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IL PICCOLO - SABATO, 31 dicembre 2011

 

 

Laureni: «La Ferriera non deve chiudere ma essere in regola»
 

«Sul rigassificatore di Zaule spero in ripensamento di Clini - La raccolta differenziata? Bisogna convincere AcegasAps»
«La scommessa più difficile che sto cercando di vincere?». Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente, Energia, Riqualificazione ambientale dei siti inquinati, Agricoltura e Pesca, si fa la domanda. La risposta è facile, si fa per dire: Ferriera di Servola... «Ovvero trovare un punto di incontro tra la disperazione dei lavoratori e quella dei cittadini di Servola». La Ferriera occupa l’80 per cento dell’intervista. «Un cancro» l’ha definiva l’ex sindaco Roberto Dipiazza. La sua chiusura viene sbandierata ad ogni campagna elettorale. Il governatore Renzo Tondo l’ha inserita nel programma elettorale. Laureni, supertecnico ambientalista, lavora invece per tenerla aperta. Una contraddizione? No. Piuttosto una soluzione in tre mosse. «La sua chiusura sarebbe un problema: la sua ghisa alimenta la Sertubi diventata indiana e produce anche i gas usati da Elettra. Un incastro industriale a scatole cinesi». Quindi non volete chiudere l’impianto di Servola? Non lavoriamo per la chiusura della Ferriera. Qual è il problema principale? Ci sono cinquecento operai più l’indotto. Da dove partire? Serve un tavolo regionale di concertazione che è stato aperto finalmente ieri (29 dicembre, ndr). Va studiata una strategia per il dopo. A partire dalla piattaforma logistica e da un’ipotesi di riconversione ambientale a partire dal risanamento del dito inquinato. Questo per il dopo. Ma il presente? Il presente è quello della Ferriera come stabilimento operativo. E qui sono dolori... Il sistema pubblico dei controlli si è rivelato insoddisfacente. Il risultato finale: una montagna di carta. Quindi C’è stata la necessità di ripartire dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Ovvero di riscrivere le prescrizioni tecniche. Gli enti interessati, Comune, Provincia, Regione, Arpa e Ass, hanno aderito a questa richiesta. E quali saranno queste prescrizioni? La Lucchini ha ottenuto ben due certificazioni: una ambientale e una sulla sicurezza sul lavoro. Ci sono degli enti certificatori che hanno garantito l’eccellenza della Ferriera. Io ho alcune perplessità su questi enti. Ma la Ferriera per ottenere queste certificazioni ha dovuto definire una serie di regole. Nella riscrittura dell’Aia noi le prendiamo sul serio. In altre parole diventano le nostre prescrizioni. Una specie di copia e incolla... Esatto. Noi ci atteniamo seriamente a quello che la Lucchini si è impegnata a fare per ottenere le certificazioni. La terza mossa? Le centraline di Servola hanno superato il limite massimo. Nelle stazioni di via Carpineto il 20 novembre ci sono stati oltre i 35 sforamenti. E quindi? A questo punto entra in gioco il sindaco responsabile della salute dei cittadini. A breve ci sarà un’ordinanza con la quale ordina alla Ferriera di presentare entro un mese un piano di opere, non generico, ma finalizzato alla eliminazione delle 10 più palesi sorgenti di inquinamento. Dalla Ferriera al rigassificatore di Zaule... Il no è assoluto. C’è già però il progetto esecutivo... È vero. Nonostante il no di tutti gli enti, il progetto ha già ottenuto il via libera del ministero. E anche della Regione? Sì, anche della Regione. Quindi si fa? Noi ci opporremo in tutti i modi. Inoltre ho avuto la sensazione, parlando con il nuovo ministro all’Ambiente Corrado Clini, che ci potrebbe essere un ripensamento a livello nazionale. Davvero? È una sensazione. In ogni caso se si farà le sue dimissioni sono garantite? Non sono in discussione. Sono convinto che l’intera città si ribellerà al progetto. Quel rigassificatore non lo vuole nessuno. Basta rendersi conto che con una gasiera tra le due dighe si blocca tutto il golfo. Trieste è una città inquinata? Mediamente. Nelle classifiche stiamo messi bene. La cosa cambia se si parla dei rioni a contatto con le zone industriali. La situazione è di forte degrado per la popolazione. Tipo Servola? La gente è giustamente esasperata. Il cittadino vive malissimo e non solo per il forte inquinamento industriale. Deve stare con le finestre chiuse e non può stendere i panni. Serve una risposta? Una rapida. L’ordinanza del sindaco sarà una prima risposta. La chiusura al traffico per le polvere sottili? E un provvedimento inutile se viene fatto dopo quattro giorni di sforamenti come prevede la legge attuale. E allora? Sarebbe più utile una chiusura preventiva del traffico legata alle previsioni meteo. Dulcis in fondo. I rifiuti urbani. La percentuale di raccolta differenziata... Decisamente bassa... Di chi è la colpa? Dell’inceneritore. E quindi dell’AcegasAps? Diciamo che non è motivata economicamente alla raccolta differenziata. Scommette sul raggiungimento del 65% entro il 2012? Sì. Da giocatore scommetto. Anche perché altrimenti siamo costretti a pagare delle multe importanti. Il problema dove sta? Questa amministrazione ha il grande merito di aver convinto l’AcegasAps e i tecnici comunali a riparlarsi. I confronti ora sono settimanali. Ma non è una vostra controllata? Piuttosto è quella che controlla tutto. A parte il Burlo (ovvero delle nascite) si occupa di tutto e di più. Ma non vuole saperne dell’umido? Dice che costerebbe 800mila euro. Le sanzioni sulla differenziata ci saranno? Sì, dal primo gennaio. Ma non saranno così fiscali. Almeno all’inizio.
Fabio Dorigo

 

«L’assessorato? Una follia senile Ma sono contento»
 

«Una follia senile. Ma non lo scriva». Umberto Laureni, nato il 6 luglio 1946 a Trieste, non voleva fare l’assessore da grande. Dalla stanza 88 al secondo piano del Palazzo Municipale, quella con vista sull’albero di Natale di piazza Unità d’Italia, si schernisce. «Sono contento, ma è faticoso. Ma non lo scriva. Non me l’ha ordinato il medico». E via così. Laureni, ingegnere chimico, è un politico atipico. Si è preso un impegno alla trasparenza e si incontrata mensilmente con gli ambientalisti e non manca nessun incontro pubblico. Anche se non lo fanno parlare. La sua scrivania è un campo di battaglia. «Senza questo disordine non riesco a lavorare». Si è candidato la prima volta nel 2003 nelle file del Pd, ma non è stato eletto. Quest’anno era in lista con Sel di Nichi Vendola ed è finito in Consiglio comunale. Il sindaco Roberto Cosolini l’ha voluto nella sua squadra. È stato consulente del ministero sulla sicurezza nei porti dopo il disastro ligure della Moby Prince, da 35 anni lavora sull’amianto-killer, è consulente tecnico del pm nel processo in corso a Gorizia proprio sui morti per amianto della Fincantieri. Ha due cattedre a contratto alla facoltà di Ingegneria. Un vero supertecnico. Altro che Monti.
 

 

Wwf: «Anno nero per gli sforamenti di polveri sottili»
 

«Il 2011, quanto alle polveri sottili, è stato un anno da dimenticare». Lo sostiene il Wwf che, dopo aver raccolto i dati relativi alle concentrazioni di Pm10, ha dipinto un quadro piuttosto fosco degli ultimi 12 mesi. «Il 2011 - osservano gli ambientalisti - è stato un anno nero per le polveri sottili. Una nube invisibile ma dannosissima per la salute delle persone, avvolge le nostre città e nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i limiti stabiliti dalla normativa in materia». Anche a Trieste, denuncia il Wwf, il tetto massimo di 35 sforamenti annui del limite di 50 microgrammo per metro cubo è stato ampiamente superato. In particolare sono stati registrati 48 sforamenti in via Carpineto, di cui 10 nell’ultimo mese con un picco di addirittura 117 mg/m3 il 2 dicembre, e 35 in via Svevo.
 

 

Depuratore di Servola: la Bassa Poropat invoca il commissario
 

L’autorizzazione allo scarico dell’impianto scade il 31 gennaio 2012. Sollecitato l’intervento della Regione
Urge un commissario per evitare il blocco del depuratore di Servola. La scadenza dell’autorizzazione allo scarico del “tubone” è ormai dietro l’angolo: 31 gennaio 2012, appena un pugno di giorni dopo la lunga parentesi natalizia. E per evitare il blocco dell’impianto, fuori norma e già nel mirino per un’infrazione alla disciplina europea di due anni fa, deve intervenire direttamente la presidenza del Consiglio dei ministri attraverso il Dipartimento della Protezione civile, nominando d’urgenza un’autorità superiore che possa derogare alle leggi ordinarie. Un commissario, dunque, che si assuma la responsabilità della continuazione dello scarico a mare di sostanze che superano i limiti di legge fissati per gli inquinanti. Il tempo è poco e il tema sensibile. Perciò la Provincia, attraverso una lettera firmata dalla presidente Maria Teresa Bassa Poropat, chiede l’intervento in prima persona del governatore della Regione Tondo. Il problema si è posto il 7 dicembre scorso, al Ministero dell’Ambiente, in una riunione in cui il gestore del depuratore, l’Acegas Aps, il Comune di Trieste e la Provincia, hanno fatto il punto sullo “stato dei lavori” dell’accordo di programma che fissa procedure e tempistiche per la messa a norma dell’impianto. La Provincia ha sollevato il problema del conto alla rovescia verso lo stop del depuratore e soprattutto dell’impossibilità da parte degli uffici provinciali di emettere un provvedimento di rinnovo quadriennale dell’autorizzazione allo scarico. «Un percorso assolutamente da escludere - chiarisce subito Bassa Poropat - perchè si tratta di una proroga non di poco conto, che quindi ha bisogno di essere “garantita” sia sotto il profilo tecnico che amministrativo, anche perchè i tempi di realizzazione del nuovo impianto non saranno brevissimi. La pretesa di un intervento straordinario da parte del Consiglio dei ministri è più che ragionevole in una materia che richiede attenzione particolare». Gli stessi tecnici del Ministero - fa sapere l’assessore Vittorio Zollia - hanno suggerito di richiedere un’ordinanza urgente al Dipartimento di Protezione civile per la nomina di un commissario legittimato a disporre la proroga dello scarico a mare. Il depuratore di Servola viola sia le leggi italiane che le direttive europee. Lo smaltimento attraverso i sette chilometri di “tubone” e i tre chilometri di condotte che disperdono nel golfo le acque depurate, un tempo considerato valido strumento di trattamento biologico, può infatti funzionare soltanto in regime straordinario di proroga, in attesa del nuovo impianto in fase di progettazione da parte dell’AcegasAps, che, se tutto andrà liscio, comincerà a lavorare a metà 2013. Con l’intervento di un commissario - precisa inoltre Zollia - è sperabile che si “attenui” la sanzione europea, com’è accaduto nell’analogo caso del depuratore di Tolmezzo. Nella lettera indirizzata a Tondo, Bassa Poropat chiede un suo impegno con “estrema sollecitudine”. Deve essere dichiarato lo stato di emergenza. Quest’ultimo, a sua volta, faciliterà le procedure e accorcerà i tempi di entrata in funzione del depuratore con le carte in regola, un “reattore biologico” composto da vasche, macchinari e fabbricati che tratterà le acque “a terra” nell’area dello Scalo legnami. «Dopo le feste - promette Bassa Poropat - prenderò contatti in modo diretto con la Regione».
Arianna Boria

 

 

Krsko punta al raddoppio per cedere energia all’Italia
 

Sono 12 le società pronte a collaborare per realizzare il secondo reattore nucleare I tecnici dell’impianto: «In Slovenia non c’è alternativa, dobbiamo approfittarne»
TRIESTE La centrale nucleare di Krsko in Slovenia compie 30 anni. Alla fine del 1981, infatti, ha iniziato a funzionare per un breve periodo al 90% delle proprie capacità. Ufficialmente l’impianto ha inaugurato la sua produzione di energia elettrica per il consumo il 1 gennaio del 1983. E adesso si pensa al raddoppio, alla costruzione di una Krsko 2. Già quattro anni fa una squadra di esperti della centrale e dell’Istituto Jozef Stefan di Lubiana, ultimamente rinforzata, ha inziato a lavorare al progetto di fattibilità del raddoppio, per il quale sono stati per ora finanziati tre milioni di euro. Il secondo reattore nucleare sloveno è inserito in due dei cinque scenari previsti dal Piano energetico nazionale. Per i tecnici della Gen Energija che gestisce l’impianto di Krsko il nuovo reattore dovrebbe essere la versione aggiornata dell’attuale impianto della Westinghouse, in grado di generare 1.200 megawatt all’anno, il 60% in più dell’impianto attuale: andrebbe a coprire il 67% del fabbisogno energetico della Slovenia. Attualmente sono in costruzione otto di questi impianti in Cina e quattro negli Stati Uniti. A seconda del reattore che dovesse essere scelto, la spesa per costruire Krsko 2 varia dai tre ai cinque miliardi di euro. Ovvio che a fronte di un simile investimento la Gen Energija cerchi partner stranieri ma chiede che il 51% della proprietà rimanga comunque in mani statali. «Finora siamo stati contattati da 12 società energetiche europee, pronte a collaborare al raddoppio della centrale» spiega il direttore di Gen Energija, Martin Novsak. «Ultimamente - precisa il dirigente - si sono fatti avanti anche i fornitori dei materiali e noi siamo ben felici di accoglierli». «Ma sia chiaro - precisa ancora Novsak - prima di partire nell’avventura del raddoppio tutto deve essere pianificato alla perfezione e i finanziamenti devono essere super garantiti. Se l’opzione Krsko 2 dovesse essere approvata dal governo nazionale la stessa diventerà una realtà operativa in 10 anni». E a Krsko pensano già a come fare fruttare il mega-investimento atomico. L’Italia, spiegano, ma anche la Germania sono potenziali ottimi clienti di energia. Il direttore Novsak non ha dubbi: «Un’onesta alternativa all’energia atomica in Slovenia non c’è. Venderemo forse all’Austria elettricità prodotta con turbine a gas quando Vienna è più vicina a noi al gas russo? Anche utilizzando il carbone non riusciremmo a vincere la concorrenza di Monfalcone». E aggiunge: «I nostri vantaggi sono la conformazione idrologica. A questo riguardo direi che il corso centrale della Sava è sottoutilizzato, abbiamo i boschi e un’ottima collocazione geo-economica. Se non sapremo approfittare di tutto ciò credo che gli standard di vita nel nostro Paese a breve crolleranno». I tecnici scalpitano. La parola passa ora ai politici di Lubiana.
Mauro Manzin

 

 

Il 6 gennaio con il WWF

 

L’anno del Wwf a Miramare inizia il 6 gennaio con una biopasseggita per famiglie alla Riserva marina protetta. Il ritrovo è fissato per le 15 al Castelletto ed è consigliato prenotare al n. 040-224147 negli orari di ufficio. Molte novità in arrivo anche per i primi messi dell’anno. Ogni domenica di gennaio e febbraio, dalle 11 alle 12.30, si terrà “Il Bestiario tattile”, otto appuntamenti per otto organismi da mettere sotto la lente d’ingrandimento con un laboratorio scientifico e tattile. L’8 gennaio via al ciclo con lo squalo, che aveva già suscitato tanto entusiasmo nei bambini. Le prenotazioni si ricevono al n. 040-224147 o scrivendo a manuela@riservamarinamiramare.it

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 30 dicembre 2011

 

 

Rigassificatore di Trieste-Zaule

 

La Slovenia interviene al TAR del Lazio in appoggio ai ricorsi contro il decreto VIA. Il WWF: “Anche il Comune di Trieste faccia lo stesso.”
I ricorrenti avevano rilevato varie gravi irregolarità nella procedura seguita a livello ministeriale, tali da inficiarne la correttezza.
Il Governo sloveno lo scorso ottobre è intervenuto ad adiuvandum, in appoggio ai ricorsi presentati contro il decreto che nel luglio 2009 – a firma dell’allora ministro dell’ambiente, Stefania Prestigiacomo, e del ministro dei beni culturali, Sandro Bondi - aveva concluso con esito favorevole la procedura VIA (valutazione dell’impatto ambientale) sul progetto di GasNatural per il rigassificatore di Trieste-Zaule.
Contro quel decreto avevano presentato ricorso, al TAR del Lazio, sia alcune associazioni ambientaliste (tra cui WWF e Legambiente), sia i Comuni di Muggia e S. Dorligo-Dolina, nonché quello di Capodistria.
I ricorrenti avevano infatti rilevato varie gravi irregolarità nella procedura seguita a livello ministeriale, tali da inficiare la correttezza del pronunciamento ministeriale. Molte ed eclatanti sono infatti sia le lacune e le manipolazioni (non rilevate dagli organi ministeriali), nella documentazione fornita da GasNatural, sia le omissioni da parte di entrambi i ministeri, per quanto concerne la valutazione delle osservazioni presentate dai Comuni e dai cittadini, in particolare su temi di grande rilevanza, quali l’impatto del rigassificatore sull’ecosistema marino ed i possibili rischi per la sicurezza delle zone abitate, nonché gli effetti sinergici degli impatti negativi del progetto GasNatural e di altri progetti (gasdotto Trieste-Grado-Villesse, rigassificatore off shore proposto da E.On., ecc.).
Anche il Governo sloveno aveva ripetutamente rilevato tali carenze ed omissioni, aprendo un lungo contenzioso con il Governo italiano.
L’intervento recente di Lubiana, in appoggio ai ricorsi degli ambientalisti e dei Comuni, dimostra che malgrado le rassicurazioni fornite a mezzo stampa dal Governo Berlusconi, le criticità segnalate non sono state affatto superate.
Il WWF accoglie con soddisfazione la notizia dell’intervento sloveno in appoggio ai ricorsi e ribadisce la richiesta, già formulata lo scorso luglio nel corso di una riunione con l’assessore comunale all’ambiente, Laureni (richiesta più volte ripetuta), affinché anche il Comune di Trieste intervenga ad adiuvandum, in appoggio ai ricorsi prendenti al TAR del Lazio contro il decreto VIA del rigassificatore di Zaule.
“In questo modo – conclude il WWF – la nuova amministrazione comunale triestina potrà dare prova concreta, al di là delle ripetute dichiarazioni di suoi esponenti, circa il fatto di essere effettivamente impegnata a contrastare con ogni mezzo ed in ogni sede la realizzazione di un progetto deleterio per la qualità dell’ambiente, la sicurezza dei cittadini e per le prospettive di sviluppo del porto di Trieste. Si potrà così marcare la differenza, rispetto all’atteggiamento della precedente amministrazione Dipiazza, “mercantilistico” e del tutto incurante rispetto allle problematiche ambientali e di sicurezza implicate dal progetto del rigassificatore.”
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 dicembre 2011

 

 

BONIFICHE »RIDOTTA L’AREA - Le Noghere e via Caboto liberate dal sito inquinato - (vedi mappa)
 

Il presidente dell’Ezit Bruni: necessario “fare sistema” per non perdere tempo Terreni ancora vietati diventano utilizzabili con la nuova formula del governo
Dalla Valle delle Noghere a Via Caboto, ci sono aree sulle quali è possibile intervenire da subito, ma è necessario fare sistema fra tutti i soggetti interessati per procedere velocemente. Dario Bruni, presidente dell'Ezit e recentemente rieletto anche alla guida di Confcommercio, guarda con grande interesse alle aperture del ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, in merito alla soluzione dei problemi legati al Sin (Sito inquinato di interesse nazionale). Utilizzare la normativa esistente per ridefinire le aree, isolando quelle meno inquinate sulle quali sarebbe possibile intervenire dopo l'analisi di rischio legata alle caratterizzazioni. Questa la formula che il ministro Clini intende applicare per sbloccare una situazione ormai paradossale, con aziende che chiedono di potersi insediare e terreni “vietati” ma in realtà quasi privi di rischio. Posto che la riperimetrazione è di competenza ministeriale poiché i confini sono stati tracciati proprio con Decreto del ministero dell’Ambiente il 24 febbraio 2003, per dare concretezza alle parole di Clini servirà la collaborazioni di tutti. «Dobbiamo fare sistema: sindaco, Regione e tutti i soggetti interessati per definire la questione. Non dico che dobbiamo fare come in Slovenia – racconta Bruni - dove a un imprenditore che cercava di insediarsi a Trieste hanno dato il via libera in 10 giorni e senza far pagare oneri di urbanizzazione, ma neanche continuare con la nostra situazione attuale». L'area di competenza Ezit è di circa 800 ettari, 500 dei quali ricompresi nel Sin. Di questi ultimi, circa 250 hanno già subito le verifiche e le caratterizzazioni hanno rilevato lievi sforamenti di inquinanti. «Penso alla zona dei laghetti delle Noghere, ma anche a quella verso il mare, attorno a via delle Saline. Lì ci sono zone già edificate che attualmente non si possono ampliare, come richiesto invece da alcune aziende. C'è poi il tratto di costa verso Muggia e il comprensorio di via Caboto, dove storicamente non c'è inquinamento e non ci sono industrie inquinanti. Sono tutte aree – spiega Bruni – dove si potrebbero fare interventi che non comportano rischi per le persone». Diversa la situazione per l'area dell'ex raffineria Aquila, per la quale Teseco, ricorda il presidente dell'Ezit, avrebbe dovuto bonificare 23 ettari e riconsegnarli all'Ezit. Il tutto all'interno di un Accordo di programma ormai scaduto. «Teseco doveva consegnarci i terreni in modo che noi potessimo sfruttarli per l'insediamento di nuove aziende, ma se c'è la proposta del nuovo terminal ro-ro (attracchi per traghetti dedicati al trasporto di camion, ndr) per noi va bene – aggiunge Bruni – magari partecipando al progetto. Penso a delle royalties per il nostro ente o a una formula simile. La cosa si può fare se porta beneficio a tutto il territorio». «Mi sembra ragionevole che il ministero voglia ridimensionare il Sin, ma contemporaneamente bisognerà intervenire anche con l'Arpa per quanto riguarda i problemi di sforamento delle acque di falda. Già durante le ultime riunioni l'atteggiamento dei funzionari ministero era diverso. Del resto – conclude Bruni - se a Trieste non sono stati sottoscrivi ben 14 versioni diverse di Accordi di programma ci sarà un motivo». Trieste, infatti, è l'unico dei 54 Siti inquinati di interesse nazionale dove si non è giunti ad alcun accordo con lo Stato per la bonifica delle aree. In sede di perimetrazione, come ha sottolineato in questi giorni lo stesso neoministro Clini, fu evidente l'errore nel voler ampliare le aree sperando che a ciò corrispondesse una maggiore erogazione di fondi.

Riccardo Coretti

 

Montesi: perplessità sul progetto illustrato dal ministro Clini
 

E il primo commento negativo sulla proposta di rilancio delle aree portuali contenuta nel protocollo appena firmato da Autorità portuale di Trieste è ministero dell'Ambiente. Commento che giunge da Leonardo Montesi, amministratore delegato di Sertubi, una delle aziende insediate nelle aree interessate dal futuro project financing con l'obiettivo di farne un'area dedicata ai traffici portuali. «Siamo perplessi sulle strategie politiche del ministro Clini, che dovrebbe essere un ministro tecnico. La nostra area ha un elevato grado di complessità con zone demaniali, altre in concessione, altra ancora di proprietà privata: meglio tener conto di tutto prima di dare una soluzione. Noi siamo appena arrivati (la società fa capo a un colosso siderurgico indiano, ndr) – chiede Montesi - e adesso qualcuno ci viene a dire che dobbiamo riconvertirci’».

(r.c.)
 

 

Ferriera, un ufficio per l’Accordo di programma - TAVOLO DI LAVORO
 

Soddisfatti gli enti interessati e i sindacati. Solo la Sertubi dissente: fumo negli occhi
Un protocollo che porti all'Accordo di programma, un Ufficio dedicato alla soluzione del problema e un'unità di intenti mai vista prima. Il tavolo di lavoro sulla Ferriera di Servola, tenutosi ieri in Regione per volontà del presidente Tondo, sembra soddisfare i vertici degli enti e gli stessi sindacati. Unica voce fuori dal coro l'amministratore delegato di Sertubi. La Regione istituirà dunque un ufficio tecnico e di coordinamento per preparare l'Accordo di Programma che definirà il futuro della Ferriera, per la quale rimane prioritaria l'ipotesi di riconversione dell'impianto. Nel corso della riunione sono stati messi a fuoco i temi principali che dovranno essere affrontati: la tenuta industriale del tessuto economico triestino; l'occupazione; l'ottimizzazione delle infrastrutture portuali; il miglioramento dell'impatto ambientale. Entro la fine di gennaio sarà sottoscritto un Protocollo di intesa fra tutti i soggetti, propedeutico all'Accordo di Programma, anche per potersi presentare come un interlocutore unico nei confronti del governo. «Siamo arrrivati con grande preoccupazione a questo incontro perché la situazione era imballata, il presidente Tondo, invece, ha proposto un protocollo per definire tempi e modi dell'Accordo di programma. La novità è senz'altro rappresentata – ha commentato Adriano Sincovich, segretario provinciale della Cgil – dal clima positivo che si è respirato tra Regione e comune di Trieste. Per quanto riguarda l'accordo tra Autorità portuale e ministero dell'Ambiente sul recupero delle aree a uso portuale, credo sia interessante ed è stato richiamato nel corso della riunione dallo stesso presidente Tondo. Ma ora c'è il problema della continuità della produzione. Per risolvere la questione serve un intervento interdisciplinare perché sono coinvolte diverse competenze, abbiamo chiesto e ottenuto che si facesse un intervento sul governo per la riconversione della FGerriera: il come dovrà essere definito nel protocollo». Decisamente diversa l'opinione di Leonardo Montesi, amministratore delegato di Sertubi, azienda che lega la propria produzione all'attività della Ferriera. «L'incontro è stato organizzato senza invitare le aziende: una vera stranezza. Il risultato è piuttosto inutile, mi pare che si voglia buttare fumo negli occhi della gente. A noi interessava che fosse chiesto alla Lucchini (proprietaria della Ferriera, ndr) quali fossero le intenzioni a breve e medio termine, i tempi invece sembrano lunghissimi - conclude Montesi – e se mi si passa un paragone calcistico, credo che abbiano buttato la palla in tribuna. Siamo più preoccupati di prima».

(r. c.)
 

 

AcegasAps: la raccolta differenziata dei rifiuti urbani

La raccolta differenziata fa bene all'ambiente - Consigli per una raccolta differenziata efficace - Sanzioni previste - Come conferire i rifiuti - Glossario

 

 

MUGGIA - Fotovoltaico e led obiettivo risparmiare 60mila euro all’anno
 

Il Comune di Muggia sta per concludere gli interventi già avviati nel 2010. Nuove lampade nel centro storico
Un risparmio annuale sulla bolletta di oltre 60mila euro all'anno: in tempo di crisi anche il Comune di Muggia si appresta a ridurre le spese pubbliche legate al consumo di energia elettrica. Questo è infatti il frutto dell'opera di investimenti per il risparmio energetico iniziati nel corso del 2010, proseguiti quest'anno e in procinto di concludersi tra pochi mesi. Fotovoltaico Otto gli impianti fotovoltaici realizzati ex novo dall'amministrazione comunale su altrettanti edifici di proprietà. Complessivamente il risparmio previsto sarà di 36 mila euro all'anno. Con una potenza totale di circa 250 kWp, gli interventi sono stati realizzati in base a due bandi. Nel primo è stata concessa ad un'impresa una falda del tetto del Palazzetto dello sport di Aquilinia con concessione ventennale della falda stessa in cambio di un corrispettivo di circa 6 mila euro all'anno. Nel secondo invece una ditta ha costruito con l'obbiettivo di gestire per vent'anni gli altri sette impianti che resteranno di proprietà della ditta stessa per il tempo prestabilito e che a scadenza l'amministrazione deciderà se far demolire e smaltire a spese della ditta oppure mantenere in uso. Dal punto di vista economico alla ditta spetterà il contributo Gse (Gestori servizi energetici) sull'energia prodotta mentre al Comune spetterà l'introito derivante dallo scambio sul posto e quello relativo alla minor spesa per al quota di autoconsumo. Sommando le due voci il Comune risparmierà 30 mila euro all'anno. Illuminazione pubblica Il Comune ha già sostituito grazie ad una convenzione con Enel Sole circa 900 lampade stradali obsolete con altrettante a tecnologia Led. Oltre ad essere più performanti ed avere ottiche cut-off, le lampade al led porteranno ad un risparmio del 45-50% dei relativi consumi attuali per un totale di stimati 250mila kW/annui e relativo risparmio netto in bolletta di circa 35mila euro all'anno. Ma non solo. Parallelamente infatti con l'Acegas Aps si è costruita la prima nuova linea di illuminazione pubblica di circa un chilometro con 56 punti luce sempre a tecnologia Led (53 W a lampada) che rispetto ad un impianto tradizionale con lampade a vapori di sodio otterrà un risparmio dell'ordine del 54% dell'energia. Infine si sta predisponendo ed attuando un piano per la sostituzione progressiva di tutte le lampade del centro storico con l'evidente scopo di dotarsi da una parte di impianti recenti e quindi praticamente privi di costi di manutenzione, dall'altra di risparmiare sensibilmente sui costi dell'energia elettrica.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA  - GIOVEDI', 29 dicembre 2011

 

 

INQUINAMENTO ATMOSFERICO - IL WWF: “UN 2011 DA DIMENTICARE: CAPOLUOGHI FUORILEGGE PER LE POLVERI SOTTILI”
 

Ampiamente superato a Udine, Pordenone e Trieste il limite di 35 sforamenti annui. Il WWF: “Servono interventi coordinati tra i Comuni contermini e politiche di contenimento del traffico urbano più coraggiose”.
Le abbiamo inalate mentre facevamo una passeggiata, portando i figli a scuola, andando a lavorare o a fare shopping e le abbiamo respirate ripetutamente, per molte più volte di quanto consentirebbe la legge: il 2011 è stato un anno nero per le polveri sottili, quella nube invisibile ma dannosissima per la salute delle persone che avvolge le nostre città e che nei principali centri del Friuli Venezia Giulia ha ampiamente superato i limiti stabiliti dalla normativa in materia.
Andando a spulciare fra i dati riportati dalle centraline dell’Arpa, si scopre che il tetto massimo di 35 sforamenti annui al limite di 50 ug al metro cubo è stato superato a Pordenone, dove la centralina di via Marconi ha registrato nel 2011 ben 49 sforamenti, di cui ben 14 solo nel mese di dicembre.
Stesso andazzo a Trieste, con 48 sforamenti registrati in via Carpineto, di cui 10 nell’ultimo mese e un picco di addirittura 117 ug/m3 il 2 dicembre, e 35 in via Svevo.
Situazione fuorilegge anche a Udine, dove la centralina di piazzale Osoppo ha riportato concentrazioni di Pm10 superiori ai 50 ug/m3 per 44 volte nel corso del 2011, con dicembre a quota 10 sforamenti e picchi di 117 ug/m3 (oltre il doppio del limite consentito!) per due giorni consecutivi, il 2 e il 3 dicembre.
“Si tratta di numeri ancor più preoccupanti – fa notare il WWF - se si considera che, come evidenziano numerosi studi in materia, i danni alla salute iniziano molto prima dei 50 microgrammi, ossia già a 20 o 30 microgrammi, e aumentano gradualmente con l'aumento delle concentrazioni di inquinanti. La soglia legale è dunque solo una convenzione, un livello di allarme sopra il quale non si può proprio andare e che invece si supera allegramente”. Le ripetute concentrazioni elevate rilevate dalle centraline della regione, peraltro, sono doppiamente inaccettabili se si considera che i superamenti ammessi per le polveri sottili dovevano essere portati entro il 2010 da 35 a 7, ma la norma europea che prevede questa maggiore tutela per i cittadini è stata assurdamente prorogata. Assurdamente se si considera l’elevata mortalità delle Pm10: uno studio recente dell’Oms su 13 città italiane ha infatti attribuito agli effetti a lungo termine delle Pm10 la causa di oltre 8mila morti all’anno.
“Di fronte a questo scenario – afferma l’associazione del Panda – il Piano d’azione regionale ha finalmente introdotto una strategia preventiva di contenimento degli episodi acuti di inquinamento basata su previsioni meteo e di accumulo degli inquinanti nell’atmosfera, come da sempre richiesto dalla nostra associazione, ma è insoddisfacente su altri fronti. La Regione, ad esempio, avrebbe dovuto imporre gli interventi di limitazione del traffico, previsti nei casi di previsione di episodi acuti di inquinamento, non solo ai Comuni capoluogo ma anche a quelli limitrofi, perché l’assenza di collaborazione compromette l’efficacia stessa dei provvedimenti”.
“Infine – conclude l’associazione - non ci stancheremo di ripetere che la difesa della qualità dell’aria non può che passare attraverso campagne di informazione e formazione dei cittadini, l’incentivazione dei trasporti alternativi all'auto e una decisa politica di limitazione del trasporto privato in auto, vedi car pooling (la condivisione delle auto private tra un gruppo di persone con orari e destinazioni regolari, come quelle di grosse strutture pubbliche) e car sharing (l’autonoleggio a ore di automobili parcheggiate in più punti della città), che soprattutto in tempi di recessione economica come quella che stiamo vivendo può rivelarsi una scelta di buon senso e di convenienza oltre che di tutela della salute e dell’ambiente”.
Se cinque persone utilizzano la stessa auto, ci sarà bisogno di un unico posto di parcheggio e si produrranno meno inquinanti.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 dicembre 2011

 

 

Differenziata, meglio Napoli Mille “isole”, ma solo il 26% - AMBIENTE »RACCOLTA RIFIUTI
 

Procede a passo lento, umido rinviato al 2013. Diventa sempre più difficile raggiungere il traguardo europeo del 65%. L’ottimismo di Dolenc
La chiamano differenziata “spinta”. Ma di spinto non ha proprio nulla. Di osceno ci sono solo le percentuali ferme ancora al 26 per cento e lontane anni luce dal traguardo europeo del 65 per cento da raggiungere entro il 2012. La spinta propulsiva negli ultimi sei mesi, dopo il raddoppio delle isole ecologiche (passate da cinquecento a mille), è stata solo del 5 per cento. L’incremento stimato era perlomeno il doppio (10 per cento). Persino Napoli, il che è tutto dire, è riuscita a fare di meglio con la ricetta “arancione” del sindaco Luigi De Magistris passando dal 16 per cento al 25 per cento con punte del 70 per cento in alcuni quartieri partenopei. «La scelta della differenziata spinta - insiste l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni - non è modificabile. Non si torna indietro». Il problema è come andare avanti. Fabio Omero, l’assessore alle Aziende partecipate, preferisce non soffermarsi sulle percentuali. «La nostra - spiega - è una svolta culturale. Lo scopo di prima era solo quello di produrre energia elettrica. Mandare tutto all’inceneritore. L’immondizia usata per fare cassa». Ma come arrivare al 65% chiesto dall’Europa in un solo anno? Il più ottimista è il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc arrivato alla conferenza stampa in sostituzione dell’assessore Vittorio Zollia. «Con i cartoni dei negozi, il verde a domicilio e l’umido di ristoranti e mense non siamo così lontani dal traguardo europeo» assicura. Basta crederci. «Facciamo la differenza» era il titolo della prima campagna informativa di AcegasAps. Una richiesta rimasta indifferenziata. I dati per ora parlano di un andamento lento. Non particolarmente spinto. Nell’ultimo semestre, grazie alla moltiplicazione delle isole ecologiche, la raccolta differenziata è salita: 696 tonnellate di carta (555 nel 2010), 406 tonnellate di vetro e lattine (286 nel 2010) e 174 tonnellate di plastica (124 nel 2010). «Su base annuale si tratta di circa 2mila tonnellate in meno conferite all’inceneritore» spiega Paolo Dal Maso, direttore della divisione Ambiente di AcegasAps. Una cifra destinata a salire se i cittadini triestini («Che stanno rispondendo bene» secondo Omero) seguiranno l’amministrazione comunale sulla via della raccolta differenziata “spinta”. A metà gennaio partirà finalmente la campagna informativa tanto attesa («Siamo un po’ in ritardo» confessa Omero): sarà inviato a tutti i cittadini un depliant (bilingue per l’altipiano) con le istruzioni per la raccolta differenziata e probabilmente si darà il via alla raccolta a porta a porta dei cartoni ingombranti dei negozi e della grande distribuzione (che ora finiscono per saturare i contenitori della carta e non solo) e del tetrapak rimasto escluso dalle tipologie della differenziata triestina. Ci sarà anche un numero telefonico dedicato dell’AcegasAps a cui chiedere informazioni e segnalare disguidi e problemi. «Nonostante alcuni cittadini collaborino - spiega Del Maso - sono ancora molti quelli che abbandonano i rifiuti ingombranti a fianco dei cassonetti. Comportamenti che hanno un costo enorme. Eppure esiste da tempo una raccolta a domicilio gratuita». E l’umido? I triestini possono dormire sonni asciutti. La differenziazione della parte umida delle “scovazze“ (pari al 25% del rifiuto urbano), che si fa da anni senza problemi a Pordenone, Udine e Gorizia, non è in calendario. Per ora. Incubo rimandato. Nella seconda metà del 2012 si avvierà una sperimentazione con i ristoranti e le mense cittadine e mercati all’ingrosso. E forse nel 2013, in relazione ai risultati ottenuti, l’umido verrà esteso ai cittadini. Il problema? «I costi di smaltimento del rifiuto umido» spiega Dal Maso. La carta, la plastica e il vetro, invece, si smaltiscono a costo zero o anche ottenendo qualche ricavo. «In provincia di Trieste non c’è un impianto di compostaggio e non c’è neppure un’agricoltura in grado di assorbire il compost prodotto» spiega il direttore Ambiente di AcegasAps. Un mano potrebbe arrivare dalla crisi economica. La recessione. Oltre ad azzerare il Pil, produce anche meno rifiuti. Una magra consolazione di questi tempi. Ma tutto aiuta a fare “la differenza”. Quella che Trieste si ostina a non volere.
Fabio Dorigo

 

«Niente multe per chi sgarra» - dietrofront
 

«Non vogliamo promuovere la raccolta differenziata a suon di multe. È una questione culturale». Fabio Omero, assessore alle Aziende partecipate, detta la nuova linea dell’amministrazione comunale e smentisce quella dell’Assessore all’ambiente Umberto Laureni. Le sanzioni per i trasgressori erano state annunciate a partire da gennaio. Poi c’è stata una prima frenata a dicembre dettata dalla mancata partenza della campagna informativa. «Non ci sentiamo di partire con le sanzioni già a gennaio: sarebbe scorretto punire qualcuno prima di avergli fornito tutte le informazioni necessarie sui comportamenti da tenere» ha dichiarato ancora il 17 dicembre Laureni. Sanzioni rimandate, ma confermate. Ora lo stop alle multe. Un dietrofront che fa leva sullo spirito austroungarico dei triestini (se esiste ancora). Un cambiamento di stile. «Una questione culturale» la definisce Omero. La cultura dei rifiuti.
 

 

Marcia di pace e convivenza - DAL COLLE DI SAN GIUSTO
 

Il 1° gennaio è in programma la tradizionale Marcia per la Pace - Pohod Za Mir “Pacem in terris”promossa dal Comitato pace convivenza e solidarietà Danilo Dolci (foto) da oltre vent’anni. Dal luogo del ritrovo fissato per le 15.30 in piazzale a San Giusto, dove si trova il monumento ai Caduti in guerra, si scenderà alle 16 in città fino a piazza Sant'Antonio (nella cui chiesa il vescovo celebra tradizionalmente la messa della Pace) dietro la Luce portata nei giorni scorsi da Trieste in tutta Italia dalle associazioni scout. Sono stati invitati esponenti delle Comunità italiana e slovena e delle altre realtà nazionali e religiose della Provincia di Trieste, alcune delle quali interverranno in piazza alla fine della Marcia, nello spirito dell'enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII.
Comitato Danilo Dolci Marcia per la Pace e la Convivenza Per contatti tel. 338-1652364, 338-2118453
 

 

SEGNALAZIONI - Ferrovie - Liberalizzazione o anarchia

 

“Nell’inferno dei treni pendolari”, “Sui treni si viaggia male”. Della Valle ha ragione: Moretti, come Tremonti, ha fatto il suo tempo; entrambi responsabili, con Matteoli, della deriva ferroviaria all’insegna del “risanamento” senza sviluppo che porta alla liquidazione della rotaia. “La liberalizzazione nel nostro Paese è più avanzata che altrove”. Parola di Passera. Liberalizzazione ? Ma se a venti anni della prima direttiva comunitaria è ancora il Gruppo FS a dirigere, con una visione monopolistica, sia la rete che l’impresa commerciale e la miriade di partecipate, proliferate in un processo di riforme infinite e disordinate, se non è ancora costituita l’autorità di controllo indipendente in grado di non far fallire le imprese entranti. Più che di liberalizzazione per la realtà ferroviaria italiana si può parlare di anarchia e confusione, non avendo ben chiara la diversità delle missioni delle singole imprese che dovrebbero essere ricondotte ai due ruoli fondamentali: tutta la produzione in RFI (come azienda di stato, al servizio di tutte le imprese abilitate, pubbliche e private, nazionali ed estere), tutte le attività commerciali nell’impresa di trasporto multimodale, per la quale la ferrovia è solo un tassello, seppure fondamentale, per l’offerta di un servizio, merci e passeggeri, globale. Principio che precede la liberalizzazione, se è vero che anche in epoca di monopolio era ben presente nella costituzione del Servizio commerciale e del traffico FS (nato per organizzare l’informazione, la promozione, la vendita e l’assistenza post-vendita del servizio ferroviario) e nella fondazione della CIT e dell’INT come strumenti per offrire un servizio globale da porta a porta, nella logica del coordinamento e dell’integrazione del trasporto, chiave di volta per il successo dell’impresa. Tuttavia le sostituzioni non sono risolutive: decisiva è l’attuazione delle direttive comunitarie con piena indipendenza di autorità, rete e commerciale, senza la quale è impossibile ottenere risanamento ma, soprattutto, un adeguamento del servizio merci e viaggiatori a livello europeo. Se Germania e Francia, Austria e Svizzera ci riescono, perché l’Italia deve mancare all’appello?

Luigi Bianchi

 

 

SEGNALAZIONI - Conosciamo “pedibus”

 

Rispondo con piacere alla domanda che mi è stata rivolta il 19 dicembre. Il traffico davanti alle scuole, all’inizio o alla fine delle lezioni, non è una peculiarità dell’Istituto comprensivo di Gretta, ma purtroppo è comune a molte scuole in città: non è pensabile perciò mettere una pattuglia presso ogni complesso scolastico, ignorando le emergenze e sguarnendo tutti i punti nevralgici della città; ed anche facendo ciò, non sarebbe ancora sufficiente per coprire tutti i plessi scolastici. Anche l’attività del nonno vigile, presente in quasi tutte le scuole, può incidere sul traffico, ma la sicurezza dei bambini è prioritaria. Comprendo d’altra parte la necessità di molti genitori di accompagnare i propri figli in macchina, in ragione della distanza scuola-casa; mi appello invece a tutti gli altri che potrebbero lasciare il mezzo sotto casa e scegliere una salutare (ed educativa) passeggiata. Vorrei ricordare, infine, una bellissima iniziativa, il “Pedibus”, che merita di essere conosciuta e utilizzata maggiormente. Sergio Abbate (comandante della Polizia municipale)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 dicembre 2011

 

 

«Aree portuali, niente aziende decotte»
 

Il ministro dell’ambiente Clini: «Progetto capace di attirare investitori privati. Fra tre mesi sarà pronto il piano definitivo»
Una proposta di project financing che coinvolge tutte le aree a mare più interessanti per lo sviluppo del Porto, e la revisione del Sin con una riperimetrazione. Il tutto condito da ottimismo riguardo ai tempi di realizzazione – perlomeno quelli quantificabili – e alla possibilità di reperire fondi pubblici per portare a conclusione i progetti. Sono le soluzioni immaginate per Trieste da Corrado Clini, la cui nomina al dicastero dell'Ambiente potrebbe segnare una vera svolta per la rinascita economica della città, considerato anche che al suo fianco al ministero siederà l'ex segretario generale dell'Authority, Antonio Gurrieri, come consigliere per le questioni relative a Infrastrutture e Trasporti. Ferriera di Servola, Area ex Esso, ex Arsenale San Marco, Stazione di Campo Marzio e area ex Aquila: questi i siti di intervento sui quali si concentrerà un gruppo di lavoro misto, costituto da funzionari del ministero e dell'Autorità portuale. Ministro Clini, quali sono i tempi previsti per applicare il protocollo firmato con l'Autorhity? Il gruppo di lavoro è già stato istituito e si procederà in parallelo con l'esame del Piano regolatore del porto. Il documento programmatico sarà pronto in tre o quattro mesi e poi si partirà per definire le singole azioni. Il protocollo firmato con l'Authority è aperto anche agli enti locali e il Comune di Trieste, con il quale ho già avuto un incontro, avrà un ruolo importante. Le aree indicate nell'accordo sono piuttosto vaste (2 milioni di metri quadrati) e complicate da trattare, considerato l'inquinamento dei terreni. Dove trovare i fondi per la riqualificazione? Il quadro finanziario del protocollo si basa più sulla capacità di attirare investitori che sulle risorse pubbliche, comunque presenti. Le fonti saranno diverse e per i vari obiettivi previsti è probabile che ci siano dei cofinanziamenti tra fondi statali e fondi europei. Quel che è certo, è che non copriremo buchi di aziende che non riescono a stare in piedi. Il Porto sta aspettando il suo nuovo Piano regolatore: a che punto è l'iter? Per quanto di nostra competenza, abbiamo già avviato le procedure unificate di Valutazione ambientale strategica e Valutazione impatto ambientale, ed è la prima volta che succede. Credo che a fine gennaio avremo finito, poi la parola passerà al ministero delle Infrastrutture e quindi alla Regione. Il Sito inquinato sta bloccando una parte importante dell'economia del territorio: fu un errore ricomprendere un'area così vasta? Credo proprio di sì: è stata fatta una cosa per ottenerne un'altra, come si fa spesso in Italia. È stata ampliata l'area per avere più soldi ma si è trattato di un errore. È prevista dunque una riperimetrazione? È esattamente ciò che dovrebbe essere fatto, sulla base delle caratterizzazioni e utilizzando la normativa esistente. Bisognerà distinguere le aree più o meno inquinate: così si circoscriveranno gli interventi. Come potrebbero conciliarsi il progetto del rigassificatore di Zaule e con lo sviluppo del traffico portuale? Dipende dalle decisioni che l'Autorità portuale intende prendere per lo sviluppo del porto. Posso dire che abbiamo bisogno di un Piano energetico per capire, a livello nazionale, quanto gas ci serve. Ci sono pipeline e altri progetti, per cui credo che dovremo sicuramente capire qual è il ruolo che vogliamo dare all'Italia. Vogliamo farne un hub per smistare il gas in eccesso? Si tratta di scelte strategiche. Lei sostiene che deve concludersi l'epoca delle grandi strutture per la produzione di energia a favore di piccoli impianti a fonti rinnovabili. Cosa significa, in concreto? Impianti non soltanto ad energia rinnovabile, ma anche di trigenerazione per la produzione di elettricità, calore e freddo, anche alimentati a gas. Oggi abbiamo un sistema energetico formato da grandi strutture che distribuisce attraverso gli elettrodotti: è importante che continui ad esistere ma, se vogliamo avere maggiore disponibilità e minore consumo, dobbiamo sfruttare anche le nuove tecnologie in grado di prevedere impianti per un singolo quartiere o per l'Università o per un grande centro commerciale.
Riccardo Coretti

 

 

Volontari puliscono la grotta-discarica
 

DUINO AURISINA Nel Carso di Duino-Aurisina si è svolta la settima edizione di “Puliamo il buio”, una manifestazione organizzata annualmente dalla Società Speleologica Italiana (in collaborazione con “Puliamo il mondo” di Legambiente) per favorire la pulizia delle grotte inquinate. Anche la Federazione Speleologica triestina (composta da nove gruppi) ha risposto con favore all’appello e il lavoro svolto dai grottenarbeiter non è stato per nulla facile. La cavità scelta è quella del Pozzo delle Querce (grotta 175). Fortunatamente non si è rivelata molto profonda (8,50 metri) però la sporcizia accumulata da anni ha reso difficoltoso il lavoro dei volontari. Senza dimenticare poi che le caratteristiche della stessa grotta sono state alterate a causa dell’inquinamento. Gli speleologi triestini hanno lavorato per sei ore e hanno riportato alla luce circa quattro metri cubi di immondizia: sacchi pieni di scarpe e indumenti, lattine, bottiglie, plastiche di ogni tipo, pentole, ferraglie, rottami, ossa di animali e tantissimo materiale in decomposizione e maleodorante. In mezzo a questa melma sono stati ritrovati vivi alcuni rospi che a causa delle condizioni della cavità non sono stati più in grado di risalire in superficie; una volta portati in salvo, sono stati ripuliti e riposti nel bosco circostante. Il Comune di Duino-Aurisina, interessato dal progetto ferroviario TAV, di fronte a questa iniziativa si è dimostrato sensibile e collaborativo e si è impegnato nella gestione dello smaltimento regolare dei rifiuti che sono stati pazientemente raccolti dagli speleologi volontari.

Angela Spechar

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Autobus poco agevolati per i giovani e gli studenti
 

La rivista Altroconsumo ha fatto un confronto fra i costi del trasporto pubblico in 16 città, fra le quali Trieste. Dai dati esposti emerge quanto segue: il biglietto ordinario urbano, allo stato attuale in quanto con il primo gennaio è previsto un aumento, costa come a Verona e ci sono 4 città più convenienti (Reggio Calabria, Bari, Torino e Roma); per quanto riguarda il costo annuo dell’abbonamento ordinario, a Trieste costa € 284 valido 12 mesi, e ci sono 6 città più convenienti (Reggio Calabria, Roma, Bari, Verona, Cagliari e Napoli); mentre per quanto concerne il costo annuo degli abbonamenti studenti Trieste è al penultimo posto, più cara di noi solo Perugia. Il nostro abbonamento studenti (valido per 10 mesi) costa € 248 e più convenienti sono Reggio Calabria, Torino, Palermo, Napoli, Milano, Cagliari, Firenze, Ancona, Roma, L’Aquila, Bari, Verona, Bologna, Genova. La prima considerazione è che chi fa l’abbonamento ordinario annuale viene a pagare al mese € 23,58 (€ 283 / 12 mesi), gli studenti con l’abbonamento "studenti" che vale per 10 mesi, da settembre a giugno, pagano un costo mensile di € 24,80, superiore al costo mensile dell’abbonamento annuale ordinario. L’abbonamento mensile "Rete" costa per tutti € 28,35, quindi se un adulto compra l’abbonamento annuale risparmia in un anno € 57,20, uno studente che fa l’abbonamento "Studenti" valido 10 mesi risparmia in 10 mesi € 35,50 ma, affinché il risparmio sia effettivo, nei mesi di luglio ed agosto è necessario non prenda l’autobus, altrimenti, per comprargli l’abbonamento mensile "Rete" si verrebbero a spendere in tutto quasi € 21 in più rispetto all’abbonamento ordinario. Quindi, gli studenti sembrano essere ben poco agevolati. Inoltre qualora lo studente si dimentichi a casa l’abbonamento, oltre a dover il genitore recarsi presso la sede della Trieste Trasporti per dimostrare la regolarità dell’abbonamento, si è ugualmente sanzionati di € 10. (Prevengo la replica della Trieste Trasporti in quanto tale sanzione è prevista da una legge Regionale, ma fa differenza?) Per ultimo aggiungo che in altre città, probabilmente più attente ai giovani di quanto non lo sia Trieste, come ad esempio Milano, il trasporto dei bambini fino ai 10 anni, se accompagnati da un adulto, è gratuito. E con questo mi riaggancio ad una segnalazione di alcuni mesi fa dove una mamma scriveva che se per necessità si deve raggiungere il centro per una commissione e si hanno figli piccoli da non lasciare a casa da soli ma troppo grandi da aver già raggiunto il metro di altezza e quindi obbligati a pagare il biglietto (circa 5 anni di età) il costo dell’autobus fra andata e ritorno per genitore e due o tre figli diventa proibitivo e si deve usare la macchina. (Prevengo la replica della Trieste Trasporti che parla dello sconto del 10% sugli abbonamenti annuali per famiglie, ovvero su secondi e terzi familiari in quanto ritengo la Signora si riferisse a fatti saltuari e non ricorrenti).

Cristina Lugnani
 

 

Centro di Basovizza

 

Al centro didattico naturalistico di Basovizza (loc. Basovizza, 224 - tel. 040-3773677) continua la mostra fotografica “Alberi bianchi” di Furio Scrimali, aperto durante i giorni lavorativi dalle 9 alle 13. I giorni festivi e domenica 1.o gennaio il centro resterà chiuso. Ingresso libero.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 dicembre 2011

 

 

Il ministro Clini: sito inquinato terreni da sbloccare
 

«La green economy non è più una scelta di nicchia, anzi, potremmo togliere la parola “green”». Basterebbe questa frase per sintetizzare il pensiero di Corrado Clini, ministro per l'Ambiente nonché presidente dell'Area science park di Trieste, sulle strade da seguire per lo sviluppo economico nazionale. Una linea di pensiero che, viste le condizioni degli spazi industriali nell'intera provincia, riguarderà - oltre alle aree portuali citate nel protocollo siglato con l'Authority - anche quelle ricomprese nel Sin, il Sito inquinato di interesse nazionale che blocca lo sviluppo industriale del territorio, a causa delle bonifiche. Secondo Clini, Trieste, così come il resto del territorio nazionale, «... non si può permettere di tenere bloccate alcune aree, per interpretazioni di norme che fermano le iniziative, senza poi proteggere l’ambiente. Il blocco delle bonifiche dettato da questa interpretazione fa sì che non si faccia nulla, e i siti rimangono contaminati». Clini ha anche ricordato di aver ricevuto, sul tema, «un consenso bipartisan» in audizione alla Commissione Ambiente della Camera. All'interno del Sin, ha spiegato il ministro, esistono aree fortemente contaminate e altre meno. Per le prime andranno prese misure anche sperimentali come alcune tecniche di piantumazione, mentre per le zone meno inquinate bisognerà studiare una normativa che consenta un loro più rapido utilizzo, soprattutto se compatibili con determinati usi. Una simile operazione, nelle intenzioni del Governo centrale, servirà – sia per le aree del Sin che per quelle destinate a uso portuale – ad attirare investitori internazionali, del resto gli unici in grado di coprire con cifre “pesanti” progetti di finanza che prevedono grandi esborsi a fronte di concessioni demaniali di lunga durata o di cessione di aree in proprietà. «C'è interesse da parte di investitori da Cina, Brasile o da Fondi di investimento internazionali – ha spiegato Clini – e noi abbiamo interesse ad andare incontro alle loro esigenze. Per farlo però ci vuole sicurezza sulle norme, che non possono cambiare. Questo chiedono gli investitori stranieri». Il metodo di rilancio di cui parla il ministro è condiviso con il collega Corrado Passera, alla guida del dicastero dello Sviluppo economico, infrastrutture e trasporti. Per entrambi, la scelta di puntare sulla sostenibilità «non è solo per la protezione dell’ambiente, ma perché sappiamo che questo è un fattore trainante della crescita economica».

(r.c.)
 

 

Le linee elettriche attirafulmini saranno interrate - ALTIPIANO EST
 

OPICINA Entro la prima metà del 2012 diverse linee aeree di distribuzione di energia elettrica a media tensione del comprensorio est dell’Altipiano Carsico verranno interrate. Gli interventi interessano alcune frazioni carsoline e verranno effettuati dall’Acegas/Aps. Verranno tolti pali e fili che conducono la media tensione per risolvere una serie di criticità verificatesi a più riprese a causa della caduta di fulmini, che ha provocato in diverse occasioni dei guasti e le relative interruzioni al servizio di erogazione energetica, lasciando alcune aree o interi paesi, anche per diverse ore, senza energia elettrica. In caso di mancata erogazione di servizio, oltre ai problemi e ai disagi provocati all’utenza, vanno tenute in debito conto le eventuali sanzioni commisurate all’ente fornitore dall’Authority dell’Energia. L’interramento delle linee aeree permetterà invece di evitare questi inconvenienti risolvendo anche alcuni problemi di carattere estetico. Pali e fili sospesi infatti rappresentano elementi che depauperano le caratteristiche architettoniche dei piccoli borghi carsici. Inoltre l’irradiamento elettromagnetico provocato dalle strutture aeree sarà ridotto ai minimi termini. «Uno degli interventi verrà prodotto nell’areale di Gropada – spiega il presidente del secondo parlamentino Marco Milkovich – sinora alimentata da un unico cavo. Quando si verificava un guasto – aggiunge il presidente – Gropada poteva rimanere senza energie per parecchie ore». Ora i lavori previsti permetteranno la realizzazione di una nuova linea con doppio cavo “con messa in anello” che dovrebbe finalmente risolvere i problemi di erogazione energetica. Altri interramenti di linee aeree sono previsti in Padriciano, e una nuova cabina di trasformazione verrà collocata nei pressi dell’ex campo profughi. Sempre in questa località, nei pressi del campo sportivo della società “Gaja” vi saranno ulteriori lavori sostitutivi. Stesso discorso per la borgata di Trebiciano, dove i lavori interesseranno il centro della frazione e un’area vicina al campo sportivo. Un altro intervento di interramento di linee verrà eseguito in via Ermada a Opicina.

(Ma. Lo.)
 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  VENERDI', 23 dicembre 2011

 

Riciclo pannelli fotovoltaici: in Europa scatta l’obbligo
 

In Europa sarà obbligatorio riciclare pannelli solari e altri componenti degli impianti fotovoltaici. Lo ha stabilito, tra le altre cose, la recente revisione della direttiva 2002/96/CE, la cosiddetta “Waste of electric and electronic equipment – Weee” sulla gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Dopo essere state approvate da tutti gli organi politici dell’Unione Europea (Consiglio d’Europa, Europarlamento e Commissione), le modifiche sono infatti state avallate anche dal Coreper, il Comitato permanente dei rappresentanti dei 27 Stati membri.
L’obbligo di riciclare gli impianti fotovoltaici giunti a fine vita è proprio una delle novità inserite nel provvedimento, per cui i Paesi UE dovranno ora avviare una filiera dedicata. A questo proposito, in realtà, l’EPIA (Associazione Europea dell’Industria Fotovoltaica) ha invitato i governi ad organizzare un unico sistema paneuropeo, piuttosto che predisporre delle filiere nazionali.
Secondo l’associazione, il modello potrebbe essere rappresentato dal programma PV Cycle, avviato proprio dall’industria fotovoltaica già nel 2007 per recuperare materie prime dai moduli solari usati. L’EPIA, infine, sottolinea che la nuova versione della direttiva WEEE consente di fissare un obiettivo di raccolta differenziata specifico per il materiale fotovoltaico. Una possibilità che piace molto all’associazione, consapevole che il sistema di raccolta e recupero delle componenti differisce profondamente da quello degli altri dispositivi elettronici.
Silvana Santo - Fonte: Qualenergia
 

 

GreenReport.it - VENERDI', 23 dicembre 2011

 

Il porto di Trieste punta sulla sostenibilità. Protocollo d'intesa ministero dell'ambiente - port authority
 

Domani il ministro dell'ambiente, Corrado Clini e la presidente dell'Autorità portuale di Trieste, Marina Monassi, presenteranno l'accordo tra ministero dell'ambiente e port authority sul il protocollo d'intesa sul "Rilancio sostenibile delle aree del porto di Trieste" sottoscritto a Roma il 13 dicembre: un'intesa in 5 punto che coinvolge le aree di Campo Marzio, Arsenale San Marco, piattaforma logistica e Servola, ex Esso ed ex raffineria Aquila.
Il ministero spiega che «L'accordo vuole promuovere l'area portuale e la sua economia attraverso i principi dello sviluppo sostenibile, ed è il frutto di un lavoro intenso tra gli uffici di via Von Bruck e il ministero.
Dopo un periodo di non eccessiva attenzione verso lo scalo triestino l'intesa sembra un primo risultato del lavoro di "ricucitura" condotto dalla presidente dell'Autorità portuale, «Ma costituisce soprattutto un focale punto di partenza per innestare un processo di reale rivitalizzazione del porto franco triestino e della sua centralità nel contesto dell'arco Nord Adriatico, nell'ambito dei futuri scenari che si vanno delineando con la progressiva estensione del mercato comunitario verso il Centro-Est dell'Europa e l'area dei Balcani».
Il nuovo piano regolatore portuale di Trieste prevede «Una ridistribuzione dei principali comparti settoriali, industriale e commerciale, in linea con gli standard funzionali internazionali, consentendo un ampliamento graduale delle aree del porto franco e una loro collocazione più incisiva sul mercato dei grandi investitori interessati a localizzare le loro attività attraverso forme di investimento a medio-lungo termine».
Nell'accordo si legge che «I vantaggi conseguibili per effetto del particolare regime del porto franco di Trieste costituiscono un indubbio plusvalore rispetto alle semplici attività di movimentazione delle correnti di traffico in transito, innescando potenziali redditività sia a carattere imprenditoriale che finanziario, attraverso la gestione degli stocks delle commodities negoziabili presso le principali borse merci internazionali».
L'articolo 2 del protocollo d'intesa riassume i 5 punti principali dell'accordo: «Riqualificazione e potenziamento del terminal ferroviario di Trieste Campo Marzio. L'Autorità portuale potrebbe acquistare dalle Fs le aree ferroviarie a fianco dell'impianto. Riassetto delle aree industriali private e demaniali dell'Arsenale San Marco, da usare anche per lo sviluppo dei traffici portuali. Realizzazione della piattaforma logistica (due lotti) e riconversione di aree della Ferriera di Servola (ex Italsider), che saranno accorpate in un unico polo logistico di dimensioni internazionali. Riqualificazione e infrastrutturazione dell'area Esso, dove insediare attività industriali e produttive (anche a servizio di quelle portuali).
Creazione, nel comprensorio della ex raffineria Aquila, di un nuovo terminal portuale, con interventi di risanamento ambientale, infrastrutturazione e banchinamento; potranno essere costruiti accosti dove svolgere attività Ro-Ro e multipurpose; sarà ammodernata la stazione Trieste Aquilinia».
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 dicembre 2011

 

 

Il Piano del traffico riparte dalla rotaia di Stream
 

Da gennaio la rimozione del binario in via Mazzini. I mezzi pubblici marceranno solo verso le Rive risalendo lungo corso Italia: si sperimenta la nuova viabilità
Inizieranno nella seconda metà di gennaio i lavori per l'eliminazione della monorotaia di Stream, in via Mazzini. Dureranno circa 120 giorni e saranno eseguiti da Ansaldo, sotto la supervisione di Comune e Amt. Quest'ultima sosterrà un costo di 414mila euro. Il resto sarà a carico di Ansaldo stessa. Poiché per fare spazio al cantiere occorrerà limitare il passaggio dei mezzi pubblici a un solo senso di marcia, questi transiteranno solo in direzione Rive, utilizzando invece corso Italia per marciare verso piazza Goldoni. Proprio come previsto nella bozza del nuovo Piano del traffico, di cui il “ring” via Mazzini-corso Italia costituisce uno dei punti nodali. E infatti - lo hanno detto ieri l’assessore al Commercio Elena Pellaschiar e l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani - la rimozione della rotaia costituisce l’occasione per sperimentare questa soluzione, destinata - se l’esito fosse positivo - a diventare definitiva. Posizionata nel 1999 nell'ambito del progetto Stream di Ansaldo poi accantonato, la rotaia d'acciaio, pericolosa soprattutto nei giorni di pioggia e da anni inutilizzata, sarà tolta in virtù di una convenzione sottoscritta da Comune, Amt e Ansaldo stessa, e presentata ieri ai residenti, commercianti e pubblici esercenti della zona, oltre che alla Circoscrizione competente. «Dobbiamo togliere quella rotaia - ha confermato Marchigiani - e nella stesura della convenzione abbiamo tenuto conto delle esigenze dei commercianti e dei pubblici esercenti dell'area». I cantieri interesseranno di volta in volta al massimo due isolati e i marciapiedi resteranno sempre praticabili, salvo temporanee eccezioni. «La convenzione - ha proseguito Marchigiani - è frutto di un percorso iniziato due mesi fa. Alla fine si effettuerà una verifica per valutare se gli scavi necessari per l’eliminazione della rotaia avranno procurato danni». «Era fondamentale evitare di far coincidere i lavori con lo shopping di Natale - ha sottolineato Pellaschiar - e ci siamo riusciti per la soddisfazione delle categorie economiche» (inizialmente l’avvio dei lavori era stato ipotizzato già lo scorso ottobre). Apprezzamento per la convenzione ha manifestato il presidente di Amt, Andrea Polacco: «Si risale a un contratto del '99 fra Ansaldo e l'allora Act che, essendo sperimentale, prevedeva comunque il gradimento della popolazione - ha ricordato - e subito ci furono problemi e ritardi: la contrarietà dei cittadini è stata evidente fin dall'epoca. Anche sul piano giuridico è stato confermato che aveva ragione Act/Amt». A primavera, dopo un necessario periodo di assestamento, sarà eseguita l'asfaltatura definitiva di tutta via Mazzini. «Abbiamo a disposizione finanziamenti certi – ha ripreso Marchigiani - che consentiranno di sistemare completamente il manto stradale secondo i più moderni criteri e favorendo l'utilizzo di strumenti che garantiscano la riduzione della velocità di transito. Intendiamo procedere così ma sempre nell’ambito di un rapporto di informazione con residenti e operatori economici dell’area, le cui opinioni saranno tenute in debito conto». Il primo tratto di cantiere sarà quello che va dall’angolo fra le vie Mazzini e San Lazzaro e quello fra piazza Repubblica e via Dante, guardando le Rive a destra. Si proseguirà sullo stesso lato fino a raggiungere le Rive stesse. Prima di iniziare i lavori su di un determinato tratto, sarà tolto il cantiere su quello terminato. Ultimato il lato destro si comincerà a operare sull’altro, partendo sempre dalla parte alta di via Mazzini, ossia dall’angolo con via Santa Caterina.
Ugo Salvini

 

Monitoraggio sugli immobili dell’area
 

Per eseguire un intervento a regola d’arte, prima dell’inizio dei lavori, i tecnici di Ansaldo effettueranno sopralluoghi negli immobili che si affacciano su via Mazzini, per definirne la situazione e poter così verificare, a operazione ultimata, le eventuali conseguenze prodotte dal cantiere sugli edifici. Il Comune invita dunque «tutti gli interessati ad agevolare tale attività, nell’interesse di tutti». Dopo l’Epifania perciò residenti e operatori economici dell’area interessata potranno essere contattati per effettuare questa parte dell’intervento che andrà conclusa prima dell’avvio del cantiere.
 

 

Architetti: Prg meglio della 118 ma più dialogo
 

Le direttive al Piano regolatore che verrà? Buone, ma potevano essere meglio. Così il direttivo dell’Ordine degli architetti giudica, in un lungo documento tecnico, il documento approvato dall’amministrazione Cosolini. «Innanzi tutto - si legge - riconosciamo all’amministrazione un gesto di discontinuità attraverso la partecipazione di più soggetti al confronto sui contenuti, una partecipazione che avremmo auspicato maggiormente trasparente, pubblica e formale, ma che rappresenta comunque un passo avanti rispetto alla “secretazione” della variante 118». Nel merito alcuni regimi di salvaguardia «appaiono contradditori», come la «distanza minima di 5 metri dai confini di proprietà. Abbiamo ritenuto importante ricordare come l’edificazione a confine e l’allineamento delle facciate siano aspetti storicamente importanti nella costruzione del paesaggio urbano: si pensi ai borghi storici, sia quelli carsici sia quelli inglobati nella città (Servola, la cosiddetta “Piccola Parigi” a San Giovanni, ma anche Rion del Re)». Da qui l’invito a «mantenere la possibilità di edificare a confine e in linea con i fronti stradali già edificati, ove ciò sia coerente con il paesaggio urbano esistente». «Desideriamo - chiude il documento - esprimere la nostra disponibilità a dare il miglior e maggior contributo possibile».
 

 

Disservizi sui treni La Regione chiede un milione di danni

 

Riccardi accusa Trenitalia di aver disatteso il contratto «Le linee soppresse e i ritardi sono troppi. È insostenibile»
TRIESTE La pazienza è finita. E adesso arrivano le sanzioni. Riccardo Riccardi, bacchettata Trenitalia per il mancato rispetto degli accordi, in particolare per le soppressioni, fa un conto molto salato: la compagnia ferroviaria sarà chiamata a pagare «centinaia di migliaia di euro». A quanto filtra, siamo attorno a un milione. La mega-multa è conseguenza di una situazione evidentemente insostenibile. Riccardi, ieri a colloquio con i vertici di Trenitalia Fvg – Mario Pettenella, in procinto di lasciare il servizio, Maria Giaconia, responsabile regionale dall’inizio 2012, e il capodivisione nazionale del Trasporto regionale Francesco Cioffi – non ha nascosto il «disappunto» dell’amministrazione regionale per la qualità del servizio «su rotaia». Il motivo? Alla base dei disservizi indicati dalla Regione in particolare la vetustà dei mezzi impiegati ma anche la necessità di andare a una verifica dal punto di vista organizzativo. Non tanto i ritardi, non la pulizia, che pure a detta dei pendolari continuano a rappresentare criticità, ma soprattutto le soppressioni di treni hanno portato la Regione a fare la faccia cattiva. «Non siamo affatto contenti – ribadisce l’assessore ai Trasporti – anzi, siamo del tutto insoddisfatti. Riteniamo che il servizio non sia del livello che il contratto Regione-Trenitalia ci dovrebbe assicurare». Da qui l’intenzione della Regione di applicare le sanzioni contrattualmente previste: ad oggi, secondo Riccardi, «i conti ci dicono che ammontano ormai ad alcune centinaia di migliaia di euro». Un salasso che si è gonfiato soprattutto negli ultimi mesi, con inconvenienti per l’utenza sempre più numerosi. Nell’ottobre 2010 un analogo confronto si concluse con una discreta pagella per Trenitalia: i treni del Fvg erano due punti e mezzo sopra il limite stabilito dal contratto di servizio per la puntualità e, in prospettiva, più puliti grazie al progetto di sostituzione della tappezzeria di 12mila sedili. Poi però le cose sono precipitate e nel settembre scorso Riccardi definiva «incomprensibili e inaccettabili» il comportamento e gli atteggiamenti dell’Ufficio informazioni alla stazione Fs di Udine e del personale di Trenitalia in merito all’anticipata partenza di un treno regionale. Riccardi comunicò il disappunto via lettera a Pettenella: «Mi aspetto pubbliche scuse e adeguati provvedimenti». Ieri i toni non sono stati troppo diversi. Messi in fila i problemi, l’assessore si è comunque visto assicurare un miglioramento del servizio la prossima primavera quando entreranno i quattro nuovi complessi “Vivalto”, che andranno a sostituire gli obsoleti “Ale 801”, che oggi rappresentano «una vera e propria spina nel fianco» nel servizio ferroviario del Trasporto pubblico locale. Già nei primi mesi del 2013, auspicabilmente tra gennaio e febbraio, dovrebbe essere in linea il nuovo materiale rotabile che è stato finanziato dalla Regione: i mezzi saranno consegnati a metà dicembre 2012 ed entreranno in azione dopo un breve periodo di prova e le indispensabili certificazioni. Riccardi ha infine chiesto a Trenitalia di poter valutare l’introduzione per i treni nazionali che transitano in Fvg di alcune fermate supplementari a Cervignano e Latisana, in quest’ultima stazione almeno nei mesi estivi. La compagnia, intanto, in relazione alla vertenza degli ex lavoratori Servirail Italia e Wagon Lits risultati in esubero a seguito della rimodulazione del servizio notte della società, assume l’impegno di garantire, entro i prossimi 24 mesi, la progressiva ricollocazione ai dipendenti che non hanno trovato occupazione nella prosecuzione dei precedenti appalti relativi ai “servizi notte”. La rimodulazione del “servizio notte”, che ha riguardato anche la nostra regione, si è resa necessaria in considerazione della particolare situazione congiunturale del settore. L’andamento del traffico dei treni notturni, rende noto Trenitalia, ha registrato in questi anni una progressiva e significativa flessione, facendo registrare nel 2011 perdite per oltre 100 milioni di euro.
Marco Ballico

 

 

Lucchini: addio Severstal, ecco le banche - Dopo l’accordo siglato con gli istituti di credito Brescia ora cerca un nuovo partner industriale
 

TRIESTE Il comando della Lucchini, che controlla la Ferriera di Servola a Trieste, passa da Alexei Mordashov, numero uno del colosso siderurgico Severstal, alle banche. É questa la conseguenza immediata dell’accordo raggiunto l’altra sera fra gli istituti di credito, l’azienda e gli azionisti della Lucchini che hanno raggiunto così una intesa definitivo sul piano della ristrutturazione del debito. Sono stati così firmati i contratti relativi all'accordo raggiunto che verrà depositato presso il Tribunale di Milano che dovrà omologare l’accordo. Successivamente, si legge in una nota della Lucchini, si è svolta l’assemblea degli azionisti che ha nominato il nuovo cda. L’effetto immediato del nuovo assetto del consiglio è che Severstal mantiene solo un consigliere. Si tratta di un piano per la ristrutturazione del debito ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, ovvero col consenso di due terzi dei creditori. E così sono stati firmati i contratti dell’accordo, mentre nel pomeriggio era previsto il deposito della documentazione presso il Tribunale di Milano. Sempre in giornata, infine, si è svolta l’assemblea degli azionisti che ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione che comprende Massimo Mattera (presidente), Nicolas Vallorz (vicepresidente), Marcello Calcagni (Chief Executive Officer); Pierre Varnier (Chief Restructuring Officer), Maurizio Ria (Chief Financial Officer ad interim). A questo punto il gruppo Lucchini, come ha rilevato giorni fa a Trieste lo stesso ad Marcello Calcagni, cerca un nuovo partner strategico. A Brescia non si esclude che si possano trovare soluzioni mirate a garantire un futuro di sviluppo per le singole aziende. E si sottolineano le peculiarità dello stabilimento triestino rispetto a quello di Piombino, per tipologia di produzione, prodotti e mercati.
 

 

Risparmio energetico, bonus a 2.500 famiglie - Contributi per l’installazione di caldaie o pannelli solari. Restano escluse tre domande su quattro
 

TRIESTE Oltre 2.500 famiglie del Friuli Venezia Giulia potranno cambiare serramenti, mettere a norma l’impianto elettrico, isolare l’appartamento e installare pannelli solari e caldaie ad alto rendimento con l’aiuto di un contributo pubblico. Tutti interventi di manutenzione straordinaria sulla prima casa, finalizzati al risparmio energetico. La giunta Tondo, su proposta di Riccardo Riccardi, approva la graduatoria delle domande ammissibili e ne finanzia una su quattro tra quelle presentate in Regione. A disposizione ci sono 13 milioni di euro in grado di attivare, secondo le stime dell’assessorato, una spesa di 31 milioni. Le domande La legge è la numero 17 del 2008, il regolamento è stato approvato lo scorso agosto. Da allora sono arrivate agli uffici regionali oltre 10mila domande. L’assessore con delega all’edilizia rende noto che ne saranno finanziate complessivamente 2.543, la maggior parte (1.465) con contributi compresi tra i 3 e i 6mila euro, altre 1.078 con importi superiori. Le finalità L’intervento pubblico rimane nei limiti delle disponibilità finanziarie (13 milioni) nella misura del 50% della spesa ritenuta ammissibile e, comunque, non può andare oltre i 10mila euro. Soldi che serviranno, tra l’altro, per la messa a norma di impianti di utilizzazione dell'energia elettrica,installazione di impianti solari termici o solari fotovoltaici e di caldaie ad alto rendimento, e ancora per la realizzazione dell'isolamento dell'involucro edilizio e la sostituzione di serramenti. Provvedimento volano «L’alto numero di domande conferma l’importanza che la comunità regionale ha attribuito al provvedimento e la sempre maggiore attenzione delle famiglie al risparmio energetico», rileva Riccardi. E aggiunge: «Le risorse stanziate non sono certamente trascurabili» Risorse, prosegue l’assessore sottolineando il lavoro svolto in sede di esame del regolamento dalla quarta commissione e dal suo presidente Alessandro Colautti, «in grado di attivare una spesa globale o stimata in oltre 31 milioni, che potenzialmente potrebbe interamente ricadere in Friuli Venezia Giulia: un possibile volano economico per la nostra piccola impresa e il sistema artigiano». L’autorizzazione Sempre in tema di manutenzioni ieri in seduta di giunta la proposta, pure approvata dall’esecutivo, di Luca Ciriani per lo snellimento delle procedure per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica nel caso di interventi di lieve entità. «Grazie alla misura introdotta i tempi si dimezzano – spiega il vicepresidente –: le autorizzazioni dovranno essere rilasciate entro 60 giorni, nell'ambito dei quali saranno contemplati anche 25 giorni per il parere della Soprintendenza. È un provvedimento che facilita chi deve effettuare piccoli restauri, manutenzioni, e posizionamento di pannelli solari».

(m.b.)
 

 

L’Arpa promuove il mare: è pulito ovunque
 

Sulla base dei riscontri analitici effettuati dall’Arpa, la giunta regionale ha approvato l’elenco delle aree in cui sarà possibile la balneazione nel 2012. Eccellenti sono state giudicate le acque dal Villaggio del Pescatore al Camping di Lazzaretto, inclusa la Diga Foranea del Porto Vecchio di Trieste, così come quelle di Grado, di Lignano e dell’Isola di Sant’Andrea a Marano Lagunare. Solo un “buono” per Marina Nova e Marina Julia (Monfalcone), mentre si torna all'eccellenza con i laghi di Cavazzo, il Tagliamento a Cornino Cimano, il Natisone in località Stupizza e i torrenti Arzino (Ponte dell’Armistizio) e Meduna (Ponte Navarons e Camping di Tramonti di Sotto). In pratica, per quanto riguarda la costa, sono state dichiarate balneabili tutte le acque prospicienti il litorale, ad eccezione di quelle permanentemente non idonee perché situate in ambito portuale o in corrispondenza di cantieri e attracchi per natanti, nonché le foci dei fiumi. A queste si aggiunge la zona protetta della Riserva marina di Miramare. La stagione balneare inizierà il primo maggio per concludersi il 30 settembre ovunque, tranne che nelle aree di balneazione del lago di Sauris (2 luglio-26 agosto).

 

 

Parco di Miramare I caprioli di notte mangiano tutti i fiori
 

La Soprintendenza chiede aiuto a Regione, Provincia e Wwf Molti i danni economici, nessuna soluzione praticabile
I caprioli mangiano le viole. Ogni notte nel parco di Miramare, dove da anni si annidano innocui (o quasi) raggiungono le aiuole tappezzate di fiori pur col freddo, e brucano i petali colorati. Decine di migliaia di euro di piantine finiscono nel loro stomaco affamato. I giardinieri le ripiantano: chi sopporta un parco turisticissimo senza fiori? I caprioli, pazienti o disperati non si sa, tornano al “parterre” e cenano alla mensa del prato. Nei giorni scorsi una bestiola, forse per scappare in fretta all’arrivo dei giardinieri, si è “incastrata” fra i rami di certe piante. L’addetto che voleva aiutarlo ad andarsene, ha scatenato la sua paura e si è quasi preso un calcio in faccia. Convivenza difficile. La Soprintendenza dunque, pur sapendo che “da sempre” ci sono caprioli nel parco, e senza poter capire da che cosa sia causata questa fame di fiori che mai s’era vista, ha deciso di chiedere un incontro con la Regione e con la Provincia, ma anche col Wwf, per trovare una soluzione. «Catturarli non si può - spiega l’architetto della Soprintendenza Maurizio Anselmi -, metterli in un recinto nemmeno, poveretti, senza dire che dovremmo poi guardarli, curarli e nutrirli, abbiamo allora provato a recintare i fiori: è stato inutile, i caprioli rompono le reti. Ma non è presenza molto compatibile neanche col turismo, perché questi animali portano zecche, e possono crearsi situazioni di difficoltà». Dopo i cinghiali in città, ecco i caprioli in castello. Senza dire dei colibrì in serra che sono diventati “l’incubo” della Soprintendenza. Dove peraltro altri problemi incombono o attendono soluzione, a partire dal fatto che in questi giorni, nonostante sia stato assegnato un incarico “a interim” per coprire l’assenza del direttore regionale, il posto sia di fatto ancora vacante, con la conseguenza che molte pratiche, in assenza di firma, sono ferme sui tavoli. Per l’assenza di Giangiacomo Martines l’”interim” è stato coperto da Ugo Soragni, direttore regionale del Veneto. Ma dopo essere arrivato a Trieste, Soragni se ne è anche andato, si è scoperto che alla sua nomina mancavano determinanti firme ufficiali. Gli avvicendamenti avvenuti al ministero con la nascita del governo Monti (il segretario generale Roberto Cecchi è diventato sottosegretario, il suo posto è stato coperto da Antonia Pasqua Recchia) hanno fermato il flusso delle pratiche. E mentre ai problemi dei colibrì si sommano quelli dei caprioli, i 600 mila euro che la Regione ha accettato di stanziare per il parco di Miramare hanno altrettanto bisogno della firma di un accordo con lo Stato per diventare denaro contante. Disponibili sono invece, perché assegnati coi fondi del Lotto, quelli chiesti da Trieste per l’importante restauro dei muraglioni su cui poggia il castello, delle serre storiche (una volta libere) e del parco. Si tratta di 1 milione e 200 mila euro. La complessa fase di studio e allestimento del progetto prevede anche un’analisi geologica dei terreni e delle sponde sul fronte mare: la Soprintendenza sta per firmare un protocollo con l’Università per una collaborazione scientifica. Resta il fatto che questa somma è quasi il totale assegnato al Friuli Venezia Giulia dai proventi del Lotto. Su un totale nazionale di 47 milioni e 761 mila euro la regione ne ha ricevuti (su progetto) poco meno di 1 milione e mezzo, di cui 1,2 per Miramare.
Gabriella Ziani

 

 

Acquario si prepara al progetto di bonifica - LAVORI DI PULIZIA DEL VERDE
 

MUGGIA Il sito inquinato Acquario è stato ripulito in questi giorni da erbacce, cespugli e altre ramaglie. Un intervento eseguito dal Comune di Muggia rientrante in un progetto di intervento e servizi di manutenzione del verde urbano. L'area è stata "tirata a lucido" in occasione della visita della società che si dovrà occupare del progetto di bonifica del sito. La procedura, che prevedeva l’aggiudicazione a favore del professionista miglior offerente, ha visto il Rtp Studio associato Aisa, composto dal geologo Ugo Ugati, dall'architetto Elio Conte e l'ingegner Paulo Abundo, guadagnarsi il primo posto nella graduatoria degli offerenti con un ribasso del 52,55% sul costo posto a base d’asta di 64 mila euro. Dopo le opportune verifiche, il gruppo di professionisti, con sede legale a Napoli, si è aggiudicato quindi il progetto operativo con un importo pari a 30 mila 368 mila euro: a loro l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ad esecutiva, direzione lavori, coordinamento della sicurezza per la progettazione e l’esecuzione. Come detto l'area di manutenzione del verde di Acquario rientra in una determinazione avviata dal Comune. «Risulta necessario procedere ad opportuni interventi e servizi di manutenzione di alcune aree verdi e bordi stradali nel territorio comunale consistenti in sfalci, taglio rovi, potature ed abbattimento alberature – si legge nel documento ufficiale approvato dal responsabile comunale Paolo Lusin -. Tali interventi e servizi rivestono carattere di urgenza ed indifferibilità in quanto atti a garantire la sicurezza alla viabilità stradale nonché il decoro e la praticabilità di alcune aree verdi nel territorio comunale». Oltre ad Acquario interessato anche il parco urbano di Aquilinia. Costo dell'operazione? Esattamente 24 mila 200 euro. Ma sempre in questi giorni ha poi affidato un altro servizio legato al verde pubblico. All'imprenditore agricolo Fabio Parovel infatti è stato assegnato il lavoro di decespugliamento delle strade comunali. La cifra complessiva dell'intervento sarà di 36 mila 300 euro. Nel comune di Muggia infatti per il servizio di decespugliamento delle strade comunali l'amministrazione Nesladek si avvale del supporto di ditte esterne, in quanto, come evidenzia lo stesso Municipio, "il personale dipendente ed i mezzi a disposizione non sono sufficienti a garantire la completa esecuzione del servizio". L’imprenditore agricolo Parovel, titolare dell’azienda agricola "Le Roverelle" di Muggia,è stato segnalato dalla Coldiretti di Trieste. L'obbiettivo dunque è quello di affidare il servizio di supporto al decespugliamento delle strade comunali all’imprenditore liquidandolo a cadenza mensile, per stati di avanzamento, previa verifica del responsabile del servizio o suo incaricato e (naturalmente) dietro presentazione di regolare fattura.

Riccardo Tosques
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - «Differenziata, le isole ecologiche non sono efficienti»
 

Se si fa un confronto delle tariffe Tarsu 2010 per la 1°categoria - abitazioni (a prescindere dalle agevolazioni in modo da avere dati confrontabili), tra alcuni comuni dell’Italia del nord della grandezza di Trieste come numero di abitanti , si ottiene come dato medio la tariffa di 1,88 euro al mq, mentre la tariffa a Trieste è 2,69 euro al mq, con un differenziale quindi del 43%. Una prima spiegazione di questo differenziale arriva dai costi alti dell’inceneritore dell’AcegasAps. Di ciò si è accorto anche l’assessore Laureni quando si è posto la domanda del perchè i costi dell’inceneritore per il Comune di Trieste siano del 15% più alti di quelli del Comune di Padova. Leggendo lo statuto dell’AcegasAps S.p.a. si evince che la società ha per oggetto l’esercizio integrato delle risorse idriche, energetiche e di quelle ambientali tra cui anche lo smaltimento dei rifiuti in termini di progettazione, gestione, monitoraggio e controllo degli agenti inquinanti. Io non so quante di queste funzioni il comune di Trieste abbia delegato all’AcegasAps. Certo è che se le ha delegate tutte, o anche alcune, ci troveremmo di fronte a un enorme conflitto di interessi in cui il gestore-controllato e il controllore sarebbe lo stesso ente, con seri dubbi sulla effettiva “concorrenza”, quindi costi alti, e sull’effettivo inquinamento prodotto dall’inceneritore (diossina). Del resto una società quotata in borsa risponde ai propri soci i cui interessi non sempre coincidono con quelli dei cittadini. A questo punto rimane da spiegare il resto del differenziale del 28 %, che è da addebitare all’organizzazione dello smaltimento dei rifiuti da parte del Comune. Non credo che sia una buona idea la costituzione di 900 isole ecologiche con cassonetti e campane per raccogliere carta, vetro, plastica/lattine e verde. Sarebbe più logico invece realizzare sei, sette “piattaforme ecologiche” posizionate ai bordi della città in cui i cittadini con la propria automobile portano i rifiuti tranne l’umido e il secco della differenziata porta a porta. Dalle esperienze nei comuni più virtuosi risulta che più del 90% dei cittadini svolge senza alcun problema questo compito. Negli altri casi i cittadini chiedono per telefono che il servizio sia svolto dagli addetti alla “piattaforma”. In sintesi le automobili dovrebbero percorrere l’area della piattaforma seguendo un percorso a “ferro di cavallo” con ingresso e uscita distinti . Sul lato destro dovrebbero essere posizionati in successione i container differenziati (voluminosi , carta, plastica vetro, legno,verde) destinati (tranne i voluminosi) al “riciclo”. Mentre sul lato sinistro dovrebbero essere posizionati i “laboratori” per quei rifiuti che possono essere ristrutturati (sedie, lampadari ecc.) oppure smontati perché i materiali componenti hanno un valore commerciale. Anche se può sembrare strano, quest’ultima attività rappresenta un vero e proprio business, che può interessare un operatore privato ma soprattutto il terzo settore. In certi comuni questa attività viene svolta da volontari proposti dalle diverse associazioni. In ogni caso il personale comunale è costituito da un solo addetto che controlla che lo scarico dei rifiuti avvenga in modo differenziato, aiuta nei casi più complessi lo scarico e per ultimo seleziona i rifiuti giudicati di valore. I vantaggi di questa soluzione sono : 1.Il riciclo: i rifiuti destinati al riciclo sono rigorosamente controllati nei relativi container e quindi vanno effettivamente al riciclaggio mentre nella raccolta con i cassonetti non lo sono e quindi vanno a finire nella maggior parte dei casi nell’inceneritore . 2. Il riuso: i rifiuti trattati nei laboratori diventano un ricavo e inoltre riducono notevolmente i volumi altrimenti destinati all’inceneritore 3. la progressiva scomparsa dei cassonetti migliora la città in termini di qualità di vita , di estetica e inoltre crea più spazio per i parcheggi 4. Il passaggio dalla Tarsu, che è una tassa non trasparente, alla tariffa Tia in cui si addebitano solo i costi del servizio, permette di stabilire un patto con i cittadini nel senso che al miglioramento della raccolta avranno come risultato la riduzione della tariffa e quindi un ulteriore incentivazione al miglioramento.

Oliviero Kokosar
 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

 

Legambiente: 5 milioni di italiani minacciati da frane e alluvioni
 

Almeno 5 milioni di italiani vivono in aree esposte al pericolo di frane e alluvioni. Lo rivela l’edizione 2011 del rapporto “Ecosistema Rischio”, pubblicata da Legambiente in collaborazione con la Protezione civile. L’indagine è stata condotta sui 6.633 comuni italiane classificati a più alto rischio idrogeologico, verificando le misure di prevenzione adottate dalle amministrazioni e l’effettivo stato dell’edilizia cittadina.
L’85% dei comuni intervistati (ben 1.121) ha dichiarato la presenza sul proprio territorio di case e altri edifici costruiti su aree a rischio frana; il 56% dei comuni ha dichiarato di aver isolato fabbricati industriali in zone pericolose. Nel 31% dei comuni il rischio riguarda addirittura interi quartieri, mentre in un caso su 5 ad essere in pericolo sono strutture pubbliche come scuole e ospedali.
I drammatici eventi che hanno colpito di recente Liguria, Toscana, Sicilia, Calabria – commenta la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni – sono solo le ultime tragiche testimonianze di quanto il territorio italiano abbia bisogno non solo di un grande intervento di prevenzione su scala nazionale ma anche di come la popolazione debba essere informata e formata ad affrontare gli eventi calamitosi.
Quello dell’informazione alla cittadinanza, in realtà, rappresenta un altro aspetto critico emerso da “Ecosistema Rischio 2011“. Solo il 33% dei comuni oggetto d’indagine ha attuato sul proprio territorio campagne di sensibilizzazione sul rischio idrogeologico, mentre appena il 29% ha organizzato prove ed esercitazioni per addestrare i cittadini alla gestione di una eventuale emergenza.
Va ancora peggio sul fronte delle delocalizzazioni: soltanto 56 comuni (il 4% del campione) hanno messo in atto azioni finalizzate allo spostamento di abitazioni dalle aree più a rischio e appena nel 2% dei casi gli interventi hanno riguardato insediamenti o fabbricati industriali.
Tra tante cattive notizie, comunque, spiccano alcune amministrazioni virtuose, anche se nessun comune ha raggiunto la classe di merito “ottimo” nella classifica elaborata da Legambiente. I migliori della classe sono risultati Peveragno (CN), Endine Gaiano (BG), e Senigallia (AN), con il punteggio di 8,5. Sonora bocciatura per Lagnasco (CN), che ha ottenuto un eclatante e gravissimo zero.
Silvana Santo - Fonte: Legambiente
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

IL MUSEO FERROVIARIO DI TRIESTE CAMPO MARZIO RISCHIA DI CHIUDERE PER COLPA DELL’AVIDITA’ DELLE SOCIETA’ PROPRIETARIE E GESTRICI DELL’IMMOBILE E A CAUSA DELLA PASSIVITA’ DELLA REGIONE.
 

Nel contesto delle dismissioni e svendite generalizzate del patrimonio storico delle ferrovie italiane, “privatizzate” con la cessione gratuita a Ferrovie dello Stato di ciò che per decenni i contribuenti hanno finanziato con le loro tasse, la società Ferservizi (del gruppo FS), privata ma di proprietà pubblica, ha già cercato inutilmente di vendere la storica stazione di Trieste Campo Marzio, costruita nel 1906 quale stazione di testa della Ferrovia Transalpina e fortunatamente sottoposta a vincolo dalla Soprintendenza.
Dal 1984 la stazione è sede del Museo ferroviario di Trieste Campo Marzio, uno dei più importanti musei ferroviari italiani. Esso è gestito gratuitamente dai soci della Sezione Appassionati Trasporti del Dopolavoro Ferroviario, che all’inizio aveva in comodato l’edificio della stazione, e dopo la privatizzazione paga 54.000 euro di affitto, di cui 8.000 solo per il Museo. La proprietà non ha speso nemmeno un centesimo per la manutenzione dell’edificio, e il degrado è evidente a tutti.
Non essendo riuscita Ferservizi a vendere la stazione, la società “Patrimonio DLF srl” che gestisce i beni immobili del Dopolavoro Ferroviario, sia di proprietà che in locazione dal gruppo Ferrovie dello Stato, ha preannunciato dal 2012 un aumento vertiginoso dell’affitto: solo il museo dovrebbe pagare il triplo dell’affitto attuale. Sembra che, essendo bloccate le possibili speculazioni immobiliari grazie ai vincoli, qualcuno abbia pensato di “ricattare” gli enti locali, per estorcere altri soldi pubblici, dato che tutti sanno che il Dopolavoro Ferroviario di Trieste non potrà più pagare un affitto così elevato.
Visto il rischio annunciato di chiusura già al prossimo gennaio cosa aspetta la Regione – unico ente dotato dei fondi sufficienti – ad agire per salvaguardare la stazione e valorizzare un museo, per la sua origine, unico in Italia? La Regione Piemonte si è dotata di un museo regionale ferroviario fino dal 1978, ed è noto l’interesse dei turisti, specie austriaci, per questo museo ricchissimo di materiali, attrezzature, carrozze e locomotive.
Legambiente del Friuli-Venezia Giulia chiede un intervento rapido e decisivo della Regione, per costruire e rendere credibile con la sua partecipazione un tavolo di enti pubblici e privati triestini che mobilitino risorse per scongiurare un gravissimo impoverimento del nostro patrimonio storico, culturale, turistico ed anche economico.
Senza dimenticare che se lo studio di fattibilità già approvato, nell’ambito del progetto ADRIA-A, di un collegamento ferroviario per passeggeri fra Capodistria e Trieste, verrà realizzato, quella è l’unica stazione possibile terminale della linea e non può essere abbandonata ad un degrado interessato.
Per Legambiente FVG: Elia Mioni, presidente regionale, - Andrea Wehrenfennig, del gruppo di lavoro trasporti e infrastrutture

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 dicembre 2011

 

 

Terminal ro-ro all’ex Aquila Samer frena sul progetto - PORTO»PROSPETTIVE
 

Il gruppo triestino: meglio la piattaforma logistica, realizzazione più veloce Ma Teseco: interesse degli operatori per la nostra proposta. Servono 100 milioni
Un progetto pensato per ampliare il porto verso Sud recuperando aree alle attività dello scalo e, con l'occasione, spostare i Tir da Riva Traiana. Mentre però l’Autorità portuale sostiene dichiaratamente il piano, sul terminal ro-ro (camion su traghetti) nell'area ex Aquila di proprietà Teseco la Samer shipping frena gli entusiasmi: «Meglio la piattaforma logistica, più semplice da realizzare» dice infatti Enrico Samer. I dettagli della proposta di Teseco sono stati presentati nei giorni scorsi al Logitrans di Istanbul, la fiera della logistica con i maggiori operatori del mercato turco. I vertici della società si sono incontrati proprio con l'amministratore delegato di U.N Ro-Ro, gli armatori proprietari delle navi sulle quali salgono i Tir da Riva Traiana, dove la concessione per la Samer shipping scade nel 2016. U.N Ro-Ro è una società nata dall'idea di un folto numero di autotrasportatori turchi e poi acquistata da un fondo di investimento americano. Enrico Samer, console onorario di Turchia a Trieste ma soprattutto alla guida di quello che è ormai diventato un gruppo con attività in diversi settori del porto, spiega, invece, perché sia più praticabile un'altra soluzione per sviluppare questo genere di traffici. «La Piattaforma logistica è attuabile più velocemente di quanto non possa avvenire per il progetto Teseco. Non solo, ma va anche considerato – aggiunge Samer – che le aree si trovano al di qua del terminal petrolifero (verso la città, ndr) e di un eventuale rigassificatore, per quanto riguarda i problemi legati al traffico in mare. Il canale navigabile di Zaule, inoltre, ha un pescaggio limitato; cosa che può andar bene per i traghetti del traffico ro-ro ma meno bene per il traffico di merci varie». Ma, sempre secondo Samer, ci sono altri due punti fondamentali della questione, non ultimo quello finanziario: «La Piattaforma logistica è praticamente una prosecuzione dello Scalo legnami per quanto riguarda il Punto franco e quindi tutto ciò che è connesso ai servizi di Dogana, Guardia di finanza e altro, che nell'area dell'ex Aquila sarebbero appena da trasferire. E poi – conclude Samer – la piattaforma logistica è finanziata pubblicamente, mentre per Aquilinia è previsto solo un investimento privato: difficile ripagare il project financing». Insomma una brusca frenata, una pacata ma chiara bocciatura della proposta Teseco da parte del maggiore operatore ro-ro del porto di Trieste. Altrettanto chiara la posizione Teseco: «Dopo oltre vent’anni dalla chiusura della raffineria Aquila, Teseco propone un progetto di riqualificazione urbana di una vasta area industriale. Il progetto - spiega l'ingegner Stefano Vendrame, direttore dell'Area nordest della società toscana - risponde a precise esigenze di gestione del nuovo terminal Ro-Ro e si misura con le complessità legate alla bonifica delle aree, inserite all’interno del Sito inquinato di interesse nazionale». Per quanto riguarda la recente presentazione in Turchia, Vendrame aggiunge che «è stata svolta un'importante azione di promozione collegata a numerosi incontri con tutti gli operatori del settore nazionali e esteri, tra cui U.N Ro-Ro, che hanno manifestato grande interesse al progetto, in grado di offrire anche una soluzione definitiva alla questione delle condizioni igienico-sanitarie in cui oggi versano i camionisti (attorno a Riva Traiana, ndr), attraverso la riqualificazione delle strutture già esistenti ad Aquilinia». Difficile avere risposte quando si parla di costi, anche perché la trattativa potrebbe già essere in corso. Da qualche indiscrezione, però, si sa che la cifra dovrebbe essere superiore ai 100 milioni di euro. «La quantificazione dell’investimento verrà definita con gli investitori in stretta relazione alle infrastrutture che verranno realizzate – risponde Vendrame -, dal momento che il nuovo terminal potrà ospitare, oltre al ro-ro, anche attività multipurpose».
Riccardo Coretti

 

Monassi: opera importante e si liberano le Rive dai tir - IL SOSTEGNO DELL’AUTHORITY
 

Ma da parte dell’Ap non è previsto al momento alcun contributo. Il sindaco di Muggia Nesladek: un intervento prioritario per lo sviluppo del territorio
L'Autorità portuale e il Comune di Muggia, sul cui territorio ricade il progetto del nuovo terminal, sostengono in maniera decisa lo sviluppo di quelle aree in funzione portuale e retroportuale. «È un'idea nata anche con la nostra collaborazione, ci hanno lavorato i nostri uffici. Per noi – spiega la presidente dell'Authority Marina Monassi - è un progetto importante, ci ha dato una grossa mano il sindaco di Muggia Nerio Nesladek. Con poco sforzo, per quanto ci riguarda, potremmo ottenere uno splendido terminal che ci consentirebbe di liberare la viabilità sulle Rive, dove sempre più spesso la situazione è insostenibile». Poco quanto? L'Authority ci metterà del suo? «Per ora non è previsto alcun contributo da parte dell'Authority», risponde Monassi. «L'intervento - interviene il sindaco di Muggia Nesladek - è indubitabilmente prioritario per lo sviluppo del territorio, non solo come integrazione di tutta la zona delle Noghere con l’area retroportuale ma anche per le possibilità che creerebbe, in qualità di area di servizi, su pesca, nautica e distribuzione di merci. Da non sottovalutare che questo progetto precluderebbe, di conseguenza, quello del rigassificatore cui restiamo contrari». Teseco spa è proprietaria di oltre 740mila metri quadrati di aree, un tempo sedime della raffineria Aquila, acquisite da Shell Italia nel 2003. Da allora ha iniziato un’articolata attività di bonifica, restituendo circa 220mila metri quadrati di territorio. Sulle aree residue Teseco sta sviluppando progetti che tengono conto delle esigenze del Comune di Muggia ma che tentano soprattutto di attrarre investimenti. Ha assunto particolare ruolo strategico l’area sul Canale navigabile di Zaule con una superficie di circa 194mila metri quadrati, su cui sono previsti interventi di infrastrutturazione già inclusi nei Piani regolatori di Porto e Comune. Il progetto coinvolge ulteriori 60mila metri quadri di aree in concessione demaniale, su cui è previsto un banchinamento per realizzare 4 accosti di cui 3 dedicati al traffico ro-ro e uno al multipurpose (merci varie). Previsti piazzali per circa 250mila metri quadrati, il recupero di 6.700 metri quadrati di edifici esistenti e l’estensione al Terminal del regime di Porto Franco.

(r.c.)
 

 

Duino, Costa dei Barbari verso la riserva naturale
 

La giunta approva la bozza dell’accordo di programma per la riqualificazione Il vicesindaco Romita: «È il primo passo. Poi tocca alla Regione e al ministero»
DUINO AURISINA Manca ancora l’ok ministeriale ma intanto la giunta comunale di Duino Aurisina approva la bozza di accordo di programma con la serie d’interventi della riqualificazione della Costa dei Barbari per trasformarla in riserva naturale. «Si tratta solo di un primo passo – fa sapere il vicesindaco di Duino Aurisina, Massimo Romita. Poi toccherà alla giunta regionale ed al ministero ma almeno non ci faremo trovare impreparati quando arriverà il benestare definitivo». La finalità generale dell’iniziativa, si legge nella delibera, è rivolta «alla promozione di un turismo sostenibile nella zona di Duino Aurisina« e per quanto riguarda lo specifico della Costa dei Barbari, tutti gli interventi definiti saranno atti alla «conservazione ed allo sviluppo del sito e del suo patrimonio ambientale e storico». L’intervento, che prevede lo stanziamento di quasi due milioni di euro (1.841.001,43), divisa in due lotti sarà a carico sia delle casse comunali che dal Ministero, per il quale, a beneficio del Comune, intercederà la Regione. Per quanto riguarda il primo, alcuni interventi sono già in atto, ed interesseranno la strada statale 14. Saranno indirizzati verso la riqualificazione della viabilità pedonale ed il collegamento, in modo funzionale, alla Costa dei Barbari. All’ordine delle priorità, tra i tanti punti, si trovano il marciapiede del nuovo innesto verso il Belvedere ed il “flash” semaforico all’altezza dell’incrocio con il ristorante “Tre noci”. Il secondo, invece, che consta di più fasi, vedrà la realizzazione di opere localizzate fronte mare al quale si aggiungeranno ulteriori collegamenti pedonali con la Ss14. Qui, nella lista delle cose da fare, figurano un nuovo percorso fronte mare, la messa in sicurezza del sentiero esistente, un nuovo vano per i servizi igienici nonché il recupero del percorso pedonale che dal centro di Sistiana porterà in Baia tramite una strada, interna a Portopiccolo, che si congiungerà a quella che da Borgo San Mauro porterà alla futura riserva naturalistica. Oltre a ciò, come sottolinea Romita, «ci saranno una serie di interventi correlati come la realizzazione e l’inserimento di pannelli informativi, del fotovoltaico nonché delle lampade a Led sui percorsi pedonali». Da non dimenticare, poi, che anche l’attuale belvedere, verrà riconvertito in zona di sosta temporanea attrezzata (massimo due giorni) per i camperisti ed le future zone, all’interno dell’ex Cava, designate per i quattro zampe e per il mondo dei naturisti. Ma la firma del ministero? «Ci è stato assicurato che è una formalità visto che il progetto ha già riscosso esito positivo – spiega Romita. Entro fine gennaio sono certo che ci sarà».
Viviana Attard

 

 

Petizione per la gestione pubblica dell’acqua

 

Una petizione che contiene la richiesta per una gestione pubblica dell’acqua è stata consegnata al presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz da una rappresentanza del “Comitato referendario 2 Sì per l’Acqua Bene Comune”. Obiettivo, opporsi alle manovre che tentano di reintrodurre la privatizzazione dei servizi pubblici locali.

 

 

Vite appese al permesso di soggiorno - I diritti negati ai figli di stranieri nati in Italia: un convegno per discuterne
 

Alda Krosi è nata a Tirana ed è arrivata in Italia a 9 anni; da 22 anni vive e studia a Trieste. Eppure fa parte di quell'esercito di invisibili che sono i giovani stranieri - più di un milione - che vivono nel nostro paese. In tanti sono nati qui, parlano perfettamente l'italiano, hanno sempre studiato nelle nostre scuole, ma una volta diventati maggiorenni devono fare i conti con il permesso di soggiorno: non sono cittadini italiani e non possono partecipare alla vita politica esprimendo il loro voto alle elezioni. Come Alda vivono in un limbo, schiavi del “permesso”. Per Alda la situazione è ancora più precaria: sempre a rischio di espulsione, con borse di studio perdute, ma anche momenti di vita familiare (un matrimonio, un funerale, la nascita di un parente) negati, perché quando il permesso di soggiorno sta per scadere Alda non può tornare in Albania. Per estendere anche agli stranieri i diritti che hanno i figli di italiani è nato il movimento “L'Italia sono anch'io” che ha lanciato due proposte di legge popolare - la raccolta di firme ha già raggiunto le 40 mila adesioni su 50 mila richieste – per consentire di ottenere la cittadinanza italiana alle cosiddette seconde generazioni ed estendere il diritto di voto alle elezioni amministrative e regionali a chi vive nel nostro paese da più di 5 anni. Del futuro delle seconde generazioni si è discusso nell'incontro organizzato dal movimento triestino de “L'Italia sono anch'io” che in città ha raccolto finora più di 700 firme per le due proposte di legge. Si è parlato dei diritti civili degli stranieri, di integrazione, del significato legato all'identità. Pochi in verità sono stati i giovani figli di migranti presenti all’incontro. Altreiniziative sono però in programma fino a febbraio, quando saranno consegnate le firme raccolte. «Siamo un serbatoio di risorse inascoltato», racconta Alda Krosi: «I nostri diritti non sono riconosciuti e la rabbia cresce forse perché nei giovani delle seconde generazioni c'è una certa disillusione e impotenza perché finora non si è riusciti a cambiare le leggi, ed essere cittadini attivi è difficile». I giovani nati in Italia da genitori stranieri poi, spiega Ornella Urpis, docente di Sociologia all'Università di Trieste, vivono uno spaesamento: «Quando sentono parlare i genitori del loro paese d'origine non si riconoscono e pur sentendosi stranieri in Italia non hanno una terra di riferimento».

(i.gh.)
 

 

 

 

TRIESTE ALL NEWS - MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Mobilità sostenibile: 22° posto per Trieste - Pregi e difetti della città messi in evidenza da un'indagine di Euromobility
 

L'indagine "La mobilità sostenibile in Italia: indagine sulle principali 50 città" condotta da Euromobility ha stilato una classifica che vede Trieste piazzarsi al 22° posto, 10 posizioni sotto Udine.
L'indagine ha preso in esame molti aspetti della mobilità dei cittadini dei capoluoghi di regione e le provincie autonome, quindi con considerazioni di carattere territoriale, e mentale, da considerare.
Infatti in una città come Trieste, caratterizzata da molte salite e grandi distanze da percorrere, poche zone a traffico limitato e piccole aree pedonali e ciclabili, è impossibile pensare ad un "bike sharing" sviluppato come a Milano, Torino o Roma oppure una densità di biciclette per popolazione tra le più alte come quella di Udine.
Inoltre la mancanza di "sharing" viene sopperito degnamente dal trasporto urbano, che secondo i dati di Legambiente è il 4°, tra i comuni esaminati dall'indagine, sia per quanto riguarda l'offerta che per l'uso che ne fanno i triestini.
Una delle conseguenze della crisi globale, ma anche del buon servizio ti trasporto pubblico e della disposizione centralizzata della maggior parte degli uffici, ha fatto scendere l'indice di motorizzazione, anche se la densità di veicoli è comunque alta, soprattutto per quanto riguarda i motocicli (circa 19 ogni 100 abitanti).
Un dato negativo legato ai mezzi privati è quello della scarsa presenza di veicoli poco inquinanti a metano o gpl: infatti le due città della nostra regione presenti nell'elenco sono in coda a questa statistica, piazzate Udine al penultimo e Trieste all'ultimo posto. Forse il motivo è legato alla presenza di sconti sui carburanti che quindi pesano un pò meno, rispetto ad altra città italiane, sulle tasche delel famiglie.
Per quanto riguarda le emissioni di sostanze nocive nell'aria: per il PM10 Trieste è tra le città più valorose, mentre per NO2 la soglia registrata è stata un pò troppo spesso superiore al vsalore massimo, anche se in calo rispetto agli anni scorsi.
Trieste eccelle nell'indice di incidentalità in quanto, ma la forte densità di motocicli purtroppo incide sull'indice di mortalità negli incidenti stradali.
Si moltiplicano le iniziative legate alla mobilità sostenibile e il capoluogo giuliano partecipa a tre 3 su 5: Bimbibici, Bicincittà e Vivicittà sono le "feste" a cui i triestini partecipano già e la speranza è quella di poter aderire anche alla Giornata nazionale della bicicletta e alla European mobily week.
Emanuele Esposito
 

 

GREEN STYLE.it -  MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Caraffe filtranti: pericolose per cardiopatici e ipertesi

 

Dovrebbero migliorare la qualità dell’acqua che beviamo, e invece sembra che le caraffe filtranti non siano affatto salutari. A gettare pesanti ombre sull’effettiva utilità delle brocche “purificanti” è una nuova perizia richiesta dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello nell’ambito di una inchiesta sulla presunta pericolosità delle caraffe.
Secondo le analisi effettuate su 10 modelli di caraffe filtranti presenti sul mercato italiano, il filtraggio determina la sostituzione di calcio e magnesio, elementi utili alla salute dell’organismo, con sodio e potassio, che invece possono rivelarsi pericolosi per soggetti cardiopatici, diabetici e ipertesi.
Secondo i periti, inoltre, una delle ragioni che spinge gli utenti ad acquistare una caraffa filtrante, ovvero la possibilità di ridurre il calcare presente nell’acqua, si fonda su un equivoco causato dalla scarsa informazione da parte dei produttori. Non sempre, infatti, questa operazione è utile, ma solo su uno dei modelli analizzati è indicato che non va filtrata l’acqua con una durezza inferiore ai 19 gradi francesi. In sette caraffe su dieci, inoltre, sono state trovati ioni di ammonio, assenti nell’acqua di rubinetto pre-filtraggio.
Dalle indagini emergono ombre inquietanti anche per quanto riguarda gli aspetti microbiologici: tutte le case produttrici dichiarano che i filtri delle caraffe rilasciano ioni di argento per contrastare la proliferazione di batteri, ma in tre casi su dieci questi ioni sono risultati assenti. In altrettanti campioni, inoltre, nell’acqua filtrata è stata individuata una carica batterica alta, nonostante non fossero ancora scaduti i previsti tempi di funzionamento del filtro, generalmente indicati in circa 30 giorni.
La perizia, infine, sottolinea l’insufficienza delle informazioni fornite al consumatore: solo la metà dei produttori ammette esplicitamente l’esistenza di un pericolo sanitario, mentre altri ne fanno cenno in un modo che i periti hanno giudicato troppo vago. I risultati delle analisi sono stati trasmessi al ministero della Salute. A questo punto si attendono nuovi sviluppi nell’inchiesta nata da una denuncia di Mineracqua, che ha già fatto finire nel registro degli indagati (per diffusione di sostanze alimentari nocive e frode in commercio) i responsabili delle aziende esaminate in una precedente perizia.
Silvana Santo - Fonte: La Repubblica
 

 

NoTAV: nonostante l’accordo, la Torino-Lione non si farà
 

La notizia farà contenti i pro TAV: è stato firmato l’accordo per franco-italiano per la Torino-Lione. La conferenza InterGovernativa (CIG) riunita a Roma ha trovato pochi giorni fa l’accordo. e il progetto, più francese che italiano in verità, potrà prendere il largo.
Durissima la replica dei NoTAV, che da uno dei loro siti Internet più attivi, commentano al vetriolo:
Si chiude così la cig Italia Francia, trovato l’accordo. Cig non è una parolaccia né un gioco di ruolo a cui i due paesi hanno partecipato ma la conferenza intergovernativa, titolo altisonante per una cassa vuota con la capacità, nonostante il vuoto di ratificare accordi internazionali che in molti casi come quello della tav Torino Lione diventano un imbuto dove colare risorse pubbliche verso i privati.
Il sito si produce anche in un’analisi dettagliata dell’accordo, suggerendo qua e là delle ipotesi sul perché i vari partiti politici stiano così spalleggiando un’opera definita “inutile”:
Per la precisione i privati non sono i privati cittadini che contribuiscono alla ricchezza pubblica ma sono i privati veri come le banche e le imprese di costruzioni che accumulano e parassitano denaro. Così con titoli e titoloni viene presentata l’ennesima carta timbrata e firmata con il titolo Torino Lione. Il succo dell’intesa è da dividere in due parti, il primo riguardante il cunicolo esplorativo della Maddalena di Chiomonte e il suo appalto, il secondo relativo al mega tunnel di base di 57 km. Il primo punto si chiude con facilità, l’appalto per i lavori di Chiomonte è riassegnato alla CMC di Ravenna, cooperativa “rossa”.
Insomma, la TAV non sarebbe altro che un grosso favore fatto a banche, imprese e cooperative “rosse”. Un’accusa per niente velata e durissima.
Ma la notizia dell’accordo è una sconfitta per il movimento NoTAV? Sì, se pensiamo a quanti soldi pubblici saranno comunque riversate in queste casse “private”. Ma, avvertono i valsusini, non è la prima volta che patti del genere vengono siglati e montagne di denaro vengono trasferiti. Questo non vuol dire che i cantieri si aprano davvero, seguendo l’esempio “virtuoso” del Ponte sullo Stretto e della SPA a cui è stato affidato l’appalto:
La cosa curiosa che spinge questa storia al ridicolo è che da metà degli anni ’90 a oggi sarebbero già tre le società direzionali create ad arte per la costruzione della nuova linea ferroviaria Torino Lione, prima la Alpetunnel, poi la LTF e ora un’ancora anonima e terza società, ovviamente piena di uffici e dirigenti profumatamente pagati per continuare a disegnare sulle carte un progetto che nessuno vuole e nessuno potrà pagare. Sembra la storia della società creata per costruire il ponte sullo stretto di Messina, venti e più prime pietre posate, decine di uffici e persone che grazie a questo impiego hanno raggiunto perfino il traguardo della pensione.
Non ci resta che concludere, ancora una volta, esprimendo la nostra perplessità rispetto a una decisione politica che investe miliardi di euro in un’opera dai tempi lunghissimi e l’utilità pratica piuttosto vaga. In tempi in cui ci viene chiesta gran voce austerity, sarebbe il caso di razionalizzare anche le Grandi Opere. Altrimenti, saremo costretti a convenire con i NoTav e pensare che, in fondo, dietro l’Alta Velocità ci siano più che altro interessi di bottega di partiti e poteri forti.
Guido Grassadonio - Fonti: Repubblica.it - NoTav.eu

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 dicembre 2011

 

 

Tav, intesa Italia-Francia per la Torino-Lione - INFRASTRUTTURE

 

TORINO Importante passo in avanti per la realizzazione della Tav Torino-Lione. Nel corso della Commissione intergovernativa italo-francese, avviata dal ministro Corrado Passera, è stato raggiunto il nuovo accordo che definisce le condizioni di realizzazione e di esercizio della linea ad alta velocità, il cui valore complessivo è di 8,2 miliardi. Questa intesa operativa, si legge in una nota, insieme alle altre tappe già raggiunte (avvio del cantiere della Maddalena e approvazione della revisione del progetto preliminare dell’opera principale in Italia) consente al nostro Paese di rispondere positivamente alle richieste della Commissione europea e di rispettare il crono programma concordato con Bruxelles. L’accordo, frutto di una impegnativa negoziazione durata tre anni, affida la direzione strategica e operativa del progetto a una società italo-francese (definita «Promotore pubblico»), il cui consiglio d’amministrazione avrà una composizione paritaria tra i due Stati. La sede della direzione operativa sarà a Torino e il nostro Paese potrà scegliere l’amministratore delegato e il direttore finanziario e amministrativo. La sede legale sarà invece in Francia, a Chambery, e la Francia nominerà il Presidente della Commissione dei Contratti e il Presidente del servizio di controllo. Nel consiglio di amministrazione e nella Commissione intergovernativa sarà presente un rappresentante della Commissione europea. «L’aver stabilito a Torino la sede della direzione operativa - afferma il commissario straordinario per la Torino Lione Virano rappresenta un segnale importante per un territorio che sarà sempre più valorizzato da quest’opera dalla valenza internazionale».
 

 

Ferrovie, Moretti a Trieste il 2 febbraio - Riunione incentrata sui collegamenti per la portualità: data fissata durante un incontro con il sindaco
 

Mauro Moretti, amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, sarà a Trieste il 2 febbraio per partecipare a un incontro di lavoro con Comune, Autorità portuale e operatori interessati. Tema principale della riunione sarà l’esame di «tutto quanto si può fare per il potenziamento e il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi di logistica utili a sostenere il Porto per l’auspicabile crescita di traffici». A dirlo è Roberto Cosolini, ieri a Roma per un colloquio con Moretti nel quale appunto è stata anche fissata la data del tavolo di lavoro. Un tavolo che, annota il sindaco, per quanto riguarda lo scalo si incentrerà in primo luogo sul potenziamento dello snodo ferroviario Porto nuovo-Campo Marzio. L’incontro Moretti-Cosolini aggiunge un nuovo tassello nell’ambito della ripresa dei contatti con Fs avvenuta già qualche mese fa da parte dell’Autorità portuale - e con il coinvolgimento del sindaco - in relazione ai collegamenti ferroviari il cui sviluppo è fondamentale per il futuro dello scalo. «Ho trovato una persona molto concreta e, come si sa, diretta», racconta Cosolini confermando - come già a suo tempo fatto dal presidente dell’Authority Marina Monassi - come Moretti sia «interessato a Trieste, giacché ritiene che il Porto abbia delle potenzialità soprattutto in relazione all’espansione di alcuni mercati del Nord e dell’Est europeo, dalla Cechia alla Slovacchia e alla Polonia». Un interesse che il Gruppo Ferrovie appare intenzionato a perseguire di qui in avanti, giacché Moretti - nelle parole di Cosolini - ha anche detto di avere avuto in passato «contatti relativi a Trieste che non avevano però dato luogo a sbocchi concreti». Ora si riparte, dunque. Al di là dei servizi legati al Porto, resta sul tappeto - sebbene ieri toccato in modo marginale - il nodo del traffico passeggeri, alla luce delle recentissime soppressioni di alcuni treni. Anche qui, Cosolini ha trovato un Moretti più che esplicito: «Ha detto che si va dove c’è mercato e dove c’è l’interesse di istituzioni che lo sostengono. Io - aggiunge il sindaco - ho prospettato a Moretti un possibile lavoro sulla razionalizzazione migliorativa dell’offerta esistente. Mi ha detto di attendere le proposte che vorremo presentargli, e che esaminerà». Un cenno, infine, è stato fatto anche sulla situazione del Museo ferroviario, destinato secondo la recente denuncia del Dopolavoro ferroviario che lo gestisce a restare chiuso a partire da gennaio, visto lo stratosferico aumento della locazione prospettato dalla società che gestisce gli immobili del Gruppo Fs. «Ho chiesto a Moretti di pazientare per qualche mese oltre gennaio, in modo da capire nel frattempo se il Museo abbia delle potenzialità, degli spazi su cui insistere. Magari - chiude Cosolini - durante la giornata del 2 febbraio riusciremo a dedicare del tempo anche a questa questione».

(p.b.)

 

 

Rigassificatore «Sì all’impianto - Occasione da non perdere» -  PROGETTI
 

«La manovra Monti? Non giusta (porterà la fiscalità al 45%, prende soldi là dove si può fare cassa subito per via diretta), ma necessaria». Conseguenza della cattiva politica di «un governo inadeguato, visto che un’Italia con la tassazione fra le più alte in Europa è riuscita a produrre, in Europa, il debito più alto». Sì, due parole sul contesto andavano dette in Confindustria, non è Trieste la “caput mundi” che soffre della crisi. Così Razeto lo ha fatto, molto criticamente, citando anche una «crisi sociale con sempre più poveri e “indignados” dappertutto», e Cividin pure: «Crisi epocale della quale comunque non siamo responsabili». Ma i giudizi poggiano ben sui fatti. A capo della Wärtsilä, Sergio Razeto avverte: «Una volta avevamo ordini a tre anni, adesso con difficoltà ne troviamo a 6 mesi, e comunque non più sui grandi motori (vedi anche la crisi Fincantieri) ma soprattutto nel settore dell’energia, solo in Corea per la costruzione di gasiere abbiamo ancora ordinativi per un triennio». Energia, parola chiave. Seppure siano stati citati possibili e auspicabili sviluppi del porto, del settore caffé, e dei capitoli “leggeri” dell’economia (ma con un plauso per l’accordo con le ferrovie austriache del Molo VII: scatto inedito d’imprenditorialità aperta), Razeto non ha potuto evitare il tema più ispido, il rigassificatore. Il presidente di Confindustria rimane convinto che «è occasione da non perdere» (fatta salva la sicurezza) a un impianto energetico «in un settore destinato a rappresentare il futuro dell’economia mondiale, che porterebbe vantaggi alla città: 400-500 milioni d’investimento, bollette più leggere, indotto, ruolo nell’economia nazionale». E qui il fresco «patto» col sindaco vedremo come si svilupperà, perché le due visioni divergono del tutto.

(g. z.)
 

 

«Differenziata serve buonsenso» - L’ASSESSORE
 

«Il mio è stato un invito al buon senso» verso «chi deve effettuare sanzioni: nessuno slittamento» per le multe dopo il primo gennaio per chi non farà la differenziata. Lo sostiene in una nota l’assessore all’ambiente Umberto Laureni. Visto il «ritardo nella campagna informativa sulla differenziata ho semplicemente consigliato un comportamento comprensivo anziché repressivo nel comminare le multe. Si tratterà di pochi giorni in gennaio, poi partirà il piano di sensibilizzazione» dei cittadini. «Spiace - chiude Laureni - che le mie dichiarazioni siano state strumentalizzate dai consiglieri di opposizione».
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 dicembre 2011

 

 

«Ferriera, sull’aria servono sanzioni non basta la diffida»
 

Provincia e Comune chiederanno inasprimenti alla Regione Intanto la Lucchini continua la lunga serie di ricorsi al Tar
Non basta diffidare la Lucchini sul rispetto delle regole ambientali. L’azienda ribatte con ricorsi al Tar. Il “ping pong” di imposizioni e ricorsi è ormai molto lungo, senza ancora alcun esito di sentenza. È indispensabile invece che ogni prescrizione sia abbinata a una «automatica penalizzazione». È la nuova linea della Provincia, che assieme al Comune presenterà questa clausola nel processo di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) in corso in Regione. La revisione era stata chiesta dal Comune già nel 2008 (e la Lucchini aveva fatto ricorso al Tar). «La mancata ottemperanza al piano ambientale deve essere sanzionata, con immediate conseguenze - afferma l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -, perché la nostra attività di controllo è continua, estenuante, ma quando viene provata una trasgressione alla legge, il massimo che si può fare è una diffida, che non incide veramente. Spero che quando si riunirà la conferenza dei servizi per la revisione dell’Aia questa posizione migliorativa sia condivisa anche da Arpa e Azienda sanitaria». Mentre l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, ha appena preannunciato alla Lucchini una ordinanza sindacale sul contenimento delle emissioni, che ordina entro gennaio 2012 un «piano tecnico-organizzativo per l’eliminazione o sostanziale riduzione delle anomalie che le producono», la battaglia legale si allunga di un altro capitolo. La Provincia si costituisce adesso in giudizio nell’ennesima causa al Tar presentata da Lucchini per contestare una nota regionale, e una nota provinciale, sugli sforamenti nell’emissione di sostanze dannose dai camini. Una diffida, un ricorso. Un botta e risposta che dura dal 2008, subito dopo il conseguimento dell’Aia (il 28 dicembre 2007, una durata di 6 anni anziché di normali 3) con relativi obblighi di messa a norma. La battaglia legale inizia subito, il Comune di Trieste è contrario all’autorizzazione, e contro l’Aia fa subito ricorso al Tar. Causa tuttora pendente. Nel febbraio 2008, sempre su sollecitazione del Comune, la Regione avvia un processo di riesame dell’Aia. La Lucchini ricorre al Tar. Nel maggio 2008 il direttore del servizio Tutela da inquinamento della Regione invia una prima diffida a Lucchini affinché realizzi i dovuti interventi di miglioria. E Lucchini impugna il provvedimento al Tar. L’Arpa sottopone la Ferriera a un esame totale, per controllare ogni aspetto dell’impatto ambientale dello stabilimento, e il risultato (giugno 2010) è che l’azienda riceve un’altra diffida dalla Regione. Che cosa fa Lucchini? Ricorso al Tar. Nel luglio l’Arpa ripete il sopralluogo, e la Regione spedisce ulteriore diffida. Lucchini, colpo su colpo, fa ricorso al Tar. Arriviamo al 2011. In aprile l’Arpa comunica questa volta non solo alla Regione, ma anche all’Azienda sanitaria, alla Provincia e alla Procura che il 1.o febbraio e il 4, 5, 6 aprile si sono verificati superamenti nelle emissioni rispetto a quelli previsti dall’Aia. Ennesima diffida dalla Regione. E la Lucchini? Ennesimo ricorso al Tar. Siamo a giugno, e la Regione torna a chiedere spiegazioni su nuovi sforamenti in contrasto con l’Aia, segnalati dalla Provincia, i due enti emettono una nota che chiede il rispetto delle norme ambientali. Risposta: Tar. A questo punto la Provincia si costituisce in giudizio «a tutela e difesa» delle proprie ragioni.
Gabriella Ziani

 

Polveri sottili: troppi sforamenti Il caso in Regione
 

Troppi sforamenti di polveri sottili (Pm10) nell’area di Servola. L’associazione No Smog ha presentato ricorso in Procura e oggi il caso approda in consiglio regionale con un ordine del giorno di cui il consigliere Pd Sergio Lupieri chiede il voto in sede di legge finanziaria. «Il 15 dicembre - dice il testo - l’Arpa ha rilevato ulteriori sforamenti, la situazione in un anno è peggiorata, a Servola la qualità dell’aria è gravata dalle emissioni di Ferriera, Italcementi e Sertubi, le centraline Arpa dimostrano che nelle vie Carpineto, Svevo e San Lorenzo in Selva è stato superato o raggiunto il numero massimo annuale di sforamenti». L’ordine del giorno chiede «che si prendano provvedimenti nei confronti delle principali sorgenti emissive a tutela della salubrità dell’ambiente, in ottemperanza alle norme europee».
 

 

Zaia si sbilancia sulla Tav “alta” - Il governatore del Veneto frena sul tracciato costiero: «Studiamo le alternative»
 

KLAGENFURT «Il tracciato costiero per la Tav in Veneto? Stiamo valutando progetti alternativi». Luca Zaia conferma che l’ipotesi dei treni ad Alta velocità direzione spiagge non convince troppo la comunità veneta. In primis i diretti interessati: la resistenza della Provincia di Venezia e dei Comuni attraversati è nota. Di qui, spiega il governatore del Veneto, la necessità di aprire altre strade, di studiare qualcosa di diverso, magari di ripescare progetti accantonati. Ed ecco che Zaia si sbottona, e rende pure nota una sua preferenza per la variante “alta”: «Il commissario Bortolo Mainardi, che sta facendo un buon lavoro, sta accarezzando l’idea, che io condivido, di valutare progetti alternativi, tra i quali credo sia opportuno pensare di considerare l’impatto rispetto a una complanare all’attuale linea ferroviaria, quindi a un raddoppio dell’esistente». Non basta. Sempre a proposito di Tav, Zaia guarda all’aeroporto Marco Polo di Venezia: «Mi piacerebbe che diventasse stazione dell’Alta velocità del Corridoio 5». Sempre a margine dell’incontro di Klagenfurt, il governatore veneto non smette di pensare in grande: «Dal Baltico si può arrivare fino al canale di Suez». Ma non dimentica le problematiche dell’oggi, la crisi e il conseguente inasprimento della manovra governativa. La Lega, si sa, contesta. E Zaia non si tira indietro: la proposta lanciata dal sindaco di Vittorio Veneto Gianantonio Da Re di un’obiezione anti-Imu è «interessante» perché va «nella direzione della difesa dei cittadini». Poi, più in generale: «Oggi il presidente del Consiglio italiano, che non ha poteri, si deve confrontare con un presidente francese e un cancelliere tedesco che sono dei titani al suo confronto».

(m.b.)
 

I treni a lunga percorrenza cancellano le fermate di Cervignano e Latisana
 

Si fa più isolata la stazione ferroviaria di Cervignano (nella foto la biglietteria). Sono sempre meno i treni a lunga percorrenza che servono la Bassa friulana e la stazione di Cervignano finisce nel dimenticatoio delle ferrovie insieme alla fermata di Latisana e San Donà. Protestano i viaggiatori diretti a Milano, Roma e Torino che non possono più servirsi delle stazioni intermedie dove, con l’andar del tempo, sono diminuite le fermate dei treni a lunga percorrenza. Con il risultato che, per prendere un treno di questo tipo da Cervignano e Latisana, bisogna più spesso recarsi con propri mezzi a Portogruaro o Monfalcone, oppure accontentarsi di un convoglio per Mestre, da dove ripartire per tutte le altre destinazioni. A dare il colpo di grazia ai collegamenti a lunga percorrenza che in passato partivano da Cervignano, sono state le cancellazioni del Budapest e del Lecce. Ma a ben vedere molti collegamenti per Milano, Roma e Torino già da qualche anno non fermano più a Cervignano, Latisana e San Donà.

(el.pl.)
 

 

Firmata l’intesa con il ministero per l’avvio del bike sharing - MOBILITÀ
 

Dopo l’annuncio, i primi passi concreti. Il Comune realizzerà il progetto di bike sharing, denominato “Triestinbike”, grazie al cofinanziamento del ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare che ammonta a 353.146,27 euro, su un costo complessivo di 504 mila euro. L’intesa che a reso poi possibile l’erogazione dei fondi è stata siglata pochi giorni fa tra il sindaco Roberto Cosolini e Antonio Strambaci Scarcia, rappresentante del ministero dell’Ambiente - Direzione per lo Sviluppo sostenibile. In virtù di quel protocollo, appunto, l’amministrazione municipale potrà dare avvio esecutivo al progetto di bike sharing, sulla base di un accordo di programma già a suo tempo sottoscritto con Roma. L’iniziativa prevede l’installazione di apposite “stazioni” in diversi punti della città dove collocare le biciclette. I mezzi a due ruote, che verranno quindi bloccati a particolari rastrelliere, saranno utilizzabili quando il successivo utente le avrà sbloccate con una chiave o con una tessera “ad hoc”. Il servizio, naturalmente, richiede una preventiva registrazione per la consegna delle chiavi o della tessera, quindi anche una centrale telematica principale. Al termine dell'utilizzo la bicicletta potrà venir lasciata in un'altra stazione. «L’intervento – ha rilevato Cosolini - rientra nell’ampio progetto comunitario “Pisus”per la valorizzazione della città sotto il profilo infrastrutturale e turistico, commerciale ed economico. Anche il bike sharing - ha concluso Cosolini - va inserito tra le iniziative in linea con gli impegni assunti dalla nuova amministrazione comunale per una più funzionale mobilità urbana e migliore qualità della vita nell’ambito cittadino».
 

 

DIFFERENZIATA - Rovis (Pdl): «Dalla giunta prese in giro sui rifiuti»
 

«Delle due, l’una: o il Comune sta mentendo e per qualche ignoto motivo non ha voluto informare i cittadini sulla raccolta differenziata, oppure merita il premio all’Incapacità 2011 per non essere riuscito, da giugno a oggi, a eseguire una banale spedizione di materiale già pronto». Il consigliere comunale del Pdl Paolo Rovis commenta così il ritardo, ammesso dall’assessore all’Ambiente Umberto Laureni, nell’avvio della campagna di comunicazione che, sotto forma di lettere e pieghevoli, avrebbe dovuto illustrare alle famiglie triestine le corrette modalità di differenziazione dei rifiuti. «Un ritardo - continua Rovis - che mi ha lasciato allibito, come del resto anche altre affermazioni pronunciate da Laureni. La scelta di far slittare le sanzioni, che in base a quanto deciso dal Consiglio comunale devono necessariamente scattare il 1 gennaio, e invitare i pubblici ufficiali a non applicare le multe, configura infatti due reati penali: il primo è l’abuso d’ufficio, visto che nessun amministratore può invitare a chiudere un occhio chi è chiamato a vigilare sui regolamenti. Il secondo è l’omissione di atti di ufficio a carico dei controllore che, accogliendo i suggerimenti della giunta, non eseguissero il proprio dovere». Da Rovis, infine, arriva un ultimo affondo: «Ai cittadini dico: vi stanno prendendo in giro. A differenza di quanto racconta il Comune, dal 1 gennaio si applicano le sanzioni previste dal Regolamento. Ma il periodo sperimentale, senza alcuna multa, avrebbe potuto essere prorogato. Sarebbe bastata una semplice delibera ma la giunta di centronistra - conclude l’esponente del Pdl - in sei mesi di tempo». Critiche al Comune sulla gestione della differenziata arrivano anche dal capogruppo del Carroccio Maurizio Ferrara. «Già in novembre - spiega il consigliere - la Lega aveva presentato in aula ordine del giorno ed emendamenti per chiedere di posticipare le sanzioni della differenziata a causa della carente informazione ai cittadini. Oggi l'assessore Laureni se ne prende il merito, dimenticandosi di non aver accolto la proposta della Lega e comportandosi quindi nella stessa maniera del collega della precedente giunta Dipiazza. Complimenti per la coerenza».
 

 

«Eternit nelle case vendute dall’Ater» - La denuncia di alcuni cittadini interessati all’acquisto. Ceria: «Nessun rischio»
 

«Nelle case che l’Ater ha messo in vendita a Opicina ci sono pannelli in amianto». La denuncia arriva da alcuni cittadini che, attratti dai prezzi convenienti ai quali sono stati messi in vendita gli appartamenti ai numeri civici dal 2 al 10 di via San Mauro, visitando le abitazioni hanno notato che le pareti esterne esposte a nord sono ricoperte da pannelli di eternit. Ma l’Ater replica rassicurando sia chi in quelle case ci abita e sia chi intende farsi avanti per acquistarle. «Si tratta di una copertura in lastre di cemento amianto – specifica Giorgio Ceria, direttore dell’Ater Trieste – che non procura alcun rischio. Anzi, visto il perfetto stato in cui si trovano i pannelli, rimuoverli sarebbe molto più dannoso». Oggi produrre oggetti o materiali contenenti amianto è vietato. Ciò non deve farci dimenticare che l’amianto è stato utilizzato per molto tempo e per scopi diversi. Guardando fuori dalle finestre delle nostre abitazioni non è difficile scorgere pareti rivestite da pannelli di cemento amianto come quelle segnalate a Opicina. E anche i tetti di parecchie abitazioni di Trieste conservano dell’eternit. Il complesso di case di edilizia popolare di via San Mauro è stato costruito nel 1951. Oggi almeno la metà di quegli alloggi è abitato, gli altri l’Ater ha deciso di metterli in vendita. Si tratta di alloggi di dimensioni ridotte, dai 30 ai 50 metri quadrati acquistabili a prezzi decisamente ridotti. Si parte da 18 mila e 500 euro per un appartamento di 30 metri quadrati considerando però che le condizioni degli immobili non sono delle migliori. Le 5 palazzine del complesso di via San Mauro sono ricoperte di eternit sulle pareti esterne rivolte a nord. «È rischioso, andrebbero bonificate prima di essere messe in vendita da parte di un agenzia di edilizia popolare come l’Ater», sostengono i possibili acquirenti. «Su richiesta dell’Azienda Sanitaria, considerando che quella è una zona umida e le pareti potrebbero avere più problemi che altrove, – specifica Fulvio Capovilla, dirigente della Manutenzione di Ater Trieste – alcuni anni fa abbiamo eseguito un intervento di “incapsulazione” che evita il rischio che quella materia cementizia si degradi e si sgretoli. Solo a quel punto risulterebbe dannosa». Il sistema di “incapsulamento” consiste nel trattamento del materiale contenente amianto con prodotti impregnanti, che penetrano nel materiale legando le fibre di amianto tra loro e con la matrice cementizia, e prodotti ricoprenti che formano una spessa membrana sulla superficie del manufatto. Nel caso di via San Mauro, sui pannelli è stata applicata una vernice vinilica color grigio visibile anche ad occhio nudo. «La vendita di immobili con queste caratteristiche non è affatto vietata – sottolinea Rocco Lo Bianco, presidente dell’Ater di Trieste – non vanno creati falsi allarmismi». «Non ci sono veti in ambito di edilizia popolare – conclude il direttore Giorgio Ceria – come non ce ne sono per la vendita di abitazioni di maggior pregio e non gestite dall’Ater».

Laura Tonero
 

 

Il Globojner resta chiuso ma Cosolini è possibilista
 

Il sindaco: ogni soggetto potrà esprimere pareri e avanzare proposte sul prg Il Consorzio: tempi troppo lunghi, mucche e pecore finiranno in Veneto
PADRICIANO Non ci sono al momento margini per sbloccare la chiusura del parco Globojner di Padriciano. L’area è chiusa da qualche giorno su decisione del Consorzio boschivo di Padriciano. «Non abbiamo più nessuna possibilità di finanziare le spese di gestione» era stato dichiarato durante la conferenza stampa di sabato. Il prossimo passo, inevitabilmente, porterà ad un ricorso legale. L’amministrazione comunale conferma, infatti, di aver posto l’area sotto vincolo ambientale. Sul futuro per ora nessuna certezza. «La destinazione d’uso dell’area sarà decisa dal piano regolatore – afferma il sindaco Roberto Cosolini interpellato a riguardo – io non posso azzardare nessuna risposta a riguardo, commetterei un reato. Posso dire solo che il piano è alle sue fasi iniziali. Le salvaguardie che, per ora, sono state poste limitano l’edificabilità in alcune zone per restare coerenti con le linee guida, ma garantiamo che sarà un piano regolatore partecipato dove ogni soggetto avrà modi e tempi per esprimere pareri o avanzare proposte». Parole che non soddisfano il Consorzio che vede, in questo modo, sfumare un’altra occasione. «Le direttive che vietano di costruire nelle zone turistiche – spiega Carlo Grgic, presidente del Consorzio – restano in vigore finché non si approva il piano regolatore e questo, purtroppo, per noi vuol dire stare fermi almeno un’altra decina di anni». Il parco del Globojner già da due anni è bloccato, se anche il piano regolatore dovesse essere approvato tra un anno, si perderebbero ulteriori mesi per le segnalazioni dei cittadini, le votazioni in consiglio e, una volta ottenuto eventualmente il via per progetto, per i piani particolareggiati. «Non possiamo permetterci ancora tutto questo tempo» dice Grgic, che dovrà decidere ora se ricorrere al Tar (pagando quindi dei legali per avviare la pratica) oppure al Presidente della Repubblica (in questo caso l’atto è gratuito). Ma a cosa servono gli autofinanziamenti al Consorzio? «Abbiamo otto dipendenti (che ora perderanno il posto) che si occupano del verde, controllano le reti, danno da mangiare a 82 animali (che saranno venduti in Veneto) proteggono i cuccioli dai cinghiali, insomma, gestiscono l’intero parco – spiega Grgic – e in più siamo gli unici in regione a vendere carne biologica, che ci costa molto sia per i mangimi che per i controlli specifici”. L’area turistica vicina al parco era già stata riconosciuta al Consorzio, da una sentenza del Consiglio di Stato nel dicembre 1999. I diecimila metri di edificabilità, che successivamente il piano regolatore di Dipiazza aveva ridimensionato a circa seimila, erano stati la contropartita per la nascita del Sincrotrone e l’Area di ricerca. Nella Valutazione d’impatto ambientale redatta all’epoca dall’università di Trieste, veniva indicata l’area del parco Globojner come zona d’interesse e inserimento della popolazione locale. «Quando si va a portare un impatto notevole su una piccola popolazione – spiega Grgic – come sarebbe successo per Padriciano con la costruzione dei poli scientifici, si deve pensare ad elementi di sviluppo anche per la popolazione, e il parco, era stato indicato come nostra contropartita. Togliendoci questo, si può affermare che niente di ciò che c’era stato promesso è stato mantenuto. Gli interessi sono stati, quindi, esclusivamente degli altri, ma non sicuramente della popolazione della zona».
Cristina Polselli

 

 

LUPI DI CONFINE

 

I soci del Wwf e gli amici dell’associazione sono invitati oggi alle 18 nella sede in via Rittmeyer 6, a un nuovo incontro delle conversazioni a casa del Panda, sul tema “Lupi di confine”, tenuto da Letizia Kozlan. Introdurrà il dott. Nicola Bressi, naturalista e zoologo del comitato scientifico del Wwf Trieste, conservatore direttivo dei civici musei scientifici.

 

 

 

 

GREEN STYLE.it -  LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

Diossina nel latte materno: tutta colpa degli inceneritori
 

Quello sugli inceneritori è un dibattito antico nel nostro Paese. Considerati necessari per lo smaltimento dei rifiuti, i termovalorizzatori sono spesso accusati dai movimenti ambientalisti di avvelenare l’aria e mettere a repentaglio la salute dell’ambiente e delle persone.
Ma le battaglie contro tali eco-mostri sono state per anni tacciate di essere meramente NIMBY, ovvero di essere irrazionalmente contrarie a qualcosa, soprattutto perché costruita sul proprio territorio. Vari studi, infatti, dimostrerebbero un livello di sicurezza degli impianti moderni più che accettabile.
In realtà, tali studi non sono i soli e si trovano facilmente dati discordanti. Come si saprà c’è un livello di diossina massimo che può essere presente nei prodotti venduti nel nostro Paese. Se, per dire, una partita di latte viene scoperta con tracce del tristemente celebre veleno superiori al consentito, la Legge dispone che debba venir ritirata dal mercato.
Disgraziatamente, uno studio recente voluto dal Movimento 5 Stelle ha scoperto nel ravennate tracce di diossina altissime in un latte difficilmente “sequestrabile”: quello di due mamme. Il tasso riscontrato nel latte umano è quasi 3,4 volte superiore a quello tollerato nel latte vaccino. Insomma, una situazione gravissima che il Movimento 5 Stelle ha riassunto così:
Le due località scelte [per effettuare i campioni] si trovano entrambe all’interno dell’area di ricaduta delle diossine prodotte dall’inceneritore di Hera. Inoltre risentono dell’influenza del polo chimico. Con queste analisi vogliamo mostrare che, anche se le emissioni di un impianto rispettano i limiti di legge, questo non significa che determinate sostanze ‘spariscano’: al contrario, si accumulano ed entrano nella catena alimentare.
La diossina è il più pericoloso tra i veleni, ed è per questo che diremo sempre no alla costruzione di nuovi impianti di combustione. Chiediamo inoltre la chiusura degli inceneritori a favore di una gestione dei rifiuti alternativa: non pretendiamo che il cambiamento avvenga in un giorno, ma dobbiamo iniziare a costruire un nuovo modello.
Certamente lo studio messo in campo è tutt’altro che scientifico – e non fanno fatica ad ammetterlo neanche i diretti interessati. Ma pensare che due donne prese a caso producano per i loro neonati latte materno a alto contenuto di diossina non può che essere un dato allarmante.
Quello degli inceneritori che non fanno male alla salute sembra ogni giorno di più un mito sfatato costantemente dai fatti. L’auspicio è che vengano fatti dalle istituzioni controlli davvero accurati sulla salute della popolazione. Resta il fatto che quello dei rifiuti è un affare talmente florido e in espansione che è davvero difficile affrontare la questione senza incontrare le strenue resistenze delle lobby e dei movimenti che potremmo definire NIMB (not in my business).

Guido Grassadonio

 

 

LIBRE - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

Tav, merci in calo e costi stellari: Vienna frena sul Brennero
 

Troppi costi: vale la pena indebitarsi all’infinito per una grande opera ferroviaria la cui utilità è ormai dubbia, visto il crollo del traffico merci? Maria Ferker, ministro delle finanze di Vienna, mette le mani avanti: il tunnel di base per la linea Tav del Brennero non può essere accettato a scatola chiusa, “senza se e senza ma”. La Ferker non esclude per ora la realizzazione del Bbt, l’alta velocità italo-austriaca, ma avverte che quel tunnel rappresenta un problema di indebitamento a lungo termine, che sicuramente «esploderà». La Corte dei Conti austriaca calcola per ora un esborso stellare da 24 miliardi di euro. Discussione aperta con un’altra donna del governo di Vienna, Doris Bures, ministro delle infrastrutture: il Tav rappresenta un impegno enorme per il futuro e Vienna non ammette che si dia il via libera a montagne di debiti fuori controllo.
Rifatti i conti, scrive Marco Di Blas nel suo blog su “Repubblica”, da un giorno all’altro il debito pubblico austriaco è cresciuto di 9,52 miliardi di euro, salendo a quota 205,21 miliardi. E’ accaduto da quando Eurostat ha preteso di prendere in considerazione anche alcune poste negative del settore pubblico, che non figuravano a bilancio: tra queste, parte del debito delle Öbb (le Ferrovie dello Stato) per 4,85 miliardi. Ora che l’Europa ha sollevato il tappeto e che i trucchi sono stati scoperti, aggiunge Di Blas, l’Austria si ritrova con un debito pubblico vicino a quello italiano, cioè pari al 72,3% del Pil (mentre prima era del 68,9), destinato ad aggravare anche il deficit di bilancio. Più che normale, a questo punto, che Vienna freni su una grande opera come quella ferroviaria del Brennero.
In trincea, naturalmente, i No-Tav di Bolzano, contrari alla realizzazione della nuova linea Verona-Brennero: la tratta italiana dell’asse Palermo-Bolzano era stata inizialmente prevista dal “corrodio 1” del Ten, il programma Trans European Network. Il “quadruplicamento” della linea di accesso alla galleria di base del Brennero sull’asse ferroviario Monaco-Verona, dicono gli ambientalisti, costituisce un complesso unitario di grandi opere: non si tratta di semplici lavori di potenziamento, come le autorità vorrebbero far credere, ma è un vero e proprio progetto Tav per convogli ad alta capacità di merci, anche se i promotori «hanno evitato di usare queste sigle che ormai per il senso comune significano interventi inutili, danni ambientali gravi, costi collettivi enormi e profitti di pochi».
Le esitazioni crescenti dell’Austria, scrive “Globalproject”, sono solo un effetto (peraltro tardivo) delle negatività radicali di un’opera che già da molto tempo dimostra «uno scostamento abissale tra obiettivi dichiarati e realtà». Situazione analoga a quella della valle di Susa: come la Torino-Lione, anche la Verona-Monaco nasce dal presupposto di una forte crescita del traffico. Ma i dati rivelano esattamente il contrario: oggi, spiega “Globalproject”, siamo di fronte a «un crollo oramai strutturale del traffico pesante: meno 23% tra il 2008 ed il 2010». Come la direttrice Italia-Francia, ormai disertata dal traffico merci, anche il Brennero potrebbe rivelarsi inutile: meglio sicuramente la direttrice Genova-Rotterdam, via Milano e Svizzera, e un eventuale asse che colleghi Trieste all’Europa centro-orientale. Tutte cose che ora l’Austria valuterà, dato che il Tav del Brennero non sarebbe una passeggiata per le dissestate finanze viennesi.
 

 

LA REPUBBLICA - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

Obiettivo 30%, il ribaltone di Clini
 

Quando un avversario sembra aver cambiato idea, bisogna essere felici (e approfittare) di quanto afferma oggi, o rimanere preoccupati per la disinvoltura con cui rinnega quanto detto appena ieri?
E’ la domanda che si impone a leggere le ultime dichiarazioni di Corrado Clini. Aumentare il taglio delle emissioni di CO2 dal 20 al 30% entro il 2020, ha spiegato il ministro dell’Ambiente, può essere “fattibile” ma solo se adeguatamente sostenuto da politiche Ue che operino in questa direzione. “Il trend di riduzione verso l’obiettivo stabilito – ha precisato – può essere fattibile, si può arrivare a una maggiore riduzione delle emissioni se queste sono sostenute da politiche europee”. L’Italia, ha detto ancora, si potrebbe quindi “ritrovare”, nell’ambito di un vero e proprio “trend europeo” in questa direzione, aiutato da misure come la direttiva sull’ecoefficienza (al momento in discussione all’Europarlamento) o nuove norme in materia di fiscalità energetica, come per esempio l’azzeramento degli incentivi all’utilizzo dei combustibili fossibili o incentivi all’utilizzo di fonti rinnovabili.
Inoltre Clini ha oggi ribadito il suo giudizio sulle conclusioni raggiunte dal vertice Onu di Durban. Pur definendole”molto modeste”, ha osservato che rappresentano una svolta per l’Unione Europea in quanto segnano l’avvio di un partenariato strategico anche a livello industriale con i paesi in via di sviluppo (Cina, Brasile, Messico, Sudafrica). Alla luce di questo nuovo assetto geopolitico, per Clini “l’Ue ha una prospettiva positiva per uscire dalla crisi economica se si aggancia alla locomotiva cinese o brasiliana”, per diventare “un hub per lo sviluppo delle tecnologie, per soluzioni innovative dal punto di vista energetico”.
Parole in larga parte da sottoscrivere, ma che sembrano distanti secoli da quelle che l’allora direttore generale del ministero dell’Ambiente pronunciava appena 14 mesi fa quando annunciava che l’Italia, in vista della conferenza Onu di Cancun sul clima, avrebbe chiesto di “non aprire una seconda fase” del Protocollo di Kyoto con l’elevazione dei tagli della CO2 dal 20% al 30% in quanto “non è un’opzione utile al negoziato”.
Come è noto a chi ha seguito le cronache da Durban, è unanime convincimento che a permettere il raggiungimento di un’intesa (qualunque sia il giudizio che se ne dà) sia stata la pervicacia dell’Europa nel lasciare aperta la possibilità di un futuro Kyoto 2, mettendo sul piatto la disponibilità a tagli più incisivi nelle proprie emissioni di anidiride carbonica.
Poco più di un anno fa le cose per Clini stavano però in maniera completamente diversa visto che a suo avviso l’Unione Europea “potrebbe prendere in considerazione l’obiettivo 30% solo riconoscendo il nucleare come energia pulita, e quindi accogliendo la posizione di Canada e Sudafrica”. “Ma l’Unione – aggiungeva – non ha finora avuto una politica comune sul nucleare, e non ha neanche una politica fiscale comune. È assurdo parlare di tagli alle emissioni inquinanti quando la Germania premia chi produce con carbone”.
“Per l’Italia – concludeva quindi il futuro ministro – sarà difficile aprire la discussione su questi temi, davanti a una platea di politici che vogliono fare i difensori astratti dell’ambiente”.
Poco prima Clini nella prefazione al volume “Come cambia il cambiamento climatico” rinforzava e argomentava questa sua avversità (che si potrebbe persino definire ideologica) con la denuncia di quella che chiamava “l’ambiguità (…) del meccanismo politico-scientifico avviato con l’ambizione dichiarata di usare il clima come driver per trasformare l’economia mondiale, parallela alle politiche praticate in materia di energia e commercio internazionale per nulla o poco influenzate dalle strategie climatiche”.
Ora invece per Clini l’aspettivo positivo di Durban è che ci permette di agganciarci al traino della crescita verde di Cina, India e Brasile (dettata in buona parte dal rischio dei cambiamenti climatici), mentre qualche mese fa questa era “un’ambiguità” da cui stare il più possibile alla larga.
Un bel ribaltone, non c’è che dire.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 dicembre 2011

 

 

ISTRIA - Polemica a Dignano per un deposito di rifiuti sanitari
 

GALLESANO Gli abitanti della località ai lati della vecchia strada romana tra Pola e Dignano non vogliono vicino alle loro case un magazzino per rifiuti sanitari come siringhe, medicinali scaduti, garza e altri materiali provenienti dagli ospedali e dagli ambulatori della regione. L'impianto troverebbe posto nella zona industriale e per la sua costruzione è necessario procedere ad alcune modifiche al Piano territoriale di Dignano. Il relativo immobile è stato acquistato due anni fa dalla società Ekoplanet di Pola, che figura come investitore. Ad alzare più di tutti la voce contro il progetto è stato il consigliere comunale indipendente Valter Simunovic, che ha anche avviato una petizione già firmata da 300 dei 1.500 abitanti del luogo. «Nella zona industriale di Gallesano - dice Simunovic - lavorano molti giovani del posto, nelle vicinanze operano due panifici per cui temiamo effetti dannosi per la salute delle persone e danni per l'ambiente». Anche il sindaco di Dignano Klaudio Vitasovic ha detto la sua, appoggiando il progetto. «Se tali rifiuti non venissero raccolti - osserva il primo cittadino - verrebbero gettati dappertutto con possibili, gravi danni per l'ambiente. Invece Ekoplanet, azienda specializzata nel settore, raccoglie questi rifiuti in contenitori chiusi ermeticamente e li porta nel deposito per un primo riciclaggio». «Da qui - prosegue la replica di Vitasovic - vengono trasportati nel centro di raccolta maggiore a Fiume e successivamente finiscono nell'inceneritore all'estero. «Non permetterei assolutamente la costruzione di un impianto dannoso», dice ancora Vitasovic, precisando che il 90% dei reparti di produzione che sorgono a Gallesano, inquinano più del deposito rifiuti pianificato. Vitasovic conclude infine invita i gallesanesi ad assistere alla presentazione pubblica del progetto. In caso i timori e i dubbi rimanessero conclude, il deposito non si farà.

(p.r.)
 

 

In India, ad Alang - Cimitero degli scafi - Vietato fotografare
 

Augustus spiaggiato in India all’asta i suoi pezzi migliori

È vietato fotografare il cimitero delle navi di Alang. Le autorità indiane non vogliono che le immagini del colossale inquinamento che coinvolge quel tratto di costa facciano il giro del mondo. Decine e decine di scafi vengono fatti a pezzi quasi manualmente da più di 10 anni e gli olii di sentina, i residui dei bunker, le vernici esauste, l’amianto della coibentazione dei motori si spargono sulla spiaggia e vengono trascinati al largo dal flusso delle maree. Le foto dell’Augustus, oggi Philipine, sono state “rubate” pochi giorni fa. Se volete capire cos’è Alang, vi può aiutare Google Earth. Vedrete dal cielo l’inferno di quel tratto di costa.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 dicembre 2011

 

 

Raccolta differenziata, slittano le multe
 

Il ritardo nell’avvio della campagna informativa spinge il Comune a fare dietrofront. Laureni: «Niente sanzioni in gennaio»
Buone notizie per i tanti triestini ancora incapaci di destreggiarsi tra raccoglitori dell’umido, campane del vetro e cassonetti gialli della carta. Slittano infatti i tempi per l’avvio della fase operativa della raccolta differenziata e, di conseguenza, viene spostata in avanti anche la partenza delle temute sanzioni per i trasgressori. Contrariamente a quanto sbandierato ai quattro venti nei mesi scorsi, cioè, le multe non inizieranno più a fioccare dai primi di gennaio e la fase di “tolleranza” proseguirà ulteriormente. Almeno fino alla metà del mese successivo. A spingere il Comune a fare dietro-front sui tempi della prevista “rivoluzione ecologica”, è stato il sensibile ritardo sulla tabella di marcia accumulato fin qui. Sì perchè, ad oggi, non solo non è stata completata, ma non è nemmeno mai partita la massiccia campagna informativa che avrebbe dovuto raggiungere tutte le famiglie triestine, eliminando così ogni possibile alibi. «E vero - ammette l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni -, non siamo riusciti ad attuare il piano di comunicazione. I cittadini non hanno ancora ricevuto il materiale previsto, vale a dire la lettera firmata dal sindaco in cui viene ribadita la necessità di dar corso alla differenziata e, soprattutto, il pieghevole con tutte le istruzioni per l’uso. Indubbiamente quindi per una serie di motivi, che vanno dalle difficoltà di coordinamento con la Provincia alla mancata definizione degli aspetti economici della produzione dei materiali da spedire, siamo in ritardo. Ed è per questo che non ci sentiamo di partire con le sanzioni già a gennaio: sarebbe scorretto punire qualcuno prima di avergli fornito tutte le informazioni necessarie sui comportamenti da tenere». Ecco allora la strada che si è deciso di percorrere: ufficialmente la data di avvio delle multe non verrà modificata, ma gli addetti alle verifiche (agenti della Municipale e personale Acegas-Aps) saranno caldamente invitati a chiudere un occhio e a non segnalare quindi gli eventuali trasgressori. Nel frattempo il Comune cercherà di recuperare il tempo perduto, facendo entrare a regime il piano di sensibilizzazione. «Subito dopo provvederemo ad eseguire altri passaggi fondamentali per la riuscita della nuova strategia sui rifiuti - precisa ancora Laureni -. In febbraio completeremo le operazioni per la raccolta di carta e cartoni nei negozi e nella grande distribuzione. Successivamente aggrediremo la pratica dell’umido, con particolare attenzione a ristoranti, mense scolastiche e supermercati, e inizieremo la raccolta porta a porta nei grandi comprensori abitativi come Rozzol Melara e il Vaticano a San Giacomo».
Maddalena Rebecca

 

Cittadini in rivolta contro i tanti disservizi Centinaia di chiamate al numero dedicato
 

Cassonetti strapieni, orari di raccolta non rispettati, ritardi nello svuotamento dei contenitori. Segnalano disservizi come questi le tante persone che, ogni giorno, compongono il numero attivato dal Comune per chiarire i dubbi legati all’avvio della differenziate. «La gente sta tempestando di telefonate gli addetti municipali - conferma Umberto Laureni (nella foto) -. Ogni settimana arrivano migliaia di osservazioni. Segno che i triestini dedicano grande attenzione a questa novità. Un interesse che emerge anche da altri comportamenti. Superata la fase di iniziale diffidenza, infatti, molte famiglie hanno iniziato ad utilizzare con costanza le isole ecologiche. I privati, insomma, stanno andando alla grande mentre fatica ancora la grande distribuzione, specie per quanto riguarda il conferimento dei cartoni. A tal proposito va segnalato comunque un risultato: abbiamo completato la rete di raccolta della carta, con l’individuazione di un punto fisico in ogni strada dove accumulare scatole e imballaggi».
 

 

Il Parco Globojner chiude i battenti - La protesta contro il nuovo Prg del Comune: animali venduti, 8 dipendenti licenziati
 

PADRICIANO Da ieri il Parco Globojner ha chiuso i battenti fino a data da destinarsi. Animali venduti, dipendenti licenziati. E pensare che, neanche un mese fa, si dava notizia della vittoria, davanti al Tar, da parte del Consorzio boschivo di Padriciano contro l’Anas nella contestata vicenda dell’accesso al parco dalla strada 202. Il Consorzio rappresenta la Comunella di Padriciano, la quale gestisce la proprietà collettiva iscritta ai piani tavolari dal 1833. La comunità di Patrick (l’antico nome della Comunella), composta dalle 48 famiglie originarie di Padriciano, è stata riconosciuta comunità giuridica e nel 1984 si era accordata con la giunta comunale di allora per costituire il parco. Ora però, dopo l’intoppo dell’accesso all’area dalla Grande Viabilità, si aggiunge il piano regolatore di un mese fa che ha approvato la messa in salvaguardia dell’intera area da qualsiasi tipo di costruzione. In questo modo s’impedisce, di fatto, lo sviluppo di quella zona turistica, adiacente al bosco, indispensabile al consorzio per sviluppare e mantenere l’area verde. «Senza un progresso è impossibile mantenere finanziariamente il parco», spiega Carlo Grgic, rappresentante del Consorzio, nella conferenza stampa convocata ieri davanti al parco. «Abbiamo otto dipendenti che vi lavorano, più 82 animali che lo popolano e una media di circa duemila turisti al mese». La storia del Globojner è iniziata negli anni ’80 con la delibera per la creazione degli ambiti di tutela ambientale. L’area, 170 ettari di superficie, è stata inaugurata al pubblico il 24 aprile del 1984. «In questi anni abbiamo sempre investito e curato il parco – continua Grgic - nell’aprile del 1990, con la volontà di Comune, Provincia e Regione, si stabilisce che il bosco ha anche un’area turistica adiacente per autofinanziarsi». Ecco però insorgono tutta una serie di problemi. Il primo chiosco creato nel parcheggio ha preso fuoco quattro anni fa e il piano regolatore della giunta Dipiazza, nel frattempo, aveva diminuito l’area lasciando circa 6000 metri per la zona turistica. «Dopo aver aspettato tre anni la concessione edilizia e aver terminato, sei mesi fa, la riqualificazione del chiosco – spiga Grgic – ci troviamo ora, con questo ennesimo piano regolatore, il divieto assoluto di costruire». Le Comunelle del carso triestino, da sempre, contestano la gestione di questi territori: «Il sistema di vincoli che viene attuato è un esproprio silenzioso e strisciante e incentiva l’abbandono del Carso». Il paragone è con le aree carsiche gestite dai comuni minori: «A Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino, esistono associazioni, attività, gruppi organizzati che tutelano e salvaguardano il Carso, ma nel modo giusto, ovvero sviluppare per conservare”. «Noi il parco lo abbiamo sempre tutelato da costruzioni – afferma Gricg – non avremmo mai lasciato toccare neanche una foglia dell’area protetta, ma per la zona turistica chiediamo semplicemente l’autorizzazione per un normale sviluppo». Il progetto a sostegno del parco prevede un punto ristoro e strutture ricettive come un affitta-camere, o un albergo diffuso. «Considerando che vicino a noi i campi da golf non sono stati toccati, non si spiega come qui sia interdetta qualsiasi attività». Ora gli otto dipendenti perderanno il posto, e il bestiame sarà venduto in Veneto, ma quale sarà il futuro? «Aspettiamo che sia eseguita la sentenza e che riaprano l’accesso dalla 202, poi vedremo se l’amministrazione vorrà ascoltarci». Per il momento i turisti che da oggi si recheranno al parco, si troveranno davanti una rete di divieto d’accesso.
Cristina Polselli

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 dicembre 2011

 

 

Laureni incalza la Ferriera: «Le emissioni vanno ridotte» - ASSEMBLEA PUBBLICA AL PALACHIARBOLA
 

Un’ordinanza comunale indirizzata alla proprietà della Ferriera di Servola, affinché «siano adottati tutti i provvedimenti necessari ad evitare l’inquinamento atmosferico che da tempo incombe sull’area». È questo il documento che arriverà negli uffici della Lucchini alla fine di gennaio se, prima di quella data, «non si riscontreranno significative novità per quanto concerne i livelli di polveri nell’aria». Lo ha annunciato ieri sera l’assessore per l’Ambiente, Umberto Laureni, parlando al PalaChiarbola nel corso di una pubblica assemblea indetta dalla Settima Circoscrizione per dare, com’era stato scritto nell’invito, “la parola ai cittadini” su temi come l’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali insediati nel territorio della Parlamentino stesso e le emergenze legate alla presenza di macro complessi abitativi nello stesso ambito. «L’ordinanza – ha precisato Laureni – è l’atto dotato di maggior forza che possa essere emesso dal Comune, ma speriamo di non dover proseguire sulla strada del conflitto costante». All’appuntamento hanno partecipato anche gli assessori Laura Famulari (Politiche sociali) ed Emiliano Edera (Sport e Decentramento). A seguire tutto l’incontro una trentina di persone. Altrettanto numeroso il gruppo uscito per protesta su iniziativa del portavoce del circolo Miani, Maurizio Fogar, in disaccordo sulla regolamentazione dell’incontro deciso dal presidente della settima Circoscrizione, Francesco Bettio. Chi ha seguito l’intera discussione a rivolto il maggior numero di domande proprio a Laureni. Si sono toccati argomenti anche molto diversi fra loro: dall’inquinamento sonoro («nessuno effettua mai le misurazioni») alla quasi totale assenza in zona di vigili urbani («i quali, piuttosto che fare multe, potrebbero andare a misurare l'inquinamento). Si è discusso poi delle antenne, con le testimonianze di residenti impossibilitati a utilizzare il telecomando della televisione soprattutto a Borgo San Sergio «a causa di interferenze elettromagnetiche». I presenti hanno evidenziato anche il rischio determinato dalla presenza di coperture in eternit in alcuni edifici dello Scalo legnami. Non sono mancate infine le proposte, come quella di «pulire le strade bagnandole per risolvere almeno parzialmente il problema dell’inquinamento a Servola». Laureni, dal canto suo, non ha risparmiato le critiche alla precedente amministrazione: «Dipiazza ha fatto promesse fasulle», ha dichiarato, insistendo sulla necessità da parte della gente di «cogliere l’importante cambiamento in atto per quanto concerne l’attenzione della giunta al tema dell’inquinamento». L’assessore ha infine rassicurato sulla volontà di questa giunta di «seguire da vicino l’evolversi del progetto relativo alla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia, che qualcuno vorrebbe raddoppiare».

Ugo Salvini
 

 

«Senza museo sparisce anche la stazione»
 

L’allarme lanciato durante un dibattito sul futuro del Ferroviario. «A rischio pure l’ipotesi metropolitana»
Chiudere il Museo Ferroviario significa mettere a rischio la stessa sopravvivenza della stazione di Campo Marzio e, di conseguenza, dire addio a qualsiasi speranza di riattivare collegamenti su rotaia e far decollare progetti come quello della metropolitana leggera. È una delle riflessioni emerse ieri dal dibattito sul futuro del polo museale di Campo Marzio organizzato dall’Associazione Dopolavoro ferroviario. Dibattito che ha sottolineato ancora una volta come la struttura non sia solo un contenitore di oggetti del passato, bensì un pezzo importante della storia della città. Abbandonato a se stesso dalle Ferrovie dello Stato, che con una cerimonia in pompa magna lo aveva inaugurato l’8 marzo del 1984, il museo sopravvive grazie alla passione e al lavoro volontario dei soci del Dopolavoro ferroviario di Trieste. Gli stessi che, pochi giorni fa, hanno lanciato per primi l’allarme: il museo rischia di chiudere, perché la parola d'ordine a Roma è fare cassa e l'affitto a carico dell'associazione, che fino all'anno scorso era di 8 mila euro annui più le spese, si è triplicato. Un rincaro impossibile da sostenere per un’associazione che si regge sul volontariato, materialmente impossibilitata a racimolare tutta la somma richiesta dalla Patrimonio Srl, società che gestisce gli immobili di proprietà e in affitto delle Ferrovie. Così ieri, ancora una volta, i soci del Dopolavoro ferroviario hanno lanciato un appello per non dimenticare il museo ferroviario di Trieste, unico nel suo genere in Italia. All'incontro moderato dal giornalista Fulvio Gon - al quale hanno partecipato il presidente dell'associazione Claudio Vianello, Roberto Carollo responsabile del museo, Alessandro Puhali presidente del Centro studi Valussi e la presidente dell'Ande e dell’Aidda Etta Carignani di Novoli -, si è discusso non solo del museo ma anche del futuro della città. Trieste sempre più isolata con tanti treni cancellati, il servizio auto al seguito diretto verso l'Austria sospesa, la libreria Joyce in Stazione centrale che non è sopravvissuta e la sala Eurostar chiusa. «Il nostro è un grido di dolore – dichiara Claudio Vianello -. A Roma la prossima settimana sarà approvato il bilancio preventivo dell'Associazione nazionale Dopolavoro ferroviario, e noi non possiamo permetterci di pagare 45 mila euro di affitto. La proposta che lanciamo alle istituzioni locali è quella di impegnarsi nel creare una fondazione plurima (Comune, Provincia e Regione) con il sostegno della Fondazione CRTrieste per salvare questo museo». Ma la Stazione di Campo Marzio ha grandi possibilità non solo come sede museale: «Come mai nessuno degli uffici Turismo Fvg si è accorto della potenzialità dei treni storici? In Slovenia hanno puntato su questo. Senza dimenticare la grande presa in giro del museo Alinari. Questa stazione invece sta diventando un rudere – spiega Roberto Carollo – quando invece potrebbe essere un luogo dove avviare attività commerciali e diventare un terminale passeggeri». Il progetto per la metropolitana leggera passa anche per la stazione di Campo Marzio e recuperare le reti ferroviarie esistenti, collegando la Slovenia alla Italia, è essenziale come ha illustrato Alessandro Puhali: «Dismettere quest’area in un futuro che prevede la metropolitana leggera deve far riflettere. Bisogna invece sostenere questo progetto che potrebbe diventare realtà già nel 2020».

Ivana Gherbaz
 

 

SEGNALAZIONI - Tav - Opera fondamentale

 

Leggo sul Piccolo "La Tav, lusso che Fvg e Slovenia non possono permettersi". La Transpadana, al di là delle soluzioni tecniche adottate, è invece esigenza prioritaria, sia dell'Italia che della Slovenia, come realizzazione del corridoio europeo, di comune interesse , per superare un collegamento internazionale che risale al 1857 (la Meridionale). L'opera è fondamentale per contribuire all'ammodernamento delle infrastrutture ferroviarie in funzione dello sviluppo di logistica e mobilità a livello continentale, sia merci che passeggeri : decisiva per il porto di Trieste, per i traffici del Friuli Venezia Giulia e del Nord-Est, nel quadro dell'adeguamento ferroviario europeo alle tecnologie del terzo millennio. E' necessario lavorare seriamente per la realizzazione della Transpadana, superando scetticismo e guerriglia: ne hanno bisogno l'Italia e l'Europa. Sono convinto che anche il lettore ne abbia consapevolezza.

Luigi Bianchi

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - VENERDI', 16 dicembre 2011

 

 

Riciclare i rifiuti rende di più di discariche e inceneritori
 

Differenziare i rifiuti e riciclarli non fa bene solo all’ambiente ma anche all’economia e, dal punto di vista economico, è molto più vantaggioso dell’incenerimento e delle discariche. A dirlo è l’Agenzia europea per la protezione dell’ambiente (EEA) che ha da poco pubblicato il rapporto “Earnings, jobs and innovation: the role of recycling in a green economy“.
Secondo il rapporto dell’EEA riciclare i materiali crea più posti di lavoro, e meglio pagati, rispetto alle discariche e all’incenerimento e, dal 2000 al 2007, l’occupazione totale correlata al riciclo è cresciuta da 422 posti di lavoro per milione di abitanti a 611. Una crescita complessiva del 45%, pari al 7% l’anno.
E già questo basterebbe a smentire quanti associano gli inceneritori alla promessa di nuovi posti di lavoro. Ma c’è anche di più: il riciclo può coprire una buona parte della domanda di risorse necessarie all’economia europea, diminuendo la pressione sull’ambiente le importazioni di materie prime dall’estero. Come già avviene per carta, cartone, ferro e acciaio.
Tuttavia, spiega il rapporto dell’EEA, riciclare non basta:
Aumentare il riciclo può aiutare a risparmiare sulle risorse, ma dobbiamo accettare il fatto che la crescita economica trainata da un ulteriore aumento del consumo di materiali è insostenibile.
Detto in altre parole: per far fronte alla crisi economica dobbiamo anche incrementare la percentuale di rifiuti riciclati, ma per far fronte a quella ambientale dobbiamo iniziare a cambiare il nostro stile di consumo.
Peppe Croce

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 dicembre 2011

 

 

Inquinamento e territorio - Se ne parla oggi in assemblea - AL PALACHIARBOLA
 

L’inquinamento prodotto dagli stabilimenti industriali insediati sul territorio che coinvolgono i residenti della VII Circoscrizione- dalla Ferriera all’inceneritore, passando per il depuratore fognario - e le emergenze relative alla presenza di macro complessi abitativi della zona. Sono questi gli argomenti al centro dell’assemblea pubblica che si terrà oggi dalle ore 17 alle 19.20, nel palazzetto dello sport di Chiarbola. Aperta a tutti i cittadini che intendono partecipare, l’assemblea è stata indetta dalla VII Circoscrizione che ricomprende i territori di Servola, Chiarbola, Valmaura e Borgo San Sergio. Tutto lascia immaginare che il piatto forte inserito nel menu dell’assemblea pubblica, sarà la difficile convivenza con lo stabilimento siderurgico. Comitati di residenti e associazioni attive nel rione di Servola non mancheranno certo di sollevare le storiche accuse rivolte al comprensorio della Ferriera, anche alla luce dell’ultimo provvedimento - il sequestro dell’area del capannone dell’ex acciaieria - assunto dalla Procura.
 

 

Storia e percorsi dell’acqua che arriva nelle nostre case - MOSTRA» FINO AL 15 GENNAIO
 

Alla Camera di commercio una rassegna curata da AcegasAps e Wwf Oasi che sarà poi trasferita al Randaccio dove sono previsti percorsi multimediali
Oggi è diventata l’“oro blu”, per la sua importanza nel contesto sociale attuale, bene discusso a tutti i livelli, ma preziosa lo è sempre stata fin da quando l’uomo è apparso sulla Terra. Conoscerne le caratteristiche, le dinamiche, sapere in particolare come arriva nei rubinetti delle nostre case, quali percorsi fa, quali sono le sue qualità specifiche nella nostra zona, può diventare compito interessante, istruttivo e al contempo piacevole. L’acqua è il tema dominante della mostra allestita dall’Acegas Aps, in collaborazione con Wwf Oasi e l’Area marina di Miramare, nell’atrio della Camera di commercio dove potrà potrà essere visitata fino al 15 gennaio (orario 8–18), prima di essere trasferita nella sede definitiva dell’acquedotto Randaccio a San Giovanni di Duino. Intitolata “Acqua in passerella”, la rassegna è articolata in diverse aree. Si va dalla parte che riguarda i numeri dei consumi a quella relativa alla rete idrica della città, affrontando l’argomento della ricchezza idrica nel mondo o nei dintorni del sito dell’acquedotto di San Giovanni di Duino. Al Randaccio sarà poi possibile, in virtù della strumentazione predisposta in loco, effettuare l’analisi dei parametri dell’acqua che beviamo a Trieste. Gli studenti che aderiranno all’invito dell’AcegasAps potranno avvicinarsi al tema giocando, per esempio trasformandosi in “idrosomellier” oppure riconoscendo i diversi tratti della rete idrica triestina facendo i Gulliver su una mappa collocata sul pavimento. «La mostra è il frutto di una convenzione – ricorda Maurizio Spoto, dell’Area di Miramare – che ha l’obiettivo di trasformare il Randaccio in un museo, dove sarà possibile condurre le scolaresche». Enrico Altran, direttore per l’area di Trieste della Divisione acqua e gas di AcegasAps, annuncia che «l’azienda ha in programma la realizzazione di un vero e proprio Museo dell'acqua. Il Randaccio fa parte della storia della città, è un sito significativo – aggiunge – una località connotata con l'acqua. I fabbricati industriali realizzati negli anni Trenta possono diventare un polo museale internazionale, anche perché questa mostra è destinata, nei nostri intenti, a crescere molto. Abbiamo allestito anche percorsi multimediali – conclude - e ogni mese faremo nuove proposte per rassegne sempre più interessanti». Nell’atrio della Camera di commercio è visibile il videoclip dimostrativo, che rappresenta il lavoro (in fase di realizzazione) relativo alla ricostruzione in 3D della rete idrica di AcegasAps. E’ inoltre esposta una serie di foto d’epoca, che illustrano le fasi dei lavori di ampliamento dell’edificio dell’acquedotto Randaccio, le nuove sale con i filtri a sabbia e le foci del Timavo nella seconda metà dello scorso secolo. Si tratta di una zona che la rassegna vuole valorizzare, nell’ambito di una sempre più fitta collaborazione fra l’AcegasAps e l’Area marina di Miramare, «soggetti che si propongono – è stato sottolineato nel corso della presentazione della mostra – per diffondere la cultura dell’acqua a Trieste e per rendere fruibili le strutture del territorio, come l’acquedotto Randaccio, che possono contribuire a creare in ogni cittadino una coscienza sensibile all’uso delle risorse naturali».
Ugo Salvini

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 dicembre 2011

 

 

Comune, patto anti-crisi con le parti sociali
 

Cosolini propone un percorso condiviso a sindacati, Confindustria e le altre categorie per affrontare i numerosi problemi che bloccano la città
Nella sostanza non è stata che una ricognizione sull’avanzamento del programma elettorale. O, meglio, un’anticipazione del Piano strategico. Nella forma, però, l’adunata di ieri pomeriggio in Consiglio comunale - cui Roberto Cosolini ha invitato sigle sindacali e associazioni di categoria per illustrare «le priorità individuate per favorire il rilancio del tessuto economico» - si è rivelata assai meno banale di altri incontri di cortesia attorno a un tavolo istituzionale. Il sindaco, inventandosi la prima puntata di «un percorso che è bene sia il più possibile partecipato e condiviso», non ha voluto limitarsi a vestire i panni del Mario Monti che convoca, enuncia ma non può ascoltare. Ha proposto - giacché qui i tempi stringono pure, ma non come a Roma - «una seconda puntata dopo le feste». Obiettivo dichiarato: «potremmo firmare un patto tra di noi». Nasce insomma l’idea di un patto anti-crisi fra Comune e parti sociali. Dove, per parti sociali, s’intende tanto Confindustria quanto la Cgil, tanto Confcommercio che diffida dei monomarca quanto i costruttori edili, che i monomarca sarebbero pronti invece a costruire. Non banale, appunto. La sfida, ad ogni modo, è lanciata. L’amministrazione dal canto suo - rappresentata ieri anche dagli assessori allo Sviluppo economico e al Commercio, Fabio Omero e Elena Pellaschiar - si è fatta carico per voce dello stesso Cosolini di stilare per la «seconda puntata» un cronoprogramma di massima «sia delle iniziative la cui realizzazione è di competenza diretta del Comune, sia di una serie di urgenze che dipendono da altre istituzioni, alle quali non daremo tregua». Nella seconda categoria figurano le priorità etichettate come «nodi irrisolti e infrastrutture portuali». E allora avanti tutta col «bando per la piattaforma logistica», per un pressing in questo caso sull’Autorità portuale, da abbinare in parallelo a un pressing «sul Governo affinché venga approvato il prima possibile il Piano regolatore portuale, per il raddoppio del Molo VII». Eppoi il pressing più ambizioso: «Lavoreremo - la promessa di Cosolini - perché si possa riaprire il confronto trilaterale tra Ferrovie, Regione e Authority, per un accordo di programma per il collegamento via rotaia tra Porto nuovo e Campo Marzio e per il potenziamento della circonvallazione ferroviaria sotterranea, cosicché si possa garantire al nostro scalo una tenuta da un milione di teu l’anno. Proprio il 20 dicembre incontrerò l’amministratore delegato Fs Mauro Moretti, cui porterò il messaggio che Trieste auspica che si riprenda quel confronto a tre». Il sindaco non dimentica, ancora, Ferriera e bonifiche, per cui «va riperimetrato il sito con la definitiva accettazione del principio di analisi del rischio». E qui si può costruire «una sponda» col nuovo ministro dell’Ambiente, il numero uno di Area Corrado Clini. Ulteriore pressing evocato. Il resto sarà - annuncia Cosolini - farina del sacco di casa, per perseguire gli obiettivi della «sburocratizzazione» per «piccole e piccolissime imprese», nonché dell’«animazione» e del «sostegno all’economia». Si spazia dalle direttive di un Piano regolatore «più equilibrato» alla barra dritta su «alcuni monomarca», anche per disingolfare l’edilizia. Dal Museo della scienza fino alla pianificazione dell’offerta turistica, puntando forte sui gemellaggi. Quello con Vienna per la mostra catalana su Magris già c’è. E ora ne arriva un’altro. Con San Pietroburgo: «Noi ospiteremo un loro evento, l’anno dopo lo faranno loro con uno nostro. Quelli, d’altronde, sono gli unici mercati ancora in espansione».
Piero Rauber

 

 

ISTRIA - Pescatori contrari al rigassificatore nel golfo di Trieste
 

I pescatori dell' Istria croata e slovena sono contrari al rigassificatore nel golfo di Trieste e su questo sono d' accordo dopo i battibecchi sul confine marittimo. Questa la conclusione emersa all'incontro a porte chiuse nel palazzo municipale di Umago tra le associazioni di categoria dei due Paesi. Doveva esserci anche un rappresentante italiano che però non si è fatto vedere. Tra i motivi della bocciatura del progetto innanzitutto le emissioni di cloro in mare, poi il devastante effetto sulla vita marina nel caso di fuga di gas o di esplosione. A rendere l'idea è stato il noto pescatore salvorino Danilo Latin promotore dell' incontro: la piattaforma che sorgerà nel Golfo di Trieste ha detto, sara' alta 72 metri, lunga 270 e larga 110 metri. Un mostro enorme ha aggiunto, che in uno specchio di mare cosi piccolo fara' paura solo a vederlo. (p.r.)

 

 

La pioggia limita le polveri, traffico regolare - Abbassati fortemente i valori delle Pm10, scongiurata la chiusura del centro cittadino alle auto

 

Giusto in tempo, il tempo (la pioggia di lunedì) ha dato una mano. Ma il problema, poiché le cronache degli anni passati dicono che la stagione umida si può protrarre anche fino a febbraio inoltrato, non è risolto. È, presumibilmente, solo rimandato. Per intanto il Comune prende atto delle concentrazioni medie ufficiali di polveri sottili, registrate martedì nell’aria di Trieste e validate dall’Arpa. E in virtù della loro abbondante discesa al di sotto dei limiti di guardia fissati com’è noto a 50 microgrammi per metro cubo (18 in via Svevo, 19 in via Carpineto) può resettare il contatore dei giorni consecutivi di bollino rosso. Non c’è insomma alcuna chiusura del traffico dietro l’angolo. Così, per tornare a rischiarne una, servono nuovamente tre giornate di fila con i dati medi di almeno una prima centralina oltre i 50 e di una seconda oltre i 40, tra tutti quelli trasmessi dalle tre stazioni di rilevamento delle Pm10 appartenenti alla rete regionale (Svevo, Carpineto e piazza Libertà) che sono poi quelle che fanno testo per la messa in moto del Piano d’azione cui l’amministrazione cittadina è tenuta a dar corso. Dopo le concentrazioni critiche conclamate di sabato e domenica - come riferisce l’assessore all’Ambiente della giunta Cosolini, Umberto Laureni - lunedì i numeri combinati sono rimasti sull’orlo dei limiti di legge, ma appena sotto la soglia che avrebbe determinato il terzo giorno consecutivo di sforamenti, e quindi il centro chiuso. Tali dati validati sono stati letti dai tecnici del Comune nella giornata di martedì, quando le anticipazioni non ufficiali sulle concentrazioni in tempo reale davano appunto cifre molto basse. Anche le previsioni, che annunciavano altra pioggia per ieri, erano incoraggianti. «Da oggi dunque si riparte da zero», ha confermato ieri Laureni, che guarda in là, cioè al nuovo Piano di azione regionale che dovrebbe entrare in vigore nel corso del 2012 e che contempla regole più stringenti. «Un grosso salto culturale», lo chiama l’assessore. Già, perché per dare ai comuni gli strumenti d’intervento (tra cui proprio il blocco del traffico in centro) non saranno più necessari i proverbiali tre giorni di sforamenti di fila conclamati e validati, ma saranno sufficienti le previsioni di tre giorni di sforamenti di fila in base alle previsioni meteo dell’Osmer. Il centro chiuso, in soldoni, potrà essere deciso in Municipio a priori, e non più a posteriori, dopo che le Pm10 saranno state abbondantemente respirate e alimentate dalle auto, dalle industrie e dagli impinati di riscaldamento delle case. (pi.ra.)
 

 

Figli di immigrati, una firma per i diritti - Giovani nati e vissuti in Italia, proposte di legge su voto e cittadinanza: prosegue la campagna
 

Sono quasi un milione i giovani stranieri nati in Italia da genitori migranti. Parlano perfettamente la nostra lingua, frequentano le scuole italiane e sono cresciuti nel nostro paese. Ma devono fare i conti con il permesso di soggiorno. Per dare a questi giovani la possibilità di essere parte attiva nella società e godere degli stessi diritti e doveri dei loro coetanei figli di cittadini italiani, è nata l'iniziativa “L'Italia sono anch'io”. L'obiettivo è quello di presentare due proposte di legge di iniziativa popolare da un lato per estendere agli stranieri il diritto di voto nelle elezioni amministrative, e dall'altro per facilitare il percorso per l'ottenimento della cittadinanza. La raccolta di firme è partita anche a Trieste e finora nei banchetti organizzati in città sono state più di 600 le persone che hanno aderito. A promuovere l'iniziativa tra gli altri la Cgil, le Acli, la Caritas, Arci, il Comitato Danilo Dolci, la Chiesa metodista, Legambiente, il Partito democratico, Sel e la Federazione della sinistra. I tanti giovani stranieri sono un serbatoio di energie inutilizzate e sprecate, spiega Alda Crosi, del Comitato triestino “L'Italia sono anch'io”: «Questi giovani sono bloccati da una normativa ormai superata, perché il concetto di nazione basato sul diritto di sangue dovrebbe essere invece esteso a quello di Ius soli, ossia tenendo in considerazione la permanenza continuativa di un individuo sul territorio di uno Stato». Le due proposte di legge di iniziativa popolare, che per essere presentate devono superare le 50 mila firme, puntano a estendere ai migranti e ai loro figli gli stessi diritti e doveri degli italiani, ha indicato Stefano Bertussi in rappresentanza della Chiesa metodista e di Sel: «Dobbiamo innescare un circolo virtuoso che accolga anche gli stranieri, così facendo ci saranno anche minori tensioni sociali». Sul fronte del diritto alla cittadinanza, lo scopo della proposta di legge è quello di portare a cinque anni, al posto degli attuali dieci, il limite di soggiorno in Italia per ottenerla. «Un percorso che andrebbe valutato – indica ancora Bertussi – per tutelare soprattutto i minori stranieri nati in Italia. Il diritto di partecipazione alla vita politica è fondamentale per evitare forme di esclusione sociale. “No taxation without representation” si usa dire nei paesi liberali anglosassoni». Il Comune di Trieste, per coinvolgere i giovani stranieri nell'iniziativa, ha inviato una lettera a tutti coloro, non cittadini italiani, che da poco hanno compiuto 18 anni, ha indicato Anna Maria Mozzi consigliere comunale del Pd. Mentre per lunedì è in programma alla Scuola interpreti un seminario in cui si affronteranno questi temi.

Ivana Gherbaz
 

 

Infrastrutture, carta da giocare l’impegno del governo Monti - L’intervento di LUIGI BIANCHI
 

L’impegno di Monti, Passera e Clini nell’affrontare gli investimenti prioritari in infrastrutture come strumento di sviluppo economico per la ripresa del Paese è una carta in mano alla Regione Friuli Venezia Giulia: saprà giocarla? 2011. Cambiano i termini ma si tratta sempre dei transiti nordorientali, affrontati per stabilire alternative e priorità, non solo dal punto di vista infrastrutturale, ma anche delle potenzialità per lo sviluppo dei traffici. Ma logistica e mobilità non richiedono contrapposizione, decisiva è invece la complementarietà: l’efficienza del sistema è alla base dell’attività economica del Paese e dell’Europa. Il Nord-Est ha sempre avuto l’esigenza di una coordinata disponibilità delle due magistrali: Pontebbana e Meridionale, integrate dalla Transalpina 1954. Livio Ragusin Righi, già nel 1954, delineava bene i corridoi per i traffici verso Vienna, Praga e Monaco di Baviera: il traffico di Trieste e del Friuli Venezia Giulia è sempre stato intimamente legato alla funzione internazionale. Ora è il momento del Corridoio Baltico-Adriatico; secondo autorevoli commentatori avrebbe addirittura carattere di priorità rispetto al Corridoio transpadano, in grave ritardo. 1935. Anche nell’anteguerra, dalle conferenze tariffarie internazionali emerge con chiarezza che mai lo sviluppo dei traffici ferroviari veniva affrontato in termini di priorità delle singole linee ma si poneva l’accento sull’esigenza della complementarietà del quadrante ferroviario transfrontaliero. La priorità poteva riferirsi solo alla piena efficienza delle tre linee ferroviarie. Oggi, non è certo l’asse Nord-Est ad avere carattere di priorità: dal dicembre del 2000 la Pontebbana è la più moderna linea di valico, sottoutilizzata per precise scelte del Gruppo FS, il quale ha classificato non strategiche le linee internazionali Villaco – Venezia e Lubiana–Venezia, decidendo il ritiro dal mercato nordorientale sia merci che viaggiatori, rinunciando a sfruttare Tarvisio, a Pontebbana raddoppiata, per migliorare le relazioni con Vienna e Monaco di Baviera e per alleggerire il Brennero. 1857. Diversa è invece la situazione a sud delle Alpi che è rimasta al 1857. Il ritardo nella direttrice Est-Ovest è di grave pregiudizio per un’offerta credibile e per un servizio competitivo: i ricorrenti disservizi nel nodo merci di Trieste sono alla base del mancato recupero dei traffici via Opicina e Goriza, con inevitabili ricadute negative anche sulla messa a frutto della Pontebbana. In luogo di improcrastinabili interventi le FS invece hanno provveduto a chiusure di impianti per risparmiare anche sulla manutenzione ordinaria. 1994. Enfatizzare quindi il ruolo del Corridoio Baltico-Adriatico e sottovalutare il ritardo del Corridoio Quinto significa tornare al 1994, quando il ministro dei trasporti (in una logica a favore del Tirreno a spese dell’Adriatico) affermò che le FS con la Pontebbana e con Cervignano avevano esaurito il loro compito nel Nord-Est; i traffici orientali, esigono invece la piena funzionalità di entrambi gli storici corridoi, via Tarvisio e Via Trieste-Opicina, sussidiati da quello via Gorizia. 2011. A fronte di tanti scettici, è però confortante leggere le dichiarazioni di Corrado Clini, neoministro all’Ambiente, sulla Tav: «Come altre infrastrutture serve alla modernizzazione dell’Italia. A spostare, in questo caso, il traffico delle persone ma soprattutto delle merci, dalla strada alla ferrovia. Non c’è nulla di scandaloso. Basta andare in Svizzera e si scopre che le ferrovie servono il traffico merci e i camion pagano su strada una tariffa molto alta. I ritardi nelle infrastrutture che abbiamo in Italia, si pensi solo alla Venezia–Trieste, si traducono in una fila continua di camion sull’autostrada. Ma il problema è anche un altro: una parte dei traffici saltano l’Italia.». 2000. È giunto il momento di tornare al 2000, quando Bersani e Moretti inaugurarono la Pontebbana offrendo al mercato un valido strumento di sviluppo economico, purtroppo poi non coronato da un programma di esercizio in grado di favorirne la fruibilità: «In un’area strategica per i collegamenti con l’Europa dell’Est come il Friuli Venezia Giulia, se non si legano insieme in un disegno coerente le azioni volte a fornire nell’immediato servizi apprezzabili ed offerte credibili con l’attività per gli adeguamenti infrastrutturali a breve e medio termine, non si dà tutto il sostegno necessario ad un’opera come la Transpadana che rientra nei grandi disegni strategici di respiro europeo».
 

 

Presentazione di "Oltre la decrescita"

 

Oggi alle 18 alla Libreria Knulp (via Madonna del Mare 7/a) presentazione di “Oltre la decrescita - il tapis roulant e la società dei consumi” di Emiliano Bazzanella (Editore Biblio). Il libro sarà presentato da Fabio Malusà, programmista Rai. Coordina Riccardo Devescovi, presidente del Circolo “Che Guevara”. Sarà presente l’autore.

 

 

SEGNALAZIONI - Ailanto I ritardi della Regione

 

Faccio riferimento alla lettera di Bernardino De Assek. L’ailanto è una delle tre specie infestanti, oggetto di norme di legge che, su proposta dell’associazione Triestebella e per l’impegno del consigliere regionale Alessandro Corazza sono state approvate l’anno scorso e inserite nella legge forestale regionale n. 9/2007 come articoli dal 78 bis al 78 quater. Con questi articoli la legge contiene un primo elenco delle tre specie che potrà essere integrato con decreto del presidente della giunta regionale, autorizza la Regione a compiere la lotta alle specie infestanti e fare opera di divulgazione e censimento e infine esclude qualsiasi divieto o necessità di ottenere autorizzazioni per la lotta a tali specie. All’ailanto, innocuo ma che sta stravolgendo il nostro paesaggio vegetale, abbiamo aggiunto su consiglio del prof. Livio Poldini anche il Senecio inaeqidens, epatotossico e l’Ambrosia artemisiifolia, fortemente allergenica. La Regione però ora sta andando a rilento: l’anno scorso sono stati fatti degli esperimenti da parte dell’Ispettorato delle foreste e dell’Ersa per l’eliminazione dell’ailanto nel pascolo vicino al valico di Lipizza, ma sembra che i 20 mila euro che in attesa della legge erano già stati messi in bilancio per il 2010 con legge finanziaria andranno in economia e che i 20 mila euro di quest’anno saranno spesi l’anno prossimo solo per fare studi. In attesa che la Regione faccia i suoi lenti passi, noi privati amanti dell’ambiente possiamo fare qualcosa sotto forma di volontariato. Le piante di ailanto possono essere estirpate quando sono giovani, ma le adulte andrebbero trattate con un diserbante che è meglio far usare solo a persone esperte per non provocare danni alla vegetazione circostante e a noi stessi; il senecio e l’ambrosia sono piante erbacee che si possono facilmente estirpare, a patto di conoscerle bene per non rischiare di estirpare altre piante. Allora, chi se la sente di riconoscere le piante infestanti, quando va a passeggiare sul Carso dia una mano al nostro ambiente estirpando le piantine di ailanto e le piante di senecio e di ambrosia. Per riconoscerle potrà cercare le foto digitando i loro nomi su Google.

Roberto Barocchi (presidente Associazione Triestebella)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 14 dicembre 2011

 

 

PROMOTUR - IL WWF: “BUCO MILIONARIO, UN DISASTRO ANNUNCIATO. E ORA LA POLITICA LO SCARICA SUI CITTADINI”
 

Il commento del WWF alla decisione della Regione di trasformare la Spa, scaricata da Friulia, in ente pubblico.
“Mentre i mutamenti climatici spostano sempre più in là la data di inizio della stagione sciistica, costringendo i comprensori a ricorrere sempre più massicciamente alla onerosa pratica dell’innevamento artificiale, i nostri politici pensano bene di scaricare i costi di una politica sciistica evidentemente fallimentare sulle spalle della collettività”: è questo il commento del WWF regionale alle recenti notizie sul futuro di Promotur, che dal 2007 ha accumulato un buco di oltre 9 milioni di euro e che il prossimo anno diventerà “ente pubblico”.
“Da tempo – attacca il WWF - il turismo invernale di tipo sciistico è in gravissimo affanno, come dimostrato dai risultati dell’ultima stagione che segnalano un pesante regresso di utenza in tutto il comprensorio montano (tra il – 10 e il – 17 %). Questo vale anche per Promotur, i cui bilanci - nonostante gli ingentissimi stanziamenti regionali - sono da tempo in rosso a causa dell’incidenza degli ammortamenti per investimenti operati a partire dal 2002 ed evidentemente non confortati da un ritorno economico accettabile, e del resto improbabile in una condizione di mercato e climatica chiaramente orientate al peggio”.
Il buco di Promotur, d’altronde, era un disastro annunciato. Proprio nel 2002 la stessa società aveva finanziato uno studio di settore all’Università di Udine sul sistema sci in regione: in quello studio, il prof. Massarutto - dopo aver riconosciuto quel che nessuno nega e cioè che l’investimento pubblico in impianti e piste da sci aveva generato dei ritorni economicamente e socialmente apprezzabili (pur “non potendosi dire che si trattava del migliore tra gli investimenti possibili a favore della montagna”) - scriveva testualmente: “l’indicatore relativo al costo pieno comprensivo degli ammortamenti non sembrerebbe incoraggiare una politica di ulteriore espansione, la quale apparentemente non sarebbe premiata da un corrispondente aumento dell’attrattività e del valore dell’economia locale”.
Previsione puntualmente confermata, prescrizione totalmente disattesa. “Nell’ultimo decennio – ricorda il WWF - Promotur si è lanciata in investimenti ad altissimi costi economici senza sufficiente ritorno di mercato, sommatisi ad altissimi costi ambientali che solo incultura ed incuria amministrativa non contabilizzano quale ulteriore passivo a carico di Promotur stessa”.
“E mentre Promotur e i conti pubblici piangono una situazione gravissima, avanza per inerzia critica il concorrenziale progetto Pramollo, nello scetticismo delle amministrazioni regionali di Carinzia e Friuli Venezia Giulia e privo del conforto di una seria indagine di mercato che certo non può essere sostituita dalle pittoresche affermazioni che abbiamo recentemente sentito sulla sinergia tra “efficienza austriaca, ospitalità, enogastronomia e fashion made in Italy” ( si riferisce a Pontebba, per chi non lo ricordi!)”.
Quanto alla richiesta di incontro agli assessori competenti (diciamo così) avanzata mesi or sono dalle associazioni ambientaliste - che in solitudine, da anni e ben prima del tracollo attuale, chiedono una riflessione complessiva sul comparto - nessuna risposta è pervenuta.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 dicembre 2011

 

Slovenia ai margini del Corridoio Baltico
 

Il tracciato prioritario parte da Helsinki e arriva in Italia diramandosi da Udine verso i porti di Trieste, Venezia e Ravenna
INVIATO A BRUXELLES La “gamba” slovena del Corridoio Baltico-Adriatico non è più una priorità, è una possibilità ulteriore. La Commissione Ue distingue la grande progettualità infrastrutturale in “core” (prioritaria) e “comprehensive” (allargata): l’ultimo documento uscito il 19 ottobre dalle stanze comunitarie prevede che il “core network corridor” in questione parta da Helsinki e arrivi solo in Italia diramandosi da Udine verso i porti nord-adriatici di Trieste, Venezia, Ravenna, raggiungendo il cuore logistico padano a Bologna. Questo percorso, che adesso ricostruiremo tappa per tappa, sostituisce quello precedente che invece prevedeva una specifica deviazione in territorio sloveno verso Maribor, Lubiana, Capodistria. Il Corridoio Baltico-Adriatico, che approderà in commissione trasporti dell’Europarlamento a inizio 2012, si compone delle seguenti tratte intermodali portuali e ferroviarie: Helsinki-Tallinn, Riga-Kaunas-Varsavia, Gdynia-Katowice, Gdynia-Danzica, Varsavia-Katowice, Katowice-Ostrava-Brno-Vienna & Katowice-Zilina-Bratislava-Vienna, Vienna-Graz-Klagenfurt-Udine, Trieste-Venezia-Ravenna. Vengono quindi coinvolte Finlandia, Estonia (patria dell’eurocommissario Kallas), Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Slovacchia, Austria (con capitale, Stiria e Carinzia), Italia. Rispetto alla precedente “edizione” estiva, manca la “rail connection” tra l’austriaca Graz e la slovena Maribor, da dove partivano i successivi passaggi verso la capitale Lubiana e lo scalo marittimo capodistriano. «Attenzione - sdrammatizza l’europarlamentare pidiellino Antonio Cancian, organizzatore dell’importante convegno tenutosi a Bruxelles martedì 6 dicembre - la Slovenia non è scomparsa dalla carta infrastrutturale dei Corridoi, è stata inserita nella progettazione “comprehensive” distinta da quella “core” che definisce le priorità». Debora Serracchiani, eurodeputato del Pd, rifinisce la spiegazione: «Una disattenzione della rappresentanza italiana presso la Commissione Ue aveva determinato un problema riguardo lo sbocco del Corridoio in Adriatico. Allora gli eurodeputati del Nord Est hanno allertato i presidenti delle Regioni interessate, ovvero l’emiliano Vasco Errani, il veneto Luca Zaia, il friulogiuliano Renzo Tondo che a loro volta si sono mossi. L’azione trasversale di lobbyng territoriale, così intrapresa, ha consentito di recuperare la situazione in modo positivo per la portualità nord-adriatica italiana». Ma siamo solo all’inizio di un lungo iter nei meandri delle istituzioni europee: adesso il dossier relativo ai Corridoi viene trasmesso alla commissione trasporti del Parlamento Ue (dove siedono sia Cancian che la Serracchiani) per un primo esame, al quale seguirà quello dell’assemblea plenaria. Superato il vaglio parlamentare, i Corridoi viaggeranno verso la Commissione Ue e verso il Consiglio d’Europa: dall’analisi incrociata operata da tutte queste sedi uscirà - si spera entro la fine del prossimo anno ma la tempistica comunitaria è di arduo pronostico - la carta dei grandi collegamenti intermodali nel Vecchio Continente. Insomma, la partita resta aperta e siamo solo al primo gradino. L’eurocommissario Kallas, senza entrare nel merito, aveva fatto esplicito riferimento alle resistenze che il Baltico-Adriatico avrebbe dovuto affrontare. «Ma sono ottimista - commenta Cancian - anche se indubbiamente l’alleanza, che si va prospettando tra Anversa, Rotterdam, Amburgo, può rappresentare un ostacolo insidioso». La potente “triplice” nord-europea ha obiettato, in uno studio recentemente pubblicato, che sarebbe stato inutile investire sui porti mediterranei quando la migliore organizzazione logistica belga-olandese-tedesca avrebbe ovviato alla migliore dislocazione mediterranea nei collegamenti con l’oltre Suez. Dislocazione che consentirebbe un risparmio di cinque giornate di viaggio per le fullcontainer da/per i mercati asiatici. Nazione-chiave nelle comunicazioni Baltico-Adriatico è l’Austria, che infatti ha predisposto una robusta progettualità infrastrutturale per 8,46 miliardi di euro. Tra l’altro la confinante Carinzia, con l’agenzia Eak, sta impostando un importante “dry port” logistico, denominato Alplog, a sud di Villaco. Ma, ancora prima, è il compimento delle opere al Koralm e al Semmering ad assumere rilievo fondamentale per eliminare le strozzature su questo grande tracciato potenziale tra nord e sud Europa. Infine, tra le future scadenze del Corridoio Baltico-Adriatico campeggerà la nomina di un coordinatore, una figura prevista per le analoghe iniziative, tant’è che il Barcellona-Kiev ha l’olandese Laurens Jan Brinkhorst e il Berlino-Palermo l’irlandese Pat Cox, già presidente del Parlamento Ue. L’auspicio è che il coordinatore, oggi una figura di mera mediazione politica, possa invece essere rivestito di poteri e di responsabilità operative, necessari per farsi ascoltare da una così fitta platea di interlocutori nazionali.
Massimo Greco

 

Il ministro Passera: «Strategico per il mercato unico dell’Ue»
 

Alcuni giorni fa l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, aveva obiettato che la logica dei grandi Corridoi europei era ormai sorpassata. Ma il ministro competente per trasporti e infrastrutture del governo Monti, Corrado Passera (foto), la pensa diversamente: «L’Italia considera fondamentale il concetto strategico di Corridoio, senza il quale verrebbe a mancare l’integrazione coordinata delle reti a scapito del mercato unico e dell’Unione». Il nostro Paese, secondo l’ultima mappa preparata dalla Commissione Ue, viene attraversato da ben 4 euroCorridoi: Berlino-Palermo, Genova-Rotterdam, Barcellona-Kiev, Baltico-Adriatico. Tre di questi interessano il Nord Est.

(magr)

 

 

 

 

ASCA.it - MARTEDI', 13 dicembre 2011

 

 

TRIESTE: TONDO, IL RIGASSIFICATORE E' STRATEGICO. NO DEL SINDACO
 

(ASCA) - Trieste, 13 dic - Il rigassificatore di Trieste ''e' strategico''. Lo ha ribadito il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, partecipando ad un convegno della ''Cattedra di San Giusto'', a Trieste. Tondo, in un confronto con il sindaco Roberto Cosolini e la presidente della Provincia, Bassa Poropat, ha evidenziato la necessita' di una seria politica di approvvigionamento energetico. Il sindaco Cosolini, invece, ha confermato ancora una volta tutta la sua contrarieta'. Tra le cose da fare assieme, il sindaco ha comunque indicato un patto per dare una soluzione rigorosa e seria al problema Ferriera e per migliorare le infrastrutture, in particolare quelle a servizio del porto. ''Altre cose, invece, possiamo e dobbiamo farle da soli'', ha aggiunto, parlando della necessita' di valorizzare tre ''materie prime'', quali ''il mare, con il recupero del porto vecchio; il sistema della conoscenza e quindi con la capacita' di caratterizzarsi come citta' della scienza; il patrimonio culturale''. Anche per la presidente della Provincia Bassa Poropat la sfida e' individuare congiuntamente itinerari di sviluppo. E tra essi deve figurare un'accelerazione forte sul fronte della bonifica dei siti inquinati, necessari ad ospitare nuove imprese.
Parallelamente, secondo la presidente dell'Autorita' portuale Monassi, che ha ricordato lo sforzo per creare la piattaforma logistica, quale espansione sul mare delle strutture portuali, occorre anche saper puntare sui giovani. Ai quali pero' occorre offrire piu' stabilita' e meno precarieta'.
''Colgo un clima nuovo - ha commentato il presdente Tondo sull'esito del confronto, aggiungendo di aver registrato il superamento di certe divisioni e la consapevolezza diffusa della necessita' di essere coesi. ''C'e' discontinuita' con il passato - ha rimarcato il vescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, che presiedeva il convegno -, c'e' la volonta' di avviare un percorso di amicizia civile''.
Agenzia di stampa ASCA - fdm/lus/rob
 

 

IL FATTO QUOTIDIANO - MARTEDI', 13 dicembre 2011

 

Il governo elettromagnetico, Legambiente: “Nel decreto sviluppo impennata di emissioni”
 

Nel nuovo documento il governo darà il via libera alla costruzione di 20mila nuovi impianti con emissioni potenziate del 30% per radio e tv e addirittura del 70% per la telefonia mobile
Un governo elettromagnetico quello del presidente del Consiglio Mario Monti. Lo sostengono le associazioni ambientaliste preoccupate per una dichiarazione contenuta nel nuovo Decreto Sviluppo relativa alla legge sull’elettromagnetismo la cui applicazione potrebbe dare il via libera alla costruzione di 20mila nuovi impianti con emissioni potenziate del 30% per radio e tv e addirittura del 70% per la telefonia mobile.
Ispra e Arpa lanciano l’allarme e insieme all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e alle Agenzie regionali per l’Ambiente, si sono schierate contro la bozza di decreto in questione. L’Ispra in un comunicato stampa sottolinea che “questo comporterà un aumento sensibile dei livelli di elettrosmog nelle nostre città, oltre a una maggiore incidenza di cancro nella popolazione”. Legambiente fa notare che l’introduzione di un nuovo metodo di rilevamento basato sul valore di 6 volt per metro nell’arco delle 24 ore e non nell’arco dei 6 minuti come avviene oggi, non solo aumenterà l’esposizione dei cittadini alle radiazioni non ionizzanti, ma renderà anche le tecniche di misurazione più complesse e farraginose.
Le esposizioni della popolazione ai campi elettromagnetici a bassa frequenza sono state classificate dallo IARC (International agency for research on cancer) “possibilmente cancerogeni per l’uomo”. Eppure manca un’informazione adeguata in merito e prima di costruire una cappa di onde elettromagnetiche sopra la nostra testa non sono stati valutati adeguatamente i rischi. Nel 1998, il governo di Romano Prodi ha stabilito uno dei limiti di emissione per le antenne radio-base più bassi al mondo: ben 60 volte inferiore agli standard indicati dall’Icnirp (in italiano Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti), un organismo non governativo, riconosciuto dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e composto da esperti scientifici indipendenti situato in Germania. Uno dei compiti più importanti svolto dall’Icnirp consiste nell’elaborazione di linee guida, basate sui più autorevoli risultati scientifici provenienti da tutto il mondo, che raccomandano quei limiti di esposizione per le grandezze elettromagnetiche che non devono essere superati affinché la popolazione esposta non subisca danni alla salute.
Successivamente, nel 2002, l’allora ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri, fece approvare un decreto che prevedeva la possibilità di innalzare antenne di telefonia cellulare in deroga alle leggi, compreso il piano urbanistico. Così, nonostante esistano risultati chiari in materia di prevenzione dei rischi legati all’elettrosmog comunicati dall’Agenzia per la Ricerca sul Cancro dell’Oms in data 31 maggio 2011, all’Italia, date le decisioni politiche di Prodi prima e di Gasparri poi alle quali si aggiunge la recente posizione permissiva del Governo tecnico, sembra proprio che della salute della sua popolazione non interessi granché.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 dicembre 2011

 

Ferriera, nuovo esposto presentato da No Smog
 

L’associazione dei residenti di Servola si rivolge alla Procura denunciando violazioni e inquinamento
«La qualità dell’aria di Servola è significativamente peggiorata nel 2011 rispetto l’anno precedente. Signor Procuratore Capo della Repubblica, verifichi se le autorità cittadine e regionali hanno adottato qualche misura a tutela della salute pubblica». E’ questo il punto nodale dell’esposto che Alda Sancin, presidente dell’Associazione ambientalista “No smog” ha inviato alla magistratura penale, chiedendone l’intervento. Per rendere più convincente la richiesta l’associazione ha inserito nel proprio documento i dati sulle pm 10 misurati negli ultimi due anni dalle centraline che l’Arpa ha posto in via Carpineto, in via Svevo e in via San Lorenzo. I superamenti giornalieri dei limiti nel primo punto di misura sono passati dai 19 del 2010 ai 44 del 2011. Altrettanto è accaduto in via Svevo, dove dai 14 superamenti del 2010 si è arrivati ai 35 del 2011. I dati più preoccupanti arrivano dalla centralina di via San Lorenzo, posta a ridosso dalla cokeria. Nel 2010 gli sforamenti delle pm 10 erano stati 54, mentre nel 2011 ne sono stati già misurati ben 84. «Dal confronto dei dati- si legge nell’esposto presentato alla Procura - risulta evidente un significativo peggioramento della qualità dell’aria per quanto attiene le pm 10. Si fa presente che il dato potrebbe ulteriormente aggravarsi nei giorni che mancano alla conclusione dell’anno». Secondo la legge nei 12 mesi sono ammessi non più di 35 “sforamenti” delle pm 10: quindi la situazione in cui sono costretti oggi a vivere gli abitanti dei rioni adiacenti alla Ferriera, è già al di là dei parametri previsti a livello igienico - sanitario». Sull’annoso problema delle emissioni, già sfociato in passato ad opera del pm Federico Frezza in numerosi sequestri degli impianti dello stabilimento siderurgico e in processi ai dirigenti del Gruppo Lucchini, è intervenuto ieri il medico Sergio Lupieri, vice presidente della Commissione regionale sanità. L’esponente del Partito democratico cita “l'andamento negativo delle pm 10 e del benzene” e lo attribuisce “alla conduzione o al malfunzionamento dei singoli impianti dello stabilimento della Lucchini, da parte della quale non è pervenuta tuttavia all’Azienda sanitaria alcuna comunicazione in merito”. “Le considerazioni sui rischi per la salute umana e per l'ambiente conseguenti ad inquinanti come il benzene, le polveri e l’Ipa, sono stati ampiamente dimostrati» scrive Lupieri e cita espressamente “come l'esposizione a più inquinanti rappresenta un fattore cumulativo di rischio; in letteratura è ben documentato un effetto moltiplicativo per quanto riguarda gli effetti a lungo termine tra agenti irritanti e cancerogeni». Il consigliere regionale invita le Autorità “a valutare l'adozione di ogni azione utile a salvaguardia della salute pubblica” e afferma che “è la Regione che deve richiamare l'applicazione delle sanzioni previste, pena l’ omissione di atti di ufficio”. Secondo la gravità delle infrazioni alla legge, sono previste la diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità; ma anche la diffida con la contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, fino alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni.
Claudio Ernè

 

 

Centro sul filo della chiusura per gli sforamenti di Pm10
 

L’assessore Laureni ha già pronta l’ordinanza da far firmare al sindaco ma prima vuole esaminare i dati del week-end. «Cerco di limitare i disagi»
Umberto Laureni e Roberto Cosolini alla Pippo Inzaghi. Pronti (da giorni ormai) a scattare sul filo del fuorigioco. La situazione impone loro di stare sul “chi va là”, anche se l’allungo in profondità non è scontato. E loro lo eviterebbero volentieri, con il conforto di dati tranquillizzanti. Niente calcio, no. Il campo ospita qualcosa di ben più pesante e rilevante: la qualità dell’aria che si respira in città. Il tema è quello degli sforamenti delle Pm10, considerato che la settimana scorsa i livelli da allarme si erano ripetuti per tre giorni consecutivi (con relativo superamento del limite di 50 microgrammi per metrocubo ma non constestualmente in tre stazioni di rilevamento) fino al cambiamento meteorologico che in extremis ha spazzato via il fantasma del provvedimento di chiusura al traffico del centro cittadino. Ma il rischio può ripresentarsi. E non è escluso che il Comune sia costretto a intervenire nel prossimo futuro, con apposita ordinanza a firma del sindaco per tamponare il possibile protrarsi del problema polveri sottili. «Stiamo seguendo i dati giorno per giorno - conferma l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni -. Se dopo i superamenti sparsi nei giorni scorsi, sapevamo che il tempo sarebbe cambiato come poi avvenuto, ora vediamo. La domanda è la stessa: ha senso provocare dei disagi se il giorno successivo i livelli non sono confermati? Peraltro in questo periodo, poi, in prossimità delle festività». Nell’ultima settimana, gli sforamenti sono stati registrati in un’occasione nella centralina di via Tor Bandena e in un’altra in quella di via Carpineto. «Perché si arrivi all’ordinanza - continua Laureni - devono avvenire consecutivamente per tre giorni di fila (ne basta anche uno se la media oltrepassa quota 70, ndr) e contestualmente in tre diverse stazioni di rilevamento. Il tutto va poi certificato dall’Arpa». Dati alla mano, per l’assessore, «il traffico è una grossa componente» come causa dell’incremento di inquinanti nell’aria. «Lo confermano - aggiunge - i valori dell’ossido di azoto, segnale della combustione generata dai motori a scoppio». Per il momento, i singoli superamenti hanno un «significato locale, è difficile cioè pensare di associare questa condizione a tutta la città. L’ordinanza è stata comunque già preparata - continua l’esponente della giunta Cosolini -. Lunedì (oggi, ndr) prenderemo in mano la situazione, con i dati ufficiali di sabato e domenica. Le previsioni dell’Osmer dicono in ogni caso che le condizioni di inquinamento dovrebbero migliorare». Dettaglio che andrebbe a scongiurare il pericolo di eventuali limitazioni alla circolazione veicolare per la settimana che va a iniziare. Sempre in tema di sforamenti, Laureni torna infine sulla questione Ferriera: «Il superamento degli standard di legge, in più di 35 occasioni quest’anno, delle Pm10 in via Carpineto non può passare sotto silenzio. Dovrò confrontarmi - ribadisce - con i vertici locali dell’azienda su alcune richieste tecniche precise per conciliare salute e lavoro». A proposito, l’altro incontro, poi slittato, fra il sindaco Roberto Cosolini e la Lucchini potrebbe tenersi giovedì.
Matteo Unterweger

 

 

Quell’ultimo treno da Trieste a Budapest
 

Trenitalia sopprime il collegamento tra Venezia e la capitale ungherese Da ieri non c’è più il diretto che arrivava fino al cuore dell’Europa
Un PERCORSO tra i confini Undici ore durante la notte passando attraverso Slovenia, Croazia e Ungheria, tra silenzi e paesaggi deserti
INVIATO A BUDAPEST L’ultimo treno per Budapest arriva in orario alla stazione di Opicina. Sono le 23.30, e sono solo sotto la pensilina illuminata al neon. L’Euronight, nato due ore fa a Venezia per andare a finire la sua corsa nella capitale ungherese, si annuncia con i fari in lento avvicinamento, e si ferma davanti a me come se facesse uno sforzo. Questo è il suo ultimo viaggio, l’ultima volta che il treno della Máv, Magyar Allami Vasutak, la ferrovia statale ungherese, collegherà direttamente Trieste a Budapest. È anche l’ultimo convoglio diretto fra l’Italia e i Paesi dell’Est Europa, e rappresenta la fine di quella strada ferrata che dalla metà dell’Ottocento ha legato il cuore dell’ex impero asburgico alle province del sud. Trenitalia e Máv non hanno trovato un accordo commerciale su come proseguire la collaborazione, così dall’11 dicembre l’Euronight Venezia-Budapest non esiste più. Stanotte il treno collegherà per l’ultima volta Trieste alla regina del Danubio, passando attraverso Lubiana e Zagabria, seguendo in parte il tracciato dell’antica Südbhan, e il corso di una storia che ha legato queste terre prima di dividerle per poi unirle di nuovo sotto le insegne di Eurolandia. Prendo il bagaglio e mi avvio verso la carrozza letto, mentre sulla pensilina compare il cuccettista delle Máv, un ragazzo pallido dall’atteggiamento compreso che chiamerò Ferenc. Gli consegno il biglietto, e Ferenc mi accompagna allo scompartimento in un silenzio quasi assoluto. Percorro il corridoio con le tendine damascate mentre fuori iniziano le operazioni del cambio di locomotore e personale di macchina. Gli italiani lasciano il posto agli sloveni, le rispettive locomotive vengono una sganciata, l’altra agganciata. Operazione che si ripeterà altre due volte nel corso del viaggio, perché se il treno è ungherese, locomotori e personale di macchina hanno le insegne della nazione attraversata. Ferenc apre la porta dello scompartimento e mi fa accomodare. «Mi raccomando, si chiuda dentro», dice in perfetto inglese. Fa per andarsene lungo il corridoio deserto, poi si ferma e aggiunge: «Alle 3.30 ci sarà il controllo della polizia slovena, busseranno alla porta». Poco male, penso, nell’illusione che quella sarà l’unica interruzione della notte. Il cuccettista ungherese chiede cosa desidero per colazione domani mattina, tè, latte o caffè. Rispondo che il caffè andrà benissimo. Resto solo, preparo il letto e dò un’occhiata fuori. I macchinisti di Trenitalia si avviano nle buio verso il furgone che li riporterà a Venezia. Sono le 23.48, un fischio annuncia la partenza, e il treno si mette in marcia. Fra meno di mezz’ora, a Sesana, la prima fermata. Trenta minuti dopo tocca a Pvika, già San Pietro del Carso, poi Postumia. Il treno corre nella notte, le otto carrozze del convoglio sembrano deserte, tutti dormono, le cabine letto sono chiuse, le cuccette hanno le tendine tirate, il vagone ristorante è deserto. A parte lo sferragliare del treno in corsa il silenzio è assoluto, dentro e fuori, anche durante le soste. Sarà un viaggio silente, ovattato, e non solo di notte. Il convoglio sembra attraversare uno spazio dimenticato, sospeso nel tempo, lungo una teoria di stazioni, campi, villaggi, periferie, dove chissà perché i rumori non hanno presa. Mi infilo tra le coperte e scivolo nel sonno mentre il treno punta al cuore della Slovenia. Sto sognando qualcosa quando sento bussare con forza alla porta. Sono le 3.30 in punto, è il controllo documenti. Apro e senza alzarmi allungo la carta d’identità a un poliziotto corpulento dall’aria diffidente. Guardo fuori dal finestrino e un’insegna luminosa dice che siamo a Dobova, villaggio al confine con la Croazia, nella pianura alluvionale della Sava. Mi alzo, mi vesto ed esco nel corridoio. Quasi tutti gli altri divisori sono aperti e vuoti. Il poliziotto che ha esaminato il documento sembra svanito nel nulla. Piccole scosse sul convoglio indicano il cambio di locomotiva, tocca alle ferrovie croate. Rientro, mi corico, ma alle 4.20 bussano di nuovo. Stavolta è la polizia croata, siamo a Zagabria, ed è in atto un nuovo cambio di locomotore. Provo a riaddormentarmi, ma alle 6.15 qualcuno picchia alla porta. Ancora la polizia croata. È l’effetto buco-di-Shengen. Siccome la Croazia non è ancora a pieno regime nell’Unione europea, mentre Slovenia e Ungheria sì, a me cittadino d’Europa tocca sottostare a un doppio controllo doganale. Mi alzo in mutande, apro e mi trovo davanti una poliziotta bionda e burrosa con il volto e l’espressione di una bambola Pigotta. Mi chiede in italiano cosa ho da dichiarare. Deduco che siamo a Koprivnica, sulle sponde della Drava, al confine con l’Ungheria. E infatti nemmeno un quarto d’ora dopo ecco la visita degli agenti e doganieri ungheresi, li riconosco dal colbacco. Salgono alla stazione di Gyékényes, villaggio dell’Ungheria centro-occidentale. Anche loro dopo i controlli spariscono nella notte, mentre locomotore e macchinisti croati lasciano il posto ai colleghi ungheresi. Devo essermi addormentato perché quando riapro gli occhi, poco dopo le 7, un pallido sole sta sorgendo sulle brume della Pianura Pannonica, con i suoi alberi carichi di vischio e i campi estesi a perdita d’occhio. Mi avvio verso la carrozza ristorante. C’è solo una donna seduta a uno dei tavolini con le tovaglie amaranto e i fiori bianchi freschi, lo sguardo perso oltre il finestrino, in una decadente visione da Orient Express. Nell’angolo in fondo individuo invece il cuccettista Ferenc, in maniche di camicia, che fa colazione con bistecca e patate fritte. Ordino un caffè al cameriere. Ferenc se ne accorge, si alza, si avvicina e con tono di rimprovero dice che fra poco mi porterà la colazione. Questi italiani che non stanno mai alle regole, aggiunge col pensiero. Tornando indietro incrocio due giovani e allegre turiste portoghesi, Sofia e Teresa: festeggiano la specializzazione in medicina appena guadagnata girando le capitali d’Europa. Sono più sorprese che stonate dalla veglia, non si aspettavano tanti controlli notturni. «Ma non siamo in Europa?», chiedono, ricordando che il massimo di frontiera di cui hanno esperienza è quella tra Portogallo e Spagna. E, a proposito di ultimi treni, spiegano che quando in Portogallo hanno abolito la storica tratta per la galiziana Vigo «c’è stata una vera rivolta popolare». Mentre torno allo scompartimento stiamo correndo lungo la sponda meridionale del lago Balaton, le cui immobili acque grigie sfilano oltre il finestrino. Passiamo Fonyod, Balatonboglar, Balatontelle, Siofok. Questa è la Rimini degli ungheresi, d’estate è il posto più affollato del Paese, e le casette-vacanza in costruzione lungo la riva con i vari “Hotel Beach” in successione, i parchi giochi e le barche a vela in secca danno un’idea precisa di come stia crescendo la versione magiara delle tante Bengodi mediterranee. Superata Székesfehérvár, la Città dei re, il Danubio compare sulla destra annunciando la periferia di Budapest. Alle 10.25, in ritardo di venticinque minuti, il treno entra in stazione. Undici ore partendo da Trieste, una durata d’altri tempi. Mentre scendo vorrei dire a qualcuno che questo è stato l’ultimo viaggio lungo una strada ferrata che, pur tra mille varianti, ha segnato due secoli di storia europea. Ma nessuno mi dà bada, ognuno va per conto suo verso l’uscita. (Si ringrazia Giorgio Grisilla del Museo ferroviario di Trieste
Pietro Spirito

 

 

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 dicembre 2011

 

 

Trenitalia cancella il notturno per Lecce
 

Il nuovo orario in vigore da mezzanotte, un’Odissea andare in Puglia da Trieste. Allungato a Torino il convoglio delle 6.35
TRIESTE “Ultimo treno della notte”, intitolava un film diretto da Marco Lado, risalente al 1975, interpretato, tra gli altri, da Flavio Bucci, Enrico Maria Salerno, Macha Meril. Pellicola violenta, non certo indimenticabile, venne girata a Verona. Adesso anche Trieste ha il suo ultimo treno della notte, era quello che andava a Lecce. Alla fine è accaduto quello che si paventava, Trenitalia ha confermato il collegamento notturno con la Capitale ma per la Puglia non ci sono stati salvifici colpi di scena e così ieri sera alle 19.46 vibrante saluto al triste binario. Per i numerosi oriundi e discendenti pugliesi, che vivono a Trieste, non sarà, dal punto di vista ferroviario, un lieto Natale. Perchè l’alternativa, con il nuovo orario scattato alla mezzanotte ma già inserito ieri mattina nelle bacheche di Trieste Centrale, si fa veramente triste per il viaggiatore destinato al sud-est della Penisola: l’InterCity Notte 778, che giungeva nella Firenze del Salento alle 9 del giorno seguente, viene indirettamente sostituito da combinazioni di convogli di cui cercheremo di dare faticosa contezza. I viaggi saranno comunque più lunghi, più costosi e occorrerà sempre prendere più treni. L’opzione consigliata da Trenitalia è la seguente: il viaggiatore parte da Trieste Centrale alle 17.44 con un “regionale veloce” e arriva a Mestre alle 19.37; da Mestre riparte alle 20.09 con un “regionale veloce” e raggiunge Bologna Centrale alle 21.48; nella città emiliana aspetta fino alle 23.05, dopodichè si accomoda sull’InterCityNotte 755 (dove può dormire) che lo recapiterà a Lecce alle 8.30. Se con il compianto InterCity il nostro passeggero impiegava poco più di 13 ore senza cambiare treno, da stasera di ore gliene occorrono 14 e 46 minuti, deve trasbordare a Mestre e a Bologna con relative attese. Prima spendeva, con cuccetta C4 “comfort”, 86.60 euro, da stasera dovrà scucire una decina di euro ulteriori. Altra opzione indicata ma non consigliata: l’affezionato cliente di Trenitalia sale sull’InterCityNotte 772 (dove può dormire), che parte da Trieste Centrale alle 21.54 per giungere a Roma Termini alle 6.20 del giorno dopo; dall’Urbe muoverà alle 8.45 con un “Frecciargento” che approderà a Lecce alle 14.15, per un totale di 16 ore 21 minuti. Abbiamo limitato il “range” delle proposte a quelle, diciamo così, più percorribili. Trenitalia ha cercato di edulcorare l’amara pillola scrivendo che con gli “hub” di Roma e di Bologna si limita il disagio, che comunque i servizi-notte erano ormai fuori mercato, che i corrispettivi pubblici erano inadeguati. In tema di lunghe percorrenze, il viaggiatore triestino avrà una modesta consolazione con il prolungamento fino a Torino Porta Nuova del “Frecciabianca” (ex EurostarCity) per Milano Centrale delle 6.35. Per quanto concerne il Nord Est su rotaia, le novità Trenitalia sono invece numerose sul versante veneziano: sei “Frecciargento” in più da/per Roma, di cui tre mattutine, una all’ora di pranzo, due nel meriggio. Tre nuove corse collegheranno Venezia con Torino e Milano (compresa quella triestina di cui sopra). Laguna sempre nel cuore delle Fs con i servizi internazionali: ribadita la Venezia-Milano-Parigi con “Thello”, a cura di TvT, la società italo-francese costituita da Trenitalia e da Veolia, con il trasparente proposito di dare noia alla Sncf alleata della Ntv (Montezemolo, Sciarrone, Della Valle, Generali, ecc.) sulle rotte ad alta velocità. Torniamo, infine, alla situazione dei “treni-notte”, il cui drastico ridimensionamento determina una pesante ricaduta occupazionale con il venir meno di 800 posti di lavoro. Forte la protesta sindacale nelle maggiori stazioni ferroviarie nazionali, dalla Centrale milanese alla torinese Porta Nuova, fino alla romana Termini. Presidio davanti alla direzione delle Fs in piazza Croce Rossa, dove è situato anche il ministero dei Trasporti. Una lettera è stata consegnata, da parte di una delegazione di lavoratori, al presidente della Repubblica Napolitano.
Massimo Greco

 

 

SEGNALAZIONI - TRAFFICO - Chi urla ha ragione

 

Le recenti notizie anticipate da Il Piccolo di domenica 27 novembre u.s. e inerenti al piano del traffico, denotano la volontà, da parte dell’amministrazione comunale di creare delle nuove zone pedonali. La cosa non ci dispiace affatto ma non riusciamo, ad esempio a comprendere i criteri che stanno alla base delle scelte delle zone. Tanto per cambiare, notiamo che a distanza di quasi dieci anni dal voto favorevole del consiglio comunale in merito alla pedonalizzazione della Via XXX Ottobre, la stessa continua a essere ignorata. Per contro viene indicata la parte alta di via Torrebianca... Recentemente, dopo la conclusione dei lavori in via Gallina, i negozianti del posto hanno indetto un’assemblea stradale per richiedere la pedonalizzazione. Il sindaco Cosolini, intervenuto, dichiarò che non era certamente quello il modo più corretto per ottenere quanto richiesto e spiegò come si doveva agire. Tutto è stato fatto come suggerito? Forse... Di certo la via Gallina risulta inserita tra le vie che verranno chiuse al traffico. Ancora una volta, dunque, chi urla ha ragione. Chi invece, da quasi dieci anni attende che il Comune attui un voto del Consiglio comunale, massima assemblea democratica a rappresentativo cittadina, viene beffato. Ignorato. Ci potrebbe dire il sindaco Cosolini, quali sono le intenzioni della sua giunta in merito alla via XXX Ottobre? Se vuole, organizziamo anche noi, per farci ascoltare, delle assemblee stradali. Anzi ne organizziamo di più, una al giorno. Chissà che non si trovi una via per un iter veloce che non duri altri dieci anni.

Silvano Brainik - Seguono 95 firme

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 dicembre 2011

 

 

Chi ripristinerà i pastini divelti nella valle del Rio Martesin? - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Ho letto con grande soddisfazione l’articolo relativo alla legge sull’”intoccabilità” dei pastini... era ora! Sperando che non ci siano i solito si-ma-però di tante normative italiane, molti siti minacciati dai compassi e dai righelli dei progettisti potranno dunque dormire sonni tranquilli, com’è giusto che sia! Allo stesso tempo però mi chiedo, proprio riferendomi alla zona più volte richiamata dall’articolo e che bene o male è stata all’origine della disputa in questione, ossia la valle del Rio Martesin, che cosa preveda codesta nuova salvaguardia per le zone che non solo siano state minacciate, ma anche già colpite e semidistruttre – come nel caso citato – da iniziative edilizie avviate in seguito a disinvolte concessioni comunali pregresse, né bloccate in seguito dal Tar, cui era stato fatto appello. È passato quasi un anno da quel 24 dicembre in cui il Consiglio di Stato – il che vuol dire Roma – si ergeva a protettore di un nostro ambiente naturale di pregio già condannato dalle locali autorità, obbligando le due società edilizie, guarda caso romane, a sospendere i lavori che sì, forse negli anni a venire sarebbero stati di edificazione, ma che fino allora erano stati di semplice distruzione, con caratteri che non esiterei a definire vandalici: orti, zone private e boschive intaccate o minacciate da vicino, una legge sulla tutela dei corsi d’acqua non rispettata, il torrente Carbonara intasato – ancora oggi – da rifiuti e scarti edilizi ingombranti che guai una malaugurata piena, un antico ponte semidemolito e privato della sua funzione primaria ed ovvia di far passare gente e veicoli che solo per di là possono farlo, una casa d’epoca abbattuta, invasive tracce di codesta preliminare attività edilizia, chimiamoa così, lasciate non solo sui pastini ma in ogni dove, tanto da far distogliere lo sguardo con tristezza all’ignaro viandante e da far piangere il cuore a chi per qualche motivo, recente o remoto, a quei posti sia affezionato. Con ciò che mi resta dell’ingenua ma schietta semplicità della mia trascorsa giovinezza, mi chiedo quindi una sola cosa: “Ma cavolo, chi lo pagherà, questo danno?” Coloro che hanno concesso l’edificabilità della zona? Chi l’ha avviata e portata avanti in modo tanto barbaro? Chi non l’ha bloccata quando era ancora in tempo per poter evitare danni maggiori? E per pagare il danno, si badi bene, non intendo nulla di tanto punitivo, nulla di vendicativo... semplicemente l’impegno a far si che questa zona martoriata venga quanto prima rimessa in sesto e ripristinata almeno simile a com’era, rimediando a uno scempio di cui non mi è noto alcun altro caso somigliante e paragonabile.

Livio Crovatto
 

 

Primi cinghiali ad Aquilinia Longo: meglio catturarli
 

Gli avvistamenti fra le case della frazione e nella boscaglia dell’ex raffineria Aquila L’assessore comunale all’Ambiente contrario all’abbattimento dei selvatici
MUGGIA «Non se si possa parlare ancora di emergenza ma di sicuro la questione deve essere affrontata per tempo”. Fabio Longo, assessore all'Ambiente del Comune di Muggia, analizza la situazione dell'avvistamento di cinghiali fra le case dell’abitato di Aquilinia. Un gruppo di selvatici è stato notato più volte aggirarsi vicino al centro abitato e anche nell'area dell'ex Aquila, dove da anni anche una folta comunità di caprioli si aggira indisturbata nella boscaglia selvaggia cresciuta fra i resti arrugginiti della ex raffineria. Fatto abbastanza insolito in quanto i cinghiali a Muggia non si sono mai avvicinati tanto alle zone residenziali. In realtà il fenomeno dell’espansione verso il territorio orientale della provincia triestina era stato preannunciato da parte del vicepresidente della Provincia Igor Dolenc che però nello specifico aveva parlato più che altro del territorio di San Dorligo della Valle. «A brevissimo mi confronterò con il vicepresidente Dolenc sulla questione visto che indubbiamente lui conosce meglio la materia», ha aggiunto l'assessore Longo il quale ha però subito messo in chiaro il possibile futuro degli animali. «Se fossimo davanti all'inizio di una proliferazione di cinghiali non sarei d'accordo sul loro abbattimento: meglio catturarli e trasportali altrove». Resta il fatto che Aquilinia è attraversata dalla provinciale che collega Muggia a Trieste, un’arteria a d altissima densità di traffico. Da un lato l’area inselvatichita dell’Aquila, dall’altro i boschi che circondano Aquilinia e Monte d’Oro: se i cinghiali cominciassero ad attraversare la strada, soprattutto di notte, il pericolo sarebbe davvero elevato per le auto ma soprattutto per i motociclisti. Sulla questione è intervenuto anche il consigliere comunale del Pdl, Christian Gretti che ha richiesto la collaborazione con un altro ente: «Bisogna capire se siamo di fronte ad un caso sporadico oppure no, fermo restando che il Comune dovrebbe intessere una proficua collaborazione con la Forestale per monitorare la situazione».
Riccardo Tosques

 

 

Venti di pace a Trieste - Dibattiti e musica per celebrare la Giornata dei diritti umani
 

Doppio appuntamento oggi, alle 15 in Consiglio comunale e alle 19 al teatro Basaglia, con la Tavola interconfinaria per la pace, per celebrare la Giornata dei diritti umani. La Tavola per la Pace è nata quattro anni fa al concerto per la pace di Sgonico ed è proseguita a Dolina, a Buie in Croazia e a Capodistria in Slovenia sulla base della Carta d’intenti sottoscritta all’arrivo, nel 2009, della Marcia mondiale per la pace. «In questi mesi sono state intraprese numerose iniziative – ha ricordato ieri il vicesindaco, Fabiana Martini – come la Marcia di Assisi, l’European peace walk, un cammino per cementare l'amicizia fra i popoli. Inoltre è in programma la Marcia a piedi e in bici da Dresda a Trieste, dove si arriverà nel 2014, centenario dell'inizio della prima guerra mondiale. Oggi – ha aggiunto la Martini – è importante fare rete e non solo fra enti e istituzioni, sempre nel segno della pace». Roberta Tarlao, assessore provinciale con delega per la pace, dopo aver evidenziato che «anche la Provincia ha aderito alla marcia di Assisi», ha sottolineato che «lo sforzo delle istituzioni va fatto soprattutto fra i giovani per diffondere il valore della pace. Esistono tanti tasselli che vanno messi in un quadro complessivo – ha proseguito - con il contributo di tutti per favorire la pace nel mondo facendo rete. Il 21 settembre 2012 parteciperemo alla Giornata mondiale per la pace». Infine Luciano Ferluga, del Comitato Danilo Dolci, ha rammentato che «fin dagli anni '60 è iniziato un percorso destinato a favorire l'armonia fra i popoli, per garantire la pace e l'amicizia fra le genti», mentre Alessandro Capuzzo della Tavola per la pace ha denunciato il fatto che «quello di Trieste è un porto di transito di armi, anche nucleari. Bisogna che le istituzioni ne prendano atto e agiscano per modificare questa situazione”. Oggi alle 15 in Municipio avrà luogo il primo incontro cittadino della Tavola interconfinaria per la pace fra enti locali croati, sloveni e italiani. Alle 19 la giornata proseguirà al teatro Basaglia con la serata intitolata “Musica senza confini”, ispirata al concerto diretto dal maestro Muti al cospetto dei tre presidenti in piazza dell’Unità d’Italia.

(u. s.)
 

 

I prodotti a km zero con “Terra Amica” - APPUNTAMENTI DI NATALE
 

MUGGIA Entrano nel vivo gli appuntamenti del Natale a Muggia. Domani, oltre al tradizionale mercatino delle pulci che si tiene tradizionalmente in piazza della Repubblica (dalle 9 alle 19), in via Tonello e dintorni si si svolgerà anche “Terra amica”, mercato degli agricoltori locali. Anche a Muggia arriva dunque il prodotto a «chilometri zero». Concerto sotto l’albero alle 11 in piazza Marconi dove si esibirà la Filarmonica di Santa Barbara mentre alle 17, al teatro Verdi, l’associazione “Persemprefioi” metterà in scena "Simba... ticamente”, spettacolo ispirato a favole disneyane. la carrellata di eventi è stata illustrata dal vicesindaco e assessore alla cultura, Laura Marzi, la quale ha sottolineato il prezioso lavoro svolto dagli uffici comunali e l’ottimo risultato ottenuto grazie anche alla collaborazione con le diverse associazioni che hanno contribuito alla realizzazione di questo ricco calendario. Grande soddisfazione espressa anche dall’assessore al Commercio, Turismo, Grandi eventi, Promozione della citta', Stefano Decolle: «Il programma ricalca la consolidata tradizione natalizia che ha già dato ottimi riscontri, ma quest’anno è stato introdotto anche qualche arricchimento come, per esempio, il mercato degli agricoltori “Terra amica”. Buona la collaborazione, oltreché con le associazioni, anche con i commercianti coi quali si sono trovate le giuste sinergie. Un impegno partecipato per creare degli appuntamenti che, specie nel periodo delle feste, siano anche momento di aggregazione e condivisione». Il capo servizio dell’ufficio Cultura e Promozione della città, Barbara Negrisin, collegandosi e condividendo quanto già detto, ha evidenziato come un ruolo importante sia ricoperto anche dalla promozione turistica che attraverso questi appuntamenti potrà giovare di eco anche oltre i confini nazionali ed europei. Il calendario offre una ricca programmazione di più di trenta appuntamenti creati in collaborazione con le diverse associazioni del territorio e con altre quali l’Associazione “Nord-Est” di Trieste e l’ Associazione Interculturale Etnoblog. Significativa anche la collaborazione con l’Associazione degli Sloveni del Comune di Muggia e l’Unione dei Circoli Culturali Sloveni.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 dicembre 2011

 

 

«Orari integrati tra bus e treni» - MOBILITÀ - La proposta dei pendolari per migliorare il trasporto regionale
 

TRIESTE Orari integrati treno–corriera per promuovere al meglio il trasporto pubblico locale. È il nuovo appello che il Comitato spontaneo dei pendolari del Friuli Venezia Giulia lancia alle compagnie regionali di trasporto su gomma e rotaia, affinché predispongano una proposta di banca dati oraria della loro offerta commerciale. «Tutto deriva – spiega il portavoce del Comitato Marco Chiandoni - dall’offerta frammentaria del trasporto regionale: per esempio, se voglio andare a Trieste utilizzando un mezzo pubblico, per prima cosa consulto il sito di Trenitalia, perché so che Udine e Trieste sono collegate dalla ferrovia, ma non ho la possibilità di sapere, in un’unica ricerca, l’offerta del trasporto pubblico locale su questa tratta, tantomeno i prezzi». Da qui la proposta: «Sarebbe auspicabile organizzare una banca dati regionale – riprende Chiandoni - che raccolga i dati degli orari e delle tariffe delle aziende del trasporto su gomma provinciale e quelli di Trenitalia: questo strumento dovrebbe essere in grado di fornire in dettaglio tutte le soluzioni possibili per spostarsi da un punto all'altro della regione». Gli orari integrati permetterebbero di facilitare il trasporto dei pendolari per diversi motivi, motivi che Chiandoni elenca uno ad uno: «Comparazione immediata delle offerte tariffarie per una stessa tratta; possibilità d’integrazione intermodale per raggiungere tratte servite in parte dalla gomma, in parte dal ferro; possibilità di conoscere una più ampia offerta di orari; iniziare un percorso di tariffazione integrata gomma-rotaia facoltativo e potenziare, infine, l’offerta turistica, sia per i residenti sia per i turisti che desiderano visitare il Friuli Venezia Giulia avvalendosi del trasporto pubblico». E ancora, spiega Chiandoni, la banca dati potrebbe garantire maggiore stabilità ai pendolari, spesso costretti a lasciare i luoghi di residenza per motivi di lavoro, perché privi di mezzi pubblici adeguati. «Per quanto i tempi di percorrenza media di un treno siano più concorrenziali rispetto al trasporto su gomma, quest'ultimo è ampiamente finanziato e consente di viaggiare a prezzi vantaggiosi. I clienti dovrebbero dunque avere la possibilità di scegliere - chiosa - considerando anche la possibilità di istituire delle stazioni intermodali per raggiungere tratte servite in parte dalla corriera in parte dal treno».

Elena Placitelli
 

La Tav, lusso che Fvg e Slovenia non possono permettersi - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Nell’intervista rilasciata dall'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Moretti lo scorso aprile al direttore del Piccolo, finalmente con estrema chiarezza e senza nessuna reticenza il massimo responsabile delle Ferrovie italiane ha detto quello che ogni persona di buon senso aveva già capito da tempo: nella nostra regione ed in Slovenia la Tav non sarà realizzata perché il complessivo bacino di utenza dell'area non può permettersi una costosa ferrovia di mercato come quella ad Alta velocità. Se i treni a velocità normale viaggiassero però puntuali e fossero confortevoli, puliti e frequenti la questione della mancata realizzazione della Tav non sarebbe poi così importante. Moretti bacchettava anche gli austriaci perché non stanno rimuovendo sulla loro rete una serie di blocchi che penalizzerebbero, a suo dire, la nuova linea ferroviaria della Pontebbana per questo nettamente poco utilizzata. Peccato che Moretti non avesse speso una parola sul fatto che le Ferrovie austriache lamentano da tempo che in seguito alla inspiegabile soppressione di Trenitalia della linea Venezia-Udine-Vienna, una linea attiva economicamente secondo gli austriaci e per loro molto importante, chiedendo di offrire il servizio con i loro treni, abbiano ricevuto la risposta da Trenitalia che avrebbero dovuto pagare un pedaggio 2/3 volte superiore alla tariffa normale. Per questo è stato istituito poi l'attuale servizio pullman tra Udine e Villach. In conclusione gli utenti regionali sono ostaggio di Trenitalia e devono sopportare un pessimo servizio. Moretti invoca il mercato, ma nei fatti non vuole che un altro gestore venga in casa sua. La Regione FVG invece di continuare ad intervenire con soldi del contribuente per garantire un servizio ferroviario che Trenitalia non è in grado di fornire adeguatamente in una Regione della quale non gliene importa nulla dovrebbe pretendere che Trenitalia si ritiri dalla gestione del servizio in Regione. Stabilisca pure il suo capolinea per il Nord Est a Venezia, nei fatti è già così e la Regione chieda di entrare nel capitale di OBB Italia e proponga a loro di gestire tutto il trasporto su rotaia nel FVG. Il recente ingresso delle ferrovie austriache in Porto a Trieste potrebbe essere del resto un anticipo per questa direzione. Moretti avrebbe anche dovuto dire perché da Trieste se si vuole raggiungere in treno Monaco, consultando l'orario online, dobbiamo farlo via Mestre e Verona quando da Villach ci sono comodi treni ogni giorno per la città bavarese. Un torinese che deve andare a Lione, Trenitalia non lo obbliga ad andarci via Genova-Marsiglia ed un milanese che deve andare a Zurigo non lo obbliga a viaggiare via Innsbruch-Bregenz. Perché un triestino deve subire invece un simile trattamento? Perché, risponderebbe probabilmente Moretti, a Trieste e dintorni non c'è un mercato per tenere in piedi un simile collegamento, forse ha ragione, ma proviamo a vedere se qualche altro gestore più determinato ed interessato verso il nostro territorio riesce a crearlo quel mercato. Qui non si tratta di essere contro Trenitalia o di avere vecchie ridicole ed insensate nostalgie, ma di invocare per legittima difesa nell'Europa della libera circolazione di persone e merci quel mercato tanto caro ora all'ex sindacalista della Cgil.

Luciano Delmarco
 

Manca il numero legale salta legge anti-emissioni
 

La norma bipartisan sul benzopirene, pensato per la Ferriera, slitta al 2012 In Consiglio è scaricabarile. Tononi: «Rosolen non c’era». Camber: «Noi da soli»
TRIESTE I consiglieri non sono presenti in aula e salta la legge per bloccare l’inquinamento della Ferriera. Il caso scoppia in queste ore ma risale a qualche giorno fa, durante l’ultima seduta del Consiglio in piazza Oberdan. In programma, dopo il voto sul riassetto di Agemont e Promotur, tra gli altri provvedimenti era stata inserita anche la norma regionale che limita le emissioni di benzopirene nell’aria. Un provvedimento bipartisan, pensato appositamente per lo stabilimento siderurgico di Servola. Ma alle 18 il Consiglio decide che per quel giorno può bastare. Il presidente Maurizio Franz, tra il fuggi fuggi generale, è costretto a verificare il numero dei presenti: troppo pochi, manca il numero legale per proseguire. E chiude tutto. Era martedì 6 dicembre, Trieste festeggiava San Nicolò. Ecco il regalo che il Palazzo ha ben pensato di lasciare alla città. Un pacco beffa da tenere sotto l’albero: la norma dovrà slittare al 2012, nelle prossime settimane ci sarà la Finanziaria a occupare la scena. Una brutta pagina della politica, secondo gli esponenti del Pdl triestino – Piero Tononi, Piero Camber, Maurizio Bucci e Bruno Marini – firmatari del testo assieme a Sergio Lupieri del Pd. Che prima lamentano «l’impossibilità di votare la legge sui contenimenti delle emissioni», poi puntano il dito sulla collega del Gruppo Misto Alessia Rosolen. Nemmeno lei era in aula. Circostanza che i quattro del Pdl giudicano grave: l’ex assessore al Lavoro, silurata dalla giunta dopo aver aderito a Un’Altra Trieste di Franco Bandelli, era una delle relatrici. Tuttavia, a quanto pare, lo stop dei lavori in anticipo sarebbe stato concordato. Nel pomeriggio, in Stazione Marittima, si stava svolgendo in contemporanea il congresso regionale del Fli, a cui ha partecipato Gianfranco Fini. Rosolen fa chiarezza: «Quando ci sono riunioni di partito, a qualsiasi livello istituzionale si dà la possibilità di sospendere le sedute. E così è stato deciso, tant’è che Paolo Ciani, consigliere del Fli, aveva diffuso una lettera per informare il Consiglio dell’evento. E i capigruppo avevano accettato. Non a caso il venerdì prima – spiega l’esponente di Un’Altra Trieste – il capogruppo del Pdl Daniele Galasso mi aveva comunicato che la legge sul benzopirene non sarebbe stata esaminata. Inoltre – aggiunge – nemmeno i triestini del Pdl avevano presentato gli emendamenti alla norma, a conferma del fatto che sapevano che non l’avremmo votata». Ma Tononi, primo firmatario della legge, corregge: «Stavamo per proporre una mozione d’ordine prima della sospensione della seduta perché ritenevamo giusto votare la norma. Non abbiamo potuto fare nulla, mancava il numero legale. E Rosolen non c’era. La vicenda dimostra anche disattenzione da parte del Consiglio intero nei confronti di Trieste: si è discusso di ciò che riguarda il territorio montano, Agemont e Promotur, ma si è messa da parte una norma per la salute della nostra gente». Interviene anche Camber: «Volevamo continuare, però c’era il fuggi fuggi. E Rosolen, relatrice del provvedimento – ribadisce Camber – aveva firmato la presenza poi è sparita tutto il giorno». L’ex assessore non ci sta e accusa i consiglieri triestini «di fare un gioco furbo, strumentale. È politica questa? – chiede Rosolen – a me invece sembra chiaro un altro aspetto: da quando non ci sono più io in giunta di Ferriera non si occupa nessuno perché non sono in grado di farlo».
Gianpaolo Sarti

 

 

Depuratore, un altro passo avanti - INCONTRO AL MINISTERO DELL’AMBIENTE - Ciriani: «In arrivo 50 milioni». Laureni: «A gennaio il decreto»
 

Depuratore di Trieste? Si proceda. Da Roma arrivano finalmente notizie positive. «Con la riunione dei martedì al ministero dell’Ambiente si è compiuto un importante passo avanti per la realizzazione del nuovo depuratore di Trieste» spiega il vicepresidente Luca Ciriani a seguito dell’incontro tra i tecnici della Regione, della Provincia e del Comune di Trieste con Acegas al ministero dell’Ambiente. L’incontro aveva lo scopo di fissare la tabella di marcia operativa e coordinare le azioni amministrative in relazione alle procedure da compiere per il progetto esecutivo delle attività di bonifica del sito oggetto dell’intervento. Sono cifre importanti. «Per l’effettiva realizzazione del depuratore - spiega Ciriani - è previsto - un impegno complessivo, in termini economici, indicato in 50 milioni di euro, dei quali 7 per la bonifica». Regione e ministero avvieranno ora la Conferenza dei servizi per quanto riguarda la caratterizzazione e la seguente bonifica del sito, prima operazione da effettuare, per i quali l’amministrazione regionale si sta impegnando a recuperare anche risorse economiche. «Si tratta - ha commentato Ciriani - del concreto avvio di una azione molto importante per Trieste, poichè la attuale situazione del depuratore di Servola non è più sostenibile nè dal punto di vista ambientale nè sul fronte giuridico in relazione alle procedure di infrazione comunitaria. La Regione pone particolare attenzione a questo progetto, una partita che deve chiudersi in tempi certi e rapidi». Soddisfatto anche, Umberto Laureni, assessore comunale all’Ambiente di Trieste. «Il ministero all’Ambiene - spiega - ha garantito he il primo decreto del 2012 sarà quello con cui viene autorizzata il progetto per la bonifica». Sarà poi compito del Comune o dell’AcegasAps di bandire la gara europea per l’esecusioni dei lavori. Il costo previsto si aggira sui 7 milioni. Una procedura di almeno sei mesi per assegnare i lavori. E quindi la bonifica dovrebbe avere inizio a fine estate. Nella riunione è stato presentato anche il progetto definitivo per l’impianto biologico. «La zona mare è definita area sensibile - spiega Laureni -. Per questo servirà un complesso terziario per il trattamento delle acque, non essendo l’attuale tubazione sottomarina non più in regola con le norme europee».
 

