Mocnik, segretario
provinciale dell’Unione slovena, prima che partissero le diffide e i ricorsi di
Comune e Provincia rivolte alla Regione, ha presentato in Procura un esposto
contro i dirigenti che avevano gestito la partita. Anche Mocnik ha mandato una
lettera di diffida a Tondo, sollecitandolo a non inviare a Roma il verbale in
modo da «non rendersi responsabile di un reato», osserva. «Ho saputo – afferma
ancora il segretario dell’Unione slovena – che quel documento non è stato poi
consegnato ufficialmente dalla Regione alla Conferenza dei Servizi di Roma, che
si è svolta pochi giorni dopo, bensì da Gas Natural. A quella Conferenza con il
governo la Regione stessa non ha partecipato, visto che in base alle pronunce
del Consiglio di Stato non ha competenze in materia. Quindi – riflette Mocnik –
la Regione non avrebbe nemmeno dovuto indire la Conferenza dei Servizi a
Trieste». Troppi i nodi. Non a caso Bucci, nella sua interrogazione a Tondo,
vuole sapere «se la gravissima situazione porti in qualsiasi forma vantaggi alla
realizzazione del rigassificatore». Dal Pd pure Sergio Lupieri pretende risposte
«a tutti questi sospetti». Tondo, in aula, chiarirà. «Un caso troppo strano –
commenta la presidente della Provincia Poropat – si è voluto ribaltare l’esito
della Conferenza e così il governo ha ricevuto un parere positivo. Una follia».
Difficile comunque pensare che un dirigente sia così sprovveduto».
Gianpaolo Sarti
Serracchiani: l’impianto blocca lo sviluppo
L’EUROPARLAMENTARE IN VISITA ALL’AUTORITA' PORTUALE
«La collocazione, i fondali, la difficile situazione della Slovenia danno al
porto di Trieste una opportunità unica per diventare l'interlocutore principale
per le linee di trasporto verso l'Est, il Centro e il Nord Europa. In questo
contesto di crescita dei traffici, di progetti in infrastrutture già avviati, la
realizzazione del rigassificatore risulta in contrasto con con lo sviluppo
economico di un territorio che guarda al suo porto come punto di riferimento».
Lo ha affermato l’europarlamentare Debora Serracchiani (Pd) nell’incontro con la
presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi che ha illustrato i progetti di
sviluppo dello scalo che nel 2013 sarà il primo porto petroli in Italia.
«NON SCENDETE IN PIAZZA LUNEDÌ SERA»
Roberto Sasco, segretario provinciale Udc, si dice «preoccupato» per
l’incontro che lunedì sera alla Centrale idrodinamica vedrà il ministro Corrado
Clini ospite della Diocesi per la Cattedra di S. Giusto. «Il coordinamento
Cittadini e associazioni in rete - Trieste dice no al rigassificatore sta
promuovendo una manifestazione e richiesta di intercessione pubblica da parte
del vescovo contro l’impianto. Non è quello il luogo più adatto. Spero - dice
Sasco - prevalgano ragionevolezza e buon senso».
SVILUPPO E AMBIENTE
Il terzo e conclusivo incontro della Cattedra di San Giusto, che si terrà lunedì alle 20.30 presso la Centrale Idrodinamica in Porto Vecchio, avrà per tema “Sviluppo e Ambiente: disinquinare Trieste”. Relatori Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, e Renzo Tondo, Presidente della Regione Fvg. A moderare la tavola rotonda sarà Luigi Bacialli.
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Fenomeni naturali
Abbiamo letto con interesse la lettera di Mario Ravalico pubblicata da Il Piccolo il 4 dicembre scorso relativa al progetto del rigassificatore di Zaule della Società GasNatural. Dato che viene citata anche la nostra società, riteniamo opportuno fornire precisazioni ed integrazioni relativamente a quanto riportato nella suddetta lettera circa il terminale di rigassificazione Adriatic Lng. E’ necessario, anzitutto, chiarire che intorno al terminale non si forma alcuna “morchia giallastra […]che precipita sul fondale marino soffocando ogni forma di vita animale e vegetale”. La schiuma che si forma in prossimità del terminale è un fenomeno naturale ed è composta esclusivamente da acqua di mare e aria. Ciò è stato anche recentemente confermato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel decreto del 7 agosto 2012. La schiuma si forma per effetto del flusso dell'acqua che scorre nel sistema di condotte dell’impianto di rigassificazione. Non è provocata da alcuna sostanza chimica, tende a dissiparsi naturalmente sulla superficie del mare in prossimità del terminale a seconda dell’intensità del vento e delle onde marine e non precipita sul fondale marino. E’ da evidenziare che nessun impatto ambientale è associato a questo fenomeno naturale come cita anche il parere n.955 dell’8 giugno 2012 della Commissione tecnica Via: è “da escludere che le schiume in questione possano costituire un pericolo reale per la salute pubblica o l’ambiente marino”. Adriatic Lng collabora comunque con le Autorità competenti per l’individuazione di eventuali soluzioni per la mitigazione del fenomeno. Desideriamo cogliere l’occasione per ribadire l’assoluta estraneità delle attività del terminale alla manifestazione di altri fenomeni naturali di formazione di schiuma che sono tipici dell’Adriatico, come la comparsa di schiume sulla battigia di Boccasette. In questo caso la schiuma era stata determinata dalle inusuali e critiche condizioni meteomarine (vento freddo, moto ondoso, ecc.) createsi lungo le coste adriatiche e in altre aree costiere del Paese (quali Puglia e Liguria) durante lo scorso inverno. Infatti simili condizioni meteomarine inducono l’acqua di mare ad assorbire aria, creando fenomeni naturali di formazione di schiuma.
Adriano Gambetta Responsabile Base di Terra Terminale GNL Adriatico
Porto vecchio, ultimo assalto per la sdemanializzazione
I parlamentari Rosato, Antonione e Menia tenteranno con un blitz di far
passare un emendamento per “liberare” l’intera area, tranne Adriaterminal
Un ultimo disperato assalto che potrebbe però anche trasformarsi in un
inatteso blitz vittorioso. I tre moschettieri della sdemanializzazione del Porto
Vecchio: Ettore Rosato (Pd), Roberto Antonione (Pli) e Roberto Menia (Fli) lo
porteranno la settimana prossima quando la Camera dovrà votare la legge per
Taranto. «Sarà quella l’occasione, temo l’ultima ipotizzabile in questa
legislatura, in cui tenteremo di inserire il nostro emendamento - riferisce
Antonione - la situazione purtroppo è precipitata in queste ultime ore, il
governo sta per cadere e passeranno ancora soltanto i provvedimenti urgenti.
Quello per l’inquinamento a Taranto lo è certamente e siccome riguarderà anche
altre aree del Paese, speriamo sia tecnicamente fattibile l’inserimento
dell’emendamento triestino». «La possibilità di intervenire nel Decreto sviluppo
sembra svanita - aggiunge Rosato - poiché dal Senato ci arriva sostanzialmente
blindato e non più passibile di modifiche. Ma in questo momento con Dario
Franceschini stiamo preparando una soluzione alternativa». Che è appunto quella
su Taranto. Quelle di Rosato, Antonione e Menia saranno solo le prime tre firme,
ma si sta tentando di allargare la base dei proponenti quanto più possibile. «Se
verrà ammesso, non abbiamo dubbi che l’emendamento sarà approvato - riferisce
ancora Antonione - contraria in toto è soltanto la Lega, la gran parte del Pdl è
favorevole: me lo ha riconfermato di recente Frattini. E del resto si è
pronunciato esplicitamente a favore anche il governatore Renzo Tondo». Viene
richiesta la sdemanializzazione di tutta l’area data in concessione a Portocittà
e a Greensisam. «Certamente non solo il terrapieno di Barcola - afferma Rosato -
perché un provvedimento così parziale non creerebbe uno sviluppo importante per
la città. Fuori rimarrà soltanto l’Adriaterminal dato che svolge ancora un ruolo
strettamente portuale. Poi tutti i ricavi dalle vendite sarebbero
obbligatoriamente vincolati a favore dell’Autorità portuale». «In questo modo -
il pensiero di Antonione - ne deriverebbe un immediato sviluppo sia del Porto
Vecchio che troverebbe nuovi investitori che del Porto Nuovo dove con le nuove
iniezioni di denaro potrebbero essere completate tutte quelle infrastrutture
oggi a corto di finanziamenti come il raddoppio del Molo Settimo e la
Piattaforma logistica. E tutto questo, a costo zero per lo Stato. Siamo dunque
di fronte a un’opportunità irrinunciabile». La manovra è portata avanti in
costante contatto con il sindaco Roberto Cosolini, ma è già stata illustrata
anche allo stesso governo. E del resto, come riferiamo qui sotto, lo stesso
Cosolini ne ha parlato in questi giorni a Roma con il ministro Passera e il
sottosegretario Catricalà. Nell’emendamento non si farà cenno invece allo
spostamento del Punto franco perché secondo i tre deputati è un’operazione che
deve fare il prefetto che del resto ha già scritto al governo stesso per
ottenere il via libera a compierla. «Vero è - specifica Antonione - che quel via
libera non è ancora arrivato. Perché, a differenza di quanto pensa la gente, non
sono i politici che sono lenti, ma lo sono i funzionari, lo è la burocrazia
italiana. E a quel quesito i burocrati ministeriali non hanno ancora dato una
risposta». E intanto, dato il prossimo scioglimento delle Camere e la vicinanza
delle elezioni, le prossime due settimane potrebbero essere le ultime possibili
a far sì che Maltauro e De Eccher non esercitino il diritto di recesso dalle
aree, possibile fino al prossimo settembre.
Silvio Maranzana
Cosolini preme per spostare il Punto franco
Richiesti anche più collegamenti ferroviari negli incontri con il
ministro Passera e Catricalà
E un sollecito a dare il via libera al trasferimento del Punto franco dal
Porto Vecchio, che unito alla sdemanializzazione dovrebbe finalmente innescare
lo sviluppo dell’area è stato fatto dal sindaco Roberto Cosolini al ministro
allo Sviluppo economico Corrado Passera e al sottosegretario alla presidenza del
Consiglio Antonio Catricalà incontrati nei giorni scorsi a Roma. Cosolini ha
ricordato la richiesta in merito avanzata già alcuni mesi fa dall’ex prefetto
prefetto Alessandro Giachetti sia al Presidente del Consiglio che ai ministeri
interessati e che non ha ancora avuto risposta. Ma a Catricalà, il sindaco ha
chiesto anche un impegno del governo per il miglioramento dei collegamenti
ferroviari da e per la città. «Per ottenere miglioramenti significati - ha
affermato il sindaco - sarebbero sufficienti due treni: uno al mattino e uno
alla sera, nelle due direzioni tra Trieste e Mestre, senza fermate intermedie e
con buone coincidenze verso Milano e Roma. É questa un’esigenza sentita anche
dalle grandi aziende del nostro territorio: Generali, com’è stato pubblicamente
ribadito dall’amministratore delegato solo alcuni giorni fa, Allianz,
Fincantieri, Wartsila». Ed è anche indispensabile che si arrivi finalmente a un
sbocco positivo della trattativa con Ferrovie dello Stato per gli interventi
necessari a favore di una migliore competitività dei servizi ferroviari del
porto. In particolare con il ministro Passera è stato fatto un approfondimento
della crisi della Lucchini e del futuro dell’area di Servola e Cosolini ha messo
il rappresentante del governo al corrente delle criticità industriali,
occupazionali e ambientali legate alla Ferriera oltre che all’andamento del
Tavolo coordinato dalla Regione impegnato a lavorare su una proposta di
riconversione. Il ministro ha dato disponibilità a esaminare e a discutere la
proposta non appena questa sarà stata perfezionata e ha detto di apprezzare il
fatto che sia espressione unitaria delle istituzioni e delle forze economiche e
sociali del territorio. Ancora, con Passera non poteva mancare uno scambio di
opinioni sulla questione del rigassificatore. Il ministro, come del resto ha
fatto quasi contemporaneamente alla Camera, ha ribadito che considera strategico
il progetto di Gas Natural, mentre Cosolini ha sottolineato come i prevalenti
motivi di contrarietà manifestati dal territorio non riguardino la scelta in sè
dei rigassificatori e nemmeno necessariamente l’ubicazione di un impianto
nell’area triestina, quanto la localizzazione prescelta e le caratteristiche del
progetto. Ma più in generale il sindaco ha rappresentato un quadro generale
delle situazioni di crisi, ma anche delle potenzialità di Trieste evidenziando
come alcune di queste e in particolare la portualità e il sistema della
conoscenza debbano entrare a pieno titolo in una strategia nazionale.
(s.m.)
Carso finalmente liberato dal vincolo idrogeologico
La nuova normativa allo studio della giunta regionale abolisce le norme
di tutela per i terreni pianeggianti senza rischio frane. Sospiro di sollievo
per gli agricoltori
TRIESTE Per alcune zone dell’Altipiano Carsico di Trieste e Gorizia non sarà
più necessario adempiere a quel vincolo idrogeologico particolarmente gravoso
per viticoltori e agricoltori. Nel testo della nuova legge sulla manutenzione
attualmente discusso dalla giunta regionale sono già state approvate un paio di
modifiche a tale vincolo su indicazione dell’assessore Claudio Violino.
L’assessorato alle Risorse agricole ha così recepito le istanze
dell’Associazione agricoltori. In particolare la nuova legge prevede l’esenzione
del vincolo idrogeologico per le particelle catastali con pendenza media pari, o
inferiori al 30 per cento, che ricadono nelle zone omogenee E3, E4, E5 e E6,
ovvero quelle caratterizzate da superfici agricole. «Una parte del territorio
carsico in effetti era soggetta a questo vincolo in modo improprio – spiega Luca
Bulfone, direttore della Direzione centrale regionale delle Risorse agricole –
mentre la sua applicazione permane nelle zone dove si rischia di mutare il
normale assetto idrogeologico, come quella del costone carsico, per fare un
esempio. Il vincolo dipende da una serie di fattori, la pendenza, le
caratteristiche del terreno, l’aspetto idrografico, i fenomeni di erosione. Ora
le zone del Carso sgravate dall’obbligo erano inserite ingiustamente nel novero
di quelle considerate critiche, aree che per pendenza e per caratteristiche
idrogeologiche non destano problemi e che ora non necessiteranno di questa
procedura burocratica”. Il nuovo provvedimento andrà a incidere in sostanza su
di una porzione di altipiano che corrisponde a circa il 20–22 per cento del
territorio della provincia di Trieste, in misura minore per quella goriziana. La
modifica effettuata nella nuova legge non influirà sull’edificabilità delle aree
interessate, la cui potenzialità edificatoria rimarrà legata alle norme dei
vigenti piani regolatori comunali. L’abolizione del vincolo renderà per le
aziende agricole meno oneroso l’aspetto burocratico relativo soprattutto alla
variazione di coltura, che poteva determinare, in base alle disposizioni di
legge sinora vigenti, lunghe attese e consistenti oneri per la progettazione. La
modifica apportata al vincolo idrogeologico che venne introdotto nel 1936 –
osserva l’Associazione agricoltori - fa parte dei provvedimenti legislativi
volti alla semplificazione dell’aspetto burocratico nella gestione del
territorio, e va incontro alle aspettative lungamente attese e auspicate dalle
aziende agricole. Il provvedimento permetterà in sostanza ai viticoltori e agli
agricoltori di poter impiantare delle nuove colture senza dover passare per
l’Ispettorato provinciale all’Agricoltura, oltre al risparmio delle spese per le
dovute istruttorie. Un grazie degli agricoltori al consigliere Igor Gabrovec che
si è interessato del problema.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - VENERDI', 7 dicembre 2012
Rigassificatore, Monassi smentisce Passera (e il Pdl) -
IL CASO»IL FUTURO DEL GOLFO
L’Authority: «Nessuno ha il diritto di mettere a rischio il lavoro che
stiamo portando avanti, necessarie risposte chiare sulla compatibilità con
l’attività portuale»
«Nessuno ha il diritto di mettere a rischio il grosso lavoro che stiamo
facendo». Lo ha detto ieri la presidente dell'Autorità portuale, Marina Monassi,
parlando del progetto del rigassificatore che Gas Natural ha intenzione di
realizzare a Zaule. Il riferimento era indirizzato alla carenza di risposte in
merito all'impatto che l'impianto potrebbe avere sui traffici di navi,
sull'attività e quindi sull'economia del porto, ma è servito a chiarire la
posizione della presidente su un tema all'ordine del giorno per il territorio.
L’Authority, in pratica, smentisce quanto sostenuto appena l'altro ieri dal
ministro allo Sviluppo economico, Corrado Passera («allo stato non esistono
motivi ostativi alla prosecuzione dell'iter amministrativo») e la sua posizione
sembra anche in aperto contrasto con le tesi del Pdl (almeno quello regionale),
partito di riferimento della stessa Marina Monassi. L'Autorità portuale, dunque,
non ritiene affatto sufficiente quanto esposto finora da Gas Natural e intende
vederci molto più chiaro. «Stiamo acquisendo una serie di ordinanze dalle
Capitanerie di porto spagnole – ha detto la presidente Monassi – e dobbiamo
chiarire, tra le altre cose, dove passerà il gasdotto. Stiamo inoltre informando
la stessa Siot, alla quale abbiamo fornito copia del progetto perché non l'aveva
mai avuto. Conto di smuovere il mondo per avere risposte tecniche molto chiare,
nessuno ha il diritto di mettere a rischio il grosso lavoro che stiamo portando
avanti. Noi stiamo aiutando le imprese a investire, ma chi investe ha diritto a
risposte molto chiare». Sul rigassificatore, inoltre, è atteso il pronunciamento
del Comitato portuale, che da alcuni mesi ha in mano il progetto di Gas Natural
ma che non ha mai avuto all'ordine del giorno la discussione per il parere.
Sull'argomento è intervenuto in maniera “pesante” anche Antonio Gurrieri,
presente alla conferenza stampa per la divulgazione dei dati Siot in qualità di
consigliere del ministro dell'Ambiente. «Vorrei precisare che i pareri assunti
finora – ha detto Gurrieri riferendosi alle procedure di autorizzazione per
l'impianto di rigassificazione – erano in relazione al Piano regolatore portuale
vigente. La Valutazione di impatto ambientale è stata data quando non si
prevedeva l'aumento di petroliere dirette al terminale Siot, né il traffico
generato dal terminal ro-ro (camion su traghetto, ndr) oggi previsto nell'area
dell'ex raffineria di Aquilinia. Per questo motivo – ha aggiunto Gurrieri –
molti ritengono che sia opportuno fare altre valutazioni alla luce della
situazione in fieri». Come a dire: quello che è stato valutato finora è ormai
vecchio e bisogna capire cosa succede con il nuovo Piano regolatore del porto,
in attesa di essere approvato. Novità in vista anche per la Ferriera di Servola
per la quale, a seguito di un colloquio tra Francesco Semino, responsabile
relazioni esterne di Lucchini group, e la stessa presidente Monassi, è stato
chiesto di poter ottenere il regime di Porto Franco da applicare sull'area dove
insiste lo stabilimento. Per farci cosa? Continuare l'attività dell'impianto
siderurgico in modo più redditizio? «Non lo so, ma non credo proprio – risponde
Monassi – . Nel frattempo però abbiamo approvato un progetto di rinforzo della
banchina in modo da poter ricevere altre tipologie di navi». Considerato che
l'azienda non era in grado oggi di farlo, sarà la stessa Authority a eseguire i
lavori necessari a destinare l'area della Ferriera – di fatto in attesa di
dismissione – ad attività portuali, così come previsto dal Portocollo d'intesa
firmato da Corrado Clini.
di Riccardo Coretti
Previsto il 20% in più di greggio in arrivo al terminal
nel 2013 - I DATI
Recuperato il calo dei primi mesi dell’anno. Nei prossimi 12 mesi
previste oltre 500 petroliere.
Trieste diventerebbe così il primo porto in Italia per
traffico complessivo di merci
Recupero del calo di traffico entro il 2012 e previsioni di incremento
(oltre 40 milioni di tonnellate di greggio) nel 2013, tanto da far balzare il
porto di Trieste al primo posto in Italia per totale di merci scambiate. La
Siot, società del Gruppo Tal che gestisce il tratto italiano dell'oleodotto
transalpino, ha reso noto ieri che chiuderà il 2012 con un leggero aumento (da
34,5 a 35 milioni di tonnellate) del petrolio greggio sbarcato al terminal
triestino, nonostante le difficoltà attraversate nei primi mesi dell'anno. Da
gennaio ad agosto i traffici avevano subìto un calo di circa il 9% rispetto allo
stesso periodo del 2011 a causa della crisi del Gruppo Petroplus, con
conseguente fermo della raffineria di Ingolstadt in Baviera. Situazione superata
grazie all’accordo tra il gruppo Tal e Gunvor, uno dei maggiori trader mondiali
di prodotti petroliferi, salvando così oltre 400 posti di lavoro. Ma è il dato
di crescita (+20%) annunciato dalla presidente e amministratore delegato di
Siot, nonché presidente della stessa Tal, Ulrike Andres, a sorprendere in modo
particolare. L'arrivo di nuove petroliere - dovrebbero essere più di 500 –
porterà il totale delle tonnellate oltre i 40 milioni, tanto che Trieste
dovrebbe diventare il primo porto in Italia per traffico complessivo di merci
superando Genova, e passare dal 12° al 10° posto della classifica europea. Per
il terminal triestino sono previste 8 assunzioni da dedicare alle attività di
banchina. «Grazie alla zona franca del Porto possiamo avere vantaggi tali, come
il pagamento differito dei diritti doganali, da incrementare il numero dei
nostri clienti. A 45 anni dall’entrata in funzione dell’oleodotto – ha detto
Andres - la Siot sta consolidando la sua posizione di primato sul mercato come
il più importante oleodotto d’Europa e si appresta a raggiungere nel 2013 il
record storico di petrolio trasportato. Siamo molto soddisfatti di questa nuova
prospettiva sia per le ricadute economiche sulla città che per il ruolo
strategico che la Siot rivestirà sul piano portuale e nel contesto energetico
europeo, operando nel rispetto dell'ambiente e garantendo i massimi livelli di
sicurezza. Tutto ciò possibile grazie alla lunga esperienza e stretta
collaborazione con tutti gli operatori ed in particolare con l’Authority».
(r.c.)
Dal Qatar a Veglia Il rigassificatore affidato agli
sceicchi
Pronta la bozza d’intesa sul progetto tra Zagabria e Doha L’Azienda
elettrica Hep acquisterà il terreno sull’isola
FIUME A differenza del rigassificatore di Zaule, quello di Castelmuschio (Omisalj)
non sta incontrando grossi ostacoli per la sua realizzazione, con l’opinione
pubblica quarnerina e croata alquanto ben disposte verso un progetto che
dovrebbe garantire investimenti e l’apertura di posti di lavoro. È di questi
giorni la notizia che l’Azienda elettrica croata (Hep) presenterà la prossima
settimana l’offerta per l’acquisto del lotto di terreno dove sarà costruito il
terminal Lng, migliaia di metri quadrati sull’isola di Veglia e in un’area dove
sono già presenti grandi impianti industriali come l’azienda petrolchimica Dina
e l’oleodotto Janaf. Una volta rilevato il terreno, questi sarà di proprietà
dello Stato croato e ciò faciliterà l’inserimento dei quatarioti
nell’apprestamento della megastruttura. Come da noi già scritto, le massime
autorità del Qatar sono fortemente interessate al progetto del rigassificatore
isolano, ambizioni manifestate al presidente croato Ivo Josipovic nella sua
recente visita al ricchissimo emirato arabo. «I colloqui con i nostri partner
del Qatar sono a buon punto – lo ha fatto presente ai giornalisti il ministro
dell’Economia, Ivan Vrdoljak – c’è tutto l’interesse affinché il gas prodotto
nell’emirato rifornisca la Croazia e i Paesi del Sudest e del Centro Europa.
Abbiamo già inviato a Doha i documenti che spiegano i rapporti
giuridico–patrimoniali dell’affare, mentre dal Qatar ci è giunta la bozza
d’accordo per l’istituzione della commissione bilaterale che si occuperà dei
progetti congiunti. Da Doha ci è stato inviato anche il promemoria sul
rigassificatore vegliota». Proprio l’ottimo evolversi degli eventi vedrà il
premier croato Zoran Milanovi„ fare tappa prossimamente in Qatar per
perfezionare l’intesa sul terminal metanifero, progetto che sta a cuore ad una
Croazia affamata di investimenti d’oltreconfine a causa di una crisi economica
sempre più dura. Milanovi„ si metterà in moto perché il capo dello Stato non ha
prerogative costituzionali in campo economico, mentre Radimir ‹a›i„, ex vice
presidente del governo e ministro dell’Economia (anch’egli era stato settimane
fa a Doha), ha dovuto rassegnare le dimissioni per la condanna di primo grado
emessa dal tribunale di Kaposvar, in Ungheria. Come noto, ‹a›i„ è stato
condannato a 22 mesi di carcere in quanto ritenuto colpevole della morte di due
persone in un incidente stradale avvenuto nel 2010 in territorio magiaro. Stando
a voci ufficiose, vicine all’esecutivo Milanovi„, il governo croato inquadra il
rigassificatore isolano come una specie di contrappeso alla compagnia ungherese
Mol, proprietaria di maggioranza della petrolifera croata Ina. Zagabria non è
soddisfatta dell’operato e del comportamento della Mol e vede nell’impianto Lng
la garanzia per l’autonomia energetica della Croazia che epraltro ha perso il
treno per salire a bordo dell’affare South Stream.
Andrea Marsanich
SEGNALAZIONI - INQUINAMENTO L’Arpa dei miracoli
Con l’autunno si ripresenta il problema delle polveri Pm10 nell’aria e quando manca il vento viene superato nel centro cittadino (centraline di piazza Libertà e di via Tor Bandena) il limite di 50 µg/mc (media giornaliera). I triestini non sanno però che esiste un posto vicino alla ferriera di Servola – decisamente miracolato - dove si può respirare un’aria nettamente più buona. Non solo rispetto alla vicina centralina di via Carpineto, ma anche rispetto al centro cittadino. Il sottoscritto ha segnalato più volte ad Arpa questa anomalia, ma nessuno si è mai degnato di dare una risposta: i miracoli si accettano e basta, è una questione di fede!
Fabio Gemiti
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 dicembre 2012
«Nessun ostacolo, avanti con il rigassificatore» -
PROGETTO»IL MINISTRO
Passera risponde in Parlamento a Rosato: traffico di gasiere assimilabile
a quello delle petroliere. Ma l’iter si chiuderà solo se prevarrà un
orientamento favorevole
«Allo stato non esistono motivi ostativi alla prosecuzione dell’iter
amministrativo». Sul progetto del rigassificatore di Zaule il governo va avanti.
Almeno l’intenzione per ora è questa: Corrado Passera, ministro dello Sviluppo
economico, l’ha affermato ieri a Roma, durante il question time in Parlamento
rispondendo a un’interrogazione presentata dal deputato triestino del Pd Ettore
Rosato. Più che da “tecnico”, Passera ha parlato da politico consumato,
certamente informato delle resistenze compatte del territorio (Comuni e
Provincia, ma anche Autorità portuale, oltre a tantissimi cittadini)
all’insediamento proposto dalla spagnola Gas Natural. Se prima ha usato il
bastone, confermando la linea del governo, un attimo dopo ecco la carota, scelta
per certificare che la conclusione dell’iter stesso «potrà avvenire solo dopo
l’acquisizione dei pareri espressi da tutti i soggetti interessati e ove
prevalga un orientamento favorevole». Una speranza per l’ampio fronte del “no”?
«Sono convinto che non ci dobbiamo rassegnare. Sono ottimista sulla possibilità
di far ragionare questo governo», dirà Rosato a margine del botta, risposta e
contro-osservazione in aula. Oggi l’esecutivo Monti ha in mano l’Autorizzazione
integrata ambientale uscita dalla discussa Conferenza dei servizi dello scorso
22 novembre, quando i tecnici della Regione avevano decretato l’approvazione
all’unanimità nonostante i pareri contrari di Comune e Provincia di Trieste (due
su tre degli enti presenti alla riunione). E proprio a quell’episodio si è
agganciato Rosato interrogando Passera: «Sapendo dei vizi di illegittimità negli
atti della Regione - ha affermato -, che non ha tenuto conto dei pareri tecnici
di Comune e Provincia di Trieste, questo governo intende proseguire con il
progetto?». La replica di Passera non ha mancato di ricordare che vi sono
«numerosi pareri espressi», sancendo come la decisione del governo arriverà «non
a maggioranza» di questi ma basandosi sul «criterio della prevalenza». Punto,
questo, su cui Rosato - pochi minuti dopo aver esplicitato al ministro la sua
insoddisfazione per la risposta ricevuta - si è soffermato: «Ci attendiamo
quindi attenzione sulla prevalenza dell’interesse». Centrale il tema della
mobilità portuale rapportata all’eventuale presenza dell’impianto di gnl.
Serafico il ministro: «Per il Registro italiano navale e la Capitaneria di porto
il traffico delle gasiere è assimilabile a quello delle petroliere». Petroliere
che già transitano nel golfo triestino, dirette al terminale della Siot. «Le
notizie che ho io non sono quelle che ha il ministro - continua Rosato nelle
riflessioni post-question time - sulla compatibilità fra Porto e
rigassificatore. L’impianto peraltro non sarebbe ubicato dove oggi c’è la Siot.
E inoltre il traffico di navi, nel caso, verrebbe raddoppiato...». Petroliere
più gasiere. Ancora in aula, a risposta di Passera archiviata, Rosato aveva
definito «illogico il finanziamento, sbloccato da questo governo, al progetto
della Piattaforma logistica rispetto all’insediamento del rigassificatore». E
citando anche l’emergenza occupazionale che sta vivendo la città, il deputato
dei “democratici” ha chiesto con forza al governo «un ragionamento complessivo
sullo sviluppo industriale, urbano e marittimo» del territorio triestino. Dal
quale giungerà, via Consiglio comunale e assise provinciale, un nuovo “no” da
far planare sul tavolo ministeriale in merito alle ultime modifiche apportate al
progetto da Gas Natural e che includono anche l’elettrodotto di 9 chilometri che
parte da Padriciano. Da un parlamentare all’altro, e da un versante politico
all’altro: il leghista Massimiliano Fedriga, vicecapogruppo del Carroccio a
Montecitorio chiede intanto «un incontro pubblico che ponga a confronto i sei
parlamentari triestini sul rigassificatore». «Posto che i Consigli comunale e
provinciale si sono già espressi contro l’impianto di Zaule e che la Conferenza
dei servizi, che ricordo essere un tavolo squisitamente tecnico, ha invece
emesso parere favorevole allo stesso, la palla è passata ora in mano al governo
che, di intesa con la Regione, avrà l’ultima parola - è l’inquadramento di
Fedriga -. Ritengo opportuno che anche i deputati e i senatori espressi dal
territorio si espongano sull’iniziativa della multinazionale spagnola». Il
suggerimento dell’esponente della Lega Nord è di farlo in «un’assemblea
pubblica», favorendo «il dialogo con la cittadinanza».
Matteo Unterweger
CONVEGNO - I possibili riflessi sul valore delle case
Il prospettato insediamento a Zaule del rigassificatore farà scadere anche
il valore degli immobili in un’ampia area circostante? È la principale domanda a
cui tenterà di rispondere il convegno “Rigassificatore e valore dei beni
immobili” che si svolgerà venerdì alle 17.30 a Muggia, nel teatro Verdi di via
San Giovanni. Le relazioni saranno svolte da Francesco Longo docente di diritto
amministrativo all’università di Udine, Fulvio Rocco consigliere di Stato, Mario
Polelli ordinario di Estimo al Politecnico di Milano, Gaetano Russo ordinario di
Tecnica delle costruzioni all’università di Udine, Alessandro Brainich agente
immobiliare. Interverranno il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, il sindaco di
San Dorligo della Valle Fulvia Premolin, la presidente della Provincia Maria
Teresa Bassa Poropat. Conclusioni dell’assessore comunale di Muggia Fabio Longo.
Pericoli rilevati dai pompieri Uil il Comune allega la
relazione - LA INVIERA' A ROMA
La relazione tecnica sul rigassificatore predisposta dal Coordinamento
regionale dei Vigili del fuoco della Uil, arricchita da pareri di esperti e
docenti, sarà acquisita dalla Conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale
«per essere presentata al Prefetto e al Ministero competente». Lo ha annunciato
ieri il presidente della Consiglio comunale, Iztok Furlanic, al termine di una
seduta straordinaria convocata su richiesta del coordinatore regionale della Uil
per i Vigili del fuoco, Adriano Bevilacqua. «Faremo tutto il possibile per
resistere contro questo progetto – ha ribadito Furlanic – e questo documento ci
sembra importante in questo senso». L’assessore comunale per l’Ambiente, Umberto
Laureni ha spiegato che «la delibera alla quale stiamo lavorando deve fare un
passaggio alla Commissione ambiente, perciò c'e tempo per aggiungere elementi.
Non accettiamo che in un'area urbana – ha continuato – si realizzi un impianto
pericoloso solo perché il rischio di incidenti è basso. Chiederemo anche noi –
ha concluso - di inserire gli elementi presentati dai tecnici e dai Vigili del
fuoco». «Dal 2010 come Vigili del fuoco siamo in agitazione – ha detto
Bevilacqua - perché in caso di emergenza il Corpo non ha mezzi e uomini per
intervenire». Il professor Marino Valle ha parlato di «regia occulta, che vuole
colonizzare la città. Speriamo che la Slovenia avvii una procedura d'infrazione
contro l'Italia, vincerebbe di sicuro». Carlo Franzosini, della Riserva marina
di Miramare ha detto che «si vuole trasformare il porto di Trieste in un polo
energetico per gli industriali del Friuli». Livio Sirovich, dell’Ogs, ha
ricordato che «a Zaule si troverebbero adiacenti una centrale termoelettrica,
potenziale detonatore, e un rigassificatore, cioè un serbatoio di esplosivo».
Ugo Salvini
«Nuova passerella, male l’estetica ma servirà a
rilanciare la zona»
Ponte sul canale, commenti più negativi che positivi da parte dei
passanti.
L’apprezzamento per l’utilità dell’opera è però
unanime. E i negozianti sperano nella rivitalizzazione del commercio
«Un insulto alla bellezza del canale». «Un intervento intelligente». E
ancora, «Venezia ha quello progettato da Calatrava e noi abbiamo questo
obbrobrio». Il giorno dopo la posa del nuovo ponte sul canale di Ponterosso,
molti triestini hanno fatto una capatina in zona per vedere la nuova passerella
e capire, a colpo d’occhio, l’effetto che fa quella struttura arrivando dalle
Rive, da piazza Sant’Antonio o sostando sul tratto di via Roma che attraversa il
canale. I giudizi, in generale, non sono dalla parte di chi l’ha progettato.
Apprezzato invece l’intento di collegare via Cassa di Risparmio e via Trento.
«Commercialmente per noi è un intervento che si rivelerà utile, - valuta Licio
Bossi, titolare di un negozio di souvenir sul canale – ma dal punto di vista
architettonico non mi sembra si intoni allo stile dei palazzi che si affacciano
su Ponterosso». Il commerciante osserva che forse sarebbe stato più consono un
progetto che prevedesse l’uso del ferro battuto e si si ispirasse a linee
neoclassiche. Chi passava da quelle parti ieri lanciava un’occhiata. Si
avvicinava alla struttura per esaminarne i dettagli e poi commentava. «Lo trovo
veramente brutto, la parte sottostante sembra arrugginita, - dichiara Eugenia
Fuchs, residente in via Trento – pensavo fosse solo lo scheletro della struttura
invece mi hanno detto che resterà così. Hanno rovinato la prospettiva di questa
parte di Trieste, soggetto di milioni di fotografie». «La comodità sarà
impagabile, non vedo l’ora di attraversarlo in bici», afferma invece Enrica
Luzzato, studentessa ventenne che ieri ha scattato al nuovo ponte una trentina
di foto. Contro quella passerella in passato era sorto un comitato anti-terzo
ponte sul canale, formato da semplici cittadini, ma anche da addetti ai lavori,
come architetti e progettisti, con tanto di raccolta firme. I commercianti e i
residenti della zona auspicano comunque che l’opera serva a riqualificare e
animare anche commercialmente via Trento, lo stesso canale e via Machiavelli.
«Prima di giudicarlo esteticamente lo voglio vedere finito, pulito e illuminato
a dovere, – commenta Fabrizio Stolfa, titolare del Centro Ottico – dal punto di
vista invece dell’utilità credo sia stato uno degli interventi più importanti
degli ultimi anni». «La zona da questa parte del ponte – aggiunge Stolfa
riferendosi alla sponda sinistra del canale - è abbandonata da anni. Qui dietro
non funziona nulla e con il ponte ora si aprono delle possibilità».
«Esteticamente non è un granché – valuta Mauro Parmisano di Assolutamente Bar di
via Rossini – ma era fondamentale realizzarlo». La nuova passerella è frutto del
lavoro di squadra degli architetti del Comune Laura Visintin, Moreno Suzzi e
Marina Cassin. Quest’ultima spiega che la realizzazione e la posa del ponte non
avrebbero potuto avvenire prima. «È un’opera piccola – precisa - ma molto
complessa che ha previsto tempi molto lunghi. Basti pensare all’iter che abbiamo
dovuto affrontare con la Soprintendenza – ricorda – e il ricorso al Tar della
ditta arrivata seconda alla gara per l’appalto dei lavori».
Laura Tonero
Sondaggio sul sito del Piccolo, i sì sfiorano il 60 per
cento
Piace, non piace? Piace abbastanza, almeno sul web. Il sondaggio attivato
sul sito del nostro giornale (www.ilpiccolo.it) riportava alle 21 di ieri in
numero di 1.293 le persone che avevano risposto alla domanda “Vi piace il nuovo
ponte?”: sì il 59%, no il 41%. I commenti apparsi invece sulla pagina Facebook
del Piccolo non vanno nella stessa direzione. «Inutile, orribile e costoso –
scrive Marco Schiavon - spero che la prossima amministrazione lo tolga».
«Abbiamo cose più urgenti,– aggiunge Rosanna Sever - due passi in più fanno solo
che bene a tutti». Le fa eco Debora Maier : «Abbiamo le scuole che cadono a
pezzi e spendiamo i soldi per un ponte?». «Io penso che se tutti avessero
contrastato le innovazioni, oggi vivremo nelle caverne», valuta invece Sonia
Caldi. Sempre su Facebook ieri è stata creata una nuova pagina intitolata “No
alla passerella sul canale Ponterosso di Trieste”.
Via Valdirivo chiusa, altri disagi - MEZZA GIORNATA DI
RALLENTAMENTI
Riaperta alle 16.15. Marchigiani sul Piano traffico: «Parcheggi in più»
Il tratto di via Valdirivo fra via Roma e corso Cavour è stato riaperto alla
circolazione veicolare ieri pomeriggio attorno alle 16.15, dopo una prima parte
di giornata che - in virtù della chiusura - ha visto il traffico vivere degli
inevitabili rallentamenti attorno all’area in questione. Nell’arco della
mattinata, a complicare momentaneamente la situazione, anche un incidente lungo
via Roma, che ha visto protagonisti un camion e una macchina. Per oggi sono in
programma altri interventi, di completamento della segnaletica orizzontale, in
via Valdirivo (sempre nella porzione fra via Roma e corso Cavour). A proposito
di mobilità, il nuovo Piano del traffico - con osservazioni dei cittadini e
controdeduzioni degli uffici comunali - è stato trasmesso alle circoscrizioni,
chiamate a esprimersi sul documento entro il 23 dicembre. L’iter proseguirà poi
in Consiglio comunale per l’approvazione definitiva. Dopo l’incontro di ieri
dedicato a I e II circoscrizione, oggi nuovo appuntamento per presentare gli
aspetti salienti del Piano e i contenuti delle principali osservazioni, dedicato
a III, VI e VII parlamentino, alle 19 alla sede del Mib (largo Caduti di
Nassiryia 1). Domani, per IV e V circoscrizione, in via Locchi 23 alle 18.30.
Sul Piano, l’assessore competente Elena Marchigiani, attraverso una nota,
ricorda che l’assetto proposto punta «ad aumentare la disponibilità di sosta per
i residenti» in centro, con «maggiori spazi e possibilità rispetto ad oggi,
anche se non gratuitamente ma a una tariffa fortemente agevolata rispetto ai
visitatori». In tema di parcheggi per motorini e moto, Marchigiani sottolinea:
«Il nuovo Piano non elimina gli stalli». Che al contrario vengono «incrementati:
nella zona comprendente le aree di Borgo Teresiano, Borgo Giuseppino e San
Giusto se ne aggiungono 25; nelle strade tra via Carducci, via Fabio Severo, via
Battisti e le vie limitrofe 84; nella zona dell’Ospedale, tra viale XX
settembre, via Rossetti, via Pascoli e via Oriani il saldo positivo arriva a ben
413 stalli. Il totale in città è di circa 500 posti per motocicli in più». In
questi giorni, con alcune ordinanze firmate dal Mobility manager Giulio
Bernetti, sono intanto state istituite nuove aree di parcheggio riservate ai
mezzi a due ruote: in via Canova, via Locchi, via d’Azeglio, via Mercato
Vecchio, via del Molino a Vento, via delle Settefontane, via Vittoria, piazza
Tommaseo e via dei Lavoratori.
Via i colibrì da Miramare Sì a un centro turistico
La Regione aveva destinato 600mila euro per la struttura ma a precise
condizioni Per le serre nuove i Beni culturali hanno invece presentato un nuovo
progetto
Il futuro polo prevede un’area didattica e un punto d’accoglienza e ristoro per
i visitatori - Rimoli: cado dalle nuvole, Martines pochi giorni fa aveva dato
rassicurazioni
Ieri con un atto ufficiale della Giunta regionale è stata messa la parola
fine, dopo qualche anno di tragedie amministrative e giudiziarie, all’ipotesi di
un nuovo Centro per i colibrì a Miramare. La Regione aveva destinato 600 mila
euro nell’ambito di un articolato accordo di programma col ministero per i Beni
culturali, firmato dal direttore regionale Giangiacomo Martines che s’era preso
assai a cuore la vicenda (finita in Procura per abuso edilizio e danno erariale
nelle serre antiche del parco, su denuncia del soprintendente Luca Caburlotto
che vigila Miramare). Ma che i soldi fossero destinati a una nuova struttura per
i colibrì di Stefano Rimoli, rimasti sepolti dai debiti, era questione legata a
ben precise condizioni: che quel Centro avesse una gestione certa, e un progetto
economico di provata sostenibilità nel tempo. Nonostante gli sforzi, il
coinvolgimento di specialisti in animali rari, di centri faunistici, di
Margherita Hack, della Prefettura, dell’Avvocatura dello Stato, del ministero,
di allevamenti in Italia e all’estero, di Vittorio Sgarbi e come si ricorderà
pure di Berlusconi che trasformò i colibrì di Trieste in questione di governo
prima di essere travolto da ben altre questioni, nulla è stato possibile mettere
in piedi. E alla Regione è arrivato così (pena la perdita dei soldi) il progetto
numero 2: quello che trasforma le serre nuove non già in un allevamento di
colibrì da riproduzione, ma in un Centro turistico-didattico con punto di
accoglienza e ristoro per i visitatori. Il progetto, dice la Regione, è stato
presentato dalla direzione dei Beni culturali il 30 ottobre, «secondo il
proponente - afferma la delibera di generalità presentata ieri dall’assessore
Sandra Savino, che sottoscrisse l’accordo nel gennaio 2012 - il nuovo polo di
visite rappresenterebbe un arricchimento dell’offerta in grado di aumentare il
flusso delle persone, generando redditività con i proventi di un punto
ristoro-bar estivo». E i 20 colibrì rimasti, dopo consistenti vendite all’estero
con cui Rimoli ha rimborsato lo Stato consegnando in tribunale i cespiti, e dopo
un incendio alle serre che ha fatto vittime? «Cado dalle nuvole - dice Rimoli
che in questi mesi, coi “pagherò” della Soprintendenza, ha mantenuto in vita gli
uccellini -, lo scorso 27 novembre davanti al giudice lo stesso Martines ha
detto che il Centro a Miramare si farà, a cura del ministero, e trovando sponsor
privati, che adesso non ci sono i soldi, che ci vorranno 2-3 anni, e chiedendo a
me l’ennesima soluzione: trovare dove spostare i colibrì, e qualcuno che ne
finanzi la sopravvivenza». I colibrì saranno dunque spostati. Rimoli per adesso
non vuol dire dove e come. Martines ieri si è mantenuto irraggiungibile. «Le
finalità della proposta di valorizzazione - dice Savino che ha l’obbligo di
giustificare l’investimento - sono l’incremento di visitatori, il potenziamento
dell’offerta culturale, le ricadute economiche per il territorio: più
conoscenza, più turismo». I 600 mila euro di saldano con 1,2 milioni
contestualmente destinati dal ministero dei Beni culturali per il rifacimento
dei muraglioni che cingono il castello a mare, e per il restauro delle serre
antiche, proprio quelle ora occupate dai colibrì, e di particolare pregio.
Diventeranno un orto di piante “antiche”, quelle che Massimiliano d’Asburgo
aveva coltivato. Miramare ultimamente è stato un dramma a molte trame e puntate:
e anche questa fra tante cambia un po’ la storia.
Gabriella Ziani
Incendi, la mappa delle aree più a rischio
Adesso si conosce il tipo di vegetazione di ogni area. Uno strumento per
Forestale e Protezione civile
TRIESTE Il 55,6 % del nostro territorio provinciale è rappresentato da
boschi e pinete. Il dato è rappresentativo di quanto il pericolo degli incendi
boschivi, nel nostro territorio, sia particolarmente sentito. Ecco perché, un
obiettivo del Programma per la cooperazione transfrontaliera Italia/Slovenia
2007-2013, Carso/Kras, per la gestione sostenibile delle risorse naturali e
coesione territoriale, è la realizzazione di una serie di carte dell’incendiosità,
riguardante la provincia di Trieste su aree campione. La Provincia, assieme al
Dipartimento di scienze della vita dell’Università di Trieste, ha presentato la
metodologia utilizzata e i risultati raggiunti. «Il compito delle istituzioni,
per la prevenzione e il coordinamento – ha introdotto Igor Dolenc,
vicepresidente della Provincia – deve comprendere dei protocolli operativi per
superare, sia gli ostacoli linguistici sia quelli comunicativi, per intervenire
negli incendi boschivi». Il professor Livio Poldini ha illustrato brevemente in
che cosa consiste la complessità strutturale dei nostri luoghi e cosa concorre
nel carso, ad aumentare il pericolo incendi. Cause vegetali ovviamente, come una
forte presenza di pini, facilmente infiammabili; cause territoriali, come il
vento; ma anche cause umane, quali l’incuria dei boschi e la scomparsa della
pastorizia. Il progetto ha considerato sia il rischio statico d’incendio,
determinato da variabili stabili nel tempo e nello spazio, sia il rischio
dinamico (pericolo d’incendio), determinato da parametri meteorologici e di
vegetazione legati alla stagionalità. «Non disponendo di una carta della
vegetazione reale di tutto il territorio provinciale, sono state rielaborate
cartografie precedenti a diverse scale di dettaglio» ha spiegato la dottoressa
Vidali del Dipartimento di scienze della vita. «Con l’integrazione di
osservazioni in campo, si è arrivati alla stesura di una carta in scala 1:10000
che rappresenta il più possibile la vegetazione reale. Dopo diversi rilievi, a
ciascuna tipologia vegetale è stato assegnato un indice d’incendiosità, sulla
base della presenza e della copertura di specie ritenute a elevato rischio,
perché resinose o strutturalmente favorenti la propagazione del fuoco». Uno
strumento utile per la protezione civile, che per l’appunto ha il compito di
gestire le emergenze.
Cristina Polselli
Corruzione, l’Italia crolla agli ultimi posti in Europa
-
L’INDICE DI TRANSPARENCY INTERNATIONAL
ROMA Italia tra i peggiori d’Europa in tema di corruzione, in compagnia di
Bulgaria e Grecia e, a livello mondiale, a braccetto con la Tunisia e dietro il
Ghana. L’indice di Transparency International (associazione non governativa e no
profit) che misura la percezione della corruzione nel settore pubblico e
politico a livello globale sparge sale sulle ferite dell’Italia, collocata al
72esimo posto su 174 nel mondo, con un punteggio di 42 su 100. Corruzione,
opacità, scarsi livelli di integrità, uniti a deboli sistemi di controllo e
valutazione non comportano «solamente» una mancanza di moralità ed eticità nella
governance del Paese, ma hanno un impatto negativo devastante sull’economia e
«la credibilità dell’intero sistema Paese», secondo il rapporto presentato oggi
a Milano. Roma perde tre posizioni rispetto all’anno scorso, né può consolare
che il nostro Paese abbia un livello di corruzione equivalente a quello della
Tunisia (41 punti), mentre la Grecia (che perde 14 posizioni) eguaglia la
Colombia. Anche il Ghana fa meglio di noi con 45 punti, mentre va peggio in
Russia (con 28 punti). Lo studio nota anche che la corruzione colpisce «in quei
Paesi più affetti» dalla crisi economica e finanziaria, mentre quelli meno
colpiti, come Germania e Francia, si piazzano rispettivamente al 13/o e al 22/o
posto, con punteggi superiori a 70. Italia, quindi, impietosamente sul fondo
della classifica europea della trasparenza, con la spiacevole compagnia di
Bulgaria e Grecia e con un voto ben lontano dalla sufficienza e da quelli di
Paesi ritenuti più etici: Danimarca, Finlandia e Nuova Zelanda (tutti e tre con
un voto di 90/100). Trasparency ricorda come la Corte dei Conti abbia stimato
che ogni punto in meno nell’indice «pesa in maniera grave sugli investimenti
esteri, che fuggono anche a causa dell’indeterminatezza e opacità delle regole».
Da qui la raccomandazione del presidente dell’associazione in Italia, Maria
Teresa Brassiolo: «Il Governo presente e quelli futuri dovranno mantenere
l’anticorruzione in cima alla loro agenda politica. Non siamo solo noi addetti
del mestiere a richiederlo, ma i cittadini e le imprese che non ne possono più
di veder distrutto il frutto del loro lavoro per corruzione o negligenza
nell’uso delle risorse pubbliche». Perché gli italiani, «pur mostrando una
sfiducia dilagante nell’operato della politica e, in particolar modo, dei
partiti, richiedono allo stesso tempo un rinnovato impegno per riformare e
modernizzare il Paese sui pilastri della legalità, della trasparenza e della
responsabilità». Transparency International Italia chiede dunque ai «futuri
candidati» alle elezioni locali e nazionali a nuove norme etiche.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 5 dicembre 2012
Audizione Comune e Tavolo Tecnico Rigassificatore Trieste (TTRT)
Mercoledì 5 dicembre, alle ore 12.15, presso la Sala
comunale matrimoni di Trieste in piazza Unità 4, si è tenuto l’incontro tra una
delegazione del TTRT– Tavolo tecnico rigassificatori di Trieste con i
consiglieri Comunali di Trieste in merito a problematiche di sicurezza legate al
Rigassificatore di Zaule proposto dalla società spagnola Gas Natural.
Hanno partecipato all’incontro il coordinatore regionale Vigili del Fuoco
Uil Fvg Adriano Bevilacqua, l’ing. Marino Valle, il dott. Livio Sirovich, il
dott. Carlo Franzosini, il dott. Federico Grim, la prof.ssa Julia Filingeri, la
dott.ssa Tiziana Cimolino, il dott. Lino Santoro, il consigliere Giovanni Maria
Coloni, il consigliere Marino Sossi, il consigliere Paolo Bassi, il consigliere
Iztok Furlanic, il consigliere Roberto de Carli, il consigliere Patrick Karlsen,
il consigliere Everest Bertoli, il consigliere Maurizio Ferrara, il consigliere
Franco Bandelli, il consigliere Paolo Menis, il consigliere Michele Lobianco e
il consigliere Roberto Antonione.
Il coordinatore regionale dei Vigili del Fuoco Uil Fvg Adriano Bevilacqua ha
aperto l’incontro ribadendo come il corpo dei vigili del fuoco regionale sia in
stato di agitazione dal 2010, stato mai revocato. Gli impianti ad alto rischio
dentro alla città di Trieste sono quattro e lavorano sinergicamente. Il
rigassificatore di Zaule, la turbogas della Lucchini Energia, il gasdotto e
l’elettrodotto sono strutture sinergiche tra loro pensate per interessi
energetici industriali. Le carte sono volutamente separate e la valutazione
risulta pertanto insufficiente, essendo ogni progetto considerato uno a uno.
L’ingegnere Marino Valle, relatore dell’incontro, ha sottolineato l’anomalia
procedurale: non è mai avvenuto un esproprio prima dell’autorizzazione finale.
La sensazione che ne deriva è la colonizzazione di Trieste. Gli impianti sono
come tessere di un mosaico, si intersecano e sono sinergici perché dichiarati
tali dal proponente. La centrale Turbogas è funzionale a Gas Natural e Turbogas
non può produrre corrente senza metano che l’alimenti, ha bisogno
dell’elettrodotto. Ugualmente il rigassificatore non può essere giustificata da
Turbogas e quindi si collega ad un metanodotto che parte da Zaule e arriva a
Grado e raccoglie “strada facendo” un’altro rigassificatore off shore, in mezzo
al golfo di Trieste. Si impone quindi il rischio che gli impianti diventino
cinque.
Il Consiglio del Comune di Trieste può ricondurre autonomamente la procedura nei
dettami della normativa europea (evitando così una condanna certa per la sua
violazione). Le strutture insistono tutte su un ristretto territorio
transfrontaliero, obbligatoria è quindi una procedura VAS-Valutazione di Impatto
Strategica in ambito transfrontaliero, perchè un’AIA non trova riscontro in
ambito europeo. È impossibile valutare detti impianti separatamente l’uno
dall’altro, in quanto allo Stato mancano i parametri necessari per una
valutazione che consideri gli effetti domino a livello antropico-civili e a
quello industriale esistenti sul territorio.
Il Comune di Trieste, inoltre, poco si è impegnato per informare i cittadini:
per i 311 preavvisi di esproprio il Comune, a fronte dei circa 200 cittadini
interessati dal provvedimento, ha messo a disposizione le proprie strutture per
non più di un’ora al giorno per venti giorni consecutivi, corrispondenti, tolti
i giorni non lavorativi, a neanche cinque minuti per persona.
Lo stesso Ctr regionale ha ammesso di non aver esaminato gli aspetti legati alla
security. Mentre la safety è una routine riguardante l’antinfortunistica, la
security deve essere esercitata dallo Stato attraverso le forze di polizia, è
cioè necessaria (e si deve garantire) la sorveglianza armata. Rilevante è poi
l’aspetto terroristico, aspetto che Trieste conosce con il nome di settembre
nero, quello del 1972. <>. C’è bisogno di attuare un approccio deterministico e
non le norme passive di sicurezza, perchè non ci sono tutte le disamine
necessarie.
Sinergie: Lucchini energia ha richiesto la sospensione della procedura di
autorizzazione alla costruzione, avanzando difficoltà di tipo societario. La
società ha aggiunto che necessita che prima sia autorizzato il rigassificatore
per poter procedere. <>. I documenti presentati da Lucchini Energia coincidono
con quelli di Gas Natural per quanto riguarda l’elettrodotto. Questo e la
richiesta di sospensione di energia fanno sospettare che le due società
energetiche si siano prese carico l’una un pezzo dell’altra. Aggiungendo le
coincidenze di Lucchini Energia con l’elettrodotto aereo con Redipuglia, si può
pensare ad un’opera a cinque tessere a favore degli industriali del Friuli.
Altre problematiche, poi, emergono guardando al rigassificatore di Porto Viro:
la grossa parte di emissioni di cloro non è in acqua ma nell’atmosfera. La
centrale di Porto Viro è circondata da una nuvola di cloro, così che gli operai
non possono lavorare per più di due ore sull’impianto (e lì siamo in mare
aperto).
Infine, serve il parere della popolazione per poter procedere, il Ctr non è
preposto a farlo. Chi deve chiedere il parere della popolazione e in che
termini?
Il sindacato UIL VVF FVG richiede pertanto che i consiglieri si impegnino ad
informare con gli opportuni metodi la Prefettura, il Ministero dell’Ambiente, il
Ministero dell’interno e il Ministero dello Sviluppo.
Il Coordinatore REGIONALE - Adriano BEVILACQUA
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 dicembre 2012
Guerra al rigassificatore Nesladek si coalizza con i
sindaci dell’Istria
Presenti i rappresentanti di Capodistria, Isola, Umago, Pirano e Buie.
«Un danno per il turismo e per il porto»
L’aveva promesso, il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, ed è stato di parola.
«Esprimeremo un “no” transfrontaliero al rigassificatore» aveva dichiarato la
settimana scorsa, annunciando le iniziative di protesta adottate dal Consiglio
comunale della cittadina rivierasca. In pochi giorni, è riuscito a portare a
Muggia sei tra sindaci e vicesindaci. C’erano tutti i comuni costieri, quelli
maggiormente “toccati” dal progetto di Gas Natural: Capodistria, Isola, Pirano e
Umago. Ma c’era anche Buie, che dal mare dista una decina di chilometri.
Nesladek e i suoi omologhi Popovic (sindaco di Capodistria), Kolenc (Isola) e
Bossman (Pirano), oltre a Cep, Buic e Jurman (rispettivamente, vicesindaci di
Capodistria, Buie e Umago), si sono confrontati a porte chiuse. Poi hanno tenuto
una breve conferenza stampa, per annunciare le strategie comuni di quella che
definiscono una vera e propria “battaglia del territorio”. Infine, hanno posato
per i fotografi dal balcone del Municipio, dove è appeso un drappo bianco a
simboleggiare la “cancellazione” del volere della comunità da parte della
Conferenza dei servizi regionale. Una presa di posizione forte, per spazzare via
l’obiezione sollevata nelle settimane scorse secondo la quale «se l’Italia dice
no, lo faranno in Istria». Ma anche un segnale di fiducia: stando uniti, i
sindaci sono ancora convinti di poter bloccare l’iter. «La nostra è una
contrarietà granitica ed assoluta a qualsiasi tipo di rigassificatore» hanno
affermato. No agli impianti “onshore”, dunque, cioè localizzati in prossimità
dei porti (sarebbe il caso di Zaule); ma anche alle più moderne tecnologie
“offshore”, ossia al largo (come a Porto Viro). Le motivazioni sono di ordine
ambientale, ma anche – e forse soprattutto – economico: «Un rigassificatore
nelle nostre zone bloccherebbe i traffici portuali e i flussi turistici, cioè le
due principali direttrici di sviluppo dell’Alto Adriatico», sostengono i
sindaci. E allora bisogna muoversi. In che direzione? Le mete sono quattro
capitali: Roma, Zagabria, Lubiana e Bruxelles. I sei comuni approveranno un
documento condiviso da far valere presso i rispettivi governi e presso l’Unione
europea. Il protocollo sarà “allargato” agli altri comuni della provincia e a
Verteneglio e Cittanova, in modo da risultare espressione dell’intero litorale.
E poi c’è la cittadinanza, da rappresentare adeguatamente. A tal proposito,
Nesladek afferma di voler inviare una risposta chiara al presidente della
Regione Renzo Tondo, che aveva liquidato la contestazione di piazza Unità
definendola non rappresentativa di tutto il territorio. E rilancia a tal fine il
“simil-referendum”, idea che gli è cara da tempo. Si farà in grande: l’idea è
realizzare le consultazioni popolari simultaneamente in tutti i comuni, in una
sorta di “giornata per il rispetto dei cittadini”. «Quando la Regione si renderà
conto che sta calpestando il volere di un’intera popolazione – spiega il sindaco
di Muggia – si vedrà costretta a rivedere la propria posizione, anche alla luce
delle ultime azioni maldestre che offrono il fianco ad ulteriori azioni legali
da parte nostra».
Davide Ciullo
Oggi Rosato interroga Passera alla Camera
È atteso per questo pomeriggio alla Camera un intervento del ministro dello
Sviluppo economico, Corrado Passera, sulla questione rigassificatore.
L’occasione è il “Question time”, il pungolo viene dall’onorevole del Pd Ettore
Rosato, che ha depositato proprio in vista dell’appuntamento odierno
un’interrogazione a risposta immediata allo stesso ministro. In questo documento
Rosato chiede «se il Governo intenda proseguire con l’iter di esproprio
nonostante una procedura assunta in palese spregio delle normative nazionali e
comunitarie in materia, già puntualmente evidenziate da soggetti diversi sia in
sede di giustizia amministrativa che in sede penale. Il progetto potrebbe anche
recare pregiudizio alle attività portuali nel porto nuovo internazionale di
Trieste e impedire la realizzazione di alcune delle opere cantierabili per lo
sviluppo dello scalo (piattaforma logistica, molo VIII, piattaforma ro-ro), di
cui alcune già finanziate e in corso d’appalto».
Flop centri monomarca: alla Gaslini è il deserto
La Fondazione: «Spesi 15 milioni, persi tutti i clienti, e ora nessuna
prospettiva» Altri marchi in attesa del Piano del commercio. Omero: «Tempi
lunghi»
«Avevamo investito 15 milioni di euro, e altrettanti ne avremmo dovuti spendere per completare il restauro dell’area, ma adesso, persi i clienti, e cioé le multinazionali che erano allora sulla piazza e che nel frattempo si sono tutte trovate la sede, altre proposte non ne abbiamo, ed è difficile trovarne». Da Genova parla Luigi Logomarsino, il direttore generale della Fondazione Gaslini (proprietaria dell’enorme ex oleificio da mettere a reddito per sostenere l’Irccs pediatrico “Giannina Gaslini”) e più nella voce che nelle caute parole esprime tutta la delusione che Trieste ha procurato al suo massimo progetto a causa del rifiuto dei cosiddetti negozi o centri commerciali monomarca, cassati dalla Giunta Dipiazza (che sconfessò il suo assessore Paolo Rovis). L’amministrazione Cosolini ha ridato legittimità all’intervento dei vari richiedenti, per 30 mila metri quadrati in vari punti del territorio comunale, ma intanto come si sa Leroy Merlin (gruppo francese di “bricolage” e casalinghi) se n’è andata a Udine mandando in fumo i progetti della concessionaria Dino Conti, e gli articoli sportivi di Decathlon, attesi alla Gaslini, sono fuggiti a Muggia. La partita dunque è stata persa e il Comune è ancora nell’intrico «di tanta burocrazia - la definisce l’assessore allo Sviluppo Fabio Omero -, perché dopo quella delibera serve l’aggiornamento del Piano del commercio, che poi andrà mandato in Regione per verificare se serve o no una procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas) sulla quale proprio adesso ci ha dato un parere interlocutorio: “forse” non occorre. Quindi il Piano dovrà passare nelle circoscrizioni, e per finire in Consiglio comunale». Ma è prevedibile o no un termine, d’interesse per gli investitori? «No - dice Omero -, io i tempi non mi metto più neanche ad annunciarli». Il Comune a tutti i pretendenti residui (Carena, lo stesso Dino Conti, Porta rossa srl, Elio arredamenti, Miramar per materiale elettronico, Campo marzio costruzioni per il centro commerciale alla base del nuovo edificio nella via omonima, e la Gaslini) ha chiesto una revisione del loro piano-viabilità per definire l’aspetto “ambientale urbano”, unica condizione delle leggi liberalizzatrici del governo Monti. I piani sono arrivati e sono stati giudicati compatibili. Ma intanto i clienti più grossi sono scappati, e la Gaslini è rimasta col vuoto: «Se riusciamo a mettere a reddito quell’area, bene, altrimenti - avverte Logomarsino - lì non investiamo più. Il Comune ci ha chiesto un nuovo piano del traffico, lo avevano già ma l’abbiamo fatto rifare, quando sarà pronto lo spediremo». La fiducia ora è proprio scarsa, e il principale investimento della Fondazione, quello di Trieste, è diventato una voce passiva, mentre a Trieste rimane un’area incompiuta e improduttiva.
Gabriella Ziani
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 4 dicembre 2012
RIGASSIFICATORE DI ZAULE- IL WWF: “non servirà a
diversificare le fonti di approvvigionamento ma ad alimentare la centrale a
turbogas di lucchini”
I tracciati degli elettrodotti a servizio dei due impianti sono
perfettamente sovrapponibili: evidente la connessione tra rigassificatore e
centrale, funzionali l’uno all’altra.
Quello di Zaule non è un impianto "strategico" necessario a diversificare le
fonti di approvvigionamento per l'Italia, quanto piuttosto funzionale ad
alimentare la centrale a turbogas proposta da Lucchini Energia. Sono queste le
conclusioni a cui è giunto il WWF, dopo aver analizzato i tracciati degli
elettrodotti proposti per i due impianti.
Il primo è quello presentato da Lucchini Energia nel 2011, con un'integrazione
spontanea alla propria richiesta di AIA, con l’obiettivo di veicolare verso la
rete nazionale l'energia elettrica prodotta dalla sua centrale a turbogas; il
secondo è quello presentato da Gas Natural nel 2012, sempre con richiesta di AIA
ad integrazione del proprio progetto (che inizialmente infatti non prevedeva
l’elettrodotto), per poter addurre l'energia elettrica al rigassificatore, per
le sue esigenze di funzionamento.
Sovrapponendo le cartografie dei due elettrodotti, si constata che i tracciati
sono assolutamente identici. “Una coincidenza? - si chiede il WWF - Forse, ma
sembra curiosa la scelta di Gas Natural di acquistare sul mercato l'energia
elettrica che gli serve quando, producendola direttamente sul posto a partire
dal metano importato, le costerebbe molto meno. Appare assai probabile invece
che i due impianti, rigassificatore e turbogas, siano (indipendentemente da
quanto dichiarato dalle due ditte) strettamente funzionali l'uno all'altro:
importare il gas e trasformarlo in energia elettrica rende di più che limitarsi
ad immettere gas in rete. Ed è quindi probabile che Gas Natural cerchi in
qualche modo di dare una mano a Lucchini, com’è noto sull’orlo del disastro,
favorendo la costruzione della sua centrale a patto naturalmente di guadagnarci
su”.
A confermarlo, oltre ai tracciati identici dei due progetti di elettrodotti, vi
è il fatto che il rigassificatore nascerà in assenza di un collegamento al
gasdotto Trieste-Grado-Villesse: un’infrastruttura evidentemente inutile se
l’intento della multinazionale spagnola è quello di dirottare il gas verso la
centrale Lucchini, magari con l’intento di lucrare sugli incentivi previsti per
una capacità di rigassificazione potenziale di 8 miliardi di metri cubi
all’anno, per poi in realtà metterne in rete solo il miliardo che serve ad
alimentare la centrale a turbogas.
“E’ troppo pretendere – conclude il WWF - che su ciò si esprimano sia i
ministeri presso i quali sono ancora pendenti le procedure VIA del gasdotto e
della centrale di Lucchini, sia gli enti locali (Regione, Provincia di Trieste e
Comuni) che partecipano a tali procedure?
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2012
Rigassificatore a Rovigo: pochi danni e poco lavoro
Sorge sul delta del Po, ma quasi 17 km al largo e fuori dal porto Il
comandante della base: il territorio ricava 66 milioni di euro all’anno
INVIATO A PORTO VIRO Sotto il diluvio e la foschia non si percepisce nemmeno
quella sorta di grande moscone che si vede sull’orizzonte quando la visibilità è
buona. Ma laggiù quasi 17 km al largo della costa di Porto Levante, frazione di
Porto Viro, provincia di Rovigo, nelle immediate vicinanze del delta del Po, c’è
dal settembre 2008 la “Little thin city” di Adriatic Lng, una città tecnologica
sul mare come la definisce il managing director Scott Miller, che è in realtà
l’unico rigassificatore oggi funzionante in Italia se si eccettua quello storico
di Panigaglia in provincia di La Spezia, attivo fin dagli anni Settanta. «Qui
vengono rigassificati 7,5 miliardi di metricubi di gas all’anno, un decimo del
fabbisogno di gas in Italia»: brillano gli occhi al comandante Adriano Gambetta,
un passato di navigante oggi responsabile della base operativa di terra di Porto
Viro, quando illustra i record dell’impianto, «l’unico al mondo che sorge in
mezzo al mare appoggiato su una piattaforma di cemento armato.» La prima nave,
piena di gas liquido, è arrivata nell’agosto 2009, ad oggi le gasiere giunte
sono state 244. Sono 6 o 7 al mese, un’ottantina all’anno. La permanenza
all’ormeggio non può protarsi più di 24 ore, ma le operazioni di discarica si
concludono in 12 o 13 ore. La piattaforma è lunga 375 metri e larga 115, i due
serbatoi possono contenere 125mila metri cubi di gas. Tre turbine a gas sul
terminal stesso forniscono l’energia. Vi sono gli ambienti per il personale
completi di un pronto soccorso che è quasi un piccolo ospedale. «La gestazione
di questo impianto è stato lunga - racconta Gambetta assieme a Lisa Roncon che
cura le relazioni pubbliche - ma poi c’è stata una forte accelerazione. La
piattaforma è stata allestita nel giro di un anno e mezzo ad Algeciras con
componenti giunte da varie parti del mondo: i serbatoi dalla Corea, le
sovrastrutture dalla Norvegia. Dalla Spagna a qui è stata trasportata con navi
speciali olandesi in nove giorni, poi zavorrata con acqua di mare e con 300mila
tonnellate di sabbia estratta da cinque cave del Veneto. Il metanodotto parte
dal terminale e dopo 40 km, parzialmente in mare e parzialmente in terra, arriva
a Cavarzere in provincia di Venezia dove viene ceduto alla rete nazionale e
viene stoccato a Manerbio in provincia di Brescia». Non è un rigassificatore
all’interno di un porto, come sarebbe quello di Zaule, e soprattutto è
off-shore, non invasivo o impattante, la sua presenza non è qualcosa di
ossessivo. «Comprendo che nel vostro caso, la situazione sia più difficile -
conviene Gambetta - importante per farsi accettare è però procedere sempre in
modo trasparente e avere un colloquio costante con il territorio». Un
comportamento che però non è stato esattamente quello di Gas Natural a Trieste.
C’è poi il diverso effetto che può creare nelle rispettive situazioni il
raffreddamento dell’acqua nell’area circostante. «Si tratta di un delta massimo
di 4,8 gradi, ma di solito sono 2 e mezzo o 3, in un raggio di 400 metri
dall’impianto - ammette il comandante - certo è diverso se questo si verifica
sulla costa oppure al largo». «Oggi Adriatic Lng ha 125 dipendenti - raccontano
Gambetta e Roncon - 79 sono qui a Porto Levante di cui 61 sulla piattaforma e 18
sulla base di terra, gli altri nella sede legale di Milano. Sul terminal c’è il
personale operativo che trascorre alternativamente 2 settimane di fila a bordo e
3 a casa. C’è anche la presenza fissa di un medico. L’avvicendamento avviene con
un’imbarcazione che fa la spola quotidiana per trasportare viveri e in caso di
mare grosso con l’elicottero che abbiamo a disposizione all’aeroporto di Padova
e che atterra facilmente sulla grande piazzola dell’impianto». Tra i dipendenti
molti sono stranieri e la lingua ufficiale è l’inglese, «ma la componente
internazionale si va assottigliando - aggiunge il comandante - perché vogliamo
dare un aiuto all’occupazione locale e assieme a Unindustria Rovigo abbiamo
tracciato un percorso per la selezione di personale locale. Per Adriatic Lng
operano 48 ditte esterne, si sono costituite apposite società di rimorchio e di
ormeggio. Quando il metanodotto ha attraversato allevamenti di vongole, cozze,
branzini e orate, abbiamo adottato un sistema di trivellazione orizzontale, oggi
pesci e molluschi stanno meglio di prima e proprio il mese scorso abbiamo
versato a titolo di risarcimento per il settore della pesca 2 milioni e 400mila
euro. Il Patto territoriale ha previsto complessivamente 12 milioni e 400 mila
euro di indennizzi e incentivi, ma Adriatic Lng sponsorizza manifestazioni
culturali e società sportive e il ritorno economico a favore del territorio è
stimabile in 66 milioni di euro all’anno.»
Silvio Maranzana
A gennaio sul lungomare una striscia di schiuma
ghiacciata - Nuove prescrizioni del ministero
Il fatto più inquietante che molti ritengono legato al rigassificatore di
Porto Viro si è verificato il 27 gennaio scorso. Sulla spiaggia di Boccasette, a
una manciata di km da Porto Levante «si poteva osservare uno spesso strato di
piccoli cristalli di ghiaccio che per una larghezza verso mare di 10, 20 metri
accompagnava tutta la lunghezza della battigia». Gli ambientalisti hanno parlato
di «fondato sospetto che quelle schiume siano prodotte dal rigassificatore».
Adriatic Lng ha emesso una nota in cui ha esclude che «l’attività del terminale
di rigassificazione sia all’origine dello specifico fenomeno. La schiuma,
visibile nell’area intorno al terminale, tende a dissolversi in prossimità della
struttura stessa. Adriatic Lng è pronta a collaborare attivamente con le
autorità competenti, per escludere che l’evento formatosi sulle spiagge di
Boccassette abbia alcun legame con le attività operative svolte dal terminale».
Gli accertamenti avrebbero portato «alla scoperta che a produrre il fenomeno
erano state le lavorazioni sul rigassificatore per raffreddare il metano, che
poi viene immesso nelle condotte e convogliato nella rete nazionale di
distributore. Nessuno sversamento di materiale inquinante quindi, ma un enorme
sommovimento acqueo attorno al terminal». Ma a seguito di quell’evento, il
Ministero dell’Ambiente ha emesso una nuova serie di prescrizioni imponendo a
Lng Adriatic la modifica della tecnologia di rigassificazione con
l’installazione di vaporizzatori a fiamma sommersa per ridurre la portata dello
scarico.
«I dirigenti della Regione mi obbligarono a votare sì»
Il sindaco di Porto Viro svela molte analogie con l’iter seguito a
Trieste Ora è insoddisfatto: nessun problema per la salute, ma vantaggi
inesistenti
INVIATO A PORTO VIRO «Nel 2007 alla Conferenza dei servizi convocata dalla
Regione Veneto, rappresentai la contrarietà del Comune di Porto Viro al progetto
del rigassificatore prospettando tutta una serie di problemi e di questioni
aperte, ma i dirigenti regionali che conducevano la seduta mi dissero che quei
problemi erano già stati risolti in sede ministeriale per cui il mio parere
negativo andava in realtà considerato come un voto positivo.» Dal suo ufficio
nella sede municipale recentemente ristrutturata, il sindaco di Porto Viro,
Geremia Giuseppe Gennari, del Pdl, fa un racconto che ha sorprendenti e
inquietanti analogie con quanto avvenuto cinque anni dopo anche nella sede della
Regione Friuli Venezia Giulia dove i dirigenti regionali sembrano essersi
comportanti analogamente con il Comune e la Provincia di Trieste. Ma per il
sindaco veneto, che pure è pidiellino come l’allora governatore Galan, al danno
si aggiunse la beffa. «Fui denunciato dagli ambientalisti locali per non essermi
opposto - riferisce - poi logicamente venni assolto, ma per gli avvocati ho
dovuto pagare tutto di tasca mia: una doppia ingiustizia.» Il sindaco mostra il
dettaglio del Patto territoriale firmato con Lng Adriatic. Sono stati versati 6
milioni 515mila euro a titolo di compensazione ambientale e 5 milioni come
contributo all sviluppo del territorio. Di questi, un milione 489mila 990 euro
sono andati al Comune di Porto Viro, 425mila e 10 euro al Comune di Loreo e 9
milioni e 600mila euro per il cofinanziamento di progetti volti alla promozione
e allo sviluppo economico e sociale nel territorio dell’are del delta del Po
Veneto: per la precisione 2 milioni 450mila euro per la pesca professionale, un
milione per l’Ente parco del Delta del Po Veneto, 1 milione e 500mila euro al
Consvipo per lo sviluppo economico e sociale del Polesine, un milione per
progetti di welfare e 3 milioni 650mila euro per altri progetti di sviluppo
economico e sociale dell’area del Delta del Po veneto. «Danni veri non sono
stati registrati e gli unici che possono lamentarsi sono i pescatori - afferma
il sindaco - ma se dobbiamo fare un bilancio delle ricadute sul territorio non
possiamo dire di essere soddisfatti. Rispetto alle lusinghe e alle promesse, il
ritorno è minimo. Quasi ininfluente il riflesso sull’occupazione e anzi qualche
nostro concittadino (il Comune ha 15mila abitanti) non ha superato la selezione
fatta da Adriatc Lng per le assunzioni. Problemi ambientali rilevanti non ce ne
sono stati, ma credo che un rigassificatore sulla costa crei problemi ben
superiori. Devo fare anche una considerazione politica: il centrosinistra con la
Provincia non ha creato una vera strategia di contrarietà all’impianto. Se devo
dare un consiglio alle vostre amministrazioni è di far valere con energia le
istanze del territorio.»
Silvio Maranzana
E il mare è stato sottratto alla pesca
Boschetti (Wwf): «La posa del gasdotto ha falcidiato le valli degli
allevamenti marini»
PORTO VIRO «Ci troviamo tra due fuochi: a Nord il rigassificatore di Porto
Viro, a Sud la centrale Enel che ha ottenuto dal Consiglio di Stato il via
libera per la riconversione a carbone.» Parla con un certo senso di scoramento
Eddi Boschetti, presidente provinciale del Wwf di Rovigo. «Mentre già più volte
sono apparsi fenomeni inquietanti come le schiume sulla spiaggia tanto che la
Procura della Repubblica di Rovigo ha anche aperto un fascicolo giudiziario -
aggiunge - la posa del gasdotto ha falcidiato le valli da pesca per cui alcuni
operatori di questo settore sono stati costretti a riconvertirsi e ora altri
pericoli per la salute e l’ambiente sembrano incombere da Porto Tolle.» A dire
il vero i pescatori confermano solo parzialmente i danni subiti. «L’impianto di
rigassificazione - affermano alla Cooperativa Eridania di Porto Viro - ha
delimitato spazi e interdetto aree, di modo che le zone per la pesca sono ora
eccessivamente ridotte.» «Se a ciò si aggiunge l’impoverimento della fauna
marina provocato negli ultimi anni da fenomeni meteorologici estremi e la
continua presenza di pescatori di frodo, si capisce perché il contenuto delle
nostre reti è sempre più povero», afferma Maurizio Crepaldi, presidente del
Consorzio di Scardovari. «Ma morìe di pesci che possano in qualche modo
rimandare al rigassificatore non le abbiamo mai viste - aggiungono al Mercato
ittico di Pila - per fortuna l’impianto sta laggiù, molto lontano dalla costa.»
Se i pescatori ultimamente non hanno subito grossi danni, i cittadini non hanno
percepito vantaggi dalla convivenza con la “Little thin city” di Adriatic Lng.
«Le bollette ridotte sono una favola in barba al fatto che erano stati
annunciati forti sconti - afferma Boschetti - sono semmai aumentate e ai
cittadini di Rovigo il gas costa come a tutti gli altri italiani. Anche
l’occupazione della provincia non ha avuto effetti positivi. È anche incredibile
pensare che il rigassificatore sia stato voluto da un ministro dei Verdi,
Pecoraro Scanio, e la Provincia di centrosinistra non ha mai avversato
radicalmente il progetto. In sostanza Adriatic Lng non ha trovato opposizione
politica e così dobbiamo subire questo impianto a tecnologia superata perché le
moderne navi gasiere compiono il processo di degassificazione direttamente a
bordo.»
(s.m.)
Azione degli enti locali contro il rigassificatore
l’intervento di MARIO RAVALICO - Consigliere comunale del Pd Presidente
Commissione Ambiente/Urbanistica
Anche per l’impianto di Porto Viro la documentazione era a posto, ma attorno vi
si forma una morchia giallastra che finisce sul fondo del mare
Dice bene Luciano Santin sul Piccolo quando afferma che l’atteggiamento di
civiltà e di disponibilità al ragionamento dimostrato dalla città nella querelle
sul rigassificatore, ancora una volta è stato considerato dall’esterno come un
segno di debolezza. D’altra parte è pur vero che dopo la forte reazione popolare
contro la cancellazione del cantiere San Marco avvenuta alla fine degli anni 60
dello scorso secolo, Trieste ha dimostrato effettivamente una sorta di apatia e
acquiescenza in occasione di tutti i successivi tagli e chiusure che hanno
portato progressivamente all’attuale stato di grave depauperamento del comparto
economico/industriale. Nel contempo, l’insufficiente difesa delle realtà locali
esistenti, nonché la carenza di proposte lungimiranti per nuove iniziative, ha
solleticato nelle varie stanze dei bottoni (ministeriali e non solo) la
convinzione che a Trieste si potessero prevedere impianti anche fortemente
impattanti, soprattutto nel settore energetico, senza troppi problemi. Abbiamo
così assistito ad un’escalation di tentativi progettuali indecenti, il cui top è
rappresentato senza dubbio dal rigassificatore. La società proponente sta
percorrendo, passo dopo passo, la strada per arrivare all’autorizzazione
conclusiva, grazie anche alla solerzia dei ministeri romani (vedi il caso di
questi giorni relativo all’avvio del procedimento espropriativo con sorprendente
anticipo); quindi non ha tempo da “perdere” per colloquiare con gli enti locali
e con i cittadini: sarebbe un inutile dispendio di energie visto che le
decisioni vengono assunte altrove. L’importante è che i permessi, i nullaosta,
le autorizzazioni (Aia compresa) siano formalmente a posto. E suppongo che lo
siano e che lo saranno (salvo svarioni improbabili sul piano
giuridico/amministrativo/legale). Ma analogamente credo che i permessi, le
autorizzazioni e i nullaosta rilasciati per il rigassificatore offshore di Porto
Viro (Rovigo) siano formalmente ineccepibili. Ciò non toglie però, nonostante
l’accertata limpidezza amministrativa, che attorno all’impianto si formino
periodicamente strati densi e compatti di una morchia giallastra, evidentemente
non prevista dagli algoritmi di calcolo e dai modelli matematici, che precipita
sul fondale marino soffocando ogni forma di vita animale e vegetale. Lo abbiamo
visto chiaramente nella documentazione fotografica nell’ambito della
comunicazione sul rigassificatore di Porto Viro presentata il pomeriggio del 26
maggio nel corso della prima conferenza sulla salute organizzata dal Comune di
Trieste. Sorge allora legittima la domanda se, fatta salva la correttezza
procedimentale, sia questo il futuro della baia di Muggia. Dopo il tempo dei
pareri e dei tavoli tecnici, che si sta concludendo con notevoli perplessità,
forse è il momento di pensare ad un’azione unitaria delle istituzioni (Provincia
e Comuni coinvolti nel progetto) per esprimere democraticamente il forte no al
rigassificatore di Zaule sul piano politico, interpretando così la volontà della
stragrande maggioranza dei cittadini.
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 dicembre 2012
Monti e Hollande danno via libera alla Tav
Italia e Francia siglano l’intesa a Lione: «Grande infrastruttura
europea». Tensione e scontri, bloccati a lungo i bus italiani
Nel 2013 partirà l’iter per realizzare il tunnel da 57 chilometri Costerà 8,2
miliardi
La città transalpina blindata per il vertice i mezzi della Valsusa in gabbia tra
le cariche
ROMA Cinque giorni dopo l’avvio degli scavi per la realizzazione del tunnel
esplorativo di Chiomonte, Italia e Francia confermano con una dichiarazione
congiunta che il collegamento ad alta velocità fra Torino e Lione sarà
realizzato: «È una grande infrastruttura europea» convengono Mario Monti e
François Hollande siglando a Lione l’intesa che mette la parola fine alle
incertezze durante un vertice blindato, assediato da un migliaio di manifestanti
no Tav francesi e italiani uniti dalla lotta contro l’opera. Ma delle
contestazioni, che nella città transalpina come in Val di Susa vengono
accompagnati sotto una pioggia gelida da cariche della polizia e lacrimogeni, al
summit – che si svolge a tre chilometri di distanza – arriva solo un’eco. «Siamo
entrambi convinti che per la crescita la disciplina di bilancio sia necessaria,
ma al tempo stesso non sufficiente – sostengono il premier italiano e il
presidente francese – servono iniziative concrete, come quella confermata oggi,
con la volontà politica comune, del collegamento grande velocità». Hollande
conferma il contributo della commissione europea «a livello del 50% nel periodo
di studio» definito «un ammontare aquisito». Per la fase successiva la
partecipazione della Ue sarà del 40% di lavori, «stimati nel 2010 a 8,5
miliardi». «Molto dipenderà dal bilancio europeo» precisa tuttavia il
presidente. Il progetto, secondo la dichiarazione sottoscritta dal ministro
dello Sviluppo Corrado Passera (uno dei sette ministri italiani che accompagna
Monti) e dal ministro dei Trasporti di Parigi, Fredric Cuviller, seguirà «i
tempi previsti»: i lavori dovrebbero cominciare all’inizio del 2014. Il
provvedimento per la ratifica del trattato, annuncia il commissario di governo
Mario Virano, sarà portato in Parlamento dopo la legge di stabilità: «Nel 2013 –
spiega – partirà la gara per il cantiere di Saint Martin-la Porte, che è il
primo pezzo del “tunnel di base” (57 chilometri, 12,3 dei quali in territorio
italiano, ndr). C’è poi la decisione di arrivare entro l’estate alla chiusura
della gara per l’autostrada ferroviaria». «Non sarà difficile spiegare al
parlamento i benefici per l’Italia e per l’Europa, che non ha bisogno di rinvii,
ma di decisioni concrete. In gioco c’è non solo il trasporto, ma un’idea
dell’Europa» commenta il premier. «È stato confermato tutto – sottolinea Passera
– l’orizzonte 2013-2023, l’impegno di 8,2 miliardi sarò diviso e sarà condivisa
la richiesta all’Europa di contribuire per il 40% agli investimenti». Il punto
sull’iter sarà fatto al prossimo vertice Italia-Francia, che si terrà a Torino
nel 2013. Per i no Tav la battaglia continua. Ieri una lunga giornata di
tensione, con tafferugli tra i manifestanti francesi e la gendarmerie schierata
in assetto antisommossa, si è conclusa con i pullman italiani pronti al rientro
bloccati in piazza des Brotteaux «trasformata in una gabbia», così come
all’andata sei mezzi erano rimasti per ore alla frontiera: secondo alcune
testimonianze, la polizia ha sparato un lacrimogeno su uno dei pullman per
costringere i manifestati a uscire, caricandoli una volta a terra. Dopo avere
effettato diverse cariche, gli agenti hanno perquisito tutti i mezzi italiani
per escludere che a bordo si fossero rifugiati francesi. Solo in tarda serata il
via libera al rientro in Italia.
Maria Rosa Tomasello
Authority - Servono 65 miliardi per la rete idrica
Il servizio idrico italiano fa acqua da tutte la parti. A fronte di bollette tra le più basse d’Europa, con un costo di circa un euro a metro cubo, nel nostro Paese le perdite di una rete obsoleta e poco funzionale arrivano al 30%. l’Autorità per l’energia stima necessari 65 miliardi di investimenti nel lungo periodo.
«A2A, va valutato l’impatto sulla salute»
Il Comune di Monfalcone chiede la Vis, già testata in Emilia Romagna,
prima di dare il via libera alla centrale termoelettrica
MONFALCONE Le decisioni sul futuro della centrale termoelettrica A2A saranno
assunte anche a fronte degli esiti di una Vis, una Valutazione di impatto sulla
salute. E' l'assessore comunale all'ambiente Gualtiero Pin a proporre di
utilizzare uno strumento già testato in Emilia Romagna per analizzare l'impatto
sulla salute delle emissioni degli inceneritori, esistenti e da costruire.
Un'iniziativa che verrà messa in campo nei prossimi giorni in primis con
l’individuazione dell'epidemiologo che se dovrà occupare. «Il primo principio di
qualsiasi azione da realizzare nel territorio - sottolinea l'assessore
all'Ambiente - non può che essere la tutela della salute dei cittadini. Ritengo
quindi di impiegare le risorse rese disponibili da A2A con la creazione del
tavolo tecnico-ambientale per mettere in cantiere una Vis». Per Pin, si tratta
di un percorso che si rende necessario non solo a fronte delle proposte, tutte
da verificare, di svecchiamento della centrale avanzate da A2A, ma anche per
fare il punto sulla «situazione di contemporaneità di più produzioni
merceologiche esistenti in un sito industriale storico di valenza regionale e
nazionale». In buona sostanza, «pare inadeguato limitarsi a una Via su un
singolo sito in un territorio dove sono già diffuse patologie mortali come il
mesotelioma e a fronte della compresenza di snodi infrastrutturali di portata
regionale, nazionale e internazionale e la presenza di una sviluppata industria
navale, di altre realtà della metalmeccanica, del settore cartario e chimico».
L'obiettivo, già sperimentato appunto in Emilia Romagna, è quello di procedere a
un'analisi dello stato di fatto, «mai realizzata», come rileva l'assessore Pin,
formulare il modello interpretativo dei dati raccolti ed elaborare un progetto
per massimizzare gli effetti positivi sulla salute e minimizzarne quelli
negativi. A fornire l'esempio è, appunto, il caso dell'Emilia Romagna e quello,
leggermente diverso (si parla di Valutazione del danno sanitario), della Puglia,
dove un'apposita legge regionale in materia è stata varata a settembre in
risposta all'emergenza Ilva. «Il percorso, super partes, non potrà non
coinvolgere l'Azienda Sanitaria e l'Arpa - afferma Pin -, come già avvenuto
nelle due esperienze già esistenti sul territorio nazionale, e l’azione si
esprimerà in un contesto territoriale che è più ampio di quello cittadino».
L'assessore all'Ambiente non si esprime a favore o contro il cosiddetto "tutto
carbone", ma chiarisce che «quando un impianto ha un rendimento più elevato
l'inquinamento diminuisce e va richiesta la più avanzata tecnologia esistente,
sapendo che tutte le fonti di origine fossile producono degli inquinanti, anche
il metano, quindi».
Laura Blasich
Litorale Carsico e Rifondazione accusano: «Le troppe
promesse puzzano di bruciato»
Nell’acceso dibattito sulla riconversione della centrale A2a, dopo la
presentazione in Consiglio comunale del piano da parte dei dirigenti della
società, intervengono anche il Colletivo per la difesa del Litorale carsico e il
segretario del circolo di Rifondazione comunista di Monfalcone-Staranzano,
Emiliano Zotti. Il Collettivo ricorda che «A2a si e ra impegnata a rispettare il
protocollo del 2004, che prevedeva la riconversione a gas dei gruppi a olio
combustibile. Protocollo smentito dall’azienda che ha illustrato come primo
elemento la diseconomicità e il difficile approvvigionamento del gas (che sta
arrivando in regione da ogni dove) e incensato il carbone di “ultima
generazione”». «L’azienda viene a Monfalcone - prosegue il Collettivo - a
promettere soldi per tutti: iniziative culturali, università, ambiente, indagini
epidemiologiche. Non puzza di bruciato?».
Mobilità significa permettere alla due ruote di
circolare - LA LETTERA DEL GIORNO di Manlio Giona Motociclisti Trieste
Coordinamento utenti due ruote
L’annullamento di ulteriori centinaia di posteggi moto, indica che del
fenomeno delle due ruote nella nostra città si è capito poco. I cittadini di
Trieste da tempi remoti si sono dotati dei mezzi a due ruote per poter arrivare
con facilità sui posti di lavoro e sbrigare le proprie faccende con la massima
celerità. Mezzi che non bloccano le vie in doppia fila, che si muovono con
grande turnover come dimostrano gli stalli vuoti di notte. Ma da Palazzo Cheba
si ordina che i cittadini vadano a piedi o in bicicletta. Il centro deve
rimanere salotto esclusivo di quei privilegiati che abitano in lussuose case
storiche rimodernate con posti auto privati i cui valori, in area pedonale,
saliranno alle stelle. Portando soldi dove già ce ne sono abbastanza. Una
speculazione tesa a soddisfare grossi interessi di pochi a spese di chi nel
centro ci va su due ruote per lavorare. Invece i privilegi aumentano come
aumentano le centinaia di posti riservati ad autorità ed enti di ogni tipo. Gli
altri fuori! A piedi o in bici. Cammina o pedala! Ma come farebbero i nostri
assessori a guadagnarsi lo stipendio se dovessero lavorare senza un veicolo? A
piedi potrebbero girare in centro ma come farebbero a raggiungere in bicicletta
San Giacomo o Gretta, Servola o San Giovanni, San Vito, Rozzol, Cattinara o la
zona industriale? È solo il centro che conta e gli altri si arrangino? La gente
normale, quella che non ha l’auto blu, che non ha l’autista nè l’auto di
servizio col parcheggio riservato si è presa lo scooter o la moto per risolvere
da sè quello che la comunità non riesce a dargli: la mobilità necessaria al
proprio lavoro, alle proprie esigenze di vita. Decine di migliaia di triestini
si sono presi la “vespa”, principalmente per usarla in città, non per fare le
vacanze in Istria, come dice di fare l’assessore alla Mobilità. Se poi ci vanno
anche a Capo Nord, è un’altra cosa. Il fatto stesso che esista un assessore alla
Mobilità rende l’idea dell’importanza di questo fattore indispensabile alla vita
attiva della città. Ma lo spread, la crisi non si combattono “a piedi”; non
confondiamo dunque mobilità con passeggiata. Mobilità significa attività,
significa poter produrre, chi invece ha tempo e vuole passeggiare ha tanti spazi
dedicati, vaste zone già pedonali, le rive, piazze, giardini, parchi, boschetti
e un grande magnifico Carso. Siamo una città di rispettabilissimi anziani,
questo non significa togliere agli altri la possibilità di lavorare. Una città
viva ha bisogno di un continuo, rapido movimento di scambio tra centro e
periferia. Ci è stato detto che dovremo prendere l’autobus, avete mai provato a
prenderne uno stracolmo alle 8 del mattino oppure alle 8 di sera quando non se
ne vedono più ? ...mentre la Regione sta diminuendo il trasporto pubblico? Ma ci
si rende conto di quante commissioni, quanti impegni si possono svolgere in poco
tempo usando le due ruote? L’esempio più semplice sono i portapizze: come
potrebbero lavorare consegnando con la bici o con l’autobus? Una città che vuole
vivere, oggi più che mai, deve assecondare l’esigenza della mobilità di chi
lavora mettendola in primo piano rispetto a chi desidera andare a passeggio per
il centro!
BORA.la - LUNEDI', 3 dicembre 2012
Rigassificatore: continuano le iniziative di protesta a
Trieste
Ndr. Sabato pomeriggio circa 300 persone si sono riunite in Piazza Unità
per partecipare alla manifestazione, promossa dai “Cittadini in rete” e dalle
realtà frequentanti Multicultura Center di via Valdirivo 30. Presenti molti
associazioni ambientaliste, il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il sindaco
di Muggia Nerio Nesladek, la presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa
Bassa Poropat, la parlamentare europea e candidata alla presidenza della regione
Deborah Serracchiani, il deputato Ettore Rosato e altri rappresentanti politici
locali. Il corteo ha sostato di fronte al Palazzo della Regione e al Palazzo del
Governo per ribadire la contrarietà al progetto Gas Natural.
Sabato pomeriggio, piazza Unità, manifestazione antirigassificatore. La
terza in pochi giorni, dopo la marcia da piazza della Borsa al Porto Vecchio, e
dopo la protesta serale nel diluvio. Stavolta non piove, ma fa freddo, e la bora
punge.
Ci sarà partecipazione o la gente sarà stufa?
E’ un po’ un azzardo attendersi troppo, anche perché di pubblicità dagli organi
di stampa, al solito, ce n’è stata poca. Il web, certo, ha fatto rullare i
tamburi, e i cellulari hanno cinguettato, ma si sa che per la loro età media i
triestini sono ancora molto legati ai supporti cartacei.
Così dieci minuti prima dell’orario ufficiale d’inizio le cinque, c’è ancora
pochissima gente.
Poi, all’improvviso, l’afflusso inizia, lentamente, come un velo d’acqua leggero
e costante che fluisce verso l’albero di Natale e il presepe.
L’assembramento cresce, in un quarto d’ora si arriva a qualche centinaio di
persone (lasciamo ad organizzatori e Questura le loro stime contrapposte). E
l’allure – lo si coglie subito – è molto diverso da quello di mercoledì.
Difficile capire il perché, sarebbe facile scherzare postulando diversità di
carattere tra igrofili e xerofili. Ma la realtà è quella: si notano tante
presenze nuove.
Semplificando al massimo (sulla scorta di un’impressione che non vuole essere
valutazione di merito), la prevalenza di rabbia e protesta ha lasciato il posto
a una fierezza decisa. Molta gente è venuta slegata da parti politiche o
associazionistiche, e mossa da un indistinto senso del dovere nei confronti di
Trieste.
Di spazio e di tempo, per l’impeto e il clamore come per la compostezza dura, ce
ne sarà ancora. E anche per le azioni di carattere formale. Dei procedimenti
legali in piedi parlano i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, ed
altri oratori, il cui ruolo non è chiaro. Ma importa poco, sia perché non ci
sono concorrenze o rivendicazioni di primazia, sia perché alla fine l’impianto
di amplificazione riesce a farsi sentire sì e no dal venti per cento dei
presenti.
Compare un vecchio amico e collega: due mesi fa aveva detto «Una firma la metto,
ma niente di più. Ho troppi impegni in essere e in arrivo». Adesso sta qui,
assieme agli altri.
Tanti altri firmano, su un traballante banchetto da camping. L’atto è dovuto
quanto scontato. Per capire quanto Trieste sia contro, basta fiutare l’aria che
tira in città. Sono refoli crescenti, che non sanno affatto di gas.
All’orizzonte si profilano i politici, non è un cattivo segno.
Presenze impegnate da tempo, come Sergio Lupieri, Roberto De Carli, Paolo Bassi,
Patrick Karlsen, Annamaria Mozzi (scuse anticipate a quanti fossero sfuggiti
alla conta). E poi il “doppio misto” Cosolini-Poropat, svillaneggiato in sede
AIA ma pronto a far valere le sue ragioni sul piano legale, con ottime
probabilità di spuntarla (un’autorevole soffiata dal palazzo, dice che
all’ufficio legale della Regione, considerata bene la questione, hanno allargato
le braccia: «Ci chiedete di difendere l’indifendibile»).
Due facce nuove per questi assembramenti: quelle di Debora Serracchiani e di
Ettore Rosato, che tra pochi mesi saranno in lizza per il Parlamento e per il
governatorato. Ottimo, ma va da sé che all’uno e all’altra sarà chiesto qualcosa
di più che non reggere uno striscione anti Gas Natural.
La folla si trasforma in corteo, una bella “bissaboba” umana che percorre piazza
Unità, sostando sotto la Regione e poi la prefettura.
Quando ci si rivede? C’è da farsi sentire dal ministro Corrado Clini – si dice
in giro. Le sue esternazioni, per quanto prudenti, spesso sono sembrate in
collisione con quelle tetragone del collega Corrado Passera, e consapevoli dei
problemi attinenti all’ambiente, alla sicurezza, al lavoro.
A Porta a Porta, parlando en passant e in generale (non c’era neanche uno
straccio di plastico), il ministro ha citato la «compatibilità con le attività
in sito, per esempio quella portuale», e se la parole hanno un senso…
Ad ogni buon conto, concordano tutti, c’è da continuare a fare pressing, e senza
perdere tempo: l’impressione è che il presidente della Regione Tondo e il
governo tecnico romano cerchino di accelerare al massimo, prima della scadenza
naturale delle due legislature.
Insomma, una volta di più, un’imposizione secondo l’antico adagio: «Cosa fatta
capo ha».
«Xé vero, capo podessi gaver», commenta con un sogghigno uno dei partecipanti,
lasciando piazza Unità. «Ma me par che anche Luigi XVI e Maria Antonieta i
diseva cussì».
Luciano Santin
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 dicembre 2012
Rigassificatore Juri: denunciare l’Italia all’Ue
Aurelio Juri, ex deputato sloveno di nazionalità italiana e collaboratore
del Tavolo tecnico rigassificatori ha inviato una lettera al Ministro degli
Esteri sloveno Karl Erjavec e al ministro dell’Ambiente Franc Bogovic
invitandoli a denunciare al tribunale dell’Unione europea l’Italia per
violazione alle norme ambientali europee in relazione al rigassificatore di
Zaule. La Uil Vigili del fuoco ha invece chiesto un incontro urgente con i
capigruppo delle forze che siedono in Consiglio regionale e in Consiglio
provinciale sulle modalità con cui si è svolta la procedura di concessione
dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). E l’altro pomeriggio in piazza
Unità cinquecento triestini hanno protestato sotto la Prefettura contro il
progeto di Gas Natural. C’erano anche i sindaci di Trieste, Roberto Cosolini, di
Muggia, Nerio Nesladek, la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat
e la candidata alla presidenza della Regione Debora Serracchiani. Venerdì a
Muggia, alle 17.30 al teatro Verdi, si svolgerà un incontro pubblico incentrato
sulla questione delle espropriazioni per l’elettrodotto che dovrà servire il
rigassificatore.
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 1 Tondo, padre miope
Questa mia lettera al giornale della città –il Piccolo – nasce a seguito della mia partecipazione alla manifestazione di protesta per dire “no” al rigassificatore, indetta l’altro giorno in Piazza Unità. Voglio ribadire il mio no, ma altresì non intendo essere annoverata o ritenuta aggregata al gruppo di Trieste ai triestini. Trovo molto anacronistica questa sigla, che ritenevo ormai sepolta dalla polvere dei secoli. Ho 75 anni e Trieste è la mia culla come l’Italia è purtroppo la mia matrigna, ma io parlo italiano e sono figlia di una mamma friulana e un papà calabrese. Se penso le difficoltà di accettazione di mio padre da parte di questa mia città, me ne vergogno, la mamma essendo ritenuta onesta e lavoratrice è morta a 49 anni, massacrata dal duro lavoro, presso i ricchi e nobili commercianti di Trieste. Questa storia riguarda tutti quelli che arrivano nella mia città per cercare lavoro, la discriminazione purtroppo perdura anche oggi. Trieste è diventata adulta non tanto per mano dei suoi pochi figli legittimi, ma perché già l’Austria, meno miope dei politici di questo secolo, ha aperto i suoi confini, ha emesso leggi congrue tali da permettere uno sviluppo unico e forse irripetibile. Mi sono staccata dagli indignati della piazza e sono riuscita ad entrare nella sala del Consiglio comunale. Ho seguito gli interventi dei mie eletti: Cosolini è stato chiaro e me ne compiaccio, interrotta la signora Poropat è riuscita a ribadire cose note, ma la presenza eccezionale di Tondo mi ha fatto capire qual’ è il criterio che muove questo personaggio. Dopo un anno che lo si invitava a intervenire e chiarire le sue posizioni è riuscito persino ad insultare i presenti dando loro una ignobile lezione, lui può interloquire solo con i suoi diretti sottoposti: Sindaco e Presidentessa; chiamarlo in pubblico a rispondere è stata una manifesta manifestazione di rendere illegittimo il ruolo dei nostri eletti. Insomma si va per via gerarchica e sua maestà ha troppi comuni più disastrati del nostro da sentire, vedi Pordenone, Udine per non parlare della Carnia. Se l’onere è grande e non discuto, anche il compenso immagino sia adeguato. Nessuno lo obbliga a morire di fatica, c’è da dire che come padre miope, è anche sordo nei confronti del ruolo di Trieste sede della Regione a statuto speciale, forse Trieste ha troppe esigenze e non lo ha votato a scatola chiusa.
Felicita De Fazio
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 2 Ma che lavoro per i giovani?
Vorrei tanto che le persone contrarie alla costruzione del rigassificatore di Zaule proponessero una alternativa alla creazione di posti di lavoro nella nostra città, vorrei che si rispondesse alla domanda: dove andranno a lavorare i nostri figli e nipoti? Si dice che il rigassificatore altererà l'equilibrio ecologico del golfo di Trieste, ma non ho sentito alcuna lamentela alla notizia che la Slovenia provvederà, con finanziamenti europei, al dragaggio dell'accesso al porto di Capodistria per renderlo accessibile alle Superportacontainer che attualmente possono attraccare solo a Trieste. Dovranno portare l'attuale profondità di 11 metri ad almeno 15 metri lo faranno per qualche miglio di lunghezza per una larghezza di qualche centinaio di metri: dove metteranno i milioni di metri cubi di fondo marino? e lo stesso non subirà pesanti alterazioni? Gli sloveni sono molto più pragmatici e non ci pensano due volte a potenziare il loro unico sbocco al mare. Noi ci preoccupiamo di salvare aziende vecchie decotte e senza futuro. Siamo famosi per protestare contro tutte le iniziative, (forse nessuno si ricorda le proteste contro la costruzione del Sincrotrone Elettra che ora portiamo in palmo di mano) ci si lamenta che nessuno vuole investire in Italia e quando qualcuno ci prova diventiamo estremamente schizzinosi (Finicky è più appropriato di choosy). Ma forse la risposta più ovvia a dove andranno a lavorare i figli di questa vecchia e schizzinosa Trieste è - a Koper.
Luciano Kriscak
Piano del traffico, rush finale verso il Consiglio
comunale - DA OGGI L’ESAME NELLE CIRCOSCRIZIONI
È stato approvato dalla giunta comunale il Piano del traffico che
comporterà, fra l’altro, la pedonalizzazione di via Mazzini, l’esclusione del
traffico privato da corso Italia, la possibilità per i residenti in centro di
parcheggiare a un euro al giorno. Da oggi le Circoscrizioni, alle quali farà
visita in settimana l’assessore comunale per la Pianificazione Urbana, Mobilità
e Traffico, Elena Marchigiani, per illustrare i dettagli, avranno 20 giorni per
proporre le loro osservazioni. Da gennaio il documento passerà al Consiglio
comunale per l’approvazione. «In ogni caso – ha detto ieri Marchigiani –
l’applicazione avverrà per tappe successive. Trieste cambierà fisionomia quanto
a circolazione. L’ultimo piano risale al 1998: serviva una modifica strutturale,
le esigenze cambiano. Siamo alla vigilia di un profondo cambiamento nelle
abitudini dei triestini, frutto di scelte partecipate». Il nuovo Piano vuole
tutelare l’utenza più debole, favorire la mobilità pedonale e ciclabile, il
trasporto pubblico e riordinare la circolazione privata e la sosta. Le novità?
Innanzitutto la pedonalizzazione di un’area che comprende le vie Mazzini,
Imbriani, XXX Ottobre e Trento. Previste poi zone a elevata valenza pedonale,
nei pressi dell’Ospedale Maggiore, in via Settefontane, a Roiano e a San
Giovanni. Marchigiani auspica che «i triestini inizino ad abituarsi all’idea di
lasciare l’auto nei parcheggi della prima periferia, finora sottoutilizzati, per
raggiungere il centro coi mezzi pubblici». Il piano prevede un esteso sviluppo
di piste e corsie ciclabili e uno spostamento del traffico privato lungo le Rive
«per alleggerire i flussi di attraversamento trasversali al mare, oggi
principale causa di inquinamento nel centro storico». Quanto ai residenti del
centro, «il rapporto fra nuclei familiari e posti disponibili – così l’assessore
– passerà dall’attuale 1 a 8, a 1 a 2». Nel testo all’esame di circoscrizioni e
Consiglio comunale sono inserite le 274 osservazioni pervenute.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - SABATO, 1 dicembre 2012
Dalla giunta Cosolini un altro “no” al rigassificatore
- IL CASO » COMUNE ALL’OFFENSIVA
Laureni chiede al Ministero una nuova procedura di Via Il primo
cittadino: Tondo annulli la conferenza dei servizi
Un altro “no” al rigassificatore di Zaule. Lo ha preparato l’altra sera la
giunta comunale e la relativa delibera dovrà ora passare al vaglio delle
circoscrizioni, delle commissioni per poi essere approvata a gennaio, con
eventuali modifiche, da parte del Consiglio comunale. È stato il Ministero dello
sviluppo economico a chiedere un nuovo immediato pronunciamento da parte delle
amministrazioni locali in base alle ultime modifiche apportate al progetto da
Gas Natural e che includono anche l’elettrodotto di 9 km che parte da
Padriciano. «Il ministero voleva un pronunciamento pressoché immediato, siamo
riusciti a prendere due mesi di tempo», ha affermato ieri l’assessore comunale
all’Ambiente Umberto Laureni. Una procedura parallela verrà seguita dalla
Provincia con l’assessore Vittorio Zollia. In questi due mesi si concentrano
dunque le residue speranze degli oppositori all’impianto a questo punto legate
soprattutto alla crescita dell’opposizione della popolazione e a pressioni in
ambito Ue che potranno venire dalla Slovenia. «Ma l’elettrodotto interrato
attraversa anche zone cosiddette di pregio paesaggistico - specifica Laureni -
per cui abbiamo rilevato che secondo noi è necessaria un’altra procedura di
Valutazione d’impatto ambientale rispetto a quella valutata favorevolmente nel
lontano 2009 dall’allora ministro Prestigiacomo. Roma risponderà a breve su
questo». Lo farà sicuramente prima della prossima seduta della Conferenza dei
servizi al Mise che dovrebbe portare all’Autorizzazione unica a Gas Natural che,
com’è stato ribadito anche ieri, spetta al Ministero d’intesa con la Regione. Le
amministrazioni territoriali dunque non hanno praticamente più voce in capitolo
dopo essere state “zittite” alla Conferenza dei servizi in Regione che ha
deliberato sulla concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale. Gran
parte della controffensiva è affidata ai ricorsi e in particolare a quello
presentato al Tar dal Comune di Muggia a cui si è aggiunto il Comune di Trieste.
Ma ieri il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia Maria Teresa
Bassa Poropat dopo un approfondimento congiunto della questione hanno fatto
partire un invito ufficiale al governatore Renzo Tondo a dichiarare nulla la
Conferenza dei servizi sull’Aia e a procedere a una «riconvocazione della stessa
per assicurarne la congruità dello svolgimento negli ambiti amministrativi e
istituzionali consoni». L’invito a Tondo fa seguito anche alla diffida che le
due amministrazioni territoriali avevano già inviato alla Regione affinché non
proceda a dare seguito agli esiti della Conferenza «considerate le forzature e
le anomalie verificatesi durante il suo svolgimento». «É invece in corso la
procedura di Via ministeriale - ha informato ieri Laureni - per quanto concerne
il gasdotto sottomarino che pure attraversa siti di interesse comunitario tra
cui l’area di Miramare». L’altro pomeriggio a Roma i dirigenti del Ministero
hanno definito il rigassificatore di Zaule «un progetto urgente e indifferibile»
e i rappresentanti territoriali hanno stigmatizzato l’assenza a quel Tavolo, dal
quale pure uscirà l’Autorizzazione unica, di qualsiasi rappresentante della
Regione. «Non facciamo demagogia, non diciamo che il rigassificatore è una bomba
ecologica - sostiene Laureni - ma oltre a tutti i problemi ambientali e di
sicurezza che pone è un impianto superato, perché oggi esistono le navi
rigassificatrici che possono semplicemente ormeggiarsi a una boa al largo e
scaricare il gas. Forse a una soluzione di questo tipo potremmo essere
favorevoli».
Silvio Maranzana
Savino: dopo i tecnici decideranno i politici - IL PDL
TRIESTINO IN REGIONE
LA POLEMICA CON LA SEGANTI Marini: «Il presidente la richiami.
E lei decida se parlare da assessore o da esponente di
partito». Piero Camber: «Non è sua quella delega»
“Il rigassificatore? Ah...”. Nelle segrete stanze triestine del Pdl
regionale incarnato da Tondo tira aria di gas. Aria pesante. Imbarazzata. Tutti
o quasi preferirebbero farsi “interrogare” ancora sui tagli della Finanziaria,
piuttosto che esternare sul progetto di Gas Natural. Sandra Savino, che è
coordinatore provinciale del partito e soprattutto assessore a energia e
ambiente di Tondo in Regione, si prende la briga di spazzare l’imbarazzo. Come?
Prendendo su di sé e sulla sua giunta delle chiare responsabilità politiche. Già
perché la giunta Tondo non è che forse si esprimerà ma - assicura la Savino - si
esprimerà di sicuro. E non è detto che dica le cose che aspetta di sentirsi dire
il ministro Passera. «Premesso che qui non è stato autorizzato un tubo - spiega
l’assessore-coordinatore - esistono due fasi distinte. La prima è quella
tecnica, dove la politica non può mettere becco, la cui competenza primaria è in
capo allo Stato, e che non è finita. Quando i tecnici avranno espletato tutte le
loro procedure, ebbene, comincerà la fase politica. E a quel punto la giunta
regionale si esprimerà politicamente, deciderà se dare o no l’intesa al Governo.
L’assessore con delega all’energia (lei stessa, ndr) sentirà i colleghi di
giunta, i portatori d’interesse, le amministrazioni locali, e poi porterà
appunto in giunta una delibera». Ma mancasse l’intesa della Regione, il Governo
potrebbe comunque tirare dritto? «Non ne sono tanto convinta, la procedura è
estremamente complessa». Ma, ad oggi, la giunta Tondo darebbe sì o no
quell’intesa? «Non ho - ribatte l’assessore - gli elementi per dirlo, ad oggi,
in questo momento non si può andare avanti per slogan. Lo ripeto: c’è prima da
sentire che cosa dice il territorio». E l’assessore Savino, che idea custodisce
ora? «Non posso - chiude lei - pensare di mettermi a parlare a titolo
personale». Ogni riferimento alla collega leghista di giunta Seganti, che ha già
annunciato che dirà no, non sembra casuale. Come non lo è il richiamo al “prima
c’è da sentire il territorio”. I dietro le quinte infatti dicono che ieri, in
una riunione riservata tra consiglieri e assessori regionali del Pdl, Tondo
abbia annunciato l’intenzione di organizzare a Trieste, già forse la prossima
settimana, una giornata intera di consultazioni sul rigassificatore sentendo tra
l’altro le categorie economiche e le forze sociali, in primis i sindacati. In
quella sede, sputa poi il rospo Bruno Marini - uno che era fermamente contrario
e non lo è più, il percorso contrario di Cosolini - «ho chiesto a Tondo che
richiami al doveroso principio della collegialità Federica Seganti, che deve
decidere se parlare più da assessore o più da rappresentante di partito, in
particolare lei che è assessore esterno non eletto». «Le posizioni preconcette -
fa eco Piero Camber - io proprio non le capisco. Non è l’assessore Seganti, mi
pare, che ha la delega. Dopodiché, dell’opera, conosco i costi ma non i
benefici. Non compro buste a sorpresa». E gli ex An confluiti nel Pdl,
originariamente favorevoli al rigassificatore? Parla per tutti il vicario della
Savino, Piero Tononi: «Ritengo che le rassicurazioni tecniche sulla sicurezza
siano sufficienti. È invece assente qualsiasi spiegazione sulle ricadute
positive. Ero favorevole, è vero, quando Gas Natural trattava con Dipiazza. Poi
questi signori sono spariti, quindi al momento favorevole non lo sono più. Come
si dice... pagare moneta, vedere cammello».
Piero Rauber
La Lega insiste: «Colpa di Illy e del sindaco»
Ma Ferrara si chiede: «Se Pdl e Lega votassero diversamente, avrebbe
ancora senso un’alleanza?»
Se il rigassificatore si farà, la colpa sarà della giunta Illy, che ha
preceduto Tondo, e di chi all’epoca non si oppose. I leader locali della Lega,
dall’assessore regionale Federica Seganti al parlamentare Massimiliano Fedriga,
dal capogruppo in Provincia Paolo Polidori al segretario Pierpaolo Roberti, sono
stati unanimi ieri nel formulare questa denuncia. Dopo aver annunciato per il 15
e 16 dicembre una due giorni di protesta contro il rigassificatore, con gazebo
in vari punti del territorio provinciale, i quattro sono stati molto chiari. La
Seganti: «L’iter fu avviato nel 2006 dalla giunta Illy, di cui faceva parte
Roberto Cosolini- ha ricordato - sotto lo sguardo attento di Ettore Rosato e
Pierluigi Bersani, all’epoca ministro. Il tema energetico è importante – ha
aggiunto la Seganti - va precisato però che la collocazione scelta è infelice,
perché in quella zona ci sono già l’inceneritore e la Ferriera, un cementificio,
la Siot. Se si arriverà a un voto di natura politica - ha assicurato - dirò no».
Paolo Polidori si è detto «allibito, perché il voto unanime del Consiglio
provinciale, che ha detto no, è trascurato dal Governo centrale e dalla
Conferenza dei servizi». Fedriga ha evidenziato che «la Lega è l'unica forza ad
aver detto sempre no. E lo facciamo ancora e a ragion veduta perché ci siamo
documentati. Il Porto rappresenta la principale fonte di sviluppo della città,
guai a penalizzarlo con un rigassificatore». Roberti ha invitato «tutti coloro
che a Trieste dicono no lo facciano sentire anche a Roma». Non era presente
Maurizio Ferrara, il capogruppo in Comune. Il quale, però, in compenso ha
spedito un comunicato al veleno: «Suggerisco a tutti i politici non triestini
inseriti in Regione e al Governo a non prendere iniziative contrarie alla
volontà dei cittadini del capoluogo del Friuli Venezia Giulia. I politici
triestini, invece, che volessero farlo o, peggio ancora, decidessero di
lavarsene le mani, risponderanno tra qualche mese all’elettorato e la risposta
la posso già pregustare». «Se la Regione dovesse esprimersi e Pdl e Lega
dovessero votare diversamente - si chiede provocatoriamente Ferrara - si
potrebbe ancora ipotizzare un alleanza Tondo-Pdl-Lega alle prossime elezioni
regionali?».
(u.s.)
In piazza Unità contro il nuovo impianto ADESIONE DI
VARIE ASSOCIAZIONI
Manifestazione oggi alle 17. Legambiente: autonomie locali ignorate dalla
Regione
“Trieste dice no al rigassificatore”: promossa dal coordinamento Cittadini
in rete e dalle realtà del Multicultura center di via Valdirivo 30, è in
programma oggi alle 17 in piazza Unità «una marcia simbolica di protesta con
destinazione palazzo della Regione e Prefettura «perché la voce di Trieste
arrivi sino al governo. Auspichiamo - si legge in una nota - la partecipazione
dei sindaci di Trieste e degli altri comuni, della presidente della Provincia e
dei componenti dei vari consigli degli enti locali». Hanno aderito varie
associazioni, quelle ambientaliste e della rete di economia solidale (Res-Fvg) ,
Bioest , Italia Nostra, Legambiente, Wwf, Unione degli studenti (per aderire
alla manifestazione triestedicenoalrigassificatore@hotmail.it.;
triestedicenoalrigassificatore.weebly.com; Facebook: Trieste dice no al
rigassificatore. «Questo nuovo mostro non s’ha da fare perché antieconomico e
antiproduttivo, dannoso e pericolosissimo per tutti noi di Trieste, Muggia,
S.Dorligo, Capodistria, Pirano e Isola». Legambiente Fvg in una nota rende noto
di aderire alla manifestazione di questo pomeriggio «contro la decisione della
Regione di ignorare i pareri delle autonomie locali e di delegare, di fatto, al
Governo ogni decisione sul progetto di rigassificatore. È bene ricordare che le
politiche energetiche nazionali sono in gran parte delegate all’iniziativa
privata e questo significa confrontarsi con interessi e progetti di privati, che
devono essere valutati anche per l’impatto che creano nei territori e per la
capacità di costruire condizioni positive, e non solo per il contributo che
possono dare all’autonomia energetica del Paese». Da questo punto di vista
«Legambiente Fvg, assieme al Circolo triestino dell’associazione, ritiene che la
proposta di Gas Natural non abbia nessuna qualità territoriale positiva. La
contrarietà a questo progetto è, inoltre, rafforzata dalla recente possibilità
che la Regione sia direttamente coinvolta dal nuovo metanodotto South Stream,
che dovrebbe garantire una capacità pari al fabbisogno nazionale di metano, pur
se vincolato a prezzi di contratti a lunga scadenza».
La filosofia dei nuovi Prg: recuperare vecchi spazi
L’indicazione che esce dal dibattito aperto al Revoltella dove è stato
presentato il piano Riuso. Le soluzioni di Freyrie sono ecologiche, funzionali e
sostenibili
Un modello nuovo che parte dal concetto di rinnovamento delle città, per
restituire dignità ai luoghi in un’ottica di riqualificazione urbana. Si può
riassumere in questo modo il progetto denominato “Ri. U. So.”, acronimo che sta
per Rigenerazione Urbana Sostenibile, presentato a Trieste al Museo Revoltella,
nell’ambito di Piazza dell’Architettura. Una iniziativa voluta in modo congiunto
dal Consiglio Nazionale degli Architetti, dall’Associazione Costruttori Edili e
da Legambiente, che ha già toccato le piazze di Roma, Milano e Perugia. Dunque
un progetto che si sviluppa su un ripensamento normativo e culturale, che punta
sulla valorizzazione dell’esistente, senza l’utilizzo di nuove superfici per
l’edificazione, in una filosofia non di espansione, ma di recupero, per arrivare
ad un risparmio di consumo energetico che può portare ad un miglioramento della
vivibilità delle città, del territorio e degli stessi cittadini e di conseguenza
ad un ritorno di natura economica di cui può beneficiare l’intero Paese. A
illustrare le linee guida del progetto è stato Leopoldo Freyrie, presidente del
Consiglio Nazionale degli architetti. «In una parola questa non è un’iniziativa
fine a se stessa, ma realistica ed utile per tutta l’Italia - ha esordito
Freyrie -. Oggi ci troviamo di fronte a delle scelte importanti, in un momento
di crisi economica dove non si possono più sprecare miliardi di euro nel consumo
di energia, suolo e acqua. Bisogna dare la priorità alle città, sulle quali si
fonda l’80 per cento della nostra economia, rigenerando gli edifici che ormai
sono vicini al collasso. Solo puntando sull’investimento in città ecologiche,
funzionali e sostenibili potremo pensare di far funzionare al meglio il sistema
Paese, mettendo a reddito tutti quei risparmi che deriveranno dall’applicazione
di queste nuove logiche di sviluppo». Concetti che sono stati oggetto di
discussione tra i protagonisti del tavolo di confronto, moderato da Paolo Vrabec,
presidente dell’ Ordine Architetti di Trieste, tra questi anche i sindaci di
Trieste Roberto Cosolini e quello di Udine Furio Honsell. «E’ fuor di dubbio che
questo progetto rappresenta la chiave non solo dell’edilizia, ma della
riprogettazione e della riqualificazione delle città - ha sottolineato Cosolini
-. Noi come amministrazione comunale abbiamo già inserito nel nostro Piano
Regolatore le direttive che non prevedono il consumo ulteriore di suolo, ma al
contrario il recupero degli spazi già esistenti, in particolare quelli delle
aree verdi. Tutto questo può portare ad una maggiore qualità delle opere
costruite, ma soprattutto un maggior valore per la città che diventa fulcro di
attività economica in un’ottica di investimento sul futuro». Idee riprese anche
dal sindaco di Udine Furio Honsell, per il quale «il concetto del riuso e della
riqualificazione è un punto fondamentale della sfida urbanistica del futuro, pur
non semplice da mettere in pratica in quanto particolarmente oneroso. Ma si
tratta di una iniziativa che può indubbiamente portare non tanto ad un risparmio
in se stesso, quanto alla creazione di nuova attività economica, progresso
tecnologico e socio economico». Il punto di vista degli ambientalisti è stato
focalizzato da Lucia Sirocco di Legambiente, secondo cui «si arriverà al massimo
del riuso solo quando riusciremo ad avere spese energetiche bassissime, grazie a
piccole regole di comportamento quotidiano, dove ci saranno città a misura
d’uomo, senza il bisogno di realizzare costose infrastrutture, e mi riferisco in
particolare al rigassificatore di Zaule, tema di stretta attualità». Infine
Valerio Pontarolo, presidente regionale dell’Ance: «Il caposaldo da cui
ripartire sono le città che devono corrispondere ai concetti di efficienza
urbana e di sviluppo. Dunque valorizzare l’esistente attraverso non
l’allargamento degli edifici, ma il rinnovamento degli stessi».
Pierpaolo Pitich
Conservare il futuro? Si comincia dall’ambiente -
RASSEGNA
Oggi al Revoltella, nell’ambito di “Piazza dell’architettura”, il libro
di Benno Albrecht
TRIESTE Il tema della sostenibilità ambientale sta assumendo un ruolo sempre
più centrale nel dibattito sull’architettura e non solo. Non si tratta però di
un argomento emerso negli ultimi anni. Le sue radici sono molto più profonde, e
risalgono al pensiero di intellettuali di discipline diverse. «La terra non ci
appartiene. L’abbiamo solo ricevuta in possesso è degli abitanti del passato e
di quelli del futuro, e noi possiamo solo salvaguardarla in modo da consegnarla
alle generazioni successive a cui spetterà il compito di averne cura» affermava
lo scrittore, pittore e poeta John Ruskin. I problemi della sostenibilità e le
trasformazioni del territorio, l’utilizzo consapevole delle risorse e il
rispetto dell'ambiente sono gli argomenti al centro delle pagine di “Conservare
il futuro” di Benno Albrecht, che verrà presentato oggi alle 12 all'auditorium
del Museo Revoltella, nell'ambito della seconda edizione di “Piazza
dell'Architettura”. Benno Albrecht, architetto e professore di Composizione
architettonica e urbana all’Università Iuav di Venezia, riscostruisce nel volume
la genesi culturale del pensiero della sostenibilità e dell'importanza della
tutela ambientale per il futuro della collettività. Un'analisi approfondita che
illustra, secondo un criterio cronologico, la weltanschauung ed esempi concreti
di studiosi e professionisti di campi diversi, spesso poco noti. Teorie e
pratiche che hanno permeato il “pensiero progettuale” sulla sostenibilità,
scorrendo per lunghi periodi “sotto traccia” e riemergendo in occasione di tempi
di crisi, quando l’architettura è costretta a misurarsi con la scarsità delle
risorse. Nei vari capitoli, Albrecht indaga un percorso che si apre con la
rivoluzione industriale e l'uso di nuovi strumenti: le macchine a vapore. Inzia
così un profondo mutamento nelle condizioni energetiche della società e aumenta
il condizionamento da parte dell'uomo sull'ambiente che lo circonda,
modificandolo a seconda delle proprie esigenze e influenzandone il clima. In
quell'epoca nasce anche il concetto di ecologia e poco dopo quello di
sostenibilità. Successivamente l'autore affronta l'utopia di Etzler, che
vorrebbe un'urbanizzazione a bassa densità con la costruzione di edifici per la
collettività e precognizza l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili per
una nuova società, progettando macchine avveniristiche, e la critica di Thoreau.
Il volume prosegue con il pensiero di Ruskin e Marsh e l'emergere di una nuova
coscienza ambientale che si sente responsabile per le generazioni sucessive.
“Conservare il futuro” è quindi un libro che si rivolge non solo agli
specialisti del settore, ma a tutti. La relazione tra l'uomo e l'ambiente e il
tema della sostenibilità coinvolge infatti il futuro di ciascuno di noi.
La cessione dell’acqua da Acegas a Hera è illegittima -
LA LETTERA DEL GIORNO di Ermanno Predonzan
La cessione della gestione della nostra acqua fatta dal Comune di Trieste
(ed anche da quello di Padova) in favore dell'Hera Spa è forse in contrasto con
le norme europee. Cosa dicono le norme europee (abbondantemente ricordate dalla
nostra Corte Costituzionale con sentenza 199/2012)? L'Europa in sostanza si
preoccupa della libera concorrenza. Un ente pubblico che vuole dare in gestione
un suo servizio deve fare una garetta pubblica a cui tutti possono partecipare.
La garetta si può evitare solo se l'ente decide di fare le cose in proprio, in
casa (la parolina tecnica usata è in house) perché ritiene di perseguire un
obiettivo di interesse pubblico. La gestione dell'acqua, per la quale abbiamo
fatto il referendum, è un tipico esempio di obiettivo di interesse pubblico. Il
Comune di Parigi, ad esempio, ha deciso a partire dal 2010 di ritornare
all'acqua pubblica. Questa ovviamente non è una leggenda metropolitana che
circola su Internet come qualcuno potrebbe insinuare. Se lo ha fatto Parigi,
certo non una piccola città, perché non possiamo farlo anche noi? La Corte di
Giustizia europea ha comunque stabilito (sentenze Teckal/1999 e Stadt
Halle/2005) che un ente può agire in caso di interesse pubblico anche attraverso
una sua società però solo ad alcune precise condizioni. Le condizioni sono: la
società deve essere totalmente a capitale pubblico (neanche una sola azione ai
privati) e l'ente deve esercitare su questa società un totale controllo di
gestione e di indirizzo (quello che si voleva con il referendum) come se si
trattasse di propri uffici (la parolina tecnica usata è controllo analogo). I
motivi per cui non ci possono essere dentro dei “privati” sono abbastanza
evidenti. Primo: un privato non può ricevere ordini da un ente pubblico come se
fosse un suo dipendente. Secondo: la Corte europea dice che se ci sono dei
privati l'ente non può non tener conto, magari in minima parte, dei loro
interessi economici (privati) e questo potrebbe essere di ostacolo al pieno
perseguimento di obiettivi e finalità pubbliche. Forse c'è anche una terza
ragione: un socio privato sa che questa società ha lavoro assicurato e che non
c'è pericolo di fallimento:quindi è in una posizione di (ingiusto) vantaggio
rispetto a chi è socio di altre società ove esiste il rischio. Quello che
risulta alla fine è una società che non si distingue quasi dall'ente
affidatario. Bisogna insomma scegliere:.o libera concorrenza con tanto di gara
pubblica oppure probabilmente né Hera né Acegas Aps possono continuare ad
esistere nella forma attuale. La gara per dare l'acqua ai privati comunque non
si può fare: noi cittadini abbiamo deciso con il referendum per il no. In fondo
i Comuni potrebbero ben tenersi sia le condotte per il gas che la rete
elettrica. I cittadini sceglieranno poi liberamente da chi comperare il gas o la
corrente elettrica che rispettivamente scorrono per i tubi o per i fili. L'acqua
no, non occorre comperarla, è già nostra: pubblica.
LA REPUBBLICA - VENERDI', 30 novembre 2012
Trieste, la rivolta degli ombrelli - "No all'impianto
per il metano"
Protesta dopo il via libera sospetto della Regione e l'annuncio degli
espropri.
La città si ribella al rigassificatore, ma le imprese
dicono di sì. Oggi nel mondo nessuno costruisce più simili impianti nelle città
TRIESTE - Sono venuti in tanti, sotto il temporale, a manifestare contro le
procedure di esproprio avviate all'improvviso dal governo per realizzare a
Trieste il rigassificatore più contestato del Mediterraneo, con una mossa che
dribbla il parere negativo degli enti locali, del porto, della comunità
scientifica e persino le obiezioni ambientali espresse dalla Slovenia. In quella
che passerà alla storia come "la protesta degli ombrelli", la città "cara al
cuore" è scesa in piazza a dire "no", in una scenografia da tregenda.
Nel palazzo del municipio, dove i fulmini hanno fatto mancare più volte la luce,
si sono viste le istituzioni declinare in un'aula strapiena la loro impotenza di
fronte alla Waterloo occupazionale del territorio (tema all'ordine del giorno);
e intanto fuori, nella tempesta, Trieste chiedeva che si parlasse d'altro, che
prima di tutto si rispondesse alla decisione di dar via libera a un impianto,
firmato dalla spagnola Gas Natural, che - con il traffico delle sue immense
gasiere - rischia, dice chi sa di marineria, di bloccare per sempre lo sviluppo
del porto.
"Se passa questo, prepariamoci a tutto, anche a un acceleratore di particelle
sotto il Vaticano" ride ma non troppo uno studente di fisica. Sotto la pioggia
c'era una Trieste stanca di sconfitte, di cantieri chiusi, di collegamenti
tagliati, di patrimoni pubblici spolpati; un magma di rabbia ancora privo di
leadership, fatto di vecchi e giovani, ecologisti, indipendentisti, delusi da
Roma matrigna, nostalgici dell'Austria- Ungheria e un arcipelago di "arrabbiati"
di quasi tutti i partiti politici.
Sotterraneo e guardingo il partito dei favorevoli, attenti a non urtare la
piazza. Meno timorosi i tecnici: dirigenza dei Vigili del fuoco, industriali,
ingegneri, soprattutto i funzionari regionali che hanno approvato la valutazione
di impatto ambientale. Come Pierpaolo Gubertini, responsabile del procedimento,
che si chiude nel "no comment" ma solo dopo aver fatto capire al Comune che le
nuove documentazioni fornite da Gas Natural sono tali da tranquillizzare sui
possibili incidenti a catena e anche sulla manovrabilità delle navi in
condizioni
estreme.
Per la cittadella scientifica locale, Trieste resta intanto un posto proibito
per l'impianto, e alle sue ripetute obiezioni la Gn ha risposto evasivamente con
progetti spesso segnati da irregolarità o citazioni di istituti scientifici mai
davvero chiamati in causa. L'obiezione principale è che mettere un
rigassificatore in fondo a un mare chiuso, usando e sterilizzando quelle acque
per riscaldare il combustibile liquido trasportato a -162 gradi, significa
condannare quel mare all'agonia. Lo dimostrano le schiume diffuse da analogo
impianto alle foci del Po; e lo conferma il rigassificatore di La Spezia, dove
il costo del riscaldamento non è scaricato sull'ambiente ma preso dall'energia
dello stesso gas. Un circuito chiuso, che Gas Natural ha scartato solo per
questioni di risparmio.
IL SINDACO: "L'azienda non ha fugato i dubbi"
L'INDUSTRIALE: "Un'occasione da non perdere"
Oggi nel mondo nessuno costruisce più simili impianti nelle città. Qui lo si
propone invece a pochi metri da rioni popolosi, accanto a depositi di
carburante, terminal petroli e un inceneritore, con navi come montagne cariche
di gas che in manovra, a causa delle prescrizioni di sicurezza, metterebbero in
crisi uno spazio già occupato dai
traffici commerciali. Lo stesso dove quarant'anni fa ebbe inizio la stagione
mondiale del Terrore con l'attentato di Settembre nero ai depositi di carburante
di Trieste, la cui colonna di fumo fu vista fino a Venezia.
Dopo un percorso a ostacoli di sette anni, tutto è precipitato in poche ore,
quando il ministero dello Sviluppo economico - forte di un decreto che esautora
gli enti locali dalle decisioni energetiche - ha incassato
un'assai anomala autorizzazione ambientale da parte della Regione. La quale non
solo ha ignorato il parere contrario degli enti locali presenti all'incontro, ma
ha clamorosamente certificato nei verbali un'unanimità inesistente. Il Comune ha
già avviato ricorsi contro la forzatura tecnica che - ha osservato il sindaco
del Pd, Roberto Cosolini - toglie le castagne dal fuoco alla giunta regionale di
centrodestra, risparmiandole decisioni impopolari in vista delle elezioni. Ma è
stata proprio questa mossa incauta a far traboccare il vaso, e in poche ore nel
circuito twitter, su facebook e sulla tribuna del quotidiano Il Piccolo la
tensione è salita al calor bianco, anche sul lato sloveno del Golfo.
E intanto, da Roma a Bruxelles, il governo si attiva - si dice - per chiudere in
fretta la partita anche con promesse a Lubiana, peraltro vigile a difesa
dell'integrità ambientale dei suoi trenta chilometri di costa.
Una gran fretta insomma, spiegabile col timore di Gas Natural di non avere più
gli stessi favorevoli interlocutori al governo. Arduo trovare in queste ore un
politico capace di dirsi a favore.
Anche il presidente della Regione, Renzo Tondo, dopo aver dato più volte il suo
ok all'impianto, lì nel municipio assediato dal monsone e dai fischietti dei
manifestanti, in mezzo a ripetuti blackout e principi di tafferuglio sedati dai
vigili, ha dichiarato che "la partita non è affatto chiusa" e ha ricordato
all'aspirante governatrice del Pd Deborah Serracchiani che l'iter del
rigassificatore aveva preso avvio in Regione dalla giunta Illy di
centrosinistra, che aveva come assessore l'attuale sindaco di Trieste Cosolini.
"Senza bandiere e partiti ma solo per Trieste", così recita" lo striscione
portato da due giovani sotto il nubifragio. "Corteo bagnato corteo fortunato "
commentano altri reduci della protesta, ma a Trieste ancora nessuno sa chi
vincerà la partita.
Paolo Rumiz
IL PICCOLO - VENERDI', 30 novembre 2012
«Porto e rigassificatore: convivenza da verificare» -
IL CASO » L’IMPIANTO DI ZAULE - IN MARE
Il numero due delle Capitanerie del Fvg Natale Serrano sostiene che non
esiste un vero studio di pianificazione per il golfo con piattaforma e terminal
ro-ro
Non esiste a Trieste uno studio di pianificazione e proiezione che indichi
quante navi in più sarebbero attese in porto una volta realizzati il nuovo
terminal traghetti alle Noghere e la piattaforma logistica, allungata sul mare
per 138 metri. Né uno studio che metta in relazione questi aumentati traffici
con le eventuali 100 gasiere all’anno portate dal rigassificatore nel canale di
Zaule. Lo certifica la Capitaneria di porto per spiegare il proprio ufficiale
assenso a Gas Natural, e il proprio informale e contestuale dubbio. L’altro
giorno a Roma, all’esordio della Conferenza nazionale dei servizi sull’impianto,
interrogata dalla Provincia circa le ripercussioni del rigassificatore sui
futuri movimenti commerciali dati dalle nuove infrastrutture, ha risposto:
«Bella domanda, se arriva il rigassificatore ad alcuni progetti in porto
bisognerà rinunciare». Una frase riferita dall’assessore provinciale Vittorio
Zollia, autore del quesito, che al ministero ha chiesto (ma non ottenuto) fosse
messa a verbale. Affermazione che apre però molti interrogativi e sembra dare
risposte finora mancanti. Ma il capitano di vascello Natale Serrano, il numero
due delle Capitanerie di porto del Friuli Venezia Giulia, che con tutti gli enti
coinvolti era al tavolo romano allestito al ministero dello Sviluppo economico,
definisce «un po’ sibilline» le conclusioni di Zollia, divide la materia e le
risposte, e soprattutto spiega il perché di quella esternazione: è puramente
induttivo il calcolo degli impatti, mancando una pianificazione su cui
ragionare. «La relazione presentata dalla Capitaneria di porto - afferma Serrano
- si è dovuta limitare all’esame delle attuali geometrie e degli attuali
traffici in porto, sui quali 100 navi portate dal rigassificatore non avrebbero
impatto. Una previsione tecnica a lunga scadenza, con le nuove banchine, non è
possibile, ma sulla base dell’esperienza intralci si potrebbero verificare solo
se a Trieste arrivassero più di 10 portacontainer “giganti”. Cosa che mi
sentirei di escludere - dice il capitano -, le navi di Gioia Tauro a Trieste non
le avremo mai... Mentre per aumentare i traffici non è necessario che aumenti il
numero delle navi, basta che ciascuna abbia una stazza in più per trasportare
molte tonnellate in più, e questa è la tendenza». Anche in assenza di una
proiezione, la Capitaneria di porto un’analisi informale però l’ha fatta,
calcolando un nuovo terminal traghetti e il raddoppio del Molo VIII, «e il
risultato, non ufficiale, è che sarebbe sostenibile un aumento del 200% di navi
senza intralcio dalle gasiere. Che comunque - specifica Serrano - devono per
sicurezza viaggiare solo di giorno, così come le attuali petroliere-Siot e le
chimichiere (4 al mese), mentre i traghetti si spostano solo di notte dunque non
c’è incrocio. È certo però che quando nel canale ci sono una petroliera, che per
tutte le sue operazioni sosta almeno 2-3 giorni, e una chimichiera, le altre
navi non passano».
Gabriella Ziani
«Distanze di sicurezza, nessuna norma»
«Non esiste una legge, nazionale o internazionale, che imponga una “distanza
di sicurezza” alle navi gasiere, la norma riguarda solo i rigassificatori “off
shore” (costruiti in mezzo al mare). La Guardia costiera statunitense si limita
a “raccomandazioni” (150-400 metri di rispetto) - afferma il capitano di
vascello della Capitaneria di porto di Trieste Natale Serrano che si occupa di
sicurezza -, oggi per le petroliere la cintura corrisponde alla misura di “una
nave e mezza”, ma la loro velocità è minima, 7 km all’ora. Che due navi così si
speronino - conclude il capitano - è probabilità quasi inesistente».
«L’audizione di Tondo? Delusione totale»
Forti critiche del centrosinistra in Comune. Decarli: «Si è presentato
solo perché in campagna elettorale»
Una «delusione totale», nella sintesi di Roberto Decarli (Trieste cambia).
Un incontro «non particolarmente soddisfacente», nel più tenero giudizio di
Giovanni Maria Coloni (Pd). Pioggia di critiche all’audizione del presidente
della Regione Renzo Tondo in Consiglio comunale: la maggioranza di
centrosinistra si aspettava di più, molto di più. E, il giorno dopo la serata
trascorsa in aula, attacca compattamente il governatore. Reo di aver «detto che
gli atti sul rigassificatore la Regione li ha fatti in passato - graffia Decarli
-. Chi non si assume le proprie responsabilità, ha finito di ricoprire il suo
ruolo oppure è inadatto». E sull’emergenza occupazionale: «Ci si aspettava la
disponibilità della Regione a garantire aiuti alle aziende locali in questa
difficile fase economica. Come fatto per la Caffaro. Invece, nessuna risposta:
qui ci sono diecimila persone senza lavoro ormai. Tondo doveva dire qualcosa di
più. Dopo dieci mesi di richieste - ricorda Decarli -, si è presentato in Comune
solo perché ora è in campagna elettorale». Su alcuni punti si è soffermato
Marino Sossi (Sel): «Sulla riconversione della Ferriera manca un piano
finanziario. Da Regione e governo. Dopo 8 mesi di tavoli, è stato prodotto solo
un ufficio di programmazione. E su inquinamento ambientale e sicurezza dei
lavoratori - aggiunge il vendoliano - ci saremmo aspettati un intervento
straordinario della Regione, visto che la Lucchini è in mano alle banche».
Quanto al progetto del rigassificatore: «Forse Tondo non sapeva dell’Aia, vista
la sua sorpresa sulla manifestazione in piazza. A proposito, la gente si è
rifatta anche a richiami antichi, come quello al Tlt. Questo dovrebbe farci
riflettere tutti - conclude Sossi -. Servono risposte concrete». Unico motivo di
parziale soddisfazione, mercoledì sera, per il centrosinistra «l’uscita di Tondo
sulla sdemanializzazione del Porto vecchio», rileva Coloni. «L’unica questione
interessante», si aggancia il presidente del Consiglio comunale, Iztok Furlanic
(Fds). Passando poi al tema del distacco fra mondo politico e cittadini,
collegato alla generale emergenza economico-sociale: «O si cambia politica a
livello regionale e nazionale o difficilmente potremo venire incontro alle
richieste anche di strati di popolazione che finora non avevano chiesto aiuti».
Nessuno sconto per Tondo neanche da Paolo Bassi (Idv): «È scandaloso che il
presidente della Regione si presenti davanti al Consiglio comunale senza avere
approfondito la situazione occupazionale e lavorativa di Trieste. Sul
rigassificatore ha detto di ritenere di poter riaprire il discorso: credo si
tratti dell’ennesima presa in giro visto che la palla è in mano al ministero».
Secco Patrick Karlsen (Cittadini) sull’audizione: «Una brutta pagina politica.
Ha solo fotografato una situazione che già conoscevamo». Infine Stefano Ukmar
(Pd) con un passaggio sulla Finanziaria regionale che «i tagli maggiori li
riserva ai Comuni di Trieste, Udine e Pordenone, tutti amministrati dal
centrosinistra. Auspichiamo si cambi registro».
(m.u.)
«No al rigassificatore una scelta condivisa» E Muggia
si mobilita
MUGGIA «Siamo di fronte a un vero e proprio scippo della volontà popolare».
Non usa mezzi termini il sindaco di Muggia Nerio Nesladek per definire le nuove
azioni intraprese da Governo, Gas Natural e Regione per accelerare le
tempistiche della nascita del rigassificatore nel Golfo di Trieste. «Forte del
diritto-dovere di essere portatore degli interessi e delle sensibilità dei
cittadini - fanno sapere dal Municipio di piazza Marconi -, il Consiglio
Comunale di Muggia, valutate le possibili azioni atte a rendere ancora più
evidente la ferma e unitaria contrarietà del territorio all’intervento e la
decisa volontà di agire, ha condiviso la volontà di intervenire concretamente in
diversi modi». In primis, durante tutta la prossima settimana verrà convocato un
Consiglio comunale aperto alla città, alle istituzioni provinciali, ai
consiglieri regionali e ai parlamentari espressione del Friuli Venezia Giulia,
«in modo da condividere l’indignazione e decidere le contromosse verso questa
azione». Sarà inoltre attuato un presidio costante della sala consiliare, aperta
a tutti i cittadini, che proseguirà per alcuni giorni. Verrà poi indetta
un’assemblea pubblica che raccoglierà il pensiero di tutti rilanciando
successive azioni comuni. Venerdì 7 dicembre alle 17.30 al teatro Verdi di via
San Giovanni, sarà inoltre proposto l’incontro “Rigassificatore e valore dei
beni immobiliari” con illustri esponenti del settore giuridico e immobiliare.
L’amministrazione Nesladek ha anche reso noto l’invio di una lettera alla
Provincia nella quale ha evidenziato come sia necessario manifestare alla
Regione e al Governo che il “No al rigassificatore” è «un’unitaria, comune,
condivisa, forte scelta dell’intera Comunità provinciale». Ed è stata avanzata
la proposta-richiesta che sia la stessa Provincia, a nome di tutti, a indire una
riunione straordinaria del Consiglio provinciale assieme ai Consigli comunali di
tutto il territorio, da tenersi in una sede adeguata e capiente. Un Consiglio
congiunto al quale invitare anche i consiglieri regionali e i parlamentari
espressione del territorio per concretizzare una vera e propria riunione
plenaria di tutte le istituzioni elettive e dei rappresentanti in Parlamento. È
in fase di studio la location appropriata: si parla di un palazzetto dello
sport.
(ri.to.)
Trenitalia ci ripensa E la Bassa “recupera” l’Intercity
notturno
Le proteste di sindaci e pendolari convincono le Ferrovie a mantenere
orario e percorso del Trieste-Roma delle 21.54
TRIESTE Dietrofront di Trenitalia: forse questa volta le vivaci proteste
sollevate da più parti qualche risultato lo hanno ottenuto. Le prese di
posizione dei sindaci della Bassa, della Regione, del Comitato dei pendolari e
dei sindacati, Uil in testa, hanno evitato l’ultimo schiaffo, in ordine di
tempo, che le Ferrovie stavano rifilando a Trieste e al Friuli Venezia Giulia.
Il treno Intercity notte 772 per Roma partirà regolarmente da Trieste alle 21.54
(o qualche minuto prima o dopo)e passerà per Monfalcone, Cervignano, San Giorgio
di Nogaro e Latisana (oltre naturalmente per Portogruaro e San Donà). Come oggi.
Nell’orario invernale, che prenderà il via il 9 dicembre era previsto che questo
stesso convoglio si muovesse da Trieste alle 20.34 e, dopo Monfalcone,
proseguisse via Udine e Treviso. Lasciando l’intero territorio della Bassa
completamente sguarnito di trasporto ferroviario fin dalla prima serata con
l’ultimo treno che parte dal capoluogo regionale alle 19.18. E con tutto quello
che poteva significare per località turistiche come Lignano, Grado e Aquileia
che si vedevano privare del collegamento diretto con Roma (andata e ritorno),
soprattutto nei mesi estivi. Il blitz non è andato in porto. Un tentativo
comunque c’è stato visto che ieri il sito Internet di Trenitalia dava il treno
in partenza alle 20.34 via Udine. I tecnici delle ferrovie assicurano ora che
ripristineranno la «traccia» del convoglio ed è probabile che la sua partenza
slitti di qualche giorno rispetto alla data del 9 dicembre. I treni di questo
tipo rientrano nel cosiddetto «servizio universale» regolato dal contratto di
servizio tra Trenitalia e lo Stato. «Esprimo soddisfazione, evidentemente
raggiungiamo un risultato per l’azione di forte pressione attivata nei confronti
di Trenitalia - ha affermato l’assessore regionale ai Trasporti Riccardo
Riccardi -. Che ha dimostrato di comprendere le ragioni espresse nella mia
lettera». Non ci sono altre variazionei nel nuovo orario: confermate le “Frecce”
per Milano, gli Interregionali veloci e i Regionali.
Ferdinando Viola
I reclami dei cittadini? Strade, rifiuti, degrado - IL
SERVIZIO “Comuni-chiamo”
Su questi tre temi si concentrano le segnalazioni inviate al Municipio
via web
Il dissesto delle strade, la raccolta delle immondizie, il degrado urbano.
Sono questi, nell'ordine, i temi su cui insistono di più i triestini nei loro
reclami al Comune inviati via internet. Lo ha reso noto ieri la vicesindaco
Fabiana Martini, stilando il bilancio dei primi cinque mesi di attività del
servizio "Comuni-Chiamo", sorta di social network cittadino «che permette a
chiunque - ha detto Martini - di fare segnalazioni, indicare carenze nei
servizi, formulare proposte, usando la finestra aperta sul sito
www.retecivica.trieste.it». In testa alla graduatoria delle lamentele (ma non
mancano le segnalazioni costruttive) c’è il tema strade, con 153 interventi nei
cinque mesi, seguito da rifiuti (132) e degrado (113). «Vogliamo rassicurare
subito quanti non hanno dimestichezza con i più moderni strumenti tecnologici
che, pur continuando a gestire questo social nerwork, proseguiremo nell'impegno
di sentire i cittadini che useranno i sistemi tradizionali per segnalare tutte
le problematiche. Certo le indicazioni che arrivano sul sito sono le più rapide
e ci permettono di intervenire immediatamente, laddove possibile. Invitiamo
perciò i cittadini a utilizzare “Comuni-chiamo” rinunciando a scrivere e mail ai
vari uffici del Comune. Finora stiamo risolvendo una ventina di problemi
segnalati su internet a settimana. Un risultato che consideriamo molto
positivo». In testa ai problemi individuati e risolti, quelli sui rifiuti. Sul
piano statistico, i cittadini che si sono iscritti sono finora 530, producendo
complessivamente 636 segnalazioni. I più attivi sono gli uomini (79%, contro il
21% di donne) e l'età media dei principali fruitori del servizio va tra i 40 e i
50 anni. Gli over 30 sono i più assidui, mentre i ventenni latitano e si fanno
superare addirittura da settantenni, cinquantenni e sessantenni. «In effetti è
un dato non molto confortante - ha detto Martini - perché si conferma che i più
attenti alle problematiche della città sono gli anziani, anche se va considerato
che sono questi ultimi ad avere più tempo per camminare nelle vie e cogliere
cosa non va». La vice sindaco ha assicurato che «lo strumento sarà potenziato
nell'auspicio che ci sia un sempre maggior numero di cittadini interessati a
utilizzarlo».
Ugo Salvini
IL SOLE24ORE - GIOVEDI', 29 novembre 2012
Trieste, rigassificatore sotto attacco
Trieste scende in piazza contro il rigassificatore. Il parere positivo del
Comitato tecnico regionale per la Sicurezza in composizione allargata, arrivato
il 14 novembre, e a seguire, il 22, l'assenso della Conferenza dei servizi
regionale, hanno riacceso una protesta trasversale ai diversi partiti. Eppure
«l'iter autorizzativo (iniziato nel 2005, ndr) propedeutico alla realizzazione a
Zaule di un'infrastruttura per la rigassificazione del gas naturale liquido, non
si è ancora concluso e dunque, per l'avvio dei lavori, manca ancora molto
tempo».
Ieri la convocazione a Roma della prima conferenza dei servizi nazionale, mentre
nei giorni scorsi la pubblicazione su alcuni quotidiani, sul sito della Regione
Friuli-Venezia Giulia e all'albo pretorio comunale dell'avviso di avvio delle
procedure di esproprio ha ridato fiato alla contestazione, che anche ieri ha
visto circa seicento persone sfidare la pioggia in piazza Unità. «Quanto
realizzato in questi giorni è il semplice avviso al pubblico che normalmente si
fa per progetti infrastrutturali di questo tipo: l'avviso è una forma di
garanzia prevista dalla legge per i proprietari delle aree interessate – fanno
sapere dall'azienda promotrice del progetto, la spagnola Gas Natural –. Il
ministero dello Sviluppo economico intende, correttamente, includere anche
questo adempimento formale all'interno del contesto di autorizzazione unica, per
questo si è proceduto con la pubblicazione degli avvisi al pubblico». La
multinazionale di conseguenza «non comprende il clamore scaturito a seguito di
una procedura come assolutamente allineata alle prassi standard. Preme precisare
– prosegue l'azienda – che l'infrastruttura in oggetto insiste su terreno in
parte demaniale e in parte di proprietà della sola Autorità portuale, mentre
l'elettrodotto di collegamento passa su terreni di terzi, ma è interrato e corre
lungo un corridoio tecnologico già esistente. Si tratterà quindi di
un'operazione assolutamente non invasiva poiché i terreni saranno restituiti
nella disponibilità dei proprietari non appena sarà stato posato il cavo
sotterraneo».
L'opera, un investimento da 500 milioni, è stata definita «indispensabile» dal
ministro Passera, nonostante l'opposizione dei Comuni (Trieste e Muggia) e della
Provincia. Le prossime tappe riguardano il procedimento istruttorio relativo
alla conferenza di servizi indetta dal ministero dello Sviluppo economico che si
svolgerà nell'arco dei prossimi mesi, successivamente sarà la volta delle
valutazioni comunitarie per la riserva di capacità. Anche a livello regionale il
dibattito si è inasprito, con il governatore Renzo Tondo – paragonato a Ponzio
Pilato – a ricordare che l'avvio della procedura è avvenuto nella legislatura
precedente.
Confindustria Trieste ha da tempo espresso un orientamento favorevole all'impianto, ritenendolo «utile per il rilancio economico del territorio, ma senza prescindere da alcuni prerequisiti fondamentali quali l'utilizzo delle tecnologie più avanzate in termini di sicurezza, un'attenzione all'impatto ambientale e paesaggistico, la creazione di posti di lavoro e di reali opportunità per la comunità». L'accento in particolare è sull'opportunità «di avviare anche ulteriori investimenti produttivi legati alla catena del freddo, mediante lo sfruttamento delle frigorie di risulta del processo di rigassificazione. L'insediamento del rigassificatore, inoltre, garantirebbe alle aziende locali di avere in prossimità dei loro insediamenti un'importante fonte di approvigionamento energetico. Un aspetto importante, in un contesto in cui il costo dell'energia per le imprese è più alto del 30% rispetto agli stati vicini come Slovenia e Austria, e che potrebbe quindi contribuire a una maggiore competitività del sistema del territorio. Al contempo, il rigassificatore dovrà essere compatibile con le attività logistiche e portuali presenti e future». L'associazione confindustriale chiede che «l'impresa promotrice del progetto migliori il dialogo con il territorio e interagisca maggiormente con gli attori principali che lo rappresentano». Un tentativo messo in atto, fra l'altro, con l'allestimento di gazebo informativi per la cittadinanza, la diffusione di materiale e la creazione di un sito internet dedicato. Ma la strada per il superamento delle proteste, che anche ieri hanno accomunato grillini e Sel, Lega e Pd, sembra ancora in salita.
La mappa dei rigassificatori - Gli impianti in Italia e i flussi del gas verso il nostro Paese - L'IDENTIKIT - 800 addetti previsti nella fase di cantiere per la costruzione del rigassificatore di Zaule - 70-80 forza lavoro a regime nell'impianto, cui si aggiungeranno tra i 300 e i 400 addetti nell'indotto 2005 - Inizio dell'iter sono passati sette anni dalla richiesta di Gas Natural - 500 Milioni l'investimento per la realizzazione dell'opera
Barbara Ganz
IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 novembre 2012
«Gnl, pronto al dialogo» - Tondo in Comune: «Dovevamo
parlare di disoccupati. Sdemanializzare Porto Vecchio»
Non è ancora finita, la partita del rigassificatore. «Sono pronto al
dialogo, la giunta regionale non si è ancora espressa, siamo qui...
discutiamone». Firmato Renzo Tondo mentre abbandona il Municipio al termine di
un “Gran Consiglio” che fa rima con grande equivoco. Nella serata in cui il
Consiglio comunale ospita in via straordinaria il governatore, una voragine
separa le aspettative di chi è sceso in piazza (e di chi è riuscito a infilarsi
in aula tra il pubblico) e i propositi di chi è invece venuto lì per essere “audito”.
L’ordine del giorno vuole Renzo Tondo (oltre che la presidente della Provincia
Maria Teresa Bassa Poropat) lì per parlare con Roberto Cosolini dell’emergenza
lavoro in questa città. Il grosso dei presenti, però, e non solo tra il pubblico
in aula ma anche tra i consiglieri, lo aspettano al varco per vomitargli tutta
la loro indignazione per quell’Aia rilasciata in sede di Conferenza dei servizi
dai tecnici della Regione. Tondo mette le mani avanti: sono qui per altro. Ma
alla fine non se ne può sottrarre. E così, sul tema, esterna a spizzichi. La
cronaca del suo pomeriggio in Municipio comincia prima dell’orario programmato
delle 17. Imbocca la porta di Palazzo Cheba per un vis-à-vis riservato con
Cosolini («Non mi sono nascosto dalla folla, sono salito in anticipo per parlare
col sindaco», dichiarerà a posteriori). E a chi gli chiede conto dell’assedio di
piazza risponde: sono qualche centinaio, a Trieste vivono in più di 200mila.
Morale: «Non credo rappresentino tutta la città». E qui par di sentire la
“maggioranza silenziosa” tanto cara a Illy. Tant’è. Inizia il Consiglio
comunale. Parlano il presidente dell’aula Iztok Furlanic (che in seguito
ordinerà a due vigili di scortare fuori un cittadino-spettatore troppo
loquace...), il capogruppo della Lega Maurizio Ferrara (primo promotore del
“Gran Consiglio”), il sindaco Cosolini e la presidente Bassa Poropat. Salta la
corrente, l’aula resta al buio. Meglio: i cori di piazza si sentono. E
imbarazzano. Si riprende. Attacca Tondo: «Ascolto i fischi, legittimi in
democrazia. Un amministratore deve ascoltare. Credo però sarebbe stato più
corretto, non nei miei confronti, ma dei lavoratori di Sertubi, Alcatel, Duke e
di tutte le altre realtà in crisi, se questa seduta fosse stata dedicata anche
come attenzione mediatica solo ai loro problemi, come richiesto dalla mozione».
Protesta lecita ma scorretta, insomma, secondo il governatore. Che poi -
incalzato dalle repliche dei consiglieri - controreplica in tre direzioni. La
prima riporta sui binari dell’emergenza lavoro: «Mi piacerebbe dire che Trieste
soffre di più perché se così fosse le altre realtà soffrirebbero meno e io avrei
tempo di concentrarmi su Trieste. Ma non è così. La crisi più forte non è né qui
né nella mia Carnia, ma a Pordenone. Le risposte che possiamo dare sono
ammortizzatori sociali, lavori socialmente utili, sostegno alle imprese». La
seconda, dietro solleciti, diventa una clamorosa presa di posizione in “casa
Camber”: «Anch’io sono convinto come te - dice Tondo guardando in faccia
Cosolini - che il Porto Vecchio debba essere sdemanializzato poiché rappresenta
un pezzo di futuro di questa città». È un recupero di sintonia tra sindaco e
governatore dopo che, per 24 ore, sono volati coltelli sotto forma di missive a
distanza: «Mi chiedo - scrive Tondo in una diffusa poco prima di salire in
Comune - dove e quando la Serracchiani abbia mai espresso, attraverso atti
concreti, in questi oltre due anni da europarlamentare, la sua contrarietà al
rigassificatore. Scoprirsi oggi così ferocemente contraria sulle ali della
campagna elettorale fa parte della sua strategia: quella di parlare senza
sapere, o meglio facendo finta di non sapere. Prima di accusare il sottoscritto
di incoerenza dovrebbe guardare a casa propria, quando all’epoca in cui furono
prese le decisioni che oggi ci vincolano, gli ex assessori regionali del suo
partito, Sonego e Cosolini, procedevano con atti ufficiali nella direzione del
rigassificatore». E la terza direzione è sempre quella: il rigassificatore.
«Siamo pronti a fare il nostro dovere e a ragionare con le comunità locali». Si
sono fatte le sette passate. Tondo ammette di essere già in ritardo sull’agenda
di giornata, si congeda e lascia in pasto ai consiglieri i suoi assessori alle
Finanze, Sandra Savino, e al Lavoro, Angela Brandi. Molti interventi sono in
sospeso. «Ringrazio il presidente, che ci lascia con le due bandanti. Ora ritiro
il cartellino e vado a casa», gonfia il petto Franco Bandelli, lui che è un
altro candidato governatore. Un competitor di Tondo, dunque.
Piero Rauber
«Il governatore cambia spesso idea»
Cosolini dopo le accuse: mai ascoltate preoccupazioni e obiezioni della
città
Il governatore Renzo Tondo ha detto che l’iter sul rigassificatore fu
avviato dalla giunta regionale Illy, assessore lo stesso Roberto Cosolini oggi
contrario all’impianto in qualità di sindaco? «Dopo un anno e mezzo non mi basta
certo, e ne avrei talora motivo, rispondere ai problemi chiamando in causa chi
c'era prima. Mi permetta allora di dirle che dopo quattro anni e mezzo di
governo, quando si chiedono agli elettori altri cinque anni, questo diventa
semplicemente buffo». Inizia così l’articolata replica che Cosolini invia sul
punto. Ricordando innanzitutto che è proprio il governatore a portare «la
responsabilità istituzionale e politica della grave forzatura compiuta in
Conferenza di Servizi sull'Aia, dove il parere degli enti locali è stato
incredibilmente “scartato” creando un vulnus molto pesante». La giunta Illy
definì la «valenza strategica» dell’impianto, ma «con propria delibera prese
atto di significative carenze documentali che rendevano impossibile
l'espressione di un parere nei confronti dell'istruttoria aperta dal Governo».
Al contrario, negli anni di governo di Tondo le preoccupazioni e obiezioni
tecnico-scientifiche «non hanno avuto né risposte adeguate dalla azienda, né
l'attenzione da chi avrebbe dovuto ascoltarle e valutarle». Cosa che Cosolini
precisa di avere fatto, «maturando una posizione contraria, non dal punto di
vista ideologico o pregiudiziale, ma perché ritengo insufficiente la ricerca
delle soluzioni tecnologiche, ambientali e localizzative più idonee di quella
proposta». Cambio di idea? Tondo, ricorda Cosolini, lo ha fatto spesso «in pochi
mesi». Prima ha annunciato agli industriali regionali che «il rigassificatore si
farà», poi ha corretto: «Non si farà se il territorio non lo vuole». Infine, «la
pilatesca e un po' paradossale affermazione: “la mia Giunta non ha fatto alcun
atto”». Vero, ricorda il sindaco, ma solo perché la forzatura in Conferenza dei
servizi ha tolto alla giunta regionale «l'onere di esprimersi». «Oggi lei
ritiene, in nome di un presunto interesse strategico, di dover procedere anche
in spregio alle posizioni del territorio, oltre che agli elementari principi di
correttezza nel rapporto fra istituzioni? Peccato - ancora Cosolini si rivolge a
Tondo - che tanto impegno non lo ritroviamo nell'attenzione che vorremmo dalla
Regione per Trieste» Contro il rigassificatore comunque, conclude Cosolini,
«continueremo la nostra azione in tutte le sedi».
SERRACCHIANI: DIETROFRONT DELLA REGIONE
«Il nostro progetto di sviluppo per Trieste punta sulle potenzialità ancora
inespresse del porto, che non sono compatibili con la presenza di un
rigassificatore». Lo afferma la candidata alla presidenza della Regione Debora
Serracchiani che si è detta «vicina alla manifestazione di Trieste». Secondo la
Serracchiani «Tondo ha fatto dietrofront rispetto alla sua posizione del 2007,
quando in campagna elettorale dichiarava il suo no al rigassificatore con il
sindaco di Capodistria Popovic».
Esplode la contestazione In 600 contro il Palazzo
Prima che l’acquazzone raffreddasse gli animi e facesse scappare la
folla, la tensione aveva rischiato di culminare in uno scontro con la polizia
La pioggia scrosciante alla fine ha contribuito ieri sera a raffreddare gli
animi e a far sfollare i circa seicento manifestanti che, arroccati sotto il
Municipio, hanno urlato tutta la loro contrarietà al progetto del
rigassificatore. Tensione altissima, bastava solo una scintilla a far scoppiare
uno scontro con le forze dell’ordine schierate a protezione del Municipio. Ma
alla fine l’intervento al megafono di Roberto Giurastante, rappresentante di
Greenaction Transnational, ha scongiurato il peggio. «Azioni di violenza
finirebbero per sminuire il vero significato di questa manifestazione», ha
urlato ai manifestanti che circondavano l’entrata del Comune. «Arretriamo,
arretriamo». E chi protestava ha fatto retromarcia. Il maltempo ha provveduto
poi a svuotare in fretta piazza Unità «Un no a tutto Tondo», si leggeva su uno
degli striscioni srotolati da appartenenti a associazioni ambientaliste come il
Wwf e Greenaction Transnational, al Movimento Trieste Libera e Tlt, alla Casa
delle Culture ma anche all’Unicef e ad alcuni partiti di maggioranza in
Consiglio Comunale. A far eco, slogan come «Trieste libera, via dal Friuli e no
a Gas Natural». E parole poco gentili nei confronti delle istituzioni locali,
del governatore della Regione, del sindaco e del presidente della Provincia.
Cori da stadio, bandiere, fischi e anche qualche forcone per sottolineare come
«di fronte a questa vergogna possiamo solo garantire - hanno dichiarato i
manifestanti - che non accetteremo mai un progetto imposto con uno
stravolgimento dei verbali». «Sono stati calpestati i diritti della
popolazione», hanno urlato le centinaia di persone in piazza picchiando pentole
e tamburi. «Alpe Adria Green oggi prenderà parte ad una conferenza ambientalista
oltre confine e chiederà alla Slovenia di presentare entro Natale la denuncia
già redatta per violazione alle procedure di impatto ambientale e di via», hanno
rivelato i rappresentanti di Aag. Pochi minuti dopo le 17, in concomitanza con
l’inizio della seduta del Consiglio comunale, un nutrito gruppo di manifestanti
ha tentato di salire al secondo piano del Municipio. Tra loro anche alcuni dei
ragazzi che hanno partecipato agli scontri dieci giorni fa davanti alla
Prefettura. L’aula si è riempita in fretta, non c’era posto per tutti. E chi è
rimasto fuori, ha fatto sentire tutta la sua rabbia. «Sono una cittadina
italiana - ha urlato a squarciagola Daniela Manzato, una manifestante - ho
diritto a partecipare a questa discussione ma non mi lasciano entrare». Intorno
alle 18 alcuni cittadini che stavano assistendo al consiglio comunale, hanno
informato i manifestanti che nella sala del Consiglio l’argomento del giorno non
era il rigassificatore. In quel momento si parlava dei lavoratori della Sertubi.
«Il progetto del rigassificatore - ha sottolineato Giurastante - è strettamente
collegato alle prospettive lavorative di questa città. Porterebbe solo 60 posti
di lavoro mentre uno sviluppo dell’attività portuale darebbe da mangiare a
migliaia di famiglie». La Casa delle Culture ha poi invitato i manifestanti a
partecipare all’iniziativa di protesta che intendono organizzare «in
concomitanza - hanno annunciato - con l’incontro, previsto per il 18 dicembre
prossimo, tra il sindaco Roberto Cosolini e il ministro all’ambiente Corrado
Clini. «Siamo stufi di assistere a messinscene, - hanno dichiarato in
manifestanti - Comune e Provincia dovrebbero vergognarsi di aver accettato a
testa bassa il diktat imposto dalla Regione».
Laura Tonero
Summit a Roma, risposte negative - Zollia: «Il porto
non potrà ampliarsi ma il ministero non vuole metterlo a verbale»
Il piano energetico nazionale è ancora in scrittura ma il rigassificatore di
Zaule è stato già segnato come “opera strategica”. Qualcuno lo sapeva? Le 100
navi gasiere previste ogni anno di fatto impediranno lo sviluppo del porto
(nuovo polo per traghetti ro-ro e piattaforma logistica con nuovi 12 ettari di
banchina). Si mette a verbale? No. Questo si sono sentiti dire ieri al ministero
dello Sviluppo economico Provincia e Comune, a Roma per la conferenza dei
servizi nazionale e decisoria sull’impianto di Gas Natural, che in pochi giorni
ha messo a segno autorizzazioni veloci e violente contestazioni. «Davanti ai
ministeri dello Sviluppo, dell’Ambiente e dei Beni culturali - è il “report”
dell’assessore provinciale Vittorio Zollia - abbiamo ribadito le nostre
posizioni contrarie, ripetuto che l’Autorizzazione ambientale è stata data in
Regione nonostante il parere contrario di Provincia e Comune, e che su
quest’atto palesemente viziato che non riproduce gli esiti effettivi della
conferenza dei servizi di Trieste abbiamo diffidato la Regione dal dare corso
agli atti, e che ci sono risvolti anche segnalati alla Procura». Zollia lo
racconta con forte sconcerto, perché i dirigenti del ministero non hanno preso
piega. «Il ministero dell’Ambiente su cui confidavamo ha anche affermato che è
in corso di approvazione la Valutazione d’impatto ambientale per il metanodotto
di Padriciano, e che dagli atti non risulta alcuna necessità di rifare il
procedimento». L’assessore ha ribadito che la Provincia giudica carente il
progetto in riferimento alle bonifiche e Gas Natural ha ribattuto che «il
progetto è stato consegnato». Zollia: «Confondono un piano per le
caratterizzazioni con uno per le bonifiche, che non esiste». Ma il massimo
disappunto per i rappresentanti degli enti locali (l’assessore Umberto Laureni
per il Comune) è arrivato - riferisce Zollia - quando ha parlato il
rappresentante della Capitaneria di porto: «Ha detto di ritenere che alla luce
degli attuali volumi di traffico registrati in porto le ulteriori 100 navi
gasiere non inciderebbero in modo rilevante, ho chiesto che cosa succederà col
nuovo terminal ro-ro e con la piattaforma logistica: il rigassificatore sarebbe
irrilevante? La risposta - dice Zollia - è stata la seguente: “Bella domanda, se
arriva il rigassificatore ad alcuni di questi progetti bisognerà rinunciare”. Ho
chiesto che un tanto fosse messo a verbale, e mi è stato negato. Ho firmato il
verbale, ma mi riservo di sollevare con forza il caso in Comitato portuale». La
Regione non era presente a Roma. In sua vece ha agito Gas Natural. Il verbale
della conferenza sull’Aia è stato portato al ministero dalla multinazionale
spagnola.
(g. z.)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 1 Rigassificatore calato dall’alto
Con profonda amarezza, dobbiamo prendere atto come: importanti assisi istituzionali regionali, ignorino (o peggio ancora)fingano di ignorare la precisa, forte, democratica scelta compiuta dal Comune di trieste in merito al paventato progetto inerente il rigassificatore. Il progetto non sarà mai una opportunità per Trieste, ne tantomeno un momento di sviluppo condiviso dell territorio, meno ancora una soluzione per gli enormi problemi occupazionali-economici di cui soffre Trieste. A questi illustri rappresentanti politici, vorremmo ricordare alcuni piccoli particolari (forse sfuggono a qualcuno) ovvero: complessivamente il credito alle imprese è sceso di 38 miliardi (sull’intero territorio nazionale) con una contrazione del 4,2% superiore alla velocità di contrazione dell’economia. La forte sofferenza di alcuni istituti bancari (incagli, crediti inesigibili, sofferenze varie) offre preoccupanti momenti di riflessione per chi opera e lavora, per chi produce. Siamo giunti al punto in cui il livello dei prestiti supera il deposito della clientela (un divario del 22%) con un pericoloso fenomeno sociale in costante aumento: l’indebitamento delle famiglie. Tutto ciò in un periodo in cui l’intera economia regionale soffre tremendamente, pochi sono gli operatori che possono permettersi il lusso di ipotizzare la tanto attesa uscita da questo tunnel sempre più disperato e asfittico, (e quindi dando delle certezze al mondo del lavoro) senza che vi siano dei minimi segnali di indirizzo “politico concreto e non penalizzante” specie nel settore edilizio ove, in 4 anni, bel 70 imprese han chiuso i battenti lasciando “sull’asfalto” quasi 700 operai. Il progetto Gas Natural non rappresenterà mai un coeso percorso di sviluppo condiviso della città di Trieste, (ne tantomeno una opportunità di rilancio) non è possibile che certi esponenti istituzionali fingano di non capire, o ignorino, una democratica scelta attuata dal Comune di trieste. Prima di “far calar dall’alto” certe decisioni, magari si rivedano e si concentrino sui dati sommariamente indicati in questo testo, dati che impongono il varo di vere strategie, magari condivise, ma strategie che riguardino il futuro di chi lavora, delle famiglie, di chi imprende. Di decisioni “calate dall’alto” possiamo farne volentieri a meno, anche perché il tempo della pazienza sta scadendo sempre più rapidamente. È sin troppo semplice riaffermare, in chiusura, che i cittadini di Trieste, l’amministrazione comunale, le forze politiche giuliane non meritano, nè attendono, lezioni di democrazia da nessuno, nè tantomeno decisioni calate dall’alto.
Fulvio Chenda (direttore Associazione Operatori Terziario Pmi)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Fuori i nomi dei responsabili
Sul Piccolo ho letto che la Conferenza dei servizi ha dato l’Ok al rigassificatore. Al riguardo vorrei conoscere (oltre ai due citati: Pietro Giust e Pierpaolo Gubertini) i nomi di tutti gli altri membri della Conferenza – che hanno votato “all’unanimità” – ed in particolare di dove sono originari: ho infatti qualche dubbio sul fatto che siano triestini. Lo dico da triestino, anzi, da servolano che da ragazzo (anni ’50) d’estate andava al bagno dell’allora Ferriera Ilva: già, perché la Ferriera aveva a quei tempi anche una struttura balneare per i propri dipendenti e loro familiari. Allora, con un po’ di allenamento, si poteva fare una nuotata fino alla sponda opposta, cioè a Muggia. Mi chiedo perciò com’è possibile che in un braccio di mare che è poco più ampio di una piscina si possa insediare un tale impianto! E se questo dovesse succedere vorrei che i nomi dei signori che hanno votato “all’unanimità” per il Sì siano ben conosciuti a tutti i triestini perché sarà a loro che dovremo dire grazie (ma sarebbe più corretto dire: saranno loro i colpevoli) per tutte le conseguenze negative che noi triestini (e solo noi) dovremo subire. Vorrei anche sapere come mai sia possibile l’esistenza di una clausola che renda alla Gas Natural possibile rivalersi economicamente sullo Stato nel caso non riuscisse a lavorare a pieno regime. Dovremo pagarle noi gli utili che non riuscisse a crearsi da sola con la sua attività? E se già fin da ora ha bisogno di una tale clausola di salvaguardia, ciò non evidenzia che non è poi tanto sicura della riuscita economica dell’impresa? E, comunque, gli aiuti di Stato non sono vietati dalla legislazione europea?
Edoardo Germani
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Programmazione del tutto assente
Ma possiamo rimanere ancora educatamente silenziosi osservando la violenza che viene fatta a questa nostra povera città? Io non lo sarò, mi sono informato, ho visto in che modo ci viene proposto questo progetto e come viene approvato. Io vorrei una programmazione, anche a lungo termine, di una città moderna, sana, dove lo spopolamento venga fermato, dove si producano veri posti di lavoro, voglio una città normale in un paese normale, ma qua non si riesce neppure a programmare la ristrutturazione di un magazzino vini, non si sa come sfruttare l’area dell’ex piscina Bianchi, non si sa cosa fare del porto, della zona Franca, del turismo, del commercio, dell’artigianato, della ferriera, della Trieste trasporti, degli studenti, dell’autostrada, delle ferrovie, delle società sportive, degli spazi demaniali a mare, della differenziata, della sanità, dei teatri, delle bonifiche, dei disabili... E si vuol fare il rigassificatore. Cittadini, incominciamo a pensare!
Gianluca Pischianz
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Il nostro voto calpestato
Leggo con costernazione le incredibili notizie sul rigassificatore che ad ogni costo si vuol installare in città. L’approvazione “all’unanimità” del progetto fatta dalla Commissione tecnica regionale è un momento tragico di Trieste alla quale viene imposta una bomba a tempo che potrebbe segnare letteralmente la sua fine. Il motivo: semplicemente soldi che qualcuno guadagnerà e che tanti politici privi di qualsiasi caratteristica umana appoggiano incondizionatamente. E mai possibile che l’opposizione di tutti gli enti locali di questo territorio (Comune di Trieste, Muggia, Duino Aurisina e perfino di Capodistria) non siano più che sufficienti ad escludere soluzioni non gradite ai cittadini? Non siamo in tempo di guerra quando “per il bene della Patria” si calpestavano i diritti fondamentali dell’uomo, ma in tempo di pace e di sprechi nonché di incommensurabile avidità. Nella Val di Susa per realizzare la grande velocità si è messo il territorio sotto il controllo delle forze armate, lo stesso avverrà anche a Trieste? Il nostro voto e la nostra volontà non vale nulla se i signori ai quali diamo tanto potere mancano non dico di moralità ma di semplice buon senso. Non rispettare il diritto degli abitanti d’un luogo di dire di no e farlo soprattutto solo per arricchire qualcuno può portare ad una sacrosanta rivolta popolare. I nostri politici non s’accorgono di aver tirato troppo la corda?
Marco Sare
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Un luogo sbagliato
Illustrissimo Presidente Tondo, non sono contraria in linea di principio ai rigassificatori, ma il progetto di Gas Natural ha identificato un luogo sbagliato per l’insediamento, e il sistema di riscaldamento del gas a circuito aperto è Incompatibile col bacino della baia di Zaule. Il Suo ruolo è quello di proteggere i cittadini dai pericoli che l’impianto rappresenta per la sicurezza dell’uomo e per l’ambiente. Come mai si nega così pervicacemente l’evidenza, se pur il progetto ha superato i controlli ufficiali?
Marina Zweyer (Dipartimento Uc di Scienze mediche chirurgiche e della salute Università degli Studi di Trieste)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 Appello a Tondo
Stimato Presidente Tondo, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di “eletto dai cittadini” e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-TAV triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata (25 anni fà la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c’è!).
Paolo Angiolini
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 Il “golpe” della Regione
L’ok della Giunta Tondo all’installazione del Rigassificatore di Zaule suona come un “golpe” perpetrato verso la popolazione di Trieste e Provincia e le loro istituzioni pubbliche. Questi signori della giunta, se ne sono altamente fregati dei pareri contrari di esperti che con dati alla mano ne dimostravano la pericolosità e nemmeno delle proteste dei cittadini in quanto quell’impianto non si ha da fare perché inoltre è pericoloso per la popolazione. Se la matematica fino a prova contraria è la scienza che studia i numeri e la chimica la trasformazione, la composizione e le proprietà delle varie sostanze, perché allora i numeri delle varie relazioni presentate da Gas Natural non combaciano con quelli dei tecnici o degli ambientalisti e dei Vigili del Fuoco eccetera. Che usino una matematica sconosciuta a noi terrestri? In una intervista al riguardo il ministro dell’Ambiente Clini si era così espresso:” Dobbiamo ascoltare il territorio”. Spero che se lo ricordi! Ma perché il Rigassificatore deve essere fatto per forza a Zaule e non al largo ? E’ forse questione di una promessa fatta a qualcuno o si tratta di denaro? Se l’Italia è uno stato democratico perche noi cittadini non contiamo nulla? Che eredità lasceremo ai nostri figli e nipoti?
Piero Robba
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 La voce dei cittadini
Stimato Presidente Tondo, spero ascolti la voce della maggior parte dei cittadini di Trieste e provincia, di chi l’ha eletta e non, ma che a gran voce vuole comunicarle la profonda contrarietà alla realizzazione di un tale colosso nel nostro piccolo ma ancora prospero golfo!
Valerio Balbi
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 9 I nostri tecnici sono incapaci?
Dopo aver letto gli articoli riguardo l’Aia del rigassificatore, ho cercato il significato della parola “inconferente” sul vocabolario della lingua italiana Zingarelli e non ho trovato nulla. Ho verificato il verbo “conferire”: alla desinenza “conferente” mi suggerisce attinente, concernente. Da qui capisco che “inconferente” significa non attinente oppure non concernente. Questa premessa mi serve per esternare la mia riflessione sull’Autorizzazione integrata ambientale al Rigassificatore, promulgata il 20 novembre u.s. dalla Regione Fvg. 1. I tecnici comunali e provinciali hanno perso alcune settimane di lavoro per dimostrare gli effetti nocivi del rigassificatore sull’ambiente marino e costiero del golfo di Trieste: infatti il direttore del servizio Energia regionale ed il dirigente del settore Tutela dall’inquinamento li hanno considerati dei cretini che hanno sbagliato le osservazioni sul tema in oggetto, in quanto non attinenti, non concernenti. 2. I tecnici regionali si arrogano il diritto di definire positivi due giudizi non attinenti e, insieme al loro singolo voto positivo, di considerare la votazione finale positiva all’unanimità (3 voti favorevoli). Vedendo il primo punto, bisogna arrabbiarsi e rimandare a scuola i tecnici comunali e provinciali. Aggiungendo il secondo punto, si insidia il dubbio di una sovversione della democrazia ,del buon senso e della logica che: N+N+1 =3 (dove 0=voto contrario, 1=voto favorevole, N=voto non valido,non attinente, non concernete, non sappiamo cosa dire, non gioco più me ne vado). Se le grandi e responsabili decisioni strategiche nazionali (come i rigassificatori) devono passare per queste squallide interpretazioni da azzeccagarbugli, il futuro dell’Italia e di Trieste è messo male.
Alberto Biloslavo
Tav, il gioco dei rinvii solo uno spreco di risorse -
L’INTERVENTO DI DARIO PACOR - Comitato No-Tav di Trieste e del Carso
All’inizio di ottobre il Commissario straordinario per l’asse ferroviario
Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, nel corso di un incontro con i presidenti di
Confindustria del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, ha proposto di rinunciare
all’Alta Velocità nella nostra regione, giustificando tale scelta con
l’oggettiva mancanza dei soldi necessari per la realizzazione dell’opera.
Notizia riportata dal Piccolo in data 4 ottobre. Il 28 dello stesso mese è stato
reso noto, sempre sul Piccolo, il pensiero di Mauro Moretti, amministratore
delegato di Ferrovie dello Stato, sulla linea AV-AC Venezia-Trieste: «Siamo
ancora nella fase di progettazione». Bisogna ricordare a questo punto che negli
ultimi anni sono state presentate ben tre procedure di Via (valutazione di
impatto ambientale) per la linea Tav sul territorio del Friuli-Venezia Giulia.
La prima, con gallerie sotto il Carso per oltre 30km, è stata respinta nel 2005
dai Ministeri competenti perchè giudicata ambientalmente inaccettabile. La
seconda è stata accantonata perché la mobilitazione popolare in difesa della Val
Rosandra ne aveva evidenziato la catastrofe ambientale (peraltro così evidente
da generare il sospetto che neppure gli estensori l’abbiano mai pensata
realizzabile). La terza è stata rinviata al mittente perché lo studio di
fattibilità di un linea lunga solo 150 km era stato proposto non nella sua
interezza ma suddiviso in tronconi ognuno a se stante. Era grottesco presentare,
ridotta a salame, una linea che dal Veneto arriva a Trieste, eppure anche questo
si è tentato. Ora si aspetta l’esito della quarta presentazione, nella quale
Rete Ferroviaria ha tentato di rimettere insieme i vari spezzoni. Possiamo
sperare, viste le competenze fin’ora dimostrate, che pure quest’ultimo finisca
al macero? Poiché la Via deve essere basata su un progetto ben definito e non
solo su ipotesi, in questi anni sono stati prodotti centinaia di documenti, tra
testi e planimetrie. Su questi si sono riuniti a discutere decine di consigli
comunali, due consigli regionali, quattro consigli provinciali. Il tutto è
costato una montagna di soldi pubblici: i progettisti non hanno sicuramente
lavorato gratis, gli uffici hanno dovuto subire un aggravio di lavoro, i
Consigli che si sono riuniti hanno significato gettoni erogati... Tanti soldi
sottratti come sempre ad altri settori di intervento: sanità, scuola, servizi.
Sia chiaro, noi No-Tav siamo felici di sapere che quest’opera, inutile sul piano
trasportistico, dannosa ambientalmente e costosissima per le disastrate casse
pubbliche è ben lontana dal suo eventuale inizio: è ciò per cui in questi anni
ci siamo mobilitati con numerose manifestazioni ed assemblee pubbliche. La
nostra richiesta, a fronte di questo stato delle cose, è precisa: si dichiari
ufficialmente e definitivamente decaduta l’ipotesi della linea Tav-Tac nella
nostra regione, mettendo la parola fine a questo assurdo e vergognoso gioco di
progetti e rinvii con sperpero di enormi risorse di tempo e di soldi.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 novembre 2012
Tondo: «L’iter del rigassificatore avviato da Illy e
Cosolini»
Il governatore replica all’eurodeputata del Pd Serracchiani che lo accusa
di essersi lavato le mani come Ponzio Pilato.
L’atteggiamento ambiguo della Lega: ora strepita ma
prima taceva
Per Debora Serracchiani, candidata Pd alla guida della Regione, il
governatore uscente del Pdl e suo imminente competitor Renzo Tondo, davanti al
progetto di Gas Natural, sta facendo la figuraccia del Ponzio Pilato. Per Tondo,
di rimando, questa è una storia già scritta, fin dai tempi del suo predecessore
ed ex competitor Riccardo Illy, nella cui giunta figurava pure Roberto Cosolini.
Il giorno dopo i preavvisi di esproprio pro-rigassificatore e pro-elettrodotto
fatti pubblicare dal Ministero per lo Sviluppo economico di Corrado Passera -
preavvisi che hanno fatto seguito all’Aia rilasciata dagli uffici regionali
nella Conferenza dei servizi con la contrarietà definita “inconferente” di
Comune e Provincia - va in onda lo scaricabarile formato bipartisan. E ai
massimi livelli regionali. Rompe gli indugi la Serracchiani: «Nella vicenda del
rigassificatore - interviene l’europarlamentare e segretario regionale Pd -
Tondo se n’è lavato le mani come Ponzio Pilato. È una delle peggiori prove
dell’amministrazione Tondo, che non ha avuto nemmeno il coraggio di mostrare la
faccia in una delle scelte più pesanti che toccavano alla giunta. Calpestando i
pareri di tutti gli enti locali e mascherandosi dietro un atto tecnico, la
giunta Tondo ha offerto uno spettacolo umiliante per i cittadini che dovrebbe
governare e al cui giudizio dovrà presentarsi. Spudorato anche il gioco della
Lega, che oggi (ieri Max Fedriga ha presentato alla Camera una risoluzione per
“impegnare il Governo a interrompere l’iter propedeutico alla realizzazione
dell’impianto di Zaule”, ndr) chiede al Governo di interrompere l’iter ma fino a
ieri ha taciuto in Regione, cullandosi nell’alleanza con Tondo». L’attacco della
Serracchiani stana immediatamente Tondo. «Le delibere che danno il via all’iter
del rigassificatore di Zaule - sbotta il presidente della Regione quasi a fine
mandato - sono tutte da ricondurre alla precedente amministrazione regionale,
Illy presidente e Cosolini assessore». E via con le date e i provvedimenti che
furono: «L’11 marzo 2005 - insiste Tondo - la giunta regionale riconosce
l’indubbia valenza strategica del rigassificatore di Zaule, il 24 marzo 2006 il
Governo Prodi con ministro dell’Industria Bersani inserisce nell’elenco
nazionale dei gasdotti realizzabili il gasdotto Zaule-Trieste. Successivamente
con le delibere 604 e 609 la giunta definisce l’area dei comuni interessati
delle due opere. Nel 2007, sempre legislatura di centrosinistra, vengono inviate
a Roma le prescrizioni della Via nazionale per l’impianto di Zaule e per
l’impianto offshore. Quindi dire che il rigassificatore è voluto dalla giunta
Tondo è un falso, la mia giunta non ha fatto alcun atto. All’onorevole
Serracchiani, che parla come sempre senza sapere, un invito a rivolgere appelli
di coerenza al suo capo, l’ex ministro e candidato alla presidenza del Consiglio
Bersani, e all’ex assessore Cosolini». Lo scaricabarile replica sugli schermi
tutti triestini, tra due consiglieri regionali ex colleghi di partito fin dai
tempi del Msi: il vice provinciale del Pdl Piero Tononi e l’esponente di
Un’altra Regione e Un’altra Trieste Alessia Rosolen. «È ora - romba lei - di
presentare il conto a Tondo e al suo vice in pectore, l’assessore Sandra Savino.
Favorevoli per ragioni politiche al rigassificatore, favorevoli come tutto il
Pdl che sta seduto sui banchi della Regione». «Tutti abbiamo ancora ben presenti
– replica Tononi – gli articoli e le interviste in cui l’allora capogruppo di An
in Consiglio comunale Rosolen si stracciava le vesti perché, a suo dire, Piero
Camber non dava il via libera alla realizzazione di un rigassificatore nel Golfo
di Trieste, come da lei fortemente voluto».
Piero Rauber
Oggi dalle 16.30 la protesta in piazza Unità sotto il
Comune
Mai, il Comitato per la salvaguardia del Golfo di Trieste, aveva portato in
piazza la “massa critica” che riuscirà a portare oggi, dalle 16.30, sotto il
Municipio, mentre Tondo parlerà in Consiglio comunale. Oltre a Wwf e Italia
Nostra spunta un elenco infinito di partiti che ieri hanno intasato la casella
di posta elettronica del Piccolo per dire “ci saremo”. Ci sarà Un’altra
Regione-Trieste, ci saranno i grillini, perfino la Lega col segretario Pierpaolo
Roberti si professa «vicina ai manifestanti». Si annunciano i Comunisti
italiani, i vendoliani di Sel, e per il loro coordinatore regionale Giulio Lauri
«è l'ennesima truffa a questa città, Tondo ne porta la responsabilità e si deve
dimettere». »Il Comune di Trieste ha già detto no al rigassificatore», ricorda
Roberto Decarli a nome di tutti i consiglieri di centrosinistra». «Tutti si
mobilitino contro l’ecomostro di Zaule», romba il consigliere regionale Pd
Sergio Lupieri. Tutti d’accordo allora? Non proprio. Sentite Walter Godina dai
Comitati Renzi: «Ricordo che il Pd provinciale si è espresso per il rifiuto del
rigassificatore. Ci piacerebbe sapere quali azioni sono state portate avanti dai
parlamentari Pd, Rosato e Blažina, a Roma, per rappresentare la posizione di
Trieste. E qual è il pensiero di Bersani?».
(pi.ra.)
Espropri in vista, assalto agli uffici comunali
Mocnik: funzionari del ministero hanno tentato di inserire Zaule tra le
priorità del piano energetico Ue
Gli uffici comunali del Servizio ambiente ed energia, da ieri, sono «invasi»
- parola dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - da triestini presi dalla
premura di consultare le planimetrie, per capire esattamente dove dovrebbe
sorgere il rigassificatore di Zaule e dove dovrebbe passare l’elettrodotto
deputato ad alimentarlo. Tra di loro ci sarà di certo il proprietario di qualche
terreno destinato a essere toccato dal progetto, ma il grosso è fatto
presumibilmente da cittadini contrari all’opera, presi in contropiede dalla
pubblicazione dei preavvisi di esproprio con relativo elenco delle 113
particelle catastali di Demanio portuale in cui verrebbe piazzato l’impianto e
delle altre 311 aree (di varia proprietà fra Regione, Comune, Ezit, Autorità
portuale, privati e imprese) in cui transiterebbero sottoterra i “fili” della
luce calati dal Carso. Ma questi non sono gli unici soggetti che si sentono,
tanto per usare un eufemismo, presi in... contropiede. C’è una pletora di
rappresentanti istituzionali, e non, che protesta. E punta il dito dritto contro
il ministro Passera. «Il fatto che il Ministero - così Laureni - nel comunicare
l’avvio del procedimento autorizzativo abbia definito il rigassificatore
un’opera urgente non ha senso. Passi strategica, che poi vuol dire che lo Stato
accetta comunque di passare sopra gli strumenti urbanistici e così via». «Ogni
atto qui va studiato a fondo - gli fa eco Roberto Cosolini restando volutamente
alla superficie - perché eventuali vizi riscontrati nel percorso amministrativo
implicherebbero la nullità di atti successivi, a cominciare dal’Aia uscita dalla
Regione». «Di fronte a un esproprio regolato da un atto ministeriale - osserva
il tecnico d’area (centrodestra) Dario Bruni da presidente dell’Ezit - noi non
ci si può opporre, l’abbiamo già sperimentato sulla nostra pelle in tempi
recenti con la Lacotisce-Rabuiese. L’unica garanzia che possiamo chiedere è che
l’attività del rigassificatore non finisca per interferire con quelle degli
insiediamenti industriali e marittimi che insistono o insisteranno, come nel
caso del futuro terminal ro-ro, nella baia. Va anche rilevato - e qui Bruni
tocca lo stesso nervo scoperto degli altri - che il modo con cui procede l’iter
sta lasciando tutti perplessi, tra la forzatura degli uffici regionali e le
fughe in avanti del ministero». E che di fuga in avanti possa trattarsi lo
lascia intendere dal canto suo il leader dell’Unione slovena Peter Mocnick, che
in quanto avvocato segue la causa amministrativa intentata financo dalla
Slovenia contro il rigassificatore: «Funzionari dello Stato sloveno mi hanno
messo al corrente che venerdì scorso, a Bruxelles, funzionari del ministro
Passera hanno tentato di inserire il rigassificatore di Zaule tra le priorità
del piano energetico comunitario. I funzionari sloveni hanno ribattuto
ricordando che sono ancora in corso dei contenziosi, al Tar del Lazio ad
esempio. E così, per il momento, il discorso è stato stoppato». Anche il
presidente del Wwf, Alessandro Giadrossi, è un avvocato. «E in quanto tale -
precisa - mi tengo prudente. Non si può dire, al momento, senza prima studiare
le carte, che ciò che ha fatto il Ministero è sicuramente errato». Però... però
«fa specie che il Ministero abbia fatto procedere un iter prima d’aver concluso
quello autorizzativo. Evidentemente ritiene di avere gli elementi giuridici per
poterlo fare. Il consiglio ai soggetti che possono essere interessati agli
espropri è comunque di darsi da fare andando a verificare i documenti e
affidarsi eventualmente a un avvocato».
(pi.ra.)
Rigassificatore, Trieste alzi la testa e si faccia
sentire da sola - LA LETTERA DEL GIORNO di Luciano Santin
Per storia e formazione, Trieste ha un carattere ligio, rispettoso dei ruoli
e delle istituzioni, e lo ha evidenziato anche nella lunga querelle in merito al
rigassificatore. Probabilmente questo atteggiamento di civiltà e di
disponibilità al ragionamento in nome del bene comune è stato preso per
debolezza. Non c’è stato alcun dialogo o confronto, e la Regione, accampando
motivi di lana caprina e scelte “tecniche” (non nascondiamoci dietro un dito: i
mandanti o correi primi sono Tondo, Brandi, Seganti, Savino) ha dittatorialmente
trasformato il compatto no degli enti locali (e dell’Ass, e del Porto… ) in un
parere positivo unanime. Se esistono errori e colpe sanzionabili per legge, lo
decideranno i tribunali. Ma la scelleratezza politica e morale di un atto del
genere è sotto gli occhi di tutti. In varie occasioni (si pensi alle
manifestazioni per il San Marco, o alla protesta per Osimo), quando è stata la
controparte a violare le regole, Trieste ha saputo reagire con forza. Sinora gli
amministratori locali non hanno potuto, o saputo, o voluto opporsi con azioni
anche eclatanti. Le scuole di pensiero sono diverse, c’è chi parla persino di un
gioco delle parti, con il poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Sta di fatto
che l’esito delle diverse azioni è stato quello cui abbiamo assistito negli
scorsi giorni. Crediamo sia giunto il momento che la città rialzi la testa, e si
muova da sola. Se vorranno, i suoi rappresentanti istituzionali la seguiranno,
non viceversa. Perché, a quanto si è visto chiaramente, questa scelta non ha
pagato.
SEGNALAZIONI - Energia / 1 Molto business pochi benefici
Scopriamo in queste ore che Gas Natural ha ottenuto una documento chiave per la realizzazione del rigassificatore di Zaule: si tratta dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale), espressa dalla Conferenza dei servizi regionale, quella che avrebbe dovuto esprimere il parere della comunità locale. Incredibilmente, i pareri contrari al rigassificatore di tutti i Comuni della Provincia di Trieste sono rimasti inascoltati su questo progetto "gasante" per Trieste ma ideato in Spagna, col beneplacito del Presidente Tondo, del governo Berlusconi e (verosimilmente) dell'attuale Governo Monti. Fiumi triestini di inchiostro, di pagine web e lunghe ore di radio e dibattiti dal vivo hanno segnalato che molti triestini e qualificati esperti ritengono che il progetto di Gas Natural sia contro gli interessi della nostra comunità. Tra le tante incompatibilità col nostro benessere causate dal rigassificatore, segnaliamo nel futuro: l’arrivo di schiume velenose sul lungomare di Barcola, come a Porto Viro; l'alterazione della temperatura del Golfo assieme all'immissione di sostanze nocive, con evidenti disastri sulla flora e sulla fauna marina; l'installazione a Zaule di una potenziale bomba che potrebbe radere al suolo metà città. Non si capisce perchè ci dobbiamo meritare tutto questo, quando gli introiti per la città sarebbero minimi, a parte l'occupazione generata per la costruzione in un paio d'anni dell'impianto: sul rigassificatore Gas Natural sarebbero ingaggiati qualche decina di ingegneri, quasi certamente non triestini; sarebbe una magra consolazione qualche misero introito fiscale; di certo non abbiamo bisogno di altro gas, come triestini, di quello che è già previsto in circolazione nei prossimi anni. Quello del gas è un business milionario dove le grandi aziende come Gas Natural potrebbero dimostrare di nuovo che conta di più la loro capacità di persuasione sui governi nazionali che i benefici forniti dalle multinazionali alla comunità locale. Come comunità (politici eletti e tutti i cittadini) ora è giunta l'ora di cooperare con ogni mezzo necessario per fermare iniziative piovute sulle nostre teste, che rischiano di rovinare il nostro territorio irrimediabilmente.
Enrico Maria Milic
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 2 Il bel “regalo” del governo
Il vallone di Muggia per secoli ha avuto un’economia a produzione naturale: un golfo diviso in due tra due stati con due principali attività: saline e pesa tra la rivalità di muggesani e servolani. Per arrivare in tempi recenti, alla fine del ’700 i pali di ostriche erano così tanti che i pescatori servolani inviarono una supplica al Magistrato Civico asserendo la loro difficoltà di pesca. Gli ostricari si difesero con l’affermare che i profitti delle ostriche andavano solo a loro, ma i mitili che si attaccavano in fondo ai pali al momento di levarli li regalavano al popolo, che così si poteva sfamare. Le ostriche venivano vendute a Vienna. Nei “Quaderni di conversazione”, un modo per comunicare con gli altri, Ludwig Van Beethoven annotava che al ristorante “Trieste” mangiava ostriche provenienti da Trieste e Venezia e beveva Tokaj magiaro. Questo tipo di economia continuò ancora per un secolo. Alla fine dell’800 una società praghese sbancò la costa per farvi sorgere una grande ferriera con il carbone, che arrivava da Narvik. Esistevano allora le fosse di decantazione, che proteggevano la salubrità marina, ma un po’ alla volta con l’installazione di altri impianti (petrolio, cantieri...) le ostriche sparirono e la povera ostrica Elisabeth, un tipo di ostrica autoctona, dovette lasciare il posto a un’economia industriale. In mancanza di leggi ambientaliste e preventive la situazione peggiorò e per mia memoria diretta, sul fondo del Vallone di Muggia non crescevano più neanche le alghe. Ora si vuole tornare a una economia “naturale”, non di ostriche, ma di gas: un rigassificatore, che potrebbe benissimo essere costruito in alto mare e non sulla costa. Così come progettato non lo vogliono né i comuni della Provincia, né la Provincia, né l’Autorità portuale. Lo vuole però il governo romano. Così il governo centrale vuole omaggiare la città per il centenario dell’Unità. Proprio un bel regalo. Se sommiamo questo agli altri regali del governo centrale (l’incuria delle dogane dismesse, la condizione pessima degli edifici del Punto Franco, la mancanza di servizi ferroviari ma nello steso tempo la non volontà di alienare la grande area della ferrovia lungo il mare, la totale incuria del Parco di Miramare....) che fiducia possiamo avere? Siamo in un sistema democratico? Sì? E allora confrontiamoci su questo piano. Il metodo: indire un referendum. Non ci sono altre alternative.
Pier Paolo Sancin
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 3 Meglio il Lisert
Alcune osservazioni circa il rigassificatore: critiche vengono fatte perché si usa il cloro per depurare l'acqua di raffreddamento e poi perchè l'acqua molto fredda viene riversata in mare. Ambedue questi fatti sono nocivi per l'ambiente marino del golfo. Ed è vero! Però si può ovviare: al posto del cloro che è un gas nocivo si può usare l'ozono, pure un gas ma fatto di ossigeno con 3 atomi, perciò forte battericida, ma che in breve tempo si scompone e ritorna ossigeno puro ceduto all'ambiente. L'ozono si usa in alcune patologie mediche e anche per depurare le acque delle piscine al posto del cloro. L'acqua di raffreddamento può essere immessa in vasche di risulta e riscaldata a temperatura ambiente prima di essere restituita al mare. Non capisco perché ci si debba perdere per così poco dato un impianto così costoso! Di tutta questa operazione però, quello che a me non va, è che l'impianto deve essere fatto a Zaule, ma poi detto gas compresso deve essere portato a Monfalcone con tubi sottomarini attraverso il golfo e con scavi terrestri congiunto poi alla rete del gas! Ma scusate, perchè non farlo allora direttamente al Lisert? Volenti o no il governo ci impone questa sua scelta! Trieste ha detto chiaro che non lo vuole in mezzo ai piedi, ma la Regione ha detto sì. Nel golfo ci sono già i due grossi tubi della depurazione fognaria di Servola. Inoltre da San Canzian d'Isonzo, un grosso tubo percorre il golfo in tutta la sua lunghezza fino a Roiano: è il nuovo acquedotto di Trieste. A un certo punto il tubone del gas (proveniente da Zaule) dovrà scavalcare quello dell'acquedotto per andare a terra. Nel golfo abbiamo bassi fondali (media 20 m): vale la pena incrociare i tubi? E se si rompono? E se una nave li sfonda? Che facciamo: gli scongiuri al Padreterno? Se per ragioni nazionali dobbiamo sopportare detto impianto, almeno facciamolo dove la natura è più favorevole! Questa zona è il Lisert! Più di 40 anni fa venne proposto là un impianto del genere. I monfalconesi con referendum si opposero perché sostennero di trovarsi una bomba in casa (io direi in estrema periferia, non in casa). Questa la ragione emotiva. Ma in realtà c'era dell'altro. In quegli anni, c'era l'idea di spostare in Friuli e, specie nell'Isontino, la chimica pericolosa e inquinante di Marghera e il Lisert era zona appetibile. Si sa poi come andò a finire: la chimica italiana fu spezzettata e poi ingoiata da mercanti esteri (specie americani). Ora Marghera è piena di cattedrali nel deserto. Inoltre si aveva fiducia nell'energia nucleare: perché portarsi dei doppioni pericolosi in casa? Anche il nucleare è andato in soffitta da noi e il Lisert è rimasto vuoto a perdere! Perciò non capisco tutto questo arzigogolare in casa nostra: il Comune di Trieste deve dire chiaramente al governo che qui in città l'impianto a gas non lo vuole ma nel contempo propone il sito del Lisert, già scelto molti anni fa per cose del genere. L'opinione di oltre 200 mila persone di Trieste, vale forse molto meno di 25 mila monfalconesi? Cosolini batta forte i pugni sul tavolo, perdio! Ha tutta la stazza per farlo!
Sergio Callegari
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 4 Trieste città suicida
Trieste città suicida. Non fatevi illusioni. Non raccontate fandonie, smettetela di ingannare, di turlupinare la gente. Trieste è stata, lo è tuttora e lo sarà ancora in futuro, un obiettivo di primaria importanza, come piazzaforte è indifendibile. La presenza dell’oleodotto transalpino Trieste Ingolstad, in Baviera, la pone a livello di “obiettivo sensibile”, un attentato all’oleodotto taglia un’importante linea di rifornimento di petrolio alla Germania. Non dimenticatevi l’attentato negli anni ’70, da parte di “Settembre nero” che sconvolse la regione. Figurarsi se avremo il tanto decantato, magnificato, esaltato degassificatore! E non tanto discosto dalla città, ma nel bel mezzo della zona industriale, a Zaule! Solamente delle menti, non dico perverse, ma degenerate anche nel senso morale, possono insistere nella sua realizzazione, che non va a beneficio della città e dell’ambiente, ma del solito gruppo finanziario industriale al quale non interessa la salute pubblica, ma solo il guadagno. Nel Golfo del Messico gli americani stanno realizzando una decina di degassificatori, ma con l’avvertenza di porli a non meno di 50 chilometri da centri abitati. Prendete un atlante e confrontate il Golfo del Messico con il Golfo di Muggia: scoprirete che nel Golfo del Messico ci sta comoda mezza Europa! Se esplode un degassificatore o una nave gasiera, la deflagrazione è paragonabile a quella di diverse testate nucleari. Le vittime sarebbero centinaia di migliaia, al centro dell’esplosione, nella nube di gas, si raggiungerebbero i 4000 gradi centigradi e il gas, passando dallo studio liquido allo stato gassoso, con l’ossigeno forma un composto chiamato Grisoù, che è un gas altamente infiammabile ed esplosivo. Come ciliegina sulla torta, il gas assorbe tutto l’ossigeno dell’aria per una sfera di decine e decine di chilometri, per cui la gente che non è morta per l’esplosione o per la temperatura, muore per la mancanza d’ossigeno. Questo è quanto prevedono gli americani, ma si sa che gli americani tendono sempre a esagerare, meglio affidarci a quella banda di sprovveduti che ci governa. Lasciamo perdere, per il momento, l’emissione di cloro per pulire le tubazioni di acqua di mare, che serve per il funzionamento degli impianti e che finisce bellamente in quel piccolo catino chiamato Golfo di Muggia.
Raffaello Messeri
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 5 Zaule troppo vicina alla città
Il recente incidente alla maxi raffineria in Venezuela, dopo quello di Viareggio di qualche anno fa, dovrebbe aver chiarito, anche a chi non vuol sentire, a quali rischi sottoporremmo la popolazione di Trieste e Muggia collocando il rigassificatore della Gas Natural a Zaule. Non è importante sapere se questi incidenti riguardano raffinerie, rigassificatori o altro tipo di impianto. Bisogna solo tener presente che incidenti che coinvolgono depositi di gas sono sempre estremamente pericolosi e spesso catastrofici. Coloro che si dichiarano “possibilisti” vanno ripetendo da anni che il rigassificatore andrebbe fatto, “ma adottando tutte le misure di sicurezza atte a evitare incidenti di qualsiasi tipo”. Come risulta evidente da questi episodi, la prima e unica misura essenziale a evitare che un incidente diventi catastrofico per la popolazione è quella di collocare l’impianto a distanza di sicurezza dai centri abitati come si fa dappertutto), cosa impossibile se la località prescelta resta Zaule, vista la vicinanza delle abitazioni. Se i “possibilisti” si fossero presi la briga di analizzare il progetto Gas Natural dettagliatamente e di informarsi su come questi impianti vengono realizzati all’estero (e anche in Italia, a Porto Viro, non lo si è voluto sulla terra ferma, per ragioni di sicurezza), sono certo che quel progetto lo avrebbero abbandonato da tempo e che da tempo avrebbero potuto orientare le loro scelte verso un rigassificatore moderno, come si usa nei Paesi avanzati, che non inquini, che non sia pericoloso per la popolazione e che sia anche più economico (ad esempio, navi gasiere con rigassificatore incorporato, situato in mezzo al mare, lontano dalla costa e funzionante a circuito chiuso onde evitare l’inquinamento marino oppure, come a Rotterdam, su una penisola artificiale, ben lontana dalla città e dal centro del porto). In tal modo verrebbero salvaguardate le esigenze energetiche del Paese e contemporaneamente la protezione dei cittadini e dell’ambiente. Ad ogni modo, da quanto appare su stampa e tv, sembra di capire che sia particolarmente il presidente Tondo, assieme ad alcuni industriali, soprattutto friulani o genovesi, a volere il rigassificatore a Zaule, a prescindere, senza cioè curarsi delle osservazioni degli studiosi, scienziati ed esperti della nostra comunità scientifica, ignorando la volontà di tutte le istituzioni della nostra provincia (Comuni, Provincia, Autorità portuale, istituzioni scientifiche, partiti, associazioni, cittadini) e senza tener conto delle normative internazionali che regolano la costruzione di questi impianti, relativamente alla tutela delle popolazioni e dell’ambiente e, nel nostro caso, anche senza badare ai danni economici che subirebbe Trieste nelle altre attività economiche, Porto compreso.
Silvano Baldassi
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 6 Il rischio dello stallo
Nel 2006 c’era chi pensava di sfruttare la posizione centrale dell'Italia, nel Mediterraneo e in Europa, nonché le notevoli connessioni via gasdotto verso il Nord Europa, per farne un hub del metano: «l'Italia ha bisogno di undici rigassificatori di cui almeno quattro dovrebbero essere avviati subito» dichiarava Antonio Di Pietro, allora ministro delle Infrastrutture. Tuttavia questa strategia industriale non ha tenuto il passo del tempo: altri Paesi del Nord Europa si stanno velocemente attrezzando con infrastrutture adeguate, sia gasdotti (North Stream) che rigassificatori (Rotterdam, Dunkerque). Conferma di un tanto si è avuta il 10/10/2012 nel corso dell'audizione di Paolo Scaroni (amministratore delegato Eni) presso la Commissione Industria del Senato, dove ha affermato che «Quello di metterci a fare rigassificatori sembra un treno già perso» e che andrebbe invece ricercata l'integrazione delle reti europee del gas, con tubi e pipelines, che colleghino l'Italia con i rigassificatori europei sottoutilizzati. Anche Edgardo Curcio, Presidente dell'Aiee (Associazione Italiana Economisti dell’Energia) in una recente intervista, alla domanda su come giudica l´obiettivo di rendere l´Italia l´hub mediterraneo del gas, risponde che una simile strategia : «presuppone la realizzazione di nuove infrastrutture ma, nella congiuntura attuale, le imprese sono restie a effettuare investimenti a causa di una domanda di gas in calo. Si può sicuramente pensare a una ripresa del mercato tra tre anni ma le imprese per loro natura guardano a un orizzonte molto più breve, e non possono investire in rigassificatori o nuovi gasdotti quando la situazione appare così poco allettante. Si potrebbe quindi pensare a un intervento pubblico ma occorrerebbe capire su chi scaricare i costi, un’altra questione non semplice».Abbiamo saputo che Gas Natural ha intascato l’Autorizzazione integrata ambientale, tassello dell'Autorizzazione unica per la costruzione dell’impianto. Attenzione però che, senza l’incentivo ("fattore di garanzia", pari al 71,5% della capacità di produzione), c’è il rischio che non ne faccia niente e si accontenti semplicemente di aggiungere questo asset al suo bilancio. Almeno fintanto che il piano energetico nazionale andrà ad inserire – chissà se e chissà quando – quello di Zaule tra i rigassificatori considerati “strategici” riattivando in tal modo l’incentivo dell’Autorità per l'Energia ed il Gas. E così, per chissà quanto tempo, non avremo ne il rigassificatore ne uno sviluppo della portualità alternativo al polo energetico: una situazione di stallo, congelata dall’autorizzazione (concessa ma non attuata) per il rigassificatore. Gas Natural - data la situazione congiunturale e senza incentivo - non investirà, ma non lo faranno neanche i terminalisti per i traghetti e Ro.Ro, dissuasi da questa "spada di Damocle" capace di condizionare pesantemente la movimentazione in banchina.
Carlo Franzosini (biologo, area marina protetta di Miramare)
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 7 La colonia di una colonia
Sì: Trieste, colonia di una colonia. Già da tempo non abbiamo treni che ci colleghino col resto d'Italia, né bastimenti in porto; d'ora in avanti, grazie agli spaventosi tagli governativi agli enti locali, avremo anche meno autobus (si noti che il trasporto pubblico cittadino è già insoddisfacente: a tarda sera le corriere sono un miraggio). E il lavoro? Con la benedizione dell'esecutivo si chiude quel poco che resta (Ferriera, Sertubi, Duke). Vivremo d'aria? Manco per sogno: il viceré Monti e - in Friuli - sei pidiellini in cerca d'autore hanno deciso di regalarci il gas, anche se non lo vogliamo. Il rigassificatore si faccia, hanno sentenziato - e poco importa se i benefici occupazionali ed economici saranno irrilevanti, a fronte di malefici ambientali e rischi immani (un attentato del '72 al cubo): il governo delle banche e delle multinazionali deve accontentare Gas Natural. Solo una decisa, permanente mobilitazione delle genti giuliane e una protesta efficace potranno fermare quest'ennesima, arrogante imposizione ai nostri danni. Trentasei anni fa i triestini bocciarono la Zona franca industriale sul carso (Zfic) - oggi, in un'epoca di drammatico regresso, e di fronte ad un potere illegittimo, autoritario e nocivo, tocca far sentire di nuovo la nostra voce, e gridare no!
Norberto Fragiacomo
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 8 Tondo deve evitare una nuova “no-Tav”
Stimato Presidente, invece di ascoltare suggeritori interessati, faccia il suo dovere di "eletto dai cittadini" e dia ascolto a loro e a chi li rappresenta a pieno titolo. Eviterà così una No-Tav triestina, più determinata, più partecipata, più collaudata. (25 anni fà la potente Enel tentò di piazzare qui una megacentrale a carbone, ma... non c'è!)
Lucia Lussetti
Pista ciclabile: al via il completamento Parenzana-via
Flavia
La giunta comunale muggesana vara la delibera: pronto lo studio di
fattibilità. I lavori costeranno 46mila euro
MUGGIA I dati di PromoTrieste che hanno evidenziato come ben 20mila
appassionati delle due ruote ecologiche sono passati nel 2011 per il territorio
provinciale triestino. Una cifra che peraltro pare destinata a crescere. Ecco
perché l'amministrazione comunale retta dal sindaco Nerio Nesladek ha deciso da
tempo di continuare ad operare e investire sul tracciato principe delle propria
rete: la Parenzana. S'inserisce proprio in questo progetto la recente delibera
emanata dalla giunta per la realizzazione del collegamento ciclabile tra via
Flavia di Stramare e Strada di San Clemente, in prossimità della rotonda
stradale di Rabuiese. Il geometra Giovanni Pirodda ha realizzato lo studio di
fattibilità dell'opera che necessiterà di una spesa complessiva pari a 46mila
euro. L'intervento verrà inserito nel programma triennale delle opere pubbliche
2012-2014. Un passo avanti dunque per ampliare ulteriormente la pista ciclabile
che si estende sul tracciato dell'ex percorso dell'antica strada ferrata. «La
Parenzana gioca un ruolo importantissimo per il nostro territorio se pensiamo
alle potenzialità del cicloturismo», spiega l'assessore comunale al Turismo
Stefano Decolle. «Le bici – prosegue l'esponente del centrosinistra – sono dei
mezzi di trasporto sempre più gettonati in grado di movimentare oltre un milione
di turisti in tutta Europa. Chiaro che Muggia, con tutte le sue peculiarità, può
e deve ritagliarsi una fetta importante di tale mercato». Anche in quest'ottica
sta proseguendo l'opera di pulizia della pista. Le tristi immagini di qualche
mese fa sembrano oramai lontane. La siccità di quest'estate aveva infatti
abbassato di quasi due metri il livello dell'acqua dei laghetti delle Noghere
facendo comparire una cinquantina di pneumatici di grosse dimensioni scaricati
abusivamente. Per ridare dignità all'area il Corpo pompieri volontari di
Trieste, insieme a una squadra tutta al femminile della Croce rossa e con il
supporto tecnico del Sub sea club, diedero vita ad una corposa operazione di
recupero. Già un anno fa, essendosi abbassato eccezionalmente il livello delle
acque dei laghetti delle Noghere, era apparso un cospicuo numero di pneumatici e
una gran quantità di altri grossi rifiuti presenti sul fondo. In quel caso,
grazie alla collaborazione a titolo gratuito di otto persone del "Gruppo tutori
stagni" e del personale incaricato per la gestione posto sotto la guida
dell’ornitologo Enrico Benussi, il laghetto venne ripulito completamente da una
trentina di pneumatici "normali" e più di 20 da camion. Una volta accatastati
lungo il sentiero che conduce allo stagno i neumatici vennero trasportati poi
alla discarica da una squadra di operatori ecologici del Comune.
Riccardo Tosques
Val Rosandra ieri e oggi Conferenza di Dolce per
immaginare il futuro - CIRCOLO AMICI DEL DIALETTO
Povera Val Rosandra: prima, una manciata di mesi fa, l’intervento della
Protezione civile fra il rifugio Premuda e la fonte Oppia. Ora la minaccia
arriva dal possibile cantiere per il raddoppio del binario sulla linea
Capodistria-Divaccia. Insomma, la Val Rosandra è divenuta sua malgrado un
argomento di scottante attualità. Che sarà trattato - a cura del Circolo amici
del dialetto triestino - alle 17.45, alla sala Baroncini delle Generali, da
Sergio Dolce, l’ex direttore del Museo di Storia naturale di Trieste, in un
incontro dal titolo “Val Rosandra: dalla preistoria ai giorni nostri ma... quale
futuro?”. La conferenza verrà arricchita da suggestive immagini, e l’ingresso è
libero. Abitata già nella preistoria (dal mesolitico al periodo dei
castellieri), la Val Rosandra ha rappresentato sempre un importante collegamento
tra il golfo di Trieste e l’entroterra continentale tanto da essere indicata
come “via del sale” quando alla foce del corso d’acqua esistevano delle vaste
saline, appunto. Il profondo solco scavato dalle acque ha generato grotte note
per i ritrovamenti preistorici, caverne come importanti rifugi per la fauna,
laghi sotterranei, sorgenti carsiche. La vicinanza del mare consente la presenza
di un’eccezionale biodiversità con lo sviluppo di piante mediterranee ma anche
medioeuropee e alpine e, di conseguenza, una grande ricchezza faunistica. Per
tutte queste peculiarità naturalistiche la valle è parco naturale comunale dal
1984, riserva naturale regionale dal 1996 e dal 1998 sito d’importanza
comunitaria e zona di protezione speciale europea. La sua tutela è una presa di
coscienza recente per cui non è da meravigliarsi se in passato vi furono
profonde ferite con la costruzione di gallerie e sbancamenti per la costruzione
della linea ferroviaria Trieste-Erpelle. Attualmente però incombono altri
progetti distruttivi e si praticano interventi discutibili come nel marzo scorso
quando è stato distrutto un buon tratto dell’ambiente delle rive costituito da
pioppi neri, ontani comuni, salici rossi, per cui la zona costituita da fitta
vegetazione non esiste più. Ora il terreno delle rive, rimasto spoglio, è alla
mercè dell’erosione eolica e idrica, con danni anche alla fauna acquatica. E per
il futuro si auspica un serio ripristino ambientale.
Liliana Bamboschek
IL PICCOLO - MARTEDI', 27 novembre 2012
Rigassificatore, da Roma i preavvisi di esproprio - IL
PROGETTO»L’ITER
Il ministero ha pubblicato l’avvio della procedura per le aree demaniali
di Zaule ma anche per altre 311 lungo cui passerà, da Padriciano, l’elettrodotto
interrato
Il rigassificatore avanza a passi da gigante. Ieri il ministero dello
Sviluppo economico (Mise), che fa capo a Corrado Passera, ha pubblicato l’avvio
della procedura di esproprio non solo delle aree di Zaule, suddivise in 113
particelle catastali all’interno del Demanio portuale dove sarà collocato il
terminal di rigassificazione, ma anche di altre 311 aree, in gran parte di
cittadini e ditte private come l’Italcementi, ma anche della stessa Autorità
portuale, dell’Ezit, del Comune, della Regione, che si trovano sul tracciato
dove sarà realizzato il futuro elettrodotto interrato tra Padriciano e Zaule che
dovrà portare l’energia all’impianto. Nell’avviso emesso dalla “Direzione
generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture
energetiche” si rileva che il 7 novembre il Mise ha comunicato l’avvio del
procedimento autorizzativo del progetto del terminal di rigassificazione e lo ha
definito opera urgente volta a consentire l’accesso in Italia di una nuova fonte
di gas. All’Autorizzazione unica che deve essere data a Gas Natural dal
Ministero d’intesa con la Regione, il governo sarebbe voluto arrivare già
domani, data in cui è stata convocata a Roma la Conferenza dei servizi; ma, come
riferisce l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, a seguito della
pressione da parte delle amministrazioni triestine che hanno detto di aver
bisogno di un ulteriore passaggio nei Consigli comunale e provinciale, l’ok
definitivo è stato posticipato di 60 giorni. Arriverà a gennaio dunque con i
governi Monti e Tondo ancora in sella. E del resto il ministro Passera lo aveva
dichiarato al Piccolo già a luglio: «Bisogna puntare a incominciare i lavori al
più presto.» Hanno invece un mese di tempo i cittadini che intendono
contrapporre all’Avviso osservazioni che vanno corredate da memorie scritte e
documenti e presentate all’autorità espropriante, cioé al Mise. L’”Avviso di
avvio del procedimento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio,
all’asservimento e all’occupazione temporanea e di dichiarazione di pubblica
utilità del terminale di rigassificazione e delle relative opere di
interconnessione elettrica” (questa la denominazione tecnica dell’atto), è stato
affisso all’Albo pretorio del Comune, pubblicato sul sito informatico della
Regione e curiosamente, su indicazione di Gas Natural - a quanto riferisce
ancora Laureni - sui quotidiani Messaggero Veneto e La Stampa, che non sono
giornali del territorio. Sono riportati gli elenchi dei privati e delle ditte
con nome e cognome, ragione sociale, riferimenti catastali e tavolari delle aree
da espropriare e/o asservare, e/o occupare temporaneamente, tutte ubicate
all’interno del territorio del comune di Trieste. «Nessuno probabilmente a
Trieste sa ancora se si tratti esclusivamente di terreni e mi auguro sia
effettivamente così - afferma Laureni - o se sul tracciato c’è anche qualche
fabbricato. Resta pacifico che, se mai il progetto sarà realizzato,
l’elettrodotto sarà interrato, per cui le aree saranno espropriate
temporaneamente per essere, dopo i lavori, restituite ai proprietari». Gli atti
del progetto del rigassificatore e dell’elettrodotto, con relazioni tecniche e
elaborati grafici potranno essere visionati nei prossimi venti giorni al
servizio Ambiente ed energia del Comune, passo Costanzi 2, stanza 535, il lunedì
e il mercoledì dalle 14.30 alle 15.30 e il martedì, il giovedì e il venerdì
dalle 12 alle 13. Le opere del terminal vero e proprio saranno invece realizzate
a Zaule su terreni oggi tutti di competenza esclusiva dell’Autorità portuale.
Silvio Maranzana
La concessione dell’Aia, presentato un esposto alla
Procura
Un esposto in relazione alla concessione dell’Autorizzazione integrata
ambientale per il rigassificatore a Gas Natural è stato presentato ieri mattina
alla Procura della repubblica dall’avvocato Peter Mocnik. «Nel caso in cui i
fatti di cui il sottoscritto è giunto a conoscenza fossero veri - sostiene
Mocnik nell’esposto - sarebbero fatti molto gravi in cui si potrebbero rilevare
a carico dei funzionari regionali le ipotesi di reato di cui all’articolo 323
(abuso d’ufficio) e 479-480 (falsità ideologica commessa da pubblico
ufficiale)». Mocnik che rappresenta anche Greenaction transnational, il comune
di Capodistria e la Repubblica di Slovenia nei ricorsi contro il rigassificatore
al Tar, si riferisce alla Conferenza dei servizi in cui i dirigenti regionali
Pierpaolo Gubertini e Pietro Giust hanno decretato il via libera all’unanimità
nonostante l’opposizione di Comune e Provincia.
(s.m.)
Domani la protesta contro la Regione - IN PIAZZA UNITA'
Una manifestazione di protesta per dire ancora “no” al rigassificatore a
Zaule è stata indetta per domani dalle 16.30 sotto il municipio in concomitanza
con una seduta del Consiglio comunale sulla crisi occupazionale triestina con la
prevista audizione del governatore Renzo Tondo. Il Comitato per la salvaguardia
del golfo di Trieste invita a parteciparvi i cittadini, i partiti e le
associazioni. Hanno garantito la propria presenza i Verdi, «per salutare -
sottolinea Rossano Bibalo - l’autore della vergognosa Aia che gli uffici
regionali hanno voluto garantire a Gas Natural». Ma anche una seconda iniziativa
di protesta è annunciata da “cittadini in rete” e dai frequentatori del
Multicultura center di via Valdirivo 30 che sabato alle 17 si raduneranno in
piazza Unità per manifestare dinanzi al palazzo della Regione e a quello della
Prefettura. E i consiglieri regionali della Sinistra Arcobaleno Igor Kocijancic
e Stefano Pustetto informano di aver richiesto la convocazione della Quarta
commissione del Consiglio regionale per un’audizione dei dirigenti competenti
per il rilascio dell’Aia. Secondo Kocijancic e Pustetto il ministero ha
sostanzialmente dato il via libera anche all’elettrodotto Redipuglia-Trieste,
«opera almeno altrettanto controversa quanto il rigassificatore». E «in prima
fila contro questo disegno perverso», sostiene di essere anche l’Idv tramite
Mario Marin, perché «la Regione, il presidente Tondo e questo Stato sconquassato
non hanno a cuore la salute e la sicurezza dei triestini.» Infine un altolà al
Mise arriva anche dal segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti:
«Il governo rispetti la volontà degli enti locali» perché l’imposizione del
rigassificatore sarebbe «un colpo di mano inaccettabile.»
(s.m.)
Carso, fotovoltaico difficile Altolà della
Soprintendenza
La vicenda di un imprenditore che si vede bocciare il progetto senza un
vero motivo E come lui sono centinaia i residenti che non possono adottare la
“green economy”
OPICINA Piero Fattorini, 42 anni, imprenditore, abita in una villetta a
Opicina. Come tutti, ha sentito parlare migliaia di volte di “green economy”: un
modello di sviluppo sostenibile che consente di aumentare l’efficienza
energetica riducendo le emissioni di gas serra. Ma è nel marzo scorso che inizia
ad interessarsene seriamente. Sta per diventare padre, e pensa al futuro di suo
figlio. Vuole fargli un regalo. Una volta si aprivano i libretti di risparmio
alle Poste; a lui balena un’altra idea. Le energie rinnovabili sono un pilastro
del protocollo di Kyoto, un business mondiale per aziende e governi, ma possono
rappresentare anche un piccolo “affare” per i privati cittadini. Un
investimento, per meglio dire. Spinto, per di più, dalla “molla” dell’ecologia e
della lungimiranza. Dal sole si può avere energia gratis, e senza inquinare. A
tutto questo pensa Fattorini, prima di decidere di installare dei pannelli
fotovoltaici sul tetto della propria abitazione. «Avrei adempiuto al mio dovere
di cittadino, inquinando di meno – racconta – e avrei regalato a mio figlio
energia pulita per almeno vent’anni». Il meccanismo è quello dello scambio sul
posto, che permette di mettere in rete l’energia prodotta ma non immediatamente
autoconsumata, potendo prelevarla in un momento successivo. Ma il vantaggio
economico andava anche oltre: «Grazie ai contributi erogati dal Gse (Gestore
servizi energetici, ndr) avrei ottenuto circa 1.500 euro all’anno per vent’anni:
li avrei usati per pagargli l’università», prosegue Fattorini. A fronte di una
spesa di poco più di 14mila euro per l’installazione dell’impianto, i conti sono
presto fatti. E appaiono da subito assai vantaggiosi. Fattorini vive in una zona
tutelata, sottoposta a vincolo. Per adottare il fotovoltaico non basta l’ok del
Comune, ma ci vuole quello della Soprintendenza per i beni architettonici e
paesaggistici. Quest’ultima emana delle linee guida che non sono vincolanti,
poiché l’autorizzazione è soggetta alla discrezionalità del soprintendente.
Secondo le indicazioni risalenti all’agosto 2011, la posa dei pannelli “non deve
essere percepibile da percorsi o spazi pubblici”. Fattorini, dal giardino,
indica il tetto: i pannelli sarebbero parzialmente visibili dai piani alti di
un’unica abitazione, posta di fronte alla sua. Dalla strada pubblica non si vede
nulla, dai cortili adiacenti men che meno. Mette a punto un progetto insieme
all’ingegnere Ermanno Simonati e lo presenta alla Soprintendenza, dove da maggio
siede Maria Giulia Picchione. La linea della nuova soprintendente è
particolarmente rigida, dice un dipendente a Fattorini. Quest’ultimo si reca a
Palazzo Economo di persona, nel mese di luglio, ma non trova nessuno. Nella
prima metà di settembre gli viene comunicato ufficialmente il diniego: «Un
parere negativo non accompagnato da una specifica motivazione – spiega – ma
dalla prescrizione di installare un diverso tipo di pannelli, dal costo
pressoché raddoppiato e con un rendimento decisamente inferiore, tanto da
rendere antieconomico l’intervento». Quello di Fattorini, che sta preparando un
ricorso al Tar, non è un caso isolato. Nell’impasse, assieme a lui, ci sono
centinaia di persone che abitano in zone sottoposte a vincolo, alle quali la
Soprintendenza chiede di incassare i pannelli nel tetto oppure di adottare
tegole fotovoltaiche. A mille cittadini, nel 2010, la Provincia aveva promesso
l’installazione gratuita degli impianti. Tutto fermo, mentre il governo taglia
progressivamente gli incentivi e le imprese si defilano. Intanto, tutti pagano i
contributi al Gse, senza poter usufruire del fotovoltaico e senza quindi avere
la speranza di recuperarli. Le loro perplessità si sommano a quelle dell’Ance (Assocostruttori
edili), che in questi giorni sta pensando ad un esposto alla Corte dei conti per
valutare se i numerosi “stop” imposti dalla Soprintendenza stiano causando un
danno erariale.
Davide Ciullo
Trieste stazione regionale ma la politica non protesta
- L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
Il Piccolo ha ripetutamente segnalato l’ultimo contributo della Capitale
all’isolamento di Trieste e del Friuli Venezia Giulia: «Treni per Mestre solo
via Udine, a rischio il regionale notturno delle 21:54 via Portogruaro»; «Il
taglio del treno Intercity Notte per Roma penalizza la Bassa». La reazione
dell’assessore ai trasporti FVG conferma un riduttivo approccio provinciale ad
un problema che ha carattere nazionale e continentale: «La cosa non è ancora
definita. Il nuovo orario entrerà in vigore dal prossimo 13 dicembre. Stiamo
vigilando affinchè questo non avvenga, fermo restando che Trenitalia ha totale
autonomia gestionale in merito a questo aspetto». Stupisce che la dichiarazione,
rilasciata a meno di un mese dall’entrata in vigore dell’orario invernale FS (in
realtà il 9 dicembre) non metta in evidenza l’insistere di Trenitalia nella
tardiva e lacunosa diffusione dell’offerta commerciale, che penalizza la
clientela reale e potenziale, a partire dalle agenzie, nella programmazione dei
viaggi, inducendola di fatto a servirsi di altri vettori, mentre le FS devono
garantire la prenotazioni con due mesi di anticipo. Siamo al paradosso
dell’azione (promozionale?) finalizzata al progressivo ridimensionamento dei
servizi ferroviari in una “rete snella”, secondo la logica dell’amministratore
unico delle FS secondo cui “nel FVG c’è poco mercato”: peggioramento
dell’offerta, anche sul piano tariffario, per giustificare il ritiro di
Trenitalia dalla regione, in linea con quanto già ampiamente sperimentato per il
settore merci, vagoni letto, servizi internazionali, lunga percorrenza, fino
alle soppressioni dei regionali e alla chiusura di linee, variamente motivate.
Solo l’alta velocità merita impegno, i rami secchi vanno scaricati alle regioni.
Dicembre 2011: con l’ultimo treno Venezia–Budapest, Trieste cessa di essere una
stazione del traffico internazionale. Dicembre 2012: con la soppressione dello
storico notturno Trieste–Roma–Napoli, Trieste,capolinea della Meridionale, è
ridotta al rango di stazione regionale, come deciso a suo tempo con il suo
inserimento nel circuito “100 Stazioni”, anziché in quello “Grandi Stazioni”. Il
silenzio degli amministratori e del mondo politico ed economico del Friuli
Venezia Giulia di fronte ad un problema di interesse nazionale ed europeo
(Trieste è la porta dell’Oriente, città della Scienza), relegato ad una visione
puramente regionale, induce a riflettere su quanto affermato dal professor
Sergio Bartole (Il Piccolo, 4 Ottobre 2012): “Economia ed infrastrutture: è qui
il senso della specialità del FVG”. Molto opportunamente il costituzionalista ha
messo in evidenza che i padri costituenti avvertirono per tempo il nuovo
significato dell’autonomia del Friuli Venezia Giulia: competenze in
infrastrutture e trasporti in funzione della piena efficienza del Porto di
Trieste per affrontare le nuove sfide della crescita e dello sviluppo economico
di tutta la regione. È in tale prospettiva che il sindaco-ferroviere Marcello
Spaccini spese tutta la sua autorevolezza nella Capitale per realizzare la
galleria di circonvallazione (per superare il treno delle rive), il raccordo
Cormons–Redipuglia, il raddoppio della Pontebbana e lo scalo di smistamento di
Cervignano. Con lo stesso obiettivo il professor Matteo Maternini promosse
l’Istituto dei trasporti nell’integrazione economica europea stabilendo proficue
relazioni internazionali. Per lo sviluppo dei traffici con il Porto di Trieste,
il dottor Renzetti, unico direttore generale FS di estrazione commerciale, aprì
la rappresentanza merci FS a Monaco di Baviera. Al fine di avviare la
riconversione modale il direttore commerciale FS Giuseppe Pinna dotò il Friuli
Venezia Giulia di due agenzie merci, una a Trieste per affrontare seriamente lo
sviluppo dei traffici portuali, l’altra a Udine per l’attività di acquisizione
legata all’Interporto di Cervignano, coronando l’azione di decentramento
commerciale avviata dal dottor Mauro Ferretti nel 1970 come contributo alla
riconversione modale verso la rotaia. Ma oggi, secondo la Capitale, con la rete
snella diventano superflui smistamenti e raccordi (per le merci) e i “rami
secchi”(per i passeggeri) si possono chiudere anche le “ritirate” (secondo la
denominazione dell’800). Per gli amministratori del Friuli Venezia Giulia, anche
questo sapiente disegno rientra nella totale autonomia gestionale di Trenitalia
e delle Ferrovie dello Stato Italiane, società di diritto privato,completamente
a carico dell’erario, create dalla Repubblica per garantire al Paese la piena
efficienza di tutta la rete nazionale e la competitività del maggior vettore
italiano?
SEGNALAZIONI - FERRIERA - Fogar aveva ragione
L’attenta analisi di Roberto Morelli nell’articolo “Una città seduta sulla polveriera” conferma quanto sta avvenendo in città e non solo e cioè che “mala tempora currunt”. Dalla sua analisi si evince che attualmente le istituzioni, malgrado il diverso colore politico, si muovono all’unisono, tuttavia si dimentica di dire che sono fuori tempo massimo in quanto, anche dalle sue analisi, emerge che la Ferriera è in chiusura, la Sertubi è già formalmente chiusa, il Porto è in agonia e la stessa città è in agonia. Quando però si va a cercare le responsabilità, chissà perché non emergono mai le responsabilità sindacali ma solo quelle politiche. A mio parere in tutte queste crisi ci sono delle grosse responsabilità delle organizzazioni sindacali e lo si evince anche dallo scarso interesse della cittadinanza per le ultime vicende Sertubi con le proteste eclatanti di alcune persone. Salvo qualche passaggio di rappresentanti politici in cerca di visibilità per le vicine elezioni ben poca cosa dai cittadini. Il motivo di questo disinteresse deriva dallo scollamento creato dai rappresentanti sindacali con la cittadinanza. Quando il Circolo Miani e il suo presidente Fogar, ancora nel lontano 1998, fecero emergere il cancro rappresentato dalla Ferriera in mezzo alla città, si sono ben guardati dall’attivarsi, assieme ai cittadini di Servola e dintorni, per migliorare la situazione e trovare le soluzioni. Anzi, hanno cercato in tutti i modi di ostacolare le giuste rivendicazioni dei cittadini, nascondendo la realtà della fabbrica e non facendo evidenziare anche le carenze degli istituti che controllavano l’inquinamento, Arpa in primis. Purtroppo si sta verificando tutto ciò che il Fogar, inascoltato e anzi deriso e talvolta minacciato dalle organizzazioni sindacali denunciava, assieme a centinaia di cittadini che partecipavano alle assemblee, e cioè la chiusura della fabbrica. Le stesse istituzioni, miopi, invece di ascoltare la vox populi, hanno pensato bene di chiudere i canali di finanziamento al Circolo Miani per farlo morire e con lui la protesta. Non si sono accorte invece che la protesta è continuata con l’autofinanziamento del Circolo, mentre nel contempo la fiammella della Ferriera si stava pian piano spegnendo fino ad arrivare ai nostri giorni con gli sconquassi che si stano aprendo per le tante famiglie che vi trovano sostentamento e a cui va tutta la nostra solidarietà. Questa vicenda relativa ai rappresentanti sindacali mi rimanda agli anni ’70/80 e alla crisi della Finmare con le società di preminente interesse nazionale (Lloyd Triestino, Adriatica, Italia e Tirrenia) quando i sindacalisti si presentavano a bordo delle navi e rischiavano di essere gettati in mare dai loro stessi iscritti perché non rappresentavano più i veri interessi della gente. La cosa si ripete con le vicende Ferriera e Sertubi, salvo la reazione degli operai, ma non so per quanto ancora.
Ferruccio Diminich
IL PICCOLO - LUNEDI', 26 novembre 2012
Linea Capodistria-Divaccia minaccia la Val Rosandra -
INFRASTRUTTURE » LA CONCORRENZA SLOVENA -
la nuova tratta
Impatto ambientale per il raddoppio della tratta, l’Italia può inviare
osservazioni. Anche San Dorligo e Muggia sfiorate dai cantieri
Gli esperti consigliano Tante le specie da salvaguardare: serve trovare chi
traslochi il raro gambero da un’altra parte durante i lavori. Ponti per
proteggere il rio
I LUOGHI COINVOLTI Nove frazioni di San Dorligo e 4 di Muggia, due “Zone natura
2000”, aree archeologiche , torrenti, boschi e piante varie
Sarà un’invasione in una delle più “protette” riserve naturali del
territorio il cantiere per il raddoppio del binario sulla linea
Capodistria-Divaccia che in ben 7 anni di lavori progetta di costruire 27
chilometri di nuova ferrovia di cui 20,3 da creare in galleria, e due viadotti,
per un tratto costeggiando il confine italiano e andando a sfiorare a poche
centinaia di metri le frazioni di Grozzana, Pese, Draga Sant’Elia, Bottazzo,
Bagnoli della Rosandra, Dolina, Prebenico, Crociata e Caresana nel Comune di San
Dorligo della Valle, e Aquilinia e Noghere nonché Rabuiese e Vignano in Comune
di Muggia. L’impatto più preoccupante, e ben segnalato dagli esperti sloveni,
sarà naturalmente sulla Val Rosandra. Il governo sloveno, rispettoso delle norme
Ue, ha inviato anche a noi la enorme relazione relativa all’impatto ambientale
“transfrontaliero”, e le oltre 700 pagine di analisi sul terreno e il suo verde,
sulla fauna (ampiamente protetta o nella lista “rossa” delle specie a rischio),
sull’inquinamento delle acque e da rumore, sui beni architettonici e
archeologici che si trovano sul tracciato sono ora disponibili sul sito della
Regione. Entro il 23 gennaio chi ne ha titolo potrà esprimere le sue
osservazioni. L’infrastruttura, pensata per raddoppiare il percorso delle merci
da e per il porto di Capodistria, entrerà coi suoi escavatori e caterpillar in 2
Zone Natura 2000, oltre che nella Riserva naturale protetta della Val Rosandra
dove vivono fino a 20 specie animali protette e 89 specie di farfalle,
“effimere” a rischio estinzione, anfibi e rettili rari, 41 specie di uccelli
nidificanti di cui 11 a rischio di estinzione come il picchio verde, lo zigolo
nero e il gufo reale (ma tra Rosandra e Ospo le specie sono 130 di cui 79
nidificanti e in più ci sono pipistrelli, caprioli, camosci, conigli,
scoiattoli, ghiri, lince, toporagno etrusco). Poi ci sono appunto le Aree
carsiche della Venezia Giulia (161 specie animali qualificative della zona) e il
Carso triestino e goriziano (7 specie di anfibi, 12 di invertebrati, 7 di
mammiferi e così via per un totale di 23 diversi tipi di habitat). Lungo
l’intero tracciato verranno rimossi 3 milioni e mezzo di metri cubi di materiali
di scavo, saranno necessari 2,5 milioni di metri cubi di materiale edilizio più
58 chilometri di binari e scambi, e ovviamente è la parte slovena quella a
maggiore impatto su foreste, vigneti, frutteti, artigianato, paesi antichi,
chiese, grotte, foibe, con pericolo per caprioli, cinghiali, cervi, e se
capitano da quelle parti (come accade) anche orsi. In Italia a rischio pure i
torrenti. Nell’Ospo è certificata l’esistenza di 5 specie di pesci tra cui il
codirosso e l’anguilla, 12 specie di rettili, tutti animali a rischio
estinzione. Ma è il Rosandra più di tutti quello in pericolo. Gli esperti di
Lubiana certificano che ogni interferenza perfino sui suoi affluenti «comporta
conseguenze negative alla popolazione dell’intera valle». Per mitigare i danni
vengono consigliate misure eccezionali. Una strada di servizio (di cui già si
parlava come necessaria variante), la costruzione di due ponti in materiale
naturale sopra il corso d’acqua fatti in modo da lasciar passare (sotto) la
fauna selvatica e da non creare pericolo (sopra) per gli uccelli che migrano e
nidificano, affidandosi a esperti per la salvaguardia del gufo reale. Si
consiglia di non lavorare nella stagione riproduttiva, di non abbattere boschi e
foreste nella stagione delle nidificazioni, e poi è suggerita una misura
eccezionale: trovare un esperto di gamberi. Nel Rosandra vivono colonie di
gamberi di acqua dolce, assoluta rarità. Prima che il cantiere dissesti, gli
sloveni consigliano di metterne in salvo altrove, via dall’ambiente naturale
minacciato, la maggior parte possibile. Tre i cantieri previsti nella gola della
Val Rosandra, 2 nell’ecosistema del Rosandra e 2 sul ciglione carsico, con
rischio di incontrare non solo piante rare come il Garofano di Montpellier, il
Garofano tergestino e l’Iris siberiano, ma anche reperti archeologici, «chiese,
monumenti, borghi e paesi», nella Rosandra ci sono reperti del Paleolitico,
l’acquedotto romano, e la ex ferrovia ora pista ciclopedonale. Per finire:
quando passeranno i treni (fra molti anni) Vignano avrà inquinamento acustico e
«serviranno barriere antirumore».
Gabriella Ziani
L’opera costerà 800 milioni
Il raddoppio della linea ferroviaria tra Capodistria e Divaccia ha già
subito due forti inciampi. L’Agenzia della Repubblica per l’ambiente slovena non
aveva rilasciato il permesso ambientale, il ritardo ha fatto perdere alla
Slovenia i finanziamenti europei già destinati col bilancio comunitario
2007-2013, il tutto ha comportato un rinvio di almeno 2 anni. Il costo totale
della tratta è calcolato in 800 milioni di euro. Di recente il governo sloveno
ha previsto la fine del cantiere nel 2018, ma la relazione ambientale ora
disponibile anche in Italia (in lingua italiana, salvo i numerosi allegati non
tradotti) parla di treni in transito nel 2025. L’intervento deve servire alla
congiunzione con la tratta del Corridoio europeo 5 (da Lione al confine ucraino)
che prevede anche il discusso e ritardatario progetto per la Trieste-Divaccia.
Un treno per raddoppiare i traffici portuali
Il nuovo binario sarà al servizio delle merci con 81 convogli carichi al
giorno rispetto agli attuali 53
È il porto di Capodistria che ha bisogno del raddoppio della linea
ferroviaria. Il secondo nuovo binario servirà a questo scopo, sul vecchio
resteranno in transito i vagoni vuoti e il traffico dei passeggeri. Il progetto
mette in conto 95 treni al giorno di cui 91 merci, rispetto agli attuali 82. Al
servizio esclusivo del porto ne passerebbero quotidianamente 81 in luogo degli
attuali 53. La relazione di impatto ambientale (che attraverso le oltre 700
pagine si capisce essere stata redatta nell’arco di un lungo tempo) descrive un
traffico del porto di Capodistria assestato su 8 milioni di tonnellate. Che con
il raddoppiato servizio ferroviario dovrebbe arrivare a 14, dunque quasi al
raddoppio della propria capacità commerciale. La struttura è stata calcolata per
una velocità massima sostenibile di 160 km all’ora, ma quella reale è annunciata
a 70-75 km all’ora per le merci e a 80 per i treni passeggeri. Il cronoprogramma
prevede nel primo anno la costruzione delle strade, nel secondo le prime due
gallerie, nel terzo e nel quarto altre gallerie (per un totale di 8, il 72,3%
dell’intero tracciato di 27 km), il quinto anno dedicato a strade, a piazzole e
al chilometro abbondante dei due viadotti, il sesto anno per le gallerie più
lunghe (la maggiore è di 6,7 km), e il settimo e ultimo servirà per la messa in
posa dei binari e per l’elettrificazione. Gli esperti, autori della relazione,
escludono inquinamento elettromagnetico, anche se l’impatto è di per sè
imponente: il tracciato andrà attraverso 35,5 ettari di foresta, 28,6 di terreni
agricoli, 6,3 di zona edificata, 0,4 di impianti idrici, costeggiando molte
grotte, tra cui quelle di San Canziano da poco patrimonio dell’Unesco.
(g. z.)
L’elettrodotto del Carso ritorna in funzione
Terna annuncia la fine dei lavori sull’impianto Monfalcone-Padriciano che
avevano suscitato proteste
PADRICIANO Terminati i lavori di ammodernamento e potenziamento,
l’elettrodotto “Monfalcone-Padriciano” torna in funzione. La società Terna ha
annunciato la fine degli interventi di razionalizzazione della rete 220 kV
nell’area di Monfalcone e Trieste. I lavori, avviati a inizio 2011, hanno
interessato la manutenzione su circa novanta sostegni esistenti e risalenti agli
anni 50, la realizzazione di quattro varianti di tracciato, per allontanare la
linea esistente dai centri abitati e la realizzazione di un tratto in cavo nella
zona industriale di Monfalcone. «I lavori hanno raggiunto il loro completamento
con l’entrata in servizio in assetto definitivo della rete 220 kV, lo scorso 21
novembre, nel pieno rispetto delle tempistiche previste e delle prescrizioni
ambientali e normative», afferma Terna. Proprio le prescrizioni ambientali erano
state l’oggetto di forti polemiche tra le diverse realtà del territorio, comuni
e comunelle in prima fila. Le zone Zps e Sic (Zona di Protezione Speciale e Sito
di Importanza Comunitaria), come anche la questione della possibilità
d’interramento dell’elettrodotto, sono state al centro della discussione durante
tutto il 2011, l’azione di dissenso è terminata con un esposto alla presidenza
della Repubblica, firmata, tra gli altri dalle amministrazioni comunali di Duino
Aurisina, Sgonico e Monrupino. La società Terna, accusata anche di camuffare
nuovo impianti sotto forma di lavori di potenziamento, ha sempre respinto ogni
accusa, ribadendo che si trattava di semplice manutenzione e che tutti gli
accorgimenti di tutela ambientale erano stati presi. «Grazie alle quattro
varianti di tracciato – spiega la società - realizzate per assicurare il
rispetto delle distanze previste dalla legge in materia di campi
elettromagnetici, è stato possibile allontanare l’elettrodotto dalle case nelle
località di Visogliano e San Pelagio (in Comune di Duino Aurisina), di Sales (in
Comune di Sgonico) e a Padriciano (in Comune di Trieste)». Nelle parti di
tracciato non interessato dalle varianti, sono stati realizzati lavori di
sostituzione delle aste metalliche e consolidamento delle fondazioni dei
sostegni, oltre alla tesatura dei nuovi conduttori. «I lavori si sono svolti
sulla base di un rigoroso crono programma che ha tenuto conto dei rigidi vincoli
posti dal decreto ministeriale di autorizzazione, che ha previsto la sospensione
di tutte le attività, da fine febbraio a settembre, in molte zone del Carso, a
tutela della zona protetta Zps e Sic» dichiara in una nota Terna. Le attività
proseguono ora con la disconnessione della stazione elettrica di Monfalcone Z.i.
la cui dismissione è già iniziata, così come sono in corso le demolizioni dei
vecchi tratti aerei.
Cristina Polselli
IL PICCOLO - DOMENICA, 25 novembre 2012
Rigassificatore, la Provincia diffida il dirigente
regionale
Anche la Provincia oltre al Comune dichiara guerra alla Regione con
l’intento di fermare la realizzazione del rigassificatore di Gas Natural a
Zaule. L’amministrazione di palazzo Galatti ha inviato ieri una lettera
all’ingegner Pierpaolo Gubertini, dirigente della Regione (oltre che per
conoscenza allo stesso governatore Renzo Tondo) diffidandolo dall’assumere
l’atto di Autorizzazione integrata ambientale per il rigassificatore e chiedendo
preventivamente che la Regione come atto di autotutela annulli la seduta della
Conferenza dei servizi che ha dato il via libera all’Aia, «sulla base di un
inesistente parere favorevole all’unanimità». Il dirigente Fabio Cella che ha
rappresentato la Provincia alla seduta sta valutando anche la possibilità di una
denuncia penale. «Come farà l’assessore Laureni per il Consiglio comunale - ha
annunciato ieri l’assessore provinciale Vittorio Zollia - anch’io riporterò la
questione rigassificatore, dopo gli ultimi avvenimenti, per un nuovo
pronunciamento del Consiglio provinciale che comunque si era già espresso in
modo contrario.» Mercoledì ci sarà anche la Provincia oltre al Comune al
Ministero dello sviluppo economico per la prima di alcune sedute che in breve
dovrebbero portare all’Autorizzazione unica da parte del Governo, ultimo atto
procedurale per il via definitivo. E frattanto il consigliere regionale del Pd
Sergio Lupieri informa di avere già fatto domanda per avere accesso agli atti
della Conferenza dei servizi definendo quanto accaduto in quella sede
«vergognoso e scandaloso» e comunque tale «da fornire buoni elementi per
l’impugnazione dell’Aia davanti al Tar». E il Movimento 5 stelle invita tutti i
cittadini a unirsi nell’organizzazione di una manifestazione di protesta sotto
il Consiglio regionale, riservandosi anche, come partito, di adire tutte le
strade legali, in sede amministrativa e penale, «nei confronti dei mandanti e
degli autori materiali di questo scempio».
Silvio Maranzana
La bolletta del gas verso un taglio del 7%
In Europa scende la domanda e cresce l’offerta: il nuovo mercato motiva
l’Authority a rivedere il calcolo del prezzo
calo PREVISTO da aprile 2013 La novità scatterà in primavera quando le aziende
di vendita provvedono all’approvvigionamento di materia prima
il budget delle utilities L’incidenza sui ricavi dovrebbe essere impercettibile,
mentre i margini potrebbero ridursi di una forbice tra il 10 e il 20%
TRIESTE Ogni tanto una buona notizia rompe il monotono flusso di magagne che
affligge famiglie e aziende in questa interminabile stagione di crisi. Infatti
l’Autorità per l’energia, con il cosiddetto “documento per la consultazione”
471/2012 uscito a metà del mese, ha gettato le fondamenta per riformare la
bolletta del gas. A vantaggio - questa è la notizia eclatante - del cliente
ultimo, ovvero del consumatore. Per cui, come vedremo, dall’aprile 2013
scatteranno le innovazioni che dovrebbero alleggerire il fardello energetico che
grava sulle famiglie e sulle piccole imprese: viene valutato uno sconto sulla
bolletta non inferiore al /% In realtà quella che è in ballo è una riforma del
metodo con cui viene calcolato il prezzo della materia prima. L’Autorità ha
verificato che, nel corso dell’anno, il mercato del gas ha cambiato un po’ i
connotati: la domanda europea è scesa, l’offerta è abbondante, l’andamento dei
prezzi ne consegue. Ma finora il consumatore finale, cui viene periodicamente
recapitato il fatidico conto, non si è giovato di questa favorevole congiuntura
e così le aziende di vendita al dettaglio hanno potuto accumulare interessanti
extra-profitti da questa situazione commerciale. Sul mercato “spot” diciamo che
il gap è stimato in circa 8 centesimi al metro cubo, tra i 31 cent quotati in
Europa e i 39 cent al punto di ingresso del gas a Tarvisio. Importante
avvertenza: le contrattazioni sul gas possono avvenire in due modi, attraverso
accordi di lunga durata o attraverso trattative più rapide e più immediate, il
cosiddetto mercato “spot”. La prima tipologia contrattuale “take or pay” governa
il grosso dell’afflusso di materia prima nel nostro Paese e viene praticata dai
grandi soggetti come Eni e Shell, da cui poi i piccoli-medi grossisti nazionali
acquistano il gas. Il secondo metodo, quello “spot”, ha avuto un rilevante
sviluppo negli ultimi tempi proprio in considerazione delle mutate condizioni di
mercato (meno domanda, più offerta) cui si accennava in precedenza. L’Autorità
competente ha così ritenuto di intervenire per limitare i guadagni della
distribuzione e fare in modo che dell’abbondanza di gas a prezzi più modici si
avvantaggi il consumatore. L’organismo, presieduto da Guido Bortoni, deve però
fare i conti con la volatilità del mercato stesso, che se oggi “premia” le
contrattazioni slot, non è detto che lo faccia anche domani. Quindi è allo
studio un sistema di “assicurazione”, che dovrebbe bilanciare il rischio, in
presenza di fattori straordinari tali da alterare le attuali condizioni di
mercato (vedi, per esempio, un’eccezionale ondata di freddo). Le “utilities”
italiane, compresa AcegasAps, stanno valutando la portata di tale innovazione
sulle proprie gestioni. La tariffa si compone di 5 elementi: la materia prima
soggetta a verifica trimestrale; trasporto e stoccaggio; distribuzione; vendita;
accise. L’approvvigionamento di gas avviene in genere tra marzo e giugno, l’anno
“termico” va da ottobre a ottobre. In via ufficiosa, molte aziende operanti
nella vendita, buone conoscitrici della forte tendenza “regolatrice” che anima
l’Autorità, avevano preventivamente aggiustato i budget. Se l’incidenza sui
ricavi viene considerata impercettibile, ben diverso è il riverbero sul margine,
che potrebbe restringersi di una forbice tra il 10 e il 20%.Stiamo parlando
soprattutto di materia prima che arriva in Italia attraverso le infrastrutture
che veicolano il gas dalla Russia e dall’Africa settentrionale. Il “liquefatto”,
trasportato via-nave, sembra invece abbia un cliente importante che ne ha
monopolizzato l’acquisto, mantenendone alto il prezzo: è il Giappone, che ha
cambiato la politica energetica dopo la tragedia di Fukushima.
Massimo Greco
Le forniture Gazprom saliranno del 30%
Gazprom sta considerando la possibilità di aumentare del 30% le forniture di
gas naturale attraverso la Bielorussia. Lo ha detto l’ad del gruppo russo,
Alexei Miller, al termine di un incontro con il presidente bielorusso, Alexander
Lukaschenko. «Potremmo considerare la possibilità di aumentare del 30% il volume
di gas russo in transito attraverso il territorio della Bielorussia - ha detto
Miller - appena arriveranno le istruzioni per realizzare uno studio di
fattibilità metteremo a punto una bozza nel più breve tempo possibile,
congiuntamente con il governo bielorusso e io penso che inizieremo a lavorare
dal 2013». Intanto South Stream Transport, il consorzio guidato da Gazprom e di
cui fanno parte Eni, Edf e Wintershall, ha pubblicato l’analisi preliminare per
lo studio di impatto ambientale relativo al tratto russo, che sarà quasi tutto
sotto al Mar Nero, del mega-gasdotto che dalla Russia porterà il gas all’Europa
senza passare per l’Ucraina. Lo ’scoping report’ fornisce informazioni iniziali
relativamente al progetto in Russia, compresi gli aspetti ambientali, e sarà la
base per gli studi sulla valutazione dell’impatto del progetto.
Scommessa Enel sul fotovoltaico in Friuli Venezia
Giulia
TRIESTE Nonostante la riduzione degli incentivi statali il Friuli Venezia
Giulia scommette ancora sul fotovoltaico, sebbene con un sensibile calo rispetto
allo scorso anno. Sono infatti 4.340 i nuovi impianti per la produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili che Enel ha connesso alla rete elettrica
della regione nel corso dei primi dieci mesi del 2012: quasi 20 impianti al
giorno, considerando i soli giorni lavorativi. Secondo l’Enel si tratta di una
cifra che, per la fine di quest’anno, lascia intravedere un significativo calo
percentuale rispetto al 2011 che si chiuse con oltre 7.990 impianti e 219
megawatt (Mw) di potenza complessiva installata. Con gli oltre 100 Mw
rinnovabili del 2012 il Friuli Venezia si conferma comunque tra le regioni con
forte attenzione al settore. Due al momento le province più virtuose che
spiccano per numero di impianti e per potenza complessiva: Udine, che con 2.351
impianti e 61 Mw guida la classifica, e Pordenone, con 1.303 impianti e 33 Mw di
potenza. Chiude la classifica la zona di Monfalcone (che comprende territori
delle province di Gorizia e Trieste) con 687 impianti e 10 Mw di potenza.
Secondo la nota Enel, il sole è certamente la fonte rinnovabile che continua a
vivere una forte crescita, infatti sul solo territorio del Friuli Venezia Giulia
sono attivi oltre 20 mila impianti fotovoltaici. Roberto Ruggiano, responsabile
Enel distribuzione territoriale rete Triveneto, osserva che «dopo un 2011 a
tavoletta il 2012 è stato l’anno dello stop and go», causato dall’incertezza
sugli incentivi alle fonti rinnovabili. Ruggiano rileva che finora Enel ha
investito in regione oltre 2 milioni 400 mila euro per adeguare la rete alle
richieste di connessione di impianti rinnovabili.
Legambiente Trieste partecipa al lutto della presidente arch. Lucia Sirocco per la perdita della mamma Elvira Perco
IL PICCOLO - SABATO, 24 novembre 2012
Rigassificatore, Comune in guerra
Gas Natural plaude alla Regione: «La Conferenza dei servizi non serve per
opinioni di convenienza»
«Si è trattato di una forzatura molto grave fatta con lo scopo di togliere
alla giunta regionale l’obbligo di esprimersi sul rigassificatore a pochi mesi
dalle elezioni.» Il giorno dopo il “colpo di mano” con l’Autorizzazione
integrale ambientale considerata data all’unanimità dai tecnici della Regione
nonostante due pareri su tre e cioé quelli di Comune e Provincia fossero
esplicitamente negativi, il sindaco Roberto Cosolini è ancora più imbufalito. «È
un vulnus pesante sulla pelle delle istituzioni locali - continua Cosolini -
oltretutto inferto, a quanto mi è stato riferito, da un dirigente che non era
nemmeno il responsabile del procedimento. Ciò non ha fatto che aumentare il
malessere, lo sconcerto e anche l’opposizione della città nei confronti di un
progetto di cui si è sempre continuato a sapere troppo poco. Eppure la Regione
non si è mai sognata di fare spinte e forzature di questo tipo quando si
trattava invece di progetti realmente utili per Trieste. Quindi al di là del
ricorso al Tar già fatto in appoggio al Comune di Muggia e della lettera che le
istituzioni locali hanno inviato al Presidente Monti, stiamo per intraprendere
nuove azioni per manifestare appieno l’umore della città». E già ieri pomeriggio
l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni ha avuto un dettagliato
confronto con i responsabili dell’Ufficio legale del Comune che stanno valutando
ora le azioni praticabili in opposizione a quella che è stato definito un golpe.
«Non solo l’esito stravolto della Conferenza dei servizi, ma la sua stessa
conduzione è sotto la lente dei nostri legali e nel giro di qualche giorno
prenderemo iniziative», ha affermato Laureni. È possibile che venga impugnata
dinanzi al Tar anche la concessione dell’Aia, mentre il ricorso con cui il
Comune di Trieste si è affiancato a quello di Muggia riguarda in particolare
l’attraversamento di aree di pregio da parte dell’elettrodotto che da Padriciano
dovrebbe collegare l’impianto di Zaule. Suona quasi beffarda invece la nota con
cui ieri Gas Natural, la società catalana che dovrebbe realizzare l’impianto, ha
dato notizia della conclusione del procedimento di Autorizzazione integrata
ambientale. «La Conferenza dei servizi coordinata dalla Regione Friuli Venezia
Giulia - si legge - in assenza di argomentazioni pertinenti negative rispetto
alle condizioni che devono garantire la conformità e il rispetto dei requisiti
previsti in un’istruttoria di questo tipo, si è conclusa con esito positivo». E
il presidente di Gas Natural rigassificazione Italia, Javier Hernandez Sinde ha
dichiarato: «Il progetto ha superato un’ulteriore tappa fondamentale, la
Conferenza dei servizi che non è un luogo dove esprimere opinioni di convenienza
ma la sede in cui, sulla base di pareri congrui e pertinenti, si assumono
decisioni responsabili su dati di fatto di natura tecnica, circoscritti ad
aspetti definiti per legge.» Per Gas Natural si è trattato dunque «dopo
l’approvazione del Rapporto di sicurezza, di un altro riscontro positivo a
conferma della bontà del progetto.»
Silvio Maranzana
«Un golpe dopo il no di Comune e Provincia»
Bandelli: «Tutta Trieste si mobiliti». Il Pd: «Semplicemente scandaloso».
La Lega: «Una schifezza»
Dopo che l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per il rigassificatore
di Zaule è passata alla Conferenza dei servizi non sono mancate le reazioni
molto polemiche della politica triestina. «Ieri c’è stato un vero e proprio
golpe politico - afferma il candidato Presidente di Un’Altra Regione e
consigliere comunale, Franco Bandelli - vista la contrarietà di Comune e
Provincia al progetto del rigassificatore. Con questo ennesimo scempio politico,
targato Tondo e Savino, Trieste rischia di avere il rigassificatore, imposto
dall’alto e non voluto dall’intero territorio. La Regione, di fatto, calpesta
Trieste e i suoi cittadini, ignorando il parere di inequivocabile contrarietà
espresso dalle sue istituzioni; lo fa in maniera pilatesca, cercando di
nascondere le proprie responsabilità politiche dietro le decisioni degli uffici
regionali. L’appello di Un’Altra Regione è rivolto a tutte le forze politiche,
ai movimenti e alle associazioni a promuovere la mobilitazione di tutta Trieste
per una grande manifestazione, senza colore politico, per dire ancora una volta
no al rigassificatore di Zaule. «Semplicemente scandaloso» definiscono il sì al
rigassificatore Giovanni Maria Coloni, capogruppo Pd, e Mario Ravalico,
presidente Commissione urbanistica/ambiente, in Consiglio comunale. «Con
un’audace interpretazione, più da prestigiatore che da burocrate, - sottolineano
i due esponenti del Pd - si è trasformato in parere positivo un circostanziato
pronunciamento negativo espresso all’unanimità dal Consiglio comunale di
Trieste; al massimo, gli uffici regionali avrebbero potuto, per assurdo,
considerare il parere comunale come “non reso”, ma non era sufficiente: per
togliere il disturbo di decidere alla giunta regionale servivano i pareri
positivi e, voilà, così è stato!» «Il Pd di Trieste - aggiungono -, si è sempre
dichiarato contrario al rigassificatore di Zaule proposto da GasNatural perché
dai relativi elaborati progettuali si evidenziano lacune gravi in riferimento
alla mancanza di garanzie per la sicurezza della vita umana, per la tutela
dell’ambiente marino nonché per le forti interferenze con l’attività portuale».
«L’Aia al rigassificatore mi ricorda quella alla Ferriera. - sottolinea Maurizio
Ferrara, capogruppo della Lega Nord in Consiglio -. Ma di fronte a questa
schifezza tutti gli assessori regionali contrari al rigassificatore dovrebbero
dimettersi dalla Giunta. Non solo, i parlamentari triestini del Pd e del Pdl che
sostengono il Governo nazionale, farebbero bene, se realmente contrari, a
inviare una nota al presidente Monti per informarlo che, in caso di ok al
rigassificatore faranno mancare il sostegno al Governo stesso».
E ora si chiedano le dimissioni della giunta regionale
- LA POLEMICA
Quale sarebbe stato il parere della commissione se il colosso energetico
si fosse realizzato in Friuli?
Questa decisione toglie le castagne dal fuoco a tanti. A una sinistra ipocrita e
ipersensibile ai poteri forti. Per motivi elettorali non si è mai esposta
E adesso che la maggioranza civica – non politica – di questa provincia
gabbata chieda le dimissioni della giunta regionale. La giunta che, con il “Sì”
al rigassificatore, ha consentito a un organo tecnico di calpestare con
stupefacente disinvoltura il “No” democratico espresso dagli enti locali,
dell’autorità portuale, della gente che ci ha scritto su questo giornale, e
persino dei vicini di casa, con cui condividiamo questo pezzo di Adriatico. Lo
dico, per ora a titolo personale, perché ritengo che mai parere di ente locale
sia stato più fondatamente espresso e più soffertamente costruito con la
mobilitazione delle realtà scientifiche – note in tutto il mondo – di questa
frontiera. Ne consegue che quel “Sì”, espresso dalla conferenza dei servizi,
significa non solo che non contiamo niente in questa regione, ma anche che siamo
dei perfetti imbecilli, abbiamo le traveggole quando esprimiamo scientificamente
le nostre ragioni. I motivi del mio “No” li ho espressi più volte in articoli
che non hanno mai visto alcuna obiezione da parte di Gas Natural, e già questo
dovrebbe far pensare. Ora mi limito a suggerire che se il rigassificatore è
davvero così innocuo e vantaggioso, noi lo regaliamo volentieri a Portonogaro o
ne suggeriamo l’ubicazione davanti alle spiagge di Lignano. E mi chiedo quale
sarebbe stato il parere della commissione se il colosso energetico fosse stato
ipotizzato in Friuli. Questo atto spacca la regione, segna una frattura
insanabile tra chi comanda e chi non conta niente. Mi rifiuto di fare ipotesi su
cosa abbia convinto i funzionari seduti a discutere all’ombra di un colosso
dell’energia. Ma so con certezza che questo pronunciamento toglie la castagne
dal fuoco a tanti. Alla giunta, che si lava le mani come Pilato; a una sinistra
ipocrita, ipersensibile ai poteri forti, che per motivi elettorali non si è mai
esposta; e soprattutto le toglie al partito trasversale dei tremebondi che,
davanti al gas, dicono “tengo famiglia”. Concludo dicendo che, quando eravamo il
gioiello di un impero, mai Vienna avrebbe consentito a ciò cui oggi Roma e la
Regione acconsentono con un atto notarile e antidemocratico: una macchina
energetica che dimezzerebbe il nostro mare, inibirebbe il traffico portuale,
renderebbe semi-sterile il golfo, diverrebbe un pericolo mortale nella stagione
del terrorismo, e con i rischi che comporta dimezzerebbe il valore degli
immobili da Sant’Andrea a Punta Sottile e oltre. Lo dico, ripeto, a titolo
personale. Non è mia abitudine fare appelli. Ora penso sia venuto il tempo.
Tempo che la gente su questo pezzo di Adriatico si faccia sentire. Tempo che gli
utenti del mare, pescatori, marinai, velisti, operatori del turismo e infinite
altre categorie prendano atto di cosa significa questa imposizione non solo a
livello ecologico, portuale e della sicurezza, ma anche a livello politico.
Politico, ripeto: non partitico. E sappiano distinguere tra chi ha taciuto e chi
ha avuto il coraggio della verità.
PAOLO RUMIZ
“Caso Picchione”: Ance verso l’esposto alla Corte dei
conti
Pontarolo (Assocostruttori): «La neosoprintendente stoppa troppi
cantieri, ci sono i presupposti per un danno erariale»
I costruttori alzano il tiro. Dalle proteste lanciate verso l’alto (Regione
e Governo) alle contromisure in proprio, per accertare se nel recente cambio di
passo della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici (che da quando
è guidata dalla nuova soprintendente Maria Giulia Picchione ha ben stretto il
rubinetto delle autorizzazioni urbanistiche a costruire e, di conseguenza,
quello dell’ossigeno a un comparto edilizio in ipossia causa crisi) vi siano gli
estremi del danno erariale. Già, perché - sostengono dall’Ance - far girare
l’edilizia significa far girare, oltre che posti di lavoro e consumi - che in un
momento come questo non è poco - soprattutto gettito fiscale destinato alla
collettività. Strategia doppia Non appena incassata la rassicurazione che del
problema è stato investito il ministro per i Beni culturali Lorenzo Ornaghi - e
qui garantisce, con tutti gli oneri e gli onori da campagna elettorale che ne
possono conseguire, il governatore Tondo - i vertici dell’Ance, l’Assocostruttori
edili, cambiano strategia. Anzi, ne aggiungono, parallelamente, un’altra. Ciò
che non cambia è l’obiettivo: “neutralizzare” quel cambio di passo - del quale
si sono lagnati recentemente tramite i loro ordini provinciali anche ingegneri e
architetti - imposto a Palazzo Economo dalla Picchione. ”Neutralizzarlo” se
serve - incalzano gli stessi costruttori - pure con l’intervento, sempre che ci
siano i margini per un eventuale esposto, della Corte dei conti, la cui sede è
appena poco più in là di Palazzo Economo, in viale Miramare. Trieste, dunque, si
fa scenario, terreno di una battaglia che è certamente triestina ma anche
regionale: quella tra i costruttori che vogliono portare avanti i loro progetti
e la Soprintendenza che li stoppa. L’intervento di Tondo L’altra sera -
riferisce Valerio Pontarolo, il numero uno dell’Ance regionale subentrato
quest’anno a Donato Riccesi - è arrivata una telefonata che lui e i suoi
aspettavano. Dall’altra parte c’era Tondo, cui l’Ance aveva scritto la settimana
passata chiedendogli di intervenire presso il ministro Ornaghi. «Il presidente
Tondo - così Pontarolo - era stato investito della questione da molto tempo».
L’attacco alla Soprintendente Molto tempo, insiste il successore di Riccesi. Ma
quanto? «Da quando in estate - precisa - l’architetto Picchione è stata nominata
soprintendente. Da lì si sono cominciate a capire la portata e le complicazioni
del problema. Quando dico che il presidente Tondo era stato già investito della
questione, lo avevamo fatto verbalmente, e lui aveva garantito che si sarebbe
impegnato. Ha fatto intervenire l’assessore (ai lavori pubblici, ndr) Riccardi,
con una prima richiesta di un eventuale trasferimento delle potestà sui Beni
culturali dalla Soprintendenza alla Regione». «Siamo arrivati al punto -
aggiunge Pontarolo - che non possiamo più sopportare questa situazione. E con
“non possiamo” non intendo solo le imprese, ma il territorio tutto. Chi è che
paga la cassa integrazione a un operaio edile se non ha lavoro? E chi non
incassa i decimi di Iva e il gettito fiscale dovuto se un cantiere non va
avanti? La Regione. Secondo lo studio Feltrin per ogni milione movimentato in
edilizia ricadono sul territorio 180mila euro. E intanto la soprintendente
blocca, o accompagna pareri favorevoli con prescrizioni che sono di fatto un
diniego. L’80% delle domande, ormai, risulta negato». Il coinvolgimento del
ministro Da qui la lettera a Tondo, che l’altra sera - dopo aver preso atto
dall’Avvocatura dello Stato, così raccontano i dietro le quinte, che tutti o
quasi dei contenziosi promossi al Tar contro i dinieghi della Soprintendenza
sotto la guida della Picchione e già arrivati a pronunciamento sono stati persi
dalla Soprintendenza stessa - ha reso conto a Pontarolo. «Mi ha telefonato -
riferisce quest’ultimo - dicendomi che aveva appena sentito il ministro, cui ha
girato anche la nostra lettera e ha chiesto nuovamente di poter assumere la
competenza paesaggistica. La Val d’Aosta ce l’ha, non vedo perché noi, che pure
siamo una Regione speciale, no. Ci siamo ripromessi di risentirci a stretto
giro. Il problema è drammatico. E contingente. Parliamo di progetti bloccati per
500 milioni in Friuli Venezia Giulia. Ogni giorno ci arrivano decine di
segnalazioni. Secondo noi ci sono i presupposti per un danno erariale.
Approfondiremo la cosa. Se dovesse risultare che quei dinieghi sono illegittimi,
come noi in molti casi sosteniamo...». Il dossier La parola “esposto” e il nome
“Corte dei conti” non esce dalla bocca di Pontarolo. Ma è chiaro che lì punta il
presidente regionale dell’Ance. Il quale, nel ricordare che è in atto la
predisposizione di un dossier con tutti i cantieri bloccati, e ce ne sono
parecchi anche a Trieste («ma prima serve l’autorizzazione degli interessati
affinché divenga pubblico»), puntualizza: «Sia chiaro che noi non siamo per il
superamento delle norme di tutela paesaggistica, ma per il loro rispetto a 360
gradi».
Piero Rauber
E due meli aspettano di poter essere piantati a
Miramare - LA STORIA
Non sono soltanto i piloni di cemento armato ad attendere un sì dalla
Soprintendenza per essere inchiodati al terreno. Ci sono pure due pacifici
alberelli di melo, che aspettano a loro volta un via libera per essere piantati.
Ma piantati dove? Nel Parco di Miramare. E dove sono adesso? Nella terrazza di
casa di Giuseppe Reina, noto chirurgo in pensione che è presidente del Circolo
svizzero di Trieste. Sono un omaggio in segno di amicizia interculturale fatto
dalle autorità del Canton Ticino ai triestini che hanno partecipato a settembre
al viaggio storico-culturale nella terra natale di Pietro Nobile, proposto
dall’ex soprintendente Gino Pavan, che con la direttrice di Miramare Rossella
Fabiani ha “esportato” in Svizzera i temi dell’interessante conferenza “Pietro
Nobile e gli architetti ticinesi a Trieste” tenuta al Revoltella nel marzo
scorso. «Si era pensato - spiega lo stesso Reina - di piantare i due meli nel
Parco di Miramare. È stata inoltrata la richiesta pure sul dove ma il
soprintendente (ai Beni storici e artistici, ndr) Caburlotto non ha ancora
deciso. Speriamo bene, novembre è il momento migliore per piantarli».
(pi.ra.)
«Ferriera, gli operai lavoreranno per smantellare e
bonificare»
La Regione traccia il quadro del processo di riconversione, i sindacati
si riservano una risposta
Proposta provocatoria di Frisari (Failms): «Servola
assuma per 2 anni i licenziati della Sertubi»
Una cornice per il processo di riconversione dell’area di Servola: ha
tentato di tracciarla ieri l’assessore regionale a Programmazione e finanze
Sandra Savino con il supporto della dirigente Maria Pia Turinetti e prevede la
chiusura degli impianti siderurgici attuali, la messa in sicurezza dell’area, un
piano sociale e un piano di riconversione industriale. Per esprimere un commento
i sindacalisti si sono rinchiusi in un lungo conclave al termine del quale non
hanno fornito una risposta in attesa di approfondire alcuni temi in un tavolo
tecnico che si terrà il prossimo venerdì. «Quello che è certo è che c’è una
discrasia tra i tempi necessari alla riconversione e l’enorme questione sociale
che si sta già aprendo con la perdita di tanti posti di lavoro.» E se è stata
accolta la richiesta avanzata da Franco Palman (Uilm) di chiamare prossimamente
al Tavolo anche la stessa Lucchini, la proposta più provocatoria, che comunque
non ha trovato seguito, è stata lanciata da Giulio Frisari del sindacato
autonomo Failms: far assumere per i prossimi due anni dalla Ferriera stessa e
dalle aziende dell’indotto i 150 cassintegrati della Sertubi. Nel percorso
tracciato dalla Regione il piano sociale dovrà contenere ammortizzatori sociali,
integrazioni al reddito, corsi di formazione e reimpiego dei lavoratori nelle
operazioni di smantellamento dello stabilimento, bonifica delle aree, nuova
infrastrutturazione e insediamento delle nuove attività. Nel piano di
riconversione bisognerà privilegiare la destinazione industriale con un piano
credibile per gli investitori anche attraverso l’ingaggio di un soggetto con
capacità tecniche adeguate e che sia comunque affiancato da un comitato di
indirizzo composto dalle amministrazioni pubbliche. Il soggetto incaricato dovrà
fare un piano di marketing e di ricerca degli investitori, progettare il piano
di riconversione, negoziare con la pubblica amministrazione le condizioni di
fattibilità, coordinare e gestire la riconversione. Snodo fondamentale di tutto
il processo l’Accordo di programma che dovrà essere definito entro la primavera
prossima e che dovrà coinvolgere alcuni ministeri oltre a Regione, Provincia,
Comune, Autorità portuale, Ezit e parti sociali. La cornice è stata definita
valida dal presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto, «a patto - ha
affermato - che per la riconversione si parli sempre di “area vasta” includendo
dunque i capannoni, i collegamenti stradali e ferroviari, gli accessi al mare».
«Tutto questo non preclude - ha aggiunto il sindaco Roberto Cosolini - possibili
nuovi e più rapidi insediamenti. Per fare un esempio se si trova subito un
imprenditore che intende insediarsi nel capannone dell’ex acciaieria attualmente
inutilizzato nello stabilimento di Servola, tanto meglio.»
Silvio Maranzana
La Jindal cerca una soluzione condivisa con l’aiuto
della Fornero - LETTERA AL MINISTRO
«La Jindal Saw Italia Spa ed i suoi rappresentanti non si sono mai sottratti
al confronto con le Istituzioni, le organizzazioni sindacali ed i lavoratori in
relazione al piano di risanamento resosi inevitabile alla luce dello stato di
grave crisi aziendale causato dalle attuali contingenze economiche e di mercato
che hanno determinato perdite per circa 14 milioni di euro, scrive in una nota
l’ad Leonardo Montesi. «Nell’ambito degli incontri che hanno fino ad oggi
caratterizzato il confronto l’azienda ha sempre raccolto e preso in esame le
istanze provenienti dall’altra parte del tavolo sottoponendole ad un vaglio di
compatibilità con gli obiettivi del piano e con il quadro normativo vigente. Al
fine di consentire una rinnovata continuità al confronto tra le parti sociali,
l’azienda ha inviato una lettera al Ministro Fornero sollecitando il suo
intervento per trovare un giusto compromesso tra le esigenze aziendali e le
istanze della controparte sociale anche in considerazione della complessa
situazione occupazionale registratasi a Trieste. L’azienda è fiduciosa di poter
trovare - conclude la nota - con i lavoratori una soluzione condivisa in tempi
brevi e certi considerato il grave stato di crisi attraversato dall’azienda
stessa e il disagio causato dalla situazione contingente ai lavoratori ed alle
loro famiglie».
«I grandi nodi come il Sin risolvibili solo col dialogo» - CONVEGNO CON LA SAVINO MA SENZA L’ATTESO CLINI
Dialogo e cooperazione fra tutti i soggetti coinvolti. È questa la strada che ha permesso di sbloccare la bonifica del Sin, il Sito inquinato di interesse nazionale, dopo che dal 2008 la procedura era rimasta incagliata, senza compiere praticamente alcun passo avanti. Lo ha sottolineato l’assessore regionale alla Programmazione e all’Ambiente, la triestina del Pdl Sandra Savino, chiudendo ieri pomeriggio alla Camera di commercio il convegno dal titolo “Quali accordi per quale ambiente”, promosso dall’Associazione avvocati amministrativi del Friuli Venezia Giulia. Per dare nuovo impulso alle attività di caratterizzazione e bonifica del Sin, un’area industriale strategica per lo sviluppo della città, «è stato scelto un atteggiamento diverso rispetto al passato - ha sostenuto la Savino, come si legge nel comunicato stampa diffuso ieri sera dalla Regione - per affrontare adeguatamente una situazione di estrema complessità dal punto di vista amministrativo, urbanistico ed economico». Nell’Accordo di programma, per esempio, l’approccio come è noto agli addetti ai lavori - così ha voluto ricordare la delegata di Tondo a finanze e ambiente, recita ancora il comunicato stampa - «è stato distinto tra Piccole e medie imprese, cioè le Pmi, e grandi imprese, mentre si è deciso di contenere i costi a carico dei soggetti privati. Inoltre sono state previste le risorse finanziarie per l’esecuzione degli interventi di competenza pubblica. Alcuni risultati sono stati già ottenuti, a cominciare da un clima di cooperazione fra tutte le pubbliche amministrazioni. Il completamento delle caratterizzazioni nell’area dei piccoli operatori sta procedendo, è in fase di approvazione il secondo e ultimo stralcio, mentre si sta cominciando ad affrontare l’area dei grandi operatori». Anche tenendo conto dell’evoluzione della normativa europea, secondo la Savino, «sempre più avremo bisogno - ha detto - di strumenti di dialogo e cooperazione, che naturalmente dovremmo imparare a maneggiare meglio». Al convegno era atteso il ministro Corrado Clini. Capitava a fagiuolo, 24 ore dopo il caso-rigassificatore, con quel sì in Conferenza dei servizi carico di polemiche e conseguenze politiche. E nello stesso giorno dell’ufficializzazione del piano di riconversione riguardante la Ferriera. Doveva esserci, stando ai programmi annunciati, anche il governatore Renzo Tondo, ma non sono intervenuti per impegni concomitanti né uno né l’altro.
Lo spread più pericoloso? Il cambiamento climatico
Il meteorologo Mercalli: «In Italia si tratta il problema in modo
hollywoodiano E invece servono una comunicazione equilibrata e fonti autorevoli»
TRIESTE Il vero “spread” è il cambiamento globale. Il meteorologo Luca
Mercalli riflette sulle contraddizioni fra comunicazione e scienza in Italia:
«In ogni telegiornale c’è una colonnina che mostra l’andamento dei titoli di
borsa, ma non i cambiamenti nella nostra biosfera - spiega -. Al contempo ogni
evento climatico viene trattato in modo allarmistico, hollywoodiano, e viene
dimenticato non appena ritorna il sole. Serve un’informazione equilibrata, che
non minimizzi e non esageri, e istituzioni capaci di pensare sul lungo periodo».
Comunicare il rischio climatico Mercalli ha partecipato in veste di relatore a
una tavola rotonda organizzata ieri a Trieste da Sissa e da Arpa Fvg (vedi
articolo sotto ndr). «I cambiamenti climatici sono la punta dell’iceberg di un
fenomeno più ampio che è il global change - ha spiegato il meteorologo -. Si
tratta di eventi che interessano tutti ma sono in buona parte ancora sconosciuti
al grande pubblico». Da qui la necessità di citare studi autorevoli come il
Memorandum di Stoccolma: «Un allarme lanciato da scienziati premi Nobel che nel
nostro campo è un punto di riferimento ma che resta sconosciuto ai media». Le
ricerche internazionali vanno affiancate poi da quelle personali: «Allo scettico
che dubita della veridicità dei dati sul cambiamento climatico sono solito
proporre i miei studi, che mostrano come il 2011 sia stato l’anno più caldo a
Torino dal 1753. O ancora le fotografie che nei decenni ho scattato ai ghiacciai
alpini, il cui ritrarsi è inequivocabile». Vie d’uscita e coerenza Il quadro è
tetro ma, rimarca Mercalli, è importante ricordare che le vie d’uscita esistono:
«Se il protocollo di Kyoto avesse funzionato avremmo stabilizzato la temperatura
globale - dice -. Non è andata così e ora tre gradi in più non ce li toglie
nessuno: ciononostante non si deve dimenticare che lo spazio per evitare il
disastro esiste ancora, anche se bisognerà lavorare sodo per farcela». E a tal
riguardo il meteorologo porta l’esempio della sua casa: «La coerenza è
importante - racconta -. La mia casa è alimentata in buona parte da pannelli
solari, così come la mia auto elettrica. All’inizio può essere un po’ scomodo,
ma si può fare. Si può raggiungere la transizione fra l’uomo che al bar si vanta
dei cavalli della sua automobile e quello che si vanta dei kilowatt prodotti dai
pannelli solari di casa sua». Allarmismo all’italiana Una comunicazione
equilibrata come quella appena descritta, però, è proprio ciò che troppo spesso
manca all’Italia: «Quante volte abbiamo visto titoli come “Fra cento anni
l’Italia sarà come il Sahara” - si chiede -? Nel nostro Paese c’è una tendenza a
trattare in modo hollywoodiano il problema del clima. Il risultato è che
l’attenzione sale al massimo per un paio di giorni e quando torna il sole si
dimentica tutto. Fino all’episodio successivo, quando la giostra riparte».
Secondo il meteorologo «serve un giusto equilibrio nell’interfaccia fra scienza
e comunicazione: non bisogna eccedere nell’allarmismo e al contempo non
minimizzare il rischio. In Maremma, ad esempio, la “bomba d’acqua” è arrivata
davvero». L’esempio di New York Questi “allarmi a intermittenza” portano allo
scoperto il vero nodo del problema: «In Italia manca il ragionamento di lungo
periodo - riflette Mercalli -. Pensiamo a quel che è successo negli Usa. Sono
rimasti scottati nel 2005, quando Katrina li ha colti di sorpresa. Quest’anno a
New York Sandy non ha fatto molti danni perché si erano preparati ad
affrontarlo. Inoltre l’arrivo dell’uragano è servito alla città per capire che
le dighe sull’Atlantico sono troppo basse: ora stanno riflettendo su come
ovviare al problema nei prossimi anni». Il centro ancora in rovina de L’Aquila
testimonia come un’organizzazione di questo tipo manchi nel nostro Paese.
Giovanni Tomasin
«Politiche verdi frammentate sul territorio Manca la
regia» - Le istituzioni
TRIESTE «Le politiche ambientali in Italia sono frammentate sul territorio,
manca una regia comune». Il metereologo Luca Mercalli commenta così lo iato che
differenzia il cittadino comune, che in un modo o nell’altro cerca di
arrabattarsi fra raccolte differenziate e pannelli solari, e le istituzioni che
vanno spesso in direzione contraria, a dispetto di grandi proclami. «Ci sono
tante contraddizioni tra una regione e l’altra - afferma -. Distinguerei la
politica nazionale da tanti esempi buoni che troviamo a livello locale. Manca il
coordinamento: abbiamo iniziative efficaci avviate da Comuni, Province, Regioni,
poi magari il vicino fa l’esatto opposto. Da Trieste basta andare in Austria per
vedere un esempio di regia complessiva efficace. In Italia non abbiamo nemmeno
uniformato il colore dei cassonetti: quel che a Torino è la carta a Trieste
diventa il vetro, e così via». Secondo l’ecologo Sergio Sichenze, tra i relatori
della conferenza di ieri alla Sissa, «assistiamo a una schizofrenia fra le
dichiarazioni dei governi e delle organizzazioni internazionali e la loro azione
nella pratica. Purtroppo le istituzioni, quando si trovano a scegliere fra una
soluzione certa ma a breve periodo (quando non illusoria) e una soluzione di
lungo periodo che richiede uno slancio ulteriore, cadono sempre sulla prima. In
ogni caso l’impegno soggettivo resta imprescindibile, al di là della miopia
istituzionale». Anche Mercalli sottolinea l’importanza dello sforzo individuale
per conseguire il cambiamento: «Poi ci sono questioni su cui è oggettivamente
difficile intervenire. Anch’io rimango perplesso quando vedo che il governo
italiano decide di acquistare numerosi caccia F35 - aggiunge -, sapendo che con
i milioni pagati per ogni singolo aereo si potrebbero portare avanti politiche
che sicuramente riguardano più da vicino gli interessi dei cittadini. Quel che
può fare il singolo in questo caso è unirsi al comitato “No F35” e protestare.
Quando tanti faranno così si potranno cambiare anche le scelte dei governi. Per
ora sono ancora troppo pochi».
(g.tom.)
Rifondazione «Trieste-Divaccia onerosa e inutile»
I ritardi nell’avanzamento dell’iter progettuale della Tav
Trieste-Divaccia dimostrano la fondatezza dei dubbi avanzati da più parti
sull’utilità dell’opera. È la chiave di lettura fornita dal consigliere di
Rifondazione Igor Kocijancic, da sempre contrario alla realizzazione dell’alta
velocità. «L’infrastruttura, specie nel tratto Ronchi-Trieste-Divaccia, è
inutile, eccessivamente onerosa e devastante dal punto di vista ambientale»
commenta Kocijancic, autore di un’interrogazione sulla mancata traduzione in
sloveno della documentazione Via.
Binario morto: Trieste paga ancora
Protesta dei ferrovieri per il taglio dei treni e l’isolamento del
capoluogo di regione
Isolata. Considerata una stazione periferica di scarso interesse. Tagliata
fuori dallo scacchiere ferroviario del Nord Est. Per le Fs, Trieste è tutto
questo. A denunciarlo, con forza, sono stati ieri i componenti del gruppo
"Ferrovieri per Bersani", la cui rabbia, che covava da tempo per la progressiva
cancellazione di treni da parte di Trenitalia, è esplosa dopo l'ennesima notizia
negativa: la soppressione dello storico notturno Trieste-Roma (via Cervignano).
«Siamo meravigliati soprattutto dal silenzio dell'assessore regionale Riccardi -
ha detto Luigi Bianchi - davanti a quest'ultimo gravissimo atto della saga
intitolata 'Binario morto, Trieste ultima stazione'. Noi ferrovieri di 'Trieste
pro Bersani' - ha aggiunto - abbiamo chiesto ai rappresentanti istituzionali di
dire qualcosa, finora senza alcun risultato. La rilevanza di Trieste come snodo
ferroviario è nazionale e internazionale, perché serve una vasta area
geografica». Tarcisio Barbo ha affermato che «diventa importante adesso muoversi
in maniera organica. A partire dal gruppo del Pd in Regione». «Trieste svolge un
ruolo determinante nell'ambito dei trasporti internazionali - ha continuato - ma
Trenitalia non capisce che i confini nazionali non sono confini ferroviari. La
città è collegata a una vasta area che comprende vari Paesi. Non basta servire
Udine. E a chi giustifica queste soppressioni per un fatto di costi, magari
sostenendo che Trieste non è una piazza appetibile - ha proseguito - replichiamo
che non abbiamo mai visto interventi fatti affinché ci sia mercato a Trieste. E
lo stesso ragionamento va riproposto a che per quanto concerne le merci, non
solo il settore passeggeri». Matteo Puppi, consigliere provinciale, che a
Palazzo Galatti segue in particolare i temi dell'occupazione ha insistito sul
disimpegno delle Ferrovie verso la città, fattore che comporta conseguenze
gravi. «Invece di vedere Trieste e Gorizia come due porte verso l'Est - ha
proseguito - queste due città sono considerate pesi che non offrono mercato. Non
si pensa che un porto può essere attraente se, dietro ci sono le adeguate
infrastrutture per collegarlo con ciò che lo circonda». Mario Ravalico,
consigliere comunale ha ribadito: «Il disinteresse non è solo delle Ferrovie, ma
anche della Regione. Per esempio è stato ripristinato il collegamento fra Udine
e Villaco, lasciandone fuori Trieste. Avvicinandosi il periodo natalizio la
possibilità per i triestini di raggiungere il capoluogo carinziano per vedere i
mercatini di Natale si è trasformata in un pellegrinaggio a tappe. Perché non si
è partiti da Trieste attraversando Gorizia?».
Ugo Salvini
Energia Confronto tra esperti sulle rinnovabili
Un confronto tra esperti per fare il punto sull'attività svolta in questa legislatura in tema di energia e per parlare delle sfide future che dovranno essere affrontate dal nuovo Piano energetico. Lo organizzerà la Regione lunedì prossimo a Udine, all'auditorium di via Sabbadini, a partire dalle ore 9.30. I lavori saranno introdotti da Renzo Tondo. «Si tratta di una importa occasione - anticipa l'assessore all'Ambiente, Sandra Savino - anche per illustrare la recentissima legge in materia di energia e distribuzione carburanti».
Monfalcone mette al bando l’eternit
Progetto pilota del Comune per accelerare la bonifica di tutti i siti
contaminati
MONFALCONE Monfalcone punta a diventare una città senza amianto. L’impegno
viene espresso dall’assessore all’Ambiente, Gualtiero Pin, proprio in
coincidenza con la “due giorni” a Venezia dedicata alla seconda Conferenza
governativa sull’amianto. Il ministro Corrado Clini ha fornito i dati della
fibra-killer: 40mila siti censiti in Italia registrano rilevanti tracce di
eternit, di cui almeno 400 importanti dal punto di vista della contaminazione. E
ancora: 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture sono ancora da bonificare.
Il tutto, a fronte di 16mila mesoteliomi maligni rilevati in Italia dal 1993 e
il 2008. Con il Friuli Venezia Giulia, secondo il Quarto rapporto Inail
nazionale, a porsi tra le prime tre regioni d’Italia in fatto di incidenza di
esposizione all’amianto e malattie asbesto-correlate. Sono solo alcuni elementi
significativi scaturiti a Venezia, senza contare il fronte giudiziario nel
riconoscimento delle responsabilità e il tema legato al risarcimento dei danni.
Sulla bonifica, intanto, Monfalcone si pone quale realtà pilota. Basti ricordare
interventi quali la demolizione dell’ex ospedale di via Rossini, caratterizzato
da impianti in eternit, e l’azione di bonifica in corso, a buon punto, nell’area
delle Terme romane. L’assessore Pin osserva: «La riqualificazione della città,
che non ha più quella crescita disordinata degli anni Sessanta, per la quale
siamo impegnati, deve rappresentare anche l’occasione per mettere mano con
ulteriore determinazione alla rimozione dell’amianto. La bonifica, infatti,
costituisce un caposaldo per l’amministrazione comunale». Pin ricorda peraltro
che proprio recentemente la giunta ha emesso un bando unico, attingendo alla
legge 28, mettendo a disposizione dei cittadini di Panzano circa 200mila euro
per eliminare l’eternit, ma anche per intervenire sulle facciate degli immobili.
«Certo - aggiunge l’assessore Pin - una cosa è la bonifica delle zone
residenziali, per la quale ci sono percorsi specifici in ordine al reperimento
dei finanziamenti, altro sono le aree industriali e pubbliche per le quali gli
interventi diventano ben più complessi e onerosi sotto il profilo della
sicurezza ed economico».
(l.b.)
Il pesce palla raggiunge Pirano
Un pescatore ha catturato il primo esemplare “sloveno”. È della stessa
famiglia di quello di Ragusa
TRIESTE Non ci sono più le mezze stagioni e il mare sta cambiando. Al punto
che sono sempre più frequenti gli “avvistamenti” e le prese all’amo a nella rete
di pesci tropicali nelle acque del Mare Adriatico. L’ultima in ordine di tempo è
la “pesca miracolosa” registrata a cinque miglia al largo nel golfo di Pirano.
Il pescatore Stelio Bonifacio dalla chiara appartenenza alla minoranza italiana,
ha catturato il primo esemplare di pesce palla nelle acque slovene. Primo, al
punto da non avere in Slovenia un suo nome proprio mentre quello scientifico è
“Sphoreides Pachygaster”. Ne da notizia il quotidiano lubianese Delo nella sua
ultima pagina solitamente dedicata alle curiosità dall’interno e dal mondo. Il
pesce palla è altamente velenoso visto che nelle sue carni, soprattutto nel
fegato si nasconde la tetrodocsina molto più letale del cianuro al punto che
basta ingerirne una piccolissima quantità per andare a trovare il Creatore.
Secondo il dottor Lovrenc Lipej del Centro biologico marino la cattura è
l’ulteriore conferma del fenomeno di tropicalizzazione delle nostre acque dovute
all’aumento della temperatura del mare. Lo studioso era sicuro che prima o poi
il pesce palla sarebbe stato catturato anche nell’Alto Adriatico viste poi le
simili catture avvenute in precedenza al largo delle coste croate. Secondo gli
studiosi il pesce palla catturato a Pirano appartiene alla stessa famiglia
dell’esemplare pescato alcuni giorni fa al largo di Dubrovnik (Ragusa), una
specie che già da tempo vive nel Mediterraneo, Il pescatore sloveno Stelio
Bonifacio ha raccontato al Delo di aver catturato l’esotica preda a cinque
miglia al largo di Pirano con una “nassa” a circa 22 metri di profondità. È
lungo circa 35 centimetri e pesa poco meno di un chilogrammo. Le sue carni,
anche se velenose, sono molto ricercate in Giappone dove i più raffinati chef ne
fanno un fantastico “pasticcio”. E nonostante una preparazione così attenta e
raffinata - il veleno del pesce palla si concentra nel fegato e nelle sue
ghiandole sessuali - ogni anno in Giappone si stima che muoiano 1250 persone che
si sono cibate delle sue ricercatissime e, a questo punto, pericolosissime carni
anche perché il suo veleno si calcola sia 1250 volte più letale del cianuro. «Il
pesce palla - conferma il dottor Lipej - è pericoloso solamente nel piatto se lo
si tocca non si muore, e questo conferma ancora una volta che tutto ciò che
troviamo nel mare non è certo commestibile». Ora gli studiosi sloveni dovranno
prima di tutto “inventare” un nome comune per il nuovo inquilino del Mare
Adriatico. Poi sarà sicuramente interessante capire quali sono diventate le sue
abitudini nei nuovi mari colonizzati e soprattutto quale sarà il loro impatto
sulla popolazione ittica indigena e sull’equilibrio biologico. @ManzinMauro
Mauro Manzin
C’è anche Muggia nella petizione sugli sprechi
alimentari - LA LETTERA DEL GIORNO di Fabio Longo - Assessore del Comune di
Muggia
A settembre si è tenuto Trieste Next, il salone europeo dell’innovazione e
della ricerca scientifica organizzato dal Comune di Trieste e dall’università.
Nell’ambito di questa iniziativa è stato promosso un incontro al quale hanno
aderito 175 sindaci del nordest dell’Italia nonché europei per sottoscrivere
assieme la petizione “Un anno contro lo spreco”, o meglio la Carta per una rete
di Comuni a spreco zero promossa da Last Minute Market, spin-off accademico
dell’università di Bologna. Questo documento prevede innanzitutto l’impegno
delle amministrazioni comunali nella riduzione degli sprechi e delle perdite
alimentari, e indica lo spreco alimentare come un paradosso del nostro tempo
perché a fronte della necessità di aumentare del 70% la produzione alimentare
(in vista dell’aumento stimato a nove miliardi della popolazione sulla terra nel
2050) più di un terzo del cibo oggi prodotto viene sprecato. Nei Paesi in via di
sviluppo lo spreco alimentare va da 6 a 10 chilogrammi pro capite nel 2010
mentre in quelli sviluppati va da 95 a 115. Nell’Unione europea lo spreco sale a
180 chilogrammi e in Italia è pari a 149, ben sopra la media dei Paesi
sviluppati. Volendo ragionare in termini di pil lo spreco alimentare rappresenta
il 2,72% della ricchezza nazionale. Ora: il 19 il Parlamento europeo ha votato
in seduta plenaria una risoluzione su come evitare lo spreco di alimenti. Si
tratta di strategie per migliorare l’efficienza della catena alimentare
nell’Unione europea preparata dalla Commissione per l’agricoltura con
l’obiettivo di diminuire del 50% gli sprechi entro il 2025 e di dedicare il 2014
come Anno europeo di lotta agli sprechi alimentari. Le amministrazioni comunali,
in coerenza con la risoluzione europea, si sono impegnate a condividere e
promuovere sul loro territorio la campagna “Un anno contro lo spreco”
sensibilizzando l’opinione pubblica sul valore negativo dello spreco alimentare
dal punto di vista economico, ambientale e sociale. Inoltre le amministrazioni
comunali si sono impegnate a sensibilizzare le rappresentanze politiche del
territorio per promuovere a livello normativo nazionale la regolamentazione
delle vendite scontate per permettere la vendita di prodotti vicini alla
scadenza con un prezzo ridotto del 50% e la semplificazione delle diciture sulle
etichette degli alimenti per la scadenza, riportando due date: la prima in
riferimento alla scadenza commerciale (si può vendere entro una certa data),
l’altra riguardo al consumo. Gli stessi Comuni si sono impegnati altresì ad
adottare come orizzonte di lungo periodo lo spreco zero mediante il controllo e
la prevenzione di tutte le attività pubbliche e private che implichino la
gestione di cibo, acqua, energia, rifiuti, mobilità e comunicazione. A seguito
dell’impegno da me assunto a nome del Comune di Muggia con la sottoscrizione
della petizione “Un anno contro lo spreco” mi faccio parte attiva nel
comunicarlo ai cittadini.
IL PICCOLO - VENERDI', 23 novembre 2012
Conferenza dei servizi, ok al rigassificatore -
PROGETTO»IL PARERE
I dirigenti della Regione giudicano inconferenti i no ribaditi da Comune
e Provincia e decretano il via libera «all’unanimità»
L’ALLARME del municipio Laureni: c’è il rischio che in due mesi si decida tutto.
Oggi legali al lavoro per valutare il da farsi. Il sindaco: grossa forzatura, ci
si rivede al Tar
L’INCREDULITÀ DI ZOLLIA Mai visto nulla di simile in 35 anni di pubblica
amministrazione: pareri negativi trasformati in positivi con un colpo di
bacchetta magica
Due contrari su tre eppure l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per
il rigassificatore di Zaule è passata ieri alla Conferenza dei servizi, dopo una
riunione protrattasi per sei ore, «all’unanimità». Le opposizioni chiaramente
manifestate dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni e dal dirigente
dell’area Ambiente e mobilità della Provincia Fabio Cella sono state giudicate
inconferenti o comunque ipotizzanti rischi non comprovati. A decidere in questo
senso è stato Pietro Giust, vicedirettore centrale e direttore del servizio
Energia della Regione che ha condotto la seduta assieme a Pierpaolo Gubertini,
il dirigente responsabile del settore Tutela dall’inquinamento. L’assenso
all’unanimità era l’unico modo per non far ricadere la responsabilità dell’Aia
sulla giunta regionale che sarebbe stata chiamata a decidere in caso di pareri
discordanti. «Abbiamo chiesto che si votasse per rendere palese la maggioranza
di voti contrari, ma i tecnici della Regione hanno ribattuto che non si poteva
farlo perché la contrarietà risultava immotivata», ha riferito Laureni. «Ci
vorrebbe una bella faccia tosta da parte della giunta regionale ad approvare
l’Aia sapendo che tutto il territorio è contrario - aveva affermato nei giorni
scorsi l’assessore alla Programmazione Sandra Savino - ma allora chi non vuole
il rigassificatore proponga da subito delle alternative». Ma tutto questo dopo
il “colpo di mano” di ieri non sarà necessario. «È accaduto qualcosa di
sconvolgente che in 35 anni che mi occupo di pubblica amministrazione non ho mai
visto - ha commentato l’assessore provinciale Vittorio Zollia - la Regione con
un colpo di bacchetta magica ha trasformato due pareri negativi in positivi». «È
stato lo stratagemma per far sì che sui politici della Regione non possa
ricadere alcuna responsabilità - ha aggiunto Laureni - a questo punto potranno
dire: noi non abbiamo alcuna colpa, sono stati i tecnici a decidere». E ora
l’iter per il rigassificatore di Gas Natural sta assumendo un’accelerazione
innaturale. «C’è il rischio che prima di due mesi tutto sia già stato fatto e
deciso», lancia l’allarme Laureni. Perché le amministrazioni locali sono state
chiamate al ministero delle Attività produttive per l’Autorizzazione unica, atto
finale prima del via ai lavori, già per mercoledì prossimo, 28 novembre. «Siamo
riusciti a ottenere che quella non sia la seduta finale - rivela Laureni -
perché noi abbiamo bisogno di un altro passaggio in Consiglio comunale per un
altro pronunciamento dopo le ultime modifiche al progetto, ma comunque il
governo è fortemente intenzionato a chiudere tutto entro due mesi». Prima delle
elezioni dunque. «Ci rivedremo non a Filippi, ma al Tar», il commento rilasciato
dal sindaco Roberto Cosolini. Che più tardi ha aggiunto: «È stata una grossa
forzatura. Non vorrei essere nei panni del dirigente regionale che dovrà firmare
quell’atto». E già oggi alle 16 l’assessore Laureni vedrà gli esperti
dell’Ufficio legale del Comune per valutare i risvolti giuridici della decisione
presa. «Anche la dottoressa Marina Brana dell’Azienda sanitaria - fa rilevare
ancora Laureni - ha sostenuto che le preoccupazioni sanitarie espresse dal
Comune si basano su motivati sospetti». Ma in particolare sul sostantivo
“sospetti” i tecnici della Regione avrebbero trovato un appiglio per
destrutturare i timori. All’interno della Conferenza dei servizi di ieri gli
unici ad avere il diritto di voto, in realtà mai espresso, erano la Regione, il
Comune di Trieste e la Provincia. Va rilevato però anche che nel corso
dell’ultima seduta del Comitato tecnico regionale che doveva esprimersi sui
rischi rilevanti in base al rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural per
la prima volta si era espresso contro il progetto dell’impianto, oltre a Comune
e Provincia anche l’Autorità portuale attraverso il dirigente alla Sicurezza,
Fabio Rizzi che aveva espresso forti perplessità.
Silvio Maranzana
«Un assurdo, norme applicate in modo errato»
«Il verbale redatto dai funzionari regionali contiene un’errata
ricostruzione della volontà della Provincia e un’errata applicazione della norma
riguardante le Conferenze di Servizi». Lo ha affermato il dirigente della
Provincia Fabio Cella al termine della seduta sul rigassificatore. «La Provincia
- ha aggiunto - ha espresso il proprio parere per le competenze attribuitele
dalla legge: gestione dei rifiuti, emissioni in atmosfera e scarichi idrici
sulla base di ampie relazioni tecniche istruttorie che interessavano sia gli
aspetti tecnici che procedurali. Dette relazioni avevano supportato la decisione
del Consiglio provinciale che all’unanimità ha espresso parere negativo. Le
ragioni sono state condivise dal Comune e hanno destato la preoccupazione
dell’Azienda Sanitaria che le ha ritenute condivisibili. Nonostante tutto ciò il
responsabile del procedimento ha ritenuto le osservazioni tecniche
“inconferenti” e quindi è giunto alla assurda conclusione che il parere in via
definitiva non fosse stato espresso e quindi fosse da considerarsi un parere
positivo».
«Perdiamo 3 milioni al mese La Ferriera sta per
chiudere»
I sindacati dal prefetto perché temono che la Lucchini non tuteli più la
sicurezza Il portavoce del gruppo: «L’offerta della svizzera Klesch riguarda
solo Piombino»
Tre milioni al mese. Li perde, secondo i sindacati, la Ferriera di Servola e
ieri Franco Palman (Uilm), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl), Tiziano Scozzi
(Fiom-Cgil) e Cristian Prella (Failms) sono andati a dirlo al prefetto Francesca
Adelaide Garufi esprimendo il timore, derivato da questo trend disastroso, che
la Lucchini lasci i cinquecento dipendenti con un doppio cerino in mano: quello
dei mancati investimenti sulla sicurezza, di cui si starebbero già avvertendo le
conseguenze all’interno dello stabilimento, e addirittura quello di una
improvvisa chiusura a brevissimo termine. «Due sono state essenzialmente le
richieste che abbiamo fatto al prefetto - riferisce Palman - la possibilità di
avere un incontro chiarificatore a Trieste con l’amministratore delegato di
Lucchini, Francesco Chindemi, e l’invito al Tavolo aperto sulla riconversione di
Servola dell’azienda stessa per meglio programmare il futuro anche più
immediato.» Oltretutto il tavolo, presieduto dall’assessore regionale Sandra
Savino, si riunisce nuovamente questo pomeriggio alle 15, «e speriamo di
assistere a uno scarto, un’accelerazione almeno verso un abbozzo di soluzione
alternativa», aggiunge Palman. Sulla stampa economica è rimbalzata in questi
giorni la notizia di una prossima formalizzazione dell’offerta per l’acquisto
della Lucchini da parte del gruppo svizzero Klesch per la somma di 200 milioni.
«Ma se anche questa proposta venisse formalizzata - taglia corto Francesco
Semino, responsabile relazioni esterne di Lucchini group - con altissima
probabilità riguarderebbe soltanto Piombino e non Servola dove del resto gli
stessi amministratori pubblici non vogliono più siderurgia». Ma Semino afferma
anche che «ad oggi non ci sono programmi di chiusura di Servola, tanto che il
consiglio di amministrazione ha confermato una serie di investimenti, e si parla
di milioni, nel giro di un anno per quanto riguarda sicurezza e ambiente». Ciò
anche in seguito alle prescrizione recentemente emesse dal sindaco Roberto
Cosolini. «Ma da qui a un anno, non sappiamo nemmeno se ci arriviamo - replica
Palman - per cui è indispensabile che i livelli di sicurezza siano alzati
immediatamente e che la società pensi anche a Servola e non solo a Piombino,
anche se diamo atto al direttore dello stabilimento Antonio Bonacina di avere
subito investito del problema il consiglio di amministrazione». «Per quanto
riguarda gli investimenti sulla sicurezza la risposta positiva da parte
dell’azienda non riguarda tutti i settori della Ferriera - precisa Cristian
Prella - ma in particolare la cokeria dove saranno attuati nuovi accorgimenti
anche per la tutela ambientale. Devo anche rettificare quanto ho affermato
recentemente: l’incidente che si è verificato qualche giorno fa e che rischiava
di mettere a rischio l’incolumità di alcuni operai non è avvenuto sulla
banchina, bensì in un’area di competenza della cokeria stessa. È comunque
indispensabile che si trovi un compratore o un’ipotesi concreta di riconversione
nel giro di pochi mesi perché anche all’interno dello stabilimento l’atmosfera
si sta facendo di giorno in giorno più incerta e difficile». «Sono in ballo
complessivamente mille posti di lavoro - chiude Palman - la crisi è scoppiata
anche nelle aziende dell’indotto e solo momentaneamente è stata tamponata la
possibile richiesta di cassa integrazione».
Silvio Maranzana
Petrini lancia l’allarme sullo spreco di cibo di
proporzioni bibliche
Il fondatore di Slow Food, eroe del nostro tempo per “Time” al convegno
della Società italiana di scienze sensoriali
Chi lo conosce sa cosa aspettarsi. Chi non lo conosce faccia attenzione.
Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food, è un fiume in piena.
Enogastronomo, ideatore del Salone del Gusto di Torino e della Fondazione Terra
Madre (rete mondiale delle comunità del cibo) - che è anche sociologo e
giornalista - è un grande affabulatore. Insignito del premio Communicator of the
Year Trophy, della International Wine and Spirit Competition, nel 2000, è stato
inserito fra gli “eroi del nostro tempo” da Time Magazine nel 2004. Ieri Petrini
ha aperto il Convegno della Società italiana di scienze sensoriali, organizzato
a Trieste con la collaborazione de illycaffè e dell’Università di Udine. Dottor
Petrini, perché partecipa a questo congresso scientifico? «Ritengo il lavoro
della Siss fondamentale per il consolidarsi di una cultura specifica in Italia.
L’Italia rivendica a sé il Made in Italy in cucina, proponendo una cultura del
cibo senza eguali. Ma pur forte di un’esperienza che deriva dalla pratica
quotidiana – penso ai milioni di donne che, senza aver mai ricevuto stelle
Michelin, hanno creato e tramandato quello stile alimentare che ci
contraddistingue – il nostro paese è privo di una competenza strutturata,
accademica, sul cibo. La gastronomia è chimica, fisica, biologia, genetica. Ma è
anche stare insieme, accettare il diverso da noi. Il cibo permea la cultura e
muove la politica». Sicurezza alimentare e cibo per tutti: siamo lontani da
questo traguardo... «Lo spreco alimentare ha assunto proporzioni bibliche: i
nostri frigoriferi sono cimiteri di cibo! La Fap dice che produciamo cibo
sufficiente a sfamare 12 miliardi di viventi. Noi siamo 7 miliardi, un miliardo
dei quali non mangia o mangia male. I conti sono presto fatti: il 45 per cento
dei prodotti edibili viene buttato, significa un miliardo e 300 milioni di
tonnellate l’anno. Ogni cittadino europeo - da quando nasce ai suoi 100 anni -
ha a disposizione 840 kg di cibo l’anno. Di questi ne mangia 520, ma 320
chilogrammi finiscono nella spazzatura». Andrebbe meglio se acquistassimo
secondo il criterio del chilometro zero? «Un po’ sì, dato che il chilometro zero
va molto bene per i prodotti freschi locali. Tuttavia non ha senso privarsi di
qualcosa di confezionato, per esempio un buon vino che arriva da lontano. Ma i
pomodori della mia regione o l’acqua della sorgente vicina, questi sì che
dovrebbero fare meno strada possibile, senza bottiglie di plastica. E quanto al
cibo bio, è un delitto che il 30 per cento di esso finisca nella spazzatura
perché... brutto a vedersi»! In Italia però il numero degli agricoltori è in
calo. Un certo tipo di approvvigionamento può risultare difficile? «Oggi i
contadini sono il 3% della popolazione attiva, contro il 50% di mezzo secolo fa.
Ma non possiamo pensare di vivere vendendo macchine: è alla terra che dobbiamo
tornare, altrimenti ci verrà a mancare la base produttiva e aumenterà anche il
dissesto idrogeologico, mancando chi si occupa attivamente del terreno. I
contadini sono i veri artigiani del cibo: ne colgono le sfumature, forse senza
avere competenze scientifiche, e sanno bene come cambiare un alimento attraverso
la pratica». Qual è la sua ricetta per uscire dalla crisi? «Ridurre gli sprechi.
Smettere di essere avidi: il cibo non è una merce. Rafforzare le piccole
comunità agricole, anche nel sud del mondo: conviene a tutti. Educare i giovani
al rispetto della terra: le risorse non sono infinite e a fare le spese dei
nostri eccessi saranno i posteri, se non cambiamo fin da subito».
Cristina Serra
“Trieste per la Palestina libera” domani in piazza
della Borsa - MANIFESTAZIONE
«Restare vigili e proseguire nelle iniziative necessarie a ottenere la fine
dell’assedio a Gaza nonché la libertà, la giustizia e l’uguaglianza per il
popolo palestinese». Lo hanno ribadito ieri in una conferenza stampa i
rappresentanti del Coordinamento "Trieste per la Palestina libera", annunciando
per domani in piazza della Borsa una «manifestazione cittadina contro la guerra»
dove verranno presentate al Comune le firme raccolte domenica in piazza Unità
«per chiedere agli enti locali di sostenere l’ammissione dello Stato di
Palestina all’Onu, posto che la discussione è nel calendario dell'Assemblea
generale per il 29 novembre, Giornata di solidarietà col Popolo palestinese
indetta dall'Onu». La raccolta firme proseguirà domani durante la
manifestazione. Tra gli altri appuntamenti promossi da Salaam ragazzi
dell'olivo, Comitato Bds, Bottega del Mondo "Senza Confini - Brez Meja" e
Comitato pace convivenza e solidarietá Danilo Dolci, la presentazione oggi alle
17.30 alla libreria Minerva del saggio “Nel baratro - i Palestinesi,
l'occupazione israeliana, il Muro e il sequestro Arrigoni", del giornalista
Michele Giorgio.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 22 novembre 2012
L’accordo che prevede il nodo di
Tarvisio quale punto terminale del metanodotto South Stream cambia il quadro
delle politiche energetiche perseguite dalla Giunta regionale.
Il progetto, che si prevede di realizzare entro il 2015,
riguarda una capacità di oltre 60 miliardi di metri cubi all'anno, che equivale
praticamente all'intero consumo italiano.
Ad avviso di Legambiente FVG, la realizzazione del metanodotto South Stream con
terminale a Tarvisio appare in contraddizione con le Strategia Energetica
Nazionale presentato dal Governo e ora in discussione, fondata sulla costruzione
di alcuni rigassificatori “strategici”, sulla capacità di stoccaggio e sulla
priorità all'acquisizione nel mercato nazionale del gas dei contratti a breve
(“spot”).
Per il Friuli Venezia Giulia e per il suo contributo alle politiche energetiche
nazionali questo intervento potrebbe e dovrebbe fare tramontare ogni ipotesi di
rigassificatore nel golfo di Trieste. Si può dire al Governo che eventuali altri
rigassificatori “strategici” possono cercare sede altrove: sia in relazione alla
conferma del ruolo strategico di Tarvisio e dei relativi costi territoriali, sia
in riferimento alla futura presenza del rigassificatore deciso dalla Croazia,
sull’isola di Veglia.
La realizzazione di questo metanodotto comunque porrà problemi, anche se di
scala ridotta rispetto ad altri impatti, di carattere territoriale e ambientale,
perchè è presumibile che la parte italiana interesserà le zone di Rateče e
Fusine, prima di connettersi a Tarvisio con l'attuale rete di metanodotti
proveniente sempre dalla Russia, che potrebbe interessare anche zone ad alta
qualità ambientale e di protezione, quali SIC e ZPS (peraltro le stesse
preoccupazioni riguardano anche la parte slovena).
Legambiente FVG non ritiene che la ricerca di compensazioni possa essere
individuata nella riduzione dei costi del gas per i consumatori locali, grandi e
piccoli che siano, poiché questa linea andrebbe in totale collisione con una
gestione corretta del futuro a medio termine della questione energetica.
Piuttosto, se proprio il territorio si deve accollare questo ulteriore
appesantimento, Legambiente ritiene più praticabile una definizione partecipata
delle possibili contropartite territoriali, dove al primo posto ci può essere
proprio la gestione e valorizzazione dell’importante patrimonio naturale del
tarvisiano e delle sue potenzialità turistiche.
Dopo aver “bucato” ogni previsione sul futuro energetico della Regione, dal
ruolo del nucleare alla provenienza futura del metano, un atto di investimento e
di valorizzazione delle risorse ambientali regionali sarebbe un riconoscimento
dovuto da parte del Presidente Tondo.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 novembre 2012
Il rigassificatore sarebbe un’occasione per creare
lavoro - LA LETTERA DEL GIORNO di Giovanni Zeslina
Sono uno dei pochi cittadini di Trieste favorevoli alla costruzione di un
impianto di rigassificazione nel golfo, naturalmente utilizzando le migliori
tecnologie disponibili sul mercato soprattutto per ciò che attiene ai
dispositivi di sicurezza adottabili su questo tipo di impianti. Il perché è
presto detto; tutti i triestini sanno della forte diminuzione relativa in
particolare al comparto industriale che si è verificata nella nostra città negli
ultimi 40-50 anni, ma non tutti forse sanno che a Trieste c'è un gran numero di
disoccupati palesatosi soprattutto in questi ultimi mesi. Ebbene, io propongo
uno studio integrato da svilupparsi prima della costruzione del rigassificatore
che consenta di utilizzare la gran quantità di energia liquida a bassissima
temperatura da utilizzarsi in impianti "criogenici", ossia in impianti che
utilizzano quest'energia per processi di surgelazione e di refrigerazione di
derrate alimentari da farsi arrivare nella zona dell'ex raffineria Aquila (una
volta effettuata la bonifica ambientale) tramite nave o tramite ferrovia. Queste
derrate dovrebbero essere lavorate all'interno di capannoni all'uopo edificati e
che permettano la lavorazione dei prodotti fino al loro imbustamento e alla
successiva surgelazione. Mi vengono in mente per esempio prodotti tipo patate,
spinaci, pesce, carne e altri prodotti che una volta lavorati e congelati ad
opportuna temperatura e a bassi costi tramite il Gnl liquido che ceda la propria
energia fredda ad una cella di surgelazione appositamente creata. Io credo che
tutto ciò se studiato per tempo si possa attuare dando lavoro a parecchie
centinaia di giovani e meno giovani triestini evitando di utilizzare il più
possibile l'acqua di mare. Non mi nascondo che il progetto sia piuttosto
ambizioso oltre che impegnativo ma credo che non sia una cosa impossibile. Poi
si può discutere se il terminal debba essere costruito sulla costa oppure se
posizionarlo a 10 miglia dalla linea di costa e tramite pipeline portare il Gnl
sulla terra ferma, ma secondo me un approfondito studio costi-benefici andrebbe
fatto prima di giungere a conclusioni troppo affrettate.
SEGNALAZIONI - ENERGIA / 1 - Un parere disinteressato
Da un po' di tempo seguo il dibattito sul prospettato insediamento del rigassificatore di Zaule. Non abito a Trieste (sono veneziano) e quindi non sono affetto da quella sindrome del "non nel mio giardino", proverò quindi ad esporre la mia opinione sul progetto da "forestiero". Esistono, e sono funzionanti, impianti simili a quello prospettato ma con la differenza che non sono posizionati a ridosso del centro abitato, talvolta sono in mezzo al mare e, quando prossimi agli insediamenti urbani, mai in un contesto caratterizzato dalle particolari condizioni del golfo di Trieste. Alle perplessità degli abitanti la Multinazionale licenziataria risponde in modo incompleto, con risposte che appaiono preconfezionate ed adattate da situazioni completamente differenti a quella di Trieste. Gli studi presentati per l'insediamento appaiono lacunosi ed ottimistici (fondale del porto, velocità del vento, interazione con l'ambiente e il limitrofo nucleo urbano, ecc.). Alla profondità del fondale è legata ad esempio la valutazione degli effetti del rimescolamento termico dell'acqua scaricata, peraltro addizionata di cloro. La stessa letteratura scientifica è incerta sugli effetti e la Società licenziataria espone valori riferiti al circondario dell'impianto e per periodi di tempo brevi. Le emissioni, per i proponenti, rientrano sempre nelle normativa di legge: quante volte queste si sono rivelate, purtroppo a posteriori, inadeguate alle reali esigenze della salute? Le normative internazionali impongono rigorosi criteri di sicurezza attorno alle navi gasiere ed il loro andirivieni mal si concilia con l'attuale operatività del porto commerciale ed ancor meno per il suo prospettato ampliamento. Nei documenti della Multinazionale la valutazione degli effetti del vento avviene per valori sempre molto inferiori a quelli effettivamente registrati in zona (ad esempio per il rigassificatore di Porto Viro, sito a 15 km dalla costa Adriatica, è prescritta la sospensione delle operazioni di scarico per venti inferiori per durata ed intensità alla bora di Trieste). Sul fronte economico, senza parlare del mai sopito rischio di infiltrazioni malavitose nella gestione di appalti come questo, si ricordi che lo Stato per rendere "appetibili" questi investimenti concede ai Concessionari degli sgravi che riducono di fatto il "rischio di impresa". Sgravi che manifestano i loro effetti anche e soprattutto in caso di impianti economicamente non redditizi per mutate esigenze di mercato o similari. I prospettati vantaggi nella bolletta a cui la campagna mediatica fa riferimento da chi si pensa verranno pagati? E sempre in tema economico, in periodi e in zone nei quali la mancanza di lavoro diventa critica come non resistere al richiamo dell'opportunità di posti di lavoro? Quando c'è di mezzo il denaro non si guarda in faccia nessuno. Scompaiono i vincoli ambientali, leggi, salute e regole passano in secondo piano. Siamo certi che ne valga la pena? Dobbiamo imparare a smettere di accettare senza ragionare ciò che viene prospettato con promesse di lavoro: quanti sono i casi, e purtroppo anche recenti, dove per il piatto di minestra prima o poi si muore? Il connubio benessere-salute per gli abitanti ed il mantenimento dell'ambiente pare che poco si concilino con le esigenze del profitto: possibile che lo Stato venga meno al suo compito primario di tutela dei cittadini e dell'ambiente? Queste sono alcune delle osservazioni sulle quali invito tutti a meditare.
Giorgio Damiani
SEGNALAZIONI - ENERGIA /2 - L’alternativa sta nel porto
La vicenda del rigassificatore di Zaule non si può certamente definire monotona. L’assessore Savino sostiene che i triestini hanno un bel opporsi alla realizzazione del progetto ma dovrebbero proporre un’alternativa, come se non sapesse che l’alternativa è lo sviluppo di un sistema portuale che dia senso economico ad una vocazione secolare. Ieri, il Governo ha varato una norma con la quale verrà posto fine alla scandalosa regalia di denaro pubblico a favore degli impianti di rigassificazione che assicura cospicui introiti ai loro realizzatori, anche quando gli impianti funzionano a qualche frazione della loro potenzialità effettiva. Contemporaneamente, si stanno perfezionando le intese per la realizzazione del metanodotto Southstream che porterà a Tarvisio 63 miliardi di metri cubi di gas l’anno, ed il metanodotto Nabucco è in avanzata fase di progettazione. Ora, mirabile a dirsi, l’Autorità portuale ha espresso ufficialmente la propria contrarietà alla realizzazione del rigassificatore di Zaule. Insomma, le cose sembrano evolversi finalmente a favore dello sviluppo economico di Trieste? Nemmeno per sogno, perché il Comando regionale dei Vigili del Fuoco ritiene che il progetto GasNatural offra sufficienti garanzie di sicurezza, anche quando esperti e tecnici qualificati lo giudicano incompleto e sommamente pericoloso. La Capitaneria di Porto, da parte sua, ritiene che la movimentazione di navi gasiere dell’ordine di 200.000 tonnellate, magari in presenza di bora, sia priva di rischi specifici. L’Arpa ritiene che sia sufficiente simulare l’effetto dell’immissione di cloroderivati nella baia di Zaule per qualche giorno, quasi che per i restanti periodi dell’anno l’impianto fosse disattivato. In realtà, una serie di enti che dovrebbero esercitare un controllo preventivo a garanzia dell’interesse collettivo ricordano le tre scimmie che non sentono, non vedono, non parlano. Lo sviluppo di Trieste non è condizionato, dunque, solamente dal “no se pol” ma anche da strutture tecnico-amministrative di una superficialità e inadeguatezza deleterie.
Aurelio Slataper
SEGNALAZIONI - ENERGIA /3 - Uno stallo pericoloso
Presto sapremo se Gas Natural intascherà l’Autorizzazione Integrata Ambientale, tassello dell'Autorizzazione unica per la costruzione dell’impianto. Attenzione però che, senza l’incentivo ("fattore di garanzia", pari al 71,5% della capacità di produzione), c’è il rischio che non ne faccia niente e si accontenti semplicemente di aggiungere questo asset al suo bilancio. Almeno fintanto che il piano energetico nazionale andrà ad inserire – chissà se e chissà quando – quello di Zaule tra i rigassificatori considerati “strategici” riattivando in tal modo l’incentivo dell’Autorità per l'Energia ed il Gas. E così, per chissà quanto tempo, non avremo ne il rigassificatore ne uno sviluppo della portualità alternativo al polo energetico: una situazione di stallo, congelata dall’autorizzazione (concessa ma non attuata) per il rigassificatore. Gas Natural - data la situazione congiunturale e senza incentivo - non investirà, ma non lo faranno neanche i terminalisti per i traghetti e RO.RO, dissuasi da questa "spada di Damocle" capace di condizionare pesantemente la movimentazione in banchina.
Carlo Franzosini
SEGNALAZIONI - ENERGIA /4 - Meglio fare impianti off-shore
Caro Assessore Savino, ho letto sul sito del Piccolo il seguente titolo in merito alla vicenda rigassificatore di Zaule. "L’assessore Savino: chi dice no porti alternative." Molto modestamente io come molti concittadini penso che le alternative esistano e mi permetto di invitarla cortesemente a esaminare gli atti del recente convegno "Third stakeholders’ workshops on maritime affairs - Towards a strategy for the Adriatic Ionian Macro-Region - Portorož/Portorose, Hotel Bernardin, 17 September 2012 - Round Table on Blue growth". In questa occasione il Dottor Luca Franzosini ha tenuto l'intervento "Lng Terminals in the Adriatic Sea". Dopo aver esposto gli effetti negativi dei rigassificatori a ciclo chiuso, come il rigassificatore Gas Natural di Zaule, programmati nel Mare Adriatico, notoriamente un mare ristretto, conclude proponendo un rigassificatore a ciclo aperto (che brucia circa 1% del gas) off-shore, in mezzo al Mare Adriatico, trinazionale al servizio di Croazia-Italia-Slovenia, collegato alle reti di terra attraverso gasdotti sul fondo del mare. Peraltro un rigassificatore off-shore potrebbe avere ricadute positive sulle imprese adriatiche, per esempio potrebbe essere costruito presso gli stabilimenti di Fincantieri e potrebbe essere equipaggiato con i gruppi elettrogeni di Wartsila Italia-Trieste alimentati da LNG (tecnologia in cui Wit è capofila). Inoltre non capisco per quale motivo il rigassificatore di Trieste-Zaule debba essere realizzato sulla costa, quando gli ultimi rigassificatori realizzati in Italia (cfr. Livorno e Porto Viro) sono in mare aperto.
Bruno Spanghero
SEGNALAZIONI - ENERGIA/ 5 - Smettiamola col “no se pol”
Ogni giorno notiziari, stampa, internet, danno voce alla nuova realtà: la chiusura di fabbriche e industrie. Trieste è uno specchio di quanto succede a livello nazionale. Cartubi, Sertubi, Ferriera, Lucchini... alla fine più o meno 1200-1300 persone perderanno il lavoro e il governo dovrà preoccuparsi non solo di trovar loro una ricollocazione, ma di pagare le indennità di di disoccupazione. Il lavoro nero andrà a braccetto con la disperazione di chi ha una famiglia da mantenere. Nel frattempo i grandi siti svuotati rimarranno come fantasmi in attesa di una bonifica che chissà mai se avverrà. In fondo la zona dell’ex raffineria Aquila è un mostro con noi da 30 anni. Governo, Regione, Provincia, Comune, politici e direttori d’azienda, banche: nessuno sembra avere idee e/o risorse... quelle vengono a sprazzi solo in clima elettorale, per poi immancabilmente chiudersi in un “no se pol”, un detto triestino quanto mai di moda. Una piccola riflessione. Nei primi anni ’60 ricordo che l’ingegner Diego Guicciardi si è tanto adoperato per far costruire l’oleodotto Trieste-Ingolstad, anzi fece pure costruire un grande depositi di banane. Anche allora ci fu un sussulto da parte dell’opinione pubblica triestina, la stampa locale si imbizzarrì e si fece portavoce di sventure di ogni sorta. Per fortuna, ma credo più che per capacità, non è successo assolutamente nulla: da allora sono arrivate 20/25mila petroliere che hanno portato a Trieste petrolio e... soldi. Le previsioni nefaste non si sono avverate, tutt’altro. Agli inizi del ’70 arriva una ventata di genio da Roma che vede il territorio del Carso triestino come una risorsa speciale per creare una zona franca a cavallo del confine con la vicina ex Jugoslavia, di cui potrebbero beneficare le industrie di entrambi i due paesi limitrofi. Ma queste sono le cose che riescono a destare i triestini assopiti nella loro inerzia: parte un nuovo “no se pol” con 70/75 mila firme contrarie a quello che viene definito uno scempio del Carso. Le vecchie volpi della politica pronte ad approfittare di ogni situazione pur di entrare nella stanza dei bottoni, si uniscono nella Lista per Trieste. Ma si sa che nel grande circo della politica per una cosa buona, cento sono cattive. È il momento in cui una società importante e vitale per Trieste come le Assicurazioni Generali chiedono un sito per ampliare la propria struttura, per costruire una vera e propria polis ma a Trieste non sembra esserci alcun posto libero e i tempi d’attesa sono lunghi e incerti. Il progetto prende forma a Mogliano Veneto e 1500-2000 posti di lavoro (e relative famiglie) lasciano Trieste. Altri anni passano e il professor. Carlo Rubbia viene insignito del premio Nobel. Il vicino goriziano si dà un gran da fare e riesce a ottenere la costruzione del Sincrotone proprio sul Carso. Tutto l’altipiano è in subbuglio, parte una nuova raccolta firme, ma Rubbia ce la fa e i signori della domenica continuano a tutt’oggi a passeggiare accanto all’area senza alcun problema all’epoca presunto. La Esso ha lasciato San Sabba già da 40 anni, l’Aquila da 30, la Ferriera sarà la prossima e avremo come ricordo solo siti da bonificare, ma non i soldi necessari nè l’interessamento. Nel 1910 fu fatto un censimento: Trieste austriaca aveva 210.000 abitanti: nel 1951 Trieste angloamericana ne aveva 291.000; nel 2011 208.000 seppure la popolazione mondiale è raddoppiata. la possibilità di trovare lavoro, di creare una famiglia, di inserirsi e partecipare alla società fanno crescere la popolazione. Signori sindaci di Trieste, di Muggia, di Bagnoli, Provincia: siete tanto sicuri che dire “no se pol” alla Gas Natural porterà qualche frutto? A beneficiarne non saranno forse la vicina Slovenia o Croazia, da sempre più rapide nel trovare luoghi e permessi? Per fortuna la vicina Udine non ha ancora il mare, perché come concorrente è altrettanto temibile. Non è forse ora di guardare davvero e con maggior ottimismo togliendo quel “no” e lasciando finalmente un “xe pol”? Basterebbe una tavola rotonda a cui siedano tutti gli interessati Comune, Provincia, Regione ma soprattutto il direttivo di Gas Natural per snocciolare pro e contro di una scelta non di certo facile, ma sicuramente profittevole per la nostra città.
Diego Cernaz
SEGNALAZIONI - ENERGIA /6 - Gli utili a loro e i rischi a noi
Il giornale radio da' per scontato che “in nome di un interesse (?) superiore”, la maggioranza regionale ha deciso sul rigassificatore . A loro spetteranno gli utili. Ai residenti, i rischi e i disagi. Una imperfezione democratica che permetterebbe di arrogarsi decisioni contrarie alla ininfluente volontà di chi subisce. Non cambierebbe molto dalle vecchie imposizioni comuniste di sacrificarsi per “il sol dell'avvenire”. Un atto illegittimo, paradossalmente legale, che indurrebbe a reazioni volgari sul “perché” e sul “per chi”. Non lo sapremo mai. Un impianto sulla costa oltre Monfalcone, che avrebbe ridotto quaranta chilometri di trasporto accidentato, è stato sventato da un referendum democratico, (questo si), e velocemente archiviato. Evidentemente questa democrazia, arriva sino al vecchio confine del TLT di Duino, e diventa difettosa ove la lapide, oltre al ricordo, sembra segnare ancora la differenza. L'ultima parola di questo progetto “ampiamente condiviso”, spetta a chi decide democraticamente da lontano, ignorando la volontà di chi dovrebbe sopportare gli oneri.
Francesco Hlavaty
Ferriera, l’autocritica di Laureni: «La giunta ha perso
un anno»
In Commissione Ambiente l’assessore ammette: «Potevamo fare qualcosa di
più e forse prima»
Bertoli e Rovis (Pdl): «Certificato il fallimento del
sindaco». Cosolini: «Loro hanno perduto un decennio»
«Ferriera: giunta di cui faccio parte è stata debole, abbiamo perso 1 anno».
Primo tweet del consigliere comunale del Pdl Paolo Rovis alle 10.37 di ieri
mattina. Le parole virgolettate, 140 caratteri, sono quelle di Umberto Laureni,
assessore comunale all’Ambiente, pronunciate alle 9.15 durante la riunione della
Commissione consiliare Ambiente convocata per fare il punto sulla Ferriera e
sulle altre emergente ambientali. Ritwittato immediato da Everest Bertoli,
capogruppo comunale del Pdl. Le parole di Laureni diventano: «Questa giunta è
stata molto debole e ha perso 1 anno per la questione Ferriera». L’opposizione
di centrodestra fatica a credere alle proprie orecchie. L’autocritica di Laureni
è l’autogol perfetto da trasformare in caso politico. Rovis non sta nella pelle
e lancia una “ultim’ora” a social network unificati. «Pesante dichiarazione di
assessore Laureni (Sel), in Commissione Ambiente Comune di Trieste: "Su Ferriera
la giunta Cosolini di cui faccio parte è stata molto debole. Abbiamo atteso che
il problema si risolvesse da solo: abbiamo perso 1 anno"» scrive su Facebook e
Twitter. Al volo conia una battuta: «La giunta in un anno ha fatto più fumo
della Ferriera». Esilarante. Ma non è finita. L’autocritica di Laureni si spinge
oltre. «Come se non bastasse, alle 10.10 arriva il secondo siluro, ancora più
devastante - gongola Bertoli in un comunicato ufficiale del Pdl-. A una domanda
specifica posta dal sottoscritto, ovvero qual è la strategia del Comune per
affrontare il problema lavoro a Trieste, la risposta è stata: “Il Comune non ha
una strategia industriale per la città”!». Bingo. «L’assessore ha fatto outing»
annuncia il capogruppo del Pdl che non sempre è una “cima” nelle esternazioni.
In realtà l’assessore tecnico della giunta Cosolini (in quota Sel) non ha
rivelato alla Commissione le sue tendenze sessuali, ma ha piuttosto ammesso
un’impotenza politica lunga un anno sulla vicenda della Ferriera, che si somma
ai dieci precedenti che stanno sul conto del centrodestra. Un’autocritica
costruttiva nella tradizione marxista-leninista. L’assessore conferma la frase
anche se non sottoscrive completamente i virgolettati di Rovis e Bertoli. «È
vero che abbiamo perso un anno sulla Ferriera. Si poteva essere molto più
efficaci e incisivi. Ho detto che la giunta è stata debole, nel senso di poco
efficace. Non una critica, ma un’autocritica. Forse potevamo fare qualcosa di
più e un po’ prima» spiega l’assessore. «Non ho invece mai detto che abbiamo
aspettato che il problema si risolvesse da solo. La situazione è precipitata e
noi forse non siamo riusciti ad anticipare questa fase critica. Forse c’è stata
una sottovalutazione della gravità delle cose». E riguardo al fatto che il
Comune non abbia una strategia industriale per Trieste? «Questo è vero. Non
saprei dire qual è la nostra strategia industriale. Stiamo lottando contro i
mulini a vento. Un’emergenza continua». Le dichiarazioni hanno lasciato di
stucco gli esponenti della maggioranza, Il presidente della Commissione Mario
Ravalico (Pd) conferma: «Laureni è competente e parla senza peli sulla lingua.
Ma esagera nell’attribuirsi colpe visto che questa giunta arriva dopo 10 anni di
immobilismo». Il consigliere Pietro Faraguna (Pd) ha un approccio meno
ortodosso: «A me è piaciuta l’autocritica di Laureni. È una posizione onesta.
Forse non è politicamente furbo, ma è competente. E lo preferisco ai
professionisti delle strumentalizzazioni del Pdl». L’eco delle parole di Laureni
è arrivata anche al sindaco Roberto Cosolini. «L’anno perso sulla Ferriera?
L’opposizione ne ha persi 10 di anni» taglia corto. E la sottovalutazione del
problema evocata dall’assessore? «Non sono d’accordo con Laureni. Non abbiamo
sottovalutato un bel niente. Neppure lui che ha fatto un ottimo lavoro. In
questo anno è mezzo si è fatto molto di più che nei dieci anni prima».
Autocritica o autogol? «Nelle sue intenzioni - spiega Cosolini - forse era
un’autocritica costruttiva, ma da tecnico non ha ancora familiarità con i riti
della politica. La considero un’ingenuità. Ben sapendo che qualche volta è
meglio essere ingenui che troppo furbi».
Fabio Dorigo
Riprendono i tavoli su lavoro e sicurezza - LO
STABILIMENTO
A Trieste riprendono gli incontri sulla Ferriera di Servola. Oggi alle 10 i
rappresentanti dei lavoratori saranno dal prefetto Francesca Adelaide Garufi per
trattare il tema della sicurezza all’interno dello stabilimento della Lucchini
mentre domani alle 15 in Regione si riunirà nuovamente il tavolo, presieduto
dall’assessore regionale alle Finanze Sandra Savino, sulla riconversione
dell’area di Servola a cui partecipano anche l’assessore comunale all’Ambiente
Umberto Laureni. L’allarme sulla sicurezza all’impianto siderurgico di Servola è
stato lanciato alcuni giorni fa dai sindacati. «All'interno della Ferriera di
Servola l'attenzione sulle questioni che riguardano la sicurezza sta scendendo
sotto la soglia minima della tollerabilità» hanno denunciato i segretari
provinciali di Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm, Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e
Franco Palman, che hanno fatto partire una richiesta di incontro urgente al
Prefetto per esporre una situazione che si sta facendo allarmante. Sulla
questione c'è stato un confronto all'interno dello stabilimento tra gli stessi
segretari dei metalmeccanici e i rappresentanti di fabbrica e il direttore
Giuseppe Bonacina. Cristian Prella del sindacato autonomo Failms riferisce come
di recente si sia verificato un ennesimo inconveniente su un nastro
trasportatore in banchina che per poco non provocava lesioni a qualche operaio.
«La Lucchini - denuncia Prella - non paga le ditte esterne o lo fa con estremo
ritardo e di conseguenza collaudi e manutenzioni latitano.» Solo qualche
settimana fa l'allarme è stato suonato anche da Pompeo Tria, responsabile della
Step impianti, ditta di cento persone che lavora o tenta di lavorare ancora con
la Ferriera.
Petrini presenta l’orto in città Naturalmente economico
- EVENTI»L’INIZIATIVA
Il fondatore di Slow Food sarà al Mib per sostenere l’iniziativa del
Comune che in 45 scuole sta promuovendo l’educazione alimentare e ambientale
Promuovere e sviluppare l’educazione alimentare e ambientale fra i ragazzi
delle scuole. È questo il tema che sarà affrontato oggi dalle 15.30 al
Ferdinandeo, sede del Mib, da Carlo Petrini, presidente e fondatore di Slow Food
internazionale. Cogliendo l’opportunità rappresentata dal recente avvio, anche a
Trieste, del progetto denominato “Orto in condotta”, che vede la partecipazione
di ben 45 strutture fra istituti comunali, statali e privati, asili, scuole
primarie e alcune secondarie, scuole slovene e ricreatori oltre all’Itis,
Petrini ha scelto di rivolgersi direttamente alla platea triestina. “Orto in
condotta” è organizzato in collaborazione con il Comune di Trieste. «Gli orti in
città, la raccolta differenziata con l’utilizzo dell’organico, la spesa diretta
e senza inutili confezionamenti di vario tipo – sostiene Petrini – formano
assieme la mia ricetta per vivere meglio. Anche in una grande città – aggiunge –
si tratta di adottare semplici regole di comportamento e di diffondere la
cultura del buono, pulito e giusto, soprattutto fra i giovani e i giovanissimi».
L’incontro di oggi pomeriggio è a ingresso libero fino a esaurimento dei posti
in sala. Slow Food è un’associazione internazionale no-profit che conta circa
100 mila soci fra volontari e sostenitori, distribuiti in 150 Paesi e 1500
condotte, che sono le sedi locali, e una rete di 2 mila comunità che praticano
una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile, di qualità. Fondata da
Carlo Petrini nel 1986, Slow Food opera per promuovere l’interesse legato al
cibo come portatore di piacere, cultura, tradizioni, identità e uno stile di
vita, oltre che alimentare, rispettoso dei territori e delle tradizioni locali.
Tornando alle tre parole chiave di Slow Food, buono, pulito e giusto, Petrini
spiega che «buono riguarda il senso di piacere derivante dalle qualità
organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti e
ricordi derivanti dal valore affettivo del cibo. Pulito – annota - ovvero
prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dell’ambiente. Giusto, che vuol dire
conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di
commercializzazione. Occorre informare, educare i consumatori e dare spazio a
una nuova agricoltura urbana e di prima periferia. Ho visto spazi disponibili,
conclude Petrini, scampoli di campagna in piena città: se a New York coltivano
gli orti sui tetti dei grattacieli, significa che nulla è impossibile». La
condotta triestina di slow Food è guidata da Marino Vocci. Per informazioni e
mail slowfoodtrieste@gmail.com.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 novembre 2012
Assenti i “migratori” Il clima modificato li trattiene
nel Nord
A rischio anche i boschi. Bressi e Poldini: «Colpa delle azioni
sull’ambiente dell’uomo che poi ne rimane anche vittima»
Tutta colpa dei cambiamenti climatici. E in particolare delle variazioni
nella ciclicità delle stagioni che con il passare degli anni tendono a essere
sempre più difficilmente classificabili. Il che significa andare incontro a
estati sempre più secche, con significativa carenza d’acqua, mentre sul versante
opposto ci troviamo di fronte a inverni sempre più miti, dove le temperature non
scendono così facilmente sotto una certa soglia e dove sono sempre più rare -
sebbene possano essere crudeli, come lo scorso anno - le gelate e l’arrivo della
neve. Tutto questo porta a inevitabili conseguenze nei fenomeni biologici legati
al clima, dalla catena naturale, fino ai ritardi nell’arrivo della fauna
migratoria, questi ultimi di facile percezione anche alle nostre latitudini. Tra
le specie che d’abitudine ai primi di novembre avevano già lasciato le terre del
Nord Europa per avventurarsi a migliaia chilometri di distanza alla ricerca di
cibo e delle quali non c’è invece ancora traccia dalle nostre parti, ci sono
alcune specie di tordi, quelle più note come il tordo sassello e il tordo
bottaccio, ma anche la cesena o la tordela. Il fatto che, anche nelle terre più
a Nord, come Germania, Danimarca, ma anche Ungheria o Repubblica ceca, il clima
non sia più rigido come un tempo, sta modificando le abitudini biologiche della
fauna migratoria, che, non avendo più grosse difficoltà nel procurasi del cibo,
può comodamente decidere di rinviare o di annullare del tutto il viaggio a
latitudini più basse, con conseguenze comunque non trascurabili. «Si tratta
certamente di un fenomeno da monitorare costantemente e da tenere sotto
controllo - spiega Nicola Bressi, direttore del servizio Musei scientifici di
Trieste -. Non è il caso di creare allarmismi, ma una certa soglia di attenzione
deve essere mantenuta. Le specie sanno adattarsi ai cambiamenti molto più in
fretta di quanto pensiamo, ma tali cambiamenti non sono indolori. E questo vale
per la fauna e le piante, e anche per l’uomo, che non può considerarsi avulso da
questo meccanismo proprio per il fatto che è strettamente collegato a tali
specie, delle quali si nutre». Ma le variazioni climatiche influiscono anche sul
mondo delle specie vegetali, in modo particolare sui boschi, creando una
preoccupante fragilità di tutto il sistema, di cui l’uomo non solo è in parte
responsabile, ma di cui diventa a sua volta una vittima, come precisa Livio
Poldini, professore emerito di Ecologia vegetale dell’Università di Trieste.
«Sono principalmente due le conseguenze dei cambiamenti climatici sul mondo
vegetale - spiega Poldini -. La prima è il complessivo decadimento biologico dei
boschi che porta a uno squilibrio delle funzioni dell’ecosistema e alla
progressiva perdita dei polmoni verdi che consentono di purificare l’atmosfera.
La seconda è la diffusione di specie vegetali invasive esotiche che danneggiano
quelle autoctone, creando problemi alle colture e dunque alla stessa catena
alimentare, tanto che ormai sono solo una dozzina, rispetto alle centinaia di un
tempo, le specie che vanno a costituire la base alimentare dell’agricoltura. È
da sottolineare che l’uomo ci ha messo del suo, con l’inquinamento, le
immissioni di gas nocivi nell’atmosfera e la cementificazione dissennata che
hanno alimentato l’effetto serra e i dissesti idrogeologici, che a loro volta
hanno innescato le recenti catastrofi naturali».
Pierpaolo Pitich
Come va comunicata l’emergenza climatica
Mentre si moltiplicano gli allarmi meteo in tutta la penisola, le
statistiche non ci fanno pensar bene per il futuro a livello globale: mostrano
infatti un aumento costante degli eventi climatici estremi negli ultimi decenni.
In questo quadro, il delicato rapporto “triangolare” fra società, scienziati e
giornalisti svolge un ruolo cruciale e fa sorgere una domanda: come si
comunicano i dati sul rischio climatico? Per cercare una risposta, la Sissa di
Trieste ha invitato Alexa Spence, psicologa sociale all’Università di
Nottingham; Luca Mercalli, noto metereologo e comunicatore; Sergio Sichenze,
esperto di educazione ambientale. Tre esperti del rischio climatico, chiamati a
discutere dell’argomento in una conferenza pubblica che si terrà venerdì alle 10
nell’aula 5 di via Bonomea 265. Che gli eventi meteorologici stiano diventando
più violenti non è solo un’impressione: anche le statistiche confermano che
negli ultimi decenni si è osservata una crescita costante del numero di eventi
meteo estremi in tutto il mondo. In questo panorama, il lavoro degli scienziati
che calcolano stime e previsioni sul territorio e sugli eventi meteo è un
importantissimo strumento per la prevenzione, ma come traghettare correttamente
queste informazioni al pubblico senza creare allarme? Questa è la domanda
centrale della tavola rotonda intitolata “Scienziati, catastrofi climatiche e
comunicazione: criticità e responsabilità”, che sarà moderata dal giornalista
scientifico Luca Carra. Lo scenario: allarme esondazioni, rischio di frane per
le piogge violente, acqua alta da record a Venezia (per l’ennesima volta
quest’anno). Questo bollettino “di guerra” è lo stato del nostro Paese nelle
ultime settimane, quando ancora brucia il ricordo degli eventi estremi dell’anno
scorso (allagamenti e frane in Liguria, neve da record sull’Appennino…). Anche
la recente sentenza sul ruolo dei membri della commissione Grandi Rischi nel
terremoto de L’Aquila ha evidenziato l’importanza di una profonda riflessione
sulla comunicazione del rischio, di quanto siano centrali le competenze
specifiche nella comunicazione e il lavoro di squadra fra scienziati a
comunicatori. Sarà questo il complesso scenario affrontato dagli esperti durante
la tavola rotonda.
San Dorligo, rispunta la Capodistria-Divaccia
SAN DORLIGO Istituire urgentemente una apposita iniziativa di informazione
pubblica di illustrazione del progetto della linea ferroviaria
Capodistria-Divaccia e delle possibili ricadute sul territorio comunale. È
questa la richiesta espressa nella mozione presentata dal capogruppo consigliare
dell'Idv-Verdi di San Dorligo della Valle Rossano Bibalo. L'esponente
ambientalista ha infatti evidenziato che dal 6 novembre è presente sul sito
della Regione Fvg «l'avviso che la Repubblica di Slovenia ha notificato al
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, la procedura
di Via transfrontaliera relativa al progetto della linea ferroviaria
Capodistria- Divaccia ricadente in territorio sloveno». Il progetto prevede una
linea ferroviaria con lunghi percorsi in galleria particolarmente vicini al
confine nazionale, e comunale, «con possibili danni derivanti, ai territori
limitrofi, sia dai lavori stessi che dal futuro esercizio di linea passeggeri e
commerciale, come evidenziato nello studio disponibile» e poiché è fissata quale
ultima data utile il 6 gennaio 2013 per la presentazione delle osservazioni in
merito agli uffici regionali, Bibalo chiede al sindaco Fulvia Premolin e alla
giunta comunale di informare i cittadini, richiedere alla Direzione centrale
ambiente, energia e politiche per la montagna «ogni possibile supporto di
materiale illustrativo per corredare tale appuntamento», allertare gli uffici
comunali per la predisposizione delle osservazioni che in tale iniziativa si
dovesse concordare di presentare a tutela del territorio comunale e della sua
popolazione.
(ri.to.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 20 novembre 2012
E alla fine gli italiani scoprono la Glera
Audizioni in Regione con i produttori, in vista azioni massicce per
preservare il vitigno autoctono
TRIESTE V Tutelare la Glera. E di conseguenza il Prosecco. La seconda
commissione del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha svolto ieri le
audizioni con i produttori di vino Prosecco in vista della nuova legge per la
valorizzazione della Doc interregionale. L’obiettivo è di preservare il vitigno
autoctono che è la Glera da cui si ricava il Prosecco. In audizione sono stati
ascoltati i soggetti interessati, dagli agricoltori e viticoltori agli
ambientalisti, dagli enti comunali e provinciali ai consorzi di bonifica e di
tutela, dalla Camera di commercio alla Protezione civile. Un po’ di storia.
Tredici mesi fa avveniva il primo incontro tra la II Commissione consiliare
presieduta da Federico Razzini (Ln) e i produttori di vino Prosecco del Carso
triestino, organizzato presso una azienda agricola di Duino Aurisina , finito
con l'impegno di predisporre una proposta di legge per la valorizzazione della
Doc interregionale Prosecco, ovvero di quel vitigno autoctono che è la Glera da
cui si ricava il noto vino frizzante. Il 4 settembre scorso, il consigliere del
Pdl Piero Tononi illustrava alla II Commissione dieci articoli scritti a tal
fine e che registrano il consenso non solo dei consiglieri del Pdl ma anche
della Lega, dell'Udc, del Pd e del Prc. Una settimana dopo, la IV Commissione
consiliare dava il proprio parere favorevole, seppure legato a due
raccomandazioni. Di adesso, invece, le audizioni organizzate con una ventina di
soggetti interessati, dagli agricoltori e viticoltori agli ambientalisti, dagli
enti comunali e provinciali ai consorzi di bonifica e di tutela, dalla Camera di
commercio alla Protezione civile. I consiglieri passeranno all'esame del
provvedimento tenendo conto - è stato assicurato - dei rilievi registrati
ieri pomeriggio. Il principale oggetto del contendere rimane ovviamente la
mancata realizzazione delle promesse messe nero su bianco dai veneti e dal
governo per lanciare e, anzi, ripristinare ampie zone destinate al Prosecco sul
crinale tra il Carso e Grignano. Della showroom illustrativa non c’è alcuna
traccia, mentre la barbatella messa a dimora, col solito gesto
simbolico-populista, dall’allora ministro Zaia nel centro di Prosecco, mostra
ampi segni di disagio...
f.b.
«Soprintendenza ostile, intervenga Tondo»
Costruttori all’attacco della responsabile dei Beni architettonici:
«Bloccati cantieri per 500 milioni»
TRIESTE La “guerra” tra costruttori e Maria Giulia Picchione, il nuovo
soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici accusato di negare
sistematicamente permessi edilizi, non si placa. Anzi si arricchisce di un
nuovo, incandescente capitolo. A dar fuoco alle polveri l’ultima presa di
posizione del presidente dell’Ance regionale, Valerio Pontarolo, pronto a
portare dalla propria parte nello scontro contro Palazzo Economo niente meno che
il governatore Renzo Tondo. Proprio al presidente della Regione il numero uno
dei costruttori ha rivolto nei giorni scorsi un appello “pesante” a sbloccare lo
stallo in cui, a suo dire, versano decine di imprese edile. Come? Entrando a
gamba tesa per rimuovere i veti firmati Picchione. «Sulla base di una rapida
indagine svolta dagli addetti ai lavori - scrive Pontarolo - in questi mesi sono
stati respinti l’80% dei progetti presentati, per un totale di oltre 500 milioni
di lavori. Considerato che ogni milione di euro investito nell’edilizia crea 14
posti di lavoro, la realtà venutasi a creare in Fvg di quanto finirà per aumentare il costo degli ammortizzatori sociali?». Al grido d’allarme Pontarolo
allega un lungo e dettagliato elenco di cantieri bloccati a causa dell’eccessiva
“rigidità” del soprintendente. Dal parere negativo all’autorizzazione
paesaggistica rilasciato al Comune di Zoppola perchè, secondo i Beni culturali,
«l’edificio previsto verrebbe realizzato a soli 11 metri dall’argine di un rio,
alterando in via permanente la fascia di rispetto del corso d’acqua di interesse
paesaggistico». Al “ niet” incassato dai Comuni di Porpetto e San Giorgio di
Nogaro alla costruzione della strada provinciale 80 nonostante il parere
favorevole già ottenuto da Regione e Soprintendenza ai Beni architettonici. E
ancora «la variante firmata dall’architetto Thun a Grado, la cui bocciatura
rischia di vanificare un investimento privato di oltre 350 milioni di euro e
che, a regime, assicurerebbe oltre 1.200 posti di lavoro». Di qui, dunque,
l’appello finale a Tondo perchè prenda posizione e si schieri con i costruttori.
«Dal 2008 a oggi l’edilizia ha perso oltre 5mila addetti - conclude Ponterolo -.
E di certo non aiuta oggi la situazione di incertezza creato dai continui
dinieghi o prescrizioni. Le rinnovo quindi l’invito a intervenire presso il
ministero competente, affinchè la questione trovi presto soluzione».
Trenitalia rivede le tratte e “dimentica” la Bassa
Il nuovo orario cancella i collegamenti serali e notturni
Trieste-Venezia-Roma via Cervignano e Latisana. Pendolari sul piede di guerra.
Pressing sulla Regione
TRIESTE Altro che servizio pubblico. Il nuovo orario ferroviario che entrerà
in vigore il 10 dicembre penalizza, ancora una volta, Trieste e parte della
regione. E non solo a causa della spending review: i tagli del governo al
trasporto ferroviario sono una cosa concreta e la Regione Fvg non ha più voglia
di investire sui treni perchè - dicono a Palazzo - non ci sono soldi. Ma c’è
anche la programmazione di Trenitalia che non tiene conto della specificità di
certe tratte. Lo rivela la bozza presentata ieri ai sindacati. Ai quali è
piaciuta poco, e ancora meno sarà gradita ai tanti pendolari che ogni giorno si
servono dei treni per andare al lavoro. Le variazioni non sono molte, ma sono
significative e penalizzano buona parte della regione, quella a vocazione
turistica come Grado e Lignano. Il cambiamento più significativo riguarda
l’Intercity notte per Roma oggi in partenza da Trieste alle 21,54 via Cervignano
e Portogruaro. Con il nuovo orario la partenza, sempre da Trieste, è anticipata
alle 20.34 ma proseguirà per Gorizia, Udine e Treviso con arrivo a Mestre alle
22.43. Dopo una sosta di 20 minuti circa il treno riprenderà la corsa verso
Roma. Questo significa che tutta la Bassa friulana - Cervignano, San Giorgio e
Latisana, oltre naturalmente le venete Portogruaro e San Donà - perderà questo
collegamento con la capitale. I passeggeri che salgono a Trieste e Monfalcone
subiranno invece un percorso più lungo e un costo maggiore. Lo stesso territorio
della Bassa verrà ancora di più “bastonato” dal fatto che l’ultimo treno diretto
a Venezia da Trieste partirà alle 19.18, come oggi. A meno che non si voglia
prendere in considerazione l’autobus delle 22.44 diretto a Portogruaro che
dovrebbe rimanere. L’altro convoglio per la città lagunare, l’ultimo della sera,
è alle 20.42, ma anche questo per via Udine. Una “mazzata” non da poco per
abbonati o semplici viaggiatori. Altre grandi variazioni non sono previste,
qualche ritocco agli orari ma nulla di più. Non sono toccate le tre
Freccebianche Trieste-Milano che rimarranno con gli stessi orari di oggi e cioè
6.35 (arrivo a Milano alle 10.53), alle 9.38 (13.55) e 17.02 (21.25). Ora si
attende la reazione della Regione. Nei giorni scorsi c’erano state due
interrogazioni presentate alla giunta Tondo da parte di Piero Camber (Pdl) e
Renzo Travanut (Pd) i quali, dopo le prime voci, avevano chiesto l’intervento
diretto del presidente. Il quale, finora, ha preferito non parlare. Forse
qualcosa si capirà meglio venerdì quando le organizzazioni sindacali
incontreranno l’assessore regionale Riccardo Riccardi per discutere di
trasporti, compreso quello ferroviario. «Il nuovo orario che ci è stato
presentato da Trenitalia è penalizzante non solo per buona parte della provincia
di Udine, ma anche per Trieste e l’Isontino - afferma Michele Cipriani della Uil
regionale trasporti -. In una fascia d’orario serale una grande zona resterà
senza trasporti pubblici. E si tratta di un territorio non di poco conto. La
giustificazione che ci è stata data è che il governo ha tagliato il budget del
Programma Italia, la passeggeri nazionale, e di conseguenza Trenitalia ha dovuto
riorganizzare tutte le tratte dei treni notturni con tagli che non hanno
riguardato solo la nostra regione. Oggi sono due gli Intercity notte per Roma,
uno da Trieste e l’altro da Udine che poi si compongono a Mestre. Dal 10
dicembre ne resterà solo uno. Però quello che ci sembra grave è che Cervignano,
San Giorgio e Latisana perdano il treno per Roma e che l’ultimo da Trieste parta
alle 19.18. Chiederemo un preciso impegno da parte di Riccardi».
Ferdinando Viola
Gli animali selvatici? Ormai si insediano nelle zone
abitate
Dalla volpe che ha la tana a Roiano ai gabbiani nei cortili Polizia
ambientale: ogni giorno almeno due interventi
«Da gennaio a oggi abbiamo svolto oltre 300 interventi per soccorrere
animali in difficoltà. Una media di due operazioni al giorno. A volte davvero
stravaganti. Tant’è che sto pensando di scriverci un libro...» Maurizio Rozza,
maresciallo della Polizia ambientale territoriale, protagonista di recente fa
del recupero del capriolo entrato al primo piano di una villetta in via Flavia
di Stramare, spiega come quello di Muggia sia stato solo l'ultimo di una serie
di casi “anomali” che contraddistinguono il territorio triestino. Grazie
soprattutto alla lingua verde del bosco del Farneto, che di fatto collega il
Carso con il centro urbano, cinghiali e caprioli sono ormai di casa in città.
Eclatante fu nel novembre del 2008 il caso del maialino selvatico arrivato in
piazza Volontari Giuliani, a pochi metri dal centro commerciale Il Giulia. Le
incursioni più recenti hanno riguardato alcune strutture sportive: la pista di
sci d'erba del Cai Trieste a Cattinara e il green del Golf club di Padriciano.
Cinghiali e caprioli frequentano poi le zone urbane di Raute, Melara, San Luigi,
Campo Cologna (via Commerciale). Ma Trieste si sta specializzando anche
nell’ospitare nuove specie di animali, anch'esse non prettamente cittadine. A
San Giusto, da qualche tempo, è stata registrata la presenza delle faine. «È
vero, per la nostra città è davvero una cosa rara vedere questi mustelidi ma ci
sono», spiega Rozza. Noti come voraci predatori di galline e conigli, questi
mammiferi hanno nel loro dna un facile adattamento a zone urbane abitate
dall'uomo. Il loro menu? Uova, ratti e bacche. Le faine sono numerose
soprattutto nella parte orientale del Carso, con particolare riferimento a San
Dorligo-Dolina. Ma essendo animali prettamente notturni non è facile vederli. In
zona Roiano invece è stata scoperta la tana di una volpe. Il canide si è
stabilizzato nel rione. Anch'esso però è un animale squisitamente notturno,
quindi non semplice da vedere. «È una volpe urbanizzata, in piena regola»,
precisa Rozza. E questo animale è stato al centro di almeno di due interventi da
parte del guardiacaccia. L'anno scorso invece una volpe ha ben pensato di
penetrare nella villetta di una donna a Visogliano. «L'animale, che peraltro
aveva la rogna, si era nascosto nella camera da letto. Sono riuscito a
recuperarlo senza conseguenze negative», ricorda il guardiacaccia. Ancora più
curioso il secondo intervento, con un uomo che un po' alticcio ha preso una
volpe chiudendola nel bagagliaio della propria automobile. «Il giorno dopo ci ha
chiamati perché la volpe digrignava i denti: in effetti abbiamo capito ben
presto che era rabica». Altro animale protagonista di un episodio a dir poco
grottesco è il tasso. «Un automobilista, dopo averlo investito alla testa in
Strada Nuova per Opicina, ha pensato di portarlo nel suo appartamento. I tassi
però hanno la testa molto dura e puntualmente il giorno dopo l'animale si è
perfettamente ripreso...». Forse impaurito o forse per vendicarsi dell'incidente
il mustelide bianconero, ripresa conoscenza, ha iniziato a correre per
l'appartamento distruggendo tutto ciò che poteva frapporsi lungo la sua strada.
«È stato un intervento non particolarmente agevole», ricorda Rozza. Cinghiali,
caprioli, faine, volpi, tassi. Ma in realtà l'animale che dà più grattacapi alla
Polizia territoriale ambientale è il gabbiano. «Sono tante le persone che ci
chiamano per segnalarci la presenza di questi volatili all'interno delle corti
delle proprie abitazioni - chiosa Rozza -. Spesso quando sono piccoli cadono dal
nido e quindi hanno difficoltà poi a prendere il volo». Volenti o nolenti,
Trieste sta assumendo sempre più i tratti di una fattoria. Urbana, naturalmente.
Riccardo Tosques
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 19 novembre 2012
Proposta di Legambiente per contenere il consumo di suolo in FVG
Per contenere il consumo di suolo cambiare le linee del
Piano di Governo del Territorio presentato dalla Giunta regionale.
Questa Regione sta consumando il proprio territorio con percentuali doppie della
media italiana.
È tra i più elevati d'Europa il consumo di suolo pro capite in Friuli
Venezia Giulia: 450 m² di territorio urbanizzato, sottratto all'agricoltura e
alla natura, per ciascun abitante della nostra regione. La media italiana è di
250 m² pro capite. I dati sono confermati dall’ISTAT.
I numeri sono stati illustrati nel convegno "Consumo di suolo e salvaguardia del
paesaggio", promosso a Gemona da Legambiente venerdì 16 novembre. La sede
dell'appuntamento non è casuale: Gemona è la testimonianza di una ricostruzione
senza soluzione di continuità tra città e campagna, con un'elevata dispersione
nelle campagne a cui non corrisponde un’esigenza demografica e, più
recentemente, con ulteriori costruzioni di capannoni e centri commerciali.
Ma si può parlare di pianificazione senza consumo di suolo? A questa domanda ha
risposto Mauro Baioni, urbanista, portando l'esempio del Comune di Solza,
Bergamo, uno dei primi casi in Italia di pianificazione a crescita zero. «Negli
ultimi quindici anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione che ha
cambiato il nostro modo di abitare», afferma Baioni, e continua: «A Solza, paese
di soli duemila abitanti, i cittadini hanno deciso di porre un limite
all'espansione dell'edificato e riqualificare il centro. Bisogna ragionare su
scenari di lungo periodo, dare opportunità ad un’altra economia locale,
ripristinare i luoghi e gli spazi della comunità».
Ma esistono casi virtuosi anche sul nostro territorio: il sindaco di Artegna,
Aldo Daici, ha illustrato l'intervento comunale deciso a tutela del patrimonio
naturalistico su circa 80 ettari lungo il fiume Ledra. «Servirebbe però un
maggiore coordinamento tra i Comuni del bacino idrografico, una visione
d'insieme dei piani regolatori, per valorizzare il territorio», ha commentato
Daici.
L'intervento di Elisabetta Peccol, ricercatrice alla facoltà di Agraria
dell'Università di Udine, ha allargato lo sguardo al panorama nazionale, con
l'analisi del recente ddl del Governo Monti sul consumo di suolo. Peccol ne ha
sottolineato gli aspetti innovativi, perché per la prima volta in Italia si
parla di valorizzazione e limite al consumo delle aree agricole, ma ne ha messo
in evidenza le criticità. «A livello pratico il ddl sembra difficilmente
attuabile, perché richiede dati molto dettagliati, di cui la gran parte delle
Regioni, compresa la nostra, non dispone», ha commentato.
«Con tutti i suoi limiti, questo disegno di legge ha permesso, dopo gli anni dei
condoni edilizi a ripetizione, di portare con forza all'attenzione dell'opinione
pubblica un tema che ci sta molto a cuore, quello del consumo di suolo e della
tutela del paesaggio», ha concluso Elia Mioni, presidente di Legambiente FVG.
L'associazione, che ha avviato una riflessione sull'argomento, intende adesso
passare a una fase più operativa: «La sensibilità dell’opinione pubblica sta
cambiando e il nuovo Piano di Governo del Territorio, anche se adottato in modo
discutibile dalla Giunta regionale, deve diventare catalizzatore di un dibattito
nuovo, che porti a estendere le buone pratiche per una crescita più
sostenibile».
Legambiente FVG
IL PICCOLO - LUNEDI', 19 novembre 2012
Mille in corteo per dire no al rigassificatore -
PROGETTO DI GAS NATURAL
Manifestazione organizzata da Trieste Libera, slogan e striscioni lungo
le vie del centro
Manifestazione con corteo ieri mattina lungo le vie del centro, organizzata
dal movimento indipendentista Trieste Libera. Obiettivo della manifestazione,
esprimere un secco no al rigassificatore: «Cancellare questo progetto assurdo -
si legge nel sito web del movimento nell’ambito della presentazione del corteo -
e concentrarsi su un porto commerciale e libero, su una Free Zone che è una
risorsa insostituibile» per Trieste. Il gruppo si è ritrovato in piazza della
Borsa e da lì è partito percorrendo corso Italia per arrivare a piazza Goldoni,
e ancora imboccare via Carducci che è stata percorsa tutta fino ad arrivare a
largo Santos, davanti alla Sala Tripcovich. La manifestazione, che secondo la
Questura ha avuto un’adesione di un migliaio di persone, ha visto in piazza
striscioni, bandiere con l’alabarda, cartelli e anche una banda che ha suonato
lungo tutto il percorso. Tanti gli slogan di protesta scanditi. Sul sito del
movimento compaiono accese critiche a Gas Natural, la società spagnola che ha
progettato l’impianto gnl a Zaule: la società viene accusata di «arroganza
direttamente proporzionale allo spiegamento di mezzi messo in campo a Trieste
nel cocciuto tentativo di convincere “una volta per tutte” i triestini
dell’assoluta necessità di installare il rigassificatore nei bassi fondali di
Zaule». Secondo Trieste Libera invece «il destino di Trieste e del porto
commerciale e libero dev’essere riaccomunato quanto prima ai destini delle Free
Zones mondiali», essendo «risorsa insostituibile per città e Territorio». La
manifestazione di Trieste Libera è arrivata dopo che il Comitato tecnico
regionale per la sicurezza ha fatto proprio a maggioranza (contrari però il
Comune, la Provincia e l’Autorità portuale) il giudizio tecnico del Gruppo di
lavoro a sua volta formato da Vigili del fuoco, Arpa, Inail, Comune e
Capitaneria di porto sul rapporto di sicurezza aggiornato da Gas Natural.
Giovedì la Conferenza dei servizi dovrà decidere sull’Autorizzazione integrata
ambientale al rigassificatore.
Orti urbani di successo In arrivo altre aree da
coltivare insieme
Una sessantina le richieste al Comune da famiglie, gruppi e associazioni.
Nuovi terreni a San Vito e in via Cumano
Ha indossato le vesti di progetto pilota, in pratica un vero e proprio
esperimento. Se vogliamo una sorta di scommessa, cui i numeri hanno dato subito
ragione in termini di richieste e di gradimento. Stiano parlando di “Urbi et
horti”, l’iniziativa promossa dal Comune che si è posta come obiettivo la
reinterpretazione del concetto di orti sociali urbani, partendo dal riutilizzo
di alcuni terreni patrimoniali da riscoprire come spazi verdi di qualità. Il
tutto favorendo nel contempo la socialità e l’aggregazione dei cittadini, che
hanno potuto in questo modo riscoprire l’antica tradizione della coltivazione e
della vita all’aria aperta. Il progetto è partito la scorsa primavera - grazie
alla collaborazione tra l’amministrazione municipale e tutta una serie di
associazioni legate alle tematiche ambientali - con l’assegnazione dei primi
orti urbani individuati in un’area storicamente destinata a questo tipo di
coltivazione, quella in Strada di Fiume, all’altezza del numero 131. Un terreno
recuperato grazie alle migliaia di ore di lavoro prestate dalle persone
coinvolte in uno dei progetti di pubblica utilità, e che è stato suddiviso in
una decina di appezzamenti della misura di circa cinquanta metri quadrati l’uno,
per un canone di concessione richiesto di circa cento euro per i primi dodici
mesi, più altri 50 per i restanti sei mesi. Sono state molte le richieste
pervenute, circa una sessantina, da parte di famiglie, associazioni e gruppi di
cittadini, soprattutto quelli più anziani, una delle categorie privilegiate
nell’iniziativa, selezionati attraverso una graduatoria che ha tenuto conto di
vari aspetti, non ultimo la zona di residenza, proprio per valorizzare il
concetto di socializzazione di prossimità. Dunque un progetto che ha messo in
risalto la voglia di riscoprire i segreti della terra, in un vero e proprio
ritorno alle origini. «Si tratta in effetti di una politica assolutamente
vincente, una autentica inversione di rotta rispetto al passato, che si ispira a
un modello non importato, ma già nelle corde funzionali di questi luoghi»,
commenta Elena Marchigiani, assessore comunale alla Pianificazione urbana: «È
un modo per valorizzare un tipo diverso di verde pubblico. In fondo stiamo
parlando di giardini del tutto particolari, che prendono corpo dalla passione
dei cittadini e che nel contempo hanno una ricaduta positiva anche per la stessa
città, in una sorta di effetto moltiplicatore legato alla storia, alla cultura e
alle tradizioni di un territorio». Il progetto ora continua in una sorta di fase
due, con la ricerca di nuove aree urbane e periurbane da destinare alle attività
ortive: sono state individuate nella zona di via dei Navali, nel rione di San
Vito, e poi in quella di via Cumano le prossime tappe di un cammino rivolto alla
creazione di nuovi polmoni verdi cittadini, nonché alla coltivazione in proprio
e al consumo di prodotti sani e meno onerosi economicamente. Senza dimenticare
il valore della socializzazione dell’iniziativa, che mira a coinvolgere anche in
futuro le categorie più sensibili, come le famiglie e la popolazione anziana,
oltre a promuovere progetti integrati che abbiano come protagonisti
associazioni, scuole, fondazioni, cooperative sociali e organizzazioni di
volontariato.
Pierpaolo Pitich
IL PICCOLO - DOMENICA, 18 novembre 2012
«Gnl a Zaule, riconosciuta la serietà del nostro
lavoro» - GAS NATURAL DOPO L’OK DEL COMITATO
«Siamo soddisfatti che sia stata riconosciuta la serietà del nostro lavoro:
l’impianto di Zaule è sicuro e ora lo dicono le autorità competenti facendo
chiarezza nei confronti di tutti i cittadini». Javier Hernandez Sinde,
presidente di Gas Natural Rigassificazione Italia, commenta così la notizia
relativa al fatto che il Comitato tecnico regionale per la sicurezza in
composizione allargata ha fatto proprio, a maggioranza (contrari solo Comune,
Provincia e Autorità portuale, il Ctr è composto anche da Vigili del fuoco,
Regione, Arpa, Capitaneria di porto, Ispettorato del lavoro e Inail), il
giudizio tecnico del Gruppo di lavoro a sua volta formato da Vigili del fuoco,
Arpa, Inail, Comune di Trieste e Capitaneria di Porto sul Rapporto di sicurezza
aggiornato da Gas Natural. Il parere negativo del Comune di Trieste, a cui si
sono associate anche la Provincia e l’Autorità Portuale, «non è espresso sul
lavoro svolto dal Gruppo di lavoro e dal Comitato tecnico, ma è dovuto alla non
condivisione della metodologia di analisi del rischio prescritta dalla normativa
nazionale, un tema che non ci compete», aggiunge il dirigente di Gas Natural.
Giovedì prossimo la Conferenza dei servizi dovrà decidere sull’Autorizzazione
integrata ambientale (Aia) al rigassificatore di Zaule. Il parere del Ctr sarà
acquisito dalla Conferenza stessa, il cui esito è già prevedibile. In base alla
legge infatti per la concessione dell’Aia in prima battuta è necessaria
l’unanimità. Comune e Provincia e, probabilmente anche l’Authority, voteranno
contro. La palla allora in base al regolamento passerà alla giunta regionale.
Parcheggi, “forfait” a rate per chi abita in centro -
la mappa
Se passerà la proposta di 365 euro all’anno per occupare i nuovi 1200
stalli a pagamento. Polacco (Pdl): «È comunque una tassa, lasciamo tutto come
sta»
«A Udine i residenti del centro storico (dove il parcheggio è a pagamento)
sono agevolati da un forfait annuo che varia da 223 a 333 euro. A Torino la
quota per parcheggiare tutto l’anno sotto casa negli stalli blu è di 300 euro. A
Treviso la cifra è identica». È considerando questi esempi che per Trieste la
Giunta ha elaborato l’ultima proposta (cassato dai cittadini il progettino di 4
ore gratis mattina e sera e di 60 centesimi all’ora nell’arco della giornata): 1
euro al giorno, dunque 365 all’anno. «Ma naturalmente se la proposta sarà
approvata dal Consiglio comunale - esplicita Elena Marchigiani, assessore alla
Pianificazione - la cifra sarà in abbonamento, però flessibile, rateizzata,
forse trimestralmente. Di certo non si potrà pagare 1 euro ogni giorno, e
nemmeno un mese alla volta, ma fin da ora è chiaro che nessuno dovrebbe sborsare
365 euro in blocco per avere il permesso come “residente”, anche perché ci sono
mesi di assenza o di vacanza in cui il cittadino sa che non userà i parcheggi».
La notizia di questa soluzione, che deriva da quella maggiore, e cioé di
insediare 1200 parcheggi a pagamento nei borghi Giuseppino e Teresiano e fino a
via Economo costeggiando il perimetro di via del Teatro Romano, di via
dell’Università fino a via Economo, ha suscitato voci di interesse da parte di
chi, nella zona (ma non solo in quella), vede un miraggio meno impossibile
trovare un parcheggio. I residenti lasciano la macchina ferma “per sempre”, come
se fosse un park privato (ed è attualmente gratuito). La prova si è avuta di
recente, coi lavori Acegas: moltissime auto (nonostante gli avvisi,
evidentemente ignorati) sono state asportate dal carro attrezzi all’ultimo
minuto. Il Comune sta introducendo un’altra visione: «Si tratta di suolo
pubblico - dice Marchigiani -, ma è anche centro storico, è la zona più
pregiata, che nessun altro possiede se non quei residenti, ed è anche il salotto
buono della città, quello che dovrebbe essere più arredato, più pedonalizzato,
più frequentato e più bello». Dunque, auto sì ma a pagamento, e quindi a
rotazione. E facilitazioni per i residenti. «Molto meglio rispetto alla proposta
precedente - è il commento di Alberto Polacco, capogruppo Pdl nella quarta e
quinta circoscrizione -, ma pur sempre di una tassa si tratta, meglio allora
lasciare tutto così com’è». «La proposta - dice Polacco - fa emergere ancora una
volta il non senso della scelta di aumentare i “parcheggi blu” in zone
residenziali e anche periferiche. Questa soluzione non determinerà quella
turnazione tanto sbandierata dall’attuale amministrazione, ma si rivela come una
tassa in un momento in cui l’imposizione fiscale è alle stelle: tanto valeva
lasciare tutto com’era». Con un fastidio spolverato di allusioni, Polacco non
nomina l’assessore e manda a dire: «Chiediamo a piccoli e grandi esponenti
politici dell’amministrazione di centrosinistra, in particolare a quelli
provenienti da altre città e quindi non bene informati sulla nostra realtà, di
avere più rispetto della legittima opinione dei cittadini che non la pensano
come loro». Infine: «Ricordiamo agli intellettuali di centrosinistra che dalle
sedie di qualche bar del centro ci vogliono insegnare a usare la bicicletta al
posto dell’automobile che Trieste non finisce in Cavana e che ci sono notevoli
saliscendi, e soprattutto che Trieste non è Ferrara». Ferrara è la città di
nascita dell’assessore Marchigiani.
Gabriella Ziani
L’INIZIATIVA - Pochi motociclisti La protesta non riesce
Motociclisti contro il nuovo piano del traffico predisposto dal Comune e contro la sottrazione di parcheggi in centro per le due ruote. Il Coordinamento guidato da Manlio Giona, che aveva annunciato per ieri mattina lo “sciopero della moto” prevedendo la discesa nel centro cittadino di centauri e scooteristi tutti a bordo delle auto, non ha però avuto successo per mancanza di adesioni. La protesta - annuncia il Coordinamento - verrà riorganizzata chiedendo l’adesione di un maggior numero di cittadini e concentrandola in una fascia d’orario più ristretta.
Urbanistica, Nesladek passa l’affare Prg alla vice
Marzi
L’annuncio nell’ultimo consiglio comunale. L’obiettivo: un piano
regolatore condiviso dalla popolazione che tuteli insieme territorio e sviluppo
economico
MUGGIA La delega all’urbanistica per il Comune di Muggia passa dal sindaco
Nerio Nesladek (Partito Democratico) al vicesindaco Laura Marzi (Sinistra
Ecologia Libertà). La notizia, a sorpresa, è stata annunciata dal primo
cittadino in apertura del Consiglio comunale di venerdì scorso. Motivazione: il
“superlavoro” che seguirà all’ormai prossima redazione del nuovo Piano
regolatore e alla sua condivisione con i cittadini, un impegno assiduo che
Nesladek – per questioni di tempo – non sarebbe riuscito a garantire. Sulla
decisione si è rimuginato e discusso per qualche settimana, prima di
ufficializzarla. «Il sindaco ha aspettato il momento più opportuno per farlo
sapere – conferma Laura Marzi – ma se ne parlava da un po’». C’era l’esigenza
che una persona seguisse “a tempo pieno” le fasi cruciali della formazione del
nuovo Piano, ma anche la volontà di arrivare all’adozione tramite un maggiore
coinvolgimento della popolazione. «Il documento sta prendendo forma, l’atto
democratico della partecipazione pubblica è un punto al quale teniamo molto e
sul quale ci impegneremo», il commento della vicesindaco. I due o tre incontri
pubblici inizialmente pianificati, dunque, non sarebbero più sufficienti;
l’amministrazione ha in animo di esporre il Piano in uno spazio pubblico alla
presenza dell’assessore e dei tecnici. L’urbanistica in mano ad un’esponente di
Sel prefigura un Piano regolatore più “verde”? «Naturalmente – risponde Marzi –
ma si tratta di un indirizzo molto condiviso. La visione di un ambientalista
qual è il sindaco Nesladek si coniuga alla perfezione con quella di
un’ambientalista come me». E qual è, in particolare, questo indirizzo?
«L’indicazione ai progettisti è stata di porre un freno al “consumo” del
territorio: andremo verso una salvaguardia dell’ambiente che tenga in
considerazione la voglia di crescere di Muggia. La chiave è lo sviluppo di un
turismo sostenibile». In capo alla vicesindaco, ora, una delega dal “peso
specifico” notevole oltre a quelle per la cultura, le pari opportunità e lo
sport: «Occuparsi di urbanistica in questo momento è estremamente stimolante –
spiega Laura Marzi – e al contempo rappresenta per me una grande scommessa,
visto che non sono un tecnico. Sono però consapevole di avere al mio fianco
delle professionalità validissime, e questo mi rende fiduciosa». Anche Nerio
Nesladek esclude implicazioni politiche, assicurando che il trasferimento della
delega all’urbanistica risponde soltanto all’occorrenza dell’impiego esclusivo
di un assessore su un tema assai delicato. E aggiunge: «Il nuovo Piano
regolatore seguirà lo schema e le regole della democrazia partecipata, non sarà
costruito attorno a un tavolino d’ufficio ma in seguito a consultazioni
approfondite, con i cittadini ma anche con le altre categorie che sono
portatrici d’interessi». Il punto fermo rimane la tutela dell’ambiente poiché
Muggia, dal punto di vista degli abitati, è arrivata alla saturazione: «Questo
piano governerà una decrescita netta del consumo del territorio, afferma deciso
Nesladek. Questo, precisa poi, non vuol dire bloccare l’attività edilizia:
«Singoli insediamenti, allargamenti e ristrutturazioni saranno consentite; ma i
grossi investimenti residenziali e le lottizzazioni subiranno una fortissima
riduzione», conclude il sindaco. Le direttive fornite ai professionisti
risalgono al 2009, ma il lavoro alacre sul progetto è iniziato nel giugno
scorso. Si punterà sull’integrazione transfrontaliera, sulla riduzione del
traffico privato e sulla valorizzazione del mare attraverso il porto.
L’obiettivo è votare la variante in Consiglio comunale durante la prossima
estate. Per fare ciò, la proposta andrà disvelata alla città tra la fine di
quest’anno e l’inizio del prossimo.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - SABATO, 17 novembre 2012
Park a un euro al giorno per chi abita in centro -
PIANO DEL TRAFFICO»LE MODIFICHE
Il nuovo ticket consentirà di posteggiare liberamente nei 1200 stalli a
pagamento che saranno istituiti nei borghi Teresiano e Giuseppino al posto delle
attuali Ztl
LE SIMULAZIONI DEL COMUNE Nessuna certezza, ma per le 2500 famiglie della zona
le possibilità di trovare un posto libero salgono da una su sei a una su due
RITOCCHI ALLA VIABILITÀ Via Fabio Severo, ridotto il doppio senso. Da via Milano
si potrà svoltare a destra lungo via Carducci per arrivare in piazza Goldoni
Un euro al giorno, 30 al mese, 365 all’anno. Con questo ticket di nuova
istituzione i residenti del centro storico, con casa nei borghi Teresiano e
Giuseppino, ora ristretti dalle Zone a traffico limitato (Ztl), potranno
conquistarsi il diritto di parcheggiare liberamente nei 1200 stalli a pagamento
che il nuovo Piano del traffico istituirà nella zona. Non è detto che le 2500
famiglie (che non corrispondono al numero di veicoli, certamente superiore)
abbiano così il posto assicurato, ma la probabilità di trovare uno stallo libero
passa «dalle attuali proporzioni di 1 su 6 alle più favorevoli di 1 su 2». Così
ha calcolato il Comune dopo aver fatto le simulazioni. Ed è proprio questa la
novità più importante deliberata dalla Giunta nell’ambito dell’approvazione del
Rapporto ambientale, uno dei passaggi di legge cui è sottoposto il Piano del
traffico per le procedure relative alla Valutazione ambientale strategica (Vas).
Da qui in avanti si corre verso l’ultimo e definitivo turno di approvazione del
documento, quello del Consiglio comunale (previo parere delle circoscrizioni),
che è previsto a dicembre con voto finale sperabilmente a gennaio. Circa metà
delle 900 osservazioni al documento presentate dai triestini, più quelle inviate
da Provincia e Arpa, sono state recepite dal Comune in questa fase. Correggendo
il Piano là dove ha accolto le critiche, la Giunta ha anche preso atto dello
sgradimento per la precedente soluzione di parcheggio in centro storico: 4 ore
di sosta gratuita nelle fasce mattutine e serali coincidenti con l’andata e
ritorno dal lavoro e 60 centesimi all’ora nelle restanti porzioni della giornata
anziché il prezzo pieno. Non è l’unico cambiamento in corso d’opera. Lo ha
spiegato ieri l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani, con qualche
punta polemica nei confronti delle raccolte di firme che serpeggiano in città «e
che non dicono il vero». Anche dettagli non secondari di viabilità hanno subìto
ritocchi. In via Fabio Severo è stato fortemente ridotto il tratto di doppio
senso. Viene eliminato tra via XXIV Maggio (il pezzetto di strada tra Museo del
Risorgimento e Rai) e via Papiniano (laterale che conduce su via Coroneo e
prosegue in via Carpison). Motivo: semplificazione del nodo via Coroneo-via
Fabio Severo. Cambiamento, poi, all’incrocio via Milano-via Carducci: chi arriva
da via Milano potrà svoltare a destra per raggiungere piazza Goldoni. In piazza
Vico, infine, resta la possibilità anche per le automobili private di
attraversare entrambe le gallerie in direzione piazza Goldoni. «Cambiare il
sistema di parcheggio agevolato per i residenti con una tariffa forfettaria - ha
assicurato Marchigiani - sarà a costo zero per Amt. Il Comune non ci guadagna,
ma nessuno perde. È una soluzione che ci è consentita dal Codice della strada,
dove è previsto che tutti i parcheggi nei centri storici possano essere a
pagamento». Luca Bressan, presidente Pd della quarta circoscrizione, forse
presentendo l’eco di nuove inevitabili discussioni, ieri alla conferenza stampa
è andato in appoggio: «Trovare la media perfetta è impossibile, gli interessi
dei singoli vanno conciliati con l’interesse generale. Se si insegue il consenso
politico di piccoli gruppi, finisce com’è finito il Piano del traffico di
Dipiazza, e cioé nel nulla». Altrettanta mediazione per San Giacomo. Da 110
posti a pagamento a 60. «I residenti reclamano parcheggio libero - ha osservato
Marchigiani - e i commercianti garanzia di “turn over” per i clienti, tutti
hanno diritto che si tenga conto delle rispettive esigenze». Allegata, una
constatazione: «Cambiare fa sempre un po’ male, poi si impara a convivere col
nuovo, e questo è un cambiamento culturale». Al quale Marchigiani iscrive le
novità del Piano del traffico: più piste ciclabili, più vie pedonalizzate, più
corsie preferenziali per gli autobus. E come, se approvate, le modifiche di
viabilità diventeranno attive? A stralci, a pezzi, concordando con Provincia,
Trieste trasporti e circoscrizioni. Ma (ultima novità) non “per quartieri”,
bensì “per tema”. Marchigiani: «Ogni successiva modifica interesserà sempre
tutta la città, senza privilegiare un rione rispetto all’altro».
Gabriella Ziani
“Moto in sciopero” Giona: stamattina in auto per
protesta
Annuncia per questa mattina lo “sciopero della moto” Manlio Giona, con il
Coordinamento Motociclisti Trieste - utenti due ruote guidato. Per una mattina
scenderanno nel centro cittadino in auto: «Forse così si accorgeranno che
Trieste ha bisogno di noi». Sotto accusa il nuovo Piano traffico che vedrà -
scrive il Coordinamento - «l’annullamento di centinaia di posteggi moto», mentre
«i motociclisti hanno già subìto la soppressione di centinaia di parcheggi». In
moto si va al lavoro, ma il Comune «continua la guerra ai mezzi a due ruote e
vorrebbe far assomigliare il centro alle grandi città europee con zone pedonali
sempre più vaste». Senza considerare però che Melara, Gretta o San Luigi sono
facilmente raggiungibili solo da novelli «Coppi o Bartali». O da cittadini
costretti «a salire su stracolmi autobus che non arrivano mai».
«Polveri sottili, la situazione migliorerà»
Marchigiani: ma niente via Rossetti in discesa per mantenere la facile
raggiungibilità di Cattinara
Ma inquinerà di più o di meno? E il rumore prodotto dal traffico sarà
maggiore o minore? Sono queste le domande che Provincia e Arpa hanno indirizzato
al Comune come “osservazioni” di cui tener conto per l’approvazione del Rapporto
ambientale. E dunque il Comune ha dovuto misurare quante polveri sottili
produrrà il flusso di veicoli dove i tracciati sono stati modificati. E anche
(sempre su richiesta della Provincia) simulare quel che succederà se a Trieste,
causa smog, si dovrà chiudere il centro al traffico. L’Arpa si è preoccupata
piuttosto del rumore. «Il nostro Piano - ha ieri certificato Elena Marchigiani,
assessore alla Pianificazione responsabile del progetto assieme ai tecnici del
suo ufficio e al “mobility manager” Giulio Bernetti - nella maggior parte dei
casi è risultato migliorativo rispetto al problema delle polveri sottili». C’è
un’eccezione. Dopo aver messo più volte in ipotesi (e già l’amministrazione
Dipiazza lo aveva quasi quasi annunciato) il senso di marcia solo in discesa di
via Rossetti verso viale XX Settembre/via Battisti, anche la Giunta Cosolini ha
dovuto retrocedere. «Dal punto di vista ambientale sarebbe stato meglio che
l’attuale andare in salita - ha ammesso Marchigiani -, ma Trieste trasporti e
Provincia hanno fatto pesare altre valutazioni. Meglio lasciare tutto come sta
per non compromettere una facile, ben nota e apprezzata raggiungibilità
dell’ospedale di Cattinara». Ma ieri l’assessore che ci tiene a essere la più
diligente e attiva in fatto di partecipazione, con plurimi incontri nelle
circoscrizioni, e consultazioni a tappeto di categorie e cittadini di persona e
via web, di fronte alla raccolta di firme sui parcheggi a pagamento e agevolati
per residenti in centro città se l’è presa con comitati e appelli. «Facile
raccogliere firme diffondendo argomentazioni false. È profondamente falso - ha
detto - affermare che volevamo mettere una tassa di 130 euro al mese per i
residenti: offrivamo 4 ore gratis mattino e sera e 60 centesimi nelle altre
fasce della giornata. Solo chi avesse parcheggiato ogni giorno a ogni ora (ed è
improbabile) avrebbe raggiunto i 125 euro». Adesso, a provvedimento modificato,
ne potrà pagare 30 a forfait.
(g. z.)
Rigassificatore: Pd e Pdl per il “no” fra le polemiche
MUGGIA In vista dei pareri decisivi della Conferenza dei servizi e della
Giunta regionale sul progetto di Gas Natural, il segretario del Partito
Democratico di Muggia Fulvio Tomini torna sull’“annosa quaestio” del
rigassificatore di Zaule: «È un tema che al Pd sta molto a cuore. Continueremo a
combattere soprattutto a Muggia, dove l’impianto avrebbe l’impatto maggiore.
Inquinamento a parte, basti pensare alla quantità di navi che verrebbero a
manovrare nelle nostre acque». Alle dichiarazioni dell’assessore regionale alla
Programmazione Sandra Savino, che pochi giorni fa aveva invitato tutti a
riflettere sulla necessità di creare nuovi posti di lavoro, Tomini risponde
così: «Ci sono tanti altri modi per risolvere i problemi dell’occupazione. Il
rischio di incidenti gravi è bassissimo? Dei buoni amministratori devono
preoccuparsi anche di quel piccolo rischio, al fine di tutelare il benessere
della comunità». Intanto Claudio Grizon, consigliere comunale del Pdl, gruppo
contestato dalla maggioranza per non essersi presentato all’incontro con i
rappresentanti di Gas Natural, ribadisce di non condividere le modalità (da lui
definite “carnevalesche”) delle proteste messe in atto dal Pd e va al
contrattacco: «La smania di tentare di mettere in fallo la Regione e il
presidente Tondo sulla vicenda della conferenza dei servizi, a cui non era stato
invitato, ha portato il sindaco Nesladek a sbattere il muso contro la sentenza
del Tar, che gli ha dato torto». Due settimane fa, infatti, il Tribunale aveva
giudicato “improcedibile” il ricorso avanzato da Nesladek, che lamentava di non
aver potuto partecipare al tavolo della Regione: non essendo quest’ultima
competente a rilasciare l’autorizzazione per la realizzazione del
rigassificatore, l’istanza del primo cittadino era stata respinta. «A questo
punto ci chiediamo quanto è costata la causa e chi la pagherà – prosegue Grizon
– considerato che con qualche approfondimento in più si sarebbe capito subito
che era persa in partenza». Grizon, tuttavia, precisa: «Riaffermiamo tutta la
nostra contrarietà al rigassificatore di Gas Natural, che oltretutto nei giorni
scorsi ha invaso le cassette della posta dei muggesani con una cartolina che
invita a collegarsi al loro sito, dove il progetto viene furbescamente dipinto
come la soluzione di tutti i mali dell’economia triestina e la risposta ai
problemi di occupazione, con 1500 nuovi posti di lavoro». Una vera e propria
“presa in giro nei confronti dei muggesani”, sentenzia Grizon, che invita il
sindaco a recarsi a Roma assieme a Roberto Cosolini e a Maria Teresa Bassa
Poropat per manifestare la propria contrarietà al ministro per lo Sviluppo
economico Corrado Passera e al ministro dell’ambiente Corrado Clini.
Davide Ciullo
Comune, Arpa e Larea portano i temi ambientali nelle
scuole - CONVENZIONE
Uniti per realizzare progetti di sostenibilità ambientale nelle scuole
cittadine. Questo lo scopo del protocollo d’intesa quadriennale presentato ieri
in Municipio tra Comune, Arpa (Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente) e LaRea-Laboratorio regionale di educazione ambientale. Il
rapporto di collaborazione - ha spiegato l’assessore all’educazione Antonella
Grim, presente all’incontro con tra gli altri Sergio Sichenze e Paolo Fedrigo
per l’Arpa/LaRea e Gianluca Lemma per l’Accri - prenderà il via con la Settimana
dell’Unesco per l’Educazione allo sviluppo sostenibile che si terrà tra il 19 e
il 25 novembre e avrà per tema quest’anno “Madre terra: alimentazione,
agricoltura ed ecosistema”. «Si concretizza – ha detto Grim – la volontà
dell’amministrazione comunale di sostenere le politiche ambientali, in accordo
con l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, attraverso il contatto
con giovani e docenti. Già nell’anno scolastico in corso, nelle scuole e nei
servizi educativi del Comune, dai nidi alle scuole secondarie di primo e secondo
grado partiranno dei corsi formativo-educativi sull’importanza di comportamenti
eco-sostenibili. E LaRea, il laboratorio per l’educazione ambientale dell’Arpa è
una struttura molto attiva sul territorio grazie alle dieci persone che vi
operano a favore della sostenibilità». Durante la settimana Unesco si terrà uno
spettacolo teatrale per le scuole primarie e le prime e seconde classi delle
secondarie di primo grado, “L’acqua invisibile”, martedì alle 10.30 al Teatro
Miela. Lunedì invece alle 17 al Mib (Ferdinandeo) si parlerà di “land grabbing”,
l’accaparramento di terre per la produzione di biocarburanti o di alimenti
destinati a persone di altri continenti. «Da 7 anni l’Arpa collabora a numerose
iniziative», ha detto Sichenze, e «la convenzione con il Comune è un passo
importante che ci consentirà di affrontare le tematiche ambientali legate alla
Green economy o al tema dei rifiuti soprattutto rapportandosi con strumenti
idonei con le fasce d’età più giovani e con gli adolescenti, anche mediante gli
esperti di comunicazione scientifica di realtà importanti come la Sissa».
In bici per una pedalata d’autunno - RITROVO IN VIA
ORLANDINI
“Pedalata d’autunno” domani alle 9.30 Info
www.comitatotriesteinbicicletta.it
Domenica si svolgerà la prima edizione del raduno ciclistico “Pedalata
d’autunno”, un’iniziativa gratuita, con ritrovo alle 9.30 all’inizio della pista
ciclabile di via Orlandini. Chi parteciperà avrà l’occasione di percorrere la
ciclopedonale “G. Cottur, con andatura libera potrà cimentarsi negli 11 km del
tracciato in andata e ritorno tra San Giacomo e Draga S. Elia: qui sarà a
disposizione di chi pedala un punto dove bere tè caldo, mentre all’arrivo
ristoro per tutti. I più piccoli, assistiti dai maestri di mountain bike della
360 Mtb potranno invece affrontare un percorso di 8 km, con sosta allo Skatepark
di Altura dove sarà allestito un circuito gioco e avventura. A tutti sarà
fornita la planimetria della pista oltre a materiale informativo. La
manifestazione è organizzata sotto l’egida della Provincia di Trieste e
coordinata dal Comitato Trieste in Bicicletta. Si parte alle 10 con rientro
entro le 13. Meglio portarsi il caschetto protettivo.
IL PICCOLO - VENERDI', 16 novembre 2012
Rigassificatore, contrario anche il parere del Porto
L’Authority vota “no” al Rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural
La decisione sull’Autorizzazione integrata ambientale spetterà alla Regione
Anche l’Autorità portuale è contraria al rigassificatore di Zaule. Lo ha
esplicitato per la prima volta con il voto contrario del dirigente alla
Sicurezza Fabio Rizzi (che evidentemente ha agito anche su input della
presidente Marina Monassi) sul rapporto di sicurezza presentato da Gas Natural
per quanto riguarda i rischi rilevanti, cioé i pericoli per le persone e
l’ambiente circostante, esclusi quelli derivabili da ipotetici attacchi
terroristici dal momento che qui si tratta solo di safety e non di security. Il
voto contrario dell’Authority è stato espresso nell’ambito della pronuncia da
parte del Comitato tecnico regionale (Ctr) ed è andato ad aggiungersi a quelli
anch’essi negativi, ma già preannunciati, da parte di Comune e Provincia. Ma
sono stati gli unici tre “no” all’interno del Comitato presieduto dal Comandante
regionale dei vigili del fuoco e di cui fanno parte anche gli stessi pompieri,
la Regione, l’Arpa, la Capitaneria di porto, l’Ispettorato del lavoro e l’Inail,
tutti favorevoli. Di conseguenza il rapporto di Gas natural ha avuto l’assenso a
maggioranza. Nel comitato sono presenti soltanto tecnici e in queste veste dice
di avervi partecipato per il Comune anche l’ingegner Umberto Laureni che pure è
anche assessore all’Ambiente. Il voto favorevole per la Regione è stato espresso
dall’ingegner Pierpaolo Gubertini, il dirigente responsabile del settore Tutela
dall’inquinamento. Sarà lo stesso Gubertini giovedì 22 a presiedere la
Conferenza dei servizi che dovrà decidere sull’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia) al rigassificatore di Zaule. Il parere, favorevole a
maggioranza come si è visto, del Ctr non è vincolante ma, come ha preannunciato
lo stesso Gubertini, sarà comunque acquisito dalla Conferenza dei servizi.
L’esito in quest’ultima sede è già prevedibile. In base alla legge infatti per
la concessione dell’Aia in prima battuta è necessaria l’unanimità. Ma questa non
ci sarà perché Comune e Provincia e, a questo punto si potrebbe supporre anche
Autorità portuale, voteranno contro. La palla allora in base al regolamento
passerà alla giunta regionale presieduta dal governatore Tondo che si è sempre
detto favorevole. «Ma di fronte alla contrarietà di Comune, Provincia e Autorità
portuale - sottolinea ora Laureni - con quale coraggio la giunta regionale potrà
date l’autorizzazione?»
Silvio Maranzana
South Stream, gas dalla Russia a Tarvisio
Accordo per il finanziamento della tratta sul Mar Nero fra Gazprom, Eni,
Edf e Wintershall. Austria tagliata fuori dal
percorso
BELGRADO Con abili e rapide mosse, gli ultimi
tasselli del complicato “puzzle” sono stati ricomposti. Ieri, la firma
dell’intesa con la Bulgaria per la posa del segmento bulgaro del gasdotto.
Mercoledì, l’accordo finale tra i membri del consorzio South Stream sulla
copertura finanziaria per la costruzione del tratto sottomarino Russia-Bulgaria.
E così il tracciato definitivo del futuro gasdotto South Stream è diventato
realtà. Una realtà che nasconde alcune sorprese. Il gas russo fluirà in condotte
sottomarine da Anapa, in Russia, a Varna, in Bulgaria. Il tratto “offshore”
«avrà una lunghezza di 900 chilometri», costerà circa 10 miliardi di euro e avrà
una capacità prevista al massimo regime «di 63 miliardi di metri cubi di gas
naturale all’anno», ha confermato mercoledì in una nota South Stream, consorzio
composto da Gazprom, che ne controlla il 50%, Eni il 20 e la tedesca Wintershall
con la francese Edf il 15% ciascuna. A partire dal 7 dicembre, con l’inizio dei
lavori alla stazione di compressione ad Anapa, si procederà «con
l’implementazione del progetto in linea con il piano approvato». Un piano che
punta a «trasportare la prima fornitura di gas attraverso il Mar Nero entro la
fine del 2015», continua il comunicato, emesso subito dopo la riunione di
mercoledì tra Alexey Miller, numero uno di Gazprom, l’ad di Eni Paolo Scaroni,
il numero uno di Edf, Henri Proglio e Harald Schwager per la tedesca Basf, di
cui Wintershall è una sussidiaria. Comunicato che aggiunge: «Gli azionisti di
minoranza conservano il diritto di abbandonare il progetto nel caso in cui
alcune» non meglio precisate «condizioni non vengano soddisfatte in futuro».
Dopo che il gas russo sarà fluito nelle condotte sottomarine, arriverà in
Bulgaria. Bulgaria che ieri ha detto sì al “matrimonio” con Gazprom, con un
accordo definitivo firmato a Sofia dal governo nazionale e da Miller. Accordo
che prevede che la sezione bulgara di South Stream sia lunga 538 chilometri e
costi 3,3 miliardi di euro. «L’implementazione del progetto rafforza le nostre
relazioni bilaterali», ha sottolineato Miller dopo la sottoscrizione del
documento, firmato alla presenza del premier bulgaro Boyko Borisov. Prima della
Bulgaria, le altre tessere del mosaico erano già state collocate con le intese
“gemelle” con Serbia, Ungheria e Slovenia, gli altri Paesi attraversati dal
futuro gasdotto, lungo 3.600 chilometri. Gasdotto il cui tracciato – e qui
arriva la sorpresa -, è stato aggiornato sulla mappa piazzata in bella evidenza
sul sito Internet del progetto South Stream. Una mappa dove il gasdotto è oggi
rappresentato da una sola lunga linea arancione. Una linea che dalla Russia,
passando per Mar Nero e Balcani - da dove si dipartono due bracci “laterali”
verso Croazia e Republika Srpska -, percorre la Slovenia per terminare in un
unico “capolinea”: quello di Tarvisio. «L’informazione è corretta», ha
confermato ieri un portavoce di Gazprom, contattato per verificare l’accuratezza
della cartina. Ed è «corretto» affermare che la direttrice Russia, Mar Nero,
Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia verso Tarvisio «è l’unica rotta diretta»
presa ora in considerazione dal consorzio, assicura la stessa fonte. «L’Austria
non parteciperà al progetto», precisa infine Gazprom, avvalorando così i
“rumors” più o meno recenti che parlavano di un abbandono definitivo da parte
del gigante russo del tratto verso l’hub austriaco di Baumgarten. Un tratto
definitivamente scomparso dalla mappa di South Stream, assieme a quello
“meridionale” che attraverso la Grecia sarebbe dovuto arrivare in Puglia.
Contattato via email, il potenziale partner austriaco di Gazprom, Omv – oggi
parte del progetto Nabucco, concorrente di South Stream -, ha risposto con un
laconico «no comment» alle richieste di maggiori delucidazioni sulla
“sparizione” dell’Austria dalle mappe di Gazprom.
Stefano Giantin
Sicurezza in Ferriera sotto la soglia minima Sindacati
in allarme - CHIESTO L’INTERVENTO DEL PREFETTO
Nei giorni scorsi incidente sfiorato sulla banchina - «L’azienda in crisi
non fa nemmeno la manutenzione»
«All’interno della Ferriera di Servola l’attenzione sulle questioni che
riguardano la sicurezza sta scendendo sotto la soglia minima della
tollerabilità.» Lo hanno denunciato i segretari provinciali di Fiom-Cgil,
Fim-Cisl e Uilm, Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e Franco Palman, che hanno
fatto partire una richiesta di incontro urgente al Prefetto per esporre una
situazione che si sta facendo allarmante. Ieri mattina sulla questione c’è stato
un confronto all’interno dello stabilimento tra gli stessi segretari dei
metalmeccanici e i rappresentanti di fabbrica e il direttore Giuseppe Bonacina
che ha assicurato che già oggi in un incontro che avrà a Piombino ne parlerà con
l’amministratore delegato della Lucchini, Francesco Chindemi. All’incontro di
ieri ha partecipato anche Cristian Prella del sindacato autonomo Failms che
riferisce come anche qualche giorno fa si sia verificato un ennesimo
inconveniente su un nastro trasportatore in banchina che per poco non provocava
lesioni a qualche operaio. «La Lucchini - denuncia Prella - non paga le ditte
esterne o lo fa con estremo ritardo e di conseguenza collaudi e manutenzioni
latitano.» Solo qualche settimane fa l’allarme è stato suonato anche da Pompeo
Tria, responsabile della Step impianti, ditta di cento persone che lavora o
tenta di lavorare ancora con la Ferriera. «Ogni giorno 42 dei nostri dipendenti
lavorano nello stabilimento di Servola - ha spiegato Tria - e dodici hanno un
compito particolarmente delicato legato al controllo delle immissioni
nell’ambiente.» Ma l’indotto della Ferriera si allarga anche ad altre piccole
aziende e coinvolge all’incirca duecento persone. E anche in questo ambito
potrebbero partire presto richieste di cassa integrazione. «Abbiamo fatto le
verifiche con assemblee reparto per reparto - spiega Palman - e abbiamo constato
la preoccupazione dei dipendenti. A seguito delle difficoltà di bilancio, le
procedure di controllo si stanno allentando, le operazioni di manutenzione sui
macchinari non vengono eseguite con regolarità, sebbene l’ad Chindemi abbia
assicurato che gli investimenti per sicurezza e ambiente non saranno tagliati.»
«La situazione economica del gruppo sempre più precaria - aggiunge Salvaneschi -
si sta ripercuotendo proprio su questi settori. Alcune ditte esterne delegate a
questi ruoli vantano crediti sempre più forti da parte della Lucchini e non
hanno più accesso al credito da parte delle banche, per cui alcune funzioni non
vengono più ricoperte. Già da febbraio per protesta abbiamo congelato il
servizio di “Salvaguardia impianti”, la task force che lavora per tutelare
l’ambiente e la sicurezza anche in presenza di scioperi. L’operazione di
scongelamento non è mai avvenuta.» La minaccia è pesante dal momento che già nei
prossimi giorni potrebbe essere proclamato uno sciopero e nessuno rimarrebbe a
sorvegliare macchinari e emissioni.
(s.m.)
Discarica abusiva, le intercettazioni
Saranno trascritte integralmente, nel procedimento è coinvolto Rosato
La trascrizione integrale di 17 intercettazioni telefoniche effettuate dai
carabinieri del Noe nell’inchiesta sulla gestione delle discariche abusive
all’interno dello stabilimento di Servola è stata disposta dal giudice Luigi
Dainotti nel corso dell’udienza preliminare del procedimento in cui in cui sono
coinvolti l’ex direttore della Ferriera Francesco Rosato. Vincenzo D’Auria, già
responabile del settore ecologia e Walter Palcini, dipendente della ditta «Refitalia».
L’inchiesta inizialmente della procura di Grosseto porta la data del febbraio
2010. Era scattata con l’arresto dello stesso Rosato e degli altri funzionari.
Poi era passata per competenza territoriale a quella di Trento e infine è
approdata a Trieste. Il pm Pietro Montrone, diventato magistrato titolare del
fascicolo, nelle scorse settimane ha rinviato a giudizio Rosato, D’Auria,
Palcini e Alessio Comper, dipendente della società Sativa di Trento, di aver a
vario titolo ceduto, ricevuto e trasportato o comunque aver gestito abusivamente
ingenti quantità di rifiuti ritenuti pericolosi. Asse portante dell’inchiesta
dei carabinieri del Noe erano state le intercettazioni telefoniche che all’epoca
avevano permesso alla procura di Grosseto di individuare una fitta rete di
rapporti sommersi per effettuare gli smaltimenti di rifiuti pericolosi in modo
facile e soprattutto senza grossi costi economici. All’inizio l’attenzione era
stata puntata su «Refitalia», la ditta incaricata della gestione dei rifiuti
dell’impianto siderurgico. Poi direttamente agli allora vertici della Ferriera
di Servola. In apertura dell’udienza preliminare i difensori di Rosato, gli
avvocati Giovanni Borgna e Michele Bontempi hanno chiesto di verificare proprio
le intercettazioni dalle quali poi si era innescata l’indagine. Istanza accolta
dal giudice Dainotti che ha quindi disposto la nomina di un perito.
(c.b.)
Censimento dei palazzi in rovina per creare un piano
Urban2
Fondazione CrTrieste, Comune e Provincia gli sponsor di un ambizioso
progetto firmato da un gruppo di giovani architetti che intendono recuperare
parte del patrimonio edilizio della città
Nuova vita ai ruderi abbandonati? Un giovane gruppo di architetti ha
entusiasmato le istituzioni e ottenuto finanziamenti, spazi, incoraggiamento
proponendo una completa mappatura da mettere su Internet, con allegata la scheda
dell’edificio, e la proposta di riuso da “vendere” a un mercato non tanto
immobiliare, quanto delle idee. Che faccia incontrare i proprietari con il peso
di un bene malridotto e costoso e i giovani intraprendenti in cerca di spazi per
imprese, associazioni, progetti. Insieme, potrebbero aiutarsi economicamente,
con reciproco vantaggio. Trieste riacquisterebbe non solo restauri edilizi, ma
anche decoro urbano e sociale, e forse vantaggi demografici. Mentre il “rudere
al top” che è Porto vecchio si contorce fra le sue eterne sofferenze, la
Fondazione CrTrieste, che dei “ruderi” è diventata mecenate con ex Pescheria,
Magazzino vini, Teresiano, casa di via Brandesia (San Martino al Campo) ha
deciso di credere al progetto del gruppo ManifeTs2020 nel nome della «difesa del
Bello, anche e soprattutto in momenti di crisi» come hanno sottolineato ieri
alla presentazione i due massimi sponsor dell’operazione assieme alla Camera di
commercio, e cioé Massimo Paniccia presidente della Fondazione, che ha procurato
i software e dato 60 mila euro, e Maria Teresa Bassa Poropat presidente della
Provincia, che al gruppo ha garantito la sala dove lavorare. Gli architetti
hanno emozionato l’assessore alla Pianificazione Elena Marchigiani («sono stati
miei allievi all’Università, bello vederli all’opera per la città, la loro
mappatura ci sarà preziosa per un Piano regolatore che non vuole più consumo di
suolo, ma senza rinunciare allo sviluppo») e l’assessore ai Lavori pubblici e
Patrimonio Andrea Dapretto: «Collaborazione preziosa». ManifeTs2020 ha già
realizzato un questionario anonimo su 2000 cittadini tra 18 e 30 anni. Come
immaginano la Trieste del 2020? E girando per le strade in 13, per 25 giorni,
hanno già scoperto 142 edifici da catalogare: “in rovina” oppure “in abbandono”
o infine “inutilizzati o sottoutilizzati». L’idea richiama quella europea di
Urban (Cittavecchia): risocializzare zone degradate. Ma il linguaggio è molto
“fashion”, i ragazzi parlano di “approccio win-win” per dire che i vantaggi
delle operazioni di restauro e riutilizzo saranno alla pari tra chi possiede il
bene e chi chiede di usarlo. Quanto meno e alla peggio, Trieste vedrà la
geografia del suo abbandono, e gli architetti promettono di allegare alla scheda
completa dell’edificio anche la visione dei dintorni e dei servizi adiacenti.
Sperano che questo “spin off” serva a non far fuggire da qui i giovani
(professionisti e non), e strada facendo hanno accettato di fare il progetto per
il restauro della Ginnastica triestina. Gratis, naturalmente.
Gabriella Ziani
Corridoio adriatico baltico - Serracchiani: «Trieste esclusa dal tracciato»
«La Slovenia punta a deviare il tracciato del Corridoio Adriatico Baltico sul porto di Capodistria». L’allarme arriva dall’eurodeputato Pd Debora Serracchiani. «Alla commissione Trasporti del Parlamento europeo è stato depositato un emendamento che, se accolto, introdurrà il collegamento diretto Graz-Capodistria, tagliando fuori Trieste».
Manifestazione Basta morti in strada
Anche Trieste tra le città italiane che oggi organizzano una manifestazione per dire "Ora basta morti in strada". L'appuntamento è alle 19 in Piazza della Borsa dove ciclisti e pedoni si riuniranno per rivendicare più sicurezza sulle strade.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 15 novembre 2012
Glossario solare termico
Dizionario minimo per orientarsi nel mondo del solare termico:
tecnologie, incentivi e normative in vigore.
Solare termico;
Collettore solare;
Solar cooling;
Solare termodinamico;
Obblighi per i nuovi edifici;
Detrazione fiscale del 55%;
Certificati Bianchi;
Conto Energia Termico.
Solare termico
La tecnologia del solare termico, conosciuta e usata da diversi decenni,
permette, attraverso un collettore solare o pannello solare termico, di
assorbire il calore emesso dal sole e utilizzarlo per diversi scopi, dei quali
il più classico è il riscaldamento dell’acqua per uso domestico. Altri usi più o
meno diffusi del solare termico sono la produzione di elettricità (solare
termodinamico) e il riscaldamento e raffrescamento solare, che permettono di
sfruttare l’energia in arrivo dal sole rispettivamente per il condizionamento
invernale ed estivo degli ambienti.
Collettore solare
Il pannello solare termico (o collettore solare) è un dispositivo composto prima
di tutto da un collettore in grado di assorbire il calore dei raggi solari. Può
trattarsi di una “semplice” lastra di rame o di un assorbitore al biossido di
titanio, che trasferisce il calore assorbito a un serbatoio contenente un fluido
– spesso acqua – che di conseguenza aumenta di temperatura.
L’acqua calda può essere a questo punto trasferita direttamente all’impianto
idraulico dell’abitazione, attraverso un sistema di circolazione naturale o
forzata (in quest’ultimo caso l’impianto prevede il ricorso a una pompa
idraulica con alimentazione elettrica). Il fluido riscaldato può essere
immagazzinato in serbatoi coibentati e utilizzato, di conseguenza, anche in
assenza di sole.
Solar cooling
Questo termine si riferisce alle tecnologie che utilizzano il calore solare per
alimentare un impianto di condizionamento dell’aria. In questo caso, l’impianto
solare termico viene abbinato a una macchina frigorifera, in grado di
raffreddare il fluido proveniente dall’impianto e immetterlo nel sistema di
refrigerazione dell’edificio. Il raffrescamento solare è una tecnologia
piuttosto recente e adottata, per adesso, soprattutto nel settore industriale.
Solare termodinamico
Questa tecnologia si basa su un sistema di specchi parabolici in grado di
ruotare intorno a un asse e di concentrare i raggi solari verso un collettore
centrale all’interno del quale scorre un fluido. Il calore, riflesso e
concentrato dagli specchi, permette di portare il fluido a temperature molto più
alte rispetto ai tradizionali pannelli solari termici, superiori ai 600 gradi
centigradi.
Il calore prodotto attraverso il solare a concentrazione può essere utilizzato
in determinati processi industriali o anche per l’azionamento di turbine per la
produzione di energia elettrica. Anche in questo caso, come nel solare termico
tradizionale, il calore può essere immagazzinato e usato di notte o comunque in
assenza di sole.
Obblighi per i nuovi edifici
Dal 1 giugno 2012 i nuovi edifici e quelli sottoposti a ristrutturazioni
rilevanti dovranno essere progettati ed equipaggiati in modo che almeno il 50%
del fabbisogno energetico annuo (il 25% nei centri storici) per la produzione di
acqua calda sanitaria sia assicurato da fonti rinnovabili.
Inoltre, il fabbisogno energetico totale per acqua calda, riscaldamento e
raffrescamento dovrà prevedere un contributo delle rinnovabili che garantisca
almeno le seguenti soglie percentuali: il 20% se la richiesta del titolo
edilizio è presentata dal 31 maggio 2012 al 31 dicembre 2013; il 35% dal 1°
gennaio 2014 al 31 dicembre 2016; il 50% dopo il 1° gennaio 2017.
Detrazione fiscale del 55%
In Italia il solare termico è incentivato attraverso il meccanismo della
detrazione fiscale del 55%, attualmente in vigore fino al 30 giugno 2013. In
pratica, il contribuente (persone fisiche, ma anche imprese o enti) che decide
di installare dei pannelli solari ha diritto a uno sconto del 55% sulle imposte
dovute, da ripartire in dieci anni fiscali.
Per ottenere la detrazione, occorre trasmettere telematicamente all’Enea una
scheda informativa sugli interventi realizzati entro 90 giorni dal termine dei
lavori. L’impianto installato, inoltre, deve rispettare una serie di requisiti
tecnici, a cominciare dalla conformità dei pannelli solari a una serie di norme
tecniche UNI. La rispondenza agli standard previsti dalla normativa deve essere
certificata da un tecnico abilitato o dal direttore dei lavori (asseverazione).
Certificati Bianchi
I Titoli di Efficienza Energetica (TEE) o Certificati Bianchi sono titoli
negoziabili che certificano i risparmi energetici negli usi finali di energia
ottenuti attraverso determinati interventi di efficientamento. Si tratta di un
meccanismo di incentivazione diretto sostanzialmente ad alcune categorie di
aziende, che in alcuni casi – come i grandi distributori di elettricità o gas –
sono obbligate ad aderire, assicurando il raggiungimento di una soglia minima di
riduzione dei consumi.
Anche l’installazione di pannelli solari termici concorre al raggiungimento del
risparmio energetico, che deve essere certificato dall’AEEG (Autorità per
l’Energia Elettrica e il Gas) e quindi al conseguimento dei Certificati Bianchi.
Conto Energia Termico
Gli operatori delle rinnovabili termiche aspettavano da tempo l’introduzione di
un meccanismo di incentivi simile al Conto Energia in vigore per il
fotovoltaico. Il provvedimento, che il Governo ha presentato da qualche
settimana, attende ora il via libera della Conferenza Unificata.
Il Conto Termico prevede incentivi riservati alla pubblica amministrazione per
gli interventi di efficienza energetica (200 milioni l’anno), mentre destina ai
privati 700 milioni annui per l’installazione di impianti a rinnovabili termiche
(solare termico, pompe di calore, caldaie a biomasse, etc). Nel caso del solare
termico, eventualmente abbinato a sistemi di solar cooling, la durata e l’entità
degli incentivi variano a seconda della dimensione e della taglia dell’impianto.
Silvana Santo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 novembre 2012
I sindaci preparano i “rilievi” sulla Tav
Le osservazioni dei Comuni interessati dalla Venezia-Trieste arriveranno
entro l’anno alla Regione
UDINE Entro il prossimo mese di gennaio, come ieri ad Udine hanno assieme
verificato l'assessore regionale alle Infrastrutture Riccardo Riccardi e
l'Assemblea dei 22 sindaci dei Comuni (tra Tagliamento ed Isonzo) interessati
alla realizzazione della nuova linea Fs Tav Venezia-Trieste, sarà consegnato
alla Regione il documento che contiene tutte le osservazioni e le considerazioni
dei primi cittadini dei Comuni della Bassa Friulana su questo asse ferroviario,
che Rfi-Rete ferroviaria italiana ha sviluppato in via preliminare già nel 2010.
Osservazioni e considerazioni frutto di un lavoro tecnico «che la Giunta
regionale ha ritenuto di sostenere - ha ricordato Riccardi (con risorse pari a
50 mila euro, ndr) - considerata la volontà di un percorso “partecipato” di
valutazione», che gli uffici della Regione faranno propri ed elaboreranno per
quindi inviarli al ministero dell'Ambiente. «Proprio attraverso queste
valutazioni dei 22 Comuni su un tracciato che per quanto mi riguarda non è in
discussione - ha sottolineato Riccardi - possiamo puntare a migliorare questa
prima fase progettuale della nuova linea». I tempi infatti sono ormai stretti,
ha ricordato il commissario straordinario per la linea Fs Venezia-Trieste,
Bortolo Mainardi, ben al di là di circa un anno rispetto al limite di legge dei
60 giorni (che la normativa assegna ai Comuni per le rispettive osservazioni) ma
che la Regione - facendo così un po' da “argine” ha ritenuto «indispensabile per
questo cammino di ascolto e di condivisione con il territorio». Secondo Riccardi
è indispensabile che «la Regione andrà ad agire prima di tutto sui cosiddetti
colli di bottiglia, che da soli valgono il raddoppio della capacità di trasporto
merci. Parliamo di scelte d’intervento che si chiamano riorganizzazione di Campo
Marzio a Trieste, del quadruplicamento di San Polo a Monfalcone, dell'interporto
di Cervignano, dell'allacciamento della Zona industriale dell'Aussa Corno, del
nodo Fs di Torviscosa». Riccardi ieri ha anche partecipato a Villaco alla prima
edizione del convegno sugli assi di trasporto del Sud-Est d’Europa. Secondo
Riccardi il Fvg e la Carinzia dovranno perseguire la conferma da parte del
Parlamento Ue delle decisioni assunte dalla Commissione europea per il
prolungamento del Corridoio “su rotaia” baltico-adriatico sino ai porti di
Trieste, Monfalcone, Venezia e Ravenna.
«No a parcheggi a pagamento in Campo Marzio» - LA
PROTESTA
Polacco e Dubs (Pdl) pronti anche a ingaggiare una battaglia legale con
il Comune
«Parcheggi a pagamento nella aree di sosta libere? No grazie». Si può
riassumere così il pensiero dei due capigruppo del Pdl nelle circoscrizioni IV e
V Alberto Polacco e Roberto Dubs che hanno raccolto il malumore di tanti
cittadini dopo che alcune zone riservate alla libera sosta sono state inserite
nelle linee di indirizzo del nuovo Piano del traffico, già approvato dalla
Giunta comunale, per essere trasformate in parcheggi a pagamento. Così ieri in
piazza Venezia, assieme agli abitanti della zona, hanno lanciato un altolà
all'amministrazione comunale perché, a quanto pare, tale decisione potrebbe far
arrivare sui tavoli dell'avvocatura comunale una marea di ricorsi. I consiglieri
Dubs e Polacco citano in merito una sentenza della Corte di Cassazione del 2006
oltre al Codice della strada, dove è previsto che una parte delle zone riservate
alla sosta debbano restare libere. Ci siamo attivati, spiegano Dubs e Polacco
«proprio per evitare che l’Avvocatura del Comune di Trieste debba trascorrere i
prossimi mesi presso il Tribunale amministrativo regionale o altre sedi
giudiziarie dove, se le cose rimangono come sono, potrebbero giungere centinaia
di ricorsi. Intendiamo quindi sollecitare la Giunta comunale a rivedere le
scelte in tema di parcheggi a pagamento che risultano in evidente contrasto con
quanto stabilito dalla Corte di Cassazione e dal Codice della strada». Le zone
in questione riguardano le aree di via Economo, piazza Venezia, di san Giacomo e
via san Marco. Per quanto riguarda la prima zona, indica Polacco «non siamo in
presenza di una porzione di città che necessita di un’elevata rotazione ed è già
munita di spazi di sosta a pagamento presenti in Sacchetta e presso la Ex
Piscina Bianchi, ampiamente sottoutilizzati. La scelta di destinare a rotazione
anche il borgo Giuseppino appare punitiva per residenti e commercianti, i quali
hanno già costituito un comitato che ha predisposto una petizione polare che
ovviamente condivido nelle finalità». Sul fronte San Giacomo, di competenza
invece di Dubs, spiega il consigliere «la decisione di istituire soste a
pagamento attorno al parcheggio multipiano di San Giacomo e nella vicina via san
Marco, oltre che essere illogica, sembra anche in contrasto con la sentenza
della Corte di Cassazione e quindi forse passibile di ricorsi da parte degli
automobilisti. Chiediamo all'assessore competente di rivalutare tali scelte
anche in funzione delle normative del codice della strada». Una soluzione,
spiegano infine, potrebbe essere quella di «creare abbonamenti per residenti in
spazi a pagamento che già esistono in modo da garantirne un maggiore utilizzo
senza intaccare l’attuale disponibilità di sosta libera in superficie».
(i.gh.)
Costiera: sequestrato un terreno
Un’area della Costiera vicino al mare all’altezza dell’acquedotto di Santa
Croce e nei pressi della spiaggia di Canovella degli Zoppoli, sulla quale esiste
una villa, è stata sequestrata dagli uomini della Forestale. Il sequestro ha
riguardato anche alcuni muri di contenimento che, secondo i forestali, sarebbero
stati costruiti abusivamente in una zona protetta. Non solo. È emerso che le
strutture murarie finite nel mirino, sarebbero state costruite, così sostengono
i forestali, per realizzare in un secondo tempo un piccolo edificio adiacente
alla villa. Il numero civico dello stabile e l’identità del proprietario il cui
nome è stato iscritto nel registro degli indagati, non sono stati resi noti. Il
blitz è stato effettuato ieri mattina dopo una serie di accertamenti nei giorni
scorsi. Ma per arrivare nell’area abusiva i forestali hanno dovuto utilizzare
un’imbarcazione. Infatti è praticamente impossibile raggiungere la zona
scendendo dai sentieri che partono dalla strada Costiera. La zona - si è saputo
- è stata individuata proprio da una serie di controlli dal mare. L’area con i
muri fuorilegge è stata segnata dalle strisce di nylon. Un rapporto con i
provvedimento di sequestro corredato da un corposo album fotografico è stato
consegnato al pm Cristina Bacer.
(c.b.)
Escursioni faunistiche - Due escursioni in programma
domenica attraverso il Carso
DUINO AURISINA Rinviata la corsa domenica per cause di forza maggiore (tempo
da lupi e pioggia battente) un'interessante iniziativa legata alla conoscenza
dell'ambiente e della natura che ci circonda sarà riproposta questo week-end.
Destinatari speciali, i bambini. Si tratta de "Il Carso nascosto: scorci di vita
privata della fauna carsica", una passeggiata naturalistica gratuita per
famiglie con figli promossa dal Comune di Duino Aurisina in collaborazione con
Wwf Area Marina protetta di Miramare. L'itinerario porterà alla scoperta della
vita segreta degli animali che abitano queste zone, tra splendidi vigneti, prati
aperti, pinete e pure una grande dolina, dove i visitatori verranno aiutati a
cercare e interpretare le tracce e i segnali della presenza della fauna
selvatica, svelandone, assieme alle guide, alcune abitudini poco conosciute. I
posti a disposizione per domenica sono ancora pochi, ma c'è ancora tempo per
prenotare la visita, della durata di tre ore con partenza da Medeazza: chi fosse
interessato può telefonare al numero 3339339060, oppure può scrivere una mail a
carso@riservamarinamiramare.it. Nessun problema di posti, invece, per l'altro
appuntamento regolarmente in calendario “Camosci e non solo”, con partenza
sempre da Medeazza per salire le pendici meridionali del monte Ermada, a 323
metri sul livello del mare, e osservare la vegetazione e la fauna. Si passerà
dunque dalle zone edificate ai coltivi più o meno tradizionali, fino ai pascoli
e alle varie tipologie di bosco. Essendo la zona a cavallo tra gli elementi più
caldi e quelli più freschi, l'area appare particolarmente interessante sotto un
profilo naturalistico e consentirà l'osservazione di alcune specie stanziali di
avifauna. Per prenotazioni alla gita di domenica si può contattare, entro
domani, il numero 3339339060 oppure scrivere a
carso@riservamarinamiramare.it.
(t.c.)
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 novembre 2012
«La Croazia sciolga i nodi se vuole entrare nell’Ue» -
I RAPPORTI CON L’ITALIA Sono ottimi nonostante le minoranze e i rigassificatori
Il ministro sloveno degli Esteri Erjavec: «Siamo interessati all’ingresso
di Zagabria ma le questioni aperte come il caso Ljubljanska vanno risolte prima
della ratifica»
INVIATO A LUBIANA Emozionato perché il giorno dopo avrebbe incontrato il
Papa in Vaticano, ma concentrato e attento sui temi da disquisire, il ministro
degli Esteri della Slovenia Karl Erjavec marca stretto la Croazia sul tema della
Ljubljanska Banka salvo illuminarsi in volto quando parla delle opportunità
aperte nei rapporti con l’Italia. Ministro, cosa farà la Slovenia da grande? La
Slovenia ha compiuto 20 anni e quindi è diventata maggiorenne, ma ha bisogno
ancora di maturare. Spero che ciò avvenga nel prossimo futuro. Sono tempi duri
per tutti in Europa. Come affronta il Paese questa crisi socio-economica? La
Slovenia è sempre stata una sorta di storia a lieto fine. È stato così nella
transizione, siamo stati i primi tra i Paesi ex jugoslavi a entrare nella Nato,
nell’Ue, nell’Eurozona. La nostra economia cresceva, lo standard della vita
migliorava. Nel 2008-2009 però è scoppiata la crisi finanziaria e ora non
capiamo perché non siamo più così vincenti. E dobbiamo stringere la cinghia,
attuare riforme anche poco piacevoli come quella delle pensioni, diminuire il
debito pubblico. Come ha reagito la gente? La gente ha subito ripercussioni
nelle sue tasche. Non eravamo preparati a tempi di crisi. Quando la supereremo
allora potrò dire che la Slovenia ha raggiunto la sua piena maturità. La
Slovenia ha forse reagito troppo in ritardo ai venti di crisi? C’è qualche colpa
del precedente governo? No, non credo. La Slovenia è uno Stato giovane. I
governi sono stati fin qui sempre positivi, c’è stata sempre una buona crescita
economica e produttiva ma queste nuove situazioni ci hanno colti impreparati. In
quali settori siete stati colti di sorpresa? In generale. Se volevamo mantenere
gli standard che avevamo bisognava avere una crescita economica del 3%, ma noi
nel giro di una notte siamo caduti in un -10% del Pil. Un colpo durissimo.
Credevamo che la crisi durasse solo 2-3 anni. Per questo, visto che nel 2008 il
nostro debito sui mercati era di 8 miliardi di euro, abbiamo deciso di aumentare
il nostro debito per arginare il momento difficile e far ripartire l’economia.
Cosa è andato storto allora? L’economia slovena è basata sull’export e quindi
siamo molto sensibili a tutto quello che avviene attorno a noi. Ad esempio
l’Italia è il secondo partner commerciale con un interscambio pari a 6,5
miliardi di euro e la crisi in Italia ha così avuto pesanti ripercussioni anche
sull’economia slovena. Un errore solo sloveno? Beh, non siamo stati i soli a
pensare che la crisi durasse meno. Anche i cosiddetti Paesi emergenti come la
Russia, la Cina, il Brasile stanno rivedendo in queste ore al ribasso i loro
tassi di crescita economica. E anche in Europa le prospettive non sono
rassicuranti. Quindi che cosa si deve fare? Dobbiamo attuare riforme
strutturali, dobbiamo diminuire la spesa pubblica e il debito pubblico e proprio
per questo la Finanziaria 2013-2014 è molto significativa perché vogliamo
riportare il rapporto debito pubblico-Pil dal 6,4% attuale al 3% per rientrare
nei parametri di Maastricht. Assolti quindi i governi precedenti? Direi di sì,
siano stati essi di destra o di sinistra. Cos’è successo allora? La politica
slovena non era preparata a una crisi economica e finanziaria così pesante
nell’ambito dell’Ue e nel mondo intero. Se non si risolverà la questione della
Ljubljanska Banka siete veramente decisi a non ratificare l’adesione della
Croazia all’Ue? La Slovenia è interessata all’ingresso della Croazia in Europa e
da tempo sosteniamo che il futuro dei Balcani occidentali è all’interno dell’Ue.
È una questione di pace e stabilità che solo una prospettiva euroatlantica può
garantire. Se dovessimo bloccare la Croazia indirettamente, bloccheremmo anche
tutti i Balcani occidentali. Ma questo non è nel nostro interesse strategico.
Certo è però che la Slovenia vuole che prima della ratifica siano appianate
tutte le questioni ancora aperte relative alla fine della Jugoslavia. Quindi il
nodo della Ljubljanska Banka ricade nei temi relativi alla successione alla
Jugoslavia? Certo, lo avevano detto anche l’ex premier Borut Pahor e la sua
“collega” croata di allora Jadranka Kosor e lo stanno ribadendo anche i due
esperti che stanno cercando di sciogliere questo nodo gordiano. Quindi come si
risolve? Il problema va riportato nell’ambito delle competenze della Banca di
Basilea per la riconciliazione internazionale. Anche il ministro degli Esteri
croato, Vesna Pusi„ mi ha confermato per iscritto di accettare questa strada, ma
c’è ancora un problema. Quale? Le cause che sono state aperte contro la
Ljublanska Banka dal ministero delle Finanze croato sulla stessa questione per
la quale ci si dovrebbe rivolgere alla Banca di Basilea. Inacettabile per la
Slovenia dunque? Certo, non possiamo attendere una soluzione da Basilea con
l’iter giudiziario aperto sulle stesse questioni nei tribunali croati. Non
possiamo quindi ratificare l’adesione di Zagabria all’Ue se prima questi
procedimenti non sono chiusi. Dire sì alla Croazia in Europa e dopo trovarsi una
sentenza di condanna dai fori croati sarebbe molto dannoso per la Slovenia.
Perché così dannoso? In ballo c’è un importo molto importante, circa 800 milioni
di euro a cui si dovrebbero aggiungere tutti gli interessi ventennali. Qual è la
vostra linea di difesa? Le cause sono relative ai risparmiatori croati che già
sono stati rimborsati dalla Croazia stessa quando questa ha assunto tali poste
nel suo debito pubblico. Per i rimanenti bisogna adire alla Banca di Basilea e
ragionare in base a quanto stabilito a Vienna nel 2001 sulla successione alla
Jugoslavia per cui ciascun Paese si assume l’onere di risolvere le questioni
relative al sistema bancario nell’ambito della successione alla defunta
Repubblica socialista. Ma molti Stati nati dal disfacimento della Rfsj purtroppo
mostrano scarso interesse a risolvere le questioni nell’ambito della
successione. Con l’Italia i rapporti sono buoni, ma c’è ancora qualche questione
aperta? I rapporti sono ottimi, con il ministro Terzi siamo buoni amici. Certo
come accade tra tutti i vicini c’è sempre qualcosa da discutere. Penso ai
rigassificatori nel golfo di Trieste che secondo noi determinerebbero pesanti
ripercussioni sull’ecosistema dell’Alto Adriatico. Ma stiamo parlando e il tutto
si risolverà nel rispetto delle norme europee in materia. Ci sono poi i tagli ai
finanziamenti per la minoranza slovena in Italia. Noi, pur in tempi di crisi,
abbiamo garantito gli stessi importi dello scorso anno alla minoranza italiana
in Slovenia. Ne avete parlato di recente a Brdo con Terzi. Sì, e Terzi mi ha
assicurato che sarebbe stato fatto di tutto per garantire i fondi agli sloveni
in Italia. E gli interessi comuni invece? Ci sono le infrastrutture, penso al
collegamento ferroviario Trieste-Divaccia, le sinergie tra i porti del Nord
Adriatico, il progetto Southstream, la Macroregione adriatico-ionica che è
un’investimento politico ed economico fondamentale e che potrebbe veder nascere
la terza grande Macroregione europea dopo la baltica e la danubiana.
Mauro Manzin
South Stream, accordo con la Slovenia
Gazprom accelera i piani per i gasdotti in Europa. Snam Rete Gas:
«Garantiremo i volumi previsti per l’ingresso a Tarvisio»
BELGRADO Ungheria, Serbia, adesso la Slovenia. Procede spedita l’azione
della Russia per far partire quanto prima i lavori del gasdotto South Stream.
Dopo i recenti accordi con Belgrado e con Budapest per l’esecuzione delle opere
per la “pipeline” sul tratto serbo e su quello ungherese, ieri a Mosca è stata
siglata un’intesa sorella a margine di un vertice tra il premier sloveno Janez
Jansa e il suo omologo russo, Dmitry Medvedev. Alexey Miller, numero uno di
Gazprom e Marjan Eberlinc, capo dell’azienda slovena per la distribuzione del
gas Plinovodi, «hanno firmato l’accordo» che suggella «l’approvazione definitiva
della costruzione del tratto sloveno di South Stream», ha annunciato l’agenzia
di stampa di Lubiana, “Sta”. «L’accordo è importante», ha rilevato Eberlinc,
perché ora la Slovenia «si trova all’incrocio delle vie europee dell’energia» e
del gas. Gas che fluirà in Slovenia in tubature lunghe 266 chilometri, da posare
grazie a un investimento da un miliardo di euro che permetterà anche la
costruzione di due stazioni di compressione. Il gasdotto, lungo nella sua
interezza 3.600 chilometri, dovrebbe convogliare - entro il 2015 -, 63 miliardi
di metri cubi l’anno di gas russo in Europa, 22 riservati all’Italia. Dopo aver
superato in condotte sotterranee il Mar Nero, il “braccio” settentrionale di
South Stream transiterà attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovenia in
direzione Austria e Italia. Quello meridionale, via Grecia e Adriatico, farà in
futuro rotta sulla Puglia. Gazprom, ricordiamo, controlla il 50% del consorzio
South Stream, mentre la restante metà fa capo a Eni (20%), alla tedesca
Wintershall Holding e alla francese Edf. Il costo previsto dell’opera ammonta a
circa 15 miliardi di euro. Un’opera che, anche in Slovenia, «creerà posti di
lavoro, nuove infrastrutture e attirerà grandi investimenti», ha assicurato
l’amministratore delegato di Gazprom, Miller. E «noi abbiamo bisogno di nuovi
investimenti», gli aveva fatto eco Jansa discutendo con Medvedev. South Stream è
solo la punta dell’iceberg dei rinnovati rapporti tra Mosca e Lubiana. «Siamo
interessati a tutte le forme di cooperazione» strategica con il Cremlino, ha
dichiarato il premier sloveno. Gas russo che dovrebbe entrare in Italia passando
per Tarvisio. E Snam Rete Gas, contattata per un commento, specifica che
«assicurerà quanto necessario per garantire i volumi previsti per l’ingresso in
Italia» del gas in arrivo da South Stream. Le firme degli accordi con Slovenia,
Ungheria e Serbia – quello con l’ancora titubante Bulgaria dovrebbe essere
sottoscritto giovedì prossimo -, confermano le ipotesi di un’accelerazione degli
sforzi russi per realizzare South Stream. «È proprio così», risponde Mikhail
Krutikhin, analista e partner di RusEnergy, compagnia moscovita specializzata
nell’analisi del settore gas e petrolio in Russia e Asia Centrale. Gazprom sta
cercando di «agire il più in fretta possibile», racconta Krutikhin, fra i più
accreditati esperti russi di energia. «Il suo management è convinto infatti che
la Commissione europea il prossimo anno imporrà alcune delle condizioni del
“Terzo Pacchetto Energia” Ue su iniziative del genere». Per Gazprom, che per
bocca di Miller ha confermato ieri che il 7 dicembre inizieranno i lavori al
gasdotto sulla costa russa del Mar Nero, «è più conveniente lanciare ora il
progetto», evitando le sanzioni europee «contro pratiche monopolistiche». Il
gigante russo del gas «teme di dover fare concessioni» a Bruxelles se non agirà
con la massima celerità. Concessioni «come permettere l’accesso del gas del
Caspio nel gasdotto o la costituzione di operatori indipendenti sui segmenti
nazionali di South Stream», suggerisce l’esperto. Con i recenti accordi, di
certo i promotori di South Stream segnano comunque un punto a loro favore nella
“battaglia del gas”, che vede nel gasdotto Nabucco, sponsorizzato da Bruxelles,
il rivale più accreditato. «Ma Nabucco non è morto», assicura Krutikhin, «perché
il progetto nella sua forma attuale prevede un piano molto concreto», quello di
sfruttare il gas azero per mezzo del Tanap, «il gasdotto transanatolico che
attraverserà la Turchia». Turchia che sarà collegata all’Ue da due gasdotti,
«uno in direzione Austria», il Nabucco West, «l’altro via Grecia e Albania verso
l’Italia». I piani per il complesso sistema, «quello del “Corridoio meridionale
del gas”, stanno andando avanti», conclude Krutikhin. Ma mentre il contendente
fa qualche progresso, South Stream compie ormai passi da gigante.
Stefano Giantin
Gigante da 63 miliardi di metri cubi di gas - SCHEDA
Il progetto South Stream prevede la realizzazione di una rete di gasdotti
che a partire dal 2015 porterà ogni anno in tutta Europa fino a 63 miliardi di
metri cubi di gas. La costruzione del gigantesco progetto dovrebbe iniziare il 7
dicembre sulla costa russa del Mar Nero, anche se la Russia deve ancora ottenere
il via libera ufficiale dalla Bulgaria, che vuole negoziare prezzi inferiori sul
gas. Un ramo di South stream porterà gas dal Mar Nero in Bulgaria, Serbia,
Ungheria, Slovenia, Austria e Italia, mentre una seconda sezione del gasdotto
raggiungerà Croazia e Grecia. Per Gazprom il mercato europeo è vitale poiché la
Russia fornisce al vecchio continente circa un terzo del suo fabbisogno annuale
di gas e l’anno scorso il colosso russo ha mandato in Europa circa 180 miliardi
di metri cubi di gas. Il progetto South Stream è stato creato dalla stessa
Gazprom, che ne possiede il 50%, mentre la restante metà è suddivisa fra
l’italiana Eni, la francese EdF e la tedesca Wintershall.
GUERRA ALL’AILANTO LA PIANTA D’ORIENTE CHE INVADE IL
CARSO - LABORATORIO TRIESTE - RUBRICA di FABIO PAGAN
Sembrava quasi di assistere a uno scenario da fantascienza d'antan, l'altra
sera, durante l'incontro organizzato nella sala Baroncini delle Generali da
Italia Nostra, Legambiente, Trafioriepiante e Triestebella. Perché il tema
(L'invasione delle specie infestanti) faceva riecheggiare nella memoria di un
vecchio appassionato di fantascienza la trama di un filmaccio degli anni
Sessanta, “L'invasione dei mostri verdi”, peraltro ispirato a un eccellente
romanzo di John Wyndham, “Il giorno dei trifidi”, in cui si descrive la
proliferazione d'una pianta maligna a causa di una pioggia di meteoriti. Livio
Poldini, emerito della nostra Università, grande vecchio della botanica
triestina (e non solo), non ha usato mezzi termini nel descrivere la minaccia al
nostro habitat: «L'espansione delle neofite è favorita da una sovracrescita
urbana eccessiva rispetto al fabbisogno. Sono 36 le specie infestanti nella
regione, ma tre sono le più pericolose. L'Ailanthus altissima, originaria
dell'Asia: una vera macchina bellica che ha invaso il Carso con la sua
incredibile fertilità (un individuo adulto produce fino a 350 mila semi volanti
all'anno), con le sue radici capaci di catturare anche minime quantità di
umidità dal terreno consentendo alla pianta di sopravvivere anche a lunghi
periodi di siccità, con le sostanze tossiche prodotte dalle foglie e dalla
corteccia che distruggono altre specie. E poi l'Ambrosia artemisiifolia: un
esemplare adulto può disperdere fino a un miliardo di granuli pollinici. E la
Senecio inaequidens, che produce alcaloidi concerogeni per il fegato che possono
venire rintracciati nel suo miele». Che fare di fronte a questa invasione? si
sono chiesti Poldini e Valter De Monte, funzionario del Corpo forestale
regionale. Sfilare la pianta dal terreno quando è giovane, operare una
cercinatura parziale della corteccia per interrompere il flusso della linfa,
ricreare zone ombreggianti per arrestarne la diffusione. Gli erbicidi? “Sono l'extrema
ratio, pur se pericolosi per l'uomo e per l'ambiente”, ha ammesso Poldini a
denti stretti. E De Monte ha raccontato l'uso positivo del glifosate (in dosi
limitate) sulle piante di ailanto ancora piccole in alcune aree di Opicina e
Doberdò, sull'esempio di quanto si va facendo sull'isola di Montecristo. Una
battaglia che sarà difficilissimo vincere.
IL PICCOLO - MARTEDI', 13 novembre 2012
Consiglio provinciale - Nuovo no bipartisan al
rigassificatore
Parere tecnico, ma votato in aula e quindi anche politicamente rilevante. Il
Consiglio provinciale ha ribadito così, nel tardo pomeriggio di ieri, il suo
“no” trasversale al progetto del rigassificatore di Zaule targato Gas Natural.
All’unanimità, con maggioranza di centrosinistra e opposizione di centrodestra
(assenti solo i consiglieri della Lista civica Dipiazza per Trieste, Giorgio
Rossi e Stefano Martucci) sulla stessa linea, è arrivato infatti il voto
favorevole alla delibera che ha sancito nel dettaglio da parte della Provincia -
per quanto di competenza dell’ente - il parere negativo rispetto alle ipotesi
legate al progetto di Gas Natural sulla gestione dei rifiuti, sugli scarichi a
mare dell’impianto e sull’incidenza dello stesso rispetto allo sviluppo dei
traffici del Porto di Trieste. Inoltre, parere positivo con riserve è stato
espresso sulle emissioni in atmosfera. Il documento rientra nella procedura
relativa all’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, sulla quale il prossimo
22 novembre dovrebbe esprimersi la Conferenza dei servizi (nel caso di mancanza
di unanimità, l’incombenza di decidere sull’Aia passerà allora alla giunta
regionale). «Abbiamo ribadito il nostro forte “no” al rigassificatore -
riepiloga il presidente del Consiglio provinciale, Maurizio Vidali, esponente
della Slovenska skupnost -. Spero che la Regione tenga conto del nostro parere,
anche se purtroppo ne dubito...». A proposito della delibera portata in aula
dall’assessore provinciale con delega all’Ambiente, Vittorio Zollia, Vidali
sottolinea: «Complimenti agli uffici per l’ottimo lavoro svolto». Concetto,
questo, messo in evidenza anche da Giorgio Ret dal versante dell’opposizione.
L’ex sindaco di Duino Aurisina ha inoltre fatto sapere come nella serata di ieri
a palazzo Galatti fosse in fase di elaborazione anche un ulteriore documento, da
presentare sotto forma di mozione o di ordine del giorno, sempre sul tema del
rigassificatore. «Per sottolineare politicamente - rileva a riguardo Ret - la
mancanza di vari elementi e risposte all’interno del progetto. Ad esempio, non
c’è alcun esame sulle emissioni elettromagnetiche». E Ret ritorna poi sul
pensiero comune espresso in aula dai consiglieri della Provincia,
indipendentemente dal colore politico e dall’appartenenza partitica: «La
delusione di tutti - afferma -, al di là delle questioni sul progetto in sé, sul
sì o sul no, e sulla sua valenza strategica, sta nella constatazione di come
continui a esserci una carenza spaventosa di informazioni da parte del
proponente per un progetto così importante. Le analisi sono troppo limitate».
Così, nell’esprimersi ieri, Pd, Sel, Idv, Lista Bassa Poropat, Slovenska
skupnost e Federazione della sinistra da una parte, Pdl, Lega Nord, Un’Altra
Trieste e Lista Ret dall’altra, si sono mostrati compatti. Almeno per una volta.
(m.u.)
Rigassificatore, il Pdl dov’è? Grizon: «Mai stato
invitato»
Polemica a distanza fra i gruppi della maggioranza di Muggia e i
rappresentanti dell’opposizione che confermano la contrarietà al progetto di Gas
Natural
MUGGIA L’iter decisionale sul rigassificatore di Zaule si sta avviando alla
fase conclusiva. Dopo essere passato al vaglio della Conferenza dei servizi, il
progetto di Gas Natural finirà sul tavolo della Giunta regionale, che dovrà
votare sull’Autorizzazione integrata ambientale e sull’Autorizzazione unica;
l’ultima parola spetterà al ministero dello Sviluppo economico. Il tempo
stringe, e i contrari sono avvertiti: vanno lette in tal senso le dichiarazioni
dell’assessore regionale alla Programmazione Sandra Savino, che sabato ha
invitato enti pubblici, associazioni di categoria, ambientalisti – nelle sue
parole, il “territorio” – a “fare immediatamente una proposta alternativa
concreta”. Altrimenti, il verdetto della giunta potrebbe essere un doppio “sì”,
nonostante quel territorio si stia battendo da mesi per fermare il piano. Come
si presenta, in questo contesto, il fronte anti-rigassificatore di Muggia?
Folto, ma anche sempre più “frastagliato”. Quella che i Comuni portano avanti è
una battaglia che si svolge su diversi campi. L’ultimo passo si è compiuto sul
terreno legale, con il ricorso al Tar contro Gas Natural, presentato da Muggia e
poi anche da Trieste oltre al Comune di San Dorligo della Valle-Dolina e al Wwf.
Ma Nerio Nesladek, primo cittadino di Muggia, aveva già attaccato il governatore
Renzo Tondo – da sempre favorevole al progetto – per essere stato escluso da una
precedente Conferenza dei servizi. E, prima ancora, aveva dato vita ad una
protesta “istituzionale” – con tanto di fascia tricolore e labari – assieme al
sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin. Ora Nesladek vorrebbe far decidere ai
cittadini, citando anche il precedente della Snam a Monfalcone: lo strumento è
il referendum. La partita sul destino della baia di Zaule potrebbe passare
quindi dalle aule della politica alle urne della consultazione popolare. Anche
perché nel consiglio comunale c’è un po’ di confusione. L’assenza del Pdl
all’incontro del 6 novembre con i rappresentanti di Gas Natural non poteva
passare inosservata, e infatti i capigruppo di maggioranza l’hanno stigmatizzata
scrivendo in una nota di essere «sconcertati, visto che in ogni occasione il Pdl
muggesano dichiara di essere contrario al rigassificatore, ma quando bisogna
dimostrare questa contrarietà in manifestazioni pubbliche o in incontri
ufficiali, non è mai presente». Anche in questo caso gli attriti vengono da
lontano: i pidiellini si erano già defilati in occasione delle manifestazioni
del luglio scorso facendo sapere di non condividerne le modalità, ed erano stati
accusati da Fulvio Tomini – segretario Pd a Muggia – di non voler “disturbare”
Tondo per ragioni di appartenenza politica. Ora il consigliere Claudio Grizon
risponde che «mai il gruppo Pdl nel suo insieme è stato invitato dal sindaco a
partecipare alla riunione» e che «la nostra posizione sul rigassificatore è
sempre stata contraria e sempre lo sarà». Lo conferma la stessa Savino, che del
Pdl è coordinatrice provinciale: «Non credo che si stiano sottraendo alle loro
responsabilità – ha commentato – Lasciamo perdere le dietrologie, conta ciò che
si dimostra in sede di votazione».
Davide Ciullo
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/1 - Le responsabilità su dati e progetto
Gas Natural, che vorrebbe realizzare un rigassificatore nel porto di Trieste, ha sempre rifiutato un confronto con i nostri amministratori e con gli esperti del nostro Ateneo. Spedisce cartoline, e giorni fa ha aperto alcuni gazebo, con volonterosi giovanotti istruiti a decantare l’età dell’oro che si aprirà grazie all’impianto, ma incapaci di rispondere ai quesiti tecnici, per i quali rinviano al sito appositamente allestito dalla società. Qui Gas Natural si pone le domande (quelle dei triestini, dice…) e si dà le risposte, senza alcuna possibilità di contraddittorio. Tra le altre, ce n’è una che solleva un problema piuttosto delicato. Testualmente: «È vero che gli studi sul mare sono stati condotti nel Medio Adriatico e non nel Golfo di Trieste? Se sì, perché? Risposta: sono stati utilizzati i dati del golfo di Trieste disponibili e forniti dall’Ogs e Arpa Fvg». Ora, poiché pare acclarato che siano stati utilizzati da Gas Natural dati Ogs relativi alle acque al traverso di Zara, i casi sono due: o l’azienda spagnola afferma cose non vere, oppure la prestigiosa istituzione scientifica, vanto internazionale di Trieste, ha fornito dati clamorosamente errati. Poiché nessuna smentita o precisazione è venuta dall’Ogs, sorge il dubbio che l’affermazione sia fondata. Un errore, di conseguenze devastanti per le ricadute del progetto Gas Natural sull’ambiente marino, che richiederebbe un adeguato accertamento di responsabilità. Lo stesso discorso vale per quanto scritto da Paolo Rumiz sul Piccolo: come mai la valutazione dei danni che gli scarichi del rigassificatore provocherebbero al golfo è stata effettuata su un periodo di tempo di 18 ore e poi – dopo i rilievi mossi in sede tecnica sul progetto preliminare - su di un periodo di sole 72 ore, senza tener conto degli accumuli nel lungo periodo? Si è parlato, a Trieste, di class action. Pare che questa possa essere avviata solo a danno subito. Sarebbe auspicabile che, tra quanti conoscono i Codici, qualcuno trovasse il modo per avviare un controllo, meglio ancora, un’azione di responsabilità nei confronti di Ogs e Arpa per eventuali errori o omissioni. Per non parlare, poi, della commissione ministeriale che ha rilasciato la valutazione di impatto ambientale sulla scorta di documenti progettuali così palesemente inattendibili.
Aurelio Slataper
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/2 - Del doman non v’è certezza
Sul Piccolo di martedì 30 ottobre a pagina 22 un articolo di Paolo Rumiz che ci racconta la verità sul rigassificatore. Analisi perfetta la sua, si sente che camminando riflette e le sue argomentazioni, poi, risultano precise e convincenti. Non resta che ascoltarlo ed unirci tutti in una protesta che non solo ci potrebbe salvare la vita ma potrebbe salvare anche la nostra economia aiutando le nostre autorità a decidere come abbiamo fatto per Miramare. Chi ha vissuto abbastanza può dire con certezza che del "doman non v’è certezza" e la prevenzione non è mai abbastanza. Pensiamo soltanto ad una eventualità, mai impossibile, di un futuro conflitto o di una testa calda che si sogna un attentato all’apparenza innocuo. L’istinto ci dovrebbe mettere sull’avviso. Nessuno all’inizio era in grado di dare risposte sicure. Ora grazie a Rumiz è tutto più chiaro ed io ho intenzione di raccontare un aneddoto che risale ai miei tempi di "agraria" ma la dice lunga sull’istinto di conservazione delle specie. Avevamo, in un negozio in centro, un recinto riscaldato da lampade elettriche di circa due metri di diametro dove versavamo scatole da 50 pulcini appena nati fino a raggiungere il numero di duemila o duemila cinquecento. Trovavano immediatamente, da soli, i beviroli con l’acqua e le mangiatoie con il cibo. Un giorno è mancata la luce e si sono ritrovati al buio ed al freddo. Si sono assiepati tutti da una parte stringendosi l’uno all’altro e, prima uno poi due, poi tutti in coro, con una simultaneità tanto sorprendente da sembrare una voce sola, hanno incominciato ad urlare il loro cip-cip tutti assieme. Il frastuono era tanto enorme da fermare tutti i passanti davanti alla porta incuriositi da tanto baccano. Questo fenomeno è successo una volta sola anche se la luce è mancata più volte. Le altre volte ognuno "parlava per se" in una cacofonia assomigliante alla torre di babele, e nessuno si è fermato ad ascoltarli. Questa "lectio magistralis", dettata da "chissàcchì" governa la natura, mi torna alla mente oggi, insegnandomi a capire le manifestazioni dei giovani che, fino ad oggi, avevo deprecato come manifestazioni di disordine. Oggi capisco che hanno ragione perché il futuro è loro, non nostro. Pensate! una lezione dai polli e dalle future galline che sono considerate i più stupidi animali del mondo, tanto da far spesso dire ai maschietti che le donne hanno un cervello di gallina!
Lucilla Cechet
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/3 - Conta anche l’aspetto economico
L’amministratore delegato di Snam rete gas ha inviato una lettera al Corriere della Sera (1 novembre) in cui spiega ai lettori che i rigassificatori attualmente in funzione lavorano al 30-40% delle loro capacità, che la domanda futura è assai incerta e che investire in nuovi terminal è economicamente assai rischioso. Si capisce tra le righe che la Snam sarebbe disposta a farlo con regole nuove che garantiscano i ricavi scaricando le eventuali perdite di denaro sui consumatori e sui contribuenti. Da notare che Gas Natural Fenosa, prima di accettare di costruire un rigassificatore a Trieste si è assicurata che ci fosse una clausola in questo senso (Delibera dell’Autorità per Energia Elettrica e Gas n. 178 del 2005, Art. 13 comma 2. link: http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/05/178-05.pdf). Personalmente ritengo che anche l’aspetto economico della questione rigassificatore debba essere oggetto di dibattito.
Claudio Petrachi
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/4 - Un’altra pugnalata
“Cancellati dal mare”: con queste tre terribili parole Chino Alessi, nel 1966, denunciava quella che all’epoca, con la chiusura del cantiere San Marco, appariva la peggiore delle pugnalate inferte a Trieste. Dopo aver letto l’articolo di Paolo Rumiz sui pericoli del rigassificatore constatiamo che se ne prepara un’altra, forse peggiore e definitiva per l’esistenza della nostra città. Temiamo che si sia all’epilogo di un qualcosa che viene da lontano, dai tempi di quella “redenzione” di cui si prepara il secolare festeggiamento. “L’Italia ha conquistato Trieste per castrarne il porto a favore di Genova; nessun paese avrebbe trattato il nostro scalo peggio di quanto abbia fatto l’Italia, neanche la Jugoslavia di Tito!” ebbe a dire (le parole sono a verbale) lo scomparso Manlio Cecovini, grande vecchio della cultura e della politica giuliana, certamente non sospettabile di scarso senso nazionale. I gazebo di Gas Natural ci spiegano che, al contrario, l’impianto ci porterà in Europa come se dell’Europa, noi poveri provinciali, non avessimo la più pallida idea e come se non fossimo stati il primo porto di un impero europeo. Eppure il nuovo secolo sembrava aprirsi con altre prospettive: il muro di Berlino aveva fatto franare la politica dei due blocchi, con l’Ue i confini erano caduti, i mercati dell’est si erano rimessi in moto ad onta dell’attuale pesante momento di crisi, l’idrovia europea rappresentata dall’Adriatico si prospettava interessante e Trieste non era più un punto strategicamente pericoloso per gli investimenti. E proprio ora che la città, almeno nominalmente, potrebbe riacquistare la forza del suo ruolo naturale arriva la coltellata finale, rappresentata da un rigassificatore che andrebbe ad inibire qualsiasi sviluppo portuale viste le pesanti restrizioni alla navigazione che tali impianti comportano. In seguito alla tragedia di Fukushima la Germania ha deciso di abbandonare la via del nucleare: scelta costosissima ma fatta d’impeto, in nome della sicurezza. Non è difficile immaginare che un incidente, o un attentato, ad un gas-terminal in qualche parte del mondo porti ad un inasprimento delle misure di sicurezza, già adesso molto severe, moltiplicando i limiti della zona non operativa attorno all’impianto: in un sito off-shore o in un posto disabitato non porterebbe conseguenze di rilievo. Ma a Trieste che ne sarebbe del Punto Franco Nuovo dove si è deciso, molto lentamente, di portare avanti la politica di sviluppo portuale? Sarebbe la logica conclusione del progetto partito circa un secolo fa.
Bruno Cavicchioli - presidente Comitato Autonomia Giuliana
SEGNALAZIONI - RIGASSIFICATORE/5 - Quesiti, tecnici e documenti
Il giorno 17 ottobre passando da piazza Hortis, notavo il gazebo informativo della ditta Gas Natural. Mi avvicinavo e vedevo che l’informazione non andava oltre quella stampata sui dépliant e le frasi rassicuranti e ottimistiche dei cortesi dipendenti della ditta. Chiesi allora di poter parlare con un tecnico in merito al problema del trattamento dell’acqua di mare. Gli addetti prendevano accuratamente nota del mio nome e del mio numero di telefono assicurandomi che sarei stato richiamato. Mentre i giorni passavano e nessun tecnico della ditta mi chiamava, decidevo di documentarmi da solo. Così su internet ho consultato sia lo «Studio di valutazione di impatto sulle biocenosi della Baia di Muggia» redatto da Urs España per Gas Natural sdg S.A. nel 2008 sia le informazioni sul sito «http://www.rigassificatoretrieste.gasnatural.com/». Purtroppo nessuna delle due fonti rispondeva alle seguenti domande: quant’è la massa d’acqua trattata ogni anno dal rigassificatore?; quant’è la massa d’acqua contenuta nella baia di Muggia dalla quale viene prelevata l’acqua?; è stato verificato che l’acqua nella baia di Muggia sia rinnovata dalle correnti oppure in mancanza di rinnovo dell’acqua, si verifica un fenomeno di ricircolo con conseguente trasformazione della baia di Muggia in una piscina priva di vita? Successivamente sul Piccolo ho letto la presa di posizione degli studiosi dell’Ogs che negavano qualsiasi coinvolgimento negli studi preliminari della ditta Gas Natural (ma se Gas Natural ci teneva tanto a portare lavoro a Trieste perché non ha commissionato gli studi al triestino Ogs anzichè al danese Dhi?) e l’appassionato e lucido contributo di Paolo Rumiz del 30 ottobre. Infine sempre su internet ho trovato l’interessante rapporto «L’utilizzo di acqua di mare negli impianti di rigassificazione del Gnl. Documento di approfondimento » redatto dal Comitato scientifico del Wwf di Trieste, datato 4 ottobre 2011. In estrema sintesi in questo rapporto il sistema proposto dalla ditta Gas Natural, riscaldando il gas con acqua di mare, è ritenuto inadatto a un mare chiuso come il Mare Adriatico, sia per gli effetti negativi sulla catena alimentare sia per la formazione di schiume, mentre il Wwf raccomanda un sistema di riscaldamento che sfrutti la combustione di una minima quota parte del gas, essendo possibile adottare soluzioni che abbattano la nocività dei gas di scarico. Un altro elemento che meriterebbe un approfondimento è contenuto nella delibera n°178/05 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas del 5 agosto 2005, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 193 del 20-8-2005, che recita al comma 13.2: « Il fattore correttivo di cui all’articolo 10, comma 10.3, è sostituito da un fattore garanzia, Fgl, che assicura, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari all’80% di ricavi di riferimento Rlc. Tale copertura è riconosciuta dal sistema tariffario del trasporto e ha durata per un periodo di 20 anni». Se non ho capito male in caso di sotto-impiego al proprietario/gestore di un impianto, per esempio come quello di Zaule, lo Stato Italiano riconosce una compensazione economica ventennale che probabilmente rende comunque vantaggiosa la costruzione, ripeto e sottolineo, la costruzione del rigassificatore, mentre trascorsi vent’anni la gestione e l’impianto sono lasciati in eredità ai posteri. Direi che la materia di discussione non manchi e che il comportamento della ditta Gas Natural, sul quale evito di esprimermi, sia ampiamente giustificato.
Bruno Spanghero
Condominio sostenibile, questione case vuote
Settimo: si fa largo il concetto di risparmio energetico nell’edilizia
costruendo edifici a consumo ridotto
In un condominio, se uno degli appartamenti rimane sfitto e di conseguenza
freddo, durante l’inverno può sottrarre calore a quelli attigui. Meglio
riscaldarlo, a spese dei condomini: si risparmierà sulle spese generali. E’
questa una delle verità, spesso poco note, emerse ieri nel contesto del convegno
intitolato “Il condominio sostenibile”, organizzato dalla Smile service per
conto della Settimo costruzioni. «Solo di recente, da circa 20 anni – ha
spiegato nella sua relazione il legale rappresentante della Settimo costruzioni
generali, Alessandro Settimo - esiste e si è diffuso il concetto di risparmio
energetico nell'edilizia, che culmina nella costruzione di edifici a consumo
quasi zero. A questo proposito – ha precisato Settimo - tutti gli edifici
pubblici, entro il 2018 dovranno trasformarsi in strutture di tale tipo».
Settimo ha poi approfondito il tema dei cosiddetti 'furti di calore', operati
dagli appartamenti vuoti che assorbono calore da quelli vicini abitati e
risaldati. «Dotando i condomini di una buona difesa dalle dispersioni di calore
verso l'esterno – ha spiegato - crolla la necessità di riscaldarli, con un
notevole risparmio di energia, anche nel caso in cui qualche appartamento sia
vuoto. Bisogna evitare – ha sottolineato - che nei condomini ci siano
appartamenti del tutto non riscaldati. Va imposta una temperatura minima di
esercizio di almeno 17 gradi». Settimo ha infine ricordato che «è importante
fare un lavoro di comunicazione agli utenti». «Oggi, parlare di risparmio
energetico, senza una visione complessiva dei vari problemi, come per esempio il
tema della gestione del vapore all’interno delle nostre case e dell’ermeticità
degli edifici, non ha molto senso - ha sostenuto Fabio Dandri, dell’Agenzia per
l’energia del Friuli Venezia Giulia – mentre è indispensabile progettare
costruzioni e ristrutturazioni con estrema cura, tenendo presenti i più moderni
concetti di risparmio energetico, molti dei quali sono peraltro diventati parte
fondante delle normative in materia. Bisogna poi ricordare che esiste una
normativa, sia di carattere nazionale, sia regionale – ha concluso Dandri – che
incentiva gli interventi che vanno nella direzione del miglioramento del
risparmio energetico. Sta per nascere il conto energia termico, che stimolerà il
rinnovo degli impianti».
Ugo Salvini
“Tessi”, per l’efficienza ambientale
Una mostra multimediale e un concorso per studenti, in un progetto a
cavallo fra Italia e Slovenia
Formazione per insegnanti, con il primo corso al via il 30 novembre. Un kit
didattico che darà la possibilità di apprendere e sperimentare. Una mostra
multimediale itinerante che partirà da Trieste la prossima primavera. E inoltre
un concorso, il “Tessi crossborder award”, rivolto agli studenti. Sono i punti
chiave del progetto “Tessi”, acronimo che sta per “Teaching Sustainability cross
Slovenia and Italy”, che ha l’obiettivo di educare alla sostenibilità ambientale
nelle scuole ponendo l’accento sul risparmio energetico, sul riciclo dei rifiuti
e sulla corretta gestione delle risorse idriche, e creando così una rete stabile
di organizzazioni che portino avanti costantemente nel tempo questi concetti.
“Tessi” si rivolge a studenti e insegnanti delle scuole superiori di tutto il
Friuli Venezia Giulia, delle province venete di Venezia, Padova, Rovigo e
Treviso, di quelle di Ferrara e Ravena in Emilia Romagna, e inoltre della parte
occidentale della Slovenia. L’iniziativa, pronta a svilupparsi su un orizzonte
temporale triennale, ha carattere transfrontaliero ed è finanziata dal Fondo
europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali nell’ambito del Programma
per la cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, per una spesa
complessiva pari a quasi un milione di euro (il budget è precisamente di
998.580,87 euro). Verrà realizzato un sito bilingue, che metterà a disposizionee
i prodotti didattici del progetto. Protagonisti nella costruzione di “Tessi”
sono Area Science Park, Immaginario scientifico, Università degli studi di
Ferrara, Slovenski E-Forum e Università di Nova Gorica. Un’iniziativa figlia
«del progetto Iuses (Intelligent use of energy at school, ndr) sull’educazione
al risparmio energetico - ha specificato ieri Arturo Campanella, dirigente
tecnico dell’Ufficio scolastico regionale -, concluso un anno e mezzo fa e che
ha formato 80mila insegnanti». Coinvolgendo assieme a loro anche studenti di 12
Paesi europei. «L’obiettivo di “Tessi” è più ampio - ha integrato Fabio Tomasi
di Area Science Park, coordinatore del progetto -, non riguardando solo
efficienza e risparmio energetico, ma anche l’acqua e la gestione dei rifiuti».
I corsi di formazione per docenti, gratuiti, saranno tre all’anno. Per il 2012
si parte il 30 novembre a Trieste con il modulo base sull’efficienza energetica
negli edifici. Il 10 dicembre, sempre a Trieste, “trasporti e mobilità
sostenibile”, mentre il 14 dello stesso mese a Treviso si terrà il corso
avanzato sull’efficienza energetica negli edifici. Quando al kit didattico,
Gianluca Cralli dell’Immaginario scientifico (che cura anche la mostra) ha
spiegato che «verrà distribuito in tutte le scuole interessate, oltre che
consegnato in omaggio ai docenti che parteciperanno ai corsi. Il kit sarà
ampliato rispetto a quello di Iuses, sicuramente all’interno riproporremo il
pannello solare».
Matteo Unterweger
L’iscrizione ai corsi? Si fa via internet per i docenti
Per iscriversi ai corsi di formazione per docenti in programma nell’ambito
del progetto “Tessi” è necessario compilare l’apposita scheda sul sito
www.tessischool.eu/corsi. Tre, poi, le edizioni in cui si articola il concorso
“Tessi - crossborder award” sui temi del risparmio energetico e di una scuola
sostenibile. Per l’anno scolastico in corso, per il 2013-14 e per il 2014-15,
sempre suddiviso in tre categorie: scuole, studenti (singoli o piccoli gruppi),
video e animazioni multimediali. Le premiazioni sono in calendario, per
quest’anno, a giugno del 2013. I premi saranno illustrati sul sito
www.tessischool.eu.
(m.u.)
Educazione a un maggior sviluppo sostenibile
Settanta eventi in regione, dal 19 al 25 novembre, in occasione della
settimana promossa dall’Unesco
Settanta eventi in regione in occasione della settimana dell'educazione allo
sviluppo sostenibile promossa dall’Unesco, dal 19 al 25 novembre, per riflettere
sul ruolo delle politiche pubbliche a favore della salvaguardia dell’ambiente e
sugli stili di vita più eco-friendly. «Anche quest'anno la risposta è stata di
grande qualità da parte di organizzazioni e enti diversi: dalle università alle
associazioni, dalle cooperative agli enti locali, passando attraverso le
mediateche, le scuole, le compagnie teatrali – spiega Sergio Sichenze, direttore
del Laboratorio di educazione ambientale di Arpa Fvg, che coordina il programma
regionale della manifestazione –. Si tratta della settima edizione di
un’iniziativa che negli anni ha avuto un impatto crescente in termini di
consapevolezza e partecipazione e che rappresenta la cartina tornasole di un
movimento diffuso per il quale l'ambiente è uno dei cardini imprescindibili».
Anche Trieste ospita convegni, laboratori, escursioni, mostre e documentari per
far conoscere a bambini e adulti l’importanza della biodiversità e di una
gestione più sostenibile delle risorse naturali. È possibile, per esempio,
immaginare nuovi modelli di sviluppo che tengano conto della sostenibilità del
territorio? Se ne discute lunedì 19 al Mib nella tavola rotonda «Land grabbing:
accaparramenti di terre e diritto al cibo nel sud del mondo»: un dibattito
sull’uso/abuso del territorio nei paesi in via di sviluppo per produrre
biocarburanti e alimenti destinati ad altri continenti, ma anche per fare il
punto sui disastri della finanza internazionale e su una nuova microeconomia
solidale (ore 17). Alle 20.30 al teatro Miela proiezione, in prima nazionale,
del film «Vivan las antipodas» di Victor Kossakovsky. Un grande affresco del
pianeta che mette in risalto contrasti e similitudini tra luoghi che si trovano
agli antipodi del globo. Giovedì 22, l’associazione Kallipolis, in
collaborazione con Slow Food Trieste, propone nel pomeriggio laboratori
didattici per bambini, sull’uso e il riuso del cibo e su un nuovo modo di
pensare l’alimentazione, facendo attenzione agli sprechi e all’agricoltura
urbana. Sempre all’agricoltura è dedicata la mostra allestita fino al 25
novembre all’Istituto tecnico Fabiani. Di clima si discute venerdì 23 alla
Sissa: un confronto a più voci, a cui partecipa anche il meteorologo Luca
Mercalli (ore 10). Sabato invece l’Università della III età ospita un convegno
sulla solidarietà e i paesi del terzo mondo (ore 9.30). Domenica mattina è la
volta di un’escursione lungo il sentiero Ressel, che parte da Basovizza,
all’insegna del «camminare è bello e fa bene» (ore 9.30). Il calendario completo
su www.ea.fvg.it.
Simona Regina
Protesta in piazza Venezia - PARCHEGGI
Oggi alle ore 11 in Piazza Venezia si terrà la conferenza stampa/incontro
pubblico relativa ai prospettati nuovi parcheggi a pagamento della zona (ed in
generale di tutta Trieste). Saranno presenti i cittadini ed i promotori della
petizione popolare contro le soste a pagamento di Via Economo. I consiglieri
Alberto Polacco e Roberto Dubs affronteranno per la prima volta il problema
dell'inammissibilità di tale provvedimento dal punto di vista giuridico (codice
strada e sentenze corte di cassazione) esibendo documentazioni inedite. La
protesta ha preso piede nelle ultime settimane, i residenti sono in rivolta.
Assemblea regionale ARCI Servizio Civile
L’Assemblea regionale di Arci Servizio Civile si terrà al Narodni Dom (Scuola superiore di Lingue moderne per interpreti e traduttori) in via Filzi 14 oggi alle 18.
IL PICCOLO - LUNEDI', 12 novembre 2012
Cosolini, una notte in piazza con gli operai della
Sertubi - EMERGENZA LAVORO » LA SOLIDARIETÀ
Il sindaco è arrivato ieri sera verso le 22.30 davanti al Municipio per
appoggiare la protesta, accanto a chi si è incatenato.
Uno di loro è stato colto da un attacco renale e
portato all’ospedale
Ieri sera verso le 22.30 il sindaco Roberto Cosolini si è presentato munito
di pesante giubbotto sotto il Municipio. Pronto a dormire e a passare l’intera
notte con gli operai delle Sertubi che da venerdì scorso sono incatenati
all’entrata del Comune e in sciopero della fame. Così come altri due loro
colleghi legati con una catena al container sistemato in piazza della Borsa. «I
lavoratori in queste circostanze non si devono sentire soli, - ha dichiarato il
primo cittadino prendendo posto nel gazebo -il mio vuol essere un segnale di
vicinanza ma anche un modo per accendere i riflettori sulla necessità, anche di
fronte ad una crisi e una vertenza, di regole di civiltà». Ieri sera, poco prima
che Cosolini arrivasse al gazebo, Bruno Primitivo, uno degli operai legati con
catene e lucchetti alle caviglie al palazzo municipale, si è sentito male. Ha
avuto una colica ed è stato trasportato all’ospedale di Cattinara dove è stato
tenuto sotto osservazione. La decisione di Cosolini, il gesto eclatante di
condividere materialmente con gli operai quella forma di protesta, rende l’idea
di quanto i tempi e i margini di trattativa con Sertubi - Jindal siano ormai
agli sgoccioli. Si tenta il tutto per tutto. «Se non si vuole che la coesione
sociale civile vada a quel paese, - valuta il sindaco - bisogna sedersi attorno
ad un tavolo e trovare una soluzione. Le crisi non si affrontano a colpi di
rinvii». La decisione dell’azienda, comunicata via fax da Leonardo Montesi,
amministratore delegato di Jindal Saw Italia, di non prendere parte al tavolo di
crisi previsto per domani mattina in Prefettura, ha gettato tutti nello
sconforto. Se prima istituzioni e operai nutrivano un filo di speranza per una
soluzione meno dolorosa di quella prevista dal piano Jindal, ora qualcuno non ci
crede veramente più. Il piano prevede lo stop alla produzione, mantenimento
soltanto della struttura commerciale e logistica e 148 esuberi con mantenimento
di 60 dei 208 lavoratori. Senza accordo, Jindal, che ha in affitto Sertubi,
restituirà le chiavi al proprietario Duferco che, come ha preannunciato Antonio
Gozzi, amministratore delegato dell’azienda, chiuderà la fabbrica. «Capisco che
l’azienda sia composta da diverse realtà e che questo richieda certe
tempistiche, - constata il sindaco - ma questo non può andare a discapito dei
lavoratori». «Se nei prossimi giorni - avvisa - non arriva un segnale
importante, sono pronto a prendermi gli operai e ad andare con loro a Roma. Non
possiamo manifestare tra di noi, le proteste a Trieste non servono più».
Cosolini ha già chiesto a Duferco, visti i rapporti diretti con Jindal, di far
presente agli indiani la necessità di maggior chiarezza. Oltre a delle garanzie.
Per discutere il piano che hanno presentato, il Comune chiede venga attuata la
cassa integrazione e non la mobilità oltre alla disponibilità di spazi nel caso
un ’altra realtà industriale intenda insediarsi in quegli stabilimenti .
«Trieste - sottolinea il sindaco - non accetta comportamenti di questo tipo da
un’azienda che si è insediata qui 5 anni fa con ambiziosi progetti industriali
oltre che a una svanita intenzione di acquistare la Ferriera: ci vuole un minimo
di coerenza». E proprio sulla questione Ferriera i sindacati preannunciano che
tra qualche settimana lì il clima si farà incandescente. Gli operai sono già sul
piede di guerra. «Da tempo sostengo vada preparata una riconversione, - spiega
il sindaco - alla prossima riunione in Regione bisogna arrivare con una proposta
ma quello che è determinante è l’impegno e il supporto del governo». Sertubi,
Duke e a breve lo scoppio del bubbone Ferriera. Nel prossimo bilancio comunale
le linee guida sul Welfare non potranno non tener conto della situazione.
«Stiamo subendo tagli enormi, - ammette il sindaco -e anche con le impostazioni
previste dal patto di Stabilità rischiamo di restare senza strumenti».
Laura Tonero
IL PICCOLO - DOMENICA, 11 novembre 2012
Rigassificatore, il governo ha avviato l’iter
conclusivo
Appello dell’assessore Savino: chi è contrario deve portare alternative
Sarà la giunta regionale a decidere sull’Autorizzazione integrata ambientale
È partito il countdown per lo scontro finale sul rigassificatore di Zaule.
«Il ministero per lo Sviluppo economico - fa sapere l’assessore provinciale
all’Ambiente Vittorio Zollia - ci ha notificato l’avvio del procedimento di
Autorizzazione unica e ha chiesto a questo scopo l’acquisizione di una serie di
documenti.» Ciò proprio mentre sta per partire il ricorso al Tar da parte del
Comune di Trieste che si aggiunge a quello del Comune di Muggia. Sono le armi
estreme, giudiziarie, usate dal “territorio” che tra breve per via
amministrativa uscirà di scena per lasciare ogni potere decisionale al Governo e
in second’ordine alla Regione. L’iter procedurale ora è molto chiaro. Mercoledì
14 il Comitato tecnico regionale (Comune, Provincia, Vigili del Fuoco,
Capitaneria di porto) esprimerà il proprio parere sui “rischi di incidente
rilevante”. «Non è obbligatorio acquisirlo, ma noi lo acquisiremo», fa sapere
l’ingegner Pierpaolo Gubertini, responsabile del settore Tutela
dall’inquinamento della Regione che ha convocato per giovedì 22 la Conferenza
dei servizi la quale dovrà finalmente dare il parere (è già alla terza seduta)
sull’Autorizzazione integrata ambientale. «Se ci sarà unanimità l’Aia sarà
rilasciata direttamente dalla Conferenza dei servizi - spiega Gubertini -
altrimenti la decisione spetterà alla giunta regionale». Quell’unanimità non ci
sarà perché almeno la Provincia, ma non solo, voterà contro. «Spettava a noi -
spiega Zollia - il parere sulle emissioni in atmosfera, gli scarichi a mare e il
trattamento rifiuti. È positivo con una raccomandazione per quanto riguarda il
primo punto, negativo per gli altri due. Quindi complessivamente è no.» La palla
dunque arriverà alla giunta regionale. «Lo so», anticipa l’assessore regionale
alla Programmazione Sandra Savino. Non solo, il parere finale spetta al
Ministero, ma l’Autorizzazione unica va rilasciata «d’intesa con la Regione».
Resteranno in campo dunque solo Governo e Regione, ma quali? Probabilmente i
prossimi. «Ma questo non c’entra perché è ora di finirla di fare campagne
elettorali sulla pelle di cittadini e lavoratori, com’è già stato fatto anche
per la Ferriera», sentenzia Savino. Il governatore Tondo si è sempre detto
favorevole al rigassificatore. «Ci vorrà faccia tosta perché la giunta regionale
dica sì sia all’Aia che all’Autorizzazione unica, avendo tutto il territorio
contro», frena l’assessore che però lancia un immediato appello. «Ma allora il
territorio (Comuni, Provincia, sindacati, associazioni di categoria,
ambientalisti) faccia immediatamente una proposta alternativa che porti anche
occupazione - invoca Savino - perché in questa che è la più piccola provincia
d’Italia stiamo perdendo quel minimo di industria manifatturiera che già ci era
rimasta e che già era ai minimi sostenibili. Sul fronte dell’occupazione stiamo
vivendo giornate drammatiche eppure i territori continuano a dire: no, no e no.
Succede anche con l’elettrodotto Redipuglia-Udine. Forse bisognerebbe mandare
anche gli operai della Danieli a mangiare a casa di chi si oppone. Dunque a chi
continua a opporsi al rigassificatore dico: subito attorno a un tavolo, ma con
proposte alternative concrete.» Altrimenti la giunta regionale, se a quella
presente spetteranno le decisioni, quella faccia tosta potrebbe pure trovarla.
Silvio Maranzana
Muretti carsici, proibito usare il cemento - DIBATTITO
A PROSECCO
Vincoli paesaggistici e divieti di ogni genere ostacolano le attività
agricole sull’altipiano
PROSECCO Ristrutturare o compattare a regola d'arte un muretto a secco
potrebbe sembrare cosa facile. Eppure oggi questa antica arte, fondamentale in
una provincia come quella triestina caratterizzata da terrazzamenti e pastini,
sembra smarrita. E tra i tanti vincoli esistenti, c'è pure quello che impedisce
di ricomporlo con l'aiuto di malte o cemento. Di vincoli paesaggistici e della
difficoltà di sviluppare economicamente il territorio comunale a ovest
dell'altipiano Carsico si è parlato alla trattoria sociale di Prosecco in uno
degli appuntamenti inseriti nella tradizionale Fiera di San Martino. All'appuntameno
erano presenti l'assessore comunale alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, il presidente del
parlamentino di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza, il presidente
dell'Associazione agricoltori Franc Fabec. Tra il pubblico, numerosi piccoli
produttori delle aree di Contovello e Prosecco, quelli che da tempo cercano di
superare degrado e vincoli di ogni tipo per continuare a coltivare i pastini e i
terrazzamenti del costone carsico, campagne che per esposizione al sole, per
qualità del terreno e per micro clima appaiono le più votate dell'intera
provincia per la coltura della vite, dell'olivo, del fiore. Operatori che,
proprio a causa dei diversi vincoli imposti dalle normative vigenti, si trovano
in difficoltà e stentano a impostare nuove attività che oltre a procurare
reddito risultano lo strumento più efficace per tutelare l'ambiente. Tra i
diversi esempi di approcci difficoltosi, quello di una proprietaria impegnata a
creare un singolare allevamento di asini da “trekking” e impedita da vincoli
incrociati: da una parte quello del piano regolatore che vieta la costruzione di
un riparo per gli animali (come invece prevede l'azienda sanitaria), dall'altra
quello della Forestale che proibisce l'abbattimento di alcune piante
sviluppatesi in modo autonomo. Per reimpiantere viti e olivi – secondo i
proprietari - è necessario ripristinare gli antichi sentieri necessari a
trattori e motofalciatrici per raggiungere i poderi. «Per consolidare i pastini
– spiega Roberto Cattaruzza – bisognerebbe rintracciare qualche artigiano capace
di rimettere a bolla quei muretti a secco che li contengono». Forse, come
suggerisce il presidente della Riserva Marina di Miramare Maurizio Spoto,
sarebbe utile entrare in contatto con quelle realtà austriache che, al pari di
Trieste, soffrono dei medesimi problemi, e che attraverso l'esperienza di uno
dei pochi artigiani rimasti e con i fondi comunitari, stanno creando una scuola
che insegna a rifare i muretti secondo tradizione. Nel suo intervento,
l'assessore Marchigiani ha informato sul percorso del nuovo strumento
urbanistico che dovrebbe mettere i coltivatori in condizione di poter agire con
meno difficoltà. L'assessore ha dimostrato interesse per la proposta avanzata da
due storiche società economiche locai che intendono mettere a disposizione
alcuni ambienti per la promozione dei prodotti locali.
Maurizio Lozei
Come combattere le piante infestanti - ALLA SALA
BARONCINI
Domani alle 17.30 se ne parlerà con gli esperti Poldini e De Monte
Guerra all’ailanto. E non solo. Perché la diffusione delle specie infestanti
anche nella nostra provincia ha assunto ormai dimensioni tali da minacciare le
specie nostrane. Nel 2010 l’associazione Triestebella è riuscita a far approvare
norme regionali per la lotta alle piante infestanti, ma l’amministrazione del
Friuli Venezia Giulia, le province e i comuni segnano il passo e la popolazione
non è forse adeguatamente informata. Se ne parlerà domani, lunedì, alle 17.30,
nella sala Baroncini delle Assicurazioni Generali (via Trento 8), in un incontro
che vedrà gli interventi di Livio Poldini, professore emerito dell’Università di
Trieste, massimo esperto della flora delle nostre terre, e Valter De Monte,
funzionario del Corpo forestale regionale. L’incontro, intitolato “L’invasione
delle specie infestanti. Come riconoscerle, come combatterle”, è promosso da
Italia Nostra, Legambiente, Trafioriepiante e Triestebella. Tre sono le specie
nel mirino. L’Ailanthus innanzitutto, albero dalla crescita velocissima
originario dell’Asia e dell’Oceano Indiano, che ha invaso i bordi delle strade e
il Carso alterando il paesaggio vegetale: può raggiungere i 25 metri di altezza,
ha foglie dall’odore disgustoso, la sua eradicazione è difficilissima. Vi è poi
la Senecio inaequidens, una specie erbacea perenne proveniente dall’Africa, che
contiene un alcaloide epatotossico che può finire nel latte e nel miele. Infine
l’Ambrosia artemisiifolia, di origine sudamericana: pianta erbacea assai
invasiva che produce enormi quantità di polline allergenico e cresce nelle aree
rurali e lungo i greti dei torrenti.
IL PICCOLO - SABATO, 10 novembre 2012
«Ferriera, possibili più forme di finanziamento dalla
Ue»
«La Commissione europea farà tutto il possibile per assistere la Regione
nelle procedure di accesso ai fondi europei per migliorare la situazione della
Ferriera di Servola». Lo afferma l'europarlamentare Pd e candidata alla Regione
Debora Serracchiani, che riferisce le parole del vicepresidente della
Commissione europea e Commissario per l'industria Antonio Tajani, il quale ha
risposto a una lettera della deputata. «La Commissione europea non potrà erogare
direttamente fondi alla Ferriera - sottolinea Serracchiani - ma Tajani ha
scritto che farà tutto il necessario per coadiuvare la Regione». Sintetizzando
le parole di Tajani, «le possibili fonti di finanziamento sono cinque.
Innanzitutto il Fondo regionale europeo e il Fondo sociale europeo, per il cui
utilizzo si dovrà però verificare quante, delle risorse stanziate per la Regione
per il 2007-2013, restano disponibili. La Banca europea per gli investimenti
potrebbe poi concedere prestiti a tassi agevolati se l'azienda presentasse un
progetto» di migliorie ambientali. Ultime fonti, il progetto Orizzonte 2020 e il
Fondo di ricerca per carbone e acciaio. «Il 6 dicembre Tajani parteciperà al
secondo Incontro di alto livello con aziende del settore siderurgico e parti
sociali, che secondo il Commissario sarà occasione per identificare le misure
concrete da adottare a livello europeo e nuovi ulteriori spunti utili alla
stesura del Piano d'azione per l'acciaio, da approvare entro giugno 2013. Tajani
ha assicurato che la Commissione sta monitorando la situazione della Ferriera e
ha garantito la massima collaborazione, evidenziando di essere ancora in attesa
di ricevere dalla Regione ulteriori dati sulla situazione dello stabilimento.
Invito quindi il presidente Tondo e gli assessori competenti ad accelerare le
procedure di raccolta e trasmissione di tutti i documenti necessari: sappiamo
tutti - chiude Serracchiani - che la situazione rimane assai complessa».
IL PICCOLO - VENERDI', 9 novembre 2012
Uranio imbarcato all’alba - Niente proteste a Trieste
Il container “radioattivo” si trova già in alto mare a bordo della Sea
Bird Cordone di sicurezza imponente. I “No Nuke” non si sono fatti vedere
TRIESTE Sta viaggiando ormai in alto mare, a bordo della nave Sea Bird e
alla volta del porto di Charleston (Usa), il container contenente le scorie di
uranio partito ieri mattina intorno alle 9 dal Porto di Trieste. Puntuale, alle
4.55, all’alba, il lungo convoglio con il mezzo che trasportava il materiale
radioattivo ha imboccato la strada che porta all’ormeggio 57, alla radice del
Molo VII. Cinque ore prima 30 uomini di polizia, guardia di finanza e guardia
costiera presidiavano già l’area. A supporto blindati della polizia provenienti
da Padova, quelli della Guardia di Finanza e un’unità degli artificieri della
polizia sistemati davanti all’entrata del Molo. Agenti delle Digos hanno
monitorato il territorio tenendo sotto controllo, a distanza, anche i leader di
movimenti più vicini a quelli No Nuke. Nessuna manifestazione di protesta ha
interferito con l’arrivo del carico. Nessun manifestante si è presentato a
tentare di impedire l’entrata del convoglio in Porto. ll viaggio da Avogadro di
Saluggia è filato tutto liscio. Solo a Vercelli un paio di persone ha tentato,
senza alcun esito e senza creare comunque problemi alla sicurezza, di seguire il
convoglio. A Trieste i No Nuke, a quell’ora, evidentemente dormivano malgrado la
data e l’orario d’arrivo del carico di scorie fosse ormai di dominio pubblico. A
garantire la sicurezza dell’intera operazione di trasporto e imbarco a Trieste
sono stati impegnati complessivamente un centinaio di uomini delle forze
dell’ordine. Ieri mattina, alle 4.15 ha raggiunto il Porto Nuovo anche Massimo
Garavaglia, il tecnico dell’Arpa che nel pomeriggio aveva già effettuato i
rilievi e che, accompagnato dal capo della Digos, Luca Carocci, ha effettuato
dei rilevamenti anche all’ormeggio 57 dopo l’arrivo dell’uranio. Non sono state
evidenziati dati fuori norma. Il lungo convoglio composto da 15 mezzi oltre a
due auto civetta e a tre volanti della polizia, è stato segnalato al Lisert alle
4.15. Alle 4.45, la ricetrasmittente del dirigente della questura di Trieste,
Fabio Soldatich, riferiva: «E’ passato ora a Cattinara». Erano gli agenti di
polizia messi in coda al convoglio dal suo arrivo nel territorio di Trieste.
Sull’autoarticolato verde, sistemato al nono posto del lungo convoglio che ha
viaggiato con i lampeggianti accesi, era sistemato il container con l’uranio
irradiato. Pochi secondi e il camion è scivolato in Porto Nuovo. Lì ha atteso
per alcune ore che la Sea Bird arrivasse da Capodistria dove ieri, alle 3. 30, è
stato imbarcato un analogo carico di scorie giunto dall’Austria. Due i container
caricati ieri mattina dal Porto di Trieste all’interno della stiva della nave
danese. Uno portava il particolare contenitore a forma cilindrica con
all’interno le scorie. Il secondo conteneva l’attrezzatura di supporto.
L’imbarcazione, finite le operazioni di carico, - sono state riprese da una
telecamera sistemata sulla superstrada dagli attivisti di Greenaction
Transnational - è stata scortata dalle motovedette dalla guardia di finanza, di
polizia, carabinieri e Capitaneria di Porto fino al limite delle acque
internazionali.
Laura Tonero
Raccolto a Capodistria il carico “austriaco”
CAPODISTRIA Il cargo danese “Sea Bird”, prima di arrivare a Trieste, ha
raccolto nel porto di Capodistria anche un carico radioattivo proveniente
dall'Austria. Data e ora del trasporto in territorio sloveno, per motivi di
sicurezza, sono stati comunicati soltanto a operazione già avvenuta. Il Tir con
le barre di uranio ha varcato il confine a mezzanotte al valico di Sentilj, dove
gli esperti dell'Istituto »Jozef Stefan« di Lubiana hanno effettuato tutti i
controlli necessari - comprese le misurazioni del livello di radioattività –
prima di dare luce verde al passaggio del carico, che ha raggiunto il porto di
Capodistria poco dopo le 3, dove la »Sea Bird« stava già aspettando. Le
operazioni di trasferimento del contenitore dal Tir alla nave sono durate circa
un'ora dopo di che il cargo danese è partito alla volta di Trieste. Durante
tutto il tragitto in teritorio sloveno, il carico radioattivo era scortato dalla
polizia. A giudizio di Andrej Stritar, direttore dell'Agenzia nazionale per la
sicurezza nucleare, nell'occasione non era necessario mobilitare anche i Vigili
del fuoco e la Protezione civile. I contenitori sono sicuri, ha spiegato Stritar,
e questi trasporti vengono effettuati nel pieno rispetto di tutte le norme di
sicurezza europee. La segretezza dell'operazione, ad ogni modo, non è piaciuta
nè ai vigili del fuoco nè agli ambientalisti locali, convinti che la popolazione
dovrebbe essere informata e sapere come comportarsi in caso di incidenti. Un
carico analogo, ma nella direzione opposta, da Capodistria verso Vienna, ha
viaggiato lungo le strade slovene il 2 novembre.
Franco Babich
Un passaggio deciso dal governo - LA STORIA
A delineare l'operazione di passaggio delle scorie dal Porto di Trieste è
stata una comunicazione inviata nello scorso agosto dal ministero dello Sviluppo
economico alla Regione (che si è sempre dichiarata contraria al transito), in
base alla direttiva 117 Euratom del 2006 del Consiglio dell'Unione europea. Il
dicastero del ministro Corrado Passera ha dato così seguito all'appoggio
manifestato al presidente Usa Obama nel marzo scorso a Seul, durante il vertice
sulla sicurezza nucleare ospitato in Corea del Sud, dal premier italiano Mario
Monti al progetto americano di rimpatrio di materie nucleari strategiche di
origine statunitense.
Cosolini: ortofrutticolo mai a Montebello
«Ma non solo case e parcheggi: vedrei anche una scuola, un nido, un parco
oltre all’housing sociale»
I MOTIVI DEL NO L’area serve a risanare il patrimonio di Fiera Spa e il Mercato
in zona non è la migliore soluzione dal punto di vista logistico
LE RISPOSTE AI GROSSISTI Hanno ragione, serve una sede ma deve essere idonea.
Quando si partirà sarà soltanto per una destinazione definitiva
Perplesso a botta calda. Fermamente contrario a mente fredda. La parabola
del sindaco-pensiero sul trasloco del Mercato ortofrutticolo da Campo Marzio
all’ormai ex comprensorio fieristico di Montebello si è chiarita nell’arco di 48
ore. Anzi, di 24, se è vero che già mercoledì sera - si era al tavolo sulla
crisi dell’edilizia - l’avevano sentito relegare la proposta nata tra i
grossisti e piaciuta ad Antonio Paoletti al livello di un’idea strampalata. Una
sorta di sentenza di non fattibilità, insomma, arrivata dal capo del Comune, dal
più strategico dei tre soci di maggioranza di Fiera Spa in liquidazione (gli
altri due sono proprio la Camera di commercio di Paoletti e la Provincia) in
quanto responsabile del Piano regolatore che verrà e che metterà l’ultima parola
sulla destinazione di Montebello. Oltre però a proferire un no limpido al
Mercato, Roberto Cosolini prova ad accennare qualche “potrebbe essere”, senza
per carità irritare i due soci di cui sopra: una scuola, un asilo nido, un
parco, case popolari, e non necessariamente solo palazzi e parcheggi tanto per
realizzare più moneta sonante possibile. Così, dunque, ieri il primo cittadino
ha puntualizzato: «Strampalata non lo so ma di certo non mi pare una soluzione
azzeccata. Per tre ragioni sostanziali. Uno, Montebello rappresenta un elemento
per il risanamento del patrimonio di Fiera Spa. Due, l’area va utilizzata
seguendo la sua miglior possibile vocazione e valorizzazione. Tre, dal punto di
vista logistico il Mercato ortofrutticolo in zona non corrisponde proprio alla
migliore vocazione». Ai grossisti quindi, presenti con una delegazione al tavolo
sull’economia di ieri in Municipio - in occasione del quale hanno chiesto la
fine delle incertezze sulla collocazione dell’ortofrutticolo di domani -
Cosolini ha comunque dispensato zucchero: «Hanno ragione, serve una sede idonea.
Gli operatori devono sapere che, quando si partirà, lo si farà per una soluzione
non temporanea, ma definitiva. Ma dev’essere idonea logisticamente». Dunque non
Montebello. Per cui, invece, «si è avviata una discussione con i soci e il
liquidatore», che è roba diversa - mette le mani avanti - dall’avere già in
tasca un indirizzo al Prg che prevede case, posti macchina e punto. «In
quell’area - chiude il sindaco - potrebbe esserci anche un edificio scolastico
capace di ospitare a rotazione gli studenti dei poli in ristrutturazione, ma
anche un asilo nido. O, perché no, quel parco per i cittadini che propone Rovis.
Servizi pubblici, insomma, oltre che una quota di housing sociale».
(pi.ra.)
Nelle vie delle scuole limiti a 30 km all’ora - UNA
MOZIONE DEL PD FINOCCHIARO
Il Consiglio comunale si impegna a redigere un apposito piano della
mobilità. No del Pdl
MUGGIA Via San Giovanni, via d'Annunzio, viale XXV Aprile e via dei Mulini.
In pratica, l’area delle scuole (elementari e medie) e degli asili, quella più a
rischio. Potrebbero essere queste le prime aree soggette a zone 30 Km e zone
residenziali di Muggia. Il Consiglio comunale, in seguito ad una mozione
specifica presentata al consigliere comunale del Pd Marco Finocchiaro, ha deciso
infatti di impegnarsi per redigere un piano della mobilità che impegni il Piano
regolatore generale a tutelare una mobilità sostenibile. Il documento è passato
con i voti dei rappresentanti della maggioranza e di Un'Altra Muggia. Contrari
invece i consiglieri del Pdl. Non erano presenti in sede al momento del voto la
Lega Nord. Tra gli indirizzi generali del secondo mandato del sindaco Nerio
Nesladek legati al vivere, all’abitare e al muoversi era prevista da subito la
redazione di un piano della mobilità e dei parcheggi, in modo da tale che "le
categorie deboli tornino ad essere protagoniste e non subordinate ai mezzi
motorizzati". Sin dal giugno 2011 era dunque prevista, in particolare, la
realizzazione di percorsi sicuri casa scuola, l’istituzione di Zone 30 o isole
ambientali o zone residenziali nelle zone sensibili della città in prossimità di
scuole, impianti sportivi ed altri edifici pubblici, ed altri interventi. In
base alle normative vigenti, a pareri emessi dalla Prefettura, o da
interpretazioni di pareri giurisprudenziali, gli uffici comunali spesso si
trovano impossibilitati ad istituire con ordinanze le Zone 30 o isole ambientali
o zone residenziali, se queste non sono previste da uno strumento di
pianificazione del territorio o della mobilità. Inoltre il piano parcheggi
vigente e successivamente modificato deve essere integrato con un piano della
mobilità che istituisca le Zone 30 o isole ambientali o zone residenziali e di
tutti gli altri interventi relativi alla mobilità, poiché "strumento
inscindibile per una corretta pianificazione della mobilità in chiave della
sostenibilità del muoversi". Da qui la richiesta a sindaco e giunta per
"redigere un piano della mobilità o una tavola aggiuntiva del Piano regolatore
generale che istituisca le Zone 30 o isole ambientali o zone residenziali, come
previste dal codice della strada e successive norme attuattive". Da qui
Finocchiaro ha chiesto di dare disposizione agli uffici comunali preposti di
redigere i documenti di pianificazione o di prevedere nel prossimo bilancio di
previsione i fondi necessari per l’affidamento dei servizi di progettazione nel
caso non sia possibile eseguirli con risorse interne all’amministrazione, e di
prevedere nel prossimo bilancio di previsione i fondi necessari per la
progettazione e realizzazione degli specifici interventi relativi alla mobilità
sostenibile. «Sono convinto che se c'è la volontà politica, e direi proprio di
sì, dato che almeno la maggioranza ha votato a favore di questo documento, i
lavori potrebbero partire entro la prossima estate», spiega Finocchiaro. Tra le
zone indicate quelle dove ci sono scuole, impianti sportivi e pubblici. «Via San
Giovanni, via d'Annunzio, viale XXV Aprile e via dei Mulini potrebbero essere le
aree coinvolte in primis, ma su questo dovremo sederci tutti attorno a un
tavolo», aggiunge Finocchiaro. Come detto la mozione non ha avuto il voto del
Pdl. «Tecnicamente siamo favorevole a tutelare la sicurezza dei pedoni, però la
parte iniziale della mozione faceva leva sul programma dell'amministrazione
Nesladek che non ci compete – spiega il consigliere del Pdl, Christian Gretti-.
Abbiamo chiesto di togliere allora quella parte prettamente politica, ma il
nostro emendamento, nonostante l'astensione del consigliere del Sel Geremia
Liguori, è stato respinto. Peccato, perchè tecnicamente il documento era
condivisibile». Favorevole infine tra le fila dell'opposizione il capogruppo di
Un'Altra Muggia, Ferdinando Parlato: «Speriamo che questa mozione possa
sollecitare l'amministrazione a dare una risposta rapida ad una questione così
importante come la tutela dei pedoni e delle fasce più deboli».
Riccardo Tosques
Risparmio energetico negli istituti scolastici -
PROTOCOLLO
La presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat ha siglato ieri con
il presidente di Confindustria Trieste Sergio Razeto un protocollo d’intesa
finalizzato a promuovere un uso razionale e virtuoso delle risorse energetiche
negli istituti scolastici. «Il nostro obiettivo – ha spiegato Bassa Poropat – è
promuovere azioni finalizzate al contenimento del consumo energetico, con l’uso
di tecnologie e norme comportamentali che consentono una riduzione del
fabbisogno energetico degli edifici sia per il contenimento dei costi che come
riduzione dell’impatto ambientale». «L'efficienza energetica è un tema cardine
per la vita delle aziende», ha detto Razeto: «In Italia il costo dell'energia
per le imprese è più alto del 30% rispetto alla media europea, e nel caso del
territorio di Trieste ciò è particolarmente evidente rispetto a stati come
Slovenia e Austria. Questo si riflette in uno svantaggio per la competitività
del sistema. Anche per famiglie e istituzioni, la bolletta energetica è
mediamente più cara. Essere più consapevoli delle proprie abitudini di consumo e
modificarle, dove possibile, è uno dei passi che può contribuire a un
miglioramento dell'efficienza». «Coinvolgere le scuole – ha detto l’assessore
Mariella De Francesco - significa iniziare a diffondere nelle giovani
generazioni una coscienza e una cultura del corretto utilizzo dell’energia».
Provincia e Confindustria s’impegnano a costituire un progetto sperimentale per
implementare un sistema di controllo, in tempo reale, dei consumi prodotti. Il
sistema dovrà permettere di rilevare le predisposizioni al consumo di risorse
energetiche, modalità e quantità di consumo delle stesse, la produzione di
report in tempo reale via web e la creazione di modelli esportabili in altre
strutture della pubblica amministrazione. Previsto un un sistema di monitoraggio
dei consumi d’energia elettrica volto a fornire strumenti di controllo,
visualizzazione e gestione della spesa energetica. Sarà data priorità agli
interventi nelle scuole.
Aurisina, allarme cinghiali Branchi vivono in paese
Segnalata la loro presenza dietro al cimitero e in prossimità del campo
sportivo Oggi un incontro con gli esperti. Rozza: «Meglio evitare di dare loro
del cibo»
DUINO AURISINA Scatta l'allarme cinghiali a Duino Aurisina. In provincia la
popolazione, negli anni, è letteralmente esplosa al punto che dalla periferia di
Trieste, dove ormai la loro presenza è arrivata a saturazione, gli irsuti
animali si stanno spostando a ovest, verso le frazioni del Carso, provocando
altri guai. Così, la scorsa estate, dopo aver fatto scempio dei vigneti di
Medeazza (con ingenti quantitativi di grappoli finiti tra le fauci dei
cinghiali), ora un discreto gruppo di selvatici ha preso dimora ad Aurisina,
stabilendosi vicino al campo sportivo e dietro il cimitero, nei paraggi di
alcuni terreni coltivati. C'è preoccupazione per eventuali contatti dei
mammiferi con i residenti, e gli sportivi in particolare, anche se in generale
il cinghiale selvatico cerca di stare alla larga dall'uomo. «La progressiva
vicinanza con persone dedite a dare pane o altro cibo ai cinghiali,
comportamento assolutamente da sconsigliare ma purtroppo verificatosi a Trieste,
ha fatto sì che questi animali prendessero dimestichezza con la razza umana -
spiega Maurizio Rozza, presidente della Seconda commissione consiliare a Duino
Aurisina -, perdendo la naturale ritrosia e timore. Solo a ciò si devono i rari
episodi di aggressione da parte di questi animali che, affamati, cercano il
cibo. Tuttavia credo che con una corretta informazione, fondamentale per attuare
la giusta prevenzione, si possano evitare danni a colture e persone». Per questo
l'amministrazione Kukanja è corsa ai ripari e nell'intento di fornire corrette
nozioni sulla specie, in espansione in gran parte dell'Europa, ha deciso di
organizzare degli incontri pubblici con esperti. I temi verteranno sul ruolo del
cinghiale nell'ecosistema, su quali rischi reali comporta la sua presenza, quali
sono le strategie da mettere in atto per ridurre o eliminare gli impatti
sull'agricoltura e sulle altre attività umane. Al primo incontro, in programma
stasera alle 18 alla Casa della pietra Igo Gruden (Aurisina 158), parteciperà
Renato Semenzato, esperto in gestione faunistica incaricato dalla Provincia di
Gorizia della realizzazione di un modello predittivo per i danni da cinghiale e
di interventi per la gestione degli ungulati. Introdurrà la serata Rozza,
consigliere di Sel e componente del Comitato faunistico della Regione.
Quest'estate, a causa anche della siccità, i cinghiali erano arrivati a pochi
metri dal centro di Aurisina, avvicinandosi senza timore non solo alle case ma
persino alle persone, naturalmente alla ricerca di cibo, che, nel caso di
offerta, veniva preso anche come un invito a ritornare. Di qui la necessità “di
non adottare simili comportamenti”, caldeggia Rozza. Anche se in comune di Duino
Aurisina non è proibito, come invece accade a Trieste. Questi animali selvatici
non hanno predatori, se non i cacciatori che sono sempre pronti ad inserirsi
nella catena alimentare. «Sui cinghiali – conclude il presidente della Seconda
commissione consiliare – si è talvolta fatta demagogia, più spesso politica,
anche a sproposito. Ritengo invece più utile fornire informazioni corrette alla
popolazione».
Tiziana Carpinelli
Le rondini? Sempre più a rischio - MUSEO DI STORIA
NATURALE
“La scienza racconta” alle 18 Info su www.retecivica.trieste.it
Alle 18, nella sala incontri del Museo di Storia naturale, interverrà in un
incontro pubblico Edward Mayer, uno dei più grandi esperti mondiali nella
conservazione di rondini e rondoni. La presenza di Mayer è possibile grazie alla
collaborazione con l’Associazione Liberi di volare che nell’occasione presenterà
i risultati del suo primo anno di attività. Rondoni e rondini sono considerate
un bel simbolo dell’arrivo dei mesi caldi dell’anno e negli ultimi anni indice
della biodiversità degli ambienti urbani e agricoli. Queste specie stanno però
subendo una diminuzione a causa di svariati fattori, tutti associati alle
attività umane che influenzano negativamente sia le aree europee di riproduzione
che le aree di svernamento nel continente africano. E a proposito del museo,
ricordiamo che l’orario sarà ampliato anche al sabato mattina, dalle 9 alle 14.
Rigassificatore: difficile credere alla buona fede del
governo - La lettera del giorno - Arnaldo Scrocco Comitato per la salvaguardia
del Golfo di Trieste
Leggiamo in questi ultimi giorni la volontà istituzionale di distruggere
Trieste con il definitivo assenso alla costruzione del rigassificatore di Zaule,
di cui - per come gli uomini delle istituzioni ne hanno parlato - si rende
palese che in questo settore dell’energia ne capiscono poco, quasi nulla, ed è
questa la sola ragione per cui propalano da anni notizie non vere. Si sapeva che
c’era o, quantomeno, si sperava che ci fosse, un mondo moderno e
tecnologicamente sviluppato per un vivere migliore, che il progredire del
pensiero umano, nel nuovo tempo della democrazia fosse ricco anche di benessere
etico e di rispetto generale per il prossimo; e rispetto si desse al diritto di
ognuno, come è prescritto non solo dagli insegnamenti della Costituzione, ma
dall’impeto dei pensieri cresciuti nella sofferenza e nel sacrificio. Viceversa,
signor ministro Clini, constatiamo che il diritto del popolo è soltanto la
speranza di programmi evanescenti che continuano a distribuire il seme della
miseria spirituale e della corruzione. Il diritto è un’esclusività delle caste
di potere che autoassegnandosi il credere di sapere più del lecito con
oltraggioso procedere, soffocando il diritto al libero pensiero. Se manca il
diritto alla libertà, non si può parlare di stato democratico, ma di settori
violenti anche se questa violenza non mostra il sangue che il popolo consuma con
assurdi sacrifici, portati sull’altare di uno “Stato padrone”. Queste caste del
potere nello Stato si sono fatte serve. Tutto questo provoca paure e dolore
perché sappiamo d’essere considerati dei numeri mentre lo Stato realizza cose
non necessarie, e sicuramente con danno grave alle popolazioni. Il
rigassificatore provocherà danni irreparabili all’ambiente, obbligherà le
popolazioni a vivere con la convinzione d’essere state vendute, proverà la paura
di possibili scenari distruttivi (vedi Viareggio e si faccia un paragone sulle
quantità poste in offerta da Gas Natural); ragione per cui soffocherà ogni
aspetto di amor patrio e di rispetto per le istituzioni. Per quale controvalore?
Qui ondeggia, al limite della sanità mentale, una verità astratta e fors’anche
peggio da capire nella sua verità artatamente predisposta nell’esclusivo
interesse del potere distribuito in modo malaccorto, in assoluta cecità e,
quello che è peggio, con scarse conoscenze tecniche specifiche che non possono
garantire né benessere, né sostanziale ricchezza di speranze oneste, ma soltanto
accrescimento di acredine ed il formarsi di fronde ostili nello stesso Paese cui
questo governo vuole far credere di agire in buona fede.
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 8 novembre 2012
Via Transfrontaliera Linea Capodistria-Divača.
Sul sito della Regione FVG è iniziata da ieri la procedura per la VIA
Transfrontaliera della Linea Ferroviaria slovena Capodistria – Divača. Il
corposo documento, reso disponibile on-line, è sicuramente un segnale, doveroso,
positivo sulla volontà pubblica di confronto su questo progetto della vicina
repubblica ma che purtroppo evidenzia e rafforza tutti i dubbi già espressi in
sede di consiglio comunale, di S.Dorligo della Valle – Dolina, dal sottoscritto
consigliere comunale.
Analizzando particolarmente l’area che influenzerà il corso del torrente
Rosandra, viadotto tra uscita tunnel 1 e ingresso tunnel 2, si nota come le
principali preoccupazioni non possono non essere i possibili inquinamenti delle
acque derivanti e dal periodo cantieristico e dal funzionamento successivo. Cui
si aggiunge l’ammissione di un forte impatto paesaggistico nell’area.
Una linea che sarà dedicata al passaggio dei treni provenienti dal porto di
Capodistria a pieno carico, mentre è previsto (secondo la relazione) l’uso per i
“vuoti” e treni passeggeri della linea attuale. Che dovrà essere rimodernata,
cioè se ne ricava che probabilmente per questi lavori si dirotteranno tutti i
traffici sulla linea di questo progetto.
Ammirevole, a dispetto di altre VIA italiane, come si siano spesi i relatori
sull’impegno di ogni tecnica possibile per evitare gli sversamenti e/o
deragliamenti a spese dell’integrità ambientale.
Tale impegno, però, è chiaramente il segnale di quanta pericolosità intrinseca
comporterà tale progetto. Ed anche il motivo per cui chiediamo a Regione,
Provincia e Comuni un parere fortemente negativo e il ricorso in sede
comunitaria a denuncia della pericolosità. Come principio di precauzione ci
sembra non motivato sufficientemente il motivo per cui si è deciso di porre la
linea a così stretto contatto con il confine, che non è solo una questione
nazionale ma è geografica. Decidere di forare in quel punto vuol dire non
considerare che ogni danno possibile ricadrà inevitabilmente in area italiana,
da quanto riguarda la Riserva della Val Rosandra a tutto il regime idrico dei
comuni di S. Dorligo della Valle-Dolina e Muggia per la valle dell’Ospo. E non
esiste alcuna forma di garanzia o fideiussione economica che può riparare i
danni di distruzione ambientale. Una volta compromessa la salubrità dell’area ed
eliminata la fauna protetta non si potrà ripopolarla a suon di euro.
Consideriamo anche quanto richiesto ai sensi della Direttiva Quadro per le Acque
2000/60/CE, e cioè che, in base all’art. 121 del D.lgs. 152/06 di recepimento
della Direttiva, la Regione deve predisporre appositi Piani Regionali di Tutela
delle Acque (PRTA) e individuare le misure per conseguire gli obiettivi di
qualità stabiliti dalla Direttiva. Come non vedere in questo progetto la
possibile confutazione di ogni piano prevedibile oggi?
Bisogna assolutamente pretendere che la linea venga spostata ove non possa
produrre danni, cioè internamente, oltre il confine orografico di influenza
delle acque di confine.
Come Verdi presenteremo in consiglio comunale un ordine del giorno affinché si
richieda quanto sopra riportato. Allarghiamo l’invito a ripetere questa
richiesta anche ai consiglieri comunali degli altri comuni limitrofi e a quelli
provinciali. Stiamo predisponendo, inoltre, le osservazioni che consegneremo
alla Direzione regionale nei tempi previsti. Naturalmente coinvolgeremo anche in
sede comunitaria la rappresentanza Verde per un intervento, se necessario, della
commissione europea.
per i VERDI il consigliere comunale Rossano Bibalo
IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 novembre 2012
«Troppi rischi, si va al Tar» Guerra sul
rigassificatore - Il SINDACO LO SCONTRO » COMUNE ALL’ATTACCO
Oggi verrà approvata in giunta la delibera che autorizza la via
giudiziaria allegando il ricorso di Muggia. Contestata anche la campagna
pubblicitaria
Rischi per la Riserva marina di Miramare: inquinamento delle acque. Rischi
per il Carso triestino e goriziano: attraversati da un “cavidotto” che dovrebbe
portare energia elettrica al rigassificatore. Sono entrambi Siti di interesse
comunitario (Sic) e dunque protetti. Con queste motivazioni, sottolineando le
carenze formali dei documenti che suffragano la richiesta di autorizzazione
all’impianto, il Comune di Trieste alza il tiro, e fa ricorso al Tar del Lazio
contro Gas Natural. Allegandolo a quello da tempo inoltrato dal Comune di
Muggia. La delibera che autorizza la via giudiziaria arriva oggi in giunta. Il
corpo a corpo sull’impianto di rigassificazione si fa dunque più duro. Proprio
mentre si aprono settimane decisive. Ieri mattina il gruppo ristretto ha
illustrato al Comitato tecnico regionale (Comune, Provincia, Capitaneria di
porto, Vigili del fuoco) il documento sui “rischi di incidente rilevante”, che
la multinazionale spagnola ha corretto dopo la prima e contestata versione del
2005. Il Comitato l’aveva allora approvata, però con 16 severe richieste di
correzione. Ultime ore per elaborare un parere finale. Gli enti dovranno
esprimerlo la prossima settimana, il 14 novembre. Il 12 la Provincia riunisce
preventivamente il consiglio per decidere il verdetto da esprimere. E sempre la
prossima settimana in Regione si riunisce la Conferenza dei servizi (cioé di
nuovo tutti gli enti locali) per un altro atto di fortissima rilevanza:
concedere o no a Gas Natural l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), un via
libera che da un lato, come fu per la Ferriera, riconosce la congruità degli
impianti rispetto alle leggi ambientali e dall’altro impone continui controlli e
adeguamenti alle “migliori tecnologie possibili”. Fermi restando la netta
contrarietà di Comune e Provincia, a fronte dell’atteggiamento favorevole della
Regione, non c’è dubbio che l’esito dei due pronunciamenti (fattori di rischio e
Aia) avrà un decisivo impatto sulla spinosa questione. È già nell’aria la
sensazione che l’allegato sui “rischi di incidente rilevante” possa ricevere il
14 la maggioranza dei consensi. Ma, un’altra volta, non quello del Comune. Che
non solo ha contestato come meramente “pubblicitaria” la campagna di Gas Natural
con gazebo e volantini in città, ma rilancia ufficialmente e punto per punto un
duro e inequivocabile documento di opposizione, diffuso nel corso della
Barcolana. Per l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, non c’è progetto
perfezionato, migliorato o più rassicurante che possa far cambiare idea
all’amministrazione comunale. E lo spiega qui accanto. Ma a decidere poi sarà il
governo. Rigassificatore strategico? Il quadro, proprio in queste ultime ore, è
cambiato.
Gabriella Ziani
Cosolini: ben venga un piano strategico
«È una buona notizia che il governo abbia deciso di fare un piano strategico
nazionale per gli impianti energetici, così dovrà infine confermare quali sono
strategici e quali no». L’opposizione del sindaco Roberto Cosolini, che si è
inasprita anche dopo i gazebo considerati “di propaganda” e non “di
informazione” diffusi da Gas Natural, trova sponda nelle ultime novità
introdotte dall’Autorità per l’energia, che cancellano gli enormi incentivi per
i rigassificatori: «Può darsi che i proponenti vogliano realizzare
rigassificatori anche senza avere l’incentivo, il fattore economico è tema che
riguarda altri. Per l’istruttoria pubblica, che spetta a noi - dice il sindaco
-, la deliberazione non cambia nulla».
Laureni: «Ci sono cose che Gas Natural non potrà mai
garantire» - L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE
«Siamo arrivati al dunque. Ci sono cose che Gas Natural non potrà mai
migliorare sull’impianto di rigassificazione, perché sono costitutive. Potrà
scrivere il progetto in italiano anziché in inglese, firmare dove manca una
firma, ma non potrà modificare le nostre norme urbanistiche, che non prevedono
un rigassificatore, e non potrà abbassare a zero il livello di rischio
d’incidente rilevante. A noi il “basso livello” non pare una garanzia
sufficiente trattandosi di un’area, quella della baia di Zaule, fortemente
insediata e abitata». Umberto Laureni, l’assessore all’Ambiente, rilancia il
documento diffuso fra la folla dei cittadini durante la Barcolana: ecco perché
diciamo no. Apprezzando e valutando l’iniziativa del sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek, che ha deciso di rimandare la palla all’opinione pubblica indicendo il
referendum. Laureni ricorda tutti gli impianti invasivi proposti già al
territorio (terminal carboni, centrale Enel, stoccaggi di Gpl, traffici di
petroliere trasferiti qui da Venezia) e scrive: «Il Comune di Trieste,
soprattutto in assenza di motivazioni credibili, non accetta questa pervicace
volontà di utilizzare le aree interne alle dighe solo per impianti di energia,
questo contrasta con le sue scelte urbanistiche e potrebbe rendere inattuabili
turismo, piattaforma logistica in porto, terminale ro-ro alle Noghere, porti
nautici e così via». Per il rigassificatore Gas Natural ha fatto richiesta di
ben due varianti urbanistiche: una sul Piano regolatore di Trieste, e un’altra
sul Piano regolatore del porto. Già scritti diversamente, e così sarà col nuovo
Prg comunale. Poi c’è il fattore inquinamento. Non solo il previsto
riscaldamento delle acque marine, insito nel processo che porta il gas compatto
arrivato con le navi gasiere a riacquistare natura gassosa, ma anche il cloro di
lavorazione che verrebbe riversato in mare, e non da ultimo il danno provocato
dal «gasdotto subacqueo che dovrebbe convogliare via mare il gas alla rete
nazionale». Quel gasdotto poggiato sui fondali solleverebbe nella baia di Zaule
«sedimenti marini fortemente contaminati», col pericolo che sostanze inquinanti
entrino nella catena alimentare (mercurio nei pesci). Quanto ai rischi di
incidente rilevante il documento firmato “Comune di Trieste” contesta che le
probabilità di rischio vengono elaborate «con calcoli matematici, e degli eventi
ritenuti poco probabili non vengono approfonditi gli effetti, essi cioé sono
esclusi a priori. Per gli altri si determinano, sempre con strumenti di calcolo,
le aree nelle quali l’incidente potrebbe produrre un danno alla popolazione:
procedura di calcolo formalmente ineccepibile a norma di legge», ma così di
calcolo in calcolo, «giocando a migliorare l’impianto sulla carta» dice il
Comune, si arriva a minimizzare la probabilità di rischio. Pertanto, «non ci
sto»: «Un’amministrazione responsabile non può consentirsi, per il principio di
precauzione, di accettare per i suoi cittadini questo concetto di sicurezza».
Motivo: l’area di Zaule è piena di altri impianti di per sè a rischio. E attorno
ci sono interi quartieri abitati.
(g. z.)
Cancellati i guadagni garantiti dallo Stato
L’Autorità per l’energia elimina gli incentivi. Razeto: «Ma il business
con Usa e Australia sarà grande»
Addio incentivi per i rigassificatori. Nel 2008 il governo aveva istituito
il “fattore di garanzia”, che assicurava all’impresa di rigassificazione una
quota di ricavo del 71,5% rispetto alle possibilità di produzione, anche nel
caso che l’impianto non avesse prodotto niente. E per 20 anni. Un grande regalo.
Che la Ue ha richiamato già nel 2010, e di nuovo lo scorso maggio. L’Autorità
per l’energia elettrica e il gas il 31 ottobre ha dunque deliberato la
cancellazione dell“aiutone” e ha inviato la propria decisione al ministero dello
Sviluppo economico. Da ora in poi riceveranno incentivi solo i rigassificatori
che verranno «inclusi nell’elenco delle infrastrutture nazionali strategiche», e
non come ora secondo data di presentazione della domanda. La norma avrà effetto
dal 2014, ma nelle more sono esclusi dai benefici nuovi rigassificatori che
dovessero entrare in azione da qui alla fine del 2013. Chi è in funzione
continua a godere del beneficio. «Decisione importante - commenta l’assessore
provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia -, d’aiuto a chi è contrario al
rigassificatore...». Di diverso parere il presidente di Confindustria, Sergio
Razeto, da sempre favorevole («ovviamente in piena sicurezza, del resto non vedo
scoppiare ogni giorno quelli esistenti»). Se l’assessore comunale Laureni
appoggia la propria contrarietà col dato, «certo e assodato», che «i
rigassificatori esistenti oggi lavorano al 5% delle loro potenzialità, non c’è
bisogno di questo gas», Razeto disegna invece, con informazioni altrettanto
dirette, un nuovo scenario futuro. Che potrebbe rendere «indifferente a
un’impresa l’avere o meno tali consistenti incentivi di Stato». La novità qual
è? «Gli Usa e l’Australia stanno puntando tutto sullo “shale gas”, che si trova
nei terreni, che noi non abbiamo, e che ha già raddoppiato le risorse mondiali,
e su cui si punterà sempre più specie dopo l’incidente nucleare di Fukushima
che, per impatto, ha rivalutato le vecchie fonti energetiche e il gas prima di
tutto, meno inquinante. Nel 2016 - dice Razeto - gli Usa saranno il più forte
esportatore di “shale gas” e in tutto il mondo ci si attrezza per rigassificarlo:
da Usa e Australia è possibile solo un trasporto su nave. Controprova, gli unici
settori produttivi nel mondo non in crisi, ma con produzione al massimo, sono
quelli delle gasiere. In Corea fabbriche sature di ordini fino al 2014». È qui
il “business” del futuro, o pesano gli incentivi spariti? Gas Natural,
interrogata, evita di rispondere.
(g. z.)
Nave pronta a imbarcare l’uranio a Trieste
Il carico di scorie nucleari partito ieri sera da Vercelli “scortato” da
una decina di camion. Nella notte l’arrivo in porto
TRIESTE La partenza è stata confermata solo nel pomeriggio di ieri. Una
volta verificato, al mattino nel corso di una riunione al Comando dei Vigili del
fuoco di Mestre alla presenza anche dei rappresentanti dei 19 Comuni
interessati, il piano provinciale di emergenza anche per il Veneto. L’orario
d’inizio del trasporto di dieci lamine di un elemento di combustibile nucleare
irraggiato, proveniente da attività di ricerca, dal Deposito Avogadro di
Saluggia, in provincia di Vercelli, e diretto al Porto di Trieste è stato
individuato fra le 21 e le 22 di ieri. All’alba di oggi il carico dovrebbe aver
completato il proprio tragitto - completamente autostradale lungo la A4
(transitando nella fase finale in Friuli Venezia Giulia attraverso le province
di Udine, Gorizia e Trieste) - sino all’approdo allo scalo triestino attorno
alle 5-6 dopo una notte di viaggio. In anticipo, dunque, rispetto alle ultime
indiscrezioni. Al Molo settimo, le barre di uranio verranno quindi caricate a
bordo della “Sea Bird”, il cargo danese in arrivo questa mattina da Capodistria
con un carico già di 91 elementi di combustibile tipo Triga proveniente dal
reattore Mark II di Vienna e di una sorgente neutronica di plutonio-berillio. La
“Sea Bird”, una volta accolte anche le lamine petten in arrivo via terra,
salperà verso il porto di Charleston, negli Stati Uniti. Tutta l’operazione in
Italia dovrebbe concludersi nella primissima parte della mattinata. Il piano di
emergenza provinciale, diviso in tre parti (una dedicata al territorio
triestino, un’altra a quello goriziano e la terza all’area udinese coinvolta),
era stato confermato per il Friuli Venezia Giulia già l’altro giorno. Ieri è
toccato al Veneto verificare le disposizioni di sicurezza. La notizia della data
del trasporto è stata così ufficializzata sul sito del Comune di Portogruaro,
all’interno di un comunicato sull’ultimo vertice. Il convoglio è composto da una
decina di mezzi fra i quali, al centro, il Tir che trasporta il carico nucleare.
Molto articolate le disposizioni di sicurezza, con personale delle forze
dell’ordine incaricato di presidiare il percorso. «Il transito su strada dei
contenitori e la loro sosta temporanea lungo il percorso non configurano alcuna
situazione di pericolo per la popolazione, proprio in virtù delle elevate
capacità di schermaggio e di tenuta del contenitore», rileva il piano di
comunicazione pubblicato sul sito web della prefettura di Trieste. Piano che ha
incluso comunque anche le varie ipotesi relative a possibili incidenti,
specificando come la responsabilità - nel caso - di informare i cittadini sui
comportamenti da adottare in situazioni di emergenza sia dei vari sindaci e
delle altre realtà coinvolte nella pianificazione, d’intesa con la prefettura.
Ieri, a Trieste, da registrare la presa di posizione critica della Casa delle
culture: «Un trasporto di pericolosità estrema, naturalmente - scrive il
referente Luca Tornatore -. Solo il pomeriggio del 6 novembre una grandinata ha
provocato la formazione di lastre di ghiaccio sulla A4, risultando in un blocco
della circolazione con dieci chilometri di coda. Cosa sarebbe successo se il
convoglio nucleare avesse dovuto passare la scorsa notte? Con quale incoscienza
viene spacciata come sicura una cosa che di fatto mette a repentaglio la salute
di centinaia di migliaia di persone? Questo trasporto non si dovrebbe fare».
Mentre l’associazione Trieste Libera «ha richiesto l’intervento delle Nazioni
Unite sulla vicenda - si legge in una nota -. Secondo il trattato di pace del
1947 nessun Paese può assumere il controllo del Porto internazionale senza
informarne il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite».
di Matteo Unterweger w
SEGNALAZIONI - SCORIE NUCLEARI - I cittadini vanno istruiti
Il Piccolo ha annunciato che sta per arrivare al porto di Trieste un carico di scorie nucleari. Ci sono state varie discussioni e prese di posizione in disaccordo tra la Regione, il Comune di Trieste, il ministro Passera e varie associazioni ambientaliste, ma poco è stato scritto in proposito ai provvedimenti da prendere qualora si verificasse un malaugurato incidente. Le considerazioni generali di sicurezza sono propedeutiche ma non c’è stato un “Anordnung” articolato e collaudato con la cittadinanza. Purtroppo gli incidenti possono sempre capitare. Cito due esempi: 1) per una bombola di gas sbalzata fuori da una Mercedes in un incidente stradale a Duino è stato bloccato per 2 ore il traffico e sono intervenuti polizia stradale, vigili del fuoco e un’ambulanza. 2) sempre sulla A4, qualche giorno fa, un Tir ha preso fuoco dopo aver urtato il pilastro di un pannello a messaggio variabile e il suo carico di resina si è riversato sull’asfalto. La A4 è stata chiusa in direzione Trieste tra Venezia est e San Stino di Livenza, e il traffico del passante di Mestre è stato deviato sulla A27 e solo dopo 8 ore si è tornati alla normalità. In operazioni ad alto rischio, quale è il passaggio di scorie nucleari in una città, gli abitanti dovrebbero essere sempre istruiti in anticipo su quali comportamenti adottare in caso d’emergenza.
Óscar García Murga
La Commissione Ambiente della Camera “boccia” il
tracciato litoraneo della Tav
La Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera apre alle
nuove ipotesi di tracciato della Tav nel tratto tra Mestre e Portogruaro. Ieri i
commissari hanno accolto la risoluzione presentata dalla deputata della Lega
Manuela Lanzarin per impegnare il governo a valutare tracciati alternativi a
quello “litoraneo” attualmente al vaglio del Ministero per il rilascio del Vi.
Un tracciato, secondo la firmataria della risoluzione, fortemente contestato
dalle comunità e amministrazioni locali perchè oneroso e potenzialmente capace
di «deturpare l’equilibrio ambientale del litorale adriatico». La Commissione
pertanto ha sposato la richiesta di sollecitare l’esecutivo a prendere in esame
tracciati diversi, a partire da quello presentato dal commissario regionale
Bortolo Mainardi, che punta al potenziamento della linea ferroviaria esistente
tra Mestre e Portogruaro.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 novembre 2012
Rigassificatore, Muggia deciderà con un referendum
Dopo l’incontro con i rappresentanti di Gas Natural la posizione
contraria del sindaco e della maggioranza non è cambiata. Polemiche per
l’assenza del Pdl
MUGGIA Rigassificatore sì, rigassificatore no. Sarà un referendum tra gli
abitanti di Muggia a decidere le sorti del progetto di Gas Natural che dovrebbe
trovare a Zaule la sua sede ideale. Ma prima di decidere la consultazione
popolare seguiranno incontri tecnici «che affrontino tutti i temi, i dubbi e le
perplessità che motivano la forte contrarietà espressa sul progetto dal Comune
di Muggia». La posizione del sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, e della sua
maggioranza è chiara è non è cambiata dopo l’incontro, svoltosi lunedì con i
rappresentanti della Gas Natural Rigassificazione Italia, il presidente Javier
Hernandez Sinde, il direttore dell’Ufficio legale Pierluigi Zaccaria, la
responsabile Ufficio stampa Elena Perazzi e Mario Rodriguez, amministratore
unico della Mr & Associati Comunicazione srl, società di consulenza
specializzata nel settore della comunicazione pubblica e politica che cura il
piano della comunicazione per Gas Natural. I prossimi incontri serviranno ai
tecnici della società per confrontarsi con i tecnici del territorio e mettere
poi a disposizione di tutti un’informazione completa sul progetto. E poi si
tireranno le somme. Javier Hernandez Sinde ha detto chiaramente che vuole
trovare un accordo senza il quale «non facciamo mai un investimento». «Anche
perché - ha aggiunto - alla fine ci sposteremo qua quindi non ha senso non
trovare un accordo». «Solo dopo un’azione di informazione come questa -
sottolinea ora il sindaco Nesladek - si potrebbe arrivare a un referendum
popolare che sancirebbe, con cognizione di causa, il volere della città e senza
il quale non si farà niente». Il sindaco ha poi ricordato come ciò sia già
avvenuto con la Snam a Monfalcone. «Noi siamo i portatori di interesse di
un’intera città - ha detto Nesladek ai rappresentanti di Gas Natural -, ed è con
la città che voi state operando e volete operare la vostra campagna informativa.
Quindi, una volta forniti, mediante un confronto tecnico, gli strumenti perché
ciascuno possa avere una propria opinione in materia, il referendum si realizza
come il modo più chiaro per ottenere un riscontro dell’azione comunicativa
svolta. Noi siamo molto disponibili a un vero confronto e, sebbene già
legittimati dalle decisioni unanimi del Consiglio dove tutta la città è
rappresentata, crediamo sia giusto sentire i cittadini su un argomento così
importante. Come sindaco, cesserò la mia battaglia contro questo progetto solo
se i cittadini me lo chiederanno. Altrimenti saremo ulteriormente stimolati a
proseguire e procedere in tutti i luoghi dove altri vorrebbero decidere al posto
nostro». All’incontro tra i rappresentanti di Gas Natural e il Consiglio
comunale di Muggia, rappresentato dal sindaco e dai capigruppo di tutte le forze
politiche, il Pdl non si è presentato, né con il proprio capogruppo né con un
altro rappresentante. «È questo un comportamento che lascia sconcertati -
affermano in una nota i cinque capigruppo di maggioranza - visto che in ogni
occasione il Pdl muggesano dichiara di essere contrario al rigassificatore di
Zaule, ma quando è da dimostrare questa contrarietà in manifestazioni pubbliche
o in incontri ufficiali come quest’ultimo, il Pdl non è mai presente. Il loro
esprimere, solo a parole, di essere contrari fa pensare che la contrarietà al
rigassificatore da parte del Pdl muggesano sia soltanto di facciata e che, alla
fin fine, stiano soltanto alla finestra lasciando che la questione si risolva in
altri luoghi».
(fe.vi.)
Gas Natural-sindaco incontro-scontro sulla promozione
Gas Natural: «Abbiamo dedicato tempo e risorse a un’informazione non
prevista dal processo autorizzativo». Il sindaco Cosolini: «Questa non è stata
informazione, ma un’iniziativa pubblicitaria». Un incontro di cortesia finisce
con un’esplicita divergenza. Gas Natural ha incontrato ieri il sindaco con gli
assessori Umberto Laureni (Ambiente) e Fabio Omero (Sviluppo). Una visita per
presentare i risultati, lusinghieri secondo la multinazionale spagnola, della
recente campagna «con 30 punti informativi, cartoline compilate, mail e un
migliaio di visite al nuovo sito dedicato al progetto del rigassificatore». Ma
Cosolini ha immediatamente ribattuto: «Questa non era una campagna
d’informazione, bensì pubblicitaria, continua a mancare il contraddittorio sulle
criticità che sono state rilevate, e per il clima creato in città da Gas Natural
a causa di questo non voler interloquire, l’opinione pubblica è fortemente
contraria all’impianto». Di seguito il comunicato di Gas Natural ha chiuso la
relazione dell’incontro con una frase: «L’incontro con l’amministrazione
municipale di Trieste ha permesso, dopo un confronto franco e aperto, anche di
individuare nuove possibili iniziative di informazione rivolte ai cittadini». A
incontrare sindaco e assessori c’era Javier Hernàndez Sinde, presidente di Gas
Natural Rigassificazione Italia spa, il quale ha premesso: «Il riscontro alla
campagna informativa ci conferma l’apprezzamento per lo sforzo avviato da Gas
Natural». Ha aggiunto Hernàndez Sinde: «Siamo disponibili a ulteriori
approfondimenti tecnici con coloro che sono interessati come da sempre è stato
fatto da Gas Natural». Sottolineando «il significato della decisione della
società di dedicare tempo e risorse a un’iniziativa di informazione non prevista
dal processo autorizzativo, ma legata alla scelta di fondo del gruppo di operare
sempre in un clima positivo caratterizzato dal rispetto e dalla trasparenza».
Cosolini (che con tutto il Comune e con la Provincia, oltre che col Comune di
Muggia) apertamente contrasta il rigassificatore, ha anche aggiunto di vedere
con favore «ogni altra iniziativa che si dimostrasse utile a fare maggior
chiarezza, mentre - dice - io non entro nel merito della campagna fatta da Gas
Natural, affermo solo che più si discute e meglio è, e questa iniziativa non ha
risolto il contraddittorio sulle criticità. Nel materiale diffuso sul
rigassificatore ogni cosa era data per scontata. Alla domanda sui rischi si
rispondeva semplicemente che “non ci sono rischi”». Dunque dissenso esplicitato.
Nel frattempo come si sa l’Ogs, citato in questo materiale come “teste”
scientifico sulla base dei cui dati sarebbero state migliorate le modellazioni
tecniche relative ai rischi connessi all’impianto, si è dissociato, e l’istituto
di ricerca sta valutando azioni di difesa per abuso del nome.
(g. z.)
Uranio nel porto di Trieste Scatta il conto alla
rovescia - MASSIMA ALLERTA - Una task force con più di cento poliziotti e
carabinieri
La partenza da Vercelli del carico radioattivo avverrà nelle prossime 72
ore Studiati piani di emergenza da adottare in caso di incendi e blitz
dimostrativi
TRIESTE Uranio, è scattato il count down. Dovrebbe partire entro 48 o, al
massimo 72 ore, il trasporto delle barre d’uranio provenienti dal deposito di
Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, destinate al Porto nuovo di
Trieste. Il giorno esatto e l’orario vengono tenuti rigorosamente segreti per il
timore di un’azione degli ambientalisti. La paura è che qualcuno, conoscendo la
tempistica, possa arrivare a bloccare addirittura l’autostrada. Ieri mattina in
prefettura a Trieste è stata convocata, in anticipo rispetto al previsto, la
Conferenza dei servizi alla quale hanno partecipato i rappresentanti della
Regione e dei Comuni interessati al transito delle barre d’uranio oltre che
delle forze dell’ordine. Così è stato consegnato l’atteso piano di emergenza
provinciale. Tre faldoni: uno riferito al territorio della provincia di Trieste,
l’altro di Gorizia e infine quello di Udine. Perché il percorso del convoglio
composto da una decina di mezzi con la centro il Tir con il carico nucleare.
Arriverà al Molo settimo per essere imbarcato sulla “Sea Bird” il cargo danese
che farà rotta verso il porto di Charleston negli Stati Uniti. Solo in provincia
di Trieste saranno impiegati per la sicurezza un centinaio tra poliziotti e
carabinieri, così prevede l’ordinanza che il questore Giuseppe Padulano si
accinge a firmare. Durante il transito lungo l’A4 prima e il raccordo poi,
saranno progressivamente bloccati al transito di chiunque tutti gli accessi i
ponti e i cavalcavia. Nel piano di emergenza, molto articolato, viene descritto
sia il combustibile da trasportare, sia quello già presente nella stiva della
nave quando attraccherà alla banchina Frigomar. Infatti la “Sea Bird” arriverà
dallo scalo di Capodistria dove, poche ore prima della tappa triestina, saranno
imbarcati 91 elementi di combustibile tipo Triga provenienti dal reattore Mark
II di Vienna e una sorgente neutronica di Plutonio-Berillio. Ma il capitolo più
importante è quello riguardante le modalità di trasporto e le misure di
sicurezza. Vengono ipotizzati vari tipi di incidenti sia per la fase di
trasporto stradale che per quella marittima. Il primo scenario è quello di una
collisione «tra il mezzo di trasporto con a bordo il contenitore e
un’autocisterna con liquido infiammabile con conseguente sviluppo di incendio.
In questo caso (secondo gli esperti assolutamente improbabile) le conseguenze
radiologiche per l’ambiente circostante e la popolazione sarebbero importanti.
Perché «il maggior contributo alla dose è dovuto all’inalazione», così si legge
nel piano. Viene previsto, in questo caso, di predisporre un’area di rispetto
attorno al luogo dell’incidente. «Dalla stima emerge che già a 400 metri di
distanza - così si legge - è garantito il rispetto dei livelli massimi di
radioattività negli alimenti in caso di emergenze nucleari e radiologiche». Per
questo l’eventuale fascia arriverebbe a oltre un chilometro. Ma vengono anche
ipotizzati altri scenari, come quello della compromissione dell’ancoraggio e il
conseguente spostamento del contenitore (cask). E infine si affronta pure
l’ipotesi dei blocchi dimostrativi. Viene precisato che il trasporto viene
effettuato con uno speciale autoveicolo e che il contenitore ha superato senza
danni una prova di caduta da un’altezza di nove metri e una prova termica della
durata di 30 minuti con esposizione a un fuoco che lo avvolga completamente e
una temperatura pari ad almeno 800 gradi. Nel piano vengono ipotizzati anche
incidenti sia durante la movimentazione sia durante il trasporto marittimo. Si
parla di tamponamento in porto e della caduta del carico durante le operazioni
di stivaggio. Infine si parla anche della possibilità di abbordaggio della nave
e dell’eventuale affondamento. In questo senso viene precisato che il
contenitore utilizzato è collaudato per resistere alle pressioni fino a 200
metri di profondità.
Corrado Barbacini
Ciriani: «In Val Rosandra bloccati dalle denunce»
Non si placa ancora la polemica sulle devastazioni compiute dalla Protezione
civile in val Rosandra, mentre non è intervenuta, a valle, nell’unica zona che
abbisognava di una bonifica. Come hanno evidenziato in questi giorni i residenti
di Francovec. «L'intervento nel tratto a valle del torrente Rosandra era
previsto per la settimana successiva rispetto alla pulizia fatta a monte e non è
stato portato a termine in attesa degli sviluppi del procedimento penale
pendente avanti alla Procura della Repubblica di Trieste». Il vicepresidente
della Regione Luca Ciriani ricorda come si svolsero i fatti nel marzo scorso
riguardo l'operazione 'Alvei Puliti' della Protezione civile in Val Rosandra,
chiarendo che "il rischio di eventuali esondazioni del torrente è il motivo per
cui era nostra intenzione ripulire dalla vegetazione infestante tutto il corso
dell'alveo". «Partimmo dal tratto a monte - spiega - anche se, lo ripeto,
l'intervento a valle sarebbe stato eseguito sette giorni dopo perché erano
presenti diversi tronchi di grosse dimensioni caduti in alveo, segnalati anche
dal Comune di San Dorligo della Valle e dai vigili del Fuoco, che - aggiunge
Ciriani - avrebbero potuto causare delle dighe naturali in caso di piena,
soprattutto dato che i ponti sul torrente sono sottodimensionati e avrebbero
bloccato vegetazione e detriti, una situazione che avrebbe causato probabili
ondate di piena e conseguenti esondazioni. Del resto - conclude - la necessità
dell'intervento è stata da ultimo ribadita anche dal prof. Todini, consulente
nominato dal pubblico ministero nell'inchiesta in corso".
«Penalizzante il Piano sul trasporto pubblico» - La
Provincia alla Regione
La gara si svolgerà la prossima primavera. Sul piatto anche l’ipotesi di
riduzione del finanziamento fino a 15-17 milioni di euro con conseguenti tagli
ai servizi
Il nuovo Piano regionale del trasporto pubblico locale finisce sotto la
lente della Provincia di Trieste. E preoccupa non poco. A fare il punto della
situazione sulla procedura di approvazione di questo Piano, l’assessore alla
Viabilità e trasporti di palazzo Galatti, Vittorio Zollia. «Questo importante
strumento di pianificazione – precisa l’assessore – è attualmente all’esame del
Consiglio delle autonomie locali, dove la Provincia di Trieste ha presentato una
serie puntuale di osservazioni». Di fatto, le principali problematiche che
emergono da questo atto riguardano il modo con il quale l’amministrazione
regionale ritiene di dar corso al nuovo quadro normativo che precede una gara
europea unica, quindi con gestore e contrattualizzazione unici per l’intero
territorio del Friuli Venezia Giulia. E questo preoccupa in modo particolare la
Provincia di Trieste che, gestendo l’unico servizio effettivamente urbano, ha
richiesto formalmente che il piano individui un budget a livello provinciale sia
per quanto riguarda la produzione chilometrica sia per quanto riguarda il
corrispettivo annuale. «Stiamo parlando di un presupposto fondamentale – ha
affermato Zollia – per evitare che in un quadro unitario, che non tenga conto
delle peculiarità del nostro servizio, vi sia una ripartizione a livello
regionale che, se lasciata al gestore unico, potrebbe creare gravi squilibri con
conseguente riduzione della quantità e qualità del servizio offerto ai
cittadini». Ma non basta. Sul piatto, due ulteriori questioni preoccupano
Zollia: la prima riguarda il fatto che – come precisato dai tecnici regionali –
la gara si svolgerà nella prossima primavera e avrà come riferimento i programmi
di esercizio in essere a quella data, cosa che potrebbe avere effetti non
prevedibili in relazione alla concomitante procedura relativa al Piano urbano
del traffico di Trieste. La seconda questione, invece, riguarda l’ipotesi
annunciata dalla Regione di ridurre il corrispettivo attuale assegnato alla
Provincia. Teoricamente, si potrebbe prevedere una decurtazione di dieci milioni
di euro. In realtà, si teme che il taglio effettivo possa comportare anche un
cifra superiore fino ad arrivare ai quindici, diciassette milioni di euro, fatto
che sicuramente comporterebbe una rilevantissima riduzione dei servizi, fanno
notare da palazzo Galatti.
Inceneritore, Monassi paga 65mila euro
L’ex direttore generale dell’AcegasAps ha così oblato per l’emissione di
diossina assieme ad altri tre dirigenti
Marina Monassi, quale ex direttore generale dell’AcegasAps, ha pagato 65mila
euro per oblare l’accusa della responsabilità relativa alle ripetute uscite di
diossina dal camino dell’inceneritore. Francesco Giacomin, già amministratore
dell’ex municipalizzata, ha pagato lo stesso conto. Hanno pure oblato gli altri
due imputati del processo attivato da un’indagine del pm Federico Frezza. Si
tratta di Paolo Dal Maso, responsabile della divisione ambiente dell’ex
municipalizzata e Stefano Gregorio, direttore dell’inceneritore di via Errera.
Il primo ha versato 91mila, il secondo 277mila euro. In tutto oltre 400mila
euro. Nelle motivazioni della sentenza “di non doversi procedere nei confronti
degli imputati per oblazione” pronunciata dal giudice Paolo Vascotto, viene
evidenziato che l’episodio delle uscite di diossina prescinde dalle
autorizzazioni ambientali e dalla funzionalità dell’impianto di via Errera. Si
legge che nel 2007 l’AcegasAps ha presentato alla Regione la richiesta per
ottenere l’autorizzazione integrata ambientale e che «l’autorità competente,
deputata al rilascio dell’autorizzazione ha confermato la corretta
individuazione delle migliori tecniche disponibili della gestione dell’impianto.
Ciò - osserva il giudice - rende lecita l’oblazione in quanto l’applicazione di
tale istituto è indiscindibilmente connesso alla mancanza di conseguenze dannose
o pericolose del reato». In pratica si è trattato di una serie di episodi non
connessi alla funzionalità ed efficienza dell’impianto di via Errera. Certo è
che ai 400mila euro “oblati” dall’ex direttore generale e dal management
dell’Acegas si aggiungono al danno che la fuoriuscita aveva direttamente
provocato alla società: tra i 4 e i 5 milioni di euro. Infatti tra dicembre 2006
e i primi mesi del 2007 l’AcegasAps aveva dovuto fermare, a causa delle
fuoriuscite di diossina misurate dall’Arpa, due delle tre linee di smaltimento
rifiuti. Il sequestro era stato deciso dal pm Federico Frezza. Il magistrato
aveva agito in base alle misure effettuate dai tecnici dell'Agenzia regionale
per la protezione ambientale: la quantità di diossina finita nell'atmosfera
aveva costantemente superato i valori di legge in tutti i giorni dei prelievi.
L'Arpa aveva informato delle ripetute "anomalie" i carabinieri del Nucleo
operativo ecologico e la Procura della Repubblica. Il pm Frezza aveva quindi
verificato il superamento dei valori limite e chiesto il sequestro preventivo
dell'impianto. Il giudice Massimo Tomassini lo aveva concesso in meno di 48 ore
e l'AcegasAps era stata costretta a fermare due linee di smaltimento in quanto
pericolose per la salute dei cittadini.
Corrado Barbacini
Due linee bloccate danno da 5 milioni -
CONSEGUENZE
A cavallo tra il 2006 e il 2007, per quattro mesi tonnellate e tonnellate di
rifiuti raccolti a Trieste, ma anche nell’isontino, erano stati dirottati
altrove con un devastante impatto sul piano economico. Prezzo: tra i 4 e i 5
milioni di euro. Il blocco dell'attività dell'inceneritore disposto dalla
procura aveva provocato infatti un effetto-domino coinvolgendo nell'emergenza
rifiuti oltre a Trieste anche Muggia, Duino Aurisina, Monfalcone, Gorizia e
alcune aree del pordenonese. La linea 1 dell’inceneritore, l'unica che aveva
continuato a funzionare perché non inquinante, anche se spinta al massimo delle
sue possibilità non appariva evidentemente in grado di sopperire alle necessità
di smaltimento del territorio che aveva affidato i propri rifiuti all'
inceneritore di via Errera. Il 30-40% delle immondizie prodotte dai "clienti"
per settimane all'epoca aveva dovuto essere dirottata su alcune discariche poste
tutte al di fuori della nostra Provincia.
«Negozi nell’area Ezit? Ci penserà il Prg»
Cosolini replica al presidente Bruni: «Bisognerà adeguarsi ai cambiamenti
delle aziende»
Se ci sono delle situazioni diverse da come dovrebbero essere, è bene che
gli strumenti urbanistici ne prendano atto. E' opportuno parlarne in sede di
redazione del Prg, ma tutelando il “commercio puro”. E' questa in sintesi la
posizione del sindaco Cosolini sulla questione Ezit, dove più della metà delle
imprese si trovano ad esercitare attività diverse dalla produzione, come
testimonia uno studio che l'ente per la zona industriale ha commissionato di
recente per fotografare lo stato di fatto. La discussione sul tema della
presenza di punti vendita in zona industriale (dove in teoria dovrebbero sorgere
soprattutto imprese di produzione) è stata sollevata nelle scorse settimane dal
presidente dell'Ezit, Dario Bruni. «Serve maggiore elasticità per interpretare
le norme, per questo abbiamo chiesto al Comune di Trieste un aiuto per
regolarizzare una situazione che vede almeno 300 aziende sulle 600 insediate –
aveva detto Bruni – non esercitare un'attività di produzione industriale in
senso stretto. Sia chiaro, però, che nessuno intende realizzare nuovi centri
commerciali o iniziative di questo genere». «La situazione non è quella
descritta dall'Ezit, al quale abbiamo chiesto un incontro urgente» aveva
risposto Confcommercio Trieste, contestando l'allarme lanciato dal presidente
dell'Ente per la zona industriale. Il tutto alla vigilia (va consegnato entro
gennaio) del Piano urbanistico infraregionale che dovrebbe regolamentare – dopo
anni di attesa – il territorio Ezit suddiviso tra i Comuni di Trieste, Muggia e
San Dorligo della valle. E proprio al Piano regolatore del comune di Trieste (in
fase di progettazione) si è appellato Bruni per chiedere di regolarizzare la
situazione. «Intanto chiariamo le cose: si tratta di un'aria di pianificazione
congiunta, quindi c'è bisogno di intese. In alcune zone Ezit – spiega al sindaco
Cosolini – è consentito mettere in vendita i propri prodotti e in altre è
consentito il commercio ma non quello per il cosiddetto largo e generale
consumo. Va ricordato che gli insediamenti li autorizza l'Ezit, le norme
urbanistiche esistono e se ci sono irregolarità bisogna agire di conseguenza.
Detto questo, il fatto che si sia adottata un'interpretazione estensiva è dipeso
anche dallo sviluppo economico. Se aziende produttive hanno lasciato il posto ad
altro, è bene che gli strumenti urbanistici ne prendano atto. Ma è un'opinione
personale. Faccio l'esempio delle concessionarie d'auto: mi chiedo dove avremmo
potuto metterle, in centro città”? Sempre secondo il sindaco, se le aziende sono
entrate in contrasto con le norme urbanistiche, è perché si sono spostate dove
era possibile farlo. Ma la soluzione va cercata all'interno delle normative
vigenti. «Stiamo realizzando il Piano regolatore e certo non posso dare
anticipazioni. Ci sarà il tempo per le osservazioni, anche da parte dell'Ezit.
Sicuramente – conclude il sindaco Cosolini – dobbiamo tutelarci rispetto al
commercio puro, per non correre il rischio che si svuoti il centro storico».
Riccardo Coretti
Tutti malati d’inquinamento - I rischi della cattiva
qualità dell’aria in una nuova ricerca
Quasi un terzo degli abitanti delle città europee è esposto a concentrazioni
eccessive di particolato in sospensione nell’aria (pm), una delle sostanze
inquinanti più nocive per la salute umana. È quanto emerge dall’ultimo Rapporto
sulla qualità dell’aria dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (disponibile sul sito
www.eea.europa.eu). In particolare, nonostante l’Unione Europea abbia compiuto
dei progressi nel corso degli ultimi dieci anni nella riduzione
dell’inquinamento atmosferico, in molti Paesi, Italia compresa, le
concentrazioni di pm e ozono sono ancora elevate. «Ecco perché voglio che il
2013 sia l'anno della qualità dell'aria e perché intendo concentrarmi sul
rafforzamento della normativa in materia, per poter affrontare i problemi che
sono stati individuati» precisa il commissario europeo per l'ambiente Janez
Potocnik. «Soprattutto le polveri sottili, in particolare la frazione più fine
(pm 2.5), sono nocive alla nostra salute, perché vengono inalate e penetrano
nelle parti sensibili dell’apparato respiratorio, fino a livello polmonare, e
poi entrano in circolo nel sangue» spiega Marco Confalonieri, pneumologo
dell’Università di Trieste. Alcuni effetti sono legati ai picchi di inquinamento
che si registrano nell’aria delle nostre città, altri invece derivano da
un’esposizione continuativa agli inquinanti atmosferici. «In particolare, alte
concentrazioni di polveri sottili e ozono sono connesse a maggiori tassi di
mortalità: gli effetti sono più pesanti su chi soffre di patologie croniche
cardiovascolari e respiratorie» aggiunge il direttore del reparto di pneumologia
dell’Ospedale di Cattinara. «A lungo termine, invece, la cattiva qualità
dell’aria favorisce lo sviluppo di allergie ed è legato a una maggiore incidenza
di tumori al polmone. In pratica, è un fattore di rischio, ne è una concausa,
insieme ad altri fattori, come per esempio quelli genetici e il fumo». Da uno
studio, appena pubblicato sulla rivista American Journal of Respiratory and
Critical Care Medicine, è emerso che i bambini maggiormente esposti nel primo
anno di vita all'inquinamento atmosferico del traffico cittadino hanno maggiori
alterazioni delle funzioni respiratorie, con più frequenti casi di asma
allergico. «La prevenzione migliore - secondo Confalonieri - è evitare a monte
che l’inquinamento superi determinate soglie, riducendo per esempio l’uso delle
automobili responsabili con i loro gas di scarico della cattiva qualità
dell’aria. In ogni caso, è meglio evitare di portare i bambini piccoli in giro
nelle zone più trafficate della città col passeggino, che è al livello dei tubi
di scappamento».
(Si.Re)
IL PICCOLO - MARTEDI', 6 novembre 2012
Rigassificatore, il Comune appoggi i ricorsi al Tar
L’INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN - responsabile energia e
trasporti Wwf Friuli Venezia Giulia
“Perché gli uffici regionali hanno passato quelle carte?”, chiede Paolo
Rumiz a chiusura del bell’articolo (pubblicato dal Piccolo il 30 ottobre) sul
rigassificatore di Zaule. Vi elenca le tante carenze, incongruenze, omissioni e
manipolazioni che costellano la montagna di carte progettuali presentate da Gas
Natural. Domanda retorica, a ben vedere, e risposta facile: perché forse quegli
uffici non potevano fare altrimenti in quanto chi ha governato il Friuli Venezia
Giulia dal 2004 a oggi (Illy prima, Tondo poi) si è sempre speso a sostegno del
progetto. Qualche funzionario ci avrà magari provato ad analizzare criticamente
gli elaborati della multinazionale spagnola, salvo poi essere sostituito con
qualcuno più ligio alle direttive politiche. In realtà la domanda di Rumiz
andrebbe rivolta soprattutto agli uffici ministeriali, e probabilmente la
risposta sarebbe la stessa. Le stesse carte arrivate in Regione erano arrivate
infatti contemporaneamente anche a Roma, al ministero dell’Ambiente e a quello
dei Beni culturali, i titolari della Via (Valutazione di impatto ambientale),
cioé il passaggio fondamentale per la decisione – in teoria prettamente tecnica
- sull’accettabilità ambientale di un progetto. Nella Via ministeriale la
Regione esprime soltanto un parere non vincolante. Le stesse carenze,
incongruenze, omissioni e manipolazioni enumerate da Rumiz erano state rilevate
- dagli ambientalisti e da altri - nelle osservazioni sui documenti di Gas
Natural già nel 2006. Gli uffici ministeriali avrebbero dovuto tenerne conto.
Non solo non lo fecero, ma parecchie osservazioni “sparirono” misteriosamente:
pur inviate mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, non se ne trova
menzione alcuna nel decreto con il quale (luglio 2009) gli allora ministri
dell’Ambiente Prestigiacomo e dei Beni culturali Bondi diedero l’ok ambientale
al rigassificatore. È questa una delle motivazioni – non certo l’unica - su cui
si fonda il ricorso al Tar del Lazio presentato da Wwf e Legambiente contro
questo decreto. Non basta: l’allora Soprintendente ai beni architettonici del
Friuli Venezia Giulia espresse per ben 4 volte un parere contrario al progetto.
Salvo poi essere “convinto” a cambiare linea, consentendo al ministro Bondi di
firmare il già citato decreto Via sul quale si regge tutto l’iter successivo del
progetto: la Conferenza dei servizi regionale sull’Aia e quella ministeriale per
il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione dell’impianto. Iter non
ancora concluso, però, che verrebbe azzerato se il decreto Prestigiacomo-Bondi
fosse annullato. Emerge da tutto ciò un grave problema di intromissione della
politica nelle decisioni tecniche che tecniche quindi non sono più. Gas Natural
lo ha capito e si è comportata di conseguenza: perché sprecare tempo e risorse
con avversari agguerriti e competenti? Meglio investire in una campagna
pubblicitaria, come quella in corso a Trieste. Campagna, in verità, che pare
riscuotere assai scarso successo: ai gazebo e ai banchetti che ho visto girando
per la città, non si fermava infatti mai nessuno... Non credo quindi abbia senso
continuare a rinfacciare alla multinazionale spagnola di “non dare risposte”
alle obiezioni sul suo progetto. Non le darà, men che meno a Trieste, perché non
può e perché non ha alcun interesse a farlo. Le decisioni si prenderanno (in
parte sono già state prese) altrove. L’unica cosa che a questo punto ha senso
fare è irrobustire il fronte della resistenza legale contro Gas Natural, per
esempio con interventi in appoggio ai ricorsi pendenti al Tar del Lazio (quelli
degli ambientalisti, ma anche quelli dei Comuni di Muggia, S. Dorligo e
Capodistria). Il governo sloveno lo ha fatto, il Comune di Trieste – malgrado le
reiterate richieste del Wwf – ancora no. Poi si dovrebbe chiedere al ministro
Clini di ripensare alle illegittimità compiute all’epoca dagli uffici
ministeriali per emettere il decreto Via e all’opportunità di revocarlo, per non
esporsi al rischio di una sconfitta giudiziaria. Gli ambientalisti lo hanno già
chiesto: se lo facessero anche i sindaci di Trieste, Muggia e S. Dorligo, meglio
se insieme alla presidente della Provincia ai parlamentari locali, magari
sarebbe più facile ottenere ascolto. Tanto, se Clini facesse orecchio da
mercante (è pur sempre un ex collega dei funzionari che si piegarono nel 2009
alle pressioni di Prestigiacomo e Bondi), rimane sempre la strada della
battaglia al Tar e poi eventualmente al Consiglio di Stato: ci sarà un giudice a
Berlino (a Roma in questo caso)!
Gas Natural incontra il sindaco Nesladek
MUGGIA Procede la campagna informativa sul rigassificatore di Zaule. Gas
Natural ha illustrato infatti ieri al sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, la
campagna informativa in atto in queste settimane nei comuni della provincia di
Trieste. Alla riunione erano presenti, oltre al sindaco, i capigruppo del
consiglio comunale. «È stato un incontro positivo, schietto e propositivo – ha
dichiarato Javier Hernández Sinde, Presidente Gas Natural Rigassificazione
Italia S.p.A., – perché apre interessanti prospettive di futuri approfondimenti.
Quando decidemmo di avviare una campagna d’informazione sul rigassificatore di
Zaule, volevamo offrire, in modo trasparente e facilmente accessibile, le
informazioni di base sul progetto definitivo. Ci sembra di essere sulla strada
giusta e che il nostro impegno venga apprezzato. Siamo disponibili a confronti
tecnici di illustrazione e approfondimento sul progetto in contesti appropriati
– ha aggiunto Javier Hernández Sinde – perché per noi è importante lavorare in
ambiti dove le opinioni delle persone coinvolte siano basate il più possibile su
dati di fatto, non sul sentito dire o su preconcetti». Come è noto, il progetto
si trova attualmente nell’ultima fase del procedimento autorizzativo previsto
per il rilascio dell’autorizzazione unica la cui competenza, a seguito del
pronunciamento del Consiglio di Stato sollecitato dalla Regione Friuli Venezia
Giulia, è stata attribuita al ministero dello Sviluppo economico.
Carico radioattivo, l’8 potrebbe scattare il via
Il vicesindaco Martini: «La Regione avrebbe dovuto inviarci i documenti
già venerdì scorso»
LA NAVE ASPETTA Il cargo danese “Sea Bird” è attraccato ad Ancarano in attesa di
ricevere le scorie a Capodistria e al Molo Settimo
«Il piano sul trasporto delle barre di uranio non è ancora arrivato in
Comune. Secondo quanto ci ha riferito la Prefettura avrebbe dovuto inviarcelo la
Regione già venerdì. Ci stiamo attivando per recuperarlo indipendentemente dalle
responsabilità». Le parole - secche e perentorie - sono del vicesindaco Fabiana
Martini e danno il senso di un’operazione che presenta ancora mille problemi da
risolvere. L’operazione - altamente pericolosa - gestita dalla Prefettura
avrebbe dovuto aver luogo già lunedì scorso con il transito del convoglio
proveniente dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli. La
nave «Sea Bird» è infatti già da 48 ore alla fonda al largo di Ancarano pronta
ad attraccare al porto di Capodistria per caricare il primo quantitativo di
rifiuti radioattivi in arrivo dall’Austria per poi fare rotta verso Trieste. Di
sicuro dopo qualche ora attraccherà alla banchina Frigomar. Quando? Resta il
mistero sul giorno. Il via - secondo indiscrezioni provenienti proprio da
Vercelli - dovrebbe scattare nella notte di giovedì 8. Ma ufficialmente la data
ancora non è stata fissata. Il motivo è sempre lo stesso. Scatterà quando i
Comuni della provincia interessati potranno avere la relazione sul piano della
sicurezza per dare l’ok “d’intesa con la Regione”. Intanto getta acqua sul
fuoco, smorzando le polemiche, il prefetto vicario Rinaldo Argentieri. «Stiamo
pianificando. È solo una questione tecnica. Entro poche ore tutto sarà definito
nella massima sicurezza. Poi metteremo il piano direttamente in rete».
L’ordinanza del questore Padulano sul trasporto a rischio è già pronta da giorni
e scatterà quando la Prefettura avrà definito il piano. Il convoglio (composto
da una quindicina di mezzi) dovrebbe transitare lungo la Gvt nelle prime ore
della giornata, proprio per evitare il traffico. Per il tempo necessario la zona
sarà progressivamente bloccata al transito. Saranno impiegati oltre cento tra
poliziotti e carabinieri e gli accessi alla Gvt saranno bloccati al transito. Si
è saputo che le barre di uranio radioattive saranno sistemate in un particolare
contenitore cilindrico in acciaio con le pareti spesse mezzo metro e testato
precedentemente nel fuoco.
Corrado Barbacini
Battesimo con l’uranio per il prefetto Garufi
«Operazione condotta con condizioni di massima sicurezza, parlerò subito
con Tondo. Emergenza lavoro? Sono abituata»
La gestione dell’emergenza lavoro e delle conseguenti, possibili, tensioni
sociali. Poi lo sblocco dell’iter delle bonifiche per compensare al più presto
proprio i danni occupazionali lasciati in eredità dalla crisi. Infine il destino
dei Punti franchi, di nome, e del Porto Vecchio, di fatto. L’agenda di Francesca
Adelaide Garufi, da 24 ore neoprefetto di Trieste e nuovo commissario del
Governo in Friuli Venezia Giulia, è già piena, e tanto così. E fosse solo
quello. Incombe l’operazione uranio. Il passaggio delle scorie radioattive la
cui responsabilità, a livello di protocolli di sicurezza, è in capo per
l’appunto alla locale Prefettura. Un’operazione uranio che, per inciso, ha
registrato la contrarietà formale della Regione e, da ultime, le critiche del
Comune per come è stata gestita la faccenda proprio dagli uffici prefettizi.
«Andrò in visita a breve dal presidente della Regione e credo non ci saranno
problemi di sorta», ha annunciato ieri la Garufi, con dire e fare pacato, di
prima mattina, sul Colle di San Giusto, subito dopo aver deposto una corona
d’alloro ai piedi del monumento ai caduti, primo suo atto ufficiale da prefetto.
«L’apporto collaborativo delle amministrazioni territoriali - ha poi richiamato
le istituzioni a fare la loro parte, rassicurando quindi i triestini - tende al
buon andamento, alla salvaguardia di un quadro di sicurezza generale. I
cittadini sappiano, stiano tranquilli: c’è un piano di sicurezza che viene
rispettato». Dottoressa Garufi, che effetto fa, a un alto funzionario dello
Stato, venire a lavorare a Trieste, città italiana diversa, per storia, da tutte
le altre? Sono molto onorata dell’incarico. È un onore di cui cercherò di essere
degna. Ovunque abbia lavorato, da Matera ad Arezzo, ho sempre cercato di
rispondere, interpretandole, alle esigenze del territorio, che sono sempre
differenti di posto in posto. Il quadro istituzionale è quello, i bisogni delle
comunità cambiano, e ogni volta è un po’ come reinventarsi il mestiere. Ne sono
consapevole ancor di più qui, in una regione a statuto speciale, in una città
dalla storia carica di significati e di grande memoria. È una città che, oggi,
paga a caro prezzo la crisi. Lei arriva in una fase calda, di emergenza
occupazionale, in cui spesso il prefetto viene chiamato a mediare, attorno a un
tavolo. Cosa si aspetta da questo fronte? Mi aspetto di dover affrontare un
lavoro impegnativo, da fare assieme alle istituzioni locali per assicurare,
recuperare là dove servisse, il più alto tasso possibile di serenità sociale e
di prospettive. Da parte dello Stato, che rappresento in questa sede, c’è tutto
l’impegno ad ammortizzare, per quanto possibile, sotto il profilo sociale, le
crescenti difficoltà causate dalla crisi. Una crisi che, qui, adesso, forse si
avverte più che altrove, più che in altre realtà in cui sono stata chiamata a
lavorare, forse anche perché si viene da una storia di maggior benessere. Ho
vissuto e lavorato in territori anche più depressi, dove già a suo tempo le
dismissioni aziendali, le casse integrazioni e le mobilità erano all’ordine del
giorno. Diciamo che purtroppo sono preparata. Una delle esigenze del territorio,
cui lei si richiamava, qui è costituita dalla necessità di dare slancio all’iter
delle bonifiche. Come intende procedere, per quanto di sua competenza? Posso
assicurare che intendo entrare al più presto nel vivo del problema. Me ne farò
carico immediatamente. Per intanto urge il caso del passaggio delle scorie
radioattive, che doveva avvenire proprio nel giorno del suo insediamento ma è
slittato... Sono stata aggiornata sulla questione dai miei nuovi collaboratori
prefettizi proprio stamattina (ieri, ndr). E qui posso affermare, serenamente,
che l’operazione verrà condotta con il rigore e l’impegno necessari per
assicurare che tutto avvenga nelle dovute condizioni di sicurezza. Ciò che dev’essere
chiaro, però, è che in questo caso non c’è nulla di straordinario, di
stravolgente. Siamo in un quadro di intese internazionali. Ed è un’operazione
come se ne fanno altre in altre parti d’Italia, in cui ad essere coinvolte,
sulla base di presupposti e protocolli tecnici rigorosi, sono le prefetture
delle città da dove il materiale parte e quelle in cui transita. Lo dice senza
ansie una persona come me che proviene da una sede, Matera, dove c’era una
centrale nucleare. Proprio in questi giorni, tuttavia, sono arrivate le
critiche, per il poco tempo che avrà per esaminare i documenti, da parte del
Comune, che lamenta ad esempio come la Prefettura di Venezia abbia addirittura
messo già on-line la sintesi del piano di sicurezza. Come risponde? Non rispondo
per il passato. Posso farmene carico per guardare avanti, questo sì, ma per
intanto credo che gli apparati che da oggi (ieri, ndr) io dirigo abbiano usato
la medesima accuratezza che ho visto in qualsiasi altro posto. Ripeto,
preferisco guardare avanti. Ho uno spirito pragmatico. Quello della casalinga di
Voghera, anche se non sono una massaia. So però cucinare, pur avendo poco tempo
per farlo...
Piero Rauber
Dalla Carinzia aTrieste in bici: le istituzioni ci
credano - La lettera del giorno di Fabio Denitto
Da alcuni anni la bicicletta è al centro dell’attenzione degli
amministratori pubblici. Così, nella nostra città, il nuovo Piano regolatore
prevede tre nuove piste ciclabili sulle rive, in via Battisti verso San Giovanni
e in viale D’Annunzio verso Rozzol, e sta per decollare il progetto del “Bike
sharing”, installazioni di biciclette a disposizione dei cittadini. Ma non si
tratta solo di spostamenti ecosostenibili, questo mezzo a due ruote infatti ha
anche una valenza turistica: mai come quest’anno, infatti, si sono visti in giro
per Trieste tanti turisti con il manubrio della bicicletta in una mano e la
carta topografica nell’altra. Ne sanno qualcosa anche sul Collio dove le
presenze dei cicloamatori sono raddoppiate in poco più di un anno e molti sono
gli amanti delle due ruote che partono direttamente dall’Austria aderendo al
progetto “Marketing del Collio”. E non a caso di piste ciclabili hanno parlato
anche Tondo e Doerfler, il governatore della Carinzia, nel loro ultimo incontro.
Grado poi da tempo ha “inforcato la bicicletta” organizzando raduni dei
cicloturisti e offrendo loro la possibilità di andare con il loro mezzo
preferito fino a Palmanova. Il recente drammatico incidente che ha visto
coinvolto un ciclista sulla Costiera ha spinto una lettrice a parlare di un
rinnovo della strada con l’inserimento di una pista per ciclisti che ne
garantisca l’incolumità. Prevenzione sacrosanta, ma qui si tratta di ben altro.
Qui si tratta di inserire Trieste (con il tassello della Costiera) in un
circuito ben più vasto e ben più strutturato che ormai si sta delineando dalla
Carinzia lungo il tratto dismesso dalle ferrovie in Canal del Ferro fino al
Collio, a Trieste, alla Parenzana, arrivando così in Croazia. E chissà, forse un
domani fino a Capo Promontore, apice dell’Istria. Il cicloturismo infatti uscirà
sempre di più dalla sua nicchia e, complice una restrizione dei consumi unita a
una più profonda presa di coscienza ambientale, diventerà un turismo da grandi
numeri. E non solo. Come diceva Josep Ejarque, il responsabile regionale del
turismo ai tempi di Illy, il turista moderno cerca esperienze nuove e uniche.
Che tale potrebbe essere la visione del mare Adriatico venendo in bicicletta dai
monti della Carinzia e della Carnia: uno spettacolo mozzafiato, unico, appunto.
Perciò questo di una vera pista ciclabile in Costiera dovrebbe essere un
progetto da portare avanti dalle amministrazioni pubbliche. Dalla Provincia in
primis (prima che l’aboliscano) e dalla Regione. Si sa benissimo che le finanze
sono in sofferenza, ma si potrebbe procedere intanto con il progetto e poi a
lotti successivi come si è fatto in Val Rosandra. Del resto alcuni tratti sono
già sufficientemente larghi per ricavarci una pista ciclabile e in alcuni punti
si potrebbero prevedere percorsi aerei su piloni, senza dover necessariamente
allargare la strada, cosa oggi impensabile. Cos’aspettiamo dunque a offrire ai
futuri cicloturisti di mezza Europa “la più bella pista ciclabile d’Italia”?
Conferenza sulla fauna
Alle 18 al Centro servizi volontariato di Galleria Fenice 2 (III piano), la Lipu di Trieste organizza una conferenza pubblica sul tema: “Fauna selvatica urbana: convivenza possibile, comportamenti corretti da tenere”. Interverranno Ilario Zuppani e Matteo Giraldi. Verranno presentate le specie di fauna selvatica urbana che a volte creano problemi più o meno importanti, a volte ci allietano con la loro semplice presenza. Verranno inoltre illustrati i comportamenti degli animali e delle persone con cui convivono.
IL PICCOLO - LUNEDI', 5 novembre 2012
Il gasdotto Southstream “salta” la Croazia
L’infrastruttura toccherà Serbia, Ungheria e Slovenia. Centinaia di
milioni in fumo per Zagabria
TRIESTE È il più grande affare del secolo per i Balcani. Parliamo della
realizzazione del gasdotto Southstream che, con la sua forma a ipsilon garantirà
la fornitura di metano dai giacimenti del Caucaso all’Europa centrale (via
Tarvisio) e all’Italia meridionale (via Otranto). Ma dalla valanga di
investimenti e di nuovi posti di lavoro è rimasta inopinatamente (per Zagabria)
fuori la Croazia. Il tracciato del gasdotto, infatti, transiterà in territorio
serbo solo sfiorando la Croazia all’altezza di Subotica per poi passare in
Ungheria, quindi in Slovenia fino al confine italiano a Rate›e. E a Zagabria la
delusione è palpabile. Per capire che cosa ha perso la Croazia basta fare un
piccolo paragone con quanto ci “guadagna” la Serbia: nelle casse dello Stato
affluiranno 200 milioni di euro e si calcola che dovrebbero nascere circa
duemila nuovi posti di lavoro. Particolarmente deluso il capo dello Stato, Ivo
Josipovi„ il quale imputa il mancato affare alla cattiva politico dello Stato
croato nei confronti degli investitori russi. È giunto il momento, ha detto
Josipovi„, di interrogarci «dove abbiamo sbagliato». Ricordiamo che il progetto
Southstream vale 15,5 miliardi di euro di investimenti e che i partner della
realizzazione sono la russa Gazprom, l’italiana Eni, la francese Edf e la
tedesca Wintershal. Southstream riverserà sui mercati del Sudeuropa a partire
dal 2015 qualcosa come 63 miliardi di metri cubi di gas all’anno. E la Croazia
consuma annualmente 3,4 miliardi di metri cubi di metano, 2,2 miliardi dei quali
vengono importati. Intanto lunedì scorso i rappresentanti di Gazprom e di
Srbijagas hanno sottoscritto l’accordo finale per gli investimenti nel troncone
serbo di Southstream. Investimenti che toccano quota 1,7 miliardi di euro per un
tracciato lungo 470 chilometri. Simili accordi sono già stati sottoscritti con
Gazprom, oltre che da Belgrado, anche dalla Slovenia, dalla Bulgaria,
dall’Ungheria, dalla Grecia e dall’Austria. Con la Turchia, nel dicembre dello
scorso anno, la Russia ha firmato un accordo in base al quale Ankara lascerà che
il gasdotto passi sui fondali delle sue acque territoriali nel Mar Nero. Dallo
scorso febbraio al progetto si è avvicinato anche il Montenegro. In base agli
accordi raggiunti attraverso la Slovenia trasniterannno circa 26 miliardi di
metri cubi di gas all’anno e nel paese rimarrà la quantità di gas necessaria a
soddisfare il fabbisogno nazionale. La costruzione del tratto europeo di
Southstream inizierà il 9 novembre in Bulgaria. La prima “pietra” della
realizzazione sarà posta dal presidente bulgaro Bojko Borisov e da quello russo
Vladimir Putin. L’opera sarà conclusa nel 2015. L’Italia, come ribadito a Brdo
pri Kranju di recente dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi, è molto
interessata affinché il terminale Nord del gasdotto arrivi fino a Tarvisio.
Mauro Manzin
«Uranio, operazione mal gestita Piano mai arrivato in
Comune»
L’irritazione del vicesindaco Fabiana Martini: «Aspetto i documenti, ma
avrò poco tempo per esaminarli» Mercoledì o giovedì il vertice in Prefettura.
Greenaction: «Pronti a entrare in azione». La nave ad
Ancarano
La “Sea Bird”, il cargo danese che dovrà trasportare le barre di uranio
radioattivo da ieri mattina è alla fonda al largo di Ancarano. Aspetta l’ok per
attraccare al porto di Capodistria, la prima tappa del viaggio delle scorie che
poi toccherà Trieste. Su quando la “Sea Bird” potrebbe attraccare all’ormeggio
54 in porto nuovo è fitto il mistero. L’operazione - altamente pericolosa -
gestita dalla Prefettura avrebbe dovuto aver luogo questa mattina all’alba. Ma
durante la scorsa settimana le resistenze (soprattutto della Regione) e altre
questioni tecniche e organizzative relative soprattutto al trasporto via terra
delle barre di uranio dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di
Vercelli hanno rallentato la macchina. Un’operazione gestita male. Tant’è che,
mentre la prefettura di Venezia (la prima fuori regione) ha già messo in rete
sul proprio sito istituzionale la sintesi del piano della sicurezza, quella di
Trieste lo farà, come ha annunciato il prefetto vicario Rinaldo Argentieri, solo
tra qualche giorno. Quando i Comuni interessati potranno avere la relazione. Ma
fino all’altra sera il documento (fondamentale per gestire sul territorio il
transisto del carico pericolosisimo) non era ancora arrivato sul tavolo dei
diretti interessati. Che - è bene ricordarlo - saranno chiamati a partecipare a
una riunione ad hoc in Prefettura prevista tra mercoledì e giovedì. E su questo
aspetto dei ritardi delle comunicazioni il vicesindaco Fabiana Martini è
piuttosto irritata. Dice: «So che stavano riscrivendo i piani dell’emergenza
anche in riferimento alla centrale nucleare più vicina che è quella di Krsko.
Quando troverò quel documento lo esaminerò. Ma credo che questa questione poteva
essere gestita in modo diverso, coinvolgendo fin da subito come è avvenuto in
Veneto i Comuni interessati. Ci troveremo a dover dare un parere in due giorni.
Ci voleva più chiarezza. È mancata la gestione dei tempi. E ora rischiamo di
trovarci a decidere in breve». D’altra parte, dietro l’angolo, c’è anche la
possibilità di un’ordinanza direttamente da parte del capo della protezione
civile Franco Gabrielli. In questo senso è più possibilista l’assessore Umberto
Laureni. Dice: «Ho sollecitato la riunione formale in Prefettura. Mi auguro che
non si arrivi a un provvedimento da Roma. Perché questa un’occasione di dare un
segnale di serietà istituzionale alla gente». Insomma un vero e proprio
pasticciaccio. Che potrebbe anche aggravarsi rendendo il clima ancor più
incandescente da parte degli ambientalisti. Annuncia Roberto Giurastante
portavoce del movimento Greenaction transnational: «Siamo pronti. Nel caso di
una conferma ci saranno varie iniziative. Intanto con gli ambientalisti veneti e
sloveni monitoriamo la situazione».