 

SEGNALAZIONI - L’invasione dell’Ailanto

 

L’Ailanto ha conquistato un primato. Fino ai primi anni Sessanta l’albero dell’Ailanto era quasi sconosciuto a Trieste. L’Ailanthus è un genere della specie vegetale che comprende una decina di alberi. La specie da noi diffusa è quella dell’“Ailanthus altissima” (può raggiungere i 25 metri di altezza), originaria della Cina e delle Molucche. Fu introdotta in Italia settentrionale nel 1854 per favorire un progetto di allevamento di un baco per la produzione della seta, originario dell’estremo Oriente, chiamato appunto Bombice dell’Ailanto, che, peraltro, ha avuto poco successo . Questo albero, abbandonato a se stesso, nel frattempo ha raggiunto un primato essendo riuscito a conquistare molto territorio con una rapidissima proliferazione. Lo troviamo ovunque, in città come in campagna, vicino al mare e sull’altipiano carsico. Con le sue profonde e robuste radici che si estendono anche in larghezza per decine di metri sul suolo, dando vita a nuove piante, è praticamente onnipresente. L’abbandono di molti terreni e la mancata manutenzione di boschetti e zone cespugliose ha favorito in questi ultimi cinquant’anni la sua inarrestabile crescita senza che nessuno si sia curato di attuare azioni di contenimento. Nei dintorni di Trieste e in alcune zone carsiche sono ormai presenti vere e proprie distese di queste piante, che, anno dopo anno, allargano il loro areale disperdendo le radici da cui nasceranno ulteriori nuovi virgulti. Non sono un botanico, ma immagino che, lasciando passare il tempo senza interventi, fra pochi anni la caratteristica vegetazione autoctona tenderà a scomparire soffocata dall’Ailanto. Le sue caratteristiche altamente infestanti richiederebbero invece un attento controllo per evitare la proliferazione.

Bernardino de Hassek

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - GIOVEDI', 8 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza prorogata al 2012, soddisfatte le associazioni
 

Dopo tante voci contraddittorie e altrettante puntuali smentite, era prevedibile: la notizia della proroga (di un solo anno, ndr) delle agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici ha suscitato reazioni immediate da parte delle associazioni di categoria.
Tutti positivi i commenti del giorno dopo. Grande soddisfazione per la decisione del Governo, ad esempio, è stata espressa da Finco (Federazione Industrie, Prodotti, Impianti e Servizi per le Costruzioni), associazione della rete di Confindustria che molte volte aveva raccomandato di prorogare le agevolazioni fiscali per l’efficientamento energetico.
Con tale misura, unitamente all’allargamento del bonus del 36% agli aspetti sismici – ha dichiarato il presidente dell’associazione, Cirino Mendola – il Governo ha dimostrato grande sensibilità per gli aspetti di risparmio energetico e di raggiungimento degli obiettivi di Kyoto.
Finco, approfittando del momento favorevole, chiede inoltre che la misura venga prorogata ulteriormente e non, come lascerebbe intendere il testo della manovra “salva Italia” appena approvato, accorpata al bonus per le ristrutturazioni energetiche, che prevede un’aliquota più bassa (del 36%). L’associazione, infatti, auspica che la misura:
Possa venire stabilizzata, diventando così strutturale, visti i positivi effetti avuti in questi anni dagli interventi di riqualificazione sia per i cittadini che per le imprese del settore.
L’associazione, inoltre, chiede che in futuro venga ampliato lo spettro di tipologie d’intervento ammesse all’agevolazione, includendo ad esempio anche l’edilizia pubblica, l’installazione di schermature solari, il verde pensile, etc. Dello stesso tono anche i commenti di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa), un’altra associazione di settore che ha accolto con un sospiro di sollievo la notizia della proroga del bonus per l’efficienza in edilizia:
La manovra del nuovo Governo ha stabilito non solo la proroga ma anche il fatto che queste detrazioni saranno strutturali- ha commentato Paolo Scarpini, presidente Unione installatori e manutentori Cna Arezzo – In una manovra complessiva che presenta enormi sacrifici anche per il comparto artigiano, in questo aspetto il Governo Monti ha tenuto conto delle richieste della nostra categorie per quanto riguarda un’azione che mira alla sviluppo e alla creazione di lavoro.
La stabilizzazione della misura, secondo Scarpini, darà certezze agli operatori e al mercato, garantendo prospettive di medio periodo alle imprese. Significativo, ha sottolineato ancora l’imprenditore, anche il significato politico del provvedimento, che rappresenta un:
Segnale forte circa la volontà di contribuire, con politiche industriali mirate, allo sviluppo di un settore, quale quello delle energie rinnovabili che ha creato lavoro, ricchezza e aumento dell’occupazione.
Al coro di consensi si aggiunge anche il plauso di Meta Energia:
Prendiamo atto della proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di efficentamento energetico – ha commentato Francesco Pizzo, vicepresidente dell’associazione – e ci aspettiamo che il tema dell’efficienza energetica torni a essere al centro del dibattito in Italia.
Dopo gli apprezzamenti, l’associazione rilancia chiedendo al ministro dell’Ambiente Corrado Clini di mantenere la promessa di “emanare entro la fine di dicembre i due decreti attuativi del decreto Romani riguardanti l’elettrico e il termico”. Secondo Meta Energia, si tratterebbe di un segnale di grande aiuto per il settore delle rinnovabili.
Silvana Santo - Fonte: Asca | Arezzo Notizie | Agi
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 dicembre 2011

 

Rifiuti pericolosi, sequestro in Ferriera - Scoperte nel comprensorio siderurgico scorie e polveri “nascoste” sotto il terreno. Sigilli all’area dell’ex acciaieria

 

IL CASO» BLITZ A SERVOLA

LE INDAGINI del NOE di Udine -  I carabinieri hanno eseguito otto scavi a due metri di profondità, trovando materiali sospetti all’interno delle vecchie vasche di colata
Le ipotesi di reato Le accuse vanno dal trattamento illecito di materiali alla realizzazione di discarica abusiva. Al momento, però, non ci sono indagati

Ingenti quantità di rifiuti, probabilmente scorie di acciaieria e polveri di abbattimento fumi, “ seppellite” a due metri di profondità e ricoperte successivamente da colate di cemento. Ad individuarle sono state le indagini eseguite nel comprensorio della Ferriera dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine su diretto incarico del procuratore capo di Trieste Michele Dalla Costa. Indagini nate dalla ferma volontà della Procura di monitorare a 360° l’attività dello stabilimento siderurgico, che hanno subito evidenziato presunte violazioni delle normative ambientali e fatto scattare il sequestro di un’area di circa 200 metri quadrati attorno all’ex acciaieria, chiusa nel 2003 e mai più riattivata. Il sospetto degli inquirenti è che, dopo la dismissione, parte dei materiali prodotti da quell’impianto sia stata fatta “sparire” in maniera irregolare. Polveri e scorie, cioè, sarebbero state inserite all’interno di alcune vasche di colata dell’ex acciaieria e, successivamente, chiuse con strati di asfalto. Una sequenza di passaggi che, se confermata, farebbe scattare a carico di responsabili e dirigenti dell’epoca l’accusa di trattamento illecito di rifiuti e, forse, persino realizzazione di discarica abusiva. Le due ipotesi di reato, però, al momento non sono state contestate ad alcun funzionario del gruppo Lucchini. Prima di poter iscrivere qualche nome nel registro degli indagati, infatti, i militari del Noe dovranno accertare i fatti e collocarli nel tempo, per poi stabilire chi, in virtù del ruolo rivestito allora, potrebbe aver autorizzato le violazioni. Violazioni, precisano subito gli inquirenti, che non possono invece essere attribuite alla dirigenza attuale, estranea alla vicenda e rivelatasi molto collaborativa ai fini dell’espletamento delle indagini. Queste, come detto, hanno visto gli uomini del Noe impegnati nel tratto del comprensorio della Ferriera vicino all’ex acciaieria. Nel terreno attorno al capannone adiacente all’impianto sono stati eseguiti otto sondaggi, che hanno immediatamente evidenziato forti anomalie. È bastato infatti iniziare a scavare per avvertire un forte odore di ammoniaca, considerato dagli addetti ai lavori un “rivelatore” della presenza di scorie e polveri derivanti dalla produzione di acciaio. Un odore che, con il passare del tempo, si avverte in maniera sempre più marcata. Il che confermerebbe il sospetto iniziale: i materiali potrebbero esser stati nascosti sotto terra poco dopo la dismissione dell’acciaieria, quindi più di sette anni fa. Per ottenere piena conferma delle loro ipotesi, tuttavia, gli inquirenti dovranno attendere ora gli esiti delle analisi affidate all’Arpa. Solo una volta accertata la composizione dei materiali trovati dentro le vasche di colata, infatti, si potrà parlare con sicurezza di rifiuti pericolosi. E, di conseguenza, potrà entrerà nel vivo la ricerca dei responsabili. Qualora poi l’Arpa suffragasse le ipotesi investigative, i carotaggi - concentrati finora solo in un’area circoscritta - verrebbero estesi ad ampio raggio. Sempre, però, senza interferire con l’attuale attività della Ferriera, visto che la zona finita nel mirino della Procura non rientra tra quelle oggi utilizzate a fini produttivi. Dal canto suo la Lucchini, in attesa di conoscere gli esiti della analisi, sceglie di non entrare nel merito dell’inchiesta. «L’azienda - si legge in una nota diramata dall’ufficio stampa dopo aver consultato anche i legali del gruppo bresciano - conferma la massima collaborazione affinché le indagini avviate dai carabinieri e dall’Arpa si concludano rapidamente. Il materiale rinvenuto finora sarà analizzato dagli enti di controllo nei prossimi giorni e, solo a conclusione di tale verifica, potranno essere rese note le caratteristiche dello stesso e quindi l’eventuale presenza di rifiuti, la cui localizzazione è comunque riferibile a pregressi periodi ancora in fase di definizione».
Maddalena Rebecca

 

Dalla Costa: «Fare piena chiarezza sull’intera gestione»

 

«La Ferriera è da tempo al centro di procedimenti, segnalazioni e, più in generale, motivi di sospetto. Come responsabile di questo Ufficio giudiziario, quindi, penso sia necessario avere una visione ampia e complessiva dell’attività dello stabilimento, per capire come lavora e come viene gestito». Così Michele Dalla Costa, a capo della Procura del Tribunale di Trieste, inquadra le verifiche affidate al Noe e all’Arpa, culminate ieri nel sequestro di un’area adiacente all’ex acciaieria. «Un sequestro arrivato al termine di un’attività d’indagine nata per rispondere ad logica conoscitiva - precisa il procuratore capo -. I carotaggi hanno rivelato la presenza di grandi quantitativi di rifiuti al di sotto di un’area cementata, attualmente usata per operazioni di carico e scarico. Il fatto stesso che ci sia stata una cementificazione fa presupporre a monte una cosciente volontà di occultamento dei materiali. L’ipotesi, quindi, potrebbe essere il trattamento illecito dei rifiuti. Stiamo attenti però a trarre conclusioni, anche perchè i reati potrebbero essere prescritti - aggiunge Dalla Costa -. Prima di tutto bisogna collocare nel tempo i fatti».
 

 

Un parcheggio in via Cereria mette a rischio gli edifici - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Il giardino di via Cereria è un appezzamento di terreno quadrangolare terrazzato delimitato dalle vie Cereria e Tigor, a forte pendenza, modellato da un ampio pastino sorretto a valle da muratura a secco in pietra arenaria munita di dreni per il deflusso delle acque meteoriche; si notano al centro del pastino evidenti collassi del terreno, che testimoniano precedenti indagini mediante apertura di fosse di ispezione, successivamente riempite, mentre nella parte basale del terreno si estende una breve rampa trasversale di collegamento provvista di una serie di gradini in roccia carsica di foggia ottocentesca. È possibile che il pastino stesso sia costituito da accumulo di materiale roccioso/argilloso proveniente da antichi sterri eseguiti nelle vicinanze. Alla luce di queste brevi osservazioni, qualsiasi tipologia di intervento edilizio potrebbe essere controproducente in quanto si rischierebbe la stabilità statica degli edifici sovrastanti ed adiacenti, anche per i seguenti motivi: il giardino stesso è ubicato in una zona fortemente urbanizzata, sul fianco di un colle dotato di forte acclività, si trova a valle di imponenti edifici storici di dimensioni molto grandi, dalla notevole massa statica; sotto una delle vie adiacenti, via della Galleria, si snodano le vestigia dell’antico acquedotto della Tergeste romana; considerando il fatto che il sottosuolo della zona è ricco d'acqua, l'ubicazione stessa del sito sconsiglia qualsiasi tipo di intervento edilizio invasivo, ad esclusione di interventi mirati alla creazione e o bonifica dei canali di scolo delle acque meteoriche, ed alla ricerca di possibili acque di falda; la facciata dell’edificio in muratura arenaria a faccia vista prospiciente sul giardino in oggetto, presenta alla base tracce di discontinuità costruttiva, dovute al fatto che la costruzione del medesimo potrebbe essere stata eseguita in epoche diverse, magari incorporando nelle proprie opere di fondazione, strutture murarie preesistenti all’erezione del fabbricato stesso. Per concludere l’appezzamento di terreno in oggetto rappresenta una delle ultime oasi di verde cittadino, che andrebbe tutelata e non distrutta, come si può notare dalle diverse essenze arboree giacenti in sito; è quindi opportuno, considerate le criticità sopraccitate, che prima di qualsiasi intervento edilizio si ascolti l’opinione dei residenti, nell’ottica di una maggior tutela del verde urbano, sempre più compromesso da azioni speculative il più delle volte eseguite con il beneplacito delle autorità politiche locali.

Ruggero Galvani (geologo) e il Comitato del giardino di via Cereria
 

 

Le Ferrovie salvano il notturno per Roma -  Ma per Lecce è giallo
 

Ancora in bilico il collegamento fra Trieste e la Puglia: nel sito di Trenitalia con i nuovi orari non c’è traccia

TRIESTE Il diretto notturno da Trieste a Roma sopravvive. Rimane in bilico, invece, il collegamento direzione Lecce. Ieri, nel giorno in cui il sito di Trenitalia, in previsione dell’introduzione del nuovo orario domenica 11 dicembre, riempiva gli spazi bianchi, il treno per la Puglia, quello che fino a sabato partirà alle 19.46 dal capoluogo regionale per arrivare a destinazione alle 9 del mattino dopo, rimaneva ancora assente. Da domenica, a meno di ripescaggi dell’ultima ora, quel diretto non ci sarà più. Sarebbe il secondo taglio pesante dopo quello della storica tratta su Budapest. Confortante, invece, vedere confermato il notturno su Roma delle 21.54. Quel diretto, già limitato da Napoli alla capitale dopo l’incendio alla Tiburtina, è rimasto sempre in odor di taglio negli ultimi giorni finché Trenitalia ha optato per la riproposizione nell’offerta invernale. Il quadro completo, pure dei collegamenti regionali, è ora presente online: finalmente sarà possibile organizzare le vacanze via treno dopo molte settimane di incertezza. «Quando mi chiedono se dal 2008 a oggi abbiamo migliorato dico si, se mi domandano se sono contento rispondo non ancora», osserva Riccardo Riccardi. L’assessore ai Trasporti Fvg ha incontrato ieri sera a Udine i responsabili di Trenitalia per il Friuli Venezia Giulia e i rappresentanti del Comitato dei pendolari per fare una generale valutazione sulla situazione del servizio ferroviario nella nostra regione e per esaminare il nuovo orario 2011/2012. Un’altra buona notizia, conferme a parte, riguarda il prezzo dei biglietti: gli aumenti tariffari riguarderanno soltanto l'indicizzazione all'Istat. Una situazione di positività che, rimarca l'assessore, riguarda il solo Friuli Venezia Giulia in tutto il territorio nazionale. L’occasione del vertice con Trenitalia e i pendolari serve anche ad anticipare l’operazione anti-soppressioni, fenomeno che negli ultimi mesi, in particolar modo da maggio a settembre, ha provocato ripetuti disagi agli utenti. Da aprile del prossimo anno entreranno in esercizio quattro nuovi treni Vivalto, con 20 carrozze (550 posti a sedere a treno), capaci dunque di trasportare un totale di oltre 2mila persone. E nei primi mesi del 2013 si aggiungeranno altri otto elettrotreni, attualmente in corso di costruzione. Secondo Riccardi, «si tratta delle risposte strutturali per il miglioramento del servizio ferroviario e quindi ai disagi creati da molte cancellazioni, avvenute a causa delle condizioni degli attuali treni che hanno 40 anni di servizio. La sostituzione del parco rotabile è considerato il punto centrale per fare il vero salto di qualità». I pendolari? «Prendiamo atto, ma non avevamo dubbi, che l’offerta in regione è confermata – dice la referente di uno dei Comitati, Cristina Sartor – quello che ancora manca è un passo avanti sul fronte della comunicazione: sul sito della Regione dovrebbero comparire gli indici di puntualità. E andrà anche rivisto – aggiunge – il sistema delle sanzioni a bordo nei casi di evidente assenza di malafede». Nel confronto di ieri sera è emersa a questo proposito la futura installazione di nuove emettitrici e validatrici per i titoli di viaggio. E, sempre sul fronte del miglioramento del servizio, si darà vita a un "Progetto Qualità", per accrescere ulteriormente la puntualità dei treni. Una puntualità (intesa come ritardi contenuti nei primi 5 minuti) che in ogni caso nel 2011 raggiunge il 93 per cento, migliorando il 92,8 del 2010.
Marco Ballico

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 7 dicembre 2011

 

 

SONDAGGIO ISPO PER IL WWF - ITALIANI AMICI DEI PARCHI. MA IN FVG IL SISTEMA DELLE AREE PROTETTE E’ SENZA RISORSE
 

Il 90% degli italiani ne riconosce l’importanza per il benessere umano e l’economia del Paese. Ma il dossier del WWF parla chiaro: in Fvg la Regione ha falcidiato i finanziamenti per le aree protette.
Un popolo amico delle aree naturali protette, che le conosce (67%) riconosce la loro importanza per il benessere umano (98%) e per l’economia del Paese (84%), una percentuale significativa (50%) sarebbe addirittura disposto a versare un contributo specifico allo Stato per finanziare la loro gestione, una percentuale molto significativa se consideriamo i tempi che corrono e l’annuncio della prossima manovra economica del Governo. Le percezioni positive aumentano tra i giovani, gli istruiti e chi quei parchi li ha visitati per davvero (il 44% degli 800 intervistati).
Per celebrare il ventennale della legge 394 sui Parchi, varata il 6 dicembre 1991 dopo un faticoso cammino durato più di 70 anni, il WWF ha realizzato grazie a ISPO Ricerche il sondaggio demoscopico “L’Italia dei Parchi”, chiedendo agli italiani cosa pensano delle aree naturali protette, patrimonio inestimabile che, tra difficoltà e successi, tutela oggi oltre il 10,42% del territorio italiano ed è riuscito a salvare dall’estinzione specie rarissime come il camoscio d’Abruzzo e l’orso bruno, il lupo, il gipeto, il pino loricato. Ecco quindi come hanno risposto gli intervistati.
1) LI CONOSCI? I diversi tipi di area naturale protetta (parchi nazionali, riserve regionali, aree marine, Oasi WWF e aree Natura 2000) sono conosciuti da oltre due terzi della popolazione, con un picco del 73% per i parchi nazionali. Il 44% degli intervistati ha dichiarato di averne visitata almeno una (con prevalenza di uomini, 25-34enni e persone istruite)
2) A COSA SERVONO? La maggioranza della popolazione conosce lo scopo principale delle aree naturali protette: il 60% cita infatti la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale, specie i giovani, i laureati e chi ha visitato queste aree. A questa quota si aggiunge un ulteriore 20% che indica l'educazione e la sensibilizzazione dei cittadini verso i temi ambientali.
3) SONO IMPORTANTI PER L’UOMO E L’ECONOMIA? Oltre il 90% riconosce alle aree protette una notevole importanza, sia per il benessere delle persone e delle generazioni future (il 47% è molto d'accordo, il 48% lo è abbastanza), sia per la capacità di sensibilizzare i cittadini sulle tematiche ambientali (43% molto d'accordo, 49% abbastanza), sia per la sicurezza dell’essere umano, intesa come protezione da eventi naturali estremi o dal dissesto idrogeologico (42% molto d'accordo, 47% abbastanza). L’84% le ritiene importanti anche per l'economia del Paese.
4) BASTANO I FINANZIAMENTI? Secondo il 93% degli intervistati lo Stato dovrebbe aumentare gli investimenti nelle aree protette naturali (54%) o comunque evitare i tagli, mentre appena il 2% ritiene che debbano essere ridotti. Le cose cambiano quando si tratta di dare il proprio contributo diretto: il 50% si dice infatti disponibile a contribuire in qualche misura ai finanziamenti alle aree protette (e qui si tratta soprattutto di 45-54enni, residenti nel Nord Italia e visitatori), ma il 47% non è d'accordo, con un 17% che si dichiara assolutamente contrario, specie i più anziani, i meno istruiti e i residenti nel Mezzogiorno.
5) QUALI PRIORITA’ PER IL MINISTERO DELL’AMBIENTE? Interrogati sull'agenda del Ministero dell'Ambiente, gli italiani non sembrano condividere un tema prioritario. Come prima risposta, il 22% cita il controllo della gestione e dello smaltimento dei rifiuti (47% totale citazioni), il 19% (40% totale citazioni) la protezione del suolo dai rischi di dissesto idrogeologico e il 18% l'educazione ambientale dei cittadini (39% totale citazioni). Sono invece meno citate la gestione e lo sviluppo delle aree naturali (prima risposta 10%; totale citazioni 23%) e la conservazione della biodiversità (prima risposta 6%; totale citazioni 17%).
IL DOSSIER
Ma per l’anniversario della legge quadro il WWF Italia ha fatto anche di più: ne ha raccontato la storia nel dossier “L’Italia dei Parchi”.
Il capitolo dedicato al Friuli Venezia Giulia è avvilente: l’Amministrazione Regionale nel corso del suo mandato non ha provveduto ad accrescere in alcun modo il patrimonio di aree protette né attraverso l’istituzione di nuove aree (per esempio un Parco Regionale sul Carso), né attraverso l’ampliamento di quelle esistenti. In compenso ha ridotto drasticamente l’ammontare degli stanziamenti a favore del sistema regionale delle aree protette: le spese di gestione sono state falcidiate, quelle di investimento semplicemente cancellate nella gran parte dei casi, con previsioni ancora più cupe per il prossimo futuro.
Mentre oltre 9 italiani su 10 pensano che Stato e Regioni dovrebbero investire di più sui parchi, qui si azzerano le risorse: un bel modo per celebrare il ventennale della legge sui parchi.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 dicembre 2011

 

 

Park di via Cereria, spunta l’ipotesi del sito alternativo
 

Marchigiani: c’è la novazione con l’impresa, dovremmo trovare comunque un’ulteriore area. Entro Natale una risposta. Ma Riccesi: tempo scaduto
Le ruspe sono entrate nel giardino di via della Cereria, ultimo polmone verde di Cittavecchia, lo scorso agosto. Le prospezioni archeologiche hanno dato esito negativo. Ma i lavori effettivi per il nuovo parcheggio sotterraneo da 75 posti auto non sono partiti. E forse - ecco la novità - non partiranno mai. L’assessore comunale ai lavori pubblici Elena Marchigiani lo dice chiaro: «Non escludo che il cantiere riparta e sottolineo che il Comune ha una novazione da onorare con l’impresa costruttrice, eredità difficile della passata amministrazione. Ma stiamo vagliando altre ipotesi di localizzazione del parking». Quali, l’assessore non dice: «Ce n’è almeno una, nel centro cittadino, che potrebbe essere idonea. Esiste un soggetto già interessato, ma se vi rinunciasse... Entro Natale avremo una risposta definitiva in merito, e a quel punto dovremo inevitabilmente capire il da farsi». A cinque anni dalla novazione che avrebbe dovuto risolvere l’infinito pasticcio della mancata costruzione del park sotterraneo di Ponterosso - progettato e approvato già sotto la giunta comunale Illy a fine anni Novanta ma cassato infine nel 2002 dalla giunta Dipiazza con l’irruente appoggio dell’allora sottosegretario Vittorio Sgarbi e di un agguerrito comitato di residenti - tutto dunque resta in discussione. Riassunto della vicenda: l’amministrazione di centrodestra all’epoca promise all’impresa Riccesi, titolare del mancato cantiere, dei siti alternativi su cui rifarsi. Trattative, proposte, marce indietro e ripetute proteste della ditta al palo. Nel 2006 ecco la novazione che offriva a Riccesi tre contenitori da costruire in largo Roiano, via del Teatro Romano e via della Cereria appunto. Decaduta l’opzione via del Teatro Romano, passati invano ulteriori anni, sono rimasti largo Roiano - «dove il progetto è a posto e restano solo da valutare i tempi», precisa Marchigiani - e via della Cereria, appunto. Ma qui la giunta Cosolini, fresca d’insediamento, si è trovata ad affrontare la contrarietà di un Comitato che ha raccolto centinaia di firme. In ballo però non ci sono solo i residenti, lascia intendere l’assessore. «Neanche con via della Cereria riusciremmo a onorare totalmente la novazione» che riconosceva a Riccesi la facoltà di costruire lo stesso numero di stalli - 450, ricorda l’assessore - previsti in Ponterosso: oltre a Roiano e a via delle Cereria «servirebbe comunque un terzo sito». E attenzione: in caso di mancato cantiere, la novazione - come sottolinea Donato Riccesi - prevede il versamento da parte del Comune all’impresa di un importo pari a 3,5 milioni di euro, decurtabili in relazione al numero di stalli che fosse possibile costruire. La cifra è imponente, l’obiettivo ovviamente è evitare che esca dalle casse municipali. «Di siti ne abbiamo considerati tanti, ma non è facile. Con l’impresa Riccesi abbiamo già fatto molti incontri», dice Marchigiani. Il tutto mentre proprio ieri il Comitato è stato ricevuto in Comune dove ha consegnato anche una relazione geologica di netta negatività al progetto. Come detto, il Municipio attende entro Natale una risposta su un eventuale sito terzo. Ma Donato Riccesi ha abbondantemente esaurito la pazienza. «A prescindere dalle maggioranze che lo governano, il Comune da anni non decide. Mi sembra che il tempo sia scaduto. C’è un Comitato contrario al park? Non me ne stupisco, ripensando ad altre opere contestate. L’amministrazione deve semplicemente valutare se realizzare il parcheggio di via della Cereria sopportando contrarietà che già in passato sopportò. O la politica in senso lato si abitua a gestire anche le opere di questo tipo forte della maggioranza, o pretende l’applauso di tutti e dunque nulla si farà mai. C’è in ballo un indennizzo da 3,5 milioni, che mi sembrerebbe un nonsense da parte del Municipio spendere per non realizzare nulla. Noi - chiude Riccesi - preferiamo lavorare piuttosto che incassare e basta, ma in sei anni non è stato possibile avere un cantiere... Il progetto per Roiano è a posto? Abbiamo più volte apportato modifiche chieste dall’amministrazione, ma aspettiamo ancora il via».

Paola Bolis

 

 

Il giallo dei treni fantasma - La Regione in pressing
 

Riccardi convoca d’urgenza un vertice con la spa ferroviaria e i pendolari Il sito resta ancora “vuoto”. Nemmeno un collegamento tra Trieste e Gorizia
TRIESTE Riccardo Riccardi convoca Trenitalia e pendolari per fare il punto della situazione. L’obiettivo è chiarire in particolare quello che accadrà da domenica, il giorno in cui entrerà in vigore l’orario invernale. Si tratta di scongiurare ulteriori tagli, oltre a quello che la compagnia ferroviaria ha già confermato: il collegamento Trieste-Budapest. L’assessore ai Trasporti segue con molta attenzione la vicenda. E, a meno di una settimana dalle novità introdotte da Trenitalia per l’inverno 2012, decide di incontrare i diretti interessati: i responsabili della società per il Friuli Venezia Giulia e i rappresentanti dei comitati dei pendolari. La riunione è in programma oggi a Udine nella sede della Regione in via Sabadini a partire dalle 18. Nuovo orario a parte, fa sapere l’assessorato regionale, si coglierà anche l’occasione per un esame generale della situazione del servizio ferroviario sul territorio. Un servizio sempre più penalizzato in realtà in questi ultimi anni dalle scelte economiche di Trenitalia, con tagli meno pesanti di quanto “disegnato” da Roma solo grazie agli interventi in Finanziaria della Regione, pronta a stanziare qualche milione di euro per salvaguardare, per quanto possibile, soprattutto i collegamenti con Roma e Milano. Ogni anno, però, diventa più difficile parare tutti i colpi. Si è iniziato con Budapest e, al momento, nulla esclude che si debba fare i conti pure con altri dolorosi tagli. Il notturno direzione Roma in partenza da Trieste alle 21.54 (un ex Trieste-Napoli già limitato alla capitale nei mesi scorsi a causa, ufficialmente, dell’incendio alla stazione Tiburtina) non compariva nemmeno ieri sera nel sito di Trenitalia dall’11 dicembre in avanti. Non certo un bel segnale. E stessa sorte rischia un altro diretto notturno, quello per Lecce delle 19.46. Pure in questo caso il sito riporta una casella vuota. Un salvataggio in extremis, solo quello, può a questo punto salvare quelle tratte. Ma ogni giorno che passa sembra sempre più difficile. Ettore Rosato, deputato del Pd che ha presentato tre interrogazioni alla Camera sull’isolamento ferroviario del Friuli Venezia Giulia, sul Trieste-Roma ha già messo una pietra sopra: «Non mi risulta che Trenitalia abbia intenzione di metterci soldi. È il simbolo della nostra emarginazione». Questione di ore invece, almeno una buona notizia, per l’aggiornamento online e le definitive certezze su un’offerta confermata per quel che riguarda la regione. Anche ieri digitando Trieste-Gorizia la risposta del sito era «nessuna soluzione trovata» ma già oggi, così assicura Trenitalia, i nuovi orari dovrebbero essere resi noti. Si tratta, a quanto pare, di ritocchi di qualche minuto come suggerito dai pendolari sulla base delle loro esigenze. Stasera, dopo l’incontro in Regione a Udine, se ne saprà di più.
Marco Ballico

 

Ferrovie: ritirata dal Nordest ma alla Regione va bene così - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Regione Fvg impotente non solo per Budapest ma anche per pendolari turisti e soprattutto per il cargo internazionale: risanamento e/o sviluppo? Con Monti e Passera nessun alibi “Treno per Budapest, requiem di Riccardi: Regione impotente”. “Guasto alla motrice ad Aurisina: bloccato il traffico, necessarie tre ore per spostare il convoglio”: le notizie sono dei giorni scorsi. Il livello dei servizi ferroviari, viaggiatori e merci, nella Regione Friuli Venezia, come nel resto del Paese, è la diretta conseguenza della direttiva Tremonti che ha affidato al Gruppo Fs come unico obiettivo “i conti in sicurezza”, senza preoccuparsi delle ricadute sulla qualità del servizio in conseguenza del blocco dei finanziamenti, sia per gli investimenti in infrastrutture che in materiale rotabile (“risanamento senza sviluppo, che porta inevitabilmente al degrado dei servizi e alla liquidazione dell’impresa di trasporto, come sta avvenendo per Trenitalia ). Le Fs sono state autorizzate praticamente ad occuparsi solo della “Metropolitana che unisce l’Italia” (1.000 km degli oltre16.000 della rete nazionale), ma che finisce per isolare il Paese dall’Europa, dal momento che l’alta velocità realizzata non raggiunge nessun transito internazionale. I conti in nero sono stati ottenuti scaricando gli oneri viaggiatori sulle regioni, alle quali peraltro sono stati decurtati i finanziamenti, e compromettendo seriamente il servizio merci interno ed internazionale. A fronte di una ripresa dei traffici, tutte le modalità fanno riscontrare incrementi, ad eccezione del cargo ferroviario che denuncia una grave caduta. In questo quadro la Regione Friuli Venezia Giulia è particolarmente colpita perché il Gruppo Fs ha deciso di ritirarsi dal Nord Est (“c’è poco mercato” la stupefacente affermazione del vertice Fs) sia nelle merci che nei viaggiatori, giungendo a classificare non strategiche le linee internazionali per Austria e Slovenia, mentre l’Italia è interessata alla realizzazione dei corridoi europei (Adriatico-Baltico e Transpadana), strumenti fondamentali per la riconversione modale come contributo del nostro Paese al miglioramento della logistica continentale. Ma la Regione più colpita viaggia in perfetta sintonia con il vertice Fs fino al punto di accettare tranquillamente l’imposizione del pagamento delle relazioni per Roma e Milano, fuori dal contratto di programma, con una valenza commerciale che potrebbe essere esaltata con semplici variazioni d’orario e di giro dei materiali e vere coincidente a Venezia Mestre; fino al punto di concordare con la chiusura di Alpe Adria, braccio commerciale con venti anni di esperienza nella promozione dei traffici merci europei non solo per il Porto di Trieste ma per l’intero Nord Est; fino al punto di rimanere in silenzio di fronte alla cancellazione dei finanziamenti della “Metropolitana leggera”, progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio metropolitano transfrontaliero, presupposto per la realizzazione di tutte le altre opere più impegnative; fino al punto di accettare che la direzione del trasporto locale di Trenitalia per il Fvg sia affidata da quasi due anni al responsabile della Provincia di Trento. Precise sono le responsabilità per il degrado del servizio ferroviario, collegato alla destrutturazione tecnica e amministrativa nella nostra Regione, da tempo privata del Compartimento ferroviario: la Stazione di Trieste Centrale è ormai ridotta a solo supermercato; le Fs non provvedono da più di trenta anni alla manutenzione di Trieste Campo Marzio, mettendo a carico dei volontari del Museo Ferroviario anche la manutenzione straordinaria, in contrasto con quanto prescrive il Codice Civile. Ma con il nuovo governo si apre uno spiraglio. L’affermazione del presidente del Consiglio Mario Monti sull’affidamento a una sola persona del ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti, come strumento per mettere al centro le iniziative coordinate per la crescita e lo sviluppo, fa cadere ogni alibi al Gruppo Fs e a Trenitalia nella priorità degli investimenti in infrastrutture e materiale rotabile nel Friuli Venezia Giulia. Alla condizione che gli amministratori della regione battano un colpo, a Trieste e a Roma.
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI / 1 Autobus gelidi

 

Abbiamo preso l’autobus 4 numerato 1258 alle 14.30 a Villa Carsia direzione Trieste come da tabella orario l’autobus si è fermato per 30 minuti partendo alle 15.05 quindi il servizio delle 14.40 è saltato e ci è voluta 1 ora per arrivare in città. Questa è la terza volta questa settimana che l’autobus delle 14.30 (nonostante sia scritto nella tabella oraria) non fa servizio e quindi in pratica ci vuole 1 ora per andare in città. Inoltre come al solito niente riscaldamento, non c'è una volta che gli autobus della linea 4 abbiamo riscaldamento, nemmeno al mattino presto quando ad Opicina i prati sono ghiacciati, anzi, spesso arrivano spifferi di aria gelida dal sistema d’areazione. Gradiremmo che questa volta la Trieste-Trasporti si degnasse di rispondere pubblicamente.

A.P.T.P (Associazione Passeggeri Trasporto Pubblico)

Franco Caputo, Elisa Furlan, Claudia Trauner, Giorgio Busatti, Furio Treu, Monica Orlando, Claudio Serdoz, Paolo Laudati, Elvira Merkez, Cinzia Cosimi, Paolo Benvenuti, Maria de Grassi, Teresa Pertot, Annamaria Zoncolan, Maria Cossi, Giorgio Merzek, Maria Pertot

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI / 2 Linea “26” da allungare

 

Fino ai primi anni ‘90 la linea 26 arrivava alla Casa Gialla in strada del Friuli dove l’attendeva un addetto per la manovra di inversione di marcia. Per risparmiare il costo di quest’operazione il capolinea è stato poi spostato a Gretta, in largo Osoppo. Oggi si potrebbe riallungare il percorso almeno fino alla curva di via dei Righetti, dove e’ stato realizzato un piazzale di parcheggio la cui strada interna consentirebbe una facile manovra di inversione. Penso che in questo modo si migliorerebbe il servizio ai cittadini, incentivando l’uso dei mezzi pubblici.

Ettore Calandra

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - MARTEDI', 6 dicembre 2011

 

Detrazione efficienza energetica casa, aliquota ridotta al 36%
 

Aggiornamento: Dopo oltre 24 ore di rumor e versioni provvisorie del testo della manovra “salva Italia” è finalmente stato diffuso il testo definitivo del provvedimento varato dal Governo Monti. Nell’articolo 4 sulle detrazioni fiscali è stato aggiunto un comma che proroga di un anno la detrazione del 55% per l’efficientamento energetico degli edifici. Dopodiché, salvo ulteriori cambiamenti, l’aliquota scenderà al 36%, come per le altre ristrutturazioni edilizie.
La proroga strutturale, in effetti, c’è stata. Come anticipato già nella giornata di ieri, il testo della “manovra salva Italia” varata dal Consiglio dei ministri (e appena firmato dal presidente Napolitano, ndr) contiene la conferma della detrazione fiscale per gli interventi di efficientamento energetico degli immobili.
L’aliquota detraibile, però, passa dal 55% al 36%, la stessa già in vigore per le ristrutturazioni immobiliari “normali”. La misura è contenuta nell’articolo 4 della manovra, intitolato “Detrazioni per interventi di ristrutturazione, di efficientamento energetico e per spese conseguenti a calamità naturali”, nel quale si legge che «dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36% delle spese documentate, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare».
Accantonata, dunque, l’ipotesi della doppia aliquota (52-41%) differenziata in base al tipo di intervento realizzato, che alla vigilia circolava come una delle formule più accreditate per il rinnovo dell’agevolazione fiscale. Unica consolazione, la “stabilizzazione” del bonus efficienza, che è stato inserito nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Dpr 917/1986) e risparmiato quindi dal meccanismo delle scadenze e delle proroghe annuali.
Nessuna novità, invece, a proposito dei tempi per il recupero del bonus, che restano immutati: l’agevolazione potrà essere riscossa in «10 quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi». Un altro motivo di delusione, questo, per gli addetti ai lavori, che speravano in un accorciamento dei tempi.
Per il momento, comunque, le associazioni di settore sembrano preferire la prudenza alle polemiche, forse perché sperano in un colpo di scena dell’ultim’ora nella fase di dibattito parlamentare. Chi invece ha già reagito duramente è stato Angelo Bonelli, presidente nazionale dei Verdi.
La manovra del governo Monti non coglie l’opportunità che l’ecologia offre per uscire dalla crisi, non c’è altra spiegazione al fatto che siano saltate le detrazioni sulle eco-ristrutturazioni che dal 55% passano al 36% – ha dichiarato – Ma non basta, perché le detrazioni per efficienza e risparmio energetico finiscono in un calderone che prevede detrazioni per sistemi antifurto e box auto.
Silvana Santo - Fonte: Il Sole 24 ore | La Repubblica
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 dicembre 2011

 

 

“Pasticcio” ferroviario, sos al governo - Interrogazione del Pd.

 

Trenitalia rassicura sulle tratte locali: «Le inseriremo a breve sul sito». Notturni per Roma e Lecce ko
ISOLAMENTO TOTALE - Rosato contesta la scomparsa dei collegamenti a lunga distanza e reclama risposte chiare dall’azienda
TRIESTE Trenitalia rassicura sulle tratte regionali, non sui treni a lunga percorrenza a partire da domenica prossima, giorno del cambio di orario. Il collegamento Trieste-Budapest andrà senz’altro in archivio, ma sono in odor di taglio anche i notturni per Roma e Lecce. Ettore Rosato, il deputato del Pd che presenta tre interrogazioni a Roma «contro l’isolamento ferroviario Fvg», dà per scontato l’addio al diretto delle 21.54 verso la capitale: «È il simbolo della nostra emarginazione». Se la cancellazione ancora non è ufficiale, servirà sicuramente un intervento in extremis. Perché quel collegamento notturno è l’unico a mancare nell’offerta giornaliera Trieste-Roma disponibile sul sito di Trenitalia. È dunque più che in bilico. Riccardo Riccardi non commenta. Mentre la compagnia si limita a smentire solo le brutte sorprese sul territorio regionale. La clamorosa assenza online del Trieste-Gorizia dipende evidentemente da un mancato aggiornamento informatico e verrà risolta. Tra oggi e domani verranno inseriti sul sito gli aggiornamenti delle tratte locali: gli orari sono confermati, salvo qualche minuto di differenza come suggerito dai pendolari. Dovrebbe a quel punto sparire anche la beffarda coincidenza, presente ancora ieri sera, del treno in partenza da Trieste alle 17.02 e in arrivo a Udine 5 ore e 6 minuti dopo. Ma, al di fuori dei confini regionali, l’isolamento si aggrava. Trenitalia conferma che il Trieste-Budapest è sicuramente tagliato. Secondo indiscrezioni, simile sorte dovrebbe toccare, a meno di un salvataggio dell’ultima ora, ai notturni diretti a Roma e Lecce. Il primo, causa incendio alla Tiburtina, era già stato limitato da Napoli nella capitale. Sul sito non compare, così come è assente anche il Trieste-Lecce delle 19.46. Un altro possibile “zac”, nonostante Trenitalia abbia assegnato proprio ieri a un raggruppamento temporaneo di imprese, che riassumerà il personale recentemente licenziato, la gara per i servizi di accompagnamento notte. Situazione pesante, dunque. Il Pd prova a rimediare a Roma via interrogazione. «Ci impegneremo per ottenere risposte chiare da Trenitalia», dice Rosato. Dai pendolari, infine, l’auspicio che migliori almeno l’informazione. «Sarebbe utile far sapere attraverso il sito che, nei giorni in cui l’orario è in costruzione, l’offerta è suscettibile di cambiamenti – osserva Cristina Sartor, referente del Comitato spontaneo Fvg –. Soltanto i pendolari sono abituati a queste situazioni». Marco Chiandoni aggiunge: «Sono otto anni che segnaliamo il disservizio, basterebbe stampare le singole tratte. I tagli sulle lunghe distanze? In quel caso va valutato il reale utilizzo per evitare sprechi».
Marco Ballico

 

Da Colautti a Moretton, coro di proteste

 

Alessandro Colautti rilancia il progetto pubblico-privato dei treni regionali. Gianfranco Moretton accusa la Regione di «scarsa autorevolezza a Roma». Posizioni diverse ma centrodestra e centrosinistra sono d’accordo sul punto chiave: «Così non va». Il presidente della commissione Trasporti prende atto che «i numeri dei viaggiatori di quest’area sono quelli che sono» e dunque «la Regione fa bene a investire risorse perché altrimenti il servizio sarebbe ancora più carente, ma andrebbe realmente valutato, in ottica federalista, un progetto di regionalizzazione del sistema ferroviario». Il capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale non si accontenta invece delle risorse della regionali: «A che serve acquistare nuovi locomotori se il risultato è il disinteresse di Trenitalia che, anziché premiare la Regione, continua a darle schiaffi in faccia. Il governo Tondo deve mostrare più forza nei rapporti e nelle relazioni di livello nazionale, altrimenti ci rimetteranno sempre e solo i cittadini».

(m.b.)
 

 

Duino, nel piano delle opere cantieri per venti milioni
 

Il documento nel bilancio di previsione 2013. Romita: «Non è un libro dei sogni» Gli interventi divisi fra scuole, sport, riqualificazione urbana e ambiente
DUINO AURISINA Edilizia scolastica, riqualificazione urbana, interventi votati allo sviluppo delle peculiarità del territorio e della sua conservazione. Sono solo alcune delle voci inserite all’interno del piano delle opere del Comune di Duino Aurisina, redatto dall’ingegner Marco Cartagina e approvato nell’ultima giunta comunale lo scorso 30 novembre. Nel prossimo triennio, 2012–2014, prevede interventi per un montante complessivo di 20 milioni di euro. Un obbiettivo ambizioso. E la previsione di spesa, inoltre, dovrà fare i conti anche con il possibile cambio di guardia della maggioranza che sarà decisa nel corso delle prossime comunali, in primavera. Ma tutto ciò, come potrebbe influire sui piano? A detta del vice sindaco Romita, «si potrebbe dare la priorità ad alcuni interventi abbandonandone altri com’è già successo in passato. Ovviamente – continua – il ‘cambio di rotta’ non intaccherebbe i lavori già avviati ma, forse, potrebbe riguardare quelle opere di cui magari esiste solo una bozza progettuale». Allo stato attuale, intanto, Romita assicura che “il piano triennale non costituisce un libro dei sogni” e che, invece, è da considerare come “uno strumento operativo di indirizzo, che guidi gli interventi dell'amministrazione comunale stessa in un arco temporale di due o tre anni”. E come, e con quali criteri, vengono inserite le opere nel piano? «Si fa riferimento ad un criterio contabile - spiega l’assessore ai lavori pubblici - e s’inseriscono le varie voci, nei diversi anni, in base alla disponibilità dei fondi, dei protocolli d’intesa, della richiesta di contributi, eccetera». Insomma, si tratta di un documento d’intenti revisionale che, in corso d’opera, può essere modificato a seconda della tempestività della burocrazia. Il documento, intanto, a fine dicembre arriverà in consiglio comunale assieme al bilancio previsionale e, molto probabilmente, “potrà subire alcune modifiche grazie all’inserimento, come già avvenuto in passato, di progetti di cui attualmente si è ancora in attesa di conferme in merito ai contributi, autorizzazioni, progetti definitivi e/o esecutivi”. E quanto tutto questo andrà ad intaccare le tasche dei cittadini? A detta dell’amministrazione in carica, poco, “visto che moltissime opere sono collegate a finanziamenti specifici, provenienti dalla Regione, dalla Provincia, dallo Stato ed addirittura dalla Comunità Europea, tanto da coprire, in alcuni casi, le spese al 100%“. Ma vediamo gli interventi nello specifico. Edilizia scolastica Al via entro primavera i due annunciati interventi di 240 mila euro relativi alla scuola elementare di San Pelagio (a maggio), e 315 mila per il terzo lotto di Scuola Media De Marchesetti (entro aprile). In attesa di risposta, invece, per i finanziamenti richiesti riguardanti i 600 mila euro per la Alighieri di Duino, i 145 mila per la manutenzione straordinaria del tetto della materna di Duino e 220.000 per le opere di completamento e consolidamento delle fondazioni materna del VIllaggio del Pescatore. Aree sportive Dopo aver fatto partire gli interventi del Complesso Sportivo di Visogliano e quelli per la riqualificazione della Palestra di Aurisina dovranno aver avvio anche per i lotti che interessano il Comune di Duino Aurisina della pista ciclo pedonale del canale Moschenizza- Draga S. Elia a cura della Provincia di Trieste. Riqualificazione urbana La novità più importante sarà la Piazza di Aurisina, inserita nel Piano Triennale con diverse annualità. Recentemente l'amministrazione regionale ha comunicato l'importante contributo di 960,000 euro destinati a tale progetto dietro ad una richiesta di 1,545,000 necessari a far partire entro l'anno il primo lotto di intervento. Altri importanti interventi di riqualificazione urbana vedranno la Piazza di Malchina (che verrà realizzata con i fondi relativi al ribasso della gara del Centro di Alzheimer di Malchina stessa), la Piazza del Villaggio del Pescatore a completamento dell'intervento delle fognature, ma anche ulteriori interventi sono previsti a Borgo San Mauro dove, in attesa del contributo, si è partiti con la progettazione preliminare della riqualificazione della ex Caserma (350 mila euro). Ambiente Fra i principali obbiettivi la messa in sicurezza e riqualificazione della Costa dei Barbari (1.670.000 euro), grazie ad un contributo del Ministero dell’ambiente, la riqualificazione del parcheggio del Belvedere, e l'intervento denominato della mobilità sostenibile “Duino Ples” (per un importo di 1.513.487 euro), e anche il parcheggio Ples Duino (50.000 euro). Dalla Regione, poi ci saranno ben 6.448.000 euro (dilazionati in 20 anni) per la Caserma di Duino. Altri interventi, che non figurano nel Piano, (metanizzazione a S.Croce, barriere autostradali al Lisert, eccetera) saranno invece realizzati da altre entità.
Viviana Attard

 

 

Muggia, bici pubbliche e una pista ciclabile che porta ai Laghetti
 

Il Comune chiederà i finanziamenti all’Unione europea per una serie di progetti per l’ambiente e il territorio
MUGGIA Costruire la pista ciclabile, lungo la costa, rivitalizzare Zindis, tutelare le specie vegetali, realizzare una fognatura transfrontaliera. Di tutto e di più nei progetti che il Comune di Muggia ha intenzione di portare avanti grazie ai finanziamenti dell'Unione europea. In base all'analisi presentata dall'amministrazione Nesladek durante l'ultima riunione del Consiglio comunale per il prossimo triennio il Comune prevede di procedere in continuità con quanto fatto nel precedente mandato, individuando forme di finanziamento comunitario e utilizzando per quanto possibile i fondi europei. In questo momento tre progetti comunitari, dei cinque a cui il Comune di Muggia ha partecipato, sono stati finanziati, progetti di cooperazione transfrontaliera strategici e standard. Vediamo nei dettagli i tre programmi nell’agenda dell’amministrazione muggesana. Il “Carso-Kras”, quello più avanzato, prevede la realizzazione di un tratto di pista ciclabile nella zona di Rabuiese che porta ai laghetti delle Noghere e verso San Dorligo della Valle. “S.Ho.W.” invece è il progetto che si occupa di Housing sociale a livello transfrontaliero e prevede una serie di interventi di recupero delle aree esterne nell'area di Zindis e lo sviluppo del progetto Microarea. Il terzo è “Biodinet” che prevede in un'ottica generale di conservazione delle specie vegetali ed animali autoctone la realizzazione di un giardino diffuso di piante aromatiche ed officinali. Nel corso di quest'anno sono stati presentati o sono in fase di elaborazione nuovi progetti per nuovi bandi relativi a fondi europei, perlopiù progetti di cooperazione transfrontaliera standard. Il primo è “Tradomo” che consiste nel complesso in una serie di interventi sulla viabilità transfrontaliera e nello specifico per il Comune di Muggia comporta la realizzazione della fognatura su via di Crevatini e la sistemazione dell'intero piano viabile. C'è poi “Seaenergy” che prevede in linea generale lo studio relativo alle possibilità di utilizzo dell'energia geotermica lungo il litorale adriatico; in particolare per il Comune di Muggia è prevista la realizzazione di un impianto geotermico marino. È stato poi presentato un progetto di tutela del mare Adriatico - denominato “Seacare” - attraverso la realizzazione di una serie di impianto lungo tutto il litorale. Nello specifico è prevista la realizzazione del primo tratto del collettore costiero della fognatura comunale. Vi sono infine ancora “Adrisan”, progetto che intende valorizzare l'artigianato locale per la predisposizione di offerte turistiche mirate e in rete con diverse città costiere dell'Adriatico, nonché “Industrial Heritage”, il quale punta al recupero degli antichi mestieri e forme di artigianato, in un'ottica di recupero anche della memoria del retaggio cantieristico delle aree muggesane attraverso l'esposizione e la realizzazione di un museo diffuso. Progetti plurimilionari al quale naturalmente si aggiunge quello più ambizioso di Pisus. Il Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile prevede infatti una rivisitazione notevole del look del cuore cittadino tra cui la riqualificazione della stazione autocorriere e del Piazzale Foschiatti, dei giardini Europa e delle zone adiacenti, del Largo Caduti della libertà, del Piazzale ex Alto Adriatico, dell’incrocio di Santa Barbara, nonché l’illuminazione di Piazza Marconi e la creazione della rete di bike-sharing, ovvero la possibilitùà - come già si fa in molte città itaaliane - di ricevere in prestito una bicicletta del Comune in un punto prestabilito e riconsegnarla, una volta arrivati, in un altro parccheggio ad hoc.
Riccardo Tosques

 

 

La necessità di “difendere” l’acqua - Ugo Mattei, giurista internazionale, domani al dibattito di Progetto Comune
 

Difendere i «beni comuni», governandoli nell'ambito di una politica capace di «superare la classica dicotomia che prevede solo le categorie del pubblico e del privato, salvandoli così dal saccheggio». Questo l'obiettivo che si prefigge il gruppo "Progetto comune" con l'appuntamento fissato per domani sera, alle 17.30, alla casa delle Culture di via Orlandini 38, che vedrà ospite Ugo Mattei, giurista italiano di fama internazionale, professore di Diritto internazionale comparato all'Hastings College of the Law, dell'Università della California, a San Francisco e docente di Diritto civile all'Università di Torino. «Mattei - ha ricordato Alfredo Racovelli, portavoce del gruppo 'Progetto comune' - è coautore dei primi due quesiti referendari sull'acqua e recentemente ha proposto al presidente di Sinistra, Ecologia e Libertà, Nichi Vendola, di impugnare la manovra finanziaria di agosto«per motivi di incostituzionalità» ed è uno dei sostenitori del principio in base al quale i 'beni comuni' sono irrinunciabili». Ma domani si parlerà anche di trasparenza. «Consegneremo una copia del progetto che riguarda il rigassificatore - ha annunciato Racovelli - perché la Regione si sta rifiutando di farlo, appellandosi a regole che non condividiamo. Non capiamo perché sia negato l'accesso agli atti - ha proseguito - perciò provvediamo noi in autonomia». Ma il tema che sta a cuore in questa fase a quelli del "Progetto comune" è soprattutto quello della partecipazione. «A giugno - ha ricordato il portavoce del gruppo - 28 milioni di italiani si sono espressi sull'acqua, esprimendo un'opinione che riguarda in generale tutti i beni comuni. Gli enti locali però non si sono fatti carico del mandato conferito loro dai cittadini. Bisogna che il Comune di Trieste - ha continuato Racovelli - attui una scelta politica coerente con l'esito referendario. Proponiamo quindi di inserire nello Statuto del Comune la categoria giuridica dei 'beni comuni', in coerenza con l'art. 43 della Costituzione. A questo scopo - ha concluso - daremo vita a una petizione popolare, affinché se ne discuta e si voti in consiglio comunale sull'argomento, nell'ambito di un dibattito di grande valenza politica e culturale». All'incontro di domani sera parteciperanno anche Marino Vocci, già sindaco di Duino Aurisina e scrittore e Alessandro Metz, già consigliere regionale. Al termine dell'appuntamento, Stefano Dongetti e Alessandro Mizzi proporranno pillole satiriche.

(u. s.)
 

 

Ricevuto in Municipio Billy Moore, l’americano graziato dopo la condanna alla sedia elettrica - Comune e Provincia contro la pena di morte
 

CAMPAGNA DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO
«Se non fosse per la famiglia della vittima che mi ha perdonato io non sarei qui davanti a voi». È uno dei passaggi più significativi della testimonianza dell’oggi 60enne Billy Moore, ex condannato alla sedia elettrica, graziato dopo 17 anni nel braccio della morte in Georgia. In visita in regione e a Trieste (in città ha incontrato i ragazzi di alcune scuole superiori) nell’ambito del progetto “Città per la vita – città contro la pena di morte” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, Moore è stato ricevuto in municipio dal vicesindaco Fabiana Martini e dall’assessore provinciale Roberta Tarlao. Comune e Provincia hanno aderito e partecipano al progetto di sensibilizzazione e lotta contro la pena di morte e a favore della vita. Nell’incontro, presente anche Giuliana Parisini della “Sant’Egidio”, sono state ricordate le 5 milioni di firme raccolte in 153 Paesi e portate all’Onu contro la pena di morte. Evidenziato poi il valore dell’iniziativa che punta a sensibilizzare i giovani sul fatto che «non c’è giustizia senza vita». Moore sarò oggi a Lubiana per testimoniare l’impegno contro la pena di morte, il valore del perdono e della riconciliazione.
 

 

 

 

GREEN STYLE.it - LUNEDI', 5 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza casa, in manovra proroga fino al 2014

 

Il cosiddetto “55%” ha resistito ai colpi di scure della manovra “lacrime e sangue” varata dal governo Monti. Secondo le prime indiscrezioni diffuse da diversi organi di stampa, il decreto salva Italia, come lo ha subito ribattezzato lo stesso premier, conterrebbe infatti una proroga triennale delle agevolazioni per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici.
Secondo l’agenzia Adnkronos, in particolare, il provvedimento mantiene tutti gli incentivi per le ristrutturazioni e per il risparmio energetico, estendendoli alle aree colpite da calamità naturali. Una misura confermata anche dal Velino, che scrive che “le detrazioni di imposta per l’efficienza energetica si applicano anche alle spese documentate sostenute dal 1 gennaio 2012 ed entro il 31 dicembre 2014″.
Si tratta di un mezzo colpo di scena, soprattutto dopo le recentissime dichiarazioni di Piero Giarda, ministro dei Rapporti con il Parlamento, che qualche giorno fa aveva invitato a non dare per scontato il rinnovo della misura, visti i suoi costi elevati.
Invece, a quanto pare, la proroga c’è stata. Anche se, ipotesi questa paventata da mesi, sembrerebbero confermati sia il taglio dell’aliquota detraibile che la sua diversificazione a seconda del tipo di intervento realizzato (sostituzione infissi, installazione di caldaie particolarmente efficienti, realizzazione di cappotti termici, etc). Stando alle anticipazioni pubblicate dalla versione cartacea del Sole 24 Ore, in particolare, l’aliquota sarebbe stata portata al 52% per alcuni interventi e al 41% per altri, con una rateizzazione decennale del bonus nella stragrande maggioranza dei casi, ridotta a 5 anni solo in rare situazioni.
Altre novità sarebbero l’obbligo dell’installazione di speciali contabilizzatori di calore in caso di sostituzione delle finestre e l’introduzione di un tetto di detraibilità di 2.000 euro per l’installazione di caldaie con potenza inferiore ai 35 kW. In compenso, sarebbero stati inseriti negli interventi agevolati anche la sostituzione di scaldabagni con pompe di calore e di caminetti “aperti” con termocamini, caldaie e stufe a biomasse.
La notizia è stata commentata anche da Antonio Cianciullo, giornalista ambientale di Repubblica, che nel suo blog “Eco-logica” ha rimarcato l’importanza di questa scelta del nuovo esecutivo, sottolineando che anche se i costi per il bonus efficienza sono elevati, lo sono sicuramente di più i benefici ottenuti, anche sul piano economico e occupazionale.
In sei anni (la detrazione del 55%, ndr) ha coinvolto un milione di famiglie e ha prodotto un fatturato di 15 miliardi di euro- scrive Cianciullo – Ed è interessante soprattutto la motivazione del provvedimento difeso dal ministro dello Sviluppo e dal ministro dell’Ambiente. Lo sgravio costa, ma i vantaggi sono maggiori: la misura spinge a far emergere lavoro nero, aumenta il gettito dell’Iva e riduce la bolletta energetica italiana.
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 dicembre 2011

 

 

Piano regolatore del Porto Scorciatoia anti-burocrazia
 

Dalla Regione via libera a un iter unificato su Via e Vas assieme al ministero Documento bloccato dal maggio 2010 in attesa di ok ambientale transfrontaliero
La Regione dà il via libera alla procedura congiunta di Via e Vas con l'obiettivo di ridurre i tempi di entrata in vigore del Piano regolatore del porto di Trieste, attualmente fermo negli uffici romani del ministero dell'Ambiente. La notizia arriva direttamente dall'Autorità portuale, che pare aver convinto il ministero a chiedere alla Regione di concordare un iter burocratico “unificato”, al di fuori della prassi. Del resto è proprio l'Authority ad avere grande interesse per una rapida approvazione del Piano, senza il quale non è possibile dare avvio ai grossi interventi previsti per lo sviluppo dello scalo. Tra le opere di fondamentale importanza, infatti, la sola Piattaforma logistica (il cui termine per la presentazione delle offerte scade a fine mese) potrebbe essere avviata senza la necessità di aspettare il nuovo Piano. Interventi a favore della crocieristica, del traffico container, per il terminal traghetti nell'area ex Aquila e per altre attività del Porto nuovo, potrebbero avere luogo, invece, solo dopo l'entrata in vigore del nuovo strumento urbanistico. A più di 50 anni di distanza dall’ultimo Piano regolatore, quello nuovo è stato adottato nel maggio del 2010 dal Comitato portuale e da allora è in attesa - caso unico in Italia per le possibili ripercussioni sul territorio sloveno – della Valutazione ambientale strategica transfrontaliera: uno studio che valuti gli effetti ambientali prodotti dal Piano nel suo complesso, di competenza regionale. Di competenza ministeriale, invece, la Valutazione di impatto ambientale che serve a valutare gli impatti delle singole opere. Su sollecito dell’Authority, è stato trovato un accordo per snellire le operazioni anche se, nella più rosea delle ipotesi, è verosimile che il Piano regolatore possa essere approvato appena la prossima estate. A quel punto il decreto del presidente della Regione, viste le procedure di Via e Vas, dovrebbe essere poco più di una formalità. I progetti di intervento che potrebbero essere presentati all'indomani dell'approvazione del nuovo Piano sono di portata tale da poter cambiare volto allo scalo triestino. A cominciare dal prolungamento del Molo Bersaglieri, lungo le Rive, a favore delle navi da crociera. La modifica, che può essere effettuata senza costi astronomici e quindi risulta realisticamente realizzabile, consentirà un ormeggio più facile e sicuro alle navi bianche. Allargamento e allungamento del Molo VII fanno invece parte di un altro progetto che il terminalista Tmt (società del Gruppo Maneschi) pare già pronto a presentare e finanziare per un importo complessivo vicino ai 180 milioni di euro, in linea con il costante aumento del traffico container registrato nel corso del 2011. Un altro intervento in attesa del Piano regolatore del porto – anche se alcune infrastrutture potrebbero già essere realizzate – è il nuovo terminal commerciale per traghetti recentemente presentato da Teseco spa, società proprietaria dell'area ex Aquila nel comune di Muggia, bonificata e ora messa a disposizione dello sviluppo dell'attività portuale. Per quanto riguarda il Porto nuovo, infine, altri possibili ampliamenti e addirittura interramenti tali da consentire un'unica piattaforma per lo smistamento delle merci riguardano il Molo V e il Molo VI, dove operano la casa di spedizioni Parisi e il Terminal frutta Trieste, società controllata dal Gruppo Gavio.
Riccardo Coretti

 

 

Treni massacrati, 5 ore da Trieste a Udine
 

Offerte choc in vista dell’orario invernale sul sito di Ferrovie. Zero collegamenti con Gorizia. Spariscono i notturni per Roma
TRIESTE Ogni cambio di orario la sua pena. Ma stavolta i “buchi” dell’offerta di Trenitalia sono più numerosi del solito. A una settimana dall’entrata in vigore dei nuovi orari, la mappa dei treni da e per Trieste sul sito della compagnia ferroviaria sempre una fetta di emmenthal. Mancano i collegamenti non solo per Budapest, che erano già dati a rischio, ma pure per Lubiana e Zagabria. Salta definitivamente il notturno per Roma, pure da Udine. E ci sono alcune soluzioni pomeridiane che sanno di presa in giro: oltre 5 ore per andare da Trieste a Udine, più di 15 per il Trieste-Vienna. Solo una settimana per aggiustare qualcosa. Il nuovo orario decollerà domenica 11 dicembre. Ma, al momento, non c’è da stare allegri: l’emarginazione del Friuli Venezia Giulia si aggrava pesantemente. Se confermato quanto prospetta il sito di Trenitalia in queste ore, si tratterebbe di un colpo durissimo per il ruolo di Trieste e della regione nell’area nordestina. Brillando per lentezza nell’inserimento dei dati, la società dei treni impedisce intanto al cittadino di programmare le vacanze di Natale. Andiamo con ordine. I primi “buchi” si riscontrano all’interno del perimetro regionale. Non ci sono soluzioni da domenica 11 in avanti perfino sul Trieste-Gorizia. In questo caso, con tutta probabilità, si tratta di ritardi nell’aggiornamento del sito. Digitando il percorso Trieste-Udine ecco un’altra sorpresa. Il treno in partenza dal capoluogo alle 17.02 arriva a Udine alle 22.08 (5 ore e 6 minuti) con l’obbligo di scendere a Mestre alle 18.48 in attesa della coincidenza. Stesso discorso per il Trieste-Pordenone con arrivo nella Destra Tagliamento alle 21.34 dopo 4 ore e 32 minuti. «Nessuna soluzione trovata» è la risposta che gela quando si cerca un treno per Budapest, Lubiana e Zagabria. Sulla tratta verso l’Ungheria, nei giorni scorsi Trenitalia aveva già anticipato il possibile funerale del 441, il notturno in partenza fino a sabato, poi si vedrà, alle 21.54. Quel treno, non rientrando nel contratto universale, non è finanziato né dallo Stato né dalla Regione, spiegava la compagnia. E dunque se ne farà quasi certamente a meno. Così come si dovrà fare a meno di partire per Vienna alle 17.02 da Trieste. L’incredibile soluzione offerta dal nuovo orario è un arrivo dopo 15 ore e 32 minuti nella capitale austriaca alle 8.34 del giorno dopo, con coincidenza a Vicenza tra le 19.33 e le 23.20. Non cambia invece, almeno una buona notizia, l’agenda da e per Milano: alle 6.35, 9.38 e 17.02 continuano a essere previsti i diretti Frecciabianca che portano nel capoluogo lombardo mediamente in 4 ore e 20 minuti. Anche da Trieste a Roma è mantenuta l’offerta attuale con la coincidenza a Venezia per i tre collegamenti diretti per Milano, così come l’unica relazione diretta rimasta: l’Intercity delle 7.04 che arriva a stazione Termini alle 15.24 dopo 8 ore e 20 minuti di viaggio contro le 5 ore e 36/39 minuti delle Frecce. Ma, proprio su Roma, c’è un altro “buco” gigante. Pare evaporato il diretto notturno, quel Trieste-Napoli delle 21.54 che, causa incendio a Roma Tiburtina, già era stato limitato nella capitale. Al momento non è previsto nemmeno il notturno Udine-Roma. Si tratta dell’effetto del licenziamento da parte di Trenitalia (misura che scatterà proprio l’11 dicembre) di circa 800 lavoratori delle società che gestiscono il servizio a bordo e la manutenzione dei treni notturni. Già da qualche giorno, causa agitazione dei dipendenti, il vagone letto Trieste-Roma era saltato. Con il nuovo orario si procede in sostanza a ufficializzare l’addio a un servizio che già non c’era più. Niente notturno, dunque, per Roma, Napoli ma nemmeno per Lecce, con due sole soluzioni diurne suggerite, entrambe con coincidenza a Bologna e costi più che raddoppiati rispetto alla tariffa di 58,50 euro del viaggio in partenza alle 19.46. Penalizzazioni anche su Alessandria e Ancona. Tra qualche giorno qualcosa potrebbe auspicabilmente migliorare, ma Trenitalia conferma la linea degli ultimi anni: l’edizione cartacea dell’orario non è mai pronta per tempo, l’informazione del sito è lacunosa fino all’ultimo minuto.
Marco Ballico

 

 

Muggia, nuova mobilità con il progetto “Pisus”
 

Interventi integrati in sette zone, ma il fulcro sarà piazzale Foschiatti assieme a un razionale utilizzo dell’enorme area dell’ ex cantiere Alto Adriatico
MUGGIA La riqualificazione della stazione delle autocorriere di piazzale Curiel e Foschiatti si farà. Nessun passo indietro da parte dell'amministrazione comunale che nei giorni scorsi ha consegnato ufficialmente alla Regione la documentazione necessaria per partecipare al bando plurimilionario legato a “Pisus” (Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile). Il “Pisus” muggesano intende perseguire tre sostanziali finalità: la riqualificazione urbana, il miglioramento della mobilità e viabilità nonché lo sviluppo economico, turistico e culturale della cittadina. Per sviluppare (ed attuare almeno virtualmente) il “Pisus”, è stato, perciò, fondamentale il confronto ed il coinvolgimento col tessuto sociale ed economico esistente attraverso – come ha ricordato il Comune - "un percorso condiviso capace di raccogliere idee e verificare l’interesse alla partecipazione". La riqualificazione urbana si realizzerà attraverso un’integrazione dei progetti in essere con le funzioni urbane del centro, prevedendo una rivisitazione della viabilità e della mobilità sostenibile nel centro di Muggia e la riorganizzazione delle attività pubbliche e private mediante il loro inserimento nel contesto più ampio dell’intero territorio comunale. In totale il progetto coinvolgerà sette aree di intervento: la riqualificazione della stazione autocorriere e del Piazzale Foschiatti, dei giardini Europa e delle zone adiacenti, del Largo Caduti della libertà, del Piazzale ex Alto Adriatico, dell’incrocio di Santa Barbara, nonché l’illuminazione di Piazza Marconi e la creazione della rete di bike-sharing, ovvero la possibilità di ritirare una bicicletta da un certo punto e riconsegnarla, una volta arrivati, un altro punto predisposto ad hoc.. Il cambiamento più discusso in questi mesi è stato quello inerente Piazzale Curiel e Piazzale Foschiatti. Il progetto relativo alla riqualificazione della stazione delle autocorriere prevede di restituire ai cittadini l’intera zona, spostando l’area adibita a sosta prolungata degli autobus nel Piazzale Alto Adriatico pur lasciando invariate le fermate tutt’ora esistenti. Gli autobus sosteranno quindi a nord dell’attuale stazione autocorriere dove verrà realizzata un’ampia pensilina di fermata. Accanto alla fermata dell’autobus sarà posizionata anche una piccola pensilina di ricovero per il bike-sharing in cui si potranno prelevare i cicli poi riconsegnabili nelle altre postazioni disposte nella cittadina e previste dal progetto. I Piazzali Foschiatti e Curiel saranno entrambi ripavimentati e resi pedonali, verranno arredati con panchine, grandi vasi che ospiteranno essenze arboree, cestini portarifiuti, portabici ed adeguatamente illuminati con apparecchiature led. Al centro dei piazzali si ristrutturerà completamente l’ex stazione autofilotranviaria che sarà soppalcata interamente nella parte dell’odierna sala d’aspetto e per metà dello spazio ora destinato agli autobus. All’interno verranno ricavati quattro rinnovati spazi commerciali che saranno occupati dai due attuali usufruttuari e da altre due nuovi esercizi. Al piano terra si troveranno anche due sale per riunioni separate ma fondibili ed una piccola hall di ingresso e i servizi igienici completeranno questi spazi. Nell’edificio troveranno locazione anche gli uffici dello Sportello unico per le Attività produttive e l’Ufficio Commercio comunale che attualmente sono dislocati nella stazione di Caliterna. Nel progetto rientrano anche la sala d’attesa, uno spazio espositivo ed un infopoint al piano terra, mentre la parte soppalcata sarà destinata a emeroteca dove il cittadino potrà consultare riviste, periodici e giornali nell’attesa dell’autobus o semplicemente trascorrere qualche momento di relax. Pensati anche tre "totem multimediali" per la consultazione di orari, mappe e percorsi tematici, elenchi telefonici, indirizzi di ristoranti, calendari degli eventi e quant’altro necessario ad un informato soggiorno in città o in Istria di cui il comune di Muggia risulta il “preludio”.
Riccardo Tosques

 

 

Giornata del volontariato all’ex Pescheria - TAVOLA ROTONDA
 

L’Ufficio Europe Direct del Comune, in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità della Regione, organizza oggi al Salone degli Incanti la tavola rotonda intitolata “Volontari, facciamo la differenza. L’Europa, la Regione, i giovani, le donne”. L’evento, che prenderà il via alle 9 per concludersi verso le 13, si inserisce nelle manifestazioni legate alla la Giornata mondiale del Volontariato proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1985. Da allora i governi, l’Onue, le organizzazioni della società civile e i volontari celebrano in tutto il mondo questa Giornata, nata per dare voce e visibilità a quanti operano nel no-profit. In linea con lo spirito originario dell’evento, appuntamento triestino sarà un momento di incontro, discussione e confronto con organizzazioni della società civile, enti pubblici, giovani e cittadini di ogni età. Coinvolge a tale scopo testimoni e “attori” impegnati sia sul territorio locale che nella cooperazione internazionale. Saranno presenti anche diversi volontari europei che stanno svolgendo il loro “Servizio Volontario Europeo” in Italia e in Croazia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 dicembre 2011

 

 

«Ferriera basta tavoli improvvisati e discontinui» - SEL

 

«La situazione della Ferriera è diventata esasperante. Bisogna trovare una soluzione al più presto». A lanciare ieri l'allarme è stato Marino Sossi, consigliere comunale di Sinistra ecologia e libertà. Le aperture al dialogo dimostrate dal governatore Renzo Tondo non sono più sufficienti. Va aperto al più presto un tavolo permanente di concertazione tra Regione, Comune, Provincia e i nuovi ministri del governo Monti per trovare una soluzione, in tempi strettissimi, sul futuro dello stabilimento siderurgico. «Dobbiamo procedere con grande rapidità – ha ammonito Sossi – perché la situazione è al limite, sia per il futuro dei lavoratori che per gli abitanti dei rioni di Servola e Valmaura». La parola d'ordine è in ogni caso riconversione attraverso un'azione unitaria che coinvolga le amministrazioni locali e il governo di Roma. Per Sel non è ipotizzabile chiudere lo stabilimento senza pensare al ricollocamento dei lavoratori. La scusa della crisi non può diventare un pretesto per mandare a casa centinaia di persone. «Esprimiamo forte preoccupazione per come in questi primi sei mesi di mandato del sindaco Cosolini si siano svolti i rapporti con la Regione», ha detto Waldy Catalano della segreteria di Sel: «Bisogna chiudere la stagione dei tavoli di confronto improvvisati e discontinui per aprire un confronto vero con cittadini e lavoratori sul futuro della Ferriera». Se da un lato, hanno insistito gli esponenti di Sel, si fatica a individuare in questo periodo di governo regionale Tondo un impegno preciso e una strategia che fissi una linea comune sulla riconversione dell’area, dall'altro l'entrata in scena di nuovi interlocutori nei ministeri romani può aiutare a sbloccare la situazione. «In città si sono persi 5mila mila posti di lavoro in questi ultimi anni – ha sottolineato Sossi – e vogliamo spingere perché il sindaco, assieme ai nostri rappresentanti, favorisca l'apertura di un tavolo programmatico come avvenuto in altre parti della regione quando si doveva decidere sulla riconversione di un'area industriale. Non escludiamo però di organizzare una protesta sotto la sede della Regione assieme alle associazioni di cittadini e ambientalisti per sollecitare una presa di posizione». (i.gh.)

 

 

Costa dei Barbari a nuovo Riserva con area naturista
 

Il Comune aspetta solo la firma della convenzione Stato-Regione per avviare i lavori.

Sentieri di accesso più sicuri, servizi essenziali per i bagnanti ma niente costruzioni
DUINO AURISINA La il protocollo è già sul tavolo, pronta per la firma (tra Stato e Regione, e di conseguenza anche con il Comune). I soldi (metà in arrivo dal Ministero tramite la Regione e metà comunali) ci sono, il progetto preliminare, pure. Quello che manca, però, e che sta attendendo a giorni il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret, è solo l’atto formale su quella delibera che permetta alla Costa dei Barbari di avviare il primo passo verso “la sua nuova elezione a riserva naturalistica”. «Non posso dire con precisione quando avverrà – dichiara – ma credo davvero che sia questione di poco tempo. Tutto dipende da quando il Ministro dell’Ambiente ed il presidente Tondo s’incontreranno per firmare il protocollo d’intesa”. Ma è fiducioso che avverrà a breve? «Fiducioso? È una certezza che la firma avverrà. Ho incontrato il ministro recentemente e mi ha assicurato che, nonostante i numerosi impegni, a questo punto si tratta davvero di solo di una formalità». Aspettando però che l’accordo venga siglato definitivamente Ret e la sua giunta non sono stati a guardare. Il finanziamento per la realizzazione dell’opera, infatti, di “poco meno di due milioni di euro” è da dividersi a metà tra la parte investita dal Comune e quella in arrivo dal Ministero. «Per quanto riguarda il nostro 50% d’investimento – spiega- abbiamo già provveduto a rifare i marciapiedi e sistemare la zona del Belvedere e della strada che porta fino alla spiaggia. Una volta che arriverà l’accordo grazie al protocollo d’intesa decideremo come intervenire a livello progettuale». Un’operazione, quest’ultima, che lo stesso Ret vuole sia condivisa con tutto il consiglio. «Ho già detto a tutti i consiglieri – dichiara – che dopo l’ok c’incontreremo con l’ufficio tecnico per discutere assieme su come e dove intervenire». Ovviamente, visto che l’intenzione dell’amministrazione in carica è quella di trasformare la zona dell’ex Cava in riserva naturale, non ci sarà spazio per costruzioni invadenti o che alterino il paesaggio. E proprio per confermare questa volontà, Ret snocciola una serie d’interventi da attuare per mantenere fede alla sua promessa. «Qui non ci sarà spazio per nessun tipo di costruzione – afferma – se si escludo gli interventi a garantire i servizi minimi come, ad esempio, docce e servizi igienici». Poi via libera alla messa in sicurezza della zona, anche grazie alla chiusura delle discese selvagge in utilizzo fino ad ora “ad alto rischio d’incidenti o infortuni”, la creazione di una passeggiata con scalette ‘regolamentari’ di futura costruzione e l’accesso da Portopiccolo, l’abbattimento dei pontili esistenti, “tranne quello più grande e bello che non presenta particolari danni strutturali”. Insomma, una zona naturale che ospiti un po’ tutti. Tra questi figurerebbero anche gli associati della Liburnia (associazione naturista – umanista di Trieste) che lo stesso Ret aveva incontrato per valutare la creazione di una zona per la pratica del nudismo. Capitolo a parte, inoltre, quello riguardante i quattro zampe per i quale il primo cittadino si era impegnato a creare uno spazio apposito. Infine, per quanto riguarda il Belvedere, si è previsto di adibirne una parte a zona di sosta temporanea (uno, massimo due giorni) con una decina di stalli per i camperisti.
di Viviana Attard w

 

 

Le Generali mandano all’«eco-scuola» i 17mila dipendenti
 

Al via un progetto interno di formazione e informazione Obiettivo: abbattere i consumi di carta, energia, acqua e Co2
TRIESTE Dal rosso al verde: Generali cambia colore, ma solo nello stile di vita, non certo nel logo. Il Gruppo del Leone pensa al futuro e all'ambiente. Lo fa creando maggiore consapevolezza tra i suoi circa 17mila dipendenti italiani. Lo fa offrendo loro un percorso di informazione e formazione teso a creare la coscienza di come i comportamenti corretti di ciascuno, tanto in azienda, quanto nella vita quotidiana, influiscono sull'ambiente e non soltanto. A testimoniare i risultati raggiunti nell’ambito dell’eco-sostenibilità, c'è il trentesimo posto nella classifica delle 500 compagnie più “green” al mondo per l’anno 2011. Sono tre i criteri di valutazione della lista pubblicata su Dailybeast e realizzata in collaborazione con Newsweek: l’impatto ambientale dell’azienda (emissioni complessive di Co2, quantità di acqua utilizzata, energia), la sostenibilità della gestione da parte del management e la trasparenza nel divulgare le buone pratiche e il calcolo dei propri effetti sull’ambiente. Meglio del Leone, che rispetto al 2010 ha guadagnato sei posizioni, in Italia ci sono soltanto Telecom (23) e Fiat (29). Nella top 100 della classifica guidata dalla tedesca Munich Re davanti a Ibm e National Australia Bank, compaiono anche i nomi di Intesa Sanpaolo (57), Unicredit (69) e Fiat Industrial (99). L'iniziativa denominata “5 tappe per l'ambiente” vuole illustrare ai dipendenti le pratiche di responsabilità applicate da Generali. Nell’ambito di ciascun incontro esponenti aziendali descrivono l’approccio adottato nei confronti dell’ambiente, le politiche del gruppo, gli interventi attuati (o in programma) e i servizi attivati per favorire comportamenti eco-sostenibili. Alcuni interventi di esperti esterni permettono poi di avviare riflessioni sull'impatto dei comportamenti individuali e di approfondire specifici aspetti degli argomenti trattati. Alla base di tutto si trova un concetto semplice: la consapevolezza crea cittadini migliori e, di conseguenza, anche lavoratori migliori. Il progetto si articola in incontri a partecipazione libera divisi in due blocchi: energia, acqua e rifiuti da un lato; mobilità e carta dall'altro. Itinerante sul territorio nazionale, la proposta è partita da Trieste dove la presenza è stata sorprendente ed è andata oltre le aspettative e proseguirà a Mogliano Veneto, Milano, Torino e Roma, le principali piazze in cui il gruppo è insediato. All’iniziativa è associato anche un corso di formazione in modalità “e-learning” realizzato da Generali Group Innovation Academy, la corporate university del gruppo. Questo consentirà a tutti i dipendenti di ottenere, tramite guide e schede prodotto, informazioni e approfondimenti sulle tematiche ambientali affrontate in azienda. «Vogliamo diffondere conoscenza facendo emergere i comportamenti virtuosi e attivando la responsabilità individuale – spiega Marina Donati, numero uno del servizio Responsabilità sociale d’impresa di Generali -. È un impegno che il gruppo si è assunto nel documento della Politica ambientale e che punta a coinvolgere i collaboratori in scelte che contribuiscano positivamente allo sviluppo sostenibile». Nell'ultimo anno l’attenzione a questi temi ha consentito di ridurre dell'11,3% il consumo di carta privilegiando l'utilizzo di quella ecologica. Generali si è poi formalmente impegnata a diminuire nel prossimo triennio i consumi pro-capite di energia elettrica e di acqua abbattendoli del 5%. Inoltre, vuole ridurre del 10% le emissioni di anidride carbonica (Co2) dovute alla mobilità aziendale. Non soltanto, chiede ai fornitori la stessa attenzione per l'ambiente e non investe in società che non lo rispettano: un incoraggiamento per tutti ad agire responsabilmente. Da rosso a verde, dunque. Pensando al futuro.
Stefano Bizzi

 

Il Leone entra nello “Stoxx Europe Sustainability”
 

Assicurazioni Generali entra nell’indice Stoxx Europe Sustainability e viene riconfermata nel Ftse4Good Index, l’indice con cui vengono valutate le performance delle compagnie che adottano standard di responsabilità d’impresa universalmente riconosciuti, favorendone gli investimenti. La presenza in questi indici costituisce un riconoscimento dell’impegno del Gruppo Generali nel campo della sostenibilità, impegno che recentemente si è focalizzato sugli aspetti ambientali e sul rispetto dei diritti umani. Stoxx Europe Sustainability è una selezione di società presenti nello Stoxx Europe 600 individuata sulla base di criteri relativi ad aspetti ambientali, sociali e di governance. Generali è inclusa anche nell’indice Aspi Eurozone, negli Ethical Index Euro e Global di Ecpi e nell’indici Benchmark e Leaders del Ftse Ecpi Italia Sri.

 

 

Storia di Billy, 17 anni nel braccio della morte - invitato dalla comunita' di Sant'Egidio

 

L'americano ha narrato la sua drammatica esperienza in due incontri al Dante e all'Oberdan

«Tutto lì dentro ricorda la morte, puoi solo provare a sopravvivere». Billy Moore oggi ha sessant’anni, ne ha trascorsi quasi 17 nel braccio della morte della Georgia (Usa). È arrivato ieri a Trieste per raccontare la sua storia agli studenti di diverse scuole superiori, invitato dalla Comunità di Sant’Egidio per la Giornata internazionale delle “Città per la vita, Città contro la pena di morte” che quest'anno ha coinvolto 87 Paesi. Due appuntamenti intensi, all’Oberdan e al Dante. Billy lavorava per l'esercito in Georgia quando scoprì che sua moglie era diventata tossicodipendente. Gli venne affidato il figlio di 4 anni. Senza soldi e quasi disperato. Un amico gli confidò che un anziano teneva in casa 30mila dollari: facile rapinarlo. «Quella notte, il 4 aprile 1974, - racconta Billy - decidemmo che saremmo entrati nella sua casa, fumammo marijuana e ci ubriacammo. Ma la vittima uscì dalla sua stanza, mi puntò il fucile alla gamba e sparò in aria. In preda al panico feci fuoco ferendolo a morte». Il giorno successivo lo sceriffo arrestò Billy. Fu il complice che si rivelò nipote della vittima a denunciarlo salvandosi dal carcere. Un giudice senza alcuna giuria emise la sentenza: condanna alla sedia elettrica programmata per il 13 settembre 1974. «Quel giorno ero nella mia cella e aspettavo che qualcuno mi venisse a prendere. Ero confuso, avevo paura». Nessuno arrivò. L'avvocato di Billy non gli aveva comunicato che l'esecuzione era stata sospesa, come tutte le altre negli Usa, dalla Corte suprema: moratoria fino al 1976. Billy prese in mano la sua difesa. Trovò gli indirizzi dei familiari della vittima e chiese perdono. Gli risposero per lettera dopo sette giorni: lo avevano fatto, anche lui aveva bisogno di perdonare se stesso. Nuovo ordine di esecuzione il 24 maggio 1984. «Due guardie mi condussero in una cella, accanto a quella con la sedia elettrica dove dovevo passare le mie ultime 72 ore, controllato a vista. Mi lessero le ultime dichiarazioni dei dieci condannati a morte che mi avevano preceduto. Fu terribile, li conoscevo uno ad uno ed erano miei amici». A 7 ore dall’esecuzione, sentenza sospesa. Trascorsero altri dieci lunghissimi anni. Durante la detenzione Billy iniziò un percorso di fede e studiò legge. Il 21 agosto 1990 la Corte suprema stabilì una moratoria di 30 giorni. Il Parole Board, eccezione giuridica della Georgia che ha potere di ultima istanza sulle sentenze di pena capitale, stava riesaminando il caso di Billy. Commutarono la sua pena in carcere per altri 25 anni. Tredici mesi dopo, la legge cambiò di nuovo: Billy fu libero. Oggi Billy viaggia raccontando la sua storia, sa quanto può essere facile perdersi e cerca di restituire agli altri tutto ciò che sente di aver avuto in dono. Sono più di 17.800 le persone nel mondo che attendono l'esecuzione della propria condanna a morte.

Lorenza Masè

 

 

 

 

LA REPUBBLICA - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

La "manovra" di Legambiente - 21,5 miliardi tra risparmi e tasse - PROPOSTE
 

La ricetta anticrisi mette al centro politiche ecosostenibili e scoraggia pratiche inquinanti. La presentazione al congresso nazionale dell'associazione
BARI - Ecco la ricetta anticrisi in chiave ecologista. L'ha messa a punto Legambiente che, dal palco del nono congresso nazionale, a Bari, ha lanciato un'idea per reperire velocemente risorse economiche da riutilizzare in parte per la diminuzione del debito e in parte per gli investimenti in grado di produrre un alto tasso di occupazione. Eccole.
L'ipotesi di una manovra "ecologica". Quasi 21,5 miliardi di euro, secondo la stima dell'associazione ecologista, potrebbero essere fatti rientrare nelle casse dello Stato grazie all'incentivazione di politiche di sostenibilità ambientale e di scoraggiamento di pratiche inquinanti.
Carburante, bollo auto, emissioni inquinanti. Disincentivi alla mobilità privata e una patrimoniale sulle auto di grande cilindrata. Questo primo punto dell'ipotesi salva-stato si potrebbe realizzare anche con la revisione del meccanismo di calcolo del bollo auto. Secondo Legambiente, dovrebbe essere fatto in funzione delle emissioni di anidride carbonica e non indipendentemente dall'utilizzo del mezzo, come è attualmente. Il sistema è semplice: aumentare il costo del carburante di 16 centesimi al litro per mantenere inalterato il gettito del bollo e aggiungere una "carbon tax" progressiva per auto che emettono oltre 100 gCo2. In questo modo, a pagare molto di più sarebbero gli automobilisti che fanno più chilometri e possiedono vetture che consumano più carburante e producono più emissioni. Così,
verrebbero recuperati almeno 500 milioni di euro ogni anno.
Calcestruzzo, acqua, rifiuti. Canone di concessione al 20% dei prezzi di vendita di materiali edili, pari a 3 euro a metro cubo, da addebitare a chi li cava. Un'operazione che porterebbe in un anno nel bilancio delle amministrazioni regionali oltre 230mila euro in più. Sempre secondo Legambiente, andrebbe rivisto anche il giro d'affari delle aziende che imbottigliano acqua. Con un canone di 10 euro a metro cubo imbottigliato si ricaverebbero 125 milioni di euro, 115 milioni di euro in più che le regioni potrebbero reinvestire nell'ammodernamento impiantistico del servizio idrico integrato. Nuova ecotassa di 50 euro per tonnellata di rifiuti smaltiti in discarica, invece, per far rientrare nelle casse delle Regioni circa 750 milioni di euro da reinvestire in politiche di prevenzione e riciclaggio dei materiali di scarto.
Fisco. Riunificazione della tassazione sulle rendite finanziarie al 23%. Porterebbe, ogni anno, 2 miliardi in più. Ma anche l'introduzione di un'accisa di 3 centesimi per ogni litro di carburante per coprire i tagli al trasporto locale. Entrata annua prevista: circa 1,2 miliardi di euro. Poi, un'azione incisiva del governo sui petrolieri e i distributori di benzina e sugli accordi di cartello del prezzo.
Tagli agli sprechi. Eliminare i costi di grandi opere infrastrutturali come il ponte sullo Stretto di Messina e le nuove autostrade nella pianura padana eviterebbe una spesa di 12.730 milioni di euro. Bandita anche la spesa per gli incentivi al trasporto su gomma che attualmente nel nostro Paese gode di uno stanziamento annuale di 400 milioni di euro per sconti sui pedaggi, sgravi fiscali e detrazioni varie e le spese miliari per nuovi programmi d'arma. Cancellazione di finanziamenti per cacciabombardieri, sommergibili, radar e corsi sulle forze armate. Si potrebbero recuperare ben 791,5 milioni di euro.
Ritardi accumulati. Colmare il ritardo nell'attuazione degli obiettivi stabiliti dal protocollo di Kyoto, ad esempio, permetterebbe all'Italia di risparmiare circa 800 milioni di euro mentre realizzare un piano di messa in sicurezza del territorio per mitigare il rischio idrogeologico consentirebbe di risparmiare i circa 875mila euro spesi ogni giorno per far fronte ai danni provocati da frane e alluvioni.

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 dicembre 2011 - WWF - Legambiente - Italia Nostra
 

 

Infrastrutture e Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia

 

All’assessore regionale alle infrastrutture
arch. Riccardo Riccardi
e p.c. ai mezzi d’informazione
Oggetto: infrastrutture e Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia

Egregio Assessore,
con sorpresa e costernazione abbiamo letto quanto riportato dalla stampa, in merito alle Sue dichiarazioni sul Soprintendente ai beni architettonici e al paesaggio del Friuli Venezia Giulia.
“Non è possibile che un funzionario dello Stato, solo perché non deve rispondere a nessuno, sia in grado di bloccare decine di opere e di investimenti.” Queste le Sue parole, pronunciate durante la recente assemblea dell’associazione dei costruttori a Pordenone.
Vede Assessore, quel funzionario – verosimilmente – risponde di quello che fa, alla sua coscienza, applicando le norme dello Stato (per la tutela del paesaggio esiste uno strutturato sistema normativo che va assolutamente applicato) che il suo ruolo gli impone di far rispettare. Sono le stesse norme che la Regione Friuli Venezia Giulia, al livello politico (le varie Giunte succedutesi negli anni, compresa quella di cui Lei fa parte) e purtroppo talvolta anche nell'ambito degli uffici competenti, dimentica di applicare.
Basti dire che in oltre un quarto di secolo la nostra Regione non è stata capace di dotarsi - perché non ha voluto farlo - del piano paesaggistico previsto fin dalla legge “Galasso” del 1985.
Né si è dotata di un nuovo strumento urbanistico generale (è ancora in vigore il superato PURG del 1978!), al cui interno avrebbero potuto e dovuto trovare posto anche le norme a tutela dei beni paesaggistici.
E’ proprio questa grave lacuna a richiedere che il Soprintendente si sobbarchi l’ingrato compito di intervenire in extremis bocciando i progetti incompatibili con il paesaggio. E ce ne sono tanti: basti pensare all’assurda autostrada Sequals-Gemona, tanto per citarne una.
Di più: la Regione ha addirittura sancito, con l’incredibile legge regionale 16 del 2008, la prevalenza del piano delle infrastrutture su quello urbanistico generale (e quindi anche su quello paesaggistico, che non viene neppure menzionato…). Un autentico e assurdo rovesciamento della logica gerarchia dei livelli di pianificazione, che abbiamo denunciato più volte, nell’indifferenza dell’intero ceto politico.
Non basta: si rivendica addirittura – come ha fatto Lei nell’assemblea dei costruttori – che lo Stato si spogli di alcune competenze per trasferirle in toto alla Regione. Ma una Regione che non ha voluto dotarsi del piano paesaggistico e mette le infrastrutture davanti ad ogni cosa, che titoli ha per pretendere ciò?
In quest’ottica l'attrattiva di una Soprintendenza “regionalizzata”, che risponda non più alle leggi ma soltanto ai desiderata del decisore politico,(e quindi a lobby di molteplici possibili formazioni) è certo irresistibile. E ancor più lo sarebbe per una classe politica che non riconoscesse come prioritari i valori della legalità e della necessaria applicazione delle leggi.
In presenza di una crisi epocale – al tempo stesso economica, ambientale e sociale – come quella in cui siamo immersi, si continua infatti a ripetere fino alla nausea lo slogan del legame inscindibile tra dotazione infrastrutturale e “sviluppo”. Senza mai riflettere, naturalmente, su quale tipo di sviluppo convenga perseguire e fingendo di non sapere che proprio lo “sviluppo” finora propugnato – basato solo sulla crescita cieca e illimitata del PIL e sull’erosione continua di risorse naturali, tra le quali la più umiliata è proprio il territorio – è all’origine della crisi stessa.
Non possiamo pensare che la classe dirigente regionale non capisca che il paesaggio, se tutelato e migliorato con intelligenza, è anche una risorsa di straordinario valore economico, un capitale offertoci gratuitamente dalla natura e dai secoli passati, che però può essere facilmente dilapidato per insipienza, incultura, ottusità, interessi e con l'uso di tecnologie non appropriate alle sensibilità e particolarità delle situazioni e dei luoghi.
Distinti saluti
Roberto Pizzutti - Presidente WWF FVG
Elia Mioni - Presidente Legambiente FVG
Luciana Boschin - Presidente Italia Nostra FVG

 

 

COMUNICATO STAMPA - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

Comunicati Agenzia Consiglio NotizieSA-PRC: Kocijancic, su rigassificatore negato accesso agli atti
 

(ACON) Trieste, 2 dic - COM/AB - Sono pervenute al consigliere regionale di SA-PRC Igor Kocijancic due segnalazioni da parte di associazioni ambientaliste, WWF e Legambiente, che lamentano di aver presentato richiesta di accesso agli atti in relazione al progetto definitivo di rigassificazione del GNL per il sito di Trieste-Zaule, alla quale la Direzione centrale ambiente, energia e politiche per la montagna ha risposto negando questo diritto adducendo una serie di motivazioni di carattere giuridico.
Kocijancic, riservandosi di presentare un esposto dell'accaduto alla competente autorità giudiziaria, chiede alla Giunta, attraverso un'interrogazione, se le motivazioni avanzate dalla Direzione regionale competente corrispondano effettivamente a un'interpretazione autentica della norma.
A suo giudizio, infatti, le due associazioni richiedenti, trattandosi di soggetti riconosciuti e operanti a livello nazionale e internazionale, e a loro volta portatrici di interesse e interlocutori riconosciuti dalla Regione e dalle autonomie locali, presenti ai vari livelli istituzionali in sede di pubblica discussione sul progetto in argomento, non possono essere equiparate a un semplice soggetto privato, come citato nelle motivazioni della Direzione.
Il consigliere di SA-PRC ritiene, in conclusione, che la semplice visione degli atti sottoposti a procedimento amministrativo non possa mettere a rischio gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della società Gas Natural.
 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 dicembre 2011

 

 

Scontro sui rifiuti tra Regione e Province «No al gestore unico»
 

Ciriani accelera sulla costituzione di un Ato centralizzato Ma gli enti intermedi protestano: «È competenza nostra»
TRIESTE La giunta accelera sulla costituzione di un Ato (Ambito territoriale ottimale) per la gestione dei rifiuti a livello regionale, destinato a sostituire gli attuali quattro ambiti provinciali. Una proposta che suscita dubbi, quando non aperta contrarietà, nelle Province: «Quel che si sa dell’Ato regionale fino a ora è che assorbirà competenze delle Province - dicono gli assessori competenti -, in compenso non hanno ancora chiarito come funzionerà e chi lo gestirà». Il vicepresidente Luca Ciriani ha illustrato ieri l’emendamento presentato in finanziaria per l’avvio di una nuova fase su scala regionale della gestione dei rifiuti: «È necessario fare un salto di qualità attivando un passaggio complesso ma fondamentale - ha detto -: la realizzazione di un’unica struttura a livello regionale che si occupi di questo settore strategico agendo in tutti i comuni del Friuli Venezia Giulia». Secondo Ciriani «la creazione di una unica struttura a livello regionale per la gestione dei rifiuti urbani regionali permetterà la realizzazione di numerose economie sia sul fronte operativo e gestionale, sia per quanto concerne la possibilità di effettuare gare e appalti con maggiore potere contrattuale». Si tratta, insomma, di un vero e proprio business. L’assessore provinciale all’Ambiente di Udine Ennio Decorte risponde: «Già in sede di IV commissione noi e le altre Province abbiamo espresso le nostre perplessità - spiega -. La bozza di piano dei rifiuti regionale del 2009 prevede quattro ambiti di competenza provinciale. Volendo creare maggior sinergia, si potrebbe rafforzare la solidarietà interprovinciale nell’uso degli impianti come discariche e inceneritori, senza intaccare la gestione provinciale della raccolta». Sulla stessa linea il collega triestino Vittorio Zollia: «Siamo contrari. Parlando di autorità unica la Regione si arroga compiti d’amministrazione e appalto». Così l’assessore di Gorizia Mara Cernic: «Siamo perplessi perché non ci è ancora stato spiegato come dovrebbe funzionare la governance di questo ipotetico ambito regionale. Di certo si profila un conflitto istituzionale: la gestione del flusso dei rifiuti è fra le competenze più importanti delle Province».
Giovanni Tomasin

 

 

Ferriera - I sindacati a Cosolini: «Tempi stretti» - INCONTRO
 

Un incontro promosso da tempo, che si è arricchito di significato dopo l’impegno sulla Ferriera preso dal presidente della Regione Tondo con il sindaco Cosolini. Ieri in municipio il primo cittadino, affiancato dagli assessori Omero e Laureni dal consigliere Decarli (Lista Trieste cambia) ha fatto il punto sullo stabilimento con le segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uil, le Rsu di Jindal Saw Italia (Sertubi) e una delegazione degli operai. «Ho colto grande preoccupazione tra i lavoratori - commenta il sindaco - che non posso che capire. Anche se il Comune non può sostituirsi a Regione e Governo, l’impegno, visto il segnale di attenzione del presidente Tondo, è di procedere in tempi certi a un tavolo permanente sull’attività produttiva della Ferriera e sulla tutela dell’ambiente». Moderatamente soddisfatto Umberto Salvaneschi (Fim), che osserva: «È positivo che si stia imprimendo questa accelerazione, perché i tempi sono sempre più stretti e la situazione sempre più difficile da gestire. Abbiamo chiesto al sindaco di organizzare un incontro con i parlamentari triestini, visto che il problema Lucchini va affrontato a livello nazionale». Pur ammettendo l’elemento di novità (l’apertura da parte della Regione), Stefano Borini (Fiom) sottolinea invece che «bisogna vedere se questo impegno trova i riscontri e gli elementi, progettuali ed economici, per procedere verso la riconversione dello stabilimento, con il necessario coinvolgimento di Lucchini, Jindal Saw Italia ed Elettra». Meno disposto ad aperture di credito è Franco Palman (Uilm), che parla di «situazione non chiara, di ritardo già accumulato se si parla del 2015» e lancia un chiaro messaggio: «Non ci facciamo più prendere in giro. Aspettiamo le risposte del sindaco, ma se si dovesse arrivare alla cassa integrazione scenderemmo subito in piazza».

(gi.pa.)

 

 

Opicina - Percorso "Pedibus" per gli alunni della Degrassi-Bevk

 

Arriva dalla circoscrizione di Altipiano Ovest la segnalazione di degrado in cui versa il cavalcavia della strada Provinciale n. 1 alla confluenza con la Grande Viabilità all’uscita di Prosecco. In una interpellanza inviata all’assessore al Decentramento Emiliano Edera, il consigliere Daniele Prelaz (Lega Nord) evidenzia una serie di criticità lungo uno dei tratti della provinciale più trafficati dell’intero comprensorio triestino. Secondo il consigliere tutta la segnaletica orizzontale prima e dopo l’accesso al cavalcavia avrebbe bisogno di una riverniciata perché ormai stinta. Si ritiene indispensabile poi lo sfalcio della vegetazione ai bordi della carreggiata che, in alcuni punti, impedisce la visione dei cartelli segnaletici. Per migliorare la visione notturna del tratto in questione, si suggerisce la posa in opera di borchie catarifrangenti soprattutto in prossimità dell’incrocio con la strada che porta a Borgo Grotta Gigante, a sopperire alla pressoché totale mancanza di illuminazione notturna. Riguardo il cavalcavia, viene osservato che il muro di contenimento lato a monte appare danneggiato e pericolante in più punti a causa di precedenti incidenti. In tema di viabilità, diverse le richieste di intervento sulle strade del centro opicinese da parte della circoscrizione di Altipiano Est, che nel cuore della frazione ha effettuato un sopralluogo assieme al Mobility Manager del Comune di Trieste. Positiva la risposta del Comune alla realizzazione di un “pedibus” per gli alunni della scuola Degrassi/Bevk di piazzale Monte Re. Il percorso previsto che si snoderà dal piazzale antistante il centro civico appare accessibile dal punto di vista della sicurezza. L’unica parte critica è il passaggio di insegnanti e scolari nella strettoia di via della Vena, tra l’altro priva di marciapiede. Tra le richieste del parlamentino, la ristrutturazione dell’ex parcheggio dell’Azienda Sanitaria di via di Prosecco, uno spazio oggi sottoutilizzato che potrebbe diventare un grande spazio di sosta proprio nel centro del paese. Sull’asse viario di Strada per Vienna, il parlamentino insiste nella necessità di creare una nuova rotatoria all’incrocio con la trafficata via di Basovizza.

(Ma. Lo.)
 

 

Antenne, si prepara il piano - Ma a Stramare, in assenza di regolamento, un traliccio sta già per essere montato
 

MUGGIA Finalmente il futuro dei nuovi tralicci per la telefonia mobile da posizionare a Muggia si sta delineando. L'amministrazione comunale retta dal sindaco Nerio Nesladek ha infatti affidato l'incarico ad una società esterna – la Polab di Pisa – per redigere una volta per tutte il Piano comunale delle antenne per la telefonia mobile. Con un ribasso stimato in circa 12 mila euro da una decina di giorni circa la società toscana ha iniziato a lavorare sul territorio per dare vita ad un documento fondamentale per avere una regolamentazione sui possibili tralicci da collocare a Muggia, proprio ultimamente fonte di polemica tra i residenti di Aquilinia e il Comune. «Stiamo verificando passo dopo passo l'operato della Polab in modo tale da non ritrovarci tra tre mesi con un piano già pronto ma non valutato», ha commentato l'assessore all'Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo. La società pisana avrà dunque ancora un'ottantina di giorni per completare il proprio lavoro nel quale si dovrà dare vita ad una serie di vincoli tra cui soprattutto le distanze previste tra i possibili tralicci e le zone abitate. Di pari passo cresce però sempre più la possibilità che prima che il Piano sia pronto un'antenna venga effettivamente posta a Muggia. In via di Stramare 3, sopra il tetto di una struttura alienata dell’Enel ad una distanza di circa 150 metri dalla scuola elementare, la multinazionale Ericsson per conto della Wind ha inoltrato la richiesta ufficiale al Comune. Essendo l'area privata l'amministrazione Nesladek, senza un regolamento comunale sulle antenne, avrà tempo sino alla fine di gennaio per esprimere un parere. A conti fatti il Piano sarà ultimato quando molto probabilmente il traliccio (ignota la sua grandezza) sarà già posizionato. «Il Comune sta facendo le dovute verifiche, chiaro però che tutto dipenderà dalle tempistiche di presentazione del Piano delle antenne, di certo coinvolgeremo la cittadinanza come già fatto per l'antenna del parcheggio di Zaule», ha commentato l'assessore Longo. Dunque se il traliccio di Aquilinia pare destinato a non sorgere (la proposta era stata avanzata sempre dalla multinazionale Ericsson in questo caso per conto della H3G) in quanto su terreno proprietà del Comune, in via di Stramare le probabilità di evitare l'installazione di un traliccio paiono decisamente inferiori. Anche se starebbe emergendo che la struttura di via di Stramare in precedenza fosse una centralina elettrica Enel, con tanto di custode. Pare dunque che non fosse adibita a civile abitazione e quindi sembra che siano in corso delle verifiche se anche per le opere di recinzione sia in effetti stata fatta la Dia e se vi sia effettivamente l'abitabilità della struttura. Al di là dell'esito delle indagini, la Giunta Nesladek dovrà comunque sempre tener conto – come peraltro già promesso pubblicamente – delle 378 firme raccolte dal Comitato dei cittadini di Zaule, sottoscrizioni che hanno espresso un no secco e compatto nei confronti di qualsiasi futura antenna. Nello specifico i 378 firmatari hanno chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano Antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne ad una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. Il Comitato ha poi ricordato come sulla base di alcuni studi “l'influenza derivata da emissioni elettromagnetiche può generare ripercussioni sulla salute delle persone”. Su quest'ultima questione l'assessore Longo ha ribadito quanto già espresso in altre sedi tra cui la folta assemblea svoltasi ad inizio novembre ad Aquilinia per discutere dell'antenna dell'H3G vicino al campo sportivo dell'associazione calcistica Zaule Rabuiese. «L'inquinamento elettromagnetico prodotto dalle antenne di telefonia mobile non ha ripercussioni, a differenza invece di quello dei tralicci delle televisioni e soprattutto delle emittenti radio”.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

 

GREEN STYLE.it - VENERDI', 2 dicembre 2011

 

 

Detrazione 55% efficienza energetica a rischio: costa troppo
 

È stato uno dei primi annunci di Corrado Clini dopo la sua nomina a ministro dell’Ambiente: la detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici sarà prorogata al più presto «in maniera strutturale». A soli pochi giorni da quella dichiarazione, che aveva ridato speranza ad alle associazioni del settore, un altro esponente del governo mette per così dire le mani avanti, spiegando che prima di pensare alla stabilizzazione delle agevolazioni occorre fare bene i conti.
A dichiararlo è stato Dino Piero Giarda, ministro per i Rapporti con il Parlamento, in occasione di un question time alla Camera. A differenza del suo collega del dicastero dell’Ambiente, Giarda mostra una prudenza notevole, spiegando che secondo i calcoli del Governo Monti gli oneri della detrazione sono molto maggiori di quanto previsto dal precedente esecutivo.
Secondo il governo dimissionario, in particolare, nel 2011 lo sgravio per l’efficienza energetica dovrebbe produrre un maggior gettito fiscale di 124,8 milioni, mentre la sua proroga costerebbe, in termini di minori imposte incassate, 32,4 milioni nel 2012 e 292,8 milioni nel 2013. Cifre che, stando alle dichiarazioni di Giarda, sarebbero in realtà sottostimate. “Non oso dire le stime che mi sono state sottoposte dal ministero dell’Economia”, ha dichiarato allarmato il ministro.
La pensa diversamente il Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio), secondo cui è vero che la detrazione del 55% è costata allo Stato 6.446 milioni di euro dal 2007 (anno in cui è stata introdotta) al 2010, ma i benefici economici, nello stesso periodo, sarebbero quantificabili in ben 10.310 milioni di euro, grazie al risparmio in bolletta (3.200 milioni), al maggior gettito fiscale (3.310 milioni) e l’aumento del reddito derivante dal patrimonio immobiliare (3.800 milioni).
La stabilizzazione dello sgravio fiscale, insomma, “s’ha da fare”, come ha chiesto al Governo anche il Partito Democratico, per bocca del presidente dei suoi Deputati, Dario Franceschini:
È stata la misura anticiclica di gran lunga più importante attivata in questi anni – ha dichiarato – e che ha contrastato gli effetti della crisi nel settore dell’edilizia e contribuito a ridurre le bollette energetiche degli italiani e le emissioni di CO2.
Il ministro Giarda, comunque, non esclude che, cifre alla mano, alla fine l’esecutivo decida di confermare le agevolazioni, magari stabilizzandole per almeno un triennio, come chiedono da tempo gli operatori di settore. Il Governo, ha infatti dichiarato, valuta “positivamente” il bonus fiscale del 55%, “ma si tratta di valutarne la sostenibilità finanziaria”. Le associazioni di categoria, in ogni caso, non possono ancora tirare il fiato.

Silvana Santo - Fonte: Casa&Clima | Zeroemission | Edilportale
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 dicembre 2011

 

 

Ferriera, Tondo e Cosolini fanno fronte comune
 

Concordato nel corso di un incontro un percorso che dovrà portare a un accordo di programma. Il sindaco: «Puntiamo a coinvolgere il governo»
Improvvisa svolta delle istituzioni sul complesso fronte della Ferriera. Ieri pomeriggio il sindaco Cosolini ha concordato con il presidente della Regione Tondo «l’immediata attivazione di un percorso organico e strutturato» per arrivare a un «puntuale» accordo di programma sullo stabilimento siderurgico. Accordo che, si legge in una nota del Comune, dovrà perseguire il duplice obiettivo di un futuro industriale compatibile dell’area dello stabilimento, con le conseguenti garanzie in termini occupazionali, e di un miglioramento della situazione ambientale dell’intera zona. Su questi aspetti Tondo ha assicurato che impegnerà la giunta regionale già dalla prossima seduta. «Abbiamo concordato - spiega il sindaco - che la situazione della Ferriera richiede un lavoro strutturato, su un duplice ordine di problemi. Rispetto al passato serve uno sforzo corale e un lavoro con continuità, non più tavoli episodici». Data la complessità delle questioni legate al futuro della Ferriera e di quell’area, fa capire il Cosolini, non basterà lo sforzo congiunto di Regione e Comune. «L’obiettivo che condividiamo - precisa il sindaco - è quello di coinvolgere il governo». I tempi per l’avvio del percorso che dovrà portare all’accordo di programma sono brevi. Tondo e Cosolini hanno concordato di rivedersi, assieme agli assessori competenti di entrambe le giunte, subito dopo l’approvazione del bilancio regionale, prevista entro l’anno. Il Comune metterà quindi in campo gli assessori Omero e Laureni, «ma anche in prima persona il sindaco - rimarca Cosolini - rispettando l’ordine del giorno votato dal Consiglio comunale». In quella sede, è stato deciso, saranno affrontati anche altri importanti nodi: sanità, siti inquinati e infrastrutture, con particolare riguardo al porto. Tornando alla Ferriera, il primo cittadino ricorda che nel percorso per arrivare all’accordo di programma «non si potrà salvare l’industria e l’occupazione a scapito dell’ambiente e della salute, ma non potrà accadere neanche il contrario». E proprio sui problemi ambientali dello stabilimento, martedì prossimo l’amministrazione comunale incontrerà i rappresentanti della Lucchini. «È un’iniziativa conseguente al superamento degli standard di legge sulle polveri sottili - precisa l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni -. Non c’è nessuna logica di chiusura. Vogliamo discutere la gestione degli impianti, in un quadro in cui il sindaco deve tutelare la salute dei cittadini».
Giuseppe Palladini

 

Sertubi, cassa integrazione sospesa. Congelato l'avvio della procedura, attesa per il piano finanziario di Lucchini.

 

È congelata fino al 19 dicembre qualsiasi ipotesi di cassa integrazione alla Jindal Saw Italia (Sertubi). La decisione è stata presa ieri mattina, su richiesta dei rappresentanti sindacali di Fim, Fiom, Uilm, Ugl e Faims-Cisal, durante l’incontro con l’amministratore delegato Montesi. A far slittare il possibile avvio della temuta procedura sono le novità che si attendono da Milano nei prossimi giorni, posto che entro il 10 dicembre è previsto il deposito, al Tribunale del capoluogo lombardo, del piano finanziario del gruppo Lucchini. E questo passo, secondo quanto ha dichiarato nei giorni scorsi a Trieste l’amministratore delegato Calcagni, libererà importanti risorse, fra cui i 360 milioni incassati con la vendita della francese Arcelor. «Calcagni - ricorda Stefano Borini, segretario provinciale Fiom - ha precisato che una parte di quelle risorse sarà destinata alla Ferriera per vari interventi, per dare continuità produttiva e scongiurare il pericolo che Sertubi rimanga senza ghisa liquida». Se le cose andranno in questo modo, l’ipotesi della cassa integrazione alla fabbrica di tubazioni sarà automaticamente archiviata. «Ci sarà solo una situazione congiunturale - precisa sempre Borini - di fronte alla quale l’azienda dirà: dobbiamo rallentare la produzione perchè i mercati sono in crisi e abbiamo i depositi pieni». Nei prossimi giorni, comunque, le organizzazioni sindacali metteranno in atto tutte le possibili pressioni sulle istituzioni, Regione e Comune in primis, e non escludono iniziative di protesta. Critico sulla posizione assunta da Jindal Saw Italia è il segretario provinciale Uilm Franco Palman, secondo il quale «non è vero che la fornitura della ghisa liquida è in pericolo. Il problema - osserva - è stimolare le istituzioni affinché partano le iniziative necessarie a rendere l’azienda autonoma dalla Ferriera, a cominciare dalla riduzione del costo dell’energia».

(gi.pa.)

 

 

La giunta contro Lubiana sul raddoppio di Krsko

 

La Regione annuncia battaglia a Roma sul nuovo piano energetico sloveno. Ciriani: "Informazioni scarse e incomplete. Serve la VIA transfrontaliera".

TRIESTE La giunta regionale si è espressa in maniera negativa sul Piano energetico nazionale sloveno, e annuncia un appello a Roma contro i potenziali «impatti ambientali negativi» sul Friuli Venezia Giulia. Tra i punti critici rilevati dalla giunta a sorpresa c’è anche il raddoppio della centrale nucleare di Krsko: un progetto per il quale il presidente Renzo Tondo aveva espresso più volte interessamento, proponendo addirittura una partecipazione da parte della Regione. L’annuncio della giunta è arrivato in una nota del vicepresidente Luca Ciriani: «Trasmetteremo al governo - vi si legge - una lunga serie di richieste di approfondimenti su numerosi aspetti del Piano sloveno, perché le informazioni che ci sono state trasmesse dalla Slovenia sono scarse e incomplete». «Abbiamo rilevato - continua Ciriani - come numerosi interventi previsti potrebbero determinare impatti ambientali negativi, anche gravi, sul Friuli Venezia Giulia, in particolare il prolungamento della vita operativa della centrale nucleare di Krsko, la realizzazione di centrali idroelettriche che potrebbero interessare i nostri bacini e non ultimi i campi eolici previsti sul tratto di confine compreso tra Trieste e Gorizia». «Chiederemo quindi al Ministero dell'Ambiente e a quello dei Beni Culturali - ha concluso Ciriani - di attivarsi nei confronti della Repubblica di Slovenia affinchè questa fornisca i necessari chiarimenti, sottolineando come, nel caso la Slovenia volesse dare seguito alla realizzazione degli interventi ipotizzati da questo Piano energetico, il Friuli Venezia Giulia ritenga che debba necessariamente essere attivata una procedura di Via transfrontaliera in cui venga coinvolta a pieno titolo anche la nostra Regione». Una presa di posizione tecnica, quella della giunta, non priva di risvolti politici: secondo alcuni la si potrebbe vedere come una reazione alla freddezza degli sloveni davanti all’ipotesi di una partecipazione italiana al raddoppio.

Giovanni Tomasin

 

Il ministro Clini: «Nucleare sloveno? Tema complesso»
 

TRIESTE «Dobbiamo esaminare questo argomento». Lo ha affermato il ministro dell’Ambiente Corrado Clini rispondendo a una domanda sull’ipotizzato raddoppio della centrale slovena di Krsko. «Non abbiamo pregiudizi - ha aggiunto - però dobbiamo esaminare nel merito, perché il raddoppio della centrale di per sè non vuol dire nulla, dobbiamo capire quali sono le tecnologie e le procedure di sicurezza. Insomma - ha concluso - non è una questione che si affronta con una battuta». Clini era a Trieste per la decima conferenza annuale del Cer, e ha parlato anche del ruolo degli enti di ricerca in regione: «Il coordinamento degli Enti di ricerca del Friuli Venezia Giulia deve essere occasione per favorire la sinergia e l’ottimizzazione delle importanti risorse scientifiche, umane e finanziarie presenti sul territorio - ha dichiarato il ministro -. Tre sono gli assi sui quali muoversi: aumentare la mobilità internazionale nel settore della conoscenza, accrescendo il ruolo di Area e degli altri enti quali interfaccia di istituzioni europee ed extraeuropee». Il ministro ha poi auspicato uno sviluppo delle competenze, coadiuvato da un intervento della Regione: «In secondo luogo si devono rafforzare in Friuli Venezia Giulia le competenze distintive, puntare alla crescita di nuove competenze nei settori della ricerca e dell’innovazione, sostenendo programmi di intervento di successo come il progetto Innovation Network, al quale mi aspetto la Regione possa dare ulteriore collaborazione. Infine Clini ha sottolineato l’importanza, anche per il mondo della ricerca, di sapersi proporre come interlocutori credibili: «Dobbiamo essere più capaci di fare marketing su ciò che il territorio è in grado di offrire in termini di eccellenze e capacità di ricerca, in modo da intercettare la domanda internazionale di supporto all’innovazione, forte in Paesi come Cina, India o Brasile, guardando in particolare a settori quali energia, biomedicina e nanotecnologie». In questo sforzo, ha concluso il ministro, «un ampliamento dell’attività del Wellcome Office Fvg può aiutare a organizzare l’offerta».
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 dicembre 2011

 

 

L’inceneritore smaltisce i rifiuti della Campania
 

Colonne di camion che arrivano da Salerno e da Napoli. I “grillini” chiedono maggiori controlli. L’AcegasAps: sono già trattati, guadagni per la spa

Direzione termovalorizzatore di via Errera. È quella che da giorni stanno prendendo i camion che trasportano rifiuti provenienti dalla zona di Salerno e dintorni e, per una piccola parte, anche da Napoli. L’impianto di AcegasAps, infatti, ha ricominciato a bruciare anche immondizie in arrivo dalla Campania dalla metà dello scorso ottobre. Così come aveva fatto nell’arco di quest’anno pure nei mesi precedenti l’estate, un dettaglio che finora mai era emerso dall’ex municipalizzata. Un piccolo aiuto a una regione, quella campana, in costante emergenza su questo fronte. E un modo, nel contempo, per sfruttare al massimo le potenzialità - in termini di spazio - dell’inceneritore. I rifiuti provenienti da Salerno e Napoli rappresentano - come confermato da AcegasAps - il 10% del totale “termovalorizzato” quotidianamente (nel complesso potenzialmente 612 tonnellate al giorno, secondo i dati aziendali). A far girare l’informazione per primo, nella giornata di ieri, è stato il consigliere comunale dei “grillini” Paolo Menis: «Da alcuni giorni arrivano all’inceneritore di via Errera camion carichi di rifiuti provenienti dalla Campania. Solo il 29 novembre sono giunti ben 20 tir. Pur essendo convinto che i tecnici di AcegasAps svolgono tutte le verifiche previste dalla legge, sono molto preoccupato per la potenziale pericolosità delle emissioni derivanti dalla combustione di questi rifiuti, considerata la continua emergenza che stanno vivendo la città di Napoli e altre aree della Campania». A questo riguardo l’esponente del MoVimento 5 Stelle chiede che «a protezione della salute dei cittadini, il sindaco e l’assessore comunale Laureni intervengano su AcegasAps e sull’Arpa affinché procedano a verifiche approfondite, anche non previste dalla legge, sull’immondizia proveniente da fuori provincia». Umberto Laureni, titolare della delega all’Ambiente in seno alla giunta Cosolini, non si scompone. «Il sempre maggiore ricorso alla raccolta differenziata in città - spiega l’assessore - determina una riduzione del rifiuto solido urbano da destinare al termovalorizzatore. Si crea così una maggiore disponibilità dell’impianto a ricevere rifiuti provenienti da altre zone. L’AcegasAps è una spa e quanto più brucia, più guadagna. A proposito di differenziata - conclude -, i segnali sono incoraggianti: entro fine dicembre faremo il punto della situazione». Laureni si toglie infine un sassolino dalla scarpa: «I “grillini” potevano anche rivolgersi prima a noi, invece di contattare i giornali». Da AcegasAps, è il direttore della Divisione Ambiente, Paolo Dal Maso, a confermare che in via Errera «arrivano delle quantità di rifiuti dalla zona di Salerno e, per una piccola parte, da Napoli». Fornendo poi rassicurazioni a livello ambientale: «Si tratta di rifiuti già trattati, ci arrivano da impianti che ci hanno contattati. Sono scarti di legno, plastica o cartone. “Buoni rifiuti”, più uniformi cioè di un rifiuto urbano qualsiasi. Rappresentano il 10% di quanto viene bruciato ogni giorno». Lo stesso Dal Maso rileva poi come il trasporto dalla Campania sia legato a «un rapporto contrattuale avviato a inizio 2011». Un flusso interrotto in estate per l’arrivo di una certa quantità di immondizie “da alta stagione” da Lignano e, alla riduzione di queste, per un intervento di manutenzione all’impianto. Da metà ottobre, la ripartenza.
Matteo Unterweger

 

Barbo: dove finiscono le immondizie della differenziata? - CONSIGLIO

 

«Che fine fanno i rifiuti della raccolta differenziata e quali saranno i prossimi passi per arrivare al 65% dal 21% attuale?» Questi interrogativi sono stati posti in apertura del consiglio comunale del 29 novembre dai consiglieri Beltrame e Barbo all’assessore all’ambiente Laureni. «L’assessore ha dichiarato è scritto in una nota dei due consiglieri - che non gli consta che i rifiuti conferiti separatamente negli appositi contenitori dai cittadini vengano destinati all’inceneritore, anziché al riciclo. Tale ipotesi risulterebbe peraltro antieconomica tanto per il Comune quanto per Acegas, posto che l’invio all’inceneritore deve essere pagato in base alle tonnellate di rifiuti conferite». Quanto all’avvio della campagna informativa alla cittadinanza, volta a triplicare entro la fine del 2012 la raccolta differenziata a Trieste, l’assessore si è detto fiducioso che potrà iniziare a dicembre, auspicabilmente con la collaborazione di Provincia e scuole. Le sanzioni previste per i cittadini inadempienti avranno decorrenza commisurata ai tempi della campagna informativa. I consiglieri auspicando il buon esito dell’iniziativa si riservano di ritornare sul tema. Certo è che la differenziata ha avuto una partenza lenta malgrado gli incentivi offerti ai triestini virtuosi. Si tratta di cambiare abitudini.
 

 

Valle San Bortolo, tutela a metà - PIANO EDILIZIO PRIVATO - L’area è di pregio ambientale ma anche edificabile. Longo contrario
 

MUGGIA Un'ampia area verde nei pressi del bosco della Luna presto potrebbe diventare terreno riservato a una non ben precisata serie di villette a schiera. Tre particelle del Comune censuario di Valle San Bortolo, sulla collina posta sopra Porto San Rocco, sono infatti state “prese di mira” da un Piano attuativo comunale (Pac) di iniziativa privata. L'area è considerata di pregio ambientale: vige dunque una tutela paesaggistica. Ma la zona risulta, paradossalmente, anche edificabile. «Tutto nasce dalla variante 15 al piano regolatore promosso nel 2001 dalla giunta Gasperini, che di fatto ha creato una situazione conflittuale», osserva l'assessore comunale all'Ambiente Fabio Longo. In questi giorni la giunta ha concluso la procedura di verifica di assoggettibilità dell’area alla Valutazione ambientale strategica. L'Ass Triestina e l'Arpa hanno espresso il parere di non assoggettare il Piano attuativo comunale all'intera procedura di Vas. I membri della giunta hanno accolto con favore i pareri dei due enti. Tutti, tranne l'assessore Longo che si è dichiarato contrario: «Fermo restando che la delibera è tecnicamente valida - spiega Longo - il mio diniego è scaturito da una questione di coscienza: sono sempre stato contrario alla variante apportata dalla giunta Gasperini su quell'area che ora potrebbe essere edificabile». I prossimi passi per definire il futuro dell'area sono il passaggio in Consiglio comunale e poi il parere di vari enti tra i quali Regione e la Soprintendenza.

(ri.to.)
 

 

Una luce contro la pena di morte - CAMPAGNA INTERNAZIONALE - Illuminata la Fontana del Nettuno in piazza della Borsa
 

Poco dopo le 18 di ieri è stata illuminata con una luce verde speranza la fontana di Nettuno in piazza della Borsa. Anche Trieste ha partecipato all’iniziativa “Città per la vita, città contro la pena di morte”, illuminando (come fatto da più di 1400 città in 80 Paesi) un proprio monumento a sostegno della campagna contro la pena capitale. L’appuntamento era promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nell'anniversario della prima abolizione della pena di morte dall'ordinamento di uno stato europeo, da parte del Granducato di Toscana nel 1786. Sono intervenuti il vicesindaco Fabiana Martini e la presidente della Provincia Bassa Poropat, Gabriele Paoletti e Loredana Catalfamo per la Comunità di Sant’Egidio, diversi cittadini e passanti. Ricordando la moratoria all’Onu contro la pena di morte, con questa iniziativa - ha detto Paoletti - «abbiamo voluto ribadire un sì alla vita e un no alla giustizia crudele». Catalfamo, ricordando che sono 141 i Paesi abolizionisti e 56 quelli che mantengono la pena di morte, ha sottolineato l’intensa attività svolta in tutto il mondo dalla Comunità di Sant’Egidio.

 

 

 

 

il CAMBIAMENTO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Beni Comuni - Banca Mondiale e multinazionali insieme per privatizzare l'acqua
 

La Banca Mondiale vara una nuova alleanza con le multinazionali al fine di privatizzare definitivamente il servizio idrico. Ma l'accesso all'acqua deve restare comune e questo è l’ennesimo tentativo, da parte delle corporations, di interferire nella gestione democratica e legittima dell’acqua.
La partnership tra la Banca Mondiale e varie multinazionali fa parte di una più vasta tendenza da parte dell'industria di influenzare le politiche globali sull'acqua
La Banca Mondiale vara una nuova alleanza con varie multinazionali, tra le quali Nestlè, Coca Cola e Veolia. Con sede presso l’IFC (International Finance Corporation), questa nuova iniziativa mira a 'trasformare il settore idrico' introducendo il settore privato in quello che è, storicamente, un servizio pubblico.
Questa nuova partnership fa parte di una più vasta tendenza da parte dell'industria di influenzare le politiche globali sull'acqua. Questa iniziativa industriale, denominata The 2030 Water Resources Group Phase 2 Entity schiera multinazionali con grossi interessi finanziari nella governance dell’acqua con la Banca Mondiale, una delle più importanti istituzioni per lo sviluppo a livello mondiale.
Peter Brabeck, presidente della Nestlé, è stato chiamato a presiedere il Water Resources Group, che ha già ricevuto 1,5 milioni di dollari di finanziamento IFC. Nestlé è la più grande multinazionale di imbottigliamento acque.
I difensori dell’accesso all’acqua sottolineano come questo non sia che l’ennesimo tentativo da parte delle multinazionali dell’acqua di interferire nella gestione democratica e legittima dell’acqua.
Il Water Resources Group rappresenta un conflitto di interessi rispetto all’obiettivo della Banca Mondiale, che è quello della riduzione della povertà. Presenta inoltre un approccio alla gestione dell’acqua incompatibile con il diritto all’acqua riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Al momento, il 90 per cento degli utenti dell’acqua utilizza il servizio pubblico
La campagna del settore privato per ottenere finanziamenti
“Siamo senza ombra di dubbio in presenza di una campagna attivista dell’industria privata per l’ottenimento di finanziamenti e credibilità, nel tentativo di ottenere un potere totale”, ha dichiarato Shayda Edwards Naficy, dirigente del Corporate Accountability International, un organismo non governativo.
“Stando alla Banca Mondiale, il 34 per cento dei contratti idrici di tipo privato sono in sofferenza o vengono rescissi prima della scadenza.
Ad aprile, l’ufficio di vigilanza dell’Ombudsman ha dichiarato che un sorprendente 40 per cento dei reclami ricevuti da tutti i settori e da tutte le regioni era correlato con l'acqua. Questo dimostra quanto la privatizzazione dell’acqua si sia rivelata una miniera di problemi, quali promesse non mantenute di fornitura di servizi allargati, finanziamenti pubblici sprecati, minacce ai diritti umani, specie per quanto riguarda le famiglie a basso reddito.
Interessi finanziari
Se la Banca, nonostante una lunga storia di fallimenti, approva questo approccio, questo fa legittimamente pensare a un processo decisorio inquinato da diffuse partnership con multinazionali e quote finanziarie in queste ultime.
Al momento, il 90 per cento degli utenti dell’acqua utilizza il servizio pubblico. Affidare questi sistemi ad aziende private porterebbe a aumento dei prezzi, interruzioni di servizio, e significativi licenziamenti degli impiegati del settore.
Focalizzare sul settore privato significa inoltre distogliere l’attenzione dal sostegno ai governi nella protezione dei diritti umani.
Il Water Resources Group mira a “sviluppare un nuovo approccio normativo alla gestione dell’acqua”, preparando la strada per un ruolo sempre più ampio del settore privato a livello mondiale. Per poter ottenere questi nuovi finanziamenti, tutti i progetti devono presentare “almeno un partner del settore privato”, non come semplice finanziatore benefico, ma “come parte delle operazioni”.
La strategia del gruppo consiste nell’inserire il settore privato nella gestione dell’acqua un paese alla volta
Un paese alla volta
La strategia del gruppo consiste nell’inserire il settore privato nella gestione dell’acqua un paese alla volta, attraverso una combinazione tra ricerca finanziata dall’industria e partecipazione diretta in organismi governativi.
Al momento, il Water Resources Group sta formalmente lavorando con i governi, rispettivamente, della Giordania e del Messico, e con lo stato indiano di Kanataka. Inoltre, colloqui sono in corso con i governi del Sud Africa, della Cina, e di vari altri paesi scelti per la fase successiva.
“Corporate Accountability International ha dimostrato in modo consistente l’inerente conflitto di interessi della Banca Mondiale, che agisce come investitore, consulente del governo, arbitro, e veicolo di pubbliche relazioni a sostegno del profitto nel settore dell’acqua” ha dichiarato Naficy.
Alle multinazionali dell’acqua non deve essere permesso...
Alle multinazionali globali dell’acqua non deve essere permesso di aprire i rubinetti dei fondi per lo sviluppo per promuovere le propri interessi privati, perché tutti i casi hanno dimostrato come profitto e rispetto dei diritti umani nel settore dell’acqua sono in conflitto.
Corporate Accountability International (ex Infact) è un’organizzazione di soci che, negli ultimi 34 anni, ha con successo portato avanti campagne a difesa della salute, dell’ambiente e dei diritti umani.
Attraverso la sua campagna Challenging Corporate Control of Water (sfidare il controllo delle multinazionali sull’acqua), Corporate Accountability International ha assunto un ruolo leader nel movimento globale per proteggere il diritto e l’accesso all’acqua; preservare e proteggere le risorse idriche e i sistemi per il bene pubblico; e preservare le risorse idriche in quanto patrimonio ecologico.
Articolo tratto da Pressenza - Fonte: TRANSCEND Media Service
Articolo originale su Pampazuka News - 2011 Human Wrongs Watch - Traduzione dall'inglese di Giuseppina Vecchia
 

 

AltroCONSUMO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Caraffe filtranti- Sono di moda, ma servono ? Il test rivela che si tratta di una spesa inutile, che può peggiorare la qualità dell’acqua potabile.
 

Mentre i produttori di minerale e quelli di caraffe filtranti si azzuffano tra di loro per spartirsi il ricchissimo business dell’acqua in Italia, noi procediamo con i nostri test, che spesso mostrano come spendere soldi per dissetarsi non serva. Nel frattempo, però, l’influenza della pubblicità e lo spauracchio dell’igiene (efficace strategia di vendita) hanno fatto prendere il volo al mercato delle caraffe filtranti, che ha abbandonato ogni timidezza e rischia di far vacillare il trono di Mineracqua, il consorzio dei produttori di minerale. Secondo una rilevazione Gfk, nell’ultimo anno le vendite di caraffe filtranti sono quasi raddoppiate: in Italia nel 2010 ne sono state acquistate più di 820 mila unità. E il trend sembra essere in continua crescita.
Perché le sconsigliamo
Nonostante un mercato così vivace, ancora una volta il test dimostra che filtrare l’acqua può peggiorarne per certi versi la qualità. I meccanismi d’azione delle cartucce, infatti, sono critici. Come rivela il test, possono rilasciare ammonio in eccesso (per alcune caraffe in quantità superiori ai limiti di legge); non di rado sviluppano una carica batterica che nell’acqua potabile non c’era; a volte addolciscono troppo l’acqua. Ci sono invece altri aspetti che sono soddisfacenti, per esempio la riduzione di singoli inquinanti (solventi e trialometani), della maggior parte dei metalli pesanti e dei nitrati.
Dal rubinetto esce buona
La questione fondamentale, però, è: perché comprarle? Fatta eccezione per qualche caso particolare, non c’è bisogno di filtrare l’acqua del rubinetto: non è da migliorare. Non per nulla per verificare il funzionamento dei filtri abbiamo dovuto in qualche modo “sporcare” la potabile, ovvero portarla a concentrazioni di inquinanti vicine al limite di legge. Se l’acqua del rubinetto ha tutte le caratteristiche di potabilità necessarie, come stabilito da leggi nazionali ed europee, non si può dire lo stesso per quella filtrata con le caraffe. Sono in fondo dei piccoli impianti chimici, che richiedono cura e attenzione particolare, per esempio un ricambio regolare (e dispendioso) dei filtri. Se non si osservano questi accorgimenti, i rischi di contaminazione aumentano. Il paradosso, dunque, è che si spendono soldi nella speranza di filtrare sostanze indesiderate, ma nel contempo possono esserne rilasciate di nuove, che non erano presenti nell’acqua di rubinetto.
Metà dei modelli insufficienti
Il funzionamento delle caraffe è stato testato in laboratorio, dove è stata prodotta artificialmente un’acqua inquinata con diverse sostanze (metalli pesanti, solventi, cloriti e trialometani...), in concentrazione tale da essere però sempre sotto i limiti di legge. È stato necessario questo artificio perché la potabile che arriva a casa non ha mai valori così elevati, anche se si tende spesso a far credere il contrario. Solo così, cioè con dei parametri da abbattere, abbiamo potuto valutare se la caraffa è davvero utile per chi ha problemi puntuali di inquinamento (come arsenico o nitrati), che, benché rari, possono essere presenti in alcune aree geografiche.
Che cosa non funziona
Anche se la pubblicità lascia intendere che le caraffe garantiscono sempre e comunque un miglioramento della qualità dell’acqua, il test dimostra che per alcuni aspetti deludono del tutto queste aspettative. Il fatto più grave è certamente la prolifera­zione di batteri, prima non presenti nell’acqua, so­prattutto verso la fine della durata della cartuccia. L’acqua filtrata, insomma, contiene più batteri di quel­la del rubinetto. In alcuni modelli la presenza mag­giore di argento, efficace antibatterico, compensa questo rischio, ma ne produce un altro (il rilascio di questo metallo, appunto).
Argento. Serve a contrastare la proliferazione bat­terica. In questo caso l’acqua del test non ne è stata arricchita, come è avvenuto per gli altri parametri. Di solito questo metallo non è presente nell’acqua di rete, mentre una delle caraffe, D-mail, ne rilascia una quantità al limite dello standard fissato dall’Organiz­zazione mondiale della sanità (non esiste un limite italiano). Comunque sta di fatto che nell’acqua filtra­ta compaiono sostanze che prima non c’erano.
Addolcimento. È una questione di gusto, ma è mol­to comune non gradire l’acqua con una durezza ele­vata. Più viene addolcita e più somiglia alla minerale: questo è probabilmente uno dei motivi per cui le ca­raffe sono molto vendute. Non si può esagerare però: Ariete, Dmail e Terraillon operano un addolcimento iniziale fortissimo, portando l’acqua a zero gradi fran­cesi (quella del rubinetto è sui 34 ° francesi).
Arsenico. Sconsigliamo a chi riceve dall’acquedotto acque che contengono arsenico in quantità eccessiva di affidarsi a questo tipo di trattamento: non servi­rebbe. Solo l’acquedotto può intervenire per ripristi­nare la qualità dell’acqua. Piuttosto, fate una segna­lazione all’acquedotto e verificate con loro.
Ammonio. La legge per le acque destinate al consumo umano richiede che l’ammonio non superi i 0,5 mg/l. Succede che alcune cartucce, soprattutto all’inizio, ne rilascino quantità superiori. È accaduto a Coop, Auchan, Brita e D-mail. Non ci sono rischi per la sa­lute, ma si tratta di un rilascio di residui indesiderato.
Che cosa ha funzionato
Per alcuni parametri le cartucce filtranti sono risul­tate efficaci: nitrati, inquinanti, alcuni metalli pesan­ti. Per quanto riguarda i nitrati, l’acqua di rete conte­neva in media 8 mg/l di nitrati, quella “inquinata” per il test ne conteneva 21 mg/l (il limite di legge è 50 mg/l). Tutte le caraffe, eccetto Terraillon, riducono i nitrati anche del 30%. Tra gli inquinanti, abbattere solventi e trialometani, responsabile del cattivo odo­re e sapore dell’acqua potabile, è il pregio principale delle caraffe filtranti: il carbone attivo contenuto nel­le cartucce è efficace nel trattenerli.
La potabile è sempre più conveniente
Bere l’acqua del rubinetto è da molti punti di vista la scelta migliore: costa meno di un euro all’anno, non obbliga a portare pesi a casa e i controlli rigorosi ga­rantiscono quasi sempre una qualità buona. Non di­mentichiamo anche il rispetto dell’ambiente: niente plastica e zero inquinamento da trasporto merci.
Se la preferite frizzante, attenzione ai costi se pensa­te di comprare caraffa e gasatore: l’acqua in bottiglia può risultare più conveniente (calcolando anche il costo delle ricariche del gasatore).
Se invece trovate la potabile di sapore poco gradevo­le (il che non significa che non sia pulita), mettetela in una brocca aperta per una mezz’ora in frigorifero: l’odore di cloro (utilizzato per ridurre al minimo lo sviluppo di microbi) sparirà del tutto.
Risultati del test
Modello: AQUALIS (STAR LYF) Water Filtration System
Costo: 10
Costo medio Utilizzo Annuo: 43
Inquinante per cui è risultata efficace: Nitrati,
solventi e trialometani
Qualità Globale: 58
Modello: TERRAILLON Caraffa Filtrante Baltic
Costo: 23
Costo medio Utilizzo Annuo: 69
Inquinante per cui è risultata efficace: Piombo
Qualità Globale: 55
Modello: AQUA OPTIMA Purer Water Fast
Costo: 12
Costo medio Utilizzo Annuo: 18
Inquinante per cui è risultata efficace: Acqua molto dura, Nitrati
Qualità Globale: 48
Modello: ARIETE Caraffa filtrante Hidrogenia 140
Costo: 22
Costo medio Utilizzo Annuo: 72
Inquinante per cui è risultata efficace: Nitrati
Qualità Globale: 47
FALSI MITI SULLE CARAFFE
C’è un intero mondo di pregiudizi e di disinformazione, che spinge milioni di italiani a spendere decine di euro all’anno per comprare la minerale o utilizzare le caraffe, pensando di tutelare la propria salute.
Eliminano l’arsenico. Chi pensa di eliminare l’arsenico eventualmente presente in alcune zone nell’acqua di rubinetto rimarrà deluso: le cartucce delle caraffe hanno scarsissime possibilità di trattenere l’arsenico.
L’acqua addolcita è migliore. Il forte addolcimento operato dalle cartucce sull’acqua di rubinetto è un vantaggio solo per il gusto. In effetti si riduce il fastidioso odore di cloro, a volte presente nella potabile. In compenso, il consumo di acque dure, oltre a non essere per nulla dannoso, è associato a una minore incidenza di malattie cardiovascolari.
È più ecologico. In realtà filtrare l’acqua contribuisce alla produzione di rifiuti. Le cartucce richiedono uno spreco di risorse per essere prodotte e diventano presto scarti (hanno una vita breve, di circa un mese).
Permette di spendere meno. Il modo migliore per risparmiare è bere acqua del rubinetto. Se poi si beve acqua gasata, la caraffa è più cara anche della minerale in bottiglia.
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

PIANO ENERGETICO NAZIONALE DELLA SLOVENIA - IL WWF: “INACCETTABILE IL RADDOPPIO DI KRŠKO. NO A NUOVI ELETTRODOTTI AEREI E CENTRALI SULL’ISONZO”
 

L’Associazione ha inviato ai Ministeri, alla Regione e alla Commissione europea le proprie osservazioni sul Piano del governo di Lubiana.
“E’ da sperare che gli enti locali del Friuli Venezia Giulia, Regione, Province e Comuni, si siano attivati nella procedura VAS (Valutazione Ambientale Strategica) transfrontaliera sul Piano Energetico Nazionale della Repubblica di Slovenia. Le scelte del Piano riguardano infatti anche il nostro territorio: finora, però, risulta che osservazioni in merito siano state formulate soltanto dalla Provincia di Trieste”.
Da questa considerazione parte il WWF del Friuli Venezia Giulia, nel comunicare le proprie osservazioni sul Piano, inviate nei giorni scorsi al Ministero dell’ambiente italiano, alla Regione e alla Commissione Europea.
E’ molto allarmato, infatti, il WWF, per il fatto che il Piano prevede un rafforzamento della scelta nucleare, con il prolungamento della vita utile dell’attuale centrale di Krško fino al 2043 e la costruzione (entro il 2022) di una seconda centrale – da 1.000 o 1.600 MW – di cosiddetta “terza generazione” nello stesso sito.
“Si tratta – osserva il WWF – di una scelta in stridente controtendenza rispetto a quanto hanno deciso ad esempio la Germania (chiuderà tutte le sue centrali entro il 2022) o la Svizzera (che le chiuderà tutte tra il 2019 e il 2034), per tacere dell’Austria, che ha rinunciato al nucleare dopo il referendum del 1978 pur avendo una centrale pronta ad entrare in funzione, e dell’Italia che ha visto la schiacciante vittoria degli antinucleari nel referendum del giugno scorso.”
Soltanto alcuni Paesi dell’ex blocco sovietico (Romania, Polonia…) paiono voler continuare sulla strada del nucleare, mentre perfino in Francia – che ricava dall’atomo i tre quarti della sua elettricità – si stanno elaborando piani per il graduale abbandono di questa fonte.
Il WWF sottolinea che anche dal punto di vista economico la fonte nucleare non è certo competitiva: dati del Dipartimento dell’energia USA mostrano infatti che il kwh nucleare, per centrali che entrassero in funzione nel 2020, sarebbe più caro di quello prodotto da ogni altra fonte, compreso l’eolico.
Senza contare l’irrisolto problema dello smaltimento definitivo e sicuro delle scorie radioattive (sul quale il P.E.N. sloveno non fornisce risposte) e quello della pericolosità intrinseca di questi impianti, sia in caso di incidente grave (Trieste si trova a 139 km di distanza in linea d’aria e “a tiro di bora” da Krško), sia nel funzionamento “normale”. Un recente e approfondito studio tedesco ha dimostrato infatti un’incidenza doppia delle leucemie infantili nel raggio di 5 km dalle centrali nucleari.
Il WWF rileva che anche in tema di rigassificatori non mancano preoccupanti ambiguità nel Piano. Quest’ultimo, infatti, a proposito delle forniture di gas naturale, menziona la necessità di “collegamenti ai terminali GNL nella regione”, quando è noto che non esiste alcun terminale in funzione, ma soltanto il progetto di quello di Trieste-Zaule (proposto da Gas Natural), di quello off shore nel centro del Golfo di Trieste (proposto da E.On.) e di quello di Omišalj sull’isola di Veglia (proposto da Adria LNG).
La posizione del Governo di Lubiana è stata, almeno finora, estremamente critica sui primi due progetti, per ragioni condivise anche dagli ambientalisti italiani: pesante impatto sull’ecosistema marino, interferenze con i traffici navali commerciali e con la pesca, ecc. Il P.E.N. tuttavia non accenna minimamente a tutto ciò e andrebbe perciò chiarito quale sia la vera posizione del Governo di Lubiana su tali progetti.
Deludente, secondo gli ambientalisti, anche l’approccio al problema degli elettrodotti transfrontalieri: il Piano prevede infatti la costruzione di un nuovo elettrodotto da 400 kV tra Okroglo e Udine entro il 2018, senza neppure accennare al fatto che possa essere realizzato in cavo interrato, anziché su linea aerea. Stante l’impatto di gran lunga minore che una linea interrata comporterebbe rispetto ad una aerea, tale omissione è incomprensibile, specie in una procedura con finalità ambientali come la VAS.
Il PEN sloveno assegna un ruolo rilevante, almeno nelle dichiarazioni di intenti, alle politiche per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, ma è ambiguo rispetto alla collocazione di nuove centrali idroelettriche: l’auspicio degli ambientalisti è che non ne venga costruita nessuna lungo il corso dell’Isonzo, rispetto al quale una proposta di legge punta invece ad eliminare lo status del fiume come inestimabile bene naturalistico (sollevando vibrate proteste, sia in Slovenia sia in Italia).
Il WWF denuncia inoltre il fatto che la documentazione sul P.E.N. è stata fornita al pubblico quasi esclusivamente in lingua inglese, con soltanto due brevi riassunti in italiano.“Un modo – commenta l’associazione – per ostacolare chi volesse formulare osservazioni, violando lo spirito della Direttiva europea sulla VAS, purtroppo con l’acquiescenza del Ministero dell’ambiente italiano. Auspichiamo perciò che tutti gli elaborati del Piano siano tradotti in italiano e che siano conseguentemente riaperti i termini per la presentazione di osservazioni da parte del pubblico.”
Il WWF conclude auspicando che il nuovo Governo sloveno, che uscirà dalle elezioni politiche del 4 dicembre, riveda la scelta nucleare contenuta nel Piano Energetico e chiarisca la propria posizione in merito ai rigassificatori ed agli elettrodotti transfrontalieri.
Va tuttavia rilevato, sottolinea il WWF, che la Slovenia – al di là di alcuni contenuti discutibili - si sta dotando di un Piano Energetico Nazionale, mentre in Italia (da molti anni e pur nel succedersi dei Governi di diverso coloro politico) non c’è traccia di un piano analogo, con la conseguenza di lasciare ogni scelta strategica sull’energia alla mercé del “mercato”, cioè in definitiva delle grandi multinazionali dei produttori e venditori di petrolio, gas ed elettricità.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 30 novembre 2011

 

 

Emergono i dubbi degli industriali sul rigassificatore - Si allarga il fronte del no e degli incerti di fronte all’ipotesi del terminal traghetti nell’area ex Aquila
 

Un'istruttoria completa per verificare che il progetto del rigassificatore non interferisca in alcun modo con le attività portuali. Ieri mattina il Comitato portuale ha rinviato il parere formale sull'impianto che Gas Natural intende realizzare nei pressi del canale navigabile di Zaule, ma il fronte del “no” pare allargarsi in attesa della Conferenza dei servizi che la Regione dovrà convocare per mettere attorno al tavolo tutti i soggetti interessati. Decisamente soddisfatto il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek, che ha visto presa in seria considerazione la sua proposta: una verifica della compatibilità del gnl con lo sviluppo portuale dello specchio acqueo in fondo alla baia di Muggia. Una compatibilità praticamente inesistente, secondo Nesladek, dovuta alla presenza di un progetto (proposto da Authority e Teseco sull'area ex Aquila) per un vasto terminal traghetti e di un possibile allargamento delle aree retroportuali alla Valle delle Noghere. «Le due novità principali sono il cambiamento radicale di clima all'interno del Comitato e la volontà, da parte di tutti, di approfondire l'esame del progetto secondo le proprie competenze – ha commentato il sindaco di Muggia – compresa l'opportunità offerta dalle Noghere. Sono contento perché vuol dire che non abbiamo lavorato per niente e perché non siamo più i soli a pensarla in questo modo». In effetti alcuni distinguo restano evidenti, come quello dell'Associazione industriali espresso per bocca di Paolo Battilana a ribadire il proprio favore al progetto di Gas natural, al quale paiono aggiungersi alcuni “ma”. «Nell'istruttoria andremo a valutare bene gli aspetti legati alla sicurezza e la questione legata allo sviluppo delle Noghere come area portuale». «Io faccio riferimento a una delibera della Giunta camerale, peraltro quella precedente, con la quale ci dichiariamo favorevoli – ha detto Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio – però alle luce delle ultime novità dovremo esaminare bene il progetto. Non possiamo permetterci che interferisca in alcun modo con lo sviluppo dei traffici portuali o delle crociere». All'unisono le dichiarazioni della presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, ieri assente, e del suo assessore Vittorio Zollia: «Abbiamo chiesto di mettere a fuoco un'istruttoria completa per approfondire l'incidenza dell'impianto sulle attività portuali». Nota, invece, la posizione contraria all'impianto da parte dell'attuale amministrazione comunale di Trieste, ribadita ieri dall'assessore Fabio Omero. La palla, dunque, resta in mano alla Regione che dovrà convocare una Conferenza dei servizi: se in quella sede tutti soggetti interessati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale. Il progetto definitivo del rigassificatore é conseguenza del decreto sulla compatibilità ambientale firmato dagli ex ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali Stefania Prestigiacomo e Sandro Bondi.
Riccardo Coretti

 

SEGNALAZIONI - PRG: rigassificatore escluso

 

Gas Natural torna all’attacco sul rigassificatore di Zaule coinvolgendo la Regione ma ignorando (così è parso dai media) i comuni della provincia di Trieste. Il Comune di Trieste, approvando le salvaguardie al Piano Regolatore, ha dichiarato l’assoluta contrarietà al rigassificatore nel suo territorio. Nonostante ciò, a decidere in merito, dovrebbe essere la Regione. Non voglio ricordare qui tutte le motivazioni descritte da scienziati, studiosi, esperti e associazioni ambientaliste, che spiegano l’assoluta dannosità di tale impianto, sia dal punto di vista ambientalistico (estrema pericolosità per la popolazione in caso di incidente) sia dal punto di vista economico. Ricordo solo che l’insistenza di Gas Natural a voler costruire e gestire tale impianto, deriva dalla legislazione esistente e cioè dalla delibera del 2005 dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, art. 13, che assicura, a chi costruisce il rigassificatore, anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto, la copertura di una quota pari a circa l’80% dei ricavi di riferimento. Ciò significa che chi costruisce l’impianto, anche se lo ferma per mancanza di gas liquido o perché nessuno si serve della sua struttura, si prende lo stesso i soldi. E a pagare sarebbero i cittadini con la bolletta del gas. Per tale motivo la Regione non deve permettersi di decidere contro la volontà di Trieste, Muggia e Dolina e soprattutto (dopo aver mostrato in più occasioni di favorire l’area friulana rispetto a quella triestina, a riguardo di sanità, cultura e sviluppo portuale), non può permettersi di voler trasformare la nostra città nella pattumiera della regione. Anni fa i cittadini e gli amministratori di Monfalcone seppero mobilitarsi contro il rigassificatore che la Snam proponeva nel suo territorio, e vinsero. Così dovranno fare pure i cittadini e gli amministratori di Trieste.

Silvano Baldassi

 

 

Marchigiani: rioni più collegati al centro Ma ci sono meno soldi
 

L’assessore ai lavori pubblici: parleremo solo di opere coperte da finanziamenti. Basta con le liste dei desideri
Capelli neri e scolpiti, dopo 6 mesi ha cambiato “look”. Ma il lavoro di assessore ai Lavori pubblici e alle politiche per la casa ha preso ad appassionarla tanto che Elena Marchigiani confessa: «Al mattino mi sveglio allegra, ogni giorno penso “ma che bella cosa mi è capitata”». Le è capitato di poter mettere in città quello che alla facoltà di Architettura insegna (quest’anno si è spostata al secondo semestre, ma non lascia le aule: studenti e ricerca sono “vivificanti e utili”). Bilancio di 6 mesi, in due parole. Trieste non è più bella solo in centro, ma è “città bella”, una città che si fa bella. Ogni volta che vado via e torno provo ancora stupore per tanta bellezza. Coi sopralluoghi che facciamo, si scoprono anche angoli nascosti, degni di una Berlino o una Vienna. Quel fascino degli spazi magici che è dappertutto, non solo nel centro. Che cosa è riuscita a fare? Partire anche da progettualità precedenti, che ho trovato avviate, e pensare a correttivi anche piccoli che migliorino l’urbanizzazione complessiva. Una grande occasione, non dimentichiamo che lo spazio urbano è una delle principali forme di welfare. Voleva molto occuparsi dei rioni, che cosa è successo fin qui? La nuova viabilità su via Giulia sarà un modo per rompere il senso di periferia che grava su San Giovanni: creiamo una più fluida connessione con la città. Le par bene che si aspetti l’autobus su uno spazio centrale della strada? Se il traffico è più fluido, si può. Comunque ne parleremo ancora, spiegheremo meglio, ragioneremo. Ciò di cui mi sono accorta in questi mesi è che c’è una grande sfiducia, nei cittadini. Paura del nuovo, che viene visto subito come negativo. Sembra sempre che se facciamo qualcosa chissà che cosa vogliamo in realtà “vendere” di nascosto... Questione di carattere, o frutto di brutte esperienze? Dipende da come le cose sono state condotte finora, anche politicamente. Il politico qui è percepito come persona di cui non fidarsi. Ma così non si ragiona seriamente neanche su questioni tecniche. Invece con le circoscrizioni c’è un dialogo veramente felice. Ci sono persone giovani, con voglia di spendersi, aperti a discussioni fertili. Parliamo di soldi, prima che di progetti? Le risorse sono scarse, si sa. Rispetto all’anno scorso avremo per i Lavori pubblici 6-7 milioni in meno. Ma li potremo recuperare perché devono ancora arrivare gli ultimi finanziamenti della Grande viabilità. Senza questi, avremmo avuto solo 5,5 milioni per tutto il 2012. Un gruzzolo minimo. Il bilancio preventivo ci assegnava 18 milioni, noi abbiamo sfoltito e razionalizzato le opere arrivando a 12 milioni, però togliendo le spese fisse ne restavano solo 5,5. Con i fondi Grande viabilità ci riportiamo a 12. Tutti mutui, beninteso. Ma li possiamo accendere. Che cosa ha messo in cantiere? Compito principale dell’ente pubblico è fare manutenzione ordinaria e straordinaria prima di tutto. I Lavori pubblici hanno una dignità soprattutto nei lavori minimi. Asfaltature, marciapiedi, giardini: dobbiamo mantenere bene lo spazio pubblico. Qui rientra l’operazione giardino di Guardiella, giardino di piazza Hortis, di campagna Prandi, dove potremo usare anche fondi aggiuntivi, quelli europei del progetto Pisus. I giardini fanno parte di un disegno più ampio volto a potenziare gli spazi pubblici verdi nella citta` storica. In particolare campagna Prandi, giardino di via San Michele e Androna degli orti sono strategici per delineare un itinerario continuo di percorsi pedonali protetti, di supporto al rilancio degli spazi della cultura sul colle di San Giusto. E poi con poca spesa faremo l’Urban center. Che cosa sarà? Nel palazzo comunale che ospita l’Albo pretorio, costituito di un lungo corridoio con doppia entrata, esporremo (o mostreremo in video) tutti i lavori in corso in città. I cittadini ne avranno costante informazione. Lei saprà che i Lavori pubblici sono generosi di promesse e idee ma lenti nei fatti. No, io non recito la lista dei desideri, parlo e parlerò sempre solo di quello che è coperto da finanziamento, dunque certo. Per i marciapiedi nel 2012 spenderemo 500 mila euro, già destinati. Lo ha visto che sono a brandelli? Come no. Faremo tutte le laterali di via Giulia, del viale XX Settembre. Il piano marciapiedi va a lotti. Ma poi sono già previste asfaltature, pulizia dei torrenti, manutenzione delle aree giochi, dei giardini. Ma è cosa “di base”, normale. Un momento, però. Lo sanno i triestini quanto verde c’è in città? Abbiamo 13.991 alberi, 292 fra strutture di gioco e arredi, 44.844 metri quadrati di aiuole nei punti strategici (rive e luoghi simili), 1 milione e 718 mila metri quadrati a parco urbano, 13.377 metri quadrati di scalinate urbane. Il servizio Verde pubblico del Comune fa miracoli. Vorrei dire ai cittadini: nostro dovere la cura, ma aiutateci a mantenere. È un appello? Aiutare come? Si sono già manifestati tanti cittadini e associazioni disposti alla pulizia. Una co-gestione, certo non potature o lavori pesanti, ma tenere pulito, segnalare quel che non va, evitare vandalismi. La responsabilità è nostra, ma anche di tutti. Serve un patto di solidarietà. Dobbiamo fidarci l’uno dell’altro, cittadini e amministrazione. Perciò se dico che una cosa non si può fare, ci saranno motivi economici, o tecnici. Il tecnico faccia il tecnico, e il cittadino faccia il cittadino.
Gabriella Ziani

 

Immobili comunali da destinare al “social housing”

 

Non solo viabilità, marciapiedi e giardini. Tra le voci nell’agenda di Elena Marchigiani figurano anche temi ancor più delicati come scuola e casa. «Abbiamo fatto un piano con l’assessore all’Educazione, Antonella Grim - spiega -. Penso che riusciremo intanto a stornare i fondi Aster destinati al canile, 1,2 milioni, per la scuola dell’infanzia a San Giovanni, e per gli spazi pubblici attorno. Quanto alla casa, abbiamo individuato (in via delle Docce, via Tartini, via Combi, alle ex officine Holt nell’isolato Itis) immobili comunali che potrebbero in parte essere destinati al “social housing”, e in parte essere messi a disposizione dell’Ater. Ma qui servono i soldi della Regione per restaurare, e il mio appello alla Regione è molto forte affinché non si cancelli l’unicità dell’Ater triestina, non si può equipararla alle altre». Grande attenzione, infine, alla salute e alla qualità della vita. Non a caso l’ultimo obiettivo centrato è l’allargamento della convenzione per le Microaree, «dove - conclude Marchigiani - Il Comune entra anche come sentinella sui lavori pubblici, la casa e l’educazione. Queste Microaree nei quartieri sono un’innovazione assoluta, una grande ricchezza di questa città di cui va dato atto a Franco Rotelli: cosa da non buttare via assolutamente, anzi da rilanciare, un grande tesoro di questa città veramente unica».
 

Patto tra istituzioni per dare ossigeno al progetto “Pisus”

 

In tempi di crisi economica è fondamentale lavorare in squadra per riuscire ad ottenere fondi e contributi comunitari. Da questo assunto Comune, Provincia, Camera di Commercio, Fondazione CRTrieste, Aciesse/Confesercenti, Confcommercio, BIC incubatori Fvg, Questura e Cna hanno siglato un’intesa per concretizzare un Piano di sviluppo urbano sostenibile (Pisus) attraverso il quale valorizzare il centro storico sotto i profili turistico, commerciale e economico. Il Comune è il soggetto proponente ammesso a presentare il Pisus, mentre gli altri firmatari agiscono in qualità di partner e portatori di interesse. La richiesta dei contributi comunitari verrà rivolta alla Regione, che al riguardo si esprimerà entro il prossimo giugno. Il Pisus triestino, al pari di tutti gli altri presentati, è stato redatto secondo tre tipologie diverse suscettibili di finanziamento. Le direttrici contenute nel bando regionale che recepisce un progetto comunitario riguardano la riqualificazione e infrastrutturazione urbana, le iniziative di rigenerazione urbana e il mantenimento e gli insediamenti delle Piccole e medie imprese e dei loro consorzi. Le opere individuate – da finanziare per complessivi 8.690.597, 56 euro – riguardano la concretizzazione di un servizio di biciclette pubbliche condivise (per un percorso turistico culturale), la riqualificazione di via Duca D’Aosta, di via XXX Ottobre e via Ghega e del percorso piazza Venezia – Piazza Hortis. In tema di sostenibilità energetica, si prevede l’installazione di una guaina fotovoltaica sulla copertura dell’ex Pescheria centrale. Altri interventi riguardano la riqualificazione del piano terra di Palazzo Biserini, il rifacimento del giardino di piazza Hortis, il recupero del percorso pedonale di collegamento tra il giardino di via S. Michele e l’area monumentale di san Giusto attraverso la campagna Prandi. Tra gli altri progetti individuati, l’ampliamento della rete wi-fi . Ulteriori azioni sono previste per una serie di interventi nell’edificio della Camera di Commercio, la promozione culturale e il marketing territoriali. Sulla spesa complessiva, il Comune richiederà alla Regione 5milioni e 800mila euro, provvedendo con il proprio bilancio per 2milioni e 679.549 euro; 211.048 euro verranno inoltre co finanziati dalla Camera di Commercio. «Un ringraziamento va a tutti i partner che hanno partecipato a questo percorso – ha affermato Roberto Cosolini -. È stato realizzato un grande lavoro di squadra grazie all’impegno dei nostri assessori e dei tecnici di tutte le realtà coinvolte. Quando le risorse sono poche, è fondamentale rintracciare idee e professionalità per raggiungere obiettivi importanti».

(ma.lo.)
 

SEGNALAZIONI - via Crociferi - Albero sacrificato

 

Che valore può mai avere un albero (per quanto centenario sia) se sull’altro piatto della bilancia ci mettiamo due o tre posti auto da sessantamila euro l’uno (minimo)? E allora via con la sega, ché bisogna recuperare almeno alcuni dei box cancellati dal progetto iniziale del megagarage perché scavando le fondamenta erano stati trovati dei resti archeologici. Sto parlando dell’albero di via Crociferi, che spuntava da un piccolo cortile di proprietà della Curia, e che era chissà come sopravissuto alla cementificazione circostante, ma sacrificato ora sull’altare dell’avidità. In effetti ormai stonava col resto, per non parlare dei costi della potatura, o delle foglie che cadevano ogni singolo autunno “sporcando” la strada. Ma perché allora – mi chiedo – perdiamo tempo a censire tutti gli alberi della città, se poi basta presentare un’autorizzazione ad hoc per tagliarli? Qualora mancassero altri posti auto, segnalo piazza Hortis dove se ne potrebbero ricavare un bel po’, oppure l’angolino di verde in via Cereria (ma dimenticavo che su quello c’è già un progetto approvato e non si può proprio tornare indietro...). Forse, se le regole sono queste, non potremmo pensare di cambiarle?

Deborah Borca

 

Energia al Consiglio dai pannelli solari sul tetto del palazzo
 

TRIESTE A pochi giorni di distanza dalla sua entrata in funzione, l'impianto fotovoltaico che è realizzato sul tetto del palazzo che ospita il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia (nella foto) è stato visionato dal presidente Maurizio Franz, assieme ai componenti dell'Ufficio di presidenza e al consigliere Edouard Ballaman. Un display che è stato posto all'ingresso del palazzo, che si trova in piazza Oberdan 6 a Trieste, indica in tempo reale la potenza (in kW) che viene erogata in quel momento, il totale dell'energia elettrica prodotta (espressa in kWh) e il totale dell'anidride carbonica (espressa in chili) evitata grazie all'impianto “pulito”. Durante l'inverno, ed è ciò che sta già avvenendo anche in questo periodo, i pannelli solari lavorano al meglio soltanto per quattro, cinque ore al giorno, mentre d'estate questo periodo si allunga di numerose ore in più. La potenza massima prodotta è stimata in 37,5 kW, con picchi però che possono anche superare i quaranta kW. L'energia prodotta viene immediatamente utilizzata dagli uffici del Consiglio regionale, in modo tale da permettere l’abbattimento dei consumi; nei giorni in cui non vi è assorbimento, grazie a contatori di scambio l’energia viene trasferita al gestore, che la scala su quella utilizzata dall'utenza. Voluto a inizio di questa legislatura dall'allora presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman, l'impianto è stato messo in opera dall'impresa Tomat di Udine e funziona già a pieno regime da una decina di giorni, dopo che ha superato tutti i collaudi tecnici previsti e ha ottenuto le necessarie autorizzazioni delle autorità competenti.
 

 

Risorse idriche - La gestione dell’acqua in un incontro con il Pd

 

 Il tema della gestione dell’acqua è stato al centro dell’incontro pubblico organizzato dal gruppo consiliare del Pd ieri a Palmanova. L’incontro è stato organizzato per parlare della gestione delle risorse idriche alla luce dell’evoluzione normativa, con l’obiettivo di proporre le scelte strategiche per il futuro del Fvg.

 

 

Consegnate le firme contro l’antenna - Il plico con 378 sottoscrizioni depositato al Comune dal comitato di Zaule
 

MUGGIA Esattamente 378 firme. Un “no” secco e compatto quello che i residenti di Aquilinia hanno voluto esprimere nei confronti di qualsiasi antenna da installare nel la loro frazione. Grande successo, dunque, per la petizione lanciata dal Comitato dei cittadini di Zaule che ieri si è recato al Comune di Muggia a consegnare il plico delle sottoscrizioni. Sulla vicenda l'assessore all'Ambiente Fabio Longo conferma che l'amministrazione ascolterà il volere dei cittadini. I residenti di Aquilinia si sono attivati dopo la proposta, emersa poche settimane fa, dell'installazione di un traliccio per la telefonia mobile alto 34 metri nel piazzale vicino al campo sportivo comunale in gestione allo Zaule Rabuiese. L'antenna è stata “suggerita” dalla Ericsson Telecomunicazione spa, per conto di H3G spa. Nel documento si evidenzia come la multinazionale scandinava abbia chiesto di poter installare un impianto di telefonia mobile, che dovrebbe essere ubicato “nelle vicinanze del centro abitato, di strutture scolastiche e sportive frequentate da giovanissimi e, in caso di gare, da numeroso pubblico”. I 378 firmatari hanno invece chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne a una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. Un messaggio chiaro da parte della popolazione, arrivato subito dopo che era circolata la voce sull’installazione del traliccio. Una battaglia che per certi versi ha analogie con quella portata del comitato di Chiampore, dove da anni i tralicci radiotelevisivi sono un vero e proprio incubo per i residenti. (ri.to.)
 

 

CONTRO LA PENA DI MORTE

 

Anche Trieste, assieme ad altre 1300 città di 180 paesi, partecipa all’iniziativa “Città per la vita, città contro la pena di morte”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. A Trieste l’appuntamento è alle 18 in piazza della Borsa con l’illuminazione della fontana di Nettuno.

 

Continua la festa del Wwf domenica tra delfini e squali

 

Domenica secondo appuntamento promosso dall’Area Marina Protetta di Miramare per festeggiare con la città il 25° anno di attività dalla sua istituzione nell’ormai lontano 1986. Sarà l’occasione per un pomeriggio dedicato alle più recenti e insolite osservazioni effettuate nel golfo di Trieste relativamente a delfini, squali, balene e tartarughe e per proporre un vero e proprio kids’ corner. Per raccontare al pubblico alcune delle attività svolte in questi anni, anche in sinergia con altri enti scientifici che operano sul territorio, per la conservazione e tutela di grandi e piccoli vertebrati marini, lo staff di Miramare propone un pomeriggio con brevi filmati di documentaristi di fama nazionale su tartarughe, cetacei e squali dei nostri mari, intervallati da brevi presentazioni e discussioni sui temi e sulle azioni portate avanti dallo staff del Wwf che cura per mandato ministeriale la gestione dell’Amp. A questo evento si affianca uno speciale “Kids’ corner” dedicato ai più piccoli che potranno sperimentare laboratori creativi proprio per imparare a conoscere gli organismi marini protagonisti dell’incontro. Durante il pomeriggio, con inizio alle 17 al Museo Revoltella, si susseguiranno le proiezioni di diversi brevi video filmati, a cominciare da quello che riguarda la famosa Elisabeth, il delfino comune, più volte avvistato negli ultimi dodici mesi nel golfo, seguito dal video “…non solo Elisabeth: i cetacei del Mediterraneo”, curato da Mauro Francesconi e da un breve intervento dei biologi della Riserva e dei rappresentanti della Guardia Costiera, che hanno svolto il monitoraggio dei cetacei negli ultimi 2 anni. Si parlerà poi di tartarughe marine, con un video di Gianni Mangiagli e del Wwf Italia sulle attività di protezione, recupero e cura delle tartarughe marine, a cui farà seguito un breve intervento dei biologi della Riserva e dei rappresentanti del Servizio veterinario dell’Ass Triestina sulle azioni sinergiche di protezione e recupero delle tartarughe marine. Il terzo tema trattato sarà invece tutto dedicato alla presenza degli squali, con il video “A tu per tu con gli squali del Mediterraneo” di Eleonora de Sabata dell’associazione MedShark, sugli squali grigi e sugli squali elefante. Seguirà un breve intervento dei biologi della Riserva e di Marco Costantini, responsabile Programma Mare del Wwf Italia sullo studio e protezione degli squali in Mediterraneo. Per concludere, un tema affascinante e “di frontiera”: quella che divide la terra dal mare. Ne parlerà lo staff della Riserva assieme a Lovrence Lipej, biologo della Stazione di Biologia Marina di Pirano, ponendo anche l’accento sulle azioni sinergiche di monitoraggio delle specie ittiche e sulla presenza di specie aliene nell’alto Adriatico. Un video sulla “vita di confine” degli organismi marini che vivono nei primi metri d’acqua, correderà l’intervento. Dopo i saluti iniziali, terrà le fila dell’incontro Nicola Bressi, conservatore dei Civici Musei Scientifici di Trieste. La partecipazione a tutte le attività è gratuita (conferenza e laboratori per bambini) e il programma dell’incontro è scaricabile dal sito www.riservamarinamiramare.it.
 

 

 

 

VITA.it - GIOVEDI', 1 dicembre 2011

 

 

DURBAN. WWF e Oxfam: la partita del clima si gioca anche in mare - La proposta: ridurre le emissioni del trasporto marittimo
 

Alla Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite in corso a Durban, Sudafrica, Oxfam e WWF avanzano insieme una proposta ai governi per arrivare a un'ulteriore riduzione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dal traffico marittimo internazionale attraverso una migliore regolamentazione mondiale del settore.

Oxfam, WWF e la International Chamber of Shipping (che rappresenta oltre l'80% della flotta mercantile mondiale) chiedono ai delegati della COP 17 di dare all'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) chiare indicazioni su come ridurre le emissioni del trasporto marittimo attraverso lo sviluppo di incentivi.
Secondo le tre organizzazioni, un quadro normativo efficace per arginare le emissioni di CO2 da trasporto marittimo internazionale deve essere di natura globale e progettato in modo da ridurre la possibilità del cosiddetto 'carbon leakage' (la rilocalizzazione delle emissioni), tenendo pienamente conto degli interessi dei paesi in via di sviluppo, del principio dell’UNFCCC di responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità (CBDR).
Tra le misure proposte dalle organizzazioni c’è l‘adozione da parte dell'IMO di un meccanismo di compensazione attraverso il quale una quota significativa di ricavi raccolti dal trasporto marittimo internazionale potrebbe essere destinata ai paesi in via di sviluppo per fornire una nuova fonte di finanziamento a sostegno dei loro sforzi per affrontare i cambiamenti climatici. I ricavi potrebbero essere stanziati attraverso un canale appropriato, quali il Fondo verde per il clima, di cui si discuterà a Durban.
Se è vero che ci sono alcune differenze di opinione sui dettagli di un tale meccanismo, sia la società civile che le organizzazioni dell'industria marittima sottolineano che la priorità immediata per i governi riuniti in occasione della COP 17 a Durban non è lavorare sui dettagli tecnici per il trasporto marittimo, ma facilitare la risoluzione della discussione politica sulle modalità di applicazione del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità nel settore del trasposrto marittimo e assicurare il rapido completamento dei lavori dell'IMO.
Per quanto riguarda le tasse sulle emissioni di carbonio che potrebbero essere proposte dai governi, Oxfam, WWF e l’International Chamber of Shipping credono che il recente accordo sulle misure tecniche e operative per ridurre le emissioni del trasporto marittimo dimostra che l’IMO è in grado di sviluppare un ulteriore accordo internazionale. Vista l'urgenza necessaria per evitare cambiamenti climatici catastrofici, le tre organizzazioni invitano i governi a prendere tutte le misure necessarie per accelerare un tale accordo in sede IMO.
Mariagrazia Midulla responsabile Policy Clima e Energia WWF Italia:
"Siamo molto lieti che il settore dei trasporti marittimi riconosca la propria responsabilità e voglia fare la sua parte per un'ulteriore riduzione delle emissioni di gas serra. Con circa il 3% delle emissioni totali del mondo, la piena partecipazione del settore del trasporto marittimo sarà di grande aiuto per mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 ° C concordato dai governi. Introdurre una tassa sul carbonio emesso nel settore del trasporto marittimo globale può significare enormi vantaggi nella realizzazione dei nostri obiettivi. Siamo d'accordo con gli armatori che la sede migliore, per elaborare i dettagli su come le emissioni del trasporto marittimo possono essere affrontate con un meccanismo di incentivi economici, è l'Organizzazione marittima internazionale. Un forte segnale da parte dei leader riuniti a Durban, che mostri la loro determinazione a compiere progressi in questo settore, contribuirà ad accelerare il processo. "
Tim Gore, consigliere per il clima di Oxfam:
"Accogliamo con favore l'impegno costruttivo del settore del trasporto marittimo nella ricerca di soluzioni alla crisi climatica. Industria e società civile concordano sul fatto che le emissioni del settore marittimo possono essere regolate in un modo più equo, tale da contribuire a generare le risorse necessarie per affrontare il cambiamento climatico ".
" Ai colloqui Onu sul clima a Durban è essenziale che i governi diano il segnale necessario affinché l’accordo nell’ambito dell'Organizzazione Marittima Internazionale posa diventare realtà".
Segretario Generale ICS, Peter Hinchliffe:
"L'industria del trasporto marittimo accoglie con favore il riconoscimento da parte di questi importanti settori dell'ambiente e dello sviluppo. E’ nell'interesse di entrambi regolare il trasporto marittimo tramite il nostro organismo di settore, l'Organizzazione Marittima internazionale. Le stesse regole per la riduzione del carbonio devono essere applicabili a tutte le navi commerciali a livello internazionale, nel rispetto dei principi della Convenzione sul clima delle Nazioni Unite".
"Se i governi decidono che il trasporto marittimo deve contribuire al 'Fondo verde per il clima' dell'UNFCCC, l'industria può probabilmente sostenere questo principio a patto che i dettagli saranno concordati in sede IMO, come chiediamo”.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 29 novembre 2011

 

 

Comitato portuale, Nesladek preme sul gnl ll-  sindaco di Muggia chiederà un voto contro il rigassificatore. «E il Porto franco si sposti alle Noghere»
 

Per il no al rigassificatore di Zaule rientra in gioco anche il Comune Muggia con il sindaco Nerio Nesladek, deciso a dar battaglia oggi in Comitato portuale dove all'ordine del giorno è previsto un parere sulla questione gnl. Ma altrettanto deciso a rilanciare la proposta di sfruttamento a fini portuali dell'area ex Aquila e di parte della Valle delle Noghere, valutando addirittura la possibilità di spostare lì il Punto Franco. L'impianto progettato dal colosso spagnolo Gas Natural è in fase di istruttoria alla Regione con le modifiche apportate al progetto originale. Progetto che non rientra nel territorio comunale muggesano ma che, come è facile intuire, avrebbe ripercussioni proprio sulle aree industriali e portuali di Muggia, perchè a ridosso del Canale navigabile di Zaule. Stamattina alle 10.30 in via Von Bruck, sede dell'Autorità portuale, si discuterà proprio di questo perchè l'Authority guidata da Marina Monassi è uno degli enti, assieme a Comune di Trieste, Provincia e Arpa, che parteciperanno alla Conferenza dei servizi indetta dalla Regione. Se in quella sede tutti i convitati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale. «Comunque vada in Comitato portuale – annuncia il sindaco Nesladek – Muggia farà richiesta di rientrare nella Conferenza dei servizi. Ma domani (oggi, ndr) sarà un'ottima occasione per ribadire il nostro “no” all'impianto di rigassificazione. Domani (oggi, ndr) parlerò come sindaco ma anche come membro del Comitato portuale, perché già da tempo sto ponendo il problema che riguarda proprio il porto. Il terminal ro-ro (nell'area di proprietà Teseco all'ex Aquila, ndr), quello petrolifero della Siot e i rigassificatore sono incompatibili. Sull'area per i traghetti noi punteremo molto perché deve essere sviluppata a favore dell'area portuale». Ma il sindaco di Muggia non si ferma qui e preannuncia anche iniziative volte ad allargare le aree di competenza portuale, in considerazione della cronica carenza di spazi. «Il terrapieno antistante la valle delle Noghere e parte della vallata devono diventare retroporto: il rigassificatore è incompatibile anche con questa proposta. E poi - prosegue il primo cittadino della cittadina rivierasca - vogliamo anche valutare la possibilità di spostare il Punto franco in quest'area, perché alcuni interventi potrebbero essere fatti anche senza le bonifiche. Mi rendo conto che la destinazione d'uso prevista oggi dal Piano regolatore di Muggia è diversa, ma ricordo che le modifiche possono essere apportate senza grossi problemi». Stamattina dunque, con ogni probabilità, Nesladek chiederà al Comitato portuale di esprimersi per un “no” all'impianto di Gas Natural, decisione che potrebbe anche essere rinviata in modo da avere il tempo di esaminare in maniera più approfondita il dossier con le modifiche apportate al progetto. Una variazione di bilancio, la richiesta di parere sul alcune concessioni demaniali e le comunicazioni del presidente Monassi all'ordine del giorno chiuderanno la seduta alla Torre del Lloyd.

Riccardo Coretti
 

 

Piano traffico: Bandelli “benedice” le pedonalizzazioni - PRIME REAZIONI
 

Il piano traffico della giunta Cosolini incassa sia lodi che critiche nell’area de centrodestra. A uscire allo scoperto per primo è Franco Bandelli di Un’Altra Trieste. «Le prime bozze del piano del traffico sembrano essere riprese a pié pari dalle mozioni che negli ultimi mesi abbiamo presentato in Consiglio Comunale. Dalle pedonalizzazioni di Via Gallina e Via Foschiatti – affermano Bandelli e Rosolen - alla proposta di cancellare le Ztl e trasformarle in aree riservate a parcheggi con bonus per i residenti». «Dal ring per i bus - precisano i consiglieri comunali di Un’Altra Trieste - alla possibilità di ampliamento delle pedonalizzazioni in termini di allargamento dei marciapiedi sia su Via Mazzini che su Corso Italia siamo di fronte a proposte già ampiamente illustrate da Un’Altra Trieste in questi mesi». Più critico il consigliere regionale del Pdl Maurizio Bucci: «Per lo sviluppo armonioso delle aree pedonali e la valorizzazione della realtà turistico/commerciale, dopo la liberazione del fallito esperimento di Stream, la via Mazzini è senza ombra di dubbio la miglior soluzione per l’ampliamento della pedonalizzazione della città, rispetto all’appena proposta della via Torrebianca, area con scarse realtà commerciali di pregio.

 

 

Ferriera, lavoratori sul piede di guerra
 

«Una bomba sociale che rischia di esplodere a breve». La situazione alla Ferriera di Servola è incandescente. E questo volta il problema è un altoforno in progressivo spegnimento. Ieri, allo stabilimento di Servola, si è tenuta un’infuocata assemblea dei lavoratori preoccupati dall’annuncio della Lucchini di ricorrere nuovamente alla cassa integrazione per alcuni operai se il mercato siderurgico non riprenderà quota. L’incontro è stato organizzato da tutte le sigle sindacali. «Molti di loro - racconta Luigi Pastore, segretario Fialms Cisal - sono lavoratori monoreddito. In molti casi rischiano di passare dalla povertà all’indigenza. E i senza reddito diventeranno un problema anche per il Comune di Trieste». E al Comune, di fronte alla latitanza dell’azienda, che i lavoratori rivolgono un appello chiedendo una vigilanza sulla situazione della fabbrica. Venerdì, alle 12, incontreranno in Municipio il sindaco Roberto Cosolini con cui affronteranno anche la questione ambientale. Nel frattempo saranno organizzate delle assemblee pubbliche per informare i cittadini della situazione di crisi dello stabilimento siderurgico. La promessa cassa integrazione comunicata di recente ai rappresentanti sindacali dall’amministratore delegato del Gruppo, Marcello Calcagni, non fa ben sperare. L’annuncio arriva il giorno dopo la decisione della Lucchini di abbassare del 20% la produzione di ghisa dall’altoforno (già cessata del tutto allo stabilimento di Piombino). «L’amministratore ci ha comunicato che entro la prima decade di dicembre l’azienda dovrebbe essere pronta a presentare il piano per il risanamento economico - ha spiegato Umberto Salvaneschi, segretario Fim Cisl di Trieste - e non ha escluso che, se il mercato non riprendesse, l’azienda potrebbe rallentare ulteriormente la produzione».
 

 

 

 

GREENSYTLE.it - LUNEDI', 28 novembre 2011

 

 

Cellulari: rischio cancro nascosto da compagnie telefoniche secondo Report
 

Danni alla salute causati dai cellulari, si riaccende la polemica sulle ricerche. Questa volta però al centro del mirino non sono finiti, almeno non direttamente, gli esiti a cui tali indagini hanno condotto. Nella puntata trasmessa ieri sera da Report, condotto da Milena Gabanelli, l’indice invece risulta puntato su alcuni comportamenti poco chiari posti in essere dalle grandi compagnie di telefonia mobile.
Su tutte spiccherebbe Motorola: avrebbe finanziato molti studi condotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, preoccupandosi al contempo di “oscurare” i risultati che avrebbero portato esiti controproducenti. Una sorta di lavoro di facciata per mostrare il mio proprio impegno “sociale”, affossando però al contempo quelle ricerche che indicavano i cellulari come possibili responsabili di patologie anche gravi come il cancro.
Dietro a questo scenario non solo la compagnia scandinava, ma tutte le grandi corporazioni “mobili”. Questo spiegherebbe le molte ricerche che alternavano risultati “innocentisti” ad altri che condannavano senza appello le radiazioni provenienti dai cellulari. I clienti di questi dispositivi, che ammontano a circa 5 miliardi, attendono ora risposte certe sull’effettiva pericolosità dei dispositivi.
Nel frattempo alcune semplici pratiche di utilizzo responsabile dei “telefonini” dovrebbero entrare a far parte della nostra quotidianità. L’esempio su tutti è l’utilizzo dell’auricolare, meglio ancora se con il filo. Altra possibile alternativa, qualora non si disponesse o non si avesse con sé l’apparecchio, meglio limitare l’utilizzo del cellulare entro i 30 minuti.
Le indicazioni su come ridurre i rischi per la salute derivanti dai cellulari potrebbero in futuro essere ritenute inutili qualora venissero definiti in maniera inequivocabile “innocui”, ma se così non fosse varrebbe davvero la pena rischiare?
Claudio Schirru

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 28 novembre 2011

 

 

Zaule, 400 firme contro le antenne - La gente rifiuta il progetto di un impianto per la telefonia mobile in mezzo all’abitato e le scuole
 

MUGGIA Quasi 400 firme per dire no a possibili antenne da installare ad Aquilinia. Petizione decisamente importante quella che il Comitato dei cittadini di Zaule a portato avanti in queste settimane dopo la paventata ipotesi di veder “nascere” un traliccio per la telefonia mobile a pochi passi dal campo sportivo gestito dalla società calcistica Zaule Rabuiese. Le sottoscrizioni verranno consegnate domani mattina all'Ufficio protocollo del Comune di Muggia. Nel documento si evidenzia come la Società Ericsson Telecomunicazione spa, per conto di H3G spa, ha chiesto di poter installare un impianto di telefonia mobile, struttura che dovrebbe essere ubicata “nelle vicinanze del centro abitato, di strutture scolastiche e sportive frequentate da giovanissimi e, in caso di gare, da numeroso pubblico”, cosa preoccupante perchè- sostiene il comitato - “sulla base di alcuni studi è emerso che le emissioni elettromagnetiche possono avere ripercussioni sulla salute delle persone”. Considerato poi che per “motivi di precauzione e di prevenzione è necessario minimizzare il rischio di esposizione della popolazione, che è necessario tutelare anche le proprietà immobiliari che subirebbero un rilevante deprezzamento”, i quasi 400 firmatari hanno chiesto che “non siano costruite antenne telefoniche radio e tv nella frazione di Zaule-Aquilinia e che nel Piano Antenne sia inserito il divieto di costruire tralicci per le antenne ad una distanza inferiore a 200 metri da zone densamente abitate, da scuole e da impianti sportivi”. La netta presa di posizione da parte dei residenti era già emersa durante l'incontro pubblico organizzato dal Comune di Muggia per spiegare la proposta giunta in Municipio da parte della Ericsson per contro della H3G. In base a successivi accertamenti all'ufficio tavolare la zona richiesta dalla multinazionale scandinava era risultata essere di proprietà comunale, una buona notizia visto che l'amministrazione Nesladek ha subito detto di voler ascoltare la volontà della popolazione pur esprimendo la propria opinione in merito sottolineando infatti che “l'antenna della telefonia che potrebbe sorgere a Zaule non rappresenta alcun pericolo per la salute dei cittadini”. Un traliccio a norma di legge, secondo il Comune di Muggia, che avrebbe potuto fruttare vantaggi economici alla frazione in quanto “il traliccio in questione darebbe la possibilità ai cittadini del rione di poter veder reinvestire ad Aquilinia le cifre derivanti dallo stesso per una riqualificazione del territorio”. Chiara la risposta dei residenti: gli investimenti giungano attraverso finanziamenti che non comportino l'installazione di antenne in mezzo al centro abitato.
Riccardo Tosques

 

 

Impianto fotovoltaico sul Consiglio Regionale.

 

E' entrato in funzione in questi giorni l’impianto fotovoltaico realizzato sul tetto del Consiglio regionale di piazza Oberdan. Un display posto all'ingresso del palazzo di piazza Oberdan 6 a Trieste indica in tempo reale la potenza (in kW) che viene erogata in quel momento, il totale dell'energia elettrica prodotta (espressa in kWh) e il totale dell'anidride carbonica (espressa in chili) evitata grazie all'impianto pulito. Durante l'inverno i pannelli lavorano al meglio per quattro, cinque ore al giorno, mentre d'estate questo periodo si allunga notevolmente. La potenza massima prodotta è stimata in 37,5 kw.
 

 

Pallante e la decrescita

 

Oggi, alle 17.30, al giardino di via San Michele, incontro con Maurizio Pallante, autore del libro “Pilli, Silvia e la decrescita felice”, promuove l’associazione AnDanDes. Pallante. Sarà alle 18 alla libreria Lovat di viale XX Settembre dove presenterà “Meno e meglio. Decrescere per progredire”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 27 novembre 2011

 

 

Ring e pedonalizzazioni Ecco il Piano del traffico - MOBILITÀ »LE ANTICIPAZIONI - il futuro Piano del Traffico
 

Confermato l’anello per soli bus lungo corso Italia (in su) e via Mazzini (in giù) Spuntano nuove aree senza auto: tra queste le vie Torrebianca e Settefontane

Il ring a senso unico per soli bus tra corso Italia in salita e via Mazzini in discesa con by-pass in piazza Goldoni in alto, e sulle Rive in basso, annunciato in estate da Roberto Cosolini, è confermatissimo. Ma attorno a questo totem - che ammorbidisce il discusso Dipiazza-pensiero di un “Corso” per soli pedoni - iniziano a scoprirsi anche altre carte del Piano del traffico che verrà. Sono ancora poche, per la verità, ma son tutte briscole. Carte pesanti, insomma, perché - oltre alla sostituzione di varie Ztl con parcheggi a pagamento in superficie a regime agevolato per i residenti - predicono nuove pedonalizzazioni tanto nei rioni periferici quanto, soprattutto, in centro: tra via Carducci e piazza Goldoni, tra largo Barriera e l’ospedale Maggiore, tra viale D’Annunzio e piazza Foraggi. Le tre “fondamenta” Le anticipazioni del mappone - una prima grande bozza su cui lavorano di questi tempi lo stesso Cosolini da assessore autodelegato alla materia, il mobility manager Giulio Bernetti e il suo staff del servizio Mobilità e traffico del Comune - rivelano, al momento, tre basi “filosofiche”. La prima: l’anello riservato ai mezzi pubblici fra corso Italia e via Mazzini. La seconda: ulteriori pedonalizzazioni. La terza: l’aumento di posti auto scoperti a pagamento in centro. L’anello per soli bus La bozza ora allo studio di Bernetti e i suoi, anzitutto, mira come si diceva alla ricerca dell’equilibrio della sola circolazione pubblica in “Corso” e via Mazzini, qui resa possibile peraltro dall’imminente sradicamento delle rotaie di Stream. Entrambe le arterie finirebbero con l’essere sollevate da un tot di traffico: oggi la prima è, sì, già a senso unico in salita, ma è aperta anche ad auto e moto private, mentre la seconda è, sì, già un’esclusiva per i bus, ma è a doppio senso. Risultato finale: lungo ciascuna delle due strade diventerebbe possibile un allargamento dei marciapiedi pro-pedoni. E dove verrebbe dirottato il traffico privato che scorre oggi su corso Italia? Le anticipazioni non si spingono oltre, ma viene automatico dedurre che potrebbe essere indirizzato su via S.Spridione e via Filzi con svolta in su verso via Milano. Le nuove pedonalizzazioni Via Milano e non più via Torrebianca - come predicavano invece le versioni post-bozza Camus ai tempi di Dipiazza - perché la stessa via Torrebianca, stando alle scarne anticipazioni del mappone cosoliniano, dovrebbe diventare oggetto di una delle future pedonalizzazioni. La sua parte alta, quantomeno, da via XXX ottobre in su. Alcune altre “aree a vocazione pedonale” tra quelle che sarebbero state già individuate - attorno alle quali, peraltro, sorgerebbero piccole aree di sosta a pagamento per favorire il commercio durante il giorno, convertibili la notte in parcheggi per residenti - portano quindi poco più sopra, a via Gallina, tra via Carducci e piazza Goldoni, ma si spingono pure ben oltre, raggiungendo due ulteriori punti nevralgici. Il futuro di “Barriera” Il primo costituirebbe una prosecuzione del “nuovo” largo Barriera, poiché prevederebbe la pedonalizzazione delle vie Foschiatti e S.Maurizio, intersezioni verso la zona del Maggiore. Il secondo - per non far morire la mobilità pedonale in Barriera, per l’appunto - punterebbe a scaricare di un po’ di traffico largo Sonnino, dove oggi s’incrociano viale D’Annunzio, via Raffineria, via Matteotti e via Settefontane. Proprio la parte bassa di via Settefontane, verso piazza Perugino, sarebbe infatti in odor di pedonalizzazione, con il traffico travasato a quanto pare sulla stessa vicina “Matteotti”.
Piero Rauber

 

E le Ztl diventeranno stalli blu, con bonus per i residenti “virtuosi”

 

Il Sindaco "Entro Natale bozza in giunta poi voce alle Circoscrizioni"

 

L’orizzonte, per il varo del Piano, rimane fine 2012. Ma Cosolini non esclude che, già nel corso dell’annata, non si possa procedere con «alcune sperimentazioni», dalla via Mazzini senza Stream a «via Gallina, ad esempio». In mezzo però, mette le mani avanti il sindaco, ci sarà una stagione di «consultazioni e occasioni di partecipazione e condivisione». La bozza che sta prendendo forma - oggetto di un incontro tecnico l’altro giorno tra lo stesso Cosolini, Bernetti e i tecnici del Servizio mobilità e traffico - dovrebbe approdare in giunta entro Natale. «Prima sarà discussa in seno alla maggioranza e probabilmente, per una forma di galateo istituzionale già adottata per le direttive del Prg ma evidentemente non ricambiata dall’opposizione, sarà illustrata alla commissione consiliare competente», precisa Cosolini. Il quale, nel non smentire le anticipazioni, tiene a sottolineare che «il Piano è ancora in elaborazione e la stessa versione che porterò in giunta sarà una bozza, su cui si aprirà poi una serie di occasioni di partecipazione». Nelle quali saranno coinvolti tutti i portatori di interesse - da Trieste Trasporti ai dettaglianti - e «un ruolo importante ce l’avranno le circoscrizioni: alcuni interventi, come le pedonalizzazioni mirate a favorire le aggregazioni sociali e la rivitalizzazione di certi luoghi, andrebbero a modificare la fisionomia dei rioni che queste circoscrizioni rappresentano». Nel merito, il sindaco ammette che quella del ring per soli bus «è un’ipotesi che mi piace» e che «la filosofia di fondo è spingere su pedonalizzazioni e uso di mezzi pubblici». Quanto alla rivoluzione delle Ztl, Cosolini assicura: «È un tema delicato che vogliamo condividere con i cittadini interessati. Verò è anche che oggi il rapporto tra posti e macchine dei residenti è di uno a sei».

(pi.ra.)

 

 

Omero: entro l’anno il piano strategico per il futuro della città - COMUNE»IL BILANCIO DEL PRIMO SEMESTRE / 2
 

L’assessore allo Sviluppo: va coinvolta anche l’Università Sul turismo un progetto unitario di marketing da elaborare
Si definisce «assessore senza portafogli» perché le risorse su cui conta per le sue deleghe - sviluppo economico, fondi comunitari, turismo, aziende partecipate e controllate - si sostanziano per molti settori soprattutto di trasferimenti dalla Regione su progetti specifici. Ma i tagli sul bilancio comunale 2012 ci saranno. Per questo, ad esempio, ad AcegasAps ha chiesto di ridurre per ora all’indifferibile le spese per rinnovo e manutenzione dell’illuminazione pubblica, «su cui cercheremo di sforbiciare una cifra considerevole». Cifra che non sarà invece decurtata per le indispensabili opere cimiteriali. Intanto Fabio Omero annuncia un primo traguardo «entro l’anno: la delibera che individuerà linee e strumenti del piano strategico per la città», per il quale verranno utilizzati i 100mila euro lasciati dall’ex assessore al Bilancio Giovanni Ravidà. A che punto siamo con il piano? Le linee di indirizzo sono state sottoposte al sindaco. Lavoriamo all’ipotesi di applicare la convenzione già esistente per avere dall’Università un sostegno tecnico e scientifico nell’elaborazione specifica del progetto. Vogliamo avvalerci delle alte competenze che a Trieste ci sono, piuttosto che affidare il tutto a un’agenzia esterna. Strumenti e linee andranno condivisi con tutti gli altri enti, sindacati e associazioni di categoria, pensando a una sorta di conferenza territoriale provinciale: un piano strategico è in realtà un patto tra amministrazioni. Nel concreto? Le linee traducono il programma del sindaco Cosolini: conoscenza, innovazione, mare, cultura, il tutto in coerenza con il nuovo Piano regolatore. Anche nell’ottica dell’industria sostenibile, della green economy, è importante far ricadere ruolo e azione degli enti di ricerca sul territorio in termini di impresa: penso per esempio a spazi fisici e virtuali da offrire a giovani ricercatori. E poi ad azioni di sostegno per le imprese culturali, all’internazionalizzazione dell’Università e all’alta formazione. Siccome però uno sviluppo basato sulla conoscenza ha insito il rischio di nuove esclusioni sociali, andrà garantita anche la formazione continua con il coinvolgimento della scuola, e della Provincia per le politiche del lavoro. Mare, diceva: quale rapporto con l’Authority? Nel piano viene riproposta l’istituzione di un’Agenzia città-porto, per gestire al meglio tutta la partita delle trasformazioni edilizie in Porto Vecchio ma anche delle interconnessioni tra porto e città. Il sindaco ne ha già parlato con la presidente dell’Authority. L’emergenza crociere con le navi dirottate da Venezia è stata superata bene ma ha richiamato la necessità di programmazione. Interessante è l’ultimo report dell’Osservatorio sul traffico crociere redatto dall’Ente bilaterale nazionale del turismo: cita Trieste come esempio negativo perché come home port non ha saputo fare sistema con il territorio. Quando torneremo a essere home port le compagnie avranno sì potere decisionale, ma qui va fatto un patto tra enti, associazioni di categoria e sindacati: dovremo avere, insieme, la forza di contrattare su tutto quanto attiene al settore, dallo shopping agli itinerari ai pernottamenti. Sull’incapacità di promuovere il turismo è arrivata una critica forte al Comune da esponenti del Pdl. Io invece dico che la giunta precedente ha sofferto di assenza di pianificazione. In tanti si sono occupati di promozione del territorio, ma ognuno per conto proprio. Abbiamo già tenuto riunioni un po’ con tutti gli operatori e gli enti condividendo l’esigenza di instaurare un sistema. Siamo in fase di raccolta dati per redigere un piano unitario di marketing che starà dentro il progetto Pisus. Occorre individuare l’immagine del territorio triestino da promuovere enucleando un marchio, un logo unico che finora - lo dicono gli esperti - Trieste non ha. Ferriera. L’assessore Laureni denuncia inquinamento, ma lo spettro è quello della cassa integrazione. Laddove abbiamo competenze dirette cerchiamo di lavorare. È stato riavviato dalla Provincia il tavolo per il piano infraregionale Ezit, nel cui ambito ho chiesto che prioritaria sia la questione Servola. Bisogna pervenire al Protocollo d’intesa, e in attesa di questo occorre conoscere tempi, costi e occupazione per bonifica e smantellamento dello stabilimento: in assenza di questi dati non puoi andare da alcun imprenditore a offrirgli un’area, a fare proposte. Intanto si spera di arrivare all’aggiornamento dell’Aia (l’Autorizzazione integrata ambientale, ndr) e di porre come termine per lo stabilimento il 2015: credo sia interesse anche dell’azienda restare nei parametri ambientali fissati per proseguire l’attività, sebbene i segnali che arrivano non siano tranquillizzanti. Sul rigassificatore intanto lei ha detto che l’ultima parola spetta alla Regione... Ma abbiamo approvato le direttive del Piano regolatore, ora abbiamo una norma urbanistica che dice no all’impianto. La situazione è chiara. Uno dei suoi obiettivi annunciati era implementare la ricerca di fondi europei. A che punto siamo? Il Comune è capofila di un rilevante progetto comunitario riservato a Stati e Regioni affacciati sull’Adriatico, che abbiamo elaborato assieme all’Azienda sanitaria in tema di impresa sociale con partner che vanno dal ministero della Salute dell’Albania alle Regioni Puglia e Molise: si tratta di esportare il modello Trieste con il suo know-how. Partecipiamo ad altri bandi, come quello promosso dal Comune croato di Fiume sullo sviluppo turistico dell’archeologia romana. E quanto a uffici da sviluppare, c’è una novità: istituiremo un ufficio di controllo qualità sulle partecipate, una struttura interna che rispetto a servizi e contratti di Acegas e di tutte le altre partecipate avvierà un lavoro di costante controllo sulla rispondenza tra costi, servizi e contratti sia nei confronti del Comune sia dei cittadini.
Paola Bolis

 

Somme da tirare e progetti in cantiere
 

A sei mesi dall’elezione a sindaco di Roberto Cosolini e dalla formazione della giunta di centrosinistra, continuano le interviste agli assessori per un primo bilancio. Dopo Andrea Mariani è la volta di Fabio Omero (foto), assessore dopo tre mandati da consigliere comunale (l’ultimo come capogruppo del Pd). Per Omero, dunque, un cambio di ruolo che lo induce a rispondere così a chi gli chieda quali difficoltà abbia trovato a vestire i nuovi panni: «Ho avuto la sensazione che prima del nostro arrivo si lasciasse tutta l’iniziativa ai dirigenti. Agli assessori interessava tagliare nastri, ma non capire come venissero impostate le scelte, le delibere. Noi abbiamo messo in chiaro che il nostro ruolo è quello di dare indirizzi politici precisi nelle scelte, e conoscerne il processo di realizzazione». L’assessore sta intanto cogestendo il passaggio alla raccolta differenziata dei rifiuti. «A breve partirà un’informazione capillare rivolta ai cittadini, le isole ecologiche sono state tutte collocate. Non si tratta comunque solo di sanzionare, ma di promuovere la differenziata, anche nelle scuole. Le circoscrizioni avranno poi in AcegasAps un riferimento nei responsabili di zona, per un dialogo continuo tra azienda e presidente di circoscrizione».
 

 

L'intervento di Luigi Bianchi - Addio treno viaggiatori in transito a Opicina
 

Se a Trieste fosse ancora presente, nella storica sede di Piazza Vittorio Veneto, un direttore compartimentale delle Ferrovie dello Stato, se nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia operasse ancora per le ferrovie italiane un direttore commerciale, l’11 dicembre prossimo, al varo dell’orario invernale, in luogo delle ormai consuete cancellazioni e degli ulteriori ridimensionamenti nelle relazioni viaggiatori nazionali ed internazionali, si potrebbero scoprire interessanti novità: 1)tutti i convogli della Transalpina provenienti da Bled non terminano più la loro corsa a Nova Gorica, ma raggiungono finalmente Gorizia, come ai bei tempi della cortina di ferro; 2)tutti i treni aventi termine di corsa a Sezana giungono di nuovo a Trieste Campo Marzio; 3) non più le proletarie Gomulka ma le moderne Walensa assicurano la mobilità tra Lubiana e Trieste Centrale; 4)per le relazioni diurne un “Gran turismo” delle Ferrovie austriache offre una veloce coincidenza a Villaco per Vienna e Monaco di Baviera, in partenza da Trieste Centrale e con la sola fermata di Udine, in attesa che il servizio ferroviario venga assunto dalla Ferrovia regionale Udine Cividale); 5) il servizio notte per Vienna riprende lo storico percorso della della Meridionale Trieste–Lubiana–Maribor–Vienna, assicurando a Trieste Centrale le coincidenze con gli Eurostar da Milano e Roma; 6) l’ultima relazione rimasta per Budapest a Trieste Centrale assicura la prosecuzione per Roma e Milano con competitivi Eurostar. Appena caduti i confini, i due direttori non avrebbero avuto difficoltà a proporre, in sede di conferenza nazionale orari, e a vedersi approvati servizi adeguati alla mutata realtà nell’area metropolitana del Nord-Est, individuata, ancora prima della caduta del muro, in sede di redazione del Piano regionale integrato dei trasporti del Friuli Venezia Giulia. Se ci fosse stato un direttore compartimentale con esperienza commerciale e di marketing a livello europeo come, ad esempio, il professore Romano Troilo, il quale trenta anni fa aveva proposto il collegamento diretto Trieste-Udine-Villaco via autostrada in attesa di quello ferroviario da realizzare a Pontebbana raddoppiata. Ma la cruda realtà invece è che, a confini caduti, gli orari non sono più frutto di accurate ricerche di mercato e di consultazioni con le camere di commercio, ma vengono imposti da RFI, quindi dalla rete ferroviaria nazionale, a Trenitalia, l’impresa di trasporto, sulla base dei contributi che il Gruppo FS riesce a spuntare da Stato e Regioni in una contrattazione ultimativa che giunge fino alla vigilia del cambio di orario, il che compromette la tempestiva informazione e quindi l’azione di promozione e vendita, con tanti saluti alla clientela reale e potenziale. Ma niente paura: da Roma giunge l’assicurazione che a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia “c’è poco mercato”, a conferma che da Trento (sede di lavoro del Direttore per il trasporto regionale del Fvg di Trenitalia) indagini e comunicazioni incontrano obiettive difficoltà. Così con grande fiducia verso il futuro ci accingiamo a salutare per l’ultima volta un treno viaggiatori in transito a Opicina (Comune di Trieste), porta dell’Est, abituata un tempo al Simplon-Orient-Express: “In treno? A Budapest, come a Trieste, si va in aereo! Bellezza”. Sentenza emessa nella Capitale dal Marchionne della rotaia.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 26 novembre 2011

 

 

Trenitalia abolisce le sue classi parte la “rivoluzione” in carrozza
 

Le vecchie “prima” e “seconda” sostituite da quattro livelli di servizio: dalla standard all’executive ma la nuova stagione delle ferrovie per ora interessa le Freccerosse sulla rotta Milano-Napoli
TRIESTE Non sarà a breve, tempi e modalità tutti da definire, ma riguarderà l’intera flotta “a mercato”, ovvero Freccerosse, Frecceargento, Freccebianche, insomma al gran completo la faretra ferroviaria italiana. Ormai le classiche “prima” e “seconda” vengono considerate anacronistiche dai vertici delle Fs, che proprio ieri, hanno lanciato due corse inaugurali Frecciarossa sulla Milano-Napoli, andata e ritorno, per la “rivoluzionaria” svolta dei quattro servizi: Standard, Premium, Business, Executive. E un giorno, chissà, anche coloro che partono o che arrivano da/per Trieste potranno scegliere dove sedersi negli interni disegnati da Giugiaro o, per i meglio attrezzati, assaggiare menu preparati da Vissani, l’indimenticabile chef preferito da Massimo D’Alema. In attesa ci si contenta di sapere se il “notturno” verso la Puglia è confermato o meno. Ieri, intanto, partenza da Napoli alle 7.35 con arrivo nella capitale morale alle 11.59, rotta all’incontrario dalla meneghina Centrale alle 18 con approdo partenopeo alle 22.25: durate di viaggio piuttosto interessanti e adesso ricche di allettanti novità. Perchè Trenitalia si sia scatenata in questa iper-attenzione modaiola, lo si può spiegare perlomeno in un paio di maniere: insistere nella concorrenza al vettore aereo sui percorsi più redditizi, tamponare la concorrenza dell’ormai esordiente Ntv, che si è alleato con l’ostica transalpina Sncf (anche se lo stato maggiore Fs ha smentito di essersi mosso per questa ragione). E Ntv ha prontamente osservato che questa offensiva commerciale delle Fs è il primo risultato positivo della competizione. Ricordiamo, per i viaggiatori ferroviari di Nordest, che la nuova compagnia, di cui le Generali sono azioniste, partiranno da aprile con l’alta velocità anche da Venezia. Mauro Moretti, che prima di militare come amministratore delegato delle Fs militava come leader di Filt Cgil, spiegava che il termine “classe” è obsoleto e ottocentesco, mentre l’espressione “livelli di servizio” (la quaterna di cui sopra) meglio definisce le attuali esigenze e le odierne dinamiche di vita. Argomenti alati che non hanno commosso il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, dichiarato nostalgico della disciolta “seconda”: annuncia che adesso viaggerà in “quarta”, intendendo con essa la meno costosa del nuovo campionario Fs sulle Freccerosse. Tra l’altro la categoria Standard viene esibita dal marketing ferroviario con uno sconto del 5% rispetto all’attuale “seconda” sulla rotta Roma-Milano: invece che con 91 euro si viaggia a 86. D’altronde Fs punta a coprire la più ampia gamma possibile di potenziali fruitori, dallo studente al turista straniero, dal gitante festivo al manager “redento” alla scomoda logistica aeroportuale. Vediamo più in dettaglio le comodità di questa offerta Frecciarossa Milano-Napoli. Il più spartano Standard prospetta 272 poltrone larghe 55,5 cm. con una distanza di 106 cm dalla seduta successiva e con una reclinabilità dello schienale fino a 112 gradi. Poltrone in pelle per 134 posti, “welcome drink”, minibar connotano la più evoluta proposta Premium (forbice di prezzo tra 100 e 70 euro), mentre la qualità decolla nella Business che per 116 euro schiera 159 poltrone da 64 cm, due salottini, un’«area del silenzio» dove sono banditi i cellulari, un benvenuto con prodotti freschi e bevande. L’apice è però toccato da Executive con soli 8 selezionati seggi, poltrone da 69 cm reclinabili a 138 gradi, sala riunioni, drink e snack a go-go aspettando i piatti griffati da Gianfranco Vissani: prezzo senza riduzioni a quota 200 euro.
Massimo Greco

 

Moretti: per i pendolari servono treni migliori ma tariffe più alte
 

Per migliorare significativamente il servizio ferroviario destinato ai pendolari non bastano solo le risorse pubbliche, ma servono anche delle nuove tariffe più in linea con l'Europa. Lo ha sostenuto l'amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti (foto), che non nasconde però le preoccupazione legate ai tagli agli Enti locali che si potranno riflettere sulle risorse a disposizione del trasporto pubblico locale. «Siamo in attesa di capire - ha detto - quali saranno le risorse finanziarie realmente a disposizione delle regioni per poter capire quali servizi potremo garantire dall'inizio dell'anno. Spero che non vi siano tagli perchè già oggi la situazione dei pendolari è troppo difficile, nel senso che in alcune zone, nelle grandi città, già i servizi che offriamo sono insufficienti, soprattutto in termini di quantità, perchè manca un'offerta che sia all'altezza della domanda.

 

 

Alla foce dell’Isonzo sono ritornate anche le cicogne - L’ISOLA DELLA CONA CROCEVIA DI MIGRAZIONI
 

STARANZANO Torna anche la cicogna in compagnia di oche e cigni nella Riserva naturale regionale della Foce dell’Isonzo, dove l’Isola della Cona è diventata crocevia delle migrazioni degli uccelli, che nelle varie stagioni vanno e vengono dall’Europa all’Africa e che a seconda della stagione raggiungono in media tra 25 mila e 30 mila presenze. Lo si è saputo nell’affollato incontro pubblico dell’altra sera da Fabio Perco direttore dalla Sbic (Stazione biologica della Cona) organizzato nella sala teatrale San Pio X su invito della associazione “Amada Quarantia” con il presidente Ettore Pin, in collaborazione con le Acli di Staranzano e il suo presidente Graziano Frate. Fra i relatori anche Bruno Dentesani che ha presentato il libro fresco di stampa dal titolo “Uccelli del Friuli Venezia Giulia”. «Il fenomeno migratorio alle nostre latitudini – afferma Perco - consente a milioni di uccelli di portarsi nella bella stagione in aree settentrionali dove avviene anche spesso la riproduzione. Alcuni casi limite sono addirittura straordinari, come il lunghissimo volo no-stop della “Pittima minore” che percorre il Pacifico dall’Alaska alla Nuova Zelanda senza sostare, per oltre 11.000 chilometri e volando ininterrottamente dieci giorni». «Oppure – spiega ancora Perco - i “Grifoni africani” osservati a quote superiori rispetto al solito». Nell’area della Riserva naturale la Stazione biologica è attualmente interessata da una intensa attività di studio e di monitoraggio che consente di raccogliere migliaia di dati su soggetti appartenenti a decine di specie diverse, che prevalentemente viaggiano in autunno in direzione Sud-Ovest e nella direzione contraria in primavera. Ma non mancano le eccezioni come nel caso delle cicogne che si fermano alla Cona e non amando attraversare vasti tratti di mare aperto o si dirigono verso Gibilterra oppure sul Bosforo, per raggiungere poi comunque i loro quartieri di svernamento a Sud del Sahara. «Per molti piccoli uccelli passeriformi – sottolinea Perco - la Cona rappresenta un’importante stazione di rifornimento dalla quale, una volta fatto il pieno di piccoli insetti, questi uccelli che pesano talora solamente pochi grammi, possono senza indugi attraversare il Mediterraneo. Ma anche uccelli pesanti e di grandi dimensioni – osserva Perco - percorrono lunghe distanze. È il caso di oche e cigni, che, nonostante la mole, raggiungono il mar Baltico o, nel caso dell’Oca Collorosso, addirittura la Penisola di Taymir nella remota ed asiatica Siberia a oltre 6.000 chilometri dalla Baia di Panzano». Intanto oggi e domani dalle 9, sono organizzate “passeggiate” alla Riserva per osservare la moltitudine di uccelli migratori. Tel.348/4462256 e 347/5292120.
Ciro Vitiello

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 25 novembre 2011

 

 

Targhe alterne preventive per combattere lo smog
 

La giunta approva il nuovo Piano dell’aria, basato sul meteo e i modelli climatici Fondi per industria e cultura. Stretta su discariche per “spingere” la differenziata
TRIESTE La Regione dichiara guerra alle polveri sottili. E lo fa con un innovativo Piano dell’aria. Innovativo perché preventivo: attraverso le previsioni elaborate su modelli climatici i Comuni verranno allertati prima che siano sforati i valori limite, affinché possano prendere provvedimenti (come le targhe alterne, ad esempio) prima che avvenga il danno. È questo uno dei provvedimenti che ha ricevuto il via libera della giunta regionale, riunita ieri nel “Finanziaria day”: la legge contabile prima è stata presentata ai consiglieri, poi è passata sotto i raggi x dello stesso esecutivo, che si è sbizzarrito con gli emendamenti. Ambiente Il Piano dell’aria, redatto dalla direzione Ambiente in sinergia con l’Arpa, è stato presentato dal vicepresidente Luca Ciriani, che ha commentato: «I Comuni avranno un ruolo centrale. Dovranno attivare le singole misure e aggiornare i rispettivi piani comunali». I nemici sono il materiale particolato, il biossido di azoto (noto come polveri sottili) e l’ozono. Attualmente i piani di azione comunale vengono attivati non prima dell’accertamento di tre giorni consecutivi di superamento del valore limite degli inquinanti: i provvedimenti restrittivi scattano solo dopo che la fase critica è stata raggiunta. Nel nuovo Piano le situazioni critiche vengono invece rilevate, oltre che tramite centraline, anche mediante previsioni elaborate su modelli climatici, quindi attraverso i computer. I Comuni verranno allertati per l’attivazione dei Piani di azione sulla base di tali previsioni prima che la fase critica sia raggiunta. Cosa potranno fare? Ridurre la temperatura interna degli edifici, sostituire i combustibili inquinanti con altri più ecologici, limitare il traffico. L’obiettivo è ridurre del 10% le emissioni inquinanti rispetto al 2005. Fondi a industria e cultura La giunta, su iniziativa di Federica Seganti ed Elio De Anna, ha stanziato ulteriori 2,7 milioni di euro per i progetti di alto livello inseriti nella graduatoria del bando per l’erogazione di “Incentivi per la realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione da parte delle imprese industriali del Fvg” (Por Fesr 2007-20013). Le risorse, che si aggiungono ai 53 milioni già stanziati, fanno sì che tutti i progetti vengano finanziati al cento per cento. Disco verde anche per altre due delibere presentate dall’assessore De Anna, con cui è stata decisa l’assegnazione dei fondi 2011 a favore degli enti di cultura cinematografica (639mila euro) e alle mediateche (260mila euro). Via libera anche al riparto dei fondi per le opere di culto, le associazioni sportive, la formazione professionale. Finanziaria Ma oggi è stata anche la giunta degli emendamenti alla Finanziaria. L’assessore De Anna ha presentato un provvedimento che rivoluzionerà il meccanismo di contribuzione per la riqualificazione delle strutture sportive: i beneficiari di un contributo potranno cominciare i lavori in anticipo, cioè prima di aver presentato la documentazione completa alla Regione, ma avranno un limite (di tre anni) per completare i lavori e presentare il rendiconto, pena la perdita del contributo. Di rilievo alcuni emendamenti presentati dal vicepresidente Ciriani. Con il primo la giunta di fatto blocca l’apertura di nuove discariche in Fvg con l’obiettivo di potenziare la raccolta differenziata. Con il secondo si punta a far entrare la Regione nelle decisioni relative al rinnovo delle concessioni delle grandi centrali elettriche, oggi di competenza statale.
Elisa Coloni

 

 

Per gli operai della Ferriera torna l’incubo Cassa integrazione
 

Faccia a faccia tra sindacati e ad della Lucchini Calcagni. Confermato il calo del 20% nella produzione di ghisa. E a inizio 2012 potrebbe scattare un ulteriore rallentamento dell’attività dell’altoforno
Due mesi con il fiato sospeso, nella speranza che il nuovo anno porti in dono una ripresa del mercato siderurgico e un conseguente ritorno massiccio di ordinativi. Ecco cosa attende i dipendenti della Ferriera di Servola che, dopo aver metabolizzato la riduzione del 20% nella produzione di ghisa annunciata l’altro giorno dall’azienda, rischiano a breve di dover digerire un boccone ancora più amaro: il ritorno della Cassa integrazione. Lo spettro della Cig è stato evocato ieri nel corso del confronto tra i sindacati e l’amministratore delegato del gruppo Lucchini Marcello Calcagni. «In questa prima fase - ha comunicato a nome di tutti i rappresentanti dei lavoratori Umberto Salvaneschi della Fim Cisl - la contrazione della produzione verrà gestita senza ricorrere agli ammortizzatori sociali e intervenendo solo sulle ferie del personale. Se però, a fine gennaio, resterà invariato il trend negativo della siderurgia mondiale, l’azienda potrebbe decidere un ulteriore rallentamento dell’attività dell’altoforno. Un percorso quasi obbligato che, a quel punto, renderà inevitabile l’attivazione delle procedure di Cassa integrazione». Quanti operai verrebbero interessati dal provvedimento e per quanto tempo, però, al momento non si sa. Calcagni - che al termine del confronto con i sindacati, ha lasciato la sede di Confindustria senza rilasciare dichiarazioni - non è entrato infatti nel merito della vicenda, limitandosi a ricordarne le cause. «La riduzione dell’attività produttiva allo stabilimento di Trieste - si legge nella nota inviata successivamente dalla Lucchini -, non dipende dalla situazione finanziaria attuale del gruppo, bensì dall’andamento negativo del mercato siderurgico e dai costi delle materie prime. Da metà ottobre è in atto una forte riduzione della richiesta di acciaio e in Europa ben 14 altiforni sono stati fermati». Dall’amministratore delegato non sono arrivate risposte puntuali nemmeno su un’altra, delicata partita: il futuro di Elettra. «Della centrale abbiamo parlato - ha reso noto Salvaneschi -. L’azienda ci ha riferito di essere vicina ad un accordo finale, ma non si è spinta oltre». Notizie più dettagliate, e moderatamente positive, arrivano invece dal fronte finanziario. «La proprietà - si legge nel testo congiunto firmato da Rsu e delegati di Fim, Fiom, Uilm e Failms - si è impegnata a concludere la ristrutturazione del debito e a presentare entro la prima metà di dicembre il nuovo piano economico. A breve, inoltre, dovrebbero essere disponibili anche le risorse derivanti dalla vendita di Ascometal e dello stabilimento di Bari. Risorse - concludono i sindacati - che a nostro avviso devono essere investite per assicurare l’attività industriale di Trieste e Piombino e per metter fine al clima di incertezza e precarietà che penalizza i lavoratori. Un obiettivo che deve coinvolgere fortemente anche il governo centrale e le istituzioni locali, Regione in primis. Realtà chiamate a riattivarsi su impegni presi in passato ma rimasti elusi».
Maddalena Rebecca

 

Partita la caccia all’azionista «Nuovo partner entro giugno»
 

Sciogliere il rebus del futuro di Servola, in questo momento, non è la priorità della Lucchini. In cima alla lista, ha chiarito ieri Marcello Calcagni, c’è infatti «la ricerca di un nuovo azionista che faccia fronte alle necessità del gruppo, un partner strategico che consenta di trovare una soluzione complessiva al sistema, per costruire un futuro sostenibile». Un obiettivo imprescindibile da raggiungere in tempi brevi, entro giugno 2012 per la precisione. «Seppur in un contesto congiunturale alquanto difficile - ha precisato l’amministratore delegato -, la Lucchini ha avviato le esplorazioni per l’individuazione dei partner, privilegiando un’ipotesi complessiva per l’intero gruppo, ma non escludendo che si possano trovare soluzioni differenziate, se mirate a garantire sviluppo per le singole aziende. Per Trieste, in particolare, la soluzione va verso una riconversione industriale, che consenta il proseguimento sostenibile della produzione di ghisa e l’utilizzo del gas, unitamente allo sviluppo dell’attività logistica. Un sistema che comprende, oltre allo stabilimento siderurgico della Lucchini, anche la centrale Elettra, la Sertubi e le aziende dell’indotto: un patrimonio che appartiene a chi ci lavora e al territorio in cui opera».
 

 

Treno per Budapest, requiem di Riccardi: «Regione impotente»
 

TRIESTE La soppressione del Budapest–Venezia diventa realtà. Per quanto informalmente, Trenitalia ha comunicato alla Regione il taglio dell'ultimo treno che permette di varcare il confine internazionale di Trieste. La scelta di cancellarlo dall'11 dicembre, con l'entrata in vigore del nuovo orario, deriva dal mancato accordo commerciale tra Trenitalia e le ferrovie ungheresi Mav. Risponde così l'assessore regionale ai Trasporti, Riccardo Riccardi, all'interrogazione presentata dal consigliere di Rifondazione Comunista Roberto Antonaz, discussa ieri in Consiglio. Secondo Riccardi, per salvare il collegamento con Budapest la Regione può poco, tant'è che «i collegamenti internazionali sono frutto di scelte bilaterali e di accordi tra le reti interessate». Ancora in bilico risulta pure il notturno Trieste–Lecce. Per il suo mantenimento, la Regione assicura però «costante impegno nei confronti del ministero competente», perchè i treni notte rientrano nel “servizio universale” di competenza statale: per poter essere effettuati necessitano di un corrispettivo, da definire con un contratto perché presentano un conto in rosso. Sulla base delle risorse disponibili, lo Stato contratta con Trenitalia la quantità e la qualità dei servizi di media e lunga percorrenza, coprendo con appositi corrispettivi la differenza. «Trenitalia – riprende Riccardi - sta valutando una riorganizzazione complessiva degli attuali collegamenti notte della Puglia per il Nord Italia, in coerenza con le indicazioni condivise con il ministero: tale valutazione non è giunta ancora a conclusione ed allo stato attuale non abbiamo indicazioni che possano precludere la conferma, nel prossimo orario, della coppia di Intercity notte Trieste–Lecce e Lecce–Trieste». “Giallo” invece positivamente risolto per gli Intercity notte che collegano Trieste e Udine con Roma: per Riccardi sono stati mantenuti «a fronte delle pressanti sollecitazioni regionali». Tutti elementi che non soddisfano Antonaz: «A fronte di investimenti per un'opera dannosissima e costosissima come la Tav, chiedevo di trasferirne una minima parte per potenziare i collegamenti esistenti».

Elena Placitelli
 

 

Villaggio, il prg entro febbraio - Il sindaco Ret: pesca a maricoltura nell’area della cava, nuove aree di sosta per i turisti
 

DUINO AURISINA «Questo piano del porto ha come obiettivo quello di gestire il cambiamento in atto che sta vivendo il Villaggio del Pescatore, e non subirlo. Abbiamo un notevole flusso di turismo ma l’attuale conformazione del porto ci impedisce di gestirlo adeguatamente». Con queste premesse, nell’incontro di mercoledì sera al Villaggio del Pescatore, l’amministrazione targata Pdl e guidata, per l’occasione, dall’assessore ai lavori pubblici Andrea Humar, ha nuovamente illustrato ‘il porto del futuro’, in attesa del benestare per l’inizio dei lavori. Data, per il momento, ancora sconosciuta ma che nelle volontà dei promotori mira ad essere sempre più vicina. E’ prevista per il prossimo 30 novembre, infatti, la discussione e la votazione per la sua adozione in Consiglio comunale. A questo faranno seguito poi i trenta giorni di osservazioni al termine delle quali, nel caso non ci siano modifiche da fare, si ripasserà al voto. «Molto probabilmente – dichiara il sindaco, Giorgio Ret – si potrà concludere il primo iter e l’approvazione finale entro febbraio e da qui partire con la realizzazione del piano particolareggiato». Dopo aver risolto la questione delle società sportive che operano al Villaggio, l’ultimo incontro ha visto l’illustrazione alla cittadinanza della serie d’interventi previsti nell’ex zona industriale, quella dell’ex Ifapi e della Sidam. L’idea progettuale è quella di spostare, di comune accordo con gli interessati, l’attività della pesca e della maricoltura dal centro del paese nei pressi della cava. I volumi dei due stabili industriali, invece, grazie ad loro frazionamento i volumetrie più piccole saranno destinati ad attività turistiche, servizi che attualmente mancano (farmacia, banca,etc) e commercio in proporzioni ancora da definire. Quello che però è certo che verrà evitata, anche tramite l’obbligo di presentazione al Comune della presentazione dei progetti esecutivi da parte dei privati interessati ad insediarsi in loco e della successiva stipula di convenzione, una qualsiasi forma di agglomerato. Altra novità prevista dal piano, sarebbe quella della creazione, in subordinazione ad ogni intervento, della creazione di zone parcheggio per i visitatori andando così a restituire il centro ai soli residenti. Per quanto riguarda il mare, invece, c’è la volontà di aprire a tutti il lungo mare dal centro fino al “Pescaturismo”. Sempre collegati al progetto, anche il sistema di captazione delle acque (Minimose) nonché la nuova fermata del bus, per le quali esistono già i progetti esecutivi che aspettano, dopo una serie di benestare, di essere messi in pratica. «Per queste due opere – dichiara Humar – c’è la volontà di partire con i cantieri già entro fine febbraio o inizi di marzo. Il 29, ad esempio, avverrà l’incontro con le parti interessate (Demanio e Protezione Civile) per quanto riguarda il progetto del Minimose – aggiunge. Per fare la fermata del bus se ne discuterà il 30». Quest’ultima, sorgerà tra la Baia degli Uscocchi e l’edificio dietro la Chiesa, ma prima, come afferma Humar, «bisogna mettere in sicurezza una parte dell’edificio che ospitava il frigo dell’ex pescheria, e demolirne un’altra».

Viviana Attard

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 24 novembre 2011

 

 

Il centrodestra all’attacco sul Prg «Va contro proprietà e ambiente»
 

Pdl scatenato sulle direttive appena approvate con i soli voti della maggioranza, gli altri concordano «Un provvedimento elaborato da politici incapaci, incompetenti, incoscienti, e anche un po’ pigri» -

“Si stava meglio quando si stava peggio...”. L’ex maggioranza cittadina, risvegliatasi opposizione a primavera, si sfrega le mani davanti a chi si lagnava delle procedure e delle salvaguardie del Piano regolatore di Dipiazza. Già perché - sentenzia il centrodestra - il Prg di Cosolini, di difetti, ne ha ben di più, rispetto al precedente, e fin dalle sue origini. Il piano nasce intanto giuridicamente attaccabile poiché - sostiene sempre la neo-opposizione - il dirigente comunale che ha firmato il parere di regolarità tecnica delle direttive (l’architetto Marina Cassin, incaricata dal sindaco) non ne aveva titolo (da organigramma è responsabile del servizio Programmi complessi, mentre la legge dice che quella firma spetta al responsabile del servizio Pianificazione urbana, che resta l’architetto Ave Furlan). E fosse solo questione di metodo: nel Pdl e dintorni - dove si sono visti respingere i vari emendamenti - si bolla il primo atto del documento anche nel merito. «È un provvedimento che è riuscito nella difficile impresa di penalizzare la proprietà senza salvaguardare l’ambiente, consente ad esempio, a differenza del Prg di Dipiazza, edificazioni in Costiera», la sintesi di Claudio Giacomelli da vicecapogruppo Pdl. «Un provvedimento - l’eco del capogruppo Everest Bertoli - elaborato da politici incapaci, incompetenti, incoscienti». «E pure un po’ pigri», il cappello di Piero Camber. Sono solo alcuni degli strali usciti ieri dalle bocche di fuoco dell’opposizione tutta (grillini esclusi), che si presenta in forze a una conferenza stampa convocata a poco più di 24 ore dall’approvazione a notte fonda delle direttive del Prg in Consiglio comunale, con i soli voti del centrosinistra. Chi non c’entra con la maggioranza infatti non ha partecipato alla votazione. E ieri, appunto, ha motivato in conferenza stampa il non voto. «La giunta ha voluto una prova di forza, con poca lungimiranza e tanta ottusità, lo stesso segretario generale avrebbe avuto bisogno di più tempo per fugare ogni dubbio sulla firma dell’architetto Cassin», incalza Bertoli. «Questa delibera finirà presto nel cestino, al primo ricorso, auguri a tutti i consiglieri di maggioranza che l’hanno votata, quella sul parere di regolarità è una palese incompetenza funzionale, come affidarsi a un avvocato se si sta male e a un medico se si ha un problema in Tribunale», ironizza sempre dal Pdl Paolo Rovis, autore della “pregiudiziale” di metodo. «Ci si poteva prendere ancora una settimana visto che queste delibere erano attese da agosto, qui si sta giocando sulla pelle di costruttori, professionisti,piccoli proprietari e cittadini in generale», si accoda dai banchi della Lega Roberto De Gioia. «Sentire, incontrare, vedere le associazioni - ancora Camber e la collega di partito Manuela Declich - non significa mica condividere un percorso, nell’ottica di quella partecipazione sbandierata dal sindaco. Prova ne siano le posizioni di Italia Nostra e Legambiente che non concordano con le direttive e dicono alla giunta: “Ci avete solo lasciato parlare...”». «Il centrosinistra - la chiosa di Giacomelli - ha passato un anno e mezzo a gufare affinché il Prg di Dipiazza non andasse in porto. Ecco, loro sono già incartati sulle direttive».
Piero Rauber

 

I grillini: senza la pregiudiziale ci astenevamo
 

Contro come tutta l’opposizione. Ma a modo loro. I grillini rivendicano una posizione originale, nel senso di non appiattita su una o l’altra parte. «Il moVimento 5 stelle - scrivono in una nota Paolo Menis e Stefano Patuanelli - ha deciso di non partecipare al voto finale in quanto condivide le perplessità contenute nella pregiudiziale presentata da Rovis. Per il principio di precauzione sarebbe stato opportuno rimandare la discussione di una settimana, in modo da concedere all’Avvocatura comunale la possibilità di sciogliere questi dubbi. Se non fosse sorta questa possibile irregolarità tecnica ci saremmo astenuti. Se infatti da una parte apprezziamo l’accoglimento della giunta di emendamenti che vanno ad escludere l’insediamento di impianti industriali a rischio rilevante, come il rigassificatore, dall’altra nella delibera mancano alcuni elementi che per noi sono fondamentali. Se si fosse voluto davvero tutelare il paesaggio e l’ambiente e ridurre il consumo di suolo, si sarebbe dovuta sospendere ogni determinazione sulle richieste di titoli abilitativi, analizzare lo stato di attuazione della variante 66, decidere dove e se confermare la zonizzazione per le aree di completamento e inserire le volontà pianificatorie nel piano da portare in adozione». Chiosa invece, difendendo al 100% il lavoro di questi mesi post-voto, il presidente della commissione Urbanistica Mario Ravalico, del Pd. «Le direttive approvate - scrive in una relazione - le ritengo ragionevoli, di buon senso e soprattutto mirate coerentemente agli obiettivi prefissati. Molto pertinente quindi è anche il richiamo all’attenzione da riservare allo stato del territorio ivi compresa l’analisi delle condizioni di rischio naturale, idrogeologico e geologico in senso stretto. Doverosamente poi è stata recepita la richiesta in tal senso della Sesta circoscrizione relativa al rispetto dei pastini».

(pi.ra.)
 

Lobianco, Bandelli, Bucci: le anime dell’opposizione si ricompattano
 

 

«Impianto gnl, la Regione rifiuta di dare il progetto» - IL WWF ATTACCA: «COPIA NEGATA»
 

«La Regione rifiuta di consegnare copia del progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, con motivazioni che riteniamo inaccettabili e contraddittorie. Sia allora la stessa Gas Natural a divulgarlo, integralmente, a chi lo richiede, se non ha nulla da nascondere». L’invito al colosso spagnolo dell’energia arriva dal Wwf Friuli Venezia Giulia. «Lo scorso 30 settembre - sottolinea una nota degli ambientalisti - il Wwf aveva richiesto la copia alla Direzione ambiente della Regione, in base alla normativa vigente sul diritto di accesso. Spetta alla stessa Regione convocare la conferenza dei servizi, che dovrà esaminare il progetto ed emanare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto». Datata «25 ottobre», invece, «la risposta negativa, a firma del direttore del Servizio energia della Direzione centrale ambiente Pietro Giust», prosegue il Wwf prima di definire «incredibile» la collegata motivazione. Così riepilogata: «La lettera prima riconosce che “il diritto di accesso agli atti amministrativi ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa”. Dopo di che, però, aggiunge che “il diritto di accesso non può in nessun caso essere inteso come diritto dei privati di prendere visione di documenti prodotti da altri privati nell’ambito di un procedimento amministrativo che veda interessati questi ultimi». Ma c’è un passaggio ulteriore che gli ambientalisti evidenziano: la Regione scrive ancora che «sussiste inoltre la necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della società Gas Natural». Come possono qui, si chiede il Wwf, i privati «vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza»? Da ciò, il Wwf accusa la Regione di dimostrare «di non temere di offrire di sé l’immagine di chi bada esclusivamente agli interessi dei poteri forti». Conseguenza ulteriore, l’invito a Gas Natural. Che in merito fa sapere: «Gas Natural Rigassificazione Italia conferma la ricezione in data odierna della richiesta del Wwf del Friuli Venezia Giulia. La richiesta verrà valutata e verrà data una risposta direttamente all’associazione».
 

 

Ferriera, produzione ridotta del 20% Sindacati in allarme
 

L’azienda rassicura, ma si teme altra cassa integrazione Rsu contro Comune e Regione: «Nessuno pensa a noi»
La Ferriera ha deciso: abbassa del 20% la produzione dell’altoforno. All’indomani del drastico «stop» deciso a Piombino, dove gli altiforni si spegneranno del tutto dal 24 dicembre al 18 gennaio, e mentre Servola sembrava in un primo momento al riparo, la notizia è stata data ieri pomeriggio dall’azienda, che ha convocato i sindacati. Il mercato della ghisa è saturo, i prezzi sono crollati, la crisi economica si abbatte duramente sulla siderurgia. Il calo di produzione inizierà a giorni, non ha una precisa data di fine. A Servola si teme nuova cassa integrazione, nonostante la risposta della Lucchini sia stata in questo senso rassicurante. Ma si aprono a Trieste di nuovo giorni di grande tensione. Oggi alle 11 l’amministratore delegato di Lucchini, Marcello Calcagni, sarà in Confindustria coi segretari provinciali dei sindacati, per il 28 è convocata in fabbrica un’assemblea in cui si tireranno le fila di una storia che sembra andare passo dopo passo verso una fine non governata a dovere. In questa incertezza totale, le Rsu fanno fronte comune con l’azienda che ieri ha ribadito agli operai dissenso e stizza nei confronti dell’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, che denuncia pericoloso inquinamento. «È ora di dare risposte a tanta gente che porta a casa questo pane ormai avvelenato - afferma Luigi Pastore della Fialms-Cisal - adesso è ora che tutti giochino a carte scoperte, basta coi trucchetti della politica, il sindaco vigili, quando la gente perde il piatto di minestra può diventare perfin cattiva, e noi siamo stufi». «L’azienda ritiene che per febbraio torneranno gli acquirenti “storici” di Servola - riferisce Franco Palman della Uil -, ma intanto c’è crisi di liquidità, le banche non finanziano, la ristrutturazione del debito della Lucchini per evitare il fallimento è ancora in alto mare, qui c’è incertezza assoluta sui destini di Elettra: se non si intrecciano tutte queste cose, andremo incontro a difficoltà ben più gravi. Se Piombino risolve la questione finanziaria pregressa, ha comunque un piano industriale, Servola invece al massimo potrebbe avere un piano d’investimenti per arrivare alla chiusura». Sul tavolo oggi in Confindustria domande ultimative, «in modo che anche la Regione - prosegue Palman - non abbia più alibi per dire che il quadro non è chiaro, noi temiamo invece che in queste nebbie il tempo della chiusura precipiti, dal 2015 al 2012, in una situazione economica devastante per la nostra provincia, dove sono stati ormai persi 10 mila posti di lavoro, e dove con la scusa della crisi generale nessuno mette la testa nella Ferriera. La cosa fa comodo a tutti, la nostra situazione - aggiunge il sindacalista - ha chiara derivazione dalla politica». Pessimismo totale su ipotesi di “riconversione”: «Ormai - dice Palman - siamo fuori tempo massimo, anche se un progetto ci fosse, non ci sarebbe il tempo per metterlo a punto, e così si mette a rischio anche la Sertubi, appena affittata dagli indiani. Potrebbero andarsene». Delusione nei confronti di Cosolini: «Aveva promesso un tavolo costante, invece l’assessore Laureni fa denunce “a spot” sull’inquinamento e quel confronto non è mai avvenuto: terrorismo incomprensibile». Ciò che i lavoratori capiscono benissimo invece è quel “meno 20%”, quella crisi sopra l’altra che spegne i fuochi.
Gabriella Ziani

 

Lucchini: «Pm10 alte causa auto e caldaie» C’è vento: traffico ok
 

“Ci risiamo”, avranno pensato quelli della Lucchini sentendo dire Umberto Laureni che la prima causa delle Pm10 è la Ferriera. L’assessore all’Ambiente di Sel, in effetti, ha qui un predecessore: quel Roberto Dipiazza che, quand’era sindaco e assessore all’Ambiente, nel momento in cui si trovava innanzi alla chiusura del traffico per persistenza di polveri sottili, puntava il dito contro lo stabilimento di Servola. «La condizione meteo - si legge in un comunicato della Lucchini - è la variabile principale che influenza l’innalzamento delle Pm10, fenomeno chiaramente più evidente nei luoghi dove il riscaldamento urbano, il traffico e ovviamente anche le industrie, di tutte le tipologie, incidono contemporaneamente». «Anche Udine, Pordenone e altri centri della regione - afferma la Lucchini - soffrono lo stesso problema. E infatti, proprio in questi giorni, i comuni competenti hanno immediatamente preso provvedimenti, bloccando la circolazione. A Trieste, l’aumento delle Pm10 è stato evidente su tutte le centraline della città. È un fenomeno che si verifica spesso, soprattutto in piazza Libertà e Tor Bandena, zone sicuramente trafficate. A Servola, in particolare, a causa della vicinanza dell’abitato a parchi di materie prime ed emissioni diffuse da alcune lavorazioni primarie, non solo riferibili alla Ferriera, si notano maggiormente le polveri grossolane rispetto alle Pm10. Da rilevare inoltre che in tutta la città le pm10 sono anche di origine secondaria, causato dagli ossidi di azoto e loro miscele, e aerosol marini. Ci si domanda - sottolinea sempre la Lucchini - come viene valutato tecnicamente il contributo “forte” della Ferriera su via Svevo, dove il traffico di auto, bus e camion è altissimo e gli andamenti dell'indicatore degli ossidi di azoto evidenziano picchi orari giornalieri in corrispondenza degli orari di funzionamento dei riscaldamenti urbani. Se la situazione fosse di rischio sanitario elevato e comprovato ci si aspetterebbe una dichiarazione ufficiale dell’Azienda Sanitaria. Per quanto riguarda infine la centralina di San Lorenzo in Selva, è ovvio che i dati di Pm10 rilevati siano influenzati dallo stabilimento visto che la stessa è posizionata praticamente all’interno del comprensorio, vicina cioè alla fonte di emissione, come se si misurassero i valori vicino al tubo di scarico di un’auto». «Non intendo alimentare polemiche - la controreplica di Laureni - dico solo che stiamo elaborando dei documenti sui quali chiederemo all’azienda un confronto. Mi sono permesso di evidenziare un collegamento molto stretto, un andamento parallelo fra le concentrazioni di Pm10 in San Lorenzo in Selva, dove comunque già ci sono delle case, e in via Carpineto, dove ci allontaniamo ancora poco ma le case diventano già molte. Quando è alto il dato della prima, è alto anche quello della seconda. Potremmo certo far finta di niente e chiudere il traffico aspettando il vento...». E ntanto il vento è arrivato, e ha permesso agli uffici di Laureni - previsioni di diminuzione delle Pm10 alla mano - di scongiurare ieri sera imminenti limitazioni al traffico in città.

(pi.ra.)
 

 

SGONICO - Energia pulita col fotovoltaico al centro Kras - L’impianto è stato presentato ieri dal Comune. I pannelli eco-compatibili incollati al tetto
 

Il Comune di Sgonico, per primo in provincia, traduce in realtà il percorso virtuoso in direzione della sostenibilità ambientale grazie al fotovoltaico. Ieri è stato presentato, dall’amministrazione comunale al completo il primo impianto inserito in un edificio di proprietà comunale, il centro sportivo e culturale sede principale delle attività del circolo sportivo Kras. «Quello che presentiamo oggi – ha esordito il primo cittadino di Sgonico, Mirko Sardoc - è il risultato di una volontà espressa già nel corso dell’inizio del nostro mandato. Grazie alla presenza dei contributi erogati per l’adozione di tecnologie per l’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili – ha continuato – abbiamo potuto dare vita a questa iniziativa che costituisce solo il primo tassello di percorso più strutturato». In parole povere, non solo costruzioni ma anche educazione all’utilizzo di energia in modo responsabile, una corretta gestione dei rifiuti, affiancate da un'opera di sensibilizzazione sul 'tema riciclo'. L’opera costata all’incirca 180mila euro (scaturiti da un finanziamento regionale), eseguita dalla società Petra di Monfalcone ha interessato la copertura quasi totale dell’edificio. «Il sistema di recente installazione – hanno illustrato gli architetti Filipaz e Giangrande di Sistiana - ha visto, prima della sua posa, la realizzazione di una serie di interventi volti a sanare possibili infiltrazioni». La prima cosa che salta all’occhio, rispetto al fotovoltaico ‘di concezione comune’ è quella di essere letteralmente incollato al tetto sopra una membrana impermeabilizzata in un materiale simile al conosciuto pvc ma più avanzato, fissata con ben 6mila punti per ovviare al problema del vento. Secondo, ma non meno importante, è l’aspetto ‘green’ dell’impianto, totalmente eco-compatibile. E i presunti risparmi? Ci sono e, dati alla mano, parlano da sè. «In un anno – spiegano i progettisti – grazie agli 84 pannelli presenti (che coprono solo i due terzi della superficie disponibile e che possono essere, all’occorrenza, raddoppiati) l’energia prodotta sarà di 12.000 kWh (KiloWattore) soddisfando il 54% del fabbisogno annuo, abbattendo la spesa elettrica». È stato previsto che in vent’anni si eviteranno 98286 kg di emissioni di anidride carbonica (5348 kg all’anno), per non parlare delle 41,40 Tep (tonnellate equivalenti in petrolio): 2,26, in meno, all’anno. Ma non finisce qui, come aggiunge il vicesindaco Rado Milic. «Prossimamente – ha dichiarato – vorremmo anche installare un sistema di pannelli solari termici per il riscaldamento dell’acqua. In questo modo – aggiunge - l’edificio potrebbe diventare autosufficiente».

Viviana Attard
 

Green Power apre un impianto biogas a Torviscosa
 

Green Power, azienda altoatesina tra le più importanti in Italia nel settore della produzione e vendita di energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili, ha inaugurato a Torviscosa l’impianto biogas FRI-EL Annia, terzo impianto operativo in Fvg, dopo quelli di Codroipo (Udine). L’impianto di Torviscosa produce energia rinnovabile proveniente dalla fermentazione anaerobica di colture energetiche, prevalentemente dal mais e da altri sottoprodotti di origine agricola ed è stato realizzato da Fri-El Biogas in compartecipazione con Friuli Biogas di Codroipo. Si stima che l’energia prodotta sarà in grado di coprire il fabbisogno annuo di circa 2.000 famiglie, evitando l’emissione in atmosfera di circa 4.500 tonnellate di CO2. L’impianto, che ha ottenuto un project financing per 4,6 milioni, è stato finanziato da Banca Sai.
 

 

 

 

GREEN STYLE.it - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

 

Incentivi alle rinnovabili saranno rivisti, parola di Corrado Clini

 

Con il cambio di Governo, una delle prime domande che ci siamo posti è stata sulle rinnovabili: cambierà la linea di rigore e contenimento degli incentivi voluta da Romani e la Prestigiacomo? Se lo saranno chieste anche le associazioni di settore e, ad esempio, non si è fatta attendere la lettera di saluto (munita di consigli) da parte di GIFI e Assosolare.
In tale lettera, si parte constatando il successo innegabile che le rinnovabili e soprattutto il fotovoltaico hanno avuto negli ultimi mesi. Risultato che apre scenari energetici decisamente importanti:
La riduzione della dipendenza energetica del Paese dalle fonti fossili, attraverso il consolidamento delle fonti rinnovabili e il perseguimento dell’efficienza energetica negli usi finali, non può che essere un obiettivo centrale della futura Strategia Energetica Nazionale, nell’interesse prioritario di tutti i cittadini.
Il fotovoltaico ormai rappresenta un punto fermo nel mix energetico nazionale, avendo dimostrato negli ultimi anni potenzialità che sono andate ben oltre le aspettative: la previsione per il 2011 è di una produzione cumulata pari al 3% della produzione nazionale con picchi registrati in agosto (6%) e settembre (5%).
Insomma, l’industria del solare rivendica il proprio essere un settore in crescita, in un momento in cui gran parte dell’industria italiana annaspa nella crisi. Ne viene fuori un elenco di 5 proposte, che si sommano a quelle di SOS Rinnovabili di cui abbiamo dato notizia. Le 5 proposte sono, in sintesi:
1.Stabilità e chiarezza normativa, sia a livello nazionale che locale, per garantire certezza degli investimenti, sviluppo della filiera industriale e creazione di posti di lavoro;
2.Semplificazione degli iter amministrativi, in una logica di omogeneizzazione tra le varie regioni;
3.Adeguamento delle reti e degli impianti di produzione, favorendo lo sviluppo delle smart grid e dei sistemi di accumulo di energia al fine di agevolare la crescita delle rinnovabili non programmabili in tutto il territorio nazionale;
4.Sostegno alla ricerca e all’innovazione tecnologica, attraverso meccanismi che premino la ricerca interna alle aziende e gli investimenti in impianti e macchinari innovativi;
5.Maggiore trasparenza sui numeri e una seria analisi dei costi e benefici delle energie rinnovabili, dal contributo al PIL (il fotovoltaico ha generato nel 2010 un giro d’affari di circa 40 miliardi di euro), al gettito fiscale conseguente (stimabile per il 2010 a circa 3,9 miliardi di euro).
Neanche la reazione del governo Monti si è fatta attendere, però. Il neo ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, è intervenuto ieri a chiarire che entro l’anno il sistema degli incentivi alle rinnovabili sarà rivisto e che in generale occorrerà dare “una mano al settore” per consolidarsi.
L’obiettivo reale dovrebbe essere quello di creare le condizioni perché le aziende italiane diventino competitive anche all’estero. Ci sembra di capire da queste parole che il Quarto Conto Energia sia pesantemente messo in discussione. Va comunque precisato come non siano arrivati, fin’ora, dettagli chiari sulla direzione che verrà presa.
Infine, il ministro Clini ha spiegato anche quali saranno le altre sue due priorità di governo:
Guido Grassadonio
 

 

Detrazione 55% efficienza casa genererà 9 miliardi di euro per Italia
 

La detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comporterà un saldo positivo per l’Italia di oltre 9 miliardi di euro. Più nel dettaglio, l’Italia beneficerà di un attivo di 9.051 milioni di euro grazie alle maggiori entrate fiscali garantite dall’incentivo.
A fornire il dato è stato il Cresme (Centro Ricerche Economiche, Sociologiche e di Mercato per l’Ediliza e il Territorio), che ha realizzato uno studio sul mercato italiano delle costruzioni. L’indagine è stata presentata a Milano in occasione dell’assemblea generale di Uncsaal, l’associazione che, in seno a Confindustria, rappresenta la filiera produttiva dell’involucro edilizio.
Le stime del Cresme, dunque, confermano ancora una volta il valore economico del bonus fiscale per l’efficienza in edilizia, e sottolineano il rischio che incomberebbe sull’intero settore se la misura, in scadenza il 31 dicembre prossimo, non venisse prorogata per almeno un triennio.
Una mancata conferma del provvedimento o un suo forte depotenziamento – avverte il presidente diUncsaal, Corrado Bertelli – può provocare, già nel 2012, una contrazione del 27% del mercato italiano dei serramenti, con la conseguente perdita di 10.000 posti di lavoro e la chiusura di centinaia di aziende.
In ballo, insomma, non ci sono solo gli obiettivi europei di efficientamento energetico, ma anche aspetti finanziari e occupazionali. Per questo l’assemblea Uncsaal ha votato all’unanimità una mozione che chiede al Governo Monti di confermare il 55% per i prossimi anni.
In particolare, gli imprenditori chiedono al nuovo Esecutivo di non abbassare l’aliquota detraibile (ipotesi paventata più volte dal precedente Governo, ndr) e di prorogare l’agevolazione per almeno 4 anni, fino alla fine del 2015. Uncsaal, infine, vorrebbe estendere il provvedimento anche ai beni non strumentali e permettere al contribuente di recuperare il credito in un arco temporale variabile dal 5 ai 10 anni.