Corrado Barbacini
Prevista anche la posizione del materiale nella stiva
La relazione è di “Mitradiopharma - Trasporti e logistica” e riguarda
espressamente la “Sea Bird”. Vengono dettagliatamente descritte le fasi del
trasporto marittimo dei carichi radioattivi contenuti in sette container di tipo
“20 ISO”. La data è quella dello scorso 27 settembre. In particolare vengono
previste due fasi. La prima riguarda le operazioni relative al porto di
Capodistria dove, si legge, «saranno caricati un container contenente un cask
con gli elementi di combustibile tipo Triga, un altro contenitore con la
sorgente neutronica e tre colli di attrezzatura di supporto». Nel porto di
Trieste saranno imbarcati due container, uno contenente cask con le lamine
Petten (le barre radioattive, ndr) e uno con l’attrezzatura di supporto. In
porto nuovo sarà utilizzata la banchina Frigomar che, si legge, «sarà segregata
e interdetta alla popolazione». Nella relazione vengono approfonditamente
esaminati altri due aspetti. Quello della navigazione fino al limite delle acque
territoriali con destinazione il porto di Charleston e addirittura la
predisposizione del carico pericoloso all’interno della stiva.
IL PICCOLO - DOMENICA, 4 novembre 2012
“Giallo” uranio, slitta il trasporto
Dopo la resistenza della Regione, il Prefetto convoca una conferenza dei
servizi per coinvolgere tutti gli enti
Dopo la resistenza della Regione, slitta, di qualche giorno, forse di una
settimana, l’operazione uranio. Il trasporto superprotetto (e al momento anche
supersegreto) delle barre radioattive provenienti dal deposito di Avogadro di
Saluccia in provincia di Vercelli dirette in Porto Nuovo per essere imbarcate su
una nave per gli Stati Uniti, in un primo momento era stato programmato per
lunedì mattina alle prime luci dell’alba. Poi già l’altra sera, sono diventate
sempre più frequenti le voci di un rinvio per consentire di sbloccare la
situazione, un “braccio di ferro” istituzionale tra Prefettura da una parte e
Regione (che controlla e gestisce la Protezione civile) dall’altra. L’unica cosa
certa è che il piano di sicurezza è pronto ed è stato già inviato a tutti i
Comuni della provincia interessati al passaggio del convoglio. Ma all’ultimo
momento sarebbe stato deciso di convocare una riunione in Prefettura a Trieste
alla quale sono stati invitati tutti i soggetti interessati. Il motivo è che
l’adozione del piano di sicurezza (e dunque il via al trasporto del carico
pericolosissimo) prevede che vengano «sentiti i Comuni con l’intesa della
Regione». È chiaro che sul termine “intesa” si è innescata la polemica. Infatti
già nei giorni scorsi più volte, prima l’assessore regionale Sandra Savino poi
la giunta, avevano espresso la assoluta contrarietà al transito del convoglio
con le scorte nucleari. Ma è altrettanto chiaro, come ieri ha rilevato il
prefetto vicario Rinaldo Argentieri che «non esiste alcun diritto di veto». In
pratica gli enti locali non possono bloccare il transito del carico diretto per
l’imbarco in porto nuovo. Per questo motivo ieri è stata avanzata un’ipotesi
alternativa, nel caso in cui dovessero continuare quelle che sono state definite
resistenze. A sbloccare la situazione potrebbe essere un’ordinanza del capo
della protezione civile Franco Gabrielli. «In questo caso sarebbe un’emergenza
nell’emergenza. Non ha senso. Stiamo definendo gli ultimi aspetti tecnico
organizzativi con la Regione. Dobbiamo dare la garanzia di sicurezza», ha detto
il prefetto vicario Argentieri. E la conferenza dei servizi che, stando ai si
dice, dovrebbe essere convocata per mercoledì, potrebbe finalmente sbloccare
l’impasse. Anche perché, spiegano in Prefettura, i cosiddetti poteri
dell’emergenza restano sempre in capo al Governo centrale. E intanto la
complessa macchina organizzativa comincia ad avviarsi. L’altra sera sul sito
della prefettura di Venezia è comparso il «piano di comunicazione relativo al
trasporto di combustibile nucleare irraggiato». Si legge che il documento «è
stato portato a conoscenza dei Comuni, il cui territorio è interessato dal
passaggio del convoglio dedicato, dalla Regione Veneto nel corso dell’incontro
svoltosi il 24 ottobre scorso ai fini dell’intesa secondo quanto previsto dalla
normativa». Vengono affrontate le ipotesi di incidenti per esempio dovuti a
collisione tra il mezzo con le barre radioattive e un’autocisterna con liquido
infiammabile ma anche la rottura dell’ancoraggio e lo spostamento del
contenitore.
Corrado Barbacini
«Divulgheremo il nuovo piano di sicurezza»
«Daremo tutte le informazioni di sicurezza alla popolazione. Lo faremo nei
prossimi giorni in tempo utile». Lo ha annunciato il prefetto vicario Rinaldo
Argentieri riferendosi alle operazioni relative al trasporto di materiale
radioattivo attraverso la provincia di Trieste. Ha aggiunto: «Come hanno già
fatto le altre prefetture delle città presenti lungo l’itinerario, anche quella
di Trieste diffonderà attraverso il sito istituzionale il piano di sicurezza per
la popolazione». Al momento pochi - nonostante l'imminenza della data - gli
elementi sicuri dell’operazione organizzata a Trieste dalla Questura. Saranno
"comandati" oltre cento tra poliziotti e carabinieri provenienti dal reparto
mobile di Padova e dal battaglione di Gorizia. Il timore è quello di un'azione a
Trieste dei «No Nuke»: i manifestanti che potrebbero cercare di bloccare il
transito fino in porto nuovo dei cinque chili di materiale radioattivo, proprio
come era successo nello scorso luglio durante un analogo viaggio di scorie verso
la Francia. A portare il combustibile sarà una sorta di convoglio composto da
una quindicina di mezzi con al centro un Tir nel cui carico ci sono le 10 barre
di uranio. Il carico pericolosissimo sarà sistemato all'interno di un
contenitore le cui caratteristiche sono quelle previste dal protocollo
dell'Enea.
Un altro carico in viaggio verso Capodistria
Il responsabile della sicurezza nazionale: niente allarmi, arriva da
Vienna in contenitori a prova d’urto
Il giorno e l'ora del trasporto sono tenuti segreti per motivi di sicurezza,
ma potrebbe trovarsi già nel porto di Capodistria il carico di uranio
proveniente da Vienna e destinato ad essere imbarcato sul cargo danese che
domani doveva essere a Trieste per imbarcare un carico analogo - barre di uranio
provenienti dal deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli -
prima di partire per gli Stati Uniti. La televisione slovena ha annunciato
l'imminente arrivo dell'uranio dall'Austria nel telegiornale di venerdì sera ma
senza specificare il giorno e l'ora del transito sulle strade slovene, per cui
non è escluso che il Tir con il materiale radioattivo, scortato soltanto dalla
polizia, abbia già raggiunto lo scalo capodistriano. Certo è che un altro carico
di uranio, che ha viaggiato nella direzione opposta, partito dunque dagli Stati
Uniti per raggiungere Capodistria via mare e poi Vienna via terra, ha transitato
su un Tir lungo le strade slovene già lunedì scorso. «Non è il caso di fare
allarmismi», è convinto il responsabile della Direzione nazionale slovena per la
sicurezza nazionale Andrej Stritar. I trasporti, secondo Stritar, vengono
effettuati nel pieno rispetto di tutte le norme di sicurezza europee. «I
contenitori nei quali sono depositate le barre di uranio - afferma il
responsabile della sicurezza nazionale - sono a prova d'urto e sono in grado di
sopportare temperature altissime, mezz'ora a 800 gradi centigradi, per cui il
rischio di fughe radioattive in caso di qualsiasi tipo di incidente è
praticamente inesistente». «In quanto alla segretezza - sottolinea Stritaro -
viene mantenuta sostanzialmente per due motivi. In primo luogo, si vuole evitare
che l'uranio possa finire in mani sbagliate. In secondo luogo, tenendo segreti
data e ora del passaggio del carico si evitano anche le proteste degli
ambientalisti, che potrebbero ostacolare il transito del materiale radioattivo.
Il Tir che trasporta l'uranio, in Slovenia sarà scortato soltanto da macchine
della polizia, senza altri mezzi al seguito. Il trasporto è organizzato dalla
Edlow International». Non è la prima volta che un carico radioattivo viene
trasportato lungo le strade slovene. Di questo viaggio il governo sloveno ha
discusso in settembre, ma l'opinione pubblica è stata informata soltanto quando
l'uranio da e per Vienna è transitato in autunno. Ora si è in attesa dell’uranio
dall'Austria ma non si sa quando transiterà lungo le strade slovene. Il Tir con
il materiale radioattivo, scortato soltanto dalla polizia, potrebbe avere già
raggiunto lo scalo capodistriano.
Franco Babich
Chiampore salvata col monte San Michele dal piano
antenne
L’assessore muggesano all’ambiente Fabio Longo spiega i criteri
fondamentali per la stesura della mappatura
MUGGIA A Chiampore e nei pressi del Monte San Michele non sarà installata
nessuna nuova antenna di telefonia mobile, poiché le zone sono già sature di
emissioni elettromagnetiche. È questo il “paletto” fondamentale posto dal
regolamento per gli impianti radio base, approvato all’unanimità dal consiglio
comunale di Muggia. L’amministrazione si è affrettata a precisare che il piano,
affidato alla società Polab srl di Pisa, è volto in primo luogo a “raggiungere
obiettivi di tutela e salvaguardia dall’esposizione indotta da campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici”. Prima di tutto la salute dei cittadini, insomma.
Si spiega così anche il veto categorico imposto sull’installazione di antenne
nei pressi di asili nido, scuole di ogni ordine e grado, case di cura, case di
riposo per anziani, centri di accoglienza ed aree verdi attrezzate. Le richieste
dei gestori (Tim, Telecom, Vodafone, Wind, H3G) erano state precedentemente
quantificate in ventuno; in tutto, però, dovrebbero essere montati a Muggia non
più di una decina di nuovi impianti. Per quanto riguarda le aree interessate, si
era parlato di Aquilinia, zona industriale delle Noghere, zona cimitero, zona
stadio Zaccaria, Zindis-Porto San Rocco e Lazzaretto. Tuttavia, nello specifico,
non si sarebbe ancora deciso nulla: l’amministrazione conta di incontrare i
gestori nelle prossime settimane, per procedere ai sopralluoghi e
all’individuazione puntuale dei siti d’installazione. «Nessuna antenna per la
telefonia mobile sarà collocata a Chiampore e sul Monte San Michele – assicura
Fabio Longo, assessore all’ambiente – perché in quelle zone è già presente un
certo numero di impianti di radiotelevisione che emettono onde
elettromagnetiche». Inoltre, c’è il problema della rimozione dei tralicci
abusivi scoperti nell’aprile scorso dinanzi alla caserma dei Carabinieri: il
Comitato contro le antenne di Chiampore li segnalò al Comune, che contestò
l’abuso alle emittenti radiofoniche responsabili. Longo rivela che Vodafone ha
effettivamente formulato una richiesta di intervento sul Monte San Michele, ma
il regolamento parla chiaro. Nessuna nuova antenna, almeno finché non si saranno
ridotte le emissioni. Quello dell’inquinamento elettromagnetico è un tasto
sensibile nel territorio muggesano, anche perché le strutture sorgono spesso nei
pressi o all’interno di proprietà private. Gli “ecomostri” nel mirino dei
cittadini, tuttavia, sono soprattutto i tralicci per la trasmissione
radiotelevisiva, che deturpano il paesaggio e sono dannosi per la salute. Le
antenne per la telefonia mobile, a detta dei gestori, presenterebbero rischi
notevolmente minori in quanto la trasmissione delle onde avviene da ponte a
ponte, cioè da un’estremità all’altra delle antenne, senza coinvolgere gli spazi
sottostanti. Ciononostante, l’introduzione massiccia del wi-fi e la copertura
sempre più “a tappeto” del territorio spaventano i cittadini. Ecco perché
l’assessore Longo, assieme al sindaco Nerio Nesladek, ci tiene a tranquillizzare
i residenti e si impegna ad “organizzare degli incontri pubblici nei quali
ognuno potrà esprimere le proprie perplessità e formulare domande ai tecnici,
che risponderanno in maniera precisa e puntuale”. Queste iniziative partiranno
appena gli uffici comunali avranno chiara la mappa delle localizzazioni, tenuto
presente che le società di gestione delle telecomunicazioni hanno tempo fino al
31 marzo per modificare eventualmente le loro richieste. Qualsiasi istanza, in
ogni caso, dovrà passare al vaglio del Municipio, che nel regolamento ha messo
in evidenza il principio di minimizzazione, secondo il quale saranno preferite
opere di accorpamento degli impianti su strutture di supporto comuni o
quantomeno all’interno di siti comuni.
Davide Ciullo
IL PICCOLO - SABATO, 3 novembre 2012
Rigassificatore, inutile la guerra Nesladek-Tondo -
TAR: RICORSO IMPROCEDIBILE
Muggia si era rivolta al Tar per essere stata esclusa dalla Conferenza
dei servizi, ma il Consiglio di Stato ha poi stabilito che a decidere
sull’impianto dovrà essere il ministero
Non sarà la Regione a rilasciare eventualmente a Gas natural
l’autorizzazione a realizzare il rigassificatore a Zaule per cui è
“improcedibile” il ricorso avanzato dal Comune di Muggia per la sua esclusione
dalla Conferenza dei servizi che doveva esaminare il progetto definitivo. Lo ha
deciso il Tar, ma la sentenza era quasi scontata dopo che l’11 settembre scorso
la Regione ha riconosciuto la propria incompetenza al rilascio
dell’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio del terminale di
rigassificazione Gnl «con conseguente nullità - fanno rilevare nella sentenza
gli stessi giudici amministrativi - dell’atto di indizione della Conferenza dei
servizi, provvedendo a trasmettere tutta la documentazione al competente
ministero dello Sviluppo economico. Quanto sopra determina il venir meno
dell’interesse al ricorso, dato che il procedimento della Conferenza dei servizi
di cui il Comune ricorrente aspirava a partecipare è ormai interamente caduto.»
Con la sentenza dei giudici Umberto Zuballi, Enzo Di Sciascio e Oria Settesoldi
si è chiusa così anche formalmente la “guerra” che il sindaco di Muggia Nerio
Nesladek aveva dichiarato alla giunta regionale di Renzo Tondo. Il primo
dicembre 2011 infatti Nesladek aveva scritto al Servizio energia della Direzione
centrale Ambiente, energia e politiche per la montagna chiedendo di poter
partecipare alla Conferenza dei servizi indetta dalla Regione per l’esame del
progetto definitivo del rigassificatore. La Regione ha però rifiutato la
richiesta sul presupposto che il Comune di Muggia non risultando competente al
rilascio di alcuna autorizzazione di assenso in relazione al progetto presentato
non avesse alcun titolo a partecipare al procedimento in questione. Ma
l’amministrazione comunale muggesana ritenendo illegittimo il diniego aveva
chiesto l’annullamento dell’atto ritenendolo «illegittimo in quanto assunto in
violazione dei fondamentali principi di sussidiarietà e di leale collaborazione
tra enti equiordinati aventi pari dignità istituzionale». Il Consiglio di Stato
il 24 luglio ha stabilito che a doversi esprimere sul rigassificatore di Trieste
dovrà essere il ministero dello Sviluppo economico non avendo la Regione varato
un piano energetico. La direzione regionale dell’Ambiente l’11 settembre ne ha
preso atto e conseguentemente ha dichiarato «la nullità dell’atto di indizione
della Conferenza dei servizi prevista per il 26 ottobre e l’impossibilità per l
stessa di produrre qualsivoglia effetto giuridico.»
(s.m.)
Rigassificatore, esiste anche il diritto del cittadino
a dire no
La lettera del giorno di Arnaldo Scrocco (addetto stampa Comitato
salvaguardia del golfo di Trieste)
Egregio signor ministro dell’Ambiente Corrado Clini, leggiamo in questi
ultimi giorni la volontà istituzionale di distruggere Trieste con il definitivo
assenso alla costruzione del rigassificatore di Zaule, di cui - per come gli
uomini delle istituzioni ne hanno parlato - si rende palese che in questo
settore dell’energia ne capiscono poco, quasi nulla, ed è questa la sola ragione
per cui propagano da anni notizie non vere. Si sapeva che c’era (o quantomeno si
sperava che ci fosse) un mondo moderno e tecnologicamente sviluppato per un
vivere migliore, che il progredire del pensiero umano, nel nuovo tempo della
democrazia, fosse ricco anche di benessere etico e di rispetto generale per il
prossimo; e rispetto si desse al diritto di ognuno, com’è prescritto non solo
dagli insegnamenti della Costituzione ma dall’impeto dei pensieri cresciuti
nella sofferenza e nel sacrificio. Viceversa, signor ministro, constatiamo che
il diritto del popolo è soltanto la speranza di programmi evanescenti che
continuano a distribuire il seme della miseria spirituale e della corruzione. Il
diritto è un’esclusività delle caste di potere che autoassegnandosi il credere
di sapere più del lecito con oltraggioso procedere, soffocano il diritto al
libero pensiero. Se manca il diritto alla libertà non si può parlare di Stato
democratico, ma di settori violenti anche se questa violenza non mostra il
sangue che il popolo consuma con assurdi sacrifici, portati sull’altare di uno
“Stato padrone”. Queste caste del potere nello Stato si sono fatte serve. Tutto
questo provoca paure e dolore perché sappiamo d’essere considerati dei numeri in
cui lo Stato di potere realizza cose che non sono necessarie, e sicuramente con
danno grave alle popolazioni. Chiudiamo: il rigassificatore provocherà danni
irreparabili all’ambiente, obbligherà le popolazioni a vivere con la convinzione
d’essere state vendute e a provare la paura di possibili scenari distruttivi
(vedi Viareggio e si faccia un paragone sulle quantità poste in offerta da Gas
Natural); ragione per cui soffocherà ogni aspetto di amor patrio e di rispetto
per le istituzioni. Per quale controvalore? Qui ondeggia, al limite della sanità
mentale, una verità astratta predisposta nell’esclusivo interesse del potere
distribuito in modo malaccorto, in assoluta cecità e, quel che è peggio, con
scarse conoscenze tecnico-specifiche che non possono garantire né benessere, né
sostanziale ricchezza di speranze oneste, ma soltanto accrescimento di acredine
e il formarsi di fronde ostili nello stesso Paese cui questo governo vuole far
credere di agire in buona fede.
Uranio, la “resistenza” della Regione
Contraria al passaggio, non fornirà appoggio logistico. Pronto il piano B
per il trasferimento a Capodistria
L’uranio arriverà in Porto nonostante il “catenaccio” della Regione fin
dall’inizio contraria al passaggio del materiale radioattivo. Fino alle 13 di
ieri nè in questura, nè in prefettura era giunto l’ok dalla Regione. Una presa
d’atto delle modalità del trasporto pericoloso, ma fondamentale dal punto di
vista organizzativo. Tant’è che mercoledì scorso lo stesso questore Giuseppe
Padulano aveva sollecitato il documento della Regione anche per poter emettere
l’ordinanza in tempo utile. La Regione non può bloccare il carico ma non
collabora. La data del trasporto delle barre di uranio provenienti dal deposito
di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli, confermano in questura, sarà
quella di lunedì 5. L’ora prevista è attorno alle 5 del mattino. Ma l’ultima
parola, quella definitiva, spiegano, non è ancora stata detta. Pare proprio per
il ritardo dalla Regione. Tant’è che, fanno sapere, sarebbe già stato anche
approntato il cosiddetto piano “b”. Quello che prevede il trasporto - con
modalità differenti - via terra direttamente al porto di Capodistria. Da dove
poi la nave dell’uranio dovrebbe salpare con destinazione la costa del Pacifico
degli Stati Uniti. Il piano principale prevede che la destinazione delle barre
sia il porto nuovo. E in particolare la stiva di una nave ormeggiata per poche
ore al molo settimo che, quello stesso giorno, arriverà da Capodistria (dove è
programmato l'imbarco di un analogo carico giunto dall'Austria via Slovenia)e
dopo poche ore salperà verso gli Stati Uniti portando nella propria pancia una
ventina di barre radioattive. Al momento pochi - nonostante l’imminenza della
data - gli elementi sicuri dell’operazione. Per la quale saranno “comandati”
oltre cento tra poliziotti e carabinieri provenienti dal reparto mobile di
Padova e dal battaglione di Gorizia. Il timore è quello di un’azione a Trieste
dei «No Nuke»: i manifestanti che potrebbero cercare di bloccare il transito
fino in porto nuovo dei cinque chili di materiale radioattivo, proprio come era
successo nello scorso luglio durante un analogo viaggio di scorie verso la
Francia. A portare il combustibile sarà una sorta di convoglio composto da una
quindicina di mezzi con al centro un Tir nel cui carico ci sono le 10 barre di
uranio. Il carico pericolosissimo sarà sistemato all’interno di un contenitore
le cui caratteristiche sono quelle previste dal protocollo dell’Enea. Il Tir
viaggerà alla velocità di 80 chilometri all’ora e non potrà mai interrompere la
corsa. Gli altri mezzi di scorta viaggeranno alla distanza di sicurezza dal
mezzo principale di circa 50 metri. Le pattuglie della squadra volante e dei
carabinieri saranno impiegate per bloccare temporaneamente il passaggio
attraverso gli accessi alla Grande viabilità durante il transito del carico
radioattivo. I tecnici dell'Arpa effettueranno controlli delle radiazioni e le
successive bonifiche lungo tutto il percorso sia prima che dopo il passaggio del
convoglio con le barre radioattive. Il piano prescrive una serie di rilevamenti
anche su “matrici ambientali e alimentari” soprattutto nel caso di incidenti. I
particolari dell'operazione sono stati nei giorni scorsi al centro di numerose
riunioni tecniche in prefettura per mettere a punto i servizi di forze
dell'ordine, tecnici della Regione, Arpa, vigili del fuoco e protezione civile
per garantire tutte le misure di sicurezza.
Corrado Barbacini
L’assessore Savino: «Non diamo l’avallo politico»
L’assessore regionale Sandra Savino lo aveva detto e ieri lo ha ripetuto:
«Sono contraria al trasporto attraverso il territorio della Regione delle scorie
nucleari». Quanto alla lettera inviata dalla Questura alla Regione, Savino che è
assessore all’ambiente dice di non averne mai saputo nulla. Poi afferma secca:
«Ribadisco ancora una volta la mia contrarietà. Se la Questura o la Prefettura
hanno la necessità di un avvallo politico, da me non lo avranno. No di sicuro».
E poi prosegue: «Se non dò l’autorizzazione so che passano comunque. Che senso
ha chiedere l’autorizzazione se fanno quello che vogliono?». Della posizione di
Savino si sapeva già nello scorso mese di agosto quando era esploso il caso
delle barre radioattive in transito fino al Porto nuovo. Tant’è che la Giunta
regionale aveva ufficialmente confermato il "no" al passaggio dello speciale
carico statunitense nel porto di Trieste, proprio su proposta dell'assessore
all'Ambiente Sandra Savino.
Muggia, approvato il piano per le antenne telefoniche
Il documento è stato votato all’unanimità. La mappa è stata redatta da
una società di Pisa. Obiettivo: ridurre al minimo l’esposizione alle onde
elettromagnetiche
MUGGIA È stato approvato all’unanimità dal Consiglio comunale di Muggia il
regolamento della telefonia mobile. Per ottemperare a quanto previsto dalla
legge quadro (la n. 36/2001) e da quella regionale n. 3 del 2001, in merito alla
redazione del regolamento comunale per la telefonia mobile volto a disciplinare
le installazioni degli impianti radio base, nell’ottica di raggiungere obiettivi
di tutela e salvaguardia dall’esposizione indotta da campi elettrici, magnetici
ed elettromagnetici, il Comune ha ritenuto di procedere con l’iter di
affidamento dell’incarico. Tra le proposte valutate, l’incarico è stato quindi
affidato alla società Polab srl di Pisa che ha proposto diversi elaborati
progettuali che costituiscono il regolamento comunale per la telefonia mobile:
il regolamento vero e proprio, la mappa delle localizzazioni e l’elaborato di
analisi degli impatti elettromagnetici. In tal modo il Comune si prefigge
diverse finalità quali, oltre a tutelare la salute umana, l’ambiente ed il
paesaggio come beni primari, assicurare il corretto insediamento territoriale
degli impianti attraverso una razionale pianificazione degli stessi al fine di
minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici e
assicurare ai gestori la copertura del servizio. Disciplinare le procedure per
l’installazione, modifica, riconfigurazione, delocalizzazione, dismissione e in
generale la gestione di tutti gli impianti e stabilire i criteri per
l’attuazione delle azioni di risanamento risultano aspetti altresì fondanti del
regolamento, oltre al garantire il contenimento dell’inquinamento ambientale
derivante dalle emissioni elettromagnetiche degli impianti ed il conseguimento,
nell’esercizio degli stessi, del principio di minimizzazione anche mediante
l’accorpamento degli impianti su strutture di supporto comuni o quantomeno
all’interno di siti comuni. In quest’ottica, l’amministrazione comunale
individua le aree del territorio definite preferenziali per l’installazione
degli impianti, quelle controindicate e quelle in cui le installazioni sono
vietate. Da qui nasce la mappa delle localizzazioni, documento che contiene la
localizzazione degli impianti esistenti, i programmi di sviluppo delle compagnie
richiedenti, i siti sensibili, quelli controindicati e la sintesi delle
soluzioni individuate dal Comune. «Colgo l’occasione per ringraziare tutti i
consiglieri comunali del voto espresso in Consiglio al fine dell'approvazione
del regolamento comunale per la telefonia mobile che mi ha visto impegnato da
parecchio tempo a questa parte» ha dichiarato l’assessore Fabio Longo
aggiungendo che “con l’approvazione di tale regolamento vi è stato stabilito il
principio di precauzione, che deriva dalla normativa comunitaria, necessario
alla tutela della salute dei cittadini”. Tale principio prevede, cioè, che
l’amministrazione comunale promuova e svolga in concreto forme di contrasto
volte ad assicurare il rispetto dei limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici sul territorio comunale secondo i parametri emersi dalla più
recente evoluzione scientifica e normativa anche di derivazione comunitaria in
materia con prioritaria attenzione alla tutela del diritto fondamentale alla
salute e, quindi, al principio di precauzione. Buon lavoro svolto e
apprezzamento per il regolamento espresso in Consiglio anche per il consigliere
Gretti che ha sottolineato lo scambio proficuo considerando che “...l’obbiettivo
è la salute dei cittadini e credo che con questo regolamento si riescano a
mettere dei paletti...” e ha invitato ad organizzare un nuovo ulteriore incontro
con i cittadini che potrebbe avere maggiore riscontro dato che quello già
organizzato era “molto interessante e spiegava tante cose che magari al
cittadino medio sfuggono”. E, in conclusione, l’assessore Longo si è premurato:
«Sull’argomento rivolgo a tutti l'invito all'uso dell'auricolare per allontanare
dalla testa il telefonino durante le conversazioni evitando così di sottoporsi a
radiazioni specialmente in assenza di campo o con campo ridotto e sconsiglio
altresì l’uso dei cellulari da parte dei bambini. Rimango inoltre disponibile
per ogni richiesta di colloquio con i cittadini sull’argomento».
(a. g.)
SEGNALAZIONI - Borgo giuseppino - No ai parcheggi a pagamento
A seguito dell’ulteriore incontro avvenuto nella sede della IV Circoscrizione tra il presidente, i consiglieri circoscrizionali della Commissione traffico e una rappresentanza di residenti e commercianti sulla questione della trasformazione degli attuali parcheggi liberi in parcheggi a pagamento nelle vie del Borgo Giuseppino (via Economo, Lazzaretto Vecchio, dell’Università, Belpoggio, Salita al Promontorio e vie limitrofe) inseriti nel nuovo Piano del traffico, desidero esprimere il mio parere personale in merito. In qualità di consigliere circoscrizionale della Lega Nord, voglio rimarcare la netta contrarietà alla realizzazione dei parcheggi a pagamento (avendo già presentato in Consiglio circoscrizionale una mozione in merito e votata con parere favorevole dalla maggioranza dei colleghi consiglieri bipartisan!) nelle vie interessate, motivando che la zona è prettamente residenziale e non fa parte del centro storico. Concludo chiedendo all’amministrazione, nel caso si decida di realizzare un numero di posti a pagamento, di venire incontro ai numerosi residenti ed esercizi commerciali presenti nelle zone interessate, fornendo loro gratuitamente il bollino di esenzione al pagamento come avviene in molte altre città italiane.
Adriano Ostrouska consigliere IV Circoscrizione Lega Nord
IL PICCOLO - VENERDI', 2 novembre 2012
L’Ogs: «Citazioni strumentali nessun appoggio al
rigassificatore»
Quattro oceanografi scrivono alla presidente Pedicchio: «Nelle sue
iniziative Gas Natural tira in ballo indebitamente l’Istituto, c’è abuso del
nome».
Possibile una tutela tramite l’Avvocatura dello Stato
Dodici oceanografi, un geologo e Gas Natural. In mezzo un nome prestigioso,
Ogs. In prospettiva, una contestazione che potrebbe mettere l’Osservatorio di
oceanografia e geofisica sperimentale in rotta di collisione con la
multinazionale spagnola che solo pochi giorni fa ha allestito gazebo di
pubblicità per il rigassificatore nella baia di Zaule e ha distribuito nelle
cassette della posta di Trieste cartoncini pubblicitari con accattivante
propaganda per l’impianto fin qui contestato dalle amministrazioni pubbliche, ma
prima di tutti proprio da esponenti dell’Ogs assieme a docenti universitari
riuniti nel Tavolo tecnico rigassificatore allestito dalla Uil Vigili del fuoco.
Oggetto della contesa: abuso del nome, strumentalizzazione dell’istituto di
ricerca, atto che crea corresponsabilità mentre la multinazionale non ha mai
nominato Ogs suo partner o consulente. Nel sito di Gas natural dove sono stati
raccolti dati, documentazione, analisi e misurazioni del mare e degli impatti
che avrebbe l’impianto di rigassificazione sono state riportate anche le
“domande e risposte” del questionario “on line” attivato dalla Provincia e poi
passato a un gruppo tecnico per tradurre e veicolare le risposte. In questo
capitolo e in altri, specie là dove si analizzano le questioni ambientali,
appare ripetutamente citata (nel paragrafo “Ambiente” per 16 volte)
l’espressione “in accordo con Ogs”, o “come da esplicita richiesta dell’Ogs” in
materia di temperatura dell’acqua, salinità, qualità e quantità dei venti nella
baia. Quattro oceanografi dell’istituto hanno scritto una lettera alla
presidente Maria Cristina Pedicchio e al direttore generale Franco Coren.
Segnalano «strumentalizzazione» dell’istituto: «Il contesto nel quale Ogs viene
citato nelle iniziative del proponente del rigassificatore (sito web, gazebo
stradali) potrebbe indurre il pubblico a ritenere che l’Istituto abbia
concordato o approvato le modellazioni citate. Tale impressione sarebbe errata.
A quanto ci risulta, Ogs non le ha mai esaminate né, tantomeno, approvate». I
quattro studiosi chiedono che l’istituto prenda iniziative «presso chi sta
abusando del suo nome». Le contestazioni ai calcoli di Gas natural erano state
particolarmente severe proprio sui dati di base usati per ipotizzare le
conseguenze del processo di rigassificazione sul mare: abbassamento delle
temperature, maree, forza e direzione dei venti. L’unico punto di contatto
tecnico-scientifico avvenne proprio in conseguenza del questionario della
Provincia, i cui risultati furono presentati all’Area di ricerca l’8 febbraio
2011. In quell’occasione, ricordano gli oceanografi, l’allora presidente
dell’Ogs Iginio Marson criticò le deduzioni fino ad allora prodotte da Gas
natural, indicando quali sarebbero dovuti essere i parametri da prendere in
considerazione. «Il 24 febbraio il consulente dell’impianto produsse le nuove
modellazioni, e a Ogs non è stato mai chiesto di esaminarle» concludono gli
studiosi. Una cosa è dare suggerimenti, altra cosa - protestano - è passare per
“co-firmatari” di uno studio tecnico. La presidente dell’Ogs Maria Cristina
Pedicchio afferma di dover prendere ancora visione del caso. Non era presidente
quando i fatti avvennero. Il direttore Franco Coren ha indirizzato invece una
lettera di risposta non solo a quattro, ma a 12 oceanografi tra cui ci sono un
paio di direttori di sezione, e a un geologo altrettanto implicato nella
vicenda. Ha chiesto a tutti di raccogliere e consegnare la documentazione
completa da cui risulti dove e come Gas natural ha speso il nome dell’Ogs.
Guardare le carte servirà «a predisporre un eventuale richiesta di tutela per il
tramite dell’Avvocatura dello Stato».
Gabriella Ziani
Gasdotto South Stream, siglato accordo in Ungheria
MILANO Un accordo per la costruzione del gasdotto South Stream in Ungheria è
stato firmato ieri dal vicepresidente del Gazprom Aleksandr Medvediev e dal
presidente-amministratore delegato dell’Ente nazionale dell’elettricità
ungherese Mvm Csaba Baji, gestore del progetto in Ungheria. L’infrastruttura
South Stream è destinata a fornire gas russo all’Ue attraverso il Mar Nero,
bypassando l’Ucraina, spesso in conflitto con la Russia per il trasporto del
gas. Il tratto in Ungheria sarà di 229 chilometri, e passerà dalla frontiera con
la Serbia verso la Slovenia. I costi sono calcolati in 600 milioni di euro e la
capacità di trasporto è pari a 30 miliardi di metri cubi. Il gasdotto, stando al
programma, sarà attivo il primo gennaio 2016. Una delegazione di Gazprom guidata
dal responsabile del Dipartimento project management, Leonid Chugunov, si è
recata nei giorni scorsi anche in Serbia per un incontro generale degli
azionisti della joint venture South Stream Serbia AG. Al termine del meeting,
spiega una nota di Gazprom, è stata adottata la decisione finale di investimento
relativa al progetto South Stream. «La transizione verso la fase degli
investimenti con riferimento al segmento serbo del gasdotto fornirà nuove
opportunità di crescita per l'economia nazionale e garantirà benefici di lungo
periodo dalla partecipazione al progetto. Secondo stime preliminari - ha
dichiarato Leonid Chugunov - l'implementazione di South Stream porterà alla
creazione di circa 2.200 posti di lavoro in Serbia e sarà in grado di attrarre
circa 1,5 miliardi di investimenti diretti». A sua volta il direttore generale
della compagnia statale Srbijagas, Dusan Bajatovic, ha affermato di essere
soddisfatto che la Repubblica di Serbia «sia il primo Paese partecipante al
progetto South Stream ad adottare la decisione finale di investimento» e ha
aggiunto che la realizzazione del progetto «sta rispettando le tempistiche
programmate, con il pieno supporto del nostro governo». A breve, ha precisato,
«saremo in grado di iniziare i lavori preparatori per la costruzione del
segmento serbo di South Stream».
Tornano i laboratori del Wwf E la “star” è una stella
marina . EVENTI»L’INIZIATIVA
L’Area marina protetta di Miramare propone per i bambini il “Bestiario
tattile” Domenica 11 novembre riprendono le escursioni sul Carso per tutta la
famiglia
Incontri tattili con le stelle marine, uscite naturalistiche alla scoperta
della fauna del Carso tra caprioli, lepri, volpi, ma anche pettirossi e
fringuelli. Riprendono a inizio novembre le attività dell’Area marina protetta
di Miramare che proseguiranno per tutto novembre e dicembre (il calendario
completo è disponibile sul sito www.riservamarinamiramare.it). Domenica a
Miramare riprende la stagione dei laboratori tattili, ludici e scientifici per
parlare degli abitanti del mare e della costa che per vivere in simbiosi con
l’ambiente marino si sono adattati al meglio. Per conoscerli davvero non c’è
niente di meglio che scoprirli da vicino. Ed è questo lo scopo del laboratorio
per bambini “Bestiario tattile”. L’esperienza, che coinvolge i sensi dei bimbi
per accompagnarli alla scoperta di alcuni organismi marini, porterà domenica
prossima i giovani “esploratori dell’ambiente marino” a conoscere da vicino un
simpatico animale: la stella marina. Il laboratorio, che inizierà alle 11,
porterà i ragazzi a rivedere le proprie idee su questo solo apparentemente
innocuo e simpatico organismo marino. Cinque braccia, uno stomaco estraibile e
una fame da lupo, la stella marina è infatti un carnivoro pieno di risorse per
procurarsi il cibo. I laboratori tattili e scientifici sono adatti ai bambini
dai 5 ai 10 anni e verranno svolti anche in caso di maltempo al castelletto di
Miramare. La prenotazione consigliata allo 040224147 interno 3 (orario ufficio)
o scrivendo a: info@riservamarinamiramare.it. Per tutta la durata del
laboratorio (11-12.30) il centro visite resterà chiuso al pubblico. Nel mese di
novembre il Centro sarà aperto le domeniche con orario 10-13 e 14-16.30, con
apertura straordinaria anche sabato 3 novembre. In questi giorni è consigliato
l’accesso dall’ingresso principale al bivio di Miramare. La settimana
successiva, domenica 11 novembre, riprendono anche le uscite naturalistiche
promosse dal Comune di Duino Aurisina in collaborazione con l’Area marina
protetta di Miramare, interrotte domenica scorsa a causa del maltempo. La
prossima passeggiata gratuita, nei dintorni di Medeazza, porterà a indagare
sulla “vita nascosta” della fauna che anche in questi mesi freddi rimane sul
territorio carsico lasciando discreti segni della propria presenza. La
prenotazione è obbligatoria e la durata della passeggiata, semplice e adatta a
famiglie con bambini, è di circa 3 ore. Per informazioni sull’orario di partenza
da Medeazza e per la prenotazione sono attivi il 3339339060 e la casella carso@riservamarinamiramare.it.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 novembre 2012
«Ferriera, riconversione impossibile» - L’esperto:
difficili altre produzioni con quei macchinari, resta la chiusura - DOCENTE
UNIVERSITARIO
«Riconvertire ad altre produzioni la Ferriera? Con quei macchinari, mi pare
cosa veramente difficile. Purtroppo io credo che il suo destino sia solo la
chiusura». Il problema che incombe da anni su Trieste come una nuvola nera, e
che adesso ha un suo primo drammatico epilogo nella vicenda della collegata
Sertubi che cessa la produzione, prende una conformazione diversa ma non
migliore, anzi, se osservato da un diverso punto di vista. A parlare è Gianni
Schena, docente di Recupero delle materie prime al dipartimento di Ingegneria
dell’Università di Trieste. Per il quale innanzitutto il “caso Ferriera” è -
mettendo tecnicamente da parte i problemi occupazionali e di gestione politica
della vicenda - un puntolino nella galassia delle produzioni di acciaio. E il
meno “ferrato”, per usare un gioco di parole. «Posto che non ci possono essere
compromessi di sorta tra salute e profitto - afferma Schena -, va detto che per
l’Italia è fondamentale la produzione di siderurgia di tipo integrale, il che
significa fare acciaio partendo dalle materie prime (ematite e carbone). E
abbiamo tre soli produttori in Italia: l’Ilva, che è la maggiore azienda in
Europa, Piombino e Trieste». L’Ilva come si sa è sotto sequestro per
inquinamento, Piombino in pre-fallimento, e Trieste (sempre sotto l’ala
Lucchini) di conseguenza. E non è impresa autonoma, produce solo la ghisa, e non
il prodotto finito, acciaio. «In Friuli Venezia Giulia c’è la Danieli - prosegue
il docente, paragone dopo paragone - che è una multinazionale produttrice di
tecnologie per fare acciaio, la quale possiede la Abs che invece fa acciaio
usando come materia prima i rottami (con rischio di inquinamento da rame). A
Udine poi c’è poi Ferriere Nord di Pittini, nuovamente acciaio prodotto da
rottami: azienda leader nel mondo per acciai destinati all’edilizia. Non un
prodotto sofisticato, però è incredibile: esporta perfino negli Usa e non ha
chiuso un solo giorno, deve essere - ragiona Schena - molto brava nel fare i
prezzi». L’acciaio, conclude il docente, non è sostituibile da altri materiali.
Ma Trieste fa solo ghisa per altri e dunque non ha alcuna forza, e l’ha persa
Piombino in un’Italia che è 11.a nel mondo per produzione di acciaio, con la
Cina largamente in testa a tutti e la Germania in settima posizione, secondo i
dati ufficiali di Federacciai.
(g. z.)
Il Piano del territorio convince anche Violino
La riforma passa nonostante i dubbi dell’assessore all’Agricoltura. In
arrivo 7 milioni per la montagna
TRIESTE Renzo Tondo chiede a Claudio Violino di non astenersi. L’assessore
della Lega Nord accetta, si adegua ma non capisce. Nel Piano di governo del
territorio «l’agricoltura è al solito trattata da cenerentola». Piccolo caso in
un giunta dimezzata – c’erano solo, con il presidente e Violino, Roberto
Molinaro e Elio De Anna – che adotta, su proposta di Riccardo Riccardi, una
riforma già sottoposta al parere del Consiglio delle Autonomie e della quarta
commissione. Riforma epocale che andrà a sostituire, 34 anni dopo, il Piano
urbanistico regionale. Il Pgt comprende una relazione di analisi del territorio
del Fvg, il Documento territoriale strategico che analizza anche i sistemi
locali, la Carta dei valori, le norme tecniche di attuazione e il rapporto
ambientale. Le delibera di adozione prevede che tutta la documentazione venga
pubblicata sul Bur e depositata per la libera consultazione nella sede della
direzione Infrastrutture, mobilità, pianificazione territoriale e lavori
pubblici e pure nelle quattro Province per un periodo di sessanta giorni. La
giunta ha stabilito inoltre che il materiale sia messo a disposizione del
pubblico attraverso il sito web ufficiale della Regione nella sezione “ambiente
e territorio”, che nelle pagine della pianificazione territoriale già informa
sull'iter di predisposizione del Pgt. Assieme a Violino, che insiste nel
ritenere l’agricoltura messa all’angolo, protesta anche Legambiente.
L’associazione ambientalista definisce il Piano «una scatola vuota senza norme,
supporti tecnici e consenso delle parti sociali e istituzionali» e attacca una
politica del territorio «sempre più priva di idee per il futuro, avida di un
potere discrezionale e screditata». La giunta regionale ha poi approvato il
riparto che finanzia lavori pubblici nei comuni della montagna per sette milioni
di euro. In dettaglio, il riparto distribuisce i fondi a 35 Comuni della
regione, classificatisi con il punteggio più alto nella graduatoria stilata
sulla base dei progetti d’intervento proposti dagli stessi Enti locali. A questi
se ne aggiungeranno prossimamente altri quattro che attingeranno alle risorse
ordinarie della direzione, portando in tal modo il totale dello stanziamento a
circa 7,8 milioni di euro. Dei 39 Comuni, 11 sono della provincia di Pordenone
mentre i restanti 28 di quella di Udine.
(m.r.)
Uranio in arrivo «Cittadinanza da informare»
Vertice in Regione, ieri, sull’arrivo a Trieste del materiale radioattivo
che partirà dal deposito di Avogadro di Saluggia, in provincia di Vercelli, alle
23 di domenica. Il carico transiterà lungo l’autostrada A4 sino a giungere al
Porto di Trieste verso le 5 del mattino di lunedì prossimo, cioè il 5 novembre:
allo scalo giuliano sarà infine caricato su una nave diretta negli Usa. Della
data, pare però che nell’ultima riunione non si sia parlato. Oltre a
rappresentanti della prefettura e della Regione, presenti ieri anche delegati
dei vari enti locali coinvolti dal passaggio del trasporto. Per il Comune di
Trieste, il vicesindaco Fabiana Martini e l’assessore all’Ambiente Umberto
Laureni, per la Provincia il vicepresidente Igor Dolenc e l’assessore
all’Ambiente Vittorio Zollia. Da Laureni è giunto l’invito a prefettura e
Regione a predisporre una nota congiunta per informare del programma, in modo
anche da «evitare rischi di allarmismo, che la situazione non merita», ha
sottolineato l’esponente della giunta Cosolini. Zollia e Dolenc attendono, come
gli altri attori interessati, di ricevere dei documenti dettagliati su come
avverrà l’operazione. Piano di sicurezza e piano di comunicazione insomma, che
ogni prefettura coinvolta dal transito del convoglio è chiamata a predisporre.
(m.u.)
La Costiera è poco sicura per tutti, bisogna
riprogettarla - La lettera del giorno di Ares Pecorari
È ora di finirla con le ipocrisie, la strada Costiera che congiunge Trieste
a Sistiana è da riprogettare. La carreggiata e le fasce di pertinenza, così come
tracciate, non tengono conto della tipologia del traffico che interessa
l’arteria e presentano criticità che impediscono di tutelare tutti coloro che la
percorrono, in particolar modo gli utenti deboli della strada. Sulla Costiera
transitano tantissimi ciclisti, ma chi ha progettato il tracciato ha
evidentemente più pensato a restringere la carreggiata per limitare la velocità
eccessiva e dissuadere il sorpasso degli autoveicoli (la legge glielo permette)
che a prendere in considerazione la sicurezza di pedoni, disabili, ciclisti e di
tutti coloro che meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla
circolazione stradale. Su entrambi i margini della carreggiata è stata tracciata
una linea bianca oltre la quale vi è una fascia di pertinenza asfaltata larga
circa un metro e mezzo dove solitamente (e a nostro avviso abusivamente in
estate) vengono parcheggiate le auto e le moto di chi va al mare. La mancata
manutenzione periodica di questo tratto pedonale è scandalosa, tanto da pensare
che l’ente preposto a tali controlli non faccia il proprio mestiere e di
conseguenza, non applicando i relativi provvedimenti nei confronti del
manutentore, favorisca questa cronica disattenzione. Nonostante la Costiera sia
stata asfaltata e riasfaltata una decina di volte negli ultimi trent’anni,
nessuno si è mai preoccupato di renderla veramente sicura né mai è stato aperto
alcun fascicolo giudiziario atto non solo a impedire un ulteriore deterioramento
del marciapiedi e a imporre un altrettanto pronto intervento di
ristrutturazione, ma anche ad accertare le responsabilità tecnico-politiche di
coloro che hanno sovrainteso a “questo andazzo”. Fossero tenuti a rimborsare la
comunità per i danni derivati dalle loro decisioni, questa condanna
costituirebbe un precedente sensazionale e un deterrente esemplare per chi
sbaglia e viene punito. Oggi, dunque, cogliendo al volo una delle poche
opportunità positive che ci offre l’attuale politica del rigore, ai nostri
rappresentanti in profumo elettorale forse possiamo far cambiare rapidamente
registro dando loro la possibilità di porre subito, all’attenzione di tutta la
gente, la loro serietà. Con questi politici seri, eletti da gente seria,
incidenti come quello del 20 ottobre scorso non sarebbero mai accaduti. Già
tanti anni fa si sarebbe ricavata sul lato mare una pista ciclopedonale protetta
da guard-rail sulla quale far transitare in tutta sicurezza la mobilità dolce
(pedoni, ciclisti, ecc.). Ora, alla luce di questo grave incidente, diventa
doveroso intervenire e anche con urgenza per garantire l’incolumità a tutti gli
utenti di questa strada. E, per completare l’opera e rendere più sicura la
viabilità, i nostri politici (o chi per loro) dovranno pianificare e
regolarizzare pure la sosta di quei mezzi parcheggiati pericolosamente lungo il
percorso o creando, fuori dalla carreggiata, opportunità sicure e sufficienti di
parcheggio, oppure prevedendo un sistema alternativo per permettere alla gente
di giungere in prossimità dei varchi, delle scalinate e delle discese (da
attrezzare con strutture idonee) attraverso le quali si possa scendere al fronte
mare in tutta sicurezza. A operazione “tutta sicurezza” conclusa, sulla strada
Costiera (escluse aree e itinerari descritti) deve essere tassativamente
impedita la fermata e la sosta di tutti i veicoli e, vietato (fuori ciclabile)
il transito delle biciclette. Rivolgendo un affettuoso augurio di pronta
guarigione a P.F., il ciclista urtato da un camion sulla Costiera e ricoverato
in rianimazione all’ospedale di Cattinara, vogliamo inoltre evidenziare che, a
prescindere dalle responsabilità di chi guidava l’automezzo, quello che è
successo sarebbe potuto accadere a tutti quelli che passavano di là in quel
momento, sia come ciclisti, che come conducenti.
CADOINPIEDI.it - MERCOLEDI', 31 ottobre 2012
Studio shock: l'aspartame può causare leucemia, mielomi
e linfomi
Si tratta dello studio più lungo, e dunque più attendibile,
sull'argomento
Infografica: i principali prodotti che contengono aspartame (source:
naturalnews.com)
L'aspartame può aumentare il rischio di leucemia negli uomini e nelle donne, di
mieloma multiplo e linfoma non-Hodgkin negli uomini.
Sono i risultati dello studio più lungo in assoluto sull'aspartame. I
ricercatori hanno analizzato i dati per un periodo di 22 anni. La ricerca ha
preso in esame un campione di 77.218 donne e 47.810 uomini. Ogni due anni, i
partecipanti hanno ricevuto un questionario dettagliato sull'alimentazione, e la
loro dieta è stata rivalutata ogni quattro anni.
I risultati hanno dimostrato che una sola lattina (355 ml) di soda light al
giorno, contenente aspartame, può causare:
- Rischio di leucemia più elevato del 42% negli uomini e nelle donne
- 102% di rischio in più di contrarre il mieloma multiplo (solo negli uomini)
- 31% di rischio in più di contrarre il linfoma non-Hodgkin (solo negli uomini)
La maggior parte degli studi precedenti sull'aspartame sono stati criticati per
essere troppo brevi ed imprecisi. Questo nuovo studio risolve entrambi questi
problemi.
Per approfondire, l'inchiesta di Report sull'aspartame.
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 31 ottobre 2012
La Giunta regionale adotta il cosiddetto
Piano di Governo del Territorio: una scatola vuota senza norme, supporti tecnici
e consenso delle parti sociali e istituzionali.
La pianificazione territoriale svuotata di senso e di ruolo fa
male alla Regione e alle comunità regionali, e lascia le mani libere a una
politica sempre più priva di idee per il futuro, avida di un potere
discrezionale e screditata.
L’adozione del cosiddetto Piano di Governo del Territorio da parte
della Giunta regionale avviene a conclusione di un iter di presentazione e
consultazione largamente insufficiente e anomalo, che ha raccolto diffuse
critiche da parte delle associazioni professionali e delle autonomie locali,
culminato nella bocciatura da parte del Consiglio delle autonomie locali.
Gran parte di questo dissenso, se non vera e propria preoccupazione, è dovuta al
fatto che, in realtà, il cosiddetto Piano di Governo del Territorio è una vera e
propria scatola vuota. Centinaia di pagine fra le quali mancano però le parti
decisive: le norme regolamentari aventi valore di legge, la cartografia a
supporto delle descrizioni e delle norme, una effettiva individuazione dei ruoli
e degli ambiti sovracomunali intermedi che dovrebbero gestire la pianificazione
di area vasta.
Manca in realtà – o come minimo nessuno lo conosce perché non ci sono evidenze
pubbliche di alcun genere – lo stesso supporto di legge che dovrebbe regolare
sia la procedura di approvazione del Piano, sia ogni decisione sui tempi e sulle
modalità della eventuale fase di passaggio tra il vecchio PUR e il nuovo PGT,
con rischi per privati e Comuni nella gestione dello stesso e con nessuna
conoscenza delle salvaguardie anche per gli aspetti ambientali, paesaggistici e
territoriali.
L’unica apparente motivazione di questo atto di forza sembra una deleteria
preoccupazione di carattere elettorale, volendo mettere tutti: parti politiche,
sociali, territoriali, istituzionali, di fronte al fatto compiuto.
Forse sarebbe bene chiedere al Governo un Commissario non per la terza corsia ma
per tutta la Regione, che abbia il solo compito di garantire serietà,
trasparenza e rispetto delle leggi e del buon senso in questi ultimi mesi della
Legislatura.
Legambiente FVG
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 ottobre 2012
Uranio, predisposto il piano per il trasferimento in
porto
Il carico viaggerà di notte in autostrada da Saluggia fino a Trieste, ma
la data potrebbe variare. Imponente servizio di sicurezza e misure precauzionali
Il materiale radioattivo, composto da dieci lamine, partirà dal deposito di
Avogadro di Saluggia intorno alle 23. Per raggiungere Trieste più o meno alle 5
del mattino. All’alba, per passare inosservati. Il trasporto di uranio
transiterà sull’autostrada A4 per poi raggiungere il Porto di Trieste attraverso
la Grande viabilità. La data prevista era quella del 5 novembre. Ma l’operazione
doveva restare segreta: dopo le ultime fughe di notizie è possibile che
all’ultimo momento venga cambiata la data. Nelle prossime ore è previsto un
ulteriore vertice in Prefettura. Ogni Prefettura, di ogni città toccata da
questo speciale convoglio, ha l’obbligo di predisporre il proprio singolo piano
della sicurezza, che coinvolge vigili del fuoco, medici, polizia, carabinieri e
vigili urbani disponibili a servizio di scorta e un piano di comunicazione. La
Prefettura di Novara, referente come punto di partenza delle scorie, ha già reso
pubblico lo scorso 23 ottobre il suo piano con modalità di trasporto e
previsioni di emergenza. Il piano è stato diffuso anche da tutti i Comuni del
Piemonte il cui territorio è interessato dal passaggio del convoglio. A Trieste,
punto di arrivo delle scorie radioattive e di conseguenza tratto più delicato
del trasporto (anche per possibili blitz di gruppi no nukes), i piani restano
top- secret. «Gli interventi di protezione - si legge nel piano disposto dalla
Prefettura di Novara e che si rifà alle direttive standard e dunque da prendere
in considerazione anche a Trieste - vanno predisposti nell’eventualità di
condizioni di emergenza dovute ad incidente». Viene considerata “molto grave”
l’ipotesi di collisione tra il mezzo di trasporto con a bordo l’uranio e
un’autocisterna con liquido infiammabile, con conseguente sviluppo incendio.
“Grave” invece la compromissione dell’ancoraggio e lo spostamento del
contenitore con il materiale radioattivo, anche senza incendio. «Le valutazioni
delle conseguenze radiologiche, in caso di incidente, - prevede il piano -
suggeriscono l’opportunità di delimitazione di una zona di esclusione, con
allontanamento delle persone, di raggio pari a 50 metri dal luogo
dell’incidente». Il piano di emergenza prescrive rilevamenti su matrici
ambientali e alimentari entro un raggio di un chilometro dal luogo
dell’incidente, a supporto di eventuali decisioni circa l’adozione di
restrizioni sul consumo di alimenti di produzione locale. «La popolazione
effettivamente interessata dall’emergenza radiologica, in caso di incidente nel
corso del trasporto, - si legge - viene immediatamente informata dal sindaco,
d’intesa con la Prefettura, sul comportamento da adottare». In caso di emergenza
il piano consiglia di rifugiarsi al chiuso, di non recarsi nelle zone
interessate dall’incidente, di prestare attenzione ai messaggi dati da
altoparlanti, megafoni o mezzi di informazione». La Prefettura di Novara
sottolinea che il transito su strada del contenitore con l’uranio non configura
alcuna situazione di pericolo. «Materiali e modalità di realizzazione del
contenitore sono tali da garantire assenza di rischio sanitario». A Trieste,
intanto, si sta predisponendo un imponente spiegamento di forze dell’ordine a
fare da scudo da eventuali blitz e azioni di protesta da parte di movimenti
ambientalisti. In Veneto la Rete Ambiente si sta mobilitando. Mentre l’uranio da
Saluggi si muoverà alla volta di Trieste, un convoglio austriaco attraverserà la
Slovenia per finire su una nave che da Capodistria raggiungerà Trieste per
caricare anche quello proveniente dal Piemonte e, successivamente, fare rotta
per gli Stati Uniti.
Laura Tonero
COME “CATTURARE” IL CALORE INTERNO DELLA NOSTRA TERRA -
LABORATORIO TRIESTE - RUBRICA di FABIO PAGAN
Da quali fonti proviene l’energia che alimenta il Belpaese? L’83% da
combustibili fossili (petrolio, gas, carbone), il 5% da elettricità importata
dall’estero, il 12% - in progressiva ascesa – da fonti rinnovabili:
idroelettrica, eolica, fotovoltaica, da biomasse, geotermica. Quest’ultima
contribuisce per l’uno per cento: ancora poco, si può fare molto di più, come è
emerso dalle due giornate che la Fondazione internazionale Trieste ha
organizzato tra Camera di commercio e Centro di fisica teorica: dapprima
mettendo a confronto ricercatori, industriali e amministratori, e poi
raccontando lo stato dell’arte della geotermia a trecento studenti delle scuole
superiori, raccolti grazie alla collaborazione del Lions Club Trieste Host. Ha
detto Bruno Della Vedova, docente di geofisica all’Università di Trieste e
vicepresidente dell’Unione geotermica italiana, nel suo appassionato intervento
all’Ictp: «La Terra è viva perché è calda, non riesce a raffreddarsi perché la
crosta superficiale agisce come una sorta di termocoperta. E dunque, sotto i
nostri piedi, abbiamo enormi risorse da utilizzare». Il calore interno del
nostro pianeta proviene sia dal decadimento degli elementi radioattivi (uranio,
torio, potassio) presenti nella crosta terrestre, sia dagli immani “pennacchi”
surriscaldati che dal nucleo centrale della Terra risalgono attraverso il
mantello e si affacciano in certi punti alla superficie. L’Italia è stato il
primo paese al mondo a produrre elettricità dall’energia geotermica a Larderello.
Correva l’anno 1904. Oggi si punta a utilizzare anche il debole calore esistente
a pochi metri di profondità (a Trieste, scendendo di 20 metri, la temperatura è
di 13,7 gradi centigradi) mediante sonde geotermiche e pompe di calore. Così si
possono riscaldare d’inverno e raffrescare d’estate abitazioni, edifici
pubblici, serre, impianti per l’itticoltura, piscine termali. Nella nostra
regione – spiega Della Vedova – la geotermia interessa in particolare il
litorale tra Monfalcone e Caorle. E a Grado, dove nel 2008 venne già realizzato
un pozzo profondo 1100 metri, si perforerà l’anno prossimo un secondo pozzo in
pieno centro storico. L’obiettivo: realizzare un sistema di teleriscaldamento
per gli edifici pubblici.
SEGNALAZIONI - Traffico - Un piano da sostenere
Nei giorni scorsi sono apparse sul Piccolo osservazioni più o meno critiche riguardanti il nuovo Piano urbano del traffico, che dovrebbe cominciare ad essere attuato nei prossimi mesi. Un piano del genere è necessariamente complesso poiché deve prendere in considerazione diversi aspetti relativi alla circolazione, e alla rete viaria urbana nel suo complesso, non limitandosi alle ripercussioni possibili solo in un determinato quartiere o, peggio ancora, su una singola strada. Certe osservazioni relative al parcheggio degli autoveicoli in zone del centro storico possono pertanto essere prese in considerazione, ma solo entro il quadro generale del Piano completo, i cui scopi sono un miglioramento generale dell’ambiente urbano, in termini di riduzione dell’inquinamento chimico e acustico, di riduzione del numero di incidenti conseguenti al traffico, di ampliamento delle aree pedonali e del verde pubblico, di ampliamento delle piste per le biciclette, di velocizzazione del servizio pubblico di trasporto. Questi obiettivi, che l’associazione CamminaTrieste persegue fin dalla sua fondazione, dovrebbero portare a una città più vivibile, moderna, a misura d’uomo. Essi sono raccomandati dalla Unione Europea fin dall’anno 1988, con l’emanazione della Carta Europea dei diritti del pedone, come anche ribadito quest’anno all’Associazione CamminaTrieste dal Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. CamminaTrieste segue quindi con molta attenzione e partecipazione l’attività dell’amministrazione comunale in tale settore, rilevando aspetti positivi nei progetti finora formulati e nel metodo di collaborazione con le associazioni e i cittadini interessati a questi temi. È ovvio che in corso d’opera dovranno essere adottati quegli accorgimenti e modifiche che riducano al massimo i disagi ed inconvenienti che dovessero eventualmente manifestarsi. Ma qualche cambiamento d’abitudini dovrà necessariamente essere affrontato dai cittadini (come già lo è stato per precedenti modifiche dell’assetto viario e di circolazione pubblica e privata) in vista di un auspicabile miglioramento dell’ambiente e della mobilità urbana.
Carlo Genzo presidente CamminaTrieste
SEGNALAZIONI - Metropolitana - Urgono risposte
Per sventare il gioco delle tre carte (Regione, Provincia e Comune) e quello del tre sette col morto (Autorità Portuale), la cartina di tornasole: la Capitale (Ministro dei trasporti e Ferrovie) ha provveduto al rifinanziamento della metropolitana transfrontaliera di Trieste cogliendo l’invito del nuovo governo a tirare fuori dal cassetto i progetti immediatamente cantierabili ? La cosiddetta metropolitana leggera è in realtà il progetto per la rivitalizzazione del nodo ferroviario di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio metropolitano regionale. Una chiara risposta è quindi decisiva per stabilire chi vuole passare dalle parole ai fatti, dalle promesse alle concrete realizzazioni. Il progetto per la metropolitana di Trieste, come unica opera prontamente varabile, ha tutti i crismi degli interventi infrastrutturali auspicati dal Governo per opere aventi carattere di priorità da sfruttare in chiave di investimenti anticongiunturali. Per Trieste ed il Friuli Venezia Giulia la metropolitana transfrontaliera ha anche il pregio di essere il presupposto indispensabile per la realizzazione degli interventi di più largo respiro e di più pesante onere finanziario, a partire dal Progetto Adria-A, presentato a Gorizia e a Lubiana, ma non a Trieste. È arrivato il momento delle risposte, quello delle promesse lascia il tempo che trova.
Alois Weiss
IL PICCOLO - MARTEDI', 30 ottobre 2012
Rigassificatore, Gas Natural si ostina a non dare
risposte - La campagna promozionale ripropone errori, omissioni e
strumentalizzazioni
LA POLEMICA»LE CRITICITÀ DEL PROGETTO
Nel golfo 800mila metri cubi al giorno di acqua raffreddata di 5 gradi e
sterilizzata con cloro e derivati tossici: ma le conseguenze calcolate sul solo
spazio di 72 ore
Impianto in una zona a rischio altissimo di esplosioni a catena, sulle mappe
però sono miracolosamente assenti Siot, Alder, inceneritore e depositi costieri
Bene, benissimo ha fatto il sindaco Cosolini a dire che la campagna
promozionale della Gas Natural pro-rigassificatore può essere buona a vendere
dentifrici e non a convincere sulla bontà dell'impianto. Una campagna
promozionale può diventare una presa in giro se serve ad aggirare il parere dei
tecnici. Lo dico perché essa non contiene risposte alle domande “pesanti” poste
infinite volte dal mondo scientifico, dai rappresentanti politici, dalla
magistratura e dal buon senso delle gente. Si va avanti come nulla fosse, come
se si avesse a che fare con perfetti imbecilli. Perché non sono state date
risposte? Sarei contento di saperlo direttamente dalla Gas Natural, e non dalla
società anonima lussemburghese “Medea” o dal “Danish Hydraulic Institute” che
fin'ora l'hanno maldestramente rappresentata frastornandoci con migliaia di
documenti incompleti e fatti male. Nel nuovo sito internet e nei gazebo
disseminati in città vengono riproposti pari pari gli errori, le solite vecchie
omissioni e strumentalizzazioni. Possibile che in tanti anni la società non sia
riuscita a produrre nulla di credibile? I prudenti dicono: aspettiamo nuove
documentazioni. Ma non c'è documentazione capace di rendere possibile
l'impossibile. E io ho visto quanto basta per dire che è una follia mettere una
“bomba” a pochi metri dai quartieri più abitati, accanto a un terminal petroli,
in mezzo a depositi di carburante, in fondo a un mare chiuso e vulnerabile, in
battuta di bora e portando navi grandi come montagne, cariche di gas liquido,
nel cuore di un'area destinata allo sviluppo dei traffici portuali. Insomma, se
esiste un posto infelice per una simile operazione, quello è Trieste. Ma veniamo
alle domande senza risposta. Primo punto. Il rigassificatore vomiterà nel golfo
800mila metri cubi al giorno di acqua raffreddata di cinque gradi e sterilizzata
con cloro e derivati tossici, con effetti inevitabili sulla fauna ittica, la
pesca, la balneazione e la vocazione turistica di tutto il golfo. Come mai il
calcolo di tali conseguenze è stato fatto su un tempo ridotto di diciotto ore e
poi (solo dopo le proteste dei tecnici) sullo spazio di 72 ore, e non sul lungo
periodo? Il timore, anzi la certezza, è che lo si sia fatto perché è impossibile
dimostrare, con dati scientifici non parziali, l'impatto morbido di un impianto
del genere. Secondo punto. Il rigassificatore sorgerebbe in una zona dove il
rischio di esplosioni a catena è altissimo per la vicinanza di altri impianti.
Come mai allora i risultati dei calcoli vengono mostrati su carte militari prive
degli “obiettivi sensibili”, e non sulle più veritiere carte tecniche regionali,
accessibili a chiunque? Come per miracolo, nelle mappe che dovrebbero
convincerci sono assenti – udite udite - la Siot, la Alder, l'inceneritore e i
Depositi costieri. E mancano perché temo sia impossibile dire che tutto va bene
senza omettere la realtà e magari scommettere su una clamorosa “distrazione”
degli organi di controllo. Terzo punto. È previsto l'arrivo di circa 110 gasiere
l'anno, e le gasiere sono città galleggianti lunghe due stadi di calcio. Attorno
a questi giganti (carichi di 140mila tonnellate di combustibile) le distanze
precauzionali imposte a livello mondiale da un'organizzazione di nome Imo, sono
inflessibili: un miglio a prua e a poppa e mezzo miglio ai lati, senza contare
le zone di sicurezza attorno alle navi all'attracco. Movimentare 110 gasiere
all'anno significa, per motivi di sicurezza, inibire per circa duecento giorni i
traffici portuali attorno al terminal container e ridimensionare drasticamente i
piani di sviluppo del porto verso lo Scalo legnami e la Ferriera. Detto questo,
come mai Gas Natural fa riferimento ai soli 200 metri di un'ordinanza della
locale capitaneria? E a tal proposito, possiamo ignorare ciò che ha recentemente
affermato il ministro dell'ambiente Corrado Clini, e cioè che dobbiamo decidere
se essere porto commerciale o terminal energetico, perché le due cose non sono
compatibili in quegli spazi ristretti? Quarto punto. Nella baia la bora soffia
con punte di duecento chilometri orari. La situazione meteo-marina è altamente
critica e in quelle condizioni estreme, navi così grandi possono avere seri
problemi di attracco ed essere costrette a lunghe attese davanti a Muggia,
Pirano o Salvore. Detto questo, come mai i dati raccolti per conto della Gas
Natural espongono situazioni di vento non pertinenti a Trieste, sottostimano la
bora e fanno perfino riferimento a una boa dell'Ismar-Cnr che non esiste? Anche
qui, temo si cerchi di addolcire una pillola altrimenti indigeribile. Altro che
campagna informativa. Qui c'è volontà di manipolare e non far capire. Uno legge
il nuovo sito e ha l'impressione che gli istituti scientifici siano tutti
d'accordo. L'Ogs per esempio, il prestigioso osservatorio geofisico di Trieste,
viene citato una ventina di volte quale fonte a favore, per dimostrare un
impatto trascurabile dell'impianto sulle acque del golfo. È un clamoroso falso.
Gli oceanografi dell'Ogs non hanno mai concordato o approvato un bel niente. Che
bisogno aveva un gigante come la Gas Natural di ricorrere a simili espedienti?
Che bisogno, se non di dimostrare l'indimostrabile? E che dire della cartolina
pubblicitaria, contro la quale il sindaco ha protestato, dove si promette «una
media annua di 1500 nuovi posti di lavoro in tre anni» oltre a forti benefici
generali? Le cartoline sono state diffuse in copia proprio nella zona di Zaule,
guarda un po' la stessa della Ferriera su cui incombe lo spettro della chiusura.
Come mai non viene detto agli operai a rischio disoccupazione che non saranno
loro a costruire l'impianto, ma tecnici chiamati in gran parte da fuori? E
perché non si dice che il nuovo “giocattolo” avrà bisogno al massimo di settanta
addetti per restare in esercizio? Si cita Rotterdam, si sostiene che ha un
mega-impianto a due passi dal centro e che in quella città la movimentazione
delle gasiere richiede una distanza di sicurezza dalle altre navi di appena 35
metri. Come dire: Trieste non ha di che preoccuparsi. Peccato che sia tutto
falso. Ma basta dare un'occhiata a Google-Earth per capire che la situazione è
diversa: l'impianto olandese è costruito su un'isola artificiale, ha un canale
separato d'accesso, non interferisce col movimento navi, è a sette miglia dallo
scalo commerciale e a quattro chilometri dai primi sobborghi. Niente, ma proprio
niente a che fare con Trieste. E poi ci sono le incompletezze formali. Molti
documenti della “Medea” e della “Dhi” non sono firmati, o sono firmati da
persone diverse dai sedicenti autori. Risalire alla paternità di quelle carte è
impresa disperata. Questo significa che se i calcoli si riveleranno una patacca
- se per esempio le acque del golfo diventeranno un lago freddo, sterile e privo
di pesci - nessuno ne sarà responsabile. Ed è incredibile che gli enti di
controllo, inflessibili con i piccoli in tema di edilizia, siano così distratti
con i grandi, di fronte a simili omissioni da codice penale. Perché gli uffici
regionali hanno passato quelle carte?
PAOLO RUMIZ
Nel 2004 richiesta di ok al ministero - LA SCHEDA
Del progetto di Gas Natural a Trieste, nella zona del terminal ex Esso
attigua al canale navigabile, si iniziò a parlare quando la società presentò nel
2004 al ministero delle Attività produttive domanda di autorizzazione per due
impianti, a Trieste e a Taranto. All’impianto si opposero subito gli
ambientalisti. L’allora sindaco Roberto Dipiazza tentò di avviare una trattativa
su vantaggi per la città. Il Consiglio comunale si è espresso più volte per il
no, affiancato poi da Provincia e Comune di Muggia; no anche dalla Slovenia.
Favorevole, ma con garanzie ambientali, Confindustria. Dopo l’iniziale deciso
sì, il governatore Renzo Tondo ha di recente sottolineato l’importanza del
parere del territorio. Quanto alle procedure ambientali, il progetto - ha
ricordato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini - è «già stato approvato» ed è
in «fase di valutazione da parte soprattutto dell’Autorità portuale e delle
autorità locali circa la sua compatibilità con le attività portuali».
South Stream accordo fatto fra Gazprom e la Serbia -
IL GASDOTTO
TRIESTE Gazprom e la Serbia hanno firmato la decisione finale di
investimento relativa a South Stream. L’intesa è stata raggiunta durante una
visita della delegazione di Gazprom guidata dal responsabile del Dipartimento
Project Management Leonid Chugunov nel paese. Nel corso della visita, spiega una
nota, si è svolto un incontro generale degli azionisti della joint venture South
Stream Serbia AG. Al termine del meeting è stata adottata la decisione finale di
investimento relativa al progetto South Stream. «La transizione verso la fase
degli investimenti con riferimento al segmento serbo del gasdotto fornirà nuove
opportunità di crescita per l’economia nazionale e garantirà benefici di lungo
periodo dalla partecipazione al progetto. Secondo stime preliminari,
l’implementazione di South Stream porterà alla creazione di circa 2.200 posti di
lavoro in Serbia e sarà in grado di attrarre circa 1,5 miliardi di investimenti
diretti», ha dichiarato Leonid Chugunov. «Siamo soddisfatti - ha dichiarato il
Direttore Generale della compagnia statale Srbijagas, Dusan Bajatovic - che la
Repubblica di Serbia sia il primo Paese partecipante al progetto South Stream ad
adottare la decisione finale di investimento. La realizzazione del progetto sta
rispettando le tempistiche programmate, con il pieno supporto del nostro
governo. A breve saremo in grado di iniziare i lavori preparatori per la
costruzione del segmento serbo di South Stream. Ovviamente, South Stream è un
progetto di interesse nazionale, e stiamo cercando quindi di adottare una legge
speciale con riferimento al progetto. Inoltre, il progetto garantirà la
sicurezza energetica e addizionali guadagni per la Serbia, creerà nuove
possibilità per nuovi progetti nel settore energetico e dell’industria chimica,
con un conseguente stimolo del flusso di investimenti». «L’Italia sostiene», il
progetto del gasdotto South Stream, «al quale partecipa Eni con una quota del
20% per la realizzazione del tratto offshore», aveva ribadito il ministro degli
Esteri, Giulio Terzi in un’intervista a «Il Piccolo», auspicando che «qualora
prevalesse l’ipotesi di punti di approdo del gasdotto a Tarvisio rispetto
all’alternativo approdo in Austria, tale interesse sarebbe ulteriormente
consolidato». South Stream, realizzato da Eni e dalla russa Gazprom (con
l’ingresso di Edf e Wintershall Holding), avrà capacità massima di 63 miliardi
di metri cubi di gas all’anno.
Dopo-Ferriera, Maersk punta sull’area a mare
Nel mirino della compagnia danese la zona di Servola e il Molo VII:
rispunta il progetto del superporto. Il 7 novembre confronto con Lucchini e
banche
INVESTIMENTO E RIENTRI Per ammortizzare la spesa il gruppo dovrebbe garantirsi
un traffico di almeno due milioni e mezzo di teu all’anno
ALTRI ATTORI IN GIOCO La proprietà dello stabilimento siderurgico e gli istituti
di credito starebbero già fissando vertici con Msc di Aponte e con Evergreen
Il Molo Settimo da un lato e l’area a mare, ma non solo, della Ferriera di
Servola dall’altro. Sono i due obiettivi che Maersk, la compagnia danese leader
mondiale nel traffico dei container, ha messo con estrema riservatezza nel
proprio mirino con l’intento di realizzare un gate continentale nell’Alto
Adriatico. La ripresa del progetto del superporto adriatico, con Trieste e
Capodistria uniche rimaste in lizza, è stata di recente confermata da Carlo
Merli, amministratore delegato di Apm terminals Italia, società terminalistica
del Gruppo Maersk. Trapela ora la notizia di un incontro fissato per il 7
novembre a Milano per un primo segreto confronto tra Apm terminals, la Lucchini
proprietaria della Ferriera della quale si vuole disfare e alcune banche,
Unicredit in particolare che è una di quelle con cui la stessa Lucchini, che ha
debiti complessivi per un miliardo e 100 milioni, è maggiormente esposta.
Parallelamente, come riferiamo a fianco, sul Molo Settimo è partita
un’operazione di avvicendamento ai vertici (ma si teme anche un possibile nuovo
ricorso alla cassa integrazione) che potrebbe valere come ristrutturazione ai
fini della vendita. Lo stesso Pierluigi Maneschi proprietario di To Delta che
controlla la Tmt del Molo Settimo (oltre alla Compagnia portuale di Monfalcone)
ha negato vendite immediate, ma ha parlato di offerte di acquisto da parte di
Maersk fin dal 2007, di possibili accordi di swap con vicendevoli scambi di
quote, e di ipotetico coinvolgimento del gruppo danese nel raddoppio del Molo
Settimo. Andassero in “porto” entrambi gli obiettivi (la concessione di Tmt sul
Molo Settimo scade appena nel 2031, ma quella della Lucchini sulla banchina di
Servola già l’anno prossimo), Maersk lascerebbe certamente perdere l’ipotesi
Capodistria, ma per ammortizzare l’investimento dovrebbe garantirsi a Trieste un
traffico annuo di almeno due milioni e mezzo di teu e preliminarmente ottenere i
soldi dello Stato italiano per bonificare Servola. Ancora, dovrà fare i conti
con la rissosità delle amministrazioni locali e con burocrazia e lungaggini
italiane: uno stop dalla Danimarca (o dall’Olanda dove ha sede Apm terminals)
potrebbe giungere anche in questa fase di studio. É il motivo per cui la
Lucchini e le banche starebbero già fissando ulteriori incontri anche con la Msc
di Gianluigi Aponte e con la taiwanese Evergreen. Nella trattativa con
quest’ultima tornerebbe in ballo anche lo stesso Maneschi che è oltretutto
presidente di Italia Marittima, l’ex Lloyd Triestino, che di Evergreen line fa
parte. È forse a causa di queste trattative che l’advisor Rotschild che sta
cercando acquirenti per la Lucchini ha convocato per oggi a Milano soltanto i
sindacalisti di Piombino e non quelli di Trieste. Potrebbe limitarsi allo
stabilimento toscano l’interesse, manifestato negli ultimi giorni da parte del
gruppo svizzero del finanziere americano Gary Klesch. «Loro vogliono sempre
vendere in blocco - sostiene invece Stefano Borini (Fiom-Cgil) - è che Piombino
sa farsi ascoltare più di Trieste. Il loro sindaco è rimasto sul tetto della
fabbrica finché non ha ottenuto un incontro con il ministro Passera».
Silvio Maranzana
Impronta Muggia accusa: «Tarsu, stangata in vista»
Secondo Jacopo Rothenaisler il Comune dovrà applicare una sovrattassa ai
cittadini per non aver raggiunto gli obbiettivi previsti dalla legge nella
raccolta differenziata
MUGGIA «L'attuale appalto per la gestione del servizio di raccolta dei
rifiuti di Muggia non è da prolungare». Jacopo Rothenaisler, leader
dell'associazione Impronta Muggia, torna a calcare l'argomento a lui tanto caro.
Parallelamente alla denuncia del consigliere del Pdl Christian Gretti, l'ex
sindaco muggesano ha deciso di promuovere una campagna sul servizio rifiuti
“informando i cittadini e sollecitando gli amministratori”. E proprio in un
periodo in cui si è conclusa la distribuzione delle bollette Equitalia relativa
alla Tarsu, Rothenaisler anticipa brutte novità in arrivo. «Un servizio già caro
diventerà carissimo visto che, con tutta probabilità, dal primo gennaio prossimo
avremo anche il peso di una sovrattassa prevista per quei Comuni, come Muggia,
che non raggiungono il 65% di raccolta differenziata». In base ai dati di
Rothenaisler «ora il servizio a Muggia costa qualcosa come due milioni di euro
(per circa sei mila utenti), una bella cifra che esce dalle tasche sempre meno
capienti di noi cittadini, e che dovrebbe sollecitare l'attenzione dei nostri
amministratori». In una missiva indirizzata al Comune di Muggia, Rothenaisler ha
evidenziato come il servizio per la raccolta e smaltimento rifiuti è stato
affidato, mediante gara europea, alla Italspurghi Ecologia nel marzo del 2010.
Il capitolato speciale d'appalto prevede all'art. 2 una durata di 3 anni, sino
al 28 febbraio 2013, con opzione di rinnovo per ulteriori due anni fino alla
data del 28 febbraio 2015. «La scadenza del triennio è ormai prossima e
l'amministrazione comunale sembra intenzionata a concedere il rinnovo di
ulteriori due anni – spiega il leader di Impronta Muggia - una scelta
amministrativa incomprensibile per innumerevoli ragioni, riconducibili a due
principali argomenti: l'appalto è figlio di un capitolato gravemente carente di
cui è bene liberarsi il prima possibile, l'esercizio dell'opzione di proroga è
immotivato». Gli obbiettivi non sono infatti stati raggiunti, evidenzia
Rothenaisler. Per quanto riguarda la raccolta differenziata, con il sistema
ideato - cassonetti stradali di prossimità con cassonetti dell'umido con la
chiave "siamo poco sopra il 40% di raccolta differenziata e dovremmo essere al
65%. Per quanto riguarda i costi, questi sono molto alti e costantemente in
aumento, essendo clamorosamente sbagliato il criterio di ripartizione dei costi,
incentivi e penali complessivi del servizio». Inoltre in base ai dati forniti
dal responsabile di Impronta Muggia, “il Gestore non ha organizzato la raccolta
differenziata della frazione umida se non in minima parte, poco più del 10%
della frazione. Non ha nemmeno posizionato i cassonetti prescritti in appalto.
Così facendo a Muggia appena oggi, e con grande fatica, si stanno differenziando
circa 200 tonnellate/anno di umido su un totale di duemila tonnellate.
Ovviamente il Gestore é incorso nelle penali di contratto: Italspurghi pagherà
in tutto 30mila euro (5mila per il 2010, 10mila per il 2011 e 15mila per il 2012
). Ampiamente compensate dal minor costo di servizio attuato. E l’umido non
differenziato, per tre anni diciamo cinquemila 400 tonnellate, sono andate
all'incenerimento e sono costate al Comune (cioè a noi tutti) qualcosa come 800
mila euro». La soluzione per evitare questi sprechi? Creare un nuovo appalto
«per mettere mano all'indecorosa situazione del centro storico, dove la gente è
disperata per gli odori mefitici provenienti dai cassonetti: non sono pochi
coloro che devono sprangare porte e finestre in piena estate per sopravvivere».
Infine con un nuovo appalto "potremmo incentivare la raccolta differenziata di
quanti hanno un piccolo spazio esterno all'abitazione dove poter compostare i
rifiuti organici». Riccardo Tosques
All’Area si studiano i “packaging” sostenibili con
l’ambiente
Materiali innovativi? È caccia aperta per quelli che possono migliorare le
qualità di un prodotto, ridurne tempi e costi di sviluppo e, possibilmente,
anche l’impatto ambientale. Su questo fronte, dal 2006 è attivo in Area Science
Park il Matech Point. Centro specializzato nell’offrire assistenza e servizi
alle imprese, per la scelta e l’utilizzo di nuovi materiali per lo sviluppo di
prodotti innovativi. Un’attività al servizio del trasferimento tecnologico in
molteplici settori: dalla nautica all’arredamento, dal design al packaging. E a
proposito di packaging, se da un lato conservare, proteggere e comunicare
l’identità di un prodotto, alimentare e non, sono le funzioni principali di una
confezione, dall’altro la nuova frontiera dell’industria del packaging è la
sostenibilità ambientale: la scelta cioè di materiali eco-friendly. Perché gli
imballaggi diventano scarti, rifiuti da smaltire. Ma una confezione, se
riciclabile o biodegradabile, può contribuire a ridurre il consumo di energia,
le emissioni di anidride carbonica e in generali tutti i costi ambientali legati
a produzione e smaltimento. Una soluzione ecosostenibile è offerta dall’impiego
dei biopolimeri: sono polimeri derivati da risorse rinnovabili, generalmente
mais, canna da zucchero, amido di patata o olio di ricino. Con alcuni è
possibile ottenere delle schiume totalmente biodegradabili e compostabili da
utilizzare per realizzare imballaggi o imbottiture innovative. «Matech dispone
di un ricco database, con 1100 materiali innovativi e 100.000 materiali già
consolidati in alcuni settori, ma potenzialmente innovativi se applicati ad
altre tipologie di prodotto» spiega Olga Durì, dello staff del Matech Point a
Padriciano. «Questo data base è il punto di partenza per supportare le aziende
nella ricerca del materiale più adatto per migliorare le caratteristiche
prestazionali di un loro prodotto o svilupparne uno nuovo». Nel database Matech
sono inseriti anche diverse tipologie di biopolimeri: diversi per l’origine
vegetale, il grado di biodegradabilità e compostabilità e le prestazioni
termiche e meccaniche. Biopolimeri che possono essere potenzialmente impiegati,
oltre che per il packaging, per la realizzazione di tappeti, moquette, interni
di automobili, capi di abbigliamento, utensili domestici. Per toccare con mano
alcuni campioni di materiali innovativi, in regione sono aperti due showroom
Matech: in Area Science Park, a Trieste, e presso il Polo Tecnologico di
Pordenone.
Simona Regina
CADOINPIEDI.it - LUNEDI', 29 ottobre 2012
I 10 cibi tossici che amiamo mangiare
In questi cibi sono contenute delle sostanze tossiche. Ovviamente, tutto
dipende dalla quantità
Molti non lo sanno, ma diversi alimenti comuni che mangiamo ogni giorno
contengono sostanze tossiche. Nessun rischio, ovviamente, se assunte nelle
normali dosi. Discorso diverso per i funghi, che possono uccidere anche piccole
quantità.
Funghi: indice di pericolosità 9/10. I funghi si sa, sono un alimento da
scegliere attentamente. Molte specie di funghi sono velenose per l'uomo, con
tossicità che producono da lievi problemi digestivi o allergici fino a più gravi
come le allucinazioni, gravi danni di organi (spesso il fegato) e la morte.
Generi di funghi contenenti tossine letali includono Conocybe , Galerina ,
Lepiota , e la più pericolosa, Amanita, che comprende anche specie commestibili.
Ciliege: indice di pericolosità 4/10. Una tira l'altra, si dice. Il nocciolo
però rilascia acido cianidrico che ha potere tossico. L'acido cianidrico e i
suoi derivati sono tra i veleni più potenti che si conoscano sia per la gravità
sia per la rapidità delle manifestazioni tossiche. Responsabile della tossicità
è il gruppo -CN, che nell'organismo si libera dall'acido cianidrico, dai suoi
sali, dai ciano-complessi, dalle cianidrine, dai nitrili alifatici, dai
tiocianati e dai glucosidi cianogenetici. Questi ultimi, per esempio
l'amigdalina, si trovano in oltre 400 specie di piante, per esempio nelle radici
di manioca, nei noccioli delle pesche, delle albicocche, delle prugne, delle
ciliegie, nelle foglie e nella corteccia del sambuco, nelle piante di ortensia.
Non c'è comunque da preoccuparsi. La tossicità nel nocciolo di ciliegia si
manifesta solo se danneggiato nella masticazione ed ingerito in grande quantità.
Rabarbaro: indice di pericolosità 3/10. Famose le caramelle avvolte in carta
rossa, ma di questa innocua pianta mai utilizzare le foglie. Infatti contengono
acido ossalico, che influisce sulle funzionalità renali.
Patate: indice di pericolosità 5/10. Come molte Solanacee, la patata contiene
diverse tossine, soprattutto nelle parti verdi, nei fiori e nei germogli: il
fusto e le foglie comunque non sono mai stati usati per l'alimentazione (le
foglie invece servirono come surrogato del tabacco in periodi particolarmente
difficili). Inoltre il frutto è molto tossico, come nella maggioranza delle
specie del genere Solanum, come la morella (Solanum nigrum) o la dulcamara. La
principale di queste tossine è un alcaloide, la solanina, che è presente anche
nel tubero a basse dosi (meno di 10 mg per 100 g) e concentrata soprattutto
nella buccia, che è quindi meglio togliere. Quando la concentrazione è più
elevata, come in alcune varietà, ne deriva un gusto amaro del tubero. I tuberi
verdi, colorazione dovuta all'esposizione solare, contengono una cospicua
quantità di solanina, con valori che possono anche arrivare a 100 mg/100 g.
Occorre evitare di consumare i tuberi quando questi presentino parti verdi,
perché in tal caso si rischia una intossicazione. Le patate devono essere
conservate al buio per evitare che diventino verdi. La solanina non è eliminata
dalla cottura, perché viene degradata solo a temperature superiori ai 243 °C.
L'ingestione di solanina provoca raramente la morte ma può causare delle
emorragie, specie alla retina. La patata contiene anche lectine, ma queste sono
distrutte dalla cottura. Le lectine sono delle proteine capaci di legarsi in
modo reversibile a mono o oligosaccaridi. Questa proprietà permette alle lectine
d'agglutinare i globuli rossi umani e di perturbare probabilmente il buon
funzionamento dell'apparato digerente degli insetti che si nutrono della pianta,
costituendo così un ruolo difensivo della pianta stessa nei confronti degli
insetti.
Noce moscata: indice di pericolosità 7/10. La noce moscata è anche un potente
allucinogeno. Se assunta in grandi quantità provoca convulsione, con una dose di
circa 5 grammi e con 8 grammi avrete deliri allucinatori.
Pomodori: indice di pericolosità 3/10. In questo caso, il glicoalcaloide
principe è la tomatina, dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori verdi può
andare da 90 a 300 mg per kg, che in un quelli quasi maturi (tipico momento di
raccolta per i pomodori distribuiti nei negozi) scende a 20/30 mg per kg, una
dose che diventa quasi trascurabile nel pomodoro perfettamente maturo dal colore
rosso intenso e di consistenza tenera (raccolto nell'orto e mangiato) che può
avere da 1 a 5 mg per kg di TGA. Se presenti, sono più concentrati nella parte
viscosa attorno ai semi e nella buccia. I pomodori verdi vanno evitati e non
dati ai bambini. Le foglie di pomodoro, che alcuni chef usano (con un po' di
leggerezza) per insaporire le salse, vanno consumate con la stessa cautela con
cui si mangerebbero le mandorle amare: evitate o in quantità minimissime. Salsa
di pomodoro e concentrato di pomodoro, in genere fatti con pomodori ben maturi
(altrimenti non sono buoni), contengono quantitativi irrisori di solanina e
tomatina nonostante l'ortaggio sia molto concentrato perchè è molto bassa la
loro presenza nella materia prima.
Mandorle amare: indice di pericolosità 6/10. Le mandorle amare devono affrontare
un processo molto lungo di lavorazione: contengono dai 4 ai 9 mg di acido
cianidrico, che va rimosso. In letteratura è riportato che il consumo di 60
mandorle amare provoca la morte in un adulto. A basse dosi, l'acido cianidrico è
responsabile di sintomi quali mal di testa, nausea, debolezza muscolare.
Mele: indice di pericolosità 2/10. Una mela al giorno toglie il medico di torno?
Ma la mela contiene anche una piccola dose di cianuro. Evitate i semi!
IL PICCOLO - LUNEDI', 29 ottobre 2012
Uranio in porto il 5 novembre Piano top secret fino
all’ultimo
Il carico, superscortato e monitorato dai tecnici dell’Arpa, scenderà al
Molo VII dalla viabilità carsica
Massimo riserbo per scongiurare incursioni del “No
Nukes”. Continui vertici in Prefettura
La data prevista è quella di lunedì 5 novembre. Ma l’orario è rigorosamente
top secret, si può solo presumere che sia all’alba. Anche perché il timore è
quello di un’azione a Trieste dei «No Nuke»: i manifestanti che potrebbero
cercare di bloccare il transito fino in porto nuovo di cinque chili di materiale
radioattivo, proprio come era successo nello scorso luglio durante un analogo
viaggio di scorie verso la Francia. Si tratta di barre che provengono dal
deposito di Avogadro di Saluggia in provincia di Vercelli: a portare il
combustibile sarà una sorta di convoglio blindato composto da una quindicina di
mezzi con al centro un Tir nel cui carico ci sono le 10 lastre. Il corteo
superscortato percorrerà la Grande viabilità fino al Molo Settimo. Durante il
passaggio la strada sarà temporaneamente bloccata. La destinazione delle barre è
la stiva di una nave che, quello stesso giorno, arriverà da Capodistria (dove è
programmato l’imbarco di un analogo carico giunto dall’Austria via Slovenia)e
dopo poche ore salperà verso gli Stati Uniti portando nella propria pancia una
ventina di barre radioattive. I particolari dell’operazione sono stati nei
giorni scorsi al centro di numerose riunioni tecniche in Prefettura per mettere
a punto i servizi di forze dell’ordine, tecnici della Regione, Arpa, vigili del
fuoco e protezione civile per garantire, al momento del passaggio del convoglio
con le scorie, tutte le misure di sicurezza, tenendo conto di ogni possibile
eventualità: dai manifestanti, al maltempo con la bora. In questo ultimo caso è
stato addirittura previsto un cambio di percorso. Per questo motivo per ora sono
trapelati pochissimi particolari. Anche perché l’ordinanza del questore che
coinvolgerà nell’operazione i vigili urbani, solo in un secondo momento, sarà
emessa poco prima della data “x” proprio per evitare fughe di notizie. Si è
anche saputo che i tecnici dell’Arpa effettueranno controlli delle radiazioni
lungo tutto il percorso sia prima che dopo il passaggio del convoglio con le
barre radioattive. A delineare l'operazione è stata una comunicazione inviata
nello scorso agosto dal ministero dello Sviluppo economico alla Regione (che si
è sempre dichiarata contraria al transito, come il vicino Veneto), in base alla
direttiva 117 Euratom del 2006 del Consiglio dell'Unione europea, relativa alla
sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di
combustibile nucleare esaurito. Il dicastero del ministro Corrado Passera ha
dato così seguito all'appoggio manifestato al presidente Usa Obama nel marzo
scorso a Seul, durante il vertice sulla sicurezza nucleare ospitato in Corea del
Sud, dal premier italiano Mario Monti al progetto americano di rimpatrio di
materie nucleari strategiche di origine statunitense.
Corrado Barbacini
Il fiume Sava in piena per le forti piogge costringe al
blocco la centrale di Krsko
La centrale nucleare di Krsko, in Slovenia è stata preventivamente fermata a
causa delle difficoltà causate dall’alto livello del fiume Sava, le cui acque
servono al raffreddamento del sistema. Lo riferisce l’agenzia di stampa slovena
Sta, citando un comunicato della centrale di Krsko. La produzione è stata
fermata manualmente alle 10.58 di stamane, quando è stato notato che nel fiume
Sava, dopo le forti piogge, si era accumulata un’alta quantità di foglie di
altre impurità «che avrebbero potuto diminuire l’efficacia del sistema di
raffreddamento secondario della centrale nucleare». «Al momento dello stop tutti
i sistemi funzionavano nei parametri – spiega il comunicato – è in nessun
momento non ci sono stati rischi per le persone o l’ambiente». I dirigenti
dell’impianto hanno annunciato che la centrale dovrebbe essere reinserita nel
sistema energetico sloveno mercoledì prossimo, dopo che saranno effettuate tutte
le ispezioni necessarie. Questa è la seconda volta che la centrale nucleare,
operativa dal 1981, viene fermata per le impurità accumulate del fiume in piena.
Il piombo da caccia inquina, allo studio nuove
munizioni
TRIESTE L’utilizzo di munizioni alternative al piombo per rispettare
l’ambiente e la salute. Questo il tema principale affrontato in un convegno
organizzato a Trieste dalla Federcaccia provinciale assieme all’Unione italiana
cacciatori zona Alpi, convegno dedicato alla divulgazione di informazioni
sull’utilizzo del piombo nelle munizioni dei cacciatori. Secondo recenti
indagini, il tradizionale munizionamento dei cacciatori basato sul piombo è
fonte di inquinamento, tanto da indurre il ministero dell’Ambiente a incaricare
l’Istituto superiore per la protezione ambientale di realizzare un rapporto.
Difficile quantificare il piombo disperso dai cacciatori annualmente; si stima
si tratti di migliaia di tonnellate in un prelievo prevalentemente esercitato
sulla selvaggina migratoria negli ambienti acquatici. Diverse le modalità di
assunzione del piombo da parte degli animali. Per i mammiferi avviene per altre
fonti di esposizione in aree di pascolo o aree inquinate in zone limitrofe a
strade trafficate. Gli uccelli invece si avvelenano ingerendo il piombo dei
pallini contenuti nei proiettili; questo poiché molte specie inghiottono
sassolini per favorire la frantumazione del cibo nello stomaco. Gli uccelli da
preda lo ingeriscono nutrendosi delle viscere degli ungulati abbattuti dai
cacciatori, tolte immediatamente dal capo ucciso per proteggere le carni.
Esposti al saturnismo causato dal piombo molti rapaci e uccelli necrofagi
(avvoltoi, gipeti eccetera). Per porre rimedio a questi danni – è stato
osservato nel convegno – l’unica soluzione efficace è di abbandonare l’uso del
piombo in tutte le forme di caccia a favore delle munizioni atossiche. Le
regioni del Molise, del Veneto, del Piemonte e della Liguria si stanno già
attrezzando in tal senso. Per la caccia agli uccelli acquatici si utilizzano
proiettili con pallini in acciaio, bismuto e tungsteno. Per la caccia agli
ungulati, effettuata con canna rigata, cartucce in rame.
(ma. lo.)
IL PICCOLO - SABATO, 27 ottobre 2012
Investitori su Servola «Novità ok ma attenti a manovre
dilatorie»
Enti e sindacati cauti sulla manifestazione d’interesse per l’acquisto
della Ferriera. Savino: serve trasparenza
Nel fronte sindacale, ma pure nelle stanze dei bottoni istituzionali, c’è
chi lo etichetta come un asso nella manica, uscito proprio nel momento in cui,
nell’atteso Cda Lucchini di giovedì, si sarebbero dovute scoprire le carte. Alla
definizione, però, in questo caso s’attacca un senso che ha ben poco, se non
nulla, di positivo. È il senso stretto, d’altronde. Chi è che si tiene un asso
nella manica, sibila più di qualcuno, se non il giocatore poco trasparente,
tanto per usare un eufemismo? Si vive insomma con estrema diffidenza -
soprattutto nel giro dei sindacati e dei rappresentanti di fabbrica, ma anche
negli ambienti politico-istituzionali - la «manifestazione d’interesse» di «un
potenziale investitore» (che dovrebbe essere, come da indiscrezioni, il fondo
svizzero Klesch, lo stesso che si è fatto respingere un’offerta sul dossier
Alcoa) resa nota appunto giovedì sera dal gruppo controllato da Mordashov. Un
annuncio piombato senza il minimo sintomo a chiusura di un Cda-fiume che ha
«chiesto un incontro con il ceto bancario» scongiurando di fatto, quantomeno per
il momento, ciò che pareva ormai improcrastinabile: l’amministrazione
controllata, addirittura il commissariamento. «Non mi convince», scuote la testa
per primo Roberto Cosolini. «Se esiste un investitore, beh, che si appalesi,
sennò qui si rischia di perdere solo tempo a fronte di atti indifferibili, posto
che si era alla vigilia di un commissariamento o almeno di un’amministrazione
controllata straordinaria», incalza il sindaco, che aggiunge un elemento di
perplessità: «Da quanto mi si dice, quell’interesse era giacente da tempo». Come
dire, ma senza dire: l’asso nella manica. «Se fosse una manifestazione
d’interesse seria - gli fa eco bipartisan l’assessore regionale al bilancio
Sandra Savino dall’alto della sua delega all’ambiente e all’energia - ben venga.
Ma se dev’essere soltanto un modo per prolungare un problema allora no, non va
bene. Credo che in questo momento la priorità sia la trasparenza». Le sensazioni
tra amministratori pubblici e sindacalisti, qui, viaggiano come detto su
modulazioni di frequenza parecchio vicine. «Secondo noi - rileva il segretario
Fiom-Cgil Stefano Borini - questa manifestazione d’interesse non è credibile. La
chiamerei al massimo manifestazione di opportunità. L’azienda ha preso tempo,
però i problemi restano». «La paura - ammette il segretario Fim-Cisl Umberto
Salvaneschi - è che altro non sia che una manovra per tirarla ancora, e intanto
i debiti continuano ad accumularsi. A questo punto noi possiamo credere solo in
ciò che uscirà dal tavolo retto dal ministero dello Sviluppo economico. Per il
prossimo incontro, a questo tavolo, circola la data del 5 novembre». «Il
ministero - precisa a sua volta il segretario Uilm Franco Palman - ha dato una
decina di giorni all’azienda per una risposta. Noi ci atteniamo a questo dato.
Punto. Il ministero deve riconvocare al più presto la Lucchini, è il Governo che
deve fare chiarezza. Per il resto siamo totalmente basiti riguardo la
manifestazione d’interesse pubblicizzata dalla proprietà. È come andare davanti
a una concessionaria e chiedere, “quanto costa quell’auto?”, e poi dire “grazie
e arrivederci”. Rileviamo che il sindaco di Piombino Anselmi l’ha definita “una
porcata”». Fuori dal coro, al momento, resta il presidente di Confindustria
Sergio Razeto, appena rientrato dalla Finlandia: «Se è vero ben venga. È una
novità da valutare, certamente, però può costituire uno spiraglio. Sono aperto a
tutto quello che può aiutare a tenere in piedi l’industria triestina, di cui la
Ferriera è espressione, nel rispetto delle normative ambientali». In fabbrica,
per intanto, anche alla luce dell’incontro sindacale ristretto di ieri mattina,
si è deciso di non seguire la strada della protesta dura di Piombino: si resta
alla finestra, proprio in attesa del tavolo ministeriale. «Sul piatto ieri
(giovedì, ndr) doveva esserci solo la scelta tra amministrazione controllata e
commissariamento. Avevamo finito. Così abbiamo un po’ di respiro, ma fino a
quando?», si domanda l’Rsu Fiom Luigi Isaia.
Piero Rauber
Muggia, raccolta rifiuti “sprecona” «L’appalto doppio
ci costa di più»
Gretti (Pdl) suggerisce di affidare l’intero servizio alla Italspurghi
incaricandola di pagare direttamente il servizio di smaltimento all’Acegas-Aps.
Si risparmierebbero 60 mila euro all’anno
MUGGIA Poca attenzione da parte del Comune di Muggia sull’effettivo
risparmio pubblico del capitolo rifiuti. È questa l’accusa che muove Christian
Gretti, consigliere e vicecoordinatore comunale del Pdl che sentenzia: «Il
Municipio potrebbe far risparmiare ai muggesani 60mila euro per lo smaltimento».
L’attuale appalto dei rifiuti scadrà nel marzo del 2013. Nel capitolato è
previsto la proroga - sempre che nessuna delle due parti, Comune e Italspurghi,
abbia nei prossimi mesi niente da eccepire - di ulteriori due anni. «Ad oggi il
servizio di raccolta e trasporto costa 794.523,40 euro che il Comune paga
nell’appalto a Italspurghi - spiega Gretti - mentre il servizio di smaltimento
degli stessi all’inceneritore viene pagato direttamente dal Comune ad Acegas-Aps
per un importo annuo di 614.532,03 euro per un totale annuo di spesa per
l’amministrazione pari a un milione 409.055,43 euro». Ossia 126,48 euro a
tonnellata. Ad oggi, per tutte le operazioni riguardanti i rifiuti, il Comune di
Muggia adotta due capitoli di spesa diversi. Si potrebbe risparmiare? Secondo
Gretti la risposta è sì. E anche non poco. Come? «Basterebbe dare la delega di
pagamento per lo smaltimento alla ditta che si occupa di gestire la raccolta ed
il trasporto e si avrebbe il 10% di risparmio da subito per l’amministrazione,
pari a poco più di 60mila euro, in quanto si risparmierebbe l’Iva che per il
Comune è un costo, mentre per la ditta è una partita di giro. La stessa ditta,
dal mio punto di vista, ne beneficerebbe ottimizzando il lavoro avendo la
gestione diretta di tutte le varie fasi operative. Un altro beneficio – prosegue
Gretti - per il Comune sarebbe l’incremento della raccolta differenziata in
quanto per abbassare il costo dello smaltimento, la stessa ditta appaltatrice
avrebbe interesse a spingere in questa direzione». Ma dove sta quindi l’inghippo
nell’effettuare da subito questo cambio di deleghe? «Sono stati espressi
“timori” legati ai pareri legali, peraltro non vincolanti, raccolti in Regione,
sulla possibilità di cambiare in corsa le regole dell’appalto». Per cui
bisognerà aspettare la fine dell’appalto in corso, previsto nel marzo 2013. «E
qui entra in scena la “flemma” dell’attuale maggioranza politica, che della
possibilità di risparmio, con il famoso cambio di deleghe, era già stata
informata dagli Uffici preposti, ad inizio 2011, e vista nell’impossibilità di
cambiare l’appalto, gli stessi Uffici comunicavano alla Giunta, alla fine del
2011, la necessità di indire un nuovo appalto alla scadenza di quello in corso»,
stigmatizza Gretti. Suggerimenti rimasti lettera morta: «Oramai siamo fuori
tempo per indire un nuovo bando di appalto – conclude l’esponente di opposizione
- ma il Comune potrebbe verificare la possibilità di una proroga di soli sei
mesi dell’appalto, in modo da poter procedere al nuovo bando comprendente la
famosa delega di pagamento e porre le basi per un risparmio di tutta la
collettività muggesana».
Riccardo Tosques
E la Provincia verificherà gli aumenti
MUGGIA Nell’aprile del 2004 è stato firmato un protocollo tra Provincia di
Trieste, Provincia di Gorizia (interessata in quanto fino a qualche anno fa le
ceneri dell’inceneritore finivano alla discarica di Pecol dei Lupi, oggi chiusa)
e Acegas, per la pianificazione dei costi di smaltimento dei rifiuti partiti nel
2004 con un costo di 91,93 euro a tonnellata e soggetti al solo aumento Istat.
«Tale accordo è però scaduto nel dicembre del 2011 senza che nessuna delle
parti, Provincia in testa, si sia preoccupata di prorogare la stessa o di farne
un'altra per calmierare i costi», stigmatizza Gretti. Risultato? «Acegas ha
aumentato il prezzo passando da una percentuale media di aumento da 1,5% l’anno
durante l’accordo, al 3,2% l’anno nel post accordo». Un aumento non da poco e,
parrebbe, deciso in maniera univoca. Sulla questione è intervenuto l’assessore
provinciale Vittorio Zollia: «La convenzione tra Provincia e Acegas è stata
prorogata nel luglio del 2010 con il mantenimento delle stesse condizioni
tariffarie sino alla fine del 2011. In base alla convenzione, a partire dal
2012, le nuove tariffe dovevano essere concordate tra Acegas e Provincia. Se
Acegas ha applicato aumenti non dovuti verificheremo e se del caso
interverremo».
(r. t.)
Legambiente interroga sulla Caffaro
Legambiente Fvg prende posizione sull’area Caffaro e ha sollecitato, per il
tramite dei senatori Ferrante e Della Seta, un’interrogazione parlamentare ai
ministri delle Attività Produttive, dell’Ambiente, della Salute per chiedere
chiarimenti e precisazioni sul percorso della bonifica. «La certezza delle
bonifiche deve accompagnare l’annunciato insediamento nell’area Caffaro di una
nuova impresa e di nuove tecnologie per la soda-cloro dice una nota - la ripresa
dell’area non è solo questione di politiche industriali ma anche di scelte di
risanamento ambientale». «L’avvio a Torviscosa di un nuovo progetto industriale
per la produzione di cloro e soda da parte di una nuova società è accolta con
favore da Legambiente Fvg, poiché il passaggio alla tecnica delle celle a
membrana in sostituzione di quelle a mercurio è stata una richiesta
dell’associazione ambientalista dal lontano 1991». «Appare quindi di particolare
importanza che l’avvio della nuova attività avvenga nel massimo della chiarezza
e che non venga considerato un puro fatto economico ed imprenditoriale, ma sia
vissuto come un evento sociale ed ambientale delle comunità e del territorio».
Passeggiata sul Rilke con Biodiversamente - IL FESTIVAL
DEL WWF
DUINO AURISINA La terza edizione di Biodiversamente, il festival promosso da
Wwf e Musei scientifici a livello nazionale, vede protagonista anche il
territorio di Duino Aurisina, con una tappe importante. La manifestazione, nata
per proporre iniziative di conoscenza, approfondimento e scoperta della natura
(sia sul campo che attraverso i tesori custoditi nei musei scientifici), vedrà
infatti l'organizzazione di una passeggiata lungo il sentiero Rilke (domani). A
promuovere i diversi eventi, allestiti questo week-end nella provincia, sono
l'Area marina protetta di Miramare, l'Oasi del Wwf, i Civici Musei Scientifici
di Trieste, il Wwf Trieste e la Riserva naturale regionale delle Falesie di
Duino. Il ritrovo, per la passeggiata, è alle 10 a Sistiana, per effettuare un
percorso naturalistico tra la biodiversità così come è e come invece forse sarà,
osservando anche la contigua Pineta: dunque microcosmi del Mediterraneo,
influenze illiriche e spunti per leggere l’ambiente secondo differenti
interpretazioni, per svelare la ricchezza naturale esistente e quella che
potenzialmente potrebbe esistere ma invece viene limitata da fattori naturali e
antropici, climatici e meteorologici. Insomma, un modo per scoprire che anche
ciò che ci pare di conoscere già e invece resta ancora avvolto dal mistero. La
partecipazione, previa prenotazione, è gratuita e adatta ad adulti e famiglie.
Sempre nell'ambito degli appuntamenti, il pubblico ha l'opportunità di vistare
ancora “La grande guerra in casa”: in esposizione uniformi, granate e altri
reperti bellici, nonché ingrandimenti di fotografie e cartoline originali. Oggi
visita guidata alle 17 alla galleria del Centro d'arte e cultura Skerk a Ternova
Piccola (sabato e domenica apertura dalle 10.30 alle 18). Di tutt'altro
registro, ma sempre visitabile il Minimuseo sulla storia e preistoria attorno al
fiume Timavo, al Villaggio del Pescatore (sabato dalle 15 alle 18 e domenica
10-13.30 e 15.30-18).
(t.c.)
IL PICCOLO - VENERDI', 26 ottobre 2012
«Ferriera, stringere i tempi di bonifica»
Clini: vogliamo partire dalle aree da riusare in chiave portuale
Authority e enti dicano se il gnl a Zaule è compatibile con lo scalo
«Se un’impresa non ce la fa a stare sul mercato, è evidente che lo Stato non
può sostituirsi e tappare le falle. Ciò accadeva fino agli anni Settanta e a
metà degli anni Ottanta, attraverso il meccanismo delle Partecipazioni statali e
dell'Iri. Ora però tutto è cambiato, ed è inimmaginabile tornare indietro». Il
ministro dell'Ambiente, a bordo della sua “Clini mobile” - non un'auto blu ma
una vettura elettrica Toyota di ultima generazione, con stampigliato sulle
portiere il simbolo del ministero con i colori dell'aria, della terra e del mare
- non usa mefatore né giri di parole per affrontare il caso della crisi della
Ferriera di Servola. Sul quale gli enti triestini hanno detto di voler scrivere,
nero su bianco, un piano operativo da presentare al Governo. Parla rapido
Corrado Clini, mentre l'auto ibrida sfreccia fra le stradine del centro di Roma.
Ministro, il caso Ferriera - al di là degli sviluppi che potrà avere la notizia
del potenziale investitore che si è fatto avanti per la Lucchini - rischia di
arrivare come una bomba sulla città. Se l'impresa riesce a stare sul mercato
perché ha capacità di produzione e di vendita che si autoripaga, vanno soltanto
create le condizioni perché ci sia il massimo di facilitazione dal punto di
vista delle regole e di quelle che sono le infrastrutture esterne. Ma se non si
regge sul mercato, è evidente che il ruolo pubbico non può prenderne il posto.
Lo impediscono le regole europee. E poi non avrebbe senso impegnare risorse
pubbliche su imprese che non sono produttive. Cosa può fare il Governo? Ciò che
stiamo facendo è accelerare i tempi per far partire la bonifica delle aree della
Ferriera di Servola. A cominciare da quelle di competenza del demanio date in
concessione dall'Autorità portuale, in modo che possano comunque essere
riutilizzabili anche per attività diverse da quelle industriali attualmente in
uso. La situazione però è difficile. Il Governo si può impegnare a verificare se
esistono delle politiche e delle misure che possono facilitare la capacità delle
imprese in crisi, come il caso di Piombino, che è sempre Lucchini, della Alcoa e
delle altre aziende del Sulcis. Ma, lo ripeto, non può sostituirsi. Può cercare
di favorire tutte le soluzioni possibili, compreso dare garanzie in termini di
regole a chi volesse investire. Oltre a questo non possiamo andare. Ha parlato
di un possibile riutilizzo delle aree. È quello che stiamo facendo: cercare di
consentire il riutilizzo delle zone dove oggi c'è una parte delle attività della
Ferriera per altri usi, prevalentemente portuali. Per esempio c'è una vasta area
che è del Porto e che è stata data in concessione alla Ferriera: può tornare al
Porto una volta bonificata. Un'operazione di questo tipo potrebbe anche
recuperare parte del personale attualmente impegnato nella Ferriera. Nel caso in
cui Lucchini o una nuova proprietà riesca a tenere in piedi l'attività dovrebbe
dare nuove garanzie ambientali? Su questo non ci sono margini. Vanno rispettati
i nuovi standard ambientali entrati in vigore a livello europeo. Non c'è nessuna
possibilità di deroga. Altro tema, il rigassificatore proposto da Gas Natural a
Zaule. Il problema del rigassificatore è completamente diverso. Non ha bisogno
di alcun contributo pubblico. L'unico problema aperto, a parte la discussione
con la Slovenia, riguarda la compatibilità di quella localizzazione con le altre
attività portuali. Problema che non è stato risolto, ma che non possiamo
risolvere noi. Il Porto, il Comune, la Provincia e la Regione ci devono dire se
la realizzazione del rigassificatore è compatibile con lo sviluppo del Porto.
Finora non abbiamo ancora avuto una indicazione circa la possibilità che le
servitù ai fini della sicurezza connesse al rigassificatore siano compatibli con
lo sviluppo del porto: in pratica se ci siano delle regole di sicurezza che
impongono delle limitazioni alla navigazione portuale e all'insediamento
nell'area portuale di altre attività. Il Porto con le altre amministrazioni
devono scegliere tra rigassificatore ed espansione portuale. Provincia e Comune
si sono già espressi contro, l'Autorità portuale ha fatto presente questa
problematica, la Regione finora è rimasta in silenzio.
Marina Nemeth
Lucchini, spunta il nome di Klesch
Esaminata dal cda una manifestazione d’interesse: sarebbe il gruppo
svizzero
Il colpo di scena quando ormai tutti aspettavano l’ufficializzazione della
richiesta del commissario straordinario, di nomina ministeriale. Invece, dal
cda-fiume della Lucchini, ieri a Milano, è uscita in serata una nota ufficiale
che ha citato «la manifestazione d’interesse pervenuta alla società da un
potenziale investitore». Manifestazione che è stata esaminata dal consiglio di
amministrazione e, dopo questa prima analisi, ha indotto la Lucchini a chiedere
alle banche un incontro per fornire un aggiornamento della situazione del gruppo
nel suo complesso. Ma chi è questo potenziale investitore? Secondo l’agenzia
Radiocor si tratterebbe del gruppo svizzero Klesch, attivo in vari settori
siderurgici. Il flash uscito ieri sera ricorda inoltre come Klesch «si era fatto
avanti anche sul dossier del gruppo Alcoa ma la sua offerta era stata respinta
nello scorso giugno». La notizia è rimbalzata in giro per l’Italia e ovviamente
anche a Trieste, dove i lavoratori della Ferriera, i sindacati e le istituzioni
erano ovviamente da ore in attesa di novità, dalla riunione del cda della
Lucchini, sul futuro del gruppo e quindi anche dello stabilimento di Servola.
Una giornata infinita, quella di ieri, anche a Piombino, dove alcuni operai -
dopo l’assemblea del pomeriggio - hanno occupato gli uffici della direzione
dell’impianto. In serata, quando ormai in molti si sarebbero attesi di vedere
ufficializzata la richiesta di amministrazione straordinaria da parte del gruppo
siderurgico controllato da Alexei Mordashov e la cui situazione finanziaria è
come noto critica, è stato diramato invece un comunicato stampa che cita un
potenziale investitore: «Il Consiglio di amministrazione di Lucchini spa -
recita la nota della società -, riunitosi in data odierna, ha esaminato la
manifestazione d’interesse pervenuta alla società da un potenziale investitore.
In conseguenza di quanto sopra, il cda ha chiesto un incontro con il ceto
bancario per fornire un aggiornamento sulla situazione del gruppo nel suo
complesso. Il consiglio di amministrazione prosegue la propria attività e sta
valutando, insieme ai legali dello studio Paul Hastings, le più opportune
procedure da attivare in tempi brevi in relazione all’evolversi degli eventi».
Questa mattina i lavoratori della Ferriera di Servola discuteranno con rsu e
sindacati delle eventuali azioni da intraprendere alla luce del nuovo quadro
delineatosi.
(m.u.)
Rigassificatore: “controbanchetto” grillino in via Dante
C’è chi, come i grillini Paolo Menis e Stefano Patuanelli, organizza “controbanchetti”. E chi invece, rappresentando la corrente “possibilista” del Pdl, come il consigliere regionale Bruno a trattare con Gas Natural. Sono ore di dibattito rovente attorno al destino del progetto, dopo l’avvio della campagna informativa di Gas Natural a colpi di gazebo e di cartoline inviate alle famiglie (in cui il presidente di Gas Natural Italia Spa Javier Hernàndez Sinde promette che l’impianto «porterà una media annua di 1500 nuovi posti di lavoro in tre anni» e «genererà un aumento del Pil regionale dello 0,9%»). Proprio per questa mattina in via Dante, alle 10, i grillini annunciano la loro “presenza” «presso il gazebo allestito da Gas Natural». Obiettivo dichiarato: «Informare correttamente i triestini sugli aspetti negativi del rigassificatore». La butta nell’agone politico Bruno Marini: «Se sul rigassificatore Gas Natural vende saponette, allora Cosolini vende soltanto fumo». «Lo ripeto - insiste l’ex Dc del Pdl - anche perché questa è sostanzialmente la posizione del presidente Tondo: è più che mai necessario che il Comune imposti con Gas Natural, prima di un’eventuale decisione positiva del Governo, una trattativa precisa volta a fare chiarezza su almeno quattro aspetti: le royalties in denaro, le modalità del coinvolgimento di AcegasAps, il risparmio energetico che ne ricaverebbero i triestini, assolute garanzie sui posti di lavoro».
(pi.ra.)
SEGNALAZIONI - Gas Natural - Sul rigassificatore pubblicità ingannevole
L’altra mattina nella piazza della Repubblica di Muggia ho trovato uno stand della Gas Natural presso il quale un gruppo di gentilissimi giovani pubblicitari di bella presenza cercava di spiegare la “bellezza” di avere un rigassificatore a Zaule. L’elegante e patinato brochure in distribuzione riporta una foto aerea ripresa davanti al molo quinto, in secondo piano in prospettiva tutto il porto, ancora più indietro tutta la città, l’altipiano da oltre il faro a sinistra fino al canale navigabile di Zaule a destra, il cielo azzurro sopra tutto, e sovraimpresso il titolo “il rigassificatore di Zaule”. Foto magnifica. Mai pubblicità fu più ingannevole. Se un cittadino non è già ben informato non riesce proprio ad individuare il sito dove dovrebbe sorgere il rigassificatore Può darsi che così, assieme alle “chiacchere” del tipo “vogliamoci bene” riportate nelle altre parti del brochure, qualche ignaro cittadino di Trieste si faccia ingannare. Non così – penso – i muggesani, gli abitanti di Zaule, di Borgo San Sergio. Che abitano maledettamente vicino alla zona prevista per la costruzione dell’impianto. Ne conoscono bene la vicinanza con tutte le altre attività industriali presenti. E vorrebbero forse che Gas Natural si confronti davvero con la popolazione, gli enti locali, le associazioni, i tecnici e gli scienziati che stanno contestando duramente i dati secondo alcuni addirittura falsi (falsati?) dei documenti presentati per le autorizzazioni. Come sempre, il confronto vuol dire ascolto delle versioni degli altri, confutazione ragionata – in questo caso tecnico-scientifica – delle ragioni dei cittadini mobilitati, vuole dire disponibilità. D’altra parte se c’è chi pensa davvero che si possa ipotizzare “un’alta finanza altruista” (!) o un Gas Natural che opera per il bene dell’umanità, si può pure credere che Babbo Natale esiste!
June Nicolini
Tav “triestina”, stop di Moretti
L’ad delle Ferrovie: «Siamo ancora alla progettazione e quindi è
prematuro parlare di investimenti»
TRIESTE L’alta velocità procede ancora troppo piano sulla tratta
Venezia-Trieste, dunque è prematuro parlare di investimenti. A rilevare la
lentezza dell’iter progettuale è lo stesso amministratore delegato delle Fs
Mauro Moretti, ieri a Venezia per un convegno. «Ho visto - ha dichiarato il
manager delle Ferrovie - che anche in questi giorni ci sono state delle non
accettazioni sul tracciato da parte di una serie di sindaci. Siamo ancora alla
fase di progettazione, quindi prima di poter parlare dei soldi per gli
investimenti, occorre avere un programma chiaro dei tempi di definizione del
progetto». Se la Venezia-Trieste ad alta velocità resta nel limbo dei
desiderata, con differente ritmo sembra invece evolversi la situazione a Ovest
del capoluogo lagunare. Moretti è stato esplicito: «La Venezia-Milano ad alta
velocità è l’opera più importante da fare in Italia. Bisogna dare atto a questo
governo di aver finanziato la Milano-Brescia, un primo passo importante perchè è
la zona più congestionata. Speriamo di chiudere il collegamento tra la metropoli
lombarda e Brescia entro il 2016». Già messa a punto la Padova-Venezia, che era
l’altra tratta a maggiore congestione di traffico, «adesso dobbiamo procedere
gradualmente - ha scandito Moretti - fino a Verona e da Verona fino a Padova.
Proprio sulla Verona-Padova stiamo definendo il preliminare, vi sono iniziative
di sostegno assolutamente apprezzabili, che però non risolvono il problema del
finanziamento». Brennero-Bologna e Milano-Venezia - ha osservato l’ad delle Fs -
sono le linee che disegnano e attraversano l’area “forte” del Paese. Moretti ha
affrontato altri importanti temi relativi alla politica dei trasporti nazionale,
lamentando la carente attenzione nei confronti della rotaia, sottoutilizzata
rispetto alla modalità su gomma. E’poi tornato sul trasporto ferroviario locale,
sottolineando come, rispetto ad altri Paesi europei, l’utenza e le Regioni
paghino decisamente meno il servizio, che invece ha bisogno di più consistenti
risorse. «Contentissimi», commenta Moretti, se si vorranno bandire le gare,
perchè questa esigenza finanziaria verrà finalmente evidenziata, visto che alle
gare «fino a questo momento non ha partecipato nessuno e noi abbiamo dovuto
continuare a fare il servizio anche dove a volte non lo vorremmo fare». Nel
derby sull’alta velocità, che vede opposti Trenitalia e Ntv, Moretti non ha
voluto perdersi una battuta sulle dimissioni, presentate l’altro giorno da Luca
Cordero di Montezemolo, dalla presidenza della compagnia ferroviaria privata.
«Le dimissioni di Montezemolo - ha celiato - sono un campionato perso. Mi sembra
che qui non abbia vinto il Mondiale, come è abituato a fare con la Ferrari. Gli
auguro anch’io di vincere un giorno in Formula 1, ma intanto, lui, questo
campionato lo ha perso». Ricordiamo che al posto di Montezemolo è stato nominato
Antonello Perricone.
Massimo Greco
Auto condivisa, Muggia comune pilota del progetto
MUGGIA Automobili condivise per gli spostamenti di gruppo verso Trieste. È
Il “Trasporto solidale”, il progetto di mobilità sostenibile che
l'amministrazione provinciale ha deciso di avviare a partire dal prossimo mese
nel Comune di Muggia. «Se l’iniziativa dovesse riscuotere il successo che ci
attendiamo estenderemo il servizio di trasporto anche nel resto del territorio»,
preannuncia l'assessore provinciale alle Politiche giovanili Roberta Tarlao.
L’iniziativa di Palazzo Galatti si rivolge ai giovani dai tredici ai venticinque
anni e collauda un nuovo sistema di trasporto economico ed ecologico che ha la
funzione di permettere ai giovani di rincasare in maniera sicura coinvolgendo
allo stesso tempo la cittadinanza in maniera solidale. L’idea è infatti quella
di utilizzare auto condivise o di gruppo per gli spostamenti dei ragazzi, quindi
promuovere la solidarietà tra le nuove generazioni, tra i genitori, e rafforzare
i legami comunitari all’interno di tutta la cittadinanza. «Attraverso percorsi
di formazione si intende stimolare positivamente la riflessione sul consumo
critico e la sostenibilità: anche piccole scelte quali la condivisione di un
mezzo come l'automobile possono influire su sistemi complessi», puntualizza
Tarlao. La prima azione prevista sarà l'invio di una lettera a tutti i possibili
beneficiari per presentare obiettivi e finalità del progetto, evidenziando
ricadute e benefici. Il passo successivo sarà costituito da un incontro pubblico
di confronto con il territorio e la prima raccolta di adesioni. Prenderà il via
quindi il percorso formativo vero e proprio dedicato principalmente ai fruitori
del progetto comprensivo di tutela della privacy, responsabilità degli
accompagnatori, responsabilità dei beneficiari del servizio. Il progetto, che in
questa fase coinvolgerà 1.500 giovani, è organizzato in collaborazione con
l’associazione Exist che coordinerà la campagna di divulgazione del progetto e
al tempo stesso sarà il perno di incontro tra le famiglie che intendono
partecipare. Muggia fungerà da comune pilota per cercare di capire se quello del
trasporto solidale possa essere davvero la risposta giusta all'atavico problema
dei collegamenti dei vari comuni che formano la provincia triestina con il
capoluogo. Ma l'azione della condivisione delle automobili e del trasporto di
gruppo verrà utilizzato anche all'interno dello stesso comune rivierasco, per
cercare così di collegare tra loro tutte le varie frazioni, spesso non
facilmente accessibili con i mezzi di trasporto pubblico.
(r. t.)
Progetto In Boschetto
Alle 18, in via S. Cilino 40/2 (Proloco S. Giovanni- Colonia), si terrà una conferenza su: “Mixomiceti, un micromondo sconosciuto ai più”. Un viaggio appassionato in un mondo nascosto attraverso una proiezione fotografica delle meraviglie del bosco comunale del Farneto. Parlerà l’ingegner Renato Cainelli, cultore della materia microfungina.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 ottobre 2012
«I motivi del nostro no al rigassificatore» Cosolini
scrive a Monti
Lettera inviata per la firma agli altri Comuni e alla Provincia «La
scelta dei gazebo buona per promuovere saponette»
«Caro presidente del Consiglio, ora ci ascolti». Le parole utilizzate non
saranno proprio queste, ma il concetto di fondo sì. E se più ministri non ci
sentono, allora si sale di un gradino ancora, scrivendo direttamente al premier
Mario Monti. È la strada che il sindaco Roberto Cosolini ha deciso di
intraprendere per ribadire a Roma, al governo, «la contrarietà motivata del
territorio» al progetto del rigassificatore di Zaule firmato dal Gas Natural.
Una bozza della lettera che finirà sul tavolo di Monti è stata non solo
preparata dal primo cittadino, ma anche già inoltrata ai sindaci degli altri
Comuni della provincia (Nerio Nesladek a Muggia, Fulvia Premolin a San Dorligo
della Valle, Vladimir Kukanja a Duino Aurisina, Mirko Sardoc a Sgonico e Marko
Pisani a Monrupino) e anche alla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa
Poropat per certificare ulteriormente una posizione condivisa. Quella di un “no”
granitico all’insediamento. Non è difficile immaginare che i destinatari della
missiva condivideranno e sottoscriveranno il documento a stretto giro. E non
solo per questioni di colore politico (il centrosinistra guida tutti i Comuni
della provincia triestina ed è maggioranza pure a palazzo Galatti), ma anche e
proprio per ragioni di contenuto ripensando alle prese di posizione espresse più
volte in passato (è questo il caso dei Comuni di Muggia e di San Dorligo della
Valle). «La lettera - spiega Cosolini - è quanto mai necessaria per richiedere
al governo un serio approfondimento delle ragioni della nostra contrarietà».
Passaggio che evidentemente sin qui è mancato. «Da parte di più ministri è stata
riaffermata come strategica - prosegue Cosolini - la scelta del rigassificatore,
ma questo non può e non deve voler dire accettare qualsiasi tipo di impianto in
qualsiasi ubicazione senza approfondirne le criticità. Anzi - aggiunge -
un’ulteriore analisi potrebbe invece portare a scelte di tecnologie più avanzate
e a localizzazioni meno impattanti di quella del progetto Gas Natural». La mossa
del sindaco giunge a pochi giorni dall’avvio in città della campagna
promozionale del colosso spagnolo dell’energia. Tempo di gazebo secondo Gas
Natural. Per Cosolini, invece, tempo di ricordare all’azienda stessa come le
istituzioni le abbiano più volte chiesto, invano, un confronto: «Dopo anni di
silenzio e di non risposte sulle criticità, Gas Natural avrebbe potuto scegliere
la strada del contraddittorio con i numerosi esperti che hanno sollevato
obiezioni e presentare proposte risolutive. Invece - conclude -, ignorando per
l’ennesima volta il confronto, ha scelto la via dei gazebo promozionali, forse
più adatta a proporre saponette piuttosto che a presentare un impianto di grande
impatto per il territorio». Intanto, sempre sul fronte del “no” al
rigassificatore si registra l’iniziativa dei consiglieri comunali d’opposizione
del MoVimento 5 Stelle Trieste: Paolo Menis e Stefano Patuanelli saranno
domattina alle 10 in via Dante nei pressi del gazebo di Gas Natural «per
informare correttamente i triestini sugli aspetti negativi del rigassificatore»,
annunciano in una nota.
Matteo Unterweger
Il sindaco a Capodistria: «Sintonia con Popovic» -
PRIMO INCONTRO FRA I DUE
«Condivide la nostra posizione sul progetto di Gas Natural. E anche sui
porti siamo d’accordo: da soli non si va da nessuna parte ma serve
collaborazione»
Del progetto del rigassificatore di Zaule si è parlato anche ieri mattina a
Capodistria. Ne hanno discusso infatti il sindaco padrone di casa Boris Popovic
e Roberto Cosolini, durante il loro primo incontro ufficiale da quando l’ex
segretario proviciale del Pd è diventato sindaco di Trieste alla fine del maggio
2011. «Ci siamo trovati in sintonia su diverse questioni - racconta Cosolini nel
post visita -. Popovic condivide la nostra posizione sul rigassificatore». Nello
specifico sul progetto proposto da Gas Natural per la baia di Zaule. Una voce
contraria insomma, quella del primo cittadino capodistriano, che si unisce ai
“no” del territorio triestino, pronti per essere ribaditi in una lettera (come
riferiamo nell’articolo qui sopra) da inviare al presidente del Consiglio, Mario
Monti. Non solo rigassificatore al centro della visita di Cosolini in Slovenia:
«È stata l’occasione per instaurare il giusto clima di collaborazione - aggiunge
ancora il primo cittadino triestino -. Ho trovato un sindaco molto dinamico e
innovativo, caratteristiche che già si conoscevano. Abbiamo parlato di possibili
collaborazioni da promuovere fra le due città e anche da estendere, attraverso
il coinvolgimento di tutti i Comuni della provincia triestina e di quelli del
litorale costiero sloveno dell’Istria, in campo turistico, culturale e via
dicendo». A tal proposito, più nel concreto, Cosolini e Popovic, nell’arco delle
due ore di colloquio, hanno inoltre «traguardato il prossimo appuntamento sul
ruolo delle due città, cioè quello con i fondi strutturali 2014-2020». In questo
senso, proprio per andare a caccia di finanziamenti europei, è stato deciso ieri
«di destinare un paio di persone, cioè funzionari dei rispettivi Comuni, alla
definizione degli ambiti di collaborazione». In termini di possibili sinergie,
scontato il passaggio sul tema della portualità e quindi sui due scali vicini,
con la considerazione espressa da entrambi i sindaci (in linea con il pensiero
dell’ex presidente dell’Autorità portuale di Trieste, Claudio Boniciolli,
espresso anche l’altra sera nell’incontro organizzato nella sede del Pd) sul
fatto che «da soli non si va da nessuna parte. Anche Popovic - conclude Cosolini
- è molto convinto della necessità di collaborazione tra i due porti. Ma siamo
consapevoli, come sindaci, di poterci impegnare a riguardo solo con un’opera di
moral suasion».
(m.u.)
Il volontariato strappa la sua legge - VIA LIBERA IN
CONSIGLIO
TRIESTE La nuova disciplina sul volontariato e l’associazionismo è legge. Il
Consiglio regionale ha approvato il testo con i voti favorevoli della
maggioranza e l’astensione dell’opposizione. La norma riordina il tema del
volontariato, inserendo anche la promozione sociale e l’associazionismo in
genere attraverso l’istituzione di appositi registri a cui possono iscriversi
soltanto le associazioni no profit. «Per la prima volta si affronta il tema del
mondo del no profit con un'ottica unitaria – afferma Piero Camber (Pdl) -
volontariato, associazioni di promozione sociale ed associazionismo. Chiunque si
impegna a favore degli altri, merita il rispetto e la valorizzazione da parte
della nostra Regione». Per Edoardo Sasco (Udc), «la valorizzazione dei
meccanismi di rappresentanza, il sostegno alle reti, il rapporto normato con gli
Enti locali, le convenzioni a garanzia delle associazioni, la creazione del
Fondo di anticipazione, l'intervento sulla formazione dei volontari e la messa a
disposizione fin d'ora di 2,7 milioni di euro, rappresentano gli elementi più
qualificanti e significativi della nuova legge». Paolo Menis (Pd) sottolinea
come «sono state accolte la stragrande maggioranza delle nostre richieste. Dalla
sottoscrizione di valori e principi fondamentali, come la gratuità, cui abbiamo
saputo trovare il giusto spazio nel testo di legge, al riconoscimento delle
reti, fino a un rinnovo del sistema di governo. Nonostante tutto – conclude -
non possiamo dimenticare la grande distanza culturale palesata in questi mesi
relativamente all'attuazione della sussidiarietà e della partecipazione». Il
Consiglio ha deciso di rinviare a oggi, come previsto, il dibattito sulla
proposta di legge bipartisan per il dimezzamento dei rimborsi ai gruppi
politici: «Andiamo avanti con la nostra proposta – assicura il capogruppo del
Pdl, Daniele Galasso – e se da Roma arriveranno altre disposizioni, la
correggeremo attraverso la legge di manutenzione». Ieri l’aula ha approvato
all’unanimità la mozione, firmata da tutti i gruppi, di solidarietà alle forze
dell’ordine e ai vigili del fuoco e ha detto sì a larga maggioranza (astenuti i
pidiellini Pedicini e Santin, non hanno votato il finiano Ciani e i consiglieri
triestini del Pdl, oltre al pordenonese Dal Mas) anche alla mozione del Pd che
impegna la Giunta ad adoperarsi con il Governo per la tutela della lingua
friulana messa in crisi dalla spending review. Via libera anche alla legge di
valorizzazione delle strutture alpine regionali.
(r.u.)
Prosecco chiede di ripristinare i pastini per
rilanciare la coltivazione del Prosecco - ALTIPIANO OVEST
PROSECCO Un progetto complessivo di rivalutazione del territorio comunale
triestino a ovest dell’Altipiano Carsico è stato elaborato dalla prima
circoscrizione a seguito degli incontri intercorsi con il Comune e le diverse
realtà locali. Un documento con il quale si è inteso sintetizzare le proposte
raccolte nel primo anno di attività del consiglio. «È un tentativo di reazione
al costante degrado ambientale e economico della nostra area – afferma il
presidente di Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza. Siamo dell’opinione che un
progetto di recupero e rilancio complessivo del nostro territorio attraverso una
serie di precise iniziative potrebbe ridare fiato e forza a quelle attività
agricole e turistiche oggi neglette o bisognose di slancio e sostegno. Da
qualche parte – continua Cattaruzza – è pur necessario ricominciare». Il
progetto della prima circoscrizione è stato sviluppato in tre direttrici. La
prima prevede la riqualificazione dei borghi storici del territorio, ovvero
Contovello, Prosecco e S. Croce, nel rispetto delle caratteristiche storiche e
culturali dei borghi. Si parte dal recupero della toponomastica e si prosegue
con l’adozione di un arredo urbano adeguato e di una pavimentazione delle
stradine con selciati in arenaria. Direttrice fondamentale quella che prevede il
riutilizzo per fini agricoli di quegli antichi pastini sottostanti i tre borghi
che per la maggior parte rimangono inutilizzati e inselvatichiti. La
ristrutturazione dei terrazzamenti e dei sentieri interpoderali è la conditio
per riproporre nell’area del costone un’agricoltura di pregio con il “Prosecco
di Prosecco” quale fiore all’occhiello. Ulteriore proposta del consiglio
circoscrizionale, propedeutica a un incremento dell’afflusso turistico, la
creazione di un percorso panoramico e naturalistico lungo l’intero Altipiano che
connetta i sentieri e le strade esistenti e già attrezzate. Un itinerario che
partendo dal Monte Spaccato, attraverso il sentiero n. 1, la strada Vicentina e
il sentiero Natura, raggiunga la torre dell’acqua di Aurisina, percorso davvero
suggestivo che consente all’escursionista di osservare ambienti e paesaggi di
rara bellezza, utilizzando anche dei tratti e sentieri che oggi versano in grave
degrado, vecchi itinerari rurali che agricoltori, allevatori e pescatori, un
tempo, utilizzavano quotidianamente per svolgere o raggiungere il proprio
lavoro. «Per portare a compimento un progetto di così ampia portata si rende
ovviamente necessario uno sforzo comune di grande rilevanza – puntualizza
Cattaruzza – attraverso il coinvolgimento di molteplici attori, non solo da
parte degli enti regionale e locali ma pure dal mondo dell’associazionismo,
della Camera di Commercio e la Provincia».
Maurizio Lozei
Festival dell’Ecoscienza obiettivo la biodiversità del
Carso e del mare - EVENTO»TRE APPUNTAMENTI A TRIESTE
La terza edizione dell’iniziativa è in programma domenica con ingresso
gratuito a musei scientifici, acquari e oasi
Anche a Trieste, domenica, si potranno scoprire le biodiversità di Carso e
mare grazie a “Biodiversamente”, terza edizione del Festival dell’Ecoscienza: un
weekend tra scienza e natura con ingresso gratuito a musei scientifici, acquari
e Oasi del Wwf di tutta Italia organizzato dal Wwf in collaborazione con
l’Associazione Nazionale Musei Scientifici. La manifestazione a livello
regionale prevede iniziative anche a Tolmezzo, Udine e Pordenone. A dare il via
agli appuntamenti sarà oggi alle 8 all’auditorium Candoni di Tolmezzo un
pre-evento dal titolo “Clima: passato, presente e futuro” che vedrà
l'intervento, tra gli altri, di Onelio Flora dell’Università di Trieste su
“L'Antartide: archivio naturale delle variazioni climatiche”. I tre appuntamenti
triestini avranno luogo domenica con le iniziative organizzate dal Civico Museo
di Storia Naturale insieme all’Area Marina Protetta di Miramare, collaborazione
già sperimentata con successo in primavera con alcune visite-laboratorio per
adulti e bambini sul Carso costiero dedicate agli insetti. La mattina, con
ritrovo alle 10 presso l'Aquario, adulti e famiglie potranno conoscere “di
persona” anche in aree solitamente non aperte ai visitatori le storie delle
specie ospitate attraverso la visita “Gli animali dell'Aquario: milleeuno
racconti di vita”. Ingresso ridotto 2,50 euro. Contemporaneamente, con ritrovo
alle 10 a Sistiana, si svolgerà la passeggiata gratuita “Rilke d'autunno”,
promossa dalla Riserva Naturale delle Falesie di Duino in collaborazione con
l'Area Marina di Miramare secondo un protocollo che vede le due riserve naturali
lavorare assieme per la sensibilizzazione ambientale: un percorso naturalistico
adatto alle famiglie sul sentiero e in pineta alla scoperta della ricchezza di
biodiversità esistente e di quella che potrebbe esistere se non limitata da
fattori naturali e antropici, climatici e meteorologici. Prenotazione
obbligatoria entro domani al 3339339060 o scrivendo a: carso@riservamarinamiramare.it.
Infine, con ritrovo alle 15 al Castelletto di Miramare, si svolgerà “Tipi da
spiaggia... la biodiversità in zona di marea”: una passeggiata per famiglie
sulla spiaggia di Miramare alla scoperta della minuscola e operosa vita che si
risveglia nella sabbia tra un'alta marea e l'altra con visita a Leila, la
tartaruga convalescente ospitata dal giorno della Barcolana nella Riserva. È
richiesto un contributo di 5 euro (ridotto 4). Prenotazione obbligatoria allo
040224147 interno 3. Il Centro Visite sarà aperto gratuitamente per l'occasione
dalle 10 alle 13 e dalle 14 fino all’inizio della visita. Banchetti per la
promozione dell’evento e delle iniziative collegate – come la borsa di studio
per i ricercatori promossa dal Wwf e destinata quest’anno a sostenere la ricerca
scientifica per la biodiversità alpina – saranno allestiti domenica dalle 9.30
alle 12.30 sulle Rive presso l’Aquario.
Gianfranco Terzoli
Terremoto: la trappola infernale che ha incastrato i geologi - L’INTERVENTO DI LIVIO SIROVICH
membro dell’ Istituto nazionale di
Oceanografia e di Geofisica sperimentale – Ogs; coordinatore del Gruppo di
ricerca sismologia ingegneristica e tecniche applicate al rischio
I nostri colleghi non sono stati condannati per essere stati incapaci
di prevedere il terremoto (sarebbe stata un’idiozia). Sono rimasti incastrati in
un meccanismo infernale, che è sfociato in una caotica riunione irregolare della
Commissione grandi rischi il 31 marzo del 2009, seguita a sua volta da una
confusa conferenza stampa. Il risultato complessivo dell’informazione fornita al
pubblico (soprattutto durante la confusa conferenza stampa) ha consentito al
giudice di pensare che i nostri colleghi si fossero spinti a fare una previsione
in negativo, ossia si fossero spinti a dire che “non” sarebbe arrivata una
scossa distruttiva. Base del convincimento del giudice è stato – anche ma non
solo - lo strano verbale della riunione. In generale, credo che l’esito di
questa tragedia illumini il deficit culturale dell’Italia in fatto di rischi.
Non mi riferisco solo al tenore della trascrizione dell'ormai famosa telefonata
Bertolaso-Stati (Protezione Civile Nazionale – ProtezioneCivile Abruzzo), ma
anche ai tanti commentatori che - all’indomani del terremoto dell’Emilia – hanno
detto che nell’area “non c’è rischio”. Bastava consultare le carte di
pericolosità presenti da anni nei siti della Protezione civile e dell’Ingv per
capire che si stava facendo disinformazione. Si sapeva che in Emilia c’è un
rischio più basso che altrove, ma c’è, eccome. Dicevo che i nostri colleghi sono
rimasti incastrati. La legge attribuisce alla Commissione grandi rischi compiti
prevalenti di consulenza scientifica, ed al Dipartimento di protezione civile
responsabilità di prevenzione e di informazione alle popolazioni nonché di
gestione dell’emergenza. Purtroppo, l’Italia ha interpretato la Commissione
grandi rischi anche come una specie di consesso onorifico, senza strumenti
operativi di analisi, con un presidente più che altro simbolico ed un “vicario”,
quasi a scimiottare il Consiglio superiore della magistratura; uno spagnolismo
anacronistico. Stando al balordo verbale postumo della riunione, questo collega,
non facente parte della commissione, disse: «Anche terremoti recenti sono stati
preceduti da sciami giorni o settimane prima, ma (che)la maggior parte delle
sequenze sismiche non si risolve in un forte terremoto». Notate che le
espressioni qualitative (come “molti”, “la maggioranza”, “pochissimi” eccetera)
hanno un significato semi-quantitativo. Quindi, la frase potrebbe trascriversi
così: «Il 60-70% (la maggior parte) delle sequenze sismiche non si risolve in un
forte terremoto, ma anche terremoti recenti sono stati preceduti da sciami
giorni o settimane prima». Che percentuale assegnare a quel “anche terremoti
recenti”? È opinabile, ma la logica suggerisce almeno un 10-20% se non più; che
è un livello di pericolo assai alto. In sede di interrogatorio, Selvaggi ripetè
testualmente la frase aggiungendo: «Questa è una osservazione statistica.
Ritengo che tale mia osservazione non possa essere interpretata come
tranquillizzante», frase che condivido appieno. Eppure anche lui ha preso 6 anni
e l’interdizione, al pari di chi invitò gli abruzzesi a rilassarsi con un buon
bicchier di vino. I nostri colleghi sono rimasti incastrati anche a causa della
imprevista situazione creatasi quel 31 marzo, con una riunione confusa, cui
erano inopinatamente presenti anche molti estranei con effetti di disturbo. A
scanso di equivoci: sono considerazioni solo mie. Non ho vauto contatti in
proposito con Selvaggi. Tornando al problema scientifico,esistevano studi che –
sia pure in termini approssimativi - suggerivano che nella zona de L’Aquila
poteva arrivare una scossa distruttiva. Uno studio del 2006, sulla più
prestigiosa rivista internazionale di Sismologia applicata, diceva che - nel
lungo periodo - «i siti piu pericolosi sono in questo momento a sud de L’Aquila
e nell’area di Sulmona». Chi tenne la conferenza stampa non fece tesoro, o non
fu messo in grado di fare tesoro, delle conoscenze disponibili. Va infine
considerata almeno un’altra condizione ambientale importante. All’epoca, la
Protezione civile era anche impegnata a tamponare gli effetti disinformativi
delle notizie diffuse da un generoso tecnico (Giuliani) convinto - a torto - di
essere in grado di prevedere i terremoti misurando il radon. Comunque, penso che
il 31 marzo 2009 a L’Aquila l’iniziativa combinata fra Protezione civile e
Commissione grandi rischi finì per fornire alla comunità un cattivo servizio. Ed
oggi molti media danno un altro cattivo servizio scrivendo che il giudice ha
quasi rifatto un processo a Galilei.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 ottobre 2012
VAL ROSANDRA - Dalla Costa replica a Ciriani: «Nessun
processo politico»
Dopo le accuse dell’assessore regionale il procuratore capo si è sentito
in dovere di precisare: «Noi indaghiamo soltanto sulle denunce presentate»
Scempio della Val Rosandra: la Procura, tirata in ballo dall’assessore
regionale alla protezione civile Luca Ciriani (che in una conferenza stampa
lunedì aveva ipotizzato interferenze e aspetti politici nell’inchiesta del pm
Antonio Miggiani), non si fa attendere. Entra in campo direttamente il
procuratore Michele Dalla Costa (nella foto piccola). Le sue sono parole secche,
dirette allo stesso vicepresidente della Regione indagato assieme ai vertici
della Protezione civile per quanto accaduto tra il 24 e il 25 marzo in Val
Rosandra. «Noi non facciamo processi politici», dice Dalla Costa precisando che
«indaghiamo sulle denunce presentate». Non aggiunge altro il procuratore capo,
ma il significato della dichiarazione è fin troppo chiaro: non ci sono
interferenze di natura politica in questa né in nessuna altra inchiesta. Una
precisazione, la sua, che inquadra in maniera netta e definita anche e
soprattutto la posizione giudiziaria del vicepresidente Ciriani. Il quale, nella
conferenza stampa convocata a Palmanova nella sede della Protezione civile,
aveva a gran voce affermato: «Chiediamo che le regole valgano per tutti».
Insomma l’inchiesta del pm Miggiani va avanti. Lo conferma le perizia del
biologo Dario Gasparo, incaricato dalla Procura, in cui si parla chiaramente di
deterioramento dell'habitat. Nella relazione, depositata e a disposizione dei
difensori, si parla anche chiaramente e soprattutto della distruzione di un sito
protetto. Insomma quello che è accaduto tra il 24 e il 25 marzo è stato un danno
ambientale particolarmente importante appunto perché ha riguardato un sito
protetto. Lo conferma la relazione del professor Ezio Todini, docente di
idrologia e costruzioni idrauliche all'Università di Bologna, l'altro perito
incaricato dal pm che ha risposto al quesito riguardante la necessità e
l'opportunità di abbattere decine e decine di alberi di alto fusto, «per
regolare il corso del torrente Rosandra». Assieme a loro hanno operato anche i
consulenti nominati dalla parte civile: gli ambientalisti Livio Poldini e Bruno
Greco. Su questi esperti indicati dal pm nei mesi scorsi gli avvocati Luca Ponti
e Caterina Belletti, che rappresentano il vicepresidente della Regione Luca
Ciriani e la Protezione civile, avevano presentato ricorso al gip Luigi Dainotti
rilevando come i consulenti indicati dal Pm «rappresentino distintamente
elementi di parzialità che non aiutano nella ricostruzione oggettiva e serena
dei fatti necessaria in questa fase del procedimento». Ma il giudice Dainotti
aveva rigettato il ricorso ritenendo corretto l’operato della Procura e non
ritenendo conferenti le motivazioni dei difensori di Ciriani e della Protezione
civile. L'inchiesta del pm Antonio Miggiani è scattata dopo un esposto inviato
alla Procura dall’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf. Gli altri
indagati sono il responsabile della Protezione civile regionale Guglielmo
Berlasso, il sindaco e il vicesindaco di San Dorligo, rispettivamente Fulvia
Premolin e Antonio Ghersinich, Mitja Lovriha (caposervizio dell'Area ambiente
del Comune di San Dorligo), i funzionari del Dipartimento della Protezione
civile regionale Cristina Trocca e Adriano Morettin, e Luca Bombardier, titolare
della ditta specializzata di Arta Terme.
Corrado Barbacini
Gli ambientalisti: «I periti sono affidabili»
Sulla questione della Val Rosandra interviene, a nome del Wwf, anche Dario
Predonzan. Dice: «La Procura ha valutato i titoli scientifici e accademici degli
esperti. Quello del vicepresidente Ciriani è un argomento molto debole. Mi pare
evidente - sono sempre parole di Predonzan - che Ciriani da una parte afferma
che c’è un orientamento politico. Ma è stato proprio lui a buttare tutto in
politica». Poi continua: «È il vicepresidente Ciriani che sta cercando di
intorbidire le acque. Non c’è alcun bisogno di strumentalizzare i volontari
della protezione civile a sostegno di un intervento sbagliato. Questo è
vergognoso. È Ciriani che sta utilizzando l’inchiesta della procura per fare
politica. Facendo così ammette di non aver fiducia nella giustizia». (Nella foto
Michele Dalla Costa)
Poropat: Ferriera, impossibile riattivarla
Per la presidente della Provincia morte certa dell’azienda: «Serve una
società che gestisca la fine»
«Governare l’”exitus”, non rimetterci fino in fondo, non più illudersi, e
non permettere alla Lucchini di andarsene così, con una bonifica lunga e
costosissima da fare. Invece a oggi ha lasciato quello che ha lasciato...».
Parla della Ferriera già al tempo passato la presidente della Provincia, Maria
Teresa Bassa Poropat, che aggiunge: «Bisogna prendere in mano la situazione come
sta, senza creare false aspettative». La riunione in Regione (dove erano
presenti gli assessori provinciali Vittorio Zollia e Adele Pino) ha trovato
l’accordo sul fatto che siano le istituzioni a prospettare un piano
economico-industriale, senza più attendere soccorsi esterni, o privati, o
europei, tutti inesistenti. «La Lucchini - procede Poropat - è solo impegnata a
vendere, la sua totale assenza dal tavolo regionale è quanto mai significativa,
se finisse al fallimento per i lavoratori ci sarebbe soltanto la cassa
integrazione, ma io non credo che piani di riattivazione dell’attività possano
dare qualche speranza immediata: bisogna essere pragmatici, le bonifiche
sappiamo quali tempi lunghi hanno, c’è appena da riallacciare il contatto col
ministro dell’Ambiente Clini, il quale suggeriva di dividere l’area enorme della
Ferriera in lotti, quale più inquinato e quale meno, per poter offrire il meglio
a un nuovo investitore. Però - aggiunge la presidente - anche questa che è una
prospettiva intelligente e operativa per rompere il magma indistinto di problemi
in cui ci si trova ha il suo lato problematico: è giusto, per invogliarlo,
offrire al privato le aree più pulite e gravare il pubblico di quelle più
inquinate?». La Ferriera è un magma davvero, dopo quella riunione che ha
rimandato al 9 novembre la prossima puntata di confronto nessuno sa che cosa
esattamente aggiungere, quali contenuti dare all’offerta. Ci saranno incontri
operativi in Regione. Poropat però smonta, sulla base della concretezza e senza
veli, questi ultimi intenti: «No, io non credo che la Ferriera sia
immediatamente riutilizzabile, né domani né dopodomani. Comunque i lavoratori
resteranno “fuori”, per loro bisogna trovare il male minore. Quanto meno -
aggiunge la presidente -, dopo aver individuato i lotti di terreno, bisogna
calcolare quanti dipendenti potrebbero essere riutilizzati per le
demolizioni...». Di fatto, Poropat al prossimo tavolo potrebbe proporre la
creazione di una società mista pubblico-privata che gestisca le fasi di
dismissione con piglio professionale, «altrimenti andiamo incontro a tempi
ciclopici, mentre al momento attuale manca il profilo con cui poter mettere
qualche cosa sul mercato. Questo significa gestire la fine, e questo è il
destino che abbiamo davanti». E il governo che inserisce Piombino-Servola nel
piano delle “crisi complesse”? Non c’è da farsi illusioni nemmeno da questa
parte: «Certo - conclude Poropat - lo abbiamo chiesto tutti, per portare la
Ferriera all’attenzione del governo, perché comunque non ci si può muovere al di
fuori dell’azione di ben due ministeri: Sviluppo economico e Ambiente». Su
questo capitolo, in Regione è venuta fuori un’altra non buona notizia. Aree in
concessione alla Lucchini hanno già avuto un processo di caratterizzazione
(analisi degli inquinanti), ma i dati non ci sono, perché l’Arpa non ha concluso
le sue verifiche e non ha validato i risultati.
(g. z.)
La Federcaccia chiede un calendario venatorio più lungo
- PER ABBATTERE I CINGHIALI
TRIESTE La Federcaccia di Trieste chiede l’ampliamento sia dell’orario di
caccia che del calendario venatorio, in modo da venire incontro alle diverse
richieste giunte dal mondo dell’agricoltura triestina e isontina, in difficoltà
di fronte alle incursioni continue dei cinghiali in diversi ambiti produttivi.
Di cinghiali e della pratica venatoria nelle Zone di protezione speciale
comunitarie e nei Siti di Importanza Comunitaria si è parlato in una conferenza
organizzata dalla sezione provinciale della Federcaccia. Sulle aree di
protezione speciale volute dalla legislazione europea attraverso la Rete Natura
2000, il mondo venatorio ha voluto puntualizzare come in queste zone la caccia
risulti un’attività permessa e tutelata. Stesso principio – è stato detto – vale
anche per tutte le altre attività rurali, con particolare riguardo per
l’agricoltura. La Federcaccia è intervenuta sulle problematiche inerenti la
presenza del cinghiale sul Carso triestino e isontino e nelle zone urbane del
capoluogo. In un recente incontro organizzato dalla Coldiretti a Medeazza,
viticoltori e allevatori avevano denunciato come gli animali continuino a
provocare danni alle colture e ai pascoli nonostante i prelievi venatori,
chiedendo agli enti locali di prendere provvedimenti, indicando nell’estensione
degli orari di caccia e del calendario venatorio una delle soluzioni
appropriate. «Da parte nostra – ha affermato il presidente della Federcaccia
Trieste Fabio Merlini – venendo incontro agli agricoltori, abbiamo intensificato
le nostre uscite sul territorio cercando di prelevare il più possibile e
approntando i punti di foraggiamento il più lontano possibile dalle colture
agrarie». Ciononostante, secondo i cacciatori, le incursioni dei cinghiali sono
sempre più frequenti e gli stessi vengono avvistati pure in aree provinciali che
prima erano state marginalmente interessate dal fenomeno. Le soluzioni? Nella
vicina Slovenia, è stato confermato, il cinghiale viene prelevato senza limiti
di tempo e orario. La Federcaccia Trieste chiede pertanto l’ampliamento di
orario di prelievo venatorio e l’estensione del calendario venatorio. Nello
specifico si chiede di poter cacciare i maschi di tutte le classi e le femmine
delle classi 0 e 1 non coinvolte nell’allevamento dei piccoli dal 1 aprile al 31
gennaio. E le femmine di classe 2 più coinvolte nell’allevamento dei piccoli dal
1 di ottobre al 31 dicembre.
(ma.lo.)
Energia pulita, le novità sulla geotermia - SCIENZA
Appuntamento alla Camera di commercio e poi al Centro di fisica
Due giorni sull’energia geotermica organizzata dalla Fondazione
internazionale Trieste nell’ambito del progetto “Le filiere dell’energia”,
giunto al quinto appuntamento. Oggi tavola rotonda alla Camera di commercio
(riservata ai soli addetti ai lavori) in cui rappresentanti di istituti di
ricerca locali e nazionali, imprenditori e amministratori pubblici analizzeranno
le novità nell’utilizzo dell’energia generata da fonti geologiche sotterranee,
con particolare attenzione al nostro territorio. Domani evento pubblico
nell’aula magna del Centro di fisica teorica di Miramare con inizio alle 9.30.
Dopo i saluti del direttore Fernando Quevedo, sarà il giornalista scientifico
Fabio Pagan a introdurre i temi della discussione assieme al geofisico dell’Ictp
Abdelkrim Aoudia, che presenterà i due relatori: Bruno Della Vedova,
dell’università di Trieste, e Fausto Ferraresi, di Hera, i quali faranno il
punto sullo stato dell’arte dell’energia geotermica anche in base a quanto
emerso nella tavola rotonda del giorno prima, aprendosi quindi al confronto con
il pubblico. All’incontro di domani – aperto a tutti – saranno presenti anche
studenti delle superiori triestine. L’energia geotermica è una fonte primaria di
energia che si basa sul calore naturale della Terra prodotto dal decadimento di
elementi radioattivi (uranio, torio, potassio) presenti all’interno del pianeta.
Oltre allo sfruttamento di campi geotermici come quello di Larderello in
Toscana, oggi si cominciano a impiegare pompe di calore che “pescano” a bassa
profondità nel sottosuolo e riscaldano complessi edilizi e terme, con ricadute
economiche, occupazionali, turistiche.
IL PICCOLO - MARTEDI', 23 ottobre 2012
«Ferriera già morta, subito un piano per guidare la
fine» - SIDERURGIA» IL TAVOLO SULLA CRISI
Cosolini: non facciamoci arrivare la chiusura nella schiena. Savino: da
Lucchini nessuna risposta. Svanite le prospettive di aiuti Ue, vana l’attesa di
investitori
Alla vigilia dell’ultima ora e dell’ultima goccia di ossigeno per la
Ferriera (con la collegata Sertubi già oltre il confine vita-morte), gli enti
triestini hanno preso la grande decisione che hanno rimandato per anni e anni:
scrivere di propria mano un piano operativo da presentare al governo che ha
accettato di inserire il caso triestino nelle agevolazioni del decreto Sviluppo
alla voce “crisi complesse”. Hanno così sfiduciato di fatto la proprietà
Lucchini, ancora priva di qualunque risposta che non sia la ripetizione ai
tavoli del ministero di una frase lugubre («navighiamo a vista») e dal cui
imminente Cda potrebbe uscire un epitaffio ufficiale, cioé l’amministrazione
controllata, il fallimento. Finita l’attesa vana di qualche investitore privato
alternativo. Non c’è. Intanto svanisce anche la prospettiva di aiuti Ue per la
siderurgia. Non ci sono. Il cosiddetto “piano Tajani”, predispone solo
ammortizzatori sociali e corsi di formazione per i fuoriusciti dagli
stabilimenti europei, “in sovraproduzione”. Ma non gestisce crisi aziendali.
«Dico una cosa cruda - sono le parole del sindaco Cosolini -, questa attività va
a cessare, la Lucchini è un cadavere che fa finta di non essere morto, e qui non
si è ancora profilato un percorso da intraprendere, che invece serve in pochi
giorni, e con tre punti saldi: guidare i tempi della chiusura e non subirli,
cercare di farli coincidere con le fasi di bonifica e riconversione, costruire
gli strumenti per un progetto sociale, decidere la destinazione delle aree,
evitare che a Servola si fermi la produzione. Dipendere dai singhiozzi finali e
farci arrivare la chiusura nella schiena è controproducente per il territorio e
per i lavoratori». Per i sindacati, che hanno depositato un documento dove le
proposte operative sono già scritte, è comunque «la prima volta che gli enti
fanno questa proposta». Così il mega-tavolo di Regione, Comune, Provincia,
Confindustria e sindacati si è chiuso ieri mattina con un classico nuovo
appuntamento, fissato sempre nel palazzo della Giunta di piazza Unità per il 9
novembre. A cui presentarsi finalmente con un’idea. Urgenza captata al
ministero, giovedì scorso: «Da Lucchini a Roma nessuna risposta - ha riferito
Sandra Savino, l’assessore regionale che guida il tavolo -, neanche su come ci
si adeguerà all’ordinanza del sindaco sull’inquinamento, il governo ha
confermato che il tavolo di crisi si aprirà per Piombino e per Trieste, abbiamo
chiesto che sia inserito anche un piano per le bonifiche. Però manca - ha detto
Savino - una regia complessiva sulla siderurgia italiana che mostri la volontà
di attivare un piano nazionale. Confermato che non ci sono aiuti a imprese,
sarebbero per la Ue aiuti di Stato, si possono chiedere invece per implementare
infrastrutture, ma (punto imprescindibile) bisogna avere una visione dello
sviluppo del territorio. Come riconvertire? Come creare attrattività per
l’area?». I sindacati chiedono «bonifiche subito», e che l’attività non si
fermi: «La Ferriera diventerebbe un’”Aquila 2”, chiusa per sempre e inquinata da
30 anni» ha avvertito Luciano Bordin (Cisl), curioso di sapere che cosa sia la
promessa legge regionale sulla Ferriera. Enzo Timeo (Uil) ha proiettato «la
situazione ormai ingovernabile di molte piccole aziende, una crisi che cresce in
modo esponenziale», Adriano Sincovich (Cgil): «La fase di transizione deve
vedere i lavoratori occupati, altrimenti la situazione non sarà gestibile sul
piano sociale, il sindaco - ha aggiunto - conosce la pesantezza delle sue
parole: siamo sul precipizio». Per l’Ugl «qualunque soluzione salverà i posti di
lavoro sarà una vittoria per le istituzioni». Il tempo è forse già scaduto, ma
anche Confindustria, come la Regione, spera in «un tavolo nazionale sulla
siderurgia - lo ha detto il direttore Paolo Battilana - che consenta di
stringere accordi di programma con proposte concrete per ottenere i
finanziamenti Ue destinati ai processi di riconversione, che ora - ha ribadito
Battilana, citando anche i chiarimenti specifici avuti da Federacciai - non sono
attivabili». Accordo su tutto: «Per riqualificare Servola - è l’appello di
Confindustria come quello dei sindacati e del sindaco - è meglio che l’azienda
resti attiva, altrimenti si dovrà ripartire da zero».
Gabriella Ziani
«L’azienda non può andarsene lasciando un’area così
degradata»
Lucchini sempre assente ai tavoli regionali. Ma di continuo evocata, non
solo come “cadavere ambulante” dal sindaco. Sandra Savino (foto), assessore
regionale : «A Roma ci ha di nuovo riassunto la situazione nota, nessuna
risposta su continuità produttiva, situazione del debito asseverato dalle
banche, bonifiche». Luciano Bordin (Cisl): «Dice che “naviga a vista”? Speriamo
di non incontrare lo scoglio di Schettino...» evocando il disastro della Costa
all’isola del Giglio. Adriano Sincovich (Cgil): «Avevamo chiesto garanzie su
fase di transizione e tempi, 2015 o altro? Nessuna risposta». Franco Palman
(Uilm): «Lucchini, e il ministero, devono venire qui, a questo tavolo triestino
perché si arrivi velocemente a un accordo». Marco Stolfa (Ugl): «Lucchini non
può andarsene così, lasciando un territorio pesantemente degradato. Negli
accordi va scritto che deve prima pulire».
Rapporto choc sull’Ilva - A Taranto più tumori
Aumento del 30% secondo i dati dello studio Sentieri del ministero della
Salute Balduzzi e Clini: «Serve un piano straordinario». Emissioni nel mirino
TARANTO Tumori, malattie respiratorie, demenze, patologie ischemiche,
patologie dell’apparato digerente: a Taranto, sede degli stabilimenti Ilva, la
mortalità per tutte le cause è più alta della media regionale e di quella
nazionale. Si va dal +10% del 2008 al +11% del 2009. Lo scrive nero su bianco il
rapporto «Sentieri» realizzato dall'Istituto Superiore di sanità con l'Oms.
«Sono rimasto un pochino sorpreso. La mia sensazione è che a questo punto si
debba fare di più» ha ammesso il ministro della Salute Renato Balduzzi,
presentando ieri a Taranto lo studio che fotografa le conseguenze
dell’inquinamento industriale sulla salute della popolazione. Tra il 2003 e il
2009 si registra complessivamente un aumento di tutti i tumori del 30% e,
rispetto al resto della provincia, c’è un 30 per cento in più di tutti i tumori
per gli uomini e del 20 per cento in più per le donne. Si osservano in
particolare eccessi per il melanoma, i linfomi non Hodgkin e la leucemia
mieloide. E’ poi aumentata del 14% la mortalità negli uomini e dell'8% la
mortalità nelle donne per tutte le cause, con un forte aumento dei tumori,
soprattutto per le donne. In alcuni casi l’incidenza di alcuni tipi di tumori è
addirittura raddoppiata. Si registra, ad esempio, un vero e proprio boom di casi
di tumore al polmone e soprattutto di tumore alla pleura: un eccesso di tumori
al polmone del 20%, mentre per il tumore alla pleura gli eccessi sono
addirittura del 167% negli uomini e del 103% nelle donne. Più alta della media
anche la mortalità per malattie respiratorie: tra gli uomini +11%, tra le donne
+5%. Mentre l’incidenza per malattie respiratorie acute fa registrare un +37%
nelle donne e +14% negli uomini. Aumentano poi anche le patologie in gravidanza:
passate dal 21% già negli anni 1995-2002 al 47% nel periodo 2003-2009. Quanto ai
bambini, c’è un 20% di mortalità in più nel primo anno di vita rispetto al resto
della Puglia. In sintesi, si legge, «emerge con chiarezza uno stato di
compromissione della salute della popolazione» e il rapporto fa un riferimento
diretto all'Ilva: «Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti
altoforno, cokeria e agglomerazione, è il maggior emettitore nell'area per oltre
il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari
correlati». Insomma le polveri sottili emesse dallo stabilimento sono tra i
principali fattori di rischio per la salute e c’è un nesso tra qualità dell’aria
e mortalità. Coloro che abitano più in prossimità dell’insediamento industriale
sono più esposti agli idrocarburi, mentre a maggiore distanza si tratat di
diossina. Dati allarmanti che impongono «un programma straordinario per la
prevenzione» ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini di cui il
presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, ha chiesto le dimissioni. «I dati
confermano quanto sostenevamo - ha spiegato - ed è molto grave che vengano
presentati in ritardo, dopo che si è concluso l’iter per l’Aia all’Ilva».
(m.v.)
Ciriani: «Caso Val Rosandra Le regole valgano per
tutti»
Il vicepresidente della Regione, tra gli indagati per la “pulizia” del
sito, contrattacca: «Intervento a tutela della gente, periti della Procura
vicini agli ambientalisti»
«Non siamo qui a chiedere una tutela diversa, non abbiamo problemi a
difenderci. Ma chiediamo che le regole valgano per tutti». Luca Ciriani va al
contrattacco sul caso Val Rosandra e lo fa in una conferenza stampa convocata a
Palmanova, nella sede della Protezione civile regionale, davanti a una platea
gremita di volontari. Il vicepresidente della Regione rompe il lungo silenzio
sull’intervento del 24 e 25 marzo scorsi nell’alveo del torrente Rosandra:
un’azione - per molti uno scempio - oggetto di pesanti critiche e anche di un
esposto presentato dall’avvocato Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf, alla
Procura della Repubblica di Trieste. Azione legale da cui è scaturita
un’inchiesta (vedi box a fianco) di cui è titolare il pm Antonio Miggiani e che
tra gli indagati vede Ciriani stesso. L’assessore ricorda non solo che «sul
torrente Rosandra non si interveniva con manutenzioni da anni», ma anche che la
pulizia «è stata richiesta dal Comune di San Dorligo della Valle. E quindi
inclusa nell’operazione “Alvei puliti”. Abbiamo cercato di tutelare l’incolumità
delle persone». Il numero due della giunta Tondo chiede con forza «regole uguali
per tutti». Lo fa riferendosi in particolare a «due circostanze». La prima:
«Siamo sorpresi del fatto che come periti nominati dalla Procura siano state
individuate due persone che non hanno i requisiti dell’imparzialità - attacca
Ciriani -. Il professor Ezio Todini è infatti anche componente del Comitato
scientifico del Wwf. Il biologo triestino Dario Gasparo nei giorni successivi
alla nostra operazione in Val Rosandra si era espresso pubblicamente anche sul
web denunciando l’accaduto: difficilmente la sua perizia poteva essere diversa
da quanto aveva sostenuto nei suoi interventi. In ogni caso - riconosce - mi è
stato confermato dai legali come la scelta della Procura sia legittima». Difeso
dall’avvocato Caterina Belletti, Ciriani ha scelto i docenti patavini Mario
Pividori e Paolo Semenzato come consulenti: «Stanno lavorando», dice il
vicepresidente e assessore regionale sullo stato degli approfondimenti dei suoi
tecnici. L’altro punto che a Ciriani non è andato giù: «Gli esiti della perizia
sono stati pubblicati dai giornali prima che venisse resa nota alle persone
coinvolte nell’indagine». Bollato come «inaccettabile» ogni attacco all’operato
della Protezione civile, Ciriani ha ricordato poi che in Val Rosandra «nel 2008
e nel 2010 vi sono state alluvioni in un torrente dove nel 1963 era morta una
persona. L’ultimo intervento di manutenzione risaliva al periodo 1998-2002».
Puntualizzazione sulle cifre: «Per l’operazione sono stati spesi 19mila euro».
La chiusura: «Cosa sarebbe successo se non avessimo fatto nulla di fronte a una
richiesta urgente? Di chi sarebbe stata la responsabilità se fosse accaduto poi
qualcosa?». E ancora: «Perché non si va a chiedere agli abitanti di San Dorligo
o agli imprenditori della zona cosa ne pensano?». Interrogativo cui si collega
Antonio Ghersinich (anch’egli indagato), vicesindaco di San Dorligo della Valle,
ieri a Palmanova: «Il nostro territorio richiede la prosecuzione dell’intervento
e ringrazia la Protezione civile». A fianco di Ciriani, due esperti. Aldo
Cavani, direttore dell’Ispettorato delle Foreste di Gorizia e Trieste: «Fra il
1998 e il 2002 abbiamo effettuato un intervento in tutto simile a quello del
marzo scorso a difesa di un territorio delicato». E Paolo Paronuzzi, autore di
uno studio idrogeologico sulla Val Rosandra (di questo tema ha scritto anche in
un capitolo del libro “La Val Rosandra e l’ambiente circostante” a cura proprio
di Dario Gasparo), ha evidenziato che «il rischio idrogeologico in quella zona
esiste ed è potenzialmente pericoloso».
Matteo Unterweger
VAL ROSANDRA - L'INCHIESTA
Luca Ciriani figura fra gli 8 indagati nel fascicolo sulla Val Rosandra
aperto dal pm Antonio Miggiani. L’ipotesi di reato per la «pulizia» che secondo
molti esperti ha causato un danno di entità rilevante all’habitat è di concorso
in disastro ambientale. L’inchiesta è scattata dopo un esposto inviato alla
Procura da Alessandro Giadrossi (Wwf). Gli altri indagati sono il responsabile
della Protezione civile regionale Guglielmo Berlasso, il sindaco e il
vicesindaco di San Dorligo, rispettivamente Fulvia Premolin e Antonio Ghersinich,
Mitja Lovriha (caposervizio dell’Area ambiente del Comune di San Dorligo), i
funzionari del Dipartimento della Protezione civile regionale Cristina Trocca e
Adriano Morettin, e Luca Bombardier, titolare della ditta specializzata di Arta
Terme.
Val Rosandra, il Comune si candida per la gestione
SAN DORLIGO DELLA VALLE Il Comune di San Dorligo della Valle si candida a
gestire nuovamente la Riserva naturale della Val Rosandra. L’ufficialità è
arrivata dalla riunione straordinaria del Consiglio comunale che prevedeva un
unico punto all’ordine del giorno: espressione della disponibilità del Comune, a
fronte di pari richiesta avanzata dalla Regione, ad assumere il ruolo di organo
gestore della Riserva. Per l’ufficialità ora bisognerà attendere la delibera
della Giunta regionale che entro un mese e mezzo circa dovrebbe dare il
definitivo nulla osta: a meno di clamorosi dietrofront, l’amministrazione Tondo
affiderà l’incarico al Comune di San Dorligo sottoscrivendo una convenzione
della durata di un anno. Dopo l’accordo di programma quinquennale tra Regione e
Comune, scaduto il 2 ottobre 2011, la gestione della Val Rosandra era stata
affidata alla Regione in seguito alla convenzione provvisoria stipulata il 24
novembre 2011 in cui a San Dorligo era rimasta solo la delega per alcune
funzioni gestionali. Il documento finale ha subito parecchi emendamenti da parte
del capogruppo consigliare del Pdl, Roberto Drozina. Il testo è stato votato
all’unanimità da tutto il Consiglio comunale. Dopo l’operato della Protezione
civile all’interno della Riserva naturale con tutte le conseguente giudiziarie
ancora in corso, la gestione da parte del Comune della Val Rosandra assume
sicuramente un significato particolare. Il Pdl ha dato il suo consenso anche in
un primo momento il gruppo di opposizione aveva pensato all’astensione, che
però, come spiega Drozina, “avrebbe potuto essere interpretata, sebbene ben
sorretta da valutazioni sull’accaduto di marzo, come una sorta di pre-giudizio
che non ci competeva”. Il sindaco Premolin, dopo aver valutato l’opportunità o
meno di riprendere la gestione della Val Rosandra, ha dato ascolto anche ai
tanti cittadini che hanno chiesto a gran voce di continuare a fungere da ente
gestore della Riserva naturale regionale.
(r. t.)
Kocijancic: rigassificatore, su quali basi parla Clini?
- INTERROGAZIONE
«Quali presupposti giuridici hanno le dichiarazioni del ministro Clini sul
rigassificatore?». «Alla Regione risulta che, oltre alla posa in opera dei
gazebo info-point allestiti in questi giorni in vari punti della città, Gas
Natural ha provveduto a risolvere le numerose criticità progettuali?». «Qual è
lo stato dell’arte della conferenza dei servizi?». Lo chiede all’amministrazione
Tondo in un’interrogazione Igor Kocijancic, da consigliere regionale de La
Sinistra Arcobaleno. Kocijancic osserva in effetti che «solo alcuni giorni fa
Clini aveva dichiarato, a margine dell’incontro bilaterale tra Italia e
Slovenia, che l’installazione del rigassificatore a Zaule sarebbe una questione
interna dell’Italia». Eppure - incalza Kocijancic tra le righe della sua
interrogazione - «dovrebbe ancora sussistere l’incombenza del parere negativo
reso dagli organi competenti della Slovenia». Non solo. C’è poi quella presenza
di gazebo da interpretare. Questo perché «non risulta - sono sempre parole di
Kocijancic - che Gas Natural abbia provveduto a risolvere le numerose criticità
progettuali che stanno alla base dei pareri negativi resi da ben tre consigli
comunali e dal Consiglio provinciale di Trieste, né si hanno ulteriori notizie
pubbliche circa gli esiti della conferenza dei servizi che sta affrontando le
numerose criticità connesse alla progettazione dell’impianto e della quale fa
parte anche la Regione». Sull’argomento intervengono con una nota anche i
consiglieri Paolo Menis e Stefano Patuanelli del «Movimento 5 stelle Trieste».
Rilevando che il Consiglio comunale si è espresso a larga maggioranza (39 voti
su 41 votanti, astenuti Fli e Lista Dipiazza) contro la costruzione
dell'impianto» puntano i dito contro la «mancanza di rispetto verso la città» e
chiedono che la giunta di centro-sinistra intervenga con spregiudicatezza e non
si limiti all'inutile distribuzione di volantini illeggibili durante la
Barcolana».
Bon: il futuro dei traffici sta nel Porto nuovo
Il comandante della Capitaneria: se le strutture tecniche ci sono, allora
per l’antico scalo può esserci un’altra destinazione. Rigassificatore da
valutare
Goffredo Bon, nuovo comandante della Capitaneria di porto. Lei è originario
di questa zona: è un vantaggio conoscere il porto di Trieste e il suo golfo? Ho
la fortuna di conoscere bene quest’area perché ci sono nato. Un grande
vantaggio, senza dubbio. Il problema è che il golfo di Trieste è ristretto. In
questo spazio bisogna convivere. In che senso? Le attività portuali, quelle
turistiche, quelle della pesca e infine quelle industriali devono poter
condividere lo stesso spazio. Ritengo che il tutto sia fattibile. Anche se
capisco non sia facile conciliare le esigenze di tutti. Ma per mettersi attorno
a un tavolo ci vuole un grande coordinamento istituzionale. Il momento è
difficile, anche perché mancano spesso gli strumenti normativi. A Trieste c’è
un’Authority che dipende dallo Stato, mentre gli altri porti sono di competenza
della direzione regionale. Per questo, lo ripeto, occorre coordinamento,
dialogo. Non possiamo rimandare le scelte di fronte a una situazione di crisi.
Già, il golfo è piccolo. Si è visto benissimo con l’incidente accaduto durante
la Barcolana classic, quello del Nibbio, la passera classe 1921 che ha rischiato
di essere spezzata dallo yacht Tiziana IV... La Barcolana è un evento
eccezionale. Evidente che c’è un affollamento di barche. La confusione è a volte
inevitabile. Ma accade un giorno all’anno. Negli altri periodi la situazione è
diversa. Noi, come Capitaneria, abbiamo dato il massimo. C’erano 29 vedette...
Come vede il futuro del porto? È evidente che il porto di Trieste deve essere
rilanciato. Ma bisogna puntare sulle aree infrastrutturate. Per questo è facile
dire che il futuro sta nel porto nuovo, dove ci sono i collegamenti con la
ferrovia e l’autostrada. Vorrei creare un dialogo tra tutti gli enti. Anche
coinvolgendo quelli che non si sono mai seduti attorno a un tavolo. Bisogna
sforzarsi di dare il massimo. Ma bisogna anche diversificare i traffici nelle
varie realtà portuali. I traffici di Trieste non sono quelli di Monfalcone. Per
questo è inutile puntare, a mio avviso, a un terminal container a Monfalcone. Il
porto di Trieste dovrà essere rilanciato nell’ottica regionale. Cosa pensa del
rigassificatore? È d’accordo sul progetto di Zaule? Il progetto che riguarda il
rigassificatore di Zaule va valutato tenendo conto dell’alternanza delle gasiere
e delle petroliere in golfo. Riguardo a un eventuale impianto in mare, non c’è
un progetto. Comunque è da valutare perché siamo in presenza di acque ristrette.
E se dovessi scegliere direi sì al rigassificatore a terra (come è quello
previsto a Zaule, ndr), comunque con tutte le garanzie di sicurezza. E come
giudica un’apertura di Porto Vecchio alla città? È un tema di cui parlerò in
Comitato portuale. Se le strutture tecniche sono allocate in porto nuovo allora
il Porto vecchio può avere un’altra destinazione. Ma bisogna risolvere anche
alcuni problemi logistici. Per esempio trasferire realtà come i rimorchiatori.
Occorre un lavoro capillare. Le crociere: un elemento di sviluppo per Trieste? A
Trieste fortunatamente non ci sono i problemi di Venezia. Lì, dipendesse da me,
valuterei molto attentamente l’opportunità di consentire il transito davanti a
San Marco. Qui gli attracchi sono idonei. Si potrà fare qualcosa di meglio, ad
esempio alla Marittima. Il diportismo a Trieste è molto sviluppato rispetto ad
altre realtà. Ci sono moltissime barche... Bisogna tener conto della realtà
particolare di questa città, dove molti hanno la barca: da parte della
Capitaneria non ci sarà mai un atteggiamento vessatorio. Punteremo sugli aspetti
concreti, come la velocità eccessiva dei natanti o la mancanza delle dotazioni
si sicurezza. Insomma, grande attenzione della Capitaneria per evitare
soprattutto i pericoli. Gli aspetti formali sono secondari. Se uno si dimentica
il libretto a casa e ha la fotocopia, poco male. Basta che il giorno dopo si
presenti in Capitaneria. Ritengo sia fondamentale un atteggiamento di apertura
nei confronti della gente. Ci vuole grande disponibilità. E chi fa questo lavoro
deve averla. Questo è il mio impegno.
Corrado Barbacini
Fontane di “ minerale” Via alla sperimentazione
Scatta l’iter per la posa di una prima “casetta dell’acqua”: la gente
potrà rifornirsi, portando la bottiglia da casa, sia di naturale (gratis) che di
gassata (a basso costo)
Sta per sbarcare anche qui, dopo averlo già fatto tanto in alcune metropoli
(come Milano e Torino) quanto in diverse città ben più piccole (in Emilia, in
Lombardia e anche nel vicino Friuli), la prima “casetta dell’acqua”. Altro non è
che una fontana pubblica vestita da distributore d’acqua potabile, dove i
cittadini potranno rifornirsi portandosi da casa la loro bella bottiglia vuota.
Rifornirsi in forma gratuita - così almeno dovrebbe prevedere la sperimentazione
meditata politicamente dal Comune, nella persona dell’assessore all’ambiente
Umberto Laureni, e resa tecnicamente possibile dalla divisione Acqua e gas di
AcegasAps retta dall’ingegnere Enrico Altran - dal dispenser della “naturale”.
Perché non ci sarà solo quello. Da un altro rubinetto uscirà in effetti pure la
“gassata”, addizionata seduta stante di anidride carbonica. Che invece sarà a
pagamento. Previo gettone o tessera prepagata, questo si vedrà, come si vedrà
dove installare il primo modello e entro quanto tempo (ma non ce dovrebbe
volercene poi tanto). Di sicuro sarà low cost. A prezzo di costo. Giusto il
costo della manutenzione dell’intera “casetta”. Pare fatto apposta, insomma, ma
si può presumere non lo sia - in quanto l’iniziativa solleticava le corde
ambientaliste dell’amministrazione Cosolini (e pure di quella Nesladek a Muggia)
già da tempo - certo è che a Trieste si torna a parlare del “bene pubblico”
acqua in termini positivi, dopo un filotto di notizie nerissime. Il tubone
scoppiato una domenica sotto via dell’Istria che aveva lasciato a secco
centinaia di famiglie, il guasto al serbatoio di Chiadino che ne aveva poi
costrette altrettante a bollire ciò che usciva dal rubinetto di casa e l’acqua
salata all’ospedale di Cattinara vengono così superate dalla cosiddetta “acqua
del sindaco”. Una novità povera di dettagli, al momento. Un qualcosa di più
preciso dovrebbe cominciare a maturare dal prossimo venerdì, in occasione di una
seduta della Sesta commissione del Consiglio comunale, competente in materia
ambientale, convocata dal presidente Mario Ravalico. All’ordine del giorno c’è
il «periodico aggiornamento sulle questioni ambientali, relazionate proprio
dall’assessore Laureni», come premette lo stesso Ravalico prima di confermare
appunto che, oltre che di temi nerissimi (la Ferriera) e burocratici (l’ufficio
di orientamento al risparmio energetico), in quella sede di parlerà anche e
soprattutto di «casette dell’acqua». Che sono un affare ambientale (limitano il
consumo di acqua imbottigliata nella plastica usa e getta, benché la pubblicità
per la differenziata pro-riciclo sia martellante) con riflessi sociali (poter
risparmiare un po’ su un bene di prima necessità, di questi tempi, a moltissimi
triestini non guasta) e financo turistici. Fabio Omero, il collega di Laureni
delegato sia ai rapporti con AcegasAps che al turismo, già a suo tempo si era
appassionato alle fontanelle d’acqua gassata viste altrove, «molto apprezzate
non solo dai residenti ma anche dai visitatori di passaggio». Venerdì Laureni
dovrebbe informare sull’iter del bando per la fornitura in via sperimentale di
una prima “casetta” da allacciare alla rete Acegas. Il costo di un distributore
varia dai 20 ai 50mila euro ed è in grado di erogare al caso - spiega Altran -
un’acqua di rubinetto con un minore sapore di cloro, effetto di una differente
procedura di raffreddamento.
Piero Rauber
Smantellati i serbatoi di gas liquefatto in valle delle
Noghere
La società genovese Gts proprietaria del terreno ha smontato gli impianti
per rivenderli in Africa. Soddisfatti i residenti
MUGGIA Per oltre 40 anni hanno caratterizzato il paesaggio della Valle delle
Noghere con la loro presenza ingombrante e spesso discussa. Pochi giorni fa sono
stati definitivamente smantellati e trasferiti niente meno che in Africa,
entrando così a fare parte del passato di Muggia. Protagonisti della vicenda
sono i sette grandi serbatoi fuori terra utilizzati per lo stoccaggio del gas di
petrolio liquefatto (gpl) siti in via Flavia di Aquilinia e gestiti dalla Genova
trasport service (Gts). Gli ambientalisti, che per decenni hanno visto nella
struttura una specie di spada di Damocle sul territorio muggesano, esultano:
«Finalmente giustizia è stata fatta». Con una capacità dei serbatoi pari a 350
metri cubi ed una superficie coperta dello stabilimento di 25mila metri quadri,
il deposito commerciale da tempo rientrava nella fascia degli stabilimenti a
rischio di incidente rilevante visto il quantitativo di sostanze pericolose
presenti in esso pari a 420mila litri di gpl. La struttura della Gts era
composta da un deposito bombole piene per uno stoccaggio complessivo pari a 20
tonnellate, una sala controllo posta nelle vicinanze del punto di travaso in cui
venivano riportati a video tutti i parametri di interesse relativi ai serbatoi,
un locale con due motopompe anticendio collegate alla riserva idrica costituita
da quattro serbatoi interrati della capacità di 100 metri cubi cadauno, un
locale adibito a laboratorio nel quale venivano eseguite le gascromatografie ed
infine uno spazio per gli uffici amministrativi. Dei serbatoi il più vecchio (il
numero 7) risaliva al 1955 ed aveva una capacità di 30 metri cubi. Tra il 1957 e
il 1958 sono stati costruiti poi altri cinque serbatoi. Il pù grande, nonché più
recente, di tutti datato 1968 con ben 100 mc di capacità. Oltre alle strutture
fisse sotto il mirino degli ambientalisti era finito anche l'intenso traffico
giornaliero di autocisterne - da 36mila litri ciascuna – appartenenti sia alla
Gts che a ditte della vicina Slovenia, che si recavano al deposito a fare
rifornimento. Autocisterne che per anni hanno percorso le strade provinciali del
territorio muggesano in tutte le sue direzioni: verso l'autostrada attraverso la
galleria di Aquilinia, passando per Zaule a pieno carico per rifornire il
deposito oppure percorrendo la Valle delle Noghere, in direzione Slovenia. La
richiesta di dismissione del deposito era stata inoltrata al Comune di Muggia da
parte della Gts, ditta ligure appartenente al Gruppo Autogas Nord, che avendo in
corso una riorganizzazione aziendale e logistica interna aveva evidenziato la
necessità della chiusura definitiva dello stabilimento di stoccaggio. I sette
serbatoi fuori terra, una volta bonificati e inertizzati, sono stati rimossi e
trasferiti in Africa. Le operazioni di bonifica di tutta la struttura verranno
ultimate, sempre a spese della Gts, entro la fine di novembre. L’Ufficio
Ambiente del Comune di Muggia ha dato il nulla osta autorizzando la dismissione
degli impianti, “nel rispetto delle specifiche cautele e delle condizioni
riportate nei provvedimenti di competenza comunale, nonché della normativa di
settore”, garantendo al contempo la “gestione in sicurezza delle operazioni di
smantellamento dei serbatoi e dell’impianto in conformità alle procedure
previste per la prevenzione degli incidenti rilevanti e fatte salve le
disposizioni in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza e
prevenzione incendi e gli obblighi del gestore”. I sette depositi di gpl fuori
terra siti erano stati spesso nell’occhio del mirino degli ambientalisti. I
comitati Monte d'Oro e Cittadini di Zaule avevano evidenziato come questi
fossero “privi di tutte le norme sulla sicurezza”. Con una lettera aperta
indirizzata ai sindaci di Muggia Nerio Nesladek e all'ex primo cittadino di
Trieste Roberto Dipiazza il portavoce dei comitati, Giorgio Jercog, aveva
recentemente ricordato la situazione dei serbatoi "posti a quaranta metri dalla
strada provinciale, privi di una muratura di protezione e separati solamente da
una rete metallica a maglie larghe". Dopo anni di battaglia i Comitati hanno
raggiunto il loro obbiettivo. Riccardo Tosques
PARTITO DEMOCRATICO Ferrovie e logistica
Questo pomeriggio con inizio alle 17,30 nella sede del Partito democratico, in via XXX Ottobre 19, è in programma un incontro sul tema “Trasporti ferroviari e logistica”. Interverranno al dibattito aperto al pubblico Claudio Boniciolli, ex presidente dell’Autorità portuale, Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia, il docente Massimo Gardina, l’amministratore delegato di General Cargo Terminal, e Luigi Bianchi.
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 22 ottobre 2012
Glossario Fotovoltaico
Breve glossario sul fotovoltaico, sulle sue
componenti principali e il sistema degli incentivi che gli gira intorno.
Cella fotovoltaica
Unità che trasforma l’energia solare in energia elettrica e che dunque svolge un
lavoro primario all’interno di un modulo fotovoltaico. Si tratta di una lamina
di materiale semiconduttore, di solito Silicio. La qualità del materiale spesso
incide sull’efficienza energetica.
Concentrazione, sistemi a
I sistemi a concentrazione utilizzano delle lenti per concentrare l’energia
solare verso le celle fotovoltaiche, migliorandone l’incidenza. In questo modo
si ottiene una maggiore efficienza dell’impianto con un minor numero di celle
fotovoltaiche effettivamente impiegate.
Conto Energia
Le leggi che regolano (o hanno regolato) in Italia il sistema degli incentivi al
fotovoltaico. Al momento nel nostro Paese è in vigore il Quinto Conto Energia
Efficienza energetica
Per efficienza energetica, nel caso di pannelli solari, s’intende il rapporto
fra l’elettricità effettivamente prodotta e l’energia solare che l’impianto ha
teoricamente a disposizione. L’efficienza dipende da molti fattori e soprattutto
da quella dell’insieme delle sue parti. Adottare una cella fotovoltaica ad alta
efficienza all’interno di un’installazione provvista di un inverter scadente non
ci darà un sistema performante. Con le tecnologie attuali, i pannelli
commerciali superiori si attestano attorno al 20%. Ma la media è sicuramente
molto più bassa, di solito inferiori al 15%. I fattori che spesso incidono
sull’efficienza delle celle sono la temperatura di esercizio e l’incidenza
effettiva della luce.
Film sottile
Tecnologia che consiste nel realizzare una cella fotovoltaica attraverso una
pellicola (o film) di materiale semiconduttore molto sottile. Solitamente si usa
del silicio amorfo in luogo del tradizionale silicio cristallino dei moduli
classici. a un calo importante delle prestazioni, corrisponde un’economicità
importante del sistema e un aumento della flessibilità degli impianti.
Fotone
In fisica si definisce il fotone come una particella elementare.
L’interpretazione attuale della sua natura si è sviluppata grazie al lavoro di
Albert Einstein. In soldoni, la luce e conseguentemente l’energia solare che
alimenta i pannelli è costituita da fotoni.
GSE
Il Gestore Servizi Energetici (GSE s.p.a.) è, come leggiamo dalla presentazione
ufficiale:
il secondo operatore nazionale per energia intermediata: ritira e colloca sul
mercato elettrico l’energia prodotta dagli impianti incentivati e certifica la
provenienza da fonti rinnovabili dell’energia elettrica immessa in rete.
Si tratta dell’ente a cui indirizzare le domande per gli incentivi del Conto
Energia e in generale per le pratiche burocratiche dell’allacciamento del nostro
impianto alla rete nazionale.
Inverter
Parte essenziale di un’installazione fotovoltaica, viene spesso dimenticato
nelle valutazioni sull’efficienza del sistema da parte del personale non
specializzato. Si occupa della trasformazione dell’energia elettrica prodotta
dalle celle fotovoltaiche da continua ad alternata. Senza questo passaggio non
sarebbe possibile l’immissione di quanto prodotto nella rete domestica o in
quella nazionale.
Inseguimento solare, sistema a
Tecnologia che prevede che il pannello solare abbia una base d’appoggio in grado
di farlo ruotare sull’asse. L’obiettivo è poter inseguire il sole, in maniera
non dissimile da come fanno i fiori, per ottenere sempre il migliore angolo
d’incidenza e aumentare l’efficienza del sistema nell’arco della giornata.
Guido Grassadonio
IL PICCOLO - LUNEDI', 22 ottobre 2012
Ferriera, oggi nuovo summit in Regione tra istituzioni
e sindacati
Stamattina in Regione nuovo incontro tra istituzioni e sindacati sul caso
della Ferriera, dopo che all’inizio di ottobre proprio in quella sede era stato
lanciato un nuovo allarme: in caso di cessazione dell’attività gli operai
rischiano, con le nuove leggi sul lavoro, di restare anche senza ammortizzatori
sociali. Nel frattempo la Regione ha fatto appello al governo affinché il caso
Lucchini-Ferriera sia inserito nel contesto delle “crisi industriali complesse”
per le quali il Decreto sviluppo ha previsto l’adozione di progetti di
riconversione e riqualificazione. Recapitato a Bruxelles anche un secondo
appello, affinché la Ferriera rientri nel piano Ue per la siderurgia. La
riunione di oggi avviene a pochi giorni dalla nuova convocazione al ministero
della Lucchini, sulla crisi generale del gruppo, già governato dalle banche e
comunque gravato da oltre 1 miliardo di nuovi debiti.
IL PICCOLO - DOMENICA, 21 ottobre 2012
«Il caso Sertubi come l’incubo che portò alla fine dei
cantieri» - SIDERURGIA»LA CRISI
Cgil Cisl e Uil dopo l’annuncio di 148 esuberi: impossibile gestire la
perdita di tanti posti di lavoro
Chiarezza sul contratto d’affitto Duferco-Jindal. Ugl:
tentano di porre la pietra tombale sull’industria
«Non ci faremo dare scacco matto». «A Trieste ci siamo scavati la fossa».
«Si sta tentando di mettere una pietra tombale sull’industria di Trieste e
sembra di rivivere l’incubo che ha portato alla chiusura dei cantieri». Sono le
più amare emozioni dei rappresentanti dei lavoratori dopo quella sorta di
annuncio di morte della Sertubi portato dal nuovo delegato di Jindal Saw Italia
al tavolo delle istituzioni, con un piano che prevede 148 esuberi, la fine della
produzione e solo 60 operai non licenziati, da adibire alla mera
commercializzazione di materiale in arrivo dalla casa-madre in India. Ma sul
piano politico si apre un altro fronte. Per rispondere a una domanda: com’è
possibile che la multinazionale indiana, un’azienda affittuaria, prenda
decisioni di così devastante portata senza che vi sia l’accordo col
proprietario? Dov’è la clausola che consente simili poteri? Cosa c’è scritto nel
contratto? Issati sul tetto della fabbrica, gli operai hanno ottenuto un
incontro il 30 ottobre con Antonio Gozzi, amministratore delegato di Duferco,
che nel luglio del 2011 ha dato in affitto per 5 anni l’azienda di via von
Bruck. Gozzi è anche presidente di Federacciai. Tante promesse, e dopo soli 15
mesi il caso Sertubi è diventato ancora più drammatico di quello della Ferriera,
peraltro in caduta libera, e per la quale si terrà domani in Regione una nuova
riunione del “tavolo” al cui termine i sindacati annunceranno in conferenza
stampa nuove e più forti azioni di protesta. Fra una decina di giorni
l’amministratore delegato di Lucchini dovrà di nuovo relazionare al ministero,
in concomitanza in tutto il gruppo è stato proclamato uno sciopero di 8 ore. In
questo baratro, ieri i sindacati hanno incontrato il sindaco Roberto Cosolini.
«Non ci è stato mai spiegato - dice Cosolini - perché questa gente, venuta qui
per fare industria, improvvisamente ritiene che sia diventato impossibile, non
ci è stato detto cosa ha determinato il cambiamento, e quando si presenta una
scelta così diversa è atto dovuto spiegarla a tutta la comunità. Ho espresso ai
sindacati il mio completo disaccordo, siamo dalla parte dei lavoratori,
cercheremo tutti gli spazi possibili, tutto quello che non sia la disperazione
per 148 famiglie». Cosolini ha anche firmato l’appello degli operai di Sertubi,
in piazza della Borsa. Per Adriano Sincovich, segretario provinciale Cgil, tira
la stessa tetra aria del 1929: «A Trieste 148 posti persi non sono gestibili,
non solo le imprese ma la città è in una situazione drammatica, che va portata
al governo. Domani annunciamo un percorso che “allaccia” tutte le crisi, non ci
sono eventi singoli». «Bisogna capire cosa c’è nel contratto firmato da Duferco
e Jindal Saw Italia - annuncia Umberto Salvaneschi, Fim-Cisl -, per bocca
dell’ad Gozzi sappiamo che clausole ci sono, anche se è un contratto privato non
di pubblica evidenza, e dunque può anche essere modificato dalle parti. Con
quelle clausole Duferco si era cautelata nei confronti dell’inquilino, affinché
non assumesse di propria iniziativa maestranze, per non ritrovarsi poi un
organico ingrossato se Jindal avesse lasciato Trieste. Una clausola anche
prevede - prosegue Salvaneschi - che Jindal possa rescindere il contratto senza
penali nel caso la Ferriera cessi l’attività prima del previsto. Dubito pertanto
che in questo periodo non vi siano stati contatti. Qui bisogna sollevarci di
livello». E mentre dall’Ugl Matteo Cernigoi parla di «tentativo di pietra
tombale sull’industria», «sì, c’è un giochetto fra Duferco e Jindal - conferma
Franco Palman, segretario Uilm -, la multinazionale aveva interesse a entrare in
Duferco, ma noi non ci cascheremo, gli facciamo prender le valigie e andare via,
non possono permettersi di far così i propri comodi, fare il Bingo. Dov’è
l’orgoglio della città? Io temo che a livello di governo si facciano “scambi”
per arrivare al rigassificatore. Che sarebbero forse 50 posti, in 4-5 anni.
Lucchini è a un passo dal commissariamento. E chi mai può interessarsi alla
Ferriera? Per essere in regola con le norme ambientali bisognerebbe distruggerla
e rifarla nuova».
Gabriella Ziani
Solidarietà dalla gente: raccolte 5mila firme
Le adesioni al presidio di piazza della Borsa, aperto da più di 40
giorni. Gli operai: «Paura del baratro»
«Ormai da più di 40 giorni questa è la nostra seconda casa, dove viviamo
giorno e notte. Speriamo solo che non decidano di farci pagare l’Imu». C’è
ancora la forza di sorridere, sia pure a denti stretti, tra i lavoratori della
Sertubi in quello che è il loro presidio nel cuore della città in piazza della
Borsa, che da semplice gazebo si è trasformato in un più solido container. Ma in
realtà lo stato d’animo tra i dipendenti è improntato al pessimismo e non
potrebbe essere altrimenti dopo che le prospettive annunciate dai vertici della
Jindal Saw Italia sono quelle di fermare la produzione e di spedire a casa 148
dei 208 lavoratori dell’azienda. «Le mie sensazioni sono bruttissime - racconta
Maurizio Albertacci, che lavora alla Sertubi dal giorno dell’apertura -. Credo
che potrebbe finire ancora peggio di quello che sembra, nel senso che, secondo
me, la chiusura sarà inevitabile, in quanto l’eventuale punto vendita che
resterebbe in piedi dopo lo stop alla produzione sarebbe destinato a morire in
poco tempo». Resta però una fiammella di speranza ancora accesa, che passa
attraverso l’incontro del 30 ottobre in Prefettura tra la proprietà della
Duferco ed i rappresentanti delle istituzioni. «Cerco in qualche modo di pensare
positivo anche se non è facile - attacca Roberto Cosolovic, da 10 anni in
Sertubi -. Ho superato i 50 anni e credo che questo dica tutto. Se decidono di
mandarmi a casa, per me è finita. Non avrei nessuna possibilità di trovare un
altro lavoro e a quel punto mi ritroverei in strada per sempre». I messaggi che
si leggono sugli striscioni appesi sono eloquenti: «41° giorno passando per i
tetti», o ancora «148 su 208: mandiamo via chi fa l’indiano». Ma almeno arriva
la solidarietà della gente comune. In tanti si fermano per mettere una firma e
per dare un segnale di incoraggiamento. Tanti giovani, ma anche professionisti,
operai, disoccupati, pensionati, persino turisti, tanto che quota 5mila firme è
stata ampiamente superata. Quello di piazza della Borsa è diventato insomma un
punto di riferimento che lega tutti i lavoratori in difficoltà all’intera
cittadinanza. «Quello che ci fa provare una tristezza infinita è il fatto che
non si vede un futuro per tutta l’industria triestina - chiosa Giorgio Bilinich,
una vita alla Sertubi -. Sembra davvero che questa città sia destinata a
spegnersi giorno per giorno e questa cosa non può che portare a un grande
sconforto».
Pierpaolo Pitich
«La città sembra abbandonata a se stessa» - I COMMENTI
«Con i 148 esuberi alla Sertubi - commenta Matteo Cernigoi, segreteraio
regionale dell’Ugl - abbiamo segnato una delle più brutte pagine della storia
dell’industria triestina, la città sembra abbandonata a se stessa, la bomba
sociale sembra già innescata, o ci si muove immediatamente per reperire al più
presto nuovi investitori o non si potranno arginare manifestazioni di ogni
genere: la gente, i lavoratori, sono definitivamente esasperati». Da sinistra
insorge Antonio Saulle, segretario provinciale di Rifondazione: «Dobbiamo
sperimentare nuove forme di lotta - scrive - perché quelle finora praticate non
funzionano più e portano i lavoratori allo sfinimento, alla rassegnazione, a
minacciare gesti estremi». Saulle aggiunge che «i numeri pesano: al ministero la
Ferriera (1000 posti di lavoro) viene messa in coda dopo l’Ilva di Taranto (14
mila posti di lavoro) e dopo la Lucchini e la Magona (5000 posti)». Secondo il
segretario di Rc, «non posssiamo accettare che alla fine di estenuanti vicende
(quella della Ferriera va avanti da 15 anni) ci vengano a dire “le abbiamo
provate tutte, ma...”». Il segretario provinciale di Forza Nuova, Roberto
Cecchini, usa un gioco di parole e accusa le forze politiche di “aver fatto
l’indiano”: «La Sertubi è vittima di una politica locale assente e di un vero e
proprio “vampiraggio” industriale. Si è evidenziato infatti quale fosse l’unico
e vero interesse della Jindal: acquisire quote di mercato per vendere il suo
prodotto fatto fuori dall’Italia. Questo - aggiunge Cecchini - è il rischio che
si corre quando si vendono aziende a degli stranieri che non hanno nulla a che
fare né col territorio né con la popolazione indigena, il risultato sarà sempre
quello: aziende chiuse e gente in strada».
IL PICCOLO - SABATO, 20 ottobre 2012
Un vertice a tre sui rigassificatori «Quello triestino
è una necessità» - ENERGIA
BRDO PRI KRANJU Sarà forse la conferenza a tre tra Italia, Slovenia e
Croazia a fornire il responso definitivo sul tormentato iter dei rigassificatori
nel golfo di Trieste. Lo ha annunciato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini a
margine della quarta riunione del Comitato dei ministri di Italia e Slovenia
svoltosi ieri a Brdo pri Kranju. «Ma – ha avvertito il ministro degli Esteri,
Giulio Terzi – serve un approccio coerente e di sistema per garantire
l’efficienza degli investimenti e per creare nuovi posti di lavoro». La
Conferenza, precisa Terzi, dovrà infatti fornire un quadro complessivo della
politica energetica nell’Alto Adriatico, ma ha altresì definito quella dei
rigassificatori «I progetti del rigassificatore – ha affermato ancora il
ministro degli Esteri – sono coerenti con la strategia energetica dell’Italia di
diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Essi, inoltre, ci offrono
l’opportunità di proporci come hub sudeuropeo del gas, ossia punto d’ingresso e
di smistamento del gas in arrivo via mare o via gasdotti dalle nuove fonti di
approvvigionamento: dall’Africa, dalla regione del Caspio, dall’Est del
Mediterraneo e dal Medio Oriente». Sul piano delle infrastrutture il
viceministro Mario Ciaccia ha garantito la consegna alla Slovenia di tutto
l’incartamento tecnico relativo alla linea ad alta velocità Trieste-Divaccia. Il
ministro degli Esteri sloveno, Karl Erjavec ha, dal canto suo, messo in luce
come, nonostante la crisi economica mondiale in corso la cooperazione
commerciale con l’Italia ha fatto segnare quest’anno un incremento del 13%.
Grande attenzione è stata riservata ai temi delle minoranze, quella slovena in
Italia e quella italiana in Slovenia, con i due governi che si sono impegnati a
non diminuire i finanziamenti nonostante la recessione in corso, anche se, ha
detto Terzi, per gli sloveni in Italia difficilmente si riuscirà a erogare i 6,9
milioni previsti. Lo stanziamento sarà quindi di 4,8 milioni. I due capi delle
diplomazie hanno anche discusso tematiche europee legate alla crisi
dell’Eurozona riscontrando parità di vedute.
(m. man.)
Gas Natural Gazebo e web per presentare il progetto -
ZAULE
È partita la campagna informativa di Gas Natural per presentare ai cittadini
il progetto del rigassificatore di Zaule. Aperto un sito web
(www.rigassificatoretrieste.gasnatural.com) su cui saranno disponibili
informazioni e dati tecnici, tra gli altri strumenti - spiega la società in una
nota - c’è l’invio di una cartolina «a tutte le famiglie residenti nei quartieri
più interessati per sollecitare la visita al sito» web; oltre 30 i gazebo
previsti in vari punti della città sino a fine mese. «Il nostro obiettivo – dice
Javier Hernández Sinde, presidente Gas Natural Italia spa - è contribuire a
formare opinioni il più possibile basate su dati di fatto. Ci piacerebbe che
anche chi è contrario al progetto, come è normale e legittimo che accada,
riconosca la sincerità del nostro approccio basato su trasparenza e
disponibilità a confrontarsi».
Piano traffico bersagliato da mille “osservazioni”
Cittadini al Comune: consigli e proteste. Marchigiani: molti vogliono
piste ciclabili Ma tanti residenti e lavoratori del centro sono contro i nuovi
posti a pagamento
Siamo sotto quota mille, ma di poco. Siamo sotto il record dei 1.141
contatti - tra opposizioni e osservazioni, poi scremate a 1.052 valide -
stabilito nel 2010 dal fu Piano regolatore di Dipiazza, poi abortito da Cosolini
nel mezzo del cammin tra adozione e approvazione. Ma anche il futuro Pgtu, il
Piano generale del traffico urbano che verrà, il cui iter
politico-amministrativo è in maturazione, quanto ad appunti, proteste e/o
consigli da parte dei triestini - sotto forma di privati cittadini soprattutto,
ma anche di enti, associazioni e comitati - si difende bene. Il conto delle
cosiddette osservazioni consentite dalla legge, finite in tempo utile, entro lo
scorso 9 ottobre, sulle scrivanie del mobility manager Giulio Bernetti e
dell’assessore all’Urbanistica Elena Marchigiani, infatti, si aggira sulle 950
unità. Di queste 950 osservazioni, come riferisce proprio Marchigiani mentre in
Municipio è in corso la fase istruttoria della documentazione, circa 900 toccano
il Pgtu puro, quello adottato a luglio, e portano in prevalenza le firme di
cittadini singoli o consorziati, portatori insomma di interessi soggettivi. La
cinquantina che resta, invece, si concentra sui riflessi tecnico-ambientali
legati alla Vas, la Valutazione ambientale strategica, dove a esprimersi invece
sono chiamati, oltre che gli stessi cittadini, anzitutto gli altri enti
pubblici. Restando per intanto alle 900 osservazioni sulle soluzioni future e
sulle novità prospettate dall’amministrazione Cosolini per il traffico e per il
miglioramento della mobilità urbana - osservazioni appunto ora al vaglio degli
uffici comunali - si badi bene: non è che ben 900 soggetti hanno avuto qualcosa
da ridire. Sono molti di meno. Neanche un terzo. Il numero ufficiale degli
osservatori è 274. Segno che parecchi di questi hanno posto più questioni
ciascuno. Ma su cosa punta, in particolare, un simile mucchio di carte? Siamo
davanti al trionfo, spiega sempre l’assessore, della voglia di mollare l’auto e
pigliare la bici, a patto però che ci siano finalmente, in città, percorsi
adeguati. Riservati. «Più o meno la metà delle osservazioni - così Marchigiani -
contengono le sollecitazioni di chi chiede piste ciclabili, siano queste nuove o
già progettate e previste nel Piano stesso. Andiamo da via Mazzini, ad esempio,
alla Pi-greco (dalle Rive verso San Giovanni da una parte e Montebello
dall’altra, ndr)». C’è un 50%, quindi, a detta dell’amministrazione, di
osservazioni “pro”. Propositive, zelanti, più che contro. Qualcosa più di un
50%, se è vero che c’è chi si batte per «via Madonna del Mare pedonale» e
persino chi protesta perché in Comune hanno fatto marcia indietro rispetto alla
prima idea di invertire il flusso di via Rossetti, da salita a discesa. «Abbiamo
ripristinato l’assetto attuale - puntualizza a tal proposito Marchigiani - in
seguito alle valutazioni di pubblica utilità fatte dalla Trieste Trasporti
riguardo la migliore circolazione viaria diretta verso l’ospedale Maggiore».
Occhio, però. Non è che la categoria dei “contras” latiti. In prima linea in
effetti, come riconosce ancora l’assessore, c’è una schiera di residenti e
lavoratori del centro - e quelli di «via Economo, via Lazzaretto e dintorni» di
recente già hanno fatto sentire pubblicamente la loro voce - cui non va giù
l’introduzione di nuove tariffe a pagamento posteggiare le auto. Eppoi ci sono
quelli tra Barriera, San Giusto, San Vito e San Giacomo cui non quadra
l’inversione dei sensi di marcia tra «via Madonnina e via del Bosco», come
peraltro già espresso dal parlamentino della Quinta circoscrizione in sede di
parere non vincolante.
Piero Rauber
«Sì ad altri test poi in aula a novembre»
Tirando le somme Marchigiani mostra ottimismo e soddisfazione: «L’ampio
percorso partecipativo, di condivisione del Piano, tra la prima bozza resa
pubblica e il documento adottato a luglio, ha consentito di risolvere già in
fase preliminare tanti nodi. Altri riteniamo di poter risolvere ora. Gli uffici
stanno svolgendo un lavoro molto attento, di valutazione delle osservazioni e
redazione di eventuali controdeduzioni». Lavoro analitico ma anche a spron
battuto, considerato che l’amministrazione Cosolini punta ad affrontare
osservazioni e controdeduzioni in Consiglio comunale «già da inizio novembre».
Lo spirito è quello del fare e presto, posto che «la norma ci dava 90 giorni per
il nuovo passaggio in Consiglio, propedeutico all’approvazione, dalla chiusura
delle osservazioni sulla Vas, avvenuta il 9 ottobre». La corsa contro il tempo
benché di tempo, per la legge, ce ne sia, è il segnale che qualche altro test -
tipo quello di settembre con la pedonalizzazione di via Mazzini - potrebbe
essere dietro l’angolo. Lo è, «vista la buona riuscita di quell’esperimento»,
dice Marchigiani: «Faremo prossimamente una serie di test spot, ma non li
abbiamo ancora calendarizzati».
(pi.ra.)
Sertubi, piano-choc: vanno a casa 148 su 208
Lo ha annunciato ieri il nuovo manager esterno Michele Colombo Stop
all’attività produttiva. Gli assessori presenti: proposta irricevibile
Centoquarantotto esuberi e stop all’attività produttiva. È il progetto choc
che Jindal Saw Italia ha presentato ieri per la Sertubi di Trieste creando
subito in città un forte allarme sociale manifestatosi platealmente già nel
pomeriggio con la salita dei lavoratori sul tetto dell’azienda. A esporre il
progetto in Prefettura ai rappresentanti dei lavoratori, della Regione e delle
amministrazioni locali, è stato Michele Colombo il manager esterno ingaggiato
dall’azienda per condurre la trattativa e subito rivelatosi un autentico
“tagliatore di teste”: più falco che Colombo verrebbe da dire se il momento non
fosse drammatico. Nel piano Jindal a lavorare per Sertubi dovrebbero restare
solo 60 degli attuali 208 dipendenti, verrebbe dismessa l’area a caldo e
rimarrebbero solamente i settori commerciale e logistico: un’industria sarebbe
così trasformata in una rivendita all’ingrosso per commercializzare in Europa i
tubi prodotti in India. Una tragedia per 148 famiglie, un dramma per tutta la
città che perderebbe un’altra delle sue pochissime industrie. Il progetto, anche
perché non supportato da un piano industriale, è stato dichiarato irricevibile
dai sindacati, ma è stato anche fortemente contestato dai ben cinque assessori
presenti: Angela Brandi, Sandra Savino e Federica Seganti per la Regione, Fabio
Omero per il Comune e Adele Pino per la Provincia, tanto da riuscire a strappare
al manager incaricato dal gruppo indiano un prossimo incontro la cui data sarà
fissata lunedì. «Ci è stato detto che l’azienda è disponibile sì a
ricapitalizzare, ma dopo aver ridotto l’organico a sessanta persone e aver fatto
un accordo per gli ammortizzatori sociali - riferisce Brandi - una provocazione.
Dopo una sollevazione generale, il loro manager ha accettato di programmare un
prossimo incontro in cui finalmente sarà presentato un piano industriale in base
al quale si potrebbe anche considerare un eventuale ingresso di Friulia nel
capitale sociale o di accesso al Fondo di rotazione». Le possibilità di una
mezza marcia indietro di Jindal sono in realtà ridotte all’osso. Nel corso
dell’incontro l’assessore Seganti avrebbe chiesto se era con questo preciso
intento che Jindal Saw Italia un anno fa ha preso per cinque anni in affitto il
ramo Sertubi da Duferco mettendo poi subito in cassa integrazione gran parte dei
dipendenti, ma non ha ottenuto risposta. «Sono venuti qua per prendersi il
know-how, i brevetti, il portafoglio clienti europeo e poi chiudere la nostra
fabbrica dal momento che a loro costa meno fabbricare i tubi in India piuttosto
che a Trieste», ha accusato Michele Pepe, rsu di Fim-Cisl in piedi su una
panchina di piazza Unità, riferendo l’esito nefasto dell’incontro ad alcune
decine di lavoratori rimasti ad attendere. «Proposta irricevibile anche perché
priva di un piano industriale - hanno commentato Franco Palman e Antonio Rodà
(Uilm), Stefano Borini (Fiom-Cgil) e Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - ma siamo
riusciti a creare un fronte contrapposto comune assieme alle istituzioni, faremo
una controproposta perché qui c’è in ballo il futuro industriale di tutta la
provincia». Michele Colombo che ha sostituito nella trattativa l’amministratore
delegato di Jindal Saw Italia, Leonardo Montesi, fattosi da parte «perché il
confronto si era troppo personalizzato» è uscito da solo dalla Prefettura e si è
messo a fare alcuni passi avanti e indietro. «Non voglio commentare - ha detto -
siamo sempre disponibili a tentare di fare il meglio possibile, ma la situazione
è già di per sè difficile. C’era il Tavolo, c’erano le istituzioni e tutto
quanto serve, sono i sindacalisti che devono dare le notizie». «A questo punto
dobbiamo cacciare la Jindal - gridavano i lavoratori quand’erano già le due e
mezza del pomeriggio prima di trasferirsi in corso Cavour per un altro incontro
con l’assessore Savino - e trovare noi un imprenditore serio che possa rilevare
l’azienda e mantenere la produzione. Ora blocchiamo lo stabilimento, non solo i
camion, ma anche i passaggi a piedi».
Silvio Maranzana
Cosolini: «Erano arrivati qui per produrre»
Il sindaco: «Una proposta insoddisfacente». Pino (Provincia): «Baste con
le aziende mordi e fuggi»
«Se fossi a Trieste sarei andato subito a incontrali di persona». Il sindaco
Roberto Cosolini ieri era a Bologna per l’assemblea dell’Anci. Con gli operai
saliti sul tetto della Sertubi si è sentito al telefono è ha fissato subito un
incontro per il 30 novembre. «So che chiedevano la garanzia di un incontro con
l’amministratore delegato della Duferco, Antonio Gozzi. L’ho appena sentito e mi
ha confermato che sarà a Trieste il 30 ottobre». L’incontro c’è, ma il problema
della Sertubi, esploso ieri con il piano della Jindal Saw che prevede 148
esuberi su 208 dipendenti, è drammatico. E imprevisto nelle sue dimensioni. «Ho
appreso con sorpresa di questa proposta di ristrutturazione per la quale loro si
limiterebbero a Trieste a gestire un’attività logicistico-commerciale, con una
prospettiva occupazione di 60 persone». E il giudizio del sindaco? «Non può che
essere di insoddisfazione - aggiunge Cosolini -. Il gruppo è venuto qui un anno
e mezzo fa per fare industria. Hanno preso in affitto lo stabilimento a
condizioni di favore. In tutto questo tempo non hanno mai dato segnali chiari
sulle direzioni di marcia». E, infatti, fino a ieri si parlava della gruppo
indiano come possibile acquirente della Ferriera di Servola. «Non ci ho mai
creduto - spiega Cosolini -. E per questo avevo chiesto di fare chiarezza. E
l’azienda aveva di non essere interessati alla Ferriera perché tutte le loro
attenzione erano concentrate sul consolidamento di Sertubi. Non mi sembra che si
possa parlare di consolidamento di con la riduzione di due terzi della forza
lavoro». Adele Pino, assessore provinciale, era presente all’incontro di ieri
mattina in Prefettura. E anche lei non si aspettava un epilogo del genere. Una
situazione surreale. «Il giorno prima al Tavolo Ferriere la Lucchini parlava
della Jindal Saw come possibile acquirente della Ferriera e oggi (ieri, ndr) la
Jimdal ci dice che non intende più fare produzione a Trieste limitandosi a
un’attività commerciale». L’assessore provinciale, ex sindacalista della Uil, se
la prede con la delocalizzazione alla rovescia. «Bisogna vigilare su queste
aziende straniere che arrivano in Italia senza un piano industriale serio e poi
sfruttati i vantaggi se ne vanno. Mordi e fuggi. La realtà che Jindal in questo
anno e mezzo, con l’ad Montesi, ha fatto solo molto fumo per annebbiare il
contesto. La mia impressione è che il loro obiettivo era questo fin
dall’inizio». Una brutta storia.
E gli operai salgono sul tetto per protesta Una
“tregua” in serata
In sette hanno manifestato dall’alto, sono scesi solo dopo un impegno
della Prefettura per un incontro il 30 ottobre
Sette operai della Sertubi ieri pomeriggio, alle 16.15, sono saliti sul
tetto dello stabilimento di via Von Bruck. Solo una mail della prefettura
arrivata poco dopo le 19 li ha conviti a scendere. Per lasciare il punto più
alto della fabbrica hanno preteso che venisse messo nero su bianco l’impegno
dell’amministratore delegato del Gruppo Duferco, Antonio Gozzi, ad un incontro
con le istituzioni locali e i rappresentanti sindacali il 30 ottobre prossimo.
Disperati, arrabbiati, preoccupati. In strada, davanti all’azienda che ieri ha
comunicato loro il taglio di 148 persone, altri cento operai. E poi le mogli, i
figli, i nipoti e i rappresentanti sindacali a dar forza alla protesta. «Cosa
daremo da mangiare ai nostri figli? » - hanno gridato con un megafono dal punto
più alto dello stabilimento. E ancora: «Adesso basta, ci sentiamo presi in giro.
Non si scherza più, siamo pronti a gesti estremi». Il messaggio lanciato da
oltre 80 metri d’altezza era chiaro. «Vogliamo lavorare». Della protesta,
accompagnata da striscioni e lancio di fumogeni, sono stati subito informati il
sindaco che da Bologna ha contattato i vertici del Gruppo Duferco; Fabio Omero,
l’assessore comunale allo Sviluppo Economico che ha raggiunto gli operai sotto
alla Sertubi, e l’assessore regionale all’Economia, Sandra Savino. Accanto agli
operai in via Von Bruck anche il capogruppo comunale di Trieste Cambia, Roberto
Decarli. Momenti di tensione quando il direttore dello stabilimento,
Massimiliano Juvarra, mentre uno degli operai sul tetto veniva colto da un
malore, si è allontanato dall’azienda a bordo della sua autovettura. Ritornato
poco dopo e sistematosi a margine della protesta ha spiegato: «Mi sono
consultato con la Digos per capire se era conveniente a livello di sicurezza e
di ordine pubblico che io rimanessi. Eccomi qua». Ma le proteste nei suoi
confronti, in particolare modo da parte delle mogli degli operai, sono
proseguite. «Fa parte del mio ruolo,- ha dichiarato Juvarra- rappresento
l’azienda ed era inevitabile che qualcuno, magari chi non mi conosce bene, mi
prendesse a male parole. Assistendo a questa situazione mi sento inevitabilmente
addosso una responsabilità. Capisco questa gente e lo sconforto di chi sta
protestando». Il 118 ha soccorso anche un operaio infortunato ad un piede da una
autovettura che cercava di percorrere quel tratto di strada nel corso della
manifestazione di protesta. Alle 18.30 ha raggiunto lo stabilimento anche il
parlamentare del Pd, Ettore Rosato. E’ stato lui assieme ad Omero a raggiungere
gli operai saliti sul tetto e a consegnare loro copia della mail inviata dalla
Prefettura con i termini del tavolo di trattative fissato per il 30 ottobre.
Laura Tonero
Lucchini, sciopero di 8 ore
In coincidenza con il prossimo vertice che si terrà a Roma
Le organizzazioni sindacali Fim Fiom Uilm hanno deciso di proclamare, in
concomitanza del prossimo incontro sul Gruppo Lucchini a Roma, uno sciopero
nazionale di 8 ore in tutti gli stabilimentii del gruppo ed una manifestazione
dei lavoratori davanti al Ministero. I sindacati diversificano il loro giudizio
sull’incontro svoltosi giovedì al Ministero dello sviluppo economico in
relazione alla crisi del gruppo Lucchini considerando l’intervento del
sottosegretario Claudio De Vincenti in modo cautamente positivo e definendo
invece totalmente negativo e privo di contenuto quello espresso dell’azienda con
l’amministratore delegato Francesco Chindemi e del Presidente Giuliano Mari.
«Riteniamo importante - sottolineano i sindacati - la volontà, espressa dal
sottosegretario De Vincenti, di mantenere il ciclo integrale della siderurgia
per tutto il gruppo Lucchini, l’utilizzo di accordi di programma per quanto
riguarda le bonifiche e inoltre l’attivarsi per inserire Trieste e Piombino come
previsto dall’articolo 27 del nuovo decreto governativo che tratta la questione
delle aziende in stato di crisi complessa e non escludendo interventi
straordinari per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali. Rilevanti anche le
osservazioni fatte dal sottosegretario all’azienda, sostenendo con i sindacati
che è «finito il tempo delle meline» e condividendo l’insoddisfazione per quanto
riferito dall’azienda, mentre rimane centrale per il Governo la piena ripresa
produttiva e l’assoluta attenzione sulle decisioni che l’Azienda intenderà
mettere in campo. Il governo ha poi programmato il prossimo incontro entro una
decina di giorni». «Sul fronte aziendale invece - continuano Fim, Fiom e Uilm -
il nulla. Emblematica l’affermazione dell’ad: “stiamo navigando a vista
aspettando l’interessamento di un possibile imprenditore”. Alle domande fatte
dalle organizzazioni sindacali e dalle Istituzioni relative alla situazione
finanziaria, alla prospettiva di messa in liquidità del gruppo, al piano
industriale promesso entro settembre, alla questione banche, alla questione
bonifiche e per il sito di Trieste, all’ordinanza fatta dal Sindaco, abbiamo
ricevuto solo una risposta generica sull’economia del gruppo che in qualche modo
intende “rassicurare“ ancora su una non ben definita disponibilità di cassa. Su
tutto il resto un imbarazzante “vuoto totale” qualche abbozzo di risposta molto
evasiva come ad esempio la dichiarazione dell’ad che nega la presenza di
manifestazioni d’interesse per l’acquisto, mentre poco dopo il presidente
contraddicendolo, parla di alcuni interessamenti ancora in una fase informativa:
questo è l’espressione del vertice aziendale che dovrebbe guidare questa
complicatissima e delicata fase da cui dipende il futuro lavorativo di oltre
tremila famiglie in Italia.
Famiglia di cinghiali invade la pista di sci d’erba a
Cattinara
Due adulti e cinque cuccioli hanno creato solchi e altri danni con la
loro incursione. Ma come sono entrati?
Una bella grufolata in famiglia con vista sul Golfo e cibo gratis non capita
certo tutti i giorni. Se poi ci aggiungiamo che il terreno profanato è da Coppa
del Mondo, beh, il colpo è davvero di quelli grossi. Protagonisti dell’ennesima
incursione nelle proprietà private cittadine ben sette cinghiali (papà, mamma e
cinque cuccioli) che durante le ultime due notti si sono “lanciati” dalla pista
di sci d’erba “Tre Camini” di Cattinara, lo scorso giugno teatro di due gare di
slalom speciale inserite nel programma di CdM. Il passaggio dei maiali
selvatici, come facilmente presumibile, non è stato indolore: profondi solchi in
almeno dieci punti del terreno, in particolare lungo la parte bassa del
tracciato, ma anche qualche incursione nella parte alta, vicino al magazzino
della struttura gestita dallo Sci Cai Trieste. Un terreno appetibile quello di
Cattinara in quanto pieno di vermi. «Inizialmente non mi sono accorto di nulla,
poi quando sono sceso giù a valle ho visto che la terra era completamente
rivangata in più parti, sia sui lati esterni che nel pieno del tracciato: ci è
voluto ben poco per capire che erano stati i cinghiali», spiega il dirigente del
sodalizio Silverio Doglia. La presenza dei maiali selvatici sulla pista Tre
Camini, sita a circa cento metri da strada di Fiume, è assolutamente inedita.
«Ci è capitato più volte di avere caprioli, fagiani e conigli, animali che però
non hanno lo stesso impatto dei cinghiali», puntualizza il dirigente del Cai
Claudio Maracchi. Da sempre il perimetro della pista è completamente recintato.
E ad un primo sopralluogo sembra che la struttura non sia stata danneggiata. «In
passato la recinzione era stata oggetto dell’attenzione da parte di alcuni
sconosciuti – svela Maracchi -. In un paio di punti era stata tagliata, ritengo
da qualche animalista, proprio per permettere il passaggio degli animali,
domestici e selvatici, attraverso la pista». Il dubbio dunque rimane: se tutta
l’area è protetta, da dove sono arrivati i cinghiali? «Molto probabilmente sono
arrivati dalla zona di via del Castelliere – prosegue Maracchi – perché lì,
nonostante la presenza di canneti, rovi e alberi, potrebbe esserci un
passaggio». Adesso lo Sci Cai Trieste sta valutando come correre ai ripari: la
pista, com’è è impraticabile. Non è stato intaccato il cavo di manovia. Molto
probabile che a breve i volontari dello Sci Cai dovranno riappianare il terreno
verde. Il Cai si è ripromesso di chiedere aiuto alla Provincia.
Riccardo Tosques
Costa dei barbari, patto tra Wwf e Comune
Incontro tra il sindaco di Duino e il presidente nazionale “Oasi” in
vista dell’attuazione del protocollo di collaborazione
DUINO AURISINA Primi passi verso la concreta attuazione del protocollo di
collaborazione tra Wwf e Comune per l’area protetta di Costa dei barbari.
Protocollo che promuove la ricerca applicata alla conservazione degli spazi
marino-costieri, l’educazione ambientale e la divulgazione scientifica, il
turismo naturalistico all’insegna dell’ecosostenibilità, la promozione di
prodotti biologici, marchi di qualità delle zone tutelate e valorizzazione delle
certificazioni ambientali. L’amministrazione di Duino Aurisina ha ricevuto
infatti la visita del presidente nazionale di Wwf Oasi, Antonio Canu,
accompagnato dal direttore della riserva marina di Miramare, Maurizio Spoto, e
dalle collaboratrici locali Sara Famiani e Giovanna Caputo. Il presidente, che
si trovava in regione per contatti istituzionali, ha voluto incontrare la giunta
comunale e in particolare il sindaco Vladimir Kukanja perché, come riconosciuto
da entrambi, il “rapporto di collaborazione è ottimo” e si concretizza in un
protocollo di intesa tra i due enti (approvato ancora dal Consiglio nell’aprile
del 2010), nell'ambito del quale il Wwf fornisce il proprio contributo nel
progetto di riqualificazione della Costa dei Barbari. Sono state considerate
dunque le iniziative già attuate o in progettazione sulla base di quanto
pattuito, come per esempio le visite alle Falesie per il programma didattico e
le proposte nel settore della raccolta differenziata delle immondizie. Ma si è
parlato anche del Gac, il Gruppo di azione costiera appena costituito al quale
partecipano sia il Comune che la riserva marina di Miramare. Il Gac dovrebbe
diventare operativo tra non molto, con l’avvio delle prime iniziative nel
settore del turismo sostenibile lungo la fascia costiera. Al Gac aderiscono
anche Aires, vale a dire la Camera di commercio e il Comune di Marano. Quanto
alla Costa dei Barbari ai primi di ottobre è stato siglato l’accordo di
programma tra l’ente locale e la Regione per il consolidamento e la
riqualificazione ambientale del tratto di mare, per un investimento totale di
quasi 1,7 milioni di euro. La giunta Tondo ha stanziato 847mila euro frutto di
risorse statali, rese disponibili grazie al ministero dell’Ambiente: la
rimanente parte dei costi di realizzazione sarà a carico del Comune. Cinque le
fasi previste per l’attuazione del progetto. La prima prevede la
riqualificazione della viabilità urbana e il collegamento tra Borgo San Mauro e
la Costa dei Barbari grazie all’ampliamento del sottopasso pedonale, a nuovi
marciapiedi, belvedere e al posizionamento di pensiline per l’autobus, cui farà
seguito la sistemazione dei principali percorsi pedonali, la messa in sicurezza
dei sentieri, alcune opere di ingegneria naturalistica e d’illuminazione. Quindi
gli interventi di miglioramento ambientale: toilettes, fognature e impianti
antincendio.
Tiziana Carpinelli
Alla scoperta di una Trieste poco conosciuta
Domani la Faimarathon: passeggiata in 10 tappe per i luoghi della città
descritti da Svevo e Saba
Dieci tappe alla scoperta di una Trieste “insolita”, meno conosciuta, ma
molto affascinante. Questa è la Faimarathon di domani, la prima maratona
culturale che non si fa di corsa ma passeggiando “a occhi aperti”! Un itinerario
che si distacca dalle mete turistiche più convenzionali, per mettere in luce la
bellezza che non siamo abituati a osservare: quella dei luoghi in cui viviamo.
Una passeggiata che, in 10 tappe, da Porta Cavana, attraversando il Borgo
Giuseppino, giunge alla Stazione ferroviaria di Campo Marzio, svelando vie e
viette di Trieste descritte da Svevo e Saba. L’iniziativa, organizzata dal
Gruppo Fai Giovani del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il Comune di
Trieste, Media partner RadioPuntoZero, è adatta a bambini, ragazzi, giovani e
meno giovani, famiglie. Si può fare a piedi, in bici, skate, monopattino...
Inoltre, grazie all'Associazione culturale Andandes, a metà percorso i
partecipanti potranno fare una pausa con thè e biscotti nel Giardino di via San
Michele. La Faimarathon è un'occasione appassionante; come in ogni maratona,
alla partenza, i partecipanti riceveranno un kit gara che comprende lo zainetto
Faimarathon, una pettorina e la mappa con le tappe dell'itinerario, che verranno
così rivelate per la prima volta. Nello zainetto ci sarà anche una cartolina su
cui applicare gli adesivi delle varie tappe. A ogni sosta infatti i volontari
del Fai daranno ai partecipanti un bollino e una scheda con curiosità e
informazioni storiche, artistiche relative a quella tappa. Scopo della maratona,
affermano gli organizzatori, non è arrivare primi, ma giungere al termine avendo
arricchito lo sguardo delle bellezze di Trieste! Inoltre, consegnando alla meta
finale la cartolina con tutti i bollini, si riceverà il foulard del Fai
“Ricordati di Salvare l'Italia”. Grazie al sostegno di molti esercizi che si
trovano lungo il percorso, tra i partecipanti giunti all'arrivo saranno estratti
dieci premi speciali, costituiti da prodotti e buoni sconto. Per gli iscritti
sarà inoltre possibile, presentandosi con la pettorina Faimarathon, accedere
gratuitamente al Museo Revoltella, a prezzo ridotto al Museo del Mare (aperto
per l'occasione fino alle 15) e al Museo Ferroviario di Campo Marzio. La
maratona avrà inizio alle 11 dalla Loggia del Municipio (Piazza Unità d'Italia)
e si potrà partire fino alle 12.30. La chiusura è prevista per le ore 15. La
quota d'iscrizione prevede un contributo a partire da 6 euro per il singolo
partecipante (5 se iscritto Fai), da 10 per la coppia o famiglia (8 se iscritti
Fai). Gratis i bambini fino a 12 anni. Preiscrizioni: online su
www.fondoambiente.it, al Punto Fai della Cividin Viaggi (via Imbriani 11), e al
Caffè del teatro lirico “Giuseppe Verdi” (Piazza Verdi 1/B) dalle 10.30 alle 12.
Domani dalle 10 sarà possibile iscriversi alla partenza in Piazza Unità.
IL PICCOLO - VENERDI', 19 ottobre 2012
Il rigassificatore sul tavolo della Procura
Lettera-esposto di sette intellettuali che si richiamano a una lettera
inviata da Cosolini alla Regione
Rigassificatore di Zaule-Trieste sul tavolo della Procura di Trieste. Sette
intellettuali ed esperti hanno consegnato una lettera al Procuratore della
Repubblica, Michele Dalla Costa, per attirare l’attenzione dell’Autorità
giudiziaria sull’esposto penale dei Comuni di Muggia e San Dorligo, a proposito
della documentazione sul progettato rigassificatore, «perché esso riguarda
comportamenti assai rilevanti per la sicurezza della popolazione, per la tutela
del mare e per la salvaguardia delle attività portuali e, in definitiva, per il
futuro della città». La lettera è firmata da Fulvio Crisciani (docente
universitario di Fluidodinamica geofisica), Carlo Franzosini (biologo marino),
Renzo Mosetti (oceanografo dell’Ogs e dal 2012 docente universitario di
Oceanografia), Luciano Santin (giornalista), Michele Santoro (del Comitato
Scientifico nazionale di Legambiente), Livio Sirovich (ricercatore Ogs e
scrittore), Franco Stravisi (docente universitario di Oceanografia fino al
2011). Gli studiosi segnalano che, secondo il Tavolo tecnico della Uil vigili
del fuoco, pare siano stati compiuti atti «tesi a fare comunque approvare un
progetto pericoloso e a forte impatto ambientale, inadatto alla località
prescelta» e che per superare tali controindicazioni «si sarebbe fatto ricorso a
condotte non ammissibili, con la connivenza o grazie al lassismo di vari
pubblici Uffici, anche a Trieste». I sette firmatari della lettera hanno anche
consegnato al Procuratore una lettera inviata il 12 luglio scorso dal sindaco di
Trieste, Roberto Cosolini, alla Regione nella quale sono trattati questi stessi
temi. Il sindaco di Trieste paventa «possibili danni all’ecosistema marino e
quindi all’attività della pesca determinati dalla movimentazione delle navi
gasiere sul traffico portuale». Cosolini inoltre fa rilevare alla Regione «la
mancanza della firma in molti documenti del Progetto definitivo. In altri casi,
a causa di attribuzioni incrociate, regna confusione sulle responsabilità
professionali con la conseguenza che tali carenze comportano l’illegittimità dei
documenti stessi». Scrive ancora il sindaco che «la clorazione sterilizzazione
(di 800 mila metri cubi di acqua di mare usati ogni giorno dal rigassificatore,
ndr) è un metodo a basso costo che restituisce al mare sostanze chimiche
tossiche ben conosciute (cloro derivato organici, cloramnibne e trimoletani)
prodotte dalla reazione del cloro con la materia organica.
Fumata nera per Lucchini, ore contate
Vertice al ministero dello Sviluppo. Le sorti della Ferriera appese a un
filo. Manifestazione d’interesse dall’indiana Jindal e da un fondo Usa
TRIESTE Contatti con due possibili acquirenti, ma ancora a livello
superficiale, e liquidità di cassa per poter tirare avanti ancora un po’, «però
navighiamo a vista». Hanno gettato nello scoramento i rappresentanti delle
istituzioni e dei lavoratori soprattutto di Trieste e di Piombino, dove si
trovano i due stabilimenti principali, le dichiarazioni fatte
dall’amministratore delegato di Lucchini Group Francesco Chindemi nell’incontro
svoltosi ieri pomeriggio con quasi un’ora e mezza di ritardo sul programma
previsto al Ministero dello sviluppo economico alla presenza del sottosegretario
Claudio De Vincenti che ha affermato che il governo intende mettere il gruppo in
condizione di continuare a produrre. Quello che è certo è che l’esercizio 2012
si chiuderà con un passivo di 170 milioni di euro che porterà l’indebitamento
complessivo a un miliardo e 100 milioni. «A quanto risulta a noi, la liquidità
di cassa consentirà al gruppo di tirare avanti per non più di tre mesi», ha
dichiarato Cristian Prella del sindacato Failms, presente all’incontro. Lo
spettro che aleggia è quello del default e dell’amministrazione straordinaria,
forse a partire già dal primo gennaio 2013. «A breve abbiamo in programma un
altro consiglio di amministrazione nel quale potranno emergere novità,
riconvocheremo qui tutti tra una decina di giorni», ha cercato di rassicurare i
presenti Chindemi. Per la Lucchini una manifestazione d’interesse sarebbe venuta
dall’indiana Jindal (i cui emissari hanno anche visitato lo stabilimento di
Piombino), gruppo di cui fa parte anche Jindal Saw Italia che ha affittato per
cinque anni da Duferco il ramo Sertubi, mettendo subito però la maggior parte
dei dipendenti in cassa integrazione. Particolare questo che inquieta ancor più
gli ambienti triestini dal momento che proprio stamattina in Prefettura è in
programma il confronto con il manager incaricato da Jindal Saw Italia che dovrà
ristrutturare l’azienda triestina. Successivamente sarebbe spuntato l’interesse
del fondo d’investimento americano Clash, il cui nome era comparso anche nella
vicenda Alcoa, ma la colossale esposizione debitoria con le banche rende improba
ogni trattativa. «Non possiamo che manifestare un’insoddisfazione generale per
quanto detto dai rappresentanti dell’azienda - hanno dichiarato ieri sera Angela
Brandi e Sandra Savino, assessori della Regione Fvg - attendiamo la prossima
riunione e auspichiamo di trovarci di fronte in quell’occasione a un
interlocutore che ci illustri una strategia industriale che vada molto più in là
della navigazione a vista». Secondo quanto riferito ancora da Brandi e Prella,
il governo ha dato la propria disponibilità a far proseguire l’iter dell’Accordo
di programma per le bonifiche, in particolare per quanto riguarda Trieste e ad
attivare il tavolo ai fini di inserire quella della siderurgia triestina (che
include anche la Sertubi) nei casi di crisi industriale complessa, così come
richiesto dalla Regione. Qualche perplessità da parte dello stesso De Vincenti
invece sull’apertura di un Tavolo nazionale sulla siderurgia, ma è stato
assicurato che sarà valutata la possibilità ai applicare gli ammortizzatori
sociali anche nel Caso Lucchini. Il Gruppo ha complessivamente duemila
dipendenti di cui quasi cinquecento a Servola. Il Polo siderurgico triestino
però, comprese Sertubi e le aziende dell’indotto, dà lavoro a un migliaio di
persone. Il tavolo per la riconversione guidato dalla stessa Savino non ha
ancora prodotto progetti alternativi, anche se da alcuni sindacati e
amministrazioni è stato sollecitato di partire dalla bonifica dell’area a mare
in zona demaniale. Ufficiosamente a quest’area sarebbe interessato il Gruppo
danese Maersk, leader mondiale dei container per realizzare una nuova
Piattaforma che, unitamente al Molo Settimo, dovrebbe costituire il celebre
superporto dopo l’abbandono dell’ipotesi Monfalcone.
Silvio Maranzana
La Corte di Cassazione: il rischio tumori sale con
l’abuso del cellulare
Un manager malato si aggiudica la causa contro l’Inail Per 12 anni
trascorse al telefonino sei ore al giorno per lavoro
ROMA Troppe ore al cellulare possono avere «un ruolo almeno concausale»
nell’insorgere di alcuni tipi di tumori. E’ il caso di un manager di Brescia che
per circa dodici anni ha utilizzato il telefonino dell’ufficio per una media di
5-6 ore al giorno e nel 2002 ha scoperto di avere sviluppando una grave
patologia tumorale all’orecchio sinistro dove appoggiava il cellulare. Lo ha
deciso la Cassazione che ha dato torto all’Inail che non voleva riconoscere il
rischio «lavorativo» e il conseguente diritto alla pensione per malattia
professionale, per l’uso del telefonino e del cordless. Non solo: ha anche
riconosciuto la «maggiore attendibilità» degli studi epidemiologici indipendenti
rispetto a quelli «cofinanziati dalle stesse ditte produttrici di cellulari. La
Suprema Corte ha così respinto il ricorso con il quale l’Istituto nazionale
contro gli infortuni sul lavoro contestava il diritto alla rendita per malattia
professionale, con invalidità dell’80%, riconosciuto dalla Corte di Appello di
Brescia a Innocente M. che, nonostante le terapie anche chirurgiche cui si era
sottoposto, aveva riportato «esiti assolutamente severi». Senza successo,
l’Inail ha provato a sostenere che non erano suffragati dal giudizio di
affidabilità della «comunità scientifica» gli studi sul rischio dell’uso
intensivo dei cellulari sui quali si era basata la consulenza tecnica del
manager. La Cassazione ha replicato che gli studi indipendenti condotti tra il
2005 e il 2009, che hanno evidenziato un maggiore rischio di insorgenza di
neoplasie negli utilizzatori «forti» di telefonia mobile, sono, correttamente,
stati considerati di «maggiore attendibilità» dai giudici dell’appello, «stante
la loro posizione di indipendenza, ossia per non essere stati cofinanziati, a
differenza di altri, anche dalle stesse ditte produttrici di cellulari». Una
«sentenza molto importante che apre la strada ai risarcimenti» ha commentato il
Codacons. Invita invece alla cautela Silvio Garattini, direttore dell’Istituto
di ricerche farmacologiche Mario Negri: «Allo stato attuale non ci sono ragioni
per dire che ci sia un rapporto diretto causa-effetto tra telefoni cellulari e
tumori».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 ottobre 2012
COMUNE «Restituire il decoro a piazza della
Libertà»
Sopralluogo di Cosolini con Dapretto, a breve una riunione con tutte
le realtà interessate
Ristabilire il miglior decoro possibile per la zona di piazza della
Libertà. Con questo obiettivo il Comune di Trieste riconvocherà una nuova
riunione nei prossimi giorni che sarà coordinata e aperta a tutti i soggetti
interessati (tra gli altri Ferrovie dello Stato, Centostazioni, Silos, Saba
Italia, AcegasAps, forze dell’ordine, le comunità di San Martino al Campo e
Sant’Egidio, la Caritas le diverse realtà del volontariato che operano in
campo sociale) per cercare di risolvere quelle situazioni di degrado che si
riscontano nella zona: dalla qualità della pulizia dell’area al problema dei
“bivacchi”, per tutelare la dignità delle persone e per fare della zona di
piazza Libertà un luogo accogliente e sicuro anche per i turisti che sempre
più numerosi visitano la nostra città. La decisione è maturata ieri mattina
nel corso di un sopralluogo in piazza della Libertà che il sindaco Roberto
Cosolini ha effettuato assieme all’assessore ai lavori pubblici Andrea
Dapretto: Cosolini e Dapretto hanno verificato direttamente la situazione in
cui versa la zona, raccogliendo così le numerose segnalazioni fatte da
cittadini e operatori del territorio che negli scorsi mesi a più riprese si
sono lamentati della situazione di degrado in cui versa l’area. Il sindaco
Cosolini ha evidenziato innanzitutto come la situazione dell’area di piazza
Libertà sia comune anche ad altre città in particolare per quanto riguarda
tutte le zone che si trovano in prossimità di stazioni ferroviarie o
d’autocorriere. Per questa ragione è necessario sviluppare tutte le azioni
in grado di migliorare la qualità della pulizia del giardino e delle aree
circostanti la Sala Tripcovich, il Silos e le Stazioni ferroviaria e delle
autocorriere, favorendo anche un’azione di controllo, di “moral suasion”,
che eviti il proliferare di “bivacchi” e pernottamenti impropri. Da qui la
decisione di programmare un’ulteriore riunione coordinata con tutte le
diverse realtà interessate, per cercare di far fronte al problema, anche in
prospettiva dell’arrivo della stagione invernale. Verificata anche la
situazione del sottopassaggio pedonale della Stazione centrale che, a causa
del maltempo dei giorni scorsi, era rimasto allagato. Un problema, come ha
spiegato l’assessore Andrea Dapretto, che è stato in seguito risolto
intervenendo con il controllo e la verifica delle pompe.
Protocollo su cinghiali e sicurezza stradale
TRIESTE Attenti ai cinghiali. Fauna selvatica e sicurezza stradale. Si è
svolta ieri, a Palazzo Galatti, la prima riunione di coordinamento tra
amministrazione provinciale e forze dell’ordine con l’obiettivo di
affrontare congiuntamente le problematiche connesse alla presenza della
fauna selvatica sulle strade. All’incontro erano presenti i rappresentanti
dei Comandi dell’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, Guardia di
Finanza, Polizia locale di Trieste e Muggia, Vigili del Fuoco e Corpo
Forestale Regionale. «Dall’incontro – ha detto Igor Dolenc, vicepresidente
della Provincia di Trieste con delega alla Fauna e Flora - è emersa la piena
disponibilità degli operatori a rilevare statisticamente l’ordine di
grandezza degli investimenti stradali, monitorandone costantemente il
fenomeno. Le azioni sulle quali focalizzare l’impegno e le risorse
sicuramente passano nell’informare e nel sensibilizzare la popolazione sui
corretti comportamenti da tenere nei confronti dei selvatici. Vista la
continua crescita della presenza di caprioli ed in particolare dei
cinghiali, anche nelle zone a ridosso della città, l’automobilista deve
prestare la massima attenzione lungo le strade soprattutto nelle ore serali
e notturne quando è più facile imbattersi in un selvatico». Nel corso della
riunione si è deciso di intensificare gli scambi di informazioni tra
operatori e di approfondire e stilare un protocollo operativo per migliorare
gli interventi sul territorio e monitorare le zone a maggior rischio.
Sempre più parcheggi sulle Rive a pagamento: e i
residenti? - La lettera del giorno di Branko Lanza
Mi riferisco all’articolo di qualche giorno fa intitolato “Commercianti
in rivolta, piazza Venezia e via Economo parcheggi a pagamento” in cui
veniva appena accennato che alla raccolta firme si erano uniti altri
cittadini “che vi risiedono o vi lavorano”: su ciò intendo precisare che -
proprio quale residente in questa zona - alla rivolta non si è accodato uno
sparuto gruppetto di residenti ma essi costituiscono la maggioranza dei
firmatari la petizione. Evidentemente, i tecnici che hanno stilato il Piano
del traffico non si sono spinti in questa direzione, per verificare la reale
situazione di quest’area che va al di là del centro cittadino e che ora si
vorrebbe rendere a totale sosta onerosa, e quindi non hanno potuto accertare
che si tratta di una zona ad alta densità abitativa, i cui residenti sono
già stati penalizzati dalla passata amministrazione in tema di parcheggi.
Infatti, sono state eliminate le possibili soste lungo la parte bassa di
salita Promontorio, via Belpoggio e via dei Burlo a seguito dell’ampliamento
esagerato dei marciapiedi, delimitati da paletti metallici. Poi, la
riqualificazione delle Rive ha già creato, sia sul suolo comunale che
demaniale, un unico lungo tratto di parcheggi a pagamento, compresa la
superficie dove sorgeva l’ex piscina Bianchi. È seguita la pedonalizzazione
dell’area attorno al Museo Revoltella e la concessione ai taxi, in doppia
fila, dell’ormai ex capolinea del bus 10, taxi che usufruiscono anche di un
tratto del marciapiede di via del Lazzaretto vecchio lato farmacia. Da via
Lazzaretto vecchio a via Economo il suolo pubblico è occupato da un
alternarsi di passi carrai, lunghi stalli per motocicli vietati ai veicoli,
ampie zone di carico e scarico merci vietate ai veicoli per l’intera
giornata lavorativa, l’ingombro dei nuovi cassonetti per la raccolta
differenziata (niente da dire). Stesso scenario in via dell’Università e
zone limitrofe. Tolte queste superfici già non utilizzabili per divieti,
limitazioni o inagibilità, i tecnici del Piano e l’assessore Marchigiani
hanno calcolato quanti stalli effettivamente rimangono disponibili ai
residenti? L’articolo conclude con l’osservazione dell’assessore Marchigiani
che «se si vuole una migliore qualità della vita, se la richiesta è di nuove
aree pedonali e sostenibili, non è possibile concepire la strada, in una
zona di valore, come uno spazio di parcheggio fisso». Considerato che tutta
l’area nel tratto finale del Borgo Giuseppino non sembra aver bisogno di
ulteriori interventi, che il tratto delle Rive Ottaviano Augusto di
proprietà del demanio è a pagamento, vorrei rammentare che l’art. 7 comma 8
del Codice della strada prevede espressamente l’equità di distribuzione di
aree adiacenti gratuite ove sussistano aree di sosta a pagamento. Poi: la
tariffa «altamente agevolata» da applicarsi a favore dei residenti nelle 8
ore di sosta fissata in 0,60 centesimi (che poi è la tariffa delle zone blu
periferiche) diventa di 4,80 euro al giorno, 120 euro al mese e 1440 euro
annui circa, a seconda delle festività. Eppure qualcuno la definisce
«modesta». Quindi, tenuto conto dei parcheggi privati che sono in
costruzione nelle zone di Campo Marzio, di quelli già costruiti in varie
androne ristrutturate a costi che vanno dai 30 mila euro per un posto e ai
60-70 mila per un box (oppure attorno ai 200 euro mensili in affitto), non
vedo la tendenza a una migliore qualità della vita, ma si riafferma la
logica del Comune di fare cassa in questo momento economico così difficile
per le famiglie, che sebbene proprietario del suolo pubblico della nostra
città, ne è l’amministratore e lo dovrebbe gestire per il bene dei cittadini
e non vessandoli con nuove tasse.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 ottobre 2012
L’Azienda sanitaria: salute minata dalla Ferriera
Alla base dell’ordinanza del sindaco la relazione del direttore
Samani: ogni 13 anni un tumore in più, ma l’inquinamento reca anche altre
malattie
Alla base dell’ordinanza del sindaco Roberto Cosolini che impone alla
Ferriera di porre in atto entro quindici giorni tutti i correttivi
necessari, compresa la riduzione della produzione, per far rientrare le
emissioni entro i limiti imposti dalla legge regionale entro il 31 dicembre,
c’è la relazione redatta il 21 settembre dal direttore generale dell’Azienda
sanitaria Fabio Samani. In essa in particolare si rileva che «per quanto
riguarda gli effetti dei soli Idrocarburi policiclici aromatici (il
benzopirene è il principale, ndr.), relativamente alla sola frazione
assorbita e non alla frazione volatile degli stessi, questa azienda valuta
nell’ordine di un caso incidente di neoplasia in più ogni 13 anni qualora la
popolazione esposta ammontasse a 10mila persone per gli abitanti residenti
nell’area di Servola. Tale stima è assolutamente riduttiva - aggiunge l’Ass
- in quanto riguarda soltanto l’incidenza di neoplasie, si riferisce solo
agli Ipa e alla frazione assorbita dagli stessi e non agli altri
aeroinquinanti provenienti dallo stabilimento, non rappresentando
compiutamente pertanto i potenziali effetti sulla salute derivanti dallo
stabilimento». La stessa relazione poi fa anche riferimento alla percezione
soggettiva dell’inquinamento, alla constatazione di un costante
imbrattamento, alla percezione di odori e rumori oltre alla vista dei fumi
provenienti dallo stabilimento, «fattori che comportano una situazione di
stress per i cittadini che determina di fatto un’alterazione del loro stato
di salute». L’Azienda sanitaria fa riferimento alle rilevazioni dell’Arpa
con le centraline di via San Lorenzo in Selva e di via Pitacco dove la media
dei valori delle emissioni di benzopirene nel periodo gennaio-luglio 2012 è
stata rispettivamente di 4,7 e di 1,8 nanogrammi per metrocubo, che non
permetteranno che la media annuale possa essere inferiore a un ng/mc come
prevede la legge regionale. Il sindaco nell’ordinanza fa riferimento anche a
una relazione della stessa Arpa del 26 settembre nella quale l’agenzia
regionale «ha stimato utilizzando all’uopo un modello matematico applicato
ai dati del periodo di mediazione previsto dalla legge l’area di superamento
del limite per il benzopirene dovuto alle emissioni dello stabilimento di
Servola, calcolando in quasi un migliaio gli abitanti esposti». Cosolini di
conseguenza intima alla Lucchini e alla Servola spa di «porre in essere
tutti gli interventi necessari e sufficienti, compresi quelli di limitazione
della produzione, a garantire che entro il 31 dicembre 2012 le emissioni
siano minimizzate in modo da garantire, rapportate al periodo di mediazione
previsto dalla legge, il rispetto del valore limite per le immissioni in
abitato e comunque determinino che l’area di superamento del limite di legge
per il benzopirene si riduca fino a non comprendere edifici a uso di
abitazione, comprovandolo a questo fine con l’applicazione di un validato
modello matematico». Nella medesima ordinanza però il sindaco si riserva
anche «l’adozione di ulteriori provvedimenti di propria competenza, in
particolare a seguito dell’acquisizione dei dati relativi ai valori di
benzopirene per i mesi di agosto, settembre e di quelli successivi». Informa
anche che «avverso il presente provvedimento può essere esperito ricorso al
Tribunale amministrativo regionale entro sessanta giorni a decorrere dalla
data di notificazione del presente atto, oppure ricorso straordinario al
Capo dello Stato entro centoventi giorni».
Silvio Maranzana
Cosolini: segnato il futuro dello stabilimento
«Sul futuro della Lucchini siamo ormai tutti quanti pessimisti». Lo ha
detto il sindaco Roberto Cosolini, in vista dell’incontro fissato per domani
alle 16 al Ministero dello sviluppo economico, per fare il punto sulla
drammatica situazione finanziaria del gruppo siderurgico che perde
mediamente 15 milioni di euro al mese. «Personalmente – ha aggiunto Cosolini
– ritengo che prima si accelera un percorso chiaro, fatto di tappe e impegni
precisi sulla riconversione, e più si fanno l’interesse dei lavoratori della
Lucchini, e della Ferriera di Trieste in particolare».
La Lucchini valuta risposte tecniche e legali
Ma “No smog” presenterà un altro esposto in Procura: anche il
municipio ci prende per i fondelli
«L’ordinanza del sindaco non ci ha colti alla sprovvista, possiamo dire
che era attesa, ma è ancora presto per controbattere. L’abbiamo ricevuta
lunedì pomeriggio ed è appena giunta al vaglio dei nostri tecnici e
dell’ufficio legale, perché è da entrambi questi settori che potrebbe venire
una risposta. Ci sono alcune questioni controverse, non ultime le
rilevazioni della tristemente nota centralina mobile di via San Lorenzo in
Selva.» La replica del Gruppo Lucchini si ferma a queste parole del
direttore delle relazioni esterne, Francesco Semino, il quale però non
esclude che l’azienda possa anche agire con un ricorso legale. Chi un nuovo
esposto legale lo farà certamente è invece l’associazione No smog, come
preannuncia la sua presidente Alda Sancin. «Per essere eleganti - il suo
commento all’ordinanza - diciamo che siamo stati nuovamente presi per i
fondelli. L’intervento del sindaco è assolutamente sottodimensionato
rispetto alla relazione allarmata presentata dall’Azienda sanitaria che
abbiamo potuto leggere anche noi. La minima misura da prendere era prevedere
il dimezzamento dell’attivita' della cokeria che è la principale fonte di
inquinamento. Secondo studi noti, la Ferriera può funzionare benissimo anche
con una cokeria al 40% dell’attività attuale, il che non provocherebbe la
perdita di nessun posto di lavoro. Cosa fa invece il sindaco con questa
ordinanza? Si limita a dire alla Lucchini: state buoni, se potete. Mi sembra
un film o una pubblicità. Non sono mille le persone a rischio - prosegue
Alda Sancin - le case più vicine sono a 150 metri dallo stabilimento, più
vicine della centralina di via San Lorenzo in Selva, ma le persone a rischio
sono decine di migliaia: quelle che abitano a Servola, a Valmaura, a
Chiarbola». Quello del sindaco Cosolini è stato secondo Adriano Sincovich,
segretario provinciale della Cgil, «un intervento dovuto, ma anche
estremamente equilibrato e saggio. Dà un segnale forte sulla necessità che
l’azienda intervenga per ridurre le emissioni, ma al contempo non la obbliga
a ridurre la produzione e di conseguenza a lasciare a casa una parte dei
dipendenti.» E Maurizio Bucci, consigliere regionale del Pdl si dice
«soddisfatto del primo passo che viene fatto da questa ordinanza, anche se
il mio obiettivo finale resta la chiusura. Dispiace per i lavoratori, ma
viene prima la salute». Per il suo collega di partito Piero Camber, c’è però
anche il rischio che l’ordinanza «pur di per sè ineccepibile, avvicini il
rischio del fallimento dell’azienda, per cui si fa sempre più pressante la
necessità di accompagnare, con il sostegno anche del governo, i lavoratori
nella fase successiva». I consiglieri comunali del M5s rilevano come «anche
per questa amministrazione i tempi di reazione a una situazione critica per
la salute sono esagerati». Rifondazione comunista infine ha distribuito ieri
davanti alla Ferriera un volantone in cui denuncia «l’attività di una lobby
che da Destra a Sinistra non ha mai inchiodato la Lucchini alle proprie
responsabilità nei rapporti con la città, con i dipendenti e con i cittadini
dei quartieri».
(s.m.)
Sertubi, gli operai bloccano anche il deposito al
terminal di Fernetti - MENTRE CONTINUA IL PRESIDIO IN VIA VON BRUCK
Contrordine, il blocco dei lavoratori della Sertubi rimane, non solo
dinanzi allo stabilimento di via von Bruck, ma anche al terminal di Fernetti
dove l’azienda ha un deposito di tubi. «Non ci fidiamo più - spiega Michele
Pepe, rsu di Fim-Cisl - non abbiamo nemmeno ricevuto la comunicazione
ufficiale dell’incontro in Prefettura di venerdì. Per cui non molliamo,
almeno fino a quel giorno.» Anche ieri dinanzi all’azienda ha stazionato una
pattuglia di carabinieri per controllare la situazione. Dei 208 dipendenti,
circa centocinquanta sono in cassa integrazione, gli altri lavorano per
pitturare i tubi giunti dall’India, quelli per le fognature da un metro di
diametro. «Ma da qualche giorno i tubi non partono né da qui, né da Fernetti
- spiega Pepe - abbiamo bloccato le consegne e le aziende che li attendevano
cominciano a essere in sofferenza. Era un nostro obiettivo perché puntiamo a
far sì che tutti, a incominciare dalle istituzioni, si rendano conto della
drammaticità della nostra situazione». Resiste anche il gazebo di piazza
della Borsa, gestito assieme ai dipendenti della Duke, a propria volta in
cassa integrazione straordinaria. Sono quasi cinquemila le firme di
solidarietà dei cittadini già raccolte. I cassintegrati della Sertubi stanno
dunque facendo i salti mortali con turnazioni su tre fronti: via von Bruck,
Fernetti e piazza della Borsa. L’appuntamento per la trattativa a oltranza è
stato fissato verbalmente alle 10 di venerdì in Prefettura. Michele Colombo,
chief restructuring officer, cioé il manager esterno incaricato della
ristrutturazione, illustrerà ai rappresentanti dei lavoratori, oltre che
alle istituzioni, i progetti immediati di Jindal Saw Italia, la società del
gruppo indiano che ha preso in affitto per cinque anni il ramo Sertubi dalla
Duferco. La trattativa è passata a Colombo dopo che l’amministratore
delegato della società, Leonardo Montesi, duramente contestato dai
dipendenti, aveva deciso di passare la mano.
(s.m.)
SEGNALAZIONI - Ferriera - Il lavoro non tolga la vita
Ho più di sessant’anni, sono nata e vivo a Servola, rione in cui la mia famiglia si è stabilita nel primo Ottocento. Mi piace, mi trovo bene, è ancora a “misura d’uomo”, ma c’è un ma che purtroppo non mi fa più sentire a “casa” da molto tempo e che ha cambiato il mio modo di vivere e di pensare. Quel “ma” è la Ferriera che negli ultimi anni è diventata, se così si può definire, la mia peggior nemica, nel senso che se prima la consideravo fonte di lavoro e di benessere ora la considero qualcosa che crea disagio, malessere e malattia, che spesso porta prematuramente e atrocemente alla fine della vita. È successo alla mia famiglia poco più di due anni fa, il male del secolo si è portato via la persona con cui ho vissuto per oltre quarant’anni, male causato, a detta di alcuni medici (non ufficialmente però e mi chiedo il perché) da sostanze inquinanti che aleggiano intorno a noi e provenienti, quasi certamente, dallo stabilimento. Tutto quello che la mia famiglia, ma soprattutto chi era malato, ha vissuto e sopportato, mi consente di esprimere una grande solidarietà nei confronti del signor Pastore, operaio della Ferriera, e concordo con quanto da lui pubblicato sul vostro giornale. Il lavoro deve dare possibilità di vita, non toglierla. Dover scegliere fra lavoro e salute è un deplorevole ricatto, fatto da chi specula per arricchirsi sempre di più o da chi non sa far rispettare la legge. Far vivere migliaia di persone nel disagio e con il timore che prima o poi ti ammali, o peggio, è una vergogna che non dovrebbe essere più tollerata ai giorni nostri. Mi chiedo, e non sono la sola: ma la giustizia è uguale per tutti? Ma soprattutto: c’è?
Danila Petronio
IL PICCOLO - MARTEDI', 16 ottobre 2012
Ultimatum di Cosolini alla Ferriera
SIDERURGIA » IL DIKTAT DEL COMUNE - L’ordinanza del sindaco: abbattere
l’inquinamento. Sono mille gli abitanti che subiscono emissioni troppo alte
Entro il 31 dicembre L’azienda deve ricorrere anche alla riduzione della
produzione se necessario per rientrare nei limiti della legge regionale
Giovedì a Roma L’ad della Lucchini Chindemi illustrerà a istituzioni e sindacati
il futuro: rischio amministrazione straordinaria
Il Gruppo Lucchini e la Servola spa sono obbligati a porre in atto entro 15
giorni tutti gli interventi necessari e sufficienti, compresa se del caso la
riduzione della produzione, affinché entro il 31 dicembre le emissioni dallo
stabilimento siano ricondotte al di sotto dei limiti previsti dalla legge
regionale. È questo il tenore dell’ordinanza emessa ieri pomeriggio dal sindaco
Roberto Cosolini dopo che anche negli ultimi mesi alcune centraline dell’Arpa,
ma in particolare quella mobile posta davanti alla stazioncina ferroviaria di
via San Lorenzo in Selva, nelle immediate adiacenze dello stabilimento, hanno
superato il limite di un nanogrammo per metrocubo di benzopirene posto dalla
legge regionale che anticipa la legislazione nazionale e comunitaria prossima a
entrare in vigore. L’ordinanza è stata però emessa sulla base della media
annuale registrata nel 2011 quando il limite era stato spesso sforato anche
nelle centraline di via Pitacco e di via Svevo, come del resto è avvenuto anche
nei primi mesi di quest’anno. «In base alle rilevazioni dell’Arpa - spiega
l’assessore Umberto Laureni - è stato stimato che all’incirca mille persone
abitano all’interno di un’area in cui il limite è stato sforato. L’ordinanza in
sostanza obbliga l’azienda ad abbattere le emissioni affinché nemmeno un
abitante debba subire emissioni di questa portata». I valori rilevati dalla
centralina mobile di via San Lorenzo in Selva, contestata dall’azienda, non
costituiscono nemmeno secondo l’amministrazione comunale un indicatore assoluto
(sono altre le leggi che preservano la salute degli operai), ma vanno valutati
in base a un coefficiente messo a punto dall’Arpa che intende appunto
salvaguardare la salute dei servolani. L’ordinanza del sindaco è stata emanata a
una quarantina di giorni di distanza dal colloquio che lo stesso Cosolini ha
avuto con il procuratore della Repubblica Michele Dalla Costa che
sull’inquinamento causato dalla Ferriera ha aperto un’inchiesta. Come si vede,
non obbliga l’azienda a ridurre l’attività, ma la sollecita a farlo qualora
altre misure non si rivelassero sufficienti a ridurre le emissioni. È chiaro
comunque che la prossima verifica, anche da parte dello stesso sindaco, non
verrà fatta prima del primo gennaio 2013. La Lucchini sostanzialmente ha
“guadagnato” altri due mesi e mezzo di tempo perché un’ordinanza più coercitiva,
con obbligo di riduzione dell’attività non potrà essere emanata prima del
prossimo gennaio. In realtà, la drammatica situazione finanziaria complessiva
del gruppo siderurgico potrebbe provocare drastiche conseguenze ancor prima
dell’anno prossimo. Per giovedì alle 16 infatti sono stati convocati al
ministero dello Sviluppo economico dal direttore Giampietro Castano il
governatore Renzo Tondo, la presidente Maria Teresa Bassa Poropat e il sindaco
Roberto Cosolini assieme ai rappresentanti sindacali e a quelli delle
istituzioni di Toscana, Piemonte e Lombardia. L’amministratore delegato del
Gruppo Lucchini, Francesco Chindemi relazionerà infatti sull’immediato futuro
dello stabilimento di Piombino che è quello principale, di quello di Servola che
è il secondo per importanza e di quelli di Lecco e di Condove (Torino). «La
ristrutturazione del debito non ha funzionato - spiega Stefano Borini
(Fiom-Cgil) - da un passivo totale di 700 milioni prima che entrassero le
banche, si è passati a oltre 1.100 milioni - c’è il pericolo che dal primo
gennaio 2013 il gruppo venga messo in amministrazione straordinaria. E ciò che
risulta ancor più preoccupante è che dopo la mia dichiarazione per cui, in base
al decreto Fornero, i lavoratori della Lucchini senza lavoro rimarrebbero privi
anche della cassa integrazione, nessuno ha osato smentirmi. Bisogna intervenire
immediatamente per scongiurare questo pericolo».
Silvio Maranzana
La Regione prepara sostegni al reddito dei lavoratori
Alla crisi della siderurgia triestina viene attribuita una valenza
regionale. Il tema è stato affrontato ieri pomeriggio e i provvedimenti
conseguenti sono stati approvati all’unanimità dal Tavolo di Concertazione
regionale presieduto dall’assessore al Lavoro Angela Brandi. É stato tra l’altro
stabilito che sarà dato mandato all’Agenzia del lavoro di redigere un piano di
fronteggiamento della crisi della Ferriera, unitamente a quella della Sertubi,
da discutere poi, nel più breve tempo possibile, in una delle prossime sedute
del Tavolo di concertazione. «Alla luce degli sviluppi che la situazione
triestina sta assumendo, il piano di carattere regionale – sottolinea
l’assessore Brandi – è indispensabile anche da un punto di vista politico, per
dare forza e concretezza alle azioni di difesa del reddito e di
riaccompagnamento occupazionale dei lavoratori». Il Tavolo ha anche deciso
l’estensione da quattro a sei mesi degli ammortizzatori sociali in deroga e la
proroga di un anno per delle situazioni di grave crisi occupazionale. Le
situazioni di crisi prorogate sono le seguenti: tessile, distretto della sedia,
zona industriale del Sanvitese, commercio della provincia di Gorizia e Trieste,
elettronica, territori montani, legno arredo della provincia di Gorizia e di
quella di Pordenone, chimica regionale, autotrasporto regionale, meccanica
regionale, edilizia, mezzi di trasporto, occhialeria e pesca.
Duino, la differenziata resta bloccata al 25-26%
Irraggiungibile l’obiettivo europeo del 65% di rifiuti riciclati entro il
31 dicembre E la nuova amministrazione sta pensando di introdurre la raccolta
dell’umido
DUINO AURISINA La normativa nazionale impone obiettivi di raccolta
differenziata che agli occhi della giunta Kukanja appaiono senz'altro ambiziosi:
il 65% entro il 31 dicembre, risultato da cui oggi il Comune è purtroppo ancora
ben lontano. E difficilmente, con un sistema di smaltimento dei rifiuti che a
Duino Aurisina registra appena il 25-26% di prodotto riciclato, potrà essere
raggiunto nell'arco di poco più di due mesi. Tuttavia l'amministrazione di
centrosinistra è decisa a invertire la rotta e promuovere sistemi di
differenziazione in linea con i parametri fissati dalle norme italiane e
conformi alle indicazioni dell'Unione europea, per garantire una migliore
qualità dell'ambiente e della vita. La giunta è orientata dunque verso il
recupero anche dell'umido, ma per ora non c'è l'intenzione di introdurre il
porta a porta nelle modalità conosciute per esempio dalla vicina Monfalcone. Gli
uffici hanno preso contatto con realtà venete per arrivare alla soluzione il più
possibile adatta alle esigenze del territorio. L'occasione della svolta sarà
quella, come spiega l'assessore ai Servizi sul territorio Andrej Cunja, offerta
dalla nuova gara d'appalto che dovrà essere indetta per la gestione della
raccolta dei rifiuti. Infatti il contratto (attualmente in proroga) con la
multiutility Acegas è scaduto. «Stiamo elaborando il nuovo bando di gara –
sostiene Cunja - con l'obiettivo di massimizzare il rapporto della raccolta
differenziata rispetto a quella totale. Con la distribuzione dei composter
domestici è già stata ridotta l'aliquota pro capite dei rifiuti conferiti al
servizio di raccolta e smaltimento». «Per il momento – prosegue - siamo
orientati verso la differenziazione anche dell'umido. Almeno all'inizio, però,
non faremo "rivoluzioni": non abbiamo intenzione, per ora, di introdurre il
sistema porta a porta. Ridistribuiremo invece le postazioni dei cassonetti in
maniera da rendere più capillare ed efficiente la raccolta, evitando, per quanto
possibile, di lasciare cassonetti dell'"indifferenziata" isolati». Non mancherà
l'opera di sensibilizzazione delle famiglie, con una campagna informativa anche
in ambito scolastico. In questa fase di evoluzione, quindi, gli uffici stanno
analizzando come funziona lo smaltimento dei rifiuti nelle realtà realtà
limitrofe, ma non solo. Attualmente i rifiuti di Duino Aurisina, dove esiste
circa una ventina di isole ecologiche con cassonetti differenziati (distribuite
in ogni paese e nelle vie di grande scorrimento), vengono portati al
termovalorizzatore di Trieste per l'indistinto incenerimento (eccezion fatta per
i materiali appunto riciclati nelle isole). La differenziata punta invece a
recuperare la carta, il vetro, la latta, la plastica e l'alluminio. E andrà
calibrata tenendo conto che a Duino Aurisina un sistema di porta a porta sarà
senz'altro favorito nelle aree urbano-periferiche, mentre nei paesi andrà meglio
per il compostaggio del verde e dell'umido, grazie alla presenza di campi e
giardini. L'amministrazione comunque precisa che la differenziata non comporterà
maggiori entrate nelle casse municipali ma produrrà benefici in termini
ambientali e igienici.
Tiziana Carpinelli
IL PICCOLO - LUNEDI', 15 ottobre 2012
Fotovoltaico gratuito Tagliati gli incentivi progetti a
rischio
Programma della Provincia per i privati, ma il governo minimizza i
vantaggi per le aziende che fanno gli impianti
Ecco la storia di una beffa chiamata “incentivare il fotovoltaico”, energia
pulita. Non sappiamo come finirà, ma intanto il pasticcio è servito. Centinaia
di triestini hanno i pannelli sul tetto, ottenuti gratuitamente grazie a un
progetto della Provincia che ha sfruttato un sistema a incentivi, ma non possono
sfruttarli, mentre hanno firmato un contratto di 20 anni. Altri hanno firmato il
contratto ma rischiano di restare senza niente. Tutto comincia nel 2010 quando
la Provincia lancia il bando “del sole”, promettendo pannelli gratuiti: basta
dare la disponibilità del tetto e vincolarsi a mantenere l’impianto attivo per
20 anni, così da remunerare, con l’energia prodotta, la ditta che lo installerà,
alla quale la Provincia riconosce 200 euro a intervento per pratiche
amministrative. A scadenza, il cittadino può acquistare, oppure dismettere
(gratuitamente) i pannelli. È un successo. Si iscrivono 1960 triestini. Al bando
risponde solo Abn, un consorzio di cooperative sociali di Perugia che fa anche
kit fotovoltaici per le case africane. Partner tecnico-economico diventa, dopo
lunga ricerca, Sorgenia, operatore nel mercato libero dell’energia e del gas
naturale. Tra i cittadini, 700 hanno case libere da vincoli paesaggistici, gli
altri sono sottoposti al parere della Soprintendenza, che di fatto finora ha
bloccato l’iter, perché esige progetti singoli, dal costo troppo alto in questo
schema economico (di 600-800 euro a pratica). E chiede anche, in Carso, pannelli
posati sotto le tegole per evitare impatto ambientale: ma ciò significa rifare i
tetti, e chi può dir di sì? L’assessore provinciale all’Ambiente Vittorio Zollia
che conduce il progetto: «Credo che dalla Soprintendenza possa arrivare qualche
disponibilità per almeno raggruppare gli edifici secondo tre tipologie standard
e ridurre così il carico di istruttorie». Dei 700 edifici senza vincoli, 320 si
rivelano, a un sopralluogo, adatti per la posa. Da ultimo firmano il contratto
200 proprietari di casa. Per Zollia, «un successo comunque, con questo progetto
abbiamo triplicato gli impianti fotovoltaici in provincia». Il “sistema” di
incentivazioni è a catena: il cittadino prima non spende, poi autoproduce
l’energia che consuma, quindi vende alla rete nazionale il “surplus”, dunque
guadagna due volte. Abn lavora quasi gratis e incassa per 20 anni una
percentuale sull’energia prodotta dai privati. Ma il 27 agosto il governo vara
il cosiddetto “quinto conto energia”, e il quadro ne esce stravolto. «Di fatto -
osserva Zollia -, il cittadino non guadagna più dal “surplus” di energia che
produce, ma un vantaggio tutto sommato ancora lo mantiene. All’azienda
realizzatrice viene invece riconosciuta una percentuale minore, e per di più
calcolata soltanto sulla fettina di energia che avanza: quantità variabile, e
minima. Se poi l’edificio consuma tutto ciò che produce, la percentuale si
riduce a zero». Il lavoro perciò non viene più remunerato. A questo punto Abn e
Sorgenia hanno fermato i lavori. Chi è stato allacciato dopo il 27 agosto è
rimasto a metà del guado. Chi era in attesa ha in mano solo un contratto. Senza
dire di chi aspetta la Soprintendenza. Adesso (come dice Zollia qui accanto) è
l’ora di un appello ai ministri.
Gabriella Ziani
Zollia incontra Clini - Serve una proroga o tutto è
sprecato
C’è una speranza per non buttare via pannelli fotovoltaici già installati, o
prenotati? Lo diranno i ministri, ai quali l’assessore provinciale Vittorio
Zollia vuole chiedere una soluzione al pasticcio triestino. «Per le pubbliche
amministrazioni - spiega - la valenza del nuovo “Conto energia” scatta dopo il
31 dicembre, io credo che il nostro ambizioso progetto, poiché gestito da una
pubblica amministrazione, possa rientrare nella deroga». Zollia ne parlerà col
ministro all’Ambiente Clini il 19 ottobre. E poi con Passera (Industria). Infine
servirebbe una proroga ulteriore di 6 mesi per portare sperabilmente a
conclusione anche i fotovoltaici vincolati dalla Soprintendenza. Conclude
l’assessore: «Ai cittadini un impianto da 3 kilowatt costa da 8mila a 15mila
euro, con noi lo stava avendo gratuitamente. Speriamo di farcela».
Un treno carico di nostalgia sulla linea “dimenticata”
Il viaggio organizzato dai volontari del museo ferroviario di Campo
Marzio attraverso le piccole stazioni abbandonate, nelle retrovie della città
La linea ferroviaria che collega la stazione di Trieste Campo Marzio a
Trieste centrale, via Rozzol, Guardiella, Villa Opicina, Aurisina e Miramare, si
è risvegliata per una manciata di ore grazie al viaggio storico-panoramico
“Binari sconosciuti”, frutto dell’ennesima fatica dei volontari del Dopolavoro
del museo ferroviario di Campo Marzio. La risposta della gente è stata
massiccia. Il viaggio sarebbe dovuto andare in scena ieri, in occasione della
Barcolana e su un treno a vapore, ma lo sciopero domenicale indetto dai
ferrovieri ha costretto ad anticipare l’evento. Trenitalia non ha concesso l’uso
delle carrozze storiche. Gli organizzatori possono comunque cantare vittoria.
Per la prima volta un Minuetto, il treno più utilizzato in Italia per il
trasporto regionale, ha solcato i binari della stazione inaugurata da Francesco
Ferdinando, facendo il pieno di nostalgia e dimostrando che è tutt’ora
transitabile. Le nuvole del mattino sembrano annunciare un diluvio, ma il
Minuetto è gremito di gente e alle nove parte da Campo Marzio. I passeggeri
affamati di curiosità mettono subito mano alle macchine fotografiche. Sono
numerose le famiglie composte da genitori, bambini e nonni, ma salta all’occhio
l’assenza di giovani. Ciò che è rimasto in funzione di quella che l’Austria
chiamò Triest Staatsbahnhof e che poi cambiò nome in Trieste Campo Marzio, è un
modesto smistamento di carri merci e pure questo sente odore di chiusura, dal
momento che il trasporto delle merci su gomma ha “tappato” quello su rotaia. Il
Minuetto viaggia spedito in prossimità dei rioni di Campi Elisi e San Giacomo. A
bordo, soprattutto da parte dei bambini, aleggia la sorpresa. Alle 9.10, dopo
aver passato la galleria di San Giacomo, il convoglio raggiunge
Rozzol-Montebello. L’ex stazioncina conserva la struttura architettonica
originale, un’altra testimonianza dell’Impero asburgico sul suolo triestino. La
costruzione è stata venduta a privati che pare abbiano deciso di trasformarla in
un condominio. Il treno riprende la corsa lungo la linea “Transalpina” che,
attraverso Villa Opicina e Nova Gorica, congiunge ancora oggi Trieste Campo
Marzio a Jesenice, per diramarsi poi verso Salisburgo e il Centro Europa. Di
buona lena, ma in forte salita, il Minuetto imbocca la galleria Revoltella
emergendo a Longera e fermandosi lungo il viadotto di Guardiella da cui si gode
un’ampia vista. I passeggeri restano incollati ai finestrini, intenti a
fotografare dall’alto la città. Dopo il panoramico viadotto Carbonara, il
piccolo treno continua la sua salita e il paesaggio si fa sempre più carsico. A
Villa Opicina si intersecano la “Transalpina” e la “Meridionale”. Quest’ultima,
a gestione privata durante l’Impero, collega la stazione centrale del capoluogo
giuliano a Vienna. Un secolo fa, da Trieste (Campo Marzio e centrale) partivano
ogni giorno una ventina di treni per la città imperiale. Tutti diretti. Oggi,
nemmeno uno. Anche a Opicina tutto è finito. A dicembre dello scorso anno è
stato tolto l’ultimo “passeggeri” verso Budapest. Invertito il senso di marcia,
il viaggio della nostalgia incontra l’ex stazione di Prosecco, un tempo scalo
per il bestiame e oggi lasciata al vento, per giungere poi ad Aurisina. La
stazione, la più antica in regione, in epoca austriaca fu coincidenza per il
transito fra l’Impero asburgico e il Regno d’Italia, nonché il primo
collegamento ferroviario del Nord del nostro Paese con il cuore dell’Europa. Fra
i treni che ci transitarono, ci fu anche il mitico Simplon Orient Express. Prima
di arrivare a Miramare, i passeggeri tornano a incollarsi ai vetri del Minuetto
che offrono una vista aperta sul golfo. Giunti alla piccola stazione da cui
Massimiliano D’Asburgo scendeva per raggiungere il castello, il treno si ferma
per una decina di minuti. Persino Miramare - l’unica stazione della
“Meridionale” a essere in pendenza, perché costruita dopo l’inaugurazione della
linea – si è vista estirpare i binari di precedenza che facevano da “by-pass” in
caso di blocchi sulla ferrovia principale. Alle 10.30, il piccolo Minuetto
arriva a Trieste e lentamente l’incantesimo si rompe. Igor Buric
“Binari sconosciuti” per 16 km
“Binari sconosciuti” promosso da Ferstoria e Mittelnet, si è prefisso lo
scopo di far conoscere le storiche linee ferroviarie del nodo di Trieste oggi
non più transitabili dai treni viaggiatori. Da Campo Marzio a Villa Opicina si
percorre la linea “Transalpina” per circa 16 chilometri. Da Villa Opicina a
Trieste centrale, invece, la “Meridionale” per 28 chilometri all’incirca. Per
arrivare da Trieste Campo Marzio alla stazione centrale, si passa per le
stazioni Rozzol-Montebello, Guardiella, Villa Opicina, Aurisina, Santa Croce,
Grignano e Miramare. Sono di rilevanza anche le gallerie che si attraversano.
Nell’ordine: San Giacomo (403 metri), Revoltella (1280 metri), Cologna (696
metri), Piscianzi (485 metri) e Opicina (1053 metri).
IL PICCOLO - DOMENICA, 14 ottobre 2012
COMITATO «AcegasAps-Hera: Cosolini si confronti con la
gente»
Il sindaco Cosolini deve rivedere il suo sì alla fusione Hera-Acegas Aps
«confrontandosi con la popolazione triestina, che finora non ha potuto
esprimersi sull'argomento e che ci risulta in buona parte contraria». Appello
forte lanciato ieri da Emilio Molinari, presidente del Comitato italiano per il
contratto mondiale dell'acqua e promotore della campagna "Contro le multiutility
del Nord". «Questa fusione - ha spiegato Molinari - ne presuppone un'altra, che
prevede una sola grande multiutility del Nord. AcegasAps è caduta in una
situazione debitoria ma la soluzione non è la fusione, perché l'acqua non può
diventare una merce. I sindaci - ha rimarcato il presidente del Comitato - non
sono eletti per assicurare dividendi alle quotate, ma per garantire la qualità
dei servizi alle persone». «Abbiamo già chiesto al sindaco - è intervenuta
Luciana Boschin di Italia Nostra - «di aprire un confronto con la gente sulla
fusione, bloccandola».
(u.s.)
IL PICCOLO - SABATO, 13 ottobre 2012
«Rio Martesin Il sindaco ha agito con trasparenza»
Scoppia la polemica sulle case di Rio Martesin. «Non si può non replicare
alle ingenerose dichiarazioni del portavoce della comunità di Rio Martesin»,
afferma Roberto Decarli, consigliere comunale di Trieste Cambia: «Il sindaco ha
subito accolto la richiesta di incontrare il comitato di Rio Martesin per
confrontarsi sulla nuova proposta progettuale di edificazioni presentata dalla
Società Gia che giustamente preoccupa la comunità. Ma ha anche rivolto l'invito
a rivedersi di nuovo dopo che avranno visionato e analizzato il nuovo progetto
con intento di massima trasparenza. Tra l'altro va ricordato che l'attuale
amministrazione nelle direttive e negli atti preparatori del nuovo Piano
regolatore ha interpretato e formulato restrittivamente la sentenza del
Consiglio di Stato per quanto riguarda la pastinatura». «Quanto sta accadendo in
Rio Martesin ci convince della bontà della posizione che il Movimento 5 Stelle
tenne, più di 15 mesi fa, in Consiglio Comunale - dicono invece i grillini
Stefano Patuanelli e Paolo Menis -. La variante 118 andava approvata allora e
poi modificata con varianti parziali e con l'avvio di una nuova variante
generale, per tutelare alcune aree particolarmente sensibili».
“Binari sconosciuti” si modernizza... con il Minuetto -
FERSTORIA
Non sarà un treno a vapore oggi a percorrere il tratto tra Campo Marzio e
la Centrale
Riparte oggi, dopo ben due anni di “riposo”, l’iniziativa “Binari
sconosciuti di Trieste”, grazie all’Associazione Ferstoria e con la
collaborazione di una agenzia turistica locale. Non potendo disporre del treno
storico a vapore per mancata autorizzazione da parte di Trenitalia, il percorso
sarà effettuato, giocoforza, con un moderno treno “normale”. Verrà perciò a
mancare un elemento di folklore in questa iniziativa, ma l’avvenimento presenta
comunque una novità che in qualche modo giustifica tutta l’iniziativa. Per la
prima volta si andrà da Trieste Campo Marzio a Trieste Centrale, via Rozzol,
Guardiella, Villa Opicina, Prosecco, Aurisina, Grignano e Miramare e viceversa
utilizzando un modernissimo “Minuetto”, percorrendo tratte di linea dove mai
prima d’ora ha circolato, come da Campo Marzio a Opicina e da Opicina a Bivio
d’Aurisina. Per Ferstoria è un esempio “reale” della tanto decantata possibilità
di mobilità passeggeri su rotaia nel comprensorio di Trieste.
LAVOCE.info - VENERDI', 12 ottobre 2012
UNO STOP AL CONSUMO DI SUOLO
Meritoriamente il Governo approva un disegno di legge per la
valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo.
Prevede diverse iniziative i cui risultati dipenderanno dall'attuazione che ne
sarà data. Ma la procedura per disegnare la geografia delle aree edificabili nel
nostro paese sembra macchinosa e potrebbe innescare conflitti tra territori e
tra livelli istituzionali. Meglio sarebbe se ai comuni fosse consentito di
approvare nuovi piani attuativi di aree già edificabili solo dopo la conclusione
di quelli varati in precedenza.
Su proposta del ministro per le Politiche agricole, il Consiglio dei
ministri ha approvato un disegno di legge quadro sulla valorizzazione delle aree
agricole e il contenimento del consumo del suolo. (1)
L'obiettivo - meritorio - dell'iniziativa è porre un freno a quella che Italo
Calvino, nel suo romanzo La speculazione edilizia, chiamava "la febbre del
cemento": la bramosia di edificare anche dove e quando non serve, alimentata
dall'alleanza tra il potere politico-amministrativo, ampiamente inteso, e
l'insieme degli operatori economico-professionali del settore dell'edilizia.
A leggere sul sito del Governo il comunicato che illustra il contenuto del
disegno di legge, si resta sorpresi da una certa veemenza del lessico:
l'obiettivo è "di disincentivare il dissennato consumo di suolo", al quale ci si
è abbandonati finora (nel comunicato si ricorda che "in Italia ogni giorno si
cementificano 100 ettari di superficie libera"). La novità del ricorso ad
aggettivi con forte connotazione negativa è il segno della necessità di porre un
argine a quella parte dell'edificazione gonfiata da aspettative speculative.
BUONI PROPOSITI IN ATTESA DI FATTI
Per perseguire i suoi buoni propositi, il Ddl prevede il ricorso ad alcune
misure puntuali e a uno strumento di pianificazione di portata più generale. È
da quest'ultimo che ci si attende il maggior contributo alla salvaguardia del
suolo agricolo, contenendone la trasformazione in edificabile; ma è anche quello
che suscita qualche perplessità.
Quanto alle iniziative di carattere specifico, sono diverse e i risultati che
sarà possibile conseguire dipenderanno dal come ognuna sarà attuata. Viene
vietato, per almeno dieci anni, il cambio della destinazione d’uso dei terreni
agricoli che hanno usufruito di aiuti di stato o comunitari (art. 3); si
incentiva il recupero del patrimonio edilizio rurale (art. 4); presso il
ministero delle Politiche agricole è istituito un registro dei comuni virtuosi
che economizzano il consumo del suolo agricolo (art. 5); si abroga (art. 6) la
normativa che autorizza i comuni a impiegare una parte (arrivata fino al 75 per
cento del totale) degli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione per
finanziare la spesa corrente.
ONERI DI URBANIZZAZIONE PER STRADE E SCUOLE
Quest'ultima previsione è particolarmente rilevante. La distrazione di una quota
degli oneri di urbanizzazione dalle loro finalità naturali di finanziare la
realizzazione di strade, fognature, acquedotti (opere di urbanizzazione
primaria), scuole, palestre (opere di urbanizzazione secondaria), è stato un
modo per addolcire l'opposizione o ottenere l'assenso dei cittadini alla
trasformazione di terreno agricolo in aree edificabili anche quando non
servivano. Ai cittadini si è proposto uno scambio tra espansione edilizia e
minori tasse per pagare i servizi di cui beneficiano. Nell'immediato hanno la
percezione di un vantaggio, perché non mettono in conto che essi stessi e i loro
figli e nipoti dovranno pagare i costi dell'accresciuta domanda di servizi
indotta dalla nuova edificazione.
Il solo impiego di una quota degli oneri di urbanizzazione per coprire la spesa
corrente amplifica di per sé il "dissennato consumo di suolo". Quando viene
edificata una nuova area, le opere di urbanizzazione devono essere comunque
fatte, se non si vogliono costruire ghetti senza strade, scuole e servizi.
Poiché il comune non può sostenerne la spesa, vengono realizzate dalle imprese
coinvolte nelle lottizzazioni, le quali vengono compensate con premi di
superfici edificabili.
CHI DECIDE QUANTO COSTRUIRE
Restituire la totalità degli oneri di urbanizzazione alla loro originaria
finalità è senz'altro opportuno, non è, però, sufficiente a bloccare il consumo
del territorio originato dalla speculazione - che, infatti, avveniva anche
quando gli oneri non erano destinati in parte a spesa corrente. Per questo il
governo propone un intervento molto più radicale, ma sulla cui efficacia e
operatività è difficile scommettere.
Con un decreto interministeriale (Agricoltura, Ambiente, Infrastrutture e
trasporti) "è determinata l'estensione massima di superficie agricola
edificabile sul territorio nazionale" (comma 1, art. 2 del Ddl). In sostanza,
tenendo conto del terreno agricolo disponibile, di quanto già edificato, degli
immobili non utilizzati, della domanda di case e infrastrutture, vengono
calcolati dei "numeroni" su quanti metri quadrati di abitazioni, capannoni,
strade eccetera devono essere costruiti in Italia. Questa superficie agricola
edificabile viene ripartita tra le Regioni, le quali, a loro volta, la
suddividono tra i comuni, considerando anche la loro popolazione.
Il Ddl non dettaglia i criteri per la determinazione, con cadenza decennale,
dell'estensione di superficie agricola edificabile a livello nazionale, né
quelli per sua ripartizione ai livelli territoriali sottostanti.
Il meccanismo, però, richiama alla mente la pianificazione di stampo sovietico e
rischia di produrre effetti inefficaci e paradossali non dissimili da quelli che
si verificavano in Urss: là i campi venivano annaffiati anche mentre pioveva,
perché così era programmato, da noi si corre il rischio che a Regioni e comuni
con un sovrappiù di capacità edificatoria rispetto alle esigenze, facciano da
contrappunto Regioni e comuni con un deficit, perché quella è la situazione
determinata dalla ripartizione territoriale dell'ammontare nazionale di suolo
agricolo edificabile (ammesso, e non concesso, che tale ammontare rifletta il
reale fabbisogno del paese).
UNA MISURA TRANSITORIA
La procedura che dovrebbe disegnare la geografia delle aree edificabili nel
nostro paese sembra macchinosa e foriera anche di innescare una conflittualità
tra territori e tra livelli istituzionali. Di certo, se mai sarà attuata,
comporterà una spoliazione delle competenze in materia di pianificazione
urbanistica ora esercitate da Regioni e (soprattutto) comuni, senza, tuttavia,
la certezza di conseguire l'obiettivo.
L'intervento dello Stato potrebbe essere molto più efficace se, in attesa di una
più ponderata riforma delle norme sul governo del territorio, inducesse le
amministrazioni comunali a una maggiore parsimonia nella definizione e
attuazione delle previsioni dei loro strumenti urbanistici. Un buon passo
avanti, per esempio, potrebbe essere una misura transitoria che consenta ai
comuni di approvare nuovi piani attuativi di aree già edificabili solo
successivamente alla totale attuazione di quelli approvati in precedenza. In
questo caso, anche le aree già trasformate in edificabili dal Prg, sfuggirebbero
alla "dissennata cementificazione" finché non vi fossero reali bisogni da
soddisfare e non fosse possibile farlo in altro modo. Sembra una piccola cosa,
ma potrebbe dare grandi risultati.
Raffaele Lungarella
(1) http://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeAttachment.php/L/IT/D/1%252F2%252F7%252FD.3f8d25f4e6a232516380/P/BLOB%3AID%3D5269
IL PICCOLO - VENERDI', 12 ottobre 2012
Case in Rio Martesin Bocciato il progetto, un altro è
già pronto
Concessioni edilizie annullate dal Consiglio di Stato nel 2010 ma i
costruttori ci riprovano. Comune: ok se sono in regola
C’è un nuovo progetto edilizio per la vallata di Rio Martesin, che congiunge
il rione di Gretta al versante ovest di Roiano: ben dieci nuovi edifici a un
solo piano da realizzare con strutture particolari, sul tipo delle palafitte.
Una tecnica che permetterebbe ai costruttori di aggirare quella sentenza del
Consiglio di Stato sulla cui base nel 2010 vennero annullate le concessioni
edilizie per la realizzazione di oltre un centinaio di abitazioni. La sentenza
aveva accolto in via definitiva il ricorso formulato da un comitato locale di
cittadini impegnati a tutelare l’ambiente naturale della vallata. In un solo
colpo venivano così clamorosamente sconfessati Comune, Soprintendenza e Tar del
Friuli Venezia Giulia e veniva imposto l’alt all’iter edilizio, evidenziando
come l’intervento non poteva essere frazionato in tre diversi progetti (prodotti
per non superare i limiti di 10mila metri cubi per i quali risulta necessario
avviare una procedura di Valutazione di impatto ambientale) e come il progetto
doveva inoltre rispettare il profilo planialtimetrico dei terrazzamenti
esistenti, di cui veniva imposto il ripristino. Il pronunciamento del Consiglio
di Stato, va sottolineato, oltre a dar ragione al gruppo di cittadini ha creato
un precedente di non poco conto in un territorio, come quello triestino,
caratterizzato da alture e versanti: il rispetto dei pastini quali tratti
caratteristici del comprensorio locale, a monito per i futuri progetti che
interessano le colline cittadine. L’impegno del Comitato spontaneo per la tutela
della vallata rischia però ora di essere vanificato da un nuovo progetto. Ne
hanno dato notizia il sindaco Roberto Cosolini e l’assessore comunale Elena
Marchigiani in un incontro che si è tenuto nello stesso Municipio su diretta
richiesta del Comitato. «Il Comune non poteva non prendere atto del nuovo
progetto», è stato detto: «L’area è rimasta edificabile, e dunque se i contenuti
della sentenza del Consiglio di Stato saranno rispettati nulla vieterà ai
proponenti di attuare il progetto». Va evidenziato come le ditte costruttrici
hanno citato per danni il Comune, reo di aver dato le concessioni edilizie per
un progetto che ha già ricevuto l’assenso della Commissione comunale
paesaggistica e che pare già passato alla Soprintendenza per i beni archeologici
e ambientali. L’assessore Marchigiani ha aggiunto che verrà effettuato un
sopralluogo nell’area citata per verificare se le ditte abbiano rispettato
l’ordinanza di ripristino del preesistente, già emessa dal Comune. Nel contempo
verranno compiuti verifiche e controlli sulla precaria viabilità. «Siamo davvero
preoccupati», hanno affermato i rappresentanti di Rio Martesin, affiancati da
Lucia Sirocco e Dario Predonzan rispettivamente per Legambiente e Wwf: «Sia
l’amministrazione precedente che quella odierna abbandonano i cittadini senza
aver tenuto in debito conto la sentenza e senza aver provveduto a far
ripristinare il territorio e proteggere l’ambiente attraverso un Piano
regolatore che tarda a giungere. Nessuno ha pensato di informarci, alla faccia
di quella trasparenza e di quel dialogo che ci erano stato promessi e garantiti
da questa amministrazione durante la campagna elettorale. Promesse da marinai».
Maurizio Lozei
Villaggio, piano regolatore pronto a fare i primi passi
Entro il 26 ottobre concluse le indagini sulla presenza di residuati
bellici poi si darà il via ai lavori per il mini-mose. Interventi per sei
milioni di euro
DUINO AURISINA A distanza di diciassette mesi dalla sua presentazione
pubblica il piano regolatore da 6 milioni di euro del porto del Villaggio del
Pescatore, messo a punto dal Consorzio, inizia a muovere i primi passi. A fine
mese, precisamente dal 26 ottobre, termine entro il quale le indagini sulla
presenza di residuati bellici nelle acque del borgo dovranno essere
tassativamente concluse, l'amministrazione comunale potrà esperire gli inviti
alle ditte per l'aggiudicazione delle opere di realizzazione del mini-Mose,
intervento di difesa dall'ingressione marina molto atteso dalla popolazione
residente, spesso vittima dell'acqua alta. Inoltre, dall'ultimo sopralluogo
avvenuto, è emerso che anche i tempi per la riapertura del sito paleontologico
del dinosauro Antonio, nella zona della cava, potrebbero essere maturi. Lo ha
rivelato il presidente del Consorzio del Villaggio del Pescatore Enzo Sartorello:
«Si parte da ciò che già c'è, vale a dire dalle ricchezze storiche,
archeologiche e ambientali. Per portare avanti i progetti devono però scattare
alcune misure, in termini di servizi non troppo dimensionati, che confortino chi
poi va a investire sul territorio. L'importante è che non si esca dal seminato
di quanto esposto dall'architetto Spinelli. Intanto prenderanno avvio le prime
opere, cioè il rifacimento della banchina dall'ex stabilimento Ifapi fino alla
Baia degli Uscocchi e la creazione della barriera a contrasto dalla mareggiate».
A buon punto anche l'iter per la captazione delle acque carsiche e la
predisposizione di una rotatoria all'ingresso del Villaggio per eliminare il
transito dei bus e dei mezzi pesanti all'interno della frazione. «Di solito – ha
concluso Sartorello – il privato si lamenta sempre dei ritardi causati
dall'amministrazione ma devo dire che le giunte susseguitesi negli ultimi 15
anni si sono sempre prodigate per migliorare la vivibilità del borgo». Il piano
regolatore è stato adottato all'unanimità e sarà presto oggetto di approvazione
in Consiglio. Il sopralluogo di qualche giorno fa è avvenuto su iniziativa del
Consorzio, alla presenza del Comune e della proprietà. Nel corso dell'incontro
si sono esaminati vari aspetti, con relazioni da parte di professionisti. I
problemi legati alla tutela e alla valorizzazione dell'area vasta che comprende
il Villaggio e San Giovanni sono stati illustrati dalla direzione regionale dei
Bei culturali e paesaggistici, con l'architetto Gianfranco Martines. Oltre al
presidente e direttore generale del Consorzio, Santorello, erano presenti il
vicesindaco e assessore all'Urbanistica Massimo Veronese, l'assessore ai Lavori
pubblici Andrej Cunja e la collega alla Cultura Marja Doroteja Brecelj. Nonché
il consigliere Giorgio Ret e Mario Attilio Sartori di Borgoricco, proprietario
dell'area in cui insiste il sito paleontologico. Si è discusso di cosa è stato
fatto e su quanto ancora si deve fare, passando in rassegna peculiarità,
problematiche e progetti relativi a questo ampio territorio che comprende, tra
l'altro, la Basilica di San Giovanni, le foci del Timavo, il parco della
Cernizza e la “casa” di Antonio. Caratteristiche e pregi del territorio sono
stati illustrati dall'architetto Romano Burelli, esperto per conto del
Consorzio. I rappresentanti del Comune hanno sottolineato le difficoltà che
insorgono per la mancanza dei piani regionali di gestione delle aree protette di
interesse comunitario. Piani che sono di competenza appunto regionale. Il
progetto del Villaggio racchiude anche le opere del rifacimento della banchina
da ex Ifapi a penisola acquedotto. Parte della banchina, come sottolineato
infine anche da Sartorello, prevede infrastrutture per le attività della pesca
(uffici, wc, docce, scarichi, una cella frigorifera) e, a margine, anche una
possibile pompa di benzina. Il tutto per consentire un potenziamento del lavoro
della cinquantina di lavoratori impegnati nelle attività ittiche e nella
maricoltura.
Tiziana Carpinelli
«Trieste nel capitolo delle crisi nazionali»
La Regione delibera di attivarsi con il governo. Confindustria: urge
sbloccare il nodo del Sito inquinato
Il 18 si torna a trattare sul dopo-Ferriera. Trieste andrà a Roma con una
carta che vale una briscola. Una precondizione vitale. Volgarmente, quella per
poter chiedere allo Stato di mettere sul piatto dei soldi, o quantomeno dei
meccanismi che li sblocchino, leggasi il nodo bonifiche. La giunta regionale
infatti - su proposta dell’assessore Sandra Savino - ha deciso proprio ieri di
chiedere al ministero dello Sviluppo economico di inserire l’area della filiera
siderurgica della Ferriera tra le situazioni di “crisi industriale complessa con
impatto significativo sulla politica industriale nazionale” in base al
cosiddetto “decreto sviluppo” convertito in legge in agosto. Esso prevede,
appunto, che, in specifici territori soggetti a recessione economica e perdita
occupazionale, possano essere attivati progetti di riconversione e
riqualificazione industriale, interventi finalizzati a promuovere investimenti
produttivi, anche di carattere innovativo, con tanto di «riqualificazione delle
aree, formazione del capitale umano, riconversione di aree industriali dismesse,
recupero ambientale ed efficienza energetica dei siti oltre alla realizzazione
delle infrastrutture funzionali agli interventi». «Per il polo di Servola - così
la Savino - sia pur nella diversità dei settori, ricorrono alcune condizioni
(grande e media impresa, dipendenza dai mercati mondiali, presenza di pochi
grandi produttori a livello internazionale, significativo indotto, diretto e
indiretto, necessità di processi di riconversione) concentrate in uno spazio
geografico limitato, il che produce effetti negativi di carattere economico e
sociale di portata rilevante, la cui importanza va ben oltre la dimensione
regionale». Confindustria Trieste - in un comunicato diffuso a propria volta
ieri sera - «appoggia fortemente l’azione che l’amministrazione regionale sta
intraprendendo al fine di inserire lo stabilimento del gruppo Lucchini nel
novero delle aree produttive con crisi industriale complessa. Inoltre sono già
in agenda per la prossima settimana riunioni operative con le istituzioni locali
che prevedono il diretto coinvolgimento di Federacciai. Questi incontri
intendono approfondire l’utilizzo di ogni strumento utile al fine di strutturare
al meglio le misure per la riconversione e la riqualificazione di queste
situazioni produttive, che si andranno a definire anche in coerenza con quanto
ci si appresta a fare in sede di Comunità europea. Per poter rendere lo
stabilimento di Trieste appetibile a possibili investitori è necessario che
alcune situazioni si sblocchino. È fondamentale innanzitutto - chiude
Confindustria - che si dia seguito alle azioni previste dall’accordo di
programma per la soluzione del problema del sito inquinato». L’azione della
Regione è salutata pure dal segretario Fiom Stefano Borini: «Ma per le
organizzazioni sindacali - precisa - è fondamentale che la discussione avvenga
con la produzione aperta. Le nuove tecnologie oggi consentono di esplorare, come
già fatto in parte anche all’Alcoa, nuovi segmenti di industria meno impattante,
basata sul recupero energetico. Io poi non escluderei una sorta di Golden Share
del pubblico in vista del futuro produttivo del sito. Se il pubblico deve fare
sacrifici, non può lasciare poi tutto in mano alle imprese».
(pi.ra.)
Con le Coop alla Barcolana “Arrivano i nostri”
L’INIZIATIVA - Presentata nello stand aperto al Villaggio la linea mirata
a valorizzare la produzione locale
Un’alleanza che nasce in riva al mare, nel cuore della Barcolana. Un
progetto targato Cooperative Operaie, denominato “Arrivano i nostri”. Dove per
“nostri” si intendono i prodotti tipici del territorio, rigorosamente “a
chilometro zero”, vicini cioè al consumatore, con un accorciamento della filiera
e conseguente risparmio in termini di costi di produzione. L’iniziativa è nata
per valorizzare la tradizione alimentare locale e puntare alla messa in rete dei
produttori del territorio, ed è stata presentata ufficialmente ieri nel
Villaggio Barcolana, alla presenza dei vertici delle Coop tra i quali Angelo La
Rocca, nuovo direttore commerciale con alle spalle una decennale esperienza al
centro commerciale Le Torri d’Europa. «Le nostre strategie sono quelle di
rafforzare la rete di vendita, partendo proprio da questo progetto innovativo
cui crediamo fortemente e che lanceremo in modo particolare nel nuovo punto
GranDuino, aperto da dicembre - ha spiegato La Rocca - e dove, accanto alle
novità commerciali, abbiamo posto molta attenzione in fase di costruzione anche
alle problematiche rivolte all’ambiente oltre che a quelle del risparmio
energetico». Sono 44 i punti vendita Coop sul territorio regionale, ai quali si
aggiungerà entro fine anno GranDuino, per un totale di dipendenti che sfiorerà
quota 750, e dove il 60% della forza lavoro è femminile. Intanto sono già alcune
centinaia in pochi giorni i curricula giunti via web alla società per la ventina
di nuovi posti di lavoro collegati all’apertura di Duino. «Il nostro obiettivo è
continuare a investire e il nostro fatturato continua ad essere in crescita, in
netta controtendenza con quelli che sono gli effetti generali della crisi
economica nazionale - precisa Pier Paolo Della Valle, direttore generale Coop -.
La nostra visione però non vuole essere solo manageriale, commerciale e votata
agli utili, ma anche attenta ai valori sociali e dunque al servizio della
collettività». Si parte con la vetrina della Barcolana, in cui si mettono in
mostra i sapori tipici del territorio, offerti da una quarantina di aziende
locali, dal vino all’olio, dal pane al miele, per valorizzare il target nostrano
ma anche quello turistico. «La filosofia è quella di recuperare tutti quei
prodotti che gravitano su Trieste, dall’Istria fino al Friuli, e che si
esprimono non tanto in quantità, ma soprattutto in qualità - racconta Livio
Marchetti, presidente Coop -. In questo modo viene data l’opportunità anche a
tutti i piccoli produttori di presentarsi sul mercato all’interno del nostro
contenitore, con la possibilità di ridurre i costi e favorire le sinergie: un
modo di fare rete inteso come strategia vincente».
Pierpaolo Pitich
«Rifiuti, non è colpa dei negozianti» - LA REPLICA
Confcommercio: da Omero accuse ingiustificate e piene di livore
Centro pieno di rifiuti e di cartoni vuoti vicino ai cassonetti, colpa dei
commercianti? Confcommercio non ci sta, e replica per le rime
all’assessore comunale
Fabio Omero che ha attribuito «pesanti responsabilità all’intera
categoria che rappresentiamo - scrive Confcommercio - senza avere la benchè
minima evidenza a supporto delle sue affermazioni». Omero «tradisce il suo
livore verso le categorie» in questione, «ingiustificato per quanto ci è dato
sapere, quando dichiara che i commercianti “pretendono una città bella,
pedonalizzata e tutto gratis”, dimenticando il contributo che proprio le nostre
categorie stanno dando per accompagnare ogni percorso di miglioramento della
vivibilità e attrattività della città, e ignorando la mole di imposte e tasse
che grava sulla categoria». E ancora, «non si capisce cos’altro dovrebbero
pagare i nostri associati secondo Omero, oltre a tutte le inefficienze che già
devono sopportare». Quanto alla raccolta dei cartoni, Confcommercio ricorda che
«tempistiche, metodologie e punti di raccolta sono frutto di costanti confronti
con Comune e AcegasAps, e che tale servizio può contare sul grande senso di
responsabilità della quasi totalità degli operatori commerciali». Di più: «Dalle
verifiche coi nostri associati emerge che la raccolta AcegasAps non sempre
avvenga secondo i tempi concordati. Gli associati ci evidenziano che sono svolti
costanti controlli, lo provano alcune sanzioni per inadempienze». E i sacchi
neri? «Possono essere stati abbandonati da chiunque, e dai nostri associati-
chiude Confcommercio - giunge costante lamentela sull’insufficienza delle
strutture per la raccolta di questi rifiuti, e sul loro costante intasamento».
La giunta “libera” la laguna di Grado
Rivisto il perimetro dell’area inquinata: andrà bonificato solo il sito
della Caffaro. Nuove divise per i vigili e fondi alle pmi
TRIESTE Dopo dieci anni di commissariamento l’emergenza inquinamento della
laguna di Marano a Grado si avvia verso una soluzione. Ieri la giunta ha votato
due distinti provvedimenti dell’assessore all’Ambiente Sandra Savino e alle
Infrastrutture Riccardo Riccardi. L’esecutivo ha formalizzato in questo modo la
proposta di revisione del Sito d’Interesse Nazionale: secondo la Regione l’area
dovrà limitarsi all’area Caffaro e le zone rimanenti potranno essere restituite
all’uso. Al vaglio, ieri, anche un disegno di legge per rafforzare gli incentivi
destinati alle imprese, i finanziamenti alle società sportive e un regolamento
per le divise della Polizia locale. Ieri, intanto, la Regione ha adottato il
bilancio di esercizio consuntivo dell’Arpa che chiude con un utile di oltre 1
milione di euro. Laguna di Marano e Grado La giunta chiede di aprire una
Conferenza dei Servizi con lo Stato per ridurre il perimetro inquinato e
limitarlo all’area Caffaro; un’altra Conferenza regionale, invece, prevede la
presenza del ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture per individuare le
metodologie necessarie ad eseguire i dragaggi dei canali, differenziati in base
alla tipologia di inquinamento. Ciò consentirà di stabilire anche le modalità di
trattamento del materiale. Il resto dell’area sarà invece restituito “agli usi
legittimi”, come precisa una nota della Regione. «In coerenza con il lavoro fin
qui svolto - dichiarano Savino e Riccardi - abbiamo dato risposta a quanto
stabilito nel protocollo sottoscritto tra il ministero dell'Ambiente e la
Regione per riportare alla procedura ordinaria le azioni relative all'area nella
quale si erano applicate le competenze straordinarie dell'emergenza.
Formalizziamo un nuovo passo per poter garantire le risposte che ci sono state
chieste in occasione dell'assemblea pubblica tenutasi a Torviscosa alla presenza
del ministro Clini». Fondi alle Pmi Su proposta dell'assessore alle Attività
produttive Federica Seganti è stato approvato un disegno di legge per la
gestione degli incentivi a favore delle microimprese e delle piccole e medie
imprese del Fvg. Il provvedimento prevede che le Pmi possano proporre progetti
da attuarsi attraverso cinque possibili interventi: la promozione della cultura
imprenditoriale, anche attraverso la riorganizzazione aziendale;
l'internazionalizzazione dell'impresa, accompagnata da una pianificazione
realizzata con l'aiuto di consulenti e con un maggior utilizzo del commercio
elettronico. E, infine, il miglioramento “affidabilità aziendale” attraverso il
conseguimento delle certificazioni di qualità. Contributi a società sportive
Ammontano a quasi 200 mila euro i fondi che la giunta, attraverso l'assessore
Elio De Anna, ha deliberato a favore di 96 associazioni ed enti sportivi della
Regione. In particolare 176 mila euro serviranno realizzare manifestazioni
mentre 20 mila e 500 euro verranno destinati a convegni, corsi di aggiornamento
e formazione in ambito sportivo. 20 mila euro andranno invece direttamente a
società della provincia di Gorizia (10 beneficiari), 33 mila a quelle della
provincia di Trieste (15), 54 mila euro a quelli della provincia di Pordenone
(27) e 91.500 a quelli della provincia di Udine (44). "Con questo intervento –
afferma De Anna - diamo risposta alle piccole manifestazioni che non hanno
trovato sostegno all'interno del cosiddetto 'ripartone'. Ciò è stato reso
possibile dalle ulteriori risorse reperite nelle variazioni di bilancio che
consentono di venire incontro alle richieste di altre 100 associazioni. Polizia
locale Divise, berretti e auto: si cambia. Un nuovo regolamento, preparato
dall’assessorato che fa capo a Seganti, definisce le dotazioni della Polizia
locale. Veicoli, strumenti operativi, tessere di riconoscimento e divise saranno
contrassegnati con i simboli identificativi dell’ente di appartenenza e dallo
stemma della Regione: l’aquila. Nei Comuni di minoranza slovena sarà ammesso
l'uso dello della lingua in aggiunta all'italiano nella denominazione dell'ente
di appartenenza e del logo.
Gianpaolo Sarti
Ma Legambiente non si accontenta: «L’emergenza resta» -
PRESSING PER ACCELERARE IL PIANO DI GESTIONE
TRIESTE Concludere al più presto l’iter per l’approvazione del Piano di
Gestione del sito Natura 2000 della Laguna di Grado e Marano. La richiesta
arriva da Legambiente Fvg ed è indirizzata all’assessore regionale Claudio
Violino e ad Alessandro Colautti, presidente della IV Commissione in Consiglio
regionale che deve dare il parere per giungere alla definitiva approvazione.
«Dopo l’abrogazione del Commissario straordinario per l’emergenza nella Laguna –
afferma l’associazione ambientalista in un comunicato - tutte le competenze sono
ritornate alla Regione, che però non sembra aver ancora maturato un’idea
organica per la gestione della complessa realtà lagunare. Legambiente ritiene
che rendere operativo il Piano di Gestione sia uno degli elementi essenziali per
un governo sostenibile e condiviso della Laguna». Per Legambiente il superamento
dell’emergenza non consiste solo nella conclusione del lavoro di analisi dei
sedimenti e nella riperimetrazione formale del Sito inquinato. «Accanto alla
presentazione di progetti di bonifica da parte del Commissario della Caffaro,
anche la ripresa dei dragaggi deve essere contestuale alla scelta condivisa dei
criteri e dei siti in cui scaricare i fanghi o i sedimenti che, se compatibili,
potranno essere utilizzati all’interno del perimetro lagunare. In tal senso, ad
esempio, il Piano di Gestione risulta prevedere già criteri e linee guida per la
movimentazione dei sedimenti dragati. Dotarsi di un piano condiviso – conclude
Legambiente - significa poter operare sulla base di programmi di lunga durata,
evitando scorciatoie che si sono rivelate impraticabili, come gli annunci di
ricorso allo scarico a mare puro e semplice».
(r.u.)
Zagabria spinge sul rigassificatore
Il vicepremier croato Cacic annuncia: «Priorità
all’impianto di Veglia». E va in Qatar in cerca di risorse
FIUME Non c’è alcun disimpegno, anzi, del governo croato nei riguardi di uno
tra i principali progetti energetici nel Paese, il rigassificatore di
Castelmuschio (Omisalj), nell’isola di Veglia. Intervenendo ad una conferenza
zagabrese incentrata sugli investimenti nel campo dell’ energia, il vice
presidente del governo e ministro dell’Economia, Radimir ‹a›i„, ha citato
proprio il futuro terminal metanifero quarnerino, parlando al riguardo di un
progetto prioritario che deve essere realizzato senza indugi. Proprio per tale
motivo da Zagabria è stata diffusa la notizia che il 12 e 13 novembre prossimi
il presidente della Repubblica, Ivo Josipovic, il ministro degli Esteri e degli
Affari europei, Vesna Pusic e ‹a›i„ saranno in visita ufficiale a Doha, capitale
del Qatar. Non è una novità, infatti, che le autorità del piccolo emirato siano
interessate alla costruzione del mega impianto sull’isola altoadriatica. Un
progetto di importanza rilevante che comporterebbe investimenti per almeno 600
milioni di euro. In un Paese dove gli imprenditori stranieri latitano,
l’argomento dei 600 milioni di euro fa, eccome, gola e dunque non deve stupire
che la rappresentanza croata a Doha sarà praticamente al massimo livello.
«Andremo nel Qatar per intavolare una trattativa seria – ha dichiarato ‹a›i„ –
noi non abbiamo mai rinunciato al terminal Lng a Veglia, ben sapendo che la
struttura garantirà energia, ricavi e l’apertura di posti di lavoro». Anni fa,
quando la scelta del sito cadde su Castelmuschio, le autorità isolane e
regionali si opposero al piano, come pure l’opinione pubblica. Poi, nel corso
degli anni, l’avvento della crisi e valutazioni più serene hanno contribuito a
modificare l’opinione sul rigassificatore, che ora a Fiume, Veglia e dintorni
non viene più definito un mostro. Rimane la conditio sine qua non: la massima
allerta sulle misure di salvaguardia ambientale che un simile impianto dovrebbe
garantire. Il ministro dell’Economia ‹a›i„ non si è soffermato solo sul terminal
Lng, rilevando che a dare un impulso alla ripresa economica nazionale saranno,
tra gli altri, la termocentrale a carbone Fianona 3, la cui costruzione costerà
circa un miliardo di euro, e la termocentrale di Urinj, negli immediati dintorni
di Fiume. Nei confronti di quest’ultima è stato palesato l’interesse della
società petrolifera croato–ungherese Ina, che dovrebbe portare a termine la
riconversione energetica a Urinj. Una volta finiti i lavori di riconversione dal
masut si passerebbe al metano, per una spesa che dovrebbe ammontare a 450
milioni di euro. Non è finita qui. Tra i progetti nominati ieri dal ministro
dell’Economia croato rientrano anche l’idrocentrale Ombla, nei pressi di Ragusa
(Dubrovnik), un investimento da 140 milioni di euro.
Andrea Marsanich
AMBIENTE - Accolti i ricorsi del Wwf sul Tagliamento
Una «pietra tombale» sulle casse di espansione che minacciavano il Tagliamento: l’ha messa il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche che ha accolto i ricorsi presentati da Wwf, associazione Acqua e Comuni rivieraschi, uniti in un unico procedimento, contro la delibera della Giunta Fvg dell’1 giugno 2007.
IDV - Caccia in deroga L’Ue apre un fascicolo
L’Unione europea aprirà un fascicolo sulla caccia in
deroga in Fvg. L’ha comunicato il commissario Ue all'Ambiente rispondendo
all'interrogazione di Andrea Zanoni (IdV). «L'Ue farà chiarezza sulle modalità
di gestione sulla caccia in deroga in Friuli. Se riscontrerà irregolarità,
scatterà l'infrazione».
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 11 ottobre 2012
TAGLIAMENTO - ACCOLTI I RICORSI CONTRO LE CASSE
WWF: “ORA SI METTA MANO AL PIANO STRALCIO E PARTANO GLI INTERVENTI SUL
BASSO CORSO DEL FIUME”. Canta vittoria l’associazione, promotore di uno dei
ricorsi: la sentenza del Tribunale Superiore delle acque pubbliche annulla la
delibera regionale del 2007 con cui si dava il via al progetto.
Una pietra tombale sulle casse di espansione che minacciavano il
Tagliamento: l’ha messa il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche che, con
sentenza depositata il 9 ottobre, ha accolto i ricorsi presentati da WWF,
associazione Acqua e Comuni rivieraschi, uniti in un unico procedimento, contro
la delibera della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia n. 1306 dell’1
giugno 2007 di approvazione del progetto preliminare relativo alla realizzazione
delle opere per la laminazione delle piene nel medio corso del fiume
Tagliamento.
L’effetto della sentenza è l’annullamento della delibera in questione. Lo
spettro delle famigerate casse di espansione sembra dunque allontanarsi per
sempre dal destino del Re dei fiumi alpini.
La notizia arriva in concomitanza con il lancio da parte del WWF Italia della
terza edizione di Biodiversamente, il Festival dell’ecoscienza che si terrà il
27 e 28 ottobre, quest’anno dedicato all’acqua e alla più grande riserva idrica
d’Europa, le Alpi, che vede proprio il Tagliamento, ultimo fiume selvaggio
d’Europa, tra i protagonisti, come illustrato nel dossier WWF “Alpi tetto
d’Europa al sicuro” http://alpi.wwf.it/images/dossier/DOSSIER_ALPI_ottobre2012.pdf
pubblicato oggi.
Diverse e articolate erano state le violazioni di legge denunciate dal WWF nel
ricorso, tra cui l’eccesso di potere della delibera della Giunta regionale per
aver completamente travisato i reali esiti della Commissione Regionale Lavori
Pubblici che aveva esaminato il progetto. Durante l’ultima riunione dell’organo
consultivo regionale del 9 febbraio 2006 era stato infatti espresso un parere
sfavorevole al progetto preliminare da parte della maggioranza dei membri della
Commissione, tra cui i cinque sindaci dei Comuni interessati – Ragogna, Pinzano,
Spilimbergo, San Daniele, Dignano –, e il rappresentante della Soprintendenza
per i beni architettonici e per il paesaggio.
In attesa di conoscere nel dettaglio le motivazioni del Tribunale superiore
delle acque pubbliche (copia della sentenza sarà disponibile a giorni), intanto
canta vittoria il WWF, che finalmente vede mettere la parola fine su un progetto
devastante che l’esito del laboratorio Tagliamento, pur avendo previsto
soluzioni alternative alle casse per la messa in sicurezza del fiume, non aveva
definitivamente scongiurato.
Fino ad oggi, infatti, tutti gli atti che prevedevano la realizzazione delle
opere di laminazione erano ancora validi: per questo il WWF nei mesi scorsi
aveva chiesto ufficialmente alla giunta regionale la revoca della delibera del
2007 con cui è stato approvato il progetto preliminare delle casse di espansione
e l’annullamento dell’accordo del 2006 con cui la Regione aveva conferito al
Magistrato delle Acque di Venezia il mandato per la realizzazione delle opere.
Richieste che a cui l’assessore Ciriani non ha mai risposto, preferendo
evidentemente attendere l’esito della sentenza che, nel caso di un mancato
accoglimento del ricorso, avrebbe potuto riaprire la strada alle casse di
espansione.
“Con questa sentenza – chiosa il WWF – il Tribunale ha fatto quello che la
classe politica non ha avuto il coraggio di fare. A questo punto la giunta
regionale prenda atto di un tanto: si attivi insieme agli enti preposti affinché
venga messa mano al Piano stralcio che ancora prevede la realizzazione delle
casse sul medio corso del Tagliamento.
Ma sopratutto provveda urgentemente agli interventi sulla parte bassa del fiume,
come già aveva previsto il Laboratorio Tagliamento: messa in sicurezza degli
argini con la diaframmatura e interventi sul canale Cavrato, considerati da
tecnici ed esperti di profilo internazionale risolutivi per la messa in
sicurezza del fiume”.
WWF Friuli Venezia Giulia
CADOINPIEDI.it - GIOVEDI', 11 ottobre 2012
Lo zucchero? Fa male come fumo e alcool
E' calorico, fa aumentare la pressione, cambia il metabolismo, provoca
problemi al fegato e fa' gli stessi danni del fumo e dell'alcool: non stiamo
parlando dell'ultimo menu lanciato nei fast food, ma - più semplicemente - dello
zucchero!
A rivelare la nocività di questo ingrediente è un gruppo di esperti
dell'università di San Francisco, che in un articolo pubblicato dalla rivista
Nature dal titolo "Sanità pubblica: la verità sulla tossicità dello zucchero" ha
messo in evidenza come i danni provocati da questo alimento siano molto simili a
quelli dati dall'alcolismo.
"Lo zucchero è molto lontano dall'essere soltanto un fornitore di calorie -
hanno spiegato Robert Lustig, Laura Schmidt e Claire Brindis - al livello
consumato in occidente cambia il metabolismo, alza la pressione, altera i
segnali ormonali e causa danni significativi al fegato. I pericoli per la salute
sono largamente simili a quelli che si hanno bevendo troppo alcol, che non a
caso deriva dalla distillazione dello zucchero".
E c'è di più: secondo gli scienziati che hanno condotto lo studio questo
ingrediente - così usato e diffuso in tutto il mondo - è uno dei principali
responsabili dei 35 milioni di morti l'anno per malattie come il diabete o
problemi cardiocircolatori. Naturalmente, come spesso accade, anche in questo
caso a fare la differenza sono soprattutto le quantità; un caso su tutti: negli
Stati Uniti l'apporto quotidiano di calorie date esclusivamente dallo zucchero è
spesso pari o superiore alle 500 unità. Ciò vuol dire che più di un terzo delle
calorie ingerite ogni giorno dagli americani deriva solo da questo ingrediente.
Il problema dunque è che nel mondo, e specie in alcuni Paesi ricchi come gli
Usa, se ne assume troppo, tanto che negli ultimi 50 anni il consumo medio pro
capite è addirittura triplicato. E questo può portare nel tempo a malattie anche
gravi, che tendono ad "uccidere lentamente".
"Non stiamo parlando di proibire lo zucchero - hanno concluso gli esperti - ma
questa deve diventare una preoccupazione dei governi. Si dovrebbe rendere il
consumo di zucchero meno conveniente, e allo stesso tempo far capire il
messaggio alla popolazione".
Oltre allo zucchero poi, ci sono una serie di altre "varianti" e derivati, come
il fruttosio o l'aspartame, presenti comunemente in tanti cibi, che non sono
meno pericolosi del classico zucchero. Come confermando gli studiosi, "una
crescente mole di prove scientifiche mostra che il fruttosio può innescare
processi tossici per il fegato e favorire molte altre malattie croniche".
E allora come prevenire le pericolose malattie derivanti da un consumo eccessivo
di questo ingrediente? Sicuramente limitandone il consumo - imparando a mangiare
e bere cibi e bevande meno zuccherate - e cercando di optare comunque per i
dolcificanti naturali, come la stevia, finalmente legale anche in Europa, o il
miele, che a parità di quantità hanno un potere dolcificante superiore a quello
dello zucchero!
Verdiana Amorosi
(fonte originale:
Greenme.it)
IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 ottobre 2012
Fusione fra Acegas-Aps e Hera operazione solo
finanziaria - L’INTERVENTO DI LUCIA SIROCCO e DARIO PREDONZAN (Circolo
Verdazzurro Legambiente Trieste)
Si riesce a leggere soltanto una logica orientata ad obiettivi finanziari,
nella fusione tra Hera e Acegas-Aps (o per meglio dire nell’incorporazione della
piccola Acegas-Aps da parte del “gigante” emiliano-romagnolo Hera). Nessun
obiettivo chiaro è stato infatti neppure accennato, per quanto concerne le
strategie ambientali del nuovo gruppo. Si è trattato quindi di una mera
operazione finanziaria utile a “diluire” nel calderone della nuova società i
debiti accumulati negli ultimi anni da Acegas–Aps. E ad evitare di chiedere
conto al management della società sulle ragioni per le quali l’enorme debito era
stato prodotto. Nel 2005, infatti, con un fatturato pari a circa 596 milioni di
euro, l’indebitamento di Acegas-Aps ammontava a 228 milioni, ma nel 2011 mentre
il fatturato diminuiva a 585 milioni, i debiti avevano raggiunto i 447 milioni.
Un quadro economico così disastroso richiederebbe, da solo, le dimissioni del
consiglio di amministrazione, e soprattutto quelle del presidente e
dell’amministratore delegato, prima che il processo di fusione si concretizzi.
Sembra inoltre che anche ragioni di opportunità politica – la dirigenza di
Acegas-Aps è accuratamente “lottizzata” tra i partiti che governavano o
governano a Trieste e a Padova – abbiano sovrinteso alla decisione di fondersi
(cioè farsi assorbire) con Hera. La prova di ciò si trova nella pressoché
assoluta mancanza di trasparenza su tutta l’operazione e nel fatto che ai
consigli comunali è stato di fatto impedito di approfondirne i risvolti e le
conseguenze. Così come impossibile è stato per i normali cittadini, comprendere
ciò che si stava preparando. Ancora maggiore l’opacità sugli aspetti ambientali,
decisivi per una società che gestisce il servizio idrico (distribuzione e
depurazione delle acque) e quello dei rifiuti. Sull’acqua, nulla è stato detto
dai sostenitori della fusione, rispetto a quanto si farà – se si farà... - in
termini di investimenti, per ridurre le enormi perdite della rete idrica (oltre
il 40% dell’acqua distribuita da Acegas-Aps si disperde per lo stato disastroso
della rete e prova tangibile sono le recenti emergenze per rottura di tubazioni
in via dell’Istria e a Chiadino), né si sono avuti chiarimenti circa la volontà
di restituire ai cittadini-utenti il margine di “profitto”, indebitamente
riconosciuto ai gestori del servizio idrico dalle leggi abrogate con il
referendum del giugno 2011. Margine che continua ad essere prelevato dalle
tasche dei cittadini – illegalmente – con le bollette. Nulla anche per quanto
concerne il servizio rifiuti. Trieste già “vanta” un gravissimo ritardo rispetto
all’obiettivo (minimo) del 65% di raccolta differenziata al 2012, fissato dalla
direttiva europea in materia – nel 2012 si arriverà, forse, intorno al 30%... -
ma Hera non può certo rappresentare un modello. Nel 2011 nell’insieme dei Comuni
serviti da questa società, è stato infatti superato di poco il 50% di raccolta
differenziata (ma Bologna non arriva al 40%), mentre il 23% dei rifiuti continua
a finire in discarica senza alcun trattamento! Una situazione di grave ritardo,
quindi, legata anche al fatto che Hera gestisce 6 inceneritori (a Bologna,
Ferrara, Modena, Ravenna, Rimini e Forlì), ai quali si aggiungeranno ora anche
quelli di Trieste e di Padova. È abbastanza noto che proprio la disponibilità di
inceneritori costituisce il principale ostacolo al decollo della raccolta
differenziata: non è quindi azzardato prevedere che dopo la fusione la
situazione non migliorerà. Ciò del resto si iscrive in una “tradizione” assai
poco commendevole vale a dire la sostanziale subordinazione delle scelte del
Comune di Trieste agli interessi di Acegas-APS, quando per logica dovrebbe
essere semmai il contrario (essendo detenuta la maggioranza del pacchetto
azionario dai Comuni). Lo si è visto in innumerevoli occasioni: da alcune
incredibili esternazioni dell’assessore Omero sulla raccolta differenziata, alla
vicenda dell’importazione di rifiuti da altre Regioni (Campania, ma anche
Slovenia e Austria), per essere bruciate nell’inceneritore triestino. Argomento
quest’ultimo sul quale Legambiente ha chiesto mesi fa chiarimenti e dati al
Comune: promessi, ma mai arrivati.
L’IVA SUI RIFIUTI RESISTE ANCHE ALLE SENTENZE - RUBRICA
CONSUMATORI di LUISA NEMEZ
Quando le ragioni di cassa prevalgono non c’è Corte Costituzionale o Corte
dei Conti che possano far... ragionare. La Suprema Corte ha infatti bocciato in
via definitiva l’applicazione dell’Iva sulla imposta rifiuti. Si tratta, secondo
i magistrati, di una imposizione dichiarata “forzatura logica del tutto
inaccettabile”, eppure le centinaia e centinaia di interventi di difensori
civici, di Giudici di Pace, di associazioni dei consumatori che si appellano
proprio alla sentenza della Corte Costituzionale a nulla sono valse a fronte
dell’ostinazione di un moloch affamato di denaro che non accetta di restituire
ciò che ha arbitrariamente incamerato. Sono saltati tutti i principi di legalità
e il cittadino si trova ad avere come controparte proprio quello Stato che
legifera richiamandosi a doveri scritti nella Costituzione. E intanto la tassa
sui rifiuti continua ad aumentare ma aumenta anche il carico di lavoro per il
cittadino che deve concorrere allo smaltimento corretto dei rifiuti che vanno a
incrementare le entrate dei gestori. Oltretutto per la Tarsu c’è un vuoto
legislativo che dovrebbe venire colmato dal 1.o gennaio del prossimo anno, ma
già si parla che la norma rimarrà sui generis e ciò non suona bene per il
cittadino che si troverà sicuramente a subire nuove regole certamente non a lui
favorevoli. Ma per tornare a ciò che sta maggiormente a cuore al contribuente,
particolarmente in questo periodo di crisi economica della quale non si riesce
ancora a vedere l’uscita, questo è il problema dell’Iva indebitamente pagata e
non restituita malgrado le sentenze favorevoli alla restituzione. Bisogna
trovare il modo di ovviare a questa che possiamo liberamente chiamare “lesione
costituzionale”. Si deve trovare il modo di restituire il maltolto e non
trincerarsi dietro minacce del tipo “restituiamo l’Iva e la faremo rientrare in
altro modo”, una specie di giro-conto che non può essere accettabile. Come
credete che andrà a finire?
Sertubi, operai e sindacati occupano la direzione
La protesta perché l’azienda non ha designato il responsabile per la
trattativa Allo scoperto ex manager: «C’è la possibilità di far sopravvivere lo
stabilimento»
Occupazione simbolica ieri della Sertubi. Alcuni lavoratori con in testa i
rappresentanti di fabbrica e i segretari provinciali dei metalmeccanici: Stefano
Borini (Fiom-Cgil), Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Franco Palman (Uilm) hanno
preso possesso degli uffici della direzione, dello studio dell’amministratore
delegato e della sala riunioni. Hanno steso alla finestra gli striscioni della
Rsu urlando al megafono i motivi della loro protesta. Dopo alcune ore
l’occupazione è stata tolta, ma è stato creato un blocco ai cancelli impedendo
l’entrata ai mezzi dei fornitori e l’uscita ai prodotti finiti. «Stanchi e stufi
di aspettare. Fateci lavorare. Vogliamo dignità», diceva un cartello al collo di
un lavoratore. E un altro recitava: «Cosolini come Anselmi. Trieste come
Piombino». Forse l’intento era di indurre il sindaco di Trieste a fare come
quello della città toscana, dove ha sede il più grande stabilimento della
Lucchini, che si è barricato sul tetto di un capannone dell’acciaieria per
chiedere l’intervento del governo. Il sindaco Roberto Cosolini, assieme
all’assessore Fabio Omero, si è recato poi in visita ai lavoratori che
protestavano e a propria volta ha lanciato un ultimatum di 24 ore a Jindal Saw
Italia per la nomina da parte dell’azienda del mediatore esterno che dovrà
condurre la trattativa con i rappresentanti dei lavoratori dopo l’abbandono
della stessa da parte dell’amministratore delegato Leonardo Montesi. Oggi alle
15.30 i sindacalisti saranno in municipio per verificare se la nomina sarà
finalmente avvenuta. Proprio l’assenza anche di una data per la prosecuzione del
confronto è stato il motivo, rimarcato nell’animata assemblea di ieri mattina,
che ha poi fatto scattare prima l’occupazione degli uffici e poi il presidio ai
cancelli. E riguardo Sertubi ieri è uscito allo scoperto con una nota Maurizio
Bottazzi, fino al 2006 “Manager della manutenzione impianti e dei nuovi
investimenti” dell’azienda che ha rivelato come sia quasi a portata di mano una
soluzione alternativa sia all’uso della ghisa prodotta in Ferriera (che
permetterebbe a Sertubi di sopravvivere dopo la chiusura di Servola), che
all’utilizzo estremamente costoso del forno elettrico. «Sono stato interpellato
dai miei ex colleghi che sono a conoscenza delle mie attuali esperienze e dei
mie incarichi ricoperti in Sertubi - ha affermato - Mi è stato chiesto un parere
tecnico su un’eventuale soluzione alternativa alla fornitura di ghisa liquida da
Servola. Vista l’importanza del prodotto strategico mi sono stupito della
mancanza di un esame attento nella ricerca di un’alternativa alla soluzione dei
forni elettrici di fusione che hanno costi di gestione elevati e che non
soddisfano la necessità dei volumi produttivi di stabilimento. Oggi sul mercato
- afferma Bottazzi - esistono delle alternative tecniche valide sia dal punto di
vista produttivo che dal punto di vista ambientale. È chiaro che necessitano di
opportune verifiche sia dal punto di vista degli investimenti che dal punto di
vista della gestione. Pertanto non capisco perché non si possa in tempi
ragionevolmente contenuti effettuare uno studio di fattibilità di quanto sopra e
quindi verificare la competitività di tutta la filiera impiantistica di Sertubi.
Perché da quanto è di mia conoscenza e da quanto mi è stato riferito dai
sindacati stessi, c’è stato un forte calo dell’indice di utilizzazione impianti,
dell’indice di produttività e un sensibile aumento del prodotto scarto».
Oltretutto Sertubi è l’unica fabbrica italiana di tubi in ghisa per acquedotti e
gli acquedotti italiani sono un “colabrodo”.
Silvio Maranzana
Presto ripristinato l’altoforno della Ferriera
E un’altra infuocata assemblea si è svolta ieri anche alla Ferriera di
Servola e ha provocato una sospensione del lavoro di tre ore. I sindacalisti
sono stati anche a colloquio con il direttore Giuseppe Bonacina dal quale hanno
avuto l’assicurazione che si sta ripristinando l’altoforno dopo l’incendio di
lunedì e un ulteriore guasto che si era verificato il giorno seguente per cui a
giorni l’attività riprenderà a pieno ritmo. La prossima settimana intanto
dovrebbe venire a Trieste l’amministratore delegato della Lucchini Giuseppe
Chindemi per dare notizie sul futuro del Gruppo.
Belci (Cgil): «Senza industria la città muore»
Per il segretario regionale assurdo puntare su terziario e servizi. «A
Servola siderurgia e logistica»
«La Confindustria che per la riconversione dovrebbe svolgere il ruolo
fondamentale è pressoché inesistente, la Regione si sta muovendo un po’ ma non
ha nemmeno redatto il Piano energetico regionale per agevolare eventuali
investitori: la crisi della siderurgia triestina rischia di conseguenza di
trasformarsi in una bomba sociale». Franco Belci è dal 2008 il segretario
generale della Cgil Friuli Venezia Giulia, ma nei cinque anni precedenti è stato
al vertice della segreteria provinciale ed è nel sindacato dal 1981: un
osservatore e un protagonista ormai storico dell’economia locale. Il suo oggi è
quasi un appello a preservare il futuro industriale di Trieste. «Bisogna
produrre ricchezza, tornare a crescere nel manifatturiero - afferma Belci -
puntare su servizi, uffici e terziario è sbagliato, addirittura assurdo in epoca
di spending review». Belci ricorda il primo accordo per la dismissione della
Ferriera fatto addirittura nel 2003, i gruppi di lavoro con gli ex assessori
Cosolini e Moretton per trovare nuovi imprenditori, ricerca frenata dal sito
inquinato. «Si decise allora di puntare tutto sul ridimensionamento dell’impatto
ambientale - ricorda - e quando si manifestò l’interessamento di Arvedi per
proseguire con la siderurgia ci fu un ostracismo quasi generale. Condannata alla
chiusura è quasi logico che Lucchini non investa forte sulla riduzione delle
emissioni anche perché è controllata dalle banche alle quali preme soprattutto
recuperare il credito». Cosa fare dunque nell’area di Servola? «Mantenerne l’uso
industriale perché dati i livelli attuali di inquinamento non sarebbe nemmeno
pensabile di creare ad esempio scuole o strutture sociali. Anche il mantenimento
di un presidio siderurgico pulito, o perlomeno il più pulito possibile, sarebbe
per Trieste importante. Ma sarebbe presuntuoso e probabilmente irrealizzabile
pensare di trovare una soluzione complessiva per un’area così vasta, va bene
dunque un’ipotesi di soluzioni integrate con insediamenti industriali e una
piattaforma logistica». Serve da subito un’azione più pressante e incisiva però
secondo Belci sia del Comune, che della Regione, che del Governo. «La città deve
aggrapparsi con tutta la propria forza a questo suo polo industriale di cui non
può fare a meno, la Regione deve far inserire la siderurgia tra i casi di crisi
industriale complessa, il Governo deve recepire la richiesta anche se i punti di
crisi, da Taranto a Piombino, sono molteplici. «Purtroppo Trieste - è ancora
l’opinione del segretario regionale della Cgil - non ha molte chances o molte
alternative anche perché ci sono ancora forze oscure e interne interessate a
frenare lo sviluppo. Accade abbastanza costantemente in porto e in modo ancora
più clamoroso in Porto vecchio: ogni volta che partono nuove operazioni, c’è chi
lavora, al contrario, per tenere le bocce ferme. L’Assindustria non ha progetti,
non sta svolgendo alcun ruolo propositore, sull’opportunità rigassificatore sono
molto scettico anche perché Gas Natural non si sta proponendo in modo credibile,
sul futuro industriale non ci resta che sperare nelle capacità relazionali del
sindaco».
(s.m.)
A BRUXELLES HA INCONTRATO IL GOVERNATORE TONDO
Il commissario Tajani: «Verrò a Trieste per valutare la riconversione»
«Accelerare i tempi di operatività dell'annunciato Piano di azione europea
per l'acciaio, non escludendo il settore dalla possibilità di erogare Aiuti di
Stato a finalità regionale, e accompagnare nello stesso tempo le misure di
rilancio con provvedimenti straordinari per mitigare gli effetti sociali della
crisi siderurgica». È quanto ha sollecitato ieri a Bruxelles il presidente della
Regione, Renzo Tondo, in un incontro con il commissario europeo all'Industria,
Antonio Tajani, che ha avuto al centro la questione della Ferriera di Servola
nel quadro delle difficoltà del comparto in Italia (Lucchini, Ilva di Taranto).
Alla riunione era presenta anche il parlamentare europeo Antonio Cancian. Il
commissario Tajani ha confermato il suo impegno per la siderurgia, mettendo a
disposizione tutti gli strumenti finanziari previsti dalla programmazione
comunitaria, e ha dato la massima disponibilità anche a partecipare a eventuali
tavoli di confronto a Trieste sul caso specifico della Ferriera. Il commissario
ha voluto precisare che la premessa di qualunque azione di salvataggio o
riconversione è la presenza di un imprenditore disponibile a continuare, in
qualche forma, l'attività a Trieste e che i contributi non potranno prescindere
da una riconversione produttiva che salvaguardi gli aspetti ambientali. «Ho
preso atto con soddisfazione - ha detto Tondo - dell'impegno del commissario
Tajani per il settore della siderurgia e per il caso della Ferriera di Trieste
in particolare nel presupposto, indicato dall'Unione europea, di una presenza
imprenditoriale». Il presidente ha anche sottolineato il rilevante impatto
sociale della crisi per la città e la regione: sono mille gli occupati tra
Ferriera e filiera diretta (Lucchini e altre attività), più l'indotto.
Coop lancia i prodotti “a chilometro zero”
Il progetto presentato oggi nello stand al Villaggio Barcolana. La Rocca
nuovo direttore commerciale
Un nuovo nome nel management e un nuovo progetto che ha l’ambizione di
creare un’alleanza per dare valore ai prodotti del territorio. Il tutto a
marchio Coop - Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli. Il nuovo nome in
questione è Angelo La Rocca, che dopo avere diretto il centro commerciale Le
Torri d’Europa dal primo ottobre è entrato in Coop come direttore commerciale
della società: «Dopo l'acquisizione nei mesi scorsi del direttore generale Pier
Paolo della Valle – commenta il presidente Livio Marchetti – le Cooperative
Operaie si sono dotate di una nuova figura chiave». Ed è proprio La Rocca ad
avviare il progetto chiamato “Arrivano i Nostri”, che verrà presentato per la
prima volta oggi alle 10.30, quando nel villaggio Barcolana verrà inaugurato lo
stand delle Cooperative Operaie, tutto pensato per promuovere i prodotti locali
dando così loro valore. Le Coop hanno avviato una campagna di comunicazione che
lega il proprio storico marchio ai prodotti “chilometro zero”, facendo sinergia
con i produttori. «Questo progetto – spiega Marchetti – parte dalla Barcolana
per poi entrare nei nostri punti vendita, in particolare nel superstore
GranDuino che apriremo a dicembre. Si tratta di un modo nuovo per mettere in
rete i prodotti a chilometro zero, valorizzarli sia verso il target locale che
quello turistico, per il quale, in particolare, stiamo pensando a nuove
strategie, visto l'aumento del turismo in particolare a Trieste, e visto il
nostro nuovo investimento a Duino». “Arrivano i Nostri” è un marchio che indica
la provenienza dei prodotti, la qualità “chilometro zero”, la tradizione
alimentare locale, e ambisce, nel medio periodo, a favorire la messa in rete dei
produttori del territorio: «Nell'attuale situazione economica – commentato
ancora Marchetti – fare rete risulta essere una strategia vincente, e le
Cooperative Operaie intendono esprimere con questo progetto anche il proprio
ruolo economico-sociale proponendo una iniziativa che favorisca le sinergie
mettendo in rilievo i prodotti locali, raccontando la storia del Friuli Venezia
Giulia e dell'Istria dal punto di vista enogastronomico». In Barcolana le
Cooperative Operaie saranno presenti da oggi, come si diceva, con un grande
stand tutto dedicato al nuovo marchio “Arrivano i Nostri”: un punto vendita in
tensostruttura che proporrà i prodotti del territorio proposti come “gadget
enogastronomico”, dedicato in particolare ai turisti e ai velisti per la
“merenda in barca”. Intanto, quanto al nuovo punto vendita che verrà inaugurato
a Duino prima di fine anno, Coop fa sapere che da lunedì a ieri sono oltre 400 i
curricula arrivati attraverso il sito web www.coopts.it per i 20 nuovi posti di
lavoro collegati all'apertura di GranDuino.
La Corte dei conti blocca l’iter delle bonifiche
Bruni (Ezit): solo dopo l’ok dei giudici contabili la Regione potrà
deliberare l’impegno di spesa. Disponibili anche fondi Ue, ma vanno utilizzati
entro il 2014
Bonifiche, si doveva far presto a risolvere l’antica e devastante questione,
e invece tutto è ancora fermo, dopo l’accordo di programma-lampo firmato lo
scorso maggio tra tutti gli enti e il ministro dell’Ambiente Clini. È stato
tolto il recinto del Sito inquinato nazionale a 10 mila metri quadrati in
territorio di Muggia, ma la procedura per avviare le analisi dei restanti
terreni del Sito inquinato nazionale è ferma, perché la Regione ha inviato
all’esame della Corte dei conti il testo dell’accordo di programma, e il
verdetto ancora non c’è. «Questa procedura ci sta rallentando - commenta Dario
Bruni, presidente dell’Ezit che ha in mano il procedimento -, se non arriva il
benestare della Corte dei conti la Regione non può deliberare l’impegno di
spesa, e di conseguenza noi non possiamo avviare la gara per individuare la
ditta che dovrà fare le caratterizzazioni dei terreni». In mezzo serve anche una
delibera della Giunta regionale, che formalizzi l’incarico a Ezit. Intanto è
stata attivata una pre-informazione alle ditte interessate a realizzare le
“analisi di rischio” sui terreni già verificati, indagine che serve a stabilire
se l’eventuale livello di inquinamento comporti appunto rischio per la salute
umana oppure no, relativamente a un uso industriale delle aree. Ma è
un’avvertenza per ora senza frutti concreti, che solo in futuro potrà
eventualmente accelerare i bandi. «Queste sono analisi che, essendo passati
molti anni ed essendo nel frattempo cambiata la legge - dice Bruni - dobbiamo in
pratica fare per la seconda volta, e si tratta di ben 59 mila metri quadrati: è
il terreno che abbiamo riacquistato dal Comune, là dove in precedenza era stato
previsto il nuovo mercato ortofrutticolo. Quest’area - prosegue il presidente
dell’Ezit - confina poi con altri 40 mila metri quadrati sempre dell’Ezit, il
che significa che se potessimo “liberare” questi terreni avremmo ben 100 mila
metri quadrati di zona industriale da mettere sul mercato». Ma è molto probabile
che l’anno si concluda senza che nessun “analista” metta piede su quei terreni
sequestrati da oltre dieci anni. Nel frattempo, mentre la Regione ha ottenuto 10
milioni dallo Stato da destinare alle bonifiche, facendo base su una legge
relativa alle attività estrattive, si è aperto un altro fronte di finanziamento.
La Regione stessa ha attivato, con un certo buon ritardo, un bando dei fondi
europei Por-Fesr 2007-2013 relativi a finanziamenti per bonifiche del valore
complessivo di 5,6 milioni, la cui scadenza è il 17 ottobre. «Noi - annuncia
ancora Bruni - abbiamo partecipato al bando per 1,6 milioni». Ma, come tutti,
anche questi fondi hanno un orologio molto preciso. Per non perdere i soldi
europei del bando-bonifiche bisogna spenderli entro il 2014 (entro 18 mesi dalla
pubblicazione sul Bur dell’esito del bando i lavori devono essere completati), e
comunque non oltre il giugno 2015, termine ultimo e massimo. Sembrano spazi
larghi, ma non è certo che lo siano, visto il ritmo delle istruttorie, delle
gare, e tutto il resto. La partita è di nuovo, e ancora, aperta, mentre restano
da “caratterizzare” a cura dell’Autorità portuale sia aree a mare a fronte del
porto e sia (questione ben più gravosa e significativa in questo momento) le
aree prospicienti le banchine della Ferriera di Servola, per le quali l’accordo
di programma firmato col ministro prevedeva la creazione di un gruppo tecnico
specifico incaricato di occuparsene.
Gabriella Ziani
Energia dal mare: progetto bello ma senza fondi
MUGGIA Il progetto italosloveno per riscaldare la Biblioteca comunale
tramite la produzione di energia marina non si farà. Almeno per ora. Il responso
della graduatoria per poter ottenere fondi europei è stato infatti negativo:
Muggia assieme al partner Pirano si sono piazzati al settimo posto, mentre i
contributi sono stati erogati soltanto ai primi cinque progetti premiati.
Ottimista però il sindaco Nerio Nesladek: «Il progetto ha riscosso un
significativo successo, intendiamo ripresentarlo appena possibile». Seaenery. È
questo il nome del progetto finanziato dall'Unione europea al quale
l'amministrazione comunale muggesana ha preso parte avanzando una richiesta di
contributo pari a circa 250mila euro in stretta sinergia con Pirano, Comune
capofila dell'iniziativa. Il progetto riguarda lo studio di fattibilità di una
centrale geotermica, e in particolare la possibilità di studiare questa fonte di
energia alternativa a livello sottomarino con una portata tale da poter
garantire il riscaldamento e il rinfrescamento di un edificio pilota,
individuato nella sede comunale del Centro Olimpia di piazza della Repubblica,
sede della Biblioteca comunale e del Servizio Pianificazione. Il progetto
Interreg ha visto la compresenza di diversi partner illustri: Cortea, Golea (Local
Energy Agency), Università degli Studi di Trieste, Università di Capodistria,
Centro di Biologia marina di Pirano. Vista la posizione vicino alla costa e per
la volumetria riscaldata, il Centro è apparso da subito come sede ideale per il
progetto pilota. Seaenergy prevedeva, oltre agli investimenti per lo studio
degli impatti determinati da un utilizzo su larga scala della tecnologia
prevista, anche il monitoraggio delle prestazioni dell'impianto pilota e la
possibilità di replica su altri edifici pubblici. L'intero progetto aveva come
scopo lo studio della "capacità energetica" del mare nell'area dell'alto
Adriatico, per vedere se la tecnologia delle pompe di calore "a mare" può essere
applicata e con quali eventuali limitazioni. Il progetto, almeno ora, è stato
cassato ed è tornato nel cassetto. Ma tenendo conto del grande interesse da
parte del municipio rivierasco per le energie rinnovabili a basso consumo
fotovoltaico e led il sindaco spiega che «stiamo ponendo particolare attenzione
anche ad altre energie alternative che potrebbero avere un utile sviluppo. In
questa direzione si inserisce anche Sea Energy, un progetto europeo Interreg con
Pirano in qualità di capofila, che abbiamo presentato per avere la possibilità
di studiare la fattibilità di una centrale geotermica. Il progetto ha riscosso
un significativo successo tanto da classificarsi al settimo posto. Purtroppo,
però, a causa dell’onerosità di alcuni di questi progetti, sono riusciti a
ricevere il contributo solo i primi cinque. Forti, però, della sua riconosciuta
valenza intendiamo ripresentarlo appena possibile».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 ottobre 2012
Crisi acciaio, nuovi fronti a Piombino e a Terni
Il sindaco della città toscana sul tetto di un capannone della Lucchini
per protesta In Umbria la società titolare degli impianti costretta a vendere
dall’Antitrust Ue
MILANO La crisi dell'acciaio di allarga a macchia d'olio. Ieri il sindaco di
Piombino Gianni Anselmi si è barricato sul tetto di un capannone della Lucchini,
la principale fabbrica dell'acciaio della città toscana, insieme a tre
sindacalisti. Una protesta, clamorosa, alla vigilia dello sciopero di oggi al
quale parteciperanno migliaia di lavoratori del polo industriale. «Ho deciso
questa iniziativa insieme ai rappresentanti dei sindacati - ha spiegato Anselmi
- e non ci muoveremo da qui fino a quando i ministri Passera e Clini non
accetteranno di venire a Piombino per discutere il futuro della nostra città e
del polo industriale». Poi, in serata, convocato a Roma dal governo decide di
scendere. A Piombino per la crisi dell'acciaio e di tutto il comparto
industriale rischiano il posto almeno 6mila lavoratori. La Lucchini, una volta
gioiello di produzione, ha una perdita secca intorno ai 15 milioni di euro al
mese. «Chiediamo al governo un tavolo - continua il sindaco - e soprattutto un
progetto industriale e di bonifica. Piombino non ha i problemi ambientali di
Taranto e per fortuna non c'è emergenza ecologica. Ma sul lavoro si rischia il
disastro, anche perché sono 35mila i lavoratori che, con indotto e appalti,
ruotano attorno alle nostre industrie». La clamorosa iniziativa del primo
cittadino ha ricevuto immediato sostegno a tutti i livelli: «Il sindaco di
Piombino ha fatto bene a salire sul tetto della Lucchini, perché questo servirà
a smuovere le acque. Condivido pienamente la scelta del sindaco Anselmi, e a lui
va il mio massimo sostegno, ma insieme alla protesta la Toscana è bene che vada
a Roma con una proposta», ha detto il presidente della Regione, Enrico Rossi in
apertura dei lavori del Consiglio regionale. Proprio mentre partiva la protesta
a Piombino scoppiava un altro caso, questa volta a a Terni. La società
finlandese Outokumou ieri ha annunciato «di essere stata messa nella posizione
di dover cedere Terni. Questo non è stato fatto per scelta, ma per la necessità
di soddisfare le richieste della Commissione europea», ha sottolineato Mika
Seitovirta, ad della società che ha rilevato Inoxum da Thyssen. La cessione
comporterebbe lo smembramento del polo integrato dell'acciaieria di Terni che
deve la sua forza competitiva proprio al suo assetto. Passera ha assicurato
l'impegno suo e del governo per imporre al gruppo finlandese il mantenimento del
polo, ma la trattativa appare molto difficile. Tutto questo insieme alla crisi
dell'Ilva di Taranto, che sta cercando di correre contro la chiusura con la
nuova Autorizzazione integrata ambientale e domani dovrà avviare le procedure di
spegnimento dell'altoforno, fa emergere in tutta la sua gravità la crisi
dell'intero settore. La Fim ieri ha chiesto «al governo un tavolo urgente sulla
siderurgia e l'alluminio per affrontare tutte le vertenze in corso, risolvendo
in modo strutturale i deficit competitivi del Paese: energia e infrastrutture in
primis», ha detto il segretario nazionale, Marco Bentivogli. Da Bruxelles il
commissario Tajani ha annunciato che entro il giugno 2013 la Commissione europea
intende adottare un piano d'azione per il settore dell'acciaio «che predisponga
misure concrete per la competitività». Il tema sarà anche all'ordine del giorno
del Consiglio competitività di oggi a Lussemburgo.
Andrea Di Stefano
Il primo cittadino in diretta sul web
L’audio del sindaco Gianni Anselmi che spiega la sua scelta e dice «Voglio
parlare con il ministro», la galleria fotografica della protesta, la storia
delle Acciaierie di Piombino. Questo e molto altro sulla clamorosa protesta lo
potete trovare sulla pagina web del Tirreno, quotidiano di Livorno,
all’indirizzo internet www. iltirreno.it. Fra i documenti anche la lettera
aperta del sindaco Anselmi in cui si spiegano tutte le ragioni del gesto.
Ferriera, un gazebo alla Barcolana e appello in piazza
Gli spazi di visibilità concordati con sindaco e prefetto A ore le nuove
prescrizioni di Cosolini all’azienda
TONDO DA TAJANI Oggi il governatore vedrà il vicecommissario Ue per un
approfondimento sulle azioni a favore della siderurgia
Una postazione o un gazebo nell’ambito del Villaggio Barcolana davanti
a piazza Unità e la possibilità di leggere un comunicato sabato sera prima del
concerto che chiuderà gli eventi collaterali. È quanto hanno ottenuto i
lavoratori della Ferriera di Servola e di Sertubi al termine del colloquio che
hanno avuto lunedì con il sindaco Roberto Cosolini e dell’incontro che si è
svolto ieri in Prefettura alla presenza anche dell’assessore regionale Sandra
Savino e dell’assessore comunale Fabio Omero. Una certa risonanza nazionale,
grazie alla regata velica più affollata del Mediterraneo, sarà dunque garantita
anche se non con l’effetto deflagrante di un blocco della manifestazione che era
stato proposto da alcuni operai e inizialmente recepito dalla Uilm, ma che aveva
poi trovato l’opposizione di Fiom-Cgil e Fim-Cisl. Nel corso dell’incontro di
ieri l’assessore Savino ha anche informato che oggi il governatore Renzo Tondo
incontrerà il vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani per un
approfondimento sulle azioni che l’Ue intende adottare in ambito siderurgico.
Domani invece la stessa Savino porterà all’attenzione della giunta regionale la
delibera con cui si chiede al governo di inserire la siderurgia triestina tra i
casi di “crisi industriale complessa” per poter poi accedere agli strumenti di
riqualificazione e rilancio previsti dal cosiddetto “Decreto sviluppo” del
ministro Corrado Passera. E lo stesso ministro dello Sviluppo economico sarà ora
esortato a intervenire a un confronto a Trieste, mentre la Regione ha chiesto a
Passera di aprire un altro Tavolo con tutte le Regioni coinvolte nella crisi
della siderurgia in Italia. Il prefetto Alessandro Giacchetti ha annunciato che
la settimana prossima incontrerà assieme ad altri rappresentanti delle
istituzioni locali l’amministratore delegato della Lucchini, Francesco Chindemi
per un chiarimento sulle prospettive del gruppo e in particolare sul futuro
dello stabilimento di Servola in vista di un successivo incontro con le
organizzazioni sindacali. É questione di ore anche l’ufficializzazione di una
nuova serie di prescrizioni che il sindaco Roberto Cosolini emetterà nei
confronti della Lucchini pretendendo un immediato rientro nei limiti di legge
per ciò che riguarda le emissioni, ma che sembra non obbligheranno l’azienda a
immediate riduzioni dell’attività. In Prefettura gli stessi sindacalisti hanno
chiesto provvedimenti economici straordinari tali da poter essere attivati
nell’immediato nell’eventualità del precipitare della crisi, mentre sul fronte
Sertubi hanno stigmatizzato il fatto che non sia stato ancora designato il
mediatore che dovrà sostituire nell’ambito delle trattive l’amministratore
delegato Leonardo Montesi. L’altra situazione drammatica è quella che coinvolge
il salumificio Duke Grandi Marche. Si è svolto un confronto in Provincia al
quale l’azienda ha inviato un impiegato amministrativo. Questi ha riferito che
il titolare Francesco Prioglio sarebbe alla ricerca di acquirenti oppure di soci
per evitare il fallimento. I 60 dipendenti intanto sono in cassa integrazione
straordinaria.
Silvio Maranzana
E l’altoforno deve fermarsi per giorni
Conseguenze dell’incendio di lunedì, ma secondo il sindacato Failms c’è
stato un altro incidente
E frattanto ieri l’altoforno a Servola è stato fermato e lo stop si
protrarrà per alcuni giorni. Sono le conseguenze dell’incendio che è scoppiato
lunedì mattina all’interno di un silo di stoccaggio della cokeria. Ne ha dato
notizia ieri la stessa Lucchini informando che «le procedure per lo spegnimento
hanno provocato un aumento eccessivo di umidità del coke rendendolo non conforme
dal punto di vista qualitativo». Sono intervenuti i tecnici dell’azienda che
hanno constatato che il crogiolo dell’altoforno stava subendo un progressivo
raffreddamento e hanno messo in atto i primi indispensabili accorgimenti e
contromisure per circoscrivere ai limiti del possibile il danno. «D’intesa con
la direzione dello stabilimento - prosegue la nota dell’azienda - è stata decisa
una fermata temporanea dell’impianto per evitare forzature tecniche e
conseguenze maggiormente onerose.» La Lucchini ha fatto infine sapere che «sono
in corso tutte le verifiche necessarie per il riavvio in sicurezza
dell’altoforno, che comunque comporteranno qualche giornata di lavoro».
L’azienda ieri non è stata in grado di precisare quanti saranno i giorni
necessari per questa operazione, ma ha rassicurato sul fatto che non comporterà
riduzioni di lavoro tali da dover rinunciare all’utilizzo di una parte dei
dipendenti. Vi erano ben 250 tonnellate di carbone all’interno del silo che però
è costruito in cemento armato, il che ha impedito il propagarsi del rogo e ha
fatto sì che l’impianto non venisse danneggiato in modo sostanziale, anche se
dovrà ora essere sottoposto a una verifica strutturale. È stato il personale
della Ferriera a svuotare il silo del coke che veniva via via raffreddato dai
vigili del fuoco per evidenti ragioni di sicurezza. Operazione che però ha
danneggiato la qualità del carbone, provocando un ulteriore danno alla Lucchini,
forse ininfluente in realtà rispetto al miliardo e cento milioni di debiti
complessivi. Secondo Giulio Frisari, sindacalista della Failms, ieri si sarebbe
verificato in realtà, dopo l’incendio di lunedì, un ulteriore “incidente” con la
caduta di un blocco solido di minerali che avrebbe causato l’intasamento delle
tuberie di ghisa e obbligato lo stop dell’altoforno e di ulteriori sezioni del
processo produttivo. Tutto ciò sarebbe secondo la Failms «segno di abbandono da
parte del Gruppo Lucchini nei confronti dello stabilimento di Trieste.» Ma la
giornata di ieri è stata ancora più movimentata nel più grande stabilimento
della Lucchini, quello di Piombino. Qui infatti il sindaco Gianni Anselmi è
ricorso a un’azione eclatante per portare al centro dell’attenzione la grave
crisi in cui versa l’acciaieria: si è barricato sul tetto di un capannone dello
stabilimento chiedendo l’intervento del governo.
(s.m)
Centro pieno di rifiuti «Colpa dei commercianti»
Comune e AcegasAps puntano il dito sugli esercizi pubblici: «Non fanno
correttamente la differenziata». I negozianti: «Pochi cassonetti»
Un'immagine, quella che offre ogni sera il cuore della città, che non ha
nulla di turistico. A pochi giorni dalla Barcolana, l'evento che più di altri
promuove Trieste, cumuli di sacchi neri, cartoni, casse si bottiglie vuote fanno
bella mostra accanto ai cassonetti della spazzatura. Basta attraversare piazza
della Borsa dopo le 21. Qualche cosa non funzione. È evidente. Ad oltre un anno
e mezzo dall'introduzione della differenziata il sistema fa ancora acqua.
Complice l'inciviltà di non pochi cittadini. «Non c'è ancora sufficiente
collaborazione da parte di commercianti e gestori di locali pubblici – tuona
Fabio Omero, assessore comunale alle Partecipate – ma è anche impossibile
pretendere una città bella, pedonalizzata e tutto gratis». Le situazioni più
gravi sono quelle di piazza della Borsa, piazza Repubblica, via del Roma, via
San Spiridione all'altezza di piazza Ponterosso. Non vengono risparmiate
dall'indecenza nemmeno via Torre Bianca, Machiavelli o le Rive. «In piazza Borsa
- conferma Maurizio Stefani, responsabile delle relazioni esterne di AcegasAps -
malgrado ci siano 5 cassonetti per la raccolta differenziata c’è chi getta tutto
in un unico sacco nero abbandonandolo poi in mezzo alla piazza e sporcando anche
il suolo. Abbiamo dovuto mettere anche un addetto a controllare». Gestori di
locali pubblici e commercianti però rimandano le accuse al mittente. «Ci sono
alcune zone in cui i sacchi di rifiuti si accumulano, - spiega Mauro Di Ilio,
presidente dei commercianti al dettaglio- i cassonetti dell’indifferenziata sono
diminuiti». Eppure il contenitore interrato per il secco in piazza della Borsa
ha una capienza di 130 metri cubi. Per sviare i controlli qualche esercente si
libera senza regole dei suoi rifiuti gettandoli o a sistemandoli fuori dai
cassonetti lontani del suo locale. «La differenziata i gestori dei locali la
fanno - sottolinea Bruno Vesnaver, presidente Fipe - mentre va assolutamente
risolto il problema della raccolta dei cartoni». La Fipe si è già confrontata
con AcegasAps. «Ci sono alcuni locali che si ritrovano con il punto di raccolta
dei cartoni davanti all’ingresso del locale - riferisce - non è ammissibile».
All’orizzonte non sono previste soluzioni: «Purtroppo - valuta AcegasAps - i
cartoni sono voluminosi: o si prosegue sistemandoli in punti di raccolta sparsi
in città o si introducono dei grandi contenitori dove introdurli che
porterebbero via visibilità e parcheggi».
Laura Tonero
Finora comminate 65 sanzioni dalle guardie ambientali
Le sanzioni comminate nel 2012 per la mancanza di raccolta differenziata,
per conferimenti impropri sono state 65. Di queste 40 sono state date per
deposito non corretto di rifiuti ingombranti, una per deposito di rifiuti
pericolosi nei cassonetti e 8 a chi ha lasciato rifiuti a terra. Sessantaquattro
sono state inflitte dalle guardie ambientali, una da una pattuglia della
polizia. A queste vanno aggiunte le sanzioni date a chi è stato scoperto non
raccogliere le deiezioni del cane, a cittadini che hanno lordato il suolo o
getto a terra mozziconi di sigaretta. “Le guardie ambientali tengono sott’occhio
particolari situazioni, - sottolinea Omero - in certi casi aprono anche i sacchi
e borse dell’immondizia per trovare indizi utili a rintracciare il cittadino che
non ottempera alle regole”.
Fusione Hera-AcegasAps: sofferto via libera a Bologna
Il consiglio comunale approva di un soffio con 19 voti favorevoli e 17
contrari A Modena e Ferrara ok solo dal Pd. Clamoroso no di Forlì, trainato dal
sindaco
TRIESTE La fusione per incorporazione di AcegasAps in Hera procede con
fatica lungo una via Emilia piuttosto accidentata. Le delibere passano infatti
nei consigli comunali di Bologna, Modena, Ferrara con maggioranze limitate al
solo Pd, all’interno del quale comunque - come dimostra il caso di Modena dove
si sono astenuti 4 consiglieri democratici - sono evidenti dubbi e insofferenze
nei confronti di scelte imposte dall’alto. Ieri l’episodio più eclatante, ovvero
il no del consiglio comunale di Forlì con 32 contrari e 1 astenuto: il sindaco
Roberto Balzani ha chiamato a raccolta la città, lo stesso Pd ha votato contro
l’operazione Hera-AcegasAps. I motivi, addotti da Balzani per argomentare il
“niet” alla fusione cispadano-veneta, riecheggiano, con varie tonalità, in tutti
i civici consessi emiliano-romagnoli: la multiutility segue logiche e interessi
che, se finanziariamente coerenti, non sono però quelli voluti dai territori
azionisti. Le tariffe aumentano, le politiche industriali vengono preparate a
Bologna dallo staff dirigenziale di Hera senza coinvolgimento delle
amministrazioni socie. Per esempio, Forlì chiede per la raccolta rifiuti meno
inceneritore e più “porta a porta”, Hera fa il contrario. Si pone anche un
problema di peso politico e di “governance”: il capoluogo romagnolo ha una quota
dell’1,9% in Hera, che si diluirebbe di quasi un quarto all’1,5%. Balzani, che è
ordinario di storia contemporanea nell’Università di Bologna e che vanta un
solido rapporto con Giorgio Napolitano, ha apertamente lamentato il pressing che
il management Hera ha esercitato sul Comune forlivese perchè desistesse dalle
intenzioni oppositorie. Già alcune amministrazioni romagnole (Predappio, Rocca
San Casciano, Civitella) e emiliane (Formigine, Porretta Terme) avevano detto no
a Hera, mentre a Rimini la delibera staziona ancora in commissione consiliare.
Una questione, che a suo tempo venne sollevata dai sindaci romagnoli (Forlì,
Cesena, Rimini) e che è stata ripresa nei dibattiti consiliari, riguarda i
compensi delle alte sfere di Hera: il presidente Tomaso Tommasi di Vignano ha
percepito nel 2011 475 mila euro e l’amministratore delegato Maurizio Chiarini
518mila. A Bologna, dopo 12 ore di discussione e dopo 2500 emendamenti
presentati dal Pdl, l’annessione di AcegasAps in Hera è passata di strettissima
misura con 19 voti favorevoli e 17 contrari: decisiva la scelta dell’ex ad di
Hera, Stefano Aldrovandi, sulla legittimità del cui orientamento sono scattate
vivaci polemiche. Comunque, sia pure zoppicando e con un grado di resistenza
imprevisto, Hera sta portando a termine la missione “domestica” sulle piazze
emiliano-romagnole: ha raccolto buona parte del patto sindacale con il 18%
bolognese, il 12% modenese, il 3% ferrarese, mentre presumibilmente non avrà
l’unanimità del 25% romagnolo. Ricordiamo che i Comuni azionisti di Hera, le cui
quote sono organizzate per aree geografiche, sono 189. A questo punto, in via di
completamento il processo politico-deliberativo, ottenuto il nulla-osta
dell’Antitrust, incassato il sì di Trieste e Padova, si correrà verso la
giornata-clou di lunedì 15 ottobre con le assemblee di Hera e AcegasAps che
voteranno la fusione, la cui efficacia scatterà dal 1°gennaio 2013.
Massimo Greco
L’oasi dei grifoni a rischio chiusura
L’Eco centro di Caisole, dopo aver evitato lo “sfratto”, non ha più
soldi. C’è chi denuncia spese allegre
CHERSO Si sta spaccando una delle più note ong quarnerine, l’Eco centro
Caput Insulae di Caisole (Beli), isola di Cherso, da decenni specializzato nella
tutela del grifone, l’avvoltoio dalla testa bianca, simbolo e brand di
quest’isola nordadriatica. L’associazione è guidata dal noto ornitologo croato
Goran Susic che, settimane fa – con l’aiuto del sindaco di Cherso, Kristijan
Jurjako, è riuscito ad evitare il trasferimento sull’isola di Veglia. La
situazione alla Caput insulae, apprezzata anche a livello europeo e mondiale,
non è però migliorata e rischia di cancellare anni di prezioso lavoro a tutela
dei grifoni e del patrimonio naturale e culturale di Tramontana, la bellissima
area settentrionale di Cherso. Susic, che ha contattato i media, è come una
furia: «Caput insulae sta per cessare la sua attività per mancanza di soldi. Non
abbiamo più sponsor, nessuno ci dona nulla e pare che gli avvoltoi non
interessino più. La grande maggioranza degli abitanti di Caisole, dove abbiamo
la nostra sede, sono dalla nostra parte, ma un gruppo di loro compaesani
vogliono cacciarci dal nostro edificio, che un tempo ospitava la scuola
elementare». L’ornitologo continua: «Voglio ricordare che Caisole ha acquisito
una grossa notorietà grazie a Caput insulae, capace di attirare fino a 10 mila
visitatori all’anno, gente che veniva in questa località chersina per vedere i
grifoni e tutto quanto da noi fatto per proteggere la colonia quarnerina. Non
abbiamo più un centesimo e siamo ad un niente dalla cessazione dell’attività».
Susic ha ricordato che la sua organizzazione ha ricevuto numerosi riconoscimenti
e non solo in Croazia, contribuendo al mantenimento e allo sviluppo di un
volatile che non è raro vedere nei cieli sopra Cherso, Veglia, lungo la costa
orientale dell’Istria, sulle pendici del Monte Maggiore. Fin qui Susic, che
lavora all’Accademia croata delle Arti e delle Scienze – Stazione ornitologica
di Cherso. C’è anche l’altra faccia della medaglia, rappresentata dai suoi
oppositori che gli imputano di essere troppo autoritario e di avere speso
illegalmente denaro appartenente a Caput insulae. Tea Perincic, ex direttrice
dell’Eco centro, ha criticato Susic per avere allontanato con il suo
comportamento diverse persone che aveva contribuito alle fortune di Caput
insulae: «Non è tutto perché Susic guida fuoristrada che costano 50, 60 e più
mila euro, veicoli acquistati con denaro pubblico e utilizzati anche a scopi
privati». Susic ha respinto le accuse ma intanto quello che era un pregevole
progetto rischia di scomparire. A tutto danno dei grifoni e dunque del delicato
ecosistema dell’isola di Cherso.
Andrea Marsanich
La Barcolana come modello per un nuovo stile di vita -
LA LETTERA DEL GIORNO di Bruno Strukel
A prima vista potrebbe sembrare un paradosso, ma la “Barcolana” potrebbe
rappresentare un contributo reale contro la crisi, sia per Trieste, che per la
nostra Regione. In un’altra occasione spero di poter affrontare la vera grande
possibilità di sviluppo della nostra Città “mitteleuropea”, vale a dire
affrontare l’interminabile “querelle” del recupero del Porto Vecchio, che da ben
40 anni si trascina stancamente e con l’unico risultato di mantenere i bei
ricordi di un bel tempo che fu! Ora sembra si affronti finalmente questo
“problema” e quindi ai promotori vada il plauso di tutta la città. Ritornando
alla “Barcolana”, che, con una grande partecipazione, potrebbe contribuire ad
un'inversione di tendenza della crisi in atto e a far entrare in un circolo
virtuoso la sofferente economia del comprensorio, si richiama l’attenzione,
secondo una corrente di pensiero nel settore dell’economia del “terzo
millennio”, che nel presente e per il prossimo futuro sarà la difesa
dell’ambiente a salvare l’uomo dal baratro verso cui si sta muovendo. Ora ci
troviamo a pochi giorni da una “grande manifestazione ecologica”, cioè la 44.a
“Barcolana”, la storica regata velica d’autunno nello stupendo golfo di Trieste,
città amata dall’Italia intera e ammirata in tutto il mondo. Del tutto in
sordina e in modo inconsapevole dei futuri clamorosi sviluppi, più di 40 anni or
sono, cioè nel lontano 1969, iniziava la prima regata velica denominata “Coppa
d’Autunno” ad opera di uno sparuto gruppo di appassionati ed entusiasti puri
velisti triestini della Società Velica Barcola Grignano. Quello fu l’embrione
trasformatosi negli anni successivi, da una modestissima giornata di gara velica
di pochi “sonai”, in una “mega” manifestazione di circa duemila I regatanti
arrivano da ogni parte e si stringono in un unico abbraccio fraterno. Quindi la
Barcolana di fatto è una manifestazione che tende a realizzare in primo luogo un
momento d’incontro e poi una sana e intensa competizione velica. Da tempo è
definita “storica” e, manifestazione dopo manifestazione, ad essa vi partecipano
“genti italiche” di quasi ogni regione e rappresentanze di molti Paesi come
nelle Olimpiadi. In quanto al campo di regata, esso è prossimo al notissimo e
stupendo Castello di Miramare, costruito nel lontano 1856 con la bianca pietra
del Carso e voluto dall’Arciduca Massimiliano d’Asburgo perché incantato dai
luoghi. Forse è una mera illusione, ma la Barcolana potrebbe rappresentare
fantasticamente nel terzo millennio il “la” per un’inversione di tendenza per
Trieste e anche per l’Italia. Vale a dire iniziare a contenere e poi
drasticamente ridurre gli effetti di una società impazzita nella corsa a
distruggere il bello e inquinare sempre di più. Cioè un sistema di vita perverso
che non intende farci fermare per consentirci di guardare intorno e quindi farci
notare le enormi ricchezze da difendere.
IL PICCOLO - MARTEDI', 9 ottobre 2012
Incendio alla cokeria della Ferriera
Subito spento, nessun ferito ma è stata fermata la produzione.
All’origine un malfunzionamento degli impianti
A Servola ieri c’era chi (il grosso degli operai che colpa non hanno) l’ha
presa con sconforto, come se quelle fiamme vicine alla cokeria della Ferriera
fossero quasi il segno di una grave crisi di salute di un malato ormai
terminale. Ma c’era anche chi (“e se la prossima volta scoppia qualcosa?”) l’ha
vissuta con terrore. O persino chi (“questa è la volta buona che chiude...”) con
inconfessabile sollievo. In mezzo a tutti questi stati d’animo, il dato di
fatto: dentro i confini della Ferriera, nei dintorni della cokeria, c’è stato un
principio d’incendio, e forse qualcosa più di un principio, che alla fine
comunque non ha lasciato sul campo feriti e non ha liberato nell’aria nubi
pericolose. A prendere fuoco, verso le sette del mattino, è stato infatti
l’interno di un grande serbatoio di carbone coke, alto venti metri. Colpa del
surriscaldamento, con conseguente combustione, del carbone che vi era stato
immagazzinato. Colpa, è desumibile dal comunicato della Lucchini, coi sindacati
che lasciano intendere che in tale nota aziendale non vengono chiamati in causa
i lavoratori, di un malfunzionamento dell’impianto, se è vero che proprio in
questo comunicato si legge testualmente: «La causa dell’incendio è dovuta al
fatto che il coke contenuto nel silo ha ripreso combustione per un imperfetto
spegnimento prima dell’immagazzinamento del materiale». Imperfetto. Problema
tecnico, insomma. Sfortuna poi ha voluto che il serbatoio fosse stato da poco
riempito: conteneva ben 250 tonnellate di carbone. Ma nella sfortuna non va
trascurato che il silo è fatto di cemento armato, che ha evidentemente
trattenuto a dovere il bubbone incandescente. Il pronto intervento degli operai
e dei meccanismi di sicurezza della fabbrica in prima battuta, e dell’arrivo in
forze dei vigili del fuoco a stretto giro, abbinato appunto al cemento armato,
ha scongiurato il peggio. I pompieri - cui in un secondo tempo si sono
affiancati per i rilievi di legge anche i tecnici dell’Arpa e i poliziotti del
Commissariato di San Sabba - sono piombati lì dalla vicina centrale di via D’Alviano
con ben 15 uomini a bordo di due autobotti, un’autopompa e un’autoscala. Con
quest’ultima le operazioni di spegnimento e raffreddamento sono iniziate da
sopra, dalla testa del serbatoio, letteralmente inondato. Successivamente il
personale della Ferriera ha iniziato a svuotare il silo, e via via che il coke
usciva i vigili del fuoco lo raffreddavano con l’acqua. «Lucchini SpA - si legge
nel comunicato - evidenzia che non vi sono stati danni né alle persone né
all’ambiente, come rilevato anche dagli organi di controllo subito intervenuti.
Il silo è costituito da una struttura di cemento armato per cui non c’è stato
alcun incendio all’impianto. Prima di riprendere l’utilizzo dello stesso verrà
in ogni caso fatta una verifica strutturale. Le produzioni di cokeria e
altoforno saranno rallentate fino al termine degli interventi in atto». Lieto
fine, dunque, ma al tempo stesso una mazzata, visti i tempi che corrono, e
corrono verso l’opizione di un non lieto fine per le famiglie che vivono con lo
stipendio della Ferriera e dell’indotto. «Il danno si presume possa essere
ingente», sospira il segretario Uilm Franco Palman, che della fabbrica, oltre a
essere Rsu, è anche rappresentante per la sicurezza. E danno uguale soldi. «Ogni
soldo in più, in questo preciso momento, equivale a un minuto in meno di vita»,
chiude Palman.
Piero Rauber
Serracchiani (Pd) chiede finanziamenti Ue per la
riconversione
«La siderurgia triestina rientri all'interno del Piano europeo cui sta
lavorando la Commissione europea». È l’appello che l’europarlamentare Debora
Serracchiani rivolge al vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani,
responsabile per l'industria e l'imprenditoria, e ad Amalia Sartori, presidente
della Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia dell'Europarlamento,
in merito alla situazione di emergenza degli stabilimenti della Ferriera e della
Sertubi. Ricordando che Tajani «ha richiesto al Consiglio europeo competitività
di inserire all'ordine del giorno, il 10 e 11 ottobre a Lussemburgo, il tema
della crisi della siderurgia nell'Ue, e che sta lavorando a un Piano europeo
sulla siderurgia da approvare entro la metà del 2013», Serracchiani osserva che
il momento «appare opportuno per portare a conoscenza della Commissione europea
la grave crisi che sta investendo lo stabilimento della Ferriera di Servola del
Gruppo Lucchini, e quello della Jindal Saw Italia spa (ex Sertubi spa)», e
lancia a Tajani «un appello per aiutare la siderurgia triestina a rientrare
all'interno del Piano europeo cui si sta lavorando, inclusa la segnalazione di
fondi comunitari cui ricorrere ai fini di una riconversione dello stabilimento
di Servola». «Sarebbe molto utile una tua visita a Trieste per eventualmente
aprire un coordinamento con il Tavolo già attivato con Governo, Regione, enti
locali, rappresentanti degli industriali e organizzazioni sindacali» dice
Serracchiani a Tajani e rivolge un simile invito anche ad Amalia Sartori. Oggi a
mezzogiorno intanto i sindacalasti della Ferriera sono stati convocati dal
prefetto per un aggiornamento della situazione.
Polveri di carbone a mare In aula gli ex dirigenti -
PROCESSO PER DANNEGGIAMENTO
Scherzi del calendario. Ma forse scherzi è parola inadatta, visto che
ballano in grandi quantità occupazione e salute pubblica. Resta il fatto che
ieri mattina, proprio mentre in Ferriera si lavorava senza soluzione di
continuità per spegnere l’incendio al serbatoio della cokeria, al secondo piano
del Tribunale, in una delle aule dedicate alle udienze penali di primo grado, è
andato in scena un atto, pur non decisivo, di un processo per danneggiamento a
carico dell’ex direttore dello stabilimento Francesco Rosato e dell’ex
amministratore delegato del gruppo Lucchini Marcello Calcagni. Atto non
decisivo, si diceva, in quanto il giudice Giorgio Nicoli ha aggiornato il
procedimento all’udienza che verrà, rinviata al prossimo aprile, alla luce
dell’eccezione di nullità del decreto di citazione, per difetto di notifica,
avanzata dal team di legali Lucchini che fa capo agli studi dell’avvocato
Giovanni Borgna e del suo collega di Brescia Stefano Bontempi. Il processo, che
vede impegnato per l’accusa il pubblico ministero Giorgio Milillo, si riferisce
in particolare a un caso di sversamento di polveri di carbone a mare che risale
a circa tre anni fa, le cui indagini sono scattate anche su segnalazione della
Capitaneria di Porto. Rosato e Calcagni risultano imputati, appunto, in quanto
direttore dello stabilimento e amministratore delegato del gruppo Lucchini
all’epoca dei fatti contestati dalla Procura.
(pi.ra.)
Sertubi e Duke, fronte comune degli operai
Anche gli addetti del salumificio, da due mesi senza paga, al presidio
permanente in piazza della Borsa
I dipendenti del salumificio Duke Grandi Marche si sono uniti a quelli della
Sertubi: anche loro da ieri partecipano al presidio permanente organizzato nel
gazebo innalzato in piazza della Borsa. «A turno staremo qui per manifestare il
nostro malessere di fronte alle decisioni dell’azienda - dichiara Sara Germani
della Uil - fino a oggi abbiamo manifestato troppa disponibilità e il risultato
è che rischiamo di perdere definitivamente il lavoro». I dipendenti della Duke
hanno dunque deciso di fare fronte comune con quelli della Sertubi. Minacciando
di unirsi alla protesta che in qualche forma lavoratori della Ferriera pensano
di organizzare in concomitanza con la Barcolana: per decidere se ne parlerà
domani nel corso di un’assemblea sindacale. Da oltre due mesi i 60 operai del
salumificio non ricevono lo stipendio. Ufficialmente sono in cassa integrazione
senza prendere nemmeno un euro fino a che - presumibilmente a metà novembre - il
ministero del Lavoro approverà il decreto. «Agli incontri l’amministratore
delegato, Francesco Prioglio, - riferisce Gino Danieli della Cigl - ha inviato
sempre dei rappresentanti che non hanno alcun potere e che, di conseguenza, non
possono dirci granché. Non riusciamo ad avere un vero confronto con l’azienda».
La crisi era iniziata ufficialmente il 20 luglio scorso, quando furono sospese
la produzione e la vendita per seri problemi di liquidità. «Siamo stati beffati,
siamo stati presi in giro - sostengono - nelle ultime settimane di lavoro
avevamo presentato un piano ferie che ci è stato bocciato perché, a detta
dell’azienda, troppi dipendenti sarebbero mancati contemporaneamente». La
battaglia comune intanto è stata accolta a braccia aperte dai lavoratori della
Sertubi. «La città sta dimostrando grande sensibilità - avverte Franco Palman
della Uil - ben venga il fronte comune contro la sofferenza del comparto
produttivo triestino. Va fatto vedere a chiare lettere il declino occupazionale
di Trieste». Lo stesso Palman, pur riconoscendo l’importanza e la bellezza di
una manifestazione come quella della Barcolana, invita i triestini a una
riflessione: «È la festa della città e dei cittadini, o di chi si può permettere
barche milionarie che valgono tanto quanto gli stipendi di tutti i dipendenti
Duke?».
(l.t.)
Riscaldamento più basso - Comune contro gli sprechi
La prima sperimentazione a Palazzo Costanzi con temperatura di 19 gradi
In alcune scuole allievi e insegnanti dovranno vigilare che non si superino i 20
L’esperimento pilota lo farà Palazzo Carciotti. Negli uffici comunali
ospitati al suo interno quest’inverno farà più freddo, oppure meno caldo a
seconda dei punti di vista. La temperatura verrà infatti regolata sui 19 gradi
anziché sui 20 usuali. Sarà un modo per risparmiare energia contenendo di
conseguenza i costi e l’inquinamento perché si abbatteranno le emissioni di Co2
nell’ambiente. Quando in tutte le strutture comunali sarà stata compiuta la
medesima operazione (è previsto un coinvolgimento completo, ma graduale) i
cittadini ne ricaveranno in benessere e l’amministrazione abbatterà del 5% i
costi energetici attuali: 500mila euro in meno su un totale di 10 milioni. Il
progetto è stato illustrato ieri dal sindaco Roberto Cosolini, dall’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni, dal responsabile del neocostituito Ufficio
risparmio energetico e energie alternative Fabio Morea. È intervenuta anche
Donatella Rocco, funzionario dell’Area educazione, perché c’è anche un secondo
progetto che riguarda alcune scuole elementari e medie. Qui i tecnici di Siram e
Sinergie, le due società incaricate di gestire gli impianti termici degli
edifici comunali, installeranno sistemi di monitoraggio del comfort ambientale
(temperatura, umidità, illuminamento, consumo di energia). Agli studenti e agli
insegnanti verranno proposti incontri di formazione per sensibilizzarli all’uso
corretto degli impianti e alla riduzione degli sprechi di energia. Si renderanno
così conto in tempo reale di quando e dove, ad esempio, la temperatura supererà
i 20 gradi oppure risulteranno accese luci non necessarie, potranno provvedere
loro stessi, individueranno le criticità della scuola e le aree dove intervenire
per migliorare il livello di sostenibilità dell’istituto. Alle scuole coinvolte
verrà rilasciate la Carta d’identità sostenibile. E Laureni ha anche reso noto
che il Comune ha inoltrato al ministero dell’Ambiente la richiesta di
finanziamento per installare impianti fotovoltaici sul tetto di quindici scuole
cittadine. «L’obiettivo dei due progetti - ha spiegato l’assessore - rientra nel
quadro più ampio della politica energetica del Comune che ha aderito al Patto
dei sindaci impegnandosi a ridurre del 20% le proprie emissioni di Co2 entro il
2020.» Nella visione di Laureni la riduzione dei consumi deve tenere conto di
tutta la filiera dell’energia: dalla produzione con fonti rinnovabili alla lotta
agli sprechi, dalla regolazione ottimale degli impianti all’utilizzo corretto da
parte degli utenti». I dipendenti che lavorano a Palazzo Carciotti, secondo
quanto riferisce l’amministrazione, hanno reagito molto positivamente alla
proposta di sperimentazione e si sono detti disponibili ad adattarsi alle nuove
condizioni, «magari indossando una maglia più pesante». Hanno anche proposto di
investire il denaro così risparmiato per eliminare i problemi di
surriscaldamento che si verificano nei mesi estivi.
Silvio Maranzana
Il sindaco Cosolini - «Sistema da estendere a tutti gli
edifici»
«Questi due progetti dovranno divenire un sistema da estendere con
gradualità a tutti gli edifici comunali e scolastici.» Lo ha detto il sindaco
Roberto Cosolini rilevando come «il risparmio energetico è uno dei punti di
forza di questa amministrazione che portiamo avanti con determinazione nella
speranza che gli adulti siano incentivati a seguirlo proprio grazie ai bambini e
ai ragazzi molto sensibili nei confronti di questi temi e portatori di buone
prassi in famiglia». «Proprio in virtù delle sperimentazioni che effettueremo -
ha continuato Cosolini - contiamo che si sviluppi la consapevolezza diffusa
sulla cultura del risparmio di energia». I primi dati sulle sperimentazioni
saranno disponibili entro la fine dell’anno per quanto riguarda Palazzo
Carciotti e a primavera per quanto concerne le scuole. In caso di risultati
positivi, la sperimentazione sarà immediatamente esetsa.
Insediato l’Ufficio del risparmio energetico
«Quanto mi costa l’energia?» «Come posso ridurre questo costo?» «Quali
tecnologie posso applicare alla mia casa per risparmiare energia?» «Posso far
funzionare la mia casa o il mio ufficio con energia rinnovabile senza dover più
pagare le bollette?». Sono queste le domande più comuni che i cittadini hanno
rivolto all’Ufficio risparmio energetico e energie alternative. Ne ha dato
notizia il suo direttore Fabio Morea informando che l’ufficio, che offre
assistenza gratuita, ha già risposte a 120 richieste di cittadini e progettisti.
Un’altra buona fetta delle domande riguarda gli impianti fotovoltaici. L’Ufficio
ha sede nel Palazzo dell’Anagrafe, al quinto piano di passo Costanzi 2, stanza
508 bis. É a disposizione del pubblico lunedì dalle 14.30 alle 15.30, martedì,
giovedì e venerdì dalle 12 alle 13, ma anche in altri orari su appuntamento da
fissare telefonicamente (040-6758552 begin_of_the_skype_highlighting GRATIS
040-6758552 end_of_the_skype_highlighting) o via mail (morea@comune.trieste.it).
Fornisce informazioni a cittadini e imprese su tecnologie, normative,
convenienza economica e incentivi relativi al risparmio energetico e all’uso di
fonti energetiche rinnovabili. Risponde a questioni riguardanti l’isolamento
termico di edifici, la riqualificazione di impianti termici, l’installazione di
impianti solari e fotovoltaici. Svolge anche funzioni di supporto per tutti i
servizi del Comune.
Cinghiali, la piaga del Carso Gli agricoltori: caccia
libera
Dopo la devastazione delle vigne affollata assemblea a Medeazza
organizzata dalla Coldiretti. Chieste deroghe alla legge per poterne abbattere
di più
MEDEAZZA Hanno placato fame e sete con i grappoli di Vitovska, la Malvasia e
il Refosco, pasteggiando avidamente, in barba agli sforzi di quei viticoltori
che quest'anno hanno dovuto sopportare, climaticamente parlando, le “piaghe
d'Egitto”. Portando alle soglie della vendemmia un quantitativo d'uva limitato
causa il gelo, la bora, la grandine e la siccità. I cinghiali sono animali
intelligenti. Di fronte all'implacabile siccità estiva non si sono persi d'animo
elaborando strategie per non soccombere alla sete e all'inedia. Così vigneti e
pergole sono stati cinti d'assedio e, in alcuni casi, radicalmente depredati. Le
loro incursioni, spesso devastanti, sono state oggetto di analisi e riflessioni
in un incontro organizzato dalla Coldiretti nella frazione di Medeazza. Presenti
i rappresentanti di tutti i comuni della provincia, delle riserve di caccia
triestine, il vicepresidente di Palazzo Galatti Igor Dolenc, i consiglieri
regionali Gabrovec e Codega. A loro si è rivolta una nutrita rappresentanza di
viticoltori. Da Medeazza alle colline roianesi i problemi sono, da tempo, i
medesimi: i cinghiali, nonostante i prelievi venatori effettuati secondo i piani
regionali e in deroga dalla Provincia continuano a far soffrire agricoltori e
allevatori. «In poche ore un gruppo di cinghiali può divorare quintali di uva –
spiega il direttore provinciale della Coldiretti triestina Ivo Pozzatto – oppure
mettere sottosopra un intero prato o un pascolo, compremettendo sfalci e
fienagione. Da tempo i nostri associati segnalano l'invadenza di questi animali.
Senza nulla togliere all'impegno della Regione e di chi è impegnato nel prelievo
di questi animali – sostiene Pozzatto – è evidente che i provvidementi presi
sinora appaiono insufficienti a contenere le loro incursioni». La Coldiretti
propone una serie di regole da introdurre di concordo con gli enti territoriali
e i soggetti interessati in quel Piano faunistico venatorio regionale in fase di
realizzazione. «Chiediamo alla Regione di individuare due zone di caccia, una di
contenimento (ove venga praticato l'abbattimento controllato dei capi) e una di
radicazione, per le aree limitrofe alle coltivazioni. In seconda battuta –
continua Pozzatto – chiediamo l'aumento dell'orario di caccia, come da tempo
vige nella vicina Slovenia dove i problemi sofferti sono i medesimi». Ulteriore
richiesta della Coldiretti, l'estensione del periodo di prelievo. Attualmente la
caccia ai cinghiali vige da metà maggio a metà gennaio. Secondo l'ente, il
periodo in cui la caccia viene sospesa è sufficiente agli ungulati per la
riproduzione. Per questa ragione si chiede di estendere ulteriormente il periodo
di prelievo. Per Pozzatto, è necessario ancora porre attenzione alle attività di
foraggiamento. Le regole attuali prevedono che esse possano essere effettuate a
almeno un centinaio dai siti di produzione agricola. Troppo pochi, visto che
ormai i cinghiali vengono invogliati a avvicinarsi a colture e abitati da
residenti che danno loro da mangiare. «Di fronte a questi ragionamenti –
riprende il direttore provinciale della Coldiretti – è facile essere fraintesi.
Non siamo quelli che propongono una sorta di “Far West” con le doppiette
spianate, ma si deve tenere conto della situazione d'emegenza in cui vivono
contadini e allevatori. L'emergenza cinghiali esiste e non può essere
minimizzata. Per fronteggiarla è necessario trovare delle soluzioni reali e
pratiche. Le nostre proposte vanno in questa direzione. Con realismo».
Maurizio Lozei
Fusione Hera-AcegasAps - Alta tensione nei consigli
Delibere a rischio nei Comuni di Bologna e a Forlì, stentato sì di
Ravenna Lunedì 15 ottobre via libera delle assemblee. Intanto arriva l’ok
dell’Antitrust
TRIESTE Per un curioso scherzo del destino, l’annessione di AcegasAps a Hera
corre i rischi maggiori nelle lande cispadane, proprio da dove è partito il
grande progetto di aggregazione delle utilities nordorientali. Questa è la
settimana decisiva, che porta alle assemblee di lunedì 15 ottobre, passaggio
fondamentale per il rush finale dell’operazione. Intanto è arrivato il sì dell’Antistrust,
ma lunedì prossimo gli azionisti debbono recare agli appuntamenti societari le
necessarie delibere approvative, che per i Comuni transitano attraverso i
consigli comunali. Se a Trieste e a Padova le cose sono filate lisce e le
resistenze all’assorbimento di AcegasAps si sono rivelate espugnabili, in Emilia
e in Romagna le cose stanno prendendo una diversa piega, perchè le maggioranze
di centrosinistra, che reggono le amministrazioni, si spaccano e fioccano i
malumori contro Hera. Prima di scorrere l’acceso panorama politico
emiliano-romagnolo, è opportuno riepilogare la peculiare struttura
dell’azionariato pubblico Hera, raccolto in un patto di sindacato che pesa per
il 58,8%: l’area di Bologna ha una quota del 18,2%, la Romagna del 25%, Modena
del 12,5%, Ferrara del 3,1%. Emblematico del travaglio politico a sinistra il
caso di Bologna, dove il civico consesso si è avviato verso il voto in un clima
incandescente, in una seduta a più riprese interrotta dalle proteste dei
comitati “Acqua bene comune” contro la fusione Hera-AcegasAps, mentre la
vice-sindaco Silvia Giannini si apprestava a illustrare la delibera.. I numeri
della maggioranza, che supporta la giunta presieduta dal sindaco Virgilio
Merola, ballano, perchè Sel e Idv hanno ribadito la loro contrarietà
all’aggregazione. Al forfait della sinistra vendoliana e dipietrista, si
aggiungono i “mal di pancia” di due consiglieri Pd, che dovrebbero però essere
recuperati al 90° minuto. A dar invece man forte allo zoppicante schieramento
che governa palazzo d’Accursio, il voto di Stefano Aldrovandi, rappresentante di
una lista civica e amministratore delegato di Hera quando primo cittadino
felsineo era Giorgio Guazzaloca. Ma Pdl e Lega nord minacciano di impugnare la
delibera, se salterà fuori che, contrariamente al disposto dell’art.77 Tuel
(Testo unico degli enti locali), Aldrovandi possiede azioni Hera o le ha
trasmesse a qualche familiare. Alta tensione anche in Romagna. L’incorporazione
di AcegasAps ottiene il sì del consiglio comunale di Imola, dove il sindaco
Daniele Manca presiede il patto di sindacato Hera. Ma strappa una risicata
approvazione dall’assise comunale di Ravenna, dove la spunta per appena 4 voti e
l’assessore al bilancio si rifiuta di illustrare la delibera. Addirittura
clamoroso quanto sta accadendo a Forlì, dove il consiglio si esprimerà oggi: il
sindaco Roberto Balzani ha pubblicamente preso posizione contro l’operazione
Hera-AcegasAps, denunciando su Facebook le pressioni ricevute per appoggiare il
progetto di fusione e invitando la cittadinanza a presenziare all’odierno
dibattito consiliare. Verso un voto, che si presume meno bollente, i consigli
comunali di Modena e di Ferrara. Infine patto Hera, rappresentato dal presidente
Manca, e Cgil-Cisl-Uil emiliano-romagnole hanno firmato un protocollo d’intesa,
col quale i sindacati accettano la logica dell’aggregazione di Nordest.
Massimo Greco
Italia dei Valori «Legge sulla caccia a rischio multa europea»
Andrea Zanoni, eurodeputato dell’Idv, invita la Regione a ritirare la sua legge sulla caccia: «Dietro l'impugnazione della legge da parte del governo c'è anche la paura delle multe Ue. Mi auguro che l'amministrazione faccia dietrofront».
IL PICCOLO - LUNEDI', 8 ottobre 2012
Porto Vecchio nel mirino della Commissione Ue
I piani regolatori di Comune e Porto approvati senza avere eseguito la
Vas obbligatoria dal 2006. Riaperto lo stesso caso già archiviato nel 2011
La Commissione europea riapre il caso in merito alla variante 93 del Piano
regolatore del Comune e al Piano regolatore portuale. Sul banco degli imputati,
ancora una volta, il fatto di avere approvato le direttive per Porto Vecchio
senza la Valutazione ambientale strategica. Per i più catastrofisti, compreso
chi ha segnalato la questione, si tratta di un «errore» in grado di
compromettere l'intero iter degli strumenti urbanistici. Come a dire: non è
possibile realizzare in Porto Vecchio quanto si vuole fare perché manca il Piano
regolatore. Per gli enti coinvolti si tratta solo di rendere nota la procedura
già avviata e spiegare il perché si sarebbe agito a termini di legge. Per quanto
riguarda l’Autorità portuale, l’intera vicenda coinvolge le ultime tre
presidenze, considerato che l'avvio dell'iter era avvenuto con Marina Monassi,
proseguito con Claudio Boniciolli e in corso d'opera con l'attuale presidenza,
sempre a nome Monassi. Nelle scorse settimane Comune e Authority si sono già
incontrati con la Regione per preparare una risposta congiunta ai rilievi
sollevati, mentre la notifica dell'apertura di questo nuovo caso è stata
trasmessa alla presidenza del Consiglio dei ministri, che a sua volta ha
interpellato ministero dell'Ambiente e Regione. Quella aperta lo scorso luglio è
la riproposizione del medesimo caso già avviato nel 2010 e archiviato nel corso
del 2011. Non si ha notizia ufficiale sull'identità di chi ha determinato
l’avvio di questo nuovo procedimento, ma è verosimile che l’iniziativa prenda le
mosse dalle istanze dell'Associazione Porto Franco Internazionale. Oggetto del
contendere, come già accennato, è l'aver approvato i due strumenti urbanistici
relativi alla stessa area (Porto Vecchio) senza aver eseguito la procedura di
Vas (Valutazione ambientale strategica), il cui obbligo è stato introdotto da
una direttiva comunitaria nel 2006. A questo rilievo il Comune, in merito alla
Variante 93, aveva già risposto sostenendo che l'iter della Variante aveva preso
avvio prima dell'introduzione della direttiva europea. L'Autorità portuale
invece in merito alla variante “Barduzzi” aveva risposto segnalando di avere a
suo tempo predisposto uno studio sulla «verifica di assoggettabilità a Vas del
Piano regolatore portuale» e che questo studio aveva dato esito negativo.
Entrambe le risposte erano state ritenute esaustive dalla Commissione europea
che le aveva fatte proprie nel corso del 2010, ma il fatto che il caso sia stato
riaperto nell'anno in corso mostra che il ricorrente ha proposto evidentemente
una nuova istanza. Nella sua richiesta di informazioni la Commissione chiede
conferma che la variante al Piano regolatore portuale per Porto Vecchio sia
stata inglobata nel nuovo Piano regolatore portuale, in corso di esame al
ministero dell'Ambiente, e che sia in corso la procedura di Via (Valutazione di
impatto ambientale) e Vas sull'intero ambito portuale. Tale circostanza dovrebbe
costituire – a detta dell'Authority - un elemento a favore nel caso in cui la
Commissione ritenesse insufficienti le giustificazioni già fornite. «Ritengo che
l'Autorità portuale abbia operato correttamente. Forse c'era qualche margine di
errore – commenta la presidente Monassi – ma speriamo di essere esaustivi in
seconda battuta».
Riccardo Coretti
Duino, via venti metri cubi di immondizia - VOLONTARI
DI GRUPPI SPELEOLOGICI
I rifiuti asportati da due grotte sotterranee nell’area delle risorgive
del Timavo
DUINO AURISINA Volontari all’opera per rendere più pulito il territorio di
Duino Aurisina, liberando le cavità naturali dalla sporcizia gettata dai soliti
incivili. Il bottino? Venti metri cubi di immondizia, raccolti da una
cinquantina di persone attive nell’associazionismo locale. L’operazione,
chiamata “Puliamo il Buio 2012” e inserita nella campagna ambientale nazionale
“Puliamo il Mondo”, si è focalizzata su alcune zone di particolare pregio
naturalistico. Completamente svolto dai volontari dalla Federazione speleologica
triestina, l’intervento ha interessato quest’anno alcune cavità carsiche di San
Giovanni di Duino, aree in cui in passato si è abbandonata spazzatura di ogni
genere. L’azione dei volontari - una cinquantina di appartenenti ai gruppi
speleologici – ha interessato due grotte sotterranee nell’area delle risorgive
del Timavo, dove un tempo si trovava l’orso Faliero. Un terreno particolarmente
insidioso: all’ingresso le due cavità appaiono accessibili, ma poi la superficie
sprofonda ed è invasa dall’acqua. Soddisfatto il sindaco Vladimir Kukanja: «Un
sentito ringraziamento dell’amministrazione comunale ai volontari che in ogni
modo hanno contribuito alla buona riuscita dell’iniziativa, in collaborazione
con gli uffici competenti. La speranza è che queste iniziative di pubblica
utilità favoriscano sempre più anche fra i giovani il diffondersi di una nuova
coscienza civica, di tutela e rispetto del territorio, e in particolare delle
cavità naturali del Carso che mai come oggi possono rappresentare un
preziosissimo esempio di delicato equilibrio fra le necessità di protezione
dell’ambiente e le esigenze delle tradizionali attività antropiche locali».
L’immondizia è stata depositata in sacchi forniti dall’ente locale, che
attraverso una ditta specializzata provvederà al suo smaltimento. All’iniziativa
hanno partecipato i volontari di questi sodalizi: associazione XXX Ottobre,
associazione sportiva Grmada, Commissione grotte Eugenio Boegan dell’Alpina
delle Giulie, Gruppo triestino speleologi, Gruppo grotte Carlo Debeljak, Gruppo
speleologico Flondar, Gruppo speleologico San Giusto e Società adriatica di
speleologia.
(ti.ca.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 7 ottobre 2012
Ferriera, Fiom e Fim si dissociano «La Barcolana non si
tocca»
La spaccatura dopo l’annuncio della Uilm: «Clima rovente, ma prevarrà il
senso di responsabilità dei lavoratori».
Il sindaco: se gli operai vorranno sensibilizzare la
cittadinanza avranno sostegno
Minacciano di bloccare la Barcolana, la Barcolana dietro le quinte trema, ma
poi lo stesso sindacato si spacca e Fiom e Fim-Cisl rettificano: «Le speranze di
una soluzione per la Ferriera prima che succeda l’irreparabile sono sempre più
scarse, l’esasperazione è rovente, ma l’alto senso di responsabilità dei
lavoratori non verrà a mancare e dunque non intendiamo bloccare la più
rappresentativa manifestazione che dà tanto lustro a questa nostra meravigliosa
e amata Trieste». Firmato da Tiziano Scozzi (Fiom) e Umberto Salvaneschi
(Fim-Cisl) reduci da un chiarimento col collega della Fim-Uil, Franco Palman,
che invece il blocco della manifestazione l’aveva dato per assai probabile. I
lavoratori esasperati, sull’orlo di perdere il posto, ormai dappertutto si
accampano pericolosamente su torri, tralicci e cupole di San Pietro, ma a
Trieste hanno scelto il mare, la sua manifestazione più affollata e soprattutto
più mediatica. Con o senza blocco, non se la lasceranno sfuggire. Assieme alla
Sertubi, altrettanto in cima al baratro, hanno chiesto di issare sulla vela di
una barca da regata i loro striscioni, e hanno ottenuto l’assenso. Stanno
chiedendo al Comune banchetti in piazza Unità, e nei punti, e alle ore, in cui
sono attivi i microfoni. Ferriera e Sertubi pretendono che il tavolo regionale
si riunisca di nuovo già domani. E mercoledì, alla strana e strategica ora delle
7.30, terranno una nuova assemblea. «Non possiamo ottenere in 4 giorni quanto
non è accaduto in 10 anni - è il commento del sindaco Roberto Cosolini -, ma se
gli operai vogliono manifestare e farsi sentire di fronte a decine di migliaia
di persone e davanti alla grande informazione che segue la Barcolana, io dico
che la loro iniziativa non solo è da consentire, ma da sostenere. È una forma di
sensibilizzazione» Il sindaco si mette al fianco della protesta. Dettando le
regole: «Non si può bloccare però la manifestazione velistica, sarebbe solo un
dispetto alla città». Così la Barcolana, non nuova a essere usata per scopi di
“messaggio globale” (“Stop the war” durante la guerra in Croazia, “Liberate
Eugenio Bon” l’anno scorso per il marittimo sequestrato dai pirati), e nemmeno
indenne da operazioni di super-vigilanza da parte delle forze di polizia, a
partire dal post-11 settembre con lo shock globale delle Torri gemelle crollate
e il conseguente allarme terrorismo, è disposta a consentire la manifestazione
pacifica, ma teme i disordini imprevisti, le micce di chi potrebbe infiltrarsi.
«La Barcolana, proprio per l’importanza che esprime a livello mediatico -
rinforzano Scozzi e Salvaneschi - quest’anno deve avere una funzione in più, e
dare visibilità e informazione sui gravi problemi dell’industria triestina
(10,3% del Pil), dev’essere un’importante occasione di comunicazione e unione
tra noi lavoratori e tutti i cittadini, per spiegare in tutta la sua
drammaticità la situazione che 1000 famiglie stanno vivendo e l’effetto
disastroso che questo genererà su tutta la città. Anche la Barcolana non
riuscirà più a essere la splendida e grande manifestazione che è se non si
riuscirà a fermare questa deriva». «La preoccupazione di noi tutti è grande -
dice Maria Teresa Bassa Poropat, presidente della Provincia -, credo che ora ci
sia da fare subito qualcosa di concreto: afferrare al volo l’interessamento
della Maersk per “portualizzare” la banchina della Ferriera. Ci sono zero
imprenditori interessati, se ne arriva uno bisogna fargli ponti d’oro,
cominciando col seguire le indicazioni del ministro dell’Ambiente, Clini:
dividere la Ferriera in lotti e dare (politicamente) destinazione a ciascuno.
Inoltre - aggiunge Poropat - urge anche fare chiarezza. La proprietà della
Ferriera non è stata mai invitata ai tavoli regionali, e nessuno ha smentito il
direttore della fabbrica secondo cui la chiusura sarebbe ormai vicina. Dobbiamo
offrire noi delle prospettive, per esempio cedere il terreno gratis a fronte di
un piano di bonifica e così via. Proteste alla Barcolana? Forse attireranno
l’attenzione. Non ormai la nostra, visto che il problema ci è arcinoto».
di Gabriella Ziani
Botta e risposta tra sigle: «Mai votato lo stop». «Sì,
in assemblea»
«In assemblea, alla Ferriera, non si è mai parlato di bloccare la Barcolana.
Chi ha preso le decisioni?». Luigi Isaia, nuovo rappresentante nelle Rsu per la
Fiom, è netto: «La Uilm, alzando il tono della pressione, fa una politica i cui
risvolti sono aziendalisti. Ho appreso dal giornale di questa iniziativa. Noi ci
dissociamo nettamente. Cosa vado a dire alla gente della Barcolana? Che la mia
azienda ha un miliardo di debiti?». La spaccatura sindacale è nettissima. Franco
Palman della Uilm: «Certo che abbiamo votato il blocco, a fine assemblea, per
alzata di mano. La rabbia dei lavoratori è ormai insostenibile. Ma sia chiaro:
gli operai non sono contro la città, non vogliono rovinare la festa, vogliono
solo risposte certe nel bene e nel male, in primo luogo dall’azienda (è stato
chiesto un incontro con l’amministratore delegato) e poi dalla politica, che non
ne ha date per anni».
Nuova antenna Telecom a S. Croce: «Impianto sicuro?» -
ALTIPIANO OVEST
SANTA CROCE Maria Grazia Villi (pd) ha presentato un’interrogazione al
consiglio circoscrizionale dell’Altipiano Ovest. «Con una fretta insolita – si è
lavorato anche durante un temporale – i tecnici della Ericcson telecomunicazioni
per conto della Telecom hanno installato sull’antenna di Santa Croce, già di
dimensioni ragguardevoli, una nuova “stazione base per la telefonia mobile”
(cellulare). L’intervento - scrive il consigliere - anche per le modalità di
esecuzione, ha suscitato allarme nella popolazione, soprattutto tra i cittadini
che abitano nelle case a ridosso dell’impianto. Da notare che l’antenna è
collocata al confine del campo sportivo e a una ventina di metri dalla scuola
elementare. Sul cancello della palazzina Telecom sono affisse tre comunicazioni
di inizio lavori (al Comune, all’Azienda sanitaria e alla Direzione provinciale
del lavoro) ma non c’è traccia di autorizzazioni. Ritengo che le preoccupazioni
manifestate dai cittadini debbano avere una tempestiva risposta dalle autorità
competenti, in primo luogo dall’amministrazione comunale, con l’assicurazione
che sono state adottate anche in questa circostanza tutte le cautele prescritte
per impianti di questo tipo».
Terna Settembre nero per l’elettricità
Calo, drastico, della domanda di elettricità da parte di imprese e consumatori. I dati aggiornati praticamente in tempo reale da Terna hanno registrato a settembre un crollo di quasi il 10% della richiesta di energia nel Paese.
Centro Naturalistico
Oggi il Centro didattico naturalistico resterà aperto alle visite con tutte le sue esposizioni interattive dalle 9 alle 17. All’interno prosegue la mostra fotografica “La vita sommersa delle trezze Alto Adriatiche” del subacqueo Luigi Paderni.
IL PICCOLO - SABATO, 6 ottobre 2012
Rivolta Ferriera: blocchiamo la Barcolana
La proposta lanciata dagli operai in un’assemblea rabbiosa. Pronti a
unirsi anche i dipendenti della Sertubi
«Blocchiamo la Barcolana». Ieri all’affollata assemblea dei lavoratori della
Ferriera faceva più caldo che dentro l’altoforno. «Quella di bloccare la regata
del 14 ottobre non è stata la boutade del più esagitato, ma una proposta che
stiamo prendendo seriamente in considerazione se non avremo qualche certezza
entro mercoledì prossimo», giura Franco Palman, segretario provinciale Uilm e
rsu a Servola. «No la Barcolana non si farà, la bloccheremo noi e lo saprà tutta
l’Italia», hanno gridato altri operai. «Forse sarà l’unico modo per avere
finalmente visibilità nazionale», aggiunge Palman. L’incertezza sulla Ferriera è
ormai a 360 gradi. Alla possibilità di interventi da parte del sindaco o della
Procura della Repubblica per inquinamento ambientale, si aggiungono il miliardo
e cento milioni di debiti accumulati dalla Lucchini, il pericolo di chiusura nel
giro di pochi mesi denunciato dallo stesso direttore dello stabilimento,
l’assenza di acquirenti, la latitanza, perlomeno a livello ufficiale, di
imprenditori disposti a investire nell’area e la mancanza anche di un semplice
progetto teorico di riconversione evidenziata anche al Tavolo coordinato
dall’assessore regionale Sandra Savino. La rabbia dei lavoratori sta montando di
giorno in giorno e per non mettere in atto gesti estremi chiedono immediate
rassicurazioni concrete. «Ci siamo già messi in contatto con il prefetto, al
quale diamo atto dell’estrema disponibilità dimostrataci per tentare di arrivare
a una qualche soluzione almeno momentanea - spiega Palman - prendiamo atto che è
stata accolta la nostra proposta di istituire un Tavolo di crisi sulla Ferriera,
ma chiediamo che quel Tavolo si riunisca immediatamente, possibilmente già
lunedì e che a quel Tavolo venga chiamata la proprietà a dare rassicurazioni
almeno sul futuro più immediato. Infine invitiamo il sindaco Roberto Cosolini e
l’assessore Sandra Savino all’assemblea che terremo all’interno dello
stabilimento mercoledì alla 7.30 del mattino. É quanto chiediamo, altrimenti
addio Barcolana». Quasi altrettanto animata anche l’assemblea che si è svolta
sempre ieri nello stabilmento Sertubi dov’è in cassa integrazione la maggior
parte dei 208 dipendenti. «Ci è stato preannunciato dall’azienda - fa sapere
ancora Palman - che lunedì ci comunicheranno il nome del manager che dovrà
condurre la trattativa per conto di jindal Saw Italia sostituendo
l’amministratore delegato Leonardo Montesi che ha voluto rinunciare a questo
ruolo. Anche su questo versante chiediamo di accelerare e pretendiamo che venga
immediatamente convocato anche questo Tavolo di crisi per affrontare assieme al
neonominato le possibilità per superare la crisi. Perché un’altra cosa è certa:
i lavoratori Sertubi si sono già detti pronti ad affiancare domenica 14 quelli
della Ferriera.»
Silvio Maranzana
Il governo impugna la legge sulla caccia
Contestate le deroghe previste dalla norma regionale. Esultano gli
ambientalisti. Corazza: «Scontato»
TRIESTE Il governo ha impugnato la legge regionale «comunitaria» del 9
agosto scorso, nella parte che riguarda l’esercizio delle deroghe e sulle
immissioni pronta caccia. Lo rendono noto oggi il Wwf e la Lega anti caccia, che
sui profili di incostituzionalità della legge avevano inviato al Consiglio dei
Ministri due note. A finire nel mirino del Governo è la disciplina delle
deroghe, introdotta in forme che sono contrarie alla normativa nazionale e
comunitaria in materia. Il Consiglio dei ministri, in particolare, ha censurato
la mancata previsione del parere Ispra per l’autorizzazione di provvedimenti di
deroga. Il Governo ha inoltre bocciato l’articolo che affida alle riserve di
caccia il compito di stabilire i tempi e le modalità delle immissioni della
selvaggina «pronta caccia in deroga alle vigenti disposizioni di legge». Infine
viene eccepita la norma che prevede la possibilità di autorizzare i recuperatori
di fauna selvatica abbattuta muniti di armi a operare in orari e giorni di
silenzio venatorio. «Era un risultato quasi scontato - commentano i presidenti
di Wwf e Lac, Roberto Pizzutti e Alessandro Sperotto - visto che è questa legge
è solo la riproposizione di contenuti di una legge che era stata già bocciata
dalla Comunità europea con una procedura d’infrazione e in cui evidentemente chi
l’ha promossa e chi l’ha votata ha solo visto un’occasione di propaganda
elettorale per sfruttare l’ultima stagione venatoria della legislatura».
Soddisfatto anche il capogruppo consiliare dell’Idv Corazza: «Pasticciata,
imbarazzante e incostituzionale. Così avevamo definito la legge comunitaria
approvata il 26 luglio scorso, sottolineando il forte rischio impugnazione del
testo da parte del governo davanti alla Corte costituzionale. Cosa che si è
puntualmente verificata». «D’altronde - prosegue - non poteva finire
diversamente. La maggioranza che sostiene Tondo, pur di far approvare questa
legge omnibus, dentro la quale hanno infilato a forza di tutto e di più, ha
calpestato le procedure e inserito una materia, come quella della caccia,
palesemente non conferente e in netto contrasto con le normative europee».
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 5 ottobre 2012
WWF ITALIA: A CHI GIOVA LA FUSIONE TRA ACEGAS APS E
HERA? - LA FUSIONE ANDREBBE CONTRO GLI ESITI DEI REFERENDUM
Il WWF Italia scende in campo contro la proposta di fondere ACEGAS APS e
HERA, in quanto esse contraddice la volontà degli italiani espressa chiaramente
con i referendum dello scorso anno.
La creazione di una mega società per azioni per la gestione di servizi come
quello idrico o quello del ciclo dei rifiuti – annota l’associazione del Panda -
va nella direzione di condizionare agli interessi del mercato servizi essenziali
per la salute dei cittadini e per la tutela ambientale. La fusione tra Hera ed
ACEGAS APS - le multiutility che in Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia
Giulia si occupano di acqua, ma anche di rifiuti ed energia - dimostra la
volontà di gestire i servizi pubblici locali secondo una logica privatistica di
mercato, nonostante la maggioranza assoluta degli italiani, attraverso il
referendum del 12 e 13 giugno 2011, si sia pronunciata in senso contrario e
nonostante la Corte Costituzionale sia recentemente intervenuta (sentenze n. 199
e 200 del 2012) per ribadire l’esito referendario.
La logica di creare una grande società per azioni che “possa competere sul
mercato”, come sostengono i fautori della fusione, contraddice proprio l’esito
del referendum del 2011: non esiste nessun “mercato dell’acqua” su cui competere
e con il loro voto, eliminando dalla tariffa la remunerazione del capitale
investito, gli italiani hanno manifestato in maniera chiara la volontà di far
uscire il servizio idrico integrato dalle leggi del profitto, del mercato e
della borsa.
Allo stesso modo la gestione dei rifiuti deve partire dalla loro riduzione,
dalla raccolta differenziata e dal recupero di materia, mettendo da parte lo
smaltimento attraverso gli inceneritori.
Solo così sarà possibile creare sistemi di gestione ambientalmente sostenibili,
responsabili, partecipati ed economicamente solidi che possano superare gli
sprechi di risorse naturali e finanziarie.
Infine, per l’ennesima volta, si deve registrare come si prendono decisioni su
temi così importanti per le comunità senza garantire nel processo decisionale
alcun tipo di partecipazione dei cittadini che hanno saputo quanto sta avvenendo
solo grazie all’azione dei comitati e delle associazioni impegnate nel processo
di ripubblicizzazione dell’acqua.
Il dibattito che nelle regioni interessate si è aperto sulla fusione a seguito
dell’operazione trasparenza condotta dai Movimenti per l’acqua dimostra
l’interesse dei cittadini per questo tema.
È compito delle Amministrazioni e dei partiti cogliere l’occasione per avviare
profonde riflessioni, recependo i segnali che vengono dal basso senza inseguire
logiche partitocratiche e spartitorie con l’occhio rivolto alle poltrone di
futuri consigli di amministrazione.
WWF Italia
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 5 ottobre 2012
CACCIA - IL GOVERNO IMPUGNA LA LEGGE SULLE DEROGHE
Esultano WWF e Lac che avevano segnalato al Consigli dei Ministri i
numerosi profili di incostituzionalità contenuti nella legge 15 della Regione
Friuli Venezia Giulia.
Il Governo ha impugnato la legge regionale n.15 del 9 agosto 2012,
cosiddetta “comunitaria”, nella parte che attiene l’esercizio delle deroghe e
sulle immissioni pronta caccia.
A darne notizia sono il WWF e la LAC che sui numerosi profili di
incostituzionalità della legge hanno inviato al Consiglio dei Ministri due note
ben documentate.
A finire nel mirino del Governo è innanzitutto la disciplina delle deroghe,
introdotta in forme che, come avevano fatto notare più volte le associazioni,
sono nettamente contrarie alla normativa nazionale e comunitaria in materia.
Il consiglio dei ministri, in particolare, ha censurato la mancata previsione
del parere Ispra per l’autorizzazione di provvedimenti di deroga, che non
possono essere adottati dalla Giunta regionale con un procedimento che prescinde
da tale parere.
In secondo luogo il governo ha bocciato l’articolo che affida alle riserve di
caccia il compito di stabilire i tempi e le modalità delle immissioni della
selvaggina "pronta caccia in deroga alle vigenti disposizioni di legge".
“Tralasciando ogni valutazione sulla previsione circa la possibilità di derogare
a disposizioni di legge – scrive il Governo -, si deve evidenziare come la legge
n. 157/92, all'art. 16 riconosce quali strutture di caccia private solo le
aziende faunistico venatorie nelle quali possono essere effettuati ripopolamenti
entro e non oltre il 31 agosto e le aziende agri-turistico venatorie, dove le
immissioni con selvaggina allevata possono essere effettuate solamente durante
la stagione venatoria”.
A finire sotto la scure del governo, infine, la norma regionale che prevede la
possibilità di autorizzare i recuperatori di fauna selvatica abbattuta muniti di
armi ad operare in orari e giorni di silenzio venatorio. “Tale atteggiamento di
caccia – scrive il Consiglio dei Ministri - si pone in contrasto con quanto
stabilito dalla legge n. 157/92. Per questi motivi – conclude la legge regionale
deve essere impugnata ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione”.
Il commento delle associazioni.
“Era un risultato quasi scontato – commentano i presidenti di WWF e Lac Roberto
Pizzutti e Alessandro Sperotto – visto che è questa legge è solo la
riproposizione di contenuti di una legge che era stata già bocciata dalla
Comunità europea con una procedura d’infrazione e in cui evidentemente chi l’ha
promossa e chi l’ha votata ha solo visto un’occasione di propaganda elettorale
per sfruttare l’ultima stagione venatoria della legislatura”.
“E ora – aggiungono le associazioni -, dopo la notizia odierna che il Tar del
Veneto ha bocciato il calendario venatorio del Veneto, si corra ai ripari anche
in Fvg: tutte le norme bocciate dal tribunale, infatti, sono attualmente vigenti
anche nella nostra regione, dalla caccia a diverse specie di uccelli migratori
prive di appositi piani di gestione all’utilizzo di pallini al piombo fino alla
caccia all’interno delle Reti Natura 2000 perché la Regione non ha provveduto ad
effettuare la “Valutazione di incidenza” del calendario venatorio. Come se ne
bastasse, ulteriore illegittimità del Fvg riguarda il calendario venatorio, che
da noi è adottato per legge (e non con provvedimento amministrativo come
richiede la legislazione nazionale) ed è quindi slegato dalla contingente
situazione faunistica e dal parere dell'Ispra”.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - VENERDI', 5 ottobre 2012
La Costa dei Barbari sarà un’area naturale protetta
Firmato l’accordo di programma Regione-Comune, lavori per 1,7 milioni di
euro Interventi in cinque fasi con l’obiettivo di creare una zona per turismo
sostenibile
DUINO AURISINA Un primo, decisivo passo avanti nella trasformazione della
meravigliosa striscia di litorale che tutti conoscono come Costa dei Barbari in
un’area naturale protetta, usufruibile solo a scopo di balneazione. È stato
siglato infatti ieri mattina, tra Regione e Comune, l’accordo di programma che
sancisce la realizzazione dell’intervento di ripristino ambientale della zona
costiera, per uno stanziamento di 1,7 milioni di euro, ripartito a metà tra i
due enti. Un’operazione mirata al consolidamento e alla riqualificazione del
tratto di mare. Il documento, sottoscritto dall’Assessore regionale alla
Programmazione, Sandra Savino, e dal sindaco di Duino Aurisina, Vladimir
Kukanja, dunque fa decollare il progetto pilota della “Conservazione e sviluppo
dell’area Costa dei Barbari”, attraverso un recupero ambientale e storico che
mira a preservare la fauna e la flora autoctone, nonché a riqualificare antichi
manufatti presenti in loco, con la creazione appunto di una riserva naturale,
che sarà usufruibile solamente per la balneazione. L’accordo di programma dà
seguito agli obiettivi di un protocollo d’intesa a suo tempo sottoscritto tra
Regione e Ministero dell’Ambiente, per dare impulso a progetti pilota nel campo
delle energie e del turismo sostenibile. Per la realizzazione dell’intervento la
Regione ha stanziato 847 mila euro delle risorse statali: la rimanente parte
sarà finanziata dal Comune di Duino Aurisina con fondi propri. Cinque le fasi
previste per l’attuazione del progetto. La prima prevede la riqualificazione
della viabilità urbana e il collegamento tra Borgo San Mauro e la Costa dei
Barbari, grazie all’ampliamento del sottopasso pedonale, a nuovi marciapiedi,
belvedere e pensiline autobus, cui farà seguito, nel secondo step, la
sistemazione dei principali percorsi pedonali, con la realizzazione di un
parapetto in pietra carsica, la messa in sicurezza dei sentieri, alcune opere di
ingegneria naturalistica e d’illuminazione. Nella terza fase, invece, saranno
realizzati interventi di miglioramento ambientale, pertanto servizi igienici,
impianti fognari e un sistema antincendio, mentre nella quarta è previsto il
recupero di alcuni manufatti storici. Infine, la riqualificazione del percorso
pedonale a raccordo tra il centro dell’abitato di Sistiana e la Baia. «È stato
fatto – ha spiegato il sindaco Kukanja - un passo di grande importanza sulla
strada della valorizzazione, e non solo sotto il profilo ambientale, di un
prezioso sito della nostra costiera. Esprimo pertanto la convinta soddisfazione
dell’amministrazione comunale, che darà corso con sollecitudine a tutti gli
adempimenti connessi. Non posso però non riconoscere – ha concluso - che si
tratta di un progetto già avviato dalla precedente amministrazione, guidata da
Giorgio Ret, cui va la nostra riconoscenza». A voler commentare la sigla
dell’accordo di programma, ieri, anche il consigliere dell’opposizione Massimo
Romita, capogruppo Pdl: «La firma tra la Regione e amministrazione comunale è la
fine, o meglio il nuovo inizio, di un percorso che abbiamo iniziato con
convinzione e soprattutto con concretezza durante il precedente mandato. Senza
alimentare polemiche – ha proseguito – vorrei dire che abbiamo lasciato delle
progettualità e dei finanziamenti riguardanti tutto il territorio comunale,
nell'ottica di una visione complessiva e non per singole aree. Le tempistiche di
approvazione, finanziamento ed esecuzione sono sicuramente differenti rispetto a
quelle preventivate, ma il progetto finale è e rimane unico. Un plauso alle due
amministrazioni per aver voluto con convinzione portare avanti tale operazione e
un ringraziamento ancora una volta all'amministrazione regionale per aver capito
l'importanza strategica della nostra area di Duino Aurisina».
Tiziana Carpinelli
Quagliarello (Pdl): «Per Servola il governo usi lo
stesso approccio tenuto per Taranto»
«Chiediamo che l’approccio seguito sul caso Ilva, ambiente e lavoro come
beni complementari da tutelare, diventi un paradigma consolidato per affrontare
altre situazioni difficili come ad esempio quella della Ferriera di Servola
evocata dal collega Camber nel corso della discussione generale rispetto alla
quale è stato accolto dal governo in commissione un ordine del giorno nella cui
rapida attuazione quest’aula ripone fiducia». Lo ha affermato il senatore
Gaetano Quagliarello, vicecapogruppo del Pdl in Senato prima che fosse approvato
il provvedimento sul risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio
della città di Taranto. L’ordine del giorno di Giulio Camber, che è stato
accolto dal governo, era incentrato sulle aree che nel comprensorio di Servola
sono di pertinenza del Demanio marittimo portuale e impegnava il governo ad
avviare le procedure di bonifica.
Piazza Venezia e via Economo Parcheggi a pagamento -
COMMERCIANTI IN RIVOLTA
Raccolta di firme a sostegno di una petizione da parte dei residenti
anche di via Lazzaretto vecchio e Salita Promontorio. L’assessore: agevolazioni
per gli abitanti
Una raccolta di firme a sostegno di una petizione che esprime «contrarietà
alla previsione di destinare alla sosta a pagamento l’area compresa fra piazza
Venezia e via Economo», incluse «via Lazzaretto vecchio e salita Promontorio».
L’hanno promossa alcuni commercianti ed esercenti della zona alla fine delle
Rive cittadine, quella che arriva sino a Campo Marzio: a loro si sono uniti
altri cittadini che vi risiedono o lavorano. Lo scritto è già stato depositato
in Comune. I firmatari rilevano come l’area sia «prettamente residenziale» e
pertanto, nel caso l’amministrazione Cosolini non faccia retromarcia, quanti ci
abitano «saranno costretti a dover acquistare un box auto o a sottoscrivere
esosi abbonamenti a fronte di un beneficio per la collettività molto ridotto». I
commercianti, dal canto loro, temono una riduzione della clientela: «Molte
persone - recita il documento - sarebbero indotte a recarsi altrove pur di non
dover pagare la sosta per effettuare un acquisto veloce o bere soltanto un
caffè». Viene inoltre segnalato come in zona siano presenti non solo sedi
universitarie ma anche di associazioni culturali, che «vedrebbero diminuire il
proprio numero di utenti». Secondo i promotori della petizione, insomma, il
rischio è che la porzione di città fra piazza Venezia e via Economo si tramuti -
con la decisione di sistemarvi i cosiddetti stalli blu - in un «deserto». Ed
evidenziano come oggi sia «sottoutilizzata» la vicina area di parcheggio a
pagamento dell’ex Bianchi, così come quella della Sacchetta. La bozza del nuovo
Piano del traffico, consultabile anche via web sulla Rete civica del Comune,
prevede che nell’area piazza Venezia-via Economo gli attuali spazi per la sosta
libera siano trasformati in tratti con parcheggi a pagamento. A «condizioni
agevolate per i residenti», sottolinea subito l’assessore a Mobilità e traffico
del Municipio, Elena Marchigiani. Il progetto dell’amministrazione, infatti,
prospetta per chi risiede nella zona quattro ore gratuite al giorno, cioè dalle
8 alle 9 del mattino e poi dalle 17 alle 20, posto che nella fascia 20-8
parcheggiare sarà gratis per tutti anche lì. I residenti pagheranno dalle 9 alle
17 una cifra pari a 60 centesimi all’ora. Tariffa da “zona rossa”, invece, per
tutti gli altri dalle 8 alle 20: 1,40 euro all’ora con importo minimo di 70
centesimi per mezz’ora di sosta. Il quadro è questo. E ha innescato la protesta.
Sulla quale Marchigiani si limita a osservare: «La logica del Comune non è
quella di fare cassa, ma si basa su un principio di coerenza per tutto il Piano
del traffico cioè quello secondo cui il centro cittadino debba essere un unico
spazio privilegiato. Nel quale non esistano zone di serie A e zone di serie B -
continua Marchigiani -. Se si vuole una migliore qualità della vita, se la
richiesta è di nuove aree pedonali e sostenibili, non è possibile concepire la
strada, in una zona di valore, come uno spazio di parcheggio fisso».
(m.u.)
L'ENERGIA DEL SOLE - Lo slalom fra incentivi e regole - il sogno BOLLETTA ZERO
IN RITARDO, COME AL SOLITO MA L’ITALIA PUÒ RIMEDIARE
Il Paese d’o sole ha lasciato passare per anni il treno dell’energia solare,
mentre, paradossalmente, la Germania ci saltava sopra, produceva energia,
brevettava ed esportava tecnologie. Eppure fin dagli anni ’70 c’erano da noi
pionieri con un pannello solare sul tetto, se non altro per avere sempre acqua
calda, e la federazione delle Municipalizzate pubblicava studi favorevoli
all’energia derivata dal sole. Anche dopo lo shock petrolifero del ’73 non ci
furono incentivi di sorta. Pensate se avessimo installato pannelli solari sui
tetti dei quartieri dell’edilizia economica, sociale, cooperativa costruiti da
allora a oggi. O se avessimo agevolato il tipico “fai-da-te” italiano. Avremmo
già consolidato, in modo programmato, una fonte rinnovabile risolutiva. E ci
saremmo risparmiati tanto inquinamento da carbone, nafta e gasolio. Gli
incentivi sono arrivati soltanto pochi anni or sono, in modo tanto generoso
quanto confuso, e siamo andati al galoppo. Oggi abbiamo raggiunto posizioni di
vertice in Europa con 6,9 gigawatt (Gw) di potenza installata nel 2011 contro i
3,2 dell’anno precedente (+ 116,5 %) e, secondo il presidente dell'Enel, Fulvio
Conti, potremmo arrivare a 30 Gw nel 2020. Stime più prudenti parlano comunque
di 22-23 Gw. Una quota impensabile pochi anni fa. Il problema è “come” ci
arriveremo. La diffusione dei pannelli solari è infatti avvenuta, grazie ai
forti incentivi (che tuttavia pesano molto sulle nostre bollette) senza piani di
sorta. Come per l’eolico del resto, che in Italia sta deturpando il paesaggio e
minacciando il turismo senza dare per contro risultati energetici importanti
essendoci da noi due o tre zone appena in cui il vento soffia in modo forte e
costante (la nostra ventosità è meno della metà di quella nord europea). La
corsa al solare e al fotovoltaico si è sviluppata dunque in modo disordinato,
soprattutto nelle campagne dove investitori non agricoli hanno coperto
vastissimi appezzamenti di terreni coltivati coprendoli con una foresta di
pannelli. In Puglia – dove già le torri eoliche svettano su paesaggi intatti –
si parla di migliaia di ettari sottratti a coltivazioni anche di pregio. Aree
significative hanno fatto la stessa fine in Emilia-Romagna e nel Lazio, nella
Maremma laziale, dietro Montalto di Castro e anche in Toscana. Del resto, se i
singoli agricoltori chiedono di potersi fare l’eolico, o meglio, il solare di
fattoria, le banche chiedono loro di ipotecare la casa. Da poco il ministro
delle Politiche agricole, Mario Catania, ha fissato uno stop agli incentivi per
quanti non pongono i pannelli solari sui tetti delle case e dei capannoni,
oppure su terreni abbandonati, ma su aree a coltivo. Un gruppo di intellettuali
importanti – fra cui l’economista Giorgio Ruffolo, il filosofo Remo Bodei e il
giurista Stefano Rodotà – hanno chiesto al governo guidato da Mario Monti di
rivedere in quel senso la politica degli incentivi considerando «il paesaggio un
bene primario, costituzionale». Fondamentale per il turismo, per l’agri-turismo,
per le produzioni pregiate. Adatte al fotovoltaico sono sicuramente le aree
industriali, magari dismesse. La mappa del fotovoltaico vede in testa le regioni
del Nord. Curiosamente perché O sole mio caratterizza il Sud (e le riviere
liguri, se vogliamo). Ma a settentrione ci sono più capitali, e poi ci si
orienta non su maxi-parchi bensì sul fotovoltaico diffuso, con tante
installazioni piccole e medie. La più grande fabbrica italiana di pannelli è
stata però inaugurata a Catania, la 3Sun (Enel, Sharp e Stm), con una capacità
produttiva iniziale di pannelli per ben 160 megawatt l’anno. Rispetto
all’eolico, invasivo e pesante, il fotovoltaico diventerà sempre più adattabile
e flessibile. Oltre ai pannelli, avanzano sul mercato le nuove tecnologie a film
sottile, si brevettano tetti con tegole che captano il sole, oppure vernici
speciali per navi e imbarcazioni. Due problemi di fondo: finanziare di più la
ricerca applicata al solare e creare smart grid, cioè reti intelligenti di
distribuzione. Temi strategici per l’Italia.
VITTORIO EMILIANI
Il futuro sorride ai pannelli solari
Gli incentivi non saranno eterni ma in futuro non serviranno In passato
troppi approfittatori, come evitare la beffa
«Incentivi eterni? Ma no. Anzi la linea dell’Europa, che potrebbe essere il
futuro, è senza incentivi. E forse è meglio». A parlare è il fisico di una fra
le tante aziende italiane del fotovoltaico. Non può parlare a nome dell’azienda
per cui lavora e quindi non se ne può fare il nome. Quando viene raggiunto è il
venerdì sera, sono le 21,30, è competente e disponibile, spiega con chiarezza.
Non si preoccupa né di apparire sui media, né di scappare perché s’è fatto
tardi. Appartiene a una delle tante Italie diverse all’avanguardia, appunto
quella del fotovoltaico. Piena di problemi, certo, ma anche di risultati. Si
sono deturpate le campagne per riempirle di pannelli, s’è arricchito più di uno
speculatore ma si sono anche creati molti posti di lavoro. La strana alleanza.
Uomini d’affari, ecologisti e politici alleati per una volta in una grande
impresa, quella di fare dell’Italia una delle patrie del fotovoltaico: con i
14.541 GWh prodotti nel maggio di quest’anno, in Italia, grazie a questa fonte
potrebbe essere soddisfatto il fabbisogno energetico di tutte le famiglie del
Sud del nostro Paese. Quasi una magia, ma alimentata da grandi capitali. Non
basta: nel 2011 abbiamo battuto la Germania e siamo diventati il primo mercato
mondiale. Anzi nel 2011 la potenza fotovoltaica italiana ha rappresentato il 33
per cento di tutto il mercato globale. Dati molto significativi, diffusi dal
Gestore servizi energetici (Gse) la società controllata dal ministero
dell’Economia che ha anche il compito di gestire ed erogare gli incentivi alla
produzione di elettricità da fonti rinnovabili. La storia del fotovoltaico. La
magia è tutta in questo miracolo: energia dal sole. Fu un ragazzo francese di 19
anni a scoprire che questo era possibile, cioè a inventare il fotovoltaico,
nell’anno 1839. Si chiamava Alexandre-Edmond Becquerel. Fu però solo nel 1953
che il fisico Gerald Pearson, nei laboratori Bell, utilizzò per caso il silicio
e realizzò una vera e propria cella. La scoperta fu perfezionata da due altri
scienziati della Bell, Darryl Chapin e Calvin Fuller, che realizzarono una cella
in grado di alimentare dispositivi elettrici. Come funziona. Come avviene il
miracolo? Le cellule fotovoltaiche (composte soprattutto di silicio purissimo,
ma ora anche di altri materiali) sono le componenti dei moduli che, a loro
volta, compongono i pannelli. I pannelli trasformano l’energia solare in
corrente. L’energia raggiunge l’inverter che converte l’energia continua in
corrente alternata. Lo sviluppo italiano. Lo sviluppo italiano in questo settore
è stato impressionante. Già negli anni ’90 il nostro Paese era all’avanguardia
nel settore e, con 25 Mw, al primo posto in Europa. Non c’è dubbio che il
seguito dello sviluppo, dopo il 2000, è stato addirittura vorticoso, grazie a
una politica di incentivi generosi che ha favorito la speculazione. I tagli di
Monti. Come ha recentemente osservato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini,
«c’è stata una fase in cui produrre energia on il fotovoltaico generava vantaggi
del 20%, il che mi pare un po’ troppo». Anche in agricoltura, i cui bilanci
realmente asfittici sono stati talvolta gonfiati da questa possibilità: tanto
che il primo intervento del governo del premier Mario Monti è stato proprio su
questo. L’articolo 65 del decreto di gennaio dice che «per gli impianti solari
fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, non è consentito
l'accesso agli incentivi statali». L’inizio di una nuova politica. Anche contro
le beffe.
Ludovico Fraia
Vantaggi e difficoltà Chi l’ha già fatto ci aiuta a
scegliere
Gli slalom fra delibere e energia da vendere al gestore «Investimento a
lungo termine ma ne vale la pena»
Conquistati dalla prospettiva di produrre energia pulita, sedotti dalla
possibilità di poter risparmiare sulla bolletta della luce, circa 50mila
italiani si sono convertiti in meno di dieci anni al fotovoltaico. Un mercato in
rapido e continuo sviluppo, come anche il sistema di incentivi regolato e
scandito da decreti ministeriali. Soddisfatte dell’impianto come della
produzione di energia, molte famiglie però spiegano che le annunciate “bollette
a costo zero” non esistono e si lamentano della gestione di Gse, il Gestore dei
servizi energetici. Elena Bottazzi, imprenditrice dell’agricoltura di 47 anni,
vive a Vergiate (provincia di Varese) e ha installato i pannelli sul proprio
tetto nel 2003. Allora c’erano bandi di gara per ricevere incentivi a fondo
perduto e i “Conti energia” – programmi che incentivano in conto esercizio
l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici connessi alla rete
elettrica – non esistevano ancora. «L’impianto è costato circa 20mila euro –
spiega la signora Bottazzi – io ne ho messi circa seimila che avrei dovuto
recuperare negli anni, ma così non è stato. O meglio, tutto ha funzionato
piuttosto bene fino al 2009, quando l’intera gestione era dell’Enel. Poi è
arrivata Gse e le entrate sono diventate molto esigue perché il gestore paga al
minor prezzo di mercato: da 0,05 a 0,09 centesimi a kilowatt (a seconda delle
fasce orarie), mentre sulla fattura Enel il costo del kwh con tasse, accise e
iva si aggira intorno a 0,22 centesimi». Quanto produce il suo impianto? «È di
2,84 kw, quindi nel momento di picco, cioè nelle ore più calde della giornata,
produce 2,84 kilowatt. In media la mia produzione è di 3.200 kw all’anno e la
mia abitazione ne consuma quattromila, per cui potrei essere quasi
autosufficiente, invece devo anticipare quello che consumo». Lo rifarebbe? «Sì,
perché comunque il risparmio c’è. Tutta l’energia che produco è a costo zero, è
pulita, ed è bello vedere girare il contatore al contrario. Prima pagavo 200
euro di bollette a bimestre, ora invece circa 100. Non ho avuto difficoltà
nell’iter di installazione, di tutte le pratiche si è occupata una società
specializzata». Per alcuni invece, l’esperienza con le ditte installatrici è
stata difficile se non pessima. Ad esempio, Edward Scherer, pensionato di 70
anni, ingegnere elettronico, vive a Bolzano e nel 2008 ha montato un impianto da
6,8 kw (quindi più potente dell’impianto base, e ha un Conto energia che
considera molo vantaggioso) del quale è soddisfatto, ma «non sono contento delle
ditte installatrici» conferma aggiungendo di aver speso «20-30mila euro per
l’impianto». Sul fronte bollette e guadagni invece, Scherer paga circa 2-300
euro a bimestre per il suo consumo di energia, mentre per quella che produce e
mette in rete, Gse gli versa trimestralmente rimborsi che variano «da 170 a 600
euro». Cifre delle quali non si lamenta, ma dubita che riuscirà ad ammortizzare
la spesa dell’impianto in dieci anni, come pubblicizzato. Anche Aurelio Truant,
47 anni, di Castelfranco Veneto (Treviso), impiegato, ha avuto una brutta
avventura con gli installatori di pannelli. Ora, dopo oltre un anno di
traversie, il suo impianto base da 2 kw («dieci pannelli fotovoltaici» precisa)
montato nel 2010 sul tetto di una casa da 75 metri quadri, funziona a regime.
«Ho aderito al secondo Conto Energia con un incentivo di 0,42 centesimi a kwh –
spiega Truant – Il costo dell’impianto è stato di 14.500 euro e pago circa 180
euro al mese per il finanziamento preso. Non sono ancora in grado di dire se
risparmio, ci vorrà un anno e mezzo prima di capire se il mio investimento è
stato buono. Intanto però, posso dire che la rata del finanziamento doveva
essere completamente ricoperta dai rimborsi di energia immessa in rete con il
regime di scambio sul posto (l’energia che l’impianto produce va direttamente in
rete, mentre quella consumata viene prelevata in un momento differente da quello
della produzione, ndr). Ma così non è. I pagamenti di Gse sono di circa 200-250
euro ogni tre, quattro mesi. Dall’inizio del 2011 a oggi ho pagato circa 3.600
euro di finanziamento ed ho portato a casa da Gse solo 700 euro. Ci vorranno
almeno quattro, cinque anni prima di rientrare dell’investimento. E solo dopo 10
anni si cominceranno a portare a casa dei “soldini”. Comunque lo rifarei, perché
ci credo». Destreggiarsi nelle delibere del secondo, terzo, quarto e ora quinto
Conto energia non è cosa semplice per i cittadini. Lucia Santi vive a Mestre, ha
montato un impianto di 3,3 kw di picco, ha speso 30mila euro e sottoscritto un
Conto energia con incentivi datati 2011, «quindi circa 0,35 centesimi a kwh» (Gse
ricorda che «in base alla tipologia di impianto, alla data di entrata in
esercizio e alla sua potenza sono previste diverse tariffe incentivanti»). «Le
bollette, di circa 200 euro a bimestre, sono leggermente diminuite – dice – ma
quello che conviene davvero è il solare integrato: per il riscaldamento è una
vera svolta e ti fa risparmiare molto sul consumo del gas».
Annalisa D’Aprile
Incentivi e risparmi una guida per scegliere
Le nuove leggi favoriscono i piccoli impianti, penalizzati in passato C’è
un tetto per le somme erogabili di 6 miliardi e 700 milioni
Fotovoltaico più facile e conveniente per i piccoli che per i grandi. È una
fra le conseguenze del fotovoltaico secondo Mario Monti che, anche in questo
campo, ha innovato, tagliando i costi (ma non solo). Eppure, anche dopo la
recente svolta, il mondo di questa energia rinnovabile resta abbastanza
complicato e non sempre comprensibile ai non addetti ai lavori. Piccoli
impianti. Mettiamo dunque che siate una persona non ricca interessata al
fotovoltaico e che vogliate entrarci ora, dopo la svolta di Monti. Ora sappiamo
che la maggior parte di noi ha in casa un impianto elettrico tradizionale di tre
kilowatt. Una potenza equivalente ve la può fornire anche un impianto
fotovoltaico: ecco che Monti vi è venuto incontro perché dal 27 agosto scorso è
scattato il nuovo sistema di incentivi che vi favorisce, quello del quinto conto
energia. Il quinto conto è un fondo riservato agli incentivi limitato nella
quantità: è per questo che si chiama conto, perché a un certo punto finisce. La
fine del quarto conto. C’era un quarto conto, per esempio. È finito il 12
luglio, quando si è scoperto che la spesa dello Stato per gli incentivi aveva
già superato i sei miliardi. Monti ha deciso: oltre i sei miliardi regole e
conto nuovi. Ecco il quinto, più restrittivo. Come calcolare gli incentivi. Ma
che ne sapete del conto energia e di quanto è stato speso e resta da spendere?
Ecco a che serve il contatore fotovoltaico: collegatevi con il sito del Gse
(Gestore dei servizi energetici) nella homepage trovate il contatore. In verde
sulla tabella grigia c’è il numero del conto energia. A voi interessa
soprattutto la somma totale del conto energia che, nel momento in cui si scrive
sfiora i 6 miliardi 338 milioni 79mila 464 euro. Allora? Allora Monti ha deciso
che per quest’anno questo quinto conto energia non possa superare i 6 miliardi e
700 milioni di euro. Facendo la sottrazione – che potrete fare anche voi quando
leggerete – scoprirete quanto resta per gli incentivi. Ora sono 361 milioni
920mila 356 euro. Ecco quanto resta per voi. No a impianti oltre 12 kW.
Scartiamo subito l’ipotesi che vogliate realizzare un impianto superiore ai 12
kW. Perché? Perché per realizzare un tale impianto occorre richiedere
l’iscrizione a uno speciale registro. Per iscriversi è tardi. Un impianto di 3
kW. È l’impianto da 3 kW la misura ideale della strategia Monti per il
fotovoltaico. Deve prevalere l’autoconsumo che comporta che uno usi la corrente
che produce. Scaldabagno e lavastoviglie, dunque, vanno usati quando c’è il
sole, e non di notte. Gli autoconsumi possibili con una riorganizzazione sono
nell’ordine del 60-70%. I costi. I prezzi di un impianto di 3 kW sono in
continua discesa e dipendono dalla qualità dei moduli e dall’estensione. Tre le
possibilità: 1) un impianto a silicio cristallino di 20 metri quadri costa poco
meno di 8mila euro Iva compresa; 2) un impianto a silicio e film sottili di
35-40 metri quadri varia tra i 7 e gli 8 mila; 3) un impianto misto di elevata
qualità riduce lo spazio a 15 metri quadri ma costa tra i 10 e gli 11mila.
Ludovico Fraia
Quanto ci si guadagna - i conti in tasca
La società Lightland ha calcolato i guadagni di chi installa un impianto
della potenza di 3 kW sono di tre tipi: 1) incentivi dello Stato nella forma di
tariffa onnicomprensiva; 2) tariffa premio di autoconsumo; 3) risparmio in
bolletta. L’impianto produce 1.300 kWh per ogni kWp installato, quindi 3.900
kWh. Il consumo medio annuale di una famiglia media è di 3.300 kWh. Premesso che
l’impianto sia installato su edificio, che il materiale sia il più conveniente,
che l'impianto venga allacciato nel primo semestre del quinto conto energia
(cioè entro marzo). L’impianto rende circa 800-1.100 euro l'anno. Poiché gli
incentivi durano vent’anni la redditività totale oscilla tra 15mila 500 e 22mila
euro.
Sul nostro sito documenti, video e approfondimenti -
L’INSERTO SUL WEB
Sul sito internet del nostro giornale potrete approfondire
ulteriormente la vostra conoscenza sull’energia del sole. Oltre a tutti gli
articoli di questo inserto, alcuni dei quali in una forma più dettagliata,
on-line troverete anche video, foto, tweet, documenti, glossario e cifre. Ecco
il dettaglio degli approfondimenti. Normativa. A portata di clic, i decreti e le
delibere vigenti indispensabili per orientarsi nel mondo dell’energia
rinnovabile e affrontare la burocrazia. I testi sono nella loro versione
integrale e si possono ingrandire e scaricare. Aggiornamenti. Potete leggere in
tempo reale, tutti i tweet postati su #fotovoltaico e i nostri servizi.
Video-intervista. Conviene o non conviene il fotovoltaico? La testimonianza di
una signora di Varese che ha un impianto in casa da dieci anni. Design. Una
panoramica sulla creatività tutta italiana: impianti di ultima generazione che
hanno ottenuto riconoscimenti internazionali, come la copertura fotovoltaica in
Vaticano.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 4 ottobre 2012
Car pooling, Legambiente lancia la sua piattaforma
online
Il car pooling ha ora un nuovo strumento di diffusione. Legambiente
lancia la nuova piattaforma online in favore di una mobilità sostenibile,
attraverso la quale verrà promossa la condivisione dei posti auto puntando a una
riduzione del numero delle vetture in circolazione nelle città. Il servizio sarà
attivo per tutti, soci e non.
Il car pooling ha rispetto al car sharing una sostanziale differenza: non è
l’auto a essere in condivisione, quanto appunto i posti a sedere. Il meccanismo
è semplice. Occorre innanzitutto iscriversi al sito e registrarsi come
conducente, viaggiatore o in entrambe le categorie. A quel punto basterà
inserire la propria richiesta nel motore del sito, sia che offriate il passaggio
o ne siate al contrario alla ricerca: il sistema si occuperà di abbinare le
vostre necessità con quelle degli altri utenti registrati.
A disposizione dei conducenti anche la possibilità di richiedere un contributo
per le spese di viaggio ai passeggeri, quota che verrà indicata dallo stesso
sistema al momento della pubblicazione dell’annuncio. Quest’ultimo potrà essere
inserito, sia in richiesta che in offerta, specificando alcuni dettagli come:
la possibilità o meno di portare bagagli; animali ammessi o non ammessi;
ammissibilità di deviazioni lungo il percorso; fumare a bordo; ascolto di musica
durante il tragitto; disponibilità alla conversazione.
Un ulteriore strumento è offerto alle donne che intendano avvicinarsi a questo
servizio, ma avessero dei timori legati alla propria sicurezza. Per loro è
prevista la possibilità di selezionare la cosiddetta “opzione rosa”, ovvero la
presenza esclusiva di passeggeri di sesso femminile. I guidatori che vogliano
assicurarsi una buona “reputazione” all’interno della piattaforma possono
registrarsi inserendo il proprio numero di targa e inviando copia del proprio
documento d’identità.
Un servizio che si afferma, sottolinea Legambiente, per la sua totale
trasparenza e la possibilità di ridurre l’impatto ambientale dei viaggiatori a
fronte di un certo risparmio economico. Per un confronto sui prezzi basta
visitare il sito
carpooling.legambiente.it e verificare con
mano: i contributi richiesti saranno, specialmente se verificati “last minute”,
certamente inferiori non soltanto a un viaggio solitario in auto, ma anche alle
più economiche tariffe ferroviarie.
Claudio Schirru
IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 ottobre 2012
SEGNALAZIONI - TRAFFICO Un piano sbagliato
Fra pochi giorni non saranno più recepite modifiche per il piano del traffico, pertanto verrà democraticamente dato il via anche all’attuazione della nuova sistemazione dei parcheggi. Si è tanto parlato di spostamento o riduzione dei parcheggi per le due ruote, ma silenziosamente verrà completata un’altra piccola rivoluzione: niente più parcheggi liberi in centro, e ai residenti il contentino delle tariffe agevolate (sull’ordine, se tutto va bene, di 130 € al mese). I residenti in centro sono pochi e di conseguenza hanno poco potere contrattuale, sono già abituati negli anni a subire una progressiva riduzione dei posti macchina liberi in strada, dunque l’operazione procede senza scossoni. Ma in nome di cosa? Naturalmente di un centro più vivibile! In altre parole, anche gli automobilisti, e non più solo i motociclisti, potranno arrivare con il proprio mezzo quanto più vicino al negozio del centro dove sbrigare le proprie commissioni. Ciò darà respiro al commercio e all’economia della nostra città: ecco la soluzione per il periodo di crisi economica, ecco la vivibilità raggiunta a Trieste! Una volta, parlando di vivibilità, si pensava a una riduzione del traffico e dell’inquinamento. No, non confondiamo: le alte tariffe orarie permetteranno una continua rotazione dei parcheggi, e anche questo sarà occasione di maggior traffico e inquinamento. Il centro di Trieste non sarà libero dalle macchine, ma diventerà un “parcheggio diffuso”. Proprio come gli “alberghi diffusi” che sono di moda oggi nelle località che non dispongono di vere strutture alberghiere. E poi potremo continuare a scrivere sui tabelloni elettronici all’ingresso della città “usa il mezzo pubblico” e così ribadiamo una buona intenzione che, a quanto pare, si intende lasciare tranquillamente sulla carta. Non si tratta solo di continuare a penalizzare chi è residente in centro, si tratta di affossare ancora una volta la possibilità di un cambiamento per la nostra città. E chi ha possibilità politica di dar peso a questa protesta tacerà una volta di più rintanandosi nel melmoso compromesso che fa andare avanti questo piano?
Paolo de Mottoni
SEGNALAZIONI - Città Ciclabile trascurata
La ciclo-pedonale che inizia a Ponziana a va su su verso Cattinara, San Giuseppe, eccetera è bellissima. Non sono arrivata oltre a San Giuseppe anche perché bisogna ritornare al punto di partenza. Premetto che io la percorro a piedi ed è piacevole, tenuta bene, curata, fino all'incrocio di via Costalunga, da lì a Ponziana, passando davanti al Burlo, per un chilometro, è trascurata al massimo, lo spazio pedonale è invaso da erbacce per tutto il percorso, per non parlare poi dello slalom che devi fare per evitare di calpestare i regalini dei nostri amici animali. Prima di parlare di altre ciclabili, per favore, pensate alla manutenzione di questa che è molto frequentata da bambini con le loro biciclettine, accompagnati dai genitori e da gente di ogni età. Grazie Provincia!
Claudia Gardelli Barin
C’è una “seconda Ferriera” - Tremano altri cinquecento
Sono i dipendenti delle ditte dell’indotto. Chi può cerca di sganciarsi
dalla Lucchini Azeta iniziative si sta specializzando in banconi d’acciaio per i
supermercati Coop
C’è un’altra “Ferriera” che vive grazie alla Ferriera e che in questi mesi è
a propria volta dentro un incubo. Sono le aziende dell’indotto, alcune delle
quali in uno stato di doppia incertezza perché operano anche per Sertubi.
Occupano 300 persone secondo stime rapide, ma considerando anche un piccolo
“indotto dell’indotto” e includendo le ditte che gestiscono la mensa e la
pulizie quotidiane, oltre a quelle più grosse, metalmeccaniche, di carpenteria,
di impiantistica e che fanno anche le complesse e delicate operazioni di
bonifica sugli impianti, le famiglie che potrebbero trovarsi da un giorno
all’altro senza mezzi di sostentamento sarebbero ben cinquecento. Il loro
equilibrio precario rimane nell’ombra, ma dietro al quasi mezzo migliaio di
dipendenti di Servola e ai 208 della Sertubi, ci sono anche loro. Come fare a
sopravvivere? Chi può, sta tentando di sganciarsi da Servola e di riconvertire
l’attività. Per un verso sono i più fortunati, sono lavoratori dell’indotto “in
fuga dalla Ferriera”. É il caso di Azeta iniziative, società che ha sede in via
Ressel nel comune di San Dorligo della Valle e che ha iniziato l’attività nel
2000 grazie alla volontà dei suoi soci di sviluppare e offrire capacità
professionali nel campo delle manutenzioni industriali, della carpenteria, delle
lavorazioni meccaniche. «Siamo in 35 - racconta il titolare, Eric Renzi - e in
questo momento riusciamo a lavorare tutti, ma è un miracolo perché abbiamo fatto
già cassa integrazione nel 2009 e anche quest’anno a gennaio-febbraio sempre a
causa di insolvenza della Ferriera che ancora continua a pagarci con grave
ritardo. Fino a due anni fa il 50% delle nostre attività erano per la Lucchini,
siamo riuscite a ridurle al 20%. Ci vuole fantasia, siamo riusciti a
riconvertirci, ad aggiornare e a addestrare a nuovi compiti i nostri dipendenti,
anche se non tutti». Il cambio di rotta di Azeta iniziative è lo specchio dei
mutamenti che sta subendo l’economia della città, ma è un’economia per molti
versi malata perché l’industria è ridotta al 10% del Pil della provincia. «Una
delle poche grosse aziende che tirano a Trieste sono le Cooperative operaie -
spiega Renzi - i nostri operai che fino a poco fa facevano lavori di carpenteria
per Servola ora costruiscono banconi per i supermercati, in particolare per i
settori di macelleria e pescheria che sono perlopiù realizzati in acciaio.
Adesso stiamo lavorando forte per il grande supermercato che si sta costruendo a
Duino, ma i carichi di lavoro che ci aspettano nel 2013 sono molto al di sotto
del nostro attuale organico. Temo che dovremo ridurre il personale». Renzi ha
partecipato anche al Tavolo sulla riconversione coordinato dall’assessore
regionale Sandra Savino, ma ne ha ricavato un’impressione tutt’altro che
positiva: «Non esiste un progetto alternativo e soprattutto non si palesano
imprenditori disposti a investire». Stessa situazione, se non peggiore per Sprea
srl, sede in via Roma, che ha una ventina di dipendenti ed è specializzata in
pulizia di impianti industriali e aspirazione di polveri e fanghi. «Già mesi fa
abbiamo fatto un periodo di cassa integrazione - spiega il titolare, Mario
Pitteri - ma adesso veramente rischiamo di dover chiudere un’azienda che ha
oltre cinquant’anni di vita. La Ferriera ci paga con cinque, sei mesi di
ritardo, situazione difficilmente sostenibile anche perché è nostro costume
pagare regolarmente gli stipendi. Da due anni e mezzo stiamo attraversando una
situazione difficile, ma ormai è diventata una forte incognita anche il futuro
più immediato. Lavoriamo un po’ per Wärtsilä, ma non è sufficiente perché altri
grandi industrie che possano offrirci lavoro in zona non esistono proprio.»
Silvio Maranzana
Step impianti in 42 a Servola con incarichi delicati -
LA PIU' GROSSA
«Non siamo mai stati invitati ad alcun incontro e a nessun Tavolo, nessuna
amministrazione ha voluto sincerarsi della nostra situazione, ma se ne
accorgeranno tra breve quando la bomba sociale esploderà». Il più arrabbiato di
tutti è Pompeo Tria anche perché non guida una ditta dell’indotto, ma un’azienda
che dà lavoro, finché ce ne sarà, a cento persone: è la Step Impianti con sede
in via Flavia 130, «non solo la più grande azienda esterna a lavorare per la
Lucchini, ma anche una grande azienda del Friuli Venezia Giulia che a propria
volta ha un indotto di altre cinquanta persone». «Ogni giorno - spiega Tria - 42
dei nostri cento dipendenti lavorano alla Ferriera di Servola. Si occupano degli
impianti industriali e elettrici, fanno lavori di carpenteria, meccanica e
tubisteria. Dodici dei nostri hanno un compito particolarmente delicato legato
al controllo delle immissioni nell’ambiente.» Oggi Tria guarda con invidia le
aziende esterne che possono “sganciarsi” dalla Ferriera. «Dobbiamo restare sulla
nave che sta affondando, abbiamo compiti importanti e delicati dentro la
Ferriera e in più facciamo anche certi lavori per Sertubi. La nostra situazione
è drammatica e potrebbe esplodere da un giorno all’altro. I cento dipendenti di
Step Impianti sono tutti triestini e hanno un’età compresa tra i 25 e i 45 anni.
Speriamo nel miracolo, confidiamo nel manager che verrà indicato dalle
amministrazioni e che dovrà agganciare imprenditori disposti a investire a
Servola. Perché altrimenti sarà la rivolta. Vengo dal sindacato ero in piazza
nel 1994, ho messo io il caterpillar in mezzo alla strada. So come si fa e
potrei rifarlo».
(s.m.)
Muggia, col fotovoltaico Comune più ricco e pulito
Gli impianti installati su otto edifici pubblici consentono già un
risparmio di 40mila euro all’anno. Procedono i lavori della centrale a biomasse
MUGGIA Circa 40mila euro di risparmio per le casse comunali. È uno dei primi
palpabili effetti del fotovoltaico, la tipologia di impianto che
l'amministrazione Nesladek con forza ha preteso di installare su tutti gli
edifici comunali ove fosse possibile. Attualmente sono otto gli edifici pubblici
dotati di pannelli fotovoltaici, pur ospitando alcuni più impianti: l’asilo
“Iacchia” sito in via D’Annunzio, l’asilo “Il Biancospino” in località Chiampore,
il centro “Millo” di Piazza della Repubblica, la scuola “A.Loreti” di via di
Zaule, la scuola “N.Sauro” e la scuola con lingua d'insegnamento slovena
“A.Bubnic” di via D’Annunzio, gli uffici comunali dei servizi tecnici siti in
via di Trieste ed il Palazzetto dello Sport di Aquilinia. L’energia elettrica
prodotta dagli impianti fotovoltaici è direttamente utilizzata dalle strutture
comunali con la conseguente diminuzione delle spese energetiche. Un risparmio
che in base alle stime del Comune è quantificabile complessivamente in circa 40
mila euro: circa 20 mila euro di scambio sul posto, cifra che quindi è relativa
al solo credito, a cui si deve sommare il risparmio di circa il 50% sulle
bollette degli edifici nei quali sono installati i pannelli stimabile in circa
20- 25 mila euro. Da ottobre le letture saranno effettuate direttamente
dall’Ente - attualmente sono effettuate da Enel - ed i dati potranno essere,
perciò, immediatamente riscontrabili. «È evidente, dunque, il vantaggio non solo
nell’aver reso tali edifici comunali energeticamente più efficienti ed
economici, ma anche nell’introito derivante dall’eccesso di energia prodotta»,
puntualizza il Comune. Non va, inoltre, sottovalutata la forte connotazione
“educativa” derivante dall’adozione di questo sistema, che contribuisce a far
comprendere come il patrimonio pubblico possa essere un esempio di buona
gestione della cosa pubblica che non pesa sui cittadini e incentivare
all’utilizzo di rinnovabili tutti i cittadini. «Fatto questo primo passo, è
necessario proseguire l’impegno di sviluppo nel campo delle energie rinnovabili,
non solo perché sono in grado di garantire un impatto ambientale più contenuto,
ma anche perché, come evidente dal fotovoltaico, gli utili delle rinnovabili si
trasformano in risorsa pubblica, poiché ritornano a beneficio di tutta la
comunità», ha commentato il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. Intanto, sempre
all'insegna del risparmio energetico, proseguono i lavori per la realizzazione
della centrale a biomasse a servizio della scuola elementare "De Amicis". La
struttura, che coinvolgerà anche il vicino asilo nido "Iacchia", di via
D'Annunzio sarà un vero e proprio un impianto che funzionerà a cippato (legno
sminuzzato) della potenzialità di 360 Kw. Costo dell'operazione? Circa 343 mila
euro. Il progetto si era arenato mesi or sono in seguito ad alcuni intoppi
burocratici che aveva comportato una seconda gara di appalto (vinta dalla
Cristoforetti di Lavis (Trento) e dalla Concordia di Concordia sulla Secchia
(Modena). Salvo imprevisti i lavori dovrebbero concludersi entro la fine del
2012.
Riccardo Tosques
Cinghiali, venerdì l’incontro a Medeazza
DUINO AURISINA “Danni da cinghiali”. È il titolo dell’incontro organizzato
per venerdì 5 ottobre dalle 15 a Medeazza all’agriturismo di Paolo Pernarcich
(numero civico 12), dalla federazione provinciale della Coldiretti di Trieste-
«È ormai noto - spiega Dimitri Zgobar, presidente della Coldiretti - come la
situazione legata ai danni provocati da fauna selvatica, sia una emergenza.
Siamo in una fase in cui si sta producendo quello, che dovrebbe essere il Nuovo
piano faunistico venatorio della regione».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 3 ottobre 2012
«Ferriera, niente più ammortizzatori sociali»
Borini (Fiom): «Lucchini verso il default, il decreto Fornero non prevede
più la cassa». L’ultima carta della Regione: chiedere aiuto al governo
Lo scenario prossimo l’ha prospettato in tutta la sua drammaticità il
segretario provinciale della Fiom, Stefano Borini: «La Lucchini continua a
perdere 15 milioni di euro al mese. Ciò significa che a fine anno se non vi sarà
ricapitalizzazione avverrà il default e i 500 lavoratori della Ferriera saranno
in strada ma, in base al decreto Fornero, senza nemmeno la possibilità di
accedere agli ammortizzatori sociali». E il rischio di un tragico fallimento
senza cassa integrazione è stato paventato anche dalla presidente della
Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat. «Ma se gli impianti e l’area non saranno
stati prima bonificati lo stabilimento non lo comprerà mai nessuno, nemmeno a un
euro», ha avvertito l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni. «Servono
interventi di supporto - ha ammonito il presidente di Confindustria Trieste
Sergio Razeto - gli imprenditori devono avere condizioni di maggior favore per
venire qui e preferire quest’area rispetto a tante altre più appetibili nel
resto d’Italia». Politici, imprenditori e sindacalisti triestini e regionali
hanno ieri sostanzialmente alzato le mani scoprendosi disarmati dinanzi al
precipitare della crisi del Polo siderurgico e chiamando in soccorso Roma e
Bruxelles. La giunta regionale approverà nella prima riunione utile la delibera
con cui chiede al governo di inserire la siderurgia triestina tra i casi di
“crisi industriale complessa” per poter poi accedere agli strumenti di
riqualificazione e rilancio previsti dal cosiddetto “Decreto sviluppo”. Lo ha
annunciato l’assessore regionale a Programmazione, finanze e ambiente Sandra
Savino al Tavolo per la riconversione dell’area di Servola che si è tenuto ieri
mattina nel palazzo della Regione in piazza Unità in un clima reso ancora più
teso da due eventi della vigilia: le dichiarazioni del direttore della Ferriera
Giuseppe Bonacina che ha affermato che lo stabilimento non produce utili, non ha
acquirenti e potrebbe chiudere in pochi mesi, e quelle di Jindal secondo la
quale anche Sertubi rischia la dismissione già il 30 novembre. Savino ha
riferito anche che verrà ricontattato il Ministero dell’Ambiente per ottenere il
suo intervento nei progetti di bonifica delle aree, che si conta in un
inserimento del caso Trieste anche nel Piano di ristrutturazione della
siderurgia su scala europea in base al quale potrebbero essere ottenuti anche
finanziamenti. A questo proposito lettere sono già state spedite al
vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani oltre che al ministro
per lo Sviluppo economico Corrado Passera. Il Decreto sviluppo, all’articolo 27,
prevede che «al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo
nazionale, l’attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli
occupazionali nei casi di crisi industriali complesse con impatto significativo
sulla politica industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico
adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale». A livello
locale invece, come proposto da Franco Palman della Uilm sarà aperto un Tavolo
di crisi anche per la Ferriera parallelamente a quello già esistente per
Sertubi. Ma a Servola al problema industriale e occupazionale che come si è
visto rischia di trasformarsi in un’autentica bomba sociale si unisce quello
ambientale. Lo ha ricordato l’assessore Laureni: «Esiste l’obbligo per il
sindaco di intervenire e nei prossimi giorni dovrà farlo. Il sindaco infatti
dovrà segnalare all’azienda che non sta rispettando le leggi sull’inquinamento.
A questo proposito stiamo anche riscrivendo le prescrizioni per l’Autorizzazione
integrata ambientale». Le “minacce” di chiusura si moltiplicano e i tempi
stringono inesorabilmente: «Veniamo da un “balletto” durato dieci anni - è stato
il commento di Adriano Sincovich, segretario provinciale Cgil - adesso abbiamo
dieci giorni di tempo. Giusto andare a Roma, ma non possiamo presentarci lì per
l’ennesima questua, dobbiamo avere noi un progetto». «Noi interverremo anche
attraverso Federacciai - ha concluso Razeto - ma serve un manager che prepari un
piano e faccia da tramite tra le istituzioni regionali e triestine e Roma».
Silvio Maranzana
«Di Servola deve occuparsi Passera»
Rosato: urge un intervento del ministro. Savino: no alle imprese che
lasciano il cerino alle istituzioni
«Non vorrei che ora si tentasse di scaricare sulle istituzioni la
responsabilità della chiusura della Ferriera anche perché, a seconda di come la
Ferriera chiuderà, potranno esserci conseguenze molto diverse per i lavoratori».
Così si è espressa ieri in apertura del Tavolo di riconversione l’assessore
Savino alla quale non sono andate giù le dichiarazioni rilasciate all’Ansa dal
direttore dello stabilimento, Giuseppe Bonacina. «La Ferriera è in perdita e non
ha acquirenti - ha dichiarato Bonacina - se non c’è ragionevolezza nella
gestione del territorio non verrà più nessuno, si fanno scappare tutti. Il
territorio deve decidere se convivere con la siderurgia o meno.» «Noi manteniamo
i contatti con l’amministratore delegato della Lucchini, Francesco Chindemi - ha
spiegato Savino - e avevamo già in programma incontri in ottobre per
radiografare la situazione. Occorreva che un direttore gettasse questo sorta di
“carico di briscola” proprio alla vigilia del Tavolo? No alle imprese che
vengono, fanno e disfano e poi lasciano il cerino in mano alle istituzioni. Non
vorrei proprio che ci trovassimo di fronte a un Montesi 2» (Montesi è
l’amministratore delegato di Jindal Saw Italia che ha passatc la mano nella
trattativa con sindacati e istituzioni, ndr). E dalle dichiarazioni di Bonacina
trae spunto anche il deputato del Pd Ettore Rosato il quale afferma che «è
urgentissimo l’intervento del ministro Passera, perché la situazione è tale che
solo provvedimenti governativi sono in grado di contenere gli effetti devastanti
che si prospettano dal punto di vista economico e sociale. Il caso della
Ferriera di Servola ha tutti i requisiti per essere classificato come crisi
industriale complessa e quindi deve essere affrontata attraverso progetti di
riconversione industriale del Ministero dello sviluppo economico. Quindi -
conclude - il ministro Passera prenda in mano personalmente il caso Ferriera». E
frattanto il governo ha accolto l’ordine del giorno del senatore triestino
Giulio Camber (Pdl) che lo impegna ad avviare la bonifica dell’area di
pertinenza del Demanio marittimo. Camber, intervenendo al Senato, ha
sottolineato che «la Ferriera di Servola rientra a pieno titolo nella
definizione di crisi industriale complessa».
(s.m.)
«Ho un tumore maligno Cari colleghi, lottate per
tutelare la salute»
La lettera-choc del sindacalista Luigi Pastore, ammalato a 57 anni dopo
tredici di lavoro a Servola
È uno choc terribile la lettera che uno dei più noti sindacalisti della
Ferriera, Luigi Pastore, rsu della Failms, ha voluto sia pubblicata. Pugliese di
origini, Pastore, 57 anni, vive a Trieste da 30 dove è sposato e ha due figli.
In Ferriera da 13 anni, fino a pochi giorni fa lavorava al parco ghisa. Su suo
espresso desiderio pubblichiamo i passi salienti di questa lettera aperta con
cui si rivolge ai colleghi e ai cittadini di Trieste. «Cari amici e colleghi
operai della Ferriera di Trieste con cui ho condiviso, da operaio e
sindacalista, gli ultimi 13 anni di speranze e incertezze legate alla vita del
nostro stabilimento, avrei preferito salutarvi con una classica bicchierata e
non con il pesante fardello che, rinunciando alla mia privacy, ho pubblicamente
dichiarato di portare. Poche parole di un referto medico: “linfoma maligno”
all’apparato respiratorio, lette nel giro di pochi secondi cambiano la vita tua
e della tua famiglia e pensi che ciò non ti sarebbe mai potuto appartenere. Vien
da pensare: è il destino. Certo, lo è anche, ma viene da pensare anche alle
condizioni in cui, tra gas e polveri, si garantiscono pane e dignità alla
famiglia. Ma sorge anche l’amaro dubbio che chi poteva farlo non abbia saputo o
voluto proteggerti abbastanza nel tuo lavoro.» «Cari amici colleghi, questa mia
lettera sia di stimolo per voi a pretendere e per i responsabili a garantire
ogni tutela della salute sul lavoro, attraverso impianti e manutenzioni adeguati
e con opportuni controlli sanitari estesi a tutti i reparti produttivi dello
stabilimento e non solo ad alcuni. E soprattutto vigilino tutte le sigle
sindacali, anche quelle finora forse un po’ troppo “distratte”. Vi esorto
affinché salute e sicurezza sul lavoro non siano barattate con compensi in
denaro: queste valgono più del “superminimo” e ancor più di quello dei vostri
capi. Nella nostra situazione resta l’amarezza nel constatare la totale
inconsistenza della politica locale che, per più di dieci anni, ha lasciato
incancrenire il “problema Ferriera”, si è arresa di fronte ad ogni minimo
ricorso della proprietà, senza mai il coraggio di imporre alla stessa il proprio
ruolo istituzionale, rimpallandosi indecentemente responsabilità e competenze,
nell’attesa e con la segreta speranza che ci fosse sempre qualcun altro a
togliere le castagne dal fuoco». «Il fatidico 2015 in cui dovrebbero terminare i
contributi del Cip 6, è forse già arrivato con un tremendo e tragico anticipo,
ma concrete alternative per ricollocare i lavoratori non se ne sono viste, non
sono stati individuati né incentivati imprenditori disposti a insediare qualche
attività produttiva sull’area della Ferriera. È tempo che la politica riacquisti
un minimo di dignità, adoperandosi per risolvere in tempo reale il problema
occupazionale per i lavoratori contestualmente a quello ambientale e di
conseguenza sanitario per lavoratori e residenti».
Luigi Pastore
Jindal, cinquanta operai al lavoro per pitturare i tubi
indiani
Una cinquantina di lavoratori della Sertubi, tutti quelli che non sono stati
messi in cassa integrazione (il totale è di 208 dipendenti), sono tornati ieri
al lavoro, perlopiù per la pitturazione di tubi giunti direttamente dall’India.
La decisione è stata presa al termine di un’assemblea in cui si sono valutati i
contenuti di lettere inviate da Jindal, che parla anche di ristrutturazione e di
ipotesi di dismissione il 30 novembre se non saranno state trovate soluzioni
alternative, e dall’amministratore delegato Leonardo Montesi che annuncia di
abbandonare la trattativa per lasciare quel ruolo a un negoziatore esterno che
opererà per co nto dell’azienda. «Dopo un attenta valutazione del testo
inviataci dalla proprietà, svoltasi nell'assemblea dei lavoratori - la nota poi
emssa dalla Rsu - si è deciso di non concedere ulteriori alibi a una gestione
mirata al solo scopo di trovare la via d'uscita dopo aver concluso l'opera di
saccheggiamento di conoscenze tecniche, certificazioni, portafoglio clienti e
aver vissuto di soldi pubblici. Il nostro ritorno al lavoro è un chiaro segnale
di responsabilità che i lavoratori lanciano a tutti, la fabbrica e il lavoro
sono un bene per tutta la collettività e almeno fin che vedremo una qualche
possibilità di ripresa cercheremo di tenere in vita lo stabilimento. Scopo di
queste decisioni - si afferma - è agevolare e accelerare la riuscita del
prossimo Tavolo, che si auspica sia convocato nel più breve tempo possibile,
sebbene il gravissimo atteggiamento che la proprietà, non presentandosi al
tavolo istituzionale, ha tenuto, non dimostri certo l'apertura dichiarata nella
sua lettera dallo stesso Montesi». «Rimane sempre aperto però - ha confermato
Michele Pepe (Fim-Cisl) il maxigazebo di piazza della Borsa.»
Diktat Ue sul Corridoio V «Partite o tagliamo i soldi»
Il coordinatore Van Brinkhorst: «Se non c’è un progetto pronto,
dirottiamo i fondi Convocherò a breve i governi italiano e sloveno a Trieste. È
l’ultima chance»
INVIATO A BUDAPEST «È ormai troppo tempo che stiamo ragionando e discutendo
del Corridoio V, i governi non intendono andare avanti? Bene, è venuto il
momento di dire basta. Sono troppo anziano per essere cortese, quei soldi che
abbiamo stanziato per questa infrastruttura li daremo ad altri. Al corridoio 3 o
4. So bene che in Val di Susa abbiamo dei problemi, la Ue può mediare. E sono
anni che tiriamo avanti con la Trieste-Divaccia-Budapest. Se non c’è un progetto
pronto per essere cantierato, finanzieremo altri progetti che lo meritano di
più». Il coordinatore europeo del progetto prioritario numero 6 del V Corridoio
Laurens Jan Brinkhorst al summit internazionale di Budapest abbandona qualsiasi
accortezza diplomatica per esternare sconcerto e irritazione per i ritardi e i
rinvii. Dal caffè New York, ridondante di stucchi e ori che raccontano la
grandezza ungherese e che mascherano la crisi che sta attanagliando il paese e
le famiglie, pochi minuti prima del vertice internazionale sul Corridoio V,
lancia un monito che sa di ultimatum. «Spero di incontrare il ministro dei
trasporti sloveno e di parlargli chiaramente perché è da 4 anni che si sta
studiando la Trieste-Divaccia. È giunto il momento di fare una sintesi finale».
Per Brinkhorst il conto alla rovescia è già deciso: all’inizio di ottobre ci
sarà un vertice con i primi ministri di Italia e Francia, Mario Monti e Francois
Hollande. Il coordinatore europeo che guida il direttorato generale chiederà
chiaramente se i due Paesi vogliono andare avanti concretamente o meno. «Sulla
Lione-Torino finora non è stato dato nemmeno un colpo di piccone e non si è
nemmeno iniziato a lavorare sul tunnel» si sfoga davanti all’uditorio che lo
ascolta in silenzio. Anche per Trieste ha pronta l’ultima chance: «Ho deciso che
la città sarà la sede decisionale per le sorti del Corridoio che va ad Est.
Intendo convocare i governi italiano e sloveno per conoscere le loro decisioni».
Un summit economico-tecnico, quello organizzato a Budapest dalla Camera di
commercio italo-ungherese e guidata da Maurizio Sauli. I paesi del centro Est
Europa ora sono a caccia di nuove opportunità di sviluppo come potrebbe essere
la realizzazione di una grande infrastruttura. L’Ungheria che al summit vede
presente il ministro per lo sviluppo economico Janos Fònagy appoggia pienamente
la strategia della Ue e di Brinkhorst: «Lo sviluppo delle reti infrastrutturali
è un fattore importante di coesione ma anche di sviluppo economico perchè la
costruzione di ferrovie implica una regia globale di interventi che vanno dal
ferro al legno fino agli impianti e alle tecnologie e danno lavoro a tutti». A
gelare la sala, però, ci pensa la Slovenia. Non c’è il ministro dei trasporti
Sloveno, il governo ha inviato l’ambasciatrice in Ungheria Darja Bavdaz Kuret.
La stessa scelta fatta dal governo Italiano, assente in maniera clamorosa, e il
Paese è rappresentato dall’ambasciatrice Maria Assunta Accili arrivata da poco
dalla Cina. «Il Corridoio V è di importanza strategica per la Slovenia - spiega
Kuret - perché aprirà nel futuro i mercati fino in Cina. Per noi è una grande
possibilità anche per il Porto di Capodistria e per accedere ai mercati
dell’Europa centrale. Ma a Brinkhorst diciamo che per noi è anche importante il
Corridoio 10 che non è stato considerato prioritario e che collega Monaco con la
Slovenia e i Balcani. Noi guardiamo a questo e dobbiamo pensare alle attuali
infrastrutture, soprattutto all’autostrada, che dopo il rilancio dell’ecomnomia
dovrà sopportare maggior traffico e non sarà più sufficiente. Serviranno nuovi
investimenti». Non sulle reti ferroviarie del Corridoio V.
Giulio Garau
Transpadana scommette sull’Interreg
Un progetto interreg per mettere assieme le istanze di un trasporto
sostenibile ed ecologico all’interno delle regioni attraversate dal Corridoio V.
È la proposta di Transpadana, lanciata ieri dal presidente Antonio Paoletti allo
stesso coordinatore del progetto prioritario 6, Laurens Brinkhorst, per
accelerare la realizzazione del Corridoio V. Paoletti lo ha spiegato a
Brinkhorst annunciando che Transpadana potrebbe farsi promotore di un progetto
per Spagna, Francia, Italia, Slovenia e Ungheria. Esiste infatti uno specifico
capitolo all’interno dei programmi di cooperazione che mira alla creazione di
strategie ambientali sostenibili nei trasporti.
Val Rosandra, la perizia conferma lo scempio
La relazione del biologo Dario Gasparo, ordinato dal pm Miggiani, parla
di deterioramento dell’habitat
La perizia del biologo Dario Gasparo, depositata l’altra mattina, ha
confermato le ipotesi del pm Antonio Miggiani su quello che è stato definito «lo
scempio della Val Rosandra». Nella relazione si parla chiaramente di
deterioramento dell’habitat. Ma soprattutto della distruzione di un sito
protetto. Insomma quello che è accaduto tra il 25 e il 26 marzo è stato un danno
ambientale particolarmente importante appunto perché ha riguardato un ambiente
di livello comunitario. Nei prossimi giorni anche il professor Ezio Todini,
docente di idrologia e costruzioni idrauliche all'Università di Bologna, l’altro
perito incaricato, consegnerà la propria relazione sulla necessità e
sull’opportunità di abbattere decine e decine di alberi di alto fusto, «per
regolare il corso del torrente Rosandra». Assieme a loro hanno operato anche i
consulenti nominati sia dalla parte civile: gli ambientalisti Livio Poldini e
Bruno Greco. L’indagine era scattata dopo un esposto inviato alla Procura
dall'avvocato Alessandro Giadrossi, presidente del Wwf. Quasi tutti gli indagati
hanno indicato i propri consulenti. Per esempio, il vicepresidente della Regione
Luca Ciriani, difeso dall'avvocato Caterina Belletti, ha scelto i docenti
patavini Mario Pividori e Paolo Semenzato. Consulenti del responsabile della
protezione civile Guglielmo Berlasso sono il docente padovano Vincenzo
D'Agostino e Aldo Cavani, direttore dell'Ispettorato ripartimentale foreste di
Trieste e Gorizia. Con questi esperti hanno lavorato anche quelli indicati dagli
altri indagati come il sindaco e il vicesindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin
e Antonio Ghersinich. E poi ancora: il geometra Mitja Lovriha, caposervizio
dell'Area ambiente del Comune di San Dorligo e i funzionari del Dipartimento
della Protezione civile regionale Cristina Trocca e Adriano Morettin. Nella
stessa inchiesta è finito Luca Bombardier, titolare della ditta specializzata di
Arta Terme. Agli otto indagati il pm Miggiani contesta due ipotesi di reato
definite dagli articoli 733 e 734 del Codice penale. La prima prevede per chi
distrugge un habitat dentro un sito protetto o lo deteriora compromettendone lo
stato di conservazione la pena dell'arresto fino a 18 mesi e un'ammenda non
inferiore a 3mila euro. La seconda ipotesi di reato contestata dalla Procura a
politici, amministratori e tecnici che hanno agito in Val Rosandra prevede come
sanzione solo una pena pecuniaria, peraltro piuttosto salata, per chi ha
distrutto o deturpato le bellezze di luoghi protetti, usando ostruzioni,
demolizioni, o qualsiasi altra modalità di intervento.
(c.b.)
A Medeazza un incontro sui cinghiali - COLDIRETTI
DUINO AURISINA “Danni da cinghiali”. È il titolo dell’incontro organizzato
per domani, a partire dalle 15, a Medeazza, all’agriturismo di Paolo Pernarcich
(numero civico 12), dalla federazione provinciale della Coldiretti di Trieste-
«E’ ormai noto a tutti - spiega Dimitri Zgobar, presidente della Coldiretti -
come la situazione legata ai danni provocati da fauna selvatica, sia una vera e
propria emergenza. Siamo in una fase in cui si sta producendo quello, che
dovrebbe essere il Nuovo Piano Faunistico Venatorio della Nostra Regione».
All’incontro saranno presenti le rappresentanze politiche regionali e
provinciali e le organizzazioni d’impresa.
IL PICCOLO - MARTEDI', 2 ottobre 2012
«Ferriera verso la chiusura»
Il direttore Bonacina: non produciamo utili e non si trovano acquirenti
La Ferriera di Servola non produce margini, è in vendita, ma all’orizzonte
non c’è alcun acquirente, rischia di dover chiudere nel giro di pochi mesi. Sono
le drammatiche dichiarazioni fatte ieri dal direttore dello stabilimento,
Giuseppe Bonacina. Lanciano ombre ancora più cupe sul futuro dell’industria
triestina e si assommano agli interrogativi drammatici apertisi sulla Sertubi
che potrebbe dismettere completamente la produzione già il prossimo 30 novembre,
come riferiamo a fianco. Si svolgerà dunque in un clima quasi angosciante il
Tavolo presieduto dall’assessore regionale a Programmazione a ambiente Sandra
Savino che si riunisce stamattina alle 11 nel palazzo della giunta regionale di
piazza Unità. Rappresentanti degli industriali, dei sindacati, delle
amministrazioni locali sono chiamati a pronunciarsi sulla riconversione:
siderurgia, industria di altro tipo o logistica? Le idee sono poche, ma
soprattutto all’orizzonte non ci sono né investimenti, né imprenditori. Gli
interrogativi sulla ripresa del mercato della ghisa, i nuovi concorrenti globali
e le gravi difficoltà della proprietà, ma soprattutto le pulsioni della città e
della politica: la Ferriera, stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini, può
dunque avere i mesi contati. Dopo le tensioni sull’Ilva a Taranto e sull’Alcoa
in Sardegna, l’industria pesante italiana deve aprire un nuovo capitolo nel
libro degli addii alle fabbriche. A Servola la Ferriera è arrivata prima
dell’Italia, nel 1896, quando il rione era ancora periferia della Trieste
asburgica. Oggi il ciclo produttivo vale, tra impiegati e indotto, 971 posti di
lavoro. I problemi che minacciano l’attività sono molteplici: oggi - ammette il
direttore dello stabilimento della Lucchini, Giuseppe Bonacina - la Ferriera non
è in grado di produrre margini. Un peso rilevante nel precario bilancio
economico è coperto dalla generazione di energia elettrica dai gas di risulta:
l’attività, un tempo gestita dalla Lucchini, è stata ceduta già alle prime
avvisaglie delle difficoltà debitorie del gruppo. Ma nel 2015 la produzione di
energia di Elettra - oggi vengono generati 170 Mw - non sarà più supportata
dagli incentivi per il Cip6 che nel 2010 sono valsi 11,8 mln euro. La Ferriera
già oggi è in perdita e non può ridurre i ritmi di lavoro proprio per garantire
la produzione elettrica, accettando di vendere ghisa sottocosto: come sosterrà
il “salto” del 2015? C’e poi il fronte della proprietà: dopo la cessione dalla
famiglia Lucchini a Severstal e le continue rinegoziazioni con le banche del
debito, oggi la società - la composizione del cda lo dimostra - è in mano agli
istituti di credito che si stanno avvalendo della consulenza di Rothschild per
arrivare alla cessione del gruppo o di singoli stabilimenti. «Oggi non c’è
alcuna manifestazione di interesse ufficiale per Trieste», spiega Bonacina, che
si rivolge alla città e alle istituzioni. «Se non c’è ragionevolezza nella
gestione del territorio - attacca il manager Lucchini - non verrà più nessuno,
si fanno scappare tutti. Il territorio deve decidere se convivere con la
siderurgia o meno». Negli anni ’90 - ricordano gli operai più anziani - i
problemi della Ferriera erano legati alla proprietà e alla tenuta occupazionale.
Dai primi anni Duemila si è iniziato a parlare di chiusura o conversione, per le
preoccupazioni legate all’inquinamento ambientale. «Non è una fabbrica di
cioccolatini - dice Bonacina - ma nemmeno il mostro che pochi interessati
vogliono descrivere». In ogni caso, il tema Ferriera emerge a ogni campagna
elettorale: nel programma del sindaco Roberto Cosolini (Pd) si parla di
riconversione, e anche il presidente della Regione, Renzo Tondo (Pdl), nel 2008
prometteva la dismissione. Dalla Lucchini fanno notare che i valori dell’aria
rilevata rispettano le normative, occasionali gli sforamenti di benzo(a)pirene,
in regola l’autorizzazione integrata ambientale (Aia), che scade nel 2013. La
Procura setaccia i controlli, ma al momento senza procedere, e Michele Dalla
Costa, il procuratore, parla di questione «essenzialmente politica» invitando la
politica a decidere. Il coordinatore nazionale siderurgia Fiom, Gianni Venturi,
chiede un «nuovo approccio» al settore, e la destinazione industriale anche dopo
la riconversione: «Il punto è se si pensa che il settore debba essere strategico
per il Paese, e senza l’industria il Paese non si salva».
Nel Polo siderurgico mille occupati - Si producono
ghisa e coke
La Ferriera di Servola nel 2011 ha prodotto 369,1 kt di ghisa liquida e
328,8 kt di ghisa in pani. Il ciclo produttivo dello stabilimento si compone di
cokeria, impianto di agglomerazione, altoforno e impianto di colaggio ghisa.
Oggi - ricorda l’azienda - è l’unico sito siderurgico che produce ghisa in
Italia. Al 31 agosto 2012 lo stabilimento ha raggiunto una produzione nell’anno
di 241,9 kt di coke, 238,5 kt di ghisa liquida e 219,4 kt di ghisa in pani. Tra
dipendenti Lucchini, Sertubi e indotto sono occupate quasi mille persone, 23
operano in Linde e 44 in Elettra.
Cosolini: non vorrei che fosse un alibi
Savino: non è il direttore di Servola a indicare la linea, qui si gioca
con il futuro della gente
Silenzi, toni secchi e nette repliche. Sono duri ma anche ovviamente
preoccupati i termini nei quali gli enti locali accolgono le dichiarazioni con
le quali, nel primo pomeriggio, il direttore della Ferriera Giuseppe Bonacina -
senza usare troppi giri di parole - lancia la palla del futuro di Servola agli
amministratori e ai politici. «Il territorio deve decidere se convivere con la
siderurgia o meno», dice Bonacina lanciando l’attacco: «Se non c’è una
ragionevolezza nella gestione del territorio, non verrà più nessuno», è il
chiarissimo concetto, cui Bonacina ne aggiunge un altro: «Oggi non c’è alcuna
manifestazione di interesse ufficiale per Trieste» giunta all’advisor. Il
sindaco Roberto Cosolini non nasconde la contrarietà e l’irritazione quando gli
si riferiscono le parole di Bonacina. E in un primo momento non vuole nemmeno
commentarle. Poi ci ripensa. E allora, «evidentemente - afferma - al direttore
Bonacina sembra che il territorio sia stato irragionevole. Forse sarebbe il caso
che invece di lanciare questi messaggi il gruppo Lucchini dimostrasse una
disponibilità a fare gli interventi necessari per convivere con il territorio».
Poi Cosolini manifesta i suoi sospetti, i suoi dubbi: «Non vorrei che Lucchini
cominciasse a crearsi alibi in vista di un’uscita». Entra nel merito il
presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat: «Siamo consapevoli del
problema occupazione. Ma non si può chiedere di scegliere tra la qualità
dell’ambiente e l’occupazione». Non aggiunge altro se non «che sono stati
sforati valori accettabili». Ma ad andare giù davvero duro è l’assessore
regionale Sandra Savino. La quale risponde alle dichiarazioni del direttore
della Ferriera attaccando su tutti i fronti. «Non so a che titolo parla. La
proprietà - dice Savino - è rappresentata dall’amministratore delegato Francesco
Chindemi. È lui che indica la linea. La città su questo tema sta ragionando.
Domani (oggi, ndr) c’è un altro tavolo. Stiamo lavorando da mesi con le parti
sociali. Abbiamo firmato un documento comune». Poi sbotta: «Se io e il sindaco
Cosolini avessimo la bacchetta magica...». Ma non basta: «Sarà Chindemi (e non
il direttore Bonacina, ndr) a stabilire come, dove e quando. Le dichiarazioni
del direttore non mi sembrano responsabili in questo momento. È l’amministratore
delegato - ribadisce l’assessore regionale - a dover gestire e a rappresentare
le scelte della proprietà. Non si può giocare con il futuro occupazionale della
gente...».
Corrado Barbacini
«Su Sertubi non tratto più» Montesi diserta il tavolo
In fumo l’incontro istituzionale in Prefettura, lettera
dell’amministratore delegato: «Vicenda troppo personalizzata, ci lavorerà un
professionista esterno all’azienda»
Leonardo Montesi, indicato come «lo squalo» dai lavoratori della Sertubi, fa
un passo indietro: non sarà più lui a gestire la crisi dell’azienda. La
decisione presa all’insaputa dei sindacati e delle istituzioni ha
sostanzialmente mandato in fumo il confronto convocato per ieri in Prefettura in
cui la Regione ha schierato addirittura tre assessori: Sandra Savino, Angela
Brandi e Federica Seganti, più i tecnici di Friulia assieme ai quali doveva
essere valutata la possibilità d’intervento da parte della finanziaria regionale
nel capitale della società per scongiurare la chiusura dello stabilimento,
ipotesi che è stata ventilata dalla stessa Jindal se entro il 30 novembre non
sarà trovata una via d’uscita. «Rimango amministratore delegato di Jindal Saw
Italia - ha affermato Montesi nel pomeriggio - ma non tratto più la crisi dello
stabilimento triestino perché la questione era stata troppo personalizzata. Ora
stiamo identificando un professionista italiano esterno all’azienda che entrerà
anche in consiglio di amministrazione e che avrà l’incarico di condurre la
trattativa. Tutte le opzioni restano in piedi, compresa spero quella del
coinvolgimento di Friulia, e credo che il prossimo confronto anche con i
sindacati potrà svolgersi già la settimana prossima perché tutto dovrà essere
definito entro la fine di novembre allorché scadrà la cassa integrazione
ordinaria». Si affaccia dunque la figura del “grande negoziatore” in un braccio
di ferro che rischia di farsi sempre più duro. All’incontro di ieri Jindal e
Sertubi non hanno inviato alcun rappresentante. Montesi ha mandato una lettera
in cui scrive che «questo mio atto sarà sicuramente salutato con favore da tutti
coloro che vedono nel sottoscritto il responsabile della situazione attuale e di
quel trasformismo mostrato dall’azienda nella gestione della stessa che oggi ci
viene rimproverato. Tuttavia voglio sperare che contribuirà ad abbassare i toni
e la tensione, cosa comunque necessaria per la ricerca e l’ottenimento di una
soluzione ragionata». Montesi afferma anche di aver «sempre creduto nelle
possibilità di rilancio della Sertubi» e di nutrire considerazione e rispetto
per i lavoratori la cui condizione, e quella delle loro famiglie, nel perdurante
stato di crisi attraversato dall’azienda, «è stato per me fonte di grave disagio
e di amarezza». «Situazione drammatica - ha commentato Franco Palman della Uilm
- dalla cassa integrazione ordinaria si rischia di passare a quella
straordinaria per finire con un ridimensionamento notevole dell’organico». «Si
avvicina quella ristrutturazione che temevamo - hanno affermato Giulio Frisari e
Cristian Prella di Failms-Cisal - inqualificabile il comportamento dell’azienda
che ha ancora una volta dribblato il confronto nonostante la presenza in forze
delle istituzioni (c’erano anche il sindaco Cosolini e la Provincia). Sertubi ha
un deposito al terminal di Fernetti che si sta sempre più ingrossando di tubi
che arrivano direttamente dall’India. Sta per compiersi il disegno dell’azienda:
trasformare un’industria produttiva in un centro di commercio all’ingrosso». «Al
termine di un’assemblea abbiamo deciso di sospendere lo sciopero perché i
lavoratori hanno bollette e mutui da pagare e la situazione rischia veramente di
farsi esplosiva - ha riferito Palman - lavoreranno a turno una cinquantina di
operai (sono 208 in totale), i soli che l’azienda non ha messo in cassa
integrazione, per permettere a tutti di guadagnare qualche euro. Venerdì nuova
assemblea nello stabilimento. Il maxigazebo in piazza della Borsa però rimane
attivo a oltranza perché la città deve continuare a sapere».
Silvio Maranzana
La crisi colpisce l’acciaio Allarme a Terni e
Portovesme
La siderurgia in fibrillazione. Spenti due altoforni di Arcelor in
Francia Nasce il secondo gigante al mondo dalla fusione fra Glencore e Xstrata
MILANO Mercato della metallurgia in fibrillazione in Europa. Dove si
concretizza l’operazione, da tempo attesa e più volte rinviata, della fusione
tra Glencore e Xstrata che porterà alla nascita di un nuovo gigante nel settore
delle materie prime. Nuovi focolai di allarme si accendono intanto in Italia,
dove restano sotto i riflettori il caso dell’Ilva di Taranto e la preoccupazione
sul futuro dell’Alcoa di Portovesme. Non c’è solo il caso Trieste dove si
conferma l’incertezza sul destino della Ferriera di Servola, 971 posti di lavoro
con l’indotto, dello storico gruppo Lucchini (oggi in mano al colosso russo
Severstal). Timori anche a Terni, dove il gruppo finlandese Outokumpu, dopo
l’acquisizione del gruppo Inoxum (gruppo ThyssenKrupp, che comprende gli
impianti umbri) dovrà cercare un acquirente per il sito integrato dell’Ast, che
verrà probabilmente inserito tra gli asset da cedere per alleggerire la
posizione di mercato e poter così ottenere il via libera dell’Antitrust europea.
Clima acceso anche in Francia, dove Arcelor Mittal ha annunciato che saranno
definitivamente spenti i due altoforni dell’acciaieria di Florange, in Lorena.
Tensione intorno al quartiere generale di ArcelorMittal a Saint Denis e a
Florange, dove alcuni dipendenti hanno bloccato l’ingresso agli impianti
saldando i lucchetti dei cancelli. È arrivato dal quartier generale di Glencore,
a Baar (Svizzera), l’annuncio dell’accordo di fusione tra la multinazionale
svizzera ed il gruppo minerario anglo-svizzero Xstrata. Operazione che prevede
lo scambio di 3,05 azioni Glencore per un titolo Xstrata e darà vita ad un
colosso da circa 55 miliardi di euro di capitalizzazione, che si affiancherà ai
tre big del settore, Bhp Billiton, Vale e Rio Tinto. L’operazione era stata
rinviata a più riprese, anche per il braccio di erro sulle condizioni, con
l’opposizione di alcuni importanti azionisti, tra cui Qatar Holding (secondo
azionista di Xstrata) che consideravano i termini dello scambio (inizialmente di
2,8 azioni Glencore per un’azione di Xstrata) non abbastanza interessanti. Nuova
preoccupazione anche alle acciaierie di Terni, per le cessioni valutate da
gruppo Outokumpu costretto, sotto il pressing dell’Antitrust Europeo dopo
l’acquisizione di Inoxum, a ridurre la capacità produttiva ed a mettere a
disposizione asset per creare un quarto concorrente nel settore sul mercato
europeo. Istituzioni locali e sindacati sono stati convocati per il 4 ottobre
per un tavolo al ministero dello Sviluppo. La proposta transattiva che il gruppo
finlandese presenterà a Bruxelles dovrebbe comprendere la cessione del sito
integrato dell’Ast (dopo che nelle scorse settimane era stato ipotizzato il solo
trasferimento di due linee della produzione a freddo del polo umbro, misura che
nel confronto con l’Ue sarebbe apparsa insufficiente). La cessione del sito
sarebbe necessaria - ha spiegato l’ad di Tk-Ast Marco Pucci - perchè altrimenti
Outokumpu manterrebbe agli occhi dell’Antitrust Ue «una posizione dominante sul
mercato per quanto riguarda la produzione a freddo». Il settore della siderurgia
è entrato quindi in una fase di grande involuzione a causa del prezzo delle
materie prime e della crisi globale.
Approvati nuovi vincoli per i distributori
Il Consiglio vara la legge sull’energia. Idv e Sel: «Tralasciato il
rigassificatore per paura delle lobby»
TRIESTE Il Consiglio regionale ha approvato la legge in materia di energie e
di distribuzione dei carburanti. La norma rivede le procedure di autorizzazione
per gli impianti energetici, senza tuttavia toccare la questione del
rigassificatore come già deciso in Commissione dopo la pronuncia in tal senso
del Consiglio di Stato. Per quanto riguarda i distributori di benzina, la nuova
legge non pone limiti al loro numero ma punta a una razionalizzazione del
settore attraverso il rispetto dei vincoli urbanistici nell’ubicazione degli
impianti. In particolare sono considerati incompatibili i distributori presenti
in zone pedonali o situati in corrispondenza di incroci o di curve. Gli
impianti, inoltre, dovranno essere in regola sul piano delle verifiche fiscali,
di sicurezza ambientale, antincendio e sanitaria. Il Comune dovrà verificare la
compatibilità dei distributori e, in caso contrario, il titolare dovrà entro due
mesi presentare un programma di adeguamento o di dismissione da realizzare entro
un anno dall’entrata in vigore della legge. Secondo Alessandro Colautti (Pdl) «è
una norma grazie alla quale la Regione entra a pieno titolo nel presente e nel
futuro di un tema fondamentale come quello dell'energia». Voto favorevole anche
della Lega anche se Enore Picco parla di «piccola legge che ci porta al "futuro
del 2000", nemmeno a quello del 2012». Per Alessandro Corazza (Idv) e Stefano
Pustetto (Sel) la maggioranza è in soggezione rispetto alle lobby, in
particolare sul tema del rigassificatore. Ieri in aula è stata anche approvata
la legge per la tutela delle donne affette da endometriosi, testo che nasce da
due distinte proposte presentate da Massimo Blasoni (Pdl) e Sergio Lupieri (Pd).
La norma istituisce un apposito osservatorio e un registro che si occuperanno di
raccogliere dati e informazioni sui quali basare le campagne di cura e di
sensibilizzazione sulla malattia. Previste anche iniziative di formazione e
aggiornamento sul tema per il personale medico, di assistenza e dei consultori
familiari. La legge, che ha una dotazione finanziaria di 50 mila euro, è stata
approvata all’unanimità. L'Aula ha inoltre eletto tre componenti effettivi e due
supplenti nel Collegio regionale di garanzia elettorale. Componenti effettivi
sono risultati, nell'ordine, Lucio Romanello, Marco Rocco e Cesare Magnarin.
Componenti supplenti del Collegio sono stati eletti Luca Soranzo e Claudio
Gottardo.
(r.u.)
IL PICCOLO - LUNEDI', 1 ottobre 2012
Pdl: «Piano del traffico da bocciare» - Oggi il voto a
palazzo Galatti
I consiglieri provinciali: «Trieste non ha accolto molte osservazioni»
«Oltre 20 per cento delle osservazioni più significative che gli uffici
provinciali avevano predisposto sulle ripercussioni del nuovo Piano del traffico
sul trasporto pubblico cittadino non sono state accolte, o sono rimaste
addirittura senza riscontro, per cui per quanto ci riguarda questo piano va
respinto al mittente». I consiglieri provinciali del Pdl Massimo Romita, Viviana
Carboni e Daniela Pallotta, guidati dal capogruppo Claudio Grizon, ricordando
che oggi il consiglio voterà la proposta di delibera sulla valutazione
ambientale strategica del Piano del traffico del comune di Trieste in cui gli
uffici provinciali hanno ribadito pesanti e condivisibili osservazioni tecniche.
«Da parte nostra però, non essendo previsto un sì o un no al Piano –
sottolineano i consiglieri del Pdl - con un ordine del giorno collegato
proporremo il nostro no, siamo certi con l’adesione compatta di tutta
l’opposizione, in modo particolare alle modifiche che il piano rifletterà sugli
itinerari di certi bus cittadini, sulla mancanza di dati relativi le
ripercussioni sull’inquinamento ambientale, all’aumento dei chilometri del
traffico privato e dei costi conseguenti che i cittadini dovranno subire con
questo piano e sulle soluzioni impercorribili ipotizzate per le piste
ciclabili». E quindi? «Chiederemo alla presidente Bassa Poropat – concludono i
consiglieri pidiellini - di assumere ogni iniziativa utile affinché
l’Amministrazione Comunale di Trieste recepisca le osservazioni contenute nella
relazione degli Uffici, a quantificare le esigenze e richieste complessive di
nuovi chilometri per le linee del Trasporto pubblico locale provinciale».
Via alle bici “a pedalata assistita” - MOBILITA'
SOSTENIBILE
Il Comune partecipa alla sperimentazione promossa da Roma
Dopo la Settimana europea della mobilità, la giunta comunale ha approvato –
su proposta del vicesindaco e assessore alla Polizia locale Fabiana Martini - la
partecipazione alla sperimentazione promossa dal ministero dell’Ambiente nei
Comuni italiani per l’uso del prototipo di bicicletta “a pedalata assistita”
(con motore elettrico) ad alto rendimento e emissioni zero. Con l’obiettivo di
ridurre l’inquinamento e la congestione dal traffico, e diffondere la cultura
della mobilità sostenibile e l’uso di mezzi a impatto ambientale nullo per gli
spostamenti quotidiani, Roma mette a disposizione dei Comuni mille bici “a
pedalata assistita” assegnate a titolo gratuito in lotti da 10 unità e a
disposizione di amministratori, Polizia locale e dipendenti comunali. «Crediamo
- ha detto Martini - che questa scelta, che fa seguito alla consegna in comodato
gratuito alla Polizia locale, in via sperimentale, di due bici da parte della
ditta Mathitech Engineering Group srl, possa esercitare un’efficace azione
incentivante verso i cittadini e possa rivelarsi utile per presidiare le corsie
riservate ai mezzi pubblici e le piste ciclabili».
Relax senza auto a Portopiccolo - SISTIANA, IL PROGETTO
Garage tutti interrati, i veicoli serviranno solo per arrivare
DUINO AURISINA Non circoleranno auto, né risulteranno visibili: i garage
previsti, 830 pertinenziali e 393 a rotazione, saranno tutti interrati. A
Portopiccolo insomma le quattroruote in libertà verranno bandite: i veicoli
serviranno solo per l'approdo alla cittadella turistica. Largo ai pedoni, stop
ai motori. Lo ha ribadito il portavoce di Portopiccolo Cesare Bulfon,
sottolineando come alla politica delle zero emissioni che connota l'edificato
nell'ex cava di Sistiana (riscaldamento e raffreddamento delle case ricorrono a
soluzioni energetiche naturali, cioè la geotermia), si associ quella del massimo
abbattimento dello smog. I diversi livelli del complesso saranno collegati da
ascensori inclinati. E se le macchine non si vedranno sulle stradine di
Portopiccolo, saranno solo gli scafi ad attirare lo sguardo dei villeggianti
durante l’ingresso al porto. Per i proprietari di immobile, cui peraltro viene
offerta l'opzione di un attracco riservato, magari sprovvisti di barca, lo Yacht
Marina già studia servizi di nolo e charter. «Stiamo stipulando accordi con
società locali – ha spiegato Bulfon – per il noleggio di natanti: un modo per
consentire anche a chi non possiede un'imbarcazione oppure ha ormeggiato il
proprio scafo in altro porto di vivere intensamente il mare. Sarà così possibile
utilizzare mezzi a vela o a motore». Il porto, stando alla proprietà, sarà
ormeggio sicuro per imbarcazioni di varie dimensioni. I 103 posti barca
disporranno di moderni servizi e attrezzature nautiche, per soddisfare le
esigenze dei diportisti. E per chi è di passaggio saranno sempre fruibili 20
ormeggi a rotazione. Il frontemare vedrà inoltre lo sviluppo di un Beach club,
che integrerà l'accesso attraverso la spiaggia. All'interno piazzole in teak con
lettini da spiaggia e sistemi di ombreggiatura, cabine e servizi igienici. Poi
ancora tre piscine e giochi d'acqua. Quanto alla sicurezza degli ospiti delle
varie strutture, Bulfon ha chiarito che ci sarà un check point attivo 24 ore su
24 per l'accoglimento di proprietari e visitatori. Servirà anche a evitare, se
necessario, che il borgo diventi troppo affollato, e a gestire videosorveglianza
e logistica dei parcheggi. Questi ultimi, tutti interrati, saranno riservati
agli appartamenti e agli ospiti della progettata Spa da 6mila metri quadrati sul
mare. «Inoltre – ha detto Bulfon – al check point sarà gestita anche la
distribuzione della posta: un servizio interno provvederà a recapitare le
missive a ogni indirizzo«. Ma ci saranno intitolazioni di nuove vie? «Non ci
abbiamo ancora pensato – la risposta di Bulfon – ma non è escluso: si potrebbe
pensare a qualche nome suggestivo, per valorizzare i luoghi stessi». Tutto il
borgo sarà coperto da rete wireless. Il progetto prevede la costruzione di due
borghi – uno in stile rustico, sul mare, e uno residenziale, sulla parete
carsica -, nonché alberghi (un cinque stelle composto da tre diverse strutture
posizionate nei punti più suggestivi), 5 piscine scoperte, 14 tra bar e
ristoranti, 31 attività commerciali e una Spa. Si contano 380 residenze
turistiche, mentre 80 sono le unità a residence diffuso. Il cronoprogramma del
maxi-cantiere appaltato alla Rizzani de Eccher prevede la fine dei lavori entro
la primavera 2014.
Tiziana Carpinelli
«Due discariche abusive in via Di Vittorio e Di Peco» -
LA DENUNCIA DI FAREAMBIENTE
FareAmbiente ha scoperto due nuove discariche abusive a cielo aperto. A
seguito di numerose segnalazioni dei cittadini, i volontari dell’associazione
hanno iniziato una serie di sopralluoghi per verificare la situazione di varie
discariche abusive nel territorio triestino e per fare un’azione di
sensibilizzazione, spiega Giorgio Cecco coordinatore regionale. Le prime
indagini hanno interessato alcune zone della settima circoscrizione assieme
proprio al presidente del parlamentino rionale Francesco Bettio – ha evidenziato
Cecco – rilevando intanto due importanti criticità: una in via Di Vittorio e
l’altra in via Di Peco, a borgo San Sergio. «La prima su un terreno tra le nuove
costruzioni e la chiesa con rifiuti di ogni tipo e residui di cantiere, dove i
residenti hanno segnalato anche la presenza di ratti – sottolinea Bettio - e
nonostante le richieste di intervento all’amministrazione Comunale la situazione
è stazionaria con motivazioni burocratiche e di proprietà. La seconda su un
terreno sottostante un ponte della grande viabilità ai margini della strada con
cumuli di residui di cantieri edili e rifiuti speciali, anche questi già
segnalati – evidenzia il presidente circoscrizionale – e dove l’amministrazione
è più volte intervenuta, senza però una risoluzione definitiva». L’associazione
chiede un rapido intervento da parte del Comune e degli enti competenti –
afferma Cecco – per sgomberare e fare gli adeguati lavori di manutenzione in via
di Vittorio. »Per quanto concerne via Di Peco riteniamo sia utile recintare
l’area in modo da bloccare l’utilizzo non autorizzato di discarica e non dover
intervenire continuamente impegnando costantemente risorse pubbliche. Resta
evidente che c’è bisogno di un maggior controllo, ma anche di incrementare a
tutti i livelli l’educazione ambientale e civica – ha concluso il coordinatore.
Presenti ai sopralluoghi anche alcuni residenti e referenti locali del movimento
ecologista come il vice coordinatore regionale Gianluigi Pesarino Bonazza».
Rimarrà a Cherso la “casa” dei grifoni
Il Comune conferma l’appoggio all’Eco centro Caput Insulae di Caisole. A
breve una nuova voliera
CHERSO L’Eco centro Caput Insulae di Caisole (Beli), che da decenni si
occupa della tutela dei grifoni, gli avvoltoi dalla testa bianca, resta a Cherso.
C’era stata tensione nei mesi scorsi tra l’associazione diretta dal noto
ornitologo croato, Goran Suši„, e il comune di Cherso, una crisi causata
soprattutto da problemi finanziari (Caput Insulae stentava nel realizzare i
programmi) e che rischiava di dare luogo ad un clamoroso trasferimento. Si
parlava di Bescanuova (Baska) come della nuova sede di un centro fattosi valere
anche a livello internazionale e non solo per le iniziative a favore del
grifone, volatile diventato il simbolo ufficiale dell’isola di Cherso. Infine è
prevalsa la ragione e il tutto si è sistemato dopo la riunione svoltasi a
Caisole, con la partecipazione di Susic, della sua vice Vesna Radek e del
sindaco di Cherso, Kristijan Jurjako. Quest’ultimo si è detto soddisfatto per il
superamento della pesante situazione in cui si trovavano gli ambientalisti: «La
municipalità non si tirerà indietro nell’appoggiare le iniziative dell’ Eco
centro – ha affermato Jurjako – e si impegnerà nell’individuare un’area dove
possa sorgere la nuova voliera degli avvoltoi». Quella attuale, sistemata a
Caisole, non risponde più alle esigenze di Suši„ e colleghi in quanto l’
espansione turistica arreca fastidio ai maestosi volatili. L’amministrazione
cittadina, per bocca del sindaco, ha promesso di impegnarsi nel trovare un lotto
di terreno, di proprietà statale e lontano dai centri abitati o di
villeggiatura, per collocare la voliera, assolutamente indispensabile per la
cura e il recupero dei grifoni. «Oltre alla nuova voliera – ha rilevato Suši„ –
si dovrebbero posizionare mangiatoie per avvoltoi sul Monte Maggiore, Arbe,
Klana, Veglia e Cherso. La colonia quarnerina è l’unica rimasta in Croazia, ha
un’importanza eccezionale e costituisce un patrimonio a livello europeo e
mondiale. Caput Insulae non ce la può fare da sola, ha bisogno del sostegno
delle municipalità delle isole altoadriatiche, del competente ministero e di
altre organizzazioni». Caput Insulae resta insomma a casa e per i grifoni del
Quarnero è un’ottima notizia.
(a.m.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 30 settembre 2012
«Ma non è l’Authority a bloccare il Prg»
La presidente replica al suo predecessore Boniciolli spiegando i motivi
del “rallentamento”
Ma Marina Monassi, oggi ai vertici dell’Autorità portuale, ha voluto
contrattaccare ieri anche nei confronti dell’ex presidente Claudio Boniciolli il
quale aveva affermato che è la stessa Authority a bloccare l’approvazione
definitiva del nuovo Piano regolatore del porto anche con l’intenzione di tenere
immobilizzato anche Porto Vecchio. Monassi ha fatto però rilevare come il
rallentamento dell’iter del Piano sia sostanzialmente dovuto a un contenzioso
apertosi tra la stessa Authority e l’Ati, la società cui è stato affidato il
compito di predisporre gli elaborati Via Vas e che ora chiederebbe 230mila euro
aggiuntivi per procedere negli ulteriori adempimenti che si sarebbero resi
necessari nel corso della procedura. L’Autorità portuale ha reso di conseguenza
nota ieri la comunicazione fatta sull’argomento nel corso della seduta del
Comitato portuale. «É attualmente in corso - si riferisce - la procedura di Via
integrata alla Vas che ha avuto inizio a dicembre 2011 con l’invio dello Studio
ambientale preliminare integrato (Sapi) ai soggetti competenti in materia
ambientale (enti pubblici) con i quali entrare in consultazione. I pareri
espressi sono stati acquisiti dalla Commissione Via Vas del Ministero
dell’Ambiente che il 23 marzo 2012 ha rilasciato il parere relativo alla fase di
consultazione preliminare.» «Nell’aprile 2012 l’Authority ha chiesto all’Ati,
affidataria del servizio di predisposizione degli elaborato di Via Vas -
prosegue la nota - di predisporre gli elaborati relativi allo Studio ambientale
integrato (Sai) tenendo in debito conto le osservazioni e le prescrizioni
formulate dagli enti consultati e dalla commissione». Ma a questo punto l’Ati si
sarebbe smarcata comunicando che «gli approfondimenti progettuali richiesti
dalla Commissione Via Vas necessari alla prosecuzione del lavoro esulano da
quanto previsto dal contratto che prevede sostanzialmente attività di
valutazione ambientale sul Prp fornitoci, escludendo esplicitamente interventi
di modifiche progettuali del Prp stesso. Poiché l’importo delle integrazioni
richieste ammonta a 230mila euro - fa rilevare l’Authority - è in corso una
trattativa economica con la società affidataria, o eventualmente con altri
soggetti, per la redazione degli studi aggiuntivi richiesti».
(s.m.)
AcegasAps come l’Iri: perdite pubbliche e utili privati
- LA LETTERA DEL GIORNO di Fulvio Vida
Ho assistito ad un convegno organizzato da un movimento di opposizione dove
sono stati illustrati gli indici di bilancio dell’AcegasAps in vista della
fusione. Mi sono occupato per parecchio tempo di bilanci e devo dire che, se
fosse vera solo la metà dei dati pubblicati, non ci sarebbe molto da stare
allegri. Considerazione questa che vale, ovviamente, per i cittadini e
nient’affatto per gli amministratori e per le banche (come chiunque può notare
scorrendo i numeri). Premesso che in consimile ipotesi, gli amministratori di
qualsivoglia diversa società commerciale avrebbero già fatto le valigie, mi
permetto di porre una domanda preliminare al nostro primo cittadino: caro signor
sindaco, come ha votato in rappresentanza di noi poveri cittadini nell’assemblea
dell’AcegasAps a riguardo dei compensi agli amministratori che, se non erro,
viaggiano sul quarto di milione di euro? E a riguardo dei bonus? Nello sperare
che la mia curiosità trovi appagamento e nell’osservare che i servizi erogati
dall’AcegasAps sono diritti della cittadinanza e nient’affatto merce (come
ribadito nel recente referendum sull’acqua), sarebbe forse il caso di
pretendere, anche alzando la voce, che la questione trovi pubblica discussione e
successiva soluzione in base ad un’istituzione di democrazia diretta e
nient’affatto in base alle forme della cosiddetta democrazia rappresentativa i
cui vizi e limiti sono oramai conclamati e stanno inondando le prime pagine dei
giornali (e i fascicoli delle nostre povere procure). Persistere per le
soluzioni “interne” dimostrerà una volta ancora la volontà degli amministratori
politici di continuare a servirsi delle ex aziende comunali per poco
commendevoli fini propri, che nulla hanno a vedere con l’interesse pubblico,
utilizzando le stesse, nell’ipotesi migliore, come “cimitero degli elefanti”
dove sistemare con laute prebende personaggi politicamente noti, momentaneamente
disoccupati e/o in disgrazia. Il tutto con la consapevolezza di avere tra le
mani - grazie ad un monopolio di fatto - un’impresa perfetta con rischi a zero,
mentre i profitti soggettivi di cui sopra sono a vantaggio solo di pochi,
diciamo, fortunati. I soliti Pantaloni, che risiedono nella città più sporca del
Nord Est e nel contempo si vedono recapitare bollette stratosferiche,
preconfezionate per sopperire alle necessità di cassa dell’Azienda, si diano
pace; si tratta della solita concretizzazione del brocardo che guidava le
defunte partecipazioni statali “ergo: pubblicizzazione delle perdite e
privatizzazione degli utili”. Dati i numeri e applicati gli indici di analisi
del bilancio, oserei pertanto dire che le motivazioni che supportano la “bontà”
della fusione travalicano ampiamente l’opinabile in tema di scelte economiche,
ma integrano una vera e propria presa in giro (mi veniva un altro termine) dei
cittadini-utenti, che forse sarebbe stato meglio risparmiare per evitare
l’ennesima picconata alla credibilità delle nostre istituzioni e di tutti i
partiti politici.
IL PICCOLO - SABATO, 29 settembre 2012
Regione, rispedito a Roma il rigassificatore di Zaule
Dopo la sentenza del Consiglio di Stato il progetto è stato inviato al
ministero Tondo: «Qualche prezzo lo dobbiamo pagare». Ma non sarà lui a decidere
Dopo il Consiglio di Stato il parere di Stato. Il progetto del
rigassificatore di Zaule è stato rispedito a Roma. La Regione Friuli Venezia
Giulia abdica alla sua autonomia decisionale. Non avendo varato un piano
energetico regionale è costretto suo malgrado, o per sua fortuna (dipende dai
punti di vista) a rinviare a Roma la decisone sul rigassificatore. A doversi
esprimere sarà il ministero dello Sviluppo economico. Così ha sentenziato il
Consiglio di Stato il 24 luglio scorso. E la direzione regionale dell’Ambiente
ne ha preso atto l’11 settembre scorso. «Si richiede alla Società Gas Natural
Rigassificazione Italia spa (che ha presentato il progetto alla Regione il 26
settembre 2011) di voler provvedere a ritirare, presso lo scrivente ufficio, una
copia cartacea della documentazione progettuale, per trasmetterla al ministero
dello Sviluppo economico», scrive il direttore del servizio Energia della
Regione Pietro Giust. E, dopo aver dichiarato la propria incompetenza in
materia, aggiunge: «Conseguentemente si rileva la nullità dell’atto di indiziane
della Conferenza di servizi del 26 ottobre 2011 e l’impossibilità, per lo
stesso, di produrre qualsivoglia effetto giuridico». Come dire: tutto inutile,
tutto da rifare. «Visto che il Consiglio di Stato ha detto che la competenza è
del ministero e noi abbiamo rimandato il rigassificatore al ministero. Tutto
qua», sintetizza Gusti. E se l’opposizione vede in questo uno scaricabarile, la
maggioranza sostiene che non c’erano alternative. «L’ultima parola sul
rigassificatore spetta quindi al ministero romano. Tondo ha abdicato alle sue
responsabilità» sostiene Sergio Lupieri, consigliere dell’Ad. La realtà che la
Regione non ha mai fatto una scelta fino in fondo. «Sugli elettrodotti
transfrontalieri e il rigassificatore a Trieste sono in gioco le prospettive di
sviluppo e i posti di lavoro nella nostra regione. Qualche prezzo lo dobbiamo
pagare. È arrivato il momento che tutti si assumano le loro responsabilità»
ripeteva ancora ieri il presidente della Regione, Renzo Tondo. La Regione è
favorevole al progetto, ma si scontra con la contrarietà totale della Provincia
e dei Comuni di Trieste, Muggia e San Dorligo. Oltre che del parere contrario
della Slovenia. «La sentenza del Consiglio stato che non lascia spazio a dubbi.
La decisione è stata invece quella di ricercare un confronto civile con lo
Stato, al fine di negoziare una posizione che comprenda anche le ragioni della
specialità. Seguendo la strada indicata dal Pd invece avremmo avuto
inevitabilmente un’impugnazione della legge da parte del Governo» spiega il
consigliere del Pdl Bruno Marini. I tempi, intanto si allungano. In attesa del
parere di Stato è probabile che la patata bollente del rigassificatore di Zaule
passi di mano. Ad assumermi le proprie responsabilità sarà quasi sicuramente la
prossima giunta regionale.
Fabio Dorigo
«Il governatore scarica la responsabilità» - Sergio
Lupieri (pd)
«Non accettando il nostro emendamento all'articolo 12 della legge
sull'energia, il presidente Tondo ha dimostrato chiaramente che non vuole
riappropriarsi del potere decisionale sul rigassificatore di Zaule e che ha
deciso di abdicare alla sua responsabilità in barba alla specialità e autonomia
della Regione». Il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri non ha dubbi
della scelta pilatesca del governatore del Fvg. Di fronte alla contrarietà
generale, sostiene Lupieri, ha preferito “lavarsi le mani”. «Tondo non ha quindi
voluto disciplinare la materia e quindi farsi interprete delle decisioni di
contrarietà al rigassificatore di Zaule prese dai Consigli comunali di Trieste,
Muggia, San Dorligo e dalla Provincia, più il parere sfavorevole della
Slovenia».
La giunta si dichiara incompetente
Il 24 luglio scorso il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’eventuale autorizzazione unica riguardo il progetto del rigassificatore di Zaule alla luce del fatto che la Regione non abbia mai disciplinato la materia. Nel parere si legge che la disciplina statale non può che trovare applicazione almeno fino a quando la Regione non abbia provveduto a legiferare in materia di impianti di rigassificatori. Uno “stallo” riconosciuta anche Regione. «Questo servizio non può non riconoscere la propria incompetenza al rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio del terminale di rigassificazione Gnl da localizzarsi nel porto di Trieste, a Zaule» ha scritto l’ 11 settembre l’architetto Pietro Giust, vicedirettore centrale e direttore del servizio Energia della Regione .
Slow Food, laboratori e incontri sui sapori -
EVENTI»L’INIZIATIVA
Una due giorni di appuntamenti nei rioni. Anche per i bimbi
In programma anche degustazioni speciali guidate da artigiani, produttori ed
esperti sulla gastronomia di eccellenza: si potrà toccare, annusare e
assaggiare. Con l’obiettivo di valorizzare quello che il territorio offre
Con Slow Food Trieste Next si espande nei rioni periferici. Infatti,
l’associazione della chiocciolina non poteva non tener conto del tema proposto,
“Save the food”, del primo Salone europeo dell’innovazione e della ricerca
scientifica. E allora, la sezione triestina comunica che, per l’occasione, sarà
presente in diversi luoghi della città per promuovere un atteggiamento rivolto
al nutrirsi in maniera consapevole e, perché no, anche piacevole e divertente.
Più esattamente, oggi l’associazione (che ha come fiduciario locale Marino
Vocci) sarà eccezionalmente presente in più luoghi della città: in mattinata,
dalle 8 e fino alle 13, in piazza Goldoni, parteciperà al tradizionale Mercato
della terra e poi sarà in piazza San Giacomo (in collaborazione con Coldiretti e
il Comune di Trieste): un’occasione per acquistare solo prodotti locali e di
stagione direttamente dal produttore e a un giusto prezzo, permettendo di
recuperare un patrimonio gastronomico e culturale prezioso, ricco di sapori e
gusti antichi, e di valorizzare le produzioni autoctone sostenendo l’economia
rurale nel rispetto delle tradizioni culinarie e dell’ambiente. Nello specifico,
Slow Food sarà a San Giacomo dalle 10 alle 13. Tra l’altro, a San Giacomo
potrete trovare anche i prodotti di Libera, frutto del lavoro di giovani che
coltivano ettari di terra confiscati alla mafia. Nel pomeriggio, dalle 15 alle
18, “Buono, pulito e giusto”, i laboratori dedicati ai più piccoli a Melara, nel
giardino di via Pasteur. Invece nella mattina di domani, nella piazzetta della
chiesa del parco di San Giovanni, Slow Food sarà presente dalle 10.30 alle 13.30
mentre alle 11, al Posto delle fragole di via de Pastrovich 4, si terrà un
laboratorio del gusto dal titolo “L’educazione sensoriale” (alle 11), condotto
da Matilde Coniglio, docente veneta ai Master of food: degustazioni speciali
guidate da esperti dell’associazione coadiuvati da artigiani e produttori,
cuochi e selezionatori, che accompagnano i partecipanti alla scoperta dei
prodotti della gastronomia di eccellenza. Si potrà toccare, annusare,
assaggiare. Si tratta di incontri divulgativi per il gusto di saperne di più,
volti a un utilizzo più consapevole del cibo e con un occhio di riguardo
all’aspetto edonistico. Su questo filone, Slow Food promuove una serie di
proposte tematiche agroalimentari rivolte a soci e non iscritti: una trentina in
tutto, fra cui caffè, olio d’oliva, cereali, pasta e, naturalmente, vino e
formaggi. In ognuno degli appuntamenti di questi giorni saranno presenti dei
banchetti informativi e dei piccoli laboratori promossi dalla rete giovani del
sodalizio dei “mangiatori lenti”, dove i bambini potranno divertirsi e mettere
alla prova i propri organi di senso con curiosi e coinvolgenti giochi
sensoriali. Ultimo appuntamento: dalle 15 alle 18 in piazza 25 Aprile.
Gianni Pistrini
“Dove ti butto”, come spiegare ai bimbi la raccolta
differenziata - Melara
Spiegare ai più piccoli i perché, le regole e i vantaggi per l’ambiente e
per tutti noi della raccolta differenziata. È lo scopo del nuovo spettacolo di
teatro ragazzi dal titolo “Dove ti butto?’”, proposto dall’Associazione
culturale Teatrobàndus questo pomeriggio alle 15.30, all’anfiteatro di Melara,
nell’ambito della manifestazione Trieste Next. Ricordiamo che l’ingresso è
gratuito sino a esaurimento posti (in caso di maltempo la messa in scena si
terrà in uno spazio interno). Prodotto dalla Casa dei teatri, l’agile
spettacolo, della durata di 40 minuti, è realizzato con il contributo del Comune
di Trieste ed è interpretato dagli attori Isaura Argese, Giustina Testa (che
firma l’idea e i testi), Julian Sgherla, Andrea Germani e Riccardo Beltrame. La
regia è a cura del gruppo. «”Dove ti butto?” – spiega Giustina Testa, tra i
fondatori dell’Associazione Teatrobàndus – è pensato per un pubblico dai 5 ai 12
anni e nasce con il fine di raccontare ai giovanissimi, in modo spensierato,
divertente e al contempo educativo, il funzionamento della nuova raccolta
differenziata nella città di Trieste, spiegando dove vanno gettati gli oggetti
in base al materiale di cui sono fatti». «Lo spettacolo, molto colorato,
prosegue la Testa, vede in scena tanti personaggi, nati dalla fantasia e tratti
dal mondo delle fiabe, che si trovano al centro di varie scenette buffe. Tra
loro, per esempio, ci sono dei topolini, un mago, un principe e una principessa,
ma non mancheranno anche dei burattini. All’inizio dello spettacolo il giovane
protagonista si addormenta ascoltando da un professore una spiegazione troppo
“tecnica” e noiosa sulla raccolta differenziata e così sono proprio i burattini
a comprendere che serve piuttosto un intervento “magico”, uno stratagemma a
cavallo di un sogno, affinché sia possibile veicolare in modo più leggero e
simpatico, a misura di bambino, dei messaggi importanti. Anche sul perché il
saggio riciclo, e quindi il rispetto per l’ambiente, siano ben più che delle
buone abitudini, ma significhino davvero migliorare la nostra qualità di vita
nel presente e nel futuro». «Lo spettacolo – conclude l’attrice – è pensato per
avere vari livelli di lettura a seconda dell’età del nostro pubblico in
miniatura, ma sia i più grandi che i più piccini assimilano delle informazioni
con un sorriso. E questo anche assistendo agli errori “a tema” di personaggi
pigri, imbranati, frettolosi o con la testa tra le nuvole, ripresi e corretti
dai loro compagni di scena, ma magari pure dallo stesso giovane pubblico, che
potrà divertirsi suggerendo quali siano i contenitori giusti per i vari rifiuti
e materiali».
Annalisa Perini
PROGETTO IN BOSCHETTO
Alle 8, ritrovo alla Rotonda del Boschetto per un’uscita ornitologica (portare binocolo) con la Lipu. visite guidate mostra umanesimo
Puliamo il mondo
Per la campagna Legambiente “Puliamo il mondo” alle 10 ritrovo al Ferdinandeo: puliamo il boschetto con i Gas di Trieste.
CADOINPIEDI.it - VENERDI', 28 settembre 2012
Le patatine surgelate possono causare il cancro
La sostanza nel mirino è l'acrilamide, che rimane nelle patatine dopo la
cottura
La notizia è stata diffusa da molti autorevoli quotidiani. Ce ne parlano il
Daily Mail e il Telegraph. Le patatine congelate potrebbero causare il cancro.
Gli scienziati hanno scoperto che soprattutto le patatine precotte, vendute
surgelate, contengono livelli elevati di sostanze chimiche cancerogene.
La sostanza nel mirino è l'acrilamide, che rimane nelle patatine dopo la
cottura. Si tratta di un composto naturale che si trova in molti tipi di
alimenti, comprese le patate. Il processo utilizzato per preparare le patatine
surgelate non ne riduce i livelli. Il chimico Donald Mottram, autore della
ricerca, afferma: "Il processo include la selezione delle patate, il taglio,
l'aggiunta di zucchero, l'essiccazione, la frittura e il congelamento. Tutto
questo, combinato la cottura finale, dona il colore, la consistenza e il sapore
che i consumatori si aspettano dalle patatine fritte."
Ha poi aggiunto: "L'acrilamide si forma naturalmente durante la cottura di molti
prodotti alimentari. La formazione di acrilammide nelle patate fritte è
inevitabile." Nel caso delle patate pre-cotte, il rischio è maggiore vista la
doppia cottura alle quali vengono sottoposte.
L'acrilamide è una sostanza molto tossica che si forma durante il processo di
cottura, a temperature elevate, degli alimenti ricchi di carboidrati. La
produzione di acrilamide è facilitata dall'assenza di acqua e dalla presenza di
asparagina (un amminoacido) e di uno zucchero ridotto (come il glucosio od il
fruttosio contenuti soprattutto nelle patate, ma anche nei cibi caramellati).
Molti alimenti in commercio hanno valori di acrilamide, che variano da 5
microgrammi/kg a 3.500 microgrammi/kg. Le patatine fritte hanno valori molti più
elevati: da 3.500 a 12.000 microgrammi/kg. Vale comunque il solito discorso: ciò
che conta è la quantità, ma è giusto che i consumatori sappiano.
Fonte:
Daily Mail
IL PICCOLO - VENERDI', 28 settembre 2012
Sertubi, interviene il vescovo: «Preoccupato per
l’occupazione»
Monsignor Crepaldi invita i lavoratori alla calma: vi sono vicino.
Poi «incoraggia Regione, Provincia e Comune, i
sindacati e gli Industriali a individuare una soluzione che faccia salvi i posti
di lavoro»
Lavoratori della Sertubi, state calmi. Più e meglio che potete. Ma sappiate
che io sono con voi. Dalla vostra parte. E alle istituzioni e alle forze sociali
dico: attenti sì all’ambiente, e ci mancherebbe, ma anche e soprattutto ai posti
di lavoro che ballano dentro e fuori la Ferriera. La traduzione è giornalistica
ma la sostanza della nota ufficiale uscita ieri dalla Diocesi, per volontà del
vescovo Giampaolo Crepaldi, è questa. E non dà l’idea di un intervento fatto
solo per portare mero conforto spirituale, bensì pure un monito, rivolto con
cognizione a chi comanda in Regione, Provincia e Comune e a chi lo fa nel
sindacato e nelle associazioni datoriali. Un monito farcito di «preoccupazione»
non dissimile, almeno è questa l’impressione diffusa, da quello laico lanciato
24 ore prima via Piccolo da Riccardo Illy. Monsignor Crepaldi, d’altronde, prima
che Benedetto XVI lo nominasse arcivescovo mandandolo a Trieste, era in
Vaticano, da segretario del Pontificio Consiglio di giustizia e pace, e come
tale ha messo mano all’enciclica “Caritas in veritate”, sviscerando dal punto di
vista della fede il welfare della società di oggi. I problemi del sociale e del
mondo del lavoro, conseguenza della crisi che sta mietendo disoccupati e
famiglie in difficoltà, anche per questo erano - e sono - la sua materia. E
così, all’indomani del clima incandescente di piazza, diventato tale tra gli
operai all’arrivo in Prefettura dell’amministratore delegato della Jindal Saw
Italia Leonardo Montesi, esce appunto una nota destinata a lasciare il segno nel
dibattito politico sul destino della Sertubi, e più in generale del polo
siderurgico che ruota attorno alla Ferriera. «La situazione dei lavoratori della
Sertubi - si legge in tale nota diffusa ieri dall’Ufficio stampa della Diocesi -
continua ad essere fonte di preoccupazione e deve essere affrontata con
lungimiranza e coraggio per non impoverire ulteriormente la realtà produttiva
della provincia di Trieste. L’arcivescovo monsignor Giampaolo Crepaldi sente di
esprimere in modo particolare la sua solidarietà e la sua vicinanza ai
lavoratori e alle loro famiglie, che vivono, spesso con angoscia, questo momento
problematico in cui è a rischio il lavoro». «Consapevole della gravità del
momento e del futuro dei lavoratori, dell’azienda e della qualità della vita»,
il vescovo poi «auspica che il confronto, pur determinato da un contesto molto
difficile, continui a svolgersi in maniera rispettosa e pacata da parte di tutti
i soggetti interessati. L’arcivescovo Crepaldi incoraggia le istituzioni,
Regione, Provincia e Comune, i sindacati, le forze sociali e l’associazione
degli Industriali ad intensificare gli sforzi e a prodigarsi per individuare una
soluzione che non mortifichi ulteriormente questo comparto e faccia salvi
l’attività produttiva e i posti di lavoro, in modo da assicurare quello sviluppo
tanto necessario per la nostra città e le sue famiglie».
Piero Rauber
Gli operai: una scossa Cosolini: molte nubi sopra la
siderurgia - REAZIONI
Gli operai della Sertubi, in sciopero da mercoledì, cosa che ha stoppato
anche l’unica parziale attività di pitturazione dei tubi spediti dall’India,
accolgono con favore, lasciando intendere che un intervento così deciso non se
l’aspettavano, il pensiero espresso dal vescovo. «Finalmente grazie alle parole
di monsignor Crepaldi,tra l’altro molto gradite da tutti noi, la situazione
della siderurgia triestina viene vista per ciò che veramente è, cioè un problema
sociale e non solo ambientale», rileva Michele Pepe, rappresentante dei
lavoratori della fabbrica sotto la sigla della Fim-Cisl. «Noi tutti auspichiamo
che le parole del vescovo possano scuotere coloro i quali hanno le effettive
possibilità di far qualcosa, e che facciano riflettere coloro i quali con il
loro immobilismo hanno di fatto provocato ciò che è sotto gli occhi di tutti
oggi, e che temo non sia altro che la punta di un iceberg». La grana, in
effetti, investe il comparto siderurgico, dalla Ferriera in giù. Mille famiglie
campano su un filo. E davanti all’opzione di un’eventuale continuazione soft
anche dopo il 2015, come teorizzato da Illy, Roberto Cosolini taglia corto
prepara il terreno a momenti sempre più difficili, forse ben più imminenti,
altro che 2015: «Per la Ferriera - taglia corto il sindaco - esiste un futuro a
breve termine molto nuvoloso».
(pi.ra.)
Bolzano a tutta innovazione con le energie rinnovabili
Si conclude domani il festival tematico che ha l’obiettivo di costruire
una cultura della ricerca e della sostenibilità, fra gli ospiti il guru
dell’idrogeno Jeremy Rifkin
Bolzano punta sulle energie rinnovabili. L'obiettivo dichiarato è arrivare a
produrle a costo zero e senza inquinare, un obiettivo ambizioso che si raggiunge
costruendo a poco a poco una cultura della ricerca e della sostenibilità.
Proprio per questo nasce la prima edizione del Festival dell'Innovazione, in
corso fino a domani, tenuto a battesimo da ministri e imprenditori,
intellettuali e filosofi di fama mondiale. Tra gli ospiti di rilievo, ci sono
anche la guatemalteca Premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù e il guru
dell’idrogeno Jeremy Rifkin, previsti domani in chiusura dell'evento. L'ex
direttore del TG1 E del Sole 24 ore Gianni Riotta parteciperà invece assieme a
Riccardo Illy all'incontro di oggi (alle 15) intitolato "Stimolare un ecosistema
per l'innovazione". Il programma della manifestazione punta sull’interattività,
offrendo appuntamenti per giovani e meno giovani. Sono previste relazioni,
workshop e forum di discussione che sensibilizzano e informano la popolazione
sui temi innovazione, nuove tecnologie ed economia etica. Durante il festival i
bambini saranno coinvolti in laboratori e work shop, allo scopo di promuovere
una cultura dell'innovazione sin dall'infanzia. Il pubblico adulto sarà guidato
tra le strade di Bolzano, fra edifici privati e pubblici, a verificare con
occhio come il futuro sia già diventato presente. L'originale visita guidata
porterà i presenti alla scoperta dei numerosi gli impianti “green” installati in
città. Altro atteso appuntamento è quello di stasera con la “Lunga Notte della
Ricerca”, nel corso della quale i centri del sapere bolzanini EURAC, Libera
Università di Bolzano e TIS apriranno le loro porte al pubblico e permettendo
così a turisti e cittadini di avvicinarsi al mondo della ricerca scoprendola con
tutti i propri sensi. Le iniziative in programma avranno luogo in 14 diversi
punti cittadini (nove dei quali con free wifi), tra cui l’innovativo Museion e
la tradizionale Piazza Walther, che ospiterò anche una piccola expo dedicata
alla sostenibilità. Qui ci saranno un’officina della pietra dove i visitatori
potranno scoprire le diverse tecniche di lavorazione, mentre nella galleria
verranno approfondite le caratteristiche delle pietre locali. Una stazione di
rifornimento a energia solare metterà a disposizione e-bike, e-scooter e segway.
Un simulatore di eco-driving del progetto Intergreen permetterà di calcolare
quanto è sostenibile il proprio stile di guida mentre la rete dei “Badl”
spiegherà come la cultura del bagno e dell’acqua può aiutare a mantenerci in
salute. Piccoli passi per accompagnarci nella direzione di una piacevole
rivoluzione ecologica. Fino a domenica 30, inoltre, a Bolzano sarà in corso
anche un Festival Internazionale di Storytelling, unico evento in Italia
dedicato alla narrazione orale improvvisata secondo la tradizione degli antichi
cantastorie. Il cartellone si profila denso di storie, con oltre 20 performance
di narrazione, appuntamenti per bambini e per le scuole, laboratori di
storytelling per adulti, adatti sia a chi vuole avvicinarsi per la prima volta
all'arte del raccontare storie sia a chi vuole affinare la propria tecnica di
narrazione grazie all'esperienza di Storytellers professionisti. Sono previsti
anche eventi speciali che incrociano altre forme d'arte (fumetto, pittura, moda,
musica) e interattivi salotti Raccontamiunastoria, dove anche il pubblico sarà
coinvolto nella narrazione.
Cristina Favento
MESSAGGERO VENETO - GIOVEDI', 27 settembre 2012
Bocciata la centralina idroelettrica sull’Arzino
CLAUZETTO. La giunta regionale, su proposta della commissione di
valutazione dell’impatto ambientale, ha deliberato di non riconoscere la
compatibilità del progetto di derivazione idraulica proposto un anno fa dalla
società Itv - Industrie tessili del Vomano, titolare della concessione a
derivare sul torrente Arzino.
Legambiente, assieme all’associazione Amici dell’Arzino e
al Wwf, aveva presentato per due volte osservazioni critiche, contrarie
all’approvazione del progetto e derivanti «da valutazioni idrauliche,
bio-ecologiche, sociali e finanziarie. Ma su tutto prevaleva quella unicità
ambientale e naturale tuttora costituita dall’Arzino, unico corso d’acqua
regionale a non avere subito derivazioni e prelievi e, quindi, l’unico a elevata
naturalità nel comprensorio regionale».
E proprio su queste valutazioni l’Arpa ha incentrato il suo parere contrario,
ritenendo l’Arzino un esempio idro-morfologico, bio-ecologico e chimico-fisico
da tutelare e proteggere a fini di studio e riferimento.
Legambiente giudica favorevolmente la deliberazione della giunta regionale e
auspica che «da questa esperienza si possa trarre l’insegnamento della necessità
urgente di approvare quel documento di criteri e parametri per il riconoscimento
dell’ammissibilità o meno dei progetti di derivazione che la commissione Via ha
già fatto propri nel settembre 2009, ma che la giunta ha sempre ignorato», e che
«le ragioni, quasi sempre speculative, che muovono centinaia di richiedenti in
regione trovino una regolamentazione e una limitazione». Legambiente ricorda,
infine, come anche in questo caso sia stata la mobilitazione di migliaia di
persone e dell’Amministrazione comunale di Clauzetto a dare la spallata
determinante al rigetto di un progetto «impattante, altamente alterante una
realtà incontaminata e profittevole soltanto per le tasche di un privato».
IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 settembre 2012
Sertubi cerca un socio per ripianare i debiti
Il partner dovrebbe accollarsi 12 dei 24 milioni del passivo a fine 2013,
in vista della ripresa.
Si valuta l’ipotesi del salvataggio con Friulia, ma la
via è tortuosa
Un partner pubblico o privato che si accolli metà dei debiti, che alla fine
del 2013 dovrebbero ammontare a 24 milioni di euro, per poter poi traghettare
Sertubi fino al 2014 allorché finalmente si prevede una ripresa del mercato. È
quanto Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal Saw Italia, la
società che ha in affitto Sertubi, deve trovare per non chiudere lo
stabilimento. Lo ha affermato ieri pomeriggio in Prefettura lo stesso Montesi
nel corso del primo vero confronto con i rappresentanti delle istituzioni e dei
dipendenti dopo l’esplodere della crisi aziendale. Era stato accolto poco prima
al grido di “Buffone, buffone” da un gruppone di lavoratori che hanno fatto
anche un tentativo di entrare in contatto fisico, ma sono stati fermati da un
cordone di poliziotti. L’autunno caldo si è aperto così ieri a Trieste e in
serata i lavoratori della Sertubi hanno deciso di entrare nuovamente in
sciopero. Ieri sera Montesi non rispondeva al cellulare e le sue richieste fatte
nel corso dell’incontro svoltosi a porte chiuse sono state riferite
dall’assessore comunale alle Attività produttive Fabio Omero. La vertenza si sta
incattivendo e rischia di prendere una piega drammatica anche se alla fine
dell’incontro l’assessore provinciale al Lavoro Adele Pino ha riferito
dell’avvio di uno studio per un possibile intervento di Friulia, la finanziaria
della Regione. Sandra Savino, assessore regionale a Programmazione e finanze e
Angela Brandi, assessore regionale al Lavoro, hanno spento gli entusiasmi.
«Friulia può entrare nel capitale sociale - ha spiegato Savino - a patto che i
debiti siano azzerati, venga presentato un piano industriale credibile e vengano
mantenuti i livelli occupazionali, condizioni impegnative da rispettare, ma
inderogabili». Secondo Brandi la discussione sul ripianamento dei debiti stava
entrando nel vivo e lasciava anche presagire qualche spazio per la trattativa
quando un’ulteriore richiesta dei sindacati ha nuovamente raffreddato la
situazione. I rappresentanti dei lavoratori e cioè Stefano Borini (Fiom-Cgil),
Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) e Franco Palman e Antonio Rodà (Uilm), oltre a
quelli del consiglio di fabbrica hanno infatti chiesto la ripresa dell’attività
produttiva dal primo ottobre, mentre nelle intenzioni dell’azienda la cassa
integrazione doveva andare avanti fino a fine novembre. Riguardo a quest’ultima
richiesta, Montesi ha affermato che aveva bisogno di consultare l’azionista
indiano per cui il confronto è stato aggiornato a lunedì a mezzogiorno sempre in
Prefettura allorché si insedierà un Tavolo tecnico che dovrà approfondire le
modalità di un possibile coinvolgimento di Friulia. «Questa strada sarebbe la
migliore che speriamo di poter percorrere - ha spiegato alla fine Rodà alla
settantina di lavoratori che erano rimasti in attesa in piazza Unità - la
seconda è quella che prevede l’utilizzo degli ammortizzatori sociali con il
passaggio dalla cassa integrazione ordinaria a quella straordinaria».
Prospettiva che ha esacerbato gli animi dei dipendenti che stanno accumulando
nove mesi di cassa integrazione su un totale di un anno complessivo di affitto
da parte di Jindal e che vedono sempre più il proprio posto di lavoro messo in
pericolo. Al grido di «Basta con i tubi indiani» le istanze che venivano dalla
base hanno superato quelle che sembravano essere le intenzioni stesse dei
sindacalisti e l’assemblea open air, spostatasi da piazza Unità a piazza della
Borsa dove da più di una settimana è stato allestito un maxigazebo sempre
presidiato per sensibilizzare i cittadini, ha deciso di proclamare un nuovo
immediato sciopero. Stop dunque alle pitturazioni dei tubi che giungono
direttamente dall’India, l’unica attività che attualmente si svolgeva nello
stabilimento e che vedeva impegnati una cinquantina di dipendenti sui 208
totali. Il presidio continuerà anche davanti all’azienda e il confronto di
lunedì si svolgerà dunque con il nuovo sciopero in atto.
Silvio Maranzana
«Siderurgia, attenzione ai posti di lavoro»
Illy: serve segnale preciso delle istituzioni sulla volontà di
continuare, anche riducendo parte della Ferriera
Il tema Ferriera ieri è rimasto nell’ombra. Ma il futuro dell’azienda che
produce i tubi con la ghisa di Lucchini è legato a doppio filo a quello del
complesso siderurgico. Riccardo Illy, che fin dai primi anni ’90 si spese da
sindaco per la sopravvivenza della Ferriera, lo sa bene. E allora, richiesto di
un parere, «se capisco bene», premette commentando le notizie dal tavolo in
Prefettura, «un primo segnale in merito quantomeno a un’apertura» da parte di
Sertubi c’è. Resta il fatto, continua Illy ampliando il discorso all’intero polo
siderurgico, che «occorrerebbe un segnale preciso da parte delle pubbliche
amministrazioni sulla volontà di trovare, in questo momento di grande crisi
economica e finanziaria, una soluzione che consenta di continuare la produzione
di Ferriera e Sertubi eventualmente anche oltre il 2015, riducendo magari una
parte dello stabilimento siderurgico e facendo un altro passo verso il suo
progressivo smantellamento: se per rispettare le norme ambientali serve chiudere
la cokeria - l’acciaieria non c’è più da anni - si può continuare solo con
l’altoforno». Insomma, dice Illy riferendosi al confronto delle scorse settimane
che ha visto Comune, Provincia e Regione schierarsi sostanzialmente contro la
siderurgia attuale reclamando un piano industriale preciso da parte di Sertubi
(che si era detta interessata a Servola) prima di un eventuale cambio di rotta,
«io invece prima di prendere a schiaffi chi amministra Jindal avrei cercato di
capire se esista una soluzione che renda compatibile l’impianto» di Servola «con
la vita civile». Siderurgia più pulita, rispetto delle norme sulle emissioni. Ma
anche lavoro. Perché «Ferriera, Sertubi e tutto l’indotto occupano oltre un
migliaio di persone». E Illy parte da lontano: «La verità, anche se solo
ricordata, fa male. La Ferriera nacque ben prima delle case che ci stanno
attorno, c’è chi in passato avendo la responsabilità della città autorizzò la
costruzione di edifici a due passi da lì, quando i problemi ambientali erano
molto meno sentiti». Ma ora è diverso. «Userei le pinze: io stesso abitavo in
via Banelli, non mi pare che vi sia a oggi nessuno studio epidemiologico che
dimostri una correlazione tra stabilimento e malattie». E un’altra affermazione
dura: «Quando i temi ambientali hanno iniziato a farsi sentire c’è stato chi ha
comprato casa lì a prezzi bassi, e se ora al posto della Ferriera sorgesse un
giardino farebbe un affare: attenzione a distinguere tra interessi ideali e
venali». E allora, «ho la sensazione che la situazione oggi sia molto simile a
quella del 1994», dice Illy. «La domanda che allora mi posi fu: se non salviamo
la Ferriera quelle 1500 famiglie - tante erano a vivere di stabilimento e
indotto - dove andranno a bussare? In Comune». E anche oggi, nel pieno della
crisi del 2012, «si formerebbe davanti al Municipio una lunga fila di persone
lasciate in strada». Con la differenza che di risorse non ce ne sono. E «che per
un’eventuale bonifica dell’area lo Stato non ha un euro, la Regione nemmeno».
(p.b.)
«Basta prese in giro» I dipendenti attendono il nuovo
faccia a faccia
Lunedì ennesimo confronto chiave con l’amministratore E davanti al
palazzo del governo spunta anche una bara
Sfiducia, preoccupazione, rabbia. Ma non rassegnazione. Sono queste le
sfumature dello stato d’animo dei lavoratori della Sertubi alla conclusione del
tavolo istituzionale che si è tenuto nel palazzo della Prefettura, dove era in
gioco la sopravvivenza dell’azienda. Lo spiraglio di luce che si è aperto sul
futuro dello stabilimento non mette tranquillità ai dipendenti, che restano in
sciopero in attesa che arrivino le garanzie sulla ripresa dell’attività
produttiva a partire da lunedì, giorno in cui è previsto il nuovo faccia a
faccia con l’amministratore delegato di Jindal Saw Italia Leonardo Montesi.
Davanti alla Prefettura Termina così, con i dipendenti della Sertubi raccolti in
assemblea permanente, un pomeriggio ad alta tensione. Davanti alla Prefettura
sono le 14.35 quando i lavoratori lasciano il presidio di piazza della Borsa per
sistemarsi davanti alla Prefettura. «Non siamo qui a chiedere l’elemosina, ma
soltanto lavoro» è lo slogan che si leva dai megafoni. Sono quasi un centinaio e
ad attenderli ci sono due blindati della polizia e le pattuglie dei carabinieri.
Il sit-in rumoroso richiama l’attenzione di passanti e turisti. C’è persino chi
scatta una foto ricordo. «Sveglia!», urla qualcuno. Quasi un monito indirizzato
alla città e alle istituzioni. Cattivi presagi Davanti all’ingresso del Palazzo
del Governo viene posizionata una bara avvolta da un lenzuolo bianco, con la
scritta «Sertubi-Jindal Saw Italia 1999 – 2012. R.i.p.». Sopra è sistemato un
caschetto giallo, a lato due tute da lavoro verdi. Contemporaneamente nello
spicchio di cielo sopra piazza Unità si addensano nubi nerissime e minacciose.
Quasi un cattivo presagio che sembra rispecchiare quelli che sono i sentimenti
dei lavoratori. Attimi di tensione A portare il sostegno ai dipendenti della
Sertubi anche i consiglieri comunali Roberto Decarli e Franco Bandelli, accolti
da un applauso. Sono da poco passate le 15 quando all’orizzonte si profila la
sagoma di Leonardo Montesi, accompagnato dai propri collaboratori. La tensione
sale improvvisamente. Si alza un coro: «Buffone, buffone». Quando
l’amministratore delegato di Jindal Italia si avvicina all’ingresso, una decina
di lavoratori esasperati cerca di sfondare il cordone di sicurezza. Si sfiora il
contatto fisico. Sono pochi istanti concitati, poi fortunatamente, la situazione
torna alla normalità. Retrogusto amaro Dopo un’ora e trenta di riunione trapela
qualche segnale positivo sul coinvolgimento di Friulia. Gocce di speranza che
allentano la tensione. Alle 17.30, dopo oltre due ore, la conclusione del
tavolo. Il risultato però non convince i lavoratori. «Continuano a prenderci in
giro. Basta con i tubi indiani. Ormai siamo alla fame», le voci che si levano
dalla folla. Il lungo pomeriggio della Sertubi lascia dietro di sé un retrogusto
amaro. La battaglia continua. Almeno fino a lunedì, che dovrà essere per forza
un altro giorno della verità. L’ennesimo, forse nemmeno l’ultimo.
Pierpaolo Pitich
Vendute solo 17mila tonnellate di tubi contro le 31mila
previste
Secondo un nota emessa dalla stessa Jindal Saw Italia al 31 luglio la
perdita di periodo di Sertubi era pari a 8,9 milioni di euro che andavano ad
aggiungersi ai 2,4 milioni di risultato negativo registrato al 31 dicembre 2011.
Però nella stessa nota firmata dall’ad Leonardo Montesi, si affermava anche che
«la perdita di periodo è stata già in parte coperta dall’azionista con un
versamento in conto futuri aumenti di capitale in 8,5 milioni». In base a quanto
affermato ieri in Prefettura da Montesi la perdita quest’anno, a prescindere
dalla copertura, arriverà a 13 milioni, mentre è stata già stimata in ulteriori
11 milioni quella dell’anno prossimo. «La crisi di mercato - sostiene Jindal Saw
Italia - ha fatto sì che le vendite di tubi quest’anno si siano fermate, al 31
luglio, a 17mila tonnellate al confronto delle 31mila previste a budget. La
produzione nei primi sette mesi dell’anno si è attestata a 6mila tonnellate
contro le 13mila degli ultimi cinque mesi del 2011. Eppure Montesi, a nome di
Jindal Saw Italia, aveva addirittura avanzato una manifestazione d’interesse
riguardo all’acquisito della Ferriera di Servola dal Gruppo Lucchini , proposta
che era stata considerata interessante dalla stessa Confindustria Trieste e da
qualche settore politico e sindacale. Dinanzi a una richiesta sulle reali
intenzioni da parte del sindaco Roberto Cosolini, Montesi aveva risposto che ora
doveva concentrarsi solo a risanare la Sertubi. Perché, ammesso che si trovi una
formula per traghettare l’azienda fino al 2014, un’altra incognita si aprirà
subito l’anno successivo con la chiusura della Ferriera e la cessazione delle
forniture di ghisa.
(s.m.)
Ilva a rischio, il giudice boccia il piano
Il gip Todisco vieta la produzione al minimo. Oggi e domani sciopero,
operai sui camini per protesta. Governo in allarme
ROMA Bocciato il piano di risanamento dell’Ilva. Vietata anche la produzione al minimo. Nel provvedimento del gip tarantino Patrizia Todisco, per il più grande stabilimento siderurgico d’Europa il destino è segnato: chiusura perché su salute e ambiente «non si mercanteggia». Il ministro Clini annuncia che chiederà all’Ilva di cominciare a rispettare «adesso, con 4 anni di anticipo, quanto sarà stabilito nell’autorizzazione integrale ambientale per l’adeguamento degli impianti di Taranto». Immediata la risposta dei lavoratori: ieri gruppi di operai si sono alternati in cima al camino E312 e, in serata, sono saliti anche sulla ciminiera dell'agglomerato. Fim e Uilm hanno proclamato a partire da oggi due giornate di sciopero. Di fronte alla fabbrica stanno stazionando gli esponenti del Comitato «Cittadini e lavoratori liberi e pensanti» che sostengono l’azione della magistratura. Il clima è di forte tensione, come denuncia la Fiom, pronta a scioperare contro l’Ilva se non arriveranno risposte. Il gip ha dunque bocciato il piano da 400 milioni - da molti giudicato comunque inadeguato - presentato dal presidente dell’azienda Ferrante e confermato il carcere per Emilio e Nicola Riva (ex presidenti Ilva) e Luigi Capogrosso (direttore fino a giugno). Il piano bocciato dal giudice non era piaciuto nemmeno a sindacati e custodi giudiziari. «Il nostro programma di interventi era serio e responsabile. E' stato giudicato viceversa sconcertante. Il che mi sorprende», ha invece insistito Ferrante suscitando l’applauso degli operai che lo stavano ad ascoltare al termine di un vertice con i sindacati. Ci saranno ripercussioni per l'occupazione all'Ilva? «No. Noi avevamo previsto il fermo dell'altoforno 1 senza ripercussioni sui livelli occupazionali. Naturalmente se ci verrà chiesto di intervenire sull'altoforno 5 lo scenario cambierà completamente, ma cambierà completamente non soltanto per noi». Anche il ministro Clini respinge il «mercanteggiamento» tra lavoro e salute del quale ha parlato il gip Todisco. La città vive un dramma. Se la fabbrica chiude, il baratro occupazionale, sociale e di tenuta democratica sarà devastante. Ma la questione dei veleni immessi nell’aria da decenni non è certamente argomento secondario. Un operaio dell’Ilva, componente del Comitato dei cittadini ha chiesto al ministro Clini: «Quanto vale la mia vita?», riferendosi alla cifra di 400 milioni per il risanamento e bonifica giudicati insufficienti. Ma l’altra immagine è l’operaio che occupa il camino: «Ho 35 anni, tre figli e un mutuo da pagare. Non siamo estremisti aziendali. Vogliamo anche noi un ambiente migliore in cui lavorare ma anche mantenere il nostro posto di lavoro a tutti i costi». Fim e Uilm hanno proclamato per oggi e domani lo sciopero e sono previsti blocchi stradali. «Occorre far prevalere il buon senso cercando di trovare il giusto equilibrio che miri al concetto di ecosostenibilità». Secondo i due sindacati «arrestare la produzione vuol dire spegnere le speranze e il futuro dei lavoratori». Per questo bisogna «trovare una convergenza tra le istanze del rispetto ambientale, il diritto dei cittadini alla salute e attività produttiva». Lo sciopero, hanno spiegato, «non è contro la magistratura». La Fiom non aderisce allo sciopero di oggi, ma è pronta a incrociare le braccia se non ci saranno risposte dall’azienda. Vale a dire, impianto per impianto «quali sono gli interventi e gli investimenti in programma». Per Angeletti ((Uil) ora il rischio chiusura «è quasi certezza». Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, chiede al governo «di prendere in mano la situazione. Mi auguro che all’Aia si raccolga la preoccupazione dei magistrati ma al tempo stesso si faccia in modo di non chiudere».
Vindice Lecis
Mozione Idv, Bassi-Cetin: «Si risparmia un milione» -
DOPO IL VOTO SULLA FUSIONE ACEGASAPS-HERA
Un sì condizionato. Arrivato a fronte della certezza dell’accoglimento da
parte della giunta di una mozione urgente volta in primo luogo a impegnare il
sindaco Roberto Cosolini a battersi per ridurre le spese per cda e vertici della
nuova società frutto della fusione AcegasAps-Hera e delle partecipate. Così,
l’Italia dei valori - con i suoi due consiglieri eletti nella maggioranza di
centrosinistra in Comune, cioè Paolo Bassi e Cesare Cetin - ha votato alla fine
a favore della delibera sull’integrazione fra multiutility in Consiglio
comunale. «Abbiamo sostenuto il progetto di fusione – spiegano i due consiglieri
Bassi e Cetin – perché crediamo che nella situazione in cui versa attualmente
l’azienda, questa sia l’unica strada percorribile al fine di migliorare i
servizi al cittadino, consolidando il ruolo pubblico nella governance di
AcegasAps». Quanto ai contenuti della mozione dell’Idv accolta dalla giunta
Cosolini, Bassi aggiunge: «Il ruolo delle aziende municipalizzate come di tante
aziende a partecipazione pubblica è stato molto spesso quello di collocare
figure vicine alla politica nei diversi cda con stipendi da capogiro, e
AcegasAps sino ad ora non ha fatto eccezione. Invece grazie all’azione congiunta
dei gruppi consiliari Idv di Trieste e Padova si è ottenuto un impegno formale
da parte dei sindaci Cosolini e Zanonato per ridurre gli emolumenti dei vertici
dell’azienda, con un risparmio complessivo che a regime giungerà a oltre un
milione di euro. A questi risparmi - conclude Bassi - si aggiungeranno le
riduzioni nel numero e negli emolumenti dei cda di AcegasAps e delle sue
partecipate». Sinistra ecologia e libertà, altra forza della maggioranza di
Cosolini, illustrerà proprio questa mattina alle 11.30 in Municipio i perché del
sì espresso in aula dai suoi tre consiglieri: il capogruppo Marino Sossi,
Daniela Gerin e Mario Reali. I vendoliani si soffermeranno in particolare «sul
significato del recepimento in delibera della mozione targata Sel approvata
all’unanimità dal Consiglio comunale e sulle prossime iniziative che metteranno
in atto a difesa dei beni comuni», annunciano in una nota. Intanto, l’eco del
voto favorevole alla fusione è arrivata sino a piazza Oberdan, in Consiglio
regionale. «Se l’operazione è indubbiamente targata Pd dal punto di vista
politico - è la posizione del consigliere regionale del Pdl, Bruno Marini -,
finanziariamente mi pare stia in piedi. Lo dimostra il recente forte incremento
del valore delle azioni (dopo il via libera dei rispettivi cda all’operazione,
ndr)». Andamento che non è sfuggito a Marini anche perché il pidiellino possiede
azioni AcegasAps.
(m.u.)
Intesa Comune-Ttp: pista ciclabile sulle Rive
L’assessore Marchigiani: «Il progetto si realizzerà nel 2013». Già pronti
344mila euro per gli interventi
Nella Settimana europea della mobilità, il Comune si è mosso anche per le
future piste ciclabili. Ottenendo da Trieste terminal passeggeri l’assenso alla
realizzazione del nuovo tracciato per le biciclette anche nel tratto delle Rive
che Ttp ha in concessione dall’Autorità portuale. E allora l’amministrazione
Cosolini potrà procedere con il suo progetto complessivo. Partendo proprio dai
due chilometri «fra Molo IV e Campo Marzio, lato mare», conferma l’assessore
comunale con delega a Mobilità e Traffico, Elena Marchigiani. Ha dato i suoi
frutti, dunque, il sopralluogo che la stessa componente della giunta ha
effettuato nei giorni scorsi sulle Rive - fra piazza Unità e il Salone degli
incanti - assieme all’amministratore delegato di Ttp, Franco Napp, e al mobility
manager del Municipio, Giulio Bernetti. «Dopo vari incontri - descrive la
situazione Marchigiani - abbiamo nell’occasione appurato che pista ciclabile e
attività crocieristica possono coesistere, anzi ci può essere una sinergia fra
le due cose. E il numero di stalli dei parcheggi a pagamento rimarrà
sostanzialmente immutato (i posti saranno ritracciati per fare spazio alla
definizione della pista sulla strada, ndr)». Anche Napp rileva come il binomio
«possa essere un valore aggiunto per il turismo a Trieste». Il futuro percorso
ciclabile lungo le Rive è già forte di un quadro economico definito che, a
supporto, parla di 258mila euro di finanziamento dalla Regione a cui sommarne
altri 86mila provenienti direttamente dalle casse comunali: serviranno per gli
interventi relativi a segnaletica verticale e orizzontale, rampe e raccordi,
oltre alla tracciatura. La progettazione definitiva verrà condivisa dal Comune
con Trieste terminal passeggeri. «Credo che nel 2013 il progetto per i due
chilometri lungo le Rive si realizzerà. Nella parte occupata dai parcheggi di
Ttp - prosegue l’assessore - la pista verrà sistemata proprio sotto il
marciapiede. Più avanti, dopo l’ex Pescheria, risalirà ricongiungendosi con lo
spazio per i pedoni per una parte di percorso a uso promiscuo». Il progetto è
comunque a più ampio respiro. Perché da Campo Marzio è già programmato il
prolungamento sino a via Orlandini. «Altri due chilometri e 700 metri fino al
collegamento con la pista ciclabile della Provincia», conferma Marchigiani. Già
noto anche in questo caso il costo dell’operazione: 465mila euro con mutuo
assistito da contributo regionale. In stand-by, invece, i discorsi relativi
all’altro versante, quello dal Molo IV a Barcola. Sullo sfondo, attorno alla
questione ciclabile, restano tutti i passi mossi nella Settimana europea della
mobilità. «Direi che il bilancio nel complesso è molto interessante - valuta
Marchigiani -. Sottolineo la convergenza di tutti gli attori preposti a
occuparsi di questi temi e la collaborazione delle associazioni. Finalmente il
tema della mobilità sostenibile è stato affrontato in tutte le sue
sfaccettature. Sabato scorso c’è stato l’evento principale con la chiusura di
alcune delle arterie interessate in questo senso dalla bozza del nuovo Piano del
traffico: le pedonalizzazioni di via Imbriani e via Mazzini hanno dimostrato di
tenere». Qualche lamentela però per rallentamenti alla circolazione tra Rive e
altri punti del centro è arrivata. «La Polizia locale non ha evidenziato
situazioni di gravità - osserva l’assessore - , è stato un intervento spot e non
tutti i cittadini ne erano al corrente: non hanno quindi potuto scegliere i
percorsi alternativi, cosa che con la graduale attuazione del Piano invece
avverrà. Nell’insieme, il tutto ha retto».
Matteo Unterweger
C’è “Venus” una bici elettrica per il rettore -
MOBILITÀ
In attesa di Trieste Next, è stata consegnata ieri al rettore
dell’Università Francesco Peroni una bicicletta elettrica Venus realizzata dalla
ditta VeloCity, partner tecnico di Trieste Next. La bici, data a Peroni in
piazza Unità, riporta il logo di Trieste Next in quanto la sua realizzazione si
inserisce nell’esperienza del settore delle energie rinnovabili con particolare
attenzione alle modalità di mobilità ecosostenibile. Dieci due ruote inoltre
verranno utilizzate dallo staff di Trieste Next per gli spostamenti nelle
giornate del Salone. L’attenzione per la futura gestione della mobilità e la
futura urbanizzazione dei nostri centri storici orienta sempre più, infatti, a
ricercare soluzioni di facile utilizzo per lo spostamento quotidiano. A
consegnare la bici e a illustrarne le caratteristiche a Peroni è stato il
responsabile della ditta VeloCity, Simone Treu.
Allarme cinghiali, per la Regione problema sotto
controllo - INTERROGAZIONE DI GABROVEC
OPICINA Il problema cinghiali nella provincia triestina? Per l’assessore
regionale alle Risorse rurali Claudio Violino la questione appare sotto
controllo grazie a un “significativo” incremento dei piani di prelievo approvati
dal servizio competente. Una risposta che non ha soddisfatto per niente il
consigliere regionale Igor Gabrovec (Partito Democratico - Slovenska Skupnost)
che al riguardo ha posto l’ennesima interrogazione in sede di consiglio
regionale. «Il problema dei danni e dei rischi causati dalla presenza
sovrabbondante dei cinghiali è stata evidenziata più volte – ha affermato
Gabrovec – ricevendo risposti e assicurazioni del tutto insoddisfacenti. Ormai
la loro presenza viene segnalata in numerose aree periferiche del capoluogo e di
altre località, con rischio per la popolazione e con danni continui e accertati
alle colture di pregio». Secondo Gabrovec la riproduzione dei cinghiali pare
procedere incontrollata. Tante le lamentele in questo periodo caratterizzato
dalla vendemmie da parte dei viticoltori: i cinghiali infatti stanno provocando
ulteriori danni a dei vigneti quest’anno già tormentati da grandine,vento e
siccità. Il consigliere evidenzia inoltre come le disponibilità finanziarie a
disposizione delle Provincie per risarcire le aziende e le persone appaiono del
tutto inadeguate. Per tutte queste ragioni Gabrovec ha posto l’ennesima
interrogazione alla giunta regionale per capire come intenda gestire
l’emergenza. «Con i risultati gestionali del cinghiale nel Carso goriziano e
triestino – ha risposto l’assessore Violino – emerge un chiaro assestamento
della popolazione degli ungulati nell’ultimo triennio grazie a un significativo
incremento dei piani di prelievo approvati dal servizio competente». Per
migliorare questi risultati, secondo l’assessore, si ritiene indispensabile
rafforzare le sinergie tra tutti i portatori di interesse e gli amministratori
pubblici locali. Inoltre la partizione del “Fondo per il miglioramento
ambientale e per la copertura dei rischi” destinata alle provincie di Gorizia e
Trieste risulta incrementata. «Prendo atto di quanto affermato – interviene
Gabrovec – ma la realtà è un’altra. I cinghiali continuano a riprodursi e a
massacrare gli habitat naturali della provincia triestina. I danni ingenti
provocati alle colture non si risolvono nemmeno con gli indennizzi. La Regione
deve intervenire con incisività».
Maurizio Lozei
Fra scienza e innovazione Trieste Next, 24 ore al via
Salone in partenza. Sabato al Ridotto del Verdi la firma dei 100 sindaci
alla Carta contro lo spreco alimentare. Domani con il Piccolo un inserto di otto
pagine
Trieste Next, il conto alla rovescia segna -1. Domani mattina, con i primi
appuntamenti del densissimo programma, scatta infatti a Trieste la tre giorni
del Salone europeo dell’Innovazione e della ricerca scientifica. Fra i temi
affrontati nel corso di dibattiti, conferenze e convegni c’è anche “Mais:
siccità e aflatossine mettono a rischio i raccolti”. Molto colpito il Veneto,
verifiche e controlli suppletivi in Friuli Venezia Giulia: il problema riguarda
anche la sicurezza dei consumatori e verrà trattato durante la tavola rotonda
“Sicuri a tavola”, a cura di Area Science Park, in programma sabato alle 11
nella Sala Veruda di Palazzo Costanzi. Un’annata difficile per le piantagioni di
granturco, messe in crisi dalla siccità e ora alle prese con l’aflatossina, una
tossina naturale prodotta da funghi microscopici, cancerogena, che può entrare
nel metabolismo degli animali da allevamento attraverso mangimi contaminati.
L’allarme è partito dal Veneto, dove buona parte del raccolto di quest’anno
sarebbe inutilizzabile, al punto che a Roma si sta ventilando l’ipotesi di
innalzare i limiti massimi delle aflatossine dettati dalle normative europee. Un
espediente utile forse agli agricoltori, ma che non andrebbe incontro alle
esigenze di massima sicurezza dei consumatori. La questione è molto delicata. E
in Friuli Venezia Giulia? «Anche nella nostra regione abbiamo una situazione
border line per quanto riguarda le aflatossine, proprio per le stesse
motivazioni del vicino Veneto – spiega Manlio Palei, responsabile della
Direzione centrale salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali della
Regione -. Attualmente stiamo monitorando la situazione con un extra piano
voluto e concordato con il Ministero della Salute. Per ora, a dire il vero, la
situazione non sembra drammatica come nelle altre regioni coinvolte, ma
aspetterei un minimo di riscontro documentale e scientifico per esprimermi
meglio e con dati certi». In uscita domani con Il Piccolo un inserto di otto
pagine su Trieste Next. Durante il Salone è prevista inoltre la firma della
Carta Spreco Zero da parte dei 100 sindaci del Nordest ed Euroregione che si
ritroveranno sabato a Trieste in occasione della prima Giornata contro lo Spreco
2012 promossa da Last Minute Market per la campagna di sensibilizzazione “Un
anno contro lo spreco”. I 100 sindaci, affiancati nella loro adesione dai
governatori del Veneto Luca Zaia e del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo
convergeranno alle 12 al Ridotto del Teatro Verdi, dove si terrà la cerimonia
pubblica. Contestualmente è previsto un panel di confronto sui temi della lotta
internazionale allo spreco alimentare, con la partecipazione di Andrea Segrè,
fondatore e presidente di Last Minute Market, e degli europarlamentari Salvatore
Caronna, Elisabetta Gardini, Giancarlo Scottà, Debora Serracchiani. A moderare
l’evento sarà il conduttore radiofonico Massimo Cirri. Domani invece Cirri sarà
in diretta dalla sede Rai di Trieste con la trasmissione Caterpillar su Radio 2
Rai, per una puntata dedicata all’iniziativa e a Trieste Next.
I cibi etnici come espressione di identità
“Trieste Next” è anche “Cibi dal mondo: preparazione e degustazione di cibi
etnici”, laboratorio organizzato da Casa Internazionale delle Donne di Trieste
all’Expo Mittelschool. In programma domani dalle 18 (richiesta la prenotazione
telefonica allo 040-224337), porterà un’importante riflessione sul significato
del cibo per le persone migranti come espressione della propria identità. Le
donne immigrate di Trieste apriranno le porte delle loro cucine: uso e
combinazione degli ingredienti riveleranno storie e comportamenti di cura e
accoglienza differenti. E domani alle 17 al Teatro Miela, in anteprima nazionale
e a cura di Sissa Medialab, proiezione del documentario “Marco Polo: la
spedizione sulla genetica nella via della seta” (svolta tra il 2010 e il 2012
per studiare le relazioni tra genetica, gusto e preferenze alimentari).
La catena alimentare del cibo - MUSEO DI STORIA
NATURALE
“Cibo bestiale” alle 18 Info su www.retecivica.trieste.it
Si inaugura alle 18, al Museo di Storia naturale (via Tominz 4, nella foto)
la mostra “Cibo bestiale: predatori, prede ed energia”, a cura dei Musei
scientifici con il contributo della Fondazione CRTrieste. Una mostra dove gli
animali, le piante e i fossili delle collezioni del Museo si mettono in gioco,
anzi, in circolo per formare una grande catena alimentare a dimensione reale
dove c’è sempre qualcuno che si ciba di qualcun altro, dove la materia vivente
non viene sprecata e ciclicamente viene riutilizzata. E per vedere gli “attrezzi
del mestiere” per catturare il cibo sarà possibili interagire in un gioco
interattivo in cui l’alimento corretto può attivare il verso dell’animale.
Inoltre, verrà allestita una sezione speciale dedicata alla rete alimentare in
ambito urbano dove le specie alterano il loro tradizionale comportamento
(esempio, gli uccelli marini che nidificano sui tetti).
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 26 settembre 2012
Tetti fotovoltaici dei condomini, da Agenzia delle
Entrate sì a tasse
Se abitate in un condominio e avete deciso di installare sul tetto
dell’immobile un impianto fotovoltaico, sappiate che su di esso dovrete pagare
le tasse. Lo ha deciso ad agosto l’Agenzia delle Entrate, interpellata in merito
dal GSE, con la risoluzione 84/E.
Il GSE, in pratica, chiedeva all’Agenzia se il reddito derivante da un
impianto in comune tra i condomini fiscalmente fosse da tassare per millesimi o
per intero. Il condominio è formalmente una associazione tra condòmini senza
scopo di lucro, ma se installa il fotovoltaico potrebbe essere considerato come
una società di fatto. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è proprio
quest’ultima:
la società di fatto tra condòmini che gestisce un impianto fotovoltaico è
commerciale e deve emettere fattura nei confronti del GSE, in relazione
all’energia che immette in rete;
il GSE che eroga la tariffa incentivante deve operare nei confronti della
società di fatto la ritenuta di cui all’art. 28 del DPR n. 600 del 1973 sulla
tariffa relativa alla parte di energia immessa in rete.
Tutto questo vale per gli impianti sotto i 20 kW di potenza che usufruiscono
dello scambio sul posto e, di conseguenza, per tutti gli impianti sopra i 20 kW.
Siano essi installati sul tetto o su qualunque altra superficie condominiale,
non riconducibile ad un solo soggetto ma all’intero condominio.
Nel caso in cui ci sia qualche condomino che si è dichiarato contrario alla
costruzione dell’impianto, e che di conseguenza non riceve alcun reddito dal
fotovoltaico condominiale, esso è ritenuto estraneo alla società di fatto e,
come nulla guadagna, nulla deve pagare. Dalla nuova delibera dell’Agenzia
derivano nuove scartoffie per il condominio o per l’amministratore, se è una
società esterna:
La società di fatto ai fini delle imposte dirette e dell’IVA assume, infatti,
rilevanza quale autonomo soggetto d’imposta e, come tale, è tenuta a redigere
sia un’autonoma dichiarazione dei redditi, sulla base delle risultanze della
contabilità sociale, sia un’autonoma dichiarazione IVA, previa istituzione dei
registri obbligatori e il rispetto delle norme in materia di registrazione,
liquidazione e versamento dell’IVA.