Silvana Santo - Fonte: Edilportale
 

 

Olio extravergine, muffa in 4 bottiglie su 10

 

Quasi una bottiglia su due di olio d’oliva extravergine presenta tracce di muffe. Questo lo sconfortante quadro risultante da un’indagine nazionale condotta da Coldiretti, Unaprol e Symbola, da cui emerge che il 16% dei prodotti sarebbero ricavati da olive alterate e l’8% risulterebbe addirittura rancido.
Sotto esame sono finite alcune tra le più note e vendute marche di oli d’oliva extravergine, con risultati piuttosto deludenti. Molti di questi prodotti, come espressamente riferito da Massimo Gargano, presidente di Unaprol, sarebbero: “Oli di oliva difettati venduti come extravergini che meritano di essere declassati”. Una posizione netta, frutto del lavoro condotto attraverso tre differenti laboratori d’analisi accreditati dalle autorità di controllo come ad esempio l’Agenzia delle Dogane e l’Università di Perugia:
Abbiamo preso le bottiglie dalla parte più interna dello scaffale – spiega Gargano – per evitare il possibile condizionamento di luce e calore. Gli oli – continua il presidente di Unaprol – sono risultati in linea con i parametri di legge sul piano chimico. Invece l’analisi organolettica (panel test) ha evidenziato difetti gravi come il rancido, la muffa, e il riscaldo.
Nessun rischio per salute quindi, ma un evidente deficit qualitativo che dovrebbe essere indicato in maniera chiara ai consumatori. Sulla scarsa trasparenza in tema di etichettatura punta il dito Coldiretti, invocando al più presto l’intervento del neo ministro delle Politiche Agricole Mario Catania. Un appello quello dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli, a difesa di un settore che può contare su 40 oli a denominazione d’origine riconosciuti anche dall’Unione Europea:
In quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia, che contengono miscele di diversa origine, è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate, nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta. Inoltre, spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani.
Claudio Schirru - Fonte: La Repubblica
 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

 

RIGASSIFICATORE TRIESTE-ZAULE - IL WWF: “La Regione rifiuta di consegnare il progetto. Sia allora GasNatural a divulgarlo

 

L’associazione scrive alla multinazionale spagnola chiedendo il progetto negatole dalla Regione. “Solo così - dice il Wwf - potremo vigilare sull’operato della Conferenza sei servizi che sarà chiamata a valutare il progetto”.
“La Regione rifiuta di consegnare copia del progetto definitivo del rigassificatore di Trieste-Zaule, con motivazioni che riteniamo inaccettabili e contraddittorie. Sia allora la stessa GasNatural a divulgarlo, integralmente, a chi lo richiede, se non ha nulla da nascondere”: questa la sfida lanciata dal WWF Friuli Venezia Giulia al termine di quella che molti ormai definiscono “un’incredibile vicenda di sudditanza di un ente pubblico agli interessi della multinazionale spagnola”.
Ma veniamo ai fatti. Lo scorso 30 settembre il WWF, avendo avuto notizia della consegna del progetto definitivo del rigassificatore proposto da GasNatural a Trieste-Zaule, ne aveva richiesto copia alla Direzione ambiente della Regione, in base alla normativa vigente sul diritto di accesso. Spetta infatti alla stessa Regione convocare la conferenza dei servizi, che dovrà esaminare il progetto di GasNatural ed emanare l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto.
Il 25 ottobre è arrivata la risposta negativa, a firma del direttore del Servizio energia della Direzione centrale ambiente, arch. Pietro Giust.
Incredibile la motivazione. La lettera prima riconosce che “il diritto di accesso agli atti amministrativi ha lo scopo di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale”. Si tratta cioè di “consentire al privato di vigilare sull’operato dei soggetti pubblici, al fine di verificarne la correttezza e la conformità agli interessi sociali ed ai precetti costituzionali”. Dopo di che, però, aggiunge che “il diritto di accesso non può in nessun caso essere inteso come diritto dei privati di prendere visione di documenti prodotti da altri privati nell’ambito di un procedimento amministrativo che veda interessati questi ultimi”.
Dulcis in fundo, la lettera della Regione conclude che “sussiste inoltre la necessità di tutelare gli interessi intellettuali, industriali e commerciali della Società GasNatural”.
Non si comprende però, commenta il WWF, come possano i privati, per esempio in questo caso lo stesso WWF, “vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza” – in questo caso sull’operato della Regione – se viene negato l’accesso al progetto che la Regione dovrà valutare nell’ambito della conferenza dei servizi.
“Difficile - commenta l’associazione – non notare l’illogicità e la contraddizione intrinseca in questa risposta, con cui la Regione, peraltro, dimostra di non temere di offrire di sé l’immagine di chi bada esclusivamente agli interessi dei poteri forti, ostacolando il necessario approfondimento da parte del WWF e dei cittadini”.
“A questo punto - prosegue l’associazione - sfidiamo la stessa GasNatural, che di recente ha magnificato a mezzo stampa le modifiche introdotte nel progetto definitivo del rigassificatore, a divulgarlo integralmente, consegnandone copia al WWF e a quanti altri lo richiedessero”.
Solo così sarà possibile rendersi conto se nel progetto siano state davvero recepite - e se sì, in quale modo - le prescrizioni contenute del decreto VIA del luglio 2009 a firma dei ministri dell’ambiente (Prestigiacomo) e dei beni culturali (Bondi), nonché quelle del Nulla Osta rilasciato nel 2005 dal Comitato tecnico dei Vigili del Fuoco.
Sarà anche possibile capire se siano stati affrontati i problemi dell’impatto sull’ambiente e sugli ecosistemi marini, che rappresentano uno dei punti più critici del progetto, gravemente sottovalutati dagli organi ministeriali che avrebbero dovuto approfondirli criticamente (e invece non l’hanno fatto).
Soltanto l’analisi del progetto definitivo permetterà al WWF ed agli altri “privati” interessati di “vigilare sull’operato dei soggetti pubblici al fine di verificarne la correttezza” nell’ambito della conferenza dei servizi.
Da ciò la richiesta del WWF inviata direttamente a Gas Natural.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 23 novembre 2011

 

Rigassificatore «Alla Regione l’ultima parola»
 

Il rigassificatore di Zaule? «Non si può più costruire» esultano i capigruppo della maggioranza durante la conferenza stampa per la presentazione delle direttive sul nuovo Prg. Le direttive e le relative salvaguardie non lasciano margini di dubbi. «A Trieste il rigassificatore non lo vogliamo», attacca Paolo Bassi dell’Idv. Il comunista Marino Andolina rivendica l’approvazione del suo emendamento, il numero 35, scritto con la Legambiente, con cui il Comune rifiuta la costruzione del rigassificatore in qualunque punto del territorio triestino. Resta aperta la questione del rigassificatore off-shore, quello in mare, dove il prg di Trieste non arriva. Tutto tranquillo, allora? Macché. «La Regione ha trasmesso al Comune il progetto del rigassificatore per un parere consultivo», gela la sala l’assessore Fabio Omero. E le nuove direttive? E le salvaguardie? «L’ultima parola spetta alla Regione», aggiunge l’assessore. «La Regione non sarà così matta dà imporci il rigassificatore - attacca l’ex sindacalista Marino Sossi, capogruppo di Sel -. Questo territorio ha già dato dal punto di vista energetico». E quindi? «Siamo pronti a fare i picchetti sotto i palazzi della Regione. Ma non sarà così matta...». Già. Non sarà così matta. Proprio qui poi, nella città di Franco Basaglia.
 

 

Il caso rigassificatori all’esame di Bruxelles - Al vaglio le petizioni di ambientalisti sloveni e italiani. Sotto la lente Ue anche il mercato immobiliare
 

CAPODISTRIA Il Comitato per le petizioni del Parlamento europeo ha preso oggi in esame tre petizioni presentate da associazioni ambientaliste italiane e slovene contro i rigassificatori nel golfo di Trieste. Non è stata presa però alcuna decisione. Le petizioni restano pertanto aperte, il che significa che gli autori dei documenti contro i terminal potranno in futuro aggiornare le loro osservazioni. Da parte della Commissione europea, comunque, l'unica che può intervenire e avviare eventualmente la procedura d'infrazione, non è cambiato nulla. «Continuiamo a seguire la vicenda e vorremmo che Italia e Slovenia trovino un accordo – ha dichiarato il commissario europeo per l'ambiente Janez Potocnik – ma per ora non è necessario intervenire». Le petizioni, che riguardano sia il progetto del terminal di Zaule che il progetto per il terminal off-shore nel golfo di Trieste, sono state presentate dalle associazioni ambientaliste italiane “Friends of the Earth” e “Greenaction International” e dagli ambientalisti sloveni di “Alpe Adria Green” e contengono tutta una serie di valutazioni sull'impatto ambientale, anche transfrontaliero, dei due impianti di rigassificazione, che a giudizio degli ecologisti rischiano di danneggiare la natura e di avere ricadute negative anche su alcune attività economiche in quest'area, principalmente pesca e turismo. Secondo gli eurodeputati sloveni Lojze Peterle ed Ivo Vajgl, l'Europa in questi casi dovrebbe essere più incisiva, e tener conto dei reali interessi dei cittadini, senza subire l'influenza e le pressioni delle varie lobbies, che nei casi che riguardano l'ambiente sono spesso più forti delle autorità locali e della società civile. La Commissione europea, ad ogni modo, continuerà a seguire gli sviluppi della vicenda. Il Comitato dell'Europarlamento ha preso ieri in esame anche un'altra questione che riguarda da vicino Italia e Slovenia, ossia la petizione delle Iniziative civiche per il Carso e per il Litorale, che la scorsa primavera avevano chiesto al governo sloveno – peraltro senza successo – di introdurre la cosiddetta «clausola di tutela» del mercato immobiliare sloveno in tutta l'area a ridosso del confine con l'Italia, minacciato, secondo loro dalla sempre più massiccia presenza di proprietari di case stranieri, in primo luogo italiani, che rischiano di stravolgere il quadro etnico e l'identità slovena del territorio in questione. Questa petizione, secondo la Commissione europea, ha bisogno di altre spiegazioni, nonchè di prove per quanto si sostiene, prove che per ora non sono state fornite.
Franco Babich

 

La tedesca E.On annuncia il taglio di 11 mila posti
 

Aumentano le difficoltà per il più grande operatore energetico tedesco, il gruppo E.On, che annuncia il taglio degli organici nella parte più alta della forchetta di tagli già annunciata ad agosto, fra i 9.000 e gli 11.000 posti di lavoro sul totale nel mondo di 79.000, nell'ambito del piano di ristrutturazione. Dopo aver definito «degli obiettivi concreti e identificato le leve per ridurre i costi», E.On annuncia di stimare una riduzione di addetti «nella parte alta della forchetta». Il gruppo tedesco ha accusato la decisone del governo di fermare in primavera le più vecchie centrali nucleari del paese e successivamente di arrestare le altre entro il 2020. Oltre alle problematiche relative ai cespiti nucleari, E.On soffre anche dei negativi margini nella vendita di gas e delle performances delle attività inglesi.

 

 

Piano Regolatore, si' alle direttive. "Sara' pronto in un anno e mezzo"

 

Edificabilita' limitata al 50% nel centro. Gli assessori Omero e Marchigiani "Salvaguardie essenziali".

L'opposizione non vota "Illegittima la firma di quel dirigente". La giunta "Pregiudiziale strumentale"

Manca solo la salvaguardia degli alberi di Natale (quella che forse avrebbe fatto cambiare idea a una parte dell’opposizione). Ma per il resto le direttive al Piano regolatore, approvate ieri alle prime luci dell’alba dal Consiglio comunale, contengono tutte le salvaguardie del mondo. A parere della maggioranza di centrosinistra, ovviamente. «Riqualificare di più, costruire di meno» è lo slogan coniato. L’opposizione di centrodestra, invece, convertitasi all’ambientalismo radicale, denuncia la cementificazione selvaggia del territorio. I dettagli del provvedimento, in vigore da oggi, sono stati illustrati a mezzogiorno e mezzo dagli assessori all’Edilizia e lavori pubblici, Elena Marchigiani, e allo Sviluppo economico, Fabio Omero, alla presenza dei capigruppo di maggioranza. Per loro poche ore di sonno prima della conferenza stampa convocata al volo, ma tanta, tanta soddisfazione. Il sindaco Roberto Cosolini non si è fatto vedere. «A casa stanotte alle 5 per le direttive al Prg! Ma è un bel risveglio....» ha postato sul profilo Facebook. Il bel risveglio è dato dall’ufficializzazione dell’arrivo l’11 giugno a Trieste di Bruce Springsteen. Variante “The Boss”. La soddisfazione della giunta e della maggioranza, invece, è quella di aver seppellito definitivamente la variante “emergenza” 118 voluta dall’ex sindaco Roberto Dipiazza. Variante “defunta” la definisce Mario Ravalico, presidente della Commissione urbanistica, nella sua orazione funebre. In realtà la 118 non è mai esistita. «Per fortuna» chiosa Marino Andolina, capogruppo della Federazione della sinistra. Le nuove direttive e le correlate clausole di salvaguardia, infatti, prevedono una serie di restrizioni alla nuova edificabilità in città rispetto a quanto previsto dalla vecchia e datata variante 66. Le restrizioni vanno dal 50% in meno del centro storico, dei borghi storici (Banne, Gropada e Padriciano), di altre zone protette o sensibili dell’area urbana e della zona costiero-turistica, al 25% di altre zone quali quelle della prima periferia e della periferia esterna della città. Sono esclusi da tali restrizioni gli interventi di edilizia residenziale pubblica. Una clausola di salvaguardia per l’Ater. «Gli obiettivi - hanno spiegato gli assessori Marchigiani e Omero - puntano a riqualificare la città riordinando l’edificabilità senza annullarla». Un successo per la maggioranza. «In poco più di cinque mesi - hanno detto i capigruppo - siamo riusciti ad approvare le direttive e le salvaguardie del nuovo Prg con il coinvolgimento e la partecipazione dei cittadini e delle associazioni». L’opposizione, invece, si è chiamata fuori: non ha partecipato al voto compatta per una questione di legittimità. In caso contrario il Movimento 5 Stelle si sarebbe astenuto. La pregiudiziale, presentata dal consigliere del Pdl Paolo Rovis, è legata alla firma delle direttive con le relative salvaguardie da parte di un dirigente comunale, l’architetto Marina Cassin, che non avrebbe titolo a farlo, ricoprendo attualmente la carica di direttore del servizio programmi complessi. E complessa ora rischia di diventare tutta la faccenda. Un pasticcio che, a giudizio dell’opposizione potrebbe invalidare l’atto amministrativo esposto al rischio di ricorsi e controricorsi. «Questione inesistente. Pregiudiziale strumentale» tagliano corto Omero e la Marchigiani. Sarà. «Il 3 agosto il sindaco ha affidato l’incarico all’architetto Cassin. Inoltre il nostro funzionarigramma non prevede incarichi di questo tipo» aggiunge l’assessore allo Sviluppo economico e ai neologismi. “Funzionarigramma” o no, la questione resta con l’architetto Ave Furlan, direttore del servizio di pianificazione urbana (voluta da Dipiazza che se l’era portata addirittura da Muggia), che mastica amaro. Ave Prg. E tanti saluti alle salvaguardie. In realtà per il nuovo Prgc c’è da attendere. Prima di tutto dovrà essere individuato il professionista che lo redigerà. «Siccome le salvaguardie hanno una durata di due anni - spiega Omero - è verosimile che il nuovo Piano regolatore veda la luce prima di questo lasso di tempo. Diciamo entro un anno e mezzo».

Fabio Dorigo

 

 

E i “pastini” diventano intoccabili per legge - L’amministrazione si adegua dopo la sentenza del Consiglio di Stato sul cantiere di Rio Martesin
 

I pastini diventano intoccabili. Non solo per il Consiglio di Stato, ma anche per il Comune di Trieste. La notizia è arrivata ieri a margine della conferenza stampa sulla delibera che fissa le direttive per la predisposizione del nuovo piano regolatore di Trieste e le relative “salvaguardie” . «Il Consiglio di Stato - ha illustrato l’assessore Elena Marchigiani - ha appena emanato la sentenza con la quale non saranno più modificabili i profili (e quindi le altezze) dei pastini, e ciò con riferimento al “caso” triestino della zona di Rio Martesin ma, di conseguenza, a tutti gli altri tentativi di stravolgimenti di natura edilizia di questi particolari e preziosi ambiti del nostro territorio». I terrazzamenti caratteristici del costone carsico, coltivati a vigneti o ulivi, non potranno essere in alcun modo modificati. E quindi usati per edificare. Una svolta storica per i paesi e i borghi carsici della città come l’attesa introduzione della distanza minima di 5 metri fra ogni nuova costruzione e il confine della proprietà (cioè, di fatto, il minimo di 10 metri tra due edifici), edificazioni consentite in base alla pre-esistente variante 66. D’ora in poi non si potrà più costruire a ridosso del confine del terreno, evitando quindi gli inevitabili conflitti e contenziosi tra proprietari. La tutela dei pastini è una cosa che sta molto a cuore agli ambientalisti. E, su consiglio di Stato, diventa legge. Il pronunciamento del Consiglio di Stato di Roma risale al dicembre scorso: una sentenza ha bloccato i lavori di costruzione di sette palazzine per 108 appartamenti nella valle di Rio Martesin - la zona verde tra Scala Santa e Gretta sopra via Giusti, al di là di Piscianzi. Come tutte le decisioni di giustizia amministrativa di secondo grado che non rimandano la causa alla casella di partenza, ovvero al Tar locale, ha infatti i crismi della sentenza che fa giurisprudenza. Diventa insomma un precedente giuridico applicabile in casi analoghi. Per il Consiglio di Stato, per inciso, le tre autorizzazioni (due permessi a costruire più una concessione edilizia) rilasciate nel 2009 su progetto dell'architetto Fabio Assanti alle società romane proprietarie dell'area di Rio Martesin sono carta straccia. Non solo perché si sarebbe dovuta richiedere una sola autorizzazione - che però a quel punto avrebbe superato la soglia dei 10mila metri cubi con obbligo di Valutazione d'impatto ambientale in Regione - ma anche e soprattutto perché è stato violato l'articolo 18 delle norme tecniche di attuazione del Prg che regola per l'appunto la salvaguardia dei pastini e dei terrazzamenti.
 

 

Pm10 sopra i limiti «Il traffico non c’entra La causa è la Ferriera»
 

L’assessore Laureni attacca lo stabilimento siderurgico «Subito provvedimenti per tutelare i cittadini di Servola»
Provvedimenti a tutela della salute dei cittadini che vivono nella zona adiacente la Ferriera saranno presi dal Comune nei prossimi giorni. Ad annunciare queste misure - che nello specifico devono però ancora essere individuate - è l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, a seguito del superamento nelle centraline di via Carpineto e via Svevo del numero massimo di sforamenti annui (35) del limite per le polveri sottili. Domenica scorsa la concentrazione di polveri sottili in via Carpineto era di 54 microgrammi per metro cubo, e in via Svevo addirittura di 69 microgrammi. «Sono dati - rimarca Laureni - che confermano la gravità della situazione ambientale nei rioni adiacenti la zona industriale di Servola. Siamo arrivati a un punto che non doveva essere superato, una situazione ormai inaccettabile». Che al centro delle accuse ci sia lo stabilimento siderurgico lo dichiara lo stesso assessore, che precisa come «la corrispondenza, nei giorni di sforamento, degli andamenti delle concentrazioni di polveri sottili registrate dalla centralina di via Carpineto con quelli della centralina di via San Lorenzo in Selva, dimostra che questa situazione è imputabile allo stabilimento della Lucchini». Laureni del resto aggiunge: «Gli ultimi sforamenti sono stati rilevati in giornate praticamente senza vento, in cui non ci sono stati spostamenti di inquinanti dovuti a movimenti delle masse d’aria. Non c’è dunque alcun riferimento all’inquinamento da traffico». Tornando alle misure che l’amministrazione comunale intende prendere, come detto non sono state ancora individuate: «Devo formulare alcune ipotesi - si limita a precisare Laureni - che poi sottoporrò al sindaco, al quale spetta la decisione ultima come garante della salute dei cittadini. Siamo infatti davanti a una situazione di rischio per la salute». Questo fronte, per il quale alcuni provvedimenti sono dunque attesi nel giro di pochi giorni, non è il solo sul quale sta lavorando l’amministrazione comunale. In tempi brevi è prevista infatti la conclusione dei lavori del tavolo - coordinato appunto dal Comune e al quale siedono Provincia, Regione, Arpa e Azienda sanitaria - per la riformulazione delle prescrizioni tecniche relative al rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). Su un terzo fronte, quello del tavolo regionale sul futuro della Ferriera, più volte sollecitato anche dai sindacati, il Comune non può far altro che rinnovare la richiesta alla giunta Tondo, dopo che nei giorni scorsi l’assessore Laureni aveva dichiarato: «Auspico che la Regione si riappropri del problema». All’assessore regionale Federica Seganti, che nell’occasione aveva risposto che «i problemi non si risolvono facendo tavoli ma cercando di mettere in fila le problematiche con tutte le soluzioni», ora Laureni replica osservando che la stessa Seganti aveva già dichiarato: «La situazione è magmatica, un tavolo di confronto ci sta tutto». «Poiché la situazione resta magmatica - sottolinea ora Laureni - e il tavolo si convoca per affrontare i problemi, confermo che il Comune è immediatamente disponibile al confronto sul nodo del lavoro e sull'utilizzo delle aree».

(gi.pa.)

 

Incontro fra l’ad Calcagni e i sindacati
 

Il punto sul futuro industriale della Ferriera di Servola e sui programmi d’investimento della Lucchini per il 2012 sarà fatto domani mattina, nella sede di Confindustria, nell’incontro fra l’amministratore delegato del gruppo, Marcello Calcagni, e le segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm. Una riunione richiesta da tempo dai sindacati, le cui preoccupazioni nelle ultime settimane sono aumentate a causa del crollo del prezzo della ghisa in relazione alla crisi internazionale.

 

Lucchini, stop a Piombino Federacciai: anno difficile
 

Chiudono gli altoforni in Toscana: cassa integrazione per 2.200 dipendenti Il gruppo non ferma la produzione a Servola ma il clima resta teso
TRIESTE Un 2012 «difficile» sia dal punto di vista della produzione che da quello finanziario. Rischia di essere una breve primavera il risveglio del mercato dell’acciaio del 2011 che chiuderà secondo le previsioni con una crescita di almeno il 10% a fine anno (rispetto al 2010). Secondo il presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini, le stime per il futuro sono negative. Una fotografia, scattata in anticipo, ma che rispecchia tutte le difficoltà, ritagliata sul Gruppo Lucchini che sta vivendo una delicata fase finanziaria e sta cercando di salvarsi dal fallimento. Dopo l’accordo delle banche che dovrebbero garantire la sopravvivenza dell’azienda (indebitata per oltre 700 milioni) si sta ancora aspettando l’ok del tribunale (servirà ancora un mese) per incassare i 260 milioni della vendita di Ascometal che servono a dare ossigeno al gruppo. E la situazione degli stabilimenti è a doppia faccia. A Piombino la Lucchini, per mancanza di ordini, annuncia la fermata dell’altoforno da Natale al 18 gennaio con la cassintegrazione per 2200 persone. A Trieste invece, alla Ferriera di Servola, non ci sono al momento ipotesi di fermata perchè l’attività produttiva e i mercati di riferimento sono diversi da quelli di Piombino. In ogni caso a fare chiarezza domani sarà lo stesso Ceo della Lucchini, Marcello Calcagni che a Confindustria incontrerà le organizzazioni sindacali. C’è grande preoccupazione da parte dei sindacati che guardano a Piombino: «Viste le evoluzioni della situazione economica mondiale e a fronte di un mercato siderurgico che a livello italiano ed europeo continua a non mostrare segni di miglioramento - ha spiegato l’azienda - nell’ambito di una strategia finalizzata ad adeguare il livello produttivo al portafoglio ordini, oltre che alla tutela degli impianti e al contenimento dei costi, la Lucchini ha deciso di effettuare una fermata dell’altoforno dal 24 dicembre al 18 gennaio». I 2200 lavoratori saranno messi tutti in cassintegrazione, una scelta industriale e commerciale «non riconducibile» al piano di ristrutturazione che «è in fase di definizione». Di questo probabilmente ne parlerà domani Calcagni ai sindacati. Il presidente di Federacciai non nasconde le sue preoccupazioni: «Molte aziende accuseranno le difficoltà nelle quali si sta muovendo il sistema bancario» dice Pasini che fa una battuta anche sull’euro: «è come un ombrello che ingombra quando c’è il sole, ma che ci ha riparato, eccome, nei momenti di crisi. È fondamentale». E il mini-boom registrato nel 2011 che si chiuderà con un risultato a doppia cifra rischia di rimanere presto un ricordo. Nei primi nove mesi di quest’anno la produzione “made in Italy” di acciaio è cresciuta dell’11,3% addirittura contro un aumento medio del 4,3% per l’industria europea. «Siamo a 28,5 milioni di tonnellate rispetto ai 30,5 milioni del 2008 che riteniamo l’anno pre-crisi» spiega Pasini. Una corsa, sottolinea Federacciai, sostenuta quasi esclusivamente dalle esportazioni trainata dalle produzioni speciali e dall’automotive. Il comparto dell’edilizia invece è rimasto fermo. Hanno dato soddisfazione e mantenuto l’ottimismo i mercati nordafricani (Tunisia ed Algeria soprattutto). La Germania però negli ultimi due mesi, avverte Pasini, «ha rallentato chiaramente». Un campanello d’allarme della frenata attesa per il 2012 per il settore acciaio che assisterà ad un’altra recessione.
Giulio Garau

 

 

Traffico, rivoluzione in via Giulia: per i bus una corsia centrale.

 

Il progetto di riqualificazione illustrato alle Circoscrizioni - Tra le priorita' una maggiore sicurezza dei tratti casa-scuola.

Una corsia centrale per i bus diretti verso il centro, più spazio alla mobilità dei pedoni, una nuova rotatoria all’altezza di piazza Volontari giuliani. Sono gli aspetti più appariscenti di una rivoluzione che nel 2012 (e in parte del 2013) cambierà totalmente l’assetto di via Giulia, nel lungo tratto fra largo Giardino e piazzale Gioberti. Il progetto di riqualificazione - elaborato dagli uffici del Mobility manager, dal Servizio mobilità e traffico e dall’Ufficio strade - è stato presentato ieri sera, nell’aula del consiglio comunale, dagli assessori ai Lavori pubblici e al Commercio, Elena Marchigiani ed Elena Pellaschiar, e dai dirigenti del Servizio mobilità Giulio Bernetti e del Servizio strade Enrico Cortese, ai consiglieri della Terza e della Sesta Circoscrizione. Un incontro non solo per illustrare il progetto ma anche per acquisire pareri e suggerimenti, in un’ottica di partecipazione. «Vogliamo condividere con le Circoscrizioni le proposte sulla mobilità in via Giulia e nelle aree adiacenti piazzale Gioberti e strada di Guardiella», ha infatti sottolineato la Marchigiani. La rivoluzione che interesserà via Giulia prende le mosse da quattro priorità per la circolazione cittadina dettate da direttive ministeriali. Priorità che fissano al primo posto la mobilità pedonale, seguita dal trasporto pubblico, dalla mobilità dei privati e dalla sosta. Partendo da questi quattro capisaldi è stato appunto elaborato il progetto per la riqualificazione, che in tema di mobilità pedonale prevede interventi sia per la normale “circolazione” dei pedoni sia per alcuni percorsi casa-scuola nell’ambito del progetto Pedibus. La prima è stata favorita rivedendo l’assetto dei marciapiedi, agevolando gli attraversamenti (un sistema a due tempi, con aiuole centrali) e fermate “protette” per i bus, al centro della carreggiata. Quanto ai percorsi casa-scuola inseriti nel progetto Pedibus (la cui delibera è stata approvata la scorsa settimana), gli interventi previsti sono il risultato del coinvolgimento delle scuole e dei genitori, e riguardano per ora alcuni tragitti dalla Rotonda del Boschetto alla scuola Filzi Grego e a via di Guardiella; in un secondo momento sarà interessata anche via Giulia. Attenzione particolare nella riqualificazione è stata posta anche al transito dei mezzi pubblici. «Nelle ore di punta si registrano sofferenze sui tempi di percorrenza verso il centro - spiega il Mobility manager, Giulio Bernetti - e quindi abbiamo optato per una corsia centrale, riservata ai bus diretti verso via Battisti, mentre in direzione di piazzale Gioberti i mezzi pubblci percorreranno la stessa corsia di quelli privati. Inoltre, in corrispondenza delle rotatorie, i bus avranno la precedenza». Via Giulia e le strade adiacenti sono spesso teatro di incidenti, legati alla congestione del traffico. Per questo, nel quadro della mobilità “privata”, il Comune ha deciso di “calmierare” il traffico con la creazione di una nuova rotatoria in piazza Volontari giuliani, che si aggiunge alle due esistenti. «Grazie alle tre rotatorie - osserva ancora Bernetti - si ridurrà la velocità dei mezzi privati e si elimineranno le svolte a sinistra, che creano pericoli e congestione». Infine la sosta. Qualche posto auto in meno ci sarà, rimpiazzato da più spazi per i motorini. In corrispondenza della scuola Suvich verrà poi creata una fascia per la fermata (non sosta) in seconda fila, nelle ore di entrata e uscita degli alunni.

(gi.pa.)
 

Marchigiani: «I tempi dipendono dagli scavi Acegas»
 

I tempi in cui verrà attuata la riqualificazione di via Giulia non sono definiti con precisione in quanto il complesso dei lavori sarà anche l’occasione, come già avvenuto in altre strade cittadine, per la sostituzione delle vecchie e deteriorate tubazioni che corrono sotto l’arteria. «La tempistica - spiega l’assessore Elena Marchigiani (nella foto) - è subordinata ai lavori di sostituzione delle tubature del gas da parte di AcegasAps, con la quale abbiamo già avuto diversi incontri per definire appunto tempi e modalità degli interventi». Quanto all’intero intervento, l’assessore precisa poi che «il piano Pedibus è il motore di questo progetto più ampio, che punta riqualificare via Giulia e a razionalizzare la mobilità e il traffico, con attraversamenti pensati per dare sicurezza anche ai più piccoli e ai non vedenti».
 

SEGNALAZIONI - PARCHEGGI - Se la sosta costa troppo

 

La nostra associazione porta avanti da più di due anni il problema dei park coperti poco utilizzati, aveva fatto fare anche delle interrogazioni nel precedente consiglio comunale, intende aprire un dialogo con i cittadini dopo aver letto nei giorni precedenti il risultato di un indagine comunale di un notevole sottoutilizzo dei park coperti in città. Del problema se ne sta occupando la Giunta comunale e vorremmo sottolineare alla loro attenzione due aspetti importanti: 1) parcheggio a rotazione utile per motivazioni di tutti i tipi, ma con necessità di tempi brevi, a volte sforando la pria ora diventano troppo cari; 2) parcheggi stanziali per chi usa poco la macchina e pertnato si presume l’utilizzo dei mezzi pubblici. Pertanto, riguardo i parcheggi a rotazione richiediamo l’armonizzazione delle tariffe e rivedere gli sforamenti della prima ora (costo un’ora nel parcheggio a San Giacomo impropriamente portato a euro 1,30). Per i parcheggi stanziali si tratta di un aspetto economicamente importante e procedere insieme con la grave crisi che stiamo vivendo. Se è vero che sono mancati i controlli sulla base della legge Tognoli (parcheggi nei condomini) non sono mancati gli incassi sulle concessioni e quindi si possono affrontare i problemi di questo tipo tenendo conto della realtà e dando un segno positivo ai residenti.

Vincenzo Cutazzo - vicepresidente provinciale Lega Consumatori

 

 

TAV - INFRASTRUTTURE «La Venezia-Trieste è un fantasma in Europa»

 

 «In Europa non c’è nessuna notizia sul tratto Venezia-Trieste della nuova linea ad Alta Capacità». A dirlo con preoccupazione è l’europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, che in commissione Trasporti si è sentita rispondere dal coordinatore del PP6 Laurens Jan Brinkhorst come «su questo tracciato non si sa nulla».

 

SEGNALAZIONI - FERROVIE Una scelta penalizzante

 

Vorrei esprimere tutta la mia indignazione ed il mio sdegno per la soppressione del treno Trieste-Lecce cosi come annunciata da Trenitalia a partire dal 12 dicembre prossimo. Come cittadino di questo Stato mi sento profondamente offeso da questa decisione piovuta dall’alto senza una reale ed effettiva motivazione. Ho usufruito piu’ volte di questo servizio e posso testimoniare che era sempre pieno di viaggiatori ed anzi ho sempre avuto difficoltà a trovare il biglietto a meno di prenotarlo con largo anticipo. Non capisco il perché di questa scelta, tanto piu’ in un epoca nella quale i collegamenti per avvicinare luoghi e persone dovrebbero essere incrementati e non ridotti. Ho visto sul nuovo orario che al suo posto, partendo da Trieste si può arrivare al capolinea solamente cambiando a Mestre, a Bologna e infine a Roma. Quindi se prima per scendere lungo la dorsale adriatica bastava fare un percorso lineare ora si dovrà attraversare l’Italia a zig zag. Una pura idiozia. Spero che Trenitalia ritorni sulla sua decisione.

Paolo Emilio Biagini

 

 

Cigui: «Raccolta differenziata in ritardo»
 

MUGGIA «La raccolta differenziata a Muggia è in forte ritardo e l'Amministrazione comunale non sta monitorando la situazione». La denuncia arriva da Paolo Cigui, capolista dell'omonima Lista civica, che mette sotto accusa il Comune: dal primo gennaio a oggi “siamo arrivati al 38%, ma per le leggi dell’Unione Europea, entro il 2012, bisognerà raggiungere il 65%”. «Solo i rioni di Zindis e Aquilinia, oggetto di progetti pilota, sono un po' più avanti, ma non basta – prosegue Cigui -. Di questo passo non si riuscirà mai a raggiungere quella soglia, a meno che non si prema sull'acceleratore e non si punti decisamente sulla differenziata spinta, il cosiddetto porta a porta, per la componente umida, la cui raccolta sarebbe dovuta partire già in gennaio». Tre sarebbero invece i punti fondamentali su cui insistere per ottenere dei risultati concreti. Anzitutto la formazione dei cittadini attraverso l'informazione, l'individuazione di aree specifiche dove concentrare i cassonetti per la raccolta differenziata e la creazione di gruppi di persone che, all'interno di aree delineate, possano fungere da coagulante per l'avvio di un circolo virtuoso che possa contribuire a formare la cultura della raccolta differenziata». In secondo luogo, “i mezzi”, vale a dire cassonetti, isole ecologiche, automezzi per la raccolta rifiuti e individuazione di orari e giornate per la raccolta: tutte componenti che al momento sarebbero insufficienti o del tutto mancanti. Terzo punto: il “controllo”. Quello che Cigui imputa all'amministrazione è appunto “la disattenzione sul problema” e soprattutto lamenta “la mancata effettuazione di monitoraggi periodici per verificare lo stato dell'arte. «l capitolato consente all'amministrazione di monitorare il lavoro svolto dall'azienda appaltatrice ed eventualmente di applicare delle sanzioni in caso di inadempienze contrattuali. Ma non risulta che questa opzione sia mai stata presa in considerazione e nemmeno che vi sia stato un monitoraggio. Eppure costituirebbe il metodo ideale per verificare la situazione ed eventualmente apportare dei correttivi».

(ri.to.)
 

 

Muggia, ok ai finanziamenti per la costa
 

Contributo regionale per 1,3 milioni di euro. I lavori dal San Rocco a Punta Olmi. L’ultimo ostacolo il Sin (Sito inquinato)
MUGGIA “L'avvio concreto di un intervento che restituirà ai cittadini metà della costa e che si completerà con la sistemazione futura di Acquario”. Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, è raggiante. La conferma del contributo regionale per riqualificare gran parte del litorale rivierasco, annunciato dall’assessore regionale Federica Seganti, pare quasi come un inaspettato “regalo” (leggermente in anticipo) sotto l’albero di Natale. E anche se i tempi sono ancora lontani, un altro micro tassello si aggiunge a quell’ambizioso progetto-slogan del centrosinistra denominato “Riprendiamoci la costa”. La cifra è di quelle importanti. Il contributo offerto dalla Regione è di oltre 1,3 milioni di euro, cifra necessaria per finanziare al 69% le opere di miglioramento e valorizzazione del tratto costiero tra Porto San Rocco e Punta Olmi. L’opera avrà un costo complessivo di 2 milioni di euro. Quindi, con una rata in conto spese di 131 mila euro annui da parte della Regione, per 15 anni il Comune dovrà contribuire con 64 mila euro la rata annua totale di 195 mila euro. La graduatoria per ottenere tale finanziamento si basava “sull’alto indice di turisticità delle domande ammesse a graduatoria”, che avrebbero ottenuto il contributo regionale solo con un punteggio pari o superiore a 26/30. Con 27/30 il Comune di Muggia ha ottenuto il punteggio più alto tra i proponenti. Il tratto di costa interessato dal finanziamento va esattamente da Porto San Rocco a Punta Olmi. Una porzione di terra che presenta attualmente diverse criticità: pochi accessi al mare, la strada provinciale non in perfette condizioni ed il muretto di protezione che necessita di evidenti interventi. Ma la parte più spinosa è legata ad un altro problema. Il tratto di costa in questione, quello parte a mare, è infatti inserito nel Sito inquinato nazionale (Sin) fattore che ha sempre precluso ogni tipo di intervento che non fosse autorizzato, previa caratterizzazione ed eventuale bonifica, da parte del Ministero dell’Ambiente. Ora il progetto dovrà essere trasformato in definitivo e, soprattutto, si devono mettere attorno ad un tavolo tutti gli attori interessati (Comune di Muggia, Provincia, Autorità Portuale, Capitaneria e soprattutto Ministero dell’Ambiente) per superare gli ostacoli legati soprattutto al Sin. Cosa comporterà dunque questo lauto finanziamento regionale? Sostanzialmente la riqualificazione di tutto questo tratto, mediante anche la creazione degli accessi al mare ed una pista ciclopedonale che arriverà fino al terrapieno di Acquario. «Due sono i motivi di grande soddisfazione - ha spiegato il sindaco Nesladek - ossia l'avvio concreto di un intervento che restituirà ai cittadini metà della costa e che si completerà con la sistemazione futura di Acquario, e poi la inedita sinergia che ha visto tutte le Istituzioni del territorio provinciale appoggiare con forza il progetto, trasversalmente, senza veti politici».
Riccardo Tosques

 

 

Operazioni di bonifica al terminal Siot
 

MUGGIA Al teatro comunale Verdi infatti andranno in scena sabato sera il coro dell'Aida di Muggia e dell’Ars nova di Trieste nel classico concerto organizzato in collaborazione con l’assessorato alla Cultura. Lo spettacolo inizierà alle 20.30 con entrata libera e offerte pro Agmen, l’Associazione Genitori malati emopatici neoplastici del Friuli Venezia Giulia, onlus dedita a studio, cura e assistenza dei bambini con tumore, con sede presso l’ospedale “Burlo Garofolo”. L’Aida proporrà brani di Mozart, Bellini, Rossini, Donizetti e Verdi; l’Ars Nova si concenterà invece, con la collaborazione di alcuni elementi della Tergeste Free Band Orchestra, pezzi che spazieranno dagli Abba ad Adriano Celentano, passando per degli spiritual sino ad arrivare a Gershwin. Intanto si sono svolte le premiazioni della decima edizione del concorso letterario promosso dall’associazione Aida. Ad aggiudicarsi i primi posti scritti provenienti da Napoli, Bari, Treviso, Capodistria, Vicenza, Piacenza e Lucca. Tra gli autori locali nella categoria Poesia +18 anni si registra il primo posto di Giada Passalacqua di Trieste con “I me scalda el cuor, lori”, mentre nella Prosa +18 anni è stata segnalata Maria Trevisan, sempre di Trieste, con l’opera “Benedetta”. In giuria (presidente Liliana Ciacchi) Flavio Pizzino, Annadina Mengaziol, Rina Anna Rusconi e Gabriella Musetti. (ri.to.)
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 22 novembre 2011

 

 

ENERGIA - IL WWF: “I RIGASSIFICATORI NON ABBASSERANNO I COSTI DELL’ENERGIA”

 

L’associazione replica all’ex presidente di Confindustria Giovanni Fantoni secondo cui gli impianti di rigassificazione saranno un toccasana per imprese e cittadini. Ma sulle biomasse dà ragione all’industriale: no a mega centrali, sì a piccoli impianti alimentati da risorse locali ed ecocompatibili.
“Sulle biomasse siamo d’accordo con l’ex presidente di Confindustria Udine, Giovanni Fantoni, ma su costi energetici e rigassificatori l’industriale fa affermazioni scorrette e fuorvianti”: questo il giudizio del Wwf regionale in merito alle recenti esternazioni dell’industriale friulano sui problemi energetici.
Biomasse. Fantoni lamenta l’incentivazione alla produzione di energia elettrica da biomasse, fonte “economicamente inefficiente” che oltretutto crea tensioni nel prezzo del legno. Aggiunge che si dovrebbero premiare invece “impianti piccoli, alimentati da risorse locali o da residui di lavorazione … e collegati da sistemi di teleriscaldamento per recuperare la dispersione di energia termica”.
“Sacrosanto – commenta il responsabile energia del wwf Fvg Dario Predonzan -. Anche gli ambientalisti lo chiedono da tempo, denunciando l’assurdo di centrali alimentate con legno importato dall’est Europa o addirittura con olio di palma che arriva dal sud est asiatico (!) e che producono per di più solo elettricità con rendimenti bassissimi (35 - 40 %). Un semplice calcolo dell‘EROEI (cioè del rapporto tra energia investita nel ciclo produttivo - compresi i costi energetici del trasporto del combustibile – e l’energia ricavata) basterebbe a cassare definitivamente questa follia. Non si ricordano, però, prese di posizione di Confindustria contro questi impianti (ce ne sono diversi anche in Friuli Venezia Giulia) e per reclamare l’uso dell’EROEI nella valutazione sull’opportunità di concedere o no incentivi”.
Costi energetici. Poi Fantoni passa però alla consueta geremiade su costi dell’energia, che sarebbero più alti del 40% in Italia rispetto agli altri maggior Paesi europei.
Basta però dare un’occhiata ai dati Eurostat, per accorgersi che la realtà è diversa.
Il kwh elettrico costa infatti alle famiglie italiane (dati del primo semestre 2011) il 9,9% in più della media europea e lo 0,6% in più di quello che costa alle famiglie tedesche. Solo le famiglie francesi godono di un vantaggio (29,8% in meno) rispetto a quelle italiane. Sarà per questo che in Francia è assai diffuso il riscaldamento ambientale con radiatori elettrici: un abominio termodinamico.
Per gli utenti industriali i costi italiani del kwh elettrico superano del 18,2% quelli medi europei e quelli tedeschi Solo in Francia il kwh costa il 43% in meno rispetto all’Italia, ma in Belgio (“nuclearizzato” poco meno della Francia) il differenziale con l’Italia scende al 12,5%, mentre in Spagna, che pure dispone di 8 centrali nucleari, al 3%.
Rigassificatori. La Spagna con i suoi 5 rigassificatori, poi – sottolinea il Wwf -, fa pagare un metro cubo di gas alle industrie solo l’1,9% in meno rispetto all’Italia (che dispone di 2 rigassificatori), ma in compenso le famiglie spagnole pagano lo stesso metro cubo il 3% in più di quelle italiane.
“Non pare proprio, quindi – commenta Predonzan -, che la costruzione dei rigassificatori rappresenti un toccasana per il costo dell’energia, come sostiene Fantoni. Il quale peraltro omette di dire che la costruzione ed il funzionamento del rigassificatore nel cuore del porto di Trieste implicherebbero gravi impatti ambientali (sterilizzazione di grandi quantità di acqua e movimentazione di sostanze inquinanti dai fondali marini, con pesanti conseguenze negative su pesca e turismo), rischi rilevanti per la sicurezza e intralcio allo sviluppo dei traffici portuali convenzionali. Danni economici tali, da riverberarsi sull’intera regione. Non solo: il meccanismo di “incentivazione” alla costruzione dei rigassificatori, creato dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, prevede che anche in caso di mancata attività degli impianti, ai gestori degli stessi sia garantito comunque per 20 anni – dalle società distributrici – il 71,5% degli introiti previsti. Ovviamente i distributori si rivarranno poi sui consumatori finali: altro, quindi, che rigassificatori “toccasana per i costi dell’energia”!”.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 22 novembre 2011

 

 

Capodistria-Divaccia, corsa ai fondi Ue - Per il ministro ai Trasporti Vlacic lo stop dell’Agenzia per l’ambiente slovena «è un intoppo superabile a Bruxelles»
 

TRIESTE Il raddoppio della linea ferroviaria Capodistria-Divaccia perderà sicuramente i finanziamenti europei del Fondo di coesione a causa dello stop imposto dall’Agenzia per l’ambiente slovena che ha in pratica bocciato lo studio di impatto ambientale dell’opera. Ma per il ministro dei Trasporti Patrick Vlacic l’intoppo non sarà insuperabile e ha illustrato alla Commissione europea il piano B della Slovenia. Lubiana avrebbe già presentato a Bruxelles la lista dei progetti di riserva dai quali dirotterebbe le risorse previste alla costruzione della seconda traccia ferroviaria tra il porto di Capodistria e Divaccia. Uno dei progetti da “sacrificare” è quello della costruzione della linea ferroviaria Dolga Gora-Poljcane. L’Unione europea ha previsto di concedere alla Slovenia complessivamente 449,6 milioni di euro per il miglioramento del sistema ferroviario nazionale. Di questi, 230 milioni erano destinati al raddoppio della linea Capodistria-Divaccia. Il ministero dei Trasporti sloveno ha precisato al Delo di Lubiana che la richiesta per la redistribuzione dei fondi sarà presentata a Bruxelles il 30 marzo del 2012. Per quella data dovrà essere pronta la relazione relativa al programma di investimenti aggiornata alla fine di febbraio 2012, lo studio di fattibilità e l’analisi dei rischi. «La Commissione europea - spiegano al ministero dei Trasporti sloveno - il 14 aprile scorso ha confermato i cambiamenti e le risorse aggiuntive relative ai finanziamenti previsti nell’arco 2007-2013. Così la Slovenia in base alla lista delle opere prioritarie e di riserva potrà attingere a tutti i finanziamenti previsti per le infrastrutture ferroviarie che devono assolutamente essere migliorate e per le quali i fondi provenienti dall’Ue costituiscono comunque una parte minoritaria. Perciò è razionale utilizzare il denaro quando i progetti entrano nella loro fase realizzativa. Questo non cambia assolutamente il fatto che la Capodistria-Divaccia sia un’opera prioritaria». L’impressione è che la Slovenia si stia arrampicando sugli specchi sapendo bene che la posta in gioco per la sua economia è altissima. Lo stato attuale delle infrastrutture sarà coerente con le necessità di Luka Koper ancora per 4 anni. Poi, con la realizzazione del nuovo terzo molo del porto, se non sarà pronto il raddoppio della Capodistria-Divaccia si creerebbe un collo di bottiglia deletereo per lo sviluppo di Luka Koper. Fonti della Società slovena per lo sviluppo infrastrutturale sostengono che l’opera ferroviaria costerà non i 900 milioni previsti ma 1,1 miliardi. Dove trovare il denaro? Unica possibilità un ulteriore indebitamento statale e la vendita in concessione della linea ferroviaria, anche se sembra quasi impossibile trovare un concessionario intenzionato a gestire soli 29 chilometro di rotaia.
Mauro Manzin

 

 

Budapest ha gia' tagliato il treno per Venezia - Sul sito delle ferrovie ungheresi il collegamento e' ufficialmente soppresso. Antonaz interroga Tondo.

 

TRIESTE Mentre per Trenitalia si parla soltanto di ventilata soppressione, per le ferrovie ungheresi il Budapest – Venezia è già dato per morto. La cancellazione dell’ultimo convoglio che permette di varcare il confine dalla provincia di Trieste è già pubblicata sul sito ufficiale delle ferrovie ungheresi “Mav – start”. Ma in Italia non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale da parte di Trenitalia che, anzi, non ha ancora confermato la notizia. Paragonando i dati pubblicati via web, sul sito di Trenitalia l’unica sentinella di allarme la si ottiene cercando il Budapest – Venezia dopo la data dell’11 dicembre, quando entrerà in vigore il nuovo orario che dovrebbe decretare la soppressione del treno internazionale: digitando di voler prendere il convoglio prima del 10 dicembre, la ricerca permette di ottenere gli orari di arrivo e partenza del viaggio. Ma quando lo si cerca dall’11 dicembre in poi, il sito di Trenitalia risponde che «nessuna soluzione è stata trovata». E a fronte di quella che in Friuli Venezia Giulia appare soltanto una «ventilata soppressione», il consigliere regionale di Rifondazione comunista, Roberto Antonaz, interroga il governatore Tondo per sapere se la Regione cercherà di fare qualcosa per salvare il treno, che già rappresenta l’unico superstite a tratta internazionale. L’interrogazione di Antonaz è a risposta immediata: dovrà pertanto essere discussa in Consiglio domani o al massimo giovedì. «Avendo appreso – scrive Antonaz - che dall’11 dicembre verrà, con ogni probabilità, soppresso l’ultimo treno internazionale rimasto, dei diversi che fino a qualche anno fa collegavano il capoluogo regionale con le principali capitali dell’Est Europa, vogliamo conoscere quali iniziative immediate l’amministrazione regionale intenda intraprendere nei confronti di Rfi per impedire l’ulteriore impoverimento dei collegamenti che fanno capo a Trieste. Tale ipotesi danneggerebbe i cittadini e l’economia dell’intera regione». Secondo Antonaz «c’è da preoccuparsi seriamente per l’isolamento ferroviario che si prefigura in regione», visto che sono in bilico anche gli altri collegamenti notturni diretti a Roma e Lecce: «sarebbe più logico utilizzare le risorse destinate alla tanto conclamata Tav per mantenere e migliorare il servizio ferroviario esistente, il cui impoverimento passa sotto il silenzio dell’amministrazione regionale».

(el.pl.)

 

 

Autobus, da gennaio biglietti piu' cari di cinque centesimi.

 

Paparo (Trieste Trasporti): "Futuro legato alla gara del 2012. Nel nuovo Piano del Traffico qualche corsia riservata in piu'"

«Dal primo gennaio il biglietto del bus passerà a un euro e 15 centesimi. Cinque centesimi di aumento decretati da una legge regionale». L’amministratore delegato di Trieste Trasporti, Cosimo Paparo, dà per ultima la notizia cattiva. La Trieste Trasporti, 135 anni di esistenza, vanta un glorioso passato e un avvenire appeso a una gara europea. La prima “ferrovia a cavalli” urbana entrò in servizio all’alba del 30 marzo 1876. «Trieste può essere orgogliosa di aver inaugurato una linea di trasporto pubblico ben sei anni prima di Milano e un anno prima di Roma e Bologna» si legge sul sito. Un anno dopo Parigi, aggiungiamo noi. Ma allora c’era l’Austria. Oggi c’è la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia è la vita è garantita fino al 2014 grazie a una proroga della Provincia di Trieste. Nel 2012 ci sarà la gara regionale europea aperta a tutti dalla quale uscirà il soggetto unico del trasporto pubblico locale del Friuli Venezia Giulia. La Trieste Trasporti, per non trovarsi impreparata, ha messo in piedi, con Udine, Gorizia e Pordenone, la società Tpl Fvg appoggiata dall’inglese Arriva (ora acquisita dalle ferrovie tedesche). Un futuro incerto... E una gara aperta. I concorrenti saranno tanti, agguerriti, e probabilmente stranieri. Partite avvantaggiati? Trieste è l’azienda che ha maggior trasporto urbano. Tradotto in numeri? Trasportiamo 70milioni di passeggeri all’anno. Caspita! È un numero molto alto. Diciamo che qui c’è un uso intensivo del trasporto pubblico. Pagano tutti il biglietto? Quelli che conteggiamo sono quelli che pagano il biglietto. Abbonamenti compresi. Quindi con i “portoghesi” sono molti di più... Molti di più. Siccome sono “portoghesi” è difficile quantificarli. Dalle multe che stiamo facendo, risultano davvero molti. Un passeggero su 10 viaggia senza biglietto. E l’ultimo dato che avete fornito. È un dato esagerato. Un 8% potrebbe però starci. Sono molti quelli che ci provano. Soprattutto studenti e giovani? Non solo. Ci sono anche molti anziani che fanno leva sulla loro smemoratezza. E un segnale della crisi economica? Non direi. I ragazzi spendono molto di più con i cellulari, Non costa troppo viaggiare in autobus? Un abbonamento annuale oggi costa 80 centesimi al giorno, meno di un caffè. Permette di viaggiare su tutte le linee urbane 365 giorni all’anno. Ci sono in vista aumenti? La regione ha già definito l’aumento che sarà intorno al 5%. A partire? Dal primo gennaio. Quanto costerà il biglietto? Un euro e 15 centesimi. Siete ai primi posti in Italia e in Europa per l’età - bassa - dei mezzi circolanti... Ci siamo dati l’obbligo di comprare ogni anno 33 nuovi autobus. Un impegno preso fino al 2014. L’età media di 4 anni dei mezzi in circolazione rappresenta il record assoluto italiano e uno dei migliori d’Europa. Cosa chiedete al nuovo piano del traffico del Comune? Abbiamo chiesto qualche corsia privilegiata in più, anche perché ne abbiamo pochissime rispetto al resto d’Italia. La rimozione della rotaia di Stream in via Mazzini? Porterà solo dei vantaggi. Sconteremo alcuni disagi durante la rimozione delle rotaie. Il Comune dovrà studiare dei percorsi alternativi o fare un senso unico alternato. Come giudica il bike-sharing a formato pi-greco? Sulle biciclette a Trieste ho qualche perplessità. E una città che è nata per fare altre cose.

Fabio Dorigo

 

«Il Tram di Opicina è costoso ma non si tocca»
 

«È costoso. Come le vecchie signore, ma ha il suo fascino. Io personalmente l’amo». Cosimo Paparo (nella foto), amministratore delegato di Trieste Trasporti, parla con un certo “trasporto” del “Tram de Opcina”. L’Intramontabile, come viene chiamato sul sito della Trieste Trasporti. Con un curriculum di incidenti e ribaltamenti da far invidia alla catena di Sant’Antonio. È dal 1970 che la Trieste Trasporti ha in gestione la trenovia di Opicina, fino ad allora gestita dal Comune. E non è stato proprio un affare. Ma non si tocca. «Non è a rischio - garantisce Paparo -. È stato ricondizionato di recente. Il prossimo anno saranno sostituite le pulegge in acciaio da parte del Comune che paga la manutenzione straordinaria. Noi paghiamo 300mila euro di manutenzione ordinaria all’anno. Che non sono proprio bruscolini».
 

 

Ingegneria “benedice” la casa ecologica - CERTIFICAZIONE RILASCIATA DAL DIPARTIMENTO
 

Si è conclusa la prima fase dell’esperimento di edilizia sostenibile iniziato nel 2010 a Trieste, che continuerà con una seconda fase fino ad agosto 2012: dopo quattordici mesi di monitoraggio su consumi e produzione di energia effettuato dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Navale dell’Università di Trieste, la casa-prototipo progettata e realizzata da Settimo Costruzioni Generali si è confermata completamente autonoma, consumando solo 7947,36 kWh a fronte di un’autoproduzione di 8238 kWh. L’obiettivo del test era andare oltre la classificazione degli immobili secondo le classi attualmente in vigore (dalla A alla G), per inserire nella compravendita un certificato che attesti gli effettivi consumi di una casa sostenibile. Un impegno che, oltre a fornire la certezza sui costi di mantenimento dell’abitazione, garantisce che un eventuale sforamento, se non causato dall’imperizia del proprietario, potrà essere rimborsato dall’impresa costruttrice. Classificato come patent pending, l’esperimento è in attesa di ricevere il riconoscimento ufficiale di un brevetto per la realizzazione di edifici a basso impatto energetico e l’architettura elettronica per la gestione da remoto di edifici di questo tipo. L’abitazione-prototipo oggetto del monitoraggio, partito ad agosto 2010, conta 180metri quadrati ed è stata costruita utilizzando criteri che la qualificano come di gran lunga superiore alla classe A (massimo standard di riferimento per edifici energeticamente efficienti). «La progettazione, anziché allinearsi ai requisiti minimi previsti dalle norme in materia di risparmio energetico, mirava ad ottenere la massima prestazione possibile - spiega Alessandro Settimo -. Abbiamo utilizzato solo materiali ed impianti al top di gamma in termini di performance. Inoltre, per la progettazione e l’integrazione delle tecnologie, grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Navale dell’Università di Trieste, è stato utilizzato un software di calcolo dinamico che ha consentito di prevedere il comportamento energetico dell'edificio, consentendo di raggiungere la migliore combinazione di fattori tecnologici ed ambientali».
 

 

Un incontro sul fotovoltaico e le energie rinnovabili
 

DUINO AURISINA Energie rinnovabili e nuove tecnologie. Giovedì alle 19 al ristorante “Tre Noci” di Sistiana, con la collaborazione di Enel Green Power, il movimento “Un’altra Duino Aurisina” organizza un incontro pubblico sulle energie rinnovabili, ed in particolare sugli impianti fotovoltaici. «Al momento attuale sono lo strumento più importante per un sistema energetico personalizzato e diffuso sul territorio, in grado di risparmiare emissioni di CO2 e di gas serra» afferma Alberto Luchitta. Come funziona e da cosa è costituito un impianto fotovoltaico, quanto dura un impianto e quanto spazio occorre o, ancora, quali sono i vantaggi e quali gli incentivi statali: l’incontro cercherà di fare un po’ di chiarezza. «L’incremento del costo di petrolio, gas e carbone che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni non accenna a rallentare – spiega Maurizio Turrini - e nei prossimi anni, quindi, energia rinnovabile può significare risparmio economico e miglior ambiente per le generazioni future. Tra i pilastri del programma 2012, di “Un’altra Duino Aurisina” rientrano anche comunicazione e nuove tecnologie. Nel concreto quindi tutto ciò si traduce con il coinvolgimento dei cittadini all’elaborazione di piani e programmi attraverso un facile accesso alle banche dati elettroniche detenute dalle istituzioni. Informazioni della Pubblica amministrazione accessibili a tutti e forum di discussione per il coinvolgimento costante dei cittadini alle decisioni pubbliche in settori importanti quali urbanistica, trasporti e vita politica.(Cr. Po.)
 

 

Zara investe sul vento - Parco eolico da 60 milioni.

 

Le pale saranno attive dal 2012 e copriranno il 77% del fabbisogno della regione. La Croazia punta a eguagliare la produzione elettrica di Krsko entro 10 anni.

ZARA È un investimento di circa 450 milioni di kune, pari a 60 milioni di euro, e permetterà di coprire il 77 per cento del fabbisogno di elettricità nella Regione di Zara, in Dalmazia. Parliamo naturalmente delle utenze domestiche. Ormai mancano poche settimane alla messa in funzione del più grande parco eolico in Croazia, che sta sorgendo in località Bruska, tra le cittadine di Benkovac e Obbrovazzo, nell’entroterra zaratino, un’area ricca di vento e dove domina la bora. Stando ai responsabili dell’azienda investitrice, la zagabrese Dalekovod, i lavori stanno volgendo al termine in questo parco che disporrà di 16 aerogeneratori (torri o pale eoliche), capaci di immettere nella rete elettrica una potenza di 37 megawatt, sufficiente alle necessità di 40 mila abitazioni. In tal senso va rilevato che la Contea zaratina ha 52 mila unità abitative e dunque, come già detto, l’impianto di Bruska servirà a «spegnere la fame di luce» di tre quarti delle utenze a domicilio nella città del maraschino e dintorni. Una parte dell’ infrastruttura entrerà in funzione entro la fine di quest’anno, mentre il parco sarà operativo a tutti gli effetti nel gennaio del 2012. La conferma arriva da Jurica Prizmic, direttore del settore per la gestione corporativa della Dalekovod: «Sì, i lavori sono entrati nella fase finale – precisa – ed ora vengono montate le torri eoliche, prodotte dalla Siemens e capaci di erogare ciascuna una potenza di 2,3 megawatt. I rotori hanno un diametro di 101 metri e anche in questo caso siamo ai vertici nel Paese. Abbiamo ottenuto la licenza d’uso per allacciarci alla rete nazionale, è stata costruita la necessaria stazione di trasformazione, le strade d’ accesso al parco e altro ancora». La Dalekovod ha già esperienze in materia di energia eolica. Con i suoi partner ha dato vita ad un impianto eolico a Gracac, in Lika, di potenza pari a 9 megawatt. Nel progetto Bruska ha messo di tasca propria il 25% dell’investimento, mentre il restante 75% è frutto di un prestito concesso congiuntamente dalla Privredna banka di Zagabria e dalla Splitska banka di Spalato. «L’ impianto alle spalle di Zara – conclude Prizmic – contribuirà a migliorare notevolmente la qualità dell’ aria, senza emissioni nocive che invece sarebbero state prodotte da una centrale termoelettrica di pari potenza del parco di Bruska». In Croazia il settore eolico sta ancora muovendo i primi passi: sul territorio nazionale sono presenti una trentina di aerogeneratori, mentre nella sola Germania risultano attive ben 15 mila pale eoliche. Si crede comunque che entro il 2020 la Croazia riuscirà a sopperire al 20 per cento delle necessità energetiche grazie alle fonti rinnovabili. Sempre secondo le previsioni degli esperti, in capo a 5 o 6 anni la Dalmazia riuscirà a produrre annualmente da 300 a 400 megawatt dagli impianti eolici. Pari al quantitativo energetico sprigionato dalla centrale nucleare di Krsko, in Slovenia.

Andrea Marsanich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 21 novembre 2011

 

 

Il treno per Budapest rischia la soppressione

 

Collega Venezia alla capitale ungherese passando per Villa Opicina e Monfalcone.

Ma presenta un bilancio in rosso e potrebbe essere abolito dall'11 dicembre.

TRIESTE Se siete tra quelli che hanno sempre sognato di prendere il treno per Budapest, vi conviene non rimandare più. Il 10 dicembre potrebbe essere il suo ultimo viaggio. In gergo i ferrovieri lo chiamano il 440–441. Per tutti è da sempre il Budapest–Venezia, l’unica possibilità a tutt’oggi rimasta per varcare il confine in treno dalla provincia di Trieste. Il conto alla rovescia sull’ultimo “superstite” internazionale è già partito e, a meno di “miracoli”, terminerà l’11 dicembre con l’entrata in vigore del nuovo orario che ne decreterà o meno il mantenimento. Per ora, in verità, Trenitalia non ne conferma la soppressione, ma nemmeno la smentisce: «Quel treno non rientra nel contratto universale e pertanto non è finanziato né dallo Stato né dalla Regione. L’azienda, siccome il convoglio non riesce a incassare tanto quanto costa, sta valutando il da farsi con gli Stati e le reti estere. Se ci sono problemi di ricavo, ciò significa che quel treno è poco frequentato: su quella tratta hanno ormai la meglio i voli low cost. Perché passare una giornata in treno (14 ore, ndr) quando spendi come se prendessi un aereo?». Che sia scomodo partire da Trieste per salire sul Budapest non è una novità. Fino a qualche anno fa i collegamenti erano due, uno notturno e uno diurno. Poi è rimasto solo quello notturno. Ma la stazione centrale di Trieste è stata tagliata fuori e il Budapest lo si può prendere solo da Monfalcone o da Villa Opicina. Con il risultato che in treno bisogna fare i salti mortali anche solo per raggiungere la vicina Lubiana. Ma se il rischio dovesse concretizzarsi, svanirebbe anche quest’ultima chance. Che si inserisce peraltro nell’elenco degli altri collegamenti notturni in bilico da Trieste, come il treno delle 21.54 diretto a Roma, già accorciato perché una volta arrivava fino a Salerno. Il suo futuro è ancora incerto, per quanto Trenitalia abbia chiarito che è stata bandita una gara comunitaria per individuare il nuovo soggetto che gestirà i viaggi notturni. Così anche per il Lecce, che parte alle 19.48 servendo tutta la costa adriatica. Tutto dipenderebbe dalla rottura degli accordi con la società francese Wagons-Lits, che gestiva i vagoni letto. Il responsabile dell’associazione triestina “Ferstoria”, Leandro Steffè, conta che entro il 10 dicembre verranno soppressi 100 vagoni letto, poco meno della metà dei 250 che attualmente percorrono l’intero Paese. «Significa che sono a rischio i treni notturni a lunga percorrenza: è in forse perfino il Milano–Parigi, figuriamoci il nostro per Budapest. Nella logica di “tagliare il tagliabile” è da tempo che si parla di sopprimerlo, ma ora ci sono forti dubbi che il Budapest venga mantenuto. Nel momento in cui viene strombazzata l’Alta velocità Torino-Milano-Roma–Napoli con la deviazione per Venezia, si taglia tutto il resto. La logica di bilancio che domina Trenitalia – incalza - sta penalizzando soprattutto una città di confine come la nostra. E la politica non presta abbastanza attenzione ai danni economici e turistici che ne conseguono sul territorio». Secondo Steffè, non si può comunque escludere che l’Austria e l’Ungheria decidano di mantenere il Budapest su un vettore non italiano: un esempio simile al Trieste–Berlino, convoglio tedesco per passeggeri con auto a seguito «che Trenitalia bada bene a non pubblicizzare».

Elena Placitelli

 

Tratte “ritoccate” e transfrontaliere per rilanciare il Fvg
 

TRIESTE La metropolitana transfrontaliera? Per il momento resta un miraggio. Basti pensare agli storici collegamenti della Transalpina: potrebbero rappresentare un’anticipazione della metropolitana transfrontaliera, ma per il momento restano lettera morta. Se i confini con la Slovenia sono caduti da anni, i collegamenti della Transalpina non sono infatti mai stati ripristinati. Un’operazione che, se andasse in porto, consentirebbe di collegare Fvg e Slovenia praticamente a costo zero. I convogli che oggi si fermano a Nova Gorica potrebbero infatti raggiungere Gorizia, così come quelli che si fermano attualmente a Sezana potrebbero arrivare a Trieste Campo Marzio, anticipando appunto una parte dei servizi che dovrebbero essere assicurati dalla metropolitana transfrontaliera. Ecco uno degli esempi di operazione “low cost” che le Ferrovie potrebbero mettere in cantiere per contrastare l’isolamento di Trieste e, in generale del Friuli Venezia Giulia, dal resto del sistema dei trasporti su rotaia. Ad esempio molto si potrebbe fare, e sempre a costo zero, per realizzare subito collegamenti diretti tra i quattro capoluoghi della regione, il triangolo industriale e la capitale. Basterebbe “ritoccare” le tratte di alcuni treni Eurostar. Un esempio? Facendo proseguire l’Eurostar 9418, che oggi si ferma a Venezia Santa Lucia (con arrivo alle 19.33), su Udine, con le sole fermate di Trieste (21.20) e Gorizia, la mattina successiva si potrebbe far viaggiare l’Eurostar 9403 da Udine a Roma, invariato, con arrivo alle 11.13. Altro discorso, i collegamenti notturni. Al fine di garantire anche a Trieste la gamma completa dell’offerta notturna per Roma e Napoli, si potrebbe pensare a riunificare l’Intercity notturno 772 con l’instradamento via Gorizia-Udine-Pordenone, che comporta gli stessi vantaggi per il bacino di traffico dell’intera regione che serve una vasta area transfrontaliera. Per quanto riguarda gli Intercity, una volta istituita la relazione diretta Trieste–Roma Termini, l’Intercity 584-585 (in partenza da Trieste alle 7.04), potrebbe essere instradato con un pendolino via Ferrara, Ravenna, Rimini, Falconara, Ancona, realizzando per la prima volta una relazione diurna per la riviera adriatica con una sicura valenza turistica. Garantire la parità di trattamento e di opportunità commerciali a tutti e quattro i capoluoghi del Fvg riveste un evidente significato politico ai fini dell’inserimento della regione in un quadro di sviluppo di mobilità e logistica nell’area transfrontaliera ormai senza confini: Trieste e Gorizia sono città di frontiera e Udine è a breve distanza dall’hub austriaco di Villach, importante sia per le merci che per i passeggeri.
 

 

San Pelagio, in marcia per dire no alle antenne
 

Oltre trecento persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata contro il potenziamento dell’elettrodotto sul Carso progettato da Terna
DUINO “Se qualcuno ti chiedesse chi dimora in questa terra, sappi che essa ci appartiene, ai tuoi avi dà riposo, battiti sempre per essa”. È seguendo i consigli del poeta sloveno Igo Gruden che circa trecento persone si sono messe in marcia, ieri mattina, a difesa del proprio Carso. “Sotterriamo il mostro” è il nome della manifestazione che rappresenta il fermo dissenso al potenziamento dell’elettrodotto aereo ad alta tensione che parte da Monfalcone e arriva fino a Padriciano. L’Agrarna skupnost, Comunanza, si è fatta portavoce di un braccio di ferro che va avanti ormai da tempo, ieri un ulteriore tassello della vicenda. «La marcia è stata un successo – racconta il coordinatore della Comunanza Carlo Grgic –. Il sole ha fatto da cornice ad una splendida giornata sul Carso. Chi a piedi e chi a cavallo, eravamo in tanti a dare il nostro contributo personale a questa battaglia». Due erano i gruppi e altrettanto i ritrovi per la partenza, il primo a Trebiciano alle 10 e il secondo a Medeazza. Verso le 12 c’è stata il ritrovo a San Pelagio, proprio vicino all’elettrodotto. «Abbiamo voluto incontrarci lì perché è un luogo simbolico – spiega il presidente della Comunanza, Vladimir Vremec – proprio davanti al cimitero si possono vedere i due tralicci, quello vecchio e quello nuovo e si può quindi notare che di manutenzione ordinaria non si tratta, ma di vera opera nuova». Molte le adesioni alle proteste della cittadinanza: l’Unione dei proprietari privati del Carso, l’Associazione alpinistica Devin-Sloga, il Circolo culturale Vigred, ma anche il Gospodarski forum Economico. Presenti pure la Coldiretti di Trieste e le amministrazioni dei comuni di Sgonico, Monrupino e Duino Aurisina. «Con la nostra presenza – ribadisce il vicesindaco Massimo Romita, nel suo intervento a San Pelagio alla fine della mattinata – portiamo la solidarietà al comitato e alle organizzazioni». L’amministrazione non ha dubbi in merito alla recenti polemiche con la Terna: «Le nostre prescrizioni erano chiare – spiega il sindaco Giorgio Ret – e a San Pelagio noi avevamo ritirato la richiesta d’interramento solo a condizione di un reale spostamento del tracciato, cosa che assolutamente non è stata fatta». Si sprecano le manifestazioni di sostegno tra le forze politiche attive sull’altipiano. Secondo Sel «per qualsiasi intervento imponente e riguardante il territorio è fondamentale ascoltare la voce dei cittadini. Inoltre la protezione dell'ambiente e della salute degli abitanti vanno messe al centro della politica». La marcia di ieri è riuscita, ma il clima in fondo non è dei migliori. «La battaglia è incerta, c’è poca speranza - ammette Vremic». «Ormai siamo ai tempi supplementari – concorda Igor Gabrovec, unico esponente regionale presente ieri – questo tipo di manifestazioni dovevano essere organizzate già nel 2008».
Cristina Polselli

 

E Gabrovec chiede una commissione d’inchiesta - INTERROGAZIONE
 

DUINO Il potenziamento dell’elettrodotto sarà al centro di un’interrogazione che l’esponente dell’Unione slovena Igor Gabrovec presenterà questa settimana in Consiglio regionale. Nel testo viene richiesta la convocazione di una Commissione d’inchiesta per «verificare la correttezza dell’operato». Secondo Gabrovec, infatti, esistono diversi punti oscuri. «A sollevare critiche sono sia il tratto Redipuglia-Udine, sia quello Monfalcone- Padriciano. Il primo è fortemente osteggiato dal Comitato per la Vita del Friuli rurale, l’altro dalle Comunelle e dai proprietari privati. Per la parte carsica tra l’altro è stata presentata in Consiglio, a fine luglio 2011, anche una petizione sottoscritta da oltre 2mila cittadini che continuano a chiedere un nuovo approccio al problema».
 

 

«Serve più vigilanza per tutelare il Rosandra» - TORRENTE CHE ATTRAVERSA SAN DORLIGO E MUGGIA
 

L’appello degli ambientalisti di FareAmbiente: «Rifiuti gettati in acqua dai maleducati»
SAN DORLIGO Dalla maleducazione dei visitatori nella Riserva naturale all'assenza di manutenzione quando arriva ad Aquilinia. Il torrente Rosandra non se la sta certo passando bene. Il corso d’acqua che attraversa i comuni di San Dorligo e Muggia – toccando anche Trieste – è al centro di una situazione di degrado ed incuria. La denuncia arriva dalla sezione provinciale e dal coordinamento giovanile regionale di FareAmbiente. Su sollecitazione di molti cittadini ed escursionisti l’area è stata costantemente monitorata negli ultimi quattro mesi. «Fermo restando la nota situazione e la necessità di sistemazione, già prevista dall'amministrazione comunale di San Dorligo - spiega il coordinatore Giorgio Cecco -, nei mesi estivi e nelle giornate festive, la maleducazione di alcuni visitatori ci ha fatto rilevare la presenza costante di rifiuti, soprattutto nelle pozze d'acqua più accessibili». Negli ultimi sopralluoghi effettuati nella zona di Aquilinia, inoltre, è stata riscontrata lungo gli argini artificiali una folta vegetazione che secondo Cecco «può provocare, dove non lo ha già fatto, importanti lesioni alle strutture e la stessa, insieme agli alberi limitrofi, riempiendo l'alveo di foglie e rami, che anche ora, ma soprattutto in caso di piena, possono provocare problemi seri al deflusso, se sommati poi ad altro materiale depositato, come reti ed involucri di plastica, l'inconveniente si aggrava». Inoltre nella stessa zona nei momenti migliori è facile imbattersi in una discreta varietà di animali, mentre nei periodi di magra si riscontra una notevole moria di pesci e anfibi, con «un fastidioso incremento invece di “pantegane” e con evidenti problemi anche di natura igienica». Da qui l’appello del sodalizio ambientalista per trovare una sinergia tra i tre Comuni interessati (Muggia, San Dorligo e Trieste) e ovviamente, nei casi previsti, con l'Autorità di Bacino, perché ci si attivi anche con un adeguato monitoraggio, un’efficace vigilanza ed una manutenzione stagionale preventiva. Nel settembre scorso la giunta comunale di San Dorligo della Valle aveva approvato il progetto esecutivo dei lavori di ripristino idraulico lungo i torrenti Rosandra, Sant’Antonio e Dolina. Un lavoro da 800 mila euro. E la progettazione e la realizzazione dell'intervento di sistemazione idraulica, il completo ripristino e la “rinaturazione” del solo torrente Rosandra risalivano addirittura ad una richiesta inoltrata nel novembre del 2003, formulata dal direttore del Servizio idraulica della Direzione regionale, che ne aveva affidato l’esecuzione in delegazione amministrativa al Comune di San Dorligo della Valle.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 20 novembre 2011

 

 

«Direttive del Prg bocciate dalla maggioranza dei triestini» - INTERVENTO DEL LEGHISTA FERRARA
 

«Il centrosinistra ha voluto mantenere in vita le Circoscrizioni, ora quindi prenda seriamente atto del loro parere e agisca di conseguenza rivedendo le direttive del nuovo Piano regolatore». È l’invito rivolto alla giunta Cosolini dal consigliere comunale della Lega Maurizio Ferrara. «A favore del nuovo Prg - osserva in una nota l’esponente del Carroccio - si sono espressi quattro parlamentini, mentre le Circoscrizione contrarie sono state tre. Da un punto di vista meramente numerico, una mezza vittoria. Se però andiamo a vedere quanto pesano, in termini di rappresentatività del territorio, i tre voti contrari, la conta finale va letta come una sonora sconfitta. Le Circoscrizioni favorevoli infatti - conclude Ferrara - rappresentano solo 39.409 famiglie, mentre quelle che hanno espresso parere negativo ne rappresentano ben 67.672. E questo è un dato estremamente significativo. Questa sproporzione numerica dimostra chiaramente che le direttive volute da Cosolini sono state sonoramente bocciate dalla maggior parte dei cittadini».

 

SEGNALAZIONI - VERDE - Giardino da salvare

 

Vorrei ringraziare tutti i cittadini che, venendo a firmare la petizione per salvare il verde del centro storico impedendo la costruzione di un parcheggio al posto di un giardino, hanno dimostrato grandissima sensibilità al tema. La solidarietà e la partecipazione è stata notevole e perfino un gentilissimo signore, dopo aver firmato, vedendoci forse infreddoliti, ha avuto la grande gentilezza di portarci del caffè caldo! Ci sono stati alcuni, pochi per dire il vero, scettici: “tanto non serve a niente” ma la maggior parte si è interessata all’argomento aiutata anche dalle bellissime foto del giardino nelle quattro stagioni. Dal momento che noi crediamo che per questo parcheggio si debba trovare un sito alternativo, magari più appetibile per la ditta costruttrice e che questo giardino debba esser reso fruibile alle scuole e ai cittadini, continueremo fino al 3 dicembre ogni sabato ad essere presenti in piazza Cavana per spiegare a chi interessato la nostra posizione di salvaguardia di quel poco verde che ancora rimane in città.

Cinzia Stefanucci (Comitato del giardino di Via Cereria)

 

 

Bonifiche, spunta l’ipotesi del commissario - Soluzione immaginata per accelerare l’iter. L’incarico verrebbe affidato al presidente dell’Ezit
 

Dare una violenta accelerata ai tempi per il percorso burocratico delle caratterizzazioni e per avviare le bonifiche nel Sito inquinato. Snellire e velocizzare i rapporti con Regione, Arpa e ministero dell’Ambiente. Richieste emerse, in questi anni dell’intricata vicenda delle bonifiche, innumerevoli volte e avanzate da più parti, dagli imprenditori in primis, ma finora rimaste lettera morta. Eppure la soluzione c’è. Si chiama commissario. E nel caso specifico la persona da designare a questo incarico sarebbe il presidente dell’Ezit Dario Bruni, che conserverebbe comunque la carica al vertice dell’Ente zona industriale. La strada per arrivare alla nomina è un po’ macchinosa, ma se c’è la volontà politica (nel caso specifico del presidente della Regione, Renzo Tondo) l’obiettivo può essere reggiunto, e soprattutto a costo zero. A proporre questo percorso è il consigliere regionale Sergio Lupieri (Pd), che ha già avviato una serie di verifiche con gli uffici della Regione, ottenendo riscontri positivi e cosultandosi anche con il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton. «Il presidente dell’Ezit - precisa Lupieri - mi ha dato la sua disponibilità». Per completare il primo passo manca ancora una serie di approfondimenti tecnici, ma è questione di pochissimo. Domani mattina Lupieri presenterà un’interrogazione a risposta immediata, rivolta a Tondo, in cui domanda al governatore di richiedere alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Ambiente la nomina del commissario. La risposta è attesa durante le sedute dell’aula in programma mercoledì e giovedì. Lupieri stesso avanza qualche perplessità su una riposta positiva da parte di Tondo, ricordando che a fine settembre, in un intervento in tema di accorpamenti e risparmi, aveva parlato di eliminare la figura del commissario che opera per l’altro Sito inquinato della regione, quello della laguna di Grado e Marano. Una prospettiva, quest’ultima, ispirata a criteri di risparmio, considerato che il commissario Gianni Menchini riceve un’indennità. Nel caso che Lupieri prospetta - la nomina di Bruni - lo stesso riceve già un’indennità come presidente dell’Ezit, e quindi, rileva il consigliere regionale, la sua nomina sarebbe a costo zero. Con maggiori possibilità di riuscita, quindi, visti i tempi di crisi. Nell’ipotesi che Tondo dia una risposta affermativa all’interrogazione di Lupieri, una volta che la richiesta del presidente sarà arrivata a Roma, la presidenza del Consiglio e il ministero dell’Ambiente dovranno prima verificare i requisiti per procedere alla nomina che, in caso positivo, sarà fatta dalla stessa presidenza del Consiglio d’intesa con il ministro dell’Ambiente.

Giuseppe Palladini
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 19 novembre 2011

 

 

Rigassificatore, reazione bipartisan: «Troppo tardi»
 

Tempo scaduto. Abbondantemente. In Consiglio comunale - ma anche in giunta - si respira aria di levata di scudi generale, e trasversale, contro le notizie provenienti dalla Regione sul progetto definitivo presentato da Gas Natural per il rigassificatore, la cui proposta pare così vivere una sorta di “rilancio”. Se ne fa ad esempio interprete lo stesso presidente dell’aula, il rifondarolo Iztok Furlanic. «Ne parlo - premette - anche perché il mio partito è stato e rimane contrario. Questo rilancio di Gas Natural - rileva - mi sembra sia soltanto un tentativo di rimettere in vita un progetto che per il Comune, visto come si è già espresso più volte il suo Consiglio, è già morto e sepolto. Mi auguro pertanto, posto che quello del Comune può essere solo un parere consultivo, che non si insista su un’ipotesi che la città ha dimostrato di non volere». «Mi pare che si siano svegliati un po’ tardi», fa eco l’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero dal Pd, che come Furlanic ammette: «Temo solo che le indicazioni arrivate dalle amministrazioni locali non vengano rispettate. Il progetto potrebbe pure essere interessante, ora, ma mi sembra che la città, anche col voto di maggio, si sia espressa chiaramente per un no». «La verità - interviene dal Pdl Paolo Rovis, predecessore di Omero - è che né le istituzioni cittadine né i cittadini stessi hanno mai avuto risposte ai dubbi riguardo la sicurezza e il trattamento delle acque. E continuiamo a non averle, per ora». Sibila Maurizio Ferrara dalla Lega: «Che rilancino, tornerà indietro come un boomerang. A breve il Consiglio voterà una mia mozione per cassare per sempre l’impianto di Zaule. Già lunedì presenterò un emendamento alle direttive del Prg che respinga qualsiasi ipotesi di rigassificatore».

(pi.ra.)

 

 

Laureni: «Ferriera, dov’è finita la Regione?» POLEMICA A DISTANZA
 

La Seganti replica: «È il Comune che ci deve dire che cosa intende fare delle aree»
L’assessore comunale all’Ambiente chiama in causa la Regione sul fronte della Ferriera. «Il tentativo di fra coesistere salute e lavoro - afferma - ha bisogno da subito del tavolo permanente in Regione, per arrivare all’accordo di programma, alla riconversione dell’area e alla ricerca di nuovi soggetti che vi possano investire». L’occasione per rilanciare sulla Ferriera è stata offerta dal punto che lo stesso Laureni ha fatto, ieri mattina in municipio, su cinque mesi di politica ambientale. L’assessore non si è fermato alla richiesta del tavolo permanente, e ha attaccato l’amministrazione regionale sostenendo che «le promesse e gli impegni sono stati fino ad oggi totalmente disattesi. E’ un’assenza grave che stona se la confrontiamo con gli impegni presi dalla Regione Toscana, che nei giorni scorsi ha detto: la crisi di Piombino è un mio problema. Il problema Servola non lo risolviamo solo con l’impegno del Comune - ha osservato l’assessore -. Vorrei che la Regione di riappropriasse del problema». La replica arriva dall’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti: «I problemi - sostiene - non si risolvono facendo tavoli, ma cercando di mettere in fila le problematiche con tutte le soluzioni. Stiamo valutando un possibile iter sul nodo del lavoro, sono frequenti i contatti con le aziende insediate, ma il Comune ci deve dire cosa intende fare delle aree». Il quadro delle azioni ambientali avviate dal Comune in relazione alla Ferriera ha l’obiettivo di compenetrare salute e lavoro. «Siamo partiti - ha spiegato Laureni - dalla critica sulla bassa o nulla efficacia del sistema degli enti pubblici a cui sono delegate le autorizzazioni e i controlli. Sistema che nel caso della Lucchini sta a dimostrare la sostanziale inutilità delle prescrizioni tecniche alle quali è subordinata la concessione dell’Aia». Le anomalie a cui sono legate fuoriuscite di inquinanti, sono sempre parole di Laureni, possono dipendere dalla vetustà degli impianti ma sono associate a una gestione dei processi migliorabile e alla formazione delle maestranze. «La scelta del Comune - ha spiegato l’assessore - è di riformulare su base nuova le prescrizioni tecniche dell’Aia, coinvolgendo e coordinando Provinica, Regione, Arpa e Azienda sanitaria. Alle nuove prescrizioni si associeranno sistemi di controllo basati su verifiche sul posto, telecamere per la lettura notturna e sui dati di via San Lorenzo in Selva usati come indicatore dell’efficacia del sistema di gestione ambientale dell’azienda».

(gi.pa.)
 

 

Il depuratore di Zaule “ostaggio” del Sin - Le analisi dicono che non è su terreno inquinato ma rientra nel Sito nazionale: serve un ok da Roma
 

I depuratori a Trieste non riescono a “pulirsi”. Quello di Zaule, per rifiuti industriali e pozzi neri, nonostante una causa al Tar intentata da Acegas al ministero dell’Ambiente, e analisi fatte in proprio che hanno dimostrato la non pericolosità del sito, è rimasto nelle spire della burocrazia. Quello di Servola (anche se i lavori di rifacimento sono stati appaltati e ci sono i finanziamenti) da un lato era in attesa di atti del Comune, e dall’altro ha perso l’interlocutore al ministero. Alla vigilia della caduta del governo Berlusconi è cessato dall’incarico il direttore generale, per cui anche un programmato appuntamento a Roma di Acegas ed enti legati da accordo di programma è stato l’altro giorno cancellato. Per Servola si teme il contraccolpo delle multe causate dal ritardo oltre i limiti di legge in cui dal 2006 è finito il depuratore, c’è stata una riunione dell’Ato (Autorità d’ambito) sollecitata dalla Provincia: «Ci premeva dimostrare a Roma che stiamo lavorando - riferisce l’assessore all’Ambiente Vittorio Zollia -, per mitigare la multa, e Acegas avrebbe voluto proporre intanto un intervento-tampone per abbattere certe emissioni e migliorare alcuni dei parametri. Inoltre - prosegue Zollia - si attendeva un passo importante del Comune, la fidejussione necessaria per avviare l’acquisizione dell’area, ora in concessione demaniale all’Autorità portuale. È stato fatto in questi giorni». All’Ato partecipano tutti i Comuni della provincia, dice il sindaco di San Dorligo, Fulvia Premolin: «Chiediamo di sapere come si evolve il problema, a fine anno le Ato saranno soppresse, e siamo di fronte a una questione molto delicata, e che si evolve davvero molto lentamente». La gara d’appalto è stata vinta dalla ditta Altieri, che intanto sta completando il progetto esecutivo. Ma a Zaule l’intrico è ancora maggiore. Bisogna qui insediare dispositivi nuovi per l’espurgo, gli attuali sono “fatiscenti”, dice Acegas, le ditte che vi operano si trovano in grande difficoltà. Ma il Sito inquinato congela l’azione. A metà 2010 Acegas ha fatto causa al Tar contro le procedure imposte dal ministero: smantellamento completo degli impianti, escavazione dei terreni, rimozione e conferimento a discarica autorizzata. Ma perché pagare tutto questo senza sapere quanto reale inquinamento c’è? Il Tar non ha dato ancora risposta, intanto Acegas ha provveduto alla caratterizzazione dei terreni, e di seguito anche all’analisi “di rischio”, che è poi dirimente circa il riuso dei terreni. «Le analisi - racconta Enrico Altran, responsabile in Acegas della divisione acqua e gas - hanno dimostrato che c’è solo un inquinamento di base, cioé in linea col valore di fondo del terreno. Abbiamo consegnato i dati all’Arpa, che li ha inoltrati al ministero, ma non abbiamo risposte. Abbiamo poi commissionato anche l’analisi di rischio. È risultato che non c’è rischio per le persone». I dati sono stati di nuovo passati all’Arpa affinché li spedisca al ministero. «Adesso aspettiamo» dice l’ingegnere. Prima che qualcuno legga queste carte ci vottà chissà quanto. E così passano gli anni, chi è inquinato resta tale, e chi scopre di non esserlo resta al palo.

(g. z.)

 

 

Uscita da Budapest la nuvola radioattiva sull’Est Europa
 

BELGRADO È stata individuata la sorgente della “nuvoletta radioattiva” di iodio 131 (I-131), segnalata l’11 novembre dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). L’Aiea aveva attestato la presenza di tracce «estremamente basse» del radioisotopo «nell’atmosfera sopra la Cechia e in altre località in Europa», escludendo rischi per la popolazione. L’Agenzia non aveva però ragguagliato sulle origini del fenomeno, assolvendo solo Fukushima e scatenando la caccia alla “nube”. Alcuni media avevano subito puntato il dito contro la centrale slovena di Krsko. Malgrado le smentite di Lubiana, per giorni su Twitter e Facebook la parola d’ordine è stata «fuga radioattiva dalla Slovenia». Accuse infondate. L’Agenzia dell’energia atomica ungherese ha comunicato «che la sorgente di I-131 era dovuta molto probabilmente a un modesto rilascio nell’atmosfera da parte dell’Istituto degli isotopi di Budapest», ha precisato ieri l’Aiea. L’Istituto è «uno dei maggiori centri ungheresi di ricerca e produzione di radioisotopi» per fini medici, si legge sul suo sito. «Dopo che è stato rilevato un livello di I-131 leggermente più alto del solito durante la normale procedura di rilascio, abbiamo fermato la produzione e cercato la sorgente del problema. Niente di pericoloso. Le fuoriuscite non sono diminuite e allora abbiamo di nuovo bloccato i processi e cambieremo i nostri sistemi», promette il direttore del centro, Mihaly Lakatos. Non ci sono comunque «preoccupazioni per la salute della popolazione», ha assicurato l’Aiea. Se una persona avesse respirato quei livelli di I-131 «per un anno intero, avrebbe ricevuto una dose di circa 0,01 microsievert, mentre il fondo di radioattività naturale è di 2.400 microsievert all’anno». Rimane da chiedersi come mai la fuoriuscita si sia protratta per due mesi senza mettere in allarme le autorità. Precisamente «dall’8 settembre al 16 novembre», ha spiegato l’agenzia con sede a Vienna, che ha precisato che «le cause del rilascio» e forse la sua lunga durata «sono oggetto di investigazione».
Stefano Giantin

 

 

Trieste in bicicletta - Al via un progetto da 900mila euro - Lo schema del Pi-greco
 

L’amministrazione a caccia di fonti ministeriali ed europei per realizzare in città “bike sharing” in forma di pi-greco
“Ma dove vai Trieste in bicicletta...”. Sarà dura con tutte le salite. Ma la nuova amministrazione comunale ha deciso di scommettere sulle due ruote. La recente bocciatura di Legambiente (ultimo posto in Italia per i servizi di “bici-stazione”, “bike sharing” e “ciclo-parcheggi”) brucia ancora. Il confronto con le altre città è impietoso. Udine va a pedali dal 2009. E Genova, che a salite sta messa peggio, precede Trieste di 5 posizioni. La verità è che qui siamo all’anno zero della bicicletta. Ma ora si è deciso di fare le cose in grande. O perlomeno di pensare in grande. In programma c’è la realizzazione di un progetto di “bike sharing” entro il 2014 dell’importo complessivo pari a 900mila euro, suddiviso in due cofinanziamenti legati al fondo di mobilità sostenibile del ministero dell’Ambiente (500mila euro di cui il Comune di Trieste finanzia il 30 per cento) e al programma europeo Pisus (400mila euro di cui il Comune di Trieste finanzia il 23 per cento). Oltre duecento le biciclette coinvolte. La delibera con le richiesta dei finanziamenti sarà pronta entro la prossima settimana, assicura Elena Marchigiani, assessore all'Edilizia, Lavori pubblici e Politiche della casa. La soluzione è stata trovata grazie al pi-greco, la costante di Archimede. “Eureka”, insomma. L’intervento, infatti, si sviluppa nella forma di una pi-greco che coinvolge i due principali assi in piano che attraversano le valli di Trieste (asse via Battisti, via Giulia e asse viale D’Annunzio e via Cumano) e la fascia costiera. Tutte zone che non hanno salite ostiche: al massimo dei falsipiani per i quali non servono delle mountain bike. «I criteri di scelta - spiega l’assessore Marchigiani - sono stati quelli di individuare aree fortemente abitate e collegate a zone di forte interesse turistico culturale e commerciale». Il motivo è chiaro. «La finalità del “bike sharing” - spiega la Marchigiani - è non solo la promozione del ricorso alla bicicletta da parte dei turisti ma anche da parte dei triestini, come alternativa all’utilizzo del veicolo privato e in sinergia con il trasporto pubblico locale. Il servizio verrà supportato da una idonea rete di percorsi ciclopedonali che farà parte del piano del traffico attualmente in fase di predisposizione». I precedenti non fanno ben sperare sul successo dell’iniziativa. Il progetto pilota di Amt, “auto+bici”, messo in cantiere davanti ai parcheggi coperti di via Locchi e via Sanzio, è durato tre mesi. È stato archiviato in tutta fretta. Un flop totale. In 90 giorni le 24 biciclette a disposizione degli automobilisti hanno raccolto solo 12 adesioni. Amt ne aspettava almeno 60. Ma all’epoca non c’era ancora il pi-greco della bicicletta. Quello del Comune è primo vero esperimento a Trieste di “bike sharing”. «È un esperimento molto avanzata anche rispetto ad altre città italiane. Certo dipenderà dagli investimenti che riusciremo ad ottenere» spiega l’assessore. E, se tutto andrà bene, nel 2014, avrà finalmente un servizio di biciclette pubbliche condivise. Meglio tardi, che mai.
Fabio Dorigo

 

 

MONRUPINO - PRG, ultimi giorni per le osservazioni alla "variante sette"

 

Fotovoltaico, implementazione delle zone edificabili, sempre nel rispetto sei vincoli imposti dalle leggi comunitarie, nonché adozione di misure per favorire la conservazione ed il mantenimento di una delle realtà storiche della comunità: l’attività estrattiva. C’è tutto ciò all’interno della variante 7 del prg comunale di Monrupino votato in consiglio lo scorso 9 giugno che, da fine ottobre, è possibile visionare ancora (fino al 9 dicembre) per farsi un’idea di cosa e come s’interverrà e, nell’eventualità, anche manifestare le proprie osservazioni in carta bollata. «La variante nasce dalle nuove esigenze emerse dalla comunità negli ultimi anni» dichiara il primo cittadino Marko Pisani. Alla luce della modifica di leggi nazionali e regionali, infatti, il Comune ha deciso di attualizzare il proprio prgc inserendovi temi che nella variante precedente non figuravano. «Rispetto a quella precedente, la numero 6, oggi si prende in considerazione l’installazione dei pannelli fotovoltaici cosa di cui, fino a poco tempo fa, anche a livello nazionale non si parlava neanche», afferma Pisani. Non meno importante è la questione dell’edificabilità. «Si è cercato di rendere un po’ più armonico il contesto urbanizzato», dichiara il primo cittadino. «Con le varianti precedenti si era dato il via ad un’urbanizzazione a macchia di leopardo – spiega - . In questo modo, invece, si vuole dare una certa regolarità a tutto il contesto abitativo». Via libera quindi all’edificazione “a completamento” di zone esistenti e alla parziale creazione ex novo. «Sempre, però, tenendo conto dei limiti imposti dalla legge. Il nostro comune, infatti, rientra all’interno delle leggi comunitarie che prevedono la salvaguardia dell’habitat naturale», precisa Pisani. Una legislazione, quella dettata dalle normative europee, che incide quasi totalmente sul piccolo comune carsico. Qui,infatti, moltissime zone hanno la classificazione Zps (zone di protezione speciale) o Sic (siti d’importanza comunitaria) che regolamentano in modo ferreo lo sviluppo urbanistico ed economico di questa realtà carsica. Si parla di un’incidenza sul territorio comunale dell’87 %. Limiti, questi, che cozzano con l’appoggio dell’amministrazione verso lo sviluppo dell’attività estrattiva presente da generazioni nel luogo che rappresenta il suo passato, ed il suo futuro. «Abbiamo cinque cave. Siamo il Comune con il maggior numero in provincia» racconta Pisani. «Questa attività fa parte della storia e della tradizione di questa comunità, ma i vincoli attuali ne limitano lo sviluppo», chiosa. «Quasi tutte, poi, sono gestite da giovani che intendono portare avanti la tradizione dei loro genitori o nonni. Il nostro intervento mira solo dargli uno spiraglio di crescita».

Viviana Attard

 

 

DUINO AURISINA - Elettrodotto, domani la marcia di protesta - Due cortei da Gabrovizza e Ceroglie si dirigeranno alle 10 alla volta di San Pelagio
 

DUINO AURISINA Parte domani mattina, da Gabrovizza e Ceroglie, la marcia per dire no al nuovo elettrodotto del Carso sul quale sta già lavorando la società Terna di Padova. L’evento viene organizzato dalla Comunanza delle Comunelle/Agrarna Skupnost, e accanto alla partecipazione di cittadini e ai rappresentanti di circoli e associazioni del territorio carsico, mentre è prevista anche una rappresentanza delle amministrazioni comunali di Duino Aurisina, Sgonico e Monrupino. Per rappresentare il dissenso comune delle popolazioni del Carso triestino al progetto d’elettrodotto che i promotori della marcia considerano “l’ennesimo sfregio a un altipiano già deturpato da diverse infrastrutture e opere di viabilità”, la marcia partirà alla volta di San Pelagio da due punti di raccolta, uno a est del comprensorio e un altro da ovest. Dopo il ritrovo previsto infatti nei due punti di raggruppamento rispettivamente fissati a Medeazza e Padriciano, i due cortei di vetture raggiungeranno rispettivamente il centro di Gabrovizza e la scuola di Ceroglie. L’inizio della marcia avverrà da queste sedi, alle 10. I partecipanti dovrebbero raggiungere San Pelagio, una delle zone più toccate dagli espropri per il nuovo elettrodotto, attorno a mezzogiorno. Oltre al ristoro, gli organizzatori provvederanno a informare i presenti sugli sviluppi del ricorso inoltrato direttamente al Presidente della Repubblica e sulla situazione complessiva del progetto.

(Ma. Lo.)
 

 

“Genti e montagne”, l’avventura diventa film - Al Caffè San Marco da martedì 22 si alterneranno quattro appuntamenti di “Alpi Giulie Cinema”
 

Quattro serate in programma tra novembre e dicembre, altrettanti appuntamenti con il cinema di montagna. La prima parte della rassegna “Alpi Giulie Cinema 2011 – 2012”, dal titolo “Genti&Montagne” apre i battenti martedì 22 novembre ( 20.30 – ingresso libero), nella sede oramai canonica dell'Antico Caffè San Marco di via Battisti 18, teatro della proiezione del film “The West in the east”, di Nisvet Hrustic, produzione del 2010, girato in Bosnia Erzegovina, seguito dall'opera dello svizzero Roland Von Tessin, “ La Comunidad”, ambientato in una comunità di una zona delle Ande in Ecuador. Il cartellone prosegue nella serata del 29 novembre, con la presentazione di una delle opere sulla carta più intense della intera rassegna di quest'anno, “Semus Fortes”, lavoro italiano del 2010 firmato da Alessandra Cardani e Mirko Giorni, disegnato tra le vicende di un gruppo di ragazzi affetti da problemi psichici, immersi in un trekking di tre giorni tra gli anfratti del Supramonte di Balnei, area impervia e selvaggia della Sardegna. Un viaggio che da terapeutico diventa inevitabilmente catartico, scandito dallo scorrere di emozioni, speranze e traguardi. Alla serata del 29 novembre parteciperanno anche alcuni rappresentanti della “Fuoric'entro”, la realtà triestina che da anni ha adottato lo sport come chiave di recupero e integrazione. La prima parte del ciclo “ Alpi Giulie Cinema” prosegue in dicembre, dalla serata del 6, tappa anche essa tra le più attese, legata alla proiezione di “ Nel regno di Zlatorog”, opera dello sloveno Janko Ravnik datata 1931. Si tratta di un film muto, sorta di genere “western da montagna”, particolarmente in voga all'epoca, opera che gli organizzatori della rassegna quest'anno ripropongono al pubblico abbinandolo a una performance sonora dal vivo a cura dell'artista triestino Giorgio De Santi. “ Crossing the Ditch”, dell'australiano Greg Quail, chiude la porzione di pellicole del 2011, in programma nella serata di martedì 13 dicembre, sempre dalle 20.30 all'Antico Caffè San Marco. Il calendario si rianimerà dal febbraio del 2012, assieme alle altre iniziative targate “Monte Analogo” (www.monteanalogo.net)

Francesco Cardella
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 18 novembre 2011

 

 

Slovenia: verso un hub energetico?

 

Legambiente FVG ha inviato alle Autorità competenti le proprie osservazioni al nuovo Piano Energetico sloveno (PEN) 2010-30 nell'ambito della procedura di valutazione ambientale strategica internazionale.
La documentazione esaminata fa pensare che i nostri vicini siano diretti a diventare un attivo polo di produzione e smistamento energetico, con conseguenze ambientali molto gravose, a partire dalle chiare scelte nucleariste presenti nel PEN.
Occorre innanzitutto rimarcare alcune difficoltà procedurali poichè il tempo a disposizione per le osservazioni è stato molto limitato a fronte di una mole documentale notevole contraddistinta da un elevato livello tecnico. Inoltre il grosso della documentazione è stata fornita in inglese – e con traduzioni non troppo affidabili - rendendo ovviamente ancora più lenta la comprensione dei contenuti.
Legambiente nelle osservazioni ha sottolineato che le competenti Istituzioni italiane e comunitarie, dovrebbero: invitare il Governo sloveno a produrre e rendere disponibile l’intera documentazione in lingua italiana; e inoltre si dovrebbero consentire almeno 60 giorni complessivi per produrre le osservazioni.
Dall'analisi della documentazione, è emersa come prioritaria la preoccupazione che la Slovenia intenda diventare un attivo hub energetico in vista del progressivo sviluppo economico dell'Est europeo e dell'area balcanica. Poichè nel PEN è auspicata una forte espansione delle reti energetiche (soprattutto metanodotti ed elettrodotti) per garantire un sicuro approvvigionamento energetico, unitamente al quasi certo potenziamento dell'impianto nucleare di Krško. Ciò si scontra con una politica energetica di “sussistenza” che invece potrebbe essere fortemente fondata sulle energie rinnovabili prodotte localmente, in primis le biomasse considerando la copertura del suolo sloveno per oltre il 54% da aree forestali
Legambiente è inoltre fortemente preoccupata per i possibili impatti ambientali e sulla salute umana legati alla centrale di Krško in caso di incidente, considerando che l'Italia si trova a poco più di 100 km dall'impianto e considerato che è previsto il prolungamento della vita operativa fino al 2043, cioè a oltre 60 anni dalla sua connessione alla rete. "Il motivo per il quale l’ipotesi di un prolungamento oltre i 40 anni è ritenuta irrealistica - dichiara Massimo Scalìa, storico fondatore di Legambiente - va ricercato soprattutto nei vari aspetti relativi alla sicurezza del funzionamento di una qualunque centrale di elevata potenza elettrica. Ogni centrale viene gradualmente ma fortemente minacciata da fenomeni come erosione, corrosione e infragilimento delle strutture dovuto agli shock termici. Tutti questi fattori dovuti alle condizioni estreme di esercizio di un reattore di potenza come il PWR di Krško suggerirono ai progettisti di tali reattori di “seconda generazione” di prevedere un esercizio fra i trenta e massimo quarant’anni".
A ciò si aggiunge la preoccupazione per la realizzazione di una nuova centrale nucleare, denominata Krško 2, da 1000 o 1600 MW e che secondo Legambiente, a fronte di elevata potenza, avrà anche elevatissimi costi di costruzione gestione e dismissione. Inoltre si è osservato che sarà conflittuale rispetto al raggiungimento dell’obiettivo stabilito a livello comunitario per l’efficienza energetica (20% di aumento dell'efficienza energetico al 2030).
Per entrambi gli impianti resta poi aperto l'interrogativo sullo stoccaggio definitivo delle scorie nucleari e della dismissione/decomissionamento degli impianti a fine vita.
"Tutte queste ipotesi hanno un potenziale impatto molto grave sulla nostra regione. Eppure, leggendo la documentazione a disposizione abbiamo riscontrato un'apparente contraddizione relativa proprio agli obiettivi a lungo termine che la Slovenia si è data, il che dimostra, se non altro, la superficialità con la quale il PEN è stato redatto" - così Luca Cadez, Presidente del Circolo Legambiente di Gorizia. Infatti, prima si dichiara come obiettivo “l'aumento del 20 per cento dell'utilizzo efficace dell'energia entro il 2020 e del 27 per cento entro il 2030” e poi invece “aumento del 29 per cento dell'efficienza energetica entro il 2020 e del 46 per cento entro il 2030”.
Legambiente ha avuto un occhio di riguardo per quanto riguarda i beni in comune con la Slovenia, in primis l'Isonzo. Si prende atto che non sono stati previsti esplicitamente impianti idroelettrici sul fiume Isonzo anche se nel PEN si dichiara che “qualsiasi impianto idroelettrico nei bacini di Sava, [...] e Isonzo deve prioritariamente essere situato all'esterno delle aree soggette a protezione ambientale”. Dal PEN si deduce anche che vi è l'intenzione generale di massimizzare la produzione idroelettrica anche con impianti di piccole (mini-idroelettrico) e medie dimensioni. Considerando che la parte alta del bacino dell'Isonzo è quella che si è conservata meglio e che presenta il maggior grado di naturalità Legambiente ha chiesto nelle osservazioni consegnate di escludere qualsiasi tipo di intervento di utilizzazione a fini energetici, e di confermare tutte le forme di tutela ambientale fin'ora presenti.
Sull'elettrodotto Okroglo – Udine è stato osservato che questo insisterà su ambienti di interesse ambientali a ridosso del confine, e su un sito Natura 2000 in Slovenia. L'intervento inoltre è avverso alle popolazioni locali sia italiane che slovene. Si è chiesto di prevedere la variazione del tracciato.
Conclude Lino Santoro, Presidente del Circolo di Trieste: "Abbiamo giudicato il Rapporto Ambientale superficiale in merito gli effetti sui comparti ambientali delle due centrali nucleari e in generale le valutazioni sono state fatte sui singoli sotto-programmi del PER senza però una valutazione integrata che invece pare d'obbligo al fine di individuare anche eventuali effetti sinergici dei singoli impatti ambientali".
Legambiente FVG

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 18 novembre 2011

 

 

Rigassificatore, un piano per sconfiggere i veti - PROGETTO DEFINITIVO»DOCUMENTO PRESENTATO IN REGIONE
 

Alture artificiali a "mascherare" l'impianto, piu' pontili e sistema mirato a evitare il raffreddamento dell'acqua. Bonifica dell'area, gia' ultimate le caratterizzazioni.

Creazione di collinette artificiali chiamate a “mascherare” l’impianto. Raddoppio dei pontili, da realizzare uno a fianco all’altro, per garantire l’accesso anche in caso di incidenti o scoppi. Adeguamento dei criteri progettuali alle specifiche caratteristiche del golfo di Trieste, fotografate in modo puntuale dall’Ogs. Contiene questo e molto altro il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule illustrato nei giorni scorsi in Regione dai vertici di Gas Natural. Un’illustrazione preliminare (ai partecipanti sono state mostrate solo delle tavole riassuntive), che segna però la decisa ripresa della procedura autorizzativa dell’impianto nell’area ex Esso, pur in assenza del via libera al gasdotto Snam Rete Gas, essenziale per l’avvio dell’operazione gnl. Il progetto definitivo del rigassificatore arriva a distanza di poco più di due anni dal decreto sulla compatibilità ambientale firmato dagli ex ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali Stefania Prestigiacomo e Sandro Bondi. Decreto che vincolava la realizzazione dell’opera all’adempimento di una lunga serie di prescrizioni, ora recepite da Gas Natural e confluite appunto nell’elaborato definitivo, diventato per molti aspetti “nuovo” e diverso rispetto al precedente. Le integrazioni riguardano sia aspetti squisitamente tecnici, sia misure di immediata comprensione anche per non addetti ai lavori. La prima e più visibile trasformazione riguarda l’aspetto “estetico” dell’opera. Su espressa richiesta del ministero dei Beni culturali, Gas Natural non procederà alla prevista rettifica della linea di costa, necessaria per realizzare una banchina lunga 400 metri, ma la interromperà creando delle collinette alberate. Una soluzione voluta per armonizzare l’impianto con il paesaggio circostante e ridurne visivamente l’impatto. All’occhio balza poi una seconda modifica: il raddoppio dei pontili. Un accorgimento preso in ottemperanza a quanto richiesto dal Comitato tecnico regionale per aumentare le garanzie di sicurezza del rigassificatore. La cosiddetta linea fredda di sdoppiamento ha il compito infatti di consentire l’accesso ai pontili in caso di incidenti o scoppi. Rientra nel capitolo sicurezza anche un’altra novità inserita nel documento definitivo: la scelta di riformulare la progettazione alla luce delle disposizioni antisismiche e delle ultime norme in materia di costruzioni, decidendo ad esempio di alternare macro e micropali per realizzare le fondamenta. Grande attenzione, inoltre, alla tutela del golfo (voce, secondo gli ambientalisti, non sufficientemente presa in considerazione da Gas Natural in passato). Per evitare che il ciclo del freddo alteri l’ecosistema marino, il colosso spagnolo ha elaborato un progetto di fattibilità che prevede la compensazione delle frigorie del processo di rigassificazione con le calorie prodotte dalla centrale Elettra Glt di Servola. Inoltre ha rivisto soluzioni tecniche e strutturali alla luce dei dati precisi su temperature dell’acqua, venti e correnti raccolti dall’Ogs (il preliminare era stato redatto invece su analisi fornite da esperti di Venezia). Infine il capitolo bonifiche. Nel progetto sono stati inseriti i risultati delle caratterizzazioni, già ultimate sia nella parte a terra sia nell’area a mare. Dai sondaggi è emersa anche l’esistenza di una fascia “non trattabile”, il cui terreno dovrà quindi essere asportato. E anche su questa voce arrivano nuove, precise indicazioni. Gas Natural, così come prescritto da Roma, effettuerà più del 70% delle movimentazioni dei terreni inquinati via mare, per ridurre al minimo l’inquinamento.
Maddalena Rebecca

 

Sei mesi di tempo per predisporre istruttorie e elaborare i pareri
 

Per poter esprimere un parere su un’opera come il rigassificatore di Zaule, non basta certo un incontro di un paio d’ore (tanto è durata, martedì scorso, la presentazione in power point organizzata da Gas Natural in Regione). Agli attori istituzionali coinvolti nell’operazione verrà quindi recapitato a giorni il dvd con il materiale da sottoporre al vaglio dei tecnici. Il tutto in tempi decisamente rapidi. La legge prevede infatti che la Regione esprima il proprio parere entro 200 giorni dal ricevimento della documentazione. Entro tale scadenza quindi i vari enti - dal Comune di Trieste alla Provincia, dall’Arpa e all’Autorità portuale -, dovranno predisporre le istruttorie e trarre le conclusioni da esporre poi alla Conferenza dei servizi. Se in quella sede tutti i convitati si esprimeranno a favore, l’opera otterrà il via libera. In caso di mancata unanimità, invece, il verdetto spetterà alla giunta regionale.

 

Ma il WWF attacca: "Incompatibile" - Per gli ambientalisti la struttura non puo' convivere con la Riserva di Miramare

 

L’area marina di Miramare diventa “sito di importanza comunitaria” (Sic), fatto che per il Wwf rappresenta «un ulteriore elemento per dire no al rigassificatore». Una nuova levata di scudi è arrivata ieri dagli ambientalisti triestini, decisi a chiedere «un’approfondita valutazione di incidenza ecologica che consideri quale impatto comporterebbe la realizzazione dell’impianto gnl sui delicati ecosistemi marini del neonato Sic» . «Questa novità impone una nuova riflessione – ha detto Dario Predonzan, esponente del Wwf – perché il Sic di Miramare è uno dei pochissimi esistenti oggi in Italia, il primo in regione. Nel golfo di Trieste e soprattutto a Miramare esistono interessanti microclimi e si sviluppano flora e fauna marine di particolare valore». «L'elemento comune dei rigassificatori già realizzati - ha ricordato il biologo marino Carlo Franzosini - è l'utilizzo dell'acqua di mare nel processo di rigassificazione, per risparmiare costi. L'acqua è preventivamente sterilizzata per evitare incrostazioni. Basterebbe utilizzare lo 0,87% dell'energia prodotta dal rigassificatore per alimentare la combustione ed evitare così l'utilizzo dell'acqua di mare. Quando si ricorre a quest’ultima, se ne filtrano 500mila metri cubi al giorno, un volume corrispondente a un palazzo di 20 piani. Finito il ciclo – ha continuato il biologo – si arriva a riversare in mare fino a 200 tonnellate all'anno di veleni. Le conseguenze sono la perdita di uova e di larve, l’interruzione di cicli biologici. Le alternative serie a questi progetti esistono, ma sono state omesse dai progetti, eppure garantirebbero meglio l'ambiente. Bisogna approfondire il dibattito, anche nelle sedi istituzionali». «Soltanto la “Via” sul rigassificatore di Zaule proposto dalla GasNatural – ha ripreso Predonzan - si è finora conclusa con un decreto ministeriale, giudicato però scorretto dagli ambientalisti e da alcuni Comuni, che lo hanno impugnato al Tar del Lazio, mentre mancano ancora le conclusioni dei procedimenti sul rigassificatore off shore di E.On. e sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto dalla Snam. Nei mari italiani, e specialmente in quelli come l’Adriatico che ha scarsa profondità e grande produttività primaria – ha concluso l’esponente del Wwf - la tecnologia a circuito aperto prevista nella maggioranza dei rigassificatori andrebbe sostituita da quella a circuito chiuso, che utilizzi per il processo di rigassificazione altre fonti di calore».

(u.s.)

 

 

Nucleare, no della Provincia ai programmi per Krsko - DELIBERA

 

La Provincia dice un netto no al mantenimento della centrale nucleare slovena di Krsko e alla costruzione di un’ulteriore centrale nello stesso sito. Il parere negativo è stato espresso ieri all’unanimità dalla giunta provinciale, nell’ambito dei giudizi e delle osservazioni sul Piano energetico nazionale della Slovenia, e in particolare sulla documentazione della Valutazione ambientale strategica, in merito alla quale anche l’amministrazione di palazzo Galatti è chiamata ad esprimersi. La delibera sarà ora trasmessa alla Regione e quindi al ministero dell’Ambiente. «La tempistica a suo tempo imposta dal Ministero e trasmessa dalla Regione - ha premesso l’assessore provinciale all’Ambiente, Vittorio Zollia - è incongrua per consentire la valutazione di tutti gli aspetti del piano energetico, la corretta partecipazione del pubblico e di conseguenza anche l’espressione di un parere adeguatamente ponderato». La Provincia ha comunque effettuato la necessaria istruttoria per analizzare gli obiettivi previsti dal Piano energetico sloveno, con riguardo ai possibili impatti transfrontalieri. Da questa istruttoria «è emerso - ha spiegato sempre Zollia - che le azioni che possono determinare impatti ambientali transfrontalieri, legati a possibili incidenti nucleari, sono tre: il prolungamento della durata dell’attività della centrale di Krško fino al 2043, per la quale era prevista la dismissione dal 2023, e che dista circa 150 chilometri dall’Italia. In secondo luogo la realizzazione di una nuova centrale nucleare da 1000/1600 MW sempre a Krško, che dovrebbe essere messa in funzione prima del 2030, con una durata di 60 anni. E infine la creazione di un sito di stoccaggio permanente delle scorie a Vrbina, località non lontana da Krško. Si tratta di programmi – ha commentato l’assessore - non coerenti con le scelte italiane in tema di nucleare, che ci riguardano data la vicinanza dell’area all’Italia». Il Piano energetico nazionale prevede anche la realizzazione di nuovi gasdotti, che consentiranno al territorio sloveno di avere un ruolo strategico per il passaggio e la fornitura di gas naturale, e la realizzazione di opere per la trasmissione di energia elettrica che interesseranno anche l’Italia, e di nuove centrali idroelettriche di cui non è stata stabilita l’ubicazione. Lo stesso piano prevede poi il collegamento ai terminali Gnl nell’area dell’isola di Veglia (Croazia)e l’accesso alle quantità immagazzinate. Nessun riferimento invece a impianti di Gnl, realizzati o in progettazione, riguardanti anche l’Italia, così come non si trovano riferimenti al progetto Gnl di Capodistria e ad eventuali realizzazioni sul territorio o sul mare sloveno.

 

 

Energia solare per l'ex Pescheria -  Pronto un piano da 500mila euro.

 

Salone degli incanti, progetto approvato dalla giunta Cosolini: guaina fotovoltaica non impattante da posare sul tetto.

Presentata alla Regione la richiesta di finanziamento nell'ambito dei Pisus.

Non c’è niente di meglio - se si cova l’idea di rivestire di pannelli solari i tetti di mezzo patrimonio immobiliare del Comune, e se si cova pure l’intenzione di far sapere alla cittadinanza che siamo all’alba di una nuova era all’insegna della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico - che cominciare dall’icona degli “sprechi”. Sprechi di spazio e più in generale di utilizzo. E, perché no, viste le volumetrie interne di tale icona, sprechi di consumo energetico e soldi pubblici. Sarà anche per questo che la giunta Cosolini ha approvato, la scorsa settimana, il progetto preliminare di un intervento innovativo che prevede l’installazione di una guaina fotovoltaica scura e non riflettente sulla copertura dell’ex Pescheria. Un’opera tecnologicamente avanzata - a impatto visivo pressoché nullo e dalla resa garantita anche nei giorni di cielo coperto - da ben mezzo milione, che in Municipio confidano di poter realizzare spendendo, in realtà, meno di un quarto. Tale progetto, infatti, rientra tra le richieste di co-finanziamento appena depositate in Regione dall’amministrazione cittadina nella cornice dei Pisus: sono i Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile, per i quali la stessa Regione veicola una serie di fondi comunitari vincolati per «incrementare la qualità dell’ambiente urbano attraverso la valorizzazione delle funzioni urbane di eccellenza mediante il potenziamento di servizi e infrastrutture». I Pisus - se accordati sulla base delle regole e delle graduatorie contemplate dai bandi pubblicati sul Bur, il Bollettino ufficiale regionale - mettono a disposizione per «riqualificazione e infratrutturazione urbana», dicitura che vale appunto per l’impianto in oggetto, contributi pari al 77% della spesa prevista. Il restante 23%, in questo caso 115mila euro, lo deve eventualmente iscrivere a bilancio il Comune. Qualora arrivi il finanziamento regional-europeo, ecco che potrà essere fatto un intervento “di fino”, così come decritto nella delibera con cui la giunta ha approvato il preliminare: «l’installazione sulla copertura rifinita attualmente con guaina ardesiata» di «un sistema impermeabile fotovoltaico con caratteristiche innovative a film sottile a tripla giunzione». Una tecnologia, questa, grazie alla quale le componenti blu, verde e rossa «dello spettro della luce solare» sono assorbite proprio «in modo frazionato dai differenti strati presenti». Così «le celle producono energia anche con irraggiamento solare indiretto, con luce diffusa e con bassi livelli di insolazione». Il sistema insomma funziona «con qualsiasi condizione atmosferica». Ma c’è di più: la guaina - giura il prospetto tecnico - è talmente sottile, e pure un domani removibile, da non mettersi di traverso alle Belle arti, essendo il Salone degli Incanti un bene culturale vincolato. L’opera progettata dall’Ufficio tecnico del servizio Lavori pubblici dell’architetto Carlo Nicotra - si legge ancora nella delibera di giunta - funge al tempo stesso da isolante e «fa divenire energeticamente attivo un edificio di proprietà comunale, permettendo l’estensione del suo utilizzo ad eventi altrimenti non sostenibili dal punto di vista del consumo energetico», ed «evita l’ulteriore emissione di CO2» comportando «un notevole ritorno dal punto di vista dell’immagine» quale «esempio di come intervenire in modo appropriato su un edificio vincolato come bene culturale». Il destino “ecocompatibile” dell’ex Pescheria, in cui Cosolini punta a fare il Museo della scienza, è dunque tracciato, Regione permettendo. Peccato che, anziché le caldaie tradizionali, non possano esserci i nuovi pannelli già oggi, che inizia la tre-giorni del “Trieste Tatoo Expo”. Un trionfo di tatuaggi e burlesque - proprio al Salone degli Incanti - che, considerato l’abbigliamento “scoperto” evocato, richiederà un abbondante riscaldamento dell’ambiente interno.

Piero Rauber

 

«Rivoluzione eco-energetica primo atto»
 

«Confidiamo nel finanziamento regionale, sarebbe la base significativa di unanuova politica energetica che contiamo di far partire nel 2012». L’assessore ai Lavori pubblici, Elena Marchigiani, fa parte - con quello all’Ambiente, Umberto Laureni - del “gruppo ristretto” di giunta chiamato a occuparsi del piano pluriennale di installazione di impianti fotovoltaici sui tetti dei palazzi comunali. Il duo è partito di questi tempi dall’analisi degli edifici e dalla loro classificazione, in base all’orientamento rispetto al sole, allo stato di conservazione e all’eventuale presenza di vincoli culturali. Il che - spiega Laureni - ha già consentito di «individuare una lista di priorità, riguardanti una ventina di palazzi». Priorità che, se calendarizzate in sequenza e non a mo’ di interventi a spot, «dovrebbero permettere anche economie di scala». L’attenzione al “solare” si lega pure alla figura dell’esperto da 70mila euro in due anni sulle energie rinnovabili di cui il Comune intende dotarsi, anche quale «consulente per i cittadini e non solo per l’amministrazione». «Il consulente - puntualizza Laureni - deve ancora arrivare. Abbiamo fatto la ricognizione interna, che è andata deserta, ora si sta predisponendo un avviso per l’acquisizione di tale professionalità dall’esterno. Confidiamo arrivi entro inizio 2012».

(pi.ra.)
 

 

Bandelli: «Nessuna pregiudiziale sulle linee guida del Prg» - Un’altra trieste apre alla maggioranza
 

«Non c’è alcuna pregiudiziale rispetto alle linee guida sul piano regolatore». Un’Altra Trieste chiarisce una volta per tutte in una conferenza stampa la sua posizione che resta ben distinta dal resto dell’opposizione. «La dimostrazione di ciò – secondo il leader Franco Bandelli – arriva dall’astensione di tutti i rappresentanti di Un’Altra Trieste nelle circoscrizioni». E gli emendamenti allora? «Ciò che intendiamo raggiungere con i nostri emendamenti – precisa Bandelli – è avere uno strumento più vicino agli interessi di tutti coloro che vangono interessati dalla sua applicazione: piccoli proprietari, professionisti, ambientalisti e costruttori. Da un lato garantendo a tutti la certezza del diritto, che in una materia così complessa come quella urbanistica non sempre è facile da raggiungere». La questioni è chiara. «Il punto è – specifica Bandelli – fatte salve le salvaguardie in materia, quello di garantire coloro che hanno già iniziato a costruire o coloro che avendo già richiesto le autorizzazioni non possono vedersi penalizzati rispetto a diritti e aspettative che paiono già acquisite». Per Francesco Cervesi, capogruppo in Provincia di Un’Altra Trieste, poi occorre cessare una certa retorica in materia «Fermare la speculazione – sostiene Cervesi - è pura utopia. Quello che può fare il Comune se veramente vuole fare qualcosa di utile, è imporre alla speculazione una norma architettonica e non limitarsi ad una norma di carattere edilizio come le altezze massime, le volumetrie e tutto ciò cu cui sono stati costituiti i piani regolatori degli ultimi 50 anni» «L’esempio del Borgo Teresiano – spiega Cervesi - quartiere nato da una speculazione intensiva, seppure risalente a 200 anni fa, in un quadro normativo vincolistico ben più blando di quello attuale,dimostra come questa idea sia un obiettivo raggiungibile».
 

 

«Il ponte sul Canale? Facciamolo ciclabile» - Il Comitato: «Utilizziamo i fondi per realizzare una passerella per le biciclette spostata verso il mare»
 

Il nuovo ponte sul canale? Deturpa il paesaggio e ha una funzionalità limitata. Perché non utilizzare piuttosto il finanziamento ottenuto e realizzare al fianco del ponte che già attraversa le rive una passerella per consentire il passaggio sia delle biciclette che dei pedoni? È questo il progetto alternativo individuato dal Comitato per la salvaguardia del canale di Ponterosso che verrà sottoposto all'attenzione degli uffici comunali in sede di discussione delle nuove linee direttive del Piano regolatore. Una soluzione che, secondo il Comitato, «non comporterebbe alcuna modifica della gara d'appalto, perché la passerella sul canale andrebbe solo spostata, ovvero sarebbe accostata al ponte preesistente senza alcun impatto visivo». Dall'altra parte questa variante al progetto iniziale del ponte sul canale sarebbe il volano di tutto lo studio realizzato dal Comitato, che prevede la creazione di una complessa rete di piste ciclabili che dal centro si diramano verso la periferia della città. «Nei prossimi giorni saranno adottate le nuove linee del Prg – spiega l’esponente dell'Udc e componente il comitato Roberto Sasco – a queste si devono aggiungere anche il piano particolareggiato per il centro storico e quelli del traffico e dei parcheggi. In questo contesto bisogna tenere conto anche dei ciclisti». Sono tre i principali itinerari individuati dallo studio come possibili piste ciclabili. Il primo con partenza da piazza Oberdan attraversa via XXX ottobre, piazza sant'Antonio e via Bellini diretto verso le rive per congiungersi a san Giacomo con la pista ciclo-pedonale. L'accesso al Punto franco vecchio, se fosse definitivo, consentirebbe di creare un percorso che dalle Rive potrebbe snodarsi fino a Miramare. Infine l'ultimo punto di partenza è stato individuato nel sentiero di Farnetello per arrivare alla rotonda del Boschetto, passando lungo il viale XX Settembre per immettersi nel tratto di via Crispi che dovrebbe essere pedonalizzato e arrivare di nuovo sulle rive in direzione di campo Marzio dove si unirebbe con il primo itinerario. «Tutto è stato studiato – ha sottolineato l'architetto Alberto Rotter – non solo per scopi turistici ma anche per favorire gli spostamenti in bicicletta per i pendolari. Sarebbe auspicabile che il trasporto pubblico locale venga adeguato per il trasporto delle bici, come nel caso del tram o dei treni, comprese anche le motonavi che fanno il servizio durante il periodo estivo che per ora possono trasportare solo due biciclette. Inoltre la presenza di piste ciclabili favorirebbe il bike sharing e le conseguenti attività legate all'indotto».

(i.gh.)
 

 

Partito democratico Raccolta firme “L’italia sono anch’io”

 

Il Pd di Trieste ha aderito e sostiene la campagna nazionale denominata "L'Italia sono anch'io" lanciata per raccogliere le firme necessarie a presentare le due proposte di legge per il diritto di voto agli immigrati e per la riforma della legge sulla cittadinanza. A Trieste il Forum provinciale immigrazione del PD in collaborazione con i Circoli, organizza la raccolta firme con distribuzione di materiale domani dalle 15 alle 19 in via delle Torri.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 17 novembre 2011

 

 

Rigassificatori nel Golfo di Trieste
 

Il WWF: l’individuazione del SIC “Area Marina di Miramare” impone nuove valutazioni sull’impatto ecologico dei futuri impianti
L’associazione ha scritto ai Ministeri e alla Regione chiedendo che i tre progetti vengano sottoposti ad un’approfondita “valutazione di incidenza ecologica” per valutarne gli impatti sui delicati ecosistemi marini del neonato Sic.
L’Area Marina di Miramare è stata individuata come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) in base alla normativa europea. Ne deriva la necessità di valutare, in modo approfondito, l’impatto che i progetti di rigassificatori e del connesso gasdotto sottomarino nel Golfo di Trieste potrebbero avere sull’ambiente e gli ecosistemi marini.
Questa la richiesta del WWF Friuli Venezia Giulia, che ha inviato una nota in merito al Ministero dell’ambiente, a quello per i beni culturali (entrambi i ministeri sono coinvolti nelle valutazioni sui progetti dei rigassificatori e del gasdotto), agli uffici regionali competenti e alla Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea di Bruxelles.
E’ stata la Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, con una delibera del giugno 2011, ad individuare l’Area Marina di Miramare come SIC, adempiendo così – sia pure in ritardo – a quanto richiesto dalla Commissione Europea (che aveva fissato una scadenza al dicembre 2008 per l’istituzione di Siti di Importanza Comunitaria marini).
La scheda che accompagna la delibera cita espressamente tra i fattori di “vulnerabilità” i progetti dei rigassificatori previsti nel Golfo di Trieste, poiché entrambi prevedono l’utilizzo di grandi quantità di acqua di mare nel processo di rigassificazione, la quale verrebbe poi restituita fredda e clorata, cioè praticamente sterilizzata, con conseguente scomparsa delle forme di vita in essa presenti.
Vi è poi il grave problema dell’impatto sugli ecosistemi marini, legato alla movimentazione dei sedimenti marini per effetto sia degli scavi previsti (in particolare per la posa del gasdotto sottomarino) e della movimentazione di navi gasiere e rimorchiatori: si tratta di sedimenti fortemente inquinati da mercurio, altri metalli pesanti e idrocarburi, che entrerebbero – accumulandosi - nella catena alimentare degli organismi marini e quindi anche nei pesci commestibili.
L’effetto complessivo di questi impatti potrebbe essere estremamente negativo per gli ecosistemi marini, ma tutto ciò è stato sostanzialmente trascurato o sottovalutato, sia negli studi delle società proponenti, sia nelle procedure VIA da parte dei competenti organi ministeriali. Il che è grave, ha sottolineato più volte il WWF ormai da alcuni anni a questa parte, e lo è tanto più in presenza di aree marine di elevato pregio naturalistico, com’è il caso di quella di Miramare, non a caso individuata come SIC.
Soltanto la VIA sul rigassificatore di Trieste-Zaule proposto da GasNatural, peraltro, si è finora conclusa con un decreto ministeriale (giudicato però scorretto dagli ambientalisti e da alcuni Comuni, che infatti lo hanno impugnato al TAR del Lazio), mentre mancano ancora le conclusioni delle VIA sui progetti del rigassificatore off shore (di E.On.) e sul gasdotto Trieste-Grado-Villesse proposto da SNAM.
Di qui la richiesta di svolgere, finalmente, un’approfondita “valutazione di incidenza ecologica”, come prescritto dalle Direttive europee in materia, che non si limiti però ad analizzare separatamente – com’è avvenuto finora - i tre progetti, indipendentemente l’uno dall’altro, ma li consideri nel loro complesso, poiché gli impatti negativi sugli ecosistemi e gli organismi marini sarebbero sinergici e cumulativi.
Alla nota è allegato un documento di approfondimento, redatto dal Comitato scientifico del WWF Trieste relativo alle tecnologie disponibili per il processo di rigassificazione ed all'analisi dei potenziali impatti derivanti dalla scelta della fonte di calore. Lo schema di funzionamento “a circuito chiuso” viene confrontato con quello “a circuito aperto”, che richiede l’uso di ingenti quantitativi di acqua di mare per il processo di rigassificazione (come nel caso del progetto di Trieste – Zaule e di quello off shore).
Le due tecnologie comportano l'una la combustione di un'aliquota marginale del GNL conferito in impianto, quindi una maggiore emis­sione di CO2 (compensabile con opportuni interventi) ed ossidi di azoto, l'altra un effetto cumulativo dato dal raffreddamento dell'acqua di mare, dalla perdita dei servizi ecosistemici espletati dall'habitat mari­no, dalla distruzione di plancton e larve, dalla se­lezione operata a favore di spe­cie batteriche resi­stenti, dal rila­scio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici) ivi compre­so il cloro libero residuo. Tra le due forme di con­taminazione, la seconda solle­va quindi elementi di mag­gior pre­occupazione.
Il documento giunge alla conclusione che nei mari italiani, e specialmente in quelli con le caratteristiche tipiche dell’Adriatico (scarsa profondità e grande produttività primaria), la tecnologia “a circuito aperto” prevista nella maggioranza dei rigassificatori progettati, andrebbe semmai sostituita da quella “a circuito chiuso”, che utilizzi per il processo di rigassificazione altre fonti di calore.
WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 17 novembre 2011

 

 

Vertice con Gas Natural «Invitato anche il Comune»
 

L’assessore regionale Ciriani ribatte alle accuse di Umberto Laureni «Anzichè criticare, poteva partecipare l’incontro». Ma è giallo sulla convocazione
Ma quale seduta carbonara convocata nelle segrete stanze del palazzo della Regione. L’incontro di martedì con i vertici di Gas Natural, chiamati ad illustrare l’atteso progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, si è svolto alla luce del sole e ha seguito alla lettera il protocollo istituzionale. A 24 ore dalla “fuga di notizie” sul faccia a faccia con i vertici del colosso spagnolo, l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani ha replicato così alla “talpa”, l’esponente della giunta Cosolini Umberto Laureni, che aveva invitato tutti a vigilare sulle mosse della multinazionale. Anzichè fare il cane da guardia però, secondo Ciriani, l’assessore comunale avrebbe fatto meglio a presenziare all’incontro in questione. Sì perchè, fa sapere il vice di Tondo, a quel vertice il Comune di Trieste era stato invitato ufficialmente e con una ventina di giorni di preavviso. «La visione data da Laureni della riunione svoltasi in Regione e dell'avvio dell'iter per il progetto Gas Natura risulta completamente distorta - attacca il vicepresidente della giunta -. Si è trattato di un incontro preliminare all'avvio di qualsiasi procedura tecnica connessa all'analisi del progetto. La documentazione pervenuta all'assessorato - che ha in questa fase il compito di istituire le conferenze dei servizi –, è talmente ampia da rendere necessario una momento di coordinamento di tutti i soggetti che saranno coinvolti nel lungo iter di analisi e valutazione del progetto stesso. Un momento che ha messo le amministrazioni nelle condizioni di avere una visione d’insieme del materiale da analizzare». Il riferimento, non a caso, è a più di un’amministrazione. Oltre al Municipio, infatti, era stata invitata al tavolo con Gas Natural anche la Provincia di Trieste, puntualmente intervenuta con il direttore dell’Area ambiente Fabio Cella. «Registro pertanto la posizione del Comune di Trieste – continua Ciriani –, che non si è nemmeno presentato alla riunione necessaria a verificare anche la corretta trasmissione dei materiali che ogni ente dovrà valutare per propria competenza. Ritengo invece che un assessore comunale abbia il dovere di analizzare i progetti con grande serietà e sobrietà. Del resto siamo di fronte ad una documentazione imponente e a un lungo lavoro tecnico ancora tutto da svolgere, da affrontare con grande rigore. L’incontro aveva questo preciso scopo - conclude l’assessore all’Ambiente -. Spiace quindi che il Comune di Trieste confonda un incontro tecnico preliminare con una presentazione di carattere pubblico». Una versione che, sulle prime, sembra non convincere del tutto l’interlocutore istituzionale. «La convocazione? Ho verificato sia con i miei uffici sia con la segreteria del sindaco e non ne ho trovato traccia - risponde a distanza Umberto Laureni -. Se l’avessi ricevuta, sarei andato di corsa all’incontro vista l’importanza della posta in gioco, ma non mi risulta sia mai arrivata. Evidentemente, però, se Ciriani dimostrerà di avere ragione, sarò pronto ad ammetterlo». Ammissione che potrebbe arrivare a breve visto che negli uffici regionali, fa sapere lo staff di Ciriani, è saltata fuori la ricevuta del fax spedito in Comune. La data? Ventisei ottobre.
Maddalena Rebecca

 

RIGASSIFICATORE - Attenzione puntata sul progetto definitivo
 

Il botta e risposta a distanza tra Regione e Comune esaurisce solo un aspetto dell’ultimo atto della vicenda Gas Natural. Battibecchi istituzionali a parte, infatti, l’attenzione resta puntata sul contenuto dell’incontro dell’altro giorno, vale a dire sul progetto definitivo del rigassificatore di Zaule (in foto). Un documento atteso sia dall’esecutivo Tondo - che avrà ora 200 giorni di tempo per esprimere un parere -, sia dagli enti locali. Tra loro, però, solo la Provincia ha potuto finora visionare il materiale. Anche le amministrazioni di Muggia e San Dorligo attendono ancora di ricevere tabelle e proiezioni. Amministrazioni che, a differenza di quella guidata da Roberto Cosolini, non sono state proprio invitate al vertice di martedì. Una scelta, spiegano dalla Regione, dettata da motivi tecnico-procedurali visto che, ai sensi di legge, devono essere coinvolti in questa fase solo alcuni rappresentanti del territorio in seno alla Conferenza dei servizi. Una motivazione che non piace, però, agli esponenti dei due Comuni minori. «Se non ci hanno convocato, evidentemente ritengono che non abbiamo voce in capitolo - osserva il primo cittadino di San Dorligo Fulvia Premolin -. Peccato, perchè un sindaco è un rappresentante del territorio e interpellarlo dovrebbe essere utile anche ai sostenitori del progetto. In questo caso - conclude Premolin - Gas Natural avrà avuto le sue buone ragioni, almeno spero siano buone». Meno comprensivo l’assessore all’Ambiente del Comune di Muggia Fabio Longo: «Quando si affrontano progetti di questo rilievo, convocare gli attori interessati dovrebbe essere un atto dovuto. Specie se, come nel nostro caso, questi attori hanno già presentato ricorsi al Tar contro i progetti in discussione».
 

 

Piano Regolatore, si parte. Le direttive in aula lunedi'.

 

Riapparsi in commissione gli allegati mancanti. Ravalico: la responsabilita' e' mia. Ma l'opposizione: c'e' un problema di forma sulla delibera di una circoscrizione.

«Buona la seconda!». La Commissione urbanistica è riuscita ieri in due ore e mezza a sbrogliare, non senza un giallo procedurale, la pratica del Piano regolatore. «Ce l’abbiamo fatta al secondo tentativo» scherza il presidente Mario Ravalico. La palla passa così al Consiglio comunale che, tra lunedì e martedì prossimi (lo deciderà oggi la riunione dei capigruppo), dovrà votare in aula le nuove direttive. Non è stato un parto facile né indolore alla presenza dell’assessore ai Lavori Pubblici Elena Marchigiani. Martedì, alla prima seduta, la VI Commissione si era arenata di fronte a una delibera giunta all’esame priva degli allegati A e B, contenenti niente di meno che l’elenco delle nuove salvaguardie e delle relative cartografie. Niente da fare, insomma, e tutto rinviato a ieri con l’ammissione di colpa e assunzione di responsabilità da parte del presidente della commissione Mario Ravalico (Pd). «Non ho alcuna difficoltà - aveva dichiarato - ad assumermi tutte le responsabilità della mancata trasmissione della documentazione». Ieri gli allegati sono riapparsi per miracolo assieme però anche a una delibera modificata ad arte al punto relativo al parere “inespresso” della V Circoscrizione (San Giacomo, Barriera Vecchia). I dubbi erano già stati espressi martedì dal leghista Maurizio Ferrara supportato dal consigliere del Pdl Piero Camber. La delibera sosteneva che la Circoscrizione «non ha espresso alcun parere» «in quanto la votazione ha raggiunto il pareggio». «Tale esito, per effetto del combinato disposto delle norme per il funzionamento delle circoscrizioni di decentramento e del funzionamento del Consiglio deve intendersi quale parere negativo» è l’integrazione alla delibera aggiunta martedì dalla giunta comunale in una riunione lampo. Pasticcio sanato in corsa? L’errata corrige non risolve il problema di una doppia delibera con lo stesso numero di protocollo. O di due versioni della stessa. L’opposizione ha sollevato in Commissione il problema dal punto di vista procedurale. E gli uffici comunali, segretario in prima linea, hanno assicurato la regolarità della procedura. «Non ci sono due delibere con lo stesso oggetto. C’è solo un processo verbale di giunta che chiarisce un punto della delibera. Una questione formale» assicura e chiarisce Ravalico. «A me i dubbi formali restano», resta scettico Camber. Intanto si va avanti. L’opposizione pensa anche alla presentazione di alcuni emendamenti per qualificare ulteriormente le direttive al Prg. «Non siamo contrari - spiega Ravalico a nome della maggioranza - a interventi migliorativi. Siamo aperti. Anche se queste direttive sono una buona sintesi. Le salvaguardie introdotte sono buone». Ma sulle salvaguardie le opinioni non si contano: da chi le considera poco efficaci e chi le considera troppo rigide. «Il problema vero - insiste Camber - è che non sono state fatte delle scelte sullo sviluppo della città. Sono direttive ambigue. Non c’è chiarezza». E, tanto per alimentare i dubbi, ci sarà oggi la conferenza stampa di Un’Altra Trieste. Dalla famigerata V Circoscrizione arriva intanto la segnalazione del consigliere Pdl Roberto Dubs. Una lettera di Legambiente sparita misteriosamente. Come la lettera rubata di Edgard Allan Poe.

Fabio Dorigo

 

 

Maltauro: «Porto Vecchio tornerà in vita in 10 anni» - URBANISTICA »TEMPI E OBIETTIVI
 

Il presidente di Portocittà, presente al confronto tra i porti di Trieste-Amburgo, assicura che entro il 2021 sarà tutto finito. Nel 2013 i lavori per la darsena

Una parte di edilizia residenziale e un investimento di fondi pensione non speculativi per rendimenti a lungo termine. Una decina d'anni di lavori in stretto contatto con le istituzioni e il Porto Vecchio tornerà a vivere una nuova vita. Pare essere questa, a detta di Enrico Maltauro presidente di Portocittà, la formula per lo sviluppo di una delle più importanti operazioni edilizie – e nel contempo finanziarie – oggi presenti sul territorio nazionale. Le considerazioni fanno seguito alla tavola rotonda organizzata al Magazzino 26 da Italia Nostra con argomento il parallelismo tra i porti di Trieste e Amburgo. «Durante il convegno ho sentito dichiarazioni importanti e utili – dice Maltauro - e in particolare mi riferisco a quelle sulla necessità di una parte residenziale all'interno di Porto vecchio, alla volontà di affrontare in primis il problema del Punto Franco, alla proposta di spostare nei vecchi magazzini gli uffici regionali e l'indicazione di voler trasferire attività di vario genere sempre nell'area da recuperare». L'evento di Italia Nostra, lo ha definito più che un convegno un metodo di lavoro, quasi un accordo di programma, tanto che ne ha auspicato almeno uno all'anno di questi appuntamenti in modo da poter fare il punto della situazione. Perché é così importante? «Lavorando assieme si possono raggiungere risultati importanti e soprattutto in piena trasparenza. Con il sindaco Cosolini, ad esempio, abbiamo già impostato un sistema di verifica periodico, in modo da non trovarci improvvisamente davanti a problemi difficili da risolvere. In questo momento c'é bisogno di grandissima coesione per raggiungere grandi obiettivi». Il problema da risolvere, però, sembra legato alla convenienza economica del progetto nel suo complesso. E' corretto pensare che vendere una parte residenziale, come quella prevista ma non ancora autorizzata a Barcola, é relativamente facile, ma guadagnare con i vecchi magazzini é un po' più complicato? «No, non si tratta solo di questo. Per lo sviluppo del Porto vecchio ci sono tante operazioni da fare, operazioni di contorno ma necessarie e significative. In particolare alludo alle infrastrutture e alla normativa da modificare. Bisogna rendersi conto che siamo davanti a un'operazione unica in Italia. La parte residenziale é economicamente utile, ma serve anche a vitalizzare l'area, oltre ad essere strettamente collegata con un determinato genere di attività commerciali». Lei quindi sostiene che un business plan sta in piedi anche per quanto riguarda il ritorno economico dei vecchi magazzini? «Sì, sta in piedi. Le ristrutturazioni possono essere fatte in modi diversi e gli edifici possono essere destinati a vari utilizzi. Sono già state fatte all'estero operazioni di questo genere, ricordo New York o Londra». Lì, però, le attrattive sono diverse... «Sì, é vero, le attrattive sono diverse ma si può fare anche in una città come Trieste. Mi trova totalmente concorde, ad esempio, la proposta della presidente della Provincia, Maria Teresa Bassa Poropat relativa al trasferimento in Porto vecchio di eccellenze nel settore degli studi e della ricerca. Questa una delle vie da percorrere». Si tratta però di interventi che necessiterebbero dell'intervento pubblico, anche economico, per stare in piedi. «Vede, in realtà il mio sogno é quello di montare delle operazioni finanziarie con tempi lunghi e investimenti sicuri. Sono operazioni che esistono, che si possono fare, al di là delle situazioni contingenti non troppo favorevoli. Penso ad esempio a fondi pensione sereni e non speculativi. Non a caso al nostro interno (in Portocittà, società concessionaria dell'area di Porto Vecchio, ndr) abbiamo Sinloc (Sistema iniziative locali ),una realtà legata al territorio che non é certo finanza speculativa». Proviamo a fare un sunto delle tempistiche: 10 anni di lavori? «Le tempistiche sono teoriche, l'auspicio é di completare tutto in una decina d'anni. Partire é molto importante e poi, considerando che sono interventi lottizzabili, qualche slittamento non sarebbe una tragedia». Sarà il 2013, l'anno nel quale si inizierà a mettere mano ai due magazzini antistanti il 26 e alla costruzione della prima darsena (denominata C1 nel progetto), il marina turistico che prevede 180 ormeggi chiusi dal Molo zero.
di Riccardo Coretti

 

 

Cantiere del Silos L’inaugurazione posticipata al 2015
 

Grazioli: tra bonifiche e burocrazia abbiamo perso due anni Il progetto presentato al Salone internazionale di Cannes
LA VETRINA IN FRANCIA L’operazione, selezionata con altre quattro, al centro della manifestazione dedicata allo sviluppo commerciale dei centri urbani
Rappresenterà l’Italia, assieme ad altri quattro progetti, a Cannes. Al Mapic, il prestigioso salone immobiliare internazionale dedicato allo sviluppo commerciale dei centri urbani. E proprio in quella sede svelerà l’anno di consegna della rinnovata struttura, una volta completata: il 2015, tre anni dopo la dead-line indicata inizialmente, quella che portava alla fine del 2012. Giovedì prossimo il nuovo Silos, futuro complesso commerciale, forte anche di attività di servizi, zona congressuale e aree direzionali che garantirà una nuova vita all’imponente immobile a lato della stazione ferroviaria di Trieste, verrà presentato durante l’appuntamento denominato “Italy: Great Projects for Great Players” nell’ambito della rassegna francese. Una vernice di grande rilievo, se si considera che in Costa Azzurra non solo il Mapic si tiene da 17 anni ormai con cadenza costante ma soprattutto che il Cncc - cioè il Consiglio nazionale dei centri commerciali - ha scelto di portare, selezionati, solo quattro progetti targati Italia, in fase di concreta attuazione o di certa realizzazione e rilevanti a livello di dimensioni o qualità. Fra questi, oltre a quello “triestino” del Silos ci sono i due “torinesi” (Palazzo del Lavoro - Corio e Settimo Cielo - Promocentro) e un altro “made in Friuli Venezia Giulia”, il Villesse Shopping Centre - Inter Ikea. I delegati della Silos spa - la società di scopo composta da Coop Nordest e dalla sua controllata operativo-immobiliare Unieco - avranno venti minuti per illustrare dettagli progettuali, iter e caratteristiche del futuro Silos come esempio di progetto commerciale urbano. I cui numeri già di per sé ne definiscono l’importanza: 45mila metri quadrati di superficie, 120 milioni di euro d’investimento e 350 nuovi posti di lavoro. Si partirà dalla storia: dalla costruzione datata metà Ottocento (con inaugurazione del 1857) dei magazzini fino all’acquisto dalle Ferrovie dello Stato del complesso, da parte di Coop Nordest, avvenuto nel 2000 e ancora alla sottoscrizione dell’Accordo di programma del 2009. Ma nella relazione saranno riepilogate anche le tempistiche degli interventi: nel 2012 inizieranno le attività di costruzione del Centro funzionale. Saranno realizzati i parcheggi interrati, gli spazi pubblici del Centro congressi e dei depositi bus, poi si completeranno le finiture dell’area commerciale, terziaria e ricettiva. Durata totale dei lavori previsti: tre anni. Tanto che, c’è scritto nelle slide di presentazione, «l’inaugurazione del Centro è prevista per il 2015». Niente fine 2012, come inizialmente prospettato. Né metà-fine 2013, come da aggiornamento dei vertici Silos spa risalente al maggio scorso. Per vedere completata la maxi-opera ci vorrà più tempo. Il consigliere delegato Attilio Grazioli spiega così i perché del ritardo: «Abbiamo perso due anni per le bonifiche, mentre pensavamo ci sarebbero serviti solo alcuni mesi. E poi - aggiunge - l’iter burocratico, il nostro Paese è complicato... Il 2015? Questi sono tempi certi, a meno di cataclismi».
Matteo Unterweger

 

 

Via alla variante 27, ma per l'opposizione c'e' troppo cemento - Urbanistica

 

DUINO AURISINA Approvata la variante 27, votata ieri in consiglio comunale grazie al fronte compatto della maggioranza. L’opposizione, invece ha votato contro. Via libera, quindi, ad Ambiti (parti del territorio comunale omogenee per obiettivi sociali,ambientali e caratteristiche urbanistiche) e zone bb3 (vincolo urbanistico che permette la costruzione di soli 150mq in 450 metri cubi) che regolamenteranno la costruzione di nuovi lotti abitativi nel comune di Duino Aurisina. Al momento di certo c’è solo la sua approvazione. La sua adozione, seguendo il normale iter burocratico, dovrebbe essere fattiva con il nuovo anno. Se, ovviamente, non ci saranno ostacoli ad impedirlo. Nei giorni precedenti, infatti, si era risollevata la polemica tra i due poli opposti in merito all’argomento. L’opposizione, guidata da Massimo Veronese (Pd), aveva sottolineato “l’inutilità di tutta quella cubatura all’interno degli ambiti” affermando che “l’adozione della variante, così com’era, andasse contro gli indirizzi approvati all’unanimità”. Prontamente il primo cittadino, Giorgio Ret, dopo l’incontro della seconda commissione di venerdì aveva invitato tutti i consiglieri a presentare, nella mattinata di martedì, gli emendamenti che sarebbero stati portati in consiglio ieri. Alla conclusione, nel pomeriggio, sembrava che la situazione fosse risolta visto che, da entrambe le parti, seppur con modalità diverse, era stata manifestata l’intenzione di una riduzione di cubatura dove non strettamente necessaria. L’opposizione, tramite Veronese, “si era detta soddisfatta e sicura di un risultato positivo”. Ieri, invece, c’è stata una “vittoria a metà”. «Sebbene debba ammettere che da parte della maggioranza ci sia stata una reale volontà a venire incontro alle nostre richieste – spiega Veronese – sono rimasti tutt’ora troppi ambiti e con una cubatura troppo grande rispetto a quello che noi riteniamo opportuno. Di fatto – continua – in alcune zone come Aurisina – Santa Croce si rischia di dar vita a delle cittadelle che rischiano di stravolgere l’assetto urbanistico». Nello specifico, infatti, l’ambito prevede la costruzione ex novo, oltre che degli edifici, anche della rete fognaria, di impianti d’illuminazione e strade mentre la clausola della bb3 rende possibile la costruzione solo in zone già urbanizzate o limitrofe ad esse. «Noi chiediamo più bb3 e meno ambiti» rincara Veronese. Incassata la delusione, però, Veronese sottolinea lo spirito di collaborazione. A confermarlo lo stesso primo cittadino, Giorgio Ret. «Nonostante il voto contrario dell’opposizione – dichiara – l’incontro di oggi è stato più che positivo. Credo che il merito vada anche all’enorme lavoro fatto dalla seconda commissione presieduta da Eramo e dalla validità degli emendamenti proposti».

Viviana Attard
 

 

Stress test a Krsko Il rischio è limitato ma servono più dati
 

TRIESTE «Abbiamo concluso gli stress test della centrale nucleare di Krsko in ottobre. Anche se il sito dovesse essere colpito da un terremoto pari a quello del Friuli, l’impianto reggerebbe». Di primo acchito Peter Fajfar, ingegnere e docente dell’Università di Lubiana (più volte consulente della centrale slovena) rassicura la stampa che l’incalza: la centrale è sicura. Se però gli si chiede cosa pensa del raddoppio dell’impianto l’esperto preferisce non dare il suo parere personale: «Ci sono pro e contro - dice scuotendo la testa -. I contro sono che una centrale a rischio zero non esiste». Fajfar è stato uno dei relatori del 30° convegno del Gruppo nazionale di geofisica della terra solida (organizzato dall’Ogs di Trieste): nella mattinata di ieri si è discusso ampiamento del rapporto fra studi sismici e centrali nucleari, e in particolare di Krsko. A discutere del terreno su cui sorge l’impianto sloveno è stato Milos Bavec, geologo del Geological Survey della Slovenia, che ha sede a Lubiana. Sulla base del catalogo degli eventi sismici stilato per questa regione, che va a ritroso nel tempo fino al XVII secolo, il terremoto più violento è quello registrato il 29 gennaio 1917, che ha avuto una magnitudo di 5.7. «L’area dove sorge Krsko – ha spiegato Bavec – pare trovarsi nel punto di giunzione di tre zolle. Questo potrebbe rappresentare un elemento di criticità. In realtà, dalle registrazioni emerge che ci sono più terremoti ma nessuno di intensità significativa». Per contro il professor Livio Sirovich dell’Ogs, durante il suo intervento su Krsko, ha rilevato che «quando la centrale fu costruita le tecniche di analisi non erano ancora quelle odierne. Oggi però possiamo vedere che l’impianto sorge fra due faglie quaternarie». La replica di Bavec: «Stiamo studiando la possibilità che quelle faglie siano attive ma per il momento non ci sono evidenze al riguardo». Nella sua relazione davanti alla platea degli studiosi il professor Fajfar ha invece ripercorso i risultati degli studi realizzati dalla costruzione della centrale a oggi: «Personalmente ho partecipato alle analisi fatte fra il 1992 e il 1994 e a quelle compiute dieci anni dopo». Pur confermando la bontà degli studi fatti ai tempi della costruzione della centrale, ormai trent’anni fa, Fajfar ha sottolineato la necessità di nuove acquisizioni e letture dei dati. L’ingegnere ha spiegato che la maggior parte delle analisi si basa sulle accelerazioni prodotte dai terremoti: «Ma l’accelerazione non dà un’idea corretta dell’energia del terremoto. Oggigiorno l’intera industria nucleare si basa sulle accelerazioni, mentre abbiamo bisogno di analisi incentrate sull’energia». Per quanto riguarda Krsko, ha aggiunto il docente di Lubiana a margine del convegno, la centrale è progettata per resistere a uno scuotimento che si ripete ogni diecimila anni: «In linea teorica dovremmo essere lontani da un accadimento del genere».
Giovanni Tomasin

 

 

Anche Duino dice “no” al nuovo elettrodotto
 

Approvato in consiglio un ordine del giorno di solidarietà al movimento di protesta La società Terna: «Mai ricevuto un riscontro, adesso siamo fuori tempo massimo»
DUINO AURISINA La posizione del comune di Duino Aurisina, riguardo la realizzazione del potenziamento dell'elettrodotto, è stata “estremamente chiara fin dagli inizi”. La giunta non ha dubbi in merito all'opera che la società Terna sta realizzando in Carso: i lavori non s’hanno da fare. La prossima domenica si terrà la marcia “Sotterriamo il mostro“ contemporaneamente da Medeazza e da Trebiciano a San Pelagio, per manifestare il dissenso della popolazione locale al previsto elettrodotto. Dal consiglio comunale di ieri è uscito un documento che esprime la massima solidarietà al comitato organizzatore confermando la piena contrarietà al potenziamento dell'elettrodotto esistente. Su ogni passaggio amministrativo nei confronti della società e dei progetti relativi, la giunta ribadisce la propria coerenza. «È un nostro obbligo tutelare la salute dei cittadini – dice il documento uscito dal consiglio – in quanto la situazione attuale vede una petizione popolare di oltre duemila cittadini della Provincia di Trieste che hanno firmato contro l’elettrodotto con la proposta di interramento dei cavi, in più va considerato che il territorio provinciale di Trieste ed il Carso in particolare hanno sacrificato per utilità pubblica migliaia di metri quadrati». In ballo, nella faccenda elettrodotto, c'è anche un ricorso al Capo dello Stato, appoggiato da tutti i Comuni del Carso. Sulla coerenza del comune di Duino Aurisina, però, ha da ridire proprio la società Terna, incaricata dei lavori all'elettrodotto. «La Regione Friuli Venezia Giulia nell’ottobre 2009, prima di rilasciare l’Intesa sull’intervento – dichiara un portavoce della società - aveva anticipato tale suo intendimento ai Comuni interessati, tra i quali Duino Aurisina, chiedendo loro un riscontro mai ricevuto dal comune di Duino Aurisina. Sorprende dunque la levata di scudi attuale, cioè fuori tempo massimo, giacché l’opera è pienamente autorizzata e in cantiere». Le attività di cantiere erano state parzialmente sospese nel corso dell’estate per consentire gli approfondimenti sull’attuale perimetro dell’area Zps/Sic, ora però i lavori sono stati ripresi in accordo con gli uffici competenti della Regione che non hanno rilevato danni ambientali per i lavori eseguiti. La posizione di Terna rispetto ai protestanti rimane quindi invariata: «L'intervento non prevede alcuna realizzazione di un nuovo elettrodotto come qualcuno insiste ad affermare, ma il potenziamento dell’esistente linea Monfalcone–Padriciano, la sostituzione dei conduttori, la realizzazione di quattro varianti di tracciato, per assicurare il rispetto delle distanze previste dalla legge in materia di campi elettromagnetici e, infine, una manutenzione straordinaria, senza modifiche, dei sostegni esistenti e non interessati dalle varianti. Quanto poi alla possibilità di realizzare le varianti in cavo interrato invece che in aereo, ribadiamo che tale soluzione non è stata ritenuta idonea perché avrebbe avuto un impatto ambientale maggiore per la necessità di mantenere una fascia di rispetto libera per l’accessibilità per l’esercizio del cavidotto, oltre a essere più invasiva in fase di realizzazione».

Cristina Polselli
 

 

Acquario, sparite le prove della desistenza
 

Il sindaco Nesladek: «Persi anni preziosi per il risanamento del sito, vogliamo capire dove si è inceppato il meccanismo»
MUGGIA Si presentò al gran completo la Giunta comunale che decise di non resistere al ricorso in Consiglio di Stato su Acquario: il sindaco Lorenzo Gasperini, il vicesindaco Paolo Prodan e gli assessori Italo Gioacchino Santoro, Mario Vascotto, Paolo Volsi, Edoardo Costanzo e Adriana Carbonera. Presente anche l’allora segretario generale del Comune G. Lugarà. Una seduta “fantasma”. Il verbale non c’è. Così come non è stata registrata la motivazione per la quale nel maggio del 2005 la Giunta di fatto decise di rinunciare a fare causa a chi inquinò effettivamente il terrapieno Acquario ottenendo un possibile ampio risarcimento e soprattutto l’intervento di bonifica. La linea del sindaco Nerio Nesladek è chiara: «Da parte del Comune e dell’amministrazione non c’è alcun interesse nel ricercare colpevoli: abbiamo però il dovere di accertarci che non ci siano stati danni per Muggia. Fermi restando la nostra volontà ed il nostro impegno nel proseguire il più celermente possibile nell’opera di recupero della costa e di restituzione ai muggesani, non si può che considerare che se queste ipotesi fossero concrete si sarebbero guadagnati anni preziosi». Non si vogliono ricercare i colpevoli. Ma i nomi di quella fatidica seduta sono emersi. Mancano però le carte. «Primaria per l’amministrazione non è la ricerca di eventuali responsabili, ma l’esigenza di chiarire se e dove il meccanismo si sia inceppato e se il Comune stesso ed i suoi cittadini abbiano subito un danno», recita una nota del Comune. Per quanto si sia, quindi, ancora in fase di valutazione, qualora fosse dimostrata l’esistenza di un danno, il Comune ha annunciato che “non potrà esimersi dall’adottare le necessarie misure previste dalla legge”. Nell’ipotesi che ci si trovi di fronte all’esistenza di un danno, esso assumerebbe infatti proporzioni considerevoli anche se attualmente non ancora quantificabili. “Da non sottovalutare, in tal senso, è il fatto che il sequestro penale conseguente all’intervento della Magistratura avrebbe potuto essere considerevolmente più breve permettendo l’inizio degli interventi di recupero molto tempo fa”, spiegano dal Municipio. Non solo il Comune e la Regione hanno dovuto sostenere spese ingenti per la messa in sicurezza di Acquario, ma la mancata bonifica del terrapieno ha ritardato di diversi anni la sua riqualificazione turistico-balneare e la riconsegna del terrapieno ai muggesani. Ci sono voluti comunque sei anni affincchè il sindaco Nesladek intervenisse per accertare le presunte responsabilità da parte della vecchia giunta Gasperini. E appare quanto mai singolare che l’opposizione di centrosinistra non chiese già sei anni fa spiegazioni sulla decisione del centrodestra di non resistere al ricorso al Consiglio di Stato presentato all’epoca dalla Porto San Rocco spa. Ieri intanto una delegazione locale di FareAmbiente, l’associazione ambientalista coordinata a livello regionale dal triestino Giorgio Cecco, ha fatto un sopralluogo nei pressi dell'ex valico di Lazzaretto a Muggia per verificare quella che viene definita senza mezzi termini “la disastrosa situazione della strada, del degrado e del pericolo per la sicurezza dei cittadini”. Alla presenza del referente muggesano Dennis Tarlao, dopo aver ricevuto la segnalazione da parte di molti cittadini, “abbiamo voluto verificare e poi evidenziare la condizione di questo tratto di strada – ha dichiarato Cecco – che si presenta in uno stato vergognoso e di evidente pericolosità per la sicurezza, con un manto sconnesso, accentuatosi dopo la rimozione delle strutture di valico, e per di più in assenza di illuminazione”. Cecco e Tarlao hanno evidenziato come risulti che il Comune si sia attivato con la Provincia per interventi su questa strada, tristemente famosa per incidenti di vario tipo, “ma non ci sembra ci sia previsto nulla in questo tratto specifico – interviene Tarlao – mentre è chiaro come sia urgente provvedere per l'incolumità di chi transita in questa zona, fra l'altro molto trafficata, soprattutto durante le festività, nei weekend e nel periodo estivo”.
Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 16 novembre 2011

 

 

Misterioso incontro Gas Natural-Regione “svelato” da Laureni
 

Negli auspici dei diretti interessati, evidentemente, doveva restare un appuntamento riservato. Vista la contrarietà all’operazione gnl manifestata da più parti, deve aver pensato Gas Natural, meglio tenere un basso profilo e restare il più possibile sotto traccia. Ecco allora che l’incontro organizzato ieri in Regione per presentare il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule, volutamente non è stato pubblicizzato. Nessun invito per la stampa prima del faccia a faccia con gli interlocutori individuati, tra cui l’assessore all’Ambiente Luca Ciriani. E nessun comunicato diramato a confronto concluso. L’intenzione del colosso spagnolo, insomma, era di far passare sotto silenzio la riunione tecnica di ieri. Riunione, per la verità, tutt’altro che banale, anche perchè ha di fatto interrotto un silenzio in piedi ormai da tempo. A guastare i piani della multinazionale ci ha pensato però Umberto Laureni. L’assessore comunale all’Ambiente, come noto fortemente critico nei confronti dell’impianto che Gas Natural vorrebbe realizzare in Zona industriale, ha infatti spiazzato tanto il gruppo spagnolo quanto l’amministrazione regionale. L’ha fatto diramando nel pomeriggio una nota con cui, in un colpo solo, è riuscito a mandare all’aria la trama “misteriosa” tessuta fino a quel momento e ad accendere i riflettori sul nuovo passo avanti compiuto dal colosso dell’energia. «Oggi (ieri ndr) i funzionari di Gas Natural hanno illustrato in Regione, alla presenza di rappresentanti del ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il progetto definitivo del rigassificatore di Zaule – ha dichiarato l’assessore - . Questo significa, pertanto che prosegue la realizzazione di un’opera contro la quale il Comune di Trieste si è più volte espresso, ritenendola pericolosa dal punto di vista ambientale e non giustificata da motivazioni energetiche, e in palese contrasto con sviluppi economici alternativi». A spingere l’esponente della giunta Cosolini a svelare l’esistenza dell’incontro tenuto segreto, infatti, è stata proprio la convinzione di dover tenere gli occhi bene aperti, senza correre il rischio di abbassare la guardia rispetto ad un progetto, evidentemente, tutt’altro che abbandonato. «Il Comune - ha continuato Laureni - conferma il suo impegno, a tutela dell’ambiente e contro l’impianto gnl in questione e comunica che avvierà, nei prossimi giorni, degli incontri con gli amministratori locali dei Comuni interessati e della Provincia, ai fini di formalizzare una posizione del tutto compatta e contraria a quest’opera. Un’opera tutt’altro che accantonata. Dopo aver ottenuto il parere favorevole del ministero, Gas Natural ha tutta l’intenzione di portare avanti la procedura autorizzativa». Con che tempi e con quali modalità, tuttavia, al momento non si sa. Alla richiesta di chiarimenti sull’incontro di ieri e sui prossimi passi, infatti, la multinazionale ha risposto con un secco «no comment». Una linea del silenzio identica a quella tenuta dalla stessa Regione.

(m.r.)
 

 

Delibera da integrare e allegati fantasma Il Prg stecca la prima
 

La commissione Urbanistica di ieri riaggiornata a stamani Convocata nel pomeriggio da Cosolini una giunta volante
Inciampo tecnico “uguale” caso politico. Il Piano regolatore non smentisce la sua proverbiale fama da “fabbrica” di grane che si attaccano alle spalle di chi comanda. E così, ieri, alla “prima” assoluta delle nuove direttive in clima da Consiglio comunale - era in programma la seduta della commissione Urbanistica, propedeutica al voto dell’aula - il provvedimento ha subito steccato, tra formule interpretative traballanti e inviti rivolti ai “commissari” a esaminare degli allegati che, però, non c’erano. Una situazione che - benché si sia rivelata poi figlia, soprattutto, di un ritardo burocratico - ha fatto presto a riportare alla mente di tutti i dolori del Prg di Dipiazza, in primis le sue secretazioni. Morale: la commissione è durata lo spazio di una mezz’ora ed è stata riaggiornata gioco forza a stamani. Roberto Cosolini, avendo di suo le spalle larghe, ha assorbito bene, evidentemente, le grane che gli erano appena piovute addosso. Anche perché lui era presente, a tale commissione, da assessore all’Urbanistica, assieme alla delegata ai Lavori pubblici Elena Marchigiani. Il sindaco infatti ha garantito che avrebbe risolto in giornata la parte che gli competeva, al punto che ieri pomeriggio ha convocato una giunta volante per approvare un’integrazione alla delibera che la sua stessa giunta aveva varato appena lunedì. Andava infatti “corretto” - come aveva insistito in particolare il capogruppo leghista Maurizio Ferrara, spalleggiato dai banchi del Pdl da Piero Camber, e raccogliendo per strada la sintonia dello stesso primo cittadino - il racconto dell’iter delle direttive, là dove veniva scritto che la Quinta circoscrizione di San Giacomo e Barriera Vecchia «non ha espresso alcun parere in quanto la votazione ha raggiunto il pareggio». Ma pareggio, in questo caso, equivale a sconfitta. Non specificarlo esporrebbe l’impianto del Prg, ancorché per cavilli non sostanziali, a eventuali corsi e ricorsi. E così la nuova versione della delibera precisa che «tale esito», il pareggio appunto, «per effetto del combinato disposto delle norme per il funzionamento delle circoscrizioni e del Consiglio comunale, deve intendersi quale parere negativo». Il sindaco ha trovato sponda anche nel presidente della commissione, Mario Ravalico del Pd, il suo stesso partito, che ha recitato il mea culpa per l’altro problema, il più grave, assicurandone la soluzione entro le 9 di stamani: la mancata consegna ai “commissari” degli allegati A e B alla delibera, recanti niente meno che l’elenco delle nuove salvaguardie e le relative cartografie. «Nella mia gioventù - ammette Ravalico - avevo un dirigente che diceva che chi lavora sbaglia, e solo chi non lavora non sabaglia mai. Non ho nessun timore ad assumermi tutte le responsabilità della mancata trasmissione della documentazione». «Giova ricordare - commenta Camber - che l’altro Prg saltò perché mancava la relazione geologica nel cd da consegnare alle circoscrizioni. Siamo davanti a un iter in cui anche la forma diventa sostanza. Abbiamo segnalato ciò che ritenevamo giusto correggere, in uno spirito collaborativo». «Sul parere della circoscrizione ad esempio potevamo far finta di niente e far esplodere il caso in Consiglio comunale - incalza Ferrara - ma noi non siamo qui mica per boicottare». Sarà stata la fretta, insomma, la cattiva consigliera, posto che Ravalico aveva convocato la commissione al lunedì pomeriggio per la mattina successiva, in scia alla procedura d’urgenza concordata dalla conferenza dei capigruppo del Consiglio comunale. L’aula, per inciso, potrebbe a questo punto approvare le direttive già forse lunedì prossimo, facendo così scattare i nuovi regimi di salvaguardia indicati nella delibera. «Giustissimo procedere con un iter formale inappuntabile - sibila il grillino Stefano Patuanelli - ma queste direttive sono attese da fine agosto, sono passati tre mesi. Non si capisce perché si debba ricorrere proprio ora all’urgenza, se poi la necessità di fare presto porta a simili risultati...».
Piero Rauber

 

 

Rio Martesin, il Comune dica se darà permessi per costruire - L’INTERVENTO DI ALFREDO RACOVELLI*
 

Il Comitato Rio Martesin ha partecipato in ottobre all'incontro tra l'assessore Marchegiani e l'architetto Marina Cassin con la circoscrizione III che comprende le zone di Roiano, Gretta e Barcola, propedeutico all’approvazione delle direttive stesse da parte del consiglio comunale, dopo la decisione di cassare la variante 118 e riprogettare un nuovo piano. Come tutti sanno, la giunta comunale e il Sindaco in particolare hanno enfatizzato a più riprese la partecipazione dei cittadini in merito ai processi decisionali e alle scelte che l'amministrazione intende compiere, ma da questo punto di vista bisogna ammettere che la cosiddetta “giunta itinerante” per come si è manifestata a Villa Prinz altro non era se non l’incontro tra un assessore e i consiglieri circoscrizionali. Punto. Il Comitato si è organizzato con una presenza significativa solo grazie al passaparola, contando sul fatto che si trattava di un momento pubblico e che i destini della valle del Rio Martesin coinvolgono l’intero territorio e non solamente gli abitanti del quartiere circostante. All’assessore Marchegiani abbiamo chiesto che il Comune riveli pubblicamente quali siano le scelte politiche che l’amministrazione intende fare, alla luce del ricorso avanzato dalle imprese romane che lamentano un danno di tre milioni di euro e la cui prima udienza processuale dovrebbe tenersi a breve. La stessa richiesta la rivolgiamo anche al Sindaco Cosolini, affinchè chiarisca in modo netto se il Comune intenda rilasciare autorizzazioni a costruire. Avanziamo tale richiesta alla luce della battaglia che i cittadini hanno condotto da soli in questi anni a tutela della valle e non di certo grazie alle amministrazioni né di centro destra né di centro sinistra che invece si sono adoperate a favore di una colossale speculazione che avrebbe definitivamente cancellato l’ultima area verde a ridosso del centro città. Fiumi di cemento hanno inondato i nostri territori negli ultimi vent’anni, la cultura delle regole sostituita dal micidiale meccanismo della deroga, i piani regolatori sostituiti dall’urbanistica contrattata (usata a piene mani), al riparo di qualsiasi trasparenza. Ripristinare la legalità, bloccare le espansioni urbane, riqualificare le periferie, recuperare il costruito abbandonato: ecco tutto ciò che andrebbe fatto per fermare il saccheggio del territorio. Le responsabilità sono quindi di natura pesantemente politica ed anche tecnica, come evidenziato in maniera inequivocabile dal Consiglio di Stato, anche se spiace avere constatato che l’assessore in diversi momenti abbia messo sullo stesso piano le due sentenze che riguardano il ricorso fatto dai cittadini, ed espresse una dal Tar (che ha dato incredibilmente ragione al Comune di Trieste) e l’altra dal massimo organismo di natura amministrativa e giurisdizionale del nostro Paese, il Consiglio di Stato appunto (che ha invece accolto le istanze dei cittadini e annullato le concessioni edilizie). Durante il dibattito a Villa Prinz abbiamo inoltre chiesto un incontro con la circoscrizione e il presidente Andrea Brandolisio, da tenersi nella valle per affrontare assieme i problemi che interessano l’area anche a seguito di un ripristino mai attuato dalle ditte e, nonostante l’ordinanza comunale di riportare i luoghi al loro stato originario, lo scandaloso degrado e abbandono in cui versa la valle dal dicembre scorso, è un problema non più accettabile né rinviabile. La parte politica fino ad oggi non ha svelato quali siano le intenzioni della giunta e gli uffici manifestano spesso ostilità nei confronti dei cittadini che richiedono gli atti che interessano Rio Martesin e i molti aspetti da approfondire, alla luce di una battaglia che può ancora portare a esiti del tutto imprevedibili. In conclusione, qualcuno può prendersi la responsabilità di rispondere e poi agire di conseguenza, in modo veramente trasparente e facendosi poi garante della tutela di un bene comune, così come riportato dagli articoli 2, 9 e 42 della Costituzione Italiana e come sancito da 28 milioni di italiani nel referendum del 13 e 14 giugno?

*per il Comitato Rio Martesin
 

 

Variante 27, si allenta la tensione in Comune - Veronese sugli emendamenti: «La riduzione della cubatura, dove consentita, è stata condivisa»
 

DUINO AURISINA «È stato un incontro molto soddisfacente. Ho potuto riscontrare da parte di tutti gli intervenuti la disponibilità a esaminare le mie osservazioni in merito all’estensione degli ambiti», dichiara Massimo Veronese, capogruppo del Pd di Duino Aurisina. Sembra svanita, quindi, la tensione tra amministrazione comunale e opposizione sulla variante 27. La richiesta di Veronese «di ridurre l’ampiezza in metri cubi di alcuni ambiti per evitare la lottizzazione selvaggia» è stata accolta e condivisa, almeno per le zone dove il Puc (Piano urbanistico comunale) lo consente. «Non in tutte le aree che avevo segnalato negli emendamenti – spiega Veronese – è stato possibile ridurre la cubatura ma in alcuni casi, che non presentavano particolari necessità che andassero a soddisfare l’esigenze dei cittadini come ad esempio nella zona di Aurisina, Santa Croce, Slivia e Visogliano, è stata presa in considerazione la mia richiesta». Il problema, infatti, per Veronese era dato dal rischio «che essendo gli ambiti zone da edificare ex novo quindi con la relativa necessità di realizzare anche strade, illuminazioni e reti fognarie, avrebbero rischiato di creare degli ulteriori agglomerati di case laddove non ce n’era bisogno». Oltre all’emendamento di Veronese, che sulla stessa falsariga era stato proposto anche dall’opposizione, ne è stato accolto positivamente anche un altro, proposto dall’assessore ai Lavori pubblici Andrea Humar, sulla ristrutturazione edilizia nel centro di Sistiana. «Domani presenterò in Consiglio la proposta di modifica di una normativa del Puc che obbliga, nel caso un privato voglia ristrutturare un edificio, a presentare un progetto unitario condiviso da tutto il comprensorio». «La modifica - continua - sarà solo a favore della ristrutturazione o della riorganizzazione degli spazi interni. Per eventuali ampliamenti sussisteranno ancora i vincoli».

(v.a.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 15 novembre 2011

 

 

Banca Etica, in via Coroneo la prima filiale in citta'

 

Banca Etica è sbarcata a Trieste. Da ieri è aperta la sede operativa di via Coroneo 31/2, prima filiale in città, la sedicesima in Italia. Si tratta del primo istituto di credito italiano dedito alla finanza etica e solidale, operante nel rispetto della sostenibilità economica e ambientale. Già presente in regione con due promotori finanziari, 1.116 soci e una raccolta di risparmio pari a 15 milioni di euro, annovera fra le iniziative e le realtà fin qui sostenute a livello di finanziamento l’Associazione centro antiviolenza Goap e la Cooperativa sociale Il posto delle fragole. Gli sportelli della nuova sede sono aperti di mattina fra le 8.45 e le 13.15. Nel pomeriggio, invece, su appuntamento. Non solo i tradizionali conto corrente, carta di credito, bancomat, servizio allo sportello e internet banking: i clienti hanno la possibilità di destinare i propri capitali di risparmio verso un settore d’investimento “particolare”. Da scegliere fra: cooperazione sociale, cooperazione internazionale, ambiente, cultura e società. Successivamente, grazie alla pubblicazione dei finanziamenti sul sito www.bancaetica.it, questi investimenti possono essere “verificati” direttamente. «Una novità e un vanto – aveva spiegato nei giorni precedenti l’inaugurazione il direttore della filiale di Trieste Enrico Trevisiol - è quello di garantire la totale partecipazione dei risparmiatori ai modi di utilizzo del loro denaro. Negli altri istituti di credito non è possibile conoscere la destinazione del proprio investimento. È un “bollino di eticità” che consente di evitare le derive alle quali stiamo assistendo». Il principale ambito d’investimento di Banca Etica comprende realtà che operano all’interno del terzo settore e dell’economia solidale, nell’ambito dei servizi sociosanitari ed educativi, dell’inserimento lavorativo dei soggetti deboli, della cooperazione allo sviluppo, del volontariato, della tutela ambientale e della salvaguardia dei beni culturali. Non mancano i servizi per i privati, dal mutuo per l’acquisto della prima casa ai prestiti personali mirati, secondo le esigenze del singolo e delle famiglie: copertura di spese sanitarie, adozioni, ristrutturazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche o impianti per l’utilizzo di energie rinnovabili.

 

 

Duino Aurisina, scontro sulla nuova variante al Prg
 

Oggi il deposito degli emendamenti. Domani il dibattito in Consiglio comunale Us e Pd «Rischio speculazioni». Il sindaco Ret: «Accolte le richieste della gente»
DUINO AURISINA Una sfida “all’ultimo emendamento” tra maggioranza ed opposizione quella che avrà luogo stamane in municipio a Duino Aurisina. L’oggetto della disputa è la variante 27 prevista all’interno del piano urbanistico del Comune. «Venerdì, dopo la riunione della seconda commissione ho detto ai consiglieri, sia della maggioranza che dell’opposizione, di preparare entro il week-end tutti gli emendamenti necessari – dichiara il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret -. La mia intenzione è di portate in consiglio comunale, mercoledì, una proposta unica condivisa e votata all’unanimità». Già nel pomeriggio di oggi, quindi, si dovrebbe avere almeno avere un’idea più chiara se si riuscirà a trovare un punto d’incontro mettendo fine alle polemiche. Successivamente alla prima e, sin ora, unica presentazione pubblica indetta dall’amministrazione in carica (lo scorso 13 settembre), infatti, Massimo Veronese (Pd) aveva definito la variante «inaccettabile visto stravolge le direttive aprendo la strada a nuove speculazioni dove non c’è una reale necessità». Alle obiezioni di Veronese, poi, si erano accodata anche l’Unione slovena denunciando una «lottizzazione selvaggia con una colata di cemento di oltre 33.000 cubi (all’incirca 130 – 150 nuove abitazioni) per accontentare qualche amico e richiamare, forse, anche nuovi voti in vista delle prossime elezioni». Immediata la replica del primo cittadino Ret che, invece, l’aveva definita una “variante di giustizia”. Per dimostrarlo aveva addirittura snocciolato dati e la Bb3 (classificazione inserita nel prg) che prevede la quasi sola edificazione di abitazioni private e che nella nuova variante limita la costruzione di edifici con metratura superiore a 150 metri. Viviana Attard
 

 

«Bonifica al ribasso nel sito Acquario»
 

Dubbi ambientalisti sull’affidamento dell’incarico a Napoli Cecco (FareAmbiente): «Preoccupa la procedura adottata»
MUGGIA Finora il terrapieno Aquario è stato gestito malissimo con poca attenzione per la salute pubblica. Parole al vetriolo quelle utilizzate da Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, intervenuto alla luce del recente affidamento de lavoro di bonifica dell'area ad uno studio associato di Napoli. La procedura, che prevedeva l’aggiudicazione a favore del professionista miglior offerente, ha visto il Rtp Studio associato Aisa, composto dal geologo Ugo Ugati, dall'architetto Elio Conte e l'ingegner Paulo Abundo, guadagnarsi il primo posto nella graduatoria degli offerenti con un ribasso del 52,55% sul costo posto a base d’asta di 64 mila euro. Dopo le opportune verifiche, il gruppo di professionisti, con sede legale a Napoli, si è aggiudicato quindi il progetto operativo con un importo pari a 30 mila 368 mila euro: a loro l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ad esecutiva, direzione lavori, coordinamento della sicurezza per la progettazione e l’esecuzione. «Il fatto che per la gara inerente la progettazione si sia adottato il sistema del massimo ribasso e che la stessa sia stata vinta con una sostanziale riduzione del prezzo da un gruppo di professionisti che probabilmente non conoscono il territorio, può preoccupare - spiega Cecco -. Comunque confidiamo nella esperienza e professionalità degli stessi, auspicando si arrivi ad un risultato ottimale». L'associazione abientalista ha poi evidenziato come «le intenzioni dichiarate dall'attuale amministrazione comunale sono di dare la possibilità di fruizione ai cittadini dell'area per attività ricreativa balneare, quindi alta deve essere l'attenzione per la progettazione e le attività di bonifica». E «viste le tempistiche lunghe tra progettazione, i passaggi al vaglio della Conferenza dei Servizi, riteniamo importantissimo il mantenimento degli strumenti atti all'interdizione dell'area». Il pensiero di Cecco è chiaro: «La salute pubblica deve essere prioritaria rispetto a qualsiasi convenienza, politica, economica o di opportunità. In attesa dunque che il progetto venga ultimato entro la prossima primavera rimane un dubbio inerente la cifra economica dell'affidamento dei lavori in quanto durante una recente riunione del Consiglio comunale muggesano l'amministrazione aveva comunicato che l'ammontare della spesa era stato stimato in circa 80mila euro provenienti da avanzo di amministrazione. Cifra che poi è scesa a 64 mila euro prima di raggiungere il ribasso a 30 mila 368 euro.

Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 14 novembre 2011

 

 

Area marina, spente 25 candeline - Compleanno celebrato tra attivita' educative, visite e una caccia al tesoro

 

Venticinque anni di ricerca scientifica, monitoraggio delle acque e studio degli ecosistemi marini; 25 anni di impegno nella conservazione e nella tutela di flora e fauna subacquee; 25 anni di opera di divulgazione, sensibilizzazione e di attività didattiche rivolte agli studenti delle scuole. È il primo quarto di secolo dell’Area marina protetta (Amp) di Miramare, celebrato ieri insieme ai molti ospiti arrivati da tutta la regione, ma anche dal Veneto, con una giornata speciale. Tra le prime realtà promosse a Riserva naturale in Italia e affidate alla gestione del Wwf, l’Area marina porta avanti dal 1986 la volontà di far conoscere la sua realtà alle realtà limitrofe, svolgendo il ruolo di area-esempio nell’ambito marino-costiero del Golfo di Trieste mediante la ricerca scientifica, suggerendo sistemi di gestione sostenibile dello sfruttamento turistico del territorio o disciplinando la pesca. Pur ricoprendo una superficie ristretta - 30 ettari circondati da un tratto di mare di 90 - tra il porticciolo di Grignano e la riviera di Barcola, l’Area è uno dei principali poli d’attrazione cittadini, nonché un modello di gestione oculata ed ecocompatibile di ambienti marini e terrestri e un habitat sicuro per migliaia di specie viventi. Tutto questo è stato festeggiato ieri tra attività educative, di gioco e scoperta a contatto con le risorse naturalistiche della Riserva. Gli oltre cento iscritti per le uscite in catamarano, rimandate a causa del vento forte, hanno visitato il percorso didattico-esplorativo del Centro visite del Castelletto: non un museo tradizionale, ma un sito messo a punto per offrire un’immersione subacquea virtuale, a piedi nudi per percepire il fondale marino ricostruito sul pavimento e immergendo le mani nella “vasca tattile” per toccare ricci, granzievole, stelle marine e cetrioli di mare. I giovanissimi ospiti hanno cercato e identificato con l’aiuto della scheda “identifish” gli organismi viventi del mare e hanno imparato a conoscerli e classificarli con l’aiuto dei biologi dello staff. Nel pomeriggio, intorno al Castelletto, una decina di famiglie ha dato vita a una caccia al tesoro incentrata sul patrimonio naturale e sulla storia del Parco. Il vincitore si è portato a casa una borsa in materiale ecologico contenente un kit per la scuola, una maglietta e un libro sul mare e i suoi abitanti, oltre a una giornata da ricordare, trascorsa all’aria aperta in modo piacevole e spensierato. I festeggiamenti del compleanno dell’Area continueranno domenica 4 dicembre con la proiezione di filmati e immagini sugli squali dell’Adriatico e sugli incontri “speciali” che si possono avere nel nostro Golfo: balene, delfini e tartarughe marine.

Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 13 novembre 2011

 

 

Comunelle in marcia per contrastare il nuovo elettrodotto
 

La manifestazione organizzata per domenica 20 novembre Due drappelli da Gabrovizza e Ceroglie a San Pelagio
TREBICIANO Una marcia per dire no al nuovo eletrodotto sul Carso, per tutelare il territorio dell'altipiano e per fare valere i propri diritti di cittadini. La propone la Comunanza delle Comunelle/Agrarna Skupnost che ieri ha presentato l'evento alla Casa di cultura di Trebiciano. Assieme alla Comunanza, l'associazione dei Proprietari del Carso, il Centro culturale Vigred di San Pelagio, il gruppo alpinistico Sloga/Devin e è prevista l'adesione delle amministrazioni locali della provincia e di altri rappresentanze territoriali. La marcia di protesta si svolgerà domenica 20 novembre con inizio alle ore 10. Sono previsti due punti di concentramento e due itinerari che convergeranno su San Pelagio, una delle aree più coinvolte dagli espropri per il nuovo elettrodotto i cui lavori già sono iniziati per opera della società “Terna” di Padova. Il primo concentramento si terrà a Trebiciano; da qui la carovana di auto si recherà a Gabrovizza e di lì, a piedi, i partecipanti si muoveranno verso San Pelagio. L'altro concentramento avverrà nella frazione di Medeazza; tappa successiva la scuola di Ceroglie, da cui il corteo inizierà la marcia verso San Pelagio. L'arrivo dei due drappelli è previsto attorno alle 12. «Di fronte al progetto della società Terna, i residenti del Carso reagiscono per scongiurare un progetto devastante impatto per il nostro territorio. Non siamo cittadini di serie B – continua il presidente della Comunanza Vladimir Vremec – costretti a piegare il capo di fronte a una società che per realizzare i suoi enormi tralicci riesce a superare indenne tutti i vincoli esistenti sul Carso, compresi quelli imposti dall'Agenda 2000 della Comunità Europea.» Per contrastare e rivedere i termini di costruzione dei nuovi tralicci, la Comunanza ha prodotto una petizione sottoscritta da oltre 2000 persone e inoltrato un ricorso al Presidente della Repubblica di cui si attendono gli esiti. I rappresentanti dell'ente continuano inoltre a richiedere un'audizione al Consiglio Regionale che però al momento non ha esaudito tale richiesta. « che gioco giochiamo – rincara Vremec – a chi sta veramente a cuore la tutela e lo sviluppo del Carso? Sicuramente non quelli che vorrebbero imporre impianti vetusti distruggendo prospettive e angoli di un altopiano per il quale si è appena concluso l'iter di progettazione di un “master plan” di sviluppo che rischia per l'ennesima volta di restare lettera morta».

Maurizio Lozei

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 12 novembre 2011

 

 

Prg, le direttive lunedì in giunta - IERI IN SESTA COMMISSIONE - Il Comune ha tenuto conto delle osservazioni delle circoscrizioni
 

Lunedì la delibera contenente le direttive e le collegate salvaguardie del nuovo Piano regolatore verrà portata in giunta. Ieri mattina, davanti ai componenti della Sesta commissione consiliare del Municipio, il sindaco Roberto Cosolini e i tecnici comunali ne hanno anticipato i contenuti anche in relazione alle indicazioni (non vincolanti) arrivate dai sette parlamentini del Comune. «Ci sono stati fatti presente i pareri forniti dalle circoscrizioni - riepiloga Mario Ravalico, consigliere comunale del Pd e presidente della Sesta - e i motivi dell’accoglimento di una serie di loro osservazioni». A proposito di circoscrizioni, Ravalico fa proprio il punto sull’esito degli “esami” delle direttive del nuovo Prg: «Prima e Seconda - continua l’esponente della maggioranza di centrosinistra - si sono espresse favorevolmente. La Terza ha invece dato parere negativo, senza fornire motivazioni. Dalla Quarta circoscrizione, poi, è giunto parere favorevole con osservazioni, esattamente come per la Sesta. In Quinta, il voto è finito in pareggio e quindi si tratterebbe di un “non parere”». Sulla questione specifica «si è discusso molto anche in commissione, arrivando alla considerazione che probabilmente - aggiunge Ravalico - è un parere sfavorevole». Contraria, e qui di dubbi interpretativi neanche l’ombra, è infine «la posizione della Settima circoscrizione», conclude il presidente di commissione. Peraltro, la Settima è l’unica circoscrizione con presidente di centrodestra: a guidarla è Francesco Bettio (Pdl). Dopo il passaggio in giunta, già martedì prossimo la Sesta commissione si riunirà per iniziare gli approfondimenti sulla delibera. Ieri, intanto, è stata portata all’attenzione dei commissari anche la mozione presentata da Everest Bertoli (Pdl) sul tema del Corridoio 5 e in particolare del tratto che dovrebbe interessare il territorio triestino. Bertoli chiede a sindaco e giunta di impegnarsi «ad adottare tutti gli atti necessari per quanto di nostra competenza per la realizzazione di tale opera ed in particolare prevederla nel prossimo Prgc con particolare attenzione alla tutela dell’ambiente e delle comunità locali» e inoltre di «condannare» gli episodi di violenza avvenuti in Valsusa ed «esprimere solidarietà» a forze dell’ordine e operai del cantiere. La mozione di Bertoli verrà discussa in Consiglio comunale.

(m.u.)

 

 

Tornano i treni diurni con l’Austria - La linea Udine- Villaco ripartirà dalla prossima estate dopo due anni di stop. Decisivi i fondi europei
 

VILLACO Una buona notizia per quanti amano viaggiare in treno, in particolare per coloro che una volta se ne servivano per recarsi in Austria. Dall’estate prossima sarà ripristinato il collegamento diurno tra le stazioni di Villach e di Udine che mancava dal 2009, da quando cioè era stato soppresso anche l’Eurocity “Allegro Johann Strauss”, che partiva da Trieste per Vienna alle 15.59 (dopo che l’anno prima era già stato soppresso anche l’altro Eurocity del mattino). Da allora di giorno non c’erano più collegamenti tra Italia e Austria lungo la linea Pontebbana; era rimasto soltanto un treno notturno. La notizia del ripristino del collegamento diurno non è ancora ufficiale, ma è trapelata dalle Öbb, le Ferrovie austriache, che nel 2009 erano state contrarie all’abolizione dell’”Allegro Strauss” e, per colmare il vuoto, avevano istituito autonomamente corse sostitutive in pullman tra Klagenfurt e Venezia, con tappe a Villach e Udine. E ora sono state proprio le Öbb a volere fortemente il nuovo servizio, che prenderà il via nel 2012, in coincidenza con l’entrata in vigore dell’orario estivo. Partner delle Öbb non sarà Trenitalia, ma la Ferrovia Udine-Cividale (Fuc), nell’ambito del progetto transfrontaliero Micotra (Miglioramento collegamenti transfrontalieri) finanziato dall’Ue e promosso dal Land Carinzia e dalla nostra Regione, come ha fatto sapere Albert Kreiner, funzionario dell’amministrazione di Klagenfurt. Gli orari non sono ancora definitivi, perché dovranno essere pianificati assieme a quelli degli altri treni in circolazione sulla rete friulana e carinziana, ma per il momento si lavora sull’ipotesi di due corse, al mattino e al pomeriggio, con i seguenti orari: partenza da Udine alle 6.55, con arrivo a Villach alle 8.49; partenza da Villach alle 9.40, con arrivo a Udine alle 11.34; partenza da Udine alle 17.15, con arrivo a Villach alle 19.09; partenza da Villach alle 19.30, con arrivo a Udine alle 21.24. Sulla tratta italiana i treni faranno sosta a Gemona, Venzone, Carnia, Pontebba, Ugovizza, Tarvisio Boscoverde. Motrici e carrozze saranno fornite dalle Ferrovie austriache, che «si sono dimostrate molto flessibili – ha dichiarato Kreiner – e ci hanno veramente aiutato». Il prezzo del biglietto non è stato ancora fissato e non si esclude che in futuro il numero delle corse possa essere aumentato. Attualmente i collegamenti tra Veneto-Fvg e Carinzia sono assicurati da un servizio su pullaman delle Ferrovie austriache, con quattro corse al giorno in andata e ritorno tra Klagenfurt e Venezia, a intervalli di due ore l’una e l’altra. «Quest’anno – fa sapere il portavoce delle Öbb – sono già stati trasportati 120.000 passeggeri». Per il momento non è chiaro se, dopo la ripresa dei collegamenti su rotaia, quelli in pullman saranno sospesi o ridotti.
Marco Di Blas

 

 

Un patto in difesa dell'ambiente - Ciriani sigla l'accordo con l'Arpa e i carabinieri: piu' controlli e vigilanza.

 

UDINE Il vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, ha siglato ieri con il tenente colonnello Sergio Dal Monte, comandante del Gruppo Tutela Ambiente dei Carabinieri di Treviso, un protocollo d’intesa che regola una nuova forma di collaborazione che ha per obiettivo quello di migliorare l’efficacia e l’efficienza dei controlli e delle attività di vigilanza in materia di tutela ambientale, mediante una più stretta intesa tra Direzione regionale all’Ambiente, Arpa e Noe di Udine. «L’accordo - ha spiegato Ciriani - ha l’obiettivo di attivare una collaborazione più stringente per evitare che si abusi del territorio, tutelando la sicurezza delle persone e dell’ambiente». In tal senso Ciriani ha sottolineato che «vi sono casi di cronaca di questi giorni che evidenziano come il ruolo del Noe sia sempre più centrale: abbiamo attivato procedure e accordi e messo a disposizione risorse, affinchè questa collaborazione sia sistematizzata, e da essa nasca un impegno comune coordinato e sempre più efficace per stanare chi utilizza dolosamente il nostro habitat». Il protocollo siglato ieri prevede anche un investimento economico da parte della Regione di 25 mila euro, necessario per l’acquisizione di strumenti e l’effettuazione di azioni in grado di attivare concretamente questa sinergia. Il Gruppo Tutela Ambiente dei Carabinieri ha attivato simili accordi con Regioni, Province e Comuni in molte parti d’Italia e il risultato è sempre positivo, in quanto - è stato rilevato nel corso dell’incontro - dove c’è collaborazione e sinergia aumenta l’efficacia della prevenzione e l’emersione dei comportamenti illegali nei confronti dell’ambiente.

 

 

Ret: concluso entro il 2013 l’iter per il depuratore
 

Il sindaco: serve a garantire una qualità maggiore del servizio idrico Gli attuali impianti saranno cambiati, vista anche la collocazione non felice
DUINO AURISINA «Abbiamo già pronto tutto, documentazione necessaria e progetto. Ora dobbiamo trasferirlo alle Ato (Ambito territoriale ottimale ndr) e poi partire al più presto con la realizzazione. Entro il 2013 contiamo che l’iter venga portato a termine». A dichiararlo il primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret. L’oggetto è la realizzazione di un depuratore centrale che andrebbe a sopperire ai due presenti nel territorio di Duino e di Sistiana e quello provvisorio del Villaggio del Pescatore. «E’ un intervento necessario per il nostro comune – spiega Ret – perché in questo modo si riuscirebbe a garantire una qualità maggiore del servizio idrico. Gli attuali depuratori vanno cambiati – dichiara. A livello costi – benefici ha più senso che ne venga fatto uno nuovo che riesca a coprire le necessità di tutte le utenze comunali piuttosto che spendere un sacco di soldi per degli interventi che sarebbero solo temporanei e che comunque rinvierebbero il problema». Attualmente, infatti, i due depuratori funzionanti (Duino e Sisitiana), se si esclude quello temporaneo al Villaggio, coprono tutte le utenze comunali. La situazione, però, tra non molto potrebbe rivelarsi insufficiente. Negli ultimi mesi, infatti, l’allaccio di ulteriori utenze sta facendo raggiungere il limite massimo per il buon funzionamento dei due sistemi depurativi. E per adesso, si parla comunque di uno stato di fatto del periodo invernale. In quello estivo, a detta del sindaco e dell’assessore ai lavori pubblici, Andrea Humar «la situazione rischia di essere ancora più problematica con l’aumento delle persone in Baia». A questo problema, a detta di entrambi, «si aggiunge la posizione infelice di quello a Sistiana che si trova all’interno della Caravella». Una posizione, questa, che non si può certo ritenere strategica se si vuole rilanciare la baia a livello turistico per bagnanti abituali e possibili turisti. Già il mercoledì passato amministrazione comunale ed alcuni tecnici dell’Acegas Aps, dunque, si sono incontrati per discutere del progetto. il prossimo mercoledì, a detta del vice sindaco Massimo Romita «si dovrebbe presentare la proposta di progetto all’ Ato Orientale triestino per il depuratore unico». Il costo dell’opera è previsto attorno ai 6 milioni di euro e, a detta di Romita, «verrà suddiviso in tre lotti: il primo lotto vedrà il collegamento delle tubature tra Villaggio del Pescatore a Duino (dietro l’ex caserma di polizia), il secondo collegherebbe Sistiana a Duino passando all’altezza della Forestale e le case verdi e l’ultimo, quello dall’investimento più cospicuo, vedrebbe la realizzazione del depuratore, con circa 4 milioni di euro,nella zona sotterranea tra il Bar Bianco e la trattoria da Gino».
Viviana Attard

 

Un unico tubone nella baia di Sistiana - IL PROGETTO
 

Un depuratore unico da 6 milioni di euro entro il 2013. Il Comune di Duino Aurisina nei prossimi giorni presenterà il progetto all’Ato Orientale Triesto ( Ambito territoriale ottimale che, secondo legge regionale n° 13/2005, ha lo scopo di organizzare il servizio idrico integrato, nonché di svolgere le funzioni di programmazione e di controllo della gestione del servizio) per creare un depuratore unico, locato a Sistiana, in sostituzione a quelli esistenti che non soddisfano a pieno alle necessità delle utenze comunali.
 

 

L’Area Marina compie 25 anni Festa con visite e caccia al tesoro - ANNIVERSARIO WWF
 

Due tappe, due momenti per festeggiare sul campo i 25 anni dell'Area Marina Protetta di Miramare, una delle prime realtà del settore sviluppate in Italia assieme a Ustica, laboratorio naturale curato sotto l'egida del Wwf. La prima fase del compleanno è in programma domani, una sorta di festa da vivere a stretto contatto con le risorse naturalistiche della Riserva, grazie al supporto di Aula Blu, il catamarano che ospita le scolaresche alla scoperta del mare e dei fondamenti della educazione ambientale. Tre le uscite in barca previste nell'arco della mattinata (ognuna di un’ora circa), salpando da Grignano alla volta del cuore dell'Area Marina di Miramare, il “teatro” delle lezioni speciali promosse in occasione del 25°. Nel pomeriggio lo scenario cambia. La scena della festa si sposta proprio all'interno di Miramare (dalle 14, zona Castelletto) per dare vita a una caccia al tesoro incentrata sui segreti, la storia e il patrimonio del nobile sito icona di Trieste e dintorni. Entrambi gli appuntamenti sono gratuiti e aperti a tutti, non necessariamente ai bambini, ma bisogna prenotarsi telefonando (ore ufficio) allo 040-224147, via fax allo 040-224636 o scrivendo a manuela@riservamarinamiramare.it C'è dell'altro. Il traguardo speciale dei 25 anni regala per l'occasione anche la possibilità di interagire direttamente con gli esperti, lo staff formato da tecnici e biologi, che hanno in cura la Riserva marina, grazie alla apertura straordinaria del Centro Visite (anche essa gratuita), programmata dalle 10 alle 16. Quella di domani è il primo dei due capitoli concepiti per la ricorrenza dell'Area Marina Protetta di Miramare. Il secondo sbarco sull'isola targata Wwf è programmato per il pomeriggio di domenica 4 dicembre. In questo caso il cartellone sembra ancora da definire ma una cosa è certa, si tratterà di una giornata altrettanto intensa sul piano delle proposte e dei criteri di divulgazione che regolano l'intera area. Una vera seconda lezione per tutti, costellata da immagini, resoconti e documenti legati non solo al culto di Elisabeth, il delfino che ama abitare con una certa frequenza dalle parti del Golfo di Trieste, ma anche agli altri “turisti”, anzi i veri padroni di casa, dalle tartarughe, alle balene e agli squali. Storia, scienza, natura e formazione. Su questi aspetti si articola il traguardo dei 25 anni di un sito storico divenuto nel 1986, grazie agli effetti di un decreto ministeriale, una “Riserva naturale marina statale”, area di 30 ettari incastonata tra Golfo e Castello, un caposaldo della biodiversità marina e delle funzioni dell'eco sistema del Golfo di Trieste. Ulteriori informazioni circa il calendario del 25° e sulle attività in generale in atto all'interno dell'Area Marina di Miramare, navigano sul sito www.riservamarinamiramare.it o su www.facebook.com/AMPMiramare.

Francesco Cardella
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 11 novembre 2011

 

 

IL 22 NOVEMBRE AL PARLAMENTO EUROPEO I RIGASSIFICATORI E GLI IMPIANTI INDUSTRIALI A RISCHIO DEL GOLFO DI TRIESTE

 

Il 22 novembre 2011 il Parlamento Europeo continuerà l’esame delle tre petizioni di Greenaction Transnational e di AAG (Alpe Adria Green) sulla violazione della legge Seveso a Trieste e sui progetti di due terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste.
Le petizioni presentate dal network AAG-Greenaction Transnational (Petizioni 483/2007, 1147/2008 e 1472/2009) riguardano le violazioni commesse dall’Italia nelle procedure di VIA dei progetti per i terminal gas nel Golfo di Trieste, ed in particolare per quello della spagnola Gas Natural-Union Fenosa nel porto industriale di Trieste, in mezzo ad altri stabilimenti a industriali a rischio di incidente rilevante e per i quali non è nemmeno rispettata la direttiva Seveso sulla sicurezza.
AAG-Greenaction con le loro denunce approdate al Parlamento Europeo ed alla Commissione Europea hanno portato all’attenzione delle istituzioni comunitarie l’esplosiva situazione esistente nel ristretto bacino del Golfo di Trieste, diviso tra tre Nazioni (Italia, Slovenia, Croazia), già saturato da un intenso traffico marittimo commerciale a cui si si deve sommare quello del terminal petroli della SIOT a Trieste (principale scalo petroli del Mediterraneo).
Il Golfo di Trieste, peraltro già pesantemente inquinato dagli scarichi industriali e con elevate concentrazioni di metalli pesanti nei fondali, ha un equilibrio delicatissimo che potrebbe venire definitivamente sconvolto dai rigassificatori.
La realizzazione dei due terminali di rigassificazione, oltre agli insuperabili problemi di sicurezza, porterebbe al collasso dell’ecosistema marino del Golfo di Trieste, nel quale verrebbero scaricate le acque marine sterilizzate con il cloro necessarie al funzionamento degli impianti.
Ma per costruire i due terminali e relativi gasdotti sottomarini, dovrebbero essere scavati grandi quantitativi di terreno inquinato, in ambito costiero e nei fondali marini (per la sola realizzazione del rigassificatore nel porto di Trieste sono previste escavazioni per circa 2,5 milioni di metri cubi di terreni inquinati da metalli pesanti e idrocarburi). L’impatto di questo intervento sarebbe devastante e metterebbe a sua volta in ginocchio l’ecosistema del piccolo Golfo di Trieste, con evidenti ripercussioni sulle attività collegate (turismo, pesca).
Inoltre le attività commerciali dei due porti di Trieste (porto franco internazionale) e di Koper-Capodistria, subirebbero delle pesanti ripercussioni a causa delle rigide misure di sicurezza necessarie per garantire l’attività degli impianti di rigassificazione.
Le posizioni degli ambientalisti di AAG-Greenaction di bloccare qualsiasi nuovo progetto ad alto impatto ambientale nel Golfo di Trieste e di creare una zona di tutela ecologica hanno trovato la condivisione della Repubblica di Slovenia che proprio recentemente ha deciso la costituzione in giudizio contro la Repubblica Italiana nei ricorsi amministrativi pendenti al TAR Lazio sul progetto del terminal gas della spagnola Gas Natural-Union Fenosa nel porto di Trieste.
Per l’importante ruolo di opposizione ai rigassificatori nel Golfo di Trieste gli ambientalisti di AAG-Greenaction sono stati denunciati all’autorità giudiziaria italiana proprio dalla Gas Natural-Union Fenosa. L’accusa è di avere diffamato la società spagnola rendendo pubbliche le notizie sulle denunce presentate contro la multinazionale per violazioni dei diritti delle comunità indigene commesse nel Centro e Sud America.
greenaction-transnational

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 11 novembre 2011

 

 

Pioggia, il Comune deve scongiurare i pericoli - Filippo Giorgi al convegno “Acqua e territorio”: «Servono nuove politiche per l’edificazione»
 

Spetta al Comune di Trieste nelle stesura del futuro piano regolatore prevenire i disastri causati dal fenomeno delle precipitazioni intense. Il convegno “Acqua e Territorio” organizzato ieri dalla Fit, la Fondazione Internazionale di Trieste, - anche alla luce degli ultimi fatti di cronaca che hanno messo in ginocchio Genova – non ha potuto esimersi dal affrontare l’argomento relativo alla pericolosità dell’acqua quando è mal gestita, mal controllata. «La cosa che sta cambiando non è dove piove – ha sottolineato Filippo Giorgi, Premio Nobel 2007 – ma come piove. Si tende a precipitazioni meno frequenti ma con fenomeni più intensi dovuti alle temperature più alte nell’atmosfera». Secondo Giorgi a livello locale bisognerebbe appunto mettere in pratica politiche di costruzione più attente al territorio e un piano regolatore che tenga inevitabilmente conto del profondo mutamento del ciclo dell’acqua. Acqua, che sarà il bene più prezioso del centesimo secolo ma che rischia di diventare un serio pericolo se il riscaldamento globale non sarà contenuto entro certi limiti gestibili attraverso politiche di riduzione di emissioni da gas serra. Il 2010 è stato l’anno più caldo dal 1850. L’impatto umano sul clima diventa ora fondamentale. «Lo scopo dell’iniziativa promossa dalla nostra Fondazione – ha precisato Paolo Bonivento, vice presidente della Fit – ha voluto presentare anche ad un pubblico di non addetti ai lavori, quello che il “sistema scientifico” di Trieste conosce a livello territoriale sul tema del’acqua, visto e analizzato dalle più svariate angolature». L’incontro, oltre ad analizzare l’elemento acqua in termini scientifici e tecnologici, ha raccontato della fauna che vive grazie alle acque di superficie, di come il vento di Bora influisca sulla quantità delle stesse acque ma pure della vulnerabilità dei bacini carsici. Un viaggio a 360 gradi che è stato seguito con particolare attenzione dai giovani studenti della I D del liceo scientifico Oberdan sorpresi nello scoprire che, ad esempio, ognuno di noi usa giornalmente 400 litri d’acqua. Oppure che per produrre una grossa bistecca - calcolando l’intero ciclo dall’allevamento della mucca alla macellazione – servono circa 13 mila litri di acqua.
 

 

Cinghiali in ritirata, finito l’allarme - Il vicepresidente della Provincia Dolenc: «Nessun piano di abbattimento, si stanno spostando verso Duino e San Dorligo»
 

L’ULTIMO BILANCIO Non c’è stata una recrudescenza del fenomeno, anche i viticoltori hanno registrato meno danni. Problemi a Padriciano
di Laura Tonero Rientra sul nostro territorio l’allarme cinghiali. I suinidi hanno capito che qui, a Trieste, la vita per loro stava diventando grama, rischiano di farsi impallinare. La sola idea di venir trasformati in bocconcini inscatolati per cani e gatti ha fatto loro levar le tende. O ancora peggio di finire nei piatti degli agriturismi del Carso in compagnia di una bella fetta di polenta. Di fatto la popolazione di questi animali in provincia si è ridimensionata: un po’ perché spaventati dagli spari delle doppiette si sono pian piano spostati verso il ciglione di Duino Aurisina o verso San Dorligo, un poì perché il piano di contenimento messo in atto lo scorso anno dalle guardie forestali ha dato i suoi risultati. Come dire che i cinghiali hanno messo la testa posto. «Da gennaio ad oggi non è stato necessario nessun abbattimento in deroga – precisa Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia con delega ad Agricoltura, Fauna e Flora – non c’è stata una recrudescenza del fenomeno e anche i danni subiti dai viticoltori nel periodo della vendemmia, quando l’uva era matura, sono stati contenuti». Insomma, nessun cinghiale abbattuto, disagi contenuti e poche lamentele da parte dei coltivatori. «Solo al Golf Club di Padriciano è stato necessario un nostro sopralluogo viste le continue incursioni di questi animali – riferisce il vice presidente – ma anche lì, con un miglioramento del sistema di recinzione, il problema verrà risolto». Con la situazione sotto controllo ora la Provincia mira alla prevenzione mettendo a punto una campagna di informazione che limiti eventuali ricadute. «In collaborazione con le associazioni animaliste – illustra Dolenc – abbiamo pianificato una campagna informativa che inviti i cittadini a non dare da mangiare a queste bestie. Verranno poi diffuse precise indicazioni per un utilizzo corretto del pastore elettrico, un sistema che riduce sensibilmente la possibilità da parte del cinghiale di accedere alle coltivazioni». Si tratta di recinzioni formate da circuiti con cavi alimentati da batterie a basso voltaggio poste lungo i perimetri dei terreni che, tramite una scarica elettrica a 9mila Volt, impediscono l'avvicinamento dei cinghiali senza comportare pericoli per l'uomo e gli animali stessi. La campagna informativa prenderà il via tra un paio di settimane e verrà affiancata dalla distribuzione di un depliant realizzato dal Comune di Trieste che racconta abitudini, dinamiche della popolazione e habitat del cinghiale. «Riuscire a far perdere l’abitudine a quei cittadini che sistematicamente, inteneriti dalle bestiole, li alimentano anche in prossimità di zone abitate – valuta il vice presidente – migliorando contemporaneamente il sistema di asporto dei rifiuti, potrebbe migliorare ulteriormente la situazione senza dover ricorrere agli abbattimenti in deroga». Una situazione che si era verificata spesso sotto l’Obelisco dopo c’è un “accampamento” dei suini selvatici. L’idea precedentemente ipotizzata dalla Provincia di realizzare un laboratorio per la macellazione della carne di cinghiale è stata momentaneamente accantonata. «Per ora non ci sono strutture disponibili alla realizzazione del progetto – spiega Dolenc – dunque per ora ci concentriamo sulla prevenzione». L’ipotesi dellla macellazione aveva peraltro suscitato forti reazioni tra gli animalisti.
 

«Si spostano, qui c’era poco cibo» - Il veterinario Zucca: «Sono animali intelligenti che hanno una loro strategia»
 

Gli esemplari adulti hanno insegnato ai piccoli, ai loro cuccioli, che certe zone sono rischiose e che lì i cacciatori aprono le doppiette. E’ aumentata la loro paura nei confronti dell’uomo. E’ questo secondo Paolo Zucca, etologo e veterinario dell’Azienda Sanitaria suppone che sia questo uno dei fattori che ha allontanato i cinghiali dalle zone abitate di Trieste. «Senza aver a disposizione dei dati precisi – precisa Zucca – sono portato a ipotizzare che a determinare lo spostamento di questi animali e una riduzione della loro presenza in aree vicine a case e coltivazioni sia non tanto il risultato del piano di abbattimento messo in atto lo scorso anno, quanto dalle strategie messe in atto da questi suinidi estremamente astuti ed intelligenti». Il messaggio veicolato dalle istituzioni per dissuadere i cittadini ad alimentare i cinghiali ha dato poi i suoi frutti. «Indubbiamente – valuta l’etologo – è la spiegazione più plausibile: la poca disponibilità di cibo è uno dei motivi principali che spingono i cinghiali a spostarsi». Zucca spiega poi che tra i suinidi – specie di provata intelligenza - come pure tra altri animali, si riscontra una spiccata capacità di trasmissione sociale delle informazioni: «Ci sono degli indicatori di capacità cognitiva – spiega – provati da diversi studi: anno trasferire insegnamenti gli uni agli altri». In Emilia Romagna, ad esempio, le cornacchie hanno causato parecchi danni alle coltivazioni di angurie. Con il becco bucavano i cocomeri per bere il succo zuccherino. «Nell’attuare un piano di abbattimento – racconta il veterinario – ci si è accorti che questi uccelli durante gli orari di caccia si spostavano esattamente oltre la gettata massima delle doppiette». Ritornando ai cinghiali che popolano la nostra provincia e al rientro dell’allarme Zucca suggerisce: «E’ un fenomeno che andrebbe fotografarlo attentamente al fine di prevenire una repentina inversione di tendenza».

(l.t.)
 

 

Anche Opicina chiede di istituire il servizio “Pedibus”
 

OPICINA Arriva dalla circoscrizione di Altipiano Est la proposta di realizzare un servizio sperimentale “Pedibus” a Opicina per facilitare l’accesso dei piccoli alunni delle scuole De Grassi e Bevk al proprio edificio scolastico. Un idea del consigliere Matej Iscra concretizzata in una mozione che l’intero parlamentino ha adottato. Partendo dalla constatazione che le due realtà educative si trovano adiacenti il trafficato piazzale Monte Re, e che sono proprio i genitori dei piccoli alunni a contribuire alla congestione veicolare portando la prole a scuola con i propri mezzi, i consiglieri vorrebbero attivare quel servizio di “Pedibus” che sta già funzionando egregiamente in diversi comuni della regione e viene già utilizzato in altri istituti scolastici cittadini. Il Pedibus è una sorta di autobus che va a piedi, una carovana di bambini guidati da due adulti, il primo “conduttore” del gruppo, il secondo a chiudere la fila. La proposta del parlamentino è di accogliere gli alunni nell’area del centro civico in via Doberdò, dove non manca il parcheggio e è semplice assemblare in sicurezza il Pedibus. Da questo sito adulti e bimbi raggiungerebbero la scuola in tempi brevi passeggiando per il centro della frazione. L’espediente consentirebbe da una parte di alleviare la mole di traffico in piazzale Monte Re e, in particolare, far recuperare agli scolari il piacere di girare a piedi, di socializzare e di conoscere il centro del proprio paese.

(ma. lo.)
 

 

Interventi di pace

 

Arci Servizio Civile propone un corso per una formazione sulla gestione non violenta dei conflitti e sull’educazione alla pace e alla legalità, nella sede di Asc, in via F. Severo 31, a partire dal 15 novembre. Iscrizione gratuita. Info: in sede, tel. 040-761683, 335-5279319, trieste@arciserviziocivile.it

 

 

Sviluppo sostenibile - CONFERENZA SOSPESA

 

In occasione della Settimana Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, alla casa delle culture di via Orlandini 38, conferenza “A come acqua” oggi alle 17: Marco Iob di Cevi Udine, Oscar Garcia Murga di Legambiente Trieste, Marco Pieri già membro collegio sindacale Acquedotto del Carso spa, Tiziana Cimolino di Comitato acqua bene Comune Trieste, agenda 21 trieste.

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 10 novembre 2011

 

 

IL WWF A TONDO: “CAMBIARE DECISAMENTE ROTTA PER USCIRE DALLA CRISI PRIMA CHE DIVENTI IRREVERSIBILE”
 

Le richieste dell’associazione saranno presentate oggi al Presidente della Regione in occasione di un incontro a Paluzza.
Non si può pensare di risolvere una crisi, che è economica, ambientale e sociale al tempo stesso, con gli stessi strumenti e perpetuando le scelte sbagliate che l’hanno prodotta: da questa premessa parte il documento che il presidente del WWF Friuli Venezia Giulia, Roberto Pizzutti, consegnerà e illustrerà a Tondo, nell’incontro con le associazioni ambientaliste previsto per oggi pomeriggio a Paluzza.
Il WWF offre cioè alla riflessione dell’Amministrazione regionale una serie di spunti che cercano di superare il paradigma “sviluppista” e della crescita illimitata, all’origine della situazione attuale (su scala globale come su quella locale) e che minaccia, se non verrà messo in discussione, di rendere irreversibile la crisi in cui il Friuli Venezia Giulia, l’Italia e il Pianeta si dibattono ormai da tempo.
L’associazione chiede perciò sostanziali cambiamenti nella politica fin qui seguita dalla Regione, a cominciare da un serio impegno nella tutela della biodiversità, che richiede una radicale inversione di rotta rispetto a quanto fatto negli ultimi anni.
Bisogna cioè:
- incrementare il patrimonio di aree protette attraverso l’istituzione di nuove aree (per esempio un Parco Regionale sul Carso)
- approvare i piani di gestione per Rete Natura 2000
- valorizzare il sistema di tutela dei prati stabili
- ripristinare le stazioni forestali soppresse e il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza
- tutelare la fauna a rischio di estinzione (es. coturnice e gallo forcello) e impedire urbanizzazioni in aree di grande valore naturalistico (es. Valle Grotari a Marano Lagunare e Riserva naturale della Foce dell’Isonzo)
Per i territori montani, il WWF raccomanda poi:
- il sostegno all’agricoltura in montagna
- un forte investimento per garantire la mobilità sostenibile e pubblica
- una politica e finanziamento adeguati per promuovere il turismo non sciistico, considerati i risultati disastrosi di quanto fatto finora con una politica tutta orientata allo sci da discesa (e alle speculazioni immobiliari connesse)
In campo energetico, l’associazione ambientalista chiede invece di:
- rinunciare alle velleità di ingresso nella gestione o nel potenziamento della centrale nucleare slovena di Krško
- avviare la redazione di un nuovo Piano Energetico Regionale incentrato sull’efficienza energetica e sullo sviluppo delle fonti effettivamente rinnovabili legate alle risorse disponibili sul territorio (no alle biomasse importate!),
- abbandonare il fallimentare protocollo VEA in favore di quello CasaClima, adottato con successo in Alto Adige e dall’APE
- privilegiare sistematicamente l’interramento degli elettrodotti, nuovi ed esistenti, specie nelle aree protette e nei territorio di pregio paesaggistico
- contrastare i progetti dei rigassificatori proposti a Trieste e nel Golfo di Trieste, per l’insostenibilità degli impatti sull’ambiente marino e l’incompatibilità con gli altri usi del mare
Nel settore dei trasporti, il WWF denuncia una politica tutta incentrata sulla costruzione di nuove infrastrutture, di elevato impatto ambientale e la cui necessità non è dimostrata, mentre andrebbe adottato un approccio orientato a ridurre l’incremento esponenziale degli spostamenti, anche per ridurre le emissioni inquinanti, ed a razionalizzare/ammodernare in particolare la rete ferroviaria esistente, che dispone di ampi margini di capacità non utilizzati.
Dovrebbero essere rimossi soprattutto gli ostacoli normativi, tariffari e organizzativi che oggi impediscono il trasferimento di quote rilevanti di trasporto dalla gomma alla rotaia.
Particolarmente devastanti sono alcuni progetti, sostenuti dall’Amministrazione regionale, come:
- il collegamento autostradale Carnia - Cadore (A23 – A27)
- l’autostrada Cimpello – Gemona
- la TAV Venezia – Trieste (con la prosecuzione da Trieste verso Divaccia)
La pianificazione territoriale regionale (ferma al PURG del 1978) è la maggiore lacuna nella politica ambientale del Friuli Venezia Giulia, sia perché con la legge 16 del 2008 si è deciso – ribaltando la corretta gerarchia logica tra gli strumenti di pianificazione - di subordinarla a quella del settore infrastrutturale, sia perché nulla è stato fatto (malgrado vari e costosi tentativi succedutisi negli anni) di concreto, soprattutto in merito al piano paesaggistico, prescritto fin dal 1985 dalla normativa statale.
In merito ai rifiuti, infine, il WWF sollecita l’approvazione del Piano Regionale dei Rifiuti Urbani (che sconta almeno tre anni di ritardo), includendovi:
- il superamento dell’obiettivo minimo del 65% di raccolta differenziata (RD) entro il 2012 prescritto dalla Direttiva europea (la Provincia di Pordenone ha già superato il 72% nel 2010)
- sanzioni per gli enti locali che non raggiungano gli obiettivi minimi di RD (es. Provincia di Trieste che supera di poco il 20%)
- azioni concrete per la riduzione della produzione di rifiuti a monte
- la rinuncia a nuovi inceneritori e all’utilizzo dei cementifici per la combustione di rifiuti
- la fissazione di obiettivi di efficienza anche per gli impianti di selezione a valle della RD.

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 10 novembre 2011

 

 

Capodistria-Divaccia, altolà ambientale
 

L’Agenzia slovena ha respinto la domanda per la costruzione del secondo binario. In ballo 400 milioni di fondi europei
CAPODISTRIA La costruzione del secondo binario della ferrovia Capodistria–Divaccia rischia di slittare di almeno un anno, forse anche due, e la Slovenia, per questo ritardo, potrebbe restare senza i 400 milioni di euro di mezzi dai Fondi europei destinati al progetto. L'Agenzia della Repubblica di Slovenia per l’ambiente (Arso), infatti, ha respinto la richiesta del ministero dei Trasporti per il “permesso ambientale” della Capodistria-Divaccia, e senza questo documento non è possibile ottenere la licenza edile e avviare i lavori. I primi cantieri dovevano essere aperti entro la fine dell’anno, ma ora tutto dovrà essere rinviato. La Capodistria–Divaccia, insieme alla futura Tav Divaccia–Trieste, fa parte del Corridoio 5, ossia del progetto prioritario transeuropeo Lione–Trieste–Divaccia/Capodistria–Lubiana-Budapest-Kiev. La richiesta per il rilascio del “permesso ambientale”, come rivela il quotidiano “Dnevnik” di Lubiana, è stata presentata dalla società “Dis Consulting”, a nome del ministero per i Trasporti, agli inizi di marzo, ma la domanda era incompleta. Nonostante le integrazioni successive, il 24 ottobre l’Agenzia per l’ambiente ha deciso di respingerla. Le manchevolezze rilevate erano sostanzialmente due. In primo luogo, non è ben chiaro dove finirà tutto il materiale di riporto, visto che la discarica indicata nel progetto può contenere soltanto la metà del materiale che presumibilmente sarà scavato lungo il tracciato della nuova ferrovia. In secondo luogo, la Arso ha giudicato incompleto lo studio sull’impatto ambientale della nuova tratta sul bacino idrico del fiume Risano. L’intero iter ora dovrà essere avviato daccapo. La decisione dell’Agenzia per l’ambiente della Repubblica di Slovenia, scrive il “Dnevnik”, avrà sicuramente delle ripercussioni a Bruxelles. I rappresentanti della Commissione europea incaricati di seguire il finanziamento dei progetti ferroviari, hanno già ammonito la Slovenia circa il rischio di restare senza i mezzi europei. Il governo di Lubiana è stato pertanto invitato a presentare uno scadenziario effettivo degli interventi sulla Capodistria–Divaccia e nel contempo di preparare progetti “di riserva” legati all’ammodernamento della rete ferroviaria, da finanziare con i fondi di coesione dell’Unione europea. La costruzione del secondo binario sulla tratta Capodistria–Divaccia è da anni considerato dalla Slovenia un progetto prioritario, senza il quale Lubiana non può immaginare la crescita e lo sviluppo del porto di Capodistria. Sarà uno dei progetti edili più complessi e più costosi della recente storia slovena. È una tratta di soli 27 chilometri, ma più di 20 attraverseranno otto gallerie e due viadotti per salire dal mare all’altipiano carsico. Il costo del progetto è stimato a oltre 800 milioni di euro. Senza imprevisti, il secondo binario sulla Capodistria-Divaccia avrebbe dovuto essere completato nel 2018.
Franco Babich

 

L’asse Adriatico-Baltico complementare al Corridoio 5 - L’INTERVENTO DI GIACOMO BORRUSO
 

Animato dagli interventi di persone di indubbie credibilità e competenza, quali Roberto Morelli e Giorgio Rossetti, sta prendendo avvio un dibattito sulle alternative valenze del Corridoio 5 e del Corridoio Adriatico Baltico. Non sembri paradossale se affermo di trovarmi, per taluni aspetti, in accordo con entrambi, e ne chiarisco le motivazioni: sono d’accordo con Morelli nel sostenere che, oggi, è prioritario puntare sulla direttrice baltica, non solo per il fatto, non irrilevante, che su di essa possiamo giocarci da subito la linea Pontebbana, oggi largamente sottoutilizzata. Sono d’accordo con Rossetti nell’affermare che non si deve, in proiezione futura, abbandonare il Corridoio 5. Non è questa l’occasione per un’analisi puntuale degli eventi che hanno condizionato l’iter progettuale e realizzativo del Corridoio 5, dalla preliminare scelta del percorso tra le molteplici possibili soluzioni proposte, e connesse divergenze con la Slovenia, agli eventi più recenti, caratterizzati dalla decisa opposizione di molti dei comuni che la linea ad Alta Velocità/Alta Capacità dovrebbe attraversare, e dalla singolare proposta del Veneto di farla passare in prossimità dalle spiagge regionali, per favorirne lo sviluppo. Della necessità di realizzare il Corridoio 5 sono fermamente convinto da quando ne parlò il ministro De Michelis (la come Sun Belt, Cintura del Sole, che avrebbe dovuto spostare più a sud il baricentro economico della Comunità Europea). La linea in questione dovrebbe avere, per quel che concerne i passeggeri, come riferimenti prioritari, gli aeroporti di Venezia, Ronchi e Lubiana; le tre infrastrutture distano, a spanne, l’una dall’altra meno di cento chilometri, distanza da ritenere minimale per una linea ad Alta Velocità. L’integrazione sistematica dei tre scali, collegabili tra i due punti estremi in poco più di un’ora, presenterebbe indubbi vantaggi nel processo di integrazione dell’area nord adriatica e attribuirebbe allo scalo regionale un ruolo di grande rilievo. La linea opererebbe, ovviamente, anche a favore del traffico merci, supportando l’azione di sviluppo nell’area triveneta, considerata in una logica unitaria come Piattaforma Logistica del Nord Est nel Piano Nazionale della Logistica, di recente approvato. Occupiamoci ora del Corridoio Adriatico Baltico; come, forse, qualcuno ricorda la possibilità di valorizzare tale direttrice, era uno degli elementi fondanti del progetto Unicredit-Maersk, mirato al potenziamento delle infrastrutture portuali di Trieste e Monfalcone. La direttrice baltica avrebbe, in effetti, consentito, con non rilevantissimi interventi sulla linea ferroviaria esistente, di realizzare la prima fase del progetto, riguardante il raddoppio del Molo VII e il nuovo terminale di Monfalcone; la realizzazione della seconda fase, che prevede la costruzione del Molo VIII di Trieste, richiede invece, il potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria, conseguibile attraverso la realizzazione del Corridoio 5. Se possibile, dunque, la recente decisione comunitaria, dà ulteriore forza al progetto Unicredit, da ritenere fondamentale, non solo per il rilancio dei traffici e delle attività della logistica regionale, ma anche quale tassello importante per un’azione di rilancio dell’intera economia del Friuli-Venezia Giulia. Dagli elementi che ho proposto emerge la mia posizione in merito alla presunta contrapposizione tra i due corridoi: io sono convinto che la valorizzazione del corridoio Adriatico Baltico e l’aumento rilevante del traffico merci attestato sulla regione che ne potrebbe derivare, rappresentino elementi decisivi per rafforzare il progetto del Corridoio 5, che diverrebbe indispensabile, tra quindici/venti anni, per consentire un ulteriore sviluppo del sistema portuale dell’Alto Adriatico. Indubbiamente i terminali più direttamente interessati alla valorizzazione del Corridoio Adriatico Baltico sono Trieste/Monfalcone e Capodistria che, proprio da tale opportunità possono trovare una spinta decisa verso ipotesi integrative. In conclusione: non è più il momento delle contrapposizioni, ma delle decisioni, necessarie e urgenti, per non perdere l’ennesima occasione che, generosamente, la storia (con la s maiuscola) ci prospetta; molte ce ne ha offerte negli ultimi vent’anni e le abbiamo ignorate. Continuare in un atteggiamento rinunciatario è pericoloso, poiché l’economia globale dimostra che nuovi e aggressivi interlocutori si sono affacciati sul mercato, pronti a subentrare a coloro che, per ignavia o superficialità, non siano pronti a cogliere le opportunità.
 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Slovenia? No, grazie

 

Il consigliere comunale del Pd, Mario Ravalico, non cessa di stupirmi per le sue idee davvero ingegnose! Tempo fa, a seguito di un articolo di Roberto Morelli, che descriveva le ferrovie locali in stato comatoso (a cui io risposi di informarsi meglio) Ravalico propose come unico rimedio per il nostro porto di collegarsi alla veloce rete slovena (quando sarà fatta): Monfalcone-Divaccia-Koper-TS campo Marzio. Non si era accorto che il collegamento Monfalcone-porto nuovo c'è già da un pezzo e misura 37 km, rispetto ai più 80 Km della nuova linea in progetto. Ora a percorrerla si sta circa mezz'ora (a 70 Kmh) e altrettanto si starà con A/V italo-slovena a 160 Kmh, ma si faranno ben 50 km in più! E chi glielo fa fare? Ultimamente ha proposto che la gestione dei porti di Trieste e Koper sia unica data la loro importanza e soprattutto vicinanza. Allora gli ricordo che una gestione “unica” ci fu anni fa, quando gli sloveni ebbero in gestione il molo 7°. E fu per noi piuttosto disastrosa perchè essi fecero più gli interessi di Luka Koper che i nostri. Ma a rendere impossibile questa unione è il fatto che i loro costi di gestione son ben inferiori ai nostri. Quando la Slovenia fu accolta nel Mec si ebbe una immediata perdita di traffici da parte nostra. Il caso più eclatante fu che le navi che sbarcavano carbone da noi per la centrale di Monfalcone, furono dirottate a luka Koper, per via dei minori costi. Risulta poi che detta centrale abbia abbassato i suoi costi di energia ai suoi clienti? Vorrei tanto saperlo! E da buon politico Ravalico può informare tutti noi! Ma c'è di più, che forse lui non sa, data la sua giovane età: quando nel dopoguerra la Jugoslavia si accorse di non poter più mettere le mani su Trieste e il suo porto (nonostante la sua internazionalizzazione) decise di creare Luka Koper per ripicca e concorrenza. Le cose non andarono male per noi fin che ci fu un confine e dei dazi. Ora dazi e confine non esistono più, per cui dati i costi, Luka Koper sale e noi scendiamo. Per volere un unione tra i 2 porti non basta che lo voglia il Ravalico: lo deve volere anche la Slovenia, cioè bisogna essere in due! Ma essi stanno zitti e si fanno gli affari propri. Amen.

Sergio Callegari

 

 

Solidarieta' e risparmio - Banca Etica sbarca in citta'

 

Banca Etica sbarca in Friuli Venezia Giulia. Aprirà lunedì 14 novembre, nella sede operativa di via Coroneo 31/2, la prima filiale di Banca popolare Etica in città, la sedicesima in Italia. Si tratta del primo istituto di credito italiano dedito alla finanza etica e solidale, un organismo giovane che opera nel rispetto della sostenibilità economica e ambientale. Già presente in regione con due promotori finanziari – o “banchieri ambulanti”, come preferiscono definirli –, con 1.116 soci e una raccolta di risparmio pari a 15 milioni di euro, ha finora finanziato iniziative di associazionismo ed economia civile in città quali l’Associazione centro antiviolenza Goap e la Cooperativa sociale Il posto delle fragole, tra le prime a dare lavoro agli ex internati degli ospedali psichiatrici. «Intendiamo portare anche in Friuli Venezia Giulia un servizio valido per il cittadino risparmiatore e le società no profit presenti sul territorio – spiega la referente territoriale Banca Etica per il Nord Est Anna Fasano – offrendo credito e fiducia ai cittadini, compito prioritario dell’istituto bancario, in un’ottica di sviluppo sostenibile del territorio e attraverso un elemento indispensabile: la trasparenza». Per i clienti, accanto all’utilizzo degli strumenti finanziari consueti quali conto corrente, carta di credito, bancomat, servizio allo sportello e internet banking, vi sarà la possibilità di destinare i propri capitali di risparmio verso un settore d’investimento concordato con i responsabili della banca (tra quattro ambiti di intervento: cooperazione sociale, cooperazione internazionale, ambiente, cultura e società) e in seguito verificare continuamente dove “si trovi” il denaro prestato (tutti i finanziamenti sono pubblicati sul sito www.bancaetica.it), esprimendo inoltre il proprio giudizio sull’attività finanziata. «Una novità e un vanto – commenta il direttore della filiale di Trieste Enrico Trevisiol - quello di garantire la totale partecipazione dei risparmiatori ai modi di utilizzo del loro denaro. Negli altri istituti di credito non è possibile conoscere la destinazione del proprio investimento. È un “bollino di eticità” che consente di evitare le derive alle quali stiamo assistendo proprio ora». Il principale ambito d’investimento di Banca Etica comprende realtà che operano all’interno del Terzo settore e dell’economia solidale, nell’ambito dei servizi sociosanitari ed educativi, dell’inserimento lavorativo dei soggetti deboli, della cooperazione allo sviluppo, del volontariato, della tutela ambientale e della salvaguardia dei beni culturali. Non mancano i servizi per i privati, dal mutuo per l’acquisto della prima casa ai prestiti personali mirati, secondo particolari esigenze: copertura di spese sanitarie, adozioni, ristrutturazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche o impianti per l’utilizzo di energie rinnovabili. «La finanza etica può essere una risposta per contrastare l'attuale crisi economica e finanziaria – continua Trevisiol - attraverso l’educazione al risparmio e la promozione di una dimensione sociale equa, di uno sviluppo umano e ambientale sostenibili». Gli sportelli bancari seguiranno un orario d’apertura settimanale mattutino (8.45 – 13.15) e pomeridiano su appuntamento. I Gruppi di iniziativa territoriale di Trieste-Gorizia, Udine e Pordenone hanno inoltre realizzato un calendario di eventi, incontri e seminari in vista dell’apertura della filiale.

Vanessa Maggi

 

 

Gazprom: gas all’Italia per 13,1 miliardi di metri cubi - ENERGIA
 

LONDRA Il gigante russo del gas Gazprom ha fornito all'Italia nel corso del 2010 un volume totale di 13,1 miliardi di metri cubi, mentre per l'intera Europa ha raggiunto i 148 miliardi di mc e prevede che arrivino fino a 165 miliardi di mc nel 2011. Lo rende noto un comunicato del gruppo russo che nel primo semestre dell'anno ha realizzato un utile netto consolidato di oltre 771 miliardi di rubli (18,4 mld euro), in crescita del 56% sullo stesso periodo. I risultati del primo semestre 2011 hanno superato le aspettative degli analisti. Le vendite totali di gas sono aumentate del 37% se confrontate con quelle relative al primo periodo dello scorso anno. Ciò è avvenuto, spiega il gigante russo, nonostante il fisiologico ribasso stagionale, tipica conseguenza della diminuzione della domanda di gas nel periodo primaverile ed estivo. «Tali risultati - afferma Gazprom - riflettono il rafforzamento della domanda globale di gas naturale ed il ruolo guida di Gazprom quale più affidabile e più sicuro fornitore di gas per il mercato globale».
 

 

Braccio di ferro in Soprintendenza sul futuro dei colibri' di Miramare

 

Il direttore regionale Martines ha gia' fatto redigere il progetto per il restauro delle serre nuove.

Ma Caburlotto: "Spreco di soldi, non siamo qui per gli animali". In ballo i 600mila euro della Regione.

Mentre un grave sconcerto si aggira mestamente attorno alle serre di Miramare dove cinque colibrì sono morti a causa del calore e del fumo velenoso provocati dall’incendio che ha distrutto ampia parte della struttura risalente a Massimiliano d’Asburgo, un’altra incerta prospettiva si apre sull’intricatissima questione. Per i 15 uccellini superstiti dei 20 (sugli 80 complessivi) che sarebbero dovuti restare a Trieste, e in seguito a intese veramente complesse tra Stato, Regione, Soprintendenza, Prefettura e Museo del porto traslocare un giorno nelle «serre nuove» restaurate, destinate a diventare un Centro di riproduzione, si apre una grande incognita. Il restauro delle serre nuove, che da tempo avrebbero dovuto sostituire quelle «storiche» occupate abusivamente e fuori norma di sicurezza, è previsto che sia finanziato con 600 mila euro dalla Regione. La Soprintendenza ha già un progetto, redatto dall’architetto Maurizio Anselmi su indicazione del direttore regionale, Giangiacomo Martines. Solo quando il progetto avrà superato il vaglio dei soprintendenti (ai Beni artistici per la competenza sul parco di Miramare, e ai Beni architettonici nel merito) potrà essere inviato in Regione per l’approvazione e la definitiva assegnazione dei fondi. Ma mentre gli uffici regionali si dibattono in mille incertezze visto il prolungarsi delle contorte riunioni in Prefettura, il soprintendente ai Beni artistici, Luca Caburlotto, adesso precisa in via ufficiale che quel benestare non lo darà mai. Martines gli ha inviato il progetto, ma quel progetto non arriverà in Regione, il braccio di ferro all’interno di palazzo Economo è al massimo. Salterà l’accordo col ministero, salterà il finanziamento? «L’avevo già anticipato, io non darò la mia autorizzazione - spiega Caburlotto, già in rotta di collisione sul Centro di colibrì cui ha ordinato più volte sfratti esecutivi attraverso la magistratura -, perché non è nella missione del ministero dei Beni culturali allevare colibrì, la mia Soprintendenza non è interessata a questo progetto, non è questo il luogo, non è questo il ministero deputato». Inoltre sotto contestazione è anche l’accordo con la Fondazione per il museo del porto che è stata individuata come ente gestore. «Io non so niente di questa convenzione - prosegue il soprintendente che rivendica il proprio ruolo istituzionale a fronte dei compiti che spettano alla Direzione dei Beni culturali -, se si tratta come pare di una concessione degli spazi per tre anni, a quale costo? Non posso dare spazi gratis perché rischio il danno erariale, peraltro nessuno mi ha chiesto quale sarebbe il canone». A maggior peso della decisione, Caburlotto cita «i quattro gatti che stanno nel mio ufficio - dice -, che non sarebbero in grado di accollarsi anche i controlli amministrativi e contabili su questo centro: il mio ufficio non può permetterselo». Dopo aver già detto che non avrebbe avallato «uno spreco di 600 mila euro per un centro colibrì di questi tempi» il soprintendente conclude: «Vero, se non dò il benestare per fare le serre nuove si perde il finanziamento regionale. Il paradosso è che lo si perde “per rispetto delle leggi”». Questo era stato l’ultimo “escamotage”, invocato anche da Margherita Hack che si è messa al servizio del fallito centro di Stefano Rimoli: dopo così consistenti vendite di preziosi animaletti per sanare i debiti verso lo Stato (colibrì ormai destinati quasi tutti a servire purtroppo come zoo), 20 esemplari capaci di riprodursi in cattività sarebbero rimasti a Trieste «in nome del risultato scientifico». Cinque, mentre gli uomini discutevano di affari, sono morti. E per gli altri il destino è tutto da vedere.

Gabriella Ziani

 

Rimoli: facile scaricare le responsabilità - Il fondatore del Centro: le strutture hanno bisogno di manutenzione, non sono a norma
 

Stefano Rimoli, che si è molto inguaiato coi colibrì di Miramare, sembra egli stesso un colibrì che non smette di agitare le ali a velocità supersonica. Anche in mezzo ai disastri, senza soldi e con debiti insormontabili, con denunce in Procura e le istituzioni addosso. Rimoli, sta andando su e giù da Genova per far partire verso l’Acquario altri uccellini, non piange i 5 morti? Ma come no. Li avevo tutti visti nascere a Miramare. È il momento più brutto, in questa guerra fra uomini. E in mezzo a volgarità come quelle che ha pronunciato l’architetto Maurizio Anselmi: che sarei io ad ammazzare i colibrì. È alla Soprintendenza da 10 anni, non si è mai preoccupato delle serre, non ha mai vigilato, mai ha risposto alle mie richieste di mettere a norma. Facile dopo 10 anni scaricare le responsabilità. Lui non ha fatto niente, io ho continuamente denunciato la situazione, e mi sono indebitato personalmente. Gli animali rimasti vivi sono al sicuro, secondo lei? Quella andata a fuoco era la serra più vecchia, le altre sono nuove, ma certo hanno bisogno di restauri urgenti e manutenzione. Non sono a norma. Gli uccelli non corrono rischi, ma spero che si faccia presto qualcosa. Le era stata imposta una sorveglianza “24 ore” del sito, a causa della pericolosità della bombola di gas. C’era o no? C’era, certamente. I ragazzi che lavorano al centro, e che hanno frequentato il corso antincendio, fanno anche la notte, alle 7 c’è il cambio di turno, e quando alle 8 è scoppiato l’incendio era già ora di dar da mangiare agli animali. Ma come può uno solo vedere in ogni momento sei ambienti diversi? Questi giovani “keeper” non vengono pagati da 6 mesi, perché è vero che le istituzioni si danno molto da fare (e io ringrazio tutti), ma i soldi promessi non sono arrivati, è Margherita Hack che fondando una “onlus” ha assunto i giovani. Li ha assunti? Certo, ha fatto le pratiche Inps e Inail, ha tirato fuori soldi di tasca propria. Per tutti c’è l’impegno, garantito dalla Procura, che saranno pagati, anche i fornitori, per esempio l’Acegas che finora è stata ignorata nei risarcimenti. Però devono arrivare i soldi. Ma quali, e da chi? So di un milione di euro promesso dal ministero. Ma quel milione e 200 mila euro servirà per il parco di Miramare e per il restauro delle serre storiche. Guardi, non so, e a questo punto non sono nemmeno più io a dovermi preoccupare di questo aspetto.

(g. z.)

 

 

Troppe deroghe per le auto e il Carso è una discarica
 

La Forestale lamenta: pochi mezzi, di notte non ci sono controlli. E i fuoristrada che scaricano amianto si confondono fra quelli che transitano autorizzati
SGONICO Non un caso isolato, purtroppo. L’ultimo, segnalato ieri dal Piccolo nel territorio di Sgonico (eternit scaricato lungo la strada che porta a Borgo Grotta Gigante), non suscita grosse sorprese né tra le amministrazioni né tra le persone quotidianamente impegnate sul territorio. Il Carso, da anni, viene utilizzato come discarica a cielo aperto. Lo conferma anche il sindaco di Sgonico Mirko Sardoc: «Da San Dorligo a Duino Aurisina ci si può imbattere in ogni genere di materiale». Cemento e amianto (eternit), elettrodomestici, rifiuti di demolizione: camminando lungo i sentieri si trova di tutto. I posti sono sempre quelli, un po’ nascosti ma raggiungibili in automobile. L'area vicino alla zona artigianale di Duino Aurisina, la strada tra il Villaggio del Pescatore e S. Giovanni di Duino vicino al Timavo, Sgonico nei pressi dell'aerocampo e Trebiciano nell'area ex campo carri sono i siti preferiti. La forestale ne trova di continuo, il problema è che spesso il materiale viene scaricato in terreni privati, spesso neanche utilizzati. Il più delle volte, il proprietario è all'oscuro di ciò che avviene nell'appezzamento. In questo caso ci sono due possibilità: una volta venuto a conoscenza del ritrovamento può fare un esposto alla forestale, tirandosi fuori, in questa maniera, dal problema. Nel caso in cui, invece, il proprietario non si attivi in tempo resta obbligato “in solido”, subendo la sanzione prevista e successivamente provvedendo alla rimozione del materiale di tasca propria. Chi si addentra nei boschi a scaricare abusivamente non lo fa a piedi, ovviamente, ma usa dei fuoristrada. Aiutato dalle molte deroghe al divieto di transito. Ottenere un'autorizzazione per circolare con un mezzo nei sentieri, una volta, era più difficile, ora si concedono più facilmente. Basta pensare che tutti i cacciatori hanno il permesso di spostarsi con il proprio mezzo (si parla, quindi, all’incirca di una trentina di persone). Nel traffico che si crea in quelle aree, diventa molto più difficoltoso notare qualche situazione strana o anomala, che una volta, invece, era molto più immediata. Da non dimenticare, infine, la carenza di uomini impegnati sul territorio. La fascia notturna, dalle 23 alle 7, è completamente scoperta di uomini della forestale e anche la domenica è una giornata con pochi controlli. Chi è abituato a queste pratiche fuorilegge, purtroppo, conosce bene queste mancanze del sistema e ne approfitta. La gran parte del materiale, infatti, è scaricata la notte. Ma a quanto possono ammontare le multe? La situazione si distingue se a scaricare il materiale è un privato cittadino, che rischia una pena pecuniaria dai 50 fino a qualche migliaio di euro, o una ditta che risponde di reato penale. La maggior parte delle volte, però, è impossibile risalire al colpevole e in questi casi paga tutta la comunità. I tempi di bonifica non sono snelli. «L'iter prevede un sopraluogo dell'ufficio territoriale – spiega il sindaco Mirko Sardoc – l'individuazione del proprietario della particella di terreno, la comunicazione allo stesso, poi bisogna attendere la risposta, quindi si procede nei diversi casi cercando comunque di trovare una soluzione all'interno della comunità senza pesare sui proprietari, spesso e volentieri, ignari».

Cristina Polselli
 

 

"Serve un piano anti-alluvioni" - Il geologo: "Rischi come a Genova" - Marchigiani: "Un nuovo studio geologico"

 

Un’Altra Trieste lancia l’allarme A rischio è l’intero Borgo Teresiano Mozione anche del Pdl
«Trieste ha una conformazione orografica molto simile a Genova. È soggetta quindi agli stessi rischi?». La domanda sorge spontanea come scrive in una nota il gruppo politico Un’Altra Trieste. Stessa orografia. Stessi problemi. Stessi rischi. «Anche Trieste - scrivono Franco Bandelli e Alessia Rosolen - è attraversata da più torrenti in alveo scoperto a monte e poi coperto nel centro cittadino. Principalmente due il Torrente Chiave ed il rio Martesin. (Vi è ancora il Bovedo a Barcola). La zona a rischio è il Borgo Teresiano e aree limitrofe, sino a piazza libertà». Non sono i soli ad aver fatto questo tipo di associazione “orografica”. Una mozione congiunta dei consiglieri circoscrizionali del Pdl (Francesco Bettio, Roberto Dubs, Alberto Polacco, Gianluigi Pesarino e Alberto Viatori) hanno sollevato lo stesso problema chiedento che «l’amministrazione comunale avvii subito un’attività di monitoraggio e verifica dell’efficienza della rete di canali di raccolta e deflusso delle acque piovane». I consiglieri piedellini, che non vogliono creare allarmismi, non hanno dubbi, ma ricordano le recenti frane di via Valerio, via del Timo e via dei Pagliericci. «Sarebbe opportuno - spiega Roberto Dubs della V circoscrizone - verificare che i corsi d’acqua sotterranei scoranno liberi da ostruzioni all’interno di canali in buono stato senza trascurare il controllo del letto dei torrenti per i brevi tratti in cui scorrono in superficie». Prevenire è meglio che curare. Lo dicono i geologi, ne è consapevole anche l’assessore comunale ai Lavori pubblici Elena Marchigiani. «La situazione di Trieste - tiene a precisare - è diversa da quella di Genova. Non siamo nella stessa situazione idro-geologica. Abbiamo ben presente che la manutenzione e messa in sicurezza del territorio, nonostante la crisi economica, vada tutelata e, se possibile, incrementata. La sicurezza della città e di cittadini è la prima cosa». Non ci saranno tagli, insomma. Il problema sono gli strumenti. «Nelle direttive del nuovo Prg - spiega la Marchigiani - abbiamo evidenziato la necessità di predisporre uno studio geologico completo e accurato sul territorio di Trieste. Una mappatura dettagliata delle zone a rischio. E a partire da questo programmare una serie di interventi a partire da zone edificabili». Ma i rischi esistono? Sandro Rota, consigliere nazionale dell’ordine dei geologi, non usa giri di parole. «La situazione di Trieste - spiega - rischia di essere analoga a quella di Genova sul fronte della manutenzione del territorio. Penso ai corsi d’acqua che scendono liberi e poi vengono intubati e scorrono sotto le principali vie cittadine di Trieste. Quasi mai la manutenzione e il controllo vengono fatti con cadenza annuale». E quindi? «Il degrado è certo - aggiunge Rota -. I monitoraggi completi, con opportuni studi geologici, vengono fatti quanto va bene ogni 10/15 anni. Nel frattempo sono sorti condomini, case, parcheggi nei posti sbagliati». La questione riguarda anche la Regione che ha competenza sul demanio idrico regionale, quindi anche sui torrenti triestini, coperti o scoperti. «Possiamo dormine tranquilli ? - si chiede Un’Altra Trieste -. Ci piacerebbe che le autorità regionali dessero risposta».

(f.d.)
 

 

“Acqua e territorio” con il Nobel Giorgi
 

I cambiamenti climatici, la governance delle risorse idriche del nostro territorio e poi le acque sotterranee, di superficie e la gestione della distribuzione. Un viaggio nel mondo dell’acqua, un elemento, una risorsa tanto affascinante quanto pericolosa ed imprevedibile se mal gestita. È questo l’obiettivo del convegno “Acqua e Territorio – Problematiche e soluzioni” che prenderà il via stamane, a partire dalle 9.30, nella Sala Maggiore della Camera di Commercio e organizzato dalla Fit, la Fondazione Internazionale di Trieste per il Progresso e la Libertà della Scienza, in collaborazione con il Centro Unesco di Trieste e le più importanti realtà scientifiche presenti nella nostra città. Gli interventi esamineranno ogni aspetto dell’elemento “acqua” approfondendo però in modo particolare il suo rapporto con il nostro territorio. I relatori racconteranno delle acque dolci e della permeabilità dell’ambiente carsico, riferiranno delle possibilità di controllo delle acque sotterranee tracciando un itinerario che tocca gli acquedotti storici, i pozzi e le cisterne ma pure le fontanelle pubbliche. Tra i relatori anche Filippo Giorgi, Premio Nobel 2007 per il suo lavoro all’interno del Gruppo consulente intergovernativo sul mutamento climatico, che – alla luce dei recenti tragici fatti di cronaca – approfondirà il problema della risposta del ciclo idrologico terrestre ai cambiamenti climatici. Il convegno che si terrà a porte aperte e al quale sono invitati a prendere parte e ad interagire tutti gli interessati, verrà aperto da Stefano Fantoni, presidente della FIT, e dal Paolo Alessi, presidente del Centro Unesco di Trieste promotore della sesta edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo che quest’anno ha come tema “A come Acqua”.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 9 novembre 2011

 

 

Maxitruffa sui rifiuti: 8 arresti - Monfalcone, mazzette per falsificare documenti sulla fornitura di biomasse

MONFALCONE Con un blitz partito all’alba in tre regioni d’Italia - Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia - è venuta ieri a galla la colossale truffa, per un giro d’affari dell’ordine di milioni di euro, perpetrata ai danni di A2a, la centrale termoelettrica di Monfalcone. Otto persone, tra cui gli imprenditori di due società che operano nel settore dei rifiuti, sono state arrestate dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, che ha portato alla luce anche un’illegale traffico di sansa dall’estero. Gli otto sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e del privato e al falso ideologico, nonché attività organizzata al traffico illecito di rifiuti. Secondo la Procura, con la compiacenza di tecnici di laboratorio e controllori infedeli, cospicui quantitativi di rifiuti non corrispondenti alle caratteristiche richieste erano stati conferiti alla centrale di Monfalcone. Cinquantamila tonnellate: è la prima stima, da confermare. C’erano sostanze provenienti dalla Tunisia e spacciate per biomasse, ma che in realtà biomasse (proprio quelle il cui smaltimento frutta incentivi statali sotto forma di certificati verdi) non erano, almeno non secondo i precisi parametri di legge. E camion di segatura che sulle fatture risultavano triplicati rispetto a quelli effettivamente giunti allo stabilimento (dai 30 ai 50 mezzi attestati sulla carta, mentre in realtà ne venivano scaricati solo 10-15 alla settimana, il tutto a 98 euro a tonnellata, regolarmente versati da A2a). Non solo: in alcuni casi, accertati dai militari, i materiali conferiti risultavano contaminati anche da sostanze pericolose (idrocarburi, frutto di olio sversato sui trucioli, e formaldeide, usata nella laccatura). Le indagini si sono sviluppate, secondo quanto illustrato ieri a Udine dal Procuratore capo di Trieste, Michele Dalla Costa, dalla denuncia presentata lo scorso marzo dai vertici di A2a, la società di Milano che gestisce ed è responsabile della centrale monfalconese. Due i filoni d’indagine. Nel primo, sul conferimento di ingenti quantità di sansa dalla Tunisia falsamente certificata come materia prima di biomasse. Nel secondo filone d’indagine, su conferimenti fittizi di segatura, mai avvenuti, ma regolarmente fatturati, nel mirino la Friul Pellet e la Blu service, che svolgeva intermediazione: i transiti fantasma sono avvenuti grazie alla compiacenza della ditta cui A2a aveva conferito l’appalto dell’attività di scarico del materiale in centrale. Si parla, per i controllori “distratti”, di mazzette di mille euro. Altre sei persone risultano indagate in stato di libertà.
Tiziana Carpinelli

 

Dalla Friul Pellet uscivano solo “carte” invece di segatura - LA DITTA DI CAPRIVA D’ISONZO

CAPRIVA. Virtualmente, ogni settimana, qualcosa come 30-50 camion pieni di segatura uscivano dalla Friul Pellet di Capriva diretti alla centrale termoelettrica di Monfalcone. Virtualmente, appunto. Perché in realtà, a giungere a destinazione era solo un terzo del materiale dichiarato. Il tutto mentre la società A2a continuava a sborsare 98 euro a tonnellata anche per la segatura trasportata sui quei “camion fantasma” mai usciti dall’Isontino. Poche settimane dopo la tragedia sfiorata al sottopasso ferroviario, Capriva torna, suo malgrado, alla ribalta della cronaca regionale. A trascinare il paese sotto i riflettori è il  titolare della Friul Pellet, finito in carcere con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso. All’interno dello stabilimento - 35mila metri quadrati di estensione, dotato di un impianto di essicazione e apparecchiature all’avanguardia che permettono la produzione di 8 tonnellate all’ora -, ieri, c’era poca voglia di parlare dell’arresto del titolare. «Al momento qui non c’è alcun responsabile» è stata la risposta, cortese ma sbrigativa, di una dipendente addetta al centralino. È andata peggio chiamando il recapito vicentino dell'indagato: la risposta è stata un telefono sbattuto in faccia. Da quanto si è potuto sapere questi non risiede a Capriva, ma spesso fa tappa in paese per gestire gli affari societari. Solo pochi giorni fa aveva incontrato il sindaco Antonio Roversi per discutere dell’annoso problema delle polveri, sollevato, di tanto in tanto, dai residenti della zona. «Non so davvero cosa dire - è stato il commento del primo cittadino -. Lo conosco da un po’ di tempo - d’altra parte a Capriva le imprese non sono poi così numerose - e devo dire che mi aveva fatto una buona impressione. Cado davvero dalle nuvole».

(e.le.)
 

Un modello di gestione criminale che andava avanti da anni - LE INDAGINI

Indagini complesse, durate 7 mesi. Supportate da intercettazioni telefoniche riprese video, controlli e pedinamenti. Tre le perquisizioni in abitazioni e 5 in sedi di società, accompagnate al sequestro di ingenti quantitativi di rifiuti nelle aziende coinvolte . Si tratta, per il tipo di reati, della prima operazione messa a frutto in Regione dalla Direzione distrettuale antimafia. Le indagini hanno evidenziato, sulla base anche di dichiarazioni di persone informate dei fatti, la persistenza nel corso degli anni di un modello di gestione criminale, piegato esclusivamente a interessi economici, in violazione dei principi di fedeltà aziendale, nonché di qualsiasi altro interesse collettivo compreso quello della salute e dell’ambiente. In supporto al Noe, il Ros di Udine, i carabinieri di Monfalcone e la Polizia provinciale.
 

CERTIFICATI VERDI
 

Un certificato verde è una forma di incentivazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta in pratica di titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti stati. Sono certificati che corrispondono a una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente. Stando alle indagini A2a potrebbe aver ingiustamente incamerato i certificati verdi, a causa delle condotte illecite di terzi, di qui la truffa allo Stato.
 

 

 

 

Miramare, serra a fuoco - Muoiono cinque colibrì
 

Corto circuito all’impianto elettrico, gli animali bruciati o uccisi dal fumo Il sovrintendente segnalò ai vigili sei mesi fa la pericolosità della struttura
Le fiamme hanno distrutto una parte delle serre storiche di Miramare in cui erano ospitati i colibrì. Solo per un miracolo il rogo non si è diffuso alle strutture vicine dove si trovano altri volatili e animali esotici. L’incendio è divampato ieri attorno alle 8 e ha riguardato fortunatamente solo una porzione della struttura vicino alla siepe poco distante dalla sede della Riserva marina. Cinque volatili sono morti. Bruciati o uccisi dalle esalazioni velenose provocate dal rogo. Ma il paradosso è che quello di ieri è stato un incendio annunciato. Ha riguardato una delle strutture che erano state poste sotto sequestro dal pm Maddalena Chergia qualche mese fa nell’ambito dell’inchiesta sull’occupazione abusiva degli spazi demaniali da parte del Centro colibrì di Stefano Rimoli. Sei mesi fa il soprintendente Luca Caburlotto lo aveva scritto chiaramente ai vigili del fuoco. Aveva rilevato la «mancanza di garanzia in merito ai requisiti ordinari e comunque a quelli emergenziali a salvaguardia della pubblica incolumità». L’allarme è scattato due minuti prima delle 8 e grazie all’intervento del capo giardiniere Alessandro Castorina e del suo vice Andrea Migliorini è stato evitato il peggio: un rogo che avrebbe potuto espandersi a tutte le serre e uccidere 80 colibri, la maggior parte dei quali è in attesa di partire verso altre sedi. I due addetti hanno subito aperto i tendoni, rotto i vetri delle finestre e dato aria all’interno della struttura che ormai era piena di fumo provocato dalla combustione della plastica e delle strutture in legno che sostenevano la serra. Nel frattempo dal cellulare di Castorina è partita la chiamata al centralino dei vigili del fuoco. Dopo pochi minuti sono giunte due squadre dei vigili del fuoco. Si sono precipitati nelle serre. E hanno in breve avuto ragione delle fiamme. Provocate, secondo i primi accertamenti, da un corto circuito dell’impianto elettrico. Impianto che serviva ad attivare alcuni apparecchi all’interno della serra e comandava l’erogazione del riscaldamento. Era alimentato da una bombola di gas metano che si trova all’esterno della serra stessa, proprio quella che aveva fatto scattare il sequestro dell’area per ragioni di sicurezza. «Quando siamo arrivati nella serra i colibrì erano come impazziti dal terrore. C’era un fumo denso e l’aria era irrespirabile. Allora abbiamo aperto le porte e poi rotto i vetri», racconta Alessandro Castorina. Prosegue: «Ero stato avvisato da un guardiano del parco che aveva visto del fumo uscire dalla serra. All’interno le fiamme bruciavano le strutture di plastica che scendono dal soffitto e servivano per mantenere la temperatura costante all’interno della serra». I due giardinieri hanno fatto l’impossibile per salvare i colibrì che erano nella struttura. Ma, come detto, per cinque esemplari non c’è stato nulla da fare. «Due uccellini sono morti quasi subito. I giardinieri hanno trovato i loro corpi per terra, sul pavimento», aggiunge Castorina. Che a causa del tempo prolungato di permanenza all’interno della struttura ha subito, come il collega Migliorini, un principio di intossicazione. Ma i due non hanno voluto essere visitati e curati al pronto soccorso. Un rapporto sull’episodio sarà inviato nelle prossime ore dai responsabili dei vigili alla procura della Repubblica. Se la dinamica dell’accaduto è apparsa chiara fin da subito, resta da capire se comunque sussistano responsabilità colpose in ordine all’accaduto. La struttura era stata messa sotto sequestro preventivo dal pm Chergia sia per l’occupazione abusiva del suolo demaniale che per i consistenti debiti mai onorati da parte di Stefano Rimoli. Ma nello scorso ottobre l’intricatissima questione era stata avocata dalla Direzione regionale dei Beni culturali, alla quale il tribunale ha infine imposto da quella data il pagamento di luce, acqua. Va da sè che il provvedimento ha seppur indirettamente riguardato anche la manutenzione delle serre stesse fino al loro smantellamento previsto dopo il trasferimento degli uccellini. Ed è chiaro che l’impianto elettrico il cui malfunzionamento ha causato, secondo i pompieri l’incendio, rientra nelle competenze della stessa Direzione regionale dei Beni culturali. I vigili del fuoco sono rimasti a Miramare fino quasi a mezzogiorno. Hanno effettuato un approfondito sopralluogo e oggi verosimilmente torneranno a controllare la struttura.

Corrado Barbacini

 

Quelle bestiole “commissariate” da Berlusconi - Una storia infinita che va avanti dal 2008 quando sono finiti i soldi ed è iniziata la mobilitazione
 

È alto molti centimetri il dossier di documenti e cronistoria sui colibrì di Miramare, vicenda cominciata nel 1998 quando Stefano Rimoli impiantò nelle serre una voliera per farfalle. Nel 2002 scade la concessione per l’occupazione di spazio demaniale, ma le serre vengono tollerate. Nel 2003 arrivano dalla Germania i primi colibrì, colonia poi accresciuta con successive donazioni per via diplomatica dal Perù, favorite dal parlamentare Roberto Menia. Entra in campo un comitato scientifico di cui è membro Piero Susmel, docente di alimentazione animale all’Università di Udine, amico di Vittorio Sgarbi e di Gianni Letta. Comune di Trieste e Fondazione CrTrieste finanziano le serre e arrivano ministri in visita: Matteoli, Pecoraro Scanio. Nel 2008 prime difficoltà economiche. Rimoli lancia l’allarme: i colibrì rischiano di morire di fame. Il caso finisce in tv, alla “Iene”, i padrini anche mediatici diventano Beppe Grillo, Laura Pausini, Margherita Hack, si aggiungono esponenti politici, dal figlio di Bossi, Renzo detto “il trota”, per la Lega, a Maurizio Gasparri per il Pdl. Nell’ottobre dello scorso anno nuovo allarme: i colibrì rischiano di morire di fame, il ministero dell’Ambiente non finanzia più. Rimoli cerca di far passare il concetto che i colibrì «sono dello Stato» perché arrivati come «dono di Stato». In nome di questo chiede fondi al ministero dell’Ambiente. Ma gli ha dato torto il Tar, e successivamente anche il Consiglio di Stato. Il 16 novembre 2010 la storia ha la svolta decisiva. Il nuovo soprintendente Luca Caburlotto, che ha in carico Miramare, denuncia in Procura l’occupazione abusiva di spazio demianiale. La magistratura sequestra le serre. Il 17 dicembre Caburlotto emette ordine di sgombero a causa della bombola pericolosa di gpl, si parla di un trasferimento, tramite la Forestale, dei colibrì in Olanda. Il caso fa clamore. Viene interpellato Sgarbi, che ne interessa Berlusconi, il quale telefona a Rimoli: «I colibrì devono restare a Trieste». È bagarre. Da lì un susseguirsi contorto e complesso di riunioni in Prefettura, con Beni culturali, Avvocatura dello Stato, Regione. Colibrì a Bordano, a Matelica, a Genova, a Trieste? Il ministero dà 200 mila euro per restaurare le vecchie serre sgomberate, 25 mila per nutrire i colibrì, la Regione promette 600 mila euro per le serre nuove (centro di riproduzione dei volatili). Per pagare i debiti Rimoli vende molti esemplari. Nel frattempo sono arrivati fuoco e morti.

(g. z.)
 

Caburlotto: l’avevo detto il gpl poteva esplodere
 

Infuriati i soprintendenti, seppure con posizioni diverse. Anselmi: «È ora di finirla L’unico ad ammazzare questi esemplari è Stefano Rimoli, ora bisogna chiudere»
Soprintendenza sottosopra per l’incendio a Miramare. «Lo sgombero era motivato - dice Luca Caburlotto, che ha ordinato sfratti coattivi tramite la magistratura -, c’è stata avventatezza nel non dare ascolto alle ripetute denunce di pericolo. Era stata chiesta la sorveglianza giorno e notte delle serre: e non c’era. La bombola di gas deve stare a 10 metri da alberi e case e sta tuttora a un metro. Quando in Prefettura furono chiamati i ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali solo i Vigili del fuoco non furono invitati...». Ma anche l’architetto della Soprintendenza, Maurizio Anselmi, ora alza i toni: «È ora di finirla, l’unico che qui ammazza i colibrì è Stefano Rimoli, è un miracolo che il fuoco non sia scoppiato prima, c’erano fili tenuti insieme col nastro adesivo. Metri di serre antiche sono esplose, ci sono ferri battuti piegati e fusi, non so se basteranno i soldi del ministero per rimettere a posto, i colibrì stanno ancora in container prefabbricati in piena precarietà, i “custodi” si sono dimostrati incapaci di custodia, ora bisogna chiudere. Aggiustare gli impianti è impossibile». Anselmi, nonostante le diatribe in corso, ha pronto un progetto per le serre nuove dove dar posto ai colibrì superstiti. L’incendio cade sul tavolo del direttore regionale dei Beni culturali Giangiacomo Martines, che dopo le denunce in Procura e le reiterate ordinanze di sfratto di Caburlotto ha avocato a sè l’intricata materia che si dipana da mesi e mesi in Prefettura, dopo gli «ordini» di Berlusconi e l’interessamento di Gianni Letta. «Evento davvero sfortunato, siamo alla conclusione delle intese Stato-Regione - dice Martines -, ma i vigili del fuoco per fortuna avevano dato prescrizioni sulla sicurezza, tutte messe in atto, altrimenti l’incendio avrebbe avuto conseguenze peggiori». Sarebbe scoppiata la bombola di gas dichiarata pericolosa. Chi invece esplode davvero, e dichiara che nessun colibrì resterà a Miramare, è proprio Caburlotto, che dopo le ripetute ordinanze di sgombero aveva rimbeccato anche Berlusconi: «Qui decido io, non la politica». Il soprintendente contesta che la Direzione regionale prenda in questa vicenda decisioni su Miramare, dove la titolarità è sua: «Vedo prevaricazione politica - accusa -, inavvedutezza totale nel gestire una situazione di rischio, la direzione non può impormi i colibrì nelle serre nuove, così come non potrebbe ordinarmi modifiche espositive in castello. Inoltre la Fondazione del museo portuale chiede una concessione a Miramare per 3 anni. Ma se ci metti una “nursery” per colibrì che si riproducono la concessione è fittiziamente temporanea, si vincola lo Stato a perpetuarla. E la Regione ci mette 600 mila euro? Io - conclude - non mi faccio complice di un simile spreco di risorse di questi tempi».
Gabriella Ziani

 

 

Sgonico, discarica a cielo aperto di amianto in Carso - AMBIENTE
 

Una discarica di amianto a cielo aperto: la ha individuata un lettore che ha scattato varie immagini mentre passeggiava in Carso. Aldo Alfieri, questo il nome dell’escursionista, ha fatto la brutta scoperta domenica mattina alle 9,30 a cinquanta metri dall’aerocampo di Prosecco, lungo la strada che conduce a Borgo Grotta Gigante, nel territorio di Sgonico.
 

 

Conferenza sull’acqua

 

Legambiente presenta “A come acqua” conferenza alle 17 nella sala Millo di Muggia. Interverranno: Oscar Garcia Murga, Legambiente Trieste; Marco Pieri, già membro collegio sindacale Acquedotto del Carso spa; Tiziana Cimolino, comitato acqua bene comune.

 

 

Convegno sull’acqua con Giorgi dell’Ictp
 

Domani, dalle 9.30, alla Sala Maggiore della Camera di commercio di Trieste si terrà il convegno “Acqua e Territorio - problematiche e soluzioni”. Lo organizza la Fondazione internazionale Trieste per il progresso e la libertà delle scienze con il Centro Unesco Trieste, per la Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile. Introdurranno Paolo Alessi del Centro Unesco e Stefano Fantoni (Fit/Anvur). Interverrà anche Filippo Giorgi, climatologo dell’Ictp.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 8 novembre 2011

 

 

Parte la guerra contro gli sprechi d'acqua.

 

La Regione lancia un sito sull'educazione al risparmio. Al via la Settimana dello sviluppo sostenibile.

TRIESTE L’obiettivo è quello della tariffa regionale unica per i consumi d’acqua nell’intero Fvg, creando i presupposti per un Sistema di area vasta a tariffa calmierata che garantisca la possibilità di investire a vantaggio dell’efficienza e della qualità di un servizio fondato su un bene costituzionalmente garantito a tutti. Il traguardo a medio termine è stato annunciato ieri a Udine da Alessandro Colautti, presidente della Quarta commissione del Consiglio regionale, nel corso della presentazione del portale www.h2o.fvg.it, realizzato dall’Autorità d’ambito centrale Friuli (Ato) e dall’Autorità regionale di Bacino del Fvg (Abr). Si tratta dell’ideale linea di partenza per creare una sinergia definita «fondamentale per rispondere in maniera concreta alla crescente richiesta d’acqua». Il tema, quello degli sprechi d’acqua è fondamentale. Basti pensare che nel 2010 abbiamo sprecato 12,6 miliardi di metri cubi d’acqua, pari a un decimo del Mar Adriatico, per la produzione di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli abbandonati nei campi. Numeri esorbitanti. A questo proposito, domani si terrà la Giornata europea contro lo spreco promossa da Last Minute Market: nella sede del Parlamento europeo è in programma “Stop water waste!”, la conferenza che impegnerà esperti e politici europei intorno ai temi dello spreco idrico in Italia e in Europa. Sul tema anche il Fvg è in prima linea. In questi giorni è infatti in corso la sesta edizione della Settimana di educazione allo sviluppo sostenibile (in programma fino a domenica), sotto l’egida della Commissione nazionale italiana per l’Unesco e sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. Centinaia di iniziative animeranno piazze, scuole, teatri, parchi di tutta Italia. In Fvg l’evento principale sarà il convegno “A come Acqua, l’acqua potabile in Friuli Venezia Giulia”, in programma oggi dalle 9.30 alle 13 nell’auditorium della Regione di via Sabbadini, a Udine. L’iniziativa è organizzata dalle Regione, in collaborazione con Federsanità Anci, Arpa e LaRea-Laboratorio regionale Educazione ambientale.

 

“A come Acqua”, tre film in difesa di un bene a rischio - SETTIMANA UNESCO
 

“A come Acqua” è il titolo della sesta edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile, in programma fino al 13 novembre sotto l’egida della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco. Centinaia di iniziative animeranno le piazze, le scuole, i teatri, le biblioteche di tutta Italia per ricordare la più importante fonte di vita e di benessere del pianeta e i fattori che la minacciano, dai cambiamenti climatici ai modelli di consumo, dagli sprechi alla cattiva gestione. Nel Friuli Venezia Giulia le attività sono realizzate con il coordinamento dell'Arpa Fvg/LaRea (Laboratorio regionale di Educazione ambientale): momento centrale del programma a Trieste sarà la serata di domani, con un doppio appuntamento dedicato al cinema in collaborazione con La Cappella Underground, al teatro Miela con ingresso libero. Alle 18 sarà proiettato il documentario “Grottenarbeiter - Alla ricerca del fiume nascosto” (Italia, 2011) di Tullio Bernabei. Il film è incentrato sull'esplorazione del Timavo, misterioso fiume sotterraneo che scompare in Slovenia e riappare a Trieste dopo 50 km sconosciuti. Il tentativo contemporaneo di due gruppi di speleologi triestini, in competizione tra loro, volto al raggiungimento del fiume attraverso un’impressionante serie di scavi sul Carso triestino, si sviluppa attraverso uno sforzo estremo, duro e molto pericoloso, paragonabile solo a quello dei minatori nel XVIII secolo. Alle 21, la serata prosegue con il lungometraggio “También la lluvia” (Anche la pioggia) di Icíar Bollaín (Spagna/Francia/Messico, 2010), già acclamato con il premio del pubblico al Festival di Berlino 2011 e dedicato al tema delle proteste da parte della popolazione boliviana contro la privatizzazione dell’acqua. Il giovane Sebastian è in Bolivia per girare un film su Cristoforo Colombo; tuttavia nelle intenzioni dell’autore, l’opera non deve limitarsi a raccontare la straordinaria impresa del navigatore genovese, ma piuttosto mostrare le sue tragiche e sanguinose conseguenze, grazie a figure come quelle di Bartolomeo de las Casas o di Hatuey, tra i primi a guidare una rivolta contro gli spagnoli. Durante le riprese, il ragazzo si trova coinvolto nelle violente proteste della popolazione locale contro la privatizzazione dell’acqua a favore delle multinazionali occidentali, vicende che creano così un inquietante parallelismo tra passato e presente. Il film, che ha per protagonista Gael Garcia Bernal, sarà proiettato nella versione originale in spagnolo con sottotitoli italiani. Un ulteriore appuntamento è previsto nel fine settimana, sabato 12 novembre, al multiplex Cinecity / The Space nell'ambito di Science+Fiction. Alle 17 sarà proiettato il film documentario “Flow: for Love of Water” (Usa, 2008) di Irena Salina, indagine sulla crisi mondiale dell'acqua vista come il problema ambientale più importante del XXI secolo. La pluripremiata documentarista costruisce una causa contro la crescente privatizzazione dell’ormai scarsa riserva di acqua dolce, con un focus inflessibile sulla politica, l'inquinamento, i diritti umani e l'emergere prepotente di un cartello mondiale dell'acqua.
 

 

Bonifiche, ora serve un’accelerazione netta - IL SITO INQUINATO
 

Lupieri (Pd): si parta dalla delega della Regione a Ezit snellendo al massimo la burocrazia
«Voltiamo pagina e partiamo finalmente dalla delega data all'Ezit dalla Regione per le caratterizzazioni, con tre mesi di ritardo, e con il trasferimento, mi auguro, degli opportuni finanziamenti». La sollecitazione a dare una svolta e soprattutto un’accelerata all’annosa vicenda delle bonifiche arriva dal consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri, secondo il quale «l’eccessiva perimetrazione del Sito inquinato, i 14 tentativi di accordi di programma, i ritardi sui fondi europei Fas 2007-2013, la latitanza della Regione sulle bonifiche del Sin e via dicendo, devono costituire una storia passata, alla quale si guarda solo per non ripeterla e per prenderne le distanze». La fine delle operazioni di caratterizzazione, ricorda sempre Lupieri, sulla carta è stimata per il 2015. A questo punto il consigliere rivolge un deciso invito all’amministrazione regionale, affinchè i tempi subiscano un’accelerazione. «Proprio sulle norme procedurali - sottolinea il consigliere del Pd - la Regione deve concentrarsi per accelerare al massimo il percorso burocratico-amministrativo, in modo che le caratterizzazioni possano essere eseguite quanto prima». «Vi sono tempi tecnici e normativi - osserva ancora Lupieri - che possono e devono essere abbreviati, per giungere ai risultati che consentano quell’analisi del rischio che alla fine ci dirà esattamente quale siano le condizioni di inquinamento dei terreni del Sin». Solo con l’analisi del rischio, prosegue il consigliere regionale del Pd, scopriremo se vi sono aree nelle quali non vi è rischio alcuno per chi lavora e vive in quelle aree, e che possono quindi essere da subito impiegate quali sedi di attività industriali. «La priorità della Regione e della giunta Tondo .- conclude Lupieri - deve essere dunque quella di deburocratizzare e semplificare, in modo che l'Ezit possa procedere quanto più speditamente possibile, riuscendo ad anticipare di molto quel 2015 che appare francamente molto lontano, per un mondo che cambia rapidamente e con Paesi vicini che non ci aspettano di sicuro».
 

 

Il raduno dei fuoristrada fa infuriare gli ambientalisti

 

DUINO AURISINA Giunto alla sua quinta edizione, il Raduno “Alle Porte dell’Est” si prefiggeva di “far trascorrere ai partecipanti una piacevole domenica di novembre, transitando lungo il percorso carsico predisposto”. Ecco come veniva presentata, nel sito dedicato ai fuoristrada, la tappa triestina che ha visto la scorsa domenica, arrivare da tutta Italia una ventina di macchine. Ma la manifestazione non è passata inosservata a parecchi cittadini, sopratutto di Medeazza. L'edizione 2011 riservava, infatti, la possibilità agli iscritti di transitare nel cuore del Carso triestino lungo strade e sentieri normalmente interdetti al traffico. «Tutte quelle aree – spiega Maurizio Rozza, consigliere comunale (Sel) di Duino Aurisina – sono riconosciute dall'Europa territorio a protezione speciale, la normativa Habitat pone una serie di divieti molto ferrei, ovviamente però si è trovato ugualmente il modo di aggirare l'ostacolo». «Il monte sopra Medeazza è un'area speciale, sopratutto per la fauna che la abita – spiega Rozza – so che alcuni abitanti hanno chiamato allarmati la Protezione civile, io ho intenzione di interrogare la giunta al prossimo consiglio comunale ed inviare un esposto alla commissione europea». La questione però non sembra essere incentrata tanto sulla manifestazione dei fuoristrada in sè. «Non ho nulla contro questo tipo di manifestazioni, se svolte nel rispetto della natura», spiega Davide Peric, membro del direttivo della Kmecka Zveza, Associazione Agricoltori. «La questione è che la legge non è uguale per tutti. Se io contadino voglio recarmi su quei terreni con la mia macchina per lavorare ho mille problemi perché l'area è piena di vincoli, invece venti o trenta auto che scorrazzano non devono render conto a nessuno». Il raduno “Alle porte dell'Est” prevedeva la partenza alle 9 presso il piazzale antistante il ristoro “Park Globojner” a Padriciano, per poi proseguire nei paesi carsici. «Ammetto però che i fuoristradisti hanno rispettato la natura, sui sentieri si vedono le tracce del loro passaggio ma non hanno creato danni all'ambiente, e hanno anche ripulito i boschi. Gli unici disturbati dall'evento sono stati i cacciatori che hanno chiamato i vigili urbani», conclude Peric.

Cristina Polselli

 

 

Chiampore, gestori disposti a trasferire le antenne

 

Nella conferenza dei servizi accolte le proposte del comitato. Adesso si tratta di effettuare le verifiche di fattibilità. Il sindaco: «L’accordo è possibile»
MUGGIA C'è un cauto ottimismo nel Comitato antiantenne di Chiampore. Alla luce della Conferenza dei servizi svoltasi ieri mattina a Muggia si sono potuti intravvedere degli spiragli verso una risoluzione dell'atavico problema dell'invasione dei tralicci radiotelevisivi presenti nella frazione. Ma la battaglia è appena iniziata. Alla presenza di quasi tutti i gestori delle 63 emittenti di radio e tv che si servono ddei tralicci muggesani, ieri il sindaco di Muggia Nerio Nesladek ha aperto l'atteso incontro dimostrando grande disponibilità nei confronti del Comitato, forte di quasi 350 adesioni. «Ferme restando le esigenze dei gestori e soprattutto la fattibilità dei progetti che dovranno risolvere il problema terremo conto delle istanze portate avanti dal Comitato dei Cittadini di Chiampore»”, ha dichiarato, evidenziando come siano necessari approfondimenti alla luce dei nuovi avvenimenti che negli ultimi mesi si sono verificati: la costituzione del Comitato, la disponibilità di alcuni gestori di riprendere in considerazione alcune localizzazioni in zone più gradite alla popolazione e la possibilità di accorpare ulteriormente alcuni interventi. «Gli approfondimenti sono ovviamente finalizzati a verificare la fattibilità», ha precisato Nesladek. Da qui la notizia positiva in base alla quale alcuni gestori, almeno a parole, pare abbiano raccolto con favore la razionale proposta di un trasferimento di parte delle antenne in tre zone alternative del Comune di Muggia: il bosco della Luna, la zona denominata “Fortezza” ed il versante nord del monte Castellier. Localizzazioni poste lontane dai centri abitati e suggerite caldamente dal Comitato formato da Claudio Poropat, Livio Postogna, Giuseppe Poropat e Fulvio Furlan. Il problema maggiore riguardo ai siti indicati riguardante l'assenza di strade di accesso potrebbe dunque essere superato. Anche a tale proposito il Comune ha invitato i gestori a proporre dei progetti concreti che verranno presi in seria ed attenta considerazione “se tecnicamente fattibili”. L'inghippo in realtà potrebbe essere un altro. Come gestire i tralicci. Pare infatti che i gestori siano orientati ad avere ognuno una propria struttura propria, a differenza della situazione attuale nella quale i tralicci sono complessivamente quattordici sopra i quali sono poi posizionate ben 63 emittenti radiotelevisive. Una soluzione ovviamente inaccettabile quella di aumentare il numero degli ecomostri, seppur in zone disabitate e lontano dai centri abitati. Il sindaco Nesladek ha espresso soddisfazione per la disponibilità manifestata da tutte le parti presenti in sala. «Sto dalla parte dei cittadini e penso che non sia lontana la possibilità di raggiungere un accordo soddisfacente per tutti».

Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 7 novembre 2011

 

 

Bombe Nato in Adriatico è allarme tra i pescatori
 

Molti ancora gli ordigni inesplosi scaricati in mare durante le operazioni militari sul Kosovo nel ’99. Ordigni ripescati alle Incoronate e al largo dell’isola di Meleda
FIUME A far tornare prepotentemente alla ribalta il problema è stato il sebenzano Frane Lucic, l’unico pompiere sopravvissuto alla tragedia dell’Incoronata dell’agosto 2007, in cui morirono 12 suoi colleghi. Lucic ha raccontato agli inquirenti e ai media di essere convinto che il rogo che si prese per sempre 12 vigili del fuoco di Sebenico, Stretto (Tisno) e Vodizze fu provocato da una bomba della Nato, sganciata probabilmente sull’isola dalmata nel 1999 da uno dei velivoli di ritorno dalle missioni nei cieli sopra il Kosovo. «Solo un simile ordigno esplosivo – così il giovane miracolosamente scampato al fuoco assassino – avrebbe potuto provocare la strage». Da sempre tomba di navi mercantili e da guerra, il mare Adriatico è diventato 12 anni fa una discarica per eccellenza della Nato, all’epoca impegnata nell’operazione Allied Force per tutelare la voglia di libertà dei kossovari e frenare la reazione di Belgrado. Alcune fonti indicano che sarebbero quattro i siti dove i piloti degli aerei dell’Alleanza avrebbero lanciato i proiettili dopo missioni o voli d’addestramento. Si tratta di bombe o di missili di cui bisogna assolutamente liberarsi perché la loro presenza non consente l’atterraggio. Una prassi ordinaria dunque, non condivisa da opinione pubblica, ambientalisti e tantomeno – per comprensibili motivi - dai pescatori. Alla fine dell’anno scorso un pescatore di Murter (Contea di Sebenico) ha trovato nelle acque dell’Incoronata un qualcosa che assomigliava al pezzo di una bomba o di una mina anticarro. Il frammento è stato consegnato alla polizia soltanto agli inizi di settembre, con gli esperti del ministero della Difesa croato a concludere che in realtà si tratta di un’esca antimissile, prodotta in Virginia (Usa). Si sa che mai le Forze armate croate hanno usato simili esche di calore, peraltro ritrovate anche nell’isola dalmata di Meleda (Mljet) e in varie zone della Regione raguseo–narentana. Secondo gli addetti ai lavori questi speciali “immondezzai” dell’ Alleanza Atlantica in Adriatico sarebbero invece una ventina, la maggior parte dei quali concentrati nel suo bacino settentrionale, nell’area vicino alle coste italiane. Dopo il pandemonio causato dalla vicenda di un pescatore italiano, ferito dallo scoppio di una bomba riportato in superficie dalle reti, furono organizzate operazioni di pulizia dei fondali, che permisero il ritrovamento di 131 ordigni. Gli esperti sostengono che nelle acque adriatiche ci sia ancora un centinaio di ordigni, sia sui fondali italiani che su quelli croati. Questi ultimi conterrebbero una ventina di bombe, ma a prescindere dal loro numero si tratta di una situazione a rischio, che finora ha visto la Croazia assumere un atteggiamento morbido verso la Nato, al contrario dei dirimpettai italiani. Zagabria non ha infatti mai chiesto all’Alleanza di utilizzare la tecnologia di cui dispone per affrancare i fondali adriatici da questa piaga che mette in pericolo pescatori e navi. È probabile che alla radice di questo atteggiamento ci sia il desiderio di non inimicarsi i palazzi che contano a Bruxelles.
Andrea Marsanich

 

 

Mare e biodiversità - “UNA STORIA SCRITTA SULL’ACQUA”
 

Civico Museo del Mare via Campo Marzio 5 Info: tel. 040-304885 348-6394528
Due appuntamenti straordinari della manifestazione "Trieste, una storia scritta sull'acqua" organizzata dal Civico Museo del Mare e dall'Associazione Ambientalista Marevivo. Oggi alle 18 al Museo, incontro pubblico su: “Mare e biodiversità, le acque salmastre” , introduzione di Nicola Bressi e interventi di Sergio Dolce e MarinoVocci. Sabato 12 novembre con partenza alle 9.45 dalla piazzetta del Villaggio del Pescatore, escursione guidata da Dolce e Vocci alla scoperta delle sorgenti di marea, del Timavo (foto) e dei dinosauri al Villaggio del Pescatore Duino. E’ possibile raggiungere il punto di partenza anche con mezzi pubblici: linea E51 dell’ApT di Gorizia con partenza dall’autostazione di piazza Libertà alle 9.05 e arrivo al Villaggio alle 9.39 oppure con la linea 44 di Trieste trasporti con partenza da piazza Oberdan alle ore 8.45 e arrivo al Villaggio alle 9.45. Ingresso libero, fino all'esaurimento dei posti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 6 novembre 2011

 

 

Park di via della Cereria 500 firme per dire no
 

Costituito il comitato.

Con i loro banchetti allestiti per due giornate in Cavana hanno raccolto più o meno 500 firme. E continueranno a raccoglierne per altre quattro mattinate del sabato, fino a quella del 3 dicembre. L’obiettivo del neocostituito “Comitato per il giardino di via della Cereria” è lineare: indurre il Comune a riconsiderare il progetto del parcheggio interrato da 75 posti auto individuando un’altra area in cui realizzarlo; e al contempo far sì che l’ultimo polmone verde rimasto in Cittavecchia venga recuperato e attrezzato per la fruizione pubblica. A chiederlo sarà una petizione popolare che il Comitato si appresta a redigere, e che potrà presentare all’amministrazione comunale forte delle sottoscrizioni raccolte. Dopo gli incontri avuti con l’assessore ai lavori pubblici Elena Marchigiani, che pure aveva già rassicurato sulla volontà del Comune di «interpellare costantemente il comitato e gli altri cittadini attraverso la Circoscrizione» sull’evolversi della situazione, il comitato alza il tiro e intende chiedere il blocco del progetto. Un progetto affidato all’impresa Riccesi che pure, aveva spiegato la stessa Marchigiani, «andrà comunque sottoposto a una lunga serie di pareri di conformità paesaggistica e di qualità su cui potranno incidere gli uffici comunali». «Questa amministrazione sostiene di essersi trovata con un iter già compiuto, ma tutto si può fare», esordisce Pietro Da Dalt, architetto, uno dei referenti del Comitato: «Non sono contrario al business, sia chiaro, ma lo sono alla speculazione. Ci viene proposta un’area verde sopra il park, ma servirebbe solo per portarci i cani: o si fa un giardino con due metri di terra, o si trovi un’altra soluzione. Un sito più definito e meno distruttivo, che preservi sia il business che l’ambiente, dopo 15 anni di cementificazione della città». Da Dalt cita peraltro «corsi d’acqua» sottostanti l’area e caseggiati costruiti «sopra un’enorme cisterna sotterranea»: problemi statici e idrogeologici, insomma, sebbene dalle prospezioni archeologiche effettuate ad agosto non siano emersi resti di epoca romana. Ma il Comitato nutre anche un altro sospetto: «Anni fa era stato presentato il progetto per la costruzione di un albergo al posto delle vecchie carceri. Non verrà riproposto - si chiede Da Dalt - con la partenza del cantiere del park?» Una domanda questa che si pone anche un’altra referente del Comitato, Cinzia Stefanucci, la quale annota come il giardino di via della Cereria potrebbe servire le scuole del vicinato. In ogni caso un giardino da preservare, sostiene il Comitato, nell’ottica del «potenziamento del verde a disposizione della cittadinanza: non ci sono i soldi per mantenerlo? Vuol dire che creeremo un comitato per la manutenzione», dice Da Dalt. «Il primo e fondamentale approccio - interviene l’ex consigliere comunale dei Verdi Alfredo Racovelli - è quello della trasparenza: al Comune abbiamo fatto presente che bisogna ripartire dalla novazione per capire i termini dell’accordo predisposto come compensazione per la mancata opera in Ponterosso, e potere evitare così una nuova cementificazione. Sarebbe molto grave che il sindaco Cosolini riproducesse la speculazione decisa in passato. Noi restiamo in attesa di una risposta».

(p.b.)

 

Area alternativa a Ponterosso

 

La vicenda di via della Cereria affonda le radici nel parcheggio sotterraneo di piazza Ponterosso, che era stato approvato dalla giunta comunale sotto la guida di Riccardo Illy, oltre dieci anni fa, per essere poi cassato dall’amministrazione Dipiazza. Un no alla Riccesi spa, intenzionata a costruire in Ponterosso, che aveva innescato un lungo contenzioso. Infine, era giunto l’accordo mirato a evitare una costosa causa civile per risarcimento danni: una novazione che al posto di Ponterosso prevedeva zone alternative in cui costruire. Una di queste individuata appunto nel giardinetto alle spalle dell’antica palestra di via della Valle e di quello che fu il carcere femminile.

 

 

Bonifiche, 8 anni dopo resta il nulla di fatto
 

Il sito inquinato fu perimetrato nel 2003: da allora 14 tentativi di accordi e mille scambi di accuse. Solo ora la Regione delega l’analisi dei terreni a Ezit
Colpa del ministero. Colpa dei suoi funzionari. Colpa della Regione. Colpa degli industriali. Colpa di tutti quelli che accusano gli altri di retropensiero (“tanto paga Pantalòn”, e il ruolo di Pantalòn pagatore cambia a seconda degli interlocutori). Colpa del Comune che voleva approfittare. Colpa dei terreni. Dei loro proprietari. Di proprietari inesistenti. Della storia di prima, che qui è diversa. Degli accordi iniqui. Colpa del destino, che a Trieste, è cosa nota, si accanisce sempre in modo speciale. Il risultato è splendido: Trieste è l’unico dei 54 Siti inquinati di interesse nazionale dove non si è stretto alcun accordo con lo Stato per le bonifiche di 5000 ettari di terra sporca in zona industriale. E il perimetro del “Sin”, allegramente disegnato largo, in terra e soprattutto in mare, perché si sperava nella pioggia di denari pubblici, risale al 2003. Qui, intanto, economia ingessata, soldi nel frattempo finiti, Pantalòn emigrato. Anche se l’ex sottosegretario di Stefania Prestigiacomo all’Ambiente, il triestino Roberto Menia che proprio a Trieste se l’è vista così brutta, oggi rivela: «Il direttore del ministero mi ha confessato che, per simpatia, i soldi di Trieste li ha messi da parte...». Forse in un cassetto all’insaputa di Tremonti, fatto sta che ufficialmente il banco è saltato. Con due briciole adesso (10 milioni statali, 5 “comunitari” e 1,6 della Camera di commercio) si farà l’analisi dei terreni su regìa della Regione, che ha delegato l’azione a Ezit. L’altro giorno, con tre mesi di ritardo sulla tabella, è arrivato l’incarico che fa ripartire l’incredibile vicenda. Fine delle operazioni (sulla carta) nel 2015. Poi appena si parlerà di bonificare. Costo preventivato: «236 milioni» afferma Dario Bruni, presidente di Ezit. E chi li mette? Come si ricorderà, con lo Stato c’è un record di accordi stracciati: 14 bozze. Che qualcosa non fosse tanto dritto lo comprova il fatto che il Tar, su ricorso di imprenditori privati, ha bocciato in seguito i contenuti delle intese. E che proprio l’assessore regionale all’Ambiente, con un colpo politicamente alto e basso (a seconda dei punti di vista) all’inizio del 2010 si mise contro il ministero e il sottosegretario, che l’avrebbe voluto “licenziare”: Elio De Anna (oggi alla Cultura) disse che a quegli accordi mancava base giuridica. Frase memorabile: «Non si fanno i matrimoni con la pistola sulla tempia». Ergo, non si possono chiedere milioni a chi non ha inquinato. L’indigeribile comma è rimasto quello del “danno ambientale” previsto dalla legge sulle bonifiche: 236 milioni a carico degli insediati sul Sin. Cifra di cui nessuno mai ha capito o indagato l’origine, che nessuno ha negoziato nel merito, che tutti hanno rifiutato perché, come dice oggi il presidente di Assindustria, Sergio Razeto, «con quei soldi dei privati, non si sa a che titolo richiesti se non era predefinito né il livello di inquinamento, né chi l’aveva causato visto che Ezit sorge su ex discariche “pubbliche”, si volevano solo recuperare soldi, cosa che faceva comodo anche al Comune: avrebbe pagato il nuovo depuratore di Servola». Come onesti muli che rifiutano la marcia, i triestini sono rimasti fermi al «no», appoggiati dalla Provincia che aveva chiaro il testo della legge europea da cui la storia dei Sin era nata: «Chi non ha inquinato non paga». Ovvio che a Trieste nessuno degli insediati in Ezit si sentiva inquinatore, dunque nessuno doveva pagare, ma per diktat del ministero se non accettavi di pagare ti era impedito anche analizzare i terreni. Tutto qui? No, le responsabilità sono anche altre, per scoprirle bisogna andare a vedere che cosa è successo altrove, chi incassava veramente i soldi per caratterizzazioni e bonifiche, quanti soldi sono piovuti già nel 2007 nelle aree che hanno firmato, come Priolo in Sicilia, Puglia per Brindisi, aree lombarde, Napoli orientale, Piombino in Toscana che ha aderito nel 2008. C’erano somme cospicue provenienti dai fondi europei Fas 2007-2013. Perché non hanno soccorso Trieste? Perché la Regione ne ha stabilito la destinazione appena il 9 settembre del 2010, quand’era a rischio di perderli. E lì i conti si moltiplicano. Sono stati ripartiti 16 milioni anche per la riconversione della «ex acciaieria», dove altro non si legge se non Ferriera. Ancora si parla delle casse di colmata sotto la piattaforma logistica del Porto come contenitore dei fanghi sporchi. E soprattutto c’è la sorpresa finale. Fondi «programmati per la seconda fase»: «236 milioni, risorse private dalle transazioni». Insomma, esattamente la «gabella» (come la definisce Razeto) di prima. Respinta per la finestra ministeriale, rientra dalla porta regionale. Perché noi, dal Sin, non siamo comunque mai usciti.
Gabriella Ziani

 

Anche amianto nei 1700 ettari di terra e mare
 

È dallo scorso giugno che la situazione del Sin si è sbloccata a livello regionale con l’attesa decisione di analizzare senza intervento del ministero i terreni. Il Sito inquinato nazionale riguarda un territorio immenso e una enorme area a mare. In tutto si tratta di 1700 ettari , di cui 5 mila a terra (zona industriale) e 12 mila in mare, compresa l’area del Porto. Tra gli inquinanti rinvenuti finora ci sono idrocarburi, metalli pesanti e amianto.
 

L’ombra lunga della società ministeriale - In altre città è stata la Sogesid a fare gli interventi. Il “rischio”, scorciatoia rimasta lettera morta
 

Uno dei grandi interrogativi sul «mistero bonifiche» recita così: perché, come accaduto per una prima porzione sotto la giunta Illy, l’Ezit non poteva su delega della Regione analizzare tutti i terreni prima di fare accordi sul risanamento, aver prova degli inquinanti, e in caso di aree “pulite” restituirle agli usi legittimi, come da norma vigente? Una delle possibili risposte sta proprio nell’architettura degli accordi Stato-enti locali, dove il ministero metteva sì a disposizione i propri istituti specializzati (Apat, Iss, Ispra) ma di fatto incaricava delle analisi dei terreni una società, sempre quella, la Sogesid-Interventi integrati per la sostenibilità dello sviluppo. A Piombino ad esempio anche il preventivo dei vari interventi fu fatto assieme da Ispra e Sogesid. Sogesid spa è (dichiaratamente) «una società “in house” del ministero dell’Ambiente e del ministero delle Infrastrutture. È una società per azioni di cui l’intero pacchetto è in mano al ministero dell’Economia, con capitale sociale di oltre 54 milioni di cui 34 versati. Sogesid è stata fondata proprio per lavorare in accordo col ministero dell’Ambiente. A che cosa dunque si devono ascrivere, oltre che al lodevole intento di pulire l’Italia e il suo mare, così forti insistenze senza via d’uscita? Il sindaco Roberto Cosolini: «C’è chi dice che era il ministero dell’Ambiente a bloccare la Regione, che avrebbe fatto fare le analisi dei terreni anche senza accordo. Ora si procede proprio così, ma intanto si sono persi inutilmente tre anni». A Trieste chi sa della Sogesid non lo denuncia apertamente, e molti invece non sanno neanche dell’esistenza di questo “in house”, e ne rimangono sconcertati. Per converso, secondo i risultati dalle prime caratterizzazioni fatte dall’Ezit, alcune aziende effettivamente risultarono insediate su terreni puliti. «Ma la liberatoria dal ministero - dicono sia il presidente Bruni, sia il presidente di Assindustria Razeto, e sia il sindaco Cosolini - non è mai arrivata». Neanche su un metro quadrato è stata poi fatta l’analisi di rischio, un altro “escamotage” per calmierare tecnicamente i pericoli per la salute. Se si dimostra che nei terreni e nelle falde acquifere ci sono idrocarburi, metalli o altre sostanze, ma che il rischio per chi lavora e vive nell’area non c’è, si può passar oltre. Per paradosso, l’area industriale potrebbe essere stata chiusa in galera per niente, ma a tutt’oggi non lo sappiamo.

(g. z.)
 

 

Teseco all’ex Aquila, ma anche quel progetto si è fermato
 

Nella storia degli inquinamenti triestini c’è anche la ex Aquila. I terreni furono venduti alla Teseco, società specializzata in bonifiche, con l’accordo che una porzione risanata sarebbe stata venduta come area per centri commerciali. Operazione completata (ma le Coop non hanno costruito). L’altra, più vasta area, dopo la bonifica doveva essere rivenduta, a prezzo pattuito, all’Ezit. Non è mai avvenuto. Questo però diceva un accordo di programma con la Regione che, scaduto lo scorso dicembre, non è stato rinnovato. Dopo la perimetrazione del Sin, anche Teseco si è fermata. Il ministero dell’Ambiente ha negato all’azienda la facoltà di usare proprie attrezzature per la “pulitura” dei terreni (anche fanghi non locali, per equilibrio economico). La bonifica non è stata fatta, si parla ora di altri programmi: creazione all’ex Aquila di un terminal per navi-traghetto, già inserito nel Piano regolatore del Porto, da realizzare in accordo con l’Autorità portuale. Inutile cercare conferme dirette: Teseco da mesi non risponde. Nel frattempo il piano regionale di utilizzo dei fondi comunitari Fas 2007-2013 cita finanziamenti per la piattaforma logistica ora “in alto mare”, e anche per il terminal di Muggia. Il preventivo di spesa per il Sin cita un totale di 133 milioni di euro, di cui 41 a carico dell’Autorità portuale, altri 32 sempre dell’Ap (stanziati con «delibera Cipe 2009») da poter aggiungere ai fondi regionali e comunitari, assieme a ulteriori 8 forniti da risorse dell’Ap stessa. Molte cifre, ma poche certezze.
 

«Ci chiedevano quattrini e il Comune diceva sì»
 

Razeto: il Municipio sperava di pagare il depuratore con i soldi di Pantalone Menia: dal Sin Trieste non uscirà. De Anna: stracciai l’ultima bozza e feci bene
Chi ha comprato terreni in Zona industriale dopo la perimetrazione del Sin, consapevole della terra iper-inquinata, ha pagato «18 euro al metro quadrato mentre il prezzo di mercato - dice il presidente dell’Ezit Dario Bruni - sarebbe stato di 170». Sotto le cifre, altre polemiche: costoro vogliono farsi anche pagare le bonifiche dallo Stato? Lo afferma per esempio Roberto Menia, all’epoca sottosegretario all’Ambiente che dalla sua città ottenne il fallimento sul Sin, forse non riuscì a spiegare per tempo i vantaggi dell’adesione, comunque volontaria: dimezzamento delle spese, aiuti tecnici, danno ambientale modulato e pagabile in 10 anni senza interessi, riducibile fino a zero se l’azienda avesse creato sui terreni ripuliti aziende molto ecologiche. «Solo un fotovoltaico qui si sarebbe potuto installare» contesta Bruni. Menia stesso dice oggi di capire «le resistenze di alcuni», ma vede il risultato finale: «Non si è fatto niente quando i soldi c’erano. Gli interessi di pochi a Trieste prevalgono sempre e bloccano tutto. Comunque chi sta sull’inquinato è obbligato a disinquinare: la legge è quella. Ma tutti volevano che pagasse Pantalone, e adesso l’area è un cimitero». Oggi l’esistenza di 54 Sin di cui solo 3 bonificati lascia «perplesso» Menia, già sconcertato dai 14 accordi triestini abortiti e dalla insubordinazione finale della Regione. «Dal Sin Trieste non uscirà - prevede -, e nemmeno pagherà di meno perché si crede la più bella». «Non si sapeva neanche su quali indici era calcolato un danno ambientale di 236 milioni - ribadisce Razeto -, la colpa è dell’inflessibilità del ministero. L’Avvocatura di Stato ci minacciò. E non si è capito neanche il criterio di questa folle perimetrazione: una mano “saggia” ha allargato la zona, per attirare quattrini. Invece è venuto fuori che i quattrini si pretendevano da noi, e il Comune diceva di sì sperando di pagare il depuratore coi soldi di Pantalone. Ma se dopo queste nuove analisi si scoprirà che i tre quarti del terreno sono sani, e di nuovo ci chiederanno la gabella, alzeremo la voce ancora più forte. La gabella - conclude - è sempre dietro l’angolo, non siamo fuori dal Sin». «Menia, io, tutti volevamo fare qualcosa per Trieste - racconta oggi Elio De Anna, al tempo assessore regionale all’Ambiente che stracciò l’ultimo accordo del “suo” governo e rischiò il posto -, ma io volevo che la bonifica fosse un’opportunità economica nell’interesse di tutta la regione. Ci furono difficoltà al ministero. Pressioni. Interessi. Qui non era possibile risalire ai veri inquinatori, come potevo far pagare i costi agli affidatari, penalizzando le imprese? Non si riusciva a liberare le aree non vincolate a recupero ambientale affinché le imprese investissero. Così si andò in rotta di collisione, ma il tempo ha dato ragione a me. Potevo anche stare zitto, allora, sarebbe stato più facile allinearmi, ma ho voluto guardare oltre il naso, e i fatti mi danno atto che era la scelta giusta».

(g. z.)
 

 

Adriatico, invertita la circolazione delle acque - Studi effettuati da Ogs in rete con altri scienziati europei: nuove scoperte sul Mediterraneo
 

WORKSHOP A ROMA
Il progetto “Poem”, Oceanografia fisica del Mediterraneo Orientale, avviato 25 anni fa da un network di ricercatori di sette Paesi, ha studiato alcune dinamiche recenti della circolazione marina nel Mar Mediterraneo. Ora sta gettando le basi per il monitoraggio futuro dei cambiamenti locali che interessano questo ampio bacino chiuso. L’Italia, con i ricercatori dell’Ogs, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, assieme ai colleghi del Cnr, è fra i sette paesi del network (con Germania, Turchia, Egitto, Israele, Grecia, Croazia e Usa). I risultati delle ricerche - alle quali il Presidente Napolitano ha dedicato una medaglia commemorativa - saranno ampliati nel workshop che si terrà da domani al 9 novembre a Roma, all’Accademia dei Lincei. Il workshop stesso ha ricevuto il patrocinio del Capo dello Stato, ed è organizzato dalla Space Academy Foundation, dalla Ciesm (Commissione internazionale per l’esplorazione scientifica del Mar Mediterraneo), insieme a Ogs e all’Accademia dei Lincei. «Poem – spiega Miroslav Gacic, oceanografo fisico di Ogs – si è concluso formalmente nel 1995 ma di fatto non si è mai interrotto, e negli ultimi 15 anni abbiamo ottenuto i risultati più significativi». È emerso che il Mediterraneo è soggetto a due meccanismi di circolazione delle acque: uno superficiale e uno più profondo. «La circolazione superficiale – dice Gacic – è innescata dall’acqua che entra da Gibilterra per compensare la forte evaporazione del Mediterraneo, arrivando fino alla Turchia. Qui inverte il cammino e torna verso l’oceano». Ma è stata la circolazione profonda del Mediterraneo orientale a rivelarsi più interessante. Come spiega il ricercatore, «a livello profondo le acque del Mediterraneo orientale tendono a non mescolarsi con quelle del Mediterraneo occidentale. A Est il motore principale è l’Adriatico: le sue acque più fredde e dense scendono in profondità, rimescolando l’intera colonna d’acqua, modificando i parametri biogeochimici e portando nutrienti e ossigeno». Negli ultimi 20 anni, però, l’Adriatico ha lasciato all’Egeo il compito di rimescolare le acque. Un fenomeno che potrebbe avere effetti notevoli sull’ambiente marino, «portando a una redistribuzione della fauna e innescando cambiamenti a catena». Commenta Maria Cristina Pedicchio, presidente di Ogs: «Questo lavoro è indispensabile per comprendere eventi che potrebbero, nel medio periodo, portare a profondi cambiamenti ambientali».
 

 

SEGNALAZIONI - Pedoni trascurati

 

Occupandoci da tanti anni di sicurezza stradale e dei pedoni, riscontriamo in città una caduta di interesse da parte di stampa e televisione. Abbiamo scritto Prima o poi siamo tutti pedoni e Camminatrieste con queste motivazioni di interesse generale compie venti anni di attività (1991–2011) e dieci anni di collaborazione con le scuole. Per la settimana europea della mobilità 2011 non siamo riusciti a far valere al meglio la figura del pedone, infatti di tanto e di tutto si è parlato, ma questa figura centrale, fatto salva la pubblicazione della carta europea del pedone da parte dell’Amministrazione Comunale di Trieste. Eppure in questi ultimi tempi molte le iniziative sviluppate come incontri, passeggiate e la celebrazione della giornata del pedone il 4 ottobre all’Istituto Comprensivo di Valmaura. Al momento mobilità urbana sostenibile a Trieste significa mobilità urbana insostenibile, dovuta a una forte presenza di mezzi a due e quattro ruote circolante in città in misura oppressiva: oltre 70 km di marciapiedi e il 90% delle fermate bus occupate insieme ad una viabilità caotica, Trieste sotto questo aspetto non è una città europea. Sono fioretti che tiriamo ancora una volta in attesa di qualcosa di più organico, in questo caso il piano urbano del traffico. In fin dei conti siamo tutti pedoni, cerchiamo di esserlo anche nei comportamenti quotidiani.

Sergio Tremul (Segretario di Coped Camminatrieste)

 

 

 

I documenti congressuali e il nuovo organigramma di Legambiente FVG
 


 

 

 

Una breve nota di sintesi dei lavori del Congresso di Legambiente FVG che si è svolto il 5 novembre 2011
 


Il 5 novembre scorso si è svolto il Congresso regionale della nostra associazione, segnato da: una significativa partecipazione, un dibattito che ha approvato alcuni documenti che saranno preziose guide della nostra attività nel prossimo futuro, l'elezione dei nuovi organismi di direzione regionale.

Ma il dibattito congressuale di Legambiente non è finito: agli inizi di dicembre si tiene a Bari il nostro Congresso nazionale e ci sarà ancora occasione di parlare e far parlare di tutela ambientale e territoriale, buone pratiche, sostenibilità, coesione sociale.

Infatti il precipitare della crisi dell’euro, del debito italiano, la lettera della BCE, i dibattiti televisivi, le dichiarazioni dei politici si richiamano sempre - oltre che a sacrifici, tasse e minori servizi sociali - alla necessità di riprendere "la crescita economica" per aumentare la produzione, i consumi, i redditi per poter pagare il debito pubblico e “far crescere” il Paese.

Pochi, forse nessuno, ci dice di che tipo dovrà essere questa "crescita", con quali caratteri, con che qualità. Se dovrà essere uguale al passato o diversa dal passato.

Anche Legambiente è "per la crescita", basta intendersi...
Riteniamo che una comunità fortemente divisa fra ricchi e poveri, fra i diversi nord e i diversi sud, con minori diritti e partecipazione, sarebbe una comunità con bassa coesione sociale, con bassa attenzione alle identità, con scarso interesse per i beni ambientali. Ricordiamo ancora un autorevole ministro che ebbe a dire che "con la cultura non si mangia" e non ci stupiremmo più di tanto se qualche altro protagonista di talk show politici ci dicesse che "l'ambiente è una preoccupazione solo per gli anni delle vacche grasse".

Ma siamo convinti che non è così. E che anzi proprio questi tempi di crisi ci consegnano un compito ancora più difficile: convincere che da questa crisi si uscirà solo cambiando riferimenti e parametri.

La nostra idea di "crescita" è l'esatto contrario di quella che viene proposta anche dall'attuale governo regionale: strade e autostrade, poli turistici invernali in quota, edilizia e consumo di suolo a go-go, e nessuna idea di qualificazione generalizzata dei sistemi residenziali, di filiere locali di produzione di energia e calore, di reti territoriali a tutela della biodiversità, di agricolture delle identità e a chilometro zero, di crescita delle diverse esperienze di gruppi d'acquisto. L'incontro recente che il Presidente Tondo ha ritenuto di fare con le associazioni ambientaliste, al di là della forma, non ci ha lasciato nessuna illusione in tal senso.

L'invito che facciamo a iscritti e simpatizzanti è ad utilizzare i documenti nazionali e regionali nelle mille nostre diverse attività a tutela dell'ambiente e della qualità della nostra vita, a partecipare ai tanti momenti di cittadinanza attiva, a fare rete utilizzando Legambiente come luogo di approfondimento e di organizzazione per renderle ancora più efficaci.

Un augurio a tutti ed a tutte per farcela insieme!

I documenti congressuali

Organizzazione di Legambiente FVG
 

Gestione e conflitto sulla sostenibilità urbana

Note sulla politica ambientale della Regione FVG
 

Una griglia di valutazione per promuovere concretamente le rinnovabili in FVG
 

Proposte per una politica sostenibile nella montagna friulana

Mozioni e indirizzi - Leggi

I nuovi organismi dirigenti - Leggi

Elia Mioni - Presidente regionale

Michele Tonzar - Segretario regionale
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 5 novembre 2011

 

 

Il re del cromo costruirà il rigassificatore a Veglia
 

Danko Koncar acquista 330mila metri quadrati di terreno su cui sorgerà l’impianto. Il miliardario pronto a rilevare anche il cantiere Tre Maggio
FIUME Torna prepotentemente di moda il progetto del rigassificatore sull’isola di Veglia, finito nel dimenticatoio e che invece dovrebbe sorgere a Castelmuschio (Omisalj), nell’ambito dell’area occupata dagli impianti petrolchimici dell’impresa Dioki. Ad esternare un concreto interesse verso la costruzione e gestione del terminal è stato quello che si può definire il croato più ricco al mondo, il re del cromo (possiede miniere in Sudafrica), al secolo Danko Koncar, che nei giorni scorsi ha incontrato il proprietario della Dioki e del quotidiano fiumano Novi List, Robert Jezic. Entrambi hanno dichiarato ai media di essere giunti ad un accordo che vedrà la Dioki vendere all’impresa di Koncar, la Kermas, un lotto di circa 330 mila metri quadrati a Castelmuschio e sul quale sarà realizzato sia il rigassificatore, sia una centrale di cogenerazione termoelettrica, di potenza installata pari a 400 Megawatt. Molto soddisfatto Jezic: «L’ investimento di Koncar ci permetterà di sbloccare i conti bancari della Dioki e di riavviare la produzione». Koncar ha confermato che le trattative sono entrate nella fase conclusiva e che per l’intesa vanno limati ancora un paio di dettagli. Si tratterà di una sinergia tra gas e cantieristica navale. Koncar è interessato, quale unico potenziale acquirente, alla privatizzazione del cantiere navale Tre Maggio di Fiume (2800 occupati e centinaia di lavoratori di cooperative): se la megastruttura vegliota diventerà realtà, allo stabilimento di Cantrida si appronteranno navi metaniere, le unità adibite al trasporto di gas naturale liquefatto. Ieri il figlio di Danko Koncar, Nenad, è stato contattato dai giornalisti, ai quali ha confermato l’interesse della Kermas per l’edificazione e la gestione del rigassificatore isolano. Del resto il padre aveva a più riprese annunciato l’intenzione di operare importanti investimenti nel settore energetico. «Un paio di settimane fa la nostra famiglia ha potuto dei cantieri di Fiume, Portoré e Traù, ai quali siamo fortemente interessati – ha detto Koncar junior – il governo croato non ha però istituito il team che dovrebbe partecipare alle trattative di compravendita dei cantieri. Noi auspichiamo che la Commissione europea acceleri la privatizzazione dei maggiori stabilimenti croati e lo faccia con il governo che nascerà dopo le parlamentari del 4 dicembre». Il terminal Lng di Castelmuschio è un progetto di 800 milioni di euro, investimento che sale a un miliardo e 300 milioni con le necessarie infrastrutture. Oltre ad assicurare gas naturale alla Croazia, riuscirà a piazzare copiosi quantitativi anche sui mercati di Slovenia, Austria e Germania. Dopo diverse battute d’arresto, il progetto pare in procinto di decollare, con il sito di Castelmuschio scelto dopo anni di ricerche e ritenuto il più adatto nella regione adriatica della Croazia.
Andrea Marsanich

 

 

Antenna a Zaule, il Comune è per il “sì”
 

Secondo l’amministrazione il traliccio da 34 metri non è pericoloso e porterebbe ricadute economiche per il territorio
MUGGIA «L'antenna della telefonia che potrebbe sorgere a Zaule non rappresenta alcun pericolo per la salute dei cittadini», dice il Comune di Muggia. E i residenti come rispondono? Facendo partire una petizione popolare e ribadendo (ancora una volta) il proprio no. Si preannuncia un novembre caldo per l'amministrazione Nesladek. I tralicci sono tornati all'ordine del giorno della vita dei muggesani. Da una parte Zaule. Dall'altra Chiampore con un Comitato ben organizzato. «I sottoscritti cittadini chiedono non siano costruite antenne telefoniche – radio o tv nella frazione di Zaule – Aquilinia, e che nei nuovi “piani antenne” ci sia l’obbligo di una distanza minima dei tralicci di almeno 200 metri da zone densamente abitate o da scuole o strutture sportive. È noto che degli studi hanno evidenziato rischi di gravi patologie, anche tumorali, in particolare per organismi deboli o in crescita; quindi si deve adottare il principio di precauzione, e prevenzione per minimizzare il rischio di esposizione delle popolazioni». Il testo della petizione lanciata dal Comitato dei cittadini di Zaule è chiaro. Il documento è iniziato a circolare nella giornata di ieri. I firmatari possono recarsi in farmacia e nel tabacchino di Zaule. Il documento è stato poi consegnato anche all'associazione sportiva dilettantistica Zaule-Rabuiese. E a breve si partirà pure con il “porta a porta”. Eppure il Comune di Muggia, “pur rispettando il parere espresso dalla cittadinanza contro l’impianto dell'antenna”, è pronto a sensibilizzare l'opinione pubblica. «L’antenna risponde non solo ai limiti di legge imposti ma anche al regolamento relativo alle antenne ed alle relative verifiche delle agenzie regionali di protezione ambientale (Arpa). Dal punto di vista prettamente scientifico quindi non rappresenta alcun pericolo per la salute dei cittadini», spiega il Comune. «Anzi – prosegue la nota - in tal senso studi effettuati dalle maggiori autorità del settore a livello internazionale (Ue, Oms, ecc.) concordano nel sostenere i limiti dell’inquinamento della antenne sicuri, ma in Italia si è scelto di adottare un principio di precauzione ed i limiti per esposizioni residenziali che sono addirittura circa un quarantesimo di quelli internazionali: i ripetitori di telefonia ci espongono quindi a campi di gran lunga meno intensi di quelli di un semplice telefono cellulare». Parlando del traliccio, promosso dalla multinazionale Ericsson per conto dell'H3g, alto 34 metri e che dovrebbe sorgere sotto il campo da gioco dello Zaule Rabuiese in un terreno di proprietà del Comune di Muggia, lo stesso Comune ricorda che questo “risponde ai requisiti relativi alle distanze da osservare da determinate aree di tutela: l’asilo dista oltre 80 metri e la scuola elementare ben 130”. Da qui il ragionamento sul valore economico che l'installazione potrebbe comportare alla comunità: «Il traliccio in questione darebbe la possibilità ai cittadini del rione di poter veder reinvestire ad Aquilinia le cifre derivanti dallo stesso per una riqualificazione del territorio». Le motivazioni elencate difficilmente potranno però smuovere la volontà dei cittadini che durante l'assemblea pubblica indetta dall'assessore all'Ambiente Fabio Longo hanno espresso chiaramente la volontà di non avere nella propria frazione tralicci da oltre 30 metri in una frazione peraltro densamente abitata. Il messaggio è chiaro: serve proprio installare una nuova antenna? Si scelga un luogo isolato lontano da adulti e bambini.

Riccardo Tosques
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 4 novembre 2011

 

 

«Nuovo Prg, direttive inadeguate» - Legambiente e Italia Nostra: sull’urbanistica è necessaria una vera svolta
 

«Le direttive per il nuovo Piano regolatore, di recente varate in via preliminare dalla giunta comunale e su cui i Consigli circoscrizionali hanno espresso i loro pareri, sono inadeguate». Lo affermano in una nota Legambiente e Italia Nostra, che hanno inviato un ampio documento di osservazioni e richieste di modifica al sindaco Cosolini, agli assessori Fabio Omero ed Elena Marchigiani e ai consiglieri comunali. Secondo le due associazioni ambientaliste «il documento della giunta contiene da un lato una serie di indirizzi generali, che però non sono in grado di salvaguardare il territorio dagli interventi in contrasto con la nuova impostazione del piano fino all’adozione dello stesso; dall’altro riduce gli indici di fabbricabilità di alcune zone residenziali, ma non interviene su molte delle criticità della variante 66, cioè il piano regolatore della Giunta Illy, approvato nel 1997 e tornato pienamente in vigore dall’agosto scorso». Sarebbe stata opportuna innanzitutto, osservano gli ambientalisti, un’analisi delle criticità e delle carenze della variante 66, «per evidenziare quella radicale svolta nelle strategie di gestione del territorio che la cittadinanza si aspetta e che appare invece molto sfumata nelle direttive della giunta comunale». La richiesta delle due associazioni è perciò di «introdurre direttive specifiche effettivamente in grado di imprimere questa svolta nella politica urbanistica»: si va per esempio dalla «revisione del dimensionamento del piano (rispetto ai 270mila abitanti teorici della 66)» fino all’«eliminazione di previsioni smaccatamente in contrasto con la tutela dell’ambiente e del paesaggio, quali il canile previsto a Fernetti o il cimitero per animali a Cologna». Italia Nostra e Legambiente invitano poi il Comune a prevedere «norme per la tutela degli elementi caratteristici del paesaggio carsico e costiero, mentre dev’essere chiara la rinuncia a infrastrutture ad elevato impatto ambientale, come gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante (rigassificatore in primis) e la Tav». Quanto al regime di salvaguardia, che deve accompagnare le direttive, «è indispensabile – così Legambiente e Italia Nostra – che queste riguardino anche gli interventi edilizi previsti dai piani particolareggiati adottati». Solo così «le dichiarazioni di principio contenute nelle direttive sul contenimento del consumo di suolo, sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente e sul riuso del patrimonio edilizio esistente, non rimarranno mere intenzioni contraddette dalle scelte concrete, ma diventeranno l’asse portante del nuovo Prg».
 

 

I big dell’acciaio: addio all’Europa - Parte un piano di vendite e dismissioni che coinvolge Severstal, ThyssenKrupp e ArcelorMittal

 

il mercato dell'acciaio

TRIESTE La Severstal di Alexey Mordashov che controlla Lucchini (Piombino e Trieste) e che dopo Ascometal e vuole vendere gli stabilimenti in Europa per andare in paesi a più alta crescita, ThyssenKrupp che dismette l’intero comparto inox per concentrarsi in Cina e America. Ma c’è Beltrame che vuole lasciare lo stabilimento di San Giovanni d’Arno e i siti in Belgio e Lussemburgo. Un quadro chiuso da ArcelorMittal (stabilimenti in tutto il mondo, in Italia quartier generale a Brescia e sedi oltre che a Piombino in Fvg tra San Giorgio di Nogaro e Tavagnacco) che annuncia di voler disinvestire dall’Europa per acquisire miniere e impianti fuori dall’Ue riducendo drasticamente la produzione con la chiusura di altoforni (Liegi è già spento, nove gli impianti in stand by). È una fuga quella dei colossi siderurgici dall’Europa, la tendenza non accenna a diminuire, anche se dati e operatori continuano a dire che la produzione mondiale per il 2012 è prevista in crescita. «Le strategie dei maggiori gruppi siderurgici europei e italiani spostano sempre più la loro attenzione verso l’Oriente e le Americhe» lancia l’allarme Vittorio Bardi, coordinatore nazionale per la siderurgia della Fiom, all’assemblea nazionale dei delegati Fiom a Roma. «Ancora una volta denunciamo l’assenza di una politica industriale di governo, c’è il rischio che un altro settore importante del Paese (dopo la cantieristica) perda ulteriori pezzi» gli fa eco il leader Fiom Maurizio Landini che lancia la proposta di un altro tavolo nazionale. «Presenteremo una piattaforma al governo per la difesa degli stabilimenti a ciclo integrale e per favorire la produzione di acciai speciali e ad alto valore aggiunto» aggiunge il segretario della Fiom di Trieste, Stefano Borini, appena finita l’assemblea. Non è un problema solo italiano, Landini insiste sulla necessità di «una politica europea» e annuncia che tra l’8 e il 9 novembre a Piombino si svolgerà una riunione europea con i sindacati dei più grandi gruppi siderurgici «perchè si pone il problema di un coordinamento». A parlar chiaro sono i dati (assemblea di Federacciai dello scorso giugno) sulla produzione globale di acciaio che nel 2010 è stata di 1,4 miliardi di tonnellate con un incremento del 15% rispetto al 2009. E l’Asia ne ha prodotto quasi 900 milioni (+12%) mentre l’Europa (pur con una crescita del 24%) si è fermata a quota 172 milioni. L’Italia si è difesa, l’incremento è del 30% della produzione con 26 milioni di tonnellate. E veniamo al 2011: nei primi 5 mesi la produzione globale è stata di 630 milioni di tonnellate (+7,3% rispetto al 2010). L’Asia ne ha prodotto 400 milioni di tonnellate (+8%), l’Europa con 78 milioni è cresciuta del 4% mentre l’Italia ha fatto meglio della media Ue con un +8,1% a 12 milioni di tonnellate. Cifre comunque sotto del 15% rispetto ai tempi pre-crisi (2008). Italia ed Europa si ritagliano solo una briciola del mercato mondiale siderurgico ed ora con la crisi economica e finanziaria tutti i nodi vengono al pettine e fanno capire il perchè della fuga dei giganti di settore. E il primo dei grandi nodi, Federacciai lo definisce un vero «calvario» è quello delle materie prime (ecco il perchè delle acqusizioni ArcelorMittal) che sono alla base della catena produttiva e giocano un ruolo fondamentale. Australia, Brasile e India (dati del 2010) hanno rappresentato da soli l’80% del totale delle esportazioni mondiali di materie prime siderurgiche. L’Europa con l’Italia sono condannate a «subire passivamente i trend globali» che vengono dettati da equilibri (prezzi, quotazioni etc) nei quali, visto l’oligopolio che vige nel settore del minerale ferroso dove tre sole società minerarie gestiscono la quasi totalità dei volumi globali (parlare di concorrenza è eufemistico), si incide praticamente nulla. Un macigno che schiaccia Europa e Italia, ma poi (nel nostro paese soprattutto) ci sono gli altri gap per la crescita: il primo l’energia (costi fuori mercato in Italia rispetto all’Ue) le infrastrutture (non si fanno più opere) e la questione ambientale con i grandi sforzi (e investimenti) per adeguarsi al protocollo di Kyoto di fronte a paesi che non solo non hanno aderito, ma pensano anche di uscirne. Nodi che fanno viaggiare l’Europa a una velocità differente mettendola fuori mercato.
Giulio Garau

 

 

Antenne, il comitato di Chiampore dice no
 

Le garanzie del Comune ritenute insufficienti: «Meglio trasferire i tralicci in zone disabitate». Lunedì la Conferenza dei servizi
MUGGIA Chiampore, frazione del comune di Muggia, è un'ampia area verde dotata di una delle viste più belle dell'intero panorama provinciale. Un luogo lontano dal caos quotidiano. Quando vi si arriva, però, ciò che balza all'occhio non è più la tranquillità di un sereno borgo posto a pochissimi metri dalla Slovenia, quanto l'esistenza di 14 enormi tralicci al servizio di 63 emittenti radiotelevisive. Una zona costellata da una serie di ecomostri che nelle ultime tre decadi hanno mutato radicalmente e forse irreparabilmente lo scenario della frazione della cittadina istroveneta. Dopo tanti anni di silenzio e di totale abbandono da parte delle istituzioni alcuni residenti hanno deciso di dire basta. Claudio Poropat, Livio Postogna, Giuseppe Poropat e Fulvio Furlan sono quattro residenti che negli ultimi mesi hanno deciso di costituire un Comitato antiantenne. Da Muggia vecchia a Ligon, passando per Fontanella, San Floriano e naturalmente Chiampore i quattro hanno raccolto in pochissimo tempo con il classico sistema del “porta a porta” ben 341 firme per dare vita ad un soggetto nato con uno scopo molto semplice: tutelare la propria salute. Senza dimenticare però che i danni apportati da questi enormi ed orribili tralicci sono stati (e lo sono tuttora) anche di natura prettamente economica visto il conseguente deprezzamento degli immobili posti nell'area. Per la serie oltre al danno, pure la beffa. La scintilla che ha fatto scaturire l'idea di creare un vero e proprio Comitato risale allo scorso fine agosto subito dopo l'incontro pubblico indetto dal Comune per “l'installazione di nuove infrastrutture di diffusione radiotelevisive”. Qui il sindaco Nerio Nesladek, come ricordano gli esponenti del Comitato, “senza previa consultazione con la comunità interessata ha esposto ai numerosi residenti presenti il progetto, approvato dalla Conferenza dei servizi in data 4 marzo 2010 e all'unanimità dal Consiglio comunale in data 11 agosto 2011, che, a dire del sindaco e degli altri funzionari presenti, sarebbe stato in grado di eliminare i rischi alla salute causati ai residenti dai 63 ripetitori collocati nella nostra zona”. Nel dettaglio il progetto prevede l'installazione di due nuovi tralicci (nel mentre però è emerso un terzo manufatto) di cui quello della Dcp Telecomunicazioni già in costruzione – la cui costruzione è stata per ora sospesa - sui quali dovrebbero essere sostanzialmente accumulate le antenne abusive ed inquinanti, per poi abbattere i tralicci attuali. In questo modo gli sforamenti delle onde elettromagnetiche, secondo il Comune, dovrebbero essere controllati al 100%. Una soluzione bocciata in toto dal Comitato. «Non esistono garanzie che i limiti di legge sugli sforamenti siano rispettati dato che i gestori possono variare la potenza degli impianti a loro discrezione in occasione dei controlli, che per avere valore legale, devono essere effettuati in contraddittorio», spiegano i quattro esponenti chiamporini. Ma anche perché «il trasferimento in una zona densamente popolata non elimina il danno alla salute, oltre a quello economico, anche perché per le emissioni non esiste un limite biologico che si possa definire sicuro». Da qui la proposta che risolverebbe la questione una volta per tutte: trasferire i tralicci con relative emittenti in nuove zone, non abitate, come il bosco della Luna dove il Comune già possiede un terreno, o come l'area sopra punta Ronco, o nella zona sopra le cave di pietra sottostante il Castellier, in cui il Comune promuova la costruzione di nuovi tralicci sui cui trasferire prioritariamente le emittenti più inquinanti e abusive. Il Comitato ha evidenziato poi “le strane prese di posizione del sindaco”. Nel giugno 2010 Nesladek “aveva assicurato che nessun progetto di installazioni di antenne era stato ancora approvato e qualsiasi decisione in merito sarebbe stata presa in accordo con i residenti”. Parole che cozzano poi con quanto accaduto successivamente. Ma il Comitato nasce dunque per andare contro il Comune? È un Comitato politico? Assolutamente no, anzi. «Noi nasciamo per dare forza al Comune, perché così diamo forza a noi stessi. Però è finito il tempo delle chiacchiere e delle indecisioni, ora siamo giunti a un bivio: che il Comune decida se essere con i residenti di Chiampore o contro i residenti di Chiampore». Senza più buon viso a cattivo gioco. Senza più parole confutate dai fatti. Lunedì 7 novembre potrebbe essere l'occasione buona quando a Muggia si svolgerà la Conferenza dei servizi per discutere il presente e il futuro della verde frazione. Alla Conferenza parteciperà anche il Comitato. E non è detto che gli oltre 300 residenti antiantenne di Chiampore non invadano, pacificamente, piazza Marconi. Per dire “basta tralicci a casa nostra”.
Riccardo Tosques

 

 

Emozioni di montagna sul set in gara per la Scabiosa Trenta - RASSEGNA E CONCORSO »ASSOCIAZIONE MONTE ANALOGO
 

Quest’anno anche uno speciale “Award” riservato ai video di speleologia Il cartellone dei film si apre con “The West in the East” e “La Comunidad”
Una speciale sezione dedicata ai video a carattere speleologico, intitolata “Hells Bells – Speleo Award 2012”, è la novità assoluta della prossima edizione del concorso annuale promosso dalla Associazione “Monte Analogo”. Organizzato in collaborazione con la Commissione Grotte “Eugenio Boegan” - Società Alpina delle Giulie, sezione Cai di Trieste, l'iniziativa si affianca alla nuova edizione di “Scabiosa Trenta”, il consolidato premio cinematografico per opere incentrate sul tema della montagna (ambiente, sport, cultura, etnie), riservato agli autori originari delle regioni alpine del Friuli Venezia Giulia, Carinzia e Slovenia. «È da tre anni che collaboriamo con la Commissione Grotte del Cai di Trieste, la più antica realtà di speleologia, anche a livello internazionale», ha ricordato Sergio Serra, presidente della Associazione Monte AnalogO. «Ora finalmente possiamo dare vita a una sezione tutta dedicata alla speleologia, sottolineando in tal modo l'importanza che ha avuto a Trieste, città che può definirsi una vera capitale del settore. Premieremo le prime tre opere – ha aggiunto Serra – ma daremo visibilità a tutto il materiale iscritto al concorso». Il termine ultimo per la presentazione delle opere in concorso scade il 31 dicembre. Il materiale dovrà pervenire alla sede organizzativa del premio, in via Fabio Severo 31 c/o Monte Analogo – Alpi Giulie Cinema. Ulteriori informazioni sulle modalità di partecipazione alla rassegna visitando il sito www.monteanalogo.net, telefonando allo 040–761683 o scrivendo a info@monteanalogo.net. Le premiazioni della rassegna hanno intanto già una data, fissata per giovedì 23 febbraio al Teatro Miela. Parallelamente alle prime fasi del concorso, va in scena il cartellone della rassegna Alpi Giulie Cinema “Monti Film 2011”, allestito tra le sedi di Gorizia e Trieste: un appuntamento che richiama sempre in gran numero i cinefili appassionati di montagna e non solo. Il programma autunnale a Trieste racchiude cinque proiezioni, ospitate all'Antico Caffè San Marco, in via Battisti 18 (ingresso libero). Si parte martedì 22 novembre (alle 20.30), con due pellicole: “The West in the East”, per la regia di Nisvet Hrstich, una produzione del 2010 in Bosnia Erzegovina, e “La Comunidad”, del regista svizzero Roland Von Tessin. Martedì 29 novembre, sempre con inizio alle 20.30, proiezione dell'opera “Semus fortes”, diretta da Alessandra Cardani e Mirko Giorni, il racconto di un gruppo di ragazzi affetti da problemi psichiatrici, alle prese con un trekking in Sardegna. Martedì 6 dicembre, in programma “V Kraljestvu Zlatoroga”, film dello sloveno Ranko Javnik, datato 1931. La serata del 13 dicembre offre la visione di “Crossing the Ditch”, dell'australiano Greg Quail, ambientato nel Mar di Tasmania, avventura che di discosta dalle rocce, in kayak tra squali e onde.

Francesco Cardella
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 3 novembre 2011

 

 

Acquario, entro primavera il progetto di bonifica
 

La gara aggiudicata dal Comune di Muggia allo studio associato Aisa di Napoli che ha fatto un’offerta in ribasso del 52% rispetto al prezzo base di 64mila euro
MUGGIA Hanno un nome i professionisti che si occuperanno del progetto di bonifica del sito inquinato Acquario, tassello fondamentale nell’intricato puzzle del futuro del terrapieno costiero. Con un ribasso d’asta del 52,55%, su un prezzo base di 64mila euro, il raggruppamento temporaneo di professionisti studio associato Aisa, con sede legale a Napoli, si è aggiudicato la gara per l’affidamento del progetto di bonifica e messa in sicurezza permanente del sito Acquario. Le operazioni di apertura delle buste si sono svolte lo scorso 10 ottobre (ma il Comune ne ha dato notizia solo ieri) nella sala del consiglio comunale. Alla scadenza per la presentazione delle domande, fissata al 7 ottobre, le offerte pervenute sono state 17, da tutta Italia. La procedura, che prevedeva l’aggiudicazione a favore del professionista che ha fatto la migliore offerta, ha visto al primo posto, come detto, il raggruppamento temporaneo di professionisti studio associato Aisa, composto dal geologo Ugo Ugati, dall’architetto Elio Conte e dall’ingegner Paulo Abundo. Dopo le opportune verifiche, il gruppo di professionisti si è quindi aggiudicato il progetto operativo offrendo un importo pari a 30mila 368 euro. Ad essi è stato quindi affidato l’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione lavori, il coordinamento della sicurezza per la progettazione e l’esecuzione. Un primo fondamentale passo, che si concluderà con la consegna del progetto entro la primavera, dopo di che si dovrà passare all’esame della Conferenza dei servizi. Tra gli adempimenti previsti gli aggiudicatari dovranno ora provvedere anche all’indagine preventiva sullo stato chimico-fisico dei quattro cumuli di terreno presenti nel sito, stimati in circa mille metri cubi, al fine di accertarne la compatibilità ambientale per un eventuale riutilizzo nell'area stessa. E’ confermato poi che dovranno essere redatti gli elaborati necessari al rilascio dei pareri degli organi tecnici di controllo, costituiti da Arpa, Azienda sanitaria locale, Soprintendenza, Regione, Provincia, Capitaneria di porto, Autorità portuale e Agenzia del Demanio. Nel terrapieno Acquario, area di circa 28 mila metri quadri tra Punta Olmi e Punta Sottile, sono stati riscontrati quantitativi di elementi inquinanti quali ferro, piombo, cadmio, manganese, mercurio e arsenico, in alcune zone ben oltre i limiti di legge. Una situazione che la scorsa estate non ha scoraggiato centinaia di bagnanti, che hanno utilizzato il sito nonostante i numerosi cartelli di divieto d'ingresso. E ciò aveva indotto l'amministrazione comunale a “sigillare” completamente l’area.
Riccardo Tosques

 

 

Zaule, non si farà la discussa antenna per i telefonini
 

MUGGIA I cittadini di Zaule possono tirare un sospiro di sollievo: l'antenna per i telefonini non si farà. La decisione consegue alla ricerca compiuta ieri mattina dagli uffici comunali, per individuare la proprietà dell'area sulla quale la multinazionale Ericsson aveva chiesto al Comune di Muggia di poter installare un traliccio da 34 metri. Non appena emersa la notizia di un incontro indetto dall'amministrazione per discutere della richiesta avanzata dalla multinazionale, i cittadini di Zaule sono insorti opponendosi alla possibilità di vedere sorgere un'antenna a pochi passi dal campo sportivo nonché dall'asilo e dalla scuola elementare. «Dopo una verifica con l'ufficio tavolare posso confermare che la proprietà della è del Comune», precisa l'assessore comunale all'Ambiente Fabio Longo, che dopo il coro di dissenso sul traliccio si è impegnato per andare a fondo della questione. Esclusa dunque la possibilità che l'area appartenga a un privato, ora il Comune agirà ascoltando la linea di protesta dei residenti nella frazione muggesana, che in massa hanno detto all’impianto. Nonostante ciò, il comitato dei cittadini di Zaule rimane in massima allerta. «Il fatto che l'area non sia privata è una buona notizia, ma la battaglia non è ancora finita. E' probabile che ci attiveremo con una raccolta di firme, per ricordare ancora una volta all'amministrazion, che qui di antenne non ne vogliamo nemmeno sentir parlare», precisa il coordinatore Giorgio Jercog. L’assessore Longo comunque tiene a spiegare l'entità delle emissioni delle antenne dei telefonini: «Non stiamo parlando di tralicci delle radio, i più dannosi con i loro 200 watt, o delle televisioni con 200 watt di potenza, ma di telefoni cellulari che richiedono una potenza di soli 10 watt».

(ri.to.)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MERCOLEDI', 2 novembre 2011

 

 

Nuovo piano regolatore di Trieste. Legambiente e Italia Nostra: “Le direttive della Giunta comunale sono inadeguate.”
 

Le direttive per il nuovo piano regolatore, di recente varate in via preliminare dalla Giunta comunale e su cui i Consigli circoscrizionali hanno espresso i loro pareri, sono inadeguate. (vedi le osservazioni avanzate alla giunta)
Lo affermano Legambiente e Italia Nostra, che in proposito hanno inviato nei giorni scorsi un ampio documento di osservazioni e richieste di modifica al sindaco Cosolini, agli assessori Omero e Marchigiani e ai consiglieri comunali.
Il documento della Giunta contiene, da un lato, una serie di indirizzi generali, che però non sono in grado di salvaguardare il territorio dagli interventi in contrasto con la nuova impostazione del piano fino all’adozione dello stesso, dall’altro riduce gli indici di fabbricabilità di alcune zone residenziali, ma non interviene su molte delle criticità della variante 66 (cioè il piano regolatore della Giunta Illy, approvato nel 1997 e tornato pienamente in vigore dall’agosto scorso),
Sarebbe stata opportuna innanzitutto, osservano gli ambientalisti, un’analisi delle criticità e delle carenze della variante 66, per evidenziare quella radicale svolta nelle strategie di gestione del territorio, del paesaggio e dell’ambiente, rispetto alla 66, che la cittadinanza si aspetta e che appare invece molto sfumata nelle direttive della Giunta comunale.
La richiesta che le associazioni hanno rivolto all’Amministrazione comunale è perciò di introdurre direttive specifiche che siano effettivamente in grado di imprimere questa svolta nella politica urbanistica e che prevedano ad esempio: la revisione del dimensionamento del piano (rispetto ai 270.000 abitanti teorici della 66), la revisione delle zone artigianali-industriali in Carso (incompatibili con la tutela del paesaggio), l’eliminazione delle zone B0 (da convertire in zone A di centro storico), la revisione dei perimetri delle zone B (incongruamente ampliate dalla 66), l’eliminazione delle zone di espansione BT e C (assurde, a fronte di un vastissimo patrimonio edilizio inutilizzato o sottoutilizzato), l’eliminazione di previsioni smaccatamente in contrasto con la tutela dell’ambiente e del paesaggio, quali il canile previsto a Fernetti, il cimitero per animali a Cologna, e così via. Si invita poi l’Amministrazione a non utilizzare in futuro strumenti derogatori, come gli accordi di programma, utilizzati per operazioni quali quelle dell’ex Maddalena e della “Trieste International School”, che sfuggono dalla logica del piano e da procedure partecipate.
Vanno poi previste norme per la tutela degli elementi caratteristici del paesaggio carsico e costiero (pastini, doline, landa, muretti a secco, siepi alberate, ecc.), mentre dev’essere chiara la rinuncia ad infrastrutture ad elevato impatto ambientale, come gli impianti industriali a rischio di incidente rilevante (rigassificatore, in primis) e la linea ferroviaria TAV.
Quanto al regime di salvaguardia, che deve accompagnare le direttive, è indispensabile – osservano Legambiente e Italia Nostra – che queste riguardino anche gli interventi edilizi previsti dai piani particolareggiati adottati (e, con il supporto di adeguate motivazioni, anche quelli approvati).
Solo in questo modo, secondo le associazioni, le dichiarazioni di principio contenute nelle direttive sul contenimento del consumo di suolo, sulla tutela del paesaggio e dell’ambiente e sul riuso del patrimonio edilizio esistente, non rimarranno mere intenzioni contraddette dalle scelte concrete, ma diventeranno l’asse portante del nuovo piano regolatore.
“Una nuova politica urbanistica - aggiungono Legambiente e Italia Nostra - attenta alla qualità dell’ambiente e del paesaggio, come pure a quella della vita urbana, incentrata sul recupero ed il riuso intelligente delle aree già urbanizzate ed edificate, lungi dal penalizzare l’attività edilizia in questo momento di crisi, potrebbe essere anzi un potente strumento di riqualificazione e crescita tecnologica per il comparto edilizio e le professioni legate ad esso.”
L’inadeguatezza del testo di direttive varato dalla Giunta dipende, secondo Legambiente e Italia Nostra, anche dal fatto che – nonostante le promesse del sindaco – è mancato un vero processo partecipativo preliminare alla stesura delle stesse. Tutto si è risolto, infatti, in una frettolosa “consultazione” di ordini professionali, categorie economiche e associazioni ambientaliste, senza un’effettiva volontà di confronto ed approfondimento sui contenuti delle direttive.
“E’ ancora possibile – concludono Legambiente e Italia Nostra – che la Giunta comunale apporti le necessarie correzioni al testo delle direttive, prima della discussione finale e del voto in Consiglio comunale. Qualora ciò non avvenisse, si auspica che siano i consiglieri a provvedere.”
Italia Nostra - Sezione di Trieste, via del Sale 4/b, 34121 Trieste, tel. 040 304414, e-mail: trieste@italianostra.org
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040 577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 2 novembre 2011

 

 

SEGNALAZIONI - PIANO REGOLATORE Evidenti contraddizioni

 

Con riferimento a un articolo del Piccolo di venerdì 28 ottobre, si segnala che sì, è vero, le linee direttive sul nuovo Piano regolatore proposte dalla giunta Cosolini hanno ottenuto il voto favorevole della maggioranza di centrosinistra della quarta Circoscrizione (a differenza della terza, quinta e settima dove sono state bocciate). Ma ritengo doveroso aggiungere che la stessa maggioranza di centrosinistra della quarta Circoscrizione ha votato immediatamente dopo un documento di quattro/cinque punti dove si propongono delle sostanziali correzioni alle linee direttive stesse su alcuni aspetti di interesse per l’Area di San Vito e del centro storico in particolare, aree di competenza della Quarta Circoscrizione. Su questo documento il PdL si è astenuto per l’evidente contraddittorietà della scelta della maggioranza.

Michele Invernizzi (consigliere Popolo della Libertà Quarta Circoscrizione)

 

 

La gente di Zaule dice no al traliccio per cellulari
 

Infuocata assemblea per respingere la richiesta avanzata da un gestore La struttura sorgerebbe fra asilo e scuola. Il giallo della proprietà del sito
MUGGIA Torna l’incubo antenne a Muggia. Un traliccio per i telefoni cellulari alto ben 34 metri gestito dalla multinazionale Ericsson per conto della H3g dovrebbe infatti sorgere fra le case della popolosa frazione di Zaule, nel piazzale adiacente il campo di gioco della locale squadra dello Zaule Rabuiese. Un manufatto che ovviamente dovrebbe essere collocato per ragioni tecniche in una posizione strategica ma quantomai controindicata, e cioè ad apppena una ventina di metri daagli edifici dell’asilo materno e a circa trenta da quello della vicinissima scuola elementare. In una folta assemblea organizzata dal Comune la riposta dei presenti è stata chiara e netta: «L’antenna? Non la vogliamo» L’assemblea è stata subito piuttosto carica di tensione. benchè sia stato proprio il Comune a organizzare l’incontro, l’avviso da parte dell’amministrazione Nesladek è infatti giunto in neanche dieci case. Un gesto che ha scatenato l’ira di tante famiglie. Pronta la replica da parte dell’assessore all’Ambiente di Muggia, Fabio Longo, che spiega: «Abbiamo coinvolto solo i soggetti limitrofi al luogo dove potrebbe sorgere l’antenna fermo restando che questa non crea alcun problema di inquinamento elettromagnetico». Decisamente perplesso l’ambientalista Giorgio Jercog, responsabile del Comitato dei cittadini di Zaule: «Informare solo cinque famiglie è stato un atto scorretto fermo restando che pensare di installare un’antenna di 34 metri in una zona densamente abitata e per giunta vicino a strutture pubbliche come scuole, asili e campi sportivi è una cosa assolutamente inconcepibile». Visto l’unanime “no” emerso dalla riunione l’assessore Longo ha spiegato le prossime mosse che il Comune intende compiere: «Prendiamo atto - ha dichiarato - della volontà popolare e ci faremo portavoce di questo dissenso con la società che ci ha contattato per questa proposta». Ma c’è un nodo fondamentale che verrà sciolto solamente oggi. L’area sulla quale dovrebbe nascere l’antenna, forse, non è di proprietà comunale. «Dobbiamo fare le opportune verifiche – ammette Longo – confidando in effetti non sia come si vocifera di proprietà della Teseco. Se risultasse essere comunale non ci sarebbero problemi di sorta. Nel caso in cui però l’area fosse di un soggetto privata allora il Comune non potrebbe fare nulla». Insomma, la questione rimane assolutamente ancora aperta nonostante il dissenso dei cittadini di Zaule. Alla riunione ha preso parte anche il consigliere comunale del Pdl, Christian Gretti: «La volontà espressa nel corso dell’assemblea dalla popolazione è stata alquanto netta e mi pare che l’assessore Longo ne abbiamo preso atto. Ora staremo a vedere come si comporterà l’amministrazione Nesladek di fronte a dei cittadini arrabbiati per non essere stati avvisati i quali rischiano di trovarsi un traliccio in una zona fortemente abitata, e con tanti bambini fermi per tante ore prioprio sotto ilò traliccio». Gretti e Jercog hanno infine evidenziato come Muggia sia ancora attualmente sprovvista di un piano comunale per le antenne. Sull’argomento Longo ha promesso massimo impegno: «L’iter è partito ed in procinto di essere perfezionato». Oggi dunque il Comune farà le opportune verifiche sulla proprietà dell’area suggerita dalla Ericsson. E tra i cittadini di Zaule c’è già il fermento per preparare una petizione e combattere con ogni strumento necessario la creazione di un’antenna che nessuno vuole.

Riccardo Tosques
 

 

Energia solare per barca e camper con il kit “light”
 

Da Trieste la tecnologia eco–sostenibile dal pannello fotovoltaico trasportabile Pesa due chili, fa funzionare il motore fuori bordo, frigoriferi, gps, stereo e luci
Pesa due chili, è calpestabile e si può arrotolare. Un mix di caratteristiche che lo rende facilmente trasportabile. Così l’energia solare viaggia in camper, barca o accompagna famiglie e gruppi di amici nella classica vacanza in campeggio. Assicurando il funzionamento del motore fuori bordo se si è in mezzo al mare, del frigorifero, dello stereo, del gps, più semplicemente delle luci e così via. Tutto questo grazie al nuovo “Kit Boat”, un kit fotovoltaico composto da un pannello in silicio policristallino flessibile, dotato di cablaggi e regolatore di carica, in grado di garantire anche l’alimentazione degli accumulatori presenti all’interno delle barche e dei camper, sfruttando l’energia che arriva - ovviamente gratuita - dal sole. A pensarlo e realizzarlo è stata la FreeSolar srl, ditta che ha sede nella provincia di Trieste, a San Dorligo della Valle. Specializzata nella produzione di impianti fotovoltaici chiavi in mano per privati e aziende, ha presentato in anteprima la tecnologia eco-sostenibile durante l’ultima Barcolana, all’interno del proprio stand nel Villaggio allestito lungo le Rive. Spiega Mauro Gasparetto, responsabile tecnico e legale rappresentante dell’azienda: «Abbiamo creato un pannello fotovoltaico che contrariamente a quelli tradizionali, che sono rigidi, è flessibile. Ha un peso irrilevante, di circa due chili ed è composto da celle policristalline ad alta efficienza: la percentuale di resa energetica - prosegue - per ogni cella è del 16,6%. Si tratta di una soluzione che può essere utilizzata per applicazioni nautiche o camperistiche oppure per il tempo libero. Penso ad esempio al campeggio, dove gli interessati potrebbero portarselo appresso». Questo pannello che si può definire “quasi tascabile” viene accompagnato nel kit anche da un box con connettori stagni e un regolatore di carica con monitor lcd per controllare la situazione della batteria. La potenza arriva a 90-100 watt, espressa da una superficie tutto sommato piccola. L’interesse suscitato nei giorni della Barcolana ha trovato riscontro nelle richieste giunte già pure dall’estero, da Austria e Germania. Diversi sono stati poi i contatti avuti con chi opera nel settore nautico o in quello dei camper. «Con questa nuova soluzione abbiamo voluto venire incontro alle esigenze di velisti o semplici appassionati di sfruttare l’energia del sole per produrre elettricità – dice ancora Gasparetto in riferimento al settore barche - incentivando all’auto-sostenibilità e contribuendo a un minore impatto ambientale della propria imbarcazione». «Ricordo che gli incentivi legati agli impianti fotovoltaici non sono terminati – aggiunge Gasparetto per sgomberare il campo da possibili incertezze – ma esistono ancora. Grazie al nuovo Conto Energia è ancora possibile ottenere un vantaggio da una fonte rinnovabile quale è l’energia solare in maniera sostenibile e al contempo risparmiare sulla bolletta elettrica».
Matteo Unterweger

 

 

Trieste e Capodistria sono un unico porto - L’INTERVENTO DI MARIO RAVALICO*
 

Ma quanti anni dovranno ancora passare affinché si comprendano le enormi potenzialità abbandonando l’acerrima concorrenza?
Leggo sempre con molta attenzione gli interessanti articoli di Roberto Morelli. Questa volta però (“Ferrovie meglio la Pontebbana”) mi sembra di cogliere alcune contraddizioni che vorrei esemplificare. Gli “esperti” del settore negli ultimi 10 anni, anno più anno meno, hanno cercato di convincerci in tutti i modi che lo sviluppo futuro di Trieste non può prescindere dal Corridoio Cinque con annessa nuova ferrovia ad alta velocità/alta capacità lungo l’asse Est–Ovest, mentre anche chi ha solo conoscenze superficiali della storia locale sa che le fortune commerciali di Trieste risiedono nei traffici Nord-Sud; almeno dal 1719 al 1918 è stato così, prova ne sia che risale al 1857 il primo collegamento ferroviario con Vienna (Sudbahn) cui è seguito il secondo nel 1907 (Transalpina). Bene: diciamo che abbiamo scherzato, ora rinsaviamo tutti e parliamo di cose serie: cioè del collegamento Nord-Sud o Corridoio Baltico-Adriatico che dir si voglia. Detto questo però i problemi sul tappeto rimangono a mio avviso esattamente gli stessi, con un’aggravante. Mi spiego meglio; dice il dottor Morelli: puntiamo rapidamente con tutte le nostre forze verso Nord attraverso la Pontebbana realizzando una linea a “velocità dignitosa da Ronchi a Trieste”. Ma - chiedo io - la nuova Ronchi – Trieste non è proprio quella tratta del moribondo Corridoio Cinque sulla quale si è dibattuto e si dibatte tuttora in varie sedi (compreso il Consiglio Comunale) a causa delle “mostruose complessità tecniche ed ambientali nel territorio carsico”? Ed ancora: nell’ambito del Corridoio Baltico – Adriatico dovremmo allearci con Ravenna/Venezia per controbattere la concorrenza di Capodistria. Mi si dovrebbe spiegare però come arriveranno le merci da Venezia a Cervignano per essere instradate sulla Pontebbana, in quanto poche righe prima si afferma che “a vedere binari moderni da Mestre a Trieste saranno forse i figli dei nostri figli.” L’aggravante poi secondo me consiste nel fatto che nel frattempo la Slovenia non starà a guardare ed anzi farà di tutto in termini di ammodernamento ferroviario (crisi economica permettendo) perché uno dei terminali del Corridoio Baltico – Adriatico sia il porto di Capodistria a scapito di Trieste. Qui si innesta l’ultima parte del discorso: è veramente un’enorme miopia l’acerrima concorrenza tra queste due aree; Trieste e Capodistria sono “un porto unico che uno scherzo della storia ha separato”. Ora, non so se si possa definire “scherzo” una guerra che ha causato milioni di morti, ma questo è decisamente un altro discorso; scherzo o tragedia, è proprio così: Trieste e Capodistria sono un unico porto dalle enormi potenzialità i cui effetti porterebbero cospicui vantaggi alle due comunità. Per capirlo, al di qua e al di là dell’ex confine, quanti anni ancora dovranno passare?

* consigliere comunale Pd presidente Sesta commissione
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 1 novembre 2011

 

 

Differenziata, Trieste maglia nera - L’assessore provinciale Zollia: «Siamo tra i peggiori d’Italia. La raccolta va triplicata nel 2012»
 

Triplicare la raccolta differenziata entro la fine del prossimo anno. Passare dall’attuale media provinciale del 21,9 per cento, “una delle peggiori d’Italia” ha commentato ieri l’assessore provinciale competente per l’Ambiente, Vittorio Zollia, al 65, soglia minima fissata dall’Unione europea e recepito dalle normative nazionali. Questo l’obiettivo che si è data l’amministrazione provinciale, determinando, di concerto con il Comune e con l’AcegasAps, principale interlocutore sul piano operativo, per quanto concerne la raccolta delle immondizie sul territorio, un piano d’intervento. «Dobbiamo migliorare su diversi fronti – ha spiegato Zollia – partendo dall’incremento del 3,4 per cento della raccolta porta a porta del verde, soprattutto sull’altopiano, dove la produzione di scorie di questo tipo è importante, per proseguire con l’estensione della raccolta dei cartoni nei negozi, specialmente per ciò che concerne i grandi centri commerciali. Un grande sforzo dovrà poi essere effettuato per far salire la raccolta dell’umido del 13,8 per cento – ha aggiunto – e simile dovrà essere l’impegno per far arrivare al più 8,5 per cento, rispetto ai dati attuali, la raccolta della carta presso le utenze pubbliche e le private rilevanti». Sta per cambiare dunque l’atteggiamento delle istituzioni per quanto concerne la raccolta differenziata e, più in generale, lo smaltimento delle immondizie. «Dobbiamo capire tutti assieme, cittadini compresi – ha sottolineato l’assessore Zollia – che la raccolta e lo smaltimento delle immondizie rappresentano un costo e una necessità di tutela ambientale. Dobbiamo sentirci tutti partecipi di un lavoro che porterà benefici all’intera collettività, se saranno abbandonati comportamenti negativi oggi piuttosto diffusi». I dati al 31 dicembre 2010, divisi per Comuni, sono sconfortanti: la raccolta di differenziata accertata è stata del 21 per cento a Trieste, del 22,1 a Duino Aurisina, del 19,8 a Monrupino, del 32,8 a Muggia, del 44,3 a San Dorligo della Valle – Dolina, del 15,3 a Sgonico. Inevitabile parlare, in questi contesti, di costi: in tempi di riduzione delle risorse a disposizione è solo con comportamenti virtuosi che si può migliorare la qualità dei servizi. «Attualmente – ha evidenziato sotto questo profilo Zollia – il Comune di Trieste presenta entrate legate alla Tarsu pari a circa 30 milioni di euro. Questa somma – ha proseguito – copre il 97,41 per cento dei costi complessivi del servizio. Tutto questo però non significa che i cittadini dovranno pagare di più – ha specificato l’assessore – anzi, a nostro avviso esiste un margine di circa 5 milioni di euro fra il costo attuale del servizio e quello che si potrebbe andare a sostenere, se si intervenisse nelle maniere più adeguata sulla componente dei costi generali».
Ugo Salvini

 

«Nuovo centro di raccolta dell’umido» - IL PROGETTO
 

La raccolta dell’umido non può riguardare solo la grande distribuzione, ma deve essere estesa «aprendo un nuovo centro di raccolta». Nell’ambito di una generale condivisione di principi e metodi che sta accomunando, su questo tema, Comune e Provincia, che hanno definito assieme all’Acegas Aps il piano di intervento per il 2012, l’assessore Zollia considera però “indispensabile, da parte dell’amministrazione di piazza dell’Unità d’Italia, un ulteriore ampliamento delle iniziative in materia. Pur prendendo atto del rilevante cambiamento nei confronti della raccolta differenziata assunto dalla nuova amministrazione comunale – ha evidenziato l’assessore della giunta di palazzo Galatti – sull’umido va fatto ancora uno sforzo». La realizzazione del nuovo centro di raccolta, stando alle stime indicate nel piano di miglioramento per il 2012, comporterebbe un incremento del 4 per cento della differenziata. «Consideriamo poi indispensabile affiancare a questo progetto generale – ha continuato Zollia – un’attenta verifica, da attuare attraverso una più stretta collaborazione con l’Arpa, su quelle fasce di raccolta differenziata che i cittadini e le imprese già di fatto attuano e che riguardano il verde e varie tipologie di inerti, ma che sfuggono all’attuale previsione di calcolo, riducendo in modo significativo il dato finale».
 

Un premio ai cittadini più virtuosi
 

Un premio per chi produrrà meno immondizie, prestando attenzione ai prodotti da acquistare, scegliendo quelli con le confezioni più intelligenti, limitando la produzione di scorie inutili. E’ questo l’auspicio dell’assessore provinciale Zollia per il futuro: «Credo debbano essere riconosciuti gli atteggiamenti di quei cittadini che, con il loro impegno – ha affermato – permettono agli enti locali preposti e alle aziende che operano la raccolta sul campo, di far risparmiare risorse pubbliche, e il metodo potrebbe essere quello di uno sconto sulle tariffe».
 

 

Lucchini vende la Ascometal - Il gruppo siderurgico incassa circa 360 milioni dal fondo Usa Apollo. Passo decisivo con le banche
 

TRIESTE Firmata la cessione di Ascometal. La Lucchini ieri ha siglato a Londra il contratto per il passaggio della controllata siderurgica francese a Captain BidCo sas, la società (sempre francese) di proprietà dei fondi americani di private equity affiliati ad Apollo Global management. Si apre dunque la strada di salvataggio del gruppo siderurgico italiano, che opera a Piombino e Trieste, controllato dal numero uno di Severstal, il miliardario russo Alexey Mordashov. Come accade sempre in queste circostante non si conosce ufficialmente la cifra dell’assegno versato per la cessione anche se gli osservatori confermano la cifra attorno ai 350-360 milioni: una parte di questi soldi (un centinaio di milioni) andrà alle banche per ripianare il debito (712 milioni), il rimanente servirà a rimpinguare le casse vuote del gruppo. Ma tra le novità di questo “percorso” che eviterà il commissariamento del gruppo, oberato dai debiti, c’è anche l’arrivo di un “chief restructuring officer”, una sorta di “capo della ristrutturazione”: Pierre Christophe Vernier, francese, con una lunga esperienza nel settore delle aziende siderurgiche e in particolare alla Arcelor. La sua nomina era una delle condizioni posta dalle banche a Mordashov, prima a febbraio scorso poi ribadita il 30 settembre: l’incontro in cui si è aperto il vero spiraglio per il salvataggio. È stato nominato dal cda, siederà in consiglio e con la sua presenza dovrà assicurare alle banche il controllo sulla governance dell’azienda. Di lui, a parte il fatto che con la sua entrata c’è (come indicato dall’advisor Rotshild) la contemporanea uscita di Sergei Kuznetsov, il falco e braccio destro di Mordashov dentro la Lucchini, si sa davvero poco o nulla, una figura sconosciuta anche per le pagine del web. Non è finita, si parla infatti anche di altri rimescolamenti nel cda: secondo alcune indiscrezioni sarebbe in arrivo un nuovo ad al posto dell’attuale, Marcello Calcagni che potrebbe finire a fare il presidente di garanzia. Per le altre poltrone si parla infine di “consiglieri indipendenti”. La Lucchini è sull’orlo del baratro, il fallimento è dietro alla porta e solo con un “ribaltone” in profondità era possibile uscire dalla grave situazione in cui si trova il gruppo siderurgico, ora controllato a vista dalle banche. È arrivato il capo ristrtutturatore, ma in contemporanea stanno entrando nel vivo le procedure per asseverare il piano finanziario che dovrebbe passare dal Tribunale di Milano. I 350-360 milioni dovrebbero servire per la tanto attesa boccata di ossigeno che permetterà alla Lucchini di sopravvivere. Questo grazie alle banche (Intesa Sanpaolo, Mps, Bnp Paribas e Unicredit) che il 30 settembre scorso avevano inviato una lettera nella sede di Brescia che conteneva uno spiraglio. Gli istituti infatti si erano detti disposti ad accontentarsi di rientrare di 100 milioni, invece che 180 come prevedeva l’accordo di luglio. Un’intesa finita in alto mare in un primo momento dopo che Parigi aveva fatto saltare l’accordo di vendita, ormai in chiusura, di Ascometal al fondo Usa Apollo. Per la Lucchini dunque si riaprono i giochi nonostante il pesante fardello dell’indebitamento, che sarà tamponato solo in parte, e di fronte a una situazione di mercato assai difficile con i segnali di ripresa, che si erano intravisti fino a primavera, che si stanno spegnendo. Il consolidato di Lucchini del 2010 è stato chiuso con perdite di 647 milioni (659 la spa capogruppo). Nel periodo gennaio-maggio la produzione di acciaio pari a 706 migliaia di tonnellate e le spedizioni di prodotti lunghi (540 miglia di tonnellate) risultano del 10% sotto budget. Non basta, la previsione è quella di chiudere il bilancio dell’anno po-forma (senza calcolare Severstal) con un ebitda negativo di 40 milioni. C’era soltanto una strada per evitare di portare i libri in tribunale con conseguente insolvenza e commissariamento: ottenere nuova finanza. Che è arrivata ora con la nuova apertura da parte delle banche e soprattutto con la cessione di Ascometal.
Giulio Garau

 

 

Pressing per salvare i forestali - I sindacati sollecitano i dirigenti del Personale a bloccare tagli e trasferimenti
 

TRIESTE Contrarietà «assoluta» alla soppressione di cinque stazioni forestali, del Centro didattico naturalistico di Basovizza e del Nucleo operativo per la vigilanza ambientale di Pagnacco: ad esprimerla sono stati i rappresentanti di Cgil Fp, Cisl Fps, Uil Fpl, Cisal Fialp, Rsu, Csa dipendenti regionali, ieri durante un incontro con Claudio Kovatsch, direttore al Personale della Regione e Luca Bulfone, responsabile del Corpo forestale regionale. L’incontro era incentrato sulla mobilità del personale conseguente alla riorganizzazione del corpo forestale, voluta dall’assessore Claudio Violino. I sindacalisti si sono dichiarati contrari alle procedure già attivate (procedimento di mobilità individuale) ravvisando invece gli estremi della «mobilità collettiva», diversamente regolata dal contratto. La parte datoriale, nonostante la volontà espressa anche dal Consiglio regionale attraverso le Commissioni consiliari (che avevano chiesto di sospendere la procedure per aprire un tavolo politico), «si è dimostrata irremovibile sulle scelte già effettuate e ha annunciato che oggi stesso avrebbe firmato il decreto di soppressione delle citate unità». I rappresentanti sindacali hanno denunciato «il malcontento che si è già creato per la scelta di eliminare i ruoli tecnico-autorizzativi forniti finora dalla Forestale regionale a supporto di enti pubblici e cittadini che, per esempio, determinerà di fatto un incremento di costi, in quanto le medesime funzioni dovranno essere svolte da liberi professionisti». I sindacalisti hanno poi consegnato ai dirigenti regionali un documento con cui chiedono alla giunta di sospendere l’adozione dei provvedimenti.
 

 

Chiuso il Centro ma i forestali restano lì
 

Non sono servite nè le firme nè le mobilitazioni. Da oggi il centro didattico di Basovizza virtualmente non esiste più. Il personale che operava in loco è passato ufficialmente alle dipendenze del corpo forestale regionale, la ristrutturazione è partita, gli uffici soppressi. Di buono c’è che, dopo tam tam e contestazioni aperte, alla fin fine i forestali che erano dentro rimangono lì, seppure senza l’autonomia di prima e in attesa che la Regione li rimpiazzi con l’Arpa. Per il consigliere regionale del Pdl, Piero Camber, «si tratta di un’ottima via di mezzo, garantita dall’ordine di servizio per cui restano a Basovizza, sia pure come dipendenti e non in una struttura stabile. Per capirci: se uscivano era tutto perso. Da adesso la battaglia è volta a capire se Basovizza sarà un ufficio o una struttura stabile». Di sicuro non si sa neanche come si chiamerà il Centro. Forse, ridacchia qualcuno, “Osmizza Violino”, dal nome dell’assessore che ha propiziato la ristrutturazione. «In effetti - scherza Camber - Violino premia un po’ troppo la Meretocrazia (dal nome del suo paese natale, Mereto di Tomba ndr)». Meno entusiasta appare il sindaco Cosolini. «È una moratoria temporale una mezza buona notizia, che se non altro dà spazio per lavorarci su. Certo è grave che il centro non esista più. Siamo in una fase in cui a misure efficaci di semplificazione e riduzioni dei costi si sovrappongono operazioni che non hanno nessun significato reale in tal senso e fanno solo danni... ». Camber peraltro non demorde. « Mi riservo o di scrivere una legge apposita o un emendamento alla finanziaria per veder riconosciuto il Centro».

(f.b.)
 

 

Aperto il “sentiero Slivia” Cinque chilometri nel verde - INAUGURAZIONE
 

DUINO AURISINA Un nuovo percorso naturalistico che abbraccia sport, storia e gastronomia, inaugurato domenica, va ad arricchire l’offerta turistica “verde” del Comune di Duino Aurisina. Si tratta del “Sentiero Slivia”, realizzato dal Circolo culturale sloveno Igo Gruden assieme alla Comunella di Slivia, dietro progetto del Prof. Zvonko Legisa, con il contributo della Provincia di Trieste ed il patrocinio del Comune di Duino Aurisina. Circa 5 km, con partenza all’incrocio con la chiesetta (alla fermata dell’autobus), che alla sua fine, riportano al punto di partenza. La prima parte attraversa campi e vigneti in direzione del famoso Castelliere di Slivia (conosciuto anche come Castelliere Marchesetti, in onore di Carlo Marchesetti, scopritore e studioso d’importanti siti preistorici sul Carso), successivamente scende verso la Grotta Linder, per poi proseguire attraverso una serie di sentieri del Cai, fino alla dolina Jurkovci, sede di tre cave di pietra dismesse. Una volta superate le cave il percorso riporta nuovamente in direzione di Slivia, però sul suo lato occidentale, dove sbuca in un’altra dolina che racchiude tre stagni carsici realizzati dalla Comunella. Infine, l’ultima parte dell’itinerario porta l’escursionista all’interno del borgo carsico permettendogli di ammirare i numerosi elementi architettonici tradizionali. Il tutto richiede al massimo tre ore ed, oltre ad essere percorribile a piedi, è adatto anche agli amanti della mountain bike ed del nordic walking (una disciplina sportiva sport di origine finlandese che favorisce salute e resistenza, con un consumo energetico fino al 50% superiore rispetto ad una camminata normale, conosciuta dai fondisti dello sci già dagli anni’30). Ad accompagnare il percorso, inoltre, sono presenti nella cartina del percorso anche una serie d’indicazioni per rifocillarsi gustando i prodotti tipici della zona magari con una tappa all’osteria del paese, alle osmizze ed alle aziende agricole che operano in zona. All’inaugurazione domenicale, al quale hanno partecipato il sindaco Giorgio Ret, l’assessore alla cultura Massimo Romita, i promotori dell’iniziativa nonché oltre un centinaio di persone, è stato sottolineato come “l'obiettivo principale dell’iniziativa, frutto di due anni di lavoro da parte di alcuni volontari sia stato indirizzato verso una offerta di qualità legata del turismo verde ed alla valorizzazione dei territorio circostante”.

(vi. at.)
 

 

FareAmbiente: "Troppo cemento in Carso"

 

SGONICO «Il nostro intervento non era di denuncia per un abuso edilizio, ma voleva lanciare un allarme per una situazione molto preoccupante soprattutto dal punto di vita ambientale». Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, torna così sullo scottante argomento della urbanizzazione nella zona chiamata “delle Girandole” (anche se lo storico complesso che ha battezzato il sito non è chiamato in causa). Si tratta infatti dell’area più densamente abitativa del comune di Sgonico, al centro di una querelle sua una presunta mancanza di attenzione da parte dell'amministrazione Sardoc. «Non mettiamo in dubbio che la variante al piano regolatore abbia seguito l'iter previsto (come del resto già scritto dal nostro quotidiano, n.d.r.), ma questo non vuol dire che sia la migliore possibile, né che sia stata redatta per tutelare l'ambiente e le peculiarità del territorio: il fatto che si stanno costruendo strutture completamente difformi da quelle esistenti e dal forte impatto ambientale, secondo noi, ne è la comprova», spiega Cecco. Da qui l'enigma sul futuro della zona residenziale: ««La nostra preoccupazione, non è tanto su quello che ormai è in uno stato di avanzamento lavori ed approvato, ma su quanto ancora si potrà fare e la conferma che il tutto è stato autorizzato dal Sindaco, dall'apposita commissione comunale e dagli altri organi preposti, fa aumentare il timore della progressiva cementificazione, che lo stesso Sindaco nega sia in atto». Il movimento ambientalista ha promesso di riservarsi tutti gli approfondimenti del caso specifico e più in generale di continuare a vigilare per difendere l'ambiente e la qualità della vita dei residenti. Insomma: massima attenzione.

(ri.to.)

 

Un’Aquila reale a caccia di prede alla Cona - Evento eccezionale nella riserva alle foci dell’Isonzo. Obiettivo: catturare nutrie, lepri e forse cigni
 

STARANZANO Non passa settimana senza novità alla Riserva regionale della Foce dell’Isonzo: dopo la pacifica invasione di oltre 750 cigni reali, la cui suggestiva “macchia bianca” al largo è stata ammirata dai visitatori nell’appena trascorso week-end, da un po’ di tempo a questa parte un nuovo ospite domina dall’alto l’Isola della Cona, incutendo timore alle piccole prede. È un esemplare di aquila reale (Aquila chrysaetos), rapace di grandi dimensioni solitamente legato ai rilievi montani. Il primo a essere meravigliato è il direttore della Stazione biologica della Cona, Fabio Perco. «Alle foci dell’Isonzo – così il naturalista – la sua presenza è un evento molto raro». L’esemplare, nelle foto scattate venerdì dal visitatore Fabio Piccolo di Spinea (Ve), è stato osservato alla Cona in compagnia di una comune poiana (Buteo buteo). «Si tratta, nel caso dell’aquila – continua Perco -, di un soggetto immaturo, forse nato nel 2010, riconoscibile come tale per gli spazi chiari sotto le ali non troppo estesi e la grande barra terminale nera alla coda. Lo stesso fotografo, oltre alla poiana, pochi istanti prima aveva osservato e fotografato uno sparviere. I due rapaci di minori dimensioni in caso di pericolo sanno di poter facilmente sfuggire all’aquila, più grande, pesante e, quindi, meno manovriera». Non è stata ancora accertata la provenienza del volatile ma i naturalisti della Cona sono convinti che l’aquila reale, un tempo rarissima perchè perseguitata accanitamente, nidifichi ora con varie coppie non troppo lontano dalla foce dell’Isonzo in Slovenia, anche lungo il corso del fiume e nella Selva di Ternova e in parecchie aree alpine in Italia. «È così possibile – sostiene Perco - che un soggetto abbia deciso di frequentare la Bassa alla ricerca di una tra le numerosissime prede esistenti nella Riserva naturale: dall’esotico castorino, cioè la nutria, alla volpe o magari una lepre, un’oca o, perchè no, uno fra i tanti cigni. Lo stesso esemplare era stato visto da Silvano Candotto, “manager” della Cona, a fine ottobre». La presenza del grande rapace nell’area protetta - per l’esperto - garantisce una migliore gestione del patrimonio faunistico esistente, anche sotto il profilo sanitario. «È anche - ricorda Perco - nel simbolo della nostra Regione, principale “sponsor” nonostante i recenti tagli, della Riserva».
Ciro Vitiello

 

 

Il Carso e la sua fauna - ESCURSIONE da “CURIOSI DI NATURA”
 

Curiosi di natura via d’Azeglio 23 Prentoazioni al n. 340-5569374 www.curiosidinatura.it
Nell’ambito della manifestazione enogastronomica “Sapori del Carso”, oggi e giovedì, dalle 9.30 alle 13, escursioni guidate a tema ad Aurisina e sul Monte Lanaro (a Sgonico), con le guide naturalistiche di “Curiosi di natura”. Oggi escursione sul tema “Piante in pentola”, dedicata ad alcune piante commestibili, come la santoreggia, il corniolo, il pungitopo. L'itinerario è lungo la Strada della Salvia, da Aurisina a Santa Croce, con ritrovo alle 9.15 nella piazza del Municipio di Duino-Aurisina. Giovedì escursione sul tema “Il Carso e la sua fauna”, incentrata sulla fauna selvatica e le razze domestiche tipiche, come la pecora carsolina (foto), adattate a vivere in un territorio arido come il Carso. L'itinerario è nella Riserva naturale del Monte Lanaro, con ritrovo alle 9.15 a Sagrado di Sgonico. Al termine delle escursioni, adatte anche a persone poco allenate, possibilità di degustare prodotti tipici. Le escursioni vanno prenotate.
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Passerella in Ponterosso, il gioco non vale la candela
 

Leggo l’intervento su “Il Piccolo” di un lettore, il quale sottolinea l’utilità, che a suo dire avrebbe la nuova progettata passerella sul Canale del Ponterosso. Nessuno nega che essa potrebbe rivestire in effetti una qualche utilità: si tratta solo di vedere per chi, e se ne vale l’alto costo (ben 750.000 euro)... È infatti altrettanto innegabile che per la stragrande maggioranza dei triestini essa non riveste alcun interesse concreto, potendo tutti comodamente raggiungere la via Cassa di Risparmio o la via Trento, da via Roma, e allungando il percorso di una cinquantina di metri, che in fondo non farebbero male neppure alla salute... Né si vede, in realtà, quale autentico incremento ne ricaverebbero per il futuro le due suddette vie, dove si trovano esclusivamente uffici e abitazioni private, oltre a qualche negozio di cinesi... In ogni caso si tratterebbe di un modesto miglioramento di vivibilità solo per una parte assolutamente limitata della popolazione triestina, che non avendo mai avvertito il bisogno di passerelle pedonali, in compenso dovrebbe subire nella sua interezza lo sfregio a una delle zone di interesse storico ed architettonico più significative della città, effigiata da tempo in quadri e stampe di ogni tipo, con costruzioni, che non potrebbero che alterarla. Il canale dell’antico Porto è infatti un’opera d’arte prprio così come si sta, perché s’insinua nel bel mezzo della città, tra palazzi e chiese, staccandoli ed avvalorandone la prospettiva, e ricordando a tutti noi e ai turisti, che giungono a contemplarlo, come era il cuore pulsante della Trieste di una volta, e il suo epicentro marittimo ed economico: se pensassimo soprattutto alle comodità allora potremmo tombarlo, come già è avvenuto per il Viale dell’Acquedotto e la Corsia Stadion (oggi viale XX Settembre e via Battisti), e farne una bella strada per automobili e pedoni... Questioni di gusti e di sensibilità. In realtà ci si deve stupire che la zona in questione non sia già stata inclusa tra i beni dichiarati di notevole interesse pubblico e tutelata direttamente dalla Regione, in conformità al Codice dei beni culturali e del paesaggio 22/2/2004 n. 42: bisognerà provvedervi immediatamente, sottraendola ad iniziative, quanto meno discutibili, di cui ci si potrebbe purtroppo pentire troppo tardi... Ma vorrei anche ricordare, arrivando al sodo della faccenda, che i settecentocinquantamila euro preventivati per l’opera in questione potrebbero essere destinati a ben maggior vantaggio e utilità generale, incominciando proprio dalla ripavimentazione di tutta l’area del Ponterosso, compresa la zona antistante la chiesa del S. Antonio Nuovo e la fontana, che sono invero in uno stato piuttosto pietoso, e la pulizia accurata di tutto il canale, che ne ha disperato bisogno... Qui sarebbero sicuramente tutti d’accordo. Perciò noi continueremo con la nostra raccolta firme, che sono già diverse centinaia, anche con un banchetto per strada, confidando che alla fine il buon senso prevalga, e che questo importante investimento in denaro trovi davvero il modo di giovare a tutti i cittadini di Trieste, migliorando le sue peculiari bellezze.

Marcello Perna - membro del comitato per la salvaguardia del Ponterosso
 

 

 

 

VOCE ARANCIO - LUNEDI', 31 ottobre 2011

 

 

Off-Grid Box, e sei libero dalla rete elettrica
 

La "scatola" della Fabbrica del Sole permette di ridurre i consumi grazie alle energie rinnovabili, per vivere staccati dalle forniture ufficiali
Le ultime parole famose. «Entro il 1980 tutta l’energia (elettrica, atomica, solare) non costerà praticamente nulla» (Henry Luce, giornalista ed editore americano, co-fondatore del Time magazine).
Vivere off-grid. Vivere off-grid, “staccati” dalla rete elettrica delle case, è possibile. La soluzione l’ha trovata la Fabbrica del Sole, una cooperativa di San Zeno, vicino ad Arezzo.
Una Off-Grid Box in giardino. L’idea proposta dalla cooperativa è quella di realizzare una Off-Grid Box, una scatola di tre metri di lato, da porre in giardino, che renda la casa indipendente dalle forniture ufficiali di luce, acqua e gas. Il cubo, che permetterebbe di ridurre i consumi, sfrutta l’energia eolica, il fotovoltaico e il geotermico. Inoltre, trasforma e immagazzina l’energia elettrica eccedente in idrogeno, in modo da avere una fonte alternativa quando quelle già a disposizione non sono sufficienti a garantire la copertura necessaria alla casa.
Liberi dalla rete pubblica e privata. Il concetto non è nuovo ed è venuto in mente un paio d’anni fa al fisico della cooperativa Emiliano Cecchini, che definisce l’off-grid «letteralmente, senza rete. E per rete s’intendono i fornitori privati o pubblici che erogano energia a pagamento. Prenda un contadino che vive della sua terra: il sistema off-grid funziona con la stessa logica. Il condomino vive dell’energia che coltiva lui stesso, senza inquinare». [fonte: http://mag.wired.it]
Un progetto per la Biennale di Architettura di Venezia. Il primo progetto è stato presentato alla dodicesima Biennale di Architettura a Venezia come tentativo di rendere autosufficiente l’isola della Certosa (Venezia). Al momento, quanto realizzato dalla Fabbrica del Sole si trova esposto fino a novembre alle Officine Grandi Riparazioni di Torino.
Un container a misura “di casa”. Quello che la cooperativa vuole realizzare oggi, invece, è un container a misura “di casa”, da installare preferibilmente al momento della costruzione: «L’idea è di arrivare in cantiere con un piccolo container da interrare in giardino contenente tutto quello che serve per rendere autosufficiente una famiglia, un centro sportivo o un ospedale da campo» (dal sito ufficiale dell’Off-Grid Box). Tommaso Vezzosi della Fabbrica del Sole a Voce Arancio: «Lavorando intorno ai temi dell’energia rinnovabile e degli usi dell’idrogeno, circa un anno fa è nata l’idea di una forma standardizzata, l’Off-Grid Box appunto, che unisse tutti questi sistemi (eolico, raccolta di acqua piovana ecc.) per l’abitazione. Ogni casa ha necessità diverse (numero di persone che la abitano, luogo in cui è costruita, se si trova cioè in una zona ventosa o soleggiata e così via) e abbiamo pensato di conseguenza ad alcune soluzioni tipo».
Greeny, modello intermedio. Esistono diversi tipi di Off-Grid Box. Il Greeny è la soluzione intermedia: per avere tutta l’energia elettrica utilizzata in una normale abitazione, tutta l’acqua calda che occorre e risparmiare sprechi idrici grazie al recupero delle acque di scarico e all’accumulo dell’acqua piovana. Garantisce: 3 kWp fotovoltaico, solare termico, 2000 litri accumulo acqua piovana, 1000 litri fitodepurazione, kit idrogeno (opzionale).
Il costo. Il modello Greeny costa 27.500 euro ma, grazie alle detrazioni fiscali per l’efficienza energetica e agli incentivi per l’impianto fotovoltaico, il tutto si ripaga in pochi anni. Il sistema, nel complesso, è garantito due anni, mentre alcune parti (come i pannelli fotovoltaici), 25 anni. L’acquisto è semplice: una volta individuato l’impianto più adatto alle proprie esigenze, l’Off-Grid viene spedito direttamente a casa e collegato in tre giorni. Anche la manutenzione non è complicata e non si discosta molto da quella dei normali elettrodomestici e impianti. Continua Tommaso Vezzosi: «L’idea è quella di sostituire il mutuo alla bolletta. Nel caso del modello Greeny, che è una soluzione intermedia, si calcolano circa sei/sette anni come tempi di rientro dei costi. Detto in altri termini, il modello Greeny ha un Off-Grid rating del 72%, cioè fatta cento la quota dei bisogni di una casa, l’Off-Grid Box permette di risparmiare il 72 per cento delle spese». I dettagli dei costi per il modello Greeny nella tabella a destra.
Un vano tecnico in più per la propria casa. «Grazie all’Off-Grid Box la casa guadagna un vano tecnico in più senza intaccare neppure un centimetro di spazio al proprio interno. L’Off-Grid Box può essere allestito anche come lavanderia domestica, completato con optional e finiture studiate ad hoc per definire soluzioni stilistiche diverse in base a gusti e contesto. Le porte d’ingresso possono essere sostituite ad esempio da ante scorrevoli in vetro per ottenere una luminosità interna impareggiabile, le superfici esterne possono essere ricoperte da manto erboso, oppure si può optare per un interramento parziale o totale di tutto il box» (dal sito ufficiale dell’Off-Grid Box).
Box più economico in fase di costruzione. Gli esperti della Fabbrica del Sole consigliano l’installazione in fase di costruzione. Anche sul vecchio è possibile impiantare l’Off-Grid Box, ma bisogna essere disposti a spendere un po’ di più per effettuare tutte le modifiche necessarie agli impianti già esistenti.

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 31 ottobre 2011

 

 

«Rio Martesin, serve chiarezza» - EDIFICAZIONE BLOCCATA - Il Comitato dei cittadini: il Comune spieghi cosa vuole fare dell’area
 

«All’assessore ai lavori pubblici Elena Marchigiani abbiamo chiesto che il Comune riveli pubblicamente quali siano le scelte politiche che l’amministrazione intende fare, alla luce del ricorso avanzato dalle imprese romane che lamentano un danno di tre milioni di euro e la cui prima udienza processuale dovrebbe tenersi a breve. La stessa richiesta rivolgiamo anche al sindaco Cosolini, affinché chiarisca in modo netto se il Comune intenda rilasciare autorizzazioni a costruire». Questa la richiesta che in un’articolata nota esprime il Comitato Rio Martesin, sorto per contrastare l’intervento edilizio previsto nella zona e infine bloccato dopo una sentenza del Consiglio di Stato che ha annullato le concessioni edilizie. Il Comitato non si ritiene infatti soddisfatto dall’incontro tenuto di recente tra l’assessore e la Terza circoscrizione sul tema delle nuove direttive sul Piano regolatore, laddove «i destini della valle del Rio Martesin coinvolgono l’intero territorio e non solamente gli abitanti del quartiere circostante». Il Comitato sottolinea di avere condotto in questi anni una battaglia contro la cementificazione dell’area, «e non di certo grazie alle amministrazioni di centrodestra o di centrosinistra che invece si sono adoperate a favore di una colossale speculazione che avrebbe definitivamente cancellato l’ultima area verde a ridosso del centro città». Una responsabilità «pesantemente politica e anche tecnica, come evidenziato in maniera inequivocabile dal Consiglio di Stato, anche se l’assessore» durante l’incontro pubblico, scrive il Comitato, «in diversi momenti ha messo sullo stesso piano le due sentenze che riguardano il ricorso fatto dai cittadini, espresse una dal Tar (che ha dato ragione al Comune) e l’altra dal Consiglio di Stato che ha invece accolto le istanze dei cittadini e annullato le concessioni edilizie». Il Comitato ha anche chiesto un incontro con la circoscrizione e il presidente Andrea Brandolisio, «da tenersi nella valle per affrontare assieme i problemi che interessano l’area anche a seguito di un ripristino mai attuato dalle ditte». Malgrado l’ordinanza comunale in base alla quale l’area andava riportata allo stato originario dopo gli sbancamenti, il Comitato denuncia «lo scandaloso degrado e abbandono in cui versa la valle dal dicembre scorso: un problema non più accettabile né rinviabile». Da qui appunto la richiesta: «La parte politica fino a oggi non ha svelato quali siano le intenzioni della giunta e gli uffici manifestano spesso ostilità nei confronti dei cittadini che richiedono gli atti che interessano Rio Martesin e i molti aspetti da approfondire, alla luce di una battaglia che può ancora portare a esiti del tutto imprevedibili. Qualcuno può prendersi la responsabilità di rispondere e poi agire di conseguenza, in modo veramente trasparente e facendosi poi garante della tutela di un bene comune, così come riportato dalla Costituzione?»
 

 

«Centro forestale: la Regione ci ripensi»
 

Massima mobilitazione a Basovizza per salvare la struttura. Cosolini: «Violino non può far finta di nulla, questa è una risorsa per il territorio»
Non è stata solo la bella giornata a portare ieri a Basovizza oltre 2.000 persone per visitare, forse, per l'ultima volta, il Centro didattico e una stazione forestale che la Regione Autonoma intende spegnere dopo 180 anni di ininterrotta attività. Quel vivaio nato sotto l'Impero Asburgico da cui partì il totale rimboschimento di un Carso che ai tempi era ridotto a un cratere lunare. Per dare solidarietà ai Forestali basovizzani - animatori di un centro didattico che nel giro di due anni è stato capace di portare nella località carsolina oltre 15.000 visitatori diventando un polo ambientale, culturale e turistico di livello internazionale – tanti forestieri hanno invaso l'intera Basovizza. Già di prima mattina i parcheggi e le strade circostanti il centro della Forestale erano intasati da auto e scooter, visitatori giunti da Trieste ma pure dal resto della regione a testimoniare il proprio interesse e il loro affetto per la struttura. Assieme a loro autorità, tecnici e amministratori. In testa il sindaco Roberto Cosolini e la sua vice Fabiana Martini, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc, i consiglieri regionali Sergio Lupieri e Piero Camber e tanti altri ancora. E mentre il professor Livio Poldini presentava un nuovo dèpliant dedicato alla natura e alla storia del comprensorio di Monte Spaccato in una sala conferenze stracolma, il cortile dell'antico vivaio forestale appariva animato in ogni sua parte, chi a scambiare opinioni con i gestori della struttura, chi a seguire i laboratori gratuiti allestiti dai ricercatori del Civici Musei scientifici, schierati a fianco dei colleghi forestali all'insegna di “Noi non ci stiamo”, slogan coniato per l'occasione. «Non si cancellano due secoli di storia e attività forestale con un colpo di spugna – è stato detto – non ci sono riusciti nemmeno i nazisti durante la seconda guerra mondiale. L'intera città vuole conservare questo centro e questa stazione forestale, lo testimoniano tutte le persone che sono salite oggi a Basovizza questa domenica». «La mobilitazione per conservare questa struttura continua – ha affermato il sindaco Cosolini. Anche se l'assessore regionale Violino continua a far finta di nulla – ha continuato Cosolini – ci si deve rendere conto che questo centro didattico è una risorsa culturale e scientifica non solo per questo territorio. E è inutile scomodare logiche demagogiche su risparmi e risorse da realizzare. Sono ben altre le cose sulle quali la regione deve intervenire». «Solo un allocco può credere alle razionalizzazioni di Violino – sostiene Marco Milkovich. I cinque forestali in odore di trasferimento rimarranno sul libro paga regionale, e per tenere in vita il Centro intendono trasferire competenze all'Arpa. Dove stanno i risparmi paventati se si affida la struttura a nuovo personale? Qui si vuole solamente privare il Carso e Trieste di una struttura di assoluto valore, ecco tutto!» «Il presidente Tondo deve intervenire subito per bloccare Violino – ha sostenuto il consigliere regionale Lupieri – che ha reiterato concetti e pensieri in un comunicato stampa. Le insensibilità di questa giunta regionale nei confronti della cultura e della didattica rischiano di commettere un disastro. Serve un forte segnale di attenzione di Tondo al nostro territorio che troppe volte ha subito chiusure, trasferimenti, delocalizzazioni».

Maurizio Lozei

 

 

Laghetti delle Noghere l’area naturalistica ridotta a una discarica
 

La siccità estiva ha fatto affiorare depositi di pneumatici sgomberati grazie all’intervento del “Gruppo tutori stagni”
MUGGIA Un delicatissimo biotopo naturale o luogo di discarica da parte di persone sprovviste di un minimo di senso civico? Probabilmente il destino dei laghetti delle Noghere non troverà mai pace. La riprova (l'ennesima) arriva da una cinquantina di pneumatici rinvenuti nell'area umida muggesana (fra l’altro l’unica di tutta l’intera provincia). Il solito, indecente spettacolo: copertoni vergognosamente lasciati da automobilisti e camionisti, viste le dimensioni di alcuni dei pneumatici, che ciclicamente abusano delle Noghere. L’area dei “laghetti” delle Noghere si trova nell’unica valle alluvionale istriana ed è stata classificata come "biotopo naturale" con decreto del presidente della Regione già nel 2001. L’operazione di ripristino e sistemazione della zona, conclusasi con l’inaugurazione nel giugno 2010, si era avvalsa di diversi interventi di valorizzazione e tutela dell’ambiente. Proprio al fine di prevenire possibili atti vandalici e di evitare l'abbandono di immondizie, sul lato strada era stata fissata una rete di recinzione. La siccità degli ultimi tempi, che ha fatto abbassare eccezionalmente il livello delle acque dei “laghetti” ivi presenti, purtroppo ha sorpreso tutti in queste settimane portando alla luce un cospicuo numero di pneumatici ed una gran quantità di altri grossi rifiuti presenti sul fondo. Per sanare l’area è stata organizzata una giornata dedicata in toto alla bonifica dei rifiuti lanciati nelle acque. Fondamentale è stata la collaborazione a titolo gratuito di ben otto persone aderenti al "Gruppo tutori stagni" e del personale incaricato per la gestione che, sotto la guida dell’ornitologo Enrico Benussi, hanno consentito di ripulire completamente il laghetto. Cosa è emerso? Una trentina di pneumatici "normali" e più di venti molto pesanti (da camion). Il materiale è stato accatastato lungo il sentiero che conduce allo stagno in attesa di essere rimosso completamente. L'ultima ripulita “pubblica” dei laghetti risaliva allo scorso aprile. Pezzi di ferro, sedie rotte, copertoni e altri detriti erano stati rimossi dalla squadra della Protezione civile di Muggia, alcune Guardie forestali e famiglie che gratuitamente avevano preso parte alla manifestazione "Laghetti ... a specchio", iniziativa attraverso cui il Comune, in collaborazione con Immagine Natura. In realtà l'area più inquinata era risultata essere quella del Rio Ospo. Evidentemente durante l'estate, essendo la zona caratterizzata da scarsità di acque superficiali, alcuni malintenzionati hanno approfittato per lasciare diversi rifiuti ingombranti ingannando dunque la Guardia forestale. E pensare che nel biotopo si incontrano varie specie di animali tra cui uccelli legati agli ambienti acquatici come il martin pescatore, aironi e anatre, ma anche picchi e uccelli cantori; tra le piante acquatiche, canne lacustri e salici si osservano anfibi come rane e raganelle e, talvolta, predatori come l'innocua biscia d'acqua. Attualmente dunque l'area è infestata dai copertoni ma il Comune ha già dichiarato che fornirà nei prossimi giorni una squadra di operatori ecologici al fine di trasportare i pneumatici fino all'ingresso e successivamente alla discarica per ripristinare una zona di indubbio interesse ambientale che si spera ora essere definitivamente recuperata. Da notare, fra l’altro, che la discarica pubblica gestita dall’Acegas-Apts per il ritiro (gratuito)dei materiali ingombranti come pneumatici, elettrodomestici, televisori e quant’altro si trova proprio all’imboccatura della strada che porta ai laghetti (il cui ultimo tratto, essendo sterrato, per legge regionale sarebbe anche proibito al traffico veicolare, con tanto di cartello). E, colmo dell’ironia, da quest’anno l’Ente (regionale) tutela pesca ha messo i laghetti sotto la propria protezione: proibita la pesca, con tanto di cartelli, perchè i laghetti sono zona di ripopolamento. Delle carpe o dei pneumatici?
Riccardo Tosques

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 30 ottobre 2011

 

 

Un presidio a difesa del Centro di Basovizza - OGGI DALLE 11 ALLE 17
 

In mattinata la presentazione di un dépliant su un itinerario nell’area del Monte Spaccato
Verrà presentato questa mattina a Basovizza (ore 10) nella sede del Centro didattico forestale un nuovo dépliant dedicato a un itinerario naturalistico e culturale che si snoda nell’area del Monte Spaccato. La presentazione del dépliant potrebbe essere l'ultima iniziativa per i forestali che animano il Centro didattico, che la Regione intende “sopprimere” assieme all’antica stazione forestale basovizzana, vecchia di quasi duecento anni. Da dopodomani, infatti, il Centro didattico dovrebbe passare dai forestali ad altra gestione, e il personale verrebbe destinato altrove. Una soluzione sulla quale c'è una generale levata di scudi da parte di ricercatori, studiosi, amministratori, politici, cittadini e, non ultimi, dei residenti del Carso, che considerano la chiusura del centro una grave perdita per il proprio patrimonio scientifico, culturale e turistico. Così oggi saranno in molti a Basovizza – tra questi, probabilmente, il sindaco Cosolini - per dire no alla chiusura del centro. Un presidio che inizierà alle 11, per continuare sino alle 17. Tornando al dépliant, l'opuscolo intitolato “(Ri) Destinazione: Monte Spaccato, tra antichi ricercatori di essenze e progettisti di futuro”, è il quinto di una serie che i forestali hanno realizzato in sinergia con altri specialisti del settore e con alcuni enti. Si tratta di un itinerario che si svolge su piste forestali e che, partendo dal centro forestale di Basovizza porta al valico di Monte Spaccato. Un percorso di quasi 7,5 chilometri, lungo i sentieri segnati dal Cai con i numeri 44, 44/A e 1, che consente di ripercorrere le aree in cui, nel passato, operarono famosi botanici del calibro di Carlo de Marchesetti, Bartolomeo Biasoletto, Julius Kugy. Al pari degli altri dépliant realizzati dal Corpo forestale, si tratta di un lavoro ricco e accurato, che va ben oltre al formato presentato. I cultori del Carso e dei dintorni di Trieste vi troveranno tante notizie, non solo di carattere naturalistico e scientifico ma pure storico e geografico. Uno strumento che, al pari dei lavori precedenti, appare ideale per la didattica scolastica. Il dépliant verrà presentato dal professor Livio Poldini, che illustrerà la particolare ricchezza vegetativa del territorio carsico nella delicata area del ciglione. Una zona dove sussistono diverse criticità a causa degli interventi dell'uomo, che stanno mettendo in pericolo le preziose biodiversità.

Maurizio Lozei
 

 

IL CASO DEL GIORNO - Basovizza, un centro prezioso per educare i giovani
 

A seguito alle notizie pubblicate sul Piccolo in merito all’imminente sospensione dell’attività delle Guardie Forestali presso il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza, si rivolge alle autorità competenti questa lettera aperta. Le Guardie Forestali, con il loro intervento di divulgazione e di sensibilizzazione svolto da decenni con professionalità e passione presso il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza, rappresentano un’insostituibile fonte di conoscenza del territorio locale e di divulgazione del corretto comportamento da seguire a salvaguardia e nel rispetto dell’ambiente, per tutta la popolazione ed in particolare per alunni e studenti, cittadini di domani. Nelle scuole dell’Istituto comprensivo “G. Lucio”di Muggia la collaborazione con le Guardie Forestali di Basovizza è iniziata già nei primi anni ottanta, sviluppandosi in un lungo percorso didattico-educativo attraverso l’attuazione di numerosi progetti, concorsi, mostre (Il Bosco tra realtà e fantasia, I Custodi del Bosco, Conoscere per Crescere… tanto per citarne alcuni) tesi a far riscoprire l’ambiente che ci circonda, ad assaporarne i vari aspetti, ad apprezzarne il valore, ad averne rispetto. Interessanti visite guidate ed escursioni ambientali, realizzate con l’intervento delle Guardie Forestali, hanno offerto situazioni di apprendimento vissuto, lasciando impronte di conoscenza indelebili e contribuendo alla crescita dell’individuo. Insegnanti e Personale della Forestale hanno sempre cooperato con unità d’intenti, in un’ottica attenta agli interessi presenti negli alunni, ma anche rivolta al futuro in una prospettiva più ampia che considera la tutela ambientale come aspetto determinante per vivere bene. In questi anni le Guardie Forestali hanno altresì organizzato incontri e conferenze a favore dei docenti per illustrare i vari progetti didattici o per approfondire alcune tematiche ambientali, in modo da ampliarne la divulgazione. Notevole l’arricchimento apportato all’educazione ambientale dall’istituzione del Centro Didattico Naturalistico di Basovizza, fortemente voluto e realizzato grazie all’interessamento del Personale della Forestale in servizio: una struttura innovativa ed interattiva di vero pregio dove il visitatore diventa protagonista della visita, dove c’è sensibilizzazione verso la salvaguardia ambientale; la sua realizzazione si è avvalsa dei contributi europei sia per la costruzione che per l‘implementazione dell’attività didattica-divulgativa. Il Centro di Basovizza, attraverso l’opera svolta dalle Guardie Forestali, rappresenta un servizio di eccellenza per tutto il territorio nazionale ed, inoltre, la partecipazione a progetti Interreg amplia la sua attività alla collaborazione transfrontaliera; da evidenziare ancora l’importanza del sentiero naturalistico Ressel realizzato per la fruizione dei non vedenti con l’uso di alta tecnologia, al quale abbiamo avuto l’onore di contribuire con un pannello costruito da alcuni alunni delle scuole di Muggia. Generazioni di bambini-bambine, ragazzi e ragazze hanno potuto “conoscere e crescere” grazie all’opera delle Guardie Forestali di Basovizza svolta, lo ripetiamo, con professionalità e passione: intervenire in modo positivo sull’educazione dei giovani, renderli partecipi, responsabili, coscienti dell’importanza dell’ambiente, significa agire per prevenire azioni dannose per il nostro pianeta e per rendere migliore la vita nel futuro. Considerati i risultati raggiunti, perché impedire la prosecuzione di questo importante servizio? Volete davvero “sopprimere” tutto ciò?

Annamaria Salvaneschi - Seguono 66 firme dei Docenti dell’I.C. “G. Lucio” di Muggia
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 29 ottobre 2011

 

 

«Lucchini, no al collegamento tra centrale e impianto gnl» - DECARLI E BASSI
 

«La centrale termoelettrica a ciclo combinato (proposta da Lucchini Energia, ndr) non potrà più essere collegata al progetto di terminale di rigassificazione, in quanto tale progetto è stato a suo tempo già respinto dal consiglio comunale nel 2006 e nel 2007». Così si legge nel testo della delibera, che ha bocciato il progetto della centrale anche dopo le “integrazioni volontarie”, integrato in questo modo in seguito all’approvazione dell’emendamento dei consiglieri Roberto Decarli (Lista civica Trieste cambia) e Paolo Bassi (Idv), emendamento fatto proprio dall’assessore Laureni e passato a larga maggioranza (contrari solo i consiglieri del movimento “5 Stelle”). Il testo presentato da Decarli e Bassi non si ferma qui, e sostituendo le parole «subordinatamente alla dismissione dell’impianto siderurgico di Servola» inserisce nella delibera il tema della riconversione della Ferriera, indicando anche possibili settori di intervento. Il consiglio ha quindi approvato di «definire e attualizzare in tempi brevi il programma di riconversione produttiva dell’area della Ferriera di Servola, promuovendo iniziative per lo sviluppo di nuove attività nella meccanica, nel settore della logistica e delle infrastrutture energetiche, allo scopo di rendere minimi gli impatti socio-economici correlati alla suddetta diversificazione produttiva, essendo questa collegata alla ricollocazione delle risorse attualmente impiegate nel ciclo siderugico della Ferriera e in attività collegate». «Con questo emendamento - precisa Decarli - il consiglio ha detto no al collegamento fra centrale e rigassificatore, che invece era stato evidenziato come una necessità nei progetti per lo sviluppo di Trieste 2010-2020 presentati dalla giunta Dipiazza nel giugno dello scorso anno». E con riguardo alle infrastrutture energetiche che potrebbero essere realizzate nell’area Paolo Bassi precisa che «si tratta di strutture legate a energie rinnovabili, come un parco eolico o impianti fotovoltaici».
 

 

Ambiente e sicurezza tra le priorità della Siot - CONVEGNO AL MAGAZZINO 26
 

Cosolini: «Dialogo proficuo con il territorio». Seganti: «Realtà fondamentale del porto»
La Siot movimenta ogni giorno via mare un quantità di petrolio che, via terra, comporterebbe il transito di 8mila camion cisterna. Scelta che consente quasi di azzerare l’emissione di CO2, altrimenti elevatissima. È questo uno degli elementi messi al centro dell’incontro svoltosi ieri al Magazzino 26 del Porto Vecchio, durante il quale i vertici dell’azienda hanno illustrato le innovazioni tecnologiche messe in atto per operare in sicurezza nel porto. “Siot: L’energia di Trieste nel cuore dell’Europa” è stato il titolo dell’appuntamento, che si è aperto con gli interventi dei rappresentanti istituzionali. «La presenza portuale e imprenditoriale della Siot a Trieste - ha esordito Roberto Cosolini - è fondamentale e garantisce un eccellente rapporto con il territorio. Siot sta dimostrando di avere grande attenzione per il proprio ruolo sociale, collaborando strettamente con le realtà scientifiche della città. L'innovazione tecnologia a favore della sicurezza è decisiva, perché si ottiene sviluppando competenze e non certo riducendo la presenza di navi nel porto di Trieste, che auspichiamo anzi possa essere sempre più significativa». «La collaborazione delle istituzioni con Siot è importante - ha osservato Vittorio Zollia, assessore provinciale all’Ambiente -. Contiamo su aziende come questa». «Siot è l'impresa più grande fra quelle che operano in porto - ha osservato da parte sua l’assessore regionale alle Attività produttive-. La sua presenza mette Trieste in testa alla classifica nazionale degli scali che operano nel settore petrolifero. Trieste è conosciuta per le attività di ricerca e d'innovazione, che possono contribuire a una sempre maggiore sicurezza in porto». Ad entrare nel merito degli sforzi fatti da Siot sul fronte sicurezza è stata il direttore generale Ulrike Andres: «Il nostro è portare energia nel cuore dell’Europa, nel rispetto dell’ambiente in cui operiamo – ha affermato -. Trieste e il suo porto sono fondamentali per l'economia del centro Europa. Un intero movimento economico parte da qui». Nevio Grillo, direttore delle operazioni Siot, ha poi sottolineato che «quando abbiamo iniziato, vivevamo tempi nei quali l’attenzione per l’ambiente e la sicurezza sul lavoro erano scarsi. Oggi la situazione è cambiata – ha precisato – e possiamo mostrare come siamo e come operiamo, certi di meritare la fiducia dei nostri interlocutori». Infine Fabio Rizzi, direttore Sicurezza dell'Autorità Portuale: «La sicurezza è un aspetto di enorme importanza per il Porto. Con 35 milioni di tonnellate di greggio movimentato nel 2010, la Siot ha rappresentato il principale traffico del porto. L'Authority ha sempre trovato nella Siot un interlocutore attento e preparato”.

Ugo Salvini
 

 

Forestali, appuntamento a Basovizza - Domani ultimo giorno di attività al Centro, la città si sta mobilitando -

 

BASOVIZZA Nonostante l’incertezza sul proprio futuro, il personale del Centro didattico naturalistico di Basovizza si impegna con determinazione proponendo dei nuovi e interessanti progetti. Domani alle 10, nella sede del Centro, verrà presentato un nuovo depliant escursionistico che illustra un itinerario tra Basovizza e la zona del monte Spaccato intitolato “(Ri)Destinazione Monte Spaccato. Tra antichi ricercatori di essenze e progettisti di futuro”. Ma la presentazione del pieghevole sarà solo l’occassione per dare agli operatori del Centro una tangibile testimonianza di solidarietà nell’ultimo giorno di attività. Dal 1° novembre infatti, come disposto dalla Regione, il Centro passerà ad altre mani. In queste ore, come riferiamo anche qui a fianco, il tam tam della solidarietà batte incessante e gli attestati, da enti istituzionali e privati, fioccano, fra i primi quello della Provincia che per bocca del vicepresidente Igor Dolec annuncia di aver affrontato il problema nell’ambito delle consuete riunioni del Tavolo Verde. «Abbiamo espresso viva e unanime preoccupazione - dice infatti Dolenc - per le sorti del Centro legate all’annunciato trasferimento». Ma torniamo all’opuscolo. Si tratta del quinto depliant di una piccola collana realizzata dai forestali in collaborazione con altri enti ed esperti del territorio. Si tratta di una rivisitazione, dopo circa un secolo, di una delle prime escursioni proposte ai triestini dalla Società Alpina delle Giulie: dall’Orto della Commissione d’Imboschimento, che la Forestale gestisce dagli inizi dell’Ottocento, al Valico del monte Spaccato. L’itinerario di 7,4 km, marcato appositamente con i segnavie bianco e rossi del CAI n. 44 e 44/a, permette di scoprire le zone in cui erborizzarono nel passato famosi botanici come il Re di Sassonia, il Marchesetti, il Biasoletto e anche Julius Kugy, che scrisse nel 1931 delle pagine memorabili sulle fioriture del monte Spaccato. Sarà il professor Livio Poldini a illustrare la particolare ricchezza della vegetazione di questo spicchio di territorio carsico, sottolineandone anche le sue criticità, ovvero il declino della biodiversità dovuto a alcuni interventi umani. Il tracciato passa nel bosco Salzer davanti alla grotta di Padriciano 12 VG, già attrezzata nel 1806 per le visite turistiche, e poi sale alla cima del monte Spaccato. Infine, prima di ritornare a Basovizza sul sentiero panoramico soprastante la valle di Longera, si giunge al valico di monte Spaccato un tempo snodo molto importante dell’antica viabilità triestina. Da San Giovanni vi saliva una strada conosciuta come strada romana in quanto utilizzata dalle truppe romane di stanza a Tergeste per raggiungere i valli difensivi sulle Alpi. Caratteristica molto curiosa di questo itinerario, la presenza di alcuni cippi di pietra scritti in più lingue che raccontano di una Trieste pluralista.
Maurizio Lozei

 

 

I ricercatori solidali: «Noi non ci stiamo»
 

«Noi non ci stiamo». Inizia così il comunicato firmato da 4 soggetti istituzionali diversi: i Civici musei scientifici del Comune (Storia naturale, Museo del Mare, Acquario e Orto Botanico), la Grotta Gigante, l’Immaginario scientifico e la Riserva di Miramare. «Domenica rischia di essere l’ultimo giorno in cui il Corpo forestale regionale svolgerà attività nel Centro didattico di Basovizza. Noi divulgatori, naturalisti, conservatori, biologi, educatori e operatori del mondo della natura non ci stiamo. Noi siamo quelli che accompagnano gli studenti, le famiglie e il pubblico. Il centro è stato voluto, progettato e condotto dai colleghi Forestali a beneficio delle popolazioni e delle scuole. Per qusto saremo tutti presenti domenica, dalle 11 alle 17, presso il Centro affiancando gratuitamente i colleghi del Corpo forestale nella loro opera di divulgazione con laboratori, escursioni, visite guidate. Aspettiamo adulti, famiglie, bambini. Dovremo essere in tanti».

 

 

«Un ridimensionamento che va contro la scienza»
 

BASOVIZZA Molti circoli e associazioni che riconoscevano del Centro Didattico forestale sorto nell’area dello storico vivaio dei Forestali Asburgici una sorte di fiore all’occhiello dell’offerta turistica e culturale di questa parte dell’altopiano non nascondono la loro preoccupazione. «Oltre al trasferimento dei Forestali qui si rischia la chiusura del Centro» osserva Marco Arduini, presidente del Comitato degli Usi Civici di Basovizza. «Questo sito di alto profilo scientifico e naturalistico funziona solo da qualche anno, mi sembra davvero assurdo ridimensionarlo in questo modo. Perché, è opportuno evidenziarlo, erano davvero tanti i visitatori che giungevano anche dall’estero per conoscerlo». «Se si dovesse chiudere il centro sarebbe davvero una grande perdita per il nostro territorio – sostiene Mirijan Zagar, consigliere della società “Zarja”, una delle più antiche del Carso. La Regione guarda ai suoi bilanci, è sempre una questione di quattrini, e intanto è tutta Basovizza e questa parte a est dell’Altipiano carsico a perderci». «Ci si chiede tutti cosa succederà oltre al nostro centro – interviene Tatjana Krizmancic, presidente del circolo culturale “Lipa” – e dico nostro perché i forestali collaboravano con tutte le realtà dei dintorni. Il Centro Didattico era un plus valore per il nostro comprensorio, ci garantiva cultura ambientale e un ottima visibilità. E poi – continua la Krizmancic – in quel centro i Forestali ci sono sempre stati. Perché chiudere una struttura che affonda le proprie radici nei secoli scorsi e che ha sempre funzionato a dovere?» C’è preoccupazione e sconcerto anche fra chi si occupa a livello tecnico e scientifico di territorio e ambiente. «Ridurre l’attività del centro è davvero un peccato – afferma Fabio Perco, zoologo – così come la chiusura della stazione forestale. La giustificazione adotta è ovviamente la mancanza di risorse e i risparmi che l’ente deve realizzare; per tale ragione ritengo che questo tipo di istituzioni dovrebbero essere sostenute dallo Stato». Il problema, secondo Perco, è che questi argomenti (ambiente, tutela del territorio, didattica e conoscenza) vengono ormai considerati residuali. «Il Centro didattico di Basovizza andava potenziato anziché depauperato» rincara Livio Poldini, già ordinario di Ecologia vegetale del Dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste. Senza dimenticare che per realizzarlo sono state investite ingenti risorse pubbliche. Dobbiamo patire l’ennesima delusione, con un’altra struttura didattico scientifica triestina che rischia di scomparire per sempre».

(ma. lo.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 28 ottobre 2011

 

 

Il Prg “inciampa” nella Terza circoscrizione - La maggioranza di centrosinistra va sotto a Gretta. No dalla Settima, feudo di centrodestra
 

LE CONSULTAZIONI DI QUARTIERE
Ciò che dicono le circoscrizioni non vincola l’azione di un Municipio, è la legge. Resta però il fatto che più di mezza Trieste - attraverso proprio le circoscrizioni - non è d’accordo con l’anteprima del Piano regolatore di Cosolini. La battuta, implicita, ha il copyright del berlusconiano Francesco Bettio, presidente della Settima di Servola, Valmaura e Borgo San Sergio, l’unico dei sette parlamentini rionali a maggioranza di centrodestra, che ha votato come da pronostici contro le direttive del Prg: un astenuto, sei favorevoli e 11 contrari, tra cui il bandelliano “pentito” e “autosospeso” Salvatore Porro, che si è così distinto dalla linea dell’astensionismo di Un’altra Trieste. Il fatto è che la Settima non è stata l’unica, a dispetto dei colori politici, ad aver espresso parere contrario alle direttive scritte dall’amministrazione comunale di centrosinistra. Dopo il 9-9 (e due astensioni) registrato nella Quinta di Barriera e San Giacomo, è arrivato il clamoroso - questo sì - 9-6 (più quattro astensioni e un’uscita dall’aula) con cui le teste non favorevoli hanno messo in riga quelle favorevoli nella Terza di Barcola, Gretta e Roiano. «Terza più Quinta più Settima superano di gran lunga la metà della popolazione di Trieste», gongola Bettio. E non è l’unico. Il suo collega di partito Michele Babuder, capogruppo del Pdl proprio in Terza, parla infatti di «debacle politica del centrosinistra» determinata, fa eco Sandro Menia da Fli, «dall’uscita dall’aula al momento del voto del consigliere di Sel, dell’astensione dei due consiglieri dell’Idv e di quello dell’Udc, che è vicepresidente del Consiglio circoscrizionale, nonché di un consigliere del Pd in dissenso dal gruppo».. Non c’è stata invece alcuna “insubordinazione” - al pari di quanto era successo nei due parlamentini del Carso - nelle ultime circoscrizioni che mancavano all’appello, la Sesta di San Giovanni e Rozzol e la Quarta di San Vito e Cittavecchia, dove il centrosinistra è rimasto maggioranza, segnando in entrambi i consigli un 10-8 (e un’astensione) per i favorevoli. «Personalmente - così il presidente della Quarta Luca Bressan, del Pd - penso che i momenti di confronto favoriti dalla giunta abbiamo permesso di arrivare ad un voto consapevole che ha mediato tra due esigenze differenti e, per certi versi configgenti. Da un lato la necessità di coinvolgere quante più persone in un passaggio importante che terminerà con l’approvazione del Consiglio comunale delle direttive e delle relative salvaguardie, dall’altro la necessità di rendere effettivo nel minor tempo possibile uno strumento di tutela quale quello delle salvaguardie». «Questa delibera arriva soltanto a quattro mesi di distanza dalla caducazione della variante 118, con indici di edificabilità consentiti che non tutelano l’area di San Vito», lamenta di rimando il capogruppo del Pdl, sempre in Quarta, Alberto Polacco.

(pi.ra.)
 

 

Piano territoriale Fvg entro fine legislatura

 

«Nuove regole e anche un po’ di coraggio» servono oggi per sviluppare una nuova normativa urbanistica e pianificatoria, ha sottolineato ieri a Palmanova l’assessore regionale ai Lavori pubblici Riccardo Riccardi al convegno promosso dall’Istituto nazionale di Urbanistica, e dai costruttori edili del Friuli Venezia Giulia (Arce). L’assessore regionale Riccardi ha inoltre confermato l’obiettivo dell’approvazione del nuovo Piano territoriale del Friuli Venezia Giulia «entro la fine della corrente legislatura».

 

 

Regione e governo sorveglieranno Krsko - MOZIONI IN CONSIGLIO
 

TRIESTE «La Regione si attivi affinché il governo controlli i livelli di sicurezza della centrale nucleare slovena di Krsko. Lo chiedono tre mozioni di Pdl, Udc e Idv. Ma la terza mozione dell’Idv, che sollecitava un impegno per lo smantellamento della centrale non oltre il 2024, è stata respinta. Duro il commento di Alessandro Corazza: «Hanno bocciato una proposta che chiedeva di prendere atto dell’esito del referendum sul nucleare di giugno, bloccando il raddoppio di Krsko e vincolando la giunta a redigere un Piano per l’emergenza nucleare nonché un nuovo Piano energetico regionale. Un comportamento irresponsabile». Ieri il Consiglio ha anche dato il via libera al Rendiconto per l’esercizio finanziario 2010.

(g.s.)
 

 

Isde: «La prevenzione triplica il risparmio per la salute»
 

TRIESTE Secondo i dati della clinica pediatrica udinese l’asma infantile è aumentata del 300% in trent’anni. A Trieste l’ospedale di Cattinara ha registrato negli ultimi due anni un salto da 80 a 300 pazienti costretti a casa con la bombola d’ossigeno a causa di patologie respiratorie. Singoli dati che sono soltanto la punta dell’iceberg. Un problema sociale, politico e ambientale di cui si discuterà nel V congresso regionale dell’Isde Fvg (Medici per l’ambiente), intitolato “Costi sanitari della mancata gestione delle criticità ambientali”. «Il sistema sanitario eroga i suoi servizi assorbendo risorse economiche - dice il chirurgo Mariano Cherubini per spiegare il senso dell’incontro -. La crisi si ripercuote quindi anche sulla sanità, inducendoci a trovare vie per il risparmio. Lo strumento principe è la prevenzione primaria, ovvero quella che interessa la società nel complesso e che punta a ridurre alla radice le cause dell’inquinamento e i suoi effetti carcinogenetici. Con la prevenzione primaria si può triplicare il risparmio nelle spese sanitarie e ridurre l'ospedalizzazione». Al convegno gli esperti dell’università di Graz spiegheranno la loro esperienza nella prevenzione primaria: «In tutta l’area alpina, a Graz come a Bolzano - afferma il dottor Dario Bossi -, si stanno sperimentando vie innovative di controllo e riduzione degli agenti patogeni. Anche noi dovremmo adottare simili sistemi di monitoraggio dei fattori di rischio». In questi casi la prevenzione si estende a tutti gli aspetti della società, dalla pulizia nelle scuole all’alimentazione: «Nella mia esperienza come veterinario di Stato - spiega Livio Dorigo -, ho tastato con mano gli effetti deleteri dell’applicazione del metodo industriale alla produzione alimentare». Il convegno si terrà oggi a partire dalle 14.30 nella sala “Bobi Bazlen” di palazzo Gopcevich a Trieste, alla presenza di relatori nazionali e internazionali.
Giovanni Tomasin

 

 

Stazioni forestali tagliate La Lega scarica Violino
 

Dopo l’A4 nuova bufera sull’assessore: il Pdl lo attacca, nessuno lo difende Ma lui tira dritto: «Ho interpretato il cambiamento che il Carroccio mi chiedeva»
TRIESTE La Lega Nord, il suo partito, non lo difende. Il Pdl lo attacca pesantemente. L’opposizione pure. La giunta nicchia. L’assessore regionale all’Agricoltura è sempre più isolato. Dopo la bufera sulla terza corsia, scoppia un nuovo caso Violino. Stavolta le critiche pubbliche a Tondo sui lavori in A4 non c’entrano affatto. Nel mirino c’è la decisione di chiudere 5 delle 31 Stazioni forestali che si trovano in Friuli Venezia Giulia: Comeglians, Resia, Meduno, Claut e San Dorligo. L’assessore mira inoltre a riorganizzare l’intero settore e, nell’operazione, è previsto il trasferimento di una cinquantina di addetti. A ciò si aggiunge la soppressione del Centro Didattico e Naturalistico di Basovizza. Di “soppressione” si fa riferimento in almeno uno dei due documenti amministrativi che Piero Camber (Pdl) – il più agguerrito di tutti – sventola sul naso di Violino. L’assessore, ieri, in una commissione convocata con urgenza, ripeteva però che lui non intende assolutamente chiudere Basovizza. Ma le carte dicono altro. Una, datata 3 ottobre e firmata dal direttore d’area Luca Bulfone, sollecita l’Arpa a “valutare l’opportunità di prendere in gestione il sito attraverso LaRea, il laboratorio regionale di educazione ambientale”. L’altra, del 17 ottobre, sottoscritta dal direttore del personale Claudio Kovatsch, annuncia che dal 1° novembre saranno trasferiti nelle sedi di Duino e Opicina 6 dipendenti. In quella lettera si parla esplicitamente di “soppressione”. E Camber alza i toni: «Basta con queste menzogne, Violino, smettila di prenderci in giro, devi dire la verità: vuoi chiudere, abbi il coraggio di ammetterlo». Assieme a Camber ci sono quasi tutti i consiglieri triestini, anche di centrosinistra. Ma la questione va ben oltre a Basovizza e riguarda tutte le altre 5 stazioni e il resto delle strutture. Per loro è pronto un intervento di riorganizzazione che tocca spostamenti e incarichi. Alla fine la commissione decide di scrivere al presidente Tondo una lettera bipartisan in cui si chiede di sospendere i provvedimenti e ragionarci sopra. Centrodestra e centrosinistra sono insieme: Violino è politicamente solo. Ha toccato la terza corsia e ora, la maggioranza in particolare, gliela fa pagare cara. Lui si giustifica ricordando che lo studio per riorganizzazione del settore è stata un’esplicita richiesta del governatore. «Ho cominciato ad analizzare la situazione già 15 mesi fa su input di Tondo, non mi si venga a dire che è una mia presa di posizione improvvisa». Ma le foreste, è chiaro a tutti, è solo un pretesto per colpirlo. Il Carroccio stesso si smarca e decide di «non commentare». Ufficialmente non lo difende, quindi. Federico Razzini, in serata, lascia intendere di più: «La riunione ha sviscerato bene la questione e sono emerse da tutti molte perplessità, qualcuno ora dovrebbe trarre le proprie conclusioni». Violino, nei corridoi si sfoga: «Io ho interpretato il cambiamento che il partito mi chiedeva e quando si tocca qualcosa queste sono le conseguenze». In serata la pioggia di reazioni. I Cittadini, con Piero Colussi: «La riforma si sta configurando come una vera e propria cancellazione del Corpo forestale». Il collega Stefano Alunni Barbarossa invoca un ripensamento, Sergio Lupieri (Pd) difende ancora il centro di Basovizza «ucciso da Violino». Enzo Marsilio e Sandro Della Mea (Pd) ritengono che la proposta di riorganizzare il corpo forestale sia «una deriva autarchica». Anche Franco Baritussio del Pdl, prima delle sfuriate di Camber, nella commissione di ieri aveva chiesto all’assessore un passo indietro sulla vicenda. «Picchiate duro», avrebbero detto i leghisti senza troppi complimenti.
Gianpaolo Sarti

 

 

SGONICO - Girandonle, Sardoc finisce nel mirino di FareAmbiente

 

Una vera e propria corsa alla cementificazione. Ma anche una autorizzazione avanzata alla Guardia forestale decisamente poco chiaratale da chiamare in causa il primo cittadino. Tornano sotto l'occhio del ciclone le Girandole, l'area di più recente costruzione nel territorio di Sgonico. Questa volta ad evidenziare la situazione critica della zona è l'associazione FareAmbiente, che attraverso il suo coordinatore regionale, Giorgio Cecco non ha evitato di definire «preoccupante la situazione, soprattutto dal punto di vista ambientale». La denuncia parte dopo aver ricevuto diverse segnalazioni da parte dei residenti. «Anche su sollecitazione di diversi abitanti abbiamo riscontrato una condizione allarmante, con una corsa alla cementificazione: conseguenza anche dell'ultima variante al Piano regolatore e quindi della evidente poca attenzione per la tutela ambientale da parte degli enti preposti», sentenzia Cecco. Gli edifici in essere, all'epoca, erano stati costruiti per integrarsi il più possibile con la tipologia territoriale. Ma ora le cose stanno mutando radicalmente: «Adesso stanno nascendo costruzioni multipiano dal forte impatto ambientale ed assistiamo ad un abbattimento di numerosi alberi ed arbusti. È forte la preoccupazione perché il tutto potrebbe continuare stravolgendo di fatto la tipicità dei luoghi, con conseguenti importanti danni all'ambiente». Ma non basta: «Abbiamo inoltre rilevato, in merito ad alcuni abbattimenti, che da una richiesta fatta al sindaco Sardoc dal consigliere del Pdl Zigante, il sindaco ha risposto che è stata emessa l'autorizzazione da parte della Guardia forestale, cosa, sembra, non vera, dal momento che su richiesta fatta dalla nostra associazione alla Stazione forestale locale, la stessa ha risposto che “non è titolata al rilascio di autorizzazione”, quindi questa non può che essere stata rilasciata eventualmente dalla competente commissione comunale». Un'accusa grave quella mossa al primo cittadino di Sgonico. E Cecco approfondisce la vicenda: «Considerato che l'articolo 8 della variante cita espressamente che “nelle zone residenziali e produttive non agricole l'abbattimento di alberature di alto fusto deve essere autorizzato dal sindaco che potrà prescrivere la sostituzione degli alberi abbattuti … i nuovi edifici dovranno essere ubicati e conformati in modo da conservare le alberature d'alto fusto esistenti”, restano molti dubbi e molte perplessità». Come movimento ambientalista Cecco annuncia che l'associazione continuerà a vigilare e a supportare le istanze dei residenti e di chi vuole tutelare il territorio.

Riccardo Tosques

 

 

 

 

BORA.LA - GIOVEDI', 27 ottobre 2011

 

 

Gruppo d’acquisto di solare fotovoltaico: si parte a Trieste e Gorizia
 

La cooperativa Nativi e il suo sito di news Bora.La promuovono un Gruppo d’Acquisto di energia solare e in particolare di pannelli fotovoltaici. I cittadini interessati sono chiamati a contattare Bora.La e a partecipare a uno dei due eventi pubblici a Trieste e Gorizia – vedi alla fine dell’articolo per i dettagli.
Se molti si chiedono perché qui e perché ora un canale di acquisti di questo tipo, la risposta è che la materia ultimamente è bersaglio di una immeritata disinformazione e merita una maggiore diffusione sul nostro territorio. Il cammino verso l’indipendenza energetica è ancora lungo, il fabbisogno energetico delle nostre industrie dipende ancora all’80% dai combustibili fossili, ma l’attuale disponibilità di tecnologie a costo accessibile ci permette di raggiungere risultati impensabili fino a soltanto cinque anni fa. Quello a cui stiamo assistendo è una vera rivoluzione energetica che inizia “dal basso”, è proprio il consumo energetico la nuova arma che i singoli cittadini hanno per rivalersi ed esercitare il potere che gli spetta di diritto.
E’ il fotovoltaico a dare il via ai nostri Gruppi d’Acquisto, essendo la tecnologia attualmente più incentivata in Italia nonché la più vantaggiosa in rapporto a costi e benefici. In questo momento storico infatti, il fotovoltaico si trova ad avere un costo di realizzazione che è quasi la metà rispetto a tre anni fa, ma con un incentivo che risulta essere ancora alto, che di fatto permette di ripagare per intero l’impianto.
Sperimentata già con successo su Carnia.la, la formula del gruppo di acquisto di Bora.La prevede un incontro pubblico ad ingresso libero, dove viene spiegato il funzionamento dell’impianto, la sua applicazione residenziale, il risparmio in bolletta ed il sistema incentivante, nonché i vantaggi dell’acquistare in gruppo. Il tratto caratteristico quindi è quello di fornire un prodotto ad alta qualità studiato specificatamente per il nostro territorio.
Il gruppo di acquisto prevede anche, per chi ne fa richiesta, la consulenza sul solare termico per la produzione di acqua calda sanitaria, l’integrazione al riscaldamento e le pompe di calore. La coesistenza di più tecnologie permette infatti di aumentare in maniera esponenziale il risparmio e rende sempre più vicina la tanto desiderata indipendenza energetica.
APPUNTAMENTO ALL’EVENTO PUBBLICO
L’evento serve a spiegare l’iniziativa, a discuterla e a raccogliere gli interessati.
- Giovedì 24 novembre a Trieste presso Knulp,
via Madonna del Mare, 7 alle ore 18.00
- Giovedì 1 dicembre a Gorizia, in luogo e ora in via di definizione (tornate qui nei prossimi giorni per aggiornamenti).
CONTATTI
Denis Furlan, organizzatore dell’iniziativa
furlan@bora.la , 338 8503758
Facebook: facebook.com/gruppi.acquisto
 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 27 ottobre 2011

 

 

ALLUVIONI - WWF E ITALIA NOSTRA: “INVECE DI PUNTARE SULLA PREVENZIONE, LA REGIONE RIDUCE LE AREE DI TUTELA DEI FIUMI”
 

Lo prevede una recente delibera della giunta Tondo. Le associazioni: “Così si sopprimono i vincoli scomodi a livello di progettazione di grandi opere. Ma contro il dissesto bisogna restituire ai fiumi le aree naturali di esondazione”.
Dopo la Campania e il Lazio, il maltempo ha flagellato la Liguria: la prossima a finire sotto l’acqua e il fango sarà il Friuli Venezia Giulia? A chiederselo sono Wwf e Italia Nostra che, dopo gli eventi alluvionali che hanno messo in ginocchio tre regioni d’Italia ma che ieri hanno portato all’esondazione di diversi fiumi anche nella nostra regione (in particolare nel pordenonese, a Barcis e ad Aviano), puntano il dito contro la totale assenza di presidio sul territorio in grado prevenire i disastri ambientali del dissesto idrogeologico.
Se la Liguria – come ha denunciato proprio ieri il Wwf Italia - rappresenta un caso esemplare della miopia istituzionale avendo da poco adottato un provvedimento che ha drasticamente ridotto le distanze minime di edificazione vicino ai corsi d’acqua, la Regione Friuli Venezia Giulia - attacca l’associazione - non è da meno.
È stata infatti recentemente approvata dalla giunta regionale una delibera che riduce arbitrariamente le fasce di tutela dei corsi d’acqua, cioè gli spazi entro cui non deve essere posto in atto alcun intervento costruttivo, a tutela sia dei valori paesaggistici che della sicurezza idraulica. Mentre la legge nazionale prevede il vincolo fino a 150 metri dalla sponda per ogni fiume iscritto all’elenco delle acque pubbliche, la delibera regionale formula la possibilità che questa fascia venga ridotta a 20 metri nei casi di fiumi che scorrono nelle aree di campagna urbanizzata o di corsi montani “confinati”, e addirittura eliminata se tali corsi d’acqua si trovano in aree già tutelate.
Una delibera, peraltro, che ha ottenuto anche il via libera della Commissione paesaggio, organo istituito nel febbraio 2010 con la funzione di esprimere pareri o di proporre vincoli di tutela paesaggistica e che in due anni di vita – commentano Wwf e Italia Nostra – “non ha avanzato alcuna proposta e l’unico atto è stato quello di avvallare la soppressione di vincoli evidentemente scomodi a livello di progettazione di grandi opere e di edificazioni”.
“Non solo si consente la cementificazione sempre più a ridosso degli alvei - continuano le associazioni - ma assistiamo alla totale assenza di una visione d’insieme sulla gestione dei fiumi: si continua ad intervenire d’urgenza, in modo localizzato e puntiforme, restringendo le aree di esondazione naturale e canalizzando i fiumi contribuendo così ad aumentare il rischio di alluvioni a valle”.
“Come sta avvenendo in gran parte d’Europa – aggiungono Wwf e Italia Nostra -, dobbiamo assolutamente avviare una politica sui fiumi basata su una vasta e diffusa azione di rinaturazione volta al recupero delle aree di esondazione e alla riduzione della velocità delle acque, evitando di intervenire in modo localizzato, sul tratto di volta in volta danneggiato cercando di arginare l’emergenza”.
“Infine – concludono le associazioni – è necessario, anche alla luce degli ultimi eventi alluvionali, che la Regione ritorni sui suoi passi e mantenga le fasce di tutela previste dalla legge nazionale, a difesa sia della sicurezza delle comunità che dei valori paesaggistici”.
WWF Friuli Venezia Giulia

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 27 ottobre 2011

 

 

«Centrale termoelettrica il no equivale a un sì» - I GRILLINI DENUNCIANO: NOI GLI UNICI COERENTI
 

C’è modo e modo di urlare davanti ai cittadini-elettori, in una sede istituzionale com’è il Consiglio comunale, la propria contrarietà a un progetto industriale. I due grillini Paolo Menis e Stefano Patuanelli hanno optato per quello più scomodo ma, ne sono convinti, al tempo stesso più onesto. I consiglieri del moVimento 5 stelle, infatti, sono stati gli unici a votare in aula contro la delibera che boccia per la seconda volta - ritenendo insufficienti e non convincenti dal punto di vista ambientale le cosiddette “integrazioni volontarie” prodotte dalla proprietà - la centrale termoelettrica che Lucchini Energia intende fare nell’area ex Esso. Essere contrari a un parere a sua volta contrario a un progetto significa tuttavia essere - logica vuole, come peraltro hano sottolineato più o meno pubblicamente le altre forze politiche - favorevoli a quello stesso progetto. I grillini, insomma, dalla parte dei presunti “inquinatori”. Non fosse però che - allarga le braccia Menis, da capogruppo grillino - prima della votazione di quel documento destra e sinistra si siano ritrovate concordi nell’emendare il parere contrario con una postilla che ne «capovolge il senso»: è la postilla rivolta al titolare sia dell’impianto da chiudere sia di quello da aprire che - su iniziativa del dipietrista Paolo Bassi e del cosoliniano Roberto Decarli, successivamente condivisa dal resto dell’aula - integra il protocollo d'intesa originario tra Lucchini ed enti locali, con la condizione che la costruzione della centrale sia subordinata alla dismissione della Ferriera, affinché l’impatto ambientale, anziché lasciare, non raddoppi. «Prima si boccia lo scenario dal punto di vista ambientale - lamenta ancora Menis - e subito dopo lo si riabilita, puntualizzando che potrebbe anche andare bene, a patto che la Ferriera venga fermata. Della serie “no, però...”: è la solita politica dell’accettazione del meno peggio, di cui noi non vogliamo essere complici». «Siamo innanzi - chiude il grillino - a una contraddizione in termini che lascia la porta stra-aperta alla realizzazione di quella centrale. Quel “se chiudete la Ferriera allora potete procedere” equivale a un parere favorevole alla centrale stessa. Ebbene, noi siamo stati i soli a votare contro una simile impostazione, dunque siamo stati i soli a votare contro la centrale termoelettrica. Anzi. Prima del voto avevamo proposto di eliminare ogni possibile contraddizione, stralciando la seconda parte della delibera che parlava appunto della condizione post-Ferriera, ma abbiamo ricevuto un dubbio parere tecnico negativo da parte degli uffici comunali. Non abbiamo capito che cosa ci fosse, di tecnico. Quello, per noi, era un passaggio tutto politico...».

(pi.ra.)
 

 

RUBRICA CONSUMATORI - TARIFFA BIORARIA UTILE SOLTANTO COL FOTOVOLTAICO
 

Con questo intervento si conclude – almeno così speriamo o,per lo meno, fino alle prossime variazioni che verranno apportate dall’Autorità per l’energia – la serie di articoli sulla tariffa elettrica bioraria di cui l’ultimo, datato luglio 2010, cercava di dare risposte a quella che è la domanda ricorrente e cioè se tale tariffa consentirà effettivamente di risparmiare. Dunque entro la fine del 2011 (e siamo ormai agli sgoccioli) la tariffa monoraria (ricordiamo che la bioraria in essere è in regime transitorio) cesserà di esistere. Cosa si propone l’Authority con questa manovra? Innanzitutto far diminuire i costi per il sistema nazionale, procurare un effettivo risparmio ai cittadini perché la differenza di prezzo fra i Kwh consumati tra fascia 1 e fasce 2 e 3 sarà notevole, (e questo sarà tutto da verificare), infine ridurre le emissioni di anidride carbonica. Per cui – in parole povere – la fascia oraria 1 (F1) con orario 8,00/19,00 dei giorni feriali avrà un prezzo più elevato, mentre i risparmi si otterranno usufruendo delle fasce orarie 2 e 3 (F2 e F3) dalle 19 alle 8 dei giorni feriali, sabato e domenica nonché tutti i giorni festivi. Attenzione però: i consumatori dovranno concentrare il 67% dei loro consumi nelle fasce F2 e F3 perché se ciò non avviene, se non si raggiunge cioè il 67% si troveranno con una tariffa maggiorata. Per coloro che si trovano ad operare nella fascia 1, dalle 8 alle 19, se sforano i costi saranno maggiori. Certo è che per trarre vantaggio da questa manovra si devono avere ben presenti le esigenze personali, interrogarsi sulle possibilità di adeguarsi concretamente ai nuovi orari di vita che, torniamo a ripetere, devono trovare diretto e sicuro riscontro negli atti familiari quotidiani che devono e non possono venir alterati dai pochi spiccioli di risparmio che potrebbero derivare dalla tariffa bioraria. E non è che andando ad esplorare il mercato libero, cambiando fornitore, se ne ricavi granché. Si dice, per invogliare il consumatore, che il cambio è facile, gratuito e che si può fare quante volte si vuole. Non è propriamente così. La tariffa bioraria diventa veramente utile quando si dispone di un impianto fotovoltaico che, quando produce, evita il prelievo dalla tariffa F1 e negli altri orari di conseguenza si risparmia senza alterare i ritmi di vita.
LUISA NEMEZ

 

 

La nave ecologica “va” a sole e vento - PROGETTATA A FIUME
 

FIUME Una nave azionata da energie rinnovabili come il vento, il sole e le onde marine. A tanti apparirà come un’utopia, qualcuno obietterà come mai nessuno ci abbia pensato prima, ma intanto un gruppo di ingegneri di Fiume ha elaborato il progetto ideale, ottenendo di recente alti attestati (medaglia d’oro e premi speciali) per l’innovazione e qui citiamo le rassegne specializzate internazionali di Taipei e di Seul. Il team – che si raggruppa attorno al Centro tecnologico e innovativo di Fiume - è composto da cinque quarnerini, guidati dall’ ingegnere meccanico in pensione Ivan Vrsalovic, il quale si occupa di sfruttamento di energie rinnovabili sin dal lontano 1973. Ne fanno ancora parte due ingegneri di cantieristica navale, Nikola Radelja e Miodrag Radic, l’ingegnere meccanico Davor Begonja e il docente alla facoltà di Ingegneria tecnica di Fiume, Bozo Smoljan. In poche parole, questa squadra di esperti ha formulato il progetto su una nave ideale che beneficerebbe di fonti energetiche pulite e gratuite, capaci di trasformarsi in elettricità che poi alimenterebbe gli elettromotori e dunque le eliche dell’unità. Secondo Radelja, che lavora al cantiere navale fiumano Tre Maggio, l’opzione più gettonata potrebbe essere rappresentata da una nave cisterna oppure da una nave per il trasporto di carichi alla rinfusa, mentre per Vrsalovic il progetto calzerebbe a pennello per le navi da crociera, che potrebbero così utilizzare l’energia eolica e quella fotovoltaica. L’impianto eolico con collettori solari, così gli esperti, avrebbe dimensioni notevoli e dunque è allo studio – per questioni di spazio e stabilità - una nave con tre scafi. La base di questa innovazione è costituita da un generatore eolico che in luogo della costruzione classica avrebbe un ugello, in grado di aumentare l’ energia di tre – quattro volte, per una spesa assolutamente inferiore rispetto ai costi attuali. Un prototipo di generatore a vento, associato ai pannelli solari, era stato costruito già anni fa e installato nella Zona industriale di Kukuljanovo, nei pressi di Fiume, ma poi la mancanza di fondi decretò la cessazione delle prove d’impiego conclusive. Ora attendono che uomini d’affari si facciano avanti per concretizzare il pluripremiato progetto della nave capace di solcare i mari grazie al vento e al sole. Da aggiungere che il gruppo ha già redatto il progetto per il cosiddetto generatore eolico ad uso famiglia, per una potenza di 5 kilowatt. Per il suo utilizzo, parole di Miodrag Radic, vi è il concreto interesse di potenziali investitori croati e d’oltreconfine.

(a.m.)
 

 

 

 

BLOG DI BEPPE GRILLO - MERCOLEDI', 26 ottobre 2011

 

 

Corruzione ad altà velocita - Ferdinando Imposimato (vedi il video)

Ciao agli amici di Beppe Grillo, sono Ferdinando Imposimato, ex Senatore che ha fatto parte della Commissione parlamentaria antimafia e fin dal 1992 mi sono occupato dall'alta velocità. Sono nettamente contrario all'alta velocità in Val di Susa, perché ritengo che in quella zona si riprodurrebbe se dovesse essere realizzata, la stessa situazione che io ho riscontrato insieme a diversi altri collaboratori nel centro e nel sud e nel nord dell'Italia, cioè arricchimento, tangenti, distruzione dell'ambiente e vantaggi minimi.

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 26 ottobre 2011

 

 

Prg, negato il “via libera” in Quinta circoscrizione  - IL PARERE NON è VINCOLANTE, MA LASCIA IL SEGNO
 

Il suo peso burocratico è quello di una piuma: i voti di un parlamentino di quartiere non vincolano un’amministrazione comunale. Il suo peso politico, però, è per lo meno quello di un piumone a doppia piazza, perché viene da uno di quei parlamentini “governati” dalla stessa maggioranza di centrosinistra che governa, anche e soprattutto, il Municipio. Desta così rumore il punteggio si è risolta la “conta”, a proposito delle direttive del futuro Piano regolatore di Cosolini, in Quinta circoscrizione: è quella di San Giacomo e Barriera Vecchia, il cui Consiglio è presieduto da Claudia Ponti del Pd, il partito del sindaco. Sindaco che quindi, da questo parlamentino “allineato”, non incassa il nulla osta. Mai come stavolta un pareggio - nove sì e altrettanti no più due astenuti - vale tutt’altro, almeno moralmente: il centrodestra, Pdl in testa, canta vittoria, mentre al centrosinistra, Pd in particolare, tocca leccarsi le ferite. Si bisbiglia, a proposito, che subito dopo il risultato, tra la Ponti e Fabio Omero, si sia consumato un colloquio via cellulare non proprio disteso. Sia chiaro che non c’è stato alcun voltafaccia: i nove del centrosinistra hanno fatto tutti il loro “dovere” politico, al punto che si mormora che uno di loro - il vicepresidente del Consiglio Andrea Dessardo, di questi tempi fuori Trieste per impegni personali - si sia sobbarcato una toccata e fuga da e per Roma per essere presente. Non è bastato. Alle otto consuete teste d’opposizione se n’è aggiunta una nona, che altre volte si era astenuta ma che stavolta ha determinato il pareggio: è quella della finiana Francesca Vivarelli, moglie di Roberto Menia, che ha detto no al Prg di Cosolini, lasciando che ad astenersi, come appunto altre volte, fossero solo i due bandelliani. «L’ho fatto con coerenza - precisa la Vivarelli - dato che avevo anche votato contro l’abolizione della variante 118 (il Prg di Dipiazza, ndr). Se da un lato l’abolizione della stessa 118, e la conseguente applicazione della precedente 66, ha aperto le porte ad un’eccessiva cementificazione della città, dall’atro le direttive del Prg che l’amministrazione Cosolini propone non impediscono, di fatto, che questo non avvenga». «Per noi - spiega da Un’altra Trieste Paolo Silvari - il nuovo Prg è un buon piano, e infatti avevamo votato per l’abolizione del 118. Ci siamo astenuti per via di quelle salvaguardie che prevedono che in caso di demolizione e ricostruzione di una casa si debba rispettare la distanza di cinque metri tra confini, interrompendo la precedente contiguità». «Un contrasto evidente con l’intenzione espressa nelle direttive di promuovere il recupero del tessuto urbano esistente», aggiunge Francesco Battaglia dal Pdl. Il cui capogruppo, Roberto Dubs, oltre a ritenersi «soddisfatto dal chiarimento sul fatto che il Piano casa regionale bypassa ogni strumento urbanistico salvaguardie comprese», non nasconde di essere soddisfatto, politicamente, anche per il 9-9: «È un’ennesima batosta, per il centrosinistra, nella nostra circoscrizione. E stavolta arriva su un provvedimento-chiave, che non è stato approvato. Il parere, insomma, non è favorevole». «Più che un parere non favorevole al Comune non arriverà tecnicamente alcun parere, sarà come se la nostra circoscrizione non si fosse espressa, abbiamo verificato con i funzionari, checché ne dica il Pdl», replica la Ponti. Che la chiude con una battuta: «Se è andata così, evidentemente, non ho voluto promuovere alcuna campagna acquisti».

Piero Rauber

 

PRG - LA POSTILLA - In Carso dicono sì «ma basta mostri»
 

La Seconda circoscrizione Altopiano Est non ha tradito le attese della giunta, esprimendo parere favorevole. Ma ha allegato, nel contempo, come ha voluto sottolineare il presidente Marco Milkovic, anche lui del Pd, un’osservazione: «Si chiede una salvaguardia per le zone omogenee B0B (borghi originari, ndr) riducendo del 50% l’indice di fabbricabilità da 2,50 mc/mq a 1,25 (come previsto nel Prg di Dipiazza, ndr) a Banne, Gropada e Padriciano», dove mancandopiani particolareggiati d’iniziativa pubblica sono nate «tipologie non presenti storicamente quali villette a schiera e condiomini». «Veri mostri all’interno del paese», insomma.

(pi.ra.)
 

 

Ponte sul canale un altro sì: più vicino il via al cantiere
 

Rigettata dal Consiglio di Stato la sospensiva del consorzio escluso dalla gara d’appalto, ok il parere legale sull’iter
Un altro passo avanti - non ancora l’ultimo - verso la realizzazione del nuovo ponte sul canale. Il Consiglio di Stato ha rigettato la richiesta di sospensiva con cui il consorzio veneto rimasto escluso dalla gara d’appalto per la realizzazione della passerella in Ponterosso (vinta da un raggruppamento veneto-friulano) aveva tentato di rientrare in gioco, dopo essersi visto l’estate scorsa bocciare il ricorso presentato al Tar. A comunicarlo è stato lo stesso sindaco Roberto Cosolini, che ha fatto il punto della situazione l’altra sera in Consiglio comunale. E non lo ha fatto citando soltanto la sospensiva rigettata. Cosolini ha anche dato conto del parere legale che lo stesso Comune ha voluto acquisire «sulla questione dei rapporti con la Soprintendenza - spiega l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani - e della correttezza dell’intero procedimento fin qui adottato dall’amministrazione». «Tutto totalmente legittimo», sintetizza Cosolini. Il parere in questione riguardava in primo luogo il “giallo” dell’iter autorizzativo da parte della Soprintendenza, gonfiatosi nel tempo al punto da indurre il Comune a “blindarsi” con un parere che lo mettesse al riparo da sorprese. La storia: al nulla osta «per cinque anni rinnovabili» concesso dall’allora direttore regionale ai Beni culturali Roberto Di Paola, l’ex sindaco Dipiazza aveva opposto il rifiuto a spendere 750mila euro di soldi pubblici per un’opera a tempo. Di qui il nuovo sì - stavolta incondizionato - di Di Paola, al quale però in tempi recentissimi è seguita la presa di posizione del soprintendente Luca Rinaldi che ha segnalato come l’autorizzazione in questione non fosse arrivata dal suo ufficio, pur competente in materia. Dall’ingarbugliata vicenda l’esigenza del parere legale redatto positivamente, come detto, per il Comune. È l’altro fronte, dunque, quello sul quale ora il Municipio attende l’ultimo pronunciamento prima di dare il via effettivo ai lavori. «Aspettiamo informazioni sul giudizio di merito» che dai giudici di Roma arriverà, aggiunge Marchigiani, e che salvo sorprese dovrebbe confermare la linea fin qui tenuta dal Tribunale amministrativo sull’inammissibilità del ricorso proposto dal consorzio escluso per non avere presentato un’autocertifiazione richiesta dal Codice degli appalti in materia di contributi previdenziali per gli operai. Solo quando anche quest’ultimo tassello andrà a posto «porteremo la materia in giunta per prendere una decisione definitiva sul come procedere», dice Marchigiani. Anche se «è ovvio che c’è una predisposizione a pronunciare il sì definitivo», ribadisce l’assessore. Un sì che darebbe il via «forse già a dicembre» al cantiere della durata prevista di cento giorni. Del resto già Cosolini tempo fa aveva fatto presente di non essere d’accordo con la passerella sul Canale, ma di avere trovato un procedimento in materia già pienamente avviato. E poi, ribadisce ora, «tutti devono essere consapevoli che eventuali modifiche decisionali avrebbero come conseguenza un contenzioso con l’impresa che ha vinto la gara d’appalto; e in secondo luogo la perdita dei finanziamenti (ai 750mila euro del Comune si aggiunge mezzo milione dallo Stato) che il ministero dell’Ambiente ha accantonato sì, ma come vincolati». Con buona pace del Comitato sorto di recente che, dopo avere raccolto le firme utili a presentare una petizione da discutere in Comune, vorrebbe appunto vedere destinati quei soldi pubblici ad altre realizzazioni in materia di mobilità sostenibile. E con grande soddisfazione di Un’altra Trieste, che con Franco Bandelli e Alessia Rosolen, commentando le dichiarazioni fatte dal sindaco in aula, rimarca come sia ora improponibile «ogni possibile scusa per rimandare ancora l’inizio dei lavori».

(p.b.)
 

 

Confindustria bacchetta la giunta - Calligaris promuove il taglio dell’Irap ma avverte: «Si decida sul rigassificatore»
 

TRIESTE «Il taglio dell’Irap è un ottimo passo in avanti, ma siamo preoccupati perché i contrasti politici in seno alla Regione impediscono di prendere decisioni importanti sul tema dell’energia. Siamo inoltre perplessi per la presa di posizione di alcuni esponenti della giunta sulla terza corsia». A “bacchettare” l’esecutivo Tondo è il presidente di Confindustria Fvg, Alessandro Calligaris, che esprime apprezzamento per la decisione del governo regionale di ridurre i costi della politica e sostenere i progetti legati alla portualità e alla realizzazione del Corridoio Adriatico-baltico, nonché sullo sforzo compiuto per ridurre l’Irap di un punto percentuale: «Si tratta di un risultato importante che contribuirà a rafforzare il sistema industriale». Però Calligaris caldeggia «una riapertura del dialogo sul rigassificatore e una presa di coscienza sulla necessità di puntare sull’elettrodotto e di procedere con le bonifiche dei siti inquinati». Il presidente di Confindustria poi aggiunge: «Leggiamo con preoccupazione le affermazioni di alcuni rappresentanti politici in merito alla terza corsia, un progetto la cui realizzazione è caldeggiata da anni per risolvere il problema del trasposto merci. L’ipotesi di sospensione che grava sul progetto rappresenta un grave rischio per lo sviluppo futuro della nostra regione».
 

 

«Servola, riconvertire con nuovi altiforni»
 

Trasformare gli altiforni della Ferriera in forni fusori elettrici e proseguire in questo modo la produzione, riducendo però di molto l'inquinamento atmosferico. «Una soluzione che consentirebbe di garantire la continuità dell'attività, a beneficio dei lavoratori dello stabilimento, e contemporaneamente la tutela dell'ambiente». È questa la proposta dell'Ugl per Servola. A illustrarla ieri sono stati alcuni rappresentanti della sigla sindacale: il segretario regionale Matteo Cernigoi, il quale ha subito puntualizzato che «anche l'Ugl ha sottoscritto, nello scorso giugno, l'accordo interconfederale con la Confindustria»; quello provinciale, Vladimiro Simonovic; e i delegati locali per la sigla per il settore metalmeccanico, Marco Stolfa e Roberto Cecchini. «Si deve uscire dal ciclo del carbone - ha precisato Stolfa - ricordando al contempo che i fondali davanti a Servola sono alti e le banchine sufficientemente lunghe per assicurare una buona movimentazione dei materiali. L’obiettivo sarebbe quello di diversificare la produzione - ha aggiunto Stolfa - individuando tre linee. Quella della ghisa, per continuare la fornitura di materiale alla Sertubi, alimentando una fonderia per la preparazione di parti e bancate a uso della Wärtsilä. Quella del ferro potrebbe poi utilizzare il materiale fuso per l'alimentazione di un laminatoio per la Fincantieri. Infine la linea dell'acciaio armonico per la Redaelli, che produce appunto nel suo stabilimento cittadino funi d'acciaio». Cernigoi, riprendendo il ragionamento complessivo, ha criticato ancora le istituzioni «che a oggi non sono state capaci di predisporre un progetto strategico per la riconversione dello stabilimento». Secondo Simonovic «questa città non si può permettere di perdere mille lavoratori e di mettere in difficoltà le mille famiglie che dipendono da loro». Cecchini infine ha voluto ribadire che «i lavoratori della Ferriera sono anche cittadini, alcuni dei quali, come me per esempio, vivono a Servola: il problema dell'inquinamento perciò lo conosciamo perfettamente e ne soffriamo alla pari di tutti gli altri residenti. I lavoratori della Ferriera - ha poi puntualizzato Cecchini - sono competenti e consapevoli della gravità della situazione. Siamo certamente contro l'inquinamento, ma per lo stabilimento vogliamo un piano industriale preciso. Chiudere la Ferriera e lasciarla così com'è costituisce un grande pericolo per l'ambiente. Non bisogna dire “chiudiamo e poi vediamo”, ma garantire la continuità della produzione. Siamo molto preoccupati, perché il 2012 è vicinissimo. L'era del buonismo dei lavoratori è finita - ha concluso Cecchini - siamo contro la chiusura e favorevoli alla riconversione».

Ugo Salvini
 

 

Scontro Sertubi-Authority su una strada da realizzare
 

Il gruppo indiano della Jindal Saw ha risposto picche a una lettera di Monassi che vuole un nuovo collegamento tra Scalo Legnami e Molo Settimo
L’attività della Sertubi, dove il colosso indiano Jindal si è insediato da qualche mese ed ha in programma a breve investimenti per 5-6 milioni, rischia di essere messa in serio pericolo. Il tutto per una strada, che dovrebbe collegare lo Scalo legnami con il Molo Settimo, attraversando l’area dello stabilimento. La questione si è aperta una ventina di giorni fa con una lettera che l’Autorità portuale ha inviato a Leonardo Montesi, amministratore delegato di Jindal Saw Italia (società che ha preso in affitto Sertubi per cinque anni), comunicando la decisione di realizzare questo collegamento, legato secondo la stessa Authority alla futura piattaforma logistica e dovuto a ragioni di pubblica utilità. «Certo che questa strada ha un impatto sulla nostra attività, è anche al grado massimo», ha rimarcato Montesi in un incontro, qualche giorno fa, con il segretario generale dell’Authorithy Walter Sinigaglia e alcuni tecnici. Sull’area della Sertubi, interamente di proprietà dell’azienda, c’è una servitù di passaggio a favore di Cartubi e Fincantieri, ma si tratta di transiti occasionali ed è regolamentata in orari che non interferiscono con l’attività produttiva. Visto che la posizione dell’Authority non offriva grandi aperture, l’ad di Jindal Saw Italia ha tagliato corto: «Se volete insistere su questa soluzione - ha detto al segretario generale dell’Ap - da parte nostra non avrete alcuna collaborazione. Possiamo discutere se trovate una soluzione meno impattante sulla nostra attività». Adesso la vicenda è un mano ai legali di Jindal Saw Italia. «Attendiamo che l’Autorità portuale - spiega Montesi - ci dica cosa vuole fare. E’ inutile che giriamo attorno al palo. Noi svolgiamo un’attività industriale: se viene messa a repentaglio, qualcuno deve prendersi la responsabilità». Ma a quali conseguenze potrebbe portare la costruzione di questo collegamento? «Se mi mettono la strada dentro lo stabilimento - sottolinea Montesi - il rischio è di dover chiudere, senza contare i riflessi negativi che ciò avrebbe sull’attività della Ferriera, ci cui siamo il maggiore cliente visto che acquistiamo circa il 60% della ghisa prodotta». Ma non è finita. In una successiva lettera la stessa Autorità portuale ha comunicato a Jindal Saw Italia che il “carro siluro”, con il quale la ghisa liquida viene trasferita dalla Ferriera allo stabilimento, non è a norma, e ciò potrebbe portare alla sospensione del trasporto. «A parte il fatto che il carro è proprietà della Ferriera e il trasporto è operato da privati - osserva l’amministratore delegato - ciò significherebbe fermare il nostro stabilimento. Quello dell’Autorità portuale non mi sembra un atteggiamento costruttivo. Noi abbiamo investito in quest’area - ricorda - e lo faremo anche in futuro, ma se ciò non va bene a qualcuno ce ne andiamo».
Giuseppe Palladini

 

 

I SINDACATI - Pepe (Rsu-Fim): decisione assurda
 

Il problema apertosi con la lettera dell’Autorità portuale preoccupa non poco le organizzazioni sindacali, che nei giorni scorsi sono state informate della questione. Lo stabilimento della Sertubi, ora in affitto a Jindal Saw Italia, dà infatti lavoro a 220 persone, senza contare l’indotto, ed è in fase di rilancio. «Non capisco perchè a Trieste - commenta Michele Pepe, Rsu della Fim - si cerca sempre di creare problemi dove non ci sono, sembra quasi un piano preordinato. E’ assurdo fare una strada - rileva Pepe - dopo che alla Sertubi si è insediato un grosso gruppo straniero, al termine di trattative proseguite per un anno e mezzo. Se questa azienda non potrà lavorare - fa presente - se ne andrà, può rescindere il contratto in qualsiasi momento, e poi ci saranno 220 persone senza lavoro».
 

 

Centro naturalistico, Camber e Furlanic alleati - BASOVIZZA - Richiesta bipartisan della politica triestina al governatore Tondo per evitare la chiusura
 

Un anti-comunista e un rifondarolo. Uno di fianco all’altro per scrivere, di concerto, un documento politico. La scena di ieri mattina - con protagonisti Piero Camber e Iztok Furlanic in veste il primo di presidente della commissione Cultura del Consiglio regionale il secondo di presidente del Consiglio comunale - ben sintetizza l’atmosfera bipartisan che si respirava a Basovizza al Centro didattico e naturalistico su cui rombano venti di chiusura. Qui, infatti, si sono dati appuntamento - oltre che sindacalisti e guardie forestali, i primi diretti interessati - capigruppo comunali e provinciali, consiglieri circoscrizionali, sindaci del Carso e consiglieri regionali, di destra e di sinistra, per una riunione politica informale senza precedenti. Da cui è uscito, ad ogni modo, un segnale - questo sì - formale, il documento di cui si diceva: una petizione sottoscritta da tutti i presenti, e già consegnata a mano ieri dallo stesso Camber al governatore Renzo Tondo, il quale viene invitato «a voler valutare immediatamente il ritiro delle lettere di trasferimento del personale attualmente in servizio al Centro didattico naturalistico, personale che dovrebbe transitare ad altre stazioni già con decorrenza primo novembre». E poi ecco una «ferma contrarietà» - che sia chiarissimo - a ogni scenario di «chiusura», o «soppressione», o «passaggio ad altri enti» (l’Arpa, «cui potrebbe passare la gestione») del Centro di Basovizza. Appena smorzati i toni del caso Terza corsia, insomma, a Tondo viene chiesto - in modo perentorio, da tutta la classe politica giuliana - di richiamare un’altra volta all’ordine il suo assessore friulano Claudio Violino. Ammette Furlanic: «Si spera che questa comunione d’intenti politica e istituzionale messa in atto porti a qualcosa, che l’assessore Violino faccia un passo indietro. Ora la questione è nelle mani di Tondo». E poiché le cose, quando si fanno, si devono far bene, ecco che a far pressione sul presidente della Regione si mette anche il collega di Camber in piazza Oberdan Edoardo Sasco, dell’Udc. Il quale annuncia di aver presentato un’«interrogazione urgente che troverà risposta domattina (oggi, ndr)», in cui si insiste sull’utilità di dare «continuità al Centro didattico e naturalistico in questione, a vantaggio delle scolaresche e degli studiosi, ma anche per la specializzazione del Corpo forestale fegionale, che di questa struttura e di come fin qui è stata gestita può trarre motivo di fierezza e di compiacimento».

(pi.ra.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 25 ottobre 2011

 

 

Allo studio il tracciato Tav parallelo alla linea ferroviaria
 

VENEZIA Incontro, nella sede di Veneto Strade, per iniziativa di Bortolo Mainardi, commissario straordinario per l’asse ferroviario Venezia-Trieste, per valutare come procedere rispetto all’esigenza di una progettazione preliminare che consenta di proseguire verso la realizzazione della nuova linea ad Alta Capacità. Dalla riunione - informa una nota - è emerso che Rete Ferroviaria Italiana e Italfer provvederanno nei tempi più brevi possibile (3 - 4 mesi) alla elaborazione di uno studio di fattibilità avanzato di un tracciato di Alta Capacità Ferroviaria in affiancamento all’attuale linea, confermando in ogni caso la stazione a servizio dell’aeroporto di Tessera, terzo scalo aereo italiano e intercontinentale. Su iniziativa dell’assessore alle politiche della mobilità del Veneto Renato Chisso, nella predisposizione dello studio sarà considerata la realizzazione dell’attraversamento in galleria di tutti i centri abitati interessati. «Dal momento che abbiamo perso almeno un anno forse si è capito che è arrivato il momento di non perdere più nemmeno un giorno», commenta la segretaria Pd del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani.
 

 

“Numero verde” per la raccolta differenziata
 

Laureni: in arrivo alle famiglie dépliant con le norme da seguire. Tappa in città per il tour del Conai
Buttare i giornali vecchi negli appositi raccoglitori per la carta lasciandoli però avvolti in una borsa di plastica, significa vanificare buona parte del beneficio della raccolta differenziata. E la stessa conseguenza la provocano un fazzoletto di carta sporco o un semplice scontrino, in quanto peggiorano la qualità della raccolta differenziata. Utilizzare i contenitori del vetro anche per le ceramiche e i piatti rotti, poi, equivale a un notevole spreco. Sono questi i banali ma frequenti errori che si fanno, per fretta, disattenzione, scarso interesse e che invece sono da correggere, nell’interesse di tutti. Il rispetto delle norme sulla raccolta differenziata comporta un importante risparmio per l’intera collettività, perché le aziende deputate al servizio, a Trieste l’Acegas-Aps, e di conseguenza il Comune che ne è azionista, se ottengono la certificazione di qualità da parte del Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi (Conai), ricevono corrispettivi che vanno ad abbattere i costi della raccolta stessa. È questo il messaggio che ha portato ieri i rappresentanti del Consorzio a fare tappa in città nell’ambito di “Raccolta 10 più”, un tour che tocca 20 capoluoghi di regione, 90 di provincia e numerosi Comuni minori. Al gazebo alzato in piazza della Borsa si sono spontaneamente avvicinati molti cittadini. A tutti sono stati consegnati gli opuscoli che contengono il decalogo con le regole da rispettare. «Nel 2010 – ha confermato Chiara Morbidini, del Conai – sul territorio di Trieste sono stati conferiti al sistema consortile 7.735 tonnellate di rifiuti di imballaggio, cioè acciaio, alluminio, carta, legno, plastica vetro. Una media di quasi 35 chili a persona. Risultato che ha permesso all’Acegas Aps di ricevere corrispettivi pari a 477.600 euro». «Cifra - ha precisato Roberto Lisjak dell’Acegas Aps – che arriva a noi sotto forma di abbattimento dei costi di raccolta». «Ma ci sono notevoli margini di miglioramento – ha concluso Morbidini – che potrebbero far lievitare la somma». All’appuntamento ha partecipato anche l’assessore comunale per l’Ambiente Umberto Laureni. «A breve – ha annunciato – le famiglie della città riceveranno un pieghevole nel quale illustreremo le norme per poter eseguire un’attenta raccolta differenziata. Su di esso sarà indicato anche un numero verde al quale tutti potranno rivolgersi per contribuire a centrare l’obiettivo che ci siamo prefissi come giunta, che è quello della cultura partecipata del riciclo. Vogliamo alzare le percentuali della differenziata – ha concluso Laureni – per assicurare un ambiente e una qualità della vita sempre migliori.

Ugo Salvini
 

 

I giovani e le energie rinnovabili - CONVEGNO ALL’UNIVERSITA'
 

Convegno sulle energie aula 3B terzo piano edificio H3 Info: pes.units@gmail.com tel. 349-4081312
Oggi,all’Università, il gruppo studentesco Pes (Parlamento europeo degli Studenti), promuove un dibattito su “Energie rinnovabili, alternative, pulite. Che cosa ne sai?” per fornire informazioni valide e corrette agli universitari, qualsiasi facoltà frequentino. Sono state raccolte video-interviste in cui i ragazzi hanno illustrato i loro dubbi, le loro conoscenze e le loro domande in materia. Ne è risultata una situazione piuttosto critica. Ingegneri compresi, le idee sul tema sono vaghe, non si capiscono i problemi e le difficoltà che ci si trova ad affrontare, così come i vantaggi delle energie rinnovabili. Il titolo del convegno trae origine proprio da questa situazione, poichè il gruppo organizzatore si è reso conto della grande confusione causata dai mezzi di informazione su questi temi (foto di impianti a oli vegetali per produrre energia e calore a Pomigliano D’Arco).
 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 24 ottobre 2011

 

 

Trieste nella top ten per qualità dell’aria e trasporto pubblico - ECOSISTEMA URBANO» LA CLASSIFICA 2011
 

Bene anche la vastità di zone pedonali, ma Legambiente annota: troppe auto e moto. Differenziata da “matita rossa”
I dottori di Legambiente hanno fatto l’annuale “screening” alle città italiane per misurare quanto l’ambiente e i servizi relativi siano sani ed ecologici, e quanto a misura umana oppure velenosamente tecnica. Tra le città con oltre 200 mila abitanti Trieste si piazza nella parte alta della classifica, sesto posto su 15. Mette la medaglia (terzo posto in Italia) per scarsità di polveri sottili. Pochissime. È pancia a terra invece per servizi di «bici-stazione», «bike-sharing», «cicloparcheggi». Del resto si sa che la bicicletta a Trieste è usata da poco tempo e da rari amatori (troppe salite: eppure Genova, con la stessa orografia, ci precede di 5 posizioni). Siamo poi al quarto posto in Italia su 15 capoluoghi per disponibilità di mezzi pubblici, altrettanto per numero di passeggeri. Dunque molto bene. Questo non ci salva però dal traffico, e dal numero di auto. Siamo al quarto posto per vetture ogni 100 abitanti: sono ben 53. Una persona su due, poppanti inclusi, sta dunque al volante. Voto bassissimo anche per l’alto numero di motocicli, del resto sono a tutti ben visibili: 20 oltre 100 abitanti, contro Venezia che facilmente si ferma a 7 e Torino che a sorpresa ne ha solo 8. Peggio di noi solo Catania e Genova. Abbiamo poi il “mobility manager” in Comune, e dunque per un certo parametro amministrativo siamo in regola, ma ci mancano totalmente sistemi di “car sharing”, bus a chiamata e altri sistemi di abbattimento delle quattro ruote, il che ci precipita al terzultimo posto della classifica italiana prima solo di Bari e di Messina. E non è che un assaggio della radiografia. L’indagine sull’«Ecosistema urbano» di Legambiente usa dati ufficiali forniti dalle amministrazioni e relativi al 2010. Il 6.o posto assoluto di Trieste è preceduto nell’ordine da Venezia, Bologna, Genova, Verona e Padova. Il Nord Est in generale stravince la partita, Roma si piazza al 10.o posto, Napoli al 12.o, Catania all’ultimo. Tra le 44 città di media grandezza anche Udine non sfigura, è infatti alla casella numero 9. Naturalmente alcuni nostri punti deboli sono noti. Matita rossa per la raccolta differenziata (11.o posto) e solo terzultimi per zone a traffico limitato: una piccolezza di 0,09 metri quadrati per abitante contro gli 11,53 di Firenze che è la migliore. Risaliamo a un onorevole quarto posto per zone pedonali, invece, proprio in questi anni ampliate via via: 0,49 metri quadrati per cittadino. Tolta Venezia che fa storia a sè (4,87 metri), la migliore è di nuovo Firenze che supera di poco il metro quadrato. Secondo Lino Santoro, presidente di Legambiente a Trieste, «in primo luogo c’è qualcosa che non va sui dati dell’aria, perché quando il tempo è brumoso spesso qualche centralina dell’Arpa non funziona... In secondo luogo la nostra aria, piena come si vede di biossido di azoto, è rovinata soprattutto dai motori diesel, e cioè da tutti i triestini che adorano girare con gli enormi, inutili Suv. Da questa classifica mi pare che siamo in una zona media, ed eravamo invece messi meglio. Mentre noi restavamo fermi, gli altri sono andati più avanti».
Gabriella Ziani

 

 

Sprechi? No grazie. Bassa la quantità dei rifiuti prodotti
 

Non siamo spreconi per le cose. Fra tutti i centri italiani con oltre 200 mila abitanti, Trieste è il migliore per quantità di rifiuti urbani pro capite, siamo la città che ne produce meno: 498,8 chilogrammi a testa all’anno. Ma come cambiano invece le cose, se guardiamo al servizio pubblico, e a uno speciale come l’acqua. È qui che finiamo proprio ultimi. La nostre rete idrica perde per strada il 55% dell’erogazione. Oltre la metà. Va bene che magari prima o poi torna in mare, ma nel frattempo? Come si può sprecare un bene così raro? Quanto mette in conto l’Acegas tutto quello che viene pur captato e “trattato”, ma non raggiungerà mai i contatori per essere fatturato? «Senza dire poi - aggiunge Lino Santoro, presidente di Legambiente Trieste - che l’acqua “spanta” dalle tubazioni vecchie finisce nel terreno, un terreno già friabile di natura, e potrebbe intaccare perfino le fondamenta delle case. Esiste uno strumento con cui già 20 anni fa i tecnici Acegas mononitoravano le perdite, ma adesso secondo questa indagine siamo addirittura peggiorati. Dal 45% al 55% di acqua sprecata».
 

 

Restano scarse le aree a verde - ALBERI E GIARDINI - Solo 442 metri quadri per ettaro, a Roma e Milano oltre i 3600
 

Siamo poveri di verde. Benché tutti sappiamo come al posto del verde poi a un certo punto qui ci sia il mare che non fa parametro. Abbiamo 442 metri quadri per ettaro. Roma (1.o posto) e Milano (2.o) sono oltre i 3600, tanto per fare un paragone. Torino, Palermo, Firenze, Catania, Bologna, Genova e Napoli oltre i 1000 metri quadrati. Per alberi e giardini presenti in area urbana va meglio solo un po’: siamo alla 10.a casella, con la metà dei giardini e del verde pubblico di cui dispone Venezia. Che straccia tutti. Forse perché si bagnano meno piante (ma è un’ipotesi fantasiosa) siamo invece abbastanza attenti nel consumo dell’acqua in ambito domestico. Su 15 città, l’8.o posto, con quasi 169 litri pro-capite, chi consuma di più è Roma con 234. Tra le città medie, Udine «beve» alla grande: 198 litri per persona al giorno, il che la porta al 38.o posto su 44 centri presi in considerazione. Posizione medio-alta a Trieste (nonostante siano appena in corso i lavori al depuratore di Servola) anche per la capacità di depurare le acque: il 93%, contro il lodevole 100% raggiunto a Milano e a Torino.
 

 

Energia alternativa, niente allori - FONTI RINNOVABILI - Teleriscaldamento a zero, a Brescia 201 metri cubi per abitante
 

Il sindaco Cosolini ha appena promesso nuove politiche per diversificazione energetica, incentivazione all’uso di fonti meno inquinanti, impianti di energia rinnovabile sugli immobili comunali, e da fare ce n’è se i dati 2010 di Legambiente non ci regalano qui allori di sorta . Consumo di energia, fotovoltaico, pannelli solari, teleriscaldamento, politiche energetiche: tutto al grado minimo o assente. Abbiamo zero produzione di teleriscaldamento, mentre Brescia vanta 201 metri cubi per abitante. Ma siamo in buona compagnia, solo 7 città italiane con più di 200 mila abitanti hanno queste installazioni. Per il fotovoltaico siamo al 10.o posto su 15 capoluoghi, per i pannelli solari all11.o e scendiamo al 12. o per le politiche di risparmio energetico complessive, arrivando a un indice di 14, con grande scarto dal capoluogo di testa che è Bari (indice 86). Invece nel consumo elettrico per uso domestico siamo a metà classifica, 6.o posto: 1188 kilowattora per abitante all’anno, ma le differenze reali qui non sono macroscopiche. Scendono sotto i 1000 Kw solo alcune città di minor dimensione, come Matera, Potenza, Isernia, Trento, Foggia. Giustifica Lino Santoro, presidente di Legambiente a Trieste: «Nelle città settentrionali c’è meno energia solare, ma gli incentivi fiscali del 55% hanno fatto molto aumentare le ristrutturazioni per la protezione energetica degli immobili e per la sostituzione delle caldaie». Infine Trieste è nella terna di testa per numero di imprese con certificazione ambientale. Ma Santoro è scettico: «Anche la Ferriera è certificata... Per avere un certificato veramente probante bisogna servirsi di agenzie molto costose, e non lo fa nessuno».

(g. z.)
 

 

Laureni: perdite d’acqua dalle condutture problema serio - IL COMMENTO
 

Le classifiche servono da specchio e l’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, proprio là si guarda. Non tanto perché (nominato da pochi mesi) possa sentirsi responsabile o meritevole dei risultati “ecologici” di Trieste, ma perché nelle segnalazioni di Legambiente sta scritta buona parte del suo futuro lavoro. «Guardo soprattutto le cose che vanno peggio, in questa classifica - dice infatti l’assessore -, e la prima è che abbiamo enormi perdite di acqua nelle condutture. È il primo dato sui cui dovremo riflettere». Secondo punto: l’aria sufficientemente libera da polveri sottili? «La media - per Laureni - non fa vedere i dati estremi, quelli della zona industriale». E cioé della Ferriera. Invece parla molto chiaro, agli occhi dell’ingegnere-amministratore, il dato alto del biossido di azoto: «Questo certamente deriva dagli scarichi delle automobili e anche dal riscaldamento domestico: dunque è del traffico che questa giunta si dovrà occupare, il dato risulta sempre costante». In parallelo, Laureni nota quanto sia critica la situazione a Trieste per la cosiddetta «mobilità sostenibile», e cioé non inquinante. Tema caldo, la raccolta differenziata. È già chiaro che puntare sulle sanzioni per i disobbedienti non sarà la più vincente delle politiche persuasive. Solo il caso, Laureni lo ammette, può far «beccare» il cittadino che sbaglia cassonetto. Invece a novembre partirà una campagna informativa con dépliant inviati a casa e con un numero verde al quale tutti potremo telefonare quando avremo il dubbio su dove buttare che cosa. Piace invece il primato triestino del minor numero di rifiuti pro-capite, che però non si sa esattamente a che cosa attribuire: si è coscienziosi nell’eliminare gli imballaggi, o si conserva tanta roba in casa, si ricicla l’abito vecchio e si scalda la minestra del giorno prima? Intanto, c’è il risultato.

(g. z.)
 

 

Prg, circoscrizioni al voto È polemica sull’«urgenza»

 

Niente iter veloce, 20 giorni a disposizione invece di 10 per i pareri sulle direttive Ma Ferrara: «Carte nascoste all’opposizione». Il sindaco: «Le avevano già prima»
Il Piano regolatore di Dipiazza aveva avuto il difetto, poi letale, d’esser stato secretato? Neanche quello di Cosolini è senza macchia, e proprio in termini di trasparenza: così rombano dalle opposizioni, da dove si parla letteralmente di «fallito blitz», tentato dal sindaco e dalla sua giunta, di sorprendere i consiglieri circoscrizionali, le cosiddette “antenne” dei rioni, concedendo loro tempi strettissimi per restituire all’amministrazione comunale i rispettivi pareri, ancorché non vincolanti, proprio sulle direttive del futuro Prg, direttive recentemente approvate dalla stessa giunta guidata da Roberto Cosolini. Una rapida occhiata e non di più, insomma, perché dai rioni non monti una qualche protesta prima che il provvedimento venga votato dal Consiglio comunale, che poi è l’atto che rende le nuove direttive pienamente vincolanti: è quanto sostiene, in particolare, Maurizio Ferrara da capogruppo della Lega, il più agguerrito sull’argomento. «Durante i mandati di Dipiazza - spiega - vigeva una regola non scritta in base alla quale la giunta, prima di inviare una delibera alle circoscrizioni, la consegnava ai capigruppo di minoranza affinché i vertici dei vari partiti potessero discutere della materia, e preventivamente, con i propri consiglieri circoscrizionali. Stavolta invece le direttive del Prg sono finite nelle circoscrizioni senza tale passaggio, e per di più con il rango dell’urgenza, cioè con la richiesta di un parere entro dieci giorni e non i soliti venti. Appare evidente la volontà di nascondere qualcosa, campo nomadi, rigassificatore, chissà, all’interno di un provvedimento, peraltro, assai generico». I fastidi urlati, come quello della Lega, ma anche altri più garbati, comunicati al sindaco da dentro la stessa maggioranza, hanno fatto sì, nei giorni scorsi, che la giunta decidesse di levare l’urgenza alla delibera. Senza tale “ripensamento”, i termini per la produzione dei pareri delle circoscrizioni sarebbero scaduti già oggi. Ora, invece, sulla carta, c’è una settimana e mezza in più, per guardare le direttive, capirle e votarle, al di là degli ordini di scuderia. Occhio, però, mette le mani avanti Cosolini, a scambiare ciò che è successo con una vittoria padana: «È ridicolo», attacca il primo cittadino. Che puntualizza: «La richiesta di tornare ai venti giorni mi è stata fatta da alcune circoscrizioni, peraltro a maggioranza di centrosinistra, e in particolare dalla Federazione della sinistra. L’urgenza, lo ricordo, mi era stata sollecitata soprattutto da certe posizioni prese dall’opposizione, che va dicendosi preoccupata dal fatto di esporre il territorio a un paio di settimane in più in assenza dei regimi di salvaguardia, che saranno reintrodotti con l’approvazione in Consiglio comunale delle direttive. Non abbiamo avuto problemi a concedere i tempi ordinari, dato che noi, preoccupati, non lo siamo, e i fatti, che confermano un mercato immobiliare in crisi, ci stanno dando ragione. Non c’è insomma alcuna corsa al cemento». Quanto alla mancata “cortesia” verso i capigruppo di minoranza, per Cosolini è stata addirittura anticipata: «Il 5 ottobre la giunta ha approvato le direttive, e lo stesso giorno è stata convocata, senza che noi avessimo alcun obbligo, una commissione Urbanistica del Consiglio, alla presenza praticamente di tutti i capigruppo, nel quale il documento è stato messo a disposizione dei partecipanti».
Piero Rauber

 

 

PRG - Nei parlamentini si chiude già mercoledì - PER ANTICIPARE IL PONTE DI SAN GIUSTO
 

La diluizione dei tempi di risposta ha agevolato, nelle circoscrizioni, il raddoppio delle sedute: una prima dedicata all’illustrazione del provvedimento, in cui si sono alternati (o in solitaria o a coppie) Cosolini, Omero e Elena Marchigiani, e una seconda - a distanza di una settimana o giù di lì - per votare. In Prima e Seconda il testo è stato già votato, e approvato a maggioranza tra giovedì sera e venerdì mattina. Stasera sarà la volta della Quinta, mentre domani sarà il turno della Quarta e della Settima, l’unica a maggioranza di centrodestra. Si chiuderà mercoledì con la Terza e la Sesta. Pratica chiusa al 12.mo giorno su venti, a conti fatti. Perché comunque tanta fretta? Perché poi arriva il ponte di San Giusto e l’obiettivo dichiarato dal sindaco e dagli assessori nei parlamentini - cui è stato chiesto in ogni caso di mettersi una mano sulla coscienza per non allungare troppo il brodo - è proprio quello di riapprovare (in giunta) e rispedire il provvedimento al voto ultimo del Consiglio comunale proprio alla chiusura di quel ponte festivo.

 

 

Centrale termoelettrica verso la bocciatura - Oggi in Consiglio comunale il documento che stoppa per la seconda volta il progetto Lucchini Energia
 

Un secondo no alla centrale termoelettrica da 400 Mw progettata da Lucchini Energia nell’area ex Esso, dopo quello votato dal consiglio comunale un anno fa. E’ quanto si profila stasera in aula, in relazione alla delibera (relatore l’assessore all’Ambiente e energia, Umberto Laureni) sul parere all’intero progetto, dopo che lo stesso è stato completato da Lucchini Energia con le cosiddette “integrazioni volontarie”. Un parere che riguarda in particolare la Valutazione d’impatto ambientale, l’Autorizzazione integrata ambientale e l’Autorizzazione alla costruzione e all’esercizio. La proposta di bocciatura è motivata col fatto che le “integrazioni volontarie” prodotte da Lucchini Energia «non apportano modifiche sostanziali» al progetto, sul quale come detto il consiglio si è già espresso negativamente nell’ottobre 2010. Per inciso, le “integrazioni volontarie” sono state redatte per conto di Lucchini Energia dalla società di ingegneria Medea Development SA, la stessa che ha prodotto diversi elaborati relativi al rigassificatore che Gas Natural ha progettato di realizzare a poca distanza dall’area ex Esso. In un’ottica di «tutela e riqualificazione ambientale, nonchè di sviluppo sostenibile», la delibera prevede un fatto nuovo: la necessità di inserire nel protocollo d’intesa, firmato tra Lucchini ed enti locali nell’aprile 2009, la condizione che la costruzione della centrale sia subordinata alla dismissione della Ferriera. «Sussiste la reale possibilità - si legge nella delibera - che la centrale termoelettrica venga costruita ed eserciti contestualmente all’attività dello stabilimento siderurgico, costituendo uno stabilimento produttivo aggiuntivo all’area industriale di Servola, e che quindi si verifichi un acclarato peggioramento della situazione ambientale». «Si tratta di una proposta di delibera, che in aula può essere soggetta a modifiche», avverte l’assessore Laureni, il quale, in relazione al punto che fissa la subordinazione della costruzione della centrale alla dismissione della Ferriera, precisa che è stato inserito «non tanto per avere la centrale termoelettrica quanto per lasciare aperto qualsiasi tavolo su discorsi alternativi alla Ferriera. Il giudizio su nuovi impianti energetici all’interno del vallone di Muggia è comunque negativo». L’esito del voto si profila favorevole. «Condividiamo la proposta della giunta - annuncia il capogruppo del Pd Giovanni Maria Coloni - perchè le integrazioni non sono innovative e per l’attenzione alla situazione ambientale. Non possiamo autorizzare un aumento dell’inquinamento». Sul fronte dell’opposizione, il Pdl, che lo scorso anno - da forza di maggioranza - si era astenuto per carenza di informazioni sul progetto, potrebbe comportarsi allo stesso modo. Piero Camber, avvertendo che si tratta di un parere consultivo, parla di un «progetto con molte ambiguità, non essendo chiaro se è indipendente o meno dal rigassificatore. Al 99% ci asterremo». Nel Pdl c’è però chi, come Maurizio Bucci, annuncia un voto favorevole: «E’ una delibera che mi trova d’accordo, coerente con la posizione che ho sempre sostenuto. Da assessore comunale all’Ambiente - ricorda - sono stato l’unico in Regione che ha votato contro il rilascio dell’Aia alla Ferriera».
Giuseppe Palladini

 

 

Ntv: «Nordest ad alta velocità dal 2012» - Trieste? Vedremo. Per noi è un prolungamento naturale che va studiato
 

L’ad Sciarrone: partiremo in aprile, spazi in preparazione nelle stazioni di Venezia, Mestre, Padova. Tra i soci le Generali
TRIESTE «All’inizio del prossimo anno saremo in grado di partire con la prima fase del nostro progetto “alta velocità”, da Torino a Salerno, passando per Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli. Nell’aprile 2012, quando la stagione turistica scalderà i motori, via alla seconda fase, che interessa direttamente il Nordest, con la tratta Venezia-Roma, toccando Mestre, Padova, Bologna». Giuseppe Sciarrone ha trascorso molti dei suoi 64 anni nel trasporto e nella logistica: Fiat, ministero, gruppo Fs. Nelle Ferrovie è stato responsabile dell’area trasporto e del settore passeggeri. Poi, da privato, ha dato vita a Rtc, e adesso è amministratore delegato di “Nuovo Trasporto Viaggiatori” (Ntv), di cui è socio fondatore insieme a Luca Cordero di Montezemolo, Gianni Punzo, Diego della Valle. Di treni, come dice l’antico collega e attuale concorrente Mauro Moretti, se ne intende. A Nordest vi fermerete a Venezia? Un passo alla volta. Prima iniziamo e consolidiamo quanto abbiamo in cantiere, che non è poco. Poi studieremo, già nella seconda metà del 2012, ulteriori direttrici di sviluppo, come l’area nord-orientale e la fascia adriatica. Andremo dove ci siano richiesta e potenzialità commerciale. Pronte le vostre “basi” nelle stazioni venete? A Padova e a Venezia Santa Lucia gli spazi sono definiti e i lavori di approntamento procederanno entro la fine del 2011. A Mestre siamo ancora indietro, perchè il progetto di ristrutturazione è complesso, cominceremo con una soluzione transitoria. E se a Trieste e a Udine un viaggiatore desiderasse prendere un treno di Ntv? Abbiamo tenuto conto degli orari da/per le principali città del Friuli Venezia Giulia, che potranno tenere Mestre come riferimento. Ma, una volta che i primi servizi saranno a regime, prenderemo contatto con le Regioni e con le istituzioni locali: è nel reciproco interesse, dell’azienda e del territorio. I collegamenti ferroviari con Trieste sono un problema annoso: li studieremo con attenzione, perchè per Ntv sono un prolungamento naturale. Questo potrà valere, per esempio dal 2014, anche per il trasporto regionale? Moretti vi ha sfidato... Perchè no, se la Regione Friuli Venezia Giulia bandirà la gara, la valuteremo. Una nazione moderna ha bisogno di un valido trasporto ferroviario regionale, terza gamba del tavolo insieme all’alta velocità e al comparto merci. Perchè ferrovia non è solo alta velocità. La tedesca Db si sta muovendo su vari fronti, anche con la controllata Arriva: vi fa paura? Db sta operando per un importante servizio internazionale, è uno stimolo non un motivo di timore. Le Fs vi ostacolano? I problemi con Rfi? Ma no, i rapporti sono costruttivi, i nostri diritti sono stati riconosciuti. A volte con fatica e con qualche discussione. Ntv ha un socio triestino di peso: le Generali. Credo che l’investimento delle Generali abbia un valore finanziario e strategico. E’il primo progetto di questo tipo in Europa, per una volta l’Italia è all’avanguardia, il privato compete ad alto livello con l’impresa pubblica. Alle Generali tutto questo, evidentemente, interessa. Quali tasselli ancora mancano da qui al gennaio 2012? Attendiamo l’omologazione dei treni realizzati da Alstom e il disco verde da parte dell’Agenzia nazionale della sicurezza. Non è un momento economico felice per intraprendere un’impegnativa avventura. Che quota di mercato pensate di ottenere? Nel giro di qualche anno contiamo di coprire il 20-25% dell’alta velocità nazionale. E’ben vero che il momento non è felice, ma la mobilità è un settore “anelastico”, cioè nella crisi la gente fa molti sacrifici ma, sia per necessità che per diletto, non rinuncia a spostarsi. Temete la concorrenza dei voli “low cost”? Sulle nostre direttrici no, il treno veloce è preferibile. Prezzi competitivi, comfort migliore: come ci piace ripetere, posti per tutte le tasche.
Massimo Greco

 

 

Su “Italo” investito un miliardo - Una flotta di 25 treni costruiti da Alstom. Da Venezia a Roma in 3 ore e 43 minuti
 

TRIESTE Lo chiameremo “Italo”. Ma tutto comincia cinque anni fa: «Nuovo Trasporto Viaggiatori» nasce nel dicembre 2006 per sfruttare le opportunità correlate alla liberalizzazione del trasporto ferroviario. Operazione di puro mercato: senza sussidio pubblico. All’inizio si muovono Montezemolo, Della Valle, Punzo, con la guida operativa di Sciarrone: al loro 35% di capitale si aggiungono Intesa San Paolo (20%), Generali (15%), Alberto Bombassei (candidato alla presidenza Confindustria) con il 5%, la famiglia Seragnoli con un altro 5%. Le ferrovie francesi Sncf entrano con il 20%, negoziato ad alcune condizioni. Il capitale sociale è di 300 milioni di euro, la previsione di investimento sfiora il miliardo di euro, oltre 600 milioni per l’acquisto dei convogli. Entro il 2012 sono previste 850 assunzioni. Dal punto di vista tecnico Ntv ha puntato sul treno Agv di nuova generazione prodotto dalla francese Alstom, cui ha commissionato una flotta di 25 treni. La scelta dell’alta velocità è motivato dal fatto che è l’unico mercato ad oggi liberalizzato. Il servizio “Italo” opera lungo due linee: una è la Torino (porta Susa)-Milano (porta Garibaldi e Rogoredo)-Bologna-Firenze-Roma (Ostiense e Tiburtina)-Napoli-Salerno. Da Milano a Roma, senza fermate, 2 ore e 57 minuti. L’altra è la Venezia (Santa Lucia e Mestre)-Padova-Bologna-Firenze-Roma: su questo asse sono previsti 5 treni al giorno che percorreranno la distanza in 3 ore e 43 minuti.
 

 

Centrale di Krsko dibattito in aula su tre mozioni - CONSIGLIO
 

TRIESTE La centrale nuclerare di Krsko sarà uno degli argomenti al centro dellle sedute di questa settimana del Consiglio regionale. Domani, dopo un’ora di interrogazioni e interpellanze, sarà esaminato il disegno di legge sulla riorganizzazione dell’ordinamento locale montano. Mercoledì saranno tre le mozioni di Krsko su cui si svilupperà la discussione dopo il question time e una proposta di legge per la promozione del turismo. Giovedì ancora question time per proseguire con la conclusione della discussione su Krsko, con il disegno di legge sull’accesso alle prestazioni sociali e con il rendiconto 2010 della Regione.
 

 

Via i forestali A Basovizza arrivano gli addetti Arpa - CENTRO DIDATTICO
 

Escono i forestali, si accinge ad entrare il personale del Laboratorio regionale di educazione ambientale. La linea-Violino, già annunciata a parole dall’assessore leghista, si sta concretizzando nonostante le resistenze di sindacati e mondo politico triestino e le perplessità dei dipendenti del Corpo forestale: la gestione del Centro didattico e naturalistico di Basovizza sta per passare al LaRea, costola dell’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Dopo la lettera della Direzione centrale della Funzione pubblica, autonomie locali e coordinamento delle riforme della Regione con cui è stato comunicato alle Guardie forestali in forza al Cdn lo spostamento in altra sede, dalla Regione spunta un’altra missiva (di data antecedente - il 3 ottobre - rispetto a quella sui trasferimenti): è il documento con cui il direttore centrale delle Risorse rurali, agroalimentari e forestali Luca Bulfone propone agli assessori regionali Violino e Luca Ciriani, al direttore centrale Ambiente, energia e politiche per la montagna Giovanni Petris, e a quello dell’Arpa Lionello Barbina «di valutare l’opportunità di assegnare la gestione del Cdn al Laboratorio regionale di educazione ambientale». Il tutto, nell’ambito dell’ormai noto progetto di riassetto e riorganizzazione della Direzione centrale regionale Risorse rurali, agroalimentari e forestali, che prevede anche la soppressione delle stazioni forestali di San Dorligo, Comeglians, Resia, Meduno e Claut. Sul caso del Cdn, si era mosso anche il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri chiedendo, con un’interrogazione a risposta immediata, «al presidente Renzo Tondo se sia intenzione della Regione chiudere un servizio così utile di tutela, didattica e ricerca ambientale, rischiando oltretutto di dover restituire alla Comunità europea i fondi» già assegnati in passato per la ristrutturazione e l’ampliamento del Centro stesso. Preoccupato anche il vicepresidente della Provincia: «Con il trasferimento del Corpo forestale – afferma Igor Dolenc – si rischierebbe di perdere o quantomeno di impoverire l’offerta del Centro naturalistico, conosciuto proprio per la professionalità di gestione di questi operatori. Con il trasferimento, inoltre, verrebbe a mancare un’importante figura tecnica di riferimento nell’ambito del progetto europeo transfrontaliero Carso-Kras, mettendo così a rischio la realizzazione di alcune delle azioni previste».