Peppe Croce - Fonte: Agenzia delle Entrate
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 settembre 2012
Ferriera, Camber chiede al governo di bonificare
Un emendamento che prevede che il governo d’intesa con la Regione Friuli Venezia Giulia avvii entro 60 giorni dall’approvazione della legge per il risanamento ambientale di Taranto, la bonifica dell’area a mare (sita in terreno demaniale) della Ferriera di Servola è stato presentato ieri dal senatore triestino del Pdl Giulio Camber ed è stato controfirmato da Andrea Fluttero. Contemporaneamente i due senatori hanno presentato anche un ordine del giorno che impegna il governo «ad attivare comunque (fatte salve le procedure previste dalla normativa ambientale nei confronti della Ferriera di Servola) le procedure atte a bonificare e mettere in sicurezza quanto meno le aree di pertinenza del demanio marittimo facenti parte del complesso.» L’esame del disegno di legge per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto è incominciato alle Commissioni riunite X (Industria) e XIII (Ambiente) e ieri è intervenuto Camber il quale ha sottolineato di essere comunque consapevole delle scarse possibilità di successo dell’emendamento perché il suo accoglimento comporterebbe un nuovo esame da parte della Camera del disegno di legge che necessita invece di una rapida approvazione. Il senatore triestino ha sottolineato però che «l’intervento di bonifica è pregiudiziale a qualsiasi altro intervento o a qualsiasi altra scelta venga fatta sulla destinazione delle aree oggi occupate dalla Ferriera».
(s.m.)
Tutta Trieste deve sopportare l’inquinamento della
Ferriera - LA LETTERA DEL GIORNO di Lucilla Cechet
Dopo gli articoli ed interventi di tutte le istituzioni cittadine, ecco
apparire i soliti contestatori di colore indeciso: Un’ altra Trieste a caccia di
voti che invoca aiuti statali per la riconversione della Ferriera che, ormai
tutti sanno, è troppo anziana per poter essere decentemente riconvertita in una
giovane industria non inquinante. Ma no! La Lega - almeno credo, io sono
ignorante di politica - si fa avanti illudendo i lavoratori che il miracolo
possa avvenire: rendere nuovamente la Ferriera un'industria redditizia. Ma se
gli ultimi concessionari sono in via di fallimento! Tutte le migliorie che hanno
fatto, salvo una, erano destinate a risparmiare sulle spese. E... come il cacio
sui maccheroni, ecco apparire nuovamente i soliti buontemponi che vogliono
divertirsi sulle spalle dei cittadini, come quelli del bel tempo antico del
Magazzino 42 che ha preteso che qualcuno paghi per conservargli il Circolo dei
Lavoratori Portuali. Per quello, passi, il porto c'è ancora e sembra in procinto
di riprendere servizio ma il Circolo Ferriera è troppo! Dicono i signori del
Circolo Ferriera, per voce del loro presidente Maurizio Metton, che le polveri
creano solo fastidi perché le polveri sottili (quelle più inquinanti) si
depositano a terra. Ebbene, quando lo fanno con la pioggia, rendono scivoloso
l'asfalto creando incidenti a catena. E quelle pesanti, da polvere di carbone,
(chi può lo guardi dall'alto quel deposito enorme di cock proprio sulla costa),
con la bora che soffia sempre più spesso impetuosa si sollevano da terra per
depositarsi su balconi e terrazze e molto spesso nel naso e nei polmoni dei
disgraziati che poi soffrono i "cosiddetti disturbi" di tipo asmatico
bronchiale. Quindi, per 150 soci e 250 esterni che si divertono fino a diventare
gli allegri buontemponi del Circolo Ferriera che pescano, fanno sport e attività
culturali, tutta Trieste si sobbarca l'onere di mantenere un mostro che occupa
terreno demaniale, oltre che privato di proprietà. Terreno che potrebbe
tranquillamente accogliere il Punto Franco, di pari dimensioni del Porto
Vecchio, che brama di essere liberato per ottenere finalmente che gli
investitori si fidino ed inizino a costruire dando lavoro a molti. Mettiamo
anche il fatto che in un Nuovo punto franco commerciale al posto della Ferriera
potremmo finalmente avere quella pompa di carburante (dal mare al mare,
esentasse, altroché agevolata) che risolverebbe finalmente la fuga delle nostre
barche alla beata Isola d'Istria per fare il pieno. Quando si sveglieranno i
nostri concittadini triestini? Intanto i loro vicini li portano a spasso e gli
mangiano la merenda. Senza contare i finanziamenti europei.
Energia, oggi l’approvazione del testo
Al testo base della Giunta regionale che contiene norme in materia di
energia e distribuzione dei carburanti, sono stati ieri abbinati una proposta di
legge che riguarda l'installazione di impianti di produzione di energia
elettrica e di impianti fotovoltaici a terra e alcune norme sulle autorizzazioni
per l'installazione di impianti solari e fotovoltaici. Così all'Aula consiliare
hanno riferito, come relatori di maggioranza Roberto Asquini (Misto), Alessandro
Colautti (Pdl) ed Enore Picco (Ln), e di minoranza Stefano Pustetto (Sa-Sel) e
Giorgio Brandolin (Pd). Il testo di sintesi proposto dalla IV Commissione è
formato da 55 articoli, che toccano norme in materia di energia, all'interno
delle quali troviamo le specifiche sulla programmazione energetica, gli accordi
e le intese con lo Stato, i provvedimenti autorizzativi e le sanzioni. L'esame
del testo proseguirà oggi. Al primo punto dell'ordine del giorno della seduta il
Question Time, alle 10.00.
Una legge per tutelare i diritti degli animali
Approvazione unanime in aula: si va dalla regole di custodia alle bestie
esotiche. Plauso dell’Enpa
TRIESTE È stata approvata all’unanimità da parte del Consiglio Regionale
della proposta di legge di cui è primo firmatario 107/2011 “Norma per la tutela
degli animali da affezione” che si somma alla proposta di legge 111/2011 e che
va a modificare ed integrare la legge regionale 39/1990 in materia di tutela
degli animali domestici e di controllo e prevenzione del fenomeno del
randagismo. «La norma che abbiamo approvato – rileva Roberto Novelli, c
apogruppo del Pdl – va a riscrivere una legge regionale che risale ad oltre
vent’anni fa. Un tempo lungo in cui la nostra cultura e la nostra società sono
cambiate e con esse, è mutata anche la concezione degli animali ed il modo di
concepire la loro relazione con l’uomo tramite l’affermazione del concetto di
animale da compagnia». Il testo prevede, tra l’altro, il divieto di lasciare gli
animali da affezione cronicamente incustoditi per un tempo incompatibile con le
loro necessità fisiologiche ed etologiche, tenendo conto della specie, della
razza, dell’età e del sesso, nonché di detenerli in condizioni tali da causare
problemi di natura igienica o sanitaria. Il proprietario deve, inoltre,
assicurare all’animale la necessaria prevenzione e le cure sanitarie. Chiunque
sia stato riconosciuto colpevole del reato di maltrattamento e di crudeltà nei
confronti degli stessi non potrà detenerli per almeno cinque anni. Nella norma è
stato, poi, inserito anche un comma che regolamenta il trasporto e la custodia
in sicurezza dell’animale. Altra novità: la colonia felina è riconosciuta quando
sono presenti due o più gatti ed identificata da un apposito cartello, e,
comunque, anche il singolo gatto che vive in libertà deve essere tutelato,
curato e sterilizzato. Per la prima volta sono stati anche riconosciuti centri
regionali per la detenzione ed il recupero di animali esotici, anche pericolosi.
Per quanto riguarda le strutture di ricovero, il regolamento stabilirà le loro
modalità di gestione, compresi gli orari di apertura al pubblico, al fine di
favorire le adozioni e le tariffe minime concernenti le spese che i Comuni
sostengono per il mantenimento degli animali randagi custoditi. Oltretutto la
Regione promuove e favorisce l’affido dei cani e degli altri animali d’affezione
mediante canali informativi fruibili da privati tramite il web» «La legge
approvata ieri alll’unanimità dal Consiglio Regionale - ha commentato ieri l’Enpa
nazionale - rappresenta un idubbio passo aventi verso la tutela degli animali d’affeziione»
Lo ha sostenuto la presidente Carla Rocchi, augurandosi che «questo tipo di
attenzione si possa ritipo di attenzione si possa rivolgere anche agli animali
selvatici». La Rocchi auspica infine che anche lo Stato e altre regioni seguano
l’esempio del Friuli Venezia Giulia.
Bioarchitettura in mostra - PORTO VECCHIO
Rimarrà aperta fino al 3 ottobre (orario 9.30-13.00 e 16-20) la mostra
itinerante di bioarchitettura ospitata in Porto vecchio, a Trieste, dopo i
riconoscimenti ottenuti a Roma, Napoli, Salerno, Avellino, Bari, Catania,
Firenze e Pesaro. A vent'anni dalla fondazione della rivista Bioarchitettura, la
mostra ne celebra la storia, raccontandone i momenti più significativi,
ripercorrendone le tappe e ripresentandone le pubblicazioni più significative.
Per ogni appuntamento sono previsti pannelli espositivi e proiezioni.
IL PICCOLO - MARTEDI', 25 settembre 2012
Presto un regolamento per il paradiso delle Falesie
Maurizio Rozza, presidente della seconda commissione consiliare di
Duino-Aurisina: «Coinvolgeremo i pescatori del Villaggio per uno sfruttamento
turistico controllato»
DUINO AURISINA La storia delle sue origini, che risalgono al 1971, viene
raccontata in tutti i tomi di diritto ambientale e studiata fino allo sfinimento
dagli universitari. Perché quella delle Falesie è stata la prima riserva
naturale creata dallo Stato. Eppure, da allora, quel paradiso che per le sue
peculiarità biogeografiche è unico al mondo, non ha mai visto nascere un
regolamento che disciplinasse il modo in cui i residenti di Duino Aurisina, i
turisti, le scolaresche, i biologi o gli uomini di mare vi si devono rapportare.
Il paradosso è stato sottolineato dal presidente della Seconda commissione
consiliare Maurizio Rozza: «Per varie vicissitudini politiche di questa Regione,
la riserva delle Falesie non ha ancora un regolamento di gestione, ma
prestissimo il punto sarà oggetto di una valutazione globale da parte della
giunta». Insomma, potrebbe essere la volta buona. Anzi, nelle intenzioni di
Rozza, che ha già inviato ai suoi colleghi di centrosinistra una bozza di
documento da esaminare, lo sarà senz'altro. È sua volontà, infatti, portare il
tema del regolamento di gestione delle Falesie all'attenzione della Seconda
commissione a fine ottobre, per affrontarlo poi in Consiglio nella prima
quindicina di settembre. Tempi stretti, dunque, dopo anni di silenzio. La
filosofia è di fare in modo che la riserva, interamente racchiusa nel territorio
comunale, non si trovi a essere un'isola a se stante, bensì interagisca con le
altre aree interne o costiere, attraverso una visione armonica di sviluppo. «Per
questo – così Rozza – è importante coinvolgere i diversi attori, in primis i
pescatori del Villaggio che, sulla scia dell'esperienza già maturata in altre
realtà europee, potrebbero essere gli unici, eccezion fatta per i mezzi di
soccorso, dei corpi forestali o di quelli impiegati da biologi per finalità
scientifiche, ad avere accesso via mare alla riserva, così da condurre i turisti
direttamente al cospetto di luoghi preclusi ai più». Ciò potrebbe avere una
doppia valenza: da un lato potrebbe contribuire al mantenimento e alla tutela
dei posti, dato che i residenti hanno tutto l'interesse a veder preservate le
bellezze naturalistiche delle Falesie, e dall'altro innescherebbe un'economia
virtuosa nel Villaggio, poiché, come rimarcato da Rozza, “in altri Paesi i
pescatori guadagnano più con le escursioni che con le reti”. Strategico, per
l'esponente di Sel, è anche riprendere il mano il progetto del Parco del Timavo
e della Cernizza, delineato nel 2000 come ambito A3 attraverso la variante 18.
L'incipit può esser dato da “un punto rimasto inattuato, cioè creare un'area
protetta codificata”. «Una cosa è sfuggita anche gli uffici – ha proseguito – e
cioè che basterebbe compiere una prima declaratoria di avvio di un piano di
conservazione e sviluppo per fare variante al piano regolatore e così fornire
una prima tutela e linea di indirizzo, anche economico. In questo modo si
potrebbe accedere a fondi regionali e nazionali, iniziando a smantellare un
altro paradosso: quello di un luogo sì visitato da turisti ma al momento
sprovvisto perfino della toilette. L'unica cosa fatta per il Timavo è stata
l'autorizzazione di un allevamento di salmoni, peraltro di non irrilevante
impatto». Sulla questione è intervenuto anche il pidiellino Massimo Romita:
«Capita che prima di dare avvio ai piani si debbano risolvere problematiche a
volte rimaste giacenti per anni o addirittura decenni: questo è stato il caso
del parco del Timavo e della Cernizza. Perché senza il grande lavoro che la
giunta precedente e il sindaco Ret hanno fatto, nelle foci del fiume ci
sarebbero ancora oltre tremila ordigni bellici, anche di grosso calibro. Senza
la bonifica non si è mai potuto avviare nulla».
Tiziana Carpinelli
Lotta alla dispersione energetica Termografia aerea
della città - ADESIONE AL BANDO 2012
Il Comune di Trieste ha aderito al progetto europeo Life Resque nell’ambito
del bando 2012, bando che vede capofila l’Ogs e i partner sono il Cnr e il
Comune di Muggia. La decisione è stata presa ieri nella seduta della giunta
comunale su proposta degli assessori all’Ambiente Umberto Laureni e
all’Edilizia, Elena Marchigiani. Questo progetto s’inserisce all’interno delle
azioni promosse dall’amministrazione comunale e avviate con l’approvazione delle
Linee guida in materia di tematiche energetiche e ambientali: l’obiettivo
generale del progetto è quello di testare una metodologia innovativa per
valutare le dispersioni energetiche degli edifici e la presenza di “isole di
calore” a scala urbana. Il metodo si basa su una termografia aerea dell’intera
città che viene elaborata per individuare le temperature dei tetti e degli spazi
aperti, il materiale di rivestimento delle superfici e la presenza di aree
verdi. Il risultato sarà disponibile sulla cartografia on line del Comune di
Trieste. Si tratta di un progetto del valore complessivo di quasi 1,5 milioni di
euro attraverso il quale il Comune intende dare un adeguato contributo al
raggiungimento dei risultati di tutela ambientale e contenimento delle emissioni
inquinanti perseguiti dalle politiche comunitarie. Le attività del progetto
vanno a coprire alcune delle azioni che l’amministrazione comunale si è
impegnata ad attivare nell’ambito dell’adesione al Patto dei sindaci e alla
successiva redazione del Piano di azione per l’energia sostenibile, oltre alla
rivisitazione del regolamento edilizio (con l’incentivazione di criteri e
principi dell’edilizia sostenibile nell’edilizia pubblica e privata) e
all’adozione di una politica che riduca i consumi di CO2 attraverso il
censimento energetico del patrimonio immobiliare comunale.
Ex valichi, 5 anni dopo degrado senza confini
Da Rabuiese a Monrupino passando per Pese, edifici e aree in zona
italiana abbandonati a se stessi tra rifiuti e strutture divelte. In Slovenia
non è così
Era il dicembre del 2007 quando Trieste disse addio alle frontiere con la
Slovenia, entrata ufficialmente in area Schengen. In un clima di festa ed
euforia la città consegnava ai libri di storia un evento epocale. Con le grandi
celebrazioni a Fernetti e a Rabuiese se ne andavano per sempre i controlli, la
carta d'identità e la “prepustnica” da esibire al poliziotto, le code in
automobile. Se ne andavano soprattutto le barriere più dure da abbattere, quelle
mentali. «Un giorno cercheremo il confine e non sapremo più dov'era», commentò
l'allora ministro dell'Interno Giuliano Amato nel suo intervento a Rabuiese, per
decenni uno dei simboli della cortina di ferro che separava Italia e Jugoslavia,
l’Europa Occidentale dall’Est. Quel giorno che il ministro auspicava non è
ancora arrivato. Non a Pese, non a Rabuiese e nemmeno a Fernetti. Qui - a
differenza della parte slovena, dove poco ci manca a vedere fiori nelle aiuole -
quel che resta dei valichi si vede eccome. E in quale stato: a quasi cinque anni
di distanza sono ancora là, abbandonati. Terra di nessuno, dove regna il
degrado. Un ottimo biglietto da visita per chi, da Trieste, entra nel nostro
Paese. Quelle frontiere mostrano, oggi, il loro volto più desolante. Un pallido
ricordo del 2007. A Rabuiese gli ex uffici di dogane e Polizia sono lasciati a
se stessi, così come le palazzine delle ditte di spedizione che, dell'apertura
dei confini, hanno pagato il prezzo più caro. I bordi del piazzale che separa,
anzi unisce, Italia e Slovenia, è cosparso di spazzatura. Centinaia e centinaia
di bottiglie e taniche di plastica, sacchi, pezzi di elettrodomestici,
escrementi. E ancora batterie d'auto, copertoni, resti di cibo, vetri e
calcinacci. Residui edili che qualcuno trasporta con i camion e scarica per
terra. La cavità di una barra di ferro lunga qualche metro è stata trasformata
in una sorta di lungo cestino delle immondizie. Scenario decisamente migliore a
Lazzaretto, Muggia. La zona, che si trova nelle vicinanze dei campeggi e della
spiaggia, è tutto sommato dignitosa. Ma la struttura che doveva accogliere
dogane e forze dell'ordine mostra chiari segni di incuria. All'interno si
scorgono porte sfondate, pareti sbrecciate e cavi divelti. C'è anche la barra
tricolore che la Polizia alzava e abbassava a ogni passaggio delle auto. Il
peggio si trova a Pese. L'area che una volta era adibita a parcheggio per i tir
è stata riasfaltata e non è più accessibile. Ma nessuno si è preoccupato di
pulire anni e anni di immondizia stratificata, lasciata per terra dai
camionisti. Tutt'intorno, quintali di spazzatura. Anche qui il solito
inventario: ruote, migliaia di bottiglie di vetro e plastica, scatolette di
latta arrugginite e rimasugli di pasti. Un'autentica discarica che si estende
per diverse decine di metri nel bosco circostante. Anche qui le classiche
palazzine che fino a cinque anni fa ospitavano poliziotti e finanzieri. Ma c'è
di più. Un edificio bianco, con la porta sfondata, è preda di vandali. L'interno
è devastato. Sul pavimento c'è di tutto: in mezzo alla sporcizia documenti
doganali, manuali della Polizia, vecchie copie di giornali e un calendario
dell'83. I cartoni e gli stracci usati come giacigli di fortuna sono tracce
evidenti che questa catapecchia è un’abituale dimora per clochard e gente di
passaggio. Desolazione anche al piccolo confine di Monrupino. Stavolta è la
costruzione del valico italiano, anche questa abbandonata, che si presenta
meglio. Nella parte slovena invece, nel paese di Dol Pri Vogljah, il casolare
che fino al '91 serviva da alloggio ai militari è letteralmente a pezzi. Davanti
resiste ancora la garitta per il soldato di guardia e, poco più in là, gli ex
uffici della Policija. Nel bosco vicino ci si imbatte in un magazzino crollato,
con la copertura di amianto sparsa a terra. Siamo in Slovenia, ma poco importa:
il degrado non conosce confini.
Gianpaolo Sarti
Legambiente: dimenticati luoghi che hanno fatto la
storia della città
«È un problema vero, purtroppo dimenticato perché sono zone ai margini. Sono
contento che la questione venga sollevata». Lo afferma Livio Santoro di
Legambiente, allarmato dallo stato di inquinamento in cui versano varie zone
attorno ai valichi. A Rabuiese e a Pese il quadro peggiore, come documentato a
fianco e nelle foto: migliaia di bottiglie di plastica, taniche e immondizia
accumulata da anni. Rifiuti scaricati dai tir che sostano nei parcheggi a lati
delle ex palazzine di Polizia e dogane. L’immondizia, purtroppo, non resta
sull’asfalto, ma viene trascinata per decine e decine di metri nei boschi
circostanti. A Pese, ad esempio, sarebbe sufficiente per riempirci un tir. «Dal
momento in cui sono stati tolti i confini - riprende Santoro - è saltato
qualsiasi tipo di controllo e vigilanza». Manca la sorveglianza e la gente butta
di tutto. I camionisti sono i primi a farlo. «Evidentemente da parte delle
istituzioni competenti non c’è l’interesse a intervenire - spiega ancora
l’ambientalista. Ed è molto grave, ma forse non se ne stanno proprio rendendo
conto. Si abbandonano al degrado luoghi simbolici, che hanno fatto la storia
della città e dell’Europa e si lascia che l’inquinamento avanzi. Chi se ne
occupa? Chi si prende a cuore il problema? Meno male che il giornale tira fuori
il caso, altrimenti tutto continuerebbe a restare nel silenzio per chissà ancora
quanti anni. Questa è una vera responsabilità delle istituzioni - conclude
Santoro - trascuratezza e disinteresse: comincino a darsi da fare perché questi
non sono affatto problemi marginali».
(g.s.)
Ferriera, consiglieri regionali in sopralluogo - LA
RICONVERSIONE A SERVOLA
Colautti e Razzini: «Presentarsi a Roma con un progetto condiviso per
ottenere fondi»
Sedici consiglieri regionali hanno vissuto quattro ore e mezza ieri
pomeriggio dentro la Ferriera di Servola. Si è trattato della visita conoscitiva
fatta dalle Commissioni quarta (Ambiente e energia) e seconda (Attività
produttive) del Consiglio regionale, guidate dai presidenti Alessandro Colautti
(Pdl) e Federico Razzini (Lega Nord). «Abbiamo assistito anche a una colata di
ghisa e esaminato il sistema di controllo interno delle emissioni. - riferisce
Colautti - al momento a un osservatore esterno tutto è apparso in regola, anche
se non possiamo certamente sapere cosa succede ad esempio a mezzanotte».
«L’azienda indubbiamente ha fatto dei passi avanti nell’ambito di sicurezza ed
emissioni», ha affermato Razzini. Dapprima c’è stato l’incontro con la direzione
e il responsabile delle relazioni esterne del Gruppo Lucchini, Francesco Semino,
poi un sopralluogo molto dettagliato nello stabilimento, infine l’incontro con
la Rappresentanza sindacale unitaria e altri sindacalisti dei metalmeccanici
che, secondo la stessa parte politica, ha avuto momenti di dialogo anche molto
acceso. Il che è facilmente comprensibile visto che i lavoratori rinfacciano
alla Regione e alle amministrazioni locali di non aver presentato alcun progetto
concreto per la riconversione dell’area dopo il 2015 presentato come una data
non più valicabile. «I lavoratori vogliono logicamente salvaguardare il proprio
posto di lavoro - ha commentato ancora Colautti - ma c’è una questione
ambientale di cui non si può non tener conto, così come bisogna capire che il
problema della Ferriera è un problema di Trieste intera che però non può essere
risolto a Trieste». Il prossimo step da parte delle due commissioni sarà la
richiesta di sentire in audizione l’assessore a Programmazione, finanze e
ambiente Sandra Savino che sta guidando il Tavolo sulla riconversione dell’area
di Servola. «Bisogna arrivare al più presto a un Accordo di programma con
amministrazioni locali, sindacati e associazioni di categoria - conclude
Colautti -per poi presentarsi assieme a Roma con un progetto condiviso.» «E il
governo - aggiunge Razzini - non potrà esimersi da fare uno stanziamento anche
per Trieste così come già fatto per Taranto».
(s.m.)
“Differenzia...Ti” - La raccolta dei rifiuti come gioco
di notte in piazza
Sabato notte, tra piazza Unità e dintorni del centro, si è svolta la prima
edizione di “Differenzia...Ti” organizzata da AcegasAps, Comune e Provincia di
Trieste, con la collaborazione del Gruppo Overnight che, in cooperazione con
istituzioni e Azienda sanitaria, gestisce un progetto sulla prevenzione dei
rischi connessi all’abuso di sostanze stupefacenti e alcoliche. Un’occasione
rivolta ai giovani frequentatori delle notti triestine, con lo scopo di
sensibilizzarli sulla raccolta differenziata e sull’importanza del decoro
cittadino. La competizione si è conclusa a notte fonda: 7 squadre, composte in
rappresentanza di altrettanti locali del centro, ben identificati sulle casacche
dei concorrenti, cui AcegasAps ha fornito guanti e bidoni, si sono sfidate per
raccogliere la maggior quantità possibile di rifiuti differenziati. E la
vittoria è andata al team de La piadineria che ha raccolto 14 sacchi e mezzo tra
bottiglie e bicchieri di vetro, plastica e lattine. Lo stesso hanno fatto anche
i gestori davanti ai loro locali. Già nel tardo pomeriggio c’era stata una sorta
di “cittadella della pulizia, del decoro e del senso civico” dove le realtà
coinvolte hanno illustrato le loro iniziative con allestimenti con materiali
riciclati, audiovisivi e opuscoli informativi.
WWF «Infrastrutture, prima il paesaggio»
«Le infrastrutture non devono prevalere sulla tutela del paesaggio. E' inconcepibile che le infrastrutture prevalgano sulla tutela del paesaggio e sulla pianificazione del territorio. Eppure, è proprio quello che vorrebbe invece la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, la quale ha impostato in questo senso il Piano di Governo del Territorio». Lo denuncia il Wwf, che ha presentato una memoria assai critica nel corso dell’audizione su questi temi, svoltasi nei giorni scorsi presso la IV Commissione del Consiglio regionale.
Assemblea ARCI
Oggi alle 18, nella sede di ASC di via Fabio Severo 31, si terrà l’assemblea territoriale con il seguente ordine del giorno: variazioni statutarie, elezione consiglio territoriale, elezione collegio dei sindaci revisori dei conti, indicazione delegati assemblea nazionale. Successivamente, entro il mese di novembre, si terranno le altre assemblee territoriali e l’assemblea regionale Asc del Friuli Venezia Giulia. Per saperne di più sulle attività di Arci servizio civile: tel. 040-761683, www.ilprogetto.biz.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 24 settembre 2012
PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO - IL WWF: “Le
infrastrutture non devono prevalere sulla tutela del paesaggio”
E' inconcepibile che le infrastrutture prevalgano sulla tutela del
paesaggio e sulla pianificazione del territorio. Eppure, è proprio quello che
vorrebbe invece la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, la quale ha
impostato in questo senso il Piano di Governo del Territorio.
Lo denuncia il WWF, che ha presentato una memoria assai critica nel corso
dell’audizione su questi temi, svoltasi nei giorni scorsi presso la IV
Commissione del Consiglio regionale.
L’argomento dell’audizione era la delibera di Giunta n. 1406 del 2012, che
prevede l’adozione in via preliminare dei documenti che compongono il Piano del
Governo del Territorio.
A 34 anni dal Piano Urbanistico Regionale del 1978, ed a 27 anni dalla legge
“Galasso” del 1985 – osserva l’associazione ambientalista - il Friuli Venezia
Giulia è ancora privo di uno strumento urbanistico di area vasta adeguato ai
tempi e del piano paesaggistico previsto dalle norme statali”.
La Giunta regionale sta ora tentando di imporre un Piano di Governo del
Territorio attraverso un “processo partecipativo” che assomiglia ad una farsa:
si fa il gesto di coinvolgere, solo in apparenza, gli “stakeholders” su un
prodotto-PGT già bello e confezionato, stravolgendo lo spirito di un vero
processo di partecipazione. Il tutto per di più contraddicendo quanto affermato
dalla stessa Regione nelle “linee guida per la pianificazione territoriale” del
2010.
Il WWF ha chiesto perciò di ripristinare la corretta e logica gerarchia tra gli
strumenti di pianificazione, partendo dal Piano paesaggistico (sovraordinato
rispetto ad ogni altro piano), per poi proseguire con il PGT e a seguire con i
piani di settore, infrastrutture comprese.
Per fare ciò è quindi indispensabile sospendere l’adozione del PGT, avviando un
serio processo partecipativo per la formazione del Piano paesaggistico.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - LUNEDI', 24 settembre 2012
Val Rosandra, 6 mesi dopo una natura ferita ma viva -
AMBIENTE»IL CASO
Dopo la “pulizia” di marzo, la dura siccità estiva: “annus horribilis”
per l’area Scenario mutato: alveo asciutto, infestanti al posto degli alberi
abbattuti
Anche in Val Rosandra è finita l’estate. La prima estate post “Alvei
puliti”, la conclamata operazione di pulizia effettuata tra il 24 e il 25 marzo
scorsi - esattamente sei mesi fa - quando le mani dell’uomo, per opera di alcuni
volontari della Protezione civile, infersero un pesante colpo all’habitat della
Valle. Oggi il gioiello naturalistico triestino giace visibilmente ferito. Ma
ancora vivo. Anche se la “pulizia”, congiunta alla tremenda siccità dei mesi
passati, ha consegnato alla Valle il suo “annus horribilis”. La brezza e le
nuvole di una domenica di settembre riconsegnano un po’ di refrigerio e
tranquillità alla Riserva naturale regionale, reduce da un’estate maledettamente
torrida. Talmente torrida che una volta lasciata alle spalle la piazza di
Bagnoli e percorsi pochi metri nella stradina d'ingresso nella valle di San
Dorligo-Dolina, la primissima sensazione è che la natura giaccia in difficoltà:
fino alle prime piogge di pochi giorni fa non c’era traccia di un filo d’acqua;
il contrasto, dinanzi l'alveo completamente asciutto, è lo spingersi verso il
cielo di varie piante, alte anche un metro e mezzo, a popolare malinconicamente
il letto del torrente. Desta quasi stupore pensare che qui possa scorrere un
corso d'acqua in grado di minacciare le case come accaduto in passato.
Statistiche alla mano, il Rosandra, lungo circa 15 chilometri, che sgorga da
alcune sorgenti a 400 metri di altitudine vicino al villaggio di San Pietro di
Madrasso (Klanec pri Kozini), è soggetto a piene decennali. Ma per ora giace
sonnolento e tranquillo. Proseguendo lungo il letto ci si imbatte in una vittima
di questi torridi mesi estivi. È una piccola trota. Oramai inerme. Morta
stecchita. Evitando i legni accatastati e qualche ricordo materiale di chi
frequenta la Valle - bottiglie, sacchetti e lattine - si arriva al primo ponte
di pietra, sotto il quale giace un portamento in ferro lungo un paio di metri
perlopiù staccato dalla parete del manufatto. Alla prima vera piena, viene da
pensare, questo enorme pezzo di ferro dove potrebbe finire? Si prosegue
incrociando due enormi lastre di plexiglas distese tra le rocce. Risalendo la
cascatella, dopo aver lambito il rifugio Premuda, finalmente, inizia a scorrere
l'acqua. Proprio in prossimità del simbolo della Val Rosandra martoriata: il
ponticello di legno. Rispetto a sei mesi fa la situazione è radicalmente mutata.
Una volta raso al suolo tutto quello che c'era da radere, su quella stessa area
sono sorti rovi, robinie e ailanti, alti fino a poco meno di tre metri: piante
che nulla hanno a che fare con la flora storica della Val Rosandra. Solo sei
mesi fa qui non c'era niente: a conferma che il suolo è decisamente fertile,
giacché la crescita è stata mediamente di circa un centimetro e mezzo al giorno.
Ma c'è poco da consolarsi. Il bosco di una volta non esiste più. Dove sono
finiti gli ontani, i pioppi e i salici rossi? Sostituiti da piante infestanti di
origini asiatica e americana. Continuando lungo il sentiero a sinistra ci si
imbatte in vari insetti, rettili e anfibi. Libellule, lucertole, trote,
sanguinerole (il tipico pesce della Valle) e rane verdi. In una vaschetta di
corrosione l'ultima immagine: due piccole rane giacciono accanto l'una
all'altra, vicino a un mozzicone di sigaretta. Una natura viva. Ma ferita. Come
al solito, per colpa dell'uomo.
di Riccardo Tosques
«Morti tantissimi pesci e le capre divorano tutto» -
BRESSI (MUSEI SCIENTIFICI)
La Protezione civile? Non solo: aggiungiamoci pure la siccità, gli incendi e
le capre e capiremo perché il 2012 si preannuncia a tutti gli effetti come l'annus
horribilis della Val Rosandra. I problemi della riserva naturale sembrano non
finire mai. A fare il punto della situazione è Nicola Bressi, direttore dei
Musei scientifici di Trieste. «Abbiamo visto come le piante infestanti stiano
mutando lo scenario vegetale della valle, ma i problemi sono stati molteplici:
in primis la siccità». Che il torrente Rosandra si prosciughi durante i mesi
estivi non è certo una novità, ma una durata così lunga non si era registrata
per anni. «Anche nel 2003 ci fu un periodo di siccità notevole, ma quest'anno
abbiamo avuto tra luglio e settembre due mesi e mezzo in cui piante e
naturalmente animali hanno sofferto il grande caldo». Un esempio? Il gambero di
fiume che può sopportare l'assenza dell'acqua per una quindicina di giorni, ma
non di più. Tuttavia l'acqua è mancata nella parte alta, fino a Bottazzo; meglio
è andata nel tratto basso della Valle, grazie alla fonte Oppia. «Abbiamo
assistito alla morte di molti pesci: da una parte le sanguinerole, il pesce
classico del Rosandra, dall'altra molte trote, pesce introdotto invece
artificialmente dall'uomo», prosegue Bressi. Ma non solo. A ridurre il flusso
del torrente sono stati anche gli incendi sviluppatisi in Slovenia a due passi
da San Servolo. «Fortunatamente non si sono sviluppati sino a noi, ma per
prevenire questa evenienza la Protezione civile ha allestito dei vasconi
d'emergenza pompando l'acqua proprio dal Rosandra», spiega ancora il direttore
dei Musei scientifici. Fatto che certo non ha giovato alla fauna. Siccità,
prevenzione antincendi. E poi... capre. Già, anche questo animale, presente
soprattutto sui ghiaioni del monte Stena, ha iniziato a riprodursi sempre di
più. E pensare che tecnicamente sono animali “abusivi”, un po' come le trote:
«Essendo la Val Rosandra una riserva naturale - spiega Bressi - la possibilità
di far pascolare gli animali deve ricevere un'autorizzazione formale, invece
queste capre inselvatichite pare non siano di nessuno, anche perché non hanno un
collarino». Ma che male possono fare? «Le capre, come cinghiali e caprioli,
brucano l'erba, e divorano la vegetazione indiscriminatamente. Inoltre un
caprone in calore può essere molto pericoloso per l'uomo». Leggenda vuole che
questi animali siano scappati anni fa da un allevamento sloveno a Beca. E che
poi misteriosamente il padrone non abbia più fatto nulla per riprendersele.
Sarà.
(r.to.)
«A rischio anche il ritorno degli uccelli in primavera»
«L'operazione Alvei puliti si sta rivelando sempre più come operazione Alvei
infestati». Pier Luigi Nimis, ordinario di Botanica al Dipartimento di Scienze
della vita dell'Università, fu tra i primi a scendere in piazza dopo lo scempio
ambientale in Val Rosandra. «Come previsto, il taglio a raso della vegetazione
legnosa, effettuato in totale spregio della dinamica della vegetazione in
ambienti di alveo, si è tradotto in un aumento impressionante delle specie
aliene infestanti che si intendeva eliminare - spiega Nimis -. A monte del
Rifugio Premuda è cresciuto un intrico impenetrabile di robinie, molte alte già
oltre due metri. A valle vi sono aree infestate da fittissime piante di ailanto,
una delle peggiori specie invasive: una pianta adulta di ailanto può produrre
sino a 250mila semi all'anno, riprodursi anche vegetativamente e bloccare la
germinazione dei semi delle specie autoctone». Il professore ricorda poi che
l'intervento della Protezione civile, «effettuato in area protetta a livello
europeo in piena stagione riproduttiva di uccelli e anfibi con contestuale
distruzione di nidi», ha comportato «la completa distruzione del bosco ad
ontano, habitat prioritario per la Comunità Europea, rarissimo in Carso». E
oggi? «I ceppi di ontano e pioppo stanno rigettando dei polloni: calcoli alla
mano la ricostituzione dell'habitat richiederà almeno 30 anni. Urgerebbe
eliminare le specie invasive e di protezione dei polloni di quelle autoctone, ma
sinora non è stata intrapresa alcuna azione in tal senso». Oltre alla flora, la
fauna aviaria. «I danni provocati ai grandi alberi e all'habitat circostante
avranno ripercussioni anche per i tanti uccelli che nidificano in Val Rosandra»,
avverte Matteo Giraldi, delegato provinciale Lipu (Lega italiana protezione
uccelli): «Penso alle difficoltà di inserimento che potranno avere cinciarelle,
capinere, pettirossi, e picchi rossi maggiori e picchi verdi - specifica Giraldi
-. Meno problemi dovrebbero esserci per le ballerine gialle, essendoci l'acqua,
mentre nelle zone incespugliate di rovi all'inizio del ponte dovremmo sempre
trovare bigiarelle e beccafichi. Tutta da capire invece la situazione del merlo
acquaiolo anche se la specie era solita nidificare in una zona più a monte». Ma
per una stima ufficiale è ancora presto: «Non siamo nella stagione della
nidificazione - conclude Giraldi - una risposta la potremo avere solo in
primavera, quando si potrà valutare se gli uccelli torneranno o meno a popolare
la Val Rosandra».
(tosq.)
Il vicepresidente della Regione tra gli otto indagati
dal pm
Sono otto le persone che dovranno rispondere dello scempio compiuto lo
scorso marzo dagli uomini della Protezione civile in val Rosandra. In testa alla
lista del pm Antonio Miggiani c’è il vicepresidente della Regione Luca Ciriani.
Dopo di lui compaiono i nomi del responsabile della Protezione civile del Friuli
Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso; del sindaco e del vicesindaco di San Dorligo
della valle, Fulvia Premolin e di Antonio Ghersinich, candidatisi tre anni fa in
un raggruppamento di liste di sinistra. Il pm Antonio Miggiani ha iscritto sullo
stesso registro il nome del geometra Mitja Lovriha, caposervizio dell'area
Ambiente e Lavori pubblici del comune sul cui territorio tra il 24 e il 25 marzo
scorsi sono stati abbattuti decine di alberi di alto fusto, distruggendo un
habitat che faceva parte di un sito protetto. Gli altri indagati sono Cristina
Trocca e Adriano Morettin, funzionari del Dipartimento della Protezione civile
regionale. È coinvolto nella stessa indagine anche Luca Bombardier, titolare
della ditta specializzata "Bombardier srl" di Arta Terme.
(c.b.)
IL PICCOLO - DOMENICA, 23 settembre 2012
Via Mazzini “pedonale” supera l’esame a pieni voti -
CENTRO»SENZ’AUTO
Successo del test pomeridiano voluto dal Comune, chiuse per l’intera
giornata anche altre arterie.
E c’è chi ha pensato che fosse un provvedimento anti-smog.
L’assessore Marchigiani: sono felice, non mi aspettavo una risposta simile dalla gente. Il traffico ha retto bene, adesso si può procedere.
Commercianti - Franco Rigutti: siamo molto contenti, un
evento senza precedenti: non si era mai vista tanta gente nemmeno in occasione
della Notte dei saldi
«I commercianti per via Mazzini pedonale». Gli striscioni fanno bella mostra
di sé lungo la via nel tratto che va da piazza Goldoni a via Roma. Sono stati
pagati dai commercianti di via Mazzini che si sono autotassati, ma hanno il
simbolo del Comune. Davvero singolare. La pedonalizzazione di via Mazzini mette
d’accordo tutti. La sperimentazione di ieri, a chiusura della Settimana europea
della mobilità, è stata un successo. I triestini si sono riversati in massa
sulla via che ieri, dalle 16 alle 20, ha chiuso completamente al traffico.
L’ultimo autobus a transitare è stato il 10, direzione San Giacomo, alle 16.02
minuti; poi un taxi alle 16.04. A quel punto sono apparse le transenne coi
vigili e sono arrivati i pedoni. Un’invasione pacifica che è proseguita senza
sosta fino alle 20. Via Mazzini pedonale piace. Da questo punto di vista il
nuovo piano del traffico ha superato l’esame alla grande. Il test di ieri è
ampiamente positivo. Via Mazzini pedonale regala felicità bipartisan. «È
fantastica. E sempre stata la mia idea. Un sogno che si realizza», dice l’ex
assessore e consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci in visita pastorale ai
commercianti di via Mazzini. E anzi rilancia: «Bisogna chiudere al traffico
anche via Imbriani. Sarebbe un delitto non farlo. L’amministrazione abbia il
coraggio di fare un passo ulteriore per non lasciar fuori nessun negozio». E
l’amministrazione comunale? «Sono felice, sono proprio felice. Emozionata e
felice». Elena Marchigiani, assessore comunale con delega alla Mobilità e al
Traffico, non sta nella pelle dalla contentezza. «La città ha risposto alla
grande. Non era così scontato. L’impatto è notevole. Sono tutti soddisfatti. E
se anche Bucci è felice mi fa piacere. Se siamo tutti d’accordo evidentemente
questa è la scelta giusta. Il traffico ha retto e i bus non hanno avuto
particolari problemi. Ora possiamo procedere», aggiunge l’assessore mentre si
gode il bagno di folla in via Mazzini. Sembra di stare in via Montenapoleone,
provochiamo. «Più o meno - ride l’assessore -. Ho apprezzato molto lo sforzo
fatto dai commercianti per animare il pomeriggio. Tutti ci hanno messo
qualcosa». I commercianti incassano. Felici pure loro. «Benissimo. La gente è
strafelice. I colleghi sono supercontenti» dice Franco Rigutti che, oltre a
essere presidente regionale di Confcommercio, è anche il titolare di uno degli
storici negozi di via Mazzini. «La sperimentazione è stata positiva. La risposta
della gente straordinaria. Non c’era tanta gente così neppure nella Notte dei
saldi» aggiunge Rigutti che ieri non era a Trieste ma ha avuto i riscontri in
diretta dal negozio. Del resto si tratta di un successo annunciato.
«All’incontro di lunedì scorso in assessorato, all’una e mezza, eravamo in 33.
Una cosa incredibile. Inoltre tutti si sono autotassati per mettere i fiori e
gli stendardi» aggiunge. Il risorgimento del commercio triestino potrebbe
proprio partire da via Mazzini. Il nome è perfetto. Se l’esame di via Mazzini
pedonale è stato superato a pieni voti, è un po’ più difficile valutare la
sperimentazione dell’intera giornata (dalle 8 alle 20) che ha visto la chiusura
al traffico privato di via Canal piccolo, via Imbriani, corso Italia (da piazza
della Borsa a largo Riborgo) e via Roma (tra via Valdirivo e corso Italia). Per
corso Italia non ci sono stati problemi. In via Roma invece, viste le deroghe e
le due barriere incustodite (in via Valdirivo e Machiavelli), si è registrata un
po’ di confusione. In molti hanno comunque provato a entrare finendo contro la
barriera di via Genova dove due vigili hanno avuto il loro lavoro a spiegare a
tutti il test del Piano Traffico nell’ambito dell’ultima giornata della
Settimana della mobilità. Molti, del resto, erano convinti si trattasse di un
provvedimento antismog. «Non è andata male. La risposta degli automobilisti
triestini è stata migliore di altre volte. Qualcosa sta cambiando», assicurano i
vigili impegnati ieri in prima linea. Due persino in bicicletta. Come dire, si
potrebbe anche rifare. Magari in via definitiva.
Fabio Dorigo
I vigili: non abbiamo registrato lamentele
Ma per la Lega «circolazione in tilt». La replica di Bucci (Pdl): «Una
giornata meravigliosa»
«Oggi dalle 16 in poi finalmente via Mazzini chiusa al traffico. Trieste con
il centro pedonale, una vera città turistica!». Maurizio Bucci, consigliere
regionale del Pdl, ci crede e su Facebook annuncia la novità del giorno come
fosse un provvedimento dell’ex giunta di centrodestra di Roberto Dipiazza di cui
ha fatto parte. «Se il buon giorno si vede dal mattino, siamo spacciati»
assicura il segretario provinciale della Lega Nord Pierpaolo Roberti in un
dispaccio emesse nel primo pomeriggio di ieri, due ore prima della
trasformazione pedonale di via Mazzini. «Una giornata meravigliosa per Trieste.
Tutto è filato liscio. I commerciati sono straentusiasti» certifica Bucci. Gli
ex amici del Carroccio, invece, hanno respirato ieri l’apocalisse. «Un piano del
traffico - spiega il segretario Roberti - dovrebbe risolvere i problemi di
scorrimento e non incrementarli all’esasperazione: oggi (ieri, ndr) tutti hanno
potuto invece testare la bravura della Giunta Cosolini, che è riuscita
nell’impresa di mandare in tilt la circolazione decidendo di sperimentare la
nuova viabilità proprio nel giorno in cui era previsto l’arrivo di una nave da
crociera. Risultato? La città paralizzata». Città paralizzata? «Non ci risulta.
Nessun problema. Niente di niente» dicono dalla sala operativa della polizia
municipale. «Anzi stavolta, mi hanno detto i colleghi, non ci sono registrate
neppure le lamentele classiche dei triestini: mi pago le tasse “e i me sera le
strade”». Il buon giorno a volte si vede meglio dal pomeriggio.
(fa.do.)
«Ferriera la magistratura ha il dovere di agire» -
CIRCOLO Miani
La Ferriera va chiusa. E subito. «Le emissioni di gas raggiungono il livello
di 20mila metri cubi al giorno, ciò costituisce fattispecie di reato, perciò non
ci sono dubbi». Romano Pezzetta, portavoce del circolo Miani, non ha avuto dubbi
ieri nel denunciare «una situazione che deve essere portata all’attenzione
dell’opinione pubblica e, soprattutto, della magistratura la quale, nell’ipotesi
di reato, deve agire d’iniziativa, anche senza aspettare denunce». Pezzetta, che
ha lavorato nello stabilimento di Servola, ha precisato che il secondo altoforno
è stato sequestrato per obbligare la proprietà a eliminare la perdita. «Esiste
poi un impianto di depurazione fumi, fatto dalla Danieli, che da tempo non è più
in funzione, perciò bisogna ripristinarlo. Assistiamo a un via vai di visite
istituzionali alla Ferriera che nulla producono». L’esponente del “Miani” ha poi
ricordato lo stoccaggio della “loppa”, sorta di sabbia, «una scoria della
produzione – ha detto - che una volta si vendeva ai cementifici. Adesso non la
vogliono più. Bisognerebbe verificare il motivo di questo rifiuto e, se
esistesse un rischio di radioattività, bisogna portarla via. Se le competenti
autorità non lo faranno denunceremo anche questa mancanza agli organi di
controllo. Non si può pensare – ha concluso Pezzetta - che si vada avanti fino
al 2015 in questa situazione». Maurizio Fogar, fondatore del circolo Miani, ha
invece criticato chi ha proposto di ridurre la produzione. «Dimezzandola – ha
affermato - non si rientrerebbe nei limiti di legge dell'inquinamento, perché il
benzopirene nell'aria supera di troppe volte la soglia stabilita. Si resterebbe
comunque sopra i valori limite. Siamo stufi della situazione che si è creata.
Vogliamo fatti e non dichiarazioni».
Ugo Salvini
Villaggio, abitanti in rivolta: «Pronti a chiudere la
strada»
Animata assemblea pubblica ieri mattina con la seconda commissione
consiliare
Abitanti esasperati dalle soste selvagge dei diportisti
che non trovano parcheggi
DUINO AURISINA «Se non porrete fine alle baruffe che troppo spesso nascono
nel borgo per via del parcheggio, eliminando la sosta selvaggia dei diportisti e
di chi viene da fuori, allora non esiteremo un attimo: chiuderemo la via
d'accesso al Villaggio del Pescatore e qui non arriverà più nessuno. Lo abbiamo
già fatto e siamo pronti a rifarlo». Confronto vivace, ieri mattina durante la
seduta pubblica della Seconda commissione consiliare, sul nuovo piano del porto
del Villaggio del Pescatore, la cui approvazione definitiva deve essere votata
dal Consiglio. Le preoccupazioni dei residenti, scandite dalla minaccia di una
protesta eclatante, sono risultate molteplici e si sono concentrate soprattutto
sulla viabilità interna al borgo. A queste si sono aggiunte le 15 osservazioni
sul piano particolareggiato pervenute agli uffici, una delle quali - quella
avanzata da Acegas - è stata ritenuta irregolare perché giunta fuori tempo
massimo. Ora toccherà all'amministrazione esaminarle una a una per andare poi a
incidere sul piano stesso. Tra le richieste di modifica sollecitate: una
migliore disposizione della zona di imbarco e sbarco dei disabili, la
separazione del percorso pedonale dalle aree adibite all'attività ittica (onde
evitare intralcio), l'eliminazione della stazione carburante, un'area più
funzionale all'attracco dei pescatori, la distribuzione degli oneri di
urbanizzazione della zona ex Ifapi interamente sulla frazione e uno studio
sull'impatto del villaggio San Marco. Proprio su quest'ultimo aspetto, il
vicesindaco Massimo Veronese ha precisato che si tratta di un intervento «he
prevede la demolizione di volumi esistenti per una ricostruzione totale di
27mila metri cubi, con vincoli sugli edificati per un'altezza massima di 8
metri». «Sarà possibile – ha proseguito – costruire attività ricreative,
alberghiere, residenze turistiche o ordinarie per 7mila metri cubi. Quanto alla
parte commerciale-direzionale, di 4mila metri cubi, il 50% dovrà essere adibita
a esercizi di vendita al dettaglio, il resto a uffici o studi, ambulatori, sedi
ricreative. Il tutto sarà vincolato a una preventiva convenzione col Comune:
solo dopo aver ottemperato a ciò sarà possibile richiedere la concessione
edilizia». Alle osservazioni, come illustrato dettagliatamente da Veronese, si
sono affiancate le prescrizioni della Regione, dell'Arpa e della Capitaneria di
porto. Il consigliere Walter Ulcigrai, in merito al Piano del porto, ha chiesto
soluzioni alternative al transito delle imbarcazioni di Monfalcone sugli specchi
acquei per evitare “che duemila imbarcazioni inquinino il Villaggio”. Veronese
ha replicato che “la proposta può essere oggetto di emendamento e successiva
votazione in Consiglio”. A ritornare sulla questione della viabilità è stato
però il consigliere d'opposizione Andrea Humar, che ha chiesto ragguagli sulla
tempistica delle asfaltature, raccomandando che tali interventi siano coordinati
ai futuri assetti della frazione, per scongiurare sperperi di denaro pubblico
nel caso in cui si vada a intervenire su zone che poi saranno nuovamente
ritoccate. «Subito va risolto il problema dell'attraversamento dei bus e della
definizione dei parcheggi riservati ai residenti – ha tuonato – altrimenti, per
protesta, chiuderemo davvero la strada che porta al Villaggio». L'assessore ai
Lavori pubblici, Andrej Cunja, ha annunciato però i primi interventi di modifica
alla viabilità «con la creazione di una rotatoria all'altezza della “Baia degli
Uscocchi” che eliminerà il passaggio dei bus nel borgo». Entro il mese, invece,
le prime asfaltature, dopo aver già eliminato il problema delle infiltrazioni.
Tiziana Carpinelli
«Il nostro borgo è abbandonato» - LE RICHIESTE DELLA
GENTE
Il comune assicura: entro un mese via alla realizzazione del mini-Mose
DUINO AURISINA «Sissignore, lo abbiamo fatto nel 1983, quando ci hanno
tagliato gli alberi, e siamo pronti a rifarlo ora: se il Comune non risolve il
problema del parcheggio, chiuderemo la strada che porta al Villaggio, così il
borgo resterà a chi lo abita». A parlare con toni così agguerriti, dettati
dall'esasperazione di una sempre più difficile convivenza con i diportisti e con
quanti nel fine settimana invadono le strade della minuscola frazione che si
affaccia sul mare, è Maria Naccari, da sessant'anni residente al Villaggio del
Pescatore. Una cittadina che a sue spese pulisce le calli interne al borgo,
quelle che per capirci non sono neppure asfaltate, bensì in ghiaino. Una donna
che con grande senso civico ripone un fiore dove occorre, per ingentilire
l'ambiente. E che difende a spada tratta i luoghi, da tutelare e soprattutto
curare di più. «Non esiste borgo più sporco di questo, – ha spiegato ieri -.
Sono trascorsi mesi prima di ottenere una sommaria pulizia dei contenitori. Ad
agosto i cassonetti emanavano un fetore così pungente che temevo qualcuno avesse
fatto fuori la suocera e l'avesse buttata lì dentro! Non parliamo poi
dell'illuminazione, praticamente da Terzo mondo». «Ormai – ha spiegato
rassegnata - questa frazione è diventata invivibile: un tempo avevamo tutto, per
merito del volontariato. Sembra anche qui, come a Miramare, che si sia tornati
indietro di cent'anni. Oggi ci manca ogni cosa». E giù l'unico fragoroso
applauso partito durante la seduta pubblica della Seconda commissione
consiliare, convocata al Villaggio. «Le case – ha proseguito – sprofondano e le
mattonelle incollate sulle pareti ballano. Vogliamo darci finalmente una mossa?
Vogliamo iniziare a trovare qualche soluzione? Siamo stufi di non poter più
essere padroni nemmeno di parcheggiare la nostra auto davanti casa. Siamo
stanchi di questa lotta tra poveri per contenderci a vicenda un posteggio. Non
se ne può più». Altri cittadini hanno fatto eco alle sue richieste, invocando
anche l'abbattimento dei due fatiscenti magazzini antistanti lo squero, di
proprietà di privati e del Demanio. Sul punto è intervenuto il presidente della
Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza, spiegando come non si tratti di
pratiche facilmente attuabili, per il fatto che la competenza non è strettamente
comunale e che in presenza di proprietà private l'abbattimento d'imperio è una
strada non percorribile. Rozza nel corso della seduta ha più volte sottolineato
l'importanza del processo partecipativo messo in atto con queste sedute
pubbliche, per affrontare “subito a valle ogni possibile conflitto, in modo da
non doverli poi affrontare nel prosieguo dei diversi iter”. Sulla viabilità è
invece intervenuto l'assessore ai Lavori pubblici Andrej Cunja, assicurando
tempestive azioni. Quanto alla barriera contro le ingressioni marine, il
cosiddetto mini-Mose, che servirà a scongiurare gli allagamenti nelle abitazioni
(fenomeno collegato alle coincidenze tra alta marea e abbondanti
precipitazioni), ha promesso un avvio dell'opera “entro un mese”.
(ti.ca.)
Il degrado di piazza Libertà fra le priorità di Trieste
L’INTERVENTO DI FULVIO CHENDA - direttore Associazione operatori terziario Pmi
Non posso condividere la virulenza con la quale (attraverso il web) un
concittadino ha espresso dure e pesanti parole nei confronti dell’attuale
amministrazione comunale e in particolare del sindaco. Parole che hanno avuto un
risultato concreto immediato, nella risposta, ovvero: lei mi sta offendendo. Non
ci alziamo, a qualunque costo e in qualunque situazione, a paladini e
sostenitori dell’attuale amministrazione, così come mai l’abbiamo fatto con la
precedente guida comunale. Vogliamo semplicemente sostenere, senza offesa ad
alcuno, alcune nostre idee, iniziando con il dire. Egregio signor sindaco:
effettivamente la stazione delle autocorriere, ex Silos, visto il perdurante
degrado strutturale e contingente, rappresenta un grave problema. Miglialia di
pendolari debbono amaramente prenderne atto quotidianamente, convivendo con una
situazione che sorpassa ogni limite di decoro. Comprendiamo perfettamente come
la città di Trieste e l’attuale amministrazione abbiano nell’agenda priorità di
enorme importanza strategica (Ferriera, Porto Vecchio, piano del traffico,
drammaticità della situazione nel comparto sociale a Trieste). Comprendiamo
perfettamente che, a un anno e più dall'ingresso nella carica istituzionale e
con l’aggravarsi della contingenza economico-sociale (oseremo persino dire anche
sportivo-calcistica, come se i concreti problemi non bastassero a riempire la
giornata lavorativa) le tematiche urgenti sul tappeto sono costanti. Nonostante
ciò, la preghiamo cordialmente di attuare un sopralluogo (vero e concreto)
all’interno ed esterno dell’autostazione delle corriere, verificando non solo
l’elevato stato di degrado della realtà: non vi è un’illuminazione sufficiente
per i passeggeri in arrivo e in attesa, non vi è un minimo di confort attorno
alla pensilina, il turista che vi arriva, sceso dal pubblico mezzo, non sa a che
santo votarsi pur di aver una informazione. Persino l’automobilista, locale o
straniero, intento ad accedere al parcheggio fa fatica a individurarne
l'ingresso e a muoversi con decorosa sicurezza. Il tutto corroborato all’esterno
da un umiliante spettacolo di degrado, da un immondezzaio, dall’improvvisazione
incorniciata in una serie di impalcature posizionate da tempo immemore, da
disperati dediti ad ogni tipo di sotterfugio pur di riuscire a conquistare un
pranzo. Gente che non ha mai sentito parlare, né mai sentirà notizie in merito
al tè delle cinque di londinese memoria. Signor sindaco, nella sua agenda, nella
sua scaletta operativa quotidiana vi sono certamente costanti priorità,
strategie ed esecuzioni che impongono concentrazione e impegno di risorse
pubbliche notevoli. Ma trovi il tempo, riflettendo di conseguenza, nello
spendere momento della sua operatività e così verificando lo stato di degrado
totale di una concreta realtà. Le soluzioni non escono attraverso miracoli, né
tantomeno da canuti politici, potenzialmente occupabili nella veste di ex
bidelli, oramai giunti a livello regionale a un numero di mandati difficilmente
classificabili con un numero certo: ogni quattro anni, a tre mesi o meno dal
rinnovo dell’incarico elettivo, dopo quattro anni di silenzio. Questi signori e
i loro degni compari, sproloquiano ogni giorno su tutto lo scibile umano
possibile, proponendo sempre le stesse cose o autentiche barzellette
programmatiche a mero fine personale, da loro soluzioni concrete e propositive
non ve ne saranno. Ci provi lei, sindaco, magari coinvolgendo la città, i
giovani, le categorie, la facoltà di architettura dell'Ateneo Triestino, ci
provi lei, magari bandendo un «concorso di idee e di progetti», affinché venga
finalmente reso certo, con dovizia di investimenti (magari spalmati nel piano
delle opere pubbliche), mix pubblici, mix privati, quale sarà il futuro del
perimetro (oggi in totale degrado) relativo alla stazione delle autocorriere, il
Silos, e il Pala Tripcovic. Il tutto, magari facendo un vero e grande trait-d’union,
ovvero: biglietto da visita primario, in attesa che il riuso del Porto Vecchio
sia una vera fucina di opportunità in favore dello sviluppo futuro di Trieste.
Un punto di partenza, con poche ma chiare idee, un concreto agire bisogna pur
averlo se si vuol finalmente pensare al concreto progresso della città.
Arci Servizio civile Martedì l’assemblea - NELLA SEDE
Si terrà martedì alle 18 nella sede di Arci servizio civile (Asc) in Via
Fabio Severo 31, l’assemblea territoriale con il seguente ordine del giorno:
variazioni statutarie, elezione Consiglio territoriale, elezione Collegio dei
Sindaci revisori dei conti, indicazione delegati assemblea nazionale.
Successivamente, entro il mese di novembre, si terranno le altre assemblee
territoriali e l’assemblea regionale Asc del Friuli Venezia Giulia. Per saperne
di più sulle attività di Arci Servizio civile: tel.040 761683, trieste@arciserviziocivile.it,
www.ilprogetto.biz. Arci servizio civile Trieste è presente su tutto il
territorio provinciale con le sue associazioni socie: Arci, Itis, Ics, Unione
circoli culturali sloveni-Zskd, Unione circoli sportivi sloveni-Zssd,
LegAmbiente, Cooperativa Bonawentura, Uisp. I 32 volontari di Arci servizio
civile collaborano in ambiti assistenziali, culturali e sportivi.
IL PICCOLO - SABATO, 22 settembre 2012
Portopiccolo, le prime case in vetrina
Presentate ieri a Sistiana in un ricevimento ufficiale. Fra sei mesi
l’acqua entrerà nel “porto”, fine lavori prevista per il 2014
DUINO AURISINA I numeri, a dispetto del nome, sono grandi. Letteralmente da
capogiro. Ma ieri, quando Portopiccolo - cantiere da 245 milioni di euro di
investimento su un terreno di 353mila metri quadrati - si è finalmente svelato,
con la presentazione dei primi appartamenti ultimati e rifiniti di tutto punto,
questi numeri hanno acquisito finalmente concretezza. Certo, bisognerà attendere
l’alba del 2014 per appurare cosa veramente sarà diventata l’ex cava di
Sistiana, tuttavia un primo colpo d’occhio sul nuovo orizzonte edilizio si avrà
già tra sei mesi, verso marzo o al più tardi ad aprile, quando il maxi “tappo”
della futura darsena, oggi svuotata d’acqua, sarà sollevato e il mare del golfo
di Trieste invaderà gli spazi definitivamente cancellando il vecchio paesaggio
“lunare”, puntellato di gru e betoniere, di Portopiccolo. Ieri, intanto, la
“costruenda” cittadella turistica ha festeggiato un traguardo importante: il
completamento dei primi alloggi. Appartamenti di diversa metratura (piccola,
media, grande), definiti “case terrazze”, che si collocano nella parte più alta
e dalle linee più moderne del cantiere, appaltato alla Rizzani de Eccher,
colosso friulano dell’edilizia. Tre di questi immobili sono stati rifiniti in
ogni dettaglio, anche d'arredamento, e forniscono un’idea della qualità del
progetto. Progetto che complessivamente prevede la costruzione ex novo di due
borghi – uno in stile rustico, sul mare, e uno residenziale, appunto sulla
parete carsica -, nonché alberghi (un hotel cinque stelle composto da tre
diverse strutture posizionate nei punti più suggestivi), 830 parcheggi
pertinenziali interrati e 393 a rotazione, 5 piscine scoperte, 14 tra bar e
ristoranti, 31 attività commerciali, 103 posti barca (più una ventina a
rotazione) e un centro benessere da 6mila metri quadrati aggrappato sul costone
di roccia, scavato a gradoni. Si contano 380 residenze turistiche, mentre 80
sono le unità a residence diffuso: il 70% è stato già venduto (il 20% a
stranieri, in primis austriaci e tedeschi, il 50% a italiani, soprattutto
veneti, lombardi e emiliani), mentre la parte commerciale risulta completamente
opzionata. La regia di quest'ultima è in mano a un unico imprenditore. La
proprietà dell'area è in mano a un fondo immobiliare chiuso, il “Fondo Rilke".
Intestataria: Serenissima Sgr. Del management e della commercializzazione si
occupa il Gruppo Valdadige spa. Sul mercato il prezzo delle abitazioni oscilla
tra 6mila e 7mila euro a metro quadro. Ma si tratta di tipologie d'alloggio
all'avanguardia, di classe A, con rifiniture di lusso, soluzioni energetiche
naturali (geotermia), connessioni wi-fi, terrazze a verde e in teak. Per il
riscaldamento e il raffreddamento non viene emessa in atmosfera Co2: tutto è
elettrico. Ogni locale è climatizzato autonomamente. Le unità più piccole si
attestano sui 50 metri quadrati, la villa più ampia, sul mare, raggiunge i 400.
Quanto ai tre appartamenti presentati, per la realizzazione degli interni,
Portopiccolo ha messo a disposizione dei propri clienti un’inedita convenzione
con marchi d’eccellenza del made in Italy – che spaziano dagli arredamenti agli
elettrodomestici – per una consulenza su misura e d’alta qualità. «Il risultato
raggiunto – ha commentato Carlo Oppici, general manager di Portopiccolo -
evidenzia come i lavori di Portopiccolo si stiano svolgendo nei tempi stabiliti
e nel rispetto degli impegni assunti. Le aspettative su questo progetto sono
grandi: le prime case completate offrono un risultato visibile a tutti non solo
relativamente agli sforzi compiuti, ma anche alla qualità che caratterizzerà
l'intero intervento. Nonostante il periodo critico che stiamo attraversando,
Portopiccolo raggiunge un traguardo importante che, come nostra abitudine,
vogliamo condividere con l'intera comunità». La gestazione non è stata breve,
visto che il progetto è partito nel 1992, con le prime procedure e richieste di
permessi, seguite dalle molteplici battaglie in chiave ambientalista. «C'è stata
– ha sottolineato Oppici – generale attenzione alla sostenibilità: questo era un
sito già compromesso per una ferita, quella della cava, che ora viene però
sanata». Oppici ha quindi rimarcato la “condivisione con la Soprintendenza di
ogni progetto” e il “rispetto anche della botanica, con la messa in dimora di
11mila specie vegetali autoctone”. L'idea, insomma, è stata quella di
“recuperare un sito industriale dismesso”, creando in Portopiccolo un
“locomotore per l'economia di questa Regione” (vi stanno lavorando 500 persone e
230 ne saranno impiegate quando la cittadella sarà terminata), nonché una
“locomotiva per il turismo dei luoghi”. «Questo evento – gli ha fatto eco il
portavoce Cesare Bulfon - conferma la trasparenza del nostro operato:
Portopiccolo presenta sempre a stampa e istituzioni i propri obiettivi
raggiunti. Oggi guardiamo già al successivo: la prima stagione fruibile al
pubblico, fissata nella primavera-estate del 2014». Nel frattempo da marzo
partirà il battage per la conquista della clientela estera, più propensa
all'acquisto a prodotto già in stato avanzato di realizzo. L'obiettivo finale,
comunque, è di non legare la vivacità di Portopiccolo al solo periodo estivo:
per questo si è voluto fortemente che la Spa-centro benessere resti in futuro
attiva durante tutto l'anno, al pari delle strutture ristorative o degli
esercizi pubblici.
Tiziana Carpinelli
Promessi duecentotrenta nuovi posti di lavoro - LE
RICADUTE SUL TERRITORIO
Ma il sindaco Kukanja è prudente: «Prematuro parlarne, si dovrà anche
riqualificare la baia»
DUINO AURISINA Per la proprietà, con una previsione di “almeno 230 nuovi
posti di lavoro”, “Portopiccolo si conferma uno dei progetti più competitivi e
di richiamo del Friuli Venezia Giulia: il superamento del 70% delle vendite
dall’avvio della commercializzazione, avvenuto a luglio 2010, ne fa uno dei casi
immobiliari di maggior successo in Italia”. Ma per il sindaco di Duino Aurisina,
Vladimir Kukanja, che in recenti dichiarazioni si è dimostrato critico verso
l’intervento per lo scarso impiego di manodopera locale, in particolare quella
legata alle attività di estrazione e lavorazione della pietra, “forse è
prematuro parlare di ricadute”. L’amministrazione comunale ha preso parte, in
serata, alla cena istituzionale organizzata a Portopiccolo, alla quale hanno
partecipato, tra gli altri, il governatore del Friuli Venezia Giulia Renzo
Tondo, il presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e il sindaco di
Trieste Roberto Cosolini. «In passato – sottolinea Kukanja -, interpretando le
opinioni delle categorie interessate, abbiamo espresso rammarico per le
occasioni mancate. Il passaggio odierno è significativo, ma per una previsione
dovremo aspettare una fase più avanzata. L’amministrazione dovrà valutare e
cogliere tutte le opportunità che si apriranno ai fini di uno sviluppo
complessivo del movimento turistico sul territorio comunale. Determinante –
conclude il sindaco - sarà anche la valorizzazione della Baia». Sul punto,
particolarmente sensibile per gli ambientalisti, interviene il consigliere di
Sel e presidente della Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza: «Negli
atti della Via, Valutazione d’impatto ambientale, relativi al progetto c’era
l’obbligo, tra gli interventi di mitigazione e compensazione da attuare sul
territorio, della costituzione di un fondo economico adeguato da impiegare,
attraverso la commissione mista rappresentata da tecnici comunali, provinciali e
regionali, proprietà, nonché da associazioni ambientaliste, per operazioni di
salvaguardia e tutela ai bordi dell’ambito, al suo interno e verso la Costa dei
barbari. Sarà nostro compito vigilare sull’attuazione di tali sinergie, utili a
rendere la futura area protetta una realtà integrata col resto del territorio».
Portopiccolo, insomma, non deve essere un’isola, bensì relazionarsi col resto
dei progetti che l’amministrazione ha in campo e porta avanti sul territorio.
(ti.ca.)
Ponterosso è una vetrina, no a restauri sconclusionati
- La lettera del giorno di Marco Moro
Grazie al Piccolo che ha riaperto il dibattito sugli antichi masegni,
dolente nota sulla riqualificazione della nostra città. A guardare i lavori
svolti finora (fontana del viale, piazza Goldoni, piazza Vittorio Veneto, via
Cassa di risparmio, eccetera) si direbbe che qualche tecnico comunale sarebbe da
trasferire. A leggere i dibattiti in corso emerge tutta l’arroganza di chi
dovrebbe dire “scusate tanto, abbiamo sbagliato” e invece adduce improbabili
scuse per giustificare interventi devastanti (invito a visitare su internet il
sito sostrieste.it). I tacchi delle signore e le carrozzine si muovono benissimo
in piazza della Borsa, unico esempio di restauro fatto con competenza. A Roma il
traffico si muove da sempre sui “sanpietrini”, e a nessuno verrebbe in mente di
coprirli di asfalto! Se i nostri tecnici andassero a Venezia probabilmente
interrerebbero i canali per asfaltarli e renderli agibili a gondole munite di
ruote! E non si dica che è costoso il recupero: un Comune che si permette di
spendere 750.000 euro (!) per un ponte che deturpa il canale può solo tacere. I
colpi di genio non finiscono qui, ora si vuole restaurare piazza Ponterosso con
un bel bosco... È mai possibile che si voglia continuare con questa linea di
trasformazioni sconclusionate? Restaurare significa ridare l’antico splendore:
per cui non è “anacronistico” (come dice l’assessore) togliere il materiale che
ha riempito l’ultima parte del canale di Ponterosso, anzi, è la sola via
possibile. Trieste ha poche risorse turistiche, eppure Ponterosso è una delle
più importanti: non si può giocare male anche questa carta. Perché la
Soprintendenza non fa sentire la sua voce? Perché, anzi, asseconda interventi
che andrebbero fermati?
Test di Piano traffico Oggi dalle 16 alle 20 via
Mazzini pedonale
Nell’ultima giornata della Settimana europea della mobilità già dalle 8
in corso Italia solo mezzi pubblici e dei disabili. L’ASSESSORE MARCHIGIANI
Simulazione resa possibile anche grazie all’intesa con Trieste Trasporti per
quanto riguarda le modifiche ai percorsi dei bus
Rivoluzione in centro per un giorno. E soprattutto test (parziale) del nuovo
Piano del traffico. Oggi l’iniziativa “In town without my car”, a chiusura della
Settimana europea della mobilità, permetterà l’assaggio a cittadini, esercenti,
commercianti e amministrazione comunale. Dalle 8 alle 20 circolazione vietata
per i veicoli privati lungo via Imbriani, via Canal piccolo, corso Italia (da
piazza della Borsa a largo Riborgo) e via Roma (nel tratto fra via Valdirivo e
corso Italia): nell’orario previsto vi potranno transitare solo i mezzi pubblici
- autobus e taxi - e quelli che trasportano persone diversamente abili. L’altro
provvedimento viabilistico stabilito dal Comune riguarderà via Mazzini, nella
porzione da piazza Goldoni a via Roma, e piazza della Repubblica: dalle 16 alle
20 si trasformeranno in una zona completamente off-limits al traffico. Un’area
pedonale, con gli operatori commerciali che organizzeranno allestimenti
all’esterno dei rispettivi negozi, condendoli con degustazioni e presentazioni
di prodotti e merce in vendita, oltre che con striscioni e composizioni di
piante e fiori. La modifica riguardante via Mazzini determinerà delle variazioni
al normale percorso degli autobus che solitamente passano da lì nei due sensi di
marcia: «La simulazione è resa possibile grazie all’intesa con Trieste trasporti
- spiega l’assessore comunale con delega a Mobilità e traffico, Elena
Marchigiani -, i cui autobus passeranno da corso Italia, via Imbriani e via
Valdirivo invece che in via Mazzini». Gli adattamenti interessano le linee 1, 5,
9, 10, 11, 18, 19, 24, 25 e 30. Leggeri aggiustamenti, limitati alle quattro ore
indicate. Per il resto, tragitti immutati. «Nell’ambito della Settimana europea
della mobilità - fa il punto ancora Marchigiani - nell’ultima giornata del
programma si chiudono al traffico veicolare alcuni assi importanti del centro a
titolo dimostrativo. E siccome come amministrazione stiamo lavorando sul nuovo
Piano del traffico, abbiamo preso queste decisioni». Varie le iniziative
attivate per oggi di concerto fra associazioni e Comune nel contesto della
Settimana europea della mobilità: tra le 16 e le 20 “Vivincittà”, passeggiata
per il centro cittadino a cura della Uisp, e nell’area di piazza della
Repubblica e via Mazzini “pedonalizzate” animazioni e giochi di strada per i più
piccoli, sempre allestiti dalla Uisp assieme a scuole primarie e ricreatori
comunali. Nel medesimo intervallo orario “Trieste in bici? Sì, con la pedalata
assistita. Vieni a provarla con noi!”, con la possibilità di provare la bici
dotata di un piccolo motorino ausiliario in piazza Sant’Antonio. Nel tratto tra
piazza della Repubblica e via Mazzini alle 16.30 “Ciclofficina, ovvero Il
meccanico in piazza”, a cura di Arci Trieste, che alle 18.30 propone anche
“Aperitivo e Map-Crossing”, con l’offerta di un drink a chi porterà le mappe
degli itinerari ciclabili cittadini. Domattina “coda” della Settimana europea
della mobilità con la “1.a Rampigada Santa”, cronoscalata ciclistica, podistica
e camminata non competitiva in salita per Scala Santa: partenza alle 10 da
Roiano, a cura dell’associazione di promozione sociale Spiz.
Matteo Unterweger
Con Overnight si fa a gara di “differenziata”
Chiusura dell’edizione 2012 incentrata sui temi della raccolta rifiuti e
dell’ambiente. Il via alle 23.30
Una gara destinata ai giovani e che consisterà nel riempire, da mezzanotte
alle due, il maggior numero di sacchi con le immondizie della differenziata, da
raccogliere in piazza Unità e nelle vie limitrofe, tradizionale sede della
movida cittadina. È questa la modalità scelta da Provincia, Comune e Azienda
sanitaria per salutare la conclusione della stagione estiva 2012 di “Overnight”,
il servizio di trasporto agevolato che garantisce ai giovani un ritorno a casa
esente da rischi, promosso e allestito dai tre enti. La gara sarà la parte
centrale di una festa intitolata “Differenzia...ti”, che prenderà il via oggi
dai portici del Municipio alle 23.30 e che è organizzata, oltre che dalle due
amministrazioni e dall’Ass anche da Querciambiente, Etnoblog e progetto
“Overnight”, con la collaborazione dell’AcegasAps, che doterà i giovani
partecipanti degli strumenti necessari per fare una buona raccolta. La serata
avrà come fine ultimo proprio quello di «sensibilizzare i giovani
sull’importanza di un’efficace raccolta differenziata – ha spiegato l’assessore
provinciale Vittorio Zollia – rendendoli partecipi di un gioco divertente e al
contempo istruttivo». Per centrare l’obiettivo saranno allestite anche mostre
con materiali riciclati e proiettati video a tema. I partecipanti saranno divisi
in squadre, i cui capitani saranno i titolari di tre pubblici esercizi della
zona (bar Piazzetta Urban, Marino e Piadineria), che hanno contribuito
all’organizzazione. «L’edizione di quest’anno di Overnight – ha aggiunto Zollia
– ha riscosso un notevole successo, anche per la novità della partecipazione dei
taxi». L’assessore provinciale Roberta Tarlao ha sottolineato che «oramai si è
superato il concetto per il quale che l’Overnight consisterebbe nel mero
trasporto sicuro». L’assessore comunale Laura Famulari ha detto che «con
Overnight abbiamo intercettato vari bisogni. Anche la pulizia e il decoro sono
aspetti che vanno curati». Elena Pellaschiar, anche lei componente della giunta
Cosolini, ha rimarcato «l’importanza della partecipazione dei pubblici esercizi
all’allestimento della gara». Roberta Balestra, del Dipartimento dipendenze
dell’Ass, ha ampliato il concetto: «Quest’anno Overnight è stato un laboratorio
di idee. Avere la sede in piazza dell’Unità d’Italia si è rivelato elemento
decisivo per la riuscita dell’iniziativa. Il senso delle serate a tema sulle
malattie a diffusione sessuale e questa sulla differenziata - ha precisato -
sono molto importanti». Tutti concordi poi nell’evidenziare che «solo in cinque
occasioni c’è stata necessità di intervento del 118, per soccorrere giovani in
preda a coma alcolico. Un numero ridottissimo rispetto al passato». Zollia ha
annunciato che «i buoni taxi avanzati saranno distribuiti a breve». Alla gara ci
si potrà iscrivere sul posto o attraverso facebook.
Ugo Salvini
Incontro - Conferenza sulla Ferriera
Oggi, alle 10.30 nella sede del Circolo Miani, in via Valmaura 77, si terrà una conferenza nel corso della quale il portavoce di “Servola Respira”, Romano Pezzetta e il presidente del Circolo Miani, Maurizio Fogar, illustreranno le ragioni per cui «va immediatamente sospesa la produzione industriale dello stabilimento Ferriera di proprietà della Lucchini. Con il fermo immediato degli impianti unica risposta tecnica idonea a bloccare le emissioni a fronte di una emergenza ambientale e di grave rischio per la salute di cittadini e lavoratori».
Vivicittà, tutti di corsa E poi si va al flash mob -
Nel pomeriggio la gara non competitiva promossa dalla Uisp - EVENTI»L’INIZIATIVA
Torna oggi, a partire dalle 16, Vivicittà, ospitata all’interno della
Settimana europea della mobilità. Anche l’edizione 2012 prevede soltanto il
percorso non competitivo, con partenza in piazza Ponterosso e con un tracciato
che consiste in un piccolo anello nel centro cittadino. L’iniziativa come sempre
è organizzata dalla Uisp, che propone l’evento da anni in molte città italiane e
all’estero. Il pomeriggio si chiuderà con un piccolo ristoro per i partecipanti
e un flash mob, una sorta di “ballo collettivo”, nel cuore della città. «È la
corsa di tutti, caratterizzata da un forte impegno sociale, civile e ambientale,
spiega la sezione di Trieste. Oramai la storica manifestazione è giunta alla
29esima edizione. Vivicittà, ricordano gli organizzatori, rinnova il suo impegno
verso l’ambiente attraverso l’uso di materiale ecosostenibile, valutazione
dell’impatto ambientale, attenzione alla vivibilità delle città. Si corre in
tutti quei contesti dove lo sport può essere un mezzo per sensibilizzare e
creare attenzione: a Saida, in Libano, con 1300 bambini palestinesi e libanesi
per favorire il dialogo e l’integrazione. Così come a Makeni, a Gomel, a Tuzla,
Zavidovici e in tante altre città nel mondo. Vivicittà si è corsa, nell’ambito
di programmi e interventi dell’Uisp, anche in molti istituti penitenziari. Ed è
anche solidarietà concreta, concludono: la manifestazione nel 2011 ha raccolto i
fondi necessari alla costruzione di un playground all’interno di una scuola a
Foundiougne, in Senegal». Nel capoluogo giuliano il ritrovo è alle 15.30 in
piazza Ponterosso, con la partenza fissata alle 16 dall’incrocio tra via Bellini
e via Roma. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, non c’è bisogno di
iscriversi; ci saranno molti bambini dei ricreatori e di alcune scuole
cittadine. Il percorso si può vedere sul link
http://www.quikmaps.com/show/216611. Alla fine della corsa la Uisp invita tutti
a partecipare al flash mob che si terrà in piazza della Repubblica, dove adulti
e bambini saranno impegnati in un grande gioco dal titolo “papagal papagal che
ora xe”. Le istruzioni sono disponibili attraverso un video sul sito
www.uisp.trieste.it. La Uisp di Trieste e Vivicittà sono presenti anche su
Facebook. Per ulteriori informazioni è possibile contattare la sede locale in
via Beccaria 6, o al telefono 040-639382 o alla mail trieste@uisp.it. «La
mobilità nel centro cittadino attualmente è una tragedia – si legge nella
presentazione dell’evento - troppe auto, troppo rumore, troppo inquinamento.
Così oggi una grande fetta di centro cittadino verrà interdetta al traffico
nell’ambito delle iniziative che il Comune ha organizzato per la Settimana
europea della mobilità. «Perché andare in città senza auto si può! Allora noi
dell’Uisp di Trieste abbiamo pensato di impossessarcene simbolicamente con una
corsa», annotano ancora gli organizzatori. A livello internazionale la
manifestazione è partita nel 1983 e da allora non si è più fermata. Ogni anno
viene scelto un tema di rilevanza sociale, la pace, i diritti umani, il rispetto
ambientale, l’uguaglianza sociale e la solidarietà tra i popoli.
Micol Brusaferro
Prosegue la Festa del volontariato - PROSECCO
Festa del volontariato dalle 17.30 Info su www.amiscout.wpeople.it
Prosegue la 1° Festa del volontariato all’ostello scout di Prosecco (Campo
Sacro). E questo è il programma del pomeriggio odierno: alle 17.30, apertura
dell’angolo dello Scoutismo, giochi scout per ragazzi o ragazze che vogliono
avvicinarsi al movimento Scout; alle 18 dibattito con Ariella Sponza sul tema
“Lo scoutismo metodo educativo”; più tardi, alle 19.30 si esibirà il Coro degli
afasici diretto da Loredana Boito; e alle 20, amministratori pubblici e
volontari a tavola. Infine, alle 20.30, intrattenimento musicale con i B’m’b.
Non è finita perché sempre nel pomeriggio, alle 17.30, l’Aias Trieste organizza
un incontro con quadrupedi tanto utili quanto simpatici: arriveranno tre
asinelli, e poi una carrozza attrezzata per disabili trainata da una cavalla e
un calesse trainato da un’asina. Rivolto a tutti: grandi, disabili e piccini.
SEGNALAZIONI - Fusione Acegas - L’acqua non è più pubblica
Chi è il padrone dell’acqua? Noi italiani abbiamo deciso con un referendum, a schiacciante maggioranza, che l’acqua debba rimanere pubblica. L’acqua di Trieste, invece, la nostra acqua sarà di un privato: la società Hera, una spa. Una società per azioni è, secondo la legge (Codice civile, articolo 2247), costituita da un gruppo di due o più persone che in sostanza si mettono insieme per fare utili: nessun pubblico interesse quindi. Il Comune di Trieste, cioé noi, avrà una quota minima di questa nuova società e quindi nessun vero potere di controllo. Ma è regolare, è corretto? Non bisognava forse rispettare la volontà popolare e scorporare il settore acqua dalla fusione di Acegas-Aps con Hera? Il Comune ha deciso in gran segreto e a porte chiuse tutta l’operazione. L’interesse (privato) dei soci azionisti andava rigorosamente tutelato! Ma noi cittadini non avevamo, per trasparenza, l’interesse (pubblico) di sapere qualcosa di questi accordi che trattano di un nostro bene prezioso? L’interesse del capitale, del profitto, viene prima dell’interesse pubblico? I partiti di sinistra (non centrosinistra) presenti in Comune sono d’accordo; sta bene a loro davvero? Il confronto che è stato fatto sulle Segnalazioni tra la paga del presidente Usa, Barack Obama, e i compensi dei manager dell’Acegas-Aps è divertente. Qualcuno si è forse accorto della maggior efficienza dell’Acegas nuova (spa) rispetto alla “vecchia”? Penso di no. Questo conferma una mia vecchia idea: le società per azioni degli enti pubblici sono spesso delle “spiritose invenzioni” di qualche politico. Non sono affatto più efficienti, ma in parecchi casi si tratta di macchinette mangiasoldi che servono a evitare controlli (Corte dei conti) e a sistemare economicamente (bene) un po’ di gente. Il modo giusto per pagare i manager delle società naturalmente esiste: una percentuale sugli utili se la società guadagna, altrimenti compensi ridotti all’osso.
Ermanno Predonzan
VOCE ARANCIO - VENERDI', 21 settembre 2012
Alta velocità, ma fino a quanto?
Una promessa che oggi vale soprattutto per treni e aerei, anche se la sfida
vera è sui consumi e il rispetto per l’ambiente
Una bellezza nuova. «… La magnificenza del mondo si è arricchita di una
bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo
cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo… un
automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della
Vittoria di Samotracia» (dal Manifesto del Futurismo, Le Figaro, 20 febbraio
1909).
Un secolo dopo. Un secolo e qualche anno dopo, la velocità ha perso molto del
suo fascino – andiamo quotidianamente anche troppo veloci, e allora risulta ben
più seducente essere slow – ma, almeno nei trasporti, si parla sempre tanto di
alta, anzi, ora anche di altissima velocità. Purché ancorata a due solide rotaie
o nascosta in mezzo alle nuvole. Perché le automobili fuori dai circuiti
sembrano essersi date da tempo una calmata (contano più le dimensioni delle
prestazioni, e anche per le supercar basta quello che potrebbero fare senza i
limiti che il costruttore si è autoimposto).
Due ore e venti.
Trenitalia scopre la carte sul gioiello che verrà, l’Etr 1000, un Frecciarossa
che viaggerà alla velocità commerciale di 360 km all’ora (oggi è di 300),
consentendo di coprire in 2 ore e 20 minuti la distanza tra Milano e Roma (nel
viaggio non-stop: oggi ne occorrono circa tre). Però parliamo di futuro, anche
se prossimo: il treno ad altissima velocità di Trenitalia, attualmente in
costruzione negli stabilimenti della joint venture costituita tra la canadese
Bombardier e l’italiana Ansaldo-Breda, non arriverà sui binari prima dell’estate
2014.
Due ore e quarantacinque.
Ntv , la compagnia privata italiana dell’alta velocità, sembra rispondere subito
alla sfida con annunci a tutta pagina sui quotidiani: Milano-Roma non-stop, 2
ore e 45 minuti, tre treni al giorno in un senso, tre nell’altro. Già da ora (il
26 agosto). È il tempo che
Italo impiega dalla stazione di Rogoredo, nel capoluogo lombardo, alla Tiburtina
nella capitale. Che sono più periferiche della Centrale e di Termini.
Due ore e quaranta. Non risultano pagine di Trenitalia per dire che agli attuali
Frecciarossa impiegati nello stesso percorso (quattro in tutto al giorno) basta
un po’ meno: 2 ore e 40 minuti. Forse fair play dopo aver presentato l’Etr 1000
come «il treno più bello del mondo». Un treno che, come prestazioni e impianto
tecnologico, fa parte dell’ultima generazione di treni ad altissima velocità,
esattamente come Italo progettato dalla francese Alstom (già pronto per una
velocità commerciale di 360 km/ora)
Un problema comune. Il problema, sia per Italo sia per il prossimo Frecciarossa,
sarà dove raggiungere quella velocità che consentirà a entrambi di abbattere
ulteriormente i tempi di percorrenza, cioè di correre grosso modo a 350 km/ora.
Sulla linea Milano-Napoli, al momento sarebbe possibile solo nei tratti
Milano-Bologna e Roma-Napoli. Sulla nuova Bologna-Firenze, quasi tutta in
galleria, oggi non si arriva a 300 per ragioni di sicurezza, e sulla
direttissima Firenze-Roma la velocità d’esercizio è di 250 Km/ora, diciamo per
ragioni d’età. Non è così noto che parte di questa tratta è stata la prima linea
ad alta velocità costruita in Europa. Accadeva ormai 35 anni fa (il 24 febbraio
1977 venivano inaugurati i 138 chilometri da Roma a Città della Pieve). Ma forse
era un po’ troppo presto. Non c’erano ancora treni così veloci, almeno in
Italia. Oggi tutta la linea ha bisogno di un ammodernamento.
Due ore e trenta. Passiamo nella stratosfera, anche perché per ora è solo un
progetto (ma ci stanno lavorando). Si chiama Zehst, acronimo di Zero emission
hypersonic transportation, più che a un aereo assomiglia a un missile, o a una
navicella spaziale. S’inerpicherà su nel cielo, oltre ogni possibile nuvola,
fino a 32 chilometri d’altezza (i jet attuali volano a circa 11-12) e lì farà
partire i suoi motori a razzo che lo spingeranno a una velocità di Mach 5,
ovvero cinque volte la velocità del suono (oltre il doppio di quella del
Concorde , il cui ultimo volo è stato effettuato nel 2003). In due ore e mezzo,
il tempo di un film un po’ più lungo del normale, sarete trasportati da Londra a
Tokio (un volo diretto oggi ne impiega dodici).
L’ipersonico del 2040. Paura? Tranquilli, avete tutto il tempo di prepararvi,
perché lo Zehst, di cui vedremo forse un prototipo tra una decina d’anni, non
entrerà in servizio prima del 2040-2050. Per la casa che lo sta progettando, la
tedesca Eads, le sfide tecnologiche sono superabili: la maggior parte dei
componenti del jet sono infatti già in uso attualmente. Sono piuttosto i costi a
limitare l’idea dei voli ipersonici. La sfida più grande, spiegano gli esperti,
è realizzare un progetto che sia economicamente attuabile. Eads ha stimato che
costerà ben oltre 15 miliardi di euro portare il progetto sul mercato.
Contenere i consumi. «Per l’aviazione commerciale il volo supersonico è un
traguardo così costoso e complesso che, per molti decenni a venire, credo
resterà solo un sogno. Molto più pressante, invece, è l’obiettivo di contenere i
consumi, per inquinare meno, certo, ma soprattutto per ridurre una voce di spesa
che, a ogni risalita del prezzo del petrolio, rischia di far saltare i conti
delle compagnie» (Cesare Cardani, professore di Ingegneria aerospaziale al
Politecnico di Milano).
Non ultimo, l’ambiente. Un fattore, nel sentire comune, sempre più importante. I
nuovi
Airbus A320 – un bestseller dell’aviazione civile, progettato dal consorzio
europeo per voli a medio raggio e in servizio da più di vent’anni – usano il 15
per cento di carburante in meno dei loro concorrenti. E per il super aereo del
futuro si ipotizza l’addio del cherosene a favore di idrogeno e ossigeno
liquidi. Non solo: la Eads, scommettendo su un raddoppio della capacità di
accumulo delle batterie al litio, immagina un aereo di linea elettrico, il
VoltAir, che, arrivato in aeroporto «cambia le pile» e riparte.
Anche i treni. Anche i super treni, che hanno motori elettrici, partecipano alla
gara “verde”. Italo assicura di consumare il 10 per cento in meno di altri treni
con pari prestazioni. L’Etr 1000 promette «le migliori performance oggi
realizzabili in termini di risparmio energetico».
Un orticello maschile? Di velocità, comunque, si parla un po’ meno. Oggi
guardiamo al tempo, al tempo risparmiato, piuttosto. Alla fine forse la corsa
alla velocità è rimasta un affare maschile. «Un automobile ruggente… più bello
della Vittoria di Samotracia», scriveva Marinetti (e Ntv sembra prenderlo ancora
in parola, quando propone sul suo sito «un auto con conducente»). Sappiamo però
com’è andata: l’automobile, seduttiva, s’è declinata subito al femminile (la
macchina, l’autovettura, la Fulvia, la Punto, la Giulietta…), anche se da ultimo
c’è un ritorno al maschile, soprattutto per sottolineare un certo status (il Suv,
il Mercedes…). Il più veloce, l’aereo (jet, aeromobile, velivolo) è ben saldo
nel suo genere maschile, fatta salva la casa madre, la compagnia aerea. Il
treno, invece, sembra eternamente indeciso: treno e ferrovia, binario e rotaia,
carrozza e vagone, addirittura locomotiva e locomotore…
STAFFETTA QUOTIDIANA - VENERDI', 21 settembre 2012
Gnl, archiviato progetto di Taranto - Gas Natural non
ha richiesto di proseguire l'iter.
Il ministero dell'Ambiente, che nel 2011 aveva dato un parere interlocutorio
negativo al progetto di rigassificatore onshore da 8 mld mc/anno di Gas Natural
a Taranto, ha archiviato definitivamente il procedimento poiché la società non
ne ha chiesto il riavvio.
Il provvedimento di archiviazione, datato 6 settembre, è stato pubblicato in
queste ore.
IL PICCOLO - VENERDI', 21 settembre 2012
Sertubi, sciopero sospeso ma ora scatta l’ultimatum
Tavolo in Prefettura, decisa l’integrazione salariale. Resta il gazebo
dei lavoratori
Cosolini: l’azienda faccia chiarezza entro il 26.
Savino: solo rinvii, non è di parola
Chi ha visto Leonardo Montesi? Nessuno ieri a Trieste ha segnalato la
presenza dell’amministratore delegato di Jindal Saw Italia, la società che ha in
affitto Sertubi, per cui il confronto sul futuro dell’azienda programmato in
Prefettura si è risolto nell’ennesimo dialogo tra i rappresentanti dei
lavoratori e quelli della Regione e delle amministrazioni locali dato che il
direttore dello stabilimento Massimo Iuvara, seppure presente, non ha potuto
logicamente assumersi alcuna responsabilità, né presentare alcun piano
industriale. Nel pomeriggio però, tramite Assindustria e la direzione stessa, si
è arrivati a un accordo temporaneo per un’integrazione salariale per cui lo
sciopero è stato momentaneamente sospeso e la parte dei dipendenti che non è in
cassa integrazione oggi riprende il lavoro in attesa della data stavolta
realmente fatidica: quella di mercoledì 26 settembre. Per quel giorno infatti
l’ad Montesi ha chiesto l’aggiornamento del confronto dato che nella mattinata
stessa proseguirà a Milano il consiglio di amministrazione di Jindal Saw Italia.
«Tra i lavoratori vi è giustamente rabbia e preoccupazione - ha commentato
scendendo dalla Prefettura il sindaco Roberto Cosolini - ma sia chiaro che anche
per le istituzioni la giornata del 26 è l’ultima disponibile affinché l’azienda
faccia una buona volta chiarezza sulle proprie intenzioni. Non si può dire un
giorno: siamo in crisi perché il mercato non tira, un altro giorno: siamo in
crisi perché l’energia elettrica ci costa troppo e un terzo giorno, in modo
ancora più censurabile: siamo in crisi perché forse fra tre anni la Ferriera
chiuderà. Tutti sappiamo che dovremo morire, ma mica per questo smettiamo di
mangiare già da oggi. Semmai la prospettiva per cui forse un giorno la ghisa in
loco non ci sarà dovrebbe essere elemento che induce a produrre oggi ancora di
più per fare scorte». «La proprietà deve venire al confronto e presentare i
piani industriali - ha commentato l’assessore regionale a Finanze e Ambiente
Sandra Savino - il fatto che rinvia di volta in volta gli appuntamenti sta a
significare che non è di parola». «Il settore industriale di Trieste nel suo
complesso attraversa una brutta fase - la considerazione dell’assessore
provinciale al Lavoro Adele Pino - ma questa crisi del Polo siderurgico mette
sul chi vive addirittura mille famiglie. Il fatto che tutte le istituzioni si
ritrovino unite allo stesso tavolo significa che è oggettiva la necessità di
fare chiarezza: i lavoratori hanno tutto il diritto di sapere cosa c’è nel loro
futuro». «Ogni volta ci sentiamo dire sempre le stesse cose, ma in realtà la
trattativa è ferma - la considerazione di Michele Pepe, rappresentante di
fabbrica per Fim-Cisl - l’azienda vorrebbe usarci al massimo per le pitturazioni
di tubi che arrivano dall’India, ma i tubi li vogliamo produrre noi, a Trieste».
Da oggi si apre dunque un’altra fase di tregua armata, ma se ci saranno forze a
sufficienza il maxigazebo di piazza della Borsa fino a mercoledì prossimo
resterà aperto ogni giorno per una continua opera di sensibilizzazione nei
confronti dei triestini in questa ottica: la fine della siderurgia
significherebbe in sostanza quella dell’industria e con un devastante
effetto-domino dell’intera economia di Trieste una città che secondo i
dipendenti e i sindacati non potrà mai vivere di turismo.
Silvio Maranzana
Commissione della Regione in Ferriera
Un sopralluogo alla Ferriera di Servola sarà fatto lunedì pomeriggio dalle
Seconda commissione del Consiglio regionale (Attività produttive) presieduta Da
Federico Razzini della Lega Nord (foto) «È inevitabile prevedere per il futuro
per quell’area - sottolinea Razzini - una soluzione che garantisca sì lavoro, ma
anche pulizia e valorizzazione dell’ambiente. Possibilmente prima che intervenga
la magistratura, causa l’assenza della politica». Razzini afferma anche che è
inconcepibile che lo Stato sia già intervenuto per l’Ilva di Taranto e non
ancora per Trieste. «Forse l’industria e la salute dei triestini - si chiede - è
meno importante di quella dei tarantini? O forse la politica si muove di più
quando certe cose avvengono a una certa latitudine?»
SEGNALAZIONI - FERRIERA Le proposte della Lega
Tutto quanto sta accadendo in relazione alla gestione della Ferriera di Servola evidenzia, a mio parere, due aspetti fondamentali. 1- L’attività dello stabilimento in questi ultimi anni è stata garantita da un’autorizzazione ambientale frutto di un accordo politico trasversale che ha dato precedenza all’aspetto occupazionale; 2- Lo stabilimento chiuderà definitivamente entro o forse prima del 2015. Pur apprezzando l’impegno mirato alla riconversione, risulta poco credibile che entro quella data possano essere soddisfatte le condizioni per un’attività alternativa per i dipendenti. È improbabile, infatti, pur auspicandolo, prevedere investimenti di imprese destinate a confrontarsi con un sistema fiscale e un costo del lavoro penalizzanti, soprattutto se confrontati con quelli della vicina Slovenia. Inevitabile, a questo punto, prevedere e quindi concordare tra amministrazioni e organizzazioni sindacali un piano B, per poter gestire l’emergenza occupazionale conseguente alla chiusura dello stabilimento. Questo piano dovrebbe prevedere sostanzialmente due punti: la riqualificazione del personale per l’attività di messa in sicurezza, dismissione dello stabilimento e successiva bonifica dell’area; la richiesta di fondi al governo; la previsione dei tempi previsti per l’espletamento di queste attività che dovranno essere garantite dal personale attualmente occupato; le modalità di ricollocazione dei lavoratori in caso di riqualificazione industriale o insediamento di nuove attività sul territorio; ultimo punto, gli ammortizzatori sociali successivi.
Maurizio Ferrara - capogruppo in Comune Lega Nord
Domani niente bus in via Mazzini - Pomeriggio
Una miniprova del nuovo Piano del traffico, che si esaurirà nel giro di
poche ore, verrà messa in atto domani in occasione degli eventi collegati alla
Settimana europea della mobilità. Via Mazzini infatti sarà chiusa al traffico di
tutti i veicoli infatti nel tratto compreso tra piazza Goldoni e via Roma dalle
quattro del pomeriggio alle otto di sera. Di conseguenza i percorsi degli
autobus subiranno alcune modifiche. In particolare in direzione delle Rive, le
linee 5, 9, 10, 11, 18 e 25 da piazza Goldoni saranno deviate per via Gallina,
via Carducci e via Valdirivo per immettersi sulle Rive e riprendere il percorso
regolare. Nel senso inverso invece modifiche differenziate per le linee 1, 5, 9,
10, 19, 24 e 30.
Urbanistica - Piano del territorio
Spazio agli esperti La IV Commissione del Consiglio regionale, presieduta da Alessandro Colautti (Pdl), ha avviato ieri una serie di audizioni sulla delibera di giunta che ha approvato preliminarmente il progetto di Piano del governo del territorio. Il documento punta a definire le nuove strategie per la gestione urbanistica e paesaggistica.
Marini: «Verde pubblico lasciato al degrado» -
L’Attacco DELL’ESPONENTE PDL
L’esempio di piazza Venezia: «Abbandonata da prima dell’estate, e adesso è
peggio»
Il verde pubblico della città versa in uno stato di degrado, «bisogna
intervenire, e subito». A lanciare questo monito è stato ieri il consigliere
regionale del Pdl Bruno Marini che ha denunciato «la grave situazione che è
sotto gli occhi di tutti e che trova nel Parco di Miramare la sua peggiore ma
non unica manifestazione». Traendo spunto dall’abbandono «nel quale è lasciata
piazza Venezia, che ho scelto come esempio sia perché abito a pochi passi da
questo sito, sia perché, con l’arrivo della statua di Massimiliano, esso assume
un importante rilievo sotto il profilo turistico», l’esponente del Pdl ha
ricordato che «già la maggioranza guidata dal sindaco Roberto Dipiazza aveva
tolto il tema del verde pubblico dalle priorità da affrontare. Con Cosolini la
situazione è precipitata e oggi siamo al cospetto di questo disastro. Questa
piazza è diventata un sentiero. Fin da prima dell’estate era in stato di
abbandono. Adesso la situazione è peggiorata e nessuno si è preso la briga, dopo
le rappresentazioni che qui sono state date di “Luci e suoni”, con grande
presenza di pubblico di rimettere le cose a posto, sistemando le aiuole e dando
una pulita generale». Non a caso, Marini aveva scelto, come titolo della
conferenza stampa, “Non solo Miramare”. «In questa piazza - ha ripreso -
esistevano già la problematica originata dalla polemica sul posizionamento del
capolinea della linea 10, quella relativa all’organizzazione del parcheggio dei
taxi e quella del masegno, che non regge il peso della circolazione veicolare.
Trieste ha bisogno di grandi e piccoli interventi. Non c’è solo Miramare». In
questo contesto si è inserito anche il consigliere circoscrizionale Bruno
Brescelli: «Più volte abbiamo segnalato al sindaco questi problemi ma non
abbiamo mai avuto una risposta».
Ugo Salvini
Laghetti come discarica recuperati 50 pneumatici
I rifiuti di grandi dimensioni, scaricati abusivamente alle Noghere, sono
riapparsi grazie all’abbassamento del livello dell’acqua.
Era già successo l’anno scorso
MUGGIA Era esattamente l’ottobre di un anno fa quando, essendosi abbassato
eccezionalmente il livello delle acque dei laghetti delle Noghere, era apparso
un cospicuo numero di pneumatici e una gran quantità di altri grossi rifiuti
presenti sul fondo. Per sanare l’area era stata organizzata una giornata
dedicata in toto alla bonifica. La siccità di quest'estate ha abbassato di quasi
due metri il livello dell'acqua. Risultati? Sono comparsi altri rifiuti
scaricati abusivamente. E così qualche giorno fa il Corpo pompieri volontari di
Trieste, insieme a una squadra tutta al femminile della Croce rossa e con il
supporto tecnico del Sub sea club, sono stati protagonisti di una nuova
operazione nell’area dei laghetti. Operazione nella quale è stati recuperata una
cinquantina di pneumatici di grosse dimensioni. In accordo con il Servizio
ambiente e territorio del Comune di Muggia per motivi di sicurezza è stata
realizzata una mappatura di questi rifiuti che saranno recuperati prossimamente
con una specifica procedura. Condizioni meteo permettendo l’iniziativa del Corpo
pompieri volontari di Trieste continuerà nelle prossime settimane. Il Comune di
Muggia ha di recente indetto tre bandi per la pulizia, la bonifica ambientale e
la sorveglianza di tutto il biotopo, bandi con la formula della sponsorizzazione
e quindi a costo zero per le casse comunali. «Ad una sempre crescente attenzione
per la tutela, la cura ed il controllo dell’area dei laghetti, ci si auspica
però che corrisponda un altrettanto crescente sensibilità da parte di tutti
perché questi atti incivili e reiterati sono il segno evidente non solo di
maleducazione e di assenza di senso civico, ma anche di mancanza di rispetto
dell’ambiente e del prossimo da parte di chi li ha scaricati e continua a
scaricarli», stigmatizzano correttamente da piazza Marconi. I laghetti dunque
continuano purtroppo ad essere presi di mira. Nell’ottobre del 2011 grazie alla
collaborazione a titolo gratuito di otto persone del "Gruppo tutori stagni" e
del personale incaricato per la gestione posto sotto la guida dell’ornitologo
Enrico Benussi si ripulì completamente il laghetto. Una trentina di pneumatici
"normali" e più di 20 da camion accatastati lungo il sentiero che conduce allo
stagno in attesa di essere rimossi l’infausto bottino di allora. Pneumatici
trasportati poi alla discarica da una squadra di operatori ecologici del Comune.
Qualche giorno fa l’intervento dei pompieri volontari di Trieste, insieme a una
squadra rosa della Cri e con il supporto del Sub sea club. Auspicando che questo
possa essere stato davvero essere l’ultimo intervento di questa natura.
Riccardo Tosques
RIFIUTI Ramaglie, consegna dei contenitori
AcegasAps informa che dalla settimana prossima i contenitori per la raccolta degli scarti verdi dei giardini non saranno più consegnati nella sede di via Caboto 19/9: si potranno ritirare alla Divisione ambiente di via Orsera 4, il giovedì dalle 14 alle ore 18. Il bidone carrellato viene rilasciato in comodato d’uso gratuito agli utenti: ogni contenitore, ritirabile a cura del singolo utente, ha un codice proprio abbinato a un codice cliente (entrambi numerici) che vanno utilizzati per la prenotazione del servizio di svuotamento. La differenziata degli scarti verdi, per gli utenti che possiedono un giardino o uno spazio verde, è obbligatoria. Per informazioni numero verde 800955988 o www.gruppo.acegas-aps.it.
VIVICITTA'
Domani torna Vivicittà, la corsa non competitiva
organizzata dalla Uisp. Il ritrovo è in piazza Ponterosso. Anche quest’anno la
partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Chi volesse maggiori informazioni
può contattare la sede di via Beccaria 6, o telefonare allo 040-639382 oppure
inviare una mail a
trieste@uisp.it.
Diventare apicoltori
Se volete diventare apicoltori, alle 18 corso di apicoltura in via S. Cilino 40/2 con Livio Dorigo.
GREENSTYLE.it - GIOVEDI', 20 settembre 2012
Gli OGM provocano tumori, lo rivela uno studio francese
Gli OGM rappresentano un pericolo concreto per la salute, stando a quanto
rivelato da un nuovo studio francese. La ricerca è stata pubblicata nella
giornata di ieri su “Food and Chemical Toxicology” e mette in luce i danni
riportati dall’organismo di alcuni topi alimentati con NK603, una varietà di
mais modificato dalla multinazionale Monsanto, o a cui è stata data acqua
contenente una percentuale dell’erbicida Roundup (prodotto dalla stessa azienda)
in percentuali tollerate dalla legislazione americana.
Il team guidato da Gilles-Eric Seralini ha condotto i test presso l’Università
di Caen, raccogliendo statistiche dettagliate sulla longevità delle cavie. I
risultati non mancheranno di far discutere: il 50% degli esemplari maschi e il
70% delle femmine sottoposti a questo tipo di dieta sono morti prima di quanto
previsto, contro il 30% e il 20% di un gruppo di controllo a cui non è stato
dato alcun OGM o acqua “contaminata”. Tra le patologie riscontrate come cause
del decesso, le più comuni sono tumori alla mammella di dimensioni considerevoli
o danni tali da compromettere fegato e reni, comparsi nella maggior parte dei
casi a partire dal 13esimo mese.
Uno studio durato due anni su 200 animali, molto più lungo ed esteso rispetto a
quanto accade solitamente, che avvalora le ipotesi già formulare in passato da
Seralini, più volte finito al centro di polemiche per l’essersi schierato
apertamente contro l’impiego di organismi geneticamente modificati nel settore
alimentare. Le prime reazioni non mancano: il Commissario Europeo alla Salute,
John Dalli, ha promesso che l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza
Alimentare) è già al lavoro per analizzare il lavoro condotto dal team francese
e valutare un’eventuale sospensione delle licenze attualmente concesse per la
produzione di OGM nel vecchio continente.
Al centro del dibattito, escludendo il punto di vista di chi è pro o contro, ci
sono soprattutto i controlli che stanno alla base dell’iter da seguire per
ottenere le autorizzazioni, da molti ritenuti poco severi o insufficienti per
garantire un livello accettabile di sicurezza, sia negli Stati Uniti che in
Europa.
Cristiano Ghidotti
IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 settembre 2012
Circoscrizione, doppio no a Imu e piano del traffico -
VOTO
Dopo il parere negativo della Quinta circoscrizione, anche il Quarto
parlamentino ha bocciato l’altra sera la delibera di modifica del regolamento
dell’Imu. «Questo voto - scrive il capogruppo Pdl Alberto Polacco - scaturisce
dal pareggio (8 sì e 8 no) che significa voto negativo alla scelta del Comune di
aumentare l’aliquota da 0,76 a 0,97 per cento». Tra le contrarietà espresse dal
Pdl, il «non prevedere differenziazioni in base alla tipologia d’uso
dell’immobile. Ma la più forte contrarietà riguarda l’Atera, per il quale il
gettito da versare sarà significativamente superiore anche rispetto al 2008 con
l’Ici in vigore. Questa decisione del Comune - prosegue Polacco - comporterà un
aumento dei canoni in una congiuntura economica che vede sfavorito la fascia
medio – bassa della popolazione». Il voto della circoscrizione è soltanto
consultivo, «ma auspichiamo - conclude Polacco che possa contribuire ad una
modifica da apportare al regolamento in Consiglio comunale». Nella stessa seduta
la Quarta circoscrizione ha detto no anche al nuovo piano del traffico. Una
decisione - sottolinea in una nota il segretario provinciale della Lega Nord
Pierpaolo Roberti - «che sottolinea la discrepanza tra l’amministrazione
comunale e le circoscrizioni. Un solco incolmabile che rimarca la distanza» tra
giunta e territorio. Secondo la Lega «una delle principali preoccupazioni dei
triestini riguarda i parcheggi: è stata prevista da un lato l’eliminazione di
numerosi posti auto in superficie - senza però offrire valide alternative - e
dall’altro lato è prevista la trasformazione di molte aree di sosta da gratuite
a pagamento».
TARANTO - «Tumori, dati devastanti» Si ferma l’indotto
dell’Ilva
TARANTO La battaglia di giornata sull’Ilva di Taranto è fatta di dati
angoscianti sulla salute, di accuse al governo, di querele del ministro Clini e
di centinaia di lavoratori dell’indotto messi in ferie forzate o in cassa
integrazione. La Semat spa e la Edil Sider, due società che operano da anni
nell’Ilva di Taranto, hanno annunciato ai lavoratori che intendono procedere a
«ferie forzate» e ad un «possibile ricorso alla Cassa integrazione per 490
dipendenti: 450 della Semat e 40 della Edil Simer». La notizia la dà il
segretario generale della Fillea-Cgil di Taranto, Luigi Lamusta, che parla di
«un attacco strumentale, di puro terrorismo psicologico nei confronti
dell’anello più debole della catena». Contro il disimpegno del Gruppo Trombini (Semat
e Edil Sider) - spiega il sindacalista - «opporremo con forza tutta la nostra
azione sindacale. Non accetteremo che a pagare siano i lavoratori delle imprese
dell’appalto». «I nostri delegati sindacali - annuncia Lamusta - sono stati
chiamati dalle imprese e hanno ricevuto la triste notizia con annunci di
catastrofi imminenti: si parla di Cassa integrazione al buio con nessuna
garanzia circa la possibile ripresa». Secondo Lamusta, dall’Ilva le due aziende
appaltatrici hanno «ritirato i mezzi e il personale che operavano nelle aree a
caldo» sequestrate: questo vuol dire che «finite le ferie, i lavoratori
potrebbero trovarsi sin da subito in Cassa integrazione, consapevoli del fatto
però che gli ammortizzatori sociali nel nostro caso sono liquidati dalla Cassa
Edile con tempistiche che a volte superano anche i sei mesi. Un allarme
occupazionale e sociale che rischia di esplodere se non arriveranno da subito le
necessarie garanzie». A partire dalla prossima settimana assemblee di fabbrica e
azioni mirate in tutte le imprese coinvolte. Poi c’è il fronte salute. Per i
tumori del fegato e dei polmoni in provincia di Taranto nel 2003/2008 lo studio
del progetto «Sentieri» dell’Istituto superiore della Sanità ha rilevato un
+24%, per i linfomi +38%, per i mesoteliomi +306%. Sono dati forniti dal
presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, e dal presidente di Peacelink Taranto,
Alessandro Marescotti. «Dai numeri relativi al periodo 2003/2008 si rileva un
aumento del 10% dei decessi nei Comuni di Taranto e Statte per tutte le cause e
del 12% per tutti i tumori». Poi Bonelli attacca a testa bassa il governo. «Noi
siamo stati in grado di fornire i dati sulla mortalità a Taranto del progetto
Sentieri, relativi al periodo 2003-2008, cosa che non è riuscita a fare il
governo tenendoli nascosti. C’è e viene confermato un aumento della mortalità
nell’area di Taranto derivante dal forte inquinamento industriale». La risposta
del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, non si fa attendere: «Ho dato mandato
all’Avvocatura dello Stato di procedere nei confronti di Angelo Bonelli per
diffamazione».
SEGNALAZIONI - Ferriera -Troppi lamenti
Siamo un gruppo di lavoratori e pensionati della Ferriera di Servola. Lunedì 27 agosto 2012, come ogni sera, eravamo nel nostro circolo aziendale; alle ore 21:00 su Tele4 è iniziato un dibattito protrattosi per circa due ore in merito al tema dell'inquinamento e si è rivelato un fuoco concentrico contro lo stabilimento della Ferriera. Dalle telefonate dei cittadini sembrava di essere collegati con un nosocomio per malattie della gola, un piagnisteo con voce roca. Noi volevamo intervenire ma il telefono di Tele4 risultava sempre occupato; quando finalmente siamo riusciti a prendere la linea era ormai troppo tardi. Contrariamente a quanto riferito dalle telefonate ci risulta che la popolazione di Servola, nel suo complesso, goda di ottima salute; tra i frequentatori del Circolo, che è situato quasi nello stabilimento, ci sono molti servolani quasi centenari. Non solo. Nel nostro Circolo ci sono quattro campi da tennis frequentati da molti soci che da anni giocano regolarmente e non accusano nessun disturbo. Chissà quale recondito motivo spinge queste associazioni a voler fermare un'industria che da ben 115 anni produce ghisa, prodotto strategico per la nazione.
Consiglio direttivo circolo Ferriera di Servola
CACCIA - Wwf: «Sanzioni irrisorie per i bracconieri»
«Bracconieri e cacciatori senza senza scrupoli non possono che che esultare». Lo sostiene il Wwf del Friuli Venezia Giulia, dopo l’apertura della stagione della caccia. L’associazione denuncia la riduzione delle sanzioni per chi commette reati nei confronti della fauna selvatica decisa dal Consiglio regionale, e la diminuzione delle vigilanza.
“Bioarchitettura in tour”, l’etica del costruire si
mette in mostra - porto vecchio
Natura, e soprattutto rispetto della natura. O dell’ambiente. Una mostra
originale verrà allestita all’interno della centrale idrodinamica di Porto
Vecchio che si affiancherà a quella che è stata appena inaugurata, esposizione
voluta dall’Istituto di cultura marittimo portuale e dall’Associazione marinara
Aldebaran, oltre che dall’Istituto tecnico Nautico. Si tratta di
“Bioarchitettura in tour”, che ha raccolto ampi consensi in diverse città
italiane, in primis a Roma dove è stata insignita della medaglia di
rappresentanza da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La
tappa triestina verrà inaugurata alla centrale idrodinamica appunto questo
pomeriggio, alle 18, e rimarrà aperta fino al 3 ottobre, con ingresso gratuito.
L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio di diverse realtà pubbliche nonché
private fra cui il ministero dell’Ambiente, i Consigli nazionali degli
architetti e degli ingegneri, oltre a quello dell’Autorità portuale, per quanto
concerne la sede locale. La volontà è quella di celebrare i vent’anni della
rivista “Bioarchitettura”, attraverso «la presa di coscienza per cui non è
possibile continuare a violentare la natura», affermano gli organizzatori. Che
poi ancora sottolineano: «la costruzione o ristrutturazione di un ambiente deve
tener conto del suo contesto, del rispetto del luogo dove ha sede, operando con
senso etico al di là degli aspetti di moda». Si proporrà così questo rinnovato
approccio etico-professionale volto al rispetto dell’ambiente, ma questa sarà
anche l’occasione di celebrare la storia della rivista, raccontandone i momenti
più significativi e ripercorrendo le sue tappe. All’apertura di questo
pomeriggio presenzierà la direttrice della rivista, Witti Mitterer, assieme alla
referente regionale della Fondazione italiana di bioarchitettura, l’architetto
Barbara Fornasir. Tra l’altro, nel periodo di apertura dell’esposizione, sarà
proiettato un video dal titolo “Bioarchitettura a Calenzano”, per la regia del
docente Alberto Di Cintio, prodotto dal Dipartimento di tecnologie
dell’architettura e design dell’università di Firenze. Il filmato è stato
realizzato in occasione del laboratorio progettuale di bioarchitettura volto al
recupero di quest’area produttiva in dismissione (siamo nella provincia di
Firenze): l’intento del workshop era quello di trasformare l’area in un
originale spazio cittadino sì ma attentamente ecologico. Infine, mercoledì 3
ottobre, a chiusura dell’iniziativa, si svolgerà un incontro pubblico dedicato a
“Bioarchitettura: materiali, modalità costruttive, esempi e suggerimenti”. Sarà
un convegno con successivo dibattito aperto a tutti gli interessati che potranno
intervenire ponendo tutti i quesiti del caso e gli eventuali dubbi ai tecnici
presenti.
Gianni Pistrini
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 19 settembre 2012
APERTURA DELLA CACCIA - IL WWF: “IN FVG BRACCONIERI
IMPUNITI E VIGILANZA AZZOPPATA”
La nuova annata venatoria è iniziata all’insegna delle norme più
scandalose e in odore di anticostituzionalità. L’invito dell’associazione ai
cacciatori: “Prendete le distanze da questi obbrobri legislativi”.
Il 15 settembre si è riaperta anche nella nostra regione la stagione
venatoria e la parte più deteriore del mondo venatorio, bracconieri e cacciatori
senza scrupoli, non può che esultare. Non tanto perché può ricominciare ad
imbracciare le doppiette ma soprattutto perché sa che la legge, quella
regionale, è dalla sua parte: le sanzioni per chi commette reati, anche gravi,
nei confronti della fauna selvatica sono state drasticamente ridotte da una
recente legge approvata dal consiglio regionale e gli agenti di vigilanza delle
Province, già ai ranghi ridotti e sempre più dirottati sul fronte dei controlli
stradali, hanno ben altro a cui pensare.
A puntare i riflettori su un paradosso indegno di una regione che voglia
definirsi civile (e che tra guardie e ladri, dovrebbe sostenere le prime e
perseguire i secondi) è il WWF regionale che, all’indomani dell’inizio della
stagione venatoria, delinea un quadro tutt’altro che rassicurante. A partire
dalla legge n.15 del 9 agosto 2012 - guarda caso approvata durante il periodo
estivo - con la quale il legislatore regionale è riuscito ad approvare alcuni
provvedimenti di cui sfuggono le finalità ma certamente non le conseguenze.
LE SANZIONI RIDOTTE
A fronte dei gravi episodi avvenuti nella scorsa stagione venatoria, che hanno
comportato incidenti di caccia e gravi episodi di bracconaggio con spari rivolti
agli organi di vigilanza, non solo non si è provveduto a cancellare la norma
(contraria ai principi della legislazione nazionale e illegittima secondo una
sentenza della C.C. riferita ad altra regione) che consente l’esercizio della
caccia anche dopo il tramonto ma sono state attenuate le sanzioni per chi, in
violazione di leggi e regolamenti, abbatte cattura o detiene esemplari di fauna
selvatica appartenenti a specie cacciabili, stabilendo che queste non sono più
riferite ad ogni singolo esemplare ed escludendo il raddoppio in caso di
recidiva, con la conseguenza che ad esempio l’abbattimento di uno o cento merli
fuori periodo comporterà sempre e solo una sanzione pari a 50 euro. Stesso
discorso per gli uccellatori: per chi detiene o vende reti e trappole per la
fauna selvatica, la sanzione non sarà più proporzionale al numero ma in misura
fissa pari a euro 50.
Infine, ma non meno importante, anche per i più gravi fatti di bracconaggio non
sarà più possibile sospendere con effetto immediato il cacciatore ma bisognerà
attendere l’emissione di sentenza di condanna nel corso del primo grado di
giudizio con la conseguenza che, conoscendo i tempi della giustizia, il
bracconiere continuerà a cacciare per anni e potrà farlo anche se, invece di
andare a giudizio, ricorrerà a misure extra giudiziali (oblazione, applicazione
della pena su richiesta..).
VIGILANZA A PIEDI
Mentre il Corpo forestale regionale perde pezzi per via di pensionamenti che non
verranno sostituiti con nuove assunzioni (è previsto l’ingresso di soli 3 nuovi
forestali entro la fine dell’anno), gli agenti della polizia provinciale vengono
sempre più allontanati dallo svolgimento degli originari compiti loro assegnati
in materia ambientale e venatoria, dirottati ormai verso funzioni di polizia
stradale. Del corpo unico di vigilanza, promesso e annunciato a più riprese
negli ultimi dieci anni, intanto, non parla più nessuno. “Rendere più efficiente
la macchina dei controlli e della vigilanza sui reati ambientali, evidentemente
– commenta il WWF -, interessa a questa giunta regionale molto meno che
aggraziarsi la parte più becera del mondo venatorio”.
Appello ai cacciatori
A sostenerlo, d’altronde non sono solo gli ambientalisti: in un recente
intervento, il presidente del Circolo friulano cacciatori Danilo Vendrame ha
duramente attaccato le modifiche introdotte dalla legge 15, così come la mancata
approvazione del piano faunistico regionale e la politicizzazione della gestione
venatoria, definendole inaccettabili “dai cacciatori onesti”.
“Ora – commenta il presidente del WWF Fvg Roberto Pizzutti – anche le altre
associazioni venatorie e tutti cacciatori che considerano veramente l’attività
venatoria una forma di gestione sostenibile delle risorse e non mera attività
ludica e la fauna selvatica patrimonio collettivo e non proprietà privata di cui
disporre a piacimento, si dissocino da queste norme scandalose. Dimostrino la
loro buona fede e la volontà di emarginare le mele marce, siano essi bracconieri
o amministratori che li sponsorizzano”.
WWF-FVG
GREENSTYLE.it - MERCOLEDI', 19 settembre 2012
Car sharing: sconto del 50% per i clienti Banca Etica
Una simpatica iniziativa arriva a margine della Settimana della Mobilità
Sostenibile 2012, un evento pensato per sensibilizzare sull’uso consapevole dei
mezzi di trasporto per ridurne l’impatto ambientale. Per l’occasione, Banca
Popolare Etica e APS Opere e Servizi hanno deciso di offrire ai propri clienti
uno sconto del 50% sul car sharing cittadino: un modo intelligente per
incentivarne l’utilizzo.
La promozione è disponibile in quelle città d’Italia dove è presente un
circuito ICS, Iniziativa Car Sharing, ovvero Padova, Brescia, Bologna, Milano,
Roma, Parma, Firenze, Savona, Torino, Venezia, Genova e Palermo. I correntisti
di Banca Popolare Etica non dovranno far altro che richiedere l’apposita tessera
alla filiale, anche via posta o online, per ricevere immediatamente uno sconto
del 50% sull’abbonamento al car sharing, della durata di ben un anno.
Il car sharing è una modalità intelligente e funzionale per abbattere traffico e
inquinamento nelle città più popolate. La cattiva abitudine di non prendere i
mezzi pubblici o di recarsi al lavoro con una vettura praticamente vuota, ha un
impatto nefasto sia in termini di imbottigliamento che di smog generato, per non
parlare dell’annoso problema dei parcheggi. Con il car sharing, oltre alla
possibilità di condividere la stessa autovettura con più autisti, si ha la
possibilità di dotarsi di mezzi scarsamente inquinanti o elettrici, di trovare
sempre parcheggio nelle apposite aree adibite e, non ultimo, di avere accesso a
quelle aree normalmente inibite al traffico automobilistico. A Milano, giusto
per fare un esempio, le vetture del car sharing non sono sottoposte alle severe
norme dell’Area C, il tutto a vantaggio degli abbonati.
Per tutte le informazioni sull’iniziativa di Banca Popolare Etica, basta
collegarsi al sito di CarSharingPadova e visitare la sezione “Convenzioni”. Per
i prezzi e le modalità di utilizzo del servizio nella propria città, il portale
di riferimento è quello di ICSCarSharing.
Marco Grigis
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2012
Settimana della mobilità Piano del traffico al
Revoltella
Proseguono gli incontri e le manifestazioni cittadine della “Settimana
europea della mobilità”. Oggi due saranno i momenti di maggior rilievo, entrambi
a cura del Comune di Trieste e ospitati all’auditorium del Revoltella: il primo,
alle 18, sul tema “Piani e progetti per la mobilità di domani: il nuovo Piano
del traffico”, consisterà nell’illustrazione dell’atteso Piano che modificherà
la viabilità cittadina; alle 19, si parlerà invece de “I progetti cofinanziati
dal ministero dell’Ambiente”, con particolare attenzione alla riqualificazione
urbana del Borgo Teresiano e al futuro servizio di bike sharing. Su entrambi i
punti interverranno gli assessori comunali alla Mobilità e traffico Elena
Marchigiani e ai Lavori pubblici Andrea Dapretto. Invece, alla sala “Fittke” di
piazza Piccola (sul retro del municipio), alle 17 avrà luogo il quarto degli
incontri intitolati “Appuntamento con...-Illustrazione di singoli progetti,
programmi e studi sulla mobilità” nell’ambito della collaborazione tra il Comune
e il Dipartimento di ingegneria e architettura dell’università. Stavolta sarà
trattato il tema: “La mobilità a Trieste-Come, quando e perché ci muoviamo?”
(con Francesco Gaio e Nicola Zia).
BORA.la - MERCOLEDI', 19 settembre 2012
Rigassificatore: dieci domande alla capitaneria di porto - nuova replica di Carlo Franzosini a Gianfranco Badina
1) “Ribadisco che i sistemi off-shore sono spesso più
costosi”. Grazie per essersi corretto: in precedenza avevo letto la sua
affermazione (14) in toni più assolutistici.
2) In quanto al dialogo tra sordi, Lei ha esordito citando il porto di
Rotterdam, per poi elencare qui i porti che ospitano impianti di GNL,
pretendendo che anche Trieste possa fare altrettanto giusto perché gli altri lo
fanno. Io torno a dire: gli esempi riportati andrebbero analizzati uno per uno
in termini di “rischio”, vale a dire distanze dai centri abitati e industrie
pericolose, elementi di sicurezza passiva (a Trieste il proponente non ha preso
in considerazione l’interramento dei serbatoi e relative connessioni), presenza
di corridoi / dispositivi di separazione del traffico e – non ultimo – anno di
realizzazione, perché le norme e le “sensibilità” sono cambiate nel corso del
tempo.
3) Mi è ora necessario riportare una breve cronistoria dei progetti:
- Primavera 2002: Endesa (che ha acquistato dall’ENEL la centrale di Monfalcone)
propone di trasformare a carbone i gruppi alimentati ad olio combustibile.
Favorevoli: Governo (Berlusconi), industriali e sindacati. Contrari: Comune,
Provincia di Gorizia, tutti gli ambientalisti e infine la Regione.
- Aprile 2004: Endesa firma con la Regione e il Comune di Monfalcone un accordo
che prevede di trasformare i gruppi ad olio combustibile in un ciclo combinato a
metano.
- Primavera 2004: il presidente della Regione, Illy, suggerisce a Endesa di
costruire un terminale di rigassificazione off shore, per diminuire i rischi e
la conflittualità con la popolazione.
- Autunno 2004: Gas Natural, concorrente di Endesa, presenta il progetto per un
terminale di rigassificazione nel porto di Trieste, località Zaule, cercando di
evitare la procedura VIA – grazie ad una legge del 2000 (Governo Amato) – in
quanto “sito industriale dismesso”. Dopo lunghe discussioni, però, il ministero
dell’ambiente impone lo svolgimento della VIA.
- Estate 2005: il progetto di Gas Natural ottiene il Nulla Osta di Fattibilità
(con prescrizioni) dal Comando regionale dei Vigili del Fuoco, in base alla
Legge “Seveso”.
- Febbraio 2006: Endesa e la finanziaria regionale Friulia costituiscono la
società “Terminal Alpi Adriatico srl”, con lo scopo di costruire il terminale
off shore; la società viene presentata alla stampa avendo come testimonial il
presidente della Regione, Illy.
- Febbraio 2006: parte la procedura VIA sul progetto del terminale off shore di
Endesa-Terminal Alpi-Adriatico srl, che comprende anche il gasdotto di
collegamento con la rete dei metanodotti.
- Marzo 2006: parte la procedura VIA anche sul progetto del terminale di Gas
Natural a Zaule, privo però del gasdotto di collegamento con la rete dei
metanodotti.
Tutto questo per dimostrarLe che non sempre “si opta per il sistema off-shore in
mancanza di fondali sufficienti o di attrezzature portuali efficienti”. Le
logiche che dettano le scelte industriali possono essere diverse: in questo caso
si è trattato di mera concorrenza tra le due società, che all’epoca ancora erano
separate. Un tanto spiega anche come, ben avendo il profitto come ragion
d’essere, in quegli anni una società O&G abbia pensato di investire in un
impianto altrettanto o meno costoso del concorrente (on-shore < off-shore GBR)
per sfilargli l'affare da sotto il naso….
Al giorno d'oggi Gas Natural è proprietaria dei 2 progetti, uno più caro e
l'altro di meno. Dei due ovviamente porta avanti quello meno caro che, nel
mentre, ha ottenuto il decreto di VIA favorevole.
4) Sul gasdotto dice che: “…si può raggiungere la rete di distribuzioni molto
più facilmente e a distanze di gran lunga inferiori”. Ne è proprio sicuro ? Si
tratta di raggiungere il nodo della rete dei gasdotti sito a Villesse,
confrontando i tratti di percorso via mare (sea-line Trieste-Grado) e quello
terrestre, parallelo al tracciato dell'oleodotto TAL (Trieste-Monfalcone). Tra
espropri e scavi – prima nel SIN, poi in zone urbanizzate e poi ancora in Carso
(zona SIC) – oltre ai tempi per le autorizzazioni (Valutazione d'Incidenza
Ambientale, necessarie per le opere nei siti “Natura 2000”, e poi gli interventi
compensativi, ecc.) – io non ci metterei la mano sul fuoco.
5) Altri punti da Lei sollevati riguardano il forte vento di bora che renderebbe
difficoltose le manovre delle gasiere dirette agli impianti offshore in
Adriatico e l'onerosità dei costi di trasferimento del personale via mare. Beh,
entrambi questi “inconvenienti” non sembrano aver infastidito più di tanto
l'operatività a Porto Viro, dato che la Edison ha appena ottenuto
l'autorizzazione al raddoppio della produttività dell'impianto (decreto VIA n.
435 del 7 agosto 2012).
6) Entrambi conveniamo che FSRU e LNGRV sono alternative interessanti alle
proposte di impianto on-shore ed off-shore GBR. Delle 2 proposte, la prima è
osteggiata per problemi di sicurezza antropica, ambientale e per i vincoli ai
traffici del porto; la seconda è invisa ai rivieraschi (si provi a parlarne a
Grado o a Izola….). Ne abbiamo lungamente discusso in questo sito e sembrerebbe
che la LNGV sia la soluzione più logica, se non fosse per la minor capacità
(limitata al 50%). Ma dove sta scritto che i 4 miliardi/anno di m3 di una LNRGV,
invece degli 8 del progetto di Zaule, non sono sufficienti per il nostro
territorio ? Non esiste un Piano Energetico che ne parli, regionale o nazionale
che sia. Comunque, se neanche quest'ipotesi va bene, pazienza. Vuol dire che non
ci saranno rigassificatori in golfo di Trieste: saremo tutti più sicuri (lo
saremo per davvero, oppure solo psicologicamente, ma anche questo conta) e
comunque il gas non ci mancherà: progetti per altri rigassificatori fioccano da
tutte le parti ed il South Stream avanza !
Lasciamoci così, aspettando inermi e rassegnati che la Capitaneria emetta –
secondo i propri rituali barocchi, con suo comodo e quando lo vorrà – il
verdetto sui futuri vincoli ai traffici nel porto….
Carlo Franzosini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 settembre 2012
Jindal rinvia le decisioni Sertubi torna in sciopero
Il cda del gruppo si è aggiornato chiedendo di posticipare il confronto
coi lavoratori previsto da tempo.
Sindacati: «Proposta irricevibile». Fiom, Fim e Uilm
dal prefetto
Precipita la crisi della Sertubi dopo che l’assemblea dei dipendenti ieri
sera ha rifiutato la richiesta giunta da Jindal Saw Italia, la società che ha in
affitto lo stabilimento di rinviare di sei giorni il confronto già da tempo
programmato per domani. Lo sciopero, sospeso lunedì mattina proprio in presenza
della trattativa, è stato immediatamente ripreso, i tre segretari metalmeccanici
di Fiom, Fim e Uilm: Stefano Borini, Umberto Salvaneschi e Franco Palman ieri
sera si sono precipitati in Prefettura e sono stati a colloquio con il prefetto
Alessandro Giacchetti, quindi si sono messi in contatto telefonico con il
sindaco Roberto Cosolini. Oggi tenteranno di coinvolgere in un fronte comune
sulla vicenda, oltre agli stessi prefetto e sindaco, anche l’assessore regionale
a Programmazione e Ambiente Sandra Savino, che tra l’altro guida il Tavolo sulla
riconversione dell’area di Servola. Ieri pomeriggio a Milano si è infatti
riunito il consiglio di amministrazione di Jindal Saw Italia, la società che ha
preso in affitto l’azienda da Duferco per cinque anni, ma alla fine ha chiesto
ai sindacati, inviando congiuntamente una nota che però dai rappresentanti dei
lavoratori è stata definita «estremamente preoccupante», un rinvio di sei giorni
del confronto già programmato appunto per domani e che avrebbe dovuto svolgersi
in Prefettura. Per la mattina di mercoledì 26 settembre si è infatti aggiornato
lo stesso cda che non ha preso alcuna decisione sul futuro dell’azienda. La
richiesta di rinvio ha creato immediatamente un forte subbuglio tra i lavoratori
già esasperati da mesi di cassa integrazione e sfiniti dalle manifestazioni.
Dinanzi alla fabbrica infatti un presidio è rimasto presente per tutte queste
giornate. «C’è la volontà di proseguire la produzione e vediamo se ci sono le
condizioni per farlo a pieno regime, perlomeno finché sarà attiva la Ferriera di
Servola - ha dichiarato ieri l’amministratore delegato Leonardo Montesi - si
tratta però di trovare la quadra anche assieme a Duferco. Per questo abbiamo
chiesto ancora un time-out e una richiesta di rinvio ai sindacati. Attendiamo la
risposta». «Un comportamento da persona irresponsabile quello dell’ad Montesi -
è stato il commento immediato di Franco Palman (Uilm) - qui ne va della dignità
non soltanto nostra, ma di tutta la città. Ci siamo precipitati qui in
Prefettura, ora oltre al sindaco vogliamo coinvolgere anche la Regione nella
nostra battaglia». «Una nota e una richiesta di rinvio assolutamente
irricevibili - ha aggiunto Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - l’ad Montesi aveva
negato alcune dichiarazioni apparse sulla stampa in base alle quali Sertubi
sarebbe stata chiusa e forse sarebbe stata aperta un’altra azienda senza
certezza per tutti i lavoratori. Ora però il consiglio di amministrazione di
Jindal Saw Italia ha scoperto le carte e la realtà è addirittura peggiore di
quella che Montesi aveva invano tentato di negare. Si parla di una gravissima
crisi di mercato e ci si aggrappa all’alibi della chiusura della Ferriera di
Servola, tutte condizioni però delle quali Jindal Saw Italia e lo stesso Montesi
erano perfettamente a conoscenza anche un anno e mezzo fa allorché la società
prese in affitto per cinque anni dalla Duferco il ramo d’azienda della Sertubi».
Silvio Maranzana
«Sospesi gli investimenti previsti» - La nota
dell’azienda: nessun passo finché non ci sarà chiarezza sul futuro di Servola
Nonostante alcune dichiarazioni rilasciate telefonicamente ieri sera al
giornale dallo stesso amministratore delegato di Jindal Saw Italia, Leonardo
Montesi, che tentavano almeno parzialmente di smussare la tensione,
oggettivamente la nota che è stata inviata alle organizzazioni sindacali al
termine del consiglio di amministrazione di ieri pomeriggio a Milano, unitamente
alla richiesta di rinvio di sei giorni dell’incontro già programmato per domani,
suscitano numerose perplessità e aprono forti interrogativi sul futuro
dell’azienda e di conseguenza dei suoi 208 dipendenti, gran parte dei quali sono
tuttora in cassa integrazione. «Stante l’incertezza sul futuro della Ferriera di
Servola, avvalorata peraltro dalle notizie provenienti da più fonti circa una
chiusura anticipata rispetto ai tempi originariamente previsti - si legge nella
nota - Duferco e Jindal dovranno discutere e decidere congiuntamente il futuro
da riservare al ramo d’azienda Sertubi tenendo in debita considerazione quanto
previsto nell’ambito del contratto d’affitto d’azienda e le eventuali
destinazioni alternative che potrebbero essere attribuite all’area dello
stabilimento». Si tocca poi un punto che sembra particolarmente delicato, quello
del rilancio dell’attività e in questo caso le decisioni sembrano ancor più
preoccupanti. «Il programma degli investimenti previsti nel piano industriale
sottoposto alle organizzazioni sindacali a luglio - si legge infatti ancora
nella nota ufficiale - rimarrà sospeso fintantoché non sarà fatta la necessaria
chiarezza sul futuro del business successivamente all’eventuale chiusura della
Ferriera di Servola». In sostanza Jindal non investirà un euro nello
stabilimento triestino finché non apparirà chiaro come potrà sopravvivere senza
la ghisa di Servola. Si rileva infine da parte dello stesso cda che «l’azionista
è perfettamente a conoscenza della situazione attraversata dallo stabilimento di
Trieste e concorda pienamente con i piani e i programmi predisposti dal
management della società per fronteggiare la crisi. L’azionista si rende
disponibile per un incontro con le organizzazioni sindacali e le istituzioni non
appena sarà fatta chiarezza sul futuro riservato all’area industriale di
Trieste.» Pare di capire che la palla viene restituita alla politica e che si
chiede in particolare al Tavolo presieduto dalla Regione il contenuto della
famosa riconversione nell’area di Servola. Soltanto una volta conosciute le
intenzioni politiche, i proprietari della Jindal sembrano disponibili a
incontrare i sindacati che avevano chiesto un confronto diretto con la proprietà
giudicando contraddittorie le affermazioni dello stesso ad Montesi.
(s.m.)
FERRIERA - “Terra”, un numero su Trieste e Taranto
Trieste, Taranto e il futuro della siderurgia. Su questa tematica sarà
incentrato il numero in edicola la prossima settimana del mensile “Terra”
diretto da Emanuele Giordana. Il numero è stato presentato in anteprima
nazionale nei giorni scorsi, nel corso di un incontro pubblico a Servola
dell’associazione No Smog cui ha partecipato anche il sindaco Roberto Cosolini.
Intervenendo al dibattito, Cosolini in quell’occasione ha ricordato che quanto
alla Ferriera il Comune adotterà un provvedimento «che dovrà garantire la
riduzione entro i limiti dell'inquinamento, ma anche la continuità
dell'attività, per non mettere sulla strada centinaia di lavoratori, coniugando
le due esigenze».
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 18 settembre 2012
Rifiuti: il 50% finisce in discarica. Un danno anche
per l’occupazione
Si potrebbero creare migliaia di nuovi posti di lavoro, in Italia, se
invece di buttare i nostri rifiuti in discarica attivassimo le pratiche di
selezione e riciclo previste dalla normativa europea sulla raccolta
differenziata.
Entro quest’anno dovremmo riciclare il 65% dei rifiuti, ma in Italia,
purtroppo, mediamente il 50% dei rifiuti finisce dritto dritto in discarica,
troppo spesso senza pre-trattamento. I dati arrivano dall’ISWA, International
Solid Waste Association, che li ha presentati a Firenze dove si è svolto il
convegno mondiale sullo smaltimento dei rifiuti.
La Commissione Europea ci dice che per smaltire 10.000 tonnellate di rifiuti in
discarica basta una persona; mentre se ne potrebbero far lavorare 10 se quegli
stessi rifiuti prendessero la strada del compostaggio e riciclaggio. A queste
ricadute occupazionali vanno sommati i benefici e i risparmi ottenuti non
dovendo curare i malati e pulire gli inquinamenti provocati dalle discariche.
Con una buona politica del trattamento dei rifiuti si potrebbe creare
occupazione nel Sud Italia, dove se ne sente maggiormente il bisogno. In
Sicilia, Molise e Basilicata la percentuale di rifiuti smaltiti in discarica
arriva all’80% di cui la quasi totalità pre-trattati in Molise mentre il
contrario avviene in Sicilia.
Tra le regioni che stanno procedendo più velocemente nella riduzione del
conferimento in discarica ci sono L’Emilia Romagna con un ottimo -15% ottenuto
con un mix di raccolta differenziata, trattamento meccanico biologico e
incenerimento e la Puglia con un bel -9% merito del trattamento meccanico
biologico.
Francesca D'Amato - Fonte: ISWA
IL PICCOLO - MARTEDI', 18 settembre 2012
Muggia, differenziata ancora lontana dagli obiettivi
dell’Ue
La raccolta virtuosa è al di sopra della media provinciale ma servono
nuove iniziative. Troppi inerti scartati per persona
MUGGIA Se a Trieste la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani si
scontra con i numeri (la percentuale del 26,1 è infatti ancora molto distante da
quanto prevedono le normative europee), a Muggia, ugualmente, con il 41 per
cento attualmente realizzato non sarà possibile, entro la fine di quest'anno,
raggiungere il parametro fissato dall'Unione europea che fissa il traguardo del
65 per cento. Si tratta di una questione che l'amministrazione comunale sta
cercando di affrontare consapevole delle difficoltà e dei limiti. I sondaggi per
testare il grado di conoscenza dei cittadini sulle modalità di raccolta dei
rifiuti differenziati possono essere utili (il Comune di Muggia ne ha da poco
commissionato uno alla Domino srl raccogliendo anche preziosi spunti e
suggerimenti), ma molto probabilmente non risolutivi per il raggiungimento dello
scopo ovvero abbattere la barriera del 65 per cento di raccolta differenziata. A
Muggia si sono fatti grandi passi avanti, la gestione dello smaltimento dei
rifiuti è in appalto alla Italspurghi dal 2010 fino a febbraio con una
possibilità di proroga per altri due anni, perché dal 2005 - come spiega il
sindaco Nerio Nesladek - «si è passati dal 16 al 45 per cento. Il Comune di
Muggia è sopra la media provinciale, anche se abbiamo ben chiaro che altri
significativi e importanti passi in avanti, come la legge richiede, non possono
essere disgiunti dalla messa in atto di ulteriori provvedimenti». E molto
probabilmente sono proprio questi ulteriori provvedimenti quelli che sono più
difficili da mettere in atto. Ad ammetterlo lo stesso assessore all'Ambiente
Fabio Longo, il quale realisticamente si rende conto che «è difficile arrivare
al 65 per cento entro la fine dell'anno. Però stiamo valutando misure e
interventi decisi». Per ora non si conoscono quali saranno gli interventi decisi
che il Comune metterà in campo. Diverse infatti sono le ipotesi al vaglio come
spiega ancora il sindaco: «Deve essere individuato un intervento aggiuntivo che
non può prescindere da una migliore raccolta dell’umido e della differenziata,
ma si dovrà intervenire anche con un’opera decisa di informazione e ulteriore
persuasione dei cittadini prima di un’azione di soppressione nei confronti di
comportamenti impropri con provvedimenti sanzionatori che non fanno altro che
portare a risultati inferiori come nel caso del conferimento degli inerti». I
materiali inerti, che a Muggia vengono scaricati in quantità di molto superiori
a quanto consentito (la Regione infatti ha posto il limite di 10 kg a persona in
un anno mentre a Muggia si raggiungono invece i 30 e a volte anche i 50 kg pro
capite di media) fanno scendere la percentuale di raccolta differenziata di
almeno 4 punti. Tra le altre proposte sul tappeto, indica Nesladek, c'è anche
«il porta a porta spinto che non può essere escluso a priori laddove è possibile
e ragionevole farlo; in alcune zone, però, la morfologia del nostro territorio
rende davvero difficile e sconveniente intervenire in tal modo». Infine c'è poi
l'annosa questione dei rifiuti nel centro storico. Anche in questo caso il
sindaco propone alcune soluzioni per ovviare ai disagi soprattutto nel periodo
estivo: «In un’ottica di promozione turistica della città, si potrebbe pensare
ad un servizio “porta a porta” per le persone anziane o disabili o comunque non
in grado di raggiungere eventuali aree preposte al raccoglimento dislocate
all’esterno del centro storico, cercando ovviamente, anche con qualche
intervento di carattere strutturale, di rendere il tragitto più corto e agevole
per tutti. Italspurghi, inoltre, si è resa disponibile a fornire il servizio di
asporto dei bottini di via Dante anche la domenica».
Ivana Gherbaz
SEGNALAZIONI - DIFFERENZIATA / 1 Via Giulia, pochi cassonetti
Sul Piccolo del 14 settembre c’è l’articolo che commenta lo scarso successo della raccolta differenziata a Trieste. Prima dei lavori di risanamento delle condutture del gas in via Giulia, all’altezza dei civici 88-90-92-94-96, vi erano due cassonetti per i rifiuti non riciclabili, uno per la carta, uno per la plastica e la campana per il vetro. Ora vi sono solo gli ultimi tre. Io faccio un centinaio di metri per depositare le mie immondizie nei cassonetti della Rotonda del Boschetto, ma ho visto diverse persone che depositano l’umido domestico nel cassonetto della carta o della plastica. Siamo d’accordo che questo fatto dimostra scarso senso civico, ma è altrettanto vero che la carenza di cassonetti favorisce questi comportamenti.
Dario Escher
SEGNALAZIONI - RACCOLTA DIFFERENZIATA / 2 Muggia e i furbi di turno
Se del nostro dire “l’Austria era un paese ordinato” siamo orgogliosi, è perché Trieste e Provincia ne facevano parte. Sicuramente oggi le persone di una certa età questa affermazione se la ricordano perché l’hanno ricevuta in eredità dai loro genitori e nonni attraverso il dna e la ripetono spesso rispettando altresì le regole del senso civico. Mi voglio soffermare però sul periodo di tempo “era” e lo metto a dimora a Muggia dove, mai come in questi ultimi tempi, trova (nella speranza di essermi sbagliato) giusta collocazione a dimostrare che non siamo purtroppo una cittadina ordinata. Non voglio fare per questo di tutta un’erba un fascio! E spiego il perché: da quando l’amministrazione comunale in carica ha messo in atto la raccolta differenziata delle immondizie (cosa giusta), con i cassonetti dedicati alle varie tipologie di materiali (carta, plastica, vetro, umido, rifiuti solidi urbani, e ramaglie), i cittadini diligenti con grande senso civico vi depositano giornalmente i loro rifiuti. C’è però qualcuno che, preso dall’euforia (per fortuna non c’è ne sono molti) di depositare i propri rifiuti nei cassonetti e trovandoli colmi, li deposita per terra, accanto, alla mercè di gatti o altri animali che li lacerano facendo fuoriuscire il contenuto. C’è però qualcuno ancora più gasato degli altri, e cioé il furbo di turno e a questo va “il mongolino d’oro” visto che con noncuranza ha depositato in questi giorni a Muggia, nel cassonetto del verde ubicato fuori dal cimitero centrale, una lavatrice: a questo (o a questi, visto che per sollevarla a oltre un metro e mezzo, che è l’altezza del contenitore, ci vogliono almeno due persone) va il biasimo di tutti i cittadini che rispettano le regole. Meno male che qualche persona ha telefonato in Comune segnalando il problema, evitando così che al camion che svuota i contenitori si rompesse il compattatore delle immondizie evitando alla comunità di dover pagare il danno. Voglio ricordare a tutti quelli che devono liberarsi di materiali ingombranti (lavatrici,frigoriferi, mobili) che basta telefonare al numero verde 800-329669 dove gli addetti provvederanno gratuitamente, previo accordo, al ritiro dei materiali. Ho provato io stesso e funziona.
Piero Robba
«Ferriera, dalle nostre centraline escono dati corretti
e validati»
Il direttore tecnico-scientifico dell’Arpa dopo i dubbi del Procuratore
capo: «Tutto regolare per le strumentazioni di cui siamo proprietari.
Quanto a quelle di Elettra annotiamo solo i risultati».
I dati ambientali sulla Ferriera sono corretti, i controlli non fanno una piega.
Parola dell'Arpa. Il direttore tecnico-scientifico per il Friuli Venezia Giulia,
Fulvio Daris, ribatte alle esternazioni del procuratore capo della Repubblica
Michele Dalla Costa. Pochi giorni fa, dopo un faccia a faccia con il sindaco
Roberto Cosolini in seguito agli ennesimi sforamenti di benzopirene, il
procuratore capo aveva manifestato pubblicamente i propri dubbi sull'operato
delle istituzioni e confermando che un’indagine è in corso. «La nostra indagine
– aveva affermato Dalla Costa – continua ed è ricognitiva e conoscitiva.
Riguarda le responsabilità specifiche dell'inquinamento, ma mettiamo anche
attenzione sugli organi amministrativi che presiedono al controllo e valutiamo
cioè se le amministrazioni preposte hanno posto in essere tutto ciò che era in
loro dovere. E tutto questo – aveva precisato – logicamente non soltanto per
quanto concerne le ultime settimane, ma per ciò che si è verificato nel corso di
anni». E ancora, il punto: «Per questo è un'indagine lunga, anche perché sono
venute alla luce carenze della rete di rilevazione delle emissioni che non è
nemmeno tutta in mano pubblica». Per Dalla Costa, dunque, ci sono carenze nella
rete di rilevazioni. Il riferimento, indiretto, è all'Arpa e agli altri sistemi
di monitoraggio nell'area vicina allo stabilimento. L'agenzia regionale deputata
ai controlli su alcuni dispositivi, è tirata in qualche modo in ballo. Ma Daris
non ci sta e garantisce che «è tutto regolare», compresa la manutenzione delle
centraline. «Quelle di via Monte San Pantaleone, via San Sabba e via Carpineto –
afferma – sono di nostra proprietà. Per queste abbiamo un contratto di
manutenzione con un'azienda: il tutto avviene nel rispetto del capitolato di
appalto affidato alla ditta che opera a livello regionale. Il sistema di
rilevazione è automatico ed è validato dagli operatori dell'Arpa secondo i
criteri stabiliti dalla legge. A ciò si aggiunge il mezzo mobile di via San
Lorenzo in Selva, nelle vicinanze della Ferriera». Il direttore assicura che
«finora non è giunta alcuna comunicazione sulla verifica del nostro lavoro. Nel
caso fosse necessario siamo a completa disposizione per qualsiasi tipo di
chiarimento. Comunque le nostre procedure sono trasparenti e assolutamente
corrette. Poi – prosegue Daris – ci sono le centraline di via Pitacco e via
Svevo. Quelle sono di proprietà di Elettra e sono state imposte con il Via
(Valutazione di impatto ambientale, ndr). Di queste noi acquisiamo i dati ma non
interveniamo né sulla manutenzione né sulla validazione». A riguardare i dati
ufficiali, gli ultimi sforamenti sui livelli di benzopirene, che segnavano
comunque una generale diminuzione, evidenziavano valori relativamente bassi
proprio in via Pitacco e via Svevo. Mentre via San Lorenzo in Selva tra gennaio
e giugno registrava una media di 4,6 nanogrammi, a pochi passi - vale a dire in
via Pitacco e via Svevo (centraline Elettra) - si aveva rispettivamente una
media di 2 e 1 nanogrammo.
Gianpaolo Sarti
Laureni: chiesto da un anno all’Agenzia di acquisire
l’intero sistema
Le centraline dell’Arpa e quelle di Elettra? Dice l’assessore comunale
all’ambiente Umberto Laureni: «Al momento attuale io mi fido dei dati, che mi
vengono forniti validati da Arpa. Comunque – aggiunge – è da un anno esatto che
il Comune ha chiesto all'Arpa di acquisire in proprio, sotto la sua gestione,
tutte le centraline di rete. Per ovvi motivi di opportunità e per evitare ogni
sospetto sulla veridicità dei dati di Elettra, sembrava opportuno che fosse
l'Arpa a farsene carico in prima persona. Ma l'Agenzia ha risposto che non ha
ancora abbastanza risorse per farlo. Comunque – conclude l’assessore – è davvero
disgraziato quel Paese che ha bisogno della magistratura per fare prevenzione
ambientale. Non è una critica alla magistratura, ma una constatazione per dire
che gli enti preposti, cioè Comune, Provincia, Regione, Azienda sanitaria e
Arpa, evidentemente non sono stati efficaci».
«Accertamenti su eventuali omissioni»
Il procuratore capo Michele Dalla Costa si era espresso in termini di dubbi
sulle rilevazioni ambientali già a inizio mese. Le sue considerazioni erano
riferite però non solo ai controlli e a chi ha il compito di farli, ma anche
alle scelte intraprese dalle istituzioni in caso di inquinamento. Il
procuratore, in quell'occasione, aveva segnalato «grosse resistenze, oltre che
da parte del mondo del lavoro, anche da parte delle stesse amministrazioni
pubbliche sull'opportunità di prendere decisioni drastiche e come tali
impopolari dal punto di vista del consenso politico». E ancora: «Voglio
accertare - aveva detto - se ci sono state omissioni da parte di chi doveva
monitorare la situazione e intervenire in caso di contravvenzione ai parametri
fissati dalla legge. Al momento abbiamo riscontrato una disorganica situazione
della rete di rilevamento e di segnalazione dei possibili casi di inquinamento.
Infatti – aveva confermato il procuratore capo – non tutte le centraline sono in
mano pubblica. Alcune sembrano non aver funzionato correttamente e altre
sembrano non essere state oggetto di costante manutenzione». La stessa
tempistica delle segnalazioni «non pare soddisfacene e idonea a provocare un
immediato intervento di reazione delle autorità preposte», aveva concluso Dalla
Costa. Sul tema Ferriera intanto interviene anche il capogruppo della Lega Nord
in Consiglio comunale Maurizio Ferrara. «La Magistratura triestina – sostiene -
fa quello che la classe politica locale non ha saputo o voluto fare nel corso
degli anni e cioè il proprio dovere istituzionale. Ma lo fa con grande senso di
responsabilità lanciando messaggi che dovrebbero essere recepiti immediatamente
sia a livello locale che a livello nazionale. I ministri Passera e Clini,
accompagnati da qualche assegno, volino a Trieste in tempo prima che sia troppo
tardi. Per non metterli in difficoltà con Monti non lo definiremo federalismo ma
semplice restituzione di fondi al territorio».
«Antonione stana chi non cerca una soluzione» -
L’IPOTESI LANCIATA DAL DEPUTATO
Un’Altra Trieste: condivisibile l’idea di spostare il Punto franco
nell’area dello stabilimento
Il deputato triestino Roberto Antonione ha proposto lo spostamento del Punto
franco da Porto Vecchio all’area della Ferriera, per farne un polo logistico e
magari un terminal traghetti. Un’Altra Trieste ritiene la proposta
«assolutamente condivisibile e intende sostenerla in ogni sede essendo una
garanzia per la futura appetibilità di quell’area dopo la dismissione
dell’attività siderurgica, che rimane negli obiettivi a medio termine purché
attuata nell’ambito di un progetto che coinvolga l’intero settore, e sia
finalizzato in una prospettiva di sviluppo del comparto logistico o produttivo a
basso impatto ambientale, escludendo qualsiasi intento speculativo». In una nota
il movimento che fa capo a Franco Bandelli rimarca come, a proposito di Punto
franco, «nel 2012 continuiamo a discutere di argomenti che avrebbero dovuto
essere risolti 65 anni fa. L’incapacità della classe politica attuale si sommano
a quella di chi guida questa città da decenni. La proposta di Antonione stana
chi non cerca una soluzione per il futuro di Servola». Un’Altra Trieste ricorda
di «avere sempre ritenuto e dichiarato che non era proponibile la
sdemanializzazione del Porto Vecchio senza prevedere il trasferimento del Punto
franco, fondamentale risorsa per le potenzialità di rilancio dell’economia
triestina». Annotando come il ministro per l’Ambiente Corrado Clini abbia
garantito un cospicuo stanziamento per l’area Ilva di Taranto, il movimento di
Bandelli ritiene «indispensabile unire le forze politiche e chiamare a raccolta
le istituzioni locali per fare pressing sul Governo e ottenere finanziamenti per
avviare un progetto a breve termine di risanamento ambientale». Sul tema
Ferriera interviene anche il consigliere comunale Robero Decarli di Trieste
cambia, replicando alla presa di posizione di Sel dei giorni scorsi:
«Contrariamente a quanto pensa e dichiara Sel, per la prima volta dopo anni
l'amministrazione comunale, a capo il sindaco Cosolini, è riuscita a portare
all'attenzione della Regione e del governo il caso Ferriera, con la determinata
volontà di affrontare il problema ambientale e occupazionale in modo
responsabile. I contatti con il ministro Clini, la risposta al documento
proposto dal ministero delle Attività produttive e un nuovo e più serrato
confronto con la Regione sono solo alcuni dei passaggi di un percorso aspro e
impervio che il Sindaco ha avviato. Certo, ora serviranno risposte finanziarie e
progettuali ma l'amministrazione sta lavorando in questo senso. Mi aspettavo
dalla "nuova politica" tanto propagandata - prosegue Decarli - che il periodo
elettorale non influenzasse i difficili problemi della città. Con le sue
dichiarazioni polemiche nei confronti dell'amministrazione comunale, Sel ha
dimostrato che mi illudevo».
ILVA DI TARANTO - I custodi: risanare e spegnere gli
altiforni
ROMA I custodi giudiziari degli impianti dell’Ilva sequestrati hanno
notificato nella giornata di ieri una direttiva, con la quale ordinano di rifare
completamente parte degli impianti dell’Ilva di Taranto, con conseguente
spegnimento. Nel dettaglio da rifare sei batterie delle cokerie degli altiforni,
e quindi spegnendo sei torri e due altiforni, fermare l’acciaieria 1, adeguare
l’acciaieria 2, e il rifacimento del reparto «Gestione materiali ferrosi». I
costodi dispongono altresì che il personale in esubero in conseguenza della
fermata degli impianti sia ricollocato nelle operazioni di bonifica. «Grande
preoccupazione» viene manifestata dai sindacati per i nuovi sviluppi della
situazione. Ilva aveva annunciato investimenti per 400 milioni di euro per il
risanamento dell’impianto. Peraltro proprio oggi l’azienda dovrà presentare il
piano di risanamento. E ieri sono trapelati alcuni dati del progetto Sentieri,
dell’Istituto superiore di sanità, secondo i quali la mortalità sarebbe
aumentata di circa il 10% rispetto a quella attesa sull’area di Taranto. Cifre
relative al periodo 2003 -2008, ma come ha precisato il ministero della Salute
«ancora al vaglio della comunità scientifica». Secondo il ministro Clini queste
valutazioni partono da «ipotesi che hanno bisogno di verifica; ci sono margini
di incertezza sul rapporto causa-effetto della mortalità per tumori della
popolazione di Taranto». Clini ha sottolineato che a Taranto ci sono numerose
fonti di inquinamento: una raffineria, un cementificio, e c’è stato anche un
arsenale, attività a rischio per l’amianto. «Ora l’arsenale non c’e più, e negli
ultimi 30-40 anni la situazione ambientale di Taranto - ha detto il ministro
Clini - è migliorata. Ma, senza dati epidemiologici, occorre non creare
allarmismi che possono frenare il risanamento stesso dell’Ilva».
Villaggio, Costa e Falesie Kukanja riprogetta il mare
Al via una serie di incontri dedicati ai problemi urbanistici con
particolare attenzione a quelli del litorale di competenza del comune di Duino
Aurisina
DUINO AURISINA Dopo l'appello del Wwf ad “avviare rapidamente, a Duino
Aurisina, l’iter di una nuova variante generale, rispettosa dei valori
ambientali del territorio, per cancellare anche i piani particolareggiati nel
frattempo già approvati”, l'amministrazione Kukanja apre la riflessione politica
in materia urbanistica. Lo fa non solo per bocca del vicesindaco Massimo
Veronese, che conferma l'aspetto cruciale del tema, ma anche convocando una
nuova assemblea, fissata sabato prossimo, al Villaggio del Pescatore. In vista
del Consiglio comunale, la cui convocazione è prevista mercoledì 26 settembre,
la giunta sta predisponendo l'ordine del giorno e calendarizzando le
commissioni. In ballo diversi temi, tra cui anche il regolamento Imu. Di
rilievo, per l'amministrazione, sarà dunque l'incontro promosso dal presidente
della Seconda commissione consiliare, Maurizio Rozza, che si inserirà nella
sette giorni allestita al Villaggio dalla società nautica Laguna e intitolata
"Vele bianche e pesce azzurro", evento patrocinato da Provincia e Comune. Sabato
22, dalle 9, sotto il tendone in piazza, la Seconda commissione si riunirà in
seduta pubblica per discutere il piano del porto del Villaggio e di tutti gli
altri progetti sull'area costiera. Stando al consigliere Rozza si affronteranno
diversi temi importanti: oltre al piano del porto - già adottato e sul quale
sono state raccolte le osservazioni - che attende una valutazione complessiva
con le relative modifiche, anche l'ambito A3 del Timavo e della Cernizza, a suo
dire fermo da anni; il regolamento della Riserva nazionale delle Falesie di
Duino (“in ritardo di 15 anni”), in merito al quale un progetto specifico è
stato presentato dai pescatori; e ancora la Costa dei barbari e l'obbligo di
istituire l'area protetta, dopo l'ottenimento del finanziamento, e pure la
sistemazione dei pastini e della strada di Canovella de’ Zoppoli. Sono tutti
argomenti che verranno illustrati all'inizio dell'incontro e a proposito dei
quali sarà sollecitato il dibattito dei cittadini e dei portatori di interesse.
«È la conferma – così Rozza - del metodo partecipativo già sperimentato con i
due piani particolareggiati di iniziativa privata di Duino nord e Santa croce di
Aurisina e che applicheremo, non appena sarà completato, anche al piano
particolareggiato che interessa Pineta del Carso». Gli altri impegni
dell'amministrazione riguardano l'area urbanistica. La scadenza più importante è
legata alla variante 27 del Prgc, già adottata ma non approvata. Sono state
raccolte le osservazioni: la Regione ha avanzato alcune severe riserve che
comporteranno, come si apprende, la revisione della Vas. In questa fase la
giunta proporrà le necessarie modifiche alla variante, dopo aver ascoltato i
cittadini nelle assemblee da convocare in tutti i paesi. L'iter si concluderà
con l'approvazione in Consiglio. «Ma il vero snodo, anche politico, è l'ipotesi
di dar corso all'iter di una nuova "variante generale" - riconosce l'assessore
all'Urbanistica Veronese -. Soltanto con questo strumento, come ha sottolineato
anche il recente appello rivolto all'amministrazione dal Wwf, si può incidere
efficacemente sugli indirizzi urbanistici, introdurre le necessarie variazioni,
riconsiderare la quarantina di "ambiti" già deliberati ma rimasti in gran parte
sulla carta. Il problema che si pone – conclude - è di carattere finanziario.
Una variante generale ha costi elevati e le risorse comunali sono molto ridotte.
È una scelta difficile ma non eludibile e da affrontare in tutti i suoi aspetti
non solo amministrativi ma anche politici».
Tiziana Carpinelli
Progetto di nave a gas naturale - INNOVAZIONE
Innovazioni importanti per il futuro del trasporto marittimo. Nel Friuli
Venezia Giulia, grazie a un progetto di ricerca industriale, un gruppo di
imprese, università e centri di ricerca ha realizzato un nuovo concept di nave a
gas naturale liquefatto ecologica, in grado di eliminare totalmente l’emissione
in atmosfera di ossidi di zolfo e particolato e di ridurre le emissioni di CO2 e
ossidi d’azoto rispettivamente del 25% e dell’85%. Il gruppo di ricerca è
coordinato da Wärtsilä Italia (capofila) e composto dalle Università di Trieste
e Udine, Area Science Park, Rina Services, Cenergy, Navalprogetti ed Energy
Automation.
SETTIMANA DELLA MOBILITÀ - L’ASSESSORE PELLASCHIAR -
Tenuta una riunione, serviva un coordinamento
Prosegue anche a Trieste la Settimana europea della mobilità. Sabato, dalle
8 alle 20, il Comune con il progetto “In Town without my Car” ha predisposto la
chiusura al traffico veicolare - eccetto per bus, taxi e mezzi guidati dai
disabili - di via Imbriani, via Canal Piccolo, corso Italia da piazza della
Borsa a largo Riborgo, via Roma tra via Valdirivo e corso Italia. Su via Mazzini
e piazza della Repubblica, come riportato a parte in questa pagina, circolazione
interdetta invece dalle 16 alle 20. Oggi intanto, per il programma locale della
Settimana europea della mobilità, alle 17 alla Sala Matrimoni del Comune (piazza
Unità 4) “La mobilità dei piccoli nel percorso casa-scuola - I progetti Pedibus
per le scuole e i ricreatori”, e alle 18.30, in via Revoltella angolo via
Rossetti, incontro al “capolinea del Pedibus”. Alla stessa ora, in Sala
Matrimoni, “Car Sharing: cos’è e perché serve a Trieste”, a cura di Legambiente
Trieste. Prima, alle 17, in Sala Fittke: “Spazi per la nuova mobilità - Nuove
proposte per la riqualificazione delle piazze triestine”.
Festa del volontariato
Dal 20 al 23 settembre nella sede Scout “Alpe Adria” a Campo Sacro avrà luogo la prima festa del volontariato della provincia di Trieste. Sono 600 le associazioni triestine in favore delle quali si è organizzato l’evento. Alla manifestazione, che verrà presentata stamani, parteciperanno i rappresentanti dei Comuni di Trieste, Muggia, Monrupino, Sgonico, San Dorligo, Duino Aurisina e i rappresentanti della Provincia di Trieste.
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 settembre 2012
Agricoltura, ddl difesa del suolo
Legambiente: “Un passo importante per la difesa del territorio”
“Dopo anni di dissennato consumo di suolo, ben venga il ddl contro il
consumo di territorio e per la valorizzazione delle aree agricole, approvato
oggi in via preliminare dal Cdm. Accogliamo in positivo il provvedimento in
questione che rappresenta un passo importante per cominciare a difendere
realmente il suolo ponendo così un freno alla cementificazione selvaggia.
Coerenza vorrebbe che si ritiri anche la legge sugli stadi in discussione al
Senato”, così Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente
commenta il disegno di legge ''Valorizzazione delle aree agricole e di
contenimento del consumo del suolo approvato in via preliminare dal Consiglio
dei Ministri.
“Il suolo – aggiunge Cogliati Dezza -è la risorsa naturale più preziosa e
strategica del nostro Paese, non solo per ragioni ambientali ma anche per
l’ottima collocazione delle produzioni agroalimentari italiane nel mercato
globale. Allo stesso tempo è un punto di particolare delicatezza e sofferenza,
come dimostra il rischio idrogeologico. Per questo il suolo va valorizzato e
difeso attraverso precise normative di tutela e realizzare interventi di
riqualificazione e densificazione urbana, per fermare la piaga della
speculazione edilizia che colpisce profondamente il Paese”.
“La conservazione del suolo – prosegue Cogliati Dezza - è un interesse generale
che riguarda tutta la comunità. E’ possibile conservare il suolo e il paesaggio
rurale solo se questo diventa una strategia nazionale prioritaria. Leggeremo con
attenzione il testo e ci auguriamo che si apra un confronto pubblico”.
L’ufficio stampa Legambiente: 06 86268353 - 76 - 79
BORA.la - LUNEDI', 17 settembre 2012
Rigassificatore: dieci domande alla capitaneria di porto - nuova replica di Gianfranco Badina
Rispondo ancora una volta ma questa sarà per me
l’ultimo intervento perchè questo scambio di idee mi sembra molto simile ad un
dialogo tra sordi.
Ribadisco che i sistemi off-shore sono spesso più costosi. Non le sembra
illogico che una impresa, che ha il profitto come una delle sue ragioni di
essere, vada ad investire in un impianto più costoso? E gli azionisti cosa
dicono? La stragrande maggioranza dei terminali GNL sono on-coast. Come già
detto si opta per il sistema off-shore in mancanza di fondali sufficienti o di
attrezzature portuali efficienti. Il porto di Livorno non ha i fondali
necessari, si trova in difficoltà anche con le portacointainers più grandi ed è
per questo motivo che sta perdendo traffici. Una grande gasiera moderna pesca
anche più di 15 metri. Il costo tipico di un terminal GNL e di circa 100 milioni
di dollari per bcm/y (miliardi di metri cubi all’anno) Il terminal di Livorno
costerà poco più di 600 milioni di euro per una capacità di circa 3,75 bcm/y. Il
terminale di Sines in Portogallo è costato 265 milioni di euro per la capacità
di 6 bcm/y, quello di Mejillones in Cile 530 mil€ per 5,5 bcm/y, quello di
prossima operatività di Swinoujscie in Polonia costerà circa 600/700 mil€
comprese imponenti opere di difesa portuale.
Il terminale FSPU di Falconara potrà utilizzare tutti i sistemi di ancoraggio e
l’isola già presenti per l’ormeggio delle petroliere con conseguente risparmio
sulle spese. Posizionare corpi morti, catene ed ancore (normalmente 12 del
diametro di 110/120 mm per centinaia di metri di lunghezza) per l’ormeggio delle
navi deposito è abbastanza costoso specialmente in posti come Livorno ove i
fondali in corrispondenza del terminale sono di circa 120 metri. In questo caso
è stata scelta una soluzione SPM (Single Point Mooring). Una torretta di
ormeggio ancorata con 6 ancore con catene di 1050 metri alla quale si fissa la
prora della nave che può quindi ruotare al vento. L’acquisto della nave deposito
Golar Frost riadattata e rinominata FSRU Toscana vale circa 230 milioni di
dollari. Sono certamente meno costosi i sistemi LNGRV (Liquefaid Natural Gas
Regasification Vessel) nei quali è la stessa nave impiegata per il trasporto che
ha alcuni vaporizzatori installati a bordo e può provvedere al rigassificazione
in modo autonomo. In questo caso la nave può ormeggiare anche ad una boa potendo
ruotare e mantenere la prora al mare. Ha però delle limitazioni abbastanza
importanti: i tempi sono più lunghi (ci impiega una a due settimane a completare
la discarica) e quindi la massima capacità possibile, in presenza di situazioni
sempre ottimali, è di 4 bcm/y (a Trieste ne sono previsti 8).
La lunghezza da me indicata per i gasdotti è quella necessaria per raggiungere
la costa, da qui, in ogni caso, bisogna provvedere alla stesura di una pipe-line
per raggiungere la rete di distribuzione del metano. A Livorno la condotta è
interrata a sei metri di profondità sotto il Canale Scolmatore fino a
raggiungere la stazione di regolazione e misura realizzata a Suese. Se a Trieste
la Snam Rete Gas ipotizza una condotta sottomarina fino alla laguna di Grado lo
fa per motivi commerciali o di interesse proprio. Si può raggiungere la rete di
distribuzioni molto più facilmente e a distante di gran lunga inferiori.
Mi si contesta l’affermazione che la nave FSRU ha meno operatività in relazione
alle condizioni meteomarine citando che anche l’ormeggio al terminale terrestre
può venir ostacolato dalla presenza della Bora. La Bora è presente anche al
largo con effetti sul mare molto più significativi. Una volta ormeggiata la nave
alla banchina non ha più grossi problemi con il vento mentre per un terminal al
largo è previsto un limite della forza del vento di 7,5 m/s per l’ormeggio, di
15 m/s per la condizione operativa, di 26 m/s per lo shutdown dell’impianto, di
31 m/s per l’ormeggio della FSRU. In questo ultimo caso, abbastanza frequente
nel Golfo di Trieste, la nave deposito dovrebbe abbandonare il sistema di
ancoraggio con successivi tempi lunghi per il riposizionamento. Anche senza
vento ma in presenza di moto ondoso la nave FSRU e quella gasiera affiancata si
muoverebbero in maniera diversa con conseguente sollecitazioni ai bracci di
collegamento e necessità di sospendere la discarica. Un’ultima ragione per
preferire un impianto on-coast è rappresentata dal fatto che tali impianti sono
ampiamente collaudati e conosciuti alla perfezione, quelli off-shore sono
all’inizio con pochi esempi operativi e con problemi non ancora del tutto
conosciuti.
Se dicessimo al contabile della società di gestione che la necessità di
impiegare il 30% in più di personale (quello addetto alla conduzione
dell’imbarcazione appoggio e quello addetto alla nave deposito che rimane a
tutti gli effetti un natante da gestire dal punto di vista nautico) di far
fronte alle spese per percorrere 120 miglia giornaliere, di perdere un’ora a
persona (quella dedicata al trasferimento) per ogni turno di lavoro, la
necessita' dell’uso del’elicottero nei casi avversi, rappresenta un costo
infinitesimale non credo che lo troveremmo d’accordo.
Il regolamento emanato dalla Capitaneria di Porto di Trieste con ordinanza n.
526/69 del 1/2/1962 include nelle navi soggette a tali norme anche quelle che
trasportano “gas compressi, gas liquefatti o refrigerati e gas disciolti sotto
pressione”.
Ora vorrei rispondere a “Triestin – no se pol”. Sarei curioso di sapere quali
sono le sue conoscenze ed esperienze in campo marittimo che le permettono di
affermare che io ho le idee confuse. Ho molti anni di navigazione alle spalle ed
esperienze da Comandante e da Ufficiale di Porto per sentirmi almeno un po’
introdotto nella questione. Quando ho fatto riferimento al Regolamento SIOT
volevo citare in modo abbreviato e conciso il “REGOLAMENTO di sicurezza per le
operazioni, la sosta ed il movimento delle navi cisterna adibite al trasporto
alla rinfusa di prodotti petroliferi e di altre merci pericolose nel porto di
Trieste” emesso con l’ordinanza che lei cita. Per personale di guardia si
intende quello, di macchina e di coperta, addetto alla navigazione ed alla
manovra sotto la supervisione del Comandante di bordo. Il 1° ufficiale è sempre
presente a bordo durante la discarica in quanto responsabile del carico. In caso
di emergenza il disormeggio avviene in modo automatico ed istantaneo perchè ai
pontili petroliferi i cavi di ormeggio sono assicurati a ganci a terra che
possono essere inclinati per il rilascio immediato delle cime.
Un impianto di rigassificazione non è una bomba atomica che possa cambiare “la
faccia della nostra città”. Nel mondo esistono 80 rigassificatori operativi e 45
in fase di realizzazione, di cui 28 solo in Giappone, in stragrande maggioranza
sistemati nei porti (cito Rotterdam, Barcellona, Bilbao, Singapore, Nagasaki fra
tutti) E’ mai possibile che all’estero sono tutti pazzi o talmente privi della
giusta considerazione nei confronti di un pericolo di tale gravità. Solo noi
siamo capaci di valutare queste cose?
Non sono pro rigassificatore. Che si faccia a Trieste o in Golfo o che non si
faccia per niente mi lascia assolutamente indifferente. Non ho interessi nel
campo. I miei interventi sono scaturiti solamente dal fatto che non pensavo che
ci fossero tanti esperti di problemi marittimi e volevo loro contestare alcune
affermazioni inesatte.
Gianfranco Badina
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 settembre 2012
MOBILITA' URBANA - WWF E LEGAMBIENTE: 30 KM IN TUTTE LE
AREE RESIDENZIALI DI UDINE
Le associazioni ambientaliste rilanciano per il capoluogo friulano la
petizione promossa dal movimento #salvaiciclisti per ridurre la velocità nelle
strade urbane, causa ogni anno in Italia di 730 pedoni morti. Già alcune
centinaia le firme raccolte.
Introdurre il limite di velocità massimo di 30 KM/H in tutte le aree
residenziali di Udine, escludendo eventualmente strade a rapido scorrimento dove
però non insistano passaggi pedonali, e aprire in doppio senso per le biciclette
le strade a senso unico di marcia per i veicoli a motore, ove motivi di
sicurezza non lo impediscano: lo chiedono WWF e Circolo Legambiente di Udine
attraverso una petizione pubblica promossa sulla scia della campagna online del
movimento #salvaiciclisti per sensibilizzare le istituzioni di fronte alla
quotidiana lista di investimenti di pedoni e ciclisti. Lanciata a livello locale
e declinata intanto per la città di Udine dalle due associazioni ambientaliste
in concomitanza con la “Settimana della mobilità sostenibile” (16-22 settembre),
nella sola tre giorni di Friuli Doc la petizione ha già raccolto centinaia di
firme.
I dati INAIL sugli incidenti urbani, d’altronde, parlano di uno stillicidio
quotidiano: in Italia ogni giorno 57 pedoni sono coinvolti in incidenti
stradali, 2 perdono la vita; di questi il 35% viene investito sulle strisce
pedonali, per un totale di 730 pedoni morti all’anno. In dieci anni, sulle
strade d’Italia sono rimasti uccisi 7.625 pedoni e 2.665.
E i numeri nostrani sono in linea con quelli nazionali: secondo i dati ACU
(Automobile Club Udine), nel 2010 in provincia di Udine gli incidenti in strade
urbane o comunque all'interno dell'abitato hanno fatto 16 morti e 1303 feriti e
in queste strade si sono verificati ben 119 investimenti di pedoni, causando due
morti e 128 feriti (per i pedoni, stando alle statistiche, le strade delle città
e dei paesi sono di gran lunga le più pericolose).
All’origine di questa strage “silenziosa”, l’imprudenza, la disattenzione, la
noncuranza, quasi sempre abbinate all’eccessiva velocità delle macchine:
“Investire una persona a 50, a 75 o a 100 km/h – ricordano le associazioni nella
petizione - equivale a spingerla giù dal balcone del terzo, del settimo o del
tredicesimo piano di un palazzo, ma se si riduce la velocità a 30 km/h l'altezza
scende a 3,6 metri mitigando, di molto, la gravità dell'incidente. Ridurre la
velocità media di 20 km/h – concludono - significa dimezzare i decessi sulla
strada, rinunciando solo alle brusche accelerazioni in città e a circa il 3% del
tempo di percorrenza”.
Di qui la richiesta indirizzata al sindaco del Comune di Udine affinché venga
imposto il limite dei 30 Km/h nelle strade residenziali e il doppio senso per le
biciclette nelle strade a senso unico.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - LUNEDI', 17 settembre 2012
SEGNALAZIONI - FERROVIE - Non è in atto alcun depotenziamento
L’articolo pubblicato sul Piccolo lunedì 10 settembre sulla paventata dismissione del trasporto merci in Friuli Venezia Giulia merita alcune precisazioni. Nessun depotenziamento della rete è in atto da parte di Rfi in Friuli Venezia Giulia per depauperare il trasporto merci. Come accade sull’intero territorio nazionale, secondo le indicazioni delle linee guida europee di omogeneizzazione tecnologica e infrastrutturale, anche in regione Rete ferroviaria italiana opera con l’obiettivo di concentrare le attività connesse al traffico merci in punti definiti in modo da poter disegnare una rete dimensionata alle reali necessità, più facilmente controllabile e manutenibile. In base a questo scenario sono state emanate delle norme per la gestione dei raccordi ferroviari che allacciano le imprese alla rete ferroviaria, che prevedono oneri a carico dei soggetti raccordati: le spese sostenute da Rfi più il canone di allaccio. Quest’ultimo diminuisce in base ai volumi di traffico generati sul raccordo fino anche ad azzerarsi quando si superano determinati volumi. Quindi, in presenza di traffici limitati, come nel caso del Friuli Venezia Giulia, gli oneri possono risultare difficilmente sostenibili. La prolungata assenza di traffico sui raccordi, registrata nell’arco degli ultimi due anni, non consente più di mantenere allacciate alla rete strutture improduttive che hanno però un rilevante impatto sull’esercizio ferroviario. Tra l’altro, attualmente, solo uno dei 46 raccordati presenti sul territorio ha un contratto valido con Rfi. Infine, contrariamente a quanto riportato nell’articolo, la linea Pontebbana ha assorbito senza grandi ripercussioni l’aumento dei treni in circolazione dovuto al trasferimento del traffico merci della linea Verona–Brennero nei mesi giugno/settembre, né si sono registrate difficoltà operative o inconvenienti di rilievo.
Federico Fabretti - Direttore centrale media Ferrovie dello Stato italiane
IL PICCOLO - DOMENICA, 16 settembre 2012
Il sindaco ALL’ASSOCIAZIONE “NOSMOG” - «Il Comune non
bloccherà la Ferriera»
Cosolini: ma il provvedimento che adotteremo dovrà ridurre l’inquinamento
Sulla Ferriera il Comune adotterà un provvedimento «che dovrà garantire la
riduzione entro i limiti dell'inquinamento, ma anche la continuità
dell'attività, per non mettere sulla strada centinaia di lavoratori, coniugando
le due esigenze». Il sindaco, Roberto Cosolini, ha ribadito ieri sera un
concetto già espresso, intervenendo a un pubblico incontro organizzato
dall'associazione ambientalista “Nosmog”. «Io dico sempre le stesse cose, sia ai
lavoratori della Ferriera, sia ai cittadini arrabbiati per l'inquinamento
atmosferico - ha spiegato il sindaco - perciò anche in questa occasione, pur
sapendo di scontentare un po' tutti, almeno in parte, confermo la linea di
questa amministrazione, che non può rischiare, da un lato, di togliere il posto
di lavoro a centinaia di persone e, dall'altro, di trovarsi sul groppone una
causa intentata dalla proprietà, che si può anche perdere dovendo poi attingere
alle casse comuni, che poi sono dei cittadini, per pagare il relativo
risarcimento». Dopo aver sottolineato che «il passato conta poco e bisogna
guardare al futuro» e precisato che «dopo anni di promesse, oggi sono scontenti
tutti», Cosolini ha ricordato alcuni elementi su cui non si può discutere in
relazione alla vicenda Ferriera. «I problemi per la salute, determinati dalla
Ferriera, esistono, e oggi tutti i nodi stanno venendo al pettine perché lo
stabilimento fa parte di un gruppo che è in gravissime difficoltà economiche,
essendo in sostanza controllato dalle banche creditrici». Guardando in
prospettiva, il sindaco ha dichiarato di non voler «contrapporre lavoratori a
cittadini. Ma siccome l'emergenza va governata, dovremo adottare un
provvedimento, che dovrà essere equilibrato e logico, difendibile e coerente,
garantendo in ogni caso la continuità dell'attività dello stabilimento. Il
Comune - ha dichiarato - come istituzione non può fare diversamente. Bisogna
trovare le risorse per mettere l'azienda in condizione di operare senza rischio
per la popolazione residente». Cosolini ha infine ricordato che «Regione e Stato
devono stare a fianco del Comune. Se lo Stato metterà soldi a Taranto, lo dovrà
fare anche a Trieste, perché il problema della Ferriera non è locale, ma
nazionale». Il segretario dell'Associazione “Nosmog”, Adriano Tasso, ha lanciato
una proposta a nome di tutti i soci: «Riducendo la produzione della cokeria del
60% non si pregiudicherebbe la produzione dell'intero impianto per quanto
concerne la ghisa, si perderebbero meno di 40 posti di lavoro, che potrebbero
essere comunque recuperati in altri servizi della Ferriera, ma in cambio
l'inquinamento calerebbe del 50% sia per il benzopirene sia per il benzene».
Ugo Salvini
«Impianti dell’Ilva da chiudere» - LA PROCURA
Il sequestro degli impianti dell’area a caldo dell’Ilva «impone
l’eliminazione delle emissioni inquinanti e pericolose e all’uopo inibisce
qualunque attività produttiva degli impianti sequestrati». Lo precisa in una
nota il procuratore di Taranto Franco Sebastio. Il procuratore fa riferimento
all’ultima direttiva impartita ai custodi e amministratori giudiziari, che
«integra e chiarisce in maniera esaustiva il contenuto delle precedenti
direttive interlocutorie via via emesse». Sebastio smentisce alcune notizie
diffuse da organi di informazione «nella parte in cui si riferisce di una
inesistente autorizzazione a continuare la produzione a livelli ridotti» e fa
presente che «l’utilizzo degli impianti in questione è consentito all’unico fine
della bonifica degli stessi in vista della loro eventuale successiva
riutilizzazione». Il segretario della Fim Cisl Cosimo Panarelli esprime «grande
preoccupazione» per queste dichiarazioni del procuratore e dice che «c’èchi ha
deciso di attaccare e di stringere la fabbrica in una sorta di assedio».
«Via Mazzini pedonale è ideale» - PROVE DI PIANO DEL
TRAFFICO
Bucci (Pdl): «Una soluzione che gioverà a turismo e commercio»
«Sì a via Mazzini pedonale». Maurizio Bucci, consigliere regionale e
comunale del Pdl, ribadisce la propria posizione favorevole sulla prospettiva
stabilita dal Comune nell’ambito del nuovo Piano del traffico. Alla faccia della
diversa appartenenza politica (Bucci è consigliere d’opposizione in Comune ed
esponente del centrodestra, mentre alla guida del Municipio c’è
un’amministrazione, quella guidata dal sindaco Roberto Cosolini, di
centrosinistra). «Per lo sviluppo armonioso delle aree pedonali e la
valorizzazione della realtà turistico-commerciale - osserva Bucci -, dopo la
liberazione del fallito esperimento di Stream, la via Mazzini è senza ombra di
dubbio la miglior soluzione per l’ampliamento della pedonalizzazione della
città. Un plauso - prosegue - alla proposta di sperimentazione della chiusura
prevista nei prossimi giorni, una prova che metterà di certo a dura prova le
abitudini degli automobilisti triestini scatenando le polemiche degli
affezionati delle quattro ruote, ma in compenso, credo, il supporto delle
associazioni ambientaliste e quelle a difesa del pedone». «La chiusura del
centro - conclude Bucci -, così come proposta, potrà dare respiro turistico alla
città, valorizzando le aree di maggior interesse storico, e sostegno al
commercio. Un ringraziamento va alla Trieste Trasporti per l’enorme lavoro che
sta svolgendo in questi giorni per far collimare frequenze e linee bus con
questa importante rivoluzione».
Una domenica da pedalare in compagnia di “Bicincittà”
EVENTI - L’INIZIATIVA
La Settimana europea della mobilità propone tre manifestazioni “in sella”
C’è la Granfondo d’Europa e all’Ausonia il libro sulla campagna #salvaiciclisti
Tutti in bicicletta: XII Granfondo d’Europa, “Bicincittà” e, in serata,
presentazione del libro sul movimento #salvaiciclisti. Quella di oggi, che
coincide con l’avvio della Settimana europea della mobilità, sarà una domenica
interamente da passare in sella. Si comincia a pedalare già la mattina in piazza
della Borsa, da dove prenderà il via “Bicincittà” a cura di Uisp, Ulisse-Fiab,
Wwf, #salvaiciclisti e Arci Trieste. Iscrizioni dalle 8.30 allo stand Uisp. Alle
9.30, ritrovo e incontro con il Comune di Muggia e alle 10 partenza verso
Miramare, con rientro alle 14 in piazza Unità. «L’iniziativa che inaugura la
Settimana europea della mobilità – spiegano i promotori – è organizzata per
promuovere quella che vorremmo diventasse una buona abitudine: una pedalata in
sicurezza dal centro al litorale di Barcola fino a Miramare. Crediamo che si
debba cambiare il modo di muoversi a Trieste per alleggerire il traffico,
ridurre lo smog e rendere la mobilità più sicura e che una città più sostenibile
passi anche attraverso un uso più assiduo e sicuro della bicicletta: il mezzo
più efficiente per gli spostamenti urbani, per la riduzione del traffico a
motore e per promuovere uno stile di vita più dinamico. “Bicincittà” sostiene la
fruizione dell’asse ciclabile Trieste-Miramare. Auspichiamo che, grazie ai
lavori di sistemazione di viale Miramare previsti dall’amministrazione comunale,
il percorso possa in futuro svilupparsi in modo continuo, bidirezionale e in un
contesto curato, attraente e sicuro per ciclisti e pedoni e che, grazie
all’attenzione del Comune, un evento oggi straordinario sia in futuro ripetibile
ordinariamente». Oggi si corre anche la gara cicloturistica Granfondo d’Europa a
cura dell’associazione Granfondo d’Europa: l’arrivo della tappa Venezia-Trieste
è previsto alle 15 a Barcola. Seguiranno, alle 16, le premiazioni. Alle 20.30
invece, allo stabilimento Ausonia, il movimento #salvaiciclisti e Ulisse-Fiab
presentano infine il libro “Quando le biciclette e la rete diventano strumenti
di politica attiva” con l’autore Paolo Pinzuti. Il volume ripercorre i primi tre
mesi del movimento, dalla nascita alla grande manifestazione del 28 aprile.
Prenderanno parte al dibattito il vicesindaco Fabiana Martini e gli
organizzatori per un confronto sul tema: “La nostra città avrà il coraggio di
attuare un cambiamento netto di prospettiva per le Trieste del futuro?”. Per chi
volesse raggiungere l’incontro in bici, l’appuntamento è in piazza Unità alle
19.45. La Settimana prosegue domani alle 18, alla sala Bazlen di palazzo
Gopcevich, con la tavola rotonda “Mobilità: Trieste e dintorni” a cura del
Comune.
Gianfranco Terzoli
Agricoltori in allarme, i cinghiali “vendemmiano”
L'Associazione Agricoltori/Kmecka ha intenzione di chiedere con forte
urgenza un incontro con gli enti locali, in particolare con il Prefetto, per
denunciare le continue incursioni dei cinghiali nelle proprietà private. Dalle
campagne di Ceroglie, Medeazza, Malchina e Prepotto, ma anche sopra le colline
roianesi, decine di cinghiali stanno forzando muretti e recinzioni per
rifocillarsi con l'uva matura. Un autentico flagello, dicono i viticoltori, che
imperversa proprio nei giorni di vendemmia, e che va a sommarsi a tutte le
calamità naturali che hanno già messo a dura prova gli agricoltori triestini in
un 2012 tutto da dimenticare. «Non bastavano la bora, la grandine e la siccità –
afferma per l'Associazione Agricoltori il presidente Franc Fabec – ora i nostri
associati devono sopportare per l'ennesima tornata gli assalti dei cinghiali.
Sono animali intelligenti, che sanno organizzarsi – continua Fabec – e con
astuzia e perizia riescono a entrare nelle proprietà per rifocillarsi con i
dolci grappoli. In una nottata possono divorare quintali di uva». «La questione
è nota, e pur tenendo conto dell'impegno da parte degli enti preposti, il
problema cinghiali non è mai stato risolto. Non mi interessa innescare polemiche
– dice Dimitri Zbogar, presidente provinciale della Coldiretti – ma è necessario
rendersi conto che non si è riusciti a contenere l'invasione degli ungulati.
Segnalo per coerenza che sono arrivati degli indennizzi ai nostri associati che
hanno subito danni, ma la situazione è stagnante. Dopo un'annata terribile –
insiste Zbogar – i nostri contadini continuano a essere vessati dai selvatici. E
dunque sarebbe importante prendere atto che i piani di abbattimento sinora
programmati appaiono del tutto insufficienti a fronteggiare la crescita del
fenomeno». Di fronte all'urgenza cinghiali, l'Associazione Agricoltori
convocherà in queste ore i propri associati per una riunione straordinaria. La
richiesta di un incontro immediato con il prefetto certifica inoltre la grave
situazione in atto.
(Ma. Lo.)
IL PICCOLO - SABATO, 15 settembre 2012
Stop a cemento selvaggio per salvare le campagne -
DISEGNO DI LEGGE SULLA TUTELA DEI TERRENI
ROMA Basta cemento selvaggio nelle campagne, stop alle edificazioni continue
che mangiano terreno produttivi. L’agricoltura potrà presto contare su un
provvedimento legislativo di civiltà contro quel cemento selvaggio che divora
ogni giorno cento ettari di terra fertile necessaria per l’alimentazione. Il
Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge «anticemento», mirato
alla «valorizzazione delle aree agricole e al contenimento del consumo del
suolo». La parola ora passa alle Camere dove sarà necessario calendarizzare il
provvedimento per approvarlo prima della fine della legislatura. Per il premier
Mario Monti, che ha presentato il ddl assieme al ministro delle politiche
agricole Mario Catania, «è un provvedimento molto significativo, che rimedia
molti mali che caratterizzano l’Italia, la società italiana e l’economia
italiana, oltre che il suolo italiano». «Forse avremmo dovuto inserirlo nel
salva Italia, perchè qui c’è molto di salvezza di un’Italia concreta», aggiunge
Monti che punta il dito su «un fenomeno sempre più preoccupante» che in 40 anni
ha consumato una superficie agricola pari a 5 milioni di ettari, ovvero
l’equivalente di Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme. Il ddl si
caratterizza innanzitutto per fissare l’estensione massima di superficie
agricola edificabile nazionale; le regioni, a loro volta, la stabiliscono su
scala regionale e la ripartiscono tra i Comuni. «Con questo ddl - è il commento
del ministro Catania - si intende limitare il processo di cementificazione delle
aree agricole e porre fine a un trend assai pericoloso per gli assetti
idrogeologici, la filiera alimentare e, ovviamente, il paesaggio». Il ddl spiega
il ministro, ha anche altri punti forti a tutela del suolo fertile: «Per rendere
il sistema ancora più solido abbiamo previsto di interdire i cambiamenti di
destinazione d’uso per i terreni agricoli che abbiano ricevuto aiuti dalla Ue
per i successivi cinque anni al recepimento dei sostegni». Si abroga inoltre la
norma che consente che i contributi di costruzione siano parzialmente distolti
dalla loro naturale finalità - consistente nel concorrere alle spese per le
opere di urbanizzazione primaria e secondaria - e siano invece destinati alla
copertura delle spese correnti dell’Ente locale. Verrà anche istituito un
comitato con la funzione di monitorare il consumo di superficie agricola sul
territorio nazionale e il mutamento di destinazione d’uso dei terreni agricoli.
Le organizzazioni agricole plaudono all’unanimità al provvedimento. Piena
soddisfazione delle organizzazioni agricoli, ambientaliste e dei consumatori
italiani.
“Trieste Next” toglie i veli Anteprima con “ItaliaX10”
- GRANDI EVENTI » SCIENZA E IMPRESA
Il Salone europeo dell’innovazione e della ricerca scientifica dal 28 al
30 settembre sarà preceduto giovedì prossimo dall’intervista al Verdi a 10
ricercatori di successo
Tre giorni a base di scienza, impresa e innovazione fra incontri, convegni,
dibattiti e non solo. Con ospiti di spessore internazionale, cinque sezioni
tematiche (una dedicata anche ai bambini) e 26 luoghi, tra piazze, teatri e
musei cittadini, che ospiteranno gli appuntamenti del fittissimo calendario dal
28 al 30 settembre. “Trieste Next” si avvicina, più di quanto già non dicano le
date scelte: a precedere infatti il Salone europeo dell’innovazione e della
ricerca scientifica sarà la prossima settimana - precisamente giovedì 20 -
l’anteprima “ItaliaX10. Scienza al futuro”. ItaliaX10 Dieci ricercatori, di età
compresa fra i 18 e i 45 anni, “cervelli” che si sono distinti per i loro
diversi progetti di ricerca applicata e nel campo delle nuove tecnologie
racconteranno ognuno la propria esperienza a Trieste, intervistati da Marco
Cattaneo, direttore del mensile “Le Scienze”. “ItaliaX10”, promosso da Telecom
Italia assieme a Nordesteuropa Editore (uno dei tre promotori principali di
“Trieste Next”, assieme a Comune e Università di Trieste) inizierà alle 17 di
giovedì prossimo al Ridotto del Teatro Verdi e sarà trasmesso in live streaming:
così, oltre al pubblico presente fisicamente in sala, anche quanti seguiranno
via internet i lavori potranno intervenire dialogando con i ricercatori via
Twitter attraverso #italiax10 e #triestenext. Trieste Next «La città si
riappropria di un grande evento culturale di valenza nazionale e
internazionale», ha esordito ieri mattina il sindaco Roberto Cosolini alla
presentazione cittadina della rassegna del 28, 29 e 30 settembre (con anteprima,
come illustrato, il 20). Un appuntamento che metterà in risalto «la vocazione di
Trieste all’alta formazione e alla ricerca scientifica - ha proseguito il primo
cittadino - e quella di essere una città che si pone anche l’obiettivo di
fornire servizi avanzati per un’area vasta». “Save the food”: questo il tema
della prima edizione di “Trieste Next”, di cui il Piccolo è media partner. Il
cibo come risorsa, declinato in tutti i suoi aspetti: sicurezza alimentare,
innovazione nell’industria agro-alimentare, utilizzo degli Ogm, neuroscienze,
percezione e impatto sulla salute, disturbi alimentari. Nell’ambito del
programma, «il 29 settembre alle 12 avvieremo - ha aggiunto Cosolini - il
movimento dei sindaci e amministratori italiani contro lo spreco alimentare,
firmandone il manifesto». Gli attori Al fianco dei tre promotori principali
nell’organizzazione di “Trieste Next”, anche Fondazione CRTrieste, Provincia,
Regione e il comitato di candidatura “Venezia Nordest Capitale europea della
cultura 2019”, a cui Trieste si lega nella valorizzazione della sua veste di
città della scienza. Coinvolti, ovviamente, tutti gli enti di eccellenza del
territorio, da Area alla Sissa, dall’Ictp all’Icgeb, dal Sincrotrone
all’Università del caffè illycaffè. Fra gli ospiti di spicco la presidente del
Consiglio europeo delle ricerche Helga Nowotny, i ministri Corrado Clini e
Francesco Profumo, l’astrofisica Margherita Hack, lo scrittore Claudio Magris,
il giornalista Marco Paolini, Roger Beachy, già consulente del presidente Usa
Barack Obama sugli Ogm, e molti altri ancora. Coesione Negli oltre 150
appuntamenti previsti (per più di 200 relatori) si affronteranno anche altri
argomenti: politiche per la ricerca, scienza e tecnologia, psichiatria e salute
mentale, clima, donne e ricerca, editoria scientifica. “Trieste Next” come
«elemento in controtendenza rispetto alla vocazione alla frammentazione della
città - ha rilevato il rettore Francesco Peroni -, perché risultato di una
grande pratica di coesione». E il massimo esponente dell’ateneo triestino ha
voluto inoltre ricordare il gemellaggio con Milano e l’Expo 2015. Progetto
Mentre l’editore di Nordesteuropa, Filiberto Zovico, si è proiettato ancor più
in là evidenziando come il progetto vada dall’oggi «al 2019», dopo averne
definito lo spirito, la missione e la natura: «Apparentemente sembra un
festival, in realtà è un progetto di sviluppo di un territorio ampio. Una fitta
trama di relazioni e intrecci di un’intera area che capisce il momento di
svolta, su cui operare. Trieste - è stata la sottolineatura - ha un patrimonio
di ricerca scientifica e competenze assolutamente straordinario». Proprio
«l’alleanza tra scienza e imprenditoria», che “Trieste Next” celebrerà, può
«determinare meccanismi di sviluppo», ha concluso Zovico. Il prossimo anno,
l’edizione numero due sarà incentrata sull’acqua in tutte le sue sfaccettature.
Matteo Unterweger
Cinque le sezioni tematiche - IL DETTAGLIO
Scienza al futuro, La città della scienza, Next per i bambini, Next per le
scuole, Tutto sul caffè. Queste le cinque sezioni tematiche nelle quali si
articola il programma della prima edizione di “Trieste Next”. Tra gli
appuntamenti previsti, nel corso della presentazione di ieri al Museo
Revoltella, l’assessore comunale a Educazione, Scuola, Università e Ricerca
Antonella Grim ha ricordato anche “Musica in stazione” alla Stazione ferroviaria
di Campo Marzio il 29 settembre alle 21 (con Mario Brunello e Paolo Rumiz) e lo
spettacolo “Itis Galileo” del 30 settembre alle 21 alla Sala Tripcovich (con
Marco Paolini). Il programma completo di “Trieste Next” è disponibile in
internet, sul sito www.triestenext.it. Dal 28 al 30 settembre verranno attivati
in piazza Unità due info point dedicati all’evento.
(m.u.)
Cento giovani selezionati per fare i volontari -
L’ORGANIZZAZIONE
I nuovi volontari e i referenti della prima edizione della manifestazione
Trieste Next si sono incontrati per la prima volta al ricreatorio Toti mercoledì
sera. Sono più di 100 i giovani selezionati che nelle prossime settimane
aiuteranno a organizzare al meglio questo evento internazionale. La loro prima
apparizione sarà il 17 settembre al politeama Rossetti per la conferenza di Noam
Chomsky. A seguire l’appuntamento del 20 settembre con l’anteprima della
manifestazione al teatro Verdi. «Si pensa che i volontari siano di poco conto,
invece sono d’importanza fondamentale», afferma Antonio, uno dei referenti. I
volontari saranno gli “ambasciatori della manifestazione”: saranno in contatto
con i relatori e il pubblico in ogni istante. Avranno la “fortuna di ricevere
giudizi, ringraziamenti”, insomma i feedback delle persone. «Essere ambasciatori
è sia un onore che un onere. Portatori del messaggio della manifestazione, ma
anche della responsabilità che tutto ciò comporta». Requisito fondamentale:
sapere alla perfezione il programma. Come in ogni grande evento ci sono già dei
cambiamenti: ospiti annunciati che non parteciperanno e altri non programmati
che faranno visita alla città. Per informazioni riguardo all’evento saranno
allestiti degli infopoint in piazza Unità, insieme a pagine Facebook e Twitter.
Da sabato sarà inaugurato anche il blog ufficiale. I volontari saranno divisi in
quattro gruppi principali: promozione, gestione sale, accoglienza,
documentazione. Mansioni interscambiabili all’occasione per poter vivere la
manifestazione sotto differenti punti di vista. Dovranno inoltre essere precisi
nel dare indicazioni, essere puntuali ed essere flessibili in caso di cambi
turno o mansioni.
Roberta Chissich
«Sertubi continuerà» Tregua armata Montesi-sindacati
Oltre quattro ore di serrato confronto in Assindustria Martedì il cda di
Jindal decide il piano per il futuro prossimo
Secondo l’amministratore delegato il mercato è ancora fermo.
Ma Borini (Fiom-Cgil) ribatte: «A noi risultano ordini
non evasi. Va ripresa subito l’attività produttiva»
Tregua armata tra i lavoratori della Sertubi e Jindal Saw Italia, la società
che ha affittato per cinque anni l’azienda. Ieri mattina nel corso di un
movimentato confronto svoltosi nella sede di Assindustria e protrattosi per
oltre quattro ore, l’amministratore delegato Leonardo Montesi ha affermato
dinanzi ai rappresentanti di fabbrica e ai segretari provinciali dei
metalmeccanici che la Jindal proseguirà la propria attività nelle forme che
almeno per quel che riguarda i prossimi quindici mesi saranno decise dal
consiglio di amministrazione convocato per martedì prossimo a Milano. «Lunedì
sospenderemo lo sciopero che in queste giornate ha interessato quei lavoratori
che non erano in cassa integrazione - informa Stefano Borini (Fiom-Cgil) - ma
apriremo anche un gazebo in piazza della Borsa per sensibilizzare ancora la
cittadinanza sul futuro estremamente incerto dell’azienda e dell’intero settore
industriale triestino.» «Martedì i lavoratori si riuniranno in un’assemblea
aperta nello stabilimento - aggiunge Franco Palman (Uilm) - in attesa di notizie
dal cda di Milano - non faremo sconti all’azienda che deve salvaguardare tutti i
posti di lavoro. I dipendenti, per mettere in piazza il loro incerto futuro,
saranno anche allo stadio Rocco in occasione della partita Triestina-San Luigi e
poi avranno un altro incontro in segno di solidarietà con i lavoratori portuali
che a propria volta paventano un calo di traffici nello scalo». «Il consiglio di
amministrazione mi ha dato mandato di fare un piano per il prossimo futuro - ha
riferito l’ad Montesi dopo l’incontro - lo sto preparando e lo discuteremo
martedì. Riguarda i prossimi quindici mesi, anche se il segnale più importante
lo attendiamo dal mercato: se riprenderà potremmo ripartire in breve con la
produzione». A parole Montesi si è spinto più là: «Sono quindici anni che si
parla di chiudere la Ferriera, eppure funziona ancora. Finché va avanti così, a
noi sta bene. Poi Jindal Saw Italia ha già espresso l’intenzione di rimanere a
Trieste, al momento però non posso dire se con questa azienda oppure con
un’altra». Ma la “scusa” della crisi di mercato non convince appieno i
sindacati. «A noi risultano ordini non evasi - sottolinea Borini - abbiamo
chiesto la ripresa dell’attività produttiva». Per ottenere la tregua, ieri
l’azienda ha messo sul tavolo alcune fiches tra cui l’integrazione di 20 euro
lordi a settimana per tutti i dipendenti che abbiano superato le nove settimane
di cassa integrazione. Frattanto gli incontri si fanno frenetici: già lunedì si
confronteranno a Milano i vertici di Jindal Saw Italia e quelli della Duferco
che è ancora proprietaria dello stabilimento di via von Bruck, martedì come
detto il consiglio di amministrazione della società, mentre giovedì i
rappresentanti di Jindal Saw Italia e quelli dei lavoratori sono stati convocati
dal prefetto nel Palazzo del governo. Contemporaneamente proseguono i tavoli
tecnici e politici aperti dalla Regione per la riconversione dell’area di
Servola.
Silvio Maranzana
Prime prove tecniche di piano traffico: chiusure in
centro
Il 22 settembre viabilità limitata in un tratto di Corso Italia, in via
Roma e in via Mazzini. Largo a ciclisti e pedoni
Prove tecniche per il nuovo piano del traffico. Il 22 settembre, nell’ambito
delle iniziative della Settimana europea della mobilità, i triestini potranno
testare come ci si muoverà in città quando scatteranno le nuove chiusure, le
interdizioni al traffico e la muova mobilità pedonale e ciclabile. Il prossimo
sabato pomeriggio, dalle 8 alle 20, il Comune di Trieste con il progetto “In
Town without my Car” ha predisposto, anticipando di fatto alcune scelte del
piano del traffico, la chiusura al traffico veicolare - eccetto per agli
autobus, i taxi e mezzi guidati dai disabili - di via Imbriani, via Canal
Piccolo, Corso Italia da Piazza della Borsa a Largo Riborgo, via Roma tra via
Valdirivo e Corso Italia. Non solo: nella stessa giornata dalle ore 16 alle 20 è
prevista la chiusura totale al traffico di via Mazzini e piazza Repubblica al
transito degli autobus. Un primo approccio dunque con le nuove regole che
rivoluzioneranno il modo di muoversi in città. «Sarà l'occasione di vivere
questi spazi in modo diverso e di immaginarne la riqualificazione – spiega
l’assessore comunale all’Urbanistica, Elena Marchigiani – nella logica che i
piani e i progetti dell’amministrazione debbano essere condivisi il più
possibile con i cittadini. Un incoraggiamento – aggiunge - a tutti a compiere
una decisa “virata” di usi e abitudini verso una mobilità sostenibile votata a
una miglior qualità della vita in città puntando a un maggior utilizzo del
trasporto pubblico, della bicicletta e del camminare». I triestini potranno così
provare intanto la sensazione, i pro e i contro di un corso Italia con solo
autobus e niente macchine, di via Mazzini e via Imbriani a uso esclusivo dei
pedoni. Nessuna sperimentazione per ora per quanto concerne via Carducci a
doppio senso per il traffico privato nel tratto tra piazza Goldoni e via
Valdirivo, di via Battisti a senso unico in discesa a tre corsie e via
Ginnastica a senso unico in salita. «Questa settimana dedicata alla mobilità,–
ha sottolineato la Marchigiani - ben si inserisce nelle linee programmatiche del
sindaco, che prevedono la riduzione del ricorso ai mezzi privati a favore dello
sviluppo della mobilità pubblica, ciclabile e pedonale. Si tratta quindi di
un’importante occasione per ribadire gli impegni assunti da questa
amministrazione e tradotti in numerosi progetti dal bike sharing, alla
previsione di nuovi percorsi ciclabili nel centro e sulle rive, fino alle
proposte contenute nel nuovo Piano generale del traffico di prossima
approvazione, e all'adesione alla campagna Salvaiciclisti». Tra poche settimane,
ad ottobre, sul nuovo piano del traffico partirà intanto la discussione in
Consiglio comunale e entro l’inizio di novembre è prevista l’approvazione
definitiva che logicamente potrà portare, tramite emendamenti, a qualche
modifica. Già entro la fine dell’anno sono previsti i primi interventi pratici.
«La volontà di questa Amministrazione di informare i cittadini in maniera
trasparente per dare l'occasione di una piena discussione sui temi affrontati, –
sottolinea l’assessore Marchigiani – troverà concreta traduzione
nell'organizzazione di una mostra, dedicata a progetti, studi e proposte in
materia di mobilità sia già in corso che in previsione, che sarà aperta alla
Sala Fittke dal 17 al 21 settembre». La Settimana europea per la mobilità
prenderà il via domani con le iniziative Bicincittà – alla quale parteciperanno
anche alcuni assessori - e la Gran Fondo d’Europa. L’intera settimana sarà un
susseguirsi di appuntamenti, manifestazioni, tavole rotonde e momenti di
approfondimento. Nel pomeriggio del 22 settembre, dalle 16 in poi, l’iniziativa
Vivincittà consentirà di percorrere in bici il centro città e di provare la bici
a una bici a pedalata assistita, un prototipo dotato di motore elettrico. Un
lavoro di squadra svolto in particolare dagli assessorati all’Educazione, alla
Sicurezza e al Commercio per evidenziare le ricadute che i temi della mobilità
sostenibile esercitano sulla salute, sulla sicurezza, sull'educazione ai valori
della convivenza.
Laura Tonero
Due vigili in bicicletta - LA CURIOSITÀ
I vigili urbani di Trieste ora si muoveranno anche in bicicletta. Dalla
prossima settimana infatti due agenti della polizia municipale appartenenti al
5° distretto operante nell’area del Borgo Teresiano diventeranno più “green” e
monitoreranno il territorio pedalando, spostandosi tra una via e l’altra in
bicicletta. Da pochi giorni la ditta Mathitech Engineering Group di San Dorligo
ha fornito in comodato gratuito per un anno al Comune di Trieste due nuove
biciclette da destinare proprio ai vigili della municipale nello spirito di una
città più vivibile e, come ha spiegato il titolare dell’azienda, Enrico Merlani,
‘a misura di bicicletta”. Con questa novità, con queste nuove due ruote, il
nostro corpo della polizia locale disporrà dunque nuovamente – come già avveniva
in un passato ormai piuttosto lontano – di una pattuglia di “vigili ciclisti”.
Questo permetterà di entrare con più agilità in aree pedonali e di difficile
passaggio.
Contovello, paura per le sorgenti del laghetto -
SOPRALLUOGO DI TECNICI E AMMINISTRATORI
L’antico specchio d’acqua è in secca, si teme che le vene d’acqua
sotterranee siano state deviate
CONTOVELLO Garantire una attenta manutenzione all’antico laghetto di
Contovello e ridare dignità al sito circostante. È questo il proposito di
amministratori e ambientalisti che hanno appena compiuto un sopralluogo a uno
dei punti d’acqua dolce più caratteristici dell’intero altipiano. Un ecosistema
che purtroppo, da tempo, soffre per mancanza d’acqua e appare piuttosto
trascurato. Per fare il punto della situazione e iniziare il recupero di
laghetto e comprensorio si sono dati appuntamento sul posto amministratori e
ambientalisti. Guidata dal presidente Roberto Cattaruzza è giunta a bordo lago
tutta la circoscrizione; accanto ai consiglieri è intervenuto l’assessore
comunale all’ambiente Umberto Laureni, il presidente della comunella di
Contovello Stefano Ukmar, rappresentanti della Cooperativa sociale di
Contovello, della Riserva Marina di Miramare e del Wwf, pure alcuni residenti
che conservano memoria e dati sullo storico laghetto. Storicamente parlando vi
sono stati già diversi interventi di manutenzione su di un laghetto che,
piuttosto che uno stagno, appare un particolare specchio d’acqua alimentato da
sorgenti spontanee. E proprio su questo punto i convenuti hanno deciso che è
giunto il momento di compiere ulteriori sopralluoghi per capire se le sorgenti
esistono ancora, oppure se i nuovi interventi edilizi prodotti negli immediati
dintorni hanno forse deviato le vene d’acqua altrove. L’assessore Laureni ha
confermato ai presenti che c’è l’intenzione di verificare pure la sanità delle
acque che alimentano l’alveo. L’assessore ha successivamente invitato il
presidente Cattaruzza a convocare sul posto tecnici e specialisti del settore,
un tanto a definire una volta per tutte la natura del laghetto e di conseguenza
ragionare sulle opportune strategie per recuperarlo definitivamente. L’intento è
anche quello di chiedere consiglio all’emerito docente universitario Livio
Poldini (Dipartimento di Scienze della Vita) e al direttore dei Civici Musei di
Storia Naturale Nicola Bressi. Sulla necessità di reperire i contributi
necessari al recupero e alla manutenzione, una strada definita percorribile e
già utilizzata per i laghetti delle Noghere, prevede la richiesta di un
co-finanziamento a Comune e Regione che, per tali recuperi, dovrebbe avere un
capitolo di bilancio specifico.
(Ma. Lo.)
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 14 settembre 2012
Ilva, Clini incontra le associazioni per discutere del
futuro di Taranto
Legambiente consegnerà al ministro 26 proposte per rilasciare all’Ilva
un’Autorizzazione integrata ambientale rigorosa ed efficace
“Archiviare l’autorizzazione della vergogna rilasciata nel 2011 e avviare un
serio programma di bonifica del sito inquinato”
In occasione dell’incontro previsto con le associazioni oggi pomeriggio a
Taranto per discutere del futuro della città, Legambiente consegnerà al ministro
Corrado Clini un documento con 26 proposte per rendere l’Autorizzazione
integrata ambientale da rilasciare all’Ilva uno strumento per abbattere
concretamente il rilevante impatto ambientale del polo siderurgico. Ventisei
punti irrinunciabili che riguardano l’attuazione dell’accordo di programma, il
contenimento della capacità produttiva, gli interventi da realizzare in diverse
parti dell’impianto (cokeria, agglomerato, acciaieria, parchi minerali, la
centrale elettrica CET 2), il controllo e il monitoraggio, la bonifica
dell’area, gli scarichi idrici, gli adempimenti riguardanti la direttiva Seveso,
la tutela dei lavoratori, oltre allo studio di fattibilità di altre modifiche
impiantistiche.
“Taranto ha bisogno di voltare pagina rispetto a un passato caratterizzato da un
insostenibile inquinamento ambientale e da pesantissime ricadute sanitarie -
commenta Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente - ma questo
sarà possibile solo se il ministero dell’Ambiente cambierà passo, chiudendo la
stagione delle blande autorizzazioni concordate con l’Ilva e delle bonifiche
pianificate ma mai concretamente realizzate”.
“Le prossime settimane saranno fondamentali per capire quale sarà il futuro
della città di Taranto - aggiunge Ciafani -. Per abbattere drasticamente
l’inquinamento dell’Ilva serve archiviare la vergognosa AIA rilasciata dal
ministero dell’ambiente nell’estate del 2011 con una nuova rigorosa
autorizzazione che sgombri il campo anche da tutte le ombre del passato di
commistione tra l’operato del pubblico (membri del ministero e della commissione
AIA, a partire dal presidente Ticali) e del privato (Ilva) emerse chiaramente
dall’indagine della Procura. Ma a questo si deve aggiungere anche una forte
spinta da parte del ministero per far partire concretamente, a ormai 14 anni
dall’inserimento di Taranto nel Programma nazionale di bonifica, il risanamento
delle aree pubbliche inquinate, dal quartiere Tamburi alle aree a mare, senza
sperperare i finanziamenti pubblici previsti dal recente decreto e garantendo
che ai soldi dello Stato si aggiungano subito quelli delle aziende che hanno
inquinato e che devono pagare per il risanamento di loro competenza. Solo in
questo modo si garantirà un futuro diverso alla popolazione tarantina e alle
attività produttive pesantemente minacciate dall’inquinamento industriale, come
la pesca, gli allevamenti e l’agricoltura”.
“Per diversificare l’economia tarantina - sottolinea Lunetta Franco, presidente
di Legambiente Taranto - servono investimenti per creare alternative concrete al
“monopolio” dell’industria pesante. È indispensabile un accordo di programma che
mobiliti investimenti adeguati, oltre a quelli - insufficienti - previsti dal
Decreto per Taranto, che garantiscano ad esempio il decollo e il consolidamento
dell’attività portuale e di quella retroportuale (con l’urgente rifinanziamento
del distripark) in primo luogo, nonché il progetto di Taranto Smart Area, la cui
copertura finanziaria è ancora tutta da definire. Parallelamente occorre mettere
in atto tutti gli interventi sanitari necessari, come screening, indagini
epidemiologiche, presidi di prevenzione e cura, per affrontare l’emergenza
sanitaria del territorio, oltre a garantire trasparenza, controlli e monitoraggi
costanti sulle decisioni che verranno prese, a partire dalla nuova AIA, sulla
loro attuazione, sul mantenimento e miglioramento degli standard ambientali
definiti”.
“Per Legambiente – concludono Ciafani e Franco - l’obiettivo prioritario è
ridurre, drasticamente e nei tempi più rapidi, l’ammontare annuo e le
concentrazioni dei vari inquinanti immessi nell’ambiente dall’Ilva e dagli altri
impianti industriali presenti nel territorio, non solo attraverso l’adozione
delle migliori tecnologie disponibili, ma anche con il ricorso alle migliori
tecnologie in assoluto e con prescrizioni che impongano limiti di emissione
molto più rigorosi rispetto a quelli previsti dalle legislazioni nazionale e
regionale, mirando a ridurre al minimo l’inquinamento. Solo in questo modo sarà
possibile far convivere in modo sano e duraturo l’ambiente e la salute con il
lavoro”.
L’ufficio stampa Legambiente 06 86268399 - 53
GREENSTYLE.it - VENERDI', 14 settembre 2012
Car sharing per gli studenti con Fiat Likes U
Fiat Likes U è il progetto annunciato dal marchio automobilistico
torinese in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e con il Patrocinio
del Ministero dell’Ambiente, finalizzato a fornire vetture gratuitamente a circa
280.000 studenti universitari, tramite l’ormai consolidata formula del car
sharing. Otto le città coinvolte: Torino, Roma, Milano, Salerno, Parma, Cosenza,
Pisa e Catania.
L’iniziativa è stata presentata ufficialmente nella giornata di ieri a Roma,
alla presenza del ministro Francesco Profumo e di Gianluca Italia, responsabile
FIAT per i territori EMEA. L’obiettivo è quello di promuovere un concetto di
mobilità attento alle esigenze dei più giovani e all’insegna della sostenibilità
ambientale. Gli interessati saranno in grado di prenotare una vettura, a scelta
tra i modelli Panda e 500L, semplicemente compilando un modulo online sulle
pagine del sito LikesU.Fiat.it, andandola poi a ritirare presso alcune aree
predisposte nelle università e restituendola entro gli orari concordati.
Il servizio sarà accessibile per un massimo di 24 ore alla settimana, oppure per
un intero weekend, godendo di alcuni benefici come il parcheggio gratuito o
l’ingresso nelle zone a traffico limitato delle città in cui è attivo il car
sharing di “Io Guido”. La gestione del progetto, al via nella giornata di
domani, sarà affidata agli studenti stessi. Le modalità e i periodi di
disponibilità delle auto nei diversi atenei sono elencati nel dettaglio sul sito
ufficiale dell’iniziativa.
Ma non è tutto: Fiat metterà a disposizione anche otto borse di studio del
valore di 5.000 euro, una per ogni città coinvolta, da destinare a chi sarà
impegnato nella stesura di una tesi di laurea che tratta temi legati al mondo
delle quattro ruote, in aggiunta ad altrettanti stage retribuiti da effettuare
direttamente in azienda. Ancora, progettisti e designer terranno lezioni in cui
illustrare come prendono vita i progetti all’interno del gruppo piemontese. Al
termine verrà selezionato il miglior eco:Driver, premiato con una vettura
fornita in comodato d’uso gratuito per un mese e con la possibilità di
partecipare alle MTV Live Session di Roma e Milano.
Cristiano Ghidotti
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 14 settembre 2012
Consumo di suolo - WWF: “RIUTILIZZIAMO L’ITALIA -
ANCHE IN FRIULI VENEZIA GIULIA”
Fino al 30 novembre si possono segnalare on line su wwf.it/riutilizziamolitalia
le aree dismesse o degradate immaginando come reinventarle a misura d’uomo,
comunità e ambiente
In Fvg tante le aree segnalabili: dalle 180 caserme dismesse ai capannoni
artigianali inutilizzati
“RiutilizziAMO l’Italia anche in Friuli Venezia Giulia!”, segnalando on line
su wwf.it/riutilizziamolitalia, fino al 30 novembre, le aree dismesse o
degradate del proprio territorio immaginando come reinventarle a misura d’uomo,
comunità e ambiente. E’ l’appello del WWF per la Campagna “RiutilizziAMO
l’Italia” (www.wwf.it/riutilizziamolitalia), con cui l’associazione del Panda
chiede ai cittadini di indicare siti inutilizzati o in stato di degrado
compilando l’apposita scheda di censimento on line sul sito www.wwf.it/riutilizziamolitalia,
immaginando allo stesso tempo una proposta creativa per riconvertirle, creando
per esse nuove ‘destinazioni d’uso green’ e individuandone il riuso ambientale e
sociale evitando così ulteriore consumo di suolo e cementificazione
spregiudicata.
“L’obiettivo del WWF è innescare un movimento culturale e sociale in grado di
avviare, regione per regione, il più grande progetto di recupero e
riqualificazione del territorio italiano. Un movimento partecipato grazie al
quale le comunità locali possano riappropriarsi del proprio territorio,
ricostruire lo spazio in cui vivono, con iniziative spontanee e dal basso, che
finora può inoltre contare sulla mobilitazione della Rete di esperti locali e di
docenti, in progressiva espansione, che al momento coinvolge 11 università”,
afferma Roberto Pizzutti, presidente WWF Friuli Venezia Giulia.
IN FVG. In tutta Italia sono oltre 150 le segnalazioni finora inviate al WWF e
una ventina riguardano il Friuli Venezia Giulia, pervenute da cittadini che
hanno voluto così partecipare alla campagna dell’associazione del Panda. Ma
anche la sezione regionale del WWF si sta attivando per censire alcune fra le
circa 180 aree militari dismesse del Fvg, la stragrande maggioranza delle quali
abbandonate e in via di degrado, ex-polveriere militari, capannoni artigianali
sorti come funghi negli ultimi decenni lungo le principali arterie stradali e
oggi desolatamente vuoti, edifici inseriti nel tessuto cittadino e ugualmente
inutilizzati. Per tutti questi sarà immaginata una proposta di riutilizzo.
La Campagna “RiutilizziAMO l’Italia” promossa dal WWF Italia vuole infatti
raccogliere e valorizzare nuove idee che servano a reinventare il territorio del
Paese e dare una risposta concreta per invertire quella tendenza (fotografata
nel dossier WWF-FAI “Terra Rubata – Viaggio nell’Italia che scompare”, gennaio
2012) che fa temere, in assenza di interventi correttivi, un consumo di suolo
nei prossimi 20 anni di oltre 75 ettari al giorno, in una situazione di
saturazione della Penisola che già oggi vede un’urbanizzazione pro capite pari a
230 mq ed evidenzia come in Italia non si può tracciare un diametro di 10 km
senza intercettare un nucleo urbano.
LE AREE DA SEGNALARE: VADEMECUM WWF ON LINE. Il WWF sul suo sito dà indicazioni
utili per la Campagna ed invita cittadini ed esperti a concentrarsi per le loro
segnalazioni sulle seguenti tipologie di aree: il recupero delle aree
industriali dismesse o parzialmente utilizzate; il recupero di aree intercluse o
marginali all’urbanizzazione; il recupero di aree degradate, da bonificare e
riqualificare; le aree demaniali militari; i sedimi ferroviari e le loro
pertinenze; le aree intercluse a infrastrutture lineari; i capannoni
abbandonati; l’edilizia rurale in abbandono; gli edifici non utilizzati.
Ufficio Stampa WWF Friuli Venezia Giulia, Tel. 0432 502275 – 340 3465516
Ufficio Stampa WWF Italia, Tel.: 06 84497 265/213 - 02 83133233
WWF Friuli Venezia Giulia - Via Rittmeyer 6 - 34134 Trieste - Tel. 040
360551/0432 502275
IL PICCOLO - VENERDI', 14 settembre 2012
A Trieste si costruisce troppo, e spesso in modo
scellerato
la lettera del giorno - Paolo Geri Consigliere circoscrizionale della
Federazione della Sinistra Roiano-Gretta-Barcola-Cologna-Scorcola
Nelle due sole sedute del 5 e del 12 settembre al consiglio della Terza
Circoscrizione sono stati sottoposti ben sei nuovi permessi di costruire, e
tutti in aree ad alto rischio idrogeologico. Nella zona di Roiano, Gretta e
Barcola si sono già manifestati negli anni passati pericolosi casi di dissesto
del terreno. Ricordo fra tutte la vicenda della nuova costruzione in via Pertsch,
che aveva avuto ampio spazio nel dibattito cittadino oltre un anno fa anche per
la conseguente distruzione di un bosco di castagni. Oggi parliamo di nuove
costruzioni previste in strada del Friuli, in vicolo delle Rose, in via del
Pucino, a Scala Santa, in altre zone di Roiano alta già in passato pesantemente
cementificate. Voglio qui pubblicamente denunciare una situazione per cui si
continua a costruire non solo in modo inutile (a Trieste non servono certo nuove
abitazioni) ma pure in modo scellerato. Le “salvaguardie”, votate circa un anno
fa in attesa del nuovo Piano regolatore, si rivelano oggi del tutto
insufficienti a contenere l’ulteriore cementificazione del territorio. Era un
rischio che come Federazione della Sinistra avevamo già denunciato allora in
tutte le circoscrizioni e in particolare nella Terza che, per le caratteristiche
del suo territorio, risulta particolarmente “appetibile” ai costruttori. Ci era
stato risposto dall’assessore competente che agitavamo spauracchi inesistenti.
Oggi le “salvaguardie” allora proposte e adottate dalla giunta si rivelano in
concreto del tutto insufficienti e inadeguate. Già da tempo in tutte le
circoscrizioni cittadine i rappresentanti della Federazione della Sinistra
esprimono un voto contrario, di carattere non tecnico bensì politico, a tutte le
richieste di nuove edificazioni. Va aggiunto che assai spesso il consiglio
circoscrizionale, dove siedono cittadini che ben conoscono il proprio
territorio, esprime - spesso trasversalmente e a grande maggioranza - pareri
contrari alle nuove edificazioni. Ma di questi pareri contrari quasi sempre
uffici, tecnici e assessorato competente non tengono minimamente conto.
Legittimamente, sia chiaro. Il parere delle circoscrizioni è infatti meramente
consultivo come ha avuto modo (e voluto) più volte far notare l’assessore
Marchigiani sulle pagine del Piccolo anche in relazione ad altri permessi di
costruire. Il parere può quindi tranquillamente essere ignorato. Una decisione
certo formalmente legittima ma che non può suscitare ampie perplessità (e uso un
eufemismo) sulla politica dell’uso del territorio che si intende perseguire, al
di là delle dichiarazioni di principio che lasciano il tempo che trovano. Se il
buon vento si vede dal mattino si addensano nuvole fosche sul futuro Piano
regolatore.
SEGNALAZIONI - Casa - L’emergenza esiste
Nelle segnalazioni di qualche giorno fa è stata pubblica una lettera della signora Romana Gardossi che sosteneva che a Trieste non esiste un problema della casa. Ce ne rammarichiamo. La lettrice non sa che nell’ultimo bando Ater veniva precisato che le domande per un alloggio di edilizia pubblica sono arrivate a quota seimila. Nel nostro articolo si parlava infatti di indire un’azione corale sulla politica abitativa dello sfitto e ciò anche per recuperare livelli occupazionali nell’edilizia. Non è esasperando l’esistenza di un malcostume che si risolve il problema, infatti esiste già la possibilità di espellere dalla casa pubblica chi non ne ha più diritto a starci. Ha funzionato e funziona. A nessuno sfugge di essere calati in una grave crisi e non possiamo capire come si possa parlare di una povertà simulata; basterebbe farsi dare i dati degli sfratti per morosità, di chi non ce la fa più pagare il canone d’affitto o le rate del mutuo e non è consolatorio pensare che certi bleffino.
Vincenzo Cutazzo vicepresidente Lega consumatori
Flop differenziata al 26,1% «Non ce la faremo mai» -
AMBIENTE»RIFIUTI
Il pessimismo di Omero: ma conteggi sbagliati. Città fanalino di coda in
regione. Cifre in crescita, impossibile però centrare l’obiettivo Ue nei tempi
previsti
L’analisi dell’assessore Non si tiene conto di quanta carta mandiamo alla
Calcina, né di tutto il materiale che non passa per i servizi pubblici di
AcegasAps
L’OPPOSIZIONE NON ATTACCA - Rovis (Pdl): questa l’unica provincia senza
discariche in Italia, dall’impianto di via Errera il 13% dell’energia elettrica
consumata dai cittadini
Trieste guarda ancora con il cannocchiale l’obiettivo fissato dalle norme
europee: differenziare il 65% dei rifiuti. Nonostante gli sforzi e qualche lieve
miglioramento, il Comune deve accontentarsi del 26,61% registrato in questo
primo semestre del 2012. Leggermente più incoraggiante invece il quadro
provinciale, assestato al 29,83%. Si sfiora il 30% grazie a Muggia (45%) e San
Dorligo (48,8%), ma con Duino al 27,3, Monrupino al 19,2 e Sgonico al 16,8. Un
territorio come noto interamente in mano al centrosinistra che, nelle ultime
campagne elettorali, in più occasioni ha fatto dei temi ambientali un impegno di
governo. Ma vetro, plastica e carta rimangono un sogno infranto e inarrivabile
dalla giunta Poropat in giù, Cosolini compreso. «Non ce la faremo mai»,
sentenzia pessimista Fabio Omero, l’assessore comunale competente. Che, come
vedremo, le sue ragioni le ha. Al 31 dicembre l'area giuliana aveva raggiunto il
23,21%. Certo, nulla a che vedere con i livelli del 2001 (11,66%), anche perché
da cinque anni a questa parte il trend nella provincia è in costante crescita:
17,08% nel 2007, 19,39% nel 2008, 20,43% nel 2009, 20,30% nel 2010 per arrivare,
appunto, al 23,21% dell'anno scorso e all'«incoraggiante» 29,83 attuale,
sottolinea l'assessore provinciale all'Ambiente Vittorio Zollia. Un numero,
quest’ultimo, distante però anni luce dal resto del Friuli Venezia Giulia che
nel 2011 presentava una media del 55,81% ma con Gorizia al 59,52%, Pordenone al
73,96%, e Udine al 59,89%. Per il solo Comune di Trieste, si tratta comunque di
uno scatto in avanti: si è passati dal 20,3% del 2008, al 21,2% del 2009, al
21,6% del 2010 per approdare al 22,4% del 2011 e all’odierno 26,61% (il 28,2 se
si considerano gli inerti, cioè i residui di costruzione). Cos’è cambiato? Nel
secondo semestre dell’anno scorso è stato aggiunto in centro e in periferia un
migliaio di nuovi contenitori in più e così, afferma Omero, «la raccolta della
carta è aumentata del 22%, la plastica del 45% e il vetro-lattine del 49%». A
metà luglio inoltre è partito l’umido per grandi ristoranti, mense e
supermercati per un totale di 93 utenti, 197 bidoni distribuiti e 48 tonnellate
di rifiuti. Il Comune infine a maggio ha introdotto il prelievo delle ramaglie
dei giardini, coinvolgendo 1.400 case per una raccolta pari a 295 tonnellate. Ma
non basta, evidentemente. I numeri, limitati alle performance sulla
differenziata, non renderebbero però giustizia alla capacità delle istituzioni
locali di gestire correttamente la spazzatura. Omero, così come il predecessore
della giunta Dipiazza, il consigliere comunale del Pdl Paolo Rovis, hanno molti
argomenti per giustificare la «validità» - affermano in coro - del sistema. «A
quel 65% non arriveremo mai - ripete Omero - semplicemente perché i conteggi non
sono completi. Ad esempio non tengono conto di quanta carta il Comune manda alla
Calcina di via Errera. Ma il discorso vale per tutti quei rifiuti che non
passano per i servizi pubblici di AcegasAps - rimarca l’assessore - come gli
imballaggi prodotti dalle attività commerciali o dagli enti pubblici che
smaltiscono il materiale in modo autonomo. Proprio grazie all’umido ritengo che
si potrà raggiungere il 20% in più di differenziata. Non dimentichiamoci -
prosegue - che il restante 70% dell’immondizia, cioè quanto non viene
differenziato, è smaltito nel termovalorizzatore che produce energia elettrica
per la città (il 13% ndr)». Va poi ricordato che parte degli scarti del processo
di incenerimento subisce un processo di recupero per le costruzioni
nell’edilizia non abitativa. «Anche questo è un riciclo - precisa l’assessore -
che rappresenta il 24%. Se questo fosse conteggiato potremmo arrivare a oltre il
50%». Un tema complesso, su cui l’opposizione non polemizza. Rovis, da ex
assessore, sottolinea che «Trieste non ha problemi di rifiuti. Siamo l’unica
provincia in Italia senza discariche. Ciò grazie al termovalorizzatore, che con
i rifiuti produce il 13% dell’energia elettrica consumata dai cittadini».
Gianpaolo Sarti
Partirà a Valmaura la sperimentazione del porta a porta
In via sperimentale il Comune attiverà entro l’anno a Valmaura il “porta a
porta” per la raccolta dei rifiuti. Un tentativo del genere è stato già
intrapreso a Melara nel 2009. Ma poi fallito, a causa di problemi correlati alle
norme antincendio. L’auspicio è diffondere il sistema il più possibile: «Vorrei
il “porta a porta” nel centro storico - commenta l’assessore Fabio Omero -
perché, al di là dei vantaggi ambientali, non è possibile che un turista non
possa fotografare un monumento o una strada trovandosi in mezzo un bidone della
spazzatura. Sulla differenziata, comunque, serve ancora più partecipazione da
parte della gente. Anche se non va dimenticato che Trieste è una delle città con
la produzione pro-capite di immondizie più basse in Italia».
(g.s.)
Ecotassa dribblata col termovalorizzatore
AcegasAps: Municipio escluso dalle penali. I cittadini scorretti
rischiano invece multe da 50 a 100 euro
Il mancato rispetto delle regole sulla raccolta dei rifiuti prevede
sanzioni, per i cittadini così come per le istituzioni che hanno il compito di
raggiungere gli obiettivi fissati dalla Ue. Il Comune di Trieste rischia dunque
penali perché non arriva al 65% della differenziata? Sì, a detta dell’assessore
Fabio Omero, che detiene la delega alle aziende partecipate e controllate
(dunque AcegasAps). «Ma da quanto mi risulta - afferma - non sono mai arrivate.
Eventuali penali - chiarisce - si ripercuoterebbero sul bilancio e non
implicherebbero un automatico aumento della Tarsu per i cittadini». Ma secondo
gli uffici tecnici di AcegasAps, in realtà Trieste non corre questo pericolo. La
norma di riferimento è il Dlgs 152 del 2006 che attua le direttive europee in
materia. E sostiene che entro il 31 dicembre del 2012 ciascun Ato (Ambito
territoriale organizzativo) deve differenziare il 65% dei rifiuti. L’Ato, che
qui corrisponde all’area regionale, se non riesce ad arrivare a quanto indicato
dalla legge può però chiedere una deroga al ministero. Se Roma non la concede
l’ecotassa viene aumentata del 20% sui rifiuti secchi conferiti in discarica. Ma
il capoluogo, che di fatto non ha una discarica ma un termovalorizzatore che
produce energia elettrica, e che comunque sta progressivamente migliorando i
propri standard, sarebbe dunque escluso dalla “penale”. Per quanto riguarda i
cittadini invece, chi non segue un corretto comportamento nel conferimento della
spazzatura - fanno sapere i responsabili tecnici del Comune - rischia multe dai
50 ai 100 euro.
(g.s.)
Lucchini, in un semestre altri 94 milioni di passivo
Ridotto a 12,5 milioni il capitale del gruppo di cui fa parte anche la
Ferriera Sempre più concreta l’ipotesi della vendita-spezzatino degli
stabilimenti
Semino: le situazioni di Taranto e Trieste non aiuteranno di certo l’operazione
di cessione
Lupieri (Pd): serve un manager che sappia dire quanto costa la bonifica di
Servola
Altri 94 milioni di passivo. Li ha accumulati il Gruppo Lucchini, di cui fa
parte anche la Ferriera di Servola, nei primi sei mesi di quest’anno. Continua
la parabola rovinosa del gruppo siderurgico ancora solo formalmente di proprietà
dell’oligarca russo Alexei Mordashov che già alla fine dell’anno scorso aveva
toccato il miliardo e cento milioni di debiti. L’azienda non ha pubblicizzato i
dati della semestrale dato che non vi è obbligo di legge, devono però essere
depositati i verbali delle assemblee e nell’ultima gli azionisti hanno
certificato l’ulteriore perdita, attribuita alle difficoltà del comparto e più
in generale al progressivo logoramento della congiuntura economica, decidendo di
ridurre il capitale a 12,5 milioni con l’obiettivo anche di coprire parzialmente
le perdite accumulate negli anni precedenti. Non fa parola di questo Francesco
Semino, direttore pubbliche relazioni di Lucchini group, che ricorda come il
consiglio di amministrazione abbia mandato a vendere entro il 2014. «L’advisor
Rotschild - aggiunge Semino - il cui lavoro è comunque appena all’inizio, ha già
interpellato una serie di soggetti industriali e finanziari. Certo quanto
accaduto a Taranto o anche il clima che si respira a Trieste non aiuteranno
l’operazione». La Lucchini in realtà è sostanzialmente in mano alle banche, e
precisamente a Monte dei Paschi, Unicredit, Intesa San Paolo, Banca popolare di
Milano, Bnl, Natixis, Centrobanca, Banco Popolare, Mediobanca, Cassa di
Risparmio di Firenze, Credito Bergamasco e Bnp Paribas. Le banche creditrici
sono interessatissime alla vicenda anche perché hanno appena sottoscritto,
nell’ambito della ristrutturazione del debito, strumenti partecipativi
finanziari per 100 milioni. In una fase successiva questi strumenti potranno
essere convertiti in vere e proprie azioni della società. L’alto livello di
indebitamento del gruppo, la crisi generale e le difficoltà specifiche del
comparto siderurgico non solo in Italia, ma in tutta Europa rendono improba
l’operazione di vendita del gruppo tanto che tutti si sarebbero decisi a
percorrere la strada dello spezzatino cedendo singolarmente gli asset. Per il
grande stabilimento di Piombino (2.200 dipendenti) c’è stato un timido
interessamento anche della Jindal steel and power limited, gruppo di cui fa
parte anche Jindal Saw Italia che ha affittato la Sertubi e ha messo ora 180 dei
208 dipendenti in cassa integrazione. E per Servola potrebbe affacciarsi lo
spettro della semplice dismissione che oltre a mandare sul lastrico mille
famiglie creerebbe una seconda e più gigantesca Aquila. Per evitare questa
eventualità, il consigliere regionale del Partito democratico Sergio Lupieri ha
ribadito ieri in una nota che «bisogna individuare e proporre una personalità
manageriale che sappia dire quanto costa la bonifica dei 60mila metri quadrati
dell’area, se i carotaggi eseguiti anni fa, ma non validati, possono servire
oggi per l’analisi del rischio. Un manager - continua - che costituisca garanzia
di risultato per l’attività di vendita della Ferriera e che si può benissimo
individuare tra le professionalità e competenze della partecipata regionale
Friulia, come altrove».
Silvio Maranzana
«Sertubi impegnata a cercare prospettive» - JINDAL SAW
ITALIA
Dall’incontro in programma lunedì prossimo a Trieste tra i responsabili
della Duferco Italia holding, proprietaria della Sertubi, e quelli della Jindal
Saw Italia, che ha preso in affitto l’azienda per cinque anni fino al 2016, non
uscirà alcuna decisione in merito alle prospettive produttive dello
stabilimento. Lo fa rilevare l’amministratore delegato di Jindal Saw Italia
Leonardo Montesi mettendo in chiaro che «l’incontro della prossima settimana tra
i rispettivi vertici era stato programmato prima dell’inizio dello stato di
agitazione dello stabilimento». Montesi però assicura anche che «i recenti
sviluppi della situazione troveranno sicuramente il necessario spazio
nell’ambito delle discussioni». I lavoratori della Sertubi (180 su 208 sono
stati messi in cassa integrazione per altri tre mesi) hanno in atto un presidio
davanti alla fabbrica che proseguirà perlomeno fino a lunedì e mercoledì scorso
hanno dato vita a un movimentato corteo per le strade del centro. Nella stessa
nota la Jindal Saw Italia ribadisce «l’impegno a ricercare delle prospettive
volte ad assicurare la continuità aziendale pur nel rispetto dei vincoli imposti
dalla crisi congiunturale e dal futuro del complesso industriale in cui lo
stabilimento di Trieste si integra». Chiaro qui il riferimento alla Ferriera che
fornisce all’azienda la ghisa per i tubi e dove la cessazione della produzione è
prevista al massimo per il 2015. Montesi (di cui con uno striscione i lavoratori
chiedono l’allontanamento) auspica comunque «di poter riprendere al più presto
un dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali sulle prospettive future
anche per evitare un aggravamento ulteriore dello stato di crisi attraversato
dall’azienda».
(s.m.)
FERRIERA Trieste e Taranto - Domani un dibattito
Si intitola “Trieste come Taranto” la conferenza-dibattito sul caso Ferriera organizzata dall’associazione NoSmog e in programma domani alle 17 alla pizzeria Bella Trieste di via del Pane Bianco 96. Il dibattito, dopo la presentazione del lavoro svolto da NoSmog, sarà coordinato dal direttore del mensile “Terra” Emanuele Giordana. Il sindaco Cosolini - si legge in una nota di NoSmog - aggiornerà i presenti sulla situazione della Ferriera.
SERVOLA - Depuratore, 30 milioni da Roma - Fondi alla
Regione. Savino: ora accordo tra enti per partire presto
Il potenziamento dell'impianto di depurazione di Servola, già da tempo
programmato dall'amministrazione regionale, potrà subire un'accelerazione grazie
all’assegnazione alla Regione stessa di importanti risorse del Fondo per lo
sviluppo e la coesione (Fsc), l’ex Fondo per le aree sottosviluppate con cui lo
Stato finanzia opere strategiche. Nella riunione di giunta di ieri infatti
l’assessore a Finanze, programmazione e ambiente Sandra Savino ha riferito che
il ministero per lo Sviluppo economico ha messo a disposizione risorse Fsc per
il periodo di programmazione 2007/2013. Per assicurarne un veloce ed efficiente
impiego, Savino ha quindi proposto di destinare 30 milioni per il depuratore di
Servola. L’iniziativa, ha spiegato Savino, è prevista dal Programma attuativo
regionale dell'Fsc approvato dalla giunta regionale in maggio e articolato su
cinque assi strategici per un valore complessivo di investimenti pari a 247
milioni. Il finanziamento proposto dall’assessore consentirà di ammodernare il
depuratore in un unico lotto, con risparmio di costi e tempi. L'intervento si è
reso necessario anche a seguito di una procedura d'infrazione comunitaria per
violazione delle norme europee sul trattamento dei reflui. «È un provvedimento –
ha detto Savino - che va incontro a una storica esigenza della città, segno che
l’attenzione della Regione per Trieste non è mai venuta meno, anche in un
momento di contrazione della spesa come quello attuale. Con questi 30 milioni –
ha proseguito l’assessore - che si sommano al precedente contributo regionale
del 2011 di 10 milioni e ai 12 milioni dell’Ambito territoriale, è a
disposizione la cifra necessaria per la realizzazione dell’opera, che consentirà
non solo di apportare le opportune migliorie da un punto di vista ambientale, ma
anche di evitare le pesanti sanzioni previste dall’Ue dopo la procedura di
infrazione risalente al 2004». Il prossimo passo - ha concluso Savino - sarà la
sottoscrizione di un Accordo di programma fra gli enti interessati «che permetta
un rapido inizio dei lavori».
Tutti i segreti dei sardoni barcolani - MUSEO DEL MARE
“Storia, gestione e biologia dei sardoni” alle 21 Info allo 040-304885 e
040-304987
Nel giardino delle ancore del Museo del mare (nella foto), alle 21, il
naturalista e biologo della pesca Marco Costantini (che si occupa del settore
mare per il Wwf), svelerà per quanto tempo potremmo ancora pescare le alici del
golfo di Trieste. Sapremo se i “sardoni barcolani a pasta bianca” sono una
varietà autoctona e speciale; perché sono così buoni e perché possono far
addirittura bene alla salute. Conosceremo il ciclo vitale di questo pesce, le
sue migrazioni e i suoi importanti rapporti con gli altri organismi marini.
Vedremo infine che i sardoni di Barcola hanno pure uno stretto legame con le
alpi piemontesi e le valli di Comacchio. Capiremo infine come tutelare e
consumare al meglio questa grande risorsa (alimentare, economica e turistica)
del nostro mare Adriatico. Per l’occasione il Museo sarà aperto dalle 20 alle 23
grazie all’associazione di volontariato Cittaviva.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 settembre 2012
Sertubi, la protesta paralizza il centro
Trecento operai degli impianti di Servola hanno messo ko il traffico.
Sfiorata la rissa con automobilisti e passanti
In trecento hanno paralizzato la città. Lo hanno fatto per rivendicare il
diritto al lavoro. Così ieri mattina gli operai della Sertubi e della Ferriera.
È stato un lungo e rumoroso corteo: da via Von Bruk, fino a piazza Unità. Con
striscioni, bandiere, megafoni e fischietti. In piazza Goldoni si è rischiato
anche l’incidente. Alcuni passanti hanno protestato contro i manifestanti.
«Andate a lavorare», qualcuno ha detto, senza forse sapere che erano lì per
chiedere proprio di lavorare. Sono volati insulti e spintoni. Polizia e
carabinieri hanno cercato di placare gli animi surriscaldati, prima che un’altra
scintilla innescasse lo scontro. La manifestazione era partita dallo
stabilimento della Sertubi, l’azienda che vive il momento di maggiore criticità.
Da piazza Goldoni a via Carducci. E ai portici di Chiozza si sono verificate
altre tensioni: questa volta tra automobilisti e manifestanti. C’è stato un
maxi-ingorgo. Dipanato, con non poche difficoltà, dai vigili urbani che hanno
presidiato il corteo con sette pattuglie. È stata la paralisi. In tutta la città
il traffico ha subito consistenti rallentamenti. Tutti in coda. E i clacson si
sono aggiunti alle trombe e ai tamburi degli operai. Situazioni che si sono
progressivamente diffuse fino in viale Miramare a ridosso della Stazione. Chi
era in macchina è rimasto praticamente imprigionato anche per decine e decine di
minuti. Il corteo è arrivato in piazza Unità, davanti al Comune, dove si è
tenuto un incontro tra i capigruppo in consiglio, i rappresentanti delle
categorie. Pochi minuti prima di mezzogiorno il sindaco Roberto Cosolini ha
incontrato i lavoratori. «Nessuno di noi ha la soluzione in tasca, ma il Comune
non si tira indietro e ci mette la faccia. Nessuno rimmarrà solo», ha dichiarato
il primo cittadino. E ha poi aggiunto: «È evidente che sulla vicenda Servola
bisogna affiancare il lavoro sulla prospettiva di riconversione e la gestione
dell’emergenze senza farla deragliare né sul versante della salute né su quello
della continuità del lavoro. Se perciò in questa fase transitoria, da un lato la
Ferriera decide di continuare a produrre e dall’altro lato vanno attuate le
misure che indicheremo per rientrare in parametri sostenibili, e questo va fatto
in una situazione critica di liquidità aziendale, dobbiamo pensare, lo dico in
particolare alla Regione che ha gli strumenti, a un intervento straordinario
anche finanziario che consenta l’attuazione di quelle indifferibili misure atte
a portare sotto controllo le emissione». Cosolini ha raggiunto il palazzo della
Regione assime ai rappresentanti dei lavoratori. L’incontro con l’assessore
Sandra Savino è durato una trentina di minuti, al termine del quale è stata
ribadita l’intenzione di anticipare al più presto il chiarimento con i
rappresentanti di Duferco e Jindal, per tentare di sbloccare la vertenza
Sertubi.. La battaglia dei lavoratori è destinata a continuare ad oltranza, in
vista di un autunno che si annuncia bollente. «La lotta va avanti, questo è
stato solo il primo segnale – ha urlato Franco Palman, della Uilm -. Il
bicchiere è stracolmo ed è giunta l’ora della svolta cruciale per un territorio
in piena emorragia sul fronte lavoro». Secondo Umberto Salvaneschi, della Fim
Cisl: «Alle porte ci sono giorni caldissimi in cui non si riesce a vedere una
via d’uscita». Infine per Stefano Borini della Fiom: «La vicenda della Sertubi è
solo la punta dell’iceberg: ci sono trecento posti di lavoro a rischio
immediato».
di Corrado Barbacini e Pierpaolo Pitich
Gozzi: «Non c’è futuro per la Ferriera»
Il presidente di Federacciai è pessimista: con questa crisi non vedo
all’orizzonte investitori privati
«Una situazione difficile per tutta la siderurgia mondiale e per quella
italiana in particolare. I casi più emblematici, e conosciuti, sono quelli
dell’Ilva di Taranto e della Ferriera di Servola. E se per lo stabilimento
pugliese le prospettive sono ancora tutte da esaminare, per la Ferriera non c’è
futuro». Sono poco ottimistiche le previsioni di Antonio Gozzi, presidente di
Federacciai (Federazione delle imprese siderurgiche italiane). Guardando
specificatamente alla situazione di Trieste, Gozzi non vede vie d’uscita: «La
crisi del’acciaieria di Servola si conosce da parecchio tempo. La Ferriera
Lucchini è in mano alle banche che, come si sa, non sono animate da spirito
imprenditoriale. E se aggiungiamo che nel 2015 verranno meno i finanziamenti per
i gas di risulta di cokeria e altoforno venduti in regime di Cip6, allora si
possono tirare le conclusioni». Per il presidente di Federacciai il destino
della Ferriera è segnato: «Investitori privati? Non ne vedo all’orizzonte. Non
vedo imprenditori che vengano ad investire in una situazione così difficile e
senza vie d’uscita». Stesso discorso per la Sertubi che vive di luce riflessa
con la Ferriera. In questo caso la situazione è legata anche ad altre
componenti: naturalmente alla Ferriera che non produce più ghisa, ma anche al
debito pubblico. «L’azienda lavora soprattutto con gli enti statali - sottolinea
Gozzi -. Ora data la crisi economica molti interventi pubblici sono fermi per
mancanza di liquidità. Sertubi sta aspettando poi anche il pagamento di commesse
passate. E questo ha aggravato ancor di più la crisi». Ma tutto il comparto
dell’acciaio oggi è in crisi: «Abbiano l’Ilva, la vicenda - sottolinea Gozzi - è
sotto gli occhi di tutti e Piombino la cui situazione non è migliore rispetto a
quella di Trieste dopo la fine del ciclo integrale negli stabilimenti Lucchini».
(fe. vi.)
Un piano per gestire il trasporto radioattivo
Vertici in Prefettura per l’arrivo da Vercelli delle scorie che
partiranno dal Porto in direzione Stati Uniti
Per ora solo un paio di briefing tecnici. Ma a breve partiranno le riunioni
operative al Palazzo del governo. Non appena - fa sapere la prefettura di
Trieste - saranno arrivate in piazza Unità le specifiche dell’Ispra sulle
valutazioni degli eventuali rischi collegati al passaggio lungo il territorio
triestino del trasporto su camion di scorie radioattive partite dal deposito
Avogadro di Saluggia, in provincia di Vercelli. La spedizione di cinque chili di
materiale radioattivo - combustibile nucleare esaurito - è in programma
all’inizio di novembre (la data precisa ancora non è stata ufficializzata), come
previsto dal Ministero dello Sviluppo economico. Dal Piemonte il carico giungerà
via autostrada sino al porto di Trieste, da dove sarà imbarcato su una nave
diretta infine negli Stati Uniti. Il materiale rientra infatti nel piano
americano di rimpatrio di materie nucleari strategiche di origine statunitense.
Pare inoltre che il carico verrà spostato a bordo della stessa nave partita da
Capodistria, con altre scorie radioattive già sistematevi sopra in Slovenia e
provenienti dall’Austria. Anche a Trieste la prefettura ha dunque avviato l’iter
di organizzazione della parte locale (e conclusiva) del trasporto su gomma.
Proprio dal Palazzo del governo giungono rassicurazioni per i cittadini: non vi
sono pericoli per la popolazione - spiega la prefettura -, perché si tratta di
materiali che viaggiano schermati e garantiti da sistemi di provata sicurezza.
Certo, tutte le precauzioni del caso saranno comunque prese: a proposito, in
termini di viabilità si profila la soluzione della chiusura temporanea al
traffico dei tratti stradali in cui transiterà il Tir, ma solo per i minuti
strettamente necessari al passaggio. Il tutto per evitare stazionamenti del
carico. Dunque, i disagi alla circolazione dovrebbero essere molto limitati. La
prefettura coordinerà anche l’arrivo della nave dallo scalo di Capodistria, per
quanto concerne le operazioni nel porto triestino. Del percorso in mare si
occuperanno l’armatore e le capitanerie di porto. Sembra insomma che il «no»
della Regione al transito sul territorio del Friuli Venezia Giulia di scorie
radioattive non abbia incrinato di una virgola le intenzioni del governo, che fa
riferimento ad accordi internazionali. D’altronde anche lo stesso ministro
Corrado Passera aveva confermato nelle scorse settimane che il programma sarebbe
andato avanti comunque. Il Comune, dal canto suo, in attesa di comunicazioni
formali dalla prefettura ribadisce la linea già espressa dal sindaco Roberto
Cosolini, questa volta per voce dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni:
«Per la manipolazione e il trasporto di radioisotopi c’è una legislazione tutta
speciale con regole iperstringenti, che riteniamo saranno strettamente
rispettate. Abbiamo piena fiducia nel sistema: non c’è nessun rischio».
(m.u.)
BORA.la -
Rigassificatore: dieci domande alla capitaneria di porto - replica di Carlo Franzosini a Gianfranco Badina
1) Non mi sento di dire nulla sulla pericolosità di un
impianto di rigassificazione perchè non ne ho la competenza necessaria.
=> Neanch’io, ovviamente. Quello che dicevo – mantenendo il tutto nell’alveo
delle nostre reciproche competenze – è che la pericolosità [hazard] si esprime
in probabilità di occorrenza di un fenomeno fisico legato al ciclo industriale.
Qui intendiamo la probabilità di un incidente ad una gasiera. Concordo con Lei
che la pericolosità intrinseca delle gasiere [ripeto : delle gasiere] non è
molto alta (cfr. Suo post n. 12).
Invece il rischio [risk] tiene conto delle conseguenze di questo pericolo:
perdita di vite umane, crollo di edifici, perdite economiche, conseguenze
ambientali dell’incidente etc etc. Mi spiego : la stessa gasiera, se tenuta
lontana da tutto, ha un rischio basso perché al massimo si compromette la nave e
la vita degli imbarcati. A parità di pericolosità, il rischio aumenta man mano
che la si avvicina ad un centro abitato e/o a strutture industriali. E qui
abbiamo gasiera (quella di cui stiamo parlando), più rigassificatore, più
un’altra mezza dozzina di impianti a rischio d’incidente rilevante, praticamente
dentro due centri abitati.
Chi dice che il pericolo è basso, bara. Con il fatto che il pericolo intrinseco
delle gasiere è basso, nasconde il fatto che il rischio complessivo a Zaule è
molto alto.
2) Non è vero che i sistemi off-shore siano più economici. Sono molto più
costosi e richiedono tempi di progettazione e di realizzazione maggiori.
=> Distinguiamo gli impianti offshore «fissi» GBS (Gravity Based Structure) da
quelli offshore « galleggianti » FSRU. I primi – del tipo di quello di Porto
Viro – costano più di quelli terrestri tradizionali, i secondi no. Una nave
rigassificatrice FSRU non costa più di 350 milioni € (cifra fornita dal TTRT e
comunque reperibile in rete), contro i 550 a suo tempo preventivati – senza
gasdotto ! – per l’impianto di Zaule. Nel mio post chiaramente mi riferivo al
secondo tipo di impianti.
3) Del resto le realizzazioni off-shore sono state fatte nelle zone prive di
grandi porti o con impianti portuali che non presentano fondali tali da
permettere l’ormeggio delle grosse metaniere odierne.
=> E allora perché – ancora prima che a Zaule – è stato presentato il progetto
per l’impianto off-shore al largo di Grado ? Da quel punto il porto di Trieste
mica è tanto lontano…
4) Più onerosa è anche la gestione di esercizio che deve prevedere i costi di
trasferimento del personale in mare aperto e i periodi di non operatività a
causa di condizioni meteomarine avverse. Alle possibili criticità
nell’operatività di una centrale di rigassificazione si aggiungono anche i
pericoli rappresentati da repentini peggioramenti delle condizioni atmosferiche.
=> Circa i maggiori oneri per il trasferimento del personale da terra verso
l’impianto, di quali cifre infinitesimali (percentuale sul « giro d’affari »)
stiamo parlando ? Mi auguro che a nessuno venga in mente di barattare la
sicurezza dei residenti per questi importi !
In quanto alla non-operatività di un impianto in mare aperto per meteo avversa,
ne abbiamo il corrispettivo nella non-operatività di un impianto on-shore
quando, nel nostro caso, i venti di bora non consentono l’ormeggio al molo
(scenario previsto dal progetto).
5) Il progetto FSRU di Falconare risulta più economico perchè sfrutta in parte
il già esistente terminale petrolifero della Raffineria IP.
=> Per Falconara la « convenienza » riguarda il posizionamento della FSRU
nell’area delle strutture petrolifere, già impattata e preclusa al traffico ed
alla pesca. Non c’entra la convenienza economica, che altrimenti non
spiegherebbe l’analoga scelta fatta per Livorno.
6) Potrebbe essere più economico il nuovo sistema “Offshore Regasification
Gatewey”
=> ben venga ! A questo tipo d’impianto si riferisce il sindaco di Muggia quando
parla della « boa tri-nazionale » a servizio di Italia, Slovenia e Croazia, da
collocare in un punto scelto di comune accordo tra i 3 Paesi. Io non l’ho
menzionato solo perché non è un progetto italiano : si tratta di brevetti
stranieri.
7) Nel caso del ORG previsto al largo di Porto Recanati si parla di 34
chilometri e quindi si può immaginare che un gasdotto di tale lunghezza ha un
costo elevato.
=> una lunghezza paragonabile a quella del gasdotto sottomarino che dovrebbe
collegare il terminal di Zaule a Grado, passando per il centro-golfo (per
raccogliere il gas del terminal off-shore). Questo costo, che andrà sostenuto
dal proponente del progetto (Snam rete gas), non è contemplato nella cifra
indicata per il progetto di Zaule.
8 ) La regolamentazione dell’attività di un eventuale terminale di
rigassificazione sarà contenuta nell’ordinanza che la Capitaneria di Porto
emetterà una volta che l’esecuzione ed il relativo progetto saranno certi e ben
definiti. Allo stato attuale non vi è alcuna certezza e non si può pretendere
che l’autorità marittima tracci delle regole basate su ipotesi.
=> questo, proprio, non lo reputo accettabile ! Allora di cosa stanno discutendo
in Regione (conferenza dei servizi per l’AIA – Autorizzazione Integrata
Ambientale) ? E, soprattutto, su che progetti sta discutendo il Comitato Tecnico
Regionale per verificare i criteri di sicurezza dell’impianto ?
Carlo Franzosini
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 settembre 2012
SEGNALAZIONI - Rigassificatore Domande senza risposta
Nella querelle sulle vere o presunte limitazioni ai traffici portuali di Trieste, derivanti dalla possibile costruzione del rigassificatore a Zaule, colpisce la mancanza di chiarimenti da parte dei responsabili passati ed attuali della Capitaneria e dell’Autorità Portuale. Colpisce in particolare il silenzio dell’attuale Comandante della Capitaneria, dopo le documentate domande rivoltegli pubblicamente da due docenti di ingegneria navale dell’Università, ampiamente citate dal Piccolo il 10 agosto (il testo completo della lettera è in http://bora.la/2012/08/10/rigassificatore-dieci-domande-allacapitaneria- di-porto/). Un apprezzato ex-insegnante del Nautico cita invece, come esempio da seguire, il nuovo rigassificatore di Rotterdam. Ma chiunque può controllare su Google che là hanno costruito l’impianto su un’isola artificiale affacciata sul mare aperto, con la foce del fiume Mosa larga 1300 metri, dove le navi gasiere attraccano in un canale separato, a 4 chilometri dal più vicino sobborgo abitato e a oltre 20 km dal porto container (entro 4 km da Zaule è compresa più di mezza città, inclusi gli ospedali di Cattinara e Maggiore, mentre dall’altra parte si arriva a Skofije in Slovenia). Com’è stato possibile arrivare a un tale sviluppo del progetto - ormai a ridosso delle ultime autorizzazioni - senza avere ancora chiarito quali saranno i vincoli imposti al Porto? Invece di lasciare gli operatori economici ed i cittadini nella preoccupazione, favorendo sterili polemiche, perché la Regione e gli enti preposti non interpellano l'Organizzazione Internazionale Marittima (IMO), che ha già emesso le norme marittime per il rigassificatore al largo del Po? Diamo l’indirizzo: IMO, Albert Embankment n. 4, London SE1 7SR, United Kingdom; tel: 0044 20 7735 7611. Ma non rispondono ai privati. L’IMO immagina che gli enti preposti dei vari Paesi prendano a cuore le sorti dei loro cittadini e dei loro traffici portuali.
Carlo Franzosini e Livio Sirovich
Primo sì alla legge salva-Prosecco
In commissione via libera alla norma bipartisan che consente le
coltivazioni sull’altipiano triestino
TRIESTE Primo passo avanti per la norma salvagente sul Prosecco. Ieri la
Quarta Commissione ha dato parere favorevole alla proposta di legge bipartisan
che mira a valorizzare il vino sul Carso triestino. Pdl, Pd, Udc e Rifondazione
hanno preparato un testo che darà attuazione agli annunci, di fatto mai
veramente attuati, del protocollo d’intesa sulla produzione della nuova Doc
interregionale nell’altipiano. Il documento, siglato l’8 aprile di due anni fa
tra ministero delle Politiche agricole, Regione Fvg, Associazione agricoltori,
Coldiretti Fvg, Confederazione Italiana Agricoltori e Consorzio Tutela Vini
Collio e Carso, aveva stabilito un percorso preciso. In sostanza permetteva di
avviare bonifiche e lavori di riqualificazione sui terreni del ciglione in modo
da consentire anche a Prosecco e dintorni di preparare il celebre frizzante, a
cui la nota località carsica ha dato il nome. Tra gli obiettivi anche la
semplificazione delle norme paesaggistiche e finanziamenti per gli investimenti.
Nonostante i clamori del protocollo ben poco si è mosso. E nonostante sia
prevista pure una “contingentazione” della coltivazione vitivinicola in 3.500
ettari per il Fvg (Trieste è esentata) mentre per il vicino Veneto in 16.500.
Nella regione confinante si fa quasi fatica a limitare la produzione (che
raddoppierà nel 2014 puntando quota 400 milioni), mentre qui si resta a bocca
asciutta. Non c’è ancora traccia delle azioni di ampliamento promesse, della
messa in sicurezza dei terreni, della bonifica dei siti e il ripristino dei
terrazzamenti del costone. Ci sono i vincoli comunitari della direttiva Natura
2000, rappresentata da zone Sic e Zps, a fermare tutto. Il primo firmatario del
provvedimento, Piero Tononi, con Maurizio Bucci, Piero Camber, Bruno Marini
(Pdl), Edoardo Sasco (Udc), Igor Gabrovec, Sergio Lupieri (Pd) e Igor Kocijancic
di Rifondazione mettono mano proprio su questo: una revisione e una
riperimetrazione delle aree per rimuovere i vincoli ambientali e idrogeologici
che ostacolano l’impianto di nuovi vigneti. Ieri in Commissione non sono mancate
le perplessità sugli articoli che prevedono il coinvolgimento della Protezione
civile nei piani di sicurezza del ciglione e sulla nuova mappatura. Due aspetti
che necessiteranno di ulteriori approfondimenti. «La legge – hanno osservato
Tononi e Bucci – garantirà gli strumenti adeguati per poter far sì che la glera
possa essere piantata e coltivata sul territorio triestino». «Non è infatti
ammissibile – continua Tononi – che il vino non possa essere coltivato a
Prosecco a causa di vincoli anacronistici relativi alle aree Sic e Zps. Nel
resto della regione sono già stati piantati a glera 1800 ettari sui 3500 a
disposizione. Con il nostro provvedimento si supera questa situazione kafkiana
che rivede il ruolo della Protezione civile e come si può intervenire sulle zone
Sic e Zps su cui oggi è impossibile piantare alcunché». Da Gabrovec (Pd)
l’auspicio che il testo sia approvato al più presto «in modo da dare attuazione
agli impegni assunti solennemente già due anni fa».
Gianpaolo Sarti
Il procuratore: «Si muova il sindaco sulla Ferriera»
Michele Dalla Costa: «La nostra inchiesta sarà lunga i passi immediati
spettano agli organi amministrativi»
«Noi solitamente interveniamo quando la frittata è fatta,
il primo passo spetta agli organi amministrativi. Anche in riferimento alla
legge regionale, è il sindaco che deve, se è il caso, intervenire. Nell’incontro
che abbiamo avuto c’è stata una concordanza di valutazione sul fatto che la
situazione ambientale a Servola è molto seria, ho visto il sindaco molto
sensibile sulla questione, ritengo che interverrà.» È stato molto chiaro ieri
pomeriggio il procuratore della Repubblica Michele Dalla Costa che nei giorni
scorsi ha avuto un approfondito colloquio con Roberto Cosolini. «La nostra
indagine intanto continua ed è ricognitiva e conoscitiva - ha precisato il
procuratore - riguarda le responsabilità specifiche dell’inquinamento, ma
mettiamo anche attenzione sugli organi amministrativi che presiedono al
controllo e valutiamo cioé se le amministrazioni preposte hanno posto in essere
tutto ciò che era in loro dovere. E tutto questo logicamente non soltanto per
quanto concerne le ultime settimane, ma per ciò che si è verificato nel corso di
anni. Per questo è un’indagine lunga, anche perché sono venute alla luce carenze
della rete di rilevazione delle emissioni che non è nemmeno tutta in mano
pubblica. Anche se potrebbe esserci un’accelerazione, devo dire che non solo non
è imminente una nostra decisione, ma che siamo appena nella fase iniziale
dell’inchiesta.» Non sarà la magistratura dunque a breve a far frenare o
addirittura a chiudere la Ferriera e la palla torna al sindaco. «Gli atti
amministrativi devono poggiare su dati dettagliati, coerenti e incontrovertibili
- specifica Cosolini - operazione in questo caso doppiamente difficile perché
ora i dati allarmanti arrivano da un’unica centralina, la cui validità è da
alcuni contestata.» Ieri infatti l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha
finalmente comunicato i dati di luglio. La centralina mobile posizionata in via
San Lorenzo in Selva nei pressi della stazione ferroviaria ha rilevato una media
nel mese di cinque nanogrammi per metrocubo di benzopirene, mentre ricordiamo
che la soglia di tolleranza è uno. Un dato in netta crescita rispetto ai 3,7 di
giugno e ai 3,9 di maggio. In calo e nettamente sotto la soglia invece i dati
registrati dalle altre quattro centraline: 0,4 in via Pitacco sempre a Servola
(1,1 a giugno), 0,1 sia in via Svevo che in piazza Garibaldi che a Muggia. «C’è
stato un notevole abbassamento delle emissioni in particolare in via Pitacco
dove dai 3,9 nanogrammi per metrocubo di gennaio siamo passati agli 0,4 di
luglio - fa rilevare Laureni - evidentemente anche le prescrizioni sulle
modifiche tecniche e l’assetto organizzativo dell’azienda emesse dal sindaco
hanno dato i loro effetti. Indubbiamente però c’è anche l’oggettivo superamento
della soglia prevista dalla legge regionale anche se i dati vengono proiettati
sulla media annuale. In questi giorni stiamo definendo quelle che saranno le
richieste da parte del sindaco. Il parere scritto dell’Azienda sanitaria è dato
in arrivo. Se così non sarà tra un paio di giorni lo chiederemo in forma
verbale. Stiamo lavorando al meglio per far tornare le emissioni di benzopirene
sotto la soglia di una nanogrammo per metrocubo anche nelle immediate vicinanze
della Ferriera».
Silvio Maranzana
Riconversione: manager esterno ipotesi da valutare
«Il coinvolgimento di un manager esterno per la riconversione della Ferriera
di Servola è al momento solo un'ipotesi che l'Amministrazione regionale sta
valutando insieme alle istituzioni e alle parti sociali». Lo precisa l'assessore
regionale alla Programmazione Sandra Savino (foto), a margine del Tavolo sulla
Ferriera che si è svolto lunedì mattina in Regione. «Nel corso dell'incontro -
ha aggiunto Savino - ho preso atto che questa ipotesi è vista con favore da
diversi soggetti, per ricercare e sviluppare contatti con eventuali imprenditori
interessati alla riconversione, compito che non può essere svolto dalle
Pubbliche amministrazioni. Mi impegno pertanto ad approfondirla insieme agli
uffici regionali e alla finanziaria regionale Friulia».
La protesta degli operai rischia di estendersi
Blocco alla Sertubi fino a lunedì, oggi corteo unico con i dipendenti di
Servola, portuali solidali
Ma ora la protesta rischia di trasformarsi in rivolta con il pericolo del
replicarsi a Trieste di un nuovo caso Alcoa dopo che già lunedì sera al termine
del Consiglio comunale si è rischiato il contatto fisico con i cittadini che
protestavano contro l’inquinamento e con le forze dell’ordine. I lavoratori
della Sertubi (180 su 208 sono in cassa integrazione) ieri hanno alzato il tiro
annunciando che il presidio davanti allo stabilimento continuerà fino a lunedì
prossimo allorché è previsto un incontro con i rappresentanti indiani di Jindal
e con Antonio Gozzi, amministratore delegato di Duferco group, tuttora
proprietaria dello stabilimento, e presidente di Federacciai. Il fronte della
protesta è ora diventato unico saldandosi con i dipendenti della Ferriera e
stamattina un corteo di lavoratori si sgancerà da entrambe le aziende per
arrivare congiunto in piazza Unità. «Ma vogliamo allargarlo - ha detto ieri
Michele Pepe, rsu di Sertubi per Fim-Cisl - alle altre realtà industriali in
difficoltà e al settore del commercio a propria volta in sofferenza». Già lunedì
ha portato la propria solidarietà anche un gruppo di portuali. «Dodicimila posti
di lavoro persi in tre anni - ha ammonito Franco Palman, segretario provinciale
Uilm - l’effetto domino che può portare a un disastro generale è innescato.
Eppure, come abbiamo constatato in Consiglio comunale, i nostri politici vivono
sulla luna. Evidentemente scendono solo per fare le sedute, ma poi riprendono
l’astronave. Non solo, c’è anche qualcuno, con il culo ben coperto, che provoca.
Ma in questo modo rischia di trascinare la città verso forme di lotta
incontrollabili.» La direzione aziendale ha fatto pervenire ai sindacati una
nota in cui si sottolinea che «il nuovo atteggiamento conflittuale assunto dalle
Rsu con l’appoggio delle segreterie provnciali, pur in assenza di fatti nuovi
rispetto a quelli che hanno portato alla firma della cassa integrazione, oltre a
impedire o quantomeno a ostacolare l’esercizio del diritto al lavoro dei
dipendenti che avrebbero voluto prestare la propria attività lavorativa,
impedisce all’azienda di ottemperare a un impegno preso in sede di firma. È
evidente infatti che nella situazione attuale sia impossibile ravvisare le
condizioni anche di sicurezza per avviare la campagna di verniciatura di tubi
fuori gamma provenienti da altri stabilimenti del gruppo che avrebbe consentito
di alleggerire il peso sui lavoratori del fermo di produzione e del conseguente
ricorso alla cassa integrazione». «È vero il contrario - ha replicato Umberto
Salvaneschi segretario di Fim-Cisl - gli ordinativi di tubi ci sono, ma
l’azienda anziché farli produrre a Trieste li fa venire dall’India.» «Siamo allo
stremo - ha concluso un operaio - con mutui e bollette da pagare.»
(s.m.)
Forza Nuova: Jindal vampiro industriale
«Forza Nuova esprime solidarietà e vicinanza alla lotta iniziata dai
lavoratori della Sertubi, vittime sia di una politica locale assente sia di un
vero e proprio “vampiraggio” industriale. Si è evidenziato, infatti, quale fosse
l’unico e vero interesse della Jindal che era quello di acquistare quote di
mercato per vendere il suo prodotto fatto fuori Italia. Questo è il rischio che
si corre quando si vendono aziende a degli stranieri che non hanno nulla a che
fare né con il territorio né con la popolazione indigena, il risultato sarà
sempre quello: aziende chiuse e gente in strada». Lo scrive Roberto Cecchini, da
segretario provinciale di Forza Nuova.
«Gnl, il combustibile del futuro per le navi da carico»
Alimentare le navi da carico di medie dimensioni e a lungo raggio con gas naturale liquefatto e non con i combustibili tradizionali, per ridurre i costi del trasporto marittimo e abbattere le emissioni inquinanti. È l'obiettivo del progetto "NGShiP" realizzato da un gruppo di ricerca, del quale fanno parte la Wärtsilä Italia (capofila), le Università di Trieste e Udine, Area Science Park, Rina Services, Cenergy, Navalprogetti ed Energy Automation, che si e' presentato ieri, nel corso della prima giornata del 67.mo congresso dell'Associazione termotecnica italiana, in programma al Savoia fino a venerdì. «Importanti innovazioni si prospettano per il futuro del trasporto marittimo, anche sotto la spinta delle nuove normative internazionali - è stato ribadito nel corso della presentazione - che impongono, a partire dal 2015, una drastica riduzione degli agenti inquinanti derivanti dalla propulsione navale. Questo gruppo di studio ha realizzato un nuovo concetto di nave a gas naturale liquefatto ecologica, in grado di eliminare l’emissione in atmosfera di ossidi di zolfo e particolato e di ridurre le emissioni di CO2 e ossidi d’azoto rispettivamente del 25 e dell’85 per cento». Ecco che da un lato si taglierà il costo del rifornimento attuale, a base di olio combustibile, il cui rincaro potrebbe raggiungere a breve il 60 per cento, con una spesa aggiuntiva di 300 dollari per tonnellata. Dall’altro, si rispetterà l’esigenza di salvaguardare l’ambiente, con la drastica riduzione degli inquinanti dal 2015, dapprima nelle cosiddette zone Eca (Emission Controlled Area), comprendenti il Mar Baltico e le coste Usa, con un possibile ampliamento al Mediterraneo e ad alcuni dei più importanti porti asiatici come Singapore e all’Oceania e poi, dal 2020, in tutto il mondo. «L’utilizzo del Gnl porta indubbi vantaggi - così Rodolfo Taccani, dell’Università di Trieste - sia in termini di abbattimento delle emissioni sia di risparmio, considerando che il suo costo rispetto ai combustibili tradizionali è inferiore e destinato a scendere ulteriormente». "NGShiP" consente di ridurre i costi di gestione della nave fino al 40 per cento rispetto all’utilizzo di combustibili a basso contenuto di zolfo. «L’esperienza di Wärtsilä nella costruzione di motori a gas dual-fuel è ormai consolidata - ha sottolineato Yves Bui, capo progetto NGShiP della Wärtsilä - ma avevamo bisogno di confrontarci con un team di ricercatori molto qualificati.
Ugo Salvini
Dieci nuove antenne nel comune di Muggia per la banda
larga - CONSIGLIO COMUNALE
Presentato il piano che individua i siti dove collocare gli impianti Sarà
esclusa solo la zona di Chiampore già “satura” di emissioni
MUGGIA Saranno molto probabilmente dieci le nuove antenne di telefonia
mobile che saranno installate a Muggia. Sono queste le richieste fatte dai
gestori telefonici dopo aver verificato sul territorio le esigenze per avere una
maggiore copertura del segnale sul territorio. Tra le zone individuate è stata
esclusa Chiampore, dove sono già presenti un numero di impianti di
radiotelevisione le cui emissioni elettromagnetiche non consentono di installare
nuove stazioni di trasmissione. Sul resto del comune di Muggia invece le antenne
per la telefonia mobile con molta probabilità - il regolamento definitivo deve
ancora essere discusso in Consiglio comunale – saranno posizionate ad Aquilinia,
zona industriale delle Noghere, zona cimitero, zona stadio Zaccaria,
Zindis-Porto S.Rocco e Lazzaretto. Anche se il numero di richieste da parte dei
gestori ha superato le 21 postazioni, che molto spesso sono siti alternativi,
gli effettivi nuovi impianti che verranno installati non dovrebbero essere più
di una decina, come ha spiegato Alfio Turco di Polab, che ha collaborato con il
Comune di Muggia nell'estensione del regolamento sulla telefonia mobile. Le
tecnologie sono poi in continua evoluzione e per questo gli operatori si stanno
già preparando per entrare sul mercato con il nuovo sistema Lte (Long term
evolution) a banda larga che sarà operativo tra un paio d'anni. Così se da un
lato un numero maggiore di antenne aumenta i campi magnetici, a Muggia sono
presenti già undici impianti (due saranno risanati: e precisamente quelli di via
XVV Aprile e della zona cimitero con il riposizionamento più in alto delle
antenne), dall'altro riduce, pare, la pericolosità delle emissioni. In ogni caso
sono le normative regionali, nazionali ed europee che dettano gli indirizzi e
gli obiettivi in termini di limiti di emissioni e di nuovi impianti mentre i
comuni possono solo dotarsi di un regolamento per la localizzazione delle
antenne sulla base di quanto stabilito dal piano regionale. Per questo motivo le
amministrazioni comunali, spiega ancora Alfio Turco «non possono negare
l'installazione di nuove antenne, ma possono invece indicare le posizioni
migliori per ridurre il più possibile l'impatto elettromagnetico. La legge
regionale infatti obbliga i gestori a presentare ai comuni dei piani di
ampliamento sul territorio». Lo studio condotto dalla Polab, a seguito della
richieste da parte delle compagnie telefoniche di estendere la presenza di
antenne sul territorio, rivela che “ci sarà un aumento del campo magnetico ma si
abbasserà la potenza di emissione e di conseguenza le criticità”. «Stiamo
lavorando - dice l'assessore all'Ambiente Fabio Longo - per approvare un
regolamento che possa consentire di avere uno strumento utile per fugare tutte
le paure e le problematiche, anche perché faremo riferimento al principio di
precauzione». Un principio che fa riferimento ai limiti previsti dalle normative
in tema di emissioni. «Se da un lato in Italia il principio di precauzione
indica che le onde elettromagnetiche non possono superare i 6 volt-metro –
sottolinea Longo – le norme comunitarie limitano le emissioni a 0,6 volt con
l'obiettivo di raggiungere i 0,2. Per questo motivo nel regolamento non abbiamo
voluto indicare i valori limite, ma solo il principio di precauzione, così nel
momento in cui sarà operativa in Italia la direttiva, i gestori dovranno per
forza rifarsi a quanto indicato dalle norme europee». I nuovi siti individuati
dai gestori e inseriti nel regolamento sono tutti di proprietà privata. «In
futuro - ha suggerito Paolo Lusin, responsabile del servizio Ambiente del Comune
di Muggia - sarebbe opportuno individuare zone di proprietà comunale. Questo
consentirebbe da una parte un maggiore controllo ma anche la possibilità di
avere delle entrate economiche grazie ai canoni di affitto corrisposti dalle
compagnie telefoniche».
Ivana Gherbaz
Duino, i punti luce a led Zone periferiche più buie
L’appalto da due milioni e 350 mila euro è stato aggiudicato alla società
Insigna
L’intensità sarà regolabile dal Comune. Romita (Pdl):
«Attenti alla sicurezza»
DUINO AURISINA Illuminazione pubblica vetusta, addio. La giunta Kukanja ha
ufficialmente fatto partire l'operazione “restyling”, avviando una manutenzione
straordinaria degli impianti - in alcuni casi vecchi di oltre quarantanni - per
arrivare alla progressiva sostituzione dell'ormai obsoleto "parco lampadine" del
Comune. Sarà Insigna, società che svolge esclusivamente servizi di illuminazione
pubblica per conto di Sinergie, a sua volta controllata da Acegas-Aps, a
eseguire gli interventi. «Il Comune – spiega l'assessore ai Lavori pubblici,
Andrej Cunja - ha affidato tramite la convenzione nazionale Consip la gestione
dell'illuminazione pubblica per i prossimi nove anni al vincitore della gara per
il Nord-est ovvero Insigna. Il nuovo gestore provvederà alla sostituzione
graduale al 55% dell'ormai obsoleto "parco lampadine" dell'ente, passando dai
vapori di mercurio a quelli di sodio e ioduri metallici. Inoltre – prosegue -
provvederà, sempre per gradi, all'aggiornamento impiantistico di una parte dei
quadri elettrici di linea a favore della sicurezza, dotandoli di un riarmo
automatico. L'intenzione, in linea generale, è comunque quella di automatizzare
i riarmi con un controllo da remoto su tutto il territorio». La società,
pertanto, provvederà alla messa a norma e alla piena funzionalità dei tratti
della rete di illuminazione pubblica ormai usurati e non più in linea con le
caratteristiche tecniche e di sicurezza richieste oggi dalla normativa. Il
valore complessivo del contratto, sottolinea l'assessore Cunja, è di 2 milioni
350mila euro (più Iva) spalmati appunto su un lasso di nove anni. In linea con
una politica incentrata al perseguimento della buona amministrazione, gli
interventi potrebbero essere orientati anche al risparmio energetico, magari con
l’installazione di regolatori di flusso per consentire, in talune zone, la
diminuzione dell’illuminazione notturna. «Rimarrà facoltà del Comune – conclude
infatti Cunja - diminuire eventualmente il flusso luminoso in aree periferiche
durante la notte inoltrata al fine di ridurre i consumi». La pubblica
illuminazione rappresenta del resto una voce non irrisoria nella bolletta
energetica comunale. Gestita in modo efficiente, dunque, potrebbe portare
importanti riduzioni dei consumi energetici. Non va scordato che a Duino
Aurisina, secondo territorio in provincia per estensione (copre una superficie
di 45 chilometri quadrati), esistono circa 2.500 punti luminosi. «L'importante –
commenta l'opposizione per bocca del pidiellino Massimo Romita – è che vi sia
un'implementazione della rete pubblica in aree ora scarsamente illuminate, penso
alla zona di Visogliano, sia al campo sportivo che verso il paese vecchio. Trovo
giusto il risparmio e l'intervento di sistemazione poiché effettivamente alcuni
impianti risultano obsoleti e fuori norma ma non va scordato che le persone
chiedono sicurezza e prima di ridurre l'illuminazione è bene ponderare ogni
zona».
Tiziana Carpinelli
BORA.la - MARTEDI', 11 settembre 2012
Rigassificatore: dieci domande alla capitaneria di porto - replica di Gianfranco Badina
Non mi sento di dire nulla sulla pericolosità di un
impianto di rigassificazione perchè non ne ho la competenza necessaria. Da
osservatore esterno posso però notare che ci sono nel mondo circa 70
rigassificatori serviti da 350 navi che compiono circa 4000 viaggi all’anno e
l’unico incidente grave finora registrato risale al lontano 1944 a Cleveland
(USA) quando le tecnologie erano di gran lunga più antiquate.
Non è vero che i sistemi off-shore siano più economici. Sono molto più costosi e
richiedono tempi di progettazione e di realizzazione maggiori. Del resto le
realizzazioni off-shore sono state fatte nelle zone prive di grandi porti o con
impianti portuali che non presentano fondali tali da permettere l’ormeggio delle
grosse metaniere odierne. Più oneroso è anche la gestione di esercizio che deve
prevedere i costi di trasferimento del personale in mare aperto e i periodi di
non operatività a causa di condizioni meteomarine avverse. Alle possibili
criticità nell’operatività di una centrale di rigassificazione si aggiungono
anche i pericoli rappresentati da repentini peggioramenti delle condizioni
atmosferiche. Il progetto FSRU di Falconare risulta più economico perchè sfrutta
in parte il già esistente terminale petrolifero della Raffineria IP. Potrebbe
essere più economico il nuovo sistema “Offshore Regasification Gatewey” dove la
rigassificazione avviene sulle stesse metaniere che trasportano il prodotto,
opportunamente modificate, ma solamente se i punti di caricazione sono
abbastanza vicini e quindi bastano due o tre navi per far fronte alla richiesta.
Dipende poi dalla distanza a cui la boa di ormeggio è ancorata. Nel caso del ORG
previsto al largo di Porto Recanati si parla di 34 chilometri e quindi si può
immaginare che un gasdotto di tale lunghezza ha un costo elevato.
La regolamentazione dell’attività di un eventuale terminale di rigassificazione
sarà contenuta nell’ordinanza che la Capitaneria di Porto emetterà una volta che
l’esecuzione ed il relativo progetto saranno certi e ben definiti. Allo stato
attuale non vi è alcuna certezza e non si può pretendere che l’autorità
marittima tracci delle regole basate su ipotesi. Una certa anticipazione è stata
fatta peraltro dall’Ammiraglio Basile quando ha affermato che non vedeva
incolpatibilità tra il traffico delle gasiere e quello delle altre navi operanti
nello scalo. In seguito a ciò è stata stilata la lettera aperta che ha dato
origine a questa dicussione.
IL PICCOLO - MARTEDI', 11 settembre 2012
Ferriera, alla Lucchini l’onere delle bonifiche
Il megatavolo rinvia la decisione sulle ipotesi di riconversione a Servola
Proposto un manager che vada a caccia di imprenditori disposti a investire
Fare pressioni più forti sul Governo per un intervento immediato e non solo
finanziario, mettere spalle al muro la Lucchini per indurla a pagare la bonifica
perlomeno dell’area demaniale, identificare un manager consulente della
riconversione che faccia il cacciatore di imprenditori disposti a investire
sull’area di Servola. È il topolino partorito dalla montagna di rappresentanti
di istituzioni, associazioni di categoria e forze sindacali che hanno
partecipato ieri mattina al megatavolo sulla Ferriera che si è riunito nel
palazzo della Regione e che doveva stringere sul lavoro fatto da 27 tavoli
precedenti. La convocazione era stata fatta perché tutti si esprimessero a
favore di uno dei quattro possibili scenari futuri delineati dalla Regione:
ferriera con cokeria, ferriera senza cokeria, nuove industrie, terminal
logistico. Quasi nessuno ha scelto nulla. «Mi aspettavo qualcosa di più - ha
concluso amaramente l’assessore a Programmazione e Ambiente Sandra Savino che
più tardi si è detta contraria a pagare un consulente esterno - una delle
quattro opportunità doveva emergere sulle altre». Il tutto mentre fuori il mondo
stava franando. Quattro rappresentanti del Consiglio di fabbrica di Sertubi,
dov’è stato allestito un presidio esterno e dove 180 dei 208 dipendenti sono in
cassa integrazione, hanno fatto pacifica irruzione alla riunione, i lavoratori
della Ferriera preannunciavano un’assemblea in piazza Unità per le 18 e il
sindaco Roberto Cosolini informava di essere stato convocato dal Procuratore
della repubblica facendo apparire come imminente una sua ingiunzione alla
Lucchini per la riduzione dell’attività. Del resto solo il forte senso di
democrazia proprio di Savino e Cosolini ha fatto sì che i lavori del Tavolo, in
precedenza a porte chiuse, potesse svolgersi alla presenza della stampa, nella
massima trasparenza. È stato lo stesso sindaco a fare un’efficace sintesi della
situazione dopo lunghi interventi dispersivi. «Oggi ci troviamo di fronte a due
gravi crisi di eguale gravità, ma ben distinte - ha affermato - La situazione
drammatica di Sertubi non è causata dalla Ferriera, ma dalla mancanza di
chiarezza nella strategia industriale di Sertubi. Dal canto suo la Lucchini
soffre di precarietà industriale ed è fonte di problemi di salute. Si tratta di
vedere se riusciamo a diluire la precarietà e a ridurre il danno ambientale.
Serve un serrato confronto con l’azienda che deve bonificare l’area in terreno
demaniale prima di restituirla perché non può mollarci con il cerino in mano.
Poi è indispensabile coinvolgere appieno nella partita il Governo perché da soli
non ce la faremo mai, infine identificare un manager della riconversione che
faccia da tramite tra le istituzioni e il mercato». Adriano Sincovich,
segretario provinciale Cgil, ha improvvisamente alzato la voce: «È inaccettabile
che il presidente Razeto di Confindustria affermi che sarà un soggetto privato
come la Lucchini a decidere quando chiudere. Chiediamo uno sforzo di ideazione,
intimiamo ai rappresentanti degli imprenditori: fate il vostro mestiere». «Non
ho detto che la Lucchini può fare ciò che vuole - ha replicato il presidente
degli industriali - dobbiamo colloquiare con l’azienda». «Un sistema debole come
il nostro è facile preda di imprenditori sciacalli», ha ammonito Franco Palman
(Uilm) e secondo Marco Stolfa (Ugl metalmeccanici) accade che «qualche
filibustiere venga qui e ci strizzi come un limone, com’è avvenuto con la
Stock». Luciano Bordin, segretario provinciale Cisl ha detto di aver preso atto
che l’ad di Sertubi, Leonardo Montesi vuole fare il commerciante perché ha
affermato che a Trieste non si fonderanno più tubi, ma qui potrà essere
insediato un centro per la distribuzione dei tubi. «Nel complesso della Ferriera
c’è un capannone di 27mila metri quadrati con 4 accessi ferroviari e 2 gru che
era l’acciaieria, inutilizzato da 15 anni. Forse un imprenditore potrebbe essere
interessato per una fase di transizione», ha suggerito Stefano Borini (Fiom).
Conclusioni: il Tavolo è aggiornato al 2 ottobre, ma si apre un altro tavolo
sulla crisi Sertubi, mentre un ennesimo tavolo per l’approfondimento tecnico
delle quattro ipotesi di riconversione si riunirà il 20 settembre.
Silvio Maranzana
Un'escalation di malattie tra i lavoratori
«Anche all’interno dello stabilimento servolano si
registra una forte escalation di malattie professionali, un dipendente è
deceduto per una patologia correlabile alle emissioni proprio il mese scorso e
ora una diagnosi terribile legata a patologie bronco polmonari è stata fatta a
un lavoratore che fa anche militanza sindacale». La denuncia è arrivata
stavolta, nel pieno del Tavolo di ieri mattina, da un rappresentante dei
lavoratori, il segretario provinciale Failms-Cisal Giulio Frisari. Lo stesso
assessore Sandra Savino al termine ha tolto residue illusioni: «Una siderurgia
pulità è pressoché impossibile a causa dei costi altissimi neccessari per gli
investimenti e della crisi che attraversa il settore.