(m.u.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 23 ottobre 2011

 

 

Marineria, la storia può rivivere in Androna Campo Marzio - URBANISTICA - LA PROPOSTA
 

Dalle fonderie del Lloyd all’assemblaggio e all’arredo, qui nascevano le navi già due secoli fa: spazi ed edifici oggi da valorizzare in chiave culturale
CONSERVAZIONE DELLA ZONA Lo scenario attuale non si discosta molto da quello di un tempo: bisogna evitare di cementificare senza ragione
UN PROGETTO DA PERSEGUIRE La via va trasformata in un percorso di apprendimento destinato a concludersi nel vicino Museo del mare (foto)

Con la caduta della variante del Piano Regolatore, subentrata alla elezione di Roberto Cosolini a sindaco di Trieste, si è acceso un folto dibattito sulle conseguenze che avrà il ritorno, seppur temporaneo, ad un regime incontrollato privo di vincoli per le nuove costruzioni in zone strategiche della città. E in particolar modo, grazie anche al Comitato, assai agguerrito, fondato alcuni anni fa, a salvaguardia della zona di Campo Marzio, è tornata di attualità la sistemazione di una delle zone più delicate di quel rione, già offesa dall’immane sbancamento in atto per la costruzione di un colossale blocco di cemento a lato della sede del Piccolo. Di quell’area, delicatissima, che collega le androne Campo Marzio e Santa Tecla, in cui da una decina di anni si è insediata l’Università, con alcuni Dipartimenti della Facoltà di Lettere collocati in un edificio di importanza storica (restaurato molto bene), che nell’Ottocento ospitava le fonderie del Lloyd, si sta tornando a parlare proprio grazie alla possibile ripresa di alcuni progetti che erano stati bloccati. E su quel luogo, che comprende anche l’ex Dipartimento di Storia della Facoltà, riqualificato in direzione di una presenza culturale massiccia, fatta di biblioteche, studenti e professori, l’occhio del costruttore si è posato con molta attenzione da parecchio tempo. Fino al punto che, stando ad alcune recenti dichiarazioni di imprenditori, sembrerebbe venuto il momento di approfittare, in modo del tutto legittimo s’intende, delle nuove opportunità date dalla “finestra” che permette l’attuazione di altre colate di cemento. Vediamo innanzitutto di che si tratta. L’attuale edificio dell’Università, sede del nuovo Dipartimento di Scienze Umanistiche, si trova alla fine dell’Androna Campo Marzio, a fianco della via Guido Reni, un tempo unico accesso alla parte alta di via Franca, ed ha, sul lato anteriore, uno spazio ristretto che permette l’ingresso degli studenti, e, sul lato posteriore, un’area abbastanza vasta che confina con il grande terrapieno che dà su via Belpoggio. L’Università non ha comperato quest’area, che pure avrebbe permesso di accedere ai suoi locali dall’opposta Androna Santa Tecla, alleggerendo il passaggio degli studenti in Androna Campo Marzio, un’area che, si badi bene, contiene i vecchi edifici della fornace del Lloyd, con i resti dell’alta ciminiera che mandava bagliori nel cielo sia di giorno che di notte quando questo quartiere era il cuore delle costruzioni navali di Trieste. Purtroppo l’Università non ha acquisito neanche un piccolo edificio posto al lato estremo di Androna Santa Eufemia, che avrebbe permesso il collegamento con l’ex Dipartimento di Storia, in modo da consentire la libera circolazione degli studenti in tutto il complesso (tutt’ora bisogna fare un giro assurdo per andare in Androna Campo Marzio, passando da via Economo). Questa mancanza di omogeneità nel progetto di installazione di gran parte della Facoltà di Lettere in quella zona, lasciando le pertinenze per così dire “a macchia di leopardo”, ha favorito in passato la volontà di insediamento di progetti di edilizia privata accanto a quelli pubblici, alcuni dei quali veramente devastanti, a cominciare da quello che prevedeva, proprio nell’area in cui si trovano le ex fonderie, un “cubone” altissimo fino alla via Belpoggio, che si sarebbe portato a pochi metri dalle finestre delle aule universitarie, in una zona dove fra l’altro sono previste anche le uscite di sicurezza. Di questo folle “cubone” grazie anche al Comitato, non se ne è fatto nulla, ma lo stesso non si può dire delle aree comprese fra le Androne Santa Tecla e Sant’Eufemia, nonchè in quella che stringe la Facoltà dal lato opposto, dove ora si trovano gli ex magazzini dell’impresa Fadalti, di cui alcuni portoni si aprono sull’area universitaria, in un gioco complesso di servitù di passaggio che i tecnici dell’Università forse non hanno molto considerato al momento dell’acquisto (si è scoperto in seguito che anche l’altro lato, che dà su Androna Santa Tecla, ha una servitù, però a favore dell’Ateneo). Lì, in quel complesso delicato di edifici sette-ottocenteschi si sono inserite le mire dei costruttori (ricordiamo che già alcuni anni fa, un altro nuovo edificio nell’Androna Santa Tecla, aveva alienato i bagni pubblici austro-ungarici, con il loro tacito abbattimento). E ora, ripartendo vecchie acquoline, si sta riparlando di cementificare anche la zona ex Fadalti, con parcheggi e abitazioni private che guarderebbero anch’esse sulle finestre delle aule universitarie, mentre il transito di decine e decine di auto in una zona al massimo della capienza porterebbe a un intasamento colossale, con gli studenti che già oggi sopportano ristrettezze di ogni tipo in Androna Campo Marzio mentre si recano nella loro Facoltà (si pensi ai disabili). Insomma, un bel pasticcio, che rischia di complicare una situazione già di per sé precaria. Ma la verità è un’altra, e rientra in una delle svariate demolizioni dei punti storici di questa nostra città, che ama così poco il proprio passato quando si tratta di sfruttare delle aree a scopo edilizio. Androna Campo Marzio, infatti, è un punto-chiave della storia marinaresca di Trieste, un punto delicato, che il destino ha conservato in modo esemplare, lasciandoci uno scenario che non si discosta molto da quello di metà Ottocento (come appare bene dalla stampa che qui pubblichiamo, scoperta negli archivi di Vienna da un grande studioso di cose triestine come il capitano Sergio degli Ivanissevich). In quella zona, infatti, ferveva tutta l’attività di costruzione e di armamento delle navi fin dall’epoca di Maria Teresa. Attività che accoglieva negli edifici che costellano l’Androna tutte le fasi dell’assemblamento e dell’arredamento artigianale dei vascelli. A quel tempo il fervore lavorativo era notevole, sotto l’ombrello della grande fornace (nella stampa si vede il fuoco che esce dal suo camino). Molti di questi edifici sono stati studiati architettonicamente in una ricerca universitaria trent’anni fa, e di essi sappiamo abbastanza per capirne la funzione. Lo stesso edificio ex Fadalti, che si vuole trasformare in condominio, esisteva nel Settecento ed aveva una sua precisa destinazione. Del resto chiunque si avventuri nell’Androna Campo Marzio non può non notare l’unità architettonica degli edifici da ambo i lati, tutti perfettamente conservati, seppur per ragioni commerciali diverse (come è giusto che sia in un’area a ciò destinata da più di duecento anni). E allora ecco cosa si dovrebbe fare, invece di cementificare senza ragione: fare un ulteriore studio sulla via e trasformarla in un percorso di apprendimento per il turista culturale che, avventurandosi a piedi, accanto agli studenti (la cultura che dà i suoi frutti), trova per ogni edificio un leggio in cui gli si spiega a cosa serviva, quale anello produttivo rappresentava per una città che si costruiva le sue navi, per avvalorare la propria potenza commerciale. Tutto ciò nella prospettiva di arrivare, alla fine di questo percorso museale all’aperto, proprio al Museo del mare, situato lì a pochi passi, in cui questo stesso schema potrebbe trovare tutte le documentazioni espositive del caso. Recuperando in questo modo una funzione storica importantissima, a beneficio di una ulteriore lettura di Trieste come porto franco e centro di scambi commerciali navali.
RENZO S. CRIVELLI

 

 

ANDRONA CAMPO MARZIO - Ma l’area fa gola ai costruttori che puntano a realizzare appartamenti, negozi e garage
 

Luci costruzioni da un lato, Immobiliare Livenza dall’altro. Sono le due imprese interessate a trasformare il volto dell’area di Campo Marzio costruendo rispettivamente in via Belpoggio e all’intersezione tra Santa Tecla e Sant’Eufemia, decine di appartamenti, negozi e garage. Due progetti impegnativi dal punto di vista paesaggistico - le volumetrie ipotizzate sono di 21mila nel caso del primo “cubone” e di 6500 metri cubi nel secondo -, che hanno fatto scendere sul piede di guerra i residenti, condannati a tenere la guardia costantemente alta. Non c’è stato infatti nemmeno il tempo di festeggiar la notizia - in circolazione da settimane seppur non ancora confermata ufficialmente - del probabile ritiro del progetto firmato Luci costruzioni, che subito ha ripreso quota l’opzione del mega complesso ipotizzato dall’Immobiliare Bressan. Un’operazione da quasi 10 milioni di euro che la società di Sacile, sfruttando la “finestra” aperta dopo la caduta delle salvaguardie del vecchio Prg, spera di riuscire a mandare in porto. In questo caso tra le androne Santa Tecla e Sant’Eufemia sorgerebbero una novantina di alloggi, un parcheggio interrato, negozi e collegamenti pedonali con la sottostante androna Campo Marzio. Allo studio della proprietà, tra l’altro, c’è anche la possibilità di “inglobare” nel complesso la stessa ex Fadalti, dove ricavare magari sale conferenze e palestre.

(m.r.)
 

 

Il mandato dei “grillini” nelle mani dell’assemblea - ESAME DA SUPERARE OGNI SEI MESI
 

Consiglieri comunali “precari” per scelta. «Ogni sei mesi rimetteremo nelle mani dell’assemblea il nostro mandato. E, nel caso dovesse esserci una maggioranza di voti contrari, ci dimetteremo dall’incarico elettivo». Paolo Menis e Stefano Patuanelli, consiglieri comunali del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, hanno spiegato ieri la loro decisione in una conferenza stampa all’aperto in piazza della Borsa. Il primo esame (senza appello) sarà a dicembre. Ma non basta. I due consiglieri hanno confermato la loro incompatibilità “preventiva” a ogni doppio incarico. «Finché siamo consiglieri comunali non ci candidiamo a nessuna altra carica» chiariscono. Né elezioni regionali, né elezioni nazionali. Tanto per essere chiari. L’occasione per ribadire l’originalità del movimento è stata offerta dal volantinaggio pubblico di ieri. «Un modo per spiegare ai triestini “Cosa ci facciamo in Comune?” (che era il titolo del volantino, ndr)». Il primo bilancio è positivo. «Il virus che gli elettori hanno voluto iniettare in Consiglio comunale di Trieste inizia ad avere i primi effetti» spiegano Menis e Patuanelli. Un esempio? «Abbiamo contribuito a far sì che il Comune aderisca dopo molti, troppi anni, alla Settimana europea per la mobilità sostenibile». Ma non basta: «Abbiamo presentato anche una mozione che impegna l’amministrazione comunale a rivedere e diffondere il piano di emergenza nucleare. E abbiamo portato all’attenzione del Consiglio il problema dell’Alta velocità il cui percorso non va inserito nel nuovo Piano regolatore, e chiesto alla giunta di esprimere netta contrarietà al rigassificatore in mezzo al golfo» aggiungono i grillini. Non manca l’impegno sul fronte dei costi della politica. «Abbiamo presentato una proposta di delibera di iniziativa consiliare (unica proposta presentata dal Consiglio dopo 5 mesi di lavori...) per ridurre del 50% il gettone di presenza nelle commissioni consiliari (da 104 a 52 euro)» spiegano Menis e Patuanelli. Tra le prossime battaglie anche quella contro le consulenze esterne del Comune che dovrebbero garantire un risparmio parti a 94mila euro. «Abbiamo fatto solamente il nostro dovere - spiegano i grillini - seguendo sempre l’unica strada possibile per chi fa politica avendo a cuore gli interessi dei cittadini: il buonsenso». Quello che non abita nelle istituzioni. «Che senso ha - spiega il capogruppo del movimento 5 Stelle Menis - impegnare il Consiglio comunale di Trieste in una discussione sugli scontri di Roma? A noi pare un’inutile perdita di tempo. Meglio, per esempio, affrontare il tema del ritorno all’acqua pubblica a Trieste».
 

 

Caso colibrì, ora le spese si riversano sullo Stato
 

Il Tribunale impone alla Direzione dei beni culturali il pagamento di luce, acqua e alimenti. Per il cibo già versati all’Università di Udine 25 mila euro
La palla avvelenata torna a casa. I salati conti per mantenere in vita la colonia dei colibrì di Miramare comunque destinati a smembramento (ma la storia è ben lungi dal concludersi, a distanza di un anno) vengono addebitati adesso alla Direzione regionale dei Beni culturali, cioé allo stesso ministero che vanta crediti pari a 500 mila euro per mancato pagamento di canoni di concessione demaniale. Ne risponde, per decisione del Tribunale dove è aperta una causa penale per abuso edilizio, e dopo mille contorti avvenimenti, proprio l’ufficio che dal 2002 in poi ha tollerato l’occupazione gratuita delle serre storiche, fino all’ingiunzione di sfratto firmata nel novembre 2010 dal soprintendente Luca Caburlotto (responsabile diretto del parco di Miramare). Dall’inizio di settembre il contratto con Acegas per la fornitura di luce e acqua (circa 3mila euro al mese) è intestato infatti alla Direzione regionale dei Beni culturali, che da tempo ha avocato a sé questa intricatissima questione, e ora viene chiamata in causa. E non basta: la Direzione di palazzo Economo è stata anche obbligata a pagare il sostentamento delle delicate bestiole, fino a loro trasferimento ad altre sedi. Per nutrire i minuscoli uccelli-farfalla il ministero in sede locale ha però già pagato una bella cifra. Ha dato all’Azienda agraria Servadei annessa dell’Università di Udine ben 25 mila euro tra marzo e luglio scorsi, in virtù di una convenzione ormai scaduta. Tutti speravano in un trasloco estivo, e invece ogni cosa è ancora al palo. Se dunque le spese di cibo da qui in avanti restano le stesse, il conto è fatto. «La magistratura ha accolto il ricorso del ministero presentato attraverso l’Avvocatura di Stato - commenta Giangiacomo Martines, direttore regionale dei Beni culturali - ma ha posto a carico del ministero stesso spese e sostentamento». Quando con la vendita di una parte degli 80 volatili lo Stato ha avuto parziale risarcimento per i mancati canoni di concessione, l’Acegas però si è fatta avanti. Non era stata citata fra i creditori. E il debito di bollette è di oltre 160 mila euro. Da qui un altro paio di pratiche e il nuovo contratto. A garanzia del fatto che il vero debitore è sempre l’ex gestore Stefano Rimoli, c’è il sequestro cautelativo, imposto sempre dalla magistratura, di una ventina di colibrì destinati a restare a Trieste, di residui beni di Rimoli stesso, e delle attrezzature del centro di Miramare. Sono queste carte a garantire l’esborso imprevisto. In Prefettura si susseguono settimana dopo settimana lunghissime riunioni che impegnano oltre agli organi prefettizi e a Martines anche l’Avvocatura dello Stato, l’Università di Udine, esponenti degli uffici regionali. Ultimamente anche l’Autorità portuale, che si era candidata a fare da ente di riferimento economico. Ruolo che però non è abilitata a svolgere, dunque in campo è entrata la Fondazione del museo portuale. «Abbiamo preso per i capelli un ente che stava annaspando in pieno naufragio - è il commento di Martines -, tra cause penali, civili, problemi amministrativi. Nessuno sconto viene fatto al gestore: deve risarcire. E comunque a volte dopo una mattinata intera di discussioni dove sembra di salire su una parete del quinto grado superiore riusciamo a fare appena un passetto avanti, altre volte andiamo più svelti e risolviamo qualcosa». Ma la meta è ben lontana.
Gabriella Ziani

 

 

COLIBRI' - Molti uccellini destinati a Porto vecchio per i turisti - LA COLONIA
 

Colibrì triestini in mostra all’Acquario di Genova, forse a Matelica nelle Marche, e in altre istituzioni pubbliche e private italiane, forse anche alla Casa delle farfalle di Bordano in collaborazione con l’Università di Udine, mentre altri sono stati venduti in Germania. Degli 80 allevati da Rimoli ne resteranno a Trieste più o meno 20, ma anche questo nucleo verrà smembrato e solo una minima parte dovrebbe trovare spazio nelle serre nuove di Miramare ancora tutte da ristrutturare, mentre il resto diventerà ancora una volta zoo turistico. E dove? Sembra certo: proprio in Porto vecchio, là dove tutti in questo momento sognano di entrare. «Miramare resterà la “nursery” per i colibrì che si riproducono, il centro scientifico verrà salvaguardato - così Martines riassume l’ultima versione dei progetti -, mentre la Fondazione del museo del porto intenderebbe allestire alcuni spazi in Porto vecchio. La Fondazione si occupa di incrementare i futuri ingressi turistici nell’area, e anche i colibrì costituiscono una potenzialità turistica». E così da impollinatori «salva-ambiente» del Sudamerica i rari esemplari si saranno trasformati in «acchiappa turisti» per mezza Italia.
 

 

IL CASO DEL GIORNO  - Basovizza: che errore chiudere il Centro naturalistico
 

Ci chiedevamo increduli: sarà vero? O, come ci auguravamo, era destituita di reale fondamento la notizia riportata dalla stampa da cui si evinceva la scelta di chiudere, tra le altre, anche la struttura nella quale opera il Centro Didattico Naturalistico di Basovizza? Era vero, la notizia è apparsa il 21 ottobre, sull Piccolo. Se le ristrutturazioni delle Direzioni (Direzione centrale risorse rurali, agroalimentari e forestali) si attuano tagliando il meglio che le stesse istituzioni avevano realizzato, allora siamo di fronte ad un fatto nuovo e preoccupante. Eravamo infatti da tempo abituati a vedere che le realizzazioni nel settore dello studio d’ambiente e della cultura in senso lato, se e quando venivano faticosamente avviate ed attuate, soffrivano poi di una cronica mancanza di attenzione gestionale, ma le notizie che ci giungono in questi tempi ci stanno proponendo uno scenario nuovo. Sembra che vengano soppresse proprio le strutture migliori, le più utilizzate e ben gestite, quelle cioè che funzionano soprattutto grazie alla passione di chi vi opera. Chi avesse ritenuto che il Corpo Forestale Regionale che gestisce il Centro lo facesse solo come servizio di sorveglianza, come spesso è in tante strutture pubbliche, si ricredeva nel corso delle visite. La professionalità mai esibita ma di ottimo livello, la cultura specialistica non ostentata e la conoscenza degli ambienti regionali faceva di questo personale un esempio da additare alle altre realtà italiane. Noi abbiamo svolto, proprio al Centro, parte della Scuola Estiva Nazionale riservata ad un corso di Formazione per insegnanti di Scienze Naturali, il 25 agosto. La soddisfazione per l’ottima e accattivante metodologia di “immersione” nell’ambiente carsico e nel viaggio attraverso i suoi molteplici habitat e la sua evoluzione è stata espressa da tutti gli insegnanti partecipanti. Sarebbe inutile sottolineare ancora una volta che l’efficienza e l’utilità di tali strutture ben spiega la buona qualità generale dell’istruzione nel Friuli Venezia Giulia. Noi crediamo che le belle realizzazioni, i diorami, la caccia al tesoro, la inevitabile didattica interattiva che ne scaturisce non siano davvero noti a chi ne ha disposto la soppressione. O almeno lo speriamo…

Elide Catalfamo, Eva Godini co-presidenti della sezione Friuli Venezia Giulia dell’Anisn
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 22 ottobre 2011

 

 

La Tarsu scontata del 20% a chi farà il compostaggio
 

Il Comune di Duino-Aurisina regalerà gli appositi bidoni a chi presenterà richiesta Martedì un sopralluogo per incrementare i punti di raccolta del vetro
DUINO AURISINA In arrivo dei “composter” gratuiti (bidoni specifici per la produzione del compost) a chi dimostrerà di fare, secondo dei parametri imposti da parte dal Comune, la raccolta dell’umido. La notizia giunge dall’assessore alle politiche sociali, Daniela Pallotta che assieme all’assessore ai servizi sul territorio, Andrea Humar e quello all’istruzione Tjasa Svara, con competenze diverse, si occupano della “questione rifiuti”. «La prossima settimana si discuterà sull’argomento – dichiara la Pallotta. L’intenzione però sarebbe quella, accanto ad una serie di altre iniziative, di donare ai cittadini i contenitori del compostaggio. Ovvio, però, che gli assegnatari dovranno dimostrare di farla correttamente». Tutto ciò sarebbe possibile grazie a dei contributi messi a disposizione della Provincia. Una parte dei fondi, inoltre, verrebbe destinato per fornire ogni famiglia un opuscolo che spieghi come fare la differenziata in modo corretto, compostaggio incluso, visto che pochi attualmente sanno che ci sono una serie di procedure da seguire scrupolosamente e che non ci si può affidare al caso. Queste misure, inoltre, andrebbero ad aggiungersi ad un incentivo alla differenziata già presente nel comune, la riduzione del 20% della Tarsu (la tassa sui rifiuti) a chi dimostri di svolgere il compostaggio secondo le regole. «Non servono particolari carte da fare – spiega Giovanni Parisi,dell’ufficio tributi del Comune - Abbiamo una modulistica con la richiesta di realizzazione del compostaggio già pronta da compilare. Il tutto deve essere fatto secondo dei parametri che vengono indicati e, se tutto è in regola, avviene la riduzione della Tarsu nei confronti del richiedente». Delle procedure semplici, che però sono ben controllate ed “anti – furbetti”. «C’è un controllo rigoroso per assicurarci che il compostaggio sia a norma – spiega Parisi - con un controllo mensile da parte di un gruppo di lavoro che si reca personalmente sul posto per verificare che tutto sia in regola». Se a sensibilizzare gli adulti ci pensa la Pallotta, il compito di educare le giovani generazioni spetta all’assessorato all’istruzione retto da Tjasa Svara con una serie di attività di sensibilizzazione all’interno del progetto 3R: Risparmio, Riciclo e Riuso. Per quanto riguarda invece la parte tecnica la competenza è in mano all’assessore Humar che martedì, assieme al vicesindaco Massimo Romita, accompagnati dal responsabile dell'ufficio lavori pubblici Marco Cartagine, Igor Kalc, e i responsabili dell'Acegas Aps faranno un sopralluogo su tutto il territorio relativamente alla gestione dei contenitori dei rifiuti. «Abbiamo raccolto - spiega Romita – tutte le segnalazioni giunteci nell’ultimo periodo, dalla carenza di bottini dedicati al vetro alla mancanza dei coperchi in altri e visioneremo le criticità». Le azioni dell’amministrazione saranno votate su più fronti tra cui “l’implementazione delle isole ecologiche e dei bottini, ed il loro inserimento nel contesto urbano in modo meno impattante e più agevole da raggiungere e svuotare per gli operatori».

Viviana Attard
 

 

Forestali a Basovizza la circoscrizione si appella alla Regione
 

OPICINA Sul Carso c’è forte preoccupazione per la sorte del Centro Didattico Forestale della provincia di Trieste, struttura scientifico–didattico-culturale insediata a Basovizza. L’amministrazione regionale ha deciso il trasferimento dei cinque forestali e l’affidamento del centro all’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Stessa sorte per altre quattro stazioni forestali in regione. Di fronte all’attuazione del provvedimento, che scatterà salvo ripensamenti dal primo novembre, il consiglio circoscrizionale di Altipiano Est ha espresso tutto il suo dissenso, che va a aggiungersi a quello espresso nei giorni scorsi delle associazioni ambientaliste locali. In una lettera condivisa all’unanimità dal presidente e dai consiglieri del “parlamentino” inviata al presidente della Giunta Regionale Tondo e all’assessore alle risorse forestali Claudio Violino, viene evidenziata una netta contrarietà all’eventuale dismissione del centro. Per i consiglieri, infatti, la struttura di Basovizza rappresenta una risorsa culturale fondamentale per l’intero altipiano che si inserisce in un sistema di interesse turistico che può contare su diverse attrattive. Tra queste il parco naturale della Val Rosandra (dove con fondi Interreg Italia-Slovenia si sta creando un nuovo polo divulgativo naturalistico) e la nuova pista ciclabile che da Trieste centro porta sino a Erpelle in territorio sloveno. In questo quadro appare centrale - dice il documento ddel consiglio circoscrizionale - la funzione divulgativa e conservativa del Centro forestale di Basovizza dalle cui adiacenze, inoltre, si diparte anche il sentiero attrezzato Ressel che porta sino all’equile di Lipizza. Sempre su questa parte di territorio carsico sussistono dei progetti strategici finanziati dalla Comunità Europea per la rivalutazione di antichi sentieri e percorsi, per il nuovo centro di interpretazione di Sesana, per la realizzazione del nuovo museo dell’acqua di Gropada. Tante risorse ambientali e culturali che rappresentano un capitale di informazione su di un altipiano che si intende promuovere e far conoscere ovunque. In questo contesto – insistono i consiglieri – il Centro didattico di Basovizzaa appare struttura centrale, innovativa e moderna, condotta in modo impeccabile dal personale che si distingue per la sua dedizione, preparazione e efficienza. La struttura rappresenta inoltre un punto di riferimento per la didattica scolastica, e può vantare un’affluenza annuale di visitatori ormai superiore alle 15 mila persone. «La chiusura del centro e il trasferimento dei cinque forestali – afferma il presidente Marco Milkovich – si trasformerebbe in un danno permanente per le nostre comunità. Chiediamo perciò all’assessore Violino e al presidente Tondo di riconsiderare eventuali scelte che comporterebbero la chiusura del sito, centro che è vanto del nostro comprensorio, insostituibile per il nostro sviluppo in chiave turistica, ambientale e culturale».

Maurizio Lozei
 

 

AGENDA 21 - La ristrutturazione? Ci pensano gli studenti
 

Alunni di Fabiani, Ziga Zois ed Edilmaster coinvolti nel recupero di uno spazio dell’istituto per geometri
Per la prima volta un gruppo di studenti viene coinvolto attivamente nel recupero di uno spazio pubblico cittadino. Grazie al progetto Agenda 21 locale per la scuola promosso dall'Istituto tecnico per geometri Max Fabiani, sarà organizzato - in collaborazione con l'associazione Manifetso2020, con Provincia di Trieste, Camera di Commercio e Azienda sanitaria - un workshop di progettazione per “Una ristrutturazione dallo sviluppo sostenibile”. Alle lezioni in programma dal 24 al 28 ottobre parteciperanno trenta studenti provenienti dal Max Fabiani, dall'Istituto tecnico Ziga Zois e dalla Scuola edile Edilmaster. Obiettivo: realizzare il progetto per il recupero dell'ex alloggio del custode, al primo piano dell'Istituto per geometri. Seguendo quanto previsto dall'Agenda 21, il programma delle Nazioni Unite per uno sviluppo sostenibile, la ristrutturazione dovrà rispondere alle caratteristiche di eco-compatibilità, del risparmio energetico e dell'isolamento acustico, per ottenere a fine lavori l'autosufficienza gestionale e, se sarà possibile, anche la capacità di produrre energia da destinare alle altre strutture che ospitano il Max Fabiani. Il nuovo edificio diventerà poi la sede del progetto Agenda 21 locale per la scuola, ma anche un luogo polifunzionale che potrà essere utilizzato, come indicato nel progetto, dall'intera comunità locale. «È da qualche anno che stiamo lavorando al progetto Agenda 21», spiega Giuliano Santoli, docente del Max Fabiani e responsabile del workshop: «Il recupero dell'ex alloggio del custode rappresenta bene il concetto della dinamica partecipata al progetto che coinvolge non solo gli insegnanti ma anche altre realtà fatte di professionisti». Tra gli organizzatori del corso di formazione, Manifetso2020 si occuperà di avvicinare gli studenti dell'ultimo anno di corso al mondo del lavoro e a quello accademico: «Nei primi mesi di quest'anno – racconta Marco Barbariol, presidente di Manifetso2020 – abbiamo sottoposto uno questionario a un gruppo di giovani tra i 18 e i 30 anni chiedendo come immaginano la città tra un decennio. Tra i più giovani sono emerse criticità, come la difficoltà a trovare un lavoro o fare impresa. Tra i nostri obiettivi c'è anche il recupero di edifici sottoutilizzati o in disuso per rigenerarli in un contesto di sviluppo delle attività sociali ma anche economiche». Un progetto che vede in prima persona coinvolti i giovani, ha sottolineato l'assessore provinciale al Lavoro Adele Pino: «Un gruppo di giovani professionisti si sono messi in gioco per avere in futuro una città diversa volta allo sviluppo sostenibile. Il workshop oltre a realizzare una collaborazione tra diversi istituti ed enti professionali sarà anche un'occasione per far conoscere agli studenti le attività del Centro per l'impiego».

(i.gh.)
 

 

“Biodiversamente” invita a scoprire gli squali - Nel festival dell’Ecoscienza iniziative curate da Wwf e Musei scientifici tra Trieste e Pordenone
 

Il magico mondo degli squali spiegato ai bambini, l’affascinante scoperta degli equilibri del mondo animale tra prede e predatori, la biodiversità delle foreste friulane: è di questo e molto altro che si parlerà a “Biodiversamente: il Festival dell’Ecoscienza”, la non-stop di iniziative tra scienza e natura ideata dal Wwf e dall’Associazione Nazionale Musei Scientifici, che oggi e domani aprirà gratuitamente musei scientifici, science center, orti botanici, acquari, parchi naturali e Oasi Wwf in tutta Italia. Obiettivo del fine settimana, la promozione del valore della biodiversità e il sostegno alla ricerca scientifica “made in Italy”, ormai “a rischio estinzione” per la cronica mancanza di finanziamenti. A tal fine il WWF ha anche lanciato un bando per due borse di studio sulle specie italiane, e una grande raccolta fondi a cui tutti possono contribuire, fino al 10 novembre, diventando simbolicamente “Ricercatori per un giorno” su www.wwf.it. Nella nostra regione l’edizione 2011 di Biodiversamente ha registrato l’adesione dell’Oasi Wwf di Miramare, dei Musei di storia naturale di Trieste, Udine e Pordenone e del Museo geologico della Carnia. A Trieste domani dalle 11 alle 12.30, il Civico Museo di Storia Naturale e l’Oasi Wwf di Miramare propongono "Quali squali?? Lanterna, sega e martello, non solo attrezzi, ma specie diverse di squali”: appuntamento al Civico Museo del Mare per parlare di biodiversità e squali, e per cimentarsi poi con un laboratorio per bambini che permetta di conoscere questi affascinanti abitanti del mare. Dalle 10 alle 13 appuntamento invece con “Il labirinto della Cernizza”: escursione naturalistica per conoscere una parte dell'ambito protetto delle Falesie di Duino, tra il Bosco della Cernizza e il Villaggio del Pescatore, alla scoperta delle specie caratteristiche della macchia mediterranea e di suggestivi scorci sul Golfo. All’arrivo al Villaggio del Pescatore, visita al sito paleontologico dell'adrosauro Antonio, grazie alla collaborazione con il Civico Museo di Storia Naturale.
 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Tre buone ragioni per dire sì al nuovo ponte sul Canale
 

Ho letto molte opinioni sul futuro ponte ciclopedonale sul Canal Grande. Mi sembra che gli argomenti a favore, sia pratici che estetici, superino abbondantemente quelli a sfavore, tra l’altro esclusivamente estetici. In ogni caso la funzionalità di un’opera e il suo valore estetico sono connessi, e ciò vale in particolare anche per questo progetto. I vantaggi pratici li dividerei in tre categorie. Mobilità ciclopedonale: l’esistenza di un percorso libero dal traffico tra la città vecchia e via Ghega (una volta pedonalizzata via Trento) consentirebbe di spostarsi rapidamente a piedi o in bicicletta tra punti importanti della città, penso ad esempio a chi debba prendere un treno in fretta. Tempo libero e valorizzazione dei servizi nel centro cittadino: da quando sono iniziate le pedonalizzazioni il centro è molto più fruibile, sia per accedere ai negozi e agli altri servizi che per il tempo libero. Se l’opera di pedonalizzazione va estesa alle altre aree del Borgo Teresiano, allora il ponte darebbe continuità alle due aree ai due lati del canale, e la fruizione di tutto il centro continuerebbe ad essere piacevole e comoda. Valorizzazione turistica del percorso Stazione Ferroviaria – Piazza Venezia, che toccherebbe un gran numero di aree interessanti della città (Borgo Teresiano, Canal Grande, piazza Borsa, piazza Unità, Cavana e Città Vecchia, i musei...). Riguardo alla questione estetica, si dice che il nuovo ponte “romperebbe la visuale o la prospettiva”. Ma cosa significa esattamente? La visuale di chi? Forse di chi guarda il canale per lungo: però in questo momento chi guarda il canale per lungo si trova già in condizioni disagevoli perché si trova sul marciapiede del Ponterosso o del ponte sulle rive, con il traffico davanti o dietro, per cui la presenza di un ponte extra è il disturbo minore, ammesso che sia un disturbo; tra l’altro il nuovo ponte permetterebbe di godersi la “visuale” del canale in tutta tranquillità proprio sopra il ponte stesso. Tuttavia anche dal punto di vista estetico la presenza del ponte disturberebbe meno di quanto non disturbi la sua assenza. Infatti, attualmente la visuale è “rotta” non lungo il canale ma di traverso, lungo l’asse via Cassa di Risparmio - via Trento. Chi si trova su una di queste vie vede che il percorso finisce improvvisamente nell’acqua per poi proseguire al di là del canale: il ponte darebbe continuità al reticolo dei percorsi cittadini. Inoltre, il ponte è un piccolo ma necessario tassello di una trasformazione della città in favore della mobilità ciclopedonale, e perciò contribuisce a risolvere (o attenuare) il problema estetico (ma ovviamente non solo estetico) più importante che hanno molte città italiane ma in particolare Trieste: la presenza di automobili dappertutto, che attualmente riempiono ogni angolo dello spazio urbano. In conclusione, non si vedrebbe alcun vantaggio nell’interrompere la procedura di costruzione del ponte pagando penali e con il risultato di rinunciare a tutti i vantaggi appena elencati. Al contrario, le opere pubbliche a cui l’amministrazione comunale dovrebbe dare la precedenza sono proprio quelle, come questa, che con una spesa relativamente modesta riescono ad apportare benefici non trascurabili.

Marco Basset
 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI - Ciclisti osteggiati

 

Trieste non è una città per ciclisti. E non è solo un problema di salite. Prendiamo il lunghissimo marciapiedi centrale delle Rive. Teoricamente è riservato a pedoni e ciclisti. Questo dicono i tanti segnali stradali sistemati sulla striscia rialzata che costeggia le corsie stradali, da piazza Duca degli Abruzzi fino alla piscina terapeutica di Campo Marzio, separandole dalle aree a mare riservate ai parcheggi. In realtà, i ciclisti che decidono di usufruire di questa strana pista ciclabile "a metà" si trovano, oltre a dover fare lo slalom fra pedoni, segnali stradali e cestini dei rifiuti, ad essere quotidianamente apostrofati da tante persone che forse ignorano il significato dei citati segnali e reclamano il marciapiedi tutto per loro. Ma da pochi giorni c'è un altro problema: la Trieste Trasporti ha infatti installato sul lungo marciapiedi alcune pensiline che sono sicuramente molto utili per chi aspetta il bus e si può così riparare dalla pioggia e dal vento, ma di certo restringono ulteriormente lo spazio per i ciclisti. In molte città italiane ed europee l'uso della bicicletta è incentivato, come risposta ecologica ed economica al traffico e allo smog. Nella Trieste che vuol essere europea, i ciclisti vengono a volte investiti, spesso insultati e comunque messi in condizione di non poter usare il loro mezzo. Speriamo che la nuova amministrazione comunale faccia una precisa scelta di campo.

Lettera firmata

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 21 ottobre 2011

 

 

XII Rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente, l’indagine sulla qualità delle strutture e dei servizi scolastici. Pordenone si classifica quinta
 

Rapporto annuale ( 663KB)

Legambiente ha presentato il XII rapporto Ecosistema Scuola, sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado dei Comuni capoluogo di Provincia.
All’indagine, che intende restituire una fotografia degli investimenti degli enti locali per la sostenibilità e la sicurezza degli edifici scolastici, hanno partecipato 91 Comuni e 32 Province. I dati presentati sono relativi al 2010, sono stati raccolti tramite questionario e riguardano complessivamente oltre 5715 edifici comunali e 738 provinciali.
E’ Trento ad aggiudicarsi il primo posto nella classifica dei Comuni. Seguono Verbania, Prato, Reggio Emilia. Pordenone si classifica quinta, lasciando dietro Asti, Parma, Biella, Piacenza e Terni.
Udine si pone al 35° posto, Gorizia al 37° e Trieste conquista un poco lusinghiero 74°.
Nella classifica delle province Udine raggiunge la decima posizione, mentre Trieste è al penultimo posto.
Analizzando i dati del Friuli Venezia Giulia riguardanti gli edifici di proprietà dei Comuni, emerge un quadro ricco di luci ed ombre: dei 204 edifici comunali, il 61% è stato costruito prima del 1940 e solo il 12,75% è stato costruito secondo criteri antisismici. Nonostante il 54,41% degli edifici necessiterebbe di interventi di manutenzione urgenti, la media annuale degli investimenti per la manutenzione straordinaria, rispetto al complesso degli edifici, è scesa da 29.833,01 a 29.454,80 (contro i 135.334,36 del Trentino Alto Adige). Va per contro rimarcato come il 55,88% degli edifici abbia subito interventi di manutenzione straordinaria negli ultimi 5 anni.
Preoccupanti i dati sulle certificazioni: solo il 54,74% degli edifici ha il certificato di agibilità, il 73,68% il collaudo statico, e meno di un terzo degli edifici ha il certificato di prevenzione incendi. Fortunatamente la quasi totalità delle scuole effettua regolarmente le prove di evacuazione.
Positiva è l'attenzione riservata al monitoraggio di diversi rischi ambientali: la totalità degli edifici(sono incerta se percent comuni o edifici, pag 45) è stata oggetto di monitoraggio sulla presenza di amianto, di radon e di antenne presenti in prossimità degli edifici.
Confortante , seppure ancora modesto, il dato relativo agli edifici che in Friuli Venezia Giulia utilizzano fonti rinnovabili (il 18,95 %, al terzo posto dopo Veneto e Puglia).
In Regione vi sono infine da segnalare alcune buone pratiche: tutti i Comuni analizzati finanziano attività educative; i pasti serviti sono mediamente preparati con il 90% di cibi biologici; la maggioranza delle mense utilizza piatti in ceramica o riutilizzabili e nel 96% dei casi si beve l'acqua del rubinetto.
Nel complesso, Legambiente FVG non può che esprimere forte preoccupazione sull'argomento “edilizia scolastica” anche soprattutto in relazione all'attuale crisi finanziaria degli Enti Locali che rischia di scatenare effetti dirompenti su questo ambito di intervento.
Legambiente del FVG onlus
 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 21 ottobre 2011

 

 

Il commissario boccia la Tav “balneare” - Le due ipotesi
 

Altolà del tecnico Mainardi alla tratta veneta vicina alle spiagge: «Troppo costosa, rischiosa e osteggiata dagli enti locali»
TRIESTE «È un’analisi tecnica, non una bocciatura preventiva». È il commissario per la Tav Venezia-Trieste, Bortolo Mainardi, e lascia alla politica quel che è della politica. Ma, diplomazia a parte, la relazione che l’architetto di Belluno presenterà lunedì a Regione Veneto, Rfi, Italferr e Save, sa di stroncatura dell’ipotesi del tracciato costiero dell’alta velocità in Veneto. Questione di velocità, appunto, ma anche di costi, tutela ambientale e parere degli enti locali. Criticità che, a detta del commissario, dovrebbero far propendere per la quadruplicazione della linea ferroviaria esistente tra Mestre e Portogruaro piuttosto che per una discesa direzione spiagge. Non sarà contento Renato Chisso, assessore ai Trasporti del Veneto, ma la lettera scritta da Mainardi per convocare il vertice del 24 ottobre lascia pochi dubbi: il tracciato sulla costa presenta più di una controindicazione. A partire dallo stesso principale obiettivo della Tav, l’alta velocità. Passare nella zona delle spiagge significherebbe allungare i tempi, il contrario della missione del progetto. Il commissario non entra nel merito, ribadisce che il suo ruolo «è solo quello di proporre ai committenti valutazioni tecniche», e che dunque, eventualmente, toccherà a loro mettere una pietra sopra l’ipotesi del tracciato balneare, ma conferma anche di aver scritto numeri ben precisi nel testo inviato alla Regione e agli altri soggetti interessati. Problemi di velocità a parte, c’è innanzitutto il nodo dei sindaci, da sempre contrari a vedere i propri comuni attraversati dalla linea. Il rischio è quello di una Val di Susa del Nordest, Mainardi ricorderà anche questo. E poi, ecco i numeri della relazione, c’è il fattore risorse. Per l’intero tracciato fino a Trieste (186 chilometri di cui 154 fino a Ronchi) la Tav costa secondo la valutazione attuale 7,4 miliardi, dei quali 3,45 servono per andare da Mestre a Portogruaro con tappa unica a Tessera per servire l'aeroporto Marco Polo. Il solo tratto Mestre-Tessera (10 chilometri, 8 in galleria) costerebbe 772 milioni (77,2 a chilometro), mentre quello da Tessera a Portogruaro, e qui entra in campo il tracciato costiero, viene valutato in 2,68 miliardi per 61,5 chilometri (44 milioni circa a chilometro). Cifre da confrontare con la media dei costi europei per la ferrovia ad alta capacità che oscilla tra i 15 e i 18 milioni a chilometro, mentre in Italia si viaggia tra i 40 e i 45. Secondo Mainardi, quadruplicare la linea esistente sarebbe la soluzione più economica e fattibile, anche per motivi ambientali. Sul piatto ci sono infatti pure le indicazioni della Commissione Via del ministero dell’Ambiente, che chiede di unificare la progettazione previa comparazione delle opzioni in campo, compresa quella di valorizzare il tracciato storico. Tutta una serie di stop, dunque, a una Tav lungo il litorale. Il Veneto dovrà fare un nuovo dietrofront e tornare al tragitto parallelo all’autostrada? Lo si comincerà a capire da lunedì. Il Friuli Venezia Giulia (è previsto la prossima settimana un incontro Tondo-Zaia, anche se in agenda sinora c’è solo il tema Finest) resta intanto in attesa. «Non entro nel merito di vicende che interessano un’altra Regione – osserva l’assessore ai Trasporti Fvg Riccardo Riccardi –. Noi andiamo avanti con la nostra tratta, aspettando che i sindaci individuino il tecnico di loro fiducia per le osservazioni sul progetto».
Marco Ballico

 

 

Paoletti “mediatore” lancia lo spot sulla Transpadana - IN PISTA PER L’ALTA VELOCITÀ DEL NORDEST
 

TRIESTE La Camera di Commercio di Trieste si candida a fare da “mediatore” nel processo che porterà alla realizzazione della Tav nel Nord Est. L’ipotesi è emersa nel corso della presentazione dello studio “Infrastrutture, Informazione e Consenso” realizzato dall’ente camerale triestino con il supporto di Uniontrasporti. Lo studio, oltre a indicare le caratteristiche del territorio triestino dove andrebbe a realizzarsi il corridoio infrastrutturale, propone anche un modello concertativo per evitare di calare dall’alto un progetto di queste dimensioni, cercando invece la condivisione di istituzioni locali e cittadinanza. «A Trieste abbiamo dei comitati contro la Tav – ha spiegato il presidente della Camera di Commercio, Antonio Paoletti – a dimostrazione che il tema è delicato anche da noi, nonostante le proteste si siano sopite dopo la scelta del tracciato ‘alto’ rispetto a quello che tagliava la Val Rosandra». Lo scopo, aggiunge Paoletti che ricopre anche il ruolo di presidente della Transpadana, «è informare i cittadini che la realizzazione di quest’opera è importante e positiva ma che l’obiettivo va perseguito in maniera concertata». A questo scopo, da ieri su Rai 3, a ridosso dei tg locali, e su Rai News, va in onda uno spot promosso da Transpadana che spiega le ragioni della Tav per sensibilizza l’opinione pubblica: «I corridoi europei sono una risorsa per l’Italia ed è fondamentale che questa sfida, culturale prima ancora che economica, si diffonda anche sui mezzi di comunicazione più popolari».

(r.u.)
 

 

Rigassificatore Trieste - E.On attende l’ok sloveno

 

L’ad di Eo.On Italia Miguel Antonanzas ha confermato l’investimento nel rigassificatore di Livorno. Per quanto riguarda il progetto di rigassificatore triestino del Terminal Alpi Adriatico, si è limitato a spiegare che l'impianto offshore (13 km dalla costa) ha già ricevuto la Via (Valutazione di Impatto Ambientale) ed è in attesa delle autorizzazioni da parte slovena,
 

 

Bruni: bonifiche in ritardo per colpa della Regione
 

Il presidente dell’Ezit replica alle dichiarazioni dell’assessore al convegno di Confindustria: «Parte delle risorse è stata liquidata tre anni dopo»
«Affermazioni gratuite, facilmente smentibili da evidenti riscontri documentali». Il presidente dell’Ezit, Dario Bruni, respinge al mittente le frasi che l’assessore regionale Federica Seganti ha pronunciato in merito all’ente al convegno sullo sviluppo del territorio. Fra i temi caldi, in quella sede, anche le bonifiche del Sito inquinato e il piano urbanistico dell’area industriale, sui quali la Seganti, come specifichiamo a fianco, non ha certo usato mezze misure. E adesso il presidente dell’Ezit risponde in maniera altrettanto decisa, ricordando che in tema di bonifiche l’ente agisce per conto della Regione, attraverso la formula della delegazione amministrativa, impiegando fondi messi a disposizione dalla stessa amministrazione. «Sino ad oggi l’Ezit ha dato attuazione alle uniche due delegazioni amministrative rilasciate – sottolinea Bruni - completando le attività, mentre altrettanto non si può dire della Regione che ha liquidato con tre anni di ritardo parte delle risorse, e ha impiegato più di un anno solo per la trasmissione dei risultati delle analisi al ministero». Il presidente dell’Ezit dichiara poi di considerare gravissima la frase della Seganti secondo la quale «l’Ezit avrebbe chiesto fondi e li avrebbe utilizzati per altre cose». A parte che sono due anni che l’Ezit non riceve un euro dalla Regione, prosegue Bruni, è impossibile che una cosa del genere succeda visti i meccanismi di rendicontazione della Regione. «Pensarlo - rileva il presidente dell’Ezit - significa presupporre un comportamento doloso dell’ente e dei suoi amministratori, il che è quantomeno offensivo. La Regione approva i bilanci dell’ente e mai ha avuto nulla da ridire». A questo punto Bruni entra ancora di più nel merito dei rapporti con la Regione: «Saremmo ben contenti che l’assessore iniziasse a svolgere il suo preciso compito istituzionale di indirizzo e coordinamento, visto che a più di un anno dal suo insediamento mai ha avuto un contatto ufficiale con l’ente, nonostante le ripetute richieste». Anche in tema di caratterizzazioni la replica del presidente dell’Ezit è senza mezzi termini: «Accusare l’Ezit di inerzia sembra quanto meno ridicolo». Un mese fa, ricorda, la giunta regionale ha affidato all’ente la predisposizione del progetto per completare le caratterizzazioni nel Sito inquinato. Ma «nè il decreto di delegazione amministrativa né le risorse finanziare sono ancora giunti nei nostri uffici». Queste attività delegate all’Ezit si inquadrano in un programma che vede «un diverso ruolo e una rinnovata responsabilità della Regione», che non ha aderito all’accordo proposto dal ministero dell’Ambiente. «Visto che si parla tanto di tagli e di sprechi - annota Bruni - qualcuno in Regione dovrebbe giustificare al contribuente i lunghi mesi persi da tutte le amministrazioni pubbliche triestine per discutere sulle tristemente famose 14 versioni di quell’accordo». Bruni conclude l’articolata replica alla Seganti osservando che «l’Ezit è uno dei principali danneggiati da questa gestione delle bonifiche, perché non riesce a promuovere il suo comprensorio, che praticamente coincide col Sito inquinato. Se le risorse disponibili ci fossero state assegnate tutte e subito - sottolinea - a quest’ora avremmo finito di caratterizzare, avremmo fatto l’analisi del rischio e buona parte delle aree del Sito sarebbero già svincolate e riutilizzabili».
Giuseppe Palladini

 

 

Basovizza, forestali via dal primo novembre - Comunicazione ufficiale ai dipendenti del Centro didattico e naturalistico. Camber attacca Violino
 

Trasferiti, con decorrenza primo novembre. Dieci giorni e i cinque dipendenti del Corpo forestale, più il sesto componente dell’organico in forza al Centro didattico e naturalistico di Basovizza, lasceranno la struttura che per anni hanno gestito. La comunicazione ufficiale è arrivata ieri, attraverso una lettera firmata dal direttore centrale della Funzione pubblica, autonomie locali e coordinamento delle riforme della Regione, Claudio Kovatsch. Dei forestali, in tre sono stati assegnati alla Stazione forestale di Duino Aurisina, altri due a quella di Opicina. I dipendenti interessati dal provvedimento - viene specificato nel documento - possono inviare osservazioni scritte entro cinque giorni alla direzione, che a quel punto deciderà poi sul trasferimento entro 30 giorni (sempre lavorativi) dalla comunicazione. In un passaggio ulteriore, la lettera definisce «sopprimendo» il Centro di Basovizza. Chiusura dietro l’angolo? Non è nei piani della Regione, la cui linea viene confermata dall’assessore alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali Claudio Violino: «Il Centro resta in piedi. Stiamo vedendo di trasferirlo all’Arpa». Precisamente - stando a quanto già affermato nei giorni scorsi da Violino - al Larea, il laboratorio di educazione ambientale e sviluppo sostenibile dell’Arpa stessa. Anche se di questa prospettiva, nelle lettera che informa il personale degli spostamenti fissandone la data, non c’è traccia alcuna. Si parla solo di «soppressioni». Il progetto di riassetto e riorganizzazione della Direzione centrale regionale Risorse rurali, agroalimentari e forestali, che include pure la cancellazione di cinque stazioni forestali (San Dorligo della Valle e poi quelle di Comeglians, Resia, Meduno e Claut), trova dunque attuazione concreta. Nonostante le forti perplessità dei dipendenti e dei sindacati, manifestate una volta di più martedì scorso a Udine durante un’affollata assemblea con oltre 150 partecipanti, tra cui moltissime guardie forestali. Ai sindacati, quel giorno, era stato dato mandato di chiedere un’ultima volta quell’incontro all’assessore al Personale Andrea Garlatti auspicato più volte da luglio in poi e mai ottenuto, e nel contempo di attivarsi anche sul piano della tutela legale dei diritti dei lavoratori. «La richiesta è stata inviata», ha spiegato ieri Andrea Fumis (Cgil), in attesa di ricevere quindi al più presto risposta da Garlatti. Poi, qualche ora dopo, la doccia fredda delle lettere ai dipendenti. Che ha fatto sbottare il sindacalista: «Un’operazione inqualificabile - dice Fumis - in fase di elaborazione da agosto e che comporta davvero una vessazione verso certi colleghi, i quali vedono stroncata così ogni possibilità di carriera e perdono eventuali qualifiche già acquisite. Inoltre, l’amministrazione non coinvolge i sindacati più su nulla, le relazioni sindacali sono blindate, i lavoratori non hanno un minimo di tutela. Se la discussione non c’è - conclude -, allora prenderemo la strada delle vertenze, delle cause e delle denunce». Il Corpo forestale, intanto, si appresta a dire addio a Basovizza dopo due secoli: lì si trova infatti dall’inizio dell’Ottocento, dall’epoca del vivaio utilizzato per lo storico rimboschimento del Carso, divenuto poi Stazione forestale di Trieste. Dal 1991 è attivo nella struttura il primo Centro didattico naturalistico, ristrutturato e ampliato nel 2008 con il supporto di 2,5 milioni di euro (fondi europei). Il Cdn ha ricevuto proprio nel 2011 altri finanziamenti comunitari: 300mila euro per implementare le strutture didattiche e 40mila per l’acquisto di materiale divulgativo. Vi è stato creato anche il sentiero Josef Ressel. Lo scorso anno il Cdn - che rientra nei progetti Interreg Carso-Kras e Slow-Tourism - ha ospitato 15mila visitatori. Il caso Basovizza genera peraltro fratture politiche all’interno del centrodestra che è maggioranza in Regione. Così il triestino Piero Camber, consigliere regionale del Pdl, si scaglia contro le scelte dell’assessore leghista Violino: «Questa decisione la leggo in chiave anti-triestina - dice Camber, promettendo battaglia in Consiglio regionale -. Al Centro di Basovizza lavora gente preparata ad hoc, la struttura è diventata meta ogni anno di visite di scolaresche. Pare che ora, dopo le ipotesi Ersa e Larea, la si voglia dare in gestione al personale dell’Osmer: pensiamo di affidarla a qualcuno che fa le previsioni del tempo? Mi sembra una scelta balzana».
Matteo Unterweger

 

 

La fabbrica con l’energia che viene dal tetto - SAN DORLIGO DELLA VALLE -

 

Un ingegnere triestino ha progettato il tetto a pannelli fotovoltaici della Officina Lussetti
SAN DORLIGO Produce energia equivalente a quella che consumano due palazzi di una quindicina di famiglie ciascuno nell’arco di un anno ed evita, di conseguenza, il diffondersi nell’atmosfera di anidride solforosa, ossidi di azoto, polveri e anidride carbonica, risultato della combustione delle fonti di energia tradizionali come il petrolio e il carbone. Per la prima volta è stato realizzato, in provincia di Trieste, per l’uso di una piccola impresa individuale. È l’impianto di pannelli fotovoltaici, quelli, per intendersi, che incamerano il calore del sole per trasformarlo in energia elettrica e abbattere così i costi delle bollette, progettato e costruito dall’ingegnere triestino Riccardo Radovani. «Assieme a mio padre Francesco – spiega il 36enne progettista – abbiamo creato anni fa uno studio professionale che ha approfondito nel tempo la specifica tematica del risparmio energetico. Siamo stati richiesti di un progetto dall’Officina fabbromeccanica Lussetti – precisa – che ha un notevole consumo di energia elettrica. Abbiamo studiato nel dettaglio l’intervento e oggi l’azienda committente, che opera nella zona industriale di Dolina, sfrutta il calore del sole, con pannelli a impatto ambientale zero e invisibili dalla strada che porta alla sede della Lussetti». Saranno 124mila i kWh di potenza garantiti in un anno, a fronte del quale non saranno prodotti 87,14 kg di anidride solforosa, 106,93 di ossidi di azoto, 5,63 di polveri, 66,69 di anidride carbonica. «In Friuli, questo tipo di impianti – riprende Radovani – sono già piuttosto diffusi, qui da noi siamo al primo intervento a favore di un privato, mentre qualche grande azienda, con sede nel territorio provinciale, ha già sviluppato progetti simili. In futuro – prosegue l’ingegnere – credo che prenderanno sempre più spesso piede anche in quest’area». Il costo dell’impianto non è stato reso noto, anche se appare chiaro che si tratta di un investimento di considerevole entità. «Ma si tratta – conclude il progettista triestino – di un investimento a lungo termine, perché se si considera quanto si spende periodicamente per pagare la bolletta dell’energia elettrica, ecco che i rapporti e i ragionamenti mutano». Bisogna partire dall’analisi dei costi attuali per arrivare a una conclusione che ciascuno, privati e imprese, possono fare con una certa facilità. Lo Studio Radovani servizi d’ingegneria si è avvalso, per la realizzazione dell’impianto, della collaborazione della Elettroveneta spa.

Ugo Salvini
 

 

Raccolta differenziata: il Cuoa alla Mattiussi

 

Martedì a Udine nella sede di Mattiussi Ecologia guidata da Valter Mattiussi ci sarà un’incontro organizzato dal team dell’Mba Imprenditori della Fondazione Cuoa. Mattiussi ha cambiato le logiche di progettazione dei contenitori e dei sistemi integrati per la raccolta differenziata dei rifiuti con un occhio attento al design.

 

 

Assolti i telefoni cellulari «Non causano tumori» - studio DANESE
 

ROMA I telefonini non aumentano il rischio di cancro al cervello o più in generale al sistema nervoso centrale, anche se li si utilizza abitualmente da oltre 10 anni. Il dato rassicurante arriva da un maxi-studio dalle dimensioni senza precedenti, sia per numero di individui considerati sia per gli anni di durata dello stesso, condotto in Danimarca da Christoffer Johansen della Cancer Society di Copenhagen e Patrizia Frei dell’istituto di Epidemiologia dei Tumori di Copenhagen. L’indagine epidemiologica, che ha coinvolto 358.403 possessori di telefonini seguiti mediamente per 18 anni, è stata pubblicata sul British Medical Journal. Lo scorso maggio l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, che fa capo all’Organizzazione mondiale della sanità, ha dichiarato che le onde radio di frequenza compatibile con quella delle onde emesse dai telefoni cellulari sono potenzialmente cancerogene, assegnando alle onde dei telefonini una pericolosità di livello 2B. Ma il dibattito su telefonini e tumori resta aperto e il verdetto finale ancora non c’è.
 

 

SEGNALAZIONI - NEGOZI - Porte spalancate

 

Vorrei cortesemente chiedere al sindaco un'ordinanza comunale (meglio sarebbe una legge dello Stato) che proibisca ai locali commerciali di ogni genere di tenere le porte dell'esercizio stesso spalancate quando sono in funzione gli impianti di riscaldamento d'inverno e i condizionatori d'estate. Sembra impossibile con tanto che si parla di risparmio energetico e di effetto serra ma va molto di moda questa assurdità. Se le porte non sono spalancate il cliente forse non entra? Io non entro per principio nei negozi spreconi.

Fiorella Tripodi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 20 ottobre 2011

 

 

Ferrovie, lo sbarco in Francia è dei privati - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

L’orgoglio è giustificato solo per Veolia, non per Moretti e Tremonti, responsabili dell’eutanasia della maggiore impresa di trasporto italiana
A sbarcare in Francia non sono le FS, ma l’impresa privata (Veolia) a cui le ferrovie italiane si sono dovute rivolgere in conseguenza del pratico fallimento di Trenitalia che è stata costretta dal Gruppo a ritirarsi in tempi diversi dal mercato internazionale merci e viaggiatori. Le FS sono state sempre presenti in Francia, così come in tutto il mercato europeo, avvalendosi degli accordi internazionali in vigore anche dopo l’emanazione delle direttive comunitarie in tema di liberalizzazione ferroviaria, accordi che sono stati disdetti unilateralmente da Trenitalia. Le FS, infatti, che - secondo le direttive di Tremonti - per sanare il bilancio possono limitarsi a pensare solo all’alta velocità, hanno deciso di ritirarsi dai traffici di tutti i paesi confinanti con i quali hanno sempre avuto proficue relazioni, sia merci che viaggiatori, utilizzando le convenzioni vigenti per assicurare all’Europa collegamenti all’insegna del coordinamento e dell’integrazione, base essenziale di tutte le comunicazioni continentali. La collaborazione delle reti dei singoli paesi, finalizzata a fornire migliori servizi con tariffe più economiche nel quadro di una sana competizione tra le aziende di trasporto utilizzatrici delle infrastrutture, ha sempre informato i rapporti delle ferrovie europee prima dell’avvento della regressiva politica delle FS che, abbandonando coordinamento ed integrazione, hanno eletto a concorrenti le reti estere e ad avversari le imprese di trasporto anche nazionali, con una concezione che nemmeno il monopolista ha mai sfiorato. In una vera e propria regressione culturale, le ferrovie italiane sono giunte addirittura a separare il contratto di trasporto, all’interno della propria impresa commerciale (Trenitalia), distinguendo il servizio regionale da quello nazionale, quando il biglietto unico cumulativo (plurivettoriale) per un servizio completo è sempre stato lo strumento principe per un’offerta competitiva di tutte le imprese di trasporto. L’orgoglio è quindi giustificato solo per Veolia ma non per le FS, non per Trenitalia, ma nemmeno per Moretti e Tremonti, responsabili dell’eutanasia di quella che è stata la maggiore impresa di trasporto italiana. Responsabili anche di aver impedito le gare per il trasporto pubblico locale nelle regioni, nella superata logica monopolista in contrasto con le direttive comunitarie. Una risposta positiva alla speranza di Massimo Riva potrà venire solo quando il nostro Paese si deciderà a separare nettamente l’infrastruttura (Rfi, che deve garantire la competitività ferroviaria su tutta la rete e non solo sull’alta velocità, a servizio di tutte le imprese di trasporto, pubbliche e private, nazionali ed estere), dall’impresa commerciale (Trenitalia) che deve essere messa in condizione di presentare un’offerta competitiva e non abbandonata alla logica assistenziale di stampo sovietico per affrontare positivamente il mercato, che non è solo quello dell’alta velocità.
 

 

LIBRO NERO ALTA VELOCITA'

 

Oggi, alle 20.30, al Kulturni dom di Prosecco (di fronte trattoria Cavallino), Ivan Cicconi, uno dei maggiori esperti di appalti pubblici, presente «Il libro nero dell’alta velocità» per il comitato Notav di Trieste e del Carso.

 

 

SEGNALAZIONI - PRG e Direttive - REPLICA

 

La lettera del sig. Giulio Gaiotti del Piccolo del 16 ottobre rende necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto le direttive non sono un piano regolatore bensì l’indirizzo per realizzarlo e quindi non possono cancellare o modificare destinazioni urbanistiche come sembra pensare il sig. Gaiotti. Le destinazioni urbanistiche del Piano regolatore vigente necessariamente rimangono infatti in vigore fino all’adozione del nuovo Piano. Nelle more della definizione progettuale del nuovo Piano, alle direttive possono essere correlate misure di salvaguardia, che abbiamo modulato con contenuti diversi a seconda delle zone omogenee della Variante 66. Per quel che riguarda ad esempio le zone edificabili della costiera, sono state identificate misure rigorose finalizzate proprio a limitare l’edificabilità. Il sig. Gaiotti segnala poi l’esistenza di “lavori in corso” nella zona di Via del Pucino, ma in quella zona dal Comune non è stato rilasciato alcun nuovo permesso a costruire. Solo prima dell'adozione della Variante 118 (sotto la passata Amministrazione quindi), era stato rilasciato un permesso per la realizzazione di 5 o 6 edifici: è probabilmente a questo che si riferisce il sig. Gaiotti. Al momento è in firma soltanto una variante ad un permesso già rilasciato, che peraltro prevede una riduzione di volume. Non so a quale “solerte funzionario” la lettera attribuisca l’intenzione di far abrogare le limitazioni che riguardano i pastini, ma mi sento di escludere che l’amministrazione abbia un’intenzione di questo tipo. Infine un’ultima considerazione: le direttive non salvano il cosiddetto piano Illy-Cervesi ma si propongono nel tempo più rapido possibile di pervenire ad un nuovo piano regolatore che superi i limiti della variante 66 attualmente in vigore, limiti che certo la variante 118 non superava.

Roberto Cosolini Sindaco di Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 19 ottobre 2011

 

 

Acegas, debiti duplicati in 7 anni «Ora la riduzione è una priorità»
 

Audizione dei vertici nella Terza commissione del Consiglio comunale: «Siamo in linea con altre realtà Nel periodo distribuiti dividendi per 100 milioni. Ora in vendita il 49% della gestione della rete gas»
Il monte-debiti di AcegasAps? È preoccupante certo - essendo raddoppiato da 240 a 480 milioni in 7 anni - «e la situazione finanziaria nazionale e internazionale non ci aiuta». Occhio però - ammonisce il presidente della multiutility Massimo Paniccia, con l’ad Cesare Pillon a fargli eco- il quadro “clinico” è tutt’altro che compromesso. Anzi. Ora che il gruppo si è lasciato alle spalle i 100 milioni per la terza linea del termovalorizzatore di Padova - cosicché, per il momento, sono di fatto «finiti gli investimenti straordinari» - si va, dal punto di vista dello stesso management, verso la concreta possibilità di «stare in un range di autofinanziamento». Imboccando, contemporaneamente, la via di una «progressiva riduzione dell’indebitamento», in attesa proprio di un ritorno su certi investimenti fatti, come la metanizzazione della regione bulgara dello Zapad attraverso la controllata Rilagas, oltre che su certe altre operazioni in corso d’opera, come la gara per la vendita, per un massimo del 49%, della gestione della distribuzione del gas. Estremizzando e banalizzando assieme, insomma, il solo azzardarsi a bisbigliare «un pericolo default per AcegasAps» significa scivolare nella «pura fantascienza», per dirla alla Pillon, con - stavolta a parti invertite - Paniccia che concorda. Morale: un effetto domino tale da travolgere il Comune di Trieste - il primo azionista dall’alto del suo 50,1% nella holding, che controlla a sua volta circa il 63% della Spa - non cova neanche delle più nere previsioni. Il messaggio esce da quasi due ore e un quarto di “audizione” dei vertici della multiservizi - a fianco di Paniccia e Pillon c’è pure il direttore amministrativo Massimo Forliti - celebrata nella tarda mattinata di ieri nella Terza commissione del Consiglio comunale, competente in materia di società partecipate, convocata dal suo presidente Marco Toncelli, del Pd, alla presenza pure dei suoi colleghi di partito Roberto Cosolini e Fabio Omero, uno il sindaco e l’altro l’assessore alle partecipate, appunto. In tale contesto Paniccia, dispensando totale disponibilità a parlare in seduta pubblica dei conti della multiutility davanti ai rappresentanti del «socio-cliente», una cosa la vuole mettere subito in chiaro: «Avevo altri impegni, mi è stato chiesto di venire, e sono venuto volentieri, fermo restando che ci sono delle regole che ci vengono imposte in quanto azienda quotata in borsa e che vanno rispettate». Tradotto: dirò ciò che posso, e non andrò oltre. Da questa premessa Paniccia scatta - davanti ai consiglieri-commissari che poi lo incalzeranno con decine di domande - la fotografia finanziaria di AcegasAps sulla scia dei dati 2010: dal 2004 al 2011 l’indebitamento è salito da 240 a 480 milioni, «ma in questi sette anni i milioni investiti sui nostri asset sono stati 577, e a questi vanno aggiunti, nello stesso periodo, dividendi per altri cento». Se ci mettiamo poi un patrimonio netto di circa 360 milioni ecco che ne esce un valore aziendale, un “attivo” all-inclusive, che, anche alla luce delle valutazioni degli advisor, è di circa un miliardo “lordo”, che a sua volta scende a circa 500 milioni al netto dell’indebitamento». E a proposito di questo, AcegasAps - assicura il suo presidente - non ha nulla da indiviare alle altre multiservizi di peso: «l’Ebitda (l’utile prima di interessi, ammortamenti e tasse, ndr) è a 120 milioni. Siamo in linea con un trend che sta registrando indebitamenti quattro volte l’Ebitda». Ora, però, partirà l’operazione “risalita”: «La riduzione del debito - ancora Paniccia - è una delle priorità del Cda». Si riparte, in parte, dalla filosofia che aveva portato alla vendita del 49% di Estenergy nel 2007, «da cui abbiamo incassato 43 milioni di euro», con la gara, già aperta, «per la vendita del 49% della rete distribuzione del gas. Su questo fronte entro la fine del mese dovrebbero essere presentate le offerte vincolanti, poi il Cda farà le valutazioni». E quanto può fruttare, una simile transazione, è proprio uno di quei dati sensibili coperti da segreto di borsa.
Piero Rauber

 

 

Socio e cliente Il doppio volto del Comune
 

C’è un Comune «cliente» e un Comune «socio». Il sindaco Roberto Cosolini, come chiosa personale alla seduta della Terza commissione, invita i consiglieri di maggioranza e di opposizione presenti all’audizione «a distinguere i due profili, anche per il futuro». Già perché un conto è reclamare un legittimo «sviluppo», leggi miglioramento, dei servizi erogati dalla propria multiutility sul proprio territorio - dalla differenziata alle rinnovabili, tanto per citare i due totem della nuova amministrazione di centrosinistra - e un altro è esprimere delle «preoccupazioni», altrettanto legittime, per la condizione finanziaria della propria multiutility, a prescindere in questo caso dai servizi erogati sul proprio territorio. E il tono, e lo stesso oggetto, dell’audizione tenutasi nella mattinata di ieri era obiettivamente “spostato” più verso il secondo, di questi due profili. Una dicotomia sintetizzata dallo stesso Paniccia in una battuta che battuta non è, ma è invece mera constatazione “tecnica”: «Quei cento milioni di dividendi distribuiti dal 2004 sarebbero potuti essere anche cento milioni d’indebitamento in meno, ma bisognerebbe chiedere ai soci che cosa ne pensano».

(pi.ra.)
 

 

L’altra partita: il metano portato in Bulgaria - Paniccia: «I posti di lavoro del gruppo? Non si toccano». Ed è caccia ai soldi pubblici per il depuratore
 

Il rientro dai debiti, e dunque dagli investimenti, lascia intendere il management, passa per... nuovi investimenti. Non c’è scampo. «AcegasAps - così Paniccia - investe per sua ragione sociale per migliorare la qualità della vita delle persone, attraverso il miglioramento dell’efficenza dei servizi che eroga. Ed è proprio attraverso il miglioramento del servizio che recuperiamo anche la quota parte di ammortamento di quanto abbiamo investito. È ovvio però che dobbiamo investire subito per ottenere il ritorno economico in “n” anni». Il fatto è che, «in un mercato sempre più aperto», benedice Cosolini, nulla può ostare che AcegasAps vada a cercarsi nuovi business e nuovi ritorni economici per il Comune-socio andando a migliorare la qualità delle persone che vivono da tutt’altra parte, come effettivamente ha fatto e sta facendo il gruppo attraverso la sua controllata Rilagas nella regione bulgara dello Zapad, dove nell’estate di tre anni fa è stato posato il primo tubo nell’ottica di una progressiva metanizzazione dell’area, al posto del carbone e della legna: venti milioni investiti fino ad oggi su un territorio in cui vive un milione di abitanti per «270mila punti di consegna, un bacino d’utenza pari a Trieste e Padova messe assieme», ricorda lo stesso Pillon. E Paniccia aggiunge: «A seconda di come si chiudono le cause, dato che lo start-up per la metanizzazione nel Paese è la fase certamente più delicata, anche politicamente, in Bulgaria andremo a reddito forse già nel 2012, il che porterà, al caso, dividendi riversabili sul nostro territorio». Ma la commissione di ieri si è rivelata occasione per una panoramica sull’intero universo Acegas, dai suoi risvolti sociali a quelli più propriamente industriali, come ad esempio il destino del nuovo depuratore di Servola alla luce della vittoria dei “sì” al referendum estivo. Un falso problema, secondo Pillon: «Chi fissa le tariffe dell’acqua è l’Ato, il cui presidente è il sindaco di Trieste. Per il depuratore, oggi, abbiamo una copertura finanziaria di 15 milioni su 45». Il messaggio quindi è: «Auspichiamo l’impegno di tutti affinché, per l’opera attualmente in fase di progettazione che andrà in seguito in gara europea, possano esserci più risorse pubbliche possibili a disposizione». Gli altri flash scattati ieri, per la cronaca, hanno interessato, tra le altre cose, vista la presenza anche dei sindacati, gli oltre 1.700 posti di lavoro del gruppo: «Potremmo fare lo stesso fatturato con meno dipendenti, non se ne parla», la promessa di Paniccia.

(pi.ra.)
 

 

Progetto Patres: le rinnovabili nella pianificazione urbana - CONFERENZA DOMANI E VENERDì
 

Perché i cittadini siano indotti ad adottare soluzioni virtuose, il buon esempio deve partire dalle pubbliche amministrazioni. Spetta, infatti, agli enti locali fare il primo passo verso la revisione dell’edilizia e dei regolamenti urbanistici, avviando un inarrestabile e virtuoso percorso che promuova l’inserimento di fonti energetiche rinnovabili nell’ambiente urbano. Di questo si parlerà alla conferenza internazionale Patres, che si terrà all’interno del comprensorio di Area Science Park domani e venerdì. Patres è un progetto europeo triennale, partito il primo maggio del 2010 e finanziato da Intelligent Energy Europe: vi hanno aderito sette paesi del vecchio continente (Italia, Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Romania e Spagna). Spiega Fabio Tomasi, coordinatore di Patres: «Il congresso triestino dal titolo “Energie rinnovabili, pianificazione urbanistica e regolamentazione edilizia: il ruolo degli enti locali in Europa” presenterà i risultati dei corsi di formazione tenuti nei Paesi partner. Nella seconda giornata di convegno, si avvieranno invece azioni pilota per supportare i Comuni che hanno già attuato una prima revisione del proprio piano urbanistico. Si valuterà, infine, quale potrebbe essere un giusto equilibrio tra incentivi e obblighi in tema di rinnovabili e urbanistica».

(c.s.)
 

 

«Differenziata, metà dei Comuni virtuosi» - “IMPRONTA MUGGIA”
 

MUGGIA «I numeri della raccolta differenziata dei rifiuti a Muggia? Ben al di sotto rispetto ai veri Comuni virtuosi». L’associazione ambientalista Impronta Muggia torna alla carica. I recenti dati diffusi dal Comune, che nel mese di agosto ha annunciato di aver raggiunto il 39%, non hanno affatto convinto il rappresentante del sodalizio Jacopo Rothenaisler. «Nei Comuni virtuosi si raggiunge il 70-80% di differenziata, con un costo annuo pro capite di 60-70 euro. A Muggia il costo pro capite è di 127 euro, il doppio dei Comuni efficienti , mentre la raccolta differenziata è sotto il 40%, non diciamo esattamente se 35 o 39% perché ci sono margini interpretativi. Comunque la metà dei Comuni virtuosi, che in sintesi pagano la metà differenziando il doppio». I muggesani però pagano molto meno rispetto a cinque anni fa e hanno quasi raddoppiato la raccolta differenziata. «Fondamentalmente è vero. Ma è fumo negli occhi - spiega Rothenaisler -. Fino al 1996 a gestire il nostro servizio rifiuti era la municipalizzata municipalizzata triestina, che aveva ed ha i peggiorisultati di raccolta differenziata, con i costi più alti di tutto il Centro Nord». «Per fare un punto sullo stato della raccolta rifiuti dobbiamo analizzare cosa sta scritto nel contratto di gestione stipulato dal nostro Comune, e vedere se il gestore lo rispetta nei tempi e nei modi di esecuzione, e se raggiunge gli obiettivi indicati», prosegue il responsabile di Impronta Muggia. Il monitoraggio, conclude, che facciamo «confrontandoci anche con gli uffici comunali, ci dice che oggi nessun obiettivo di contratto è stato raggiunto, che i tempi di attivazione della raccolta differenziata della frazione umida non sono rispettati, e che non sono stati collocati sul territorio i contenitori contrattualmente previsti».

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 18 ottobre 2011

 

 

Gorizia nella Top Ten per qualità dell’aria e differenziata

 

GORIZIA Qualità dell’aria più che soddisfacente, raccolta differenziata dei rifiuti che veleggia al 61,2%, sempre meno mezzi a motore in circolazione (63 ogni 100 abitanti), superfici verdi a iosa. Legambiente promuove Gorizia nel rapporto annuale sulla qualità ambientale che esamina, attraverso l’indagine «Ecosistema urbano», le 103 città italiane, capoluogo di provincia. Rispetto agli anni passati, non c’è più una classifica generale: le città vengono raggruppate in grandi, medie e piccole. Ebbene, Gorizia si piazza al settimo posto assoluto nella lista dei centri con meno di 80mila abitanti. Una gran bella soddisfazione. E che conferma come da queste parti l’ambiente sia rispettato. L’indagine ha preso in considerazione tutti quei parametri che hanno un effettivo impatto sulla vita quotidiana, in particolare alle voci riguardanti i servizi: trasporto pubblico, raccolta differenziata dei rifiuti, qualità dell’aria e dell’acqua. La nostra città la spunta nelle voci relative alla minor concentrazione di polveri sottili (è ottava) e di biossido di azoto (è nona). È più attardata riguardo al rischio-ozono (si piazza ventisettesima) e riguardo alla capacità di depurazione pari all’87% contro il 100 per cento spuntato da città quali Aosta, Avellino, Campobasso, Oristano, Sondrio, Vercelli e Caserta. Bilancio positivo (nonostante gli ultimissimi dati abbiano evidenziato una lieve flessione) per la raccolta differenziata: da queste parti, nonostante i mugugni e le ritrosie di qualcuno, si selezionano bene i rifiuti. Ma non è tutto oro quello che luccica. Se Gorizia si piazza settima (e non prima) significa che c’è anche qualcosa che non va. E il pensiero corre dritto alle piste ciclabili e alle zone pedonali: certo, la situazione è migliorata notevolmente rispetto a solo qualche anno fa. Vero è anche che si può fare di più, ad esempio dando “organicità” ai tracciati ciclabili che sono, oggi, troppo spezzettati. Riguardo alla pedonalizzazione, le vie Garibaldi, Mazzini e delle Monache hanno fatto da battistrada e c’è un gran numero di commercianti che chiedono di far sloggiare le auto dal tratto centrale di Corso Verdi. Sempre presente il problema (annoso) delle condutture colabrodo: ogni due litri erogati, uno viene perso a causa delle pessime condizioni delle tubature. Ma Irisacqua ha già annunciato la controffensiva.
 

 

La rana lombarda sconfigge il progetto dei campi da golf - VITTORIA AMBIENTALISTA A MONTONA
 

MONTONA Per una volta tanto, gli ambientalisti hanno vinto la battaglia contro il capitale. Ci riferiamo al verdetto del Tribunale amministrativo della Croazia che ha accolto il ricorso delle associazioni “Istria verde” e “Azione verde” contro i pianificati campi di golf nella zona di San Pancrazio. Nel 2009 il progetto aveva incontrato disco verde da parte del Ministero dell'ambiente, il che aveva scatenato la reazione dei Verdi. La società investitrice Jupiter Adrija aveva l'intenzione di costruire su 240 ettari ai piedi di Montona, due campi di golf con annessi un albergo, 59 ville con piscine e sette edifici di appartamenti per un totale di 498 posti letto, inoltre 19 laghetti artificiali, due bacini idrici e un parcheggio di 600 posti. Ebbene il Tribunale amministrativo ha tenuto conto delle argomentazioni presentate nel ricorso che parlano di impatto ambientale dannoso e inaccettabile. Tra l'altro si dice, la zona è l'unico biotopo della rana lombarda in Croazia, il grande fabbisogno d'acqua metterebbe in pericolo l'esistenza di numerose specie di flora e fauna. C'è anche di mezzo l'aspetto paesaggistico: la cittadina medievale di Montona sul pittoresco colle verrebbe irrimediabilmente depurpata dalle nuove costruzioni e la vallata del fiume Quieto nella zona cambierebbe totalmente aspetto. Tali osservazioni erano state esposte in precedenza in maniera molto dettagliata da esperti del settore, al Ministero dell'ambiente, prima che fosse data luce verde al progetto. Evidentemente però, il Ministero stesso come scrive la stampa croata, più che ascoltare la voce degli specialisti come architetti, urbanisti e biologi, aveva tenuto conto del parere progolf degli amministratori locali, pronti a farsi in due pur di veder arrivare quanto prima le bettoniere nel verde di San Pancrazio. Per Dusica Radojcic, presidente di Istria Verde, la sentenza del Tribunale amministrativo rappresenta un precedente nella complessa sfera della tutela ambientale dai rischi della cementificazione. Ma non solo aggiunge, in futuro sicuramente verranno adottate le regole del gioco europee nell'organizzazione dei dibattiti pubblici, nei quali bisogna permettere a un numero quanto maggiore di cittadini di esprimere la loro opinione su determinati progetti. Dal canto suo il sindaco di Montona Slobodan Vugrinec forte sostenitore del progetto golf, ha dichiarato di non aver ancora ricevuto ufficialmente la sentenza, per cui non se la sente di rilasciare dichiarazioni.

(p.r.)
 

 

Alla Maddalena abbattere in fretta perché nessuno protesti - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Vorrei che qualcuno mi spiegasse la necessità di tutto quello che stanno facendo nell’area adiacente alla Maddalena. Davvero, da sola non ci arrivo! Dalla finestra del mio ufficio, vedo scavare un pezzo di terreno, da settimane, arrivando a togliere la roccia. I solerti operai hanno trovato persino l’acqua! Sono giorni che aprono una voragine enorme, che asportano terra, pietre e altro materiale con dei mezzi che sembrano degli enormi bestioni.. ma non si diceva che, in merito alla creazione di un terrapieno a Barcola, una delle preoccupazioni era l’inquinamento derivato dai numerosi viaggi dei mezzi impiegati per il trasporto del materiale? Evidentemente in quest’area, l’inquinamento non è un problema. Circa tre, anzi quattro anni fa hanno disboscato l’intera area, abbattendo anche un bellissimo e vecchio edificio; poi tutto è stato abbandonato per circa due anni. Improvvisamente sono ricominciati i lavori, senza sosta. Ovviamente, nonostante le richieste, è stata abbattuta quella bellissima ciminiera che era presente nell’area ed ora si dedicano al muro di cinta. Credo, anzi, sono convinta che si preferisca abbattere tutto prima che qualcuno possa protestare: se non c’è nulla, anche se protesti, che risposta puoi avere? Vorrei mostrarvi la dimensione dei massi che vengono portati via, la quantità di terreno che viene tolta per dare vita ad un buco di dimensioni gigantesche. Ovviamente, per dare spazio al cantiere, sono stati eliminati anche numerosi parcheggi “liberi” in una zona, vicina al Burlo, dove il parcheggiare è sempre stato difficile. So che stanno per edificare un complesso di abitazioni, dove – si dice - sorgerà anche un supermercato. Allora chiedo a chi serva tutto ciò. Stiamo edificando edifici che poi hanno prezzi talmente elevati che rimangono spesso invenduti; nel frattempo, però, abbattiamo alberi, togliamo il verde che rende sana la nostra vita (e soprattutto quella dei nostri bambini) e ci permette di respirare. Una volta, i poeti, sostenevano che il verde riposasse anche lo sguardo... ma era solo poesia. Ora ci riposa di più abbattere piante centenarie per poi impiantare una paio di siepi asfittiche... che in seguito verranno eliminate per permettere l’installazione di qualche gazebo. La logica di tutto ciò mi sfugge.

Carola Duranti - progettista coordinatrice Enaip Fvg - Csf Trieste
 

 

SEGNALAZIONI - COLLEGAMENTI  - Tagli ai treni

 

Ci risiamo: puntualmente, quando si avvicina l’entrata in vigore del nuovo orario ferroviario, arrivano le notizie di ulteriori tagli ai già carenti collegamenti ferroviari che interessano la nostra città. Ora è la volta dei collegamenti notturni con Roma e Lecce; se tale infausta previsione dovesse concretizzarsi, i collegamenti diretti da Trieste oltre Mestre si esauriranno con gli Eurostarcity per Milano ed un improponibile Intercity per Roma (più di otto ore di viaggio). Peraltro, la maggioranza dei cittadini probabilmente non sa che da qualche anno la Regione deve sottostare ad un diktat (con termine più forbito viene definito “legge di mercato”): pagare Trenitalia se vuole che siano mantenuti almeno alcuni treni dal Friuli Venezia Giulia per Milano e Roma. Il risultato di questo mercanteggiamento è che Trieste, pur sempre capoluogo regionale, ha dovuto rinunciare all’Eurostar per Roma. Ma la Regione, in questo nuovo quadro di rapporti con Trenitalia finanziato con somme a bilancio regionale (denaro di noi contribuenti, per capirci meglio), non potrebbe avanzare la richiesta che al posto dell’attuale Frecciargento Udine – Roma ne venga istituito uno da Trieste a Roma via Gorizia, Udine? Si otterrebbe così tra l’altro un collegamento decente con Roma per tutti i quattro capoluoghi di provincia della regione. E’ da dire comunque che l’atteggiamento di Trenitalia nei confronti dell’estremo NordEst del Paese è veramente scandaloso. Prima di sentenziare che la domanda è scarsa gli alti vertici di Trenitalia dovrebbero presentare alla potenziale clientela un’offerta di qualità a livello europeo. Fa riflettere il fatto che dopo la cancellazione del Venezia – Vienna per volontà italiana, le ferrovie austriache si siano affrettate ad istituire gli “intercity bus” sostitutivi che da Klagenfurt raggiungono Venezia e viceversa con più corse giornaliere. Forse perché in Italia le cose cambino bisognerà attendere che nel settore del trasporto ferroviario finisca il tempo della privatizzazione fittizia ed entri in gioco la concorrenza vera.

Mario Ravalico - consigliere Comunale Pd presidente Sesta Commissione

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - LUNEDI', 17 ottobre 2011

 

Città immobili per la qualità ambientale. Venezia, Bolzano e Belluno sul podio di Ecosistema Urbano
 

Presentata a Genova la XVIII edizione del Rapporto di Legambiente, Ambiente Italia e Sole 24 Ore sulle eco-performance dei 104 capoluoghi di provincia. Nelle città italiane manca la sicurezza di cui non si parla. Smog, traffico, rifiuti, sprechi d’acqua, industrie e abitazioni a rischio, pericoli sottovalutati per gli italiani
Città italiane in stallo per la qualità ambientale. E anche poco sicure, sì, ma per i rischi legati alla cattiva qualità dell’aria, che solo nei grandi centri causa 8.500 morti l’anno, per la congestione da traffico, che vede le città in testa per numero d’incidenti (76%) e feriti (72,6%), per le abitazioni costruite male o nel posto sbagliato, per le fabbriche a rischio d’incidente rilevante, presenti in ben 48 capoluoghi italiani. E’, ad esempio, ancora allarme smog in più della metà dei centri urbani, dove i mezzi privati la fanno da padrone mentre il trasporto pubblico perde passeggeri (a Bari, Catania e Palermo, gli abitanti salgono in media sui bus meno di 100 volte l’anno). Temi questi di cui si parla poco o non si parla affatto visto che quasi sempre la sicurezza viene declinata come paura della microcriminalità.
In una situazione d’immobilismo generale, alcuni centri fanno lievi progressi e tanto basta a farli balzare in vetta alle classifiche della qualità urbana. Succede a Nord est, a Venezia, Bolzano e Belluno e il contrario nella Sicilia che precipita in fondo alle graduatorie, sia che si parli di grandi capoluoghi come Palermo, Messina e Catania che di città medie come Siracusa e piccole come Caltanissetta.
Quest’anno non c’è un’unica vetta nella graduatoria di Ecosistema Urbano di Legambiente e non solo perché in nessun centro urbano italiano si vive al massimo della qualità ambientale, ma perché per la prima volta, la fotografia scattata dal rapporto del Cigno verde diventa tridimensionale e raggruppa i 104 comuni capoluogo in tre categorie: 15 grandi città sopra i 200.000 abitanti, 44 medie città tra 200.000 e 80.000 abitanti e 45 piccole città sotto gli 80.000 abitanti. La nuova suddivisione rende perciò impossibile un confronto diretto con gli anni precedenti ma permette di restituire un’istantanea forse più equilibrata e trasparente della realtà.
Le 3 vincitrici. Ecco allora che per le grandi città troviamo al primo posto Venezia, per le medie città conquista la vetta Bolzano, mentre la regina dei piccoli centri è Belluno.
La città lagunare insieme a Mestre, grazie alla particolarità urbanistica del comune sovrasta tutti i centri più grandi principal¬mente per le buone performance in alcuni degli indicatori più importanti del rap¬porto: qualità dell’aria, basso tasso di motorizzazione e ampie superfici pedonalizzate (4,87 mq/abitante), alto numero di passeggeri nel trasporto pubblico (558 viaggi per abitante all’anno).
Il capoluogo altoatesino, invece, fa riscontrare miglioramenti in quasi tutti gli indicatori principali dello studio: minimi livelli di polveri sottili, secondo posto nell’indice sinte¬tico relativo alle politiche energetiche, quasi totale recupero dei reflui e leggero aumento dei rifiuti raccolti in modo differenziato (45,4%).
La piccola Belluno conferma buone performance com¬plessive. Le più evidenti sono nelle medie relative a biossido di azoto e polveri sottili. Conferma una buona efficienza nella depurazione dei reflui (al 98%) e nella produzione di rifiuti urbani con 404,5 kg/abitante/anno (una delle più basse medie italiane), e il 64,5% di rifiuti raccolti in maniera differenziata (in costante crescita negli ultimi anni).
Le 3 peggiori. La divisione in tre categorie vale anche per le ultime posizioni dove troviamo un blocco tutto siciliano: Palermo (13ª) è ultima tra le grandi città, Siracusa (44ª) tra le città medie e Caltanissetta (45ª) tra i centri più piccoli. Palermo colleziona performance non certo esaltanti:32% di depurazione delle acque reflue,49% di perdite della rete idrica, 7,5% di raccolta differenziata, 0,07 metri quadrati per abitante di superficie pedonalizzata e 2,37 metri quadrati di verde urbano fruibile per abitante.
Anche Siracusa colleziona una serie di pessimi risultati come il risibile 3,0% di raccolta differenziata, alte medie di polveri sottili, il 50% di acqua dispersa dalla rete idrica, gli appena 17 viaggi per abitante all’anno effettuati sul trasposto pubblico. Discorso analogo vale per Caltanissetta che per molti indicatori non dichiara dati e abbina a questo una lunga serie di zeri negli indici più importanti come i ridicoli 0,33 metri quadrati per abitante di verde urbano fruibile.
Giunta alla sua 18esima edizione, l’annuale ricerca di Legambiente e Ambiente Italia sullo stato di salute ambientale dei comuni capoluogo italiani, realizzata con la collaborazione editoriale del Sole 24 Ore, è stata presentata oggi a Genova nel corso di un convegno che ha visto la partecipazione, tra gli altri di Marta Vincenzi, sindaco di Genova, Roberto Bertollini, Chief Scientist di Oms Europe, Enrico Gelpi, presidente di Aci, Bernardo De Bernardinis, presidente di Ispra, Maria Berrini, presidente Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente.
“Al di là della posizione in classifica – ha dichiarato il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza – se si va a guardare il punteggio di ogni città, salta agli occhi che non ci sono sostanziali variazioni rispetto al 2009, e se ci sono, nella maggioranza dei casi, sono in negativo. E questo vale per Varese come per Reggio Calabria. Le città sono praticamente ferme e questo perché le ammini¬strazioni locali hanno paura di cambiare passo e di imboccare con determinazione la stra¬da del cambiamento ma soprattutto perché manca la politica, a livello nazionale. Visto poi che questo rapporto – ha aggiunto il presidente di Legambiente –è un termometro della qualità delle nostre città non possiamo rimanere in silenzio davanti al degrado di quanto successo nel Comune di Parma. La tempesta giudiziaria che ha investito la Giunta comunale – ha concluso Cogliati Dezza – ci obbliga e collocare Parma fuori classifica e anche se i dati ambientali continuano a rimanere buoni rispetto al resto d’Italia, pensiamo che l’etica pubblica sia un valore sovraordinato a cui non possiamo rinunciare”.
L’insicurezza urbana. Quest’anno con Ecosistema Urbano, Legambiente ha voluto accendere i riflettori sulle tante insicurezze cui si parla sempre troppo poco. Rischi legati al traffico automobilistico, allo smog, alla siccità e la saltuarietà dell’approvvigionamento idrico, alle costruzioni prive di standard antisismici, alla presenza di grandi impianti industriali, alla produzione e smaltimento dei rifiuti.
Venendo ai dati specifici di Ecosistema Urbano, i nuovi numeri dei principali comuni capoluogo di provincia d’Italia ci dicono che una delle prime emergenze ambientali da affrontare è quella dello smog. In una cinquantina di città si rileva la presenza di aree critiche per le concentrazioni da biossido di azoto mentre per le polveri sottili sono 6 le città (Siracusa, Frosinone, Caserta, Torino, Pavia e Napoli) dove il valore medio annuo è superiore al valore limite per la protezione della salute umana (40 microgrammi/mc). Altre 6 città (Asti, Cagliari, Lucca, Mi¬lano, Venezia e Palermo) presentano un valore superiore ai 40 microgrammi/mc in almeno una centralina. Sono invece ben 47 i centri nei quali una centralina ha rilevato un numero di giorni di superamento della concentrazione media oraria (50 microgrammi/mc) superiore a quanto previsto per legge (35 giorni).
Nessun miglioramento anche per la dispersione idrica. Dodici comuni continuano ad avere perdite idriche superiori al 50% (Siracusa, L’Aquila, Potenza, Catania, Grosseto, Avellino, Pescara, Trieste, Latina, Campobasso, Gorizia e Cosenza) mentre negli altri capoluoghi le percentuali variano: si passa dall’11% di Milano al 73% di Cosenza. In generale in 50 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene perduta.
Per quanto riguarda la depurazione, in 6 comuni, la metà o meno della popolazione è servita dal depuratore; la situazione più critica rimane quella di Imperia, tuttora sprovvista di impianto, seguita da Benevento e Catania (entrambe si attestano sul 20% di abitanti serviti), Treviso, Palermo (rispettivamente al 28 e 32%) e Nuoro (40%).
Altra pressione ambientale in città è la produzione di rifiuti e anche quest’anno i dati confermano che il raggiungimento degli obiettivi di legge è ancora lontano: quello per il 2010, fissato al 55%, è stato raggiunto solo da 14 città.
Infine la densità automobilistica che costituisce uno degli elementi più critici per le città e distingue sfavorevolmente l’Italia nel panorama internazionale: rispetto ad alcune grandi capitali europee (Londra, Parigi e Berlino) che registrano valori molto bassi (32 auto/100 ab circa), il tasso medio di motorizzazione dei comuni capoluogo italiani si mantiene molto più alto, con 63,7 auto ogni 100 abitanti. Tante automobili e poco trasporto pubblico.
Tra le grandi città (sopra i 200.000 abitanti) insieme a Venezia (1ª), Ecosistema Urbano ha premiato anche Bologna (2ª) e Genova (3ª).
Tra le città capoluogo comprese tra 80.000 e 200.000 insieme a Bolzano (1ª), premiate anche Trento (2ª), La Spezia (3ª), Reggio Emilia (4ª) e Perugia (5ª).
Tra le piccole città oltre Belluno (1ª), riconoscimenti sono andati anche a Verbania (2ª), Aosta (3ª), Pordenone (4ª) e Mantova (5ª)
Tra le Menzioni Speciali di Legambiente quella al Comune di Savona per la Buona Pratica sul progetto degli oli a base rigenerata, consegnata da Viscolube e quella al Comune di Salerno per la Buona Pratica sulla gestione dei rifiuti consegnata da Nuove Ora - Igenio.
Le Menzioni di Legambiente per le Buone Pratiche sulla sicurezza energetica sono andate ai Comuni di Bolzano e Udine, consegnate da Sorgenia.
Ecosistema Urbano, l’annuale ricerca di Legambiente e dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia, realizzata con la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore, quest’anno alla sua diciottesima edizione, è realizzata attraverso questionari e interviste dirette ai 104 comuni capoluogo di provincia e sulla base di altre fonti statistiche, con informazioni su 25 parametri ambientali per un corpus totale di oltre 100mila dati. I dati di questa edizione del rapporto fanno quindi prevalentemente riferimento all’anno 2010.
L’Ufficio Stampa Legambiente (06.86268379-99-53-76) - Serena Di Natali 347.4166793
 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 17 ottobre 2011

 

 

MUGGIA - Solidarietà della giunta al Centro naturalistico di Basovizza
 

Solidarietà al Centro didattico naturalistico di Basovizza da parte della giunta comunale di Muggia. L’atto pronunciato direttamente dal sindaco Nerio Nesladek giunge in base alle voci relative alla possibili chiusura da parte dell’amministrazione regionale del centro del corpo forestale. «Questa amministrazione che, congiuntamente alle altre amministrazioni della provincia di Trieste si sta prodigando per il rilancio dell’attrazione turistica di tutto il territorio non può che vedere con sconcerto l’ipotesi della chiusura di una simile struttura», spiega il sindaco muggesano. Nesladek, appoggiato dalla sua giunta, ha inoltre evidenziato «in particolare nell’attuale periodo di crisi di finanza pubblica, lo sconcerto per il cattivo uso di fondi pubblici che deriverebbe dall’abbandono di tale struttura, ristrutturata e trasformata in un centro visita naturalistico di livello europeo nel biennio 2006-2008 per una cifra totale di oltre 2 milioni e 400 mila euro (con un vincolo di destinazione valido fino a novembre 2013), attrezzato ad alta tecnologia e che riscontra un ampio consenso tra i visitatori». Dati alla mano il centro riceve annualmente circa 12mila visitatori. «Sin dalla sua istituzione nel 1991 presso l’ex vivaio di Basovizza il centro svolge un’importante funzione didattica focalizzata sulla divulgazione delle specifiche caratteristiche dell’ambiente carsico e viene da sempre utilizzato a tale fine anche dagli allievi delle scuole muggesane». Una funzione didattica rivolta naturalmente anche a tutta la popolazione regionale e che proprio per questo motivo «funge anche da polo di attrazione turistica importante per questo territorio» ricadendo di riflesso anche sulla vicina cittadina istroveneta.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 16 ottobre 2011

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Il nuovo piano regolatore non manterrà le promesse
 

Sono molto deluso per i contenuti delle direttive per il nuovo Piano regolatore comunale illustrate dal sindaco Cosolini durante l’incontro con i cittadini presso la sede del Revoltella avvenuto la settimana scorsa. Le premesse erano confortanti esprimendo concetti quali risparmio del suolo specie in periferia della città, riqualificazione dei palazzi fatiscenti in centro, buone idee per lo sviluppo economico in generale, ecc. Finiti i bei discorsi ho capito che restano soltanto buoni principi ma che viene comunque salvato il vecchio piano Illy con l’introduzione di ininfluenti riduzioni di indici di fabbricabilità e distanze dai confini (sempreché non si tratti di iniziative già adottate o approvate). Ecco perché sono e resto deluso: ho votato il sindaco Cosolini perché aveva promesso di frenare la cementificazione, anzi di incentivare il verde, salvaguardare l’ambiente ecc. E invece, tanto per fare un esempio, non cancella le zone c dove è fin troppo chiaro che le costruzioni soggette a piani particolareggiati sono in mano a potenti immobiliaristi che eseguono azioni speculative non certo a favore dei comuni cittadini. Un esempio? La zona sopra la costiera di Barcola e via del Pucino, dove grosse imprese stanno disboscando boschi interi soprattutto per permettere improponibili strade di accesso ad alcune costosissime megaville. Adesso si dirà che in questi casi i permessi di costruzione erano già stati rilasciati e allora chiedo ai responsabili funzionari del Servizio competente come hanno potuto permettere simili operazioni. Hanno controllato l’aspetto idrogeologico? Come si può permettere costruzioni così imponenti in una via senza collegamenti a reti di metano e di fognatura? Non sanno i tecnici competenti che questo implica scavi ulteriori per poter installare pozzi perdenti, serbatoi per il gas ecc.? E così si sacrificano piante secolari, si deviano i naturali scarichi delle acque piovane e poi ci lamentiamo dei numerosi smottamenti e frane verificatisi anche recentemente. Mi risulta che alla fine del precedente incontro sempre al Revoltella il sindaco abbia rassicurato alcuni cittadini promettendo l’applicazione dell’art. 18 (Norme di attuazione del Piano), quello per la salvaguardia dei pastini e terrazzamenti. Peccato che un solerte funzionario del citato Servizio competente abbia in mente di far abrogare l’articolo in questione. Possiamo almeno sperare che il sindaco mantenga l’impegno dato a questo riguardo? Non ci resta che contare sulla sensibilità dei consiglieri circoscrizionali e comunali alla tutela del paesaggio, al rispetto dell’ambiente, quindi alla salvaguardia della nostra costiera.

Giulio Gaiotti
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 15 ottobre 2011

 

 

Lucchini, c’è l’accordo sulla ristrutturazione del debito
 

TRIESTE Accordo quasi fatto sulla ristrutturazione del debito del colosso dell'acciaio Lucchini. É quanto riferiscono due fonti vicine alla situazione rilanciate da Reuters ieri sera. «È stato raggiunto un accordo di massima", spiega una delle fonti, precisando, però, che "non è stato ancora firmato". Una seconda fonte aggiunge che l'accordo "è sostanzialmente uguale a quello che era stato raggiunto nel luglio scorso", con due differenze: le banche creditrici hanno accettato di incassare 100 milioni, e non 180 milioni come previsto in precedenza, da Apollo (che ha acquisito il controllo di Ascometal, pagando complessivamente 350 milioni), e non è prevista l'iniezione di nuova finanza. Per la firma del compromesso, spiegano le fonti, mancano la revisione dei contratti e il via libera degli organi aziendali e l'asseverazione del piano da parte di Stefania Chiaruttini, l'esperto nominato dal tribunale . I creditori sono esposti con Lucchini, affiancata da Lazard, per circa 712 milioni di euro. Lo steering committee delle banche, assistite da Rothschild, è composto da Intesa Sanpaolo , UniCredit , Mps e Bnp Paribas . Si chiude, così, questa fase travagliata e Lucchini può tirare il fiato. Si aprirà immediatamente, peraltro, una nuova fase, quella della cessione del gruppo, dato che Alexei Mordashov intende liberarsi delle acciaierie di Piombino.
 

 

Cassonetti da vuotare a giorni alterni - Il Comune dice ok
 

Condotti i test: grazie alla differenziata i contenitori grandi dei rifiuti non riciclabili si possono ripulire 3 volte a settimana
Lo spazzino, pure lui, suonerà due volte. Due volte ogni quattro giorni, però, almeno nel caso dell’addetto all’indifferenziata. Il risparmio che ne deriverà servirà a finanziare nuove campagne pro-differenziata e più in generale «progetti di miglioramento dei servizi di qualità urbana», per dirla alla Umberto Laureni, l’assessore all’ambiente. Il giorno sì e l’altro no riguarderà la vuotatura della maggior parte di quei grandi cassonetti da 3.200 litri dislocati, di norma, nelle cosiddette “isole ecologiche”, le batterie composte anche dai contenitori per vetro, plastica e carta. I cassonetti più piccoli da 1.100 litri, posizionati nelle vie più strette e ripide, continueranno invece a essere ripuliti un giorno sì e l’altro pure per evitare il rischio di un debordante eccesso di immondizia. Ha dato dunque questo responso, ancorché passibile di limature con le ultime “prove” in agenda a breve, la sperimentazione avviata nelle passate settimane a San Vito, Servola, Gretta e Opicina da AcegasAps. Una sperimentazione iniziata senza avvisare il Comune, e soltanto in seguito concordata con la stessa amministrazione Cosolini, che avrà evidentemente richiamato la sua “controllata” dopo la figuraccia dei cassonetti piccoli sommersi d’immondizie in certe zone in certi week-end proprio a causa dell’avvio dei test non comunicato né all’ente né alla gente. Le “prove” erano incoraggiate dall’«introduzione della differenziata con la conseguente diminuzione dei rifiuti nei cassonetti dell’indifferenziato» e finalizzate a «razionalizzare l’asporto dei rifiuti.», come si legge in un comunicato congiunto degli assessori alle società partecipate e all’ambiente Fabio Omero e Umberto Laureni, appunto. Un comunicato che, per inciso, sa tanto di stretta di mano postuma tra amministrazione Cosolini e AcegasAps dopo che, due settimane fa, il sindaco s’era infuriato perché la sperimentazione era partita, a quanto pare, all’insaputa sua e dei suoi assessori. Ma ora la nota dice proprio che «l’amministrazione comunale, d’intesa con il gestore AcegasAps, ha predisposto un piano che punta a diminuire progressivamente le vuotature dell’indifferenziata in alcune aree non particolarmente problematiche, dagli attuali sei a tre giorni alla settimana». I risultati «hanno evidenziato la necessità di mantenere l’attuale frequenza per il 13% dei contenitori da 3.200 litri, mentre è stata riscontrata una sofferenza di circa il 74% per quelli da 1.100». Morale: «Su buona parte dei contenitori da 3.200 risulta possibile intervenire con una modifica dell’attuale frequenza mentre nel caso dei contenitori da 1.100 litri non risulta ipotizzabile alcuna variazione».

Piero Rauber

 

 

DIFFERENZIATA - «Disagi? Colpa dei materiali ingombranti»
 

I primi test - seguiranno altri i prossimi lunedì - sono stati effettuati dal 9 al 30 settembre, per accertare la «tenuta della mancata vuotatura di sabato e domenica», ricordano i due assessori, che su via Economo, uno dei cuori delle polemiche di due settimane or sono, precisano: «Non si sono evidenziati particolari problemi se non in due isole ecologiche su 45 e ciò perché in queste due sono stati conferiti rifiuti ingombranti, impropri, cartoni e suppellettili». Per quelli, il richiamo di Omero, ci sono i centri di raccolta gratuiti.
 

 

Violino: «Affidare all’Arpa il Centro di Basovizza»
 

L’assessore: «La struttura non chiuderà, ne trasferiremo la competenza» Incerto il futuro dei sei dipendenti, il Corpo forestale in assemblea
«Il Centro didattico e naturalistico di Basovizza? Non si chiude nulla. Contiamo invece di trasferire la competenza sullo stesso, attivando a proposito l’Arpa». L’assessore regionale alle Risorse rurali, agroalimentari e forestali Claudio Violino, svela così le intenzioni della Regione sul Cdn ristrutturato solo tre anni fa, nel 2008, con una spesa da 2,5 milioni di euro (grazie a fondi comunitari). Si tratta di uno dei punti-chiave del complessivo progetto di riassetto e riorganizzazione della Direzione centrale dell’assessorato facente capo all’esponente leghista. Il quale entra nel dettaglio, dopo essersi congedato dalla riunione udinese della giunta Tondo di ieri mattina: «All’interno dell’Arpa c’è il laboratorio LaRea che si occupa anche di educazione ambientale e potrebbe prendersi in carico il Centro. Così - conclude Violino - si lascerebbero liberi i forestali per i compiti di loro competenza». La “rivoluzione” griffata dall’assessore del Carroccio, e che prevede anche la soppressione di cinque stazioni forestali fra cui quella di San Dorligo della Valle (e poi di Comeglians, Resia, Meduno e Claut) continua però a destare perplessità all’interno del personale del Corpo forestale della Regione. Che discuterà della questione martedì prossimo, durante «l’assemblea convocata dalle 9.30 alle 12 a Udine, alla Sala Kugy - spiega il sindacalista Andrea Fumis (Cgil) -. I problemi di personale potrebbero essere risolti grazie a una serie di assunzioni: basterebbe attingere alla graduatoria che è già pronta da tempo». In ogni caso, l’ipotesi di far partire il riassetto il 15 ottobre - cioè oggi stesso -, circolata nei giorni scorsi, è stata evidentemente congelata. «Se non sarà domani, sarà il 1° novembre», ha aggiunto ieri ancora Violino, lasciando intendere di non voler in alcun modo cambiare rotta. In assenza di comunicazioni ufficiali rispetto a date ed eventuali spostamenti (l’ipotesi circolata inizialmente era quella di una chiusura del Centro di Basovizza con passaggio delle competenze a una nuova struttura con sede a Udine), i sei dipendenti del Cdn restano - come i colleghi delle stazioni forestali coinvolte - in stand-by. E il sindaco Roberto Cosolini interpreta lo stallo come confortante: «Se tutto è congelato e si apre a una riflessione da fare assieme, allora lo prendo come un segnale positivo». Da registrare anche la posizione delle associazioni ambientaliste che in una nota congiunta, firmata da Wwf, Legambiente, Lipu, Italia Nostra, Lac e Lav del Friuli Venezia Giulia chiedono «il mantenimento dell’apertura del Centro didattico naturalistico e di tutte le stazioni forestali esistenti, l’utilizzo delle graduatorie degli idonei all’ultimo concorso per assumere giovani aspiranti Guardie forestali, la creazione del Corpo unico di vigilanza ambientale regionale e la ricostituzione degli Ispettorati ripartimentali foreste, la cui soppressione ha determinato il crollo di operatività del Corpo forestale regionale degli ultimi tempi».
Matteo Unterweger

 

 

Il Wwf celebra 40 anni di lotte per l’ambiente - CONVEGNO DELLA SEZIONE TRIESTINA
 

Il presidente Giadrossi: «Il nostro futuro dipende dalla capacità di rispondere a nuove sfide»
Battaglie vinte e battaglie perse. Da quarant'anni il Wwf di Trieste combatte per una città più vivibile, coinvolgendo l'opinione pubblica sull'importanza delle tematiche ambientali. Ieri, al convegno moderato dal presidente di Wwf Italia Stefano Leoni, sono state tirate le somme di questo pezzo di storia e tracciate le linee guida per il futuro. Era il 1971 quando, grazie all'intervento di Livio Poldini, professore emerito di Botanica, fu istituita una legge di tutela per il Carso triestino. Da lì ha preso il via il lungo cammino della sezione triestina del Wwf, chiamata oggi a confrontarsi con nuove sfide. «Dobbiamo delineare le attività future adattandole ai cambiamenti attuali - ha spiegato il presidente Alessandro Giadrossi -. Viviamo in un mondo dove il livello culturale è molto più elevato rispetto a 40 anni fa, ma stiamo anche attraversando un periodo di trasformazioni e crisi economica. E abbiamo a disposizione diversi mezzi di comunicazione, che consentono una maggiore diffusione della cultura ambientale». L'obiettivo è puntare ai giovani, ma anche cambiare le modalità di porsi nei confronti delle sfide ambientali. «Il messaggio - ha continuato Giadrossi - deve essere concreto, calibrato e deve dare una spinta alle nostre azioni future, perché oggi i problemi sono molto più complessi. Nel caso del rigassificatore, ad esempio, bisogna anche tenere conto delle questioni energetiche. Se si affrontano le problematiche legate al mare, bisogna considerare anche le attività produttive. E per questo dobbiamo sentire più voci, confrontandoci e contaminandoci”. All'incontro, che ha visto la partecipazione di diversi esperti in materie ambientali e salvaguardia del territorio, si è discusso anche di Piano regolatore, Carso, 'uso turistico e industriale del mare, pesca e rifiuti. Per arrivare alla fine a gettare le basi per un testo che indichi il percorso da seguire, senza fanatismi, come ha sottolineato ancora il presidente Giadrossi «perché portano alla solitudine e alla chiusura». Anzi l'apertura è fondamentale per questo Graziella Palazzolo dell'Ufficio per l'esecuzione penale esterna ha chiesto di stipulare una convenzione con il Wwf per coinvolgere in lavori di pubblica utilità coloro che devono scontare pene fuori dal carcere.

(i.g.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 14 ottobre 2011

 

 

IL COMPRENSORIO DI MONTEBELLO - Il liquidatore Nobile: «Vendita legata al Prg»
 

«Puntiamo sul “26”, a Montebello alla fine dell’anno prossimo non ci sarà più la disponibilità dell’area e noi non possiamo vivere alla giornata». Parola di Patrizia Andolfatto, direttore dell’Aries, la società camerale che ha “ereditato” gli eventi dell’ex Fiera. Ineccepibile, se non fosse che in fase di dismissione il liquidatore, il commercialista Gianfranco Nobile è costretto paradossalmente a tenere sotto la tenda a ossigeno il comprensorio per permettere, teoricamente, lo svolgimento delle ultime due manifestazioni previste a Montebello, “Olio Capitale” E “TriestEspresso Expo” che si vogliono già adesso fare altrove. Legato al segreto professionale, Nobile è doppiamente laconico anche perchè nella recente assemblea dei soci del 27 settembre scorso i “superstiti” hanno deciso di delegare a un futuro comunicato l’interpretazione originale di quanto sta maturando in piazzale De Gasperi. «Io continuo il mio lavoro - si fa strappare - sulla gestione immobiliare, che attraversa una normale fase liquidatoria, riservando alla Cdc tramite Aries la gestione del patrimonio di manifestazioni. Per il resto confermo che il complesso fieristico è a disposizione fino a ottobre 2012». Nei mesi passati Nobile è stato parte attiva «andando al di là delle mie competenze» nel discorso del ricollocamento degli ex dipendenti della Fiera. «Glielo dovevo, a loro e ai sindacati, perchè con me sono sempre stati estremamente corretti». Da questo mese, a Montebello, sono rimaste solo due persone part-time, la contabile e il tecnico che gestisce il complesso. Tra poco si passerà alla fase vera e propria della vendita, ma su quali parametri? e «Si venderà nella situazione del momento - conclude - e se cambia il prg vorrà dire che venderò immobili classificati in una maniera e non nell’altra....». E qui entra in ballo il Comune. Che giudica l’area «strategica e da pianificare nel prg», come anticipa il sindaco Cosolini ma vuol anche tornare proprietario di circa il 30 per cento del complesso, che è di sua pertinenza. «Nell’ultima assemblea - racconta l’assessore Omero - abbiamo deciso che i capannoni saranno sempre affittabili, ma solo per attività coerenti con quella della Fiera. Non ci nascondiamo che la valutazione dell’area, destinata a servizi, impone un valore molto più basso. Il nuovo prg potrà magari decidere diversamente, ma non in funzione del valore dell’area, per far rientrare la Fiera dei debiti, non vogliamo un altro caso tipo Villaggio del fanciullo... Non escludo però - conclude Omero - che si possano coniugare nel comprensorio delle attività miste con una parte di edilizia sociale. È un’area che ha bisogno di servizi, c’è il nuovo complesso Ater proprio lì accanto... Spero che il prg individui la sua funzione da subito, magari con un piano particolareggiato. Ma non facciamoci illusioni, ci aspettano tempi lunghi».

(f.b.)
 

 

Fli: «Preoccupati dal nuovo Prg» - ATTACCO DEI FINIANI DA DUE FRONTI
 

Lippolis: si tenga conto della crisi immobiliare. Lobianco “interroga”

Attacco di Fli da due fronti (il segretario cittadino Antonio Lippolis e il consigliere comunale Michele Lobianco) contro l’amministrazione Cosolini e la sua politica urbanistica, leggi Piano regolatore. «Il coordinamento comunale di Fli - si legge in effetti in una nota di Lippolis - intende esprimere tutta la propria preoccupazione per la difficile situazione in cui versa "anche" il mercato immobiliare locale. La crisi economica e bancaria con l'accresciuta difficoltà di accesso al credito e alla stipula di nuovi contratti di mutuo per la prima caso stanno portando "anche" nella nostra città ad un calo vertiginoso delle transazioni immobiliari con sempre maggiori difficoltà per i giovani di staccarsi dal proprio nucleo familiare originale. Considerato che questa situazione rischia di aggravarsi nei prossimi anni, farà bene il sindaco, e chi lavora con lui, nella predisposizione del nuovo Prg a tenerne conto. Preparare un Prg ipotizzando una città futura da 240mila abitanti, così come annunciato dal sindaco, senza fare i conti con questa straordinaria crisi economica e senza ipotizzare un possibile "welfare casa" potrebbe alla lunga, tra 10/15 anni, rivelarsi come uno strumento pianificatorio errato e inutile». Lobianco, per intanto, comunica di aver depositato agli atti del Consiglio comunale un’interrogazione per «comprendere come si è organizzato l'ufficio che deve dedicarsi al nuovo Prg, e con quali e quante risorse in relazione a tempi che, dopo l'adozione delle nuove direttive e relativa salvaguardia, sono di due anni. Può sembrare un tempo sufficientemente lungo ma ci sono dei pareri obbligatori che per esperienza necessitano a loro volta di tempi molto lunghi per esser licenziati dai relativi enti, vedi Regine e Soprintendenza».
 

 

Cancellati 35 milioni all’ambiente - Saltano gli accordi con il governo. Ciriani: «A rischio gli interventi sui fiumi»
 

TRIESTE Trentacinque milioni di euro a rischio. L’allarme è stato lanciato dal vicepresidente della Regione, Luca Ciriani, al termine della Conferenza delle Regioni a cui ha partecipato ieri a Roma, nella quale si è discusso della decisione del Governo, inserita nell’ultima manovra finanziaria, di tagliare i fondi Fas di competenza statale per interventi di protezione ambientale. «Rischiamo di perdere i 35 milioni di euro, destinati ad interventi sul territorio, previsti dall’accordo di programma stipulato dalla Regione con il ministero dell’Ambiente. Siamo estremamente preoccupati per questa eventualità, ormai più che probabile, e faremo il possibile per far cambiare idea al Governo» dice Ciriani. L’accordo di programma era stato firmato lo scorso 31 gennaio (lo stanziamento ridefinito in giugno e portato a complessivi 32 milioni di cui 26 statali) prevede una trentina di interventi, principalmente sui corsi d’acqua regionali. Ora il rischio è di vedere svanite le risorse con la conseguente cancellazione degli interventi. «Tutte le Regioni sono contrarie a questa ipotesi, che farebbe di fatto saltare tutti gli accordi di programma sottoscritti dal ministero con le Regioni – aggiunge Ciriani - Assieme ai rappresentati di altre Regioni, abbiamo chiesto con forza al presidente della Conferenza, Vasco Errani, di intervenire sul Governo per chiedere un incontro urgente con il ministro dell’Economia e con quello dell’Ambiente. In quella sede cercheremo di fare chiarezza su questa vicenda, vogliamo capire se sarà possibile ottenere almeno parte dei fondi e realizzare quindi almeno le opere prioritarie. I margini di trattativa sono limitati, ma faremo il possibile».

(r.u.)
 

 

Trasporti ok ma crollano i treni domestici - I dati CONFETRA

 

ROMA Nel primo semestre 2011 il comparto del trasporto merci in Italia risulta ancora in linea con la ripresa iniziata lo scorso anno. Secondo i dati pubblicati dalla nota congiunturale Confetra (Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica), nei primi sei mesi del 2011 i dati delle aziende del comparto mostrano un andamento positivo, ma con segnali di rallentamento negli ultimi mesi del semestre. Nel trasporto stradale nazionale l'incremento rispetto al primo semestre 2010 è del 3% sia per i trasporti a carico completo che per i trasporti a collettame. Nei traffici internazionali, si legge in una nota, le spedizioni marittime e ferroviarie registrano un +7% e quelle aeree un +5%. Sul fronte del traffico ferroviario, a fronte di un sensibile aumento per il traffico ferroviario internazionale (+10%) si registra, invece, un tracollo di -21% per il traffico ferroviario domestico. «I dati rilevati nel primo semestre di quest'anno - commenta Fausto Forti, presidente di Confetra - indicano certamente una fase di ripresa, ma con valori disomogenei per settori merceologici e per aree geografiche e con qualche preoccupante segnale di rallentamento a partire da maggio. Se si esclude il trasporto aereo, del resto, siamo ancora lontani dal recupero dei livelli pre-crisi del 2008. Il collasso del cargo ferroviario nazionale non ha evidentemente alcuna relazione con i volumi complessivi del traffico merci, ma è conseguenza di precise scelte aziendalistiche di Fs».

 

 

Impronta Muggia propone più parcheggi e centro vuoto - Continua il dibattito sul “progetto Pisus”.

 

Jacopo Rothenaisler suggerisce anche di sfruttare l’area ex Enel e l’ex campetto di via XXV Aprile per liberare il porto
MUGGIA Offrire gratuitamente un piano di Caliterna ai residenti, pedonalizzare completamente il porto ed effettuare una chiusura serale estiva del Mandracchio. Tre proposte di un certo peso. Anzi, di un certo Pisus. Ad avanzarle all'interno del tanto discusso Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile è il responsabile dell'associazione Impronta Muggia, Jacopo Rothenaisler. PROGETTO Il problema principale della “sostenibilità” della cittadina è legata ai posti auto dei residenti. Per affrontare la questione la soluzione comincia dal parcheggio interrato di Caliterna. «Ci è costato quasi 5 milioni di euro, due piani sotto terra con 129 posti per piano, mai occupato per più del 40% . Ed è normale: è a pagamento e prima di pagare la gente cerca posto dove non si paga», spiega Rothenaisler. Piuttosto che tenerlo inutilmente vuoto ecco la proposta di fornire un piano gratis ai residenti. Mettendo poi a disposizione - oltre al piano del Caliterna - anche il Cantiere Alto Adriatico, l'area Enel di viale XXV Aprile con il campetto di calcio, “un sistema - secondo Impronta Muggia - di quasi 550 posti “nuovi” che ci permetterebbe di garantire la possibilità ai residenti di parcheggiare e di eliminare contemporaneamente una serie di posti attuali”. A cominciare dal porto, 126 posti auto in tutto, che va pedonalizzato. A coloro i quali si preoccupano perché vedrebbero sparire il posto sotto casa diciamo che non è proprio così: punto primo i 129 posti di Caliterna sono centralissimi come quelli del porto, i 160 posti possibili in viale XXV Aprile sono sotto casa. Quelli dell'alto Adriatico infine sono sì a 650 metri dal centro, ma nulla impedisce di andare sotto casa con l'automobile, scaricare persone e cose e poi, senza disperatamente girare per cercare parcheggio, andare in quell'area, lasciare la macchina custodita e tornarsene a casa o con il bus navetta (che fa parte della proposta) o in bici o a piedi». Per la serie lasciamo gli autobus dove sono. Nella proposta avanzata da Impronta Muggia si parla anche di arredo urbano con l'abbattimento della ormai abbandonata ex caserma della GdF in porto. Ma anche la difesa e il sostegno alle attività commerciali, dirottando a loro favore parte delle Imposte Ici che il Comune incamera dai centri commerciali. Avanzata la richiesta d'aiuto poi alle produzioni agroalimentari locali assieme alla creazione di un mercatino “Km zero” in via Roma. E, infine, la chiusura serale del Mandracchio, come fatto per alcune manifestazioni, per tutto il periodo estivo. COMMENTO «Un piano di sostenibilità deve, per essere tale, favorire la mobilità diversa dalle automobili, cioè mezzi pubblici, pedoni, biciclette. La proposta del Comune va in direzione diametralmente opposta. Allontana dal centro il mezzo pubblico, spostando all’ex Cantiere Alto Adriatico il centro dell'interscambio degli autobus, e lascia invariata la situazione delle automobili, il sistema di parcheggio selvaggio che occupa ogni centimetro delle nostre strade del centro, a cominciare dal porto». Rothenaisler ha poi seccamente criticato l'assemblea pubblica di due giorni or sono nella quale il Comune, tramite la figura dell'assessore al Commercio Decolle, ha ricevuto le proposte di cittadini e associazioni inserite nel Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile. «Pur consapevoli che in una cittadina che concede tutto alle automobili - basta vedere le condizioni del nostro porto, il nostro possibile orgoglio ridotto a parcheggio selvaggio - non esistono le condizioni sociali, culturali e politiche per un qualsiasi cambiamento, l'occasione era troppo ghiotta», spiega Rothenaisler. «Il Comune, che non ha nemmeno fatto finta di prenderci in considerazione, insiste sul suo piano Pisus/Act, che di sostenibile non ha nulla. E come sempre quando c’è di mezzo un'istituzione pubblica, in questo caso il Comune, oltre alla sostenibilità era assente anche una qualsiasi parvenza di democrazia».
Riccardo Tosques

 

 

Visite naturalistiche per scoprire la riserva delle falesie - Duino aurisina
 

DUINO AURISINA Visite naturalistiche per conoscere la riserva delle falesie di Duino e il territorio circostante. Continuano gli appuntamenti gratuiti organizzati dal Comune di Duino Aurisina in collaborazione con l’area marina protetta di Miramare. Si comincia domenica 16 ottobre con “Erbe, usi e leggende”, passeggiata destinata ad adulti e famiglie dove a partire dalle 10 di mattina ci si dedicherà alla botanica dimenticata del Carso, alle proprietà delle piante reali o legate a tradizioni e leggende. Il punto di partenza sarà il punto Iat di Sistiana. Il 23 ottobre, invece, sarà dedicato alla Cernizza con “Il labirinto della Cernizza”, un percorso che partirà dal bosco sottostante fino al Villaggio del Pescatore alla scoperta delle specie caratteristiche della macchia mediterranea nonché degli scorci sul Golfo. La partenza è prevista di fronte al Castello di Duino (per giungervi da e per Trieste si può prendere il bus n.44). Il 30 ottobre sarà la volta di “Presunzioni mediterrane”, percorso naturalistico tra le biodiversità attuali e come forse saranno in futuro sul sentiero Rilke e nella contigua pineta. La partenza, alle 10, è prevista dallo Iat di Sistiana. Per ulteriori informazioni e prenotazioni al 3339339060 oppure a giovanna@riservamarinamiramare.it
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 13 ottobre 2011

 

 

Lucchini, Mordashov prende tempo
 

Entro il 15 ottobre dovrà essere raggiunto un accordo con le banche mentre Severstal pensa a possibili nuovi acquirenti
TRIESTE «Ora siamo in fase di confronto con le banche e in questi giorni speriamo di avere chiarezza sul piano di ristrutturazione. Crediamo di essere molto vicini ad un accordo con gli istituti credito». Il numero uno di Severstal, Alexej Mordashov, era stato ottimista rispondendo ai giornalisti che alla fine di settembre gli chiedevano novità sulla Lucchini. E proprio qualche settimana fa si è aperto uno spiraglio quando nella sede di Brescia è arrivata una lettera delle banche, Intesa Sanpaolo, Mps, Bnp Paribas e Unicredit, esposte con la Lucchini per 712 milioni. Ottobre è il mese decisivo per il salvataggio della Lucchini che rischia il fallimento e c’è una data, sabato prossimo, 15 ottobre, entro la quale dovrà essere trovato un accordo sul debito, che la Lucchini non è in grado di rimborsare, tra le banche creditrici e Mordashov. Sembra che dopo una lunga trattativa le banche abbiano accettato una diversa divisione dell’assegno da 350 milioni che il fondo americano di private equity Apollo dovrebbe pagare per rilevare la controllata francese Ascometal. Gli istituti in pratica dovrebbero accontentarsi di rientrare per 100 milioni invece che per 180 come prevedeva l’accordo di luglio scorso. Dopo l’accordo in realtà tutto era tornato in alto mare, la vendita al fondo americano, che era ormai in chiusura, è stato fatto saltare dal governo di Parigi. Ora c’è una nuova rinegoziazione che dovrebbe portare nuova finanza nelle casse della Lucchini. Il gruppo dopo lo stop era ripartito con “fondi propri” a inizio estate con Piombino e lo stabilimento della Ferriera di Trieste (che finora è andata avanti sulle sue gambe) ma la situazione è andata avanti in maniera precaria sino ad oggi. Ma nonostante l’ottimismo di Mordashov che da Mosca fa anche sapere addirittura che «in futuro Lucchini potrebbe essere parte di un grande gruppo europeo che fornirà l’opportunità di ottimizzare gli investimenti, le attività, di ridurre i costi, ottenere una migliore posizione di mercato» il quadro non è così tranquillo e chiaro. È trapelato infatti che il numero uno di Severstal in realtà non avrebbe ancora accettato il nuovo schema di accordo. Forse anche di fronte alle condizioni poste dalle banche che vogliono avere più garanzie sulla governance: un board a cinque con un “super ristrutturatore” (si parla di Adriano Bianchi di Alvarez&Marsal) con un presidente di garanzia accanto all’attuale ad, Marcello Calcagni e a due altri membri indipendenti. Un’organizzazione che metterebbe alla porta Sergei Kuznetsov, il falco di Mordashov che controlla la Lucchini con Severstal. Ma bisogna capire se Mordashov ha davvero interesse per il futuro della Lucchini e dei suoi stabilimenti italiani di Piombino e Trieste. E se davvero si pensa a possibili nuovi acquirenti europei.
Giulio Garau

 

 

Benzopirene - Interrogativi trasversali sulla legge "anti-Ferriera"

 

TRIESTE Un’unica certezza: la dichiarazione di guerra alla Ferriera di Servola. Che, in termini politici, si traduce nella volontà bipartisan di ridurre le emissioni di benzopirene nell’aria per contenerle a 1 nanogrammo per metro cubo d’aria, come sancito dalla Ue. Ma ancora tanti, troppi, i dubbi sul testo che il comitato ristretto ha elaborato unificando due proposte di legge, una di Pdl e Pd, l’altra di Alessia Rosolen (Gruppo misto). Preoccupazioni che ieri, in un’audizione in Consiglio, sono venute a galla da più parti. Ambientalisti, come Wwf e Legambiente, comitati e associazioni hanno contestato con forza la norma. Chi vigilerà? E le sanzioni? Come si farà a distinguere l’inquinamento prodotto dall’impianto della Lucchini rispetto alle altre fabbriche dell’area? La legge così formulata, dunque, ha non poche zone d’ombra. Tutti rilievi che diventeranno materia di dibattito in Commissione. «Ciò che è stato detto è corretto, ci sono molti aspetti da chiarire, altrimenti è una normativa che non sta in piedi», conferma a caldo Alessia Rosolen. Il vice-presidente della Commissione Sanità, Sergio Lupieri, chiede invece un nuovo piano industriale: «Per evitare la chiusura dello stabilimento nel 2015 e la perdita di troppi posti di lavoro è necessario un programma che punti ad uscire dal ciclo del carbone, pianificando una siderurgia pulita, costruendo ad esempio i basamenti dei motori Wartsila, o servendo il laminatoio di Monfalcone o, ancora, i pali di ghisa per la Sertubi». «Le istituzioni – propone Lupieri – devono quindi accompagnare la proprietà a diversificare l’attività con azioni di sviluppo compatibili con l’ambiente». L’Arpa, attraverso il direttore tecnico-scientifico Giorgio Mattassi, ha osservato che per raggiungere l’obiettivo della qualità dell’aria non basta intervenire sugli stabilimenti siderurgici.

(g.s.)

 

 

Montebello, le nuove case accorciate di un piano
 

Mediazione tra il Comune e la proprietà dell’area tornata edificabile con la fine delle salvaguardie di Dipiazza. L’assessore Marchigiani: «Per noi è una vittoria»
Ancora non esiste ma essendo diventato sulla carta il caso dei casi tra i progetti consentiti e riabilitati dalla morte del Piano regolatore incompiuto di Dipiazza, cui Cosolini ha staccato la spina, è stato già “piallato”. Livellato di un piano - da 6 a 5, ovvero da 5 a 4 più piano terra - non da “artigiani” del legno, ma della mediazione. Politica, s'intende, impressa in questo caso dall’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani. Il cubone di Montebello - cioè la proposta edilizia da 19mila metri cubi della Cmp Srl guidata dall’imprenditore veneto Claudio De Carli, per la costruzione di tre palazzi in una striscia verde compresa fra altri tre palazzi esistenti ai bordi di via Cumano e le rotaie della circonvallazione ferroviaria di superficie, lato strada di Rozzol - è stato dunque ridimensionato. Di una percentuale attorno al 16%. E questo a prescindere da quale sarà l’esito - anche se l’aria che tira porta nella direzione di una probabile futura approvazione - dell’istruttoria tecnica cui sarà sottoposto il permesso di costruire. Un permesso la cui domanda, ora, dovrà essere ripresentata in Municipio dalla Cmp, con allegato un progetto, appunto, in formato ridotto. Succede tutto in fretta, nelle ore successive alla ribalta della “frattura” tra l’amministrazione comunale di centrosinistra - che si attiene al ritorno in vigore del Prg di Illy, in base al quale quella striscia verde ricade in classe urbanistica B2 edificabile - e la Sesta circoscrizione a sua volta a maggioranza di centrosinistra, che nel dare il proprio parere negativo (pur non vincolante, ma supportato dalle istanze dei residenti dei tre palazzi esistenti su via Cumano) ha calcato l’inchiostro sul fatto che la domanda della Cmp era datata 16 giugno, con un anticipo di un mese e mezzo sulla decadenza delle salvaguardie della variante di Dipiazza, per effetto della quale la striscia in questione era stata derubricata temporaneamente in “verde di quartiere”, S5 inedificabile. Ritrovatasi così fra l’incudine delle regole e il martello delle istanze del territorio, la Marchigiani ha chiamato a stretto giro una riunione nel proprio assessorato con tutti i tecnici del Municipio coinvolti nella “pratica” convocando anche lo stesso De Carli e i suoi progettisti, l’architetto Francesca Petz e il geometra Giorgio Garofani. Ne è uscito il compromesso del piano in meno. «Questa - così l’assessore - era una questione finita già sotto osservazione da parte della giunta, viste anche le prese di posizione della circoscrizione e dei cittadini interessati. In tale riunione abbiamo rianalizzato il progetto, prendendo atto che era conforme al Piano regolatore vigente. Nulla ostava, insomma, a una proposta tesa peraltro ad ampliare l’offerta abitativa. Un’amministrazione comunale, però, deve farsi carico anche degli aspetti più spinosi, cercando di rispondere agli interessi di tutti i cittadini. E così abbiamo convenuto di ridurre un piano in altezza per tutti e tre gli edifici in progetto. Questa mediazione è una vittoria, perché, lo ribadisco, il proponente aveva diritto anche a quel piano in più. Ora aspettiamo che il progetto ricalibrato venga ripresentato ai nostri uffici con le integrazioni richieste. A quel punto riprenderà l’istruttoria, anche nella parte riguardante la possibilità di costruire a meno di trenta metri (limite di legge, ndr) dai binari, benché lì il costruttore abbia già ottenuto una deroga (dalle Ferrovie che gli hanno venduto i terreni, ndr) per farlo».
Piero Rauber

 

 

I residenti: «Ancora troppo poco» - LE REAZIONI - Il costruttore: meglio un accordo che una causa vinta chissà quando
 

Il progetto perde il piano ma, per chi abita nelle tre palazzine sottostanti, non il “vizio”. Nicola Perrotta si fa ancora una volta portavoce del disagio dei residenti, e si proclama, a nome degli altri, totalmente insoddisfatto della mediazione andata in porto fra l’assessore Marchigiani e la proprietà del terreno che sta sopra le loro finestre. «Nessuno - attacca Perrotta - avrebbe avuto da ridire se, come ci era stato dato sapere alcuni anni fa, all’epoca in cui le Ferrovie avevano venduto l’area, avrebbero voluto costruirci villette con piano terra, primo piano e mansarda. Ma così, dato che il terreno sul quale poggia il progetto sta praticamente all’altezza dei tetti delle nostre palazzine, noi non vedremo più la luce del sole né avremo più aria. Invito l’assessore Marchigiani a casa mia e ad affacciarsi dalla finestra, per immaginare che succederà. La giunta municipale dovrebbe avere il coraggio e la coerenza, nel nome della contrarietà alla “cementificazione selvaggia”, di ridurre l’edificabilità della striscia in questione. E se anche questo non dovesse bastare, vorremmo almeno sapere che tipo di deroghe per costruire case a meno di trenta metri dai binari sono state concesse alla nuova proprietà dalle stesse Ferrovie che gliel’hanno venduto, quel terreno. Senza dimenticare che non vorremmo, un domani, tra fondamenta e sottoservizi, ci franasse tutto addosso...». Di tutt’altro tenore è, invece, l’umore di Claudio De Carli, il costruttore nonché amministratore unico della Cmp Srl: «Anche se ci rimetto, almeno posso andare avanti. Quando ci si accorda è sempre positivo. Meglio così che andare in causa e vincerla chissà fra quanto. Ora sono sereno, e convinto che questo sia un sindaco capace, che si avvale di collaboratori validi come l’assessore Marchigiani. Magari finisse sempre così...». «Una mediazione - chiosa il presidente della Sesta circoscrizione, Guglielmo Montagnana - è sicuramente sempre positiva. Prima però di esprimermi definitivamente preferisco che il Comune mandi le carte in circoscrizione, per valutare bene se il bilanciamento tra i diversi interessi sia stato il migliore possibile».

(pi.ra.)
 

 

Muggia, piazzale Foschiatti nuovo foro commerciale
 

I dettagli del progetto “Pisus” nell’incontro-maratona di ieri con le associazioni Resteranno i bus ma la stazione cambierà funzioni con negozi e uffici
MUGGIA «L'area che gravita attorno all'attuale stazione delle autocorriere diverrà il nuovo foro commerciale di Muggia”. Il proclama è di quelli importanti. Soprattutto se viene direttamente dalla bocca dell'assessore al Commercio Stefano Decolle. Nella “maratona” organizzata ieri dal Comune per affrontare le proposte di cittadini e associazioni su come affrontare al meglio il bando del Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile sono diversi i dati emersi. Tenutosi alla sala Millo di piazza della Repubblica l'incontro ha visto la partecipazione di molte associazioni (Pro Loco, ViviMuggia, Impronta Muggia) ma anche molti singoli residenti interessati al futuro della propria città. Dopo diverse settimane di proposte e controproposte l'amministrazione Nesladek ha iniziato a delineare con forza i progetti che verranno presentati. La novità principale è il parziale dietrofront sulle sorti di piazzale Foschiatti e piazzale Curiel. Il passaggio degli autobus, in prima battuta destinato a cessare, rimarrà infatti in vigore attraverso l'istituzione di un senso unico in via Tonello verso piazzale Curiel con immissione in via de Luca e successivamente verso via Frausin. La modifica è stata fortemente richiesta da parte dei commercianti aderenti a ViviMuggia. Confemato allo stesso tempo però che la stazione dei bus cambierà sostanzialmente funzione. I mezzi della TriesteTrasporti infatti verranno dirottati verso piazzale Adriatico, un'area che rimarrà come ha voluto evidenziare l'assessore Decolle “a disposizione delle grandi e piccole manifestazioni muggesane”. A questo punto è interessante capire il futuro dell'area di piazzale Foschiatti. Nell'area esterna verrà creata una sala d'attesa per i bus con tanto di pensilina, mentre dietro sorgerà soppalcata una sala polifunzionale ed un'area dedicata alla socialità (si parla di un'emeroteca). All'interno della stazione invece verrà costruito un nuovo spazio commerciale, e verranno istituiti degli uffici aperti al pubblico anche questi soppalcati. «Quanto emerso in questi giorni non è certo nato ieri ma è frutto di un lungo processo iniziato con le Agenda 21 svoltesi nel 2008 e 2009 che hanno interessato cittadini e associazioni intenti a progettare una rivisitazione urbanistica della città», ha commentato Decolle. Ma ieri non si è espresso solo il Comune. Anzi. Molte le proposte giunte per cercare di contribuire al miglioramento della vivibilità della cittadina. Ad esempio Fiorella Macor ha chiesto con forza l'istituzione dei parcheggi rosa, ossia di aree riservate alle donne automobiliste con bimbi piccoli a carico o in stato di gravidanza, un suggerimento concreto ovviamente per agevolare gli spostamenti di chi non può permettersi una tata. C'è poi chi ha proposto anche di riservare piazzale Caliterna alle manifestazioni magari creando anche un drive-in. Dal consigliere di maggioranza Marco Finocchiaro invece è arrivata la proposta di riqualificare in toto (o quasi) via San Giovanni. L'area è una delle più sensibili in quanto direttrice nevralgica verso molti punti salienti della vita cittadina – teatro, posta, stazione dei bus, scuola – ed in quanto tale secondo il consigliere del Pd merità di essere rivista. Come? Creando un marciapiede sul lato ove attualmente non esiste, istituendo una zona 30, dando vita così ad un limite di velocità allea automobili di 30 km/h invece dei normali 50 km/h previsti dal codice stradale in ambito urbano. “Precedenza ai pedoni e alle biciclette”, il motto di Finocchiaro. Complessivamente la giornata di ieri può essere interpretata come la giornata chiave per concorrere a Pisus, il bando plurimilionario che prevede una cifra che dovrà essere contenuta tra i 3 e i 6 milioni di euro (il 23% del quale sarà a carico del Comune) il cui termine ultimo per la presentazione globale del progetto è stata fissata entro la fine di questa settimana.
Riccardo Tosques

 

 

MUGGIA - Telefonia mobile presto il regolamento per la sicurezza
 

Una brusca accelerata verso la redazione del regolamento comunale per la telefonia mobile. Torna allo scoperto ma con le idee sempre chiare l'assessore all'Ambiente di Muggia Fabio Longo. L'amministrazione Nesladek ha fornito in questi giorni le indicazioni chiavi per l'incarico che verrò affidato alla Polab srl di Pisa. La proposta economica dell'azienda toscana è stata di 12 mila 100 euro. Nel protocollo d'intesa sono previsti diversi punti. Tra questi la tutela della salute dei cittadini dagli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici ai sensi delle vigenti norme, l'uso razionale del territorio, la tutela dei beni di interesse storico, artistico, culturale, paesaggistico, ambientale e naturalistico. Ma anche l'armonizzazione delle esigenze dell'amministrazione comunale e della salvaguardia dei valori e dei beni con i programmi di sviluppo delle reti degli operatori delle telecomunicazioni. Prevista poi l'individuazione, anche con l'eventuale ricorso alle procedure di consultazione con le metodologie partecipate di Agenda 21 ai fini della massima trasparenza nell'informazione alla cittadinanza, delle aree dei territorio preferenziali e di quelle controindicate per l'installazione degli impianti, cioè quelle in cui la realizzazione degli impianti è consentita a particolari condizioni. L'affidatario dell'incarico dovrà tenere conto inoltre della minimizzazione, a seguito della realizzazione degli impianti, dei vincoli d'uso del territorio in relazione alle volumetrie edificatorie assentibili nonché dei fattori di interferenza visiva sul paesaggio, della riqualificazione delle aree conseguita anche con interventi di rilocalizzazione degli impianti, dell'eventuale accorpamento degli impianti su strutture di supporto comuni o quantomeno all'interno di siti comunali, anche nei casi di rilocalizzazione. Inclusa poi la riduzione, per quanto possibile, del numero complessivo di siti, compatibilmente con le esigenze di copertura delle zone servite dagli impianti e fatto salvo il rispetto dei limiti di campo elettromagnetico. «Attualmente, in assenza di un regolamento, ogni compagnia telefonica può agire senza chiedere consenso al Comune” - spiega l'assessore Longo - “ed è per questo che ho chiesto esplicitamente la redazione di un testo scritto”. Anche un altro problema, molto più grave da un punto di vista della tutela della salute come quello legato alle radioantenne di Chiampore, è sempre al centro delle attenzioni da parte dell'assessore all'Ambiente. Longo è fiducioso: «Abbiamo avuto un incontro con il Comitato dei cittadini ma ora come ora attendiamo una risposta da parte dei gestori: la situazione pare comunque fluida e sono convinto che imboccheremo la strada giusta in tempi molto rapidi per debellare l’annoso problema».

(ri.to.)
 

 

Il Pd: «Servizio idrico Ciriani ascolti i sindaci»

 

Luca Ciriani ascolti i sindaci sulla riforma del servizio idrico integrato. Lo afferma il capogruppo del Pd Gianfranco Moretton sottoscrivendo il dissenso dei sindaci e contestando in particolare la scelta di affidare più poteri in materia d’acqua, spogliando i Comuni: «Una scelta giuridicamente non realizzabile».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 12 ottobre 2011

 

 

PRG - In troppi nella sala - E alla circoscrizione intervengono i vigili
 

Riunione sospesa e ripartita solo dopo l’intervento dei vigili urbani. È successo l’altra sera, in via Caprin 18/1, dove una delegazione di cittadini si è presentata per assistere alla riunione serale della Quinta circoscrizione. Seduta pubblica, evidentemente. L’arrivo degli ospiti, poco meno di venti e interessati alla questione largo Mioni (e quindi alla discussione sulla mozione di “salvaguardia” dell’area predisposta dai pidiellini Roberto Dubs e Silvio Pahor per evitare rischi collegati al vecchio progetto della galleria e all’attuale situazione del Piano regolatore generale, con la variante 66 tornata in vigore), ha però fatto innervosire qualcuno. «È stata sollevata la questione dell’agibilità della sede - spiega Martina Pompei, una dei cittadini intervenuti -, rilevando come la stessa non possa ospitare più di 25 persone (i consiglieri circoscrizionali della Quinta sono già da soli 20, ndr). Ci è stato detto così che sarebbero potuti restare solo pochi di noi. Abbiamo allora chiesto di poterci fermare nel corridoio, volevamo solo ascoltare: negli anni contro l’ipotesi della galleria sono state raccolte più di mille firme». Niente da fare, però, con i toni di voce scaldatisi via via. Così, la presidente del parlamentino Claudia Ponti (Pd), alla luce della situazione venutasi a creare, ha interrotto la seduta e deciso di chiamare la Polizia municipale. «Ci ha detto che c’era un eccessivo affollamento nella sala - racconta il comandante dei vigili urbani Sergio Abbate -. Sul posto abbiamo verificato come non si trattasse però di sovraffollamento e abbiamo risolto la questione con la nostra presenza». Alcuni cittadini sono dunque entrati in sala mentre gli altri hanno ascoltato dal corridoio. Alla fine, la mozione su largo Mioni che impegna giunta e sindaco a «predisporre la salvaguardia della zona compresa tra largo Mioni e via Rigutti, compresa l’area verde riqualificata che si sviluppa tra la via Rigutti e la via Bergamasco» e a «scongiurare definitivamente, negli indirizzi del nuovo Prgc, l’inutile realizzazione della galleria di collegamento tra largo Mioni e via D’Alviano», è stata approvata dal parlamentino.

(m.u.)
 

 

Differenziata, a Muggia l’umido raccolto al 39%
 

La fase sperimentale, secondo il sindaco Nesladek, sta dando buoni risultati Ritorna la spazzatrice bloccata da guasti meccanici e malattie degli addetti
MUGGIA Come procede la raccolta differenziata dei rifiuti? E che fine ha fatto la spazzatrice dopo le numerose multe affibbiate ai muggesani? Due argomenti che molti cittadini si saranno posti soprattutto visto che da tempo non si parla più del progetto pilota della spazzatura. A fornire alcune risposte ai due interrogativi è il sindaco di Muggia, Nerio Nesladek. «I dati dell’esperimento-differenziata acquisiti nell’ultimo rilevamento utile sono a dir poco confortanti: l’aumento del conferimento dell’umido ha portato, nel mese di agosto, ad un risultato che si attesta intorno al 39 per cento». Si tratta di un valore che secondo il primo cittadino “diviene ancor più significativo” alla luce del fatto che il progetto non è ancora a pieno regime avendo coperto un’area che da Zindis attraverso Aquilinia, Vignano, il centro storico e Santa Barbara interesserà prossimamente anche Muggia Vecchia, Lazzaretto, Cerei e le restanti zone. Da questo punto di vista, la costante crescita del Comune di Muggia lo avvicina notevolmente al Comune di San Dorligo, il più “virtuoso” della provincia secondo l’Arpa con il 44,56 per cento nell’ultimo rilevamento del 2010. Per quanto riguarda invece la spazzatrice stradale questa, dopo un lungo periodo di inattività, riprenderà regolarmente il proprio servizio nelle prossime settimane occupandosi sia del centro storico sia delle altre strade. «La sospensione del servizio è stata solo momentanea e ha trovato ragion d’essere da due ordini di problemi: la malattia degli operatori addetti in prima istanza ed il guasto del mezzo stesso in un secondo momento entrambi in ordine di risoluzione», spiega lo stesso sindaco. E sui cartelli con i divieti di sosta che non sono mai stati tolti ma solo “incappucciati” con i classici sacchetti neri delle immondizie, peraltro in molti sbrindellati dalla bora? Il sindaco Nesladek anche su questo argomento vuole rassicurare i propri cittadini: «La questione è praticamente già risolta: la rimozione dei cartelli è prevista in tempi brevissimi».
Riccardo Tosques

 

 

Assemblea sul progetto “Pisus” - Oggi alle 14 cittadini, associazioni e operatori economici alla sala Millo
 

MUGGIA Una vera e propria raccolta di idee da parte di cittadini, operatori economici e associazioni. È il Pisus day la “maratonina” per il Piano integrato sviluppo urbano sostenibile che oggi dalle 14 alle 20 si svilupperà all'interno della sala Millo di piazza della Repubblica. La riunione, convocata dall'assessore allo Sviluppo economico di Muggia Stefano Decolle, costituirà di fatto uno dei momenti più importanti nell'avvicinamento alla consegna del piano per il bando plurimilionario europeo. Tanti i progetti che verranno presentati per apportare un aumento dell'attrattività urbana della cittadina in chiave turistica e non. «L’obiettivo è quello di rendere la proposta progettuale più aderente ai bisogni della cittadinanza e maggiormente capace di dare risposte concrete alle necessità di sviluppo economico e sociale del nostro territorio», ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Loredana Rossi. Il Piano di sviluppo urbano sostenibile rientra nell’ambito del Por Fesr 2007-2013 della Regione che ha recentemente pubblicato un bando rivolto alle amministrazioni locali della regione interessate. Ad ottenere il finanziamento comunitario ci sarà anche il Comune di Trieste. Il bando plurimilionario prevede una cifra che dovrà essere contenuta tra i 3 e i 6 milioni di euro (il 23% del quale sarà a carico del Comune). Il termine ultimo per la presentazione globale del progetto sarà il 16 ottobre.

(ri.to.)
 

 

Geometra arrestato Wwf: la Regione vigili sul rischio tangenti

 

Il Wwf esprime preoccupazione per la notizia dell’arresto del geometra del Servizio Idraulica della Regione , accusato di aver e ottenuto una tangente riguardoall’ estrazione di inerti sul fiume Cellina. E’ importante, sottolinea il Wwf, che la Regione svolga svolgere un forte controllo su chi ha responsabilità.
 

 

Confronto - Legambiente progetta le strategie future

 

Questo pomeriggio alle 17.30 nel Palazzo della Regione in via Sabbadini, 31, a Udine, Legambiente si interroga sugli obiettivi da perseguire nei prossimi anni, con un confronto aperto a tutti che riguarderà in particolare il documento alla base del prossimo Congresso, che si svolgerà a Bari il , 2,3 e 4 dicembre.

 

 

Piu'  linee ferroviarie e Trieste ricomincera' a rifiorire - LA LETTERA DEL GIORNO

 

Sono venuto a Trieste nel 1973 per dirigere la filiale di un importante istituto di credito. Allora, a mio giudizio, le banche erano più vicino alle aziende di quanto sembra accadere oggi, e dal mio arrivo ho sempre sentito parlare della esigenza di sviluppo della città. Parole, parole, parole, nulla di concreto. Nel tempo ho visto sparire la Dreher, la Stock, la Ras, il Lloyd Triestino, cantieri navali, la Cantrisa (arredamenti navali), il Cantiere alto Adriatico di Muggia (dove ho assistito a più vari) e tante altre realtà industriali. Ho assistito al declino demografico. Al mio arrivo la città aveva 270.000 abitanti, ora siamo a circa 210.000. Questo declino era già evidente nel 1973. Il sindaco dell’epoca, dott. Spaccini, ne era fortemente preoccupato, stimava la perdita in 1500 abitanti l’anno. Ho assistito alla emarginazione ferroviaria e i dirigenti delle ferrovie sostengono che ciò è dovuto alla scarsità di utenti. Io mi permetto di sostenere l’esatto contrario. L’utenza manca perché i collegamenti sono scarsi, inadeguati e costosi. Oggi con l’alta velocità tra Roma e firenze, oltre 300 chilometri, si impiegano da 79 a 95 minuti. Da Mestre a Trieste, con percorso inferiore alla metà, occorrono da 106 a 113 minuti. Sono convinto che se ci fosse una coppia di treni che collegasse Venezia a Trieste, in meno di un’ora molti turisti in visita a Venezia farebbero un salto da noi perché Trieste malgrado tutto ha ancora molto fascino. E forse qualcuno potrebbe preferire di soggiornare a Trieste, dove gli alberghi sono meno cari che a Venezia, e poi visitare Venezia di giorno. Sono anche convinto che, dopo tanto parlare, sarebbe ora di effettuare il collegamento ferroviario con l’aeroporto (abbiamo la linea ferroviaria a due passi). Verrebbero così valorizzati sia la città sia l’aeroporto. Queste due iniziative oltre ad incrementare il turismo e facilitare la vita ai triestini potrebbero favorire nuovi insediamenti industriali, con favorevoli ricadute sull’occupazione dei nostri giovani, oggi troppo spesso costretti ad emigrare (purtroppo i migliori, quelli che hanno più fiducia nella loro preparazione). Ritengo che per realizzare questo scopo dovrebbe impegnarsi molto seriamente non soltanto la classe politica, ma l’intera comunità.

Aldo Patriarca

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 11 ottobre 2011

 

 

«Anche il Parco del mare nel nuovo Prg» - Linee guida della Confcommercio al sindaco: viabilità, ospitalità, “Centri in via” e litorale più lungo
 

Tra gli auspici quello di una valorizzazione della comunità scientifica nella zona centrale
Attenzione al commercio nel contesto di una Trieste più vivivibile, più “ricettiva”, più attrattiva, sia dal punto di vista urbano che dell’offerta culturale. Si può riassumere così l’articolato documento che la Confcommercio ha redatto dopo aver tastato il polso e raccolto le esigenze dei suoi tanti comparti e che ha consegnato al sindaco Cosolini in vista della redazione del piano regolatore del Comune. «Siamo stati elogiati per il buon lavoro svolto con queste nostre linee-guida - dice il presidente Antonio Paoletti - e ora attendiamo di verificare quanto in concreto saranno recepite da parte dell’amministrazione». Sul Parco del mare, Confcommercio non torna indietro. Anzi, viene ribadito che l’associazione lo considera ”elemento trainante” per lo sviluppo turistico della città. Una sottolineatura che vede concordi tutte le categorie, come Paoletti tiene a ricordare proprio alla vigilia della decisione definitiva sulla sua realizzazione e collocazione. E, a sostenere il Parco, non può non mancare un deciso intervento su mobilità, collegamenti e servizi, indispensabili per catturare quei visitatori che spesso le infrastrutture carenti e una viabilità non fluida scoraggiano dal fermarsi da queste parti. Nell’obiettivo di potenziare l’offerta rivolta ai visitatori, Confcommercio include anche l’ampliamento dell’area litorale per uso turistico-balneare, realizzando, per esempio, un nuovo interramento con spiagge in ciottoli dal terrapieno di Barcola fino al bivio di Miramre. Il Prg come frutto di concertazione fra attori economici, cittadini e istituzioni, espressione di un modello di sviluppo urbano innovativo. In questo contesto - recita il documento - il commercio va considerato non in un’ottica meramente economica, ma come elemento centrale del tessuto e “leva fondamentale” di ogni progetto di ridisegno e riassetto del territorio. Esiste un legame fra “città e commercio”, che, per rafforzarsi e svilupparsi, ha bisogno di azioni mirate a potenziare l’ospitalità e i servizi culturali, includendo in questa strategia un ripensamento sulle convenienze e diseconomie del traporto di persone o merci in ambito urbano. L’associazione guarda piuttosto con favore alla nascita di quelli che definisce centri commerciali “naturali” (Centro in Via), che hanno nel loro dna un format adattabile ai contesti e alle specificità delle diverse aree e che prevedono il diretto coinvolgimento di residenti e operatori. Così come puntano alla valorizzazione della comunità scientifica, attraverso un progetto di sviluppo del terziario avanzato nel perimetro cittadino e non confinato ai suoi margini, che incentivi cooperazione e contatti fra università, comunità scientifica, istituzioni e territorio. Infine, un suggerimento sul centro storico come elemento di appeal turistico. Pur in un contesto di tutela - dicono i commercianti - andrebbero eliminati vincoli troppo restrittivi, che ne pregiudicano la fruibilità e scoraggiano la libera iniziativa di imprese e privati, stritolati dalla troppa burocrazia.
 

 

Impianto fotovoltaico sui tetti dei magazzini
 

Nello scalo nuovo pannelli su 90mila metri quadri: concessione di vent’anni a una società tedesca
I tetti dei magazzini del Porto Nuovo saranno, a breve, riempiti di pannelli fotovoltaici per un impianto che coprirà una superficie totale di quasi 90mila metri quadrati. È in attività, infatti, il cantiere della Meridian parco energia I Srl, società con 3 milioni di euro di capitale sociale, sede a Orvieto e appena subentrata alla Meridian Neue energien Gmbh, che nel settembre del 2009 aveva chiesto in concessione demaniale, per la durata di vent'anni, una serie di tetti dei magazzini del Punto franco nuovo, proprio per realizzare un impianto fotovoltaico, impegnandosi alla manutenzione della copertura dei tetti per tutta la durata della concessione stessa.In particolare sono interessati dai lavori i magazzini 49, 50, 51, 53, 55, 57, 58, 60, 65, 66, 69, 70, 71, 72 con un progetto che ha dovuto passare il vaglio del Genio civile, dell'Agenzia delle Dogane, della Capitaneria di porto e dell'Agenzia del Demanio, nonché ottenere l'autorizzazione paesaggistica della Regione Friuli Venezia Giulia. L'impianto, una volta terminati i lavori, occuperà una superficie totale di quasi 90mila metri quadrati e prevede la costruzione di due cabine di controllo al piano terra di due magazzini, mentre tra interramenti e posizionamenti in facciata sugli edifici del porto saranno messi in opera più di 2,6 chilometri di cavi elettrici. La Meridian Neue Energien Gmbh, fondata nel 1996 e società madre della subentrante Meridian parco energia I, è un'impresa tedesca specializzata in “parchi eolici” che dal 2003 ha iniziato ad operare anche nel settore dei “parchi fotovoltaici” e delle bio-energie. La specialità dell'azienda è proprio quella di progettare ed eseguire impianti fotovoltaici su case di residenza privata, capannoni commerciali o industriali, grandi aree e coperture per parcheggi. In Germania, in particolare, la società si è concentrata su grandi aziende agricole, sempre previo risanamento delle coperture. Dopo l'Autoporto di Fernetti, dove dai primi mesi del 2009 funziona un impianto da 1 Megawatt su una superficie di 19mila metri quadrati, un altra grande impresa del territorio sfrutterà le energie rinnovabili utilizzando strutture già esistenti. A fine ottobre la Meridian parco energia I Srl dovrebbe presentare pubblicamente il progetto, illustrando quali saranno stati i termini dell'investimento e come verrà ceduta l'energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici (rivenduta ai provati in loco o reimmessa nella rete per la distribuzione).

Riccardo Coretti
 

 

Le malattie del porto legate alle Ferrovie - L’INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Porto, la città deve unirsi. Fallimento di tutti? In realtà i maggiori responsabili sono due: il primo è il vertice FS, che ormai opera da ministro dei trasporti dipendente da quello dell’economia (risanare il Gruppo senza preoccuparsi della qualità del servizio ferroviario, a spese di Trenitalia, svendendo i gioielli di famiglia, e ritirandosi dal mercato sia merci che viaggiatori, rinunciando ai finanziamenti in infrastrutture e materiale rotabile), il secondo è la Giunta Tondo del FVG, mentre la gestione regionale Illy aveva almeno tentato di contrastare la fallimentare politica delle FS. Infatti l’abbandono del Porto di Trieste non nasce oggi, ma ha tappe precise: chiusura del Compartimento FS di Trieste, che aveva resistito anche nel ristretto ambito del TLT, proprio per la valenza commerciale del secondo porto italiano e primo estero per estero nella captazione dei traffici del Nordest; chiusura delle Rappresentanze commerciali FS di Vienna e di Monaco di Baviera, essenziali per la promozione del Porto di Trieste; scelta di Venezia quale sede della Direzione Merci per il Triveneto, quando Trieste aveva sempre vantato il primato delle merci e Venezia di quello passeggeri; chiusura delle Agenzie merci di Trieste e Udine, con accentramento della vendita a livello nazionale; chiusura dello scalo merci di Trieste Centrale al servizio del neonato Adriaterminal e vendita dei silos alle Cooperative, con dirottamento del traffico su strada; eliminazione del turno di notte a Campo Marzio Smistamento che ha impedito l’effettuazione del quarto RoLa (strada viaggiante) per la Baviera e l’acquisizione del traffico container per il triangolo industriale; smantellamento degli scali di confine, in luogo di una efficace azione promozionale per il recupero dei traffici attraverso Villa Opicina e Gorizia perduti in seguito del conflitto nella ex-Jugoslavia; rinuncia alle tariffe dirette con i paesi orientali, alla base di un ulteriore dirottamento dei traffici su strada; disincentivazione dei raccordi industriali, strumento principe del porta a porta ferroviario; e, infine, l’abbandono di Alpe Adria, braccio commerciale per i trasporti europei, creato per fronteggiare la concorrenza delle tariffe DB per i porti tedeschi, che si era rivelato anche decisivo per il traffico nazionale. Ma il secondo responsabile non è da meno: la Regione FVG segue le FS nell’affossamento di Alpe Adria, pretendendo di sostituire un’impresa commerciale operante con successo in una dimensione europea con una società di produzione, nata per gestire i raccordi industriali a livello regionale, priva della struttura commerciale internazionale e carente nelle dotazioni tecniche, che sono messe a carico della Regione stessa tramite le Ferrovie Udine Cividale. I finanziamenti impossibili per la propria partecipata commerciale si trovano per l’impresa di produzione che commerciale non è. Il FVG imita la politica delle FS nell’irresponsabile gestione delle società che non tiene conto della sostanziale differenza della missione delle singole imprese. La complicità della Regione si è manifestata soprattutto nell’allontanarsi dalla linea seguita dalla Giunta Illy: accettazione passiva del mancato finanziamento alla Metropolitana leggera che, come progetto per la rivitalizzazione del nodo di Trieste ai fini del traffico portuale e del servizio regionale viaggiatori, rappresenta l’intervento prioritario per l’effettiva realizzazione di tutti i progetti più impegnativi; abbandono dell’affiancamento dell’alta velocità all’autostrada Mestre – Palmanova; blando impegno per la Transpadana ed enfatizzazione del ruolo del Corridoio Adriatico – Baltico. I principali responsabili sono quindi nella capitale e nel capoluogo di regione, tutti gli altri devono rispondere del loro silenzio.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 10 ottobre 2011

 

 

Nomisma, il fotovoltaico ci costerà 3 miliardi l’anno
 

ROMA «Pagheremo un caro prezzo lo straordinario boom del fotovoltaico in Italia, che già nel 2011 pesa 3 miliardi di euro l’anno, scaricati nelle bollette, sia domestiche che industriali, con la parte A3 della tariffa». A dirlo, nella giornata di chiusura del Carloforte Green Workshop, è il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli. Le rinnovabili, ha aggiunto, «hanno il grande pregio di fare democrazia, di creare reti di autoconsumo, ma poi in realtà non è così perchè siamo tutti collegati in rete. E storicamente l’economia del settore la fanno i grandi impianti». Tornando ai finanziamenti «il fotovoltaico - a giudizio del presidente di Nomisma Energia Tabarelli - sta assorbendo troppe risorse; fondi che potevano essere destinati ad altre fonti rinnovabili quali eolico e biomasse, più efficienti, o ad altre tecnologie. Questa esplosione del solare, crescita da primato per l’Italia, è in realtà un balzo inaspettatO Le risorse vanno gestite, ma in Italia manca una politica energetica e industriale. Non c’è la forza politica per fare strategie e quindi prendere decisioni. E cosa ancor più grave non abbiamo gli attuatori. L’energia è politica industriale».
 

 

Scoppia il giallo delle stazioni forestali - Le accuse del Pd: «Tondo vuole cancellarle per fini clientelari. A rischio pure San Dorligo e Basovizza»
 

TRIESTE Scoppia il giallo delle stazioni forestali. A lanciare il caso è il Pd che, per voce del capogruppo in Consiglio Gianfranco Moretton e del consigliere Paolo Menis, attacca la giunta e insinua il dubbio che, dietro ad alcune scelte dell’amministrazione Tondo sulla tutela delle montagna, ci siano «fini elettorali e clientelari, nonché un disegno finalizzato a ridimensionare le competenze del Corpo forestale regionale». E a rischio sarebbe, secondo i consiglieri democratici, anche la stazione forestale di San Dorligo della Valle e il Centro didattico naturalistico e ambientale di Basovizza. Lo spiega bene Moretton: «I servizi del Corpo forestale sono a rischio perché l’assessorato alle Risorse agricole è intenzionato a cancellare ben cinque stazioni forestali. Lo sconcerto, tra la gente, soprattutto nei Comuni di montagna, è ai massimi livelli». Poi il capogruppo democratico porta alcuni esempi: «Pensiamo alla stazione forestale di Claut, al servizio dell’alta Valcellina: di recente è stata completamente ricostruita con una spesa di 800mila euro. È stata inaugurata solamente il 10 novembre 2009 dall’attuale assessore Violino: la stessa persona che oggi propone la sua chiusura. Essa è il punto di riferimento quotidiano per residenti e turisti. La proposta di chiusura delle stazioni forestali di Comeglians, Resia, Meduno, Claut e San Dorligo, del Noava e del Centro didattico naturalistico e ambientale di Basovizza, realizzato solamente qualche anno fa con un investimento di 2,5 milioni di euro di fondi comunitari, sarebbe un gesto inqualificabile. E, ancor di più, ci chiediamo quale potrebbe essere la reazione dei cittadini se questi venissero a sapere che la motivazione del provvedimento ha come intento quello successivo di aprire sei nuovi servizi per accontentare altrettante figure di coordinamento interne... Ci auguriamo che il presidente Tondo fermi questo insano disegno della loro cancellazione, che viene fatto per soli fini clientelari». Paolo Menis, che presenterà un’interrogazione all’assessore Violino, commenta: «Come sempre, a pagare, saranno i territori in difficoltà. Come Resia, che rischia di veder scomparire la sua stazione forestale. Davvero non si comprende quindi dove sia la ratio di questa soppressione a meno che essa, e ciò sarebbe ancora più grave, non sia parte di un più grande disegno finalizzato a ridimensionare nel suo complesso il ruolo e le competenze del Corpo forestale regionale».
 

 

Tariffe dell’acqua bloccate sino al 2013

 

«Liberalizzare l’acqua non significa privatizzarla, perchè non si deve confondere gestione del servizio e privatizzazione». Lo afferma Alessandro Colautti (Pdl) ricordando il ruolo di garanzia della Regione che ha stanziato 100 milioni di euro per favorire gli investimenti e bloccare le tariffe sino al 2013, in modo da evitare aumenti.
 

 

CONVEGNO - A confronto sui bonus carburanti

 

Oggi, alle 16, all’Auditorium San Marco di Palmanova, convegno su “Tra auto e carburanti, incentivi regionali”. Partecipano, tra gli altri, il presidente di Unioncamere Fvg Antonio Paoletti e gli assessori regionali Luca Ciriani e Sandra Savino.
polemica «La Regione penalizza la sanità di Pordenone» Gianfranco Moretton attacca: Luca Ciriani dà i numeri sulla provincia di Pordenone e sulle risorse aggiuntive che la Regione garantirebbe. La riprova? Il capogruppo del Pd non ha dubbi: «Mentre continuano gli investimenti sulle strutture ospedaliere a Trieste e Udine, a Pordenone tutto è fermo da almeno tre anni».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 9 ottobre 2011

 

 

Montebello, tre palazzine in fuga dal Piano regolatore
 

Il progetto è stato presentato il 16 giugno ma le salvaguardie sono cadute solo in agosto. La circoscrizione di centrosinistra dice no, il Comune nicchia
Dal punto di vista geografico, è un’area verde di Montebello di poco più di settemila metri quadrati, incastrata fra tre palazzi di cinque piani a valle, lato via Cumano, e le rotaie di superficie della circonvallazione ferroviaria a monte, lato strada di Rozzol. Ma il suo destino urbanistico, sotto il profilo burocratico, risulta a propria volta incastrato. Incastrato fra le richieste edificatorie di chi ne è proprietario, e vuole costruirci sopra altri tre palazzi di sei piani, per un totale di 19mila metri cubi, e i reclami di ambientalisti e residenti, specie di quelli che abitano nei tre palazzi già esistenti lì sotto, i quali invece si battono per lo status quo. Posizione, quest’ultima, che ha già incontrato la sintonia della Sesta circoscrizione, a maggioranza di centrosinistra, da dove è partito un parere preliminare negativo, ancorché non vincolante, al permesso di costruire. Destinatario l’ente che deve istruire la pratica: il Comune, a maggioranza di centrosinistra, pure. Un incastro politico nell’incastro geografico e burocratico. Il lembo verde di Montebello rischia così di diventare il caso dei casi tra quelli generati dalla dichiarazione di morte del Piano regolatore di Dipiazza, alla quale sta facendo seguito l’iter del nuovo Prg concepito invece da Cosolini, le cui direttive generali sono prossime all’approvazione del Consiglio comunale. Il fondo in questione, infatti, era stato trasformato da edificabile in inedificabile dalla variante 118 di Dipiazza. L’adozione di tale variante aveva innescato il regime di salvaguardia, regime che però è scaduto nell’agosto scorso a chiusura dei termini di legge in quanto all’adozione non era mai seguita l’approvazione definitiva dello strumento urbanistico dello stesso Dipiazza. La striscia verde, a quel punto, è tornata edificabile per effetto del ripristino della variante 66, quella di Illy. E le direttive generali del futuro Prg di Cosolini non contemplano - tra le nuove salvaguardie che verranno introdotte con l’imminente voto del Consiglio comunale sulle direttive - riduzioni di cubature in zone B2, in cui ricade proprio il fondo di cui sopra secondo il Prg Illy. Davanti a una simile cronologia, la Sesta circoscrizione ha avuto da eccepire. Così scrive infatti, tra i vari motivi che hanno portato al parere negativo, il presidente del parlamentino Guglielmo Montagnana: «Il protocollo di arrivo, datato 16 giugno 2011, della presentazione della domanda (di permesso di costruire, ndr) è antecedente alla decadenza dei vincoli di salvaguardia previsti dalla variante 118 rispetto alla 66». Per l’amministrazione Cosolini, però, siamo nei crismi della regolarità, come spiega in una risposta a Montagnana l’assessore comunale ai Lavori pubblici: il regime di salvaguardia è «una misura cautelare e temporanea», che «presuppone che la domanda di permesso a costruire sia conforme alla strumentazione vigente ma difforme da quella adottata». Ebbene, “quella adottata” non c’è più, e la salvaguardia è appunto niente di più che “una misura temporanea”. Tradotto: la pratica può procedere, anche se - riconosce la Marchigiani nella lettera a Montagnana - la strada è ancora lunga. Alla proprietà, infatti, il Comune ha richiesto un’ulteriore «relazione geologica e geotecnica», nonché un «parere di competenza» a Rete Ferroviaria Italiana «in merito alla fascia di rispetto ferroviario». Le nuove case, per la cronaca, sorgerebbero, con una deroga, a meno di trenta metri di sicurezza dai binari previsti dalla legge.
Piero Rauber

 

 

E a Opicina puo' sorgere un nuovo centro fitness - in via dei Papaveri

 

Il cemento, che in questo caso tocca via dei Papaveri a Opicina, in zona capolinea della “4”, è davvero pochissimo. Però il principio è lo stesso del potenziale “cubone” di Montebello. Pure questo, dopo tutto, è un vecchio progetto liberato dalle briglie verdi del Prg di Dipiazza. E - in base alle disposizioni di legge - sta già per essere autorizzato in via definitiva per altri canali rispetto a quelli tecnici, per i quali passano invece i permessi a costruire. Trattasi di canali politici, di fatto, dato che la sua realizzazione è subordinata al voto, da parte del Consiglio comunale, di uno «studio preliminare e planivolumetrico». È un voto che è in agenda proprio domani sera. Ma che progetto è? È la vecchia proposta di costruzione di un centro benessere privato - con palazzina coperta per servizi, docce e sauna di 168 metri quadrati, un campo da tennis da 392 metri quadrati, un tratto di pista ciclabile e un percorso benessere - firmata dalla Settimo Costruzioni Generali in quanto proprietaria dell’area. Un’area da circa 8.400 metri quadrati che, per il Piano regolatore di Illy tornato pienamente in vigore, ricade in zona U4 «per attrezzature sportive di proprietà privata», ma che la variante 118 dell’ex sindaco Dipiazza aveva trasformato in E3, cioè una delle aree definite «agricole e forestali negli ambiti silvo-zootecnici». Era modellabile, è diventata intoccabile, torna modellabile. Modellabile in base a un progetto redatto in parte dall’ingegner Alessandro Settimo e in parte dall’ingegner Francesco Cervesi - dal 2010 partner politico della coppia Bandelli-Rosolen nel movimento Un’altra Trieste - assieme all’architetto Antonio Sferco. Tale incartamento era arrivato in Comune nel maggio del 2009. Tre mesi più tardi, con l’adozione della variante 118, sarebbe diventato carta straccia. Da due mesi in qua, però, con la fine delle salvaguardie della stessa 118, è tornato pienamente legittimo. E infatti domani, a meno di colpi di scena, riceverà il “nulla osta” che manca.

(pi.ra.)

 

 

«Direttive, parlamentini esclusi» - URBANISTICA - I consiglieri rionali di centrodestra: nessun coinvolgimento
 

Altro che partecipato. Il nuovo Prg è un «oggetto esclusivo della giunta, deciso nelle stanze del potere locale, da cui sono esclusi i cittadini e i loro rappresentanti rionali, cioè i componenti dei consigli circoscrizionali». È stato un attacco al sindaco Roberto Cosolini e alla sua maggioranza, quello sferrato ieri dai consiglieri delle consulte rionali appartenenti al centrodestra. Michele Babuder, Gianluigi Pesarino Bonazza, Roberto Dubs, Francesco Bettio (unico presidente circoscrizionale d’opposizione, al vertice della 7.a) e Alberto Polacco hanno lamentato «la mancanza del coinvolgimento dei rappresentanti rionali nella discussione sul nuovo Prg e, in particolare, sui progetti per la costruzione di nuovi 19mila metri cubi in via Cumano, di un supermercato all’ex Sadoch di viale Ippodromo e dei cuboni a San Vito». «Cosolini – dice Babuder - ha proposto un metodo che contrasta con l’annunciato percorso di condivisione». Così Pesarino Bonazza: «Da quando sono cessate le salvaguardie previste dalla “118”, al parlamentino sono giunte numerose richieste di permessi di costruire di forte incidenza sul territorio». Dubs ha criticato l’esecutivo «che prosegue il teatrino delle giunte itineranti e umilia il ruolo dei 130 consiglieri nelle circoscrizioni». Bettio ha confermate la «totale assenza di comunicazione sul Prg». Per Polacco «il sindaco si è limitato a illustrare i contenuti delle salvaguardie a un pubblico incontro e in commissione consiliare comunale, senza considerare le Circoscrizioni». Dall’altipiano, Alberto Viatori ha «presentato un’interrogazione per sapere a cosa sia dovuto il mancato coinvolgimento delle circoscrizioni». Documento sottoscritto da Stefano Bizjiak.

(u. s.)
 

 

Fotovoltaico, 6 mila nuovi impianti Enel in regione - NEI PRIMI NOVE MESI
 

UDINE Enel ha connesso in Friuli Venezia Giulia, nei primi nove mesi del 2011, 6.196 nuovi impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Si tratta di una cifra consistente - ha spiegato la società - se si considera che nell’intero 2010 erano stati attivati 5.139 impianti. La potenza complessiva installata dei nuovi impianti fotovoltaici è pari a 142 megawatt, in grado di soddisfare il fabbisogno energetico di quasi 56.450 famiglie del Friuli Venezia Giulia, con una crescita del 20% nei primi nove mesi del 2011 rispetto all’intero 2010. Grazie all’energia resa disponibile da questi impianti, si potrà evitare l’emissione di 75.000 tonnellate di CO2 che si sarebbero generate dalla produzione di una pari quantità di energia attraverso l’impiego di combustibili fossili. Provincia leader per numero di allacci in Friuli Venezia Giulia resta sempre Udine, con 3.492 nuovi impianti per una potenza pari a 76 Megawatt; segue Pordenone, con 1.782 impianti e 48 Mw; terzo posto per Gorizia, 764 impianti per 13 Mw. La classifica si completa con Trieste 158 impianti, per 4,5 Mw.
 

 

Troppo spreco di energia fra lavatrice e frigorifero - STUDIO CNR
 

ROMA Sos sprechi tra le mura domestiche, in particolare per gli elettrodomestici. Lo afferma uno studio di Vittorio Cecconi dell’università di Palermo presentato al Carloforte Green Workshop, in programma fino a oggi, in una tavola rotonda con Mario Tozzi, geologo, primo ricercatore Cnr. «Ad oggi gli elettrodomestici - ha spiegato Cecconi - hanno rendimenti molto bassi: solo il 45% dell’energia viene trasformata in lavoro; quindi metà energia ed oltre viene buttata via». Sulla questione degli sprechi dei macchinari energivori, il problema non è la fonte. Anche se la fonte d’energia fosse 100% rinnovabile, sempre appena il 45% se ne utilizza, anche se con un indubbio minor impatto ambientale rispetto alle tradizionali. In termini di fabbisogno globale - ha concluso - è vero che il mondo ha bisogno di tanta energia, ma potrebbe usarne meno ad esempio con la domotica (automazione della casa) che aiuta tantissimo a ridurre gli sprechi. Ad esempio accendendo le luci solo quando c’è qualcuno nella stanza. O avviando gli elettrodomestici solo di notte, con le tariffe agevolate.
 

 

Stener: troppe scelte inutili nel piano Pisus
 

MUGGIA La scarsa partecipazione della cittadinanza di Muggia al progetto Pisus? «È forse un aprioristico rifiuto ad interventi non necessari che, oltre ad alterare in peggio l’esistente, creerebbero solo disagi all’utenza, oltre che complicare la viabilità. I cittadini temono che per la gola dei tre milioni di euro del Fondo Europeo Pisus (piano integrato di sviluppo urbano sostenibile) il Comune vada a infognarsi in progetti che avrebbero poco di “sostenibile”». Parola di Italico Stener, medico e politico di lungo corso muggesano, che in una lettera critica le ipotesi emerse, a partire dalla ventilata demolizione della stazione degli autobus. «È un edificio dignitoso - scrive - che qualifica tutta la zona anche per la sua funzionalità. Il progetto Pisus dovrebbe, invece, riguardare la soluzione di un problema essenziale non risolto, il bypassaggio di Muggia. Dipiazza aveva pensato al tubone sottomarino, opera possibile, ma faraonica e di danno ambientale. Finora si è scartata l’allargamento della galleria, perché tecnicamente non praticabile, ma io mi domando: “Perché allargare la galleria e non copiare le metropolitane? Perché non scavare nel sottosuolo invece di allargare?». L’altezza del viadotto, secondo Stener, sarebbe recuperata con la lunghezza del percorso dal Circolo della Vela al piazzale ex Agip, passando sotto via Roma. Una strada laterale porterebbe al centro; l’entrata per via Battisti, l’uscita per via Frausin. Uguale soluzione all’altra estremità, demolendo il vecchio vespasiano e forse le due costruzioni della ex caserma della GdF di cui il Pr prevede già la demozione. Quanto allo sviluppo urbano sostenibile, «dovrebbe riguardare anche il piano organico di sviluppo della costa muggesana».
 

 

Fai, giovani in piazza per «salvare l’Italia»
 

Si è tenuto l’altro pomeriggio anche il primo Flashmob del Fai (Fondo Ambiente Italiano), organizzato dal Gruppo Fai Giovani del Friuli Venezia Giulia a sostegno della campagna nazionale di raccolta fondi “Ricordati di salvare l'Italia” promossa dal Fai. I partecipanti si sono ritrovati in piazza della Borsa portando con sé un fazzoletto o una sciarpa, o un semplice pezzo di stoffa colorati, per annodarli tutti insieme così da formare una catena colorata, simbolo della necessità di «salvare l’Italia» e il suo patrimonio.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 8 ottobre 2011

 

 

«Accordo di programma per dismettere la Ferriera» - I SINDACATI SCRIVONO A TONDO
 

Non è una semplice richiesta, seppure indirizzata al presidente della Regione Renzo Tondo e all’assessore alla Programmazione Sandra Savino. Dopo numerosi appelli (a vuolo o quasi) per far partire il progetto di riconversione della Ferriera, i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil - Sincovich, Bordin e Timeo - ricorrono alla legge, e proprio a una norma varata dalla Regione lo scorso agosto, nell’ambito dell’assestamento di bilancio. Una norma che prevede l’iniziativa dei privati (e quindi anche dei sindacati) nella definizione degli accordi di programma. Ed è appunto a questo strumento che le tre organizzazioni chiedono alla Regione di far ricorso per la riconversione dell’impianto siderurgico. «Attivando una riconversione dell’impianto - esordiscono i tre sindacalisti - vi può essere la programmazione di un nuovo sviluppo industriale dell’area giuliana, che coniughi crescita economica e vita civile, salvaguardando l’ambiente. Vi è la necessità - aggiungono - di trasformare la dismissione programmata della Ferriera in opportunità, che faccia da volano per una nuova fase di sviluppo economico e sociale della provincia». E posto che il superamento delle attività siderurgiche è stato più volte dichiarato dalla proprietà e dalle istituzioni, e fissato entro il 2015, «s’impone l’avvio urgente di un processo di riconversione concertata delle attività svolte nello stabilimento del gruppo Lucchini-Severstal». I tre sindacalisti ricordano poi come proprio Tondo abbia dato vita, nel marzo 2010, a tre tavoli di confronto, (occupazione, ambiente e sviluppo economico, affidati rispettivamente a Regione, Provincia e Comune), dai quali avrebbe dovuto nascere l’accordo per la riconversione della Ferriera, che però fino ad oggi non hanno prodotto alcun risultato. Sommando a ciò il quadro di incertezza del gruppo Lucchini-Severstal e le pressanti questioni ambientali, ne deriva la necessità «da subito di un confronto molto ampio di tutti i soggetti interessati alla riconversione dell’area, superando divisioni ideologiche e politiche a tutti i livelli istituzionali». Serve dunque «un’azione concertativa fra istituzioni, proprietà e parti sociali». Entrando nel dettaglio, i soggetti che secondo i tre sindacalisti vanno coinvolti nell’accordo di programma sono la stessa Regione, a cominciare dallo stesso Tondo e dagli assessorati competenti, per proseguire con lo Stato, cioè Presidenza del consiglio e vari ministeri, con i Comuni di Trieste e Muggia, la Provincia, ovviamente la Lucchini-Severstal, le parti sociali (sindacati, Confindustria, ma anche Confartigianato, Cna, Api e Cooperative), l’ Autorità portuale e, con funzione propositiva-tecnica, Università, enti di ricerca, Ezit e il sistema finanziario.
Giuseppe Palladini

 

 

SEGNALAZIONI - PARCHEGGI Giardino da salvare

 

Luca Bressan si prende la briga di parlare quale presidente della IV Circoscrizione ma non mi risulta che il suo pensiero sia condiviso dagli altri membri della stessa. Posso concordare che l’assessore Marchigiani è effettivamente intervenuta a due incontri con i residenti ma che si è fatta solamente portavoce di una realtà non modificabile. Stiamo formando un comitato per la salvaguardia del giardino della Palestra della Valle, un’idea che non è certamente di oggi ma che ha già visto nel 2007 una raccolta di 500 firme depositata presso l’allora sindaco Dipiazza e che la nuova amministrazione non ha tenuto in nessun conto. L’assessore Marchigiani conferma che il progetto del park interrato è una “patata bollente” che ha ereditato dalla precedente amministrazione. Allora dov’è la differenza tra una giunta e l’altra? La soluzione è disinteressarsi della volontà dei cittadini e comportarsi come la giunta precedente? L’assessore Marchigiani ribadisce che i parcheggi sarebbero una soluzione per i residenti ma nelle riunioni che sono state fatte non era presente nemmeno un residente favorevole al progetto. Come mai? Forse perché i parcheggi costeranno 40/60 mila euro? O forse perché non saranno solo per i residenti? Non riusciamo a capire come è stata fatta l’individuazione di quest’area a parziale compensazione del parcheggio sotterraneo di Ponterosso per la ditta Riccesi. Non possiamo credere che non si siano trovate delle aree alternative più idonee. Siamo contrari alla costruzione di un parcheggio sotterraneo per vari motivi. I residenti preferirebbero piuttosto un’area verde non adibita a giardino che un finto giardino pur attrezzato, con qualche fioriera (abbiamo brutti esempi in merito).

Cinzia Stefanucci - Lorena Buttò - Kristine Hecker

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 7 ottobre 2011

 

 

Bandelli: «Prg, le linee sfatano allarmismi»
 

«Un documento che fa venire meno paure infondate e obbliga ad aprire un confronto meno emotivo e maggiormente consapevole». Si apre così una nota sulle linee direttive per il piano regolatore, firmata dai due consiglieri di «Un’altra Trieste», Franco Bandelli e Alessia Rosolen, che subito lanciano un affondo al Pdl : «La pubblicazione delle linee guida - sottolineano - sfata leggende e allarmismi che in questi mesi sono stati alimentati ad arte da certi esponenti del consiglio comunale». Bandelli e Rosolen proseguono attaccando le linee guida della precedente giunta. Adesso «sono state definite delle regole, del cui merito si potrà discutere, ma che nel frattempo fanno venire meno tante situazioni di ambiguità a cui la variante Dipiazza aveva dato spazio». E invitano poi ad aprire subito un ragionamento «per accelerare l’adozione del definitivo strumento urbanistico, che ponga fine alla lunga fase di transizione». Sulle linee guida interviene anche Roberto de Gioia (Lega Nord) che le definisce «non chiare in certi aspetti», e si dice «preoccupato perchè e si legge la possibilità di spazi per il campo Rom a Banne e per l’occhio di riguardo nel soddisfare un’eventuale forte immigrazione». Per Giorgio Cecco, coordinatore regionale di FareAmbiente, «le linee sono talmente generali da essere tutte condivisibili. Ci aspettavano - osserva - un’evidenza maggiore sugli aspetti energetici e più coraggio sulle salvaguardie. Il contenimento energetico è appena accennato, ma assieme alle fonti rinnovabili deve avere un peso maggiore».
 

 

Il cantiere “apre” crepe nelle case di Campo Marzio
 

Intervenuti i vigili del fuoco che hanno chiesto una verifica statica al Comune Insorge il comitato di piazza Carlo Alberto: è un inferno di rumori e polveri
Dove prima c’era un capello su una mattonella, adesso c’è una spaccatura. L’esempio pratico rende l’idea più della fredda terminologia dei tecnici. Ed è un esempio che fa salire l’irritazione e la preoccupazione dei residenti in piazza Carlo Alberto, da oltre un anno assediata dal cantiere di Campo Marzio. I timori per la sicurezza sono ora nero su bianco, nel verbale redatto dai vigili del fuoco al termine del sopralluogo negli edifici che confinano con il gigantesco intervento edilizio, compiuto il 30 settembre scorso. Non solo rilievi, ma un preciso invito al sindaco: far eseguire «un’accurata verifica statica alle strutture dei fabbricati e un continuo monitoraggio delle fessure, nonchè tutti i lavori di assicurazione, riparazione e consolidamento». La relazione lascia poco spazio alle interpretazioni: nel condominio al civico 3 sono state riscontrate «lesioni passanti sui muri del corpo di fabbrica esterno all’edificio», corrispondenti all’ex portineria, e lievi lesioni nel bagno adiacente, ora in locazione. Al numero 4 incrinature sui muri del cortile esterno e su quello sottostante il balcone del primo piano oltre che nella pavimentazione dal lato del cantiere e sul muro perimetrale dell’edificio. Ancora più delicata la situazione al n. 2: crepe sui muri del cortile e pure lesioni all’interno dell’appartamento del primo piano. «C’è un evidente deterioramento della situazione», conferma uno degli amministratori degli edifici, presente al sopralluogo. «Alcuni condòmini fanno fatica ad aprire le porte. Martedì ci riuniremo in assemblea per decidere come comportarci. Intanto, monitoriamo le spaccature e teniamo informata l’impresa Collini». Il verbale dei vigili del fuoco è stato trasmesso alla polizia edilizia del Comune, che sarà incaricata della verifica statica, e agli uffici della prefettura. Dice l’ingegner Sergio Kosic, presidente del Comitato di Campo Marzio, intervenuto al “consulto” sui muri: «Il cedimento verso il cantiere è evidente, così come la comparsa di grosse crepe, un centimetro e oltre, sui portierati dei cortili. Ci sono lesioni esterne nelle parti comuni e negli appartamenti, queste ultime non sostanziali ma certamente visibili. Il quadro è in evoluzione e la gente è giustamente allarmata». La “Collini”, da parte sua, sta effettuando altre verifiche: vetrini saldati sulle fessure, che si spaccano in caso di dilatazione, e scala graduata per tenere sotto controllo gli smottamenti. Ma i residenti, stremati, si fidano poco e preferiscono la sentenza di un organo super partes. Dante di Ragogna, portavoce del Comitato, rivendica la paternità dell’allerta ai vigili del fuoco, arrivati in cinque e in cinque minuti. E ricorda che, a dispetto delle rassicurazioni dell’impresa, dopo l’allarme del geologo Cucchi, che abita in zona, si sta provvedendo a consolidare il terreno. «Da un anno - protesta - viviamo un inferno. Il rumore, le lesioni, gli scavi con emissione di polveri sottilissime che non vengono contrastati con gli appositi getti d’acqua. Qui si cerca di neutralizzarli con spruzzatori come quelli che usano le signore al mare, è ridicolo». Ora l’intervento spetta al Comune. Verifica statica, ennesima patata bollente.
Arianna Boria

 

 

Caccia: fagiani e coturnice, il Wwf lancia l’allarme

 

Vietare la caccia al fagiano di monte e alla coturnice su tutto il territorio del Fvg: lo chiede, in una lettera inviata al presidente della Regione Tondo, il Wwf. «La caccia va vietata - spiega l’associazione ambientalista - fintanto che non si ristabilisca una popolazione in grado di sopportare il prelievo venatorio».

 

 

Didattica - La Sinistra interroga sui Centri naturalistici

 

«È vero che il Centro didattico e naturalistico di Basovizza sarà chiuso o indebolito in favore di una nuova struttura che si aprirà a Udine?» A chiederlo alla giunta è il consigliere di Sa-Prc Igor Kocijancic, che ricorda come il Centro svolga, con il personale forestale, un ruolo molto importante nella didattica naturalistica ed escursionistica.

 

 

 

 

IL SALVAGENTE - GIOVEDI', 6 ottobre 2011

 

 

Acqua di casa, la mappa della qualità
 

Quasi in tutte le città italiane la qualità dell'oro blu è buona dal punto di vista sanitario.

Lo rivela uno studio interuniversitario realizzato all'interno del progetto europeo Eurogeosurvey geochemistry expert group e pubblicato sul settimanale Il Salvagente
Oligominerale, lievemente ferrosa, poverissima di sodio o molto mineralizzata. In Italia l'acqua che esce dai rubinetti di casa cambia molto da città a città, sia dal punto di vista organolettico, cioè per odore e sapore, sia da quello chimico-fisico. La buona notizia è che, quasi ovunque, la qualità dell'oro blu è buona, almeno dal punto di vista sanitario.
La conferma arriva da uno studio interuniversitario realizzato all'interno del progetto europeo Eurogeosurvey geochemistry expert group. I ricercatori italiani hanno analizzato 157 campioni raccolti in casa o alle fontanelle di oltre un centinaio di località al Nord, al Centro e al Sud della Penisola. A partire da questi dati Il Salvagente, in edicola da oggi giovedì 6 ottobre, ha valutato l'acqua di 112 Comuni. Solo in 5 casi l'acqua analizzata non è risultata potabile. A Olbia, Marsala e Picenza, per esempio, è stata riscontrata un'eccessiva concentrazione di nitrati. E sostanze indesiderate sono state trovate anche a Viterbo, Mantova, Siracusa, Quarrata, in provincia di Pistoia, e Caronia, nel messinese.
A parte un limitato numero di città che rappresentano un'eccezione, però, il quadro che emerge è più che soddisfacente. E una volta tanto sembra che anche i consumatori se ne rendano conto. Complice la crisi, infatti, nel 2010, per la prima volta nell'ultimo decennio, i dati di vendita dell'acqua in bottiglia fanno registrare un calo lieve ma significativo, pari a 1,5%.
"La nostra ricerca", spiega al Salvagente il professor Benedetto De Vivo, docente di Geochimica Ambientale all'Università di Napoli Federico II, a capo del gruppo di lavoro italiano, "non pretende di essere esaustiva, dal momento che si concentra sulle caratteristiche geochimiche dell'acqua tralasciando i parametri microbiologici e quelli relativi ai sottoprodotti della disinfezione, ma ha il pregio di concentrarsi direttamente sul liquido che beviamo permettendoci di affermare che la qualità dell'acqua in Italia è buona". E poi aggiunge: "Anche se le poche situazioni anomale riscontrate necessitano di ulteriori approfondimenti".
Il problema più diffuso è quello legato alla eccessiva presenza di nitrati ed è legato all'inquinamento delle falde a causa di pesticidi e rifiuti industriali o urbani. In una città su 4 la concentrazione di questi composti è tale da rendere l'acqua del rubinetto non potabile per i neonati. Bisogna ricordare, infatti, che per i più piccoli il valore guida relativo alla presenza di nitrati è 10 mg/l, mentre per gli adulti è di 50/ mg/l. L'eccessiva esposizione a questa sostanza può causare la metaemoglobina, una malattia che riduce la capacità di trasporto di ossigeno nel sangue.
Le 10 città con la più alta concentrazione di nitrati (espressa in milligrammi per litro):
CITTA'                    NITRATI
Marsala (Tp)        228 mg/l
Olbia                    64,4 mg/l
Piacenza             53,2 mg/l
Benevento           36,6 mg/l
Milano                  36,3 mg/l
Modena               28,6 mg/l
Siracusa              26,1 mg/l
Oristano               24,1 mg/l
Venezia                22,8 mg/l
Treviso                  22,3 mg/l
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 6 ottobre 2011

 

 

Prg, meno cemento in centro storico - Illustrate al “Revoltella” dal sindaco Cosolini le nuove linee direttive del piano regolatore
 

Proiettato su un arco temporale di 15-20 anni. Partecipato dai cittadini. Integrato con gli altri strumenti di gestione del territorio in fase di revisione: dal Piano particolareggiato del centro storico al Piano del traffico (all’interno di un’ottica votata alla riduzione della circolazione veicolare a favore dei percorsi ciclopedonali), Piano parcheggi e Regolamento edilizio per citare quelli più “pesanti”. Votato alla riduzione del consumo di suolo, alla tutela delle aree verdi e nel contempo alla valorizzazione degli edifici esistenti, con riuso ed eventuale nuova destinazione per insediamenti produttivi, di servizi e del terziario avanzato. Sono i primi contorni entro i quali il nuovo Piano regolatore, pensato dall’amministrazione Cosolini al posto dell’attuale variante 66 (e dopo la cancellazione della 118 dell’era Dipiazza), andrà realizzato. Le direttive sono state approvate ieri dalla giunta e presentate prima alla Sesta commissione consiliare del Comune e poi alla cittadinanza nell’assemblea al museo Revoltella. Dai caratteri generali a qualcosa di più dettagliato con le collegate salvaguardie: nelle zone A3 del centro storico edificabilità ridotta del 50% (non si applica ai piani particolareggiati già adottati o approvati) rispetto alla variante 66, così come del 25% nella prima cintura periferica e di nuovo del 50% nelle Bt, a vocazione residenziale turistica. Indice volumetrico massimo fissato a 0,2 per le zone non urbanizzate. Interventi di ampliamento o nuova edificazione preclusi nelle zone turistiche G1B e G5, come pure H2 di Basovizza, con esclusione dalla salvaguardia delle aree incluse nei Piani particolareggiati già adottati o approvati. In tutte le zone B e nella C2 (zona periferica di espansione), vincolo di 5 metri di distanza minima fra fabbricato e confini della proprietà, soluzione che limiterà automaticamente le edificazioni. Il documento dovrà ora completare l’iter amministrativo fino all’approdo in Consiglio comunale. Dopo l’approvazione, chi presenterà progetti dovrà attenersi alle salvaguardie per vederli proseguire subito. Il Prg sarà chiamato inoltre a supportare l’agricoltura tradizionale e a delineare il futuro della Zona industriale, compatibilmente con la presenza del Sito inquinato. E ancora, a rispondere agli interrogativi sul futuro di aree significative quali il Comprensorio fieristico, Campo Marzio, le caserme dismesse e il Porto Vecchio. Tutto verrà parametrato e basato su analisi, a iniziare da quella sul fabbisogno abitativo della popolazione. «Credo che aver presentato le direttive di un nuovo Piano regolatore in questo breve tempo - spiega il sindaco Roberto Cosolini - sia il segno di una volontà di forte visione strategica. Alla seconda amministrazione Dipiazza servirono 14 mesi per quelle della variante 118. Le salvaguardie collegate non possono essere confrontabili con quelle di un Piano adottato. Vogliono semplicemente cautelare sull’uso del territorio rispetto agli indirizzi. La salvaguardia più pesante - conclude Cosolini - è però data dal mercato. L’obiettivo è di adottare il nuovo Piano entro due anni».
Matteo Unterweger

 

 

PRG - «Tutto uguale, ci hanno copiato» - I rilievi dell’opposizione, il plauso di Ravalico, i distinguo di Patuanelli
 

«Sono le medesime direttive che avevamo dato noi all’epoca. È tutto identico, persino certe frasi sono riprese pari pari». Piero Camber (Pdl) sale sul ring del Prg, ma stavolta dalla parte dell’opposizione. E si riallaccia ai tempi della variante 118, quella griffata Dipiazza e centrodestra e poi cancellata dalla nuova amministrazione Cosolini. «Gli indici di edificabilità ridotti del 25 e 50% - prosegue Camber - sono numeri che non hanno giustificazione. Noi nelle zone A3 avevamo bloccato la possibilità di costruire, il centrosinistra no». E a proposito di paragoni, il consigliere pidiellino evidenzia di aver «chiesto un confronto fra queste salvaguardie e quelle previste dalla 118». Il gong è suonato e Roberto Decarli (Trieste Cambia), colonna della maggioranza, ribatte duro alla richiesta del centrodestra: «La variante 118 non esiste più. Il confronto va fatto con la 66, quella attualmente in vigore. Le direttive presentate - aggiunge Decarli - colgono la filosofia di questa amministrazione e del programma del sindaco. Sarà poi con l’adozione che dal generale si scenderà nel particolare». Se il “grillino” Stefano Patuanelli da un lato ritiene le direttive «ineccepibili dal punto di vista urbanistico», dall’altro rileva come nel documento della giunta «forse manchino delle scelte. Sul piano politico non c’è - spiega - una linea di lettura sul futuro: vogliamo una città della scienza? Oppure turistica?». «Le direttive sono comunque condivisibili - afferma ancora l’esponente di Trieste 5 Stelle -, ci piace l’idea del Piano partecipato, come la riduzione di consumo del suolo. Sulle salvaguardie, poi, siamo allineati: il limite dei cinque metri è uno dei modi migliori per limitare le edificazioni». Tesse le lodi dell’esecutivo, infine, Mario Ravalico (Pd), presidente della Sesta commissione: «L’amministrazione ha prodotto queste direttive in tempi record rispetto a quella precedente. Il sindaco ha già promosso incontri con categorie e circoscrizioni, a differenza della giunta passata quando tutto era secretato».

(m.u.)
 

 

Rigassificatore: Laureni alleato del Wwf - INCONTRO
 

Un “non senso”. Così l’assessore comunale per l’ambiente, l’energia e la riqualificazione ambientale, Umberto Laureni, ha definito il progetto per la realizzazione di un rigassificatore a Zaule ieri sera, nel corso di un pubblico dibattito organizzato dal Wwf di Trieste. «Il tema dell’approvvigionamento energetico – ha spiegato – va ridiscusso nella sua interezza, approfondendo soprattutto l’aspetto delle fonti. Uno dei problemi più stringenti – ha proseguito Laureni - è che coloro che sono chiamati a dare una valutazione sull'impatto ambientale dovuto alla realizzazione di un rigassificatore hanno un committente». L’occasione per l’appuntamento era la presentazione, con relativa discussione, del libro intitolato “Conflitti ambientali”, scritto dal professor Luigi Pellizzoni, docente di sociologia dell'ambiente e dei fenomeni partecipativi alla facoltà di scienze politiche dell'Università, nel quale si discute, fra l’altro, del rigassificatore di Porto Viro, in provincia di Rovigo. Presentato dal presidente della sezione locale del Wwf, Alessandro Giadrossi, Pellizzoni ha detto che «la politica dovrebbe prendere atto del parere tecnico degli esperti, che spesso si trovano a dover affrontare un tema spinoso, essendo costretti a dire di più di quello che dovrebbero o vorrebbero. L'esperto – ha continuato – è in difficoltà anche perché riceve un mandato che lo costringe all'interno di limiti precostituiti. C'e poi il tentativo di 'spoliticizzare' il problema – ha concluso l’autore del testo - per evitare che se ne discuta in profondità, facendo ricorso alla necessità generale, per poter dire che non serve più discuterne”. Giorgio Osti, professore associato di Sociologia dell'ambiente e del territorio alla Facoltà di Scienze politiche, ha ricordato che “la Edison, principale azionista dell’impianto di Rovigo, decise di spostare il rigassificatore a 15 km dalla costa, in mare, per smorzare la paura della popolazione residente, in quanto la cultura della terra in quell’area è più radicata di quella del mare».

(u. s.)
 

 

Piazza Hortis, se ne parla in Consiglio comunale. Oggi incontro pubblico.

 

“Spazio-tempo Hortis: un luogo di memorie, idee e mondi futuri”. È questo il filo conduttore dell’incontro aperto al pubblico che si terrà oggi alle 18.30 nella sala del Consiglio comunale, presenti l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani e i tecnici del Comune impegnati nei lavori sul verde pubblico e sulla progettazione del Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile (Pisus). L’obiettivo è discutere e illustrare lo stato della progettazione preliminare su due luoghi particolarmente importanti per la vita collettiva e la cultura della città: la Biblioteca civica e il giardino di piazza Hortis. Obiettivo della giunta comunale è integrare il più possibile interventi diversi, su spazi pubblici e attrezzature collettive, per migliorare l’abitabilità degli spazi urbani. L’incontro di oggi intende presentare queste prime idee per la trasformazione del giardino, nella prospettiva di continuare nei prossimi mesi il percorso di progettazione partecipata. Il progetto integrato biblioteca-giardino intende creare uno spazio dedicato alla cultura, al sapere e alla sperimentazione. “Spazio/tempo Hortis” è concepito come un luogo che si propone di mettere in sinergia la Biblioteca civica e il giardino con l’aggiunta di nuovi spazi e nuove possibilità.

 

 

la rivista Konrad

 

Oggi, alle 18, al centro rionale di S. Giovanni in via S. Cilino 40/2, presentazione pubblica del numero di settembre di Konrad, la nota rivista ambientalista. Alcuni membri della redazione si soffermeranno su articoli che trattano temi d’attualità e di grande interesse pubblico. Info: tel. 338-2118453.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 5 ottobre 2011

 

 

Decarli: «Ferriera, basta incertezze. Servono risposte»
 

Sulla Ferriera bisogna muoversi, i tempi sono stretti e i lavoratori e la città chiedono risposte, dalla politica soprattutto, oltre che dall'imprenditoria. L’appello arriva da Roberto Decarli, capogruppo della lista "Trieste cambia con Cosolini". «Paragono il problema della Ferriera a quello della Caffaro di Torviscosa - ha detto Decarli - perché entrambi implicano aspetti che riguardano la tutela ambientale, le bonifiche, la riconversione industriale. Dal 2008, quando lo stabilimento della Bassa friulana fu bloccato perché inquinante - ha aggiunto Decarli - Regione, Governo, Confindustria, imprenditori interessati hanno lavorato, tutti assieme, per riportare l'attività chimica in quell'area e ci stanno riuscendo. A Trieste invece, dal 2001, quando l'allora presidente della Regione, Roberto Antonione, fece la prima dichiarazione per affermare che la Ferriera doveva essere chiusa, si sono susseguite solo enunciazioni di principio, alle quali non hanno mai fatto seguito fatti. Anche Dipiazza riprese il concetto più volte in campagna elettorale. Ora, dopo 10 anni, la Ferriera è ancora là - ha sottolineato Decarli -. Il gruppo che ne è proprietario è in difficoltà finanziarie, avendo 700 milioni di euro di debiti con le banche, di miglioramento dell'impianto non si parla e la situazione ambientale è pesantissima. Non a caso l’assessore comunale Umberto Laureni ha annunciato che proporrà modifiche restrittive». Passando alle proposte operative, Decarli ha evidenziato che «dentro la Ferriera ci sono 4mila metri quadrati liberi e, se esistesse una volontà politica precisa, si potrebbe riqualificare l'area per darle nuovo impulso industriale. A tutto questo - ha concluso -, va aggiunta la preoccupazione ormai cronica dei lavoratori che da dieci anni sanno di non avere una prospettiva certa». Infine una critica al Consiglio provinciale «che si è espresso a favore della chiusura entro il 2015, però senza proposte alternative». Contro la posizione espressa dal Consiglio provinciale si schierano pure la Fiom Cgil e le Rsu della Ferriera. «Quella decisione - osservano i rappresentanti sindacali - è uno scatto in avanti, una mossa assolutamente impropria e priva di contenuti verso la soluzione del problema economico ed occupazionale. Esprimiamo forte rammarico nel vedere una classe politica che, dall’alto delle sue sicurezze e prebende, esprime a cuor leggero la chiusura forzata di una fabbrica con 120 anni di storia».

(u.s.)
 

 

Pioggia di idee in Comune per il progetto «Pisus»
 

Arrivate 150 buste mentre gli interessati ufficiali erano stati 90. Urbanistica, turismo e cultura gli assi su cui imprese e privati si stanno misurando
Che cosa ci sia in quelle buste ancora non si sa. La sorpresa verrà fra qualche giorno quando in Comune saranno arrivate anche le ultime, con la fede del timbro postale. Ma intanto è la quantità a parlare. La chiamata a fornire idee e progetti affinché Trieste possa autorevolmente candidarsi a ricevere i fondi europei e regionali del bando Pisus destinato a riqualificazione e rilancio cultural-turistico dell’ambiente urbano ha scatenato l’energia creativa dei triestini. Se alla riunione ufficiale di presentazione nell’aula del consiglio comunale erano stati 90 i soggetti (imprese e privati) a firmare il proprio interessamento, i fascicoli con le proposte piovuti in Comune sono stati invece ben 150. «Una montagna soprattutto negli ultimi due giorni di settembre quando i termini erano in scadenza» racconta Fabio Omero, assessore allo Sviluppo economico, che al suo team aveva fatto redigere anche un lungo testo di “botta e risposta” pubblicato su Rete civica per chiarire tutti gli aspetti tecnici del procedimento. Si capisce come le richieste di chiarimenti avessero assunto proporzioni non altrimenti gestibili. Il Comune stesso ha i suoi progetti, anticipati a suo tempo, fra cui l’introduzione in città del servizio di bici a noleggio («bike sharing»), l’apertura di spazi-vetrina in centro per le attività artigianali, la creazione nell’atrio al pianoterra della biblioteca civica Hortis di una «piazza» coperta per attività culturali soprattutto dei bambini, in collegamento con l’attiguo giardino di piazza Hortis di cui è tanto invocata una ristrutturazione. La partecipazione al Pisus, che coinvolge tutti i capoluoghi di provincia e altri 26 Comuni - secondo quanto deciso dalla Regione - riguarda per un asse le piccole e medie imprese e per un altro anche singoli cittadini. Nessuno, facendo proposte, si candida a realizzare qualche cosa, «nel caso uno o più progetti vincessero - specifica Omero - l’amministrazione dovrebbe bandire comunque una gara, e non è dunque detto che chi ha firmato la proposta ottenga poi anche di realizzarla». Ma certo per una «bella addormentata» 150 idee sull’unghia non sono poche. Si va dalle realizzazioni urbanistiche, con l’attenzione sull’accessibilità e qualità architettonica, a progetti per la cultura (non esclusa quella materiale) e per il turismo (dove possono entrare anche proposte relative a commercio e artigianato). Ciascun “Pisus” potrà ricevere da un minimo di 3 a un massimo 5,8 milioni, di cui il 77% è costituito da fondi europei e il restante da quote regionali. Tutti i progetti dovranno essere vagliati in Comune, nella loro consistenza progettuale e nel piano finanziario, e l’ultimo termine per spedire in Regione il pacchetto-proposta scade alle 12 del 15 novembre. Intenzione di Omero è comunque di non scartare suggerimenti validi per il solo fatto che magari fanno sforare il limite di «budget». «Certi possono essere anche a costo zero, e dunque forse assimilabili ad altri per il miglior esito complessivo, altri ancora potrebbero restare in lista, in attesa di un futuro finanziamento». Ma è già chiaro che l’ottima formula, che obbliga alla compartecipazione coi privati e dunque sollecita e raccoglie la partecipazione attiva dei cittadini, crea una forte concorrenza, e su Pisus si stanno appuntando grandissime aspettative, visto che appare come l’unica cassa cui è possibile battere in questo momento.
Gabriella Ziani

 

 

PISUS - E Televita propone nuovi servizi
 

Se le «buste Pisus» sono ancora top secret, alcune idee già circolano a voce e potrebbero trovarsi in alcuni di quei fascicoli. La Camera di commercio avrebbe presentato un più largo progetto di «centro in via» per i negozi, già in qualche zona sperimentato, il Distretto del caffè amerebbe un percorso turistico attraverso punti di produzione e di vendita, con la sottolineatura delle varie qualità di chicchi e dei modi di somministrarli. E infine c’è anche Televita (in foto) che, racconta Omero, ha anticipato il proprio interesse a uscire dall’ambito assistenziale «via telefono» per aprirsi a un servizio turistico: creare un numero verde per il visitatore e fornirgli una guida vocale per orientarsi in città quando la mappa cartacea è insufficiente. Idea che si allinea alla mappa interattiva su I-pod già creata al medesimo scopo dalla Camera di commercio.
 

 

La Costa dei Barbari passa al Comune - Sarà riserva naturale
 

Siglato il passaggio di proprietà in cambio dell’ultima concessione edilizia per l’ex cava. Lavori per 900mila euro
DUINO AURISINA Sarà un progetto all'insegna della discontinuità. Dopo la realizzazione di grandi complessi residenziali, hotel e strutture turistiche, la costa triestina torna a riscoprire la bellezza della suo paesaggio naturale. Il sindaco di Duino Aurisina, Giorgio Ret, non ha dubbi sulla riqualificazione della Costa dei Barbari: «L'unica finalità da raggiungere è quella di riserva naturale». L'ultimo atto da parte del Comune è stato finalmente compiuto: l'amministrazione ha siglato in questi giorni il passaggio di proprietà, a titolo gratuito, dell'intera area. Il contratto fa parte di un accordo stipulato con gli ex proprietari della baia di Sistiana, col quale si stabiliva che all'assegnazione dell'ultima concessione edilizia relativa al progetto turistico per l'ex cava, la Costa dei Barbari sarebbe stata ceduta al Comune. Tutto pronto quindi per iniziare i lavori? «Stiamo aspettando solamente i finanziamenti da parte del Ministero dell'Ambiente che, tramite la Regione, dovrebbe farci arrivare 900 mila euro», spiega Ret. L'amministrazione ha preso atto che nell'ultimo piano urbanistico demaniale della Regione, un anno fa, già si sanciva che i circa sei metri di banchina sarebbero diventati comunali. Ora, quindi, con questo ulteriore passaggio l'amministrazione può disporre di 90 mila metri quadri di costa. «Nella parte demaniale, essendo a nostro carico – continua Ret – abbiamo già iniziato ad intervenire con lavori di riqualificazione, come la creazione del marciapiede e la sistemazione del Belvedere e della strada che porta fino alla spiaggia». I finanziamenti dal Ministero devono ancora arrivare, ma l'idea generale del comune su come utilizzarli ha già ottenuto formalmente l'ok. Balneazione libera con solamente qualche struttura di prima necessità, docce e servizi igenici per intendersi. «Nessuna costruzione, no a ristoranti, baretti, discoteche e quant'altro» assicura il sindaco: «Portopiccolo già catalizza quel tipo di offerta, in quest'area il progetto deve essere assolutamente diverso». Giorgio Ret prometta comunque di non escludere nessuno: «Prenderemo contatti e sentiremo il parere di tutti gli interessati, a partire dagli amici degli animali che chiedono una spiaggetta dedicata ai cani, fino ad arrivare agli amanti del naturismo». Proprio per tutelare quest'ultimi la Liburnia, associazione naturista-umanista di Trieste, aveva proposto un anno fa l'idea di destinare una parte dell'arenile alla costituzione di un circolo per la pratica del nudismo. Riguardo alla recente introduzione del parcheggio a pagamento, però, il sindaco non si sbilancia: «Non sappiamo se resterà in vigore questa metodologia o no, dipenderà molto anche dalla prossima amministrazione e dal tipo di strategia che si vorrà adottare». Le tempistiche, con quest'ultima firma, non dovrebbero essere un problema, Ret afferma di voler dare un incarico ad un professionista tra gli ultimi giorni di ottobre e i primi di novembre.
Cristina Polselli

 

 

Pdl e Lega ai ferri corti dopo il voto sulla centrale - OPPOSIZIONI DIVISE
 

MUGGIA «Una ricostruzione falsata ad arte». Paolo Prodan, capogruppo consiliare del Pdl muggesano, rimanda al mittente le critiche espresse dal leghista Italo-Simone Tracogna sui fatti avvenuti in Commissione ed in Consiglio in merito al parere alla procedura di Via per la nuova centrale elettrica. Contrariamente a quanto affermato dal verde Tracogna, infatti, in commissione tutte le richieste fatte dal Capogruppo Prodan - presenti anche i consiglieri Gretti e Mosetti, nonché verificabile dai verbali di commissione - sono state respinte dalla maggioranza. «L'unica richiesta accettata è stata quella di fornire un testo definitivo dopo che l'assessore Longo ha modificato il testo fatto dagli uffici e spedito con la convocazione – spiega Prodan - ma forse Tracogna presente in fisico, era mentalmente in altro luogo, tanto da non aver memorizzato l'evento». Le medesime richieste non accolte in commissione, ed in special modo la richiesta di cancellazione della citazione in delibera di una lettera di Greenaction Transnational di trasmissione di un parere della Soprintendenza che “nulla centrava col nostro procedimento”, sono state portate innanzi al consiglio comunale dove, “nonostante una lunga sospensiva della maggioranza per analizzare gli emendamenti, nemmeno una è stata accettata”. Per il capogruppo pidiellino appare palese quindi che «la delibera era blindata dalla maggioranza per qualche motivo che non ci è stato spiegato né dal sindaco né tantomeno dall'assessore Longo che pareva in dibattimento propenso ad accettare modifiche. Questo è l'unico motivo che pur trovandoci contrari all'installazione ci ha visti non partecipi alla votazione (non aveva forse fatto così il sindaco in Autorità Portuale in merito al suo voto mancato sulla contrarietà al Rigassificatore?)». E Prodan affonda ancora il colpo. «L'unico che non ha capito cosa sia successo, in commissione prima ed in consiglio poi, è proprio Tracogna che accusando noi di puerilità dimostra tutta la sua "senilità politica" portandoci a pensare che forse per lui è più indicata la propria attività commerciale che quella politica». Da qui l’attacco finale al segretario del Carroccio muggesano: «Che poi il suo responsabile politico muggesano Pantaleo voglia fare una politica "diversa" dal Pdl lo si era capito già quando lodava l'amministrazione ammiccando, mentre ospitava in locali anche di sua proprietà, la sede elettorale del Pd muggesano».

(ri.to.)
 

 

SEGNALAZIONI - ENERGIA - Troppi sprechi

 

Perché in molte strade si tengono accesi i lampioni anche quando il sole è già spuntato e c’è sufficiente luce? Perché bisogna illuminare i monumenti tutta la notte? Sarebbe facile mettere un timer e chiudere non dico a mezzanotte ma almeno dalle 2, da quell’ora i nottambuli o sono andati a letto o sono abbastanza ubriachi da non interessarsi all’arte e ai monumenti. Ci sono stazioni FS delle linee secondarie dove dopo le 9 non ci sono più treni, in compenso le luci rimangono accese tutta la notte, permettendo così ai graffitari e ai vandali di lavorare indisturbati. Altro esempio clamoroso: il ponte che collega Venezia con Mestre, è illuminato a giorno, ben 118 pali con 4 lampade ciascuno. Non ci sono attraversamenti, non ci sono pedoni, non ci sono piste ciclabili, le auto hanno i loro fari, i treni, che corrono a lato, non ne hanno bisogno, a chi serve questa illuminazione, quando poi ci sono strade, calli e campielli molto male illuminati? Gli sprechi non sono solo nel settore dell’energia elettrica ma anche nel riscaldamento dei locali e specialmente nelle scuole e nelle palestre. In certe classi si devono aprire le finestre perché esiste un solo termostato centralizzato e, per mantenere calda l’ultima aula, si surriscaldano le prime. Eppure esistono valvole termostatiche, facilmente installabili nei termosifoni, che permettono di regolare ogni stanza secondo le necessità. Ci sono sprechi enormi di energia e si spende denaro pubblico quando, con un po’ di attenzione, da “buon padre di famiglia”, si potrebbe risparmiare molto e inquinare molto meno, specialmente oggigiorno quando la situazione economica richiede la massima attenzione ai costi.

Mario Burlando

 

 

 

 

IL SUD - MARTEDI', 4 ottobre 2011

 

 

BATTAGLIE LEGALI - Rigassificatore: l’Enel attacca Zambuto - Esposto alla Procura di Roma su presunte irregolarità nelle autorizzazioni
 

L’Enel perde la pazienza. E nel numero di ottobre de il Sud, in edicola da venerdì prossimo, attacca a muso duro il sindaco di Agrigento, Marco Zambuto e le associazioni contrarie alla realizzazione del rigassificatore di Porto Empedocle. “ E’ una questione di regole, abbiamo ricevuto tutte le autorizzazioni necessarie, chi è contrario se ne faccia una ragione” ha dichiarato a il Sud Giuseppe Luzzio, amministratore delegato di Nuove Energie (società Enel responsabile del progetto). E poi, provocatoriamente, ha aggiunto: “Se qualcuno pensava di convincerci ad allargare i tavoli negoziali si sbagliato di grosso”. Parole destinate a rinfocolare una polemica mai del tutto sopita come vi racconta il mensile in edicola da venerdì 7. Una battaglia che vede schierati da un lato l’Enel e dall’altro Zambuto, la Camera di Commercio di Agrigento, Confimpresa e numerose associazioni culturali. Che contestano l’eccessiva vicinanza dell’impianto – classificato dalla direttiva di Seveso, “ad alto rischio incidente” al parco archeologico della Valle dei Templi. Ma la battaglia non è solo verbale. E si sta combattendo anche per vie legali. “Il Sud” anticipa in questo numero il contenuto di un pesante esposto indirizzato alla Procura di Roma dove si ipotizzano irregolarità nell’iter autorizzativo. A firmarlo i presidenti di Confimpresa, Alessio Lattuca, del Parco letterario Luigi Pirandello, Bernardo Barone e dell’associazione Salviamo la Valle dei Templi, Gaetano Graziano. Nella denuncia si sottolinea, tra le altre cose, come la Sovrintendenza ai Beni culturali nel giro di 11
giorni abbia cambiato idea sul progetto. Il 20 maggio del 2011 ha negato il via libera per la vicinanza dell’impianto a siti di interesse archeologico, e poi, il primo giugno, giorno in cui la società presentava la richiesta di autorizzazione, ha dato l’ok. Questo e molto altro nel numero di ottobre de il Sud.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 4 ottobre 2011

 

 

Zamparini: i palazzi non invaderanno Val Cavarera a Grado
 

L’imprenditore risponde a chi teme la cementificazione: «Dei 150 ettari, 70-80 saranno destinati al campo di golf»
MONFALCONE «Credo che, prima di giudicare, sia necessario conoscere. Il piano edilizio che intendo portare avanti non ha nulla a che vedere con le operazioni degli anni Ottanta. Nessuno scempio, nessun’altro caso-Pineta». L’imprenditore Maurizio Zamparini non si tira indietro di fronte al dibattito sul progetto “Zamparini City” per Valle Cavarera e Valle Fonda, anche all’indomani del convegno-dibattito organizzato da “Liber@”, sodalizio che teme per la cementificazione e la qualità della vita dei residenti. Si può anche tornare indietro sul progetto? Il progetto della società “Monte Mare” per Valle Cavarera e Valle Fonda prevede una convenzione già sottoscritta tra le parti. Tuttavia, restiamo aperti ai contributi, a nuove idee. Discutiamone. Ma parliamone con tranquillità e soprattutto buonsenso. Bisogna vedere il progetto, capire cosa intendiamo realizzare. Tra 15 giorni, 30 al massimo lo presenteremo alla comunità gradese. Ritengo che Grado debba diventare in futuro un polo termale di riferimento internazionale. L’Isola ha un valore aggiunto, non è una località da turismo di massa, la sua bellezza sta proprio nella sua peculiarità, tra mare e laguna. Tutto questo va valorizzato». Sul tappeto c’è il problema legato alla “cementificazione”: ne vale la pena? Su 150 ettari di superficie, almeno 70-80 saranno destinati al campo da golf. La componente edificatoria sarà immersa nel verde. A fronte dei 150 ettari sono previsti 400mila metri cubi di edificazione. Non ci saranno alberghi a sette piani, raggiungeranno al massimo i tre piani. Il 90% di Valle Cavarera sarà costituito da verde e laguna. Quindi, ritiene che l’impatto non sia rilevante? Abbiamo i migliori architetti, vogliamo realizzare un insediamento a impatto zero, avvalendoci delle più moderne tecnologie sostenibili, compreso l’utilizzo totale di energia rinnovabile. Saremo all’avanguardia. Quanto alla fruizione della laguna, penso a “batele” in legno e, magari, con motore elettrico. Tempi di realizzazione? Saremmo pronti a partire subito, prima con la realizzazione del campo da golf.
Laura Borsani

 

 

A Kyoto riemerge l’opzione nucleare - Mille ministri, scienziati e leader dell’industria a confronto al “Sts Forum”
 

IL DESTINO DEL MONDO Le energie alternative e rinnovabili, lo sviluppo sostenibile e il rispetto dell’ambiente sono i temi centrali Asia e Africa protagoniste
Si chiude oggi a Kyoto l’ottava edizione del Science and Technology in Society (STS) Forum, il convegno che annualmente mette a confronto ministri, scienziati e leader dei grandi gruppi industriali internazionali a riflettere insieme sui destini del mondo e sull’impatto che la scienza e la tecnologia avranno sul benessere futuro. Ideato ed organizzato da Koji Omi, ex ministro dell’economia del Giappone e strettamente ad invito personale, il meeting di quest’anno riunisce quasi mille delegati, provenienti da più di 100 Paesi. I temi trattati sono all’ordine del giorno nel dibattito politico e sociale: la ricerca di fonti di energia alternativa e l’impatto dell’energia nucleare sulle politiche energetiche dei Paesi, l’importanza di implementare politiche di sviluppo sostenibile per le future generazioni, il rispetto del pianeta. Impressiona la determinazione con cui la maggior parte dei Paesi in Asia ed in Africa affronta i problemi del loro sviluppo, con la convinzione che questo possa soltanto provenire dalle conoscenze scientifiche e dalle loro applicazioni tecnologiche. La popolazione del pianeta è cresciuta di 3 volte nell’arco di 60 anni (siamo ora quasi 7 miliardi) e l’energia basata sul petrolio sta terminando: governi, scienziati e grandi imprese devono trovare soluzioni realizzabili per consentire la vita del pianeta. In questa nuova economia basata sulla conoscenza, le soluzioni non ammettono scorciatoie romantiche o incerte, come quelle che arrovellano spesso il dibattito europeo: Cina, Russia, la maggior parte dei Paesi emergenti ed il Giappone stesso non hanno tentennamenti nel considerare l’energia nucleare come l’unica risposta in questo momento percorribile. La disastrosa esperienza di Fukushima è certamente un monito a cercare fonti di energia alternativa o energie rinnovabili come il vento o l’acqua, ma non di meno non può far rinunciare in maniera realistica all’energia nucleare, magari nel contesto di centrali molto più piccole e facilmente controllabili. Compatti i Paesi emergenti anche a ricercare miglioramenti della vita utilizzando le biotecnologie: in campo medico, con tecnologie diagnostiche sofisticate rese alla portata di tutti, in quello alimentare, senza ripensamenti sugli alimenti geneticamente modificati, e dell’ambiente, sviluppando tecniche basate sull’ingegneria genetica per ovviare all’inquinamento ambientale. Insomma, per dirla con il primo ministro della Scienza e Tecnologia della Tailandia, brillante scienziato appena eletto al Parlamento da una pressante forza popolare, è finito il tempo in cui l’uomo era passivo osservatore e scopritore della natura, mentre viviamo un’epoca in cui, pur rispettando la natura, egli vuole sfruttare la sua conoscenza per migliorare le proprie condizioni di vita. Nel campo sanitario, le nuove tecnologie per la generazione di cellule staminali, la scoperta dei geni responsabili delle malattie cardiovascolari e neurodegenerative e gli approcci di medicina genetica personalizzata promettono di offrire soluzioni terapeutiche insospettabili solo 10 anni fa. Allo stesso tempo, il costo e l’impegno tecnologico legato a queste metodiche minaccia di allargare ancora di più il gap, già drammatico, tra le possibilità di accesso alle cure sanitarie dei Paesi industrializzati rispetto a quelli in via di sviluppo. Ogni cambiamento non può prescindere dalla globalizzazione delle scelte, e richiede come attori allo stesso tavolo i governi, gli scienziati e l’impresa. I leader di Fujitsu, Nokia, Toshiba, Total, Novartis non hanno più come obiettivo primario unico soltanto il successo delle proprie aziende, ma progettano soluzioni di benessere globale, chiedendo ai governi aiuto per realizzarle. Colpisce il concetto di tecnologia al servizio del comportamento umano: per dirla con un esempio, questo è stato il successo dell’iPhone: mentre telefonini con funzioni sofisticate venivano prodotti in Giappone e Finlandia ben prima, il successo planetario dell’Phone si spiega con la capacità di adattamento ai moduli comportamentali dell’individuo. Un modello da imitare, quindi, nello sviluppo di altre tecnologie che possano avere un impatto significativo sulla vita quotidiana. Colpisce, specialmente in Asia ed in Africa, la preparazione dei leader politici: primi ministri, ministri della scienza e della tecnologia, ministri della sanità, capitani d’industria negli ultimi anni vengono eletti tra gli scienziati di spicco, nella convinzione che una migliore conduzione politica non possa prescindere dalla coltura scientifica e tecnologica di alto livello. Un concetto, questo, purtroppo ancora troppo distante da gran parte della tradizione politica europea e, in particolare, di quella italiana. Seduti nel sofisticato centro congressi di Kyoto, gli echi dei dibattiti tutti europei sul bando al nucleare, sull’agricoltura biologica, sulle medicine naturali, sulla new age giungono francamente sfumati e fuori tempo, mentre la sensazione che il baricentro del mondo si sia spostato sul Pacifico è sempre più pressante.
MAURO GIACCA

 

 

«Servizio civile, esperienza che arricchisce»
 

Partito il progetto rivolto a giovani volontari da coinvolgere in attività a sostegno degli anziani
“Un anno per gli altri. Un anno per te”. È lo slogan scelto per illustrare il Servizio civile del Comune, un’esperienza riservata ai giovani tra i 18 e i 28 anni disposti a mettersi in gioco per offrire assistenza a chi ne ha più bisogno. L’iniziativa coinvolgerà 10 volontari che saranno impegnati per 30 ore alla settimana nell’arco di 12 mesi a fronte di un assegno mensile di 433,80 euro. «Diventare volontario per il Servizio Civile con il Comune di Trieste - ha spiegato l’assessore alle Politiche sociali Laura Famulari durante la presentazione dell’iniziativa - è un’occasione di formazione e di crescita personale e professionale per i giovani e uno strumento per aiutare le fasce più deboli della società». Gli interessati dovranno presentare domanda entro il 21 ottobre. I volontari potranno prestare servizio a vantaggio delle persone ospiti delle strutture residenziali per anziani e disabili gestite dal Comune nell’ambito del progetto “Insieme si può: favorire il benessere relazionale nelle strutture di accoglienza del Comune di Trieste”. Ma non finisce qui. «Quest’anno infatti, oltre alle consuete attività previste dal progetto, abbiamo introdotto una novità – ha sottolineato Famulari – che intende promuovere gli scambi intergenerazionali sperimentando “il piacere della memoria”, ovvero la raccolta, da parte dei giovani volontari, dei racconti autobiografici degli utenti. Proprio per non perdere quel patrimonio di esperienze e conoscenze, di valori e tradizioni che si trasmettono soltanto attraverso il racconto del percorso di vita delle singole persone». Per i volontari è poi prevista la partecipazione alle attività di animazione e socializzazione all’interno delle strutture, nonché alle iniziative che coinvolgono nel corso dell’anno gli ospiti delle strutture comunali come gite e spettacoli. «Tutte attività indispensabili – ha concluso Famulari – per il benessere degli utenti e per stimolare le persone a livello cognitivo e socio-relazionale, mentre per i giovani volontari sono un’esperienza di cultura della solidarietà e di servizio». Il bando è scaricabile dal sito www.retecivica.trieste.it. Informazioni al numero 040-6754231 e all’indirizzo ufficiodipiano@comune.trieste.it
 

 

Giornata del Pedone

 

Oggi celebrazione della “Giornata del pedone” per la carta mondiale della pedonalità e per la carta europea del pedone. Studenti e pedoni insieme andranno a scuola a Piedibus dalla scuola Foschiatti, via Benussi alle 9.30 alla scuola Caprin, salita di Zugnano. Quindi inaugurazione della mostra “20 anni di attività di CamminaTrieste e 10 anni di collaborazione con le scuole nell’aula Magna alle 10.30.

 

PASSEGGIATA COL WWF

 

Sabato prossimo “Speciale Barcolana” con il Wwf. Alla mattina l’Area Marina protetta di Miramare propone una passeggiata naturalistica guidata per adulti e famiglie con vista sul golfo e sulla città: “Passeggiata Derin, tra flysch, calcare e l'antica strada del latte…”. Il sentiero proposto si snoda tra la sella di Contovello e il valico di Monte Spaccato, permettendo una straordinaria vista sul golfo di Trieste da Punta Salvore a Lignano, ma anche sui polmoni verdi della città, dal Boschetto, al Monte Fiascone a Villa Giulia. Ritrovo alle 9 9 a Conconello (capolinea dell’autobus n.3, in partenza dalla stazione centrale alle ore 8,35) e rientro allo stesso luogo verso le 12.30. Prenotazione obbligatoria, partecipazione gratuita. Info e prenotazioni: 333 9339060 giovanna@riservamarinamiramare.it Al pomeriggio, tra le 16 e le 19 lo staff dell’Area Marina proporrà giochi e animazioni sul mare al Villaggio Barcolana (stand Provincia). Appuntamento per bambini e gratuito. Info: 040-224147 int. 3 info@riservamarinamiramare.it

 

 

Le balene “traslocano” nell’Alto Adriatico

Un grande cetaceo avvistato al largo di Pago. I biologi di Miramare: «È in atto uno spostamento sempre più a Nord»
 

A Cherso tornano liberi otto grifoni
Sono stati curati per 14 mesi nelle voliere del Centro di Beli e ora sono guariti
 

 

SEGNALAZIONI -TRASPORTI/ 1 Metrò leggera

 

Mi riferisco all’articolo del 29 settembre “Disboscati i binari ma il treno non c’è” relativo alla ferrovia con tanto di stazione della zona industriale delle Noghere. Più di tante parole è esemplificativa della paradossale situazione la foto della stazione delle Noghere, a due passi dall’Ospo: una stazioncina mai entrata in funzione, linda, civettuola, dallo stile vagamente inglese (almeno questa è l’impressione che si ricava dalla foto). E’ lì da anni a testimoniare che le infrastrutture ferroviarie realizzate con denaro pubblico e dichiarate “rami secchi” il giorno dopo l’inaugurazione non sono prerogativa di altre parti del Paese: purtroppo ci sono anche nella nostra provincia. Eppure sembrerebbero essere sufficienti solo alcuni adeguamenti e la realizzazione di un piazzale di parcheggio dove i muggesani e i lavoratori transfrontalieri potrebbero lasciare le loro automobili per salire su un treno (i tecnici lo chiamino come meglio credono: ferrovia suburbana, metrò leggera, tram-treno, ecc.) e raggiungere Trieste Centrale attraverso Aquilinia e la galleria di cintura bypassando completamente il traffico cittadino. E questo primo risultato è ottenibile senza dover posare un solo metro di nuovo binario (ovviamente ci vuole il materiale rotabile). Poi doverosamente penseremo agli ampliamenti verso Capodistria da un lato e Ronchi dall’altro impegnandoci in tal senso nelle sedi opportune a livello regionale, nazionale e nei rapporti con la vicina Slovenia. Ma non dovrebbe essere lunare pensare anche ad un collegamento dalle Noghere a Campo Marzio, non per attestarsi alla vecchia stazione, ma per interconnettersi con una tranvia cittadina mediante la tecnologia “tram-treno” (già ampiamente utilizzata soprattutto in Germania ed in Austria) con l’impiego di materiale rotabile in grado di operare sia sulla rete ferroviaria che su quella urbana. Se, come auspico, c’è la volontà politica, sarà necessario prevedere la traccia di questo percorso tranviario urbano negli elaborati tematici nel nuovo piano regolatore che l’amministrazione Cosolini sta avviando in tempi rapidi. Gli obiettivi della mobilità sostenibile impongono da un lato la disincentivazione dell’uso del mezzo privato nel centro cittadino e dall’altro richiedono un impegno particolare del Tpl al fine di dare alternative valide che tengano comunque conto degli aspetti fondamentali di carattere economico ed ambientale.

Mario Ravalico - cons. com. Pd presidente Sesta Commissione consiliare

 

 

SEGNALAZIONI - TRASPORTI/ 2 Raccordi e ferrovie

 

Leggendo l’articolo sulla stazione di Muggia non è chiaro che le “Ferrovie” non hanno treni sulla tratta da Aquilinia alla Zona Industriale Noghere. Questa parte di tracciato è un raccordo privato dove opera un Organo di Gestione. I suoi mezzi di trazione si possono vedere in opera o sosta nell’ultima stazione abilitata ovvero Trieste Aquilinia. I prezzi di quello che in gergo viene detto “ultimo miglio” sono un problema specie considerando che i carri devono prima essere manovrati a Trieste Campo Marzio, ma addebitare tutte le colpe a Trenitalia è per lo meno fuorviante. Avere dei volumi di traffico che consentano di fare treni completi aiuterebbe ad abbattere i costi. E’ bene ricordare che anche l’Austria che ha una fittissima rete di raccordi ha rivisto la politica del traffico diffuso (spedizioni di pochi carri) per la sua onerosità che rende il trasporto non sostenibile. Questo perché dire “Ferrovie” significa usare un termine ambiguo: si parla di Imprese Ferroviarie (Trenitalia. FUC, Rail Cargo Austria) o di gestori della rete (Rete Ferroviaria Italiana). Ma non di rado il misunderstanding è comodo. Avere un raccordo industriale funzionale con binari capaci di contenere molti carri per abbattere i costi di manovra e privo di pendenze per non essere costretti a dividere i treni pesanti per difficoltà di trazione aiuta. Ma questo deve essere studiato già in fase di progettazione : dopo si subiscono solo i costi. Purtroppo in Italia la logistica su ferro non è molto considerata con i danni che ne conseguono. Sarebbe sufficiente recarsi in Austria e Germania per prendere degli spunti. Alle volte copiare non fa male.

Fulvio Zonta

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 3 ottobre 2011

 

 

«Fotovoltaico e amianto A rischio gli incentivi» - PALAZZO GALATTI
 

L’asticella della “sopravvivenza”, per la Provincia, è fissata a quota 104 milioni di euro, cifra a cui è si chiuso il bilancio preventivo 2011, salito poi a quota 120 milioni con le successive variazioni. «Se la soglia rimanesse la stessa anche per il 2012, la situazione sarebbe tutto sommato accettabile - spiega la responsabile Bilancio, Mariella De Francesco -. Certo, i margini di manovra sarebbero comunque strettissimi, ma in qualche modo riusciremmo a lavorare». Data la situazione attuale, però, esiste il serio rischio di scendere sotto il livello minimo. «Tutto dipenderà dalla Finanziaria regionale, di cui siamo in attesa di conoscere le linee guida. Se, a fronte delle minori entrate in arrivo dalla Stato, la Regione deciderà ad esempio di non toccare la sanità e tagliare sugli enti locali, noi, ruota, ne faremo le conseguenze. E, inevitabilmente, dovremmo operare scelte drastiche e limitare certe azioni». Quali è difficile, e doloroso, indicarlo adesso. «Proprio in vista dell’elaborazione del bilancio - prosegue De Francesco - in queste settimane stiamo programmando una serie di consultazioni con i portatori d’interesse per cercare di concertare gli obiettivi e ottimizzare gli sforzi. In caso di ristrettezze, infatti, dovremo per forza rimodulare gli interventi». Una correzione di rotta di cui rischiano di fare le spese per primi i contributi tradizionalmente erogati ad associazioni, realtà culturali e enti sportivi. «Già nel 2011 ne avevamo ridotto numero e importi. E, il prossimo anno, potremmo essere costretti a ridimensionarli ulteriormente. Come rischiamo di non poter rifinanziare altri interventi qualificanti per la nostra amministrazione come gli incentivi per il fotovoltaico e per l’asporto dell’amianto».

(m.r.)
 

 

Regione: in Ferriera tanto da migliorare
 

«È indispensabile intervenire in maniera più puntuale sulla gestione degli impianti della Ferriera di Servola, la Regione attende le valutazioni e le proposte di modifica dell’Aia che Comune e Provincia di Trieste, Azienda sanitaria e Arpa si sono impegnati a trasmettere, ma allo stato delle cose la normativa non consente di chiedere alla proprietà interventi che possano stravolgere l’attuale assetto tecnologico». È questa la risposta che l’assessore regionale all’Ambiente, Luca Ciriani, ha dato all’interrogazione presentata dal consigliere Pd Sergio Lupieri, a firma anche del capogruppo Gianfranco Moretton. Ciriani afferma che il processo di revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale, chiesto nel 2008 dal Comune, è stato messo in attesa per vedere se gli interventi impiantistici richiesti per limitare le emissioni avrebbero avuto effetto. «Gli interventi sono stati sostanzialmente realizzati e vengono ritenuti efficaci - dice Ciriani - anche se insufficienti a eliminare i continui disagi lamentati dai cittadini». Da qui la necessità di nuovi «e indispensabili interventi, che non devono essere dei palliativi».
 

 

Tracogna: Centrale Lucchini dal Pdl atteggiamento puerile - IL LEGHISTA ALL’ATTACCO
 

MUGGIA «I consiglieri del Pdl Grizon, Prodan e Gretti hanno ostacolato l’approvazione per la negazione dell’attuazione della Centrale termoelettrica solo per puerili cavilli di forma». Italo-Simone Tracogna, capogruppo consiliare della Lega Nord, infiamma così la polemica sulla spaccatura avvenuta all’interno del centrodestra muggesano in seguito alla votazione sulla centrale termoelettrica proposta dalla Lucchini Energia. Al momento del voto, infatti, sia Tracogna che il capogruppo di Un’Altra Muggia avevano detto no alla struttura, a differenza dei rappresentanti del Pdl che pur essendo contrari avevano abbandonato l’aula. «Inizialmente durante la riunione della 2.a commissione è stata approvata, dopo le varie modifiche richieste dal consigliere Prodan del Pdl, la proposta di delibera riguardante la negazione all’attuazione della Centrale termoelettrica della Lucchini – spiega Tracogna - . Poi due giorni dopo la delibera corretta e modificata è stata riproposta al Consiglio e in questa occasione i consiglieri del Pdl (Grizon, Prodan e Gretti, ndr) hanno ostacolato l’approvazione indicando puerili cavilli di forma. Ma allora la Lega si domanda: come mai è avvenuto da parte del Pdl un tale ripensamento due giorni dopo il comune accordo?». La polemica dunque non tende certo ad arrestarsi. Dai banchi pidiellini, dopo il voto di Tracogna e Parlato, erano volate accuse pesanti sul chi fossero in effetti i veri rappresentanti del centrodestra. Dalle file della maggioranza il sindaco Nerio Nesladek non si è voluto pronunciare sulla querelle all’interno dell’opposizione, rimanendo dunque attento spettatore in attesa di capire gli eventi. Ferdinando Parlato, la massima carica di Un’Altra Muggia in Consiglio comunale, ha già fatto capire che spostamenti verso la maggioranza di centrosinistra retta da Nesladek sono improponibili mentre sul fronte padano il segretario comunale Tullio Pantaleo non ha mai nascosto che l’opposizione della Lega si discosterà da quella intrapresa dal Pdl negli ultimi cinque anni di governo Nesladek.

(ri.to.)
 

 

«Ponte sul canale, la città approvò il progetto» - Bandelli replica a Bucci: «La gente disse sì. E poi la gara d’appalto è già stata esperita»
 

IIL DIBATTITO SULLA NUOVA OPERA
l consigliere comunale e regionale Maurizio Bucci (Pdl) chiede di sospendere il progetto del nuovo ponte sul canale? «Penso che Bucci, al quale riconosco di essere stato il fautore del ritorno delle navi bianche in città, rappresenti però la parte di Trieste che si riassume nel detto “Non far fare all’altro quello a cui tu non hai mai pensato prima”». Dice così Franco Bandelli, anche lui come Bucci ex assessore comunale e oggi consigliere di Un’Altra Trieste, replicando in modo netto alla presa di posizione di Bucci sulla costruenda passerella di Ponterosso il cui iter iniziò proprio sotto il suo assessorato ai lavori pubblici. «Se vogliamo discutere del ponte facciamolo seriamente, ma non si può certo sostenere che non abbia una funzione di collegamento: quella c’è ed è ben precisa, con l’intento di definire tra piazza Venezia e piazza della Libertà un asse parallelo rispetto a quello viario e già esistente delle Rive». Quanto alla mozione annunciata da Bucci per sospendere il progetto, «ma ci rendiamo conto?», replica Bandelli: «È già stata fatta una gara d’appalto, con conseguente ricorso da parte del secondo arrivato. Come si fa a bloccare una gara già esperita?» Infine, a Bucci che ha sottolineato la necessità di ascoltare la voce dei cittadini, «ricordo che quando posizionammo il ponte bailey provvisorio - dice Bandelli - il Comune indisse una sorta di referendum sul ponte che fu un plebiscito a favore». Insomma, è la conclusione del leader di Un’Altra Trieste, Bucci ripensi ai suoi due anni da assessore all’urbanistica, «nei quali ha redatto il piano traffico e il piano dehors lasciandoli così ben nascosti che neanche Dipiazza riuscì ad approvarli».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 2 ottobre 2011

 

 

Ferriera, a fine mese il riesame dell’Aia
 

Non appena la Regione avrà ricevuto dal Comune le proposte di modifica dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) provvederà a convocare una conferenza dei servizi, indicativamente verso fine mese. Ad annunciarlo è stato l’assessore regionale all’Ambiente Luca Ciriani, rispondendo all’interrogazione del consigliere Sergio Lupieri (Pd) sulla situazione ambientale e lavorativa della Ferriera. «A seguito degli incontri tecnici con Comune, Provincia, Azienda sanitaria e Arpa - si legge in una nota firmata da Lupieri, che è anche vicepresidente della commissione sanità - si è ritenuto indispensabile intervenire in maniera più puntuale sulla gestione degli impianti, dato che gli interventi finora adottati sono stati ritenuti insufficienti ad eliminare i continui disagi lamentati dai cittadini di Servola, spesso dovuti a emissioni intense e di breve durata che attualmente non sono considerate dalla normativa Aia». Nella sua interrogaazione Lupieri aveva ricordato tra l’altro la circolare del Direttore generale dell’Azienda sanitaria, Samani, che segnalava come i dati degli inquinanti ambientali rilevati dalle centraline poste nel quartiere di Servola evidenzino numerosi e continui superamenti dei limiti di norma per il benzene e per le pm10. Il consigliere del Pd aveva poi sottolineato come l’Azienda sanitaria abbia invitato gli enti competenti a valutare l’adozione di ogni azione utile a salvaguardia della salute pubblica. «Quindi- conclude Lupieri - oggi viene confermato il riesame dell’Aia, con l’inserimento di prescrizioni consigliate anche dal Comune».
 

 

«No alla galleria tra largo Mioni e via D’Alviano» - PRG, I TIMORI DELLA V CIRCOSCRIZIONE
 

Dubs e Pahor: «Vogliamo evitare sorprese dopo che sono cadute le salvaguardie»
«Vogliamo evitare le sorprese dell'ultimo minuto e non rischiare di vedere stravolto tutto il lavoro fatto finora». È un’azione preventiva quella messa in atto dai consiglieri pidiellini del parlamentino rionale della Quinta circoscrizione. Così ieri Silvio Pahor e Roberto Dubs si sono dati appuntamento in largo Mioni per chiedere lo stralcio del progetto che dovrebbe realizzare una galleria di collegamento tra largo Mioni e via D’Alviano. Dal momento che le salvaguardie imposte dalla variante 118 ad agosto sono decadute, con l'entrata in vigore del vecchio piano regolatore targato Illy-Cervesi potrebbe tornare alla ribalta anche il progetto della galleria. Per questo i due consiglieri hanno presentato una mozione che impegna il presidente della V Circoscrizione ad attivarsi tempestivamente, come si legge nel testo, «per predisporre la salvaguardia della zona compresa tra largo Mioni e via Rigutti compresa l'area verde riqualificata e scongiurare definitivamente negli indirizzi del nuovo Prg l’inutile realizzazione della galleria in questione». Anche gli abitanti del rione che, in occasione del sopralluogo da parte dei due consiglieri, hanno chiesto rassicurazioni nella speranza di non vedere realizzato il progetto: «In passato abbiamo raccolto tante firme – racconta una residente di largo Mioni -. Spero che la galleria non si faccia». Nell'incertezza quindi, spiegano Roberto Dubs e Silvio Pahor, «visto che la nuova amministrazione non ha coinvolto ancora direttamente le Circoscrizioni nella predisposizione del nuovo Prg, chiediamo chee quanto è stato fatto qui in questi anni venga salvaguardato».

(i.gh.)
 

 

Park in via Cereria il Comune ci ascolta - L'intervento di Luca Bressan*
 

Prima di essere eccessivamente polemici bisogna riconoscere la volontà della nuova Giunta di incontrare la cittadinanza anche quando si tratta di affrontare questioni spinose, nate dalla volontà politica della precedente maggioranza, come nel caso del parcheggio di via Cereria. Una volontà che si è chiaramente espressa nell’incontro tenutosi il 15 settembre scorso presso il Knulp con la Circoscrizione e i cittadini, alla presenza dell’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani e del dirigente del servizio Lavori pubblici Carlo Nicotra. Riguardo all’ipotesi di costruzione di tale parcheggio, per essere obiettivi bisogna ricordare che tutto è cominciato nel 2004 quando la ditta esecutrice aveva vinto una gara per costruire un parcheggio in piazza Ponterosso. Dopo le verifiche preliminari, constatata l'impossibilità di procedere in quel luogo con l'opera che prevedeva nel complesso quasi 500 posti auto, si è proceduto a valutare soluzioni alternative di compensazione. Il progetto di via della Cereria è una della zone alternative al progetto originario. Nel corso dell’incontro del 15 settembre, assessore e dirigente competenti hanno illustrato le ragioni che portano a ritenere la realizzazione dell’opera, qualora venga attuata secondo corrette modalità da concordare con gli abitanti, un’opportunità per attuare un concreto servizio ai residenti. La realizzazione della struttura (75 posti auto interrati, con nessun volume in superficie, come stabilito dal Piano di recupero di Piazza della Valle) può infatti apportare un beneficio ai residenti di una zona in cui la carenza di parcheggi è del tutto evidente. Va inoltre sottolineato come l’attuale area verde a oggi non sia né fruita né fruibile dalla collettività in condizioni di sicurezza. In tal senso, l'accordo proposto dall’attuale Amministrazione alla ditta esecutrice di pervenire alla realizzazione (finanziata dalla ditta stessa) di un giardino realmente attrezzato, posto sulla copertura del parcheggio e accessibile dalla quota stradale, potrà garantire la sua apertura all’utilizzo pubblico. Inoltre, come è stato ampiamente spiegato, visto il prolungarsi delle decisioni attinenti ai siti compensativi rispetto alla prima soluzione di Ponterosso (di cui non è certo imputabile la presente Amministrazione), l'abbandono del progetto rischia di aprire un contenzioso, la cui risoluzione potrebbe risultare molto onerosa per il Comune e, conseguentemente, per l'intera collettività. Stanti queste condizioni, i partecipanti all’incontro hanno convenuto che l’attenzione si debba ora concentrare sulle corrette modalità di realizzazione del giardino sovrastante il parcheggio interrato, in modo tale che il progetto che verrà presentato dalla ditta incontri effettivamente i gusti e le esigenze delle persone che risiedono in zona. Al riguardo l'assessore Marchigiani ha dato la sua disponibilità a un successivo incontro finalizzato a illustrare la bozza di progetto che la ditta deve ancora presentare e a discuterne le caratteristiche con i residenti. Si è stabilita in particolare la necessità di valutare se e come potranno essere mantenuti gli alberi già presenti nella zona, e se non fosse così quale possa essere la vegetazione del nuovo giardino nell’intento di dare risposta alla legittima esigenza di spazi verdi che sono indice di vivibilità nel centro storico. Non bisogna comunque trascurare come l'accordo proposto con la ditta esecutrice rappresenti una mediazione tra due specifiche esigenze: da una parte la necessità di avere posti auto; dall'altra quella di riconquistare l’utilizzo di uno spazio verde aperto a tutti.

*Presidente IV Circoscrizione
 

 

Prove di futuro a Muggia Parte il progetto Pisus
 

Entro il 16 ottobre la giunta dovrà presentare un piano consono ai parametri Ue Il nodo primario rimane quello del piazzale Alto Adriatico, senza destinazione
MUGGIA La “rivoluzione dolce” di Muggia è oramai iniziata. La nuova Giunta Nesladek, dopo cinque anni di manutenzioni, ha deciso di pigiare sull'acceleratore, tramite il bando per il Fondo europeo Pisus, il Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile, una fucina da minimo 3 milioni di euro. Prendere parte al bando è divenuto oramai un imperativo categorico per la giunta che entro il 16 ottobre dovrà presentare un progetto appetitoso in grado di convincere e vincere. Ieri mattina, durante la presentazione “sul campo” delle proposte dell'amministrazione Nesladek, alla presenza dello stesso sindaco e dell'assessore alla Promozione della città per la prima volta è emerso un punto chiaro: Pisus o non Pisus, Muggia cambierà volto. EX ALTO ADRIATICO Come da tradizione tutti i cambiamenti fanno paura. Il nodo più grande rimane il futuro del piazzale Alto Adriatico. Distributore di carburanti, location per grandi (e piccoli) eventi e ora anche piazzale di raccolta degli autobus. Non è un po' troppo? «Di spazio ce n'è tanto, riusciremo a far coesistere tutti i progetti», rassicura Decolle. L'area, indubbiamente è vasta, ma far coesistere tre strutture così differenti tra loro pare un'impresa. Come un'impresa sarà spiegare agli anziani di doversi recare all'Alto Adriatico per prendere il bus al capolinea. Certo è che con la creazione di un senso unico di marcia in via Battisti a partire dall'incrocio con via Santa Barbara (e quest'ultima arteria diverrà a senso unico in discesa in modo tale da creare un circolo con via Frausin) potrebbe essere un valido incentivo per rendere più morbido l'afflusso di veicoli all'entrata di Muggia. PIAZZALE FOSCHIATTI L'altro nodo rimane il futuro dei piazzali Foschiatti e Curiel. La presenza della stazione delle autocorriere è da sempre un caposaldo dell'area. Ma anche un limite estetico-funzionale. Rendere l'area pedonalizzata potrebbe essere la chiave di volta per rilanciare una parte della cittadina storicamente considerata sempre di serie B . «L'area, alla presenza anche dei quattro autobus posteggiati in piazzale Foschiatti, pare più un parcheggio che altro», spiega Decolle. Difficile dargli torto. Ma è pur vero che sono proprio i bus il punto che rendono l'area frequentata. Dunque, che fare? Osare o rimanere immobili? In attesa di decidere, durante l'incontro tra amministrazione e commercianti la vicepresidente di ViviMuggia, Cristina Pranzo ha fatto emergere anche piccoli grandi problemi quotidiani: «Abbattiamo le barriere architettoniche, mascheriamo i bottini delle immondizie, forniamo maggiori cestini adibiti allo spegnimento delle sigarette, rendiamo operativi i parchimetri».
Riccardo Tosques

 

 

La green economy rilancia i “piccoli” - Tecnologia, alimentari, ambiente e riparazioni hanno fatto nascere oltre 73mila aziende
 

ROMA Creatività e ingegno made in Italy non si arrendono alla crisi. Pur tra mille difficoltà, ci sono settori che fanno registrare un andamento positivo: information technology, alimentare, green economy, riparazioni ed edilizia hanno contribuito a far nascere, in un anno, ben 73.620 piccole imprese. La classifica delle attività anti-crisi è stata stilata dall’Ufficio studi Confartigianato che ha rilevato i settori nei quali, da marzo 2010 a marzo 2011, si è registrato il miglior tasso di sviluppo di artigiani e Pmi sia a livello nazionale sia in ambito regionale. La coscienza ecologista si fa largo nelle abitudini italiane e la green economy si afferma come motore di iniziative imprenditoriali: in un anno i piccoli imprenditori delle costruzioni e dell’installazione di impianti per la “casa sostenibile” sono aumentati di 43.033 unità (+1%). Regione capofila per la maggiore crescita di queste attività è la Campania: +3,7%. Secondo la rilevazione di Confartigianato sono aumentate di 4.854 unità (+6%) le imprese “verdi” che si occupano di disinquinamento, pulizia di aree pubbliche, creazione e manutenzione di giardini e spazi verdi, utilizzo aree forestali. In questo settore è il Veneto a detenere il primato regionale per il tasso di sviluppo: +9,7%. Al buon cibo non si rinuncia e così nella ristorazione e nell’alimentazione di qualità si è registrata la nascita di 8.676 imprese, con un tasso di crescita medio nazionale pari al 3,6%. A livello regionale sono la Campania e la Sicilia a guidare la classifica con un tasso di sviluppo rispettivamente del 6,6% per le attività di ristorazione e dell’1,5% per la produzione alimentare. Resiste anche l’Information & Communication Technology con 3.343 nuove imprese (+7,9%) impegnate nella produzione di software, consulenza informatica, installazione e manutenzione di apparecchiature. In questo caso il Molise vanta il record regionale con una crescita del 23,8%. Anche in tempo di crisi gli italiani dedicano attenzione al benessere fisico, così sono nate 8.757 imprese dedicate alla cura della persona quali parrucchieri ed istituti di estetica, centri benessere, assistenza sociale non residenziale. Il Friuli Venezia Giulia è al vertice della classifica regionale .La crisi fa crescere il partito di quelli che “riparare conviene”, una tendenza che ha contribuito alla creazione di 2.563 attività di riparazione di beni di consumo.
 

 

Anche la foresta ha il suo “open day” a Basovizza
 

Oggi un programma di visite guidate, passeggiate nel bosco Igouza, orienteering e concerto finale
Oggi nell'ambito dell'Anno Internazionale delle Foreste si terrà a Basovizza l'”Open day della foresta” organizzato dal Corpo forestale regionale con attività e visite guidate gratuite nel bosco Igouza. Ecco il programma: alle 8 escursione guidata a cura della Lipu di Trieste con raccolta dati sull'avifauna; alle 10 passeggiata animata in costume per bambini "Nel bosco con Cappuccetto Rosso", in collaborazione con il Centro studi Melanie Klein e con visita agli animali del Pascolo Sociale di Basovizza; alle 10 e 11 Orienteering a cura dell'Associazione Gaja - Gruppo Orienteering di Gropada in collaborazione con l'Itis, con partenza in prossimità della chiesetta di Gropada; alle 11 escursione guidata nel bosco Igouza "L'albero degli animali: alla ricerca degli animali degli alberi", a cura dell’entomologo Andrea Colla del Museo Civico di Storia Naturale; alle 14 escursioni nel bosco Igouza con osservazioni geologiche e paleontologiche a cura di Nevio Pugliese del Dipartimento di Geoscienze dell'Università e osservazioni botaniche a cura di Elio Polli della Commissione Grotte Boegan dell’Alpina delle Giulie; alle 16 concerto finale con i cori Mvs Lipa e Mepz Skala-Slovan nella Dolina degli Abeti nel bosco Igouza. Tranne che per l’orienteering, l’appuntamento per la registrazione è alla reception della Forestale allo stagno sulla strada bianca Basovizza-Sesana a 200 metri dal parcheggio del Sentiero Ressel, raggiungibile con i bus della linea 39. Dalle 10 alle 18 sarà aperto anche il Centro didattico naturalistico dove prosegue la mostra “Case carsiche” di Pino Zorzi.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 1 ottobre 2011

 

 

Differenziata, primo test: niente raccolta dei rifiuti
 

Esperimento fallito a Servola, San Vito, Opicina e Gretta: i camion Acegas hanno provato a saltare il giro nei weekend. E il sindaco si è arrabbiato
Lo spazzino non suona due volte, come il collega delle Poste. Anzi, talvolta non suona proprio. L’ultima sperimentazione di AcegasAps, l’ex municipalizzata delegata dal Comune alla raccolta dei rifiuti, andava proprio in questo senso, e i risultati si sono avvertiti da subito: quintali di immondizie che, soprattutto nel weekend, hanno finito per gravare pesantemente sui rioni scelti, Opicina, Gretta. San Vito e Servola. Facendo rientrare alla velocità della luce il test, giusto prima che montasse la rabbia popolare. La storia Come conferma lo stesso sindaco Cosolini, il programma di sperimentazioni era comunque condizionato al fatto che «l’azienda avrebbe dovuto avvisare prima di metterli in atto». «E invece non l’hanno fatto per due volte, e mi sono alquanto arrabbiato», aggiunge il sindaco. L’iniziativa, peraltro, ha una sua logica. Ammesso e non concesso che il triestino sia diventato un virtuoso della differenziata, è chiaro che l’impatto sui rifiuti generici, non indifferenziati dovrebbe presentarsi sostanzialmente cambiato. Plastica, carta, vetro e quant’altro è riciclabile, essendo dirottati sui nuovi cassonetti, snelliscono non poco il vecchio sistema di raccolta. Ipoteticamente, anzi, dovrebbero rendere più automatico il prelievo e meno pesante il vecchio cassonetto. Che potrebbe anche aspettare un giorno di più per essere prelevato. «Dobbiamo fare dei test - spiega Cosolini - per vedere come impatta la raccolta differenziata rispetto al’indifferenziata». L’esperimento Le prime uscite, anzi , le prime mancate uscite sul territorio sono avvenute in alcuni fine settimana. E per chi se n’è accorto, l’impatto è stato devastante: dopo tre giorni di non prelievo sacchetti e altre schifezze facevano cattiva mostra di sè a ridosso delle Rive e in altre aree cittadine, sollevando legittimi interrogativi che adesso il Comune provvede a chiarire. «Quelli dell’AcegasAps - conferma l’assessore Laureni - ci hanno messo in difficoltà. A sentire loro, non lo sapevano neanche gli stessi operatori dell’azienda! Da una nostra indagine, dato significativo, è emerso poi che era tutto vero! Intendiamoci: quello della raccolta indifferenziata è un discorso con forti ricadute economiche, in cui ogni step implica costi maggiori». «La verifica, teorica - continua Laureni - riguardava solo la possibilità di ridurre i giri per l’indifferenziata ed è partita quando non avrebbe dovuto, a causa del troppo zelo di un funzionario. Che speriamo abbia capito che senza collaborazione, quella dell’azienda e dei cittadini, rischiamo di rimetterci tutti». Dall’azienda, nessun commento. L’ad Stefani, anzi, dimostra sincero stupore di fronte all’anticipazione. «Guardi non ne sapevo niente e dunque devo informarmi», chiosa, prima di sparire dietro a segreterie telefoniche e ammenicoli vari. E la sensazione di aver scoperchiato una “pentola” pericolosa si fa sempre più incalzante...
Furio Baldassi

 

Ma a gennaio si inizia a fare sul serio
 

L’obbligo della raccolta differenziata, tecnicamente parlando, partirà il prossimo 1° gennaio 2012. E per arrivarci preparato il Comune, e in particolare l’assessorato retto da Umberto Laureni (in foto), si sono dato alquanto da fare negli ultimi mesi, allestendo dodici linee di intervento per incrementarla e arrivare entro l’anno prossimo al 65% sul totale dei rifiuti, come da direttiva europea, con un costo iniziale di 840mila euro. Da maggio in qua sono state raddoppiate le isole ecologiche, attualmente 900, alle quali si delega un possibile aumento del 10 per cento della raccolta. Per quanto concerne gli imballaggi invece, col cartone in prima linea, sarà potenziato l'attuale servizio, con una raccolta "a domicilio" per commercianti ed esercenti. Ai mezzi di AcegasAps dovranno essere forniti cartoni piegati e depositati in appositi punti di conferimento (il cui numero passerà dagli attuali 40 a 190), posizionati nei pressi delle fermate dei bus e segnati a terra da un riquadro e una sigla (Src, servizio raccolta cartoni) dipinti in giallo. In questo caso ci si attende un aumento della differenziata nell’ordine del 4%. Altra novità quella che riguarda il verde (sfalci e potature). I circa 5mila edifici comunali con giardino nel territorio comunale riceveranno un contenitore (in comodato gratuito) che AcegasAps verrà a svuotare su richiesta telefonica. L'aumento, in questo caso, è stimato sul 3%. Previsti infine i "contenitori di prossimità", con i contenitori per vetro, carta, plastica e lattine che saranno collocati nei pressi degli ingressi di grande complessi abitativi. Il servizio partirà sperimentalmente dal complesso Ater di Rozzol Melara.
 

 

La Provincia manda in archivio la Ferriera
 

Ribadita la chiusura entro il 2015 nella delibera d’incompatibilità per la centrale della Lucchini
Con la scusa del parere sul progetto della centrle termoelettrica della Lucchini Energia il Consiglio provinciale archivia definitivamente la Ferriera di Servola. Con un voto che ha una valenza storica, Palazzo Galatti ha ribadito «l'esigenza di chiusura della Ferriera prevista per l'anno 2015, in accordo con le istituzioni locali e regionali competenti». Lo ha fatto con un voto unanime di tutti i 24 consiglieri provinciali, di maggioranza ed opposizione nell'ambito dell'approvazione della delibera con il parere di incompatibilità ambientale al progetto della Lucchini Energia Srl della Centrale Termoelettrica. Queste le criticità emerse: non sono state presentate adeguate motivazioni alla realizzazione rispetto al fabbisogno energetico, l’esame contestuale presentato di tutti gli impatti delle nuove installazioni (centrale termica, rigassificatore, metanodotto) e le contestuali dismissioni dello stabilimento siderurgico di Servola non è sufficientemente chiaro così come la valutazione integrata delle emissioni, l’integrazione presentata descrive poi, in assenza di esercizio del Gnl, un innalzamento termico pari a 7°C ed infine non sono rinvenibili né studio sugli ecosistemi marini né studio sui fenomeni di rilascio di metalli dai sedimenti. Dopo un’attenta discussione sulle osservazioni sollevate dai tecnici, il Consiglio Provinciale ha espresso il suo parere non favorevole di compatibilità ambientale. Inoltre, per volontà del presidente del Consiglio Maurizio Vidali, dopo un confronto con l’assessore con delega all’Ambiente Vittorio Zollia e la maggioranza, sulle diverse ipotesi di emendamento presentate, si è voluto sottolineare con un subemendamento, che «il progetto, così come è stato presentato dalla Luchini, risulta fortemente legato e condizionato dalla presenza della Ferriera di Servola e quindi incompatibile al mantenimento della Ferriera stessa, di cui si ribadisce l’esigenza di chiusura prevista per l’anno 2015». Mai, prima d'ora, con un segnale così forte, tutte le forze politiche di ogni schieramento si erano espresse in maniera così chiara sul tema della chiusura della Ferriera di Servola. Ma servono ulteriori passi. «Indispensabile sarà – ha detto il consigliere provinciale Pd Matteo Puppi, anche presidente della commissione lavoro – attivare un tavolo che da qui al 2015 si ponga l'obiettivo di ricollocare al lavoro tutti i dipendenti della Ferriera.» «E' un obiettivo ambizioso – ha proseguito l’esponente democratico– difficile, ma è un dovere per chi amministra questo territorio quantomeno porselo.» Adesso la seconda partita da giocare sarà quella della bonifica dell'area, «anche in questo campo, come in quello del lavoro, un intervento della Regione oltre ad essere necessaria sarebbe molto gradita».

Riccardo Tosques
 

 

MUGGIA - Il progetto “Pisus” illustrato per le strade
 

Le proposte per il Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile spiegate direttamente “sul campo”. Grande attesa da parte dei cittadini muggesani che quest'oggi alle 11 si riuniranno all'ex distributore Esso per essere accompagnati dall'assessore alla Promozione della città Stefano Decolle lungo le aree interessate da “Pisus”. Ecco quindi che il “cicerone” della giunta Nesladek condurrà gli interessati nelle diverse aree interessate tra le quali via Battisti, via Frausin, la stazione delle autocorriere, l'area dell'ex cantiere Alto Adriatico nonché la stessa area dell'ex distributore Esso. Tra le proposte avanzate dalla giunta Nesladek vi sono la pedonalizzazione parziale di piazzale Foschiatti, il trasferimento del capolinea degli autobus in via Frausin e rotatoria in zona cimitero tra via di Santa Barbara e via Bembo. Uno dei punti chiave del progetto è poi la riqualificazione urbana con aumento degli spazi verdi ai Giardini Europa, nuove aree gioco, percorsi paesaggistici, rivitalizzazione di piazzale Foschiatti, valorizzazione del centro storico con una più attenta illuminazione e la creazione di uno show room per attività artigianali. Per quanto concerne il miglioramento della mobilità sono state suggerite nuove aree pedonali, percorsi ciclabili, attività di bike sharing tramite affitto di biciclette, creazione di punti per ricarica di veicoli elettrici e la realizzazione di ampi passaggi pedonali rialzati. Una delle parti più interessanti riguarda la rivisitazione della viabilità con creazione di aree parcheggio e una nuova zona di interscambio modale per il trasporto pubblico all'interno del piazzale Alto Adriatico.

(ri. to.)
 

 

DUINO AURISINA - Weekend di ottobre con la natura - Quattro appuntamenti naturalistici con didattiche all’aperto
 

DUINO AURISINA Ottobre ricco di appuntamenti naturalistici a Duino Aurisina. Domenica 16, dalle 10 alle 13, “Erbe, usi e leggende”, escursione per adulti e famiglie promossa dalla Riserva naturale delle Falesie di Duino in collaborazione con l’Area marina protetta di Miramare. La mattinata verrà dedicata alla botanica dimenticata, alle proprietà balsamiche e curative di alcune piante, officinali e non, della flora che cresce spontanea sul nostro carso, alcune reali, altre legate a tradizioni, usi e leggende. Domenica 23, nell’ambito di “Biodiversamente”, passeggiata naturalistica guidata gratuita “Il labirinto della Cernizza” per conoscere le aree protette, veri “musei a cielo aperto”. L’uscita porterà a conoscere una parte dell'ambito protetto delle falesie di Duino, tra il bosco della Cernizza e il Villaggio del Pescatore, alla scoperta delle specie caratteristiche della macchia mediterranea e di suggestivi scorci sul Golfo di Trieste. La fine del mese si chiude con altri due appuntamenti. Sabato 29, torna “Dolce e salata” appuntamento per visitare l'acquedotto cittadino. L'impianto, dedicato a Giovanni Randaccio, sarà visitabile nel corso di una visita guidata condotta dall'Amp Miramare, grazie alla collaborazione con Acegas Aps. Il ritrovo presso la chiesa di San Giovanni in Tuba sarà il punto di partenza di un percorso che dalla natura, alla storia, dall'ingegneria al carsismo, passando attraverso analisi chimiche e botanica, permetterà di scoprire la perizia tecnica e la funzionalità dell'acquedotto responsabile un tempo della fornitura di tutta l'acqua potabile di Trieste e della sua Provincia. Domenica 30 ottobre, infine si potrà partecipare a “Presunzioni mediterranee”, un percorso naturalistico tra la biodiversità del sentiero Rilke e nella contigua pineta: microcosmi di Mediterraneo, influenze illiriche e spunti per leggere l’ambiente con tante interpretazioni, alla scoperta della ricchezza di biodiversità che esiste e di quella che potenzialmente potrebbe esistere ma viene limitata da fattori naturali e antropici, climatici e meteorologici. Tutte le uscite sono gratuite ma le prenotazioni obbligatorie. Per informazioni chiamare il numero 333.933.9060, o scrivere una mail all’indirizzo di posta elettronica: giovanna@riservamarinamiramare.it

Cristina Polselli

 

 

“Birdwatching” a Basovizza - DOMANI CON LA LIPU
 

Basovizza Parcheggio Sentiero Ressel Info: www.liputrieste.it - tel. 340.7399686, 347.2485030
Torna anche quest’anno l’Eurobirdwatch, evento dedicato all’osservazione degli uccelli in migrazione organizzato in 35 Paesi europei da Birdlife International e, in Italia, dalla Lipu. Nel nostro Paese sono coinvolte le oasi e riserve Lipu e altre aree importanti per il birdwatching. Nella provincia di Trieste l’appuntamento è per domani, alle 8, presso il parcheggio del Sentiero J. Ressel a Basovizza. La sezione di Trieste della Lipu, in occasione del 14° Censimento europeo dell’avifauna in migrazione, propone infatti una facile escursione guidata nel comprensorio di Basovizza, per effettuare un monitoraggio degli uccelli migratori e fare un po’ di birdwatching. L’iniziativa, che si concluderà nella tarda mattinata, è aperta a tutti. Sono raccomandate scarpe da escursione ed è consigliato un binocolo.
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 30 settembre 2011

 

 

L’analisi: acque pulite anche in mare aperto
 

Le acque nel golfo di Trieste, da punta Salvore alle foci del Tagliamento, sono pulite. O meglio, dal punto di vista della balneazione sono assolutamente sicure. A confermarlo sono i dati messi a disposizione dall'Ogs, l'Istituto di oceanografia e geofisica sperimentale, che da marzo a settembre ha analizzato la presenza di inquinamento microbiologico in 15 punti situati a più di tre chilometri dalla costa. Un monitoraggio che si inserisce nel progetto “Bagno sicuro in mare aperto” sponsorizzato dall'assessorato regionale alle Attività produttive e realizzato da un team di biologi e ricercatori dell'Ogs. L'obiettivo è stato quello di verificare se anche nelle acque più distanti dalla costa la balneazione sia sicura per i tanti diportisti che nel periodo estivo hanno frequentato - e stanno continuando a farlo, viste le temperature ancora invitanti - il nostro golfo. Un obiettivo che è stato raggiunto in quasi tutte le aree prese in esame. «In particolare – spiega Paola Del Negro – abbiamo voluto verificare un eventuale inquinamento microbiologico, ovvero la presenza di coliformi fecali e di Escherichia coli, per definire i rischi per i bagnanti nelle aree raggiungibili dai natanti e dove comunque la balneazione è praticata». Le stazioni di rilevamento sono state posizionate in punti centrali del golfo di Trieste, in zone che potevano essere influenzate anche dalle acque provenienti dai fiumi e dagli scarichi degli impianti di depurazione. Per questo, come ha indicato ancora la biologa Del Negro, nelle rilevazioni di agosto «davanti agli scoli di Servola è stata rilevata la presenza, seppur sotto i limiti previsti dalla legge, di coliformi fecali». Tutte le altre rilevazioni hanno però dato risultati positivi, anzi ottimi, ha sottolineato ancora Del Negro: «Abbiamo voluto iniziare con una prima analisi di sorveglianza a marzo individuando i parametri che indicano le possibilità di balneazione. A luglio le acque erano ottime. Per questo possiamo concludere che la situazione nel golfo di Trieste è eccellente nonostante la quantità di natanti che sono transitati durante il periodo estivo». Queste informazioni possono essere incrociate con quelle fornite dall'Arpa, che si occupa di rilevare la balneabilità delle zone lungo la costa, e danno il quadro completo della situazione in cui si trovano le acque marine in regione. «È un servizio aggiunto a quello fornito dall'Agenzia regionale – ha spiegato l'assessore Federica Seganti - che abbiamo voluto sostenere e promuovere anche in chiave turistica, con la possibilità di replicarlo il prossimo anno». Un progetto dall'impatto interessante, ha detto la presidente dell'Ogs Maria Cristina Pedicchio: «Il nostro ente mette a disposizione del territorio servizi e ricerca. Queste sono tematiche che toccano da vicino anche gli aspetti legati ai cambiamenti climatici».

(i.gh.)
 

 

Via S. Michele, verde da rilanciare - “Andandes”: sfruttare le potenzialità del giardino. Marchigiani: ma servono fondi
 

Ripartono dal giardino di via San Michele gli incontri partecipati con i cittadini e i rappresentanti della giunta. Dopo il primo appuntamento di agosto in piazza Hortis, l’altro pomeriggio gli assessori Elena Marchigiani e Antonella Grim hanno incontrato i residenti del rione e anche le associazioni per discutere sulle potenzialità degli spazi verdi dopo la prima fase di risanamento della campagna Prandi adiacente al giardino di via San Michele. Le parole d'ordine sono state integrazione e condivisione di progetti, perché se le potenzialità per lo sviluppo del verde di questa parte della città sono enormi – con l'apertura della campagna Prandi si creerebbe un collegamento tra il giardino pubblico di via san Michele, androna San Lorenzo e l'Orto lapidario – le risorse pubbliche da investire in grandi progetti scarseggiano. «È un percorso interessante – ha sottolineato l'assessore Marchigiani – per gli spazi che mette a disposizione e per la storia legata a questi luoghi. Non possiamo però creare aspettative e per questo è necessario imbastire una progettazione partecipata». Un appello, insomma, lanciato a coloro che sono interessati a sviluppare progetti di riqualificazione della campagna Prandi. Le idee sono tante, a indicarle è stata Laura Flores che da oltre dieci anni, con l'associazione Andandes, si occupa di gestire gli spazi del giardino San Michele. «Abbiamo pensato di fare a novembre un'esperienza di orti urbani. E poi di organizzare delle visite guidate nella campagna Prandi e allestire una mostra per farne conoscere la storia. Ma anche favorire il turismo offrendo servizi e anche momenti di ristoro. Infine vogliamo coinvolgere le scuole e organizzare delle gite condominiali». Insomma di proposte ce ne sono tante, e dal pubblico qualcuno si è anche candidato per la gestione del verde. Altri hanno invece chiesto più spazi per gli adolescenti, campi da basket o campi da calcio che in questa zona non ci sono, e infine luoghi di ritrovo dedicati ai giovani, diversi dal solito baretto. «Lo spazio va mantenuto e riempito di contenuti e attività», ha indicato ancora Marchigiani: «Bisogna però individuare possibili fondi che possono arrivare ad esempio da bandi europei, mettere assieme risorse umane ed economiche». L'assessore all'Educazione Antonella Grim ha ribadito che «c'è piena disponibilità da parte delle scuole di appropriarsi di un luogo come questo, puntando su un sistema di alleanze tra famiglie, associazioni ed enti territoriali per un percorso partecipato».

Ivana Gherbaz
 

 

Tra i progetti la campagna Prandi
 

Oltre alla riqualificazione degli spazi in piazza Hortis, della quale tra l’altro si era parlato anche durante l’estate nel corso di un incontro pubblico organizzato dalla giunta Cosolini con la cittadinanza, tra i progetti messi in campo dall'amministrazione comunale c'è anche il rilancio delle aree verdi adiacenti al giardino di via san Michele. Tra i progetti previsti e finanziati dal Piano delle opere, come indicato dall'assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani, ci sono anche gli interventi di minima per rendere inizialmente fruibile la campagna Prandi attraverso la realizzazione di un collegamento con il giardino di via San Michele.
 

 

Via Gallina pedonale, no dei tassisti - COMMISSIONE
 

Tutti d’accordo sull’ipotesi di pedonalizzare via Gallina, tranne i tassisti. Dopo il sopralluogo di due settimane fa, ieri la Sesta commissione, presieduta da Mario Ravalico, presente anche il sindaco Cosolini, ha sentito enti e categorie: Provincia, Trieste trasporti, 118, Vigili del fuoco e tassisti. Nessun problema da parte della Provincia e della Trieste trasporti, i bus potranno immettersi in via Carducci da piazza Goldoni. Ipotesi fattibile anche da parte del 118 e dei Vigili del fuoco, con la sola richiesta di consentire l’accesso nel caso di situazioni di pericolo. Opposta la posizione dei di versi i rappresentanti dei tassisti, fra i quali Cna, Confartigianato e Uritaxi. «Col traffico attuale non è pensabile rinunciare allo spazio in via Gallina - ribadisce Mauro De Tela (Uritaxi) -. Non ci sono alternative. Avevamo proposto via Imbriani, ma è troppo stretta. E anche via Carducci non è praticabile». Premettendo che la pedonalizzazione di via Gallina «come idea non mi dispiace», il sindaco Cosolini frena le richieste “spot”: «Quando avremo la bozza del piano del traffico - precisa - tra le ipotesi si potrà sperimentare anche questa pedonalizzazione».

(gi.pa.)
 

 

Si incrina il fronte del “no” alla centrale termoelettrica
 

Il consiglio comunale di Muggia esprime ancora una volta parere contrario ma questa volta i consiglieri Pdl abbandonano l’aula prima del voto

MUGGIA Il fronte muggesano del “no” alla realizzazione della centrale termoelettrica della Lucchini energia s'incrina. Ieri mattina il consiglio comunale si è riunito per esprimere il parere di valutazione ambientale in via collaborativa alla Regione sul progetto di creare una centrale inserita nell'area ex Esso, nel porto industriale, accanto al termovalorizzatore, prospiciente il canale di Zaule, in corrispondenza della cosiddetta “ex discarica di via Errera”. Un impianto che dovrebbe occupare qualcosa come 30mila metri quadri. Dopo una contrarietà espressa all'unanimità negli ultimi due anni ieri i membri del Pdl hanno deciso di abbandonare l'aula. «Non abbiamo partecipato al voto sulla delibera della centrale termoelettrica della Lucchini pur essendo fortemente contrari al progetto perché la maggioranza non ha voluto recepire alcun nostro emendamento», ha spiegato il consigliere del Pdl Claudio Grizon. L'esponente del centrodestra aveva infatti richiesto «di sottolineare che il progetto, come emerge dalla stessa documentazione fornita dalla Lucchini Energia Srl, risulta fortemente legato e condizionato dalla presenza della Ferriera di Servola e quindi incompatibile rispetto alla sua chiusura già prevista per l’anno 2015, in accordo con le istituzioni locali e regionali competenti». Emendamento bocciato assieme alla proposta del capogruppo Paolo Prodan e del consigliere Daniele Mosetti. Quest'ultimo aveva proposto con un emendamento che venissero inseriti due passaggi, stralciati dalla prima versione della delibera da parte della maggioranza, che facevano delle considerazioni sui nuovi posti di lavoro che sarebbero arrivati con la centrale. Nonostante l'assenza dei pidiellini il parere negativo alla realizzazione della centrale è passato. L'ennesimo niet per un progetto strettamente collegato all'impianto di rigassificazione. Nella seduta di ieri è stata poi votata all’unanimità la mozione avanzata da Grizon sugli apprendisti ciceroni in collaborazione con il Fai. Un'altra spaccatura significativa si è avuta invece sul voto alla delibera sulla ricognizione e sull’attuazione dei programmi e sulle variazioni di bilancio. Il centrosinistra si è espresso compatto in maniera favorevole. Un po' a sorpresa il punto all'ordine del giorno è passato anche con i voti della Lega Nord e di Un'Altra Muggia. Fortemente critico il Pdl che invece ha votato in maniera contraria. Così i consiglieri Prodan, Grizon e Gretti: «Dopo questo voto favorevole di Lega Nord e Un'Altra Muggia ora almeno sappiamo chiaramente chi rappresenta il centrodestra e l’alternativa a questo centrosinistra».

Riccardo Tosques

 

MUGGIA - Doppio incontro sui progetti di “Pisus”
 

Oggi alle 14 alla sala Millo un incontro con gli operatori economici. Domani un incontro “sul campo” con i cittadini con ritrovo alle 11 all'ex distributore Esso. Non smette di tener banco Pisus, il Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile, bando europeo al quale l'amministrazione comunale di Muggia parteciperà con una serie di proposte per rivoluzionare la cittadina. Proposte che riguardano diverse aree tra le quali via Battisti, via Frausin, l'area dell'ex distributore Esso, la stazione delle autocorriere nonché l'area dell'ex cantiere Alto Adriatico. Sulle proposte avanzate dall'amministrazione Nesladek i partiti d'opposizione e l'associazionismo locale si sono spaccati. Ed è proprio per cercare di approfondire e analizzare dubbi e suggerimenti che l'assessore Stefano Decolle presenzierà ai due incontri previsti tra oggi e domani. Quello più atteso sarà sicuramente in programma questo pomeriggio alla sala Millo di piazza della Repubblica quando gli operatori economici potranno confrontarsi su un Piano che sostanzialmente coinvolgerà in primis le attività presenti nella cittadina, in particolare quelle di piazzale Foschiatti.

(ri. to.)
 

 

Colate di cemento, Grado si interroga - I tre progetti “Zamparini City”, “Grado 3” e il Polo termale destano le preoccupazioni dei residenti locali
 

GRADO Villaggi turistici come “isole delle vacanze” che conviveranno con le tradizioni secolari e la cultura del centro storico e della sua laguna. I progetti di punta sono tre: Zamparini City, Grado 3 e il Polo Termale. Cambierà anche Città Giardino, frutto della transazione extragiudiziale, profumatamente pagata dal Comune che uscì soccombente dalla causa intentata dalle eredi Baffi. Quindi la realizzazione ex novo, ormai alle battute finali, a Pineta, del complesso misto ricettivo-residenziale denominato “Al Bosco”. Ce n’è abbastanza per Grado, che si trova a misurarsi con scenari destinati a tracciare il suo futuro. La città si interroga: sul tappeto lo sviluppo turistico, ma anche l’occupazione ed “emergenze” come la casa, in un contesto di mercato estremamente difficile, rendendo sempre più attuale la necessità di fornire alla comunità risposte in fatto di edilizia convenzionata. La “cementificazione”. Un quadro complesso, che chiama in causa la riflessione. Quella lanciata dalla lista civica “Liber@”, che pone il problema della «cementificazione» dell’Isola e di possibili rischi speculativi. Siamo di fronte, dice Liber@ con il suo capogruppo Davide Raugna, a volumi edificatori complessivi stimati in almeno 900mila metri cubi. Grado, dunque, si confronta con il suo sviluppo futuro. Negli anni, assieme ai confronti, si sono alternate le prese di posizione delle associazioni ambientaliste. La conferenza. La civica “Liber@”, portando avanti il suo programma elettorale, all’indomani dell’elezione a sindaco di Edoardo Maricchio, rilancia dunque il dibattito. Domani, all’Hotel Fonzari, si terrà una conferenza dal tema «Da Isola del Sole a Isola del cemento». I progetti. Il maxi-intervento “Zamparini City” che interesserà Valle Cavarera e Valle Fonda, è gestito dalla società “Monte Mare Grado” che fa riferimento al Gruppo di Maurizio Zamparini. È un investimento da 500 milioni scandito nell’arco di dieci anni. Classificato con la tripla A, tenendo conto di una nuova architettura basata sul rispetto dell’ambiente e sull’energia alternativa, prospetta la realizzazione di un albergo, terme, piscine, impianti sportivi, golf, villette, ma anche la moltiplicazione delle aree verdi e abitazioni per i gradesi. La civica “Liber@”, da parte sua, parla di circa 394mila metri cubi. Posti di lavoro: circa 500. Un progetto al quale il Comune è vincolato in virtù degli atti di convenzione sottoscritti ai tempi dall’amministrazione-Olivotto e poi portato avanti dal commissario Giovanni Blarasin. Il progetto è ora al vaglio dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Edoardo Maricchio, che si è avvalsa di pareri tecnici e legali. La volontà è di poter garantire l’equilibrio tra sviluppo turistico considerando altresì una congrua “contropartita” a favore della comunità. L’iter comunale previsto è di un anno, con il passaggio in Consiglio dell’adozione e della convenzione. Altro investimento, in Sacca dei Moreri, è targato Adriano Bernardis, imprenditore gradese: “Grado 3”. Sempre “Liber@” parla di 269mila metri cubi. Un rilancio complessivo, con tanto di canali e un albergo da 800 posti-letto. Prevede un’occupazione di oltre un migliaio di persone. Quindi il Polo termale: a novembre scadono i termini del bando europeo per la ricerca di un project financing. Il progetto è stato presentato due volte a Milano e prossimamente a Monaco di Baviera.
Laura Borsani

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 29 settembre 2011

 

 

Sossi “ricorda” a Laureni «Niente rigassificatori»
 

Tensioni nel centrosinistra sull’impianto a mare, l’assessore all’ambiente replica: «Sì ma solo a determinate condizioni con una mediazione accettabile»
Rigassificatore a terra no, ma a mare... chissà. Le parole del "suo" assessore all'Ambiente, Umberto Laureni, fanno fare un salto sulla sedia al consigliere comunale Marino Sossi. Ma come?, si domanda in soldoni, scomodando quella "democrazia di mandato" che per un sindacalista di lungo corso, dice, ha ancora un significato ben preciso. Sel ha scritto nel dna la parola "ecologia" e l'anima del partito in giunta lascia aperto uno spiraglio, fitto di dubbi, alla possibilità di realizzazione dell'impianto? E se anche non fosse scritto nell'acronimo politico, il programma parla chiaro: il rigassificatore, per Sel, semplicemente non esiste. Nè a terra, nè in mare, nè tantomeno se l'ipotesi fosse legata al progetto della centrale elettrica da realizzare sulle ceneri della riconvertita Ferriera. Dice Sossi: i primi cento giorni di governo sono fondamentali per mandare un segnale inequivocabile di discontinuità col passato. Dunque, basta col sacco del territorio. O meglio: abbiamo già dato, a partire dalla Siot e dalle petroliere che «hanno massacrato l'agricoltura di nicchia», con buon pace dell'olio e di tutti i prodotti a chilometro zero. «Si guardi Padova - suggerisce Sossi - dove il Comune ha utilizzato l’Acegas per mettere quattrocento pannelli fotovoltaici nelle scuole. Un impulso sacrosanto nelle società a maggioranza azionaria pubblica. Noi invece dell’Acegas siamo “sudditi”. Quando ne ho parlato all’amministratore delegato Pillon, mi ha risposto: “qui a Trieste nessuno ce l’ha chiesto...”». Ma il tarlo, da sindacalista, è anche un altro: non sarà che questa coalizione comunale si piega ai “poteri forti”, all’Assindustria, a Gas Natural sponsor della Barcolana? E proprio Laureni, targato Sel, doveva essere incastrato in questa “ingenuità politica”, invece di lasciare che fosse il sindaco Cosolini a esporsi sul rigassificatore? L’assessore non si scompone. E premette: nessuna polemica interna al partito. «Il programma della coalizione dice no al rigassificatore di terra. Per quello a mare - spiega Laureni - siccome le posizioni sono diverse, non si può che trovare una mediazione. Che non significa sì, ma “no pilotato”. O meglio: sì a condizioni pesantissime». Innanzitutto: utilizzazione del metano, e solo in minima parte dell’acqua di mare, per “rigassificare il gas”, cioè scaldarlo perchè ritorni da liquido a gassoso, in modo da evitare le terribili escrescenze di schiuma giallastra in cui si dibatte Rovigo. Secondo: nessuna struttura fissa. A ulteriore garanzia, e a fugare ogni dubbio, «il parere negativo, già dato dalla giunta, alla centrale elettrica». «A queste condizioni, e cioè con un progetto stravolto - commenta Laureni - la mediazione è accettabile. Io ingenuo? La nostra posizione la esporrà il sindaco. Credo comunque che la mediazione sia parte attiva di una politica onesta».
Arianna Boria

 

 

«Ferriera, non bastano le misure dell’Aia» - Lo ha ammesso anche l’assessore regionale Ciriani di fronte all’interrogazione di Lupieri
 

Se ne accorgono anche a Palazzo che qualcosa non va. Che a Servola e dintorni l’aria troppo spesso è irrespirabile e la gente non ne può più. Tanto che il vicepresidente della Regione e assessore all’ambiente Luca Ciriani, durante la seduta del Consiglio, deve ammettere l’evidenza: quanto predisposto dall’Aia, dice in sostanza l’assessore, non è sufficiente per la salute dei cittadini. È stato il vicepresidente della Commissione sanità, Sergio Lupieri, a sollecitare una presa di posizione da parte di Ciriani. Il consigliere del Partito democratico ha presentato ieri in aula un’interrogazione in cui metteva in evidenza la situazione dello stabilimento in relazione a una lettera inviata dall’Azienda sanitaria alla Regione. «I livelli di inquinamento aumentano in modo sempre più allarmante, e ciò vale sia per il benzene che per i Pm10 – ha denunciato Lupieri – e quella circolare firmata dal Direttore generale dell’Azienda sanitaria numero 1 triestina, Fabio Samani, evidenziava come l’esposizione a più inquinanti rappresenti un fattore cumulativo di rischio e come in letteratura sia ben documentato un effetto moltiplicativo per quanto riguarda l’esposizione a lungo termine tra agenti irritanti e cancerogeni. Insomma, un grave problema di salute pubblica». Il consigliere, quindi, rivolgendosi all’assessore regionale, ha invocato chiarezza: «Come intende comportarsi adesso la giunta in relazione all’Aia e come intende rispondere alle autorità sanitarie?». Il vice di Tondo ha ribattuto, con una premessa: in base a quanto risulta dall’Arpa le modifiche operate sulla Ferriera «vengono ritenute efficaci per la riduzione delle emissioni provenienti dallo stabilimento triestino». Ma subito dopo ha precisato: «Nonostante ciò la vicinanza degli impianti all’insediamento urbano rendono però tali interventi insufficienti a eliminare i continui disagi lamentati dai cittadini di Servola». Gli interventi a cui si riferisce Ciriani riguardano proprio le migliorie predisposte dall’Aia, il documento di autorizzazione integrata ambientale rilasciato dall’allora giunta Illy nel 2008. Sulla modifica del decreto di autorizzazione per la Ferriera, «che potrà essere richiesto nuovamente dal gruppo Lucchini entro il 20 febbraio 2014», Ciriani ha annunciato che non appena la Regione avrà ricevuto dal Comune di Trieste le proposte di miglioramento, «provvederà a convocare una conferenza dei servizi che si terrà indicativamente verso la fine di ottobre. Perché – ha osservato – attualmente si sta esaminando la validità dell’Aia e sono state chieste continue verifiche all’Arpa per garantire il rispetto delle normative ambientali in materia».

Gianpaolo Sarti
 

 

“Facciamo la differenza” premia una donna - L’ad Pillon: «Trieste è una città non facile Non è posta in pianura e ha molti anziani»
 

LA VOTAZIONE sul sito del giornale - Oltre 150 foto per il concorso AcegasAps. L’assessore Omero: «Siamo in fortissimo ritardo»
«Perché le buone abitudini si imparano fin da piccoli». È questo lo slogan che ha fatto da sottotitolo alla foto vincitrice del primo premio del concorso promosso dal Comune di Trieste con AcegasAps e il Piccolo per promuovere la raccolta differenziata in città. Nella foto premiata, scattata da Giulia Benericetti che si è aggiudicata un fine settimana per due in una capitale europea, un bambino aiuta una ragazzina a buttare, nell'apposito contenitore, una bottiglia di plastica. “Facciamo la differenza” perché una città pulita vuol dire anche più qualità della vita, ha stimolato la fantasia di tanti che hanno voluto partecipare. Sono infatti più di 150 le foto spedite oltre a 3 video, e per lo più ritraggono in prima persona i visi di chi ha voluto con un semplice gesto - c'è chi ha in mano una lattina o una pila di giornali - diventare testimone della campagna di informazione sull'importanza della raccolta differenziata. Altri sono stati più espliciti come Elena Ladavac che ha raccolto nella sua foto uno scorcio di Trieste sotto un cumulo di immondizie intitolando la sua foto “ma xè Napoli?”. I protagonisti sono stati ancora i bambini nell'immagine scattata da Giada Penta che ha vinto il secondo premio, ovvero uno smartphone, con “Un mondo pulito rende liberi i bambini”. La terza classificata Lara Fabris invece si è portata a casa una videocamera digitale con una foto che la ritrae con una bottiglia di plastica in mano, perché, come si legge nel titolo un piccolo gesto vale un grande risultato. Tutte le foto che sono risultate vincitrici, oltre ad essere state votate sul sito del Piccolo, hanno passato anche il vaglio di una giuria di professionisti, così quelli che si sono classificati tra l'11 e il 20 posto hanno ricevuto un lettore mp3, mentre dal 4 al 10 posto in palio c'era una fotocamera digitale. La raccolta differenziata è una vera sfida per Trieste che è una delle città del nord con la più bassa percentuale di conferimento. «Siamo in fortissimo ritardo sugli obblighi europei – ha spiegato l'assessore alle Aziende partecipate Fabio Omero. Questo concorso è stato il punto di partenza per condividere con i cittadini un percorso virtuoso. Per questo useremo anche le foto vincitrici per lanciare la campagna di sensibilizzazione in vista del 2012 quando scatterà l'obbligo di differenziare i rifiuti». Parla di circolo virtuoso anche l'amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon: «Sono i cittadini i veri protagonisti, perché un'azione di miglioramento ambientale può avvenire solo con il loro consenso. Noi vogliamo raggiungere dei buoni livelli anche se Trieste non è una città facile per la sua conformazione geografica, non è una città di pianura e ci sono molte persone anziane».

(i.gh.)
 

 

Disboscati i binari ma il treno non c’è

 

La ferrovia (con stazione) della zona industriale delle Noghere è una cattedrale nel deserto. L’Ezit: tariffe troppo care

MUGGIA Binari deserti, stazione dei treni “fantasma”, infrastrutture completamente inutilizzate. La situazione della rete ferroviaria presente nella Zona industriale di Muggia rimane ancorata ad un immobilismo assordante. E gli anni passano inesorabilmente. Eppure in questi giorni qualcosa sembrava essersi mosso. La lettera di protesta di 53 aziende apparsa sul Piccolo sulla mancanza di decoro e lo stato di abbandono dell'area è giunta come un pugno nello stomaco di Ezit e Comune di Muggia. Che ora sono corsi ai ripari almeno per quanto riguarda la parte “estetica” della vicenda. «Ormai da diversi anni siamo costretti a constatare che gli interventi di pulizia e manutenzione del manto stradale, caditoie, degli scarichi dell'acqua piovana, il riordino della viabilità e della segnaletica orizzontale e verticale nell'ambito dell'area della zona industriale delle Noghere sono assolutamente inesistenti o comunque inadeguati a garantire decoro, funzionalità e sicurezza quantomeno sufficienti». Il documento firmato da 53 aziende operanti nella Zona industriale non ha tardato a suscitare la reazione degli interessati: Ezit e Comune. «Oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto un incontro congiunto con i rappresentanti delle aziende ed il sindaco di Muggia Nerio Nesladek e credo di poter dire che siamo giù a buon punto per risolvere i disagi evidenziati», spiega Paolo De Alti direttore generale di Ezit. Già prima della lettera di protesta l'amministrazione ha iniziato a fare degli interventi di manutenzione. «Il fatto è che ci sono dei problemi burocratici», puntualizza De Alti. «Le strade interessate dai lavori di riqualificazione sono di proprietà dell'Ezit – prosegue il dg - ma noi non abbiamo né personale né capacità finanziaria per intervenire, ecco perché abbiamo stipulato una convenzione con l'amministrazione comunale». De Alti ha evidenziato poi come per risolvere i problemi ci voglia massima collaborazione. Da parte di tutti. «Le singole aziende devono compiere un minimo sforzo magari occupandosi della pulizia dell'area posta di fronte alle loro sedi: così facendo tutto si semplificherebbe di gran lunga». In primavera l'Ezit si era aggiudicata un bando per ottenere un finanziamento regionale di 60mila euro per la pulizia delle strade del comprensorio. Ed entro il 16 ottobre l' ente concorrerà a prendere parte ad un altro bando. «Come è risaputo l'area è molto estesa e non è facile monitorarla – aggiunge De Alti – e purtroppo c'è molta gente incivile che se ne approfitta lasciando rifiuti ingombranti come televisori, mobili e materassi». Un comportamento che certo non aiuta e che pesa sul bilancio. Il lavoro di ripulitura dell'area, pur essenziale alle aziende presenti per operare con un certo decoro, rimane comunque poca cosa. Pesa ben di più il discorso delle infrastrutture logistiche. Il collegamento ferroviario fra la stazione di Aquilinia e la Valle delle Noghere, la travata metallica sovrastante la via Flavia, lo scavo con la galleria suddivisa in due tronchi posta sotto Aquilinia, tutto l'armamento ferroviario che costituisce la linea a cielo aperto che percorre la valle delle Noghere e poi la stazioncina a pochi passi dall'Ospo: tra l'inizio degli anni '70 e la fine degli anni '90 l'area è stata al centro di uno sviluppo infrastrutturale fulminante. Oggi però tutto (o quasi giace) inutilizzato. «È vero, ma qui serve un intervento ragionato della politica, perché se le Ferrovie italiane non offrono tariffe concorrenziali che colpa ne abbiamo noi?”, stigmatizza De Alti. E così il trasporto su gomma surclassa i binari. Le uniche aziende ad utilizzare i treni sono Italcementi e Pasta Zara. Ma i grossi carichi, quelli che per esempio di cemento diretti in Romania ci arrivano con i camion. E anche materiali delicati come la formaldeide si muovono su gomma invece che su ferro. Da qui l'appello di De Alti. Questa volta alla Regione: «Deve essere l'amministrazione Tondo a trattare con le Ferrovie per cercare dei prezzi più concorrenziali. Forse la Regione potrà avere più peso politico dell'Ezit, no?»

Riccardo Tosques

 

 

MUGGIA - Progetto “Pisus”, oggi incontro con gli operatori economici
 

Il progetto “Pisus” (“Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile”) è uno degli argomenti più gettonati in questi giorni per le calli muggesane. Ma cosa ne pensano gli operatori economici? La risposta non tarderà ad arriverà visto che domani alle 14 nella sala “Millo” di piazza della Repubblica l’assessore allo Sviluppo economico Stefano Decolle incontrerà i diretti interessati. Ma senza aspettare questa scadenza anche l'associazionismo muggesano si è già fatto avanti per esporre il proprio pensiero in merito ai progetti avanzati dall'amministrazione comunale. «L'impressione generale è buona - spiega il presidente della Pro Loco Muggia Andrea Spagnoletto - forse i tempi di presentazione sono un po’ stretti, ma noi come Pro Loco abbiamo la fortuna di avere già due progetti, che rientrano nei requisiti di Pisus, praticamente belli che pronti». Il primo è quello sull’area dell’ex cantiere dell’Alto Adriatico, l'altro interessa invece l’area di sosta per i camper. «Questa settimana riverseremo i due progetti all’interno della scheda di adesione di Pisus e poi spero ci sarà una fase consultiva con il Comune prima della scadenza del 16 ottobre». In linea generale le proposte dell'amministrazione a Spagnoletto sono piaciute: «La riqualificazione dell’ingresso a Muggia mi sembra ottimo, l’unico neo riguarda il nuovo punto snodale della autocorriere nel piazzale Alto Adriatico che ad oggi è stato identificato come valvola di sfogo per le grandi manifestazioni essendo l’unico spazio abbastanza grande per poter fare quasi tutto: ridurre la superficie con un capolinea di più tratte mi sembra abbastanza controproducente». “Positiva” invece la proposta delle biciclette elettriche, «anche se, in ottica di realizzazione di un eventuale punto di sosta camper a molo Balota, forse sarebbe meglio riconsiderare il posizionamento delle bici e zona ricarica proprio lì». Diversa invece la riflessione del responsabile dell'associazione Impronta Muggia, Jacopo Rothenaisler. «Il Comune deve chiarire se in ogni caso, sia che si ottenga il finanziamento sia che non si ottenga, il progetto elaborato esprime la volontà, la direzione di marcia di questa Amministrazione, o se invece, in caso di mancato finanziamento, non se ne farà nulla». Nel merito di quanto presentato - conclude l'ex sindaco muggesano - “è sicuramente condivisibile l’idea dell'utilizzo dell'area lato monte dell’ex cantiere dell'Alto Adriatico come parcheggio di cintura, cosa realizzabile comunque, anche domani, visto che l'area è libera. Il resto è poca cosa, insufficiente ai bisogni di oggi e già vecchia”.

(tosq)
 

 

SEGNALAZIONI - PONTE / 1 Pensate ai pedoni

 

Mi trovavo sul ponte del canale quando l’assessore Greco dichiarava per Tele4 che sarebbe stato demolito il ponte provvisorio in ferro, fatto dai soldati e che si sarebbe ricostruito entro un anno il nuovo ponte. Parole al vento, nonostante le diecimila firme dei triestini a favore del ponte. Nel frattempo però lungo il canale sono sorti molti bar, pizzerie e ristoranti sia da una parte che dall’altra con sedie che invadono l’area pedonale. I gazebo fanno bella mostra in tutte le occasioni e le mamme con le carrozzine e le persone handicappate vanno a zig zag. Chi pensa ai pedoni? Un ponte sul Canale come l’ultimo fatto a Venezia di Calatrava è più che necessario per salvarci dal traffico e dallo smog di via Roma e via Filzi dove passano cinque autobus, camion, camioncini con carico e scarico, strade a senso unico dove nessuno rispetta i limiti di velocità e i motorini sfrecciano invadono posteggi anche sui marciapiedi. Non parliamo poi di via Milano, via Valdirivo e Torrebianca. Invito i signori Giacomich e Sasco a percorrere queste strade a piedi qualche volta, specialmente in questo periodo di gran caldo. In certe città del mondo hanno i treni e le strade che passano sui tetti delle case... altro che estetica e deformazione.

Elda Ambrosini

 

 

SEGNALAZIONI -  PONTE / 2 Altre priorità

 

Trieste autolesionista e ... ridicola. Ma davvero con tutti i problemi irrisolti che ci trasciniamo dietro da lustri, rilancio del porto e dell’economia, piattaforma logistica che aspetta ancora il finanziamento promesso, emarginazione della città tagliata fuori dai collegamenti sempre più scarsi, non troviamo niente di meglio che perderci nelle diatribe per un inutile e futile ponticello sul canale, che per farci risparmiare quattro passi rovinerà anche quel poco che ci rimane della magnifica prospettiva, già mutilata dal nefasto interramento negli anni 30? Non è affatto vero che in epoca risorgimentale, come ha sostenuto qualcuno, i ponti fossero tre. Fino al 1904 c’erano soltanto il Ponte Rosso e il Ponte Verde, situato all’imbocco del canale. Poi, in seguito all’allargamento delle rive, fu costruito il Ponte Bianco per favorire il transito della ferrovia dalla stazione centrale a quella di Campo Marzio. Nel 1950, l’attuale ponte fisso in pietra sostituì, inglobandoli, il Ponte Verde e il Ponte Bianco. Chi ha veramente bisogno di questa passerella? Il Canal Grande a Venezia, che si snoda lungo un percorso di quattro chilometri è attraversato forse da una miriade di ponti e passerelle più o meno antichi? No, gli storici ponti sono soltanto tre. Quello moderno di Calatrava, è situato vicino alla stazione, nella zona meno scenografica della città, e nessuno si è mai sognato, malgrado le evidenti difficoltà per i pedoni di spostarsi tra una sponda e l’altra, di progettare o rivendicare strutture che distruggerebbero l’incantevole armonia di quel prezioso contesto. La lunghezza del nostro canale "accorciato" non dovrebbe superare di molto i trecento metri, eppure qui da noi si vuole inserire in primo piano della stupenda visuale neoclassica una passerella ultramoderna, la cui poca utilità non compenserà i danni recati all’immagine della città. Quanto al referendum comunale del 2008 favorevole alla nuova struttura, come prendere in considerazione un sondaggio fatto con un foglietto anonimo, il cui esito era scontato viste le domande alquanto vaghe. Di ben altri interventi più urgenti e necessari ha bisogno la martoriata area intorno al canale: il recupero dei masegni che affiorano sotto lo spesso manto d’asfalto, il restauro della fontana del Giovanin e il ripristino dell’intera piazza con l’eliminazione del parcheggio (ma non doveva essere provvisorio?) per cui il Ministero dell’Ambiente aveva nel dicembre 2009 sbloccato un milione e 300 mila euro dal Fondo per la mobilità sostenibile. Se ben ricordo l’inizio dei lavori per il ritorno all’antica pavimentazione avrebbe dovuto iniziare nel 2011. Infine, per essere veramente un luogo di richiamo turistico, bisognerebbe riportare il canale alla sua situazione originaria, facendo arrivare l’acqua fin quasi sotto il pronao della chiesa, sostituendo i ponti in pietra con strutture più leggere e mobili, ma questo per il momento é soltanto un pio desiderio. Se è vero che nulla resiste al tempo, che tutto prima o poi è destinato a modificarsi o a sparire, lasciamo al tempo e alle generazioni future questo ingrato compito e preserviamo oggi la nostra bella città ottocentesca che già troppo, e non certo nel migliori dei modi, nelle piazze più importanti si è "arricchita" del contributo dell’architettura moderna.

Sonia Cossutta

 

 

SEGNALAZIONI -  PONTE / 3 Salvare la prospettiva

 

Mi riferisco alla segnalazione del sig. Bruno Benevol. Sono d'accordo con lui che c'erano tre ponti sul canale, ma, piccolo particolare, il Ponte Bianco e il Ponte Verde erano vicinissimi, tanto da formare poi il ponte unico all'altezza del Palazzo Carciotti. Probabilmente il motivo di tale vicinanza, con il buon gusto dei nostri predecessori, stava proprio nel non voler rovinare la prospettiva del Canale.

Livio Vasieri

 

 

SEGNALAZIONI -  PONTE / 4 Cerchiamo un compromesso

 

Vorrei intervenire anch’io sul problema del ponte pedonale sul canale. Abito a un centinaio di metri dal programmato manufatto e in questi mesi mi sono preso cura di leggere e seguire le riflessioni di tutti quelli che si sono cimentati sull’argomento, pro o contro il progetto. Devo riconoscere che non ho raggiunto una conclusione nè positiva nè negativa, per cui mi trovo ancora in una situazione di incertezza. Quello che lamento con questo intervento è che sulla questione predicano tutti, ma mentre seguo con attenzione gli interventi degli esperti, riconosciuti tali per i loro titoli, anche se giungono a conclusioni contrastanti e rispetto e prendo nota delle opinioni di coloro che esprimono un parere personale senza pretendere di avere in tasca la verità assoluta, provo fastidio nei confronti di chi interviene con un’autorevolezza che non gli appartiene, vale a dire i Don Chisciotte di turno, privi di titoli in materia. L’ultimo eroe afferma che le osservazioni sul ponte dell’arch. Semerani sono corrette e “come può vedere chiunque anche senza essere dotato della sua specializzazione nè del suo bagaglio culturale, la costruzione del ponticello rompe la prospettiva..., rendendo del tutto diversa e meno armonica la visione... dall’incontro del mare con la terra ferma, dall’incontro cioè di natura e cultura”. E ancora. Secondo l’autore il ponte è “un’autentica schifezza dal punto di vista paesaggistico e urbanistico”, oltre che uno scempio. Quelle riportate sono senza dubbio affermazioni perentorie, dimostrazione di granitiche certezze espresse non si sa con quale competenza. Siccome sono un “chiunque” che però non è pervenuto a quelle semplicistiche conclusioni, faccio notare alle persone che declamano e ragionano in questo modo che i problemi non si esauriscono in chiave esclusivamente sentimentale e che l’Amministrazione di questa città deve tenere conto e bilanciare anche altri interessi, interessi legittimi diffusi, come ad esempio le esigenze dei commercianti locali, le comodità dei cittadini, la possibilità di rendere le strade più frequentabili e le case abitabili, eliminando così zone chiuse e rivitalizzando alcuni quartieri. Se il parametro dell’estetica venisse applicato in via esclusiva, porterebbe all’abbattimento di numerose parti della città. Affidiamo quindi le valutazioni ai professionisti che hanno i titoli per arrivare ad un compromesso come si conviene per tutte le attività umane, senza soffermarsi solo sull’incontro di “natura e cultura”, espressione con la quale si tenta di coniugare la materia con l’immaterialità, questione filosofica a cui il nostro Don Chisciotte è probabilmente estraneo.

Edoardo Jablanscek

 

 

SEGNALAZIONI -  Ponte / 5 Prima strade senza buche

 

Il giornale in questi giorni si occupa molto del ponte sì, ponte no, sul canale di Ponterosso. Poiché come cittadina e lettrice poco o niente posso decidere per quel progetto vorrei invece denunciare, come del resto fatto da molti lettori e da CamminaTrieste, lo stato disastrato, a prova di cadute e fratture delle strade e soprattutto dei marciapiedi nei rioni triestini. Chiedo che questo problema venga affrontato seriamente dai responsabili comunali (ma chi sono, dove si trovano?) sapendo bene dell’onerosità degli interventi e la poca visibilità politica e mediatica che il risolverli comporterebbe. Io abito in Vicolo S. Fortunato, una stradina pedonale a Gretta, tanto fortunata da essere sotto vincolo paesaggistico e malandata al punto che bisogna in discesa sorreggersi ad un antico passamano (all’epoca per la bora) per non cadere. Sono 10 anni che gli abitanti, anche anziani e disabili, con telefonate, lettere, raccolta di firme, chiedono una sistemazione della strada che non sia quella di rattopparla alla meno peggio, di mettere cioè solo dei "biechi" chiudendo buchi dove fuoriescono topi e non risolvendo nulla per tutti i dislivelli che questi interventi provocano. Attraverso il vostro giornale inviterei un tecnico dell’ufficio comunale a farsi una camminata in una mattina magari di pioggia e di punta traffico, partendo dalla fine di vicolo San Fortunato e scendendolo fino a salita di Gretta. Ammirerebbe così questo piccolo gioiello paesaggistico protetto, solcherebbe masegni centenari rotti e rabberciati alla meno peggio tra pezzi di asfalto e buchi vari. Percorsa la discesa e arrivati in salita di Gretta, per andare nel rione di Roiano, avrebbe il dubbio se imboccare a sinistra uno striminzito e pericoloso marciapiedi a ridosso del muraglione dell’asilo oppure farsi il segno della croce, attraversare la strada tra auto e moto che in quel punto sfrecciano verso il centro a velocità non proprio urbana. Raggiunta la scalinata che porta in via Tor San Piero dovrebbe anche là per sua incolumità sorreggersi alla ringhiera vista anche la transenna posta là almeno da un anno con la scritta "scala dissestata". Risolto questo, altro dilemma: prendere a sinistra e camminare sulla strada perché il marciapiede è sempre occupato da auto in sosta oppure passare all’altro lato su un marciapiede disastrato. Alla fine si troverebbe all’incrocio di Roiano e avendo di fronte il bar Maggio potrebbe concedersi un buon caffè, ma attenzione perché anche lì i buchi non mancano, giorni fa io sono inciampata finendo quasi a bocconi sull’asfalto. Però che fortuna! Mi sono solo escoriata un ginocchio e una mano e lì vicino c’era un vigile che per tre volte molto gentilmente mi ha chiesto se avessi bisogno di aiuto (credo che grazie alla sua segnalazione il giorno dopo quel buco e altri in prossimità erano rattoppati). Se il tecnico avesse ancora un po’ di tempo potrebbe farsi un giretto nel rione ma tenere ben saldo lo sguardo per terra (buchi e deiezioni canine) e difficilmente potrebbe ammirare i nuovi alberi striminziti o secchi (già segnalato al Comune) posti tra la ex Stock e la scuola. Se questa visita di lavoro portasse ancora al risultato di aggiungere altre transenne di strada, scala, marciapiede dissestati allora il mio consiglio e forse anche quello di molti altri abitanti del rione, sarebbe che il settore strade del Comune si dedicasse anch’esso alla realizzazione di nuovi ponti, parchi sul mare e altre meraviglie per la nostra città. P.s.: ma a che cosa servono le Circoscrizioni se nonostante le 40 firme presentate per il rifacimento del vicolo non riescono a farsi valere dagli organismi di settore comunali?

Gabriella Saridachi
 

 

SEGNALAZIONI - ponte / 6 Un’opera brutta e inutile

 

Prima che qualche politico della precedente amministrazione sollevasse l’argomento di un nuovo ponte, una passerella sul canale del Ponterosso non ci fu un solo triestino che ne avesse sentito la mancanza e sollevato una richiesta in tale senso. Oggi, probabilmente i più, non sentono questa esigenza dato che per decenni ci siamo abituati a delle alternative per l’attraversamento che sono ampiamente sufficienti per tale scopo. Il fatto che l’opera costasse “poco” e che dei fondi fossero già stati allocati ha indotto a credere che il manufatto fosse praticamente gratuito e in questa logica ciò che è gratuito si prende anche se non se ne fa uso oppure se oggettivamente non serve. Si tratta di una specie di trucco fatto alla mente che fa ravvisare utilità o perfino necessità assoluta che in effetti non ci sono. Attraversando questo ipotetico ponte ci si è chiesti dove si arriva? Si raggiunge la via Trento una zona che non offre alcunché non essendoci uno slargo, una piazza, un albero, un negozio, un caffè e che inoltre non è pesantemente urbanizzata. Il nulla. Non esistono in via Trento fori commerciali appetibili né le complessive caratteristiche della strada fanno intuire delle opportunità commerciali, degli sviluppi. Non si possono fare, nel caso del nostro “ultimo ponte”, degli accostamenti con quello dell’architetto Calatrava a Venezia perché esso è si in Venezia ma non nelle zone storiche dalla città dei Dogi, ponte che non ha un analogo a pochi passi come invece abbiamo noi a Trieste. L’ipotetico ponte sul nostro canale si inserirebbe come un pugno nell’occhio nel contesto della architettura esistente nella zona e di quelle brutture di innesto abbiamo già alcuni i contestati esempi di riqualificazione di due-tre piazze. Per cui, tirando le somme, si avrebbe un’opera inutile dal punto di vista pratico, stridente in relazione al contesto scenico complessivo del canale e in grado di spezzare la continuità visiva verso il mare. Se estetica, bellezza e il senso della opportunità contano ancora qualcosa ci si astenga da questo progetto perché ciò che è brutto e utile vale qualcosa, ciò che è bello ma inutile vale anche qualcosa ma, invece, ciò che è brutto e anche senza senso sfiora il grottesco.

Roberto Steidler

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 28 settembre 2011

 

 

«Tagliati fuori sul Prg» - L’ambientalista Cecco accusa il sindaco: mai arrivato alcun documento
 

Il sindaco di sinistra e l’ambientalista di destra. L’iter del Piano regolatore di Cosolini non è una telenovela “alla Dipiazza”. Non può esserlo. Non ancora, almeno. Però manda in onda già alcune puntate da dignitoso batticuore. E così, dopo quella di 24 ore fa, che raccontava di un tradimento (di un primo cittadino furioso perché qualcuno dei professionisti cui lui aveva fatto giurare il silenzio non era riuscito a tenere la bocca chiusa spifferando i contenuti della bozza sulle direttive prima dell’ufficializzazione del Comune) arriva ora il tempo dell’episodio che culmina invece nello sfogo di chi si sente disprezzato. Snobbato in quanto proprio a quegli incontri segreti fra categorie, associazioni e ordini professionali lo stesso primo cittadino non l’ha neanche invitato. Ma come, certi ambientalisti sì e noi no? Almeno l’assessore Laureni, che sta più a sinistra di Cosolini, ci calcola... Questo, più o meno, si sarà detto Giorgio Cecco, coordinatore regionale del movimento ecologista “alternativo” FareAmbiente nonché uomo del Pdl dichiarato, essendosi candidato con i berluscones alle ultime amministrative per un posto in Consiglio comunale. «Apprendiamo dalla stampa - si lamenta Cecco - che il sindaco Cosolini ha distribuito un documento ai rappresentanti di categorie economiche, ordini professionali e sigle ambientaliste per avere dei contributi in merito. Valutiamo positivamente la scelta della partecipazione, però noi di FareAmbiente non abbiamo ricevuto alcunché e, anche dopo varie sollecitazioni, siamo ancora in attesa di un incontro sulla questione con lo stesso sindaco, il quale ha dialogato finora solo con alcune associazioni, mentre il suo assessore all’ambiente Umbeto Laureni ha già aperto le tematiche ambientali, inerenti alle sue deleghe, su un ampio tavolo di discussione: speriamo che il primo cittadino segua questo esempio». Non sono ambientalisti veri e propri, sotto etichetta, ma i geologi si pongono comunque come i liberi professionisti più “ambientalisti”, per definizione, tra quelli coinvolti nell’analisi del Prg. E il loro giudizio - nel giorno ultimo, quello di ieri, fissato dallo stesso Cosolini per raccogliere osservazioni e controproposte alla sua prima “brutta copia” delle future direttive - è sostanzialmente positivo. Ferma restando una raccomandazione sottintesa: nelle periferie non urbanizzate, e magari pure scoscese, non si compiano più quegli errori risalenti all’epoca Illy (e anche prima) che, consentendovi piani di cementificazione per villette (con tanto di piscine che ogni tanto vanno ovviamente svuotate), hanno favorito nel tempo certi smottamenti oggi ben noti. «Cogliendo l’occasione per ribadire come i nostri ricorsi sulla variante Dipiazza non ne avevano come oggetto il contenuto ma solo le sue modalità procedurali - spiega a questo proposito il presidente dell’Ordine regionale dei geologi - possiamo dire che le direttive indicate dall’amministrazione Cosolini, che puntano al contenimento del consumo di territorio e al recupero di aree dismesse e inquinate, sono condivisibili. Ciò che a noi preme prioritariamente, e lo abbiamo fatto presente, è che venga costruito uno strumento normativo-urbanistico che eviti si possano concedere e realizzare edificazioni prima di pianificare, là dove non esiste, una rete per la raccolta e lo scolo delle acque».
Piero Rauber

 

 

PRG - «Speriamo che il Comune ci ascolti» - Il numero uno dei costruttori Cividin: «Noi le nostre osservazioni le abbiamo fatte»
 

Sarà pure importante farsi invitare, a quel tavolo da cui lamenta di essere stata esclusa FareAmbiente. Ma ancor più importante - lasciano intendere costruttori e ingegneri, nel giorno in cui gli architetti fanno silenzio - sarà farsi ascoltare. Il che non è detto... Donatello Cividin, numero uno dell’Ance provinciale, dice e non dice, perché lui in fondo «una risposta» l’ha «già data». Ma resta, in questa fase, tra il direttivo dei costruttori e il gruppo di lavoro politico di Cosolini, «anche per questioni di rispetto». Un avvertimento, però, sottile, filtra: «Le nostre osservazioni? Cose di buon senso - giura Cividin - che noi abbiamo indicato a più riprese. Certamente anche noi abbiamo alcuni punti di vista, che ci piacerebbe che l’amministrazione municipale potesse cogliere. Se ci ascolteranno ci farà piacere. Sennò è nella loro facoltà poter fare ciò che vogliono». «Abbiamo sviluppato, per quanto possibile, alcune osservazioni sia di natura generale che di ordine più tecnico, sulle salvaguardie», fa eco Elisabetta Delben, segretario dell’Ordine degli ingegneri, che si ferma qui. È sera, e il documento degli ingegneri ha appena preso la via degli uffici comunali, dopo 48 ore, di analisi da parte della Commissione urbanistica prima, e di confronto in seno al direttivo poi. Ma l’impressione è che tutti gli attori protagonisti, cioè anche gli altri interlocutori interpellati, per rispettare la consegna del martedì (ieri), come voleva Cosolini, in queste ore abbiano lavorato sodo sulle direttive. E così il sindaco - che insiste: «preferisco parlare a percorso informale concluso» - può confermare che la delibera di giunta sarà approvata «tra venerdì e lunedì». Ha già sbollito, Cosolini, la rabbia per la “fuga in avanti” della sua bozza, che doveva restare riservata e non lo è stata. Politicamente, però, ci prova solo il capogruppo della Lega, Maurizio Ferrara, a fargli risalire la pressione: «La fase istruttoria non esiste più, il Consiglio viene cancellato da una fuga di notizie addirittura più veloce delle intercettazioni sul centrodestra. Merito sicuramente dei neutrini di Cosolini. Dieci anni di dura astinenza hanno avuto il potere di scatenarli. In poche settimane hanno fatto di tutto, dal Piano del traffico a quello dei parcheggi, dal Prg alla raccolta differenziata».

(pi.ra.)
 

 

Elettra, è di 16 milioni il debito con la Ferriera
 

Riunione in videoconferenza tra i sindacati e l’ad della Lucchini, Calcagni Nuova proposta sul debito del gruppo: la risposta delle banche attesa a giorni
Sono quattro mesi che Elettra produzione non paga i gas di risulta che riceve dalla Ferriera e utilizza per generare energia elettrica. Al momento il debito ammonta almeno a 16 milioni, essendo di 4 milioni la quota mensile, ma sembra sia anche di più per alcune somme non pagate in precedenza. Il preoccupante dato è emerso durante la videoconferenza che i sindacalisti metalmeccanici triestini e le Rsu della Ferriera hanno avuto ieri con l’amministratore delegato del gruppo Marcello Calcagni, presente nello stabilimento di Piombino per un incontro con i sindacati toscani. Della questione, che solleva non pochi interrogativi sul quadro economico della Servola spa, se ne stanno già occupando i legali delle due aziende, mentre da qualche giorno, come già annunciato dalla direzione dello stabilimento, la produzione della cokeria è stata ridotta del 20% e sono iniziate le ferie “forzate” per parte del personale del reparto. Su quest’ultimo aspetto i sindacati hanno ribadito all’amministratore delegato la loro contrarietà, rimarcando che la riduzione dell’attività della cokeria non deve avvenire a scapito degli organici. Venerdì, o al più tardi lunedì, sarà intanto un’altra giornata di rilievo sul fronte del debito del gruppo Lucchini (770 milioni), dopo che l’azienda ha presentato alle banche un nuovo piano. Lo scenario è mutato - e soprattutto di questo si è parlato durante la videoconferenza - dopo il veto del governo francese alla vendita “separata” delle centrali elettriche di Ascometal (la cessione della società francese è attesa entro ottobre) un gruppo svizzero, il cui ricavato avrebbe dovuto costituire la garanzia per il prestito-ponte concordato a luglio con le banche. Il “no” francese ha in sostanza fatto saltare l’accordo con gli istituti di credito. Il gruppo Lucchini ha così dovuto presentare una nuova proposta, secondo la quale solo 100 milioni andrebbero a coprire parte del debito (erano 180 nell’accordo di luglio). A fronte di ciò, la liquidità che le banche immetterebbero nel gruppo siderurgico ammonterebbe a 60 milioni (meno della metà rispetto ai 126 dell’intesa di luglio). A giorni, come detto, il gruppo attende una prima risposta dagli istituti di credito.
Giuseppe Palladini

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 27 settembre 2011

 

 

Raccolta differenziata “portone a portone” per vetro e plastica - AMBIENTE»IL PROGETTO
 

Installate le 900 isole ecologiche, via ai nuovi interventi Il verde di sfalci e potature sarà ritirato a domicilio
Dodici linee di intervento per incrementare drasticamente la raccolta differenziata e arrivare così, entro il 2012, al 65% sul totale dei rifiuti, fissato dalla legge che ha recepito una direttiva europea. Un obiettivo che complessivamente costerà al Comune (differenza fra entrate e minori costi di conferimento all’inceneritore) 840mila euro. Di questa serie di iniziative, studiate da un gruppo tecnico costituito da Comune, Provincia e AcegasAps, sei, che troveranno attuazione entro l’anno (l’obbligo della differenziata scatterà il primo gennaio 2012), sono state presentate ieri dall’assessore all’Ambiente ed energia, Umberto Laureni, e da quello ai rapporti con le società partecipate e controllate, Fabio Omero. Il primo intervento, partito a maggio e ormai completato, è costituito dal raddoppio delle isole ecologiche (gruppi di contenitori per rifiuti indifferenziati, carta, plastica e vetro/lattine), che sono oggi 900 e permettono all’88% dei cittadini di disporre di un’isola ecologica completa a una distanza non superiore a 300 metri dalla propria abitazione. «Secondo i calcoli dei tecnici - ha spiegato Laureni - le isole ecologiche potranno produrre un 10% in più di rifiuti differenziati, rispetto al 22% attuale». Il secondo fronte su cui si inizia a operare riguarda gli imballaggi delle merci. «Il cartone è un rifiuto pregiato - ha rimarcato l’assessore - che ha un mercato. È quindi importante potenziare l’attuale servizio, con una raccolta “a domicilio” per commercianti ed esercenti, perché spesso operatori non virtuosi buttano i cartoni nei cassonetti dei rifiuti indifferenziati». Per la raccolta da parte dei mezzi dell’AcegasAps i cartoni dovranno essere piegati e depositati in apposti punti di conferimento (il cui numero passerà dagli attuali 40 a 190), posizionati nei pressi delle fermate dei bus e segnati a terra da un riquadro e una sigla (Src, servizio raccolta cartoni) dipinti in giallo. A ore fisse (per ridurre al minimo i disagi) e secondo percorsi predeterminati i mezzi dell’AcegasAps raggiungeranno i diversi punti per raccogliere i cartoni. «Un fase di verifica - ha annunciato Laureni - sta per partire con le associazioni di categoria». Con questo tipo di raccolta l’aumento atteso della differenziata sarà del 4%, con un risparmio dei viaggi per trasportare rifiuti indifferenziati all’inceneritore. Altro canale di intervento per incrementare la differenziata, che partirà la prossima primavera, è la raccolta del verde (sfalci e potature) a domicilio. Sono circa 5mila gli edifici con giardino nel territorio comunale, e a questi verrà dato un apposito contenitore (in comodato gratuito) che AcegasAps verrà a svuotare previa richiesta telefonica. L’aumento di raccolta differenziata atteso da questo intervento è stimato sul 3%. L’azione per potenziare la differenziata poggerà poi sulla raccolta dei rifiuti con “contenitori di prossimità”, battezzata anche “portone a portone” perché i contenitori per vetro, carta, plastica e lattine saranno collocati nei pressi degli ingressi di grande complessi abitativi. Un servizio, di cui caso per caso andrà verificata la fattibilità economica, che il Comune intende avviare col complesso Ater di Rozzol Melara, già al centro negli anni passati di una positiva sperimentazione. «Vogliamo partire subito - ha precisato Laureni – e se la cosa avrà successo la estenderemo ad altri grandi complessi. Con questo sistema si raddoppia la percentuale di differenziata in una certa area».
Giuseppe Palladini

 

 

E per l'umido si partira' da ristoranti e mense - Le linee

 

Con il piano che si sta avviando, il Comune punta a intercettare il maggior numero possibile di rifiuti differenziabili. Un obiettivo nel quale rientra anche un altro degli interventi illustrati dall’assessore Laureni, consistente in una personalizzazione del servizio di raccolta differenziata presso gli uffici che producono grandi quantitativi di carta e altri materiali legati a mense aziendali, sulla falsariga di quanto accade già per lo stesso Comune, la Provincia e AcegasAps. Entro quest’anno un questionario sarà così inviato ai principali uffici, per conoscere l’organizzazione interna al fine di razionalizzare al meglio il sistema di raccolta. Ultima, ma non meno importante degli altri interventi, la raccolta della “frazione umida”, che da sola costituisce il 25% dei rifiuti. Entro il 2012 verrà creato un serevizio di raccolta dell’umido per le grandi utenze, come mense, ristoranti, mercati e negozi di ortofrutta. A regime la raccolta dell’umido porterà a un incremento della differenziata pari al 14%. Ma con costi elevati. «La raccolta dell’umido - ha precisato l’assessore - richiede contenitori appositi, e il trasporto di quanto raccolto nei centri di compostaggio, fuori provincia o fuori regione, pagando 80 euro a tonnellata. Il costo complessivo a regime sarà di 4,7 milioni contro un ricavo, in termini di minori costi di incenerimento, di 1,5 milioni». Sei, come detto, gli interventi già pianificati e che, tranne la raccolta del verde e dell’umido, partiranno entro dicembre. Gli altri sei, necessari a raggiungere a regime il 65% di raccolta differenziata, sono ancora a livello di ipotesi e non tutti definiti: fra essi, la differenziata al mercato ortofrutticolo, la raccolta del vetro negli esercizi commerciali, sistemi di compostaggio nelle borgate carsiche e un aumento dei centri di raccolta dei rifiuti ingombranti.

(gi.pa.)

 

 

«Superare l’impasse lasciata da Dipiazza» - Omero: la giunta precedente delegava l’attività ad AcegasAps e attendeva solo gli utili
 

Creare un costante rapporto con AcegasAps, cambiando rotta rispetto alla precedente amministrazione che «delegava le attività e attendeva solo gli utili». Fabio Omero, assessore alle società partecipate e controllate, ha approfittato ieri della presentazione degli interventi destinati a incrementare la differenziata per mettere i puntini sulle “i”, ribadendo quanto già annunciato dal sindaco Cosolini sul fronte dei rapporti con l’ex municipalizzata. «Intendiamo incidere sulla politica della società - ha rimarcato Omero - e valutarne i servizi. In questi anni AcegasAps non ha infatti esercitato un costante controllo sulle imprese cui ha affidato la raccolta differenziata e lo spazzamento delle strade. I cittadini - ha aggiunto - controllano prima di noi il lavoro di AcegasAps e segnalano i disservizi. In questo senso le Circoscrizioni possono fare un’utile opera di verifica dell’attività della multiutility». In tema di differenziata, Omero ha poi precisato che «abbiamo raccolto il testimone del lavoro avviato dagli uffici comunali con AcegasAps, per superare il “gap” ereditato dalla precedente giunta, e dallo stesso sindaco Dipiazza che sulla differenziata rispondeva sempre che abbiamo l’inceneritore e quindi...». Tornando ai nuovi rapporti con AcegasAps Omero ha annunciato che sindaco e giunta hanno incaricato gli uffici di rivedere i contratti relativi al servizio di spazzamento delle strade, considerato che le esigenze della città sono mutate, viste ad esempio le nuove abitudini dei giovani in tema di divertimento serale.

(gi.pa.)
 

 

Domani i premi alle migliori foto - concorso
 

Domani alle 11 a palazzo Gopcevich verranno premiati i vincitori del concorso lanciato la scorsa primavera da Comune, AcegasAps e Il Piccolo in concomitanza con l’avvio della campagna sulla raccolta differenziata. Durante la cerimonia - che vedrà la partecipazione, tra gli altri, dell’assessore Fabio Omero e dell’amministratore delegato di AcegasAps Cesare Pillon - verranno assegnati soggiorni in capitali europee e apparecchiature tecnologiche agli autori dei 20 migliori lavori, tra foto e video, postati sul sito del Piccolo e selezionati poi da una giuria tecnica.
 

 

Prg, cubature ridotte nel centro - Sì ai piccoli edifici nelle periferie
 

La bozza delle direttive: possibile costruire, ma con indici ribassati, in alcune zone verdi che Dipiazza aveva trasformato in intoccabili. «Conservazione» totale in terreni di pregio fuori dalla fascia urbana
Per Dipiazza era bianco o nero, e gli è andata male. Cosolini, allora, ci prova con un grigio a più gradazioni. E immagina il suo Piano regolatore come un mosaico di zone edificabili con vari indici volumetrici. Meno edificabili, in linea generale, di quanto consenta il Prg di Illy, varato nel ’97 e tornato in vigore meno di due mesi fa, quando la neoamministrazione di centrosinistra ha optato per l’abbandono del Prg adottato ad agosto 2009 e mai approvato dal Consiglio comunale, facendo così morire i relativi regimi biennali di salvaguardia. Meno edificabili, sì, ma non intoccabili, com’erano invece diventate alcune di queste zone nel mappone di Dipiazza. Esiste comunque una porzione di territorio che sancisce una sostanziale sintonia tra l’ex sindaco e quello in carica. Il pennello di entrambi, qui, è inzuppato nel nero e passa sopra il crinale carsico e più in generale le aree verdi «esterne ai centri abitati, caratterizzate dalla presenza di significativi valori ambientali, dove la vocazione edificatoria discende dalla scelta operata in sede di variante 66», cioè il Prg di Illy. Sono aree in cui «le misure di salvaguardia dovranno imporre un vincolo prioritario di conservazione». Intoccabili, queste sì. Così recita la bozza delle «direttive per la predisposizione della variante al Prg vigente»: un documento che il Comune ha distribuito ai rappresentanti di categorie economiche, ordini professionali e sigle ambientaliste, da cui si aspetta entro oggi una serie di contributi scritti in modo tale da poter redigere, tra giovedì e venerdì, una sintesi traducibile in una delibera di giunta. Delibera attesa al voto decisivo del Consiglio comunale nella seconda metà di ottobre. È solo dopo quell’approvazione che le nuove salvaguardie saranno vincolanti. Per intanto sono in corso trattative per quantificarlo, questo generico intento di ridurre il cemento. La bozza, anzitutto, per le «zone A3 del centro storico», evoca «l’individuazione di parametri massimi in riduzione rispetto alla variante 66». Sono quattro punti ai margini dello stesso centro storico individuati dal Prg di Illy il primo a destra di viale Miramare, tra la stazione e Roiano, il secondo tra piazza Oberdan, via Giulia e largo Barriera, il terzo attorno a piazza Cornelia Romana sopra piazza Hortis, il quarto nella zona dei due “cuboni” su Campo Marzio, tra via Franca e salita al Promontorio: punti che la variante 118 di Dipiazza aveva inglobato nel centro storico rimandando a un Piano particolareggiato che oggi vale poco o niente, essendo decaduta la 118 da cui discendeva ed essendo ormai prossimi i due anni dalla sua adozione senza successiva approvazione. Anche il secondo punto trattato dalla bozza Cosolini, che guarda alle «zone di completamento», cioè alla prima cintura periferica, mira a un contenimento del cemento, dato che «sarà necessario assicurare un corretto ed equilibrato sviluppo del’edificato mediante la riduzione in via cautelare di indici e parametri rivelatisi incongrui». Tradotto: sì alla “casetta per i nipoti” che un piccolo proprietario intende costruire sul proprio terreno, spesso impedita dalla 118 che aveva trasformato in aree non edificabili un sacco di questi terreni, ma no ai ”grandi palazzinari”. Diverso è il discorso, infine, per le «zone di espansione», ovvero la seconda cintura periferica e più in generale i punti del mappone in cui, se si vuole fare un insediamento, bisogna infrastrutturare, allacciare reti di sottoservizi e ricavare stradine di accesso. Qui Cosolini resta in linea con Illy, perché la bozza ritiene «necessario» il «contemperamento tra l’interesse pubblico al contenimento del consumo del suolo e le aspettative dei proprietari alla trasformazione delle aree». Poco male, pare sottintendere il documento, posto che per farci qualcosa, nelle «zone di espansione» serve un Piano particolareggiato, e quindi un voto del Consiglio comunale. Un sì politico.
Piero Rauber

 

 

PRG - I retroscena. Il sindaco: solo un documento su cui attento dei contributi

 

«Non parlo di una bozza per cui sto aspettando dei contributi». Roberto Cosolini è fuori di sé. Quella bozza è uscita dal “cerchio della fiducia”. Equivale a un tradimento. Ma il fastidio accomuna tutti i primattori politici del Prg che verrà. «È un peccato», sospira per esempio l’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero, che con la collega dei Lavori pubblici Elena Marchigiani e il sindaco forma il gruppo ristretto di lavoro. «È un peccato - insiste - perché come al solito tutti si concentrano sulle indiscrezioni delle salvaguardie, senza badare all’impianto generale. Rischia di venirne fuori una lettura distorta. Solo in Friuli Venezia Giulia, peraltro, le salvaguardie scattano dalle direttive e non dall’adozione, per volontà di Tondo che ha cambiato la legge della precedente amministrazione regionale». La vigilia della giornata odierna, in cui sono attese le osservazioni e le controproposte, è insomma un susseguirsi di telefonate informali, in cui si bisbiglia dell’ira del sindaco per la “fuga” di un documento pure incompleto. La quantificazione degli indici massimi che Cosolini vuole rivedere al ribasso, in effetti, è materia di trattativa tra categoria e categoria, e pure dentro le stesse. E sarebbe proprio l’opportunità o meno di “dare i numeri” già in sede di direttive a tenere banco tra i vari addetti ai lavori. Se poi infatti, è una delle obiezioni che circolano, all’atto dell’adozione certi indici cambiassero, cambierebbe in corsa anche l’entità delle salvaguardie, e l’intero Prg tornerebbe a esporsi al rischio di ricorsi. In serata i malumori politici per la “desecretazione” entrano - arrivati di riporto alle loro orecchie - persino in una saletta dove si sta svolgendo la riunione dei membri della Commissione urbanistica dell’Ordine degli ingegneri, chiamati ad approfondire la bozza del Comune in vista della seduta di oggi del Consiglio dell’ordine, da cui uscirà la posizione degli ingegneri. E così il grillino del Consiglio comunale Stefano Patuanelli, che fa parte anche della Commissione urbanistica degli ingegneri, non si trattiene: «Se uno vuole fare un piano così importante nel nome della partecipazione, come ha detto Cosolini, non deve prendersela».

(pi.ra.)

 

 

E i professionisti prendono tempo - Dapretto (architetti) e Noè (ingegneri): soddisfatti comunque di poter collaborare
 

Se il palazzo sprizza fastidio negli uffici dei portatori di interesse si respira imbarazzo. I presidenti degli ordini degli architetti e degli ingegneri, in effetti, avrebbero con ogni probabilità preferito essere chiamati in causa, e uscire allo scoperto, in un momento successivo alla giornata di oggi. «Ci è stato chiesto - così ieri il numero uno degli architetti, Andrea Dapretto - di fornire il nostro contributo e per questo motivo stiamo preparando un nostro documento di sintesi. Nonostante il poco tempo a disposizione, lo consideriamo comunque un primo passo per giungere alla condivisione di certi obiettivi. Riteniamo di poter dare un apporto migliorativo, riservandoci pure un atteggiamento critico, nel caso dovesse servire. Le direttive indicano un percorso già espresso da Cosolini in campagna elettorale, cioè la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del patrimonio immobiliare sfitto e inutilizzato. Tutti obiettivi consivisibili. Le linee strategiche ancora non s’intravvedono a sufficienza, bisognerà aspettare ancora un po’...». Più asettico ancora è il presidente degli ingegneri Salvatore Noè: «Il nostro parere ufficiale lo daremo domani (oggi, ndr) al Comune. Ci fa molto piacere, ad ogni modo, esser stati coinvolti, così come auspicavamo ancora in campagna elettorale, sarà un piacere contribuire». Gli fanno eco due colleghi-politici, che siedono entrambi nella Commissione urbanistica degli ingegneri, il grillino Stefano Patuanelli e l’Udc Roberto Sasco. «Le linee guida che ho potuto leggere in quanto commissario sono condivisibili - premette il primo - ma è chiaro che l’argomento più importante è l’approfondimento dei regimi di salvaguardia». «Sarà bene - chiude Sasco - si faccia attenzione al centro storico, analizzandolo nel dettaglio prima dell’adozione del Prg. Il problema del Piano particolareggiato del centro storico adottato sotto Dipiazza, che non si sa se incide o meno, è stato sottovalutato».

(pi.ra.)
 

 

Allarme a Opicina: il cemento minaccia troppe aree agricole
 

Giovedì un incontro pubblico dedicato ai progetti di tutela e sviluppo delle attività rurali rivolte al mercato locale
OPICINA La tutela per l’ambiente carsico, il recupero dell’agricoltura e dell’allevamento con riferimento al mercato locale, l’apprensione per un’edilizia giudicata troppo intraprendente nei confronti di diversi ambiti dell’altipiano. Saranno questi i temi che giovedì 29 settembre, alle 20, verranno dibattuti nella sala espositiva della Banca opicinese ZZKB di via del Ricreatorio 2. Sul tema “Piano di recupero della ruralità del Carso” parleranno Livio Poldini, emerito professore già ordinario di Ecologia Vegetale all’Università di Trieste, il vicepresidente della Provincia Igor Dolenc e l’assessore comunale allo Sviluppo Economico Fabio Omero. L’incontro pubblico viene organizzato dall’Associazione per la Difesa di Opicina e dal Comitato di libertà civica e cittadini. «Si tratta di un’iniziativa che intende porre in evidenza le diverse problematicità che investono il nostro comprensorio – spiega Gianna Crismani per gli organizzatori. In particolare i residenti sono preoccupati per i tanti progetti edilizi che rischiano di spersonalizzare la nostra cittadina». Tra le diverse nuove iniziative edilizie che riguardano la frazione, è stato presentato in circoscrizione un nuovo complesso sportivo privato che dovrebbe sorgere in via dei Papaveri, progetto al quale il parlamentino ha dato parere negativo. Tra via di Basovizza e via del Refosco, sempre a Opicina, si sta lavorando per la costruzione di diverse villette bifamiliari smembrando l’antico parco di una villa. « «Tutto lo scenario riguardante la cementificazione potrebbe cambiare radicalmente – sostiene Marco Milkovich, presidente della circoscrizione di Altipiano Est – se si rivedesse il provvedimento dell’Ici sui terreni edificabili. Il modo in cui viene applicato – insiste il presidente – rappresenta un vero e proprio incentivo a vendere i terreni che vengono ricompresi in zone omogenee a destinazione edificatoria». Secondo Milkovich i proprietari verrebbero così costretti al pagamento di un imposta salata anche se non è nelle loro intenzioni l’edificazione. «L’imposta andrebbe applicata solo se si costruisce. Che senso ha far pagare chi – insiste il presidente – coltiva l’orto o il campo e non ha alcuna intenzione di costruire?» «L’assalto dell’edilizia alle residue parti verdi e agricole del comune triestino appare in completa controtendenza rispetto a quanto si verifica nelle principali comunità nazionali e estere – afferma il prof. Poldini. Ormai dappertutto c’è sempre maggiore attenzione alla salvaguardia delle aree agricole produttive cittadine peri urbane nell’intento di dar vita a ben precisi piani di recupero della ruralità. La direzione che amministratori sempre più illuminati stanno prendendo è di ripristinare un’autonomia alimentare fornita di derrate pregiate in un regime di filiera corta».
Maurizio Lozei

 

 

«Rigassificatore, no all’impianto di Zaule» - Laureni: meglio l’impianto off-shore purché senza strutture fisse nel golfo
 

Le sollecitazioni arrivate da Movimento 5 stelle da un lato e Lega Nord dall’altro, stanno per produrre il risultato sperato. Durante la seduta del Consiglio comunale in programma lunedì prossimo, Roberto Cosolini chiarirà una volta per tutte la posizione dell’amministrazione municipale su un tema particolarmente spinoso, e più volte tirato in ballo anche nell’ultima campagna elettorale: la questione rigassificatori. La scelta di svelare proprio ora la linea d’azione su questa delicata materia nasce, come detto, da due iniziative assunte dall’aula: un’interrogazione dei “grillini” Paolo Menis e Stefano Patuanelli e una mozione del leghista Mautizio Ferrara. Due mosse compiute proprio per far uscire allo scoperto l’esecutivo Cosolini sul caso gnl. Di qui la volontà di giocare a carte scoperte, illustrando l’orientamento della giunta. «In Consiglio - anticipa l’assessore municipale all’Ambiente Umberto Laureni - il sindaco illustrerà alcuni punti fermi, a partire dal no totale, assoluto e incondizionato all’impianto di rigassificazione nel canale di Zaule. Una contrarietà netta e non negoziabile perchè, per il futuro della città, questa amministrazione intende fare scelte economiche e politiche del tutto diverse e non compatibili con quel tipo di scenario». Alla chiusura su tutta la linea sull’ipotesi Canale navigabile, fa da contraltare una posizione più possibilista sull’opzione off-shore. Non si pensi però a cambiali in bianco e aperture di credito incondizionato. «Tutt’altro - puntualizza Laureni -. L’orientamento è quello di mettere paletti rigorosi ed esigere il rispetto di condizioni drastiche ma non negoziabili. Condizioni che, in caso di mancata osservanza da parte dei proponenti, apriranno la strada ad un no secco come quello opposto al progetto di Zaule». Quali siano tali criteri o chiarirà nel dettaglio Cosolini in aula. Già ora, però, Laureni ne anticipa i contorni: «Le condizioni sono essenzialmente due. La prima riguarda le garanzie che dovranno arrivare dal processo di raffreddamento del gas liquefatto a circuito chiuso. La seconda, ancora più stringente, riguarda l’assoluto divieto di realizzare strutture fisse in mezzo al golfo. Quel tipo di soluzione non potrà stare nel nostro mare». Se rigassificatore sarà, quindi, dovrà prendere una strada diversa rispetto a quella percorsa da tanti altri impianti italiani, come Rovigo e Livorno. Il modello a cui tendere infatti, secondo il Comune, è un altro: quello delle navi gasiere di ultima generazione che trasportano gas dai Paesi d'origine ai destinatari finali e, a bordo, hanno anche l’impianto di rigassificazione.
 

 

Centrale termoelettrica al vaglio del Consiglio
 

MUGGIA Esprimere il proprio parere sulla nuova documentazione presentata dalla Lucchini Energia inerente la realizzazione di una centrale termoelettrica a ciclo combinato. Sarà questo l'argomento più delicato all’ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio comunale di Muggia fissata per le 9.30 di dopodomani. In passato il progetto, che è strettamente legato ala realizzazione del rigassificatore, è stato bocciato per ben due volte e all'unanimità dallo stesso Comune di Muggia. Sulla questione l'assessore all'Ambiente Fabio Longo ha già fatto sottintendere che difficilmente l'amministrazione guidata dal sindaco Nesladek si discosterà dai dinieghi già riservati alla centrale. L’area individuata per realizzare l'opera, che complessivamente dovrebbe occupare 30mila metri quadri, è la cosiddetta “ex Esso”, nel porto industriale, accanto al termovalorizzatore, prospiciente il canale di Zaule, in corrispondenza dell'ex discarica di via Errera. Tra gli altri punti all'ordine del giorno ci sono inoltre la ricognizione dello stato di attuazione dei programmi, della salvaguardia equilibri e delle variazioni al Bilancio 2011, la modifica del regolamento per l' acquisizione dei servizi e delle forniture in economia, nonché il riconoscimento di debito fuori bilancio per spese derivanti dal collaudo del palco per le manifestazioni del Carnevale estivo.

(ri.to.)
 

 

Studenti in marcia per la pace - Cinquanta ragazzi triestini hanno partecipato alla Perugia-Assisi - PARTITI A BORDO DI UN PULLMAN
 

C’era anche una rappresentanza triestina tra le migliaia di persone che, domenica scorsa, hanno partecipato alla marcia per la pace Perugia-Assisi. Da Trieste è infatti partito un pullman con a bordo cinquanta studenti che hanno partecipato all’evento grazie al coordinamento assicurato dal Comitato Danilo Dolci e al contributo offerto dalla Provincia, dal Pd e dalla Federazione delle Sinistre. Prima di approdare alla marcia, gli studenti hanno partecipato a varie iniziative in città. Nei giorni scorsi, per esempio, hanno accompagnato i colleghi del Collegio del Mondo Unito in piazza Unità da dove, accompagnati dalla Banda Filarmonica di S. Barbara, hanno gettato in mare delle rose in omaggio a tutti gli immigrati annegati nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. I ragazzi, inoltre, hanno partecipato ad un incontro sul tema dell'aggregazione giovanile intitolato “Fragole dolci” organizzato nel padiglione dell'Arac all’interno del Giardino pubblico.
 

 

Giovani Servizio civile al Comune
 

Per i giovani dai 18 ai 28 anni c’è tempo fino al 21 ottobre per presentare la domanda di volontario al Servizio civile al Comune di Trieste. Il servizio sarà svolto nell’ambito del progetto di assistenza denominato “Insieme si può” a vantaggio delle persone ospiti di strutture residenziali per anziani e disabili gestite dall’Area promozione e protezione sociale dell’amministrazione municipale. Il progetto prevede l’inserimento complessivo di dieci volontari, ai quali sarà richiesto un impegno di trenta ore settimanali per 12 mesi, e sarà corrisposto un assegno mensile di 433,80 euro. Per la presentazione della domanda è possibile consultare il bando di selezione pubblicato su www.retecivica.trieste.it. Per informazioni tel. 040 6754231.
 

 

Servizio civile l’Arci cerca volontari per sei progetti - AL VIA LE DOMANDE
 

Il 20 settembre 2011 è uscito il bando per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile nazionale. Il servizio civile è anzitutto un’esperienza umana di solidarietà e di servizio alla comunità, secondo i principi contenuti nella Costituzione. Ma, grazie alla possibilità di acquisire conoscenze e competenze specifiche, è anche occasione di crescita personale e di formazione. Arci Servizio Civile Trieste ha visto approvati tutti e tre i progetti presentati: CreAttivaMente 2011, giovani d’età cittadini per scelta, che prevede la presenza di 8 volontari; DialogArte per 6 volontari; Comunicattivamente Sport 2011, per 6 volontari in ambiti sportivi, culturali, assistenziali, trasversali tra loro con particolare attenzione alla promozione della pace, la multiculturalità, la solidarietà, la cooperazione, la cittadinanza attiva. Ragazze e ragazzi di età compresa tra i 18 e i 29 anni interessati all’esperienza in uno di questi progetti dovranno consegnare la domanda, varie dichiarazioni e documentazioni entro le 14 del 21 ottobre 2011 all’Arci Servizio Civile, via Fabio Severo 31, dalle 10 alle 12, tel. 040-761683, trieste@arciserviziocivile.it. Arci Servizio Civile è la più grande associazione italiana no-profit che ha come principale finalità la promozione della cultura e delle esperienze di servizio civile. Opera sull’intero territorio e valorizza una rete di centinaia associazioni locali e nazionali. Dall’agosto 2004 è accreditato come “Ente di servizio civile nazionale”. A Trieste ne fanno parte Arci, Lega Ambiente, Uisp, Itis, Ics, Zskd-Unione dei Circoli Culturali Sloveni in Italia. Il servizio civile è una modalità di attuazione dei doveri costituzionali di difesa della Patria e solidarietà, dà la possibilità di acquisire conoscenze e competenze pratiche ed è anche un’occasione di crescita personale. Accanto all’attività di servizio vero e proprio sono previsti inoltre periodi obbligatori di formazione. La legge prevede che vengano determinati i cosiddetti crediti formativi per coloro che prestano il servizio civile e che possono poi essere riconosciuti nell’ambito dell’istruzione o della formazione professionale. Anche le Università possono riconoscerli. Ai volontari in servizio civile spetta un rimborso di 433,80 euro netti al mese, corrisposti direttamente dall’Ufficio Nazionale Servizio Civile. Parallelamente al servizio civile sono in corso due progetti di servizio civile solidale (16-18 anni) con 6 giovani, e saranno quindi 26 i volontari che svolgeranno attività in Arci Servizio Civile Trieste. Ciò lo rende l’ente con più volontari, attento al senso originale del servizio ovvero l’educazione alla pace e alla cittadinanza.
 

 

Universitari in prima linea nel volontariato - Sempre più giovani si mettono in gioco nei progetti di carattere sociale coordinati dalla rete ExiTs
 

Mettere al servizio il proprio tempo e la propria energia per un progetto a sfondo sociale e ricevere in cambio un’esperienza dall’alto valore aggiunto. È lo spirito alla base dello Sve, il Servizio volontario europeo, indirizzato agli universitari e ai ragazzi dai 18 ai 30 anni che abbiano voglia di dare una mano alle associazioni dei diversi paesi ospitanti per la realizzazione di attività a sfondo sociale: dal contributo alla creazione di servizi di assistenza per anziani, malati o disabili ai centri d’ accoglienza per i senza tetto, l’organizzazione di centro giovanile un periodo di periferia o la promozione di attività interculturali verso l’integrazione e la lotta al razzismo. Per tutti coloro che fossero interessati all’iniziativa o volessero saperne di più c’è ExisT - struttura nazionale ex volontari europei - dove un gruppo di operatori sono pronti a farsi in quattro per dare una mano, spiegare le modalità di partecipazione e aiutare chi fosse interessato a partire. La settimana scorsa si è tenuto un incontro aperto prima di tutti agli iscritti dell’ateneo, ospitato nella sede Europe Direct, la rete d’informazione intermediaria tra l’Unione Europea e i cittadini in via della Procureria, dietro piazza Unità. A detta del presidente di Exist, Mattia Vinzi, il riscontro è stato positivo: «Hanno partecipato diversi studenti interessati, a cui è stato spiegato in cosa consiste l’attività dello Sve, quali documenti sono necessari e come sottoporre la propria candidatura». Partire è semplice, basta seguire una serie di accorgimenti tra i quali la scelta del programma che più si confà alle proprie attitudini, mandare il proprio curriculum in formato europeo (solitamente in inglese) e poi ad attendere la risposta. In caso di esito positivo, si ha la possibilità di fare un’attività di volontariato la cui esperienza arricchirà notevolmente il proprio bagaglio culturale. ExisT nata a Trieste nel 2006 da un gruppo di ex volontari , oltre a promuovere lo Sve, mira a stimolare la partecipazione attiva dei giovani e la cittadinanza europea attraverso diverse attività come ad esempio “Together we grow”, progetto finanziato dalla Ue, con la finalità di mantenere vivo il ricordo delle vittime del nazismo e dello stalinismo per migliorare e far comprendere alle attuali generazioni la portata di tale evento tramite dei momenti d’incontro nei luoghi della memoria della durata di 3 - 4 ciascuno. La prima parte ha avuto la sua attuazione a Trieste lo scorso maggio, mentre la prossima tappa, dal 5 al 7 ottobre sarà la Croazia con la visita a Verteneglio, Goli Otok e Arbe per concludere infine, a novembre, con la visita a Mauthausen. Per informazioni si può scrivere ad europedirect@comune.trieste.it

Viviana Attard
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 26 settembre 2011

 

 

Park interrati sulle Rive - Si riparte con i progetti
 

Comune, riavviati i contatti con le società interessate a Marittima e Molo Audace Cosolini: l’obiettivo è quello di liberare dalle auto in sosta le aree di superficie

SITUAZIONE E ITER - Il piano di Saba Italia aveva già ottenuto il via libera, l’opera di Interparking era stata bocciata nel 2009 dall’aula municipale

I POSTI DA ELIMINARE Il primo cittadino: disponibili a compensare la perdita di stalli gestiti da Ttp con l’offerta di altre aree comunali
L’allora sindaco Roberto Dipiazza lo aveva ribadito più volte negli anni: l’obiettivo finale era quello di liberare le Rive dai posteggi di superficie, per concentrare le auto in sosta nei grandi contenitori sotterranei. I progetti c’erano: quello di Saba Italia previsto davanti alla Stazione Marittima; e quello proposto da Interparking Italia nell’area a mare tra palazzo Carciotti e il teatro Verdi. Piani nel tempo congelati entrambi: lo stesso Dipiazza aveva annunciato nell’ottobre 2009 la rinuncia di Saba Italia all’opera, che pure aveva ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie. Quanto al cosiddetto Park Audace, era stato lo stesso Consiglio comunale nel marzo del 2009 a bocciare il progetto, evocando il rischio di cedimenti dei palazzi storici adiacenti. Ne erano seguiti un ricorso al Tar da parte di Interparking, che si era detta però al contempo disponibile a modificare il proprio progetto. Ma alla fine tutto si era arenato. E sulle Rive impera a tutt’oggi un enorme parcheggio scoperto. Ma l’obiettivo mai raggiunto dall’ex sindaco è lo stesso che sul medio periodo si prefigge Roberto Cosolini. Il quale ha riavviato la macchina: risalgono a qualche tempo fa gli incontri che il primo cittadino ha avuto tanto con i vertici di Saba Italia quanto con quelli di Interparking. Nel primo caso «i proponenti hanno manifestato l’intenzione di riprendere il progetto Stazione Marittima», annuncia Cosolini. Nel secondo - conferma l’amministratore delegato di Interparking Italia Antonio Fraccari - la società resta decisa a portare avanti l’iter per il Park Audace. E il Comune, da parte sua, concorda. «Dopo aver dato il via al cantiere del Park San Giusto, gli unici due grandi contenitori centrali ai quali stiamo pensando sono quelli sulle Rive», spiega Cosolini elencando i motivi: «Possono contribuire a svuotare l’area dalle auto in sosta; sono utili in funzione congressuale - penso al Silos ma anche alla Marittima potenziata - posto che, visto anche lo stato dei collegamenti aerei e ferroviari, in molti continueranno a servirsi dell’auto per arrivare in città; infine, in tutte le città europee i turisti trovano grandi contenitori sotterranei in prossimità del centro storico». Dei due park - in parte progettati in area demaniale - il sindaco ha già parlato con la presidente dell’Authority Marina Monassi, che si sarebbe detta concorde sull’obiettivo delle Rive libere da vetture in sosta. Ci sarà anche da affrontare il nodo di Ttp, società che gestisce attualmente gli stalli sulle Rive: «Dovremo ragionare su un’eventuale riduzione di entrate per Ttp - dice Cosolini - ma siamo anche disponibili a un’ipotesi in termini di compensazione al 50%, offrendo a Ttp - al posto dei perduti stalli di superficie - posteggi da gestire in altre aree comunali». Innanzitutto però, precisa Cosolini, andrà valutato l’impatto geologico delle due strutture ipotizzate: quanto al park antistante la Marittima, «se i riscontri saranno sicuri secondo noi si dovrà procedere». Per l’Audace, «Interparking ha dato la disponibilità a rivedere il progetto ma ha anche prodotto un proprio studio geologico sul piano originario che dimostra l’assenza di qualsiasi criticità. Intendo sottoporre quello studio a un parere terzo per valutare se si possano avere effettive rassicurazioni sull’ipotesi originaria, altrimenti insisteremo per la riduzione dell’incidenza a monte della struttura», chiude Cosolini. Per Interparking Italia, l’ad Fraccari conferma e rilancia: «Il no espresso a suo tempo dal Consiglio comunale rispecchiava una posizione politica e, come dire, emotiva: ricordo che nel 2009 la giunta regionale aveva dato il via libera ambientale al progetto, che secondo i nostri studi peraltro esclude finanche le vibrazioni negli edifici circostanti nel periodo del cantiere. Noi attendiamo la convocazione della Conferenza dei servizi da parte dell’Authority: se noteremo la persistenza di problemi per così dire politici potremo anche pensare a modificare il progetto riducendone la larghezza e spostandone la curvatura, passando così dai previsti 660 a 620 posti. In ogni caso - conclude Fraccari - per noi quello previsto, da 24 milioni di euro, resta un investimento valido».
Paola Bolis

 

 

VIABILITÀ - LA SVOLTA - Strutture su quattro livelli Oltre 1.100 posti
 

Quattro livelli sotterranei per un totale di 491 posti auto, in superficie un’ampia area pedonale pavimentata in arenaria e al centro uno spazio rettangolare verde di 1650 metri quadri con un ingrandimento dell’attuale aiuola: sono le caratteristiche principali del progetto del park davanti alla Stazione Marittima per il quale Saba Italia ha già ottenuto le autorizzazioni. Quanto al Park Audace (foto), si sviluppa anch’esso in quattro piani interrati per complessivi 662 posti auto a rotazione. L’opera, che prevede uno scavo di 13 metri, dovrebbe occupare lo spazio interrato da palazzo Carciotti fino al Molo Audace all’interno di un’area mista, demaniale e comunale, secondo una struttura a semicorona delle dimensioni - nel progetto originario - di 34,40 metri di larghezza e 165,50 di lunghezza.
 

 

«Posteggi di cintura, i tempi sono maturi» - Il sindaco: Piano complessivo da integrare armonizzandolo con viabilità e linee urbanistiche
 

Il Piano parcheggi approvato dall’amministrazione Dipiazza è uno degli snodi sui quali la giunta Cosolini intende riavviare «una riflessione complessiva», dice il sindaco, «adeguandolo e integrandolo con il nuovo Piano regolatore», le cui direttive saranno esaminate dall’esecutivo nei prossimi giorni, e con il Piano del traffico. L’obiettivo è arrivare «a fine anno con un’impostazione complessiva». Ad ogni modo, l’intenzione di Cosolini, quanto ai parcheggi al di là delle Rive, è quella di «privilegiare le strutture di cintura per favorire lo scambio di mezzi di mezzi di mobilità soprattutto tra i residenti». Un’idea che già ai tempi della giunta Illy fu avviata, ma con scarso successo: basta pensare al parcheggio di via Locchi o a quello di Opicina, pensati appunto con l’idea che lì si lasciassero le vetture per proseguire poi con altri mezzi - bus o bici - verso il centro cittadino. Cosolini però rilancia: «La sensibilità dei cittadini nel frattempo è cresciuta, la domanda di maggiori pedonalizzazioni è largamente maggioritaria e condivisa. Credo che anche il costo a livelli sempre più insostenibili del mezzo privato, così come le agevolazioni sulla benzina ormai fuori tempo, stiano portando a una progressiva modifica del modo di intendere la viabilità: occorre ragionare insomma su quello che sarà l’uso dell’auto nel medio periodo. Per questo abbiamo pensato anche a soluzioni come il bike sharing», cioè il noleggio dellle biciclette. A una rivisitazione del Piano del traffico intanto, fa sapere Saba Italia, è legato anche il progetto di ampliamento del park interrato di Foro Ulpiano, al quale la società continua a lavorare.
 

 

Nuovo ponte sul Canal grande al via oggi la raccolta firme - INIZIATIVA DI ITALIA NOSTRA
 

Prende il via oggi la raccolta di firme, promossa dalla sezione triestina dell’associazione Italia Nostra, per esprimere netta contrarietà alla costruzione del terzo ponte sul canale di Ponterosso. Fino a venerdì prossimo sarà possibile sottoscrivere la petizione, che chiede al Comune di non realizzare il previsto nuovo collegamento tra via Cassa di Risparmio e via Trento, in tre distinte postazioni. La sede di Italia Nostra in via del Sale 4/B raccoglierà le firme dalle 17 alle 19. Lo Studio Sasco in via Torrebianca 22 e lo Studio Perna in piazza San Giovanni 1, invece, saranno a disposizione dei potenziali firmatari mattina e pomeriggio in orario d’ufficio. La sottoscrizione verrà poi presentata al sindaco Roberto Cosolini, nella speranza che l’amministrazione ascolti la voce dei cittadini. Voce a cui, peraltro, nei giorni scorsi si era aggiunta anche quella di numerosi architetti di indiscussa fama - da Paolo Portoghesi a Luciano Semerani fino a Pietro Cordara -, convinti che la realizzazione del nuovo collegamento pedonale rischi di stravolgere la perfetta armonia di Ponterosso.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 25 settembre 2011

 

 

Piano delle opere 2011 - Sei milioni in più su scuole e assistenza - COMUNE: LAVORI PUBBLICI
 

La giunta rimodula le spese previste dall’esecutivo Dipiazza Privilegiate le manutenzioni di aule e ricreatori: 29 interventi
Ha potuto anche darlo, un colpetto di scalpello qua e là, ma senza esagerare. La “scultura” da ultimare nel corso dell’anno solare, ereditata da Dipiazza proprio a metà di quest’anno, aveva d’altronde una fisionomia già ben definita, che non si poteva né si doveva stravolgere. E così Roberto Cosolini - una volta avvicinatosi al Piano triennale delle opere, e in particolare all’elenco ufficiale «dei lavori da realizzare nel 2011» approvato a marzo alla fine della passata consiliatura come allegato al bilancio di previsione - si è accontentato, per il momento, di mettere mano assieme al suo assessore Elena Marchigiani su due, o meglio tre dettagli, riuscendo comunque a far salire del 7% il valore totale degli interventi messi a programma. Del primo dettaglio - quello riguardante il welfare, tra scuole, ricreatori e centri di assistenza - ha voluto accentuare i tratti, ancor più di quanto avesse fatto sei mesi fa il predecessore, aumentando ulteriormente gli impegni di spesa. Attorno al secondo - gli impianti sportivi - ha inteso invece limare, posticipando agli anni a venire certe previsioni finanziarie. Nel terzo caso, addirittura, si è preso la briga d’incollare un pezzo tutto nuovo adattandolo alla scultura originale: il progetto integrato di sviluppo urbano sostenibile, Pisus per acronimo, una lista cioè di possibili percorsi sia pedonali che ciclabili, di spazi eco-espositivi, di installazioni di pannelli solari, e quant’altro possa avere attinenza col rispetto dell’ambiente in contesto cittadino, lista da sottoporre all’attenzione dell’Ue con l’obiettivo di vedersi riconoscere un bel contributo da uno dei vari Fondi europei. Ne è venuto fuori, ad ogni modo, un Piano delle opere «aggiornato» - nell’ambito della ricognizione di bilancio preparata dall’assessore Maurizio Consoli, attesa all’approvazione definitiva del Consiglio comunale mercoledì prossimo - che per il solo 2011 descrive interventi per 104 milioni e 380mila euro, circa sette milioni e mezzo in più rispetto a quanto ipotizzava per l’anno in corso lo stesso Piano varato a marzo, in chiusura dell’epoca Dipiazza, che si era atttestato a 97 milioni. Il Pisus - che vale cinque milioni e 195mila euro, quattro dei quali di (auspicata) provenienza comunitaria e il resto da pescare dal bilancio corrente - non spiega da solo la crescita complessiva del valore del Piano delle opere 2011 “corretto” in corsa dal duo Cosolini-Marchigiani. Il computo dei soldi riservati a costruzioni, manutenzioni straordinarie e/o ristrutturazioni di scuole, asili e ricreatori, infatti, viene ingrassato ancora, di circa tre milioni di euro - per effetto di un numero complessivo di interventi che passa da 23 a 29 - in più rispetto a quanto, di suo, aveva già fatto a marzo Dipiazza, che aveva praticamente raddoppiato da 12 a 24 milioni gli impegni in tale settore. Segni, questi, di una spiccata “sensibilità” verso i giovani, certo, ma anche e soprattutto di un’insindacabile necessità di mettere più pezze possibili a un patrimonio scolastico-educativo che è - tanto quello di competenza comunale quanto quello statale e provinciale - decisamente vetusto. Non è un caso, in proposito, che tra le “ricognizioni” più significative in termini di cifre, spulciabili dal Piano aggiornato, al di là dei cinque milioni abbondanti vi sia proprio un chip pescato dal bilancio corrente da ben un milione e 904mila euro, anticipato dal 2012 al 2011 per la copertura di un «Global service» per «interventi conservativi e di progettazione, nonché strumentali di base» in «edifici scolastici». Il capitolo scuole, nell’allegato nuovo, risulta accorpato a quello riguardante le strutture d’assistenza: la macroposta dedicata al “sociale”, insomma, vale oltre 30 milioni, circa sei in più del dato di primavera.
Piero Rauber

 

 

Ferriera, prescrizioni tra due mesi - Laureni: «Nuove regole per il rinnovo dell’Aia, stabilimento da gestire meglio»
 

Le prescrizioni che la Ferriera dovrà rispettare per il rinnovo dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) saranno pronte in tempi brevissimi, dell’ordine di due mesi. A precisarlo è l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, «vista la volontà di collaborazione che gli altri enti dimostrano nelle frequenti riunioni per l’elaborazione del nuovo documento». Assieme al Comune, alle nuove prescrizioni stanno lavorando Provincia, Regione (alla quale spetta il rilascio dell’Aia), Arpa e Azienda sanitaria. Nel prossimo incontro, fra una decina di giorni, i vari enti presenteranno una sintesi delle rispettive richieste in tema di punti che la Servola spa dovrà rispettare. Condizioni che dovranno permettere anche verifiche reali degli interventi attuati dall’azienda. L’azienda inoltre non dovrà limitarsi (come ora) a comunicare che un certo problema si è verificato, ma anche cosa ha fatto perchè non si ripeta. «Il primo passo per cambiare lo stato delle cose - precisa Laureni - sarà di pretendere, attraverso le prescrizioni per l’Aia, che l’azienda sia gestita molto meglio». In effetti, dal 2003 la Ferriera dispone di un sistema certificato di gestione ambientale, che prevede tutte le procedure per far funzionare al meglio gli impianti. Nonostante ciò, però, problemi ed episodi di emissioni “preoccupanti” continuano a ripetersi. «Bisognerà lavorare molto sulla gestione organizzata interna - osserva ancora l’assessore - con verifiche mirate. Approfondiremo vari aspetti fra cui le procedure con cui si interviene in caso di guasti ma anche la formazione che viene impartita ai nuovi assunti». Temi, tutti questi, che Laureni ha affrontato anche nell’ultima riunione con le associazioni e i comitati ambientalisti, che hanno condiviso le iniziative, fra cui anche quella che intende riportare sotto il completo controllo pubblico le centraline nei pressi dello stabilimento di Servola.

(gi. pa.)
 

 

Intellettuali sloveni contro i rigassificatori - APPELLO LANCIATO ANCHE DALLO SCRITTORE BORIS PAHOR
 

Un gruppo di intellettuali sloveni ha presentato a Lubiana un nuovo promemoria contro i rigassificatori nel golfo di Trieste. Al governo sloveno e al commissario europeo per l'ambiente, Janez Potocnik, i firmatari - tra cui lo scrittore triestino Boris Pahor - chiedono di impegnarsi per bloccare la costruzione del terminal. La Slovenia, sostengono, deve associarsi a tutte le cause che saranno intentate contro i rigassificatori. Nel corso della presentazione pubblica del promemoria, sono stati ribaditi tutti gli argomenti contro gli impianti di rigassificazione di Zaule e quello off-shore nel mare di Trieste, a poche miglia dalle acque territoriali slovene: il golfo è un ecosistema molto sensibile, e i terminal rappresenterebbero un danno incalcolabile. Ne risentirebbero anche la pesca e il turismo. «Il golfo di Trieste va tutelato e non ulteriormente oberato da queste strutture», sostiene la climatologa Lucka Kajfez Bogataj. Da parte slovena, è stato sottolineato durante la presentazione, esiste un’identità di vedute contro la costruzione dei terminal, e questi studi non sono stati fatti da ambientalisti radicali, bensì da autentici esperti nei rispettivi settori. «L’Italia - ha rilevato Bostjan Marko Turk, promotore dell'iniziativa - nel completare la documentazione necessaria per procedere alla costruzione del terminal, ha trascurato e sottovalutato tre momenti chiave: il rischio di incidenti per le navi gasiere, il pericolo di un guasto e di perdite dalle tubature del futuro gasdotto e la possibilità di un attacco terroristico. Inoltre, come reagirebbe l'Italia se la Slovenia decidesse di costruire una centrale nucleare a Punta Grossa, con un riscaldamento del mare pari al raffreddamento che sarà provocato dal terminal?». Secondo i firmatari del promemoria, tra cui il rettore dell'Università di Lubiana Stanislav Pejovnik e la candidata a ministro della Ricerca scientifica Tamara Lah Turnsek, non tutto è ancora perduto e se l'opinione pubblica in Slovenia e Italia si farà sentire, e' possibile che non si proceda alla costruzione dei terminal, anche se nel frattempo saranno ottenuti tutti i permessi necessari per avviare i lavori.

Franco Babich
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 24 settembre 2011

 

 

Parere legale per la nuova passerella sul canale.

 

C’è un’altra consulenza prevista nella ricognizione che ha scatenato reazioni. Nell’allegato è spersonalizzata: «Attività di consulenza di esperti negli specifici settori attinenti al procedimento di opera pubblica». La traduzione da forma a sostanza è stata fatta sempre ieri in commissione. L’architetto Marina Cassin - oggi nuovo responsabile dei tecnici comunali chiamati a lavorare sul Piano regolatore che verrà, fino a ieri responsabile delle procedure per il terzo ponte pedonale sul canale di Ponterosso - proprio in questo ruolo ha manifestato la necessità di stringere tra le mani un’interpretazione giuridica che possa mettere in una botte di ferro la realizzazione del ponte stesso, dato che il soprintendente Rinaldi ha recentemente scompaginato le carte chiamandosi fuori dall’autorizzazione all’opera rilasciata dall’ex direttore regionale dei Beni culturali Di Paola. E così la giunta ha deciso di mettere da parte 6mila euro per l’eventuale consulto di uno studio legale particolarmente ferrato in materia di “belle arti”. Attacca pure qui il capogruppo dei berluscones Bertoli: «Davanti alla richiesta dell’architetto Cassin, la persona scelta da Cosolini per preparare le direttive del nuovo Prg che dovevano essere pronte il 22 agosto e che ad oggi non hanno ancora visto la luce forse a causa anche delle tre settimane di ferie del dirigente, sorge spontaneo domandarsi... e l’Avvocatura comunale cosa ci sta a fare?». Altra replica di Cosolini: «Ricorreremo a uno studio solo se l’Avvocatura comunale dirà che si tratta di materia che richiede un trattamento a parte. Ricordo che anche Dipiazza e Ravidà, quando ci furono le cause sulla Tarsu, decisero di affidarsi allo studio del più autorevole tributarista italiano».

(pi.ra.)

 

 

Abitazioni e supermarket all’ex fabbrica Saul Sadoch
 

Accolto il progetto della Art 2000 per riconvertire il complesso in residenziale manca il via libera della parte commerciale in viale Ippodromo e via Pollaiuolo
Appartamenti, parcheggio a rotazione, zona alberata e supermercato. Con questo risolutivo intervento, dopo 17 anni, si tenterà di ridare dignità all’area tra viale Ippodromo, via del Pollaiuolo e via Sette Fontane un tempo occupata dalla fabbrica Saul Sadoch. Il progetto è stato presentato al Comune di Trieste dalla Art 2000 srl, proprietaria del complesso che da anni versa in condizioni di totale abbandono. La parte dell’intervento che riguarda la costruzione di una palazzina residenziale, al posto di quelli che furono gli uffici dell’ex azienda cartotecnica, è già stata approvata. Il resto è ancora al vaglio degli uffici comunali. «Nella bozza presentata all’amministrazione – spiega l’architetto Massimiliaro Marfan, che sta seguendo l’iter per conto della Art 2000 – c’è la proposta di cedere una parte dell’area al Comune per permettere di allargare via del Pollaiolo di 10 metri di ampiezza lungo tutto il suo percorso». La nuova costruzione - da realizzare al posto di quello che oggi è una sorta di grande cortile, con alcune casette abbandonate - dovrebbe ospitare il supermercato e il parcheggio non superando i 5 metri d’altezza. L’intervento prevede anche una galleria che colleghi il primo tratto di via del Pollaiuolo con via Settefontane, mentre il parcheggio inserito nel progetto è di tipo commerciale, al servizio del supermercato, ma ciò non esclude possibili abbonamenti nella fascia serale per i residenti della zona. «È un progetto interessante – dice Claudia Ponti, presidente della quinta Circoscrizione – e stimoleremo il sindaco, con le dovute osservazioni, a portarlo avanti. Chi abita questa zona non può più aspettare». Ma il parlamentino rionale ha già chiesto una sospensiva per analizzare meglio il progetto. Il capogruppo del Pdl Roberto Dubs, ad esempio, ricorda come in quell’area era previsto un parco giochi e una zona verde. In attesa dell’approvazione del progetto la Art 2000 ha iniziato a bonificare l’area dall’amianto. In particolare la copertura in Eternit. «Provvederemo a mettere la struttura in sicurezza tentando di limitare anche gli accessi – dice l’architetto Marfan – e miglioreremo la recinzione visto che, per qualcuno, questa è diventata una discarica a cielo aperto o un dormitorio». I residenti di via del Pollaiuolo unitisi in passato anche in un comitato, accolgono con entusiasmo l’iniziativa. «Era ora – testimonia Piero Belli, un residente – i resti della demolizione di un capannone da anni giacciono in abbandono sul retro del comprensorio con il risultato che ci arriva la polvere nelle abitazioni quando tira la bora. E di conseguenza pure l’amianto. Tornando a casa la sera c’è sempre da aver paura visto chi si nasconde in quel rudere». «Qualsiasi cosa va bene – assicurano Marino Pietronio e Ave Silvestri – basta che tolgano questo obbrobrio».
Laura Tonero

 

 

Muggia, piazzale Foschiatti verso la pedonalizzazione
 

Tra le novità emerse dal progetto europeo Pisus ci sono anche il trasferimento del capolinea degli autobus in via Frausin e una rotatoria in zona cimitero
MUGGIA Pedonalizzazione parziale di piazzale Foschiatti, trasferimento del capolinea degli autobus in via Frausin e rotatoria in zona cimitero tra via di Santa Barbara e via Bembo. Linee guida decisamente importanti quelle presentate ieri dall'amministrazione Nesladek durante la riunione pubblica indetta per illustrare le strategie di adesione al bando per il Fondo europeo Pisus (Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile). All'interno della stazione delle corriere di Muggia, alla presenza di esponenti della Giunta, dell'opposizione ma soprattutto di cittadini e commercianti, l'assessore ai Lavori pubblici Loredana Rossi ha illustrato alcuni dei punti cardine studiati per prendere parte al bando plurimilionario, una cifra che dovrà essere contenuta tra i 3 e i 6 milioni di euro (il 23% del quale sarà a carico del Comune). Uno dei punti chiave del progetto è la riqualificazione urbana con aumento degli spazi verdi ai Giardini Europa, nuove aree gioco, percorsi paesaggistici, rivitalizzazione di piazzale Foschiatti, valorizzazione del centro storico con una più attenta illuminazione e la creazione di uno show room per attività artigianali. Per quanto concerne il miglioramento della mobilità sono state suggerite nuove aree pedonali, percorsi ciclabili, attività di bike sharing tramite affitto di biciclette, creazione di punti per ricarica di veicoli elettrici e la realizzazione di ampi passaggi pedonali rialzati. Una delle parti più interessanti riguarda la rivisitazione della viabilità con creazione di aree parcheggio e una nuova zona di interscambio modale per il trasporto pubblico all'interno del piazzale Alto Adriatico. Nell'ambito dello sviluppi economico invece si vorrebbe puntare alla promozione del turismo scolastico, del marchio “Mare-Carso”, chiedendo alla Provincia di diventare partner del progetto con il Comune di Muggia. Andando dunque nel dettaglio gli interventi previsti riguarderebbero poi la creazione di una rotatoria in zona cimitero all'intersezione tra via Santa Barbara e via Bembo, un'altra rotatoria da posizionare all'ingresso di Muggia, l'istituzione di un nuovo senso unico di marcia su parte di via Battisti. Caliterna, Porto San Rocco e Alto Adriatico diverrebbero invece i punti strategici per le biciclette. Altre zone interessate sarebbero poi via Battisti con una maggior alberatura e la creazione di una pista ciclabile (e la riduzione conseguente di parcheggia), la realizzazione di nuove grandi pensiline su entrambi i lati di via Frausin che diverrebbe il nuovo capolinea degli autobus e la relativa pedonalizzazione di un pezzo di piazzale Foschiatti. Inseriti infine come proposte il percorso pedonale dedicato dai Giardini al Teatro Verdi e la riqualificazione urbana del Mandracchio. Da oggi sino al 16 ottobre i cittadini di Muggia potranno esprimere le proprie proposte sia valutando quelle illustrate dall'amministrazione comunale sia avanzandone delle nuove consultando il sito istituzionale del Comune.
Riccardo Tosques

 

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Non c’è il Prg, ma le prime “anticipazioni” sono inquietanti
 

A più di tre mesi dall’insediamento della nuova Giunta comunale non si vede ancora spuntare uno straccio di nuovo Prg, come promesso in via assolutamente prioritaria dall’attuale sindaco dopo che il precedente, va anche detto, non era stato in grado di vararne uno, in 5 anni di rinnovato mandato! Peraltro si vedono spuntare, come inquietanti iceberg, alcune anticipazioni-proposte-indiscrezioni. Una, è stata quella della chiusura del corso Italia, con il plauso suicida dei commercianti della zona e il silenzio sul destino di atrofizzazione per tutte le strade che intersecano l’importante e unico asse di attraversamento trasversale del centro città e che ne rappresentano più della metà. Ma quella più urgente, rispuntata guarda caso all’indomani della notizia dell’enorme traffico di camion di detriti previsti per la realizzazione del mega-park di S. Giusto, è quella dell’interramento della riviera barcolana, in agenda già nella campagna elettorale di Primo Rovis, con il mito paranoico di una copacabana “patoca”. Come se non avessimo già abbastanza problemi di paesaggio ed inquinamento con gli interramenti finora effettuati più o meno legalmente e sotto controllo da Muggia a Staranzano, passando per la Ferriera e il Ferroviario, dove dopo decenni si sono riscontrati tassi preoccupanti di diossina e quant’altro di dannoso per la salute ci possa essere nell’elenco delle sostanze tossiche. Il tutto, sottolineo, non solo in assenza del Prg ma anche di una bozza di Piano del traffico e nemmeno dei parcheggi. Come se di tratti di mare libero, con il fondale basso e sabbioso, ne avessimo da sprecare oltre quello, unico rimasto, proprio della riviera barcolana che adesso si vuol sacrificare con milioni di metri cubi di materiale da discarica, quasi sicuramente senza alcun controllo, come al solito, arrivando col fronte mare almeno ad un centinaio di metri da riva, con il “pelo” dell’acqua a più di 3-4 metri di altezza, col fondo pietroso, alghe e quant’altro. Per non parlare della quantità di costosissime sciocchezze sulla riva: dai percorsi rompicapo o da gioco dell’oca per le auto e i parcheggi (ovviamente a pagamento, ormai) alle aiuole di oleandri che nulla più avranno a che fare con il classico “toch” di nostrana memoria bensì con le grigliate carsoline o con i gazebo-tendopoli per le kermesse folcloristiche di cui, anche in questo caso, sentiamo la massiccia mancanza.

Bruno Benevol
 

 

In bicicletta fino a Draga Sant’Elia - Ristoro gratuito domani per i partecipanti a “Sentieri di sapori”
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE Un'escursione in bicicletta lungo la pista ciclopedonale “G. Cottur” abbinata ad una serie di escursioni a piedi. Un mercatino di produttori locali che lavorano in maniera sostenibile sul territorio carsico. Ma anche conferenze e spiegazioni di cucina naturale, laboratori per bambini ed un ex-tempore di arte. Questo e molto altro caratterizzeranno il programma di domani di “Sentieri e sapori”, la giornata indetta dall'associazione Annadana che assumerà le caratteristiche di un vero e proprio evento a carattere agroalimentare, naturalistico e sportivo. Realizzato grazie al contributo della Provincia e con il patrocinio del Comune di San Dorligo il programma prevede alle 10 l'apertura del mercatino di Draga Sant'Elia seguito da due escursioni di un'ora intitolate “Riscopriamo la landa carsica” alle 10.30 e alle 15. Poi alle 16 sarà la volta dell'art concert “Hrdaya-Cuore”, seguito alle 17.40 dalla partenza per l’Atelier Arti Applicate. Per l'occasione la Locanda Mario, unico ristorante di Draga, proporrà sia un menu speciale che panini, preparati con prodotti naturali locali, anche per vegetariani e vegani. Lungo la pista ciclopedonale verranno offerti un fresco ristoro gratuito con bevande e frutta di stagione, a partire dalle 10 e fino ad esaurimento scorte all’Atelier Arti Applicate (S.Giuseppe della Chiusa) e al Casello Modugno. Prevista poi un'escursione nella Val Rosandra partendo dal Centro Visite della Riserva Naturale di Bagnoli, escursione con guida Cai (in collaborazione con Società Alpina delle Giulie). Il ritrovo è fissato per le 9. Per i più piccoli infine dalle 10 alle 19 ci sarà uno spazio dedicato in cui si terranno laboratori utilizzando anche frutta e verdura di stagione.

(ri.to.)
 

 

Riapre oggi lo Speleovivarium
 

Lo Speleovivarium riapre, dopo la pausa estiva dedicata ai lavori di manutenzione, con un concerto per canto e pianoforte. Il concerto di terrà oggi, alle 18.30, nella sala Aldo Gava dello Speleovivarium in via Guido Reni 2/c. L’ingresso è libero ma la prenotazione è obbligatoria e può essere effettuata tramite e-mail all’indirizzo spelovivarium@email.it o telefonando al 349.1357631. Le cantanti Sibilla Serafini, contralto, e Silvia Toffano, soprano assieme al pianista Alessandro Pierfederici si esibiranno ne «I suoni dell’acqua. Armonioso fluire della vita». Durante la chiusura estiva sono stati realizzati nuovi acquari per rendere più suggestiva la visita e sono stati rifatti interi tratti degli impianti elettrico e idrico. Il museo-vivarium è aperto tutte le domeniche dalle 10 alle 12 o su appuntamento .

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 23 settembre 2011

 

 

GLI AMBIENTALISTI: “COTURNICE E GALLO FORCELLO IN DRAMMATICO CALO IN FVG: STOP ALLE DOPPIETTE”
 

Wwf, Legambiente, Lac e Lipu minacciano azioni legali se la Regione non adotterà un provvedimento di sospensione della caccia alle due specie: i dati dicono chiaramente che stanno scomparendo dal territorio regionale.
“Fagiano di monte e coturnice si stanno avviando verso l’estinzione dal territorio regionale e l’assessorato che fa? Invece di sospenderne immediatamente la caccia adotta un provvedimento di limitazione dell’attività venatoria, identico a quelli già adottati negli anni passati che, dati alla mano, non hanno affatto arrestato il drammatico calo della popolazione di queste due specie in Friuli Venezia Giulia. Se la Regione non corre ai ripari siamo pronti ad una denuncia penale per omissione d’atti d’ufficio”.
L’avvertimento arriva dalle associazioni ambientaliste, pronte ad ogni iniziativa per impedire la scomparsa dal territorio regionale di due specie le cui popolazioni nell’ultimo decennio sono state, e sono tuttora, interessante da un inesorabile declino.
Andando ad analizzare i dati di censimento effettuati dalle riserve di caccia negli ultimi anni e pubblicati sul sito web della Regione (vedi file allegato), si scopre che dal 2007 la consistenza del fagiano di monte o gallo forcello è diminuita in regione di circa il 12% e nel tarvisiano di una misura dell'ordine del 20-25%. Alcuni distretti del tarvisiano, addirittura, non lo censiscono nemmeno più (e tra questi c’è anche l'Azienda faunistico venatoria Picco di mezzodì, di proprietà della Regione!).
Se si vanno poi a vedere i dati pubblicati dalla Regione nel Piano faunistico adottato in via preliminare (disponibili sul sito www.cacciafvg.it) si vede che il gallo forcello nel 1955 aveva una consistenza stimata in Friuli di 7-10mila individui a fine estate, ridotti a 5600-6000 nel 1989 e 4500-5500 nel 2002.
Non parliamo poi della cuturnice, la cui diminuzione è ovunque dell'ordine del 20% nell'ultimo triennio e la cui situazione pare ormai drammatica.
Di fronte a tutto ciò, la Regione che fa? Adotta un decreto, come quello emanato dall’assessorato all’agricoltura e pubblicato sul Bur del 14 settembre 2011, di limitazione della caccia alle due specie, senza quantificarla, semplicemente posticipando l’apertura della stagione venatoria al 16 ottobre 2011. “Si noti – attaccano gli ambientalisti – che questo decreto è la reiterazione ennesima di altri precedenti, che si ripresentano puntualmente ogni anno addirittura dal 1999. Allora sorge spontanea una domanda: se le limitazioni servono per conservare la fauna ma questa non si riprende mai, anzi continua a diminuire (e infatti il decreto viene rinnovato), non è forse oramai attestato che la caccia a queste specie non è compatibile con il principio della saggia utilizzazione previsto dalle normative europee e richiamato dall’art. 37 della legge regionale 13/2009?”.
Il suddetto articolo prevede che l'Amministrazione regionale accerti “che l'attività venatoria (..), quale risulta dall' applicazione delle disposizioni nazionali e regionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda il contingente numerico delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall'articolo 2 della direttiva 79/409/CEE”.
Allora la Regione – si chiedono le associazioni - in che modo ottempera a quest’obbligo di legge? Non è forse l'ora di modificare il calendario venatorio vietandone la caccia? Se l’assessore non chiuderà immediatamente la caccia a coturnice e gallo forcello – concludono Wwf, Legambiente, Lac e Lipu – siamo pronti a rivolgerci a Bruxelles segnalando la violazione delle direttive comunitarie e alla Magistratura per verificare la sussistenza di ipotesi di illecito ambientale, ai sensi della direttiva che regolamenta la responsabilità penale in campo ambientale”.

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 23 settembre 2011

 

 

Dodici cantieri “riabilitati” dalla fine del Prg Dipiazza

 

I cantieri "riabilitati"

Prima del ritorno alle salvaguardie potrebbero aggiungersene altri cinque Da agosto, intanto, sono stati presentati 28 nuovi progetti per 48mila metri cubi
In principio erano 24, per complessivi 27.222 metri cubi di nuovo cemento. Oggi, a un mese e mezzo esatto dalla riapertura del circo burocratico, quelli che son riusciti a “passare” - e che si tradurranno a breve in altrettanti cantieri - risultano dimezzati a 12, per 17.472 metri cubi. Ma prima dell’ultimo “gong”, prima cioè della ri-chiusura di quel circo, in scaletta al massimo entro un mese, potrebbero risalire fino a quota 17, per 21.758 metri cubi totali, dal momento che altri cinque, corrispondenti a loro volta ad ulteriori 4.286 metri cubi, sono ora nel “limbo” dell’istruttoria. Non di più, però, perché sette di questi, pari ai rimanenti 5.464 metri cubi, pare non se li fili più nessuno, nel senso che nessuno, da quando si poteva farlo, ha presentato le integrazioni richieste per giungere a un “nulla osta”. La finestra Sono i progetti edilizi cassati a suo tempo dal Piano regolatore di Dipiazza e riabilitati di questi tempi. Tempi di deregulation provvisoria in attesa che Cosolini abbia tutte le carte in regola per riattivare le procedure di un nuovo Piano. Progetti - raccontano le cronache, e pure i tabulati dell’amministrazione cittadina - depositati nel 2009 negli stessi uffici del Municipio per il rilascio del relativo Pdc, il Permesso di costruire, ma rimasti bloccati a inizio agosto di quell’anno per i regimi di salvaguardia introdotti dall’adozione, in sede di Consiglio comunale, della variante 118, il Prg Dipiazza. Da inizio agosto di quest’anno, però, com’è noto, avendo Cosolini optato per il non accanimento terapeutico verso la 118, mai arrivato nella precedente consiliatura ad approvazione, quelle salvaguardie sono carta straccia. Morte per esaurimento dei tempi previsti dalla legge - due anni - assieme alla 118. Le new entry Da allora, per inciso, non solo i tecnici del Comune hanno dovuto riprendere in mano le richieste d’autorizzazione vecchie, ma se ne sono ritrovati sui tavoli altre 28, nuove di zecca, presentate in quest’ultimo mese e mezzo, per complessivi 48.842 metri cubi. Se parte di questo ulteriore cemento sarà passato prima della ri-chiusura delle “finestre”, sarà il tempo a dirlo. Le riabilitazioni Se noto era il destino del Prg di Dipiazza, specie dopo le decisioni prese e annunciate dal suo successore, non altrettanto conosciuti erano i dettagli dei progetti bloccati dalle salvaguardie che sarebbero stati “riabilitati”, e di conseguenza autorizzati dagli stessi uffici comunali in quanto conformi alle destinazioni urbanistiche di maglia ben più larga previste dalla variante 66, cioè il precedente Prg di epoca Illy tornato in vigore a tutti gli effetti: una “finestra” senza nuove salvaguardie più stringenti che durerà fintantoché il Consiglio comunale non avrà votato gli indirizzi generali del Prg concepito stavolta da Cosolini. La commissione Tali dettagli sono stati resi noti proprio l’altro giorno dall’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani in occasione di una seduta della commissione Trasparenza convocata dal finiano Michele Lobianco, in qualità di presidente pro tempore. Lo stato di fatto - come detto - parla di 12 permessi rilasciati. «Ma sette di questi - dice Marchigiani - hanno volumetrie inferiori a 500 metri cubi, corrispondenti di fatto a una piccola casetta, e gli altri cinque risultano a loro volta abbondantemente al di sotto degli indici volumetrici consentiti, in punti interni ai lotti di pertinenza e non sul confine. Tutte le pratiche, in sostanza, sono state riviste “al ribasso” in base alle osservazioni della Commissione del paesaggio». Anche il progetto di Opicina, il più grande, è passato, di fatto, «da sette edifici di tre piani a sei edifici di due piani».
Piero Rauber

 

 

PRG - E tra le novità sono in ballo 20mila mc in zona Montebello
 

La commissione Trasparenza si è concentrata sui progetti vecchi tornati “in corsa”. Non sui nuovi. Quelli cioè che sono stati presentati agli uffici comunali in quest’ultimo mese e mezzo, dopo la caduta delle salvaguardie. Sono 28, come detto, per complessivi 48mila metri cubi. «Al momento però - puntualizza a la Marchigiani - nessuno di questi risulta aver già ottenuto il Permesso. Per alcuni, peraltro, si tratta di istruttorie particolarmente complesse». Procedure, lascia intendere l’assessore, che difficilmente arriveranno a conclusione “in tempo”. Tra questi iter “complicati”, il più eclatante interessa il triangolo verde di strada di Cattinara, alla radice di via Cumano, sponda Montebello: evoca 19.190 metri cubi , “consentibili” sulla carta dal ritorno alla variante 66, che classifica quella zona come B5 (residenziale di completamento) e non, come faceva la 118, in S5 (verde di quartiere).

(pi.ra.)

 

 

Le nuove direttive in giunta a fine mese» - Cosolini: i permessi rilasciati riguardano iniziative sostenibili, non c’è stata corsa alla cementificazione
 

«Le direttive erano state annunciate per il dopo Ferragosto, e il voto in aula per il 21 settembre. Questa giunta fa tanti proclami, ma non lavora». Così, ormai due settimane fa, il capogruppo del Pdl Everest Bertoli aveva tuonato contro la dilatazione dei tempi tecnico-amministrativi, legati evidentemente anche al riassetto dello staff dirigenziale preposto, passato dalla guida dell’architetto Ave Furlan, la mamma del Prg Dipiazza, a quella della collega Marina Cassin. Una polemica frontale cui ha fatto seguito, come detto, la sollecitazione “laterale”, per vie istituzionali, del finiano Michele Lobianco, che da buon presidente di turno della commissione Trasparenza ne ha convocata una, per l’appunto, affinché fosse quantomeno nota la consistenza dei progetti che erano stati riabilitati. «Ora - chiosa Lobianco - mi auguro che questa finestra si chiuda il prima possibile, cosicché sia evitata una possibile cementificazione nelle zone più delicate». E proprio Roberto Cosolini, a latere della commissione, è tornato a promettere a mezzo stampa una rapida chiusura della deregulation: «Venerdì 30 settembre, o in subordine lunedì 3 ottobre, porterò le direttive generali della nuova variante in giunta». Tradotto: è presumibile che la reintroduzione delle salvaguardie che il neosindaco riterrà opportune - dopo che la delibera di giunta sarà transitata nelle circoscrizioni per poi tornare in giunta e rimbalzare subito in commissione e poi in aula - potrà essere formalizzata dal voto decisivo del Consiglio comunale tra il 15 e il 20 di ottobre. Una data utile potrebbe essere ad esempio lunedì 17. I dati resi noti in commissione dalla Marchigiani, tuttavia, sembrano essere musica per le orecchie di Cosolini: «La paventata corsa al cemento non si è materializzata per niente. I permessi rilasciati riguardano iniziative sostenibili dal punto di vista ambientale. E per fortuna che ce ne sono, almeno un po’ di quelle, pure l’edilizia è un’attività economica, che fa girare l’economia del nostro territorio». Tutto «come previsto» insomma, fin dal momento in cui la nuova amministrazione ha deciso di lasciar morire la variante Dipiazza. «La crisi - chiude il primo cittadino - sta comunque tenendo in stallo, in un certo senso, il mercato immobiliare. Lo si sapeva. La fese di transizione, pertanto, è rimasta sotto controllo». «Era un rischio calcolato», fa eco Elena Marchigiani. La quale precisa: «Per tutti i permessi richiesti, sia quelli andati a buon fine che per quelli ancora in istruttoria, siamo stati e siamo tuttora rigorosissimi. Abbiamo chiesto le integrazioni di legge come le relazioni sismiche e quelle per le terre e rocce da scavo... E per quegli interventi dentro zone vincolate, per la presenza di pastini o altro, è stato previsto pure un sopralluogo supplementare».

(pi.ra.)
 

 

SEGNALAZIONI - PARCHEGGI - Giardino di via Cereria (Alfredo Racovelli)

 

 

Alla stazione delle corriere il piano Pisus

 

MUGGIA Quali modifiche apportare per aumentare l'attrattività urbana della cittadina in chiave turistica e non? Sarà questo uno degli obbiettivi principali della presentazione pubblica delle linee guida ai cittadini per la partecipazione al bando per il Fondo europeo Pisus (Piano integrato di sviluppo urbano sostenibile) previsto per oggi a Muggia. L'incontro, organizzato alle 17.30 di all’interno della Stazione delle Autocorriere di Muggia in piazzale Foschiatti, vedrà la partecipazione di gran parte della giunta Nesladek per quello che si preannuncia come uno dei bandi più importanti degli ultimi anni. Grazie a fondi internazionali saranno infatti finanziabili una serie di interventi strutturali ed infrastrutturali, capaci di avviare un processo di riqualificazione per aumentare l’attrattività urbana e stimolare al contempo lo sviluppo economico del territorio. «L’obiettivo è quello di rendere la proposta progettuale più aderente ai bisogni della cittadinanza e maggiormente capace di dare risposte concrete alle necessità di sviluppo economico e sociale del nostro territorio», ha spiegato l'assessore ai Lavori pubblici Loredana Rossi. Il Piano di sviluppo urbano sostenibile rientra nell’ambito del Por Fesr 2007-2013 della Regione che ha recentemente pubblicato un bando rivolto alle amministrazioni locali della regione interessate. A richiedere il finanziamento comunitario ci sarà anche il Comune di Trieste, che assieme a Muggia saranno le due uniche realtà della provincia triestina.

(ri.to.)

 

 

LE FILIERE DELL’ENERGIA

 

La Fondazione Internazionale Trieste per il Progresso e la Libertà delle Scienze promuove un incontro pubblico, oggi alle 15.30 presso la Sala Maggiore della Camera di Commercio di Trieste piazza della Borsa, 14 nel quale saranno presentati i risultati del IV incontro tematico - Energia Solare - organizzato nell’ambito del progetto Dies “Le Filiere dell’Energia”.

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 22 settembre 2011

 

 

Dalla Croazia un no al rigassificatore a mare - Il dibattito promosso dal ministero dell’ambiente , obiettivo la salvaguardia del golfo
 

Anche la Croazia si inserisce nel dibattito pubblico sul rigassificatore pianificato nel Golfo di Trieste, che si protrarrà fino al 15 ottobre prossimo. Il dibattito nel paese, formalmente iniziato la scorsa settimana, viene coordinato dal Ministero dell’ambiente in collaborazione con l’assessorato regionale per lo sviluppo sostenibile. Le osservazioni e proposte avanzate dai cittadini saranno riportate sulla pagina web della Regione. Finora da queste parti la nascita e le modifiche al progetto sono state accompagnate da una certa indifferenza dell' opinione pubblica e della politica. Eccezione fatta per gli attivisti di Istria Verde, inclusa nella rete internazionale Adriatic Greenet che parlano di impatto ambientale inaccettabile e di alti rischi per l' equilibrio del Mare Adriatico. Annunciando il dibattito pubblico, la stampa presenta i dati principali del rigassificatore, collocato 22 chilometri a ovest di Trieste, in un punto di mare profondo 22 metri. La capacità annuale sarà pari a 8 miliardi di metri cubi di gas. L’investimento è dell’azienda Terminal Aldi Adriatico del gruppo E.ON, uno degli operatori leader a livello mondiale nel campo dell’energetica. Si spiega quindi che il rigassificatore verrebbe costruito in cemento armato e comprenderebbe un terminal marino (per l'ormeggio delle navi cisterna, l’immagazzinamento del gas in due serbatoi ciascuno di 160.000 metri cubi e la rigassificazione), un metanodotto sottomarino di quasi 14 km e un altro a terra di 19 km fino all' allacciamento alla rete nazionale. Poi si mette in evidenza il fatto che per motivi legati alla sicurezza della navigazione, il rigassificatore è stato spostato di sei chilometri a Sudovest della collocazione prevista inizialmente. Ora verrebbe a trovarsi a 2 km sia dalle acque croate che slovene e a 600 metri da quelle italiane. Una posizione giudicata la migliore anche dall’aspetto della tutela ambientale e delle esigenze tecniche. Si calcola che la costruzione della struttura avverrebbe nell’arco di tre anni e dei metanodotti in 7 mesi, con l’impiego di circa 200 maestranze. Una volta in funzione, il rigassificare darebbe lavoro a una cinquantina di persone. C’è da credere che le maggiori osservazioni al progetto riguarderanno lo scarico in mare di acque oleose, sanitarie e di altri rifiuti derivanti dal processo tecnologico. L’investitore assicura che tutti i valori rientreranno entro i limiti previsti. Gli ambientalisti istriani invece sono molto diffidenti considerate le numerose scottature subite finora.

(p.r)
 

 

«Potenziare le merci via ferrovia» - La candidatura a capitale europea della cultura può attrarre finanziamenti
 

TRIESTE Il gap infrastrutturale di cui soffre il Nordest potrebbe essere lenito con una serie di finanziamenti e iniziative legati alla candidatura di “Venezia con il Nordest capitale europea della cultura 2019”. Uno dei dodici gruppi di lavoro delegati a redarre il documento che il primo ottobre verrà consegnato a Innocenzo Cipolletta, presidente del comitato scientifico, è dedicato appunto al tema delle infrastrutture e si riunisce domani a Villa Valmanara Morosini. Le basi su cui si svilupperà la discussione sono affidate alla relazione di Luca Romani. Banalmente lo slogan della proposta potrebbe così essere riassunto: «Finiamo le autostrade già programmate e d’ora in poi pensiamo alla ferrovia». Uno dei principali obiettivi dello studio insiste sulla necessità del potenziamento dell’attuale linea ferroviaria Trieste-Venezia con investimenti ai nodi di Monfalcone e di San Polo entro il 2019. Si fa rilevare che «la linea esprime una domanda passeggeri bassa e si può saturare con il potenziale più appropriato delle merci. L’attuale carico merci della linea è 110mila teu, il potenziale attuale senza interventi è 520mila teu, con investimenti puntuali a Monfalcone e a San Polo può arrivare a 900mila teu». Si fa anche rilevare che «con interventi di modernizzazione e potenziamento i due aeroporti di Venezia e Ronchi sarebbero collegabili da treni intercity in un’ora e potrebbe sviluppare forti sinergìe e complementarietà. Si ritiene anche necessario «potenziare la Pontebbana a Nord come alternativa al Brennero a servizio delle merci che dai porti del Nord Adriatico sono destinati alle aree Centro-Nord europee». L’attivazione di linee di project financing e la costituzione di società miste sono soluzioni indicate per sbloccare il problema dei fina nziamenti. Ma ai collegamenti ferroviari, in particolare tra Italia e Slovenia e soprattutto a quello in fase progettuale tra Trieste e Capodistria, è dedicata anche la sessione di lavoro sul tema “Politiche transfrontaliere per la mobilità passeggeri nell’Alto Adriatico” in programma oggi dalle 10 a Iniziativa centroeuropea in via Genova 9 a Trieste. Al termine della sessione pomeridiana (15.30-18.30) le conclusioni saranno tratte da Igor Jakomin , sottosegretario del Governo sloveno, Carlo Fortuna project manager di Adria A e Debora Serracchiani parlamentare europeo. Presiede Giacomo Borruso.

s.m.
 

 

«Su via Gallina ipotesi condivisa»
 

Sulla riapertura di Via Gallina il sindaco ha recepito la richiesta di Un’Altra Trieste, fatta propria dal Presidente di Commissione Ravalico, di attendere gli esiti della commissione straordinaria che si riunirà, per decidere il futuro della via dopo la fine dei lavori di riasfaltatura. «Registriamo ancora una volta la disponibilità del sindaco nel cogliere lo spirito trasversale che ha guidato i lavori della sesta commissione, che vuole valutare l’opportunità di chiudere al traffico Via Gallina», hanno affermato Alessia Rosolen e Franco Bandelli. «Ipotesi che appare condivisa da tutti gli schieramenti del Consiglio a esclusivo interesse della città».
 

 

Disinnescata la truffa del fotovoltaico - Il giudice ha ordinato alla banca di non pagare la fidejussione di un cliente di Sgonico bidonato
 

Non ha perso tempo il Tribunale civile di Trieste e poche ore fa ha messo fine con un’ ordinanza cautelare agli effetti perversi della cosiddetta truffa dei pannelli fotovoltaici. In questa vicenda sono coinvolti come vittime decine di utenti a Trieste e moltissimi residenti in regione. Il giudice Enzo Carnimeo, accogliendo l’istanza che l’avvocato Roberto Corbo ha presentato per conto di un cliente che risiede a Sgonico, ha ordinato alla banca di Credito Cooperativo del Carso di non pagare alla società “Energia srl”, nemmeno un euro della fidejussione che necessariamente doveva accompagnarsi al contratto di installazione dei pannelli fotovoltaici. Lo stesso giudice ha condannato la società “Energia srl” a pagare più di duemila euro di spese processuali. Valter Alvigini, legale rappresentante di questa srl che ha sede ufficiale a San Daniele del Friuli in via Umberto Primo 29, già concessionaria dell’Enel, non si è costituito in giudizio; mentre la Banca di Credito cooperativo del Carso lo ha fatto con l’avvocato Andrej Berdon. Quest’ultimo ha confermato l’esistenza della garanzia fidejussoria, ma si è rimesso alla decisione del giudice. Del resto era difficile scegliere un’altra strada dal momento che il malcapitato cliente ha già pagato per l’installazione dei pannelli fotovoltaici più di settemila euro dei totali 25 mila, senza peraltro ricevere alcuna delle prestazioni promesse. «E’ evidente al riguardo l’inadempimento grave della società, laddove alcun seguito è stato dato al contratto stipulato il 18 ottobre 2010. E’ elemento di prova importante il fatto che già lo scorso 2 febbraio 2011 l’Enel Green Power avesse pubblicizzato a chiare lettere sui quotidiani, un messaggio in cui informava che l’Energia srl non faceva più parte della rete commerciale Enel Green Power». Ma non basta. Valter Alvigini, titolare della società “scaricata” dall’Enel, è al centro di un esposto in cui il malcapitato abitante di Sgonico fa il punto sulla vicenda sotto l’aspetto penale. I carabinieri in effetti si stanno occupando di questa brutta storia. Ecco il contenuto dell’esposto. «Ho conosciuto la società Energia di Valter Alvigini che si fregiava del titolo di Concessionaria dell’Enel. Mi è stata proposta l’acquisto di un impianto fotovoltaico e la prima visita alla mia abitazione è dell’autunno 2010. Si presentò una persona che eseguì le misure e fissò un successivo appuntamento nel quale mi sottopose il contratto di acquisito dell’impianto. Sottoscrissi il contratto col quale Valter Alvigini si impegnava a fornire come concessionario Enel l’impianto entro il maggio 2011. Ho pagato il 30 per cento come anticipo mentre il restante 70 sarebbe stato onorato entro 30 giorni dalla data del collaudo dell’Enel. Il 70 era garantito dalla fidejussione che fu rilasciata dal Credito Cooperativo. L’impianto non fu mai installato e il numero di telefonico della società di Alvigini, risultò non più attivo».

(c.e.)
 

 

BRIOCHE PER CICLISTI

 

Siete già degli habituè? Allora non mancate l’appuntamento. Non l’avete mai fatto? Allora non perdete l’occasione per sperimentare che si può andare al lavoro in bicicletta. Il tutto sta nel cominciare e l’associazione Ulisse-Fiab incoraggia tutti a provarci proprio oggi, come da otto anni, nella giornata conclusiva della Settimana europea della Mobilità, offrendo un “Capo in Bi... e brioche a tutti coloro che recandosi al lavoro passeranno da piazza della Borsa dalle 7 alle 9. Ulisse-Fiab si scusa, ancora non riesce a coprire tutta la città, ma l’anno prossimo, se tanti si aggiungeranno a questa cordata su due ruote, anche altre zone saranno coinvolte.

 

 

PEDALANDO CON LA HACK

 

“La mia vita in bicicletta”. È questo il titolo del libro di Margherita Hack che sarà presentato oggi, alle 18.30, all’auditorium del Museo Revoltella di via Diaz 27. La celebre astrofisica, vicina al confine dei novant’anni, si racconta in un’autobiografia atipica, “in punta di pedali”. All’incontro, libero e aperto a tutti fino ad esaurimento dei posti, interverrà l’autrice. Modererà Alessandro Mezzena Lona, responsabile “Cultura e spettacoli” de “Il Piccolo”. Nel libro “La mia vita in bicicletta”, edito da Edicicloeditore e con prefazione di Patrizio Roversi, Margherita Hack si racconta narrando la sua vita dai cinque anni (l’età del triciclo e della passione per Binda) a oggi (in cui pedala solo in piano ma sogna di andare su Marte in bicicletta).

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 21 settembre 2011

 

 

«Serve più attenzione per pedoni e ciclisti» - Le associazioni: sì a un piano della mobilità che rispetti le esigenze di tutti i cittadini
 

Poca sicurezza per i pedoni e per i ciclisti, scarsa attenzione per i portatori di handicap, assenza pressoché totale di un piano complessivo della mobilità che tenga conto delle esigenze di tutti gli utilizzatori di strade e marciapiedi e che si possa tradurre in un progetto capace di coniugare trasporto pubblico, parcheggi, traffico privato. Questi i contenuti emersi ieri sera, durante un pubblico incontro svoltosi nella sala matrimoni del Municipio e intitolato “Muoversi a Trieste. Le considerazioni delle associazioni sulla mobilità”, organizzato nell’ambito della Settimana europea sulla mobilità da Ulisse-Fiab, Uisp, Legambiente e Cammina Trieste. «Prima o poi siamo tutti pedoni – ha osservato Carlo Genzo del Coped–CamminaTrieste - e i marciapiedi, stabilmente invasi dalle automobili, non sono più un rifugio. Per questo la sensibilità sull’argomento dovrebbe essere ben diversa». Vincenzo Zoccano, della Consulta dei disabili, ha denunciato il fatto che «i portatori di handicap sono ignorati, in particolare dalle istituzioni. Siamo solo consultati e non diventiamo mai soggetti, ma restiamo oggetti». Stefano Cozzini, di Ulisse-Fiab, ha presentato la situazione della mobilità ciclistica. «Il numero di transiti in bicicletta in centro e nelle seppur poche piste riservate è in crescita, avendo fatto registrare un aumento del 100 per cento negli ultimi dieci anni, ma il disinteresse generale è ancora molto marcato. Anche qui – ha evidenziato - la sicurezza è quasi nulla e la conseguenza è che questo stato di cose funge da deterrente e da limite per chi magari la bicicletta vorrebbe usarla più spesso». Cozzini ha concluso osservando che «il ciclista per gli automobilisti è trasparente, dà quasi fastidio. Il Comune poi non ha mai favorito l’utilizzo della bicicletta: basta guardare alle Rive, dove si é pensato solo alle vetture». Giovanni di Giovanni, dell’Associazione nazionale Guida legislazioni handicappati trasporti (Anglat), ha denunciato la «totale inosservanza delle norme a favore dei portatori di handicap nelle ristrutturazioni dei marciapiedi, nella progettazione degli edifici pubblici». Infine Andrea Wehrenfennig di Legambiente ha lamentato «lo scarso coordinamento del sistema di trasporto pubblico in città». Oggi, alle 17, sempre nella Sala matrimoni, sarà presentato il documento "Trieste per tutti. Mobilità sostenibile 2011-2016", progetto realizzato dalle associazioni che si occupano di mobilità e che domani, al Revoltella alle 18, sarà sottoposto ai rappresentanti istituzionali.

Ugo Salvini
 

 

Alghe nocive per i mitili - Quattro test per batterle
 

Analisi da effettuare sul pescato fresco per individuare subito le palitossine Il progetto messo a punto da esperti delle Università di Trieste e Udine
Un test da fare immediatamente per analizzare il pescato fresco, e poi tre test di laboratorio mirati a individuare e quantificare le tossine algali nocive per la salute. E ancora, la prima mappatura delle palitossine presenti in Alto Adriatico. Sono questi i risultati del progetto denominato Senstox, al quale hanno collaborato gli esperti delle università di Trieste e Udine, coordinate dalla tossicologa Aurelia Tubaro, grazie a un finanziamento arrivato dalla Direzione centrale risorse rurali agroalimentari e forestali della Regione. I dati saranno presentati questo pomeriggio alle 15 nella sede dell’Università (aula 3AA), nel corso del convegno intitolato “Problemi da nuove tossine algali in Alto Adriatico”. All’incontro parteciperanno gli autori della ricerca, esperti degli atenei di Napoli e Urbino, esponenti della Regione e un rappresentante del Laboratorio di riferimento nazionale per le biotossine marine di Cesenatico. Il progetto Senstox ha preso il via nel 2007 in risposta alla presenza di Ostreopsis, una microalga che è potenziale produttrice di palitossine nel mare Adriatico. Due anni fa il fenomeno ha interessato anche il Golfo di Trieste, dove Ostreopsis ovata – si tratta di una microalga che qui produce analoghi della palitossina, cioè le ovatossine - era stata individuata nelle aree vicino ad Aurisina e a Canovella de’ Zoppoli. L’importanza dell’argomento nelle sue ricadute sulla quotidianità è ovvia: «Le tossine algali possono entrare nella catena alimentare e contaminare mitili, ricci di mare, pesci e crostacei” spiega Aurelia Tubaro dell’Università cittadina: «Dunque, specialmente per una regione come il Friuli Venezia Giulia in cui la pesca risulta economicamente importante, erano necessari dei test che permettessero di individuare precocemente la presenza di queste tossine prima di una fioritura massiccia delle alghe produttrici e di una eventuale contaminazione alimentare». Unendo le rispettive competenze, dunque, i ricercatori dei due atenei - si tratta in totale di trenta persone – hanno prodotto quattro strumenti analitici. Nel primo caso, si tratta di un test basato su uno speciale anticorpo che individua la tossina e la segnala con un cambio di colore dei reagenti. Va rilevato come «non servono competenze specifiche né un laboratorio attrezzato», sottolinea Tubaro: «Per ottenere un’indicazione precoce di contaminazione il test può essere eseguito dagli stessi produttori». Gli altri test - si tratta di un saggio denominato “Elisa” che quantifica la tossina nei molluschi e nelle microalghe, e un metodo che sfrutta la fluorescenza al fine di rilevare la produzione di tossina – richiedono invece qualche accorgimento in più, ma danno comunque una risposta in tempi brevissimi. Inoltre è stato messo a punto un biosensore di facile impiego, basato su nanotubi di carbonio, che aumenta la sensibilità del saggio “Elisa”. I test sono già stati presentati di recente ad alcuni mitilicoltori locali, i quali ne hanno potuto verificare di persona la facilità di esecuzione e la sensibilità, come verrà illustrato anche nel corso dell’appuntamento di oggi nella sede dell’Università.
 

 

LA NOTTE DEI RICERCATORI - E Clini parla di energia e ambiente - Il neopresidente di Area relatore dell’incontro promosso da Università e Ictp
 

L'esordio a Trieste di Corrado Clini, neopresidente di Area Science Park, sarà uno dei punti di forza degli incontri con il pubblico durante la Notte dei ricercatori. L'appuntamento con lui e con l'evento organizzato da Università e Ictp nello Stand Incontri di piazza Unità alle 17.30 (“Energia e ambiente: armonia o ostilità?”) andrà dritto al cuore del rapporto tra attività umane e alterazioni ambientali. Clini, medico di formazione e manager scientifico di professione, è da vent'anni direttore generale del ministero dell'Ambiente e in tale veste ha seguito da vicino le trattative che hanno portato al Protocollo di Montreal per la difesa della fascia di ozono e al Protocollo di Kyoto contro i gas serra. Accanto a lui Ugo Bardi, chimico dell'Università di Firenze (nonché blogger scientifico tra i più seguiti), che aggiungerà al tema riflessioni spesso provocatorie in tema di modificazioni climatiche e limiti dello sviluppo. Numerosi saranno inoltre i ricercatori locali che verranno coinvolti nel dialogo a più voci. Sulla stessa scia anche l'altro confronto pubblico su energia e ambiente organizzato dalla Fondazione internazionale Trieste per il ciclo “Le filiere dell'energia” (Camera di commercio, ore 15). Dopo biomasse, risparmio energetico, idroelettrico, stavolta tocca all'energia solare. Ne parleranno Giacobbe Braccio dell'Enea (specialista di biocombustibili e biomasse) e Vanni Lughi (ingegnere dei materiali del nostro Ateneo, esperto di celle solari), con la presenza dei fisici Stefano Fantoni (presidente della Fit) e Renzo Rosei e dell'ingegnere chimico Maurizio Fermeglia. Non solo scienza e tecnologia, ma anche economia e futuro delle fonti energetiche.

Fabio Pagan
 

 

 

 

LA REPUBBLICA - MARTEDI', 20 settembre 2011

 

 

Rinnovabili, nel 2010 +11% ora contano per oltre il 21%
 

Secondo i dati del Gse più di un quinto dell'elettricità consumata lo scorso anno è stata prodotta da fonti verdi. In termini assoluti l'aumento è stato dell'1,6%. Contributo record dell'idroelettrico, obiettivi Ue più vicini

ROMA - Nel 2010 la produzione di elettricità rinnovabile è aumentata in Italia dell'11,1%, rispetto all'anno precedente portando il suo contributo ai consumi nazionali dal 21,2% del 2009 al 22,8%. Una percentuale che ci mette in carreggiata per arrivare al 2020 centrando l'obiettivo del 27% fissato per il nostro paese dall'Unione Europea nell'ambito della direttiva 20-20-20. Lo certifica il Gestore dei servizi energetici nel suo "Bilancio elettrico e le fonti rinnovabili in Italia a fine 2010" pubblicato oggi online 1.
A fronte di una richiesta di elettricità cresciuta del 3% rispetto al 2009, il comunicato del Gse sottolinea come "le fonti convenzionali continuano a fornire il contributo principale" con il 63,8%, "seguite dalle rinnovabili (22,8%) e dalle importazioni (13,4%)". Nel 2010 gli impianti alimentati con fonti "verdi" in Italia hanno raggiunto le 159.895 unità, più del doppio del 2009, e hanno una "potenza efficiente lorda pari a 30.284 MW con circa 3.765 MW addizionali (+14%)". A livello di produzione, con il 15,3% (esclusi i pompaggi), a farla da padrona è come al solito l'idroelettrico, che tra l'altro nel 2010, grazie anche alle abbondanti precipitazioni, ha raggiunto il suo massimo storico, superando i 51.045 GWh prodotti nel 1977.
A seguire vengono l'eolico e le biomasse (al netto dei rifiuti non biodegradabili), entrambe con
il 2,7%, che nel giro di pochi anni hanno superato lo storico contributo del geotermico, fermo all'1,5%. Ancora del tutto marginale invece il fotovoltaico, che nel 2010, pur avendo migliorato di oltre il 200% la potenza lorda installata, ha inciso per appena lo 0,6% della produzione. Da segnalare, tra i dati statistici forniti dal Gestore, anche il boom degli impianti per la creazione di biogas dai liquami degli allevamenti, aumentati di numero del 239%.
Visto il decisivo contributo dell'idroelettrico, confermare questa percentuale anche negli anni futuri, evitando di incorrere nelle sanzioni previste dall'Unione Europea, dipenderà molto dall'andamento delle piogge. A migliorare il dato dovrebbe pensarci invece l'esplosione del fotovoltaico che il rapporto del Gse fotografa quando aveva una potenza efficiente lorda installata pari a quasi 3,5 mila MW, ma il vero sprint c'è stato nel 2011, con gli attuali 10,8 mila MW di potenza di picco installati. Stando alle proiezioni del Kyoto Club, nel 2012, seguendo l'attuale trend di incremento nelle installazioni, il fotovoltaico potrebbe arrivare a soddisfare il 5,5% dei consumi elettrici nazionali. Fondamentali saranno anche i progressi nel campo dell'efficienza energetica, con una riduzione o quantomeno una stabilizzazione dei consumi complessivi in grado di esaltare il crescente contributo di solare, eolico e biomasse.

VALERIO GUALERZI

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 20 settembre 2011

 

 

Trieste si prepara alla marcia per la pace - DOMANI L’INIZIATIVA DEL COLLEGIO DEL MONDO UNITO
 

Domenica prossima si rinnoverà il tradizionale appuntamento con la marcia della pace Perugia-Assisi. Un evento che, a Trieste, sarà preceduto da alcune iniziative inserite nel progetto intitolato “Percorso verso la marcia Perugia- Assisi e 1.000 Giovani per la Pace a Bastia Umbra”, illustrato ieri dall’assessore provinciale alle Politiche per la pace Roberta Tarlao. «Si tratta di un progetto che si articola in più giornate – ha spiegato Tarlao – e che coinvolge i giovani sulle tematiche della pace. La Marcia che si svolgerà domenica 25 settembre infatti, sarà preceduta venerdì e sabato dai 1.000 Giovani per la Pace a Bastia Umbra e da altre manifestazioni rivolte particolarmente ai giovani e al territorio di Trieste e provincia». Domani, a partire dalle 16, fra piazza della Borsa e piazza Unità si terrà l'ultima delle iniziative triestine, prima della partenza per la cinquantesima Marcia Perugia - Assisi. Sarà l'ultima tappa del percorso "verso la Marcia" realizzato in città, che si è snodato tra incontri ed eventi dal 19 giugno al 21 settembre. I significativi e colorati interventi dei ragazzi del Collegio del Mondo Unito, che prevedono anche una mini Marcia e un minuto di silenzio in memoria delle vittime, verranno seguiti dal disegno del Cuore grande di Trieste, fatto di persone, in piazza Unità. Previste poi la dispersione in mare di fiori in memoria delle vittime di guerre ed immigrazione, e un saluto finale da parte della filarmonica di Santa Barbara. Una decina di giovani triestini parteciperà ad un laboratorio specifico sugli Interventi civili di pace, all'interno dei "1000 giovani", manifestazione preparatoria della Marcia, che si terrà a Bastia il 23 e 24 settembre. Sono studenti, ha precisato l’assessore Tarlao, che hanno partecipato ad un progetto, condotto assieme ad Arci Servizio Civile negli istituti Carducci, Volta, Galilei, Petrarca, Prešeren e Carli, e che vanno a confrontarsi ora con i ragazzi delle altre città. I partecipanti triestini alla Marcia per la Pace e la Fratellanza fra i Popoli partiranno sabato sera da piazza Oberdan in pullman (ritrovo alle 23, partenza alle ore 24 ), e rientreranno dopo la mezzanotte di domenica. Il costo del viaggio è fissato per gli studenti in 10 euro. Le prenotazioni si ricevono fino a sabato nella sede della Tavola provinciale per la Pace, in via Valdirivo 30 dalle 17 alle 19, telefono 338 211 8453. Hanno preso parte oggi alla presentazione i rappresentanti delle tante associazioni impegnate: Unione degli studenti, RIME / Libera, Gruppo interscolastico Niente Scuse, Lega Ambiente, Wwf, Italia Nostra, Emergency. E ancora un referente delle Comunità degli Immigrati e uno della Filarmonica di S. Barbara. Aderisce all'iniziativa anche Amnesty international.
 

 

Bonifica Acquario, avviata la procedura
 

MUGGIA Il Comune di Muggia ha annunciato nella giornata di ieri la procedura negoziata in economia per l'affidamento dell'incarico del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente del sito inquinato denominato "Acquario". Gli incarichi specifici riguardano la progettazione definitiva ed esecutiva, la direzione lavori, il coordinamento della sicurezza per la progettazione e l'esecuzione. Come già annunciato durante l'ultima seduta del Consiglio comunale l'ammontare è stato stimato in circa 80mila euro provenienti da avanzo di amministrazione. Infatti gli incarichi in campo ambientale (progetto operativo di bonifica) è stato stimato un importo pari ad 79mila 970 euro quale base d’asta unitaria per la prestazione professionale richiesti; i restanti 30 euro riguardano l’importo la contribuzione dovuta all’Autorità di Vigilanza Contratti Pubblici per il rilascio del codice identificativo di gara (Cig). Il Comune ha specificato che «nel rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza e rotazione, per l’individuazione dei soggetti da invitare è stato pubblicato sul sito istituzionale apposito avviso per dare conoscenza dell’intenzione di affidare l’incarico, invitando i soggetti interessati a presentare richiesta di partecipazione». Tra gli incarichi previsti l'aggiudicatario dovrà provvedere alla preventiva indagine qualitativa sullo stato chimico-fisico dei quattro cumuli di terreno presenti in sito, di volumetria stimata in circa 1000 mc, al fine di accertarne la compatibilità ambientale per un eventuale riutilizzo nell'ambito dell'area stessa.

(ri.to.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 19 settembre 2011

 

 

Lupieri: bonifiche, snellire l’iter - L’ESPONENTE DEL PD - «Tempi certi per gli imprenditori, la Regione se ne faccia carico»
 

«Urge ridurre i percorsi normativi e amministrativi sulle bonifiche del sito inquinato di interesse nazionale, che non può prevedere due anni almeno per caratterizzazioni e analisi del rischio. Due anni sono insostenibili, data la necessità di disporre quanto prima di spazi per attività industriali, essenziali allo sviluppo economico ed alla coesione sociale di Trieste». Lo afferma il consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri, tirando in ballo la Regione che «deve subito definire un iter più breve. I finanziamenti per le caratterizzazioni - prosegue Lupieri - sono fondamentali come sono fondamentali tempi più brevi per gli insediamenti industriali, che ci vengono richiesti dalla grave situazione economica e dalla necessità di rimpinguare le povere casse comunali per poter garantire i servizi ai cittadini. Oggi - chiude Lupieri - serve uno sforzo politico e culturale per semplificare e deburocratizzare e per dare tempi certi agli imprenditori che altrimenti si rivolgono altrove. La Regione ha le capacità per poterlo fare, ma serve la volontà politica di farlo, ed è quanto viene richiesto».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 18 settembre 2011

 

 

Muggia, il gruppo Lucchini non molla sulla centrale
 

Il progetto, collegato al rigassificatore di Zaule, ha il parere negativo del Comune La questione si riapre dopo la presentazione spontanea di documenti integrativi
MUGGIA Il Comune di Muggia non vuole la centrale termoelettrica. Ma il gruppo Lucchini non molla. Torna d’attualità anche nella cittadina rivierasca il progetto della centrale da 400MW che la gruppo Lucchini intende realizzare nell’area ex Esso, a poca distanza dal termovalorizzatore di AcegasAps. «La centrale è legata strettamente alla realizzazione del rigassificatore e quindi non la vogliamo», ha motivato più volte (all’unanimità) il Consiglio comunale muggesano. L’ultima volta era stato un anno fa esprimendo parere negativo sulla documentazione, fornita da Lucchini Energia, per la valutazione d'impatto ambientale. In questi giorni però il responsabile del Servizio Ambiente e Sviluppo Energetico Paolo Lusin ha evidenziato la possibilità di visionare la documentazione integrativa spontanea relativa all'istanza per l'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale, ossia l’informazione sul procedimento di Via di competenza ministeriale relativo alla centrale. L’area individuata per realizzare la centrale, che complessivamente dovrebbe occupare 30mila metri quadri, è inserita in quella denominata ex Esso, nel porto industriale, accanto al termovalorizzatore, prospiciente il canale di Zaule, in corrispondenza della cosiddetta “ex discarica di via Errera”. Parte della zona interessata al progetto è attualmente assegnata in concessione al Comune di Trieste dall’Autorità portuale. L’area restante sarà strappata al mare, attraverso la realizzazione di una cassa di colmata. La zona prevista per l’intervento rientra nel Sito inquinato di interesse nazionale. Di conseguenza, prima di iniziare qualsiasi opera edilizia, l’area dovrà essere sottoposta alle lunghe e costose procedure per il risanamento ambientale: caratterizzazione del terreno, per conoscere numero e quantità degli inquinanti, messa in sicurezza, e bonifica. Il tutto, secondo procedure che devono essere approvate dal ministero dell’Ambiente. Il documento di integrazioni volontarie allo studio d’impatto ambientale e alla domanda allegata all’istanza di Aia redatto dalla Società d’ingegneria Medea Development Sa – come evidenziano gli uffici comunali muggesani – potranno essere visionati previo accordo con l’ufficio in via Roma 22. Dunque, oltre al Comune di Trieste sul cui territorio è prevista la collocazione dell’opera, la Direzione Centrale Ambiente e Lavori pubblici della Regione ha ritenuto di acquisire anche il parere del Comune di Muggia interessato dagli impatti della sua attuazione. A breve dunque il nuovo Consiglio comunale sarà tenuto ad esprimersi con apposito atto consiliare.
Riccardo Tosques

 

 

Un impianto termoelettrico da 400MW
 

Il progetto di centrale termoelettrica a ciclo combinato da 400MW avanzato dalla Lucchini Energia Srl rientra secondo l’amministrazione comunale di Muggia nel più ampio contesto del progetto di rigassificatore. La centrale dovrebbe sorgere nel Porto Industriale di Trieste. accanto al termovalorizzatore, prospiciente il canale di Zaule, in corrispondenza della cosiddetta “ex discarica di via Errera” in un’area di 30mila metri quadri. Il Consiglio comunale di Muggia, già espressosi contrario al progetto, sarà chiamato a breve a dare una nuova valutazione sulla centrale.
 

 

«Ferriera, chi controlla non fa il suo dovere»
 

La denuncia dell’esponente del comitato “No Smog” Tasso, che tira in ballo Arpa e Regione
Tira una brutta aria attorno alla Ferriera. Adriano Tasso, esponente dell’associazione ambientalista No Smog, ha usato ieri questa metafora per fotografare il quadro dei problemi collegati allo stabilimento, in un incontro al quale era presente tra gli altri l’assessore all’Ambiente Laureni. Brutta aria, ha spiegato Tasso, per i debiti (appena emersi, ndr) che Elettra produzione ha con Servola spa e per la situazione finanziaria della società, per l’indagine aperta di recente dalla Procura, per chi inquina e per la gente costretta a respirare l’aria inquinata. Oltre alla situazione ambientale, Tasso ha rilevato come a a giugno e a luglio, per diversi giorni, la centrale di Elettra abbia prodotto «forti vibrazioni, con le case di via del Ponticello che tremavano, come verbalizzato dai pompieri. E queste vibrazioni sono riprese da alcuni giorni». Il rappresentante dell’associazione ha poi puntato l’indice contro la Regione, precisando che sono trascorsi tre anni dall’annunciata revisione dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) e non è successo nulla. «Da quando è stata rilasciata - ha rimarcato - l’Aia non ha portato alcun beneficio: le polveri sono aumentate, il benzene è fuori controllo (a giugno era al doppio della media annuale), il benzoapirene è anche al doppio anche se il suo limite è stato “cancellato” fino al 2013. Che senso hanno i controlli - si è chiesto - se non accade nulla?». Tasso ha quindi chiamato in causa l’Arpa, sottolineando come «non faccia il suo dovere: il quadro della qualità dell’aria del 2010 non è stato ancora presentato a Comune e Regione, un’inerzia insopportabile». Fra i documenti prodotti da No Smog, anche la lettera con cui il direttore generale dell’Azienda sanitaria, Samani, il 10 maggio scorso ha invitato gli enti preposti a prendere provvedimenti a tutela della salute a seguito dei numerosi ed elevati sforamenti dei livelli di benzene e di pm10. In merito alla lettera di Samani interviene anche il consigliere regionale Lupieri (Pd), presente all’incontro, annotando come il direttore generale dell’Ass evidenzi che «l’esposizione a più inquinanti rappresenta un fattore comulativo di rischio, e come sia ben documentato l’effetto moltiplicativo per quanto riguarda gli effetti a lungo termine tra agenti irritanti e cancerogeni». Lupieri annuncia quindi un’interrogazione urgente a risposta immediata, nella prossima seduta del consiglio regionale, sulla situazione di Servola. «L’assenza della Regione sul tema - conclude - è inaccettabile, sia riguardo alla tutela della salute sia alla riconversione dello stabilimento». Sul nodo Ferriera interviene anche il consigliere regionale e comunale Alessia Rosolen (Un’altra Trieste), che afferma di condividere la posizione del sindaco Cosolini sull’urgenza di prendere decisioni in merito allo stabilimento. «Viviamo in emergenza da dodici anni - sottolinea la Rosolen - e da un anno e mezzo non si riuniscono i tavoli creati in Regione su ambiente, riconversione dell’azienda e dei lavoratori. Quasi mille famiglie - aggiunge - sono la garanzia della tenuta sociale della città, dopo che in un anno i disoccupati sono saliti a quota 10mila. Oltre alla Ferriera - conclude - abbiamo altre due emergenze gravi, l’Alcatel e il Sincrotrone che entro l’anno lasceranno senza lavoro centinaia di persone».

(gi.pa.)
 

 

Fogar a processo per il blitz in Municipio - Il presidente del “Miani” e altri dieci avevano occupato per due giorni la sala del Consiglio
 

PER PROTESTA CONTRO L’INQUINAMENTO A SERVOLA
Avevano occupato la sala del Consiglio comunale per protestare contro la poca determinazione con cui in città viene affrontato il problema dell’inquinamento prodotto dalla Ferriera di Servola. Per due giorni, tra il 28 e il 29 giugno, una dozzina di manifestanti si erano insediati tra i banchi della maggioranza e dell’opposizione. Erano stati identificati e denunciati: pochi giorni fa sono stati rinviati a giudizio per aver invaso il Municipio, un edificio pubblico. Il processo sarò celebrato nell’aprile del 2012. Ecco i nomi degli imputati che, se riconosciuti colpevoli, rischiano fino a due anni di carcere congiunti a una pesante multa: Enzo Gabersi, Rosetta Maria Zimmerman, Sergio Gullini, Gloria Cattaruzza, Franco Suman, Claudio Starc, Marina Kocevar, Guerrino Fili, Maurizio Fogar, Cristina Carbi, Fulvio Montecalvo. «Noi abbiamo vinto, il sindaco Roberto Dipiazza ha perso». Con questa frase pronunciata da Maurizio Fogar, fondatore e portavoce del Circolo Miani, da tempo impegnato nella battaglia per l’immediata chiusura della Ferriera, si era conclusa l’occupazione della saletta adiacente all’aula del Consiglio comunale. Ad accogliere gli occupanti in piazza dell’Unità c’erano numerosi aderenti allo stesso circolo, muniti di rumorose vuvuzelas e cra-cra. Erano schierati attorno a una decina di striscioni, il più vistoso dei quali, sistemato proprio sotto le finestre del Consiglio comunale, recava l’evidente scritta “vergogna”. «Noi abbiamo vinto, il sindaco Dipiazza ha perso», aveva affermato Fogar. Certo è che gli occupanti non erano stati ricevuti né dall’allora sindaco Roberto Dipiazza, né da altri esponenti della giunta di centrodestra. Un silenzio assordante. Al contrario avevano ricevuto l’appoggio politico di Alfredo Racovelli, consigliere comunale dei Verdi. In una nota l’esponente dell’allora opposizione, oggi non più presente sugli scranni dell’aula, aveva sostenuto che «si tratta di cittadini che hanno lavorato tutta la loro vita e che hanno legittimamente inteso con questa iniziativa ribadire che la salute e il decoro non si barattano con qualche promessa in campagna elettorale. La decisione del sindaco Dipiazza di rifiutare qualsiasi confronto, ha segnato un nuovo punto di non ritorno». Va aggiunto che i manifestanti erano stati identificati uno per uno dai vigili urbani nel momento stesso in cui erano entrati in Municipio per assistere alla seduta del Consiglio comunale.
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 17 settembre 2011

 

 

Via le zone a traffico limitato nuovi park a pagamento

 

Varate dalla giunta le linee guida per il Piano della viabilità: nelle vecchie Ztl agevolazioni per i residenti. Spazio alle bici a noleggio e a ulteriori aree pedonali
Eliminazione delle zone a traffico limitato (Ztl), al cui posto sorgeranno nuovi parcheggi a pagamento con forti agevolazioni per i residenti. Creazione di ulteriori aree pedonali anche nei rioni periferici e nei borghi carsici. Potenziamento del trasporto pubblico e installazione di postazioni di bike sharing, bici a noleggio. C’è questo e molto altro nei nuovi indirizzi approvati dalla giunta comunale in vista della rielaborazione del Piano del traffico lasciato in eredità dall’esecutivo Dipiazza. Piano che, appunto, l’esecutivo Cosolini ha scelto di non cassare completamente, ma di “rinfrescare” e adeguare alle esigenze attuali. L’operazione di maquillage, che porterà all’elaborazione di una rinnovata bozza del documento, si ispirerà a una serie di rigorose linee guida. La precedenza sarà data a pedoni, ciclisti e utenti deboli (come portatori di handicap e mamme con carrozzine), per i quali sono previste nuove isole pedonali, piste ciclabili più lunghe (si pensa a una connessione tra quella sulle Rive e quella che, da San Giacomo, porta fino in Val Rosandra) e permessi speciali. Per i disabili, per esempio, si ipotizza l’ingresso in auto anche nelle aree soggette a restrizioni al traffico. È però sulla vita degli automobilisti che il nuovo piano dell’era Cosolini produrrà i cambiamenti più significativi. «A livello di sosta - spiega il sindaco - puntiamo ad eliminare le Ztl, che oggi servono a poco, ampliando i posteggi a pagamento, anche in centro storico. Questa novità si accompagnerà a forti agevolazioni per i residenti. L’idea è di “regalare” loro pacchetti da 4-5 ore di sosta gratuita. Un modo anche per incentivare la rotazione ed evitare che alcuni stalli siano perennemente occupati da auto lasciate ferme per mesi dai proprietari. La stessa formula, adottata da tempo in molte grandi città europee - prosegue il sindaco - potrebbe essere estesa anche a zone periferiche, sul modello di quanto accaduto in piazza tra i Rivi a Roiano, dove la creazione di posti a pagamento favorisce il turn over a vantaggio anche dei negozi della zona». Chiari anche gli obiettivi da centrare sul fronte della sicurezza stradale. «Abbiamo individuato quattro strade particolarmente critiche a livello di circolazione: via Giulia, via Brigata Casale, via Flavia e viale Miramare. Qui - precisa ancora il sindaco - interverremo con soluzioni specifiche, che potranno essere nuovi semafori o rotatorie, per ridurre il rischio incidenti. Con lo stesso spirito, inoltre, introdurremo in altre zone della città il limite di 30 chilometri orari al posto dell’attuale tetto dei 50». Forte, poi, l’impegno a sostegno del trasporto pubblico. Scelta che si concretizzerà nell’ampliamento delle corsie riservate lungo le principali dorsali, nella logica della tolleranza zero contro comportamenti come la sosta selvaggia alle fermate, e nell’ottimizzazione dei collegamenti tra le Rive e piazza Goldoni. La soluzione potrebbe essere quella già annunciata da Cosolini: corso Italia riservato ai mezzi pubblici in corsa verso piazza Goldoni, e via Mazzini percorribile sempre solo dai bus verso le Rive. Ipotizzata anche una nuova forma di mobilità mista: bus+bici. Di qui l’idea di installare in tutte le zone pianeggianti di Trieste delle postazioni di bike sharing, bici pubbliche a noleggio. «Un esperimento che, come ho constatato di recente a Lubiana -chiude il sindaco - funzionerà nella misura in cui aumenteranno isole pedonali e zone off-limits per le auto».
Maddalena Rebecca

 

 

PIANO DEL TRAFFICO - Bozza pronta tra due mesi poi l’iter verso l’approvazione - I TEMPI
 

Gli indirizzi generali ci sono, ma il lavoro è tutt’altro che esaurito. Prima di arrivare all’elaborazione del nuovo Piano del traffico, infatti, andranno sciolti diversi nodi. Non solo l’individuazione concreta, piantina alla mano, delle vie da chiudere alle auto o delle piazze in cui creare nuovi stalli a pagamento. Ma anche la definizione delle migliori soluzioni per ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico, l’aggiornamento del piano parcheggi, essenziale per riuscire a razionalizzare la circolazione dei mezzi privati, la raccolta di suggerimenti e pareri da parte di cittadini e categorie. Quello del futuro piano, infatti, si annuncia un iter all’insegna della partecipazione. La popolazione, alla quale già ieri il sindaco ha esposto i nuovi indirizzi in un incontro pubblico al Revoltella, avrà a disposizione una ventina di giorni per presentare osservazioni ed eventuali critiche. Materiale che poi servirà ad aggiornare il “vecchio” documento elaborato dalla giunta Dipiazza e a produrre infine la nuova versione del piano. I tempi? «Di passaggi ce ne sono parecchi - afferma Cosolini -. Contiamo comunque di completare la revisione della bozza per metà novembre».

(m.r.)
 

 

Nuovo ponte sul canale nasce il comitato del «no»
 

Al via la raccolta di firme per inoltrare una petizione al Comune e bloccare i lavori Giacomich (Italia Nostra): un’opera inutile che deforma la prospettiva
Un progetto, un comitato. Ovviamente contro. Trieste si mantiene in media con la sua conflittualità permanente, convogliando stavolta contro il terzo ponte sul Ponterosso tutti i suoi strali. Con un’importante differenza, però: la contestazione stavolta è assolutamente bipartisan (né potrebbe essere diversamente con un progetto approvato dalla giunta Dipiazza e ereditato da Cosolini...), non parte da beghe di condominio e, soprattutto, sembra aver fatto subito presa su un ampio fronte che va da architetti e progettisti per giungere fino agli uffici di Italia Nostra. Tra le promotrici, quest’ultima associazione, di una raccolta di firme, praticamente avviata ieri, che dovrebbe concretizzarsi in una petizione da spedire al consiglio comunale. «Il progetto di attraversamento che si vorrebbe realizzare tra le vie Cassa di Risparmio e Trento - ha spiegato la presidente Giulia Giacomich - deforma irrimediabilmente la prospettiva del canale. Che è portato a modello nel mondo per la sua eleganza, tanto che è stato ripreso pari pari, recentemente, per un intervento che ha interessato la città di Amburgo». Nel discorso della referente di Italia Nostra è inoltre emerso quello che più tardi è diventato praticamente il tema conduttore del comitato: l’inutilità della passerella, che ha fatto ricordare all’ex consigliere comunale Ester Pacor una battuta del compianto esponente del Pd, Giorgio De Rosa, che sosteneva che «è inutile unire con un ponte “Pepi S’ciavo” alle prostitute di via Trento...». «È tutto incomprensibile, compresa la scelta dell’acciaio e del vetro - ha protestato Roberto Sasco, esponente Udc già presidente della VI commissione comunale - molto meglio sarebbe buttar giù il muro del Porto, in corso Cavour, e uscire dall’imbuto». Dalle parole di Sasco, che ha anche ricordato come per il 2012 sia prevista la ripavimentazione in masegno dell’intera area di piazza Ponterosso, ultima tranche del “Prusst” , è però emersa anche la vera difficoltà: c’è stata già una gara per la realizzazione del ponte e far recedere la ditta vincitrice dall’impegno risulterebbe oltremodo complicato. «Mi spiace per Cosolini - ha detto Sasco - che non c’entra niente in questa vicenda, ma spero ci siano almeno i margini per trovare un accordo con la ditta mantenendo il finanziamento». «In effetti - ha aggiunto Marcello Perna - la procedura dell’appalto non può essere interrotta, anche se la formula scelta mi ha lasciato non poche perplessità...». Da lunedì, raccolta delle firme nella sede di Italia Nostra, in via del Sale 4/b e allo studio Perna in piazza San Giovanni. In arrivo anche alcuni banchetti in centro.
Furio Baldassi

 

 

PONTEROSSO - Torbianelli: ma a Maria Teresa piacerebbe
 

Ha tentato di parlare ma poi, zittito come un Pierino, è tornato buono buono nel suo angolo al “Tommaseo”. A Vittorio Torbianelli, docente alla facoltà di Architettura e tra i più attivi “alfieri” del rinnovamento cittadino, l’idea del ponte (nella foto un’elaborazione grafica dell’opera) non dispiace affatto. «In tante città europee - racconta - sono state progettate strutture simili e nessuno ha detto niente... Quella passerella, inoltre, aprirebbe una parte di città ora morta. Darla per defunta e rassegnarsi, però, vuol dire evitare lo sviluppo. Che invece servirebbe, in un’ottica futura di Silos, Portovecchio, piazza Unità, Cavana unite armoniosamente. E, invece, c’è un obiettivo “gap” di mobilità nel Borgo Teresiano, dove andrebbe rilocalizzato il commercio e, sfruttando la forte impronta neoclassica dei suoi palazzi, anche create nuova attrattive per il turismo. Il Ponterosso aveva un senso, così strutturato - incalza Torbianelli - quando c’erano le navi. Così l’aveva voluto Maria Teresa, che oggi sarebbe di sicuro la prima a dire: e fatelo, ’sto ponte...».

(f.b.)
 

 

Ret: «La variante 27 al Prg è una risposta ai cittadini»
 

Il sindaco di Duino: «Non c’è alcuna speculazione edilizia, dall’opposizione osservazioni in ritardo. Indirizzi approvati all’unanimità in Consiglio»
DUINO AURISINA «L’opposizione può togliere quello che vuole ma lo farà a sua responsabilità scegliendo a chi e a cosa dire di no con le relative conseguenze». Ferma la risposta del primo cittadino di Duino Aurisina, Giorgio Ret, in merito alla “colata di cemento di 33mila cubi” della variante 27 denunciata ieri dall’Unione Slovena e dal capogruppo del Pd, Massimo Veronese. Osservazioni, quelle fatte dall’opposizione, che secondo lo stesso Ret «arrivano in ritardo e non corrispondo minimamente agli indirizzi decisi ed approvati all’unanimità in consiglio». Definita dal primo cittadino una “variante di giustizia” che al suo interno cerca di abbracciare le diverse esigenze ed il benessere della comunità tra cui figurano anche il recupero di Castelreggio e degli interventi riguardanti le società nautiche che operano in zona, la 27 vuole, nelle parole di Ret, «essere totalmente estranea a qualsiasi speculazione edilizia». Per dimostrarlo snocciola numeri e una classificazione inserita all’interno del prg, la Bb3, che prevede la quasi sola edificazione di abitazioni private e che nella nuova variante limita la costruzione di edifici con metratura superiore a 150 metri quadrati. «Se nella 24 e nella 25, posso essere d’accordo sul fatto che alcuni punti potessero essere non condivisi – chiosa Ret – in questo caso non mi trovo per nulla d’accordo sulle obiezioni manifestate. Ai 33mila cubi di “colata di cemento” paventati rispondo con i 2600 previsti ad integrazione di aree già edificate, i 9900 per la costruzione di casette familiari e i 18600 in cui gli interventi saranno ad integrazione del preesistente e a completamento dell’urbanizzazione». L’amministrazione comunale, quindi, non accetta le accuse e mette avanti la necessità di dare risposte ai cittadini. «Sono giunte 46 domande da parte di privati al quale abbiamo cercato di dare risposta. Non mi sembra che la variante così presentata lasci spazio a speculazioni edilizie» dichiara il sindaco. Stessa linea quella adottata dal suo vice, Massimo Romita: «Non comprendo la fondatezza di queste critiche visto che agli incontri in cui si è deciso l’indirizzo su cui basare la proposta della variante erano presenti tutti. In questo caso mi sento tranquillo perché abbiamo seguito tutti i passi necessari per essere il più trasparenti possibili. A ciò il presidente della commissione urbanistica, Fabio Eramo, ha dato piena disponibilità a chiarimenti o presentazione di nuove istanze».
Viviana Attard

 

 

Treni Trieste-Capodistria, si parte - Firmata la convenzione per il progetto. Sloveni d’accordo solo per i passeggeri
 

TRIESTE «La Slovenia farà partire entro un mese il bando per progettare la parte slovena del collegamento ferroviario per passeggeri tra Trieste e Capodistria». Lo ha affermato ieri Ljubo Zerak rappresentante del ministero dei Trasporti di Lubiana intervenuto a Trieste alla firma della convenzione tra Regione Fvg e Rete ferroviaria italia (Rfi) per la progettazione dei collegamenti transfrontalieri mancanti. L’obiettivo è realizzare entro due anni tutte le progettazioni e in particolare quella del tratto fra Trieste e Capodistria e la cosiddetta “lunetta” tra Gorizia e Nova Gorica e Vrtojba. «Prendere atto che Italia e Slovenia hanno stabilito di realizzare un collegamento fra Trieste e Capodistria - ha sottolineato l’assessore regionale a Infrastruttre e trasporti Riccardo Riccardi - equivale alla concretizzazione di quanto fino a poco fa appariva un’ipotesi remota». Ma la Slovenia, che anche ieri ha ribadito di considerare comunque prioritario il raddoppio del tratto Capodistria-Divaccia, intende utilizzare la Capodistria-Trieste solo quale metropolitana leggera per passeggeri. «Intanto però si mettono comunque i binari - ha commentato a latere Riccardi - poi si vede». L’obiettivo finale è ambizioso e l’assessore lo riassume nella denominazione “Hub del Sud Europa”: «un sistema Alto Adriatico che in prospettiva vedrà uniti non solo i porti di Trieste e Capodistria, ma anche i tre scali aeroportuali di Ronchi, Venezia e Lubiana, rendendo l’area competitiva su scala europea». Ieri nella sede triestina di Iniziativa centroeuropea la firma sulla convenzione è stata posta dallo stesso Riccardi e da Michele Marzano per Rfi. L’intesa rientra nel quadro del progetto chiamato Adria A e il suo coordinatore Carlo Fortuna ha definito l’accordo italo-sloveno «un evento di importanza epocale».
Silvio Maranzana

 

 

Elettra non paga, Ferriera in affanno
 

Da mesi la società della centrale è in debito con Lucchini: ridotta la produzione della cokeria, dipendenti in ferie forzate
Una riduzione del 15-20% della produzione della cokeria e ferie forzate per un certo numero di addetti a quell’impianto. Decisioni non facili, nell’attuale situazione della Ferriera, ma inevitabili da parte del gruppo Lucchini, dopo che da alcuni mesi Elettra produzione, la società che gestisce la centrale di cogenerazione, non paga i gas di cokeria e altoforno usati per trasformarli in energia elettrica. «Ci troviamo in difficoltà. Elettra produzione non paga da alcuni mesi», hanno detto ieri i vertici dello stabilimento di Servola - il direttore Enrico Casciello e il capo del personale Alberto Scapellato - alle Rsu (Pantuso e Scotti della Fiom, Salvaneschi (Fim), Palman (Uilm), Pastore e Prella della Faims), annunciando la decisione di ridurre la produzione della cokeria e di far smaltire le ferie al personale di quel reparto, un centinaio di persone, per un periodo di tre, quattro mesi. Anche se nell’incontro, protrattosi per quasi tre ore, non si è minimamente accennato a ipotesi di cassa integrazione, la decisione dell’azienda ha avuto sui sindacalisti l’effetto di una doccia fredda. «Siamo preoccupati perchè l’azienda ha problemi di liquidità - commenta Luigi Pastore (Faims) - e le istituzioni non si fanno sentire. Vogliamo lavorare in sicurezza, e i lavoratori non possono pagare per tutti». Annunciando che le Rsu hanno chiesto un incontro urgente all’amministratore delegato del gruppo Lucchini, Marcello Calcagni, Umberto Salvaneschi (Fim-Cisl) osserva però che «il ricorso a ferie forzate non è motivato. La riduzione della produzione del coke non comporta la necessità di ricorrere alle ferie». Quanto all’organizzazione dei periodi di ferie forzate, una riunione è prevista la prossima settimana fra i sindacati e il capo del personale. «Ci dissociamo dal ricorso alle ferie - ribadisce Franco Palman (Uilm) -. Bisogna fare chiarezza sul problema della centrale e sulla situazione del gruppo. La preoccupazione è alta - aggiunge - e non vorremmo che questa decisione fosse l’inizio di un effetto domino verso la chiusura anticipata dello stabilimento. Le istituzioni devono assumersi le loro responsabilità - conclude -. La situazione è molto negativa, e il problema con Elettra non deve essere sottovalutato». Sul fronte dell’azienda, il responsabile delle relazioni esterne Francesco Semino lascia trasparire un certo disappunto per il comportamento di Elettra produzione: «Elettra ritira il gas, produce energia, fattura, incassa ma non paga noi. E questo continua da alcuni mesi». Semino lascia comunque capire che il gruppo ha attivato alcune iniziative con Elettra produzione, che potrebbero anche diventare di carattere legale. Se la situazione dovesse proseguire, le cifre che la società devrà a Lucchini rischiano di diventare veramente pesanti. «Il problema - precisa sempre il responsabile delle relazioni esterne - è già di alcuni milioni, ma se fosse destinato a crescere potrebbe raggiungere qualche decina di milioni. Il gruppo - aggiunge - è già in difficoltà finanziarie, e questi minori introiti ci creano ulteriori problemi». In un quadro non certo tranquillo, c’è un dato “positivo”: la ridotta produzione del coke non si ripercuoterà su quella della ghisa; diminuirà la quantità di coke che da Trieste viene da tempo inviata via mare allo stabilimento di Piombino. Non è dunque in pericolo l’attività della Sertubi, che utilizza la ghisa liquida prodotta a Servola e che intravede un futuro di rilancio dopo l’arrivo del colosso indiano Jindal.
Giuseppe Palladini

 

 

FERRIERA - Cosolini: troppe le situazioni di criticità, serve una svolta
 

«Bisogna arrivare a una svolta. C’è un continuo ripresentarsi di situazioni di criticità più o meno gestibili». Il sindaco Roberto Cosolini (foto) non entra nel merito della vicenda emersa ieri, trattandosi di rapporti fra due aziende, ma ribadisce che le decisioni sul futuro della Ferriera di Servola vanno prese senza ulteriori indugi. E per queste decisioni la sede è quella della Regione. «Ci è stato preannunciato un tavolo regionale - ricorda il primo cittadino - e vi andremo con proposte di impegno comune e serrato per accelerare la riconversione dello stabilimento». Il tavolo regionale cui si riferisce Cosolini è stato annunciato qualche giorno fa dall’assessore alle Attività produttive, Federica Seganti, e dovrebbe tenersi entro ottobre.
 

 

FERRIERA - Uscita anticipata dal CIP6: il decreto ora lo consente

 

Elettra produzione, società controllata da un fondo di investimento inglese, potrebbe decidere di uscire anticipatamente dal regime Cip6, che prevede contributi per l’energia elettrica prodotta con combustibili di processo o residui. Lo prevede un decreto del ministero dello Sviluppo economico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 10 agosto scorso, che fissa tempi e incentivi per la risoluzione anticipata della convenzione. Per il momento l’azienda non sembra però intenzionata ad avvalersi di questa possibilità. «Non abbiamo nessun segnale di risoluzione anticipata - spiega Francesco Semino, a capo delle relazioni esterne del gruppo Lucchini - e nel caso potrebbe farlo solo in accordo con noi». Nel decreto è infatti specificato che, «nel caso la centrale utilizzi combustibili di processo o residui derivanti da attività industriali gestite da un soggetto terzo (il caso di Servola, ndr) il titolare della convenzione deve accordarsi preliminarmente con il soggetto terzo». Ma c’è un altro elemento che fa ritenere lontana l’ipotesi di un’uscita di Elettra dal regime Cip6, posto che la centrale di cogenerazione è un “gamba” essenziale per Servola (come si sta vedendo) e che un’analoga centrale di Elettra produzione opera nello stabilimento di Piombino. «Il ministero dello Sviluppo economico - sottolinea Semino - è motivato a far proseguire l’attività siderurgica fino al 2015». Se così è, fino a quella data Elettra produzione dovrebbe continuare a produrre energia elettrica con i gas di cokeria e di altoforno. Sempre che riprenda a pagarli...

(gi. pa.)

 

 

Putin a tutto gas, parte «South Stream»
 

Firmato l’accordo con Eni, Edf e Wintershall. Metano russo a due direzioni: Slovenia e Austria a Nord, la Puglia a Sud
TRIESTE Putin a tutto gas. Un calembour piuttosto scontato ma coerente con l’accelerazione che il leader russo ha impresso alla sua politica energetica. Una decina di giorni fa aveva annunciato che il gasdotto North Stream, che passa sotto il Baltico e che trasporterà 55 miliardi di metri cubi annui di gas verso l’Europa centrale, era “sotto pressione”, quasi pronto alla partenza. Da nord a mezzogiorno. Ieri a Soci, in Crimea, Putin ha presenziato alla firma dell’accordo che ripartisce le quote azionarie per la realizzazione del gasdotto South Stream: 50% alla russa Gazprom, 20% all’italiana Eni, che ha “lasciato” un 15% ciascuno alla francese Edf e alla tedesca Wintershall. Per rendere più potabile l’operazione sulle scrivanie Ue. La “pipeline” lavorerà con quattro tubi, transiterà verso i mercati europei fino a 63 miliardi di metri cubi annui, dovrebbe essere costruita entro il 2015 e costare complessivamente 20 miliardi di euro, la metà dei quali impiegati per il percorso (900 km) sotto il Mar Nero. Percorso sottomarino fortemente voluto dai russi che non vogliono negoziare “royalties” con l’Ucraina. E sul quale Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, ha già lanciato la candidatura di Saipem. Ma è interessante seguire l’intero tragitto dell’infrastruttura, pensata fin dal giugno 2007 tra Eni e Gazprom, appoggiata da Putin e Berlusconi: partirà dal porto russo di Beregovaya e arriverà a quello bulgaro di Varna. Poi il percorso continentale si biforcherà in territorio bulgaro, a nord verso Serbia, Ungheria, Slovenia, con una probabile destinazione finale nel terminal austriaco di Baumgarten, di cui Gazprom ha acquisito il 50%. A poche centinaia di chilometri da Trieste. Alla fine dello scorso marzo Putin visitò la Slovenia, Gazprom e Geoplin chiusero l’intesa per una società mista. Verso sud, invece, la tratta passerà per la Grecia e s’inabisserà nel canale di Otranto, raggiungendo gli approdi pugliesi. Per le realizzazioni terrestri, previo lavorio diplomatico di Mosca, Gazprom si è già mossa con apposite joint-venture nei Paesi interessati al passaggio della “pipeline”. Ma adesso entra in campo Bruxelles, che deve concedere le necessarie autorizzazioni per un’infrastruttura che attraversa gran parte dell’Europa sud-orientale. L’Unione europea non è entusiasta di iniziative condotte da singoli Stati nazionali, come l’Italia e la Germania, su un tema “forte” come quello dell’approvvigionamento energetico. Ed è impegnata, con il supporto statunitense, su un progetto “differente” da quello di South Stream, che reca il suggestivo nome di “Nabucco”: in questo caso il gas “salterebbe” il territorio russo, partirebbe da Baku sul Caspio, attraverserebbe la Turchia per risalire la penisola balcanica fino ai terminals centro-europei austriaci e cechi. Sono 3300 km di “pipeline”, per i quali c’è un duplice impegno, politico della Commissione Ue e finanziario della Bei e della Bers. Molti i soci: i turchi di Botas, i bulgari di Bulgargaz, i romeni di Trangaz, gli ungheresi della Mol, gli austriaci della Omv, i tedeschi di Rwe. Previsto un transito di gas per 31 miliardi di metri cubi. Scaroni, in occasione della firma avvenuta ieri, ha prontamente chiarito che South Stream e Nabucco non sono in concorrenza. Ma Eni rafforza l’alleanza strategica con Gazprom: cede ai russi il 50% della quota detenuta nel giacimento libico “Elephant”, mentre Gazprom acquisterà metano siberiano di Severnergia, dove Eni ha il 30%.
Massimo Greco

 

 

“Bici in sosta”, due-giorni su due ruote - PEDALATE URBANE ED EXTRAURBANE
 

Nell’ambito del programma delle iniziative per la “Settimana europea della mobilità”, promossa da Ministero dell’Ambiente e Comune di Trieste con la partecipazione di Provincia, Facoltà di Architettura e Ingegneria dell’Università, Amt, Trieste Trasporti e AcegasAps - oggi, con ritrovo alle 17 in piazza della Libertà (lato Silos), appuntamento con “Bici in sosta”, pedalata cittadina alla ricerca di parcheggi a cura di Ulisse-Fiab. L’iniziativa si svilupperà in una pedalata attraverso il centro della città (toccando piazzale Duca degli Abruzzi, via Rossetti, piazza Hortis, passeggio Sant’Andrea per concludersi davanti alle Torri d’Europa) con l’obiettivo d’individuare e segnalare punti strategici per la sosta delle biciclette. Domani, alle 8.30, in piazza della Borsa, a cura di Ulisse-Fiab, “Meccanico in Piazza”, assistenza ai ciclisti. A seguire, sempre in piazza della Borsa, alle 9, ritrovo per la partenza di “Bicincittà”, pedalata cittadina a cura della Uisp, mentre alla stessa ora è fissato anche il ritrovo per “Bicitracittà”, pedalata Trieste-Muggia, a cura di Ulisse-Fiab, che vedrà al termine (ore 11 in piazza Marconi a Muggia) l’incontro confronto tra le amministrazioni di Trieste e Muggia. Infine, alle 12, in piazza della Borsa, “Bike&Fun 4 Kids, animazione con MTB 360 all’arrivo di “Bicincittà”.
 

 

PEDIBUS SCUOLA GIOTTI

 

 Il Team del Pedibus promuove la terza edizione della Marcia-longa del Pedibus della scuola primaria «V. Giotti» che si terrà nella Settimane europea della mobilità, oggi dalle 8.30 con ritrovo davanti alla scuola stessa. Durante la manifestazione, i quasi trecento bambini della scuola, insieme ai genitori ed insegnanti cammineranno partendo dall’istituto, lungo i percorsi Pedibus di via Revoltella (da prima) e per poi risalire verso scuola seguendo il percorso di via Cumano.

 

 

 

 

LA VOCE DI TRIESTE - VENERDI', 16 settembre 2011

 

 

Giardino di via Cereria, un parcheggio al posto del parco? - L'assessore Marchigiani: «È impossibile bloccare i lavori»
 

Un incontro tra i cittadini e l'amministrazione comunale. È quello che hanno ottenuto alcuni consiglieri della quarta circoscrizione. All'incontro era presente l'assessore all'edilizia e ai lavori pubblici Elena Marchigiani e l'architetto, nonché dirigente comunale, Carlo Nicotra.
Al Knulp di via Madonna del Mare si è discusso di un documento che sarebbe affisso al cancello del giardino di Via Cereria, che parla della costruzione di un parcheggio per 106 posti macchina con tre piani sotterranei, di cui 25 in superficie.
Dalla discussione emerge che si tratta solo di «un’autorizzazione a procedere agli scavi archeologici e alle rilevazioni geologiche». Inoltre, non si potrebbe trattare di un parcheggio di quelle dimensioni perché il piano regolatore, attualmente, negherebbe la possibilità di creare parcheggi in superficie, ma solo interrati. Per questo motivo il piano originario, che prevedeva la realizzazione di 106 posti auto, è stato ridotto a 75 posti auto interrati. Il terreno su cui dovrebbe sorgere il parcheggio è proprietà comunale e la ditta che si occuperebbe dei lavori è la Riccesi Spa.
Il problema non cambia, secondo alcuni cittadini ambientalisti. «Rimane il fatto che quel luogo ora è un parco vero, ma con il verde pensile che verrebbe installato sopra i parcheggi, non sarebbe più autentico – hanno ribadito, aggiungendo che – gli alberi che sono presenti adesso verrebbero sostituiti, essendo impossibile recuperare le loro radici ben profonde».
«L'intento di agire su quel parco – ha detto la Marchigiani – risale alla giunta precedente». L'assessore ha accolto qualsiasi voce dal “popolo”, precisando però, che è impossibile bloccare i lavori, a meno che il Comune non intraprenda vie legali. Queste non solo non avrebbero elementi fondanti, ma sarebbero talmente dispendiose per le casse del Comune stesso che verrebbero meno parte dei servizi fondamentali che l'ente locale ha il dovere di offrire. Dal momento che è impossibile bloccarli, si può comunque procedere con delle modifiche al progetto, che appena avrà preso forma, passerà per la scrivania dell'assessore e del suo staff e verrà condiviso con la cittadinanza (o almeno questo è stato promesso durante il dibattito).
Tra gli interventi, ha preso parola l'architetto del paesaggio Romana Kačić, residente proprio in via Cereria, la quale chiede un «verde di qualità, con la possibilità di lasciare gli alberi d’alto fusto che sono una peculiarità di un vero giardino, un rifugio di uccellini e un piccolo polmone verde in un’area abbastanza cementificata, una boccata di ossigeno». Ha continuato dicendo che «abbiamo troppi esempi in centro di cementificazione (piazza Vittorio Veneto, Piazza Goldoni, le zone pedonali, piazza Ponterosso e tanti altri). Inoltre è importante lasciare intatti i muri di arenaria, un bell’esempio di costruzione riguardante il centro storico».
Un’altra residente di Via Cereria ha portato la documentazione rilasciatale dalla sovrintendenza e dall’archivio storico, nella quale si evince che nel giardino incriminato (o comunque accanto) c’è un pozzo / cisterna abbastanza grande, risalente a prima del 1835, quando quel palazzo venne costruito. La documentazione della cittadina va a contrastare i risultati dei rilievi fatti dall’Archeotest, che dicono di non aver trovato nulla. «Non è possibile!» hanno detto i presenti. «Forse non hanno cercato bene. Spesso se non si vuole trovare una cosa, si fa in modo di non trovarla” è stato ribadito da un architetto presente»
Per quanto riguarda i rilievi geologici, secondo i promotori dell'incontro «sono stati fatti per due giorni, evidenziando una falda acquifera. Da allora il giardino è sempre umido». I residenti sono preoccupati anche della stabilità del terreno su cui sono costruite le case adiacenti, a causa delle falde acquifere e della collina sovrastante.
Secondo la Marchigiani ci sarebbero molte persone disposte a comperare un posto auto in quella zona, che sono evidentemente persone con un tenore di vita più alto delle persone che erano presenti al Knulp, dal momento che nessuno ha espresso un parere favorevole ai parcheggi.
Alla fine della fiera, non si sbaglia di certo a dire che Trieste ha un serio problema con i parcheggi. Il problema è che la città, quando è stata pensata, non prevedeva che ogni abitante avesse una macchina. Ma se iniziassimo ad utilizzare (e di conseguenza potenziare) di più i mezzi pubblici?
Daniele Kovacic

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 16 settembre 2011

 

 

«Via Gallina va pedonalizzata» - La richiesta dei negozianti: chiusura sperimentale al traffico sino a fine anno
 

Pedonalizzare in via sperimentale via Giacinto Gallina, luogo di transito obbligatorio per chi voglia raggiungere piazza Goldoni partendo da piazza San Giovanni o viceversa; lasciare libera la passeggiata, offrire ai pedoni attività commerciali valorizzate dallo spazio aperto, e locali di caffetteria e ristoro con sedie e tavolini esterni. La proposta arriva dagli esercenti di via Gallina, per diversi mesi penalizzati a causa degli interventi di ripristino della strada che ne hanno sbarrato l’accesso fino ai giorni scorsi. «A lavori terminati ci siamo accorti che la vivibilità dell’area e la fruibilità degli esercizi commerciali sulla via sono migliorate radicalmente grazie al perpetuarsi del divieto al traffico veicolare (per consentire l’ultimazione dell’asfaltatura, ndr)», spiegano i commercianti proprietari dei tanti punti vendita siti nel tratto in questione, riunitisi ieri in un incontro pubblico far sentire la loro voce. Mario Regeni, proprietario del negozio “Calzature Regeni” in via Gallina 4 - insieme a Piero Nardin dell’adiacente “Montezuma” argento e oro, Fulvio Trapani della coltelleria “Fantoma”, i signori Erjavec proprietari del “Soledoro” e Martina Arban della tabaccheria della via - mette in evidenza i grossi disagi sopportati dagli operatori di via Gallina durante i lavori, da maggio a settembre, ma riconosce: «Dopo diversi mesi segnati da scarsissimi risultati di vendita, questa settimana, a lavori conclusi, i cittadini hanno preso a circolare nella via ancora chiusa al traffico di taxi e mezzi pubblici. La ripresa è stata immediata e il miglioramento tangibile. Vorremmo fosse estesa la pedonalizzazione almeno per tutto il 2011, anche al fine di recuperare la stagione disastrosa appena trascorsa». D’altra parte, commentano quasi all’unisono, quella è sempre stata una strada male organizzata, con marciapiedi dalla larghezza insufficiente e continui ingorghi dovuti al contemporaneo passaggio di pedoni, autobus e taxi. Una via nata per essere pedonale a detta della signora Gangemi dell’Alexandeplatz Café: «Le seccature sono finite, ora concentriamoci su ciò che questa via può diventare. Chiediamo al sindaco di accogliere la nostra proposta, motivata da solide considerazioni». Maria Elisabetta Masè, proprietaria dell’omonima salumeria, suggerisce: «Il massimo della comodità si avrebbe con la pedonalizzazione definitiva di via Gallina, il mantenimento in vigore dell’attuale piano dei bus che, prima dei lavori, circolavano in questa strada e il trasferimento dell’area taxi in via Imbriani o in piazza San Giovanni».

Vanessa Maggi

 

 

Duino, una variante al Prg per “sanare” il territorio
 

Il sindaco Ret: «Intendiamo dare una risposta ai molti residenti rimasti esclusi» Il progettista assicura: «Previste nuove edificazioni ma solo ad uso familiare»
DUINO AURISINA La platea non mancava, ieri sera, nella sala del complesso sportivo di Visogliano. I cittadini di Duino Aurisina sono accorsi in numerosi a vedere se le loro richieste erano state soddisfatte dall'amministrazione comunale. Qualcuno sarà andato via contento, altri meno. La variante numero 27 del piano urbanistico del comune, è stata presentata mercoledì alle 18.30 al pubblico dalla seconda commissione consiliare permanente. «Dopo le precedenti varianti - spiega nei saluti iniziali il sindaco, Giorgio Ret - da cui molti residenti sono rimasti esclusi per diversi motivi, mi ero impegnato a promuovere un ulteriore variante per sistemare le faccende in sospeso. Ora dopo aver ottenuto l'approvazione degli organi regionali siamo giunti a questo progetto». Un fitto programma di eventi in calendario. Dopo due riunioni in commissione, la presentazione al pubblico. «Saremo disponibili negli uffici - spiega Ret - per chi volesse ulteriori dettagli e approfondimenti, poi ci sarà un altro incontro con la cittadinanza per raccogliere gli eventuali dubbi» conclude il sindaco. In sala buona parte della giunta, più i membri della commissione, i consiglieri dell'opposizione in piedi tutti da una parte. Nessun dibattito sugli interventi pubblici, come ad esempio il sovrappasso di San Pelagio, o la questione del posteggio di Pineta del Carso. Non c'è stato tempo. Durante l'incontro di ieri, spazio solamente alle questioni del settore abitativo esclusivamente privato. L'architetto Petrich, esperto di pianificazione urbana, incaricato dal comune di redigere sia le precedenti varianti (24 e 25) che la 27, ha illustrato il progetto, zona per zona. Quindi sono seguiti gli interventi dei cittadini, soprattutto quelli scontenti che sconcertati chiedevano notizie sulle loro richieste. «Questo è un intervento di cucitura - spiega l'architetto - per migliorare la qualità dell'assetto urbano, ci siamo limitati a proseguire un lavoro già iniziato cercando di porre rimedio ad alcune criticità». La variante dà la priorità alla creazione di aree di attrezzature e servizi. Quindi non più case isolate ma legate ad un contesto, con collegamenti alle strade, allacciamenti fognari. Nuove edificazioni sì, ma a patto che restino ad uso familiare. «Se una famiglia, ad esempio, vuole costruire un'altra casa per far sì che i figli restino ad abitare vicino, abbiamo cercato di venire in contro alle esigenze, non abbiamo dato via libera a costruzioni di condomini o quant'altro» spiega Petrich. I paletti ovviamente ci sono. «Le doline, i monti come il Cernizza o l'Ermada, sono beni paesaggistici intoccabili» spiega l'architetto. I tecnici hanno fatto dei sopralluoghi su tutto il comune per valutare ogni richiesta pervenuta. «Lì poi abbiamo giudicato se la richiesta aveva un fondamento» continua l'architetto. I tempi d'attuazione potrebbero essere abbastanza brevi in caso di parere favorevole della regione. Basterebbero 30 giorni dall'approvazione e la variante potrebbe passare in adozione al primo consiglio utile di ottobre. Dopo la pubblicazione, ipoteticamente a dicembre, si dovrebbe passare nella seconda fase alla Valutazione ambientale strategica, per arrivare infine ad un approvazione entro la primavera.
Cristina Polselli

 

 

PRG DUINO - «In arrivo 33mila metri cubi di cemento» - L’OPPOSIZIONE ALL’ATTACCO
 

Us: «Solo speculazione». Veronese (Pd): «Lottizzazioni selvagge a San Pelagio e Sistiana»
DUINO AURISINA «In arrivo una colata di cemento di oltre 33mila cubi». L’opposizione, compatta, boccia la variante 27 del piano regolatore presentato dall’amministrazione Ret bollandola, nel caso dell’Unione Slovena, come mera “cementificazione dei borghi carsici del comune”. Sulla stessa linea anche il capogruppo della lista Insieme – Skupaj, Massimo Veronese. «Il progetto di variante 27 al Prg è inaccettabile e non può essere votato dall’opposizione – dichiara l’esponente del Pd -. Le direttive sono state stravolte e si sta di nuovo aprendo la strada a nuove e pesanti speculazioni edilizie». Fronte unico, dunque, nonostante le rassicurazioni fornite dal progettista che sottolinea come gli interventi «siano di cucitura al fine di migliorare l’assetto urbano». Dubbi vengono sollevati anche sulla reale utilità della variante. «Accanto a qualche lotto edificabile destinato a soddisfare realmente le esigenze delle famiglie – spiega Veronese - compaiono nuovi ambiti di lottizzazione selvaggia a Visogliano, San Pelagio e Sistiana. Si ripresentano vecchie ipotesi già cassate nella precedente variante 24-25, come quelle di Aurisina Mare, Medeazza, Ternova. Vicino alla zona artigianale poi viene previsto un nuovo ambito residenziale». Lottizzazione selvaggia condivisa dall’Unione slovena che definisce l’opera «una colata di cemento con una massa complessiva di oltre 33.000 metri cubi (che corrisponde all’ incirca a 130-150 nuove abitazioni) che in molti casi andranno a snaturare i borghi carsici del comune che avrebbero piuttosto bisogno di un serio restyling conservativo, a partire dalla manutenzione di strade e arredo pubblico». Più che un favore alla cittadinanza, da entrambe le parti, l’opera quindi vieni vista dall’Unione slovena «come un ultimo colpo di coda di accontentare per l’ennesima volta qualche amico e richiamarne forse anche nuovi voti di gratitudine in vista delle elezioni della primavera prossima». Per Veronese, inoltre, si tratta di «una proposta di bilancio per reperire nuove entrate comunali (oneri di urbanizzazione e Ici), sulle quali evidentemente l’Amministrazione intende basare il suo sostentamento». Entrambe le forze politiche, dunque, promettono battaglia al prossimo consiglio comunale. «L’Unione slovena – si legge in una nota - proporrà in Consiglio comunale di sforbiciare con decisione la variante 27 mantenendo invariati i soli casi di necessità abitative concrete delle singole famiglie, così come era stato pomposamente annunciato a suo tempo».

Viviana Attard
 

 

Raccolta degli imballaggi più estesa e capillare
 

Scatta in questi giorni il piano predisposto da AcegasAps e Confcommercio Quattro zone con percorsi e orari specifici. Sei punti di conferimento comuni
Cambia drasticamente - e soprattutto si estende - il sistema gratuito di raccolta degli imballaggi dei negozi e dalle altre attività commerciali. AcegasAps ha predisposto un nuovo piano, che sta partendo in questi giorni, per elaborare il quale sono state recepite le indicazioni raccolte dalla Confcommercio presso le aziende associate. Il nuovo piano si articola in quattro percorsi, corrispondenti ad altrettante zone del centro, e in una serie di punti di conferimento comuni per i negozi situati nelle strade non percorse dai mezzi di raccolta. Il primo percorso riguarda la parte del Borgo Teresiano fra il Canale e la stazione, con qualche estensione alle aree limitrofe. Più esattamente l’area è delimitata da via Carducci, via Ghega, Corso Cavour, via Rossini, via delle Torri e comprende anche le via Rittemeyer, Santi Martiri e piazza Scorcola. In quest’area la raccolta dei cartoni è prevista il martedì e il giovedì, giornate in cui gli imballaggi dovranno essere collocati davanti ai negozi non prima delle 12.30. Il secondo percorso di raccolta comprende la parte restante del Borgo Teresiano, Cittavecchia e il Borgo Giuseppino, fino a Campo Marzio. Una serie di zone delimitate da Corso Italia, piazza Goldoni, via Ponchielli, le Rive, via Economo, via Lazzaretto Vecchio, via Cavana e via del Teatro Romano. In quest’area la raccolta avverrà il mercoledì e il venerdì, e i cartoni andranno sistemati sui marciapiedi non prima delle 12.30. Terzo dei quattro percorsi per la raccolta gli imballaggi, quello comprendente le seguenti strade: viale D’Annunzio, via Raffineria, piazza Garibaldi, via Oriani, via Carducci, piazza Oberdan, piazza Dalmazia, via Ghega, via Cellini, piazza della Borsa, Corso Italia, piazza Goldoni e corso Saba. In queste arterie la raccolta degli imballaggi è prevista in tre giornate: martedì, giovedì e sabato; gli imballi andranno sistemati all’esterno dei negozi non prima delle 19. Il quarto e ultimo percorso riguarda le strade comprese nell’area delimitata dalle vie Carducci, Crispi, Fabio Severo, Cologna, Kandler, Giulia, viale Sanzio, piazzale Gioberti, Crispi e Pindemonte. I quest’ampia zona la raccolta avverrà il martedì e il giovedì, giorni in cui i cartoni andranno collocati davanti ai negozi non prima delle 19. Per gli esercizi situati nelle strade non percorse dai mezzi dell’AcegasAps sono stati predisposti, come detto, dei punti di conferimento comuni, che complessivamente sono sei: Largo Santos-Sala Tripcovich, via Roma angolo via San Nicolò, via Dante angolo Corso Italia, via delle Torri angolo via Imbriani, piazza della Repubblica angolo via Dante e via Torrebianca angolo via Carducci. Assieme al nuovo piano, AcegasAps ha predisposto una serie di istruzioni per la preparazione degli imballaggi in vista della raccolta. Negozianti ed esercenti sono così invitati a preparare i cartoni puliti, senza altro materiale; a ridurre il più possibile il volume dei cartoni; a distribuire in più giornate la consegna degli imballaggi in caso di “produzione” straordinaria; a non depositare i cartoni all’esterno in caso di Bora; a non introdurre scatole o carta nel cassonetti per i rifiuti urbani; a non depositare i cartoni a fianco dei cassonetti; infine a ritirare gli imballaggi in caso di mancato prelievo da parte dei mezzi di AcegasAps per non incorrere in sanzioni da parte dei vigili urbani.
Giuseppe Palladini

 

 

Muggia, “chiuso” il terrapieno Acquario - Mercurio e arsenico oltre i limiti di legge - L’ANALISI
 

Idrocarburi cancerogeni e metalli ben oltre i limiti di legge sono presenti nel terrapieno Acquario, l'area posta tra Punta Olmi e Punta Sottile. In questo ampio tratto di terra di 28 mila mq posto la costa muggesana sono stati riscontrati quantitativi di materiali di natura metallica ed idrocarburica quali ferro, piombo, cadmio, manganese, mercurio e arsenico. Recentemente il Consiglio comunale ha varato il via libera per la redazione del progetto di bonifica totale. Obbiettivo dichiarato: creare una nuova attività ricreativa balneare pubblica. Il piano per riqualificare il sito dovrà poi essere valutato dalla Conferenza di Servizi composta da Comune di Muggia, Provincia, Regione, Arpa, Azienda Sanitaria, Demanio, Autorità Portuale, Capitaneria di Porto e Cigra.

(r.t.)

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 16 settembre 2011

 

 

GREENACTION TRANSNATIONAL - VIOLAZIONE LEGGE SEVESO A TRIESTE

 

ANCHE IL PARLAMENTO EUROPEO CONFERMA IL PROCEDIMENTO DI INFRAZIONE CONTRO L’ITALIA
Trieste, 16 settembre 2011 - Con nota dell’8 settembre 2011 la Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo ha comunicato a Greenaction Transnational che a seguito delle risposte ricevute dalle autorità italiane la Commissione Europea ha confermato il procedimento di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione dell’articolo 13 paragrafo 1 della Direttiva Seveso 96/82/CE. La violazione riguarda la mancata predisposizione di effettive misure di sicurezza per gli incidenti agli impianti industriali situati nella zona industriale del capoluogo del Friuli Venezia Giulia. Tra questi il terminale petrolifero della SIOT (il più grande del Mediterraneo), depositi di combustibili, di ossigeno liquido, di formaldeide costieri, nonché uno stabilimento siderurgico (Ferriera di Servola). Tutti questi impianti si trovano a ridosso del centro abitato e potrebbero dare il via ad incidenti a catena che investirebbero decine di migliaia di persone. Da qui la necessità di adottare piani di emergenza esterni con informazione e partecipazione della popolazione alle prove sul campo. L’addestramento della popolazione ad affrontare le emergenze è obbligatorio ogni tre anni. Nonostante tale situazione di altissimo rischio incontrollato, le autorità italiane hanno pure autorizzato la costruzione di un terminale di rigassificazione nel porto di Trieste, in mezzo agli impianti industriali oggetto del procedimento di infrazione da parte dell’U.E.
Il procedimento di infrazione in corso è stato avviato a seguito della denuncia presentata nel settembre del 2007 da Roberto Giurastante (responsabile Greenaction Transnational).

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 15 settembre 2011

 

 

Autostrade del mare, 411 milioni risparmiati - Studio di Ram sul triennio 2007-2009: la convenienza sociale e ambientale del trasporto su acqua
 

ROMA Le vie del mare per trasportare le merci da un punto all’altro della Penisola e del Mediterraneo resistono alla crisi e abbattono di due terzi i costi socio-ambientali rispetto al trasporto su gomma con il risultato che sulle strade italiane ci sono stati 500 mila Tir in meno l’anno per tre anni e che le merci trasportate sulle rotte del Mare Nostrum sono state, nel periodo 2007-2009, pari a circa 44 milioni di tonnellate con 1,4 milioni di viaggi. Un modo di far circolare le merci, il progetto Autostrade del Mare, che nel triennio 2007-2009 ha permesso un risparmio di 411 milioni di euro in termini sociali e ambientali. A scattare l’istantanea il dossier di ReteAutostrade Mediterranee (Ram Spa) la società del ministero dell’Economia, che opera come organismo in house per il ministero delle Infrastrutture per la diffusione della rete di trasporti marittimi come alternativa alla modalità su gomma. Dall’analisi relativa all’applicazione dell’Ecobonus, è emerso che in tre anni i 124 milioni dei costi sostenuti per i viaggi via mare, sarebbero pesati sulla società civile (per consumo di energia, congestione della rete stradale, emissioni e incidentalità) per 535 milioni di euro se gli stessi viaggi si fossero stati effettuati su gomma. «In questi tre anni, nonostante la crisi - ha spiegato l’ amministratore delegato di RamSpa, Tommaso Affinita - il sistema di autostrade del mare ha tenuto». Nel 2009, «cuore della crisi», ha affermato Affinita, pur con una contrazione delle merci trasportate (13,4 milioni di tonnellate contro i 17,8 milioni del 2008) i viaggi hanno mantenuto una quota vicina a quella del 2008, con 479.313 viaggi contro i 489.128 dell’anno precedente. Nell’anno di partenza, il 2007, del sistema di incentivi, le merci spostate sono state 13 milioni di tonnellate e i viaggi 461.849. Per il futuro immediato, l’esperienza italiana del sistema di incentivi per favorire il traffico sulle Autostrade del mare, che dal 2007 al 2009 ha erogato circa 170 milioni di euro più altri 30 per il 2010, «è risultata quanto mai utile e adesso si sta pensando ad estenderla a livello europeo». Infatti gli uffici della Commissione Ue hanno indetto una gara per uno studio di fattibilità per un Ecobonus comunitario. «A questa gara parteciperà RamSpa - ha riferito Affinita - in modo di mettere a disposizione il suo specifico know-how maturato in questi anni sull’Ecobonus italiano».
 

 

Giardino via Cereria

 

Oggi, alle 18, al Knulp in via Madonna del Mare, “Il futuro del giardino della palestra di via Cereria/via Tigor”. Incontro aperto con residenti e cittadini.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 14 settembre 2011

 

 

COSOLINI A LUBIANA «Sono contrario al rigassificatore di Zaule»
 

Toccata anche la spinosa questione dei rigassificatori. «Io sono contrario all’impianto di Zaule - spiega Cosolini - per tutta una serie di motivazioni che derivano sostanzialmente dal fatto che le criticità rappresentate non hanno avuto risposta». Per quanto riguarda invece il rigassificatore off-shore nel Golfo di Trieste, su cui il sindaco riferirà nel prossimo consiglio comunale, Cosolini sostiene che «il tema di un accordo comunque internazionale in acque che sono oggettivamente acque che segnano anche confini internazionali sia propedeutico a qualsiasi insediamento». «Credo inoltre - prosegue il sindaco di Trieste - che il cosiddetto rigasificatore off-shore presenti delle criticità che possono anche essere affrontate e superate con successo ma rispetto alle quali debbono essere date soluzioni tecnologiche e piani d’investimento chiari, altrimenti le criticità non sono superabili». Posizioni quelle espresse da Cosolini che non collimano con le aspettative del governo che ritiene la procedura per la realizzazione del rigassificatore di Zaule già concluse.
 

 

Traffico, quasi pronte le linee del piano
 

Verranno esposte venerdì dalla giunta nell’ambito delle iniziative per la Settimana della mobilità
Le linee direttive della giunta sul futuro assetto del traffico saranno rivelate venerdì. Alle 18, al Revoltella, verranno presentati gli indirizzi del nuovo Piano generale del Comune sulla mobilità. «Il nostro obiettivo - ha anticipato ieri il vicesindaco Fabiana Martini, presentando la Settimana europea della mobilità - è coniugare la libertà di movimento con la necessità di tutelare l’ambiente e ridurre l’inquinamento, promuovendo l’uso dei mezzi alternativi e di quelli pubblici al posto delle auto private». Una frase breve ma significativa, anche alla luce della scelta della giunta di anticipare i provvedimenti che caratterizzeranno viabilità, parcheggi, mobilità alternativa in un contesto molto particolare, la Settimana europea della mobilità, che comincerà dopodomani, alle 9, con l'inaugurazione della mostra (che proseguirà fino al 22 settembre) nella sala Portici (orario 9-20). Mostra dedicata appunto alla mobilità, curata da Comune, Provincia, dalla facoltà di Architettura e Ingegneria, Amt, Trieste trasporti e Acegas Aps. Venerdì si continuerà, alle 9, con “In città senza la mia automobile”, passeggiate guidate nelle vie Galatti e Trento, oltre che nelle zone pedonali vicine al Municipio. Alle 16.30, con ritrovo in piazza Oberdan, per l’organizzazione dell’Uisp e la collaborazione dei Ricreatori, “A piedi & in bici con...”, giochi e animazione per i più piccoli. Alle 18, in contemporanea con l’appuntamento al Revoltella, verrà inaugurata la nuova area pedonale di piazza della Borsa e delle vie Einaudi e Cassa di risparmio. Sabato, con ritrovo alle 17 in piazza Libertà, pedalata cittadina alla ricerca dei parcheggi a cura di Ulisse-Fiab. Domenica, in piazza della Borsa, alle 8.30, “Meccanico in piazza” per i ciclisti; alle 9 “Bicincittà” e “Bici tra città”, pedalata da Trieste e Muggia, con arrivo alle 11 in piazza Marconi. Al ritorno a Trieste, in piazza della Borsa, a mezzogiorno, animazione per i bambini. Lunedì, alle 18.30, nella sala matrimoni, tavola rotonda su “Le nuove tecnologie al servizio della pianificazione e della sicurezza della mobilità”. Martedì, stesso orario e stessa sede, dibattito delle associazioni su “Muoversi a Trieste” e, alle 19.30, presentazione del libro “Pedibus”. Mercoledì 21, sempre nella sala matrimoni, presentazione del documenti delle associazioni sulla mobilità sostenibile (alle 17), e presentazione del libro “No auto” (alle 19). Giovedì 22, dalle 7 alle 9, caffè e brioche offerti da Ulisse-Fiab a chi andrà a lavorare in bicicletta. Alle 18, al Revoltella, nuovo incontro sul documento delle associazioni alla presenza del Comune. Alle 18.30 Margherita Hack presenterà il suo libro “La mia vita in bicicletta”. Venerdì 23, conclusione della settimana con camminata dal Ferdinandeo al centro città.

Ugo Salvini
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 13 settembre 2011

 

 

Francia, esplode impianto è ancora incubo nucleare
 

Un morto e quattro feriti vicino ad Avignone, le autorità escludono pericoli Ore di allarme in Piemonte e Liguria, a meno di 300 km dalla centrale
ROMA Un’esplosione nel forno di un sito nucleare nella regione del Gard, nel sud della Francia, ha fatto ripiombare l’Europa nell’incubo del disastro nucleare, a soli sei mesi dall’incidente di Fukushima. L’esplosione è avvenuta intorno alle 11,45 di ieri provocando un morto e quattro feriti, di cui uno in gravi condizioni, nel grande impianto nucleare di Marcoule, venti chilometri da Avignone, e a soli 242 chilometri da Ventimiglia. Allarme anche in tutto il Nord-Ovest italiano, dove per l’intera giornata la Protezione civile e gli esperti dell’Arpa hanno monitorato costantemente la situazione in Piemonte, Liguria, ma anche in Trentino Alto Adige. Con il passare delle ore le notizie diffuse dall’Autorità per la sicurezza nazionale francese, e l’assenza di radioattività intorno al sito, hanno riportato una relativa tranquillità. Per ore però i centralini dei vigili del fuoco e delle forze dell’ordine di Liguria e Piemonte sono stati presi d’assalto da cittadini in cerca di notizie. Intorno alle 16,30 le autorità francesi hanno emesso una nota ufficiale per dichiarare che «l’incidente è chiuso». Mentre Edf (società che gestisce il nucleare francese) ha sostenuto che si è trattato di «un incidente industriale e non nucleare», essendosi verificato non in una centrale, ma in un forno utilizzato per il ritrattamento del combustibile e lo smaltimento delle scorie. Un copione già visto, quello delle società che gestiscono l’atomo sempre pronte a sminuire i fatti (ricordiamoci la Tepco giapponese finita poi pesantemente sotto accusa), e comunque molti esperti – anche italiani – pur con tutte le cautele del caso, hanno escluso che possa esserci qualche conseguenza, e men che mai in Italia. Nel sito di Gard, il più vecchio della Francia, non vi sono più reattori attivi, ma il grande impianto funziona ancora per attività collarerali all’energia atomica. L’incidente è avvenuto in un forno è utilizzato per la fusione dei metalli radioattivi ad attività bassa o molto bassa, e brucia scorie contaminate tra cui combustibili, strumenti, ma anche vestiti e tute contaminati. L’impianto è di proprietà della società Centraco Socodei, filiale del colosso Edf, ed è un centro sperimentale storico dell’industria francese, aperto nel 1955. Qua è stato creato il primo combustibile per i missili nucleari francesi. L’esplosione potrebbe essere stata causata da un cattivo funzionamento del forno dovuto a un sovraccarico. E comunque dopo ore di analisi (e di paure) gli esperti francesi hanno escluso che vi sia stata dispersione di radioattività
Paolo Carletti

 

 

Realacci: i fatti danno ragione al nostro no - Il responsabile “green economy” dei Democratici non si fida e chiede più trasparenza
 

ROMA «I numerosi incidenti giustificano una certa diffidenza». A dirsi «diffidente» nei confronti delle rassicurazioni sull’esplosione nel sito nucleare francese di Marcoule è Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd. Perchè non si fida? «Perchè conosciamo la componente di reticenza che caratterizza l’industria nucleare. E’ già accaduto in Francia ed è accaduto anche in Giappone: per lungo tempo le informazioni che ci venivano date sull’incidente di Fukushima erano molto al di sotto della realtà. Alla luce di questi precedenti è quindi giusto chiedere il massimo di trasparenza come farò in un’interrogazione parlamentare alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Ambiente». In questo caso però non si tratta di un reattore... «No, si tratta di un sito di trattamento delle scorie e quindi c’è da sperare che se anche dovesse esserci contaminazione, questa sia contenuta territorialmente. Comunque sostenere che il problema scorie è già risolto è sbagliato, è invece una partita delicata che spesso si intreccia con la filiera militare. Basti pensare che noi non abbiamo ancora finito di smantellare quel poco di nucleare che abbiamo ed è qualcosa che continuiamo a pagare». L’Italia ha ribadito il suo «no» alle centrali nucleari, ma quali rischi corriamo in caso di incidente in Paesi confinanti? «Il fronte più delicato è quello dell’est Europa, ma il fatto di non avere centrali nucleari in casa conta. Non è la stessa cosa vivere vicino a una centrale o a centinaia di chilometri di distanza. E anche quest’ultimo incidente non fa che ricordarci che sul nucleare per fortuna la saggezza degli italiani ha prevalso sull'arroganza del Governo. Fermando la sciagurata avventura nucleare che si voleva riaprire nel nostro Paese, gli italiani hanno fermato un progetto che non solo poneva problemi dal punto di vista della sicurezza per la popolazione, ma anche da un punto di vista economico». In sostanza il nucleare è pericoloso e non rende neppu re? «Sotto il profilo economico è una scelta disastrosa, un vero fallimento. Rappresenta un colossale sperpero di denaro pubblico, che in questo momento di grave crisi avrebbe ulteriormente pesato sulle tasche degli italiani. E gli esempi non mancano come le ultime notizie di nuovi rinvii, con conseguente aumento enorme dei costi, che arrivano delle centrali di Oikiluoto e di Flamaville, progettate con la stessa tecnologia che era stata adottata dall'Italia».
Monica Viviani

 

 

A Visogliano domani l’incontro pubblico sul piano regolatore
 

DUINO AURISINA Non sarà una di quelle varianti che stravolgerà l'assetto urbano. Questa l'assicurazione del vicesindaco di Duino Aurisina, Massimo Romita. Nessun nuovo insediamento ma solo la sistemazione di situazioni già in atto, più qualche intervento pubblico già in previsione. L'appuntamento è per domani, alle 18.30, presso la sala del campo sportivo di Visogliano (nella foto). Per tutti i cittadini interessati a capire meglio e ad approfondire la variante 27 del piano regolatore comunale di Duino Aurisina, l'amministrazione ha deciso di organizzare un incontro aperto al pubblico. «Nell'ottica di un processo di condivisione con il territorio - spiega il vicesindaco - la seconda commissione consiliare permanente curerà una seria di incontri per illustrare il progetto e per ricevere le eventuali osservazioni». Le modifiche suggerite dai cittadini, ben'inteso, se prese in considerazione, non dovranno implicare modifiche sostanziali visto che la Vas (valutazione ambientale strategica) e l'autorizzazione geologica sono già state ottenute dalla regione. La scorsa settimana, l'amministrazione ha ascoltato i tecnici per tutto quello che riguarda le normative. «È arrivata qualche nuova indicazione - spiega Romita - sopratutto per affrontare qualche legge ormai superata». Domani sarà una fase di illustrazione, seguirà poi l'intervento della commissione e alla fine la parte riservata alle richiesta dei cittadini. Nessun dibattito "botta-risposta" però. «Noi raccoglieremo tutte le domande del pubblico - continua Romita - poi le risposte arriveranno in un momento successivo, in un prossimo incontro». L'appuntamento con la cittadinanza vuole quindi essere un momento di presentazione e di illustrazione. «L'architetto responsabile della variante - spiega il consigliere e presidente della commissione, Fabio Eramo - spiegherà punto per punto il piano, va ricordato che questa variante nasce proprio dall'esigenza dei privati cittadini non soddisfatti di quella precedente».

Cristina Polselli
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 12 settembre 2011

 

 

L’elettrodotto Redipuglia-Udine in commissione - AUDIZIONI CON I COMITATI
 

TRIESTE Anche questa settimana tornano a riunirsi le Commissioni in Consiglio regionale. Domani si comincia con il ritorno, alla Quinta commissione, dell’esame del ddl sulla razionalizzazione dell’ordinamento locale in territorio montano. Sempre domani la Quarta commissione esprimerà un parere sul regolamento di attuazione del Codice dell’edilizia e terrà poi un’audizione con il Comitato per la vita del Friuli rurale. Il tema? Il progetto per la realizzazione dell’elettrodotto da Redipuglia a Udine ovest. Mercoledì la stessa Quarta commissione sarà chiamata a esprimere i pareri sui piani di gestione dei Sic e Zps Val Cavanata, Banco Mula di Muggia, Risorgive dello Stella, Palude Selvote e Paludi di Gonars. La Terza commissione sentirà invece l’illustrazione della proposta di legge sulla gestione degli accessi non critici al pronto soccorso; esprimerà un parere sul regolamento per il sistema educativo dei servizi per la prima infanzia; sentirà l’illustrazione di due progetti di legge sull’accesso alle prestazioni sociali; svolgerà il dibattito sul progetto di legge sulla revisione dell’assetto istituzionale delle Aziende socio-sanitarie e la riorganizzazione del Ssr. Al termine della seduta, il Comitato ristretto istituito in seno alla stessa Commissione lavorerà sui testi delle proposte di legge per il contenimento dei livelli di benzoapirene. Mercoledì si riunirà anche la Conferenza dei capigruppo per fissare il programma dei lavori delle sedute d’aula del 27, 28 e 29 settembre e del 3 ottobre. Giovedì la Seconda commissione terrà una serie di audizioni con i soggetti interessati alle problematiche relative alle strutture ricettive turistiche. Nel pomeriggio la stessa Commissione esprimerà due pareri sulla proposta di legge per l’autonomia dei giovani e sulla proposta di legge su tatuaggi e piercing.
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 11 settembre 2011

 

 

Cosolini: nessuna corsa al cemento - Replica agli ambientalisti: in 40 giorni sono arrivate solo 18 richieste marginali
 

Gli ambientalisti attaccano sul piano regolatore, Cosolini replica. È già finita la breve luna di miele del sindaco con i gruppi “verdi”? In realtà, forse non c’è mai stata. Oppure, spiega lui, certi argomenti sono un po’ scappati di mano ai suoi interlocutori. «Mi fa specie - si è lamentato ieri mattina - che certe critiche arrivino proprio da una realtà che ho consultato nei miei primi tre mesi di mandato più che le giunte passate nei dieci anni precedenti...». Di qui l’accenno a «critiche legittime ma senz’altro non generose» e, soprattutto, a uno stato delle opere tutt’altro che inquietante. «A tutt’oggi - ha chiarito il sindaco - la temuta corsa al cemento non c’è stata, se è vero che a 40 giorni dalla cessazione delle precedenti “salvaguardie”, nessun permesso a costruire è stato finora effettivamente rilasciato e solo sei permessi richiesti in precedenza risultano prossimi al rilascio (per un totale di 10 mila metri cubi) per zone che peraltro non appaiono di particolare pregio ambientale. Così come - ha incalzato Cosolini - le diciotto richieste successive (per ulteriori 22 mila metri cubi), già annunciate nel periodo delle ancora sussistenti precedenti “salvaguardie”, sono attualmente al vaglio degli uffici, e riguardano comunque singole costruzioni e non più ampi piani particolareggiati. Per cui - ha assicurato - allo stato attuale, un rischio di cementificazione non risulta». Un paio di spiegazioni si imponevano anche per quanto riguarda alcune delle situazioni più “calde” in città. E dunque, sulla zona Cumano-Revoltella (le aree vendute dalle Ferrovie come “edificabili” ndr), «sono ancora in corso i necessari procedimenti e verifiche», come pure «per il “cubone” di via Belpoggio-Santa Giustina». A fare ulteriore chiarezza su quest’ultima vicenda Cosolini ha spiegato di ritenere «tutt’altro che concluso l’iter, essendosi determinate variazioni che, diversamente da ciò che viene ritenuto dalla proprietà, richiedono una necessaria ripresa dell’istruttoria». Chiarito anche il problema delle “salvaguardie” che non possono essere applicate «solo sul provvedimento che è già stato autorizzato». «Il nostro intento – ha proseguito Cosolini – non può essere quello di scrivere delle direttive, quali che siano, solo per attaccarvici sopra (come un foglietto adesivo) delle norme di salvaguardia altrettanto affrettate. Viceversa, precise e complete devono essere le direttive tanto quanto fondate, ben argomentate e giuridicamente supportate (e perciò giuridicamente inattaccabili) dovranno essere le “salvaguardie” applicate. Ricordandoci tutti che la proprietà e l’iniziativa privata sono diritti riconosciuti dalle leggi e perciò ogni vincolo a esse apposto non può che essere puntualmente giustificato. Voler costruire, per capirsi, non è penalmente perseguibile...». «Insomma – ha evidenziato il Sindaco – su questi argomenti, per loro natura delicati, il far presto non può andare a nocumento del far bene, rischiando altrimenti serie difficoltà e contraccolpi che non vorremmo vedere ripetersi. E su questo avrei davvero preferito maggiore attenzione e disponibilità e minore spirito polemico». Il Comune comunque, è stato ancora detto in finale, va avanti per la strada tracciata, quella delle consultazioni. In tal senso è stato definito indicativamente il calendario per l’approvazione delle nuove direttive. Prevede per il prossimo 21 settembre la presentazione alle categorie economiche, con una serie di incontri scaglionati nell’arco della giornata e il 23 (o il 26) la pubblica presentazione alla cittadinanza. A seguire scatterà l’approvazione in giunta e infine l’approdo in consiglio comunale, per l’approvazione. tecnicamente parlando sarà solo a quel punto che scatteranno automaticamente anche le nuove “salvaguardie”.