E in Consiglio scoppia la bagarre
Contestati Bucci , Menis e Furlanic. In piazza a tarda ora si sfiora la
rissa
La tensione va crescendo di minuto in minuto all’interno del Consiglio
comunale convocato nel tardo pomeriggio per dibattere la crisi del Polo
siderurgico. La quarantina di operai di Ferriera e Sertubi che riescono a
prendere posto nello spazio riservato al pubblico, unitamente anche ad alcuni
rappresentanti delle associazioni rionali e ambientaliste incominciano a
rumoreggiare già mentre il sindaco Cosolini e l’assessore Savino fanno le
relazioni su quanto accaduto al Tavolo della mattina oltre a riepilogare i
provvedimenti presi negli ultimi anni. La bagarre vera e propria scoppia a una
frase di Maurizio Bucci (Pdl): «Dal 1945 a oggi non ricordo a Trieste nemmeno un
morto per fame, ma ricordo migliaia di morti per cancro». «Vergogna», «Buffone»,
«Veniamo a mangiare a casa tua», «Ti aspettiamo fuori», le urla che giungono
dagli operai. Bucci ricorda di essere stato favorevole alla chiusura della
Ferriera nel 2009 e addossa alla giunta regionale guidata da Riccardo Illy che
ha voluto rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale la responsabilità
della situazione attuale. «Ora invito il sindaco ad agire (nel senso di
ingiungere all’azienda di ridurre l’attività) - tuona - come gli impone la
legge.» Altri strali contro il grillino Paolo Menis che invoca: «Sindaco, lei
deve agire perché il diritto alla salute viene prima del diritto al lavoro».
Anche lui viene accolto con fischi e urla del tipo: «Sei pazzo». «Ho già
comunicato anche all’azienda - aveva riferito prima Cosolini - che il Comune ha
l’obbligo di intervenire. Gli interventi sono in fase di definizione e
richiedono prima un parere dell’Azienda sanitaria». Interviene anche l’ex
sindaco Roberto Dipiazza: «Anch’io ero favorevole alla chiusura nel 2009, poi mi
sono ritrovato gli operai con i figli in braccio che mi chiedevano: chi gli darà
da mangiare. Ho cambiato opinione, solo i paracarri non lo fanno. Ora bisogna
creare una task force, ma attenti a non dare in mano tutto a un manager non
triestino come aveva fatto Illy con Gambardella. E poi non si può sempre dire no
a tutto, compreso il rigassificatore». I lavoratori chiedono di parlare e se la
prendono anche con un comunista, il presidente Iztok Furlanic che vuole far
rispettare il regolamento e minaccia di far sgombrare l’aula. «Siamo cittadini,
non siamo schiavi - urla Franco Palman (Uilm) - vogliamo rispetto.» Dopo una
mozione di Franco Bandelli (Un’altra Trieste) che chiede di aprire agli
interventi del pubblico cominciano a parlare sindacalisti e cittadini, ma sono
già quasi le nove e sotto il municipio altre decine di operai urlano e
fischiano. Al rompete le righe, poco prima delle dieci, in piazza ci vorranno i
carabinieri a tenere separati da una parte i lavoratori, dall’altra i residenti,
venuti quasi alle mani inun crescendo di insulti.
(s.m.)
Sertubi, presidio degli operai «Ora diventerà un
deposito»
Alta la tensione dopo lo scenario funreeo disegnato dall’ad Leonardo
Montesi «Siamo stati presi in giro, qui non c’è futuro». La solidarietà del
sindaco
«Meno tubi agli indiani, più lavoro agli italiani», «Vogliamo investimenti e
non licenziamenti», «La Sertubi non è solo un marchio». La rabbia dei dipendenti
della Sertubi si specchia nelle parole degli striscioni appesi fuori dallo
stabilimento di via Von Bruck, dove dall’alba di ieri è in atto un presidio dei
lavoratori che di fatto blocca la produzione a tempo indeterminato. Una protesta
che nasce dalle parole dall’amministratore delegato di Jindal Saw Italia
Leonardo Montesi che ha parlato di «destino della Sertubi segnato», ma anche
dalla situazione difficile dell’azienda da un anno a questa parte, da quando
cioè la proprietà della Duferco ha affittato per cinque anni all’indiana Jindal
il ramo produttivo di Sertubi Trieste. Ben 180 dei 208 dipendenti dello
stabilimento sono in cassa integrazione ordinaria ed il loro futuro è alquanto
nebuloso. «Siamo stati letteralmente presi in giro – sbotta Stefano, moglie e
due figli a carico -. Finora abbiamo ricevuto solo parole e promesse, ma nessuna
azione concreta. Abbiamo capito che qui non c’è futuro e non ci sono
alternative». La pensa allo stesso modo Alessandro, 30 anni, da dieci dipendente
dello stabilimento: «Siamo delusi, amareggiati,sfiduciati. Si nascondono dietro
a mille scusanti, ma la realtà dura e cruda è che vogliono chiudere la
produzione e utilizzare Sertubi come un semplice magazzino». Andrea, 41 anni,
parla di «un orizzonte nero, dove finiremo col ritrovarci tutti in strada senza
una via di uscita». Sandra, sposata con due figli, lavora nel ramo
amministrativo da quando è stata aperta l’azienda: «Vivo ogni giorno
nell’incertezza con ansia e preoccupazione. Non vedo soluzioni e penso a tutte
le persone che hanno perso il lavoro e non hanno prospettive». A portare la loro
solidarietà ai dipendenti della Sertubi, anche una ventina di lavoratori del
Porto. Intanto il blocco continuerà ad oltranza. «Non vogliamo più che il nostro
interlocutore sia Montesi, in quanto si è dimostrato inattendibile – spiegano
Mauro Broili, Rsu Fiom e Alfonso Senatore della Fiom -. Chiediamo un incontro
con la proprietà della Sertubi». Ieri mattina alle 9 anche il sindaco Roberto
Cosolini è andato alla Sertubi per parlare con i rappresentanti della Fiom».
Pierpaolo Pitich
«É IN GIOCO LA SORTE DI MILLE FAMIGLIE»
Un centinaio di lavoratori dello stabilimento si sono radunati in piazza
Unità, poi sono entrati in Municipio
Non ci sono striscioni né bandiere. Non si levano cori di nessun tipo. E’ un
presidio silenzioso quello organizzato dai lavoratori della Ferriera davanti al
palazzo del Comune, al cui interno si discute del futuro dello stabilimento
siderurgico. Sono oltre un centinaio a radunarsi nella cornice di piazza Unità,
tra questi anche un gruppo di lavoratori della Sertubi. Una rappresentanza
assiste al dibattito nell’aula del Consiglio Comunale. Il clima è tranquillo, ma
la sensazione è che siamo soltanto all’inizio di una lunga battaglia e che alle
porte ci sia un autunno caldo sul fronte dell’industria siderurgica triestina.
In mezzo ai gruppetti che discutono di presente e futuro, tante storie da
raccontare. Storie di vita vissuta, in una parola storie di Ferriera. Rocky ha
due figli e la moglie lavora insieme a lui nello stabilimento di Servola:
«Viviamo con la paura di rimanere in strada da un giorno all’altro. Ormai non
crediamo più a quello che ci raccontano. Chiediamo solo la dignità del lavoro,
nient’altro». Per Massimiliano che lavora in Ferriera da sette anni non ci sono
dubbi: «Finora abbiamo visto solo tante chiacchiere e zero fatti. Non c’è la
volontà di risolvere la situazione, ma si gira a vuoto intorno al problema».
Tonino lavora nello stabilimento di Servola da oltre trent’anni, una vita in
Ferriera: «Stiamo pagando la cronica mancanza di investimenti, ma dobbiamo
evitare che venga staccato il cordone ombelicale con l’industria siderurgica.
Non è giusto venir trattati come lavoratori emarginati e declassati». Simon, 39
anni, usa una metafora piuttosto forte: «La Ferriera è come una bomba ad
orologeria, che può scoppiare in qualsiasi momento. Stiamo parlando di mille
famiglie che rischiano di rimanere al palo». Davide ha 50 anni, la metà vissuti
nello stabilimento di Servola: «Si vive alla giornata con parecchio timore in
corpo. Il problema non è certo di oggi, ma si è trascinato nel tempo. Sarebbe
auspicabile una presa di coscienza della classe politica per favorire la
riconversione dello stabilimento». Così infine i rappresentanti sindacali. Per
Stefano Borini della Fiom: «Serve garantire la continuità produttiva in un
processo di trasformazione industriale dove la logistica diventa funzionale
all’industria». Secondo Franco Palman, delle Rsu Ferriera: «Ridurre la
produzione è come dare il colpo di grazia allo stabilimento. Il futuro della
Ferriera si gioca a Trieste. Questo territorio non può più permettersi di
perdere posti di lavoro».
Consiglio - La legge sul Prosecco
Torna in commissione Alle 10 di oggi è convocata la quarta commissione. Torna così all’esame del Consiglio la discussa proposta di legge che riguarda la valorizzazione della nuova Doc interregionale Prosecco. Sempre oggi, in terza commissione, si discuterà dell’uso terapeutico della cannabis.
Villaggio del Fanciullo: 90 operatori a rischio «Siamo
senza soldi»
Le banche non concedono più finanziamenti. In difficoltà tipografia,
strutture di accoglienza e corsi professionali
Forse è ancora troppo presto per parlare di vera e propria emergenza, ma
l’aria che si respira al Villaggio del Fanciullo è pesante. Le banche hanno
chiuso i rubinetti dei finanziamenti e mancano liquidità per riprendere le
attività e pagare il personale. Un quadro preoccupante innanzitutto per la
tipografia che, complice la progressiva diminuzione dei clienti, a partire dallo
scorso anno ha messo in cassa integrazione 16 dei 26 dipendenti in servizio. Il
numero potrebbe salire. Ora il problema economico si allarga a macchia d’olio su
tutti i rami in cui è storicamente impegnata la struttura di Opicina: il
sociale. L’Opera Villaggio del Fanciullo è un ente di culto e fa riferimento
alla diocesi che nomina i componenti del cda; è in campo in vari settori che,
sotto diverse forme, contribuiscono ad aiutare i giovani, talvolta in situazione
di disagio, e il loro percorso di formazione. Ma anche gli adulti, con i corsi
di specializzazione e reinserimento lavorativo. Si calcola che, complessivamente
sono più di 550 gli utenti a cui il Villaggio dà risposta, per una novantina di
operatori, a cui vanno aggiunti i 40 collaboratori esterni. Nel dettaglio il
complesso di Opicina accoglie, oltre all’attività di tipografia, 16 ragazzi dai
13 ai 18 anni ospitati nelle due “ville”. Sono 42, invece, gli adolescenti
seguiti direttamente nelle famiglie di origine. Per questi servizi l’Opera
impiega una trentina di dipendenti. Ma è il Centro di Formazione Professionale
che conta il maggior numero di giovani e non. L’anno scorso risultavano 160
iscritti ai corsi di grafica, cucina e pasticceria. 350, invece, i partecipanti
alle specializzazioni, adulti compresi. Una realtà che dispone di circa 30
insegnanti più una quarantina di collaboratori. Attività che il Villaggio può
sostenere attraverso le convenzioni con la Regione, nel caso dei corsi di
formazione, e con le rette pagate dai Comuni per l’affidamento dei minori nelle
strutture di accoglienza. Gli enti, si sa, ci mettono del tempo prima di erogare
i fondi ed è quindi necessario ricorrere al credito bancario. Ma da due mesi, da
quanto si apprende, i tre istituti a cui l’Opera si affida abitualmente hanno
detto no. O quasi. C’è crisi e i prestiti si concedono con sempre più
difficoltà: a fronte dei finanziamenti pubblici attesi le banche anticipavano
finora circa l’80%. Somme al momento non ancora inoltrate, rendono noto al
Villaggio, perché i tempi burocratici sono ben più lunghi di quelli previsti
dalle banche. Su questo grava anche il bilancio, in rosso da 6 anni, fanno
sapere a Opicina, anche a causa degli interessi applicati sul credito dagli
stessi istituti, oltre che dalla riduzione del lavoro in tipografia. Gli
immobili in proprietà, inoltre, sono stati sottoposti a vari interventi di
manutenzione e ristrutturazione: costi lievitati in seguito ai vincoli
architettonici posti dalla Soprintendenza. Il risultato è non trovare soldi per
retribuire i dipendenti e pagare il materiale necessario. Un colpo al cuore per
la città se le cose dovessero prendere questa piega: il Villaggio, attualmente
presieduto da don Nino Angeli, ha più di 60 anni di storia. Alla sua guida si
sono susseguiti don Antonio De Santi e monsignor Piergiorgio Ragazzoni. Da
Opicina, nel tempo, sono passati migliaia di giovani. «Siamo in seria difficoltà
- conferma il vice-presidente Claudio Stagni - anche se credo che l’avvio delle
attività non sarà in vero pericolo. Questa situazione che si è venuta a creare -
spiega ancora - non ci dà di certo la giusta serenità nei confronti dei nostri
dipendenti e, dunque, degli utenti». In questi giorni il Villaggio starebbe
contrattando con le banche proprio il necessario per retribuire il personale.
Nulla, a quanto, risulta, è ancora certo. «Prima di lanciare un allarme alla
città e alle istituzioni - osserva il vice-presidente - dovremo confrontarci in
modo più approfondito con gli istituti di credito. Con l’auspicio che la
situazione possa davvero migliorare». La Curia, contattata, al momento mantiene
riserbo sulla vicenda.
Gianpaolo Sarti
Su Facebook il grido di aiuto
L’Opera Villaggio del Fanciullo sta pensando di rispondere ai problemi
economici di questo periodo avviando una campagna di sensibilizzazione ad hoc.
L’iniziativa potrebbe partire a breve attraverso i social network, da quanto si
apprende, e sarà allargata innanzitutto alle migliaia di ragazzi, oggi adulti,
che in sessant’anni di storia del Villaggio hanno frequentato la struttura di
Opicina, chi con l’accoglienza nelle “ville”, chi con i corsi di formazione
professionale. L’obiettivo non è tanto chiedere un contributo economico diretto,
quanto piuttosto opportunità di lavoro per la tipografia, il settore che al
momento appare più in difficoltà. Servono clienti, insomma, per riprendere
l’attività a pieno ritmo. La tipografia, che opera nel mercato privato e non
riceve contributi pubblici, come tante realtà commerciali spesso si trova in
difficoltà anche nell’ incasso delle fatture sui lavori commissionati.
(g.s.)
Trieste Next, passerella a Lubiana - Cosolini
illustrerà la campagna europea contro lo spreco
La prima edizione di Trieste Next, il Salone Europeo dell’Innovazione e
della Ricerca Scientifica dedicato al tema Save the Food, in programma a Trieste
dal 28 al 30 settembre 2012 sarà presentata stamane nel corso di una conferenza
stampa internazionale a Lubiana, grazie all’ospitalità del Sindaco Zoran
Jankovic. Sarà l’occasione per il sindaco di Trieste Roberto Cosolini per
presentare al suo omologo di Lubiana la prima Giornata contro lo spreco 2012
promossa da Last Minute Market nell’ambito della campagna europea “Un anno
contro lo spreco”. L’obiettivo è riunire a Trieste 100 sindaci del Nordest e
dell’Euroregione - l’appuntamento è fissato per sabato 29 settembre alle ore 12
nel Ridotto del Teatro Verdi di Trieste - per la firma collettiva della Carta
Nordest ed Euroregione Spreco Zero, un decalogo di buone pratiche che si basa
sulla Risoluzione del Parlamento Europeo “Come evitare lo spreco di alimenti:
strategie per migliorare l’efficienza della catena alimentare nell’UE” e sugli
obiettivi della campagna di Last Minute Market, avviata proprio a Bruxelles
nell’ottobre 2010 e già sottoscritta da molte personalità della cultura, della
scienza, delle istituzioni. L’Università degli Studi di Trieste interverrà per
illustrare alcuni dei progetti transfrontalieri che Trieste Next presenterà nel
corso di incontri aperti al pubblico nelle giornate di fine settembre: esempi
virtuosi di cooperazione transfrontaliera caratterizzata da una forte
interdisciplinarietà, fra i quali il progetto strategico Trans2Care (www.trans2care.eu).
Energia, se ne parla a Trieste - Da oggi a venerdì
congresso dell’Associazione termotecnica
L’energia intesa come stimolo per lo sviluppo di nuove opportunità di
innovazione per la sostenibilità. Su questo tema si dibatterà, da oggi a
venerdì, allo Starhotel Savoia, nell’ambito del 67° Congresso annuale
dell’Associazione termotecnica italiana. Si parlerà di produzione dell’energia,
risparmio energetico e utilizzo di fonti rinnovabili. L’Ati opera da oltre 60
anni, diffondendo la cultura termo energetica sia nel mondo accademico, sia in
quello industriale e divenendo polo di aggregazione di organismi attivi in
ambiti collegati. Il continuo intensificarsi delle problematiche inerenti la
copertura dei fabbisogni di energia ha portato a un progressivo aumento
dell’interesse del mondo scientifico verso tali argomenti, con un conseguente
sviluppo della ricerca nei settori termo energetico e delle nuove tecnologie,
risvegliando la sensibilità pubblica verso il tema della protezione
dell’ambiente. Oggi si parlerà di “NgshiP”, progetto di ricerca industriale che
ha realizzato un nuovo concetto di nave a gas naturale liquefatto ecologica, in
grado di eliminare l’emissione in atmosfera di ossidi di zolfo e particolato, e
di ridurre le emissioni di Co2 e ossidi d’azoto. Hanno fatto parte del gruppo di
ricerca: Wärtsilä Italia (capofila), l’Università di Trieste e di Udine, Area
Science Park, Rina Services, Cenergy. Info: Ati Sezione regionale, Dipartimento
di Ingegneria meccanica e navale dell’Università (040-5583809/3051, nzuliani@units.it,
www.ATI2012-fvg.ts.it. Segreteria organizzativa: Smile Service srl (0403481631,
Fax 0403487023, info@smileservice.it).
(u. s.)
SERVIZIO PUBBLICO.it - LUNEDI', 10 settembre 2012
"Sniffing coke" di Marco Depperu - film VINCITORE DI
GENERAZIONE REPORTER- SEZIONE 18-30 ANNI - 2° classificato
Lo stabilimento siderurgico di Trieste è da anni fonte di dibattito in città.
Chi sottolinea la questione occupazionale si contrappone alla lotta per
difendere la propria salute e quella degli altri residenti, che da sempre
convivono con la polvere nera di Coke e altre sostanze cancerogene.
IL PICCOLO - LUNEDI', 10 settembre 2012
Sindacati all’attacco, oggi blocco alla Sertubi
Pepe (Fim Cisl): su 280 lavoratori ne resteranno forse un’ottantina, ma
lotteremo fino alla fine
«Non abbiamo più nulla da perdere. Oggi bloccheremo la Sertubi. Se vogliono
mandarci via avranno vita dura». Parole determinate e disperate quelle
pronunciate da Michele Pepe, il rappresentante della Fim Cisl all’interno della
Sertubi, azienda legata alla Ferriera. Pepe parla anche a nome delle altre sigle
sindacali. Il suo timore, sempre più concreto, nasce dalle dichiarazioni di
Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal Saw Italia, l’azienda che ha
affittato per cinque anni il ramo di Sertubi a Trieste, secondo le quali «il
destino di Sertubi è segnato. Senza la ghisa della Ferriera non possiamo
produrre i tubi. Potremmo fondere con il nostro forno elettrico, ma risulta
estremamente antieconomico. Ce la faremmo a stare sul mercato soltanto se il
governo ci applicasse forti sconti sull'energia elettrica, ma potrebbe farlo
solo a una filiera di aziende, cioè se anche la Ferriera restasse in vita.
Sappiamo però che così non sarà. Presto dunque a Trieste non si produrranno più
tubi». Parole cui sono seguite quelle dette ieri da Montesi: la Jindal intende
proseguire a Trieste, ma con una nuova attività in cui gli attuali dipendenti
difficilmente saranno traghettati. Commenta Pepe: «Tutto questo vuol dire che
una buona parte dei 208 dipendenti che lavoravano nella produzione dei tubi
perderanno il loro posto. Ci hanno detto che il posto per le maestranze non è
più assicurato. Per questo alziamo il tiro. Ora sappiamo quale è la volontà
dell’azienda: fare a Trieste un deposito, un punto vendita dei tubi prodotti in
India. E allora lotteremo fino all’ultimo. La città deve sapere che ci siamo
anche noi. Che non esiste solo la Ferriera con i suoi problemi». Questa mattina,
a partire dalle 6, gli operai della Sertubi bloccheranno l’ingresso dello
stabilimento. Ma non solo. «Cercheremo di bloccare il Consiglio comunale e anche
il Tavolo in Regione previsto per le 11». Quella di oggi è infatti una giornata
importante per il polo siderurgico. Al Tavolo amministrazioni locali,
associazioni di categoria e sindacati dovranno pronunciarsi sulle ipotesi per
Servola: due di riconversione dell'area a scopi industriali o logistici e due di
continuità produttiva (con o senza cokeria). «Ma - dice ancora Pepe - dovranno
anche affrontare il problema Sertubi. Siamo in cassa integrazione da 9 mesi a
900 euro: scadrà a novembre. Abbiamo lavorato effettivamente per appena due
mesi. È chiaro che Jiindal ha una precisa volontà. Se andrà bene rimarranno al
lavoro in Sertubi appena 70, 80 persone. Come può Antonio Gozzi, che è il
presidente di Federacciai e amministratore della Duferco, dire che l’Italia non
cederà la produzione dell’acciaio?».
Corrado Barbacini
LEGAMBIENTE - «Irrealistico pensare a 12mila ettari di
vigne di Prosecco»
TRIESTE «Egregi consiglieri...». Inizia così la riflessione inviata da Lucia
Sirocco, presidente del circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste ai referenti
regionali che stanno esaminando la proposta di legge sul Prosecco. La Sirocco
definisce «irrealistica» la dimensione (12mila ettari) dell’area carsica che
dovrebbe essere destinata alle vigne di Prosecco, considerato che l’intera
provincia conta circa 21mila ettari e contesta la «preconcetta ostilità», nei
confronti di strumenti di tutela quali il Sic e la Zps.
«Duino, sui progetti edilizi Kukanja non dà risposte»
Romita: i piani particolareggiati servono per condividere le iniziative
con il territorio
La giunta da febbraio non ha ancora affrontato la
proposta della Pineta del Carso
DUINO AURISINA Non si placano le polemiche sul piano particolareggiato di
iniziativa privata di Duino dopo le dichiarazioni di ieri del Wwf, che
intervenendo sulla politica urbanistica della giunta Kukanja ha lodato il nuovo
corso. Cosa che induce oggi Massimo Romita, ex vicesindaco e attuale consigliere
del Pdl, a mettere i puntini sulle i. Gli ambientalisti - ricordiamo - hanno
puntato il dito contro la variante 27, adottata a suo tempo dalla giunta Ret ma
ancora non approvata dall'attuale amministrazione, chiedendo la revisione
drastica della stessa. Poiché «le nuove volumetrie consentite sono ancora
maggiori, grazie a un emendamento alla normativa che permette di costruire anche
nei lotti “di completamento” che non siano già delimitati su tre lati da aree
urbanizzate». «Il consumo di suolo – ha sostenuto il Wwf - con la variante 27
aumenterebbe quindi più dell’1,5% ufficialmente dichiarato, che peraltro si
aggiunge sia all’incremento del 3,5% deliberato con la variante 24/25, sia a
quanto previsto dalle varianti precedenti. Le aree di futura cementificazione
sono, secondo la “tradizione” del Comune, in gran parte di pregio paesaggistico
e ambientale, trattandosi di zone boscate o prative a landa carsica. Da ciò la
necessità che la nuova amministrazione comunale riveda drasticamente i contenuti
della variante, senza escludere la possibilità di annullarla del tutto,
revocandone anche l’adozione». Ecco dunque ora Romita: «Innanzitutto, sui due
piani particolareggiati, ribadisco quanto sempre espresso e cioè che quando un
privato o un'azienda presenta un tale atto il Comune ha l'obbligo di portarlo in
adozione e poi di approvarlo, anche sulla base delle successive osservazioni
formulate dai cittadini. Quindi quei piani non sono stati proposti dall'ex
sindaco Ret o dalla sua giunta: i piani particolareggiati servono appunto per
condividere i progetti col territorio. Per esempio, l'attuale amministrazione,
nonostante siano ormai passati 120 giorni dal suo insediamento, non ha ancora
affrontato in commissione il piano particolareggiato della Pineta del Carso,
protocollato lo scorso febbraio. Non facendolo, non ha dato risposte alle
esigenze della Pineta, a mio avviso compiendo un torto». Romita annuncia che sui
piani particolareggiati di Duino e Santa Croce il suo gruppo depositerà due
osservazioni, recependo le esigenze manifestate dai cittadini durante le
assemblee indette dal Comune per presentare i progetti. Nel merito, Romita
critica il sindaco: «Ha di recente manifestato l'intenzione di inserire nuove
rotatorie, anche se mi chiedo dove troverà le risorse, e poi ha stigmatizzato un
piano che prevede proprio a Duino la realizzazione di una rotonda per la quale
esistono già fondi regionali pari a 1,2 milioni di euro: che senso ha?. Infine –
conclude il pidiellino – si continua a scordare che l'ambito di Duino nord era
già previsto con la variante 18, approvata da una giunta di centrosinistra, e
che l'osservazione che ha introdotto i parametri di definizione del successivo
piano commerciale è stata votata all'unanimità dei 14 consiglieri presenti».
Tiziana Carpinelli
Ferrovie, Rfi riduce il trasporto merci
Allarme delle aziende interessate ai raccordi: Moretti vuol dismettere il
servizio. Documento inviato all’assessore Riccardi
TRIESTE Rete ferroviaria italiana (Rfi)sta portando avanti un
«depotenziamento» della rete in Friuli Venezia Giulia con misure «più o meno
impattanti» che hanno la conseguenza di «rendere sempre più difficile la
gestione ferroviaria e quindi di aumentarne i costi con il risultato di
provocare artificialmente la defezione del trasporto merci». Ora gli “utenti” di
Rfi, oltre 52 realtà (tra Consorzi industriali, singole aziende, interporti e
terminal) che in Fvg hanno dei raccordi di “proprietà” collegati con la rete
ferroviaria, hanno deciso di mettersi di traverso alle Ferrovie italiane guidate
da Mauro Moretti. Il primo focolaio era scoppiato qualche tempo fa quando Rfi ha
annunciato di voler aumentare i “canoni di allaccio” tra i binari dei Consorzi e
dei terminal logistici, con nuove tariffe variabili tra i 50 mila e i 150 mila
euro all’anno solo per azionare lo scambio che fa immettere i carri merci sulla
rete ferroviaria nazionale. Un «aumento di costi di fronte a nessun beneficio».
C’era stata una bollente riunione con l’assessore regionale ai trasporti
Riccardo Riccardi. Ma, nonostante le pressioni, Rfi è andata avanti per la sua
strada. L’ultima mossa però, con l’intimazione al Consorzio industriale di
Monfalcone di dismettere a proprie spese entro agosto il raccordo tra Ronchi Sud
e l’area Schiavetti Brancolo studiata (e finanziata con fondi pubblici
regionali) per servire aziende come i mulini De Franceschi, l’Ansaldo e
Fincantieri, ha avuto l’effetto della goccia che ha fatto traboccare il vaso. In
pieno agosto tutti i vertici dei 52 “raccordati” si sono riuniti a Udine e hanno
preparato un documento di 12 pagine per l’assessore Riccardi perchè metta in
piedi un’«azione politica regionale di tutela» nei confronti del governo per
bloccare l’azione di Moretti. Il giudizio degli utenti è netto e pesante sulle
mosse che sta attuando Rfi in Fvg: «uno strano disegno strategico dal punto di
vista dei programmi, ma chiaro dal punto di vista dei risultati: ovvero una
ipotetica dismissione del servizio merci». Reti tecnologiche smantellate o
cannibalizzate, binari eliminati pian piano. La conseguenza pratica della
situazione, mettono in rilievo gli stessi “utenti” è emersa chiaramente proprio
in questi mesi. È successo quando a seguito dell’interruzione della linea
ferroviaria del Brennero (per lavori di ristrutturazione sul lato austriaco da
giugno a settembre 2012) sono stati deviati sulla Pontebbana circa una
cinquantina di convogli al giorno che prima impegnavano la Verona-Innsbruck.
Sulla rete Fvg è scoppiato il caos operativo: non tanto per la saturazione della
linea, infatti la Pontebbana non ha di questi problemi, quanto per la «mancanza
di binari di sosta dove cambiare le locomotrici di trazione o parcheggiare i
convogli». Colpa delle «misure riduttive di Rfi» degli ultimi anni che ha
portato alla dismissione di molti binari in tutte le stazioni cominciando
proprio da Pontebba.
Giulio Garau
La lunga lista dei ridimensionamenti Tagli da Ugovizza
a Gorizia e Portorosega
Sono informazioni «non ufficiali», ma si stanno moltiplicando. C’è Ugovizza
ad esempio, che da stazione potrebbe diventare fermata, facendo venir meno
l’azione di polmone per Tarvisio Boscoverde in caso di traffico. Per Gemona si
parla di soppressione dello scalo merci, con il rischio di difficoltà per la
zona industriale di Osoppo. Prevista l’eliminazione dei binari 3 e 4 a bivio Vat
con perturbazioni della linea di Udine e ripercussioni fino a Tarvisio.
Declassamento in vista poi per la stazione di Basiliano con il rischio di non
garantire l’operatività della linea che collega la Friulanagas con i convogli
speciali. Si parla anche di eliminare tre binari del fascio Sud alla stazione di
Pordenone che impedirebbe la formazione dei treni della Electrolux sul suo
raccordo. Prevista pure l’eliminazione dei binari a Gorizia, che renderebbe
impossibile la gestione dei 4 treni da 2 mila tonnellate diretti a Nova Gorica.
C’è poi l’eliminazione della bretella Ronchi Sud-Nord mettendo a rischio i treni
verso la Sdag. In pericolo lo scalo merci elettrificato di Monfalcone, ciò
farebbe aumentare a dismisura i costi dei treni sul raccordo di Portorosega. Ma
c’è anche la soppressione della linea verso l’area Brancolo Schiavetti in ballo,
la riduzione dei binari da 43 a 8 a Opicina (e il famoso sviluppo dei traffici
merci verso Est?) e per finire il ridimensionamento se non la chiusura dello
scalo di Cervignano (con la possibile uscita di Rfi dal Fvg) e il
ridimensionamento della stazione di Palmanova che mette a rischio il traffico di
legname.
Differenziata, l’esempio genovese del riciclaggio
creativo - LA LETTERA DEL GIORNO di Michela Cutrufo
La "Fabbrica del Riciclo” è un’iniziativa che si inquadra nel piano di
sviluppo della raccolta differenziata dei rifiuti a Genova (parlo di Genova e
non di Trieste, ma vi prego di leggere tutto il resto). L’iniziativa prevede che
i rifiuti ingombranti smaltiti dai genovesi (mobili, divani, giocattoli, sedie,
attrezzature sportive, suppellettili, eccetera), in buono stato, siano
recuperati e restituiti ai cittadini attraverso iniziative benefiche. A tal fine
Amiu ha allestito un’area dove sono effettuate le attività di recupero degli
oggetti provenienti dalle isole ecologiche cittadine, dagli Ecovan e dalle
raccolte domiciliari dei rifiuti ingombranti. Dal giugno 2009 la Fabbrica del
Riciclo Amiu ospita Remida, centro di riciclaggio creativo che promuove una
cultura pedagogica attenta alle capacità creative dei più giovani e una
sensibilità civica contraria allo spreco. Oltre 35.000 famiglie hanno
partecipato lo scorso anno all’iniziativa delle isole ecologiche. E ben 12.500
hanno raggiunto i punti per avere lo sconto sulla tassa dei rifiuti. Si tratta
dell’operazione 10=10, ideata da Amiu e Comune di Genova per incentivare la
separazione dei diversi materiali. Visto il contributo dato alla crescita della
raccolta differenziata, la formula di successo viene confermata anche nel 2012.
Per avere diritto allo sconto occorre arrivare a 10 punti, ottenuti in base ai
materiali portati all’Isola, secondo una tabella prefissata. Ogni volta che un
componente della famiglia si reca all’isola ecologica con diversi oggetti,
ottiene i relativi punti. Lo sconto sarà applicato sulla tassa dei rifiuti
dell’anno 2013. Ma non è finita. I 100 genovesi che a fine anno avranno
accumulato più punti, vinceranno i premi messi gratuitamente a disposizione dai
partner, alcuni dei quali hanno rinnovato la loro partecipazione (Msc Crociere,
Ikea, Leroy Merlin e consorzio Cial), altri che si sono aggiunti quest’anno:
Decathlon, Coop Liguria, Il Secolo XIX, Fratelli Carli, Amt Genova e Bagni
Comunali San Nazaro, che collaborano a un'iniziativa importante per aumentare la
raccolta differenziata. Andando all’isola ecologica si potrà così vincere una
crociera oppure una cabina al mare per la stagione estiva. Leggere ogni giorno
Il Secolo XIX o viaggiare gratis sul bus per un anno intero. Avere buoni per una
spesa al supermercato Coop, ricevere una confezione Buona Tavola dei Fratelli
Carli. Mi chiedo come mai non si possa fare tutto ciò anche nella nostra città
molto simile per certi aspetti a Genova, ma sarebbe ancora meglio attuarlo in
tutte le città italiane.
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 9 settembre 2012
Lettera aperta ai consiglieri regionali del FVG sul disegno di legge regionale per la tutela e la valorizzazione del Prosecco
Egregi consiglieri, gentili consigliere,
essendo iniziato l’iter della proposta di legge regionale n. 205, a firma dei
consiglieri Tononi, Gabrovec, Lupieri, Sasco, Kocijančič, Bucci, Camber, Marini
e Codega, la scrivente associazione invita ad un’approfondita riflessione sui
contenuti della stessa.
In particolare, si sottolineano i seguenti aspetti:
1) appare assolutamente irrealistica la dimensione (12.000 ettari) dell’area
carsica che secondo i firmatari della proposta di legge, si legge a pag. 1 della
relazione illustrativa, “dovrebbe essere destinata alle nuove vigne di
Prosecco”, tenuto conto del fatto che l’intera Provincia di Trieste conta circa
21.000 ettari;
2) l’intera impostazione della proposta è ispirata ad un’evidente quanto
preconcetta ostilità, nei confronti di fondamentali strumenti di tutela della
biodiversità, quali il SIC e la ZPS istituiti sul territorio carsico, sulla base
di precise disposizioni e procedure stabilite dalle Direttive europee in
materia;
3) sfugge a qualsiasi logica la disposizione di cui all’art. 2 della proposta,
che prevede di affidare alla Protezione Civile il compito di “attuare un piano
di messa in sicurezza del ciglione carsico”; le note vicende della operazione
“alvei puliti” in Val Rosandra avrebbero dovuto da sole sconsigliare ai
firmatari di formulare una norma del genere, a parte il fatto che non si
comprende la ragione per la quale una struttura preposta ad interventi di
emergenza - laddove sia in gioco la sicurezza della popolazione di fronte a
calamità naturali o antropogeniche – dovrebbe intervenire a supporto
dell’infrastrutturazione di un’area per finalità meramente economiche, che non
rivestono alcun carattere di emergenza e non vedono certamente a rischio la
sicurezza di nessuno;
4) è giuridicamente inammissibile proporre, come indicato all’art. 3, c. 1,
lett. c) della proposta, una “revisione e semplificazione dei vincoli di
carattere paesaggistico, ambientale, territoriale e urbanistico inerenti le zone
SIC e ZPS e quelle soggette ad altri vincoli, in particolare a quello
idrogeologico”, tenuto conto del fatto che la possibilità di modificare alcuni
di tali vincoli non rientra – per fortuna – tra le competenze della Regione,
essendo rimessa allo Stato oppure ai Comuni; appare d’altro canto evidente che
l’obiettivo di “ridurre” (con una formulazione certo volutamente vaga e
generica) i vincoli paesaggistici, urbanistici, ecc. appare funzionale più che
ad esigenze di sviluppo delle produzioni agricole, agli interessi della
speculazione edilizia ed immobiliare;
5) l’art. 6 della proposta di legge prevede la stesura di un nuovo Piano di
Gestione del SIC/ZPS del Carso, assegnandogli il compito di rivedere e
riperimetrare (in riduzione, ovviamente) il SIC e la ZPS del Carso “rimuovendo i
vincoli che ostacolano l’impianto di nuovi vigneti”; si finge in tal modo di
ignorare che: a) il Piano di Gestione del SIC/ZPS del Carso non è in vigore,
bensì in fase di avanzata stesura e - prima di decretarne la sostituzione con un
altro Piano - andrebbe conosciuto ed analizzato; b) la redazione del PdG è stata
preceduta da un’approfondita consultazione con tutte le realtà socio-economiche
interessate, alla quale hanno partecipato anche le organizzazioni agricole che i
firmatari vogliono far credere essere le ispiratrici della proposta di legge; c)
in nessun modo un PdG può intervenire sulla perimetrazione di un SIC/SPS, perché
questa deriva da precise disposizioni di Direttive Europee, basate su rigorosi
criteri scientifici.
Si osserva infine che l’accanimento dei firmatari contro i vincoli ambientali ed
il SIC/ZPS in particolare, appare del tutto fuori luogo, anche perché
l’abbandono della coltivazione delle viti - e non solo delle viti - sui pastini
del costone carsico, ha preceduto di decenni l’istituzione del SIC e della ZPS
(che risale al 2007). Va ricordato poi che la conservazione di un elevato tasso
di biodiversità è condizione fondamentale anche per un’elevata qualità delle
produzioni agricole, vino compreso. Fatto che purtroppo molti viticoltori del
Carso, abituati a produrre vini sedicenti “DOC” su terriccio flyschoide portato
da chissà dove, sembrano ignorare.
Da ultimo non va dimenticato che proprio l’approvazione e l’entrata in vigore
(con anni di colpevole ritardo) del PdG consentirà di eliminare la nota pastoia
burocratica oggi denunciata come pesante ostacolo all’attività agricola, ovvero
l’obbligo di esperire una valutazione di incidenza per qualsiasi intervento
previsto all’interno ed ai margini del SIC/ZPS.
Restando a disposizione per ogni eventuale chiarimento ed approfondimento, è
gradita l’occasione per porgere i più distinti saluti
Lucia Sirocco - Presidente del Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - DOMENICA, 9 settembre 2012
Il Wwf si appella a Kukanja: «Troppo cemento a Duino»
Gli ambientalisti chiedono alla nuova giunta una variante generale al
Piano regolatore
L’ex sindaco Ret replica: «Noi volevamo dare case a
prezzi ragionevoli ai nostri giovani»
DUINO AURISINA Tutto da rifare. A Duino Aurisina, per il Wwwf, è il momento
di “avviare rapidamente l’iter di una nuova variante generale, rispettosa dei
valori ambientali del territorio che consenta di cancellare anche i piani
particolareggiati già approvati e, a maggior ragione, quelli solo adottati”. Gli
ambientalisti apprezzano “il segnale di discontinuità”, emerso dalle
dichiarazioni del sindaco Vladimir Kukanja, “rispetto alla scellerata gestione
del territorio della precedente amministrazione”. E in particolare la volontà di
utilizzare le osservazioni dei cittadini per modificare le varianti al Prgc,
adottate dal Consiglio durante il mandato Ret, ma non approvate. Operazione,
questa, ricondotta però dall'ex primo cittadino al “senso di responsabilità”,
ribadendo altresì come non sia possibile negare i diritti acquisiti dai
proprietari delle aree. Il riferimento va alla recente querelle sul piano
particolareggiato di iniziativa privata che prevede a Duino la realizzazione di
un complesso edilizio tra le “case verdi” e l’ex “Mobili Arcobaleno". Il Wwf
torna alla carica chiedendo “sostanziali modifiche alla variante 27”, così come
da osservazioni già formulate, trovando “incredibili” le motivazioni dettate
dalle richieste di nuova edificazione residenziale scartate dalla variante
24/25. Ciò a fronte invece di un “patrimonio abitativo sottoutilizzato” e anzi
“dimensionando la variante per 10.257 residenti teorici, laddove i residenti
effettivi erano 8.717 nel 2010, contro gli 8.781 del 2002”. Dunque un trend
demografico in diminuzione, che “smentisce clamorosamente la relazione della
variante 27”. «Da ciò – conclude il Wwf - la quarantina di modifiche alla
zonizzazione, quasi tutte a fini residenziali, per oltre 31.238 mc dichiarati,
che si aggiungono ai 33.354 mc autorizzati con la variante 24/25». «Si tratta
delle solite polemiche – ribatte però il consigliere Giorgio Ret -: innanzitutto
la 27 ha preso avvio non solo col consenso della maggioranza, ma da una
richiesta unanimemente espressa dal Consiglio, per sanare situazioni di persone
escluse dalla 24/25. Quanto alla trasparenza, il dibattito era ogni giorno sulla
stampa. Io, per responsabilità, ho trovato corretto adottare la variante e
lasciare l'approvazione alla futura amministrazione e a tutt'oggi resto
disponibile a dare una mano alla maggioranza, senza preconcetti ideologici, ma
tenendo conto che vi sono interessi privati non ignorabili. Ricordo che proprio
su quella zona di Duino, al mio insediamento, pendeva una causa persa dall'ente
e vinta da privati per 700 milioni di vecchie lire: abbiamo dovuto affrontare
questioni anche in punto di diritto. Durante il mio mandato non state mai varate
varianti generali: pure lo sviluppo della baia è in realtà contenuto nella 18,
quella sì, una variante generale fatta da Vocci e a mio avviso la madre di tutte
queste situazioni. Io ho dovuto intervenire per rimediare a errori o tutelare le
società nautiche rimaste escluse dai piani”. “Ora vogliono fare una variante
generale? La facciano, se hanno 10 anni e quattrini da spendere. Non vogliono la
27? La cancellino – conclude -. Ma non si dica che volevamo le colate di
cemento: lo sanno, gli ambientalisti, perché qui ci sono i cali demografici?
Vadano a vedere quanti dei nostri ragazzi sono finiti a Monfalcone: lì un
appartamento costa 50mila euro, da noi 250mila. Uno sviluppo edilizio avrebbe
consentito alle famiglie di costruire case per i propri figli. Questo era uno
dei miei programmi, assieme all'ultimazione dei progetti di sviluppo dei borghi,
certo non il disboscamento».
Tiziana Carpinelli
Come abbattere l’inquinamento con un nuovo piano del
traffico
L’INTERVENTO DI ROMEO DANIELIS - docente di Economia dei trasporti
all’università degli studi di Trieste
Assistendo al dibattito tra i cittadini e l’amministrazione comunale, che
coraggiosamente tenta di riorganizzare il traffico urbano, un aspetto mi pare
rimanga poco rappresentato e dibattuto: l’inquinamento atmosferico e acustico.
Trieste, pur non condividendo la drammatica condizione di pesante inquinamento
atmosferico di molte città ha problemi di inquinamento atmosferico che meritano
attenzione. La relazione dell’Arpa Fvg “Qualità dell’aria nella città di Trieste
2011”, disponibile in internet, segnala alcuni elementi critici quali: un
aumento della concentrazione delle polveri nel suo complesso in tutte le
centraline rispetto al 2010, secondo l’Arpa Fvg “sostanzialmente ascrivibile ad
un incremento nella frequenza delle condizioni meteorologiche favorevoli al
ristagno degli inquinanti”; concentrazioni medie annue di biossido di azoto
misurate presso le postazioni di piazza Vico e piazza Libertà con,
rispettivamente, 56 µg/m3 e 57 µg/m3, significativamente superiori al previsto
limite normativo, fissato a 40 µg/m3, questa volta ascrivibili, sempre secondo
l’Arpa Fvg, “al traffico ed al riscaldamento domestico”; concentrazioni
atmosferiche di ozono nel 2011, relativamente basse anche se in generale aumento
nel numero di superamenti del valore bersaglio per la protezione della salute
umana, ma comunque inferiori al limite stabilito dalla vigente normativa. In
sintesi, possiamo quindi dire che la qualità dell’aria nella provincia di
Trieste non è sicuramente migliorata, anzi è leggermente peggiorata. Sul rumore
si conosce invece decisamente poco, anche perché come scrive il Rapporto sullo
stato dell'ambiente 2012, presentato a luglio dall’Arpa Fvg, in Friuli Venezia
Giulia la realizzazione dei Piani comunali di classificazione acustica, vede
solo recentemente i Comuni impegnati nella realizzazione dei piani stessi. Anche
il Comune di Trieste, ci sta lavorando, come da indicazioni dell’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni. Cosa si può fare per migliorare lo stato
dell’ambiente atmosferico e acustico nella città di Trieste e congiuntamente
garantire la mobilità? Molto. E durante la Settimana europea della mobilità non
mancheranno di emergere proposte interessanti. Ne cito solo una che giudico di
estremo interesse. Riguarda i carburanti ed i veicoli alternativi. Gli studi
scientifici dimostrano abbastanza inequivocabilmente che i veicoli più
efficienti dal punto di vista energetico ed ambientale sono quelli a metano,
meglio se ibridi, e quelli elettrici, anche se i nuovi motori ibridi a benzina o
diesel hanno fatto in questi ultimi anni progressi tecnologici considerevoli. Ma
come ha lamentato un turista qualche giorno fa sul Piccolo, nella provincia di
Trieste manca un distributore di metano per la trazione. In assenza di domanda,
gli investitori privati non costruiscono il distributore. In assenza di
distributore, gli automobilisti non considerano i veicoli a metano. La Regione o
l’amministrazione comunale possono sbloccare questa situazione, come già
avvenuto in altre regioni? Anche sul fronte dei veicoli elettrici, che vorrei
sottolineare non riguarda solo le automobili ma anche gli scooter e le
biciclette, molto di nuovo sta accadendo. L’interesse per questo tipo di
trazione - complessivamente più efficiente di quella tradizionale in termini
energetici (in particolare se la quota di energia rinnovabile è elevata) e di
gas serra - è legato al fatto che ha emissioni atmosferiche e acustiche quasi
zero nel luogo di utilizzo del veicolo. Le biciclette elettriche hanno un costo
non di molto più alto di quelle tradizionali (circa 500 euro), ma le piste
ciclabili sono ancora limitate. Per gli scooter elettrici il problema sono
ancora i costi (circa un migliaio di euro più elevati di quelli tradizionali) e,
su qualche percorso, le prestazioni. Garantirebbero però consistenti riduzioni
nelle emissioni atmosferiche e una quasi totale assenza di rumore. Le auto
elettriche, grazie agli incentivi, sono attualmente più abbordabili, ma reti di
ricarica e altri meccanismi di incentivazione (quali riduzione nei costi di
parcheggio e accesso alle aree a traffico limitato) sono ancora carenti. I
carburanti e i veicoli alternativi potrebbero quindi fornire un considerevole
contributo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico. Perché ciò
si realizzi, sono importanti sia le decisioni che prenderà l’amministrazione
comunale che le scelte di mobilità dei cittadini.
IL PICCOLO - SABATO, 8 settembre 2012
Il Circolo Ferriera: «Ma noi ci divertiamo in mezzo
alle polveri»
I soci sono 150, circa 250 gli esterni. «Siamo attaccati all’impianto ma
stiamo tutti bene. Fastidi non pericoli» - Questione ingigantita Lo stabilimento
non produce profumi, ma gli amministratori pubblici scaricano su di esso la loro
incapacità di risolvere il problema occupazione
Si può abitare a due passi dalla Ferriera e vivere serenamente, senza
risentire degli effetti dell’inquinamento? Aprire le finestre, trovarsi in linea
d’aria a meno di cinquanta metri dallo stabilimento siderurgico ed essere in
piena forma fisica? Si, si può. Almeno a giudicare dall’esperienza e dalle
testimonianze portate avanti dai soci del Circolo aziendale Ferriera di Servola,
un punto di ritrovo gestito in modo autonomo da un gruppo di lavoratori ed ex
lavoratori dello stabilimento, circa 150, cui si aggiungono altri 250 soci
esterni. La sede del Circolo, nata negli anni Cinquanta, da oltre vent’anni si
trova esattamente di fronte a quello che da sempre viene definito l’eterno
problema della città di Trieste sul fronte ambientale. Già, un problema mai
risolto. Eppure per loro, per i soci del Circolo, si tratta semplicemente di una
questione ingigantita, portata all’esagerazione e all’esasperazione dalle
battaglie della classe politica e delle associazioni ambientaliste. «Sia chiaro
la Ferriera non è certo una fabbrica di profumi, ma non si può etichettarla come
l’origine di tutti i mali – spiega Maurizio Metton, presidente del Circolo
Ferriera, che da trent’anni lavora nello stabilimento siderurgico -. Rispetto a
qualche tempo fa sono stati introdotti degli accorgimenti tecnici per ridurre
l’inquinamento. La questione più che ambientale è decisamente politica, con gli
amministratori pubblici che scaricano sullo stabilimento la loro incapacità di
risolvere una volta per tutte il problema occupazionale di Trieste». E intanto
l’isola felice del Circolo aziendale va avanti per la sua strada. Una strada
fatta di attività sportive - dal tennis alla pesca fino al tiro a segno - ma
anche di iniziative culturali e artistiche come la musica, il teatro e la
fotografia. Insomma, se vogliamo, un’oasi nel deserto, vista e considerata la
vegetazione particolarmente rigogliosa che circonda la sede; e anche un elisir
di lunga vita, se è vero che un numero considerevole di soci ha superato la
settantina e alcuni di questi hanno toccato la soglia dei novant’anni, senza
accusare il minimo fastidio di salute. «Parliamoci chiaro, qui si sta bene,
siamo tutti in gran forma e non patiamo nessun effetto collegato
all’inquinamento – precisa Osvaldo Bianchini, vice presidente del Circolo -. Mi
rendo conto che il problema delle polveri sia fastidioso, ma non è certo
pericoloso per la salute, visto che si depositano a terra e non vengono
respirate direttamente. Se vogliamo, la questione inquinamento è ben peggiore
nel centro cittadino a causa delle polveri sottili dovute al traffico
veicolare». Nella sede del Circolo Ferriera le giornate trascorrono serenamente
tra un buon bicchiere al bar, una partita a carte e una sfida a biliardo, nel
cuore di un rione che però, precisano i due componenti del direttivo, non è più
quello di una volta. «Servola un tempo era un quartiere florido, pieno di vita e
di attività commerciali - dicono -. Adesso invece, dopo le pesanti riduzioni
nell’organico della Ferriera e del suo indotto, a risentirne è stato tutto il
rione. E questa situazione dovrebbe far riflettere più di qualcuno».
Pierpaolo Pitich
«Una legge statale per il polo siderurgico»
La chiede “Un’altra Trieste” che identifica in Dipiazza e Tondo i
principali responsabili della questione
Una legge speciale per Trieste che si inserisca nella scia di quanto il
Governo farà per Taranto e che preveda stanziamenti statali per le bonifiche
dell’area di Servola e per il lancio o rilancio dei settori dell’industria,
dell’energia e della logistica. L’ha invocata Alessia Rosolen introducendo la
posizione di “Un’altra Trieste” sul Polo siderurgico. «Una nostra mozione che
impegna la giunta provinciale a premere per la legge speciale verrà discussa in
Consiglio la settimana prossima», ha annunciato Francesco Cervesi. E Rosolen ha
aggiunto: «In Comune la medesima mozione è ferma da un anno, ma in compenso il
Pd ne ha fatto approvare una sua che chiede al Governo un Protocollo per
Trieste: sono contenta che siano arrivati sulle nostre posizioni pur cambiando
un nome.» «Da quando da assessore regionale feci la proposta di legge sul
contenimento del benzopirene, votata poi con ritardo dal Consiglio regionale -
ha sottolineato Rosolen - il sindaco aveva la possibilità di intervenire sulla
Ferriera, ma non ha mai voluto farlo». E Franco Bandelli è andato giù ancora più
duro identificando in Roberto Dipiazza «il principale responsabile del becero
tentativo di mettere cittadini e operai gli uni contro gli altri». Responsabile
numero due, sempre secondo Bandelli, il governatore Renzo Tondo, «che nel 2008
in campagna elettorale, anch’io presente, fece una comparsata a Servola
affermando: entro sei mesi tutto si risolverà. Ebbene dopo quasi cinque anni è
tutto peggio di prima.» «Perché sia il Pdl che il Pd per malafede, pigrizia o
incompetenza - ha accusato ancora Rosolen - hanno solo finto di voler risolvere
la questione con la speranza subdola che alla fine fosse la magistratura a
intervenire com’è accaduto ora a Taranto». Secondo “Un’altra Trieste” non
esistono nemmeno documenti che certifichino quanto pesa la Ferriera sul Pil
provinciale. Si sa soltanto, a detta di Rosolen che, secondo gli ultimi dati
noti, paga 100mila euro di Ici, 10mila di Tarsu, un milione e 200mila euro di
canone all’Autorità portuale, ha 513 dipendenti e un indotto di altri 400
lavoratori appartenenti a 22 imprese di servizi e a 2 aziende che utilizzano la
ghisa che produce. E poi c’è anche la Sertubi che, come ha ricordato Bandelli,
«da nove mesi ha quasi tutti i lavoratori in cassa integrazione e il cui
amministratore delegato Montesi ha perso ogni credibilità perché non ha fatto
alcun tentativo di riqualificare la produzione». Secondo Cervesi nell’opera di
riconversione vanno coinvolte l’Acegas per ciò che concerne bonifiche e energia
a la Fondazione Cassa di risparmio date le sue forti capacità finanziarie.
Silvio Maranzana
Clini: «Bonifiche in laguna, ora si cambia»
Il ministro: «Le gestioni d’emergenza non hanno portato risultati». Ai
primi di ottobre la delega passerà alla Regione
TORVISCOSA «Le gestioni d’emergenza hanno generato un costo importante,
hanno consolidato amministrazioni parallele, hanno deresponsabilizzato le
amministrazioni competenti, non hanno portato risultati». Il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini ha sintetizzato così ieri a Torviscosa la situazione
dei Siti inquinati d’interesse nazionale e ha spiegato, insieme all’assessore
Riccardo Riccardi, la tabella di marcia studiata dalle parti per mettere nelle
mani della Regione la gestione della Laguna di Marano e Grado. Nel corso
dell’incontro convocato dal Consorzio per lo sviluppo industriale della zona
dell’Aussa Corno, il rappresentante del governo Monti ha invitato a «non aver
nostalgia del commissario» e ha sottolineato come dopo più di dieci anni di
attività nessuno dei problemi sia stato risolto e come le soluzioni prospettate,
il più delle volte, siano risultate sostanzialmente impraticabili. Clini ha
quindi ribadito la necessità di «spezzare il cerchio». Tre i temi fondamentali
individuati nell’incontro romano dei giorni scorsi: la riduzione del perimetro
del Sin; la questione dei dragaggi dei canali e le prospettive industriali nel
sito della Caffaro. Perimetro Sin Sull’estensione del Sito inquinato d’interesse
nazionale le parti hanno «cercato di svuotare il meccanismo per cui le
riperimetrazioni non si potevano fare». È stato spiegato che entro la fine del
mese Arpa completerà le caratterizzazioni sui campioni già prelevati e manderà
al Ministero i dati per la riduzione dell’area. Il ministero dell’Ambiente
convocherà la Conferenza dei servizi e questa non farà altro che prendere atto
della decisione della Regione. «Se i valori delle caratterizzazioni ci daranno
ragione – ha detto l’assessore regionale Riccardi - riteniamo che il Sin potrà
essere ridotto alla sola area Caffaro». «Abbiamo già cominciato a restituire
agli usi legittimi parte delle aree», ha quindi ribadito Clini. Dragaggi
L’escavo dei canali sarà di diretta competenza della Regione e i sedimenti
verranno divisi in due categorie a seconda dell’intensità di inquinamento. La
notizia da tutti attesa è che quelli a limitata intensità potranno essere
utilizzati direttamente per le attività di recupero morfologico della laguna
stessa. «Le rilevazioni dell’Arpa danno un quadro informativo che è quello
atteso. Per cui, progressivamente, dalla parte più a est a quella più a ovest,
la qualità dei sedimenti e delle acque migliora. Ci sono delle zone su cui
bisogna ancora intervenire, ma abbiamo un quadro di riferimento che consente di
poter guardare con una certa tranquillità alla gestione del sito», sono state le
parole del ministro che ha ricordato come i costi di smaltimento alla fine
spesso risultino più onerosi degli stessi interventi. Caffaro Sul sito
industriale la questione chiave è riuscire a coniugare la protezione ambientale
con le prospettive industriali dell’area. L’auspicio è quello di riuscire a
sviluppare per l’impianto cloro-soda una tecnologia chimica di base pulita e
verde. Dopo aver ascoltato gli interventi accorati dei sindaci Fasan, Del Frate
e Cepile, le valutazioni del presidente del Consorzio Aussa Corno Bratta e gli
interventi dei presidenti di Camera di commercio e Confindustria Udine, Da Pozzo
e Luci, Clini ha proposto di studiare un accordo di programma che, come a
Marghera, sia in grado di accompagnare la protezione dell’ambiente alla
sicurezza degli investimenti. «Lo rifaremo a Taranto, potremmo farlo anche qui.
Potrebbe essere utile», ha detto. Road-Map Come annunciato nelle scorse
settimane, il ministro ha ribadito la volontà di chiudere la partita entro la
fine di settembre o, al più tardi, nei primi giorni di ottobre. Per completare
il passaggio di consegne tra il Commissario delegato per l’emergenza e la
Regione, in ogni caso, non si andrà oltre il mese e mezzo
Stefano Bizzi
Legambiente rilancia l’allarme: «Rischio tumore nelle
aree del Sin»
«Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità conferma, anche per il sito
inquinato della Laguna, una mortalità superiore all’atteso. Arpa Fvg ritiene di
poter concludere nell’anno l’attività di analisi e validazione dei campioni. Il
“ritorno alla normalità” sia un processo aperto che tiene conto degli impatti
sanitari, ambientali ed economici». Lo fa presente in una nota Legambiente
regionale, ricordando anche che «sui Siti di Interesse Nazionale per le
bonifiche (Sin) l’Istituto Superiore di Sanità ha recentemente concluso una
ricerca sulla mortalità delle popolazioni residenti in prossimità delle aree
industriali e in aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e
pericolosi. Nell’area del Sin della Laguna di Grado e Marano si riferisce di
«incrementi di malattie neurologiche per i quali è stato sospettato un ruolo
eziologico di piombo, mercurio», di «eccesso di rischio per il tumore dello
stomaco negli uomini e nelle donne», e per tumore al fegato per gli uomini e per
tumore dell’ovaia per le donne.
IL PICCOLO - VENERDI', 7 settembre 2012
BRUXELLES - La Corte europea: «L’Italia non blocchi le
colture Ogm»
BRUXELLES La Corte di giustizia europea ha pronunciato una sentenza in cui
avverte l’Italia, ed in particolare il Ministero delle politiche agricole, che
non può bloccare le procedure per la messa in coltura di Ogm di varietà
autorizzate nell’Ue, in attesa dell’adozione da parte delle Regioni di norme
sulla “coesistenza” tra le colture Ogm e quelle convenzionali. In concreto -
scrivono i giudici europei - la coltura del mais Mon810 (autorizzato dall’Ue nel
1998, ndr), «non può essere assoggettata a una procedura nazionale di
autorizzazione» in quanto si tratta di varietà già autorizzate in Europa. Il
segnale che invia la Corte Ue con la sua sentenza riaccende un dibattito
estremamente complesso in quanto, al di là dell’applicazione della legge,
coinvolge a pieno titolo i consumatori italiani che si sono pronunciati a
maggioranza contro gli Ogm. Insomma, la sentenza rischia di dar fuoco nuovamente
alle micce di chi è favore e di chi è contrario alle colture biotech, in un
momento in cui si trova completamente nell’impasse la proposta della Commissione
europea sulla coltivazione degli Ogm in Europa, che vorrebbe lasciare liberi i
singoli Stati membri di decidere sul da farsi.
Nuovi fondi per le zone a rischio ambientale
Approvato in giunta un riparto da 15 milioni di euro. Passa in
commissione il ddl su energia e carburanti
TRIESTE Formazione universitaria e prevenzione di danni ambientali. Sono i
due piatti forti inseriti nel menu della giunta nella seduta di ieri. Su
proposta dell'assessore all’Istruzione Roberto Molinaro, l’esecutivo ha
approvato tre diversi regolamenti adottati dall'Erdisu di Trieste sulla base
della legge regionale n.12 del 2005 che riordina il diritto allo studio,
riguardano l'utilizzo delle Case dello studente e, soprattutto, i criteri e le
modalità per la concessione di contributi per attività convittuali per gli
studenti universitari. In base alla recente riforma, infatti, gli Enti possono
concedere contributi a soggetti privati che svolgono attività convittuale a
favore di studenti universitari in possesso dei requisiti per la partecipazione
al concorso di ammissione ai servizi abitativi. Il terzo regolamento approvato,
infine, riguarda l'erogazione e l'utilizzo del servizio di ristorazione. Il
vicepresidente Luca Ciriani, invece, ha illustrato i nuovi stanziamenti,
ottenuti grazie alle variazioni di bilancio e il contenimento delle spese
previste per la Protezione civile, da destinare ad opere di prevenzione
ambientale. Si tratta complessivamente di 15 milioni di euro da impiegare nel
breve periodo per la messa in sicurezza di zone a rischio ambientale,
accogliendo segnalazioni e richieste dei Comuni. A partire, ha spiegato Ciriani,
da quelli che lamentano pericoli imputabili ad argini e frane. Il riparto di
ieri va ad aggiungersi a quelle deciso all’inizio dell’estate, che aveva
destinato alle zone montane 7 milioni di euro per il finanziamento di opere
immediatamente cantierabili. Sempre ieri, ma questa volta in sede di Commissione
IV, è stato approvato anche il provvedimento sull'energia e la distribuzione dei
carburanti, passato con il voto favorevole di Pdl, Lega, Udc e Gruppo Misto.
Contrari Idv e SA, astenuti Pd e Cittadini. Nella parte relativa ad accordi e
intese tra Stato e Regione sulle rispettive competenze energetiche, la
Commissione ha approvato l’emendamento della giunta con cui si stralciava la
previsione per i rigassificatori in quanto un recente parere del Consiglio di
Stato demanda la competenza allo Stato e non alla Regione. Per quanto riguarda i
carburanti, inoltre, è stato portato a un anno il periodo concesso ai gestori di
impianti per mettersi in regola con le nuove norme, ad esempio quella che impone
di dotarsi di apparecchiature di ricarica per le auto elettriche.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 settembre 2012
Legge-grimaldello per l’agricoltura e l’area del
Prosecco
Approdato in commissione un disegno bipartisan Il testo prevede anche la
riperimetrazione delle zone
TRIESTE Un piccolo passo avanti, ma di quelli sostanziali. Un “grimaldello”
che potrebbe anche sbloccare, finalmente, il virtuale stallo a cui è costretto
il Carso triestino. Dove è praticamente vincolato ogni centimetro quadrato e non
è quasi possibile avviare nuove attività agricole, con quelle vinicole in prima
linea. L’ipotesi di legge regionale per la valorizzazione della “Doc” Prosecco,
approdata ieri in II Commissione, primo firmatario il consigliere Piero Tononi
(Pdl) e sottoscritta dai colleghi del Partito delle libertà Maurizio Bucci,
Piero Camber e Bruno Marini e dai consiglieri Edoardo Sasco dell'Udc, Igor
Kocijancic (Sa-Prc), Franco Codega e Sergio Lupieri del Pd , oltre a Igor
Gabrovec (Pd-Ssk), non registrato solo per un disguido del quale Tononi si è
scusato con il collega, apre interessanti spiragli. La Lega Nord a sua volta ha
espresso consenso sul testo, tramite il presidente della commissione stessa,
Federico Razzini, e questo unanimismo bipartisan non può far pensare che bene.
Del resto il Prosecco, e ben lo sanno i veneti, può rappresentare realmente il
business del futuro. Non è un caso che nella vicina regione lo coltivino su ben
16.500 ettari, contro i 3500 del Fvg e gli zero ettari della sua terra
d’origine! Il problema, semmai, è legato alla Doc Prosecco, istituita con il
Protocollo sottoscritto l'8 aprile 2010 da ministero delle Politiche agricole
alimentari e forestali, Regione, organizzazioni agricole (Kmecka zveza -
Associazione agricoltori, Federazione Coldiretti Fvg, Confederazione italiana
agricoltori) e Consorzio Tutela Vini Collio e Carso. «Una valorizzazione - ha
spiegato il primo firmatario Tononi - che si attua attraverso ampliamento, messa
in sicurezza, bonifica dei siti e ripristino dei terrazzamenti presenti sul
costone carsico». Più facile a dirsi che a farsi. Perché l'area carsica che
dovrebbe essere destinata alle nuove vigne di Prosecco (con una superficie di
circa 12mila ettari) è sottoposta a vincoli ambientali comunitari della
direttiva Natura 2000, rappresentata da zone Sic e Zps, assolutamente
restrittivi. «Bisogna adeguare la normativa - annota Tononi - semplificando gli
iter autorizzativi di nuovi impianti, premessa per l'aumento della produzione di
vino». Dieci in tutto gli articoli che compongono il provvedimento, che
comprende tra le altre cose l’ampliamento e la riperimetrazione delle zone
attualmente vincolate e l’istituzione di un centro per la promozione del
Prosecco Doc nell'omonima località triestina. Pur nel clima di collaborazione
generale, non è mancato lo spunto polemico. Lo ha innescato Igor Gabrovec,
consigliere regionale del Pd, prendendosela con gli ambientalisti dell’ultima
ora contrari al progetto e sottolineando come l'iniziativa legislativa «più che
di “frizzantino” parla di sviluppo rurale della provincia di Trieste, da Muggia
a Duino, dai terrazzamenti che scendono a mare fino alle colline carsiche a
ridosso del confine italo-sloveno» e come la proposta di legge regionale non
faccia che riproporre, punto per punto, buona parte degli impegni sottoscritti
da Regione, Ministero per le politiche agricole, ambientali e foreste, Consorzio
vini Doc del Carso e associazioni degli agricoltori già il 18 aprile 2010 «e
purtroppo, rimasto lettera morta in tutti i passi fondamentali». Ma la speranza
sopravvive e, osserva Gabrovec, «la proposta di legge risponde ai continui
appelli da parte del settore agricolo che, oggi più che mai, rappresenta uno dei
pochi settori economici triestini in controtendenza rispetto a una situazione di
generale degrado economico. Un settore che annovera soprattutto giovani
imprenditori che affrontano da anni investimenti rilevanti e raccolgono successi
e riconoscimenti a livello locale, nazionale e internazionale».
Furio Baldassi
«Ferriera: basta parole, servono fatti e azioni»
Nota unitaria dei segretari di Cgil, Cisl e Uil: «In gioco la credibilità
della classe dirigente di Trieste»
RICONVERSIONE ATTO DI FIDUCIA
Servola può essere il perno su cui si fa girare il
rilancio di Trieste e della sua economia tutelando i diritti di cittadini e
lavoratori
«È finito il tempo delle parole. Sono necessarie azioni e fatti, difficili e
complessi, ma indispensabili». Le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil
firmano una nota congiunta dopo giorni di dibattito sull’emergenza ambientale e
sui rischi occupazionali della Ferriera. Quello dei sindacati è un appello «alla
classe dirigente di Trieste tutta, che si gioca la propria credibilità. Una
credibilità che va ben oltre ai prossimi appuntamenti elettorali». Adriano
Sincovich (Cgil) Luciano Bordin (Cisl) e Vincenzo Timeo (Uil) sollecitano a
«realizzare le cose già concordate». Vale a dire gli impegni presi dagli enti
locali con l’obiettivo della riconversione. E soprattutto la «richiesta del
governo di conoscere la posizione degli enti locali (Regione, Provincia, Comune
di Trieste) sulla dichiarazione di intenti inerente il prosieguo dell’attività
siderurgica anche dopo il 2015». Due i soggetti, a giudizio dei sindacati, che
«debbono essere elementi discriminanti per le cose da fare»: i cittadini, in
particolare gli abitanti delle zone limitrofe alla Ferriera, e i lavoratori
operanti nell’impianto. «La situazione di disagio e incertezza che vivono
entrambi da troppi anni - precisano Sincovich, Bordin e Timeo - è qualcosa di
intollerabile e non compatibile con quelle che potremmo chiamare condizione di
civiltà, benessere pubblico, certezza dei redditi di sostentamento. La
situazione impone una svolta e la definizione di un futuro certo». Cgil, Cisl e
Uil non demordono e lanciano un nuovo appello alle istituzioni locali e alla
politica con l’invito a fretta oltre che sul serio. «Vogliamo, a differenza di
altri - scrivono i segretari provinciali - fare ancora un atto di fiducia
affinchè si capisca che la riconversione della Ferriera può essere il perno su
cui si fa girare il rilancio della città e delle sue prospettive economiche. E
ciò perché significa affrontare alcuni aspetti inerenti le attività portuali e
industriali, gli aspetti della programmazione del territorio, del coordinamento
dell’azione amministrativa, dei processi di investimento». Cgil, Cisl, Uil di
Trieste operano - si legge nel finale della nota unitaria - «operano per
definire una proposta seria per il futuro di Trieste che dia una prospettiva ai
lavoratori della Ferriera ed indotto, in generale ai giovani senza futuro, ai
cittadini sofferenti per la difficile condizione ambientale. Serve grande
responsabilità, serve coraggio, e un nuovo schema politico che viene imposto
dalla estrema serietà della situazione».
«Perché sì all’operazione Hera» - Samec (Trieste
cambia) spiega le ragioni del voto favorevole alla fusione di AcegasAps
“Hera” garantisce investimenti che l'AcegasAps non potrebbe fare, inoltre è
molto più importante possedere il cinque per cento di un colosso come quello che
scaturirà dalla fusione, piuttosto che rimanere con il 51 per cento della sola
ex municipalizzata. Queste sono in sostanza le motivazioni che hanno portato la
lista civica “Trieste cambia”, presieduta da Fabio Samec, a dire sì a
un’operazione che da altre parti politiche è stata invece fortemente criticata.
«Chi parla di “spartizioni politiche” che starebbero alla base della fusione -
ha detto Samec - formula supposizioni che non esitiamo a definire deliranti. La
verità è invece un’altra, e cioè che l’attuale situazione debitoria imporrebbe
all'AcegasAps, per effettuare i non più rinviabili investimenti, a vendere i
gioielli di famiglia, cosa che vedrebbe ridotto di molto il valore dell'azienda.
Hera invece rappresenta il miglior partner possibile - ha aggiunto - sia per la
solidità finanziaria, sia per gli investimenti che potrà fare. Non a caso - ha
sottolineato il presidente della lista civica - le quotazioni in Borsa delle due
società, dopo che si è saputo dell'ipotesi di fusione, sono cresciute». Per
approfondire i temi della fusione, “Trieste cambia” organizza per venerdì, alle
16, nella sala Imperatore del Savoia, un pubblico incontro, al quale hanno
assicurato la loro presenza il sindaco, Roberto Cosolini, il presidente di Hera,
Tomaso Tommasi di Vignano, e l'amministratore delegato dell'Acegas-Aps, Cesare
Pillon. «Questa non è un'operazione politica - ha sottolineato Roberto Decarli,
capogruppo della lista “Trieste cambia con Cosolini” in consiglio comunale - e
chi lo sostiene dimostra di voler utilizzare, strumentalmente, in vista delle
prossime elezioni regionali, un’operazione che ha invece valide ragioni
economiche e finanziarie. Non è infatti un caso che grandi esperti di finanza -
ha continuato Decarli - la abbiano battezzata positivamente. Va poi denunciata
l'intenzione del centrodestra di creare preoccupazione nella popolazione,
ipotizzando un trasferimento da Trieste della sede dell'AcegasAps, evento - ha
concluso - che non accadrà». In chiusura, Samec ha ricordato che i patti sociali
di Hera «prevedono che il 51 per cento del capitale debba sempre rimanere in
capo a enti pubblici, e questa è una notevole garanzia».
Ugo Salvini
De Gioia: servono stalli per le biciclette davanti alla
Stazione centrale
Stalli per posteggiare le biciclette davanti alla Stazione centrale. A
chiederlo è il consigliere comunale della Lega Nord Roberto de Gioia. «Mettiamo
fine a quell'indegno spettacolo offerto dal parcheggio selvaggio delle due
ruote» - osserva l’esponente del Carroccio che, un anno fa, a tal riguardo aveva
presentato una mozione in Consiglio comunale. Il documento, accolto dall’aula,
impegnava il sindaco a intervenire per promuovere e facilitare l'uso della
bicicletta con percorsi ciclabili ad hoc, dotando la città di stalli utili ad
agevolare la sosta. «Molti proclami, progetti annunciati, iniziative
promozionali, ma nessun fatto concreto», denuncia de Gioia. «Vada per le piste
ciclabili che rientrando in un progetto di carattere urbanistico e hanno bisogno
del loro tempo - osserva - ma qualche piccolo segnale, magari una tracciatura da
qualche parte, almeno una rastrelliera, si poteva offrire. Niente di niente,
neanche il bike sharing che è presente ormai ovunque. Alla faccia della mobilita
urbana - polemizza il consigliere - della lotta all'inquinamento,
dell'incremento turistico: Trieste si ostina a rimanere la Cenerentola in quello
che appare dappertutto come una delle attività volte a cambiare le abitudini
della gente in modo da ottenere una miglior qualità della vita». Il Comune, fa
sapere il leghista, ha annunciato la partecipazione alla Settimana Europea della
Mobilità che si terrà quest'anno a settembre. Un’occasione, annota de Gioia,
«per sensibilizzare tutti a muoversi in bici o a piedi e per ribadire gli
impegni assunti da questa amministrazione, ma poi concretamente mai tradotti in
progetti». «Iniziamo allora con il collocare alcune rastrelliere - ribadisce de
Gioia - in alcuni punti della città, o almeno a cominciare dalla Stazione
centrale dove lo spettacolo fornito dal parcheggio selvaggio delle due ruote è
davvero sconcertante.
(g.s.)
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Traffico accettabile
Chiedo nuovamente ospitalità al giornale per una dovuta replica al dott. Santin che mi ha bacchettato in un suo intervento sull’edizione di oggi. Non volevo assolutamente contestare la pericolosità di un eventuale terminal Lng nel porto di Trieste. Non mi sento competente a riguardo, anche se, come ex-comandante di navi gasiere, una certa esperienza l’ho fatta. Gli argomenti per dire di no al rigassificatore possono essere molti e validi ma non bisogna fare asserzioni inesatte. Nel mio intervento rispondevo a chi affermava che la presenza del terminal potesse bloccare l’attività del porto di Trieste. Per questo motivo ho fatto riferimento a Rotterdam. Il terminal di quel porto non si trova isolato, in mezzo al mare, come può apparire dalla descrizione del dott. Santin. E’ invece inserito nel Maasvlakte 1, l’area portuale più importante di Rotterdam, costruita tra il 1965 e il 2008. E’ accanto a 4 terminali per container della capacità di 7,3 milioni di TEU!, al porto petroli e molte altre banchine. Confermo che i sobborghi di Hock van Holland, Rozenburg , Maassluis e Oostvoorne , circa 60.000 abitanti complessivi, si trovano a pochi chilometri dall’impianto. E’ vero che dispone di un canale di accesso separato da quello che porta al Europhaven da una piccola isoletta ma tutti e due sono collegati all’ultimo tratto del fiume Maas , ove transita tutto il traffico diretto alle aree portuali e le navi passano a poco più di 100 metri. Ebbene, se la presenza di navi gasiere non pone problemi al traffico di Rotterdam con le sue centinaia di transiti giornalieri, come potrebbe farlo a Trieste nella condivisione di una canaletta che è impegnata al massimo per qualche ora al giorno? Possibile che le poche navi Lng previste in arrivo nel corso di un mese non riescano a trovare il canale libero durante la giornata? Non ho mai fatto alcun cenno a Porto Viro. Avevo scritto che non conoscevo norme restrittive riportate della Solas (trattato internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, come era stato affermato nell’intervento cui mi riferivo. Se sono in errore mi si indichi il capitolo nel quale sono contenute. Per quanto riguarda la circolare IMO segnalata, questa non indica alcuna prescrizione ne potrebbe farlo. Sono circolari emesse periodicamente con le quali l’Organizzazione Marittima Internazionale recepisce e segnala le aree di traffico limitato istituite dalle diverse nazioni, per varie cause. Nella fattispecie viene segnalata un’area di limitazioni al traffico nel Golfo di Venezia posizionata a 45°03,30’ N e 012°35,10’E.
Gianfranco Badina
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 5 settembre 2012
URBANISTICA A DUINO AURISINA - IL WWF:
“IMPORTANTE IL SEGNALE DI DISCONTINUITA’ DEL SINDACO KUKANJA RISPETTO AL
PASSATO”
L’associazione; “Ora si avvii rapidamente l’iter di una nuova
variante generale, rispettosa dei valori ambientali del territorio, che consenta
di cancellare anche i piani particolareggiati nel frattempo già approvati”.
E’ importante, secondo il WWF, il segnale di discontinuità con il passato,
che si evince dalle dichiarazioni del sindaco di Duino-Aurisina, Kukanja,
rispetto alla scellerata gestione del territorio da parte dell’amministrazione
comunale precedente. Il WWF apprezza in particolare le dichiarazioni del
sindaco, sulla volontà di utilizzare le osservazioni dei cittadini per
modificare le varianti al piano regolatore, adottate dal Consiglio comunale
durante l’amministrazione Ret, ma non approvate.
E’ soprattutto la variante 27 a richiedere sostanziali modifiche. In merito il
WWF aveva formulato dettagliate osservazioni, rilevando tra l’altro come
l’incredibile motivazione della variante fosse quella di accontentare in qualche
modo sia le richieste di nuova edificazione residenziale scartate, all’epoca
della precedente variante 24/25 (2007), “perché prive dei requisiti di
pubblicità e trasparenza necessari”, sia altre richieste “esterne all’assetto
delineato dal Piano Struttura”.
Il tutto senza menzionare neppure di sfuggita il patrimonio edilizio/abitativo
esistente non utilizzato o sottoutilizzato e anzi dimensionando la variante per
10.257 residenti teorici, laddove i residenti effettivi erano 8.717 nel 2010,
contro gli 8.781 del 2002 (dati ISTAT).
Un trend demografico in diminuzione, quindi, che smentisce clamorosamente la
Relazione della variante 27, dove si vaneggia di “crescita costante della
popolazione residente”.
Da ciò la quarantina di modifiche alla zonizzazione, quasi tutte a fini
residenziali, per oltre 31.238 metri cubi (dichiarati), che si aggiungono ai
33.354 metri cubi autorizzati con la variante 24/25. In realtà, le nuove
volumetrie consentite sono ancora maggiori, grazie ad un emendamento alla
normativa che permette di costruire anche nei lotti “di completamento” che non
siano già delimitati su tre lati da aree urbanizzate. Il consumo di suolo con la
variante 27 aumenterebbe quindi più dell’1,5% ufficialmente dichiarato, che
peraltro si aggiunge sia all’incremento del 3,5% deliberato con la variante
24/25, sia a quanto previsto dalle varianti precedenti.
Le aree di futura cementificazione sono, secondo la “tradizione” del Comune, in
gran parte di pregio paesaggistico e ambientale, trattandosi di zone boscate o
prative a landa carsica (habitat prioritario secondo la Direttiva europea
92/43/CEE).
Da ciò la necessità che la nuova amministrazione comunale riveda drasticamente i
contenuti della variante, senza escludere la possibilità di annullarla del
tutto, revocandone anche l’adozione.
Sarebbe semmai opportuno, secondo il WWF, avviare rapidamente l’iter di una
nuova variante generale, rispettosa dei valori ambientali del territorio che
consenta di cancellare anche i piani particolareggiati nel frattempo già
approvati (e a maggior ragione quelli solo adottati).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 settembre 2012
Dipiazza senza peccato o dalla memoria corta? -
L’INTERVENTO DI BRUNA TAM (Consigliera comunale PD nella passata legislatura)
«Chi è senza peccato scagli la prima pietra» recita il Vangelo. A leggere i
recenti interventi sul Piccolo l’ex sindaco Dipiazza ritiene di non aver alcuna
responsabilità sulla situazione “critica” della nostra città e scaglia varie
pietre contro l’attuale sindaco Cosolini e la sua amministrazione. E guarda caso
proprio mentre si avvicinano le prossime tornate elettorali per le quali si è
dichiarato disponibile ad essere candidato sia in Regione che in Parlamento. Ma
siamo proprio sicuri che non abbia peccato? Ad onor del vero devo ricordare a
lui e ai cittadini le colpe e le omissioni di cui si è macchiato durante i suoi
mandati. Lo faccio ponendogli alcune semplici domande: 1) A chi addebita il
fiasco del Piano Regolatore? 2) Come giustifica le ingenti spese per un Piano
del Traffico mai nato? 3) Quali dei mirabolanti interventi per tre miliardi, 899
milioni e mezzo di euro elencati nel suo “Trieste 2010-2020 progetti per lo
sviluppo” del maggio 2010 sono stati realizzati? Dov’è il Silos?, dove sono le
Serre idroponiche? Dove i nuovi porti turistici? 4) Come mai nessuno degli
imprenditori interessati alla realizzazione dei cosiddetti “centri monomarca” è
riuscito a concludere l’intervento proposto? 5) Come mai sulla Ferriera hai
fatto occhi ed orecchie da mercante? A queste due ultime domande mi permetto di
rispondere io riferendo quello che Dipiazza, nell’aprile del 2011, ha risposto
ad una mia domanda di attualità sui centri monomarca: «Come ho cambiato idea
sulla Ferriera che abbiamo detto doveva essere chiusa ma non si possono buttare
in strada 1000 operai, la stessa cosa se probabilmente avessimo la città o la
situazione economica com’era 4/5 anni fa potevamo tranquillamente pensare di
aprire ma in questo momento di crisi aprire altri 37.000 mq, tant’è la richiesta
in questo momento, è una cosa da non fare. Io sono contro l’apertura
sconsiderata perché vorrebbe dire uccidere in un colpo solo quei piccoli
negozietti che abbiamo ancora da 30, 40, 50 mq. Quando dicono che portano 500
posti di lavoro sì ma ne ammazziamo 700». Intendendo, presumo, difendere i
lavoratori nel primo caso e i piccoli commercianti nel secondo. Tutti possono
cambiare idea ma un sindaco prima di prendere decisioni tanto importanti per
troppe persone doveva confrontarsi seriamente con il consiglio comunale per
quanto riguardava la Ferriera e informare i diretti interessati per quanto
riguardava i monomarca; ma nulla di questo è stato fatto; perché sappiamo che a
un decisionista come Dipiazza i tavoli e i confronti non sono mai andati a
genio. E così la Ferriera continua ad imbrattare la città e due grossi marchi
come Leroy Merlin e Decathlon sono volati, insieme agli investimenti e ai posti
di lavoro, verso altri lidi: a Udine il primo e a Muggia il secondo. Per non
parlare degli altri 7 dati per “desaparecidos”. E questi come li consideriamo?
peccati veniali? Io sicuramente no ed invito pertanto Dipiazza a togliere la
trave dal suo occhio prima di guardare la pagliuzza nell’ occhio degli altri.
Muggia ferma al 45% di differenziata
Lontano l’obiettivo europeo del 65%. Longo: «Stiamo valutando misure
forti»
MUGGIA La normativa europea è chiara: entro il 2012 la quota di raccolta differenziata dei rifiuti deve arrivare al 65 per cento. Un obiettivo che molti comuni italiani però finora non hanno raggiunto. A Muggia ad esempio, si è arrivati al 45% secondo le stime del Comune, 41 invece secondo quanto indicato dall'Arpa, difficile quindi pensare in pochi mesi di raggiungere l'obiettivo prefissato dalla direttiva comunitaria. Ma dove sta la chiave di volta? Sono i cittadini ad essere indisciplinati o le amministrazioni pubbliche che non sanno fare informazione? Per questo il Comune di Muggia ha realizzato un sondaggio attraverso un questionario recapitato a casa, i cui risultati sono stati presentati lunedì in sala Millo, davanti però ad una platea poco numerosa, per valutare da un lato quanto i muggesani siano soddisfatti del servizio di raccolta differenziata - in appalto ad Italspurghi dal 2010 e fino a febbraio con possibile proroga di altri due anni – dall'altro per verificare quale sia la reale conoscenza delle modalità di conferimento. A rispondere sono stati 532 cittadini: il 50% si è detto soddisfatto del servizio, per il 40% invece è sufficiente, il restante 10 dice che andrebbe migliorato. Sul fronte dell'informazione circa il 36% delle persone intervistate indica che è necessaria più informazione sulle modalità di raccolta differenziata. Ma se l'informazione è necessaria, per Paolo Lusin del Servizio ambiente del Comune di Muggia il sistema di raccolta differenziata così come pensato ha un limite: «Perché con i cassonetti dell'indifferenziata sotto casa e di grandi dimensioni è più comodo buttare tutto là. E' anche vero che in tre anni siamo passati dal 19% di raccolta differenziata al 45% o come indicato dall'Arpa al 41%, questo perché ci sono tanti conferimenti di materiali inerti, il limite annuo per persona è di di 10 chili, mentre qui si arriva anche a 50 chili in un anno e questo fa scendere la percentuale di 4 punti». Se l'obiettivo dell'amministrazione comunale era quello di arrivare a raggiungere entro il 2010 il 63% di differenziata, due anni dopo la meta sembra difficile da realizzare visto che, per ora, la percentuale è del 45%, ma l'assessore all'Ambiente Fabio Longo sta studiando con gli uffici tecnici e giuridici una soluzione: «Mi rendo conto che è difficile arrivare al 65% entro la fine dell'anno però stiamo valutando misure e interventi decisi».
Ivana Gherbaz
Apre con “Next” la palazzina di corso Cavour - RESTAURO
FINITO
L’edificio dell’Authority sarà utilizzato dalla Provincia come sede di
manifestazioni
Finalmente gli operai sono usciti e il contratto d’affitto è stato firmato.
La palazzina di proprietà dell’Autorità portuale in corso Cavour 2, a distanza
di 3 anni dall’avvio del cantiere, è pronta a entrare in funzione, al servizio
della Provincia, che pagherà circa 110 mila euro all’anno di pigione per quegli
878 metri quadrati che intende usare per proprie manifestazioni, o per quelle di
associazioni varie cui offrirà la sede al posto del classico contributo in
denaro. La struttura debutta a fine mese. Ospiterà per il salone della scienza
“Next” i laboratori per bambini e una serie di dibattiti. Pareti giallo ocra, la
palazzina è costata circa 3 milioni di euro all’Autorità portuale: l’accordo era
stato fatto con l’ex presidente Claudio Boniciolli, che nel 2010, esponendo un
buon utile al posto dei passati conti in rosso, aveva accolto volentieri la
proposta della presidente Bassa Poropat: «Questa ristrutturazione ce la possiamo
permettere». Il “fine lavori” era stato previsto già per la scorsa primavera,
con l’annuncio di mostre fotografiche, e della rassegna dedicata a Bogdan Grom,
pittore di Devincina (Prosecco) ormai stabilitosi oltreoceano, e senz’altro da
riscoprire. E invece si passa a “Next”. Fra poco inoltre, dice l’assessore
Mariella De Francesco, verrà annunciato l’eternamente rinviato restauro della
Casa del lavoratore portuale, questo invece di proprietà della Provincia, da
tempo destinato a sede di associazioni culturali e specificamente a quelle del
cinema. Verrà anche presentata una piccola pubblicazione sulla storia
architettonica dell’edificio. Ma intanto, fra molti intoppi, è arrivato anche
l’ultimo: il decreto Monti sulle liberalizzazioni. «La liberalizzazione delle
tariffe professionali - spiega De Francesco - ci ha obbligati a rivedere bandi e
capitolati, ma proprio in queste ore si stanno aprendo le buste, i lavori sono
imminenti». L’edificio è vincolato dalla Soprintendenza, e subirà soprattutto un
consistente restauro impiantistico, mirato al risparmio energetico: «Siccome i
costi saranno a carico delle associazioni - aggiunge l’assessore - vogliamo che
non siano strangolate dalle spese di gestione». Resta invece ancora sotto un
punto di domanda la questione della viabilità tra la palazzina di via Cavour e
l’ex Casa del lavoratore, e dunque la possibilità di connettere i due edifici,
di farne un polo unico. Cortiletto e strada sono dell’Autorità portuale e pende
sull’area l’ipotesi (allo studio anche nel Piano regolatore del Comune) di
realizzare lì una nuova arteria di collegamento per i futuri transiti da e per
il Porto vecchio restaurato.
(g. z.)
Prima centrale eolica slovena a breve in funzione sul
Carso - A DOLENJA VAS
TRIESTE Sarà inaugurata a ottobre sul Carso sloveno, a Griško polje vicino a
Senosecchia, la prima centrale eolica della Slovenia. Un’opera attesa oramai da
quasi undici anni, ritardata dai molteplici nodi burocratici che l’hanno
caratterizzata. Sarà, come dicevamo, la prima di un “parco” di 19 centrali.
Quella di Senosecchia produrrà 4,5 milioni di kilowatt all’anno in grado di
soddisfare il fabbisogno annuale di circa 1100 utenze. L’investimento è costato
complessivamente 3,6 milioni di euro. Secondo le dichiarazioni di Anton Korošec,
direttore della società mista austriaco-slovena Alpe Adria energija (Aae) che ha
costruito l’impianto su una superficie di 400 ettari sopra Dolenja vas nel
comune di Sesana, la centrale inizierà a produrre energia elettrica il prossimo
mese di ottobre iniziando con una produttività pari a 2300 kilowatt e sarà
agganciata alla rete a 20 kilovolt. Alla fine dello scorso anno, spiega il
direttore al Dnevnik di Lubiana, abbiamo ottenuto la terza licenza edilizia
necessaria ad attuare i lavori ma, a quel punto, abbiamo iniziato ad avere
problemi finanziari anche perché a causa dei ritardi burocratici i costi
dell’opera sono aumentati di 500mila euro. Reperiti i soldi ci siamo trovati in
difficoltà nel reperire una particolare gru indispensabile per innalzare le pale
che, alla fine, è giunta dall’Austria trasportata da 19 autocarri. Adesso
l’enorme gru è operativa e la Enercon, che si è aggiudicata l’appalto, sta
lavorando all’innalzamento della prima torre. Finita questa parte dell’opera si
passerà all’installazione dell’elica (a tre pale lunga ciascuna 35 metri) e a
quella della cupola. L’opera, quando sarà conclusa, sarà alta 97 metri. I
problemi per il cantiere della centrale eolica sono iniziati quando il ministero
dell’Ambiente sloveno ha bloccato i lavori a seguito di una denuncia anonima. La
Aae ha quindi provveduto a modificare il progetto cambiando il tipo di eliche da
utilizzare. Nel frattempo però la speciale gru che stava quasi per ultimare la
torre della struttura è stata smontata e rispedita in Austria per operare in
altri cantieri aperti. Adesso, finalmente, espletate tutte le formalità
burocratiche, i lavori proseguono come da calendario ma la società Aae, che ha
fatto ricorso in tribunale, aspetta un risarcimento dei danni subiti per il
forzato arresto del cantiere. Quando la centrale entrerà in funzione la Comunità
agraria di Dolenja vas inizierà a percepire l’affitto di circa 200 ettari di
terreno che sono stati occupati dal nuovo impianto.
Mauro Manzin
L’acqua aumenta come i compensi agli azionisti della
società - LA LETTERA DEL GIORNO di Alessio Vremec
Il sindaco, sulle pagine di questo giornale, ha annunciato trionfalmente
che, nei prossimi cinque anni, l'acqua sarà meno cara del 10%. Peccato che siano
passati sotto silenzio gli aumenti del 28% nel 2010, del 360% la quota fissa per
usi non domestici nel 2011, e di quasi il 10% nel 2012, in confronto dei quali
la diminuzione promessa dal sindaco risulta quasi insignificante. Caro sindaco,
per ristabilire un po' di giustizia bisogna restituire ai cittadini di Trieste
quanto è stato loro sottratto negli ultimi tre anni da parte di AcegasAps, con
aumenti scandalosi e vergognosi. Scandalosi perché spaventosamente più alti
dell'inflazione e soprattutto perché si concentrano sulla quota fissa, cioè
vengono fatti cadere sulle spalle di coloro che consumano meno, ossia i più
poveri, coloro che la crisi economica ha costretto a ridurre i consumi. La
vergogna, invece, è il raddoppio del compenso agli azionisti di AcegasAps nel
2011 e confermato nel 2012, a fronte di un calo degli utili. In pratica i soldi
dei più poveri sono andati a finire nelle tasche dei più ricchi, Robin Hood alla
rovescia. Un amministratore saggio ed oculato, dovrebbe agire in tutt'altro
modo. Io suggerisco il seguente. 1. Riportare il prezzo dell'acqua a tre anni
fa, per poi calcolare un aumento massimo legato alla percentuale di inflazione.
2. Concentrare gli aumenti sui consumi più alti, in modo da far pagare meno chi
consuma meno. Anche il ministro Clini ha appena affermato che «bisogna tassare
il consumo di risorse». 3. Eliminare il dividendo agli azionisti finché il
bilancio di AcegasAps non viene risanato, perché quando uno investe in azioni,
sa benissimo che il valore dell'investimento può salire o diminuire con la
stessa probabilità. Se non vuole rischiare, compra buoni del tesoro. 4. Ridurre
i compensi agli amministratori. Nel 2011 l'amministratore delegato di AcegasAps,
Cesare Pillon, ha guadagnato 387.000 euro, 67.000 euro più del presidente degli
Stati Uniti, Barack Obama, che guadagna per legge 400.000 dollari, circa 320.000
euro. Per non parlare di Marina Monassi che nel 2011 ha incassato 168.000 euro
per meno di quattro mesi di lavoro di direttore generale. Ma davvero volete
farci credere che dirigere AcegasAps richieda maggiori competenze che governare
gli Stati Uniti? 5. Riparare la rete idrica che perde come uno scolapasta: ben
il 55% dell'acqua immessa in rete viene persa per strada, una delle peggiori
reti idriche in Italia ed in continuo disfacimento, due anni fa perdeva il 49%.
SEGNALAZIONI - Parenzana Ciclabile “nascosta”
Un caro amico triestino mi ha inviato l’articolo di Livio Missio, “Da Parenzo a Trieste: il sogno proibito dei turisti in bicicletta”, pubblicato sul Piccolo del 22 agosto scorso. Mia moglie e io, in questo caldo agosto, abbiamo percorso i 123 chilometri della Parenzana da Trieste a Parenzo in bicicletta e ne siamo rimasti entusiasti. Prima di partire abbiamo cercato su internet informazioni sulla pista ciclabile che inizia in Italia, attraversa la Slovenia e termina in Croazia. Non abbiamo avuto problemi a scaricare mappe, raccogliere informazioni storiche e tecniche sulla ferrovia e sui territori coinvolti per quanto concerne la Slovenia e la Croazia. Non siamo riusciti, invece, ad avere dati sulla tratta italiana. Siamo partiti da Biella in treno, con le nostre biciclette, per raggiungere Trieste cambiando quattro treni. In Italia, a differenza di quasi tutti gli altri paesi d’Europa, la bicicletta non è considerata mezzo di locomozione importante: può essere trasportata esclusivamente sui treni regionali. Accolti alla stazione dagli amici triestini, siamo stati accompagnati alla ricerca di materiale informativo sul nostro percorso. Purtroppo non abbiamo potuto soddisfare le nostre curiosità né siamo riusciti a capire dove inizia la Parenzana in Italia. Siamo quindi partiti grazie a sommarie informazioni: abbiamo visitato Muggia e proseguito verso Capodistria, sconcertati dalla totale assenza d’indicazioni sul percorso. Attraversato il confine con la Slovenia, la situazione è cambiata radicalmente: la segnaletica era ricca e dettagliata, con mappe, informazioni storiche e curiosità. Siamo d’accordo con quanto riportato nell’articolo citato e auspichiamo che la situazione italiana cambi con l’inaugurazione prevista per i prossimi mesi. Vorremmo ribadire che questa strada, riservata esclusivamente ai ciclisti, attraversa vigneti e boschi, costeggia il mare, raggiunge paesi ricchi di storia e di fascino e merita veramente attenzione e valorizzazione. Noi abbiamo incontrato pochissime persone su un percorso che riteniamo davvero appassionante.
Mario e Luisa Clerico (Ronco Biellese)
SEGNALAZIONI - Più spazio ai pedoni
Ha ragione l’assessore alla Pianificazione urbana, mobilità e traffico del Comune di Trieste - Elena Marchigiani - quando parla di più mobilità urbana sostenibile: è una tesi che Camminatrieste sostiene da tanti anni contro lo strapotere di altri soggetti interessati che di fatto hanno condizionato la città. Con tutte le amministrazioni comunali abbiamo proposto: attuare la mobilità urbana sostenibile e il piano del traffico e attraverso queste realtà realizzare zone pedonali collegate. La nostra proposta era stata da San Giusto alle Rive, al centro, viale XX Settembre e parco urbano del Farneto, un’unica isola pedonale, realizzata poi in modo diverso, ma l’obiettivo è stato comunque raggiunto. La Marchigiani, con il suo tratto gentile, ne ha spiegato bene i propositi e le parti in causa e sembra che ora, entro l’anno, il Piano urbano del traffico troverà finalmente attuazione. Assistiamo da diverso tempo a una “dimenticanza” del pedone da parte di organi di stampa e televisione, viene solo nominato in caso di incidenti stradali, molti dei quali sui passaggi pedonali e poi “evidenziato“ quando “sbadato” era fuori dalle strisce, quindi licenza di uccidere. Non è questa la mobilità urbana sostenibile che taluni intendono, perché ancora moltissime sono le macchine e le moto che rombano per la città, causando smog, rumore, mentre non tutte possono circolare in centro, cercando parcheggi introvabili, perché ogni cosa ha i suoi limiti. Il territorio della città non ha le disponibilità di assorbimento per un così alto numero di mezzi. Il Coped - Camminatrieste, in collegamento con le scuole, associazioni, istituzioni, promuove dal 21 al 30 settembre nel comprensorio di San Giovanni un’iniziativa europea per la tutela del pedone, con mostre e passeggiate, dove, al centro, ci saranno la Carta mondiale della pedonalità e la Carta europea del pedone. L’iniziativa si svolge con una lettera di sostegno del presidente del Parlamento europeo a Camminatrieste, che da oltre vent’anni conduce battaglie civili e per vivere meglio la città.
Sergio Tremul
IL PICCOLO - MARTEDI', 4 settembre 2012
Dalla Costa: sulla Ferriera la politica stenta a
decidere - SIDERURGIA»LO STABILIMENTO
Il procuratore capo: forti resistenze sull’opportunità di prendere misure
drastiche
Dubbi sul funzionamento di alcune centraline,
disorganica la rete di rilevamento
Lo dice chiaramente, il procuratore capo Michele Dalla Costa: sul caso
Ferriera ci sono «grosse resistenze, oltre che da parte del mondo del lavoro,
anche da parte delle stesse amministrazioni pubbliche sulla opportunità di
prendere decisioni drastiche e come tali impopolari e certamente non premianti
dal punto di vista del consenso politico». Le parole di Dalla Costa fanno anche
intuire la linea e quelle che potrebbero essere le mosse della Procura sul caso
Ferriera. L’ufficio del procuratore capo in ogni caso sta raccogliendo «tutto il
materiale relativo allo stabilimento e sta «esaminando le varie situazioni
oggetto di segnalazione». Il messaggio di Dalla Costa è chiaro, soprattutto dopo
le ultime analisi relative al benzo(a)pirene. Analisi che hanno evidenziato dati
allarmanti tirando in ballo anche il sindaco Roberto Cosolini. Così Dalla Costa,
senza mezzi termini, punta il dito in sostanza contro chi per legge deve
controllare, ma soprattutto intervenire in modo deciso. «Voglio accertare - dice
il procuratore capo - se ci sono state omissioni da parte di chi doveva
monitorare la situazione e intervenire in caso di contravvenzione ai parametri
fissati dalla legge. Al momento abbiamo riscontrato - osserva il procuratore -
una disorganica situazione della rete di rilevamento e di segnalazione dei
possibili casi di inquinamento: infatti non tutte le centraline di controllo
sono in mano pubblica, alcune sembrano non aver funzionato correttamente e altre
sembrano non essere state oggetto di costante manutenzione». E ancora: «La
tempistica delle segnalazioni - così Dalla Costa - non pare soddisfacente e
idonea a provocare un immediato intervento “di reazione” delle autorità
preposte» (il riferimento è indirettamente all’Arpa e Comune, ndr). A questo
punto Dalla Costa rileva che «l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia)
concessa (dalla Regione, ndr) per l’esercizio della Ferriera pare non abbia
previsto, in buona sostanza, precise e puntuali sanzioni connesse alla
inosservanza delle condizioni indicate nel provvedimento di concessione».
Insomma le prescrizioni esistono, ma se i parametri vengono sforati non succede
nulla. Chiarisce ancora il procuratore capo: «Il problema della Ferriera di
Servola non è risolvibile sul piano giudiziario o con gli strumenti del diritto
penale. È di natura essenzialmente politica. In questi giorni stiamo esaminando
le varie situazioni oggetto di segnalazione. Stiamo verificando non solo i
singoli episodi di inquinamento ma stiamo anche cercando anche di capire se gli
organismi pubblici chiamati a controllare la situazione hanno correttamente
vigilato e operato di conseguenza, adottando i provvedimenti previsti dalla
legge». Alla fine Dalla Costa alza il tiro. La sua «sensazione», ribadisce, è
«che vi siano cioè resistenze di tipo politico su questioni che devono trovare
la loro soluzione innanzitutto nella buona amministrazione della cosa pubblica e
nel rispetto, comunque, di tutti i beni costituzionalmente garantiti. Mi rendo
conto che la politica deve fare i conti, tanto più in questo momento di crisi
generale, con l'esigenza di salvaguardare i posti di lavoro. Ma deve anche
salvaguardare la salute di tutti i cittadini - conclude il procuratore capo -,
siano o no lavoratori».
Corrado Barbacini
Dalla fabbrica escono fiamme. L’azienda: «Sono innocue»
Le «fiaccole accese» che si possono vedere alzarsi in questi giorni dalla
Ferriera di Servola non possono recare alcun problema alla popolazione. In un
momento così delicato è stata la stessa Lucchini ieri a emettere una nota per
informare la cittadinanza che da ieri e per quattro giorni gas in eccesso
potranno essere sfogati attraverso la torcia di emergenza interna dello
stabilimento. Il problema nasce da un guasto verificatosi alla turbina a vapore
della centrale elettrica Elettra che non può “ritirare” la quota ad essa
destinata dei gas siderurgici prodotti i quali di conseguenza devono venir
bruciati. «Si tratta di un’eventualità - precisa la Lucchini - prevista
dall’Autorizzazione integrata ambientale della quale le istituzioni competenti
sono state già informate sia dalla società Elettra responsabile della
disfunzione, che dalla Lucchini stessa.
E il benzopirene a Servola torna a salire
Controtendenza negativa in via San Lorenzo in Selva. Il sindaco: «A
giorni prenderò una posizione»
«Tra un paio di giorni prenderò una decisione sul tipo di ingiunzione da
fare alla Lucchini». Lo annuncia il sindaco Roberto Cosolini dopo che gli è
stato anticipato il trend delle ultime rilevazioni sull’inquinamento, quelle che
si riferiscono alla media del mese di luglio: la concentrazione nell’atmosfera
di benzopirene, come conferma l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, torna a
crescere nell’area di via San Lorenzo in Selva, come registrato dalla centralina
mobile collocata nei pressi della stazioncina ferroviaria. Tra marzo e giugno il
calo era stato costante e si era scesi da 5,5 nanogrammi a 3,7 nanogrammi per
metrocubo. Ora questa tendenza si è di nuovo pericolosamente invertita, mentre
la fase di rientro in parametri più rassicuranti continua invece a interessare
gli altri quattro punti di “osservazione” posti rispettivamente sempre a Servola
in via Pitacco, non molto distante e cioé in via Svevo, oltre che in piazza
Garibaldi e a Muggia. «Tra un paio di giorni, e comunque prima del Consiglio
comunale di lunedì prossimo - spiega il sindaco - avrò i dati specifici,
chiederò una spiegazione tecnica dei loro trend contrastanti e prenderò la
decisione che dovrà essere presa. Le ingiunzioni possono essere di vario tipo,
non devono essere né esagerate né sottodimensionate rispetto alla reale gravità
della situazione». Quanto ai rilievi fatti alla parte politica dal procuratore
Michele Dalla Costa, Cosolini sottolinea che «fotografano un lungo periodo nel
corso del quale possono esserci state anche delle mancate decisioni. Dal momento
del nostro insediamento - aggiunge - ho emanato alcune prescrizioni che
riguardano in particolare l’eliminazione di punti specifici di emissione dallo
stabilimento e che hanno portato anche a qualche risultato di graduale
miglioramento. Riguardo al timore di prendere decisioni non premianti dal punto
di vista elettorale, è vero il contrario: prende più voti chi chiede la chiusura
della Ferriera». «La centralina in questione, di via San Lorenzo in Selva -
specifica l’assessore Laureni - è contestata quanto a ubicazione dalla Lucchini
la quale sostiene che non rientri nella rete regionale dell’Arpa. É stata voluta
però in passato proprio dalla Procura della repubblica per rilevare emissioni
riferentesi specificatamente alla Ferriera senza che si sovrapponga inquinamento
diverso, causato da traffico o da altre industrie. È intenzione della giunta
comunale - annuncia Laureni - chiedere prossimamente un incontro anche ai
magistrati della Procura sul tema della Ferriera. Prima però attendiamo il
pronunciamento lunedì del Consiglio comunale anche se logicamente non potrà
essere vincolante. Era opinione dell’amministrazione fare un percorso di
accompagnamento della Ferriera fino al 2015 ritenendo comunque questo termine
insuperabile. Se anche questo accompagnamento risulta però troppo pericoloso per
la salute pubblica, è chiaro che il sindaco dovrà intervenire».
Silvio Maranzana
L’EX SINDACO Dipiazza: «Già nel 2007 la mia diffida
alla Lucchini»
L’ex sindaco Roberto Dipiazza ha fatto rilevare ieri come nel 2007 dopo che
la perizia di due tecnici incaricati dalla Procura aveva ravvisato la
possibilità di insorgenza di tumori per l’inquinamento a Servola egli avesse
convocato con urgenza un Consiglio comunale con un appello «a prendere decisioni
che potrebbero essere drammatiche». «A questo appello lanciato dopo aver
illustrato la situazione della Ferriera e letti passi del carteggio intercorso
tra Comune, Azienda sanitaria, Arpa, Lucchini spa e Procura della Repubblica in
particolare sugli sforamenti di benzopirene - riferisce Dipiazza - seguirono
anche indicazioni precise da parte del Comune sull’Autorizzazione integrata
ambientale che le istituzioni votarono il 30 ottobre successivo. La Lucchini
aveva individuato una massiccia serie di interventi sullo stabilimento e secondo
il consulente della Procura, l’ingegner Mario Boscolo, tali interventi erano di
pronta eseguibilità e ottima efficacia per portare a un abbattimento delle
polveri totali pari al 45%». «Inoltre il 31 agosto 2007 - conclude l’ex sindaco
- avevo già intimato alla Lucchini di attivarsi immediatamente per riportare nei
limiti di legge le emissioni inquinanti della Ferriera. L’ordinanza da me
firmata, con riferimento in particolare alle polveri sottili Pm10 e al benzene,
seguiva il pronunciamento dell’Azienda sanitaria in merito alla relazione
dell’Arpa sullo sforamento dei valori di legge registrati nel 2006 e nel 2007».
A propria volta il Movimento 5stelle ha rilevato di aver reso pubblico il
documento su internet a fine settembre 2007, mentre altre associazioni impegnate
sulla questione come il Circolo Miani avevano già lanciato l’allarme.
Via aerea per l’elettrodotto patto fra Regione e
sindaci
Gli assessori Ciriani e Savino approvano il progetto di Terna che da
tempo le imprese, a cominciare dalla Danieli, auspicano per abbattere i costi
TRIESTE Francesco Iliceto, docente all’università la Sapienza, convince la
Regione: l’elettrodotto Udine Ovest-Redipuglia si può fare così come lo vuole
Terna, aereo e non interrato. Così efficace il tecnico chiamato ieri in Regione
a Udine, a illustrare ai sindaci del territorio la sua relazione, che gli
assessori Luca Ciriani e Sandra Savino danno un sostanziale via libera: la
giunta porterà alla Conferenza dei servizi del prossimo 13 settembre, al
ministero dello Sviluppo economico, il parere positivo auspicato dalle imprese,
Danieli in testa. Questione chiave per l’economia del territorio: l’energia deve
costare di meno e l’elettrodotto progettato da Terna va nella direzione del
risparmio. Alessandro Trivillin, ad dell’Abs, acciaieria del gruppo Danieli,
incassa con soddisfazione le notizie che filtrano dalla riunione ma è prudente:
«Attendiamo i passaggi successivi». Già oggi una tappa importante, la Conferenza
dei servizi interna alla Regione, anticamera dell’appuntamento decisivo il 13
settembre a Roma. La giunta Tondo darà a quanto pare parere favorevole alla
realizzazione del progetto Terna, ma la parola finale sarà del governo.
L’intenzione della Regione è di concludere la pratica autorizzativa entro fine
settembre: Terna, come stazione appaltante, bandirà a quel punto gare europee
per un importo di circa 100 milioni, con il coinvolgimento di una decina di
imprese. Si tratta di realizzare 40 chilometri di nuova linea a 380 kv, con la
dismissione di vecchie linee per 110 chilometri e la demolizione di 400
tralicci: un paio di anni di lavori, con l’opera conclusa entro il 2015.
Un’agenda che soddisfa la Danieli e le toglie ogni “alibi”: con l’energia
garantita a tariffe accettabili, l’investimento da 400 milioni per potenziare lo
stabilimento Bertoli-Safau si farà a Cargnacco e non in Croazia. Prudenza e
scaramanzia a parte, quella di ieri è stata una giornata importante: le
spiegazioni del professor Iliceto hanno ammorbidito pure i sindaci. Il docente
ha messo in fila una serie di contrarietà all’ipotesi dell’interramento (troppo
costoso e con complicazioni certe per manutenzione e interventi di riparazione)
e promosso l’alternativa in superficie. È pure emersa la terza via- il
rifacimento della linea attuale da portare fino alla Abs -, di fatto però
impraticabile perché l’iter dovrebbe iniziare da zero. Davanti a un parere così
autorevole i primi cittadini, stavolta, non hanno alzato barricate. Mauro Di
Bert, sindaco di Pavia di Udine, dice di aver «preso atto dell’illustrazione» e
rimanda alla Conferenza dei servizi in Regione. Dopo di che «si esprimeranno i
vari consigli comunali». A esprimersi sarà anche la Regione e, a meno di
sorprese, l’assessore Savino prenderà la strada voluta dalle imprese. Quella che
Gianpietro Benedetti, ad di Danieli, minacciando l’investimento all’estero e non
in Friuli, ha tracciato da mesi. Alessandro Tesolat, presente al vertice assieme
ai colleghi del Consiglio Agnola, Brandolin, De Mattia e Travanut, conferma che
la politica non ha più dubbi: «La tecnica ci ha dimostrato, contrariamente alle
nostre iniziali convinzioni, che la via aerea è preferibile. Mi rimetto alle
decisioni della giunta ma non c’è dubbio che l’elettrodotto è un’opera
strategica per questa regione».
Marco Ballico
A Lussino nuovi scenari sul clima
Scienziati concordi: anche nel Mediterraneo siccità in aumento, piogge
devastanti e boschi a rischio
TRIESTE Si è appena conclusa la XII conferenza internazionale della Scienza
Arte e Cultura, organizzata dall’Ecsac, il (Centro Europeo per la Scienza, Arte
e Cultura) guidato da Franco Bradamante, docente dell’ateneo triestino.
L’evento, che ha avuto il supporto – tra gli altri - del Centro internazionale
di fisica teorica, dell’Università di Trieste e del Consorzio per la fisica, si
è tenuto a Lussingrande (Croazia) dal 27 al 30 agosto. Numerosi i relatori
provenienti da istituti italiani, tra cui Ogs e Sissa, e transfrontalieri come
l’Università di Zagabria e l’Istituto Ruder Boškovic. Il tema di quest’anno, i
“Cambiamenti climatici: ecosistemi marini e montani nella regione del
Mediterraneo”, ha dato il La ad appassionate discussioni. Nella prima sessione,
il climatologo Filippo Giorgi ha descritto gli scenari attuali alla luce della
grave siccità presente, tratteggiando alcuni dei probabili scenari futuri, fatti
di temperature in aumento e precipitazioni episodiche più violente del normale.
Dai monti al mare, gli esperti hanno poi discusso i dati che confermano come i
cambiamenti odierni non siano solo figli di fluttuazioni naturali. Barbara
Stenni (Università di Trieste) ha illustrato i dati climatici che emergono dallo
studio delle carote di ghiaccio del Monte Rosa, mentre Cosimo Solidoro (Ogs) ha
spiegato gli effetti che potrebbe avere sulla coltura delle vongole l’aumento di
temperatura previsto per la fine di questo secolo. Ampio spazio è stato dedicato
anche ai cambiamenti che interessano le foreste del Mediterraneo. «Le foreste di
quest’area – ha detto Giuseppe Scarascia Mugnozza, Direttore del dipartimento
foreste del Consiglio per la ricerca in agricoltura – sono hot spot di
biodiversità. Nell’analisi delle loro risposte ai cambiamenti climatici
bisognerebbe tener conto anche delle comunità sociali che su di esse insistono.
Al nord (Italia, Spagna, Francia, Grecia) si assiste all’espansione non
controllata delle foreste, perché le aree montane vengono abbandonate. Al sud
(Africa e vicino Oriente), c’è un eccessivo sfruttamento. La siccità ricorrente,
tuttavia, ha un forte impatto su tutte».La conferenza di quest’anno, la
dodicesima organizzata a Lussino a partire dal 2001, si è rivolta a un pubblico
ampio, incoraggiando la partecipazione di studenti, nel ruolo di cittadini del
domani cui andranno in eredità le conseguenze delle nostre azioni. La dimensione
internazionale dell’evento e lo spirito di condivisione dei risultati sono ben
sintetizzati nelle parole di Andrea Vacchi, presidente della Fondazione
internazionale Trieste, ente che supporta il convegno: «Vorremmo che la
conferenza, che è ormai diventata una consuetudine per gli studiosi triestini,
diventasse un reale punto di riferimento per i cluster scientifici, anche
regionali».
Cristina Serra
Le “riqualificazioni”: devastazioni urbane
L’INTERVENTO DI BRUNO CAVICCHIOLI - presidente del Comitato per la
salvaguardia del patrimonio urbano di Trieste
Ogni volta che sul Piccolo appare un articolo contenente la parola
“riqualificazione” Trieste dovrebbe tremare. Sotto questo neologismo, infatti,
nella nostra città si sono attuate le devastazioni più insensate di vie e piazze
riducendo la sua architettura, in buona parte neoclassica, a quello che il
direttore del giornale ha definito un “patchwork” di stili, idee, forme,
disegni, linee, più degne delle visioni in un caleidoscopio che dell’armonia
architettonica cittadina, sfregiata per sempre. Avevamo sperato che l’avvento
della nuova giunta comunale portasse ad un’inversione di tendenza e che,
finalmente, si parlasse di “restauro” nel rispetto dell’esistente e delle leggi
che ne impongono la conservazione. E invece leggiamo che avremo lo sciagurato
ponte sul canale (un miliardo e mezzo di lire), che piazza Ponterosso – bontà
loro – conserverà i masegni attorno alla fontana mentre il resto verrà ricoperto
di piastrelle impropriamente definite arenaria e che hanno il pregio di
sbriciolarsi sotto i piedi dei passanti dopo un paio di anni. Dall’altra parte
della piazza, invece, verrà realizzato un boschetto con panchine per gli
innamoratini di Peynet mentre in Via Trento e Largo Panfili l’originale
ultracentenario lastricato in masegni verrà, come d’uso e in barba alle leggi
che in Italia li tutelano ma qui no, asportato per essere sostituito dalle
summenzionate piastrelle. L’assessore ai lavori pubblici architetto Dapretto,
afferma che “bisogna attualizzare certe esigenze di cambiamento”. Quali, di
grazia? In merito ai masegni, nel corso degli ultimi tredici anni, abbiamo
sentito il tutto e il contrario di tutto: i lastroni sono fragili, non appena
toccati vanno in frantumi, se ne salvano pochi (Dipiazza). Evidentemente poi
qualcuno con una bacchetta magica li ricompone perché li ritroviamo nelle ville
di mezza Italia. Oppure: se ne salvano solo la metà. Benissimo, dovrebbero
essere migliaia e, alla domanda di dove siano, si risponde: nei due depositi
comunali. Allora, assieme ad altre associazioni in data 26 giugno e 24 luglio
abbiamo inviato una lettera al sindaco chiedendo di poterli visitare. Ad oggi,
nonostante siano passati due mesi e in barba alla legge vigente, nulla si è
mosso. Perché? Per quanto attiene la consistenza dei masegni vorremmo ricordare
a tecnici e assessori che il castello di San Giusto ha le mura dello stesso
materiale, che buona parte delle case della città sono costruite in arenaria
come, del resto, migliaia di muri di sostegno e di pastini e che, se riusati, i
pesanti lastroni farebbero risparmiare l’acquisto delle inconsistenti
piastrelle. O del risparmio ce ne freghiamo? Comunque sia è ora di porre un
freno, definitivamente, a questo stolto modo di operare. Assieme ad altre
associazioni abbiamo inviato lo scorso mese di luglio una lettera al direttore
regionale ai Beni culturali, architetto Martines, affinché indica un tavolo di
concertazione con Soprintendenza, Comune di Trieste e associazioni varie per
stabilire, una volta per tutte, un corretto modo di operare nel rispetto delle
leggi e per rivedere il progetto del Ponterosso.
IL PICCOLO - LUNEDI', 3 settembre 2012
Ferriera, una perizia del 2007 rilevava il pericolo di
tumori
L’aveva disposta a due docenti dell’università di Trieste il pm Frezza,
allora titolare dell’inchiesta. I danni causati dall’emissione del benzoapirene
«Netto effetto proliferativo delle condizioni di coltura standard delle
cellule». In altre parole un pericolo incombente di tumori. Le parole scritte
nero su bianco compaiono su una relazione dei consulenti tecnici del pm Federico
Frezza firmata dal dottor Pierluigi Barbieri e dal collega Ranieri Urbani
dell’Università di Trieste. Una perizia finora mai resa pubblica forse anche per
la gravità delle sue conclusioni. La relazione si riferisce non solo alle
polveri ma anche al benzo(a)pirene. La data è quella del 29 maggio 2007 e allora
il magistrato triestino era titolare del fascicolo sulla Ferriera passato poi
direttamente nelle mani del procuratore capo Michele Dalla Costa. Quanto scritto
dai due esperti, che per le analisi si erano avvalsi del laboratorio d’analisi
di microinquinanti organici del Consorzio interuniversitario chimica per
l’ambiente del parco scientifico tecnologico Vega di Marghera, merita di essere
ripreso anche alla luce della possibile ordinanza del sindaco per stoppare la
Ferriera a tutela della salute dei cittadini. «La valutazione del benzo(a)pirene
sembra convalidare la criticità della situazione della qualità dell’aria presso
la Ferriera. Il valore soglia di un nanogrammo per metro cubo viene sempre
superato, con un episodio superiore perfino a 55. Basterebbe una sola settimana
di giornate di questo tipo perché venga superato l’obiettivo di qualità
dell’aria di un anno intero». Si leggono nella relazione parole che fanno venire
i brividi come «carcinoma polmonare». E poi i dati tecnici: «Si rileva che dopo
un’unica somministrazione del particolato si ha sia un’accelerazione della
crescita del tumore, che perturbazioni del ciclo cellulare nelle cellule
normali, con una tendenza a una crescita incontrollata. Sono in corso test di
mutagenesi su linee batteriche selezionate e standardizzate che evidenziano
sostanze capaci, sia come tali che come precursori di altre ancora più attive,
di provocare danni di diversa natura al Dna». Queste ed altre parole avevano
indotto il pm Frezza a trasmettere la copia della relazione alla direzione
ambiente della Regione, alla Provincia, al Comune e all’Arpa del Fvg. Relazione
che era stata poi integrata da altro materiale con altre rilevazioni che era
stato inviato all’Azienda sanitaria «con particolare riferimento a eventuali
effetti tossicologici e mutageni del benzo(a)pirene». Qualche mese dopo la
situazione era radicalmente cambiata. Gli esperti avevano rilevato infatti in un
primo momento una riduzione del 75 per cento della presenza nell’aria di benzo(a)pirene.
Il valore riscontrato era diminuito in modo consistente. Un netto miglioramento
che non poteva sicuramente aver cancellato gli effetti provocati
dall’inquinamento fino a quel giorno. Miglioramento che era stato consentito
dalle soluzioni tecniche proposte e poi adottate dalla Lucchini Spa,
proprietaria della Ferriera da un altro consulente della procura: Mario Boscolo,
docente associato del dipartimento di ingegneria meccanica dell’Università. Ma
forse quell’analisi era anche oggetto di una sottostima in quanto l’ozono riduce
la quantità rilevabile di benzo(a)pirene, come all’epoca aveva rilevato il
dottor Barbieri. «Trasformeremo la conoscenza in azione», ha dichiarato in
proposito ieri l’assessore all’ambiente Umberto Laureni. Ha aggiunto: «Il
problema è nato quanto sono stati accettati certi insediamenti. Per questo
occorrono azioni coerenti. Decideremo con calma e valuteremo al meglio la
situazione. Io, non ci sto a far finta di niente».
Corrado Barbacini
Lunedì prossimo summit in Regione e corteo di protesta
L’anno zero per Servola è il 2015, ma la situazione potrebbe precipitare
molto prima perché la Lucchini, che ha 1100 milioni di euro di debiti ha messo
in vendita tutti gli stabilimenti, ma ancor più perché le emissioni inquinanti
potrebbero indurre a giorni il sindaco a ingiungere all’azienda una drastica
riduzione della produzione. Una giornata clou sarà quella di lunedì 10
settembre. Alle 11 in Regione si riunirà il Tavolo con amministrazioni locali,
associazioni di categoria e sindacati che dovrà prendere in esame le ipotesi di
riconversione, in particolare quella industriale e quella logistica. Nella
stessa giornata però, in concomitanza con un Consiglio comunale straordinario
sul tema convocato per le 18, torneranno in piazza gli operai, assieme a quelli
della Sertubi, per ribadire il no alla chiusura finchè non saranno pronte
soluzioni occupazionali alternative.
«Per Servola deve intervenire lo Stato»
Lo chiede Sinistra ecologia e libertà in contrasto con le affermazioni
del ministro Clini
Fare di Servola un caso nazionale che preveda l’intervento finanziario da
parte dello Stato. Lo chiede il partito Sinistra ecologia libertà (Sel) di
Trieste che definisce gravi le dichiarazioni del ministro dell'Ambiente Corrado
Clini il quale nella recente presenza a Trieste per un summit svoltosi nel
palazzo della Regione ha sostanzialmente negato la disponibilità di risorse
pubbliche a sostegno della riconversione produttiva e del risanamento ambientale
dell’area della Ferriera di Servola. «Tutto ciò è avvenuto - fa rilevare Sel -
appena poche ore dopo l'invito rivolto per lettera dal sindaco Roberto Cosolini,
al ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera e allo stesso ministro Clini
ad un incontro a Trieste con tutti i soggetti interessati, per una forte
accelerazione sulla vicenda Servola, con la proposta di inserire la
riconversione e la bonifica dell'area Ferriera e i finanziamenti necessari, in
un “dispositivo nazionale,” coerentemente a quanto già avvenuto nell'ambito di
una visione nazionale per altri siti siderurgici». Il riferimento è anche a
quanto sta accadendo all’Ilva di Taranto dove sabato il procuratore capo della
Repubblica Franco Sebastio citando le relazioni tecniche dei custodi giudiziali
ha affermato che «se l’Ilva decidesse di rendere ecocompatibile tutta la
fabbrica non solo dovrebbe tenere al lavoro tutto il personale, ma assumerne
anche dell’altro con una ricaduta di indotto valutabile in un paio di migliaia
di persone». Situazione non riproponibile con la Lucchini che con 1100 milioni di
debiti è in mano alle banche e ha messo tutti gli stabilimenti in vendita per
cui le prospettive per Trieste appaiono ancora più incerte. Sel al proposito
ritiene che qualora la posizione del ministro Clini fosse confermata, il governo
si assumerebbe la responsabilità di rendere impraticabile una operazione di
bonifica (per la quale è stata fatta un’approssimativa stima di spesa di 200
milioni), risanamento e nuovo sviluppo di una area che per Trieste ha la stessa
importanza di Cornigliano a Genova, e di Bagnoli Napoli, «Da una parte -
sostiene Sinistra ecologia e libertà - Clini nega l'intervento di risorse
pubbliche, ma “butta là” l'idea di cominciare interventi di bonifica a partire
dall'area demaniale (al di là degli aspetti tecnici, pagati da chi?), dall'altra
nel ministro Passera abbiamo notato una sproporzione tra la pressione esercitata
per la realizzazione del rigassificatore a Zaule (che noi rifiutiamo) e la
scarsa attenzione rivolta alla vicenda Ferriera. Sel sostiene che «a partire
dalla Regione, manca una regia istituzionale e politica forte, sulla vicenda
Servola e chiede che la questione Ferriera sia definita con un’intesa
interistituzionale, un “Patto per Servola,” sostenuto dal Governo nazionale,
definendo le risorse finanziarie e gli strumenti della programmazione
negoziata».
(s.m.)
FareAmbiente: «La Parenzana va risanata»
MUGGIA Risolta la grana delle bombe (il Comune di Muggia ha stanziato quasi
16mila euro per la bonifica dei residuati bellici) resta quella dei rifiuti
lungo il percorso della Parenzana. Il tratto italiano della pista ciclabile non
è un bello spettacolo. Una pedalata tra una serie di discariche abusive. A
denunciarlo è un’altra associazione ambientalista. «A seguito di molte
segnalazioni pervenute ed in riferimento a quanto evidenziato anche dal
consigliere comunale e provinciale Claudio Grizon su Il Piccolo, la sezione
locale di FareAmbiente ha effettuato un sopralluogo presso la pista ciclabile
denominata “Parenzana”» si legge in un comunicato stampa con allegate diverse
foto. Il risultato del sopralluogo? «E’ una situazione che bisogna assolutamente
risolvere prima possibile, – dichiara Giorgio Cecco coordinatore regionale del
movimento ecologista – anche perché il percorso è già di fatto usufruito da
molti ciclisti e gitanti, quindi condividiamo le preoccupazioni del consigliere
per uno stato di degrado ambientale, ma anche di probabile pericolo per le
persone». Non solo, insomma, una questione di decoro. «Una struttura nuova, che
vuole e può avere uno standard di qualità europeo, in un ottica di
ecosostenibilità, non è pensabile sia integrata in un contesto simile – continua
il coordinatore regionale di FareAmbiente – con rifiuti di ogni tipo ai bordi
ed in adiacenza discariche abusive prive di qualsiasi barriera di sicurezza». E
quindi invita l’amministrazione comunale di Muggia a intervenire al più presto.
IL PICCOLO - DOMENICA, 2 settembre 2012
Ferriera, i lavoratori tornano in piazza «No alla
chiusura»
I sindacati chiedono di superare anche la data del 2015 se non saranno
pronte soluzioni occupazionali alternative
Tornano in piazza i lavoratori della Ferriera di Servola. Lo faranno assieme
a quelli di Sertubi Jindal, azienda il cui futuro si presenta altrettanto
incerto e dove c’è già una procedura di cassa integrazione in corso, in
concomitanza con un Consiglio comunale straordinario richiesto dall’opposizione
di centrodestra e convocato dal presidente Iztok Furlanic per le 18 di lunedì 10
settembre. «Ho scritto al governatore Renzo Tondo - ha riferito ieri Furlanic -
per avere alla seduta la sua presenza o comunque quella di un suo assessore».
Nella stessa giornata infatti alle 11 del mattino è convocato in Regione il
Tavolo dove amministrazioni locali, associazioni di categoria e sindacati
dovranno pronunciarsi sulle ipotesi per Servola: due di riconversione dell’area
a scopi industriali oppure logistici e due di continuità produttiva (con o senza
cokeria). Queste ultime sono già state sostanzialmente bocciate da Regione,
Comune e Provincia. È proprio qui però che rischia di innescarsi un autentico
muro contro muro con i lavoratori, un migliaio complessivamente indotto
compreso. Ieri infatti, dopo che nelle due aziende si sono svolte le assemblee,
i sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm, Ugl metalmeccanici e Failms hanno emesso
congiuntamente una nota in cui affermano che «l’ipotesi di garantire l’industria
locale attraverso processi che prevedano la continuità del settore nel sito
interessato, compatibile con l’ambiente e la salute della collettività, può
essere raggiunto solo attraverso soluzioni condivise che non prevedano la
chiusura immediata e totale delle attività produttive di Ferriera, di Jindal e
delle aziende dell’indotto (che danno da vivere a mille famiglie triestine)
considerando la continuazione delle attività siderurgiche anche dopo il 2015 e a
tal fine riavviando la ricerca di imprenditori del settore». In sostanza i
sindacati chiedono di “scollinare” la data del 2015 se non saranno già fruibili
ipotesi occupazionali alternative. Ma ricordano anche che non solo quelle data
incombe e dunque è estremamente scarso il tempo per realizzare qualsiasi
percorso sul sito siderurgico nel giro di questi tre anni, ma che c’è il rischio
di un precipitare ancora più rapido degli eventi dato che «il gruppo è esposto
con 1100 milioni di euro di debiti con conseguente assetto di gestione aziendale
in mano alle banche» e che «non esistono certezze sul rinnovo della concessione
demaniale, che scade nel 2014, e sul rinnovo dell’Autorizzazione integrata
ambientale». Ma a far temere ancora di più sulla prosecuzione dell’attività
produttiva sono i dati sulle emissioni rilevati dalle centraline ambientali
dell’Arpa che hanno registrato nella zona di Servola quantità di benzopirene
anche cinque volte superiore alla soglia massima permessa e che hanno indotto il
sindaco Roberto Cosolini a dichiarare che se ai primi di settembre non verrà
confermato un trend in calo congiuntamente a un commento rassicurante da parte
dell’Azienda sanitaria sarà costretto a emanare un’ordinanza ingiuntiva che
costringerà l’azienda a ridurre drasticamente la produzione.
Silvio Maranzana
UN DIPENDENTE SERTUBI - «Lo stop allo stabilimento
uccide la città»
«Comprendo il problema ambiente, giusto e reale, anche perché abito a
Servola, ma non possiamo pagare sempre noi lavoratori e cittadini. Chiudendo la
Ferriera e di conseguenza Sertubi si uccide la città». Lo sostiene Michele Pepe,
lavoratore della Sertubi oltre che componente della Rsu. «Non è chiudendo gli
stabilimenti che si risolvono i problemi - afferma Pepe - bensì investendo sul
futuro, sulla tecnologia che renda compatibile l’industria e l’ambiente».
DIBATTITO SUL FUTURO DELL’IMPIANTO DI SERVOLA -
Fedriga: «Ok alla riconversione Cosa ci faremo? Un mistero»
Menia (Fli) ribadisce che questa realtà produttiva non è più compatibile
con la città, non si possono allungare le scelte.
Antonione: non può restare aperta in eterno
Il futuro di Trieste passa attraverso il potenziamento delle infrastrutture,
a cominciare dalla terza corsia della A4, la soluzione del problema Ferriera,
«che non può restare dov’è e com’è», un intelligente riuso del Porto Vecchio. Su
questo si sono dichiarati tutti d’accordo, nel corso di un pubblico dibattito
nell’ambito della Festa della Lega, i parlamentari triestini Roberto Antonione
(Gruppo misto), Roberto Menia (Fli) ed Ettore Rosato (Pd), e il padrone di casa,
il vice capo gruppo della Lega Nord alla Camera, Massimiliano Fedriga. Molto più
difficile trovare un’intesa sulle soluzioni di dettaglio. Mentre Fedriga ha
parlato di «necessaria riduzione del potere in capo agli Stati, per trasferirlo
al territorio e alle Regioni», Menia ha detto invece che «non si può prescindere
da un meccanismo che preveda gli Stati Uniti d'Europa, con un centro politico
capace di governare». L’esponente del Fli è stato esplicito pure sulla Ferriera:
«Non più compatibile con la città, ma non si risolve alcunché allungando i tempi
delle scelte. Bisogna sostituire l’impianto, per garantire lavoro ai dipendenti
e un rigassificatore sicuro ci può stare». Antonione ha ripreso il concetto: «La
Ferriera – ha affermato - non può continuare in eterno», aggiungendo che «il
Porto necessita di precise scelte politiche». «Alcune sono state prese – ha
puntualizzato Rosato – per esempio, si e' ottenuto un grande risultato quando si
e' stabilito che il Porto franco e' un valore e non un problema». Il
parlamentare del Pd ha poi replicato a Fedriga, sostenendo che «il modello
rappresentato da economie locali chiuse in loro stesse e' perdente», concludendo
su Porto e Ferriera. «Il primo deve diventare riferimento per tutta l’economia
del Friuli Venezia Giulia, la seconda deve essere riconvertita, ma in che cosa
?» Fedriga ha criticato la riforma Fornero «che ha colpito le partite iva, le
piccole imprese, i professionisti. Bisogna invece aiutare le imprese italiane
riproponendo i dazi». Sulla Ferriera il parlamentare del Carroccio si è detto
«preoccupato perché per Taranto si muovono tutti, per Servola no». Infine
Fedriga ha auspicato che «nel Porto vecchio si insedino attività produttive, non
certo residence», ponendo infine una condizione per le regionali: «Qualsiasi
coalizione – ha concluso - deve prevedere la fiscalità di vantaggio per la
nostra regione». Su questo tema, Antonione ha evidenziato che «alle regionali le
coalizioni, se ci saranno, saranno riproposte in chiave locale sulla base di ciò
che avverrà a livello nazionale».
Ugo Salvini
Marini (Pdl): «Scorie, Cosolini non difende il
territorio»
«Sorprende, e non positivamente, la posizione favorevole del sindaco
Cosolini al passaggio previsto a Trieste di un carico di scorie nucleari».
Dissente Bruno Marini, consigliere regionale Pdl, che trova più appropriato il
“no” della Regione. «Un sindaco - argomenta Marini - dovrebbe difendere il suo
territorio e pretendere ogni tipo di spiegazione da un governo che su Trieste
finora, vedi l’annunciato mancato finanziamento per la riconversione della
Ferriera, non ha brillato per attenzione. Quindi andava fatta un’azione
sicuramente più incisiva e meno remissiva, specialmente poi se su altri tavoli
il tema dell’ambiente assume per il sindaco ben altra attenzione. Fa specie
infatti - specifica il consigliere - che, mentre le scorie nucleari non destano
preoccupazione e cautela, su altri progetti, come il rigassificatore, che (fatte
salve le condizioni di sicurezza e ambientali) potrebbe garantire alla città
occupazione e slancio economico il parere del Comune sia di chiusura totale, in
un momento di grave crisi industriale e occupazionale come quello che sta
attraversando Trieste». Secondo Cosolini, le norme di sicurezza per il transito
di scorie radioattive attraverso il porto di Trieste (provenienti dall’Austria e
dal Piemonte e di proprietà statunitense) consentono di non sollevare allarmi,
mentre il “no politico” della Regione è per il sindaco non condivisibile: «Se
tutti dicono “no politici” le grandi questioni non si risolvono mai». Marini
invece sposa il parere regionale: «Ha fatto bene la Regione, con l’assessore
all’Ambiente Sandra Savino, a mettere i giusti paletti in nome di una città che
non merita di essere trattata come una lontana provincia di cui si può disporre
senza il minimo confronto». Anche l’associazione Fareambiente prende posizione
contraria con il suo coordinatore regionale Giorgio Cecco: «Condividiamo il no
dell’amministrazione regionale - scrive in una nota -, ferma restando la nostra
posizione ben nota sulla necessità di un mix energetico e di non fermare la
ricerca, crediamo che tali operazioni vadano programmate in modo da utilizzare
percorsi più brevi e diretti possibile. Non vogliamo che nostra la regione
diventi area di passaggio senza reale necessità. Comunque sono scelte che devono
essere condivise e ben ponderate, come spesso viene chiesto per altre
situazioni, anche da chi in questo caso non se ne preoccupa».
I costruttori scaricano le Soprintendenze - IMPRESE IN
AFFANNO Inerzia e lungaggini soffocano il comparto dell’edilizia
Ance favorevole al trasferimento alla Regione delle competenze sui Beni
culturali. Critico il Wwf: «Vincoli a rischio»
TRIESTE Il Wwf parla di «tentativo di smantellare i vincoli sulle grandi
opere». L’Ance del Friuli Venezia Giulia, segnalando che la Soprintendenza
«tiene bloccati 140 milioni di euro di lavori», ribatte accusando l’associazione
di «irresponsabilità sociale» in tempi di crisi. Costruttori e ambientalisti si
dividono ferocemente sulla decisione della Regione di chiedere allo Stato il
trasferimento delle competenze delle Soprintendenze operanti sul territorio,
come peraltro già avvenuto in altre Regioni a Statuto speciale. La giunta
L’altro giorno Riccardo Riccardi ha avviato la pratica: la giunta vuole gestire
Beni e attività culturali. Renzo Tondo, oltre a chiedere al presidente della
commissione Paritetica Manlio Contento di prevedere all’ordine del giorno la
questione, incontrerà pure il ministro Ornaghi illustrandogli le lentezze delle
risposte romane. «Non sono più accettabili lungaggini, incertezze di valutazioni
e pareri su procedimenti in atto, nei quali anche Comuni, Province e Regione di
fatto si trovano oggi impotenti e bloccati», dichiara Riccardi. Manca la firma
L’«inerzia» della Soprintendenza viene denunciata anche da sindaci,
professionisti e categorie economiche. L’Ance Fvg, associazione costruttori
edili della regione, spiega con il presidente Valerio Pontarolo che per
sbloccare quei 140 milioni, manna per le imprese del settore che vivono una
drammatica crisi- secondo i dati delle casse edili regionali nel periodo
2008-2011 sono evaporati 3.500 posti di lavoro e 700 imprese -, «manca solo la
firma del funzionario visto che tutto l’iter precedente è stato già superato.
Evidentemente siamo considerati periferia e l’incarico ministeriale in Fvg viene
preso come una sorte di punizione». L’appello delle imprese Per questo, insiste
Pontarolo, «come sostengono pure le 16 associazioni degli Stati generali
dell’edilizia e l’Anci, la Regione fa benissimo a chiedere il trasferimento
delle competenze. Le nostre imprese avrebbero un punto di riferimento per fare
andare avanti le pratiche in maniera più rapida rispetto a oggi». Non si tratta
di spezzare una lancia a favore dell’assessore Riccardi (criticato invece da
Gianfranco Moretton per un «intervento tardivo»), precisa ancora l’Ance
respingendo l’accusa del Wwf di un’«alleanza sociale tra assessorato e
costruttori», «ma di appoggiare un’iniziativa regionale che va a tutto beneficio
di aziende che vivono una fase di grande disagio lavorativo». L’attacco del Wwf
Piazze e strade (quella del mobile del Pordenonese, per esempio),
ristrutturazioni e varie altre opere pubbliche: cantieri bloccati per una firma
che manca, «dopo aver superato vari vincoli paesaggistico-ambientali», assicura
Pontarolo. Eppure il Wwf legge la vicenda in maniera opposta. Innanzitutto un
interrogativo: «Come può una Regione che non si è dotata di piano paesistico e
non ha praticamente più un piano urbanistico regionale, dopo quello del 1978,
pretendere che le vengano delegati i poteri in materia di tutela
paesaggistica?». Quindi, premesso che i tempi di risposta della Soprintendenza
«devono essere certi», l’associazione ambientalista attacca: «La Regione mira a
ottenere non già maggiore efficienza operativa degli uffici, ma lo
smantellamento dei controlli e dei vincoli». La replica Ribatte Riccardi: «In
questo Paese ogni volta che provi a toccare qualche cosa si alza l'urlo di
qualcuno, e subito dopo quell'urlo si trasforma in accusa. In Valle d'Aosta le
competenze delle Soprintendenze sono state trasferite dallo Stato alla Regione.
Hanno smantellato vincoli? Non mi pare proprio. Credo di aver posto un problema
da tempo, ora questo tema è stato sollevato da molti altri – prosegue
l’assessore –. Non credo che con le accuse si faccia un buon servizio a nessuno.
Non è un problema solo dei costruttori, anzi. Ci sono centinaia di milioni di
euro bloccati e i nostri sindaci sono giustamente preoccupati perché non hanno
risposte». Pure l’Ance ribatte al Wwf: «Non c’è alcuna differenza se le regole
sono applicate dalla Regione anziché dallo Stato. Si tratta comunque di
accettarle e rispettarle».
Marco Ballico
IL PICCOLO - SABATO, 1 settembre 2012
Cosolini: le scorie? nessun pericolo
Il sindaco dissente dalla Regione per ragioni tecniche e politiche.
Savino: «Perché dovrei dire sì?»
«Nessuna decisione è stata ancora presa sul trasporto delle scorie
radioattive, il ministero dello Sviluppo economico è in attesa di tutti i pareri
richiesti, ovviamente gli uffici tecnici continueranno ad agire nel pieno
rispetto delle procedure vigenti, tutelando al massimo la sicurezza ambientale».
Il ministero ribadisce la propria posizione sul prospettato transito per il
porto di Trieste di due carichi di scorie radioattive statunitensi destinate a
rimpatrio, sottolineando che non vi è alcun contrasto con la Regione. Che ha
formulato comunque parere negativo. Un “no” che non trova sponda nel Comune,
direttamente interessato al transito speciale. «Non ci sta bene. Non possiamo
essere scavalcati nelle decisioni. Monti va a Seul e sponsorizza un transito di
scorie radioattive, ma il territorio dov’è? Politicamente le cose vanno
condivise. Dunque il “no” della Regione resta “no”, ed è un “no” politico. Alla
domanda “perché dire no?” io rispondo piuttosto: “Perché dire sì?”». Così punta
i piedi Sandra Savino, il neoassessore all’Ambiente che ha trovato condivisione
nella Giunta Tondo, mentre le parti tecniche (e perfino gli ambientalisti) si
dimostrano possibilisti e ragionevolmente tranquilli circa i rischi connessi
all’operazione. Nello specifico, come il ministero dello Sviluppo economico ha
illustrato chiedendo il parere consultivo, si tratta di un ricongiungimento a
Trieste di combustibile nucleare esausto proveniente dall’Austria (via
Capodistria) e dal Piemonte (via autostrada), da imbarcare con destinazione Usa
nell’ambito di un programma statunitense di rimpatrio di materiale nucleare
strategico. Che il Governo approva: «Questo ci consente di liberare il
territorio da rifiuti tossici». Roberto Cosolini, il sindaco della città che
dovrebbe far da base all’imbarco e alla partenza delle scorie radioattive, detta
un’altra linea. Tecnica, e anche politica. «Se si applicano le giuste procedure
- afferma - non vedo un grande rischio, non percepisco grande allarme sociale.
Se la posizione della Regione è dettata dal fatto che manca un Piano regionale
di gestione delle emergenze, vi ponga essa stessa rimedio. Questa è pur sempre
l’amministrazione regionale che, con Tondo, si è sempre espressa a favore della
centrale nucleare slovena di Krsko, del suo raddoppio, perfino offrendo la
compartecipazione (peraltro non richiesta) del Fvg». Ma se il “no” regionale è
privo di basi tecniche (l’Arpa ha dato il proprio nulla osta), resta in campo il
“no politico”. Che Savino ancor di più esplicita: «Perché i materiali che
arrivano a Capodistria non ripartono per gli Usa proprio da Capodistria, e le
scorie piemontesi non vengono imbarcate in porti più vicini? Le modalità di
scelta dei territori non sono chiare». Cosolini dissente: «Se tutti i luoghi
prendono una simile posizione politica di indisponibilità, la gestione dei
problemi complessi diventa impossibile». Il ministero deve raccogliere i pareri
consultivi del ministero del Lavoro, del ministero della Salute, dell’Ispra per
gli aspetti relativi alla sicurezza, e della Regione. E se non dovesse
accogliere il suo parere negativo? «Lo vedremo in seguito - dice Savino -,
facciamo una cosa alla volta».
Gabriella Ziani
Legambiente: «Tondo non vuole transiti ma era pronto a
ospitare centrali nucleari»
«La vera notizia non è il passaggio di scorie nucleari in Friuli e a
Trieste, ma la reazione della Giunta regionale che ha dato parere negativo al
Governo». Lo afferma Legambiente Fvg che sottolinea «la profonda distanza fra le
affermazioni di due anni fa, quando il presidente Tondo candidava la Regione a
ospitare una nuova centrale nucleare, e le reazioni attuali. C’è un abisso fra
le certezze filonucleari di Tondo - prosegue Legambiente -, naufragate con il
referendum del giugno 2011, e la reazione dell’assessore Savino, pronta
peraltro, nella più limpida logica del “dovunque ma non nel mio giardino”, a
scaricare il transito su altre regioni e porti». Al Wwf, che aveva definito “più
pericolosi” eventuali metalli radioattivi alla Ferriera, risponde la Lucchini:
«Il rischio di rottame radioattivo, peraltro mai verificatosi in passato, ha
cessato di sussistere da luglio 2002, da quando nello stabilimento è stato
chiuso il reparto acciaieria».
«Vivo con l’incubo di perdere il posto in Ferriera a 55
anni»
La storia di Giorgio Derganz, elettricista nell’impianto di Servola:
«Questo lavoro aveva ridato un senso alla mia vita, ho un figlio da mantenere»
«La Ferriera ha dato un senso alla mia vita nel 2009 quando sono stato
assunto a 52 anni. Adesso finalmente la sera mi addormento tranquillo perché non
devo ogni mattina andare in cerca di lavoro come ho fatto per alcuni decenni.
Pensare che tutto questo tra breve, con la chiusura dello stabilimento, possa di
nuovo finire però mi getta in un incubo. Sarebbe una vera beffa e alla mia età
nessuno mi prenderebbe più a lavorare da nessuna parte». Giorgio Derganz è un
elettricista turnista che a Servola ha il compito della salvaguardia degli
impianti del forno, dell’agglomerato, della macchina a colare. Ha oggi 55 anni,
due matrimoni falliti alla spalle, un figlio tredicenne parzialmente da
mantenere, una vita di lavori saltuari: 15 anni in Estremo Oriente tra Cina,
Vietnam, Laos e Cambogia, gli altri in zona a Trieste, Monfalcone e Cervignano.
Una vita diversa da quella di tanti altri dipendenti della Lucchini, ma un
sentimento di apprensione che sta crescendo uguale a quello di tanti altri
colleghi, come di quelli della Sertubi o delle aziendine dell’indotto. «Quando
nel 1998 sono tornato a Trieste dopo quindici anni all’estero - racconta - ho
visto che mentre tutte le fabbriche chiudevano, i politici continuavano a
parlare soltanto di Foibe e di Risiera: ho capito subito che per questa città e
per me, era finita». Nel 2000 Derganz trova un impiego in una ditta dell’indotto
della Ferriera e lì resiste per sette anni prima di essere travolto dai problemi
familiari. Poi la ricerca di un nuovo lavoro diventa un incubo. «Ho bussato alle
porte di tutte le officine sparse da Muggia a Duino - racconta - Niente da fare,
lavoro inesistente. Non avevo nemmeno i soldi per cucinare un pranzo per mio
figlio, ero costretto a chiedere piccoli prestiti da dieci euro a vecchi amici,
non mi vergogno a dirlo perché non ho ucciso nessuno e non ho rubato». La svolta
avviene nel 2009 quando Derganz incontra un conoscente che gli riferisce che
alla Ferriera si è liberato un posto, proprio da elettricista, il suo mestiere.
«Ho fatto un colloquio - racconta - e nel giro di 15 giorni ho avuto
l’assunzione a tempo indeterminato. Non mi è parso vero. Adesso guadagno 1.350
euro al mese, ho con me mio figlio un paio di giorni alla settimana, devo
passare per lui dei soldi alla mia ex moglie, sto pagando gli avvocati per il
divorzio, ho tasse arretrate, ma finalmente nelle prime tre settimane del mese
vivo tranquillo. Per la prima volta nella mia vita ho una dignità, una paga
sicura, un buon rapporto con i colleghi di lavoro, solo una vacanza non me la
sono mai potuta permettere, sono abbronzato perchè il sole è gratis. Trieste ha
due sole industrie: la Ferriera e la Wartsila. Chiudere una delle due è follia,
io a ricominciare non ce la farei più».
Silvio Maranzana
«Come per l’Ilva soldi statali anche a Trieste»
La Federazione della sinistra invoca l’intervento del governo e un
reddito garantito per i dipendenti
«Se ci sono fondi messi a disposizione del Governo per l’Ilva di Taranto,
altrettanto deve essere fatto per l’area della Ferriera di Trieste. Lo Stato
deve usare il medesimo metro per fornire le stesse opportunità alle varie zone
del Paese» Lo ha affermato Igor Kocijancic, consigliere regionale di
Rifondazione comunista chiudendo un summit della Federazione della sinistra alla
quale aderiscono anche i Comunisti italiani per i quali ha parlato Bruna Zorzini
Spetic, sulla questione che rischia di far collassare l’economia della
provincia. Secondo Kocijancic le parole del ministro all’Ambiente Corrado Clini
che dopo l’incontro dell’altra sera in Regione, ha affermato che non sarà il
governo a finanziare la bonifica dell’area, non vanno intese in senso definitivo
e non esprimono le intenzione del Governo intero. «Vero è anche - ha aggiunto il
consigliere di Rifondazione - che come ha detto il sindaco Cosolini deve pagare
chi ha inquinato e dunque oltre alla Lucchini, lo Stato stesso per gli anni
dell’Italsider». Anche secondo Antonio Saulle, segretario provinciale di
Rifondazione, a Trieste bisogna agire come a Taranto: fermare gli impianti,
risanarli e riattivarli. Passaggio sul quale Zorzini Spetic ha espresso qualche
perplessità: «Chi assicura che gli impianti una volta fermati saranno poi anche
riattivati?» Ma la Federazione della Sinistra, come ha sottolineato ancora
Saulle, sarà soprattutto impegnata perché ai dipendenti della Ferriera «sia
garantita una copertura economica paritaria a quanto oggi percepiscono
lavorando» Per garantire il reddito ai dipendenti della Ferriera, ma anche per
finanziare il risanamento degli impianti e la bonifica, la Federazione della
sinistra propone di utilizzare il Cip6, l’incentivo finanziato mediante un
sovrapprezzo del 6-7% sui costi dell’energia elettrica addebitato direttamente
ai consumatori nel conteggio delle bollette (secondo Saulle, il Cip 6 ha
fruttato una quarantina di milioni al gruppo Lucchini e 12 milioni a Elettra) e
di prevedere anche l’istituzione di un reddito minimo regionale. La Federazione
della sinistra chiede anche di imporre un’assicurazione, prevista in Europa, che
copra i danni in caso di chiusura dell’azienda e che si stipuli con il governo,
le amministrazioni locali e le rappresentanze politiche e sociali un Accordo di
programma per determinare lo sviluppo economico e industriale di Trieste. Il
nuovo governo regionale secondo Fds dovrà anche individuare i settori
industriali strategici e garantire l’utilizzo di investimenti pubblici,
determinare agevolazioni fiscali per i cittadini che hanno subito
l’inquinamento, definire la corresponsabilità degli imprenditori che hanno
contribuito al degrado ambientale e nel caso della siderurgia prevedere
l’utilizzo del Cip 6 per investimenti impiantistici, istituire soggetti terzi
indipendenti dalla politica per il controllo delle emissioni sul territorio.
(s.m.)
Lavoratori in assemblea anche con la Sertubi Pronti a
tornare in piazza
Assemblea al calor bianco ieri alle due del pomeriggio all’interno dello
stabilimento di Servola e il fatto nuovo è che si sta saldando un fronte unico
di protesta che unisce i lavoratori della Ferriera a quelli della Sertubi che si
sentono sempre più accomunati in un destino che presenta i medesimi gravi
pericoli. All’assemblea infatti, molto numerosa, hanno partecipato anche i
rappresentanti del consiglio di fabbrica e alcuni dipendenti della Sertubi,
azienda presa in affitto dall’indiana Jindal che dal 3 settembre metterà per
altri tre mesi in cassa integrazione 180 dei suoi 208 dipendenti. Tra i
lavoratori sta crescendo la rabbia. «Temiamo che da un momento all’altro -
afferma Luigi Pastore (Failms-Cisal) - il sindaco, conosciuti i dati delle
emissioni, e in particolare del benzopirene, del mese di agosto, emani
un’ordinanza che intima all’azienda di dimezzare l’attività. In questi casi non
è applicabile la cassa integrazione, sarebbe un dramma con centinaia di persone
improvvisamente senza stipendio. E quanto alla Sertubi, la situazione per alcuni
versi è ancora più incerta». La questione sociale rischia di esplodere ben prima
che la Regione, le amministrazioni locali, gli industriali individuino la
soluzione di riconversione che al momento non esiste. È auspicabile che il
Tavolo riconvocato per lunedì 10 decida almeno la linea di indirizzo attualmente
ancora sospesa tra industria pulita e logistica. Ma il fatto che il ministro
all’Ambiente Corrado Clini abbia sostanzialmente affermato che non sarà il
Governo a finanziare la bonifica rende tutto ancora più difficile. I lavoratori
potrebbero scendere in piazza, per una protesta plateale, in concomitanza con
l’incontro del 10 o addirittura già prima, la prossima settimana. A deciderlo
saranno i rappresentanti della Rsu che si riuniscono stamattina alle 8.30 per
decidere la linea da adottare con fermezza.
(s.m.)
E il Pd chiede di visitare le aziende - INIZIATIVA DEI
CONSIGLIERI REGIONALI
Lo scopo è incontrare le direzioni e i rappresentanti sindacali
In seguito alle ultime decisioni prese da Regione, Comune di Trieste e
Provincia sulle sorti dell’impianto siderurgico della Ferriera di Servola, che
sembrerebbero segnate, e sulla sua riconversione, i consiglieri regionali del
Partito Democratico, Sergio Lupieri, Gianfranco Moretton, Mauro Travanut e
Giorgio Brandolin hanno chiesto una visita conoscitiva dell’Ufficio di
Presidenza della IV Commissione consiliare, allargato ai componenti della stessa
e ai consiglieri eletti nella circoscrizione di Trieste, all’impianto triestino.
La visita è stata richiesta affinché i consiglieri regionali possano prendere
visione diretta delle condizioni dello stabilimento e incontrare, oltre alla
direzione, le organizzazioni sindacali e le Rsu aziendali. I rappresentanti del
Pd hanno richiesto inoltre una visita conoscitiva anche all’interno dell’azienda
Sertubi per un approfondimento con la direzione dello stabilimento, le
organizzazioni sindacali e le Rsu aziendali sull’attività dell’azienda, le
difficoltà occupazionali e le prospettive future.
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 31 agosto 2012
Scorie radioattive transiteranno attraverso la Regione
- Ma la notizia è la reazione della Giunta regionale.
La vera notizia, diffusa dai media in questi giorni, non è il prossimo
passaggio, via mare e via terra, di scorie nucleari in Friuli e a Trieste, ma la
reazione della Giunta regionale che giovedì avrebbe dato un parere negativo al
Governo.
Questa l’osservazione di Legambiente FVG che sottolinea la profonda distanza fra
le affermazioni di due anni fa, quando il Presidente Tondo candidava la Regione
a ospitare addirittura una nuova centrale nucleare, e le reazioni di questi
giorni al passaggio di 5 chili di materiali radioattivi, mentre altri 275 chili
sembra sosteranno in porto.
C’è un abisso fra le sbandierate incrollabili certezze filonucleari del
Presidente Tondo, fortunatamente naufragate con il referendum popolare del
giugno 2011, e la reazione dell’Assessore all’Ambiente Savino (“non si discute
nemmeno”, “irricevibile”), pronta, per altro nella più limpida logica “dovunque
ma non nel mio giardino”, a cercare di scaricare su altre Regioni e porti il
transito di questi materiali, frutto obbligato dell’utilizzo dell’energia
nucleare.
Legambiente FVG si rimette alla competenza e al senso di responsabilità dei
diversi uffici che dovranno verificare il rispetto delle norme di sicurezza e
seguire il trasporto dei materiali, auspicando che questa occasione serva anche
ad avviare la definizione dei piani di sicurezza previsti in particolare per il
porto di Trieste nel caso di sosta di navi dotate di propulsori nucleari.
Legambiente FVG
RINNOVABILI.it - VENERDI', 31 agosto 2012
RAEE, arriva l’Uno contro zero - L'Europa pubblica la
nuova Direttiva 2012/19/Ue
Pubblicata in Gazzetta la Direttiva RAEE 2012/19/Ue appare più rigorosa,
con un nuovo metodo di calcolo dei volumi di rifiuti e nuovi obiettivi da
raggiungere
(Rinnovabili.it) – E’ stata pubblicata il 24 luglio in Gazzetta Ufficiale la
nuova Direttiva sui Rifiuti elettronici (Direttiva RAEE 2012/19/Ue). Da adesso
gli Stati Membri avranno tempo fino al 14 febbraio 2014 per recepire la
Direttiva e adeguarsi alle nuove specifiche contenute nel testo, includendole
nelle legislazioni nazionale.
Immediata la soddisfazione del Centro Coordinamento RAEE italiano, che lo
definisce un passo fondamentale per il nostro paese, ma anche una sfida.
“La pubblicazione della nuova Direttiva – commenta Danilo Bonato, Presidente del
Centro di Coordinamento RAEE – costituisce un passo molto importante per
l’ulteriore crescita del settore del riciclo degli apparecchi elettrici ed
elettronici a fine vita. L’aumento degli obiettivi di raccolta è per l’Italia
una sfida che dobbiamo essere in grado di affrontare con determinazione e
vincere. Per questo auspichiamo un processo di recepimento rapido da parte del
Legislatore Italiano e mettiamo a sua disposizione tutto il nostro supporto per
definire le norme specifiche che possano dare una spinta al sistema di gestione
dei RAEE nel nostro Paese”.
La prima novità è l’aumento degli obiettivi di raccolta: è stato definito un
nuovo modo di calcolare il volume di rifiuti, che non verrà più espresso in
chilogrammi per abitante ma in quantità di RAEE raccolti a seconda del volume
di prodotti tecnologici immessi nel mercato nei 3 anni precedenti. Da qui la
decisione di innalzare gli obiettivi: entro il 2016 si dovranno raccogliere 45
tonnellate di RAEE per ogni 100 tonnellate di nuovi apparecchi elettronici
immessi sul mercato (una quantità che diventerà di 65 tonnellate nel 2019).
Utilizzando il vecchio metodo di calcolo questo significa che l’Italia dovrà
passare da una media pro capite di 4,2 kg ai circa 7,5 richiesti entro il 2016 e
i 10 kg/ab nel 2019.
Ma a sorprendere è l’introduzione, negli esercizi commerciali con una superficie
superiore ai 400 metri quadrati, dell’Uno contro zero per i RAEE di piccole
dimensioni. In questo modo sarà possibile consegnare nei punti vendita i
dispositivi non più funzionanti senza l’obbligo di acquisto di un nuovo RAEE
(Apparecchiatura Elettrica o Elettronica) come invece richiesto dal decreto Uno
contro Uno attualmente in vigore. Contemporaneamente sono anche state
definite regole più severe che eviteranno il traffico illegale dei RAEE verso i
paesi in via di sviluppo, dove le condizioni sanitarie e gli obblighi ambientali
non vengono rispettati.
“Siamo nel complesso soddisfatti dei contenuti della nuova Direttiva – prosegue
Bonato – e del fatto che alcuni aspetti siano stati introdotti grazie al
confronto con gli stakeholder internazionali. Come, ad esempio, nel caso della
visibilità dell’eco-contributo su cui abbiamo avuto modo di dialogare con i
legislatori europei durante il WEEE Eurosummit di Roma dello scorso anno. Ci
auguriamo che questo spirito sia presente anche in fase di recepimento in modo
da correggere alcuni aspetti che ancora oggi frenano il raggiungimento delle
medie europee di raccolta. Penso ad esempio al Registro dei Produttori di RAEE
che diventa fondamentale per il calcolo dei quantitativi immessi sul mercato, ma
che ancora oggi in Italia stenta ad attivarsi. Oppure alla possibilità di creare
delle semplificazioni nel ritiro “uno contro uno” che in altri paesi rappresenta
un canale in grado di raccogliere quasi il 40% di RAEE dei consumatori”.
IL PICCOLO - VENERDI', 31 agosto 2012
Clini: «Via alle bonifiche in Ferriera ma non con i
soldi del governo» - AMBIENTE »IL VERTICE IN REGIONE
Blitz a Trieste del ministro che assicura che coinvolgerà Passera per il
piano di riconversione Si partirà dall’area demaniale.
Scintille durante la riunione tra il governatore Tondo
e i sindacati
«La bonifica dell’area di Servola potrà partire presto perché il governo sta
fornendo tutto il quadro normativo, ma non con i soldi dello Stato che potrebbe
fornire qualche finanziamento collaterale di supporto, non certo impegnarsi
nella spesa per il risanamento dell’area». È stato chiaro il ministro
dell’Ambiente Corrado Clini alle otto e un quarto di ieri sera all’uscita dal
blitz per un improvviso e non annunciato summit in Regione sul dopo Ferriera.
«La bonifica potrà partire dall’area demaniale, quella a mare - ha spiegato
Clini - anche se ciò logicamente non sarà possibile con la Ferriera ancora in
attività (dovrà prima essere chiusa, ma non necessariamente già demolita, ndr.).
Anche perché quella mi sembra una zona particolarmente preziosa per la
logistica». Il ministro in questo modo ha fornito un orientamento su quella che
potrà essere la riconversione di almeno una parte dell’area perché ha anche
rilevato che sostanzialmente verrebbe a trovarsi in contiguità con la “famosa”
Piattaforma logistica che dovrebbe essere appunto collocata tra la Ferriera e lo
Scalo Legnami. Regione, amministrazioni locali, associazioni di categoria e
rappresentanze sindacali si sono date un nuovo appuntamento il 10 settembre per
decidere in linea di massima lo scenario futuro: industria, inclusa anche
siderurgia pulita, oppure logistica? «La bonifica comporta la spesa di tanti
soldi - ha commentato ancora il ministro all’Ambiente - se è fine a se stessa,
ma diventa un’opportunità se è finalizzata al riuso. Ora però sono le
amministrazioni locali che devono decidere quale indirizzo prendere e che
sperabilmente devono anche trovare gli imprenditori interessati a investire». In
ambito di maxiinvestitore in campo logistico non può non tornare alla mente la
Maersk e il suo progetto di superporto. Ma la riunione di ieri sera, svoltasi a
porte blindate e con giornalisti e operatori confinati addirittura all’esterno
del palazzo, ha avuto anche toni accesi sfociati in un battibecco tra i
rappresentanti sindacali e il governatore Renzo Tondo che avrebbe tagliato
l’intervento di Umberto Salvaneschi, segretario provinciale di Fim-Cisl
invitando anche gli altri a spicciarsi dicendo che «dall’altra parte ci sono
cinque assessori che ci aspettano per parlare della laguna di Grado e Marano».
«Un atteggiamento arrogante - ha commentato Franco Palman della Uilm - non ce ne
siamo andati soltanto per rispetto del ministro Clini e perché apprezziamo il
fatto che per la prima volta il governo nazionale si interessi della questione
Ferriera di Servola mandando in loco i suoi ministri». All’incontro hanno
partecipato l’assessore regionale a Programmazione e ambiente Sandra Savino, il
sindaco Roberto Cosolini che a propria volta ha rimarcato come sia necessario
«fare la scelta sulla destinazione dell’area anche se al momento gli investitori
non ci sono», ma ha pure aggiunto che «di solito a dover pagare la bonifica è
colui che ha inquinato», la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa
Poropat e la presidente dell’Autorità portuale Marina Monassi. In una nota
emessa al termine dalla Regione si sottolinea che «il ministro Clini ha
assicurato l’attenzione del Governo informando di avere già affrontato anche con
il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera, seppure in via del tutto
preliminare, alcune delle questioni connesse al futuro della siderurgia
italiana. Il ministro si è impegnato ad approfondire con il collega Passera
innanzitutto le opzioni legate alla bonifica e al riuso a partire dalle aree
demaniali, e a restituire al territorio alcuni elementi per supportare le
possibili proposte di riconversione. Le istituzioni locali hanno espresso la
necessità di lavorare alla ricerca di una soluzione che coniughi l’esigenza di
coesione sociale, che solo lo sviluppo economico può assicurare, con la
salvaguardia della salute che può essere tutelata solo superando le gravi
criticità ambientali».
Silvio Maranzana
AMBIENTALISTI - Greenaction: Inquinamento da Servola
fino in Slovenia
«La decisione presa il mese scorso dalla Commissione europea di rigettare la
richiesta di proroga del termine stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE per il
rispetto dei valori limite delle emissioni di biossido di azoto nell’area di
Trieste, rappresenta una precisa indicazione sul destino della Ferriera di
Servola». Lo sostiene Greenaction transnational rilevando che la richiesta di
proroga presentata dall’Italia riguardava 48 agglomerati urbani tra cui Trieste.
«Il Commissario europeo all’Ambiente Janez Potocnik non ritenendo plausibili le
giustificazioni addotte dall’Italia - continua l’associazione ambientalista - ha
rigettato la proroga richiesta per gli agglomerati urbani del Friuli Venezia
Giulia, tra cui l’area di Trieste. La zona di Trieste con i suoi impianti
industriali è infatti una delle principali fonti di inquinamento
transfrontaliero tra Italia e Slovenia». Il rigetto della Commissione europea ha
ora come principale effetto, secondo l’associazione, che l’Italia sia
completamente scoperta per gli effetti dell’inquinamento atmosferico - prodotto
anche dalla Ferriera di Servola - già oggetto di procedimenti di infrazione da
parte delle autorità comunitarie. Uno di questi, il 2008/2914 promosso contro
l’Italia ai sensi degli artt. 258 e 260 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea, con riferimento all’attuazione della Direttiva 2008/50/CE,
riguarda il superamento delle PM 10 anche nella zona triestina. «Tale
inquinamento - conclude Greenaction transnational - sconfina nel territorio
della Slovenia provocando danni e malattie croniche alla popolazione e colpendo
in particolare i bambini. L’unica possibilità per abbattere l’inquinamento
atmosferico transfrontaliero ed evitare le pesanti sanzioni economiche che
ricadrebbero sull’Italia è quindi la più rapida dismissione dello stabilimento
siderurgico di Servola. E prima del 2015».
Passera: scorie radioattive - I patti vanno rispettati
Il ministro replica alla Regione che ha ribadito il suo no in giunta al
passaggio in Porto delle sostanze nucleari. L’Arpa dà parere favorevole
Scorie radioattive, Regione contro Stato. La Giunta regionale ieri ha
confermato il “no” al passaggio dello speciale carico statunitense nel porto di
Trieste, su proposta dall’assessore all’Ambiente Sandra Savino. Ma il ministro
alle Infrastrutture e allo sviluppo economico Corrado Passera, che ha richiesto
il parere (solo consultivo), controbatte: «Non solo tali trasferimenti sono
normati dall’Unione europea, ma esiste in materia un trattato internazionale tra
Italia e Usa. Noi al contrario leggiamo positivamente il fatto che gli Stati
Uniti abbiano chiesto di riavere combustibile nucleare esaurito. Questo ci
consente di liberare il territorio nazionale di materiali tossici». La partita è
aperta. Oggi scade il termine dei 30 giorni entro i quali il ministero deve
ricevere i pareri che la norma impone di raccogliere: dai ministeri del Lavoro e
della Salute, dall’Ispra (l’Arpa nazionale che ha diretta competenza tecnica in
materia, ndr) e appunto dalla Regione. A ieri sera tutti i documenti erano
ancora da acquisire. Savino, definendo “irricevibile” la proposta, aveva
sottolineato che «se la domanda si fa ai politici e non ai tecnici, la risposta
è politica». Infatti l’Arpa ha dato il proprio nulla osta, anche se, come
specifica il suo direttore tecnico-scientifico Fulvio Daris, il transito di
scorie ha una particolarità per questo territorio. «È la prima volta - dice
Daris - che materiale di natura radioattiva è oggetto di confezionamento e non
solo di passaggio in regione e nel porto di Trieste. Serve non solo il piano di
sicurezza lungo tutto il percorso che i materiali faranno in territorio
italiano, ma anche un piano per il trasbordo». A Trieste dovrebbero confluire
due carichi provenienti da diverse zone di partenza. Il primo dall’Austria, che
via Slovenia raggiungerà il porto di Capodistria dove sarà imbarcato in
direzione porto di Trieste. Il secondo dovrebbe arrivare dal deposito Avogadro
di Saluggia in provincia di Vercelli, per via autostradale. Il materiale riunito
andrebbe caricato su una nave in partenza per Usa. Presumibilmente dal Molo VII.
Il combustibile nucleare esaurito inoltre è tutto di proprietà americana: lo
specifica il ministero. La Regione aveva invece inteso che, dal Piemonte,
arrivassero scorie italiane. Invitando altri porti più vicini (Genova, Livorno)
a prendersele senza mandarle fin qui. Il materiale viene messo in viaggio in
base al progetto americano di rimpatrio di materie nucleari strategiche di
origine Usa. Un progetto, aveva ricordato la stessa Savino, «appoggiato dal
presidente del Consiglio Monti al vertice di Seul». Si tratta di 275 chilogrammi
di massa netta di combustibile nucleare su un totale di 25.677 chilogrammi
lordi, mentre da Saluggia il materiale sensibile sarebbe di circa 5 chilogrammi.
Per Daris i motivi del “nulla osta tecnico” sono semplici: «C’è evidentemente un
piano di sicurezza elaborato secondo i requisiti internazionali, nei prossimi
giorni ci sarà un incontro in Prefettura per elaborare il dettaglio del piano
locale. Quando materiale radioattivo è in transito - aggiunge il direttore
dell’Arpa - ogni Prefettura, di ogni città toccata dal viaggio, ha obbligo di
predisporre il proprio singolo piano della sicurezza, che coinvolge vigili del
fuoco, medici, vigili urbani, e polizia stradale disponibile a servizio di
scorta».
Gabriella Ziani
Emergenze civili: la Prefettura studia un piano
E in Comune che cosa si pensa della questione, un’altra “tegola” ambientale
dopo quella, rovente, della Ferriera? Il sindaco scarica la tensione con una
battuta: «Per carità, sono io stesso già così radioattivo...». Umberto Laureni,
assessore all’Ambiente, dice invece che «dopo tante sollecitazioni, finalmente
in Prefettura si sta elaborando un piano sulle emergenze nucleari civili. Io in
generale penso - aggiunge - che sia un problema da approfondire, ma non
drammatico. Insomma, il trasporto mi sembra fattibile». A reagire è invece
Alessandro Capuzzo del Tavolo della pace Fvg: «La Regione anziché fare le
“barricate” farebbe bene a predisporre il piano di emergenza in caso di
incidente nucleare. Piani dovuti, per legge e in base alle direttive europee, ma
di cui nulla si sa, mentre il transito di scorie nucleari e rifiuti radioattivi
costituisce lavoro portuale abitudinario a Trieste come a Capodistria».
Gemiti (Wwf): «I pericoli sono ben altri»
«Siamo contrari al raddoppio della centrale nucleare di Krsko in Slovenia,
siamo contrari al nucleare in genere, al suo impiego in campo civile, ma
francamente credo si debba temere di più il transito, molto più pericoloso, di
materiali che passano alla chetichella...». Fabio Gemiti del Wwf, chimico che a
suo tempo seguì da vicino il disastro di Chernobyl, sul possibile transito di
scorie radioattive nel porto di Trieste mantiene prudenza: «Se ci sono
controlli, se ci sono piani di sicurezza, non vedo perché queste scorie non
possano transitare. Sono molto più pericolosi certi carichi di metalli che
arrivano alla Ferriera, dove non è raro che ci siano dei metalli contaminati da
radioattività... Ma non vengono rilevati, e rilasciano sostanze».
L’esperto: «Rifiuto più politico che tecnico»
Secondo Massimo Bovenzi (Medicina del lavoro) la normativa per la
sicurezza è molto severa
Perché preoccuparsi per un transito di scorie radioattive? Naturalmente
perché possono verificarsi una “fuga”, una dispersione, un pericolo per la
salute pubblica. Come soppesare l’eventuale pericolo? Risponde Massimo Bovenzi,
direttore dell’Unità clinica e della Scuola di specializzazione di Medicina del
lavoro all’Università di Trieste: «Difficile dirlo se non si conosce il tipo di
radionuclide in transito. Certi hanno vitalità breve e decadono nell’arco di
28-30 giorni come lo iodio 131, altri (come l’uranio, il plutonio) hanno un
tempo di decadenza immenso, di molte migliaia di anni». «Combustibile nucleare
esaurito» non è dunque dicitura che possa illuminare molto sulle eventuali
conseguenze, ma Bovenzi avverte: «La legge è molto severa, questi materiali
viaggiano in contenitori altamente schermati, a seconda di quale radionuclide
contengono, e sono affidati a ditte superspecializzate, inoltre esistono sistemi
di controllo, autorizzazioni: in ogni circostanza bisogna vedere quali sono i
protocolli di sicurezza messi in atto. Ricordo che una decina d’anni fa, per il
passaggio nel porto di Trieste di navi a propulsione nucleare, ci fu un’allerta
della Prefettura, e dell’équipe per la sicurezza feci parte anch’io. Presumo -
aggiunge Bovenzi - che questo trasporto sia organizzato secondo protocolli di
sicurezza. Se l’assessore regionale all’Ambiente ha dato un parere con
motivazioni politiche, sarà lei stessa a giustificarle». Resta il fatto che non
siamo esenti da radioattività nella vita quotidiana. Certe funzioni ospedaliere
di alta specializzazione curano proprio, esplicitamente, con la Medicina
nucleare. Di cui a Trieste s’è parlato di recente, perché il reparto,
attualmente nella palazzina del Centro oncologico di via Pietà, si prepara al
trasferimento a Cattinara. Ieri la direttrice, Franca Dore, ha preferito non
intervenire sull’argomento. «I radionuclidi ospedalieri - certifica Bovenzi -
dopo l’uso vengono depositati in vasche di decadimento, hanno una vita breve, di
seguito vengono recuperati da ditte specializzate e smaltiti come rifiuto
speciale». Ma radioattività si trova anche nelle immondizie, anche
nell’inceneritore, anche nelle fognature. Cittadini che si sottopongono a cure
“nucleari” espellono poi queste tracce, impossibili da isolare. Secondo tutti i
responsabili della materia, si tratta però di quantità infinitamente piccole ai
fini della salute pubblica. Anche se accade che i camion che conferiscono le
immondizie all’inceneritore talvolta, passando il controllo, facciano scattare
allarmi. Il segnale c’è, il panico no.
(g. z.)
Da Stoccolma a Trieste lotta antispreco dell’acqua
L’annuncio di Andrea Segrè nella capitale svedese dà visibilità
internazionale alla cerimonia con 100 sindaci che si svolgerà il 29 settembre al
Teatro Verdi
Su un asse che congiunge Stoccolma a Trieste si combatte la battaglia
mondiale contro gli sprechi. Andrea Segrè, triestino, preside della facoltà di
Agraria dell’università di Bologna, ha annunciato nella capitale svedese che in
questi giorni ospita la Settimana mondiale dell’acqua, che sul “fronte
meridionale” cento sindaci firmeranno il 29 settembre al Ridotto del Teatro
Verdi a Trieste la “Carta per amministratori a spreco zero”. Saranno primi
cittadini non solo di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, ma
anche di Austria, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Albania.
Capofila dell’iniziativa il sindaco di Trieste Roberto Cosolini e i governatori
di Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo e del Veneto Luca Zaia, interverranno gli
europarlamentari Salvatore Caronna, Elisabetta Gardini, Giancarlo Scottà e
Debora Serracchiani. Con la Carta Nordest spreco zero, i sindaci si impegneranno
a mettere in atto dieci buone pratiche per tradurre nel concreto la Risoluzione
europea contro lo spreco alimentare che intende portare al dimezzamento degli
sprechi alimentari entro il 2025. Si parte dal presupposto che se si potessero
recuperare tutte le perdite e gli scarti si potrebbe dar da mangiare per un anno
intero a metà della popolazione mondiale: 3,5 miliardi di persone. Insieme con
la riduzione dei consumi e l’adozione di una “dieta salva-risorsa” per Segrè,
che è anche presidente di Last minute market (spin-off dell’università),
promotrice della campagna Un anno contro lo spreco di cui è partner anche
Federutility (sia sull’acqua che sull’energia), «la prima azione da compiere è
capire come si può risparmiare l’acqua. «Quando si butta via del cibo - ha detto
Segrè a Stoccolma - si getta anche l’acqua dell’intera filiera produttiva che è
servita per portare quel prodotto dal campo alla tavola». Si arriva così al
concetto di “dieta sostenibile” intendendo non soltanto il risparmio dell’acqua
contenuta nel cibo, ma includendo anche la consapevolezza che la risorsa è
limitata e locale». Consapevolezza non molto diffusa dalle nostre parti dato che
in Italia ogni abitante consuma annualmente 152 metri cubi d’acqua, nel Regno
Unito 110, in Spagna 100, in Olanda 73 e in Germania 57. E questa è solo l’acqua
visibile, ma c’è poi anche un consumo di acqua virtuale, quella utilizzata
durante tutto il processo produttivo di un bene, alimentare e no. La giornata
contro lo spreco si svolgerà a Trieste nell’ambito di Trieste next, Salone
europeo dell’innovazione e della ricerca scientifica in programma dal 28 al 30
settembre.
di Silvio Maranzana
SETTIMANA DELLA MOBILITÀ - Tutti in bicicletta o anche
a piedi - L’iniziativa mira anche a promuovere il trasporto pubblico
Anche quest’anno, come già quello passato, il Comune di Trieste ha aderito
alla Settimana Europea della Mobilità (Sem). Si tratta di una campagna di
sensibilizzazione e d’incoraggiamento, rivolta ai cittadini delle città europee,
per l’utilizzo del trasporto pubblico, della bicicletta e del camminare, e punta
a promuovere queste modalità di trasporto, sollecitando investimenti pubblici
sulle necessarie infrastrutture. Come sottolineano il vicesindaco Fabiana
Martini e l’assessore alla Mobilità e Traffico Elena Marchigiani: «L’iniziativa
ben si inserisce nelle linee programmatiche del sindaco Cosolini, che prevedono
la riduzione della circolazione dei mezzi privati a favore dello sviluppo della
mobilità pubblica, ciclabile e pedonale e dei diversamente abili. E’
un’importante occasione non solo per ribadire gli impegni assunti da questa
Amministrazione, e concretamente tradotti in numerosi progetti (dal bike
sharing, alla previsione di nuovi percorsi ciclabili nel centro e sulle rive,
fino alle proposte contenute nel nuovo Piano generale del traffico di prossima
approvazione), ma anche e soprattutto per dimostrare la volontà di stabilire più
fertili e continue relazioni con l’Europa e le iniziative da essa sostenute. La
Sem ci consentirà inoltre di sperimentare alcune delle proposte di
pedonalizzazione del Piano del traffico, al fine di mostrare ai cittadini i loro
effetti benefici in termini di sicurezza, salute, vivibilità degli spazi
urbani». Dal 16 al 22 settembre 2012 la Sem costituisce in sostanza
un’opportunità per numerose città europee di partecipare a un ampio e diffuso
evento sulla mobilità sostenibile. Nel corso della SEM, il Servizio Mobilità e
Traffico del Comune di Trieste, assieme ai diversi soggetti interessati,
promuoverà ed organizzerà varie iniziative.
MUGGIA Incontri pubblici su rifiuti e antenne
Il Comune di Muggia organizza due incontri pubblici su temi di interesse ambientale. Lunedì 3 settembre alle 18 in sala Millo presentazione dei risultati del sondaggio sul servizio di asporto rifiuti urbani realizzato da Domino srl. Mercoledì alle 18 al Teatro Verdi presentazione del regolamento per la telefonia mobile.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 30 agosto 2012
Ferriera, Cosolini chiede finanziamenti per la
riconversione
Il sindaco invia una doppia lettera ai ministri Passera e Clini «Servola
va inserita tra le misure per la crescita del Paese»
Chiarezza su cosa e come fare. Eppoi soldi (da pescare magari da qualche
appiglio normativo figlio del decreto Cresci Italia montiano) per fare. Ma fare
che? Bonificare, e in fretta, dal 2015 in poi, l’area oggi impiastricciata dalla
Ferriera, per rilanciarne subito le prospettive occupazionali con cosiddette
attività “pulite”. Roberto Cosolini, mentre incombe la variabile del benzopirene
troppo alto, autografa una doppia preghiera-pretesa d’aiuto, dritta al governo,
evocando l’intercessione congiunta dei due ministri che masticano la materia. I
due Corrado. Quello dell’Ambiente Clini, che qui è di casa, e quello dello
Sviluppo economico Passera, che non sempre mostra d’esser sulla stessa lunghezza
d’onda di Clini. Il fatto è che sulla Ferriera, lascia intendere il sindaco in
una nota stampa in cui informa d’aver spedito la lettera a Clini e Passera, ora
più che mai - ora che gli enti hanno celebrato la sentenza di morte nel 2015
dell’attuale stabilimento - serve che il governo parli con una voce sola, e
agisca di conseguenza in una sola, convinta, direzione. Capita così, ed è storia
di ieri, che nelle ore in cui Tondo vola a Roma da Passera per parlare anche ma
non solo di Ferriera, rilevando che sul rigassificatore il governo Monti esprime
al momento due voci scordate (Passera e Clini) Cosolini faccia sapere appunto di
aver scritto martedì proprio al ministro dello Sviluppo economico chiedendogli
che sia lui, invece, a volare a Trieste. Il prima possibile. Per parlare di
Ferriera e basta. Non da solo. Assieme a Clini. Una domanda di incontro formale,
«auspicabilmente nella nostra città» e «unitamente alle altre istituzioni», che
segue gli annunci di 48 ore prima dell’assessore regionale all’Ambiente, la
triestina Sandra Savino, che aveva subordinato ogni scelta - tra riconversione
logistica e industriale - a una bonifica col timbro del governo. «Serve
un’accelerazione nell’affrontare la vicenda Servola», si legge nella nota
diffusa ieri pomeriggio dal Municipio, da dove si etichetta come «necessaria una
presenza attiva del governo attraverso l’azione integrata dei ministeri dello
Sviluppo economico e dell’Ambiente. Ricordando «la posizione della Provincia e
del Comune nei confronti della “Dichiarazione d’intenti” sulla possibile
continuità dell’attività siderurgica proposta dal ministero dello Sviluppo
economico», Cosolini insiste: «La stessa ipotesi di “siderurgia pulita” richiede
una trasformazione radicale e non meri aggiustamenti». Richiamando poi la «norma
per la riconversione produttiva di aree di crisi industriale complessa, inserita
tra le “misure urgenti per la ricrescita del Paese”», il sindaco ritiene che
essa «possa adattarsi anche alla Ferriera per supportare un progetto di
riconversione con investimenti per il recupero ambientale dell’area, la
realizzazione di nuove infrastrutture e impianti, la riqualificazione e il
ricollocamento dei lavoratori». «Alla luce di quanto sopra - la richiesta del
sindaco ai due ministri nella lettera - vi chiedo cortesemente la disponibilità
a un incontro per affrontare una situazione che ci vede tutti impegnati e che va
governata per evitare gravi ripercussioni sia di ordine sociale che ambientale».
Piero Rauber
FAREAMBIENTE «Bene il coinvolgimento del governo»
«Bene ha fatto l’amministrazione regionale a coinvolgere il governo sulla
questione Ferriera: importante è accelerare per una risoluzione compatibile,
ferma restandola priorità della salute pubblica». Nel giorno in cui la
diplomazia e gli imbarazzi frenano le reazioni politiche, a esporsi con un
comunicato è solo l’associazione ecologista orientata a destra FareAmbiente, col
coordinatore regionale Giorgio Cecco. «Ora - scrive Cecco - è fondamentale che
ci sia la più ampia condivisione di tutti gli enti locali».
(pi.ra.)
«I politici? Benpensanti con le loro comode vite» - IN
UNA LETTERA APERTA LO SFOGO DEI LAVORATORI
Nessuna istituzione (Regione, Provincia e Comune) ha interesse a
migliorare la condizioni ambientali e tutelare il lavoro di oltre un migliaio di
persone! Solo forzature e strumentalizzazioni
«Presunti “tutori istituzionali”, che ovviamente i loro interessi personali
o di parte se li difendono benissimo!». Ancora: «nostri “pensatori”». E pure
«benpensanti, che chiaramente le loro comode vite se le sono già programmate!».
Niente nomi, ma è come se ci fossero, se è vero che la premessa è che «ora è
tutto più chiaro, il 2015 o addirittura a mesi sarà la data finale per i
lavoratori di Ferriera, Sertubi, Linde ed Elettra!» e che «nessuna istituzione,
Regione, Provincia e Comune, ha interesse a migliorare le condizioni ambientali
e tutelare il lavoro di oltre un migliaio di persone!». La sentenza di morte
della Ferriera dello scorso lunedì non partorisce solo la lettera di Cosolini a
Passera e a Clini. Ne spunta un’altra, portata al Piccolo da una mano politica
rimasta anonima e firmata da 92 dipendenti dello stabilimento siderurgico di
Servola, iscritti a diversi sindacati. Uno sfogo, amarissimo, nato dunque, a
quanto pare, “dal basso”, senza cioè padrini politici e sindacali, e senza
presumibilmente la regia di questo o quel partito (sulla graticola finiscono
Comune e Provincia di centrosinistra e al tempo stesso la Regione di
centrodestra, ma anche le amministrazioni di vario colore del passato) o di
questa o quella sigla sindacale. «Non bisognava mascherare una decisione che era
già intimamente decisa», attacca la missiva dei 92, che puntano il dito contro
«una “politica” che negli ultimi 20 anni, anziché porsi parte tutelante di
un’industria forte e compatibile con gli interessi globali, ha preferito
l’ottusa strada del depauperamento industriale». «Vogliamo veramente pensare e
credere - si legge tra le righe della lunga lettera di denuncia - che la nostra
città possa dare la possibilità di “vivere” di televisione, turismo, servizi,
eliminando tutta l’attività industriale?». La protesta, alla fine, vira in
proposta, con tanto di richiesta di individuazione di un manager industriale che
governi la transizione senza traumi produttivi né occupazionali. «Non chiediamo
- incalzano i 92 - ma pretendiamo che i nostri rappresentanti istituzionali, da
noi democraticamente eletti, si attivino con tutti gli strumenti possibili per
evitare forzature politiche che causino la dismissione degli impianti senza
prima aver assicurato soluzioni lavorative in grado di garantire altrettanti
posti di lavoro». Per questo «venga identificata una personalità
tecnico-gestionale del settore industriale, in grado di interfacciarsi con il
mondo imprenditoriale, al fine di poter riuscire a proporre un piano di
reindustrializzazione o di riassetto produttivo del sito , che tenga conto delle
esigenze complessive: lavoratori, imprenditori, società civile, istituzioni».
(pi.ra.)
Sertubi, gli operai accettano la “cassa”
Pepe (Fim-Cisl): «Viviamo sul filo del rasoio, vediamo cosa succede in
questi tre mesi»
Alla fine gli operai della Sertubi hanno scelto quello che nonostante tutto
si prefigura - dal loro punto di vista, che di questi tempi è inevitabilmente il
punto di vista della parte più debole tra quelle in causa - come il male minore.
Male minore per il momento, quanto meno. Ieri pomeriggio, la lunga e a tratti
nervosa assemblea dei lavoratori della fabbrica gestita oggi dalla Jindal ha
infatti dato mandato ai sindacati di mettere la firma sulla proposta aziendale
di ulteriori tre mesi di cassa integrazione ordinaria per quasi tutto il
personale: dal 3 settembre al 30 novembre per 180 su 208. Una firma che gli
stessi sindacati avevano rifiutato di mettere, stavolta, rimandando appunto
l’ultima parola all’assemblea. Prima del via libera alla sottoscrizione da parte
dei lavoratori, come detto, non sono mancati momenti di acceso dibattito, anche
acido, tra colleghi, tra chi concordava coi sindacati sul fatto che la misura
fosse già colma (con questi tre mesi ne fanno nove sui dodici di gestione Jindal)
e premeva per forme di «lotta» più radicali (non escludendo il blocco di una
produzione comunque a passo ridotto) e chi invece metteva le mani avanti
ammonendo: senza firma si sarebbe aperta immediatamente la porta della cassa
straordinaria. Quella stessa cassa straordinaria - preludio a conclusioni più
drastiche - cui si potrebbe comunque arrivare un domani. È prevalsa la seconda
opzione, quella cioè della prudenza e dell’attesa. Attesa di verificare, in
particolare, se e come, da qui al 30 novembre, le cose potranno cambiare. Prima
ancora che nelle intenzioni del management Jindal, nelle attività della
Ferriera, di cui Sertubi costituisce parte del’indotto. «Vediamo che succede, se
nel frattempo la Ferriera sarà chiusa o limitata nella sua produzione a causa
del benzopirene, o se già ci saranno delle novità pubbliche sui piani di
riconversione dell’area di cui si sta discutendo, siamo insomma sul filo del
rasoio», ammette Michele Pepe, rappresentante sindacale in fabbrica in quota
Fim-Cisl. La sconfessione benché prevedibile della linea sindacale da parte dei
lavoratori, ad ogni modo, come tiene a far capire lo stesso Pepe, non è il de
profundis di ogni forma di «lotta». Anzi. Non è escluso, in effetti, che i
dipendenti Sertubi si alleino con quelli della Ferriera con il proposito di dar
vita a breve a proteste congiunte e per questo più forti, eclatanti e pesanti.
Magari in piazza, chissà. Domani, all’ora di pranzo, è in agenda un’assemblea
dei lavoratori della Servola. «Intendiamo partecipare anche noi», annuncia
Pepe. E non solo per ascoltare.
(pi.ra.)
Tondo in pressing su Passera Fumata nera sul
commissario - SUL TAVOLO ANCHE IL NODO RIGASSIFICATORE
TRIESTE Rendo Tondo incontra Corrado Passera, ieri a Roma, anche sulla terza
corsia. Quello che incassa è la «disponibilità del ministro», la stessa che
riguarda gli altri nodi all’ordine del giorno: rigassificatore e Ferriera.
Prudenza d’obbligo, nelle dichiarazioni di fine vertice, nel momento in cui non
ci possono essere certezze, non ancora, sulla questione commissario, tanto meno
sul rinnovo della concessione sulla A4 alla scadenza del 2017. Tondo vola a Roma
per aggiungere qualche pedina alle sue convinzioni nel momento in cui i dubbi
irrisolti sulla partita finanziaria preoccupano Confindustria regionale e
spingono il Pd all’ennesimo intervento critico, stavolta via interrogazione a
Roma e interpellanza in Regione. Si parla anche di rigassificatore e, su questo
secondo tema, riemerge la divergenza di opinioni tra il ministro Passera e il
collega Clini. «Si chiariranno all’interno del governo», dice Tondo rimarcando
anche l'opportunità che esecutivo nazionale ed enti locali si siedano attorno a
un tavolo per trovare l'auspicata intesa a favore della realizzazione
dell’opera. Ma è sulla terza corsia che Tondo insegue puntelli. L’intesa, in
linea generale, c’è, ma la vicenda rimane tutta da chiudere. Per ora, il
governatore non può fare altro che «ringraziare il ministro per la disponibilità
ad approfondire le criticità e le potenzialità del Friuli Venezia Giulia,
proprio nel momento in cui il governo sta mettendo a punto importanti
provvedimenti per la crescita e il rilancio del Paese, all'interno dei quali la
nostra Regione si aspetta di trovare il giusto spazio». Non manca l’invito alla
prossima inaugurazione del casello di Meolo, prevista per metà ottobre, e a una
visita al cantiere della terza corsia. Dopo di che, si vedrà. Entro fine anno,
va chiusa la trattativa con il pool di banche eventualmente interessato
all’operazione da 2,3 miliardi. Il via libera di Cassa depositi e prestiti e Bei
è un buon viatico ma andrà definito l’interesse anche dei privati a un prestito
che va pesato con particolare attenzione in tempi di crisi. Di qui gli
interrogativi sulle condizioni che le banche esigeranno. Gli stessi sollevati
dall’inchiesta del Piccolo e che il gruppo regionale del Pd ha inserito
nell’interpellanza a Tondo per sapere «qual è il nuovo cronoprogramma e in
particolare se il completamento avverrà dopo il 2017». E ancora, se si andrà
oltre quella data, «quali sono le previsioni relative alle ripercussioni sulla
gara per l’assegnazione della concessione». Nel testo si chiedono inoltre lumi
sul futuro dei 600 dipendenti di Autovie; quali sono stati gli esiti
dell’ispezione disposta dal ministero sulla gestione commissariale; se Tondo
«intende perseverare nel non chiedere finanziamenti statali» e se, infine, «pur
di realizzare a qualunque costo l'opera, sia veramente disposto a sacrificare
Autovie e Friulia a scapito del patrimonio regionale».
(m.b.)
Scorie radioattive in Porto Arriva il no della Regione
- AMBIENTE » IL CASO
Richiesta dal Ministero per il passaggio sul territorio di combustibile
nucleare proveniente dall’Austria e da Vercelli.
In partenza per gli Usa dopo lo stoccaggio
Combustibile nucleare esaurito pronto a partire verso il porto di Trieste. E
da lì, completati lo stoccaggio e le operazioni di imbarco su una nave il cui
nome è tenuto top secret, a salpare in direzione Stati Uniti d’America. Scorie
radioattive che viaggeranno da due punti di partenza diversi: un carico
dall’Austria con tappa in Slovenia, allo scalo di Capodistria, per giungere da
lì già via mare a Trieste, e l’altro dalla provincia di Vercelli - precisamente
dal Deposito Avogadro di Saluggia - attraverso la rete autostradale, sistemato
in un container sopra a un Tir. Destinazione, sempre il porto triestino:
precisamente il Molo VII. Quando? A novembre, ma al momento una data precisa non
c’è. L’operazione A delineare l’operazione è in primis una richiesta di consenso
al passaggio della spedizione che prenderà il via in Austria, inviata dal
Ministero dello Sviluppo economico alla Regione, in base alla direttiva 117
Euratom del 2006 del Consiglio dell’Unione europea, relativa alla sorveglianza e
al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare
esaurito. Il dicastero del ministro Corrado Passera ha dato così seguito
all’appoggio manifestato al presidente Usa Barack Obama nel marzo scorso a Seul,
durante il vertice sulla sicurezza nucleare ospitato in Corea del Sud, dal
premier italiano Mario Monti al progetto americano di rimpatrio di materie
nucleari strategiche di origine statunitense. Un programma battezzato “Global
Threat Reduction Initiative” (Gtri), gestito dalla Nnsa (National nuclear
security administration), costola del Dipartimento dell’Energia degli Usa che si
occupa della sicurezza nazionale per quanto concerne il nucleare. La Regione
Friuli Venezia Giulia - come riferiamo nell’articolo qui a fianco - però è
pronta a dare parere negativo alla richiesta del governo e a fare tutto il
possibile per evitare il passaggio sul proprio territorio. Dopo alcuni
approfondimenti, è emerso peraltro che il combustibile nucleare esaurito
arriverà al porto di Trieste non solo dall’Austria via Slovenia con trasporto
per mare, ma anche via gomma dall’Italia, dal Piemonte. «Irricevibile»: così
l’assessore regionale all’Ambiente, Sandra Savino, ha definito ieri il contenuto
di quanto prospettato da Roma. I due punti di partenza Nel documento arrivato
pochi giorni fa in Regione viene specificato che una quantità di combustibile
nucleare esaurito pari a 275 chilogrammi di massa netta (su un totale lordo di
25.677 chili) dovrebbe arrivare al porto di Trieste già imbarcata, dopo la tappa
a Capodistria. Si tratta del carico proveniente dall’Austria. Altri cinque
chili, invece, sono pronti a partire dal Deposito Avogadro di Saluggia: questi
sì, dopo il viaggio in autostrada in un container a bordo di un Tir con transito
anche attraverso le province di Udine e di Gorizia oltre che di Trieste, da
spostare a bordo della nave. Che poi dal Molo VII - stando alle informazioni
fornite dal Ministero dello Sviluppo economico alla Regione - dovrebbe prendere
il largo dirigendosi fino agli States. Perché da Trieste? Pare che il ministero
abbia risposto alla Regione solo che la motivazione è da ricondurre
sostanzialmente all’abbinamento finale fra le due spedizioni. Proprio da questa
risposta, l’ente regionale è venuto a conoscenza della seconda parte
dell’operazione, quella che avviene interamente in territorio italiano. Il
parere Gli uffici regionali stanno approfondendo il tema delle osservazioni da
inoltrare a Roma sulla questione, come previsto dalla legge. In pratica il
Servizio disciplina e gestione rifiuti e siti inquinati vuole capire se il
valore della risposta della Regione si limiti ad essere consultivo o possa in
qualche modo pesare di più. Cioè tanto da poter anche bloccare un’operazione che
politicamente la giunta del presidente Renzo Tondo si appresta a bocciare in
maniera netta nella riunione odierna. L’Arpa L’agenzia regionale per l’ambiente
(Arpa), contattata dal Servizio disciplina gestione rifiuti e siti inquinati
della Regione, si è già espressa sul transito a Trieste - o meglio sulla toccata
nell’area portuale triestina della nave che lo avrà a bordo - del materiale in
partenza dall’Austria, fornendo un parere tecnico-ambientale in base al quale
«nulla osta» per quanto di competenza dell’Arpa stessa.
Matteo Unterweger
MONASSI «Sì, l’ho saputo ma informalmente»
La Regione è pronta a mettersi di traverso alla richiesta arrivata dal
Ministero dello Sviluppo economico. Dell’operazione era stato informato anche il
rappresentante del governo sul territorio triestino, cioè il prefetto Alessandro
Giacchetti. Mentre in via ufficiale non è stata ancora contattata da Roma
l’Autorità portuale, anche se il punto di partenza della nave con a bordo le
scorie radioattive da trasportare via mare negli Stati Uniti dovrebbe essere il
Molo VII del porto di Trieste. «Sono stata informata informalmente
dall’assessore Savino - conferma la presidente dell’Authority Marina Monassi -,
ma non ancora in via formale. Si tratta di una procedura speciale. Se la Regione
dovesse dare il consenso, allora poi se ne discuterà con il terminalista. Il
problema non me lo pongo prima». L’orientamento della giunta Tondo in proposito
è quello di rispondere di “no” al governo.
(m.u.)
L’alt di Savino: «Una proposta irricevibile - Niente da
fare» - L’ASSESSORE
«Irricevibile». Sandra Savino non gira attorno alla questione. E anticipa
così la propria posizione sulla richiesta arrivata alla Regione dal Ministero
dello Sviluppo economico. Oggi l’assessore regionale con delega all’Ambiente
ribadirà il concetto di fronte agli altri componenti della giunta Tondo, nella
riunione in cui il tema del transito in regione e a Trieste del combustibile
nucleare esaurito verrà portato “fuori sacco”. Il presidente Renzo Tondo è stato
nel frattempo già informato. «Il problema non è tecnico, degli uffici - sono le
parole di Savino - perché il ministero scrive ai politici. Il problema, dunque,
è politico. E per la politica regionale questa richiesta è irricevibile». Per
chiarire ulteriormente: «Non si discute nemmeno». Il “no” da inviare a Roma è
pronto per essere confezionato e spedito. Savino ricorderà inoltre ai colleghi
dell’esecutivo regionale che il combustibile di provenienza italiana (dalla
provincia di Vercelli) potrebbe anche essere imbarcato in un altro porto,
geograficamente più vicino al Piemonte. Sul mar Tirreno, in Liguria, a Genova ad
esempio. E quindi non a Trieste, sull’Adriatico, evitando così peraltro di
percorrere il lungo tragitto autostradale previsto, in base al quale
l’autoarticolato dovrebbe andare a toccare in Friuli Venezia Giulia anche le
province di Udine e di Gorizia, oltre a quella triestina. L’assessore Savino
ricorda che questo tema «tocca la sensibilità» dei cittadini: la Regione è
pronta ad alzare le barricate.
(m.u.)
Meno posteggi per le moto ma più mobilità sostenibile -
L’INTERVENTO DI ELENA MARCHIGIANI (Assessore alla
Pianificazione urbana, mobilità e traffico del Comune di Trieste)
Ogni trasformazione dei modi di vivere e usare una città desta
inevitabilmente preoccupazioni. Questo è noto e con questo un’amministrazione
che lavori con responsabilità deve fare i conti. Un’ulteriore considerazione,
forse non altrettanto scontata, è però che quando si decide per una
trasformazione lo si deve fare cercando risposte eque ed equilibrate alle
esigenze e ai diritti di tutti i cittadini attraverso un complesso lavoro di
mediazione che riesca a tutelare, per quanto possibile, gli interessi del più
ampio numero di utenti dello spazio urbano. Un’amministrazione può decidere
senza ascoltare nessuno, convinta delle proprie competenze tecniche e delle
proprie idee o ideologie. Ma può anche decidere attraverso l’ascolto e la
valutazione di esigenze e richieste spesso contrastanti: questa è la via
difficile in cui io credo e che io ho scelto, com’è dimostrato dagli incontri
susseguitisi per mesi prima dell’adozione del Piano generale del traffico.
Incontri che hanno portato a una sensibile variazione della proposta
originariamente presentata. Nessun blitz quindi, ma un processo trasparente e
condiviso di discussione e costruzione delle scelte. Nel dibattito che è emerso
in relazione ai parcheggi per i motocicli queste considerazioni trovano una
chiara esplicitazione. I motociclisti si dichiarano preoccupati della presunta
sparizione di parcheggi loro dedicati, ma il Piano questo non dice, e mi preme
ancora una volta ribadirlo. Gli stalli per le moto non vengono eliminati, anzi,
sono incrementati in questa misura (riporto un estratto della Relazione tecnica
che chiunque può consultare sul sito della Rete Civica di questo Comune): nella
zona comprendente le aree di Borgo Teresiano, Borgo Giuseppino e San Giusto si
aggiungono 25 stalli; nelle strade tra gli assi di via Carducci, via Severo, via
Battisti e le vie limitrofe se ne aggiungono 84; nella zona dell’Ospedale (ossia
nelle vie comprese tra viale XX settembre, via Rossetti, via Pascoli e via
Oriani) il saldo positivo arriva a ben 413 stalli. Il totale, in città, è di 502
posti per moto in più rispetto a quelli esistenti, localizzati in aree comunque
centrali. I numeri parlano da soli. Io e i miei uffici siamo comunque a
disposizione per ulteriori chiarimenti, ribadendo la nostra disponibilità a
condividere le scelte di dettaglio che accompagneranno le fasi attuative del
Piano, compresa la localizzazione di stalli anche nei punti d’ingresso alle
nuove zone pedonali. Forse, però, il vero problema risiede nello spostamento di
alcuni parcheggi per le moto. D’altra parte le due ruote non possono entrare
nelle zone pedonali, e questo è un dato di fatto. Quindi, se corso Italia non è
più dedicato al traffico e via Mazzini diviene pedonale, in via S. Caterina le
moto non potranno più arrivare. Potranno però parcheggiare poco lontano, in via
Carducci ad esempio, o in nuovi stalli nelle aree di accesso alle zone pedonali
e ad elevata pedonalità previste dal Piano (come, ad esempio, in alcuni tratti
delle vie Genova, San Lazzaro, Torrebianca). In via S. Caterina entreranno
invece i mezzi delle persone diversamente abili, che purtroppo hanno problemi a
camminare e che quindi si trovano in una posizione di maggiore debolezza
rispetto ai motociclisti. Estendere le aree pedonali è, d’altra parte, ormai
largamente riconosciuto come uno strumento utile a migliorare la qualità della
vita dei cittadini e la loro salute: non solo muoversi a piedi e in bicicletta
fa bene, ma fa ancora più bene muoversi in un ambiente in cui l’inquinamento
atmosferico e acustico di auto e motocicli venga sensibilmente ridotto. È quindi
chiaro come le considerazioni che hanno mosso le scelte di questa
Amministrazione non siano state certo orientate a penalizzare le diverse
categorie di utenti della città e i loro modi di muoversi. Quello che stiamo
cercando di fare – e che spero trovi la comprensione dei cittadini – è di
riorganizzare questi diversi modi di muoversi, nell’intento di trovare il
difficile compromesso tra questioni prioritarie (la salute, il benessere, la
protezione dei più deboli) ed esigenze altrettanto importanti (l’accessibilità
alle aree centrali) che però possono forse imparare ad allinearsi alle abitudini
delle città europee più all’avanguardia in tema di mobilità sostenibile. Un nota
a margine: anch’io mi muovo in moto (di fatto ho una Vespa che da anni mi
accompagna in vacanza in giro per l’Istria) anche se, almeno in città, quando
posso e le distanze me lo consentono, preferisco fare una sana camminata. Oppure
prendere il bus!
il Sole24Ore.it - MERCOLEDI', 29 agosto 2012
Emissioni inquinanti e crisi finanziaria. Alla Ferriera
di Servola si rischia un nuovo «caso Ilva»
Ambiente, salute, lavoro. I valori in gioco all'Ilva di Taranto entrano
in contrasto anche mille chilometri più a nord: sempre in Italia, sempre in uno
stabilimento siderurgico. A Trieste la Ferriera di Servola rischia di chiudere.
Le cause sono due: le emissioni inquinanti e la crisi finanziaria del gruppo.
Qui la magistratura non è intervenuta, e i posti a rischio sono meno di
quelli dell'Ilva. Ma sono comunque possibili tensioni sociali importanti.
«Dal punto di vista ambientale c'è solo l'imbarazzo della scelta», sorride amara
Lucia Sirocco, presidente del Circolo Verdeazzurro Trieste di Legambiente.
«Benzoapirene, pm10, pm2.5, diossine: le emissioni sono così consistenti che
effetti sulla salute sono inevitabili. Livelli di inquinamento come quelli
registrati dalle centraline portano anche malattie mortali. I cittadini che
abitano vicino alla Ferriera denunciano continuamente problemi respiratori». Il
sindaco Roberto Cosolini (di centrosinistra) conferma: «Il problema si
percepisce di più d'estate, quando non c'è vento né pioggia, l'aria è ferma, e
si tengono le finestre aperte». Alla questione inquinamento si sommano i debiti
del gruppo Lucchini, che controlla l'impianto: un miliardo e 100 milioni secondo
Stefano Borini, segretario provinciale Fiom. «Ormai l'azienda è in mano alle
banche che vantano i crediti. A Taranto almeno ci sono i Riva a cui rivolgersi:
qui non c'è più nessuno».
Come se ne esce? Il percorso a cui pensano Regione, Provincia e Comune sembra
puntare alla chiusura nel 2015, per bonificare il sito e farci nascere una nuova
attività. «Fermare lo stabilimento per riconvertirlo è un'ipotesi su cui
lavorare», ammette il sindaco. «La cosa non si risolve con qualche cerotto.
Vogliamo un riutilizzo produttivo della fabbrica, che porti una buona intensità
occupazionale e migliori sensibilmente l'impatto ambientale». Riqualificare
senza chiudere è possibile? «Difficile rispondere. Bisogna incaricare un pool di
esperti di verificare tutte le soluzioni fattibili». Tra stabilimento e indotto
i posti a rischio sono un migliaio, in una provincia che ha già 11mila
disoccupati.
Per un progetto come quello accennato da Cosolini servono tanti soldi. Il Comune
pensa a una partnership pubblico-privata, che comporti un impegno del Governo,
un'assunzione di responsabilità della proprietà e gli investimenti di nuovi
soggetti, «che al momento – dice il sindaco – non ci sono». Un'assenza che la
Fiom imputa anche all'ipotesi chiusura: «Con questa prospettiva – spiega Borini
– nessuno si fa avanti. Dev'esserci continuità produttiva anche dopo il 2015».
No al percorso indicato dal sindaco: «Non ci sono le risorse. Le istituzioni non
le hanno, e un'azienda con 1.100 milioni di debito non può cambiare neanche una
guarnizione. Il risultato sarebbe una cattedrale nel deserto per anni, come a
Bagnoli. Serve un percorso a stadi, una riqualificazione progressiva».
Di chi è la colpa se si è arrivati qui? La Fiom punta il dito contro l'inerzia
politica. Il sindaco ammette che le istituzioni locali non hanno affrontato il
problema, ma sottolinea anche l'assenza di investimenti dell'azienda.
Legambiente parla di «ricatto occupazionale» con cui il gruppo è riuscito ad
andare avanti senza cambiare rotta, e allarga il campo: «Il problema
dell'inquinamento – dice Sirocco - ricade su tutta la città. Se ci fossimo fatti
sentire in modo un po' più pressante, forse non staremmo facendo questi
discorsi». Gli occhi di tutti sembrano puntati sul 2015, ma le cose potrebbero
precipitare anche molto prima, per ragioni economiche o ambientali. Che cosa
accadrebbe se i lavoratori fossero lasciati a casa, e la questione ambientale
non venisse risolta? «Tensioni come quelle di Taranto non sono da escludere»,
avverte Borini della Fiom. E un'Ilva-2 non farebbe bene a nessuno.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 29 agosto 2012
Benzopirene troppo alto Ferriera a rischio stop
Se i dati che arriveranno ai primi di settembre non saranno più
rassicuranti Cosolini firmerà subito l’ordinanza per la riduzione o la
sospensione dell’attività
Un’ordinanza che intima alla Ferriera di Servola la riduzione dell’attività,
e di conseguenza delle emissioni, a tutela della salute dei cittadini. Il
sindaco Roberto Cosolini la firmerà nei primi giorni di settembre, a meno che
non si verifichino congiuntamente le due circostanze che potrebbero
scongiurarla: l’accentuata prosecuzione di una tendenza che negli ultimi mesi ha
registrato, seppur restando su livelli complessivamente alti, un lieve
decremento della concentrazione atmosferica di benzopirene nel rione di Servola,
e un parere in qualche modo rassicurante da parte dell’Azienda sanitaria che,
come vuole la legge, è stata interpellata rispetto alle ultime rilevazioni, ma
non ha ancora fornito la risposta che è comunque attesa a breve. I dati
registrati dalle centraline dell’Arpa tra gennaio e giugno di quest’anno, come
si evince dalla tabella che pubblichiamo, sono comunque estremamente allarmanti.
«La legge cui facciamo riferimento e che anticipa gli orientamenti comunitari e
nazionali - spiega infatti l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni - è
la legge regionale numero 1 del 2012 e fissa nella misura di un nanogrammo per
metrocubo la soglia massima di tolleranza riguardo alla concentrazione
atmosferica di benzopirene». La media dei primi sei mesi in via San Lorenzo in
Selva, nelle immediate adiacenze dello stabilimento, arriva addirittura a 4,6
nanogrammi, mentre anche in via Pitacco, sempre a Servola, si raggiungono i due
nanogrammi. Situazione molto diversa quella rilevata dalle altre tre centraline,
che si trovano in via Svevo, in piazza Garibaldi e a Muggia e dove la soglia è
solo sfiorata. Certo è che rispetto ai picchi dei primi mesi dell’anno (5,5 a
marzo in via San Lorenzo in Selva e 3,9 a gennaio in via Pitacco) si sta
lievemente scendendo. «La legge regionale dà al sindaco la possibilità di
intervenire facendo riferimento alla media annuale dei rilevamenti - aggiunge
Laureni - ma a Servola gli sforamenti sono già stati talmente evidenti che anche
se, per paradosso, in tutto il secondo semestre si verificassero concentrazioni
di benzopirene pari a zero, ci sarebbero comunque già ora gli estremi per
emettere un’ordinanza ingiuntiva». È chiaro però che quella che è una sorta di
bomba ecologica e che al Tavolo di lunedì congiuntamente Regione, Provincia e
Comune hanno deciso in via definitiva di disinnescare nel 2015 rischia di
trasformarsi anzitempo in una bomba sociale. Anche la sola riduzione
dell’attività infatti, senza pensare alla sua sospensione, causerebbe
l’immediata messa in cassa integrazione di un’ampia fetta di lavoratori e
potrebbe far precipitare la crisi della Sertubi, della cui già difficile
situazione riferiamo a fianco, e l’indotto. Chiaro dunque che anche
lì’amministrazione comunale intenda procedere con i piedi di piombo. «Il sindaco
già a gennaio - rivela l’assessore all’Ambiente - aveva emanato alcune
prescrizioni che riguardavano in particolare l’eliminazione di undici specifici
punti di emissioni dallo stabilimento e con una personale verifica ho potuto
constatare che l’azienda vi ha in massima parte adempiuto. Poi dopo una forte
fuoriuscita di ammoniaca a febbraio che aveva anche causato malori tra la
popolazione, abbiamo chiesto una modifica dell’assetto dirigenziale
dell’azienda, ritenendo il management inadeguato rispetto alle tematiche
ambientali. In effetti la Lucchini ha cambiato il direttore strategico della
Ferriera, gli ha affiancato un direttore tecnico e ha cambiato il responsabile
della cokeria che è il reparto dal quale proviene la maggior parte delle
emissioni». «È innegabile che qualcosa da parte della Lucchini è stato fatto -
tira le somme lo stesso sindaco Cosolini - se continua una netta tendenza alla
riduzione delle emissioni ne terremo atto, ma se così non sarà all’inizio del
mese prossimo mi riterrò obbligato a emettere un’ordinanza che in prima battuta
non sarà quella dell’obbligo di sospensione, ma certamente dell’obbligo di
riduzione dell’attività».
Silvio Maranzana
Gli industriali alla ricerca di alternative
Il vicepresidente dell’Associazione, Pedicchio: «Il 10 settembre ci
esprimeremo sulla riconversione»
«Per quanto riguarda il futuro della Ferriera di Servola - è stato ieri il
commento del vicepresidente di Confindustria Trieste, Vittorio Pedicchio -
abbiamo ascoltato con attenzione i quattro scenari presentati al Tavolo
convocato dall'assessore regionale alla Programmazione e all'Ambiente Sandra
Savino. Al momento - ha proseguito Pedicchio - l'Associazione non ha accettato o
espresso alcuna preferenza in merito alle ipotesi illustrate. Sulla base del
documento regionale, Confindustria intende ora fare le proprie valutazioni,
congiuntamente alle aziende associate interessate alla tematica e alle
rappresentanze sindacali coinvolte, entro il 10 settembre, termine fissato per la
prossima riunione». «Nell’incontro nella sede della Regione Fvg di tutti i
firmatari il Protocollo per la riconversione della Ferriera - riferisce invece
una stringata nota congiunta di Cgil, Cisl e Uil - è stato presentato un quadro
analitico dei vari aspetti riguardanti la filiera siderurgica di Trieste. Tale
quadro, che si conferma complesso e problematico, implica che i lavori stabiliti
dal Protocollo vadano rispettati e che nei tempi previsti si costruisca
l’Accordo di programma ipotizzato. Le organizzazioni sindacali - conclude il
comunicato - si sono riservate una valutazione su quanto emerso apprezzando che
la discussione prosegua il 10 settembre». Va ricordato che dei quattro scenari
proposti, i primi due sono stati sostanzialmente già bocciati da Regione, Comune
e Provincia perché prevedono la continuità produttiva con oppure senza la
cokeria. Quanto ai due restanti, abbracciano rispettivamente l’ipotesi logistica
con la realizzazione in quest’area di una nuova banchina o addirittura del Molo
Ottavo, nuovo megaterminal per i container e l’ipotesi industriale. È in
quest’ultimo scenario che ricadrebbe l’ipotetico insediamento di un’industria
siderurgica pulita, «impossibile - hanno fatto rilevare sia il sindaco Cosolini
che l’assessore Savino - con gli impianti attualmente esistenti». Quanto al tema
ambientale, nella relazione introduttiva, la dirigente della Regione Maria Pia
Turinetti ha parlato di esistenza nella popolazione circostante di «broncopatie
e tumori dell’apparato respiratorio in misura superiore rispetto alle medie
regionale e nazionale». Non ha fornito però le cifre specifiche.
(s.m.)
Sertubi “spiazzata”: il contratto d’affitto ci scade
dopo il 2015
L’amministratore delegato della Jindal Leonardo Montesi: «Ne prendiamo
atto e ci regoleremo di conseguenza»
«Apprendiamo che le istituzioni territoriali si sarebbero pronunciate per
una chiusura della Ferriera di Servola al più tardi nel 2015 e quindi con un
anno di anticipo rispetto alla scadenza del nostro contratto di affitto di
azienda. Ne abbiamo preso atto e dovremo quindi regolarci di conseguenza». Già
si prefigura il pauroso effetto domino che potrebbe innescare la dismissione
forzata dello stabilimento servolano in questo passaggio della nota emessa ieri
da Leonardo Montesi, amministratore delegato della Jindal Saw Italia, la società
facente parte del gruppo indiano, che ha affittato per cinque anni il ramo
aziendale Sertubi dal momento che Montesi aggiunge: «Il mantenimento in
esercizio della Ferriera di Servola era una delle tre condizioni alla base del
piano industriale presentato ai sindacati nell’ambito della procedura
consultativa precedente alla stipula del contratto di affitto». Montesi ha
precisato anche le intenzioni della sua società relativamente all’intero polo
siderurgico triestino dopo l’annuncio del sindaco Roberto Cosolini che una vera
offerta in realtà non esiste. «Il nostro gruppo non ha mai presentato un’offerta
- spiega Montesi - e non ha mai detto di averlo fatto, per le attività della
Lucchini spa. È stata esclusivamente presentata nelle sedi competenti, che non
sono né il Comune, né la Regione, né tantomeno il Governo centrale, una
manifestazione di interesse che è il passo obbligato per accedere alle
informazioni necessarie allo studio e alla formulazione di un’eventuale
offerta». E il ceo di Jindal Sertubi replica anche all’assessore regionale
Sandra Savino che ha affermato di aver chiesto invano a Montesi di «vedere le
carte». «Non ricordo di aver ricevuto dall’assessore Savino - è la replica -
alcuna richiesta di presentare un piano industriale per la Ferriera, la quale
sarebbe stata comunque quantomeno irrituale visto che le operazioni industriali
dovrebbero quantomeno definirsi e concretizzarsi prima di illustrarne le linee
essenziali alle istituzioni». Ma Montesi svela anche i contatti che sono
intercorsi con la Regione e che però non hanno dato finora esiti. «Ho viceversa
ricevuto il 30 luglio - svela - la richiesta di partecipare a una “riunione
riservata” per raccogliere le mie osservazioni in merito alla riconversione
produttiva dell’impianto della Ferriera di Servola. Ho dato la mia disponibilità
e sono tuttora in attesa di essere convocato». Quanto al Tavolo convocato lunedì
dalla Regione e che ha portato alla decisione definitiva sulla dismissione nel
2015, il ceo di Sertubi-Jindal precisa: «Mi sono astenuto dal parteciparvi anche
per evitare di dare adito o alimentare polemiche che avrebbero potuto
intralciare il lavoro di chi si sta adoperando per cercare di dare una soluzione
al problema».
(s.m.)
Altri tre mesi di “cassa” - Ma i sindacati non firmano,
oggi deciderà l’assemblea
Ma il caso Sertubi potrebbe scoppiare clamorosamente già oggi al termine
dell’assemblea dei lavoratori convocata alle 15 nello stabilimento. Ieri infatti
dopo una trattativa serrata protrattasi per molte ore durante tutto il
pomeriggio, i rappresentanti sindacali hanno rifiutato di firmare la richiesta
di ulteriori tre mesi di cassa integrazione ordinaria proposta dall’azienda. A
stare in “cassa” dal primo settembre al 30 novembre dovrebbero essere in questo
caso ben 180 dei 208 lavoratori che compongono l’attuale organico a confronto
dei 120-130 interessati dal provvedimento già messo in atto in due precedenti
tranche e fino al 3 agosto. «Rimettiamo all’assemblea la decisione se firmare o
meno questo provvedimento - ha riferito ieri sera Michele Pepe rappresentante di
Fim-Cisl nel consiglio di fabbrica - facendo presente che in questo modo Jindal
Saw Italia attuerebbe nove mesi di cassa integrazione sui dodici mesi
complessivi da quando ha preso in affitto Sertubi». L’alternativa, se la firma
dei sindacati non verrà apposta, appare drammatica: il passaggio alla cassa
integrazione straordinaria. «Ma il timore - aggiunge Pepe - è che alla cassa
integrazione straordinaria si giungerà comunque dopo questi ulteriori tre mesi
di ordinaria perché nelle mire dell’azienda ci sarebbe una fortissima
ristrutturazione con dimezzamento degli organici». Dei 208 dipendenti, solo una
decina sono donne e quaranta complessivamente gli amministrativi: tutto il resto
operai e tecnici, con un’età media bassa, sotto i quarant’anni e nessuna
prospettiva di “scivoli” verso il pensionamento. «In “cassa” dobbiamo tirare
avanti con 900 euro al mese, quest’anno perderemo a testa 4-5 mila euro di
stipendio e la prospettiva che abbiamo davanti è di assoluta incertezza»,
lamenta Pepe. Secondo fonti sindacali, da gennaio a oggi, Sertubi-Jindal ha
prodotto 14mila tonnellate di tubi, a fine anno arriverà a 25mila. Nella fase
precedente, con la Duferco, si producevano dalle 60 alle 75mila tonnellate
all’anno. E a detta dei rappresentanti dei lavoratori anche la manifestazione
d’interesse presentata da Jindal Italia per la Ferriera di Servola non aveva
alcuna consistenza concreta. «A nostro parere - afferma Pepe - si è trattato di
un’operazione strumentale per gettare fumo, concentrare tutta l’attenzione sulla
Ferriera e distoglierla da Sertubi per poter fare con maggiore tranquillità una
violenta operazione di ridimensionamento. È falso anche l’assioma che per vivere
Sertubi ha bisogno della ghisa della Ferriera. Anche noi abbiamo un forno, per
giunta elettrico, ma è fermo da tre mesi. Non riusciamo a capire cosa Jindal
voglia ricavare dall’operazione Sertubi».
Silvio Maranzana
Rigassificatore: tra Rotterdam e Zaule c’è una bella
differenza - LA LETTERA DEL GIORNO - Luciano Santin
Mi permetto una risposta al comandante Badina del quale ho sempre apprezzato
la grande competenza nelle previsioni meteo. Trovo che le
sue osservazioni sul
rigassificatore concernenti la sicurezza del porto (nonché,
transitivamente, della città di Trieste), e la sua citazione - ad esempio - del
terminale di Rotterdam, avvalorino la tesi di quanti concordano con
l’installazione di un impianto, purché moderno, a ragionevole distanza dalle
aree abitate, e senza impatto ambientale. Così com’è, appunto, nel caso dello
scalo olandese. Qui la realizzazione è avvenuta non sulla terraferma, ma su una
sorta di penisola artificiale, fuori da un estuario. Praticamente in mare
aperto, a qualche chilometro dai più vicini insediamenti abitati e a oltre 25 km
dalla parte interna del porto. Diversamente dal caso Zaule, che si vorrebbe
insediare nell’area di sviluppo prevista dall’Autorità marittima, nell’angusto
spazio del vallone, chiuso anche dalla diga Rizzo, a poche centinaia di metri
dalla Siot, dal futuro terminal ro-ro, e in prossimità di Muggia, dello stadio
Rocco e del Palasport (1 km, e molto meno per le prime case abitate). Le norme
che il comandante dice di ignorare in merito al rigassificatore di Porto Viro
sono la Sn.1/circ.257 dell’11 dicembre 2006 dell’International maritime
organization, il cui recepimento è avvenuto con l’ordinanza della Capitaneria di
porto di Chioggia n. 63 del 2 settembre 2009, un atto che ha rimodellato in
senso fortemente restrittivo le possibilità di transito e ancoraggio attorno al
terminale (anche se, essendo questo collocato al largo, non ci sono state
conseguenze apprezzabili al traffico navale). Sempre in relazione al citato
terminale di Rotterdam, va rilevato che per il transito delle gasiere c’è un
canale dedicato, non accessibile ad altri natanti. In “Lng terminal in
Rotterdam: a new approach to nautical risk analysis”, si osserva che le distanze
di sicurezza attorno ai terminali variano, nel mondo, da 1.8 a 3.7 km ma che,
risalendo queste misure anche a più di 25 anni fa, quando esisteva una limitata
esperienza con il gas liquefatto, si sono scelti calcoli probabilistici che di
fatto azzerano il rischio (il “modello Samson”). È peraltro previsto il blocco
del restante traffico durante le manovre, con rigida “finestra” oraria nella
notte, da mezzanotte alle 4, per l’avvicinamento e l’attracco.
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 28 agosto 2012
Quinto Conto Energia al via, sul sito GSE le domande di
incentivo
Il 27 agosto, come stabilità da un’apposita circolare dell’Autorità per
l’Energia Elettrica e il Gas, è entrato in vigore il Quinto Conto Energia.
Contestualmente, il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ha attivato, sul
proprio sito web, il portale applicativo per la richiesta degli incentivi per
gli impianti fotovoltaici che entreranno in funzione dopo il 27 agosto.
Sempre sul sito del gestore è inoltre disponibile una guida per la
compilazione delle domande, che si aggiunge ad altri documenti a disposizione
dei titolari di impianti fotovoltaici, come le Regole applicative per
l’iscrizione ai registri e la Guida per il fotovoltaico integrato. Si legge
nella nota esplicativa dello stesso GSE:
L’invio delle richieste di ammissione agli incentivi deve avvenire
esclusivamente per via telematica tramite il portale.
A disposizione dei cittadini ci sono circa 550 milioni di euro, dal momento che
il contatore presente sul sito GSE indica che il costo complessivo annuo per gli
incentivi al fotovoltaico ha già raggiunto quota 6.150.289.639 euro e il Quinto
Conto Energia è destinato ad andare in pensione al raggiungimento della soglia
di 6,7 miliardi totali.
Proprio la rapidità di esaurimento delle risorse a disposizione e l’esiguità dei
fondi per gli incentivi preoccupa non proprio gli operatori del fotovoltaico,
che temono, per il nuovo meccanismo di sovvenzioni appena entrato un vigore, una
“sopravvivenza” di pochi mesi o addirittura settimane.
Nei giorni scorsi era stata aperta la prima finestra per le iscrizioni al
Registro previsto dal Quinto Conto Energia per gli impianti fotovoltaici di
potenza superiore a 12 kilowatt. La finestra si chiuderà il prossimo 18
settembre e le domande di iscrizione, anche in questo caso, possono essere
presentate soltanto via web sullo stesso portale applicativo GSE.
Silvana Santo
IL PICCOLO - MARTEDI', 28 agosto 2012
Sentenza definitiva, la Ferriera va demolita - IL CASO
» LA DECISIONE DELLE ISTITUZIONI
Al tavolo convocato dalla Regione la condanna. Savino e Cosolini: «Con
questi impianti impossibile la siderurgia pulita»
Stop entro il 2015 Spazzate via le ipotesi di una continuità produttiva anche
senza la cokeria, ciò avrebbe favorito il reperimento di acquirenti
logistica o industria Sono due gli scenari possibili per il futuro, dopo il
megainvestimento per la messa in sicurezza dell’intero sito
La definitiva condanna a morte della Ferriera di Servola è stata alla fine
emessa ieri contestualmente da Regione, Comune e Provincia e accettata a denti
stretti da Confindustria e da gran parte del fronte sindacale. L’assessore
regionale a Programmazione e ambiente Sandra Savino è stata efficacemente
sintetica: «Una siderurgia pulita è impossibile con questa Ferriera»,
riprendendo il ragionamento fatto dal sindaco Roberto Cosolini: «La siderurgia
pulita presuppone che si butti giù l’attuale stabilimento, per cui non esiste
alcun dualismo siderurgia-riconversione perché anche se si deciderà di
proseguire con attività siderurgiche sarà necessario azzerare tutto e cambiare».
Quello che si presentava come il tavolo della vita o della morte, protrattosi
per quasi tre ore ieri mattina nel palazzo della Regione di piazza Unità, ha
deciso almeno sulla morte. Quanto al resto, buio totale. Per ora dopo la
Ferriera, nel 2015, c’è solo la prospettiva della Ferriera chiusa, nemmeno
abbattuta perché anche raderla al suolo comporterà costi e tempi, oltre a
qualche rischio, di ampia portata. Gli interventi che si sono susseguiti hanno
sostanzialmente spazzato via due dei quattro scenari futuri possibili che sono
stati prospettati dall’amministrazione regionale e illustrati dalla dirigente
Maria Pia Turinetti, e che erano incentrati sulla continuità produttiva seppur
segnata da forti interventi per l’abbattimento delle emissioni inquinanti: il
primo con la sopravvivenza sia dell’altoforno che della cokeria, il che avrebbe
permesso di salvare tutta la forza lavoro; il secondo con il mantenimento in
attività solo dell’attuale altoforno, ma senza cokeria, il che avrebbe
comportato forte riduzione dell’inquinamento, ma anche il taglio di un terzo
della forza lavoro. Ipotesi queste che avrebbero valorizzato l’impianto nella
ricerca di nuovi acquirenti, ma che sono state aprioristicamente bocciate. È
rimasta dunque in campo soltanto la possibilità della discontinuità produttiva.
Una è l’ipotesi logistica per la quale si è fatto riferimento alla realizzazione
di una nuova banchina o addirittura del gigantesco Molo ottavo, futuribile
terminal container, con conseguente spostamento in quest’area del Punto franco.
Vi sarebbero però un calo di manodopera e forti ripercussioni su Sertubi,
Elettra e Linde, aziende in qualche modo satelliti della Ferriera. L’altra è
l’ipotesi industriale che potrebbe prevedere un maggior numero di addetti, ma
richiederebbe investimenti ingenti per la messa in sicurezza dell’area. «È in
questo scenario - è stato sottolineato - che ricade l’ipotesi di insediamento di
un’industria siderurgica pulita». E per gli unici due scenari che sembrano
possibili, non solo l’impianto attuale non avrebbe alcun valore per i nuovi
investitori, ma rappresenterebbe un peso pressoché insostenibile senza un forte
finanziamento da parte del governo perché, come ha sottolineato la presidente
della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, «nessun imprenditore può accollarsi
la spesa di tutta la bonifica», per la quale Stefano Borini (Fiom-Cgil) ha fatto
l’ipotetica cifra di 200 milioni di euro. A questo proposito la stessa Savino ha
annunciato che verrà chiesto un incontro urgente, anche se non necessariamente
congiunto, ai ministri all’Ambiente Corrado Clini e allo Sviluppo economico
Corrado Passera. «Ma quali possibili nuovi investitori e di che ramo ha trovato
la Regione?», sono state le domande giunte dalle rappresentanze dei lavoratori.
«Prima dobbiamo sapere cosa vendiamo e cosa vogliamo - ha risposto Savino - e
per sapere dove andare a bussare dobbiamo avere gli indirizzi». Per questo ha
dato a tutti quindici giorni di tempo, appuntamento a lunedì 10 settembre
quando, se non ci saranno clamorosi dietrofront, si dovrà scegliere tra la
riconversione logistica e quella industriale.
Silvio Maranzana
Ugl attacca Menia: cosa faceva quando governava?
Il segretario regionale dell’Ugl Matteo Cernigoi replica alle dichiarazioni
del deputato di Fli Roberto Menia sulla Ferriera di Servola. «Menia parla della
Ferriera come di un cancro: ci si domanda come mai tali dichiarazioni arrivino
proprio ora. È incredibile che la politica possa ancora pensare di raccogliere
consensi con i soliti proclami. Poi accenna alla necessità di un piano di
riconversione, che però nessuna amministrazione ha concretamente proposto. Illy
ha saputo organizzare le catene umane di protesta contro la chiusura e
null’altro, Dipiazza ha sparato a zero ritirandosi poi in un angolino senza
metter mano a niente, e ora c’è Cosolini che sembra annaspare di fronte a un
problema che evidentemente non si vuole risolvere davvero. Il deputato del Fli
dice che si tratta di una cosa antica, che ci sono state troppe campagne
elettorali e che gli anni passano inesorabili: ma lui dov’era, quali sono le
azioni che ha portato avanti per risolvere il cancro dello stabilimento
siderurgico visto che è stato addirittura Sottosegretario all’Ambiente?»
Il sindaco: «Non esiste l’offerta della Jindal»
I sindacati si dividono, mentre Confindustria invita a non indebolire
ancora questo settore produttivo
«Non esiste o perlomeno non esiste più alcuna offerta da parte di
Jindal-Sertubi per acquisire la Ferriera di Servola». Lo ha annunciato ieri al
Tavolo convocato dalla Regione il sindaco di Trieste Roberto Cosolini. «Dopo
aver letto di una manifestazione d’interesse per Servola della società che fa
parte del colosso indiano - ha spiegato il sindaco - ho fatto la più semplice
delle azioni e ho scritto a Jindal chiedendo se confermava il proprio interesse
ad acquistare la Ferriera. La risposta mi è giunta proprio pochi minuti fa e la
società afferma che data la grave crisi internazionale che si ripercuote anche
sull’azienda stessa e a livello locale, la priorità è ora quella di salvare
Sertubi. Ne deduco che non esiste alcuna proposta concreta per continuare
l’attività nell’attuale stabilimento di Servola». Sembra dunque essere stato
reciso ieri anche l’ultimo filo che poteva tenere in vita la Ferriera triestina.
«Ho chiesto a Jindal le carte (cioè il piano industriale per Servola), ma non mi
è stato presentato assolutamente nulla», ha rincarato l’assessore regionale
Savino rivelando anche di essere stata personalmente a Vicenza per tastare un
eventuale interesse da parte delle acciaierie Valbruna della famiglia Amenduni,
«ma ho raccolto - ha affermato - risposte ben poco incoraggianti». Ma anche
secondo Franco Palman, rappresentante della Uilm in consiglio di fabbrica «la
Jindal non dà garanzie» perché, come ha sostenuto Antonio Rodà della segreteria
provinciale Uil «ha disatteso anche il piano industriale per Sertubi che è in
crisi e dove si va verso un rinnovo della cassa integrazione per un numero
ancora più ampio di lavoratori». E dunque secondo Adriano Sincovich (Cgil)
bisogna andare «verso una riprogrammazione del territorio». «Ma noi ci saremmo
aspettati che la Confindustria fosse la parte più attiva nella ricerca di nuovi
investitori», ha ammonito Luciano Bordin della Cisl e Vittorio Pedicchio
vicepresidente Confindustria Trieste ha replicato che bisogna riportare
l’industria al 15% del Pil locale rispetto al bassissimo 10,3% attuale. E se
Luigi Pastore (Failms) ha detto che bisogna ancora pretendere dalla Lucchini
investimenti per ambiente e sicurezza, l’Ugl ha sostenuto la necessità che a
Servola prosegua attività siderurgica, la Fiom ha chiesto di insistere con
Jindal e Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) ha chiesto di tenere in piedi la
Ferriera finché non sarà pronta l’alternativa.
(s.m.)
Ferriera e futuro: ma il sindaco a che modello di città
guarda? - L’INTERVENTO DI ROBERTO DIPIAZZA
La reazione del sindaco Roberto Cosolini alle mie dichiarazioni sul ruolo
del Comune di Trieste per quanto riguarda la difficile situazione della Ferriera
e del rione di Servola nonché i successivi commenti da parte di altri
rappresentanti politici, mi consentono di tornare sul tema che sta all’origine
della questione, il vero problema ancora irrisolto: a quale modello guarda
Trieste? Una domanda alla quale, quasi quattro anni fa, l’allora direttore del
Piccolo, Sergio Baraldi, in uno dei suoi editoriali, rispondeva con due
alternative: una Sanremo del nordest, vale a dire una piacevole città di anziani
dove la qualità della vita è di buon livello, si vive di rendita finché si può,
ma il cui peso, le cui ambizioni, sono destinate a ridursi fino a contare ben
poco; oppure, al contrario, una Genova dell’Alto Adriatico, proiettata sullo
scacchiere d’Oriente, una città che compie investimenti qualificati che possano
rilanciarne ruolo, status, benessere? Baraldi concludeva l’articolo con un
auspicio: “La classe dirigente, la società, devono darsi una grande sfida con
cui misurarsi. Forse c’è bisogno di una leadership che orienti al futuro. Ma chi
vuole e può svolgere questa funzione? La conseguenza di una scelta sbagliata non
sarebbe indolore: rischiamo il ripiegamento, il declino, l’acuirsi delle paure”.
Credo sia ancora questo il vero problema da risolvere, chi decide. Solo la
figura istituzionale del sindaco può fare queste scelte, e anche se non c’è
condivisione l’importante è saper decidere, in tempo. Questo era il senso del
mio commento al ruolo del primo cittadino per quanto concerne la Ferriera o
altri importanti temi che riguardano il futuro della città. Durante i miei due
mandati di sindaco di Trieste avevo lavorato alla ricostruzione della normalità
dei rapporti con le vicine Repubbliche di Slovenia e di Croazia, riconsegnando
la città al ruolo di capitale internazionale che le spettava, al centro della
nuova Europa. In questa direzione, nel segno di una nuova apertura, è stata
realizzata la maggior parte dei più importanti programmi di sviluppo: dalla
Grande viabilità alla riqualificazione delle Rive (e di molte zone della città),
fino all’avvio del recupero dell’intera area di Porto Vecchio. Tutti progetti di
grande valenza economica e sociale da cui dipende buona parte del futuro di
Trieste e dell’intera regione Friuli Venezia Giulia. Ritornando alla Ferriera, a
marzo 2009 avevo promosso con il coordinamento della Regione una serie di
incontri istituzionali per delineare la riconversione dello stabilimento
siderurgico dopo il 2015, assumendomi l’incarico di seguire personalmente il
cosiddetto Tavolo sullo sviluppo (mentre alla Regione, con l’assessorato al
Lavoro, era stato dato il compito di valutare le problematiche occupazionali, e
alla Provincia di Trieste quelle ambientali). Ricordo un mio intervento in
Consiglio comunale, il 16 marzo del 2009, nel quale affermavo come fossimo a un
punto di svolta: la riconversione della Ferriera non creava più divisioni fra
gli ambienti politici, la crisi ci aveva messo di fronte a uno scenario diverso,
e la prima preoccupazione riguardava già allora l’occupazione. E chiedevamo al
governo un impegno per quelli che erano i progetti proposti: centrale
termoelettrica, piattaforma logistica, bonifiche, rigassificatore, catena del
freddo. Queste le mie parole di allora: «L’attività della Ferriera proseguirà
sino e non oltre al 2015. Abbiamo un progetto che oggi è allo stato embrionale
ma rappresenta un punto di partenza per il futuro dei lavoratori della Ferriera,
della Sertubi e del suo indotto. Le maestranze non saranno lasciate sole né in
questo momento di difficoltà né in fase di riconversione. Per questo auspico che
la mozione di oggi venga approvata all’unanimità da tutto il Consiglio
comunale». E fra le iniziative urgenti, visto la crisi che incombeva già allora,
avevo proposto anche una formula per erogare ai lavoratori dello stabilimento un
sostegno economico. Non so poi se sia mai stato effettivamente distribuito. Le
mie domande oggi, da semplice cittadino, sono: dov’è finita questa bozza di
progetto? Perché non si è voluto continuare ad approfondirla? Perché i risultati
dei tre Tavoli di lavoro non sono stati presi in considerazione (pure lo studio
sulla possibile riconversione dei dipendenti)? Anche queste sono scelte, e già
pesano sul futuro della città.
SEGNALAZIONI - No agli abeti, sì ai pannelli?
In una recente visita a Forni di Sopra, località inserita nell’area del parco delle Dolomiti, recentemente dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ho fatto questa scoperta che mi ha lasciato sconcertato. Sono stati tagliati centinaia di grandi abeti per far posto a una superficie abbastanza vasta di pannelli fotovoltaici. Mi sembra strano che il ministero dell’Ambiente abbia dato il suo nulla osta a questa realizzazione anche se c’è tanto bisogno di energia alternativa. I lavori non sembrano ultimati (delle semplici tavole di traverso bloccano eventuali cedimenti del terreno) e a causa di una recente frana laterale la strada di accesso dal paese è vietata agli autoveicoli con un’ordinanza comunale.
Pietro Valente
COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 27 agosto 2012
TAV VENEZIA-TRIESTE - IL WWF: “AZZERARE LE PROCEDURE
VIA E ABBANDONARE LA LEGGE OBIETTIVO”
In tempi di spending review, l’associazione giudica inaccettabile
l’assenza di uno studio che dimostri l’effettiva possibilità di finanziare
un’opera da 7,4 miliardi di euro e la sua sostenibilità socio-economica.
E nel nuovo studio di Italferr non compare neanche
l’alternativa proposta dal commissario Mainardi.
Va azzerata la procedura (anzi le procedure) VIA sul progetto della linea
ferroviaria ad alta velocità (TAV) Venezia-Trieste, va abbandonata la Legge
Obiettivo e definito un nuovo Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, in
sostituzione del Programma delle “Infrastrutture strategiche” (figlio della
Legge Obiettivo).
Queste le richieste del WWF, che ha formulato le proprie osservazioni sul
“Sistema Conoscitivo Unitario” presentato alla fine di giugno da Italferr e
relativo alla TAV tra Venezia e Trieste.
“Italferr – spiega il WWF – ha presentato un mero assemblaggio degli studi
ambientali, presentati nel dicembre 2010 per le 4 tratte (Ve/Mestre-Aeroporto M.
Polo, Aeroporto-Portogruaro, Portogruaro-Ronchi d.L., Ronchi–Trieste - NdR) in
cui è stato suddiviso il progetto preliminare della linea Venezia-Trieste.”
“Una suddivisione – definita “project splitting” dagli esperti – che contraddice
uno dei principi fondamentali della VIA, sancito anche dalle linee guida in
materia della Commissione europea e del Ministero dell’ambiente, quello che un
progetto unitario non deve essere artificialmente suddiviso in parti (splitting),
per cercare di ridurre la percezione degli impatti”.
“Il tracciato complessivo rimane d’altronde esattamente identico a quello di due
anni fa. Non solo: anche il “Sistema Conoscitivo Unitario” presenta le stesse
carenze e lacune, già rilevate l’anno scorso sugli studi che accompagnavano i 4
progetti presentati. Di più: continuano a mancare due elaborati fondamentali,
prescritti dalla normativa vigente, e cioè l’analisi costi-benefici e lo studio
economico-finanziario, indispensabili per documentare l’utilità e la redditività
dell’opera”.
Il costo della nuova linea TAV sarebbe pari a 7,4 miliardi di Euro, come
dichiarato dal Commissario straordinario per la Venezia-Trieste, Bortolo
Mainardi. “Il che forse spiega – osserva il WWF – perché RFI/Italferr abbia
preferito bypassare la legge, omettendo di predisporre questi documenti:
difficilmente, se fossero stati redatti, sarebbe stato possibile giustificare la
sostenibilità socio-economica e l’effettiva possibilità di finanziare un’opera
tanto onerosa. E’ da augurarsi però che, in tempi di “spending review” e di
gravissima crisi economica, il Governo non trascuri una doverosa riflessione su
questi aspetti. Già la Spagna ha molto ridimensionato i propri programmi
infrastrutturali, così come sta facendo anche il nuovo Governo francese, proprio
con riferimento alla tratta Torino-Lione del cosiddetto Corridoio 5”.
“In ogni caso – aggiunge l’associazione ambientalista – appare scandalosa
l’inerzia del Ministero dell’ambiente, competente per le procedure VIA, e del
Ministero dello sviluppo economico, dei trasporti e delle infrastrutture,
competente per gli aspetti economico-finanziari, sulla palese elusione della
legge da parte di RFI/Italferr.”
Il WWF sottolinea che anche il Sistema Conoscitivo Unitario di Italferr, così
come gli studi ambientali che accompagnavano i progetti preliminari del 2010,
sono estremamente carenti sotto il profilo dell’analisi degli impatti
ambientali, in particolare per quanto concerne quelli sulla biodiversità e sulle
aree di pregio naturalistico e paesaggistico.
Tutti rilievi già formulati dal WWF nelle osservazioni inviate ai Ministeri
compenti e alle Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia nel febbraio e
nell’aprile 2011, ma di cui RFI/Italferr non ha tenuto minimamente conto.
Manca poi una valutazione delle alternative (fondamentale in ogni procedura
VIA), come ad esempio quella su cui sta lavorando - da molti mesi - proprio il
Commissario governativo Mainardi. Si tratta in effetti di un’ipotesi di
tracciato completamente diversa, che consiste essenzialmente nell’aggiunta di
altri due binari accanto a quelli della linea ferroviaria esistente.
Un’alternativa che non avrebbe neppure più le caratteristiche ingegneristiche
richieste da una linea TAV.
“E’ incomprensibile – commenta il WWF – il motivo per cui (tra le altre
alternative) neppure questa ipotesi di Mainardi, da tempo all’attenzione dei
Comuni e di varie realtà sociali del Veneto, non sia neppure menzionata nel
Sistema Conoscitivo Unitario prodotto da RFI/Italferr. Eppure sono proprio i
tecnici di Italferr che l’hanno studiata per conto del Commissario!”
Da ciò la richiesta del WWF: le procedure VIA sui progetti preliminari dei
quattro tronconi della Venezia –Trieste devono essere azzerate, poiché non ha
senso proseguirle in un contesto di elusione delle leggi e confusione nelle
procedure, come quello in atto.
L’associazione ribadisce inoltre la richiesta di abbandono della “Legge
Obiettivo” del 2001. “Un impegno in questo senso – conclude il WWF – era
auspicabile venisse almeno dai pareri del Comuni che si sono espressi sul nuovo
elaborato di Italferr, eppure quasi nessuno ne ha fatto cenno, benché si tratti
di una legge costruita appositamente (e mantenuta in vigore da oltre un decennio
malgrado i cambiamenti politici a livello governativo e parlamentare) per
prevaricare il ruolo degli enti locali e le osservazioni dei cittadini nelle
scelte concernenti le Grandi Opere ed il loro rapporto con il territorio”.
WWF Friuli Venezia Giulia
IL PICCOLO - LUNEDI', 27 agosto 2012
«La Ferriera è un cancro Non ci può più stare»
Roberto Menia sui nodi principali della città: «Ma si potrebbe spostare
il punto franco sulla banchina sotto Servola. Cattinara? Precedenza assoluta»
«Ferriera? No, basta. Per favore». Roberto Menia, coordinatore nazionale di
Futuro e libertà (Fli) è in vacanza a Verbania. Dalla sponda piemontese del Lago
Maggiore Trieste appare lontana e distanti anni-luce sono le dispute tra sindaci
ed ex sindaci sull’impianto siderurgico di Servola. «Immagino che uno abbia
detto all’altro che sono passati dieci anni e non è cambiato nulla. Il succo è
questo». Più o meno. Ha cominciato Roberto Cosolini poi ha risposto Roberto
Dipiazza poi ha replicato Cosolini e ora ha controreplicato Dipiazza... In
realtà c’è una sovrapposizione di competenze. Quello che mi rifiuto è di fare
un’altra campagna elettorale sulla Ferriera. Per pietà. Ne abbiamo già viste
abbastanza. La sua posizione qual è? In un futuro sviluppo di Trieste è ovvio
che una Ferriera o una simil Ferriera non possono esistere. Lo so che ci sono
delle cose che dipendono dalla Ferriera come la Sertubi. Ma una cosa è certa...
Quale? Quello è un cancro orrendo per Trieste. Oggettivamente uno stabilimento
di quel genere, anche un po’ ripulito, non ci sta a Trieste. È una questione di
salute pubblica, di scelte di sviluppo. E quello che sostiene Dipiazza... E ha
ragione. In una città che ha investito su altre cose, come la ricerca
scientifica e il turismo, la Ferriera non ci può stare. Non ha futuro. C’è il
problema dei 500 lavoratori e dell’indotto... Sicuramente i lavoratori non
possono essere abbandonati al caso e al destino. Su questo gli enti locali
dovrebbero aver fatto un piano di riconversione serio. Ma ancora non s’è visto
nulla di concreto... Una scelta di sviluppo strategico dell’area va fatta.
Altrimenti si rischia di ritrovarsi con un altra ex Aquila... Certo. Il rischio
c’è, anche perché manca un interlocutore industriale. Lei un’idea ce l’aveva...
So che molti triestini non sono d’accordo. Io non vedevo male la realizzazione
di un polo energetico con la presenza a fianco del rigassificatore. Ma non
solo... Che altro? In termini di sviluppo del Porto di Trieste la banchina della
Ferriera è un’opportunità enorme. Si potrebbe trasferire lì anche il punto
franco. La sostanza è che deve essere demolita? Trovo inevitabile elaborare un
progetto che immagini di estirpare quel cancro e creare altra cosa. Siamo un po’
un ritardo... Non c’è dubbio. È una cosa antica. Troppe campagne elettorali e
gli anni passano inesorabili. È lo stesso discorso del Porto Vecchio... Sullo
spostamento del punto franco c’è stato un passo avanti... La risoluzione
parlamentare fatta assieme a Ettore Rosato e Roberto Antonione ha sgombrato il
campo da una serie di alibi. L’intesa è nata in Municipio o a casa Dipiazza?
L’idea è nata a casa di Dipiazza e poi l’abbiamo presentata in Municipio.
L’unico assente era il senatore Giulio Camber... Che dire più di quest’uomo. È
uno a cui non piace lavorare in compagnia. Spostare il punto franco a questo
punto è un gioco da ragazzi... In effetti lo è. Basta farlo. Sulla
sdemanializzazione dell’area chiesta dal sindaco cosa pensa? Sono d’accordo con
Cosolini. Lo dico da anni. Se decidiamo che il Porto Vecchio non è più il regno
dei sorci oltre il muro di Berlino, deve diventare a pieno titolo un pezzo di
città. Basta vedere quello che si è costruito in altre città, da Marsiglia a
Lisbona. Qui invece si è riusciti a mandare le Generali a Mogliano Veneto... La
follia è proprio questa. Si parla del Leone di Trieste e il Leone è finito
tristemente a Mogliano Veneto. Questo è successo per le follie che abbiamo
creato noi. È ottimista ora? Spero che dall’ottimismo della volontà che abbiamo
dimostrato sul Porto Vecchio ora nasca qualcosa di concreto. Alla fine vorrà
dire che a qualcosa siamo serviti. Sul degrado dell’ospedale di Cattinara
denunciato dal Piccolo... È una delle priorità triestine. La Regione deve
rendersene conto. Spero che la delibera annunciata dal governatore Renzo Tondo
arrivi presto e dia il via alla progettazione preliminare. Lei è fiducioso?
Tondo è stato sempre un uomo molto equilibrato. Non sono d’accordo a buttargli
la croce addosso. Il suo giudizio sul governo regionale è positivo? Ripeto: una
della qualità di Tondo è di essere equilibrato. Non puoi dire che abbia fatto il
capo dei carnici o dei friulani contro i triestini. Nessuna critica? Da buon
padre di famiglia ha messo a posto i conti. Mancano però delle realizzazioni. A
vantaggio di Trieste? Non mi viene in mente nulla per cui sarà ricordato. Eh sì
che c’erano anche quattro assessori triestini. All’atto dell’insediamento aveva
promesso la chiusura della Ferriera? Sì, appunto. Questo ce lo ricordiamo in
tanti. E sulla giunta comunale di Cosolini? Resto fermo sul giudizio tra il 5/6
dato per i primi cento giorni. Va detto che ha una giunta un po’ scarsa. Siamo
nella mediocrità... Aurea mediocritas. Diciamo. Come incoraggiamento.
Fabio Dorigo
IL PICCOLO - DOMENICA, 26 agosto 2012
Russo: «Priorità a Cattinara se il Pd vince le
regionali»
Il segretario dei Democratici garantisce impegno per la ristrutturazione
del nosocomio. Serracchiani: sul rigassificatore gli enti locali hanno già detto
no
Attacco al governatore Tondo: nessuna riforma e nessuna logica di sistema
«C’è una cappa di potere che blocca qualsiasi cosa si voglia fare in Porto»
L’aria fritta che si alza dai chioschi di patatine e cevapcici si avvicina
pericolosamente al palco. Festa del Pd, sagra delle idee. La campagna elettorale
è iniziata e i democratici apparecchiano la tavola delle proposte. Ma nella Casa
delle Culture “Tabor”, a Opicina, la gente ha voglia non solo di birra, chiede
risposte. E il menù della serata è roba da leccarsi i baffi: “La sfida di una
nuova politica, il Pd a Trieste e in Fvg verso il 2013”. Un piatto d’argento.
Però un conto è parlare in tv, un altro è farlo dal vivo, davanti chi ti vota o
chi ti potrebbe votare. Debora Serracchiani, candidata presidente alle prossime
regionali, agile sotto i riflettori, pare a suo agio anche lì, quando attacca
Tondo, lo sfidante. Lui e l’intera politica «delle riforme mancate» che avrebbe
penalizzato proprio il capoluogo. Il direttore del Piccolo, Paolo Possamai,
modera l’incontro e infila spesso il dito nella piaga. Cattinara ad esempio. È
un ospedale vecchio, che non risponde ai più elementari standard che consentono
di rendere dignitosa la vita di un paziente. Il segretario del Pd Francesco
Russo ha segnato la questione in cima alla priorità del futuro governo
regionale. Sempre che i democratici ne escano vincitori. «Bisogna far ripartire
l’edilizia ospedaliera, prima di Pordenone si intervenga a Cattinara: questo è
uno degli obiettivi che ci diamo se saremo alla guida della Regione. Con il
trasferimento del Burlo e creando sinergie con l’università. La struttura -
prosegue - deve avere l’ambizione di servire i Paesi confinanti che guardano al
nostro territorio». Serracchiani ammonisce Tondo e la sua giunta: «Parte dei
soldi previsti per Cattinara sono stati stanziati altrove». Ecco il problema,
non tanto campanilistico come si affretta a correggere Russo, quanto piuttosto
di logica. Cioè la ratio che sta dietro a un disegno riformatore e alle leggi.
Parte qualche applauso, timido, ma siamo ancora ai preliminari dello scontro
elettorale. La scuderia, comunque, segue con attenzione. Ci son tutti: dai
consiglieri regionali Lupieri, Gabrovec, Codega, ai parlamentari Rosato e
Blazina, passando per assessori, consiglieri comunali e sindacalisti. In prima
fila c’è Cosolini, in maniche di camicia. Buona parte del dibattito se ne va per
passare in rassegna la politica del governatore uscente; Serracchiani, incalzata
da Possamai, comincia l’analisi: la riforma della Sanità, «una promessa per la
prossima legislatura». La legge sugli enti come Ater ed Erdisu «è una tinta
riformista». Le infrastrutture, dal Superporto (mancato) alla Terza corsia, o la
Tav, «prive di un’idea di priorità e sistema, che vanno ripensati, recuperando
risorse e riorganizzando». E poi il Porto. Russo, che ce l’ha con «la cappa di
potere che blocca qualsiasi cosa si voglia fare», rilancia sulla necessità di
avere «un’unica Autorità Portuale per entrare in una prospettiva di scalo
integrato con l’Alto Adriatico». Sul rigassificatore Serracchiani ricorda «che
c’è una scelta chiara fatta dagli enti locali e che va rispettata», oltre alle
perplessità di Monti davanti al niet della Slovenia. Il discorso,
inevitabilmente, cade sulla Ferriera e su una prospettiva di «siderurgia pulita,
nel rispetto delle norme», ribadisce Russo. Passaggio obbligato ma veloce, prima
che l’aria diventi fritta davvero.
Gianpaolo Sarti
Canale di Ponterosso: pronta per Natale la nuova
passerella
Dapretto: «L’opera non inciderà sulla linea architettonica e
paesaggistica». I lavori partiranno dopo la Barcolana
Un regalo pronto e impacchettato con tanto di fiocco, da scartare a Natale.
Probabilmente non sarà apprezzato da tutti, viste e considerate le roventi
polemiche che ne hanno accompagnato il progetto, ma alla fine il ponte sul
canale di Ponterosso sarà completato proprio a dicembre, a ridosso delle
festività natalizie. Una storia lunga e tormentata quella della passerella
pedonale, oggetto di una battaglia politica e non solo. Una storia iniziata già
cinque anni fa con un progetto che ha subito innumerevoli rinvii, non ultimo
quello che ne prevedeva l’installazione nel corso dell’estate. Invece i lavori
partiranno ufficialmente dopo la Barcolana, il che significa attorno a metà
ottobre, visto che la regata velica si disputerà domenica 14. Poco più di due
mesi di cantiere per una spesa di circa 750 mila euro. Un intervento che farà
storcere il naso a più di qualcuno, se è vero che nel recente passato è
addirittura sorto un comitato contro la realizzazione del terzo ponte sul canale
di Ponterosso, formato da semplici cittadini, ma anche da addetti ai lavori,
come architetti e progettisti, con tanto di raccolta firme. Il motivo? L’opera
rischia di rovinare la prospettiva del canale e la sua linearità architettonica
in stile neoclassico. Accuse che l’assessore comunale ai lavori pubblici Andrea
Dapretto respinge al mittente. «La posa in opera della passerella sarà un
intervento di piccola entità e non andrà assolutamente a stravolgere quella che
è la struttura del canale – precisa Dapretto -. Il disegno sarà molto lieve e
non inciderà sulla linea architettonica e paesaggistica della zona. D’altronde
il canale ha già subito nel corso del tempo molte trasformazioni e dunque ogni
tanto c’è bisogno di attualizzare certe esigenze di cambiamento». La passerella,
nata dal progetto dell’architetto del Comune Marina Cassin, sarà realizzata
attraverso una struttura leggera in acciaio con parapetti trasparenti in vetro e
sarà posta in asse con le vie Trento e Cassa di Risparmio. La sua complanarità
con le sponde del canale la renderà accessibile anche a persone con difficoltà
motoria. Il ponte avrà altresì un compito funzionale, quello cioè di alleggerire
l’impatto dei lavori che per oltre un anno interesseranno entrambi i lati del
canale, sia su piazza Ponterosso che lungo via Trento e largo Panfili. Nel
frattempo sono stati già aperti i cantieri per la posa in opera dei micropali di
sostegno, mentre si attende l’esito delle verifiche, necessarie per legge, che
non vi siano residuati bellici in zona. In un secondo tempo si provvederà al
rifacimento delle banchine del Canal Grande con la sistemazione dei masegni
originali, lavoro che sarà eseguito a lotti, partendo dal tratto compreso tra le
Rive e via San Spiridione, grazie al finanziamento statale di 1 milione di euro
previsto dal programma di riqualificazione urbana. Con la sistemazione del ponte
sul Canale prosegue il piano di pedonalizzazione cittadina che, partendo da
piazza Venezia arriverà fino a piazza Libertà e alla Stazione Centrale. Ancora
Dapretto: «L’idea è proprio quella di valorizzare un percorso pedonale parallelo
alle Rive e al tempo stesso ridare lustro ad un’area di grande significato e di
pregio architettonico come quella del Borgo Teresiano».
Pierpaolo Pitich
Borgo Teresiano: sarà riqualificata tutta l’area
La realizzazione del ponte sul canale di Ponterosso rientra nel più ampio
progetto di riqualificazione dell’area del Borgo Teresiano per un costo di 5
milioni di euro, derivanti dal Fondo per la mobilità sostenibile del Ministero
dell’Ambiente. I lavori, iniziati con il risanamento delle rete gas,
proseguiranno con la trasformazione delle aree adiacenti al canale, per
concludersi alla fine del 2013. Da una parte il recupero della pavimentazione di
piazza Ponterosso dove, nel lato antistante la fontana, saranno risistemati i
masegni storici, mentre nella parte opposta, area in cui sorgerà il nuovo
mercato, saranno collocate lastre in arenaria. Dall’altro lato invece si
procederà con la parziale pedonalizzazione di via Trento e largo Panfili, mentre
una pista ciclabile sarà realizzata tra le vie Rossini e Ghega.
FareAmbiente: alla Ferriera prima la salute
Alla Ferriera di Servola priorità alla salute dei cittadini e dei
lavoratori: lo afferma Giorgio Cecco, Coordinatore regionale di FareAmbiente.
«Molti sono i dubbi che il prossimo ed ennesimo tavolo sulla Ferriera porti a
qualcosa, ma la speranza è l’ultima a morire - afferma Cecco -. Finora i vari
tavoli di concertazione hanno portato solo una situazione di incertezza, che sta
logorando i lavoratori da una parte e i residenti dall'altra. Ora auspichiamo
che prevalga il buon senso per un percorso condiviso. La priorità deve essere
quella della salute pubblica, quindi sia dei cittadini che dei dipendenti dello
stabilimento. Vista anche la mancanza un qualsiasi piano industriale, non
crediamo sia da mettere in discussione una riconversione e bonifica dell’area e
che sia necessario prendere delle decisioni con una progettualità generale, in
un’ottica di sviluppo sostenibile». Per FareAmbiente sono inutili le polemiche
politiche e i rimpalli di responsabilità, la questione è sempre stata economica
e sociale da una parte, di tutela della salute e dell’ambiente dall’altra. «La
mancanza di investimenti, di coraggio e norme inefficaci - aggiunge Cecco -
hanno favorito l’attuale oblio: in questo momento non crediamo ci sia un
imprenditore che possa o voglia risolvere la situazione coniugando la tutela
ambientale con il mantenimento dei posti di lavoro, servono finanziamenti
pubblici per rendere idonea l’area ed appetibile a nuovi insediamenti».
IL PICCOLO - SABATO, 25 agosto 2012
Lega: sulla Ferriera meglio il silenzio - IMPIANTO DI
SERVOLA
Il segretario Roberti: «Avvilente lo scaricabarile tra Pd ed Pdl»
«Un dignitoso silenzio vale più di mille parole. I triestini, e in
particolar i residenti di Servola meritano maggior rispetto: lo scaricabarile di
questi giorni tra Pd e Pdl è francamente avvilente e non è di alcun aiuto alla
risoluzione del problema». Lo afferma il segretario provinciale della Lega Nord
Pierpaolo Roberti alla luce del dibattito accesosi negli ultimi giorni
sull’impianto siderurgico giuliano. «Siamo arrivati alla farsa - dice Roberti -
e il bue è finalmente riuscito a dare del cornuto all’asino: i principali
partiti che si sono alternati alla guida di tutti gli enti locali e del governo
nazionale negli ultimi 19 anni, e che dunque sono corresponsabili
dell’inadeguatezza degli interventi operati da un lato a salvaguardia dei
lavoratori della ferriera e dall’altro a tutela della salute dei cittadini,
stanno dando vita a un siparietto imbarazzante e soprattutto offensivo nei
confronti delle vere vittime di questa prolungata fase di stallo. La classe
politica ha delle precise responsabilità e non può lavarsene le mani con tanta
noncuranza. Il fallimento è collettivo e l’unica soluzione è mettersi al lavoro
a testa bassa per ovviare a lunghi anni di immobilismo».
Saranno sostituiti tutti i semafori in città
Sono 1500. Il Comune sceglie la tecnologia led. Cambia anche il tempo di
durata del giallo: sarà allungato a quattro secondi
I semafori di Trieste passano alla tecnologia led. Con un risparmio di
consumi annuo che supera i 600mila kWh e di spese per l'amministrazione di circa
83mila euro. Due semafori di viale Miramare, quello di largo Roiano e quello
situato all'altezza dello stabilimento balneare del Ferroviario, sono già stati
modificati e fungeranno da test. Tutti gli altri seguiranno a breve: i lavori
per la loro sostituzione cominceranno a settembre per finire nel 2013. È questo
l'annuncio dato ieri dall'assessore Elena Marchigiani. «L'operazione non avrà
costi per l'amministrazione - ha precisato la componente della giunta comunale -
perché tale intervento rientra nel canone annuo per la gestione garantita da
parte dell'Acegas Aps. Inoltre sarà più facile il controllo dell'intera rete
semaforica». Il Comune e la ex municipalizzata hanno stipulato, una decina di
anni fa, un contratto ventennale di manutenzione che prevedeva, nel canone,
anche due interventi di ristrutturazione della rete. Questo è il secondo dei due
e riguarderà circa 1.500 lanterne semaforiche. Non tutte però saranno
sostituite, perché quelle fissate negli ultimi mesi appartengono già all'ultima
generazione. «Coglieremo l'occasione - ha sottolineato la Marchigiani - per
rivedere i tempi di funzionamento dei semafori, per esempio incrementando a
quattro secondi la durata di tutti i gialli che precedono il rosso». «Si tratta
di una modifica sostanziale - ha affermato il mobility manager del Comune,
Giulio Bernetti - richiesta in particolare dagli autisti della Trieste
Trasporti, perché i tempi di frenata dei mezzi che conducono sono più lunghi
della media». «Passando al led - ha spiegato il direttore della Divisione
energia dell'Acegas Aps, Massimo Caratù - i semafori consumeranno molto meno,
renderanno di più e costeranno relativamente poco sotto il profilo della
manutenzione. Un esempio è sufficiente - ha proseguito - ricordando che una
lampadina tradizionale dura 18 mesi, una a led una decina di anni. Inoltre
queste ultime sono molto più visibili, quando sono accese, anche con la luce del
giorno. Gli interventi saranno mirati per ridurre al minimo il disagio per la
circolazione. Coglieremo l'occasione - ha concluso Caratù - per migliorare la
sicurezza degli agganci in aria, in previsione dei danni che a Trieste può
comportare la bora. Ogni anno almeno un centinaio di lanterne ne sono
danneggiate». Per cogliere l'opportunità dell'intervento, basta pensare che il
Comune di Bologna ha recentemente speso 3 milioni di euro per sostituire i suoi
semafori.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - VENERDI', 24 agosto 2012
FERRIERA - Decarli: «Basta demonizzare l’impianto»
L’esponente di “Trieste Cambia” accusa la giunta Tondo: «La Caffaro è
stata aiutata, Servola no»
Basta strumentalizzazioni sulla Ferriera. Bisogna entrare nel merito e far
partecipare la Lucchini a tutti i tavoli, a cominciare da quello convocato in
Regione per lunedì. I consiglieri comunali Roberto Decarli, della lista "Trieste
cambia con Cosolini" e Patrick Karlsen, dei "Cittadini per Trieste", sono
tornati con decisione ieri sul futuro dello stabilimento di Servola. «Tutti
assieme dobbiamo cercare di proporre progetti – ha affermato Decarli – senza
demonizzare l’impianto. Il momento è difficilissimo, soprattutto per Trieste e
basta pensare alla Sertubi, i cui dipendenti sono attualmente in cassa
integrazione. Proprio per questo servono scelte precise. Il Consiglio comunale a
suo tempo si è espresso a favore della continuità produttiva, della
riconversione, del rilancio dello stabilimento – ha ricordato il capogruppo di
‘Trieste cambia con Cosolini’ - ma non si è fatto nulla. Il lavoro in Ferriera e
l'ambiente non sono argomenti da affrontare separatamente. Il termine
riconversione della produzione – ha insistito - va adeguato al momento
particolare nel quale stiamo vivendo, magari pensando a una siderurgia di
seconda fusione, cioè priva o quasi di impatti ambientali. Lo stesso sindaco
Roberto Cosolini, nel suo programma elettorale, aveva parlato di un utilizzo
produttivo dell'area di Servola. Questa amministrazione – ha continuato Decarli
- ha fatto molto in questi mesi, nonostante la situazione generale e locale sia
peggiorata. Il sindaco e l'assessore Umberto Laureni hanno dimostrato di avere
innestato una marcia più veloce rispetto all'operato della precedente
maggioranza, perché Dipiazza faceva propaganda e anche oggi meno parla di questo
tema e meglio è». Negli strali di Decarli soprattutto la Regione: «Il Comune ha
chiesto a Renzo Tondo di discutere in Consiglio comunale del problema. Al primo
invito ha detto no, al secondo non ha nemmeno risposto. Perché la Caffaro di
Torviscosa è stata aiutata e Servola no – si è chiesto infine - eppure abbiamo
consiglieri regionali triestini che dovrebbero tutelare la città». «Fare
polemiche strumentali sulla Ferriera oggi è un comportamento irresponsabile – ha
sottolineato Karlsen – e non si può continuare a contrapporre diritti, quello al
lavoro e quello della tutela ambientale. I lavoratori sono prima di tutto
cittadini perciò il tema ambientale riguarda anche loro. La strada deve essere
quella di ricercare l'interesse generale. Bisogna coinvolgere tutti – ha
concluso – anche il Governo centrale, perché il problema è di portata nazionale,
alla pari, pur con le dovute proporzioni, di quello di Taranto».
Ugo Salvini
Il futuro della Ferriera sta tutto negli interessi
delle banche - La lettera del giorno (Waldy Catalano Coord. Forum Lavoro Sel)
Con il suo intervento sulla Ferriera sul Piccolo, Roberto Morelli, dopo aver
enunciato tutti i fallimenti della politica, unitamente all’incapacità di
decidere degli enti locali sulla riconversione dell’attività siderurgica,
ritiene probabile la sola prospettiva di una lenta agonia dello stabilimento
(tesi fin qui condivisibile). Improvvisamente, però, vede “un lumicino di
speranza” nel risanamento ambientale con il proseguimento dell’attività
siderurgica affinché la Ferriera, proseguendo la produzione di ghisa, svolga
un’azione calmieratrice sul mercato nei confronti degli utilizzatori nazionali.
Con tutta la stima per Morelli, francamente è una tesi da triplo salto mortale
carpiato all’indietro. Per tre motivi. Primo: perché la monoproduzione di ghisa
ha rappresentato una debolezza storica dello stabilimento, tant’è vero che
Pittini diversificò con l’acciaieria, poi spenta dalla Lucchini con la firma di
Assindustria Trieste. Secondo: perché il mercato della ghisa in pani è sempre
stato una jungla che ha fatto comodo ai produttori (ricordo che a seconda dei
casi eravamo fuori mercato per dumping della ghisa brasiliana, piuttosto che di
quella russa). Terzo: perché a fronte delle condizioni dello stabilimento il cui
valore per lo stesso Morelli è “virtualmente zero”, le decine di milioni da lui
ipotizzate per il risanamento sarebbero sufficienti all’antiruggine dei
cancelli. Allo stato attuale appare poco attendibile una continuità siderurgica
che faccia leva su Jindal/Sertubi, che a giudizio delle stesse organizzazioni
sindacali non ha mai presentato un piano industriale chiaro sullo stabilimento e
ha confermato la richiesta di cassa integrazione. Così come è facile supporre
che un ingresso di Sertubi a Servola potrebbe prefigurare la chiusura dello
stabilimento di S. Andrea, visto che non avrebbe più senso trasportarvi la ghisa
liquida con il carro siluro. Ma ciò che lascia maggiormente perplessi
nell’articolo è l’affermazione del tutto apodittica per cui non ci sarebbero più
le condizioni per la riconversione produttiva e la dismissione dell’area a
caldo. Qualcuno dovrebbe spiegare se mai c’è stata una trattativa, su quali
questioni di merito, a quale livello di governo, e quali documenti ne
testimonino gli esiti. Al di là di ciò, la sola cosa certa è che la richiesta
del governo è funzionale agli interessi delle banche, che controllano il gruppo,
di vendere la Ferriera senza condizionamenti locali.
Waldy Catalano (la cui stima è interamente ricambiata) ha troppa esperienza delle cose triestine per ignorare che la clessidra della Ferriera sta inesorabilmente consumandosi, benché il suo ruolo politico lo muova a considerazioni a cui probabilmente da sindacalista non credeva, a proposito di “tripli salti mortali carpiati”. Credo e ho scritto più volte che la Ferriera vada chiusa e riconvertita, essendo uno stabilimento del genere un’offesa al senso comune. Ma il tempo è scaduto. In vent’anni nessuno ha fatto un passo concreto al di là delle chiacchiere elettorali. Ed è noto che i grandi clienti dello stabilimento - a cominciare da Arvedi - vedono con sfavore la chiusura, e il passato dumping ucraino ne spiega esattamente le ragioni (si fanno crollare i prezzi proprio quando si vuole il monopolio). Il mantenimento dell’attività siderurgica, peraltro molto difficile, non sarebbe la soluzione, bensì il male minore. L’alternativa, per chi non può illudersi su una riconversione attuata in due anni da oggi, è la permanenza di un gigante di lamiere abbandonato per decenni a partire dal 2015. Ed è, purtroppo, quel che accadrà. Vorrei credere il contrario, come Catalano mostra di credere, e spero di sbagliarmi. Ma la realtà non ne offre gli argomenti.
(r.mo.)
Ambiente, il Comune aderisce al progetto “Green-cities”
Approvata dalla giunta comunale la partecipazione del Comune di Trieste alla
rete “Green-cities”, creata da Noae (Network of Automotive Excellence) per il
controllo e la riduzione dell’impatto del trasporto all’interno delle aree
urbane, nell’ambito dell’implementazione della strategia Europa 2020, mediante
azioni comuni a livello europeo per la progettazione infrastrutturale integrata
e l’approccio alla e-mobility. L’obiettivo della rete è accompagnare le città
europee nel perseguimento degli obiettivi del programma Horizon 2020 (ricerca e
innovazione finalizzato allo sviluppo di un unico quadro di riferimento per
facilitare la trasformazione delle nuove conoscenze scientifiche in prodotti e
servizi). E attualmente vi hanno già aderito Berlino, Dortmund, Vienna, Helmond,
Frisian Island, Torino, Firenze, Reggio Emilia, Copenhagen e Napoli. L’adesione
del Comune di Trieste alla Green-cities è in linea con il programma di controllo
e riduzione dell’impatto del trasporto nelle aree urbane. La nuova rete ideata
da Noae (www.noae.com), è un network professionale di eccellenza, che mira a
intensificare gli scambi di idee e di esperienze a carattere strategico,
organizzativo e tecnologico tra compagnie impegnate nei settori dei trasporti,
centri di ricerca, università e utenti, con l’obiettivo di ridurre l’impatto dei
trasporti nelle aree urbane. E per le città rappresenta un’occasione per
costruire e coordinare azioni comuni a livello europeo mirate a una
progettazione infrastrutturale integrata e a incentivare l’approccio alla
e-mobility. Con l’obiettivo di accompagnare le città europee nel percorso del
programma Horizon 2020.
Tra Duino e Sistiana due nuove piste ciclabili
Boom di richieste delle due ruote negli agriturismo da parte dei
vacanzieri Il primo collegamento in cantiere riguarderà San Giovanni e
Monfalcone
DUINO AURISINA Vanno letteralmente a ruba. Magari l’impennata di richieste
non si dovrà a una presa di coscienza ecologista, ma solo al prezzo della
benzina che è schizzato alle stelle e non ha pari negli altri paesi europei.
Fatto sta che nell’estate degli anticicloni infernali gli agriturismi di Duino
Aurisina fanno il “tutto esaurito” nel noleggio delle biciclette. Lo rivela il
sindaco Vladimir Kukanja, che a proposito dei mezzi di trasporto a zero
emissioni ha un progetto ambizioso: creare una nuova pista ciclabile che si
congiunga a quella di Monfalcone in un continuum fino a Grado. Un sogno che
potrebbe diventare realtà se è vero che l’amministrazione ha già iniziato a
lavorarci su, studiando le modalità di attivazione del nuovo percorso. «È quasi
un paradosso – spiega il primo cittadino Kukanja -: i gestori degli agriturismi,
che in questa stagione hanno davvero registrato il pienone di turisti, mi
raccontano come il ricorso alle due ruote prosperi, al punto che spesso i mezzi
messi a disposizione della clientela risultano tutti occupati e ne servirebbero
addirittura di più. Eppure ciò accade in un Comune praticamente sprovvisto di
piste ciclabili. La nostra idea, quindi, sarebbe quella di favorire una tale
domanda, andando a creare nuovi collegamenti, a raccordo per esempio tra
l’abitato di San Giovanni e Monfalcone, in modo da creare una ciclabile che
conduca fino a Grado e viceversa». Insomma, il popolo a due ruote chiede a gran
voce più servizi e l’ente locale è pronto ad accontentarlo, magari con un
lifting alla viabilità esistente, come suggerisce il consigliere di Sel Maurizio
Rozza. Che passando ai raggi X la rete ciclabile esistente sottolinea: «La
carenza riguarda soprattutto le aree urbane, poiché invece il Carso è ben
servito, con numerosi percorsi dedicati ai patiti della mountain-bike. Il
progetto di creazione di una ciclabile in raccordo con l’Isola d’oro risale alla
giunta Vocci e ora finalmente potrebbe trovare attuazione, partendo anche dalla
necessità di creare un collegamento fognario tra San Giovanni e la già esistente
rete di Monfalcone e Staranzano, perfettamente funzionante. Ciò risolverebbe
alcuni problemi e determinerebbe un allargamento della carreggiata sulla statale
14, all’altezza dell’ex dazio, sfruttabile al termine dei lavori appunto come
pista ciclabile». «In questo modo – osserva – i ragazzi di Monfalcone potrebbero
d’estate usare la pista per recarsi nelle nostre spiagge, inquinando di meno e
risparmiando anche i soldi del carburante». L’altro progetto, invece, riguarda
Aurisina: «Stiamo pensando alla creazione di un sottopasso ciclopedonale,
all’altezza del sedime ferroviario, nei pressi della caserma dei carabinieri,
che finalmente riunisca il paese, evitando il classico “giro dell’oca” e
favorendo il collegamento tra Aurisina cave ad Aurisina centro. La strada, fino
all’800, risultava percorribile, poi per ragioni di sicurezza legata al transito
dei treni è stata chiusa: con la creazione di un sottopassaggio il problema
verrebbe finalmente risolto. È un progetto che vede impegnato in prima linea
l’assessore Lorenzo Corigliano: si tratterà di una piccola rivoluzione che
migliorerà notevolmente le condizioni di vita dei residenti».
Tiziana Carpinelli
SEGNALAZIONI - Rigassificatore - Veleni in mare
Il rigassificatore di Zaule sarebbe l’unico al mondo in una città: perché scegliere la città, e non farlo in mezzo al mare? Dopo Cernobyl e Fukushima noi tentiamo la sorte così? Il progetto alternativo a Zaule era al largo di Fossalon, tra Monfalcone e Grado (un impianto galleggiante lungo 272 m e largo 108), a 10 km dalla costa. Secondo uno studio dell’università della California, un’esplosione per incidente o per un facilissimo attentato creerebbe un’onda di fuoco tale da ustionare persone che si trovassero a 5 km, benché lo studio Oxnard (Usa) parli di gravi effetti fino a 55. Notoriamente i sedimenti del golfo di Trieste sono tra i più inquinati d’Italia, e ciò per i residui delle miniere di mercurio slovene che l’Isonzo ha portato per 500 anni. Scavare e tenere dragato un nuovo canale per le navi supergasiere a Zaule metterebbe in circolo una tale quantità di veleno da dover proibire la pesca e persino la balneazione. Basterebbe poi che qualche piromane volesse “cambiare gioco” (o uno speculatore immobiliare) e solo minacciasse un attentato con poco più che un fucile, per creare il panico e far crollare il valore degli immobili perlomeno nelle zone vicine (Muggia e tutta Trieste sud). Comunque, un’«arma» adeguata si trova facilmente e anche gli “attentatori” per un ricatto così facile da “un milione di dollari” su di un impianto indifendibile. La stessa cosa vale per le grandi imprese, Porto S. Rocco, il porto... A prescindere quindi dall’incidente sempre possibile, il crollo del valore immobiliare della città, del turismo (unica voce in crescita), degli investimenti delle grandi imprese, del porto, ma anche del godimento della nostra Barcola sarebbe inevitabile. Chissà se le Generali l’hanno considerato per il loro patrimonio immobiliare. Sicuramente la coscienza dei politici è spesso scarsa (e qui si vede in modo particolare), oppure c’è una strategia contro Trieste? Ad ogni modo, resta la voglia di vivere dei triestini, che magari hanno solo bisogno di un punto d’appoggio politico per liberarsi non solo da un incubo “mandandolo” lontano, ma dalla certezza di una depressione economica ben maggiore del resto d’Italia, ingiustificatamente.
Walter Pansini
PRIMORSKI DNEVNIK - GIOVEDI', 23 agosto 2012
NON HA OFFESO LA SOCIETA' GAS NATURAL
Il rappresentante di Legambiente ha fatto notare la condanna morale della
società spagnola, condanna emessa dal tribunale permanente dei popoli.
Il rappresentante Legambiente Oscar G. M. non ha offeso la Gas Natural, per cui
il tribunale di Trieste non intende procedere contro la sua persona. Così ha
deciso la giudice Laura Barresi, in data 22 giugno 2012, archiviando il caso.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 23 agosto 2012
Querela archiviata di Gas Natural - ESULTA LEGAMBIENTE
Per Legambiente di Trieste è stata una riedizione, in chiave giudiziaria,
della vittoria di Davide sul gigante Golia. E’ quella ottenuta davanti al gip
del Tribunale da Oscar Garcia Murga, attivista dell’organizzazione
ambientalista, nei confronti di Gas Natural, l’azienda spagnola intenzionata a
costruire un rigassificatore nel porto industriale della città. Il gip Laura
Barresi ha archiviato la querela per diffamazione presentata dalla società
iberica. Quest’ultima aveva querelato Garcia Murga, ingegnere guatemalteco, da
anni residente a Trieste, per una frase detta nel corso di una conferenza stampa
svoltasi il 7 gennaio del 2011 e che faceva riferimento a una “condanna di Gas
natural per violazione dei diritti umani”. Tale condanna era stata pronunciata
dal Tribunale permanente dei popoli, organismo internazionale di giuristi e
uomini di cultura, che ha l’obiettivo di tradurre le norme sui diritti umani
nell’ambito della vita dei popoli. Nel corso di una sessione tenutasi a Madrid
nel maggio del 2010, tale Tribunale, che non ha competenze giurisdizionali,
aveva preso in esame il comportamento di alcune imprese multinazionali nei
confronti dei Paesi dell’America latina ed era arrivato alla conclusione
riportata da Garcia nella conferenza stampa. Gas Natural aveva considerato
diffamatoria tale considerazione e aveva querelato Garcia. Esaminati i fatti, il
gip Barresi ha archiviato la querela in quanto “Garcia Murga si era limitato a
riportare un fatto storico, vero e incontrovertibile”. «Il nostro giudizio – ha
commentato la presidente di Legambiente Trieste, Lucia Sirocco – è che in realtà
l’unico e vero scopo della querela presentata da Gas Natural era di esercitare
una pressione intimidatoria nei confronti di chi muove critiche al
rigassificatore di Zaule, nell’opposizione al quale Garcia Murga e l’intero
Circolo che rappresento sono impegnati da anni».
u.s
Qualità delle acque Legambiente replica all’Arpa
Nessuna invasione di campo. E, soprattutto, nessun tentativo di creare allarmismi. Legambiente respinge le accuse mosse dall’Arpa all’indomani dei rilievi di Goletta Verde sullo stato di salute delle coste del Fvg. «Le spiagge sono balneabili, il mare non sempre - afferma il presidente regionale Elia Monti -. Goletta Verde segnala emergenze nella gestione dell’acqua che esistono anche in Fvg. Non ci sembra però di aver lanciato messaggi allarmistici e distorti per quanto riguarda la balneabilità né, tantomeno, di aver cercato di sostituire il prezioso lavoro di monitoraggio svolto dall’Arpa».
«Sulla Ferriera solo proclami e una gita in barca» - LA
POLEMICA
Dura replica di Cosolini al suo predecessore Dipiazza: «È già in campagna
elettorale»
Finiti i tempi del fair-play tra Cosolini e l’ex sindaco Dipiazza. Sulla
Ferriera si ci può metaforicamente anche prendere a legnate. Una polemica
velenosa, aperta dal sindaco uscente, ormai in clima di campagna elettorale, che
ha confutato in pieno la tesi di Cosolini secondo il quale le responsabilità
sull’impianto di Servola sarebbero tutte della Regione. Il sindaco sale sul ring
estivo e alza subito la guardia. Sentitelo. «Il concittadino Roberto Dipiazza -
attacca con vigore - anche dall’Austria, è giustamente molto esigente con
l’attuale sindaco e si aspetta che io faccia tutte le cose che in dieci anni il
mio predecessore non ha saputo o voluto fare: al piano del traffico, al piano
regolatore e alla fusione per consolidare AcegasAps, oggi si aggiunge l’invito a
non “chiamarsi fuori” dalla vicenda Ferriera, in quanto il sindaco è garante
della salute dei cittadini. Stia tranquillo, ne sono totalmente consapevole e su
questo, come su gli altri punti, non lo deluderò». E siamo appena al primo
round, Cosolini attacca avanti. «Proprio sulla Ferriera Dipiazza dovrebbe
resistere alla tentazione di parlare: ne ha tratto fortuna in due campagne
elettorali, salvo non fare assolutamente nulla se non proclami senza conseguenze
e una gita in barca immortalata anche su Il Piccolo di oggi. Credo, che in poco
più di un anno questa Amministrazione abbia al suo attivo più incontri con i
lavoratori di Servola, con i cittadini interessati, con le associazioni
ambientaliste e più presenze ai tavoli ministeriali di quanti la Giunta Dipiazza
ne abbia fatti nel corso di due mandati. A ciò si aggiunge il lavoro serio e
rigoroso - senza precedenti -, che sta conducendo l’Assessore Laureni assieme ai
i suoi uffici in concerto con gli altri enti interessati. Intendo esercitare
fino in fondo sia il mio ruolo di garante della salute dei cittadini, con atti
che il mio predecessore non ha certo compiuto, sia quello di stimolo e di
indirizzo per una riconversione industriale». Gong e altro round. «Per questo ho
lavorato e lavoro per un’intesa tra le istituzioni e per un coinvolgimento del
Governo nazionale nelle persone dei Ministri Clini e Passera. I tempi sono più
difficili e l’emergenza molto più stringente, considerato il troppo tempo
trascorso e l’irrompere della crisi, ma certo non piango sul latte versato - da
altri- e cercheremo di fare tutto ciò che è necessario. Capisco le ragioni vere
dell’intervento di Dipiazza, visto che si sta aprendo la difficile corsa per un
posto al sole, ovvero in Regione, da cui la forte tentazione di riavvicinarsi al
Pdl triestino da parte di chi aveva annunciato di voler “decamberizzare”
Trieste. Al mio predecessore do il consiglio di lasciar perdere la Ferriera
nella sua prossima campagna per evitare il ridicolo, cosa che la serietà
dell’argomento sicuramente non merita».
I caprioli assetati raggiungono il mare
In cerca dell’acqua scendono dal Carso sino in spiaggia: uno muore
annegato. I guardiacaccia: «Evento decisamente raro»
GORIZIA La grande siccità che da settimane si sta abbattendo sulla regione
sta incontrando delle nuove vittime: gli animali selvatici. Spinti dalla sete,
cinghiali e soprattutto caprioli sono tornati a farsi vedere nei centri abitati.
Il caso più emblematico è stato registrato pochi giorni fa nella zona a mare
posta sotto l’amministrazione del Comune di Duino Aurisina. Una coppia di
caprioli, infatti, è stata recuperata niente meno che ai Filtri di Aurisina, una
delle località balneari più gettonate dai bagnanti che cercano refrigerio sulla
costiera triestina. «A memoria direi che questa è davvero la prima volta che
registriamo la presenza di simili animali in una zona in cui le bestie
selvatiche non sono avvezze ad arrivare», racconta Ilario Zuppani, uno dei
guardiacaccia del territorio triestino. Generalmente la presenza di caprioli
lungo il mare è un evento raro. Ma non unico. «Può apparire strano ma in effetti
anche gli automobilisti che percorrono la strada costiera devono tener conto che
potrebbero trovarsi di fronte anche un mammifero di media taglia», aggiunge
Zuppani. I due caprioli ritrovati ai Filtri hanno avuto una sorte diametralmente
opposta: il primo è stato trovato morto, probabilmente annegato, mentre il
secondo, seppur molto spaventato, è stato catturato e messo in salvo. Ma come
fanno i caprioli a giungere dal Carso al mare? «Sono animali che conoscono bene
il territorio e dunque sono in grado di trovare dei sentieri in mezzo alle
ville, evitando i reticoli e scendendo fino al livello del mare. Ripeto, è un
fenomeno piuttosto raro ma con questo caldo le segnalazioni aumentano» spiega il
guardiacaccia. Ad essere spinti a muoversi dalla ricerca di acqua non sono solo
i caprioli. Anche i cinghiali sono tornati “alla carica”. Nella zona alta (ma
non solo) di via Commerciale i maiali selvatici sono tornati ad essere in
costante aumento. Numerosi gli avvistamenti da parte dei residenti. I cinghiali
sono apparsi invece per la prima volta nella parte ovest del Carso. Nel
territorio di Duino Aurisina sono stati visti diversi animali alla ricerca
proprio di acqua. A Sistiana, vicino al bowling, è stato recuperato un esemplare
investito da un camion. Altri sono stati avvistati vicino a Duino. Ma anche i
volatili stanno soffrendo il caldo. Ieri mattina ad abbeverarsi nello stagno di
Banne è stata registrata la presenza di una coppia di nocciolaie, uccelli
abituati a climi montani, quindi quasi sicuramente provenienti dalla Slovenia.
Da qui l’appello del guardiaccia: «Chi ha un giardino di proprietà esponga fuori
delle bacinelle o dei catini d’acqua. In questi giorni di calura gli animali
potrebbero esserne davvero grati».
Riccardo Tosques
L’erba e i germogli sono ormai seccati Gli animali
selvatici soffrono anche la fame
Non solo di sete, ma anche di fame stanno morendo i selvatici che popolano
il Carso: la siccità infatti ha ormai completamente bruciato l’erba, inaridito i
tuberi, seccato le foglie. «La situazione è grave - conferma Gianfranco Urso,
presidente provinciale dell’Ente protezione animali - perché gli stagni ormai
sono disseccati. Siamo ai livelli della torrida estate del 2003». I caprioli
sopravvivono brucando le poche more rimaste sui roveti bruciati dal sole,
germogli non ne trovano. I cinghiali assaltano le vigne e diventano sempre più
invadenti, come dice anche Fabio Merlini, presidente della Federcaccia
provinciale. «Da un mese i direttori delle nostre 12 riserve e le nostre guardie
venatorie, con l’aiuto della Forestale, portano acqua in diversi punti del Carso
dove i selvatici vanno ad abbeverarsi». Anche l’antibracconaggio è stato
allertato.
Pedonalizzare Corso Italia con i bus presenta molti
rischi - LA LETTERA DEL GIORNO (Pino Podgornik)
La nostra città è da molto tempo in uno stallo preoccupante, e credo che
l’unica cosa che la farà muovere in un futuro prossimo, con una rivoluzione non
sempre voluta dal cittadino, sarà sicuramente il piano del traffico. Ho cercato
di analizzare questo progetto di cambiamento, sia del Borgo Teresiano che delle
zone periferiche di alcuni rioni, e sono giunto a conclusione che una cosa è la
realtà che si vive sulla strada e un’altra quella elaborata al computer.