(f.b.)
 

 

MUGGIA - Prg, entro domani le domande - L’incarico previsto è di 135mila euro e servirà a redigere la nuova variante
 

Scadenza imminente per chi volesse partecipare alla procedura negoziata per l'incarico di redazione della variante sostanziale al Piano regolatore generale del Comune di Muggia. Gli interessati dovranno infatti presentare la documentazione richiesta entro la giornata di domani all'Ufficio protocollo del Comune. Queste le attività previste da una delle procedure negoziate più importanti per il futuro della cittadina: analisi del contesto territoriale muggesano comprendente un congruo intorno con considerazioni delle dinamiche transfrontaliere, analisi dell'attuazione del Prgc vigente in particolare per quanto riguarda l'edificazione, le attrezzature e servizi pubblici, gli strumenti attuativi, la redazione degli elaborati necessari all'espletamento delle procedure di Valutazione ambientale strategica e la Valutazione d'incidenza ambientale sui siti natura 2000, collaborazione nella definizione e gestione della fase di partecipazione pubblica preliminare alla formazione del progetto di variante, redazione del progetto di variante, l'accompagnamento dell'iter di adozione e approvazione della variante. L'onorario presunto per l'incarico sarà pari a 135 mila euro (più oneri previdenziali e iva). Tra i requisiti richiesti per prendere parte alla procedura è previsto nel proprio curriculum l'aver portato a termine la redazione, in qualità di progettista, di un Prg oppure di un Piano strutturale comunale o di un altro strumento urbanistico/variante di livello generale ai sensi della legislazione regionale e nazione per un comune con popolazione non inferiore a 10 mila abitanti. Inoltre si dovrà aver redatto almeno due studi o rapporti di Vas, Via o Valutazione d'incidenza di cui perlomeno un Rapporto ambientale per la Vas riferito ad uno strumento urbanistico generale o sua variante commissionati da comuni con popolazione non inferiore a 10 mila abitanti. Per ulteriori chiarimenti procedurali gli interessanti si potranno rivolgere all'ufficio gare e contratti contattando il numero telefonico 040-3360350 dalle 14.30 alle 15.30.

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 10 settembre 2011

 

 

Ferriera, entro un mese il tavolo regionale
 

L’assessore Seganti: situazione magmatica. Si riapre la trattativa con le banche sul debito del gruppo
«La situazione è magmatica, un tavolo di confronto ci sta tutto». L’assessore regionale alle Attività produttive, Federica Seganti, rompe gli indugi e annuncia che l’atteso e invocato tavolo sulla Ferriera, con i sindacati, gli enti locali, e forse anche le aziende coinvolte, sarà convocato nel giro di un mese. «Stiamo vendendo come muoverci - precisa - a seconda della disponibilità delle parti». Della situazione dello stabilimento siderurgico la Seganti ne ha intanto discusso l’altro giorno con l’assessore comunale allo Sviluppo economico Fabio Omero, il quale ha sollecitato una risposta alla lettera con cui il sindaco Cosolini ha chiesto al presidente della Regione Tondo e alla stessa Seganti il riavvio del tavolo sull’accordo di programma per la Ferriera. «Ai cittadini e ai lavoratori - ha osservato Omero - dobbiamo una risposta, almeno sul piano politico». La data per la convocazione del tavolo regionale è resa incerta, tra l’altro, dalla mancanza di dettagli sulle intenzioni di Elettra produzione, la società proprietaria della centrale di cogenerazione , la cui attività è favorita dal regime Cip 6 (contributi per la produzione di energia). Un decreto firmato alla fine di giugno dal ministro Romani, che era già al vaglio della Corte dei Conti, permette infatti anche ad Elettra produzione di uscire in maniera volontaria e anticipata dal regime Cip 6. Se ciò dovesse verificarsi, alla Servola spa verrebbe a mancare una fondamentale fonte di introiti, che potrebbe metterne in pericolo la stabilità economica e di conseguenza l’occupazione di centinaia di persone. La Regione è in costante contatto con Lucchini e Sertubi (anche questa strettamente legata alla produzione della Ferriera, e di recente affittata per cinque anni dal colosso indiano Jindal), ma le difficoltà nelle relazioni con Elettra produzione rendono appunto più difficile la definizione del quadro industriale che ruota attorno alla Ferriera. L’attesa dell’amministrazione regionale nel convocare il tavolo invocato da mesi era dettata dalla necessità di disporre del piano industriale del gruppo Lucchini. Ma proprio quando le cose sembravano aver imboccato la strada giusta, con l’accordo-ponte con le banche sul mega-debito (intesa raggiunta al ministero a luglio) e la possibilità di approdare al piano industriale, tutto è stato rimesso in discussione dal veto che il governo francese ha posto al gruppo Lucchini sulla vendita separata, alla società svizzera Bkw, di quattro centrali idroelettriche facenti parte della società Ascometal, che il gruppo bresciano sta cedendo al fondo di investimento americano Apollo. Proprio il ricavato della vendita separata delle centrali, un introito stimato sui 50-70 milioni, avrebbe dovuto essere messo a garanzia del prestito ponte accordato dalle banche. Ma adesso la trattativa sull’accordo con le banche, che non è mai divenuto operativo, si riapre, e con esiti tutti da vedere.
di Giuseppe Palladini
 

 

Cosolini: non amo il ponte ma non si torna indietro
 

“Giallo” delle carte autorizzative, Di Paola cancellò la provvisorietà del parere Il sindaco: «Proteste troppo in ritardo». Venerdì giunta speciale sul tema
Il ponte sul canale di Ponterosso si farà, anche se l’ultima decisione è affidata a una seduta di Giunta fissata per venerdì prossimo e dedicata solo a questo tema. Il sindaco Cosolini intanto rilegge il “fascicolo Ponterosso” e sposa un principio di realtà. «D’accordo con la passerella del Canale personalmente io non sono - afferma -, ma trovo un procedimento già concluso. Perché chi esprime tanto vigorosa opposizione non lo ha fatto quando le autorizzazioni erano in corso? Adesso mi pare troppo tardi». C’è il “giallo delle carte”, delle autorizzazioni, del conflitto di competenze. «L’autorizzazione data dalla Direzione dei Beni culturali - aggiunge Cosolini -, non è affatto per 5 anni “rinnovabili”, perché quella condizione fu infine cancellata. Mi si dice che la competenza sarebbe stata della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici, e che non risulta un atto di “avocazione” della pratica. Ho chiesto al soprintendente Luca Rinaldi: metta per iscritto che quel parere è nullo o viziato, e io dovrò tenerne conto. Ma non ho ricevuto niente». I documenti raccontano la vera storia. Intanto, secondo il Codice dei beni culturali, non esistono autorizzazioni «a tempo» (come possono essere le concessioni), ma esiste un tempo appunto di 5 anni entro il quale l’opera autorizzata deve essere portata a compimento, salvo revisione del parere. In secondo luogo Di Paola il 27 maggio 2009 scrisse che il ponte costituiva «una notevole alterazione dello scenario» di Ponterosso, ed espresse solo «parere non contrario», affermando che «il nulla osta deve essere condizionato a una verifica nel tempo», e pertanto «viene rilasciato per un periodo di cinque anni rinnovabili». Si trattava dunque di un parere, per un «test». Ma Dipiazza che subito disse «non spendo 800 mila euro per poi buttarli via», il 15 dicembre 2009 chiese che dal nulla osta fosse «eliminato il termine temporale». E Di Paola, il 29 gennaio 2010, replicò che essendo comunque quel ponte asportabile in qualunque momento, «si può conseguentemente prescindere dalla condizione» del nulla osta di 5 anni, rinnovabili. Così, dal voler dire no, si arrivò al pieno sì. E Cosolini adesso dice: «Dovrei io da solo stracciare il progetto, annullare la gara già vinta, perdere gli 800 mila euro finanziati dal ministero dell’Ambiente per la mobilità sostenibile e che andrebbero restituiti, pagare la penale, finire in danno erariale? In Comune si governa per atti amministrativi e motivati, a oggi non c’è alcuna motivazione per fermare un procedimento concluso». E da ultimo, confessa: «L’idea di un percorso pedonale piazza Venezia-piazza Libertà però non mi dispiace, e il progetto non è invasivo».
Gabriella Ziani

 

 

Rifiuti, San Dorligo conferma altri 5 anni di raccolta a domicilio
 

A breve sarà emesso il bando per il servizio porta a porta Il servizio attuale costa al Comune 300mila euro all’anno
SAN DORLIGO DELLA VALLE È stato il Comune pioniere della provincia triestina con l'avvio della raccolta differenziata “porta a porta” dei rifiuti. L'esperimento, seppur con mille difficoltà, pare riuscito. E quindi all'ombra della Val Rosandra l'amministrazione Premolin ha preannunciato che si andrà avanti così. Per (almeno) altri cinque anni. In questi giorni infatti la giunta ha approvato gli indirizzi per l'indicazione della gara d'appalto inerente il Servizio di raccolta, trasporto a smaltimento e recupero dei rifiuti urbani per il periodo che andrà dal primo gennaio 2012 al 31 dicembre 2016. Passato con i voti del sindaco Fulvia Premolin e degli assessori Antonio Ghersinich e Elisabetta Sormani (assenti Tatiana Turco e Alenka Vazzi), il documento con il nuovo appalto prevede diversi servizi e forniture. Due le novità assolute: la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti ingombranti per le utenze domestiche e delle ramaglie e sfalci per tutte le utenze. Confermati poi la raccolta porta a porta e il trasporto dei rifiuti urbani indifferenziati per le utenze domestiche e non, la gestione dell'ecosportello con “numero verde” e la gestione dei microchip trasponder, la rimozione dei rifiuti abbandonati e la pulizia delle aree oggetto di discarica abusiva, nonché il presidio e la gestione del centro di raccolta comunale, il trasporto e il conferimento dei rifiuti indifferenziati fino all'impianto di bacino di Trieste-termovalorizzatore, delle attrezzature e dei veicoli per lo svolgimento dei servizi in appalto. Ma anche lo spazzamento strade, piazze ed aree pubbliche e la rimozione di carogne d'animali saranno a carica della ditta che si aggiudicherà l'appalto. Prevista anche la compilazione e tenuta dei registri, la compilazione della dichiarazione annuale (Mud) e la realizzazione e distribuzione degli ecocalendari e materiale informativo sul servizio. Per ora non è stata ancora ufficializzata la cifra del servizio che attualmente sta costando all'amministrazione qualcosa come 300 mila euro (più iva) all'anno. Come detto la raccolta dei rifiuti porta a porta sembra essere stata promossa dalla maggioranza dei residenti anche se dai banchi dell'opposizione più volte si è storto il naso difronte ad un servizio complessivamente migliorabile.
Riccardo Tosques

 

 

Movimento 5 stelle «Sì al trattamento a freddo dei rifiuti»

 

«Trieste ha bisogno di un nuovo sistema di gestione rifiuti». Lo sostiene il “grillino” Paolo Menis, invitando il Comune ad approfondire la soluzione ipotizzata dalla società Arrowbio. «Il sistema non può ruotare attorno all’inceneritore. Ben venga quindi il trattamento a freddo proposto dalla società, Un’ipotesi da studiare con attenzione».

 

 

Nuovo centro colibrì A Marina Monassi la gestione dei soldi
 

Decisione a sorpresa: l’Autorità portuale ente di riferimento e Margherita Hack a capo di un’associazione di garanzia
Dove finiscono i colibrì di Miramare? Sotto la gestione dell’Autorità portuale. Ennesimo colpo di scena per il centro di Miramare sfrattato e indebitato. L’Autorita portuale gestirà la parte economico-amministrativa del nuovo soggetto che, fattosi da parte Stefano Rimoli che rimarrà consulente scientifico con la sua équipe, prenderà in mano la colonia dei volatili, o la ventina che resterà degli 80 uccellini, dopo le vendite effettuate per risarcire lo Stato. Scoprire che Marina Monassi, presidente dell’Autorità portuale, era in Prefettura l’altro giorno per l’assunzione di regìa della “voliera-caso nazionale” (gestirà finanziamenti, contabilità, sponsor), non esaurisce le ultime novità. In questi giorni Margherita Hack, da sempre paladina del caso, è diventata responsabile di un nuovo Centro colibrì, registrato con atto notarile. La scienziata è anche la virtuale proprietaria di una ventina di esemplari, che prenderanno però la via dell’Acquario di Genova. I soldi, circa 35 mila euro girati allo Stato a saldo dei debiti, sono stati donati da un terzo protagonista: la Costa Eduitmnent di Genova, che gestisce l’Acquario, e che esporrà gli animaletti in voliera, tenendone un’altra parte protetta, a favorire la riproduzione come a Trieste, sempre sotto la vigilanza di Rimoli. Che a questo punto rimane, con veterinari e volontari, l’unico autorizzato a occuparsi di cibo e salute dei mini-uccelli, ma che perde la paternità del centro. «Il nuovo Centro - dice Hack - avrà la responsabilità burocratica e scientifica, sarà un garante, ma sarà Rimoli a curare le serre. I colibrì che restano a Trieste sono proprietà dello Stato, gli altri virtualmente di mia proprietà». I piccoli triestini sono sotto sequestro della Magistratura. Pur in tante e lunghe disgrazie, Rimoli è felicissimo: «Ho fatto anche tre passi indietro, ma ho ottenuto che la gestione scientifica resti a me e ai miei specialisti, di cui è stata riconosciuta la competenza, io sarò un semplice consulente, e senza stipendio, ma va bene così, mi basta occuparmi degli animali». Rimoli ne rivela ancora un’altra: altri colibrì sono stati venduti a un grande zoo di uccelli ad Amburgo, dove è stato stanziato un milione e mezzo di euro per costruire una nuova struttura. Non è mica finita. Attorno girano (sparita la Casa delle farfalle di Bordano) sia l’Università di Udine e sia il Comune di Matelica con l’Università di Camerino, a sua volta in contatto con la Costa e con un’Oasi specializzata di Pavia dove pure potrebbero essere spediti dei colibrì. Tutti costoro entreranno in un consorzio. Colibrì dappertutto. A favorire il contatto tra Miramare e Monassi è stato Piero Susmel, docente di alimentazione animale all’Università di Udine e storico consulente di Rimoli, oltre che amico di Sgarbi (che portò il caso colibrì a Berlusconi). E Susmel non esclude che un domani l’Autorità portuale possa trasferire i colibrì in Porto vecchio, mentre ora sono destinati alle nuove serre di Miramare, per cui arriverà 1 milione e 200 mila euro dallo Stato. Insorge il soprintendente Luca Caburlotto: «La pratica a marzo è stata avocata dal direttore Martines, ma responsabile del parco e di chi all’interno agisce sono sempre io. A meno che non mi si voglia togliere l’intero incarico, e allora poi vediamo».
Gabriella Ziani

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 9 settembre 2011

 

 

«Prg in ritardo, ritornano in auge vecchi progetti»

La denuncia degli ambientalisti: «Nuova cementificazione tra Cattinara e via Cumano». Il sindaco: «Ancora venti giorni per fare le cose perbene»

vedi il video t-vision.it

Il Pdl vuole l’urgenza ma il centrosinistra e Bandelli la bocciano

Ieri nella commissione capigruppo è stata bocciata la richiesta di «urgenza» con cui il capo del Pdl, Everest Bertoli, aveva presentato una mozione sul Prg che egli stesso definisce «una sfida politica».

 

Barcola, rispunta l’idea di ampliare la riviera
 

Costruttori divisi sull’ipotesi di usare il materiale di scavo del Park San Giusto per raddoppiare il lungomare. Cosolini non dice no: «Dobbiamo valutare»
Vecchia ma sempre attuale, come certe barzellette d’annata. Ciclicamente la proposta dell’ampliamento della riviera di Barcola viene rimessa in circolazione e riadattata alle circostanze del momento. Questa volta lo spunto per rispolverare uno dei più longevi “tormentoni” della storia di Trieste arriva dall’imminente avvio degli scavi per la realizzazione del parcheggio sotto San Giusto. Un’opera imponente, come imponenti saranno i volumi dei materiali da smaltire: 140mila metri cubi di “flysch”. Ed è proprio la collocazione futura di questi inerti ad offrire l’assist perfetto al ritorno in auge dell’opzione Barcola. Perché trasportare i terreni in qualche costoso sito in Friuli, ha iniziato a chiedersi più di qualcuno. Molto meglio impiegarli per allungare a costo zero il lungomare cittadino. Naturalmente è bastato lanciare appena l’idea, come ha fatto in una mozione l’esponente del Pdl Paolo Rovis, per innescare il dibattito e suscitare reazioni di tenore opposto, anche tra i costruttori stessi. Categoria in cui convivono infatti lo scetticismo di Donato Riccesi e il sostegno al progetto espresso da Franco Sergas. «Siamo realisti: il progetto non è compatibile con i tempi del parcheggio sotto San Giusto - taglia corto il presidente regionale dell’Ance -. Noi contiamo di iniziare a scavare a breve mentre per far decollare l’eventuale ampliamento del lungomare ci vorrebbero almeno 5 anni. Per il deposito dei materiali di scavo è meglio concentrarsi su soluzioni più rapide come la Cava Faccanoni. Per quel sito - continua Riccesi - è previsto il ripristino ambientale e, non a caso, è già utilizzato in passato per accogliere i materiali di risulta delle gallerie della Grande viabilità. Se il Comune si mettesse d’impegno, la cava, che ha una disponibilità di milioni di metri cubi di terreno, potrebbe ospitare fin da subito i materiali di scavo». Di avviso completamente diverso, invece, il presidente della Park San Giusto spa Franco Sergas. «È vero, nell’immediato l’ipotesi Barcola non è realizzabile - spiega -. Ma trovando un accordo tra enti interessati, sarebbe possibile stoccare per un anno i terreni di scavo di San Giusto in un’area Ezit. La legge lo consente e si otterrebbe tra l’altro un doppio vantaggio: da un lato si consoliderebbe il terreno in zona industriale grazie alla qualità delle rocce depositate, dall’altro si potrebbe tenere “in frigo” il materiale in attesa dell’approvazione dell’ampliamento di Barcola». Soluzione, questa, che Sergas conosce bene. «Anni fa, quando ero vicepresidente dell’Ance, insieme a Riccesi avevamo presentato un progetto (illustrato nel rendering in alto ndr) che prevedeva la creazione di una fascia alberata dedicata alla balneazione larga 25 metri e lunga fino al Cedas. Progetto che potrebbe essere ripreso in mano». Dal Comune, per ora, nessun giudizio di merito. Le riserve, spiega Roberto Cosolini, verranno sciolte solo dopo un’attenta valutazione. «Stiamo studiando una serie di soluzioni relative al materiale di scavo di San Giusto che alleggeriscano i costi delle imprese e, allo stesso tempo, garantiscano il rispetto e l’equilibrio ambientale. Parlarne prima di aver concluso l’analisi, però, significherebbe solo lanciare proposte estemporanee». Infine, una stoccata a Rovis e alla sua scelta di rispolverare il “tormentone”. «Il centrodestra tende a rilanciare adesso progetti non portati a termine durante la passata consigliatura - conclude il sindaco -. Ritengo l’ipotesi ampliamento di Barcola uno stimolo ma, prima ancora, un’ammissione di debolezza dell’amministrazione precedente».
Maddalena Rebecca

 

 

Il colle svuotato da terra e roccia: serviranno 7mila camion - TURISMO »PROGETTO TIRATO FUORI DAL CASSETTO
 

Terra e roccia da scavo da prelevare sotto il Colle di San Giusto. Un intervento che impegnerà 7mila camion, suddivisi in 380 giorni: 18 mezzi pesanti a giornata, concentrati in fasce orarie. È la “scheda” del primo anno di cantiere per la costruzione del Park San Giusto che, all’inizio, determinare lo svuotamento del Colle di San Giusto. Ciascun camion stipato di terra e rocce dovrà percorrere di volta in volta decine di chilometri per raggiungere le discariche nell’Isontino e in Friuli. Ecco che i mezzi partiranno da via del Teatro Romano, futuro ingresso del parcheggio da dove partirà lo scavo, per lasciare Trieste. Ma determinando inevitabilmente non solo disagi al traffico cittadino, ma anche inquinamento. Un costo pesante sia economicamente parlando sia per quanto concerne le polveri del cantieri e le Pm10 prodotte dai camion.
 

 

Cividin: bello rifare la costa ma la cava è più fattibile - IL PARERE DELL’ANCE
 

Barcola o Faccanoni? Ex cava da bonificare o linea di costa davanti a Barcola da raddoppiare? Il dibattito apertosi attorno alla possibile discarica cittadina che, in alternativa ai siti friulani, potrebbe raccogliere il materiale di risulta proveniente dagli scavi del Park San Giusto divide la città in due partiti assolutamente trasversali. Sentiamo dunque anche il parere dei più diretti interessati, i costruttori. «Raddoppiare il lungomare di Barcola? Istintivamente, da triestino, è l’ipotesi che preferirei - ammette Donatello Cividin, locale presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) ma allo stesso modo mi rendo conto che incontrerebbe quantomeno due ostacoli: la perplessità della gente e la burocrazia. Di sicuro la linea di costa dipende dalla Regione e credo anche dal Demanio marittimo. Metterci mano significherebbe andare incontro a tempi lunghissimi. Certo in un’immagine romantica - continua Cividin - immaginare dei Topolini rifatti bene, con la strada più lontana sarebbe magnifico, ma si tratta di un argomento delicatissimo...». A conferma, il costruttore cita anche dei precedenti storici. «Quando fu fatta la pineta di Barcola, realizzata su un fondo di detriti bellici, ci fu una specie di rivolta popolare, ma visto il risultato poi tutti si calmarono e furono contenti. Credo che lo stesso potrebbe succedere anche per questo raddoppio. E comunque: quella della cava Faccanoni è un’evidente ferita sul panorama della città e sarebbe più utile, pratico e meno invadente ripristinarla ambientalmente. I tempi? Di immediatamente praticabile in questa città e in questo paese non c’è nulla, anche se credo che la Collini con i cantieri della Grande viabilità (che scaricavano alla Faccanoni ndr) abbia in un certo senso aperto la via».

(f.b.).
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 8 settembre 2011

 

 

Nuovo piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Le promesse non mantenute favoriscono soltanto costruttori e speculatori edilizi.”

 

(sintesi conferenza stampa dell’8 settembre 2011)
Le promesse non mantenute, rispetto ad un rapido avvio dell’iter del nuovo piano regolatore di Trieste, sono oggettivamente un regalo alla speculazione edilizia ed immobiliare.
Questo il duro giudizio, illustrato oggi in una conferenza stampa da WWF, Legambiente, Italia Nostra e Coordinamento “Piuverdemenocemento”.
Le associazioni ambientaliste hanno ricordato i ripetuti allarmi, lanciati già nel 2010, per gli effetti che avrebbe comportato il ritorno in vigore della variante 66 (cioè il piano regolatore Illy-Portoghesi-Cervesi, approvato nel 1997).
Allarmi inascoltati, tanto dall’amministrazione Dipiazza – che lasciò di fatto morire la variante 118 (criticabile per molti aspetti, ma meno cementificatrice della 66 e comunque migliorabile) – tanto dall’opposizione di centro-sinistra. Opposizione che, vinte le elezioni e assunta la guida del Comune con il sindaco Cosolini, aveva annunciato con enfasi l’avvio della redazione di un nuovo piano regolatore.
Redazione che avrebbe dovuto partire dalla stesura di idonee direttive, precedute da un ampio “processo partecipativo”, coinvolgendo categorie, associazioni, forze sociali, ecc.
Nell’affollata assemblea tenutasi il 1 agosto al Museo Revoltella, il sindaco (affiancato dagli assessori Omero e Marchigiani) aveva annunciato in tempi strettissimi l’avvio degli incontri per il “processo partecipativo”, sulla base di una bozza di direttive che avrebbe dovuto essere pronta entro ferragosto.
Il tutto con l’obiettivo di arrivare all’approvazione definitiva delle direttive – comprensive delle norme di salvaguardia – in Consiglio comunale entro la metà di settembre.
Il che avrebbe dovuto ridurre al minimo (40/45 giorni tutt’al più) la durata della “finestra”, apertasi il 7 agosto dopo la scadenza delle norme di salvaguardia imposte all’atto dell’adozione della variante 118. Finestra che permette – ritornando in vigore la variante 66 – sia di riprendere l’iter dei progetti “congelati” dalle norme di salvaguardia, sia di presentarne altri.
A tutt’oggi, nulla è avvenuto. Non sono disponibili né gli interventi del 1 agosto (pur promessi), né la bozza delle direttive, né vi è alcuna notizia in merito agli incontri annunciati per il “processo partecipativo”.
La finestra, nel frattempo, ha fatto ripartire l’iter di alcune decine di progetti edilizi conformi alla variante 66, in precedenza “congelati” (parecchi dei quali di notevoli dimensioni), mentre numerosi altri sono arrivati dopo il 7 agosto. E continuano ad arrivare.
Si sta quindi puntualmente verificando quanto paventato dagli ambientalisti già mesi addietro (e ritenuto inverosimile dal sindaco), cioè l’alluvione di progetti in seguito al ritorno in vigore della variante 66, dopo la scadenza delle salvaguardie. Alluvione che il Comune difficilmente potrà arginare, sia perché sono assai deboli gli strumenti disponibili per negare o almeno rallentare il rilascio dei permessi di costruire, sia perché la strada maestra rappresentata da una rapida approvazione delle direttive per il nuovo piano e delle relative salvaguardie, come detto, è in grave ritardo.
Sono numerose le segnalazioni di cittadini che evidenziano i propri timori per la presentazione di progetti su aree che la variante 118 indicava come zone non edificabili e che la riesumazione della variante 66, porterà a divenire inesorabilmente edificabili. Un esempio per tutti, perché forse il più eclatante: l’intervento in strada di Cattinara, che vedrà sostituita un’area S di verde pubblico in una muraglia di edificazione di quasi 20 mila mc, in concessione diretta.
Tutto ciò, hanno sottolineato gli ambientalisti, non può che essere visto come un grande – quanto ingiustificato e inammissibile – regalo al settore del mondo economico, rappresentato dalla speculazione edilizia ed immobiliare, a scapito dei beni comuni. Un settore che incide su beni inestimabili senza portare alcun beneficio reale, ma che trova tuttavia sostegno in varie forze politiche, consumando risorse preziose e non rinnovabili (il territorio agricolo, il paesaggio, l’ambiente naturale) e sottraendole al godimento della cittadinanza e ad altri usi anche economici, per il beneficio di pochi.
WWF, Legambiente, Italia Nostra e “Piuverdemenocemento” non possono quindi che deprecare il fatto di non essere stati ascoltati, quando dimostrarono che la scelta dell’amministrazione Cosolini (rassegnarsi alla morte della variante 118 e al ritorno della 66 per un periodi tempo indeterminato) era carica di rischi e che altre sarebbero state le strade da percorrere, per tutelare il territorio dalle colate di cemento. Ad esempio la riadozione della variante 118, previa introduzione delle modifiche migliorative necessarie per superare le riserve vincolanti della Regione (e per raccogliere i contributi contenuti nelle osservazioni di molti cittadini, della Soprintendenza e delle associazioni ambientaliste). Oppure l’approvazione con procedura d’urgenza di una delibera di direttive per un nuovo piano regolatore (e contestuale abbandono della 118), accompagnata da norme di salvaguardia che evitassero l’apertura della “finestra” e il ritorno in vigore della variante 66.
Gli ambientalisti hanno chiesto quindi che il sindaco spieghi pubblicamente il motivo di tale ritardo, poiché il nuovo piano regolatore dovrebbe rappresentare, viste le possibili disastrose conseguenze per il territorio generate dalla variante 66 dopo la caduta delle salvaguardie, l’impegno prioritario della nuova amministrazione.
WWF Trieste, via Rittmeyer 6, 34132 Trieste, tel. 040 360551, e-mail: wwfts@libero.it
Italia Nostra - Sezione di Trieste, via del Sale 4/b, 34121 Trieste, tel. 040 304414, e-mail: trieste@italianostra.org
Legambiente - Circolo Verdazzurro, via Donizetti 5/a, 34133 Trieste, tel. 040 577013, e-mail: info@legambientetrieste.it
Piuverdemenocemento – via Valdirivo 30, 34134 Trieste, e-mail: piuverdemenocemento@libero.it
 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 8 settembre 2011

 

 

Ambientalisti in guerra contro Gas Natural
 

Gli ambientalisti ribadiscono la propria contrarietà alla costruzione di un rigassificatore a Trieste. «Un impianto di questo tipo a Zaule – ha affermato ieri in Consiglio regionale il presidente di Legambiente Trieste, Livio Santoro, assieme ai colleghi del Wwf – provocherebbe rischi elevati, come incidenti e attacchi terroristici». Secondo Legambiente, peraltro, manca un piano di emergenza. Il ministero, tuttavia, ha approvato la procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale) con una serie di prescrizioni al progetto della società spagnola Gas Natural. L’azienda deve recepire le modifiche ed elaborare un documento definitivo da sottoporre alla Conferenza dei Servizi a cui partecipano, tra gli altri, Regione, Provincia e Comuni.

(g.s.)
 

 

Park S. Giusto: per gli scavi serviranno 7mila camion
 

Bisognerà smaltire 140mila metri cubi di terra e roccia prima della costruzione Previsti 18 viaggi al giorno da via del Teatro romano verso le discariche in Friuli
Il conto alla rovescia per l’avvio del secondo stralcio dei lavori del parcheggio sotto il colle di San Giusto, sta per cominciare. Gli scavi del pozzo di aerazione che accoglierà gli ascensori panoramici, e quelli richiesti per ricavare la galleria di imbocco del grande contenitore, dovrebbero infatti partire tra fine ottobre e inizio novembre. I cantieri Tra poco più di un mese, quindi, il cantiere - o meglio i due cantieri visto che all’area già predisposta in via del Teatro Romano si aggiungerà presto un secondo spazio sulla sommità del colle -, entrerà nel vivo. E, contemporaneamente, inizieranno le operazioni di rimozione e smaltimento dei materiali di scavo: enormi ammassi di terreno da caricare a bordo di capienti camion, chiamati a macinare chilometri per raggiungere lo stabilimento - e non la discarica visto che tecnicamente si tratta di inerti e non di rifiuti -, autorizzato ad accoglierli. Materiali di scavo Non notare i mezzi pesanti impiegati per il trasporto del “flysch” di cui è composta la roccia del colle, sarà pressochè impossibile. I loro passaggi attraverso il centro cittadino - difficile da bypassare vista la collocazione del parcheggio -, saranno talmente frequenti da diventare un appuntamento fisso anche per l’osservatore meno attento. Un’esagerazione? Niente affatto. Le stime della Park San Giusto spa, titolare del project financing, parlano di una quantità complessiva di materiale da smaltire pari a 140mila metri cubi di terreno, vale a dire l’equivalente di ben 7mila camion. Suddividendo questo numero per la durata prevista dei lavori, 380 giorni, si ottiene quindi una media a dir poco impegnativa: 18 viaggi al giorno o, detta in altri termini, due camion in movimento ogni ora. Ma saranno molti di più visto le operazioni si concentreranno in determinati orari. Costi di trasporto Un via vai di mezzi pesanti di questa portata, naturalmente, avrà effetti di non poco conto in termini di inquinamento e appesantimento della circolazione stradale. E, puntualizzano i costruttori, comporterà inoltre spese elevatissime legate all’impossibilità di conferire i materiali a Trieste vista l’assenza di stabilimenti idonei. Ciascun camion stipato di terra e rocce, infatti, dovrà percorrere di volta in volta decine di chilometri per raggiungere le aree isontine (come quelle individuate a Villesse) o friulane (tra cui il sito di Remanzacco) autorizzate alla raccolta di inerti, con costi giudicati esorbitanti. «Nel Piano economico-finanziario dell’opera - spiega Franco Sergas, presidente della Park San Giusto spa - l’asporto del materiale scavato nelle gallerie vale 3milioni e 460mila euro, cifra su cui pesano soprattutto il gasolio, le gomme, i pedaggi legati ai viaggi fuori dai confini provinciali. Individuare una soluzione alternativa qui a Trieste, consentirebbe di risparmiare circa 2 milioni di euro ed eviterebbe il pesante costo sociale da pagare in termini di traffico e polveri sottili prodotte da migliaia di mezzi su strada». Iter Prima ancora che smaltirlo, però, il materiale bisogna estrarlo, accelerando sul fronte lavori. L’iter del parcheggio, in questo senso, ha compiuto di recente grandi passi avanti. Il primo settembre è stato approvato dalla giunta comunale il Progetto esecutivo e mercoledì prossimo si terrà in Comune una riunione operativa per predisporre quanto necessario per la consegna delle due aree di cantiere per partire con i lavori del secondo stralcio, come detto, tra fine ottobre e inizio novembre.
Maddalena Rebecca

 

«Niente rischi, il Colle non si abbasserà» - IL PRESIDENTE DELLA SPA FRANCO SERGAS
 

Oltre a quello della progettazione, c’è anche un secondo fronte ormai vicino alla chiusura: il capitolo espropri. Il 95% dei proprietari di terreni necessari per realizzare il parcheggio, spiegano dalla società, ha già accettato l’indennizzo proposto in via bonaria e tra due settimane verranno firmati i contratti definitivi che garantiranno il diritto di superficie. Sul fronte operativo si sta poi procedendo all’installazione dei sistemi di monitoraggio per il controllo delle vibrazioni e della tenuta degli edifici vicini. Quanto ai timori di possibili “cedimenti” dell’area interessata dagli scavi. assicura la spa, sono stati definitivamente superati. «Lavorando sotto terra ad una profondità compresa tra i 20 e i 40 metri, non esistono rischi che il colle si abbassi - conclude Sergas, nella foto -. Nel progetto esecutivo, tra l’altro, sono state ottemperate tutte le norme antisismiche. La struttura quindi sarà ancora più resistente di quanto previsto inizialmente».
 

 

Sant’Antonio, il restauro rispetta i tempi - Il lotto di lavori sulle facciate laterali dovrebbe finire entro gennaio, poi partiranno quelle frontali
 

Procede senza ostacoli apparenti il restauro della chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo. Un intervento assolutamente necessario visto che l’edificio, situato ormai nel cuore di quella che sta diventando la grande area pedonale triestina, presentava visibili segni di deterioramento. La caduta di intonaci, per iniziare. Sulla facciata destra della chiesa, ad esempio, risultavano piuttosto vistose le chiazze scure di malta cementizia, utilizzata in più interventi per mettere in sicurezza gli intonaci a rischio caduta, vittime di microinfiltrazioni causate non solo dall’età della struttura, ma anche dal mix pioggia-bora e dagli scarichi otturati. Di tanto in tanto, inoltre, scattava l’allarme attorno a zone non giudicate pienamente sicure, dove andava rimosso qualche metro quadrato che si era rovinato nel corso degli anni. Interventi patchwork, si capisce, ma sufficienti per dare l’idea di un edificio profondamente “malato”. L’apertura del cantiere, nel gennaio scorso, era coincisa con una previsione di chiusura lavori per circa un anno dopo. Ipotesi che, allo stato delle cose, l’assessore comunale ai Lavori pubblici Elena Marchigiani si sente di confermare. «Lo svolgimento della ristrutturazione a Sant’Antonio è assolutamente regolare. Attualmente abbiamo in corso - anticipa l’assessore - la scelta delle coloriture definitive con la Soprintendenza, e questo per quanto concerne il primo lotto di lavori, che riguarda le facciate cosiddette lunghe. Finite quelle, potremo partire con quelle corte, per le quali è già stata messa a bilancio la cifra di 890mila euro, in gran parte coperta da finanziamenti regionali». Dietro al remake di Sant’Antonio, in realtà, c’è stata una battaglia non da poco. Per i fondi necessari, in primis, alla fine coperti. E poi per l’armonizzazione con i tanti progetti, uno dei quali interessa direttamente l’area. La giunta Illy già negli anni Novanta aveva inserito nel piano parcheggi la struttura sotterranea di Ponterosso e piazza Sant’Antonio Nuovo. Alla fine, però , il progetto portato avanti fu solo quello relativo a piazza del Ponterosso, clamorosamente cassato, da Vittorio Sgarbi, in prima battuta. Nel piano delle opere 2005, licenziato dalla giunta guidata dallo stesso Dipiazza fu poi inserita una serie di parcheggi multipiano (talora sotterranei) da realizzarsi in project financing, con l’investimento cioè sostenuto dall’impresa esecutrice dell'opera. Di più: sulle bozze di progetto l’assessore Rossi aveva affermato all’epoca che si trattava «di soluzioni di tipo avveniristico che stiamo studiando da tempo: non solo parcheggi ma strutture multifunzionali». Tutte, evidentemente, andate disperse assieme all’ex giunta. Compresa la suggestiva ipotesi, di uno studio tedesco, di fare arrivare l’acqua del canale allo spazio antistante la chiesa, com’era un tempo.
Furio Baldassi

 

 

 

 

NEXTVILLE - MERCOLEDI', 7 settembre 2011

 

 

Fotovoltaico, per l'Italia grid parity nel 2013

 

L'Italia sarà il primo paese europeo a raggiungere la grid parity con il fotovoltaico: è quanto emerge da “Solar Photovoltaics Competing in the Energy Sector. On The Road to Competitiveness”, il rapporto presentato da Epia (European Photovoltaic Industry)
La grid parity è il momento in cui l'energia elettrica prodotta con le energie rinnovabili, in questo caso il fotovoltaico, avrà lo stesso prezzo dell'energia tradizionale e sarà realmente competitiva rispetto ai combustibili fossili. Ciò che accelererà questo processo è la tendenza generale dei prezzi, che nell'ultimo decennio hanno visto una decrescita costante dei costi di generazione dell'elettricità prodotta con il fotovoltaico e parallelamente un aumento generalizzato del prezzo dell'elettricità.
Secondo quanto riportato dal rapporto sarà l'Italia il primo paese a raggiungere la grid parity con il fotovoltaico. Questo avverrà nel 2013 per ciò che riguarda il settore commerciale, generando un effetto a catena in tutto il continente, dove nella maggior parte dei paesi si raggiungerà lo stesso obiettivo entro il 2020 nei diversi settori. Per ciò che riguarda il fotovoltaico a terra ci vorrà solo un anno in più, nel 2014 quindi, perché l'Italia raggiunga la grid parity e lo stesso per il resto d'Europa, che si allineerà al risultato del nostro Paese entro il 2020.
Uno dei fattori che determineranno il raggiungimento della competitività del fotovoltaico sarà quello dell'irradiazione solare ed è questo uno dei motivi (ma non il solo) per cui l'Italia arriverà prima di altri. Ma il rapporto di Epia fa il punto su un'altra questione determinante: le politiche messe in atto dai governi. E' evidente che per raggiungere tali obiettivi c'è necessità di mercati stabili che spingano gli investitori verso questo settore e le politiche sono sicuramente una delle leve più importanti in questo senso al fine di rimuovere quelle distorsioni di mercato che mantengono alti i prezzi per la realizzazione di impianti fotovoltaici.
In che modo la politica può intervenire secondo Epia? Innanzitutto permettendo al mercato di crescere in maniera sostenibile in tutti i settori e in tutti i paesi favorendo così le economie di scala, adattando gli incentivi sulla base degli sviluppi del mercato stesso, rimuovendo gli ostacoli burocratici, semplificando le autorizzazioni per la connessione alla rete, sostenendo in modo costante il settore "Ricerca e Sviluppo" e facendo sì che il fotovoltaico venga considerato un investimento a basso rischio così da permettere un facile accesso ai finanziamenti.

“Solar Photovoltaics Competing in the Energy Sector. On The Road to Competitiveness”
Il rapporto di Epia in .pdf

Emiliano Angelelli

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 7 settembre 2011

 

 

«Ponterosso? Ho ceduto alle pressioni del Comune»
 

L’ammissione dell’ex direttore regionale dei beni culturali Di Paola: «Ma non li ho accontentati del tutto, pretendendo un’opera temporanea»
Le carte vengono al pettine, ed è adesso, a gara conclusa per l’affidamento dei lavori, che dilaga il poderoso dubbio degli esperti se sia o meno il caso di ridisegnare il canale del Ponterosso con una passerella che agevoli il flusso pedonale. Tutto riporta a quel “sì” originario, per di più condizionato e a tempo, firmato dall’allora direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola, che prima di lasciare palazzo Economo nel febbraio 2010 si era trovato discutere energicamente di molte cose importanti, dal Porto vecchio (progetto Greensisam più volte bocciato), a piazza Libertà, da palazzo Carciotti al famoso ponte. Oggi schiere di architetti dicono invece “no”, senza condizioni. E lui, Di Paola, ormai rientrato a Roma, che cosa risponde e come spiega un «sì, ma» per un luogo già definito «sacra cartolina della città»? Architetto Di Paola, si parla molto di questo ponte, di questo suo parere. Ah, se ne parla ancora? Non molto bene. Il mio parere favorevole era per una passerella temporanea. L’assetto di quel luogo è stato soprattutto variato in precedenza dall’interramento davanti alla chiesa. Brutto lavoro. Il canale ha il nodo irrisolto di un lavoro mal fatto. Bisognerebbe tornare indietro. Però con questi chiari di luna... Ma come si fa a consentire un ponte «temporaneo»? Dare un assenso definitivo non mi pareva opportuno. C’erano state forti insistenze da parte del Comune per una soluzione definitiva. Io ho ceduto solo un pochino, ma ho messo il vincolo della temporaneità. Che cosa l’ha convinta, seppure a metà? Il collegamento tra le due sponde, la prosecuzione di un percorso pedonale, il ricollegare due tronconi di città, la cucitura. Le motivazioni erano così appropriate e ragionevoli, con basi di riflessione anche sociali fondate. Era bene rivitalizzare la parte di città al di là del canale, dove c’è la chiesa evangelica ma ci sono anche negozi cinesi, e dove si vede il sonno di tre-quattro isolati, peraltro pregevoli, che dura da quando ha smesso le sue funzioni il Porto vecchio. E però parere temporaneo. Sì, cinque anni ma, bisogna ricordare, rinnovabili. Rinnovabili? Lo sa che qualcuno dice... Lo immagino: che in Italia non c’è nulla di più definitivo di una cosa temporanea. Appunto. In più costa. Quant’è il costo? 800 mila euro? Certo non sono bricioline. Ma è anche giusto che il mutamento sia sottoposto al giudizio della gente, che ci sia una progressione nelle decisioni. Un processo per così dire democratico delle valutazioni. Il ponte può durare 5 anni, ma anche 6, o 10, o 15... O quello che sarà. Se con 800 mila euro si valorizza un patrimonio della città che è in abbandono, non mi pare poca cosa. Va sempre anche considerato il rapporto costi-benefici. In quell’area verso la stazione c’è un patrimonio edilizio svalutato, molte case sono vuote. Se rivive, contestualmente alla rinascita di Porto vecchio, è un valore per tutta la città. E se invece non piace? Se non attecchisce, si può togliere, e certamente si saranno buttati un po’ di soldi. Il parapetto è in vetro, richiama quello del ponte veneziano di Calatrava che scontenta molti e crea problemi. Ma a me il ponte di Calatrava pare un’opera pregevole. Gli uffici tecnici del Comune si erano molto impegnati per il progetto, che è un buon prodotto, ma forse ancora troppo strutturato rispetto a quello che io avevo chiesto. Avevo chiesto una semplice passerella, con quattro viti, due da una parte e due dall’altra. È una passerella, senz’arco. L’architetto Monti allora giudicò che una “sellatura” sarebbe risultata elemento troppo esterno al sito di Ponterosso. E io ho condiviso il suo parere. Ma il vetro poi sarà sempre sporco, o anche di facile lordatura, non crede? Io non credo, il vetro è solo sulle pareti laterali, è cosa leggera, e infatti meno si vede e meglio è. Non l’ha mai turbata dunque il timore di modificare «la cartolina» di Ponterosso? Ma non bisogna nemmeno aver paura di trovare soluzioni. Oculate, ma attente ad argomenti anche più importanti. Ho accettato una proposta, ho accettato l’innesto, per salvare una parte della pianta urbana. A me pare che valga la pena di provare. La giunta Dipiazza, nel suo primo periodo, aveva fatto molte proposte, e messo mano a problemi storici, come il traffico su piazza Libertà. Francamente, pur di risolvere un simile orrore non bisognava aver paura di buttare giù un albero... Lei dunque rifirmerebbe. Tutti i pareri che ho dato li ho dati con convinzione. E il tempo, a Trieste e altrove, mi ha sempre dato ragione.
Gabriella Ziani

 

 

Rifare piazza Hortis e via Trento con Pisus - Fondi europei per urbanistica, economia, cultura: chi vuole presentare idee deve farlo entro il mese
 

Si va dalla pedonalizzazione di via Trento da percorrere anche in bici, alla riqualificazione di piazza Hortis e al collegamento con piste ciclabili e pedonali del centro con piazza Libertà, ma anche al “bike-sharing” con punti di noleggio biciclette sparsi lungo la città. Sono alcuni esempi dei progetti di riqualificazione del territorio urbano contenuti nel progetto Pisus, ovvero i Piano integrato di sviluppo sostenibile dei centri urbani finanziati da fondi comunitari e sui quali il Comune sta lavorando per concorrere all'ottenimento del contributo. La parola d’ordine sarà quindi sviluppo sostenibile con uno sguardo attento alla questione ambientale, al rilancio dell’economia puntando sui prodotti locali di qualità per attrarre sempre più turisti in città. Per fare tutto questo ci saranno a disposizione, se il Comune si aggiudicherà il finanziamento, da un minimo di 3 milioni di euro fino a un massimo di 5,8 milioni, di cui il 23% sarà a carico delle casse comunali. Ma la novità sta proprio nella modalità in cui gli uffici di piazza Unità hanno scelto di muoversi, ovvero coinvolgendo il tessuto economico locale, le associazioni e i privati cittadini che sono stati invitati a presentare le loro proposte di progetto. Così ieri nella sala del Consiglio comunale gli assessori ai Lavori pubblici Elena Marchigiani e allo Sviluppo economico Fabio Omero hanno incontrato i vari portatori d’interesse - la sala era stracolma di persone - per presentare le possibilità offerte dal progetto. I tempi però sono stretti, entro la fine di questo mese è fissata la scadenza per la consegna delle proposte da parte dei soggetti interessati. A sua volta il Comune dovrà entro il 21 novembre formulare il Piano definitivo da presentare alla Regione per concorrere all’ottenimento dei fondi comunitari. «Il Comune sta lavorando da anni a questo progetto – ha spiegato l’assessore Marchigiani – che si sviluppa su tre assi. Il primo fa riferimento alla riqualificazione urbana del centro storico, il secondo punta alla promozione di attività culturali e alla valorizzazione dei contenitori già esistenti. L'ultimo invece ha come obiettivo la promozione delle attività economiche». Su questo versante saranno a disposizione delle imprese selezionate dai 50 ai 100 mila euro. «Puntiamo – ha spiegato ancora Marchigiani – ad avviare un'attività fortemente partecipata per stimolare le iniziative sul territorio che dovranno diventare una vetrina di promozione anche turistica di questi luoghi. È un'occasione per iniziare un nuovo modo di lavorare assieme per il territorio».

(i.gh.)
 

 

«Recuperare i terrazzamenti di Prosecco»
 

PROSECCO «Recuperare i terrazzamenti di Contovello e Prosecco per dare nuovo impulso all’agricoltura appare una priorità tra gli interventi che riguardano il territorio comunale triestino a ovest dell’Altipiano Carsico. Speriamo dunque che il nuovo dialogo instauratosi tra l’Associazione Agricoltori e l’assessore comunale all’agricoltura Umberto Laureni sia foriero di prossime azioni concrete». Così Roberto Cattaruzza, presidente del primo parlamentino, commenta il recente incontro tra il neo assessore e una tra le principali associazioni del territorio che curano gli interessi degli agricoltori. L’assessore Laureni, proprio in questi giorni, si recherà in visita a alcune realtà del settore. Una presa visione – secondo la circoscrizione – che va finalmente salutata come un cambio di rotta da parte del Comune di Trieste. «Fa davvero piacere che l’assessore abbia convocato un tavolo di lavoro per discutere le tematiche agricole e ambientali con i suoi protagonisti» dice il presidente della circoscrizione. «Non sarà certo semplice risolvere tutte le questioni legate al recupero del costone carsico o all’allestimento di una vetrina a Prosecco per reclamizzare la nuova Doc e i prodotti locali – osserva Cattaruzza – ma intanto è lecito sperare che da parte della nuova amministrazione comunale vi sia su questa materia maggiore concretezza e lungimiranza rispetto quella precedente».

(ma.lo.)
 

 

Legambiente «Manovra iniqua e anti-natura»
 

Non guarda «al futuro», anzi è «recessiva» in campo economico quanto in quello ambientale: con la Robin tax sulle imprese energetiche che tassa anche le fonti rinnovabili, la manovra «non offre prospettive» al Paese e anzi viene ritenuta «povera di interventi per lo sviluppo» e ricca invece di misure anti-natura. Così Legambiente ieri in piazza a sostegno dello sciopero della Cgil, boccia il provvedimento economico, «depressivo» e in grado di acuire «disuguaglianze e precarietà».
 

 

SEGNALAZIONI - Ferriera Smog fuori controllo

 

 Dal 28 gennaio 2010 al 10 maggio 2011 Ass n. 1 Triestina ha inviato ben 12 lettere alle autorità interessate, in tutte ha espresso precise valutazioni sui rischi per la salute e l’ambiente conseguenti all’inquinamento da polveri, benzene e Ipa. Ho letto gli articoli del Piccolo del 24 e 25 agosto 2011, riguardante la nube che si è levata dalla ferriera, non mi sono per niente meravigliato, perché di nubi negli ultimi anni ne ho viste tante provenienti dalla ferriera. Questo dimostra che non sono servite nemmeno le dodici lettere inviate alle autorità dall’Ass n. 1 Triestina. Nella dodicesima lettera si legge: «Si ritiene doveroso segnalare come i dati degli inquinanti ambientali rilevati dalle centraline poste nel quartiere di Servola evidenzino numerosi e continui superamenti dei limiti di norma per il benzene e per le Pm10, in particolare per il benzene la centralina del mezzo mobile ha rilevato valori elevati, con punte orarie talvolta pari anche a 10 volte il limite medio annuale consentito, praticamente ogni giorno nei mesi di marzo e aprile, mentre le centraline di via Carpineto, via Pitacco e via Svevo hanno rilevato valori anomali con una certa frequenza nel mese di aprile (il 7 aprile si è raggiunto un picco di 121 ug/m3 in via Carpineto, di 62.14 ug/m3 in via Pitacco e di 71.89 ug/m3 in via Svevo, il 9 aprile il picco è stato di 106.21 ug/m3 in via Carpineto, di 112.88 ug/m3 in via Pitacco e di 83.72 ug/m3 in via Svevo). Per quanto attiene le Pm10 si riporta il numero complessivo delle giornate in cui è stato superato, dal 10.01.2011 a tutt’oggi, il limite fissato dalla normativa vigente: numero di giornate in cui è stato superato il limite di 50 ug/m3 via Carpineto - 29, via Pitacco - 16, via Svevo - 27, mezzo mobile - 36. L’andamento negativo delle Pm10 e del benzene registrato dal mezzo mobile potrebbe essere collegato con la conduzione o il malfunzionamento dei singoli impianti dello stabilimento della Lucchini SpA, da parte della quale non è tuttavia pervenuta a questa azienda alcuna comunicazione in merito. Sono invece pervenute da parte dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente le note sopraccitate che relazionano su quanto accertato nel corso del sopralluogo del giorno 7.04.2011. Preoccupano particolarmente i rilievi delle centraline di via Carpineto, via Svevo e via Pitacco, (via Carpineto e via Svevo si stanno avvicinando ai 35 superamenti/anno, limite massimo consentito della vigente normativa), considerata la loro posizione in zone di alta intensità abitativa (per le Pm10 il 7 aprile si è raggiunto un picco di 123.1 ug/m3 in via Carpineto, di 145.1 ug/m3 in via Pitacco e 128.4 ug/m3 in via Svevo). Le considerazioni sui rischi per la salute umana e per l’ambiente conseguenti ad inquinanti quali benzene, polveri e Ipa sono stati più volte portati alla vostra attenzione. A questa Azienda, giungono inoltre numerose segnalazioni di cittadini che paventano conseguenze per la salute dovute all’inquinamento. Sulla base di quanto esposto si invitano le Ss.Vv. a voler valutare l’adozione di ogni azione utile a salvaguardia della salute pubblica.

Nevio Tul

 

 

Firma anche Legambiente - Precisazione

 

 A proposito dell’intervento di Dario Predonzan, responsabile urbanistica Wwf Trieste, sulla variante 66 al piano regolatore, pubblicato il 27 agosto, si precisa che il contributo era firmato e condiviso anche da Lucia Sirocco, responsabile urbanistica Legambiente Trieste.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 6 settembre 2011

 

 

Differenziata “automatica” per evitare il porta a porta
 

L’innovativo trattamento idromeccanico-biologico ha un costo di 44milioni: trasforma i rifiuti in energia. Il Comune lo sta prendendo in esame
Un sistema che divide automaticamente le immondizie separando plastica, vetro, umido e carta riducendo al minimo quella parte di rifiuti indifferenziati che finiscono nell'inceneritore. Un qualche cosa che sa di innovativo e che tecnicamente viene definito «impianto di trattamento idromeccanico-biologico dei rifiuti urbani». Trasformerebbe il termovalorizzatore di Zaule in un impianto a biomasse. L'impianto prodotto dalla Arrow Bio - azienda israeliana che ha già fatto un sopralluogo nella nostra città - è al vaglio dei tecnici del Comune che ne stanno valutando la sostenibilità, le potenzialità e le concrete possibilità di istallarlo a fianco del termovalorizzatore di Zaule. Costo dell'istallazione: 44 milioni di euro, meno della metà del costo di realizzazione di una linea del termovalorizzatore. Il sistema progettato dagli israeliani eviterebbe al Comune di Trieste di dover ricorrere alla raccolta differenziata porta a porta, scongiurando così possibili rincari della Tarsu. A creare e mantenere questo ponte scientifico tra Tel Aviv e Trieste è la Fit, la Fondazione Internazionale per il Progresso e la Libertà delle Scienze presieduta da Stefano Fantoni e con sede all'Ictp in Strada Costiera. Da indiscrezioni risulta vi siano già una realtà privata a livello nazionale con sede in Emilia Romagna e una a livello internazionale che hanno espresso la volontà di partecipare alla costruzione dell'impianto impegnandosi di utilizzare manodopera triestina. All'inizio dell'anno una delegazione triestina composta da Paolo Bonivento, vice presidente della Fit, Alberto Mian, direttore del servizio Controllo Attività Esternalizzate del Comune di Trieste e da Massimo Giacomini, dirigente della Divisione Ambiente di AcegasAps ha visitato l'impianto di Tel Aviv. La scorsa settimana business plan, relazioni tecnico scientifiche, certificazioni internazioni e dettagli su costi e benefici sono stati illustrati nel corso di un tavolo tecnico al quale hanno preso parte anche Fabio Omero e Umberto Laureni assessori alle Partecipate e all'Ambiente. Finalità dell'impianto - che non andrebbe a sostituire bensì a rendere più efficiente quello di Zaule - sono quelle di aumentare la diversificazione dei rifiuti almeno del 75 per cento; di separare e trattare alla fonte il materiale organico; produrre energie rinnovabili dai rifiuti, ridurre i costi operativi e non produrre inquinamento. Il business plan prevede oltre 50 nuovi posti di lavoro per la gestione ordinaria dell'impianto, 10 dedicati alla ricerca, 10 per la manutenzione, 50 addetti alla vendita dell'energia e dal materiale riciclabile prodotto e 200 persone impegnate nella costruzione dell'impianto. «Questo progetto permette l'introduzione di sistemi di riuso, riciclo e ripristino dei rifiuti - spiega Paolo Bonivento - che porterebbero Trieste all'avanguardia europea evitando l'inquinamento e permettendo l'ottenimento dei "Carbon Credits", gli incentivi finanziari destinati a chi contribuisce al miglioramento della qualità ambientale. Difficilmente con l'attuale sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti Trieste avrà mai accesso a questi benefici. Anzi, dal 1 gennaio 2013 i comuni che non raggiungeranno i parametri dei programmi europei e ministeriali che impongono una percentuale di raccolta differenziata del 65 per cento, saranno pesantemente sanzionati.
Laura Tonero

 

 

DIFFERENZIATA - Arrow Bio, appoggio degli enti scientifici - GLI “SPONSOR”
 

La Arrow Bio non ha scelto a caso Trieste come sede per la possibile realizzazione di un suo impianto. La presenza sul nostro territorio di realtà come l'Area di Ricerca, il Sincotrone o il Centro di Fisica consentirebbe di dare vita ad una collaborazione che perfezionerebbe l'impianto. Nella lettera inviata dal colosso israeliano al sindaco Roberto Cosolini lo scorso 30 giugno, i vertici della società sottolineano l'importanza di quella "Trieste città della scienza" e mettono nero su bianco il loro interesse nello sviluppare qui il loro primo impianto europeo. «L'impianto - precisa Paolo Bonivento, vice presidente della Fit - darebbe vita anche ad una collaborazione con le scuole per sensibilizzare i giovani alla raccolta differenziata e all'ambiente. Vedere come un rifiuto viene trasformato in energia ha del miracoloso». Un sistema, insomma, che si avvale del sostegno degli enti scientifici.
 

 

DIFFERENZIATA - Omero: «Ma AcegasAps non sarebbe estromessa, anzi» - PROGETTO IN FASE DI VALUTAZIONE
 

«Intervenire con un sistema come questo sul livello leggero di differenziata che applichiamo ora a Trieste sarebbe utile - precisa Fabio Omero, assessore comunale alle Partecipate - quello che preoccupa sono i costi: in questo momento il Comune ha altre priorità». Centrale diventerebbe il ruolo di AcegasAps. «Il sistema non sostituirebbe l'impianto esistente ma verrebbe messo in serie, - assicura Omero - decisive saranno le novità che la manovra finanziaria prevede in materia di liberalizzazioni da parte dei comuni. AcegasAps - osserva - diventerebbe comunque il primo interlocutore e potrebbe diventare uno degli investitori per la realizzazione del nuovo impianto». «Siamo ancora alla fase di valutazione - spiega il sindaco Roberto Cosolini - se il progetto si rivelasse sostenibile lo prenderei sicuramente in considerazione» Più diplomatico l'assessore Alberto Laureni. «Ci vengono sottoposti vari progetti - precisa - e prima di una seria valutazione non mi sento di esprimere un'opinione pubblica: significherebbe avvantaggiare una proposta rispetto ad un'altra. Ho preso parte alla presentazione dell'impianto israeliano e ne sto valutando i reali benefici per la città».

(l.t.)
 

 

Cervi: «Il ponte sul canale? Meglio fare due passi»
 

Sulla stessa lunghezza d’onda l’architetto Caroli: «Inutile creare stravolgimenti in un’area che all’estero è di modello per trasformazioni urbanistiche»
Il canale di Ponterosso viene ormai definito “sacro” e (al di là del rispettato lavoro del progettista) sempre più voci intonano la quotidiana preghiera affinché il terzo ponte, la passerella trasparente, sia gentilmente rimessa in cassetto. «Se il canale solleva tanto interesse e dibattito vuol dire che in fondo non è così semplice imporre un’opera in un luogo sacro della città» scrive Antonella Caroli, già segretario dell’Autorità portuale e presidente del Comitato scientifico internazionale per il Porto vecchio, riprendendo il concetto scelto da Luciano Celli. Caroli avverte: «Per la costruzione del nuovo Hafencity di Amburgo il canale di Trieste, con quelli di Venezia e Copenaghen, ha fatto da modello, un modello che è stato rispettato e osservato anche nella configurazione del nuovo quartiere amburghese. Sarebbe piuttosto imbarazzante - prosegue l’architetto - spiegare alle comunità scientifiche internazionali che la città di Trieste ha rinunciato alla sua bellissima prospettiva, ormai entrata nella cultura internazionale con il suo Porto vecchio e con il suo canale, che non dimentichiamo fa parte anch’esso del waterfront urbano. Le identità urbane delle città-porto non possono essere stravolte in nome di una rivitalizzazione di un borgo storico come il nostro Teresiano o semplicemente per un passaggio effimero e trasparente tra due banchine». È d’accordo anche l’architetto Ennio Cervi: «Condivido le opinioni di Luciano Semerani e di Paolo Portoghesi, quelle di Pietro Cordara e di Luciano Celli - esordisce Cervi -, di quel canale ricordo il profumo di pesce fritto che usciva dai bragozzi dei pescatori quand’ero un bambino, ma al di là della memoria storica mi domando che cosa ci sia da rivitalizzare in una via Trento dove ci sono solo palazzi istituzionali, dal Carciotti alla Fondazione Cassa di risparmio, a due edifici delle Generali, alla chiesa evangelica e al retro della Posta, l’unica parte che “vive” è da un lato verso piazza della Borsa e dall’altra verso via Ghega. La bretella non aiuta nessuno». Aggiunge perciò Cervi che «non serve invocare la “mano santa” di un grande architetto, come ha detto Boris Podrecca, questa è utile quando c’è qualche cosa da fare, mentre sul canale è bene non fare niente, meno che mai passerelle in vetro (moderno e leggero) con pavimento in arenaria (materiale “antico” e pesante)». Suggestivo però è parso quel che ha immaginato Luciano Celli, e cioé un “museo all’aperto” di antichi scafi dell’Adriatico nelle acque del canale. «Idea che mi sarebbe piaciuto realizzare - racconta Cervi - nell’area della ex piscina Bianchi, ma quel che propone il collega per Ponterosso è di quasi impossibile realizzazione, stiamo parlando di tenere in acqua delle barche con scafo di legno, e la loro manutenzione, come sa chiunque se ne intenda, è talmente costosa da diventare utopica. A Barcellona c’è qualcosa di simile, ma le barche sono tutte fuori dall’acqua, per Trieste in quel luogo cosa improponibile». Insomma, Cervi d’accordo con Portoghesi: meglio fare due passi a piedi in più che accorciare il cammino col terzo ponte.
Gabriella Ziani

 

 

PONTEROSSO - Bandelli: «Ma non si può tornare indietro» - LA POLEMICA
 

«Ci rendiamo conto? Per quel ponte abbiamo ricevuto finanziamenti dal ministero dell’Ambiente per una migliore fruibilità della città, che cos’è adesso tutta una sfilata di architetti contrari? Non sarà che questa “casta” se la prende perché il Comune, per meglio usare i denari, ha deciso di chiedere il progetto a un proprio architetto interno?». Franco Bandelli, l’ex assessore ai Lavori pubblici inventore del ponte sul canale di Ponterosso «come collegamento diretto tra piazza Venezia e piazza Libertà», si scrolla di dosso le implorazioni affinché sul progetto si faccia un passo indietro. «Sono sicuro che la giunta Cosolini porterà a compimento - aggiunge -, e mi domando da quale pulpito tutte queste levate di scudi: Celli è l’autore di Rozzol Melara, Semerani delle torri di Cattinara che ho già definito “Chernobyl”, Podrecca di quella bella piazza davanti alla Posta: eredità critiche, ma che sono state accettate». Altrettanto polemico il leader di Un’altra Trieste con chi invoca il concorso di idee: «Che cosa ci hanno lasciato i concorsi di idee? Piazza Goldoni, e non so se mi spiego, e quell’orrenda fontana in largo San Bonifacio prima del viale XX Settembre». Niente peli sulla lingua, in Bandelli, che prosegue come un fiume: «La gara è stata vinta e assegnata definitivamente, se si torna indietro non è forse danno erariale? Lo pagheranno questi architetti? Quanto ai politici, Maurizio Bucci fa lezione ma da assessore all’Urbanistica ha usato solo accanimento terapeutico per tentare di abbattere la sala Tripcovich, e per il resto ha solo tenuto i progetti in cassetto. Quanto a Roberto De Gioia, s’indigna ma poi spiega che starà in consiglio comunale solo fin tanto che trova un milione per salvare l’Ursus».
 

 

Ponte sul canale, per qualche anno lasciamolo provvisorio - LA LETTERA DEL GIORNO
 

Viviamo nel terzo millennio, epoca di insicurezza e instabilità con esigenze, scenari e prospettive che mutano in modo cosi repentino da sconsigliare qualsiasi opera definitiva e vincolante. Ritengo che, in questo momento, il ponte sul canale possa servire da stimolo a una zona cittadina depressa e possa contribuire al suo rilancio, se non altro con la stessa novità di un collegamento pedonale. Condivido, tuttavia, l’opinione dell’architetto Semerani e del Soprintendente Rinaldi di opera invasiva e prospetticamente inquinante. Il buon senso suggerisce percio di progettare “in divenire” ripristinando per qualche anno il ponte provvisorio allestito come prova generale alcuni anni fa dal genio civile che non ho mai capito perché è stato tolto. Credo che sia possibile, in momenti economicamente così difficili, noleggiare o comperare dallo stato il manufatto già usato, che era stato montato in due giorni e che, essendo precario e quindi facilmente smontabile non implica particolari autorizzazioni della Soprintendenza. Ritengo che, proprio in virtù della sua evidente provvisorietà non intaccasse il contesto architettonico-ambientale; inoltre la possibilità di decorarlo con fiori e piante potrebbe stimolare la conoscenza delle essenze stagionali ed essere oggetto di concorsi o premi in tal senso coinvolgendo gli amanti del verde od I vivai cittadini. Ho sempre ritenuto assurdo lo smontaggio di quel manufatto che, a mio avviso, è l’unica via percorribile facilmente, sia per i tempi di esecuzione, sia per i costi, sicuramente più limitati di quello proposto. La posa in opera facile e repentina, sarebbe vantaggioso averlo già per le feste di Natale, si eviterebbero così anche i disagi di lunghi cantieri e chiusure al traffico quasi sempre dannose ed inopportune. Sarei orgogliosa se la nuova amministrazione accogliesse questo suggerimento che ritengo sensato e vantaggioso per la cittadinanza, sperando che si sia ancora in tempo.

Barbara Fornasir
 

 

«Il camino della Maddalena diventi museo»
 

L’appello del Comitato a difesa della ciminiera. Rinaldi: «Non c’è vincolo, la demolizione è inevitabile»
Si sono dati appuntamento sotto la pioggia scrosciante per cercare di fermare la demolizione dello storico camino dell'ex ospedale della Maddalena, ormai ingabbiato dalle impalcature e sul punto di essere abbattuto. Una distruzione decisa dalla GeneralGiulia2, proprietaria del terreno e intenzionata ad eliminare la ciminiera per fare spazio alle costruzioni previste dal progetto, ma osteggiata dai rappresentanti del Comitato di quartiere, Spi-Cgil, Italia Nostra. Con loro ieri mattina anche Marisa Zoppolato (Pd) e Claudio Sibelia (Federazione della sinistra), consiglieri della Quinta circoscrizione dove, tra l'altro, anche Un'Altra Trieste ha proposto un ordine del giorno sul futuro della ciminiera. Tutte persone animate dalla speranza che si riesca a salvaguardare un pezzo di storia della città. «Stiamo assistendo in questi ultimi 20 anni ad una massiccia edificazione – spiega il coordinatore del Comitato di quartiere Stefano Pockaj -. Non ci sono più aree verdi, gli alberi che erano all'interno del comprensorio della Maddalena sono stati tutti abbattuti e ora vogliono demolire anche la ciminiera. E la Soprintendenza sembra non poter intervenire per bloccare l'abbattimento». Perché nulla vada distrutto per sempre il Comitato propone che venga creato un museo, o anche solo delle semplici teche per ricordare che in quegli spazi, oltre alla ciminiera e alla sede del Csm unico edificio superstite, un tempo sorgevano palazzine di pregio architettonico. Luciana Boschin di Italia Nostra ricorda come la Torre dei Pallini in via san Francesco, che si trova all'interno di una delle sedi della Regione, sia stata preservata, mentre in questo caso «si vuole eliminare un manufatto di grande importanza anche dal punto di vista paesaggistico perchè rappresenta un elemento di sicuro riferimento». Un'opera che anche per il soprintendente ai Beni architettonici Luca Rinaldi costituisce un elemento caratteristico del panorama della città ma che, a tutt’oggi, non è vincolata. «Nel 2000 c'è stato un accertamento d'interesse da parte dell'allora soprintendente Franco Bocchieri che ha dato parere negativo in merito alla tutela di tutto il complesso degli edifici – indica Rinaldi -. Intervenire ora a seguito di un parere negativo ci esporrebbe a dei ricorsi motivati. La procedura all'epoca è stata corretta e quindi non vedo altre possibilità». Ormai quindi è solo questione di giorni come spiega Donato Riccesi che, assieme a Carena, Cividin e Palazzo Ralli, fa parte della cordata di costruttori che si occuperanno di realizzare il progetto: «Abbiamo un obbligo preciso con l'Ater – sottolinea l'architetto – di costruire, là dove c'è la ciminiera, un complesso di 53 appartamenti che sono già contrattualizzati. I tempi per farsi avanti erano più che ampi visto che il progetto è passato per ben tre volte in Consiglio comunale».

(i.gh.)
 

 

Ret: «L’alta velocità non passerà più sotto Ceroglie»
 

Il sindaco: «L’assessore regionale Riccardi mi ha confermato che le richieste sono state accolte. Chiederà una variante»
DUINO AURISINA «La Tav non passerà per Ceroglie». Ad affermarlo è il primo cittadino Giorgio Ret, che ha avuto un colloquio con l’assessore regionale alla viabilità e ai trasporti Riccardo Riccardi, in merito al tratto della Tav Ronchi-Trieste, che avrebbe dovuto passare sotto Ceroglie, Visogliano e i paesini limitrofi. «Già a giugno l’amministrazione comunale – spiega Ret – aveva manifestato alla Regione, tramite l’assessore Riccardi, le proprie perplessità in merito alla realizzazione di un tratto del tracciato dell’alta velocità, con il conseguente cantiere, in quella zona. In questi giorni – continua – l’assessore mi ha confermato che le istanze presentate sono state accolte, e che sarà chiesto all’Italfer (società delle Ferrovie dello Stato) di predisporre delle varianti al progetto». La decisione non ha ancora ha il carattere dell’ufficialità ma Ret è fiducioso. La modifiche, oltre a quelle relative al tracciato sotto il paesino del comune di Duino Aurisina, dovrebbero interessare anche il tratto tra Aurisina e Divaccia, che avrebbe dovuto passare sotto Medeazza. La data della presentazione della variante non è nota, ma lo stesso primo cittadino suppone che avverrà in tempi brevi. «Non so esattamente quando verrà presentato il nuovo progetto con le relative varianti – precisa – ma suppongo abbastanza presto, visto che la scadenza per ottenere i fondi europei è fissata nel dicembre 2012». Denaro, questo, che potrebbe anche non arrivare o essere erogato in maniera ridimensionata. «Visti i tempi di crisi - afferma il sindaco – molti dicono che la Tav non si farà. Non posso affermarlo con certezza, considerato che l’opera non dipende dalla mia amministrazione. Quello che posso fare è però di assicurarmi che, almeno nel progetto preliminare, non siano interessati centri abitati o di rilievo economico. Anche se la realizzazione dovesse avvenire tra venti o trent’anni – conclude - voglio che le carte in tavola siano chiare e ci siano sicurezze per chi abita su questo territorio». La stessa fiducia traspare dalle parole del vicesindaco Romita. «Sono convinto - dichiara – che tutto si risolverà con una soluzione che vada bene ad entrambe le parti coinvolte. Il tracciato previsto attualmente – commenta – andava a colpire una dolina splendida dove ci sono coltivazioni di pregio e pascoli per gli animali, oltre a dividere in due il paese. Con le modifiche proposte, che dovrebbero portare la realizzazione del tratto dell’alta velocità fuori dai centri abitati, il problema non dovrebbe più sussistere». Ma cosa ne pensano i diretti interessati? La notizia, seppur salutata positivamente, viene presa con le pinze dal Comitato No Tav di Ceroglie che da mesi si batte per la salvaguardia del suo territorio. «Il sindaco ci ha informato in via ufficiosa – dichiara Nadia – ma, fintanto che non verrà messo nero su bianco, ci riserviamo il diritto di continuare con la nostra opera di sensibilizzazione». Nonostante la pausa estiva, la loro attività non si è interrotta. «A metà luglio – racconta – abbiamo portato il nostro problema a conoscenza dell’europarlamentare tedesca Sabine Wils, a un incontro a San Giorgio di Nogaro. Oltre al sindaco, che sentiamo vicino, hanno sposato la causa anche i consiglieri regionali Gabrovec e Cociancich. Siamo ottimisti».
Viviana Attard

 

 

Acquario, 80mila euro per il progetto di bonifica
 

Il Consiglio comunale approva all’unanimità l’utilizzo di un avanzo di bilancio Scambio di accuse in aula fra Prodan (Pdl) e la Tarlao (Meio Muja)
MUGGIA «Riprendiamoci la costa» era lo slogan del candidato sindaco Nerio Nesladek, che sino a poche settimane fa campeggiava sui tabelloni per le vie di Muggia. Ieri sera il consiglio comunale ha aggiunto all’unanimità un piccolo, grande tassello a questo ambizioso progetto. L'ordine del giorno della seduta era incentrato infatti sulla proposta di deliberazione di 80 mila euro – frutto di un avanzo del bilancio comunale – per l’affidamento dell’incarico di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva della bonifica del terrapieno inquinato. La quota, stabilita dal Servizio ambiente del Comune, verrà utilizzata dall'amministrazione, che si riserva di promuovere le azioni legali per il recupero dei fondi. Nonostante l’unanimità, la discussione prima della votazione è stata piuttosto accesa. «E’ giusto mettere 80 mila euro in un’area non nostra? – si è chiesto il capogruppo del Pdl Paolo Prodan-. La Regione dev’essere coinvolta. Siamo favorevoli a una gestione pubblica, riservata quindi alla collettività, che non sia esclusiva, per questo il Pdl muggesano si sta adoperando con la giunta per trovare una soluzione». Grizon (Pdl) ha aggiunto che «vorremmo che l’area di Acquario fosse già destinata alla cittadinanza anche se vi sono alcuni elementi curiosi, ad esempio il fatto che l’amministrazione abbia già operato per l’abbellimento dell’area facendo intendere ai cittadini che il terreno sia disponibile per la balneazione, quando in realtà l’area non è ancora registrata al Catasto e non è di proprietà». Il consigliere di maggioranza Roberta Tarlao (Meio Muja) ha controreplicato: «Dal Pdl trapela una volontà pregnante per avere già aperto il sito, ma è dal 2006 che l’amministrazione Nesladek sta lavorando concretamente. Ed è un merito aver migliorato l’aspetto dell’area. Inoltre è importante aver avviato l’iter di un progetto che sarà seguito dagli uffici tecnici, non dagli amministratori, progetto che durante la giunta Gasperini è rimasto invece bloccato». Secca la ribattuta di Prodan: «L’area di Acquario è stata dissequestrata, per questo l’amministrazione Nesladek ha potuto metterci le mani sopra a differenza della giunta Gasperini». Tarlao ribatte ancora e conclude: «Il fatto è che noi abbiamo presentato un progetto concreto della bonifica dell’area, voi no». Più distensivo il commento finale del sindaco Nerio Nesladek: «Mi compiaccio che da parte del consigliere Prodan e del Pdl ci sia disponibilità per lavorare assieme su un tema come Acquario. Il fatto di anticipare 80mila euro è quasi un dovere istituzionale, perché è l’ora di dire basta a quell’aria chiusa. E poi il buon Dio, oltre alla Magistratura, ci manderà i responsabili di chi ha inquinato e saranno loro a pagare».
Riccardo Tosques

 

 

L’Italia solare al primo posto tra i Paesi europei - FOTOVOLTAICO
 

ROMA L’Italia sarà il primo paese europeo a raggiungere la “grid parity”, ovvero la fase nella quale generare elettricità da un impianto fotovoltaico avrà lo stesso costo del ricorso a una fonte di energia tradizionale. È quanto risulta dall’ultimo rapporto dell’European Photovoltaic Industrial Association. L’Eipa ha preso in esame le cinque maggiori economie del vecchio continente (Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna) e le ha confrontate sulla base di due diversi parametri. Il primo è la “dynamic grid parity”, ovvero il momento in cui il fatturato di un impianto fotovoltaico risulta uguale ai costi di generazione da un impianto tradizionale; il secondo è la “generation value competitiveness”, cioè il punto nel quale per un investitore aggiungere al proprio portafoglio un impianto fotovoltaico a terra ha la stessa attrattività di un impianto a fonte non rinnovabile. L’Italia è destinata a raggiungere la “dynamic grid parity” commerciale già nel 2013, un anno prima della Spagna, tre prima della Francia e quattro prima di Germania e Regno Unito. La “generation value competitiveness” verrebbe invece conseguita da Roma nel 2014, mentre Madrid e Parigi raggiungerebbero tale obiettivo nel 2015, Berlino nel 2017, Londra nel 2019.
 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 5 settembre 2011

 

 

Bici a nolo, aree pedonali e turismo: corsa ai fondi Ue
 

Redatto il Piano di sviluppo sostenibile, in ballo quasi sei milioni di euro Il Municipio attende le proposte di imprese, privati e altri enti pubblici
Nuovi spazi pedonali, show room per attività artigianali e prodotti tipici, percorsi museali ragionati e leggibili, nuovi siti Internet con le offerte culturali, biciclette da noleggiare per turisti e pendolari, una “piazza coperta” con attività per giovani nel cortile della Biblioteca civica, più pannelli fotovoltaici sui palazzi pubblici, valorizzazione dei locali storici, negozi “turistici”, una città che anche della periferia fa vetrina in centro e che pensa tutto questo non solo in fretta, ma anche in assoluta (e indispensabile) collaborazione tra enti pubblici, imprese e privati: ecco la novità con cui fare subito i conti, e di cui imparare immediatamente il nome. Dopo che altre sigle portatrici di fondi europei sono diventate pane quotidiano tra tante che restano misteriose - a Trieste per tutte “Urban” che ha consentito la riqualificazione di Cittavecchia - arriva adesso per mano del Comune (che ha recepito la delibera regionale) una cosa chiamata Pisus. Significa Piano integrato di sviluppo sostenibile ed è uno degli «assi» di un grande contenitore di fondi europei, il Por-Fesr. Il Pisus, in questo quadro, è l’asse 4, e promuove «la coesione interna e la crescita territoriale equilibrata, con l’aumento di attrattività del territorio urbano, lo stimolo allo sviluppo attraverso un efficiente ed efficace utilizzo delle sue risorse». Da tempo allo studio negli uffici comunali, Pisus è stato subito abbracciato dalla giunta Cosolini, padrini ne sono Fabio Omero, assessore allo Sviluppo economico e ai fondi comunitari, e Elena Marchigiani, assessore ai Lavori pubblici e alle politiche per la casa. Il programma comunale è già individuato, ma non basta. Il progetto complessivo che Trieste presenterà in Regione per sottoporsi alla valutazione per punteggio, e concorrere a ricevere il 77% della spesa preventivata (che non può essere inferiore a 3 milioni e superiore a 5 milioni e 800 mila euro), dovrà essere completato dalle proposte di enti, associazioni, aziende e anche privati cittadini. In sostanza sono tre i campi di lavoro. Il primo è «qualificazione urbana, percorsi, accessibilità». Il Comune propone appunto nuovi percorsi pedonali (via Ghega verso stazione) e vari punti per “bike sharing”, cioè il libero affitto individuale di biciclette. «Pensiamo per esempio alla direttrice via Carducci-viale D’Annunzio - spiega Omero -, anche per avvicinare il polo museale di via Cumano». Il secondo obiettivo è «cultura»: mettere in rete pubblico e privato, e inserire nel capitolo anche la promozione di prodotti del territorio. Contatti sono stati già avviati con la Provincia che da tempo lavora all’obiettivo. Qui, fra molte cose, s’inserisce l’idea di offrire a operatori economici e artigiani una propria vetrina nel salotto della città, anche per intercettare il flusso turistico. Terzo asse? Appunto «economia e turismo». Che significa «rendere il “salotto buono” della città una vetrina a disposizione dell’intera città, con la valorizzazione dei locali storici, con spazi espositivi e di vendita adeguati». Parole d’ordine: sinergia tra pubblico e privato, tra cultura ed economia, attraverso «l’innovazione e la creatività». Si apre insomma una nuova strada alla città pensosa, sospettata di essere addormentata ma vogliosa di turismo. Se vorrà camminare dovrà inventare e farsi avanti contando i minuti: il Comune, referente unico del progetto, deve presentare il progetto completo in Regione entro il mezzogiorno del 15 novembre
Gabriella Ziani

 

 

PROGETTO PISUS - Domani presentazione pubblica nell’aula di piazza Unità
 

Il Comune presenterà ufficialmente il progetto Pisus domani alle 12 nella sala del Consiglio comunale (piazza Unità 4, primo piano). L’incontro è aperto al pubblico perché ha come scopo la richiesta di adesione al progetto, con idee di enti pubblici e privati, di operatori del commercio e dell’artigianato, di organizzazioni e associazioni, di operatori culturali e scientifici, commerciali, turistici, di albergatori, insomma di chiunque abbia un’idea nel cassetto. Trasparenza, partecipazione, concertazione. Ma soprattutto necessità di accrescere il progetto e renderlo capace di ottenere il finanziamento comunitario per Trieste. Gli assessori Fabio Omero e Elena Marchigiani risponderanno alle domande degli interessati. Nei prossimi giorni sarà emesso un avviso pubblico per favorire la partecipazione. I singoli progetti dovranno essere presentati su un apposito modulo.
 

 

Civica, piazza coperta al posto del cortile - Nella struttura attività economico-culturali, in affiancamento a uno spazio didattico per giovanissimi
 

Per capire che cosa serve, bisogna sapere che cosa non funziona. Nell’ambito del progetto Pisus il Comune ha messo sotto la lente il centro cittadino. Trovando le criticità da correggere. Per esempio il patrimonio culturale (37 poli) mostra in controluce alti costi di gestione, insufficiente programmazione e coordinamento, mancanza di coordinamento con strutture private, scarsa attrattività. Quanto alle infrastrutture i piani Urban (Cittavecchia) e Prusst (rifacimento delle rive), e il piano della pedonalizzazione «non sono raccordati», mentre è insufficiente il «trasporto sostenibile». Da qui l’idea di un marketing culturale più efficace, con informazione (più wi-fi, ampliamento delle dorsali di fibra ottica, un portale informativo sempre aggiornato), promozione (6 totem in vari punti della città, una guida Touring per bambini, un “magazine” per congressisti e croceristi, ecc.), ma anche l’ideazione di strumenti che diano immediata visibilità ai percorsi cultural-museali, con la creazione di un livello anche misto, di cultura e produzione. «Da un incontro con il Distretto del caffé - spiega l’assessore allo Sviluppo, Fabio Omero - è nata l’idea di un percorso, con relativa piantina, di tutti i luoghi del caffé a Trieste: dove comprare i prodotti, dove consumare questa o quella specialità, dove scoprire le fabbrica. Sarebbe un Museo diffuso del caffé, una vetrina della produzione che è anche itinerario turistico caratterizzante». Contatti sono stati già presi con la Camera di commercio, che in questo senso è un protagonista essenziale del possibile Pisus. «Anche l’iPod sui luoghi turistici della città realizzato dalla Ccia - prosegue Omero - è già un’idea che rientra negli obiettivi del piano». Alcune cose realizzate non prima del 2007 possono essere ancora retroattivamente finanziabili per il 10%. Ma l’idea carina è quella di piazza Hortis, già problema emergente e oggetto di incontri coi cittadini da parte dl sindaco Cosolini e della giunta. Giardino problematico? Coi soldi europei il Comune ha pensato di trasformare il cortile interno della biblioteca civica in una piazza urbana coperta dove insediare attività economico-culturali «e che permetterà una vera e propria osmosi tra la piazza e via Santi Martiri». La nuova struttura affiancherà uno spazio didattico e ricreativo all’interno dell’area verde per giovanissimi, collegata all’iniziativa «via dei Bambini e dei Ragazzi» di piazza Cavana.

(g. z.)
 

 

Celli: canale intoccabile il ponte è fuori discussione
 

Controproposta dell’architetto: trasformare lo specchio acqueo vicino al Carciotti in piccolo museo all’aperto, posizionandovi barche e vele tipiche dell’Adriatico
Si dice perfettamente d’accordo con Paolo Portoghesi, che per spiegare come il canale di Ponterosso a Trieste sia «intoccabile» da ponti aggiuntivi lo ha paragonato alla Divina commedia. Chi aggiungerebbe un verso all’opera somma del sommo Dante? Luciano Celli, l’architetto del postmoderno e di un’arte raffinata che porta in sognante contatto il disegno delle forme classiche con il pensiero attuale, rafforza ancora quel concetto, e lo fa con una parola breve perché il suo ragionamento è andato già oltre. «Sacro - dice -, quel pezzo di Trieste, come altri in città. Il canale ha una sua dimensione sacra che in quanto tale è fuori discussione rispetto a qualsiasi intervento. Speriamo che la giunta Cosolini non parta col piede sbagliato mettendoci la passerella, sarebbe un peccato. Però è necessario andare oltre questo coro di “ponte sì, ponte no, il mio più bello del tuo”. E a me è venuta un’idea, perché non ragioniamo piuttosto sul ruolo che il canale di Ponterosso ha e potrebbe avere?». L’idea ha un padre originario, Mario Marzari, il grande specialista e collezionista di mare e di barche. «Il grande Marzari - ricorda infatti Celli - aveva lanciato la proposta già all’epoca del sindaco Illy: perché non fare del canale, come accade nei paesi del Nord, un piccolo museo all’aperto, parcheggiandovi una rappresentanza di tutte le barche e le vele tipiche dell’Adriatico?». Se qualcuno osasse opporre che i musei sono già tanti, Celli ribatte con una visione complessiva, e non solo col fatto che gli scafi storici in canale sarebbero visitabili e vivibili oltre che guardabili: «Se è vero, come speriamo, che l’adiacente palazzo Carciotti potrà diventare Museo della città (e con la “manica lunga” della sua infilata di stanze nel corpo centrale sarebbe perfetto), avremmo già un polo museale tra aperto e chiuso, e al Carciotti potrebbero entrare anche i fondi del Lloyd triestino e della Fincantieri, documenti e modellini di navi. Poi ci sono le Rive, che secondo me andrebbero assolutamente rivalutate anche in senso turistico, invece che essere quell’autostrada che vediamo, con “arte topiaria” davanti alla ex Pescheria (siepi potate secondo forme, in specie, animali, ndr). E poi spostandoci via via troviamo la Sala ex Giubileo, palazzo Costanzi, appunto l’ex Pescheria, l’ex Magazzino vini che non sappiamo quale destinazione avrà, il polo umanistico dell’Università, sperabilmente un giorno il museo Alinari, e il Revoltella, e Villa Sartorio... E il Museo commerciale in via San Lazzaro. Insomma, un percorso a corona e a catena che potrebbe cominciare dalle barche, e che sarebbe di forte interesse turistico». Considerato che i barchini attualmente posteggiati non sono particolarmente attrattivi. Ma se qui in discussione è una agevolazione pedonale ottenuta «via ponte», Celli punta a un’altra pedonalizzazione che considera molto più urgente. Senza ponte, ma con sottopasso. «Un sottopasso pedonale da piazza Unità al mare. Complesso, costoso, che nessun sindaco ha avuto il coraggio di realizzare, ma che sarebbe almeno da mettere in agenda».
Gabriella Ziani

 

 

PONTE SUL CANALE - Barocchi: meglio un’opera moderna
 

Se ponte s’ha da fare, meglio che sia moderno, dichiarando così che «se ne sta in disparte senza entrare in competizione con gli edifici circostanti». Ma se per caso il percorso pedonale così allungato oltre via Cassa di risparmio non sembrasse alla fine il miglior modo di spendere i soldi pubblici, perché non dirottare la cifra su cose più urgenti, per esempio il completamento e ampliamento del Museo del mare che il prossimo anno festeggia i suoi 40 anni? È il pensiero dell’architetto Roberto Barocchi, presidente dell’associazione Triestebella. Tra i pochi a sostenere l’utilità e anche l’«inseribilità» di un nuovo ponte nell’area (nella foto il progetto), Barocchi ragiona anche guardando il Canal grande dall’alto: «Si vede così che una delle due parti in cui è diviso, quella a ovest del ponte all’altezza di via Roma, è lunga il doppio di quella fra il ponte e piazza Sant’Antonio, per cui un altro ponte - scrive Barocchi - dividendo il canale in tre parti uguali, ci starebbe bene». In questo caso però se la forma del manufatto fosse «molto diversa», si romperebbe «la scansione attuale, quindi in questo caso appare preferibile un ponte che nelle forme richiami l’aspetto degli esistenti». Un finto antico? «Una blanda mimesi» la chiama Barocchi, considerandola un’eccezione, così come i lampioni antichi posizionati in piazza Unità dopo un restauro «moderno». In ogni modo, l’invito è a «un esercizio di modestia, rinviando lo stile Calatrava (autore del nuovo ponte veneziano, ndr) ad altre occasioni». Tra le articolate idee del presidente dell’associazione Triestebella ce n’è anche un’ultima, però: «Se vi fosse la disponibilità di altri fondi, sarebbe bello riportare il canale alla lunghezza originaria, eliminando la piazza tristanzuola e mal lastricata davanti a San’Antonio Nuovo - scrive Barocchi -, che un recente rifacimento delle aiuole anche con la piantagione di palme non ha certo migliorato».
 

 

Krsko, slitta di tre anni il deposito delle scorie
 

La futura discarica sotterranea conterrà solo i rifiuti nucleari “mediamente” radioattivi
LUBIANA La costruzione del deposito permanente per le scorie debolmente e mediamente radioattive della centrale nucleare di Krsko era prevista per il 2013, ma la struttura quasi sicuramente non sarà pronta prima del 2016. Il ritardo è stato denunciato dal direttore dell'Agenzia slovena per la sicurezza nucleare Andrej Stritar. Interpellato dal quotidiano «Dnevnik» di Lubiana, Stritar è stato molto chiaro: «Dal dicembre del 2009, ossia da quando il governo ha approvato il piano regolatore per il deposito, non si è mosso praticamente nulla». In questo momento, la mancanza di un deposito non compromette la sicurezza nucleare del Paese, ha precisato Stritar, ma tra qualche anno il problema dello stoccaggio del materiale radioattivo potrebbe diventare serio. Le scorie debolmente e mediamente radioattive non sono particolarmente pericolose, ma devono essere comunque depositate in modo adeguato. Attualmente, vengono conservate in appositi contenitori all'interno della centrale di Krsko. Per quanto riguarda invece le scorie altamente radioattive, quello è un altro problema, che va affrontato a livello internazionale, e dei costi si potrà parlare con più precisione, ha spiegato Stritar al “Dnevnik”, solo tra qualche anno, quando in Finlandia sarà costruito il primo deposito permenente per questo tipo di materiale radioattivo. Il ritardo nella progettazione e costruzione del deposito sloveno – previsto nel comune di Krsko, nell'area di Vrbina, non lontano dalla stessa centrale - sembra dovuto a due fattori. Il primo è la mancanza di un accordo definitivo tra Slovenia e Croazia sul piano di smantellamento della centrale di Krsko, e dunque su quando costruire il deposito permanente, il secondo è invece un problema di costi: i 150 milioni di euro accantonati finora dalla Slovenia nel Fondo per lo smantellamento in questo momento vengono utilizzati in altro modo. Dal 2009, ad ogni modo, non è successo nulla. Prima di trovare il sito adatto, comunque, ci sono voluti quasi vent'anni. Alla fine è stata scelta Krsko. Il futuro deposito permanente per le scorie debolmente e mediamente radioattive, che comunque dovrà essere costruito, sarà situato sotto terra, fino a 55 metri di profondità, e avrà una capienza di 20 mila metri cubi.
Franco Babich

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 4 settembre 2011

 

 

 

Cordara: ponte sul canale idea già cassata nel 1987
 

L’architetto che ha promosso i grattacieli milanesi: «Area simbolo di bellezza, storia e lavoro. Sarebbe come voler costruire in mezzo a piazza Unità»
«Il canale di Ponterosso ha lo stesso valore di Porto Vecchio. È un simbolo di bellezza, ma anche di archeologia industriale perché quando fu aperto ci entravano le navi. A che cosa vale l’invocazione di un superconcorso per avere un superprogetto per il nuovo ponte? Sarebbe come cercare un superarchitetto dopo aver deciso di innalzare un grattacielo in piazza Unità». Pochi dubbi su come la pensi, della già contestatissima passerella trasparente che si profila sul Canal grande triestino, l’architetto Pietro Cordara, specializzato in architettura del paesaggio e non sospettabile di eccesso di conservatorismo o di purismo sfrenato. Se non altro perché è stato anche il suo studio a dare parere positivo alla modificazione dello “skyline” creato dai tre grattacieli milanesi da innalzare nell’ambito del progetto Expo, detti per la loro inedita forma «il gobbo, il dritto e lo storto». Per Cordara, che sottoscrive in pieno il no a tutto tondo declinato dall’architetto Luciano Semerani, assistiamo addirittura alla replica di una precedente bocciatura. «Nel 1987, come vicepresidente di Italia nostra - ricorda - feci un appello a non realizzare il ponte sul canale: allora lo si voleva carrabile, per farci passare le macchine. Ma il soprintendente del tempo, Gino Pavan, aveva dato parere negativo». Ma tra chi, come appunto Semerani e Paolo Portoghesi, per non dire dell’attuale soprintendente Luca Rinaldi, invoca il «non sfregio» di un punto urbanistico di alto valore storico-artistico, ci sono anche gli interpreti della possibile modificazione dello strato antico delle città, i teorici dell’innesto «purché fatto bene». «No - riafferma Cordara -, è vero che in molti luoghi si possono cambiare i tratti architettonici e lasciare una testimonianza della contemporaneità, ma non è certo il caso di Ponterosso: qui è come cancellare una memoria, un simbolo di storia, di bellezza, dell’antica portualità. Io - prosegue - con i soldi destinati al ponte eliminerei piuttosto l’interramento sotto la chiesa di Sant’Antonio (quella sì una grossa ferita), riportando l’acqua dov’era in origine. Sono stati creati lì un brutto selciato e una brutta fontana». Per meglio spiegarsi: «Quel canale è la cartolina di Trieste. Un inserimento estraneo salterebbe all’occhio come l’unica cosa che non c’entra nel quadro». Resta il fatto se sia difficile tornare sui propri passi, e che valore abbia il «permesso temporaneo» accordato dall’ex direttore dei Beni culturali, Roberto Di Paola. Cordara: «Un’amministrazione nuova può fare quel che vuole di un progetto ereditato. Al massimo paga una penale. Quanto al “temporaneo”, si può dare per strutture davvero effimere, e non è certo il caso di un ponte. Anche per una questione di costi e benefici. Il rischio? Si dice “temporaneo” e poi resta per sempre».
Gabriella Ziani

 

 

Fornasir: meglio puntare all’«usa e getta»
 

«Viviamo in un’epoca di insicurezza e instabilità, scenari e prospettive mutano in modo così repentino da sconsigliare qualsiasi opera definitiva e vincolante. Il ponte sul canale mi sembra possa servire da stimolo a una zona depressa, ma condividendo l’opinione di Semerani e della Soprintendenza propongo per buon senso di ripristinare per qualche anno il ponte provvisorio allestito come prova generale qualche anno fa». È l’idea suggerita dall’architetto Barbara Fornasir, che consiglia, viste le difficoltà economiche, di «noleggiare o comperare dallo Stato quel manufatto già usato». Che, essendo precario, non abbisogna di autorizzazioni. Ulteriore idea di Fornasir: «Decorare il ponte con fiori e piante, organizzare concorsi o premi per gli amanti del verde».
 

 

Sasco:«Prima il Prg e il piano del traffico»
 

Non fare ponti, se non inseriti nel Piano regolatore, nel Piano particolareggiato del centro storico, nel Piano del traffico e nel Piano dei parcheggi. È quanto propone Roberto Sasco, già presidente della commissione urbanistica con Dipiazza e già contrario al «terzo ponte». La realizzazione - scrive - deve essere preceduta da una attenta analisi delle implicazioni urbanistiche e della mobilità urbana, «tenendo conto che la rivitalizzazione del Borgo teresiano tra il canale di Ponterosso e la stazione ferroviaria non dipende tanto da questioni viabilistiche, quanto dal recupero a uso urbano dell’adiacente Porto vecchio». E se dopo tutte le analisi il Comune decidesse che il ponte s’ha da fare?, si chiede Sasco. Risposta: «Le scelte progettuali attuali sono inadeguate, servirebbe almeno un concorso di idee, o di progettazione».
 

 

Elettrodotto sul Carso, altri piloni a Slivia
 

SLIVIA Sul Carso riprendono i lavori dell'elettrodotto. Lo stop estivo è stato interrotto come lo dimostra l'episodio accaduto a Slivia il primo settembre. Un privato cittadino si è visto arrivare alla porta una dipendente della Terna che, previa firma di autorizzazione, gli comunicava l'inizio dei lavori all'interno del suo terreno. Si tratta della sostituzione di un traliccio, che già c'è, con uno nuovo. «E’ vero che ogni singolo dovrebbe informarsi se la sua proprietà è interessata dai lavori - spiega il consigliere del Sel, Maurizio Rozza - ma è veramente strano che dei signori bussino alla porta di una persona ignara di tutto». Per il momento il cittadino si è preso il tempo di leggere la documentazione lasciata da Terna, che però tornerà a breve per l'inizio del lavori. La vicenda dell'elettrodotto ha creato numerose polemiche, innescando anche una raccolta di firme da parte dell’Agrarna Skupnost. Cosa ben più importante, però, i lavori hanno anche innescato un ricorso di numero di soggetti (pubblici e privati) al Presidente della Repubblica. L'ultimo intoppo per la Terna era stato il blocco dei lavori, proprio nella zona di Slivia, a causa di una norma regionale a tutela del territorio. Il consigliere regionale Igor Gabrovec, segnalando la questione, aveva ottenuto l'interruzione del cantiere in attesa di una risposta ufficiale della Regione. La risposta è arrivata circa un mese fa. «In sostanza - spiega Rozza- l’ente afferma che Terna ha violato la prescrizione di Via (valutazione d'impatto ambientale) ma che non c'è stato nessun danno ambientale. Quindi non ci saranno sanzioni. Mi pare veramente assurdo questo ragionamento. Intanto, se esistono dei divieti vanno sempre rispettati, e poi il danno ambientale chi decide quando si verifica?».

(c.p.)
 

 

Marina di Aurisina, la strada della discordia - Il proprietario del terreno: «Sono 35 anni che cerco di farmi la casa, ma mi negano il permesso»
 

AURISINA «Sono 35 anni che con questo terreno ho solo spese e difficoltà». A parlare è Alfon Josef Tominschek, amareggiato e incredulo dopo le vicende che si sono susseguite a Marina di Aurisina. Nel conoscere questo signore, medico tedesco ma con nazionalità anche slovena, è difficile immaginarsi uno speculatore edilizio come è stato additato da alcuni. La sua proprietà (circa 5mila metri quadri di terreno) è situata sulla costiera, vicino allo stabilimento “Le Ginestre” e alla spiaggia di Canovella. La zona è già ampiamente edificata: case private, l'ex hotel Europa e anche un Bed&breakfast. L’unico a vedersi negare costantemente il permesso per la costruzione di una casa unifamiliare resta lui. «Spero che il problema non sia il fatto che sia straniero», esordisce il professore. Riguardo ai suoi intenti basterebbe sapere che negli anni ’70, con i primi tentativi di costruire la casa (allora il Comune aveva dato la concessione), il professore aveva rifiutato un progetto di un architetto, perché ritenuto di forte impatto sull'ambiente. «C’erano terrazze enormi, troppo cemento, non era quello che volevo», afferma il medico. Negli anni ’90 Tominscheck ha ripreso in mano l’idea. «Ma non ci siamo mai sognati di chiedere la validità della concessione degli anni ’70 , come ha affermato Ret - spiega l'avvocato Piero Santi -. Preso atto che l'area è stata riclassificata come agricola, nel 2004 abbiamo chiesto la variazione parziale di destinazione urbanistica». Da lì ha inizio la reticenza del Comune, a causa di vari fattori: una perizia geologica della Regione che dichiara l'area pericolosa e allo stesso tempo una strada abusiva (fatta da chissà chi, senza permessi) all’interno di una proprietà privata. Una patata bollente per l’amministrazione, che però il professore, più di una volta, ha proposto di risolvere. «Il mio cliente - continua il legale - dice: non mi metto di traverso, facciamo una strada a norma, seguendo tutte le regole, contribuiamo tutti noi privati per i costi, sono pronto anche a concedere le servitù di passaggio pubbliche e a cedere parte della mia proprietà per creare posteggi, per allargare la strada e fare un waterfront per arginare la parte a mare. In cambio, contestualmente chiedo il via libera per la costruzione della mia casa». Richieste che alla parte sembrano più che eque. «Il Comune sa che quella strada è un manufatto abusivo, andrebbe chiusa con un’ordinanza, anche perché se un giorno succede un incidente o qualcuno si fa male, il mio cliente sarebbe il primo ad avere delle grane giudiziarie», continua l’avvocato. Più volte l’amministrazione ha sbarrato l'accesso, ma i privati hanno sempre regolarmente spostato le barriere. Nel 2008, intanto, il professore ha speso 40mila euro per la pulizia del sottobosco e della strada. Un container pieno, tra lavatrici, auto e altri materiali. «Mi chiedo dov’erano i verdi e tutte le altre persone che accusano me di voler speculare», conclude Tominschek.
Cristina Polselli

 

 

Muggia, primo passo del piano di bonifica per la zona Acquario
 

Un avanzo di bilancio di 80mila euro sarà destinato all’affidamento dell’incarico e alla relativa gara
MUGGIA Parte il progetto di bonifica del terrapieno Acquario. Ad annunciarlo è il sindaco Nesladek, che precisa: «Vogliamo rendere l’area fruibile al più presto e, malgrado ci siano forze che frenano il recupero della costa noi continuiamo a lavorare per riprenderci Acquario, con il consenso dell’assoluta maggioranza dei cittadini». Parla chiaro il primo cittadino: il terrapieno inquinato compreso fra Punta Olmi e Punta Sottile, usato impropriamente come area di balneazione, sottoposto a più ordinanze d’interdizione e vigilanza, eterno veicolo di dibattiti e polemiche, ha vita breve. Verrà infatti proposta domani, nella seduta del Consiglio comunale, una deliberazione sull’utilizzo di un avanzo di bilancio (80 mila euro) per l’affidamento dell’incarico di progettazione “preliminare, definitiva ed esecutiva” della bonifica di Acquario. La quota è stata stabilita dal Servizio ambiente e sviluppo energetico del Comune, e derivante come detto da un avanzo di amministrazione del rendiconto 2010. Sì, soldi del Comune ma utilizzati in via sostitutiva a quanto necessario per la bonifica, riservandosi nel frattempo di promuovere le azioni legali per il recupero dei fondi secondo il principio del “chi inquina paga”. Non appena la magistratura avrà individuato i responsabili dell’inquinamento, la somma sarà recuperata nella sua interezza. Un anticipo, insomma, che risponde a un dovere di intervento istituzionale a fronte della comprovata esistenza di un inquinamento pericoloso per i cittadini e che consente di garantire una rapida messa in sicurezza dell’area. Anche perché esiste un termine di legge per la presentazione del progetto: 180 giorni dopo l’approvazione dell’analisi del rischio da parte della Conferenza di servizi che ha delineato la situazione dell'area, “conferenza” tenutasi il 14 marzo scorso alla Regione con la partecipazione di Comune, Provincia, Regione, Arpa, Azienda sanitaria, Autorità portuale, Capitaneria di porto e Cigra. A conti fatti il periodo per presentare il progetto operativo degli interventi di risanamento dell’area è pressoché concluso. «E’ necessario provvedere nel più breve tempo possibile all’avvio della fase progettuale e, quindi, procedere all’affidamento di un incarico professionale», si legge nella proposta di delibera. Una volta acquisita la decisione favorevole del Consiglio comunale sul finanziamento della spesa, sarà avviato l’iter per la gara relativa al progetto di bonifica, che dovrà poi essere valutato e approvato dalla medesima Conferenza dei servizi.
Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 3 settembre 2011

 

 

Ferriera, giro di vite sul controllo delle emissioni
 

Tavolo tra enti locali, Arpa e Azienda sanitaria: decise prescrizioni vincolanti per l’attività dello stabilimento
Giro di vite sui controlli all’attività della Ferriera. Gli enti cui competono tali verifiche, nonché il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (che scade nel 2013), hanno preso ieri l’impegno di analizzare in profondità le condizioni necessarie all’ottenimento dell’Aia, in modo da renderla molto più efficace. Convocati dall’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni, nella sala giunta si sono riuniti ieri pomeriggio i massimi rappresentanti, in tema di ambiente, dell’Arpa, della Provincia, della Regione e dell’Azienda sanitaria. «Abbiamo concordato di lavorare assieme per mettere a punto in tempi brevissimi - spiega Laureni - nuovi criteri che la Lucchini dovrà rispettare se vorrà conservare l’Aia. Condizioni più vincolanti - aggiunge - e prescrizioni sostanziali strettamente attinenti alle emissioni fuori norma, lavorando molto anche sull’aspetto organizzativo-gestionale». Un esempio di come potrebbero essere inaspriti i criteri riguarda l’obbligo di comunicare i malfunzionamenti degli impianti: non basterebbe più la comunicazione ma potrebbe essere richiesto alla Lucchini di spiegare cosa è stato fatto perché un certo malfunzionamento non si verifichi più. Sulla revisione di questi criteri la Lucchini sembra aperta al dialogo. «La scorsa settimana - precisa Laureni - mi sono incontrato con i rappresentanti dell’azienda, su loro richiesta, e apparentemente ho trovato grande disponibilità a rivedere i criteri e a migliorare la gestione degli impianti, curando le procedure». La prossima riunione dei rappresentati dei cinque enti è già fissata a metà mese. «Vogliamo arrivare a risultati concreti - sottolinea l’assessore - entro settembre-ottobre». Nell’incontro di ieri si è parlato anche della rete di centraline che rileva l’inquinamento. L’Arpa sta lavorando per prendere sotto il suo controllo anche le due centraline di proprietà della società Elettra, come chiesto dal Comune. Della Ferriera si è discusso, sempre ieri in Comune, anche nella mattinata. I segretari provinciali di Fim, Fiom e Uil, Salvaneschi, Borini e Palman, il segretario della Faims Pastore e le Rsu dello stabilimento sono stati ricevuti dal sindaco Cosolini, presenti gli assessori all’Ambiente Laureni e allo sviluppo economico Omero, nonchè il consigliere Decarli (Trieste cambia). «L’incontro ci è stato fissato a soli otto giorni dalla richiesta - commenta con soddisfazione Palman -. Abbiamo precisato che vogliamo partire dalla mozione fatta propria dal sindaco in giugno, con il tavolo permanente previsto in quel documento. Abbiamo ribadito - prosegue - che sul tema ambiente vorremmo un’istituzione unica che dia sicurezza per la tutela dei cittadini, evitando i tavoli diversi che si sono aperti negli anni passati». La proposta dei sindacati al Comune è quindi di aprire un tavolo a tre con l’azienda («se c’è anche la Regione, ben venga») per verificare i dati delle emissioni e far sì che siano rispettate le norme ambientali. L’assessore Omero ha sottolineato però che la questione occupazionale è altrettanto importante rispetto alla salute, dentro e fuori la fabbrica: «Il rischio è di mettere le due necessità una contro l’altra». Mentre sta per arrivare dalla Lucchini la risposta chiesta dal Comune in termini di controlli sulla sicurezza, non altrettanto succede con la Regione, in merito alla richiesta del sindaco per il tavolo su occupazione e riconversione dello stabilimento. Mercoledì, comunque, l’assessore Omero incontrerà l’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti, e fra i temi ci sarà chiaramente anche la Ferriera.
Giuseppe Palladini

 

 

«Quel ponte è un corpo estraneo» - L’architetto Portoghesi: Ponterosso come la Divina Commedia, non ci va aggiunta nemmeno una riga
 

E Mario Botta si smarca: «Il mio giudizio non può prescindere dal contesto dell’area»
Paolo Portoghesi critica l’opera nel merito e nel metodo? Mario Botta, invece, sceglie una linea completamente diversa e si astiene da ogni valutazione. «Non posso partecipare al dibattito senza conoscere a fondo i termini della questione - spiega l’architetto ticinese -. Visionare un rendering non è sufficiente, perché la costruzione di un ponte non è solo un problema di immagine, bensì di traffico, di vivibilità dell’area, di concetto. Elementi essenziali per esprimere un giudizio». Chi invece un giudizio l’ha già elaborato è l’ex soprintendente del teatro Verdi Giorgio Zanfagnin, tutt’altro che sfavorevole al progetto. «Quell’area ha bisogno di essere rivitalizzata e il ponte può essere una soluzione per arrivare a questo obiettivo», dice. Ma Zanfagnin si dice anche «sorpreso dal dibattito emerso attorno al ponte. Trieste piuttosto ha bisogno di pensare in grande, di concentrarsi sul come affrontare le vere sfide del suo futuro».
«L’architettura di Ponterosso è un discorso compiuto, un po’ come la Divina Commedia. Non andrebbe aggiunta nemmeno una riga». Ricorre ad un paragone tanto ardito quanto efficace Paolo Portoghesi per giustificare il suo forte scetticismo nei confronti della prevista passerella tra via Cassa di Risparmio e via Trento. Un’opera, secondo l’architetto romano, da realizzare solo in caso di assoluta e improrogabile necessità. E, comunque, ricorrendo ad ipotesi progettuali ben più “alte” rispetto all’attuale balaustra semitrasparente. Che, vista attraverso la lente del capofila del movimento Postmoderno italiano, è davvero poca cosa. «Ovviamente è una soluzione minimalista, pensata per avere il minor impatto possibile - afferma il progettista -. Di certo, però, non è all’altezza della tradizione della città. Si può quindi discutere sull’opportunità di costruire o meno una nuova passerella, ma non ci si può accontentare di un progetto come questo, che non persuade perché non ha nessun carattere e non rispetta gli elementi ambientali esistenti. È una sorta di corpo estraneo, giustapposto, che nulla c’entra con il contesto in cui andrebbe ad inserirsi». Il punto, spiega Portoghesi, è proprio questo. Non è sufficiente immaginare un ponte che sia bello, gradevole e ben fatto. Bisogna riuscire ad armonizzarlo con la perfezione compiuta di Ponterosso. «La passerella illustrata nel rendering è naturalmente disegnata con eleganza, ma questo non conta e non basta perché va ad introdursi in un discorso ambientale tra i più belli delle città italiane. Questo canale, ricordiamocelo, non è cosa da nulla». Che registri avrebbe usato allora lui, progettista della grande moschea di Roma, per centrare un così impegnativo risultato? «Di certo non avrei proposto un architrave rettilineo che, non contenendo nemmeno un accenno all’arco, dà una sensazione di instabilità. Se l’input era di fare qualcosa di semplice e minimale, sarebbe stato meglio riprendere l’idea dell’arco che collega e mette in relazione le due sponde con un tratto certamente più significativo. Magari utilizzando il legno, materiale che dà il senso della provvisorietà». Ma prima ancora che interrogarsi sulle possibili correzioni all’attuale progetto («una non architettura in un luogo che ne è invece assai ricco»), Trieste secondo Portoghesi dovrebbe porsi un altro quesito. «La città ha fatto a meno del terzo ponte per secoli. Davvero oggi è necessario?». La risposta, a detta dell’ex direttore del settore Architettura della Biennale di Venezia, ovviamente è no. «Credo che la città, nei punti in cui esprime al massimo la sua bellezza, vada rispettata. A Ponterosso esistono già molti segni e c’è già un ponte. Ripetere nuovamente quel tema mi sembra una sfida difficile da vincere. Ci si potrebbe provare se solo l’opera fosse indispensabile. E io, onestamente, non credo sia così. L’ambiente è talmente bello da giustificare anche lo sforzo di fare un giro un po’ più lungo per passare da una sponda all’altra. Del resto - conclude Portoghesi - non sono i medici stessi a raccomandare di camminare almeno un’ora al giorno? Mettiamola in questi termini, allora. Non realizzare questo ponte è meglio, anche per la salute».
Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 2 settembre 2011

 

 

Prg, nuova variante a breve in aula - Il sindaco alla festa di Area nazionale: un Piano per attrarre giovani e imprese
 

«Vogliamo un Piano che fotografi l’ambizione di crescita della città, capace di attrarre giovani e imprese, di soddisfare le esigenze dei residenti. Bisogna puntare a una Trieste con 220/250mila abitanti, ristrutturando prima di tutto l’esistente. Il Piano regolatore è lo strumento fondamentale nella gestione di una città: per questo deve essere partecipato, guai a secretarlo. Garantisco la migliore integrazione possibile fra nuovo Piano regolatore e piani del traffico e dei parcheggi». Il sindaco Roberto Cosolini è stato chiaro nel suo intervento alla “Festa d'area”, organizzata dall'associazione “Area nazionale”. Rispondendo al moderatore, Antonio Lippolis, Cosolini ha precisato che «nelle prossime settimane sottoporremo al Consiglio comunale la nuova variante, garantendo le salvaguardie. Il temuto 6 agosto - ha aggiunto - è passato e la città non è stata invasa dai cantieri, il che conferma che c’è una grande crisi. Serve però - ha sottolineato il sindaco - che ciascuno, dal Governo nazionale alla Regione, faccia la sua parte, perché vogliamo infrastrutture, nuovi terminali in Porto nuovo, la piattaforma logistica, il potenziamento del collegamento ferroviario fra Campo Marzio e Monfalcone. Non vorrei più vedere - ha concluso, lanciando una frecciata al suo predecessore Roberto Dipiazza - un libro dei sogni che poi diventa irrealizzabile». Franco Bandelli, leader di Un'altra Trieste, ha ricordato che «la variante 118 era il parto di un sindaco che si definiva un architetto mancato, perciò destinata al fallimento. Eppure c’e chi, come Piero Camber - ha continuato - l’ha difesa fino all’ultimo, nonostante contenesse troppe trappole in spregio alla tutela ambientale». E, tanto per non fare sconti, ha assicurato che vigilerà «con attenzione sulla stesura del prossimo Piano, che deve prevedere linee guida dedicate a industria, turismo, recupero edilizio e integrarsi con i piani del parcheggi e del traffico». Paolo Rovis (Pdl), dopo aver ribadito di «non aver mai difeso la 118, perché disegnava una prospettiva di sviluppo senz’anima», ha ammonito la maggioranza: «Vedremo come saprà tradurre in azioni concrete e virtuose sul territorio le enunciazioni di oggi». L’assessore allo Sviluppo economico Fabio Omero ha garantito che «si terrà conto delle osservazioni di associazioni e cittadini», mentre Michele Lobianco (Fli) ha precisato di «aver sempre sostenuto la 118. Adesso serviranno equilibrio e logica - ha aggiunto - favorendo insediamenti industriali compatibili col territorio, facendo crescere il porto, la scienza, la cultura, la ricerca». Di parere opposto Roberto Sasco, ex presidente della Commissione urbanistica. «Sono un convinto affossatore della 118 - ha precisato - che aveva grandi limiti. Per esempio non immaginava Trieste grande capitale d’area. Bisogna prendere subito in mano il piano parcheggi - ha ammonito - sul quale la precedente amministrazione ha toppato, quello del traffico e quello del commercio, sul quale Dipiazza non ha mai voluto discutere».

Ugo Salvini
 

 

Lorenz: ponte sul canale ma solo se di alta qualità
 

L’architetto: «Concorso a inviti con una giuria internazionale per ottenere un oggetto prezioso». Italia Nostra chiede al sindaco «di evitare uno scempio»
È il più possibilista, il più aperto alla rivoluzione prospettica di Ponterosso, tra i luminari dell’urbanistica intervenuti finora nel dibattito sul ponte pedonale tra via Cassa di Risparmio e via Trento. Anche l’architetto austriaco Peter Lorenz, però, come Boris Podrecca, mette le mani avanti. E suggerisce che quei rendering digitali dell’opera usciti per ora dagli uffici comunali - da lui consultati a computer dal suo studio di Innsbruck - non siano un punto d’arrivo, bensì di partenza. Un’impronta grezza sopra la quale far modellare ai migliori esperti in circolazione, tanto di design quanto di materiali, una struttura «preziosa». Non un pugno nell’occhio. Ne va dell’immagine di un territorio che sente profondamente suo, lascia intendere Lorenz, dna triestino da parte di madre, e un cuore da sempre rivolto proprio verso questa città. «Per un ambiente prezioso come Ponterosso - commenta lo stesso architetto - chiederei un concorso ad inviti per architetti e costruttori. E mi affiderei al giudizio di una giuria esperta internazionale, in modo tale da ottenere un oggetto che possa essere prezioso, appunto, per Trieste». Per il resto a Lorenz - che si dice «contento che un intervento di questo tipo venga discusso pubblicamente in città» - non dispiace affatto, l’idea: «Per sopravvivere - puntualizza - la città deve funzionare e, se serve, cambiare. Questo ponte aiuterà il flusso pedonale e la connessione tra le due parti della città. La prospettiva di una città non è una cosa ferma, ma modificabile nel tempo». Quanto ai dettagli, conviene pure sull’orientamento della «struttura leggera, trasparente». Ma, in definitiva, ammonisce: «L’idea di questo ponte è buona e giusta, ricordiamoci però che tocca un piccolo punto di Trieste, non può sostituire l’impegno enorme che si deve profondere per lo sviluppo urbano generale, con un masterplan affidato a sua volta ad esperti, per arrivare ad una maggiore competitività di Trieste rispetto ad altre città». Un’opportunità che, sentenzia invece la presidente triestina di Italia Nostra, Giulia Giacomich, non passa per quel ponte. Che - incalza - non s’ha da fare. Né su progetto dei tecnici comunali, né su ispirazione di un guru. «Non riscontriamo - scrive la Giacomich - nessun motivo valido per costruire un nuovo ponte e deformare irrimediabilmente la prospettiva storica del canale tra il mare e la chiesa di Sant’Antonio, che fa parte da secoli dell’immaginario collettivo della città. Il previsto ponte minaccia di deturpare l’armonia e il delicato equilibrio estetico che esiste tra il canale, i palazzi ottocenteschi che lo fiancheggiano e Sant’Antonio in fondo, che rappresentano in modo incomparabile l’immagine della città storica. Pochi luoghi in città sono così belli, eperfettamente definiti, come questo porto canale, che testimonia l’attività portuale e commerciale della città già nella metà del Settecento». «Ci pare impossibile - chiude la presidente di Italia Nostra - che idee improvvisate, non meditate, non giustificate, non culturalmente proponibili, come questa, possano trovare spazio e accoglienza presso l’amministrazione comunale. Ci conforta la presa di posizione del soprintendente Rinaldi. Queste eredità delle amministrazioni, come è già successo per piazza Goldoni, devono risultare “non obbligatorie”. Quindi si chiede al sindaco di trovare il modo, insieme alla giunta, di evitare un nuovo scempio urbano».
Piero Rauber

 

 

PONTE SUL CANALE - D’Osmo: «Un omicidio culturale» - Paoletti: «Ma serve per continuare ad ampliare le zone pedonali»
 

E bravo il soprintendente Rinaldi: «Finalmente c’è qualcuno che dice ciò che quel ponte pedonale di Ponterosso sarebbe, cioè un omicidio culturale, e mi meraviglio di Podrecca che invece è possibilista». Letto il giornale, lo scenografo Sergio D’Osmo, fondatore e primo direttore del Teatro stabile regionale Rossetti, alza la cornetta e chiama il Piccolo, come in preda a un senso di liberazione: «Già tre anni fa - completa il suo ragionamento - avevo avuto modo di affermare che si trattava di un intervento da non fare, senza ombra di dubbio. È un discorso culturale, oltre che estetico. Dicono che così si rivitalizzerà via Trento? Ma fra quanti secoli?». Si spinge indietro al 2008 - anno della sperimentazione del ponte Bailey del Genio militare, su input dell’allora assessore Bandelli - anche il presidente della Camera di Commercio Antonio Paoletti. È mosso, però, da motivazioni opposte rispetto a D’Osmo: «Mi rendo conto - premette Paoletti - che in questi momenti di crisi il ponte pedonale non sarà certamente il problema più interessante. Mi preme però far sapere che, come presidente della Camera di Commercio, sono a sostegno della fattibilità del progetto. Il ponte, nell’ambito del nuovo Piano del traffico e del nuovo Piano regolatore che aspettiamo di conoscere dalla nuova amministrazione comunale, è l’ideale per continuare ad ampliare le zone pedonali, per dar vita a nuove zone oggi morte, e ripeto morte, nell’ottica della reazione di un circuito di collegamento ampio, dalla stazione a Campo Marzio. Eppoi è un dibattito vecchio di tre anni. Come mai, ora che è arrivato il via libera, lo riesumiamo? Abbiamo la possibilità di sviluppare nuove aree senza traffico, o a traffico limitato. Vogliamo farci del male da soli?». «Il terzo ponte - ribatte infine Roberto De Gioia, da consigliere comunale della Lega Nord - è assurdo, inconcepibile e fuori da ogni logica. Presenterò un’interrogazione al sindaco per sapere se è vero che comunque si intenda costruire il ponte e per conoscere quali siano le ricadute ed i benefici che tale operazione porterà alla città».

(pi.ra.)
 

 

Centro colibrì nei debiti, lo Stato sequestra i volatili
 

Questo pomeriggio la magistratura, in presenza dell’avvocato distrettuale dello Stato, effettuerà il sequestro cautelativo dei colibrì di Miramare. Nuovo capitolo dell’inverosimile storia di sfratti, debiti, ipotesi di trasloco, smembramento, e perfino (ultima novità) vendita. Intanto il 31 agosto è scaduta l’ennesima proroga dell’Acegas. Le forniture non pagate ammontano ormai a ben 157 mila euro e crescono di 3000 al mese. La Corte dei conti sta vigilando. Il ministero dei Beni culturali si rifà sui beni e incasserà i soldi della vendita a vari pretedenti di una parte della colonia, ma dei forti debiti locali nulla si sa. Stefano Rimoli, il creatore del centro in difficoltà, dice che «non sono un problema». Ne ha avuto assicurazione da Giangiacomo Martines, direttore dei Beni culturali, che ha avocato a sè la pratica dopo le ingiunzioni di sfratto firmate dal soprintendente Luca Caburlotto. Spera che siano quasi tutti abbuonati: «Siamo associazione “no profit”». Nel frattempo una parte degli 80 uccellini verrà venduta, a titolo di risarcimento per il ministero dei Beni culturali, gestore del parco di Miramare attraverso la Soprintendenza. Rimoli vede tutto da un lato positivo, e forse ha in serbo altre sorprese, dopo aver fatto accordi col Comune di Matelica nelle Marche come ulteriore nuova sede per una parte dei colibrì, attraverso l’Università di Camerino, sua consulente. In questi giorni era in Germania e suggerisce senza dire: «Una parte della colonia a Trieste, una parte a Matelica e poi partner europei. Finalmente si è creato un percorso certo e condiviso, le transazioni economiche creano diritti chiari, e i soldi vanno al ministero per sanare i debiti». Il Comune di Matelica intanto ha tenuto ben due sedute di consiglio comunale per apprestarsi ad accogliere la mini-colonia, in parte destinata anche all’Acquario di Genova. Intanto, gli uccellini vengono pignorati.

(g. z.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 1 settembre 2011

 

 

Il soprintendente: mai dato l’ok per il nuovo ponte sul canale
 

Rinaldi: solo l’ex direttore regionale dei Beni culturali disse sì, ma la competenza era dei miei uffici.

Il Comune faccia un gesto coraggioso e rinunci a un’opera che rovina uno scenario di valore
Il terzo ponte, al secolo la passerella pedonale tra via Cassa di Risparmio e via Trento, semmai si farà - ma i segnali di oggi portano in questa direzione, con taglio del nastro nel 2012 - nascerà paradossalmente orfano. Orfano di padre. Burocratico s’intende. Un padre putativo, secondo il Comune, che infatti dopo il via libera del Tar sta per far partire i lavori. Un padre legittimo, ritiene invece il diretto interessato. Il quale, appunto, non volendola proprio, quella “creatura”, reclama in extremis la propria responsabilità pur di non farla nascere. Il papà evocato è il soprintendente ai Beni architettonici e del paesaggio, l’architetto Luca Rinaldi, che davanti alla presa di posizione pubblica di Luciano Semerani, contrarissimo al ponte, ha ritenuto evidentemente che i tempi fossero maturi per uscire allo scoperto e bollare l’eredità scomoda lasciatagli tra fine 2009 e inizio 2010 dall’ex direttore regionale dei Beni culturali, Roberto Di Paola. «Sono d’accordo - esordisce Rinaldi - con l’architetto Semerani. La passerella è un errore grossolano, perché va a intervenire su uno degli scenari consolidati dell’immagine di Trieste. Rovina una prospettiva di grande valore storico-artistico». L’autorizzazione delle “Belle arti”, tuttavia, esiste. Prova ne sia che il Comune sta procedendo con la stipula del contratto con il consorzio che ha vinto l’appalto. Qui, però, Rinaldi ha da eccepire: «L’autorizzazione fu accordata all’amministrazione comunale dalla direzione regionale dei Beni culturali, in un periodo in cui alla Soprintendenza per i Beni architettonici si stavano succedendo diversi dirigenti. Forse l’architetto Di Paola assunse tale incombenza per questo. Ma, giuridicamente, si sarebbe dovuta fare una procedura di avocazione della pratica. La direzione regionale dei Beni culturali ha funzioni di coordinamento, certo, ma il parere tecnico avrebbe dovuto essere rilasciato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici». Il riferimento di Rinaldi, che ricorda di essere «arrivato a Trieste a ottobre 2009», va collocato tra le settimane antecedenti al suo stesso arrivo e il febbraio del 2010. Poco prima che Rinaldi prendesse possesso del suo attuale ufficio, Di Paola inviò a Dipiazza un ok «temporaneo, per 5 anni», dopo di che se ne sarebbe dovuto ridiscutere. Sotto Natale 2009, il sindaco di allora - come è noto - chiese un «chiarimento» a Di Paola e a Rinaldi, che nel frattempo era diventato Soprintendente, comunicando di non voler spendere 750mila euro per un’opera demolibile in un lustro. «Io non ho inteso rispondere - ricostruisce Rinaldi - mentre Di Paola, pochi giorni prima di lasciare l’incarico a Trieste, rilasciò un’interpretazione generica favorevole al ponte. Per più di un anno, poi, le notizie che avevo avuto da Dipiazza, con cui i rapporti erano stati schietti, erano che l’idea era stata abbandonata. Finché, poco prima delle ultime elezioni di primavera, sono venuto a sapere che il progetto era prossimo alla gara d’appalto. Me ne sono stupito». Dopo il voto - oltre a segnalare la cosa al successore di Di Paola, Giangiacomo Martines - Rinaldi ha chiesto lumi al successore di Dipiazza, Roberto Cosolini, e al neoassessore Elena Marchigiani. «Mi è stato risposto - così il Soprintendente - che l’Avvocatura comunale ritiene legittima l’autorizzazione della direzione regionale dei Beni culturali, mentre dai nostri uffici legali mi si dice che quel provvedimento potrebbe sì essere legittimo, ma pure esposto, eventualmente, a dei ricorsi». Per Rinaldi, così, l’extrema ratio è «un possibile gesto coraggioso del Comune», cioè la rinuncia al progetto, «a meno che l’assessore, prima ancora che il sindaco, non ne sia pienamente convinto». Anche perché, nel 2014, fosse sempre al suo posto, il Soprintendente potrebbe persino chiedere la rimozione del ponte: «Io non ho firmato l’autorizzazione ultima di Di Paola, peraltro non comunicata all’epoca al nostro ufficio, mentre su quella temporanea per 5 anni c’è anche la sigla di un funzionario della Soprintendenza. Dal mio punto di vista può essere valida solo quella».
Piero Rauber

 

 

«Allarme cinghiali, la Regione stanzi fondi» - Lupieri: sostenere l’azione della Provincia. Associazione agricoltori: in ballo la sicurezza delle persone
 

«Per la prevenzione del problema cinghiali, la Regione deve sostenere l’attività svolta dalla Provincia per realizzare recinzioni con reti ad impulsi elettrici, stanziando un contributo una tantum che vada a contrastare i danni subiti dagli agricoltori ed eventuali incidenti stradali causati dall’attraversamento degli animali». È la richiesta formula dal consigliere regionale del Pd Sergio Lupieri che, all’indomani dell’aggressione subita da un agricoltore a Sottolongera, sollecita la giunta Tondo a farsi carico della questione con maggior decisione e sostenere gli interventi necessari. Che, secondo l’esponentedel Pd, non potranno limitarsi all’installazione delle nuove reti di cinta. «Emerge anche la necessità di perfezionare il difficile censimento dei cinghiali - prosegue Lupieri -, specialmente nelle zone urbane della cintura cittadina, con controlli ripetuti che ci diano il quadro di come si evolvono e si organizzano i cinghiali nei gruppi matriarcali. È urgente una modifica della normativa regionale che vada a disciplinare il prelievo di selezione degli ungulati». All’esecutivo Tondo altre due indicazioni: il potenziamento dell’attività formativa di chi va nei nostri boschi e un maggior raccordo con le autorità veterinarie. «La Regione - conclude Sergio Lupieri - deve sostenere economicamente l’attività della Provincia, stipulando convenzioni con le associazioni venatorie riconosciute, per l’organizzazione di corsi di preparazione tecnica, prevedendo così una formazione permanente del cacciatore. Inoltre deve supportare la giunta di palazzo Galatti nella creazione di un centro di lavorazione della selvaggina, con controllo da parte di un veterinario ufficiale dell’Azienda sanitaria». Intanto l’Associazione agricoltori-Kmecka Zveza ha scritto una lettera al vicepresidente della Provincia Dolenc, all’assessore regionale Violino e al prefetto Giacchetti, in cui annota come l’episodio di Sottolongera «rappresenta un palese segno della progressiva conquista del territorio da parte» dei cinghiali. «Speravamo che le autorità agissero efficacemente contro questo fenomeno, ma ciò ad oggi non è avvenuto». Gli agricoltori locali, si legge nella lettera, «a causa del rapido aumento del numero di cinghiali hanno subito negli ultimi anni gravissimi danni. Ma ciò che maggiormente preoccupa è il fatto che gli animali minacciano la sicurezza dell’uomo e segnatamente degli agricoltori». Da qui l’invito a «mettere in atto quanto prima tutti gli interventi possibili per garantire nel modo migliore la sicurezza delle persone e la tutela delle coltivazioni agricole».
 

 

CONSUMATORI E-COOP.IT - GIOVEDI', 1 settembre 2011

 

 

Cellulari, usiamoli bene - Dopo le cautele assunte dall'Oms sui possibili rischi per la salute ecco cosa c'è da sapere sul proprio telefonino e come utilizzarlo
 

Una geniale vignetta di Altan, già di qualche anno fa, annunciava inquietante: "È record: ogni telefonino possiede un italiano". Una descrizione spietata della scatenata passione per questi apparati, che colloca il nostro paese ai vertici mondiali nel loro acquisto e utilizzo. Anzi, forse la vignetta di Altan va corretta al rialzo, nel senso che già da diversi anni le Sim operanti in Italia (cioè in contratti di telefonia mobile attivati) sono di molto superiori al numero di abitanti. Secondo le ultime stime siamo a più di 150 Sim per 100 abitanti. Non necessariamente le Sim corrispondono a telefoni attivi, ma è evidente che, secondo la metafora di Altan, siamo posseduti da più d’un cellulare.
E dunque proprio in Italia ha ancor più senso prestare la massima attenzione a quanto stabilito lo scorso giugno dall’Organizzazione mondiale della sanità che ha inserito i telefoni cellulari in un elenco di sostanze possibilmente cancerogene. L’annuncio ha destato, comprensibilmente, grande attenzione in tutto il mondo, proprio per la diffusione più che capillare di questi apparati (l’Oms parla di 5 miliardi di telefonini al mondo) e anche in considerazione del grande business economico rappresentato dalla telefonia mobile. Opportuno dunque andare a verificare con cura cosa ha detto l’Oms al termine dei lavori dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.
I cellulari sono stati inseriti nella classe 2B. La classe A comprende le sostanze cancerogene accertate, la classe 2A le sostanze probabilmente cancerogene e la classe 2B le sostanze possibilmente cancerogene. Nella classe 2B, per capirci, stanno il caffè, la benzina, i pesticidi. Cioè prodotti presenti nella nostra vita di tutti i giorni, tanto quanto i cellulari, ma sui quali, probabilmente, non ci siamo mai più di tanto interrogati.
Le conclusioni dell’Oms non sono arrivate sulla base di nuovi studi o di clamorose e improvvise scoperte. Ma riesaminando gli studi già esistenti assieme alla sempre più ricca letteratura scientifica sull’argomento degli ultimi anni. Nel comunicato Oms si legge che la decisione è stata presa in particolare in relazione al rischio di aumento dei casi di glioma, uno specifico tipo di tumore del cervello. Come ha spiegato il dottor Jonathan Samet, dell’Università del sud California e coordinatore del gruppo di lavoro: "La conclusione significa che ci potrebbe essere qualche rischio e perciò abbiamo bisogno di avere uno sguardo vigile sul possibile legame tra cellulari e rischio di tumori".
Uno dei problemi legati alle valutazioni sull’impatto delle telefonia mobile è legata all’ancor ridotto numero di indagini e di rilevazioni scientifiche, stante anche il ridotto periodo di tempo da cui il fenomeno ha iniziato a diffondersi. Parliamo di neanche vent’anni in cui il telefonino ha avuto una diffusione impensabile. Ma per studi epidemiologici seri e approfonditi servono serie storiche significative. Che ovviamente si costruiscono solo con tempi medio-lunghi. Alcuni studi, come l’Interphone (durato 10 anni) hanno prodotto risultati importanti ma non univoci, anche perché in 10 anni la tecnologia evolve con rapidità impressionante. Basti pensare che i riferimenti di elevato uso del cellulare di alcune ricerche erano di 30 minuti al giorno, ma è evidente che si tratta di una cifra da aggiornare.
Ora è in corso una nuova indagine (Cosmos) che coinvolge 250 mila persone in tutta Europa e dovrebbe risolvere, almeno si spera, i dubbi, lasciati aperti dai tentativi precedenti.
Comunque sul fatto che servano ulteriori studi, nessuno dissente. Nel mentre però, l’Oms ha voluto usare la propria autorità per invitare tutti quanti a un atteggiamento di prudenza, volto soprattutto a promuovere un uso dei cellulari con alcune misure precauzionali (vedi in proposito la scheda nelle pagine precedenti proposta da CoopVoce), che ruotano in particolare sull’utilizzo degli auricolari, evitando le chiamate troppo lunghe, preferendo gli Sms e evitando l’uso di questi apparati da parte dei bambini. Altro consiglio utile è quello di non tenere il cellulare a contatto col proprio corpo quando non lo si sta utilizzando.
Ma, indicate le precauzioni che è comunque utile e semplice adottare, val la pena tornare e vedere un po’ più da vicino il funzionamento di un cellulare, anche perché, come vedremo, i cellulari non sono tutti uguali e anche a questo proposito ci sono informazioni che è bene iniziare a conoscere. Evidente che un mercato che vale miliardi e miliardi a livello mondiale, muove interessi enormi e dunque anche le case produttrici rivestono un ruolo fondamentale nel rendere più trasparente il tutto e più consapevoli e tranquilli i consumatori.
Come si legge sul sito dell’Istituto superiore di sanità la telefonia mobile si basa sulla trasmissione di segnali attraverso onde elettromagnetiche a una frequenza variabile tra 900 e 2000 megahertz (cosiddette microonde).Il telefonino anche quando non state chiamando emette sempre un segnale, ma le esposizioni sono più alte durante l’uso anche perché si avvicina il corpo all’antenna. L’assorbimento locale di energia elettromagnetica (un valore che viene misurato come potenza assorbita per unità di massa corporea, ed è espresso in Sar) da parte dei tessuti del corpo umano produce un aumento della temperatura di 0,1-0,2°, cioè in un ordine di grandezza inferiore alle normali variazioni fisiologiche del corpo umano. Dunque, secondo l’Istituto superiore di sanità, sull’uso del cellulare nell’immediato non pare esserci alcun problema sanitario. Il problema è legato a capire gli effetti di una esposizione prolungata nel tempo (e su questo si incentra il pronunciamento dell’Oms).
Resta il fatto che ogni telefonino in commercio ha una "potenza" che, come detto, viene espressa in Sar (Specific absorption rate). In sostanza più è alta questa Sar e più si ha aumento di temperatura per unità di superficie. Le normative vigenti impongono limiti ben precisi al Sar. Questo limite in Europa è di 2 (watt per kilogrammo su 10 grammi di tessuto), mentre negli Usa e in Canada il limite è stato fissato in 1,6 Watt per kilogrammo. Ovviamente tutti i cellulari in commercio sono omologati e rispettano questi valori, ma ovviamente è bene che i consumatori sappiano e conoscano che tipo di apparecchio hanno acquistato. Già dal 2001 il valore del Sar deve essere indicato sulla confezione o nel manuale d’uso di ogni apparecchio. Esistono siti internet di associazioni, specie americane (segnaliamo www.ewg.org) in cui è comunque possibile scoprire il livello di emissioni di ogni cellulare. I modelli con i valori più alti arrivano vicini ai limiti americani (1,58-1,59 W/kg), mentre i modelli migliori (ovviamente migliori rispetto a questo valore, ma magari meno dotati di funzioni e applicazioni) hanno valori di Sar intorno a 0,30 W/kg. Ovviamente queste cifre dipendono dalle caratteristiche costruttive dell’apparecchio (e ogni marca o singolo modello ne ha di diverse), ma dipendono anche dalle condizioni di utilizzo. Ad esempio se si telefona in una situazione in cui c’è poco campo, il cellulare aumenta la sua potenza per far arrivare il segnale. Ma in uno stesso luogo i cellulari (e questa è esperienza capitata prima o poi a tutti gli utilizzatori), possono ricevere più o meno bene a seconda di modello e operatore. E dunque anche in funzione di ciò il livello di Sar cambia.
Dunque anche qui si scopre che, senza cadere in paure infondate o eccessive, conta essere consumatori informati, che acquistano e scelgono il loro telefonino in base a tante variabili, una delle quali è anche questa. E poi imparano a usarlo seguendo alcune cautele che non limitano di certo la libertà di ognuno.
Dario Guidi

 

 

"C'è ancora bisogno di studiare" - Intervista a Maurizio Zoboli, docente di campi elettromagnetici: "Niente allarmismi, ma in auto occhi alla gabbia di Faraday"
 

"Il problema dei campi elettromagnetici artificiali e della loro emissione a diverse frequenze è un fenomeno relativamente recente e dunque da studiare con la massima attenzione, anche perché il loro trend di aumento è molto veloce. Ma credo sia difficile, ad oggi, trarre conclusioni certe e definitive circa l’impatto del cosiddetto inquinamento elettromagnetico. C’è più che mai bisogno di una ricerca seria, pubblica e verificabile, non condizionata da una logica di profitto, specie per quanto attiene alle possibili conseguenze sul piano della salute, mantenendo come criteri ispiratori quelli del rigore e della cautela, ma evitando di fare allarmismo che spesso non è suffragato da riscontri oggettivi". Parola di Maurizio Zoboli docente di Campi elettromagnetici alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Modena. Per arrivare a parlare di telefoni cellulari, Zoboli parte da un po’ più lontano. Si potrebbe dire da Guglielmo Marconi e dalla sua radio.
"Inizialmente sul nostro pianeta era presente solo quella che si chiama la radiazione cosmica di fondo, quella che deriva dall’esplosione del Big Bang che ha dato origine al nostro universo. Da Marconi in poi abbiamo iniziato a produrre apparati in grado di emettere onde elettromagnetiche con una frequenza di oscillazione sempre maggiore. Per capirci, quando parlo di 50 hertz, parlo di cinquanta colpi al secondo, cioè di una emissione elettrica di bassa frequenza che non si propaga. Nel corso di pochi decenni la ricerca scientifica ci ha consentito di aumentare la frequenza delle emissioni arrivando a valori impressionanti: ad esempio per i telefoni cellulari e altre apparecchiature di uso quotidiano viaggiamo tra 1 e 5 miliardi di oscillazioni al secondo, ma se prendiamo le fibre ottiche, lì si viaggia a 100 migliaia di miliardi. Mentre a basse frequenze a viaggiare sono elettroni, alle alte frequenze ci troviamo di fronte a fotoni cioè a luce, qualcosa che è privo quindi di carica elettrica ed è dunque meno pericoloso sul piano della salute".
Cosa si può dire degli effetti delle onde sui sistemi biologici come il nostro corpo?
"Ricordando che anche noi funzioniamo sulla base di impulsi chimico-elettrici che partono dal cervello, le radiazioni influiscono in due modi. C’è un aspetto termico, cioè legato ad un aumento di produzione di calore. Se metto una mano nel microonde mi brucio. Ma anche se sto vicino a grandi parabole o ai ripetitori, il calore aumenta. Ma proprio questa percezione mi segnala il problema e mi consente di reagire. L’altro effetto, molto più difficile da valutare, è quello che si può verificare con basse potenze ma con possibili effetti sul lungo periodo. Il cellulare lo usiamo appoggiato alla scatola cranica e gli sudi dicono che l’energia, diffondendosi, si può focalizzare in alcuni punti con una maggiore intensità. Sono aspetti da approfondire. Ma qui servono studi e serie di dati su basi temporali di diversi anni. E ne abbiamo ancora troppo pochi. Ma certo ci sono precauzioni nell’uso del cellulare che si possono comunque adottare da subito".
Può farci un esempio?
"Usare il cellulare mentre si guida è vietato ed è evidentemente pericoloso per questioni di sicurezza stradale. Ma c’è di più. Quando siamo in auto, la vettura produce un effetto che in fisica si chiama gabbia di Faraday, cioè ci isola dai campi elettrostatici esterni. Per questo il cellulare per uscire dalla gabbia è costretto ad aumentare notevolmente la potenza di emissione. Dunque usare il viva-voce o gli auricolari fa bene ovunque, ma in auto è assolutamente raccomandato. Oltre a evitarci di prendere multe".
E in rapporto alle altre fonti di emissione che ci sono nelle nostre case (elettrodomestici, televisori, computer, modem e altre apparecchiature wi-fi), il cellulare come ci sta? Giusto preoccuparsi per lui o le priorità sono altre?
"In generale va spiegato che i cellulari lavorano su potenze basse, per evitare interferenze. Del resto ormai tutti abbiamo un cellulare in tasca e, basta pensare a situazioni della vita di tutti i giorni, se le potenze fossero più alte anche il rischio di interferenze sarebbe inevitabile, in ufficio, all’ospedale o mentre facciamo la spesa. Anche i sistemi bluetooth e wi-fi, ormai presenti in molte case, sono a potenze basse. Parliamo di pochi metri di campo d’azione. Anche per i televisori, con i nuovi modelli a schermo piatto si sono migliorate di molto le cose sul piano dell’irradiazione. Sicuramente altri elettrodomestici che si usano in casa sono più pericolosi. Aggiungo che se proprio dovessi dire di preoccuparsi per qualcosa indicherei gli impianti trasmissivi a grande potenza che stanno fuori dalle nostre case".
Ma restando sui cellulari, ogni apparecchio ha un livello di emissioni diverso, quello espresso in Sar. Un dato che molti ignorano…
La potenza dei cellulari non dipende tanto dalla quantità di funzioni che hanno, ma dalle tipologie costruttive e dalle condizioni di trasmissione. Il valore in Sar che accompagna ogni cellulare esprime questa potenza trasmissiva. È un dato che è bene conoscere, anche se poi va messo in relazione con le modalità di utilizzo che ognuno fa del cellulare. A questo proposito farei un discorso generale di diritto all’informazione, che vale per la etichettatura di tutti i prodotti e quindi anche per i telefonini. Conoscere le loro caratteristiche è fondamentale. Per il consumatore, senza perdersi in allarmismi inutili, c’è una consapevolezza che deve crescere".
Dario Guidi
 

 

Conosciamo il nostro cellulare - Ognuno ha il suo Sar, ovvero...
 

Per Sar (Specific absorption rate, che in italiano diventa Tas, cioè Tasso di assorbimento specifico), di cui ci occupiamo ampiamente nell’articolo principale in queste pagine, si intende l’unità di misura con cui si valuta la potenza elettromagnetica assorbita da un tessuto umano dopo l’esposizione alle sorgenti ad alta frequenza, quali ad esempio i telefoni cellulari.
Più esattamente la misura del Sar indica l’incremento di temperatura dovuto all’assorbimnto di energia. Ogni cellulare ha una sua misura di Sar (cioè di effetto sull’innalzamento di temperatura) che dipende dalle modalità costruttive che ovviamente variano secondo le diverse case e i diversi modelli.
In Europa il limite di Sar fissato per i cellulari è di 2 Watt per kg (su un campione di 10 grammi di tessuto). Negli Usa questo valore è stato invece fissato in 1,6 W/kg. La misura del Sar di ogni cellulare dovrebbe essere indicata sulla confezione o nel manuale d’uso.
Il lvello di Sar dei diversi cellulari può variare considerevolmente, da valori vicino allo 0,30 W/kg, per i cellulari con minori emissioni, a valori vicini a 1,5-1,6 W/kg, per i telefoni a più alte emissioni.
Si tratta dunque di una informazione utile da tenere in considerazione al momento dell’acquisto di un nuovo apparecchio, unitamente alle numerose altre caratteristiche e opzioni tecniche. Ovviamente, si tratta di una informazione che va poi incrociata col tipo di uso che si fa del cellulare.

 

 

Ecco alcune regole da non dimenticare sull'uso del proprio cellulare - I buoni consigli di CoopVoce
 

CoopVoce è ormai da qualche hanno una importante presenza nel campo della telefonia mobile. Con oltre 500 mila abbonati, CoopVoce ha via via aumentato la propria presenza in un settore caratterizzato da una fortissima concorrenza e da una continua sfida tra gli operatori che, a suon di incessanti campagne pubblicitarie, sono sempre pronti a offrire nuove tariffe e servizi. CoopVoce, in questo contesto, che spesso lascia frastornato l’utente, ha puntato su una strategia che mira a unire la convenienza delle tariffe, la semplicità e l’affidabilità dell’offerta e un servzio di ottima qualità. Questa chiave ha consentito una crescita costante di abbonati, cui si è accompagnata una progressiva estensione delle proposte di servizio, sempre nel rispetto della filosofia di base e dei valori Coop. Chiaro che anche di fronte a temi delicati come quelli delle incertezze che riguardano i possibili effetti sulle persone dovuti ai campi elettromagnetici dei terminali mobili CoopVoce ritiene doveroso consigliare a tutti di assumere comunque dei comportamenti ispirati alla prudenza e al buon senso. Per questo CoopVoce vi propone questo questo piccolo promemoria:
• L’utilizzo dell’auricolare con il cavetto o del viva-voce è sicuramente una valida soluzione, tanto più se si fa un utilizzo del cellulare frequente o per effettuare delle conversazioni di lunga durata: adottiamo dunque questo accorgimento ogni qual volta ci è possibile, tanto più se utilizziamo il telefono mobile correntemente.
• I terminali di fascia più elevata dispongono, oltre che della componente per la telefonia, di ulteriori dispositivi che agiscono sui campi elettromagnetici: WiFi, Bluetooth e GPS. Se non ne abbiamo l’effettiva necessità è buona abitudine disattivare questi dispositivi per ridurre il carico emissivo complessivo del nostro terminale.
• Anche se la scelta di un modello di telefonino è largamente ispirata all’aspetto del terminale nonché ai nostri gusti personali è comunque bene andare a vedere le caratteristiche di emissione dell’apparecchio che stiamo per acquistare: questa verifica non dovrà di certo distoglierci dall’acquisto dell’oggetto del desiderio ma, proprio in relazione con i nostri consumi, sicuramente ci aiuterà a valutare più compiutamente la necessità di utilizzare l’auricolare.
• Un’attenzione particolare merita l’utilizzo ormai diffusissimo del telefono mobile in auto (ma anche in treno nonché sugli altri mezzi pubblici) dove il complesso delle emissioni radio si modifica a causa delle interferenze con l’abitacolo e dove spesso ci abbandoniamo a lunghe telefonate: in questo caso l’impiego dell’auricolare o del viva-voce costituisce un’importante norma di prudenza e questo a prescindere dal noto e motivato obbligo del Codice della Strada!

 

 

Rinnovabili - Incentivi veri e caso italiano
 

In questo sciagurato paese non si riescono proprio ad evitare spettacoli penosi, come quello sulla riduzione o addirittura sull’ipotizzata eliminazione degli incentivi alle fonti energetiche rinnovabili. Prima di tutto domandiamoci se gli incentivi servono. La risposta è sì: se si vuole far decollare l’energia pulita e rinnovabile gli incentivi occorrono, magari limitati alla prima fase, ma occorrono. Del resto questo accade in tutti i paese del mondo: in Germania il Piano nazionale fonti rinnovabili consegnato a Bruxelles prevede, al 2020, di avere un installato cumulativo solare fotovoltaico di 52.000 MW (nel 2010 erano 16.000, in Italia oltre 3.000) e di produrre 41TWh/anno di energia elettrica dal sole.
Complessivamente la Germania produrrà al 2020 da rinnovabili 216 TWh. L’obiettivo europeo sulle rinnovabili per i tedeschi, sempre al 2020, è fissato al 18%, ma loro contano di superarlo e arrivare al 19,6%, così suddiviso: 38,6% nel settore elettrico, 15,5% nel termico; 13,2% nei trasporti. Nel 2010 i tedeschi hanno pagato in bolletta circa 9 miliardi di Euro per incentivi alle rinnovabili (in Italia circa 3 miliardi) e prevedono di arrivare al 2020 spendendo la stessa cifra (o anche di ridurla sino a 7 miliardi, a seconda degli scenari) per poi iniziare a scendere ancora più rapidamente.
Il meccanismo incentivante tedesco si basa su una tariffa onnicomprensiva per cui la remunerazione complessiva del rinnovabile ad oggi (incentivi + valore energia) vale 12 miliardi di euro e, al 2020, varrà 20 miliardi. Oggi in Germania il fotovoltaico pesa in bolletta per circa 4 miliardi (poco più di 2 ciascuno l’eolico e la biomassa), in Italia 800 milioni. Al 2020, in Germania si prevede che il peso sarà più o meno sempre di 4 miliardi.
Oggi il costo per le rinnovabili sostenuto da una famiglia tedesca media è poco meno di 7 euro/mese (in Italia circa 2, di cui solo meno di un terzo per il fotovoltaico). Inoltre ogni forma di energia ha goduto di incentivi, compresa quella nucleare, per fortuna oggi morta e sepolta. Ma allora, perché le rinnovabili in Italia non decollano definitivamente? Forse perchè, come ebbe a dire un importante (e ignorante) dirigente del comparto elettrico italiano, “il solare non ha dignità industriale”? Come se Giappone e Germania fossero paesi di economia terzomondista e non tra le maggiori potenze economiche del pianeta. Sono gli stessi che volevano a tutti i costi il nucleare, sempre quelli. Direi di più: che interesse potrebbe avere l’industria energetica centralizzata a sviluppare tecnologie che porterebbero, alla fine, il cliente a sganciarsi sempre di più dalla rete di distribuzione e, dunque, dalle bollette? Perché chi ha sempre campato sull’accentramento dovrebbe improvvisamente favorire il decentramento energetico? O addirittura ridursi a comperare energia dal singolo cliente che diventa improvvisamente produttore autosufficiente? Vedi che la ragione vera, alla fine, si trova.
Mario Tozzi (primo ricercatore Cnr - Igag e conduttore televisivo)

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 31 agosto 2011

 

 

Sel: «Acqua che costi meno ed energia solare a scuola»
 

Le richieste dei consiglieri comunali e provinciali: «AcegasAps ha già installato 400 pannelli a Padova, qui non ha nemmeno partecipato alla gara»
Utilizzare i pannelli solari per risparmiare energia nelle scuole pubbliche, ridurre del 7% le bollette per la fornitura d’acqua, attuare una seria politica di riconversione industriale, salvaguardando i livelli occupazionali. Sono questi i tre obiettivi sui quali promettono battaglia i consiglieri comunali e provinciali di Sinistra, ecologia e libertà (Sel). Marino Sossi, capogruppo in piazza dell’Unità d’Italia, ha lanciato un forte segnale. «Daremo vita a iniziative congiunte – ha annunciato - e la prima mozione, sulla riconversione energetica nei palazzi pubblici, rientra nel nostro programma elettorale. A Padova, dove opera AcegasAps, sono stati posizionati ben 400 pannelli fotovoltaici sulle scuole. Chiediamo di aprire un tavolo comunale e provinciale all'AcegasAps per fare a Trieste la stessa cosa. A settembre – ha aggiunto - riproporremo la mozione per chiedere la riduzione del 7% sulle tariffe dell'acqua, anche se l’azienda ha già fatto sapere che un simile provvedimento potrebbe provocare pesanti ripercussioni sui futuri investimenti. Noi vorremmo capire invece, in sede tecnica – ha continuato Sossi - quanto potrebbe incidere questo calo e su quali investimenti. Chiederemo poi di prendere in considerazione la situazione economica delle famiglie più deboli, alle quali non si può togliere la corrente o il gas in pieno inverno se non ce la fanno a pagare le bollette. Infine – ha concluso il capogruppo di Sel - bisogna aprire un tavolo di confronto con la Regione sul tema Ferriera, garantendo che non ci siano ripercussioni sui lavoratori». Marcello Bergamini, capogruppo di Sel in Provincia, ha evidenziato che «la giunta provinciale ha già chiesto l'applicazione dei pannelli solari sulle scuole, anche se ci ha molto sorpreso il fatto che AcegasAps non abbia partecipato alla gara per vincere il relativo appalto». Daniela Gerin, consigliere comunale di Sel, ha affermato che «la grande adesione della gente al referendum sull'acqua ha dimostrato che l'argomento é molto sentito”. Per Alfredo Racovelli, già consigliere comunale, «bisogna tradurre il referendum di tre mesi fa in azioni concrete». Umberto Laureni, assessore ad Ambiente, energia, riqualificazione dei siti inquinati, ha assicurato: «La giunta ha ben presente l'urgenza di tradurre in interventi concreti i risultati del referendum. Non va poi dimenticato il tema della raccolta dei rifiuti – ha proseguito – mentre sulla sperimentazione dell’energia solare é stato allestito un nuovo ufficio che presto inizierà a operare, dedicandosi soprattutto ai grandi agglomerati».

Ugo Salvini
 

 

Danni causati da cinghiali 12 mila euro da gennaio
 

All’indomani dell’aggressione avvenuta a Sottolongera la Provincia valuterà la necessità di un abbattimento in deroga. Due le richieste di recinzione elettrica
«Dall’inizio dell’anno i danni procurati dai cinghiali, in base alle valutazioni fatte dalle parti lese, ammontano a 12mila euro». Il vicepresidente della Provincia, Igor Dolenc, torna sulla questione, all’indomani dell’aggressione subita da un agricoltore a Sottolongera, attaccato da un ungulato mentre stava raccogliendo susine da un albero. A proposito dello stesso episodio, accaduto attorno alle 13 dell’altro giorno, Dolenc fa sapere che «un nostro guardiacaccia si recherà in loco per effettuare il sopralluogo. E valuterà se sia o meno il caso di procedere a un abbattimento in deroga». Al momento, deroghe al piano regionale (si attivano nei casi di rischio per l’incolumità dei cittadini) non sono previste, conferma il numero due di palazzo Galatti. L’analisi del problema cinghiali prosegue poi allargandosi a tutto il 2011: «I dati di quest’anno - fa il punto Dolenc -, da gennaio in avanti, anche se il vero problema comincia dal periodo in cui i vari prodotti della frutta diventano maturi e quindi attraggono gli animali, contano su un totale di una decina di denunce per danni, tra le dieci e le dodici». A presentarle in gran parte «sono stati hobbisti, che sono tanti e fanno comunque produzione per certi versi di qualità pur non avendo un’attività prevalente di agricoltura. Solo uno è professionista. Parliamo in tutto - aggiunge l’esponente della Provincia - di 12mila euro per quanto concerne i danni valutati dalla parte lesa». Come noto, in tema di prevenzione del problema, la Provincia è scesa in campo mettendo a disposizione 20mila euro per l’acquisto del “pastore elettrico”, i recinti con reti a impulso elettrico che dovrebbero dissuadere l’animale dall’avvicinarsi alle coltivazioni. «Sulla prevenzione, al momento abbiamo due richieste di “pastore elettrico”, dato che si modificherà perché qualcuno sta valutando se presentare la domanda o no. Sul Carso va detto che c’è un problema in più perché le proprietà dei terreni sono abbastanza spezzettate, quindi servono accordi fra i proprietari», spiega Dolenc. Che non esclude come un indennizzo possa essere destinato anche a chi ha già provveduto autonomamente a pagarsi la dotazione del recinto elettrico: «È una situazione da valutare», afferma. Intanto al fenomeno cinghiali la Provincia continuerà a prestare la massima attenzione: «Stiamo mettendo a punto tutti gli strumenti necessari - conclude Dolenc - con l’obiettivo preciso di limitare i danni».
Matteo Unterweger

 

 

Milkovich lancia l’allarme «L’ailanto distrugge la flora» - CIRCOSCRIZIONE EST
 

PROSECCO Sta colonizzando boschi, terreni e giardini privati di tutta la provincia. Riesce a insediarsi con facilità in terreni incolti o degradati e rilascia tossine che invitano la concorrenza vegetale e animale a darsela a gambe. Contro l’Ailanto, paradossalmente conosciuto anche con il nome di “albero del paradiso”, non c’è rimedio, se non l’uso di diserbanti specifici e sistemici. Preoccupato per la sua estesa diffusione, in aumento esponenziale negli ultimi anni, il presidente della circoscrizione di Altipiano Est Marco Milkovich lancia un appello a ambientalisti, agricoltori, protezione civile e cultori della vita nei boschi e all’aria aperta. «L’ailanto è ormai dappertutto – sostiene Milkovich – capace di riprodursi anche nelle aree più difficili, invadente a danno delle altre piante, quasi indistruttibile perché sempre pronto a rispuntare anche dopo un taglio radicale. Dobbiamo tentare al più presto una strategia per toglierlo di mezzo prima che si insinui anche nelle aree verdi più protette». Che l’ailanto sia un problema non solo provinciale o regionale, è cosa ormai ben nota. Resistente alla siccità, è dotato di un apparato radicale esteso che va a carpire l’acqua ove esiste. Proviene dall’estremo oriente ed è stato introdotto nelle nostre zone in sostituzione del gelso per dar vita all’allevamento del baco da seta. «Produce tanta semente – spiega il naturalista Nicola Bressi – si adatta a suoli poveri e in terreni disturbati e smossi. In qualche modo – continua Bressi – l’ailanto trova nel cinghiale un potente alleato, visto che quest’ultimo, con il suo grifo, riesce a dissodare prati e scarpate favorendone in questo modo la crescita. E’ un albero dalle foglie amare, dal legno di pessima qualità, dal cattivo profumo, che scarica nel terreno delle tossine che avviliscono le altre piante e gli animali». Per questa ragione la stessa Regione Autonoma, attraverso l’art. 64 contenuto nella Legge 17 del 2010, ha dichiarato l’Ailanto – assieme al Senecio imaequidens e all’Ambrosia artemisiifolia – pianta infestante da estirpare senza controindicazioni. «Purtroppo a tale scopo vengono destinate delle cifre irrisorie – sostiene Milkovich – mentre l’Ailanto resiste a tagli e estirpi. Per tale ragione ritengo che l’unica soluzione sia l’utilizzo di diserbanti. Con piccole somme si potrebbe iniziare a inoculare il diserbante, iniziando così una lotta radicale contro questa pianta invasiva”. «Ci troviamo di fronte a un vera “macchina da guerra” naturale – interviene il prof. Livio Poldini, professore emerito dell’ateneo triestino nel Dipartimento di Scienze della vita. Il comportamento dell’Ailanto sfugge a ogni controllo, e crea dei boschetti monospecifici che animali e piante disertano a causa delle tossine prodotte. Unico aspetto positivo, dai suoi fiori si produce un miele discreto. Troppo poco – secondo Poldini – per giustificarne la presenza. Rimedi? Questa pianta va estirpata quando è giovane. Con il diserbante i risultati sarebbero certo ottimi, ma deve essere somministrato con cautela e da personale competente, per non rischiarne la dispersione nel suolo. Altrimenti si rischia un grave effetto “boomerang”.

Maurizio Lozei
 

 

Piano regolatore, via agli incontri - Ret: voglio portare la variante in aula già a ottobre. Rozza dubbioso
 

DUINO AURISINA Con la riunione, ieri mattina, della conferenza dei capigruppo consiliari e la seconda commissione consiliare permanente inizia il periodo di incontri e riunioni che coinvolgerà tecnici ma anche i residenti di Duino Aurisina. In oggetto la nuova variante del piano regolatore con diversi punti in discussione. Grande spazio all'ambito di Aurisina Mare, ma all'interno della variante anche il sottopasso di San Pelagio e Castelreggio, con le richieste delle diverse società nautiche. «Abbiamo stilato un calendario con il programma di ogni singola riunione - spiega il sindaco Giorgio Ret - i nostri tecnici spiegheranno le richieste, accettate e anche quelle che non è stato possibile prendere in considerazione». La variante del piano regolatore dovrà, anche, essere sottoposta al parere della Regione per quanto riguarda la valutazione d'incidenza. «Si è cercato di tener conto di tutte le indicazioni da noi fornite - spiega Ret - poi in corso d'opera si potrà cambiare qualcosa ma solo togliendo, altrimenti occorrerebbe rifare un'altra valutazione e i tempi si allungherebbero». Il 14 settembre è previsto un incontro pubblico per spiegare alla cittadinanza le varie decisioni prese. «Conto di portare in aula la variante per l'adozione già a ottobre» afferma il sindaco. Troppo ottimistica la scadenza per il consigliere del Sel Maurizio Rozza: «Dubito che i tempi riusciranno ad essere così brevi, studieremo attentamente le indicazioni del piano» .

(c.p.)

 

 

Anche la variante 66 colava cemento - L’INTERVENTO DI DARIO PREDONZAN*

 

Gli ambientalisti fin dal ’97 ne hanno chiesto l’urgente revisione, inascoltati sia dalla giunta Illy che da quella Dipiazza

Sul Piccolo del 27 agosto l’ing. Cervesi rifiuta la paternità della variante 66 al piano regolatore. Il suo ruolo, all’epoca, fu solo quello (chiamato dal sindaco Illy) di “esperto per fare l’assessore e superare i rilievi della Regione, riportando in adozione la 66”, dopo che la prima adozione della metà ’94 era stata bocciata dalla Regione per alcune irregolarità. Vero è, infatti, che la variante 66 è firmata da Paolo Portoghesi, e altri. Vero è però anche che senza l’apporto decisivo di Cervesi, il parto della variante stessa non sarebbe andato a buon fine. Padre no, quindi, ma “ostetrico” senz’altro sì, diremmo. Senza il suo intervento, la variante avrebbe certo dovuto essere profondamente rivista. La 66, aggiunge Cervesi, ha ridotto di oltre il 30 per cento gli insediamenti nel Comune. Ciò significa soltanto che il precedente piano regolatore (risalente alla fine degli anni ’70) era straordinariamente sovradimensionato, non che la variante Illy-Portoghesi (Cervesi ostetrico) fosse minimamente attenta agli equilibri territoriali, all’ambiente e al paesaggio. Come chiunque ha potuto constatare, quando le sue previsioni hanno cominciato a trasformarsi in ville, condomini, verde distrutto, ecc. Il piano precedente (la variante 25) era dimensionato infatti per 350.000 abitanti, ridotti nella variante 66 a 270.000, ma a volerla dir tutta, questa riduzione era stata decisa già da papà Portoghesi! Ci offende personalmente, però, l’affermazione dell’ingegnere secondo cui “Se oggi l’accusa è che con la variante 66 cali una “cappa” sulla città, perché in 15 anni nessuno si è posto il problema?” Nessuno? Ma se gli ambientalisti (Wwf, Italia Nostra, Legambiente in particolare) - dopo aver con ogni mezzo tentato di far modificare la variante prima dell’approvazione – fin dal ’97 ne chiesero l’urgente revisione? E poi continuarono a chiederlo per tutti gli anni successivi, inascoltati sia dalla Giunta Illy, sia da quelle Dipiazza. Fino a quando quest’ultimo non partorì la sgangherata variante 118, la cui fine è nota. Conforta che alcuni esponenti del centrosinistra, all’opposizione con Dipiazza e ora di nuovo al governo della città, abbiano riconosciuto i gravi difetti della variante 66, soprattutto dal punto di vista dell’assalto al paesaggio e all’ambiente naturale, e ne abbiano chiesto anch’essi (già alcuni anni fa) la modifica. Eppure tutto ciò all’ing. Cervesi sembra sia sfuggito: forse era all’estero in questi ultimi 15 anni. O forse era troppo occupato nel progettare e dirigere i lavori di tanti interventi edilizi “figli” della variante che anche lui aveva contribuito a far nascere. Da ultimo ci pare curioso che l’ordine degli ingegneri abbia inserito proprio l’ostetrico della variante 66 nella propria terna dei candidati per un posto nella Commissione paesaggio del Comune di Trieste. Ora la palla è alla Giunta comunale che ci auguriamo dimostrerà l’attenzione al territorio e al paesaggio ripetutamente ribadite dal sindaco negli incontri con la cittadinanza e anche nel suo programma di governo.

*responsabile urbanistica Wwf Trieste
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 30 agosto 2011

 

 

Agricoltore attaccato da un cinghiale - Sottolongera, un contadino raccoglieva susine: è stato travolto e morso a una gamba
 

Ghiotto di susine mature, tanto ghiotto da mordere e sbattere a terra il contadino che le stava raccogliendo sotto un albero per riporle in un capace cesto, giudicato inaccessibile al cinghiale protagonista di questa storia di fine estate. Il suino ha morso al polpaccio D.G., 44 anni, impegnato in un frutteto di Sottolongera. Oltre al polpaccio il cinghiale, per impadronirsi di quanto riteneva “suo” per diritto di preda, ha morso il braccio dell’uomo che difendeva quanto aveva appena raccolto. Il malcapitato è finito a terra sbattendo la spalla. Erano le 13 di ieri e mezz’ora più tardi l’aggredito si è presentato al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Cattinara. È stato sottoposto ad accurati esami radiografici, le ferite gli sono state suturate, mentre la profilassi delle eventuali conseguenze dei morsi, è stata affidata al Dipartimento di prevenzione. Non è chiara quale sia stata fine delle susine: potrebbero essere state “salvate” dal contadini per diventare marmellata o parte essenziale di gustosi gnocchi. Oppure il cinghiale, dopo essersi sbarazzato del concorrente, ne avrebbe fatto manbassa. Susine a gogò. Dolci e vellutate. Certo è che non è questa la prima aggressione messa in atto dai cinghiali nella zona di Longera e Sottolongera, nell’immediata periferia della città. In quest’area i suini sono divenuti stanziali e rivendicano una parte del raccolto di orti e frutteti. Con le buone maniere, con poca grazia e perfino con violenza e morsi. Intanto c’è chi propone per la stagione autunno-inverno la realizzazione di macelli fissi e mobili per gestire l’ingombrante presenza di una popolazione che ormai raggiunge in provincia di Trieste i mille esemplari.
Claudio Erné

 

 

SEGNALAZIONI - RISCHI Terminale Siot

 

 Il terminale petrolifero della Siot nel porto di Trieste, in funzione da 44 anni, è il più grande del Mediterraneo. L’estrema vulnerabilità del terminale è stata già dimostrata dal grave e spettacolore attentato del 4 agosto del 1972 ad opera di “settembre nero”, movimento terrorista palestinese. Di fatto la situazione di inquinamento dell’intera area dove è ubicato il parco serbatoi è pesantissima, ma l’attentato del 1972 è in definitiva diventato un utile paravento per nascondere un degrado ambientale stratificatasi negli anni senza alcun controllo da parte degli enti preposti a garantire ambiente e salute pubblica. Dalle analisi del Ministero dell’Ambiente sono emersi dati che definire preoccupanti è dir poco. Benzene (classificato UE: cancerogeno cat. 1; classificato Epa: gruppo A; persistenza +) con valori 100 volte superiori ai limiti di legge... idrocarburi pesanti fino a tre volte oltre i limiti... Etilbenzene, Tricloretlilene, Manganese in abbondanza... E lo stesso Ministero dell’Ambiente è arrivato a contestare alla Siot di non avere comunicato la situazione effettiva dell’inquinamento dei propri terreni. Ma in mezzo a questa guerra di analisi, di numeri, di interpretazione delle leggi ci sono degli esseri umani. Quelli che vivono nei paesi vicini al terminale. Ad esempio gli abitanti di Mattonaia che si trovano i depositi a 100 metri dalle proprie case e che devono sopportare le conseguenze di questo inquinamento. Loro utilizzano l’acqua di falda, quella contaminata dal benzene... nessuno gli ha detto che è pericolosa... non bisogna creare allarmismi... non bisogna dare fastidio all’industria che tutto controlla... Queste persone hanno provato a protestare contro le ammorbanti esalazioni degli idrocarburi che avvolgono l’intera vallata, ma gli hanno detto di non preoccuparsi... quella “puzza” non fa male... è solo fastidiosa... devono avere fiducia e rassegnazione. Fiducia negli amministratori pubblici, quelli che per anni nulla hanno fatto per difenderli, e la sana rassegnazione di coloro che sanno di non potere cambiare il loro triste destino. E così la gente continua a morire. Morire di un inquinamento negato. Il greggio sprigiona il letale benzene che è presente anche nei vapori. Il benzene è uno dei principali inneschi per le leucemie e per il cancro. E poi ci sarebbe anche l’aspetto non irrilevante della sicurezza. Il terminale petroli con i suoi depositi ricade nell’ambito di applicazione della Direttiva Seveso. Il piano delle emergenze esterne è stato rinnovato solo nel 2008, ed in ogni caso non prende in considerazione in alcun modo il rischio attentati... Strano, no? Possibile che dopo aver subito un devastante atto terroristico la Siot non prenda in considerazione una tale probabilità tutt’altro che fantasiosa? Possibile che lo Stato (il piano deve essere validato dalla Prefettura) non si accorga di tale “lieve mancanza”? Ecco così che nel piano di emergenza esterno adottato il 30 giugno 2008 (una revisione fatta “appena” dopo 17 anni contro i tre imposti per legge!!!) per completare l’opera non viene nemmeno considerato lo scenario incidentale peggiore possibile, ovvero quello dell’effetto domino con il coinvolgimento di tutti i 32 depositi. Come dimostrato proprio dall’attentato del 1972, le cisterne possono essere investite per irraggiamento dagli incendi verificatisi in quelle adiacenti propagando così a catena il disastro. Cosa accadrebbe se tutti 32 i depositi si incendiassero a causa di un incidente o di un attentato con effetto domino? Quanti sarebbero i morti tra la popolazione? Ma intanto, in attesa che qualcuno si decida a rispondere, le autorità italiane hanno ben pensato di incrementare ulteriormente il rischio autorizzando vicino al terminal petroli anche un terminal gas.

Greenaction Transnational

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 29 agosto 2011

 

«Odori Siot, la gente deve sapere»

Interpellanza di Bibalo (Verdi-Idv) a Premolin: più controlli e più informazione
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 28 agosto 2011

 

 

«Rigorosi controlli esterni - La Ferriera rispetta le leggi»
 

Nota della Lucchini dopo le «risposte» chieste dal sindaco: «Priorità all’ambiente L’azienda ha ottemperato a tutte le prescrizioni e ottenuto varie certificazioni»
La Ferriera è ipercurata (dalla proprietà) e ipercontrollata (da soggetti terzi) come un paziente cui i dottori devono assicurare un ultimo scorcio di vita dignitoso. Per sé e per gli altri (in questo caso gli operai e la gente che ci abita attorno) «nel rispetto della normativa nazionale e locale». Lo sostiene la Lucchini in una lunga nota «di approfondimento e non di replica... a tutela di tutti i lavoratori che, insieme al management, svolgono la loro attività con responsabilità ed efficienza». L’azienda dunque, si affida a sua volta al mezzo stampa per delle precisazioni indirizzate evidentemente alla comunità cittadina, in attesa di inviare le «risposte» reclamate 48 ore fa proprio via media da Roberto Cosolini, il capo di tale comunità, a proposito della sua lettera di diffida. «Gli obiettivi di sicurezza e compatibilità ambientale - recita la nota - restano al primo posto fra le priorità aziendali. Grazie agli investimenti per l’ammodernamento degli impianti, 18 milioni nel triennio 2007-2009, la Lucchini ha ottemperato nei tempi previsti a tutte le prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Investimenti che l’azienda ha ripreso autonomamente nel 2010 e 2011, nonostante la crisi, avviando una serie di forti interventi di manutenzione straordinaria. La lenta ripresa dell’attività produttiva ha consentito fino ad oggi di scongiurare nuovi periodi di cassa integrazione, di confermare il piano industriale fino al 2015 e gli investimenti strategici, soprattutto quelli relativi ad ambiente e sicurezza». «Lo stabilimento - insiste la nota - ha ottenuto nel febbraio 2007 la certificazione ambientale Iso 14001, che è ancora in essere ed è oggetto di verifiche ispettive annuali: l’ultima ispezione favorevole è stata rilasciata nel maggio 2011. Inoltre, nel giugno 2011, si è svolto l’audit certificativo con esito favorevole per l’Ohsas 18001, l’Occupational Health and Safety Assessment Series», che «definisce i requisiti di un sistema di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori». E «anche l’Arpa ha eseguito più volte ispezioni mirate alla verifica del rispetto dell’Aia registrando un sostanziale esito favorevole». «Si ricorda - prosegue la comunicazione - che la Lucchini ha portato a termine tutte le azioni definite dal “Tavolo sulla sicurezza 2006-2008”. Con il supporto dell’Unità clinica operativa di medicina del lavoro dell’Azienda ospedaliera, dal 2007 sono stati effettuati 5 cicli di monitoraggio sui dipendenti della cokeria e i risultati non hanno evidenziato casi di particolare rilievo clinico per esposizioni a Ipa, benzene e benzo(a)pirene. Il significativo numero di persone sottoposte a tali analisi, 101 solo per gli ultimi due controlli, a novembre 2009 e a luglio/ottobre 2010, testimonia l’impegno della Lucchini. Altri controlli sono stati effettuati dall’Ass, per un totale di 20 interventi dal primo gennaio al 30 agosto 2010, cui si sono aggiunte circa 5-6 verifiche ispettive annuali. Tutte le prescrizioni richieste durante tali controlli sono state ottemperate nei tempi imposti. Da settembre 2010 al 31 luglio 2011, sono stati inoltre effettuati 17 interventi in materia di prevenzione. Con 492 dipendenti al 31 luglio compresi 2 interinali, la Lucchini ha avviato da alcuni anni una politica di sviluppo delle risorse umane. Proprio per migliorare la gestione della sicurezza, tra il 2009 e il primo semestre del 2010, la Lucchini ha formato sui temi della sicurezza 399 persone, per un totale di 4136 ore; nel secondo semestre, da luglio 2010 ad oggi, sono 3595 le ore di formazione».
Piero Rauber

 

 

FERRIERA - Resta fermo al Tar il ricorso di Dipiazza
 

C’era una volta la Regione di centrosinistra, in cui Roberto Cosolini faceva l’assessore al Lavoro, che aveva concesso l’Aia (Autorizzaione integrata ambientale) alla proprietà della Ferriera. E c’era una volta, la stessa volta, il Comune di centrodestra, che se ne era opposto, impugnando il provvedimento di “mamma” Regione al Tar. Era l’inverno del 2008. Di lì a poco Illy avrebbe perso le elezioni contro Tondo e il Comune comandato da Dipiazza si sarebbe “riallineato” con la stessa amministrazione regionale, reattiva peraltro nell’avviare un iter per rivedere quell’Aia. Ma siccome la politica è una ruota che gira, a fine maggio di quest’anno lo “sfasamento” dei pianeti si è riproposto. Al contrario. Con l’ex assessore regionale al Lavoro di Illy sulla poltrona che fu di Dipiazza. Che succederà, a questo punto, del ricorso al Tar del Comune contro l’Aia della Regione, che da allora risulta pendente, anche alla luce delle ultime dichiarazioni di “guerra” di Cosolini verso la Lucchini? Il successore di Dipiazza lo rilancerà o lo lascerà pendente? Se lo chiede in sostanza attraverso una carta ufficiale - cioè un’interrogazione urgente al sindaco depositata agli atti del Consiglio comunale - uno degli ex assessori comunali all’Ambiente del primo Dipiazza 2001-2006, Maurizio Ferrara, oggi capogruppo leghista. Ferrara, scrive infatti lui stesso, vuole «sapere se il sindaco intenda adoperarsi al fine di presentare un’istanza di prelievo per ottenere la calendarizzazione del ricorso al Tar presentato dal Comune sull’Aia concessa dall’ex giunta regionale guidata da Riccardo Illy». «Considerato» poi, scrive sempre l’esponente del Carroccio, «che l’attuale assessore comunale all’Ambiente (Umberto Laureni, ndr) risulterebbe aver operato nel corso degli ultimi anni nell’Ass triestina nel campo della prevenzione dei rischi per la salute dei lavoratori nelle fabbriche triestine», l’interrogazione viene estesa allo stesso Laureni, cui viene chiesto «se l’attività dello stabilimento di Servola possa aver causato conseguenze sulla salute dei lavoratori del medesimo stabilimento». «Premesso che sul tema Ferriera al momento ho già detto tutto ciò che avevo il dovere di dire e che l’Aia è un provvedimento dirigenziale sulla base di precise normative - la risposta di Cosolini - forse Ferrara dovrebbe rivolgere una domanda simile a chi ha deciso, chiedendogli pure il motivo, di sospendere l’iter del ricorso». Quel «chi», pare scontato, è rivolto a Dipiazza. Il momento in cui quel ricorso ha perso di appeal, pare altrettanto scontato, è il ritorno di Tondo in plancia di comando regionale. «Ad ogni modo - aggiunge Cosolini - non avrò nessuna difficoltà a prendere in esame lo stato del ricorso in oggetto. Ma ho idea che questa sia una sollecitazione tardiva, il ricorso potrebbe infatti venir discusso ad Aia scaduta». L’Autorizzazione rilasciata al crepuscolo dell’era Illy in Regione, per la cronaca, vale fino a inizio 2013.

(pi.ra.)

 

 

Poropat: «Antenne? Non a Chiampore»
 

La presidente della Provincia si schiera con i cittadini contro il Comune di Muggia: «Si trovino siti alternativi»
MUGGIA «È questa l’occasione per dare un segnale a Muggia che, nei confronti dell’ambiente, paga una disattenzione significativa». Sono eloquenti le parole del presidente della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, in questo caso pronunciate non in veste istituzionale bensì in qualità di cittadina residente in località Chiampore. Nel corso dell’incontro pubblico convocato venerdì dal sindaco di Muggia Nerio Nesladek per discutere dei futuri progetti su Chiampore e le sue antenne radiotelevisive, è emersa chiara e forte una posizione condivisa dalla quasi totalità dei partecipanti: i tralicci fuori dalla porta di casa non li vuole più nessuno. E la soluzione al grave problema dello sforamento delle emissioni elettromagnetiche, dovuto alla concentrazione di ripetitori vecchi e abusivi, viene presentata nella forma di uno scambio: otto antenne (catorci inquinanti) giù, due antenne (moderne e adeguate alla normativa) su. Per un risultato che vedrà l’eliminazione progressiva dell’indice di sforamento (l’80% subito e il restante 20 con la messa in opera della seconda fase progettuale) e un saldo negativo di sei tralicci rimossi. I cittadini, posti davanti all’impossibilità di vedere scendere in via definitiva il numero di impianti (senza insomma dover acconsentire a nuove costruzioni) chiedono almeno una garanzia: che i nuovi ripetitori vengano eretti lontano da casa loro. E invece lo spazio destinato ad ospitare i prossimi mostri di ferro è, ancora una volta, in mezzo alle case, ai giardini e ai terreni degli abitanti. Maria Teresa Bassa Poropat riassume quello che è il pensiero generale: «Pur riconoscendo l’importanza e il beneficio di ogni abbassamento di livello dell’inquinamento, è nostro interesse che venga considerata anche la localizzazione delle future antenne. Si cerchino dei siti alternativi al di fuori dai centri abitati, si dia, come istituzione, un segnale positivo per quanto concerne la tutela del territorio e del paesaggio». È stata offerta ai gestori di antenne l’opportunità di edificare su terreni privati, continua la Poropat, spiegando come l’attuale situazione mal sopportata dai residenti, venuta a crearsi in oltre trent’anni di costruzioni indiscriminate in zone pregevoli dal punto di vista paesaggistico, risulti ulteriormente aggravata a causa della mancanza di una precisa normativa sulla salvaguardia del territorio. «Il sindaco ha il dovere di tutelare i suoi cittadini e la sua intera giurisdizione, compresi gli spazi verdi di cui la Provincia non abbonda e, nel caso specifico, considerare il responso negativo dei residenti nella frazione di Chiampore e fare il pugno duro con l’azienda costruttrice». Davvero, si chiede la Poropat, il compratore dei terreni sarà del tutto riluttante a modificare i suoi progetti d’intervento di fronte alla posizione legittima di un pubblico amministratore che intende fare gli interessi dei suoi cittadini? «Esistono dei luoghi alternativi idonei alla costruzione, distanti a sufficienza dagli insediamenti abitativi. Il sindaco convochi il privato e rimetta in tavola la questione della localizzazione. Saranno necessarie delle spese da parte del Comune? Non è un problema dei cittadini. Sarebbe un investimento di prima necessità». Cosa accadrà ora?. «La nascita di un comitato no-antenne a Chiampore è possibile – continua la Poropat – i cittadini sono stanchi di rimanere inascoltati. Ora è stata ventilata la possibilità, per i residenti più colpiti dai disagi creati dalle antenne, di ottenere una sorta di indennizzo inserito nel nuovo piano regolatore: chi vorrà avrà la facoltà di costruire, che ne so, un piano in più in casa propria, la cantina, un cortile. Nessuna adesione da parte degli interessati. Non vogliamo essere pagati o risarciti, ma veder rispettato il nostro territorio».
Vanessa Maggia

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 27 agosto 2011

 

 

Residenti alla giunta: rivedere il piano traffico di San Luigi

 

I problemi principali di San Giovanni, Chiadino e Rozzol sono il nuovo piano del traffico di San Luigi, il nodo parcheggi e l'eccessiva velocità delle auto. Sono questi i punti emersi l’altro pomeriggio al Mib in occasione della seconda Giunta itinerante, che ha permesso agli abitanti della Sesta circoscrizione di incontrare il sindaco Cosolini e la giunta comunale. Un appuntamento al quale, nonostante l'inclemente calura estiva, hanno partecipato quasi un centinaio di cittadini. L'incontro con gli abitanti è stato preceduto da una riunione fra giunta e consiglio circoscrizionale. I temi affrontati: cura del verde, spazi e strutture dedicate alle attività ludico-motorie e assistenza e l'integrazione delle persone con problemi psichici. Ma tra le richieste avanzate dal parlamentino ci sono anche la creazione di una videoteca, il sostegno ad attività comuni tra scuole e circoli di lingua italiana e slovena e un maggior coordinamento fra Circoscrizione e Comune, soprattutto in materia di urbanistica. La questione traffico è stato il tema centrale dell'incontro con gli abitanti. Molte le rimostranze dei cittadini riguardo al Piano particolareggiato del traffico del 2008, che ha trasformato la viabilità di San Luigi. Un piano la cui realizzazione è stata preceduta dalla raccolta di 800 questionari fra la popolazione, ma che sembra aver lasciato moli scontenti. I principali problemi posti dai cittadini sono stati l'eccessiva velocità delle vetture in via dell'Eremo, la mancanza di parcheggi e la perdita, con la nuova viabilità, della linearità e della velocità dei vecchi percorsi stradali seguiti da anni dagli automobilisti della zona. «La modifica al traffico va valutata dopo una prima fase d'impatto», ha ricordato Cosolini, che si è comunque impegnato ad analizzare le proposte ricevute e a far intensificare i controlli della Polizia municipale. Da segnalare, infine, la preoccupazione degli abitanti di via Cumano riguardo al progetto di un nuovo complesso edilizio di cinque piani in strada di Cattinara.

(gio.ort.)
 

 

Cervesi: non sono il papà del Prg, superai i rilievi della Regione - La replica
 

Giovanni Cervesi perde la pazienza e dice no a ogni «distorsione politica» della sua professione. Non è lui il “papà” della variante 66 al Piano regolatore: l’ingegnere vuole chiarirlo, all’indomani dell’inserimento anche del suo nome nella terna indicata dall’Ordine professionale al Comune per la nuova Commissione per il paesaggio. «La variante 66 - afferma - è stata firmata da Portoghesi che aveva ricevuto l’incarico dalla giunta Staffieri e l’aveva portato avanti nella prima giunta Illy con Fabio Carniello assessore». «Tale variante, con cui gli insediamenti nel Comune sono ridotti di oltre il 30%, viene adottata a metà del 1994. La Regione però la boccia per alcuni punti in contrasto con il Piano urbanistico regionale». Poco dopo Cervesi viene contattato. «A quel punto Illy mi chiama come esperto per fare l’assessore e superare i rilievi della Regione, riportando in adozione la 66. Vengo nominato il 1° gennaio ’95, in giugno porto la variante in Consiglio comunale come l’ho trovata con la sola eliminazione delle incongruità evidenziate dalla Regione. Viene approvata il 25 giugno. A gennaio del ’96 lascio l’incarico avendo completato il mio compito». Cervesi si chiede: «Se oggi l’accusa è che con la variante 66 cali una “cappa” sulla città, perché in 15 anni nessuno si è posto il problema?».

(m.u.)
 

 

Chiampore si ribella alle antenne - Assemblea infuocata contro il progetto del Comune di Muggia. Contestato il sindaco Nesladek
 

MUGGIA «Via da Chiampore le antenne». I cittadini residenti non ci stanno più e si ribellano alla soluzione dell’annosa questione dei ripetitori radiotelevisivi abusivi e inquinanti installati sui terreni della località muggesana proposta del sindaco di Muggia Nerio Nesladek. L’infuocato incontro pubblico all’ex scuola elementare di Chiampore, tenutosi ieri alla presenza dell’assessore all’Ambiente Fabio Longo e dei due funzionari del Servizio Ambiente del Comune di Muggia Paolo Lusin e Silvio Lettich, è stato convocato dal sindaco per presentare ai cittadini il primo progetto risolutivo finalizzato all’abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico della frazione, da oltre vent’anni sottoposta ad un grave rischio di tipo sanitario oltre che al deprezzamento del valore degli immobili. Il progetto, approvato con un preciso parere di conformità tecnica da parte dell’Arpa del Fvg, dall’Azienda Sanitaria e dalla Soprintendenza ai Beni ambientali, prevede, in questa sua prima fase, la demolizione integrale di tre tralicci abusivi con il conseguente abbattimento dell’80 per cento degli sforamenti elettromagnetici inquinanti e, contestualmente, la costruzione di un nuovo ripetitore alto 30 metri, a garanzia della prosecuzione del servizio radiotelevisivo. Il secondo progetto determinerà l’abbattimento futuro delle cinque antenne che provocano il restante 20% degli sforamenti, a fronte della costruzione di un secondo nuovo impianto. Tre al prezzo di uno ora, otto al prezzo di due poi. Ma il prezzo rimane ancora troppo alto e i cittadini si esprimono con una secca bocciatura. La discussione, lunga e conclusasi con un nulla di fatto, porta però all’emergere di una inequivocabile richiesta da parte dei convenuti: tentare una strada alternativa, che abbia come primo obiettivo la riduzione assoluta del numero di antenne presenti nel centro abitato di Chiampore. Senza compromessi. No alla costruzione di nuovi impianti tra le abitazioni e su terreni privati. A riassumere la proposta della comunità è il presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat, intervenuta in qualità di residente: affrontare il discorso della dislocazione delle antenne fuori dal centro abitato, mediare tra le esigenze del costruttore del futuro impianto (la Dcp Telecomunicazioni di Povegliano) e le legittime richieste ed aspettative dei cittadini. In caso contrario, tutta Chiampore si dice pronta ad organizzarsi in un comitato no-antenne, a tutela dei diritti dei residenti. Si sentono inermi, ancora una volta come ostaggi costretti a lottare contro un intervento vissuto come un’imposizione dall’alto e chiedono garanzie ai loro rappresentanti. Che rispondono: «Questo progetto è il primo ad aver superato il muro imposto dal rigetto da parte del Tar delle numerosissime ordinanze trasmesse nel corso degli anni e ad aver riunito attorno allo stesso tavolo tutte le parti coinvolte. Il primo a presentare un piano certo e un risultato certo. Tuttavia, alla luce delle richieste dei cittadini, sarà nostro impegno valutare una seconda via ed aggiornarvi al più presto sui futuri esiti».
Vanessa Maggi

 

 

“Contagio” Ogm, sigilli a quattro campi
 

Finiscono sotto sequestro due aziende friulane: sono accusate di aver piantato mais transgenico sull’esempio di Fidenato
TRIESTE Giorgio Fidenato non sarebbe più solo. Altre due aziende, una pordenonese, l’altra udinese, avrebbero utilizzato mais Ogm, il Monsanto Mon 810, lo stesso del presidente degli Agricoltori Federati che nell’aprile dell’anno scorso seminò piante geneticamente modificate nei poderi di Fanna e Vivaro e che è tutt’ora sotto processo. La probabilità della presenza di mais geneticamente modificato è stata accertata in quattro campi, due a Vivaro di proprietà dell’allevamento di maiali La Rizza di Antonio Zolin e due in provincia di Udine, a Coseano e Mereto di Tomba: l’azienda appartiene all’agricoltore Stefano Midun. Dopo lo screening effettuato su alcuni campioni prelevati dal Corpo forestale regionale, le Procure di Udine con Raffaele Tito e Pordenone con Annita Sorti hanno fatto scattare giovedì perquisizioni e sequestri, di piante e granella, che sono poi proseguiti per tutta la giornata di ieri. Nel Friuli Venezia Giulia che, per legge, non tollera i semi “frankenstein”, il Corpo forestale regionale ha effettuato controlli su 700 campi coltivati a mais. E, sulla base delle prime analisi sospette, la magistratura ha incaricato proprio i forestali di procedere al sequestro in azienda, seguito anche dal direttore centrale dell’Agricoltura Luca Bulfone. Le operazioni procedono in tempi strettissimi vista l’imminente trebbiatura del mais. A impollinazione già avvenuta ci sarebbe pure il rischio di contaminazione delle colture circostanti. A Vivaro, tra l’altro, il prodotto che si sospetta essere contaminato è destinato all’alimentazione dei maiali allevati da La Rizza. Il rischio di un’altra guerra del mais dopo quella che per mesi mobilitò ambientalisti e cittadini nel Pordenonese? Claudio Violino, l’assessore regionale all’Agricoltura, taglia corto: «La questione riguarda la magistratura, non più la politica. Noi, attraverso l’approvazione di una legge, abbiamo già parlato chiaro». Quella legge, approvata lo scorso aprile, vieta nel territorio regionale le coltivazioni geneticamente modificate. Tra le novità introdotte nel testo anche un articolo in cui si raccomanda la somministrazione - nella ristorazione collettiva, nelle scuole e nei luoghi di cura della regione, ma anche negli uffici degli enti locali e regionali e in quelli dei privati convenzionati - di prodotti che non contengano Ogm, preferendo quelli biologici, tradizionali, a denominazione protetta o a Indicazione geografica tipica (Igp). Il Palazzo, in mancanza di certezze proveniente dalla letteratura, ha decretato una sorta di divieto “preventivo”. Ma fissato sanzioni certe: chi non osserva il divieto va incontro a multe da 5mila e 50mila euro a ettaro. La Regione, come accaduto proprio in questo giorni, vigila sul rispetto della legge attraverso il Corpo forestale.
Marco Ballico

 

 

OGM - Il leader dei ribelli difende i colleghi: «I giudici dovrebbero seguire le leggi Ue»
 

È il capo dei “ribelli”. E non si arrende ancora, tutt’altro. «Sono al fianco di imprenditori che chiedono solo di vedere rispettati diritti garantiti dalla comunità europea». Giorgio Fidenato conosce i due imprenditori sospettati di aver piantato mais Ogm, proprio come ha fatto lui qualche anno fa. Sta «totalmente» dalla loro parte. E attacca la magistratura: «Ancora una volta non è imparziale applicando la legge italiana senza tener conto delle direttive europee. Vista l’incertezza del caso, potrebbe chiedere un parere preventivo alla Commissione Ue ma non lo fa. E intanto - continua - si spendono risorse pubbliche inutilmente. Ma noi - insiste il presidente degli Agricoltori Federati - mettiamo tutto in conto. A fine vicenda, qualcuno pagherà». Fidenato chiude annunciando il riesame dei provvedimenti. E ricorda: «Nessuna ricerca scientifica ha mai rilevato che questi prodotti provocano un danno alla salute e all’ambiente».

(m.b.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 26 agosto 2011

 

 

«Ferriera, voglio risposte - Situazioni intollerabili»
 

Il sindaco: da Lucchini ancora nessuna replica alla mia diffida sul contenimento delle emissioni, pronto a prendere misure di legge se mancherà collaborazione
«Ho inviato una diffida alla proprietà della Ferriera, invitandola a porre in atto tutte le misure adeguate per contenere le emissioni dai loro impianti nei limiti di legge. Sono passate più di due settimane da quel giorno e non ho ancora ricevuto la minima risposta su situazioni che ritengo non tollerabili. Spero che il gruppo Lucchini collabori; in caso contrario prenderò le misure previste dalla legge sanitaria». Lo ha dichiarato ieri il sindaco di Trieste Roberto Cosolini che non ha avuto remore a parlare di «misure estreme». In sintesi, della chiusura attraverso un’ordinanza dell’impianto siderurgico di Servola. «L’ingegner Umberto Laureni, assessore all’ambiente, mi ha confermato che gli impianti della Ferriera sono obsoleti, ma ha anche aggiunto che un’accurata e puntuale manutenzione consentirebbe un funzionamento migliore, privo delle emissioni segnalate due settimane fa e martedì scorso dai tecnici dell’Arpa e dalla popolazione dei rioni attigui alla cokeria e agli altri impianti. In Municipio - aggiunge Cosolini - arrivano ogni giorno lettere di cittadini che sollecitano puntuali e drastici interventi comunali: la legge li prevede in base a quanto deve emergere dalle rilevazioni degli organi tecnici. Se le misure e le rilevazioni confermeranno nero su bianco che quanto è accaduto anche di recente è nocivo per gli abitanti di Servola e di altri rioni limitrofi, prenderò le misure adeguate». «Non vorrei arrivare all’estremo», dice anche l’assessore comunale all’ambiente Umberto Laureni. «Da quanto sta emergendo lo stabilimento dovrebbe essere gestito in modo diverso. La fabbrica è in là con gli anni ma esistono aerei costruiti nel 1980 che oggi volano tranquillamente e trasportano migliaia di passeggeri senza alcun problema. È sufficiente che le revisioni, i controlli e le sostituzioni dei pezzi potenzialmente usurati, seguano le manutenzioni programmate. Accade questo per la Ferriera?» Laureni ha anche annunciato che tutti i dati che la Ferriera finora comunicava unicamente all’Arpa, verranno anche inviati al Comune che li renderà pubblici sul web, in dettaglio attraverso la “rete civica”. Le associazioni ambientaliste a breve scadenza assumeranno il ruolo di interlocutori istituzionali dell’amministrazione comunale; verrà organizzata in autunno una conferenza provinciale sulla salute in città. Inoltre anche gli operai dello stabilimento siderurgico saranno sentiti dall’amministrazione per comprendere quali sono le procedure di sicurezza a cui devono attenersi nella gestione degli impianti. «Andrò io stesso a parlare con loro», ha detto Laureni. Va aggiunto che l’assessore ha ribadito che le verifiche delle emissioni provenienti dalla cokeria e a da altri impianti devono essere tutte affidate al controllo pubblico, non a una società privata che usa il gas della ferriera. Attualmente solo tre centraline che monitorano la qualità dell’aria e misurano le emissioni inquinanti, non sono gestite dall’Arpa: sono quelle di via Pitacco, di via Svevo e di Muggia di proprietà di Elettra Produzione srl, una società autonoma che nulla a che vedere con la Lucchini. Sono state fatte installare nel 2002 come prescrizione nel decreto di Valutazione di impatto ambientale di Elettra, la centrale elettrica turbogas.
Claudio Erné

 

 

FERRIERA - «Lettera pronta, non manchiamo di rispetto»
 

«La bozza della lettera di risposta a quella inviataci dal sindaco il 9 agosto è pronta: dopo le necessarie verifiche tecniche il documento finale verrà spedito al Municipio entro pochi giorni. Probabilmente il sindaco lo riceverà all’inizio della prossima settimana». Lo ha dichiarato ieri Francesco Semino, portavoce del Gruppo Lucchini. Poi ha aggiunto che «non è nostro costume mancare di rispetto al sindaco e alla città che rappresenta». In effetti il Comune aveva chiesto all'azienda «non solo di spiegare che cosa è accaduto nell’altoforno, ma anche che cosa si fa per rimediare e impedire che il fatto si ripeta». Secondo l’assessore all’ambiente «è evidente che la situazione non è perfettamente sotto controllo e chiediamo che la proprietà faccia tutto il possibile perché gli impianti siano governati al meglio».
 

 

L’Ordine degli ingegneri si spacca sul nome di Cervesi - COMUNE, SERVE UNA TERNA PER LA COMMISSIONE PAESAGGIO
 

C’è una terna di nomi in più sul tavolo della giunta guidata dal sindaco Roberto Cosolini. È quella indicata dall’Ordine degli Ingegneri di Trieste. Anche fra queste ulteriori proposte (sono vari i collegi, gli ordini professionali e le realtà provinciali chiamate a fornire questi “suggerimenti”), infatti, l’esecutivo sarà chiamato a scegliere i componenti della nuova Commissione per il paesaggio del Comune. «Tutti e tre fanno parte del nostro consiglio», specifica il presidente degli Ingegneri Salvatore Noè. Due sono stati scelti all’unanimità: Elisabetta Delben e Mario Bucher. Per il terzo nome, invece, niente “percorso netto”. Diversi, evidentemente, i punti di vista usciti dalla discussione in consiglio. Noè conferma in effetti come sia stato l’unico deliberato «a maggioranza». Si tratta di Giovanni Cervesi, ex assessore comunale con Riccardo Illy sindaco e “papà” della variante 66 al Piano regolatore di cui molto si è parlato nell’ultimo periodo, perché tornata in vigore dopo la pietra tombale messa sulla “118” dell’era-Dipiazza. La Commissione per il paesaggio del Comune esprime parere obbligatorio, sebbene non vincolante, sugli interventi che necessitano di autorizzazione paesaggistica da parte dell’amministrazione comunale, su quelli per i quali - anche se non riguardanti aree soggette a vincolo paesaggistico - sia richiesto il parere in base ai piani urbanistici e infine (prima dell’approvazione) sugli atti di pianificazione urbanistica o territoriale e sui loro strumenti attuativi. Proprio sull’inserimento del nome di Cervesi nella terna, va all’attacco Stefano Patuanelli, consigliere comunale d’opposizione nella lista Trieste 5 Stelle e di professione ingegnere, peraltro fino al giugno scorso nel consiglio dell’Ordine e poi dimessosi in seguito all’elezione in Municipio. «Dare la possibilità al padre della variante 66 al Prg di essere nella Commissione per il paesaggio - dice Patuanelli -, che è l’unica a dare parere tecnico sugli interventi nelle zone tutelate ma che faranno sempre parte della variante 66, mi sembra inopportuno. Mi auguro che il sindaco faccia la scelta di non pagare dazio a Bandelli ed eviti quindi di nominare Cervesi in commissione». Come noto, Un’Altra Trieste, di cui Franco Bandelli è consigliere comunale e leader, e per la quale si è candidato a sindaco alle ultime amministrative, annovera fra le sue file Francesco Cervesi, figlio di Giovanni. «Dopo le ultime elezioni del consiglio dell’Ordine - aggiunge Patuanelli - il mandato era stato quello di proporre gente più giovane in occasioni come questa, si era deciso per il cambio di rotta. Mi sono dimesso a giugno dal consiglio, ma se non l’avessi fatto allora sarei andato via oggi (ieri, ndr)...».

(m.u.)
 

 

Duino - Eternit nei sacchi lasciati al cantiere Coop

 

L'area del Bar Bianco sara' bonificata. Marchetti: "Denuncia contro ignoti". Il sindaco Ret: "Non e' la prima volta che abbandonano cosi' i rifiuti tossici"

DUINO AURISINA Una striscia bianca e rossa delimita il divieto d'accesso e anche il cartello lascia ben pochi dubbi: "Area sottoposta a sequestro". I sacchi neri rinvenuti, lo scorso mercoledì, dietro il cantiere delle Cooperative Operaia nella zona del "Bar Bianco" a Duino , contengono eternit (e quindi amianto). Ma più che davanti ad un cantiere sembra di trovarsi in una discarica a cielo aperto. Un carrello della spesa e una barca fanno compagnia ai sacchi, oramai nascosti sotto un telone di plastica trasparente fermato con un pezzo di canna fumaria. A poche decine di metri dall’autostrada. Sembra, quindi, che la riflessione, rilasciata a caldo dal consigliere Rozza, dopo il ritrovamento dell'eternit sia condivisa da tutti. «Ci troviamo di anno in anno, sempre di più, ad affrontare questa emergenza - spiega il sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret -. La gente considera i cantieri come delle discariche e ci lascia di tutto». Nessun legame quindi sembra esserci tra il ritrovamento dei sacchi dietro il Bar Bianco e il cantiere di Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli che lavora lì, ormai già da tempo, per la costruzione del nuovo grande punto vendita. Anche il vicesindaco segnala che non è la prima volta che il cantiere è triste meta per chi decide di scaricare qui del materiale. «Nell'area tra il bar Bianco e la trattoria Gino abbiamo rinvenuto mobili e altri oggetti - spiega Massimo Romita -. Nel nostro piccolo cerchiamo di sorvegliare la zona, magari chiedendo a chi nota dei camion sospetti scaricare del materiale di chiamare noi oppure direttamente i carabinieri, ma non possiamo di certo posizionare una webcam su ogni cassonetto». Anche durante i lavori di riqualificazione del piazzale Belvedere, non erano mancati episodi simili. «Erano stati trovati cinque o sei sacchi pieni di amianto - ribadisce il sindaco - purtroppo il nostro comune è ultima meta di molte ditte che passano di qui con i loro camion e lasciano i resti. Perfino il bottino sulla strada che va in porticciolo a Duino, è stato trovato intasato di resti di ristoranti, non penso proprio che siano i nostri visto che dispongono di altre strutture nella Baia di Sistiana». Non si sa ancora ufficialmente la provenienza dei detriti ritrovati mercoledì scorso, l'area è stata comunque messa in sicurezza ed è ancora posta sotto sequestro. «Abbiamo proceduto con la denuncia contro ignoti già ieri sera - spiega Livio Marchetti, presidente delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli - anche i carabinieri ci hanno detto che purtroppo nella zona è una prassi diffusa quella della discarica a cielo aperto». Il sindaco Ret, comunque, ribadisce che l'area andrà bonificata così com'è previsto dalla normativa.

Cristina Polselli

 

 

Oggi l’incontro pubblico sulle antenne che scottano - A CHIAMPORE
 

MUGGIA Antenne o antenna? La questione sarà tema di dibattito oggi alle 17 durante l’incontro pubblico dal titolo: “L’installazione di nuove infrastrutture di diffusione radiotelevisiva in località Chiampore”. Organizzata dall’amministrazione comunale di Muggia presso i locali dell’ex scuola elementare (località Chiampore 23) e già annunciata il mese scorso dall’assessore all’Ambiente Fabio Longo, la conferenza prenderà le mosse dalla recente approvazione dello schema di convenzione per la demolizione integrale dei vecchi tralicci abusivi e inquinanti e per la realizzazione di un nuovo ripetitore radiotelevisivo moderno e adeguato alle normative. È il primo documento a riportare nero su bianco un imminente intervento finalizzato all’abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico del rione, da oltre vent’anni costretto a combattere con un grave rischio di tipo sanitario. L’abbattimento delle tre antenne incriminate, piccole, site vicino alle abitazioni, consentirà la cancellazione dell’80% degli sforamenti elettromagnetici inquinanti.
 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 25 agosto 2011

 

 

Nube dalla Ferriera, indaga la Procura - Un’altra fuoriuscita all’inizio del mese
 

Il pm apre un fascicolo dopo il picco di benzene registrato dall’Arpa. Laureni: non è scontato il rinnovo dell’ok ambientale
La nube di benzene di martedì a mezzogiorno è stata preceduta all’inizio del mese da un altro inquietante episodio. Un’altra nube maleodorante di colore rosso aveva spaventato Servola diffondendo nell’aria monossido di carbonio, ceneri e idrogeno. Poi era scoppiato un incendio presto domato dai pompieri. «Controlleremo gli impianti perché un evento del genere non si ripeta» avevano affermato i responsabili dell’Arpa. «I sistemi di controllo della Ferriera vanno cambiati. Esigo garanzie» aveva aggiunto l’assessore comunale all’ambiente Umberto Laureni.
La Procura della Repubblica si sta occupando da ieri mattina degli eventuali aspetti penali collegati alla nube di benzene fuoriuscita dalla cokeria della Ferriera martedì a mezzogiorno. Il pm Massimo De Bortoli ha aperto un fascicolo in cui confluiranno nei prossimi giorni tutti gli “atti relativi” alla nube e alla conduzione dell’impianto di distillazione del carbone fossile per trasformarlo in coke. Prime fra tutti arriveranno le rilevazioni compiute dai tecnici dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale che hanno misurato martedì nell’aria di Servola una concentrazione media di 50 microgrammi di benzene per metro cubo d’aria. Le legge prevede un limite massimo su base annua di cinque microgrammi, ma nonostante la conclamata pericolosità del benzene - di cui è noto il potenziale potere cangerogeno - non fissa limiti orari. Non è ancora chiaro cosa abbia determinato la pericolosa fuoriuscita dalla cokeria: su questo impianto e sulle sue ripetute fuoriuscite da anni e anni si sono focalizzate numerose inchieste della Procura avviate dal pm Federico Frezza che ha costretto i vertici dello stabilimento a ripetute messe a punto, riparazioni e adeguamenti tecnologici. Fanno testo numerosi processi preceduti da sequestri. Poi la linea della Procura è mutata e tutte le decine di segnalazioni inviate dai cittadini sulla presenza di fumi, polveri e nubi maleodoranti nell’atmosfera di Servola sono finite sulla scrivania del procuratore capo Michele Dalla Costa. «Stiamo guardando in modo nuovo a quanto accade alla Ferriera», aveva affermato poco più di un mese fa il magistrato. In sintesi è finito sotto osservazione, dal punto di vista penale, il modo in cui gli organismi pubblici - Azienda sanitaria, Comune, Provincia, Regione - si sono attivati e hanno preso provvedimenti adeguati quando gli sforamenti degli inquinanti hanno superato la soglia di legge. Se qualcuno non lo ha fatto ne dovrà rispondere ai giudici. Ora la nube di benzene ha riportato alla ribalta la necessità di guardare nuovamente alla gestione degli impianti, in primo luogo la cokeria. E su questo l’ingegner Umberto Laureni, assessore comunale all’ambiente ieri ha ribadito pubblicamente che «la Ferriera deve essere condotta in modo migliore. Stiamo vagliando la richiesta di rinnovo dell’autorizzazione ambientale per la Ferriera e in mancanza di un segnale da parte dell’azienda siderurgica sono pronto a suggerire al sindaco di tenere una posizione molto rigida». L’assessore Laureni ha anche sottolineato come non tutte le centraline di rilevazione degli inquinanti poste attorno allo stabilimento siano gestite dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale. Un paio sono invece direttamente affidate ai tecnici della Ferriera. «Ho chiesto all’Arpa di acquisire la gestione complessiva di tutte le centraline, anche di quelle gestite fino ad oggi dai privati».
Claudio Erné

 

 

I servolani: sempre peggio, siamo esasperati - Rabbia e disillusione fra i residenti: «Ma i veleni che respiriamo sono un problema di tutta la città»
 

«Vergogna» è la parola che si sente pronunciare più spesso dagli abitanti di Servola. Quella “nube tossica” uscita nei giorni scorsi dalla Ferriera e, i picchi di benzene registrati dai tecnici dell’Arpa, non fanno altro che esasperare ulteriormente gli animi di chi ha come scomodo vicino di casa l’imponente impianto siderurgico. Il caldo è soffocante, le saracinesche di molti negozi sono abbassate e le strade di Servola sono quasi deserte. Luciana vive qui da 54 anni. «È uno schifo» dice mentre si avvicina alle campane della raccolta differenziata. «Qui ci sono sempre stati problemi - continua - ma mai come ora. Le cose, qui, vanno sempre peggio». «Non sappiamo più cosa dire» aggiunge Liliana, una pensionata di 73 anni. «È un vero disastro. Abito a Servola dal 1984 e le cose non fanno altro che peggiorare. Quando c’è vento da sud - spiega - mi trovo la casa piena di polvere nera». Lo stesso pulviscolo che un giovane papà raccoglie passando un dito sulla sua station wagon verde. «Abbiamo due bambini piccoli - sottolinea sua moglie - e per questo pulisco la casa di continuo, ma a fine giornata i bimbi sono neri. È un disastro». «Scaricano i gas soprattutto la domenica e a notte fonda» aggiunge il marito mettendo nella macchina un seggiolino, «perché evidentemente - suggerisce - sperano che la gente non se ne accorga». Un’opinione, questa, molto diffusa nel rione di Servola, che contribuisce ad aumentare il senso di frustrazione degli abitanti. In via dei giardini cinque anziani cercano una tregua dal caldo seduti su una panchina all’ombra degli alberi. «La situazione è insopportabile - dice uno - la puzza rende l’aria irrespirabile». Poco importa agli abitanti di Servola che le esalazioni di gas siano sopra o sotto ai limiti sanciti dalla legge. «Una sera - racconta una signora - per colpa dei gas mi bruciavano gli occhi e la gola, tanto che mio marito stava per portarmi al pronto soccorso». «Tutti i politici sanno quello che succede qui, allora perché nessuno fa nulla?» si chiede un signore poco lontano. «Siamo dei cretini noi che li votiamo» gli risponde un altro anziano sorridendo amaramente. Gran parte degli abitanti ha voglia di parlare, ma altri, a sentir parlare delle nubi tossiche, non fanno altro che scuotere la testa ed allargare le braccia. Altri rispondono con una risata. Disillusione, rabbia e rassegnazione sono i sentimenti che traspaiono dalle parole e dagli sguardi della gente. «Abbiamo provato a manifestare, a fare i cortei, a parlare con i politici, ma non è mai servito a nulla. Ora siamo stufi e basta» dice una pensionata. Pur con tutti i suoi problemi, a Servola non mancano nuovi abitanti. Come Daniela e Francesco, 28 e 30 anni, che si sono trasferiti qui quasi due anni fa. «Eravamo preparati a cosa andavamo incontro - raccontano - ma noi siamo fortunati, da noi c’è polvere, ma l’odore di sente poco. Ben presto si impara a convivere con questi problemi, ma in ogni caso - avverte - i veleni che noi respiriamo sono un problema di tutta Trieste, non solamente di Servola».

Giovanni Ortolani
 

 

«Il Comune ufficializzi il no al rigassificatore» - IL PROGETTO GAS NATURAL
 

Ferrara (Lega) chiede al sindaco di «confermare quanto affermato in campagna elettorale»
Il Comune, al cui timone dopo il voto di maggio si è sistemato il centrosinistra, ufficializzi la propria posizione di contrarietà al progetto del rigassificatore di Zaule. Lo chiede al sindaco Roberto Cosolini e alla sua giunta, dal versante dell’opposizione, il capogruppo della Lega Nord in Consiglio comunale, Maurizio Ferrara. Nella mozione predisposta dall’esponente del Carroccio, si legge come l’invito sia infatti quello di «comunicare, coerentemente con quanto dichiarato pubblicamente in campagna elettorale, la definitiva contrarietà incondizionata del nuovo Consiglio comunale e quindi dei consiglieri eletti dalla cittadinanza, all’insediamento del rigassificatore Gas Natural nel Comune di Trieste». Ferrara chiede che questa comunicazione - una volta affrontato il tema in aula con il coinvolgimento dunque anche dei componenti delle diverse forze politiche rappresentate - approdi sul tavolo della Regione e su quello del governo. «Nella consapevolezza - scrive Ferrara - che spetterà, per competenza, al governo nazionale la decisione finale sugli impianti di rigassificazione, una volta espletate tutte le previste procedure». Secondo il consigliere leghista si tratterebbe di confermare con un atto ufficiale «quanto dichiarato in campagna elettorale», quando Cosolini e come lui quasi tutti gli altri candidati sindaco si erano espressi contro il progetto del colosso iberico dell’energia. Ferrara, nella sua richiesta, fa leva su un altro dei capisaldi della volata elettorale del primo cittadino: «Le linee programmatiche del nuovo sindaco prevedono il coinvolgimento attivo della cittadinanza a tutte le fasi dei progetti che riguardano comunque la città». Di recente, fra l’altro, le associazioni ambientaliste, per voce di Dario Predonzan del Wwf, avevano auspicato da parte del Comune guidato da Cosolini un’«opera di persuasione su altri enti» o la decisione di «associarsi ai ricorsi al Tar degli ambientalisti e dei Comuni di Muggia e San Dorligo. In ogni caso - aveva continuato Predonzan - dovrà esprimere un voto alla Conferenza dei servizi», ad autorizzazioni ministeriali completate e con il progetto definitivo depositato da Gas Natural.

(m.u.)
 

 

I grillini: «Piano di emergenza in caso di incidente nucleare» - MOZIONE SU KRSKO E PORTO
 

Un mozione del moVimento 5 stelle Trieste, presentata in Municipio dai consiglieri comunali Paolo Menis e Stefano Patuanelli, impegna il sindaco ad attivarsi con la Prefettura per predisporre un serio piano di emergenza in caso di incidente nucleare. Essendo Trieste a 130 chilometri dalla centrale nucleare di Krsko in Slovenia e uno degli 11 porti italiani nei quali possono attraccare unità militari a propulsione nucleare - scrivono i “grillini” - per fronteggiare un eventuale incidente nel golfo la Prefettura ha redatto nel 2007 un piano di emergenza e il Comune ha stampato 65mila volantini per informare la popolazione sul rischio nucleare. Una misura che è «del tutto insufficiente, perché non considera l’eventualità di un incidente grave alla centrale slovena». Secondo i “grillini” il volantino del 2007 «contenente indicazioni assolutamente sommarie, non è mai arrivato nelle case dei triestini in quanto il Comune ha deciso di renderlo disponibile esclusivamente nell’ufficio relazioni con il pubblico e quindi l’informazione può dirsi inesistente».
 

 

Chiampore, si concretizza l’abbattimento delle antenne - DOMANI LA RIUNIONE
 

MUGGIA Vicina a un probabile punto di svolta la situazione delle antenne inquinanti di Chiampore. La questione sarà tema di dibattito domani alle ore 17 durante l’incontro pubblico dal titolo: “L’installazione di nuove infrastrutture di diffusione radiotelevisiva in località Chiampore”. Organizzata dall’amministrazione comunale di Muggia presso i locali dell’ex scuola elementare (loc. Chiampore 23) e già annunciata il mese scorso dal neoassessore all’Ambiente Fabio Longo, la conferenza prenderà le mosse dalla recente approvazione dello schema di convenzione per la demolizione integrale dei vecchi tralicci abusivi e inquinanti e per la realizzazione di un nuovo ripetitore radiotelevisivo moderno e adeguato alle normative. E’ il primo documento a riportare nero su bianco un imminente intervento finalizzato all’abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico del rione, da oltre vent’anni costretto a combattere con un grave rischio di tipo sanitario e con l’inevitabile svalutazione del valore degli immobili che vengono a trovarsi nella frazione muggesana, per il disagio paesaggistico provocato dai tralicci. L’abbattimento delle tre antenne incriminate, piccole, site vicino alle abitazioni e pertanto insidiose per la salute dei residenti consentirà la cancellazione dell’80% degli sforamenti elettromagnetici inquinanti.

(v.m.)
 

 

L’alta velocità come il Frejus: il progresso serve - INTERVENTO DI LUIGI BIANCHI
 

Ho più di un motivo di rammarico per non essere riuscito ad esporre chiaramente a un lettore così attento come Peter Behrens tutti i motivi che militano a favore della priorità della Transpadana ai fini della mobilità e della logistica continentali, pensando a quanto, invece, ha ben compreso Pierino Gros: ”Nel 1800, con il Cavour acceso sostenitore, nacque il traforo del Frejus. È il progresso. Perché opporsi all’Av? Non sono favorevole per partito preso. Mi devono rispondere: serve o non serve? Se ci sono studi e analisi che sostengono che possa servire, a noi, all’Italia, e forza, facciamolo!”. I grandi corridoi europei del terzo millennio, come la Transpadana, stanno alla rete ferroviaria dell’800 come le autostrade stanno alle strade ordinarie, quindi non possono essere il semplice raddoppio delle linee tradizionali, dovendo essere realizzate sulla base delle acquisizioni tecnologiche proprie delle moderne ferrovie continentali. In particolare, la Transpadana ha assunto carattere di assoluta priorità dopo la caduta del Muro (che ha fatto prevalere i traffici E/0 rispetto a quelli N/S), non per le FS, ma per il mondo economico nazionale, penalizzato dal grave ritardo nella realizzazione di una moderna infrastruttura al servizio della parte più industrializzata del Paese, interessata ai traffici internazionali. Il grande corridoio torna comunque di grande utilità anche alle ferrovie italiane, che sarebbero messe nella condizione di assicurarsi i traffici di transito estero per estero, con tutti i vantaggi economici dei trasporti non gravati dalle più onerose operazioni di partenza ed arrivo. Non a caso la Germania, che ha provveduto per tempo agli adeguamenti infrastrutturali sulle grandi linee, è stata in grado di acquisire importanti flussi di traffico in transito internazionale con positive ricadute sulla gestione commerciale delle tariffe. L’attuale livello di utilizzazione delle linee della rete nazionale è la diretta conseguenza di tale ritardo (non sono stati affrontati nemmeno i principali colli di bottiglia in attesa del rinnovo delle linee) e di una inadeguata politica commerciale intesa a captare i traffici portando alla rotaia i flussi di traffico merci (che sono in aumento nella direttrice E/O, come testimonia l’intasamento dell’autostrada TS-VE), nella visione di una riconversione modale, congeniale alla piena efficienza della catena logistica, prevista dal Piano generale dei trasporti. Mi auguro che sia chiaro a tutti, in definitiva, che per tutte le opere, non solo per la Transpadana, Non è proponibile basarne la validità solo sull’attuale grado di utilizzazione delle linee, ma è necessario individuare i flussi di traffico suscettibili della riconversione modale per dare un contributo a un deciso miglioramento della catena logistica nazionale e continentale. Con questa acquisizione anche l’attento lettore è in grado di passare dal partito preso ad un serio confronto.
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 24 agosto 2011

 

 

Servola, nube dalla cokeria Rilevato picco di benzene
 

Dati misurati dai tecnici Arpa, per Lucchini «nessun superamento dei limiti» Laureni: «Impianti vecchi ma da gestire meglio, dialogo serrato con la proprietà»
Nuovo allarme fra gli abitanti di Servola per le emissioni della Ferriera. Attorno alle 12 di ieri una nuvola densa e maleodorante, contenente benzene, si è levata dalla cokeria. Sul posto sono intervenuti i tecnici dell’Arpa, che hanno rilevato appunto la presenza di benzene. Nell’arco di un’ora la concentrazione media di benzene si è aggirata sui 50 microgrammi per metro cubo. Va detto però che il limite di legge si questo inquinante è di 5 microgrammi per metro cubo su base annua, e non esiste un tetto alla media oraria. Sull’episodio la Lucchini è intervenuta con una nota in cui afferma che «non c'è stata alcuna nube anomala di benzene fuoriuscita dallo stabilimento, bensì si è trattato di un'emissione dalla cokeria, possibile in fase di lavorazione, che non ha fatto superare i limiti previsti dalla legge per il benzene, limiti che vengono valutati come media annuale, tenendo conto anche del contributo dei “picchi” e che nella centralina in questione sono ampiamente rispettati». Della vicenda si è interessato anche il consigliere comunale Roberto Decarli (Trieste cambia), che in base a informazioni dirette conferma che la nube è stata prodotta dalla cokeria, in particolare per «una condizione di sovrapressione e carica anomala». A sottolineare la preoccupazione di residenti è pure l’assessore comunale all’Ambiente Umberto Laureni: «Ho parlato con gli abitanti e li ho sentiti molto disperati, e anch’io sono molto preoccupato». L’assessore annuncia un cambio di rotta nell’atteggiamento della giunta verso il problema-emissioni: «Stiamo rivedendo il sistema pubblico dei controlli, che non funziona. Non discuto - aggiunge - l’impegno delle strutture nei controlli stessi, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Oltre ai controlli va preso in esame lo stabilimento, e non dipende dagli enti pubblici se gestisce male gli impianti». Proprio per capire perchè gli impianti della Ferriera danno luogo a emissioni inquinanti il Comune sta coordinando l’azione di Arpa, Azienda sanitaria, Provincia e Regione. «A mio parere - precisa Laureni - gli impianti, che pure sono vecchi, possono essere gestiti molto meglio. Su questo aspetto - rimarca - imposteremo un discorso molto serrato con la proprietà. Il 2 settembre, intanto, ci sarà una riunione con tutti gli enti per ridefinire le procedure di controllo. E il 5 settembre incontrerò le associazioni ambientaliste». Commenti negativi e proteste per l’emissione di ieri si sono palesati attraverso la pagina Facebook del nostro giornale e anche il mondo politico ha preso posizione. Il movimento 5 Stelle Trieste ritiene non più procastinabile l'intervento del sindaco a tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini. «Laddove la Regione latita - afferma il consigliere comunale Paolo Menis - Cosolini ha il dovere per legge di intervenire a difesa della salute, imponendo alla proprietà di diminuire o sospendere la produzione per un tempo determinato. Contemporaneamente - aggiunge - l'amministrazione predisponga un piano di emergenza in caso di incidente grave all'impianto». L’associazione FareAmbiente invita invece ad accelerare la riconversione, e sollecita «tutte le amministrazioni e gli enti a lavorare insieme per garantire il diritto al lavoro ma soprattutto la salute pubblica. Finora - rileva - i vari tavoli di concertazione non hanno prodotto nulla di concreto: servono decisioni coraggiose e risolutive».
Giuseppe Palladini

 

L’associazione No-smog: «È solo l’ultimo episodio»
 

La nube di ieri mattina è solo l’ultimo di una serie di episodi di questi giorni. «I residenti - sottolinea Alda Sancin, presidente dell’associazione No Smog - sono imbufaliti. I fumi della Ferriera ci stanno perseguitando tutta l’estate, anche perchè il vento non ci aiuta: la mattina porta i fumi verso via del Ponticello, la sera verso via Svevo e nelle ore intermedie verso via dei Giardini». L’ultima emissione rilevante risale a domenica scorsa. «Verso le 17 - racconta sempre la Sancin - c’è stata una fumata pazzesca. Passavo per via del Ponticello e l’aria era irrespirabile: fumo e odore di copertoni bruciati. I vigili urbani hanno fatto intervenire l’Arpa, ma come al solito non è successo niente. Giorni fa - aggiunge - sempre in via del Ponticello c’è stata una massiccia caduta di polveri, anche queste prelevate dall’Arpa».
 

 

Il park in via Cereria sara' interrato e con 75 posti auto - Incontro nell'area verde fra l'assessore e il comitato

 

Sono 75 e non 106 i posti macchina previsti nell’erigendo parcheggio di via della Cereria, peraltro osteggiato da un comitato di abitanti della zona che ritengono debba preservarsi l’unica aerea verde di Città vecchia. Ieri mattina l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani si è incontrata all’interno del cantiere con alcuni esponenti del comitato e li ha rassicurati sia sul numero previsto di posti auto - 75 al posto di 106 - sia sul fatto che nessuna vettura potrà essere posteggiata in superficie. Inoltre il progetto definitivo, affidato alla Riccesi spa, non dovrà prevedere parti in elevazione sul profilo attuale del terreno. «Assieme al sindaco Roberto Cosolini, vigilerò sul rispetto di quanto è stato finora a deciso. Oltre al comitato sarà necessario interpellare costantemente gli altri cittadini attraverso la Circoscrizione» ha spiegato l’assessore Marchigiani. I tempi necessari ad esaurire l’iter burocratico amministrativo e ad avviare i lavori, non si annunciano comunque brevi. Vanno valutati in parecchi mesi, cinque o sei, forse più. La riduzione del numero dei parcheggi rispetto a quanto finora annunciato, è emersa da un accusato studio dei documenti depositati in municipio. È stato ricostruito tutto l’iter burocratico innescato dal “no” dell’amministrazione di centrodestra, alla realizzazione del parcheggio sottostante piazza Ponterosso. I lavori erano già stati assegnati dalla giunta Illy proprio alla Riccesi spa e dopo il sopraggiunto “no” del centrodestra l’amministrazione comunale paventava l’avvio di una lunga e costosa causa civile di risarcimento danni. È stata invece trovata una mediazione in cui rientra assieme ad altre due, proprio l’area verde di via Cereria.

(c.e.)

 

 

Porto Viro, la schiuma del rigassificatore - INTERVENTO DI CARLO FRANZOSINI *
 

È ancora recente la notizia – apparsa sulle edizioni regionali di alcuni tra i quotidiani più diffusi – che segnala le prime ricadute ambientali “macroscopiche” occorse a seguito dell'entrata in funzione del rigassificatore al largo di Porto Viro. La pagina on-line del “Corriere del Veneto” del 26 luglio riportava il seguente titolo: “Schiuma vicino al rigassificatore, indagati due dirigenti di Adriatic Lng - La procura ha chiuso le indagini sull'inquinamento del mare al largo di Porto Levante. Secondo i magistrati si trattava delle conseguenze di raffreddamento del gas metano”. Come noto, la nostra area è attualmente interessata da 3 progetti di rigassificatori: uno in Slovenia, uno on-shore (Zaule), uno off-shore (al largo di Grado) oltre che dal gasdotto di collegamento. Questo tipo di impianti viene generalmente proposto nella configurazione “a ciclo aperto”: si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il Gnl (arrivato via nave sotto forma liquida, a -162°C), restituendola poi al mare più fredda e clorata. Questo comporta una sterilizzazione quasi totale della massa d'acqua adoperata, per via degli shock meccanico e termico (a questi sono da imputare le schiume al largo della foce del Po), a causa dell'impiego di cloro che implica il rilascio di sostanze tossiche (i cloro-derivati organici), infine per la perdita dei servizi ecosistemici forniti dall'habitat marino (autodepurazione, assorbimento di CO2, habitat di specie ittiche). Adriatic Lng - la società che gestisce l'impianto di Porto Viro - prima che iniziassero i lavori di realizzazione del terminal aveva valutato il tenore del disturbo ambientale che l'impianto andava a causare al territorio circostante, arrivando nel febbraio 2008 ad un accordo con gli Enti locali “per la compensazione territoriale destinata al Polesine e legata all'insediamento del terminal”. Si tratta in tutto di 12,1 milioni di euro di cui 2,45 per il comparto della pesca professionale, che si è visto imporre una nuova zona di interdizione dell'attività. A onor del vero, l'impianto proposto a Capodistria è l'unico, della decina di progetti che interessano tutto l'Adriatico, che funzionerebbe “a ciclo chiuso”: i progettisti, consci dei problemi ambientali di questo litorale, non ricorrerebbero all'impiego di acqua di mare ma ricaverebbero il calore utile alla rigassificazione da altre fonti. Ad esempio la combustione di un'aliquota marginale del gas conferito in impianto (ne basta l' 1,3%!) è sufficiente per riportare il metano dalla fase liquida a quella gassosa. A Capodistria - al di là di evidenti e ben più seri problemi di sicurezza per le zone abitative ed industriali, analoghi a quelli del sito di Zaule - c'è di buono che almeno questo aspetto è stato tenuto in considerazione. Ma è da qualche anno ormai (dal 2000) che, con decreto del Ministero dell'Ambiente, la Regione Veneto ha ottenuto il divieto dell'utilizzo del cloro come "agente antifouling" nei circuiti industriali che scaricano in laguna di Venezia, in considerazione dei problemi che questa sostanza causa alle biocenosi di un habitat tanto delicato. Orbene, l'Adriatico è un mare semi-chiuso, considerato sotto più aspetti quale “zona ecologicamente sensibile”. Gli impianti proposti, che in questi tempi procedono nel loro iter autorizzativo, consumano notevoli quantità d'acqua di mare (si dice l'equivalente, in un giorno e per ciascuno di essi, di un palazzo di 20 piani avente per base Piazza Unità). A questo punto è giunto il momento di valutare se è il caso di estendere la limitazione in vigore in laguna di Venezia a tutti i Paesi dell'Adriatico, per impianti di questa “voracità” là dove esistono alternative tecnologiche percorribili (il cosiddetto "circuito chiuso"), anche se si dimostrano economicamente meno convenienti (ma lo sono di ben poco !) per il gestore dell'impianto. I rigassificatori, se servono, vanno fatti a condizione di essere seri nella valutazione d'impatto ambientale e non prendendo acriticamente per buone le sole proposte dei proponenti. Questi ultimi, nel dover scegliere tra un minor impatto e un maggior profitto, di sicuro non hanno perplessità. Ma i gestori del “bene comune” ….?

*biologo, area marina protetta di Miramare
 

 

Tondo: «L’area inquinata ex Caffaro verrà bonificata» - AMBIENTE
 

TRIESTE L’area del polo chimico di Torviscosa in cui è presente una forma di inquinamento ambientale residuale verrà bonificata. L’annuncio è stato dato oggi a Udine, in occasione di una riunione convocata dal presidente della Regione, Renzo Tondo, per fare il punto sugli sviluppi della vicenda ex Caffaro. Il Gruppo Snia, tramite il commissario Marco Cappelletto, ha infatti manifestato la propria disponibilità a destinare parte delle risorse che saranno ricavate dalla vendita agli imprenditori della Bracco-Bertolini di un’area già destinata al deposito di legnami adiacente allo stabilimento per la bonifica della zona, una sottile area marginale situata tra l’ex deposito legnami e il canale Banduzzi. Sulla gran parte dell’intera area esaminata, l’Arpa, è stato precisato, non ha riscontrato alcuna forma di inquinamento, né di contaminazione nelle acque di falda. Sulla superficie originariamente destinata al deposito legnami, oggetto dell’investimento dei nuovi imprenditori dell’ex Caffaro, sarà realizzato uno stabilimento per la realizzazione di cloro-soda.
 

 

Il Corridoio V sotto le Alpi, vittoria bi-partisan dell’Italia - LA LETTERA DEL GIORNO
 

La nuova Torino-Lione sarà ad alta capacità avendo caratteristiche diverse (armamento, tensione elettrica, etc) rispetto ad una linea ad alta velocità quale può essere la Milano-Napoli dove viaggiano i Freccia Rossa. L'attuale percorso è ripido, con curve e il profilo delle gallerie non permette il transito di alcuni tipi di trasporti. Per portare redditività i moderni treni merci devono essere pesanti e lunghi, altrimenti commercialmente non diventano appetibili. La loro velocità a carico non supera comunque gli ottanta chilometri all'ora, quindi, quando Beppe Grillo si scaglia contro le mozzarelle che viaggerebbero a 200 fa una battuta bella ed efficace, ma errata. Quando in una trasmissione di Radio Rai Luca Mercalli afferma che la pendenza è un problema minore dimentica che adesso un treno su questa linea traina solo 650 tonnellate ovvero 8/9 carri a 4 assi (contro le 1100/1200 tonn di un treno efficiente) ed è troppo poco. Non servono locomotive nuove , ma un tragitto meno ripido, con gallerie adeguate e con curve ad ampio raggio. Caro signor Behrens, non siamo di fronte ad un problema di circolazione, risolvibile con alcuni semafori, ma ad un problema di prestazioni che sono la prima discriminante perché qualsiasi cliente accetti di scegliere il treno come vettore. Se i container High Cube non transitano perché troppo alti è ben difficile acquisire traffico combinato e nel contempo si castra l'opzione di un'eventuale strada viaggiante economica. È uno dei motivi per i quali il traffico non aumenta: la vecchia ferrovia non ha mercato. Su una linea nuova treni merci e treni viaggiatori veloci potrebbero alternarsi senza problema alcuno. La catena logistica che porta un container dalla pianura Padana alla Francia è una cosa estremamente complessa e per funzionare deve avere come supporto un trasporto affidabile e con un costo accettabile. Si cresce se si è una nazione con un’ottima infrastruttura. I Paesi con quelle migliori sono all'avanguardia. Forse le è sfuggito che la liberalizzazione voluta dalla Ue sta andando, seppur lentamente, a regime e l'Italia non è tra quelle nazioni che hanno fatto ostracismo all'ingresso di altri competitor sulla sua rete. Se 50 anni fa i treni a lunga percorrenza erano tanti ed affollati un motivo c'era: non esisteva la concorrenza del vettore aereo. Adesso in circa due ore e mezzoe con un prezzo abbordabile si è dal centro di Trieste a quello di Monaco di Baviera: quale vettore su ferro può offrire simili performance? Per contro sulla direttrice Roma-Milano il treno sta vincendo. La concorrenza dunque non è un totem, ma un buon driver sì. Aver portato il Corridoio V sotto le Alpi è stata una vittoria bi-partisan dell'Italia, come sistema Paese: ricordiamoci che Prodi era a Bruxelles e Berlusconi al governo. Abbiamo superato, con l'appoggio del commissario europeo De Palacio, la lobby di nazioni di lingua tedesca. Possibile che tutti fossero pazzi o asserviti ai poteri economici forti? Occupandosi di politica da 40 anni e di Tav lei è un cattivo maestro ? Non lo so e non credo sia importante, ma spero di aver dato a chi ci legge alcuni argomenti per riflettere.

Fulvio Zonta
 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 23 agosto 2011

 

 

Niente resti romani, avanti col park Cereria - Terminati gli scavi archeologici. Il Comitato che contesta il progetto incontra l’assessore Marchigiani
 

Non è emerso alcun resto di epoca romana nell’area verde posta alle spalle della vecchia palestra di via della valle dove il Comune vuole realizzare un parcheggio interrato. Lo hanno detto le prospezioni archeologiche dirette dall’architetto Fabiana Pieri. Per cinque i due “pastini” sono stati attentamente vagliati dopo aver rimosso lo stato superiore del terreno e i relativi cespugli e arbusti. Non sono emersi né i muri perimetrali, né i mosaici di una ipotetica villa romana che avrebbe potuto essere stata in stretta connessione con quella scoperta in via Colonna. Ecco perché oggi inizieranno le prospezioni geotecniche e geologiche per verificare la struttura dell’area - l’ultima verde di Città vecchia - di cui è nota l’origine flyshoide, con alternanza di strati di marne ed arenarie. Quando i carotaggi saranno completati dall’impresa “Imprefond srl”, potrà essere avviata la progettazione del parcheggio che dovrebbe essere interrato e i cui lavori fin da tempo sono affidati all’impresa Riccesi. Le prospezioni e i carotaggi servono a valutare la convenienza economica dell’iniziativa. Sempre oggi l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani, compirà un sopralluogo nel cantiere e si incontrerà con alcuni abitanti di via Cereria e via della Valle che da tempo ritengono che l’unica area verde di quella zona della città, non debba essere devastata dalle ruspe e dalle colate di cemento per fare spazio a un parcheggio a più piani. Il progetto del parcheggio affidato all’impresa Riccesi - ha spiegato di recente l’assessore Elena Marchigiani - «andrà comunque sottoposto a una lunga serie di pareri di conformità paesaggistica e di qualità su cui potranno incidere gli uffici comunali». In effetti sull’uso di quest’ultimo piccolo polmone verde di Città vecchia, si sono formati tre schieramenti. C’è chi vorrebbe che i rovi e i rifiuti che hanno contrassegnato l’area siano rimossi definitivamente per fare spazio a un giardino. Altri puntano a una soluzione mediata, con un parcheggio interrato sulla cui sommità potrebbe essere realizzata una copertura ”verde”. E c’è chi si batte per un adeguato numero di posti macchina, visto che l’intera zona posta tra le via San Vito, Galleria, della Valle e Cereria è già satura di vetture.
Claudio Ernè

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 22 agosto 2011

 

 

Predatore killer, strage di vongole - La tesi più accreditata. I pescatori: perdite superiori al 90%
 

TRIESTE Come in ogni giallo che si rispetti, anche in quello delle vongole che stanno scomparendo dal golfo di Trieste spunta un pericoloso assassino, purtroppo ancora sconosciuto. L’ipotesi che sia un predatore ancora non identificato ad aver determinato la moria dei molluschi denunciata pochi giorni fa dai pescatori è di Donatella Del Piero, del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste, che da anni studia il fenomeno. «Il caso di quest’anno sembra molto simile a quello del 2009 - spiega l’esperta - anche in quella occasione ci fu una moria molto estesa e inaspettata, e abbiamo trovato moltissime conchiglie con i tipici fori prodotti dalla predazione da parte di altri animali». Quest’anno i pescatori hanno lamentato al termine del fermo pesca che si erano autoimposti, una perdita di prodotto superiore al 90%: «Eppure dalle nostre spedizioni di marzo e giugno era emerso un buono stato di salute delle popolazioni - spiega Del Piero - niente di eccezionale ma neanche una condizione che potesse far pensare a una moria simile. Nei prossimi giorni cercheremo di capire qualcosa di più delle cause». Se anche l’ipotesi del predatore naturale è la più accreditata secondo l’esperta, sulla sua identità gli scienziati sono discordanti: «C’è chi propende per dei muricidi, cioè degli altri molluschi più grandi - spiega Del Piero - ma secondo me non sono solo loro. C’è comunque anche l’ipotesi che fenomeni come l’inquinamento abbiano indebolito le vongole».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 21 agosto 2011

 

 

«Rigassificatore, l’acqua in mare si raffredda» - PRO E CONTRO - Ora la palla torna al Comune
 

SPUNTA UNA NUOVA INDAGINE SULL’IMPATTO AMBIENTALE
Gli oppositori al rigassificatore aspettano le mosse dell’amministrazione Cosolini che si è dichiarata per il «no» all’impianto. Con Dipiazza (favorevole) era uscito dal consiglio comunale un «no» per ragioni di scarsa compensazione economica al territorio. «Il Comune - dice Dario Predonzan del Wwf - può fare opera di persuasione su altri enti, o associarsi ai ricorsi al Tar degli ambientalisti e dei Comuni di Muggia e San Dorligo. In ogni caso dovrà esprimere un voto alla Conferenza dei servizi, convocata dalla Regione quando saranno complete le autorizzazioni ministeriali e Gas natural avrà depositato il progetto definitivo».
Carte non veritiere a base di documenti ufficiali del ministero dell’Ambiente, che stanno per raggiungere anche il già preavvisato (e irritato) ministero dell’Ambiente sloveno. Tema rovente: i rigassificatori. Il tavolo tecnico coordinato dalla Uil-Vigili del fuoco e il Wwf hanno in questo periodo chiesto di vedere ulteriori carte, dopo aver già poderosamente contestato la relazione progettuale di Gas Natural Fenosa come basata su presupposti geografici e ambientali gravemente scorretti. Quando il gruppo di esperti organizzato dalla Provincia come tramite tra i dubbi dei cittadini e le risposte della multinazionale spagnola riferì i risultati dello studio (contestati pure quelli), l’Ogs segnalò: sbagliata la valutazione sugli effetti che lo sversamento in mare di 800 mila metri cubi al giorno di acqua raffreddata e clorata avrà sul golfo di Zaule. Gas Natural consegnò di lì a poco una nuova relazione, sulla base di una nuova indagine effettuata dalla ditta consulente Dhi. Indagine finora non pubblica. La ventina di esperti del «tavolo» ha chiesto alla Provincia visione dello studio. E ha scoperto che se una prima volta le prove sul raffreddamento del mare erano durate solo 18 ore, dando un risultato rassicurante («il mare non si raffredderà»), stavolta ha testato l’Adriatico per 72 ore. Con la stessa risposta, «e trascurando - afferma Livio Sirovich esperto tecnico dell’Ogs - che stavolta si dimostra che sui fondali la temperatura cala, di 2-3 gradi. Ma per avere un quadro veritiero di cosa succederà in 30 anni serve una simulazione di 2-3 anni, non di giorni». Dunque secondo i tecnici vengono celati gli effettivi potenziali danni prodotti dal rigassificatore di Zaule, mentre tutte queste note nascono dopo che la Valutazione d’impatto ambientale (Via) è stata dal ministero approvata, seppur con moltissime prescrizioni, già nel 2009. Ma non basta. Roma ha annunciato (anche a Lubiana) di essere sul punto di emettere parere positivo alla Via per il gasdotto Snam a servizio del secondo rigassificatore, quello off-shore di E.On, ex Endesa, in mezzo al mare verso Grado. E già in precedenza aveva rassicurato la Slovenia che fieramente si oppone ai rigassificatori con una lunghissima lettera del ministro Prestigiacomo sulla perfette verifiche quanto a sicurezza e ambiente. Ora il Tavolo tecnico smentisce queste certezze. Il Wwf ha fatto richiesta al comando regionale dei Vigili del fuoco per accedere alla relazione tecnica del Comitato regionale sulla sicurezza, di cui il ministro certifica il parere positivo. L’analisi del rischio era stata fatta nel 2005 da un comitato ristretto di 4 tecnici. «L’analisi - dice Sirovich - aveva trascurato “l’effetto domino”, come da noi denunciato, cioé il rischio di incidenti a catena in zona industriale. Il Comitato se n’era accorto, ma in due ore ha approvato tutta la relazione lo stesso, con 16 prescrizioni». Di cui, dicono tavolo e ambientalisti, nessuno parla: «Il ministro rassicura Lubiana che rischio non c’è, e Gas natural afferma di avere il permesso». Il prossimo controllo in questo senso verrà, per legge, solo a cose fatte: sarà il nulla osta definitivo che potrà casomai interrompere non già la progettazione, ma ormai la fase di produzione. Dunque è molto difficile che un rigassificatore possa eventualmente venir bloccato quando già è operativo.
Gabriella Ziani

 

 

MUGGIA - Il sindaco sul Rio Fugnan: serve una bonifica totale
 

Contattata l’AcegasAps dopo le analisi della Goletta Verde sullo scarico a mare Nesladek: «Il risanamento del torrente una volta individuate le perdite fognarie»
MUGGIA «Eseguire adeguati interventi di manutenzione e risanamento una volta individuate le specifiche perdite fognarie, al fine di arrivare ad una risoluzione definitiva e alla totale bonifica del corso d'acqua». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek non ha dubbi su cosa fare in merito all’inquinamento del Rio Fugnan denunciato di recente anche dai rilevamenti della Goletta Verde sullo scarico a mare sotto il parcheggio Caliterna. Il primo cittadino tiene anche a ricordare il grande intervento di pulizia dell’alveo del torrente e di rifacimento degli argini già realizzato nel 2008 dall’amministrazione comunale, con un investimento di 372 mila euro. Quella del torrente Fugnan e del rilevante tasso d’inquinamento delle sue acque è una vicenda che ha origine diversi anni fa. Il rio ha origine in Slovenia, nei pressi di Pramanzano e scorre fino a giungere nel territorio comunale di Muggia dove sfocia in mare attraverso un canale sotterraneo di via Manzoni all'altezza del centralissimo parcheggio Caliterna. Già nel 2002 uno studio sui torrenti muggesani diretto dall’associazione ambientalista “Ambiente e/è vita”, rappresentata da Christian Gretti (anche consigliere comunale del Pdl), aveva riscontrato una forte modificazione nella composizione delle acque del Fugnan e una presenza di coliformi e streptococchi fecali in quantità ben superiore rispetto ai parametri previsti dalla normativa sulle acque di balneazione. Una contaminazione, notava Gretti, non imputabile alla vicina Slovenia ma derivante con tutta probabilità da diverse perdite delle condutture fognarie in territorio italiano. Recentemente il Servizio territoriale e ambientale del Comune di Muggia, in seguito ad un’analisi approfondita, ha in effetti confermato che il fenomeno di contaminazione fosse riconducibile all’area residenziale muggesana nel tratto a valle del torrente. E poi è stata la volta di Legambiente che, a seguito dei rilievi presentati dai monitoraggi della Goletta Verde ha di recente bocciato nuovamente lo scarico a mare di via Manzoni, attribuendo il giudizio di “fortemente inquinato” al campionamento preso presso lo sbocco del Fugnan. Dati preoccupanti, che parlano di valori batteriologici doppi rispetto ai limiti consentiti per legge. L’amministrazione comunale ha preso atto della gravità della situazione, mettendosi tempestivamente in contatto con AcegasAps, gestore del sistema idrico e fognario del Comune, e stabilendo le linee guida di un progetto di risanamento che sia risolutivo del problema. Michele Tonzar, presidente di Legambiente, ha evidenziato l’esigenza di estendere a tutti i cittadini il servizio di rete fognaria e monitorare attentamente il servizio di depurazione allo scopo di ridurre il rischio sanitario. Il sindaco Nesladek ha assicurato: «Se dovessero emergere problemi di salute pubblica la nostra reazione sarà tempestiva».
Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 20 agosto 2011

 

 

Rivolta contro il “cubone” I residenti: basta cemento
 

Un documento di tutela dell’area di Campo Marzio sarà consegnato in Comune

Il sindaco Cosolini: per il progetto di Santa Tecla e Sant’Eufemia iter ancora lungo
«Giù le mani da Campo Marzio e dintorni». La prospettiva di veder sorgere un complesso edilizio da oltre 6.500 metri cubi fra androna Sant’Eufemia e androna Santa Tecla non è passata inosservata all’occhio del comitato anti-cubone di via Belpoggio. Che non solo su quel progetto concentra dunque la propria battaglia: «Seguiamo tutta la zona, da tutelare a 360 gradi. Siamo quindi preoccupati anche per la situazione in androna Santa Tecla e androna Sant’Eufemia», chiarisce subito il referente del comitato, l’avvocato Piero Sardos Albertini. La finestra aperta dopo la caduta delle salvaguardie, con l’attuale situazione di attesa delle direttive del nuovo Piano regolatore dopo che l’amministrazione Cosolini ha cassato la variante 118 dell’era Dipiazza, ha indotto l’Immobiliare Livenza (società che porta avanti l’intervento edilizio) a ipotizzare un’accelerazione della conclusione dell’iter amministrativo del piano particolareggiato del progetto fra le due androne. Ma il comitato “anti-cuboni” annuncia già un’immediata contromossa: «Stiamo preparando una proposta - spiega ancora Sardos Albertini -, un documento di tutela con vari suggerimenti, che consegneremo al Comune». Il concetto di fondo dell’azione è chiaro: «Con tanta cementificazione già prevista con il progetto di via di Campo Marzio - dice Sardos Albertini -, la vita del rione sarà snaturata. Non è il caso di prevederne ancora insomma. Siamo preoccupati, continueremo a vigilare». Intanto, il sindaco Roberto Cosolini interviene sulla questione, spiegando come l’iter sul progetto fra le due androne debba ancora transitare per varie tappe. Oltre a specificare come il piano particolareggiato non sia stato ancora «adottato», aggiunge che «risultano ancora necessari tutta una serie di passaggi: verifica altezze ammissibili in riferimento all’edificio vicino, oggetto di possibile interesse monumentale; richieste di specificazioni dagli uffici del traffico; la verifica di assoggettabilità a Vas (Valutazione ambientale strategica). Successivamente - conclude Cosolini - il piano dovrà passare il vaglio della Commissione per il paesaggio e la qualità urbana di prossimo insediamento (l’iter per il rinnovo è in corso, come riferiamo a fianco, ndr), prima di approdare in giunta con successivo parere in circoscrizione e quindi approdo finale in consiglio comunale». Perplesso Alberto Polacco (Pdl), consigliere della IV circoscrizione (ed ex presidente della stessa): «Spiace constatare - dice - che quest’amministrazione non abbia ritenuto di porre sotto tutela da subito anche il territorio di San Vito – Città Vecchia, ben sapendo che il ripristino tout court della variante 66 ha degli effetti fortemente impattanti su quest’area. Aumenti di volumetrie in questa zona non sono necessari data la diminuzione della domanda».
Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 19 agosto 2011

 

Via al “cubone” in androna Santa Tecla
 

Nell’area che abbraccia androna Sant’Eufemia un centinaio di appartamenti: dai “mini” per studenti agli attici vista mare
il gruppo immobiliare Il progetto sbloccato dopo la caduta della variante 118, entro settembre tutte le carte saranno in regola e allora potrà partirà il cantiere
Un brindisi per festeggiare la scelta di Roberto Cosolini di cassare il Piano regolatore dell’era Dipiazza e avviare l’iter per un nuovo Prg, sicuramente l’avrà fatto. Perché, grazie a quella mossa del neosindaco, il suo progetto, rimasto in stand by per oltre cinque anni, oggi può riprendere quota. E lui, Matteo Bressan, titolare dell’Immobiliare Livenza, conta di riuscire finalmente a rientrare delle spese sostenute per acquistare l’area su cui sorge il grande immobile tra androna Santa Tecla e androna Sant’Eufemia. Area in cui la società di Sacile punta a realizzare un complesso edilizio da oltre 6.500 metri cubi con una novantina di appartamenti, un parcheggio interrato, locali commerciali, porticati, piazzette e ampi collegamenti pedonali con la sottostante androna Campo Marzio. La lunga attesa imposta dai continui stop and go della “vecchia” variante 118, infatti, non ha minimamente ridimensionato agli occhi degli imprenditore pordenonese l’appeal dell’operazione. Checchè ne dica l’ex progettista (l’architetto Galluzzo de Fin, secondo cui con il passare del tempo l’impresa avrebbe finito per perdere interesse), l’Immobiliare Livenza si dice più pronta che mai a passare all’azione. Cosa che, se le verifiche fatte nel frattempo con gli uffici comunali si riveleranno corrette, potrebbe avvenire prima di quanto si pensi. Il piano particolareggiato del progetto - uno di quelli rientrati nella “finestra” aperta dopo la caduta delle salvaguardie avvenuta il 7 agosto scorso -, è già stato adottato e attende soltanto le ultime valutazioni propedeutiche all’approvazione. «Se tutto va come deve andare - precisa Bressan -, in settembre (quindi probabilmente prima dell’approvazione in aula delle direttive, e delle salvaguardie del nuovo Prg ndr), la parte amministrativa sarà definitivamente completata». Già ad inizio autunno, quindi, potrebbe scattare l’apertura del cantiere, destinato a dar forma ad un investimento complessivo, secondo le stime dell’impresa, tra i 9 e i 10 milioni di euro. Soldi necessari a trasformare un vecchio magazzino diroccato in un grande comprensorio residenziale («ma limitandosi a redistribuire i volumi esistenti, senza realizzare un metro cubo in più», precisa Bressan). Il progetto prevede un parcheggio interrato con una capienza che potrà variare tra i 40 e i 60 posti auto. Altrettanti dovrebbero essere i miniappartamenti - tipologia ritenuta estremamente ghiotta per gli studenti, vista la vicinanza alla facoltà di Lettere e ad altri Dipartimenti universitari - da ricavare in un’ala dell’edificio, mentre nell’altra si conta di ospitare una trentina di alloggi di pregio con metrature più ampie e vista mare. Ma non finisce qui. Il piano particolareggiato ormai vicino al traguardo contempla anche la creazione di numerosi fori commerciali, porticati sotto cui ripararsi in caso di pioggia e un’ampia piazza sopra il park interrato.
Maddalena Rebecca

 

 

E il vecchio Prg rimette in pista 38mila metri cubi
 

Quello dell’Immobiliare Livenza non è l’unico progetto pronto a tornare in pista dopo la caduta del regime di salvagardia “agganciato” alla variante 118 e il ritorno in vigore della precedente variante 66. Del periodo di “vacatio normativa” potrebbero beneficiare in tutto una trentina di piccoli interventi, per un totale di circa 38mila metri cubi, e una dozzina di operazioni più significative. Tra queste il “cubone” da oltre 21mila metri cubi immaginato dalla Luci costruzioni sempre nella zona di Campo Marzio, e il polo commerciale da 105mila metri cubi a Basovizza firmato Tecnofactoring srl.
 