Pedonalizzare via Mazzini, via Imbriani, Corso Italia (e qui con pedoni e con
traffico limitato a bus, taxi e scarico merci), onestamente non mi sembra
un’idea logica e ponderata. Si possono conciliare pedoni e mezzi anche solo
parzialmente circolanti in una via così frequentata? Ci vorrà la massima
attenzione possibile da parte di tutti. Dicono che tutto questo favorirà la
sosta dei residenti del centro e dei disabili, staremo a vedere. Via Battisti,
via Giulia e altre ancora dovrebbero diventare un circuito urbano per
cicloamatori; già mi immagino (e comincio a non respirare fin da ora) la
salubrità dell’aria in queste vie tra le più frequentate dell’intera città; i
polmoni verranno messi a dura prova, ne sono certo. Le piazze Libertà, Oberdan e
Goldoni saranno rafforzate per accogliere un numero maggiore di autobus. Bella
prospettiva! Diventeranno dei depositi a cielo aperto dell’Azienda trasporti
triestina! Via Valdirivo, via Fabio Severo, via Carducci e via Ginnastica:
quanti parziali cambiamenti. Spariranno sensi unici, ci saranno nuove inversioni
di marcia; stravolgimento totale. Dovrebbero essere individuate delle nuove aree
pedonali e di sosta nelle zone commerciali di vari rioni, tra i quali quello di
Roiano, per agevolare il commercio di giorno e i residenti di notte. Questa mi
pare una gran “bufala”: fino a quando la caserma della polizia non lascerà il
nostro rione, poco (se non niente) potrà cambiare in meglio. Questa è la realtà.
Sarebbe interessante sapere quando i poliziotti trasferiranno armi e bagagli
nella nuova sede, ancora e sempre in costruzione. Il popolo triestino come ne
uscirà da questa rivoluzione? Speriamo non con le ossa rotte e con le automobili
ammaccate. Mi pare che rimangano pochi mesi all’inizio del via ai lavori,
miracoli per stoppare questi cambiamenti vanno esclusi; però mi chiedo: perché
queste modifiche con una trasformazione così drastica della viabilità sono state
prima studiate (e quindi approvate) quando nessuno dei cittadini ne sentiva la
necessità? Cerchiamo di ricordare che Trieste è una città anche di vecchi.
Autisti e certi cambiamenti non erano la priorità per loro e neppure serviranno,
secondo me, per valorizzare e ammodernare anche il nostro vecchio Borgo
Teresiano. Saranno da verificare i possibili vantaggi di cui oggi non riesco a
vederne alcuno di un certa importanza. Dice il saggio: mai abbandonare la
vecchia via (in questo caso strade), si sa quello che si lascia ….
COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 22 agosto 2012
Rigassificatore di Trieste-Zaule. GasNatural Fenosa
querela a vuoto un ambientalista.
Legambiente: “Punita l’incredibile arroganza della società spagnola”.
E’ finito in una bolla di sapone il tentativo di GasNatural Fenosa di
intimidire gli oppositori del progetto che prevede la costruzione di un terminal
di rigassificazione del GNL nel porto industriale di Trieste.
Il GIP del Tribunale di Trieste, dott. Laura Barresi, ha infatti archiviato la
querela per diffamazione, che la società di Barcellona, attraverso la sua
filiale italiana, aveva presentato contro l’ing. Oscar García Murga, attivista –
di origine guatemalteca – del circolo Legambiente di Trieste.
L’argomento è stato approfondito oggi a Trieste in una conferenza stampa, in cui
Lucia Sirocco, presidente del circolo Verdeazzurro Legambiente di Trieste, ha
riassunto le fasi salienti della vicenda, illustrata anche con la proiezione di
un video, che è stato commentato da García Murga. Ha concluso l’avv. Gianfranco
Carbone, difensore di García Murga, che ha commentato la sentenza del GIP.
Tutto aveva avuto origine da una conferenza stampa in cui, il 7 gennaio 2011,
García Murga aveva citato la “condanna” inflitta a GasNatural Fenosa dal
Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), un organismo internazionale di giuristi e
uomini di cultura - fondato nel 1979 a Bologna su impulso di Lelio Basso - che
ha lo scopo di tradurre le norme sui diritti umani nell’ambito della vita dei
popoli.
Nella sessione svoltasi a Madrid nel maggio 2010, il TPP aveva in effetti
verificato se e in che misura il comportamento delle imprese multinazionali
verso i Paesi dell’America Latina si fosse tradotto in violazioni dei diritti
umani.
Erano in quell’occasione emerse gravi violazioni imputabili a Union Fenosa -
GasNatural (come ad altre società), in Guatemala, Messico, Nicaragua e Colombia.
Da ciò la “condanna” – evidentemente con valenza solo morale e politica - del
TPP nei confronti di GasNatural (che ha acquistato Union Fenosa nel 2009, da cui
la nuova denominazione di GasNatural Fenosa).
La cronaca del PICCOLO sulla conferenza stampa, aveva riportato però le
affermazioni di García Murga in modo tale da lasciar intendere che si fosse
trattato della condanna di un vero tribunale.
GasNatural reagiva, alcuni mesi dopo, querelando García Murga per diffamazione a
mezzo stampa.
“Curiosamente – sottolinea Legambiente – GasNatural non ha querelato IL PICCOLO
(pur ovviamente primo responsabile di quanto pubblicato), né si è preoccupata di
verificare – sarebbe bastata una telefonata … - cosa avesse effettivamente detto
Oscar García Murga.”
Esiste d’altronde una registrazione video della conferenza stampa del 7 gennaio
2011, che documenta inequivocabilmente l’esatto tenore di quanto detto in
quell’occasione.
“Anche in base a tale video il GIP – conclude Legambiente – ha preso atto dei
fatti, archiviando la querela in quanto García Murga si era “…limitato a
riportare un fatto storico, vero e incontrovertibile”.”
Si giustifica quindi il giudizio di Legambiente, secondo cui l’unico vero scopo
della querela di GasNatural era quello di esercitare una pressione intimidatoria
nei confronti di chi muove critiche alla sua politica aziendale, con particolare
riferimento al progetto del rigassificatore di Trieste-Zaule, nell’opposizione
al quale García Murga e l’intero circolo Legambiente di Trieste sono impegnati
da anni.”
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 22 agosto 2012
«Cosolini sulla Ferriera non può chiamarsi fuori»
Tuona Roberto Dipiazza: «Troppo comodo scaricare adesso tutte le colpe
sulla Regione. Il sindaco è il responsabile della salute degli abitanti»
«Non ci sto. A me per 10 anni mi avete rotto le scatole (il termine usato
non è proprio questo, ndr). che il sindaco può fare tutto e che è responsabile
della salute pubblica. E adesso arriva Cosolini e il sindaco non ha poteri».
Roberto Dipiazza, ex primo cittadino di Trieste, non ci sta. E sulla Ferriera di
Servola, anche a costo di dover accollarsi la mancata chiusura, afferma la piena
sovranità del primo cittadino. «A che gioco stiamo giocando. Per anni la Cgil, i
comunisti, la sinistra hanno scaricato tutte le responsabilità sul sindaco. E io
mi sono preso tutte le rogne. E atteso mi si viene a dire che non è più
responsabile il sindaco. È troppo comodo». Dipiazza, in vacanza in Austria, non
ha letto l’intervista di Cosolini. Ma è sufficiente la lettura telefonica di un
passo per scatenare l’ex sindaco. «Io, ripeto, ho a cuore la Ferriera e chi vive
a Servola. Ma non ho né competenze, né risorse, né strumenti per fare politiche
industriali e ambientali» dice Cosolini che scarica sulla regione ogni
responsabilità. «Troppo Facile adesso dare la colpa di tutto alla Regione -
dichiara l’ex sindaco -. E il gioco del trululù. Non ci sto. Il sindaco per
quello che hanno insegnato a me è responsabile della salute pubblica. Lo diceva
anche Riccardo Illy. Il sindaco in prima persona deve partecipare a tutte le
riunioni della Regione, dell’Arpa, della Provincia che pure ha competenze
specifiche in materia». E qui spunta un “no se pol” triestino in accezione
attiva e non passiva come d’uso. «No se pol dopo avermi spaccato le scatole
(anche in questo caso il termine usato non è proprio questo, ndr) per dieci anni
dire adesso che il sindaco non c’entra un tubo. Eh no! Eh no!». Dipiazza non ci
sta. «Il sindaco è responsabile della salute dei cittadini. Non si può sottrarre
alle sue responsabilità. Il primi cittadino non può nascondersi. Non esiste. La
vedo un po’ dura». Che dovrebbe fare il primo cittadino? «Prima di tutto
vigilare sui dati dell’inquinamento e far rientrare i parametri nei limiti di
legge. E poi lavorare con le altre istituzione per arrivare a una soluzione».
L’ex sindaco, schierato fin dal 2001 per la chiusura dell’impianto, ha ora una
posizione meno rigida vista la crisi economica. «In questo momento chiudere e
sbattere in strada 500 operai più l’indotto è un problema serio - spiega
Dipiazza -. Ma non si può neppure continuare a scherzare con la salute dei
cittadini. In questi giorni, con 40 gradi, ci sono persone che non possono
neppure aprire le finestre. Rendiamo conto di questo». Non ci sono però molti
margini visto che la Lucchini, ormai in mano alle banche, difficilmente potrà
investire sull’abbattimento dei fumi. «Sono passato l’altro giorno e a Servola
c’era una specie di tempesta di fumo. Questi sapendo che devono chiudere non
investono». E quindi? «Finirà come a Taranto - pronostica l’ex sindaco -. Alla
fine interverrà la magistratura». L’unica cosa certa, spiega Dipiazza, è che il
primo cittadino non si può sottrarre dalle sue responsabilità. «Il primo
cittadino Dipiazza non può essere diverso dal primo cittadino Cosolini. Non si
possono usare due pesi e due misure. Non mi sembra serio dare la colpa di tutto
alla Regione. Non sta in piedi. Non esiste».
Fabio Dorigo
La gita del 2005: «Vi porto all’Inferno»
Inferno. Andata e ritorno. Il 6 settembre 2005 il sindaco di Trieste,
Roberto Dipiazza, noleggiò il Delfino Verde e imbarcò politici e giornalisti per
una gita via mare alla Ferriera di Servola. «Vi porto a vedere l’inferno»
promise da novello Caronte. Solo che il viaggio organizzato con troppo preavviso
rivelò un infermo meno infernale del previsto. Qualcuno aveva provveduto a
pulire le banchine dal carbone che finiva in mare. Tanto da fare riapparire in
modo beffardo la scritta: «Dipiazza pozzo di ignoranza». Il girone infernale
c’era comunque. E Caronte non si fece intimidire: «Allora, avete visto? Questo è
un mostro, un cancro in mezzo alla città. L’acciaio lo producano in un’altra
parte del mondo, non in mezza a una delle città più belle del Mediterraneo».
Quasi sette anni da allora. Il paradiso può attendere.
E su Servola Sel minaccia la crisi politica
Dopo un anno disatteso il programma. L’ex Cgil Catalano deluso su
Facebook: «Era molto meglio Illy»
«Scusa Roberto, ma l'intervista sulla Ferriera, sul Piccolo fa "cascar i
brazi"». Waldy Catalano, ex segretario di Fiom e Cgil, ora responsabile del
Forum del lavoro di Sel, posta su Facebook un messaggio in triestino per il
primo cittadino Roberto Cosolini. La critica parte dal programma ed è uno dei
punti sui quali Sel ha chiesto una verifica politica alla maggioranza di
centrosinistra. «Uno dei punti qualificanti del nostro programma amministrativo
xè la riconversion della produzion siderurgica a Servola» attacca l’ex
sindacalista. La risposta del sindaco arriva quasi immediata tre ore dopo:
«Alcune cose che dici le considero ingenerose ma non per questo non accetto di
discuterle. Fatti vivo ciao». Catalano non intende per ora farsi vivo: «Non sono
uno che ha scritto perché ha un buco sul marciapiede sotto casa. La realtà è che
non si vuole affrontare il nodo politico. A un anno dall’insediamento della
giunta si registra uno scarto forte su alcuni impegni del programma» dice lui
che la Ferriera la conosce bene avendoci lavorato per 12 anni. «Non mi interessa
fare la gara degli intelligenti sulla Ferriera. Ma la conosco bene: sarebbe
stato opportuno anche assegnare una delega ad hoc in giunta su un problema del
genere». Sul post su Facebook risulta ancora più chiaro: «Dopo un anno della
nostra amministrazion (digo nostra) mi credo che realisticamente, non iera de
far miracoli, ma cominciar a render credibile un percorso. In sostanza, cossa xè
sucesso in sto anno? Laureni (assessore all’Ambiente di Sel, ndr) xè diventà una
sorta de guardian delle centraline. A marzo xè sta firmado con la Region, un
Protocollo, bon forsi per gestir le prossime elezioni regionali, ciolendo avanti
in giro la gente. In altri termini dopo un anno gavemo parcheggiado la Ferriera
in ufficio della Savino, mentre Omero (assessore comunale alle attività
produttive, ndr) che dovessi portar avanti el programma amministrativo, el torna
de Roma possibilista per firmar una lettera di intenti che xè un insulto alle
istituzioni». Una situazione disperante a tal punto che il sindacalista della
Cgil è costretto a riesumare l’esperienza amministrativa dell’industriale
Riccardo Illy. «L’ho criticato per tante cose. Ma almeno lui era convinto che il
comune poteva essere il primo soggetto di politica industriale. Altro che
scaricare tutto sulla Regione». Il finale è da antologia: «Roberto te xè stà
affidado un ruolo gravoso e difficile con problemi incancrenidi, o te "alzi el
tiro" fin che te son in tempo o la Ferriera ne scoppierà in man... e servirà a
poco i distinguo tra le responsabilità de Ciriani piuttosto che della Savino».
Fatti vivo, insomma. Ciao.
(fa.do.)
Seganti: «In 4 anni mai visto un industriale» -
L’assessore replica alle accuse di Belci (Cgil)
«Ci piace o non ci piace la siderurgia? È questo il tema? Ma di cosa stiamo
parlando. In quattro anni non ho visto una proposta industriale o un piano di
riconversione. Nessun imprenditore si è fatto avanti. Nessuno. La Ferriera di
Servola è un fantasma». Federica Seganti, assessore regionale alle Attività
produttive, non si sta a fare da capro espiatorio nella vicenda della Ferriera e
respinge al mittente, con tanto di ricevuta, le accuse di Franco Belci,
segretario regionale della Cgil. «È grave che l’assessore alle attività
produttive Federica Seganti, peraltro triestina, e l’ex assessore all’Ambiente
Luca Ciriani non abbiano messo in campo nulla, C’è stata uno sostanziale
latitanza iniziata nel 2008». Grave? «Belci come sempre è molto bravo a
criticare. E il mestiere che sa fare. Criticare è molto facile. Diverso è
amministrare in momenti come questo. In realtà la prima cosa che ho fatto quando
mi sono insediata all’assessorato alle attività produttive, nel 2010, è stato
proprio occuparmi della Ferriera. Ho proposto una delibera di giunta che andasse
a definire le modalità per il prosieguo del tavolo regionale che si era appena
concluso». E le risorse da mettere in campo (questione posta dal sindaco Roberto
Cosolini)? «Non ci siamo mai sottratti. La Sertubi, per esempio, è partecipata
Friulia. Lo facciamo per tutti gli imprenditori che hanno progetti industriali
seri e di lungo periodo. La Regione non si tirerà indietro». Il problema è che
non c’è una progetto industriale nè di continuazione dell’attività nè di
riconversione. «Non siamo noi che possiamo avanzare una proposta di
riconversione. Ci deve essere un imprenditore che interessato a riconvertire
l’area. Altrimenti in che cosa riconvertiamo?». Il concetto è chiaro. «Se
vogliamo fare attività imprenditoriale e industriale a Servola ci deve essere un
imprenditore e un industriale - spiega Seganti -. Finché non c’è un progetto
industriale non si può fare nulla. Teniamo conto che metà di quell’area è di
proprietà della Lucchini. Forse bisognava fare più pressione su Roma e sul
sistema bancario. Altrimenti c’è il rischio che alla fine ci sarà poco da fare».
Qual è il problema allora? Semplice. «Danni non c’è un interlocutore. Ho
partecipato per due anni ai tavoli romani, ho fatto domande e non ho mai
ricevuto alcuna risposta. Sembra di stare in una situazione kafkiana». Questo è
il problema. «Manca un imprenditore - spiega l’assessore regionale alle Attività
produttive -. Da quattro anni siamo incartati perché non c’è un imprenditore che
ci dica che vuole continuare l’attività industriale o che vuole chiuderla. E se
vuole chiuderla che cosa vuole fare dopo la chiusura. Chi prenderà in mano
l’azienda? Questo è il tema. Questo è il problema». Essere o non essere...
(fa.do.)
Nel piano si parla di demolizione
«La riconversione dell’area della Ferriera di Servola verso un utilizzo
produttivo compatibile e la riqualificazione ambientale: bisogna lavorare
intensamente per un accordo di programma con tutti i soggetti pubblici, tra cui
indispensabilmente il governo, e i privati che preveda la gestione delle varie
fasi: demolizione, bonifica, riconversione produttiva ed occupazione,
riqualificazione ambientale. Nel frattempo il sindaco verificherà mediante un
tavolo con Arpa e Azienda sanitaria l’evolversi della situazione intervenendo
per gli immediati rimedi in caso di sforamenti dei limiti di legge nelle
emissioni». Pagina 13, secondo capoverso, del programma amministrativo del
sindaco Roberto Cosolini. La prosecuzione dell’attività siderurgica non c’è nel
programma. E uno dei punti su cui Sel, che fa parte a pieno titolo della
maggiorana, ha già chiesto una verifica politica a settembre oltre ad aver
presentato una mozione che si aggiunge alla questione dell’AcegasAps e il destino
di Porto Vecchio. «Non ci siamo. Qualcuno sta cambiando le carte in tavole»
sbotta Marino Sossi, capogruppo comunale dei vendoliani ed ex sindacalista. «La
cosa che sta avvenendo è grave. Se uno vuol cambiare il programma lo dica, ma
noi non ci stiamo. Nel programma di parla di demolizione dell’area caldo e di
riconversione: noi abbiamo chiesto i voti con questi progetti. E su questo
abbiamo fatto un patto con i servolani» aggiunge Sossi. Come dire: è un po’
presto per trasformare il programma in promesse elettorali. Indispensabilmente.
(fa.do.)
Il ponte sul canale ridarebbe dignità al borgo
Teresiano - La lettera del giorno (Fiorella Tripodi)
Finalmente sono finiti i lavori che per ben due mesi e mezzo hanno
paralizzato la via Trento. Ripercorrendola finalmente fino al canale ho pensato
a quanto utile e anche bello sarebbe poter attraversare il canale direttamente
per raggiungere la bellissima zona pedonale sulla via Cassa di Risparmio.
Ovviamente il ponte in oggetto dovrebbe armonizzarsi con lo stile architettonico
degli altri edifici quanto più possibile e non essere un “pugno in un occhio”
come purtroppo va tanto di moda oggi (vedi piazza Goldoni e piazza Vittorio
Veneto); lo si potrebbe anche chiamare ponte bianco, come si chiamava
anticamente (quello verde credo fosse il pezzo attuale di rive. Un po’
nazionalisti e vogliosi d’Italia i triestini dell’epoca!) . Resta comunque il
fatto che la parte del Borgo Teresiano di questo lato del canale, ponte o non
ponte, resta un po’ triste e squallido. Via Trento poi è famosa solo per il
“traffico” notturno.. I locali pubblici in zona sono rari, per lo più gli
edifici sono adibiti a magazzini e uffici. Grigiore e tristezza. Certo che se ci
fosse un po’ di zona pedonale anche da quelle parti forse sarebbe un
incoraggiamento per qualcuno per aprire qualche locale carino con tavolini
all’aperto, in alternativa alla “movida” rumorosa e giovane dell’altra sponda
del canale. Di certo però, in attesa che simili passi vengano ponderati e
decisi, qualche cosa si potrebbe fare subito per quel poco che già esiste;
ovvero si potrebbe ampliare uno dei due marciapiedi in modo da consentire il
posizionamento di qualche arredo urbano carino, tavolini ecc, e ridurre al
minimo lo spazio percorribile con le macchine, visto anche che già di zona a
traffico ridotto si tratta. Sul lato sinistro (più o meno di fronte al palazzo
delle Generali) guardando verso il canale ad esempio, c’è un localino delizioso
in tutti i sensi, carino come arredi, splendido come cortesia e simpatia e
ottimo come soddisfazione del palato, che sopravvive eroicamente al traffico, al
grigiore e a due mesi e mezzo di “oscuramento” da lavori stradali. Meritano una
ricompensa sia locale che gli avventori come me,che finalmente potrebbero
gustarsi le crèpes anche piacevolmente seduti all’aria aperta.
IL PICCOLO - MARTEDI', 21 agosto 2012
La questione Ferriera porterà rischi sociali»
Franco Belci (Cgil): «La Regione è ferma e la proprietà è inadempiente»
Il sindacalista apre a un futuro logistico nell’area assieme alla siderurgia
Critiche pesanti agli assessori regionali Federica Seganti e Luca Ciriani per
non avere individuato una soluzione concreta al problema
Dobbiamo capire se il piano industriale di Sertubi-Jindal mira alla chiusura
della cokeria così da ridurre l’impatto sull’ambiente
Non usa mezzi termini: «Trieste va incontro a rischi sociali». E,
preoccupato, punta l’indice su Regione e Lucchini. L’una «è ferma», l’altra è
«inadempiente». Franco Belci, segretario regionale della Cgil, non riesce
proprio a godersi le vacanze. La vicenda Ferriera, dopo anni di immobilismo, può
scoppiare da un momento all’altro come una pentola a pressione. Tra ipotesi di
riconversione e l’emergenza inquinamento i sindacati sono sul chi va là. «La
vicenda è delicata, siamo seriamente preoccupati» - ammette Belci. Perché l’Ilva
di Taranto è un esempio fin troppo vicino e il 2015, data in cui si prevede la
chiusura dello stabilimento triestino, è dietro all’angolo. La speranza, tutta
rivolta al tavolo regionale che tornerà a riunirsi a fine mese, è l’inizio di un
percorso chiaro che porti alla fantomatica riconversione. Ad oggi, però, mancano
progetti concreti. Il ministero delle Attività produttive, nel frattempo, ha
proposto a enti locali e parti sociali una «dichiarazione d’intenti» che apre
alla siderurgia “pulita” anche oltre il 2015. Nella partita si è fatta largo
Sertubi-Jindal, che prima di scoprire le carte attende di ottenere il via libera
alla siderurgia. Gli enti locali, invece, vogliono garanzie, a cominciare dal
rispetto dell’ambiente. «Non firmiamo cambiali in bianco», aveva detto Cosolini.
Gli operai vivono intanto nell’incertezza del posto di lavoro, mentre chi abita
a Servola teme per la propria salute. Sulla vicenda, a cui vanno aggiunte le
indagini della magistratura, s’ingarbugliano insomma troppi nodi. L’ultimo
potrebbe arrivare nei prossimi giorni ancora al pettine del sindaco: se i dati
dell’Arpa sulle emissioni di benzopirene riferite a giugno e luglio dovessero
superare ancora i limiti stabiliti dall’ultima normativa regionale, Cosolini
sarà costretto a imporre la riduzione dell’attività della Ferriera. Belci è
d’accordo: «La proprietà non ha eseguito nell’impianto tutti gli interventi
previsti e ora mantiene una posizione defilata: vorrebbe vendere alle migliori
condizioni possibili per liberarsi dello stabilimento. Ma noi ora noi non
possiamo consentire la produzione a tutti i costi se di mezzo c’è la salute di
chi vive a Servola e dei lavoratori». Belci dà ragione a Cosolini quando,
nell’intervista sul Piccolo di ieri, afferma che tutto è in mano alla Regione:
«Io non ho né competenze, né risorse, né strumenti per fare politiche
industriali e ambientali», è stata l’osservazione del primo cittadino. Vero?
«Già - riflette il segretario della Cgil - è sempre stato così ed è grave che
l’assessore alle Attività produttive Federica Seganti, peraltro triestina, e
l’ex assessore al’Ambiente Luca Ciriani, finora non abbiano messo in campo
alcuna soluzione vera. Dell’assessore Savino, che coordina il tavolo, ci fidiamo
di più, ci pare più attiva, mentre da Seganti e Ciriani c’è stata una
sostanziale latitanza, cominciata nel 2008. Ci hanno messo quasi 4 anni per
partire con il tavolo sulla riconversione, dopo interminabili rinvii». Sul
destino del sito di Servola la Cgil tiene le porte aperte: su Sertubi-Jindal «è
importante capire se il piano industriale mira alla chiusura della cokeria in
modo da consentire una siderurgia molto meno impattante, mantenendo gli stessi
livelli occupazionali attuali». Tasto su cui Belci batte pure nell’ipotesi di un
futuro “logistico” per l’area, così come prospettato dalla stessa dichiarazione
d’intenti del governo e dal protocollo d’intesa firmato a dicembre dal ministro
Clini e dall’Authority per il recupero di 2 milioni di mq a fini portuali, in
cui rientra anche il terreno occupato dalla fabbrica. Se la logistica non può
assorbire l’intera forza lavoro attualmente impiegata da Ferriera e Sertubi,
così come rilevato sia da Savino che da Cosolini, «allora si abbinino le due
soluzioni - rilancia Belci - portualità e industria, ma pulita». Su Servola,
dunque, assieme al fumo dei camini, aleggia un enorme punto interrogativo che
inquieta la Cgil: «Le istituzioni la smettano con questo atteggiamento -
ribadisce Belci - tra salute e lavoro si sta esponendo la città a rischi
sociali».
Gianpaolo Sarti
Bucci: «Il sindaco non sa quello che dice»
Il consigliere del Pdl: «Le prescrizioni tecniche sono state rispettate.
Il problema è che non bastano»
Aia. Aia. Aia. “Hai Hai Hai, lei mi è caduto...” avrebbe detto Mike
Buongiorno. Maurizio Bucci, consigliere comunale e regionale del Pdl, sottolinea
un passaggio dell’intervista sulla Ferriera del sindaco di Trieste Roberto
Cosolini. «Stupisce leggere la sua affermazione “gli investimenti e le migliorie
che l’azienda doveva fare, così come indicato dall’Aia, non si sono viste” -
scrive Bucci -. Una dichiarazione grave che evidenzia due aspetti: o il sindaco
non sa cosa dice e non conosce le prescrizioni dell’Aia e le sue scadenze, cosa
molto strana visto che è stato lui, in qualità di assessore al lavoro della
Regione Fvg a disporle con specifica delibera di giunta; oppure il sindaco
dovrebbe denunciare alla Procura della Repubblica i responsabili di Arpa,
funzionari regionali e dirigenza della Ferriera per inadempienza e conseguente
grave nocumento alla salute pubblica». Ignoranza o omissione? Nulla di tutto
questo. «Purtroppo la situazione è ben diversa - spiega il consigliere regionale
del Pdl -. I tecnici e gli amministratori della Ferriera hanno ottemperato alla
prescrizioni tecniche dell’Aia, seppur in ritardo ma ottenendo preventive
formali proroghe per l’ultimazione di quanto prescritto, di tutto ciò esistono
verbali a firma dell’Arpa e della direzione all’Ambiente regionale e meraviglia
che il sindaco non lo sappia»E quindi? «Ma, purtroppo, il risultato ambientale -
conclude Bucci - è rimasto pressoché inalterato, dimostrando, con i fatti, che
il recupero strutturale dello stabilimento è un obbiettivo perso in partenza. Il
Sindaco non può più dire: “le persone si aspettano dal Sindaco ciò che io non ho
il potere di fare”. A differenza del passato, tra l’altro da lui stesso
richiamato, oggi è in vigore una Legge, la 151 abbinata alla 152 che porta la
mia firma ed approvata il 2 febbraio 2012 dal Consiglio Regionale che indica con
chiarezza, senza se e senza ma, a chi spetta ottemperare alle prescrizioni, cioè
al Comune di Trieste! Tutto il resto sono chiacchiere». L’equilibrismo di
Cosolini è denunciato anche da Federico Razzini, consigliere regionale della
Lega Nord: «Il sindaco Cosolini fa l’equilibrista e dimentica di esser stato
anche membro della giunta regionale» . La soluzione della Lega è chiara e si
ispira al caso Ilva di Taranto.: «Se una fabbrica è micidiale per la salute di
migliaia di persone deve essere chiusa o risanata. Questo vale per Taranto ma lo
stesso dovrebbe avvenire anche per Trieste. Occorre salvaguardare l’occupazione
di centinaia di lavoratori, certo, ma non si può mettere a rischio la salute e
la qualità della vita di decine di migliaia di altri cittadini». Razzini ha
intenzione di convocare un tavolo Ferriera in Regione al più presto. «Possibile
mai che a noi che abbiamo i conti sani lo Stato spesso non riconosca nemmeno il
dovuto e per Taranto si trovino con la bacchetta magica centinaia di milioni di
euro per bonificare? Mi risulta che l’Ilva sia di privati come la Ferriera e non
credo che i triestini debbano ancora avere meno diritti dei tarantini. Certo
occorre che le autorità locali comincino a farsi sentire».
La Lucchini: «Per l’Aia già investiti 18 milioni -
Rispettiamo la legge»
«Interventi anche negli ultimi tre anni, compresa la cokeria. Gli enti
locali sanno, Arpa e Azienda sanitaria ci controllano»
La Lucchini non ha fatto gli investimenti tecnici previsti dall’Aia per
ridurre le emissioni dello stabilimento di Servola. Lo ha dichiarato, con
estrema chiarezza, il sindaco Roberto Cosolini. Affermazioni che, a ventiquattr’ore
di distanza, la proprietà respinge seccata al mittente. Puntualizzando, passo
dopo passo, quanto si è visto, fin qui, a partire dal 2008. Con una premessa:
«Gli investimenti sono stati verificati dagli organismi competenti e comunicati
alle istituzioni e alla cittadinanza attraverso gli organi di informazione».
Parole che suscitano una domanda, ovvia: se l’azienda ha eseguito gli
interventi, allora perché da gennaio a maggio (in attesa dei dati dell’Arpa su
giugno e luglio) il benzopirene è andato oltre ai limiti di legge? Ribatte
l’azienda: «Aspettiamo gli ultimi rilievi». In attesa di questo la Lucchini
chiarisce. «La concessione dell’Aia ha comportato investimenti per
l’ammodernamento degli impianti per un totale di 18 milioni di euro nel biennio
2008 – 2009. La società ha adottato le migliori tecniche disponibili - si legge
nella nota diffusa dai vertici - realizzando operazioni importanti nel rispetto
dei limiti e delle prescrizioni, e adottando un piano di monitoraggio e
controllo. Sul piano tecnico, rende noto l’impresa, sono stati avvicendati i due
altiforni per consentire la manutenzione sul sistema di caricamento, di
raffreddamento e sui rivestimenti refrattari interni. Fra le altre iniziative,
ricorda la proprietà, l’avvio di un processo di automazione delle macchine del
reparto cokeria e la sostituzione dei sistemi di trattamento delle acque, oltre
che la realizzazione di una serie di adeguamenti edili di riqualificazione e la
messa in opera di una terza gru di banchina al terminal rinfuse. «L’impianto di
agglomerazione - sottolinea la Lucchini - si pone ai primi posti a livello
europeo per contenimento delle emissioni di diossine, avendo raggiunto il
rispetto dei restrittivi valori limite che sin dal 2005 la Regione Friuli
Venezia Giulia, prima in Italia, aveva imposto per tale parametro». Gli
investimenti «sono continuati autonomamente nel 2010, nel 2011 e nel primo
semestre del 2012 nonostante la crisi che ha duramente colpito il settore
siderurgico». Periodo in cui «sono stati avviati una serie di forti interventi
di manutenzione straordinaria in cokeria, in tutta l’area dello stabilimento e
sulla banchina dedicata allo sbarco e all’imbarco di materie prime. Oltre alle
verifiche periodiche dell’Arpa - aggiunge la proprietà - altri controlli in
materia di prevenzione sono effettuati ciclicamente dall’Azienda Sanitaria».
L’azienda ribadisce inoltre che lo stabilimento di Servola ha ottenuto nel
febbraio 2007 la certificazione ambientale ISO 14001 ed è oggetto di verifiche
ispettive annuali da parte di un ente terzo di certificazione accreditato (IGQ).
«L’ultima ispezione favorevole - conclude il comunicato - è stata rilasciata a
maggio 2012».
(g.s.)
Tredici anni di tira e molla - Dal 1999 a oggi se ne
sono sentite di tutti i colori
Le ultime parole famose. In principio furono quelle di Riccardo Illy,
sindaco di Trieste, che l’8 novembre 1999, rispondendo a una segnalazione del
Piccolo, affermò: «Chiedo alla gente di avere pazienza perché nel luglio del
2000 tutti i problemi della Ferriera saranno risolti». La frase esatta non era
proprio questa, ma molto simile: «Voglio rassicurare gli abitanti del rione di
Servola (un rione che conosco bene, essendoci vissuto per alcuni anni): la
situazione sarà risolta entro la metà del prossimo anno». Senza tema di
smentita, appunto. Con una premessa: «A Servola è sorta prima la Ferriera e poi
sono state costruite le case». Su una profezia però l’industriale del caffè
prestato alla politica non ha avuto torto: «Ho grosse riserve sull’idea che fra
vent’anni la Ferriera non sia più operativa» (13 febbraio 2001). L’impianto
siderurgico è ancora lì alla faccia di ne pronosticò la chiusura in tempi rapidi
come l’ex sindaco Roberto Dipiazza e l’ex presidente della Regione Roberto
Antonione. Antonione, sempre nel 2001, affermava: «Bisogna valutare le opzioni
per arrivare a soluzioni che prevedano la chiusura dello stabilimento». Sette
anni prima, nel novembre del 1994, l’ex coordinatore di Forza Italia disse una
cosa un po’ diversa: «La Ferriera si può e si deve salvare e bisogna smascherare
chi sulla chiusura ha speculato». Cambiare idea non è un reato. Dipiazza,
invece, non ha mai cambiato idea. Quello della chiusura di Servola era il suo
chiodo fisso oltre che una promessa elettorale reiterata un paio di volte. «La
Ferriera? Un cancro da estirpare». Oppure? «Un cadavere senza futuro. È gia'
morta e sepolta». Ma non basta. «E stato un errore difenderla e salvarla nel
1994. Una scelta sbagliatissima». Il superlativo ci sta tutto. E per dimostralo
non esitò neppure nel 2005 ad affittare per un giorno il Delfino Verde
imbarcando politici, assessori e giornalisti. Una gita per mostrare a tutti il
“mostro” di Servola, «Vi porto a vedere l’inferno». Che è ancora lì. I tempi
brevi promessi in campagna elettorale da Dipiazza si sono allungati a dismisura.
La prima scadenza era quella del 2009 poi prorogata al 2015. «Ricordo che come
sindaco avevo lavorato con la città per salvare la Ferriera e i posti di lavoro.
Oggi invece comune e Provincia lavorano per chiudere la fabbrica e chiedono
l’aiuto della Regione e dello Stato per salvare i posti di lavoro» commentò Illy
nel 2005. Oggi la situazione si è ribaltata. Il Comune, dove siede Roberto
Cosolini, ex assessore al Lavoro in Regione con Illy, rimane ambiguo sui destini
della Ferriera, mentre la Regione, con il pdl Renzo Tondo, è schierato per la
chiusura di Servola. Cosolini, da assessore regionale succeduto a Enrico
Bertossi, si barcamenò alla grande: «La Regione fa volentieri la sua parte, ma
chiede altrettanto impegno agli altri soggetti istituzionali sapendo che il
territorio che per Trieste è prezioso soffre da anni della mancanza di scelte
strategiche». Chiaro, limpido e incisivo. Ultime parole famose. Come quelle di
Tondo, attuale governatore del Fvg, pronunciate nel maggio 2008, nel giorno del
suo insediamento in Regione al posto di Illy. Tondo dichiarò con sicumera che la
«chiusura della Ferriera» era una priorità della sua giunta. «Sulla Ferriera
cercheremo di recuperare il tempo perduto» dichiarò il governatore carnico. Sono
passati quattro anni. Quattro anni alla ricerca del tempo perduto. Neppure
Marcel Proust ci impiegò tanto.
(fa.do.)
«Un progetto per salvare lo stagno carsico» -
CONTOVELLO
OPICINA La circoscrizione di Altipiano Ovest lancia un Sos: il laghetto di
Contovello sta morendo. «Non è. solo colpa della perdurante siccità – sostiene
Roberto Cattaruzza, presidente di Altipiano Ovest; qui i problemi derivano dalla
mancanza di identità del sito. Proprio in questi momenti di forte disagio,
dobbiamo chiederci quale futuro vogliamo riservare a questo piccolo ecosistema
che deve ritrovare un volta per tutte il suo volto antico». Il presidente della
circoscrizione ripropone una questione che specialisti e tecnici hanno sollevato
a più riprese negli ultimi anni: lo stagno di Contovello è affine agli altri
stagni carsici, oppure è diventato una sorta di laghetto sullo stile di quelli
esistenti nei parchi pubblici? Per Cattaruzza, che rappresenta la posizione dei
naturalisti e dei tecnici, lo stagno di Contovello deve recuperare la sua
impostazione carsica, un ambiente ricco di biodiversità che oltre a impreziosire
esteticamente la località possa offrire rifugio a tante specie animali e piante
autoctone. Purtroppo oggi il laghetto appare del tutto snaturato, e ospita
decine di tartarughe abbandonate. Di recente la scarsa ossigenazione delle acque
ha provocato una moria di carpe, specie estranea. Di fronte alla situazione
abnorme in cui versa il vecchio stagno, Cattaruzza chiede a Comune e soprattutto
alle associazioni ambientaliste di intervenire con un preciso progetto per
ridare dignità al sito che, tra l’altro, si trova non lontano da
quell’altrettanto malandato ma prezioso Sentiero “Natura”, percorso
naturalistico di rara bellezza che collega Contovello al Parco di Miramare. Per
questa contiguità, il presidente di Altipiano Ovest si rivolge pure alla Riserva
Marina del parco.
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - LUNEDI', 20 agosto 2012
Piazza Vittorio Veneto sarà off-limits per le auto
Nuovo Piano del traffico: solo bus, taxi e veicoli autorizzati potranno
transitare davanti alle Poste.
Da via Roma si girerà in via Galatti in direzione
Oberdan o Rive
Niente più traffico privato in piazza Vittorio Veneto: via Roma, nel tratto
tra via Galatti e via Milano, sarà percorribile solo da bus, taxi, veicoli di
disabili e furgoni per scarico e carico merci. Le auto che scendendo lungo via
Rittmeyer o arrivando da via Ghega svoltano oggi in via Roma per poter
proseguire fino a corso Italia arriveranno fino all’incrocio con via Galatti: da
qui potranno immettersi nella via stessa dirigendosi verso piazza Oberdan (più
rapidamente raggiungibile rispetto all’attuale percorso Roma-Milano-Carducci);
oppure svoltare verso le Rive. È questo - ed è uno tra i primi da realizzarsi in
base al cronoprogramma - uno degli interventi previsti dal nuovo Piano del
traffico, approvato il mese scorso dalla giunta comunale e destinato a divenire
operativo entro dicembre, come conferma l’assessore alla mobilità e traffico
Elena Marchigiani (ma per portare a compimento le cinque fasi di attuazione ci
vorrà qualche anno). Sono appena scaduti i trenta giorni entro cui i cittadini
hanno potuto presentare le proprie osservazioni all’amministrazione (il
documento integrale, mappe comprese, si legge sul sito
www.retecivica.trieste.it) mentre ci vorrà un altro mese per i pareri alla
Valutazione ambientale strategica. A quel punto il documento firmato dal
mobility manager Giulio Bernetti, con le modifiche eventualmente apportate, sarà
nuovamente sottoposto alle Circoscrizioni per passare poi all’approvazione
definitiva. Che sarà frutto di «una grande partecipazione pubblica», ribadisce
Marchigiani ricordando le «decine e decine di incontri» con parlamentini,
categorie e associazioni varie. Pensato, annota l’assessore, per decongestionare
il traffico di via Milano, l’intervento su piazza Vittorio Veneto si inserisce
nella filosofia di un Piano che punta a incrementare fortemente la
pedonalizzazione del centro cittadino creando collegamenti più agevoli con i
grandi parcheggi situati a corona attorno al cuore della città (dal Silos a Foro
Ulpiano al park dell’ospedale Maggiore, per citare i più vicini). La superficie
delle aree pedonali passa, secondo il progetto, dagli attuali circa 90mila metri
quadrati a oltre 130mila, con un incremento complessivo del 44%. Le zone a
traffico limitato (Ztl) invece, che oggi coprono una superficie di circa 16mila
metri quadrati, arriveranno a un totale di pressappoco 40mila. Un dato però
quest’ultimo non direttamente confrontabile, perché le attuali Ztl sono di tipo
residenziale, aperte cioè al traffico veicolare dei residenti, mentre quelle
proposte dal nuovo Piano sono «a elevata valenza pedonale»: vi possono
transitare cioè mezzi pubblici, furgoni per carico-scarico merci e veicoli di
disabili, favorendo così - precisa Marchigiani - le categorie che hanno bisogno
di avvicinarsi quanto più possibile alla destinazione. In questo senso, alla Ztl
che più ha fatto discutere negli anni - cioè corso Italia, che sarà riservato
solo a pedoni e mezzi autorizzati - si affiancano tra le altre strade nel centro
piazza Tommaseo, via Mazzini (dalle Rive a via Roma), via Roma nel tratto corso
Italia - via Machiavelli, corso Saba, via santa Caterina e via Imbriani nel tratto
corso Italia-Mazzini, via Reti e il passaggio da piazza San Giovanni a via
Carducci, oltre a Corso Saba e a una vasta area tra ospedale Maggiore, Viale XX
Settembre e via Carducci. Esclusivamente pedonali diventano invece, tra gli
altri, largo Panfili (via gli stalli auto a pagamento), via XXX Ottobre nel
tratto Oberdan-Milano e Machiavelli-corso Italia, ulteriori due isolati di via
Torrebianca (direzione Carducci), via Cassa di Risparmio fino a via Machiavelli
e la parte bassa di via Settefontane, oltre a via Mazzini (da via Roma a piazza
Goldoni) e al tratto centrale di via Imbriani.
(p.b.)
Ciclomotori - Nuovi stalli in arrivo
Un’ottantina di nuovi stalli in arrivo per le due ruote. L’ordinanza è stata
appena firmata dal mobility manager del Comune Giulio Bernetti, che nelle scorse
settimane aveva annunciato il graduale «recupero» di posti a perdere con il
Piano del traffico (per esempio in via Santa Caterina). Così, se per il futuro è
previsto che ad esempio lungo via Carducci («anche per disincentivare la sosta
abusiva di auto», precisa l’assessore Elena Marchigiani) siano posizionati
stalli per due ruote, ecco un’anticipazione di quei provvedimenti che
Marchigiani ha citato poche settimane fa, quando si era levata la protesta dei
motociclisti per la sparizione degli stalli. In media si tratterà di una
quindicina di stalli per ogni zona citata, precisa Bernetti. Sosta in fila in
via Canova (lato numeri dispari), nel tratto tra via Pascoli e via Alfieri.
Motorini a spina di pesce in via Locchi (lato dispari), tra il numero 17 e
l’incrocio con via Santa Giustina. Altri stalli in via D’Azeglio (lato dispari),
tra piazza dell’Ospitale e via Vidali e poi per una decina di metri (lato pari).
Una decina di stalli in via del Mercato Vecchio (lato dispari). In periferia,
nuovi venti stalli in via Molino a Vento; e altri in via Settefontane e in via
Vittoria.
«Ferriera, fra lavoro e salute una partita senza
vincitore» - SERVOLA»L’INTERVISTA
Cosolini: negli anni né investimenti ambientali da parte dell’azienda né
interventi per l’occupazione, situazione peggiorata. Ma è la Regione l’attore
principale
i valori delle emissioni Se persisterà lo sforamento dovremo imporre di ridurre
la produzione, in caso di dati positivi asseconderemo il percorso della
proprietà - IL TAVOLO IN REGIONE - Iniziato a gennaio, piccolo passo avanti ma
in precedenza il nulla. Chi aveva l’incarico prima di Savino ha fatto passare
troppo tempo
Tra l'incudine del rischio occupazionale e il martello dell'emergenza
ambientale non ci sono né vincitori né vinti. «Stanno perdendo tutti e due».
Anzi, la situazione per la Ferriera in questi anni è addirittura «peggiorata».
Roberto Cosolini mette a verbale l'inconcludenza della politica, le
responsabilità della Lucchini e l'assenza della Regione. Con cui non vuole
entrare in polemica ma, tanto per capirsi, «è lì che ci sono le competenze e le
risorse per attivare politiche industriali per lo sviluppo dell’area che
salvaguardino la salute della gente». Finora «è passato troppo tempo. Chi abita
a Servola è esasperato». Sindaco, a breve dovrebbero uscire i dati dell'Arpa
relativi alle emissioni di benzopirene. Se i limiti saranno superati, come già è
avvenuto tra gennaio e maggio, la legge le impone di prendere provvedimenti.
Cosa farà? In presenza di una tendenza significativa al miglioramento
asseconderemo il percorso dell’azienda verso il contenimento delle emissioni. Se
invece lo sforamento persisterà ci troveremo di fronte al dovere di imporre alla
Lucchini la riduzione della produzione. Vede una parallelismo tra quanto sta
accadendo all’Ilva di Taranto e la situazione di Trieste? Mi auguro di no: a
Taranto ci sono stati episodi gravi. Certo a Trieste la situazione è molto, ma
molto delicata: ricevo quotidianamente messaggio di cittadini esasperati. Lei
come risponde? Le persone si aspettano dal sindaco ciò che io non ho il potere
di fare. A me sta a cuore il problema della salute tanto quanto la sorte dei
lavoratori. Ma lavoro e ambiente non vanno messi in contrapposizione. Cosa
intende dire? Tra le due strade non ce n’è una che vince e l’altra che perde. In
questo momento stanno perdendo tutte e due. Negli ultimi anni inoltre la vicenda
è peggiorata. Perché? Gli investimenti e le migliorie che l’azienda doveva fare,
così come indicato dall’Aia, non si sono viste. Questo ha peggiorato la
percezione da parte della gente. Però non si sono create nemmeno le condizioni
per la stabilità occupazionale del personale. Quindi tra occupazione e salute
stanno perdendo tutti e due. Qual è la responsabilità della Regione? Il tavolo
della Regione per la riconversione dello stabilimento è iniziato a gennaio 2012:
è un piccolo passo avanti, cui Comune e Provincia hanno dato il massimo della
collaborazione istituzionale, ma prima di ciò non è stato fatto nulla. Adesso si
deve andare avanti in modo serrato. E qual è il suo ruolo? Ci sono tentativi di
scaricare la palla sul sindaco. Io, ripeto, ho a cuore la Ferriera e chi vive a
Servola. Ma non ho né competenze, né risorse, né strumenti per fare politiche
industriali e ambientali. Non ho, ad esempio, Friulia o Mediocredito per
supportare la riconversione: questo lo ha la Regione. Lei che fa? Il sindaco è
in piazza Unità ed è reperibile ogni giorno. Siamo i primi interlocutori della
popolazione, ma il primo attore per creare una prospettiva industriale è la
Regione. La giunta regionale si è insediata nel 2008. Sono passati quattro anni.
Io sono sindaco da 14 mesi, non voglio fare polemiche. Tra l’altro ho percepito
una seria preoccupazione da parte dell’assessore Savino sulla vicenda. Lei non
ha colpe: ha appena ricevuto la delega da Tondo. Chi invece aveva l’incarico
prima (Ciriani, ndr) ha fatto passare troppo tempo. Ora è inutile buttarsi la
croce addosso, serve continuità nel percorso. La campagna elettorale per le
regionali è dietro l’angolo. Cosa si aspetta? In passato da Dipiazza a Tondo
abbiamo sentito promesse di chiusura. Annunci clamorosi che non potevano essere
mantenuti. Di fronte alla gravità non si speculi, ci sia un senso di
responsabilità. Per le comunali avevamo affrontato la questione con un confronto
serio, come ora sta facendo l’assessore Laureni con associazioni e cittadini.
Gianpaolo Sarti
L’eterno dilemma verso la scadenza del 2015
Da una parte la paura dei servolani per la propria salute (nella foto, mani
sporche di polvere nera in una casa del rione), dall’altra l’incertezza
occupazionale degli operai. Due facce, un’unica medaglia: il futuro e il
presente della Ferriera tra inquinamento, progetti industriali e promesse del
mondo politico. Il 2015, data in cui si prevede la chiusura dello stabilimento,
non è lontano. Il ministero dello Sviluppo economico ha proposto a enti locali e
sindacati una “dichiarazione d’intenti” per il mantenimento della siderurgia
nell’area, ma anche Sertubi-Jindal si è fatta avanti. Le istituzioni però
vogliono garanzie. A fine mese, inoltre, tornerà a riunirsi il tavolo della
Regione sull’ipotesi di riconversione. Dopo il reportage da Servola pubblicato
ieri, ora parla il sindaco Roberto Cosolini.
«La logistica non assorbirà tutti gli operai»
Savino su una delle ipotesi per l’area: scelte da fare, a fine mese
riprende il confronto sulla riconversione
Il futuro della zona attualmente occupata dalla Ferriera potrebbe trovarsi
davanti a un bivio: siderurgia o logistica portuale? La prima soluzione, senza
escludere la seconda, è stata indicata nella dichiarazione d’intenti del
ministero allo Sviluppo economico per il post-2015. L’altra riguarda il
protocollo d’intesa firmato lo scorso dicembre dal ministro Clini e
dall’Authority per il recupero di un’area di 2 milioni di metri quadrati a fini
portuali, in cui rientra anche il sito della fabbrica. «La logistica non può
assorbire tutta la forza lavorativa di Ferriera e Sertubi - osserva l’assessore
regionale alle Finanze con delega all’Ambiente Sandra Savino - sono scelte da
fare. A fine mese comunque riprende il tavolo regionale sulla riconversione,
quella è la sede per valutare le possibili soluzioni. Devo dire che è la prima
volta - precisa - che un’amministrazione regionale affronta il caso Ferriera in
modo così determinato con Comune, Provincia e Authority». Roberto Cosolini
concorda con Savino sugli sviluppi del post-2015: «Rischiamo di trovarci davanti
a due opzioni strategiche diverse e contrapposte. È necessario uniformare gli
obiettivi, ma è evidente che i numeri della logistica sarebbero inferiori a
quelli richiesti da una realtà industriale. Credo tuttavia - aggiunge il sindaco
- che le due ipotesi potrebbero convivere. Un futuro siderurgico a Servola va
comunque analizzato a fondo: un progetto industriale dovrà garantire la
riduzione delle criticità ambientali ben sotto ai limiti di legge. Ecco perché -
chiude Cosolini - alla dichiarazione di intenti del governo non rispondiamo con
cambiali in bianco».
(g.s.)
Bracconieri in agguato nel bosco del Farneto
Salvato dal padrone cane intrappolato nel laccio di ferro. Guardiacaccia:
mai successo da 8 anni in qua
Al bosco del Farneto sono tornati i bracconieri. Nel mirino caprioli,
cinghiali e altri animali selvatici di piccola taglia. La tecnica è quella usata
già in passato: un laccio di fil di ferro. La dinamica inesorabile: il capriolo
vi infila la testa e muore strangolato dal cappio. Una morte atroce, per
soffocamento. In questi giorni un laccio di ferro intrecciato del diametro di
circa un centimetro ha coinvolto Emma, un cane di circa 20 chili, splendido
incrocio tra setter e levriero. Mentre il padrone era un po’ distante, l’animale
- superati alcuni rovi a pochi passi da un sentiero distante 80 metri dal
Ferdinandeo - ha iniziato a guaire. «All'inizio non ho capito cosa stesse
accadendo, poi ho realizzato che la mia cagnetta era in difficoltà anche perché
chiamandola non tornava indietro», spiega Dario, il padrone di Emma. Da lì la
rapida corsa verso una zona un po' scoscesa dove si è presentata l'inaspettata
scena: il cane era a terra con la zampa posteriore sinistra imprigionata in un
cappio. «Istintivamente ho cercato di liberarla ma essendo in discesa il peso
del corpo la portava sempre più a valle e io, che indossavo dei sandali, mi
trovavo in difficoltà: non riuscivo a fare presa sul terreno», racconta l'uomo.
Dopo alcuni istanti di panico il filo ha cessato di essere in tensione e
l’animale, spaventato, è stato liberato. Per fortuna Emma, nonostante gli
evidenti segni sulla zampa, è tornata a muoversi con regolarità. Dell'accaduto è
stato informato il Guardiaccia di Trieste, Ilario Zuppani. «Erano otto anni che
non registravamo più la presenza di trappole per animali selvatici nel bosco del
Farneto, tecnica che in passato aveva coinvolto soprattutto caprioli. Certo non
è un buona notizia». Zuppani, ricordando come invece in alcune zone del Carso –
tra Malchina, San Pelagio, Prosecco e Sgonico – la caccia con i lacci di ferro
fosse in voga sino a pochissimi anni fa, ha fornito alcuni suggerimenti sul da
farsi in caso qualche altro cane dovesse essere in coinvolto in simili episodi.
«Fermo restando che quella è una zona che monitoriamo con costanza, sempre in
proporzione al numero delle nostre forze lavoro, posso dire che l'utilizzare il
guinzaglio è e rimane fondamentale, oltre che obbligatorio, anche all'interno
del Boschetto. Nel caso però in cui un animale dovesse trovarsi in pericolo
occorre avvisare i guardiacaccia o la forestale, e in loro assenza i carabinieri
o la polizia». Sul motivo del ritorno dei bracconieri Zuppani non si sbilancia.
Di certo, dedicarsi alla caccia utilizzando questa tecnica è assolutamente
illegale (i lacci di ferro sono vietati), soprattutto in quell'area del
Boschetto in cui l'attività venatoria è proibita.
Riccardo Tosques
Una nuova antenna in valle delle Noghere aspettando il
piano
La Ericsson ottiene il permesso per l’ennesimo impianto I residenti
protestano: «Faremo un’assemblea pubblica»
MUGGIA I muggesani vedranno presto sorgere una nuova antenna. L'ennesima. Si
tratterà di un nuovo impianto fisso per telefonia mobile che verrà installato in
via Caduti sul Lavoro 4. La nuova struttura, richiesta al Comune dalla
multinazionale Ericsson Telecomunicazioni, sarà costituita - come specifica la
stessa società nella documentazione allegata alla domanda - da tre sistemi
radianti, ciascuno dotato di un’unica antenna direzionale rice-trasmittente,
collegati agli apparati radio tramite cavi coassiali, posizionati in funzione
della densità dell’utenza, della morfologia del terreno e dell’altimetria dei
fabbricati esistenti. L’impianto ricade all'interno del Sito nazionale inquinato
di Trieste (Sin), ma ciò non sarà un ostacolo: da parte del richiedente basterà
infatti attenersi a quanto previsto dalla normativa vigente in materia ed alle
specifiche cautele previste per cantieri in siti potenzialmente contaminati. Per
la nuova struttura la Ericsson Telecomunicazioni ha ricevuto, per quanto di
competenza, parere favorevole dall'Ente zona industriale di Trieste (l’Ezit).
Con alcune avvertenze. la prima: “nello svolgimento delle attività di cantiere
si dovrà provvedere ad adottare tutti gli accorgimenti necessari a minimizzare
l’impatto sull’ambiente ed a prevenire la contaminazione del suolo e delle
acque”. La seconda: “gli eventuali terreni scavati dovranno essere trattati con
tutte le accortezze del caso ed essere smaltiti come rifiuti in impianti
debitamente autorizzati nel rispetto delle disposizioni impartite dalla
Conferenza dei Servizi ministeriale per gli interventi ricadenti nel Sin”.
Parere tecnico positivo è giunto poi da parte dell'Arpa (Agenzia regionale per
la protezione dell’ambiente) a cui si aggiunge l'autorizzazione paesaggistica
per opere ricadenti in aree vincolate emessa dall’Ufficio comune del paesaggio
Comuni di Muggia e San Dorligo della Valle che autorizza gli interventi di
progetto. Inoltre l’organismo tecnico di controllo di Trieste, relativamente al
progetto in argomento, ha effettuato nella riunione del 28 maggio la verifica
sull’osservanza delle norme sismiche, con risultati positivi, con annessa
comunicazione del Servizio edilizia della Regione. Insomma: stando alla
documentazione si tratterà certamente di una una antenna “a norma”. La Ericsson
non è nuova a presenze all'interno del territorio muggesano. Con una determina
dello scorso inizio marzo l'amministrazione Nesladek aveva confermato l'affido
in concessione alla multinazionale svedese di una particella di 35 metri quadri
sita in via Bembo, a ridosso del cimitero, per l'installazione di una stazione
radio base per telecomunicazioni. Benefici per il Comune? Un canone da 12 mila
euro annui. Intanto si continuano ad attendere nuove notizie sul Piano comunale
delle antenne per la telefonia mobile. Il progetto è stato affidato alla fine
del 2011 ad una società esterna - la Polab di Pisa – per avere una
regolamentazione sui possibili tralicci da collocare a Muggia. Un documento che
di fatto potrebbe limitare il proliferare di antenne che oramai spuntano come
funghi, o quantomeno individuare le localizzazioni che possano soddisfare le
esigenze tecniche dei richiedenti senza costituire un eventuale pericolo per la
popolazione residente. Sulla vicenda è intervenuto Giorgio Jercog, portavoce del
Comitato dei cittadini di Zaule, tra i più attivi nella raccolta firme contro
l'eventuale installazione di un antenna nella frazione di Zaule paventata nei
mesi scorsi: «Siamo tutti in attesa del piano delle antenne, attendiamo quindi
le disposizioni del Comune di Muggia ed attendiamo anche un'assemblea pubblica
per capire gli indirizzi che l'amministrazione vorrà adottare».
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - DOMENICA, 19 agosto 2012
Rigassificatore, la frenata di Tondo «Da lui una grande
ambiguità»
Antonione: bene l’apertura alle istanze del territorio, ma se ritiene il
gnl strategico manca di coerenza Rosato: Regione mai entrata nel merito. Ma
Fedriga: atteggiamento responsabile verso gli enti locali
Lo annota con una stoccata elegante, da persona che «da sempre ritiene
profondamente sbagliato un rigassificatore a Trieste». Ebbene, «sul piano della
lettura generale avrei apprezzato molto di più una linea di coerenza: “Ok, si va
avanti”. Perché o Renzo Tondo è convinto che il rigassificatore, così come
l’elettrodotto e la terza corsia A4, sia una priorità reale per la giunta
regionale, ed è dunque disposto a metterci la faccia; oppure stila sì un elenco
di priorità, ma le subordina alla condivisione degli enti locali. E allora
questa è ambiguità grande». Roberto Antonione commenta così la brusca frenata in
cui il presidente della Regione si è prodotto sull’impianto di gnl a Zaule
progettato da Gas Natural. Un impianto che Tondo appena tre mesi fa
all’assemblea di Confindustria Udine definiva come una delle opere «da
realizzare anche a costo di giocarsi una parte del consenso». E per il quale
oggi invece invoca la condivisione degli enti locali («Perché dovrei andare
avanti da solo?») auspicando un «tavolo di confronto». «C’è grande
condizionamento dal consenso elettorale», aggiunge il deputato dei Liberali per
l’Italia-Pli ricordando l’avvicinarsi del voto per il Friuli Venezia Giulia.
Antonione comunque esprime «apprezzamento per il fatto che Tondo venga incontro
a istanze molto ragionevoli del territorio». Ma infine, «se ritiene
indispensabile un rigassificatore - chiude Antonione - e lo giudica strategico
per la sua futura giunta, non si limiti a dire che se la città non lo vuole non
se ne farà nulla, ma cerchi delle collocazioni alternative: è andato a vedere a
Porto Nogaro, per esempio? Perché vista l’indispensabilità dell’opera, sarebbe
coerente da parte sua verificare tutte le soluzioni possibili». Ma tant’è.
Ettore Rosato usa toni ancora più duri: «Tondo non ha mai fatto un passo avanti
su nulla, ora dunque non mi meraviglio: annuncia un passo avanti, poi ne
annuncia uno indietro. Parla di “valutazioni preconcette”? Io non ne ho mai
avute - prosegue il deputato del Pd - ma mi sarei aspettato una Regione capace
di confrontarsi con i proponenti dei progetti. Invece abbiamo visto soltanto un
atteggiamento favorevole a prescindere, senza mai entrare nel merito, cosa che
ha reso la vita difficile agli enti locali. Perché certo la Regione, con il suo
peso istituzionale e con la titolarità in più che ha nella discussione con il
governo, avrebbe potuto convocare essa stessa quel tavolo che oggi Tondo
auspica. Anche se lo fa fuori tempo». Ma a proposito del governo, resta la forte
spinta del ministro Corrado Passera al gnl: «Ho scambiato due parole con il
ministro sul tema - chiude Rosato - e non mi sembra che compirà atti “ostili”
verso gli enti locali, anche perché c’è chi il gnl lo vuole. Ma anche qui, la
Regione Veneto - costruendone le condizioni - ha saputo fare la sua parte e oggi
un impianto ce l’ha». «È un atteggiamento responsabile l’ascoltare gli enti
locali, va apprezzato l’atteggiamento di Tondo e anche il sindaco Roberto
Cosolini dovrebbe farlo», è invece il commento del deputato leghista
Massimiliano Fedriga, che a chi - come il consigliere regionale Pdl Bruno Marini
- faccia notare il no dettato dalla Lega a livello provinciale ma non regionale
risponde che «la linea sull’impianto di Zaule la detta Trieste: non abbiamo in
questo senso preconcetti ma non possiamo avallare un progetto su cui non abbiamo
certezze».
di Paola Bolis
Serracchiani: sottovalutato il secco no della Slovenia
- LA CANDIDATA DEL PD
«La conversione di Tondo sul rigassificatore dev'essere avvenuta l'altra
notte, forse percorrendo la costiera che porta a Trieste. Non si spiega
altrimenti come prima abbia sostenuto che il rigassificatore si deve fare, e poi
dica che in fondo anche no. Che ci siano problemi tecnici lo affermano tutti gli
enti locali della provincia di Trieste dopo aver approfondito per anni la
questione. Conoscendoli, è da dubitare siano tutti imbevuti di pregiudizi. Bene
perciò che Tondo abbia deciso di tenerne conto». Lo afferma Debora Serracchiani,
eurodeputata e candidata del Pd alle regionali 2013. Per Serracchiani Tondo non
può continuare a dire agli industriali friulani «andremo avanti con il
rigassificatore», perché questo è raccontare una favola, come quella del
raddoppio di Krsko. «Lo è per il motivo più importante e sottovalutato -
sottolinea l’esponente del Pd -: la Slovenia ha già detto no al rigassificatore
sul suo confine» anche «al più alto livello. Le regole europee sono dalla sua
parte. Tondo riuscirà a far cambiare idea agli sloveni? In questo caso si
adoperi per convincerli a far stendere una manciata di binari fra i porti di
Trieste e Capodistria».
Tononi: «L’incoerenza è tutta di Cosolini»
L’esponente Pdl: da assessore regionale sosteneva l’opera. Marini:
governatore, nessuna retromarcia
In questa ennesima puntata dell’infinito dibattito sul rigassificatore che
ha visto negli anni più partiti piroettare sulle proprie posizioni, i pidiellini
di Trieste che siedono in Consiglio regionale fanno quadrato attorno al loro
presidente. E se Bruno Marini sostiene che «apparentemente quella di Tondo può
sembrare una retromarcia, ma non lo è», il suo collega Piero Tononi contrattacca
sul sindaco Roberto Cosolini, «che accusa strumentalmente Tondo di sentire aria
di elezioni solo perché ha saggiamente parlato di decisioni condivise».
L’affondo: «È quello stesso Cosolini che per cinque anni ha fatto l’assessore
regionale al Lavoro (giunta Illy, ndr) sostenendo in ogni sede l’insediamento di
Zaule, per poi da candidato sindaco modificare repentinamente opinione alla
vigilia delle elezioni comunali?» Ecco allora rovesciata l’accusa: «Se si tratta
della stessa persona - incalza Tononi - non andrebbe neanche preso sul serio,
vista la sua assoluta incoerenza su un tema che nel contesto economico attuale
andrebbe invece affrontato con un profilo più autorevole di quello dimostrato in
questi anni da Cosolini». E ancora, «il sindaco non pensi di fare il gioco di
chi da un parte manifesta una contrarietà d’ufficio per soddisfare le pulsioni
politiche di cui è ostaggio, dall’altra lascia il lavoro scomodo agli altri
enti, sperando magari poi di ricavare benefici in termini di compensazioni
grazie all’operato altrui. La condivisione delle scelte deve essere un passaggio
in cui ognuno, rinunciando alle facili posizioni di rendita elettorale e
guardando invece al futuro di un territorio in cui crescita economica,
occupazione e ambiente possono trovare le ragioni di una imprescindibile
convivenza». Marini intanto parla di «linea concordata» con Tondo: e anzi,
ricorda, «quando all’assessore Sandra Savino venne data la delega all’Ambiente,
dissi con chiarezza, in particolare a Lega e Udc, che nessuno avrebbe potuto
pensare a un Pdl che si assumesse il fardello da solo». Marini ribadisce: «Il
nostro non è un sì pregiudiziale, e neanche un no. Andiamo a verificare le
ricadute economiche dell’impianto. Un dietrofront elettorale? Difficile parlare
in questi termini, posto che anche nel governo assistiamo alle due posizioni
contrapposte sul tema da parte dei ministri Clini e Passera». Infine, da
Un’Altra Trieste, l’attacco di Franco Bandelli: «Ci siamo dimenticati che Tondo
nel 2010 tolse le deleghe all’allora assessore regionale al Lavoro (Alessia
Rosolen oggi di Un’Altra Trieste, ndr) solo perché partecipò a un’assemblea
pubblica in cui si disse contraria al gnl? Tondo non può prendere in giro i
triestini».
Bianca Degrassi abita in via Pitacco: pulisco di
continuo ma sui mobili c’è polvere nera - Una vita a respirare Ferriera
Con lui ti svegli, mangi e ti addormenti. Il mostro è sempre là, calmo e
fermo, con quel filo grigio che si alza leggero e disegna una linea sottile nel
cielo di Trieste. È la Ferriera. I fumi si levano nell'aria, avvolgono la città,
si insinuano nelle case, entrano nella bocca, nel naso, scendono nei polmoni. La
signora Bianca Degrassi abita in via Pitacco, a Servola, in uno di quei
condomini assegnati negli anni Cinquanta agli esuli. Un appartamento modesto e
decoroso, arredato con allegria. Bianca ha 62 anni e ha perso il marito. È
deceduto per un tumore diffuso a 46 anni. «Era sano, non beveva e non fumava»,
ricorda. Bianca ha due nipotine, di 8 e 2 mesi. Sono la sua gioia e la sua
paura. «A me può succedere tutto, ma a loro no». Un'angoscia diventata regola,
sopravvivenza. Bianca e le due bimbe, quando i genitori le lasciano lì da lei,
vivono tappate dentro: le finestre devono restare chiuse, anche con il caldo di
agosto. Ci pensa il ventilatore a far girare un po' l’aria. La fabbrica è lì
davanti al terrazzo, saranno duecento metri. La sera prima si è arrabbiata. Si
arrabbia spesso. Quando cala il buio inizia a sputare fiamme. Bianca ci ha fatto
l'abitudine e ci scherza su: «In casa non occorre nemmeno accendere la luce». La
giornata comincia il mattino presto, la prima cosa da fare è pulire il
pavimento. Oggi fuori è stranamente tranquillo e Bianca può sedersi in cucina,
aprire una finestra e raccontare. «Venga con me», dice indicando il mobile del
soggiorno. Ci passa su la mano, le dita sono nere, nere di polvere. «Come posso
fare con le bimbe che camminano a gattoni e mettono le dita in bocca? E cosa
respirano?». Allora le porta via, al mare, in centro. Via da Servola. Via dal
mostro cattivo. Già, il respiro. La vita da proteggere da quella ferraglia nata
a fine Ottocento, all’epoca in piena periferia. Ma poi: sarà un mostro, ma anche
lui, a suo modo, dà vita. È una fabbrica e al suo destino è appeso il futuro di
centinaia di operai: si sfiorano i mille, con l’indotto. Bianca lo sa ma, come
decine di servolani, vorrebbe che lo stabilimento chiudesse o che cambiasse
produzione con una più sicura. Se ne parla da anni. «Promesse elettorali alle
quali non crediamo», dicono in paese. Perché Servola è come un paese, ma sempre
più spettrale e stanco. Un vecchio è seduto su una panchina, abita qui da
cinquant’anni. «Ci ho fatto l’abitudine». Passa l’autobus, la numero 8, scende
una donna con la borsa della spesa: «Non cambierà nulla». Allora ci si difende
come si può. Quando l'aria diventa impossibile si allertano forze dell'ordine,
vigili del fuoco, Arpa, Azienda sanitaria. Chiamano tutti perché il rione si
riempie di una puzza misto zolfo, catrame e ammoniaca che prende la gola. Di
notte via con le sirene, gli altoparlanti, i camion. La vita qui è una lotta
infinita contro polvere, fumi e rumori. Ma lì, sotto i camini, c'è gente che
suda per uno stipendio. Che fare? Anche Trieste, come Taranto, ha la sua Ilva.
Anche Trieste, come Taranto, combatte da decenni l'eterno dilemma cui nessuno sa
rispondere: la salute o l'occupazione? La Ferriera inquina, si sa, ma la città
ha fame di lavoro. Ci sono le associazioni ambientaliste che raccolgono dati,
tampinano i politici, preparano dossier. Gli ultimi numeri in mano all'onlus “No
smog” sono desolanti: l'Arpa continua a registrare sforamenti, che suonano come
un disco rotto all'orecchio delle istituzioni. Ci sono il benzopirene, il
benzene, la diossina. Roba che ammorba come poche. Lo sa la gente? Lo sa quella
mamma che tiene in braccio il bimbo, lì in via Pitacco? È tenuta a sapere cosa
significa che una sostanza può avere effetti mutageni, teratogeni e cancerogeni?
Tutto certificato, anche dalle lettere che Azienda sanitaria, Comune e proprietà
si rimpallano come un terribile gioco a rimpiattino, tra esposti e indagini
della magistratura. Lo sa chi abita nelle ville di via del Ponticello, lo sanno
le agenzie immobiliari che vendono a prezzi stracciati case che nessuno compra.
Lo sa il signor Alessandro, titolare di un'azienda agricola a due passi dalla
fabbrica. Nel suo orto coltiva pomodori e piante. Rassegnato, con la sua
campagna vista Ferriera e fumo. Il filo grigio che soffoca Trieste e mescola
paure e promesse.
Gianpaolo Sarti
Siderurgia o no, un rebus a caccia di soluzioni in
vista del 2015 - IL REPORTAGE
Mentre a Taranto è esploso il caso Ilva, Trieste va avanti da anni tra
inquinamento, indagini della magistratura, proposte di riconversione. Ora si
punta all’apertura di un percorso in attesa del 2015, data in cui si prevede (se
non interverranno altri fattori a far precipitare le cose) la chiusura dello
stabilimento: il ministero dello Sviluppo economico ha proposto a enti locali e
sindacati una «dichiarazione d’intenti» che apre alla siderurgia - sebbene
“pulita” - anche oltre il 2015. Sul tavolo anche l’interesse per lo stabilimento
di Sertubi-Jindal, che però prima di scoprire le carte vuole ottenere il via
libera alla siderurgia. Gli enti locali, invece, chiedono che sia innanzitutto
chiarito il tenore di qualsiasi proposta. Gli operai vivono intanto
nell’incertezza del posto di lavoro, mentre chi abita a Servola teme per la
propria salute. Una situazione che questo reportage punta a raccontare.
(g.s.)
Laureni: attendiamo i dati sugli sforamenti - IL COMUNE
L’assessore: produzione da ridurre se a giugno e luglio i valori saranno
risultati fuori limite
I dati dell’Arpa sulle emissioni di benzopirene, riferiti ai primi cinque
mesi del 2012, non lasciano spazio a dubbi: ancora sforamenti. Secondo la
centralina posizionata in via San Lorenzo in Selva a Servola, dunque in
prossimità della Ferriera, a gennaio la media mensile era di 3,8 nanogrammi per
metro cubo d’aria; a febbraio, nonostante la bora, 5,3. A marzo ancora un
aumento: 5,5 nanogrammi, mentre ad aprile si è tornati a scendere a 5, e ancora
a 3,9 in maggio. I numeri disponibili, per il momento, si fermano qui. Ma è già
abbastanza: la legge votata a febbraio in Consiglio regionale, a ben vedere,
fissa un limite. O, meglio, «un valore obiettivo» medio annuale: cioè 1
nanogrammo. Quindi anche se nei mesi successivi si dovessero verificare
miglioramenti, la media registrata nell’arco dell’anno superebbe comunque quanto
stabilito. Il Comune, stando alla legge, è costretto a intervenire. Le “Norme
urgenti per il contenimento delle emissioni di inquinanti da benzopirene,
arsenico, cadmio e nichel sul territorio”, affermano infatti che «in presenza di
un rischio per la dannosità per la salute, il raggiungimento dei valori
obiettivo deve essere conseguito nel più breve tempo possibile». E poi: «Ancora
prima della scadenza annuale, il Comune, sentita l’Azienda per i servizi
sanitari, adotta misure urgenti per la protezione e la tutela della salute,
anche mediante azioni limitative e sanzionatorie nei confronti dei soggetti
inquinanti». L’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni è ben consapevole
della situazione. In un recente sopralluogo nello stabilimento, in cui ha
verificato di persona l’attuazione degli interventi tecnici previsti da
un’ordinanza del sindaco per eliminare le emissioni, Laureni ha contestato
all’azienda i superamenti di benzopirene nei primi cinque mesi del 2012. «Poiché
il trend delle concentrazioni è in costante diminuzione - ha affermato
l’assessore - ho concordato con il sindaco Roberto Cosolini di attendere i dati
ufficiali dei due mesi successivi (giugno e luglio, ndr), non ancora trasmessi
dall'Arpa, prima di decidere in merito a nuove specifiche richieste di
mitigazione». Laureni aggiunge che, nel caso l’agenzia dovesse riscontrare
valori sopra il limite, «il Comune prenderà provvedimenti per la riduzione della
produzione».
(g.s.)
GHISA E FERROLEGHE DAL 1897
Il primo nucleo della Ferriera viene insediato nel 1897 dalla Società
industriale della Carniola per produrre ghisa e ferroleghe. Dopo la crisi del
’29 viene rilevata dall’Ilva (1931). Nel 1961 nasce l’Italsider, poi - nel 1981
- lo stabilimento passerà alla Terni. L’anno dopo inizia la privatizzazione con
la Terni-Acciai speciali. Nel 1989 la Ferriera passa al gruppo Pittini, poi la
nuova crisi e il commissariamento. Nel 1995 arriva il Gruppo Lucchini, poi - di
crisi in crisi - 10 anni dopo passa alla russa Severstal.
«Senza questa fabbrica mille operai in strada»
Roberto Pocusta, al lavoro nello stabilimento dal 1991: riconversione,
non c’è alcun progetto e non si sa chi metterebbe i soldi.
La preoccupazione è grande
«La Ferriera non si tocca». Certo ci sono disagi, ma tutto sommato sono,
appunto, disagi. Però, ammette, a Servola «non prenderei casa». Roberto Pocusta
lavora nello stabilimento della Severstal-Lucchini dal 1991. Cinquantadue anni,
triestino, una figlia, ha iniziato come operaio generico e oggi è capo reparto
della macchina “a colare”. È il sistema che solidifica la ghisa per la vendita
alle acciaierie e alle fonderie; o alla Sertubi che è lì a fianco. È un tecnico:
segue i macchinari, gestisce le squadre e le forniture. Guadagna duemila euro al
mese per 8 ore di lavoro al giorno. Nessuna tessera di partito, tanto meno di
sindacati. La produzione in fabbrica, che tra l'impresa e l'indotto dà lavoro
ogni giorno a un migliaio di persone, è attiva 24 ore su 24. Sono i turnisti a
coprire l’orario. «Loro fanno sicuramente più fatica di me, il loro mestiere è
pesante. Fa molto caldo, l'ambiente è polveroso, ci si sporca – spiega – ma le
mascherine protettive sono obbligatorie. Comunque ci sono anche i dispositivi di
captazione e filtraggio». Nessun pericolo quindi? «Mah, si respira polvere anche
quando si fanno le pulizie di casa. Le situazioni anomale possono capitare
quando ci sono guasti, però il personale è attento e segnala tutto con
tempestività. E la proprietà interviene». È la cokeria, più che l'altoforno, la
sezione più polverosa e rumorosa. Quella che già quarant'anni fa qualcuno aveva
cominciato a mettere in dubbio. Questo qualcuno oggi è un ministro
dell'Ambiente: Corrado Clini. L'altro è un assessore comunale: Umberto Laureni.
Entrambi, assieme a una nutrita équipe, nel ’74 avevano firmato un'indagine per
conto del Comune di Trieste sull'allora Italsider. Una ricerca particolareggiata
che faceva luce sulle condizioni di lavoro in cokeria. Ecco cosa scrivevano nel
dossier: il personale «è esposto a seri rischi se non verranno adottate urgenti
ed efficaci misure». Laureni ricorda lo studio: «Avevamo scoperto che
l'esposizione provocava pericoli per la salute dei lavoratori e che si dovevano
attuare dispositivi di sicurezza». La proprietà, va sottolineato, negli anni di
investimenti ne ha fatti. Sono sufficienti? Pocusta si sente al sicuro. «Senza
la Ferriera – insiste – non avremo un posto fisso. Credo che sia giusto
continuare a produrre ghisa perché è un'attività che crea occupazione.
Altrimenti non esistono famiglie, non esiste vita sociale». Oltre alla Ferriera
non vede altro, non in questo momento: «Non c'è alcun progetto di riconversione,
nessuna proposta. E poi riconvertire in cosa? Chi bonifica? Con quali soldi?»,
domanda. «Se è vero che nel 2015 si ferma tutto allora si blocca anche Sertubi e
mille operai restano in strada. Trieste non potrebbe sopportare questo. Qui in
fabbrica c'è molta preoccupazione: ci sono tante famiglie che vivono grazie a
questo stabilimento. E non vediamo un futuro concreto». Ecco dunque la domanda,
quella cruciale: salute o lavoro? Pocusta ribatte: «Non credo che qui assorbiamo
sostanze pericolose. Io non ho mai avuto problemi e poi siamo tutti tenuti sotto
controllo con viste annuali». La gente fuori però si lamenta, e tanto. «Li
capisco, anche noi ci preoccupiamo della salute. Però – ribadisce – non credo ci
sia pericolo, non mi pare che l'inquinamento sia più grave che in centro. Anche
perché le emissioni sono diminuite grazie ai dispositivi che la Lucchini ha
installato. No, non abiterei qui perché i rumori e l'odore sono un disagio. A un
figlio consiglierei di lavorare qua, perché in fondo non ci sono rischi. A parte
l'incertezza sul futuro».
(g.s.)
«Bonifica, attenti a non intaccare il lavoro» -
QUESTIONARIO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA
Sondaggio tra operai su Taranto: per il 39% Trieste «non sarà una seconda
Ilva»
La maggioranza degli intervistati dà ragione al ministro dell’Ambiente
Corrado Clini quando, in un intervento a Trieste, affermava che la vicenda della
Ferriera «non sarà certamente una seconda Ilva». Il 39% la vede così, il 23%
crede che sia «già un’Ilva 2», mentre il 10% rileva che la situazione è
addirittura «peggiore». È quanto emerge dal questionario che il Partito di
Rifondazione comunista di Trieste ha sottoposto a 400 lavoratori dello
stabilimento siderurgico di Servola nei giorni scorsi. Un’ottantina di operai ha
risposto all’iniziativa. Rifondazione ha sondato, in particolare, il parere
degli operai della fabbrica triestina in merito all’ordinanza di chiusura
disposta dalla magistratura e l’emergenza ambientale di Taranto. Per il 69% la
bonifica del territorio dovrebbe avvenire «stando attenti a non intaccare
l’occupazione». Il 58%, inoltre, valuta positivamente che i pm contestino ai
dirigenti dell’Ilva i reati di disastro ambientale e di omicidio colposo
plurimo, oltre che «una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione
del risparmio sulle spese per le performance ambientali». In un’altra domanda,
invece, il 61% non si ritiene «così sciocco da mettere a repentaglio la salute
per salvaguardare il posto». La stessa percentuale che, peraltro, imputa
responsabilità allo Stato e dell’Ilva «che non tira fuori un quattrino per
rimediare ai veleni sputati dolorosamente nell’aria». È ancora un buon 62%,
infine, a pensare che a Taranto «la politica ha gravi responsabilità perché non
ha messo i paletti alle aziende per evitare l’inquinamento.
(g.s.)
«Immobiliare, prezzi bassi ma nessuno compra a Servola»
- LA FIAIP
A Servola il mercato immobiliare è bloccato. Lo conferma la Fiaip, la
Federazione italiana agenti immobiliari professionali. «La zona più sfortunata è
quella in prossimità della Ferriera, in particolare via Pitacco» - dice il
segretario provinciale Stefano Nursi. «Nonostante i prezzi bassi non si vende
più. È raro vedere qualcuno disposto a cercare casa da quelle parti. Abbiamo
abitazioni che nessuno comprerà mai». Un appartamento in buone condizioni lì
costa attorno ai 1.200 euro a metro quadrato, contro una media di 1.600 euro in
zone non centrali della città. «Facciamo molta fatica ormai anche con i recenti
condomini costruiti in via del Carpineto - aggiunge - c’è poco da fare, a causa
dell’inquinamento il rione non piace. La gente sta lontana da Servola».
Difficoltà anche per le ville, come quelle che si trovano in via del Ponticello
e via dei Giardini. I prezzi, per le fasce medie, variano dai 170 mila ai 250
mila, a differenza dei 350 mila richiesti altrove. «È indubbiamente la zona più
difficile di Trieste», conclude Nursi.
(g.s.)
Grizon: «Nesladek, fai qualcosa di sinistra»
MUGGIA «È passato un altro anno e la situazione è rimasta la stessa se non
peggiorata: il sindaco deve proporre progetti concreti per bonificare gli
scarichi inquinanti.» Anche il consigliere di opposizione Claudio Grizon (Pdl)
interviene sul “caso Fugnan”. «Lo scorso anno avevamo sollecitato il sindaco
Nesladek ad intervenire e lui aveva ammesso che “a fronte di un’indiscutibile
responsabilità del nostro Comune sulla grave situazione emersa voglio ricordare
che il monitoraggio sull’inquinamento idrico territoriale fa capo anche ad
organi intercomunali deputati come l’Aato (Autorità d’ambito territoriale
ottimale) e che la soluzione deve passare attraverso una campagna di rilievi a
monte del Fugnan gestita dall’AcegasAps entro le unità dello stesso Ambito
territoriale. Il sindaco - dice Grizon - non ci risponda che neanche a Duino la
situazione è rosea e che a Trieste siamo ai limiti di legge: pensi a Muggia e in
ricordo della sua presidenza del Circolo Legambiente di Muggia faccia qualcosa
di sinistra, per favore! Verifichi quindi perché il porticciolo, come dimostra
il campionamento eseguito a Muggia, è risultato nuovamente fortemente inquinato.
Un anno fa auspicavo che Nesladek assumesse i provvedimenti opportuni ed
avviasse lungo il percorso del torrente le indagini, intimando la bonifica o il
divieto a far confluire nel torrente ogni tipo di scarico non consentito. È
trascorso un anno ma nulla è accaduto. Ora il sindaco deve dimostrare
tempestività, determinazione e chiarezza d’intenti: se sarà così saremo lieti di
sostenerne ed incoraggiarne l’impegno».
IL PICCOLO - SABATO, 18 agosto 2012
Sul rigassificatore Tondo tira il freno: «Mai avanti da
solo» - SVILUPPO»IL PROGETTO DI ZAULE
Tre mesi fa l’ok incondizionato, ora il governatore ci ripensa:
«Condivisione con gli enti locali». Cosolini: «Elezioni vicine»
Renzo Tondo inizia a pensarci su. Perché quell’ipotesi del “solo contro
tutti” comincia a disturbarlo un pochino. Anche se continua a ritenere la
realizzazione dell’opera «un bene. Per il Paese, per la regione e per la città
di Trieste», il presidente della Regione mette le mani avanti sul progetto del
rigassificatore di Zaule proposto dal colosso spagnolo Gas Natural. E lo fa in
una stagione calda dal punto di vista del meteo, ma piuttosto freddina sul piano
politico, con il “fermo-Consiglio” che abbraccia l’aula regionale di piazza
Oberdan così come quella municipale di piazza Unità. Allora, a dare una spinta
alla colonnina di mercurio politica, ecco le parole di Tondo, raggiunto
telefonicamente ieri nel pieno del suo periodo di ferie: «Se dovessi trovarmi di
fronte a enti locali assolutamente contrari al rigassificatore, perché dovrei
andare avanti da solo?». Chiarendo ulteriormente: «Se c’è una preclusione
preconcetta e ideologica - prosegue il governatore del Friuli Venezia Giulia -
da parte dei Comuni coinvolti e della Provincia, mi pare difficile che io come
Regione possa andare avanti...» Parole pronunciate nella consapevolezza che
Comune e Provincia di Trieste, così come il Comune di Muggia e quello di San
Dorligo della Valle già si sono espressi chiaramente per il “no” all’impianto
(l’aula municipale di piazza Unità lo ha fatto tanto nell’era Dipiazza quanto
nell’era Cosolini, e sempre in modo trasversale). E al loro coro si unisce la
contrarietà di comitati di cittadini, ambientalisti e anche del governo della
vicina Slovenia. In un giorno di agosto, mentre l’ombra delle prossime regionali
del 2013 inizia ad avanzare (e Renzo Tondo si candiderà per provare a
confermarsi alla presidenza), le affermazioni spavalde dell’inizio maggio scorso
all’assemblea di Confindustria Udine paiono più lontane di quanto non dica il
tempo trascorso. Sono passati poco più di tre mesi. «Sono opere da realizzare
anche a costo di giocarsi una parte del consenso», aveva sentenziato il 3 maggio
Tondo. Ora, però, la frenata. Che, mentre a Roma l’esecutivo del premier Mario
Monti da un lato spinge forte sul progetto (è la posizione del ministro dello
Sviluppo economico Corrado Passera) e dall’altro prende tempo in attesa di
acquisire tutti i pareri (il pensiero del ministro dell’Ambiente Corrado Clini),
non è una chiusura netta ma nemmeno più quell’apertura sconfinata di primavera.
«Fra le due posizioni, a favore e contro - spiega Tondo -, c’è anche una via di
mezzo, quella della non ostilità. Dipende dal grado di responsabilità delle
persone. Per me il rigassificatore è un bene e ne vanno negoziate le ricadute.
Mi auguro di trovare condivisione dagli enti locali, ma se così non fosse almeno
si apra un tavolo di confronto per analizzare punti positivi e negativi del
progetto per il territorio. Anche io stesso devo capirne le ricadute. La
posizione della Regione non è un “sì” per partito preso». Avrà accolto queste
dichiarazioni con un certo stupore il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, ma
tant’è. La sua ribattuta inizia con una premessa: «Da parte nostra non c’è mai
stata una posizione preconcetta, il “no” del Comune è tecnicamente e fortemente
motivato. Non c’è alcuna indisponibilità a sederci attorno a un tavolo,
certamente - arriva la prima frecciata - è questo un metodo più digeribile
rispetto a quanto affermato da Tondo all’assemblea degli industriali di
Udine...». «La nostra posizione - ribadisce Cosolini - resta negativa sulla base
di documenti e criticità su cui nel tempo non abbiamo ottenuto alcuna risposta
dal proponente». In chiusura la stoccata elettorale: «Mi pare chiaro che le
elezioni del 2013 si stiano avvicinando e - conclude il primo cittadino - credo
si ravvisi l’impopolarità di una decisione che passi sopra la testa dei
triestini...».
Matteo Unterweger
Bassa Poropat: un no motivato quel piano non dà
risposte - I COMMENTI
«Il nostro è un “no” motivato da quel progetto, incompleto e che non
fornisce risposte. Nessun pregiudizio». Comune e Provincia di Trieste allineate:
il pensiero di Maria Teresa Bassa Poropat, presidente dell’ente di palazzo
Galatti, sul rigassificatore di Zaule riflette quello del sindaco Roberto
Cosolini. «Siamo contrari a quel progetto (presentato da Gas Natural, ndr) -
integra Bassa Poropat -, ma potremmo condividerne forse uno diverso. Fra le
motivazioni, non ultima c’è quella dello sviluppo portuale della zona di Muggia.
Bisogna decidere cosa fare. La Capitaneria di porto ha di recente affermato (per
voce del suo comandante Antonio Basile, ndr) che al momento il rigassificatore
sarebbe compatibile con il traffico marittimo, ma perché oggi la movimentazione
è ridotta. Siamo tutti favorevoli al rilancio della portualità nell’area
muggesana. In ogni caso - conclude la presidente della Provincia - non mi pare
che la Regione si sia attivata per avviare degli incontri sul tema...». Saluta
con soddisfazione la frenata di Renzo Tondo il sindaco di Muggia, Nerio
Nesladek. «Non è un’illuminazione, ma evidentemente una presa di coscienza. Di
ideologico, comunque, anche da parte dell’amministrazione comunale di Muggia non
c’è niente - sottolinea Nesladek -. Noi abbiamo sempre lavorato su dati, con
tecnici e persone, chiedendo un confronto al proponente che però non c’è mai
stato. Se l’Alto Adriatico ha bisogno del gas - aggiunge - allora assieme a
Slovenia e Croazia lavoriamo a una soluzione con tecnologia moderna, non
impattante, sicura e meno costosa. Questa iniziativa avrebbe una grande valenza
geopolitica». A chiusura un appello a Tondo: «Farebbe bene a unirsi alla schiera
di chi sostiene che quel rigassificatore non s’ha da fare - conclude Nesladek -.
Se prendesse questa posizione, il “no” sarebbe anche una sua vittoria. Una
vittoria delle persone ragionevoli».
(m.u.)
Arpa contro Legambiente «Il mare del Fvg è pulito» -
DOPO LE “BOCCIATURE” DI GOLETTA VERDE
TRIESTE Ciascuno faccia il proprio mestiere. E quello della Goletta Verde di
Legambiente non è monitorare in modo accurato ed esaustivo tutte le coste del
Friuli Venezia Giulia - compito che istituzionalmente spetta invece all’Arpa -,
bensì semplicemente sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema
dell’inquinamento. Missione lodevole per carità, precisa il direttore del
Dipartimento udinese dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente
Giorgio Mattassi, che non autorizza però a spacciare per verità scientifiche gli
esiti di poche rilevazioni compiute a spot. Specie quando gettano ombre del
tutto ingiustificate sulla qualità dei mari del Friuli Venezia Giulia. I
risultati dei prelievi eseguiti dall’Arpa da aprile ad oggi, infatti,
restituiscono un’immagine delle nostre coste ben diversa rispetto alla
fotografia scattata da Legambiente, che aveva classificato come inquinate
quattro delle otto zone prese in esame (le foci dell’Isonzo e dello Stella e i
canali all’ingresso del Villaggio del Pescatore a Duino e in zona Caliterna a
Muggia). «Tutte le 55 aree costiere, più due lagunari, inserite nel nostro
monitoraggio sono risultate balneabili e in linea con i parametri di legge -
spiega Mattassi -. Non solo. Ben il 95% delle zone prese in esame è stato
classificato come “eccellente” per la qualità delle acque, il 4% (Marina Nova e
Marina Julia a Monfalcone) come buona e solo l’1% (Lido di Panzano a Staranzano)
come sufficiente». Le uniche criticità a livello di inquinamento marino,
chiariscono ancora dall’Arpa, sono state registrate in passato e per periodi
brevi in quatto località costiere (Bagno Punta Olmi a Muggia, Marina Nova a
Monfalcone, Lido di Staranzano e Diga Vecchia a Trieste). In tutte e quattro le
situazioni la concentrazione fuori norma di batteri fecali, riconducibile
peraltro a situazioni “note” come la vicinanza al depuratore di Servola nel caso
triestino e a eventi atmosferici come le abbondanti piogge e la piena
dell’Isonzo nelle due aree del Goriziano), ha fatto scattare le previste
ordinanze di revoca provvisoria della balneabilità, ma è comunque rientrata nel
giro di poche ore. Chi sceglie di fare un tuffo in regione quindi, puntualizza
ancora una volta l’Arpa, non corre alcun rischio. «Un’affermazione, questa, che
è il frutto di valutazioni oggettive e non di analisi estemporanee - conclude
Mattassi -. Ci preoccupa quindi che dall’iniziativa di Goletta verde, che noi
peraltro apprezziamo, possa uscire un messaggio distorto sullo stato di salute
delle nostre acque. Le “maglie nere” assegnate da Legambiente riguardano solo
zone, come le foci dei fiumi Isonzo e Stella, in cui fare il bagno è già
vietato. Legambiente cioè fa riferimento a situazioni note e sotto controllo,
riconducibili per lo più alla presenza di scarichi non ancora collettati, che
non devono in alcun modo creare allarmi sulla qualità delle aree frequentate dai
bagnanti».
(m.r.)
Muggia, caccia ai “furbi” che scaricano nel Fugnan
Il sindaco Nesladek: «Conto che l’Acegas completi la mappatura entro il
2013» Poi i privati dovranno allacciare le case alla rete fognaria a proprie
spese
MUGGIA Largo, alla foce, non più di tre metri, e profondo cinquanta
centimetri. Quel che basta per far assurgere Muggia alle cronache come uno dei
quattro siti marini più inquinati dell’intera costa regionale, come denunciato
da Legambiente e riportato dal Piccolo. Tutta colpa del Fugnan, nobile decaduto
che pare portare già nel nome il suo mesto destino. Di fogna, appunto. Perché di
una autentica fogna si tratta, come sanno tutti i muggesani dotati di olfatto. A
parole, tutti consapevoli che così non va, specialmente se si crede nel turismo
come carta vincente. A parole. Perché la bonifica del Fugnan era stata già una
delle battaglie (annunciate ma mai combattute, evidentemente) dall’allora
sindaco Willer Bordon. Correva l’anno 1980. Sono passati trentadue anni, in
piazza Marconi si sono succedute giunte di tutti i colori, la Prima Repubblica
ha lasciato il posto alla Seconda ma il Fugnan è sempre lì, col suo carico di
liquami sversati in pieno centro. Che si spandono nel piccolo golfo e vanno a
lambire, verso sinistra, piazza Caliterna dove venerdì 31 agosto si terrà la
serata “Gusti e sapori di Muggia” e poi le terrazze a mare di tre ristoranti. A
destra invece ci sono via via la canottieri Pullino, un nuovo quartiere
residenziale in costruzione bordo-mare, la spiaggetta davanti all’hotel Lido
(con tanto di cartello di balneazione proibita che nessuno rispetta), i cantieri
di rimessaggio di Porto San Rocco, il molo Balotta trasformato in spiaggia e
parcheggio di camper, Fido Lido (poveri cani). Tanto per citare alcune delle
attività legate al mare nel breve tratto di costa dal centro alle foci dell’Ospo.
Negli ultimi metri a cielo aperto il Fugnan è un insignificante ruscello in cui
non vivono neanche più le rane, che pure sono di bocca buona. Ma da via dei
Mulini in poi il ruscello che un tempo più nobilmente alimentava il fossato
delle mura medievali scompare sotto l’asfalto di via XXV Aprile e non rivede più
la luce fino al mare. E in quel chilometro o poco più - miracolo - la sua
portata decuplica a dir poco. Ma non di acqua. «Il problema era ben noto -
ammette il sindaco Nesladek - e adesso aspettiamo che l’Acegas, braccio
operativo dell’ambito territoriale anche per le reti fognarie faccia le sue
ricerche con i coloranti. Sarà un’operazione di pazienza certosina, ma si sta
già lavorando al piano di interventi per cui penso che entro la fine dell’anno
prossimo la mappatura dei versamenti sarà effettuata». E poi? Poi si tratterà di
bonificare. Partiranno le ordinanze comunali: le case che non sono allacciate da
vecchia data dovranno solo allacciarsi alle fogne (a spese proprie), mentre chi
ha fatto il furbo in anni più recenti rischia anche una denuncia penale. Senza
escludere nemmeno spandimenti della fognatura. E in questo caso interverrà il
Comune. Prima o poi.
Livio Missio
Scempio ambientale in Val Rosandra - Via libera alla
perizia - NO ALLA DIFESA
Il gip Luigi Dainotti ha rigettato l’istanza di incidente probatorio da
parte dei difensori del vicepresidente della Regione Luca Ciriani in merito
all’indagine del pm Antonio Miggiani sul diastro ambientale della Val Rosandra,
lo scorso marzo. In pratica il giudice Dainotti ha dato il via libera definitivo
alla perizia dei consulenti tecnici Ezio Todini, docente di idrologia delle
costruzioni all’Università di Bologna e al biologo triestini Dario Gasparo,
incaricati dal pm Miggiani. Secondo i legali di Ciriani e della protezione
civile, gli avvocati Luca Ponti, Lorenzo Presot e Caterina Belletti, sarebbe
stato necessario dar corso ad un accertamento tecnico, con gli stessi connotati
dell'urgenza, che offrisse maggiori garanzie sotto i profili dell'obiettività e
oggettività. In particolare, i legali avevano evidenziato nella richiesta al Gip
come i consulenti indicati dal pm «rappresentino distintamente elementi di
parzialità che non aiutano nella ricostruzione oggettiva e serena dei fatti
necessaria in questa fase del procedimento». Ma il giudice Dainotti ha rigettato
la richiesta non ritenendo conferenti le motivazioni dei difensori di Ciriani e
della protezione civile. Ora si attendono gli esiti della perizia che dovrà
essere depositata entro la seconda metà di settembre.
IL PICCOLO - VENERDI', 17 agosto 2012
Inquinamento, Goletta Verde accusa la foce del Fugnan
Il torrente di Muggia sotto osservazione dopo le analisi di Legambiente:
scarichi abusivi di vecchia data
la risposta del Comune Stiamo verificando casi di abusivismo. Chiederemo all’AcegasAps
una mappatura completa della zona
MUGGIA Indagini per una mappatura completa e verifica delle situazioni
abusive. Sono queste le azioni che il Comune ha messo in atto per la verifica
degli inquinamenti fognari, segnalati nei giorni scorsi dalla Goletta verde di
Legambiente, con la quale prosegue la collaborazione contro il progetto del
rigassificatore di Zaule. Uno sforamento annunciato, quello rilevato alla foce
del torrente Fugnan da Legambiente, durante l'analisi delle acque marine in
Friuli Venezia Giulia che hanno chiuso la campagna nazionale di Goletta verde
proprio a Trieste. Nella nostra regione sono stati presi in considerazione 8
punti di prelievo, tra i quali quello nei pressi del parcheggio Caliterna nel
Comune di Muggia. In questo punto, come prevedibile, sono stati rilevati
sforamenti per quanto riguarda l'inquinamento biologico, cioè batterico, legato
alle attività umane. «Per noi è un problema noto e in quest'ultimo anno non
siamo stati con le mani in mano. Ringraziamo Legambiente per la preziosa
collaborazione – ha dichiarato l'assessore all'Ambiente dell'amministrazione
comunale muggesana, Fabio Longo – e ribadiamo di essere già al lavoro per porre
rimedio alla situazione. Abbiamo effettuato alcune ricerche per escludere, come
poi è stato confermato, che parte dell'inquinamento potesse arrivare dalla
Slovenia. Ora stiamo cercando un accordo con AcegasAps per ottenere una
mappatura completa della zona: bisogna verificare gli eventuali casi di
abusivismo, ma anche situazioni pregresse, risalenti a decine di anni fa. Resta
poi il problema dei fondi per eventuali interventi che stiamo cercando di
reperire. Si tratterebbe di spese eccezionali e non di poche migliaia di euro».
Resta sempre attuale, dunque, la questione legata al mancato collegamento di una
serie di abitazioni alla rete fognaria, con la conseguenza che gli scarichi
vengono raccolti dal torrente che poi li sversa in mare. Nessun problema per la
balneazione («non rilasciamo patenti di balneabilità», hanno detto i
responsabili di Legambiente) ma un forte sollecito per risolvere una situazione
piuttosto complessa e in parte indipendente dalle volontà dell'amministrazione,
come ha sottolineato la stessa responsabile del Circolo triestino
dell'associazione ambientalista, Lucia Sirocco: «Non diamo sempre la colpa alle
amministrazioni. Gli scarichi abusivi sono soprattutto un problema di malcostume
da parte dei cittadini. Siamo noi per primi a dover mettere in atto
comportamenti adeguati». L'appuntamento con Legambiente ha ribadito la
collaborazione tra l'amministrazione muggesana e l'associazione, non solo sul
tema delle reti fognarie ma anche su quello relativo al rigassificatore. Gli
esponenti locali di Legambiente, infatti, hanno chiesto aiuto proprio a Goletta
verde, per monitorare in futuro anche la temperatura e altri parametri fisici
delle acque della baia di Muggia, proprio per ribadire i pericoli che potrebbero
derivare dall'impianto proposto da Gas Natural.
«Caso Ferriera, la legge regionale prevede azioni
d’urgenza» - LUPIERI (PD)
«In base alle dichiarazioni rilasciate dal ministro Clini sulla impossibile
vivibilità accanto all’Ilva di Taranto, mi piacerebbe chiedergli se invece
farebbe crescere un suo nipotino nel quartiere di Servola a Trieste, e, se vi
prenderebbe mai casa, stante gli inquietanti dati sull’inquinamento della zona
rilevati dall’Arpa e trasmessi dall’Azienda sanitaria triestina agli enti locali
e alla Procura della Repubblica». Lo afferma Sergio Lupieri, consigliere
regionale del Pd e vicepresidente della III Commissione sanità, rivolgendosi al
ministro dell’Ambiente Corrado Clini. «La legge regionale 01/2012 - prosegue
Lupieri - entra in vigore in caso di superamento dei valori obiettivo di
benzopirene anche prima della scadenza annuale, e a Servola registriamo un primo
trimestre con una concentrazione di 5 nanogrammi di benzopirene, per cui anche
considerando inferiori le rilevazioni successive, 3,9 nel secondo trimestre,
siamo già praticamente oltre la media annuale consentita di 1 nanogrammo. La
legge obbliga il Comune, sentita l’Azienda sanitaria, ad adottare misure urgenti
per la protezione e la tutela della salute, anche mediante azioni limitative e
sanzionatorie nei confronti dei soggetti inquinanti. La normativa inoltre
obbliga a non aspettare la fine dell’anno, ma quando viene evidenziata una
situazione di rischio di dannosità per la salute dei lavoratori e dei cittadini
e per la tutela dell’ambiente, fa adottare al Comune ordinanze urgenti.
Certamente - conclude Lupieri - bisogna continuare il percorso per la
riconversione produttiva dell’area al fine di salvaguardare i livelli di
occupazione, ma prima di dichiararsi favorevoli a qualsivoglia attività con una
dichiarazione di intenti, bisogna garantire la compatibilità ambientale e
tutelare lo stato di salute dei lavoratori e della popolazione».
Ambiente, bando per scuole medie - ASSESSORATO
ALL’EDUCAZIONE
I ragazzi realizzeranno progetti nel campo delle energie rinnovabili
Nell'ambito della collaborazione tra l'assessorato comunale all'Educazione e
le scuole statali dell'obbligo attive sul territorio, collaborazione che vede il
Comune contribuire, con proposte e contributi, alla programmazione e
realizzazione dei piani dell'offerta formativa delle scuole dell'autonomia, si
inserisce la proposta di un bando riservato alle scuole secondarie di primo
grado, cioè le medie. Il bando è finalizzato a concedere un contributo di
duemila euro mirato alla «realizzazione di progetti e laboratori per
l'educazione alla sostenibilità ambientale, precisamente nel campo delle energie
rinnovabili, al fine di promuovere sviluppo di conoscenze e azioni concrete
sull'argomento», spiega una nota del Comune. «Il bando - precisa poi l’assessore
Antonella Grim - è stato assunto con una delibera della giunta e verrà inviato
agli istituti comprensivi all'inizio del prossimo anno scolastico, chiedendo
alle classi di realizzare dei progetti nel campo delle energie rinnovabili».
Presentando questo bando - ricorda infine l’assessore - «vogliamo far riflettere
i ragazzi sulle sempre più fondamentali tematiche legate alla sostenibilità
ambientale, in particolare alla partita, sempre più attuale e importante per il
nostro futuro, delle energie rinnovabili. È un piccolo contributo per sostenere
insegnanti e ragazzi nel rafforzare la loro sensibilità ambientale e diventare
cittadini sempre più consapevoli e propositivi».
SEGNALAZIONI - Rigassificatore L’esempio di Rotterdam
Ho letto sul Piccolo gli appunti fatti dagli ingegneri Trincas e Nabergoj all’ammiraglio Basile, comandante della Capitaneria di Trieste, con i quali si asserisce che la presenza di una nave gasiera in un eventuale terminal del porto di Trieste bloccherebbe tutta l’attività dello scalo. Non so in quale capitolo della Solas hanno letto le prescrizioni talmente restrittive riportate, però ritengo che prima di fare delle polemiche relative alla nostra piccola realtà locale bisognerebbe guardarsi un po’ attorno e vedere che cosa succede nei complessi portuali ben più importanti di Trieste. Ad esempio, cito il fatto che nel 2011 è stato inaugurato a Rotterdam, il primo porto europeo e il terzo mondiale, un impianto Lng. Tale struttura ha una capacità annua di 12 miliardi di metri cubi e i suoi serbatoi possono immagazzinare fino a 180.000 metri cubi di gas. Si estende su una superficie di 35 ettari all’ingresso del “Europhaven” a Maasvlakte, in prossimità della foce del fiume Maas, che porta a tutti gli impianti portuali del grande porto olandese. L’impianto ha accolto, il 27 luglio dello scorso anno, una delle maggiori navi per il trasporto di Lng al mondo, la “Al Samriya” della capacità di 263.000 metri cubi di gas. Il terminale, che è costato 800 milioni di euro, è stato anche nominato “Progetto Lng of the Year” dall’European construction Institute. Mi sembra quindi molto improbabile che un porto di dimensioni enormemente più grandi di quello di Trieste e con un traffico di molte centinaia di volte superiore a quello del nostro scalo possa correre il rischio di bloccare tutto quando una nave gasiera manovri o stazioni nel porto. Un fatto solo voglio rilevare. Ogni volta che a Trieste è stata presentata un’iniziativa che potesse aumentare il traffico portuale (vedi porto petroli, terminal carboni, rigassificatore, ecc.) si sono subito levati cori di protesta. I traffici marittimi per il nostro porto vanno bene solamente se sono puliti mentre le grosse realtà portuali mondiali, che già trattano milioni e milioni di tonnellate e quindi potrebbero selezionare le tipologie di merci da trattare, non rifiutano nulla perché traffico chiama traffico. Vuol dire che siamo destinati a rimanere la piccola realtà attuale.
Gianfranco Badina
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 15 agosto 2012
Muggia e Duino bocciate da Legambiente -
i risultati delle analisi
Nella lista nera anche le acque delle foci dello Stella e dell’Isonzo.
Promosse Barcola, Grado, Lignano e Marina Julia
TRIESTE Sono le foci di fiumi, torrenti e canali le acque più inquinate in
Friuli Venezia Giulia. Il monitoraggio di Goletta Verde, che in regione ha
interessato otto aree, ha evidenziato come gli sbocchi sul mare dei corsi
d’acqua siano i punti maggiormente critici, tanto che le zone classificate come
inquinate sono tutte in corrispondenza di foci. A risultare non a norma con i
parametri previsti dalle normative sulle acque di balneazione è addirittura il
50% delle aree prese in esame: quattro siti su otto, infatti, non hanno superato
l’esame di Legambiente. In particolare sono state trovate fortemente contaminate
dalla presenza di batteri fecali le aree del Villaggio del Pescatore
(all’imbocco del porticciolo) a Duino Aurisina, il canale in zona Caliterna a
Muggia e la foce dello Stella a Precenicco. Inquinata, anche se in misura minore
rispetto alle altre situazioni, anche la foce dell’Isonzo a Punta Sdobba
(Grado). Restano entro i limiti di legge, invece, le rilevazioni effettuate
nelle spiagge: la scogliera di Barcola, Lignano Sabbiadoro, Grado e Marina Julia
hanno evidenziato parametri in linea con i valori di legge. I responsabili di
Legambiente sottolineano come la realtà preoccupante dei corsi d’acqua in
regione sia correlata in particolare a carenze negli impianti di depurazione
(non solo nelle aree costiere), talvolta assenti oppure non a norma nonostante
la direttiva europea in materia sia datata 1991. L’Italia è stata sanzionata
dall’Unione Europea in questo senso e a questa condanna hanno “contribuito”
anche due situazioni del Friuli Venezia Giulia, in particolare l’agglomerato
Trieste-Muggia, San Dorligo e Cervignano che tuttavia non sono le uniche realtà
critiche. «Ci preoccupa molto la vicenda relativa all’impianto di depurazione di
Grado - dichiara Elia Mioni, presidente di Legambiente Fvg -, un impianto che
potrebbe non garantire la depurazione delle acque reflue derivanti in gran parte
da scarichi di abitazioni. Se si considera che l’intera frazione di Fossalon è
ancora priva di rete fognaria e che i nuovi insediamenti previsti dai progetti
Grado 3 e Zamparini city, determinerebbero un aumento della richiesta di
capacità di depurazione dell’impianto, risolvere queste criticità diventa
fondamentale». «Il nostro monitoraggio – aggiunge Katiuscia Eroe, portavoce di
Goletta Verde - conferma quanto già emerso dai dati dell’Istat 2009 secondo cui
il Friuli Venezia Giulia ha il 77,3% di popolazione servita da un efficiente
servizio di depurazione, un valore inferiore di oltre quattro punti percentuali
rispetto alla media delle regioni costiere del Nord Italia, pari al 81,9%». Un
dato che, tradotto in numeri assoluti, porta a circa 500 mila i cittadini
(considerati anche i turisti che soggiornano in regione) che non usufruiscono di
un adeguato sistema di depurazione. Secondo la presidente triestina di
Legambiente, Lucia Sirocco, «bisogna quanto prima estendere a tutti i nuclei
abitati, soprattutto quelli carsici, il servizio di rete fognaria e monitorare
attentamente le foci per ridurre non solo il rischio sanitario, ma anche e
soprattutto per continuare a garantire la qualità ecologica del territorio. La
priorità - conclude Sirocco - è quella di adeguare il depuratore di Trieste a
quanto richiesto dalla normativa di settore». Il problema delle foci, peraltro,
non è una peculiarità solo del Friuli Venezia Giulia visto che gli sbocchi in
mare dei corsi d’acqua italiani sono inquinati nell’86% dei rilevamenti. Quanto
ai reati nelle zone costiere e in mare (soprattutto abusivismo edilizio e pesca
illegale), il dossier Mare Nostrum, realizzato sempre da Legambiente, pone la
nostra regione al 13° posto in Italia con 220 infrazioni accertate, 261 denunce
e arresti e 54 sequestri. In proporzione ai chilometri di costa, comunque, il
Fvg si colloca leggermente sopra la media nazionale.
Roberto Urizio
Rigassificatore, una scelta niente affatto “strategica”
- L’INTERVENTO DI MORENO VERTOVEC
Perché ancora il rigassificatore? Perché tanto accanimento? Si legge che il
ministro Corrado Passera vuole a tutti i costi il rigassificatore di Zaule,
considerato strategico, nonostante la contrarietà dei Comuni e della Provincia
di Trieste che ben conoscono la realtà del territorio, ad eccezione degli alieni
della Regione. Come può considerarsi ancora “strategico” qualsiasi intervento a
favore dell’uso di combustibili fossili che, come sappiamo benissimo, stanno
finendo? Infatti, come abbiamo ben che raggiunto e superato il “peak oil”,
stiamo probabilmente anche per sfondare il tetto del gas, nonostante
l’interessato, omertoso silenzio delle potenti lobby dell’energia e dei loro
satelliti politici. Per quanti anni potremo ancora permetterci di bruciare
allegramente combustibili fossili, continuando così, tra le altre cose, ad
alimentare l’effetto serra senza preoccuparci delle conseguenze? Probabilmente
ancora per pochi, tuttavia ciò viene ancora considerato strategico, alla faccia
delle energie rinnovabili. Strategia significa guardare al futuro, non al
bisogno immediato. Consapevoli del fatto che i combustibili fossili sono risorse
finite, quindi non rinnovabili, bisognerebbe iniziare seriamente a pensare al
solare, all’eolico, al geotermico, all’idrodinamico, al basso impatto
ambientale, alla qualità della vita e smetterla di alimentare l’ideologia del
profitto. La nostra società sta vivendo un periodo di crisi pesantissima, ma la
forza d’inerzia è ancora forte e ci impedisce di fermarci e di riflettere, o
addirittura di fare un passo indietro per provare a cancellare le cattive
abitudini che spingono allo sfruttamento estremo delle risorse naturali (ed
umane) con profitto per i pochi, soliti noti. Chiusa la premessa, forse un po’
demagogica per alcuni, ma lascio ai lettori valutare, è sicuramente opportuno
riconsiderare la visione del territorio di Trieste anche come polo energetico,
oltre che terziario, però con una visione realmente strategica e sostenibile per
il nostro futuro. A detta del ministro, con il rigassificatore ci sarebbe a
livello locale un impatto positivo in termini di occupazione, investimenti e
sviluppo del porto, ma perché no, invece, con un sistema di centrali a energie
rinnovabili? Perché non utilizzare una parte delle ampie aree Ezit per
realizzare impianti a energia solare o eolica a servizio della comunità
triestina, invece di progettare centri commerciali, dove potrebbero essere
riallocati i lavoratori delle industrie in crisi? Tutti verifichiamo
quotidianamente quanto ci costa il pieno di carburante e la bolletta del gas,
lievitata paurosamente nell’ultimo decennio, e tanti sanno cosa vuol dire
rinunciare a qualcosa per sostenere gli elevati costi dell’energia. Costi non
giustificati, in quanto nel “paese del sole” non si è mai pensato seriamente a
investire in energie rinnovabili, a differenza della Germania che fa tanta paura
perché detta legge sullo spread, ma vanta il mercato più grande al mondo di
energia solare. Già nel periodo asburgico si è pensato all’autosostenibilità
energetica tramite l’utilizzo delle risorse del territorio, come testimonia la
centrale idrodinamica in Porto vecchio, perché abbandonare tale vocazione? Il
territorio di Trieste ha già espresso contrarietà in merito al rigassificatore,
esclusi gli alieni, pertanto sta agli amministratori locali giocare la partita
in modo illuminato, in modo che i nostri figli non rinfaccino le scelte dei loro
padri e delle loro madri, contribuendo “in piccolo” a delineare una strategia
energetica per il futuro. Che passa attraverso le energie rinnovabili e non più,
ormai, attraverso i combustibili fossili.
SEGNALAZIONI - Rio Martesin Fuochi illegittimi
Nelle aule dei Tribunali troneggia sempre la scritta “La legge è uguale per tutti”, e di conseguenza anche le regole da rispettare. Poiché il posto del Rio Martesin almeno per il momento è ancora il regno del verde e degli alberi, spesso i residenti hanno avuto bisogno di eliminare bruciando sfalci e arbusti. Il fuoco oltre a essere pericoloso nelle prossimità delle case, crea fumi e inquinanti. È di questi giorni dove la siccità e il vento la fanno da padrone la notizia di innumerevoli fuochi non dovuti a piromani ma alla maldestra abitudine di bruciare le sterpaglie dei campi. Non sempre si riesca a controllare il fuoco che come l’acqua quando sfugge al controllo tutto distrugge. Ecco perché prima di accendere un fuoco la legge impone che il proprietario faccia debita domanda di permesso agli enti preposti, quali Vigili Urbani e Pompiere. Se al sopralluogo vengono riscontrate l’esistenza delle garanzie previste dalla “Legge” (fuoco di piccole dimensioni, provvisto di recinto ferma fiamme, distante almeno cento metri dalle abitazioni, con manichetta acqua ed estintori a portata di mano), viene rilasciato un permesso di durata annuale, che va citato ai Vigili del fuoco prima di innescare il rogo. In rio Martesin sembrerebbe che il diritto sia governato in modo diverso. Premesso che la tecnica moderna per questi problemi ha creato macchinari e modi per non utilizzare l’uso antico del fuoco, ci si chiede perché in rio Martesin nell’ex cantiere edile si accendano fuochi senza autorizzazioni, sprovvisti di ogni forma di contrasto nel caso il vento li propagasse al bosco circostante. I vigili del fuoco interpellati hanno giustificato che si accendesse un fuoco dalle ore 14 alle ore 17 del pomeriggio, del giorno 19 di agosto, giornata assolata con vento moderato, esistendo a loro dire una telefonata del fuochista che li rassicurava. Vorrei sapere perché non si è fatto un sopralluogo nel cantiere in disuso, per verificare l’esistenza dei documenti con le autorizzazioni previsti dalla legge e le condizioni di sicurezza, senza contare che in giornate calde torride, con vento, il fumo ha invaso con direzioni mutevoli la valle, creando difficoltà ad eventuali cittadini sofferenti di problemi respiratori. Oggi ci si batte con un corteo cittadino contro l’inquinamento della Ferriera, domani combatteremo contro l’inquinamento della Valle del Rio Martesin.
Dario Ferluga
SEGNALAZIONI - Biciclette Serve una pista
Trieste-Rabuiese - Come socia dell’Associazione Ulisse Fiab cicloturisti e ciclisti urbani di Trieste ho ricevuto, tramite la nostra mailing list, l’invito della Vice Sindaco Fabiana Martini a partecipare all’iniziativa «Pace in bici - Le città non sono bersagli» organizzata da «Beati i costruttori di pace». Mentre mi recavo in sella alla mia bicicletta alla piscina Bianchi, ho incontrato la carovana dei ciclisti (ben visibile grazie anche alle tante bandiere della pace) diretta verso Piazza Unità e scortata dalla Polizia Municipale. Complimenti per l’iniziativa. Anch’io sono per un mondo senza bombe atomiche e per far si che tragedie come quelle di Hiroshima e Nagasaki non abbiamo più a ripetersi. Mentre nuotavo però ho pensato che sarebbe stato bello se i ciclisti della carovana della pace avessero trovato, ad accoglierli, una bella pista ciclabile sicura da percorrere, che da Rabuiese li avrebbe portati fino in centro città. Con una pista ciclabile infatti non ci sarebbe stato bisogno della scorta delle motociclette e la stessa pista ciclabile (ancora meglio al plurale) darebbe modo, a chi ogni giorno usa la bicicletta come mezzo di trasporto,di sentirsi al riparo dal traffico di moto e auto. Mi risulta che anche il petrolio è motivo di guerre e la bicicletta, per andare avanti, non lo usa.
Clara Comelli
IL PICCOLO - MARTEDI', 14 agosto 2012
Goletta verde di Legambiente con i dati sul mare del
golfo
È arrivata ieri in città la Goletta verde, ormeggiata davanti a piazza
Unità, nell’ambito della storica campagna itinerante di Legambiente che ogni
estate monitora lo stato di salute dei mari e dei litorali italiani. Ieri gli
interessati hanno potuto visitare la Goletta. Oggi alle 11 nella sala matrimoni
del Comune (piazza Unità) il focus sulla qualità delle acque della regione.
IL PICCOLO - LUNEDI', 13 agosto 2012
Stop al progetto ma quel Ponte inghiotte soldi
Il governo ha definanziato l’opera sullo Stretto Manca però il “no”
definitivo, mai arrivato
ROMA La società scadrà il 31 dicembre del 2050, fra trentotto anni. Che il
ponte sullo stretto di Messina si faccia o meno, la società istituita nel 1981
per realizzare l'opera faraonica di cui in Italia si favoleggia dall'epoca
romana, avrà attraversato le generazioni con dispendio enorme di denaro pubblico
per un'impresa i cui tempi di costruzione previsti sono di appena sei anni e
mezzo. Dal 1985 _ data di inizio della concessione _ le spese per gli
investimenti effettuati ammontano a circa 300 milioni di euro, cifra spesa senza
che neppure ci sia stata la posa di una pietra. L'unica struttura accessoria
finora portata a compimento è la variante ferroviaria di Cannitello, a Villa San
Giovanni, costo 26 milioni di euro per deviare il percorso dei treni sulla linea
tirrenica e risolvere le interferenze con il futuro cantiere della torre da
quattrocento metri sulla costa calabrese. Dopo il tentativo di cancellare l'opera
durante il governo di centrosinistra, abortito per via della frenata dell'allora
ministro Antonio Di Pietro e il ritorno sugli altari del progetto nell'era
Berlusconi, con l'avvento a Palazzo Chigi di Mario Monti era sembrato arrivato
il momento di risolvere il rebus «ponte sì, ponte no». All'inizio dell'anno,
infatti, l'esecutivo aveva deciso di de-finanziare il progetto, ricollocando i
fondi CIPE previsti, pari a 1,6 miliardi di euro, una scelta che era sembrata
cancellare di fatto ogni residua possibilità di realizzazione. Lo schema di
finanziamento, aggiornato in sede di approvazione del progetto definitivo dalla
società, infatti, prevede che il 40% del fabbisogno finanziario _ pari a 3,5
miliardi _ sia coperto con risorse pubbliche, mentre la parte rimanente dovrà
essere assicurata dal mercato attraverso il sistema del project financing. E
poiché i costi previsti sono lievitati da 6,3 a 8,5 miliardi di euro, dai
privati dovranno arrivare 5 miliardi di euro, soldi che, in tempi di vacche
magre, non sono neppure all'orizzonte. Ma sebbene il governo abbia tolto al
ponte il puntello economico, lo stop definitivo in realtà non c'è mai stato e le
procedure tecniche vanno avanti. L'ultimo atto è stata la pubblicazione sul sito
del ministero dell'Ambiente del progetto definitivo su cui dovrà essere svolta
la procedura di verifica di ottemperanza degli elaborati alle prescrizioni al
progetto preliminare ai fini della Valutazione di impatto ambientale (Via) sulle
parti variate: scadenza per le osservazioni, il prossimo 15 settembre. Fatto
questo, toccherà al Cipe dire l'ultima parola. Più volte l'amministratore
delegato della società Stretto di Messina Piero Ciucci (che è anche commissario
straordinario per le opere connesse oltre che presidente dell'Anas, azionista di
maggioranza della società con l’81,8%) ha affermato che in mancanza di
indicazioni precise si va avanti: «Per legge la società è tenuta a realizzare il
progetto», in attesa di «indicazioni formali sulle decisioni da prendere». Ma la
scelta che chiude i giochi il governo non l'ha presa: il ministro dell'Ambiente
Corrado Clini ha ripetuto in diverse occasioni che l'opera prima di tutto «deve
essere identificata come strategica, mentre la valutazione di impatto ambientale
va fatta secondo le procedure stabilite per legge». Corrado Passera, titolare
del ministero dello Sviluppo economico ha detto più o meno le stesse cose: «Il
ponte non è una priorità. Non c’è una scelta definitiva e non lo considero tra
le infrastrutture prioritarie a cui dedicarci». Così la società, che oggi conta
56 dipendenti, continua a lavorare a una iniziativa che, sottolinea, produrrà un
impatto economico pari a «oltre otto miliardi di euro» e ricadute occupazionali
pari a circa 40 mila unità. E il contraente generale Eurolink (capogruppo
Impregilo) – a cui in caso di mancata realizzazione dell’opera spetterà comunque
il pagamento delle prestazioni rese e delle spese, e una penale del 5%
dell’importo residuo del contratto (425 milioni secondo gli ambientalisti, oltre
a 56 milioni dovuti per il progetto esecutivo), sta alla finestra. «È una
situazione paradossale: il ponte non è prioritario, ma le procedure vanno avanti
– commenta Stefano Lenzi, responsabile delle relazioni istituzionali del Wwf –
senza considerare che nell’ottobre scorso il ponte è anche stato cancellato dal
core network dei dieci corridoi delle Reti transeuropee. Un segnale il governo
l’ha dato, il Cipe non ritenendo accettabile il progetto potrebbe dire no: sulle
penali è tutto da vedere, se le opere non vengono avviate non scattano.
Ovviamente il general contractor ha tutto l’interesse a cominciare, bisogna
vedere chi fa gli interessi dello Stato». Per Marco Filippi, senatore del Pd,
che assieme a un gruppo di colleghi di Udc, Idv e Api ha presentato nel giorni
scorsi una interrogazione parlamentare, la società deve essere messa in
liquidazione e Ciucci deve essere rimosso: «Per noi è grave che si siano siglati
contratti di affidamento lavori senza la necessaria copertura finanziaria» dice
Filippi, «e ormai sono venuti meno anche i presupposti di continuità aziendale».
Nel bilancio 2011 di Anas (approvato nel maggio 2012) secondo i parlamentari,
non si indica il definanziamento di 1,6 miliardi, mentre nel bilancio 2011 della
Stretto di Messina «pur evidenziando il totale azzeramento dei contributi
pubblici», non viene evidenziato che «è venuto meno uno dei pilastri del
bilancio di esercizio». Chi definisce «non seria» la posizione del governo Monti
che non decide, è l’ex ministro alle Infrastrutture e all’Ambiente Altero
Matteoli, Pdl: «Il progetto non costa una lira allo Stato, perché i soldi
pubblici servono per opere propedeutiche indispensabili al territorio e il ponte
si finanzia con il project financing. Ora il rischio è che si butti via tutto
quello che è stato speso in decenni, oltre ai soldi che l’impresa chiederà allo
Stato».
Maria Rosa Tomasello
Legambiente: un’ambiguità costosissima
Intervista al vicepresidente Zanchini. « Non verrà realizzato ma si
continua a pagare ogni passaggio»
ROMA «È evidente che governo non ha avuto il coraggio di essere conseguente
a quanto ha intrapreso in questi mesi: mentre si fanno tagli ovunque non ha
avuto il coraggio di intervenire su una struttura come la società Stretto di
Messina perché temeva di perdersi un pezzo della maggioranza». Per Edoardo
Zanchini, vice presidente di Legambiente, sulla retromarcia a metà del governo
Monti pesa la fragile situazione politica. Assieme a Wwf, Italia Nostra e Man, a
fine 2011 Legambiente ha scritto a Monti chiedendo al governo di non approvare
il progetto definitivo ed evitare «il punto di non ritorno», allegando un
dossier-contro di 245 pagine. Dalla vostra richiesta, c’è stato il
de-finanziamento al Cipe, importante, ma nessun altro atto concreto. «Si
continua in questa ambiguità costosissima: ogni passaggio verrà pagato, è una
situazione paradossale per cui si va avanti sapendo che non c'è alcuna speranza
di realizzare il progetto in fase economica come questa. Per esempio la Brebemi
(Brescia-Bergamo-Milano) ha problemi di finanziamento per un miliardo di spesa,
e ci passano 70 mila auto al giorno. Qui parliamo dell’opera più complessa al
mondo, sei volte più costosa, meno trafficata, ma si va avanti con questa
commedia degli equivoci. Sono stati fatti tagli a servizi essenziali, scuole,
mobilità, sanità e si pensa che quest'opera, che ha perso ogni senso da un punto
di vista infrastrutturale, sia l'opera più importante del sud». Cosa chiedete al
governo? «Di congelare il progetto fino alla prossima legislatura, visto che non
ci sono le risorse e quelle stanziate sono state tolte, e l’opera non ha un euro
dall’Europa. E poi ci sono le questioni ambientali». Quali sono i rischi? «Non
vorremmo che questa accelerazione fosse il tentativo di far trovare il prossimo
governo di fronte a un impegno già preso con l’approvazione del progetto
definitivo, cosa che metterebbe il nuovo governo davanti all’opzione se pagare
una pesante penale o fare una operazione complessissima con soldi pubblici. Nel
2006 con Prodi il progetto fu fermato, poi per colpa di Di Pietro ministro la
società non fu sciolta, responsabilità che lui si porterà sempre dietro». Il 15
settembre scadono i termini per le osservazioni al definitivo. Cosa farete? Noi
faremo sicuramente le osservazioni, stiamo verificando la completezza delle
integrazioni richieste rispetto al preliminare. Dopo i 60 giorni c'è l’
approvazione da parte della commissione Via, che però non ha tempi specifici: in
teoria tutte queste opere erano normate dalla Legge obiettivo e avrebbero dovuto
essere approvate nel 2003, invece sono passati dieci anni. L’unica certezza è
che queste richieste vengono presentate per dare fastidio a chi deve fare le
osservazioni: anche l’altra volta, col preliminare, era luglio».
(m.r.t.)
Goletta verde
Oggi e domani la Goletta Verde di Legambiente sarà ormeggiata nello spazio
acqueo davanti a piazza Unità. L’imbarcazione sarà visitabile dalle 17 alle 20.
Il Friuli Venezia Giulia è la quindicesima e ultima regione toccata dal tour
2012 della Goletta, la storica campagna itinerante di Legambiente che ogni
estate realizza un attento monitoraggio sullo stato di salute del mare.
IL PICCOLO - DOMENICA, 12 agosto 2012
Strada privata in Costiera messa sotto sequestro
I trecento metri di pista a picco sul mare servono per collegare
l’abitazione di una persona disabile.
Sospetti di abusivismo, il Comune fa sospendere i
lavori
Potrebbe essere l'abuso edilizio e ambientale più grande mai registrato
nella Costiera triestina. Per ora il condizionale è d'obbligo. Certo è che la
strada privata lunga circa 300 metri costruita a picco sul mare in un'area
notoriamente posta sotto vincolo paesaggistico (legge Galasso), dopo anni di
miopia, ha smesso di passare inosservata. E così la lunga arteria che conduce al
numero civico 88 di Strada Costiera è stata messa sotto sequestro ed è
attualmente a disposizione del Tribunale di Trieste. “Opere di restauro per
300mila euro”, recita il cartello appeso sul cancello esterno della proprietà di
Giuseppa Ruggiero, 61enne di origine campana, invalida al 79%. Per raggiungere
la casetta collocata a pochi metri dal mare i circa 300 scalini in pietra non
potevano essere un’opzione valida. Da qui la decisione di far costruire una
strada suddivisa in due tronconi: il primo lungo 100 metri, con tanto di piloni
di sostegno che termina il suo corso nel primo tornante, il secondo di circa 200
metri, con cordoli, cemento armato e scoli per l'acqua. Seppure i lavori di
ristrutturazione della casa della Ruggiero risalgano al primo marzo scorso, dal
Comune di Trieste è arrivata la notizia che l'iter per costruire la nuova
arteria privata risale addirittura al 2003 con tanto di autorizzazioni
paesaggistiche con l’approvazione di due varianti: la prima nell'aprile e la
seconda del dicembre sempre del 2008. Nel mentre era stata costruita anche una
sorta di teleferica per agevolare la Ruggiero, realizzata in parte ma poi
demolita. E tra le carte risulta pure una sanzione per l'assenza di
autorizzazione idrogeologica. A cercare di fare un po’ di chiarezza è stato il
geometra Giorgio Bailo, direttore dei lavori per la ristrutturazione della casa.
«Premettendo che entrambe le strade erano già presenti quando io sono stato
chiamato a lavorare, la prima parte della strada è stata assentita, ossia ha
ricevuto il nulla osta, secondo la normativa. Dopo il primo tornante è stata
realizzata la seconda parte della strada, quella che è da considerare invece
un'opera provvisionale, ossia in funzione dei lavori da eseguire per la casa,
fondamentale per operare in sicurezza». Come mai allora la strada è stata posta
sotto sequestro? «Personalmente - spiega Bailo - credo che tutto sia nato da un
equivoco, ossia dal fatto che la parte in basso della strada sia stata
considerata definitiva, anche se tale non è. Cosa che ho spiegato anche al Pm».
Per ora tutta la strada rimane sotto sequestro ai sensi degli articoli 321 e 104
del codice di procedura penale. Ma la proprietaria dell’area è tranquilla: «Io
non sono un tecnico - spiega Giuseppa Ruggiero - ho affidato i lavori a
professionisti e le autorizzazioni ci sono tutte. Da disabile ho il diritto di
poter accedere a casa mia». Sulla vicenda interviene anche l'assessore alla
Pianificazione urbana del Comune, Elena Marchigiani. «Dopo la segnalazione è
stata effettuata un'ordinanza di sospensione dei lavori. Ora capiremo se vi sarà
l'ingiunzione di demolizione o di sanamento dell'opera il cui impatto è davvero
notevole. Ricordando come le autorizzazioni siano arrivate da chi ha governato
la città prima di noi, non posso non notare un concorso di cecità da parte di
chi ha rilasciato le carte per un progetto che essendo nato male non sarà certo
facile raddrizzare».
Riccardo Tosques
Un’area posta sotto vincolo paesaggistico
La Legge 431 dell’8 agosto del 1985, meglio nota come Legge Galasso, ha
introdotto a livello normativo una serie di tutele sui beni paesaggistici e
ambientali. La legge, la prima normativa organica per la tutela dei beni
naturalistici ed ambientali in Italia, si preoccupa di classificare le bellezze
naturalistiche in base alle loro caratteristiche peculiari suddividendole per
classi morfologiche. Le Regioni vengono obbligate alla redazione di un Piano
paesistico che può anche imporre la totale inedificabilità di alcune aree. Per
quanto riguarda l’intera fascia costiera triestina, da molti decenni posta sotto
il vincolo paesaggistico, la distanza di inedificabilità, secondo quanto recita
la legge Galasso, è pari a 300 metri dalla riva marina.
IL PICCOLO - SABATO, 11 agosto 2012
«Ferriera, non firmiamo al buio»
Comune e Provincia chiedono a governo e Jindal garanzie e investimenti
per una siderurgia pulita
«Il governo deve modificare e integrare la dichiarazione d’intenti sul
futuro dell’area della Ferriera di Servola, altrimenti non potrà esserci la
firma delle amministrazioni locali». Lo annuncia il sindaco Roberto Cosolini per
esplicitare ulteriormente un documento congiunto Comune-Provincia emesso ieri.
«Va bene anche la prosecuzione dell’attività siderurgica - specifica Cosolini -
ma soltanto a fronte di un dettagliato piano industriale che quantifichi gli
investimenti e specifici gli interventi a favore della compatibilità
ambientale». In sostanza Sertubi-Jindal, ammesso che voglia mantenere l’impegno
preannunciato di acquisire lo stabilimento, dovrà dimostrare come intende
cambiare rotta rispetto alla gestione Lucchini. D’altra parte però non sembra
che il gruppo indiano sia propenso a scoprire le proprie carte prima di aver
ottenuto da tutte le amministrazioni il via libera a proseguire con la
siderurgia ben oltre il termine previsto del 2015. La questione rischia di
assomigliare a un serpente che si morde la coda con ognuno che butta la palla
nella metà campo avversaria, mentre ieri si è svolta un’altra manifestazione di
protesta contro l’inquinamento e i presunti danni alla salute causati dalla
Ferriera. Il documento di Comune e Provincia, che intenderebbero fare fronte
comune anche con la Regione, ribadisce «la necessità di un’attenzione
continuativa del Governo per poter affrontare le complesse problematiche
ambientali e industriali dell’attuale sito siderurgico e i seri problemi di
carattere ambientale che coinvolgono gli stessi lavoratori della Ferriera e i
cittadini residenti delle zone circostanti, nodi che inevitabilmente richiedono
investimenti molto significativi. Ipotesi di prosecuzione dell’attività
siderurgica - prosegue il documento - potrebbero essere valutate alla luce della
presentazione di un piano industriale che garantendo l’occupazione «preveda
anche in modo inequivocabile gli investimenti in presidi ambientali e modifiche
strutturali e di processo necessari a rendere compatibile l’attività
produttiva proposta con la sua specifica localizzazione». In sostanza, nessun
assenso a proposte generiche che manchino di questi specifici elementi. «Non ci
si può chiedere se anteporre la salute dei cittadini oppure il diritto al lavoro
- sintetizza la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat - dal
ministero ci attendiamo l’avvio di un tavolo che metta questi due irrinunciabili
obiettivi sullo stesso piano». E secondo il sindacato Ugl la siderurgia senza
inquinare si può fare. «Ma noi siamo stati gli unici - afferma il segretario
regionale Matteo Cernigoi - a presentare in Commissione regionale un piano
concreto di siderurgia pulita, con forni elettrici, ma a tutt’oggi il nostro
appello è rimasto inascoltato». Sull’argomento Cernigoi ha incontrato il
coordinatore regionale di FareAmbiente Giorgio Cecco assieme al quale ha
espresso fiducia nei confronti dell’azione dell’assessore Sandra Savino che ha
chiesto risposte formali sull’ipotetica compravendita alla stessa Jindal.
Silvio Maranzana
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 10 agosto 2012
Nuovo piano regolatore di Trieste. Legambiente:
“Eliminare le espansioni non ancora attuate del “piano Illy-Cervesi” ed evitare
l’uso della “perequazione” urbanistica”.
Eliminare delle previsioni, non ancora attuate, del piano regolatore vigente
(cioè la variante n. 66, nota anche come ”Illy-Cervesi”). Evitare l’uso della
“perequazione urbanistica”.
Inoltre tener conto con la massima cura degli studi e dei dati sul patrimonio
naturalistico del territorio triestino, a disposizione del Dipartimento di
Scienze della Vita dell’Università, per una proficua integrazione tra la qualità
dell’ambiente urbano e le esigenze di miglioramento della situazione ecologica
complessiva.
Queste le richieste principali di Legambiente – Circolo Verdeazzurro di Trieste,
in merito al nuovo piano regolatore (PRGC) del Comune capoluogo.
L’associazione ambientalista ha partecipato, nei giorni scorsi, ad un “incontro
tecnico” ed ai “tavoli tematici” convocati dall’assessore Marchigiani,
illustrando la propria posizione, riassunta in un documento consegnato
ufficialmente al Comune.
Per prima cosa, secondo Legambiente, vanno eliminate le previsioni – non ancora
realizzate - del piano regolatore vigente, che implicano incremento del consumo
di suolo e nuove urbanizzazioni a spese di aree agricole e naturali. Si tratta
delle zone di espansione residenziale “C” e “BT” ancora non edificate (con un
nuovo PRGC lo si può fare, sottolineano gli ambientalisti, anche in presenza di
piani attuativi approvati), ma anche di molte zone produttive “G”, “H” (ad
esempio la grande zona commerciale presso il sincrotrone a Basovizza) e “D”
(come quella in cui si vorrebbe costruire la centrale a biomasse di Opicina)
E’ questo il modo principale, ribadisce Legambiente, per dare concretezza a
quanto previsto nelle direttive per il nuovo PRGC, sul “contenimento del consumo
di suolo”.
Vanno poi rivisti i perimetri e gli indici edificatori delle zone residenziali
“B” di completamento, tenendo conto dell’effettiva adeguatezza della rete viaria
e delle urbanizzazioni ed evitando di realizzare edifici fuori scala rispetto al
contesto.
La capacità insediativa teorica va poi calcolata in base a dati realistici
sull’evoluzione demografica del Comune: Legambiente ritiene che un valore di 220
mila residenti al 2020 sia quello più ragionevole (il PRGC è invece dimensionato
per 270 mila residenti).
Priorità per l’edilizia sociale e sovvenzionata e alla rilocalizzazione delle
attività di ricerca scientifica e di istruzione superiore, nel ridefinire le
destinazioni delle aree dismesse o da riconvertire (ex caserme, ex Fiera
campionaria, Porto Vecchio, ecc.) è un’altra richiesta dell’associazione.
Sull’area occupata dalla Ferriera va invece mantenuta la destinazione
industriale – previa ovviamente la chiusura dell’attività siderurgica e la
bonifica del sito – affiancata da altre funzioni compatibili (mobilità
ferroviaria e portuale, ecc.), ma con esclusione di ogni insediamento produttivo
inquinante.
Va in ogni caso escluso l’insediamento di nuovi impianti industriali a rischio
di incidente rilevante (ad es. il rigassificatore di Zaule), rivedendo altresì
la localizzazione di quelli esistenti.
Mare e Carso devono essere valorizzati come grandi risorse naturalistiche e
paesaggistiche, culturali ed economiche, inserendo contenuti finalizzati alla
tutela del paesaggio nella zonizzazione e nelle norme di attuazione del PRGC
(anche per sopperire all’inesistenza di un piano paesaggistico regionale), con
particolare attenzione al mantenimento/ricostruzione delle funzionalità del
reticolo ecologico e alla salvaguardia delle aree verdi urbane e periferiche.
E’ poi opportuno riqualificare – anche mediante demolizione e ricostruzione – le
aree residenziali della periferia, per incorporare soluzioni costruttive e
tecnologiche utili ai fini dell’efficienza energetica e risolvere i problemi
connessi alla localizzazione di servizi (spazi verdi, centri di aggregazione o
luoghi di relax per persone anziane, ecc.).
Il nuovo PRGC non deve contenere i tracciati di nuove grandi infrastrutture (es.
linea AV/AC Venezia-Trieste, linea Trieste-Divaccia, ecc.), per l’assoluta
indeterminatezza delle soluzioni di percorso individuate finora e l’assenza di
una pianificazione di settore.
Legambiente raccomanda infine di evitare l’uso di strumenti derogatori – come
gli accordi di programma con valenza di variante al PRGC – che distruggono i
principi di trasparenza e partecipazione, essenziali nelle scelte urbanistiche.
Analogamente va evitato il ricorso allo strumento della “perequazione
urbanistica”, foriero di devastazioni territoriali e di incremento del consumo
di suolo a vantaggio esclusivo della speculazione e della rendita immobiliare.
Circolo Verdeazzurro LEGAMBIENTE Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 10 agosto 2012
Valorizzare la costa e il Carso è la filosofia del
nuovo Prg
Dopo aver ascoltato associazioni, vari comitati e ambientalisti,
l’assessore Elena Marchigiani sente anche i sindaci dei Comuni minori e sloveni:
«La città non è più un’isola fra periferie»
Sette sentieri per sette approdi sul mare che portano in Carso, nuove
pedonalità in un asse urbano “culturale”, un sistema riconoscibile e
percorribile di parchi e verde, il nuovo affaccio libero e pubblico al mare
(l’unico recuperabile) in Campo Marzio, progetti in assonanza e collaborazione
con i Comuni confinanti della provincia ma anche della Slovenia, Trieste non più
“isola” in mezzo al suo territorio anche marino e anche carsico, e nessuna
macchia bianca, non disegnata e dunque trascurata, sulla mappa cartografica. Non
si può costruire del nuovo, ma c’è da restaurare e ripristinare a volontà, e il
contesto cittadino si allarga ugualmente, oltre a perfezionarsi al proprio
interno. Con questa visione d’assieme, dopo una enorme quantità di
consultazioni, prende profilo il nuovo Piano regolatore cui sta lavorando Elena
Marchigiani, assessore all’Urbanistica, che dagli annunci di “massima
partecipazione” è passata a convocare decine e decine di associazioni, ordini
professionali, economici, culturali e sociali per una marcia a tappe su “quale
Trieste vogliamo”. Da ultimo, in questi giorni pre-ferie, ha incontrato i
sindaci dei Comuni minori per mettere in connessione i progetti territoriali, e
dopo Ferragosto sentirà il Comune di Sesana. Non ignorati ovviamente gli
ambientalisti, e nemmeno gli istituti scientifici e gli incubatori di
ricerca-impresa, per capire di quali spazi abbiano bisogno. Non solo per aree di
studio. Soprattutto per trasferirsi in Ezit e cominciare a produrre. E a
sorpresa si scopre che il Prg sta molto focalizzando le aree costiere “a monte”,
dove c’è una grande pressione per avviare attività agricole e di allevamento.
Che sta setacciando le aree retroportuali mettendone a fuoco le reali
potenzialità. Che troveremo in fase finale definite “aree strategiche” non più
singole strutture potenzialmente redditizie in senso immobiliare (questa era
stata la filosofia del Prg dell’ex sindaco Dipiazza per Campo Marzio, Fiera,
Burlo Garofolo), ma intere aree profilate secondo vocazione prevalente: le Rive
e i suoi grandi “contenitori”; piazza Hortis verso il Museo Sartorio; il centro
pedonale; la mappa del verde e dei parchi; costiera e Carso potenzialmente
produttivi e da collegare al mare in senso turistico; gli ex confini
territoriali; le aree industriali da rendere ambientalmente sane e moderne
quanto a uso. Dunque da un lato Trieste, in questa visione, è sollecitata a
smettere con il proprio ristretto disegno di nucleo urbano chiuso, compatto e
statico, e diventa “Area vasta” con il territorio. E dall’altro si frantuma e
riaggrega al proprio interno con una lettura logica. «Non più un’isola
“navigante” - riassume Marchigiani -, dove la città non considera la costa,
l’entroterra, l’oltreconfine, perché si sente perno e vede tutto il resto
periferia, e dove manca il “paesaggio della città”, ma territorio tutto
connesso, mentre nel dettaglio valorizziamo anche le Microaree dell’Azienda
sanitaria, perfezionandole come punti di forza per mettere in comune spazi
sociali e verdi». Il professor Livio Poldini ha accettato di essere consulente
per il paesaggio e il Carso: «Ne siamo molto felici» commenta Marchigiani. Che
già immagina come questa visione complessiva, mirata a vivibilità, produzione,
restauro, turismo, contenga già idee per il futuro. Come quei “sette sentieri
per sette approdi” lungo la costiera che, se realizzati anche con servizi di
trasporto via mare, sarebbero una specie di mondo nuovo, che però abbiamo già. E
altrettanto, l’idea che i piccoli agricoltori vadano obbligatoriamente ascoltati
con norme “usabili”: «La stradetta bianca, il capanno, la serra purché non a
vista: se non coltiviamo - dice Marchigiani - il territorio va a rischio di
frane. E inoltre c’è una ricchezza da mettere in moto».
Gabriella Ziani
«Che sorpresa essere interpellati dal Comune»
«Erano tutti un po’ basiti per essere stati interpellati prima del Piano
regolatore, e non dopo in seguito a eventuali critiche». Marchigiani ha
“macinato” incontri su incontri e in più si appresta a convogliare in un unico
testo le proposte dei cittadini (il questionario consegnato alle circoscrizioni
o via web) prima di allestire il Prg. Tra i consultati gli Ordini degli
ingegneri, degli architetti, dei geologi, dei biologi, il Collegio geometri,
Confartigianato, Legambiente e Wwf, sindacati e associazioni economiche italiane
e slovene, Ater, Confersercenti e periti industriali, Federalberghi e
Promotrieste, le organizzazioni degli agenti immobiliari, commercianti
all’ingrosso, Confcooperative e Medici per l’ambiente, e poi Area Science Park,
Ezit, Isdee, Fareambiente, Riserva marina di Miramare, Italia Nostra, Centro
studi urbanistici, il Fvg-Bic, l’associazione Triestebella, polizia urbana,
Associazione Orticola Fvg-Tra fiori e piante e Osservatorio mobilità
sostenibile-Trieste in bici. Tra i titoli delle varie sessioni: «Dove sarà
Trieste? Prospettive alla scala dell’Area vasta», «Cosa farà Trieste? Economia e
ricerca», «Quali nature a Trieste? Ambienti e paesaggi», «Come fare di Trieste
una città più bella e abitabile? Questioni di qualità urbana», «Quali case e
servizi a Trieste? Questioni di welfare».
(g. z)
Campo Marzio, riparte il cantiere
Dopo 3 mesi di stop il 20 agosto riprendono i lavori. Arrivato dal Comune
l’ok per correggere il progetto e fare i terrazzini
«Ciò che si costruisce bene merita di essere atteso...». Ha un che di
catartico, per chi l’ha scritto, o meglio ordinato di farlo, lo slogan che
compare su due tabelloni affissi in via Campo Marzio, sul lato più lungo (e
visibile) del recinto del gigantesco cantiere affidato al colosso trentino
Collini dalla Cmc Spa di Sergio Hauser e Donata Irneri. Dopo tre mesi di calma
piatta (recentemente spezzata da qualche improvviso spasmo di gru) e soprattutto
di misteri (sulla durata e sui reali motivi di una simile impasse, congestione
burocratica o baruffa tra cliente e fornitore?) ora committente e general
contractor escono allo scoperto, annunciando letteralmente che «a Campo Marzio
ripartono i lavori». Obiettivo: febbraio 2014 Sta scritto pure questo, infatti,
su quei due tabelloni, a loro modo pubblicitari, che recano proprio le firme
Collini e Cmc. A margine, il numero di telefono dell’Ufficio vendite della
stessa Cmc, da dove tengono per buona, per il taglio del nastro della nuova
cittadella residenziale e commerciale, «febbraio 2014»: trattasi della data
«prestabilita» in tempi non sospetti, cioè nella seconda metà del 2010, in
occasione dell’affidamento del mega-appalto alla Collini, a chiusura del
precedente lunghissimo stop legato a un contenzioso con l’ex general contractor,
la Vittadello Spa di Padova. La cittadella che verrà Per il resto, dall’altro
capo del filo - alla richiesta di prezzi e metrature - invitano a venire di
persona, per parlarne con un minimo di discrezione, planimetrie alla mano.
L’altro invito, che arriva dall’Ufficio vendite, è di farsi un giro, per farsi
un’idea, sul sito www.parcomare.it, perché Parcomare è il nome del complesso
destinato a sorgere sulle ceneri dell’ex concessionaria Fiat. Fanno circa 140
abitazioni - fra mono, bi, tri, quadrilocali e attici, con vista mare, città o
verde interno - dislocate su due corpi immobiliari, a loro volta suddivisi in
diversi vani scala e numeri civici. Quello più grande, di quattro piani più il
piano terra, con prolungamento sulla parte interna, darà su via Campo Marzio. Il
secondo, di un piano in più, è previsto a monte, con accesso da via Reni. Sotto,
676 posti auto, spazi verdi e un’area commerciale - per la quale rimane
accreditata l’ipotesi Pam - che ad oggi, stando al Piano comunale del commercio,
non può avere più di 1.500 metri quadrati. La ripresa dopo l’ok burocratico «Il
Permesso a costruire che mancava è stato ritirato, il cantiere può ripartire,
ora continuerà ad esserci calma durante la canonica settimana di pausa
ferragostana, nel corso della quale i fornitori di materiale edile sono chiusi,
ma dal giorno 20 in poi torneranno gli operai», conferma in proposito
l’architetto Fabio Assanti, che ha redatto per conto della Cmc la variante al
progetto originario dell’ingegner Giovanni Cervesi, variante che ha aggiunto
sostanzialmente dei terrazzi ad alcuni appartamenti, in modo tale da renderli
più appetibili in un mercato immobiliare in ristagno. Ed era per
quest’incartamento che committente e impresa aspettavano il Permesso a costruire
del Comune. Nell’attesa, i lavori non potevano avanzare, sennò avrebbero
rischiato di finire fuorilegge, sostenevano fonti vicine alla Cmc nelle
settimane di desertificazione del cantiere, smontando le voci su voci secondo le
quali, invece, il brusco stop del cantiere era riconducibile a trattative in
corso sulle modalità di pagamento di una parte dell’appalto tra Cmc (da cui
sarebbe partita una proposta di trasformare una quota di soldi in appartamenti)
e Collini (da dove di rimando non sarebbe stata gradita, in quanto ritenuta
eccessivamente alta, la stima al metro quadrato fatta da Cmc). Le trattative
durante l’impasse Ora che la situazione pare essersi definitivamente
rasserenata, da fonti sempre vicine a Cmc si lascia intendere che l’attesa del
Permesso a costruire è cascata nel momento giusto ed è servita, a suo modo,
anche per chiudere la trattativa tra cliente e general contractor. Trattativa
che non si sarebbe però mica giocata sulla permuta soldi-appartamenti bensì
sulla percentuale di liquidi, dentro la cornice contrattuale, che Cmc avrebbe
voluto trattenere a riserva, cioè fino a collaudo finale, e che Collini per
contro avrebbe inteso reclamare prima, a lavori in corso. Come la trattativa è
finita, non è dato sapere. Ma, è dato intuire, è finita.
Piero Rauber
«Faccanoni, entro l’anno via al recupero ambientale» -
OBIETTIVO FINALE Un parco ambientale collegato al monte Globojner
Il ripristino fu bloccato dal contenzioso con il proprietario dei terreni
di accesso all’ex cava. Dapretto: in arrivo a breve le prime tonnellate di
inerti
Che fine ha fatto il progetto dei ripristino ambientale della Cava Faccanoni?
Bella domanda. Non è finito. Non è finito nel nulla. Almeno. L’amministrazione
comunale assicura che il “buco” sul Carso ha i mesi contati. Entro l’anno
dovrebbero arrivare le prime tonnellate di materiali inerti. «Ci siamo quasi»
dicono, con una certa dose di ottimismo, gli assessori architetti Elena
Marchigiani e Andrea Dapretto. Il progetto - «rinaturalizzazione morfologica e
naturalistica della dismessa cava Faccanoni» per la precisione - era stato
presentato nel dicembre 2009 dall’amministrazione di Roberto Dipiazza, assessore
in carica Franco Bandelli. Dieci anni di lavoro per un investimento da 8
milioni. E soprattutto una risposta definitiva ai costruttori triestini
costretti a esportare (con costi enormi) gli inerti in Friuli o in Slovenia.
Un’enorme discarica pronta all’uso e assolutamente necessaria. La capacità della
cava Faccanoni è pari a un milione e mezzo di metri cubi (due milioni e 225mila
tonnellate) che, prevedendo un apporto di 900 tonnellate al giorno, basterà per
un decennio. L’avvio fu bloccato da un contenzioso giuridico con Mario Loperfido,
titolare della “Sistema urbani srl” e proprietario dei terreni di accesso all’ex
cava che nell’area vorrebbe realizzare (il progetto risale al 2007) un campus
destinato all’Area di ricerca e all’Università. «Insisteva per avere garanzie
per il suo progetto di campus che non possiamo dare visto che il piano
regolatore è in costruzione. Le due cose vanno distinte. Avevamo tentato di
acquisire i terreni, ma con lui non si può discutere. Il diritto di passaggio
sui quei terreni comunque l’abbiamo. E quindi noi andiamo avanti col progetto di
ripristino ambientale». Superato l’ostacolo Loperfido, nulla può fermare
l’apertura della discarica per inerti. «L’utilizzo della cava è garantito dalla
servitù di passaggio. Quindi possiamo procedere. Fra qualche giorno mi vedo con
gli uffici per l’avvio della procedura dell’attività di cava. Il tema della
discarica per inerti l’abbiamo ben presente e vogliamo risolverlo nel più breve
tempo possibile. La richiesta del mondo imprenditoriale è sacrosanta. Entro
l’anno dovrebbe farcela», aggiunge Dapretto. Il sindaco Roberto Cosolini, del
resto, giusto un anno e un mese fa aveva dichiarato ai costruttori triestini:
«Ho chiesto ai miei uffici il progetto di ripristino ambientale della cava
Faccanoni proprio l’altro giorno e se non ci saranno troppe complicazioni
potrebbe essere proprio un’ottima ipotesi». Qualche complicazione c’è stata, se
sono passati tredici mesi. Ma ora tutto sembra appianato e il ripristino
ambientale può partire. Il risultato finale, secondo il progetto della giunta
precedente, sarà la realizzazione di un parco ambientale collegato al
sovrastante monte Globojner. «Un posto straordinario. Che vista si godrà da
lassù, fino alla vedetta. E si farà rivivere un’area naturalistica enorme»
declamava l’ex sindaco Roberto Dipiazza. Il parco Faccanoni, meglio del cimitero
Faccanoni con vista sul Golfo ipotizzato da qualcun altro. Non mancheranno,
invece, i nostalgici della cava Faccanoni quando scomparirà dall’orizzonte.
«Quando l’ho raccontato ad alcuni cittadini - raccontava stupito Dipiazza - si
sono lamentati perché gli mancherà un punto di riferimento tornando dall’Istria
con la barca!».
Fabio Dorigo
La storia della Cava Faccanoni
Dopo che l'attività estrattiva è stata sospesa, nel 1977, i progetti per
la Cava Faccanoni non sono mancati. Il riutilizzo di quel “buco” sul costone
carsico è stato al centro di diverse amministrazioni comunali . Nel 1981 spuntò
l'idea di installare tra quelle rocce una centrale a pannelli solari, progetto
presto tramontato dopo una breve ma intensa bordata di polemiche. Nel 1994 il
Collegio costruttori presentò pubblicamente un progetto, che è quello attuale,
per il recupero ambientale della cava, in seguito a un utilizzo della stessa
come discarica di materiali inerti per almeno dieci anni, Nel 1999 la giunta
Illy penso di farne il cimitero monumentale di Trieste (modello Redipuglia).
All’epoca la cava era stata messa all’asta per 6 miliardi di vecchie lire dopo
il fallimento della Sicat spa che l’aveva rilevata nel 1971. La società fu
coinvolta assieme alla Baia di Sistiana nel crac miliardario dell’imprenditore
Quirino Cardarelli. Il Comune l’acquistò nel 2001 . E da allora la “cava”
attende una risposta.
E la giunta Illy aveva pensato a un nuovo cimitero -
L’AREA
Cimitero Faccanoni. Non è una battuta, ma è stato un progetto vero a cui ha
pensato la giunta comunale di Riccardo Illy nel 1999, assessore ai Lavori
pubblici Uberto Drossi Fortuna. Era l’altro millennio. L’idea di creare una
dependance di Sant’Anna era urgente vista la scarsità di tombe del cimitero
comunale. «Fra quattro anni Sant'Anna chiude alle sepolture comuni - diceva
l’esperto Fabio de Visintini, dirigente all’epoca dei Servizi funerari del
Comune di Trieste e poi direttore della comunicazione in Regione sempre con Illy
(carriera incredibile) -. E il nostro impegno urgente è di realizzare quanto
prima 32 mila nuovi posti di sepoltura da qualche parte; spazio sufficiente in
città non ce n'è, anche perché la legge prevede almeno 200 metri di zona di
rispetto, cioè non edificabile». E quindi? «La cava Faccanoni - assicurava
l'assessore Drossi Fortuna - rappresenta, a mio modo di vedere, la soluzione
migliore. La conformazione della cava ci consente di realizzare una sorta di
Redipuglia, un cimitero monumentale a gradoni, che permetterebbe appunto la
sosta davanti alla lapide». La possibilità di creare un ampio parcheggio,
offriva poi un ulteriore elemento a vantaggio del progetto “Cimitero Faccanoni”.
Di certo la costruzione avrebbe avuto un deciso impatto visivo, specie di notte,
con una luminaria visibile anche dal mare. Uno spettacolo per i navigatori. Un
po' troppo «esibito»? «Non ci vedo nulla di male - rispondeva Drossi Fortuna -
del resto anche Redipuglia è un monumento con una sua evidenza». L'idea,
precisava l'assessore, era tutta da studiare e verificare, anche perché la prima
mossa da fare sarebbe stata quella di ottenere la concessione del terreno, visto
che la cava era all’epoca sotto sequestro giudiziario in seguito al fallimento
Fintour. La base d'asta - 6 miliardi di vecchie lire - ha poi frenato il
progetto del “Cimitero Faccanoni”. E Trieste si è persa quello spettacolo dei
lumini che l’avrebbe resa unica al mondo nel giorno dei morti. “Halloween
Trieste”. Altro che San Giusto.
(fa.do.)
Un parco con bar e negozi nell’ex cava di Santa Croce
Illustrato dal vicesindaco Veronese il piano particolareggiato di
iniziativa privata.
Previsto un museo di archeologia industriale legato
all’estrazione della pietra
AURISINA Un parco pubblico di 2mila metri quadrati, un punto di ristoro con
bar ed esercizi commerciali per chi transita sulla strada provinciale 1 e la
possibilità di realizzare un museo di archeologia industriale, a tutela del
patrimonio artigianale locale, prevalentemente legato all'estrazione della
pietra. Prevede anche questo, il piano particolareggiato di iniziativa privata
A33 illustrato l'altra sera alla Casa della pietra, durante l’affollata seduta
pubblica della Seconda commissione consiliare. La nuova zona
artigianale-commerciale sarà creata a Santa Croce, nell’area dell’ex cava
Cossutta, da tempo dismessa. Al posto della dolina che fiancheggiava la Sp1 c’è
oggi un prato in futuro destinato a verde pubblico. Verranno recuperati e
ampliati alcuni edifici già occupati dall’attività estrattiva e altri ne saranno
aggiunti. «Non vi saranno capannoni industriali – ha voluto tranquillizzare gli
animi il vicesindaco e assessore all'Urbanistica, Massimo Veronese – il nuovo
edificato, con destinazione artigianale di servizio e commerciale, connessa
all'attività artigianale e agricola, seguirà la tipologia “a corte”, con tetto a
due falde, tipico dell'architettura carsica». In un ambito di superficie totale
pari a 34.722 mq, le strutture coperte si estenderanno su 7.446 mq, per un
volume pari a 42.628 metri cubi. È previsto un ampio parcheggio centrale che
costituirà la “piazza” del comprensorio e avrà estensione di 6.778 mq.
«L'ingresso – ha chiarito Veronese - sarà creato davanti alla scuola e vedrà una
nuova entrata, completamente ricostruita, con la creazione di una fermata
dell'autobus. Ci sarà un edificio all'ingresso da destinare a ristoro per i
fruitori delle aree verdi». Sono esclusi interventi di carattere residenziale,
ma sarà possibile realizzare 150 mq di residenza per ognuna delle quattro unità.
Proprietari delle particelle sono i coniugi Walter Cossutta e Sonia Pahor,
mentre il progetto è firmato dallo studio Cervesi. Il vicesindaco Veronesi ha
sottolineato che l'area non è ricompresa all’interno del Sic-Zps, ma si tratta
di un ambito di progettazione unitaria con strumento di pianificazione
urbanistica comprensiva di una zona F2d a cava dismessa e di una zona R, da
mantenere per la fruizione collettiva. Nel corso del dibattito sono emerse
perplessità su cosa sarà effettivamente realizzato, temendo l'aumento di
afflusso di mezzi pesanti su un'arteria, la Sp1, che già manifesta tutte le
criticità di una strada costruita nel 1912. Si è quindi suggerita una rotatoria.
Timori ha suscitato anche l'entità della superficie commerciale di vendita
(2.500 mq), ma Veronese ha respinto l'ipotesi di supermercati o hard-discount,
in quanto non compatibili col piano. C'è stato chi ha richiesto l'inserimento di
una fermata del bus e la presenza di sistemi collettori delle acque piovane,
anche per il riciclo delle precipitazioni, da convogliare in cisterne, per
l'attività artigianale. Il consigliere Massimo Romita, all'opposizione, ha
stigmatizzato il mancato invito alla seduta dell'Ures e della Cna, sottolineando
che il piano (già in avanzato iter) adottato dalla precedente amministrazione è
«conseguenza dell'obbligo di fornire una risposta a un richiesta avanzata dai
privati.» Il presidente della Seconda commissione, Maurizio Rozza, ha ricordato
che il documento resterà depositato fino al 14 agosto alla segreteria comunale
(sala del Consiglio) per la raccolta delle osservazioni e delle opposizioni dei
cittadini (da lunedì a venerdì, orario 9-10).
Tiziana Carpinelli
Savino: la Lucchini ci aggiorni sulla vendita
E il sindacato Failms denuncia: «È a rischio la salute degli operai che
lavorano nella cokeria»
«La Lucchini dovrebbe mettere la Regione e le istituzioni locali nelle
condizioni di valutare gli obiettivi del piano di razionalizzazione ed
efficientamento, ma soprattutto gli orientamenti del processo di vendita
prefigurato dall’advisor per consentire al tavolo di concertazione istituito con
il Protocollo d’intesa sulla Ferriera di discutere con cognizione di causa del
futuro dell’area». Lo ha affermato l’assessore regionale a Finanze,
programmazione ambiente Sandra Savino dopo l’operazione di ricapitalizzazione
per 100 milioni deciso dal gruppo siderurgico conseguentemente alla
manifestazione di fiducia compiuta dalle banche. Savino ha rappresentato la
preoccupazione della Regione per le esigenze d’investimento di cui necessita lo
stabilimento di Servola «non da ultimo per gli aspetti legati ai sistemi di
gestione ambientale assai trascurati, oltre che alla normale manutenzione degli
impianti». E l’Italia dei Valori attraverso il capogruppo i n Comune Paolo Bassi
invita il sindaco Cosolini e l’assessore Laureni a «intensificare i controlli
anche attraverso ulteriori centraline che misurino i livelli di benzopirene,
Pm10 e altri inquinanti che dovessero essere emessi dagli impianti industriali
cittadini (non solo la Ferriera, ma anche il termovalorizzatore)» e a «assumere
le ordinanze necessarie per salvaguardare la salute dei cittadini se dai
rilevamenti dovessero emergere sforamenti ai limiti di legge tali da mettere a
rischio la salute dei residenti e dei lavoratori». Rifondazione comunista ha
invece distribuito ieri ai dipendenti della Ferriera all’ingresso dello
stabilimento un questionario invitandoli a commentare le reazioni di operai e
sindacalisti pugliesi dopo il sequestro di una parte degli impianti dell’Ilva di
Taranto che hanno portato alla ribalta nazionale le questioni della siderurgia
italiana. E il segretario provinciale del Failms, Giulio Frisari sottolinea come
il suo sindacato, assieme alle altre sigle, abbia tentato in mezzo a mille
difficoltà di salvaguardare la salute in stabilimento «chiedendo e ottenendo con
fatica forme di prevenzione e sorveglianza sanitaria: dal lavaggio tute agli
esami specifici all’uso di dispositivi di protezione individuale fino a
modifiche nell’organizzazione del lavoro. Nonostante tutto - conclude Frisari -
i dati risultanti dagli esami non sembrano ancora rassicuranti, anzi molti
lavoratori si ritrovano, in particolare nel reparto cokeria, con valori
espositivi da benzopirene alquanto preoccupanti».
(s.m.)
«Capitaneria, sull’impianto serviva l’analisi di
rischio» - RIGASSIFICATORE
Il comandante della Capitaneria di Porto dice che il rigassificatore non
creerebbe problemi al traffico marittimo? Due componenti il Tavolo tecnico
rigassificatori - Giorgio Trincas e Radoslav Nabergoj - in una lettera aperta
pongono una serie di domande all’ammiraglio Antonio Basile. «In quanto docenti
di Ingegneria navale dell’Università di Trieste, conosciamo la Convenzione
internazionale per la sicurezza in mare (Solas-Imo) e le norme di sicurezza
introdotte in Italia per impianti di rigassificazione. Abbiamo esaminato la
documentazione tecnica del rigassificatore di Trieste relativamente all’utilizzo
del mare e all’operatività delle navi gasiere nel golfo», premettono i docenti.
E dunque, Basile ha considerato «che le norme Solas-Imo impongono che, per tutto
il tempo necessario allo scarico del gas, le navi metaniere devono avere la prua
al mare e i motori attivati, con il canale navigabile libero, per potersi
allontanare immediatamente, senza attendere i rimorchiatori, in caso di
incidente e/o incendio a bordo o in banchina? Come ritiene di gestire
un’emergenza con il canale impegnato ad esempio da una petroliera?» Trincas e
Nabergoj chiedono poi «se la Capitaneria ha valutato che potrebbero presentarsi
situazioni di emergenza anche in condizioni di bora forte», ricordando che «le
simulazioni di operatività delle navi nel bacino portuale, presentate» da Gas
Natural, «sono state eseguite solo con venti deboli». Per questi e altri motivi,
insistono i docenti, «la Capitaneria avrebbe dovuto far eseguire, o quantomeno
richiedere all’Autorità portuale, una vera “analisi di rischio” del traffico in
Porto con l’inserimento delle “zone di sicurezza” per le gasiere in evoluzione o
in fase di attracco e scarico. Per non parlare della cosiddetta “security”».
Trincas e Nabergoj citano poi l’ordinanza della Capitaneria di Chioggia, e
chiedono a Basile se sa che «intorno al rigassificatore di Porto Tolle l’Italia
ha dovuto introdurre un’area di raggio di circa tremila metri dove è fatto
assoluto divieto di ancoraggio, e una zona di sicurezza di duemila metri dove
sono vietati il transito, l’ancoraggio, lo stazionamento di navi in attesa, la
pesca e qualsiasi altra attività». I due docenti ricordano infine che il
ministro per l’Ambiente Corrado Clini ha affermato che un rigassificatore
«comporta dei vincoli per il territorio circostante e per la movimentazione dei
traffici del porto», e chiedono a Basile se sia d’accordo sul fatto che «il
rigassificatore sarebbe incompatibile col raddoppio del molo VII e col nuovo
molo VIII».
Sicurezza e bollette più leggere per il sì al
rigassificatore - La lettera del giorno - Emanuela Crevatin
Giustamente, con un titolo vistoso, il Piccolo di qualche giorno fa
pubblicava la notizia: “Passera: il rigassificatore si deve fare a tutti i
costi”. Se invece di un tecnico si fosse trattato di un politico, non sarebbe
sopravvissuto a un futuro elettorale. Sulle Segnalazioni, qualche tempo fa, un
mio concittadino muggesano concludeva il suo articolo più o meno così: «Io ho la
convinzione che arriveremo al punto di dire ai partiti tornate, tutto perdonato,
solo cercate di essere più onesti». Il governo dei tecnici, e questo del
rigassificatore è un esempio, decide in modo quasi dittatoriale, tanto non ha il
problema di mantenere le poltrone. Se questi provvedimenti fossero solo stati
ventilati dai partiti al governo (destra o sinistra non fa differenza)...
Partiti che non hanno potuto fare nel tempo le riforme che ora Monti sta facendo
a spron battuto. E questo perché, nelle decisioni, ogni maggioranza ha i suoi
franchi tiratori e l’opposizione è tale solo perché vuole bloccare in tutti i
modi l’operato di chi governa. Perché i tedeschi vanno bene? Semplicemente
perché hanno il senso della comunità e della solidarietà nazionale. In tempi di
magra, tutti uniti a lavorare per il bene della nazione. «Abbiamo fatto
l’Italia, ora bisogna formare gli italiani», disse qualcuno che conosceva bene i
suoi connazionali. Monti, finora, ha fatto quello che avrebbe potuto fare
qualsiasi governo in carica. Finora ha saputo tagliare, ma quanto ancora dovremo
aspettare che cessino i licenziamenti, che le fabbriche non falliscano, chiudano
o delocalizzino, che il debito pubblico cominci a scendere, che la stretta
fiscale più alta del mondo si allenti, che i giovani abbiano possibilità di
impiego e che tante altre situazioni cessino di precipitare nell’inferno
sociale? Tornando al rigassificatore, ho idea che si farà ma i triestini (e di
riflesso i muggesani) devono richiedere pacificamente almeno delle
contropartite. E cioé: una riduzione sostanziale del costo del gas per tutta la
provincia; un comitato permanente di tecnici che ne controlli il funzionamento;
e in presenza di pericoli o di produzioni dannose alle persone o di danno
ambientale, che venga chiuso lo stabilimento. Non saprei tecnicamente che altro
proporre, ma almeno questo, democraticamente, hanno diritto di pretendere
persone civili come sono i triestini e i muggesani.
Campagna antispreco: Trieste diventa capofila
Presentata al mercato ortofrutticolo l’iniziativa promossa da Andrea
Segrè e recepita dal Comune. «Il cibo scaduto ma utilizzabile sarà distribuito
ai poveri»
«”Nemo propheta in patria”, Trieste molto spesso non ha offerto spazio ai
talenti, ma qualcuno poi torna a casa». Così ieri mattina all’Ortofrutticolo,
fra carrelli con le angurie e i meloni, il sindaco Cosolini ha salutato Andrea
Segré, l’inventore del “Last minute market” per il recupero degli alimenti in
scadenza che altrimenti vengono buttati via, con uno spreco da scandalo. Azione
politica. Con Segrè, Cosolini ha candidato Trieste a essere la prima città
italiana a farsi capofila per una azione politica “antispreco”, per campagne di
educazione al consumo sensato, in collaborazione con Veneto e Trentino Alto
Adige che qui firmeranno un atto di comuni intenti per mano di 100 sindaci e tre
governatori. Tutto avverrà a settembre all’interno di “Trieste Next, salone
dell’innovazione e della ricerca scientifica», che debutta con questa deliziosa
idea. Conteniamoci. Mentre bolle tutt’intorno il terribile martellamento sulla
“crescita” che non c’è, da Trieste parte dunque il messaggio contrario:
consumare meno per sprecare meno, non solo alimenti, ma di anche energia, acqua,
suolo, territorio, aria. Conteniamoci. «Grazie a Trieste - ha detto Segré - che
lancia in Italia questo grande movimento, non sprecare sarebbe già sufficiente a
tutte le esigenze della “spending review”». Spin off. Segré è partito dalla
facoltà di Agraria di Bologna, dove insegna, ha creato un vero e proprio “spin
off”, all’inizio di quest’anno ha ottenuto dalla Commissione europea una
risoluzione, che in seguito diventerà direttiva per tutti i paesi Ue, con
regolamenti, e il 2014 - è stato già deciso - sarà l’”Anno europeo contro lo
spreco”. Ma intanto, perché non partire dal basso, dalle città? Si comincia.
Laura Famulari, assessore alle Politiche sociali, ha annunciato che il “Last
minute market”, con la distribuzione degli alimenti in scadenza (buoni da
mangiare, ma per legge non più commerciabili) partirà immediatamente, a
beneficio delle fasce economicamente deboli, la convenzione con Segré è già
firmata. Orgoglioso di fare da scenario per la presentazione di tutto ciò si è
detto Massimo Vitale, presidente dei grossisti triestini: «Qui non sprechiamo -
ha però sottolineato - perché il nostro mercato non è di transito, ma di
destinazione: frutta e verdura vanno subito a negozi, supermercati e
ristoranti». E in un anno transitano per l’enorme (e problematico) capannone di
Riva Ottaviano Augusto ben 500 mila quintali di prodotti ortofrutticoli. Bandi
speciali. Promettendo poi un programma ricchissimo per “Trieste Next” (al suo
direttore Filiberto Zovico il compito di coordinare la presentazione), Cosolini
ha menzionato «la valanga positiva che Segré ha messo in moto muovendo un
sassolino». Pronto, il sindaco, a far da staffetta: «Non faremo convegni, ma
atti politici: più punteggio alle aziende di pubblica ristorazione che si
impegnano a ridurre lo spreco e a valorizzare la filiera dei prodotti locali. È
un salto di qualità nel rapporto tra le comunità e le amministrazioni».
Governatori. «Nordest spreco zero» è appunto il titolo del programma operativo
che verrà firmato il 29 settembre al Ridotto del teatro Verdi di Trieste, prima
di tutti da Cosolini, poi dal governatore del Fvg Renzo Tondo, da quelli del
Veneto, Luca Zaia, e del Trentino Alto Adige, Durnwalder, a seguire i 100
sindaci. Ad affiancare l’operazione, e dunque presenti anche ieri alla
conferenza stampa, l’assessore all’Educazione Antonella Grim e la collega che si
occupa di commercio, Elena Pellaschiar. Troppa virtù. Vanamente però si è
cercata un po’ di mercanzia, all’Ortofrutticolo, da far fotografare come
“testimonial” di un futuro recupero. C’era in giro solo qualche pesca ormai
marcia. Troppa virtù, a Trieste.
Gabriella Ziani
«Qui non si butta via mai niente» - Il docente di
agraria: «Sono nato qui, bisognava finire tutto quello che c’era nel piatto»
Andrea Segré, che più volte a Trieste ha parlato della sua invenzione,
diffondendo gli allarmanti dati sull’immondezzaio che creiamo di cose mangiabili
(un terzo del totale nel mondo va sprecato), era contento ieri di tornare nella
sua città in modo operativo. «Serva a poco che un’idea sia buona, se poi nessuno
la vuole». Segré, lei ha allarmanti dati sul mondo, sull’Italia, sulla regione.
Ma a Trieste si è spreconi altrettanto? No, non credo. Qui c’è ancora il ricordo
di vecchie abitudini. La mia famiglia è dalmata, e aveva tutto un suo decalogo
di comportamenti: “Finissi quel che ti gà nel piato”, “Studa la luce quando che
ti esci de la camera...”. Il mio “parlar triestino” è ormai imperfetto, però
queste cose me le ricordo bene. Io sono cresciuto così, i miei figli meno... Con
le giuste campagne antispreco lei va contro le esigenze del mercato di produrre
sempre di più, e magari anche quelle dei Comuni di far lavorare sempre più i
termovalorizzatori che producono soldi... Intanto la raccolta differenziata è un
passaggio fondamentale, in secondo luogo noi abbiamo anticipato una direttiva
della Ue: i rifiuti bisogna prevenirli, non tanto recuperarli. Certo in futuro i
termovalorizzatori lavoreranno di meno, è già previsto. È credibile che davvero
si metta un freno allo spreco? Quanto ci vorrà? Sono politiche di lungo periodo.
La Commissione europea ha previsto che lo spreco oggi misurato si dimezzi da qui
al 2015. C’è spazio per lavorare. Perché già oggi supermercati e negozi non
dirottano altrove l’invenduto? È un problema di etichetta. Ci vuole una legge
che imponga la dicitura separata per vendita e per consumo. E anche lo sconto
sulle rimanenze, perfettamente commestibili, qualcuno ha provato a farlo, ma
deve essere normato. Ci spiega perché? Certi supermercati hanno voluto creare
l’angolo del “Last minute” con prezzi scontati del 50%, attivati prima
dell’orario di chiusura. Poi mi hanno detto che non si poteva fare, perché in
questo modo veniva favorita e privilegiata solo la fascia di popolazione che fa
la spesa la sera. Eppure questa misura antispreco è anche un’ottima azione
anticrisi... Negozianti disinteressati? Vede, il fatto è che le spese di
smaltimento dei rifiuti le paga il produttore, che le scarica sul consumatore.
Non le paga il commerciante...
(g. z.)
Scie, stelle cadenti e desideri È la notte di San
Lorenzo - EVENTI - SCIENZA
Doppio appuntamento con le Perseidi: stasera a Casa Serena e domani a
Basovizza.
Documenti, video, aneddoti e statistiche per
comprendere quel che succede in cielo
È una delle notti magiche dell’anno per eccellenza, il momento che racchiude
antiche tradizioni, qualche possibile invocazione, ma soprattutto un
sorprendente quadro celeste, colorato dai transiti nell’atmosfera nel nostro
pianeta. La notte di San Lorenzo, appuntamento fisso del 10 agosto, si celebra
anche a Trieste, magari con un filtro più scientifico che romantico, come la
tappa in programma stasera (dalle 20.30, a ingresso libero) sul terrazzo di Casa
Serena, in via Marchesetti 8/2, teatro di un incontro promosso da Bioest e
dall’Aris (l’associazione ricerca interventi studi sull’invecchiamento). In
cattedra il docente Fulvio Mancinelli, presidente del Circolo culturale
astrofili di Trieste, chiamato alla spiegazione razionale delle “lacrime di San
Lorenzo”. Che poi, a orbitare in queste serate, non sono altro che le Perseidi,
uno dei richiami, anzi, un antico pretesto per volgere lo sguardo al cielo,
dando così vita anche anche alla saga irreale dei desideri, da far scoccare al
passaggio della scia, ben visibile del resto pure a occhio nudo. «Ciò che noi
chiamiamo Perseidi, o comunemente “lacrime di San Lorenzo”, sono particelle
lasciate in orbita da una cometa attorno al Sole, sintetizza Mancinelli. Queste
particelle si presentano circa ogni 130 anni: quando entrano nella atmosfera
terreste bruciano e vengono così denominate meteore. Si chiamano Perseidi in
quanto la loro direzione di provenienza sembra sia quella della costellazione di
Perseo, aggiunge il presidente del Circolo astrofili, anche se si può ben notare
la scia in qualsiasi posizione sulla volta celeste». Documenti, video, aneddoti
e statistiche corredano l’appuntamento di stasera, ribadendo il percorso
culturale intrapreso dall’Aris, sulla “scia” del dialogo e della trasmissione di
vari temi, anche tra scienza e leggenda. L’appuntamento con le Perseidi prosegue
comunque domani, a partire dalle 21, nella sede del Circolo astrofili di
Prosecco (a Campo Sacro), ancora una volta in compagnia di Fulvio Mancinelli ma
con l’ausilio di ulteriori mezzi e verifiche rivolte alla visione delle stelle,
solo quelle cadenti. Un retaggio del martirio di san Lorenzo, che venne arso il
10 agosto del 258, e il cui sacrificio coincise con la comparsa in cielo delle
scie luminose, episodio poi “tradotto” dalla cultura popolare.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - GIOVEDI', 9 agosto 2012
«Sulla Ferriera la priorità è la salute dei cittadini»
- IL CASO » INQUINAMENTO
Il procuratore capo Michele Dalla Costa tiene sotto tiro l’impianto di
Servola: «Misure drastiche? Tutto è ipotizzabile.
La stiamo studiando in un modo nuovo»
Documenti densi di numeri, quelli frutto delle rilevazioni ufficiali, dei
prelievi effettuati e delle valutazioni effettuate dagli organismi competenti.
Approfondimenti sono in corso, e per ora sviluppi a stretto giro non se ne
intravedono. Era circolata nei giorni scorsi una voce, secondo la quale la
Procura della Repubblica di Trieste sarebbe arrivata a un passo dal chiedere al
giudice la chiusura della Ferriera di Servola causa picchi di inquinamento.
Nessuna richiesta di sequestro dell’impianto industriale pare invece essere
pronta nei cassetti degli uffici del Tribunale. Il procuratore capo di Trieste,
Michele Dalla Costa, infatti, fa capire come quella voce non abbia in effetti
alcun riscontro. Ma nel contempo ricorda: «Abbiamo da tempo delle indagini in
corso relative a tutte le segnalazioni che sono pervenute e che pervengono alla
Procura e che riguardano una possibile o probabile attività di inquinamento da
parte della Ferriera». Si può ipotizzare qualche decisione drastica a breve?
«Tutto è ipotizzabile, anche che la Ferriera chiuda domani per i fatti suoi»,
taglia corto Dalla Costa, lasciando intendere che nulla del genere compaia
all’orizzonte. Quanto accaduto di recente all’Ilva di Taranto aveva generato nei
giorni scorsi, specie negli ambienti istituzionali, un timore: un simile destino
per l’impianto di Servola, oggi al centro dell’ennesimo dibattito sul suo futuro
con l’ipotesi di continuità siderurgica post 2015 purché compatibile a livello
ambientale e sociale. Dalla Costa rileva: «Tutti questi stabilimenti vivono
sospesi fra il diritto al lavoro e il diritto alla salute, entrambi garantiti
dalla Costituzione. Solo che forse quello alla salute è primario, perché
coinvolge tutta la popolazione. Poi è chiaro che bisogna valutare caso per
caso». Le indagini cui ha fatto inizialmente riferimento il procuratore sono
note da tempo. Dal luglio del 2011, infatti, le immissioni nell’aria di polveri,
fumi e altri inquinanti sono al centro di un’azione conoscitiva avviata dalla
Procura. «Stiamo guardando in modo del tutto nuovo a questo fenomeno. In
particolare a quanto è accaduto nel 2009 e nel 2010. Un altro fascicolo riguarda
i primi mesi del 2011», aveva dichiarato poco più di un anno fa Dalla Costa.
Ieri ha osservato inoltre: «Solo una valutazione complessiva del fenomeno può
consentire di comprenderlo. Questo stiamo tentando di fare. Ma non è facile: del
materiale è disperso, manca, è sempre mancata, una linea di comunicazione
tempestiva dell’evento in ipotesi dannoso e tutte le immissioni vengono valutate
su base annuale, salvi casi eclatanti e macroscopici. Certo, poi c’è da
verificare come le istituzioni titolari della tutela della salute dei cittadini
si atteggino verso i soggetti in questione, a quali azioni subordinino
l’esercizio dell’attività industriale». L’indagine conoscitiva avviata a luglio
2011 aveva puntato da subito a verificare se gli organismi pubblici si fossero
attivati e avessero preso provvedimenti adeguati in occasione degli sforamenti
degli inquinanti oltre la soglia prevista dalla legge. In merito, il procuratore
capo assicura: «Allo stato non ci sono sviluppi». «Oggi la tecnologia offre
sistemi per rendere sicuro e non-inquinante ogni impianto - illustra ancora
Dalla Costa - ma il problema sono da una parte i costi e dall’altra l’ignoranza
di ciò che la tecnologia può offrire e garantire. Così, tanto per fare un
esempio, ci sono città con un termovalorizzatore in centro, mentre altre che non
ne vogliono neanche sentire parlare. Un fenomeno complesso che non può essere
risolto solo sul piano penale».
Matteo Unterweger
Bucci: «Il presidente Razeto propone soluzioni
impossibili»
Anche il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci interviene sulla questione
Ferriera con una breve nota. «Il presidente Razeto invita le istituzioni a non
far chiudere a "prescindere" la Ferriera dopo il 2015, proponendo fantasiose
ipotesi di nuovi insediamenti che rispettino l'equilibrio siderurgico e
occupazionale nel rispetto dell'ambiente. Credo sia ora di finirla di fare
demagogia e suggerire soluzioni impossibili», osserva Bucci. «Meraviglia che il
rappresentante dell'industria locale non sappia, o meglio non voglia capire, che
soluzioni di tale equilibrio sono incompatibili ed impossibili da realizzare in
un contesto così a ridosso delle abitazioni. Infastidisce leggere il richiamo
alle istituzioni senza voler rendersi conto che ogni soluzione tecnica possibile
(Bat) sono già state attuate sulla base del rilascio della Certificazione
Ambientale Regionale».
Un corteo di protesta «Non vogliamo morire» - UNITÀ
«Per non morire di Ferriera e Sertubi». E' questo lo slogan che ribadiranno
con forza domani i cittadini che parteciperanno alla manifestazione con corteo,
in programma alle 18 in piazza dell'unità d'Italia, per l'organizzazione del
circolo Miani. «La decisione di tornare a protestare davanti al Municipio - ha
spiegato ieri il portavoce del circolo, Maurizio Fogar - e' stata presa nel
corso di un'assemblea con la partecipazione di circa 160 persone, stufe delle
proroghe concesse allo stabilimento di Servola, delle promesse non mantenute dai
politici e dai rappresentanti istituzionali». Insomma la rabbia della gente
aumenta. «I fatti di Taranto sono la fotocopia di quanto denunciamo da anni - ha
ripreso Fogar - assieme ad altre associazioni e gruppi locali e sono entrati
nelle case della gente, attraverso la televisione e i giornali. C'e una sola
grande differenza fra Trieste e la città pugliese - ha accusato il portavoce del
'Miani' - e che consiste nel fatto che là la magistratura ha fatto quanto era
giusto si facesse, qui tutto continua come se mai nulla fosse accaduto». A
Taranto, «dove la mortalità dei bambini e' del 18 per cento più alta della media
nazionale» ha specificato Fogar, sono stati evidenziati gli stessi problemi di
Trieste. «Peccato che qui - ha rilevato - l'incidenza dell'inquinamento sulle
persone non sia presa in considerazione». Il circolo Miani ha distribuito in
questi giorni i volantini che annunciano la manifestazione di domani "stampati
sia in lingua italiana - ha sottolineato Fogar - sia in lingua slovena, in
quanto anche i cittadini di Capodistria sono coinvolti».
Ugo Salvini
Santa Croce, raccolta di firme contro la Tav -
ALTIPIANO CARSICO
Un’assemblea pubblica per analizzare eventuali rischi e pericoli per
l’ambiente
SANTA CROCE «Al mondo non esiste solo la logica del profitto. Tutelare
l’ambiente vuol dire proteggere anche le popolazioni locali che sul territorio
ci vivono e che non vogliono assolutamente vederlo stravolto». Questo il punto
di vista del Comitato anti-Tav di Ceroglie che sul tema del progetto a alta
velocità che dovrebbe interessare buona parte dell’Altipiano Carsico si oppone
con un netto diniego. Assieme alla Comunella di Santa Croce, il Comitato ha
organizzato nella frazione un incontro pubblico con il professor Peter Suhadolc
del Dipartimento di matematica e geoscienze dell’ateneo triestino. Lo studioso
ha illustrato ai presenti effetti e influenze del passaggio dei treni in
superficie e in galleria. Fermo restando la necessità di predisporre un attento
monitoraggio al passaggio dei treni per verificare le vibrazioni nei contesti
urbani vicini ai percorsi sotterranei, rimangono forti i dubbi sull’impatto di
un progetto di galleria ipogeo in un contesto territoriale delicato e complesso
come l’area carsica. «Lo scorso anno abbiamo provveduto a sporgere denuncia a
quella ditta che stava per produrre dei sondaggi sui territori di nostra
proprietà senza interpellarci – afferma Claudio Stergonsek, presidente della
Comunella di Santa Croce - perché siamo assolutamente contrari a un progetto che
rischia di stravolgere il nostro Carso. Ci si deve spiegare – continua
Stergonsek – come è possibile pensare a progetti di così vasta e intrusiva
qualità in un’area che risulta tutelata a livello europeo da “Natura 2000” e che
comprende ovunque Zone di protezione speciale (Zps) e Siti di importanza
comunitaria (Sic)»”. «La nostra opinione è che un scavo di tale portata non
potrà che creare problemi a tutto il nostro eco sistema – sostiene Boris Legisa
per il Comitato anti-Tav di Ceroglie – con particolare riguardo per le falde
freatiche e per il sistema di acque sotterranee che comprende pure il Timavo.
Ulteriori problemi verranno causati dalle strutture di rilevamento e di
controllo dei treni a emettere onde elettromagnetiche. C’è notevole timore per
l’effetto delle vibrazioni prodotte dal passaggio dei treni in sede sotterranea
per le località che, come Santa Croce, si trovano in buona parte su area di
Flysh». Comitato e comunelle continuano la raccolta di firme contro il progetto,
raccolta effettuata in tutto il territorio carsico che andrà a sostanziare una
petizione contraria al progetto Tav che sarà indirizzata sia alla Regione che al
ministero delle Infrastrutture in sede romana. Compiacimento infine è stato
espresso per la posizione fortemente critica sul progetto assunta dal Comune di
Duino Aurisina (era presente il vicesindaco Veronese).
(Ma. Lo.)
Siti inquinati, via agli studi per la costa muggesana
La Conferenza dei servizi provinciale ha stabilito nuove procedure più
snelle Il sindaco: «Conto di concludere la caratterizzazione entro i primi mesi
del 2013»
MUGGIA La decisione della Conferenza dei servizi, riunitasi lunedì scorso in
Prefettura, di rendere disponibili subito alcuni terreni nella zona industriale
apre nuove prospettive anche per il Comune di Muggia. Nella zona di via dei
Laghetti infatti saranno disponibili due lotti adiacenti di cinquemila metri
quadrati ciascuno: l’Ezit, in proposito, ha già numerose domande sul tavolo da
parte di nuove imprese. Ma anche lo stesso Comune di Muggia è interessato a
costruire, in accordo con privati, una stazione verde-ecologica per la creazione
di cippato (materiale combustibile vegetale) che potrebbe alimentare anche i due
impianti a biomasse in progetto nella cittadina (fra i quali quello di
riscaldamento della scuola De Amicis e la vicina palestra). Ma è sul lato a mare
che si concentrano le maggiori novità emerse dalla Conferenza dei servizi, come
riferisce il sindaco Nesladek che vi ha preso parte per il suo Comune. L’accordo
che ha approvato di fatto il nuovo piano delle caratterizzazioni per il sito
inquinato (Sin) di Trieste, che in buona sostanza comprende tutta la costa
prospiciente il bacino portuale, prescrive infatti procedure molto più snelle
(ed economiche) rispetto al passato. «Nell’accordo di programma - dice Nesladek
- è stato rivoluzionato l’approccio precedente: adesso tutto ciò che non
risulterà compromesso dall’inquinamento sarà fruibile dopo una trentina di
giorni, con risparmi che a occhio dovrebbero aggirarsi sul 50 per cento dei
costi». Sarà dunque forse la volta buona per veder impiegati quei due milioni di
euro già finanziati ma mai spesi per sistemare quei benedetti tre chilometri che
da Porto san Rocco vanno fino a Punta Olmi (l’interramento Acquario è un altro
discorso, di competenza della Regione). Con la fame di spazi a mare che c’è
lungo tutta la costa sarebbe già un bel passo avanti, se il Comune potrà
finalmente realizzare le piazzole e la pista ciclo-pedonale sul lato a mare
rispetto alla strada provinciale Muggia-Lazzaretto. Il nuovo piano infatti
consentirà di effettuare un carotaggio del terreno (per le analisi chimiche e
geofisiche) ogni 450 metri quadrati: una diecina in totale contro i 47
prescritti in precedenza. Troppo pochi? Nesladek assicura che, grazie alle nuove
tecnologie, daranno tutte le garanzie di rispetto della legge e dell’ambiente. E
poi? Dopo l’analisi geofisica del suolo, via dunque con la caratterizzazione
vera e propria del sito. Il tutto dovrebbe essere realizzato entro l’autunno di
quest’anno, per poter presentare le caratterizzazioni sul tavolo della
Conferenza dei servizi all’inizio del prossimo. «Se come sindaco dovessi fare
una previsione - dice infatti Nesladek - direi che per i primi mesi del 2013
dovremmo farcela. Le operazioni e i costi sono a carico dell’Autorithy portuale,
che ci ha garantito che si muoverà presto». Approvate le caratterizzazioni,
dunque, via ai lavori. Un’ultima curiosità: per testare la salubrità
dell’ambiente nel corso degli studi saranno poste delle gabbie in mare, con
pesci e altri organismi viventi. Fungeranno da cavie per dirci se l’acqua è
inquinata o meno.
Livio Missio
Trieste Next lancia le amministrazioni “a spreco zero”
L’iniziativa sarà al centro del primo salone dell’innovazione
Protagonista Andrea Segrè fondatore del Last minute market
Vi prenda il senso di colpa ogni volta che buttate una zucchina fra le
immondizie. Nel mondo vengono sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti
perfettamente commestibili, un terzo del totale. Delirio puro: si potrebbero
nutrire per un anno 3,5 miliardi di persone. Mettendo fine alla fame nel mondo.
Di questa battaglia civile, morale, economica è fortissimo paladino il triestino
Andrea Segrè, docente di Agraria a Bologna, fondatore di “Last minute market” e,
col Parlamento europeo, della terza edizione dell’”Anno contro lo spreco”.
Quest’anno la “Giornata” dedicata al tema parte da Trieste. Che diventa capitale
del Nordest e dell’Euroregione (100 sindaci, 7 milioni di cittadini) per una
campagna intitolata «Carta Nordest, spreco zero». L’evento, con la firma e
l’adesione anche dei governatori del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo e del
Veneto Luca Zaia avverrà il 29 settembre, nel contesto della prima edizione di
“Trieste Next, salone europeo dell’innovazione e della ricerca scientifica”, in
programma al Salone degli incanti dal 28 al 30 settembre col titolo appunto di
“Save the food”, salvate il cibo. Oggi al Mercato ortofrutticolo, sede scelta
non a caso, l’iniziativa verrà presentata dal sindaco Roberto Cosolini, da
Andrea Segré, dall’assessore alle Politiche sociali Laura Famulari, e da
Filiberto Zovico, direttore di “Trieste Next”. L’esordio della manifestazione
scientifica che Cosolini ha voluto far rinascere dalle ceneri del cassato “Fest”
evita dunque le passerelle teoriche e scende in terreno civile, pratico e
politico, puntando dritto al mercato, alla sua regolazione. Ma siamo ben lontani
dalle ansie negative sullo spread. Cibo e produzione vanno stavolta nella
direzione di qualche possibile sviluppo positivo e chissà che davvero non ne
possa venir fuori una tendenza migliore. Perché la lotta allo spreco alimentare
non è una preghiera, e un invito al buon cuore, ma implica precise azioni nella
filiera del commercio e del consumo: si definisce “spreco alimentare”, come
spiega Segrè, lo scarto di prodotti che hanno perso valore
economico-commerciale, ma non certo la caratteristica alimentare e il valore
nutrizionale. Dunque si possono redistribuire. Regioni, Province e Comuni
firmeranno a Trieste un impegno preciso. La tabella tra l’altro vincola a
privilegiare in sede di appalto per i servizi di ristorazione le imprese che
garantiscono le redistribuzione gratuita di alimenti a cittadini meno abbienti e
che prediligono il “km zero” negli approvvigionamenti, nonché a organizzare corsi
di educazione alimentare per un consumatore più consapevole, a sostenere chi
recupera gli scarti, a sensibilizzare i propri parlamentari su una legge che
obblighi i negozianti a vendere con lo sconto prodotti vicini a scadenza. Se
Trieste diventa con “Next” la capofila della “Giornata contro lo spreco», poi
seguiranno Bologna e Roma. Tra i testimonial della campagna ci sono Dario Fo e
Piero Angela e il logo è affidato alla geniale matita di Altan.
Gabriella Ziani
Al Teatro Verdi i migliori progetti di ricerca - il 29
settembre
«Trieste Next” sarà anche incontro tra ricercatori impegnati in progetti e
soluzioni avanzate e imprenditori interessati a innovare. L’incontro avverrà
attraverso “Nordest technology transfer”, che raccoglierà e vaglierà con uno
staff tecnico le proposte. L’iniziativa verrà presentata sabato 29 settembre al
teatro Verdi: a una platea di 300 imprenditori e manager saranno illustrati
alcuni tra i migliori progetti di ricerca. Presidente del Comitato scientifico
di “Next” è il rettore Francesco Peroni.
In regione vanno al macero 11mila tonnellate di
alimenti - LE CIFRE DELLO SPERPERO
Lo scandalo dell’agricoltura. Il mais che non viene raccolto dai campi
consuma per niente 12 milioni di metri cubi d’acqua: l’equivalente di 3687
piscine olimpiche
“Last minute market”, con Andrea Segrè, da tempo rivela il grande scandalo
degli alimenti buttati via. Infila cifre su cifre che dovrebbero convincere
anche i più indifferenti e insensibili. Eccone qualche esempio, cominciando da
vicino. Si stima che (dati 2010) la distribuzione all’ingrosso e al dettaglio in
Friuli Venezia Giulia abbia mandato al macero complessivamente 11.425 tonnellate
di generi alimentari. In testa i supermercati con oltre 6000 tonnellate, seguiti
da ipermercati e negozi dettaglio: più di 2000 ciascuno. In campo agricolo i
dati sono ancora più allarmanti. Rispetto alla produzione totale è stata buttata
via una tonnellata tra cereali, frutta e ortaggi, quasi interamente in fase di
raccolta. Percentualmente, una cosa piccola: l’1,76% del totale. Ma traducendo
in termini di spreco di acqua, ecco un altro numero da capogiro: solo col mais
rimasto sul campo (17.400 tonnellate) si sono sprecati quasi 12 milioni di metri
cubi. “Last minute market” visualizza la quantità: «Corrisponde a 3687 piscine
olimpiche». Lo spreco nazionale arriva a 3,6 milioni di tonnellate di cibo
all’anno. Il danno è moltiplicato, perché produrre quella roba ha buttato
inutilmente nell’aria 4,14 milioni di tonnellate di anidride carbonica, ha
sprecato 1,2 miliardi di metri cubi di acqua («quantità pari al lago d’Iseo») e
il 3% del consumo finale di energia elettrica. Che equivale al consumo
energetico di 1 milione e 650 mila italiani. Dare la colpa solo ai supermercati
è troppo semplice. Anche in casa siamo colpevoli. Anzi, secondo i calcoli della
Direzione generale per l’ambiente della Commissione europea, nei paesi
cosiddetti “ricchi” è proprio a livello domestico che gli alimenti vanno più
gettati: il 25% del peso totale degli acquisti, cioé un quarto. In Italia sembra
che buttare via il cibo ancora buono costi a ogni famiglia 1693 euro all’anno:
in tempi di crisi evidente, sarebbe meglio pensarci. Gli sprechi di cibo ancora
utilizzabile per fini alimentari potrebbero essere recuperati, ed è questo il
messaggio che lancerà Trieste, attraverso sistemi di ottimizzazione della
distribuzione e recupero dell’invenduto. In entrambi i casi, lo spreco è doppio:
da un lato, di grandi quantità di energia utilizzate nella produzione e nella
distribuzione, dall’altro, di ulteriore energia impiegata nella gestione e nello
smaltimento di questi scarti e sprechi, l’immondizia che ci avvelena. Un
disastro, insomma, in termini economici, sociali e ambientali.
Segrè: la lotta allo spreco parte in casa -
“Lagunamovies” si conclude con un incontro con l’agroeconomista triestino
GRADO Si conclude oggi, a Grado, la nona edizione del festival Lagunamovies
con l’incontro “Alla frutta in un mare di sprechi. L’economia a colori e la
briosa sobrietà”. Attorno al tema dello spreco ruoterà il dialogo fra l’agroeconomista
Andrea Segrè e la giornalista Marinella Chirico, scandito dalle letture
dell’attore Gualtiero Giorgini. La partenza è prevista dal Porto Vecchio di
Grado alle 17, a bordo della motonave Nuova Cristina. «La riduzione degli
sprechi – spiega Segrè, triestino, preside di agraria a Bologna – deve partire
dalla nostra casa. Le nostre azioni, anche se piccole, possono portare a un
mondo nuovo. Dobbiamo tornare a credere nel nostro ruolo di cittadini attivi
nella società. Riscoprire la nostra sovranità di consumatori e produttori che
abbiamo delegato ad altri. Rinnegare la pervasiva cultura del consumo e del
rifiuto che generano lo spreco di cui siamo circondati e sommersi. Cucinare
senza sprechi ci aiuta a considerare gli scarti come una grande opportunità».
Sarà l’occasione per raccontare al pubblico gli ultimi “appunti” di Segrè
intorno alla società sostenibile, dal recentissimo “Economia a colori” uscito
nei mesi scorsi per Einaudi al nuovo “Libro blu dello spreco: l’acqua” (Edizioni
Ambiente). «È in crisi - continua l’autore - un modello che si autodefinisce
sviluppato. Quotidianamente siamo bombardati da un mantra che ci arriva dalla
politica e dall’economia: l’idea che la crisi sarà superata sostenendo la
crescita. Eppure sappiamo da tempo che la crescita illimitata, sottesa a un
mercato più virtuale che reale, non funziona più. La crisi da crescita
ipertrofica può darci un’occasione di cambiamento: su questa via credo che la
società civile sia decisamente più avanti delle forze politiche ed economiche».
Andrea Segrè è il “Robin Food” della lotta agli sprechi alimentari: fondatore e
presidente di Last minute market, è autore, saggista e ideatore della campagna
europea di sensibilizzazione “Un anno contro lo spreco”. «Nel 2010 - dice -,
anche a seguito di una riflessione innescata da Lagunamovies, abbiamo avviato la
campagna europea di sensibilizzazione “Un anno contro lo spreco”, in stretta
partnership col Parlamento europeo. Un percorso che ha portato l’assemblea
plenaria dell’europarlamento alla richiesta di proclamare il 2014 anno europeo
contro lo spreco alimentare e dimezzare gli sprechi alimentari entro il 2025».
Riscoprire la sovranità di consumatori e produttori ci aiuta a riprendere in
mano il carrello della spesa, per spingerlo anche con il cervello. Oggi il 50
per cento del cibo prodotto nel mondo viene sprecato. Se l’intera popolazione
mondiale avesse la stessa voracità di noi europei, sarebbero necessari tre
pianeti per produrre la quantità di cibo richiesta. Imparare a cucinare con
quello che buttiamo via serve a ridurre gli sprechi e vivere meglio. Una
trasposizione, formato cucina e fornelli, di quella lotta allo spreco che Segrè
promuove da tempi lontani: un esempio tangibile dell’autosufficienza di sistema.
“Cucinare senza sprechi” è il titolo della suo nuovo libro che uscirà a ottobre
per Ponte alle Grazie.
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 8 agosto 2012
«Il futuro della Ferriera? Avanti con la siderurgia»
Appello del presidente degli industriali di Trieste Razeto alle
istituzioni locali: «Come ha fatto il governo, non escludano a priori la
prosecuzione dell’attività»
Dopo la Ferriera? Un’altra Ferriera. La Confindustria di Trieste non ha
dubbi a mettere la firma sulla dichiarazioni d’intenti inviata dal governo agli
enti locali dopo il recente incontro al ministero per Sviluppo economico. E si
appella alle istituzioni locali affinché non escludano a priori una
“riconversione” siderurgica dell’area. La proposta non esclude per il futuro di
Servola la prosecuzione dell’attività siderurgica. Sergio Razeto si appella alle
istituzioni locali e ribadisce quando già dichiarato poto tempo fa. «Il futuro
della Ferriera - premette Razeto - è un tema che Confindustria segue
costantemente e con attenzione. Si tratta di un sito per cui l'associazione
auspica un futuro che coniughi l'attività industriale con le esigenze ambientali
e con un'attenzione agli aspetti occupazionali». La realtà, però, è diversa.
«L'attuale proprietà, il Gruppo Lucchini - spiega il presidente degli
industriali - ha incaricato un advisor di trovare possibili acquirenti. L'advisor
ha individuato pertanto un novero di possibili investitori, cui è stato
trasmesso un dossier finalizzato all'acquisizione di tutto il gruppo, di cui fa
parte lo stabilimento triestino». Ed è qui che entra in gioco la politica locale
e nazionale. «Al fine di rendere possibile un buon esito di questa fase -
aggiunge Razeto - è necessario che le Istituzioni locali, anche attraverso
l'interessamento e il coinvolgimento dei ministeri competenti, operino per
creare le condizioni per cui lo stabilimento di Trieste sia ritenuto un asset
appetibile». E quindi? «In quest'ottica - spiega il presidente di Assindustria -
la nostra associazione non chiede alle Istituzioni “atti di fede” o “cambiali in
bianco”, ma la disponibilità a considerare per l'area di Servola anche progetti
che prevedano la prosecuzione dell'attività siderurgica con nuovi standard
ambientali». Non ci sono alternative. «Nell'attuale momento congiunturale,
infatti - spiega Razeto - è fuorviante ritenere che potenziali investitori
possano ipotizzare di investire in un sito in cui questa tipologia produttiva
sia esclusa a priori, sulla base di una scelta d'indirizzo strategico assunta
dalle Istituzioni del territorio e non dalla proprietà. Oltre a questo aspetto,
chiunque potesse essere interessato all'investimento, avrà la necessità di
approfondire preventivamente con le Istituzioni i temi legati alla bonifica e al
recupero ambientale del sito, alla durata delle concessioni e all'impatto dei
costi energetici sull'attività industriale». La strada da tracciare è questa. «È
altrettanto imprescindibile che, ottenuta la disponibilità delle Istituzioni
locali a approfondire questi temi, i potenziali investitori - conclude Razeto -
condividano con le Istituzioni in maniera trasparente il loro piano industriale
e che siano in grado di fornire le necessarie e adeguate garanzie relativamente
alla compatibilità ambientale dell'attività produttiva scelta in prossimità di
un centro abitato».
Sel: a Servola subito il risanamento e la riconversione
- CRITICO CON IL GOVERNO
Sinistra Ecologia Libertà di Trieste è “fortemente” preoccupato per la
proposta del Governo inviata agli enti locali dopo l’incontro al Ministero per
lo sviluppo economico. Con tale proposta, affermano Waldy Catalano, coordinatore
Forum lavoro Sel Trieste e Fulvio Vallon, coordinatore provinciale Sel Trieste,
sulla base di un interessamento di Jindal/Sertubi a rilevare la ferriera, il
Governo chiede al Comune, alla Provincia e alla Regione di abbandonare il
progetto per la riconversione produttiva della ferriera e a rilasciare una sorta
di liberatoria per il proseguimento dell'attività siderurgica. «Praticamente -
sottolineano i due esponenti Sel - si chiede di abbandonare uno dei punti più
qualificanti del programma amministrativo del sindaco, a fronte di una
situazione ambientale ormai insostenibile e di un futuro precario per chi, in
ferriera, lavora. Allo stato attuale la proposta del Governo, appare tesa a
sostenere un'operazione di vendita della Ferriera, libera da ogni
condizionamento locale. Sel giudica grave la completa assenza di un rapporto
chiaro con il Governo nazionale, per responsabilità primaria della Regione e
ritiene debba essere il Comune a rilanciare un rapporto contrattuale con il
Governo, chiaro negli obiettivi». Per Sel deve essere mantenuta ferma la
decisione sulla riconversione produttiva, con la chiusura a regime dell'area a
caldo, «sapendo che è una sfida difficile, ma la sola in grado di rispondere
alla tutela della salute dei cittadini, dei lavoratori stessi e al loro futuro
economico. Vanno quindi accelerati i tempi per l'accordo di programma, con un
ruolo di leadership da parte del Comune, rilanciando un rapporto stretto con il
Governo perché la riconversione e il risanamento della ferriera devono essere
assunti nella loro dimensione reale».
«I parcheggi per moto limitano il traffico»
La proposta del movimento “Fare ambiente”: «Il nuovo piano incentivi i
posteggi per le due ruote»
Individuare in centro città nuove aree da destinare a parcheggio per moto e
motorini «che potrebbero essere utilizzati anche per impedire la sosta selvaggia
delle automobili». Il Movimento ecologista europeo “Fare Ambiente” risponde
così, con una rivoluzionaria controproposta, alla giunta comunale, che vorrebbe
ridurre, col nuovo Piano del traffico, il numero degli stalli per scooter e
motociclette. «Per noi – ha spiegato ieri il coordinatore regionale del
Movimento, Giorgio Cecco – i circa 50mila mezzi a due ruote che circolano per
Trieste servono a snellire il traffico». «Chi li usa lo fa quasi sempre per
necessità – ha sottolineato il coordinatore nazionale – e aiuta la viabilità
cittadina, perciò non va penalizzato. Concordiamo dunque con l’idea di spostare
i parcheggi per motorini e moto dalle attuali sedi – ha aggiunto Cecco - in
particolare di quello di via santa Caterina, a condizione però che si individui
un’altra area centrale con stalli per le due ruote, magari nei punti dove la
sosta selvaggia delle automobili è un fenomeno costante». Cecco è stato anche
più preciso, parlando di via Carducci come di «una delle strade che potrebbero
prevedere stalli per moto e motorini, nei tratti dove gli automobilisti
indisciplinati trasgrediscono più spesso. Dipendesse da noi – ha insistito il
coordinatore regionale del Movimento – i parcheggi per scooter e motociclette
dovrebbero essere incrementati e non ridotti». Cecco ha proposto anche di
«incentivare l’uso del mezzo pubblico con contributi sulla rottamazione dei
motocicli più vecchi e inquinanti, attraverso abbonamenti degli autobus
agevolati o gratuiti, da offrire a coloro che non hanno le risorse per
acquistare un nuovo mezzo. Si potrebbe poi favorire l’acquisto di scooter
elettrici – ha continuato Giorgio Cecco – a emissione zero, con incentivi simili
a quelli già in essere per le automobili in base alla legge n. 14 del 2010”. Su
questo fronte, il coordinatore di “Fare Ambiente” ha già contattato l’assessore
regionale Sandra Savino, per chiederle un sostegno con l’obiettivo di
incentivare gli acquisti di scooter elettrici. “Il loro costo e' mediamente di
3/4mila euro, perciò anche poche centinaia di euro potrebbero essere importanti
e la Savino si è dichiarata favorevole». Infine Cecco ha evidenziato che «spesso
d'estate vediamo parcheggi a pagamento per automobili vuoti, mente quelli per i
motocicli e gli scooter sono sempre pieni – ha concluso – perciò si potrebbe
pensare a un'inversione dell’uso nei mesi caldi, in modo da favorire i
possessori di mezzi a due ruote».
Ugo Salvini
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 7 agosto 2012
GUIDA AL FOTOVOLTAICO
Introduzione
Di fotovoltaico domestico si parla ormai sempre più spesso, eppure in Italia ben
pochi conoscono cosa siano effettivamente. Certo c’è la coscienza chiara che si
tratti, per lo più, di pannelli solari installati sui tetti per produrre energia
elettrica e non soltanto “acqua calda” come i pannelli solari propriamente
detti.
Ma perché una famiglia dovrebbe valutare la possibilità di installarne anche in
casa propria? Basta dare un’occhiata alle migliaia di euro dei prezzi medi in
listino per dubitare della “convenienza”. Eppure, a patto di avere gli spazi
architettonici adatti, il fotovoltaico è davvero un’opportunità d’investimento
importante, da tenere in particolare considerazione non solo per il significato
ecologico, ma anche meramente economico – che in un periodo di crisi come quello
attuale non è proprio un argomento da disprezzare.
Tra le spese che più dannano gli italiani c’è sicuramente la bolletta
energetica. In effetti, per tutta una serie di motivi, quella del nostro Paese è
una delle più care in Europa. Ecco, farsi un impianto fotovoltaico significa,
innanzi tutto, dimenticarsi di dover pagare ogni due mese questo dazio.
Consideriamo che le ultime stime parlano di una media prevista superiore ai 460
euro annui a nucleo familiare. E non c’è nessuno motivo di pensare che questa
resti stabile col tempo. Case un po’ più grandi della media, poi possono
arrivare a consumi sensibilmente maggiori. Se contiamo che la vita di un
impianto fotovoltaico varia dai 20 ai 30 anni, capirete come il prezzo degli
impianti viene ricompensato in poco tempo anche soltanto tenendo in
considerazione il risparmio in bolletta.
Ma non c’è solo quello: un impianto fotovoltaico domestico durante al giornata
produce più energia di quanto ne venga consumata mediamente in 24 ore. Questo di
più viene venduto all’Ente Gestore dell’energia (di solito l’Enel) e sul prezzo
di vendita intervengono i famosi incentivi statali del Conto Energia di cui
parleremo fra pochissimo.
A conti fatti, dunque, la maggior parte delle volte un impianto fotovoltaico in
casa – o in azienda, come vedremo – è un’affare vantaggioso. Ma quanto
vantaggioso?
Dipende da caso per caso o, per meglio dire, da casa per casa: regione,
esposizione solare, disponibilità di spazi e di investimento iniziale (cui però
possono venire incontro le banche). Con gli incentivi del Quarto Conto Energia,
i conti dovrebbero essere alla pari dopo 10 anni (a volte meno, a volte più,
soprattutto al Nord). Ovviamente, però dipende da vari fattori tenici, molti dei
quali saranno argomenti delle prossime pagine. Con il nuovo Quinto Conto
Energia, come vedremo, in molti casi non cambierà di molto la situazione.
Più specificatamente, si faccia riferimento a questo schema, che riferisce alla
produzione annua media di un impianto fotovoltaico di 8 m2 in tre diverse
località del Paese:
■Milano 1167 kWh ogni anno;
■Roma 1477 kWh ogni anno;
■Trapani 1669 kWh ogni anno.
Dunque, un impianto a Napoli, ad esempio, produrrebbe circa 1500 Kwh annui cui
vanno a sottrarsi ai consumi familiari. Quello che resta viene venduto all’Ente
Gestore. Si comprende, quindi che la prima vera accortezza da tenere è quella di
commisurare le dimensioni dell’impianto in modo che la produzione superi i
consumi medi annui del nucleo familiare.
Per ultimo, non sono da dimenticare i costi di smantellamento che, anche se
spostati nel tempo, andranno comunque a incidere sulla valutazione generale
dell’affare.
Un buon strumento per calcolare la convenienza si un ipotetico impianto
fotovoltaico possiamo trovarlo a
questo link.
Il Fotovoltaico, cosa è?
L’energia solare è sfruttata dall’uomo in decine di forme diverse. Se
consideriamo che anche il vento è generato dall’influenza del Sole sulla Terra e
che persino l’energia chimica dei carburanti fossili non è che una
trasformazione di ciò che in origine erano raggi solari, ci rendiamo conto come
la stella a noi più vicina sia la fonte di energia elettrica più importante a
nostra disposizione.
Quella che viene chiamato genericamente fotovoltaico non è che una delle
tecnologie a nostra disposizione per trasformare in elettricità la luce e il
calore proveniente dal sole. Si tratta, a ogni modo della più diretta.
La ricerca sul campo è attivissima in tutto il mondo e, possiamo dire senza
timore di essere smentiti, non esiste in realtà un unico fotovoltaico. Dietro
pannelli apparentemente simili possono ritrovarsi tecnologie anche molto
diverse. Le caratteristiche principali su cui si lavora sono la flessibilità,
l’efficienza energetica (che in genere non è molto alta) e i costi di
produzione. Un modulo fotovoltaico estremamente economico, ma pochissimo
efficiente serve, infatti, a ben poco; lo stesso dicasi di un pannello
efficiente, ma caro.
Ma, tralasciando i prodotti sperimentali o molto innovativi – almeno per il
momento – cerchiamo di capire come sia costituito un pannello solare
commerciale, ovvero uno di quelli che chiunque di noi potrebbe avere sul tetto
di casa:
■Ovviamente si comincia con una base di sostegno. Questa cambierà a seconda del
tipo di impianto (ad esempio uno su tetto sarà diverso da uno a terra);
■L’inverter serve a trasformare l’energia elettrica continua generata dal modulo
fotovoltaico in corrente alternata;
■Il modulo fotovoltaico vero e proprio che si preoccupa di trasformare l’energia
solare in elettricità.
Di moduli ne esistono, come detto, svariati tipi. Ma i più comuni sono due:
■Con nucleo in silicio monoscristallino: costosi, poco flessibili nell’uso e di
solito ingombranti, assicurano tra le tecnologie standard l’efficienza maggiore,
anche del 17%;
■Con nucleo in silicio policristallino: più adattabili a contesti diversi, più
economici, sono però anche meno efficienti.
Esistono anche altre tecnologie di fotovoltaico largamente in uso oggi giorno,
come quella denominata a Silicio ribbon o quella a silicio amorfo: si tratta di
soluzione estremamente più economiche delle precedenti, ma con un efficienza che
scende (spesso anche di tanto) al di sotto della soglia del 10%. Spesso ci si
riferisce a tali tecnologie con il nome di a film sottile.
Alcuni nuovi tipi di fotovoltaico si concentrano più che sulla tecnologia del
modulo, sull’architettura generale del pannello. Abbiamo quindi pannelli capaci
di concentrare i raggi sopra la cellula fotovoltaica tramite specchi di
rifrazione – aumentando l’efficienza – o strutture di appoggio capaci di seguire
il sole a mò di girasole, in modo da ottenere sempre l’inclinazione ottimale. Va
detto che nessuna di queste soluzioni è diventata al giorno d’oggi davvero di
successo commercialmente.
Fotovoltaico domestico
La forma più nota di fotovoltaico è senza dubbio quello domestico. Nella maggior
parte dei casi consiste nella costruzione di un impianto di pannelli solari su
tetti o sulle terrazze di abitazioni private. Tale impianto va poi collegato con
la rete nazionale e il privato venderà energia al prezzo stabilito dalle regole
del Conto Energia vigente al momento della stipula.
Appare evidente come, paradossalmente, la cosa più complessa da superare siano
proprio i passaggi burocratici. Il GSE fornisce tutte le guide necessarie a
essi, ma ciò non rende comunque la cosa alla portata di tutti.
Per questo motivo la quasi totalità delle aziende del settore offrono pacchetti
completi che vanno dalla progettazione dell’impianto ai passaggi burocratici,
passando per le operazione di montaggio.
Ad ogni modo, vi consigliamo di informarvi bene sui dettagli attraverso fonti
terze – come il nostro sito – per esser realmente consapevoli dei passaggi: nel
momento in cui decidete quale delle tante offerte del mercato accettare,
conoscere la materia può aiutarvi a non avere brutte sorprese.
Di quelli riguardanti i finanziamenti parleremo, comunque, in seguito; ora
vedremo di capire quali sono i passaggi e le varianti che caratterizzano
l’impianto di moduli solari domestici.
Primo punto da osservare è la tecnologia usata. Come abbiamo visto nel
precedente capitolo, non tutto il fotovoltaico è uguale e non sempre la
tecnologia più avanzata è da considerarsi la migliore. La chiave di valutazione
è il rapporto costi/produzione di energia. Altro dettaglio importante è il peso:
dato che i pannelli verranno sistemati sopra tetti civili, non si può pensare di
appesantirli oltre una certa misura.
Inoltre, solitamente a un impianto fotovoltaico si accompagna anche anche un
impianto termosolare, in grado di produrre acqua calda. Alcuni pannelli di nuova
generazione integrano le due funzioni. I produttori dichiarano anche uno degli
effetti del doppio lavoro è un aumento dell’efficienza della cella fotovoltaica
– dovuto all’effetto refrigerante dell’acqua. Valutare questo tipo di prodotti
può essere una buona idea.
Importantissima è la fase di progettazione dell’impianto. In pratica i moduli
vanno integrati su situazioni architettoniche di solito preesistenti. La cosa
comporta non solo cavilli burocratici, ma anche una scelta tecnologica bene
approfondita. L’inclinazione dei tetti, la loro ampiezza, la presenza di
ostacoli che coprano il sole sono tutte variabili di cui tenere conto. Un
pannello mal posizionato come inclinazione o coperto perde in efficienza e
vantaggiosità.
Il lavoro di progettazione deve dunque essere svolto da professionisti che
tengano conto di tutti questi fattori.
Infine, può essere una buona idea quella di affidarsi a un servizio di prestito
bancario per limitare il peso della spesa iniziale. Anche in questo caso le
offerte sono innumerevoli e per maggior precisione vi rimandiamo a una serie di
articoli pubblicati nei mesi scorsi.
Fotovoltaico a terra
Se siete proprietari di uno spazio a terra, magari il vostro giardino di casa,
potete valutare l’opportunità di costruire lì il vostro impianto domestico.
Questa soluzione prevede vantaggi non indifferenti. Intanto, vi permette di
ragionare su tecnologie di qualsiasi peso, compreso i pannelli in grado di
inseguire il sole e avere sempre l’inclinazione ottimale alla massima resa.
Inoltre anche la manutenzione è mediamente più semplice e veloce rispetto a
impianti sui tetti e, soprattutto, si possono progettare impianti decisamente
più grandi avendo a disposizione una metratura maggiore.
Ciononostante vi sono anche delle controindicazioni, che vanno tenute in
profonda considerazione. innanzitutto tutti i pannelli a terra, tranne rare
eccezioni (spesso costose) rendono il terreno non coltivabile. L’integrazione
architettonica con l’ambiente risulta anche piuttosto difficile: un giardino
pieno di pannelli sarà difficilmente “carino” e piacevole alla vista.
Questo complesso di situazioni rende fondamentale un lavoro di progettazione
comune tra l’interessato e l’azienda contattata. Bisogna infatti capire quanti
metri di terreno occupare, capire i passaggi burocratici da superare, calcolare
i costi e i benefici. Infatti, come vederemo, se è vero che è possibile
costruire a terra impianti ben più grandi di quelli possibili sui tetti occorre
non dimenticare che crescendo le dimensioni diminuiranno comunque i contributi
ricevuti a Watt.
In ogni caso, quindi, la burocrazia non è mai semplice nonostante le guide del
GSE. Sono però le aziende, di solito, a sbrigarne i passaggi. Dato il costo
medio piuttosto alto per ogni impianto si tenga conto della lentezza cronica
nell’ufficializzazione dell’allaccio.
Fotovoltaico piccole aziende agricole
Moltissime aziende agricole hanno scoperto le rinnovabili come fonte accessoria
di investimento. Infatti, con un buon progetto – sia a livello tecnico, sia di
business planning – è possibile allacciare un impianto che abbatta le spese
energetiche aziendali, arrivando anzi ad avere dei ricavi.
È sorta di recente un po’ di polemica nei confronti di un certo tipo di
fotovoltaico agricolo: infatti, succede che alcuni agricoltori, spinti da
incentivi estremamente generosi, decidano che non valga più la pena di coltivare
i terreni e riempiano i loro campi di pannelli. In pratica, ettari ed ettari di
terreno agricolo vengono sottratti alla coltivazione, con un danno paesaggistico
non indifferente e un impoverimento produttivo dell’intero Paese.
Questi timori, per molti versi non infondati, sono stati fatti propri anche dal
Ministro Corrado Clini. In generale, quindi, gli incentivi tendono a premiare
soltanto quelle soluzione che davvero intendano il fotovoltaico come variazione
di investimento, come valorizzazione diversa di alcuni spazi, ma all’interno di
un’attività che resti prevalentemente agricola.
Dunque, spazio soprattutto a impianti solari posti sopra gli edifici – invece
che sui terreni agricoli – e che abbiano una capacità produttiva non
sproporzionata rispetto alle necessità dell’impresa.
Una delle nuove frontiere in questo senso sembra essere l’installazione di
pannelli fotovoltaici sopra le serre. Ma non mancano forti resistenze anche in
questo caso: in effetti, la coltivazione in serra vera e propria pretende l’uso
di costruzioni per lo più leggere e momentanee. Il fatto di volere installargli
sopra dei pannelli solari, che devono restare in funzione anche 20-30 anni non
può non stonare: il rischio è che qualcuno costruisca delle serre vuote,
soltanto per potersi accaparrare gli incentivi statali.
Una buona idea, nel caso si sia interessati a farsi installare un impianto del
genere è ricorrere a un mutuo bancario per far fronte alle spese iniziali, visto
anche che i costi mensili per ripagare il prestito vengono ammortizzati dal
guadagno ottenuto grazie agli incentivi.
Alcuni istituti bancari hanno studiato formule misurate proprio sulle necessità
delle aziende agricole. Un esempio è Cariparma, su cui abbiamo anche scritto un
articolo qualche mese fa.
Quali pannelli scegliere?
Ma quali sono le marche di pannelli fotovoltaici cui rivolgersi per ottenere i
maggiori risultati? Non è molto facile rispondere. Intanto, possiamo però
rivelare quali sono le tre aziende che secondo una classifica recente producono
le celle con maggiore efficienza al mondo:
1.Canadian Solar;
2.Suntech;
3.Trina.
Con l’azienda Canadese saldamente al comando con diversi prodotti con
un’efficienza impensabile per la concorrenza. Detto questo, il valore
dell’efficienza delle celle non è l’unico da tenere in considerazione. Ciò che
acquistate, infatti, è un intero impianto e la qualità del tutto la si vede a
patire dal rapporto prezzo/efficienza del complesso. Ed è questo il motivo per
cui i moduli cinesi stanno vendo un boom importante.
Inoltre, molte aziende creano impianti a partire da pezzi prodotti da industrie
terze. Non è un segreto che la nuova “italianissima” fabbrica del gruppo
Marcegaglia utilizzerà celle di fabbricazione cinese.
Dunque la domanda da porsi è chi mi offre il pacchetto completo migliore? I
competitor sono tanti, da Solsonica a Beghelli, passando per Enel GreenPower. Ma
non mancano anche aziende più piccole che localmente svolgono lo stesso
servizio.
Dato che le offerte cambiano continuamente, anche in misura dell’arrivo di nuove
tecnologie e di nuovi sistemi di finanziamento, il nostro consiglio è quello di
farsi fare dei preventivi da più aziende. Il preventivo non deve però
comprendere solo il prezzo bruto, ma tutto il complesso sistema di
progettazione. Potrete quindi valutare i tempi di lavoro, lo spazio occupato
dall’impianto, la produttività energetica prevista, eventuali servizi accessori,
la garanzia e le modalità per accedere al servizio tecnico in caso di cattivo
funzionamento. Solo dopo, vi consigliamo, scoprite la casella prezzo.
Detto questo, vi offriamo una breve panoramica sulle offerte per il fotovoltaico
domestico di tre aziende tra le maggiori nel mercato italiano, anche se magari
meno note al pubblico dei non addetti.
1.Sunpower è sicuramente uno dei colossi mondiali del settore. L’azienda
statunitense, che si vanta pubblicamente di offrire i migliori impianti sul
mercato (con efficienze superiori al 18%, che nei casi più costosi raggiungono
anche il 20%). Si tratta sicuramente di una delle opzioni più care, anche se
qualitativamente superiori. Quanto più caro è difficile da dire, visto che tutto
dipende ovviamente dal tipo di impianto desiderato. Ma la caratteristica
principale per cui vi segnaliamo Sunpower è sicuramente il fatto di lavorare
molto all’impatto estetico dei propri impianti. Se a frenarvi fin’ora
dall’acquistare un impianto fotovoltaico è stato la paura di peggiorare
l’estetica della casa, probabilmente uno sguardo ai lavori della Sunpower
potrebbe sorprendervi. In particolare, è proprio la grande efficienza delle
celle a permettere un’installazione non invasiva;
2.Più varia è la proposta di un’altra enorme multinazionale del settore, la
Sharp: in questo caso l’offerta comprende sia la possibilità di scegliere moduli
monocristallini, sia policristallini, sia infine i recenti moduli a film
sottile. L’efficienza tra il primo e il secondo caso non cambia di molto, circa
l’1% in più per i policristallini (che raggiunge punte di 15,2). Molto più
bassa, sotto il 10%, l’efficienza dei moduli a film sottile: ma si sa, ciò che
rende quest’ultimi convenienti è l’estrema economicità. In generale se cercate
un’offerta più flessibile, magari più economica, e disponete di più spazio da
fornire ai pannelli, la Sharp può essere una buona idea;
3.Infine, non può mancare il vero big one del mercato: la Suntech, colosso
cinese numero 1 in produzione di moduli fotovoltaici al mondo. In questo caso i
prezzi dipenderanno anche dall’azienda distribuzione locale che troverete. In
quanto prodotto cinese è facile pensare a un prodotto di qualità inferiore.
Sulla carta però l’efficienza dei moduli è comparabile a quella dei migliori
prodotti Sharp (oltre il 15%). Inoltre, il prodotto di punta, le celle Pluto,
raggiungono un’efficienza del 19%, cioè prossime ai risultati migliori ottenuti
dalla SunPower. Insomma, non c’è motivo per non prendere in considerazioni i
prodotti Suntech in un confronto anche qualitativo.
Concludiamo ricordando come per valutare l’effettiva efficienza di un impianto –
e quindi non del solo modulo – bisognerà prendere in considerazione anche la
qualità dell’inverter. Un inverter mediocre può annullare tutti i benefici del
fatto di avere un fotovoltaico di ultima generazione
Quinto Conto Energia
Il Quinto Conto Energia è la nuova legge – attualmente si tratta di un decreto
interministeriale – che regola la concessione dei finanziamenti al fotovoltaico.
In pratica regola il prezzo (incentivato) con cui viene comprata l’energia da
parte del Gestore. Il testo esatto della legge può essere scaricato da questo
link.
Se avete letto i nostri articoli riguardanti il Quinto Conto Energia, saprete
già che il testo prevede un passaggio molto sgradito agli operatori di settore.
Parliamo dell’iscrizione obbligatoria al registro del GSE che, qualora le
richieste di incentivi dovessero superare una certa cifra, escluderà alcuni
impianti dalle tariffe incentivanti.
Una situazione che a prima vista può scoraggiare la maggior parte degli
interessati. Eppure, a meno che non siate un’azienda, o a meno che non
desideriate trasformare il fotovoltaico in una fonte di reddito molto alta, per
molti di voi questi lacci burocratici non conteranno. Infatti vanno chiariti
almeno 3 punti preliminari:
1.tutti gli impianti da 12kW in giù non avranno necessità di partecipare a
quella che è stata definita come: la lotteria dei registri;
2.Inoltre, chiedendo una piccola riduzione degli incentivi, anche gli impianti
inferiori ai 20 kW potranno essere evitare i rischi dell’iscrizione nel
registro;
3.Infine, qualora si operasse contestualmente alla rimozione dell’amianto nello
stesso edificio dove porre i pannelli fotovoltaici, il limite sale a 50kW.
Se consideriamo che 12kW sono mediamente una potenza superiore a quanto
necessario per una famiglia ci rendiamo conto come il problema del Quinto Conto
riguardi principalmente i grandi impianti a terra. Dati i tagli nel settore, è
poi probabile che molte aziende investiranno ancora di più sul fotovoltaico
domestico ed è forse possibile immaginare una riduzione dei costi nel medio
periodo.
Ma a quanto ammontano questi incentivi? La quantità varia a seconda delle
dimensioni dell’impianto. Più esso è grande, meno favorevoli sono le tariffe.
Coloro che accederanno ai finanziamenti dopo l’inizio del sesto semestre
vedranno le tariffe scendere del 15% ogni sei mesi. Concludiamo ricordando che
il Quinto Conto Energia sostituirà il Quarto solo a partire dal 27 agosto. Fino
ad allora varranno le regole, più convenienti, del Quarto Conto.
Burocrazia: lo scoglio del GSE
Se provate a chiamare una delle tante aziende che si occupano di fotovoltaico
nel nostro Paese, da Solsonica a Beghelli, passando per le più piccole realtà
locali, probabilmente vi diranno di non preoccuparvi della burocrazia, perché
penseranno loro a tutti i dettagli.
Si tratta di una cosa sicuramente utile, ma il nostro consiglio è quello di
avere ben presenti quali siano i passaggi da fare, in modo da avere sott’occhio
tempi e controllare in maniera più precisa il procedere dei lavori. Come visto,
infatti, il tempo è una delle variabili chiave nell’affare fotovoltaico.
Lo schema riportato riassume molto brevemente quali siano le procedure da
seguire:
■Il primo passaggio da fare è la presentazione di un progetto preliminare
dell’impianto all’Ente Gestore competente, di solito l’Enel. Ovviamente un
passaggio del genere non può che essere svolto dopo che il suddetto progetto sia
stato stilato e firmato da professionisti competenti;
■Dopo aver comunicato il progetto al Gestore, dobbiamo avvisare anche le
istituzioni locali. Il secondo passaggio, infatti, consiste nella presentazione
di una D.I.A. al Comune. In alcuni casi questo passaggio non è obbligatorio:
quando si parla di edifici nuovi o in corso di ristrutturazione, nel caso in cui
però l’impianto sia già presente nell’elaborato originale;
■Ora possiamo installare l’impianto fotovoltaico vero e proprio. A questo punto
il grosso del lavoro fisico è stato svolto, ma burocraticamente siamo ancora a
metà strada;
■Dopo aver collaudato l’impianto possiamo comunicare il fine lavori all’Ente
Gestore;
■Lo stesso Ente dovrà venire a fare a sua volta un collaudo e a installare i
contatori;
■A questo punto possiamo dichiarare l’impianto in esercizio e, solo ora,
possiamo chiedere al GSE, attraverso domanda con allegata documentazione finale
del progetto, i nostri “sudati” incentivi.
Dunque, per chiarirsi, avere un impianto fotovoltaico collegato alla rete non
vuol dire essere ammesso direttamente agli incentivi. Questi vanno richiesti e
ricordate: questa domanda può essere svolta soltanto online sul sito ufficiale
del GSE (sempre che con l’intervento del Quinto Conto il GSE non cambi
procedura, cosa che solitamente viene comunicata con molto ritardo).
Un ultimo particolare: un tempo si potevano stipulare due contratti diversi con
il GSE: lo Scambio sul posto e il Ritiro dedicato. Con il Quinto Conto, però, è
stato soppresso il lo Scambio sul posto. Si trattava di un’opportunità
interessante, la cui dismissione semplifica di certo la vita burocratica al GSE,
ma riduce il ventaglio di possibilità nelle mani del potenziale utente.
Concludiamo ricordando come secondo molte stime il Quinto Conto Energia non avrà
vita lunga: non è impossibile che tra un anno dovremo rimettere mano a questa
guida, aggiornandola ai dettami di un possibile Sesto Conto.
Guido Grassadonio
IL PICCOLO - MARTEDI', 7 agosto 2012
«La Ferriera non diventerà l’Ilva 2» - AMBIENTE » IL
CASO
Il ministro Clini: «Affidato a un gruppo di esperti un piano di
prevenzione e per bonificare l’area»
Il ministro Corrado Clini arriva a Trieste con ben altre preoccupazioni. C’è
il caso di Taranto a togliergli il sonno e mai e poi mai vorrebbe che il destino
della Ferriera si trasformasse in una sorta di Ilva 2. «Mi auguro di no»,
dichiara lanciando un programma «di bonifica e messa in sicurezza» della zona.
Ma anche qui la tensione è alta: nessuno sa realmente come coniugare le esigenze
ambientali con i bisogni occupazionali della città. Tanto meno cosa si farà dopo
il 2015. Lo ha detto con imbarazzante chiarezza l’assessore regionale alle
Attività produttive Federica Seganti: «Per me è importante una soluzione alla
questione ambientale, ci vuole una risposta ai lavoratori ma anche alla gente di
Servola che vive alla canna del gas. Siamo in una situazione gravissima. Da noi
non succede come all’Ilva solo perché qui la gente ha un grado di sopportazione
che va oltre i limiti normali». Già, ma fino a quando? Clini avverte l’urgenza e
sembra intenzionato a imprimere un’accelerazione, almeno sul fronte bonifiche.
Il tema è strettamente legato al futuro (siderurgico?) dell’area e il ministro è
qui per continuare a sbrogliare l’intricata matassa del sito inquinato. Servola,
come noto, fa parte di quell’annosa partita. Ecco, dunque, lo scatto in avanti:
una squadra di tecnici per valutare l’inquinamento e procedere spediti con le
caratterizzazioni. Quando? Subito. «Avendo dato incarico a un gruppo istruttore
di chiudere entro pochi giorni la valutazione nel merito del sito e dello stato
delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza - spiega il ministro -
credo di avere messo in moto un’azione di prevenzione molto importante, anche ai
fini del rilancio dell’area, avendo in mente quel che mi hanno chiesto i
sindacati, ovvero l’impegno del governo per la riutilizzazione di questa zona».
Bene, poi che si fa? Cioè, la gente vuole risposte non annunci. Per quelle c’è
la campagna elettorale delle regionali, dietro l’angolo. Ma Clini è un
“tecnico”, non un politico. Purtroppo su questo non c’è ancora nulla di certo. E
infatti, sulla destinazione futura dell’area e sulle tipologie industriali che
potrebbero trovare spazio, il ministro mette le mani avanti. «Non abbiamo come
governo una filosofia in base alla quale decidiamo come e dove le imprese devono
operare. Che diventi un impianto siderurgico nuovo, che rimanga quello attuale,
a condizione che rispetti le leggi nazionali e le direttive europee, o che lì si
facciano altre attività - precisa - questa è una decisione che riguarda
l’impresa. Quello che è essenziale è capire e sapere che non c’è nessuna
possibilità di sviluppo dell’area se essa non è risanata o messa in sicurezza».
Intanto il Comune, che ieri ha partecipato alla Conferenza dei Servizi sulle
bonifiche, sta tenendo d’occhio le emissioni dello stabilimento. L’assessore
Umberto Laureni è andato a farsi un giro in Ferriera per verificare di persona
se la Lucchini sta attuando gli interventi tecnici prescritti da Cosolini in
gennaio. Risultato: per la cokeria ci siamo sebbene, come informa una nota del
municipio, «rimane irrisolto il problema delle fughe per sovrappressione dalla
parte alta dell’altoforno». Comunque, si legge ancora nel testo, «poiché il
trend delle concentrazioni di benzopirene in tutte le stazioni di rilevamento
della zona è da marzo a maggio in costante diminuzione», Laureni ha concordato
con il sindaco di attendere i dati ufficiali dei due mesi successivi. Numeri
«non ancora trasmessi dall’Arpa», ma indispensabili «prima di decidere in merito
a nuove richieste».
Gianpaolo Sarti
Mancata firma: un grave danno Bucci: allarme
benzoapirene - I SINDACATI
I sindacati hanno firmato la lettera d’intenti sul futuro della Ferriera
(siderurgico, industriale e logistico) inviata dal ministero dell’Economia agli
enti locali. Provincia, Comune e Regione non lo firmano. «Quel documento -
ribatte Umberto Salvaneschi, segretario generale Fim-Cisl - è una dichiarazione
d’intenti, non poteva essere un progetto definito, inoltre riflette esattamente
quanto concordato a Roma lo scorso 23 luglio». Per i sindacati il passo indietro
è motivo di grave allarme: «Gli enti rischiano - afferma Salvaneschi - di
continuare nel totale immobilismo che ci ha portato fin qui, di provocare (cosa
ben più grave) un minore impegno del ministero, e (pericolosissimo) di
allontanare possibili investitori». I sindacati avvertono: «I lavoratori
continuano a sentirsi presi in giro. Speranza, pazienza, senso di responsabilità
stanno finendo. Situazione imbarazzante e pericolosa - conclude Salvaneschi -
che potrebbe portarci, senza nostra responsabilità, a inevitabili scontri».
Maurizio Bucci, consigliere Pdl, richiama sui dati ambientali: «L’Arpa ha
rilevato a Servola medie mensili di benzoapirene di 3,8 microgrammi per metro
cubo a gennaio, di 5,3 a febbraio, di 5,5 a marzo. Una legge regionale pone il
limite massimo di 1 microgrammo, facendo la media annua dei dati rilevati
finora, considerando pari a zero i valori fino a dicembre, il dato annuo risulta
di 1,63, quindi ben superiore». Bucci sollecita il Comune, secondo legge, a
«controlli e provvedimenti immediati» e si chiede come mai l’assessore
all’Ambiente, Laureni, abbia affermato dopo un recente sopralluogo «che lo
stabilimento sta lavorando correttamente e la situazione ambientale sta andando
bene. Ci vogliamo prendere in giro - afferma - visto che hanno bocciato la mia
mozione contro il prolungamento dell’attività oltre il 2015?».
«Sul rigassificatore non è cambiato nulla» - IL POLO
ENERGETICO DI ZAULE
Il sindaco: «Confermato che l’impianto non potrebbe convivere con il
terminal RoRo»
MUGGIA L’intervista pubblicata domenica sul Piccolo all’ammiraglio Antonio
Basile, comandante della Capitaneria di porto (“Rigassificatore compatibile con
il traffico marittimo”) ha suscitato più di qualche allarme a Muggia, la cui
amministrazione si è sempre dichiarata contraria alla realizzazione
dell’impianto. Anche per rispondere alle domande di vari cittadini il sindaco
Nerio Nesladek ha subito diffuso una nota su Facebook. «Rigassificatore
compatibile col traffico marittimo? Non ci facciamoci ingannare dal titolo del
giornale - scrive il primo cittadino - e leggiamo attentamente quanto dichiarato
dall’ammiraglio. Che cosa emerge? Innanzitutto - dice Nesladek - avendo la
Capitaneria compiti essenzialmente legati alla sicurezza della navigazione, di
questo e non di altro si parla. Se consideriamo solo le petroliere e magari
anche l’attuale traffico del molo settimo, attualmente, dice il comandante
Basile, non ci dovrebbero essere problemi». A questo punto Nesladek solleva le
sue obiezioni. «Ma il piano di sviluppo del porto - scrive - prevede: a) il
raddoppio dello stesso molo sette b) la realizzazione del molo ottavo C) la
realizzazione della piattaforma logistica D) il terminal RoRo alle Noghere.
Tutti noi vogliamo che il porto cresca. Che succederà allora?» si chiede
Nesladek. Ed ecco le sue conclusioni: «Il Comandante afferma testualmente che
per la piattaforma logistica “si vedrà” e per il terminal confinante con il
rigassificatore bisognerà che i tecnici, non i militari, facciano scelte. È
evidente che la logica conseguenza di questa affermazione è la conferma della
impossibile convivenza tra le due strutture. Mi sembra chiaro. Nulla cambia dopo
le affermazioni del comandante Basile». La dichiarazione di Nesladek ha subito
trovato sponda nei messaggi postati da due sindacalisti di lungo corso, Ladi
Minin e Waldy Catalano. Minin: «Sono d’accordo, caro Nerio, il rigassificatore
nella posizione proposta a Zaule dalla Gas Natural, oltre tutte le motivazioni
inerenti la sicurezza che dovrebbero essere sufficienti per desistere, non va. E
poi c’è la prevedibile crescente attività...». E Catalano: «Non è mai stata una
questione tecnica, nè di sicurezza, ma di scelte sulle politiche di sviluppo del
territorio: o porto commerciale o polo energetico».
(a. g.)
Sito inquinato, subito liberi 10 ettari a Muggia - Come
da programma, accelerate in Prefettura le procedure per la restituzione dei
terreni
Clini tira dritto anche, e soprattutto, sul sito inquinato di Trieste e
Muggia. La vicenda si è sbloccata appena un paio di mesi, dopo una decina d’anni
di totale impasse, grazie alla firma dell’accordo di programma. Ieri la
Conferenza dei Servizi ha aggiunto un altro tassello rendendo disponibile una
parte del terreno per le attività industriali. Si tratta, in particolare, di
dieci ettari del Sin che si trovano nel territorio comunale di Muggia: saranno
liberi da subito per consentire l’insediamento di nuove imprese. Lo ha stabilito
la Conferenza che si è riunita in Prefettura, di cui fanno parte ministero
dell’Ambiente, Regione, Comune di Trieste, Comune di Muggia, Provincia, Ezit e
Autorità portuale. «La finalità già espressa dall’accordo di programma - ha
commentato Clini al termine della riunione - è di accelerare le procedure di
risanamento e di restituzione dei siti a usi prevalentemente industriali».
L’accordo a cui fa riferimento il ministro ha eliminato l’obbligo di pagamento
del danno ambientale a carico delle imprese (360 milioni di euro). E’ su questo
punto che la vicenda si era arenata. Il via libera al documento consente,
inoltre, di togliere dal Sin le zone che non superano i limiti di inquinamento
in modo da restituirli al comparto produttivo. E così è avvenuto per Muggia. Il
ministro ha anche annunciato l’approvazione del piano di caratterizzazione
presentato dalla Regione; il testo delinea, nel dettaglio, i criteri necessari
per l’intera l’operazione come, ad esempio, i numeri di carotaggi indispensabili
e le tipologie di inquinamento individuate. E’ una procedura «molto più
semplificata - ha puntualizzato il ministro dell’Ambiente - più di quanto fosse
stato indicato precedentemente, perchè permette di individuare le situazioni
sulle quali è necessario intervenire con progetti di bonifica e quelle che
possono essere denominate non contaminate». È stato poi approvato il piano di
caratterizzazione della zona fronte Porto; nel programma rientra anche l’area di
Servola occupata dalla Ferriera: in questo caso sarà un gruppo tecnico ad
occuparsene. «Sono problematiche che vanno affrontate e chiarite - ha voluto
ribadire il ministro a margine dei lavori - ciò deve avvenire in tempi
rapidissimi per assicurare da un lato un intervento che tuteli l’ambiente e
dall’altro per definire il contesto di quel risanamento, che è premessa per ogni
sviluppo futuro in termini di riuso e di attività produttiva». Infine Clini «ha
preso atto» che il progetto Teseco per il risanamento dell’ex raffineria Aquila
«ha fatto passi avanti» e a questo proposito sono state date indicazioni per
completare l’iter.
(g.s.)
FareAmbiente: Piano del traffico a misura di scooter
Automobili, bus, taxi, biciclette, parcheggi in superficie e park
sotterranei, corsie preferenziali, isole pedonali, piste ciclabili, eccetera. Va
bene. E le moto, gli scooter e le relative aree di sosta per i tanti mezzi a due
ruote assai adoperati dai triestini? A dimostrazione che attorno al costruendo
Piano del traffico ruotano mille facce e mille variabili che reclamano
attenzione, ecco che nel dibattito estivo - in vista della scadenza dei termini
per le opposizioni ammesse dalle regole, fissata per Ferragosto - irrompe
l’ennesimo “contributo” esterno rispetto all’impianto del provvedimento di
revisione della mobilità cittadina proposto fino ad ora dall’amministrazione
Cosolini anche attraverso una serie di incontri nelle varie circoscrizioni. Oggi
infatti, al Life di piazza Cavana, con inizio alle 12, in quello che sarà
presumibilmente un mezzogiorno di fuoco, meteorologicamente parlando, andrà in
scena la conferenza stampa dal tema «Trieste: nuovo Piano del traffico, dove
mettiamo moto e motorini?». A farsi promotore dell’appuntamento è il
coordinamento regionale del movimento ecologista FareAmbiente, incarnato da
Giorgio Cecco, che si riconosce - a differenza della stragrande maggioranza
delle realtà ambientaliste più note - a destra, o quanto meno nel centrodestra.
(pi.ra.)
Muggia collegata a Parenzo con la nuova pista ciclabile
Ieri l’inaugurazione informale con l’arrivo del gruppo di “Pace in bici”
che per primo ha percorso il tragitto dall’Istria fino alle foci del rio Ospo
MUGGIA Moderno, veloce (in leggera pendenza costante, seguendo il vecchio
sedime ferroviario) e di standard europeo. Queste le caratteristiche del primo
tratto muggesano della pista ciclabile Parenzana – tracciato da Muggia a
Rabuiese sull'ex percorso dell'antica strada ferrata - dopo il primo passaggio,
avvenuto ieri in occasione della marcia “Pace in Bici”. «L'inaugurazione
ufficiale avverrà tra fine settembre e inizio ottobre, in anticipo sui tempi
previsti», annunciano gli amministratori, ma quello di ieri per la sessantina di
ciclisti con le bandiere della pace partiti da Parenzo è stato il primo transito
pubblico – spiega l'assessore Giorgio Kosic, unitosi alla carovana che
attraverso via Flavia, scortata sinergicamente dalle polizie municipali dei
Comuni coinvolti ha poi raggiunto il Municipio di Trieste per incontrare gli
amministratori del capoluogo - reso possibile grazie alla sensibilità della
ditta esecutrice, Livenza costruzioni srl. A salutare i “paciclisti” alle 15.30
a Rabuiese, dove hanno percorso un tratto della nuova pista di sei chilometri
che si allaccia all'ex ferrovia Parenzana, già convertita in pista ciclabile in
Croazia e Slovenia, anche il sindaco Nerio Nesladek e l'assessore Loredana
Rossi. La prima parte della pista, la più impegnativa, è praticamente conclusa.
Si tratta dell'anello che parte dalla Parenzana, sale per via Flavia di Stramare
arrivando ad Aquilinia e poi scende per salita di Naccia verso Muggia fino alla
foce dell'Ospo. Ora si dovrà tracciare la pista lungo la strada. «L'idea
dell'amministrazione – aggiunge la Rossi - è unire i due tratti vicini di
ciclabile (quello che arriva a congiungersi alla Parenzana e quello su Rio Ospo)
per poter promuovere in maniera organica, con l'appoggio della Provincia e
mettendo in rete le piste muggesane con quelle del Carso, una forma di
cicloturismo che ben si adatta al nostro territorio». «Ultimato anche il tratto
sulle Noghere – riprende Kosic - ci sarà l'opportunità di andare in bici fino
alle saline di Sicciole con possibile richiamo di un forte flusso di
cicloturisti dai paesi nordici a cui Muggia è molto interessata». Il costo non
sarebbe elevatissimo (circa 30mila euro) e il Comune sarebbe alla ricerca di
fondi propri. È stata nel frattempo avanzata una richiesta di contributo
regionale per un'ulteriore pista ciclabile da Rio Ospo in direzione Muggia e si
stanno già ideando iniziative per coinvolgere le scolaresche al di qua e al di
là del confine dopo l'inaugurazione. «oggi la pista arriverebbe ad Aquilinia ma -
conferma il vicesindaco di Trieste, Fabiana Martini - il Comune giuliano sta
studiando un progetto per unire Trieste e Muggia come già fatto in occasione di
“Bici Tra Città”; del resto, come amministrazione ci stiamo muovendo da tempo
sul piano di azioni improntate all'ecosostenibilità e stiamo conducendo varie
attività educative. Realizzare piste ciclabili in città non è facile, specie
qui, ma si può ugualmente pensare a progetti misti che integrino tratti da
compiere in bici e altri da percorrere con i mezzi pubblici». Stamattina alle
8.30 la carovana ripartirà dalla parrocchia di Valmaura e dopo la visita al
Museo de Henriquez e la sosta presso il Caco di Nagasaki a San Giovanni, alle
11.30 incontrerà al Parco del Timavo i sindaci di Duino Aurisina e Monfalcone.
Il 9 agosto “Pace in Bici”, promossa dall’associazione di volontariato “Beati i
costruttori di pace” in collaborazione con la Tavola Interconfinaria per la Pace
tra associazioni ed enti locali croati, sloveni e italiani, e il Comitato pace
convivenza e solidarietà "Danilo Dolci” di Trieste per sensibilizzare le
popolazioni e coinvolgere gli amministratori delle comunità locali,
promuovendone l’adesione all'associazione mondiale “Sindaci per la pace”
coordinata dal primo cittadino di Hiroshima, si concluderà davanti alla base
Usaf di Aviano dove alle 11 si terrà la cerimonia in memoria del bombardamento
di Nagasaki.
Gianfranco Terzoli
IL PICCOLO - LUNEDI', 6 agosto 2012
«Sulla Ferriera non possiamo muoverci»
L’assessore regionale Federica Seganti: nessuna decisione, difficile fare
matrimoni al buio. Resta il nodo ambientale
«Il documento inviato dal governo alla Regione sul futuro della Ferriera,
dopo due anni di estenuanti tavoli romani, dice tutto e il contrario di tutto.
Non mi risulta sia di qualche valore, né giuridico, né legale, né di indirizzo.
No, non prenderemo decisioni sulla base di quello. Non si fanno matrimoni al
buio. Al momento manca l’imprenditore che dica a noi istituzioni (che abbiamo
funzioni di regolazione e controllo e non ci sostituiamo alle imprese) che cosa
veramente vuole fare in quel posto. Quindi non lo so, vedremo. Ma è dura». Così
Federica Seganti, assessore regionale alle Attività produttive (Lega Nord),
riassume la sempre più complessa vicenda che riguarda il futuro del polo
siderurgico di Servola, anche dopo le profferte di Sertubi-Jindal,
fabbrica-costola, che dalla Ferriera oggi dipende per la fornitura di ghisa, e
in risposta alle cui richieste di “continuare con la siderurgia a Servola” anche
per godere dei necessari sconti sul costo dell’energia il governo ha emesso una
sorta di consenso allargato: sì a siderurgia, ma anche ad attività industriali e
di logistica. Chi sceglie? La Regione non lo farà. Seganti allega a questa
conclusione non solo “la vera storia” di come si è arrivati a questo punto (che
non sembra un punto morto ma in verità lo è), ma anche altro: «Per me è
importante una soluzione al problema ambientale, ci vuole una risposta ai
lavoratori ma anche alla gente di Servola che vive alla canna del gas. Siamo in
una situazione gravissima, da noi non succede come all’Ilva di Taranto solo
perché qui la gente ha un grado di sopportazione che va oltre i limiti normali».
Ma se improvvisamente su Trieste è calato il dilemma di proseguire con la
Ferriera anche dopo il termine previsto del 2015, tra forti contrasti in
consiglio comunale, dall’osservatorio regionale semplicemente le cose hanno
preso una piega più complicata. E l’”impasse” è ancora più profonda. Ai tavoli
aperti al ministero dell’Economia, spiega Seganti, «la Lucchini ha dimostrato di
non aver inserito nel piano industriale neanche un euro per migliorìe
ambientali, né ha risposto alla domanda su che valore abbiano i terreni che
occupa, né ha ripresentato domanda per l’Autorizzazione ambientale che è in
scadenza. Nel frattempo non solo Piombino dice che se deve acquistare la ghisa
sul mercato, senza più Ferriera, fallisce subito, ma la Rotschild per conto
delle banche che detengono il debito Lucchini ha offerto l’intero gruppo (sede
di Trieste inclusa) a 50 potenziali acquirenti di tutto il mondo: come
scorporare Trieste? Come inserire nel quadro la Sertubi-Jindal che vuole
acquisire solo la Ferriera senza Piombino?». Jindal (gruppo indiano che ha
affittato la Sertubi da Duferco) ha tentato di rendersi indipendente dalle
forniture della Ferriera. Per farlo deve aprire un “forno” per fare ghisa, ma
così non può reggere i conseguenti costi energetici, e chiede le agevolazioni.
«Non ha però consumi sufficienti per rientrare negli sconti - riassume Seganti
-, dunque troviamo la soluzione in un consorzio di imprese (Ferriera, Sertubi e
Linde). Ottimo: non serve più nemmeno il terzo “forno”, e il governo sembra
d’accordo sul fare la filiera. Ma questo era possibile - conclude Seganti -
anche 15 anni fa, Sertubi è nata come costola per far sopravvivere la Ferriera,
e costola è rimasta». E quindi: «Se uno oggi mi chiede “volete voi sposare la
Lucchini?”, io rispondo che non faccio matrimoni al buio. Voglio sapere se c’è
un’azienda, un imprenditore, una garanzia sul taglio delle emissioni perché i
cittadini hanno esaurito tutta la pazienza. Matrimonio al buio? No, fatemi
almeno vedere la foto dello sposo».
Gabriella Ziani
In scadenza la concessione della Lucchini per la
banchina
Il prossimo anno scade la concessione che la Lucchini ha dal Demanio
portuale per le attività di banchina e trasporto via mare. Dal rinnovo, o meno,
di quella concessione dipendono molto le sorti dell’area industrial-portuale.
Secondo l’assessore regionale Federica Seganti (nella foto), anche in questo
caso però la catena di cause ed effetti porta in circolo e al punto di partenza:
«Non so se l’Autorità portuale rinnoverà la concessione, e se ci sarà una
richiesta in tal senso. Ma quando anche si volesse una riconversione da
siderurgia ad altro, il problema è sempre quello: dobbiamo cercare nuovi
imprenditori sulla base di che cosa? Finché il quadro generale non è chiaro,
nessun imprenditore si farà avanti. Perché allo stato attuale non ha alcuna
certezza se potrà comprare la parte di terreni che è di proprietà Lucchini, al
momento in vendita “a pacchetto unico” con Piombino. Solo metà dell’area è in
concessione».
Cosolini: Roma chiarisca i propri impegni
Inviate le osservazioni al testo del ministero. Zollia: siderurgia solo
se compatibile con l’ambiente
Né Comune né Provincia intendono firmare così com’è la ”Dichiarazione
d’intenti” proposta mercoledì dal ministero dello Sviluppo economico. La
sottoscrizione arriverà solo con precise modifiche al testo. Modifiche, spiega
il sindaco Roberto Cosolini, «che rendano da un lato evidenti gli impegni da
parte di Roma, e dall’altro prevedano anche scenari alternativi» alla siderurgia
che pure il documento, lasciando sì aperta la porta ad alternative quali «nuove
attività industriali e logistiche», prefigura come soluzione prioritaria anche
dopo il 2015. In modo «ambientalmente compatibile e socialmente sostenibile»,
viene precisato. Tre i punti-chiave annotati dal Comune, anche sulla scorta
della mozione votata a maggioranza in Consiglio comunale. Primo, il governo
esprima con chiarezza un impegno a supportare finanziariamente il processo di
riconversione industriale e ambientale: fondi, insomma. Secondo, si espliciti
che le scelte possono anche essere diverse dalla siderurgia, «in un percorso che
arrivi in ogni caso - precisa Cosolini - a una soluzione assolutamente non
impattante e sostenibile». Terzo, se un nuovo imprenditore siderurgico intende
proseguire l’attività oltre il 2015 bene, ma «ci dimostri prima che sosterrà
investimenti tecnologici per giungere a un’industria pulita». Perché in assenza
di un reciproco impegno «quello delle istituzioni sarebbe un via libera alla
prosecuzione dello stato di fatto attuale, sia sul versante occupazionale sia su
quello sociale». Sul fronte ambientale Cosolini, a oggi, si limita a ricordare
come «quotidianamente ci siano cittadini che si rivolgono al sindaco» mentre
l’assessore all’ambiente Umberto Laureni già mesi fa definiva la situazione
«straordinaria e preoccupante». E c’è poi «la totale incertezza sul fronte
occupazionale». Insomma, la questione Ferriera «è molto seria e va affrontata
subito, prima che degeneri», rimarca Cosolini, preoccupato all’opposto che «un
documento troppo semplificato e generico diventi premessa per non discutere
adeguatamente i problemi». Malgrado i tempi «brutali» (definizione del sindaco)
imposti dal ministero, che il primo agosto ha chiesto agli enti locali di
esprimersi entro il 3, il Comune dunque ha inviato le proprie osservazioni. Ma
«se c’è una possibilità di approfondimento sono pronto ad andare a Roma in
qualunque momento», dice il sindaco auspicando che comunque entro un paio di
giorni si arrivi a una «posizione unitaria» degli enti locali. Per intanto,
anche la Provincia si è espressa. E l’assessore all’ambiente Vittorio Zollia è
ancora più netto: «Per noi è fondamentale riconvertire l’area. Ci riserviamo di
esaminare proposte sulla siderurgia solo a fronte di un piano industriale
specifico che preveda anche tutti gli interventi necessari a evitare ogni
problema connesso alla salute dei cittadini. Nessun avallo generico e preventivo
alla siderurgia, insomma. Ma un sì da pronunciare solo se non ci fossero
alternative, e solo in presenza di un progetto che superasse tutte le criticità
attuali». Posizioni che lasciano i sindacati più che perplessi. Anche Fim Cisl,
Fiom Cgil, Uilm Uil, Ugl metalmeccanici e Failms sono invitati a firmare il
documento emesso da Roma. «Per quanto mi riguarda aspetto di capire cosa faranno
gli enti locali», dice il segretario Uilm Franco Palman, che con gli altri
rappresentanti dei lavoratori ha incontrato l’altro giorno il sindaco. «Il
Comune vede la siderurgia solo come una delle soluzioni possibili? Ma qui stiamo
arrivando al capitolo finale. Non c’è più tempo, e non siamo attrezzati ad
affrontare un’emergenza Sertubi o Ferriera che pure si potrebbe profilare a
breve. E poi: Jindal (la multinazionale indiana che ha in affitto Sertubi e che
sarebbe disponibile a subentrare a Servola, ndr) che finora non ha portato
prospettive concrete, gli enti locali che chiedono piani precisi prima di dare
il via libera alla siderurgia... Positivo - rimarca Palman - è che ora c’è un
controllo da parte del governo. Ma al sindaco abbiamo chiesto che il tavolo
venga portato a Trieste». Un tavolo che potrebbe basarsi sul documento del Mise.
In uno scenario che resta assai complesso. Né va dimenticato un altro documento:
il protocollo d’intesa firmato a fine 2011 da ministero dell’Ambiente e Autorità
portuale per il rilancio “sostenibile” del porto, inclusa l’area di Servola. v
(p.b.)
E Sertubi rischia che il suo piano resti sulla carta
Non è solo la gravissima situazione ambientale a preoccupare Federica
Seganti, assessore regionale alle Attività produttive, che cita dalla Danieli in
giù «molte altre aziende siderurgiche in regione che lavorano e non inquinano».
I dubbi riguardano anche le offerte e le politiche dell’indiana Jindal (Sertubi)
che vorrebbe continuare ad approvvigionarsi di ghisa dalla Ferriera, implicando
così la prosecuzione dell’attività siderurgica. Un processo parallelo ai guai
della Lucchini sepolta dai debiti, ma che lascia Seganti perplessa. «Con
l’amministratore delegato Leonardo Montesi abbiamo all’inizio molto parlato
degli investimenti necessari per rendere Sertubi indipendente dalla Ferriera.
Come passare all’alta tensione, con quali costi. Ho offerto il sostegno delle
finanziarie regionali. Verificato che l’azienda avrebbe dovuto rinnovare
l’Autorizzazione ambientale (Aia) ma sarebbe stato un aggiornamento in tempi
brevi. Subito dopo Montesi è venuto a dirci: “I costi energetici ci ammazzano,
serve lo sconto”. E allora cominciamo di nuovo a lavorare. Cerchiamo soluzioni:
l’associazione di imprese, così che Sertubi possa acquistare l’energia agevolata
attraverso il consorzio di Confindustria. Coinvolgiamo il ministero
dell’Economia - prosegue Seganti -, spariscono per Sertubi le necessità del
nuovo “forno” e di una nuova linea dell’alta tensione, Jindal può agganciarsi
alla Ferriera». Passo dopo passo, dalle ipotesi di riconversione di torna alla
casella “altoforno” ma intanto il gruppo Lucchini è messo in vendita per intero
e non a pezzi, e dunque la Ferriera potrebbe passare a chissà chi. E sarebbe
Jindal a ritrovarsi alla casella di partenza.
(g. z.)
Siot, a 40 anni dall’attentato Quell’inferno tra i tank
Il 4 agosto 1972, 4 bombe piazzate dai palestinesi esplosero a San
Dorligo Il questore Padulano: «Situazione sempre degna della massima attenzione»
Per giorni e giorni, prima che il 27 luglio iniziasse a tenere banco
l’overdose di gare e partite, di Londra 2012 i media avevano parlato soprattutto
per l’allarme attentati e per le polemiche sugli omaggi da rendere alla memoria
degli atleti di Israele vittime del blitz dei terroristi palestinesi ai Giochi
di Monaco di Baviera, nel settembre del ’72. Omaggi speciali perché speciale è
il funesto anniversario: 40 anni. Tanti quanti ne sono passati (accadeva proprio
in queste giornate estive di 40 anni fa, tra le 3.15 e le 3.30 della notte di
venerdì 4 agosto) dal più grave attentato subito - per stessa mano di quella di
Monaco ’72, chiamata Settembre Nero - da Trieste nella propria storia: le
quattro bombe fatte esplodere su altrettante megacisterne di petrolio nel
comprensorio Siot, la tank-farm di San Dorligo, dove si scatenò subito un
inferno di fuoco e da dove si levarono poi colonne di fumo alte fino a tre
chilometri. Le videro persino dal Friuli. «Alle 3.15 ho sentito un formidabile
scoppio e visto un lampo, ho pensato ad un fulmine», il racconto di un guardiano
notturno riportato nell’articolo di prima pagina del Piccolo del 5 agosto ’72
dal giornalista Ranieri Ponis. L’obiettivo della prima carica era la cisterna
44, con dentro 80mila tonnellate di greggio. Il suo cilindro di sicurezza in
acciaio resse. Non però, un quarto d’ora dopo, quelli dei tank 11, 21 e 54:
oltre 200mila tonnellate di petrolio, alla fine, invasero la piana di San
Dorligo, lambendo gli altri contenitori. A quel punto i tecnici della Siot
iniziarono a svuotarli a tutta, pompando verso la pipeline sotto le Alpi più
greggio possibile. Non ci scappò il morto, ma una ventina furono i feriti, in
particolare per ustioni, quasi tutti tra gli eroici vigili del fuoco - arrivati
anche da Veneto e Lombardia - che si prodigarono a lungo per spegnere gli
incendi provocati dallo scoppio delle bombe e dallo spargimento del greggio
sulla piana, evitando così quella che si sarebbe potuta trasformare in
un’apocalisse. Fu il primo vero batter di colpo in Europa occidentale di quella
che poi sarebbe diventata una logorante paura quotidiana. Trieste e i depositi
di partenza della pipeline di petrolio diretta a Ingolstadt, in Germania, furono
in effetti scelti accuratamente, se è vero che la recente letteratura sulla
storia della politica internazionale del Novecento inserisce proprio la nostra
città nell’allora rete delle basi italiane del Mossad. «Vogliamo infliggere
violenti colpi ai nemici della rivoluzione palestinese e agli interessi
imperialistici che sostengono il sionismo, questo atto è in armonia con altre
azioni da intraprendere nella Germania federale e in altri Paesi d’Europa». A
più di 48 ore di distanza dai boati che avevano squarciato terra e cielo di
Trieste, a Damasco spuntò un dispaccio d’agenzia a metà fra la rivendicazione e
l’annuncio di nuove violente iniziative. Era il 6 agosto 1972. Da lì a un mese i
Fedayyìn di Settembre Nero avrebbero sconvolto il mondo intero, con il sequestro
degli atleti israeliani nel Villaggio olimpico, simbolo di convivenza, durante i
Giochi a cinque cerchi, a loro volta simbolo di incontro di civiltà. E oggi, 40
anni dopo, in cui la riuscita di un’Olimpiade come quella in corso a Londra si
misura in sicurezza e soldi spesi per quella, che aria tira attorno alla piana
della Siot? «Resta sempre, in un panorama internazionale qual è quello attuale,
una situazione degna della massima attenzione», spiega il questore Giuseppe
Padulano, il capo della polizia di Trieste.
Piero Rauber
Grotte carsiche contaminate dalle ceneri di idrocarburi
- ANCORA OGGI
Quella che viene ritenuta dalla storia la mente dell’attacco alla Siot si
chiamava Mohamed Boudia. Algerino, marxista. Saltò in aria a Parigi un anno dopo
in un misterioso episodio dinamitardo, messo in atto, si dice, dal Mossad. Da
allora l’attentato triestino del ’72 torna ciclicamente a far parlare di sé,
prima ancora che in ricorrenze come questa, per i misteri di politica
internazionale di ieri, per le paure di un eventuale incidente o di un nuovo
attentato di domani, nonché per l’inquinamento di cui staremmo pagando le
conseguenze oggi. Alla fine del secondo Millennio, in effetti, tra i faldoni del
dossier Mitrokhin - quello sui servizi segreti sovietici - spuntò proprio un
piano per far saltare in aria la condotta di greggio di San Dorligo. Ma fu dopo
le Torri Gemelle, e dopo l’invasione alleata di Afghanistan e Iraq, nei primi
anni del terzo Millennio dunque, che la piana tornò a essere considerata
obiettivo sensibile per possibili attentati. Vennero i rambo dell’esercito
italiano, e fece pure rotta da queste parti una società privata di sicurezza
nata da ex 007 del Mossad. Arriviamo alla seconda metà del decennio scorso: dopo
gli echi del Libano, ecco irrompere sulla scena la nuova paura legata
all’eventuale costruzione di un rigassificatore: quella dell’effetto-domino che
alcuni esperti sostengono potrebbe determinarsi in caso di incidente o
attentato. In mezzo a tante proiezioni un dato di fatto, probabilmente il più
allarmante, come ribadito recentemente da uno studio dell’Istituto superiore di
sanità: in seguito all’attentato del ’72, le ceneri residue finirono nelle
nostre grotte e i loro veleni nelle falde acquifere. Una di queste cavità, la
Grotta dei colombi, vicino a Basovizza, fu addirittura usata come discarica nel
corso delle operazioni di pulizia della piana. I terreni interessati dallo
sversamento di 40 anni fa, inoltre, presentano ancora oggi in certi punti
parametri di idrocarburi tre volte superiori alla norma. Nel tratto interessato
infine dall’incidente tecnico del Ferragosto 2006 - per effetto del quale furono
assorbiti dal terreno circa 75 metri cubi di petrolio - sono state registrate
concentrazioni di benzene superiori di cento volte al limite.
(pi.ra.)
Nell’agriturismo la “vera” centrale a biomasse -
SAGRADO
Andrej Milic: «L’impianto energetico progettato a Opicina è come una
raffineria»
SGONICO «Non facciamo passare per bio ciò che bio non è. Si sta confondendo
l’energia a biomasse con quella che potrebbe essere definita una raffineria...
». Non ci stanno Andrej e Bernarda Milic, proprietari dell’omonimo noto
agriturismo di Sagrado e seguaci della cultura energetica di natura ecologica e
rinnovabile, e attaccano: «Non raccontiamo falsità per far passare un progetto,
quello del megaimpianto di Opicina, che di sostenibile ha davvero poco. Parlarne
come di una centrale a biomasse corrisponde a mentire alla gente tenendo
nascosta una risorsa energetica naturale e a fare danno a chi davvero usa
l’energia biologica, con grandi spese iniziali e al fine di ridurre
l’inquinamento». La famiglia Milic, dal 2006, ha deciso di affrontare i consumi
energetici delle grandi proprietà di cui si avvale attraverso una caldaia a
biomasse. Una spesa iniziale di 70 mila euro, sostenuta grazie ad un contributo
regionale pari al 40 per cento dell’investimento, ha consentito l’acquisto e
l’installazione di una caldaia ibrida (con alimentazione a legna e, in più,
pannello solare termico integrato) per fornire acqua sanitaria nel locale
agrituristico, nelle cinque camere per i forestieri e in due case ad uso
personale. «Non abbiamo più usato nè gas nè nafta. Delle cinque caldaie
precedenti non ne abbiamo salvata una», spiega Andrej Milic. «Il nostro impianto
a biomassa richiede un combustibile a base di legna sminuzzata, il cippato, che
otteniamo dalle potature delle vigne, ad esempio. E non produce residui
ingombranti o nocivi: una quantità minima di cenere finissima. E oltre agli
scarti dell’agricoltura non vi si può inserire nient’altro: l’impianto
auto-analizza i propri fumi costantemente e nel caso si trovi a bruciare della
plastica o dell’olio raffinato si blocca e rimane inutilizzabile fino
all’avvenuta ripulitura». Informazioni che ben si distanziano dal quadro tecnico
presentato per l’“ecomostro” di Opicina: «Il principio dell’energia a biomasse è
il territorio circostante, la pulizia del bosco e il suo ritorno energetico –
continua Bernarda Milic - e si caratterizza per la riduzione al minimo di
emissioni di CO2 e per lo smaltimento di rifiuti totalmente ecologici. L’olio di
palma africano trasportato via mare o ferrovia e fatto ardere poi nella centrale
(già peraltro tolto dalla lista dei combustibili ecologici, ndr) non corrisponde
certo a questa descrizione...» La caldaia a biocombustibili consente inoltre di
stabilire una rete di teleriscaldamento per un paese intero. «Il nostro timore è
che presentino la centrale di Opicina come una tecnologia alimentata a biomasse
per avere gli incentivi statali per l’energia rinnovabile che, in Italia, sono i
più alti d’Europa».
Vanessa Maggi
IL PICCOLO - DOMENICA, 5 agosto 2012
«Rigassificatore compatibile con il traffico marittimo»
- L’INTERVISTA»IL COMANDANTE DELLA CAPITANERIA
Basile: dalle gasiere nessun intralcio, c’è spazio anche per il nuovo
terminal ro-ro Scalo retto dall’Ap, gli altri dalla Regione: manca una politica
portuale complessiva
La vista, dalle finestre del suo ufficio al primo piano, in questi primi
giorni di assolato agosto mozza il fiato: il molo Audace, la storica lanterna,
il mare azzurro liscio come l’olio. Ma è anche una vista emblematica: solo una
petroliera in rada, più sottocosta una manciata di barche a vela che si godono
la brezza del tardo mattino. E all’ammiraglio Antonio Basile, da tre anni al
comando della Capitaneria di Trieste, basta un’occhiata dalla scrivania per
“leggere” Trieste: le sue potenzialità, i suoi problemi. Ammiraglio, a guardare
dalle sue finestre viene da chiedersi: ma ai triestini, in fondo, il mare
interessa più come occasione di svago o come risorsa economica da sfruttare? Qui
si vive una palese contraddizione, e in effetti il rapporto dovrebbe essere
diverso: sarà per colpa della sua storia ma Trieste difende poco il suo mare. Mi
spiego: sarà stato il regime di porto franco, garantendo rendite di posizione, a
far sì che qui ci sia scarsa attività imprenditoriale. Fatto sta che anche chi
avrebbe i mezzi è poco propenso a destabilizzare una situazione che finora
andava bene a tutti. E poi c’è un problema di ordine politico-istituzionale: a
Trieste il porto è governato dall’Autorithy, Porto Nogaro e Monfalcone dipendono
dalla Regione. Risultato: manca una politica portuale complessiva, che invece
gioverebbe a tutti. In effetti anche sul mare si riaccendono le guerre di
campanile Trieste-Friuli: chi non vuole il rigassificatore a Zaule si chiede:
perchè Tondo non lo vuole a Porto Nogaro? Intendiamoci, uno Stato ha bisogno di
fonti energetiche, ma io non sono titolato a dire se il rigassificatore s’ha da
fare o no. Il mio compito è di valutare i problemi di traffico marittimo che un
impianto del genere comporterebbe. E infatti c’è chi dice che in un golfo così
angusto un traffico supplementare di navi gasiere non ci starebbe. Questo non è
vero: abbiamo già studiato i problemi di armonizzazione fra il traffico delle
petroliere che approdano al terminal Siot e l’eventuale arrivo di gasiere. La
conclusione è che la “canaletta” di accesso delle petroliere è già prevista, da
una apposita ordinanza della capitaneria, anche per le navi gasiere: abbiamo già
valutato l’ipotesi di questi passaggi che, ovviamente, non potrebbero avvenire
in simultanea. Qualcuno teme un eventuale rallentamento del traffico, ma le
gasiere non sarebbero poi così tante da creare questo problema. Si parla di un
centinaio di navi all’anno, spesso in arrivo in periodi morti: quindi non vedo
alcun pericolo nella coabitazione fra rigassificatore e terminal petrolifero. Di
più: un traffico di gasiere non inibirebbe nemmeno i traffici diversi, come
quelli per il molo Settimo. Se poi si farà la piattaforma logistica, allora sarà
da vedere... C’è un’altra obiezione: se arriva il rigassificatore addio al
terminal ro-ro in canale navigabile: o questo o quello. Giusto? Le autorità
portuali sono preposte alla gestione commerciale dei porti dove hanno sede:
spetta a questo ente decidere cosa insediare e cosa eventualmente no. Si tratta
di fare un serio esame di costi e benefici e valutare quale impianto, sotto il
profilo economico, sarebbe più redditizio. Io mi occupo di sicurezza della
navigazione che allo stato dei progetti non vedo compromessa. Golfo angusto,
dicevamo. Anche le navi passeggeri creano problemi: perché non più allo Scalo
legnami? Io non ho mai detto che non si deve assolutamente far attraccare navi
passeggeri allo Scalo Legnami. Ma se abbiamo una banchina che si chiama così e
un’altra che si chiama Stazione Marittima un motivo ci sarà: i sistemi di
ormeggio sono diversi, le bitte hanno tenute diverse, le predisposizioni di
security non complete. E allora dico che si può usare lo Scalo Legnami solo in
caso di eccezionalità, altrimenti dotiamolo delle strutture adeguate, ma andare
avanti a colpi di deroghe per coprire continue “eccezionalità” non va bene.
Ancora un paio di mesi e lei lascerà Trieste. Cosa le sarebbe piaciuto veder
realizzato nei suoi tre anni di lavoro in questa città? L’ammiraglio sorride e
con l’indice indica una grande litografia del Lloyd Austriaco dei primi del ’900
che mostra il Porto vecchio brulicante di navi a vapore. La risposta - dice - è
tutta lì. Vedere il porto Vecchio così mi fa male perché l’abbandono è mancata
presenza, è incapacità di fruttare le risorse. Non ci sono motivi per non
pensare a coesistenza di attività diverse, di ordine portuale e immobiliare,
l’importante è recuperare il territorio. davanti a questo immobilismo mi viene
da dire: un progetto o l’altro, va tutto bene. Purchè si faccia qualcosa. Le
iniziative ci sono e gli atti sono stati posti in essere: «Se se vol, se pol!»
Livio Missio
Servola, decine di chiamate «Non si respira»
Numerose le segnalazioni giunte a vigili del fuoco e forze dell’ordine,
l’altra sera, a causa dei forti odori emanati dalla Ferriera. «Fa bruciare la
gola e venire il mal di testa, con questo caldo non possiamo nemmeno aprire le
finestre di casa - racconta Giorgio Grava, residente a Rozzol - è
insopportabile». La Lucchini rende noto che in questi giorni lo stabilimento è
sottoposto a «importanti operazioni di manutenzione che possono provocare
fenomeni non abituali, ma comunque previsti. Nulla di allarmante». Dal fronte
sindacale, intanto, si fa sentire l’Ugl che sollecita «un piano economico con
tempi precisi per il rilancio del territorio. Finiamola una volta per tutte di
usare Servola come una scusa per far leva sul voto. La gente è stufa». Anche
FareAmbiente Fvg chiede alle istituzioni «di attivarsi per salvaguardare la
salute e i posti di lavoro. Fermo restando gli accordi della dismissione entro
il 2015, se la società indiana Jindal ha una proposta e un piano industriale con
queste caratteristiche ben venga, ma vogliamo la massima attenzione per non
trovarci con soluzioni non risolutive e di continuità».
(g.s.)
Tav ridimensionata Soddisfatto Kukanja - DUINO AURISINA
DUINO AURISINA Cauto ottimismo: è la reazione che serpeggia tra gli
amministratori comunali di Duino Aurisina, della maggioranza e dell’opposizione,
dopo le dichiarazioni molto nette e con toni ultimativi rilasciate dal
commissario straordinario per la Tav, Bortolo Mainardi, destinate a incidere in
modo positivo anche sul percorso Ronchi – Trieste. Mainardi in sostanza afferma
che, soprattutto in un periodo di crisi, non si possono affrontare costi
insostenibili sotto il profilo economico e ambientale e, pertanto, è necessario
operare sulle linee ferroviarie esistenti, da modernizzare e ampliare. Musica
per le orecchie degli amministratori di Duino Aurisina il cui territorio,
secondo il progetto presentato dalle Ferrovie e sottoposto al parere del Comune,
dovrebbe essere attraversato dalla Tav quasi interamente in galleria, con
conseguenze proibitive sotto il profilo economico e ambientale. «Stanno
prevalendo realismo e buonsenso – dice il Sindaco Vladimir Kukanja, forte del
voto unanime espresso dal Consiglio comunale - noi non abbiamo detto “no” al
potenziamento dei collegamenti ferroviari esistenti ma a un progetto che
comporta costi elevatissimi rispetto ai benefici e un impatto ambientale nella
zona carsica insopportabile». «Ora spetta alla Regione – afferma il vice Sindaco
Massimo Veronese, assessore al territorio – recepire questi nuovi indirizzi,
alla formazione dei quali anche il Comune di Duino Aurisina ha responsabilmente
contribuito. Mi fa piacere rilevare che la svolta viene commentata
favorevolmente anche da Debora Serracchiani, segretaria regionale del Pd,
candidata alla presidenza della Regione e membro della commissione trasporti del
Parlamento europeo. Le premesse per una svolta ci sono tutte». Al voto unanime
del Consiglio comunale di Duino Aurisina si era giunti con un’ampia
consultazione. «Anche i consiglieri di opposizione – dichiara Massimo Romita,
capogruppo del Pdl – hanno contribuito attivamente e in modo convinto a
delineare la posizione critica del Comune di Duino Aurisina su un tema che
colpisce la sensibilità di tutti i cittadini. Noi dobbiamo prendere atto delle
preoccupazioni diffuse e dei disagi prevedibili, nelle fasi di costruzione e di
gestione della linea, in un territorio già molto frammentato anche a causa del
“corridoio tecnologico” che negli anni si è creato nel comune».
(a.g.)
Ferrovie senza riforma e la rotaia va alla deriva -
L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
La mancata separazione fra Trenitalia (trasporto) e Rfi (rete) viola una
direttiva del ’91. Il servizio commerciale invece è stato troppo frammentato
Il faticoso processo di riorganizzazione delle Ferrovie dello Stato ha preso
forma all’insegna dei due imperativi che dovevano essere informati ai criteri di
coordinamento e di integrazione, essenziali per un corretto sviluppo della
mobilità e della logistica, al fine di migliorare sia il servizio viaggiatori
che quello merci. La separazione, dettata dalla direttiva comunitaria del 1991,
avente carattere di priorità, era quella tra la rete (Rfi) e l’impresa di
trasporto (Trenitalia); a più di venti anni dalla prima indicazione, lo
scorporo, sempre rinviato, viene addirittura visto dal vertice FS come una
iattura. L’unità del servizio commerciale, sia per le merci che per i
viaggiatori, con unica regìa, garanzia di una sana gestione imprenditoriale, è
stata invece subito infranta, estendendola anche ai singoli settori passeggeri
(separazione del servizio regionale da quello nazionale ed internazionale) in
una proliferazione di società e partecipate spesso in conflitto fra loro, vera e
propria regressione culturale in senso inverso alla necessità di coordinamento
ed integrazione, importanti con tutti i vettori e, a maggior ragione, vitali
all’interno della singola impresa. Le FS invece sono giunte a separare anche i
propri orari e i contratti di trasporto (e conseguentemente i biglietti),
distinguendoli per i singoli servizi della stessa rete, quando esigenza del
cliente è quella di poter confrontare un’offerta globale, chiaramente leggibile,
in termini di orari e di tariffe. In pratica si è diviso quello che doveva
restare unito, mentre si continua a rinviare lo scorporo della rete, cioè quello
che andava separato, non in ossequio alle direttive comunitarie, ma
nell’interesse dell’economia nazionale: il mondo imprenditoriale ha bisogno di
una catena logistica con la piena efficienza di tutti i vettori, in cui è
decisivo l’apporto di una rotaia competitiva, in funzione del riequilibrio
modale, atto a correggere lo sbilanciamento a favore della gomma, che incide
negativamente sui costi totali del trasporto. Il degrado del servizio
ferroviario nazionale, grave per i passeggeri e gravissimo per le merci, è il
risultato più evidente di un irresponsabile rovesciamento di ruoli, di funzioni
e di priorità che ha inciso negativamente anche sulla professionalità dei
dirigenti e dei ferrovieri, tra i quali è crescente il senso di frustrazione,
soprattutto in quelli una volta più motivati e fautori della riforma
dell’azienda come strumento di una sana gestione imprenditoriale con uno sbocco
positivo sul piano commerciale. È sempre più evidente che la vera iattura è la
mancata realizzazione dello scorporo: il Paese ha bisogno di una rete
ferroviaria pienamente efficiente, in grado di garantire la competitività della
rotaia nazionale in una visione europea, nettamente distinta da un’impresa di
trasporto operante in una logica intermodale, in grado di presentare un’offerta
globale sia nel servizio interno che in quello internazionale. Senza una
distinta responsabilità delle due attività, condizione per la trasparenza degli
investimenti in infrastrutture e in materiale rotabile, la deriva della rotaia
italiana è destinata ad aggravarsi.
Assemblea domani sul progetto privato di nuove
palazzine - AL MONDO UNITO
DUINO AURISINA Domani assemblea dei cittadini di Duino per l’esame pubblico
del piano particolareggiato di iniziativa privata che prevede la realizzazione
di un complesso edilizio (6 palazzine, edificio servizi, parcheggi e zona verde
con campo sportivo) sull’area prospiciente la statale 14 tra le “case verdi” e
l’ex negozio di mobili Arcobaleno. Prevista anche la realizzazione di una
rotatoria. L’assemblea è stata convocata dalla seconda commissione consiliare
nella “lection room” del Collegio del mondo unito e comincerà alle ore 18.
Relatori il presidente della commissione Maurizio Rozza e il vice Sindaco
Massimo Veronese, assessore all’urbanistica e al territorio.
Bus a San Giovanni, cosa non va nelle proposte del
Comune - LA LETTERA DEL GIORNO Stelio Ziviz sindacato pensionati italiani
Uno dei problemi più sentiti a San Giovanni è lo spostamento del capolinea
bus già proposto a suo tempo dall’amministrazione comunale precedente; durante
varie assemblee e riunioni abbiamo sentito il parere di tantissimi cittadini, di
conseguenza abbiamo inoltrato delle proposte scritte a chi di dovere. Dobbiamo
constatare che non sono state recepite, neanche in minima parte, come è emerso
durante la riunione del 25 luglio, svoltasi nella sala del Mib alla presenza di
tre Circoscrizioni, e dell’assessore Marchigiani, alla richiesta di chiarimenti.
Ora spieghiamo le nostre proposte, paragonandole con quelle del Comune. Il piano
del Comune prevede lo spostamento del capolinea dei bus n. 6 e 9 dalla posizione
attuale, al lato della chiesa a circa 150 metri di distanza, lungo il viale
Sanzio, creando al posto del giro storico dei mezzi attorno alla chiesa una
rotonda davanti alla stessa, tagliando anche un pezzo dell’area davanti all’ex
rimessa, già utilizzata per iniziative di aggregazione. Ulteriore problema, il
traffico di via delle Docce in salita e della via Caravaggio in discesa, che è
stato proposto con un arzigogolato doppio senso di marcia attorno alla chiesa
stretto e pericoloso. Pensiamo anche che la piantumazione di alberi nel giardino
proposto avrà qualche problema, stante il fatto che per sistemare il capolinea
esistente è stata costruita a suo tempo una bella piattaforma in cemento, con la
creazione dei marciapiedi di accesso ai mezzi. Riflessi negativi della proposta
del Comune, allontanamento del capolinea dal centro del rione, problemi per
l’uso del bus n. 12, che attualmente si trova a due passi dai bus in arrivo,
agevolando gli utenti che devono raggiungere la via Capofonte o le strutture
sanitarie distrettuali del comprensorio nel parco di San Giovanni. Perdita di
svariate decine di posti macchina, già carenti nella zona. La nostra proposta
prevede la sistemazione dei parcheggi autobus, con qualche piccolo adattamento,
in modo da consentire la sosta nelle corsie degli stessi, levando l’obbrobrio
della sosta del bus n. 6 a lato del piazzale, sistemazione che crea problemi di
blocco stradale con la presenza di due mezzi, sommata alla presenza del bus n.
12 che deve rimanere al suo posto, molto comodo per gli utenti. Ancora una
proposta, per gli utenti dei bus in carrozzina creare una postazione adeguata,
dove possano salire e scendere comodamente. In conclusione, la nostra proposta
prevede l’utilizzo dell’area attualmente occupata dal tendone che funge da
chiesa provvisoria, dove sono già presenti alberi di alto fusto che creano delle
belle zone ombrose, dove con una spesa minima per la sistemazione di alcune
panchine si potrebbe avere in poco tempo la tanto desiderata piazza giardino per
gli abitanti del rione, in posizione centrale, ma nello stesso tempo fuori dal
traffico automobilistico. Non ultima la questione della spesa e del tempo dei
lavori che, nella proposta del Comune, dovrebbero durare tre anni, con vari
lotti, dove quanto da noi proposto si potrebbe eseguire in un paio di mesi e
forse anche meno. Per quanto sopra esposto, siamo assolutamente contrari a
proposte sperimentali.
IL PICCOLO - SABATO, 4 agosto 2012
Seicentomila sigarette in acqua Ma il mare non vale una
cicca? - AMBIENTE»L’INIZIATIVA
Oggi e domani, dall’Ausonia a Sistiana, i volontari di Marevivo
distribuiranno i posacenere e un opuscolo per sensibilizzare i cittadini sul
degrado ambientale
Per quanti desiderano quest’estate prendere il sole senza zigzagare tra i
mozziconi lasciati sulla spiaggia, torna oggi e domani il posacenere tascabile e
riutilizzabile della campagna di Marevivo a salvaguardia degli oltre ottomila
chilometri di costa del nostro Paese. La quarta edizione dell’iniziativa “Ma il
mare non vale una cicca?”, lanciata dall’associazione ambientalista Marevivo in
collaborazione con JT International Sa, vedrà al lavoro lungo le coste italiane
una squadra di 1.000 volontari per distribuire 100.000 posacenere, insieme a un
opuscolo sui tempi di degrado in mare di alcuni oggetti che fanno parte della
vita di tutti i giorni, tra cui lattine, accendini, bottiglie di vetro e di
plastica. Ancora una volta Trieste partecipa attivamente alla campagna: saranno
infatti 4 gli stabilimenti balneari coinvolti, e cioé l’Ausonia, il Riviera di
Grignano, la Caravella e Castelreggio, a Sistiana. Ma in regione contribuiranno
anche Grado (stabilimento Lauto 2000) e Lignano (Lidocity, Bagno Lignano, Lido
del sole e Il Giardino). Curiosità: posacenere saranno distribuiti anche a
Capodistria e a Canegra, in Croazia. La campagna “Ma il mare non vale una
cicca?”, partita nel 2009, negli anni ha visto crescere notevolmente il numero
delle spiagge e delle aree marine protette, isole comprese, grazie alla
collaborazione dei cittadini. Con questa iniziativa si eviterà che sulla
battigia o in acqua finiscano - stimandone circa 6 per ogni posacenere - 600.000
filtri al giorno, pari a 18 km di costa ininterrotta, ovvero l’equivalente del
tunnel sottomarino più lungo del mondo che collegherà in futuro Copenaghen alla
Germania. Utilizzare il posacenere portatile per la raccolta di mozziconi - che
continuano a rappresentare il 40% dei rifiuti nel Mar Mediterraneo - vuol dire
contribuire a ridurre i fattori di rischio per la sopravvivenza di cetacei,
tartarughe, uccelli marini e pesci che popolano i nostri mari, già messi in
pericolo dalle migliaia di rifiuti di vario genere abbandonati ogni anno.
Considerando un consumo medio di 12 sigarette per fumatore, si può
ragionevolmente affermare che quasi otto milioni di cicche sono state
risparmiate al mare e alla spiaggia per effetto delle tre precedenti edizioni.