 

Allo studio il recupero del deposito attiguo all’Università
 

Per ora interessa solo l’immobile tra le androne Santa Tecla e Sant’Eufemia. Ma, in futuro, potrebbe estendersi ulteriormente, arrivando ad inglobare anche un “pezzo” di androna Campo Marzio. Matteo Bressan, infatti, ha un “sogno”: riuscire ad acquisire anche il vecchio deposito di materiali edili della ditta Fadalti, ora ridotto a un rudere. «Abbiamo già fatto un’offerta - spiega il titolare dell’Immobiliare Livenza -. Siamo molto interessati all’acquisizione di quello spazio, perchè darebbe continuità al progetto originario. Si potrebbero ottenere risultati bellissimi. Lì dentro vedrei bene aule per conferenze, locali museali e anche attività sportive. Le metrature consentirebbero per esempio di ipotizzare una grande palestra, alta fino al tetto. D’altra parte siamo o non siamo attaccati all’Università? È giusto quindi prevedere soluzioni anche per gli studenti». Al prevedibile entusiasmo degli universitari, tuttavia, potrebbe affiancarsi l’opposizione degli attuali residenti che, tra l’accoppiata Santa Tecla-Sant’Eufemia, il “cubone” di via Belpoggio firmato Luci costruzione e il maxi complesso in Campo Marzio, rischierebbero di sentirsi circondati. «Le critiche di eventuali cittadini contrari al progetto? Non credo arriveranno - conclude Bressan -. Così com’è stato rivisto, infatti, il nostro progetto è estremamente arioso e curato e prevede anche spazi a disposizione di chi abita negli isolati vicini, come piazze e parcheggi in superficie».

(m.r.)
 

 

Bonifiche dei siti inquinati Bando da 5 milioni di euro
 

 I soldi europei rischiavano di andare persi, in gran fretta la Regione ha emesso un paio di bandi e uno riguarda le zone inquinate, comprese quelle «di interesse nazionale». Ecco che torna in ballo la depressa zona industriale, senza contare che gran parte del mare in area portuale è altrettanto perimetrata come inquinatissima e solo in piccola parte le analisi («caratterizzazioni») sono state già effettuate. Il «Bando per la bonifica e il ripristino ambientale di siti contaminati» fa parte del programma Por-Fesr 2007-2013. Le sigle stanno a indicare rispettivamente Piano operativo regionale e Fondo europeo di sviluppo regionale. A questo asse sono destinati, di una somma complessiva per il quinquennio pari a 308 milioni, 5 milioni di euro. Esattamente quelli che la Regione ha messo a tabella, assieme ai 10 milioni statali ottenuti con accordo di programma, per il ripristino del Sin locale, affidandone la regìa all’Ezit, e sganciando così l’amara questione, dopo oltre 10 anni, dai piani ministeriali. Col famoso e contestatissimo pagamento del «danno ambientale». Titolare degli accordi col governo (precedenti a questa drastica manovra taglia-spese) è l’assessore alle Finanze, Sandra Savino: «I soldi europei sono quelli che avevamo previsto, a settembre ci sarà una nuova riunione, che io credo definitiva, con tutti gli interessati: Ezit, sindacati, categorie. Riunioni nelle quali si fa il punto della situazione e si verifica che il processo amministrativo vada avanti». Si tratta di controllare le proprietà, le eventuali bonifiche già effettuate, o le analisi già predisposte. Titolari di questi soldi europei, però, dice il bando la cui scadenza è il 17 ottobre (e che è consultabile sul sito della Regione e appena pubblicato in Gazzetta ufficiale) possono essere, per i Siti inquinati di interesse nazionale, tra cui in regione ci sono anche le laguine di Grado e Marano, solo ente pubblici, o Consorzi, o Autorità portuali. E devono dimostrare che la bonifica riguarda esclusivamente «progetti relativi alle aree pubbliche ricadenti in zona industriale, di proprietà dei Consorzi pubblici o Consorzi per lo sviluppo industriale, destinate a scopi strumentali e funzionali ai Consorzi stessi e non oggetto di attività economica». Tutto da vedere dunque come verrà gestito il bando a Trieste per la zona industriale, al quale comunque l’Ezit risulta titolato a concorrere. Sempreché l’ente non sia soppresso dalla manovra Tremonti prima di poter agire. I progetti saranno ritenuti ammissibili secondo un punteggio, fino al massimo di 100 punti. La caratterizzazione e bonifica dei Sin ne vale 14. Il grado di massima cantierabilità (cioé l’avere già pronti caratterizzazioni, progetto, analisi di rischio) ne vale invece ben 40. E a Trieste tutto questo ancora non c’è. In più, sono ammissibili spese già sostenute a partire dal 2007. La struttura di questi fondi europei destinati a progetti strategici regionali è a compartecipazione economica. «Si finanziano - dice l’assessore regionale Elio De Anna - strade, attività produttive, cultura e ambiente, e richiedono una rendicontazione entro il 2013, pena la perdita del denaro». A costituire questi 5 milioni saranno insieme Ue, Stato e Regione: 1 milione e 225 mila euro europei, 2 milioni e 650 mila dallo Stato, 1 milione e 150 mila euro dalla Regione. Il singolo finanziamento non può superare il tetto dei 3 milioni.
Gabriella Ziani

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 18 agosto 2011

 

 

Villaggio del pescatore bandiera nera per le acque
 

Una situazione molto grave emerge dai campionamenti della Goletta verde L’assessore Humar: la rete fognaria è completata, i miglioramenti si vedranno
DUINO AURISINA Bandiera nera per il Villaggio del Pescatore. Nella provincia di Trieste il problema dell'inquinamento delle acque sembra persistere in maniera pressante. Al Villaggio il campionamento eseguito dai tecnici di Goletta Verde ha segnalato infatti una situazione molto grave. Il prelievo, svolto presso la foce canale del porto, ha riportato valori batteriologi doppi rispetto ai parametri consentiti per legge. Le problematiche legate alla località, e in più generale ai cinque punti critici emersi nella regione, riguardano le foci dei fiumi, i canali e gli scarichi non depurati. Facendo riferimento ai valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione, il giudizio sul Villaggio del pescatore è quello peggiore: fortemente inquinato. Il che corrisponde a enterococchi intestinali superiori a 400 ufc per 100 millilitri o a Escherica Coli superiori a 1000 ufc per 100 millilitri. La situazione, purtroppo, non è nuova all'amministrazione comunale, che non pare appunto tanto sorpresa dai risultati. «Il Villaggio - commenta il sindaco Giorgio Ret - risente molto dell'influenza del porto di Monfalcone». Nel sito è vietata la balneazione, qualche intervento l'amministrazione l’ha fatto ma Ret considera il problema più grande del territorio comunale in sé. «A un certo punto non dipende più da noi - spiega il sindaco -. Per affrontare questa questione bisogna agire con le diverse strutture, dialogare con tutte le marine, con la Cartiera, insomma fare un discorso più ampio. Con il nostro intervento ora le fognature non scaricheranno più direttamente nel mare, ma più di così non possiamo fare». Per la nuova rete fognaria del Villaggio del pescatore il Comune ha investito un milione 700mila euro, eliminando tutte le fosse Imhoff (fosse casalinghe) e collegandole alle fognature. «La parte impiantistica è terminata - afferma l'assessore ai servizi sul territorio Andrea Humar -. Quindi tutti sono allacciati. Ora siamo alla fase dei collaudi; i primi riscontri dei tecnici hanno, comunque dato esiti positivi». Per cinquant'anni gli scarichi sono finiti direttamente in mare. Ora non più, con questo intervento. «Quest'anno le migliorie non erano apprezzabili, ma dal prossimo la situazione sarà ben diversa - spiega Humar -. Il passo successivo è quello di creare un collegamento di tutto il litorale del comune, fino al depuratore che verrà spostato a monte di Sistiana». Oltre ai problemi già citati, l'amministrazione comunale individua nei dragaggi appena effettuati nel canale Locavaz e nelle recenti piogge due fattori che possono aver falsato il prelievo da parte dei tecnici di Goletta Verde. Il Comune garantisce, comunque, che al Villaggio ci sarà un monitoraggio continuo, anche se il problema fognature non è destinato a terminare. «Ci risulta che al Villaggio i lavori non siano del tutto conclusi; alcune strade sono ancora chiuse, creando non pochi disagi ai diportisti - replica il consigliere del Sel Maurizio Rozza -. Comunque, dopo quella rete vanno sistemate intere frazioni del Carso, ancora senza fognature».
Cristina Polselli

 

 

Rio Martesin, tesoro da lasciare ai posteri - INTERVENTO DI LIVIO POLDINI *
 

Specie arboree e animali ne fanno un ecosistema di alto pregio ed importanza che può ambire a diventare un “parco di quartiere”
Nonostante la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha bloccato il progetto edilizio inerente la vallata di Rio Martesin – tanto da sancire l’annullamento delle anomale concessioni edilizie rilasciate dalla trascorsa Amministrazione Comunale – l’abbandono da parte del Comune della nuova variante al Prg n. 118 con la riadozione della precedente n. 66, in attesa della presentazione del nuovo strumento urbanistico, impone alcune necessarie riflessioni. In questo delicato periodo di transizione, la preoccupazione per l’intangibilità dell’ultima enclave verde dell’area compresa tra la collina di Roiano e quella di Gretta cresce ulteriormente alla luce dell’abolizione della norma di salvaguardia n. 118. C’è il rischio concreto che la sentenza nazionale venga elusa, e che la mancanza di salvaguardie consenta ai costruttori di cementificare la zona usufruendo del vecchio e pesante indice di edificabilità. A fronte di queste evidenze ritengo che enti e amministratori debbano riflettere sulla situazione attuale di Rio Martesin, esempio eclatante di come si possa e si debba ragionare sulla gestione del territorio in termini di sostenibilità e conservazione del paesaggio. L’assalto dell’edilizia alle residue parti verdi e agricole del comune triestino appare in completa controtendenza rispetto a quanto si verifica nelle principali comunità nazionali e estere. Ormai dappertutto c’è sempre maggiore attenzione alla salvaguardia delle aree agricole produttive cittadine e peri urbane nell’intento di dar vita a ben precisi piani di recupero della ruralità. La direzione che amministratori sempre più illuminati stanno prendendo è di ripristinare un’autonomia alimentare fornita di derrate pregiate in un regime di filiera corta. La Trieste degli scorsi secoli in questo senso aveva precorso i tempi. L’ortocoltura, la frutticoltura e la viticoltura garantivano prodotti selezionati e unici – il famoso radicchio ne è esempio emblematico – che trovavano sbocco immediato sul mercato locale. Questa vicinanza tra luoghi di produzione e di consumo è oggi riconsiderata una qualità irrinunciabile e ragionevole. E’ per tale ragione che vallate verdi come quella di Rio Martesin, dove sussistono terrazzamenti e pastini di antica data, da tutelare assolutamente secondo la sentenza del Consiglio di Stato, potrebbero ospitare nuovi impianti agricoli utili non solo alla già citata economia rurale di corta filiera ma pure alla stabilità dei versanti, visto che la zona si trova nella ricca ma fragile e delicata area del Flysch caratterizzata anche da abbondanza d’acque sorgive. La vallata di Rio Martesin ospita un corridoio faunistico con presenza di ungulati, numerose specie di piccoli mammiferi, uccelli e anfibi. Assieme alla sussistenza di specie arboree di pregio – roveri, roverelle - questo comprensorio risulta essere un eco sistema di alto pregio e importanza. Un ambiente già riconosciuto in sede didattica e ricreativa, visitato da scolaresche e escursionisti, tale da poter ambire a pieno titolo a una destinazione definitiva a “parco di quartiere”. In ultima istanza, la vallata di Rio Martesin, con le sue peculiarità ambientali e le sue potenzialità agricole, rimane un “paesaggio” di qualità superiore da tramandare alle future generazioni. Un ambiente unico dalla naturalità disciplinata nei secoli dall’uomo, che è in grado di per sé di trasmettere valori e ispirazioni a una comunità triestina che ormai dispone di spazi verdi e agricoli sempre più risicati. Una situazione di grave deficit di cui la cittadinanza sta finalmente prendendo sempre più coscienza, come dimostra l’opportuna lotta di quartiere portata avanti con successo dai residenti di Martesin. Una posizione intelligente e lungimirante che guarda al territorio come un bene da tutelare con attenzione quotidiana non solo per i residenti ma per l’intera città di Trieste.

*professore emerito già ordinario di Ecologia vegetale dell’ex Dipartimento di Biologia
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 17 agosto 2011

 

 

Le ruspe si mangiano il giardino di via Cereria - Al via con gli scavi archeologici il progetto della ditta Riccesi per un parcheggio da 120 posti auto
 

È iniziata ieri la distruzione dell’ultimo polmone verde di Cittavecchia. Le ruspe sono entrate nel giardinetto posto alla spalle dell’antica palestra di via della Valle e di quello che fu il carcere femminile. Scopo dichiarato, effettuare alcune prospezioni archeologiche in vista della realizzazione di un parcheggio per 120 automobili in un’area definita dal piano regolatore “verde urbano”. Il progetto è dell’impresa costruzioni Riccesi che potrebbe iniziare lo sbancamento completo dell’area fra poco più di un mese. Le “prospezioni”, come annuncia il cartello di cantiere, dovranno essere concluse dalla “Archeotest-Imprefond” entro il 16 settembre. Ieri mattina l’arrivo dei mezzi meccanici ha allarmato gli abitanti della zona che attraverso “Legambiente” avevano firmato in 500 un documento fatto recapitare all’allora sindaco Roberto Dipiazza. Chiedevano di salvare il giardinetto di via Cereria, unico area verde di Città vecchia. Dipiazza ha lasciato il Municipio per fine mandato e il suo ruolo è stato assunto, in forza del voto popolare, da Roberto Cosolini. Ieri a tre mesi dalle elezioni si sono messe in moto le ruspe, seppure per verificare l’eventuale presenza dei resti di una strada romana e di un ramo dell’antico acquedotto. «Sto rientrando dalla ferie a Trieste. Nei prossimi giorni sarò più precisa. Per il momento chiedete al dirigente comunale che si occupa di questo progetto», ha affermato il neo assessore all’urbanistica Elena Marchigiani. Ma il telefono del dirigente del Municipio indicato dall’assessore ieri nel pomeriggio ha suonato sempre a vuoto, così come quello della direttrice dei lavori, l’architetto Fabiana Pieri. Certo è che l’avvio delle prospezioni archeologiche rientra nell’ambito della delibera approvata un paio di anni fa dalla Sesta commissione consiliare del Comune. Il documento aveva recepito in un verso le raccomandazioni della Soprintendenza ai Beni archeologici; nell’altro, secondo le parole dell’ingegner Roberto Sasco, aveva come scopo quello di evitare che i lavori per le nuove opere rischiassero di incagliarsi anche per anni di fronte all’emersione di qualche resto significativo del passato. Il cantiere di via Cereria, o meglio il parcheggio che dovrebbe esservi realizzato, rientra in una compensazione tra Comune e impresa Riccesi. Quest’ultima aveva ottenuto dal Muncipio allora retto da Riccardo Illy, di costruire sotto piazza del Ponterosso un enorme parcheggio per 689 automobili. Un parcheggio che i geologi avevano ritenuto “a rischio” e che il sindaco Roberto Dipiazza aveva bloccato quando la gara d’appalto era già stata vinta dalla stessa impresa. Per evitare un lunga causa civile, le due parti si erano accordate per una compensazione, nell’ambito della quale rientra anche il giardinetto di via Cereria. La Riccesi si è fatta avanti e le ruspe per il momento solo “archeologiche” si sono messe in moto.
Claudio Erné

 

 

Via le rotaie dell’Ansaldo Riveduto il park di Roiano - Da Via Mazzini
 

Il parcheggio di Roiano, per il quale è ora in valutazione il progetto esecutivo, avrà un piano-strada modificato: la rampa di accesso è stata spostata per consentire in superficie l’allestimento di un mercato di quartiere. È una delle correzioni chieste dal neoassessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani, su progetti ereditati dalla giunta Dipiazza. Altrettanto si è messo in moto un altro processo. Dovrebbe portare a un accordo con Ansaldo che consenta di asportare da via Mazzini le ormai antiche rotaie del mai realizzato bus elettrico. C’è una complicata serie di cause in corso, ma gli avvocati sono al lavoro quantomeno per una transazione tecnica che liberi l’arteria per consentire una (molto attesa) riqualificazione. E con questa parola-chiave i Lavori pubblici, mappa alla mano, stanno per pianificare interventi «integrati» anche nelle periferie: «Significa - spiega l’assessore - non eseguire interventi sconnessi, o solo scuole o solo strade, ma procedere per qualità complessiva, l’asfalto assieme al verde, il verde assieme alle panchine, i marciapiedi assieme alle piste ciclabili. Non è un’utopia» assicura Marchigiani pur alle prese coi drammatici tagli di bilancio. I lavori pubblici hanno fin qui assorbito un quarto del bilancio comunale. Da ora in avanti si punta ai fondi europei, finora poco utilizzati, per portare liquidità, e in primo luogo è in vista il programma “Pisus”, un asse dei fondi assegnati per Progetti-obiettivo regionali: «Sono fondi per la qualità e il marketing urbano, per lo sviluppo dell’economia e del turismo, e possono arrivare fino a 5,8 milioni di euro, il 77% a carico della Regione e il resto del Comune». Quanto alle politiche del verde, è in programma la revisione del Regolamento per prevedere «un elenco di aree che potrebbero essere consegnate alla co-gestione di Comune e cittadini, in un momento di crisi delle finanze pubbliche queste esperienze già sperimentate a livello nazionale e internazionale potrebbero essere importanti per iniziative di socializzazione ma anche per garantire il controllo sociale e il presidio di aree che spesso sono fonte di problemi di sicurezza e di conflitti di vicinato».

(g. z.)
 

 

Il Friuli Venezia Giulia rischia l’emergenza rifiuti - L’impianto di gorizia «Riaprire il nostro deposito? No, puntiamo sul riciclo»
 

Due discariche urbane attive su tre sono ormai vicine all’esaurimento La raccolta è parcellizzata in mille rivoli ma il gestore unico è ancora un miraggio
TRIESTE «I rifiuti di Napoli non arriveranno mai da noi», van ripetendo ormai da mesi i vertici della Regione. E ne hanno ben donde: a breve giro anche il Friuli Venezia Giulia rischia di non saper più dove mettere i suoi rifiuti urbani, figuriamoci quelli degli altri. Il quadro che emerge se si va ad analizzare le gestione dei rifiuti provincia per provincia non è molto confortante: delle tre (e mezza, come vedremo) discariche per rifiuti urbani in regione, quella di Pordenone assorbe solo il prodotto del suo territorio, mentre le due di Udine sono in via d’esaurimento. Una situazione intricata per cui è difficile immaginare una soluzione d’insieme: la gestione è infatti parcellizzata in modo disomogeneo, spartita fra numerosi enti e società in tutta la Regione. Un labirinto che esaspera gli uffici regionali di competenza: «Ci sono talmente tanti gestori - spiegano i tecnici della Regione -, che non si può pensare a un bando per un gestore unico perché nessuno sa quanto si spende, ogni anno, per i rifiuti in Friuli Venezia Giulia». Guardando le cose in positivo, diverse zone della Regione hanno raggiunto livelli d’eccellenza nella gestione dei loro rifiuti. Pordenone: chi fa da sè... Il territorio della Provincia di Pordenone ha prodotto nel 2010 circa 136mila 272 tonnellate di rifiuti (dati Arpa). È la seconda per massa dopo la Provincia di Udine, eppure vanta dei risultati eccellenti: ha ormai superato il 72% di raccolta differenziata. Qual è il segreto del pordenonese? Far tutto da sè. Mentre le altre province della regione devono poggiarsi l’una sull’altra per smaltire la propria spazzatura, Pordenone può contare su una propria discarica per rifiuti urbani nella quale entra soltanto quanto prodotto dal territorio: è l’impianto di Aviano, gestito dalla società Friul Julia Appalti, con ancora 98mila metri cubi di volumetria residua. Il mosaico udinese A Udine è tutto più complicato. Ci sono due discariche: la Ifim di Udine (fra i 15 e i 20mila metri cubi residui) e la Exe di Trivignano udinese (circa 10mila metri cubi residui). Entrambe hanno poca vita innanzi a sè: solo nel 2010 la provincia ha prodotto 267mila 423 tonnellate di rifiuti. «Ora che la Regione ha competenza sulle discariche non decidiamo più noi - spiega l’assessore provinciale Enio Decorte -, ma è certo che una discarica in più ci starebbe bene. La domanda di ampliamento della Exe è stata bocciata, vedremo come va il ricorso». Il 5% dei rifiuti va in altre regioni: le esportazioni all’estero, invece, sono state bloccate. La raccolta dei rifiuti è gestita da numerose società, anche se la Provincia auspica una semplificazione: «Stiamo accorpando le realtà più grandi. La Csr della bassa friulana e la Net dell’udinese stanno per fondersi - dice Decorte -, così come Aet2000 del medio friuli con l’ente della Comunità collinare. Lentamente andiamo verso il gestore unico». Il laboratorio goriziano Gorizia è una realtà che ha deciso di puntare sulla differenziata per lo smaltimento: delle 72mila tonnellate prodotte l’anno scorso il 59% è stato smaltito tramite l’impianto di compostaggio di Moraro e le filiere di carta, vetro, plastica e lattine. Il restante 41% di rifiuto indefferenziato è finito nell’inceneritore di Trieste. Il problema di Gorizia è che l’ente gestore provinciale, Iris, afferma che la discarica di Pecol dei Lupi (Cormons), chiusa nel 2010, ha ancora 36mila metri cubi residui: «Una valutazione che non ci convince - dice l’assessore provinciale Mara Cernic -, che verificheremo tramite una nostra ricerca. Chiudere la discarica è stata una scelta forte, sulla quale non abbiamo alcuna intenzione di tornare». Trieste e il suo inceneritore L’assessore provinciale triestino Vittorio Zollia non ha di questi problemi: «Produciamo circa 120mila tonnellate di rifiuti l’anno - dice -, che smaltiamo attraverso l’inceneritore di Trieste». L’impianto assorbe in tutto 140mila tonnellate: «Il 10% viene da fuori provincia, il 15 % da fuori regione», dice Zollia. La Provincia di Trieste ha un grosso gestore, Acegas, che copre l’area della città e di alcuni comuni limitrofi, mentre Muggia e San Dorligo hanno preferito fare una gara a sè per la gestione: «La prospettiva del gestore unico è interessante - dice Zollia -, solo che la stessa Regione è ondivaga su questo tema, manca un indirizzo preciso al riguardo». L’unica cosa certa in Regione è che l’intreccio di competenze fra pubblico e privato e la disomogeneità territoriale non aiutano la trasparenza nè la progettazione d’ampio respiro.
Giovanni Tomasin

 

 

Muggia, la Goletta Verde boccia l’acqua del Fugnan
 

Risultato “fortemente inquinato” lo scarico a mare sotto il parcheggio Caliterna Grizon attacca: «Il sindaco intervenga». Nesladek: «Va coinvolta l’AcegasAps»
MUGGIA Allarme per i valori batteriologici rilevati nelle acque muggesane: dalle analisi effettuate presso lo sbocco del canale che passa in prossimità del parcheggio Caliterna è risultato un indice di inquinamento gravissimo. Questi i dati emersi dal monitoraggio di mari, acque interne e falde del Friuli Venezia Giulia effettuato dal laboratorio mobile di Goletta Verde, storica campagna estiva di Legambiente che tutti gli anni vede un piccolo veliero costeggiare la penisola per indagare lo stato di salute delle acque italiane e promuovere pratiche che contrastino fenomeni quali l’inquinamento idrico, la cementificazione delle coste e il trivellamento dei fondali marini. Tra i cinque punti critici rinvenuti in Friuli Venezia Giulia, sono due quelli fortemente inquinati e uno di questi è proprio il canale sotterraneo di Via Manzoni a Muggia, dove scorrono le acque contaminate del rio Fugnan. Un problema già segnalato nel 2002 dall’associazione ambientalista “Ambiente è/e vita” e rimarcato negli ultimi anni a fronte dei risultati di uno studio condotto dal Servizio territoriale e ambientale del Comune di Muggia, secondo i quali la contaminazione del torrente era riconducibile a perdite fognarie consistenti. La conferenza stampa svoltasi a Grado nei giorni scorsi alla presenza di Massimo Serafini, portavoce di Goletta Verde, Edoardo Maricchio, sindaco di Grado, Lino Santoro del comitato scientifico Legambiente Friuli Venezia Giulia, Luisella Milani dell’Osservatorio Alto Adriatico Arpa Fvg e Michele Tonzar, presidente di Legambiente Friuli Venezia Giulia è tornata infatti sull’annosa questione della depurazione, ancora ben lontana dall’essere sanata. «A tal proposito la nostra posizione è chiara, bisogna quanto prima estendere a tutti i cittadini il servizio di rete fognaria e monitorare attentamente l’emergenza foci per ridurre non solo il rischio sanitario, ma anche e soprattutto per continuare a garantire la qualità ecologica del territorio», dichiara Tonzar. L’insufficiente depurazione degli scarichi fognari, situazione che persiste a Muggia così come negli altri Comuni che non si sono ancora conformati alla direttiva europea per il corretto trattamento dei reflui urbani, spiega, ha portato ad una presenza batteriologica nelle acque doppia rispetto al limite consentito dalla normativa. Una quantità di batteri contaminanti nelle acque del rio Fugnan, enterococchi intestinali e escherichia coli, tale da far meritare il giudizio di “sito fortemente inquinato” al Comune muggesano che si è guadagnato anche il primato regionale, insieme alla foce del canale del porto del Villaggio del Pescatore di Duino Aurisina, per l’inquinamento idrico. Immadiata la nota polemica del consigliere comunale del Pdl Claudio Grizon. «Alla luce di questa denuncia di Legambiente - suggerisce Grizon - è il caso che il sindaco assuma i provvedimenti opportuni e avvii lungo il percorso del torrente le indagini necessarie al fine di identificare i responsabili, intimando loro la bonifica o il divieto a far confluire nel torrente ogni tipo di scarico non consentito». Il consigliere del Pdl non manda di evidenziare come «sia curiosa l’attribuzione della “bandiera nera” a Muggia per l’inquinamento del Fugnan proprio dopo cinque anni in cui è sindaco un simpatizzante ed ex dirigente dell’associazione ambientalista notoriamente vicina alla sinistra». Ma poi apre alla collaborazione. «Se il sindaco - continua Grizon - saprà dimostrare tempestività, determinazione e chiarezza d’intenti sarò lieto di sostenere e incoraggiaren l’impegno per risolvere il problema non nuovo degli scarichi del Fugnan». Il sindaco di Muggia Nerio Nesladek, da parte sua, assicura immediate analisi batteriologiche per iniziare gli interventi di risanamento. «A fronte di un’indiscutibile responsabilità del nostro Comune sulla grave situazione emersa - spiega il primo cittadino - voglio ricordare che il monitoraggio sull’inquinamento idrico territoriale fa capo anche ad organi intercomunali deputati come l’Aato (Autorità d’ambito territoriale ottimale) e che la soluzione deve passare attraverso una campagna di rilievi a monte del Fugnan gestita dall’AcegasAps entro le unità dello stesso Ambito territoriale».
Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 15 agosto 2011

 

 

Premolin: «Convenzione con l’Arpa? Non c’è fretta»
 

SAN DORLIGO «Il Comune non ha ancora stipulato una convenzione con l’Arpa perché non c’è alcuna urgenza». Fulvia Premolin, sindaco di San Dorligo della Valle, svela il motivo per cui la centralina per rilevare la qualità dell’aria collocata nella frazione di Mattonaia non sia stata ancora messa in collegamento con l’Arpa. «Potrei stipulare la convenzione anche ogg, ma i dati emersi non sono allarmanti, quindi non c’è alcuna fretta». La centralina è tornata oggetto di discussione in questi giorni a seguito alla notizia che, per tre settimane, le apparecchiature sono rimaste fuori uso e di conseguenza i dati sulla qualità dell’aria non sono stati rilevati. «Su questo argomento ha già risposto in maniera esaustiva il nostro responsabile (il geometra Mitja Lovriha ndr). Da parte mia - prosegue Premolin - posso dire che l’onniscienza appartiene unicamente al divino, anche se non nego l’esistenza di alcune difficoltà». La spiegazione non tarda ad arrivare: «La situazione è critica perché avremmo bisogno di una decina di dipendenti in più, che però non possiamo permetterci di assumere per chiari motivi economici. Mi appello quindi alla Regione affinché possa trovare una soluzione che io sinceramente, anche alla luce dei vincoli imposti dal Patto di stabilità, non riesco però a trovare». Il primo cittadino ha poi voluto replicare alle parole del capogruppo consiliare del Pdl Roberto Drozina il quale aveva attaccato l’amministrazione comunale, accusandola di nutrire un disinteresse pressoché totale verso la salute di alcuni suoi cittadini. «È ovvio che è mio preciso compito interessarmi dei nostri residenti, quindi rimando al mittente queste accuse». Resta il fatto che, per ora, la convenzione con l’Arpa non si farà. E i dati della qualità dell’aria di Mattonaia e delle frazioni limitrofe, nonostante oltre 650 firme di residenti preoccupati (e arrabbiati), non saranno seriamente monitorati da un tecnico competente.

Riccardo Tosques
 

 

La "Goletta" rilancia Marina Julia
 

«Centoventi lettini già prenotati entro mezzogiorno: sì, direi che finalmente di lavora bene». È soddisfatto Roberto Lacalamita, concessionario dello stabilimento “Number one” di Marina Julia: la stagione ha iniziato a ingranare appena ad agosto ma quest’anno, col maltempo che non ha mai allentato la morsa sul Belpaese, ci si consola anche così. «Oggi (ieri per chi legge) la spiaggia è full - prosegue - ci sono molti bagnanti italiani ma anche parecchi turisti da fuori, in particolare sloveni. Il mare è pulito e il servizio garantito: speriamo che anche a Ferragosto si possa bissare l’afflusso registrato nel week-end». In fondo, basterebbe così poco per far decollare Marina Julia: un significativo ripascimento, una maggior cura nella pulizia delle alghe e dei rifiuti che inevitabilmente si accumulano sull’arenile e una riqualificazione dei chioschi, la cui fisionomia ormai tradisce l’età (ormai matura) delle strutture. Ferragosto salva-stagione. Marina Julia in recupero dopo il disastroso periodo di luglio, caratterizzato da maltempo e una buona dose di polemiche, che ha messo in ginocchio i gestori degli stabilimenti balneari. L’orda dei turisti low cost attratti dalle spiagge cittadine, praticamente a zero esborso (non c’è ticket per il parcheggio, non si paga un biglietto di ingresso, il tariffario per lettini e attrezzature a nolo è tra i più bassi in Regione), è calata nel rione balneare di Monfalcone. Pienone nei campeggi dell’“Albatros”, dove si registra il tutto esaurito, e arenile foderato di ombrelloni: la settimana che ha preceduto il fatidico 15 agosto, culmine delle vacanze, ha registrato intenso lavoro in ogni settore. Dalle attività commerciali a quelle ricettive, passando attraverso i servizi. Tempo permettendo - le previsioni indicano per buona parte della giornata un cielo parzialmente coperto con tendenza ad ampie schiarite pomeridiane -, oggi è atteso il boom, quando a Marina Julia, complice la festività, si aggiungeranno ai turisti stranieri anche i cittadini dediti alla tintarella che non possono permettersi una gita fuori porta. Il picnic in spiaggia, del resto, è un classico del periodo ferragostano, al pari della partita a racchettoni in riva al mare e della fetta d’anguria da estrarre dalla borsa frigo e addentare sotto l’ombrellone. Buone nuove anche sul fronte della balneabilità. Il viaggio della Goletta Verde, che nei giorni scorsi ha reso noti i risultati dal monitoraggio scientifico compiuto dalla popolare campagna itinerante di Legambiente, ha riscontrato esiti positivi per Marina Julia. Eccezion fatta per il singolo episodio di inquinamento riportato anche dalla cronaca locale a metà giugno e durato il breve volgere di un fine settimana, la qualità delle acque, sotto il profilo dell’apporto del carico batterico che giunge in mare da fiumi e scarichi, è risultata buona. Ogni estate, infatti, la Goletta solca il mare italiano per monitorarne lo stato ti salute. Come si diceva, pienone in spiaggia e ottimi afflussi, almeno nella prima quindicina di agosto: il dato è confermato anche dall’“Albatros”, il villaggio turistico di via Giarrette. «Si registra il tutto esaurito - spiega lo staff interno - non c’è più posto per nuovi arrivi. Il target è quello delle famiglie, spesso giovani ma non solo, con bambini. Ci sono molti clienti italiani, ma anche diversi gruppi di austriaci, tedeschi, olandesi e perfino qualche ungherese e cecoslovacco. Stiamo lavorando bene e ci riteniamo soddisfatti». Affari anche per i titolari di esercizi pubblici e negozi presenti nel rione balneare, che hanno beneficiato durante il fine settimana dell’arrivo dei vacanzieri. Invece sul piede di guerra gli i gestori di alimentari, costretti oggi, nella giornata festiva, a tenere la saracinesca abbassata a causa delle direttive imposte dalla normativa regionale sul commercio. Una ghiotta opportunità di battere scontrini a go-go andata in fumo.

Tiziana Carpinelli

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 14 agosto 2011

 

 

Mare a prova di tuffi in tutta la regione
 

GRADO. Pur contando una popolazione di circa 8.700 abitanti, Grado ha un depuratore con una capienza per 80.000 persone che è un punto di forza dell’Isola del Sole. Fino a oggi ha sempre funzionato bene, ma negli anni sono cambiate le disposizioni legislative e i macchinari stanno divenendo obsoleti. Per ovviare a questo problema, il Comune di Grado, già da alcuni anni, ha pensato – e i lavori sono già iniziati - a una sua completa trasformazione che verrà a costare oltre 5 milioni di euro. Sono inoltre scattate alcune iniziative per il potenziamento della raccolta differenziata. «A Grado – ha detto, visibilmente soddisfatto, il sindaco Edoardo Maricchio (foto) dopo aver appreso i dati di Goletta Verde – bisogna continuare su queste strade continuando a sollecitare tutti ad adeguarsi». La notizia più attesa e importante è che tutte le acque di balneazione del Friuli Venezia Giulia non sono inquinate. Bagni splendidi e perfetti per tutti. Lo confermano le dichiarazioni dei tecnici di Goletta Verde resi noti ieri mattina nella sala consiliare del Comune di Grado e pure quelli dell’Arpa della provincia di Gorizia, che ha effettuato prelievi e analisi anche la scorsa settimana. Il tecnico dell’Arpa, Luisella Milone, ha altresì precisato che per i mari della provincia di Gorizia, tranne un caso saltuario registrato a giugno per fatti contingenti a Panzano peraltro prontamente rientrato, tutti gli esami di quest’anno sono perfetti. Parlando di tutta la Regione vi sono tuttavia cinque punti critici, è bene ribadire non in zone balneabili, rilevati dalla Goletta Verde di Legambiente che risultano inquinati o fortemente inquinati che potrebbero (non al momento, data la perfetta balneabilità) causare problemi anche in altre zone costiere della Regione. Sotto accusa di Goletta Verde ci sono in particolar modo lo sbocco di un canale sotterraneo in via Manzoni a Muggia, all’altezza del parcheggio sotterraneo e la foce del canale del porto del Villaggio del pescatore di Duino, entrambi fortemente inquinati, cioè con valori batteriologici doppi rispetto ai parametri consentiti per legge che per il portavoce di Goletta Verde, Massimo Serafini, sono comunque troppo tolleranti. Inquinati con valori della metà di quelli dei due punti della provincia di Trieste ci sono inoltre la foce dell’Isonzo - Casoni di Punta Sdobba (Grado), la foce dell’Aussa Corno (in fondo a via Fermi in comune di San Giorgio di Nogaro e la Foce dello Stella (Sterpo del Moro) nel comune di Precenicco. Dati quelli riscontrati quest’anno, come ha detto Michele Tonzar di Legambiente del Friuli Venezia Giulia, che non differiscono troppo da quelli del 2010. «La nostra posizione è chiara – ha detto Tonzar -, bisogna quanto prima estendere a tutti i cittadini il servizio di rete fognaria e monitorare attentamente l’emergenza foci. Frenare le colate di cemento nei comuni costieri e dare un futuro al turismo sostenibile della nostra regione». «Bisogna invertire la tendenza che vede nella quantità la chiave dello sviluppo, vogliamo invece puntare sulla qualità e sulla tutela del territorio». Tonzar ha poi fatto riferimento specifico al problema di Nova Gorica dove è indispensabile il depuratore e di Gorizia dove è necessario completare e adeguare la rete fognaria. Entrambe le città sono attraversate dall’Isonzo che sfocia in Adriatico. Secondo Legambiente, nel 2010, lungo le coste del Friuli Venezia Giulia ci sono state 306 infrazioni ai danni del mare e dei litorali, praticamente 2,7 violazioni per chilometro quadrato di costa contro una media nazionale di 1,6.

Antonio Boemo

 

 

Abolito il Sistri Wwf: è un falso risparmio
 

ROMA Per raggranellare altri soldi da aggiungere alla manovra, il governo ha stabilito di abolire il Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, senza entrare nel merito della cifra che si andrà così a risparmiare, spiega però che questa cancellazione «rappresenterà una forte semplificazione della vita dell’impresa» e sottolinea che «era una misura non voluta dagli artigiani e da tante imprese». Il Sistri, creato nel 2009 e fortemente voluto dal ministro per l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, era una misura finalizzata a contrastare il traffico illecito di immondizia, e rientrava nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della Pubblica amministrazione per permettere l’informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania. Ora, la sua cancellazione fa infuriare le associazioni ambientaliste e anche la Prestigiacomo. Dura la critica del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. «È un innegabile regalo alle ecomafie» sentenzia il procuratore, identiche le parole usate ieri dal ministro dell’Ambiente. «Il Sistri - continua Grasso - introdotto e mai entrato in vigore, era un mezzo utile per registrare i movimenti dei rifiuti, peraltro previsto dalla legislazione comunitaria, che poteva evitare gli abusi del sistema cartaceo». Per il Wwf l’abolizione del Sistri «è un falso risparmio» e «al di là di ogni riduzione di spesa - aggiunge l’associazione -, sembra il ministro non si renda conto che dietro lo smaltimento illegale dei rifiuti c’è un gravissimo profilo di danno ambientale». Legambiente parla di «un’occasione persa» e di un «vergognoso sperpero di denaro pubblico per la realizzazione di un discusso sistema che viene cancellato dallo stesso governo che lo ha creato».

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 13 agosto 2011

 

 

Cinghiali, chilometri di reti a protezione delle vigne
 

Cinghiali e vigne, cuccioli e mamme, femmine e giovani, fucili spianati, reti di contenimento, dissuasori elettrici. Ma anche un buffetto alla guancia di chi ha doverosamente informato i cittadini di un piano, non ancora attuato, di contenimento dei cinghiali a suon di schioppettate. Un titolo del Piccolo ieri nel corso della conferenza stampa di cui riferiamo nel testo a fianco, è finito nel mirino dei vertici della Provincia, quasi fosse un cinghiale entrato in una preziosa vigna. E diciamo pure che chi guida la Provincia ha dunque sbagliato la mira per ben due volte: la prima annunciando con toni improvvidi la propria strategia anti-cinghiali; la seconda sostenendo che a spararla grossa è stato chi, invece, si è limitato a fare il proprio mestiere. Capita pure a noi di sbagliare, ma non stavolta. Chilometri e chilometri di rete saldata con annessi dissuasori elettrici, installati a protezione delle vigne, del traffico sulle strade ma anche della sicurezza dei cittadini, messa a dura prova dalla massiccia presenza di un migliaio di cinghiali insediati nelle aree boscate suburbane. Costo circa ventimila euro. Di questa iniziativa del tutto nuova non solo per il nostro territorio, ha dato notizia ieri la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat. Lo ha fatto in un conferenza - stampa a cui ha partecipato anche il vicepresidente Igor Dolenc, assessore all’agricoltura, fauna e flora, di recente coinvolto in una polemica al color rosso sui metodi adottati per “contenere” le incursioni dei cinghiali e per limitare i danni alle vigne e agli orti. Polemica al coloro rosso perché Dolenc aveva parlato di un altro genere di ”dissuasione”, effettuato a colpi di fucile esplosi contro femmine e giovani. Lo scorso anno le guardie con i fucili a canna rigata acquistati dalla Provincia hanno ucciso cento esemplari. Altri 449 cinghiali sono stati invece abbattuti dai cacciatori nell’ambito del Piano venatorio disposto dalla Regione. «L’azione della Provincia sull’emergenza cinghiali - ha affermato la Presidente -, guarda in modo prioritario alla tutela della sicurezza dei cittadini e alla loro incolumità. La nostra politica privilegia la prevenzione, con l’installazione progressiva di dissuasori elettrici e di reti. In questo modo potremo ridurre nel tempo le risorse attualmente destinate al risarcimento dei danni causati da questi animali». Sono state fornite alcune cifre: nel 2010, 180 mila euro sono stati spesi per risarcire i danni e per pagare le uscite e gli “straordinari” delle guardie che hanno soppresso cento cinghiali, ritenuti pericolosi o dannosi. «Uccidendone uno, sono riuscito ad allontanarne definitivamente trenta che avevano preso di mira una vigna. I cinghiali hanno capito che quell’area era tutt’altro che tranquilla e hanno scelto di andarsene per limitare i rischi», ha spiegato Maurizio Rozza che ha avuto il compito negli scorsi anni di gestire direttamente gli abbattimenti. Ieri era presente al tavolo della conferenza. Secondo il vertice dell’Amministrazione provinciale «vanno contenuti i danni «e per raggiungere questo scopo evidente collegato anche al numero dei cinghiali presenti nel territorio, sarà organizzata una giornata di studio dove si confronteranno diverse esperienze e ricerche sul campo. Siamo pronti ed aperti a dialogare con tutti. Sarà importante sentire il parere degli etologi, dei veterinari, di chi si sta confrontando con analoghe situazioni in altre parti del Paese, ad esempio in Toscana», ha sostenuto la presidente Bassa Poropat. In questo ambito - ha confermato Igor Dolenc - sei sono le linee di azione: l’informazione, il monitoraggio della specie, la prevenzione, il controllo numerico, il monitoraggio sanitario, l’indennizzo dei danni. Dunque porte aperte, giornate di studi, reti metalliche, dissuasori elettrici e sonori, congiunti a una limitazione delle uccisioni a quelle assolutamente indispensabili. Se nel 2010 gli abbattimenti sono stati cento, nel 2011 dovranno significativamente ridursi. Nessuna “delega” sarà assegnata ai cacciatori che non parteciperanno in alcun modo al piano di “contenimento” delle incursioni dei cinghiali. Nel 2010 la Provincia ha speso 3000 euro per far incenerire le carcasse dei cinghiali uccisi.

Claudio Ernè

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 12 agosto 2011

 

 

Prg, il nostro allarme non è "terrorismo" - L'intervento di Dario Predonzan e Lucia Sirocco*
 

Siamo terroristi, magari inconsapevoli? Il dubbio ci è sorto leggendo le dichiarazioni del sindaco sul Piccolo. A proposito degli allarmi di chi paventa lo scatenarsi di cementificazioni dopo il 6 agosto (quando tornerà in vigore la variante 66 al piano regolatore e potranno essere approvati i progetti edilizi a questa conformi), Cosolini dichiara infatti che: “il 90% di questi timori sono atto di terrorismo”. Avendo contribuito, con altri ambientalisti, a lanciare l’allarme per quanto potrà succedere con il ritorno alla 66, ci sentiamo chiamati in causa. Prima che la DIGOS faccia irruzione nelle nostre case, alla ricerca di materiale compromettente ed eventuali corpi del reato, nutriamo una flebile speranza nel fatto che forse il sindaco intendesse collocarci nel 10% dei timori che non sarebbero atto di terrorismo (e che quindi parrebbero fondati, anche per Cosolini) e proviamo, tuttavia, a chiarire comunque la nostra posizione, per evitare spiacevoli fraintendimenti da parte di altri. L’allarme che lanciammo, peraltro già molti mesi fa, si fonda infatti su alcuni dati di fatto facili da verificare: la variante 66 (nota come Illy-Portoghesi-Cervesi), rispetto alla successiva 118 ormai affossata e le cui norme di salvaguardia scadranno appunto il 6 agosto, considera edificabili oltre 1 milione di metri quadrati di aree verdi, per una potenzialità di quasi 1 milione 600 mila metri cubi. Secondo una relazione degli uffici comunali inviata al sindaco Dipiazza il 9 dicembre 2010 erano una trentina i progetti, per circa 34 mila metri cubi, pronti ad ottenere i permessi di costruire alla scadenza delle salvaguardie; a questi risulta se ne sia aggiunto di recente almeno un altro, per circa 20 mila metri cubi. Secondo il sindaco nella “finestra” di circa 45 giorni, tra la scadenza delle salvaguardie della 118 e l’entrata in vigore di quelle nuove, connesse alle direttive per il nuovo piano regolatore annunciato, pochi progetti potranno completare l’iter autorizzativo. Da ciò l’accusa di terrorismo agli allarmisti. Però una “finestra” già ci fu, tra la fine di luglio (quando scaddero le salvaguardie imposte con le direttive della variante 118) e il 6 agosto 2009 (quando scattarono quelle legate all’adozione della variante): fu di soli 9 giorni, ma bastò per far approvare – dati dichiarati da Cosolini – una cinquantina di progetti per circa 50 mila metri cubi. E’ terrorismo ipotizzare che in 45 giorni, ma magari saranno un po’ di più, possano esserne approvati diciamo un paio di centinaia? Da diversi giorni attendiamo un elenco aggiornato, dal quale si possa capire soprattutto l’entità e dove siano collocati i progetti il cui iter ripartirà il 7 agosto. Certo, non ogni intervento edilizio è per definizione devastante. Di qui la doverosa attenzione della Soprintendenza alle autorizzazioni (che precedono i permessi di costruire) per le opere che ricadono nelle zone di vincolo paesaggistico, cioè essenzialmente il Carso e la fascia costiera. E’ vero – come dice Cosolini - che le norme prevedono solo l’emissione di pareri, da parte del Comune e della Soprintendenza, ma si tratta di pareri decisivi, per il rilascio o il diniego dell’autorizzazione e quindi per consentire o negare la trasformazione (che non di rado equivale a distruzione o degrado) delle aree di pregio. Il Comune può, se vuole, fare molto in questo campo, come abbiamo già scritto al sindaco e ai consiglieri comunali: per esempio la Commissione paesaggistica, che rilascia i pareri sui progetti e che è scaduta con il precedente Consiglio comunale, ad oltre due mesi dalle elezioni ancora non è stata rinnovata. Il Comune che, con la trasmissione via web delle sedute del Consiglio Comunale ha dato prova di trasparenza ed un importante incipit ad un percorso partecipato agli atti dell’Amministrazione, potrebbe divulgare tramite internet (cosa che fanno regolarmente altri enti pubblici) gli elaborati dei progetti presentati per il rilascio delle autorizzazioni, affinché chiunque possa collaborare con gli uffici e la Commissione di cui sopra - sperabilmente rinnovata inserendo qualificati esperti di paesaggio - nell’analisi e nella valutazione. Sarebbero “riforme a costo zero”, ma di grande impatto per salvaguardare almeno il patrimonio paesaggistico vincolato dagli effetti di un pericoloso morbus aedificandi.

*Dario Predonzan - Responsabile urbanistica Wwf

*Lucia Sirocco - Responsabile urbanistica Legambiente

 

 

Muggia, a Chiampore una sola antenna radio-tv
 

Numerosi gli interventi di consiglieri, non solo dell’opposizione, ma della giunta stessa: una discussione animata quella sullo schema di convenzione per le antenne radiotelevisive di Chiampore, percorsa da dubbi, richieste di delucidazioni e proposte di emendamenti. «Portare all’attenzione del consiglio un documento che non fosse blindato ma passibile di modifiche è stata una precisa volontà, non una carenza - spiega Fabio Longo, assessore all’Ambiente - e dimostra l’apertura dell’amministrazione alle proposte altrui e la volontà di collaborazione laddove le richieste siano accoglibili».

MUGGIA L’inquinamento elettromagnetico a Chiampore, che da vent’anni preoccupa i residenti, sarà definitivamente sanato nel giro di un anno. A prevedere l’intervento è lo schema di convenzione “per la realizzazione di nuovi impianti di telecomunicazione e la demolizione di uno o più tralicci in area Chiampore”, approvato ieri all’unanimità dal consiglio comunale. Il documento, di cui è stata votata anche l’immediata esecutività, è stato portato in aula dall’assessore all’Ambiente Fabio Longo e regola, adesso e in futuro, i rapporti tra il Comune e il soggetto realizzatore dei nuovi impianti (la Dcp Telecomunicazioni di Povegliano). La convenzione riporta, epr la prima volta, nero su bianco, la demolizione integrale dei tre tralicci abusivi che causano un alto tasso di emissioni elettromagnetiche, abbattimento che avrà come effetto la riduzione dell’80% degli sforamenti inquinanti. Contestualmente, così da garantire il servizio radiotelevisivo, è prevista la costruzione del nuovo ripetitore, adeguato alle norme, con quante più emittenti possibili collocate sulla medesima struttura, installata in sicurezza e lontano dalle abitazioni. Soddisfatto il sindaco Nesladek per la delibera «che nessuna amministrazione precedente è riuscita ad elaborare con tali caratteristiche e tutele». Infatti, a garanzia del completo e puntuale adempimento degli obblighi (demolizioni dei tre tralicci e asporto delle strutture) da parte dell’azienda incaricata dei lavori, la già citata Dcp Telecomunicazioni, sono state stipulate tre polizze fideiussorie «per un importo adeguato all’intervento così come quantificato dagli uffici competenti», ossia pari alla stima che sarà effettuata per ciascuno per tre tralicci. Questa previsione è stata introdotta con un emendamento, portato dal sindaco Nesladek su indicazione dei consiglieri, che cancella la precedente richiesta di fideiussione, calcolata in 25 mila euro per ciascuna demolizione, e prevede invece una valutazione differente per ogni intervento. La delibera approvata ieri segna un notevole passo avanti verso l’abbattimento dell’inquinamento elettromagnetico nel rione di Chiampore, da anni costretto a combattere con un grave rischio sanitario e con l’inevitabile svalutazione degli immobili della frazione, dovuta anche al “disagio” urbanistico e paesaggistico causato dai tralicci. Il consigliere di Un’altra Muggia, Ferdinando Parlato, sottolinea come l’approvazione del documento metta fine a vent’anni di attesa, mentre il consigliere Coslovich (Federazione della sinistra) assicura un sollecito impegno sul posto, «per rendere note ai residenti le nuove disposizioni».

Vanessa Maggi

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 11 agosto 2011

 

 

Rigassificatore, Prestigiacomo anticipa il sì della commissione
 

La ministra Stefania Prestigiacomo annuncia tramite il Piccolo di domenica 24 luglio 2011 che “la commissione ministeriale per la Valutazione d’impatto ambientale ha dato parere favorevole al progetto del rigassificatore off-shore nel golfo di Trieste e al gasdotto sottomarino Trieste Grado con prolungamento sotterraneo fino a Villesse”. La notizia ha preoccupato la comunità per le ricadute transfrontaliere sull’ambiente e per i costi che tutti dovranno pagare in questa corsa per imporre un altro rigassificatore a una popolazione poco informata, con poco rispetto per le normative comunitarie. L’analogo impianto offshore, già esistente a Porto Viro (Rovigo), è sotto inchiesta perché la tecnica di rigassificazione ad acqua di mare (prevista anche per l’impianto nel golfo di Trieste) risulta dannosa per l’ecosistema marino a causa della continua risospensione del sedimento. Poiché le condizioni per questo rigassificatore sono le stesse dell’impianto di Zaule, ovvero il profitto è garantito anche se non arriva gas all’impianto, l’operazione si spiega soltanto come un investimento a ritorno sicuro. Un’operazione politico finanziaria con nessun vantaggio per i cittadini del Friuli Venezia Giulia. Navi che rigassificano direttamente on board, come la flotta di Excelerate Energy, almeno non implicherebbero impianti fissi e quindi non vi sarebbero remunerazioni per i gestori pagate dai contribuenti. Per rigassificare le navi di EE utilizzano, su fondali profondi, l’acqua marina, ma su bassi fondali sono implementati sistemi a ciclo chiuso con scambiatori di calore che funzionano con motori ausiliari diesel o a gas naturale. Nel giugno 2008 la commissione VIA del ministero dell’Ambiente aveva espresso parere favorevole con prescrizioni al primo studio d’impatto ambientale del rigassificatore onshore di Zaule della GasNatural Fenosa, integrato da altri due pareri nel marzo e luglio 2009, l’iter si era concluso con il decreto finale dei ministri dell’ambiente e dei beni culturali (17 luglio 2009). Sul progetto del terminale offshore di Endesa - il cui processo di VIA era iniziato un mese prima dell’altro della Gas Natural Fenosa - la commissione non si è era ancora espressa fino all’annuncio della Prestigiacomo. Dopo la presentazione della documentazione necessaria all’autorizzazione unica dovrebbe essere convocata la conferenza dei servizi, coordinata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, a cui competerà decidere se autorizzare o meno la realizzazione degli impianti. Endesa, società spagnola del settore elettrico, del gas e delle acque, è fondata dall’Istituto nazionale dell’industria spagnolo il 18 novembre 1944 con il nome di Empresa Nacional de Electricidad. In Italia Endesa, in consorzio con la municipalizzata bresciana Asm Brescia ( in seguito A2A), acquisisce nel settembre 2001 GenCo 2 - Elettrogen. Nel settembre del 2005 Gas Natural Fenosa (nota multinazionale spagnola allora grande poco più della metà di Endesa) lancia un’Opa (offerta pubblica di acquisto) ostile su Endesa. Il 21 febbraio 2006 Endesa riceve una contro Opa amichevole da E.ON, importante società tedesca del settore energetico. Però il 30 luglio 2007 la cordata formata da Enel e dalla spagnola Acciona acquisisce la multinazionale Endesa. Il 20 febbraio 2009 Enel porta la sua partecipazione in Endesa al 92,06% rilevando per 11,1 miliardi di euro il 25,01% di Acciona. Con un accordo con Enel del marzo 2008 E.ON diventa il maggior azionista (80%) di Endesa Italia - ereditando così il progetto di rigassificatore offshore Alpi Adriatico al largo di Grado - e acquisisce in seguito il 20% di A2A (che in cambio diventa azienda leader di vari impianti energetici in Italia fra cui la centrale termoelettrica di Monfalcone). Come dichiara Tullio Fanelli nella rivista “Quale Energia” bimestrale di Legambiente di aprile/maggio scorso, in Italia il mercato del gas è gestito monopolisticamente. Eni controlla praticamente il 60%, poco meno del rimanente 40% degli approvvigionamenti è di operatori come Enel, Edison e Sorgenia. Una situazione molto lontana dallo spirito del decreto Bersani del 1999 sulla liberalizzazione del mercato dell’energia.

* Legambiente Trieste

 

 

Fumi emessi dalla Ferriera Cosolini "diffida" Lucchini
 

Una lettera di intimazione alla Lucchini sulla corretta conduzione degli impianti. Una lettera alla Regione affinché si torni a riprogrammare la riconversione industriale e la riqualificazione ambientale del sito. Il sindaco Cosolini ha preso ieri due posizioni ufficiali sulla Ferriera di Servola, a ridosso dell’incidente accaduto nell’altoforno nei giorni scorsi. L’avviso, che segue di pochi giorni una comunicazione ufficiale inviata dall’assessore all’Ambiente, Umberto Laureni, fa specifico riferimento al ruolo del Comune: «Massima attenzione dell’amministrazione comunale nei confronti di ogni situazione di inquinamento industriale e ciò con la precisa volontà di essere il primo garante della salute dei cittadini». «Va fatta chiarezza - scrive Cosolini nella lettera - anche sulle emissioni di polvere e gas che hanno interessato il rione di Servola tra il pomeriggio del 3 e la mattina del 4 agosto». Laureni aveva ufficialmente chiesto all’azienda «non solo di spiegare che cosa è successo, quando avviene un guasto agli impianti, ma anche che cosa si fa per rimediare e impedire che il fatto si ripeta». Secondo Laureni «è evidente che la situazione non è perfettamente sotto controllo, chiediamo che in Ferriera si faccia tutto il possibile, anche nel campo della formazione e informazione degli addetti, perché gli impianti siano governati al meglio. Parlando - conclude Laureni - con sindacati, cittadini, ambientalisti ci si rende conto di questa doppia disperazione, da un lato i cittadini disturbati e dall’altro gli operai in bilico per il posto di lavoro». Da qui il doppio intervento del sindaco, anche se non siamo ancora al livello di una formale diffida. Cosolini ha mandato contestuale lettera al presidente della Regione Renzo Tondo e all’assessore alle Attività produttive Federica Seganti «per chiedere la rapida riconvocazione del tavolo regionale sulla Ferriera di Servola, che affronti il tema della riconversione industriale e la riqualificazione ambientale del sito, con l’obiettivo di definire un effettivo piano strategico con relativo cronoprogramma che, con l’apporto di tutte le componenti istituzionali, compreso il governo nazionale, e quelle imprenditoriali e sociali, affronti il tema della riconversione industriale e della riconversione del sito». Un «tavolo» che sembrava essere nato come veramente operativo, e che sarebbe dovuto sfociare in un accordo col governo per ottenere anche finanziamenti per guidare l’operazione «trasformativa». Nulla è diventato concreto. Tra le giustificazioni della Regione il fatto che è impossibile avviare percorsi di formazione degli operai mentre non si è in grado di dire dove potrebbero trovare nuova occupazione. Dunque uno stallo completo. E come ben si sa adesso è sulle spine il gruppo stesso della Lucchini, perché l’aggiustamento del maxidebito con le banche che sembrava cosa fatta incontra serie difficoltà a diventare operativo e a garantire dunque liquidità

Gabriella Ziani

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 10 agosto 2011

 

Trieste, troppi cinghiali La Provincia propone di abbattere i cuccioli
 

TRIESTE I cinghiali sul Carso triestino sono circa 1300, 2709 quelli che popolano l'intera regione. Dieci anni fa nella nostra provincia ne erano stati censiti approssimativamente 500. Una crescita esponenziale che obbliga Palazzo Galatti a mettere a punto un «piano per la riduzione dei danni da cinghiale». E oltre agli abbattimenti e al monitoraggio sono al vaglio altre misure: l'apertura di un laboratorio delle carni di cinghiale accanto al macello di Prosecco, l'ampliamento degli orari di caccia, l'ipotesi di abbattere anche esemplari femmine e cuccioli e dei corsi di aggiornamento per gli stessi cacciatori. Nel 2010 nella nostra provincia sono stati abbattuti 549 capi: 449 dai cacciatori e 100 in deroga dai guardiacaccia. Altri 35 sono rimasti vittime di incidenti stradali. «Non mangio selvaggina, non sono cacciatore - premette Igor Dolenc, vicepresidente della Provincia con delega a Agricoltura, Fauna e Flora - nessuno ha intenzione di sterminare questi animali, l'esigenza è quella di ritrovare un equilibrio». L'ente prevede un monitoraggio costante che definisca fertilità, mobilità e entità dei danni causati dai cinghiali. «Solo a quel punto sarà possibile stabilire quale tipologia di animale sia meglio abbattere - precisa - probabilmente servirà intervenire sulle scrofe e sui giovani». A giorni l'Ispra fornirà a palazzo Galatti il numero di quanti capi sarà possibile abbattere. Attualmente è possibile cacciare due ore prima e due ore dopo il tramonto. «I cinghiali sono così intelligenti da aver ormai capito i momenti della giornata in cui si aggirano i cacciatori - sostiene Dolenc - in quelle ore stanno fermi, non si spostano. Per questo meditiamo di chiedere un ampliamento dell'orario in cui è possibile cacciare». Le carcasse dei capi abbattuti nel corso del 2010 sono state portate all'inceneritore. Ora la Provincia punta a recuperare quella carne e ad ottimizzarne l'utilizzo. Accanto al macello di Prosecco, grazie ad un contributo della Regione già garantito dall'assessore Violino, verrà realizzato un laboratorio dedicato esclusivamente alla lavorazione delle carni di selvaggina di grandi dimensioni. Una struttura che entrerebbe nel circuito di monitoraggio delle patologie faunistiche e dotata di due celle frigorifere: una per la conservazione dei cinghiali abbattuti e l'altra per la carne già lavorata. Che fine farà la carne? La lavorazione della carne dei cinghiali verrà dato in appalto ad un'azienda privata. Ogni capo produce in media 40 chili di carne. «La proposta che è già stata illustrata anche al tavolo verde - spiega Dolenc - prevede che una parte dei prodotti realizzati vengano commercializzati da un'azienda con la quale abbiamo già avviato dei contatti. Un'altra parte della carne va ceduta a prezzo agevolato ad agriturismi, ristoranti e osmizze della zona». Gli utili provenienti della vendita della carne dei cinghiali triestini andranno a coprire le spese per l'installazione di dissuasori a bordo strada, di reti di protezione metalliche o elettriche per proteggere i raccolti e per provvedere al foraggiamento dei cinghiali in luoghi lontani dai centri abitati.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 9 agosto 2011

 

Muggia, a Chiampore un?antenna di 30 metri
 

MUGGIA Un traliccio nuovo di zecca, alto all’incirca 30 metri, da posizionare in uno spazio verde, lontano un centinaio di metri dalle abitazioni, sito tra Chiampore e San Floriano Ligon. Potrebbe essere l’ennesima imposizione dall’alto sulla testa dei residenti di un’area nella quale negli anni le antenne radiotelevisive sono già spuntate (peraltro in modo imbarazzante) come funghi. In realtà il nuovo “mostro” potrà essere considerato a tutti gli effetti come un ottimo palliativo. L’infrastruttura infatti - che secondo le prime stime fatte dall’amministrazione sorgerà entro la fine della prossima estate - comporterà automaticamente due eventi fondamentali: l’abbattimento di altri tre tralicci, più piccoli (e quindi più insidiosi per la salute dei cittadini), siti vicini alle abitazioni, e la cancellazione dell’80% degli sforamenti legati all’inquinamento elettromagnetico. Soddisfatto, seppur con un minimo di riserva, l’assessore all’Ambiente di Muggia Fabio Longo. «Partendo dal fatto che questa antenna giunge da un silenzio-assenso frutto di una vecchia decisione della Conferenza dei servizi della quale io non potevo ancora far parte, devo dire il traliccio in questione sarà di fatto la soluzione migliore per i residenti». I lavori di costruzione del ripetitore, che precederanno l’abbattimento dei tre tralicci in modo tale da garantire il servizio delle emittenti, rientrano nello “schema di convenzione per la costruzione di impianti radiotelevisivi”, la cui approvazione definitiva, a meno di clamorosi colpi di scena, giungerà dopodomani all’interno della seduta straordinaria del Consiglio comunale di Muggia. Nel documento che verrà votato dal Consiglio, l’amministrazione Nesladek ha ben pensato di tutelarsi con la Dcp Telecomunicazioni di Povegliano (Treviso), l’azienda incaricata dei lavori, per quanto riguarda «la garanzia delle demolizioni» dei tre tralicci. Complessivamente la Dcp dovrà presentare una garanzia fidejussione di 25 mila euro per ciascuna demolizione. «Credo sia il minimo - spiega Longo - anche se sono convinto che ora bisogna concentrarsi sulla prossima Conferenza dei Servizi che determinerà l’abbattimento futuro delle antenne che stanno provocando il restante 20% degli sforamenti».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 8 agosto 2011

 

«Differenziata a Melara? Rifiuti gettati dalla finestra»
 

La tecnica della raccolta differenziata porta a porta che il Comune di Trieste valuta di introdurre nei grandi comprensori residenziali della nostra città, prevede il periodico ritiro dei rifiuti presso il domicilio dell’utenza. Contestualmente all’avvio del sistema porta a porta dovrebbero venir rimossi dalle strade di tutta l’area interessata i cassonetti per i rifiuti indifferenziati. Questo sistema è il più funzionale per incrementare la percentuale di rifiuti destinati al riciclaggio. Un cambiamento non indifferente per i triestini. Intensificare la diversificazione dei rifiuti - per legge entro fine 2012 dovrà arrivare al 65%, mentre oggi è appena al 21% -, costituisce infatti lo spunto per rivedere e ricalibrare l'intero servizio di raccolta e smaltimento.

Sabato mattina, ore 11.30. Da poche ore, come ogni venerdì notte, i mezzi di AcegasAps hanno svuotato i cassonetti della spazzatura. Eppure le due isole ecologiche sistemate in via Pasteur, la via che taglia in due l’imponente quadrilatero di Melara, sono già ridotte a una discarica: si butta di tutto e ovunque. Introdurre qui la raccolta differenziata porta a porta - come ventilato dal sindaco Roberto Cosolini - sarà una bella sfida. Forse l’unico modo per indirizzare una parte di chi abita queste case alla civiltà in materia di rifiuti. Lì che il bottino sia giallo, verde, azzurro o grigio non fa differenza: dove c’è spazio si getta o, per fare prima, si lascia direttamente a terra. Televisori, valige, latte di olio, cassette di plastica, antiscivolo per doccia fanno bella mostra di sé vicino al parcheggio. E c’è pure chi abbandona sacchetti di immondizie nel giardino e tra i cespugli che circondano il grande complesso che domina Rozzol. Per non parlare dei carrelli della spesa disseminati ovunque. «Qui è come lottare contro i mulini a vento - avverte Marta Serdi, una residente - c’è pure chi butta i sacchetti di spazzatura dalla finestra». Il rischio è che la buona volontà di alcuni venga vanificata dall’inciviltà di altri. Basta dare un’occhiata al contenitore per il vetro sistemato all’inizio di via Pasteur: sacchetti, scatolette con il resto del cibo per gatti, bucce di patate. La zona è ben attrezzata di isole ecologiche: 4 sono sistemate sulla via Forlanini e 2 su via Marchesetti all’altezza del Quadrilatero, 2 al centro sulla via Pasteur. Non si può dire la stessa cosa per il servizio di raccolta che serve uno degli altri agglomerati residenziali popolari della città: il “Vaticano” di San Giacomo. Per gettare i loro rifiuti i residenti possono servirsi di un’unica isola ecologica sistemata proprio davanti al vecchio portone d’entrata che dà su via dell’Istria. Nelle vie Petiti di Roreto e di Rivalto non c’è traccia. Sabato sera i raccoglitori della carta, della plastica e del vetro erano completamente vuoti. Tutto era finito indiscriminatamente nel bottino grigio: cartoni, bottiglie di plastica e di vetro, montagne di giornali... «Perché da noi il porta a porta? - si chiede Adamo Gambino - Qui vive gente civile, mica dei maiali, probabilmente l’alta concentrazione di italiani e di stranieri fa si che il sistema sia meno compreso». Critica anche la situazione delle vie Valmaura e De Jenner dove le tante isole ecologiche sistemate da AcegasAps servono le importanti realtà di edilizia popolare della zona. Qui le regole di come si separano i rifiuti non sono state ancora comprese. Basta dare un’occhiata dentro e fuori i cassonetti: in quello della plastica sabato mattina ci hanno infilato le bottiglie di vetro, abbandonati a fianco dei cassonetti ci sono stendi biancheria arrugginiti, una lavatrice, un casco da parrucchiere e scatoloni pieni di bottiglie. «Ci pagano per fare questo lavoro di divisione?», chiede Mirko Bucovaz. «E allora - conclude - si accontentino».

Laura Tonero

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 7 agosto 2011

 

 

Greenaction denunciata da Gas Natural
 

La “guerra” a distanza tra Gas Natural e Greenaction si arricchisce di una nuova puntata. A firmarla è il colosso spagnolo che ha denunciato l’associazione ambientalista alla Procura di Trieste. Alla base della querela, secondo gli attivisti di Greenaction, ci sarebbe la campagna di opposizione al progetto del rigassificatore di Zaule portata avanti in più occasioni. La denuncia fa riferimento infatti al volantinaggio organizzato dall’associazione ambientalista in occasione dell’ultima edizione della Barcola. Una forma di protesta contro la sponsorizzazione data dalla società spagnola alla Coppa d’autunno, accompagnata tra l’altro da accuse di violazioni dei diritti umani nel Guatemala, dove Gas Natural deteneva il monopolio sulla distribuzione del gas. «Peraltro la notizia delle irregolarità commesse in sud America - precisano gli attivisti in una nota- era già presente dall’agosto precedente sul sito di Greenaction Transnational, con tanto di documenti dimostrativi resi pubblici. La notizia proveniva infatti da associazioni ambientaliste e di difesa dei diritti civili del Centro America, ed aveva già portato all’intervento dei maggiori movimenti mondiali per la difesa dei diritti umani». Il caso è stato assegnato al pm Cristina Bacer.

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 6 agosto 2011

 

 

Ok dell'aula al restyling di piazza Libertà
 

Via libera del Consiglio comunale alla variante parziale numero 120 al Piano regolatore. Sburocratizzando: sì alla riqualificazione di piazza Libertà, secondo il progetto approvato nel maggio scorso e che dovrà essere cantierato entro il 23 settembre del 2012, per non perdere il contributo ministeriale da tre milioni e 800mila euro. Sui 34 consiglieri presenti in aula, in 33 hanno votato a favore della delibera portata in aula dal sindaco Roberto Cosolini. Come la maggioranza di centrosinistra, si sono espressi dunque quasi tutti gli esponenti dell’opposizione presenti. Tutti, tranne uno: Maurizio Bucci, non nuovo a prese di posizione autonome rispetto agli altri componenti del suo gruppo consiliare in aula, il Pdl. Il suo è stato un voto contrario. Nessun retropensiero politico, però, assicura il diretto interessato. Solo una valutazione personale di merito sul progetto: «Per arrivarci sono state ascoltate le sirene - dice Bucci - e si è scelto di riposizionare l’asse di scorrimento della viabilità di nuovo davanti alla stazione centrale, mantenendo la Sala Tripcovich che rappresenta un costo. Ciò che non hanno capito i consiglieri comunali è che - prosegue il pidiellino - con l’abbattimento dei contenitori a fianco della Tripcovich, la stessa non potrà più essere teatro perché lì stavano camerini per gli attori e depositi. Questo progetto è un ibrido». Non era presente in aula, ma interviene sul tema anche Franco Bandelli (Un’Altra Trieste): «Come Illy ci aveva lasciato in eredità la riqualificazione di piazza Goldoni, così Dipiazza non ha voluto essere da meno lasciando quella di piazza Libertà. Questo progetto non servirà a nulla, se non a far lavorare due o tre ditte dopo due anni di blocco al comparto dell’edilizia. Quando però il traffico in quella zona sarà congestionato, ne subiremo le conseguenze. Il fine dell’intervento era quello di creare uno snodo per la circolazione...». Nell’ultima seduta del Consiglio comunale prima della consueta pausa estiva (le commissioni riprenderanno l’attività il 6 settembre), è stato poi approvato all’unanimità lo statuto della Consulta giovanile del Comune di Trieste. «La delibera parte dalla scorsa amministrazione, ma è stata ripresa a testimonianza del fatto che nella giunta Cosolini non ci sono pregiudiziali se la sostanza delle azioni è giudicata buona», hanno sottolineato in una nota congiunta i consiglieri della “linea verde” del Consiglio Giovanni Barbo, Stefano Beltrame, Pietro Faraguna e Manuel Zerjul del Pd e Patrick Karlsen dei Cittadini. Fatta propria dalla giunta, inoltre, la mozione di Carlo Grilli (Lista Dipiazza) per garantire un interprete che durante le sedute del Consiglio comunale ne traduca i contenuti nella Lingua dei segni, al fine di dare la possibilità di seguire discussioni e interventi anche alle persone sorde qualora vi sia un loro interesse specifico a partecipare fra il pubblico. Sempre fra le mozioni, da segnalare la bocciatura per la proposta di Paolo Rovis (Pdl) che proponeva di modificare il cartellone di “Serestate” per inserirne all’interno eventi da organizzare in Porto Vecchio, nella zona del Magazzino 26, contribuendo così a promuovere anche la Biennale diffusa. (m.u.)

 

 

Tartaruga liberata dopo le cure del Wwf
 

È stata liberata ieri pomeriggio a circa un miglio dalla costa una tartaruga che nella notte era finita nella rete a traino di una barca da pesca. La “Caretta caretta” dell’età di circa 15 anni, con un carapace di 40 centimetri, è stata visitata e accudita dai volontari del Wwf impegnati nella riserva marina di Miramare. Non aveva alcun problema e così, dopo essere stata marcata sulle pinne anteriori, è stata trasportata in mare aperto e liberata grazie ai mezzi messi a disposizione dala Capitaneria. A bordo della barca Francesco Zuppa, responsabile del Wwf, il veterinario Milena Tempesta e Saul Ciriaco che ha effettuato riprese e fotografie subacquee. «La struttura di Miramare è un punto di riferimento per la cura delle tartarughe che hanno trovato nel Golfo l’ambiente ideale per poter vivere - dice Francesco Zucca - Anche i pescatori, come è accaduto in questo caso, hanno acquisito una grande sensibilità e ogni volta che prendono una tartaruga sanno come trattarla e poi la consegnano a noi che, dopo averla curata, la liberiamo». Poche settimane fa i volontari del Wwf hanno curato purtoppo invano una tartaruga con una profonda ferita al capo. L’esemplare era stato probabilmente investito dall’elica di qualche motoscafo.

 

 

Via libera per la Sertubi in affitto alla Jindal
 

Sertubi spa e Jindal Saw Italia spa hanno firmato ieri l’atto definitivo per l’affitto del ramo Tubazioni della stessa Sertubi. Jindal Saw Italia è la filiale europea del gruppo O.P. Jindal, attivo principalmente nella produzione di tubazioni e di energia elettrica e con sussidiarie in molteplici settori tra cui siderurgia, infrastrutture, minerario e Oil & Gas: il fatturato annuo del gruppo è superiore a 13 miliardi di dollari, gli addetti sono 35mila persone. L’affitto del ramo tubazioni della Sertubi - si legge in una nota dell’amministratore Delegato di Jindal Saw Italia Leonardo Montesi - è «il primo passo di una strategia di penetrazione e di sviluppo» in del gruppo in Europa. Il piano industriale prevede «il pieno utilizzo della capacità produttiva dello stabilimento di Trieste per il recupero della leadership sul mercato italiano; la riduzione del costo di produzione; «l’incremento dei volumi di vendita». Secondo Montesi il piano porterà «a un significativo incremento delle vendite consentendo il mantenimento degli attuali livelli occupazionali del ramo e un incremento laddove la congiuntura economica nazionale ed internazionale dovessero evolvere in senso positivo». Il piano «contempla il mantenimento in esercizio della Ferriera nonché la necessità di individuare soluzioni per ridurre l’impatto dei costi energetici portandoli a livelli europei o almeno di altre realtà industriali Italiane. Azienda e sindacati si sono pertanto impegnati a proseguire il cammino in questa direzione intrapreso dalla Sertubi e dall’azionista Duferco, sensibilizzando le istituzioni a livello locale e nazionale affinché il tema venga trattato con la necessaria serietà, tempestività e concretezza».

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 5 agosto 2011

 

Nube di gas dall'altoforno-  Incendio nella Ferriera
 

«Un caso raro? Ma non è vero, molto spesso di giorno e di notte si vede una cortina densa di fumo marrone sopra l’altoforno, io stessa l’altra notte all’1 ho telefonato ai vigili urbani perché il fumo era tale e tanto da apparire come una fitta nebbia fin dove l’occhio poteva arrivare». Lo afferma Alda Sancin, presidente del Comitato No smog di Servola. «Ogni volta che la ghisa entra nell’altoforno - aggiunge - escono dai camini fumo e anche fiamme, quando ho chiesto all’Arpa come fosse possibile mi è stato risposto che si tratta di un malfunzionamento della valvola che dovrebbe contenere e convogliare i fumi». All’associazione sono giunte l’altro giorno moltissime telefonate di cittadini allarmati, che hanno anche fotografato la nube, benché il fenomeno sia durato pochi secondi. di Gabriella Ziani Una bolla puzzolente di gas e idrogeno, un incendio (subito domato), una paurosa nuvola di colore rosso sopra il capannone dell’altoforno. L’arrivo immediato di Vigili del fuoco e polizia, l’evacuazione degli operai. Paura l’altro giorno a Servola per una improvvisa «bolla» di gas uscita dalla ghisa in lavorazione alla Ferriera. Qualcosa di anomalo nel processo di colata ha dato luogo a una «sacca» di azoto, monossido di carbonio, anidride carbonica, ceneri e appunto idrogeno, di norma incanalati dall’apposito impianto di captazione, e invece sovrabbondanti e «prigionieri», dunque praticamente esplosi in aria. La nube maleodorante, benissimo visibile fuori dalla fabbrica, ha spaventato Servola, decine di persone hanno telefonato ai Vigili del fuoco. Non ci sono stati feriti, l’episodio è durato pochi minuti, sul luogo si è subito recata l’Arpa, su chiamata dei pompieri, e ha misurato il grado di esalazioni nell’abitato: «Le reti di monitoraggio hanno senz’altro segnalato variazioni - dice il direttore della sede triestina, Stelio Vatta -, ma tutti i dati erano entro i limiti, specie il monossido di carbonio che ci preoccupava di più». L’Arpa non misura lo stato delle cose all’interno dell’azienda. Nel reparto, che tratta ghisa fino a 2000 gradi di temperatura nel corso dei processi di colata, in quel momento erano al lavoro poche unità di operai. «È un evento molto raro, ma che può succedere - spiega Francesco Semino, voce della Lucchini -, non è ascrivibile a carenze degli impianti o della manutenzione, non determina pericolo per la salute o per la sicurezza. È accaduto una volta anche a Piombino». Una sola volta: dunque incidente eccezionale. L’Arpa, riferisce ancora Semino, ha anche visionato i filmati della telecamera interna che riprende in continuo, usciti gli operai sono entrate in azione le squadre di sicurezza: «Adesso - aggiunge - dobbiamo verificare se si è trattato di un’anomalia temporanea o di altro». Stessa intenzione dell’Arpa: «Controlleremo gli impianti affinché un evento del genere non si ripeta». «Nessuno mi ha avvertito - risponde l’assessore comunale all’Ambiente, Umberto Laureni, che ieri pomeriggio ha fatto un sopralluogo -, comunque inserisco questo ultimo episodio a controprova del fatto che bisogna cambiare i sistemi di controllo alla Ferriera. Da quanto ho visto credo siano uscite anche polveri di materiale ferroso, forse dall’impianto di agglomerazione o a causa di un malfunzionamento nello spegnimento della loppa (residuo di ghisa, ndr). A questo punto - conclude - la nostra attenzione diventa ancora più esasperata, voglio garanzie che non accadano più fatti del genere, una sconfitta per tutti. Preoccupa la capacità dello stabilimento di provvedere alle manutenzioni, e per quanto visto finora il giudizio sull’efficacia del controllo pubblico è negativo. Serve una vigilanza diversa».

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - GIOVEDI', 4 agosto 2011

 

 

CENTRALI DI KRSKO E SULL’ISONZO - IL GOVERNO SLOVENO CONFERMA: “ANCHE L’ITALIA POTRà DIRE LA SUA SUL PIANO ENERGETICO NAZIONALE”
 

In una lettera di risposta al Wwf, il Ministero dell’ambiente sloveno ha assicurato che sarà avviata la consultazione transfrontaliera sul Piano. L’associazione: “Vi partecipino anche la Regione e gli enti locali del Fvg”.
Anche l’Italia - il Governo, gli enti territoriali ed i cittadini interessati – potrà partecipare alla consultazione transfrontaliera per la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sul Programma Energetico Nazionale della Repubblica di Slovenia: Lo ha confermato nei giorni scorsi il ministro dell’ambiente sloveno Roko Žarnič, rispondendo ad una richiesta del WWF Friuli Venezia Giulia.
La stampa slovena e quella italiana avevano informato, nelle scorse settimane, sull’approvazione preliminare del Programma da parte del Governo sloveno. Erano apparse anche notizie relative al fatto che il Programma prevedrebbe il mantenimento in funzione della centrale nucleare di Krško fino al 2043 (quando l’impianto avrò raggiunto i 60 anni di età), mentre sarebbe rinviata a dopo il 2030 la decisione sul suo raddoppio.
Inoltre, una vasta mobilitazione è già partita – prima in Slovenia e ora anche in Italia – contro la prevista costruzione di tre nuove centrali idroelettriche sull’Isonzo. Il Programma energetico prevede, a tale scopo, l’abolizione del regime di tutela del fiume e dei suoi affluenti, stabilito dalle vigenti leggi slovene.
Il WWF aveva scritto, alla metà di giugno, ai competenti organi governativi sloveni, segnalando la necessità di applicare, per il Programma Energetico della Repubblica di Slovenia, l’art. 7 della Direttiva 2001/42/CE sulla VAS e l’art. 10 della Convenzione di Espoo, che impongono di coinvolgere – prima dell’approvazione definitiva - anche i Paesi confinanti, nella valutazione di piani e programmi i cui effetti sull’ambiente possano estendersi oltre i confini nazionali.
La preoccupazione del WWF riguarda in particolare le possibili conseguenze anche in territorio italiano di un eventuale incidente grave alla centrale di Krško (che sorge a circa 130 km in linea d’aria di Trieste, mentre quella di Chernobyl ne dista oltre 1.300).
Inoltre, l’associazione ambientalista condivide l’allarme di quanti, in Slovenia e in Italia, contestano la prevista abolizione del regime di tutela del bacino dell’Isonzo, dovuto alla prevista costruzione di nuove centrali idroelettriche.
Entrambi questi temi dovranno essere affrontati nella VAS del Programma Energetico sloveno e il WWF auspica che lo siano in modo approfondito, tenendo conto da un lato della complessità dei problemi ecologici implicati negli interventi sul più importante fiume che Italia e Slovenia condividono, dall’altro delle gravissime e permanenti conseguenze che un incidente nucleare comporterebbe su una vasta area a cavallo dei due Paesi (e forse anche di altri).
Il WWF si augura perciò che gli scenari energetici ed ambientali contenuti nel Programma contemplino anche opzioni alternative, quali un forte impegno nello sviluppo delle fonti rinnovabili e soprattutto in direzione dell’efficienza energetica.
Il ministro Žarnič, nel confermare che “quando saranno predisposte le traduzioni del Programma Energetico Nazionale e del Report Ambientale, ambedue i documenti saranno presentati agli organi competenti dei Paesi vicini, in modo che ognuno possa dare il proprio commento”, ha aggiunto che anche il Ministero dell’ambiente italiano ha annunciato l’intenzione di partecipare alla VAS transfrontaliera.
Il WWF si augura quindi che almeno i principali enti territoriali interessati (Regione Friuli Venezia Giulia, Province e Comuni capoluogo del Friuli Venezia Giulia) facciano altrettanto.

WWF-FVG

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 4 agosto 2011

 

 

Isonzo a rischio: la Slovenia progetta tre nuove centrali
 

Tre nuove centrali idroelettriche da costruire sull’Isonzo. È questo il progetto al quale la Slovenia sta lavorando di gran lena, in barba a tutti i tentativi - rigorosamente da parte italiana - di arrivare a una gestione condivisa dei flussi d’acqua tra i due Paesi. Altro che accordo transfrontaliero: pur di incrementare il proprio potenziale energetico, Lubiana sarebbe addirittura pronta ad abolire lo status di «inestimabile valore naturalistico» dell’Isonzo, tutela sancita per legge nel 1976. E che finora ha impedito la costruzione di dighe a scopo idroelettrico nel tratto incontaminato che dalle sorgenti arriva fino a Tolmino. L’allarme arriva direttamente dal web, col consueto tam tam capace di superare le barriere linguistiche e geografiche: a lanciarlo, raccogliendo un sos dell’associazione pescatori di Tolmin, è la comunità virtuale www.fiumeisonzo.com, che ha subito avviato una petizione nel tentativo di fermare sul nascere la proposta di legge avanzata dal Ministero dell’Economia sloveno e attualmente in discussione oltre confine. Il piano energetico, infatti, spianerebbe la strada allo sviluppo di 23 nuove centrali da costruire sui quattro principali fiumi del Paese. Uno di questi è, appunto, l’Isonzo che col nuovo progetto “guadagnerebbe” tre centrali, in aggiunta alle tre già esistenti. Il condizionale, in questo caso, è d’obbligo, dal momento che lo stesso Ministero all’Ambiente sloveno avrebbe manifestato la sua contrarietà al piano. Le perplessità di casa altrui, però, non placano i timori delle associazioni ambientaliste italiane, in primis quella di Legambiente, che ha lanciato a sua volta un appello. «In questo momento stiamo cercando di tradurre i documenti dallo sloveno, per avere le idee più chiare - spiega Luca Cadez, della sezione goriziana -. A preoccuparci c’è l’aspetto ambientale e la possibile minaccia per la sopravvivenza le specie ittiche. Ma anche le conseguenze che i nuovi impianti potrebbero avere sulla portata dei flussi d’acqua e il conseguente rischio di instabilità idrogeologica. Già oggi il fiume alterna momenti di secchezza in estate, ad altri di instabilità, causata proprio dagli sbalzi del livello dell’acqua». Proprio l’assenza di una politica trasfrontaliera per la gestione dei flussi ha fatto sì che l’Isontino subisse passivamente le conseguenze del pompaggio delle acque dalle dighe slovene. Situazione che in futuro potrebbe peggiorare. Il presidente del Consorzio per la bonifica della pianura isontina, Enzo Lorenzon, però, non se la prende tanto con gli sloveni, quanto piuttosto con l’immobilità italiana: «A Lubiana fanno giustamente quello che vogliono. Invece di pensare a cosa fanno loro, iniziamo a chiederci cosa potremmo fare noi. Abbiamo perso l’occasione di risolvere il problema: se avessimo realizzato il bacino di rifasamento a Piedimonte a quest’ora staremmo tranquilli - spiega -. C’erano i soldi, c’era il progetto e invece qualcuno si è impuntato e non se ne è fatto niente. Non è difficile capire che se il flusso non è regolare, l’unico sistema è trattenere l’acqua quando c’è e rilasciarla quando invece manca. Sempre tenendo conto dell’impatto ambientale, ovviamente: si tratta di migliorare il territorio, non di devastarlo».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 2 agosto 2011

 

 

Cosolini: con il nuovo Prg la città tornerà a crescere
 

Niente più cemento al posto del verde. Semmai cemento, più moderno e “gradevole”, al posto del cemento consumato dal tempo. Quello che oggi non serve né piace a nessuno. Per dirla in gergo tecnico politichese, i comandamenti del futuro Piano regolatore saranno: limitare il consumo di suolo, valorizzare i paesaggi urbani, recuperare e riqualificare il patrimonio edilizio fatiscente e dismesso, dotare ogni contesto cittadino, senza però livellarli tra loro, di determinati standard, scuole, spazi verdi, aree sportive e culturali e servizi in genere. Con l’obiettivo dichiarato, per dirla stavolta alla Roberto Cosolini, di «creare le condizioni di qualità urbana, di attrattività, di sviluppo sociale, economico e demografico, per tornare a crescere, per tornare a essere in 230, 240mila abitanti», a fronte dei 210mila scarsi di oggi. Il Prg che verrà, dunque, nasce sotto questi auspici, queste intenzioni. Anzi, viene concepito. Già perché non è neanche nato. Tali comandamenti non sono neppure le direttive che il sindaco conta di far passare in giunta «nella prima seduta dopo la settimana di Ferragosto», bensì le direttive delle direttive. Ieri sera infatti, all’auditorium del Revoltella, sede designata dell’incontro pubblico promosso dal Comune, non sono stati illustrati gli indirizzi che saranno contenuti nell’apposita delibera, ma è stato presentato semplicemente «il quadro di riferimento da cui queste direttive prenderanno forma perché ancora non esistono, altrimenti non si capirebbe il motivo per cui non potremmo approvarle anche prima», chiarisce lo stesso Cosolini. Tant’è. Il neosindaco non fa retromarcia. E ricordando quale fine ingloriosa abbia fatto la variante 118 di Dipiazza - sì, proprio quella coperta da segreto per un tratto di strada amministrativa - espone financo le intenzioni, appunto. Secretazione contro massima trasparenza, quasi ostentata. Teatro di un simile esorcismo, come detto, il Revoltella, il cui auditorium viene preso d’assalto da politici, ambientalisti, semplici cittadini. La municipale, a un certo punto, mentre l’interno pullula di oltre trecento anime, non lascia entrare più nessuno. Cosolini, intanto, è un caterpillar. Si fionda al tavolo dei relatori, dove farà il sindaco e pure il moderatore, introducendo - in coda al suo intervento politico generale - quelli più specifici degli assessori allo Sviluppo economico e alle Politiche per la casa, Fabio Omero e Elena Marchigiani. Gongola, il sindaco, per la «grande partecipazione», ma mette le mani avanti: «L’attesa non sarà soddisfatta da annunci mirabolanti, spesso superficiali». Tutti però strappano la promessa: «Da subito partiranno incontri con sindacati, associazioni, comitati». «Tavoli di lavoro», «laboratori territoriali», nel nome della «partecipazione». La parola passa a Omero: «La sfida è valorizzare, attraverso questo Prg, il ruolo internazionale, multiculturale e marittimo di Trieste, coinvolgendo gli altri enti, andando a caccia di fondi comunitari e integrando i piani del traffico, dei parcheggi e così via, anziché tenerli ognuno in un cassetto diverso». Chiude la Marchigiani, che srotola le direttive delle direttive e soprattutto un filo logico: «Qualità urbana, competitività, attrattività del territorio. Il Prg sarà lo strumento per far sì che Trieste torni ad essere capitale europea».

Piero Rauber

 

 

 

 

PUNTO INFORMATICO - LUNEDI', 1 agosto 2011

 

Cellulari, nessun pericolo i più piccoli

 

Secondo uno degli ultimi studi volti a indagare la correlazione tra telefoni mobile e tumori al cervello, non è possibile rilevare una relazione diretta. Il campione coinvolto coinvolge bambini e adolescenti
Roma - Dopo il recente studio presentato su American Journal of Epidemiology, un'altra ricerca mette in discussione la correlazione tra tumori al cervello e uso del telefonino.
Il team di ricerca, coordinato da Martin Roosli dello Swiss Tropical and Public Health Institute di Basilea, ha preso in considerazione un campione composto da mille soggetti giovani, di età compresa tra i 7 e i 19 anni, residenti in Norvegia, Danimarca, Svezia e Svizzera, 352 dei quali affetti da tumore al cervello, mentre i restanti 646 sani e considerati come gruppo di controllo. La scelta del focus si basa sull'ipotesi per la quale i bambini e gli adolescenti siano più vulnerabili all'esposizione nei confronti delle onde elettromagnetiche.
I risultati della ricerca, come è possibile leggere nell'abstract della pubblicazione, segnalano "l'assenza di una relazione esposizione-risposta sia in termini di quantità nell'uso del telefono cellulare sia nella localizzazione del tumore al cervello": una conclusione che determina l'assenza di un'associazione causale tra le due variabili. È emerso, infatti, che gli utenti regolari dei telefoni cellulari non sono statisticamente più soggetti alla diagnosi di tumore al cervello rispetto a coloro che non utilizzano i telefonini. Inoltre, i bambini che hanno iniziato a usare il cellulare almeno cinque anni prima delle rilevazioni non sono predisposti a un rischio superiore rispetto ai loro coetanei che non si accompagnano al telefono mobile.
"Se l'uso dei telefoni cellulari fosse un fattore di rischio, ci si aspetterebbe che i pazienti malati di cancro ne facciano un uso maggiore", spiega il Professor Martin Roosli. La ricerca diretta da quest'ultimo, che tra i finanziatori include alcune organizzazioni (Swiss Research Foundation on Mobile Communication) collegate agli operatori mobili svizzeri, segue dunque la linea tracciata dall'ultimo studio dell'OMS, che invita alla prudenza e a continuare la ricerca.
Cristina Sciannamblo

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 1 agosto 2011

 

Comune, un nuovo Ufficio per il risparmio energetico
 

Il Comune creerà un Ufficio per il risparmio energetico e le energie alternative al quale affidare un ruolo attivo di promozione, informazione e ricerca. È una delle anticipazioni che l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni ha fornito durante un incontro dedicato alle politiche municipali in materia ambientale ad associazioni e comitati ambientalisti, «individuati come importanti interlocutori istituzionali con i quali aprire e mantenere nel tempo il confronto e la collaborazione», si legge in una nota diramata dal Comune, Laureni ha confermato che la giunta municipale organizzerà annualmente la conferenza provinciale dedicata a salute e inquinamento, annunciando anche «gli orientamenti e le iniziative che il Comune intende assumere per rendere più efficace l’azione pubblica di controllo dell’inquinamento». Nel corso dell’incontro si è parlato poi anche di vari altri temi, dai piani del traffico e dei parcheggi alla gestione dei rifiuti fino alle aree comprese nel sito inquinato e «alla necessità di tutelare il diritto al lavoro degli operai della Servola». Un altro incontro si è tenuti nei giorni scorsi con gli enti pubblici che hanno il potere di autorizzare o controllare impianti industriali inquinanti. Erano presenti, oltre al Comune, la Provincia, l’Arpa e l’Azienda sanitaria, «mentre non si sono presentati i dirigenti della Regione», precisa il Comune. Laureni ha espresso «un giudizio negativo - prosegue la nota - sull’efficacia delle azioni messe in atto dalle strutture pubbliche per contrastare le situazioni di inquinamento. I partecipanti hanno manifestato la disponibilità a sperimentare in una specifica riunione tecnica da tenere a breve nuovi criteri di intervento».

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 31 luglio 2011

 

 

Differenziata porta a porta nei caseggiati più popolosi
 

Ancora qualche giorno d’attesa, assicura il Comune, e verranno posizionati nelle strade cittadine tutti i contenitori “differenziati” previsti. All’appello, ad oggi, mancano solo poche campane per il vetro. Il grosso dell’operazione, invece, è già stato completato, rispettando così la scadenza di fine luglio fissata per l’allestimento delle necessarie isole ecologiche. Complessivamente sul territorio triestino sono comparsi quasi 1400 nuovi raccoglitori per carta, vetro, plastiche e rifiuti indifferenziati, andati ad aggiungersi ai 1500 già esistenti. «Numeri - ricorda Umberto Laureni - che consentiranno di raggiungere il 90% della popolazione assicurando un percorso inferiore ai 300 metri». Nessuno, quindi, potrà invocare l’alibi dell’eccessiva distanza tra il portone di casa e l’isola ecologica “di competenza”. Concetto da mandare bene a mente di qui a gennaio quando cioè, con l’entrata in vigore della fase 2 del piano della differenziata, la Municipale inizierà ad applicare le sanzioni.

Raccolta porta a porta nei grandi comprensori come Rozzol Melara. Servizi di asporto del vetro e del verde tagliati “su misura” per locali e proprietari di casette con giardino. Riconoscimenti pubblici per i rioni che differenziano di più. Sono soltanto alcune delle soluzioni ipotizzate dal Comune per rendere realmente efficace la partenza della raccolta differenziata in città. Un’operazione vista da più di qualche triestino come una semplice scocciatura e che invece, per la giunta Cosolini, rappresenta un’opportunità. L’obbligo di intensificare la diversificazione dei rifiuti - per legge entro fine 2012 dovrà arrivare al 65%, mentre oggi è appena al 21% -, costituisce infatti lo spunto per rivedere e ricalibrare l’intero servizio di raccolta e smaltimento affidato ad AcegasAps. Un ripensamento a 360 gradi, che potrebbe tradursi anche nella rimodulazione del contratto con l’ex municipalizzata. Il “cantiere” A stabilire eventuali modifiche sarà un gruppo di lavoro formato da tecnici di Comune e AcegasAps, chiamati ad analizzare criticità e possibili correttivi. «L’esigenza è entrare nel merito dell’attività della spa, controllando uno ad un i vari passaggi per cercare di migliorarne la qualità e ottimizzare i costi- spiega l’assessore all’Ambiente Umberto Laureni -. Un netto cambio di rotta rispetto alla linea tenuta negli anni scorsi. L’impostazione passata prevedeva infatti un contratto rigido, del tipo “chiavi in mano”, che non consentiva all’azionista di maggioranza di conoscere le varie voci del budget di AcegasAps e, di conseguenza, impediva di scoprire le cause dei disservizi denunciati spesso dai cittadini. Noi, invece, vogliamo individuarle e risolverle. E per riuscirci abbiamo aperto questa sorta di “cantiere” che monitorerà tutte le situazioni puntuali: dal bisogno di maggior pulizia nelle zone della “movida” notturna, alle modalità dei passaggi degli operatori nelle strade in salita». Tarsu C’è poi un ulteriore dettaglio sul quale far chiarezza: la disparità di costi nelle due città servite da AcegasAps. «La Tarsu che paghiamo a Trieste supera in media del 15% l’importo della tariffa sui rifiuti applicata a Padova - svela Laureni -. E noi vogliamo conoscerne le ragioni». Anche perchè si parla di cifre rilevanti: la somma versata complessivamente dai triestini con la Tarsu sfiora i 33 milioni di euro, 25 dei quali versati ad Acegas per la fornitura del servizio e altri 8 usati dal Comune per pagare gli stipendi delle guardie ambientali e i servizi di riscossione crediti svolti da Esatto. Porta a porta Nel contesto di questa “operazione trasparenza”, come si diceva, si inserisce anche l’avvio della differenziata. Una novità, secondo il Comune, da declinare al meglio non solo per adempiere gli obblighi di legge. «Far bene la differenziata significa attivare circuiti virtuosi che possono liberare risorse da destinare ad altri servizi. Per ogni tonnellata di rifiuti bruciati nell’inceneritore - continua l’esponente di Sel -, il Comune paga ad AcegasAps una certa tariffa. Ridurre le quantità conferite, in media 80mila tonnellate all’anno, significa quindi risparmiare denaro». Ecco allora la necessità di percorrere tutte le strade utili per aumentare le “performance” dei cittadini. «Le ipotesi allo studio sono molte, compresa la raccolta porta a porta che, come dimostra la sperimentazione fatta qualche anno fa a Rozzol Melara, consente di raddoppiare la differenziata. Questa modalità potrebbe essere prevista nei grandi complessi residenziali come il “Quadrilatero” stesso, Capofonte e il “Vaticano”, e per specifiche tipologie di rifiuti. Penso al verde, che rappresenta l’8% dei materiali bruciati ogni anno al termovalorizzatore, da raccogliere a domicilio nelle case con giardino. O al vetro da ritirare in giornate prefissate direttamente nei bar e nelle trattorie». Incentivi Perchè i triestini digeriscano le novità e collaborino davvero, però, serve qualcosa in più. «Le sanzioni di certo non bastano. Servono piuttosto dei meccanismi premianti simili a quelli già adottati a Padova. Il rione che differenzia più e meglio, per esempio, dovrà essere ricompensato dal Comune con riconoscimenti simbolici come la creazione di un’area giochi o il posizionamento di nuove panchine. Parliamo cioè di piccoli segnali che aiutino a catturare il consenso senza il quale - conclude Laureni - nessun’operazione può avere realmente successo».

Maddalena Rebecca

 

DIFFERENZIATA - «Chiediamo un aiuto ai negozianti per i cartoni»
 

Motivare le famiglie non basta. Per vincere la sfida della differenziata è indispensabile riuscire a coinvolgere anche un’altra categoria di produttori di rifiuti: i commercianti. A loro, quindi, il Comune intende riservare delle attenzioni particolari, indispensabili per centrare il risultato. «Prima di tutto è fondamentale riuscire ad ottenere piena collaborazione a livello di gestione dei cartoni - chiarisce l’assessore all’Ambiente -. Basta infatti che vengano gettati due scatoloni nei bottini a scomparsa di piazza della Borsa, per saturare completamente il raccoglitore. Comportamenti simili vanno scoraggiati sensibilizzando i negozianti e venendo incontro alle loro esigenze in termini di raccolta, magari aumentando la frequenza dei passaggi per l’asporto degli imballaggi. In questo senso stiamo anche pensando di ricontattare i vari supermercati per raccogliere indicazioni e mettere a fuoco esigenze. E non escludiamo neanche di aumentare il numero dei centri di raccolta per i rifiuti ingombranti, a disposizione sia di commercianti sia di privati». Decisioni che, una volta assunte, andranno adeguatamente comunicate alla popolazione. «La riuscita dell’operazione passa necessariamente attraverso una massiccia e completa opera di informazione - continua Laureni -. Penso a spot, campagne pubblicitarie ma anche ad una conferenza provinciale da organizzare ogni sei mesi per fare il punto e chiarire ogni eventuale dubbio. So che i cittadini hanno ancora difficoltà a prendere confidenza con il nuovo sistema. Ci si chiede “il polistirolo è da considerare plastica o carta?”. E ancora “cosa succede se dimentico di staccare l’etichetta dalla lattina del tonno?”. Tutti quesiti comprensibili - conclude l’esponente della giunta Cosolini - a cui il Comune deve saper dare risposte esaustive. Altrimenti lo scetticismo che si registra in questa fase, difficilmente verrà superato».

(m.r.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 30 luglio 2011

 

Livarna, normativa più severa
 

Gorizia potrebbe avere un asso nella manica in più nell’annoso confronto con la Slovenia sulla questione della Livarna. Proprio in queste settimane estive in cui, come ogni anno, torna a farsi sentire nei quartieri nord di Gorizia l’odore acre delle emissioni della fonderia, arriva da Roma una notizia che rinvigorisce le speranze di chi da anni vuol far valere attraverso la legge le sue ragioni nei confronti della Slovenia. Ad illustrare la novità è stato il consigliere comunale del Pd Marco Rota in aula. «Segnalo che il Consiglio dei Ministri del 7 luglio scorso ha approvato in via definitiva il testo del decreto legislativo che recepisce le direttive 2008/99 e 2009/123 – ha spiegato Rota -, che danno seguito all’obbligo imposto dall’Ue di incriminare comportamenti fortemente pericolosi per l’ambiente, sanzionando penalmente condotte illecite individuate dalle direttive e fino ad oggi non sancite come reati, ed introducendo la responsabilità delle persone giuridiche attualmente non punite per reati ambientali». Rota, che ha sottolineato con amarezza e preoccupazione come negli ultimi anni siano stati fatti veramente pochi passi avanti sulla questione Livarna, ha chiesto che la nuova legge sia attentamente valutata dall’amministrazione. «Abbiamo segnalato più volte che la Slovenia non applica le normative europee – ha risposto l’assessore all’Ambiente Francesco Del Sordi -, e le risposte che abbiamo ottenuto anche dall’Ue ce lo hanno confermato. Eravamo a conoscenza di questo nuovo strumento legislativo, ma non sappiamo ancora quale possa essere la sua reale applicazione ed efficacia. Per questo ho chiesto di contattare esperti in diritto per capire meglio come agire». In ogni caso, dunque, mentre a Montesanto torna l’apprensione per l’inquinamento, la storia della Livarna si appresta a vivere un nuovo capitolo.

Marco Bisiach

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 29 luglio 2011

 

 

Piano regolatore, Cosolini sottovaluta i pericoli - L'intervento di Dario Predonzan*
 

L’8 giugno scorso WWF, Legambiente, Italia Nostra e Triestebella chiesero per iscritto un incontro al sindaco Cosolini, in merito al piano regolatore, paventando il ritorno in vigore delle devastanti previsioni della variante 66 (altrimenti nota come piano regolatore Illy-Cervesi), qualora non fosse stata approvata né la variante 118, né fosse intervenuto alcun altro provvedimento. L’incontro richiesto si tenne appena il 30 giugno: convenimmo in quella sede con il sindaco (checché ne pensi lui, conosciamo le norme urbanistiche…) sul fatto che ormai l’approvazione della 118 da parte del consiglio comunale non sarebbe stata di per sé sufficiente ad evitare il ritorno in vigore della 66 e delle sue devastanti previsioni edilizie, occorrendo la conferma dell’esecutività della variante da parte della Regione. Già il 15 marzo avevamo incontrato – su sua richiesta - l’allora candidato sindaco Cosolini, esprimendogli le stesse preoccupazioni. Ancor prima, il 3 dicembre 2010, avevamo inviato una lettera aperta a tutto il consiglio comunale (compresi quindi gli esponenti dell’opposizione di allora, alcuni dei quali ora siedono in giunta), ribadendo l’allarme per la prospettiva del ritorno alla 66. Allarme rimasto inascoltato da tutti, anche se è giusto riconoscere la responsabilità prevalente del sindaco Dipiazza e della maggioranza di allora (oggi opposizione), per non aver fatto nulla, se non scaricare sul nuovo consiglio comunale ogni decisione sul piano regolatore. Oltre all’alternativa tra l’approvazione sic et simpliciter della variante 118 ed il suo abbandono (che è poi la scelta fatta dal sindaco), altri provvedimenti erano – e forse almeno in parte ancora sono – possibili, come dicemmo a Cosolini nell’incontro del 30 giugno. Ad esempio la riadozione della variante 118, però profondamente rielaborata recependo le riserve vincolanti della Regione (e anche le tante osservazioni migliorative di ambientalisti e Soprintendenza). Il che avrebbe permesso di rinnovare le salvaguardie evitando il ritorno della 66. Un’alternativa certo difficile da attuare in pochi giorni, ma se il sindaco - non appena insediato - avesse messo al lavoro da subito gli uffici, forse sarebbe stata praticabile. Altra alternativa, l’approvazione con procedura d’urgenza di una delibera di direttive per un nuovo piano regolatore (e contestuale abbandono della 118), accompagnata però da adeguate norme di salvaguardia, il tutto congegnato in modo da evitare l’apertura di una pericolosissima “finestra” temporale, come quella che invece si aprirà il 6 agosto allo scadere della salvaguardie imposte con l’adozione della variante 118. La decisione di Cosolini è stata diversa, com’è noto, e quindi insisto: secondo me, il sindaco sottovaluta il pericolo insito nel ritorno alla 66. Lo fa perché si basa da un lato sui pareri forniti dai funzionari comunali (gli stessi chiamati, con rapporto fiduciario, dal sindaco Dipiazza e che non mi pare abbiano dato buona prova: si ricordino l’incredibile secretazione della 118, la procedura VAS illegittima, ecc.), dall’altro sulla convinzione che il mercato dell’edilizia sia fiacco: non dovrebbero perciò essere molti i cantieri aperti e le richieste di permesso di costruire dopo il 7 agosto.

*Responsabile urbanistica WWF Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 28 luglio 2011

 

 

Elettrodotto, la petizione arriva sul tavolo della Regione
 

TRIESTE Dopo il ricorso al Presidente della Repubblica, arriva anche una petizione. Una raccolta firme per bloccare immediatamente l'elettrodotto Monfalcone-Padriciano che la società Terna vorrebbe costruire con un impianto sopraelevato, così come ha previsto per la tratta Redipuglia-Udine Ovest. Il documento è stato presentato, ieri, al presidente del consiglio regionale Maurizio Franz,dai i rappresentanti degli oltre duemila firmatari del documento, accompagnati dai consiglieri Igor Gabrovec e Igor Kocijancic. Diverse sono le motivazioni che hanno spinto a questa lunga battaglia «Si tratta di un'area, quella del Carso - è stato spiegato - che rientra nelle zone protette Zps, secondo una salvaguardia che potrebbe essere vanificata se si accettasse di costruire un'opera non correttamente progettata. Noi vorremmo che l'impianto fosse interrato e corresse lungo il tracciato autostradale». «Non è accettabile - ha aggiunto Gabrovec - che Terna non abbia presentato neppure un'alternativa, come sarebbe appunto la linea a cavo interrato. Del resto, essendo una società per azioni punta solo al profitto». Assieme a Kocijancic, il consigliere ha quindi convenuto l'opportunità di portare la petizione all'attenzione della IV Commissione consiliare, già impegnata nell'esaminare il progetto dell'elettrodotto di Redipuglia. A farsi garante, il presidente del consiglio, Franz. Si aggiunge così ancora un tassello alla vicenda elettrodotto, che ha coinvolto direttamente anche le amministrazioni di Duino Aurisina e Sgonico.

(cri.po.)

 

 

In treno con auto a seguito per chi sceglie la Germania
 

Deutsche Bahn, questa volta appoggiandosi all'agenzia di viaggi Fratelli Cosulich, ripropone il collegamento fra Trieste e la Germania con la possibilità, anche per i triestini naturalmente, di partire per Berlino, Francoforte, Amburgo e Düsseldorf con la macchina o la moto al seguito. Il servizio "Autozug" delle Ferrovie tedesche è stato rinnovato e rilanciato per soddisfare anche le esigenze dei cittadini che da questa regione vogliono raggiungere quattro punti del Nord europeo per poi proseguire con il proprio mezzo di trasporto; e non solo per agevolare i tedeschi che desiderano sbarcare nella nostra regione dopo aver caricato la macchina sul treno. Nella stazione di piazza Libertà il collegamento però non viene nemmeno menzionato: niente orari esposti, nessuno sportello informazioni. Chi vuole saperne di più deve rivolgersi appunto alla Fratelli Cosulich di via Dante, che ha l’esclusiva regionale per Db. «Il servizio, che oltre agli autoveicoli fa viaggiare esclusivamente coloro che imbarcano la macchina, la moto o lo scooter sarà attivo fino a settembre - precisa Alessandro Millevoi della Fratelli Cosulich - e per ora prevede un viaggio alla settimana». "Autozug" è composto da 4 carri per un totale di 48 auto o per un cospicuo numero di moto, da 4-5 carrozze con cuccette, un vagone ristorante e alcuni vagoni letto. Il collegamento inserisce Trieste come terminal "Autozug", affiancandola ai capolinea italiani già esistenti a Verona, Bolzano e Alessandria. I tedeschi che arrivano così in città proseguono alla volta della Croazia, di Lignano, Grado o Bibione. Tra i triestini invece che finora hanno optato per "Autozug" sono molti i motociclisti scesi ad Amburgo per dirigersi in Scandinavia o Svezia. I prezzi variano a seconda della destinazione, del periodo e della grandezza della macchina. «Il servizio comincia ad essere richiesto - precisa Millevoi - e per chi ha veicoli ingombranti è bene prenotare con un certo anticipo. Se il treno in partenza da Trieste è pieno abbiamo la possibilità di far imbarcare anche a Villaco». L'operazione va in direzione del turismo ecosostenibile alleggerendo le autostrade. Curioso notare come grazie alle ferrovie tedesche Trieste sia raggiungibile in treno, con auto a seguito, direttamente dalla Germania, così come non accade invece partendo da nessuna città italiana. In pratica alla stazione centrale si arriva da Berlino o Francoforte ma non da località come Napoli, Milano, Roma o Reggio Calabria. Ma occorre tenere a mente che il servizio è proposto e organizzato dai tedeschi: «Tassativa la chiusura del check-in nei tempi indicati da Deutsche Bahn - sottolineano alla Fratelli Cosulich - altrimenti non si parte. Nel fare il biglietto e poi all'imbarco vanno presentati il libretto di circolazione e le misure della distanza tra finestrino e finestrino. Un dettaglio - spiegano - che serve a valutare il punto del convoglio in cui sistemare la macchina per affrontare senza problemi le tante strette gallerie che dividono dalla Germania». "Autozug" infine non prevede il trasporto di camper e roulotte.

Laura Tonero

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 27 luglio 2011

 

 

Il centrosinistra: inevitabile rifare il Prg
 

Ieri una commissione Urbanistica con relazione del sindaco più una riunione Capigruppo. Stamani un’altra Urbanistica, anche su piazza Libertà, con la dirigenza. E da domani tardo pomeriggio la maratona del Consiglio comunale (surroga Laureni-Reali in Sel a parte) con replica venerdì mattina. La neomaggioranza di centrosinistra, dunque, stringe i tempi per cancellare la variante 118 al Piano regolatore e farne una nuova di suo pugno, tenendo conto della decadenza delle salvaguardie della 118, il 6 agosto. I nuovi regimi di garanzia non entreranno in vigore, d’altronde, prima dell’approvazione, in aula, degli indirizzi della futura bozza Cosolini, cosa che dovrebbe verificarsi tra il 15 e il 20 di settembre, dopo che il 22 agosto, o giù di lì, saranno transitati in giunta. Ma la maggioranza stringe pure se stessa, attorno a Cosolini, per fargli quadrato, difendendone la scelta di cancellare Dipiazza. Ieri, infatti, è andata in scena anche una conferenza stampa dal titolo «Basta chiacchiere e proclami, facciamo chiarezza», cui hanno preso parte Giovanni Maria Coloni, Stefano Ukmar, Anna Mozzi e il presidente dell’Urbanistica Mario Ravalico per il Pd, Marino Sossi (Sel), Paolo Bassi (Idv), Marino Andolina (Fds), Roberto Decarli (Trieste cambia) e Patrik Karlsen (Cittadini). «Approvare la 118 e avviare subito dopo l’iter per un piano diverso - così i consiglieri del sindaco - sarebbe stato illogico, contraddittorio e incoerente col programma, ma anche passibile di contestazione sul piano del danno erariale». E anche varando a tempo record la 118 per evitare la fine delle salvaguardie, queste «sarebbero comunque cadute e la 66 sarebbe rientrata in vigore per almeno due o tre mesi prima dell’aprovazione finale della Regione o addirittura per un periodo molto più lungo in caso di invio del documento dalla Regione al Comune per una nuova adozione». Quanto poi ai progetti edilizi svincolati dopo il 6 agosto, sostengono nella maggioranza, «i primi 13 (i più grossi, ndr) sono piani particolareggiati che possono unicamente riprendere un iter piuttosto lungo che deve, in ogni caso, concludersi con un voto del Consiglio comunale». Morale: «Nelle settimane che intercorreranno fino all’approvazione delle nuove direttive, non vi sarà lo spaventoso disastro ambientale che paventano i sostenitori della giunta Dipiazza». E comunque «le responsabilità di quanto dovesse accadere sono tutte della precedente amministrazione, che non ha concluso il suo iter in tempo utile». Dall’opposizione per intanto, mentre il leghista Maurizio Ferrara ironizza che «ho segnalato come le convocazioni d’urgenza vadano motivate sennò sono annullabili», il pidiellino Everest Bertoli lancia una provocazione: «Primo, abbiamo chiesto di sapere quanti progetti edilizi sono stati depositati ultimamente in Comune in attesa che parta la parentesi senza salvaguardie. Secondo, se si vuol fare presto veramente, l’amministrazione della città non vada in ferie. Se serve, anche il 15 agosto, noi siamo qui».

(pi.ra.)

 

 

Rifiuti, falsa partenza dell'umido a Muggia
 

MUGGIA Un secchiello ed un pacchetto con 50 sacchetti biodegradabili. Silenziosamente, ma lentamente, la macchina comunale muggesana ha iniziato a distribuire i primi strumenti per la raccolta differenziata dei rifiuti umidi. Un vero e proprio kit del bravo cittadino che il Municipio si sta impegnando a consegnare a domicilio. Quello che si preannuncia come uno dei fiori all’occhiello della giunta guidata da Nerio Nesladek ha però già provocato qualche disagio. La distribuzione del kit infatti non sempre è andata a buon fine. «Non vi abbiamo trovato durante la consegna del materiale per la raccolta differenziata della frazione umida: potrete ritirare il materiale presso il Centro di Raccolta comunale di Vignano», recita il documento recapitato nelle cassette della posta di chi non è stato trovato in casa al momento della consegna del kit. La conferma arriva dal consigliere comunale del Pdl muggesano, Claudio Grizon. «Mi chiedo come faranno tutti gli anziani - sottolinea Grizon - ed in particolare quelli senza automobile a ritirare questo kit per la raccolta differenziata dell’umido? Come si può pensare che i cittadini, durante il normale orario di lavoro, rimangano a casa ad aspettare gli incaricati del Comune, oltretutto senza un preavviso? Non era forse più logico organizzare una consegna in orario pomeridiano e serale?» Insomma, un avvio con il piede sbagliato, nel quale pare proprio che non vi sia stata alcuna comunicazione alle famiglie interessate da questo nuovo importantissimo avvio della raccolta differenziata dell’umido. Ma le criticità sembrano non finire qui. «Alcuni cittadini mi hanno contattato – prosegue il consigliere – dopo aver trovato nella cassetta della posta la letterina del Servizio Ambiente e aver contattato il numero del Centro di raccolta di Vignano, si sono sentiti rispondere che “i cassonetti per l’umido sono finiti, dovrebbero arrivare nei prossimi giorni” ed oltrettutto che “non è previsto un nuovo passaggio di consegna, per queste cose dovete sentire il Comune”...». La situazione dunque appare sostanzialmente nebulosa. E l’ultima domanda dell’esponente del centrodestra è eloquente: «Finititi i 50 sacchetti biodegradabili i cittadini dovranno comprarseli?».

Riccardo Tosques

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 26 luglio 2011

 

 

MANOVRA DI BILANCIO - IL WWF: “NEL TESORETTO DA 186 MILIONI SI TROVINO 300MILA EURO PER LA NATURA”
 

L’Associazione chiede che nella manovra di assestamento del bilancio vengano reperiti fondi per le aree protette minori e la biodiversità.
“Il consiglio regionale ponga rimedio alla gravissima situazione in cui versa la tutela della natura nella nostra regione a causa della totale assenza di risorse”: è l’accorato appello che giunge dal Wwf del Friuli Venezia Giulia in previsione della manovra di assestamento del bilancio 2011 e del bilancio pluriennale 2011-2013, già approvata dalla I Commissione consiliare. Passerà dunque a breve all’attenzione dell’aula il documento con cui la giunta regionale ha deciso di spartire il “tesoretto” da 186 milioni di euro avanzati dal bilancio 2010.
“Tra gli interventi ritenuti “prioritari e indifferibili” – attacca il Wwf – si trova di tutto: dall’innovazione e la programmazione comunitaria (23 milioni) alle attività produttive (35 milioni), dalle infrastrutture immateriali (53) all’agricoltura (5), dagli ammortizzatori sociali (17) alla portualità (1 milione), ma per la tutela di un bene primario e collettivo come la Natura, già privata nelle ultime finanziarie delle già poche risorse a disposizione, la manovra estiva non ha previsto nemmeno un euro”.
Rispetto a quanto previsto dalla finanziaria di fine anno, la manovra è, se possibile, peggiorativa: nonostante preveda infatti 150mila euro in più sulle riserve naturali regionali come spese di investimento (cap. 3124, che era stato azzerato dalla manovra invernale), toglie al cap.3123 (spese correnti per le medesime finalità) quei 340mila euro che la finanziaria 2011 stanziava per il 2012 (170mila) e 2013 (170mila). Il saldo per l’ambiente, è quindi ancor più negativo. Come se non bastasse, vengono tolti al capitolo di spesa sui prati stabili i 20mila euro inizialmente previsti per l’aggiornamento dell’inventario.
A fronte di ciò, l’associazione del Panda chiede innanzitutto una riassegnazione di fondi ai capitoli 3123 e 3124 destinati al settore delle riserve naturali, biotopi, rete natura 2000, già falcidiati dalla finanziaria 2011 e ora affossato anche per gli anni a venire, con specifica destinazione agli interventi di manutenzione dei biotopi naturali, ossia individuate aree di limitate estensione dove alto è il numero di specie endemiche e di elevato valore naturalistico, ormai estinte da altri territori, che corrono il rischio di scomparire se non si provvede urgentemente a svolgere interventi di manutenzione e salvaguardia.
In particolare, poi, il Wwf chiede che la manovra estiva preveda un finanziamento specifico per due capitoli di spesa: 50mila euro sul cap. 3100 (monitoraggio Reti Natura 2000) per sostenere un progetto di studi e monitoraggi della specie albanella minore, rapace diurno a grave rischio estinzione in regione (non più di 15 coppie irregolarmente nidificanti); e 30mila euro per garantire ai possessori dei già localizzati prati stabili (tipiche formazioni erbacee seminaturali friulane) gli indennizzi previsti per legge: indennizzi che da due anni non vengono elargiti a chi ne avrebbe diritto in quanto il relativo capitolo di spesa è privo di risorse.
“Nelle pieghe di una manovra da 186 milioni – conclude l’associazione ambientalista – non può essere difficile reperire quelle poche centinaia di migliaia di euro da destinate a chirurgici interventi di gestione, che, visto l’eccellente rapporto tra spesa e risultato tipico del finanziamento in tutela ambientale, sarebbero sufficienti a promuovere efficacemente la difesa della biodiversità e del paesaggio”.
WWF Friuli Venezia Giulia
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 26 luglio 2011

 

Capodistria e Pirano: «No al rigassificatore nel golfo di Trieste»
 

CAPODISTRIA «Il rigassificatore off-shore a Trieste non s'ha da fare». I sindaci di Capodistria e Pirano hanno reagito duramente alla notizia del via libera definitivo dell'Italia al progetto del terminal nel golfo e a quello del gasdotto Trieste–Grado–Villesse. In attesa che Lubiana decida le contromosse ufficiali – il ministro dell'Ambiente Roko Zarnic non ha escluso la possibilità di citare l'Italia a giudizio di fronte alla Corte europea – i primi cittadini delle due città costiere hanno fatto capire molto chiaramente che continueranno con la loro battaglia per impedire la costruzione del rigassificatore. «Il Comune di Capodistria è stato molto chiaro: non ci devono essere rigassificatori né nel golfo di Capodistria né in quello di Trieste. Non abbiamo nessuna intenzione di cedere e faremo anche in futuro tutto quello che sarà possibile per bloccare la costruzione dei terminal, sia in mare sia sulla terraferma» ha dichiarato il sindaco di Capodistria Boris Popovic, secondo cui il parere positivo ai rigassificatori è la conferma che le cose vengono decise da Roma senza tener conto del parere delle autorità locali e della contrarietà espressa dalla stessa regione Friuli-Venezia Giulia. «Il turismo è la nostra principale risorsa, per cui non possiamo in alcun modo accettare la costruzione di una bomba ecologica davanti alla nostra costa», si legge invece nel comunicato sottoscritto dal sindaco di Pirano Peter Bossman. Per Bossman, il via libera del Ministero dell'ambiente italiano è assolutamente incomprensibile, considerata la posizione dei comuni che si affacciano sul Golfo di Trieste e tutto quello che è stato detto sui rischi ambientali legati al terminal. Per Popovic, la cosa che ora deve essere fatta è coinvolgere anche altri soggetti, compreso il comune di Trieste, nella causa contro il Ministero dell'ambiente italiano che ha dato parere positivo ai due progetti, terminal off shore e gasdotto. Sugli sviluppi della vicenda si è pronunciata pure l'organizzazione ambientalista Alpe Adria Green. Il suo presidente Vojko Bernard ha annunciato che inviterà il governo sloveno a impedire che la Barcolana – sponsorizzata da Gas Natural, la società spagnola interessata a investire nel rigassificatore – sconfini nelle acque territoriali slovene. «Se l'esecutivo non raccoglierà questo invito, ha aggiunto Bernard – invieremo lo stesso appello agli abitanti dei comuni circostanti e fermeremo la Barcolana da soli». Gli attivisti di Alpe Adria Green invieranno inoltre alla Commissione europea un nuovo ricorso contro la costruzione di un rigassificatore nel golfo di Trieste.

Franco Babich

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 25 luglio 2011

 

Cristin: «Basta nuove antenne»
 

SAN PIER D’ISONZO Prendere tempo sull’installazione di nuove antenne di telefonia mobile nel territorio di San Pier d’Isonzo. Lo suggerisce all’amministrazione di centrodestra l’esponente della minoranza Franco Cristin a fronte della legge regionale 3 del 18 marzo 2011 che impone ai Comuni di approvare entro un anno dall’entrata in vigore della normativa il Regolamento comunale per la telefonia mobile. Una scelta che secondo Cristin è opportuna a vedere anche la vicenda dell’impianto radiomobile Vodafone posto lungo la provinciale Fogliano-Pieris e che dovrebbe accogliere in co-site un’antenna della società Wind. Quest’ultima avrebbe incontrato delle difficoltà e, di conseguenza, stando sempre a Cristin, anche con riferimento alla nuova normativa, spingerebbe in qualche modo il Comune per risolvere il problema. «Credo sia doveroso temporeggiare in attesa dell’approvazione del nuovo regolamento - afferma il consigliere - e ascoltare cosa ne pensano i sanpierini e il Comitato sorto a difesa e tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, nonchè dibattere le tematiche in sede di Consulta comunale urbanistica». Il Pd di San Pier d’Isonzo ribadisce di essere contrario all’installazione di nuove antenne. A fronte di una normativa che però la consente, il Pd chiede quindi che gli impianti vadano installati a debita distanza dalle abitazioni e le apposite aree vadano ridefinite con le compagnie telefoniche. «In merito all’iter da seguire per l’approvazione del nuovo Regolamento - afferma Cristin -, a tutt’oggi l’amministrazione comunale non ha però fatto nulla».(l.bl.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 24 luglio 2011

 

 

Rigassificatore off-shore a Trieste La Slovenia studia le contromosse
 

TRIESTE La Commissione di impatto ambientale ha dato parere favorevole al progetto del rigassificatore off-shore nel Golfo di Trieste e al gasdotto sottomarino Trieste-Grado con prolungamento sotterraneo fino a Villesse e la Slovenia allunga le orecchie. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha immediatamente informato con una missiva il suo “collega” sloveno Rok Zarnic nella quale ha precisato come il Ministero dell’ambiente abbia posto grande attenzione alle ricadute sull’ambiente dei due progetti ponendo particolare attenzione agli effetti transfrontalieri che gli stessi andrebbero a determinare. Sia per il rigassificatore sia per il gasdotto, ha puntualizzato la Prestigiacomo, sono state tenute in debito conto le osservazioni slovene. «Per ora non abbiamo elementi per citare l’Italia a giudizio», precisa il ministro dell’Ambiente sloveno Zarnic che si riserva di esaminare con attenzione l’incartamento, che a fine estate gli sarà inviato da Roma, sia da un punto di vista ambientale che da quello giuridico. Zarnic ha altresì precisato che la Slovenia «non dà un assenso alla realizzazione delle due opere, ovviamente, ma esprime solamente un giudizio». «Del resto la convenzione sulle ricadute ambientali transfrontaliere (Espoo) - spiega Zarnic - è un processo di valutazione che punta a una diminuzione delle ricadute sull’ambiente dei progetti sotto esame, in un confronto trasparente tra le parti interessate». «E la relativa documentazione - continua ancora il ministro sloveno - costituisce la base di diritto per un eventuale ricorso alle istituzioni europee per difendere i nostri interessi». «Potremo operare - conclude il ministro - solo nell’ambito del diritto ma faremo di tutto per tutelarci». Il governo di Lubiana nel giugno scorso ha chiaramente stabilito che se i progetti italiani non fossero stati conformi alle direttive comunitarie avrebbe chiamato Roma sul banco europeo degli imputati. Il gennaio scorso la Commisione europea aveva invece comunicato all’Italia che prima della presentazione di tutta la documentazione relativa all’impatto ambientale nessun investimento relativo ai progetti presentati può essere attivato, regola che vale ovviamente anche per la Slovenia. Le dichiarazioni del ministro Zarnic però non soddisfano affatto il deputato sloveno di Zares, Franco Juri il quale giudica assai «debole» la posizione assunta da Lubiana, dalla quale traspare l’idea che «la Slovenia ha veramente scarse possibilità di evitare l’avvio di progetti che avrebbero conseguenze dirette sui cittadini e sull’ambiente del Paese». Juri, infine, ricorda come i rigassificatori a Trieste abbiano sollevato l’opposizione sia dei cittadini italiani che di quelli sloveni. L’infinita battaglia prosegue, la sensazione è che solo Bruxelles potrà dirimere le baruffe transfrontaliere.

Mauro Manzin

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 23 luglio 2011

 

 

D'Alema: sì all'Alta velocità, assedio No Tav
 

RONCHI DEI LEGIONARI Hanno cercato lo “scontro” fin dall’inizio gli attivisti del Comitato No Tav in occasione dell’intervento del presidente del Copasir e leader del Pd, Massimo D’Alema, invitato a parlare giovedì sera alla Festa dell’Unità di Selz. Prima all’esterno dei cancelli, schierati con gli striscioni ad attendere il leader Pd prima che entrasse. Ma ci ha pensato il temporale a farli desistere più che le forze dell’ordine presenti in maniera discreta, ma massiccia. Una volta entrati con il pubblico, solo alla fine dell’incontro-intervista, hanno dato sfogo alla protesta che covava.Erano passate le 22.30, i No Tav erano in piedi tra il pubblico stipato nella sala, ogni tanto venivano alzati gli striscioni mentre altri attivisti, dietro al tavolo dove D’Alema parlava, con accanto l’europarlamentare Debora Serracchiani, filmavano con telecamere. A intervento concluso, con il pubblico che si alzava, ecco la scintilla. «Presidente D’Alema - ha scandito ad alta voce uno dei No Tav alle sue spalle - non dice proprio nulla sull’Alta velocità?». C’era un po’ di tensione e a un certo punto gli attivisti hanno letteralmente accerchiato il leader Pd, assieme alla Serracchiani, che dopo un attimo di esitazione ha risposto: «Mi avevano detto che volevate un incontro per parlare dei problemi della Tav, in realtà era solo una scusa per fare la sceneggiata», li ha letteralmente ghiacciati il leader Pd. «Se volete che parli dell’Alta velocità lo faccio volentieri, penso che sia una cosa giusta e che si debba realizzare. Non possiamo isolare questi territori dai collegamenti internazionali ed escluderli da un progetto che porta sviluppo economico e progresso. Sul progetto non c’è nulla da discutere, semmai si può trattare sui percorsi e i tracciati». Dai No è partito allora serrato l’assedio con domande, qualcuno alzava la voce per farsi sentire, un’attivista ha chiesto a D’Alema che cosa risponde alle critiche di qualche esponente europeo. D’Alema ha cercato di replicare, ha passato la palla alla Serracchiani: «Avete qui una deputata europea che è anche della Commissione trasporti, chiedetelo a lei», ma subito dopo l’ora tarda e l’evolversi dell’atmosfera hanno suggerito alla sicurezza di interrompere il colloquio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 22 luglio 2011

 

 

Cosolini assediato sul Prg: niente cemento selvaggio
 

«L’unica strada percorribile per blindare l’iter e metterlo al riparo da ricorsi». Così il sindaco definisce la scelta, contestata dall’opposizione, di procedere per step successivi nella definizione del nuovo Prg. «L’ha chiarito anche l’Ufficio legale del Comune - precisa Cosolini -. Se, per evitare la decadenza delle salvaguardie, avessimo avviato la definizione delle nuove direttive senza prima formalizzare l’abbandono della variante 118, avremmo rischiato grosso. Qualsiasi portatore d’interessi avrebbe potuto rivolgersi al Tar, con buone probabilità di vedersi accogliere il ricorso. Noi, quindi, avremmo dovuto fare i conti con un nuovo Prg bloccato per decisione del giudice e con il ritorno in vigore della variante 66, per un periodo ben più lungo di quello previsto con il percorso imboccato ora. Anzichè un vuoto di salvaguardia di 30-40 giorni, cioè, ci saremmo ritrovati con una vacatio di almeno 3-4 mesi».Gli esponenti del Pdl che paventano il rischio cementificazione? «Politici in malafede che prendono per i fondelli i cittadini». Gli ambientalisti scontenti? «Persone sicuramente sensibili e preparate, incappate però in un evidente errore». I consiglieri circoscrizionali, alcuni anche del Pd, che hanno votato contro la scelta di cassare la variante 118? «Vittime di incomprensioni e cattiva informazione sulle reali responsabilità della vicenda». È un autentico “uno contro tutti” quello andato in scena ieri mattina nel Salotto azzurro del Comune. Sul ring un Roberto Cosolini più combattivo che mai, deciso a portare a termine una missione precisa: respingere le tante critiche piovute da più parti sulla sua decisione di bloccare l’iter del Piano regolatore dell’era Dipiazza. Critiche infondate e inaccettabili secondo il sindaco che, sentendosi forse sotto assedio, sfodera gli artigli per dimostrare l’assoluta validità della direzione intrapresa. Come? Smontando una a una tutte le tesi sgradite. L’attacco Il primo affondo, sferrato per ristabilire la “sua” verità, Cosolini lo riserva all’opposizione. «Suona sospetta e tardiva la preoccupazione manifestata da alcuni consiglieri del Pdl per la decadenza delle salvaguardie e il ritorno della variante 66. Faccio notare infatti che quella variante è entrata in vigore nel 1997. Già dal 2001, quindi, la giunta Dipiazza avrebbe potuto correre ai ripari annullandone gli effetti. Invece - prosegue il sindaco - ha impiegato ben sei anni e due mesi prima di riuscire a buttar giù una paginetta di direttive e avviare l’iter del nuovo piano regolatore. Iter poi segnato da continui “svarioni” e “stop and go” che hanno impedito di arrivare all’approvazione della variante entro il 6 agosto, data di scadenza delle salvaguardie. Chi dimentica tutto questo e cerca di scaricare le responsabilità del ritorno della 66 sulla giunta Cosolini, quindi, è in malafede e prende in giro i triestini». Far West edilizio Un’altra scorrettezza bella e buona, secondo il sindaco, l’ha commessa chi ha tentato di fare del “terrorismo psicologico”, spacciando per immediatamente cantierabili anche progetti che così immediati non sono. «Si sono messi sullo stesso piano i progetti esecutivi legati ai piccoli interventi e i piani particolareggiati previsti per i cantieri più importanti e invasivi (come il temuto “cubone” tra androna Campo Marzio e via Belpoggio ndr). Non escludo che qualcuno di questi possa aver già superato la fase dell’adozione, ma dubito possa concludere il percorso burocratico in tempi tanto rapidi. Sia chiaro, andremo comunque incontro ad una fase di “vacatio” che durerà dal 7 agosto fino all’approvazione delle nuove salvaguardie. Qualche progetto, nel mezzo, ci scapperà di sicuro». Quale, o quali, però il sindaco non lo dice. «Assicuro però che le situazioni più sensibili sono già al sicuro. In ogni caso ribadisco che l’avvio di alcuni nuovi cantieri è un effetto collaterale inevitabile, da imputare tutto all’incapacità della precedente amministrazione». Differenze di stile Se il centrodestra ha brillato per inefficienza, chiarisce Cosolini deciso a marcare in ogni modo le differenze, l’attuale esecutivo darà invece prova di rapidità. «La bozza delle nuove direttive è già pronta - svela, mostrando un plico di fogli A4 -, e approderà in giunta subito dopo la pausa estiva, indicativamente il 22 agosto. Poi inizierà l’iter che dovrebbe concludersi con l’approvazione in Consiglio a metà settembre. Potremmo essere quindi uno dei primi Comuni d’Italia a dare il via alle salvaguardie nei primi 100 dall’insediamento». Voci fuori dal coro Eppure, anche di fronte ad una simile road map, c’è ancora chi storce il naso. Parecchi consiglieri circoscrizionali, ad esempio (come riferiamo in basso), ma pure diversi ambientalisti. «Il punto è che una materia complessa come questa, può indurre in errore anche persone esperte e preparate - conclude Cosolini -. Lo dimostra la lettera inviata dalle associazioni lo scorso 8 giugno per chiedere di approvare subito la 118. Ma, a quella data, non c’erano già più i tempi tecnici per evitare la caduta delle salvaguardie. Perchè, come ho fatto notare poi anche al presidente Wwf Predonzan che lo ignorava, per approvare la variante non basta il voto dell’aula, serve anche la pubblicazione sul Bur».

Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 21 luglio 2011

 

 

PRG - Ambientalisti delusi: «Ora limitate i danni»
 

Accelerare le procedure per predisporre quanto prima nuove direttive con le relative salvaguardie a garanzia dell’ambiente. Contestualmente, abbandonare la variante 118 “foriera di cementificazione”. Gli ambientalisti insistono su questa linea, molto diversa da quella indicata dal nuovo sindaco, Roberto Cosolini, il quale ha dichiarato che “non è possibile adottare una sola delibera per cancellare la 118 e al contempo definire nuove direttive”. La conferma della sempre più netta divaricazione fra gli ambientalisti triestini e il nuovo sindaco in tema ambientale la si è avuta nel corso dell’affollata assemblea organizzata dal Coordinamento “Piùverdemenocemento”, in collaborazione con Wwf, Legambiente e Italia nostra. Il titolo era “Piano regolatore di Trieste: quello che avreste voluto sapere e non hanno mai voluto dirvi” e Dario Predonzan, responsabile urbanistico del Wwf, ha subito colto l’occasione per definire «inconsistente» la tesi proclamata da Cosolini. «Il sindaco avrebbe dovuto fin dal primo giorno d’insediamento - ha detto Predonzan - lavorare su nuove direttive, invece si è perso tempo e adesso la scadenza del 6 agosto, quando cadrà la 118, è vicina e l’amministrazione è al punto di partenza». Lucia Sirocco, di Legambiente, ha elencato «i danni più devastanti portati dalle varianti 66 e 118. Entrambe – ha sottolineato - farebbero scempio del territorio, perché dopo il 6 agosto riprenderanno vigore una ventina di piani particolareggiati che faranno partire cantieri per più un milione di metri cubi di nuove costruzioni. A Basovizza – ha annunciato - si potrebbe costruire un nuovo centro commerciale su una landa carsica. Stesso discorso a Padriciano, a Miramare, a Grignano, tutto in zone di fitta vegetazione. Sopra la Napoleonica avremmo il peggio del peggio, come a Trebiciano e a Santa Croce, con il risultato che ne sarebbe fortemente penalizzato tutto l’altopiano». Franco Zubin, di Italia nostra, ha accusato l’intera classe politica: «Chi governa ora incolpa la giunta precedente, i tecnici dicono che deve occuparsene la politica e così via. Le salvaguardie – ha spiegato - valgono anche per le direttive, perciò si possono sospendere le costruzioni se contrastano con esse. Quando le salvaguardie cessano non c’è più tutela e l’inerzia del Comune è colpevole, perché si poteva arrivare al 6 agosto con una delibera che dicesse che la 118 va abbandonata e al contempo creare un nuovo strumento urbanistico per confermare le salvaguardie, per evitare di veder partire progetti in contrasto con esse. Se non si può arrivare entro il 6 agosto si vada a metà settembre, perché i danni potrebbero essere contenuti». Luciana Boschin, di Italia nostra, ha ricordato che «la giurisprudenza conferma la possibilità di lavorare sull’allungamento delle salvaguardie. I rischi per l’ambiente sono notevoli se non si interviene subito. Piuttosto che espandere il cemento sarebbe molto più opportuno intervenire sull’esistente».

Ugo Salvini

 

 

Dolenc: «I cinghiali? Sono una risorsa da sfruttare»
 

TRIESTE Una serie d’iniziative ad hoc per fronteggiare l’emergenza cinghiali. È una delle questioni affrontate in questi giorni, all’interno del Tavolo Verde, dal vicepresidente della Provincia con delega allo sviluppo economico e politiche del Carso, Igor Dolenc. «Il problema esiste e va affrontato in modo strutturato» dichiara Dolenc. «Non vogliamo estirpare la razza – ha continuato – ma non si può negare che la sua presenza provochi numerosi danni sia agli operatori agricoli che ci sono in zona sia alle persone che accidentalmente si trovano sulla loro strada». Per ovviare al problema, quindi, il numero due di Palazzo Galatti ha messo in campo una serie d’iniziative sia di natura logistica (ad esempio conservazione della carne dei cinghiali) che preventiva e informativa. «Nelle nostre intenzioni – spiega il vicepresidente - ci sarebbe l’intenzione di dotare la polizia venatoria di due celle frigorifere per tenere in fresco la carne degli animali uccisi: una conterrebbe gli animali in entrata mentre la seconda ospiterebbe la carne lavorata in uscita». La conservazione della carne e la sua successiva lavorazione, infatti, eviterebbe la necessità dell’incenerimento delle carcasse dopo l’abbattimento dei capi in eccesso permettendone anche un utilizzo come prodotto ‘doc’ presente nelle proposte enogastronomiche del territorio carsico. «La carne di quest’animale è molto pregiata – racconta Dolenc - quindi una parte di prima scelta, adeguatamente lavorata, potrebbe essere venduta agli operatori agrituristici della zona che potrebbero arricchire la loro l’offerta enogastronomica. Ciò che resta dal “primo taglio” – continua - successivamente potrebbe essere suddiviso tra i cacciatori, venir utilizzato per la creazione di salumi, divenire cibo in scatola per gli animali o diventare mangime per gli ospiti dell’Enpa». A corredo della parte tecnica, il piano “emergenza cinghiali”, ne prevede anche una informativa per cacciatori ed operatori agricoli che, a partire da settembre, dovrebbe impegnare gli addetti ai lavori in corsi di norcineria per il trattamento di carni selvatiche e corsi di aggiornamento anche sulle malattie presenti in queste tipologie di animali. Sempre all’interno del piano, inoltre, si aggiungerebbe l’installazione di dissuasori meccanici ed elettrici per le strade per evitare gli incidenti stradali, sia quelli chimici – odoriferi per evitare il danneggiamento delle colture. «È necessario – spiega Dolenc – che vi siano questi corsi di formazione per operatori in modo che anche loro sappiano come comportarsi in caso di necessità. In questo modo grazie alla sinergia tra le varie iniziative il problema potrebbe essere contenuto e si potrebbe trovare una giusta via di mezzo tra salvaguardia della specie e quella della valorizzazione e dello sviluppo del territorio carsico».

Viviana Attard

 

 

«Aria buona? Il sindaco lo dica ai residenti di Mattonaia»
 

SAN DORLIGO DELLA VALLE «Il sindaco Premolin dice che a San Dorligo della Valle si vive di più perché l'aria è buona? Lo dica ai quasi 700 firmatari della petizione antiodori in zona Mattonaia». Roberto Drozina, capogruppo consiliare del Pdl, non ha affatto digerito l'esternazione del primo cittadino riguardo la presunta motivazione per la quale nel comune della Val Rosandra si vive più a lungo. «Siamo al limite della presa in giro nei confronti dei cittadini, credo ci voglia davvero coraggio ha rilasciare una simile dichiarazione», spiega Drozina. Sulla stessa falsa riga Giorgio Jercog, coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo. «Le cose non stanno proprio come sostiene il sindaco: la sua mi pare una dichiarazione troppo buonista e allo stesso fuori luogo, meglio stendere un velo pietoso». Nel mentre Jercog ha auspicato l'arrivo della seconda centralina antiodori da collocare verosimilmente nella frazione di Francovez.

(ri.to.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 20 luglio 2011

 

 

La commissione sul Prg anticipata a oggi
 

E alla fine la maggioranza “accontentò” l’opposizione. La famosa seduta urgente della commissione Urbanistica - che Pdl, Fli, Lega, grillini e Lista Dipiazza avevano richiesto per discutere del ritiro del Piano regolatore di Dipiazza, fino ad arrivare alla “diffida” di 48 ore fa - non si terrà appena fra una settimana ma già oggi pomeriggio alle 18. Lo annuncia, con una nota di precisazione, il presidente del Consiglio comunale Iztok Furlanic. «Lunedì 11 luglio - scrive infatti Furlanic - era stata presentata una richiesta di convocazione urgente della Sesta commissione e il presidente della commissione Mario Ravalico l’aveva convocata venerdì 15 luglio, rispettando in pieno i tempi previsti dal regolamento del Consiglio comunale, che indica in 5 giorni il termine entro il quale la commissione deve essere convocata. Essendo nella richiesta espressamente indicato che alla commissione doveva partecipare anche il sindaco, Ravalico l’ha convocata per il primo giorno in cui era possibile garantire la presenza del primo cittadino, ovvero il 27 luglio». Ma con «nuova sollecitazione scritta dei consiglieri firmatari la prima richiesta, si chiedeva di convocare la commissione entro 48 ore. Ho parlato con Ravalico e, pur non essendoci alcun obbligo regolamentare che lo costringesse a far ciò, Ravalico è venuto incontro alle richieste dell’opposizione ed ha convocato in via d’urgenza già per domani (oggi, ndr) alle ore 18, orario assolutamente non consueto per le commissioni consiliari, ma l’unico in cui era possibile garantire la presenza del sindaco, una Sesta commissione in cui si discuterà sulle comunicazioni sul Prg fatte dal sindaco l’11 luglio scorso». Assicura Furlanic: «Nessuna volontà di negare il dibattito, anche perché ci sarà occasione di discutere quando, ed è questione di giorni, arriverà prima in commissione e poi in aula la delibera sulla rielaborazione della variante 118 che è già in discussione nei consigli circoscrizionali». «La diffida dei gruppi d’opposizione - interviene il capogruppo della Lega Maurizio Ferrara - ha funzionato. Un’amministrazione seria, che pensa di portare in aula a fine agosto la delibera per cassare la 118 e che sta già facendo girare la cosa nelle circoscrizioni non poteva che convocare subito una commissione, sennò sarebbe stata un’anti-amministrazione». E intanto si registrano frizioni anche in vista di un’altra commissione, la Terza, quella competente per i Trasporti. La innesca, per la civica cosoliniana Trieste cambia, Roberto Decarli: «L’esuberante e incontenibile consigliere Bucci ha presentato una mozione per riportare il capolinea della linea 10 nella sua sede originaria di Piazza Venezia. Capisco che si stia già preparando per le prossime elezioni regionali del 2013 e, considerando la situazione in cui si trova oggi il “Partito degli Onesti ex PdL” dovrà correre parecchio . Sarebbe il caso però che seguisse di più i lavori del Consiglio e delle commissioni comunali. Infatti, nella smania di apparire Bucci non ha notato che il giorno 21 (domani, ndr) si riunirà la Terza commissione, cui parteciperà anche l’assessore provinciale Zollia, per risolvere il problema creato più di un anno fa dagli stessi suoi colleghi dell’amministrazione Dipiazza , ma quella volta nessuno ha aperto bocca».

(pi.ra.)

 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - MARTEDI', 19 luglio 2011

 

 

ALLARME RIFIUTI - IL WWF: “URGENTE IL PIANO REGIONALE DEI RIFIUTI URBANI”
 

A fronte delle situazioni critiche in provincia di Udine, con le discariche vicine all’esaurimento, e a Trieste, con la differenziata al palo, l’associazione chiede alla Regione misure per ottimizzare il sistema di smaltimento dei rifiuti.
Se si esclude il caso di Pordenone, recentemente eletta a capoluogo di provincia più riciclone d’Italia con un 78% di raccolta differenziata, emerge dal territorio regionale una situazione critica nel campo della raccolta e della destinazione dei rifiuti urbani.
L’allarme riguarda in particolare la provincia di Udine, alle prese con un sistema di discariche prossime al limite della ricettività e diverse che perdono liquami, con conseguente rischio di inquinamento specie per le falde acquifere; e Trieste, dove la raccolta differenziata, nel 2010 ferma a circa il 20%, non dà segni di miglioramento nonostante l'annunciato obbligo di selezionare i rifiuti.
Il WWF regionale, a fronte di queste emergenze, denuncia la mancata conclusione dell'iter decisionale del Piano Regionale dei Rifiuti Urbani. “L'entrata in vigore del “Piano” – sostiene l’associazione del Panda – consentirebbe di stimolare un più forte impegno da parte degli Enti locali, fornire strumenti per il corretto intervento sui rifiuti urbani e conseguire gli obiettivi dettati dalla normativa vigente: in primis il raggiungimento del 65% della raccolta differenziata entro il 2012, pena sanzioni pesanti”.
Dopo il Convegno promosso dalla Regione nel novembre del 2008 e la delibera della Giunta Regionale del 24 giugno 2009, nel gennaio 2010 le competenti Commissioni consiliari regionali hanno indetto un’udienza conoscitiva, alla presenza dell'Assessore De Anna, in cui ha potuto esprimersi l'universo delle parti interessate e coinvolte nella materia, sia pubbliche che private. Dopo di ché l’iter per l’elaborazione del Piano si è improvvisamente arrestato. “Perché – si chiede il Wwf - ad oggi non si è giunti ad una conclusione? Chi pone gli ostacoli?”.
A fronte di aree regionali virtuose (oltre a Pordenone, sono molti i comuni che hanno abbondantemente superato l’obiettivo del 65%) il WWF si appella alla Regione affinché realizzi “un sistema di smaltimento rifiuti che elimini le disparità e la disomogeneità esistenti, senza il ricorso a nuovi impianti e all'esportazione di rifiuti, ottimizzando le risorse esistenti”.
Per l’associazione, due dovrebbero essere le priorità del Piano: diffondere il più possibile sul territorio regionale il metodo della raccolta differenziata spinta (“porta a porta”) e fissare obiettivi di efficienza anche per gli impianti di selezione: ciò per evitare che percentuali anche elevate di raccolta differenziata a livello comunale vengano poi vanificate da impianti di selezione scadenti o mal gestiti, che producono grandi quantità di sovvalli, che andrebbero poi smaltiti in discarica.
Il nuovo strumento regionale dovrebbe poi prevedere sanzioni per le Province-ATO che non provvedano per tempo agli adempimenti previsti nel Piano regionale e/o non raggiungano gli obiettivi fissati dallo stesso; inoltre prevedere meccanismi di incentivo/disincentivo che agevolino il raggiungimento degli obiettivi previsti, per i cittadini sul piano tariffario, per gli enti locali su quello dei contributi regionali.
“L’adozione del Piano regionale, conclude il Wwf, è doppiamente urgente in quanto consentirebbe di affrontare i concreti gravi disservizi dell’attuale sistema ma anche di evitare possibili procedure d'infrazione delle Direttive europee sui rifiuti”.
 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 19 luglio 2011

 

 

Scontro sul rigassificatore, decide il Consiglio di Stato
 

ROMA C’è attesa per la decisione del Consiglio di Stato sul ricorso presentato dall’Enel contro lo stop alla realizzazione del rigassificatore di porto Empedocle deciso dal Tar del Lazio a cui si erano rivolti il Comune di Agrigento, Legambiente Sicilia e altre associazioni. L’auspicio dell’azienda guidata da Fulvio Conti è una sentenza a favore del piano, che rappresenterebbe un tassello fondamentale per gli approvigionamenti di gas, vantando una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno. C’è infatti in ballo un investimento di oltre 800 milioni di euro, con lavori che durerebbero 54 mesi, ovvero quattro anni e mezzo. Un cantiere che darebbe occupazione fino a 900 persone, mentre l’impianto in esercizio necessiterebbe di 120 persone (200 con l’indotto). E ieri, alla vigilia della sentenza, diverse voci si sono schierate con l’Enel, dalla Cisl, con il segretario generale Raffaele Bonanni, agli imprenditori, con il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, che ha definito «pretestuosa» la tesi contraria all’impianto. Il piano aveva ottenuto il via libera nell’ottobre del 2009, con l’apposita autorizzazione concordata dalla Regione Sicilia insieme con i ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture. Ma la decisione era stata subito criticata dal Comune di Agrigento, che con altre associazioni ha fatto ricorso al Tar del Lazio.

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 18 luglio 2011

 

 

Park San Giusto frenato da intoppi burocratici
 

Circa 35 milioni di euro. A tanto ammonta il costo complessivo del parcheggio sotto il Colle di San Giusto che, negli auspici di Comune e costruttori, dovrebbe essere completato tra due anni e mezzo. Ne sono serviti però molti più, oltre 10 complessivamente, per far partire l’operazione. Il progetto infatti, ricorda l’assessore Marchigiani, aveva iniziato a muovere i primi passi all’epoca della giunta Illy con l’inserimento nel Piano delle opere 2001. Da quel momento una lunga serie di complicazioni - dal cambio dell’assetto societario con l’uscita di Amt e l’ingresso successivo di Friulia, agli inattesi ritrovamenti archeologici - ha finito per ritardarne sviluppi e apertura del cantiere. Che, una volta completato, metterà a disposizione 718 posti macchina, dei quali 376 in vendita, 308 a rotazione e 34 riservati al Comune. Avrebbero dovuto entrare nel vivo nel giugno scorso. Invece, ad oggi, gli scavi del tunnel d’ingresso del parcheggio sotto il colle di San Giusto non sono ancora partiti. Il secondo lotto dell’operazione portata avanti dalla Park San Giusto spa - società partecipata per circa il 35% da Friulia, il 65% dai costruttori Riccesi, Carena, Celsa, Mecasol e Arm Engineering e, per la parte restante, da Ssm spa di Udine e Acupark srl del gruppo Aci - sconta infatti un ritardo legato a due distinti ostacoli di natura amministrativa. Il primo chiama in causa il progetto esecutivo che, dopo le modifiche apportate lo scorso autunno per adeguare l’elaborato alle nuove normative antisismiche, attende ancora il via libera dell’amministrazione comunale. «Il passaggio in giunta comunque è già stato calendarizzato - assicura l’assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani - Conto, quindi, che l’approvazione possa arrivare in tempi rapidi». Nell’attesa, i soci della spa titolare del project financing dovranno risolvere anche un’altra grana: l’acquisizione definitiva di tutti i terreni necessari a realizzare il maxi parcheggio su cinque piani, per un totale di 718 posti auto. «Gli uffici - continua Marchigiani - mi hanno segnalato che non sono stati ancora perfezionati i passaggi richiesti per ottenere la piena disponibilità delle aree in superficie e nel sottosuolo. Aree che hanno non uno, ma diversi proprietari: dall’Ater al Demanio civile fino ad alcuni privati. Il fatto di doversi confrontare con più interlocutori, evidentemente, sta allungando i tempi per l’acquisizione dei terreni, essenziale all’avvio degli scavi veri e propri. Del resto - conclude Marchigiani - quando hai a che fare con opere complesse di questo tipo, previste poi in aree estremamente delicate anche dal punto di vista archeologico, le procedure sono comprensibilmente complesse e i contrattempi possono essere sempre dietro l’angolo». Non si pensi però ad uno stallo totale, precisano gli azionisti della Park San Giusto spa. Di operazioni da compiere, nell’attesa di iniziare a perforare il colle, ce ne sono comunque parecchie. «Posso assicurare che in cantiere non ci si annoia di certo - precisa Donato Riccesi, a capo dell’impresa capofila del progetto - . Anche se non abbiamo ancora ottenuto l’approvazione del progetto esecutivo, l’attività è tutt’altro che ferma. Da un lato stiamo completando le ultime esplorazioni archeologiche, dall’altro stiamo eseguendo una serie di opere previsionali per il sostegno a monte del versante in cui verrà creato l’imbocco della galleria. Ci sono insomma tanti interventi da predisporre per riuscire a procedere speditamente nelle fasi successive». Quanto alle possibili ripercussioni provocate da questa fase di stand-by burocratico sulla tabella di marcia complessiva, i costruttori si mostrano fiduciosi. «Al massimo si perderà qualche mese - prosegue Riccesi -. Uno slittamento che potrebbe anche essere recuperato in corso d’opera. Nelle opere in galleria gli avanzamenti vengono decisi di giorno in giorno facendo l’analisi della cosiddetta qualità della roccia: a seconda di ciò che si incontra, possono esserci variazioni, anche a risparmio, dei tempi di esecuzione. La data indicativa di conclusione lavori, fissata per la fine del 2013, comunque non dovrebbe subire variazioni».

Maddalena Rebecca

 

 

Provincia, i cinghiali tra le priorità del Tavolo Verde
 

TRIESTE L’emergenza cinghiali è stata la prima a finire sul neonato Tavole Verde della Provincia di Trieste. La prima riunione a Palazzo Galatti (nella foto) del neo costituito organismo della Provincia di Trieste si è tenutatasi nei giorni scorsi. L’istituzionalizzazione del Tavolo Verde è avventuta il primo incontro tra il vice presidente della Provincia di Trieste con delega allo Sviluppo economico e politiche per il Carso, Igor Dolenc e il presidente dell’Associazione agricoltori Kmecka Zveza, Franc Fabec. L’organismo mira a coordinare e concertare con le realtà del territorio, gli interventi di tipo agricolo e rurale. «Dopo aver approvato in giunta il 7 luglio scorso l’istituzione di questo organismo – ha detto Igor Dolenc, vice presidente con delega all’agricoltura – abbiamo convocato una prima riunione per stilare un crono programma di interventi e priorità». La lista comincia dai cinqhiali, ma non si ferma lì. «L’emergenza cinghiali, i problemi che la siccità sta procurando al settore della zootecnia, la gestione del verde pubblico, le zone Zts e la lotta antiparassitaria ecologica - spiega Dolenc - sono solo alcune delle problematiche emerse nel corso della riunione». Al Tavolo Verde coordinato dall’amministrazione provinciale prendono parte le istituzioni locali (Comuni, Regione Friuli Venezia Giulia, Camera di Commercio di Trieste, Ispettorato provinciale dell’Agricoltura, Ispettorato Ripartimentale delle Foreste, Ersa Agenzia Regionale per lo Sviluppo Rurale), l’Ordine degli agronomi, i Consorzi di produttori, le Organizzazioni sindacali, le Associazioni ambientaliste e dei consumatori. «Dopo la ricognizione delle tematiche più urgenti compiuta oggi – ha concluso Dolenc – convocheremo a breve un nuovo Tavolo Verde per iniziare a pianificare gli interventi ed affrontare in termini risolutivi le prime emergenze».
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 17 luglio 2011

 

Prg cancellato. Senza vincoli progetti al via
 

Decadute le salvaguardie previste dal Prg firmato Dipiazza e cassato da Cosolini possono ripartire molti progetti. Il Pdl: «Troppo cemento»

Da Barcola a Opicina, i piani già autorizzati
Da Barcola a Cologna. Da Scorcola ad Opicina. Le nuove costruzioni previste dai piani particolareggiati già autorizzati potrebbero sorgere un po’ in tutte le zone della città. Anche in aree già densamente abitate e altrettanto sfruttate dal punto di vista edilizio. Roiano, per esempio, rione particolarmente ambito dai costruttori. Scorrendo l’elenco di quelli che l’amministrazione comunale indica come i «piccoli progetti» - che poi, a ben vedere, tanto piccoli non sono visto che in qualche caso prevedono interventi anche da 6-7mila metri cubi ciascuno - si incontrano infatti ben sei operazioni edilizie inserite in quel quartiere. Le case potrebbero sorgere in due punti di vicolo delle Rose (un progetto, in particolare, è previsto al civico 26), in altrettanti tratti di Scala Santa (un piccolo ampliamento è ipotizzato nell’immobile al numero 72), in via dei Gerani e in un terreno, al momento identificato solo con il numero di particella catastale, dove l’impresa La Nuova Edile punta a costruire numerosi appartamenti, per una volumetria complessiva di 5435 metri cubi. Gettonate anche la zona di Monte Radio (due i cantieri pronti a partire, in via Righetti 9 e in via Moro, quest’ultimo, però, di modesta portata), e le frazioni dell’Altipiano. A Opicina, per esempio, si contano tre interventi significativi: uno da ben 7526 metri cubi e un secondo da 3500 pronto a partire in via Conconello 21. I territori di Trebiciano e Prosecco, invece, si candidano ad accogliere per lo più nuovi immobili o ampliamenti di dimensioni più contenute. Nella trentina scarsa di operazioni pronte a partire dal 6 agosto prossimo, data di scadenza del regime di salvaguardia legato alla decaduta variante 118, figurano poi lotti a Contovello (3710 metri cubi), via di Basovizza e Padriciano. Ma non mancano i progetti focalizzati sul centro cittadino: in via Carpison, tra via San Francesco e via Coroneo, è previsto per esempio un complesso da 2.255 metri cubi.

M. REBECCA

 

 

L'ex Magazzino vini "ancorato" a 18 metri sotto il suolo stradale
 

Fino a settembre si continuerà a realizzare il “contenitore isolante”. Poi, dopo un anno dalla consegna del cantiere, partirà la costruzione dell’edificio vero e proprio che prenderà il posto dell’ex Magazzino vini, con la realizzazione dei due piani interrati. Di fronte al Salone degli Incanti, anche questo rimesso a nuovo anni fa grazie alla Fondazione CRTrieste, i lavori procedono nel rispetto dei tempi. È stata completata la paratia lungo il perimetro dell’edificio, costituita da 270 pali secanti (si compenetrano l’uno all’altro, creando una barriera continua in cemento armato), che si spingono fino a 12 metri di profondità e poggiano sulla roccia. Il contenitore, sviluppandosi appunto sotto il livello del mare, dev’essere assolutamente stagno. Per questo diversi dei 270 pali sono stati sottoposti a particolari controlli. «Alcuni li abbiamo attrezzati con tubazioni - spiega l’ingegner Tommaso Tassi, direttore dei lavori - in cui sono state fatte passare onde sonore per verificare l’integrità del getto di calcestruzzo e quindi del palo stesso. Altri pali sono stati attrezzati con inclinometri, che forniscono il profilo del palo e permettono di vedere se si è deformato o meno». Per evitare che le teste dei pali si spostino nelle successive fasi dei lavori, 60 tiranti sono stati messi in opera tra i pali stessi e l’esterno dell’area che ora è interessata allo scavo. Uno scavo iniziato da qualche tempo e che finora ha interessato circa metà area (un quadrato di 40 metri di lato) fino a una profondità di 3,5 metri sotto il livello stradale, con l’asportazione del 30% del volume previsto. Lo scavo completo dovrà raggiungere la profondità di 8,8 metri, ma, per ragioni tecniche, già quando l’intera area sarà stata portata a -3,5 metri si inizierà a realizzare una serie di micropali sull’intero sedime. «Questi micropali - precisa Tassi - serviranno ad ancorare alla roccia l’intero edificio, compresa la platea (la piastra di fondazione su cui poggerà la costruzione, ndr), e si spingeranno fino a 9 metri sotto la platea stessa, quindi a circa 18 metri dal piano stradale. Oltre ad ancorare l’edificio, i micropali consentono di riempire eventuali fessurazioni nella roccia, consolidando ulteriormente queste fondazioni». L’attuale fase dei lavori, iniziata lo scorso inverno con lo smontaggio dei muri perimetrali, fa parte del primo lotto appaltato dalla Fondazione CRTrieste, per 7,8 milioni, all’associazione temporanea di imprese costituita da Riccesi Imprefond e Trevi. La futura destinazione dell’ex Magazzino, che la Fondazione acquistò dalle Cooperative Operaie nel 2005 per 3,6 milioni, non è stata ancora definita. Va ricordato che prima di cederlo alla Fondazione, le Coop avevano progettato un centro direzionale e nautico firmato dall’architetto Boris Podrecca, che così aveva vinto nel 2002 per l’area piazza Venezia-ex Bianchi-ex Pescheria il concorso internazionale di idee promosso dal Comune. Inizialmente la Fondazione aveva pensato di fare del Magazzino vini un centro congressi: dovette desistere nel 2007. «Fare un regalo sgradito alla città sarebbe un controsenso», aveva dichiarato il presidente Paniccia dopo la lettera con cui l’allora sindaco Dipiazza gli aveva chiesto di soprassedere. C’erano in gioco le volumetrie e soprattutto l’altezza (18 metri, poi ridotti a 16) dell’edificio prospettato, che aveva peraltro sollevato l’opposizione di alcuni comitati cittadini per le Rive. Di qui la svolta: demolizione e ripistino. Tornando all’oggi, oltre al parcheggio l’altro piano interrato dovrebbe ospitare spazi espositivi. I due livelli sopra il sedime stradale (altezza massima di 9 metri, la stessa dell’ex magazzino) sono invece destinati potenzialmente a spazi commerciali e direzionali.

Giuseppe Palladini

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 15 luglio 2011

 

 

«Porto Vecchio, residenze nell'area di Barcola»
 

«Cosolini apre alle case in Porto Vecchio? Sono pienamente d’accordo». È il commento dell’ex sindaco Roberto Dipiazza, che ricorda anche di essersi speso in passato per centrare lo stesso risultato. «All’epoca avevo inserito nella variante un 10% di residenzialità. Percentuale poi eliminata, su richiesta dell’allora presidente portuale Boniciolli, al momento di chiudere le intese tra Comune e Porto. Spero che ora l’operazione vada a buon fine - conclude Dipiazza -. Anche perchè per realizzarla non serve chissà che: basta una correzione in corso d’opera alla variante Barduzzi». Le parole spese da Roberto Cosolini a favore della creazione di spazi residenziali dentro il grande contenitore di Porto Vecchio? Musica per le orecchie dei vertici di Portocittà, la società partecipata da Gruppo Maltauro, Rizzani de Eccher, Gruppo Banca Intesa e Sinloc che si prepara a trasformare materialmente il volto dell’antico scalo. Una trasformazione, sostiene appunto la srl, che sarà tanto più riuscita quanto più ampio sarà il ventaglio delle soluzioni offerte. «I contenuti di un progetto di questa ampiezza - spiega Corrado De Francisco, direttore di Portocittà - devono necessariamente essere a 360°. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con grandi interventi di riqualificazione, sa che vi devono essere rappresentati tutti gli aspetti di vita urbana. E la residenzialità è una dimensione fondamentale di ogni territorio. L’importante è creare un mix equilibrato tra le varie destinazioni». Per quella residenziale, esisterebbe già una location ideale: «Da questo punto di vista l’area di Barcola che va dal Magazzino 27 fino alle sedi delle società nautiche è estremamente interessante - continua De Francisco -. Certo si potrebbe pensare anche di trasformare in chiave abitativa gli immobili della parte monumentale, ma è evidente che, per motivi architettonici, si presta meglio la zona “nuova”». Lì quindi potrebbero sorgere villette o palazzine vista mare - magari, ipotizza De Francisco, da far convivere con spazi da adibire a foresterie per studenti e ricercatori che frequenteranno il previsto polo formativo -, sulla cui tipologia saranno chiamati a esprimersi i migliori progettisti su piazza. «Indiremo presto un concorso internazionale - conclude -. Personalmente immagino una proposta armonica con l’intero progetto di riuso, che non stravolga l’aspetto della parte storico-monumentale». Come dire, niente condomini-alveare, meglio casette a due-tre piani più facilmente integrabili nel rinnovato waterfront. Tutto deciso, dunque? Non proprio, visto un non trascurabile dettaglio: l’assenza della residenzialità nel pur lungo elenco di destinazioni d’uso previste dalla variante al Prg approvata nel 2005. Per creare nuovi alloggi dentro l’antico scalo cioè potrebbe non bastare l’entusiasmo manifestato dalle istituzioni (prima di Cosolini, a sostegno di quest’opzione si era espressa pubblicamente anche la presidente dell’Authority Marina Monassi). Potrebbe invece servire un ulteriore passaggio di tipo pianificatorio-urbanistico. Eventualità su cui però Portocittà non si esprime: «Diciamo solo - conclude De Francisco - che sembrano esserci le basi per lavorare anche in quella direzione». Espressione che lascia trapelare un certo ottimismo, forse dettato dalla speranza di poter individuare un appiglio nelle maglie larghe della variante Barduzzi. Quella, per intendersi, che non cita la residenzialità “pura”, ma autorizza di contro alberghi e strutture turistiche. «Fermo restando che oggi abbiamo un Prg che non prevede la residenzialità - osserva Roberto Cosolini - dobbiamo essere consapevoli del bisogno di crescita della città. Una crescita che deve passare attraverso il recupero del patrimonio immobiliare esistente e operazioni, come nel caso di Porto Vecchio, in cui realizzare un equilibrio tra profitti e utilità sociali. Se vogliamo trovar posto nell’antico scalo a cultura, formazione e ricerca, che per definizione hanno pochi quattrini, dobbiamo prevedere anche situazioni che “facciano mercato”, ma da non considerare come esclusive. Immaginare Porto Vecchio come un insieme di case di lusso sarebbe sbagliato. Lì infatti - conclude Cosolini -, potrebbero convivere tante soluzioni: alloggi per studenti, forme di edilizia sociale e, appunto, residenze “da mercato”».

Maddalena Rebecca

 

 

Bandelli spara contro la nuova piazza Libertà
 

Dopo le perplessità di Maurizio Bucci tocca al consigliere comunale Franco Bandelli (Un’Altra Trieste) sparare contro il progetto di riqualificazione di piazza Libertà. Parla da ex assessore ai Lavori pubblici della giunta Dipiazza, la stessa che alla fine del mandato ha approvato (assieme agli enti preposti) un nuovo progetto ritirando quello iniziale “targato” Bandelli. «Quella soluzione nasceva soprattutto dall’esigenza e dalla certezza che, una volta a regime con il Silos riqualificato, la situazione del traffico in ingresso a Trieste - dice Bandelli - sarebbe arrivata al collasso se non si fosse intervenuti preventivamente su piazza Libertà». Rigettando al mittente l’appellativo di “Attila ambientalista” che gli era stato cucito addosso per la famosa polemica sugli “alberi secolari da tagliare”, Bandelli si domanda come «i responsabili del traffico, convinti assertori del precedente progetto, abbiano fatto repentina marcia indietro». «Risultato finale di tutta questa vicenda, è quello che oggi denuncia Bucci: il progetto di piazza Libertà così com’è, se venisse attuato non servirebbe a nulla», dice l’esponente di Un’Altra Trieste. E per questo motivo si rivolge al nuovo assessore ai Lavori pubblici Elena Marchigiani («che già nelle prime uscite ha dimostrato sensibilità urbanistica su opere che, benché previste dalla precedente amministrazione, sono state ritenute di buon valore»), affinché intervenga sul sindaco per far sì che «un progetto che non avrebbe nessun valore per la città, venga totalmente rivisto».

 

 

Le foreste ingoiano un sesto della CO2 dell'atmosfera
 

ROMA In quasi 20 anni, dal 1990 al 2007, le foreste di tutto il pianeta hanno “ingoiato” circa un sesto dell’anidride carbonica (CO2) presente nell’atmosfera e prodotta dalle emissioni dei combustibili fossili. Lo dimostra uno studio pubblicato su Science e coordinato da Yude Pan, del Dipartimento dell’Agricoltura, Servizio Forestale (Usda) degli Stati Uniti. La ricerca chiarisce il ruolo che le foreste hanno sui livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e potrebbe contribuire a mettere a punto e a implementare le politiche di riduzione delle emissioni. Per fornire un quadro della CO2 atmosferica “sequestrata” dal 95% delle foreste del pianeta, i ricercatori hanno condotto osservazioni sul campo e raccolto dati provenienti da altri studi e hanno abbinato queste informazioni a modelli statistici. Le foreste catturano l’anidride carbonica per la fotosintesi, il processo nel quale producono zuccheri a partire da anidride carbonica e acqua, in presenza di luce. Grazie a questa attività le piante giocano un ruolo molto rilevante nel controllo della quantità globale di anidride carbonica nell’atmosfera che, scrivono i ricercatori, «è stabilmente in aumento per effetto delle attività umane».

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 14 luglio 2011

 

 

Rigassificatore, la società Tge vuole far causa alla Slovenia
 

CAPODISTRIA Se il progetto del terminal rigassificatore a Capodistria non sarà inserito nel Piano energetico nazionale della Slovenia, la società “Tge Gas Engineering” - da anni impegnata nella progettazione dell'impianto – non esclude l'ipotesi di fare causa allo Stato. Lo ha annunciato Vladimir Puklavec, uno dei proprietari della “Tge”, deluso dal fatto che nella proposta del Piano energetico nazionale fino al 2030 – attualmente in dibattito pubblico – non si nomini assolutamente l'ipotesi di un rigassificatore a Capodistria né si presti sufficiente attenzione al Gnl (gas naturale liquefatto), anche se si tratta, sempre secondo Puklavec, di una risorsa e di una tecnologia sempre più importante a livello mondiale. Il proprietario della “Tge Gas Engineering” ha rilevato una serie di incogruenze anche per quanto riguarda il nuovo Piano regolatore del Porto di Capodistria, che permette per il futuro la manipolazione del carbone e di prodotti petroliferi nello scalo, ma non del gas naturale liquefatto, nonostante le nuove tecnologie garantiscano la massima sicurezza. A giudizio di Puklavec, i due documenti andrebbero entrambi integrati, in modo da consentire la costruzione del rigassificatore a Capodistria. Anche la Risoluzione sulla tutela dell'Alto Adriatico, approvata dal Parlamento di Lubiana, a suo giudizio è dannosa per la Slovenia, che si è autoimposta dei limiti (come il no al rigassificatore, ndr.) senza che questo impegni in alcun modo gli Stati vicini. Il progetto della “Tge” prevede la costruzione di un impianto congiunto di rigassificazione e produzione di energia elettrica in un'area di 30 ettari all'interno del porto di Capodistria. L'impianto sarebbe in grado di fornire 5 miliardi di metri cubi di gas all'anno e impiegherebbe 70 dipendenti con un indotto stimato di complessivi 1.200 addetti. L'investimento ammonterebbe a 1 miliardo di euro.

f.b.

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 13 luglio 2011

 

 

Trieste, Cosolini: «Piano regolatore tutto da rifare»
 

Cassato, sepolto, messo definitivamente nel cassetto. Il Piano regolatore concepito dall’amministrazione Dipiazza e adottato, pur tra mille difficoltà, nel corso della passata consigliatura, è arrivato al capolinea. Oggi, o al più tardi domani, Roberto Cosolini porterà in giunta la delibera che formalizzerà la scelta di staccare la spina alla variante 118, facendo quindi ripartire da zero l’iter dell’atteso strumento urbanistico. Una mossa dettata da una precisa presa d’atto: l’impossibilità materiale di riuscire ad approvare il Prg delineato dal centrodestra entro il 6 agosto, data di scadenza del regime di salvaguardia previsto dalla 118. «I presupposti temporali per scongiurare la decadenza delle salvaguardie ed evitare di conseguenza il ritorno alla variante precedente (la 66 del 1997), non esistono - chiarisce il sindaco -. E non sarebbero esistiti nemmeno se avessimo accelerato al massimo, dedicando al Piano regolatore ogni momento utile dall’insediamento ad oggi. Nella migliore delle ipotesi, anche anticipando di una settimana la prima seduta del nuovo Consiglio comunale e rinunciando alla discussione in aula su presidente dell’assemblea e linee programmatiche del sindaco, saremmo riusciti ad approvare il piano attorno al 20 luglio. Troppo tardi per riuscire ad ottenere entro il 6 agosto il parere della Regione e la successiva pubblicato sul Bur, due passaggi essenziali per l’entrata in vigore del Prg». L’idea, sostenuta in particolar modo dalle associazioni ambientaliste, che si potesse ingaggiare una lotta contro il tempo per tenere in vita le salvaguardia, insomma, è risultata «priva di fondamanto». Meglio quindi ripartire da capo, abbandonando al suo destino un piano giudicato «profondamente inadeguato e senza alcuna valenza strategica». Destino che peraltro, ci tiene a sottolineare Cosolini, era già stato scritto da altri. «La responsabilità politica del blocco del Prg va attribuita al passato Consiglio che, lo scorso aprile, votò una mozione che rimandava alla futura amministrazione l’approvazione della variante. È stata quella scelta, a ben vedere, a condannare di fatto la 118». Inutile comunque, a questo punto, voltarsi indietro. Meglio guardare al futuro e iniziare a gettare immediatamente le basi del futuro, e «radicalmente diverso», Piano regolatore. «Apriremo subito il cantiere per delineare le direttive della futura variante, a cui verranno “agganciate” nuove salvaguardie - continua il sindaco -. Quanto ci vorrà per elaborarle? Mi piacerebbe arrivare alla conclusione dell’intero iter entro il 2014, ma è difficile dare tempi precisi. Di certo cercheremo di fare presto e bene, portando avanti un percorso quanto più partecipato possibile». Ecco allora l’annuncio che non verranno secretati i vari passaggi («non mi risulta esista alcun articolo di legge che lo prevede») e la decisione di convocare già per la fine del mese, indicativamente il 26 luglio, un incontro pubblico in cui illustrare la filosofia del nuovo Prg. Un piano che sarà ispirato ai criteri della sostenibilità ambientale, energetica e sociale, e in cui non prevarrà pià la «logica del Robin Hood al contrario, che toglie edificabilità ai terreni dei piccoli per accentarla nelle mani dei grandi».

Vuoto pianificatorio La parola d’ordine, quindi, è fare presto, anche per ridurre al minimo la durata del “vuoto pianificatorio” che, una volta decadute le vecchie salvaguardie, potrebbe spianare la strada ad una trentina di nuovi cantieri per un totale, secondo le stime del Comune, di circa 34mila mq di cemento. «Mi pare comunque altamente improbabile che i progetti, peraltro non previsti in aree strategiche, partano tutti insieme dopo il 6 agosto - conclude Cosolini -. In ogni caso, lo ribadisco, allo stato attuale non esiste alcun modo, neppure il più fantasioso, per scongiurare il ritorno della variante 66».

Maddalena Rebecca

 

 

PRG - I bandelliani: fine di Dipiazza Fli e grillini: vince il cemento
 

C’è chi esulta dal di dentro, i dipietristi ad esempio, e chi lo fa pur stando fuori dalla maggioranza. È il caso di Un’altra Trieste, che «plaude alla definitiva cancellazione della variante Dipiazza». «Era lo scorso 18 aprile quando l’ex capogruppo di Un’altra Trieste Sulli era riuscito a trovare il consenso traversale dell’aula su una mozione che rimandava a questa consiliatura la redazione di un nuovo strumento urbanistico», scrivono in un comunicato Franco Bandelli e Alessia Rosolen, che rispediscono «al mittente le accuse infondate che ci sono state rivolte da esponenti del Pdl, quando tacciavano la nostra posizione come strumentale agli interessi dei cementificatori, considerato che l’operazione variante 118 è costata a questa città due anni di paralisi, centinaia di posti di lavoro persi nel settore dell’edilizia e decine di migliaia di euro del contribuente». Paolo Bassi, capogruppo Idv, osserva dal canto suo che «approvare la 118, significava approvare una variante priva di validità giuridica. Dobbiamo attivarci già da subito, insieme a giunta e sindaco, per poter approvare nuove salvaguardie già dalla prima seduta utile di settembre». La questione delle salvaguardie tiene banco anche nell’opposizione: «Buttare via tutto il lavoro svolto ripartendo da zero - interviene Michele Lobianco da Fli - somma incertezze a tempi ancor più lunghi, bloccando di fatto lo sviluppo della città», eppoi c’è la «possibilità che imponenti progetti edificatori abbiano via libera dopo il 6 agosto». Problema evidenziato anche dal grillino Stefano Patuanelli, secondo cui sarebbe stato «meglio procedere con la 118»: «Tra piani particolareggiati e permessi a costruire ci sono quasi 210mila metri cubi di cemento che il 7 agosto usciranno dagli uffici in cui per ora sono fermi. Ci auguriamo almeno che l’iter del piano Cosolini sia in linea con le enunciazioni della campagna elettorale: partecipazione dei cittadini, recupero edilizio prevalente sulle nuove edificazioni e risparmio energetico».

(pi.ra.)

 

 

Ferriera, in Comune la svolta unitaria
 

Primo: sollecitare con urgenza l’elaborazione di un accordo di programma sulla Ferriera che abbia come protagonisti principali Governo, Regione, Provincia e Comune. Secondo: sollecitare alla Regione il riavvio della conferenza dei servizi per la revisione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), allo scopo di modificare quella vigente. Terzo: verificare con urgenza con il governo i contenuti del decreto sull’uscita dal Cip6, e in particolare se l’uscita possa essere decisa autonomamente dalla società proprietaria della centrale di cogenerazione (Elettra, ndr) o se tali decisioni debbano essere concordate con il fornitore dei gas siderurgici (Lucchini-Severstal). Quarto: iniziare immediatamente un dialogo, assieme a Lucchini-Severstal, con nuovi investitori e le istituzioni sui possibili percorsi per arrivare, senza drammi occupazionali, alla riconversione con attività a basso impatto ambientale. Quinto e ultimo punto: verificare l’effettuazione e il mantenimento di tutti i miglioramenti impiantistici necessari a garantire la compatibilità ambientale e la sicurezza sul lavoro fino all’effettiva riconversione prevista nel 2015. È un elenco molto nutrito quello degli impegni per la continuità produttiva e la riconversione della Ferriera che il sindaco Cosolini si è assunto lunedì sera, nel corso del Consiglio comunale, facendo propria la mozione predisposta congiutamente da tutti e dodici i capigruppo, che è così divenuta operativa senza la necessità di passare alla votazione. Sulla delicata e complessa questione della Ferriera e dell’industria triestina interviene anche il presidente di Confindustria Trieste, Sergio Razeto. «Il recente raggiungimento dell’accordo con le banche per la ristrutturazione del debito del Gruppo Lucchini e per la nuova liquidità, che garantisce il proseguimento dell’attività, ha dato un po’ di fiducia in un periodo difficilissimo per il comparto industriale e non solo», osserva Razeto, che prosegue: «A Trieste la fiducia è ciò di cui abbiamo più bisogno, in una situazione delicata, caratterizzata da possibili chiusure di stabilimenti, incertezze nello sviluppo dei progetti, carenze di visioni chiare in materia di infrastrutture, bonifiche da avviare quanto prima su gran parte della zona industriale». In questo contesto, sottolinea ancora il presidente di Confindustria Trieste, lo stabilimento siderurgico della Lucchini va considerato per il suo importante impatto economico e per le ricadute occupazionali: oltre 490 occupati diretti e, con l’indotto, altre 500 unità. «Inoltre - prosegue - i circa 10 milioni di euro annualmente spesi dalla società per l’approvvigionamento di beni e servizi crea un giro d’affari importante per il contesto economico locale, che poi mette in moto, a cascata, le attività artigianali, il commercio, e altri settori». «Risulta quindi necessario - sottolinea Razeto - delineare un chiaro percorso di riconversione del sito, con nuove attività produttive in grado di assorbire i posti di lavoro attualmente garantiti dalla Lucchini, e in questo contesto salvaguardare e valorizzare le attività correlate al funzionamento dello stabilimento di Servola, quali Sertubi e le imprese dell'indotto. Il tutto - conclude - viene ulteriormente motivato dal fatto che la presenza industriale è sottodimensionata e necessita, più che mai, di strategie e strumenti idonei a riconvertire le attività produttive in difficoltà, la cui chiusura impatterebbe fortemente dal punto di vista occupazionale».

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 12 luglio 2011

 

 

Comitato di via Belpoggio «Prg, attenti ai vincoli»
 

Il Comitato di via Belpoggio-Santa Giustina, che negli anni scorsi si è opposto con varie iniziative ai progetti edilizi previsti nell’area, «prende atto con soddisfazione delle linee guida esposte dal sindaco Roberto Cosolini riguardo all’urbanistica, che privilegiano la sostenibilità, la salvaguardia dell’ambiente, la salute dei cittadini, il recupero del patrimonio edilizio in disuso o fatiscente». Il Comitato però ora teme che possano decadere le misure di salvaguardia previste dalla variante 118, «approvata dalla passata amministrazione e in scadenza il 6 agosto prossimo, se non tempestivamente riconfermate». Il timore del Comitato - si legge in una nota - è che «un eventuale vuoto normativo faccia tornare in vita i progetti devastanti già bloccati dalla mobilitazione dei cittadini e che ne possano sputare di nuovi». Di qui la promessa di «vigilare sul mantenimento dei vincoli di salvaguardia, con particolare riferimento alle aree comprese nel centro storico dalla stessa variante». Il Comitato annuncia inoltre di volere anche «fare riferimento alla circoscrizione che già in passato con voto trasversale unanime, ne ha condiviso gli obbiettivi».

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 11 luglio 2011

 

 

Infrastrutture, Lubiana "dribbla" Trieste
 

Per quanto riguarda le infrastrutture stradali, il Piano prevede interventi tra il confine con l’Austria e l’autostrada A1 Capodistria-Sentilj, tra la A1 e la A2 (Jesenice-Obrezje) all’altezza di Novo Mesto e tra la A2 e il confine con la Croazia in Bela Krajina. Infine gli aeroporti. È prevista la modernizzazione di quello di Maribor con 11milioni 117mila euro ottenuti da fondi europei e 4milioni 160mila euro da budget dello Stato sloveno. Si interverrà infine sull’aeroporto di Lubiana-Brnik con la realizzazione di un nuovo terminal passeggeri di 38mila metri quadrati in grado di ospitare ogni ora 850 passeggeri in partenza e altrettanti in arrivo. VI saranno collocati 40 banchi per il check-in. Accanto verrà realizzata anche Aeropolis Lubiana con un centro commerciale, un albergo a quattro stelle, un centro logistico e la stazione ferroviaria.

TRIESTE Non c’è il tratto sloveno della Trieste-Divaccia e nemmeno il collegamento tra i porti di Capodistria e di Trieste tra le opere ferroviarie previste dal Piano delle infrastrutture del Ministero dei Trasporti della Repubblica di Slovenia. In ambito ferroviario nel documento di cui Il Piccolo è entrato in possesso, sono citati soltanto tre collegamenti e al primo posto vi figura la realizzazione della nuova linea tra Capodistria e Divaccia, quella che se realizzata molto prima o addirittura senza i tratti di collegamento con il capoluogo del Friuli Venezia Giulia rischia di mettere Trieste e la sua regione fuori dalle grandi rotte europee dei traffici. Il Piano di Lubiana sembra in contraddizione con il pronunciamento avvenuto qualche settimana fa da parte della Commissione intergovernativa italo-slovena che ha approvato lo studio di fattibilità della Trieste-Divaccia, tracciato che dovrebbe svilupparsi per 12 km in territorio italiano e per 9 in quello sloveno e sul quale i treni dovrebbero venir lanciati a 250 km. orari. Il costo della Capodistria-Divaccia, lunga 27,1 km., viene stimato in 900 milioni di euro e la partenza dei lavori viene indicata già nel 2011, la conclusione nel 2018. Nel Piano si fa riferimento al fatto che oggi la Capodistria-Divaccia si sviluppa su un solo binario il che rappresenta «un ostacolo allo sviluppo del porto di Capodistria» che è definito importante non solo per la Slovenia, ma anche per Austria, Ungheria, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ucraina. Nel documento si sottolinea come dopo il raddoppio gli attuali 82 treni al giorno potranno divenire 231 e la capacità di trasporto crescerà da 14.264 a 27.485 tonnellate di merci all’anno. Le uniche altre due linee ferroviarie previste dal Piano sono la Lubiana-Jesenice con raccordo per l’aeroporto di Brnik e il secondo tratto della Maribor-Sentilj. Il secondo capitolo del Piano riguarda invece le infrastrutture marittime e focalizza l’attenzione su due progetti soltanto, proprio nei settori in cui lo scalo sloveno sta per ora non solo facendo concorrenza, ma addirittura surclassando quello triestino, e cioé i container e le crociere. Primo obiettivo è dunque la realizzazione del Molo Terzo, indicato come secondo terminal container, in grado di movimentare 750mila teu all’anno. La nuova banchina sarà lunga all’incirca un chilometro e grazie alle operazioni di dragaggio avrà fondali di 17 metri. Potrà contare su un’area di magazzini di 200mila metri quadrati, su binari ferroviari, raccordi stradali e una palazzina direzionale. L’investimento complessivo previsto è di 490 milioni di euro. Si calcola che la banchina potrà essere completata nel giro di 6 anni, ma poiché sarà realizzata per moduli potrà essere parzialmente utilizzata già precedentemente. Proprio il Molo Terzo potrebbe essere l’elemento fondamentale se Unicredit decidesse di dirottare su Capodistria il progetto del Superporto concepito per Monfalcone e Trieste. Ma secondo le stesse affermazioni di Luka Koper sono molti altri i potenziali investitori privati che si sarebbero già fatti avanti. Il secondo progetto previsto dal Piano in questo ambito è la Stazione marittima che sarà in grado di ospitare tremila passeggeri. Lo studio rivela come il traffico crocieristico a Capodistria sia passato dalle 18 navi con mille passeggeri nel 2005 alle 65 navi con 40mila passeggeri nel 2010, mentre proprio per quest’anno è previsto un ancor più forte balzo di presenze. L’investimento per la Stazione marittima e le aree contigue è valutato in 8,7milioni di euro ai quali vanno aggiunti ulteriori 2 milioni per modificare la linea di costa. Si evidenzia che l’intera costruzione potrà essere completata in soli due anni.

Silvio Maranzana

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 10 luglio 2011

 

Anche la vicenda Elettra al tavolo sulla Ferriera
 

Il tavolo previsto dalla Regione sulla Ferriera sarà allargato anche a Sertubi ed Elettra. Ad annunciarlo è l’assessore regionale alle Attività produttive Federica Seganti, alla luce delle notizie sulla possibile “rinuncia” della società proprietaria della centrale di cogenerazione a usare i gas di risulta degli altoforni. «Oggi ancor più che in passato - osserva la Seganti - le vicende della Ferriera sono interconnesse sia con Sertubi sia con Elettra. Non appena disporremo del piano industriale della Lucchini, che a fine mese dovrebbe essere omologato dal tribunale di Milano, convocheremo il tavolo sulla Ferriera, allargato a Sertubi ed Elettra». Il piano industriale, sottolinea ancora l’assessore, dovrà riguardare non solo la tempistica ma indicare anche i programmi della proprietà in merito all’utilizzo delle aree, «se ad esempio intende cederle, o quanto prevede di accantonare per le bonifiche». Mentre i sindacati si riservano una valutazione della vicenda dopo avere chiesto a Lucchini ulteriori informazioni in merito, sulla necessità di convocare anche Sertubi ed Elettra al tavolo regionale concorda l’assessore al Lavoro Angela Brandi, la quale considera l’eventuale “distacco” di Elettra come una possibilità, senza escludere che si tratti di «una mossa per superare le difficoltà finanziarie della società». La Brandi annota peraltro come «il decreto che regola l’uscita dal regime Cip6 (ancora da approvare, ndr) non può superare la legge, che prevede in questo caso il benestare della Lucchini, la quale non ritengo sia disponibile a darlo», e rimarca poi che «nel caso emergessero ambiguità interverremo presso il sottosegretario Saglia, che ha proprio la delega all’energia». Il problema che potrebbe aprirsi con Elettra viene inquadrato dal sindaco Cosolini come un ulteriore esempio della difficile situazione in cui versa l’industria triestina. «L’ipotesi di un’uscita anticipata di Elettra dal regime Cip6 - sottolinea il primi cittadino - ci ricorda ancora una volta la fragilità e la non sostenibilità della nostra situazione industriale. Passiamo da un’emergenza all’altra: frequenti crisi industriali e di assetto delle aziende, che hanno impatto anche sull’ambiente perchè le crisi fanno ridurre gli investimenti in tal senso». Tutti segnali, questi, sempre secondo il sindaco, che indicano la «necessità irrinunciabile» di avviare un serio lavoro, continuativo, sul comparto dell’industria e della Ferriera in particolare. «Invito quindi la Regione e il presidente Tondo - conclude Cosolini - a considerare questa come una delle partite più importanti della regione e del capoluogo, affinchè la Regione stessa ci aiuti ad aprire un confronto con il governo, soggetto senza il quale non possiamo farcela a trovare una soluzione».

Giuseppe Palladini

 

 

Nella legge bocciata i soldi per le bonifiche
 

La buona notizia secondo cui i 133 ettari di Sito inquinato nazionale (Sin) ancora da sondare avevano trovato non solo un iter legislativo ma anche una copertura finanziaria per avviare i test sull’inquinamento è stata ghiacciata dalla notizia cattiva: il governo ha bloccato per difformità con le norme nazionali la legge regionale 6 del 19 maggio “Disposizioni in materia di attività estrattive e di risorse geotermiche”. In coda la legge contiene il determinante emendamento che finanzia le operazioni propedeutiche al risanamento di così ampia parte della zona industriale. Non tutta la legge, che in larghissima parte è solo un aggiornamento della precedente (numero 35 del 1986), ha trovato lo stop a Roma. Si tratta solo di alcuni commi che riguardano questioni specifiche della materia principale, cave, loro ripristino, divieto di escavazione nei parchi regionali, modalità d’uso dell’acqua a uso riscaldamento. Ma se una legge va corretta, per quanto su contestazioni giudicate di non rilevante portata, come ha subito detto il vicepresidente della Regione e assessore all’Ambiente, Luca Ciriani, non subisce già per questo un rallentamento dei suoi effetti? Non rischia di portarsi dietro, a 10 anni da questa terribile questione Sin che sta bloccando la zona industriale ma coinvolge anche il mare in area portuale, la soluzione del caso? Già così, tra acquisizione dei fondi comunitari (5 milioni di euro) e statali (10 milioni), e l’avvio della gara per i lavori di caratterizzazione a cura dell’Ezit, la Regione aveva prospettato l’inizio dei carotaggi non prima di maggio o giugno 2012. Ma l’assessore alle Finanze Sandra Savino corregge i timori: «Non ci sarà alcun rallentamento - risponde - i commi che vanno modificati sono altri, il comma sul Sin non è tra quelli da correggere, dunque quanto accade è del tutto ininfluente rispetto al caso triestino: la legge va avanti esattamente come prima». L’attuale calendario prevede un anno di lavori per testare i terreni (si arriverebbe al giugno 2013), e poi le operazioni di verifica dei dati raccolti da parte dell’Arpa, che secondo esperienza precedente potrebbero richiedere almeno altri sei mesi. Altrettanto certo che uno stop non ci sarà è Dario Bruni, presidente dell’Ezit che sarà titolare del procedimento di gara: «Il comma che riguarda Trieste non è in discussione - dice - e inoltre abbiamo un iter così lungo che nel frattempo da fare non ne manca. Adesso sia noi e sia gli uffici regionali stiamo lavorando intensamente per sistemare una situazione complessa: bisognerà agire su aree in parte private, in parte pubbliche, su proprietari che hanno comprato prima, o dopo la perimetrazione del Sin, dobbiamo tenere in conto tutto il quadro legislativo, non solo nazionale ma anche europeo per non andare incontro a futuri disagi». Quanto alla legge “fermata”, Bruni commenta: «Ma siamo o no una Regione a statuto speciale? Non se ne possono avere tutti gli ostacoli e nessun vantaggio...». (g.z.)

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 9 luglio 2011

 

 

Ferriera, sul futuro la scure di Elettra
 

Spazzato via il fantasma commissariamento, grazie al prestito-ponte assicurato dalle banche per garantire la continuità produttiva del gruppo Lucchini-Severstal, un altro punto interrogativo si annida sulla testa e sul futuro della Ferriera di Servola. Cosa accadrebbe infatti se Elettra produzione srl, la società proprietaria della centrale di cogenerazione che converte in energia il gas siderurgico fornito dalla Ferriera stessa, decidesse di uscire dal regime di Cip6 prima della scadenza del 2015 e investisse i collegati incentivi nel rifacimento degli impianti in un’ottica “solo metano” senza aver più bisogno del gas targato Ferriera? Lo stabilimento siderurgico servolano si troverebbe proiettato in una situazione di estrema difficoltà: l’ipotesi di una chiusura in tempi stretti calerebbe d’improvviso su un quadro destinato invece in teoria a delinearsi gradualmente da qui ai prossimi quattro anni. Un salto da togliere il fiato, in negativo, giacché il peso specifico della fornitura del gas prodotto risulta forte nel business complessivo della costola triestina dell’azienda: una “fettona” pari cioè a 50 milioni di euro all’anno, il 25% del fatturato annuale. L’equilibrio economico traballerebbe. L’interesse di Elettra per l’operazione “uscita incentivata” dal Cip6 è stato riportato ieri dal settimanale “Il Mondo”. Da qui nasce il quesito. Dalla società con sede legale a Milano però non giungono dichiarazioni ufficiali. L’amministratore delegato Gerhard Soekeland, ieri - ha riferito la sua segreteria - era impegnato in riunioni senza soluzione di continuità. A far salire la pressione ai vertici della Lucchini è stata la notizia letta sulla stampa, che ha evidenziato come fra le aziende in difficoltà interessate a fruire del nuovo decreto che incentiva e disciplina l’uscita dal regime Cip6 (gli incentivi previsti per la produzione di energia con impianti alimentati da fonti rinnovabili e “assimilate”, in scadenza nel 2015) vi sarebbe anche Elettra. Pare che l’operazione porterebbe nelle casse della società un’iniezione da 80-100 milioni di euro. Il che permetterebbe di allontanare il rischio messa in liquidazione, e ipoteticamente di aprire la porta al rinnovo degli impianti. A quel punto, l’interesse a ritirare ancora la fornitura di gas siderurgico dalla Ferriera (che viene poi tramutato in energia, girata a sua volta al Gestore dei servizi energetici) potrebbe venir meno, in virtù del passaggio alla strada a “solo metano”. Cosa, questa, che non è comunque scontata: pur recedendo dal Cip6, Elettra potrebbe infatti ipoteticamente pure continuare nell’attuale assetto, in caso di quadratura economica delle operazioni. Il decreto, però, non è stato ancora pubblicato e un alone di mistero rimane. Alla Lucchini non è un segreto, peraltro in assenza di conferme o smentite da Elettra, che la situazione desti preoccupazione: «La legge che consente la risoluzione rispetto al regime Cip6 - dice il responsabile relazioni esterne della Lucchini, Francesco Semino - specifica come le aziende interessate, per farlo, dovrebbero avere il consenso del fornitore del gas. Ora il decreto attuativo è invece più ambiguo. Apprendiamo, da quanto abbiamo letto, che da Elettra pensano di poter procedere senza il nostro assenso. A questo punto vedremo. Non ci hanno mai chiesto niente. Noi abbiamo l’intenzione di continuare l’attività sino al 2015 - ribadisce Semino -. Se loro pensano di risolvere il contratto prima, è un problema». Così la proprietà della Ferriera. E in caso di ipotetica messa in liquidazione di Elettra, invece, quale scenario si aprirebbe? Con il congelamento dei debiti, il commissario straordinario presumibilmente assicurerebbe il prosieguo dell’attività proprio per ottenere ricavi e sanare la situazione. E per evitare, nel contempo, di dover anche pagare delle penali dall’importo “importante”. A quel punto, il discorso sul rinnovo degli impianti cadrebbe e la continuità del ritiro del gas di processo siderurgico ceduto dalla Ferriera verrebbe assicurata.

Matteo Unterweger

 

 

FERRIERA - Dal 2001 l'impianto di cogenerazione
 

La centrale termoelettrica di Servola, gestita da Elettra produzione srl, è del tipo a ciclo combinato cogenerativo. A realizzarla, nel 2000, all’interno del comprensorio della Ferriera di Servola è stata la Ansaldo Energia spa: dal 2001 la centrale è operativa. Produce energia elettrica e cogenera vapore acqueo surriscaldato mediante il recupero dei gas di processo siderurgico ceduti dalla Lucchini, miscelati a gas naturale. In base al contratto in essere Cip6, gran parte dell’energia prodotta da Elettra viene ceduta al Gse (Gestore dei servizi energetici), la quota rimanente è destinata invece al mercato dell’energia. La società Elettra gestisce un’altra centrale (attiva in questo caso dal 2002) anche a Piombino, dove pure la Lucchini è presente. Infatti, come a Trieste, la centrale è inserita all’interno dell’area dello stabilimento siderurgico di Piombino. L’attività nelle due realtà di Elettra produzione - come riportato dal sito web della società stessa - è gestita a Trieste attraverso 24 dipendenti e a Piombino con 22.

 

 

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 8 luglio 2011

 

 

Ferriera, scatta il pressing sulla Regione
 

Sindacati, capigruppo del consiglio comunale e vertici della Provincia spingono sulla Regione affinchè attivi quanto prima il tavolo sulla Ferriera. Dopo il sospiro di sollievo per il commissariamento evitato, a seguito dell’impegno delle banche per il prestito-ponte necessario alla continuità produttiva del gruppo Lucchini-Severstal, c’è la consapevolezza che si deve iniziare subito a lavorare per il futuro dell’area di Servola, posto che il 2015, anno fissato per la dismissione dello stabilimento, si avvicina a grandi passi. Del futuro della Ferriera si è parlato nelle due assemblee informative che i sindacalisti, rientrati da Roma, hanno tenuto nel primo pomeriggio di ieri nello stabilimento di Servola e alla Sertubi. «Adesso bisogna verificare il piano industriale della Lucchini e la situazione del territorio - ha osservato a margine Franco Palman (Uilm) - e avere il tavolo permanente annunciato dal sindaco, nel quale deve cominciare subito il percorso di riconversione della Ferriera. A Roma - prosegue - gli assessori regionale Brandi e Savino hanno dichiarato che bisogna ragionare sulla Ferriera e sulla sua situazione da qui al 2015; invieremo quindi un sollecito alla Regione per l’apertura anche di questo tavolo». Il caso della Ferriera torna dunque al punto di partenza, quello precedente la “tegola” finanziaria legata al debito del gruppo siderurgico. «Al momento - sottolinea Umberto Salvaneschi, segretario provinciale Fim-Cisl - siamo senza alternative. E’ chiaramente un fatto positivo che si sia evitato il commissariamento, ma tutti devono avere presente che il 2015 si avvicina con velocità». Il punto sulla Ferriera è stato fatto ieri anche dai capigruppo in consiglio comunale, che hanno redatto la bozza di una mozione unitaria, la quale ora sarà emendata dai singoli capigruppo per poi essere presentata in aula lunedì prossimo. «Nel testo - spiega Roberto Decarli (Trieste Cambia) - ci si impegna a seguire la vicenda, coinvolgendo Regione e Governo per trovare una soluzione entro il 2015, quando finiranno i benefici Cip 6 (contributi dello Stato per la produzione di energia elettrica con i gas di altoforno, ndr) e cambieranno i parametri economici dell’azienda». Ieri mattina di Ferriera si è discusso anche alla Provincia, dove all’incontro fra le Rsu dello stabilimento e i capigruppo hanno partecipato anche il vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico Igor Dolenc e l’assessore al Lavoro Adele Pino. «La Provincia non può che essere disponibile a partecipare a un tavolo comune sulla situazione dello stabilimento siderurgico», ha dichiarato Dolenc, aggiungendo che «è necessaria una politica industriale complessiva, senza la quale si rischia di arrivare al 2015 privi di risposte adeguate all’istanza di continuità occupazionale dei lavoratori». «Comune, Provincia e Regione – ha ricordato Adele Pino - hanno elaborato analisi e proposte per la riconversione dello stabilimento. Ora spetta all’amministrazione regionale, promotrice di questo percorso, portare a sintesi il lavoro e giungere in tempi rapidi all’accordo di programma indispensabile alla salvaguardia dei posti di lavoro e dell’ambiente».

(gi. pa.)

 

 

«Sì ai soli bus in corso Italia ma la soluzione ideale è il ring»
 

Uno, il presidente regionale e vicepresidente provinciale di Confcommercio Franco Rigutti, aspetta che il Comune «ci convochi non appena sarà pronta una bozza seria, per discuterne». L’altro, il numero uno di Camera di commercio e Confcommercio locali Antonio Paoletti, afferma di «non avere paura di un possibile corso Italia del tutto pedonalizzato», nel senso che il collegato timore di vederlo “vuoto” come immaginato dal sindaco Roberto Cosolini non lo sfiora. «Sarebbe un modo per valorizzarne di più la parte alta del corso», aggiunge. Il mondo del commercio triestino si aggancia subito al dibattito sul Piano del traffico riacceso dalle anticipazioni del nuovo primo cittadino, che punta a un doppio asse Rive-piazza Goldoni solo per il trasporto pubblico con direzione in salita lungo corso Italia e discesa per via Mazzini, con allargamento dei marciapiedi su entrambe le direttrici. Rigutti e Paoletti su una cosa si spendono in coro: «La soluzione migliore sarebbe il ring». Sempre per i mezzi pubblici. Ma con dei distinguo. Il primo opta per la destinazione di «corso Italia» a componente-chiave dell’anello di circolazione, mentre il presidente camerale non si sbilancia: «Una delle due fra via Mazzini e corso Italia deve restare aperta al traffico, anche con una corsia preferenziale per il trasporto delle categorie più deboli come gli anziani». Paoletti, in ogni caso, apprezza l’indirizzo di Cosolini: «Mi trovo in linea con l’impianto di massima. E pure l’idea di puntare di più sul “ciclabile” mi sembra doverosa. Spero inoltre sia aggiunto il ponte sul canale di Ponterosso, per favorire anche il borgo Teresiano». Mentre Rigutti ribadisce: «Come già d’accordo con questa amministrazione, attendiamo di essere convocati per discutere del Piano e dire la nostra». Il tema è sentito anche dagli esercenti pubblici: «Se si riuscisse a limitare un po’ l’uso delle auto - dice il presidente della Fipe Beniamino Nobile - io ne sarei contento. Più c’è gente che cammina, più gli esercizi pubblici hanno la possibilità di lavorare. Se si aggiungono isole pedonali, insomma, per noi è un bene». Tornando al settore del commercio, Roberto Rosini, uno dei vicepresidenti dell’Associazione commercianti al dettaglio, osserva: «A mio avviso, meno traffico c’è su corso Italia, meglio è. Per vedere però dove deve indirizzarsi la circolazione, ci vogliono i tecnici». Dal canto suo, Roberto Bettin, membro del consiglio direttivo Acd, afferma: «L’unica possibilità di unire le zone già pedonalizzate, è quella di rendere pedonale anche via Mazzini».

Matteo Unterweger

 

 

 

 

IL PICCOLO - GIOVEDI', 7 luglio 2011

 

 

Piano traffico, si riparte «Solo bus in corso Italia»
 

Il Piano lasciato da Dipiazza «non è da buttare via tutto, anzi presenta indirizzi condivisibili», ma è da «aggiornare, con delle variazioni che riteniamo opportune per tenere in equilibrio le modalità di mobilità. Pedonale, ciclabile, pubblica e privata, con una progressiva riduzione di quest’ultima, allo scopo di migliorare la situazione ambientale». Parola di Cosolini, che nel rilanciare il Piano del traffico mette in chiaro che «saranno rispettati determinati principi». Il primo: «È impossibile fare un piano del traffico senza legarlo a una pianificazione dei parcheggi». E qui il sindaco guarda a «zone semicentrali gratuite per posteggi di lunga durata». Il secondo: «Ho chiesto agli uffici - giura il sindaco - di esaminare contestualmente certi piani del traffico particolareggiati. Oltre a quelle in centro, vanno create pedonalizzazioni anche nei rioni, in un quadro complessivo di riqualificazione del territorio». Fare in un anno, un anno e mezzo massimo - e quindi «entro la fine del 2012 ma meglio sarebbe anche prima, se fosse possibile tecnicamente, rispettando le procedure amministrative» - ciò che il suo predecessore, non tanto per colpa sua quanto per le difficoltà di sintesi tra i partiti, non è riuscito a fare in un decennio: il Piano urbano del traffico. Una scommessa da far rigirare attorno a un “ring” senz’auto per soli bus, basato su corso Italia in salita e via Mazzini in discesa. Roberto Cosolini lancia la sua “sfida” a distanza (non di luogo ma di epoca) all’ex sindaco Dipiazza, su uno dei tavoli più scivolosi che ci siano. Ora insomma ci proverà il centrosinistra (delle molte anime e delle molte sensibilità) là dove il centrodestra, più che fallito, non ha neppure finito. LA RIUNIONE La sfida parte in un anonimo pomeriggio di luglio, quello di ieri, nel quale le pressioni si presume siano semmai tutte per il Piano regolatore (le salvaguardie “moriranno” tra un mese esatto), cioè l’altra operazione chirurgica che il primario Cosolini vuole fare da sé essendosi tenuto l’assessorato all’Urbanistica. Ma anche il Piano del traffico è una priorità. E così il primo cittadino chiede, e vi si “tuffa”, una «riunione di lavoro con gli uffici». Davanti a lui siedono anzitutto l’ingegner Giulio Bernetti, il mobility manager, e i suoi collaboratori. Bernetti è il giovane dirigente che ha lavorato in questi anni con Dipiazza cercando di tradurre su strada gli input politici dell’ex sindaco (e che ora farà lo stesso con il successore) ma prima ancora è stato “discepolo” all’Università del professor Roberto Camus, il papà della celebre bozza della discordia. Secretata, stralciata, risarcita, rivelata. E, nonostante tutto, base ispiratrice dei tentativi di Dipiazza. RITORNO AL PASSATO È proprio da uno dei cardini della bozza Camus che Cosolini “ordina” in questa prima riunione a Bernetti di ripartire: «Non nascondo - parole del sindaco ieri sera - di aver chiesto agli uffici d’approfondire l’ipotesi di riservare corso Italia ai mezzi pubblici nella sola direzione mare-piazza Goldoni, facendoli poi scendere, pure lì a senso unico, lungo via Mazzini. Ciò consentirebbe di dimezzare l’attuale flusso di autobus proprio per via Mazzini, allargandone gli spazi pedonali. Stessa cosa, l’allargamento dei marciapiedi, si potrebbe fare a quel punto anche in corso Italia, che manterrebbe il senso attuale ma per i soli mezzi pubblici». LE MOTIVAZIONI L’ultima versione del piano in epoca Dipiazza (era luglio 2010 e gli indirizzi erano passati in giunta e poi si erano arenati) parlava di doppio senso per i bus in via Mazzini, come oggi, e di sostanziale pedonalizzazione di corso Italia, tagliato solo oltre il Teatro Romano direzione Ponterosso, e percorso solo in alto tra via Imbriani e piazza Goldoni. Pista “bocciata” dallo stesso Cosolini, secondo il quale «corso Italia non è la Rambla stile Barcellona, ad eccezione degli eventi c’è il rischio che tutta pedonale rimanga un po’ vuota. Questa soluzione, di distribuzione dei sensi di marcia tra corso Italia e via Mazzini, invece, non sacrifica un’arteria a discapito dell’altra». TEMPI “AMBIZIOSI” Al mobility manager l’ardua sentenza (tecnica s’intende), e il mandato di preparare con il neosindaco dei nuovi indirizzi generali da portare in giunta, così da permettere a Cosolini di far ripartire l’iter per le vie brevi. «Il mio obiettivo - ammette il primo cittadino - è di riuscire ad approvare questi indirizzi già entro luglio, o al massimo alla ripresa dei lavori di settembre».

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - MERCOLEDI', 6 luglio 2011

 

 

Muggia, frana il costone Case sommerse dal fango
 

Quello di ieri non è il primo smottamento che interessa il rione di Borgo San Cristoforo. Nel maggio 2007, poco distante, era crollata un’altra fetta del monte. I danni erano stati ingenti, tanto da spingere la Regione a stanziare circa 400mila euro per il consolidamento del costone. I fondi erano stati impiegati per realizzare un sistema di palificazioni e tiranti, e una parete di cemento lunga 40 metri a ridosso della frana. Interventi che però, evidentemente, non hanno risolto del tutto la situazione.

MUGGIA Abitazioni invase da fiumi di acqua e fango e decine di metri cubi di terreno trascinati a valle, tanto da rendere impraticabile per ore la strada sottostante. Sono le conseguenze della frana che, ieri mattina, ha interessato un tratto del costone sopra via Borgo San Cristoforo, in corrispondenza di alcune villette unifamiliari. Uno smottamento innescato dalla rottura di un tubo della rete idrica dell’AcegasAps e “amplificato” dalle piogge abbondanti cadute nella prima parte della mattinata. Due fattori che hanno reso estremamente friabile la terra e provocato appunto il distacco di una porzione significativa della collina. Nel giro di pochi minuti, attorno alle 8.30, i proprietari di tre casette al numero 14 si sono visti inondare terrazze e soggiorni di detriti. In una delle abitazioni colpite, in particolare, si sono accumulati in breve tempo oltre trenta centimetri di fanghiglia. Un’ondata improvvisa che ha causato migliaia di euro di danni, rendendo inutilizzabile gran parte dei mobili del pian terreno. Mobili che, al momento del loro arrivo, i vigili del fuoco coordinati dal caposquadra Alessandro Pisani hanno visto letteralmente “danzare” nelle varie stanze, trascinati dalla furia del torrente scuro. Per far defluire l’acqua, quindi, è stato necessario aprire le finestre e le porte della terrazza per creare una sorta di canale di sfogo: quello che entrava dalla cucina, cioè, usciva poi dal soggiorno, portando con sè sedie e suppellettili. È andata meglio, invece, agli inquilini delle altre due villette raggiunte dallo smottamento. Le piccole dighe artigianali costruite con tavole di legno e fango dai soccorritori, fortunatamente intervenuti per tempo, hanno permesso infatti di arginare la furia dell’acqua, entrata nelle terrazze ma non negli ambienti interni. Oltre ai proprietari delle case a schiera, tuttavia, a fare le spese della frana sono stati anche tutti gli altri residenti di via Borgo San Cristoforo, rimasta chiusa al transito per buona parte della giornata a causa di almeno una ventina di metri cubi di detriti piombati sull’asfalto. Per liberare la strada si è reso necessario l’intervento delle squadre del Comune di Muggia e della Protezione civile che, entrate in azione con una ruspa, hanno via via rimosso i cumuli di terra staccatasi dal costone. Una messa in sicurezza provvisoria a cui, nei prossimi giorni, dovrà necessariamente seguire un intervento strutturale per consolidare il monte, peraltro già interessato di recente da cedimenti e crolli. Un’operazione che, giocoforza, vedrà coinvolta anche l’Acegas Aps, proprietaria del tubo - posizionato in un terreno privato della ditta Sea srl costruzioni - che, rompendosi, ha dato il via allo smottamento.

Maddalena Rebecca

 

 

 

 

IL PICCOLO - MARTEDI', 5 luglio 2011

 

 

Eternit, chiesti 20 anni di carcere
 

ROMA Venti anni di carcere per l'89enne barone belga Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne e per Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero di 64 anni. Li ha chiesti al termine della sua requisitoria alla cinquantesima udienza del maxi processo Eternit, il pm di Torino Raffaele Guariniello. Disastro ambientale doloso (per l'inquinamento e la dispersione delle fibre killer) e omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro, le accuse contestate ai vertici di quella che è stata definita la Spoon River dei morti di amianto. Oltre tremila le vittime, tra operai e familiari, nei quattro stabilimenti italiani di Cavagnolo, Casale Monferrato, Rubiera e Bagnoli. Numeri destinati purtroppo a crescere perché si continua a morire con una media di 55 decessi l'anno solo in Italia. "Chiedo vent'anni per questa immane tragedia - ha tuonato Guariniello - Non avevo mai visto un dramma come questo, che ha colpito lavoratori e cittadini e che continua a seminare morti. E continuerà a seminarli chissà fino a quando. Una tragedia che si è consumata sotto un'unica regia in Italia e in altri paesi, senza che mai nessun tribunale abbia chiamato a risponderne i responsabili per l'enorme danno cagionato". Ad aggravare il quadro accusatorio il fatto che gli imputati "sono stati mossi dalla precisa volontà di negare la cancerogenicità dell'amianto e di proseguire l'attività a tutti i costi". Motivo per cui, la richiesta iniziale di 12 anni è salita a 20, in quanto il reato è stato continuato. Rivendicate anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, l'incapacità di trattare con la pubblica amministrazione per tre anni e l'interdizione temporanea dalla direzione di imprese per dieci. I fatti contestati vanno dal 1952 al 2008 La prossima udienza del processo è stata fissata per lunedì. Sarà il turno dei legali delle vittime o dei loro familiari: sono oltre seimila le parti civili.

(b.c.)

 

 

Morto per amianto, a processo l'ex funzionario del Comune
 

«Un primo passo è fatto. Mi è andato giù un groppo...». Sono da poco passate le 11 del mattino. Santina Pasutto scioglie la commozione in un abbraccio ad Aurelio Pischianz, il presidente dell’Associazione esposti amianto. Mentre amici e associati li aspettano in strada, si trovano entrambi fuori dall’aula delle udienze preliminari, al secondo piano del Tribunale, dove il giudice Laura Barresi - su istanza del pm Maddalena Chergia - ha appena assunto una decisione storica, formalizzando a Trieste il primo rinvio a giudizio per ipotesi di omicidio colposo causa polveri di amianto respirate sul lavoro da un uomo poi ucciso da un mesotelioma pleurico. La vittima - il marito della Pasutto - si chiamava Roberto Persich. Aveva fatto il meccanico manutentore dei mezzi della nettezza urbana nell’officina di via Orsera tra gli anni Ottanta e Novanta, prima di essere promosso autista. Sostituiva freni, riparava frizioni, montava tubi di scarico. Gli attrezzi del mestiere: tornio, carta vetrata, compressore d’aria. Non una mascherina. Persich è morto nel 2008, a 46 anni, di cui 4 convissuti con la malattia. Il rinvio a giudizio è a carico del superiore in grado di Persich all’epoca di quei fatti, l’ingegner Fabio Devescovi, oggi 78enne. Era il responsabile del servizio di Nettezza urbana. Non è tutto. Accanto a quest’imputato, siederà idealmente - altra svolta storica - anche l’ente datore di lavoro, il Comune, rappresentato come vuole la legge dal sindaco pro tempore, Roberto Cosolini: il rango dell’amministrazione comunale, tecnicamente, sarà di responsabile civile, non di imputato penale, ovvero di responsabile solidalmente chiamato a garantire con Devescovi l’eventuale risarcimento alla parte civile. Parte civile che, appunto, è incarnata dalla vedova Persich, assistita dall’avvocato Maria Genovese, che sta portando avanti il percorso iniziato dal collega di Roma Ezio Bonanni, il legale storico degli esposti amianto. Santina Pasutto, coi due figli nati dall’amore con Persich, non ha mai mollato, «neanche dopo due archiviazioni». Il terzo tentativo ha portato, come detto, all’udienza di ieri, in cui Devescovi e il Comune erano rappresentati dagli avvocati Guido Fabbretti e Pierpaolo Safret, che hanno sostenuto l’insussistenza di tracce di possibile colpevolezza, ricordando peraltro come Persich avesse fatto il meccanico anche prima di essere assunto dal Comune, e pure da militare. Il giudice Barresi, però, ha individuato l’esistenza di elementi meritevoli di approfondimento. E così il 7 novembre, in un’udienza interlocutoria di smistamento, il presidente del Tribunale, Filippo Gullotta, assegnerà il procedimento a un giudice monocratico - come richiesto dalla legge - decidendo già quali testi chiamare all’udienza successiva, che sarà fissata pure questa dal giudice Gullotta.

Piero Rauber

 

 

 

 

IL PICCOLO - LUNEDI', 4 luglio 2011

 

 

Rischia lo sfratto il Centro di ricerche marine a Rovigno - LA PAROLA AL TRIBUNALE
 

ROVIGNO Una delle istituzioni scientifiche istriane più prestigiose rischia di venir sfrattata dal suo bel edificio.Stiamo parlando del Centro di ricerche marine Rudjer Boskovic fondato nella città di Santa Eufemia nel 1969. Qual è il problema? La direzione del Centro si è vista recapitare una citazione in giudizio da parte dell'Accademia croata delle scienze e delle arti (Hazu) che rivendicando la proprietà dell'edificio, richiede lo sfratto immediato. In questa sede le ricerche marine hanno una tradizione di ben 120 anni. La prima udienza del dibattimento processuale è stata fissata al Tribunale commerciale di Fiume per il 22 settembre prossimo. Il suo direttore Nenad Smodlaka non nasconde la sua amara sorpresa per la lettera ricevuta. Dopo la prima ingiunzione del febbraio 2009 spiega, ero convinto che alla Hazu avrebbero capito la realtà dei fatti. Ossia noi in 40 anni abbiamo investito ingenti finanziari nella ristrutturazione e manutenzione dell'edificio di cui alla fin fine i legittimi proprietari siamo noi. La faccenda sulla proprietà comunque appare alquanto ingarbugliata. Al momento l'edificio in via Giordano Paliaga con un magnifico panorama sulla baia Valdibora, è effettivamente intestato all'Hazu. Per capire la questione bisogna tornare un po' indietro nel tempo. Ai tempi dell'ex Jugoslava l'immobile apparteneva all'allora Comune di Rovigno. Nel 1953 venne dato in usufrutto all'Accademia jugoslava delle arti e delle scienze a condizione che vi svolgesse solo ricerche marine. Nel 1969, con un Accordo di cooperazione scientifica e di ricerca firmato tra l'Istituto Rudjer Boskovic di Zagabria e l'Accademia jugoslava venne a crearsi l'attuale Centro. La Hazu si iscrisse come proprietaria sui libri catastali soltanto nel 1999 facendo leva su una legge approvata dal Sabor nel 1991. Erano gli anni quando il potere forte di Zagabria voleva farsi sentire soprattutto in Istria. In tutti questi anni aggiunge Smodlaka, abbiamo più volte richiesto ma invano, di mettere nero su bianco il reale stato delle cose. In questa battaglia è sceso in campo anche il sindaco Giovanni Sponza schierandosi con molti argomenti in mano, logicamente a favore del centro. Alla fine appare alquanto strana una battaglia per la proprietà tra due istituzioni scientifiche che fanno capo allo stesso ministero. Forse l'immobile data la sua posizione, sta alimentando gli appetiti di qualche speculatore di Zagabria, e non sarebbe certamente un caso isolato.

( p.r.)

 

 

Cherso, avvistata una foca monaca - L’esemplare è lo stesso comparso lo scorso anno al largo di Capo Promontore
 

CHERSO Al suo inaspettato apparire lungo la costa occidentale dell’isola di Cherso i ricercatori di Plavi Svijet (Mondo Blu) hanno avuto una scarica adrenalinica, riprendendosi alla svelta e spegnendo il motore fuoribordo della loro imbarcazione. Nel silenzio del mare hanno seguito con emozione le evoluzioni della foca monaca e l’hanno persino ripresa sott’acqua – è una novità assoluta nel bacino croato dell’Adriatico – con una fotocamera subacquea, che ha evidenziato le sue maestose movenze ed anche una caratteristica che ha colpito gli studiosi di Plavi Svijet, l’istituto per le ricerche e la tutela del mare con sede a Lussingrande. Il mammifero, al momento del riposo, se ne stava sdraiato sul fondale e con gli occhi chiusi. A intervalli regolari, ossia dopo un paio di minuti, riemergeva per poi tornare a riposarsi in una cavità sottomarina, sul fondale di sabbia. Secondo gli esperti, ciò potrebbe significare che attualmente alla foca monaca non è possibile rifugiarsi in aree isolate e senza la presenza dell’uomo. L’avvistamento si è verificato mentre un gruppo di esperti di Plavi Svijet stavano compiendo una ricerca sulla colonia di delfini, probabilmente 200 esemplari, stazionata nelle acque dell’arcipelago di Cherso e Lussino. Improvvisamente hanno notato la foca monaca che si è avvicinata tranquillamente al loro natante. Un incontro stupendo, pacifico con quell’esemplare femmina di circa 2 metri e 30 centimetri che ha donato agli studiosi delle sensazioni indescrivibili. In base alle istantanee è stato appurato trattarsi della stessa foca monaca apparsa e fotografata l’anno scorso nei pressi di Capo Promontore, l’estremità meridionale dell’Istria. Il primo avvistamento nelle acque altoadriatiche della Monachus monachus, che dal 1960 sembrava sparita per sempre in queste aree, si è avuto nell’isola di Selve (Silba) nel 2005.

(a.m.)
 

 

 

 

IL PICCOLO - DOMENICA, 3 luglio 2011

 

 

Eurocorridoio c’è anche Capodistria
 

TRIESTE C’è anche Capodistria nel Corridoio Adriatico-Baltico cotrassegnato con il numero 1 e inserito dalla Commissione Ue guidata da Jose Manuel Barroso nella preliminary list delle reti di trasporto transeuropee Ten-T. Il capolinea settentrionale viene identificato a Helsinki, Riga e Tallinn, capitali rispettivamente di Finlandia, Lettonia e Estonia, oltre che a Kaunas, città della Lituania. Il Corridoio scende attraversando, tra le altre città, Varsavia, Brno e Vienna. Poi, Graz e su un versante Udine e sull’altra ramificazione Maribor e Lubiana. I porti indicati sono quelli di Trieste, Capodistria, Venezia e Ravenna, il terminale meridionale terrestre è a Bologna. Tra le sezioni da finanziare entro il 2020 figurano la connessione ferroviaria Maribor-Lubiana-Trieste, la Klagenfurt-Udine (Pontebbana), e la connessione di Capodistria. La Trieste-Divaccia è prevista invece nel Corridoio terzo (ex Corridoio quinto) che prende il nome di Corridoio mediterraneo e parte da Algeciras in Spagna e arriva fino al confine con l’Ucraina, attraversando Madrid, Valencia, Barcellona, Lione, Torino, Milano, Venezia, Trieste, Lubiana e Budapest. A Trieste dunque si intersecano i corridoi Primo (Adriatico-Baltico) e Terzo (Mediterraneo). Complessivamente i Corridoi trasportistici sono dieci e lo stanziamento complessivo previsto è di 21,7 miliardi di euro. Sono stati poi tracciati una serie di Corridoi per quanto riguarda l’energia (elettricità e gas) e Corridoi digitali. Il dibattito su queste linee strategiche è atteso per l’autunno: probabilmente a ottobre in commissione e a novembre in aula.

s.m.
 

 

Siderurgia, resta in bilico il futuro di mille lavoratori
 

Lucchini-Severstal, in caso di esito negativo dell’incontro romano di mercoledì ripercussioni a breve su Sertubi, che conta 220 dipendenti più i 100 dell’indotto
Mercoledì a Roma si decide il futuro di un migliaio di lavoratori triestini. Dal nuovo incontro al ministero dello Sviluppo economico sulla crisi del gruppo Lucchini-Severstal, dopo la sospensione della riunione di giovedì scorso in cui è emerso che le banche non hanno raggiunto un accordo sulla ristrutturazione del debito e sul finanziamento del nuovo piano industriale, dipenderà anche il futuro della Ferriera e della Sertubi. Se l’esito della riunione non dovesse essere positivo, si apriranno soluzioni traumatiche per il gruppo siderurgico, l’amministrazione straordinaria e il commissariamento. E di conseguenza prospettive molto incerte per un migliaio di lavoratori, posto che la Ferriera ne impiega 500 più un centinaio nell’indotto e alla Sertubi lavorano 220 persone e altre cento dell’indotto. Le ripercussioni negative più immediate potrebbero riguardare proprio la Sertubi, in crisi da qualche mese per il blocco dei mercati medio-orientali a seguito della guerra nel Nordafrica. In un recente incontro con i sindacati, che ha preceduto quello col presidente della Regione Tondo e gli assessori Seganti e Brandi, l’amministratore delegato di Duferco Italia, Antonio Gozzi, ha annunciato la disponibilità del gruppo siderurgico indiano Jandall a prendere in affitto la Sertubi per un paio d’anni, disponendo di altri mercati (fra cui quello indiano) in cui vendere i tubi in ghisa sferoidale. L’affitto si protrarrebbe finchè Duferco non sarà in grado di attuare gli investimenti necessari a rendere Sertubi indipendente dalla Ferriera. Si parla di 18 milioni, in parte da destinare (subito) all’aumento della produttività e in parte alla realizzazione di un forno elettrico col quale Sertubi produrrà la ghisa una volta che la Ferriera sarà chiusa. Il gruppo indiano ha però posto una condizione pregiudiziale: la ghisa deve continuare ad arrivare dallo stabilimento di Servola. «Se la Ferriera chiude, l’accordo salta», sottolinea Franco Palman, della segreteria Uilm, che aggiunge: «Gozzi ci ha detto chiaramente che la firma col gruppo indiano è molto vicina, ma tutto dipende dal futuro della Ferriera». E il futuro dello stabilimento di Servola è legato alla concessione di un prestito-ponte di 140 milioni, necessario in tempi rapidi in quanto il gruppo Lucchini-Severstal non dispone della liquidità necessaria per continuare l’attività. Questa precisazione arriva da Stefano Borini, segretario provinciale della Fiom-Cgil, presente giovedì scorso alla riunione romana assieme a numerosi altri sindacalisti. «Il sottosegretario Saglia - precisa Borini - è stato lapidario: se non arriva il prestito-ponte, dopo il 6 luglio scatta l’amministrazione straordinaria». La concessione del prestito è condizione essenziale anche per un’altra operazione legata alla salvezza di Lucchini-Severstal: la possibile vendita di Ascometal, ramo francese del gruppo, che permetterebbe di incassare oltre 300 milioni. «Durante la riunione al ministero l’amministratore delegato del gruppo, Calcagni - racconta Borini - ha rimarcato che il 7 luglio deve recarsi in Francia per verificare il via libera alla vendita di Ascometal, arrivando però alle trattative con una posizione chiara del gruppo in Italia».
Giuseppe Palladini

 

 

SEGNALAZIONI - Ambiente - Perché la formaldeide

 

Strana la segnalazione pubblicata su Il Piccolo di martedì 28.06.2011 a firma Luciano Luciani sulla formaldeide. Obiettivamente la formaldeide anche a basse concentrazioni nell’aria è una sostanza che presenta problemi sanitari perché è irritante per le mucose, dove si trasforma in parte in acido formico. Considerando che negli ambienti possono essere presenti manufatti come pannelli in legno pressato, truciolati, prodotti multistrato, composti a media densità di fibra che contengono collanti a base di formaldeide o schiume isolanti urea-formaldeide, pitture, finiture in legno, tendaggi stampati che possono rilasciare formaldeide negli ambienti tanto da arrivare a concentrazioni in-door di 0,3 ppm è opportuno rifarsi ai più recenti studi sul tema. Detto questo la Iarc (International Agency for the Research on Cancer) rubrica la formaldeide come sostanza cancerogena in quanto causa di tumori naso-faringei. L’agenzia rileva inoltre che a concentrazioni fra 0,1 ppm e 0,5 ppm, alcuni soggetti particolarmente sensibili subiscono una leggera irritazione alle mucose. A livelli da 0,5 a 1,0 ppm, la formaldeide produce infiammazioni a occhi, naso e gola della maggior parte delle persone, mentre superando la soglia di esposizione di 1,0 ppm, si rilevano disturbi più significativi. L’OMS (L’organizzazione mondiale della sanità) ha indicato come limite per l’aria esterna il valore di 0,1 ppm (“Air quality guidelines for Europe”, WHO, 2000). L'ACGIH (l’agenzia statunitense che si occupa di igiene industriale e salute negli ambienti di lavoro) raccomanda come valore limite 0.3 ppm. Sulla cancerogenicità poi si sta sviluppandosi un punto di vista tale che non esiste proprio un limite di sicurezza, poiché più fattori sinergici possono concorrere allo sviluppo del cancro. Gli stessi ambientalisti ritengono che esistano collanti che possono sostituire quelli a base di formaldeide con ottimi risultati, come quelli poliuretanici monocomponenti, resine acetoviniliche, resine silaniche, etc.. La Commissione Europea ha promosso e finanziato il progetto Riduzione dell’esposizione alla formaldeide nelle industrie della lavorazione del legno Ref-Wood, Progetto Parti Sociali, tanto per dire quanta attenzione si pone al problema dell’uso della formaldeide in campo industriale a livello europeo. Per concludere risulta che un certo ing. Luciano Luciani sia un imprenditore che produce formaldeide a Trieste, l’industria, che fa parte delle PMI del nostro territorio, si chiama Alder. Che sia lui l’estensore della segnalazione? In questo caso è spiegato questo sviscerato amore per la formaldeide: ogni scarrafone è bello ‘a mamma soia ovvero non chiedere all’oste se il suo vino è buono.

Lino Santoro presidente Legambiente Trieste

 

 

 

 

IL PICCOLO - SABATO, 2 luglio 2011

 

 

Muggia rincara il ricorso contro il rigassificatore
 

Assieme al Comune di San Dorligo depositati il 27 giugno altri motivi contrari tra cui «l’omessa dichiarazione dei fattori di pericolo per la salute dei cittadini»
MUGGIA «L'omessa considerazione dei fattori di rischio e pericolo per la salute dei cittadini e per l'ambiente». Si aggiunge un nuovo importante capitolo alla vicenda del ricorso al Tar del Lazio contro il rigassificatore di Zaule. Il Comune di Muggia, tramite l'avvocato Francesco Longo, ha depositato due motivi aggiunti per annullare il Decreto di compatibilità ambientale rilasciato dal competente ministero per l'impianto di rigassificazione previsto nella baia muggesana. In base ai nuovi incartamenti consegnati assieme al Comune di San Dorligo della Valle risultano infatti incomplete «le analisi inerenti i metalli pesanti, in particolare il mercurio, presenti sul fondale marino: dalle previste attività di scavo per il posizionamento della condotta sottomarina potrebbe derivare la risospensione dei sedimenti, con conseguenze potenzialmente gravi per la pesca. Questo uno dei nuovi punti di forza del ricorso presentato dalle amministrazioni Nesladek e Premolin. Sono stati inoltre rilevati gli errori contenuti nell’analisi del rischio associata all’aggancio di ancore. «Al contrario di quanto dichiarato dai proponenti del progetto, la condotta sottomarina risulterebbe infatti agganciabile da ancore di medie dimensioni sicuramente riscontrabili sulle navi che attraccano al Porto di Trieste», spiega il Comune di Muggia. Non affatto trascurabili appaiono, infine, i rischi da collisione tra le navi nel Golfo di Trieste, posto che il già elevato traffico mercantile è destinato ad aumentare proprio con l’eventuale realizzazione del rigassificatore di Zaule. Oltre all'eccesso di potere per carenza istruttoria e la violazione del principio di precauzione, le amministrazioni hanno puntualizzato come sia stata una registrazione della violazione delle garanzie partecipative, in quanto il Comune non è stato posto nella condizione di poter svolgere un'effettiva attività di partecipazione alla Conferenza dei Servizi propedeutica all'adozione del provvedimento finale. I due motivi aggiunti nel ricorso presentato lo scorso anno al Tar del Lazio contro i Ministeri dell’Ambiente e dei Beni e Attività culturali, nonché nei confronti della Società Gas Natural Rigassificazione Italia spa si arricchisce dunque di nuovi elementi. Soddisfatto il coordinatore del Comitato per la Salvaguardia del Golfo, Giorgio Jercog: «Questa integrazione è indubbiamente un fattore positivo, ma ora sarà importante che il Comune di Trieste si attivi per far togliere dal nuovo piano regolatore del Porto l'area energetica dedicata al rigassificatore, passo fondamentale per controbattere questo abnorme progetto».
Riccardo Tosques

 

 

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«Prg, nuove norme di salvaguardia urgenti e necessarie» - GLI AMBIENTALISTI
 

Le associazioni ambientaliste rinnovano il loro grido d’allarme sulla questione del Piano regolatore: «Una valanga di progetti edilizi sommergerà gli uffici comunali dopo il 6 agosto. Sono urgenti nuove norme di salvaguardia». Una posizione espressa dopo l’incontro con il sindaco Roberto Cosolini e gli assessori Elena Marchigiani e Fabio Omero, cui hanno partecipato i rappresentanti di Italia Nostra, Legambiente, Triestebella, Wwf e del coordinamento “Piùverdemenocemento”. Le associazioni hanno ribadito la propria preoccupazione per la mancanza di precise prese di posizione e provvedimenti concreti sull’iter del Prg. Si avvicina la data del 6 agosto, in cui scadranno le norme di salvaguardia imposte all’atto dell’adozione della variante 118. A quel punto, «in assenza di soluzioni efficaci da parte del Comune, rimarrà pienamente in vigore la sola variante 66», rilevano gli ambientalisti. Anche alla luce degli approfondimenti maturati durante la riunione, le associazioni giudicano «preferibile l’adozione entro il 6 agosto di una delibera che disponga la rielaborazione della variante con nuovi indirizzi strategici e la contestuale fissazione delle conseguenti direttive corredate da serie misure di salvaguardia». Prossimo incontro con il sindaco il 12 luglio.
 

 

Adriatico-Baltico l’eurocorridoio punta su Trieste
 

Nella lista preliminare del Commissario Ue Barroso la soluzione italiana è preferita a quella di Capodistria
TRIESTE C’è l’asse Baltico-Adriatico con destinazione finale Trieste, Monfalcone, Venezia e Ravenna, al primo posto tra i Corridoi europei da finanziare all’interno della preliminary list redatta dal presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso. Ne ha dato notizia ieri la Regione e il governatore Renzo Tondo e l’assessore a Viabilità e Trasporti Riccardo Riccardi hanno espresso grande soddisfazione, ma anche un ottimismo ancora cauto. In base alla fuga di notizie avvenuta in aprile infatti nel dossier della Commissione governativa dell’Ue, il corridoio da Danzica raggiungeva Vienna, ma poi virava verso Est attraversava tutta la Slovenia, passava Maribor e Lubiana e si tuffava nel porto di Capodistria, tagliando fuori tutto il Friuli Venezia Giulia e il Nordest italiano. L’anticipazione aveva suscitato la reazione risentita anche dei tre presidenti di Friuli Venezia Giulia, Veneto e Emilia Romagna che avevano scritto a Barrosu. Mercoledì il presidente della Commissione Ue ha presentato la comunicazione della Commissione sulla programmazione finanziaria per il periodo 2014-2020 in cui viene configurato l’inserimento del Corridoio Adriatico-Baltico con il passaggio attraverso Stiria e Carinzia e il capolinea italiano. Nel documento si fa anche una proposta complessiva di budget fissandolo a 21,7 miliardi di euro. «Riteniamo possa aprirsi una nuova pagina di sviluppo per tutto il Friuli Venezia Giulia grazie all’ipotesi che caldeggia l’inserimento tra le infrastrutture da finanziare da parte dell’Europa del Corridoio Adriatico-Baltico con il suo prolungamento atgraverso la nostra regione», hanno commentato congiuntamente Tondo e Riccardi. Secondo l’assessore la soluzione prospettata da Barroso, se approvata, avrà l’effetto di attirare in regione finanziamenti pubblici, ma anche investitori privati nella prospettiva di un forte balzo dei traffici. Non solo, costituirà anche elemento determinante per il decollo del progetto Unicredit sul superporto Monfalcone-Trieste sebbene non vi sia ancora traccia del decreto del Governo che dovrebbe permetterne la realizzazione. Non si sa che fine abbia fatto la diramazione attraverso la Slovenia e il porto di Capodistria. Certamente la battaglia non è conclusa. Il dibattito in ambito Ue sulla rivisitazione delle trenta Reti di trasporto transeuropee (Ten-T) che avrebbe dovuto svolgersi a luglio slitterà in autunno: è probabile che il documento arrivi appena a ottobre in commissione e a novembre in seduta plenaria. In quella sede, dove l’opzione italiana sarà difesa con particolare vigore dai deputati Debora Serracchiani del Pd e Antonio Cancian del Pdl, non è escluso che si arrivi alla decisione di biforcare il settore meridionale del Corridoio per non escludere Capodistria. Anche questa soluzione però potrebbe presentare un problema poiché rischierebbe di spostarsi a Est, sulla Capodistria-Divaccia anziché sulla Trieste-Divaccia anche il focal point di intersezione con il Corridoio cinque, Kiev-Barcellona, e ancora una volta porti, interporti e reti ferroviarie del Friuli Venezia Giulia rischierebbero di uscirne sottoutilizzati.
Silvio Maranzana

 

 

Per la Baia di Sistiana ricorso alla Corte di giustizia europea - INIZIATIVA DI GREENACTION
 

DUINO AURISINA Anche la Corte di Giustizia europea verrà tirata in ballo sulla vicenda della Baia di Sistiana. "Greenaction Transnational", organizzazione per la difesa dell'ambiente, ha deciso di portare a Bruxelles il dibattito sul progetto "Portopiccolo" della ditta S.S. Gervasio Protasio. L'associazione ambientalista, avendo concluso tutte le possibilità di ricorrere in via penale nel territorio nazionale (l'ultima archiviazione definitiva risale a novembre 2010), ha deciso di rivolgersi alle istituzioni europee. «Questa volta il nostro bersaglio sarà l'autorità giudiziaria locale - spiega Roberto Giurastante di Greenaction in una conferenza stampa convocata giovedì ad Aurisina - che a nostro avviso, non ha svolto in maniera adeguata le indagini». Il gruppo, a maggio, aveva già deciso di ricorrere alla Cedu di Strasburgo e integrare l'inchiesta avviata dall'Olaf (Ufficio europeo lotta antifrode) sul sistema di spartizione dei contributi comunitari, destinati ai progetti di sviluppo turistico nel Friuli Venezia Giulia. L'associazione però non si è fermata del tutto a livello nazionale: «Il dossier Sistiana, con gli anomali comportamenti dell'autorità giudiziaria locale in questi dieci anni, è stato trasmesso alla Direzione Nazionale Antimafia e alla Procura della Repubblica di Bologna competente su quella di Trieste». Le lunghe vicende della Baia di Sistiana si protraggono da quasi trent'anni. Il primo procedimento, d'iniziativa degli "Amici della Terra" risale al 2005. Lo stesso anno il Wwf ha presentato richiesta di procedimento riguardo l'ampliamento della cava, si trattava di un'indagine sulla mera regolarità formale delle autorizzazioni in possesso della società. Sempre nel 2005 gli "Amici della Terra" si sono rivolti al tribunale per la vendita della cava, i dubbi riguardavano l'assenza di una gara. Altri due esposti sono seguiti nel 2005, uno dei quali d'iniziativa del giornalista Paolo Parovel sul traffico di navi battenti bandiera estera dal pontile della cava. Nel 2009 Greenaction ha depositato un esposto sul rinnovo della concessione demaniale dello stabilimento Castelreggio. Nel 2010 l'ultimo procedimento, anche questo però archiviato.

Cristina Polselli
 

 

 

 

COMUNICATO STAMPA - VENERDI', 1 luglio 2011

 

 

Piano regolatore di Trieste. Gli ambientalisti: “Una valanga di progetti edilizi sommergerà gli uffici comunali dopo il 6 agosto. Sono urgenti nuove norme di salvaguardia”.
 

All’incontro di giovedì 30 giugno con il sindaco Cosolini, al quale erano presenti anche gli assessori Elena Marchigiani e Fabio Omero, hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni Italia Nostra, Legambiente, Triestebella, WWF e il coordinamento “Piùverdemenocemento”.
Le associazioni dopo l’incontro ribadiscono la propria preoccupazione per la mancanza di precise prese di posizione e provvedimenti concreti sull’iter del piano regolatore.
Si avvicina infatti rapidamente la data del 6 agosto, in cui scadranno le norme di salvaguardia imposte all’atto dell’adozione della variante n. 118 (cioè il nuovo piano regolatore voluto dalla giunta Dipiazza).
Scaduta la salvaguardia, in assenza di soluzioni efficaci da parte del Comune, rimarrà pienamente in vigore la sola variante n. 66 (cioè il piano regolatore della giunta Illy-Cervesi), che avrà come inevitabile conseguenza il riversarsi sugli uffici comunali di uno tsunami di progetti e relative richieste di permessi di costruire.
In base alle vigenti procedure semplificate per il rilascio dei permessi di costruire (silenzio- assenso), è elevato il rischio che molte di tali richieste trovino attuazione, in quanto conformi alla variante 66.
Detta variante infatti prevede un’edificabilità aggiuntiva pari a circa 3 milioni di metri cubi, concentrata soprattutto nelle zone residenziali C e B, ma anche nelle zone “turistiche”, artigianali, commerciali, ecc. distribuite sul territorio comunale e soprattutto sull’altopiano carsico e sulla fascia costiera.
Le associazioni ambientaliste auspicano quindi che una decisione efficace venga assunta al più presto, già nella prossima riunione di giunta comunale prevista per martedì 5 luglio.
Anche alla luce degli approfondimenti maturati durante la riunione, gli ambientalisti giudicano preferibile l’adozione entro il 6 agosto di una delibera che disponga la rielaborazione della variante con nuovi indirizzi strategici e la contestuale fissazione delle conseguenti direttive corredate da serie misure di salvaguardia, idonee alla migliore tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale.
Nel prossimo incontro con il sindaco, fissato al 12 luglio, le associazioni si riservano di esprimere una valutazione compiuta degli atti della giunta comunale, apprezzando al momento il metodo partecipativo che la nuova amministrazione intende adottare.
W.W.F. Trieste - Italia Nostra - Legambiente - Triestebella - Piuverdemenocemento

 

 

IL PICCOLO - VENERDI', 1 luglio 2011

 

 

Via libera alla "nuova" Trieste-Divaccia - Approvata la variante alta

Alla fine del 2015 la pianificazione del progetto per il nuovo tracciato Trieste-Divaccia arrivera' a compimento e potranno essere avviati i primi cantieri dell'opera.

 

LA LETTERA DEL GIORNO - Il web ci ha aperto gli occhi sulla privatizzazione dell'acqua (Giorgio Godina)

Il "tam tam" dei messaggi pro o contro i quattro quesiti del referendum, molto attivo sul web, e' stato foriero di un'infinita' di notizie, gran parte delle quali sono state completamente trascurate dai media nei giorni cruciali antecedenti la consultazione.

 

 

 

 

 

 

 

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