In Italia, con un totale di 10,8 milioni fumatori attivi di nel 2012 (dati
dell’Istituto superiore di sanità), un comportamento attento all’ambiente può
generare un effetto positivo a catena: se stimiamo che un fumatore medio usi
regolarmente il posacenere, riutilizzandolo una volta svuotato, ben 1,2 milioni
di sigarette troverebbero posto ogni giorno tra i rifiuti anziché in spiaggia o
per le strade delle città.
IL PICCOLO - VENERDI', 3 agosto 2012
No alla Tav “balneare” Il dossier arriva a Passera - IL
COMMISSARIO MAINARDI PRONTO A CONSEGNARE LE CARTE
TRIESTE Bortolo Mainardi sta limando il dossier sull’alta velocità
ferroviaria tra Mestre e Portogruaro. Entro il 10 agosto, fa sapere il
commissario straordinario per la Tav veneta, la documentazione verrà consegnata
a Corrado Passera, ministro dei trasporti, e al governatore Luca Zaia. Non c’è
dubbio che, ancora una volta, Mainardi sottolineerà l’opportunità di puntare non
sul costoso tracciato balnere ma su quello affiancato agli attuali binari. E
che, altro passaggio già noto, l’alta velocità in quel tratto sarà alta ma non
altissima. «Non decidono i tecnici, ma la politica», sottolinea l’architetto
bellunese. Ma i tecnici dicono la loro con molta forza: la Tav balneare non
conviene. Il nodo è economico. Nell’ipotesi costiera, il solo tratto da Mestre a
Portogruaro costerebbe 3,4 miliardi di euro sui 7,4 complessivi dell’intero
percorso Mestre-Trieste e, di quei 3,4 miliardi, 772 milioni sono il costo
stimato per il segmento Mestre-Tessera mentre i restanti 2,6 miliardi
servirebbero a realizzare l’alta velocità a servizio delle spiagge, con un costo
al chilometro di 44 milioni di euro. «Costi non sostenibili – puntualizza
Mainardi – né da un punto di vista economico né da quello ambientale. Tanto più
inaccettabili in un periodo di difficoltà economica». E allora ecco
l’alternativa: virare verso il tracciato che fa perno sulla linea esistente, la
Mestre-Portogruaro, da modernizzare e ampliare con la quadruplicazione dei
binari. «Costerebbe tra i 15 e i 18 milioni di euro al km», fa sapere Mainardi.
In sostanza si risparmierebbe circa il 60%, un tassello fondamentale per
ottenere il consenso di sindaci e cittadini. Lavorare sui binari esistenti
significa rinunciare alla Tav, cioè alle velocità attorno ai 350 km/h? «Non si
tratta di dire no alla Tav – precisa il commissario – ma di prendere atto che
nessun progetto preliminare in Veneto ipotizza velocità superiori ai 250 km/h,
quella del Frecciargento Venezia-Roma». Un progetto graduale, quello ipotizzato
da Mainardi, che piace anche a Debora Serracchiani. Secondo l’europarlamentare
del Pd, «il quadruplicamento è a tutti gli effetti una linea con le
caratteristiche dall’alta velocità e dell’alta capacità, ma con un surplus di
attenzione alla sostenibilità ambientale specie nei centri abitati. Già con i
primi interventi sui colli di bottiglia la tratta ferroviaria Trieste-Venezia
potrebbe porsi meglio a servizio non solo delle merci dei porti del Friuli
Venezia Giulia e del Veneto, ma anche dei bisogni dei viaggiatori». Mentre
Giulio Lauri (Sel Fvg) parla di «svolta storica» e allarga il tiro: «Il governo
dà ragione a movimenti e comitati, che da anni si oppongono all'alta velocità,
sul fatto che, per quanto riguarda questa regione, l'opera non è necessaria e
non si farà».
(m.b.)
Ferriera, maggioranza divisa E il Pdl: «Chiusura nel
2015»
Battaglia in Comune su tre distinte mozioni. Centrosinistra: niente
cambiali in bianco, serve un Protocollo per Trieste. Ma Sel si smarca con un
altro documento. Bandelli espulso dall’aula
Il futuro della Ferriera apre un’altra crepa nella maggioranza di
centrosinistra che guida il Comune. A smarcarsi è nuovamente Sel. Questione di
mozioni e di astensioni. Alla fine nella notte dell’ultimo Consiglio comunale
pre-pausa estiva, nel post stravolgimento della delibera sulle novità tariffarie
dei taxi, sono tre le mozioni sullo stabilimento di Servola che vanno al voto.
Passa una sola, quella “di sintesi” della maggioranza, griffata Pd, Idv, Trieste
cambia e Cittadini, partorita dopo un vertice di un’ora e mezza nel cuore della
notte, dettaglio che ha innervosito non poco l’opposizione. Il testo impegna
sindaco e giunta «a rifiutare generiche richieste di disponibilità alla
prosecuzione della siderurgia», a dare priorità a soluzioni di riconversione
compatibili con l’ambiente e socialmente sostenibili, tenendo alta la guardia
sui temi della salute e dell’occupazione, e a chiedere al governo un “Protocollo
per Trieste” per uscire dall’eterna impasse. Non smentisce, insomma, la
“Dichiarazione d’intenti” piovuta dal versante ministeriale romano e attesa
dall’interessata (all’area della Ferriera) Jindal-Sertubi. Ma dice anche che,
spiega Pietro Faraguna (Pd), «il sì alla continuità siderurgica può arrivare
solo a determinate condizioni. Il sindaco non ha un mandato in bianco. E la
Ferriera così non può andare avanti: la gente deve poter respirare». Gli fa eco
Cesare Cetin (Idv), che giudica la mozione come l’«unica che cerca di conciliare
il diritto alla salute dei cittadini con il diritto al lavoro degli operai».
Alla fine: dei 29 presenti alla votazione, 17 favorevoli dal centrosinistra (Fds
inclusa), 6 contrari (Pdl e Lista Dipiazza), 4 astenuti (Lega Nord e Sel) e i
due grillini “non votanti”. Sel non si schiera con gli alleati, insomma. Lo
stesso fanno, di contro, gli alleati in questione con la mozione “vendoliana”,
che chiedeva di respingere «la richiesta pregiudiziale di una lettera di intenti
avanzata da Sertubi» e di mantenere «ferma l’opzione della riconversione
produttiva, con la chiusura a regime dell’area a caldo» a tutela della salute
dei cittadini, dei lavoratori e del futuro economico di questi ultimi. Mozione,
quella di Sel, bocciata: tre soli i favorevoli, cioè i vendoliani, contrari i
quattro pidiellini, astenuti tutti gli altri con il “non voto” dei 5 Stelle.
L’amarezza del capogruppo di Sel Marino Sossi: «Sono perplesso. Nel programma
del sindaco c’è la riconversione compatibile con l’ambiente e che tuteli i
lavoratori. Cosa che riemerge solo debolmente nella mozione di sintesi del
centrosinistra». Stoppata anche la proposta del Pdl, con primo firmatario
Maurizio Bucci, per «un chiaro e fermo parere contrario al proseguimento
dell’attività della Ferriera oltre il 2015, nel rispetto ambientale del rione di
Servola». L’esito: 7 favorevoli (Pdl, Lega e Lista Dipiazza), 20 contrari (tutto
il centrosinistra) e due non votanti, sempre Paolo Menis e Stefano Patuanelli.
«Per noi - spiega Menis - la tutela della salute prevale sul diritto al lavoro.
E resta valida la posizione che l’intero Consiglio comunale ha espresso nel
luglio 2011, impegnando il sindaco su: accordo di programma con governo e
Regione, revisione dell’Aia e 2015 quale termine ultimo per la riconversione».
Toni molto accesi in aula, specie al rientro del centrosinistra dal
consulto-fiume. Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) ha attaccato, proponendo
«all’opposizione tutta di uscire dall’aula - racconta -. Ma la risposta è stata
da pavidi». Il clima si è surriscaldato tanto che l’ex aennino è stato infine
espulso dal presidente Iztok Furlanic. Non ha invece partecipato al voto sulle
mozioni Alessia Rosolen: «In tutti questi anni la nostra classe politica è stata
pigra su un tema complicato. E ogni volta che si avvicinano le elezioni c’è chi
inizia a difendere l’ambiente e chi l’occupazione. Ma questi temi devono andare
assieme. Ho sempre parlato - aggiunge infine l’esponente di Un’Altra Trieste -,
da fine 2009 in poi, della necessità di una Legge speciale per Trieste. Ho
notato che nella mozione di sintesi della maggioranza si parla di un “Protocollo
per Trieste”...».
Matteo Unterweger
«Testo del ministero Aspettiamo le firme» - FIM CISL
«Il Ministero ha redatto un testo che riporta fedelmente volontà ed intenti
espressi da tutti a Roma. Un testo che indirizza ma non esclude, che riporta i
concetti cardine “compatibilità ambientale e mantenimento dei livelli
occupazionali” con carattere industriale. Ora l’impegno, la firma. Ora vedremo
se qui a qualcuno trema il polso». Così il segretario Fim Cisl di Trieste
Umberto Salvaneschi sulla “Dichiarazione d’intenti” sul futuro della Ferriera.
Razzini: tavolo in Regione a settembre
Chiudere la stagione «infinita e vigliacca» delle proroghe. Fare chiarezza
nel rispetto di lavoratori e residenti. Tutelare l’ambiente. Ed evitare unna
Taranto due. Sulla Ferriera «non si può perdere altro tempo». Il leghista
Federico Razzini, in qualità di presidente della Commissione attività produttive
in Consiglio regionale, annuncia che il caso approderà in piazza Oberdan sin dai
primi giorni di settembre. «Dopo anni di promesse, illusioni e progetti abortiti
prima di essere veramente concepiti- spiega Razzini - è tempo che la politica
affronti con responsabilità un aspetto prioritario per Trieste e, di
conseguenza, per la regione. Destra e sinistra hanno sufficientemente speculato
sulla Ferriera, che appare in campagna elettorale e scompare a seggi chiusi come
la tela di Penelope. Visto il caso Ilva, e considerata la necessità di marcare
le distanze rispetto a quanto successo a Taranto, la Regione, assieme a Comune e
sindacati, deve avere il coraggio di prendere delle decisioni e programmare il
proprio futuro, coniugando il diritto al lavoro con l’esigenza di tutelare
l’ambiente. A inizio settembre - prosegue Razzini - convocherò un tavolo con il
sindaco Cosolini, gli assessori regionali Seganti (Attività produttive), Savino
(Ambiente), Brandi (Lavoro) e i sindacati».
In bici da Parenzo ad Aviano per dire sì al disarmo
nucleare - L’INIZIATIVA»DA DOMENICA
Con i Beati costruttori di pace la pedalata che farà tappa anche a Muggia
e Trieste A San Giovanni omaggio della carovana alle vittime di Hiroshima e
Nagasaki
Quest’anno partiranno da Parenzo nella mattinata di domenica, approderanno
anche a Trieste e a colpi di pedale raggiungeranno Aviano, al termine di cinque
giornate di tappe commemorative, tra nuovi spunti e antiche riflessioni sul tema
della pace e del disarmo nucleare. Sono i Beati costruttori di pace, gruppo con
base in Veneto di pacifisti “armati” prevalentemente di contatti e ideali,
interpreti della quarta edizione di “Pace in bici–Le città non sono bersagli”,
manifestazione concertata assieme agli Amici della bicicletta e con il sostegno
della sede di Trieste di “Pace e convivenza”. Cambia il percorso, non mutano le
finalità, sempre legate alla sensibilizzazione delle comunità locali sul
problema del bando delle bombe atomiche dall’intero pianeta, puntando alla
ratifica ufficiale da parte delle Nazioni Unite, una campagna a suo tempo
indirizzata anche nei confronti delle mine antiuomo, le armi chimiche e le bombe
a grappolo. L’edizione 2012 per l’occasione mette in luce un ventaglio di spunti
collaterali (spalmati dal 5 al 9 agosto, in ricordo quindi di Hiroshima e
Nagasaki) all’insegna del «superamento del concetto dei confini» e del valore
ecologico - questo sì non solo ideale - della bicicletta. La carovana si
preannuncia formata in partenza da almeno una cinquantina di ciclisti ma auspica
rinforzi in corso d’opera attraverso le varie tappe che conducono ad Aviano,
l’ultima fermata del 9 agosto, da allestire proprio al cospetto della sede
militare Usaf. Il calendario della solenne scampagnata in bicicletta prevede
dunque la vernice a Parenzo, una sosta a Buie e lunedì l’arrivo a Muggia
(attorno alle 15.30, zona Rabuiese, dove per l’occasione verrà aperto l’ultimo
tratto della pista ciclabile della Parenzana), e quindi a Trieste. La giornata
del 7 agosto, a Trieste, prevede una serie di incontri formali da spendere prima
al museo della Pace “de Henriquez” e poi al parco Basaglia di San Giovanni, dove
- pare - prosperi anche un reduce agreste del bombardamento atomico in Giappone,
un sedimento che vive sotto la voce di “caco di Nagasaki”: una sorta di totem.
Da Trieste poi a Duino, Monfalcone e verso il Friuli. Credono nella loro
missione i ciclisti con l’aureola di pace, lo fanno pur consci delle difficoltà
legate al loro messaggio, tema che nelle prime edizioni ha portato riscontri
essenzialmente morali: dal tasso di adesioni a “Sindaci per la pace”,
l’associazione promossa dal sindaco di Hiroshima, al ricordo di Giorgio La Pira,
storico sindaco di Firenze (dal 1951 al ’58 e dal ’61 al ’65), ritenuto emblema
dell’impegno politico e sociale delle amministrazioni locali anche in un’ottica
di diplomazia internazionale.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - GIOVEDI', 2 agosto 2012
«Rigassificatore, la Regione assuma il potere di
decidere» - LUPIERI (PD)
Sul rigassificatore la Regione deve premere sull’acceleratore e approvare
una legge, «altrimenti la competenza passa a Roma». E’ Sergio Lupieri ad agitare
il campanello d’allarme. Il consigliere del Pd fa riferimento a un
pronunciamento del Consiglio di Stato che, il 24 luglio scorso, «in mancanza di
una norma regionale, ha decretato la propria competenza nell’autorizzazione per
l’impianto». Nel parere si legge che «la disciplina statale non può che trovare
applicazione anche a livello regionale, almeno fino a quando la Regione non
abbia provveduto a disciplinare la specifica materia». Ne consegue che, avverte
Lupieri, nel caso la Regione vari una legge sull’argomento, la competenza
tornerebbe immediatamente in capo alla stessa. In sede di commissione
consiliare, attualmente, è in corso l’esame del ddl 210 “Norme in materia di
energia e distribuzione dei carburanti”, già approdato al Consiglio delle
Autonomie Locali. Una norma in cui, a detta del consigliere, sarebbe possibile
inserire un articolo che stabilisca la competenza del Fvg sul tema «determinando
l’inadeguatezza dell’impianto di Zaule», precisa ancora Lupieri. «Soltanto in
queste condizioni la Regione può riappropriarsi della potestà legislativa che le
compete, evitando la norma transitoria contenuta nel decreto, secondo cui fino
all’entrata in vigore delle disposizioni regionali che disciplinano le funzioni
trasferite, continuino a valere le norme statali», ribadisce. L’esponente dei
democratici infine invita i consiglieri non favorevoli all’impianto, in
particolare i triestini e della maggioranza, «ad attivarsi coi rispettivi
capigruppo, l’assessore competente e il presidente Tondo, per fare in modo che
il provvedimento sull’energia approdi quanto prima all’Aula, con un articolo ad
hoc che disciplini il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di
rigassificatore».
Tav, sì condizionato della Provincia «Servono altri
studi»
«Trieste deve essere coinvolta nel Corridoio V», una linea ritenuta
«strategica» e «fonte di sviluppo economico e sociale» per l’intero territorio
regionale, a cominciare dal Porto. La delibera dalla Provincia, passata l’altra
sera a maggioranza trasversale, di fatto promuove la Tav, ma non a occhi chiusi.
Palazzo Galatti, che si è riunito per esprimere il proprio parere di Via per il
progetto di Italferr sul’Alta velocità Venezia-Trieste, darà l’ultima parola
dopo l’ottenimento di una serie di integrazioni. E’ necessario valutare a fondo
i costi e i benefici dell’opera, gli studi di trasporto, energetici e di
carattere tecnico-ambientale. Serve, in particolare, un’analisi accurata delle
terra e delle rocce da scavo, delle cavità carsiche e delle vibrazioni. Hanno
votato a favore della norma la presidente Poropat e la lista civica, il gruppo
del Pd, l’Unione slovena, Giorgio Ret e Un’Altra Trieste (Francesco Cervesi).
Contrari, invece, Sel e Fabio Longo (Idv), mentre si sono astenuti Lega Nord,
Pdl, Lista Dipiazza e Majda Canziani dell’Idv. «E' interesse della Provincia –
sostiene in una nota congiunta il Pd – che l'opera venga fatta nel rispetto del
territorio e quindi in accoglimento delle modifiche richieste dai Comuni». I
democratici in Consiglio provinciale hanno anche ricordato che «la Provincia ha
ribadito su più tavoli sia regionali che nazionali, la carenza di infrastrutture
ferroviarie idonee sia per quanto concerne i servizi di trasporto passeggeri,
sia quelli relativi al trasporto delle merci. Ci sono alcune modifiche chieste
dai Comuni– affermano i consiglieri Pd – che sebbene accolte per le vie brevi da
Italferr e Rfi, non risultano ancora nel progetto. Siamo sicuri che se saranno
inserite quelle variazioni a tutela del territorio - conclude il gruppo - il
progetto potrà ottenere la luce verde che tutti noi auspichiamo per Trieste e
per l'Europa». Il presidente del Consiglio provinciale Maurizio Vidali (Unione
slovena) è soddisfatto: «Si deve tener conto del territorio carsico e della sua
gente, già pesantemente colpita da altre opere in passato - è il commento - solo
assieme ai Comuni si potrà trovare una soluzione alle criticità emerse». Pochi
giorni fa il Consiglio comunale di Trieste aveva espresso parere favorevole al
progetto Italferr per il tratto dell’alta velocità ferroviaria Venezia-Trieste,
nell’ambito dell’iter sulla Valutazione di impatto ambientale. La maggioranza di
centrosinistra comunale si era tuttavia divisa al momento del voto: i
consiglieri di Sel e Federazione della Sinistra si erano opposti alla delibera
dell’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni. Il provvedimento era passato
grazie ai 14 voti favorevoli della coalizione che sostiene il sindaco Cosolini,
più il sì del consigliere del Fli Michele Lobianco e all’astensione del resto
dell’opposizione, ad eccezione della Lista 5 Stelle che ha votato no.
Gianpaolo Sarti
«Per la centrale di Opicina serve la Via»
Il progetto per la centrale a biomasse di Opicina «va assoggettato alla
procedura della Valutazione di impatto ambientale (Via)». Lo rende noto
l'assessore regionale all'Ambiente Sandra Savino sulla base delle conclusioni
cui è giunta la Commissione tecnico consultiva Via della Direzione centrale, che
ha esaminato il progetto e le osservazioni di enti locali, privati e
ambientalisti. «La Via - rileva Savino - consente una valutazione più
approfondita dei vari aspetti relativi soprattutto alla tutela della salute e
dell'ambiente». Valutazione «necessaria visto il possibile impatto ambientale
negativo, determinato dal traffico indotto per il trasporto su gomma degli oli
combustibili utilizzati dall'impianto, e dell'esigenza di valutare» meglio gli
aspetti relativi alla «collocazione della centrale che, pur in area destinata ad
attività industriale, è a ridosso dell'abitato residenziale di Opicina, oltre
che di un sito di interesse comunitario e di una zona di protezione speciale».
Un progetto simile «in un'area di delicato equilibrio naturalistico e ambientale
- chiude Savino - richiede il coinvolgimento delle autorità competenti in
materia ambientale, ma si vuole anche assicurare una adeguata evidenza pubblica
alla valutazione». Documentazione su www.regione.fvg.it (sezione Ambiente e
Territorio).
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 1 agosto 2012
«A Servola si rischia una Taranto due» - Sindacati
preoccupati sul futuro della Ferriera e di Sertubi. Oggi discussione in
Consiglio comunale
«Qui si rischia una Taranto due». La Ferriera come l’Ilva. Gli operai di
Servola si sono riuniti ieri in assemblea ieri pomeriggio per lanciare
l’ennesimo appello sull’onda della vicenda pugliese che ha portato al sequestro
dell’impianto da parte della magistratura. Lo stato di agitazione degli operai
triestini è ormai permanente. Alla fine è stato prodotto un documento, firmato
da tutte le sigle sindacali, contro l’inerzia della politica. Il documento sarà
inviato a Roma, al ministero dello Sviluppo economico, per chiede di arrivare
quanto prima alla dichiarazione d’intenti sul futuro della Ferriera promessa dal
governo nell’ultimo incontro con le parti sociali e le istituzioni locali. Un
protocollo che preveda il proseguo dell’attività del polo siderurgico triestino
dopo il 2015, data fissata per la chiusura dell’impianto. «Qui si fanno tavoli
ovunque. A Taranto, a Piombino. A Trieste niente. Tutto tace. Un silenzio
allarmante» racconta Franco Palman, segretario provinciale della Uilm. Una
situazione che rischia di diventare esplosiva dopo la dichiarazioni di crisi
della Jindal Sertubi (rischio cassa integrazione da settembre), industria legata
a doppio mandato alla Ferriera. «In questo quadro a settembre si aprirà una fase
di crisi strutturale, al buio, che metterà a rischio tutti i posti di lavoro non
solo quelli di Jindal Sertubi, ma di tutto il polo siderurgico, dalla Servola
alle altre aziende locali, prefigurando di fatto, il crollo del sistema
economico-industriale locale» si legge nella nota di Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm.
Ugl e Failms. Un azzeramento del comparto industriale della provincia di Trieste
con la cancellazione di 500 posti di lavoro, indotto escluso. È questo il
rischio che i sindacati vogliono. «L’Ilva di Taranto è un problema Ferriera di
Trieste moltiplicato per 24» denuncia Antonio Saulle, segretario del Prc.
«Trieste non può permettersi il lusso di cancellare 500 posti di lavoro» spiega
Tonino Pantuso della Rsu della Fiom. «La politica deve darsi una sveglia.
Dobbiamo avere le stesse attenzioni di Taranto. La siderugia pulita esiste. A
Servola devono coesistere le ragioni del lavoro con quelle della salute di
operai e i cittadini». La questione Ferriera approda oggi anche in Consiglio
comunale (inizio alle 18). Una delegazione degli operai sarà ricevuta dal
sindaco. In aula andranno in discussione tre mozioni. Una firmata dal
consigliere Pdl Maurizio Bucci, una del gruppo di Sel e una, urgente, depositata
ieri da Trieste Cambia e firmata dai consiglieri Roberto Decarli e Patrick
Karlsen. «Bisogna predisporre con il governo - si legge nel testo - un “
Protocollo per Trieste “ non molto diverso da quello elaborato per Taranto in
quanto anche Trieste città sede dello stabilimento siderurgico Ferriera di
Servola e Sertubi si trova da anni purtroppo con tutte le stesse criticità
ambientali».
(fa.do.)
Acqua meno cara del 10% nei prossimi 5 anni - DECISIONE
DELL’ATO
La revisione delle tariffe entrerà in vigore in autunno dopo il parere
dell’Autorità Garante
Una buona notizia, anche nel pieno dell’estate, arriva dal Comune. Le
tariffe dell’acqua diminuiranno mediamente, nei prossimi cinque anni, del 10 per
cento. Lo ha deciso ieri l’Ato (Ambito territoriale ottimale), presieduto dal
sindaco Roberto Cosolini, che ha rivisto il “Piano d’ambito” abbassando il
prezzo di un prodotto, l’acqua, definito spesso con molta enfasi un bene
pubblico. Una decisione che era nell’aria, attesa, al centro nelle settimane
scorse di roventi polemiche a sinistra proprio sulla mancata diminuzione delle
tariffe di AcegasAps. Nel mirino delle accuse era finito proprio Cosolini. Ora
la decisione c’è ed è definitiva. Ma per entrare in vigore, la revisione delle
tariffe deve attendere il parere dell’Autorità Garante e cioè non meno di tre
mesi. In pratica per vedere una bolletta “più magra” i triestini dovranno
attendere l’autunno inoltrato, se non oltre. Ma comunque non si torna indietro,
mese più o mese meno per cinque anni l’acqua si pagherà di meno. Però
attenzione, il 10 per cento è una riduzione media. Questo significa che non
tutti usufruiranno della stessa diminuzione per via di alcune variabili nella
bolletta che determinano il prezzo (il volume, la maggiorazione e altri
balzelli). Cosicché qualcuno più fortunato potrebbe trovarsi una riduzione
dell’11 per cento, qualche altro solo dell’otto. Nella stessa riunione di ieri è
stato costituito il Comitato consultivo degli utenti, anche questo annunciato da
tempo, formato dalle associazioni dei consumatori e di tutela ambientale. Il
quale Comitato avrà come primo compito il controllo della qualità del servizio.
Soddisfatto il sindaco Cosolini per la «decisione fortemente cercata e voluta
dalla maggioranza di centrosinistra». «Prima cosa da sottolineare - afferma il
primo cittadino - e che anche in un’azienda industriale come AcegasAps è
possibile un controllo pubblico che può intervenire e decidere. É indubbio che
questo significa una maggiore garanzia e tutela per i cittadini. Quello della
diminuzione delle tariffe dell’acqua è un segnale forte che diamo alla città in
un periodo di crisi e di difficoltà economiche per molte famiglie. In secondo
luogo questa decisione presa dall’Ato è ispirata allo spirito referendario che
ha posto l’acqua come bene pubblico. E proprio questo aspetto, importantissimo,
ha avuto un peso nella decisione dell’abbassamento delle tariffe».
(fe.vi.)
IL PICCOLO - MARTEDI', 31 luglio 2012
Gas Natural sponsor del "Luchetta": Sel protesta
Sinistra Ecologia Libertà è stata colta di sorpresa nello scoprire una
pubblicità di Gas Natural, il gruppo dietro al progetto del rigassificatore di
Zaule, che utilizzava il logo del premio Luchetta - sponsorizzato, a dire il
vero, anche dalla stessa Gas Natural - al solo scopo di autopromuoversi. «Non si
può tralasciare lo slogan - afferma in un comunicato il partito di Vendola - che
parla di “buona informazione” da parte di un’azienda che è stata spesso carente
dal punto di vista comunicativo e dalla quale si aspettano ancora tante risposte
in merito alle innumerevoli problematiche sollevate circa il loro progetto per
Trieste; un’azienda che querela intimiditoriamente per diffamazione chi si
permette di informare circa il suo passato, vedendosi poi archiviare la querela
stessa; un’azienda che a nostro avviso non ha alcun diritto di accostarsi al
buon giornalismo». Sel chiede agli organizzatori dell’evento, «al di là della
scelta opinabile di questo sponsor», se fossero al corrente dell’uso
“improprio”, del nome della Fondazione Luchetta, Ota, D'Angelo, Hrovatin «per
questa palese autocelebrazione».
Rio Martesin, incognite sul futuro
Rispetto per la sentenza del Consiglio di Stato a protezione dei pastini. E,
in tempi brevi, provvedere alla risistemazione dell’area già intaccata dalle
ruspe. Lo chiede il Comitato per la difesa della vallata di Rio Martesin, che si
è riunito proprio nell’area già interessata da un imponente intervento edilizio
fermato proprio sul filo di lana da una sentenza che ormai ha fatto storia. Non
a caso i “martesini” hanno sottolineato che la loro lotta per tutelare l’ultima
verde vallata dei rioni di Gretta e Roiano riguarda da vicino tutte quelle che
sono in atto in altre parte del territorio comunale minacciato da nuovi progetti
edilizi. Ne ha preso atto anche Iztok Furlanic, presidente del Consiglio
Comunale, intervenuto all’incontro con i cittadini assieme ai consiglieri
comunali Roberto Decarli, Anna Mozzi, Daniela Gerin, Paolo Bassi e Stefano
Patuanelli. Per i rappresentanti del Comitato - preoccupati per l’eventuale
snaturamento di una norma, l’art. 18 della Variante al PRG comunale n. 66 che
andrebbe in qualche modo a invalidare i contenuti della sentenza a protezione
dei pastini – c’è forte preoccupazione per il futuro della vallata. Il Comune,
che di fronte all’alt del Consiglio di Stato si è visto cadere addosso delle
richieste di risarcimento danni dalle ditte che avevano già iniziato i
preparativi per edificare l’enclave di Rio Martesin, certamente preferirebbe
trovare un accomodamento per evitare salassi in tempi così grami. Voci di
corridoio tutt’altro che balzane dicono che i proprietari dell’area starebbero
per presentare un nuovo progetto a basso impatto ambientale con materiali eco
compatibili senza “intaccare” la struttura dei terrazzamenti.
Maurizio Lozei
"Salva i ciclisti", Trieste aderisca alla campagna
Caro sindaco Cosolini, come avrà già avuto modo di apprendere dalle notizie
degli ultimi mesi, l’Italia si posiziona al terzo posto in Europa per mortalità
in bicicletta. Negli ultimi dieci anni, ben 2.556 ciclisti hanno perso la vita
sulle nostre strade e anche a Trieste chi sceglie un mezzo pulito e sostenibile
come le due ruote per muoversi corre molti pericoli. Lo dimostrano i numerosi
incidenti avvenuti nell’ultimo anno (tra cui quello in viale Miramare, del 18
luglio scorso). È per porre freno a questa situazione che cinque mesi fa abbiamo
lanciato in Italia la campagna #salvaiciclisti con cui abbiamo chiesto al
Parlamento l’applicazione degli otto punti del “Manifesto del Times”, l’appello
lanciato a febbraio dal noto quotidiano di Londra dopo che una sua giornalista,
ancora in coma, aveva subito un grave incidente proprio in bicicletta. In queste
settimane, il Parlamento sta facendo la propria parte e una proposta di legge
sottoscritta da (quasi) tutte le forze politiche è pronta per la presentazione
alla Camera e al Senato. Senza il suo preziosissimo contributo di amministratore
locale, però, anche la migliore delle leggi rischia di restare lettera morta ed
è per questo che siamo a chiedere la sua adesione alla campagna #salvaiciclisti
per il miglioramento della sicurezza dei ciclisti nella nostra città. Aderendo a
#salvaiciclisti si impegnerà quindi a garantire l’applicazione a livello locale
degli otto punti del “Manifesto del Times” per le aree di competenza comunale;
formulare le opportune strategie per incrementare almeno del 5% all’anno gli
spostamenti urbani in bicicletta nei giorni feriali; contrastare il fenomeno del
parcheggio selvaggio (sulle strisce pedonali, in doppia fila, in prossimità di
curve e incroci, sulle piste ciclabili); far rispettare i limiti di velocità
stabiliti per legge e istituire da subito delle “zone 30” e “zone residenziali”
nelle aree con alta concentrazione di pedoni e ciclisti. Si impegnerà anche, a
realizzare un Piano quadro sulla ciclabilità o Bici Plan; a monitorare e
ridisegnare i tratti più pericolosi della città per la viabilità ciclistica di
comune accordo con le associazioni locali; a redigere annualmente un documento
pubblico sullo stato dell’arte della viabilità ciclabile indicando i risultati
dell’anno appena trascorso e gli obiettivi futuri; a dotare ogni strada di nuova
costruzione (o sottoposta a interventi straordinari di manutenzione) di un
percorso ciclabile che garantisca il pieno comfort del ciclista, e - infine - a
promuovere una campagna di comunicazione per sensibilizzare tutti gli utenti
della strada sulle tematiche della sicurezza. È perché riteniamo che la campagna
#salvaiciclisti sia dettata dal buon senso e da una forte dose di senso civico
che chiediamo un suo contributo perché anche a Trieste il senso civico e il buon
senso prendano finalmente il sopravvento. A questa campagna hanno - tra gli
altri - già aderito Giuliano Pisapia (sindaco di Milano), Matteo Renzi (primo
cittadino di Firenze), Piero Fassino, per il Comune di Torino, e Gianni Alemanno
per Roma, Luigi De Magistris, sindaco di Napoli.
*#Salvaiciclisti Trieste
IL PICCOLO - LUNEDI', 30 luglio 2012
Doberdò, barricate contro la Tav
DOBERDO’ Il Comune di Doberdò del Lago alza le barricate contro il progetto
della Tav «macroscopicamente sproporzionato e inutile, devastante per
l’ambiente, per la Riserva dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa e che farebbe
addirittura scomparire dalla cartografia la frazione di Sablici». Dopo aver
esaminato l’ultima relazione progettuale inviata da Rfi il mese scorso per la
linea Venezia-Trieste, in particolare per la tratta Ronchi-Trieste, il sindaco
Paolo Vizintin ha convocato l’altra sera con urgenza la Giunta, estesa anche ai
capigruppo per la maggioranza Fabio Visintin di “Unità Cittadina” e per la
minoranza Dario Bertinazzi Slovenska skupnost-Unione slovena, (assente Marino
Ferfolja del Centro destra), che ha espresso il parere negativo e ha respinto
all’unanimità il documento. «E’ un ulteriore diniego che si aggiunge a quello
precedente – afferma il sindaco Vizintin – in quanto è una follia spendere 50
milioni di euro per una devastazione irreparabile dell’ambiente. Sarebbe meglio
utilizzare questi soldi specie in questi momenti di crisi per creare nuovi posti
di lavoro. E’ inconcepibile, dopo che Rfi continua a sopprimere (anche ieri)
treni merci e passeggeri da e per Trieste, che voglia incrementare questa tratta
dove il movimento è calato del 50%. Sarebbe il caso di ottimizzare, invece, la
linea Alta Capacità esistente e non realizzare opere devastanti e costosissime
delle quali non ci sono soldi che poi sarà costretta la comunità a pagare». Il
Comune ribadisce che dalla progettazione, oltre a mancare dell’analisi
costi-benefici imposta dalla normativa vigente sulla Via (Valutazione impatto
ambientale), emerge che l’opera è fortemente impattante per l’ambiente, il
territorio e l’abitato di Sablici. La linea ferroviaria attraverserebbe infatti
la Riserva dei laghi di Doberdò e Pietrarossa con enormi viadotti e gallerie.
«Una gigantesca colata di cemento e ferro – continua il sindaco Vizintin – che
deturperebbe il territorio già martoriato dalla presenza di elettrodotto,
metanodotto e autostrada. Gallerie e viadotti proseguirebbero per il centro di
Sablici dove è previsto l’esproprio e il vincolo urbanistico di quasi tutta
l’area e il probabile abbattimento di alcune abitazioni. In tale contesto –
continua Vizintin - si inserisce la realizzazione del nuovo raccordo stradale
tra le statali SS55 e SS14 che passerebbe sotto il viadotto soprastante Sablici
e consentirebbe un ritorno massiccio dei Tir sul Vallone. L’abitato di Sablici
si svuoterebbe e sparirebbe dalla cartografia». La preoccupazione per il
tracciato Tav aumenta anche perché a detta degli stessi esperti Rfi nella
relazione non ci sono garanzie per l’attraversamento dei calcari di Aurisina .
Ciro Vitiello
IL PICCOLO - DOMENICA, 29 luglio 2012
Sì alla Tav, ma maggioranza sfasciata
Maggioranza spaccata. E qualche “aiutino” dall’opposizione
all’amministrazione Cosolini. La delibera che dà parere favorevole - con
articolate e pesanti prescrizioni e osservazioni/raccomandazioni - al progetto
Italferr del tratto Tav Venezia-Trieste, utile alla procedura di Valutazione di
impatto ambientale (Via), è stata approvata l’altra notte in Consiglio comunale.
Un voto sofferto, culmine di un dibattito acceso e lungo (come sperava
l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni): la fumata bianca è uscita dal
Municipio quando l’orologio di piazza Unità segnava l’1.38 della notte fra
venerdì e sabato. Sul documento il sindaco Roberto Cosolini ha perso l’appoggio
degli alleati Sel, Idv e Federazione della Sinistra: presa di posizione
annunciata in aula, con conseguenti sei voti contrari (assente il secondo
“diepietrista” Cesare Cetin) nella maggioranza. Che si sono uniti a quelli dei
grillini d’opposizione: per un totale di 8 “no”. Nemmeno il Pd ha mostrato la
solita, granitica coesione: dei 12 presenti fra i “democratici”, 11 hanno optato
per il “sì” a sostegno del documento di giunta mentre Anna Maria Mozzi ha deciso
in autonomia di astenersi. Nello schieramento dei favorevoli, poi, Roberto
Decarli (Trieste cambia) e Patrick Karlsen (Libertà civica). A loro, dall’altra
parte della barricata, si è aggiunto trasversalmente Michele Lobianco (Fli).
L’unico “finiano” del Consiglio comunale, poco prima, aveva chiesto le
dimissioni del sindaco: «Cosolini deve prendere atto che la sua maggioranza non
c’è più. Deve dimettersi. Solo il senso di responsabilità politica e
istituzionale dell’opposizione ha consentito che questa delibera potesse
continuare il suo iter». Undici gli astenuti: oltre a Mozzi, decisione compatta
per Pdl, Lega Nord, Un’Altra Trieste e Lista Dipiazza. Ipoteticamente, i loro
voti - in caso di “no” - avrebbero potuto determinare la bocciatura della
delibera. Everest Bertoli, capogruppo pidiellino, spiega la strategia dei suoi:
«Abbiamo deciso di astenerci per due motivi. Per non intraprendere un’azione che
potesse pregiudicare un progetto strategico per il futuro economico della città
e, in secondo luogo, per mettere a nudo le contraddizioni di questa maggioranza.
Maggioranza che Cosolini non ha più: tre partiti si sono sfilati, non può far
finta di nulla». Dal canto suo, il primo cittadino getta acqua sul fuoco: «Su
questo tema le differenziazioni erano previste e annunciate. Anche negli
interventi in aula è stato spiegato come abbiano riguardato il fatto in sé, per
poi ribadire la solidità della coalizione». Apprezzamento di Cosolini per il
«senso di responsabilità» dei consiglieri sulla votazione immediatamente
successiva, quella che ha dato il via libera all’immediata eseguibilità della
delibera. Ventuno i favorevoli (ai 15 del primo voto si sono aggiunti Mozzi, i
grillini, la vendoliana Daniela Gerin e il Fds Marino Andolina) e 11 gli
astenuti (incluso l’altro Fds, Iztok Furlanic), con Marino Sossi e Mario Reali
di Sel non partecipanti al voto. «Così è stato possibile inviare il documento
nei termini previsti alla Regione - aggiunge il sindaco -. Altrimenti, la nostra
sarebbe diventata una posizione non caratterizzata». Paolo Bassi (Idv) ribadisce
a seduta archiviata: «Un’opera che ad oggi non ha alcun motivo di essere
costruita. Il Comune avrebbe dovuto esprimere un parere negativo». Di diverso
avviso Pietro Faraguna (Pd): «Il progetto di alta capacità offre alla città ciò
che chiediamo da decenni. Il Pd ha indicato un voto favorevole, come fatto poco
più di un anno fa. Invece molti gruppi oggi all’opposizione a soli 15 mesi di
distanza hanno reso un voto diverso, prendendo in giro i cittadini». Fra gli
emendamenti approvati, quello del leghista Maurizio Ferrara che ha fatto mettere
nero su bianco come «il mancato accoglimento di tutte le prescrizioni elencate a
pag. 10, 11, 12, 13 e 14 comporterà automaticamente la decadenza del parere
favorevole espresso».
Matteo Unterweger
Il Wwf: progetto troppo lacunoso
Da parte di Wwf e Legambiente c’è assoluta contrarietà e stupore per il
parere favorevole alla Valutazione di Impatto Ambientale per la Tav
Mestre–Trieste espresso dal Consiglio Comunale di Trieste. «Mentre i comuni
limitrofi di Duino Aurisina e Sgonico si sono espressi negativamente sul
progetto, il Comune di Trieste ha voluto marcare una continuità con i pareri
positivi già espressi nel 2003 e nel 2004 per la linea Ronchi sud–Trieste.
Un’assurdità – ha affermato Dario Predonzan, responsabile regionale energia e
trasporti del Wwf – visto che la Ronchi-Trieste venne ritirata già allora dalla
Giunta regionale a seguito dei pareri negativi emessi a livello ministeriale.
Dicendo sì al nuovo progetto Italfer con la scusa che c’è bisogno di avviare
nuove opere per risollevarci dalla crisi non ci si rende conto dei gravi
problemi che sottendono alla realizzazione della linea». Secondo il Wwf il
Comune di Trieste non avrebbe compiuto gli opportuni approfondimenti non
confrontandosi con le amministrazioni locali contigue, eludendo pertanto il
reale senso della Via, dove vengono analizzate le criticità prima che di
decidere o meno sulla realizzazione del progetto. Soprattutto non si sarebbe
tenuto conto della mancanza delle debite informazioni sul rapporto
costi/benefici per la realizzazione dell’opera. «Quanto dovrebbe costare la Tav,
quali gli elementi utili e profittevoli per il nostro territorio? Di tutto
questo – ha detto Predonzan – non vi è traccia nel progetto, e il Comune non ha
tenuto conto di tali deficienze». Secondo il Wwf nel parere non si sarebbe
tenuto conto delle specificità geo-morfologiche dell’Altopiano carsico. «Fa
davvero impressione poi che la stessa Italfer constati l’elevata vulnerabilità
dell’ambiente carsico – ha sostenuto Andrea Wehrenfennig, referente trasporti di
Legambiente – alimentando così nuovi dubbi, se ce ne fosse stato bisogno, sulla
percorribilità del progetto Tav».
Maurizio Lozei
Pd: «Sul rigassificatore Pdl assente»
MUGGIA Continua il botta e risposta su come opporsi al progetto del
rigassificatore che la spagnola Gas Natural dovrebbe costruire a Zaule. Se per i
pidiellini muggesani, che per principio si dicono contrari all'impianto, la
scelta fatta dall'amministrazione comunale, complice il sostegno di Un'Altra
Muggia, di partecipare alla mobilitazione organizzata tre settimane con
l'appoggio dei movimenti, delle associazioni ambientaliste e del mondo della
rete, è stata alquanto fuori luogo, ora arriva la risposta dai rappresentanti
del Partito democratico. Che non nascondono una certa sorpresa nelle
affermazioni espresse da Claudio Grizon e Paolo Prodan in una lettera inviata al
sindaco Nesladek dove hanno voluto chiarire le motivazioni della mancata
adesione del Pdl alla protesta contro il rigassificatore. Ma pare, come spiega
il segretario del Pd di Muggia Fulvio Tomini, che non sia la prima volta che i
rappresentanti del Pdl abbiano declinato l'invito ad associarsi alle numerose
forme di protesta messe in campo dal Comune di Muggia. Date alla mano Tomini
snocciola tutti gli appuntamenti persi dal Pdl per far sentire la sua voce
contro l'impianto: «Se le motivazioni sono, come gli esponenti del Pdl muggesano
hanno affermato – spiega Tomini citando testualmente – che l'opposizione al
progetto ha perso quella iniziale caratterizzazione istituzionale a favore di
una regia non ben identificata, allora non si spiega il perché della loro
assenza alle manifestazioni istituzionali organizzate dal Comune a febbraio al
teatro di Muggia e il 14 marzo, in questo caso con il presidio sotto il palazzo
della Regione dove si stava svolgendo la conferenza dei servizi». Insomma
conclude Tomini sono solo scuse È proprio vero - conclude Tomini - quel
proverbio che recita "tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare". In questo
caso un "mare" di scuse pur di non disturbare l'attuale, pro tempore,
Governatore della Regione Friuli Venezia Giulia, Tondo appartenente allo stesso
schieramento politico».
(i.gh.)
COMUNICATO STAMPA - SABATO, 28 luglio 2012
TAV MESTRE-TRIESTE - WWF E LEGAMBIENTE: “ASSURDO E
FUORI TEMPO IL PARERE FAVOREVOLE DEL COMUNE DI TRIESTE”
“Assurdo”, e fuori tempo il parere favorevole sull’impatto ambientale
della TAV Mestre-Trieste, proposto dalla Giunta comunale di Trieste e approvato
dal Consiglio nella seduta di ieri sera: questo il giudizio del WWF e di
Legambiente sul documento firmato dall’assessore all’ambiente, Umberto Laureni e
votato a maggioranza.
“Il parere attuale – hanno spiegato Dario Predonzan, responsabile regionale
energia e trasporti del WWF regionale e Andrea Wehrenfennig, referente trasporti
di Legambiente FVG – si richiama infatti a quelli, sempre favorevoli, espressi
dal Comune nel 2003 e 2004 (sindaco Dipiazza), sul precedente progetto della
tratta Ronchi sud – Trieste, poi ritirato dalla stessa Regione (presidente Illy)
che lo patrocinava, a seguito dei giudizi negativi espressi dai Ministeri dei
beni culturali e dell’ambiente. E’ un parere fuori tempo perché non tiene
nemmeno conto delle note problematicità del Carso, ben conosciute da sempre e
rilevate dalle istituzioni ben 9 anni fa, né dei ripensamenti sostanziali sul
tracciato e sul modello di esercizio, fatti proprio dallo stesso Commissario
governativo Bartolo Mainardi ma evidentemente ancora non registrati, unico tra i
Comuni friulani, solo dal Comune di Trieste”.
Non solo: si richiamano anche i pareri favorevoli espressi dal Consiglio
comunale nel marzo 2011 (sindaco sempre Dipiazza), sulla nuova versione del
progetto Mestre-Trieste, presentata da Italferr”.
“E’ evidente quanto incomprensibile, quindi – hanno aggiunto gli ambientalisti –
l’intento di rivendicare la continuità con quanto fatto in passato, sia dagli
organi politici, sia dagli uffici comunali”.
Quel che sconcerta di più le associazioni è però lo stravolgimento del senso
della VIA (valutazione dell’impatto ambientale), implicito nel contenuto del
parere proposto dalla Giunta comunale.
“La VIA – hanno spiegato – è infatti lo strumento attraverso il quale gli
impatti negativi di un progetto sull’ambiente devono essere accuratamente
analizzati, individuando le eventuali possibilità di eliminarli o ridurli. Il
tutto prima di decidere sulla realizzazione o meno del progetto stesso, poiché
l’esito della VIA può ovviamente essere anche negativo sull’opportunità di
realizzare quanto previsto nel progetto. In tale contesto devono essere valutate
anche le alternative all’opera proposta”.
Il progetto e gli studi di Italferr manifestano invece gravissime carenze di
analisi, molte delle quali elencate anche nelle premesse del parere comunale. E’
la stessa Italferr, addirittura, a sottolineare “l’elevata vulnerabilità
dell’ambiente carsico, dal punto di vista idrogeologico per l’elevata velocità
di dispersione di eventuali inquinanti e per la presenza di grotte e cavità “la
cui estensione non è prevedibile con indagini di superficie”, nonché per la
presenza di fauna protetta, quali i chirotteri ed il proteo.
Il parere cita, a tale proposito, un passo delle direttive per il nuovo piano
regolatore, votate dal Consiglio nel novembre 2011, secondo cui dal piano “sarà
esclusa la costruzione sul territorio comunale di infrastrutture di trasporto,
come le linee ferroviarie AV/AC, qualora comportino impatti non sostenibili
sull’ecosistema carsico e sui fenomeni carsici ipogei ed epigei”.
Non basta: la delibera cita anche la mancanza negli elaborati di Italferr
dell’analisi costi-benefici e dello studio economico-finanziario (prescritti per
legge); due carenze gravissime perché attinenti ad un aspetto decisivo per la
valutazione del progetto, cioè la sostenibilità finanziaria e socio-economica
dell’opera. Il che, nell’attuale contesto di gravissima crisi economica con
concreto rischio di default del Paese, assume ancor maggiore rilievo.
“Eppure – hanno sottolineato Predonzan e Wehrenfennig – pur consapevoli di ciò e
citando queste e numerosissime altre carenze degli elaborati di Italferr, la
maggioranza dei consiglieri comunali hanno votato un parere favorevole! Oltre
allo spirito della VIA sono la stessa logica ed il buon senso ad essere traditi
da un comportamento del genere”.
E’ incredibile, hanno concluso gli esponenti di WWF e Legambiente, tanta supina
accondiscendenza nei confronti di Italferr, per di più nell’ambito di una
procedura scandalosamente sprezzante nei confronti dei pareri degli anti locali,
com’è quella della Legge Obiettivo in cui rientra la TAV Mestre-Trieste.
Ben diverso è stato l’atteggiamento di altri Comuni, come per esempio quello di
Venezia e quello di Duino-Aurisina, che hanno formulato pareri negativi sul
progetto, motivandoli con la superficialità e l’approssimazione degli elaborati
di Italferr.
Dulcis in fundo, basta leggere i giornali per scoprire che il Commissario
straordinario per la TAV Mestre-Trieste, nominato dal Ministero delle
Infrastrutture, cioè l’arch. Bortolo Mainardi, sta trattando da mesi con i
Comuni del Veneto e del Friuli su un’ipotesi di tracciato radicalmente diversa
da quella iniziale di Italferr: si tratta in sostanza della semplice aggiunta di
due binari accanto alla linea esistente. Di questa ipotesi non si fa cenno
alcuno negli elaborati sottoposti al parere dei Comuni: come mai il Comune di
Trieste non si è posto il problema e non ha chiesto chiarimenti alla Regione e
al Governo?
IL PICCOLO - SABATO, 28 luglio 2012
Trenitalia blocca il taglio dei treni Trieste-Venezia
TRIESTE Boccata d’ossigeno, ma solo per il momento. Trenitalia ha deciso di
sospendere i preannunciati tagli ai convogli interregionali del Friuli Venezia
Giulia e ad altri treni italiani compresi nel contratto con lo Stato. Per quanto
riguarda il Fvg, pertanto, restano in orario e confermati i due treni 2219 e
2474 tra Trieste e Venezia, messi seriamente in discussione dalla società. Si
tratta, in particolare, del Trieste-Udine-Venezia delle 20.42 e del
Venezia-Trieste delle ore 0.21 che arriva nel capoluogo giuliano alle 2.25. Per
questi collegamenti l’azienda ferroviaria aveva comunicato nei giorni scorsi la
cancellazione a partire dalla giornata di oggi. Ora Trenitalia fa dietrofront,
seppur provvisoriamente. Nel frattempo, fa sapere l’azienda in una nota, «sarà
avviata una serie di incontri tecnici per garantire l’equilibrio economico del
contratto e il minore impatto possibile sul servizio» per arrivare a una
soluzione nel mese di settembre. «Tale disponibilità - commenta l’assessore alle
Infrastrutture Riccardo Riccardi - è giunta al termine dell’incontro svoltosi a
Roma (giovedì sera, ndr), convocato su richiesta anche del Fvg e dal ministero
dei Trasporti, e al quale hanno partecipato tutte le Regioni e le Province
autonome interessate. E’ un primo importante risultato ottenuto dalle Regioni e
dalle Province autonome di Trento e Bolzano, che hanno ribadito tra l’altro
l’importanza strategica dei servizi - prosegue l’assessore - e le ingenti
risorse proprie investite sul trasporto ferroviario ». Dalle prossime settimane,
come spiega ancora Riccardi, sarà avviato un confronto tra Ministeri, Regioni,
Province Autonome e Trenitalia per valutare gli effetti dei tagli delle risorse
a disposizione del relativo capitolo di bilancio statale. Nel faccia a faccia
saranno esaminate, inoltre, le possibili soluzioni che le istituzioni coinvolte
intendono raggiungere a settembre «in modo da poter definire per tempo le
successive azioni sulla base delle risorse che saranno disponibili». A questo
proposito la Regioni hanno esortato a riconsiderare la situazione anche sotto il
profilo delle risorse; i dirigenti ministeriali presenti, però, non hanno potuto
far altro che indicare l'attuale stato di disponibilità di capitolo (circa 50
milioni di euro in meno rispetto al 2011). «Su questo - ha detto l'assessore -
ritengo necessaria un’azione sul governo per verificare i margini di recupero di
ulteriori disponibilità finanziarie». Dal fronte politico regionale si fa
sentire il consigliere regionale di Un’Altra Regione Alessia Rosolen: «La
situazione del trasporto ferroviario è diventata drammatica». Il pericolo di
sopprimere i treni che collegano il Fvg con Venezia «colpisce sia i viaggiatori
che i lavoratori del comparto».
(g.s.)
«Hera-AcegasAps indica la strada da seguire in Italia»
TRIESTE Professor Clò, in tema di utility Hera-AcegasAps si candida a essere
finora la più importante operazione dell’anno. Come la giudica? Dal punto di
vista strategico, la ritengo un’operazione interessante e positiva per l’intero
settore. Non ne conosco i dettagli e gli accordi di “governance”, ma mi pare ben
impostata. Le attuali difficoltà di mercato e le dinamiche europee, tese ad
allargare i mercati stessi, consigliano le aziende italiane, anche se ben
gestite, a orientarsi verso moduli dimensionali sempre maggiori. C’è chi ha
sottolineato, criticamente, i tempi molto stretti della trattativa. Non ci vedo
negatività, significa che tra le parti vi erano ampie convergenze. Giusta la
marcia verso Nordest intrapresa dal gruppo emiliano-romagnolo? Una decisione
coerente, collegata alla prossimità territoriale. Hera ha perseguito una
politica dei piccoli passi, ha progressivamente assorbito le aziende di Ferrara
e di Modena, ha mirato a razionalizzare e a rendere più efficiente la sua
struttura produttiva. Puntare verso il Triveneto, credo significhi proseguire in
questa direzione. Ma prima di scegliere il negoziato con Hera, AcegasAps aveva
guardato verso Iren, di cui lei è consigliere. Mi limito a rispondere che
sarebbe stata un’operazione positiva anche se, al posto di Hera, ci fosse stata
Iren, perchè il Nordest è una spina dorsale del sistema economico nazionale.
Perciò chapeau a Hera! Quindi, è una strada obbligata quella delle grandi
aggregazioni? La questione esige una risposta articolata. Innanzitutto queste
fusioni non risolvono tutto, perchè restano insoluti i problemi relativi al
mercato e alle liberalizzazioni dei servizi, con continui stop/go che non fanno
bene alle aziende, in quanto è difficile investire se non vi è chiarezza delle
regole. Il mondo della politica e delle istituzioni deve farsi carico di queste
incertezze. Si pensi, per esempio, alla recente sentenza della Corte
Costituzionale, che ha riguardato proprio questi temi. Ma, dal punto di vista
gestionale, quando allora conviene aggregare? Chiariamo: le fusioni non si fanno
a prescindere. Hanno senso se c’è un disegno industriale, se c’è la garanzia di
buon funzionamento. La somma di più realtà non produce obbligatoriamente
risultati positivi. L’esito favorevole dipende da numerosi fattori, che vanno
dall’affidabilità del progetto economico alla “governance”. E qui siamo a un
altro snodo che ha bisogno di un chiarimento: il rapporto tra azionisti pubblici
e autonomia aziendale. C’è una caratteristica che accomuna, sia pure con diversi
livelli di “pericolosità”, il sistema delle utilities: l’alto indebitamento.
Perchè? Perchè il sistema era in espansione e la crisi, quando si è manifestata,
non è stata avvertita in tutta la sua profondità. E così abbiamo accumulato una
potenza elettrica enorme, mentre continua una esagerata incentivazione delle
rinnovabili, eccetera. La politica deve rivedere gli indirizzi e riprendere il
ruolo programmatorio. Torniamo a Hera, sembrava svantaggiata perchè aveva meno
potenza elettrica e meno contratti di gas a lunga scadenza: beh, la situazione
si è rovesciata. Parliamo di strategie, fusioni, assetti, ma alla fine le
bollette non scendono. Perchè? Il caro-bolletta ha molti padri e tre spiegazioni
di fondo: il costo delle materie prime, i sussidi alle rinnovabili, l’elevata
fiscalità. E si tratta di voci piuttosto rigide. Spero che le nuove tecnologie,
di cui abbiamo buone prove in altri paesi europei, possano contribuire ad
alleviare i conti dei cittadini.
Massimo Greco
PUNTO INFORMATICO - VENERDI', 27 luglio 2012
RAEE, nuove regole dall'Europa
Aumenta l'obiettivo di raccolta dell'e-waste, fissato al 45 per cento
entro il 2016. La direttiva approvata in Parlamento Europeo prevede
l'introduzione del ritiro uno contro zero, ovvero anche senza l'acquisto di un
nuovo prodotto
Roma - È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea la
direttiva 2012/19/UE approvata dal Parlamento e dal Consiglio di Bruxelles per
imporre nuovi vincoli normativi sulla raccolta dei Rifiuti da Apparecchiature
Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Abrogando la precedente direttiva 2002/96/CE,
le autorità del Vecchio Continente hanno di fatto aumentato l'obiettivo di
raccolta per i paesi membri.
Entro l'anno 2016 bisognerà dunque raccogliere 45 tonnellate di RAEE per ogni
100 di nuovi apparecchi elettronici immessi sul mercato. Dal 2019, l'obiettivo
verrà ulteriormente innalzato a 65 tonnellate su 100. Le nuove regole europee
hanno presentato un nuovo modo di calcolare i tassi di raccolta, non più basati
sui classici chilogrammi per abitante. Sarà invece valida la quantità di rifiuti
raccolti considerando la media delle apparecchiature nei 3 anni precedenti.
Altra novità introdotta dalla direttiva comunitaria, il cosiddetto ritiro "uno
contro zero" per i rifiuti elettronici di piccole dimensioni. I vari
distributori dovranno in sostanza provvedere al ritiro gratuito degli apparecchi
anche in assenza di un prodotto nuovo equivalente (ritiro "uno contro uno").
Entro il 14 febbraio del 2014 tutti gli stati membri dovranno adottare la
direttiva nei rispettivi impianti legislativi.
"La pubblicazione della nuova direttiva costituisce un passo molto importante
per l'ulteriore crescita del settore del riciclo degli apparecchi elettrici ed
elettronici a fine vita - ha spiegato il presidente del Centro di Coordinamento
RAEE Danilo Bonato - L'aumento degli obiettivi di raccolta è per l'Italia una
sfida che dobbiamo essere in grado di affrontare con determinazione e vincere".
Nell'ultimo Rapporto Sociale del consorzio non profit Ecolight sono riassunti i
dati relativi alla raccolta in Italia. Quasi 25mila tonnellate di rifiuti
elettronici, per il recupero di 12mila tonnellate di ferro, 5mila tonnellate di
plastica, mille di alluminio e 800 di vetro. Lo stesso consorzio - che raccoglie
1500 aziende - ha raggiunto una quota media di recupero dei RAEE superiore al 95
per cento.
"Il sistema può e deve crescere - ha spiegato Walter Camarda, presidente di
Ecolight - In Italia si sono raggiunti i 4,3 kg pro capite per abitante di RAEE
raccolti, quando in altri paesi europei si raggiungono i 10 kg. Se la nuova
direttiva europea ci pone in una prospettiva di crescita, siamo convinti che
l'intero sistema necessiti di regole precise per fermare lo smaltimento illegale
di questi rifiuti e di controlli nel rispetto della norma che assegna ai
produttori, e di conseguenza ai consorzi, la proprietà, quindi la gestione, dei
rifiuti elettronici".
Mauro Vecchio
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 luglio 2012
RIGASSIFICATORE DI ZAULE TRA PASSERA E CLINI
Il responsabile energia e trasporti del WWF Fvg replica alle
contradditorie affermazioni dei due ministri.
Con sorprendente costanza i ministri “competenti” ripetono, anche a distanza
di molti mesi, sul rigassificatore proposto a Zaule, le stesse generiche cose.
Contraddicendosi l’un l’altro e senza che si possa capire le intenzioni del
Governo di cui fanno parte. Il che, trattandosi di ministri “tecnici”, allarma
alquanto, in un contesto come l’attuale.
Perché se con la stessa superficialità, contraddittorietà e sostanziale
incapacità di scegliere il Governo affrontasse le vicende economiche e
finanziarie – spread, tempeste borsistiche, ecc. – in cui siamo coinvolti, ci
sarebbe di che aver paura.
Il ministro dello sviluppo economico Passera, ad esempio, sul PICCOLO del 22
luglio dichiara che il rigassificatore di Zaule è necessario ed urgente, perché
la bolletta energetica costa ai cittadini italiani il 20-25 % in più della media
europea “anche perché l’Italia non dispone di un numero sufficiente di
infrastrutture come questa”. I dati di Eurostat dimostrano però che – al netto
delle imposte - i costi del gas per le industrie sono inferiori dell’8,24% in
Italia rispetto alla media UE, mentre quelli per le famiglie superano la media
solo del 2,34%. Quanto all’elettricità, il costo medio del kwh per le industrie
in Italia supera del 22,6% la media, quello del kwh per le famiglie del 9,1%.
Passera dovrebbe però dire anche che in Germania i costi dell’energia sono ben
superiori ai nostri – ne ha scritto anche il PICCOLO il 28 giugno – e che
l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) ha di recente avviato
un’indagine sulla mancata competizione nei prezzi del mercato elettrico. La
liberalizzazione ha fatto flop, insomma, ma il ministro non sembra accorgersene
e continua a parlare soltanto di carenze infrastrutturali. Come possa, qualche
rigassificatore in più, risolvere il problema, non è chiaro. Specie se si
considera che i gestori di questi impianti possono contare (a spese dei
consumatori) su un ricavo garantito pari al 71,5% di quello teorico, anche se il
gas da rigassificare non c’è!
Meglio sorvolare poi su quanto Passera dichiara sull’Italia destinata a
diventare l’”hub europeo del gas”: affermazioni degne dell’ufficio stampa di
SNAM (che infatti ha impostato su questi slogan una recente campagna
pubblicitaria), più che di un ministro della Repubblica.
Del resto il presidente dell’AEEG ha aggiunto che “è ora di spostare le risorse
su altre fonti: energie rinnovabili ed efficienza energetica”. Proprio quello
che predicano da anni gli ambientalisti…
Il ministro dell’ambiente Clini, invece, sul PICCOLO del 24 luglio da un lato si
dichiara d’accordo col collega Passera e conferma la valenza “strategica” dei
rigassificatori, ma dall’altro lamenta che il rigassificatore di Zaule non sia
inserito “nel piano di sviluppo regionale” (qualcuno lo avvisi che tale piano
non esiste più da anni…). Dopo di che, per l’ennesima volta, Clini ripete che la
decisione finale spetta alla Regione. Eppure i rappresentanti di ben due uffici
del suo ministero, insieme a quelli di due uffici del ministero dello sviluppo
economico (quello di Passera) e di quattro uffici del ministero delle
infrastrutture, più quelli di altri quattro ministeri (salute, interni, economia
e beni culturali) partecipano alla conferenza dei servizi che dovrebbe
rilasciare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto proposto da
GasNatural. Tutti faranno scena muta e solo il parere della Regione conterà?
Difficile crederlo.
Clini aggiunge che si sarebbe dovuto fare una valutazione ambientale strategica
sulla localizzazione dei rigassificatori in Alto Adriatico, all’interno di un
piano energetico nazionale (altra storica richiesta degli ambientalisti…). Al
quale piano, conclude Clini, “ora stiamo lavorando”. Alla buon’ora! A chi, se
non al Governo, competono infatti i piani per le infrastrutture “strategiche” di
interesse nazionale?
Che senso ha però, allora, rimandare le decisioni alla Regione o all’Autorità
portuale di Trieste per il progetto di GasNatural? Decisamente poche idee, e ben
confuse, paiono albergare nelle menti dei “tecnici” governativi. I quali, tra
l’altro, dimenticano un altro particolare: il rigassificatore di Zaule non può
funzionare senza un gasdotto che lo colleghi alla rete nazionale dei
metanodotti. Un progetto esiste – chissà perché il suo iter approvativo è stato
separato da quello del rigassificatore, benché i due impianti non abbiano alcun
senso l’uno senza l’altro – ma mentre il progetto di GasNatural ha ottenuto l’ok
ambientale già nel 2009, il gasdotto ancora no, perché evidentemente i problemi
che la sua costruzione implicherebbe sono ardui da risolvere. Un’ottima carta da
giocare, per gli enti locali triestini, se volessero davvero far capire ai
ministri, “tecnici” sì ma forse male informati, che proseguire l’iter del
progetto di GasNatural non ha senso. Eppure nessuno a Trieste pare ricordarsene:
perché?
Dario Predonzan - Responsabile energia e trasporti WWF Friuli Venezia
Giulia
COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 27 luglio 2012
PRGC: SUGGERIMENTI PER LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL
COMPARTO AGRO – AMBIENTALE (prof. Livio Poldini)
Il Piano Strategico Nazionale (PSN) considera l'integrazione tra
biodiversità ed agricoltura uno dei traguardi centrali.
A tale scopo la Politica Agricola Comunitaria (PAC) si propone di potenziare la
biodiversità nelle “Aree Agricole di Alto Valore Naturalistico” (High Nature
Value Farmland - HNVF).
Tali aree sono caratterizzate dal fatto che l'agricoltura
è la principale forma d'uso del suolo e si contraddistinguono per l'alta
diversità di specie di Habitat (ecomosaico).
I requisiti richiesti per essere riconosciuti come HNVF sono:
• bassa intensità di gestione;
• presenza di vegetazione seminaturale;
• diversità della copertura di suolo e diversità delle colture.
Queste caratteristiche richieste sembrano attagliarsi perfettamente alle
tipologie del Carso giuliano. Le HNVF sembrano costituire inoltre un’occasione
di conciliazione fra una politica di conservazione del territorio e le esigenze
di sviluppo agricolo, che non dovrebbe venire sprecata.
Le linee programmatiche del comparto agro – ambientale del PRGC del Comune di
Trieste dovrebbero pertanto prendere in considerazione i seguenti punti che
costituiranno, opportunamente integrati, l’asse portante per un Piano di
recupero della ruralità.
Ciò comporta il censimento e la mappatura delle residue aree di produzione
agricola (vitivinicola, orticola) allo scopo di sottrarle all’edificazione. Il
piano dovrà altresì prevedere il recupero dei lacerti di verde agricolo
produttivo e delle aree di interesse agro-ambientale, tenendo conto della realtà
carsica e delle nuove acquisizioni culturali della “green economy”. Il piano
dovrà anche individuare gli insediamenti marginali che costituiscono
l’interfaccia “città – campagna” (S. Maria Maddalena inferiore, Coloncovez,
Poggi S. Anna, Piscianzi, Longera, ecc.).
Vantaggi: filiera corta (riavvicinamento dei luoghi di produzione a quelli di
consumo), risparmio energetico, fornitura di prodotti alimentari di alta qualità
(autonomia alimentare), collegamento stabile al territorio dei residenti,
creazione di reddito in loco, manutenzione del territorio.
Le passate Amministrazioni comunali hanno considerato queste aree quale bacino
di espansione insediativa della città (piani regolatori quali moltiplicatori
della rendita fondiaria), misconoscendone le funzioni e concentrando
l’attenzione esclusivamente sugli aspetti urbanistico - architettonici del
centro urbano.
Sarebbe quanto mai auspicabile portare avanti una politica volta al risparmio di
territorio, risorsa limitata (per es. confermando e semmai rafforzando le norme
di attuazione del piano regolatore vigente che salvaguardano i “pastini” -
terrazzamenti), recuperando il patrimonio edilizio, anziché invadendolo con
nuove cementificazioni che si espandono soprattutto a scapito dei terreni
agricoli (dissipazione di risorse che invece dovrebbero essere consegnate alle
generazioni future).
Gli spazi verdi (giardini, aree archeologiche, ecc.), in una visione moderna,
non hanno solo funzione ornamentale e culturale ma devono essere gestiti in modo
da elevare e/o migliorare la biodiversità urbana (“green towns”).
Il recupero dei pascoli e dei prati, che dovranno costituire parte importante
della base foraggiera delle aziende zootecniche, dovrà prevedere il passaggio
attraverso le seguenti fasi di intervento: ricostruzione dell'uso storico del
territorio, analisi del regime di proprietà, valutazione dello stato di
incespugliamento e valore foraggiero.
Va previsto inoltre un piano di selvicoltura naturalistica dei boschi,
mettendone in evidenza le eccellenze biologiche fin qui totalmente ignorate
dalle Amministrazioni. Esso dovrà prevedere tra l’altro aumento e salvaguardia
della complessità strutturale e biologica del soprassuolo forestale, diradamento
selettivo del pino nero, individuazione dei boschi da seme di neoformazione,
proclamazione di una giornata all’anno dedicata alla pulizia dei boschi (vedi
Slovenia).
Lotta all'alienazione biologica da parte di specie vegetali / animali esotiche,
soprattutto di quelle nocive sul piano sanitario, promuovendo fra la popolazione
la conoscenza delle problematiche e la diffusione delle metodiche di
contenimento.
Piano di recupero ecocompatibile del reticolo idrografico minore dei rilievi
arenacei circostanti la città, in alcuni dei quali é addirittura presente l’
habitat prioritario “7220 - *Sorgenti pietrificanti con formazione di tufo (Cratoneurion)”
di cui alla “Direttiva Habitat” 92/43/CEE.
Promuovere gli orti sociali (si veda quanto fatto a Udine, per non parlare del
resto d’Europa, dove ad esempio in Germania, già all’inizio della rivoluzione
industriale venivano realizzati gli “Scherbergärten”).
Incentivare la realizzazione di tetti verdi (risparmio energetico in quanto si
abbassa di 2 – 3 °C la temperatura degli appartamenti sottostanti, salvaguardia
della biodiversità perché possono costituire rifugio per specie autoctone di
pregio naturalistico).
Raccolta differenziata dei rifiuti umidi (ca. 30% del totale) e di quelli
prodotti dal giardinaggio sia privato sia pubblico, per la produzione di compost
da mettere a disposizione dell’agricoltura biologica.
prof. em. Livio Poldini - già ordinario di Ecologia vegetale presso
l’Università degli Studi di Trieste
IL PICCOLO - VENERDI', 27 luglio 2012
Piano del traffico, la palla alle circoscrizioni del
Carso
Il Comune ha iniziato l’iter di presentazione del nuovo Piano del traffico
incominciando dalle circoscrizioni, con l’Altipiano Est e Ovest. Ieri
l’illustrazione alla presenza dell’assessore alla Pianificazione urbana Elena
Marchigiani. «In questo processo - ha osservato il presidente dell’Altipiano Est
Marco Milkovich – va dato merito a questa amministrazione di aver favorito il
dialogo con il territorio. E’ il metodo migliore per raggiungere risultati
condivisi e realmente utili». Il Comune ha recepito le proposte del parlamentino
locale, in particolare le modifiche sulle zone pedonali nel centro di Opicina e
Basovizza. Per quanto riguarda i parcheggi, il municipio ha confermato la
volontà di realizzare posti auto a pagamento lungo gli assi centrali delle due
frazioni. La circoscrizione ha chiesto, tuttavia, che la prima ora di sosta sia
gratuita, «altrimenti - ha precisato Milkovich - si rischia di ottenere
conseguenze negative sul commercio, perché si allonta la clientela dal paese».
Dello stesso parere pure il presidente dell’Altipiano Ovest Roberto Cattaruzza:
«Anche per il centro di Prosecco, nel tratto che dal Monumento ai Caduti porta
lungo la provinciale sino all’incrocio che conduce a Contovello e Strada del
Friuli - ha sottolineato - sono stati previsti parcheggi a pagamento. Ma è
necessario che per favorire il ricambio della clientela si preveda di permettere
la sosta gratuita per la prima ora». Anche Prosecco ha giudicato positivamente
il piano. «Il Comune ha recepito la nostra contrarietà a creare il senso unico
nel centro del paese lungo la provinciale n.1 e l’adozione di dissuasori di
velocità nelle aree vicino alle scuole di Santa Croce - ha commentato Cattaruzza.
Comunque - ha concluso - alcune indicazioni dovrebbero essere adottate in un
secondo tempo in una serie di piani particolareggiati che riguardano diverse
zone delle nostre frazioni».
Maurizio Lozei
IL PICCOLO - GIOVEDI', 26 luglio 2012
Un partito "trasversale" contro la nuova Ferriera
Di che tipo saranno le prescrizioni che faranno Regione, amministrazioni locali e enti proposti per ridurre l’impatto ambientale della Ferriera e di conseguenza quali garanzie vi sono per il rinnovo della concessione demaniale da parte dell’Autorità portuale nel 2013 e dell’Autorizzazione ambientale integrata (Aia) nel 2014. Sono questo che chiedono i potenziali acquirenti dello stabilimento di Servola e queste sono dunque le domande che il nuovo amministratore delegato della Lucchini, Francesco Chindemi (che nel 1997 per un breve periodo era stato anche direttore dello stabilimento triestino) ha fatto ieri mattina all’assessore regionale Sandra Savino che ha appena assunto anche la “bollente” delega all’Ambiente. «Forse siamo stati interpretati male. Non è vero che la Lucchini vuole vendere tutta la società in blocco, ma gli stabilimenti possono anche essere ceduti a spezzatino e per quello di Trieste siamo pronti ad ascoltare non solo la proposta di Sertubi-Jindal, ma anche quella eventuale di un consorzio di industriali che possano essere interessati al mercato della ghisa». Questo è invece quanto ha affermato Chindemi subito dopo dinanzi a tutte le rappresentanze sindacali, alle quali è stato presentato: le segreterie provinciali, quelle dei metalmeccanici, i rappresentanti di fabbrica. La cornice di una possibile vendita si sta dunque delineando, ma contro la possibilità di proseguire l’attività siderurgica su quell’area dopo il 2015 sta già emergendo un forte partito trasversale che si pone un primo immediato obiettivo: far sì che le amministrazioni locali non firmino la dichiarazione d’intenti in base alla quale nulla osta a una nuova ferriera dopo quella data proposta dal direttore generale del Ministero dello sviluppo economico Giampiero Castano su richiesta di Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal-Sertubi che su Servola ha avanzato una manifestazione d’interesse. Maurizio Bucci (Pdl) in Comune ha presentato una mozione che impegna il sindaco a esprimere parere contrario alla Ferriera dopo il 2015 e quanto alla Regione commenta: «Non sono stato io, ma è stato il presidente Tondo in campagna elettorale ad andare a Servola a tranquillizzare gli abitanti». Sulla stessa linea Sergio Lupieri (Pd): «Il primo trimestre 2012 ha rilevato una concentrazione di 5 nanogrammi di benzopirene. Quindi il Comune è già obbligato ad adottare misure urgenti per la tutela della slaute mediante azioni limitative e sanzionatorie. Le istituzioni non possono ignorare i forti segnali e i richiami delle associazioni. Prima di firmare qualsiasi dichiarazione di intenti bisogna garantire la compatibilità ambientale e la salute della popolazione». «Se avranno ragione quelli che vorrebbero una Ferriera che continua la sua produzione nei secoli dei secoli - dice Mario Marin (Idv) - vuol dire che Trieste ha perso ogni spinta innovativa». E i “grillini” Paolo Menis e Stefano Patuanelli sottolineano: «Eliminare la scadenza del 2015 significa mettere una pietra tombale sullo sviluppo ecosostenibile della città». «Ma sono i politici che ci hanno messo in questa condizione - ribatte Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) - non sono stati capaci in questi anni di trovare un’alternativa per la riconversione. Adesso è tardi, il 2015 è dietro l’angolo e l’unica possibilità è proseguire con la siderurgia». E Savino e Chindemi in una nota affermano di aver «condiviso un percorso finalizzato a individuare le condizioni che consentano la prosecuzione dell’attività industriale».
Silvio Maranzana
Duino, no del Consiglio alla Tav
DUINO AURISINA No alla Tav a Duino Aurisina. Almeno non a questo progetto.
Lo ha detto ieri il Consiglio comunale. L’occasione coincideva anche con la data
limite (prevista per oggi) per poter esporre alla Regione le proprie
considerazioni in merito. Pareri che successivamente verranno inoltrati, assieme
a quelli degli altri Comuni interessati dall’opera, direttamente al Ministero
dell’ambiente. Un tour de force, quello iniziato nemmeno un mese fa, che la
recente amministrazione Kukanja si è vista recapitare senza preavviso. In questi
trenta giorni, dunque, la seconda commissione consiliare permanente presieduta
dal consigliere Maurizio Rozza (Sel) ha visionato grafici, cartine e pareri
avendo modo, grazie alle trecento pagine di documentazione, di farsi un’idea ben
chiara di cosa potrebbe accadere in caso l’opera venisse realizzata. Il primo ad
esprimersi, alla presenza di quasi tutti i consiglieri (assente solo la Svara),
è stato il vicesindaco Massimo Veronese. «Anche da un esame superficiale – ha
dichiarato – si può constatare che la futura linea Venezia- Trieste ha delle
vere e proprie discontinuità. Sembra, infatti, che quello attuale non sia
nient’altro che la somma di progetti distinti assemblati in fretta e furia.
Inoltre nella tratta Ronchi-Trieste non figurano nemmeno le variazioni
migliorative ch’erano state chieste dall’ex sindaco Ret e concordate con Rfi e
Regione». Un “modus operandi”, questo, che non è piaciuto all’amministrazione in
carica acuito anche dall’ «amarezza per la sottovalutazione implicita del parere
richiesto». Successivamente il vicesindaco ha illustrato alcune delle numerose
criticità del progetto quali ad esempio quello legato alle falde acquifere, in
particolare quella di Brestovizza, che serve sia la parte italiana che il Carso
sloveno nonché la totale assenza di una valutazione di costi e benefici, non
solo economici ma anche sociali e ambientali. Quest’ultimi sono stati indicati
anche dallo stesso presidente della seconda commissione, Maurizio Rozza, che ha
sottolineato come «ci sia stato un lavoro collegiale da parte di tutta la
commissione». Oltre a questo lo stesso ha esposto al Consiglio anche un
documento giunto postumo ai termini utili da parte della Protezione civile in
cui si mette in evidenza «la necessità d’integrare la documentazione con
approfondimenti» legati, ad esempio, alla presenza di elettrodotti di alta
tensione, a metanodotti internazionali e altre infrastrutture per le quali le
eventuali problematiche che potessero scaturire dalla presenza dell’alta
velocità «non possano essere risolte con proposte socialmente ed ambientalmente
accettabili». Nonostante le criticità sollevate, però, il sindaco Kukanja ha
sottolineato che «nessuno ha affrontato il difficile dibattito su questo tema
avendo un’ostilità pregiudiziale verso qualsiasi intervento che miri a
potenziare i collegamenti ferroviari non solo per la nostra area ma anche verso
i territori circostanti». Il nodo, infatti, sembra essere piuttosto la mancanza
«di un raffronto di costi e benefici che incidono negativamente sulla nostra
terra». Stessa linea anche quella espressa dall’opposizione guidata dal
capogruppo del Pdl, Massimo Romita che ha sottolineato «l’importante lavoro
congiunto e coeso fatto dalla maggioranza e dall’opposizione a dimostrazione
che, se c’è la volontà, si può fare il bene del territorio».
Viviana Attard
E Antonaz invita la giunta Tondo a "mollare" la Tav
Non è piaciuta a Roberto Antonaz, consigliere di Rc, la pervicacia con cui
l’assessore Riccardi ha replicato alla sua interrogazione in cui chiedeva se
fosse intenzione della Regione sganciarsi dal discorso Tav, sull’esempio di
Portogallo e Francia. « La risposta - precisa Antonaz - lascia sconcertati. Può
cascare il mondo ma la Tav non si tocca. Nessun senso della realtà anche di
fronte all’evidenza. Se qualcuno a buon diritto chiede: «Perché la Tav alla luce
di quanto sta succedendo?» La risposta è quella dei fanatici: perché sì».
Antonaz ha anche rilevato che « di fatto il Corridoio 5 non c’è più e la tratta
ad alta velocità Mestre-Trieste viene declassata a collegamento interno con
Torino», aggiungendo che il buon senso «porterebbe ad optare su una
velocizzazione delle linee esistenti, abbandonandola. Per Riccardi e Tondo
invece si deve andare avanti a testa bassa, con i pareri dei Comuni interessati
come pura formalità».
«Sul rigassificatore di Zaule l’assessore Riccardi dribbla la domanda».
Lo sostiene il consigliere Franco Codega (Pd) che ieri ha presentato un’interrogazione all’assessore Ciriani, per l’occasione sostituito da Riccardi.
«Riccardi - denuncia Codega - si è limitato a esporre il complicato iter procedurale che prevede che la decisione finale della Conferenza dei servizi spetti alla Giunta regionale anche in presenza di motivati dissensi dei Comuni e della Provincia». E Alessia Rosolen (Un’altra regione) ha ricordato che «la motivazione addotta per il mio allontanamento dalla giunta regionale fu la partecipazione a una manifestazione nella quale venne espressa contrarietà all’impianto»
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 25 luglio 2012
Tav, Laureni alla Regione: «Possibile ritardo»
Una corsa (burocratica) contro il tempo. Il parere dell’amministrazione
Cosolini all’ultima integrazione documentale sulla nuova linea AV/AC
Venezia-Trieste, per la tratta Ronchi-Trieste, relativa al procedimento di
Valutazione di impatto ambientale del progetto Italferr deve approdare in
Regione entro il 28 luglio. Cioè sabato. La delibera, che certifica il parere
favorevole con prescrizioni e osservazioni/raccomandazioni del Comune, è stata
illustrata ieri in Sesta commissione. Le circoscrizioni devono esprimersi entro
domani sera, poi il documento ripasserà per gli uffici, in giunta, di nuovo in
commissione sino all’approdo finale - con voto - in Consiglio comunale. A quel
punto, l’invio in Regione. Ce la farà l’amministrazione a chiudere il cerchio in
soli tre giorni? «Faremo di tutto per riuscirci», chiarisce l’assessore
all’Ambiente Umberto Laureni. Nella consapevolezza che il risultato non possa
considerarsi matematicamente certo. Per questo proprio ieri Laureni ha deciso di
scrivere alla Regione: «Ho segnalato la possibilità di un ritardo di uno o due
giorni nell’invio del parere. È un discorso di serietà - riflette l’assessore -,
includendo sabati e domeniche abbiamo avuto 22 giorni a disposizione. Mi auguro
che nessuno voglia giocare su questo». Intanto, in commissione, Laureni ha
risposto ai quesiti dei consiglieri di maggioranza e opposizione. Domande sulla
sua astensione in giunta nonostante la firma sulla delibera, sui possibili
impatti sul sistema ipogeo, sulle incertezze inerenti l’allacciamento del
tracciato con il Veneto e con la Slovenia. «I tempi sono strettissimi - conferma
il presidente della Sesta commissione, Mario Ravalico del Pd -. Non è facile
esaminare un progetto così complesso, anche se questa versione è sostanzialmente
la stessa di un anno fa: solo che il ministero ha richiesto di rendere omogenei
i contenuti dell’intera linea Venezia-Trieste». «Sono certo che non riusciremo a
dare il parere entro sabato - osserva Stefano Patuanelli (5 Stelle) -. La nostra
contrarietà a questo progetto è evidente. Ci chiediamo, peraltro, se abbia senso
nell’ottica dell’attuale idea di sviluppo della città. Ci sarebbe piaciuta una
delibera con parere contrario».
(m.u.)
Ronchi dice "sì" al tracciato Tav
RONCHI DEI LEGIONARI È stato il Consiglio comunale convocato a Ronchi dei
Legionari lunedì scorso a fornire il proprio parere sul progetto della linea di
alta velocità Venezia Trieste, parere richiesto dalla Regione ai Comuni
interessati dalla tratta del progetto. Un parere espresso in modo positivo, ma
molto contestato in aula. In dieci anni, esattamente dal giugno del 2003, è la
quarta volta che si chiede ai soggetti coinvolti di presentare le osservazioni
sull’ ex progetto Ronchi Sud - Trieste. Quest’ultimo progetto non presenta
sostanziali modifiche rispetto a quello depositato nel dicembre 2010 se non
nell’unificazione delle quattro tratte di progetto in una sola ovvero la Venezia
– Trieste. Il documento elaborato dagli uffici comunali competenti elenca le
criticità emerse riguardo all'impianto progettuale della linea ferroviaria, in
particolar modo nel transito lungo l’area carsica e l’ intollerabile gravità
degli impatti segnalati. Ma ricorda anche l’assenza, negli allegati al progetto,
dell’analisi costi- benefici che dovrebbe essere elemento preliminare ad una
proposta di nuova opera di questa portata. Pur ritenendo in linea di massima
condivisibile la documentazione di parere presentata e tenendo conto del fatto
che la cittadinanza e le associazioni possono presentare le osservazioni sulla
valutazione d’impatto ambientale entro il 19 agosto il consigliere di
Rifondazione Comunista, Luigi Bon, si è reso protagonista della presentazione di
tre emendamenti aggiuntivi al dispositivo di delibera consiliare. Il primo per
chiedere lo stralcio del cosiddetto bivio San Polo dalle procedure sottoposte
alla legge obiettivo. Il secondo per chiedere l’uso della lingua slovena nella
documentazione progettuale sulla base delle norme a tutela della minoranza
linguistica slovena. Manca tuttora la traduzione in lingua slovena, pur
interessando la tratta isontino – triestina, aree abitate dalla comunità
slovena, che viene colpita nei suoi specifici interessi. Il terzo emendamento si
proponeva di aggiungere una conclusione al dispositivo di delibera consiliare
«viste le numerose criticità presenti nel progetto si esprime un parere negativo
e si chiede al proponente del progetto di ripresentarlo una volta risolti tutti
i problemi evidenziati». Per la cronaca nessuno dei tre emendamenti è stato
accolto. Sullo stralcio del bivio San Polo l’assessore Sara Bragato ha proposto
di bocciare l’emendamento e solo tre sono stati i voti a favore (Rifondazione
Comunista, Italia dei Valori e Lega Nord) mentre il Pd e la lista civica Insieme
per Ronchi hanno votato contro. Sull’uso della lingua slovena l’assessorae Elena
Cettul ha proposto la bocciatura dell’emendamento: due voti a favore
dell’emendamento (Rifondazione comunista e Lega Nord) cinque gli astenuti
(Italia dei valori, lista Città Comune, Sinistra Ecologia e Libertà e la
consigliere del Pd Flavia Iacchini). Partito democratico e Lista Civica Insieme
per Ronchi hanno votato per la bocciatura dell’emendamento sulla lingua slovena.
Infine sull’emendamento “del parere negativo” hanno votato a favore 3
consiglieri di Rifondazione, Italia dei valori e Lega Nord, mentre si sono
astenuti i consiglieri comunali di Sel e Città Comune. Contro il parere negativo
hanno votato Pd e Insieme per Ronchi.
Luca Perrino
Differenziata, ora parte l'operazione umido
Cucine di grandi ristoranti, mense aziendali e degli ospedali, reparti
ortofrutta e salumeria dei supermercati e dei maggiori produttori di rifiuti
umidi della città avranno i loro super contenitori personalizzati. Inizia una
nuova era per la raccolta differenziata, in particolare per ciò che concerne il
cosiddetto “umido”. E' questo il risultato di un'intesa fra Comune e Acegas Aps
"finalizzata a creare un canale preferenziale - ha spiegato ieri l'assessore
comunale per l'Ambiente, Umberto Laureni - per la raccolta dell’umido prodotto
dai grandi utenti. Nell'ambito di una continua ricerca del perfezionamento del
sistema della raccolta differenziata, che ha già visto questo esecutivo assumere
numerose iniziative - ha aggiunto - con questa novità convoglieremo meglio circa
un migliaio di tonnellate l'anno». «C'e stato un incontro preventivo con i
responsabili della grande distribuzione a Trieste - ha precisato l'assessore per
il commercio, Elena Pellaschiar - e ne e' emersa una grande volontà di
collaborare con il Comune. In questo modo siamo arrivati a questo accordo.
Operando con modalità del tutto nuove - ha sottolineato Paolo Dal Maso,
dirigente dell'Acegas Aps - intercetteremo una grande quantità di rifiuti umidi,
coinvolgendo in prima persona proprio coloro che li producono». La procedura
prescelta prevede una raccolta mirata, che sarà effettuata da maggio a settembre
tre volte alla settimana, negli altri mesi dell'anno due. I contenitori
utilizzati sono piuttosto grandi, essendo capaci di contenere 240 litri
ciascuno, e saranno dotati di chiave per l'apertura del coperchio e per lo
sgancio dall'apposito supporto che sarà collocato a terra per bloccarli alla
sede designata. Saranno collocati preferibilmente vicino alle aree già
utilizzate per gli altri tipi di bottini, dai quali si distingueranno, oltre che
per la dimensione, anche per il colore: grigio il corpo, marrone il coperchio. A
richiesta - ha proseguito Dal Maso - potremo collocare i super cassonetti anche
all'interno delle aree operative delle singole unità produttive coinvolte». Il
servizio comincerà lunedì prossimo «e riguarderà, inizialmente, circa 140 utenti
– ha continuato Dal Maso - con i quali abbiamo già fissato i termini di
svolgimento del servizio, ma siamo pronti ad accogliere altre richieste». Le
aziende utilizzatrici potranno personalizzare i contenitori assegnati,
applicandovi un adesivo con l'indicazione del nome della ditta e dell'attività
svolta. Dovranno però sottoscrivere un documento che le impegnerà al rispetto
delle modalità previste. I rifiuti conferiti nell'ambito di questo nuovo
servizio dovranno essere depositati nei cassonetti rinchiusi negli appositi
sacchi che, nella prima fase di queste sperimentazione, saranno forniti dall'AcegasAps.
Ugo Salvini
«Piano del traffico: si può dissentire solo fino a
Ferragosto...»
È vera voglia di far presto, il prima possibile, e pazienza se di mezzo ci
sono le vacanze, o c’è dell’altro, leggi una speranza, forse, di collezionare il
minor numero di grattacapi, ancorché previsti dalla legge, sfruttando proprio la
congiuntura vacanziera? Il dilemma, tra il detto e il sottinteso, porta la firma
di un amletico Maurizio Ferrara. Il capogruppo della Lega, infatti, esterna la
sua preoccupazione per l’iter del Piano del traffico, le cui
osservazioni/opposizioni da parte dei cittadini non possono arrivare, tra una
roba e l’altra, oltre Ferragosto: la giunta Cosolini ha adottato il
provvedimento, in questi giorni in viaggio per le circoscrizioni, lo scorso 17
luglio, e i termini per alzare la mano e dissentire scadono appunto dopo 30
giorni. Ferrara, in una lettera fatta pervenire anche alla stampa, chiede così
al presidente della commissione Trasparenza, il grillino Stefano Patuanelli, «di
prendere in considerazione l’opportunità di predisporre un comunicato al fine di
informare la popolazione». Non solo: lo prega anche «di verificare la
disponibilità della giunta a ritirare tale provvedimento e ripresentarlo a
settembre». Eppoi «sarebbe opportuno chiedere la collaborazione della stampa».
Ne nasce un dibattito, complice la seduta in corso in Comune sulla Tav (si legga
più sotto, ndr), che porta a un comunicato congiunto tra Patuanelli e Mario
Ravalico del Pd, da presidente della Sesta commissione competente sul Piano del
traffico. Una levata di scudi pro-rinvio? No. Quel nervo non viene toccato:
«Dato atto del percorso partecipativo sin qui percorso, già prima dell’adozione,
si richiede la collaborazione di tutti gli organi di stampa affinché l’ampio
lavoro già svolto da molte associazioni di categoria, associazioni
ambientaliste, comitati e singoli cittadini non venga perso».
(pi.ra.)
Slitta il rimpasto, "grana" sull'Ambiente
TRIESTE Fumata nera per il rimpasto di giunta: l'annuncio della “nuova” squadra di governo slitta di un giorno. Il tanto atteso discorso, con cui Tondo avrebbe dovuto svelare definitivamente le carte, ieri è infatti saltato e si terrà oggi, così come oggi approderà in giunta pure il testo della Riforma sanitaria. Il governatore è entrato in aula, nel primo pomeriggio, e poco dopo è uscito, blindandosi in ufficio. «Motivi tecnici - ha tagliato corto -. È stata l'opposizione a chiedermi di rimandare l'intervento di un giorno, per permettere di proseguire con i lavori in aula». Sarà. Ma oltre alle motivazioni “tecniche”, nei corridoi di Palazzo si mormorava che ci fosse dell'altro: un possibile ripensamento su una delega in particolare, quella all'Ambiente, data ormai come già “appaltata” a Sandra Savino. La causa? Il caso rigassificatore: una bega triestina troppo grande da affidare proprio a una triestina, Savino appunto, che è pure coordinatore provinciale del Pdl. Insomma, argomento scottante a Trieste, e difficile da gestire, che l'assessore alle Finanze, visti anche gli ultimi risvolti romani, non avrebbe troppa voglia di accollarsi. Sull'argomento il presidente della Regione mantiene il più stretto riserbo e sottolinea che dietro al rinvio del rimpasto non si nasconde alcun problema. «Se fosse stato per me avrei portato a termine l'intervento come previsto, io ero pronto. Sono arrivato da Roma (dove ha partecipato alla trasmissione Unomattina, ndr) proprio per questo», ha tenuto a precisare Tondo, ribadendo che lo slittamento del rimpasto era solo un modo per rispondere alla richiesta dell'opposizione, nello specifico del capogruppo del Pd Gianfranco Moretton, con cui effettivamente il presidente ha chiacchierato fitto fitto per alcuni minuti appena entrato in aula. Una versione confermata dallo stesso Moretton. Che Tondo abbia colto al balzo l'opportunità di avere ancora un giorno di tempo a disposizione per riflettere, però, è possibile. Lo stesso vicepresidente Luca Ciriani, tra i primi a presidiare l'aula, pronto per la “consegna” della delega alla Sanità (ormai data per certa) ieri lasciava intendere che qualcosa di nuovo poteva esserci all'orizzonte, forse qualche piccolo ritocco alle “deleghe minori”. Impossibile carpire qualche dettaglio in più dall'assessore Savino che, proprio all'uscita dall'ufficio del presidente Tondo, con cui ieri ha avuto un colloquio, ha tagliato corto: «Le deleghe non sono un mio problema». Di fatto, che Sandra Savino sia un pizzico preoccupata (qualcuno la dava addirittura per terrorizzata) dal trovarsi tra le mani una possibile “bomba” come il rigassificatore, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del ministro Clini, è più che verosimile. Le carte si sveleranno in ogni caso oggi. Colpi di scena a parte, la sanità dovrebbe finire nella mani di Ciriani, Funzione pubblica e Autonomie locali a Elio De Anna e Ambiente a Sandra Savino.
Elisa Coloni
Rigassificatore, il golfo di Trieste non diventi
Marghera - La lettera del giorno (Nico Zuffi)
Il golfo di Trieste come una nuova Marghera? È questo quello che si
vuole ottenere con l’impianto di un rigassificatore a ridosso di una città e
della sua provincia con 236 mila abitanti? Studi, progetti, preventivi,
simulazioni prodotti da Gas Natural non potranno mai convincermi che non ci
saranno conseguenze altamente negative nella fruibilità delle acque del golfo,
sia dal punto di vista ambientale che da quello economico/logistico. Il “cul de
sac” del golfo di Trieste dispone di un sistema di correnti, di fondali, di
situazioni particolari frutto dell’evoluzione di migliaia di anni che sono
irripetibili in qualsiasi modello matematico o modello in scala, che quindi non
darebbero un responso attendibile sulle possibili modificazioni che verrebbero
apportate da un impianto così devastante dei sottili equilibri esistenti
nell’idrologia e nelle forme di vita del golfo. Mai come quest’anno si è potuta
godere la balneabilità delle nostre coste con acque di rara limpidezza e
temperature degne di mari tropicali. Temperature che permettono di fare una
rigenerante nuotata da maggio a ottobre. Come sarebbe accolta dalle migliaia di
bagnanti che affollano quotidianamente le coste balneabili da Isola a Grado la
situazione di immergersi in acque molto più fredde e maleodoranti di cloro? E
quale sarà la reazione del mondo sottomarino (pesci alghe, molluschi, crostacei)
a quest’improvvisa modificazione del loro ambiente? Vogliamo smetterla di
intervenire in modo sconsiderato su questo nostro pianeta nell’illusoria ricerca
di vantaggi di cui non vi è nessuna certezza, che - anzi - a distanza di anni ci
porta a concludere che avevamo sbagliato? Possibile che lungo le coste italiane
non vi sia un posto meno urbanizzato con particolarità ambientali più adatte ad
assorbire un impatto industriale altamente modificante? Non è questione di “non
nel mio giardino” ma di scelte oculate, se proprio fosse necessario. Per anni la
speculazione industriale ha avuto gioco facile, grazie alle agevolazioni fornite
dall’Ezit, impiantando fabbriche e attività spesso molto inquinanti e occupando
vaste aree di territorio diversamente e più saggiamente usufruibili, offrendo la
chimera di posti di lavoro sicuri. Uno specchietto per le allodole che tuttora
ha effetto su amministratori e uomini politici e di potere. La storia cittadina
dovrebbe insegnarci qualcosa e renderci guardinghi nei confronti di chi,
promettendo mari e monti, pensa esclusivamente al suo immediato e sicuro
tornaconto. Trieste, priva di un adeguato entroterra, non può sostenere una
vocazione industriale. Pensiamo all’ormai lontana chiusura della raffineria
Aquila, alla fine di grandi marchi come Veneziani, Arrigoni, Telettra, Bloch e
via così, fino alla recente chiusura della Stock e alla inevitabile fine della
Ferriera per renderci conto che gli impianti industriali a Trieste non vanno
incoraggiati (anzi, osteggiati), privilegiando le attività collegate alla
portualità, al turismo marino e territoriale, al commercio internazionale, alla
ricerca, all’artigianato di alto livello. Altro che Ezit (ente da abolire), la
provincia di Trieste dovrebbe essere dichiarata area di protezione ecologica
totale, golfo compreso, se vogliamo continuare ad avere il piacere di viverla.
Se poi è vero che la presenza di navi gasiere nella baia di Muggia impedirebbe
in pratica l’attracco di altre navi in tutta l’area portuale, quindi alle
portacontainer e alle navi da crociera e traghetti per le quali si stanno
giocando le migliori carte, non dovrebbero servire altri argomenti per dire no.
Una spada di Damocle inaccettabile che garantirebbe vantaggi sicuri solo alla
Gas Natural anche in caso di inoperatività per mancati rifornimenti. Io,
piccolo, insignificante, umile cittadino vorrei continuare a fare le mie nuotate
nelle tiepide acque di Muggia, senza respirare miasmi di cloro o altro e magari
avere un incontro ravvicinato con qualche delfino, balenottera, e perché no?
squalo, noti indicatori di un mare pulito. Questi sarebbero i primi ad
andarsene, insieme ai turisti che cominciano a conoscere e apprezzare questo
lembo di costa non ancora del tutto compromesso.
Profitti in calo per Gas Natural
Tempi di crisi anche per la spagnola Gas Natural che pure ha in progetto il rigassificatore di Zaule. Ha chiuso il secondo trimestre 2012 con profitti in forte calo, del 17,2%, a 360 milioni di euro, ma con una base di confronto sfavorevole perché i conti del 2011 beneficiavano di plusvalenze derivanti dalla vendita di asset, mentre il fatturato sale del 22,7% a 5,95 miliardi. Infatti, se non si contassero queste componenti, l’utile netto risulterebbe aumentato del 24,3%. Complessivamente l’utile netto del semestre, di 822 milioni, risulta comunque calato del 6,7%.
Razeto: tappeto rosso a un'altra ferriera
«Non esiste alcuna proposta imprenditoriale per l’area della Ferriera di Servola che non sia quella della prosecuzione dell’attività siderurgica». Lo afferma categoricamente il presidente di Confindustria Trieste, Sergio Razeto, che di conseguenza non attende un secondo di più per aggiungere: «Dunque va steso il tappeto rosso a Sertubi-Jindal». Mentre a Roma il direttore generale del Ministero dello sviluppo economico Giampiero Castano si accingeva a preparare il testo di una dichiarazione d’intenti in base alla quale la Regione, che era presente con l’assessore alle attività produttive Federica Seganti, la Provincia e il Comune dovranno sentenziare che nulla osta all’attività di una ferriera anche dopo il 2015, a Trieste l’incontro tra Razeto e un altro assessore regionale, Sandra Savino, evolveva nella medesima direzione: siderurgia a Servola anche dopo che la Lucchini avrà venduto lo stabilimento. «È una via da percorrere con risolutezza - afferma Razeto - anche perché in questi anni non è emersa alcuna ipotesi alternativa concreta e in questi periodi critici non possiamo che essere ben contenti che vi sia l’intenzione da parte della Jindal di proseguire con l’attività siderurgica, intenzione già esplicitata con una manifestazione d’interesse presentata ancora a febbraio». Jindal Saw Italia, che è una società italiana interamente controllata dalla Jindal Saw di New Delhi attraverso la holding cipriota Ralael holdings limited ha affittato per cinque anni rinnovabili il ramo d’azienda “tubazioni” della Sertubi «e tale operazione - si legge nel suo sito web - rappresenta il primo passo di una strategia di penetrazione e di sviluppo per una presenza durevole sul continente europeo». Ma Sertubi, che produce circa 80mila tonnellate annue di tubazioni in ghisa sferoidale a propria volta non potrebbe sopravvivere senza la ghisa che è prodotta dalla ferriera e che costituisce la materia prima delle sue lavorazioni. In ballo ci sono dunque almeno mille posti di lavoto tra Ferriera, Sertubi e indotto. A Roma si è parlato anche del piano per l’abbattimento dei costi energetici attraverso l’aggregazione di Jindal, Lucchini e di Linde, azienda fornitrice di gas industriali con sede a propria volta a Servola. Il piano è legato al recupero di competitività di Sertubi sui mercati (fino al 3 agosto è in vigore una procedura di cassa integrazione), «un tema che sta impegnando l’azienda da dieci mesi - rileva Seganti - e che grazie anche al supporto della Regione per l’individuazione delle soluzioni possibili e per il pressing di Sertubi, è stato portato all’attenzione del ministero che ha dato la propria disponibilità a valutare il progetto in vista della stesura del quinto bando del governo a favore delle imprese energivore». E al progetto di Jindal guardano con attenzione anche i sindacati, non solo Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm, ma anche la Failms. «Siamo favorevoli all’ingresso della Jindal nell’operazione di vendita del Gruppo Lucchini con l’acquisizione di Servola per continuare a dare garanzie occupazionali - osserva il segretario provinciale Giulio Frisari - Il Protocollo d’intesa del marzo scorso in Regione non può e non deve rappresentare un ostacolo se le intenzioni di Jindal sono quelle di proseguire con il polo siderurgico». «Ma c’è un qui pro quo sul fatto che quel Protocollo possa essere un ostacolo - sottolinea Razeto - Non è così perché si è sempre detto che anche la prosecuzione della siderurgia poteva essere un’ipotesi». E Razeto ieri ha avuto un colloquio telefonico con lo stesso Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal Saw Italia, mentre venerdì un previsto confronto tra i sindacati e i vertici di Jindal Sertubi sulla cassa integrazione potrebbe essere occasione per parlare dei piani futuri. E sul piano occupazionale in ambito provinciale, oltre che sull’abbattimento dei costi per imprese e cittadini, un ruolo cruciale può giocarlo, secondo il presidente di Confindustria Trieste, anche il rigassificatore. «Mi rattrista il fatto - afferma Razeto - che il rigassificatore sia diventato una clava brandita da alcuni partiti. Anziché ascoltare i veri esperti, oggi nasce un comitatino che sostiene che fa l’acqua più fredda, domani un altro che teme che le navi in porto non passeranno più. Bisogna rendersi conto che Trieste per vivere ha bisogno anche del rigassificatore, della siderurgia, della centrale a biomasse, della Tav. Altrimenti, per fare contenti tutti - è la conclusione amara e ironica - costruiamo solo un grande parco dove potranno trascorrere le giornate intere tutti i disoccupati che già ci sono oggi e le migliaia in più che ci saranno tra breve se ogni progetto continuerà a essere avversato».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MARTEDI', 24 luglio 2012
Clini sul rigassificatore: ancora tutto in discussione
Sì, l’approvvigionamento di gas è una questione strategica per l’Italia. Ma
non per questo il rigassificatore previsto a Zaule è da considerarsi cosa fatta.
Anzi. Pendono sul previsto impianto di Gas natural questioni grandi, tuttora
irrisolte, e molto controverse, quindi lo spazio per discuterne c’è.
All’indomani delle certezze, e del sollecito espresso al nostro giornale dal
ministro per le Infrastrutture Corrado Passera, sull’urgenza indiscutibile di
realizzare un rigassificatore e proprio a Trieste, è il ministro dell’Ambiente,
Corrado Clini, a declinare in dettaglio lo stato problematico delle cose. Il
tema, dice, è ancora aperto. Ministro Clini, Passera è stato impositivo nel
sostenere che il rigassificatore si debba realizzare e presto. A Trieste si
ritiene che venga sottovalutato il capitolo delle criticità. Lei che cosa ne
pensa? La posizione di Passera è assolutamente condivisa, è necessario
diversificare le fonti energetiche, avere una sicurezza a livello europeo,
considerare l’uscita della Germania dal nucleare che crea opportunità molto
grandi, sono temi cui prestare grandissima attenzione. Ma per Trieste mancano
ancora dei passaggi per una decisione, che sono ancora tutti da definire. Quali
sono? Il ministero, ancora col governo Berlusconi, ha dato parere positivo alla
Valutazione d’impatto ambientale, ma per esempio il rigassificatore non è
inserito nel piano di sviluppo regionale. Secondo, un rigassificatore comporta
vincoli e servitù per il porto, e per gli usi dell’area circostante. Ed è un
altro problema. Su questo la situazione è ancora ferma, manca il parere della
Regione e delle altre autorità locali. Quindi si vede come il tema sia ancora
aperto, e su cose rilevanti. È allora dalla Regione che tutto dipende? Manca
ancora una politica regionale in materia di portualità e in campo energetico. La
Regione su questi temi deve perciò esprimersi. E una volta che la Regione lo
avesse fatto? C’è un’altra questione, ben più complicata. Ed è l’opposizione
manifestata dalla Slovenia, e ribadita nuovamente al presidente Napolitano nel
corso della sua recente visita a Lubiana. È un tema non banale, ma sostanziale.
Ci viene chiesto di rispettare procedure europee, che sarebbe stato molto
opportuno già osservare in precedenza. E cioé avviare una Valutazione ambientale
strategica (Vas) transfrontaliera. A settembre abbiamo un incontro fissato con
la Slovenia, e questo sarà certamente uno dei primi temi. Quindi, fatto salvo
che uno “hub” del gas, come dice Passera, è importante per la politica
energetica nazionale, abbiamo su Trieste ancora questi problemi da risolvere. E
quelli di sicurezza dell’impianto? L’approfondimento dei problemi relativi ai
rapporti fra sicurezza, protezione ambientale e sviluppo portuale potrebbe
essere d’aiuto per raggiungere margini di miglioramento in fatto di tecnologie e
dispositivi per la sicurezza. Quindi lei non dà affatto per certo e imminente il
rigassificatore di Zaule? No, perché il tema è aperto anche su altre questioni
ancora. Il procedimento di Vas per il piano regolatore del porto è ancora in
discussione al ministero dell’Ambiente proprio perché si stanno analizzando i
diversi usi dell’area portuale e le loro compatibilità. È a causa del
rigassificatore che il piano regolatore del porto non viene dunque “rilasciato”?
Sì, per questo. Ma poi stiamo analizzando anche altro. Che cosa? Al ministero è
stato presentato un secondo progetto per Trieste, quello per il rigassificatore
“off shore”, e il procedimento di Valutazione d’impatto ambientale non è
concluso. Ma un rigassificatore in Alto Adriatico non dovrebbe escludere
l’altro? La domanda è di solo buon senso. Ma si può rispondere soltanto con un
piano nazionale energetico e dei rigassificatori, che invece manca. Il
principale punto debole procedurale è comunque che avremmo dovuto, come paese,
affrontare la Valutazione strategica per situare i rigassificatori. È del resto
cosa prevista dalle norme Ue. Ma in passato si è invece preferito valutare caso
per caso. Ora stiamo lavorando a questo.
Gabriella Ziani
«Il gasdotto South Stream non si ferma»
Il gasdotto South Stream, progetto nel quale è coinvolta Eni, sarà
realizzato nonostante la crisi in Europa. Lo ha affermato il presidente delle
Federazione russa Vladimir Putin, ricordando che i lavori inizieranno a dicembre
e termineranno nel 2015. «Sappiamo che in condizioni di crisi la quantità dei
consumi diminuisce - ha affermato -, ma sappiamo anche che dopo i tempi
difficili arrivano sempre quelli buoni e che la ripresa segue tutte le crisi».
Putin ha inoltre previsto che a medio termine il consumo di gas aumenterà in
Europa, anche per l’uscita dal nucleare di alcuni Paesi. Sul South Stream si è
espresso anche Mario Monti, parlando di progetto «molto importante per l’Italia»
TRIESTE Sei accordi economici firmati in presenza dei primi ministri Medvedev e Monti, a suggellare la rilevanza dell’evento. Sei accordi che, in un momento di prolungata difficoltà per il nostro sistema produttivo, rappresentano un importante segnale di vitalità e di reattività da parte del mondo imprenditoriale e finanziario nazionale. Ha accompagnato il premier Monti nella missione russa il gotha dell’impianto economico del Paese: da Gianfelice Rocca a Enrico Cucchiani, da Paolo Scaroni a Giuseppe Orsi. Ovvero Eni, Techint, Finmeccanica, “scortati” da un grande gruppo bancario come Intesa San Paolo. Con una forte presenza della nostra regione: infatti opererà sul mercato russo, “battuto” fin dalla metà degli anni Ottanta, la Rizzani de Eccher, che ha ottenuto una rilevante commessa e ha gettato le basi per negoziare un’altra promettente operazione. All’ampia articolazione delle energie imprenditoriali schierate a Mosca dal nostro Paese discende altrettanto ampia la campionatura di progetti: dal settore energetico a quello informatico-postale, dal disinquinamento alle costruzioni. Cominciamo dal business moscovita della friulana Rizzani de Eccher, che era stato anticipato, nelle linee ancora generali, l’aprile scorso. Per il gruppo di Pozzuolo presenziava alla firma dell’accordo Claudio De Eccher: un pool composto da Cassa depositi e prestiti, Intesa San Paolo Sace, Société Generale, Kfw Ipex-Bank ha siglato un agreement con la russa Vtb Bank per un pacchetto finanziario di circa 500 milioni di euro. La consistente iniezione di liquido supporterà il contratto che Rizzani de Eccher ha recentemente chiuso per la realizzazione a Mosca del “Vtb Arena Park”, un complesso di alberghi, appartamenti, uffici inseriti nel progetto di riqualificazione che riguarda l’area attorno allo stadio della Dynamo, in vista dei Mondiali di calcio che si terranno in Russia nel 2018. L’impianto del finanziamento vede tra l’altro partecipe Cdp (è il primo intervento insieme a banche commerciali) con 276 milioni. Importante il ruolo della Sace, sottolineato dall’amministratore delegato Alessandro Castellano, che “garantisce” gran parte del finanziamento. Con la Northern Caucasus Resort Company, la Rizzani de Eccher ha sottoscritto un procollo d’intesa, con un impegno per 1 miliardo di euro di investimento: si tratterà di costruire nel Caucaso settentrionale un cluster turistico. Cassa depositi e prestiti, insieme a Intesa San Paolo, sarebbero interessati a finanziare l’intrapresa. «Ci abbiamo lavorato sopra un anno - commenta il presidente Marco de Eccher - lottando contro i più accreditati concorrenti europei. Il progetto si suddivide in due grandi lotti: quello di carattere più spiccatamente sportivo è stato acquisito dalla francese Vinci, per quello con caratteristiche residenziali abbiamo prevalso noi. Un complesso di 12 edifici, in pratica un rione di Mosca. Opereremo da “general contractor” sulla base di un contratto “cost plus fee”». Ma le mete della Rizzani de Eccher non si fermano qui: nel mirino della “piccola multinazionale” friulana c’è anche la ristrutturazione dello stadio Luzhniki, il più grande della capitale russa. Gara a settembre, lavori a partire dall’agosto 2013, valore dell’appalto 1 miliardo di euro: Rizzani de Eccher corre insieme a un’altra azienda friulana, la Cimolai. Infine, una rapida occhiata agli altri accordi definiti ieri. Eni ha firmato un’intesa con la Rosneft che regola i meccanismi di finanziamento relativi alle esplorazioni nel Mar di Barents e nel Mar Nero. Poste Russe, Poste Italiane (c’era l’ad Massimo Sarmi) Selex Elsag (Finmeccanica) lavoreranno insieme. Intesa San Paolo e Gazprombank costituiscono una joint venture per fornire capitali per lo sviluppo di aziende italiane e russe in ambito internazionale: si comincia da un fondo di 150 milioni. Eccellenza tecnologica quella della Techint, che concorrerà a debellare, con un contratto da 170 milioni, le emissioni di anidride solforica nella città siberiana di Norilsk, una delle più inquinate del pianeta. E iniziano le grandi manovra sull’alta velocità Mosca-San Pietroburgo: Ferrovie, Unicredit, Impregilo, Ansaldo in agguato.
Massimo Greco
Incontri nelle Circoscrizioni sul nuovo piano del
traffico
Si apre un nuovo ciclo di incontri per la presentazione nelle Circoscrizioni
del piano generale del traffico urbano da parte dell’Amministrazione comunale.
Il calendario degli incontri prevede oggi un appuntamento alle 20.30 in via
Doberdò 20/3 per la Prima e la Seconda Circoscrizione. Domani invece le novità
del piano del traffico verranno illustrate a partire dalle 19 al Mib in Largo
caduti di Nassirya per la Terza, Sesta e Settima Circoscrizione e infine giovedì
toccherà invece alla sede di via Locchi 23 alle 18.30 per la Quarta e Quinta
Circoscrizione. Gli incontri sono finalizzati all’illustrazione da parte
dell’assessore Elena Marchigiani e del mobility manager Giulio Bernetti della
versione definitiva del piano, adottata dalla Giunta comunale lo scorso 16
luglio. Le osservazioni da parte dei cittadini possono essere sottoposte
direttamente al Comune compilando il modulo disponibile sul sito della Rete
civica (www.retecivica.trieste.it - Mobilità e traffico - Nuovo piano generale
del traffico urbano). La fase delle osservazioni rimane aperta per 30 giorni a
partire dallo scorso 17 luglio.
GREENSTYLE.it - LUNEDI', 23 luglio 2012
Detrazione efficienza casa: salvo per sei mesi il 55%
Colpo di scena in materia di detrazioni fiscali per la riqualificazione
energetica degli edifici: l’aliquota rimarrà al 55% per i primi 6 mesi del 2013.
Nonostante le notizie degli ultimi giorni, che vedevano il decreto Sviluppo
destinato a essere varato senza modifiche, è stato approvato in extremis in
Commissione Finanze e Attività della Camera un emendamento proposto dal deputato
Alessandro Bratti del PD.
L’emendamento prevede che il bonus fiscale per gli interventi di efficientamento
energetico in edilizia venga prorogato fino al 30 giugno 2013, ma senza
variazioni dell’attuale aliquota, fissata al 55% della spesa sostenuta per la
sostituzione di infissi, l’installazione di caldaie ad alta efficienza, etc.
La versione originale del decreto, invece, stabiliva comunque una proroga
semestrale della misura di incentivazione, ma con un taglio dell’aliquota di
cinque punti percentuali. Il bonus efficienza, infatti, era stato portato al
50%, equiparandolo a quello per le ristrutturazioni energetiche ordinarie,
attualmente al 36%.
La decisione di tagliare la detrazione del 55% aveva suscitato molte reazioni
tra gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria, tanto che lo stesso
ministro dell’Ambiente Corrado Clini nei giorni scorsi si era impegnato a
ripristinare l’aliquota originaria e a rendere stabile la misura. A questo
punto, manca solo l’approvazione definitiva della Camera, che potrebbe far
tirare un sospiro di sollievo alle aziende del settore.
Silvana Santo
IL PICCOLO - LUNEDI', 23 luglio 2012
«Il ministro s'informi sul rigassificatore: ci
distrugge il porto»
I triestini contrari al rigassificatore non si fanno scalfire dalle
ultimative indicazioni del ministro alle Infrastrutture Corrado Passera. Che
ieri al nostro giornale ha ribadito: il rigassificatore di Gas Natural si deve
fare, subito, e nella baia di Zaule. Per approvvigionare il paese, per far
calare il costo del gas. «Posizione non supportata da nulla - obietta
l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni -, io alla Tav (che personalmente non
condivido) riconosco la dignità di un lungo percorso decisionale europeo, ma sul
rigassificatore non trovo nulla, c’è una drammatica assenza di vere motivazioni.
E il Comune - annuncia Laureni - sta pensando di associarsi al ricorso al Tar
già presentato da Wwf, Comuni di Muggia e Dolina, e dalla Slovenia». Mentre gli
ambientalisti chiedono al Comune di far arrivare con più forza a Roma le proprie
argomentazioni, Laureni passa la palla a un’altra autorità, quella del porto, su
cui il rigassificatore avrebbe conseguenze: «Che cosa ne pensa la presidente
Monassi? Un suo parere - osserva - sarebbe molto importante. Ma finora non
l’abbiamo sentito». Il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, è tranciante: «Neanche
un ministro della Repubblica può permettersi di saltare così i passi della
democrazia. Inoltre si metta d’accordo col ministro dell’Ambiente, Corrado
Clini, che ha detto come le amministrazioni locali vanno sentite. Terzo -
conclude irritato il sindaco - se questo impianto si dimostrasse necessario, e
necessario a Zaule, invito Passera a un civilissimo, ma quanto mai opportuno,
confronto su alternative che sarebbero meno costose, meno inquinanti, più sicure
e non di ostacolo allo sviluppo della città. Per esempio il progetto trilaterale
Italia-Slovenia-Croazia, meno impattante e di grande valenza geopolitica». «Le
dichiarazioni di Passera sono francamente stonate, sorprendono e disturbano,
probabilmente non conosce la realtà di cui parla, o gli è stata presentata in un
certo modo: faccia un salto a Trieste col ministro Clini e gli spieghiamo -
afferma Sergio Lupieri, consigliere regionale Pd - come il rigassificatore è
incompatibile con le norme di sicurezza, con lo sviluppo di porto e città, con
la volontà dei cittadini». Per Lucia Sirocco, presidente di Legambiente, proprio
il porto è il problema. «Vogliamo passare la palla a Capodistria? Facciamo il
rigassificatore a Zaule, che stronca ogni possibilità di crescita del nostro
porto. Passera non ha chiara la situazione, per il ministro Trieste si trova in
un Estremo oriente...». «Dalle parole del ministro i triestini potrebbero
desumere che pagheranno del 25% in meno la bolletta del gas - argomenta Adriano
Bevilacqua della Uil-Vigili del fuoco, a capo del Tavolo tecnico rigassificatore
formato da un nutrito gruppo di docenti universitari che denuncia i pericoli
dell’impianto -, ma non è vero, forse e chissà quando ci sarebbe un minor costo
solo a livello nazionale. Pretendere più sicurezza poi è impossibile,
bisognerebbe spianare le altre industrie e le case nell’area di Zaule. Ma non
bisogna scoraggiarsi. Passera è un tecnico e non ci tiene alla carriera, il
presidente Tondo non ha alcun interesse per Trieste, tutti però prima o poi
andranno a elezioni, e noi lì ci faremo sentire». Per Giorgio Trincas, docente
al dipartimento di Architettura navale, e componente del Tavolo, «il ministro ci
dovrebbe dire a quale piano energetico nazionale in un quadro europeo si sta
riferendo: quel piano non c’è, e fra un paio d’anni sarà attivo il circuito
Southstream, il rigassificatore nasce del tutto superato, senza dire che in
Corea ormai portano il gas con le navi e senza rigassificatore, e a metà del
costo. Il ministro ha una posizione fuori dal tempo». Aggiunge Trincas: «Qui si
sacrifica il porto al gas. Si sente dire che l’Autorità portuale è contraria: lo
affermasse anche fuori dai salotti. Lo stesso sindaco si limita a dare
testimonianza, altro non fa». Posizione condivisa da Dario Predonzan del Wwf:
«Il ministro parla per frasi fatte, sembra una nota dell’ufficio stampa di Gas
Natural. Non ha idea di tutte le criticità emerse. Le istituzioni triestine
dovrebbero far sedere a un tavolo Passera e il ministro dell’Ambiente Clini. E
il Comune, oltre a fare dichiarazioni, faccia i dovuti passi associandosi alla
causa aperta al Tar. Faccia aprire gli occhi al governo».
Gabriella Ziani
Orso immortalato nei pressi di Basovizza
BASOVIZZA Inizialmente le orme. Poi gli avvistamenti, più o meno
ravvicinati. Ora la prova inconfutabile: una bella fotografia notturna. Altro
che storia dell’orso... l’orso, nel Carso triestino, è arrivato per davvero. La
splendida testimonianza di un esemplare di orso bruno arriva in queste ore
direttamente da Lipizza. Sulla vecchia strada sterrata che da Basovizza porta a
Sesana, a poche centinaia dal suolo italiano, Edvard Morvai, presidente della
zona di caccia di Sesana, grazie ad una fototrappola è riuscito nell’impresa di
immortalare un enorme plantigrado, che dalle dimensioni generali e dalla gobba
dovrebbe essere un maschio in età adulta. Dalle prime notizie emerse
successivamente alla fotografia, l’animale è stato segnalato anche sul versante
italiano. E gli avvistamenti in queste aree oramai sono sempre più frequenti.
Appena la scorsa settimana un giovane escursionista triestino aveva visto a non
meno di 30 metri un orso sul monte Taiano (Slavnik), la cima più alta
dell’Istria slovena. Nel maggio scorso invece Virginio Abrami, gestore assieme
alla moglie Vilma dell'Azienda agricola di apicoltura a Grozzana (San Dorligo),
si era ritrovato a tu per tu con un giovane esemplare di 120 kg di stazza. In
quel caso tutto era filato per il verso giusto con l’animale, curioso ma
mansueto, che dopo aver girovagato attorno alla casa dell’Abrami, attratto
probabilmente anche dai vicini melari, aveva preferito prendere la strada del
Monte Cocusso. Un esemplare adulto era stato avvistato sempre a maggio dietro a
Basovizza. Numerose poi le presenze di orme ritrovate in più occasioni sia
Grozzana che a Draga Sant'Elia. Sull’accaduto è intervenuta Letizia Kozlan,
naturalista e biologa triestina specializzata in grandi carnivori: «Incontrare
un orso nel Carso triestino inizia ad essere un evento oramai sempre meno raro,
questo è evidente, mentre fino a pochi anni questo fenomeno era molto meno
frequente». La domanda, che in molti si porranno ora: se ci si dovesse imbattere
in un orso, quale comportamento dovremmo assumere? «Mantenere i nervi saldi, non
commettere movimenti bruschi e rimanere fermi. Secondo studi scientifici un
orso, se fiuta la presenza dell’essere umano, tende a scappare. Il problema è
che non tutti gli orsi sono uguali». Cosa significa? «Significa che alcuni orsi
possono essere “confidenti”, in quanto abituati all’uomo, perché stazionano
vicino a melari o greggi: da qui una possibile attitudine a non scappare e
magari, se impauriti, a provocare dei falsi attacchi con tanto di zampata».
Kozlan, assieme ai guardiacaccia triestini Ilario Zuppani e Maurizio Rozza,
hanno già effettuato alcuni monitoraggi con fototrappole nella zona italiana del
Carso. I risultati per ora sono stati negativi. «Tra qualche giorno ci recheremo
nuovamente nella parte est dell’altipiano triestino, a Grozzana, Basovizza e
forse in altri punti».
Riccardo Tosques
L'oasi dei grifoni in fuga da Cherso
CHERSO L’accusa è di quelle gravi, destinata a lasciare il segno perché
probabilmente significa il punto di non ritorno. «A Cherso non siamo più i
benvenuti ed è probabile che la nostra associazione si trasferirà a Bescanuova (Baska
in croato), nell’isola di Veglia». La dichiarazione è del noto ornitologo
quarnerino Goran Susic, da due decenni a capo di Eco centro Caput Insulae di
Caisole (Beli), isola di Cherso, l’associazione che si prende cura dei grifoni,
gli avvoltoi dalla testa bianca, simbolo di quest’isola quarnerina e tutelati da
leggi molto rigorose perché considerati specie a rischio. Sistemata
nell’edificio dell’ex scuola elementare di Caisole, Caput Insulae – nata nel
1993 – si è fatta conoscere in Europa e nel mondo per la sua instancabile e
variegata attività a favore della salvaguardia dei maestosi volatili,
importantissimi anche per l’equilibrio naturale a Cherso e nelle vicine isole in
quanto si cibano delle carcasse di animali morti, specie ovini. Ogni anno in
media circa 12 mila persone, specie turisti, visitano Caput Insulae, venendo
informati sulle iniziative atte a tutelare i grifoni che sovente appaiono in
cielo non appena si arriva a Cherso, soprattutto lungo le coste settentrionali.
Una delle attrazioni riguarda la grande voliera, dove vengono sistemati gli
esemplari ancora deboli o malati e qui sottoposti ad opera di recupero per poi
essere rimessi in libertà. Secondo Susic, il culmine dell’inimicizia della
municipalità verso l’associazione si è avuto recentemente quando Caput Insulae
ha denunciato presso le competenti autorità la decisione del comune di assegnare
la concessione di una spiaggia alla ditta Pansion Tramontana. «La spiaggia si
trova in una zona in regime di riserva ornitologica – ha spiegato Susic – e
dunque prima di assegnare concessioni la città avrebbe dovuto consultarci,
facendolo pure con il ministero della Cultura e con l’istituzione pubblica
Priroda (natura in italiano). La municipalità ha confermato purtroppo che
antepone il profitto alla necessità di tutelare gli avvoltoi». Non basta, non
ancora: «Se a ciò aggiungiamo il modo come ha gestito e sta gestendo l’annosa
questione della presenza di selvaggina alloctona a Cherso, come cinghiali e
daini, allora riusciamo a smascherare del tutto un atteggiamento che noi non
accettiamo proprio». Secondo Susic, Bescanuova fornisce le giuste garanzie anche
in fatto di ambiente, godendo dal 1969 dello status di riserva ornitologica, la
prima al mondo per la protezione della colonia quarnerina di grifoni. L’altro
ieri il sindaco di Bescanuova, Toni Juranic, si è rivolto ai consiglieri
comunali, esponendo loro il progetto sul trasferimento di Caput Insulae da
Caisole nella loro cittadina. Il centro dovrebbe essere dislocato in località
Zakam, a monte di Bescanuova, al posto dell’ex discarica municipale. Non tutti i
consiglieri si sono detti d’accordo, affermando che il piano va studiato per
bene, evitando inoltre eventuali attriti con Cherso. Tornando ai volatili, due
mesi fa si è conclusa l’opera di marcatura dei giovani grifoni: ne sono stati
notificati 52, cifra primato da quando vengono contrassegnati.
Andrea Marsanich
Un volatile maestoso a rischio estinzione
TRIESTE Il grifone è un uccello che appartiene alla famiglia degli
accipitridi (Accipitridae). Ha una testa piccola che pende piegata in avanti
durante il volo, ali molto grandi dall'aspetto triangolare e una coda corta
apparentemente ridotta. Ha ali ampie e una coda più corta del gipeto. I giovani
grifoni sono più scuri degli animali adulti, che hanno chiazze bianche sul capo
e sul collo e una corona giugulare biancastra. Vantano un’apertura alare di ben
2,4-2,8 metri, con una lunghezza corporea di 95–105 cm e un peso di 4–6 kg.
L'aspettativa di vita è sui 30-40 anni e diventa sessualmente maturo verso 5-7
anni. La cova, di un solo uovo, dura 52-58 giorni e il tempo di permanenza nel
nido circa 110-120 giorni. Si nutre prevalentemente di carogne (saprofagia). I
grifoni possono formare colonie separate e sono piuttosto fedeli al loro luogo
stanziale. Si sposta solitamente in stormi di parecchi animali. Il grifone in
Italia sopravvive ancora solo in Sardegna con meno di 200 esemplari. Sono stati
particolarmente colpiti dalla lotta di sterminio diretto praticata dall'uomo,
dai bocconi avvelenati sparsi per la lotta a tutti i predatori o a singole loro
specie (per esempio volpi), dalla mancanza di carogne di grossi animali, un
tempo molto più disponibili, nonché dagli incendi. Corre un serio rischio di
estinzione.
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 22 luglio 2012
Grande vittoria dei movimenti, la Corte Costituzionale
fa saltare le privatizzazioni di acqua e servizi pubblici locali
Il 20 Luglio, la Corte Costituzionale restituisce la voce ai cittadini italiani
e la democrazia al nostro Paese.
Lo fa dichiarando incostituzionale, quindi inammissibile, l'articolo 4 del
decreto legge 138 del 13 Agosto 2011, con il quale, il Governo Berlusconi,
calpestava il risultato referendario e rintroduceva la privatizzazione dei
servizi pubblici locali. Questa sentenza blocca anche tutte le modificazioni
successive, compresa quelle del Governo Monti.
La sentenza esplicita chiaramente il vincolo referendario infranto con
l'articolo 4 e dichiara che la legge approvata dal Governo Berlusconi violava
l'articolo 75 della Costituzione. Viene confermato quello che sostenemmo un anno
fa, cioè come quel provvedimento reintroducesse la privatizzazione dei servizi
pubblici e calpestasse la volontà dei cittadini
La sentenza ribadisce con forza la volontà popolare espressa il 12 e 13 giugno
2011 e rappresenta un monito al Governo Monti e a tutti i poteri forti che
speculano sui beni comuni. Dopo la straordinaria vittoria referendaria costruita
dal basso, oggi è chiarito una volta per tutte che deve deve essere rispettato
quello che hanno scelto 27 milioni di italiani: l'acqua e i servizi pubblici
devono essere pubblici.
Cadono tutti gli alibi per molte amministrazioni locali che hanno cercato di
utilizzare quelle norme per consegnare i servizi pubblici locali ai capitali
finanziari.
L’unica normativa di risulta, come sancito dall’esito referendario dello scorso
anno, è la dottrina comunitaria che consente la gestione dell’acqua e dei
servizi locali attraverso enti di diritto pubblico.
Basta attendismo, cautele e retromarce : è ora di mettere in pratica la volontà
popolare, ripubblicizzando l’acqua e i servizi pubblici locali. un impulso
quindi anche al nostro sindaco e alle nostre amministrazioni a seguire questo
percorso . I cittadini vogliono una tutela dei beni comuni e questa volontà deve
essere rispettata .
comitato acqua bene comune trieste
COMUNICATO STAMPA - DOMENICA, 22 luglio 2012
La posizione della Federazione della Sinistra sulla
“riqualificazione di via Giulia”
Le Segreterie Provinciali di Rifondazione Comunista e del P.d.C.I. hanno
affrontato, insieme ai consiglieri circoscrizionali della Federazione della
Sinistra, della III. Circoscrizione, Paolo Geri e della VI. Peter Behrens, un
primo esame della proposta di PGTU avanzata dalla Giunta Comunale, soffermandosi
in particolare sugli aspetti della cosiddetta “riqualificazione di via Giulia”.
E’ stato riscontrato con stupore e disappunto che, nel documento di relazione
sintetica del PGTU, la proposta di istituzione di una corsia preferenziale
centrale per il trasporto pubblico in via Giulia non è più dichiarata
esplicitamente “sperimentale e rivedibile”, ma sembra assumere un carattere
definitivo. La sperimentalità di tale soluzione, unitamente a quella della
rotonda di Piazza Volontari Giuliani, aveva rappresentato l’ unico punto di
mediazione possibile fra i numerosi oppositori di tale aspetto del progetto –
fra i quali sin dal momento della sua presentazione i consiglieri della
Federazione della Sinistra nelle circoscrizioni interessate, ma non solo - e la
posizione assunta dall’ assessore Marchigiani. Nel ribadire che - contrariamente
a quanto pubblicamente affermato dall’ assessore Marchigiani - nessun parere
favorevole al progetto è mai stato votato dalle Circoscrizioni competenti, la
Federazione della Sinistra rimarca come simili comportamenti siano in aperto
contrasto con i criteri di partecipazione e condivisione delle scelte più volte
enunciati a parole dalla Giunta, ma in concreto mal applicati, se si è voluto
ignorare per mesi il confronto con gli oltre 700 cittadini firmatari della
petizione, contraria al progetto, promossa dal Comitato “Ama via Giulia”. Si
tratta di una petizione che la Federazione della Sinistra ha sostenuto e
sostiene. Le posizioni di merito assunte ed il metodo utilizzato sulla
“riqualificazione” di via Giulia non potranno evidentemente non incidere nella
valutazione complessiva sul PGTU che nei prossimi mesi i rappresentanti della
F.d.S. saranno chiamati ad esprimere nelle varie sedi.
In tale situazione la Federazione della Sinistra chiede che venga riaffermato il
carattere sperimentale dell' intervento su via Giulia e che siano da subito
ufficialmente definiti con chiarezza sia la durata della sperimentazione del
nuovo assetto del traffico in via Giulia sia i soggetti – istituzionali e non –
deputati alla valutazione della stessa.
Le Segreterie Provinciali di Rifondazione Comunista e del P.d.C.I.
IL PICCOLO - DOMENICA, 22 luglio 2012
Passera: «Il rigassificatore di Zaule si deve
realizzare a tutti i costi»
TRIESTE Il rigassificatore a Trieste si farà, sarà quello di Gas Natural e
verrà localizzato a Zaule. Lo afferma il governo nazionale, per la prima volta
in maniera inequivocabile e lo spiega in esclusiva al “Piccolo” il ministro
dello Sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti Corrado Passera.
Si farà nonostante l’opposizione dei Comuni di Trieste e Muggia, della
Provincia, di molti comitati di cittadini e formazioni politiche e sindacali. E
mentre si moltiplicano anche richieste di referendum per sentire il parere di
tutti i cittadini, a netto sostegno del rigassificatore di Trieste sembra solo
l’amministrazione regionale di Renzo Tondo, ma il governo Monti sarebbe deciso a
procedere su una decisione che non sembra negoziabile e sulla quale pende già la
minaccia di ricorsi amministrativi. «Bisogna puntare a iniziare i lavori al più
presto - afferma convinto Passera - poiché è una grande opportunità per tutto il
Paese». Ministro Passera, è vero che il governo vede con favore la realizzazione
del rigassificatore di Trieste? Il rigassificatore di Trieste-Zaule è
un’infrastruttura chiave per lo sviluppo del territorio, oltre che uno degli
impianti su cui far leva per far sì che la nostra bolletta energetica cali e che
il nostro Paese possa diventare un importante hub del gas Sud-europeo con
benefici effetti anche sull’occupazione. Come si svilupperà la politica italiana
in ambito energetico, in particolare nel settore del gas? Nei prossimi 15-20
anni l’Europa aumenterà significativamente l’importazione di gas. Per il nostro
Paese questa è un’opportunità, possiamo diventare un importante ponte d’ingresso
per il gas che arriverà via nave o via gasdotti dalle nuove fonti di
approvvigionamento: dall’Africa, dalla regione del Caspio, dall’Est del
Mediterraneo, dal Medio Oriente. Questo contribuirà a rendere il mercato
italiano del gas più efficiente e competitivo e meno dipendente da pochi
fornitori. E in questa ottica l’impianto triestino che ruolo può svolgere? Il
rigassificatore di Trieste-Zaule sarà localizzato in una posizione ideale perché
vicina al baricentro dei consumi nazionali e prossima a importanti mercati di
interscambio, come l’Austria, la Germania, i Balcani, favorendo quindi una
maggiore integrazione con il mercato europeo. Questo, tra l’altro, si potrà fare
senza necessità di significativi interventi sull’attuale rete di trasporto del
gas. Ma a Trieste le amministrazioni locali, molte forze politiche e sindacali e
migliaia di cittadini sono contrari al rigassificatore. Le ragioni e i vantaggi
di realizzare opere strategiche come quella del rigassificatore di Trieste-Zaule
vanno naturalmente spiegate e condivise con la cittadinanza: è compito delle
istituzioni nazionali e locali farlo. I cittadini devono sapere che la loro
bolletta costa in media il 20-25% in più della media europea anche perché
l’Italia non dispone di un numero sufficiente d’infrastrutture come questa. Come
si risolverà dunque il contraddittorio con il territorio? È giusto discutere,
confrontarsi, approfondire i progetti dal punto di vista della sicurezza e della
sostenibilità ambientale e garantire le migliori soluzioni tecnologiche, ma poi
le decisioni vanno prese e concretamente attuate. Il governo dunque considera
questo impianto strategico? Quali saranno i prossimi passaggi e si arriverà
presto a dare addirittura il via alla costruzione? Bisogna portare avanti, in
tempi rapidi e nei diversi livelli istituzionali, tutte le procedure necessarie
per assumere decisioni concrete, puntando a iniziare i lavori al più presto.
Quali benefici si possono attendere da un’opera come questa? A livello locale ci
sarà un impatto in termini di occupazione, investimenti e sviluppo del porto.
Più in generale, è un dato di fatto che crescita e occupazione passano per
l’energia: tutti insieme abbiamo la responsabilità di ridurne il costo per i
cittadini e le imprese.
Silvio Maranzana
Bassa Poropat e Cosolini: «Noi restiamo contrari»
TRIESTE Ma sul rigassificatore le amministrazioni locali non demordono,
confermano il loro parere contrario e promettono ancora battaglia perché qui non
si tratta più di difetti di comunicazione da parte di Gas Natural, com’era stato
denunciato in una prima fase, bensì di una risposta negativa data dal territorio
dopo aver soppesato vantaggi da una parte e svantaggi e pericoli dall’altra.
«Rispetto tutte le opinioni - afferma il sindaco di Trieste Roberto Cosolini -
quindi a maggior ragione quella di un ministro come Corrado Passera. Spero però
anche di poter avere presto un confronto con il governo per poter spiegare il
merito e il senso di una contrarietà al rigassificatore che mi sembra un
sentimento diffuso e maggioritario in città. Non si tratta certo di una
contrarietà pregiudiziale bensì di evidenti, ripetute e mai superate criticità
d’impatto di una simile struttura». E il confronto che il sindaco spera di avere
presto con il governo va oltre la questione rigassificatore. «Vorrei porre la
questione del futuro dell’area di Servola e della Ferriera e quella dei
collegamenti di cui la città è particolarmente carente, in particolare in ambito
ferroviario perché credo che Trieste oggi abbia molto più bisogno di treni che
di rigassificatori». L’ultima carta in mano al Comune, del resto già ventilata,
potrebbe essere quella del ricorso amministrativo al Tar. «Ma non lo useremo
certo come arma politica - frena il sindaco -, sarà una strada che potremmo
seguire solo se nell’iter burocratico ravviseremo irregolarità procedurali o
amministrative». Il “no” al rigassificatore è confermato anche dalla presidente
della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. «Ma non è certo una posizione solo
mia bensì di giunta e Consiglio provinciali - afferma -. E anche dei Comuni di
Trieste, di Dolina e ancora più di Muggia dove, oltre ai problemi di sicurezza,
le prospettive di sviluppo del territorio che includono la creazione di un nuovo
terminal traghetti cozzerebbe con il traffico di gasiere».
(s.m.)
IL PICCOLO - SABATO, 21 luglio 2012
La Consulta: inammissibile privatizzare l'acqua
ROMA L’acqua non si tocca, lo dice anche il “giudice delle leggi”. La Corte
costituzionale infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 4 della finanziaria-bis 2011 che disponeva la possibilità di
privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali. Tra questi,
anche i servizi idrici, su il 12 e 13 giugno 2011 c’è stato un referendum.
Esultano Vendola (Sel), Di Pietro (Idv), Bonelli (Verdi) e, naturalmente, il
Forum dei movimenti per l’acqua pubblica: «La Corte costituzionale restituisce
voce ai cittadini italiani e alla democrazia del nostro paese. Con
quell’articolo il governo Berlusconi, calpestava il risultato referendario e
reintroduceva la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Ora, questa
sentenza blocca anche tutte le modifiche successive, compresa quelle del governo
Monti». Il movimento sottolinea che i giudici richiamano chiaramente il vincolo
referendario «infranto con l’articolo 4» e che la legge approvata violava
l’articolo 75 della Costituzione. La sentenza, aggiunge il Forum, «ribadisce con
forza la volontà popolare espressa con il referendum e rappresenta un monito al
governo Monti e a tutti i poteri forti che speculano sui beni comuni. Dopo la
straordinaria vittoria referendaria costruita dal basso, oggi è chiarito una
volta per tutte che deve essere rispettato quello che hanno scelto 27 milioni di
italiani: l’acqua e i servizi pubblici devono essere pubblici».
IL PICCOLO - VENERDI', 20 luglio 2012
Cosolini: sulla Tav non cambio idea
Il sindaco Cosolini cambia idea sulla Tav,come sostengono i consiglieri
comunali grillini Patuanelli e Menis? Arriva la replica da parte del primo
cittadino con alcuni distinguo. «Non vorrei che gli amici grillini prendessero
le cattive abitudini di tanta vecchia politica strumentalizzando e deformando
posizioni altrui a proprio uso e consumo. Dicono che mi tolgo la maschera e che
mi rimangio di aver detto che non mi piace l'espressione Tav perché a Trieste
non ci sarà mai? Sanno benissimo che non mi rimangio alcunché, quello che ho
detto il 27 giugno 2011 riguardava molto chiaramente il concetto di Alta
velocità, visto che è noto che l'infrastruttura destinata a raggiungere Trieste
non avrà questa funzione nel tratto che ci riguarda ed è semmai finalizzata
all'alta capacità per il trasposto merci in funzione del Porto. Guarda caso
proprio ciò dicevo il 27 giugno, intendendo che semmai l'alta capacità poteva
interessare Trieste, cosa che ho ribadito in più occasioni. Resto convinto che
vadano coniugate le esigenze del contenimento in termini fortemente sostenibili
dell'impatto ambientale della realizzazione e del potenziamento
dell'infrastruttura del trasporto ferroviario, tanto più visto che i trasporti
su rotaia consumano e inquinano di meno e sono più sicuri di quelli su gomma, ed
è su questo aspetto che tutti dovremmo essere molto attenti. Ai consiglieri
Menis e Patuanelli ribadisco attenzione e rispetto per la loro funzione di
stimolo anche critico; ma proprio per le ragioni di protesta contro tanta brutta
politica che ha alimentato il loro successo elettorale consiglio di non
ricorrere a certe pratiche proprie di questa politica».
Tav, uno stralcio per il bivio S. Polo
Riproposto tale e quale, solo non slegato dalle altre tratte, il progetto
della linea ad Alta velocità-Alta capacità ferroviaria torna a essere oggetto
delle pesanti osservazioni del Comune di Monfalcone. A rinforzare le "critiche"
del Consiglio comunale, che vanno dall'assenza di un piano economico-finanziario
alla collocazione dei cantieri, si aggiunge, però, ora l'ordine del giorno
presentato dal Partito della rifondazione comunsita e approvato a maggioranza
dal centrosinistra. Sul documento, che di fatto impegna il sindaco a chiedere lo
stralcio dell'intervento sul bivio di San Polo dalla legge obiettivo, si sono
astenuti ben quattro consiglieri del Partito democratico (Marco Ghinelli, Lucia
Giurissa, Paolo Fogar e Andrea Davanzo), a dimostrazione delle diverse
sensibilità esistenti sul tema, oltre al capogruppo di Sinista ecologia e
libertà, Giovanni Iacono. L’altra sera in aula Iacono aveva portato un altro
documento, di contrarietà netta al progetto Tav e «non negoziabile», che alla
fine è stato bocciato in modo netto. L'ordine del giorno di Rifondazione si
occupa, se si vuole, di un aspetto di dettaglio, facendo propria però la
richiesta del Comitato No Tav e delle associazioni ambientaliste di slegare la
questione del potenziamento del nodo di San Polo dal progetto dell'Alta
velocità. Un'opera ritenuta necessaria per dare impulso al trasporto su rotaia,
evitando però l'impatto, ritenuto devastante dai contrari, del progetto Tav.
«Eravamo e siamo convinti che sia meglio calare il documento sul territorio,
perché più utile», spiega il segretario provinciale e consigliere comunale di
Rifondazione comunista, Alessandro Saullo. «Il sindaco Silvia Altran - aggiunge
- è stata in ogni caso impegnata ad adoperarsi in difesa dell’integrità del
territorio, evidenziando nelle sedi opportune le criticità emerse riguardo
all’impianto progettuale, in particolar modo nel transito nell’area carsica, e
la intollerabile gravità degli impatti segnalati». A fronte del documento, il
sindaco dovrà poi per l'appunto presentare richiesta all’amminisrtrazione
regionale del Friuli Venezia Giulia, affinché si provveda alla stesura di uno
specifico e prioritario progetto, riguardante la riqualificazione della linea
storica, nel tratto del bivio San Polo, tale però da «garantire il minimo
impatto sul territorio, richiedendo lo scorporo dello stesso dalle procedure
sottoposte alla legge obiettivo». «Una legge che minimizza il ruolo dei Comuni e
delle comunità - sottolinea Saullo -. Tant'è che il progetto è stato
ripresentato identico, senza tenere alcun conto delle osservazioni presentate un
anno e mezzo fa».
Laura Blasich
Wwf: la filiera dell?olio di palma non è certo amica
dell?ambiente
«Se si calcolasse seriamente l’impatto sull’ambiente dell’intera filiera
produttiva dell’olio di palma, si scoprirebbe che questa è tutt’altro che una
fonte energetica amica dell’ambiente». Lo afferma in una nota il Wwf del Friuli
Venezia Giulia a proposito del progetto della centrale elettrica a biomasse
proposta ad Opicina dalla società «Iniziative Industriali Triestine srl», di cui
chiede la valutazione di impatto ambientale. Secondo l’organizzazione
ambientalista, la centrale, costituita da due motori diesel, utilizzerebbe
infatti olio di palma come combustibile: per una potenza complessiva di circa
trentasette MW, si brucerebbero cinquantacinquemila-sessantamila tonnellate
all’anno di olio di palma, per produrre le quali sarebbero necessari circa
quindicimila ettari (150 chilometri quadrati) di piantagioni di palma da olio in
Africa. Si tratta di una superficie di poco inferiore a quella dell’intera
Provincia di Trieste che occupa 212 chilometri quadrati.
Le fognature di Trieste bocciate in sede europea
Ci sono Trieste, Muggia e San Dorligo tra i comuni che hanno causato
all’Italia una severa condanna in sede comunitaria per lo smaltimento delle
acque reflue. Da grandi città come appunto Trieste o Imperia, Reggio Calabria e
Messina, fino a “perle” del turismo come Rapallo, Capri, Ischia, Porto Cesareo,
Giardini Naxos, Cefalù e tante altre ancora: le reti fognarie di circa un
centinaio di centri urbani sparsi per il territorio nazionale hanno ricevuto
ieri l’euro-bocciatura perchè ancora non rispondono ai requisiti fissati
nell’ormai lontano 1991 dall’Ue per salvaguardare l’ambiente e la salute dei
cittadini attraverso un’adeguata gestione delle acque reflue. A emettere il
verdetto è stata la Corte di giustizia dell’Ue del Lussemburgo che, in seguito a
una procedura d’infrazione portata avanti fin dal 2009 dalla Commissione
europea, ha condannato l’Italia a fare al più presto tutto il necessario per
sanare la situazione. Un compito che spetta in primo luogo ai comuni
direttamente interessati, ma di cui la responsabilità ultima resta in capo
all’amministrazione centrale. Se le cose non cambieranno rapidamente, fanno
sapere da Bruxelles, sarà infatti lo Stato italiano a essere chiamato a
rispondere della mancata applicazione del diritto comunitario. E la prossima
volta c’è il rischio che ci scappi anche una pesante multa. Le regioni italiane
in cui si trovano le località finite nel mirino della giustizia europea sono in
tutto otto: Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia,
Calabria e Sicilia. Tantissimi i centri turistici con fogne ritenute inadeguate
a smaltire le acque reflue, specie durante il periodo di maggiore affluenza. Le
norme Ue stabiliscono infatti non solo che tutti i centri urbani con almeno
15.000 abitanti debbano essere dotati di adeguate reti fognarie e impianti di
trattamento biologico delle acque reflue. Ma anche che questi impianti debbano
essere in grado di far fronte ai carichi derivanti da fattori stagionali, come
appunto il turismo o le piogge autunnali. Inoltre, in base alle norme Ue, deve
essere lasciata la possibilità di raccogliere campioni rappresentativi sia delle
acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati prima del loro definitivo
scarico. La lista di città e paesi non in regola è lunghissima. Ma tra i grandi
centri urbani spiccano, oltre a quelli già citati, Crotone, Agrigento, Palermo,
Benevento, Napoli Est. Il Lazio è finito nella ’lista nerà a causa di Frascati,
l’Abruzzo per Lanciano-Castel Frentano, il Friuli per Trieste-Muggia-San Dorligo
e Cervignano del Friuli. Diverse invece le località liguri citate dalla Corte,
tra cui Santa Margherita, Quinto, Recco e Finale Ligure.
Contro la crisi TurismoFvg lancia le 'vacanze a km
zero'
TRIESTE Sarà indirizzata su tre fronti la promozione turistica di Turismo
Fvg per il secondo semestre del 2012. La prima direttrice è quella della
“Vacanza a km zero” che ha come target i residenti del Friuli Venezia Giulia,
chiamati a fare le ferie dietro l’angolo. «In un periodo di difficoltà economica
la soluzione low cost vicino a casa può consentire di non rinunciare alle
vacanze», ha commentato l’assessore regionale Federica Seganti che ha presentato
la campagna insieme al direttore generale di Turismo Fvg, Edi Sommariva, e al
responsabile della comunicazione di Mpg, la società che realizzerà la
promozione. Quasi 60 mila volantini saranno distribuiti nelle casse di 48
supermercati della regione a cui si aggiungeranno 400 manifesti e 5.000 pannelli
per invogliare friulani e giuliani a non allontanarsi troppo di casa per le
ferie. «Una campagna – ha aggiunto Sommariva – che dovrebbe raggiungere 700-800
mila persone». Per quanto riguarda Austria e Germania, ma anche il resto
d’Italia, il canale pubblicitario scelto è la radio. Sull’austriaca radio 88.6
(principale emittente nell’area viennese) e la tedesca Radio Energy (leader in
Baviera) ci sarà spazio per un promozione “in diretta” con la presenza nei
luoghi turistici della regione (in particolare sul mare) dei giornalisti delle
due stazioni radiofoniche e le testimonianze dirette dei turisti e degli
operatori del settore. Si punterà in particolare a rassicurare austriaci e
tedeschi, spaventati dai terremoti che hanno colpito l’Emilia Romagna, sulla
totale sicurezza delle spiagge e delle altre attrazioni turistiche regionali. In
Italia si proseguirà con il percorso già avviato lo scorso anno, puntando su una
campagna affidata alle frequenze di Rtl 102.5. Una trentina di trasmissioni, che
partiranno già lunedì, saranno dedicate alle diverse località o agli eventi
organizzati in regione.
Roberto Urizio
«Cona, un'eccellenza in Europa»
STARANZANO Per abbondanza degli habitat, il loro ottimo livello di
conservazione e la numerosità delle specie vegetali (quasi un quarto delle
specie botaniche europee sono presenti in regione) ed animali che li popolano,
il Friuli Venezia Giulia, assieme a parte delle confinanti aree di Slovenia e
Carinzia, rappresenta in assoluto la più importante zona continentale per la
biodiversità. In questo contesto, come ieri ha potuto apprezzare nella sua
visita il presidente della Regione Renzo Tondo, la Riserva naturale della foce
dell'Isonzo con gli spazi attrezzati dell'Isola della Cona si propone come
esempio virtuoso, in grado di coniugare - nel medesimo tempo e nei medesimi
luoghi - un modello di conservazione naturale con la possibilità di creare nuovi
posti di lavoro, in particolare per persone svantaggiate. Secondo il presidente,
accompagnato nella sua visita dal consigliere regionale Franco Brussa, dal
vicesindaco e dall'assessore all'Ambiente di Staranzano, Diego Moretti e Matteo
Negrari, dal presidente e dal vicepresidente del Consorzio di cooperative
sociali Il Mosaico (che gestisce la Riserva naturale), Mauro Perissini e Luca
Fontana, e dal responsabile della Stazione biologica della Riserva, Fabio Perco,
quest'ambiente è dunque una delle tante "eccellenze del Friuli Venezia Giulia",
un luogo da sviluppare e valorizzare, sia in funzione turistica che in chiave
didattica e scientifica. Infatti, come è stato indicato al presidente Tondo, che
ha espresso il suo pieno apprezzamento per le attività promosse, la riserva
ambientale (coinvolge territori dei Comuni di Staranzano, Grado, San Canzian
d'Isonzo e Fiumicello per complessivi 2.340 ettari) è la più grande area
protetta della regione subito dopo i due Parchi delle Dolomiti friulane e delle
Prealpi Giulie svolge, sin dalla sua istituzione avvenuta con la legge regionale
42 del 1996, un ruolo fondamentale anche per quanto concerne l'indotto, nei
confronti del territorio circostante, fortemente concentrato su attività che
hanno a che fare con il settore turistico e l'enogastronomia. D'altronde i
numeri danno ragione alla Riserva, è stato confermato a Tondo dai vertici de Il
Mosaico, Perissini e Fontana: nel 2010 sono stati 13.300 i visitatori paganti
mentre l'anno passato sono stati registrati 18.912 ingressi (prezzo medio del
biglietto 3,5 euro), a testimonianza dell'apprezzamento del pubblico per
quest'area che è in grado di mostrare ai suoi visitatori più della metà di tutte
le specie d'uccelli presenti in Europa, ha indicato l'esperto botanico Pierpaolo
Merluzzi. Circa il 30 per cento dei visitatori giunge dall'estero ed un
ulteriore 20 per cento dalle altre Regioni d'Italia.
VOCE ARANCIO - GIOVEDI', 19 luglio 2012
Sciogliersi come plastica nell'acqua
Miner-Pha, un nuovo materiale totalmente biodegradabile. Basta immergerlo
e dopo 40 ore non esiste più. È una start up tutta italiana
Plastica che si scioglie. Immaginate un mondo dove la plastica esiste ma
solo il tempo necessario. Dopo di che la si butta in acqua, lei si scioglie in
40 ore e scompare, senza rilasciare sostanze nocive. Immaginate che questa
plastica costi poco, sia naturale e che per produrla non si debbano utilizzare
tonnellate di cibo. Ora smettete di immaginare: questa plastica esiste già. L’ha
inventata un’azienda italiana, la Bio-On.
Startup italiana. «L’artefice si chiama Marco Astorri, 43 anni, tre figli e un
brevetto che sta facendo discutere il mondo. I laboratori sono a Minerbio, 40
minuti da Bologna, in mezzo ai campi».
Un altro mo(n)do. «Io non sono uno scienziato e nemmeno un laureato in chimica.
Sono soltanto un grafico pubblicitario che un giorno si è detto che doveva
esserci un altro modo per fare la plastica. Un modo che non inquinasse il
pianeta per migliaia di anni. Allora sono andato su internet a cercare fino a
quando quel modo l’ho trovato» (Astorri).
Pezzetti di plastica. La storia inizia nel 2006. Astorri è in società con il
francesce Guy Cicognani (studioso di marketing). Insieme producono microchip. La
plastica arriva per caso: «Eravamo in montagna e parlavamo dei chip degli
skypass. Qualcuno ci ha fatto notare che quei pezzetti, finita la giornata,
venivano buttati nella neve. Poi, d’estate, se ne trovavano a centinaia nei
prati». I due si sentono in un certo senso colpevoli, visto che li producono, e
iniziano a chiedersi se non ci sia un modo per fare una plastica totalmente
biodegradabile.
Piatti a base di mais. «Astorri e Cicognani non sono i primi a pensarlo. Proprio
in Italia Catia Bastioli, dal 1990 e negli stabilimenti della Novamont a Terni,
ha iniziato a produrre la MaterBi, plastica a base di amido di mais. Ha avuto un
notevole successo, al punto che alle prossime Olimpiadi di Londra i piatti, i
bicchieri e le posate, in tutto alcune decine di milioni di pezzi, saranno di
bioplastica italiana. Il mais però è un alimento: usarlo per fare la plastica
vuol dire farne salire il prezzo e si è visto con i biocarburanti di prima
generazione come questo possa essere problematico» (Riccardo Luna, la Repubblica
20/6/2012).
Prodotto dagli scarti. «Siamo partiti dalla fine: che materiale vogliamo? Siamo
giunti alla conclusione che doveva avere alcune caratteristiche: doveva essere
completamente biodegradabile, doveva costare poco, doveva essere biocompatibile
e soprattutto doveva essere prodotto dagli scarti, non come le altre
bioplastiche dove servono 4 tonnellate di cereali buoni da mangiare per
ottenerne una di plastica» (Astorri a Rapahel Zanotti de La Stampa, 9/10/2011).
Plastica con lo zucchero. Chiudono con gli skypass, comprano un computer, un Mac,
lo collegano alla rete e cominciano a cercare qualcosa di nuovo. Luna: «La
caccia finisce in un’università in mezzo all’Oceano Pacifico dove un gruppo di
ricercatori sta sperimentando un modo per produrre la plastica con gli scarti
della lavorazione delle zucchero: il melasso. È il 2007. Astorri e Cicognani
prendono un aereo, investono la metà dei loro risparmi per comprare quel
brevetto (250 mila dollari), ne aggiungono una serie di altri sparsi nel mondo e
in un anno sono pronti a realizzare la molecola descritta dal biologo francese
Maurice Lemoigne nel 1926: il PHA ».
Una molecola di 85 anni. Perché ci sono voluti più di 80 anni per ripartire dal
biologo francese Maurice Lemoigne? Astorri: «Perché in quei tempi ci fu il boom
del petrolio: fare plastica in quel modo era facile ed economico, i costi per
l’ambiente non venivano tenuti in considerazione».
Praticamente grasso. Il PHA è l’uovo di colombo. Una plastica naturalmente
prodotta da alcuni batteri, i quali, nutrendosi degli scarti di lavorazione
della barbabietola da zucchero, producono una sostanza plastica che a loro serve
come riserva di energia. Praticamente come il grasso per gli uomini. Simone
Begotti, capo del laboratorio Bio-On: «Si tratta di affamarli e poi farli
ingrassare. In poche ore quel grasso diventa la polvere con cui facciamo la
plastica».
Batteri che mangiano. Più precisamente: in un piccolo fermentatore di pochi
litri vengono inseriti gli scarti della barbabietola e i ceppi di batteri
selezionati. Quando cominciano a nutrirsi tutto viene travasato in fermentatori
più grandi, da 1600 litri. Passate 40 ore si rompe la membrana cellulare del
batterio (che viene ridata da mangiare ad altri batteri), si estrae la sostanza
che essiccata, lavata e ridotta in polvere è pronta a essere usata.
Plastica che diventa acqua. Il nuovo polimero viene ribattezzato Minerv e nel
2008 arriva la certificazione: «Al 100% biodegradabile in terra, acqua dolce e
acqua di mare», attestano a Bruxelles. Questa sostanza è naturale e viene
digerita tranquillamente dai batteri presenti nell’acqua. Basta che l’oggetto
rimanga per 10 giorni in un fiume o nel mare (acque batteriologicamente non
pure) per scomparire completamente.
Plastica dura, finalmente. La vera svolta nel 2011: Begotti riesce per la prima
volta a realizzare un PHA con proprietà molto simile al policarbonato. Non la
classica plastica dei sacchetti della spesa, quindi, ma la plastica dura e
malleabile di cui sono fatti tanti oggetti della vita quotidiana: bottiglie,
fibre, dispositivi medicali, componenti e elettroniche. Unendo la caratteristica
della biodegradabilità alle «performance» del policarbonato (resistenza,
flessibilità, stampabilità) si riesce facilmente a comprendere la qualità finale
del prodotto.
Seduto su una montagna d’oro. Il primo a crederci è stato il presidente di Flos
che ha voluto replicare una celebre lampada del design italiano, Miss Sissi.
Secondo Astorri tra un anno il MinervPHA sarà negli occhiali da sole italiani,
nei computer californiani, nei televisori coreani e persino nelle confezioni di
merendine per bambini: «Tutti mi dicono che sono seduto su una montagna d’oro ma
non è così che mi sento. Mi sento su una scala di cui non si vede la fine».
Contadini industriali. «Riceviamo molte richieste da parte di grandi gruppi
industriali e fondi di investimento che vogliono acquistarci ma abbiamo sempre
rifiutato». Adesso c’è un patto: la cooperativa agricola emiliana CoProB che
produce il 50 per cento dello zucchero italiano. E quindi tantissimo melasso.
Saranno loro, i contadini emiliani, i titolari del primo impianto Bio-On che
aprirà a fine anno e produrrà 10.000 tonnellate all’anno di plastica Minerv: «È
la fabbrica a chilometro zero. Sorge dove stanno le materie prime». Poi, con
l’aiuto del colosso degli impianti industriali Techint, si punterà a replicare
il meccanismo in tutto il mondo: un paio di impianti, a forma di batterio,
disegno dell’architetto bolognese Enrico Iascone, apriranno in Europa, uno negli
Stati Uniti.
Il tempo che si biodegrada Oggi un sacchetto di plastica si biodegrata in 500
anni e più, così come le fibre sintetiche, una bottiglia di plastica ci mette
quasi un secolo, un pannolino 200 anni, le carte telefoniche addirittura 1000
anni.
Immense conseguenze. Luna: «Era il 1954 e a pochi chilometri da Minerbio,
Ferrara, negli stabilimenti della Montecatini, un grande chimico italiano,
Giulio Natta, scopriva la regina delle plastiche, il polipropilene isotattico ,
noto come il Moplen nelle pubblicità dell’epoca con Gino Bramieri. Il 12
dicembre 1963 Natta e il chimico tedesco Karl Ziegler ricevevano il premio
Nobel. Nella motivazione si legge: “Le conseguenza scientifiche e tecniche della
scoperta sono immense e ancora non possono essere valutate pienamente”».
COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 19 luglio 2012
CENTRALE A BIOMASSE DI OPICINA - IL WWF: “OLIO DI PALMA
FINTA ENERGIA RINNOVABILE. INDISPENSABILE LA VIA SUL PROGETTO”
Per produrre le 60mila tonnellate di olio di palma necessarie ogni anno
per alimentare la centrale servono piantagioni di 15mila ettari sottratti alla
foresta pluviale africana. Negativo anche l’impatto ambientale e paesaggistico
sul Carso.
“Se si calcolasse seriamente l’impatto sull’ambiente dell’intera filiera
produttiva dell’olio di palma, si scoprirebbe che questa è tutt’altro che una
fonte energetica amica dell’ambiente”: lo afferma il WWF Friuli Venezia Giulia a
proposito del progetto della centrale elettrica a biomasse proposta ad Opicina
dalla società “Iniziative Industriali Triestine srl”.
FORESTA A PERDERE
La centrale, costituita da due motori diesel, utilizzerebbe infatti olio di
palma come combustibile: per una potenza complessiva di circa 37 MW, si
brucerebbero 55-60 mila tonnellate all’anno di olio di palma, per produrre le
quali sarebbero necessari circa 15 mila ettari (150 kmq) di piantagioni di palma
da olio in Africa: una superficie poco inferiore a quella della Provincia di
Trieste (212 kmq).
“I proponenti – attacca l’associazione - definiscono “rinnovabile” l’olio di
palma poiché l’anidride carbonica emessa bruciandolo equivarrebbe a quella
incorporata dalle piante nel corso del loro ciclo di crescita e produzione dei
frutti da cui si ricava l’olio. In realtà, gli habitat e la vegetazione naturale
(foreste pluviali, ecc.) distrutti per far posto alle piantagioni industriali di
palma da olio, consentirebbero un ben maggiore assorbimento dell’anidride
carbonica (il principale dei “gas serra” responsabili dei cambiamenti
climatici). Inoltre, la distruzione di quegli habitat ha gravemente impoverito
la biodiversità vegetale e animale del continente africano – fenomeni analoghi
avvengono anche in Centro America e nel sud est asiatico, dove pure si coltiva
la palma da olio –, uno degli elementi fondamentali per la conservazione della
vita sul nostro Pianeta”.
IMPRONTA NEGATIVA
Secondo il WWF, per un calcolo effettivo della sostenibilità ambientale del
progetto, bisognerebbe in effetti calcolare l’”impronta” (in termini di anidride
carbonica emessa) dell’intero ciclo produttivo, comprese cioè le emissioni
legate alle fasi di coltivazione delle palme da olio, alla produzione di
fertilizzanti, antiparassitari e pesticidi utilizzati nelle piantagioni, al
trasporto della biomassa agli impianti nei quali viene estratto l’olio, al
processo di spremitura e raffinazione dell’olio, al trasporto dell’olio via mare
dall’Africa al porto di Trieste e poi via terra – su treno e autocisterne - dal
porto fino ad Opicina, senza dimenticare le emissioni legate alla costruzione
della centrale, alla produzione dei materiali necessari a tale scopo, quelle per
lo smaltimento dei residui, ecc.
INVESTIRE SULL’EFFICIENZA
Le stesse operazioni dovrebbero essere considerate nel calcolo del bilancio
energetico complessivo dell’investimento sulla centrale a biomasse, secondo il
metodo dell’EROEI (Energy Return On Energy Invested): un calcolo che secondo il
WWF darebbe certamente esito negativo.
L’associazione ambientalista contesta quindi anche l’affermazione, secondo cui
la centrale di Opicina contribuirebbe all’indipendenza energetica del Paese
rispetto alle importazioni di fonti fossili, poiché non esiste nessuna
differenza sostanziale tra l’importare petrolio o gas, oppure olio di palma, da
oltremare.
Una vera indipendenza energetica si costruisce piuttosto investendo
nell’efficienza energetica: come dimostra il “Libro Verde sull’efficienza
energetica” (2005) della Commissione Europea, l’investimento in efficienza è
infatti il più redditizio, sia dal punto di vista economico, sia da quello
occupazionale. Il costo totale di produzione di un kWh è infatti circa il doppio
del costo necessario per risparmiare lo stesso kWh. Inoltre, gli investimenti
nell’efficienza energetica creano da tre a quattro volte più posti di lavoro,
rispetto a quelli creati con gli investimenti nella costruzione di centrali
elettriche.
SERVE LA VIA
A ciò va aggiunto, aggiunge il WWF, il fatto che l’impatto della centrale
sull’ambiente di Opicina e del Carso sarebbe certo assai negativo. Se la zona
prescelta è classificata “industriale” dal piano regolatore vigente (che è
quello del 1997, tornato in vigore l’anno scorso dopo l’abbandono della variante
118), è vero però che l’area in questione è in gran parte coperta da boscaglia
carsica di elevato pregio naturalistico – che lo studio presentato da IIT srl
evita di esaminare – mentre anche l’impatto paesaggistico dell’impianto (con
edifici altri fino a 16 metri e una doppia ciminiera di 35 metri) sarebbe
pesante e impossibile da mitigare.
Da tutto ciò la conclusione degli ambientalisti: il progetto dev’essere
sottoposto a valutazione di impatto ambientale.
WWF-FVG
IL PICCOLO - GIOVEDI', 19 luglio 2012
Via libera alla Tav dalla giunta Cosolini
Sarà guerra politica vera. Ma breve. Una guerra-lampo. Perché il tempo
stringe. Il Comune, infatti, deve liquidare il suo ultimo parere di Via entro un
mese dal ricevimento del documento integrativo denominato “Sistema conoscitivo
generale - Relazione generale”. La Direzione centrale Ambiente - Servizio Via
della Regione l’ha inviato per Pec, Posta elettronica certificata, lo scorso 28
giugno. Conclusione: la risposta, alla stessa amministrazione regionale, a meno
di richieste di proroga su cui sta rimuginando il presidente del Consiglio
comunale Iztok Furlanic, deve arrivare entro il 28 luglio. Che è un sabato. Non
è escluso che l’aula di piazza Unità si riunisca proprio in via straordinaria al
sabato. Quel sabato. Ma prima no? No, evidentemente. Le carte andavano studiate,
prima che gli uffici potessero predisporre con Laureni una delibera. Tale
delibera è stata votata martedì scorso. Da lì è partita subito la corsa
burocratica: per legge le circoscrizioni hanno dieci giorni per esprimersi, e
già finiamo al prossimo giovedì, 26 luglio. A quel punto serve, sempre per
legge, un altro passaggio in giunta, prima dell’approdo nella commissione
consiliare competente, in questa caso la Sesta. Solo allora si può votare in
Consiglio comunale. Per accelerare le procedure Laureni presenterà la delibera
alla Sesta commissione già martedì 24, alle 12, in quella che si profila essere
una seduta tanto introduttiva quanto già gonfia potenzialmente di polemiche. Un
mezzogiorno di fuoco.
Uno, due, Tav. Liberi tutti. Liberi, a sinistra, di votare contro Cosolini. Liberi, a destra, di porgere al sindaco la stampella per non cadere. Perché è questo lo scenario che si profila. Ah sì: liberi anche, quelli di Sel, di disconoscere la firma, apposta per senso istituzionale in testa alla delibera della discordia, dall’assessore all’Ambiente di Cosolini Umberto Laureni. Di Sel. Detona insomma in Municipio, inatteso non nei modi ma nei tempi, il proietto della Ronchi-Trieste, il pezzo nostrano del Corridoio 5. Il fuoco lo appicca proprio una delibera di giunta appena approvata, e subito inoltrata d’urgenza ai presidenti di circoscrizione e ai capigruppo di un Consiglio comunale chiamato a dire l’ultima parola per le vie brevi. Tale provvedimento, in effetti, riporta il parere favorevole dell’amministrazione Cosolini - benché zeppo di prescrizioni (16) e osservazioni/raccomandazioni (4) - all’ultima «integrazione documentale» sulla «nuova linea AV/AC Venezia-Trieste», per la «tratta Ronchi-Trieste», «inerente il procedimento di Valutazione di impatto ambientale del medesimo progetto proposto da Italferr Spa - Gruppo Fs». Il tutto deriva dalla richiesta, da parte della Regione, di un ennesimo, definitivo, parere di Via. Un parere da dare, su input ministeriale, proprio su questa «integrazione documentale», che diventa così «documento unitario» per i precedenti studi di impatto ambientale sulle varie tratte della Venezia-Trieste. Tradotto: un passaggio burocratico, amministrativo. Che però, come era altamente prevedibile, diventa grana politica. In giunta si narra che la delibera sia stata affrontata in un clima imbarazzato, e che sia stata licenziata con almeno un paio di distinguo. Uno di Emiliano Edera, l’assessore di Idv, che ha votato a favore chiedendo però di mettere a verbale alcune «perplessità». L’altro di Laureni. L’assessore competente. Che si è astenuto. Pur mettendoci la firma. E la faccia. «Una circostanza dalla portata relativa, questa», precisa Laureni. E aggiunge: «Ho ricevuto dagli uffici risposte che facevano desumere come la cosa potesse essere fatta, pur con pesantissime prescrizioni. Ho riflettuto a lungo, per capire se quelle equivalessero a un no. Alla fine ho deciso di proporre un sì condizionato. È nata una discussione molto impegnativa. Sarò il primo a far presente che quelle prescrizioni rappresentano elementi di criticità. Sono consapevole che per il ruolo che si ha bisogna assumersi delle responsabilità, come sono consapevole che mi prenderò delle critiche. Mi auguro che la mia scelta produca un forte dibattito». Infatti: dalla Sel di governo a quella di lotta il passo è ridotto. In una nota il coordinamento vendoliano, nell’apprezzare il no al rigassificatore, ammonisce il governo Cosolini di cui fa parte con Laureni: «Un sì, anche se parziale, a progetti quali la Tav, sarebbe tanto prematuro quanto immotivato anche a fronte delle numerose e circostanziate obiezioni in merito a tale infrastruttura».
Piero Rauber
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 18 luglio 2012
Piano traffico in 5 tempi Partenza entro dicembre
In corso Italia e in corso Saba solo autobus e niente macchine, via Mazzini
e via Imbriani a uso esclusivo dei pedoni, e poi via Carducci a doppio senso per
il traffico privato nel tratto tra piazza Goldoni e via Valdirivo, via Battisti
a senso unico in discesa a tre corsie e via Ginnastica a senso unico in salita.
In via Rossetti invece, a differenza di quant’era trapelato, non cambierà nulla.
La rivoluzione del traffico triestino è pronta, fatta e approvata dalla giunta
comunale a quattordici anni di distanza dall’ultimo Piano. Prevede nel complesso
ampie pedonalizzazioni in Borgo Teresiano, introduce numerose zone a traffico
limitato (Ztl) dove potranno accedere solo bus, taxi, disabili e furgoni per
carico e scarico merci, disegna una pista ciclabile a forma di Pi greco con
l’asse costiero sulle Rive e due direttrici: Battisti-Giulia e
D’Annunzio-Cumano, propone la fusione delle linee di autobus 9 e 10 in una sorta
di circolare gialla, e l’istituzione di navette ecologiche blu tra piazza
Goldoni, le Rive e Sant’Andrea e di shuttle verdi tra i parcheggi di cintura e
il centro storico. Il Piano è stato redatto dagli uffici comunali ed è firmato
dal mobility manager Giulio Bernetti che l’ha illustrato alla stampa assieme
all’assessore a Pianificazione urbana, mobilità e traffico Elena Marchigiani. Da
ieri è integralmente pubblicato sul sito www.retecivica.trieste.it attraverso il
quale i cittadini possono entro trenta giorni proporre le loro osservazioni,
mentre 60 sono i giorni per i pareri alla Valutazione ambientale strategica (Vas).
Nella prossima settimana e in quella successiva la rivoluzione del traffico, che
prevede interventi forti anche a San Giovanni, Roiano e Opicina, verrà
illustrata alle circoscrizioni nell’ambito di tre incontri che verranno
organizzati. «A ottobre partirà la discussione in Consiglio comunale - ha
annunciato l’assessore Marchigiani - e entro l’inizio di novembre è prevista
l’approvazione definitiva che logicamente potrà portare, tramite emendamenti, a
qualche modifica». Già dalla fine dell’anno i primi interventi pratici anche se
Marchigiani e Bernetti non hanno voluto sbilanciarsi sui tempi necessari per
giungere all’applicazione completa, anche perché sarà necessario arrivare a
intese con la Provincia e con Trieste trasporti. É stato però stilato, come
riportato nel grafico qui sopra, anche il piano di attuazione che prevede di
partire dall’area via Galatti, piazza Oberdan, via Giustiniano, via Beccaria,
via Fabio Severo. Per arrivare alla pedonalizzazione di via Mazzini e via
Imbriani bisognerà attendere la quinta e ultima fase.
Silvio Maranzana
Più aree pedonali e piste ciclabili
Il nuovo Piano del traffico estende le aree pedonali e i percorsi pedonali
privilegiati dal centro alla periferia. L’area compresa tra il Canale di
Ponterosso e piazza Unità viene in gran parte pedonalizzata; rimane il trasporto
pubblico che sviluppa le sue dorsali sulle vie Roma, Mazzini bassa e corso
Italia, nonché su un anello di servizio che tocca piazza Tommaseo - Canalpiccolo
- piazza della Borsa; al traffico privato è consentito il solo asse di
attraversamento via del Teatro romano - via San Spiridione. Sono stati
individuati una serie di collegamenti tra tutte le zone pedonali e verdì della
città, nonché i vari parcheggi di cintura mediante l’incentivazione di percorsi
pedonali. In particolare si completa l’asse pedonale che parte da piazza Venezia
e arriva fino a piazza Libertà; un asse parallelo a questo consente il
collegamento tra piazza Oberdan e corso Italia; in senso ortogonale è possibile
individuare l’asse piazza Unità - Boschetto, asse completato dalle
pedonalizzazioni previste su via Mazzini, via Gallina, via Crispi e viale XX
settembre. Relativamente alle aree periferiche, le proposte di pedonalizzazione
riguardano Roiano, San Giovanni (per cui si propone una vera e propria piazza
pedonale attorno alla chiesa) e la parte bassa di via Settefontane. Nei borghi
carsici vengono previste aree e percorsi pedonali a Opicina e a Basovizza. Il Pi
greco della mobilità ciclabile invece prevede un asse costiero viale Miramare -
Stazione - Rive - Campi Elisi e due assi che penetrano nelle due valli
principali della città verso via Giulia - San Giovanni e viale D’Annunzio - via
Cumano.
(s.m.)
E i bus sull'asse di corso Italia Borgo Teresiano,
posti agevolati
Per disincentivare l’uso dell’auto in centro e agevolare il trasporto
pubblico il Piano prevede un incremento delle corsie riservate lungo le
principali direttrici di accesso alle aree centrali della città in modo da
aumentare la velocità degli autobus. Si è cercato di non allontanare il
trasporto pubblico dalla zona pedonale in modo da garantire un servizio efficace
a queste aree. Gli autobus mantengono dunque l’attraversamento del centro
percorrendo corso Italia (che sarà utilizzabile dai mezzi pubblici in entrambi i
sensi di marcia) e un anello costituito da un breve tratto nella parte bassa di
via Mazzini, da piazza Tommaseo, via Canalpiccolo, piazza della Borsa e via
Roma. Si propone poi la realizzazione di un controviale interamente dedicato al
trasporto pubblico su via Carducci, nel tratto tra via Battisti e piazza
Oberdan, con una corsia riservata per ognuno dei due sensi di marcia. Si prevede
di riservare interamente ai bus il corso Saba (in doppio senso di marcia) e la
via Ginnastica (doppio senso nel tratto tra via Carducci e via Timeus e senso
unico in salita tra via Timeus e via Rossetti). Un primo percorso prevede dunque
una corsia preferenziale in direzione centripeta che corre lungo gran parte
della via Giulia, raggiunge la via Battisti (dove il trasporto pubblico ha una
corsia preferenziale in salita e viaggia in promiscuo sulle tre corsie in
discesa), si porta su via Imbriani, scende lungo corso Italia, interessa un
pezzo di via Mazzini e raggiunge piazza Tommaseo. Il percorso Sud-Nord di
maggiore lunghezza consente invece al trasporto pubblico di partire con una
corsia preferenziale in piazza Foraggi e mantenerla lungo via D’Annunzio,
restare in sede protetta per attraversare piazza Garibaldi e raggiungere
Barriera Vecchia. Da qui il trasporto pubblico può collegarsi all’asse Est-Ovest
attraverso il corso Saba o proseguire fino alla Stazione percorrendo la nuova
corsia riservata in via Carducci nel tratto tra via Battisti e piazza Oberdan.
In direzione opposta gli autobus possono partire dalla Stazione, usare come asse
preferenziale via Geppa e raggiungere le corsie preferenziali su via Carducci.
Accanto a questo collegamento è previsto un asse Sud-Nord che consenta al
trasporto pubblico di evitare nel tratto più critico l’attuale asse Piccardi -
Canova, spesso congestionato, potenziando invece l’utilizzo di via Conti. Altri
interventi a favore nel trasporto pubblico sono previsti con una corsia
preferenziale nel centro storico di Prosecco e con una che costeggia campo San
Giacomo. Il Piano prevede anche l’ampliamento della sosta a pagamento nei Borghi
Teresiano e Giuseppino con agevolazioni per i residenti: 4 ore gratis e le
restanti a 60 centesimi all’ora.
(s.m.)
«Servola e Piombino, vendita congiunta»
Non c’è alcun nuovo investitore pronto a rilevare la Lucchini, proprietaria
della Ferriera di Servola e che ha a Piombino il proprio stabilimento principale
dove è stato annunciato lo stop per quattro settimane di un altoforno. La
società, fortemente indebitata con le banche, perde dai 6 ai 12 milioni al mese.
Sono usciti segnali preoccupanti dall’incontro che si è svolto ieri a Roma al
Ministero per lo sviluppo economico con il sottosegretario Claudio De Vincenti e
al quale hanno partecipato per Trieste gli assessori di Regione, Provincia e
Comune: Angela Brandi, Adele Pino e Fabio Omero. «Se possibile, nella vendita
vorremmo tenere unito il sistema aziendale», ha affermato Francesco Chindemi,
l’amministratore delegato di Lucchini di recente nomina che in passato è stato
anche direttore a Servola. Affermazioni che hanno sollevato preoccupazioni
riscontrate in particolare da Omero che ha ribadito come la collocazione sul
mercato di asset separati, anziché la strada della vendita integrale, potrebbe
invece semplificare la vendita dello stabilimento triestino, «semplificando il
percorso delle istituzioni locali impegnate a risolvere la situazione triestina
garantendo occupazione, sicurezza sul lavoro e compatibilità ambientale.
Chindemi - ha rilevato Omero - si mette sulla stessa linea della Fiom nazionale,
ma per fortuna sarà il mercato a dettare le scelte». E già lunedì prossimo
infatti sempre a Roma si terrà il tavolo tra Lucchini e Jindall, il gruppo
indiciano di cui fa parte anche la società che ha affittato la Sertubi, altra
azienda triestina in difficoltà che difficilmente potrebbe sopravvivere senza la
Ferriera. «Ho chiesto al sottosegretario De Vincenti - ha riferito l’assessore
Brandi - che la questione di Trieste sia trattata con la stessa attenzione e
dignità rispetto a quella di Piombino, ricordando gli incontri che la Regione ha
fissato anche con imprenditori del settore dell’acciaio con l’obiettivo di
riconvertire un’area strategica non solo per Trieste, ma per tutto il Friuli
Venezia Giulia». E un appello affinché Servola rientri tra i progetti di
riconversione e riqualificazione delle aree di crisi industriale complessa
previsti dal Decreto sviluppo è stato fatto dall’assessore provinciale Adele
Pino. «É necessario che nell’incontro di lunedì prossimo - ha sottolineato Pino
- vengano esaminate la situazione e le problematiche della Ferriera di Servola
per la quale può essere individuata una soluzione distinta da quella di
Piombino. Contestualmente deve proseguire il tavolo regionale per giungere
quanto prima a un accordo di programma che definisca il percorso di
riconversione».
Silvio Maranzana
IL PICCOLO - MARTEDI', 17 luglio 2012
Laureni: dal Comune nessuna ambiguità sul
rigassificatore
Lo scorso venerdì in Regione, mentre di sotto il cosiddetto Tavolo tecnico
con gli oppositori al rigassificatore manifestavano il loro dissenso, non
sarebbe comunque stato il giorno delle sentenze, perché era, da programma,
quello dell’acquisizione di ulteriori atti sul progetto “riallineato” di Gas
Natural ai fini della prossima concessione o meno dell’Aia, l’Autorizzazione
integrata ambientale, da parte della stessa Regione. E proprio tra questi atti -
precisa in proposito l’assessore di Cosolini Umberto Laureni , in risposta ad
Adriano Bevilacqua della Uil Vigili del fuoco, critico in quell’occasione con
l’atteggiamento dell’amministrazione comunale, ritenuto possibilista e
proiettato a prendere tempo - «mentre la Provincia ha presentato una serie molto
puntuale di richieste tecniche da trasmettere a Gas Natural, il Comune ha
consegnato alla Regione una nota ufficiale in cui manifesta formale dissenso al
rilascio dell’Aia per il terminale di Zaule. Nella nota si ribadisce che non è
stato risolto nessuno degli elementi critici che avevano già portato al voto
negativo in Consiglio comunale del 14 febbraio». Anche vero è, poi, parola
sempre di Laureni, che «tra agosto e settembre arriveranno dunque le ulteriori
integrazioni di Gas Natural ai quesiti posti della Provincia, ma soprattutto
sarà ufficializzato il parere del Comitato tecnico regionale (Ctr) in esito alla
valutazione sui rischi di incidente rilevante. Ci sarà inoltre il parere formale
sull’Aia del Comune che, assieme a quello della Provincia, in sede di Conferenza
dei servizi, verrà reso alla Regione cui spetta per legge di concedere, o
negare, l’Aia medesima». «Il parere del Ctr, i pronunciamenti sull’Aia e gli
esiti della Conferenza interna dei servizi regionali saranno i prossimi
importanti adempimenti da seguire con grande attenzione. Il Comune di Trieste,
mentre garantisce la presenza e il massimo impegno sulla vicenda del
rigassificatore, si augura di avere chiarito la sua posizione, eliminando dubbi
e interpretazioni fuori luogo», chiude con tono stizzito l’assessore.
(pi.ra.)
Pdl a Muggia: «Assenti ma contrari a Gnl»
MUGGIA L'assenza del Pdl muggesano alla manifestazione di protesta contro il
progetto del rigassificatore nell'area ex Esso, organizzata da Bora.La venerdì
scorso durante la Conferenza dei servizi, non è passata inosservata. Se al
presidio hanno aderito i rappresentati dei pariti della maggioranza in Consiglio
comunale (Pd, Sel, Meio Muja, Idv, Federazione della sinistra) assieme a
Un'Altra Muggia, la scelta di non partecipare è stata dettata da precise
motivazioni che i consiglieri Claudio Grizon e Paolo Prodan hanno spiegato in
una lettera inviata al sindaco Nerio Nesladek. “Il Pdl muggesano ha sempre
manifestato la propria contrarietà all’ipotesi della realizzazione di un
rigassificatore di Gnl nell’area ex Esso”, scrivono i due consiglieri nelle
prime righe. Quello che il Pdl contesta, per giustificare l'assenza, sono le
modalità scelte per esprimere contrarietà al progetto. Modalità che per Grizon e
Prodan sono chiaramente uscite dalle vie istituzionali per imboccare quelle
della rete e dei social network: «Ci sembra che la questione della contrarietà
sul rigassificatore abbia perso quella iniziale caratterizzazione istituzionale
a favore di una regia non ben identificata che ha portato pareri, temi e
questioni prettamente tecniche e scientifiche su un “tavolo” animato da
Comitati, siti internet, Associazioni e movimenti politici che di istituzionale
hanno ben poco». Insomma concludono Grizon e Prodan: «Non sarà quindi un sito
internet o qualche Associazione o Comitato a dirci come e dove manifestare la
nostra contrarietà».
(i.gh.)
Centrale a biomasse - La circoscrizione si oppone al
progetto
OPICINA Sul progetto che prevede a Opicina la realizzazione della Centrale
di cogenerazione alimentata a biomasse negli spazi dell’ex Officine Laboranti,
si registra una nuova posizione da parte della circoscrizione di Altipiano Est.
In un documento realizzato dal parlamentino e inviato alla direzione centrale
Ambiente, Energia e Politiche per la montagna, viene chiesto di sottoporre il
progetto alla Valutazione di impatto ambientale (Via). Non solo. Secondo i
consiglieri, la portata di tale impianto richiederebbe una Via transfrontaliera
con il Comune di Sesana, oltre al coinvolgimento dei comuni limitrofi di
Monrupino e Sgonico. Il documento fa seguito a un incontro con residenti e
associazioni del territorio dove sono state recepite le diverse osservazioni già
depositate in Regione da alcuni cittadini a nome del territorio. «Il consiglio
rappresenta il primo livello dell’amministrazione comunale – si legge nel testo
inviato alla direzione centrale Ambiente – e pertanto non poteva ignorare la
fortissima preoccupazione dell’intera popolazione in larghissima parte contraria
a un intervento di questa natura». Dodici i punti sintetizzati dal parlamentino
dove argomentazioni di carattere tecnico e politico rappresentano ampie
perplessità sull’eventuale servizio della futura centrale. Si evidenzia tra
l’altro come l’area destinata alla centrale confini con una Zona di protezione
speziale e con un Sito di importanza comunitaria. Pertanto i consiglieri
s’interrogano su quale impatto il nuovo progetto potrebbe assumere nei confronti
della flora e della fauna ivi protette. Il parlamentino pone un forte accenno
sulle emissioni dell’impianto. In sintesi, stando ai dati raccolti dai
consiglieri, l’esercizio della centrale inciderebbe sull’atmosfera circostante
come la presenza di ben 270 Tir con il motore accesso e accelerato al massimo 24
ore su 24 nel centro di Opicina. Nel progetto non si farebbe menzione sulla
necessità di bonifica del sito, che risulterebbe inquinato da idrocarburi,
amianto e metalli pesanti.
Maurizio Lozei
Un'assemblea in piazza sull'Alta velocità
Assemblea in piazza domani a Duino Aurisina sul progetto della linea
ferroviaria ad alta velocità (Tav) che attraverserà il territorio comunale, con
un percorso praticamente tutto in galleria. È stata convocata dalla seconda
commissione consiliare per le 17.30 nella piazza del Municipio ad Aurisina Cave
nel quadro delle consultazioni avviate dal Comune per formulare, entro il 27
luglio, il parere dell’amministrazione sull’impatto ambientale dell’opera. La
commissione ha anche lanciato un appello agli enti, alle associazioni e ai
comitati, in generale ai portatori di interesse, perché partecipino alla
consultazione anche inviando pareri e memorie all’indirizzo di posta elettronica
segreteria@comune.duino-aurisina.ts.it. I risultati di questa fase saranno
esaminati dalla commissione, sempre in seduta pubblica e alla presenza di tutti
i capigruppo, la mattina del 19 luglio. Il Consiglio comunale sarà probabilmente
convocato per il 25 luglio. La consultazione non si chiuderà con l’invio del
parere del Comune alla Regione. «Non si tratta di un’azione demagogica contro la
Tav – dice Maurizio Rozza, presidente della commissione - siamo convinti che
valutazioni di impatto ambientale condotte in modo serio, consentano di
affrontare per tempo i nodi di un progetto e di non finire in dolorosi vicoli
ciechi come quello della Val di Susa».
IL PICCOLO - LUNEDI', 16 luglio 2012
«Costruiamo fin d'ora una Trieste sostenibile»
L’obiettivo è realizzare la “smart city”, cioè una città intelligente nella
quale circolano i tram, i collegamenti fra le periferie sono garantiti dalla
metropolitana leggera, sono numerose le piste ciclabili e molte delle automobili
sono elettriche. Sembra un futuro lontano, «ma bisogna pensarci per tempo, prima
che sia troppo tardi». Giacomo Borruso, docente di Economia urbana
all’Università cittadina, ha delineato così la Trieste del futuro sotto il
profilo dei trasporti, parlando alla conviviale del Rotary club Trieste che ha
segnato l’inizio della presidenza di Romano Isler. «Oggi – ha esordito Borruso -
più della metà degli abitanti del pianeta vive nelle città. In futuro questo
fenomeno si accentuerà, perciò sarà fondamentale creare città intelligenti, cioè
sostenibili. Dobbiamo puntare alla cosiddetta “Smart city” che deve avere alcune
caratteristiche che la Trieste del passato aveva. Per esempio era raggiungibile
da ben tre linee ferroviarie. Lo stesso tram di Opicina è la dimostrazione di
quanto a Trieste si credesse nell'innovazione e nella sperimentazione nel
settore». Ma oggi? «Uno degli elementi migliori della Trieste attuale – ha
ricordato il relatore - è il trasporto pubblico, frutto di una gara europea
predisposta da dirigenti che hanno competenza in materia. Per quanto concerne il
trasporto aereo la situazione è meno brillante, ma comunque sufficiente, anche
se è inaccettabile in certi casi il rapporto fra costo e beneficio. Per
diventare una vera e propria “Smart City” Trieste deve ancora lavorare. Servono
un tessuto economico e imprenditoriale adeguati, una governance in linea con i
tempi, investimenti nella conoscenza, eco sostenibilità, servizi pubblici e
sociali. Abbiamo la ricerca – ha proseguito Borruso – una buona qualità della
vita, trasporti pubblici più che sufficienti, ma manca ancora qualcosa, per
esempio il Corridoio 5, una necessità anche se sappiamo che incontrerà notevoli
resistenze. Ma la velocità delle ferrovie è un presupposto per qualsiasi
prospettiva nei trasporti. Il Corridoio 5 – ha continuato - potrebbe anche
fermarsi a Ronchi, per poi collegarsi ai principali centri della regione,
attraverso la metropolitana leggera, con un polo intermodale da costruire nei
pressi dell'aeroporto». Borruso ha identificato le due principali carenze della
Trieste di oggi verso la trasformazione in una “Smart city”: l’imprenditorialità
e l’accessibilità.
Ugo Salvini
IL PICCOLO - DOMENICA, 15 luglio 2012
Pullman, nuova area di parcheggio a Passeggio
Sant'Andrea
Il Comune di Trieste sta pensando a una nuova zona per i parcheggi dei
pullman. L’area individuata, che sarà inserita nel Piano del traffico, è
Passeggio Sant’Andrea in Campo Marzio. Si tratta dello spazio che costeggia la
strada, lungo la siepe. Lo annuncia l’assessore allo Sviluppo economico Fabio
Omero, con delega al Turismo. «Avevamo sperimentato il piazzale davanti all’ex
piscina Bianchi - ricorda l’assessore - ma per vari motivi, tra cui la scarsa
conoscenza del posto e il rifiuto di pagare il parcheggio da parte degli
autisti, il tentativo non è andato in porto. Il risultato - prosegue Omero - è
stato negativo. Campo Marzio sarà sicuramente più agevole e, inoltre, non siamo
lontani dal centro città. In più - conclude - potremo dotare la zona di servizi
igienici. Una criticità che ci è ben nota e che le stesse guide ci avevano fatto
presente».
g.s.
Muggia, per la 'De Amicis' riscaldamento a biomasse
MUGGIA La centrale a biomasse a servizio della scuola elementare "De Amicis"
si farà. E coinvolgerà anche il vicino asilo nido "Iacchia". L'amministrazione
comunale ha firmato in questi giorni il contratto per realizzare nell'istituto
di via D'Annunzio un impianto che funzionerà a cippato (legno sminuzzato) della
potenzialità di 360 Kw. Costo dell'operazione? Circa 343 mila euro. Il progetto
si era arenato mesi or sono in seguito ad alcuni intoppi burocratici. L’appalto,
inizialmente vinto dalla ditta Limes di Bassano del Grappa, era stato messo in
discussione per presunti vizi di legittimità rilevati dalla Rti Cristoforetti
Servizi Energia-Cpl Concordia Società Cooperativa. Presunti vizi che avevano
indotto l’amministrazione Nesladek ad annullare la delibera per «evitare un
eventuale contenzioso legale con inevitabile aggravio di spese per l’ente, anche
sotto il profilo risarcitorio». Da qui la nuova procedura, che ha visto
l'aggiudicazione dell’appalto proprio alla Cristoforetti di Lavis (Trento) e
alla Concordia di Concordia sulla Secchia (Modena). I lavori dovrebbero
concludersi entro l’anno, con circa dodici mesi di ritardo rispetto a quanto
preventivato dall'amministrazione comunale. L’offerta presentata prevede una
serie di modifiche sostanziali e migliorative rispetto al progetto originario:
in particolare l’interramento completo dell’impianto e la realizzazione del
teleriscaldamento per il vicino asilo "Iacchia". Critiche al progetto erano
state avanzate dal consigliere comunale del Pdl Christian Gretti, il quale avevo
chiesto di effettuare verifiche sulla reale convenienza e sulla gestione della
centrale a biomasse. «Partendo dal fatto che nell’ultimo Energy Report del Wwf,
del 2011, vengono chiaramente indicate le modalità per ottenere entro il 2050 il
100% dell’energia dalle fonti rinnovabili, sfruttando principalmente energia
solare, eolica, idroelettrica e geotermica, e che dunque l’uso di
biocombustibili liquidi e biomasse solide viene relegato a pochi casi e in
mancanza d’altro, le centrali a biomassa - spiegava Gretti - sono sicuramente
meno inquinanti di quelle a gasolio, ma allo stesso tempo, da studi scientifici,
risulta che tali centrali hanno un impatto sulla salute per la produzione di
polveri sottili, metalli pesanti, diossine, formaldeide, acroleina». Ma non
solo. «A tutt'oggi i costi per la realizzazione di tali centrali risultano alti,
poiché sussistono una serie di spese, soprattutto per la messa a regime
dell’impianto, che gravano sul bilancio». Fra queste la manodopera necessaria al
funzionamento e soprattutto l’approvvigionamento del cippato che scarseggia nel
territorio muggesano. La realizzazione di una centrale a biomasse rientra
nell’ottica di risparmio energetico fortemente voluta dalla giunta Nesladek. Nei
mesi scorsi sono stati già installati a costo zero, grazie al "Conto energia",
su diversi edifici comunali, scuole, asili e palestre, i pannelli fotovoltaici
per la produzione di energia elettrica. Il risparmio del Comune sulla bolletta è
stimato nell'ordine di 40mila euro.
Riccardo Tosques
IL PICCOLO - SABATO, 14 luglio 2012
Tutela dell'ambiente: Trieste e i suo giustificati 'no
se pol' - LA LETTERA DEL GIORNO di Silvano Baldassi
Spesso si sente affermare che Trieste è la città del “no se pol”, per
dire che troppo spesso i suoi cittadini si oppongono a qualsiasi progetto, anche
se presentato come soluzione ai problemi economici della città. Ciò è vero, ed è
un pure pregio, perché dimostra che i triestini sono sufficientemente
consapevoli e preparati nel capire l’essenza delle proposte. Difatti, fintanto
che si insisterà a proporre di insediare sul territorio della provincia giuliana
impianti inquinanti, pericolosi per la salute e l’incolumità della popolazione,
antieconomici e privi pure di qualsiasi tornaconto occupazionale (impianti che
tra l’altro nessuno vuole), non potrà che esserci sempre il rifiuto totale.
Ricapitolando: abbiamo già la Ferriera a Servola, il cementificio,
l’inceneritore che brucia persino i rifiuti di Napoli, l’oleodotto che impesta
l’aria per un raggio di chilometri e chilometri, tanto per fare qualche esempio,
ed ora si vuol insediare anche un rigassificatore in mezzo alla città (cosa
improponibile in qualsiasi altro Paese del mondo), condannando i cittadini a
vivere nella paura e nel pericolo, distruggendo e avvelenando il nostro golfo e
bloccando definitivamente qualsiasi possibilità di sviluppo del nostro porto
(come dettagliatamente descritto e divulgato da scienziati ed esperti, peraltro
mai confutati). Ancora. Perché non basta: ora si comincia ad attaccare anche il
Carso proponendo una centrale a biomasse a Opicina, altro impianto inquinante
che non dà lavoro significativo ma solo disagi e veleni per la popolazione
locale. Domanda: come si può pretendere che i cittadini possano accettare di
veder trasformata la loro città nella pattumiera d’Italia e della regione Friuli
Venezia Giulia? Ricordo solo che di fronte a della proposte serie non si è mai
detto “no se pol”, non si può. Area di ricerca, Sincrotrone, Pasta Zara ed
altri, hanno potuto insediarsi tranquillamente. Ed altre attività potranno
essere accolte senza difficoltà se porteranno nuove opportunità di lavoro
salvaguardando però, nel contempo, la sicurezza e la salute dei cittadini.
IL PICCOLO - VENERDI', 13 luglio 2012
Effetto crisi, Tav Torino-Lione in bilico
ROMA La recessione potrebbe dare un colpo mortale al progetto che il
ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri definisce «la madre di tutte le
preoccupazioni», la linea ad alta velocità Torino-Lione. Per il governo
francese, infatti, servono «un forte impegno finanziario» da parte dell’Unione
europea e «un nuovo accordo» con l’Italia «che comprenda nuovi contributi» da
parte di Bruxelles, visto che è l’Europa a chiedere rigore agli Stati e visto
che si tratta di «una iniziativa maggiore, diversa dalle altre». Arriva a tarda
sera la conferma delle indiscrezioni pubblicate dalla stampa francese sul
destino a rischio dell’opera, che il commissario straordinario della
Torino-Lione Mario Virano aveva definito poche ore prima «una tempesta in un
biccher d’acqua». La notizia che Parigi si prepara a tagliare i progetti delle
nuove linee ad alta velocità dopo che la Corte dei conti francese ha definito
«insostenibili» i costi del programma di grandi opere irrompe con un articolo
del quotidiano «Le Figaro» sui dieci progetti nel mirino, tra i quali il
contestato collegamento italo-francese. Con la recessione che morde, l’Eliseo
stringe i cordoni della borsa: «Lo Stato ha previsto una serie di progetti senza
avere fatto i conti coi finanziamenti: il governo non avrà altra scelta che
rinunciare ad alcune opzioni» aveva annunciato mercoledì il ministro del
Bilancio Jerome Cahuzac. A spingere il governo a usare le forbici è il rapporto
dei magistrati contabili che, all’inizio di luglio, avevano puntato il dito
contro il gigantismo dell’agenda delle infrastrutture, con una spesa di 260
miliardi solo per 14 linee ad alta velocità, di cui 11 per la Torino-Lione.
Sembrerebbe una campana a morto, ma il ministro all’Ambiente Corrado Clini
frena: «Ripensamenti francesi? Non mi risulta». Virano cita l’ambasciatore
francese a Roma: «Alain Le Roy mi ha detto che gli impegni sulla tratta
internazionale sono fuori discussione. Si tratta di una normale ricognizione di
spesa». Conferma una fonte del ministero del Bilancio francese: al momento
nessuna rinuncia, «si sta solo valutando la correttezza degli investimenti
pubblici» annunciati da Sarkozy. Ma le precisazioni che tuttavia non smontano
l’ipotesi di un taglio. Anzi. «Ridaremo un senso alla politica dei trasporti»
dice il ministro dei Trasporti Frederic Guvillier commentando le indiscrezioni e
insistendo sulla necessità di migliorare le linee esistenti. Il governatore del
Piemonte Roberto Cota non si scompone: «Non credo che Parigi voglia mettere in
discussione l’opera», mentre il Comitato Transpadana ricorda che «la
Torino-Lione è stata confermata il 22 giugno a Roma dal presidente Hollande come
prioritaria». Ma mentre il Pdl chiede al ministro Passera di «battere un colpo»
e il Pd si spacca, con Stefano Esposito che parla di «danno economico senza
precedenti» in caso di stop e Roberto Della Seta che definisce la Tav «inutile»
in caso di raddoppio del traforo autostradale del Frejus, Beppe Grillo commenta:
«La Francia ha le stesse ragioni dei No Tav. Incarcereranno Hollande?». E Sandro
Plano, presidente della Comunità montana Valsusa e dissidente Pd commenta: «È la
conferma di quanto diciamo da tempo, perché su questa direttrice il traffico è
in calo e le previsioni di redditività non sono tali da giustificare gli
investimenti».
Maria Rosa Tomasello
Tav, entro il 28 si esprimeranno i Comuni
Avanti tutta sulla Tav per 13 Comuni della Bassa. L’assemblea dei sindaci
tenutasi l’altra sera a Bagnaria si è conclusa con l’assunzione, da parte dei
Comuni, dell’impegno di presentare entro il 28 luglio il loro parere sulla
Valutazione d’impatto ambientale (Via) relativa alla Tav. Il sindaco di Bagnaria,
Cristiano Tiussi, ha infatti comunicato che «ogni Comune che partecipa
all’assemblea presenterà, ciascuno per suo conto, le proprie osservazioni al
documento integrativo di Via presentato da Rfi nel 2000 insieme al progetto
preliminare della Tav». La decisione, presa dai Comuni presenti all’assemblea
(Carlino, Castions di Strada, Gonars, Fiumicello, Muzzana, Palmanova, Pocenia,
Porpetto, Ronchis, Ruda, San Giorgio e Torviscosa) non ha dunque tenuto conto
dell’interrogazione presentata in Regione dal consigliere regionale Mauro
Travanut (foto) che chiedeva a Tondo la proroga dei termini fino a settembre per
permettere alle amministrazioni comunali di avere il tempo di discuterne prima
almeno in Consiglio. All’assemblea non hanno partecipato le amministrazioni di
Villa Vicentina, Teor e Cervignano, quest’ultima impegnata in Consiglio
comunale, dove, sollecitato dal consigliere Loris Petenel, il sindaco Gianluigi
Savino ha posto l’accento sui tempi troppo stretti a disposizione. Intanto il
Comitato No Tav ha puntualizzato come lo studio d’impatto ambientale sia
sprovvisto della relazione costi benefici e il preliminare del quadro economico:
«La partecipazione dei cittadini alle procedure di Via costituisce un requisito
essenziale delle procedure» dice il portavoce Giancarlo Pastorutti.
IL PICCOLO - GIOVEDI', 12 luglio 2012
Rigassificatore - Domani sit-in per dire no
È previsto per domani mattina un sit-in di protesta contro il
rigassificatore di Zaule davanti agli uffici della Regione di via Giulia. La
manifestazione in programma alle 10 registra l’adesione di Alpe Adria Green
International, Cittadini-Libertà civica, Comitato autonomia giuliana, Comitato
salvaguardia Golfo di Trieste, Comuni di Muggia e di San Dorligo della Valle,
Federazione della Sinistra, Greenaction, Italia dei Valori, Italia Nostra,
Legambiente, Lista civica Trieste cambia, Meio Muja, Movimento 5 stelle, NoSmog,
Pd, Popolo viola, Sel, Uil Vvf Fvg, Un’Altra Trieste, Un’altra Muggia e Wwf. Sul
progetto di rigassificatore proposto da Gas Natural, intanto, è allo studio
l’avvio di una class-action da indire contro la Regione. Ad annunciare
l’iniziativa è Sara Matijacic di Bora.La, il sito web che ha già organizzato
l’evento “Trieste dormi, el gas se movi apena”. «Con i nostri legali - spiega
Matijacic - stiamo valutando una class-action contro i portatori di
responsabilità, amministrative e politiche, per i casi di omissioni e
irregolarità negli atti riguardanti il rigassificatore di Zaule, e ciò a tutela
dei cittadini della Provincia».
Nuovi incentivi per le rinnovabili
ROMA Via libera definitivo, con la firma dei ministri dello Sviluppo
economico Corrado Passera, dell'Ambiente Corrado Clini e dell'Agricoltura Mario
Catania, ai due decreti ministeriali che definiscono i nuovi incentivi per
l'energia fotovoltaica (Quinto Conto Energia) e per le rinnovabili elettriche
non fotovoltaiche (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse, biogas). «Il
nuovo regime - sottolinea una nota - permetterà di raggiungere e superare gli
obiettivi europei delle energie rinnovabili attraverso una crescita virtuosa,
basata su un sistema di incentivazione equilibrato e con forti ricadute
sull'economia italiana tale da ridurre l'impatto sulle bollette di cittadini e
imprese». Tra le modifiche migliorative apportate, vengono citate: l'ampliamento
del budget di spesa, per un totale di 500 milioni annui - pari a ulteriori 10
miliardi di spesa su 20 anni - suddivisi tra fotovoltaico (200 mln) e
non-fotovoltaico (300 mln); una forte semplificazione delle procedure per
l'iscrizione ai registri, l'innalzamento delle soglie di accesso ai registri per
tutte le categorie rilevanti; un premio per gli impianti fotovoltaici realizzati
in sostituzione di coperture in amianto e per quelli con preponderante uso di
componenti europei; un incremento degli incentivi per alcune specifiche
tecnologie che presentano una forte ricaduta sulla filiera nazionale, ad esempio
geotermico innovativo, fotovoltaico a concentrazione e innovativo; una
rimodulazione dei termini di pagamento dei certificati verdi; la conferma della
priorità di accesso al registro per gli impianti realizzati dalle aziende
agricole. Tra le novità ricordiamo anche che per gli impianti fotovoltaici di
potenza fino a 20 Kw non sarà più necessaria l’iscrizione al registro per
ricevere gli incentivi. Accogliendo i rilievi avanzati dalla Conferenza
Stato-Regioni, la soglia per l’iscrizione obbligatoria al registro è stata
alzata a 20 Kw, rispetto ai precedenti 12 Kw. «Per gli impianti di potenza
compresa tra i 12 e i 20 kw - ha spiegato il sottosegretario Fanelli - non sarà
necessaria alcuna iscrizione, a fronte però di un abbassamento del livello degli
incentivi».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 11 luglio 2012
Arriva il tubone, l'Isonzo tornerà pulito
GORIZIA Un unico tubone provinciale (o “collettore di trasporto” per dirla
con i tecnici) che da Gorizia arrivi al mare, evitando qualsiasi emissione
nell’Isonzo. Un’opera da 36 milioni di euro che oltre a risanare totalmente il
fiume e garantire la sua balneabilità, permetterà minori costi a regime di
controllo e funzionamento. Forse è l’uovo di colombo. Sicuramente non è il
classico progetto da “libro dei sogni” ma un intervento concreto e che verrà
realizzato. La tempistica? I tempi omnicomprensivi dell’opera (progetti e
lavori) sono di poco meno di sei anni: 2 anni e mezzo di progetti, 3 anni e
mezzo di lavori. I fondi ci sono tutti, i progetti si stanno predisponendo e la
determinazione è quella giusta. A guidarci nella descrizione di questa
maxi-realizzazione è Enrico Gherghetta, presidente della Provincia e dell’Ambito
territoriale ottimale (Ato). Premette: «Questo è un intervento che vede
protagonista non il sottoscritto ma 26 soggetti: la Provincia e i 25 Comuni
dell’Isontino che hanno spostato in toto e convintamente quest’idea». Ma come
cambierà il sistema di depurazione? «Semplifico al massimo per far capire a
tutti i contenuti del nostro progetto: oggi, le acque nere confluiscono nelle
fognature e queste, a loro volta, finiscono nei depuratori di Gorizia, Gradisca
e Staranzano. I primi due scaricano le acque depurate nell’Isonzo, l’ultimo
impianto le rilascia direttamente in mare. Nei prossimi mesi, avremmo dovuto
spendere fior di milioni per mettere a norma tutti i depuratori. Peraltro, è
intervenuto il Piano regionale di tutela delle acque che chiede ancora maggiori
garanzie per l’Isonzo diventato corso d’acqua “sensibile”. Ciò avrebbe
comportato ulteriori investimenti. A quel punto, abbiamo messo in discussione
tutto il sistema». In che maniera? Sono stati sospesi gli interventi di
sistemazione dei depuratori di Gorizia e di Gradisca ed è nata così l’idea del
tubone che by-passa completamente l’Isonzo e sfrutta solamente il depuratore di
Staranzano. Quest’ultimo impianto (che scarica tutta l’acqua depurata in mare)
verrà praticamente raddoppiato. In sostanza, il servizio di depurazione verrà
accentrato tutto a Staranzano e non ci saranno scarichi intermedi di acqua
depurata (che comunque non è completamente pulita nè tantomeno potabile)
nell’Isonzo. Costo dell’opera? «Trentasei milioni di euro - si legge nella
puntuale relazione dell’Ato - con un impatto reale sul Piano d’ambito di circa
5,3 milioni di euro: differenza determinata dall’essere il Piano d’ambito già
comprensivo di gran parte di investimenti necessari alla sua realizzazione
oltreché dall’ottimizzazione della gestione». In sostanza tutte le acque nere di
Gorizia e dei paesi della Destra e della Sinistra Isonzo finiranno nel nuovo
tubone.
Francesco Fain
Una strage di pesci nel fiume Quieto - Sale l'allarme
siccità
PINGUENTE Una moria di pesci di così gravi proporzioni non la ricorda nessun
abitante della zona. Lungo il corso superiore del fiume Quieto, il maggior corso
d’acqua istriano, ne sono stati avvistati a pancia all’insù circa 3 quintali.
Per la precisione sul tratto tra la Porta in pietra e le Terme di Santo Stefano,
lungo 700 metri. La moria ha colpito soprattutto barbi, esemplari anche di due
chilogrammi, e granchi di fiume. Dopo una segnalazione anonima sono intervenuti
i componenti della locale società di pesca sportiva che, a loro volta, hanno
avvertito le competenti autorità regionali e statali. Numerosi i campioni
d’acqua prelevati per le analisi di laboratorio dalle quali si attende la
risposta sulle cause della moria. Il sopralluogo è stato fatto anche dalla
criminalpol del distretto di Pinguente, ma secondo le prime ipotesi non si
tratterebbe di inquinamento bensì della scarsità di ossigeno nell’acqua dovuto
all’alta temperatura e all’abbassamento del livello a causa della forte siccità.
Un fenomeno simile si è già verificato in passato, ma non di simili dimensioni.
E proprio la prolungata assenza di piogge ha fatto scattare l’allarme rosso nel
territorio albonese. Qui i sindaci di Albona, Chersano, Santa Domenica, Arsia e
Pedena davanti alla siccità hanno introdotto le misure straordinarie di tutela.
Scatta il divieto di annaffiare i campi sportivi e di lavare le vie e strade
pubbliche, mentre la popolazione viene invitata al massimo risparmio. Nel caso
il provvedimento non dovesse sortire gli effetti desiderati, verrà adottata una
misura veramente radicale: l’interruzione delle forniture idriche durante alcune
ore della giornata. Nei prossimi giorni altri provvedimenti riguarderanno anche
altre zone della penisola; per far fronte all’emergenza nell’Albonese e nella
zona di Pola sono state riattivate tutte le sorgenti chiuse una decina di anni
fa. All’epoca infatti si pensava che il bacino artificiale di Bottonega fosse
sufficiente. Il consumo medio in Istria è di 400 litri al secondo, che nei mesi
estivi arriva a picchi di 1.600, considerata la grande presenza di turisti.
(p.r.)
GREENSTYLE.it - MARTEDI', 10 luglio 2012
Raccolta differenziata, Legambiente premia i Comuni Ricicloni 2012
Un comune italiano su 7 ha raggiunto, nel 2011, almeno
il 65% di raccolta differenziata, che la legge nazionale impone come percentuale
minima solo a partire da quest’anno. Questo il dato principale emerso
dall’edizione 2012 di Comuni Ricicloni, la campagna di Legambiente che premia le
amministrazioni comunali più efficienti in materia di gestione dei rifiuti.
Sono ben 1.123 le città italiane, grandi e piccole, che hanno ottenuto il
riconoscimento. A cominciare dalla vincitrice assoluta: Ponte nelle Alpi, in
provincia di Belluno, che ottiene in primo posto in classifica per il terzo anno
consecutivo. Per quanto riguarda le singole categorie di comuni esaminati, tra i
grandi centri di conferma il 34% di Milano, ancora decisamente al di sotto dei
limiti di legge.
Molto meglio Salerno, che con il suo 68% di raccolta differenziata continua a
spiccare tra le città del Sud. Torino supera il 40% solo in alcuni quartieri,
mentre nel resto della città non raggiunge ancora il 30% di differenziata.
Sempre meglio di Roma, che secondo Legambiente è ormai nel pieno di una vera e
propria emergenza.
Nel complesso, l’Italia marcia ancora a due velocità, come spiega Andrea Poggio,
vicedirettore di Legambiente:
La pattuglietta di pionieri dei primi anni della ricerca ora è diventata un
pattuglione che tira la volata, ma un migliaio di comuni è fermo all’anno zero.
L’aspetto significativo è che il gruppo intermedio, in fase di transizione verso
l’efficienza, in tempi brevi riesce a raggiungere il vertice. Un esempio sono i
quartieri di Torino dove è partito il porta a porta e che già sono oltre il 60%,
le recenti sperimentazioni di Napoli, il riavvio a Milano dell’organico.
Per quanto riguarda i dati regionali, tutte le prime 5 posizioni della
classifica dei Comuni Ricicloni sono occupate da regioni del Nord: Veneto,
Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia e Piemonte. Al Centro
Italia emergono la Toscana, con l’introduzione del porta a porta in diversi
comuni, e le Marche, dove la differenziata è aumentata del 6,13%. Arretra invece
la Sardegna, tradizionalmente virtuosa, che nel 2011 ha fatto segnare un calo
della raccolta del 6,35%.
Dal dossier Comuni Ricicloni 2012, infine, emerge un altro dato interessante:
l’anno scorso la produzione nazionale di rifiuti è calata complessivamente di
4,4 punti percentuali. Si tratta probabilmente di un effetto della crisi
economica, ma anche della maggiore attenzione degli italiani nell’evitare gli
sprechi e rinunciare al superfluo. Commenta Vittorio Cogliati Dezza, presidente
di Legambiente:
Dalla crisi usciremo diversi da come siamo entrati. Sono passati circa 30 anni
da quando si sono varate in Italia le fondamenta giuridiche e industriali del
settore rifiuti e già tutto cambia. Allora si regolamentavano discariche e
inceneritori. Oggi nella “green economy” del riciclaggio operano migliaia di
aziende nuove o rinnovate, decine di migliaia di occupati, servizi, imprese
sociali e attività di ricerca: in tutto 5 mila imprese e 150 mila occupati,
secondo in Europa solo alla Germania.
L’edizione 2012 di Comuni Ricicloni è stata realizzata da Ecosportello Rifiuti,
lo sportello informativo di Legambiente per le pubbliche amministrazioni sulla
raccolta differenziata, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della
Tutela del Territorio e del mare.
IL PICCOLO - MARTEDI', 10 luglio 2012
Arriva l'accordo per "controllare" la gestione dei
rifiuti
TRIESTE Coordinare la gestione dei rifiuti in tutti i territori del Friuli
Venezia Giulia, integrando le banche dati e le applicazioni esistenti, e
armonizzando i provvedimenti per il rilascio delle autorizzazioni e i controlli.
È l’obiettivo del protocollo d’intesa sottoscritto ieri dal vicepresidente della
Regione e assessore all’Ambiente, Luca Ciriani, dal direttore dell’Arpa Lionello
Barbina e dai rappresentanti delle quattro amministrazioni provinciali. «Con
questo accordo - ha commentato Ciriani - andiamo a sviluppare, tra i primi in
Italia, un sistema di “informazione” per la gestione moderna del ciclo integrato
dei rifiuti. Vogliamo armonizzare i procedimenti e concordare istruzioni e linee
guida in tempo reale». Alla firma del protocollo seguirà tra 15 giorni la
costituzione di un gruppo di lavoro tecnico congiunto, che si occuperà di
rendere operativo il Sistema informativo entro fine anno. Uno strumento che,
negli auspici della Regione, contribuirà anche diffondere in maniera sempre più
efficace la cultura della raccolta differenziata, pure nelle aree in cui non
ancora sufficientemente sviluppata. «Il sistema che andremo a sviluppare - ha
precisato in questo senso Ciriani - consentirà di conoscere il ciclo di vita dei
rifiuti, sapere come vengono autorizzate le procedure, essere al corrente dello
stato dell’arte nei singoli comuni. Uno scambio di informazioni che servirà a
migliorare le performance di tutti coloro che hanno competenze in materia e
sovrintendono a questo delicato settore. La nostra regione è molto avanti
rispetto ad altre realtà del Paese - ha concluso Ciriani -, vi sono però alcune
aree che ancora arrancano un po’: si tratta ora di lavorare in questa direzione,
tutti insieme, per un obiettivo comune, a vantaggio di cittadini, imprese,
tutela dell’ambiente in cui viviamo e operiamo».
Altri sei mesi di campionamenti a Servola
Il rinnovo con Arpa Fvg di una convenzione per il controllo delle emissioni
dello stabilimento siderurgico di Servola e un protocollo d’intesa con l’Area
marina protetta di Miramare per la protezione della biodiversità. Problematiche
e temi ambientali sono stati tra i principali punti all’ordine del giorno della
riunione di ieri pomeriggio della giunta Cosolini. Tra le diverse delibere
approvate, si segnala infatti la convenzione tra il Comune e Arpa Fvg per un
monitoraggio mediante analisi delle polveri sottili (Pm10) e degli
Ipa-Idrocarburi policiclici aromatici (benzo-a-pirene), presenti nelle stesse,
con particolare riferimento alle emissioni provenienti dallo stabilimento
siderurgico di Servola. «Questa delibera – spiega l’assessore all’Ambiente e
relatore del provvedimento Umberto Laureni - è di fatto la proroga per altri sei
mesi della convenzione con l’Arpa Fvg per campionare le polveri fini presso la
stazione di rilevamento di via San Lorenzo in Selva a Servola, polveri sulle
quali sarà fatta la ricerca degli idrocarburi aromatici policiclici, con
particolare riferimento al benzo(a)pirene. La stazione di rilevamento di via San
Lorenzo in Selva viene considerata infatti un buon indicatore delle performance
ambientali dello stabilimento siderurgico di Servola». Sempre riguardo
all’ambiente è stato approvato anche il protocollo d’intesa tra il Comune e il
Wwf Oasi-Area marina protetta di Miramare. L’accordo punta a realizzare azioni
positive in materia di protezione della natura e conservazione della
biodiversità. Con questa delibera, che fa capo agli assessorati all’Ambiente e
all’Educazione, scuola università e ricerca in mano all’assessore Antonella Grim,
«il Comune – spiega ancora Laureni - ha deciso di sottoscrivere un protocollo
d’intesa con Wwf Oasi-Area Marina Protetta di Miramare per attivare percorsi
comuni di formazione e sensibilizzazione sull’ambiente, incentrati sulle
possibilità d’osservazione diretta offerta dall’Area stessa, ma anche di
sviluppare altre azioni in materia di protezione della natura e di conservazione
della biodiversità». «Il Comune – conclude l’assessore - non ha voluto
semplicemente dare un patrocinio, ma mediante la firma di un protocollo ha
inteso optare per un ruolo fortemente partecipato, finalizzato alla tutela dei
valori naturalistici e, in particolare, del territorio costiero comunale».
Rigassificatore-show: «Portatelo in Carnia»
Comici, musicanti, politici e giornalisti, tutti insieme su un palco, per
dare un nuovo volto al senso di una consolidata protesta. Trieste prova a farsi
sentire, a graffiare almeno con l'arma della satira. E scende in piazza per
manifestare contro il rigassificatore di Zaule, un progetto su cui convergono -
è l’assunto di base - vari elementi, troppi sulla carta, in grado di fornire
ancora spunti di forte perplessità. Su questa traccia ha giocato lo spettacolo
“Trieste dormi, el gas se movi apena”, invenzione del sito Bora.La, un progetto
incastonato nel cartellone comunale di “TriestEstate” andato di scena l’altra
sera in Piazza Verdi. C'è un folto pubblico, ci sono alcune buone idee. La
musica non fa da comprimaria e accoglie gli antichi dettami dell'avanspettacolo
e del cabaret, spingendo sui temi della parodia e delle riletture. Ideato per
far riflettere, disegnato per provare a ridere. La proposta non fallisce e lo
show, anzi il contenitore, nel complesso funziona. Non esiste una regia, e si
vede, ma il dato non fa altro che accentuare la spontaneità della intera
operazione, una sorta di “Live Aid” stutturato in un essenziale canovaccio,
fatto dall'intreccio di siparietti e interventi musicali, con l'innesto di
documentazioni e spunti di cronaca, per altro ben dosati, affidati al
giornalista Luciano Santin e a Sara Matiacich. Sono i comici a tirare
maggiormente le fila sul palco. La “squadra” per l'occasione è ricca e regala
tinte diverse, tra spunti e stili. Andro Merkù non indossa ad esempio l'abito di
sempre e accanto alle imitazioni (Grillo, per l'occasione), colora la serata con
alcune divagazioni – come la ballata del capitano Schettino concepita sulle arie
della “Canzone di Marinella” di De Andrè – oppure con la più accorata e intensa
lettura, dal respiro, questo sì teatrale, di “De la Feriera al gas”. Non sparano
a salve i comici, dalle efficaci “sberle” del duo del Pupkin Kabarett, Dongetti
e Mizzi, ai numeri e alla voce di Leonardo Zanier in versione Jack Calcagno sino
alle chiazze umoristiche di Flavio Furian, autore di una imitazione eccellente
del Mago Otelma, coniugata alla indovinata, anzi stupenda, parodia del rito di
liberazione dall'impianto, con conseguente improbabile invito alla
“Rigassificazione della Carnia”, una delle tante velenose cartoline
all'indirizzo del governatore Renzo Tondo e dintorni. Nel mazzo
dell'intrattenimento sbuca anche Diego Manna, un emergente dicono, ancora molto
statico dal vivo ma con alcuni guizzi in vernacolo godibili almeno sotto
l'ombrellone. Poco meno di due ore di show, molti auspici e qualche conferma. Il
cammeo d'autore della serata lo offre poi lo stesso sindaco Roberto Cosolini,
dichiaratamente a fianco dell'evento: «La nostra posizione è nota il sostegno al
“no” al rigassificatore continuerà”. Continuerà, pare, anche la protesta. Si
scende dal palco, si torna in piazza e senza musica. Prossima tappa venerdì 13
luglio, dalle 10, sotto il palazzo della Regione in via Giulia 75, teatro della
manifestazione promossa da Sinistra Ecologia e Libertà.
Francesco Cardella
IL PICCOLO - LUNEDI', 9 luglio 2012
Cinghiali, meno esemplari abbattuti
Un report sugli incidenti stradali provocati dagli animali. È quello che il
vicepresidente della Provincia Igor Dolenc ha chiesto alle forze dell’ordine per
rendere più completo il monitoraggio della fauna selvatica presente sul
territorio giuliano. Per il momento la richiesta è stata inoltrata in via
informale, a margine di una riunione istituzionale, ma come spiega Dolenc -
titolare delle deleghe ad agricoltura, fauna e flora - «avere una casistica che
oggi non esiste potrebbe rivelarsi utile». La questione è indirettamente legata
alla presenza dei cinghiali sul Carso e alla loro “calata” verso l’abitato di
Trieste. È di appena qualche giorno fa l’aggressione di una donna da parte di un
ungulato in via Timignano. Secondo il censimento realizzato dai cacciatori, la
popolazione di cinghiali si attesta sulle 300 unità. «Non è un dato
significativo», precisa Dolenc, «perché in continua evoluzione. Ci sono sempre
più cuccioli, e poi l’anno scorso è stato registrato un numero di abbattimenti
inferiore al dato programmato». La causa va cercata nella maggiore disponibilità
di ghiande nel sottobosco. «Per sparare - spiega Dolenc - i cacciatori hanno
bisogno che gli animali arrivino fino a una certa distanza, solo così possono
verificare se l’animale può essere abbattuto o meno. Per attirarli usano una
pastura, ma se c’è disponibilità di cibo i cinghiali rimangono lontani». Così
come gli abbattimenti, anche le richieste di danni presentate agli uffici della
Provincia sono in calo. «La questione è monitorata - precisa il vicepresidente
-. La salvaguardia dell’incolumità delle persone è per noi prioritaria. Non
bisogna dare confidenza ai cinghiali lasciando del cibo nel giardino o in
strada». «La Polizia provinciale - conclude Dolenc - non ha eseguito
abbattimenti in deroga, a eccezione di uno per un animale gravemente ferito».
Stefano Bizzi
IL PICCOLO - DOMENICA, 8 luglio 2012
Ambientalisti all'attacco: «Prg, pastini a rischio»
Una questione delicata e complessa, quella dei pastini e delle aree
sottoposte a vincoli di tutela ambientale, che l’amministrazione comunale ha
deciso di affrontare con la massima cautela.
Dice l’assessore Elena Marchigiani «Noi abbiamo voluto solo verificare se era il caso o meno di avviare un processo di valutazione ambientale strategica, e a parte l’Azienda sanitaria non abbiamo avuto riscontri in tal senso. La variante 66 dice esplicitamente che nelle zone a pastini si può edificare: è un dato di fatto. Ma l’articolo 18 della norma non è esplicito e noi vogliamo vederci chiaro, facendo tutte le valutazioni del caso, in attesa di redarre il nuovo Prg. Agli ambientalisti dico di stare tranquilli: non è né intenzione né interesse della giunta liberalizzare l’edificazione nelle aree salvaguardate da tutela ambientale».
Le associazioni ambientaliste vanno all’attacco della giunta comunale. Motivo dello scontro la questione sulla tutela dei pastini, i terrazzamenti che caratterizzano il territorio triestino, lungo la fascia costiera e le zone collinari della periferia. Secondo gli esponenti di Legambiente e Italia Nostra, l’amministrazione comunale ha avviato con una delibera un iter che andrebbe a modificare l’articolo 18 della norma contenuta nella variante 66 del 1997, il vecchio Piano Regolatore, che disciplina la tutela delle aree di vincolo paesaggistico ed ambientale. Un’operazione che per gli ambientalisti ha il solo significato di voler semplificare la strada che porta alla speculazione edilizia in queste zone, rimettendo in discussione anche quanto accaduto nel 2010 riguardo al caso di Rio Martesin, quando il Consiglio di Stato, su ricorso presentato dal Comitato di cittadini, annullò le concessioni edilizie rilasciate all’epoca dall’amministrazione Dipiazza per la costruzione di alcuni condomini al posto dei pastini esistenti in zona. Accuse che l’amministrazione comunale, per voce dell’assessore all’urbanistica Elena Marchigiani, respinge al mittente, precisando che la variante è stata avviata soltanto per verificare, con i soggetti competenti in materia ambientale, se c’erano i presupposti per l’assoggettabilità alla Vas, e non certo per liberalizzare l’edificazione in aree di tutela ambientale. Una variante che gli ambientalisti definiscono però contraddittoria, in quanto da una parte prescrive il mantenimento dell’andamento planialtimetrico dei pastini, salvo poi autorizzarne le modifiche che porterebbero alla distruzione della morfologia originale dei pastini stessi. Così Lucia Sirocco di Legambiente: «Sembra davvero molto strano che la giunta comunale abbia voluto introdurre questa variante in modo rapido e poco visibile. La possibilità di edificare in quelle aree era già contenuta nella normativa, ma con questa mossa si è voluto accelerare l’iter di chi è intenzionato a costruire, in vista della stesura del nuovo Prg». Gli ambientalisti dunque chiedono che la giunta ritiri la delibera e che la questione sulla tutela dei pastini venga riaffrontata. Precisa Dario Predonzan di Legambiente: «Abbiamo cercato di capire le motivazioni che hanno portato a questo passo, ma non ci siamo riusciti. Il rapporto ambientale stilato è stato superficiale e non è stata fatta un’analisi seria». Una questione che Franco Zubin di Italia Nostra sposta anche sul piano politico: «Ci sono grossi dubbi di legittimità su questa variante. La decisione della giunta va nella direzione opposta da quanto espresso dal Consiglio comunale, auspico quindi che si apra a breve una discussione». E sulla questione interviene anche il consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Paolo Menis. «La giunta Cosolini farebbe bene a ritirare una delibera che è in aperto contrasto con le direttive del nuovo Prg, per non diventare complice di una devastazione edilizia nelle zone di maggior pregio paesaggistico». Infine Livio Poldini, docente emerito di ecologia vegetale: «Serve subito un piano particolareggiato di recupero della ruralità, in quanto non basta fermarsi alla morfologia del territorio, ma occorre capirne le funzioni primarie. In questa città c’è un attardamento culturale enorme, un abisso di ignoranza da parte di chi prende le decisioni, cui si aggiunge l’inconsapevolezza della popolazione».
Pierpaolo Pitich
«Val Rosandra, urgente eliminare le specie invasive»
Tempi ristretti e gravità sempre più estesa. La situazione della Val
Rosandra richiede un intervento immediato e un solido piano di investimenti, sia
economici che di risorse umane. A lanciare l'appello gli esponenti locali di
Sinistra Ecologia Libertà (Sel), Marino Sossi e Stefano Bertuzzi, ieri nella
nuova sede di via Martiri della Libertà 18 assieme al biologo (ed ex direttore
dei Musei scientifici comunali) Sergio Dolce e al consigliere provinciale
Sabrina Morena. Al centro dell'intervento non figura stavolta solo il quadro
dell’area devastata quanto l'urgenza che si profila, la tempistica da
rispettare: «Rispetto al corso della natura siamo già in ritardo – ha
sottolineato Dolce, intervenuto all'incontro come membro del Comitato di Difesa
della Val Rosandra – la situazione è nota e non è l’ora delle proteste, bisogna
piuttosto procedere al ripristino immediato della zona evitando ulteriori danni
alla flora e alla fauna, anch’essa pienamente coinvolta nel degrado». Quali gli
ostacoli maggiori? Il proliferare in Val Rosandra delle specie invasive, alberi
e piante che amano scompaginare l'habitat naturale alterando assetto e clima in
tempi particolarmente rapidi. Due i “killer” più attivi: la Robinia e l'Ailanto,
forse più timida la prima, decisamente più intraprendente e dotato l'altro.
Importato dalla Cina dal tardo Settecento, l'Ailanto si adatta, si espande,
germoglia, radica e dunque letteralmente invade, “aiutato” anche dalla desueta
arma in possesso, l'odore sgradevole delle sue foglie: «Estirpare le specie
invasive e proteggere quelle autoctone – ha aggiunto Sergio Dolce – la strada è
questa, intervenendo, lo ripeto, al più presto». Marino Sossi, consigliere
comunale di Sel, ha rilanciato invece l'impegno in chiave politica
riallacciandosi alla proposta emersa in una delibera di approvazione del
bilancio 2012, datata 19 maggio, in cui si formulava la necessità di avviare il
ripristino della Val Rosandra con la previsione di una apposita posta di
bilancio e «promuovendo una azione coordinata d'intesa con il Comune di San
Dorligo, la Regione e la Provincia». La Provincia, già attivata con una
specifica mozione del 14 giugno, promette ora di far pressione sulla stessa
Regione perché possa predisporre un nuovo piano economico e uno staff di esperti
all'altezza. Altre tappe all'orizzonte: «Vogliamo incontrare a breve il sindaco
di San Dorligo – ha annunciato Sossi – ma prevediamo anche manifestazioni
nell'area interessata».
Francesco Cardella
Tav: la Regione vuole dal Comune di Duino un parere in
30 giorni
DUINO AURISINA Ci mancava la Tav (linea ferroviaria ad alta velocità) a
rendere più torrida l’estate degli amministratori comunali di Duino Aurisina.
Con una lettera circolare della Regione, indirizzata anche ad altri 30 Comuni
del Friuli Venezia Giulia, hanno ricevuto il “progetto preliminare della nuova
linea ferroviaria Av/Ac Venezia – Trieste” con la richiesta di parere
sull’impatto ambientale legato alla realizzazione dell’opera. Non è precisato un
termine per la formulazione del parere ma, secondo la normativa regionale, per
questo tipo di adempimenti sono a disposizione 30 giorni: essendo la circolare
datata 27 giugno significa che l’impegno deve essere rispettato entro il 26
luglio. Un mese, quindi, per esaminare un dossier di quasi 300 pagine,
arricchito da mappe, grafici, proiezioni, analisi, su una materia scottante:
basti pensare che la tratta Ronchi–Trieste, di soli 38 chilometri, prevede
l’attraversamento dell’intero territorio di Duino Aurisina, quasi interamente in
galleria (come precisa la relazione), con un impatto quindi di eccezionali
proporzioni sul territorio. L’adempimento appare, per i tempi così ristretti,
legato alla scadenza dei termini per il finanziamento del progetto esecutivo
della Tav garantito dall’Unione europea, ma resta il fatto che il parere
richiesto dalla Regione al Comune sarà utilizzato anche nelle fasi successive
dell’iter progettuale e quindi avrà un valore definitivo. «Il tempo è molto
ridotto – dice il Sindaco Vladimir Kukanja – e non so come riusciremo a
rispettare le scadenze, tenendo conto della delicatezza della materia e della
necessità di avviare e concludere una consultazione ampia e impegnativa,
obbligatoria anche per l’impatto che l’opera avrà sulla vita degli abitanti e
sul territorio comunale. Faremo l’impossibile, ma l’impresa mi pare ardua». Sarà
la seconda commissione consiliare – competente in materia di urbanistica, di
tutela dell’ambiente e pianificazione del territorio – a svolgere un ruolo
fondamentale nella fase della consultazione. Lo precisa il presidente Maurizio
Rozza che si richiama a questo proposito agli impegni programmatici della
giunta. «Intendiamo ascoltare – dice – tutti i portatori di interessi attivi sul
territorio, l’associazionismo, gli esperti, per arrivare a un autentico processo
di partecipazione alle decisioni del Comune in materia di pianificazione. Invito
le associazioni e i comitati ad attivarsi immediatamente e a chiedere di essere
ascoltati dalla seconda commissione con il supporto di materiale e memorie. Tra
l’altro – si augura Rozza - questa procedura alleggerirà il lavoro del consiglio
comunale». «Ma come si fa – si chiede il vicesindaco Massimo Veronese, assessore
proprio alla pianificazione territoriale e all’ambiente – a porre
un’amministrazione comunale in questa situazione imbarazzante? Viene il sospetto
che il parere dei Comuni non sia tenuto in alcun conto e che la nostra
consultazione abbia un valore puramente formale. Ma non si rendono conto che
l’intero nostro territorio e la stessa vita dei cittadini rischiano di essere
compromessi da decisioni affrettate e non meditate?» Sono le stesse conclusioni
del progetto a supportare la preoccupata protesta di Veronese e sembrano,
implicitamente, dare un giudizio negativo sull’intero impianto progettuale.
«L’attraversamento di quest’area – si legge – costituisce senz’altro l’elemento
di maggiore criticità dell’opera in esame, non solo in ragione delle potenziali
interferenze del tracciato, ma anche per la fase di costruzione». Così prosegue
il testo. «Per quanto riguarda tendenzialmente la parte terminale della nuova
linea Av/Ac in progetto (cioè il territorio carsico di Duino Aurisina, ndr) che
si sviluppa prevalentemente in sotterraneo, va segnalato l’attraversamento dei
calcari di Aurisina, altamente carsificabili e carsificati, con alta probabilità
di incontrare vuoti (grotte, ndr) anche significativi, e successivamente il
passaggio nei calcari liburnici ed eocentrici, un po’ meno carsificabili, ma
anch’essi con possibilità di vuoti (grotte, ndr)». Ed ecco la mazzata finale
delle conclusioni progettuali: «L’ambiente carsico è estremamente vulnerabile
sia dal punto di vista idrogeologico, data l’elevata velocità di dispersione di
eventuali sostanze contaminanti e data la possibilità che lo scavo di una
galleria alteri percorsi idrici sotterranei, sia dal punto di vista
geomorfologico, per la presenza di grotte e cavità la cui estensione non è
prevedibile con indagini in superficie». Ma come si fa – è l’interrogativo che
serpeggia tra i responsabili del Comune – a chiedere entro trenta giorni un
parere all’amministrazione civica e ai cittadini su un progetto di cui persino
gli autori, almeno per la parte riguardante Duino Aurisina, non sono convinti e
illustrano con tanti dubbi e perplessità?
(a. g.)
IL PICCOLO - SABATO, 7 luglio 2012
Nascono gli ecomusei. Soldi alle Pro Loco
TRIESTE Risorse pari a 870mila euro per le Pro loco e i loro Consorzi, in
virtù di un’attività «che sempre di più si distingue per la qualità delle
iniziative», per dirla con l’assessore al Turismo Federica Seganti. La giunta
regionale ieri ha infatti approvato il riparto dei fondi per il 2012. Nello
specifico, i finanziamenti saranno suddivisi tra l’Unipli Fvg (130.500 euro), i
12 Consorzi (126mila euro) e le singole Pro loco di 170 località del Fvg
(613.500 euro). La giunta ha poi approvato il programma di istituzione degli
Ecomusei per l’anno 2012 proposto da Elio De Anna e ha dato il via libera a due
delibere di Riccardo Riccardi: con la prima sono state prenotate le risorse
(200mila euro) per prorogare la sperimentazione della libera circolazione delle
forze dell’ordine sui servizi ferroviari di interesse regionale svolti da
Trenitalia nel 2012. Il secondo provvedimento è invece relativo a un contributo
regionale (1,2 milioni) per la manutenzione straordinaria degli ambiti portuali
all’interno del riordino della portualità nazionale. Disco verde anche per il
Tavolo Biodiversità, istituito su proposta di Claudio Violino. Sarà un organo di
consulenza tecnica per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio
naturale e dell’habitat del Fvg. Il Tavolo è composto dai direttori dei servizi
della direzione centrale che hanno competenza in materia, da due rappresentanti
delle Università di Trieste e Udine, dai rappresentanti dei musei regionali di
Storia naturale di Udine e di Trieste, dal direttore tecnico-scientifico
dell’Arpa, dai rappresentanti dei gestori delle aree protette interessate (per
la partecipazione al Tavolo non sono previsti compensi). Passando al tema del
lavoro, l’assessore competente Angela Brandi ha annunciato che nel 2012 si è
verificato un vero e proprio boom di assunzioni e stabilizzazioni di lavoratori
grazie agli incentivi messi in campo dalla Regione: ben 3mila solo nel primo
semestre. Di questo passo i lavoratori assunti complessivamente tra il 2008 e la
fine del 2012 dovrebbero superare quota 20mila. Un record, come da record è la
cifra stanziata dalla Regione per le politiche attive del lavoro quest’anno:
27,2 milioni di euro. «Una cifra così alta non era mai stata investita in Fvg -
ha spiegato Brandi -. Si è deciso di destinare, dei 15 milioni disponibili in
assestamento, ben 14 alle politiche attive del lavoro, con un obiettivo:
favorire lo sviluppo e garantire la tenuta dell'occupazione». I regolamenti sono
stati modificati recentemente, per favorire soprattutto i lavoratori di età
avanzata. Infine lo sport. Come spiega l’assessore De Anna, ammontano
complessivamente a 310mila euro i fondi che la Regione ha assegnato in questi
giorni a 40 beneficiari. Con due distinti decreti le 30 associazioni sportive di
soggetti diversamente dotati hanno ricevuto 160mila euro per l’organizzazione di
specifiche manifestazioni, mentre a dieci enti di promozione sportiva sono stati
destinati 150mila euro a sostegno dell’attività istituzionale.
Elisa Coloni
Sottoutilizzato l'impianto di compostaggio di Moraro
MORARO Ancora sottoutilizzato l’impianto di Moraro. Perfettamente
all’interno di quelle che erano le previsioni d’uso l’impianto di Staranzano.
Questo il bilancio dei due centri di compostaggio dell’Isontino. Numeri e
statistiche sono contenuti nel fascicolo statistico del bilancio di previsione
2012-2014 della Provincia di Gorizia. A pagina 44 si tratta diffusamento del
“Sistema impiantistico di trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti”.
«L’impiantistica dedicata alla valorizzazione degli scarti organici di raccolta
differenziata consta di due siti di trattamento aerobico: l’impianto Iris di
Moraro e il Sager di Staranzano. Il primo - si legge nel report della Provincia
- è autorizzato per il compostaggio di 18mila tonnellate all’anno e, negli
ultimi dodici mesi, ha registrato un’operatività effettiva di circa 11.240
tonnellate di cui circa 6mila di rifiuto umido e circa 5.300 tonnellate di
scarto verde. L’attuale autorizzazione ha validità sino a tutto il 2017».
L’impianto di Staranzano è di proprietà del Comune mentre la gestione è affidata
alla Sager. «È autorizzato - si legge sempre nella relazione della Provincia -
per il trattamento di circa cinquemila tonnellate all’anno di frazioni organiche
da raccolta differenziata e ha, sostanzialmente, trattato il quantitativo
autorizzato durante l’ultimo anno». La ricchezza di humus, di flora microbica
attiva e di microelementi rende il compost un ottimo prodotto adatto a diversi
impieghi. Dal processo di mineralizzazione del rifiuto organico si ottiene un
prodotto fertilizzante denominato ammendante compostato misto, derivante dalla
lavorazione sia della componente umida (Forsu) del rifiuto che dalla componente
verde (sfalci e potature). Come in ogni processo di trasformazione esiste una
percentuale di scarti che per il 2010 è stata pari a 2.500 tonnellate. La
produzione di compost o ammendante misto è stata di 3.434 tonnellate. Il compost
è stato prodotto nel rispetto delle specifiche della normativa sui fertilizzanti
che individua le condizioni analitiche per classificare il compost come
“prodotto”), dunqueliberamente utilizzabile e commerciabile». Ebbene: il 90% del
prodotto ottenuto dall’impianto di Moraro viene conferito ad un unico fornitore
attraverso un contratto di cessione con ricavo che ne garantisce la costante
acquisizione. Il prodotto fertilizzante organico viene utilizzato, miscelato con
altre componenti (torba), per la realizzazione di terriccio utilizzato per
florovivaismo e produzione di ortaggi.
Francesco Fain
IL PICCOLO - GIOVEDI', 5 luglio 2012
Allarme Ecomafie: 93 reati al giorno
«Ciò che devasta l’Italia è da un lato l’abusivismo edilizio e dall’altro la
gestione illegale del ciclo dei rifiuti». Lo scrive Roberto Saviano (foto) nella
prefazione al rapporto Ecomafia 2012, l’indagine annuale di Legambiente
sull’illegalità ambientale presentata ieri a Roma. «I dati che emergono
feriscono», prosegue Saviano, soprattutto perchè le ecomafie rimangono «una
delle economie europee più floride, in attivo» nonostante «la crisi». Nel 2011
nel nostro Paese sono stati scoperti 33.817 reati ambientali, quasi 93 al
giorno, il 9,7% in più rispetto al 2010. E il dossier fotografa un business
dalle cifre scioccanti: 16,6 miliardi di euro il fatturato dell’ultimo anno, 300
negli ultimi venti. Insomma siamo in presenza di un «quotidiano», «smisurato
attacco» al Belpaese, al suo paesaggio, alla sua fauna, al patrimonio storico e
artistico. Un attacco contro il quale, è il monito del presidente Napolitano, «è
necessario ricorrere a nuove metodologie» per « una incisiva azione di
contrasto».
IL PICCOLO - MERCOLEDI', 4 luglio 2012
Monito Ue sulla Tav: «Perso troppo tempo»
TRIESTE Sulla progettazione della Trieste-Divaccia, Roma e Lubiana hanno già
perso anche troppo tempo. Serve quindi un deciso cambio di passo che consenta di
accelerare l’iter e rispettare, questa volta in maniera rigorosa, la tabella di
marcia fissata da Bruxelles. La stoccata, accompagnata da modi cordiali ma
decisi, è arrivata dal commissario europeo e coordinatore del progetto
prioritario Laurens Jan Brinkhorst. Nel giorno in cui il viceministro Mario
Ciaccia e il sottosegretario sloveno alle Infrastrutture Igor Salamun annunciano
la nascita del Geie, il Gruppo europeo di interesse economico per la
realizzazione della tratta transfrontaliera dell’Alta velocità, e la ritrovata
sintonia sulla strategicità dell’opera, Brinkhorst richiama tutti all’ordine:
ulteriori ritardi e slittamenti, in futuro, non verranno più tollerati. «Ho
constatato con soddisfazione l’impegno a portare avanti l’opera, espresso anche
dall’esponente del governo sloveno - ha affermato il commissario -. Un impegno
atteso da 4-5 anni. Un passo avanti indispensabile perchè la Commissione europea
può agire solo per lubrificare i meccanismi, ma il funzionamento del motore
dipendono dai due Stati». Meglio quindi rispettare i termini per non vedere
andare in fumo i 28 milioni di euro già stanziati di Bruxelles per l’attività
progettuale (cifra che corrisponde al 50% del costo complessivo) e l’atteso,
seppur non ancora messo nero su bianco, cofinanziamento per la realizzazione
vera e propria dell’opera: costo totale 1,3 miliardi di euro, di cui 283 milioni
in carico alla Slovenia e la parte restante di competenza italiana. Stando ai
buoni propositi annunciati ieri dai componenti dei due governi, tuttavia, il
rischio di restare a secco non esiste più. «Andremo avanti con i tempi previsti
- ha affermato il sottosegretario Igor Salamun -. I nostri Paesi hanno
constatato che si tratta di un progetto di grande importanza». Quanto alla
connessione con il porto di Capodistria e alla possibilità di veder realizzata
anche la tratta Venezia-Trieste dell’Alta velocità, tanto Salamun quanto Ciaccia
hanno tagliato corto. «Il progetto europeo - ha affermato il sottosegretario -
va già nella direzione del collegamento tra gli scali di Trieste e Capodistria».
«Più che in termini di singole tratte - ha chiarito il viceministro italiano -
dobbiamo ragionare in termini di rete. L’Europa ci chiede di abbandonare il
concetto di infrastruttura spot e di abbracciare una visione di sistema. In
quest’ottica, il passaggio di un Corridoio porterà benefici a tutti i terminali
intermodali presenti nelle aree limitrofe». Soddisfatto dell’intesa siglata a
Trieste, città che ospiterà la sede operativa del Geie, anche l’assessore
regionale Riccardo Riccardi. «La riunione di oggi (ieri ndr) ha compiuto passi
avanti sulla strada delle realizzazione di un’opera strategica». Opera che
prevede un tratto di 21 km - 12 in Italia, prevalentemente in galleria, 9 in
Slovenia per lo più in superficie- . E il tracciato, rivisto un anno fa, ha
voluto ricordare Riccardi, non attraverserà la Val Rosandra.
(m.r.)
Segrè: «Ecologia virtù economica»
TRIESTE Un’austera prosperità, nel pensiero di Andrea Segrè, è un’economia
sobria che grazie ad un anagramma può diventare briosa. Il celebre
agroeconomista concittadino, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di
Bologna, ha tenuto a battesimo ieri pomeriggio nella Sala H2Openspace del Centro
federale Trieste Piscina Bruno Bianchi il progetto “Nuotare tra i libri”,
presentando in anteprima nazionale “Il libro blu dello spreco in Italia:
l’acqua” (Edizioni Ambiente), di cui è autore assieme a Luca Falasconi, ma
parlando anche e soprattutto dei temi di “Economia a colori”, edito da Einaudi.
Franco Del Campo, curatore della rassegna, ha sollecitato le riflessioni di
Segrè rilanciandogli alcuni punti chiave dei suoi libri. «Una buona gestione
della nostra piccola casa deve stare nella grande casa, l’ecologia, ossia la
gestione del pianeta, dell’ambiente. L’ecologia non può essere un aggettivo
dell’economia, semmai il contrario» ha detto Segrè, a cui sta a cuore la buona
informazione sulle opportunità contro lo spreco. La maggior quantità di sprechi
passa attraverso il bidone della spazzatura e guizza subito l’esempio: su 550
chili di rifiuto solido organico, il 20 o 30% è costituito da imballaggi e un
terzo o un quarto è ancora utilizzabile e consumabile. «Rifiutare ciò che è
ancora buono - ha poi affermato Segrè -, un bene, una merce, un prodotto, magari
soltanto perché è brutto, perché ha scadenza ravvicinata, perché ha la
confezione danneggiata, ci porta a rifiutare l’altro, il diverso. Questa è la
società che stiamo vivendo adesso». Contro lo spreco entra in campo il concetto
di sufficienza, riferita all’essenzialità, alla sobrietà, alla frugalità.
«Quando si va a scuola bisogna puntare al massimo - ha spiegato ancora Segrè -,
per quel tipo di consumo non bisogna guardare alle leggi della termodinamica, ma
per i consumi materiali bisogna fermarsi alla sufficienza. Ci riempiamo la vita
di ventimila cose che non riusciamo neanche a usare. La sufficienza significa
avere il giusto, quindi né troppo né troppo poco. Questo è un tema di giustizia,
di riequilibrio, di qualità, perché in questo momento nel mondo abbiamo un
miliardo di affamati e un miliardo di obesi, un bel paradosso». Infine, la
quantità d’acqua impiegata nella produzione del cibo è assai più ingente di
quella che impieghiamo per cucinare, bere, o lavare. Lo documenta “Il libro
blu”, nato da un rapporto di Last Minute Market per la campagna “Un anno contro
lo spreco”.
Maria Cristina Vilardo
Foca monaca si riposa a Cherso
FIUME A distanza di un anno, nuovo avvistamento di una foca monaca a Cherso,
fotografata la scorsa settimana da un gruppo di turisti mentre si riposava
tranquillamente sulla spiaggia all’imboccatura di una grotta marina. I
vacanzieri hanno pensato bene di allertare gli attivisti di Plavi Svijet (Mondo
Blu), l’istituto per le ricerche e la tutela del mare con sede a Lussingrande e
subito un team si è messo in moto, portandosi nel sito segnalato quale dimora
dell’animale e che si trova lungo la costa occidentale dell’isola. Sabato
mattina i ricercatori di Plavi Svijet hanno notato il mammifero – un esemplare
lungo 2 metri e mezzo – e l’hanno fotografato e filmato, ripetendo quanto fatto
nel giugno di un anno fa. Grgur Pleslic di Mondo Blu ha spiegato ai giornalisti
che in un secondo tempo la grotta è stata ispezionata e quindi raccolti alcuni
peli della foca per vedere se si possa arrivare all’esame del Dna. Le analisi
sarebbero oltremodo preziose perché potrebbero determinare le origini
dell’animale, confrontando i dati con quelli in possesso di similari istituti
presenti in Grecia e Turchia. «Sappiamo che la foca monaca è il mammifero marino
più a rischio in Europa – ha fatto presente il ricercatore – ne esistono ancora
da un minimo di 500 ad un massimo di 600 esemplari. Sono raggruppati in due
colonie, una posizionata nel Mediterraneo nordorientale e parlo di Grecia,
Turchia e Cipro, e l’altra dislocata nell’Atlantico nordorientale, lungo le
coste della Mauritania e dell’Africa occidentale, come pure nelle isole Desertas,
a metà strada tra le Azzorre e le Canarie. In passato questa specie di foca era
un abitante fisso dell’Adriatico, ma dagli anni 60 del secolo scorso il suo
numero si è rarefatto a tal punto da essere considerata scomparsa da questo
mare». Nel sottolineare che dopo decenni di assenza un esemplare era stato
fotografato nel 2005 nelle vicinanze dell’isola dalmata di Selve (Silba),
Pleslic ha rilevato che l’esame del Dna potrebbe stabilire se l’esemplare
appartenga alla colonia greco–turca e che pertanto abbia voluto tentare
l’avventura nelle acque adriatiche, dirigendosi centinaia e centinaia di miglia
a settentrione. In questo momento non è noto se si tratti dello stesso animale
ripreso da Plavi Svijet il giugno 2011 a Cherso, che poi risultò essere
l’esemplare visto a più ripreso nell’ estremo lembo meridionale dell’Istria, a
Capo Promontore nel 2009. «Dobbiamo stabilire se nelle nostre acque abitino una
o più foche monache – ha aggiunto Pleslic – il maggior numero di avvistamenti ha
comunque riguardato la Penisola istriana, seguita da Cherso e Lussino. Noi
all’istituto siamo dell’avviso che si tratti dello stesso animale, stabilitosi
nelle acque altoadriatiche perché evidentemente gli forniscono un sufficiente
quantitativo di cibo. Non sappiamo d’altro canto se nel resto dell’Adriatico ci
siano altri esemplari». Il biologo lussiniano ha invitato tutti coloro che
avvistassero il mammifero a rivolgersi a Plavi Svijet, ricordando infine che
abbiamo di fronte una specie minacciata e dunque da salvaguardare.
Andrea Marsanich
COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 3 luglio 2012
Nuovo PRGC di Trieste - le osservazioni di
Legambiente - Lettera all’assessore all’urbanistica del Comune di Trieste
Nell’ambito del processo partecipativo avviato dal Comune di Trieste, in
vista della stesura del nuovo piano regolatore generale, il Circolo Verdeazzurro
Legambiente di Trieste (in occasione dell’incontro con le associazioni
ambientaliste convocato per il 4 luglio 2012) formula le seguenti osservazioni
preliminari.
Sul quadro conoscitivo
Si suggerisce di recuperare ed aggiornare gli studi e le analisi, prodotti per
le varianti 66 e 118, utilizzando
le informazioni ed i dati sul patrimonio naturalistico, disponibili presso il
Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, nonché gli
elementi utili contenuti nelle osservazioni presentate su precedenti strumenti
urbanistici (v. in particolare le osservazioni della Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia, presentate l’11
dicembre 2009 per la procedura VAS sulla variante n. 118 al PRGC di Trieste).
Riteniamo inoltre indispensabile che sia completata la ricognizione di immobili
e aree aventi valore testimoniale per il loro interesse storico-architettonico,
per la presenza di complessi vegetazionali di particolare pregio, ovvero per il
loro particolare valore paesaggistico (in particolare le aree a pastino)
provvedendo alla conseguente definizione della disciplina sulla loro
trasformabilità (direttiva già prevista tra quelle previste per la variante n.
118, ma di fatto solo parzialmente attuata).
Sul dimensionamento del PRGC
La capacità insediativa teorica del nuovo PRGC va determinata sulla base di dati
realistici in merito all’evoluzione demografica del Comune ragionevolmente
prevedibile (che si ritiene non giustifichi un valore superiore a 220.000
residenti al 2020), per essere in linea con le ultime sentenze dei Tribunali
Amministrativi Italiani .
Sulle scelte azzonative del PRGC
Riteniamo necessario:
- rinunciare alla previsione di nuove zone di espansione residenziale;
- eliminare tutte le zone di espansione – zz. oo. “C” e “BT” - ancora non
attuate derivanti dalla variante 66 (anche in presenza di piani attuativi
approvati)
- eliminare ogni nuova urbanizzazione a spese di aree agricole e naturali, anche
per quanto concerne le zz.oo. produttive “D”, “G” e “H”.
Pensiamo che l’Amministrazione debba stabilire i perimetri, e rivedere gli
indici di edificabilità, per le zz. oo. “B”, in base all’effettiva adeguatezza
delle urbanizzazioni e della rete viaria.
La zona omogenea residenziale ed il relativo indice di edificabilità, andranno
quindi attribuiti sulla base di una reale ricognizione dell’edificato, in modo
tale che non possano venir realizzati manufatti fuori scala rispetto il vassoio
territoriale.
Va data priorità al riuso per l’edilizia sociale e sovvenzionata, nonché alla
rilocalizzazione delle attività di ricerca scientifica ed istruzione superiore,
nella ridefinizione delle destinazioni d’uso delle aree dismesse o da
riconvertire (ex caserme, ex Fiera campionaria, Porto Vecchio, ecc.).
Per la riconversione dell’area della Ferriera di Servola, va mantenuta – previa
chiusura e bonifica dell’attuale insediamento siderurgico - la destinazione
d’uso industriale, affiancata ad altre compatibili (mobilità ferroviaria e
portuale, ecc.), ma con esclusione di ogni insediamento inquinante.
Il mare ed il Carso devono essere valorizzati in quanto grandi risorse
paesaggistiche, culturali, economiche e territoriali, inserendo sistematicamente
contenuti finalizzati alla tutela del paesaggio nella zonizzazione e nelle norme
di attuazione del piano regolatore (stante l’inesistenza di un piano
paesaggistico regionale), con particolare attenzione al
mantenimento/ricostruzione delle funzionalità del reticolo ecologico e alla
salvaguardia delle aree verdi urbane e periferiche (v. allegato 1, a firma del
prof. Livio Poldini).
In questo senso ribadiamo la necessità di tutelare le aree con particolari
valenze architettoniche o paesistiche non già oggetto di vincoli sovraordinati.
Suggeriamo di valutare interventi anche radicali – ad es. mediante demolizione e
ricostruzione – per la riqualificazione delle aree residenziali della periferia,
al fine di incorporarvi tutte le soluzioni costruttive e tecnologiche
disponibili per ottenere le migliori prestazioni energetiche e riorganizzandoli
a partire dalla risoluzione dei problemi connessi alla localizzazione di servizi
(spazi verdi, centri di aggregazione o luoghi di relax per persone anziane,
ecc.).
Va tuttavia esclusa la possibilità di insediare nel territorio comunale nuovi
impianti industriali a rischio di incidente rilevante, rivedendo altresì la
localizzazione di quelli esistenti.
Non devono essere indicati nel PRGC i tracciati di nuove grandi infrastrutture
(es. linea AV/AC Venezia-Trieste, linea Trieste-Divaccia, ecc.), stante anche
l’assoluta indeterminatezza delle soluzioni di percorso individuate finora dai
competenti organi statali e l’assenza di una pianificazione di settore.
Sul metodo
Riteniamo che il ricorso a strumenti derogatori, rispetto alla normale
disciplina urbanistica, quali gli accordi di programma aventi valenza di
variante al PRGC, vada assolutamente evitato, al fine di continuare nella
direzione della partecipazione e della trasparenza, che invece sarebbe soffocata
da tale strumento amministrativo.
Va altresì evitato il ricorso allo strumento della “perequazione urbanistica”,
in merito al quale si allega (v. all. 2) un intervento del prof. Edoardo Salzano.
Da ultimo segnaliamo l’inopportunità di apportare modifiche peggiorative alla
strumentazione urbanistica vigente, come la Giunta comunale si appresta a fare
con l’avvio (mediante la delibera n. 206 del 21 maggio 2012) dell’iter per una
variante tesa a riscrivere l’art. 18 delle NTA.
Infatti, così come è scritta, tale norma si presta ad essere piegata a interessi
di eventuali speculatori edilizi.
A tale proposito si allegano le osservazioni formulate da Legambiente e Italia
Nostra (v. all. 3).
Conclusioni
Legambiente auspica che il percorso partecipativo sul nuovo PRGC, opportunamente
avviato dall’amministrazione comunale, preveda anche ulteriori incontri di
approfondimento, nei quali sia possibile sviluppare gli argomenti riassunti
nelle considerazioni svolte sopra e confrontare le rispettive posizioni in
merito.
Con i più cordiali saluti
Lucia Sirocco - Presidente Circolo Verdeazzurro Legambiente Trieste
IL PICCOLO - MARTEDI', 3 luglio 2012
Segrè parla dello spreco d'acqua
Piscina “Bruno Bianchi” Passeggio Sant’Andrea 8 Info:
www.unannocontrolospreco.org Questo pomeriggio alle 18 al Centro Federale
Trieste, piscina “Bruno Bianchi”, nell’H2Openspace (al 2.o piano), “Nuotare tra
i libri” presenta in anteprima nazionale “Il Libro Blu dello spreco in Italia:
l’acqua” (Edizioni Ambiente) di Andrea Segrè e Luca Falasconi. Franco Del Campo
introdurrà la conversazione con Andrea Segrè. Il libro proietterà il pubblico
nell’evidenza dello spreco idrico troppo spesso legato anche e soprattutto allo
spreco del cibo. In Italia sono stati sprecati nel 2010 1,2 miliardi di metri
cubi d’acqua (pari al lago d’Iseo), per produrre 1,5 milioni di tonnellate di
prodotti agricoli abbandonati nei campi. Il 70% dei consumi di acqua dolce, a
livello planetario, è impiegata nel settore agricolo (poco meno del 40% nei
paesi industrializzati, poco più dell’80% nei Paesi in via di sviluppo) e dietro
ai pasti che consumiamo quotidianamente ci sono enormi quantità di acqua.
IL PICCOLO - LUNEDI', 2 luglio 2012
Piano del traffico, nuovo semaforo in Corso
Spunta un nuovo semaforo nella bozza del Piano del traffico illustrata la
scorsa settimana in Sesta commissione consiliare. È quello che, nelle intenzioni
dell’amministrazione comunale, andrà a regolare il traffico del trasporto
pubblico alla base di corso Italia, con effetto dunque sui passaggi alternati -
in un senso e nell’altro - di bus e taxi nella strettoia di via Canal piccolo.
«Valutando assieme a Provincia e Trieste Trasporti - spiega l’assessore a
Mobilità e traffico del Comune, Elena Marchigiani - era emersa qualche
perplessità sulla svolta degli autobus da corso Italia in via Roma». La prima
bozza dell’era Cosolini, infatti, contemplava per i bus in arrivo lungo corso
Italia da piazza Goldoni la deviazione su via Roma e poi sull’ultimo tratto di
via Mazzini, per approdare infine sulle Rive. La nuova versione del Piano, dopo
l’iter di partecipazione voluto dalla giunta, prevede invece un corso Italia
sempre riservato con doppio senso di marcia al solo trasporto pubblico (bus e
taxi) ma per tutta la sua lunghezza. Il progetto è completato così nel tratto
finale che confluisce in via Canal piccolo: «La soluzione che riteniamo vada più
che bene è quella di un semaforo - illustra Marchigiani -, con cui regolare un
senso unico alternato in via Canal piccolo. Un’opzione che ci permette di
liberare completamente dai veicoli via Mazzini, che unicamente nel tratto
Rive-via Roma sarà accessibile in determinate fasce orarie per i mezzi con
persone disabili a bordo e per quelli operativi per carico-scarico merci». In
ogni caso, sottolinea l’assessore, «il trasporto pubblico è di competenza della
Provincia, con cui infatti ci rivedremo in settimana per discuterne. Le linee
degli autobus che dovrebbero scendere per corso Italia sono comunque poche: non
si formerà alcun imbuto prima di via Canal piccolo». La novità semaforo ha
subito agitato qualche esponente dell’opposizione. «Pensavo fosse una presa in
giro - ironizza Paolo Rovis del Pdl -, invece lo vogliono fare davvero...». Poi
il nuovo “spot” a favore del ring: «Una soluzione equilibrata - aggiunge Rovis -
è il doppio senso unico per i mezzi pubblici, ma con via Mazzini verso le Rive e
corso Italia con transito in direzione piazza Goldoni. Un assetto tecnicamente
fattibile, oltre che più razionale e vantaggioso di un senso unico alternato con
semaforo che di solito si usa nelle viuzze dei borghi medievali, non certo nel
centro di una città capoluogo». Astenuti, per ora, i “grillini”: «Ci esprimeremo
sul documento finale», sintetizza Stefano Patuanelli del MoVimento 5 Stelle.
(m.u.)
IL PICCOLO - DOMENICA , 1 luglio 2012
Centrale a biomasse - Opicina in rivolta contro
l’impianto
Il comitato locale deposita 23 osservazioni alla Regione «Non è
ecosostenibile bruciare qui olio di palma africano»
Altro che biomasse. Il progetto della centrale di Opicina produce massa
critica. E contraria. La folla che si è ritrovato l’altra sera nella sala della
Banca di Credito cooperativo del Carso non ha dubbi sulla insostenibilità del
megaimpianto che dovrebbe sorgere nell’area delle ex Officine meccaniche e
ferroviarie Laboranti. «Non s’ha da fare. Siamo pronti a stenderci davanti alle
ruspe» chiarisce subito dal palco Dario Vremec battagliero cittadino che ha
all’attivo la vittoria contro l’antenna di via dei Salici nei pressi dell’asilo
e della scuola (5mila le firme raccolte all’epoca). La bocciatura del progetto
presentato in Regione dalla società Investimenti industriali Triestini è totale
e senza appello. Una petizione sta già raccogliendo migliaia di firme tra la
gente del Carso e non solo. Nel testo la centrale a biomassa assume il nome di
“ecomostro” con i due camini altri 35 metri e i 39 serbatoio di olio
combustibile previsti- L’Associazione per la difesa di Opicina, che ha
organizzato l’incontro pubblico, ha depositato venerdì mattina 23 osservazioni
agli organismi regionali con la richiesta di applicazione alla procedura della
Via (valutazione di impatto ambientale). La stessa richiesta avanzata dal Comune
di Trieste per iniziativa dell’assessore all’Ambiente Umberto Laureni. Un’arma,
quella della Via, che dovrebbe seppellire sul nascere il progetto da 50 milioni
di euro di investimenti. «Un dossier inattaccabile» certifica l’avvocato Roberto
Corbo, residente a Opicina. Le osservazioni, illustrate dall’ingegnere Stefano
Patuanelli (consigliere comunale del Movimento 5 Stelle), sono un malloppo di
oltre 500 fogli, dallo spessore di 5 centimetri. Dal punto di vista tecnico e
ambientale non c’è nulla da salvare. «Questo progetto - spiega Patuanelli - cela
un impianto che di sostenibile ha ben poco». L’argomento forte sono le emissioni
di CO2. La centrale a biomassa non produce anidride carbonica. Vanta un ciclo a
emissioni zero. Solo che brucia olio di palma prodotto in una piantagione della
Costa d’Avorio grande come la metà della provincia di Trieste (10mila ettari).
«Il trasporto via mare e poi via terra annulla l’effetto delle emissioni zero»
spiega Patuanelli. Ma non basta. L’agenzia americana Epa, nel febbraio scorso,
ha rimosso l’olio di palma dalla lista dei combustibili ecologici. «Sono
impianti che vanno di modo - ha spiegato Luciano Zorzenone,presidente del
Cordicom (coordinamento dei comitati del Fvg) - grazie agli incentivi statali
che poi paghiamo noi in bolletta». Una beffa consumato sulla promessa dei 100
posti di lavoro per la costruzione della centra e dei 25 per la sua gestione.
«Raccontano balle» spiega Lino Santoro di Lega ambiente che lancia l’allarme
sull’aspetto neocoloniale del progetto. «Per le piantagioni di palma da cocco
sono in corso una deforestazione selvaggia con relativo aumento di CO2 nei paesi
di origine». «Ma chi si nasconde dietro la società Investimenti industriali
triestini?» si chiede dal pubblico. «Un gruppo di Napoli con sede a Roma in
viale Buozzi che sta facendo tutta questa operazione senza metterci una lira.
Sul terreno, inoltre, ci sono ipoteche giudiziarie per 4 milioni di euro»
assicura l’avvocato. Il fronte dei contrari sta arruolano anche diversi
consiglieri comunali. Mauro Ravalico (Pd) è «molto perplesso e preoccupato».
«Non sono d'accordo - dice - sul fatto di bruciare olio di palma africano
trasportato per migliaia di chilometri via mare e ferrovia». Marino Sossi (Sel),
invece, ha già predisposto una mozione urgente al consiglio comunale. Non ci
sono però solo preoccupazioni per la salute e l’ambiente. C’è anche un rischio
meno nobile. Immobiliare. «Con la centrale le case di Opicina varranno zero»
dice l’avvocato Corbo mentre mima il numero con la mano sinistra. Zero. Come le
emissioni di CO2 della centrale a biomasse.
Fabio Dorigo
“No all’ecomostro” Oltre 500 firme raccolte in 5 ore
«I cittadini dicono no all’ecomostro». Il titolo è degli organizzatori del
banchetto di Opicina (nella foto) preso letteralmente d’assalto ieri per firmare
la petizione popolare indirizzata al presidente della Regione, della Provincia e
al sindaco di Trieste. «Gente di Opicina, Monrupino, Banne avvisata via web
accorsa numerosa a firmare la petizione che dichiara netta contrarietà alla
centrale a biomassa oleosa ad Opicina. In 5 ore abbiamo raccolto più di 500
firme» racconta la consigliera provinciale del Pd Maria Monteleone. A dare
manforte al banchetto c'erano Valentina Baldas consigliera in Circoscrizione,
Bruna Tam, la consigliera comunale Anna Maria Mozzi e Grazia Tolusso del circolo
Pd di Opicina. Viste le richieste dei cittadini la raccolta firme proseguirà
anche il prossimo weekend in centro ad Opicina.
Val Rosandra, erbacce infestanti cambiano il volto
all’ambiente
Le piante selvatiche frenano la ricrescita di salici rossi, pioppi e
ontani neri. Per organizzare una pulizia servono almeno due settimane.
Il sindaco di San Dorligo Premolin: «L’area è sotto
inchiesta»
L’erba del vicino è sempre più verde. Sulle sponde del Rosandra non esiste
alcun vicino, è terra di tutti, quella. Però il proverbio casca a fagiolo, nel
senso che l’erba che sta crescendo dopo la drastica rasatura di primavera non è
quella che dovrebbe. Perché si tratta di erbaccia infestante, senza alcun valore
ambientale, che toglie il fiato, la luce, lo sviluppo alle specie autoctone di
cui si attende appunto un cenno di rinascita. I germogli tanto bramati da
naturalisti di professione, come da escursionisti della domenica, già ci sono.
Germogli di pioppo nero, di ontano nero, di salice rosso. Gli alberi che c’erano
e che torneranno. Ma sono sommersi da ciuffi di robinie e ailanto del tipo meno
nobile per il contesto di cui si parla e per la sua storia: sono queste le
erbacce che invadono a vista d’occhio, perché si fanno strada molto rapidamente
rispetto a tutto il resto, la striscia di valle falciata a marzo. Ebbene: tali
erbacce saranno tolte, certo, come proposto nei giorni scorsi dal Comitato per
la difesa della Val Rosandra presieduto dal professore emerito Livio Poldini, ma
non subito. Anche la ricrescita di pioppi, ontani e salici , infatti, deve
mettersi in coda a un minimo di tempistiche burocratiche. Per riparlarne «ci
vorrà una quindicina, ventina di giorni», come ha precisato di recente il
sindaco di San Dorligo della Valle Fulvia Premolin. Motivo? I soliti
contrattempi amministrativi del Comune (proprio di San Dorligo in questo caso),
della Provincia, o della Regione? Non proprio. La Val Rosandra, per quella
rasata clamorosa, è diventata la scena di un presunto “delitto” sul quale sta
indagando la magistratura (si legga a questo proposito l’articolo a lato, ndr).
Oddio, non è che sono arrivati i gendarmi con i pennacchi e hanno delimitato
l’area del fiume col proverbiale nastro biancorosso a rappresentare i sigilli
della Procura. Però un po’ di cautela ci vuole, qualche autorizzazione, o per lo
meno qualche “nulla osta” formale, presumibilmente, vanno richiesti. Il fatto
che la Val Rosandra non sia per il momento liberabile dalle erbacce è venuto a
galla, come detto, in questi giorni, dopo un sopralluogo, fra le altre cose,
fatto di propria iniziativa dal dottor Sergio Dolce, il noto ex direttore dei
Musei scientifici del Comune di Trieste andato da poco in pensione, il quale fa
parte come esperto ambientale del Comitato per la difesa della Valle. «Ho
ripercorso la zona in cui è stato effettuato il taglio di cui tutti sanno - ha
raccontato Dolce - e ho potuto notare che lì, attualmente, sta crescendo un po’
di tutto, secondo natura. Il problema è che stanno decisamente prendendo il
sopravvento delle specie infestanti di scarso pregio, come robinie e ailanto,
che non permettono lo sviluppo delle specie spontanee autoctone. I germogli di
pioppo nero, di ontano nero e salice rosso sono in difficoltà». «In seguito a
una riunione - l’aggiunta di Dolce, che riferisce di un recente contatto
avvenuto anche con l’amministrazione di San Dorligo - noi del Comitato abbiamo
chiesto al Comune di intervenire provvedendo, sotto l’occhio di esperti, a
estirpare le specie infestanti, in maniera tale da lasciar crescere le specie
autoctone. Siamo disponibili a collaborare». Ma al momento, è proprio il caso di
dirlo, non è che si sia mossa foglia. Ma non è cattiva o scarsa voglia, la
rassicurazione della Premolin. «È vero - così il sindaco di San Dorligo della
Valle - i rappresentanti del Comitato mi hanno chiesto un incontro, mi hanno
detto che sono pronti a un puntuale monitoraggio e all’eventuale formazione
degli addetti preposti alla pulizia della zona dalle specie infestanti. Ho
proceduto col compito che mi spetta, che è quello di informare la giunta, il
Consiglio comunale e i cittadini, ma per ora mi è difficile dare una risposta.
Potrò essere più precisa tra un paio di settimane, almeno. L’area, come si sa, è
oggetto di un’indagine...».
Piero Rauber
E per i danni la Procura si affida ai consulenti
Martedì il pm conferirà l’incarico di valutazione a due esperti.
Altrettanto potranno fare gli indagati
Motosega selvaggia in Val Rosandra. Il pm Antonio Miggiani, il magistrato
che dirige l’inchiesta sullo scempio compiuto dalla Protezione civile tra il 24
e il 25 marzo, conferirà martedì due incarichi ad altrettanti consulenti per
definire in un verso le esatte dimensioni della devastazione, e dall’altro la
necessità - più volte invocata dagli indagati per giustificare le loro scelte -
di mettere in sicurezza dalle piene le sponde del torrente e le abitazioni
adiacenti. Sulla necessità di abbattere decine e decine di alberi di alto fusto,
«per regolare il corso del Rosandra» si pronuncerà il professor Ezio Todini,
docente di idrologia e costruzioni idrauliche all’Università di Bologna; la
valutazione del danno ambientale spetterà invece al biologo triestino Dario
Gasparo, autore tra l’altro di uno splendido libro sugli aspetti naturalistici e
sulla presenza dell’uomo e dei mulini in Val Rosandra. La scelta del pm Antonio
Miggiani di avvalersi di questi consulenti scientifici consente agli indagati di
fare altrettanto. Se lo riterranno opportuno, il vicepresidente della Regione
Luca Ciriani eletto nelle liste del Pdl, il responsabile della Protezione civile
del Friuli Venezia Giulia, Guglielmo Berlasso, il sindaco e il vicesindaco di
San Dorligo della Valle Fulvia Premolin e Antonio Ghersinich, candidati in una
lista di sinistra, potranno avvalersi della consulenza di docenti o
professionisti che in astratto dovrebbero spiegare la necessità e l’opportunità
del massiccio intervento snodatosi in due giorni di lavoro con motoseghe, ruspe
e asce. Anche il geometra Mitja Lovriha, caposervizio dell’Area ambiente e
Lavori pubblici del Comune di San Dorligo è indagato assieme ai funzionari del
Dipartimento della Protezione civile regionale Cristina Trocca e Adriano
Morettin. Nella stessa inchiesta è finito Luca Bombardier, titolare della ditta
specializzata Bombardier srl di Arta Terme. Le macchine che, entrate nel greto
del torrente, ne hanno devastato un bel tratto erano sue. Agli otto indagati la
Procura contesta due ipotesi di reato definite dagli articoli 733 e 734 del
Codice penale. La prima prevede per chi distrugge un habitat dentro un sito
protetto o lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione la pena
dell'arresto fino a 18 mesi e un'ammenda non inferiore a 3mila euro. La seconda
ipotesi di reato contestata dalla Procura a politici, amministratori e tecnici
che hanno agito in Val Rosandra prevede come sanzione solo una pena pecuniaria,
peraltro piuttosto salata, per chi ha distrutto o deturpato le bellezze di
luoghi protetti, usando ostruzioni, demolizioni, o qualsiasi altra modalità di
intervento. L’intervento era stato effettuato - a seguito di una serie di
sopralluoghi promossi dal Comune, dalla Protezione civile e dalla Comunella -
per pulire l’alveo del torrente. Scopo dichiarato, mettere in sicurezza in caso
di piene o di eventuali inondazioni, le vite e i beni del residenti. In totale
si erano avventati sulla Valle 200 “volontari” da tutta la regione.
Claudio Ernè
Piazza Volontari giuliani, parte la rotatoria
sperimentale - DA DOMANI LAVORI ALLA RETE GAS IN VIA COLOGNA
Inizieranno domani i lavori AcegasAps legati al rinnovo e alla sostituzione
della rete gas lungo la via Cologna. Il Comune ha concordato l’avvio del
cantiere «in modo da assicurare ilminimo disagio al traffico - si legge in una
nota - trattandosi di interventi che avranno la massima ripercussione sulla
viabilità nei mesi estivi e con le scuole chiuse, pur prevedendo una durata dei
lavori di alcuni mesi». Un’ordinanza disciplina la viabilità collegata ai
lavori, con riferimento, oltre che alla via Cologna, anche a via Giulia.
L’ordinanza ha una durata complessiva di 190 giorni. Lungo la via Cologna, oltre
ai consueti divieti di sosta legati alle lavorazioni che saranno comunque
applicati per tratti, è istituito un senso unico di marcia tra la via Kandler e
largo Tomizza in direzione di quest’ultimo. Il percorso opposto in salita verrà
effettuato da largo Tomizza lungo la via Giulia per imboccare, attraverso una
apposita rotatoria, la via Kandler e riportarsi sulla via Cologna. La novità più
rilevante per il traffico è costituita proprio dalla nuova rotatoria
sperimentale in prossimità di piazza Volontari Giuliani, «che consentirà di
limitare le manovre di svolta a sinistra lungo la via Giulia e di utilizzare il
percorso di risalita per la via Cologna in tutta sicurezza. La rotatoria
garantirà anche un beneficio in termini di sicurezza ai pedoni che potranno
attraversare in modo più agevole» via Giulia «e garantirà un rallentamento dei
veicoli che oggi percorrono via Giulia a velocità spesso non adatte al tipo di
strada». La realizzazione della rotatoria, ricorda il Comune, «è il primo passo
verso un completo riassetto della strada finalizzato a tutelare la sicurezza dei
pedoni, disciplinare in maniera organica e razionale la circolazione, favorire
la percorribilità dei mezzi pubblici». Il progetto è cofinanziato dalla Regione.
Il Prg alla fase di ascolto 2 - Oltre 8mila i contatti
web. Marchigiani: «Scelta partecipata»
Prg avanti tutta. Il Piano regolatore di Trieste non va in ferie. Con la
fase di ascolto “uno” ancora in corso (8mila i contatti web e 1200 questinari
acquisiti) parte la fase di ascolto “due” del percorso per l’elaborazione del
nuovo Piano regolatore generale del Comune di Trieste. Iniziato con la presa
d’atto della “chiusura” della precedente Variante 118, già poco dopo
l’insediamento del sindaco Roberto Cosolini, e quindi continuato – nel novembre
scorso - con l’approvazione delle “direttive” per un nuovo Piano e con la
contemporanea entrata in vigore delle nuove “salvaguardie”, e poi proseguito con
una prima ampia fase di “ascolto” della cittadinanza e delle sue organizzazioni
sul territorio sviluppatasi nei mesi scorsi attraverso le Circoscrizioni, il
“cammino” verso il nuovo Prgc entra ora in una ulteriore e più articolata e
approfondita “seconda fase di ascolto”. La scelta di fondo è quella di costruire
un Prg partecipato. «Questa amministrazione - spiega l’assessore comunale alla
Pianificazione urbana Elena Marchigiani - ha scelto che la messa a punto di
strumenti pianificatori di così rilevante importanza per il futuro dell’intera
città, come appunto la nuova Variante generale al Piano Regolatore, non possa
più essere concepita come un'azione calata dall'alto, bensì vada intesa come
l'esito di un processo di discussione, condivisione e co-costruzione delle
scelte, insieme ai tanti “portatori di interessi” e ai cittadini che vivono la
città e i suoi quartieri quotidianamente». La Marchigiani ha poi fatto un primo
“punto” sui “frutti” della “prima fase di ascolto”, materialmente conclusasi nei
giorni scorsi quanto ad appuntamenti e incontri sul territorio (l’ultimo il 19
giugno a Opicina, con la II Circoscrizione-Altipiano Est), ma che tuttavia
prosegue quanto a distribuzione e raccolta dei questionari, che potranno essere
ancora compilati online (o cartacei presso le sedi delle Circoscrizioni) fino al
21 luglio. «In due mesi – ha precisato l’assessore – sono stati distribuiti 2500
questionari cartacei (sia in lingua italiana che slovena) mentre sono stati
compilati online, tramite l’apposita “pagina” della Retecivica, più di 1200
questionari e conteggiati più di 8000 accessi al sito web specifico». Passando
dunque alla “II fase di ascolto”, l’Assessore Marchigiani ha spiegato che questa
si svilupperà nel corso dei mesi di luglio e settembre, articolandosi in tre
distinti momenti: gli incontri tecnici, i tavoli tematici e i tavoli
istituzionali. Già da domani saranno disponibili sul sito
www.retecivica.trieste.it, nello spazio dedicato al nuovo Prgc, tutte le
informazioni relative a questa seconda fase di ascolto. Contestualmente
partiranno gli incontri tecnici, che saranno effettuati entro la prima settimana
di luglio su invito diretto dell’Ufficio di Piano, mentre, subito dopo, i tavoli
tematici avranno la seguente programmazione: l’11 luglio, su “Dove sarà Trieste?
Prospettive alla scala dell’area vasta”; il 13 luglio, su “Cosa farà Trieste?
Economie e ricerca”; il 16 luglio, su “Quali nature a Trieste? Ambienti e
paesaggi”; il 18 luglio, su “Come fare di Trieste una città più bella e
abitabile? Questioni di qualità urbana”; il 19 luglio, su “Quali case e servizi
a Trieste? Questioni di welfare”. Tutti questi incontri avranno luogo nella sala
del Consiglio Comunale, sempre con inizio alle 11.
Sicurezza idrogeologica, arrivano 27 milioni
La Regione vara un assestamento di bilancio, ma i costruttori chiedono
interventi ulteriori
TRIESTE Due settimane dopo le sollecitazioni emerse negli stati generali
delle costruzioni a Pordenone, l’Ance Fvg ottiene risposta dalla Regione sul
tema della sicurezza idrogeologica. Luca Ciriani, via lettera, informa
l’associazione delle poste infilate in assestamento di bilancio: 7 milioni per
la montagna, una ventina di milioni per interventi urgenti di Protezione civile,
altri 600mila euro per la progettazione dei lavori di innalzamento e
consolidamento degli argini del Tagliamento: «Dopo circa trent’anni di
immobilità, abbiamo già dato il via ai primi concreti stanziamenti per i lavori
di messa in sicurezza del fiume». La reazione dell’Ance? «È una prima risposta
alla sfida lanciata a Pordenone, e certamente un segnale di attenzione verso il
comparto dell’edilizia. Ma non basta», osserva il presidente dell’associazione
Valerio Pontarolo. Da troppo tempo, aggiunge, «imprese, lavoratori, famiglie si
trovano in uno stato di sofferenza che sta iniziando a generare frustrazione e
depressione. Un paziente ormai in prognosi riservata richiede un’attenzione
continua a trecentosessanta gradi. Consapevoli comunque che un grande viaggio
inizia con un piccolo passo, sollecitiamo innanzitutto la convocazione del
tavolo regionale chiesto dalle associazioni di categoria, dalle organizzazioni
sindacali e dagli ordini e collegi professionali, affinché si individuino le
priorità sulle quali intervenire da subito». Ricordando che 100 milioni di
lavori pubblici realizzati da imprese della regione generano un ritorno di
risorse per le casse regionali nell’ordine dei 17-18 milioni di euro, cioè quasi
il 20%, «diventa improcrastinabile - prosegue Pontarolo - prevedere un
meccanismo premiale tra i criteri alla base dell’assegnazione di finanziamenti a
favore di quelle stazioni appaltanti che assumono l’impegno di adottare
procedure in grado di coniugare esigenze di velocità del procedimento con
convenienze socioeconomiche di carattere territoriale». E ancora il presidente
dei costruttori sollecita una norma a costo zero che riguarda l’impegno
dell’Ente appaltante a cantierare l’opera in tempi ragionevoli, cioè in 24 mesi
dal finanziamento. Infine, in materia idrogeologica, Pontarolo ricorda quanto
emerso a Udine al recente incontro “Un fiume di opportunità”, dove è stata
sottolineata, «l’opportunità del partenariato pubblico-privato per gli
investimenti sulla sicurezza delle aree fluviali».
(m.b.)
REDIPUGLIA-UDINE - Elettrodotto, sì della Cgil. E Ciriani apprezza
Apprezzo la posizione espressa dalla della Cgil in relazione alla realizzazione dell'elettrodotto Redipuglia - Udine Ovest». Così il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, ha commentato le dichiarazioni della Cgil sulla necessità di realizzare l'infrastruttura energetica per evitare il depauperamento industriale del territorio.
Fianona 3, disco verde del governo - CENTRALE A CARBONE
- Valutato positivamente l’impatto ambientale. Verdi contrari
ALBONA Sta assumendo i contorni di un'arrogante forzatura, con il sapore di
beffa per l'Istria, il progetto della contestatissima centrale termoelettrica
Fianona 3 che il governo vuole assolutamente costruire, costi quel che costi,
come dichiarato nei giorni scorsi dal vice premier Radimir ‹a›i„. Ebbene, la
Commissione tecnico-consultiva preposta alla valutazione dell'impatto ambientale
ha dato disco verde al progetto modificandone la denominazione. Ossia non piu'
Fianona 3 ma Blocco C che andrà a sostituire il Blocco 1, quello costituito
dalla vecchia Fianona 1 entrata in funzione a metà degli anni Settanta e ora
ridotta a una caffettiera fumante. Dunque, come messo in risalto dal Ministero
per la Tutela dell'Ambiente e della Natura, non si tratta di una struttura
nuova, ma della sostituzione della Fianona 1. Perché questo cambiamento di
forma? Evidentemente per eludere il piano territoriale dell'Istria che a Fianona
prevede si una centrale termoelettrica ma non a carbone, bensì a gas e della
potenza pari a 125 Megawatt. La Fianona 3 o Blocco C come vuole Zagabria, sarà
invece di 500 Megawatt. Allo stesso tempo il piano territoriale nazionale impone
che prima del 2015 nemmeno venga pianificata la costruzione di una nuova
centrale a carbone. Il marchingegno non è sfuggito agli occhi degli
ambientalisti di Azione verde che hanno subito diffuso un comunicato per
richiamara l'attenzione su quello che viene definito ulteriore scempio
sull'Istria. L'attuale governo dice, sta ereditando i modi di fare di quello
precedente manipolando i fatti e tentando di ingannare l'opinione pubblica. La
modifica della denominazione del progetto si aggiunge, è una farsa, anzi una
buffonata visto che appare lampante trattarsi di una struttura elettroenergetica
del tutto nuova. Si annuncia dunque un vigoroso braccio di ferro tra l'Istria e
Zagabria con il ricorso alle massime istanze giuridico legali del paese. La
regione spinge per l'indizione di un referendum sul carbone già sapendo che la
popolazione dirà decisamente “no” a queso combustibile che ha già trasformato il
Golfo di Fianona in paesaggio fantasma. La nuova centrale dicono gli istriani e
le autonomie locali, potrà venir alimentata unicamente a gas, le cui tubature
passano da quelle parti. Il Blocco C voluto dal governo brucerebbe annualmente
milioni di tonnellate di carbone con un impatto non indifferente sull'ambiente.
Al momento il progetto del costo pari a 800 milioni di euro, non sembra
interessare troppo gradito agli investitori stranieri senza i quali non se ne
farà niente.
(p.r.)
Dalla botanica ai cavalli, incontri “verdi” da Milic -
PROMOSSA DA BIOEST E ARIS LA RASSEGNA “SERATE D’ESTATE SUL CARSO”
Primo appuntamento martedì prossimo: si parla di “Erbe spontanee in
cucina”
Tradizioni agresti, antiche ricette e rapporti con il mondo animale. Culti
che tornano a galla, tramandati, anzi quasi raccontati, con il respiro delle
vecchie fiabe. Cinque appuntamenti (fissati nei martedì di luglio) e altrettanti
temi nel cartellone che disegna la prima edizione di “Serate d'Estate sul
Carso”, rassegna promossa da Bioest e Aris ( Associazione Ricerca Interventi
Studi sull'Invecchiamento), in programma nella sede dell'Azienda Agricola Milic,
a Sagrado-Sgonico. Il calendario si inaugura il 3 luglio (alle 20.30), con
l'incontro curato da Bernarda Milic, dal titolo “Le erbe spontanee in cucina”,
un’occasione per apprendere qualche segreto su come trasformare in gustose
ricette quanto, spesso distrattamente, incontriamo nelle nostre passeggiate. Si
prosegue poi il 10, alla stessa ora, con il tema “Le erbe medicinali”,
illustrato dalla farmacista Francesca Vinci, mentre il 17 luglio è la volta del
relatore Paolo Chendi, alle prese con “Antiche sementi e colture”. Nell'ultima
settimana di luglio, “Serate d'Estate sul Carso” sposta l'attenzione sulla
botanica, con “Innesti sugli alberi da frutta”, con in cattedra Sergio Sergas
nella serata del 24, e sugli animali, grazie alla relazione in programma il 31,
dal titolo “Conoscere il cavallo”, con Cristina Illeni. Linguaggio semplice e
clima possibilmente d'altri tempi. Non si tratta di “lezioni” ma di colloqui
informali, su spunti e argomenti che riportano alla luce frammenti delle radici
locali, il mondo del lavoro di una volta (soprattutto quello nei campi), il
sapere trasmesso all'interno di famiglie e comunità. Su questa traccia gioca da
tempo il legame tra l'Associazione Bioest, realtà sorta nel 1993 per divulgare
la cultura del biologico, e l'Associazione Ricerca Interventi Studi
sull'Invecchiamento, la sigla che promuove ruoli e valori della terza età, dando
soprattutto spazio al recupero di tradizioni e alla forza della memoria storica:
«Cercheremo di dare vita ad una chiacchierata che tratti tra l'antico e il
moderno – ha confermato Sergio Sergas, il relatore atteso il 24 luglio sul tema
degli innesti da frutta – nel mio caso tuttavia voglio porre l'accento sulle
tecniche dei contadini di una volta, parlando di bacche, germogli e frutti, di
quanto è ancora possibile fare, magari con esempi semplici, che parlino di
ciliegio oppure dell'olivo». Informazioni allo 040 -774363 o visitando il sito
Aris:www.associazione.aris.com fr.car.